OSSIER L’INTERVENTO .......................................00
ECONOMIA E FINANZA
ECONOMIA E FINANZA
Ferruccio Dardanello Paolo Buzzetti
CREDITO & IMPRESE ........................41 Francesco Bellotti Luigi Montemurro Raffaele Avantaggiato
IL VALORE DELL’IMPRESA .............82 Sergio Travaglia
PRIMO PIANO IN COPERTINA.......................................14 Gaetano Casino IL MODELLO LUCANO.......................20 Michele Somma Vito De Filippo LA CALABRIA IN CIFRE ....................26 Giuseppe Scopelliti Domenico Arena L’ECONOMIA UMBRA .......................34 Giorgio Mencaroni Luisa Todini
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L’EUROPA E LA CRISI .......................50 Alberto Quadrio Curzio AGROALIMENTARE ...........................54 Mario Catania Michele Trematerra Pietro Molinaro Alberto Statti FOCUS CATANZARO..........................63 Sergio Abramo Giuseppe Gatto EVASIONE FISCALE............................70 Claudio Siciliotti Gaetano Blandini Victor Uckmar Michele Calandro Antonino Di Geronimo
MODELLI D’IMPRESA........................84 Antonio Cavalieri Carmelo Esposito Giorgio Paparo Raimondo Paradisi Giuseppe Febert TECNOLOGIE.........................................94 Antonio Abramo EXPORT...................................................96 Gian Mauro Maggiurana ENERGIA ...............................................100 Roberto Fabiano COMMERCIO ......................................102 Luciano Racco PREMIO BELLISARIO.......................106 Lella Golfo Giorgina Gallo Elisabetta Tripodi
Sommario AMBIENTE
TERRITORIO
AMBIENTE E TERRITORIO ..............112 Rosario Azzarà
INFRASTRUTTURE............................134 Vito Nicola Foderaro Mercurio Cimato Pasquale Clericò
POLITICHE ENERGETICHE..............116 Gli incentivi per le rinnovabili Agostino Re Rebaudengo RINNOVABILI.......................................120 Vincenzo D’Agostino Andrea Brunetti
LOGISTICA ..........................................140 Camillo Crivaro
RISPARMIO ENERGETICO .............124 Ugo Tosetti
EDILIZIA.................................................142 Gennaro Longo Mario Giuseppe Bitonto I.c.o.p. Domenico Metelli
BONIFICHE ...........................................128 Fabio Simoni e Rita Cesarini
INTERNI .................................................154 Piero Stano
SPAZI VERDI .......................................130 Giovanni Baglione
MATERIALI ...........................................156 Roberta Arcaleni TURISMO...............................................158 Piero Gnudi Renzo Iorio Fortunato Giovannoni Bernabò Bocca Fabrizio Felice Bracco Marcello Pittella
GIUSTIZIA RATING ANTIMAFIA..........................172 Antonello Montante Maria Elisabetta Alberti Casellati CRIMINALITÀ.......................................176 Domenico Achille
SANITÀ FARMACI SICURI ...............................180 Emilio Stefanelli Silvio Garattini Antonio Concezio Amoroso POLITICHE ANTIDROGA..................187 Giovanni Serpelloni
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Gaetano Casino, direttore generale della OfďŹ ce Design Italia di Matera www.oditalia.it
Gaetano Casino
TORNIAMO A ESSERE IMPRENDITORI Un caso di successo, quello della Office Design Italia e del suo direttore generale, Gaetano Casino. L’azienda di Matera cresce acquisendo fette di un mercato competitivo e inflazionato. Il giovane imprenditore testimonia come il made in Italy possa ancora vincere. Ma spiega perché, nel ricambio generazionale, il sistema produttivo deve cambiare passo Andrea Moscariello
ssere di nuovo protagonisti e attori principali dell’impresa. Ridefinendone le strategie, prendendo parte ai processi produttivi, condividendo e confrontando le idee con ogni lavoratore coinvolto. In altre parole tornare a essere imprenditori, nel senso classico del termine. Un proposito che molti hanno trascurato, magari allentando la presa su piccole e grandi aziende, costruite e portate faticosamente al successo dalle generazioni precedenti. Un addormentarsi sugli allori che la crisi non ha perdonato. E così, sui distretti italiani, si distingue chi, negli anni, ha ragionato da cicala, e chi, invece, ha agito da formica,
E
come Gaetano Casino, giovane imprenditore a capo di una delle poche realtà in crescita sul settore dell’arredo. Con la sua Office Design Italia, infatti, Casino si è imposto come uno tra i più intraprendenti attori sul fronte dell’arredamento per uffici e sedie direzionali. E soprattutto ha posto il “seme” per un nuovo potenziale distretto che potrebbe sostenere l’economia della provincia Materana. «I più importanti distretti del mobile, in Italia, si trovano in Friuli e nelle Marche, dove non a caso abbiamo diversi partner – spiega Casino –. Quello che siamo riusciti a creare qui a Matera è un unicum. E speriamo di poter favo-
rire lo sviluppo concreto di una filiera capace di mettere in connessione Pmi e artigiani locali». Il numero uno di Office Design Italia è annoverato tra chi, nel mondo dell’imprenditoria, ha sollevato il tema della “pigrizia” cui si faceva prima riferimento. Generalmente il “j’accuse” è rivolto in primis a istituzioni e banche. Lei, invece, parte da una profonda autocritica. «Ho semplicemente sottolineato un aspetto che tutti noi dovremmo affrontare per poter sperare in una ripresa del sistema Paese. Gli imprenditori devono tornare a essere i motori dell’efficienza e dell’innova- 2012 • DOSSIER • 15
IN COPERTINA
LABORATORIO DI “GIOVANI” IDEE iamo noi imprenditori a dover investire affinché si creino dei ponti tra il tessuto produttivo e il mondo della scuola». Gaetano Casino scommette sui giovani. In un ambito, quello del design, che vive ogni giorno di idee nuove, il puntare alle nuove generazioni significa garantirsi quell’appeal e quell’approccio produttivo che i mercati richiedono. «Abbiamo attivato un importante progetto di collaborazione con il Liceo Artistico di Matera – spiega Casino -. In generale, poi, i clienti stranieri amano l’idea di acquistare un oggetto concepito e realizzato da un italiano, per loro è garanzia di altissima qualità». Casino, esempio vincente per la giovane imprenditoria lucana, sottolinea come «i giovani devono essere il motore dell’innovazione. Le nuove generazioni devono avere fiducia in se stesse e non avere paura a proporre qualcosa di nuovo, senza farsi sconfortare dalle notizie che sentiamo ogni giorno. Almeno i ragazzi devono conservare un po’ di ottimismo per essere spronati a costruirsi un futuro».
«S
zione. I nostri padri e i nostri nonni bilancio in positivo. non avevano paura a scendere nelle linee di produzione e certamente non restavano arroccati nei loro uffici pensando unicamente ai fatturati». E lei sente di aver seguito questa filosofia? «Ho riscoperto il gusto del fare impresa. Un valore che stavamo perdendo. E così, con sacrificio e umiltà, alla fine questa strategia ci ha premiato e siamo cresciuti. Senza aiuti pubblici». Perché sottolineare proprio questo aspetto? «Perché l’impresa ha un suo preciso ruolo sociale. Deve creare sviluppo e incidere concretamente sul benessere della comunità in cui opera. Se crea soltanto perdite, invece, ne consegue un effetto contrario». Office Design Italia ha chiuso il
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«Abbiamo confermato un trend di crescita che perdura da tre anni, nonostante la crisi. Per un’azienda dalle dimensioni ancora contenute, come la nostra, avere un consolidato di oltre 5 milioni di euro non è cosa da poco». Voi siete cresciuti, ma alcuni nomi eccellenti del settore hanno
perso colpi. Come se lo spiega? «Si è spezzato il filo conduttore con chi, prima di noi, ha saputo creare imprese solide. Si parla tanto del mancato passaggio generazionale nel mondo politico. In pochi osservano come tale passaggio è stato in molti casi un fallimento anche nel mondo dell’imprenditoria. E questa è una delle responsabilità più gravi cui sono chiamati a rispondere moltissimi capitani d’azienda. Noi stessi, come categoria, non siamo stati capaci di prevedere quelle che potevano essere le evoluzioni di mercato. Non si sono attuate, a tempo debito, le strategie idonee ad affrontare i grandi cambiamenti imposti dalla globalizzazione». Prendendo il caso della sua azienda, come si riesce a proporre costantemente un prodotto innovativo pur razionalizzando le spese? «Invertendo anzitutto la logica della produzione e del magazzino. Oggi non si può più ragionare a lungo termine, il nostro è un mercato che vive sul just in time. Il che significa collaborazioni sempre più stringenti, tanto con le aziende e gli artigiani, quanto con i fornitori di materie prime. In pratica, a loro abbiamo parzialmente ribaltato il problema della tempistica. Ogni soggetto coinvolto in questa nostra filiera è chiamato a seguire una logica di magazzino contenuta, ma sempre in grado di rispondere efficacemente alle richieste dei clienti. Sul fronte dell’organizzazione produttiva, invece, lavoriamo attraverso una selezione di modelli mai eccessiva». Non sarebbe meglio diversificare maggiormente la produzione? «Proporre un catalogo amplio è cer-
Gaetano Casino
tamente positivo, ma occorre fare attenzione. Sul mercato è pericoloso compiere un passo più lungo della gamba. Soprattutto, non c’è cosa peggiore dell’esporsi eccessivamente con i clienti per poi non essere in grado di soddisfare le loro richieste. Anche questo è uno degli errori comuni che ha compromesso la credibilità di alcune aziende italiane nel mondo». Questo non rischia di limitare il business, per intenderci, i grandi ordinativi? «No. Quelli sono il motore più importante per un’azienda come la nostra. Ma ai grandi committenti non si possono promettere produzioni insostenibili. Bisogna essere chiari sui tempi e sulle modalità di consegna. Proprio in questi giorni abbiamo ricevuto la visita di una delegazione di clienti esteri che, osservando la precisione del nostro metodo produttivo, si è convinta nel farci un ordine molto importante che ci apre interessanti prospettive di sviluppo». A proposito di estero, su quali mercati siete presenti? «Quelli tradizionali, europei, rappre-
5 mln
IL FATTURATO REALIZZATO DALLA OFFICE DESIGN ITALIA. CIFRA CHE RAPPRESENTA NON SOLO UN CONSOLIDAMENTO, MA UNA CRESCITA DELL’AZIENDA DI MATERA
sentano ancora oggi un grande bacino di business. Tra i principali vi sono Francia, Germania e Belgio. Attualmente stiamo tentando di inserirci anche sul mercato inglese, ma in questo caso occorrono strategie differenti, quello britannico è uno scenario ben diverso rispetto a quello continentale, dove la concorrenza con paesi a basso costo di mano d’opera è spietata». I cinesi hanno cambiato il volto del mercato dell’arredo? «Hanno cambiato il volto del mercato in generale. Ma non amo puntare il dito verso i Paesi emergenti. Dobbiamo svegliarci e capire che non sono soltanto dei “competitor”. La Cina, per tutti noi, è anche una grande opportunità. È un Paese destinato a crescere e che ci presenterà una richiesta di produzioni probabil-
mente come nessun altro ha mai fatto finora. Nel mondo il made in Italy ha ancora un grande appeal. Nel nostro caso, ad esempio, è molto apprezzato il fatto che i prodotti sono il frutto di designer e architetti locali». Dunque i cinesi si sono già dimostrati interessati? «Non le nascondo che ci stanno pervenendo richieste per quotare la nostra produzione in vista di un’eventuale esportazione in Cina. Noi italiani dobbiamo predisporci per conquistare questo fondamentale nuovo bacino di consumatori. E per quanto riguarda la concorrenza, quella si vince con la qualità, facendo in modo che il prodotto sia migliore del loro. Ma qualità significa investimenti, e se ci concentriamo soltanto sui costi di produzione è chiaro che non possiamo vincere». 2012 • DOSSIER • 17
IN COPERTINA
Gli imprenditori devono tornare a occuparsi in prima persona delle loro aziende. I nostri nonni non restavano arroccati nei loro uffici pensando unicamente ai fatturati
Per investire, però, occorre il sostegno del mondo bancario. «Lo so, questo è uno dei tasti dolenti per il nostro sistema produttivo. Dai mass media, però, spesso emergono analisi limitate sulla questione del rapporto tra banca e impresa». Sarebbe a dire? «Partiamo dal presupposto, spesso ignorato, che le banche, per prime, sono imprese. E come tali orientano i soldi soltanto su progetti ritenuti capaci di creare profitti. Dunque è vero che la stretta creditizia si sta verificando, in maniera talvolta drastica, ma è anche vero che laddove ci si presenta con un solido progetto imprenditoriale, gli investimenti si trovano. Dall’altro lato le banche hanno mutato il loro modo di interagire con il territorio. Ragionando soltanto sulla 18 • DOSSIER • 2012
base di rating, limiti di erogazione “scritti su pietra”, non si va molto avanti. Una volta il direttore di banca conosceva i suoi imprenditori, andava a verificare con i suoi occhi lo stato di salute delle aziende. Oggi questo valore si è perso. E purtroppo nella mia regione ho verificato questa mancanza nelle banche locali, quelle che, in teoria, dovrebbero esserci più vicine. Paradossalmente gli appoggi maggiori li abbiamo ottenuti da Intesa San Paolo – Banco Napoli che, non a caso, si è dotata di un modello organizzativo vincente, spostando i centri decisionali in periferia, e agendo come leva di sviluppo per imprese sane, con tempi da imprese, e non da “istituzioni”». A tal proposito, sul fronte delle istituzioni il suo giudizio non è positivo?
«Lì, purtroppo, non vedo sufficienti sostegni. Noi imprenditori italiani, nel mondo, siamo soli. Nelle cosiddette “stanze dei bottoni”, ormai, si prendono solo decisioni autoreferenziali. Le amministrazioni nazionali e locali hanno perso la connessione con la realtà dei tessuti produttivi. Parliamo una lingua differente e talvolta, provare a confrontarsi con le istituzioni, per un’azienda significa trovarsi dinanzi a un muro o, peggio, a qualcuno con una visione totalmente distorta della realtà di mercato. È vero, noi imprenditori dobbiamo tornare a occuparci in prima linea delle nostre aziende, ma anche i politici devono tornare realmente a osservare e a occuparsi del territorio. Senza retorica. E con tempi consoni alla velocità del mondo in cui si vive. Una sveglia è un gadget al quale stiamo pensando. Da portare in dono agli amministratori regionali per il prossimo Natale».
IL MODELLO LUCANO
Impresa motore della crescita Senza impresa non c’è lavoro. Per questo, una delle parole d’ordine del neo presidente degli industriali lucani Michele Somma è ridare centralità alle aziende. Lavorando per il futuro della Basilicata, a partire da occupazione e infrastrutture Francesca Druidi Michele Somma, presidente di Confindustria Basilicata
a appena assunto l’incarico di presidente di Confindustria Basilicata, Michele Somma, in uno scenario non certo facile per le imprese e per il Paese. «Per risalire la china, dobbiamo tornare a crescere», ha affermato il neo presidente degli industriali della regione. Recuperando il valore “sociale”, prima ancora che economico, dell’impresa, e alimentando uno sforzo comune e responsabile teso alla ripresa. «Su questo solco – prosegue Michele Somma – si innesterà ogni iniziativa proposta da Confindustria Basilicata, dando continuità al lavoro già intrapreso e aprendosi a nuove opportunità in grado di trasferire valore alle imprese». La crescita dell’economia regionale passa attraverso il rafforzamento dei settori automotive e oil&gas. Quali le priorità? «Si tratta di favorire la messa a valore delle potenzialità legate a questi comparti produttivi. Partiamo dai numeri: l’80 per cento del petrolio estratto oggi in Italia proviene dal sottosuolo della Basili-
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cata, che presto giungerà a coprire circa il 12 per cento del fabbisogno energetico nazionale. Nel corso degli anni, la Basilicata si è fatta carico di tracciare un nuovo percorso nel rapporto tra Stato, compagnie e territori. Ora, però, siamo a un bivio: occorre procedere verso la crescita. È necessario che, pur nel riconoscimento e nel rispetto di valori non negoziabili quali la salute e la salvaguardia ambientale, si realizzino senza ingiustificabili ritardi legati agli iter autorizzativi, i programmi di sviluppo delle attività estrattive, con conseguenti ripercussioni positive per la filiera dell’oil&gas e per le stesse aziende lucane». Analoga importanza merita l’automotive. «Sì. La filiera lucana occupa oltre 9mila addetti e le sue produzioni contribuiscono per il 62 per cento alle esportazioni regionali. Il futuro del settore appare strettamente legato al piano “Fabbrica Italia” del Gruppo Fiat e alla capacità di intercettare la domanda dei mercati esteri. Confindustria Basilicata, insieme a quelle di Campa-
nia e Abruzzo, ha dato vita alla Rete Automotive Italia. Si tratta di 56 aziende lucane, abruzzesi e campane, che occupano oltre 6mila dipendenti. Occorre con prontezza giungere alla negoziazione di un accordo di programma tra i territori coinvolti e le imprese della rete, necessario al rafforzamento della competitività dell’intera filiera produttiva». Su quali leve occorre concentrarsi: accesso al credito, sblocco delle infrastrutture, semplificazione amministrativa? «Sono tutti elementi indispensabili e complementari. Le difficoltà in aumento sul fronte dell’accesso al credito e la sua onerosità sono di grande ostacolo alla crescita e minano gli equilibri finanziari dell’impresa. Al contempo, il basso livello di patrimonializzazione delle aziende e la dipendenza quasi esclusiva dal credito bancario quale fonte di finanziamento esterno, rappresentano un freno al loro sviluppo. È nota la cronica carenza di infrastrutture in Basilicata. È un vulnus endemico sul quale operare per dare credibilità a ogni ambi-
Michele Somma
Confindustria Basilicata, insieme a quelle di Campania e Abruzzo, ha dato vita alla Rete Automotive Italia
Lo stabilimento Fiat a Melfi
zione di sviluppo. Sulla semplificazione amministrativa occorre una comune strategia di intenti con le istituzioni, affinché sia chiaro che il tempo per l’impresa è una variabile di fondamentale importanza per tenere il ritmo del mercato. Ci sono, ad esempio, oltre 400 milioni di euro destinati alla Basilicata per l’avvio di infrastrutture, come previsto dalle delibere Cipe dell’agosto scorso. Occorre sbloccare rapidamente queste risorse, altrimenti il corto circuito diventa inevitabile». Come frenare disoccupazione giovanile, e femminile in particolare? «Solo sostenendo l’impresa si può offrire una risposta ai numeri drammatici del “non lavoro” in Ba-
silicata: nel 2011 il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) è stato pari al 39,6 per cento, dieci punti superiore al tasso medio nazionale, quello giovanile femminile è salito al 47,7 per cento. Il perdurare di questa condizione non è tollerabile sotto il profilo dell’equità intergenerazionale e degli effetti perversi sul potenziale di crescita. Serve in Basilicata un piano organico di strumenti di politica attiva per il lavoro, che affronti singolarmente le possibili aree di intervento, con la necessaria sinergia tra i differenti piani operativi regionali e, quindi, tra i competenti dipartimenti». Il governatore De Filippo ha dichiarato che “si esce dalla crisi se
cresce il Mezzogiorno”. «Concordo con l’osservazione. È incontrovertibile, però, che nonostante gli sforzi, l’avanzamento dei programmi nazionali e regionali per il Mezzogiorno è profondamente deludente e al di sotto delle performance - non brillanti - conseguite nel periodo di programmazione precedente. Il fatto che la Basilicata mostri risultati comparativamente migliori rispetto al resto del Mezzogiorno, non ci può soddisfare. Occorre produrre miglioramenti visibili e rapidi su accelerazione della spesa, concentrazione tematica degli interventi, orientamento ai risultati. È una questione di metodo e di sostanza. E di coscienza». 2012 • DOSSIER • 21
IL MODELLOLUCANA LUCANO ECONOMIA
Dalla coesione può iniziare la ripresa Incentivare settori cardine come agroalimentare e turismo, favorendo occupazione e accesso al credito. Proseguire con il programma Obiettivo Basilicata. Sono le direttrici indicate dal governatore della Regione Vito De Filippo per recuperare competitività Francesca Druidi
obiettivo della ripresa in Basilicata richiede a tutti i settori produttivi e a tutti gli attori istituzionali uno sforzo traversale, volto a risolvere le problematiche strutturali più evidenti. Il rapporto sull’economia lucana della Banca d’Italia rileva dati preoccupanti per il 2012 sul fronte della produzione industriale; migliori sono, invece, le performance dei servizi, turismo in testa. «Le previsioni per il resto dell’anno sono ancora pessimistiche – analizza il presidente della Regione Vito De Filippo –. Sull’anno in corso pesa, oltre alla difficoltà di penetrare nei mercati esteri dell’economia regionale e al declino della domanda del mercato automotive, anche la recessione prevista a livello nazionale, con il Pil italiano che dovrebbe scendere dell’1,5 per cento». Le dimensioni contenute del mercato interno e la debolezza nell’export oltre confine rendono le altre regioni italiane ugualmente in crisi - i principali mercati di riferimento delle imprese lucane, condizionando di fatto il rilancio della regione. La Basilicata ha, tuttavia, in-
L’
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dicatori economici strutturali più robusti di quelli del Mezzogiorno, in materia di mercato del lavoro, redditi, ricchezza netta delle famiglie. «Sì, per questo ha la possibilità di uscire dalla crisi più rapidamente di altre regioni. Infatti, nei modelli previsionali Svimez-Irpet, gli scenari macroeconomici per il 2013 appaiono finalmente improntati a un moderato ottimismo: per il 2013 è previsto che il Pil lucano cresca dello 0,3%, a fronte di un
calo dello 0,1% di quello meridionale, e con risultati migliori anche rispetto a regioni del Centro e del Nord come la Lombardia (-0,2 %), il Trentino (0%), la Liguria (0,1%), il Lazio (-0,1%) e l’Umbria (0%)». Può fare un bilancio parziale di Obiettivo Basilicata 2012? Quali i prossimi passaggi? «Io credo che il bilancio sia senz’altro positivo. Proprio perché stiamo affrontando una delle crisi più gravi da oltre cinquant’anni a
Vito De Filippo
Si possono individuare alcuni settori produttivi-guida, sui quali concentrare gli sforzi delle politiche di sviluppo, in particolare il settore agroalimentare, il turismo e la green economy
questa parte, non è privo di significato il segnale di forte coesione sociale che le istituzioni, da un lato, e le parti sociali, dall’altro, hanno lanciato alla comunità lucana, dicendo in sostanza: rimbocchiamoci le maniche e procediamo tutti in un’unica direzione. Non sfugga che, da questo punto di vista, la Basilicata ha fatto un po’ da apripista, posto che a livello nazionale il Governo Monti ha, di fatto, imboccato la medesima strada. È importante evidenziare che rispetto ai 150 milioni di euro messi sul piatto della bilancia, oltre 60 risultano già impegnati: dai 25 milioni di euro per l’edilizia agevolata ai 9 del microcredito, dagli 8 milioni del venture capital ai 22 della banda larga per l’azzeramento del digital divide. Nelle
Il presidente della Regione Basilicata Vito De Filippo
prossime settimane, dovrebbero essere licenziati dalle competenti commissioni consiliari del consiglio regionale i tre disegni di legge riguardanti la semplificazione amministrativa, i contratti di rete e il contrasto al lavoro irregolare». Quali sono le leve necessarie per la crescita? «L’arretratezza sulle condizioni strutturali di competitività deve oggi essere affrontata in un contesto reso estremamente complesso dalla crisi economica e dalla correlata esigenza di riequilibrare il dissesto dei conti pubblici dello Stato e di numerose amministrazioni locali. In condizioni di così grande urgenza, è ovvio che se le politiche di sviluppo vorranno ottenere qualche risultato rispetto agli scenari foschi che si presentano al-
l’orizzonte dovranno essere rigidamente confinate all’interno di un perimetro che può sintetizzarsi in due elementi: una rigida selettività settoriale e territoriale delle priorità degli interventi e una gestione rigorosa delle risorse pubbliche volta a massimizzarne l’efficienza». Come muoversi nel concreto? «Si possono individuare alcuni settori produttivi-guida, sui quali concentrare gli sforzi delle politiche di sviluppo, in particolare il settore agroalimentare, il turismo e la green economy. Il futuro dello sviluppo dipenderà da quanto efficacemente i governi riusciranno ad affrontare le due principali sfide del cambiamento energetico: da un lato, assicurare un’offerta di energia affidabile e accessibile da un punto di vista economico, dal- 2012 • DOSSIER • 23
IL MODELLOLUCANA LUCANO ECONOMIA
l’altro, passare quanto più rapidamente possibile a un sistema di produzione dell’energia a basso utilizzo di carbone, efficiente e rispettoso dell’ambiente. Su questi settori occorrerà, quindi, concentrare le risorse, sempre più scarse, evitando di disperderle a pioggia sull’intero apparato produttivo, poiché la massimizzazione dell’efficacia di risorse sempre meno abbondanti dipende proprio dalla loro concentrazione su comparti strategici. La selettività, come detto in precedenza, non deve essere soltanto di tipo settoriale, ma anche a livello territoriale». Ristagnano i finanziamenti erogati alle imprese dalle banche. Come arginare il credit crunch? «Il “gelo” calato sul settore creditizio è sicuramente l’effetto più aberrante provocato dalla crisi. Non a caso la Regione Basilicata ha fatto, e sta facendo, uno sforzo straordinario in questa direzione, attraverso il fondo regionale di garanzia per gli investimenti e addirittura utilizzando risorse proprie, provenienti dalle royalty del petrolio, con un fondo di investimento ad hoc per il cosiddetto capitale circolante che ben poche altre Regioni possono vantare. In questi giorni, poi, abbiamo sottoscritto con alcune banche locali, a partire dalla Popolare di Bari che ha messo a disposizione 30 milioni di euro per una linea di credito specifica, una convenzione per l’anticipazione, sotto forma di pro-soluto, dei crediti vantati dalle imprese nei confronti dell’ente e bloccati, come è noto, per effetto del “patto di stabilità”. Il pro-soluto garantisce sia le banche che le imprese. Perché alle prime il credito sarà rimborsato con certezza 24 • DOSSIER • 2012
La Regione Basilicata ha fatto, e sta facendo, uno sforzo straordinario sul fronte dell’accesso al credito, attraverso il fondo regionale di garanzia per gli investimenti e l’utilizzo di risorse proprie
entro i primi 60 giorni del nuovo anno; mentre i privati possono usufruire dello stesso “rating” assegnato alla Regione e di conseguenza ottenere un finanziamento a tassi più contenuti». Il secondo semestre del 2011 ha registrato un deterioramento della situazione occupazionale. Quali provvedimenti la Regione sta prendendo in questo senso? «È vero, il secondo semestre 2011 ha fatto registrare dati preoccupanti, sia pure in parte mitigati dalle previsioni della Svimez che, per il 2012 e il 2013, assegnano alla Basilicata un calo minore rispetto ad altre realtà del Mezzo-
giorno. Nell’anno in corso, la Basilicata sarà esattamente in linea con la media del Mezzogiorno: 1,8%, rispetto a Puglia (-2) e il Molise (-2,1). Nel 2013, la Basilicata, stando alle previsioni Svimez, sarà la regione che nel Mezzogiorno presenterà la performance meno grave in termini di disoccupazione. A fronte di una media pari a -1,1, da noi è previsto un 0,8%. E in ogni caso, su sollecitazione dei sindacati, la Regione ha avviato il percorso di elaborazione di un piano regionale del lavoro, che sarà pronto entro dicembre, con la collaborazione del Cles Economia».
LA CALABRIA IN CIFRE
Il cammino della Regione verso il rigore In Calabria si vive un momento delicato ma la classe dirigente sta operando con serietà, portando avanti percorsi virtuosi. Il presidente della Regione Giuseppe Scopelliti rimarca il suo impegno nella convinzione che bisogna adottare strategie in grado di cambiare ciò che non va Renata Gualtieri
insediamento del nuovo questore di Reggio Calabria, Guido Longo, è l’occasione per parlare di legalità. La Regione Calabria, in un contesto particolarmente difficile, si sta impegnando costantemente sul piano dello sviluppo economico per estirpare alla radice il consenso alla malapianta della ‘ndrangheta. Il presidente Scopelliti vuole costruire anche in Calabria, sull’esempio di Palermo, un giardino della memoria per ricordare le vittime della ‘ndrangheta. «Pianteremo alberi con i nomi di chi non si è piegato alla violenza criminale, dai rappresentanti delle
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forze dell’ordine ai giudici, dagli imprenditori ai cittadini comuni; e il loro sacrificio in nome dello Stato – spiega – animerà sempre il nostro impegno per dare ai calabresi un futuro libero dalla criminalità organizzata, che rappresenta il freno principale allo sviluppo della nostra comunità». Ha chiesto al ministro della Giustizia Paola Severino un incontro urgente per un confronto, insieme ai parlamentari calabresi, sulle reali esigenze del territorio. «In Calabria stiamo portando avanti una linea rigorosa in ogni campo. Nella sanità abbiamo chiuso e riconvertito ben 16 strut-
ture ospedaliere, per quanto riguarda la giustizia c’è il rischio di perdere due tribunali che sono fondamentali presidi di legalità. Cerco di comprendere le necessità del Ministero della giustizia di riorganizzare il comparto ma ritengo giusto che il Guardasigilli ci convochi insieme ai parlamentari calabresi per discutere dei provvedimenti da assumere con chi è impegnato in prima linea sul territorio». Sin dal suo insediamento le politiche del lavoro sono state considerate prioritarie. Quali gli interventi più importanti e le ricadute sul territorio e quali le azioni in programma?
Giuseppe Scopelliti
Il presidente della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti
C’è il rischio di perdere due tribunali che sono fondamentali presidi di legalità
«Da subito abbiamo dato alle politiche del lavoro la priorità assoluta, nella prima fase abbiamo subito stanziato risorse per 147 milioni di euro programmando 7mila posti di lavoro, di cui 6mila circa già ottenuti. Dal recupero di altri 130 milioni di euro dalla riprogrammazione dei fondi, contiamo di mettere in campo ulteriori 7/8 mila posti di lavoro entro la fine di quest’anno, riunendo tutti gli attori principali a un tavolo di confronto. Venti milioni sono stati impegnati per il credito d’imposta in esecuzione al piano di azione e coesione a supporto di quanto porrà in campo il Governo Monti, mentre 25 milioni di euro sono per il Fondo regionale di garanzia per l’occupazione, in totale 45 milioni di euro a beneficio di circa 2.300 destinatari. Per gli ammortizzatori sociali in deroga abbiamo impegnato 28 milioni e 500 mila euro in favore di circa 15mila soggetti al fine di
garantire l’erogazione di un sussidio al reddito, mentre altrettanti 28,5 milioni sono stati già stanziati per integrare il sussidio con una politica di tipo attivo, in grado di avviare un percorso di reinserimento occupazionale». Quali gli interventi previsti per le imprese che soffrono i ritardi di pagamento della Pa e per rafforzare la filiera del credito? «La ragioneria della Regione, nonostante i duri vincoli imposti dal patto di stabilità, già dal 2 gennaio di quest’anno è aperta per liquidare i pagamenti alle imprese. Un impegno delicato in questo momento di crisi globale ma che vede il massimo coinvolgimento dell’istituzione». Dai dati resi pubblici sul sito dell’Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l’Unione europea emerge che la Calabria ha speso, alla data del 30 aprile 2012, il 27 per cento delle somme previste dal programma operativo Fse. Come giudica questa performance e a cosa è dovuto questo miglioramento nell’utilizzo delle risorse comunitarie?
«La mia amministrazione ha sempre assicurato un’ampia autonomia gestionale alle autorità preposte all’attuazione del Por che hanno attivato strumenti di ampia concertazione e di coordinamento interno. Mi riferisco alla cabina di regia che vede la partecipazione di tutti i dirigenti e funzionari regionali a vario titolo coinvolti nell’attuazione del programma e che si riunisce da metà del 2010 con cadenza settimanale, parlo della rinnovata intesa con il partenariato economico e sociale chiamato a condividere alcuni importanti strumenti di sviluppo attuati con questo programma. Il trend positivo del Por Fse è merito dell’autorità di gestione. Un’ulteriore punto di rottura con la precedente gestione è il diverso approccio teso a innovare il programma e i suoi strumenti di attuazione». Al termine di un incontro con il ministro della salute Renato Balduzzi ha dichiarato di aver ricevuto indicazioni molto utili dal ministro. Quali gli spunti più importanti e quali restano le criticità della regione? 2012 • DOSSIER • 27
LA CALABRIA IN CIFRE XXXXXXXXXXX
«Dal tavolo Massicci conti-
Nella sanità abbiamo chiuso e riconvertito ben 16 strutture ospedaliere
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nuiamo a ottenere riconoscimenti positivi per la Calabria. Rispetto all’ultimo bilancio consuntivo, i conti sono migliorati, passando da un disavanzo di 259 milioni nel 2009 ai 120 milioni del 2011. Il governo regionale che mi aveva preceduto non era riuscito a quantificare nemmeno il buco di bilancio. Certo sono emerse delle criticità che la Regione si è impegnata a risolvere. Tra queste la Fondazione Campanella e la riconversione degli ospedali. Intanto abbiamo ridotto la spesa farmaceutica, gli acquisti di beni e servizi e il costo del personale, voci che incidono per 28 milioni di euro. Ultimamente abbiamo avviato una partnership strategica con l’ospedale Bambin Gesù, potremo offrire ai nostri giovani cure adeguate nella regione senza spendere soldi altrove. Stiamo lavorando alla
nuova rete ospedaliera emergenza, urgenza, territoriale». Riguardo al porto di Gioia Tauro, qual è lo stato dell’arte e quali sono all’interno della programmazione regionale e comunitaria gli interventi previsti per lo sviluppo e il rafforzamento dell’infrastruttura? «Abbiamo puntato sul transhipment per garantire i livelli occupazionali e il risultato è stato un importante incremento dei volumi. L’ingresso della Msc di Aponte nella società Mtc che gestisce le banchine è stato un bel segnale per chi vuole investire al Sud. Ora occorre sviluppare le infrastrutture del “retroporto” e attirare più navi possibili affinchè Gioia Tauro diventi uno dei primi scali container del Mediterraneo. La Regione ha studiato politiche di vantaggio per chi investe a Gioia Tauro: dal protocollo con il Ministero dello sviluppo economico e Invitalia al regime di incentivi. E ancora: fiscalità di vantaggio, zone a burocrazia zero, credito d’imposta e ampliamento della zona franca per realizzare immediatamente altri magazzini da dare in concessione ad aziende di logistica; un servizio dogane innovativo, con l’apertura di uno sportello unico, primo in Italia; un protocollo di legalità per la sicurezza e l’accordo con i sindacati. Infine stiamo lavorando anche alla riduzione delle accise, al cablaggio completo dell’area e all’incentivazione dall’utilizzo del trasporto ferroviario».
Demetrio Arena
L’attrattore culturale del Mediterraneo Reggio Calabria è tra le 8 città pilota del progetto Musa. «L’intento – sottolinea il sindaco Demetrio Arena – è valorizzare la naturale vocazione turistica del capoluogo ed erogare servizi di trasporto adeguati per rendere fruibili i beni culturali presenti in città Renata Gualtieri
n un momento economicamente difficile risulta fondamentale il ruolo che può assumere per la sua ubicazione la città di Reggio Calabria in Europa e nel Mediterraneo. «Occorre valorizzare la posizione baricentrica della nostra città – incalza il primo cittadino – e intraprendere azioni incisive per sviluppare proposte economiche con i Paesi che si affacciano nell’area». Uno strumento importante per lo sviluppo della Calabria può essere rappre-
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Il sindaco di Reggio Calabria Demetrio Arena
sentato dalle risorse europee. L’amministrazione comunale si sta muovendo proprio in tal senso, intercettando tutte le forme di finanziamento provenienti da fondi europei, per programmare in maniera definita il futuro della città. Qual è l’obiettivo del progetto Musa e come si opererà per «mettere in rete e rendere fruibile la grande maggioranza di beni culturali presenti in città»? «Il progetto Musa ha rappresentato uno strumento formidabile
di dialogo tra l’amministrazione comunale, i cittadini e gli stakeholder per condividere gli obiettivi strategici delle politiche di mobilità tese a valorizzare il patrimonio ambientale, culturale e artistico cittadino. Le indicazioni contenute nel rapporto finale di Musa saranno recepite all’interno del Piano urbano della mobilità e l’attenzione di alcuni poli di erogazione di servizi ai cittadini ospedali riuniti, centro direzionale, palazzo di giustizia in corso di realizzazione e università - verso i temi dell’accessibilità, dello sviluppo del trasporto pubblico locale e della mobilità sostenibile, coniugati alla fragilità della rete viaria di accesso alle zone pedemontane della città, rappresenteranno gli obiettivi degli interventi infrastrutturali che saranno assunti dopo l’approvazione del piano. In più, i risultati del progetto Musa legittimano e confermano il gradi- 2012 • DOSSIER • 29
LA CALABRIA IN CIFRE
mento della città nei confronti del percorso intrapreso da qualche settimana con la pedonalizzazione dell’area di Piazza Italia e tendente, nel tempo, a mettere in rete tutti i poli di attrazione turistica con la creazione di itinerari pedonali qualificati e assistiti». Quali i punti più importanti del piano urbano della mobilità? «Con il Pum verrà delineata la città del futuro, con l’obiettivo di valorizzarne la naturale vocazione turistica e di erogare servizi pubblici di trasporto adeguati alla città e di livello qualitativo elevato. Il piano affronta il tema dell’accessibilità dei centri di erogazione di servizi ai cittadini con lo studio e la previsione di un sistema di trasporto collettivo che metta in rete i più importanti nodi di attrazione dell’utenza con la valorizzazione della mobilità ciclabile sull’asse Lungomare-Pentimele-Gallico-Catona e con il potenziamento dei servizi di trasporto pubblico locale e dei servizi di trasporto su rotaia. Le risorse economiche sono quelle deliberate dal Cipe lo scorso dicembre e quelle derivanti dai fondi Por che saranno gestite d’intesa con la Regione». Quali sono le priorità del piano strategico sociale? E quali le risorse a disposizione? «Il capitolo di bilancio relativo alle politiche sociali è di circa 5 milioni di euro: l’obiettivo dell’am30 • DOSSIER • 2012
Lo sviluppo del trasporto pubblico locale e della mobilità sostenibile, coniugati alla fragilità della rete viaria, rappresenteranno gli obiettivi degli interventi infrastrutturali che saranno assunti dopo l’approvazione del piano
ministrazione comunale, nonostante i tagli ai trasferimenti statali, è quello di lasciare inalterata la spesa per il sociale. Proprio la riduzione dei finanziamenti del governo rischia di colpire maggiormente le fasce deboli che non hanno la possibilità di ammortizzare la crisi, ed è per questo che ci stiamo impegnando al massimo per tutelarli. Il piano strategico dovrà generare politiche sociali basate sul principio costituzionale di sussidiarietà, che contribuiscano ad accrescere gradualmente il senso di appartenenza alla comunità». Quali saranno i criteri guida? «Saranno tre. Il primo riguarda l’avvio e il consolidamento dell’inte-
grazione fra politiche sociali, sanitarie, ambientali e urbanistiche, abitative e formative. Il fine è quello di costruire, insieme al cittadino, risposte personalizzate al bisogno, attuando forme di compartecipazione nella realizzazione e nella gestione del piano; il secondo criterio riguarda la messa in rete per valorizzare il ruolo e l’apporto del terzo settore, degli attori locali e dei cittadini, attivando un coinvolgimento responsabilizzato, in un ottica di sussidiarietà orizzontale per una più efficace, equa e democratica azione amministrativa. Infine, il terzo criterio riguarda la continuità dell’offerta, con l’intento di mettere in grado gli utenti di accedere ai
Demetrio Arena
servizi e di scegliere in base a un’offerta integrata, continuativa e differenziata sia a livello qualitativo che quantitativo». Sono stati sottoscritti a Palazzo San Giorgio nuovi contratti relativi al progetto “Obiettivo occupazione”. Che sviluppo sta avendo il progetto e quali le altre risposte concrete al problema occupazionale esistente sul territorio? «Il progetto nasce da una felice intuizione di chi mi ha preceduto: lo scopo era quello di agevolare l’assunzione in forma stabile di lavoratori specializzati presso aziende della città. Ricordo bene che questa iniziativa suscitò le
proteste di alcuni che videro nello strumento ideato dal presidente Scopelliti un bluff clientelare. A distanza di qualche anno questa iniziativa dimostra ancora la sua validità, e noi abbiamo potuto darne seguito. Riguardo ad altre azioni per l’occupazione, devo ribadire che il Comune non è una azienda e non deve dare direttamente lavoro: il nostro compito è non solo quello di fungere da tramite fra chi offre lavoro e chi lo cerca, ma quello di stimolare chi volesse intraprendere un’iniziativa imprenditoriale ad agire in tal senso. Dobbiamo, quindi, fornire servizi, che siano precisi e degni di una città europea, e in tal senso
stiamo già lavorando, anche se molti sono gli ostacoli che si ergono quotidianamente; inoltre, si dovrà metter mano a tutti i lacci che ostacolano o addirittura scoraggiano gli imprenditori, specie quelli più giovani. Su questo è rivolta tutta la mia attenzione e ritengo che a breve avremo delle importanti novità». Il 13 giugno scorso ha incontrato il nuovo questore Longo e si è detto convinto che la sinergia interistituzionale costituisca l’arma migliore a vostra disposizione. Come procederete dunque nell’azione di contrasto al crimine organizzato? «Con la Questura, così come con le altre istituzioni, l’interlocuzione è costante. Assieme a questo però non deve mancare il rispetto dei ruoli e delle competenze, quindi noi possiamo solo agevolare il lavoro delle forze di polizia, supportandole logisticamente, per come si è fatto sinora e, se possibile, aumentando le facilitazioni al lavoro delle forze dell’ordine. Oltre a ciò sento come necessario fare delle istituzioni un presidio di legalità, anche attraverso un confronto costante con chi è preposto per compito istituzionale a garantire la sicurezza dei cittadini e il rispetto delle leggi». 2012 • DOSSIER • 31
L’ECONOMIA UMBRA
L’Umbria alla prova dell’innovazione Proprio nel momento in cui le aziende avrebbero bisogno di essere guidate e incentivate nella sfida dell’internazionalizzazione e della competitività, gli imprenditori sentono lontane le istituzioni. A colmare questo gap ci sta provando la Camera di Commercio di Perugia Teresa Bellemo
ornare a crescere è diventato ormai quasi un mantra, anche se la difficile congiuntura di crisi economica e di recessione sembra non attenuarsi, anzi rafforza la crisi iniziata a fine 2007. È lo sviluppo però a essere l’unica via reale per uscire da questo momento certamente non positivo e per renderlo possibile, innovazione e internazionalizzazione sembrano essere i due cavalli su cui scommettere. Anche in una situazione come questa, una delle più acute crisi del capitalismo, la base imprenditoriale del nostro Paese riesce a resistere, tra molte chiusure, ma anche con numerosi esempi di startup, alcune molto ben strutturate. A latitare purtroppo sono gli aiuti e gli incentivi da parte delle istituzioni, che anzi a volte vengono viste dagli imprenditori come un ostacolo. La solitudine delle aziende, soprattutto per quanto riguarda l’innovazione, è evidente anche consultando i dati diffusi dall’Istat. In Umbria, sono 2,9 gli addetti nel settore ricerca e sviluppo ogni 1.000 abitanti, contro una media italiana di 3,8 e del centro Italia di 4,6. Non migliora molto il quadro se guardiamo la percentuale del Pil regionale spesa in R&S: 1% in Umbria contro l’1,4% del Centro-Italia e l’1,3% della media nazionale. A questo cerca di porre rimedio la Camera
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di Commercio di Perugia, mettendo a punto corsi di formazione e canali di connessione per aziende e imprenditori alle prese con le stesse problematiche sulla via della ricerca e dell’innovazione. Lo spiega Giorgio Mencaroni, presidente della Camera di Commercio di Perugia e di Unioncamere Umbria. Quali sono i principali freni alla competitività imprenditoriale? «Gli elementi che frenano e condizionano negativamente la competitività sono sì congiunturali, ma anche strutturali, di sistema. Le indicazioni più chiare ci arrivano direttamente
dalle imprese. La Camera di Commercio di Perugia le ha consultate e le risposte hanno riservato anche qualche sorpresa, ma con una costante trasversale a tutti i livelli dimensionali: l’eccessiva pressione fiscale. Aliquote elevate, complessità dell’ordinamento fiscale e incertezza del diritto tributario gravano in maniera determinante sulle possibilità competitive delle imprese. Seguono l’eccesso di burocrazia e l’elevato costo del lavoro, insieme all’altro grande problema rappresentato dal credit crunch, di cui fanno le spese soprattutto le imprese di più piccole dimensioni. La sorpresa viene invece
Giorgio Mencaroni
A sinistra, Giorgio Mencaroni, presidente della Camera di Commercio di Perugia e di Unioncamere Umbria
dalla scarsa considerazione riservata almeno a livello locale - alla rigidità del mercato del lavoro, considerata certo un elemento frenante della competitività, ma molto meno invasivo rispetto ad altre emergenze». Quali sono le direttrici da seguire per fare in modo che le aziende escano dalla crisi? «Il nostro sistema imprenditoriale è innervato dalla presenza dominante di piccole imprese industriali e artigiane, scopre oggi inadeguatezze che generano crisi di identità. Per tornare a crescere abbiamo bisogno di scoprire nuove strade, trasformare modelli: dunque occorre innovare. È questa la chiave decisiva per realizzare una reale rinascita: innovazione di processo e di prodotto, costante e ancor più incisiva ricerca della qualità, introduzione di nuove tecnologie. Sapendo però che non c’è innovazione senza ricerca. Un assunto poco considerato nel nostro Paese, dove molti pensano di poter
fare innovazione senza investire nella ricerca. In questa direzione le imprese sono chiamate a compiere uno sforzo importante che ha bisogno, soprattutto in tempi di crisi, del pieno sostegno da parte dello Stato, che invece è molto limitato». Cosa sta facendo la Camera di Commercio per incentivare l’innovazione? «Il sistema camerale su questo fronte è molto attivo e realizza iniziative volte alla diffusione della cultura dell’innovazione sia a livello nazionale che locale. Aiutiamo le imprese a capire le loro necessità dal punto di vista della tecnologia della logistica e dei brevetti, cercando di riunirle insieme nel caso in cui siano di piccole o medie dimensioni e abbiano bisogni comuni. Per esempio, lo scorso maggio con il Ministero per lo sviluppo economico è stata siglata un’iniziativa volta a sostenere le attività tese all’innovazione delle imprese sui temi della proprietà industriale e della registrazione di marchi comunitari e internazionali da parte delle micro, piccole e medie imprese. Inoltre realizziamo interventi territoriali per rendere più semplice il collegamento tra ricerca, pubblica ammini-
strazione e pmi, infine organizziamo corsi di aggiornamento e formazione per gli imprenditori». Dal punto di vista dell’internazionalizzazione, quali gli interventi e le possibilità per le imprese umbre? «Come Camera di Commercio di Perugia, insieme a Umbria Export e Camera di Commercio italiana in Cile, abbiamo recentemente organizzato degli incontri tra imprese umbre e operatori, importatori e distributori locali finalizzati alla ricerca di nuove opportunità di business. Il protagonista è stato sicuramente il comparto della meccanica per l’agricoltura, di cui l’Italia è primo esportatore in Cile. Ma i settori che possono diventare profittevoli per le imprese italiane e umbre sono anche quelli della filiera delle costruzioni, dell’edilizia e dell’arredo interno per grandi magazzini, delle energie rinnovabili, infine uno dei nostri fiori all’occhiello: i prodotti enogastronomici. I nostri operatori, inoltre, hanno potuto verificare in prima persona le ottime potenzialità che il mercato cileno può offrire in diversi settori produttivi, sia in termini di scambi commerciali, ma anche per accordi e intese tra imprese». 2012 • DOSSIER • 35
L’ECONOMIA UMBRA
Il rinnovamento è la chiave della ripresa L’Italia ha una burocrazia e una tassazione che in molti casi sembra giocare contro chi investe e produce, per questo servono misure più elastiche e un rinnovamento infrastrutturale, fuori dal patto di stabilità Teresa Bellemo
a vocazione al manifatturiero e all’esportazione è uno dei punti di forza dell’Umbria. Il peso dell’industria sull’economia locale è, infatti, pari al 20% rispetto al 19% del dato nazionale. Dopo una crescita delle esportazioni tra le più elevate in Italia nel periodo 20042008, il 2009 ha segnato un calo significativo, a cui le imprese umbre hanno saputo reagire portando nel 2010 l’export regionale nuovamente in crescita (+19%, ben al di sopra della media italiana). Nel 2011 l’incremento si è mantenuto superiore alla media nazionale (+13,6%), così come nel primo trimestre 2012. Per fare in modo che questi valori non riguardino soltanto i dati dell’export ma dell’intera produzione regionale, c’è bisogno di una decisa dose di innovazione che ridia slancio all’intero sistema. Dal punto di vista produttivo il made in Italy può certamente fare da volano per lo sviluppo. Luisa Todini, anche grazie al suo ruolo di presidente del Comitato Leonardo, ne conosce l’importanza. «In oc-
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casione dell’incontro con il territorio organizzato l’anno scorso dal Comitato Leonardo in Umbria, ospitato da due eccellenze locali come Brunello Cucinelli e Nicoletta Spagnoli, si è condiviso lo spirito del saper fare umbro, basato per il passato come per il futuro sul connubio vincente tra tradizione e innovazione». La congiuntura economica è particolarmente difficile, quali sono le principali fonti di sofferenza per un’azienda che mantiene il suo cuore in Italia e in Umbria? «Gran parte del Gruppo Todini, fondato da mio padre negli anni Sessanta, è ancora legato all’Um-
bria. La quota di ricavi del Gruppo all’estero, pari a circa l’80%, consente una diversificazione fondamentale nell’ottica di una minimizzazione dei rischi anche alla luce della carenza di lavori pubblici nel nostro Paese. È questo il nostro maggiore cruccio: assistere al declino infrastrutturale dell’Italia a causa anzitutto di scarsità di stanziamenti, burocrazia eccessiva, tempi lunghi nei pagamenti e nella giustizia civile». Quali sono i provvedimenti più urgenti che dovrebbero mettere in campo le istituzioni per venire incontro a queste problematiche? «Condivido in pieno i contenuti
Luisa Todini
dei primi discorsi del governatore di Bankitalia Ignazio Visco e del neo presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, ovvero un sistema di regole più snello ed efficiente, un fisco meno pesante su imprese e lavoro, efficaci e rapide misure di
spending review per la pubblica amministrazione, investimenti sui grandi progetti per le infrastrutture dei trasporti ed energetiche, troppo spesso bloccate da ricatti locali. A questi spunti vorrei aggiungere anche l’opportunità di una patrimoniale al contrario, ovvero le dismissioni di immobili e partecipazioni pubbliche, nonché un piano straordinario per la manutenzione del nostro patrimonio idrogeologico ed edilizio, anche È indispensabile con coraggiose demoliun piano straordinario per zioni e rifacimenti in la manutenzione del nostro chiave anti-sismica e per il risanamento urpatrimonio idro-geologico, bano, storico e artistico. storico e artistico Su questo fronte è importante il pressing del presidente Monti sull’Europa per ottenere la golden rule sugli investimenti fuori dal patto di stabilità». L’accesso al credito sta diventando uno dei principali motivi per cui molte aziende cessano la loro attività. Come contrastare la stretta creditizia? «Il credit crunch è causato da vari fattori, di cui le banche sono in parte responsabili. Grazie alla prudenza degli istituti di credito, il nostro sistema bancario non corre i rischi di altri paesi, ma la liquidità che hanno riceL’imprenditrice Luisa Todini vuto e ricevono dalla
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Banca centrale europea a tassi bassissimi - e le banche italiane sono quelle che, dopo le spagnole, più hanno beneficiato dei prestiti Bce - dovrebbero essere reimpiegati secondo la primaria funzione economica e sociale degli istituti di credito: aiutare lo sviluppo prestando denaro al settore privato. Dobbiamo uscirne facendo ognuno la propria parte: noi imprese dobbiamo aumentare il grado di patrimonializzazione per non essere unicamente dipendenti dal credito bancario e riequilibrare la struttura del debito, troppo sbilanciata sul breve termine (in Italia il 38% contro il 24% della media Eurozona); ma su questo fronte le banche e le istituzioni devono aiutarci». La Regione Umbria sta pianificando la strategia energetica regionale che, anche in relazione al Burdensharing, prevederà un forte incremento dell’energia delle fonti rinnovabili e una maggiore attenzione al risparmio energetico. Quanto questo settore potrà essere una valvola di sviluppo e di innovazione per le imprese? «In regione, i cui governatori sono da tempo attenti e sensibili alla sostenibilità e all’efficienza energetica, operano già nel settore delle rinnovabili diverse importanti aziende. La stessa Ecos Energia, di cui sono presidente e azionista di maggioranza, sta sviluppando a Todi un progetto innovativo per la produzione di energia partendo dalla pollina, materia prima derivante dalle deiezioni del pollame. Sono fiduciosa che i benefici dell’impulso alle rinnovabili saranno utili a tutto il settore industriale e alle comunità in generale della nostra regione». 2012 • DOSSIER • 37
CREDITO & IMPRESE
LA STRETTA CREDITIZIA MORDE LE IMPRESE La fragilità del sistema economico-finanziario ha imposto regole più severe agli istituti di credito, sempre più attenti nel concedere fidi alle imprese. Secondo i risultati di un’indagine sul Mezzogiorno presentati da Confcommercio, il 26% delle realtà produttive conferma la difficoltà di accesso al credito come unno dei maggiori ostacoli presentati oggi dal mercato. In Calabria, come sottolinea il rapporto della Banca d’Italia, tale situazione è dovuta al calo della domanda di credito da parte delle aziende e anche dalle condizioni di offerta maggiormente improntate alla cautela da parte delle banche. In Basilicata, accanto al rallentamento dei prestiti a famiglie e imprese, si è registrata nel 2011 una diminuzione del Pil dell’1,4%,
della produzione industriale (-4,3%) e dell’export (-3,1%). Sul fronte occupazionale, gli scenari presentati da Svimez sul Mezzogiorno offrono, inoltre, risultati peggiori rispetto a quelli dell’anno precedente, con un incremento di dieci punti percentuali (39%) del tasso di disoccupazione. C’è poi un altro fattore non trascurabile perché, se è vero che al Sud sono presenti meno del 30% degli occupati italiani, è vero anche che qui che si concentrano il 55% delle perdite di lavoro determinate dalla crisi, con un riflesso particolarmente difficile per le fasce più giovani. Disoccupazione e difficoltà di accesso al credito restano dunque le variabili più critiche di questa fase di recessione. 2012 • DOSSIER • 41
CREDITO & IMPRESE
FONDI DI GARANZIA PER LE PMI Nell’attuale scenario caratterizzato da crisi di liquidità e deterioramento della produttività, il credito è un bene da gestire con cura per non mettere in pericolo i risparmi degli italiani e creare danni alle imprese Elisa Fiocchi
econdo Eurisc, il sistema di informazioni creditizie di Crif, su oltre 8 milioni di linee di credito attribuite a utenti business, la domanda di finanziamento da parte delle imprese italiane ha fatto segnare nel 2011 solo una lieve diminuzione pari all’1% rispetto al 2010, cioè in miglioramento se confrontati con il calo osservato nell’anno precedente e attestato attorno al 5%. In Basilicata i numeri esprimono un andamento in controtendenza non tanto a Matera, che ricalca il trend nazionale (-1%), quanto a Potenza che segna un inatteso +4 per cento, portando così la media regionale al +2%. Luigi Montemurro, presidente di Abi Basilicata, spiega i motivi per cui il sistema bancario ha comunque interesse a continuare a finanziare l’economia. Dal confronto con le istituzioni e le associazioni di categoria, quale analisi congiunturale è emersa in merito alle dinamiche di accesso al credito in Basilicata? «Gli ultimi dati al momento disponibili sui prestiti a famiglie e imprese parlano di una variazione annua, seppure in rallentamento, co-
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munque in crescita rispetto all’anno precedente, pari al +0,4% a marzo 2012. La situazione di persistente deterioramento del mercato del lavoro e della produttività stagnante inevitabilmente si ripercuote anche sul mercato del credito. Come nel resto d’Italia, la domanda di credito è legata non tanto a nuovi investimenti quanto alla necessità di copertura del capitale circolante e a operazioni di ristrutturazione e consolidamento del debito. Nonostante il contesto difficile, più evidente nel Sud, il sistema bancario ha comunque l’interesse a continuare a finanziare l’economia: banche, imprese e famiglie condividono lo stesso destino». Lei ha esortato le aziende del territorio a una ripatrimonializzazione. È questa la migliore strada da percorrere per ottenere accesso al credito? «La ripatrimonializzazione delle imprese è il primo fattore della ripresa, ma questa va accompagnata anche alla loro internazionalizzazione, all’incentivazione del trasferimento di tecnologia e innovazione. Già ora per favorire l’accesso al credito delle pmi le banche stanno
Luigi Montemurro, presidente di Abi Basilicata
In Basilicata la variazione annua su prestiti a famiglie e imprese, seppure in rallentamento, è in crescita rispetto all’anno precedente
sollecitando il ricorso al fondo di garanzia che, com’è noto, favorisce l’accesso alle fonti finanziarie delle piccole e medie imprese mediante la concessione di una garanzia pubblica. Al Sud questo tipo di garanzia non ha un costo, ma non tutte le imprese ricorrono a uno strumento così importante per la valutazione del merito del credito. Infine, ritengo, che anche la collaborazione con i consorzi di garanzia fidi sia da valutare con attenzione. Magari superando l’eccessiva frammentazione esistente e verificando il tipo di garanzia che sono in grado di offrire». Alcune imprese sono valutate meritorie dai consorzi fidi e sono poi bocciate dal sistema creditizio: come superare queste contraddizioni? «Il credito è l’impiego delle risorse che le banche raccolgono dai piccoli risparmiatori, dalle famiglie e dal mercato finanziario. Per questo motivo è un bene da gestire con cura. Noi abbiamo il dovere di valutare il merito creditizio, altrimenti metteremmo in pericolo i risparmi degli italiani e creeremmo danni al mercato e alle imprese. E questa accortezza è naturale a maggior ragione nell’attuale scenario di crisi di liquidità e deterioramento della produttività senza precedenti. In particolare, sull’erogazione di credito e sulla capacità competitiva delle imprese meridionali incidono fattori strutturali,
quali la mancanza di infrastrutture, e fattori ambientali, come la minore redditività delle imprese, la maggiore incidenza del lavoro sommerso, la giustizia civile più lenta. L’oggettivazione del merito creditizio è un procedimento che prende in considerazione parametri come le dimensioni e l’incidenza delle sofferenze. Lavorare su questi aspetti aiuterebbe certamente a raggiungere fasce di rating migliori e più vantaggiose per le aziende». Quali strumenti saranno adottati nei prossimi mesi per salvare quelle aziende che rischiano la chiusura e garantire investimenti a quelle che invece possono offrire maggiori garanzie? «Le banche si stanno facendo carico delle difficoltà delle imprese anche con strumenti straordinari quali le moratorie alle rate dei finanziamenti e gli altri strumenti previsti da numerosi accordi sottoscritti con le associazioni di tutti i settori produttivi. Inoltre, si continua a lavorare per favorire la comunicazione finanziaria tra banche e imprese, per migliorare la modalità di relazione reciproca e la costruzione di un linguaggio comune, anche tramite la possibilità di valorizzare e dare evidenza alle informazioni extra-contabili che rappresentano un asset importante dell’impresa». 2012 • DOSSIER • 47
CREDITO & IMPRESE
APRIRSI ALLE ECONOMIE DEL MONDO Le imprese del Mezzogiorno devono migliorare le dotazioni patrimoniali e la solidità aziendale immettendo capitali, adottando approcci contabili e gestionali ispirati alla massima trasparenza e coltivando una leale relazione con la banca Elisa Fiocchi dati macroeconomici che riguardano le regioni del Sud illustrati recentemente dalla Banca d’Italia nelle varie sedi regionali, confermano un quadro congiunturale con molte ombre e poche luci. «D’altronde le debolezze ataviche del Meridione sono certamente un fattore che ha reso e rende tuttora l’impatto della crisi più violento rispetto ad altre aree del paese», spiega Raffaele Avantaggiato, direttore generale della Banca Carime. «La nostra realtà produttiva, tuttavia, accanto ai settori maturi, vede emergere e gradualmente consolidarsi produzioni ad alto contenuto di innovazione». Il riferimento è diretto ai settori delle energie rinnovabili, dell’agroalimentare di qualità, delle nano tecnologie, dell’aerospaziale, della meccatronica e della chimica farmaceutica: comparti produttivi destinati a essere decisivi, soprattutto se sapranno allargare i loro mercati di sbocco verso le nuove economie del mondo. «Solo così si riavvia un percorso di crescita dell’intera economia meridionale».
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Come s’imposta la ripresa del comparto produttivo? «È assolutamente necessario per le imprese riprendere a investire e innovare superando un atteggiamento che, quasi per inerzia, vediamo pericolosamente diffondersi a tutti i livelli: un pessimismo che inclina spesso verso il catastrofismo. Siamo diretti testimoni del fatto che al Meridione non mancano i campioni tra gli imprenditori e che una parte importante del sistema economico continua a funzionare e a crescere; non mancano anche esempi virtuosi d’intervento pubblico a livello regionale che hanno generato risultati più che positivi, sia in termini di nascita di nuove iniziative imprenditoriali che in termini di attrattività e convenienza per grandi realtà multinazionali che hanno deciso di mantenere e sviluppare i loro siti produttivi e anche di crearne di nuovi». Tutte le banche del gruppo Ubi banca hanno aderito all’intesa Abi sulle nuove misure
Raffaele Avantaggiato, direttore generale di Banca Carime
per il credito alle pmi. Che segnale rappresenta per il territorio? «L’accordo offre nell’immediato speranze e ossigeno alle imprese e come nostro contributo vogliamo ricreare un clima di fiducia e di maggiore serenità. Aiutare le imprese a resistere alla crisi è nostro compito e responsabilità sociale, oltre che economica, anche perché non c’è banca di territorio che possa pensare di potersi mantenere e prosperare in assenza di un tessuto socio-economico sano e vitale». Con quali strumenti Carime sta sostenendo la volontà di ripresa economica nel Sud? «Abbiamo recentemente attivato in Calabria un accordo quadro con Fincalabra e la Regione mettendo a disposizione un primo importante plafond di 200 milioni di euro e una strumentazione operativa che fornirà assistenza alle microimprese e alle pmi per consentire loro di realizzare obiettivi di allargamento della base produttiva e occupazionale locale. Anche su un altro fronte d’interesse per le imprese, quello dell’internazionalizzazione, abbiamo realizzato i dei primi test di seminari tematici rivolti agli imprenditori, a Salerno e a Bari, dove vi è una forte presenza di imprese esportatrici. Continueremo estendendo l’esperimento ad altri ambiti territoriali poiché l’appartenenza al Gruppo Ubi offre a Banca Carime una rete estera di filiali e di uffici di rappresentanza in molte aree del mondo, tra cui Europa, Cina, India, Brasile, Russia, per chi vuole affacciarsi a nuovi mercati». Qual è l’andamento dei vostri impieghi nell’ultimo periodo? «Nonostante la crescita dell’aggregato dei crediti problematici, al ritmo del 50% negli ultimi tre
esercizi, Banca Carime mantiene indicatori di qualità del credito tra i migliori del Meridione e comparabili con quelli della banche del centronord. I crediti sono cresciuti senza sosta negli ultimi cinque anni a una media superiore al 5 per cento. A partire dall’ultimo trimestre del 2011, questo ritmo ha rallentato notevolmente sia in virtù di una domanda sempre più asfittica sia per le note imposizioni dell’Autorità bancaria europea (Eba) in tema di requisiti di capitale per il sistema bancario. Nonostante ciò, le quote di mercato dei nostri impieghi, al 31 dicembre 2011, secondo i dati della Banca d’Italia, sono in crescita rispetto all’esercizio precedente su quasi tutto il territorio coperto dalle nostre filiali». Com’è possibile costruire un giusto equilibrio fra accesso al credito e di crisi economica e di competitività delle imprese? «Non dobbiamo mai perdere di vista la necessità di non distruggere valore con condotte che non siano ispirate alla sana e prudente gestione. Il mancato rigore professionale nelle concessioni creditizie, generando perdite, determina un impoverimento della capacità delle banche di sostenere il sistema economico e le necessità delle famiglie. All’opposto, una corretta allocazione delle risorse disponibili sulle imprese meritevoli, genera valore sia per i prenditori sia per la banca che, tramite la produzione di utili, rafforza i suoi mezzi patrimoniali e aumenta la sua capacità di concedere credito. Purtroppo, troppo spesso, alla banca è lasciato solo l’ingrato compito di assumere decisioni dalle quali può derivare la sopravvivenza o meno di un’impresa quando ormai le possibilità di scelta sono estremamente ridotte». 2012 • DOSSIER • 49
AGROALIMENTARE
Esportare il made in Calabria Valorizzare il brand Calabria è uno degli impegni della Regione per quanto riguarda il settore agricolo. Molte sono le eccellenze del territorio che, secondo Michele Trematerra, vanno maggiormente promosse al di fuori dei confini regionali Nicolò Mulas Marcello
l comparto agricolo e agroindustriale risente fortemente delle crisi economiche e, più in generale, dei momenti di contrazione del reddito disponibile delle famiglie. Ma mentre per l’industria manifatturiera una contrazione della domanda viene fronteggiata anche con una riduzione della produzione, in agricoltura questo non è possibile. Se ciò in un primo momento sembra porre l’economia agricola in modalità anticiclica rispetto alle crisi economica, di fatto, nel medio periodo, non riuscendo a contrarre l’offerta, genera un crollo dei prezzi. «Questi effetti oggi – sottolinea Michele Trematerra, assessore all’Agricoltura della Regione Calabria – li stiamo vivendo sia sul mercato delle pesche che su quello degli agrumi. Ma anche settori tradizionali di prima trasformazione come l’olivicolo e il vitivinicolo stanno attraversando un momento di contrazione dei prezzi a parità di domanda e di offerta».
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Michele Trematerra, assessore all’Agricoltura della Regione Calabria
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Qual è la situazione del settore? «Il settore agroindustriale regionale sta, in questo momento, giocando una partita importate. Oggi più che mai è necessario guardare al mercato globale come orizzonte di lavoro. La nostra regione su alcune produzioni, penso agli agrumi o al comparto oleicolo, ha numeri e massa critica per competere su scala mondiale. Le nostre aziende, nonostante le rigidità del sistema del credito e la contrazione dei margini di profitto, hanno in atto forti politiche di investimenti in innovazione e ristrutturazione aziendale. Questo lascia sperare in una presa d’atto che la competitività è l’unica via per affrontare e vincere le sfide di mercato». Parliamo delle eccellenze agricole calabresi. Come vengono valorizzate e come si muove la Regione su questo fronte? «Sul fronte della valorizzazione è molto attenta. Noi siamo impegnati in prima linea affinché in tutte le più importanti manifestazioni di settore, a livello mondiale, sia sempre presente il brand Calabria. Certo c’è un cambio di visione, oggi l’azienda produttrice è ancora protagonista nelle azioni di promozione, ma il vero momento partecipativo è il nome Calabria. Solamente valorizzando questo marchio si potrà innestare quella spirale virtuosa di attivazione del valore aggiunto che consente di fare utili con la propria impresa e avere soddisfazione dal mercato. Quello della regione è un impegno importante, per effetto della crisi le risorse regionali e quelle trasferite dal sistema centrale sono quasi azzerate, però riusciamo, in questo contesto, a soddisfare tutte le istanze promozionali più rilevanti. La Regione è sog-
Michele Trematerra
La nostra regione su alcune produzioni, penso agli agrumi o al comparto oleicolo, ha numeri e massa critica per competere su scala mondiale
getto attivo nella promozione e valorizzazione delle produzioni di qualità certificate, favorendo, sempre, la nascita di nuove Igp, Dop e, in generale, tutte le certificazioni». È in atto una frammentazione della produzione agricola in Calabria? «L’Istat ci dice che in Calabria le aziende agricole sono diminuite, anche se meno che nel resto d’Italia, però evidenzia come la superficie media aziendale sia aumentata. L’Istituto poi ci fa notare come siano diminuite le aziende individuali e, viceversa, aumentate le società di capitali e le cooperative. Io leggo questi dati come indicatori del fatto che si vanno via via sostituendo forme elementari di conduzione aziendale con forme più articolate, come le società a responsabilità limitata, facendo parimenti registrare fenomeni aggregativi di superficie agricola. Probabilmente quella che è in atto non è una frammentazione della maglia fondiaria ma, al contrario, l’avvio di una fase di
convergenza dei valori medi calabresi sulla dimensione media aziendale verso i dati medi nazionali. Tale fenomeno porterà, nel medio lungo periodo, a una maggiore competitività del sistema agricolo regionale». Quali sono le prospettive per il futuro del settore agroalimentare calabrese e quali le misure in programma da parte della Regione? «Visto che nel mio ruolo di assessore regionale posso definirmi un osservatore privilegiato del settore, non posso fare altro che confermare le sensazioni che ho rappresentato. Tuttavia voglio evidenziare come il mio impegno è anche quello di provare a modernizzare l’intero settore, non solo produttivo, dell’agricoltura. In questo senso vanno le nuove leggi approvate in materia forestale, le leggi di riordino degli enti strumentali, la legge regionale sull’olivicoltura, la messa a regime dell’organismo pagatore delle sovvenzioni agricole e tanto altro ancora. Il passaggio cruciale della credibilità del sistema è la vera sfida che mi sento di lanciare. Mi piace dire che non mi sento solo in questa missione. Sento vicine le associazioni di categoria, i sistemi produttivi locali, le aziende». 2012 • DOSSIER • 57
La filiera corta dà valore all’agricoltura calabrese Coniugare prodotti, territorio e cibo è una delle strategie che in calabria si stanno adottando per rilanciare il settore agroalimentare regionale. Pietro Molinaro non nasconde le sue speranze per il futuro del comparto Nicolò Mulas Marcello
agricoltura e l’agroalimentare sono la più importante locomotiva economica della Calabria. È questo segmento a guidare una sorta di mini risalita dell’economia calabrese, in particolare nelle esportazioni, dove continua ad avere un certo peso segnando un +23,5% (dati Unioncamere Calabria), con un significativo apporto al Pil regionale. Insomma l’agricoltura, che in questi anni si è sottoposta a un “lifting” di grande rilievo, innovando e diversificando l’attività, si conferma un settore in controtendenza. «Sono convinto – afferma Pietro Molinaro, presidente di Coldiretti Calabria – che la Calabria può crescere se investe nelle proprie risorse e nelle cose che ha e sa fare: i territori, l’identità, il turismo, la distintività delle produzioni, la cultura e il cibo sono una leva competitiva formidabile per trainare il made in Italy nel mondo. Le difficoltà ci sono ma registriamo che l’agricoltura si conferma un settore anticiclico come dimostra anche una significativa tenuta delle assunzioni di dipendenti impegnati in campagna, in netta contro-
L’
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tendenza rispetto all’andamento generale». A preoccupare per il futuro però è il crollo dei prezzi alla produzione «soprattutto per gli alimenti base della dieta mediterranea come l’ olio di oliva dove – continua Molinaro – siamo i secondi produttori a livello nazionale e i terzi in Europa». La crisi economica è l’unico ostacolo che frena il commercio dei prodotti o ci sono altri impedimenti? Nonostante la crisi economica e i conseguenti effetti negativi, con una percepibile mancanza di reddito, le imprese agricole non sono scappate da luoghi e responsabilità, ma sono rimaste nei campi e nelle stalle, reagendo in modo convinto e, stringendo la cinghia, hanno continuato a spendere risorse proprie ed energie con investimenti in grado di garantire la crescita. Lavorando con sacrificio hanno tenuto fede agli impegni pubblici assunti. Se, come è il nuovo orientamento, si diffondesse la pratica di valutare gli investimenti pubblici, per dare maggiore efficacia alla spesa in conto capitale, potremmo dire
Pietro Molinaro
che l’agricoltura “ha dato”. In tempi di crisi, però abbiamo bisogno di scelte politiche di accompagnamento. È vitale che la crisi economica non blocchi la capacità di innovazione delle imprese agricole e agroalimentari, rendendole deboli di fronte alla competizione internazionale. Questo, dovrebbero calamitare l’attenzione non solo di chi governa». Cosa occorre fare in più su questo fronte? «La parola magica è competitività. Ad esempio, il Piano di sviluppo rurale, adottato nel 2007, si basa su dati di quasi dieci anni fa, e per questo abbiamo chiesto una sua rivisitazione per consolidare nuove priorità di investimento e far cogliere alle imprese della Regione, nuove opportunità di reddito. Il piano è stato imperniato, per vincoli comunitari, in un contesto regionale completamente diverso rispetto alle attuali condizioni notevolmente cambiate per via dell’avvento nel 2008 della crisi, che ha reso dalle nostre parti l’accesso al credito un muro invalicabile. I margini di redditività delle imprese si sono ulteriormente ridotti facendo il paio con l’assenza di liquidità. Ricordo che gli investimenti pubblici sono cofinanziati». Per quanto riguarda prodotti tipici ed eccellenze qual è la situazione? «Quando, come sta avvenendo in modo diffuso, la tendenza è quella di coniugare i territori al cibo, questo fa ben sperare. Sotto questo aspetto
la Calabria ha davvero un patrimonio invidiabile, frutto di stratificazioni culturali che ne hanno segnato profondamente la storia. Con 13 Dop riconosciute, 7 in corso di riconoscimento, 2 Igp, 271 prodotti tradizionali tipici censiti e 23 tra Doc e Igt nel campo vitivinicolo, siamo davvero all’avanguardia. Il progetto della Coldiretti di una filiera tutta agricola e italiana firmata dagli agricoltori, inserita in questo contesto, oltre ad assumere una indubbia importanza economica, poiché accorcia la filiera e annulla onerose e inutili intermediazioni, assume una straordinaria valenza poiché contribuisce a valorizzare e remunerare il lavoro dell’uomo, le produzioni e il territorio. L’agricoltura calabrese, ma non solo, ha bisogno del territorio e della bellezza dei paesaggi. Da questi elementi distintivi prende forza per affermarsi. Essi rappresentano il biglietto da visita più immediato e percepibile. Allora rilancio: più agricoltura produttiva e multifunzionale, perché è occasione di lavoro in particolare per i giovani. Un dato: è in continua crescita la spesa nei mercati di Campagna Amica e nelle altre tipologie di vendita diretta. I risultati sono assolutamente confortanti e confermano la grande opportunità offerta ai cittadini - consumatori di acquistare direttamente a kilometro zero e questo avviene anche con una legislazione nazionale e regionale all’avanguardia che abbiamo promosso».
Pietro Molinaro, presidente di Coldiretti Calabria
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AGROALIMENTARE
Il gap infrastrutturale affossa l’agricoltura Occorrono interventi per il riequilibrio finanziario delle imprese agricole. A sostenerlo è Alberto Statti, il quale spiega quali sono gli ostacoli che coinvolgono lo sviluppo dell’agricoltura in Calabria Nicolò Mulas Marcello
el 2011 – spiega Alberto Statti, presidente di Confagricoltura Calabria – secondo le stime Istat, è aumentata la capacità produttiva dell’olivicoltura, che ha raggiunto il 9,1% in più, mentre è rimasta stabile quella degli agrumi ed è invece diminuita sensibilmente la produzione cerearicola con -11,2%, dato quest’ultimo evidentemente condizionato dalla riduzione del 5,1% di superfici coltivate». Segnale negativo anche per quanto riguarda le esportazioni, che scendono per l’intero sistema economico calabrese, agroalimentare compreso. «Si conferma, invece, il dinamismo delle produzioni di qualità certificata, prodotti di assoluto valore le cui peculiarità riescono a reggere il peso della crisi – continua Statti –. Questa è la strada da percorrere assieme a quella di un associazionismo che consenta di garantire capacità produttive e standard qualitativi elevati». Cosa frena l’agricoltura calabrese? «La crisi economica naturalmente incide, ma la Calabria ha una sua storica e negativa specificità; alla dinamica congiunturale che dipende da fattori così complessi e ampi noi dobbiamo aggiungere le difficoltà derivanti dalle condizioni di contesto. A parità di condizioni e in una situazione di crisi generalizzata, noi paghiamo di più perché più forti sono i ritardi che caratterizzano la regione; un gap evidente che riguarda tanto le aziende quanto il territorio.
«N
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Penso alle infrastrutture, a un’eccessiva burocratizzazione, ai ritardi che si registrano nell’impiego e nella spesa effettiva dei fondi comunitari, alla necessità di fare sistema sul versante della valorizzazione e promozione della produzione agricola regionale». Quali sono le dinamiche future del settore? «Noi pensiamo che il settore agroalimentare non soltanto possa avere un futuro incoraggiante, ma che dal suo sviluppo dipenda una parte significativa del futuro economico dell’intera Calabria. L’agricoltura e l’agroalimentare sono realtà dalle quali non si può prescindere per una serie di ragioni la cui evidenza è tale da
Alberto Statti, presidente di Confagricoltura Calabria
Alberto Statti
L’agricoltura e l’agroalimentare sono realtà di cui la Calabria non può fare a meno
non richiedere spiegazioni e approfondimenti. Basti pensare al dato sull’occupazione in Calabria nel 2011, nell’industria si registra un calo del 2,2%, nelle costruzioni la diminuzione arriva al 15%, aumenta l’occupazione solo nei settori dei servizi e dell’agricoltura; il settore agricolo e agroalimentare, in Calabria come altrove, garantisce cibo per tutti e lavoro per molti». Cosa occorre fare dunque? «È chiaro che, soprattutto nella nostra regione, occorrono interventi e scelte di autentico e concreto sostegno; Confagricoltura ha recentemente evidenziato le necessità degli imprenditori agricoli in un approfondito documento consegnato al ministro Mario Catania in occasione della sua recente visita in Calabria. La situazione attuale è delicatissima, le imprese si trovano in difficoltà a causa del costante aumento dei costi di produzione: lavoro, denaro, carburanti, concimi e fitofarmaci costano infatti sempre di più; il caro carburanti è una vera emergenza nelle campagne, il costo del gasolio dal gennaio 2010 è cresciuto del 41,54%; servono dunque politiche volte alla riduzione dei
costi. La lontananza dai mercati nazionali ed europei richiederebbe infrastrutture moderne che però non ci sono, è necessario sostenere lo sviluppo del trasporto ferroviario, marittimo e aeroportuale come concrete e valide alternative al trasporto su gomma». Quali sono le richieste di Confagricoltura? «C’è necessità di interventi per il riequilibrio finanziario delle imprese agricole, soprattutto in considerazione del fatto che rimane intatto il problema dell’accesso al credito; le imprese agricole hanno una difficoltà storica nel reperire liquidità, situazione che è divenuta emergenziale con la crisi. Nel 2011 il credito al settore produttivo ha registrato una contrazione del 2,9%, nei primi tre mesi del 2012 i prestiti bancari erogati in Calabria sono ulteriormente diminuiti dello 0,3%; la vicinanza e il sostegno degli istituti di credito è necessaria per le attività ordinarie delle aziende agricole, per gli investimenti straordinari, per mitigare gli effetti della crisi e la mancanza di liquidità, e infine per la concreta realizzazione dei programmi di impiego dei fondi comunitari». 2012 • DOSSIER • 61
FOCUS CATANZARO Nel 2010 erano più di 93mila. Oggi, stando ai dati provvisori del censimento Istat 2011, sono meno di 89mila. Calano i cittadini di Catanzaro e anche i residenti in provincia, scesi a 360mila, rispetto ai 369mila di 10 anni fa
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FOCUS CATANZARO
SULLA VIA DELLA RINASCITA 10mln +0,8% TAGLI
ALIQUOTA
La quota di trasferimenti statali tagliata dal bilancio comunale di Catanzaro
La percentuale dell’aliquota Irpef deliberata dall’amministrazione comunale di Catanzaro, alle prese con un deficit di bilancio
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Sergio Abramo
«Il mio obiettivo è rientrare nel patto di stabilità alla fine del 2012». Sergio Abramo, che dopo una “parentesi” di sette anni ha riafferrato le redini di Catanzaro, non nasconde i suoi obiettivi. A lui anche il compito di risollevare la città dall’emergenza rifiuti, condizione essenziale perché il progetto di trasformarla in “città del verde e dei parchi” non resti un sogno Giacomo Govoni
20mln FONDI
La somma ottenuta dal Decreto sviluppo per finanziare i lavori di completamento del porto di località Casciolino
uno dei Comuni che compone la pattuglia dei “disubbidienti” al patto di stabilità, quello che Sergio Abramo ha ripreso a governare dal maggio scorso. Una sfida che si ripete per il neo sindaco di Catanzaro, già inquilino di Palazzo De Nobili dal 1997 al 2005. «Allora – ricorda Abramo – eravamo riusciti a riqualificare gran parte del vecchio centro storico, ad aprire il Teatro Politeama, il complesso museale del San Giovanni, la funicolare e la villa Margherita». E adesso, come proseguirà la rinascita del centro storico? «Dopo anni di buio bisogna ripartire da quella programmazione, dotare il centro storico di parcheggi e perseguirne la graduale pedonalizzazione. L’altro grande obiettivo è ripopolare il centro storico, puntando sugli studenti dell’Università Magna Graecia e su residenze di qualità». Il significativo ritocco all’aliquota Irpef sembra preannunciare un giro di vite fiscale per ripianarne il deficit delle casse comunali:
È
in quel caso, come lo motiverà ai cittadini? «Il mancato rispetto del patto di stabilità è l’innalzamento allo 0,8% dell’aliquota Irpef risalgono entrambi al 2011. Ho dunque trovato un Comune già fuori dal patto di stabilità e con l’Irpef allo 0,8%. I problemi di bilancio derivano in gran parte dalla situazione disastrosa delle società a partecipazione comunale, andate fuori controllo negli anni scorsi. Il mio obiettivo è rientrare nel patto di stabilità alla fine del 2012. Non è detto che si debba ricorrere a nuove leve fiscali: se lo farò spiegherò ai miei concittadini che questi soldi servono a colmare il taglio statale di 10 milioni di euro e le crepe dei precedenti bilanci». Come concilierà il proposito di trasformare Catanzaro “da città del cemento a città del verde e dei parchi” con l’emergenza rifiuti attualmente in corso? «In campagna elettorale ho assunto l’impegno di ripulire la città in due settimane. Riorganizzando il servizio, siamo riusciti a superare l’emergenza
Sopra, Sergio Abramo, sindaco di Catanzaro
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-1,173 MILIARDI
La perdita d’esercizio fatta segnare nel 2010 da Ambiente&servizi Catanzaro, società che si occupa del servizio di raccolta differenziata sul territorio, acquistata totalmente dal Comune nel 2011
per quanto riguarda i rifiuti solidi urbani e quelli ingombranti. È stato riaperto l’impianto di trattamento di località Alli, la cui crisi, dovuta anche a inchieste giudiziarie, aveva causato il crollo del sistema. Anche la raccolta di cartoni è partita bene, con quantitativi record di 4-6 tonnellate al giorno. Ma l’obiettivo vero è unificare il servizio di Rsu, Rd, Raee, di cui è in preparazione la gara generale per l’affidamento del servizio integrato». In tema di legalità e contrasto alla criminalità, come farete sentire il vostro supporto alle famiglie e alle imprese catanzaresi “pulite”? «Catanzaro era considerata un’isola felice dell’ordine pubblico calabrese. Oggi la situazione è parzialmente cambiata, con l’occupazione quasi militare di alcuni quartieri da parte di esponenti di etnia rom e la disperazione che pervade molti giovani. Si pensi alle decine di appartamenti popolari occupati abusivamente da nuclei rom. Punteremo molto sulla videosorveglianza e sulla prevenzione in scuole e parrocchie. In più, avvieremo progetti d’integrazione 66 • DOSSIER • 2012
sociale attraverso un “contratto locale di sicurezza” utilizzando al meglio gli strumenti comunitari. Sul fronte amministrativo, garantiremo la massima trasparenza e legalità in tutte le pratiche amministrative, mettendo fine a privilegi e abusi». Ha affermato di voler valorizzare il profilo turistico e marittimo di Catanzaro: attraverso quali progetti metterete in pratica questo proposito? «Catanzaro ha una peculiarità paesaggistica: un binomio mare-monti assolutamente non utilizzato, unito ad altri elementi di interesse come il centro storico, il sistema museale, l’area archeologica di Scolacium e i parchi naturali. Il problema è mettere in rete questi elementi e creare una solida base infrastrutturale. Il primo obiettivo è il completamento del porto di località Casciolino, l’unico approdo di un certo interesse tra Crotone e Roccella Jonica, per il quale abbiamo ottenuto 20 milioni di euro nel decreto sviluppo».
Giuseppe Gatto
SERVE UNA POLITICA PIÙ RESPONSABILE In un territorio già funestato dalla criminalità organizzata, il vento della recessione soffia ancora forte e preoccupa il presidente di Confindustria Catanzaro Giuseppe Gatto, che agita lo spettro di «un azzeramento del tessuto produttivo locale» Giacomo Govoni
n distretto agroalimentare che resiste grazie allo sforzo di associazioni come “Consuma e spendi calabrese”, impegnate nella promozione dei prodotti locali, più qualche realtà di nicchia nel settore dei servizi, ad esempio quello informatico. Sono le “isole felici” di un sistema produttivo locale che anche l’annuale rapporto di Bankitalia presentato l’altro giorno a Catanzaro, dipinge complessivamente in flessione, al pari di tutta l’attività economica calabrese. «Nella nostra provincia – sottolinea il numero uno degli industriali locali – abbiamo un’economia strettamente legata alle commesse con la pubblica amministrazione,
U
ma ora gli appalti sono solo appannaggio dei contraenti generali, che soffocano le pmi». Quali settori stanno pagando il prezzo più alto a causa della stagnazione economica e produttiva? «Questa crisi non fa soffrire chi ha creato in passato delle opportunità di export. Chi invece è legato ai consumi interni e ai contratti pubblici, versa in grosse difficoltà. Un dato rappresentativo: 50 aziende nostre associate vantano un credito complessivo di 62 milioni di euro, differenziato fra 79 diverse pubbliche amministrazioni solo nella nostra provincia». La Calabria è una delle terre più esposte al fenomeno della delocalizzazione: quali le rica-
dute in termini occupazionali? Giuseppe Gatto, «Il quadro è drammatico. Se- presidente di Confindustria condo uno studio informale sui Catanzaro primi 4 mesi del 2012, prosegue il trend negativo dell’occupazione. In proporzioni più ridotte rispetto al 2011, ma solo perché il ridimensionamento grosso è già avvenuto. L’edilizia è di gran lunga il comparto più colpito, con una perdita secca del 50% di addetti dal 2008 a oggi. Tantissime aziende che facevano cementi e laterizi non esistono più e ora rischiamo la chiusura della Italcementi a Vibo Valentia e l’anno prossimo quella di Castrovillari. Gli unici piccoli segnali positivi arrivano dall’occupazione femminile e giovanile, che registrano lievi incrementi in virtù, con ogni probabilità, di 2012 • DOSSIER • 67
62mln CREDITO
L’ammontare complessivo di debiti contratti da 79 amministrazioni pubbliche nei confronti di 50 aziende catanzaresi associate a Confindustria
qualche specifico bando regionale o borsa lavoro ancora in corso». A quali esigenze risponde l’intesa col Banco di Napoli che avete siglato da poco? «Si trattava di un accordo per assistere al meglio le pmi industriali calabresi, attraverso ad esempio anticipazioni sulle fatture. Ne parlo come di una misura già superata perché ormai il problema ha assunto contorni più preoccupanti, tanto che oggi noi cominciamo ad avere difficoltà già con i consorzi di garanzia. I confidi sono in difficoltà perché gli istituti bancari escutono i consorzi alla prima rata non pagata. Non voglio fare allarmismo, ma così rischiamo veramente una vera
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shoah delle imprese». Senza contare l’annosa questione della legalità: che atteggiamento assumete rispetto alle aziende che cadono nella rete della criminalità locale? «Nell’ultimo anno, abbiamo gestito i casi di 2-3 imprese associate che avevano qualche remora nel denunciare episodi di estorsione e usura: hanno chiesto il nostro supporto e li abbiamo affiancati. E quando ci viene consentito siamo disponibili a costituirci parte civile nei procedimenti. Ma la vera criminalità, quella che si ripercuote sull’economia locale, rimane la ‘ndrangheta, che si muove sui livelli più alti della finanza e della droga. Ed è questa la priorità da affrontare in fretta
e senza timore». Qual è l’appello del tessuto produttivo catanzarese alle istituzioni? «Abbiamo bisogno di una politica più responsabile. Porto l’esempio della precedente giunta regionale, che aveva emesso un bando per l’edilizia sociale, con contributi a favore degli acquirenti e dei locatari degli immobili. Ebbene, col cambio di giunta, il bando è stato revocato e ne è stato avviato un altro. Da allora, sono trascorsi tre anni e il risultato è che sono stati messi in moto 150 milioni di euro e 4.000 alloggi risultano fermi. Noi non abbiamo bisogno di opere da un miliardo, ma di un miliardo di opere da 1 euro ciascuna».
Evasione e zone grigie Il sommerso d’azienda è un fenomeno rilevante in Calabria. Nell’ultimo anno sono stati scoperti 308 evasori totali, che hanno occultato redditi per 385 milioni di euro e omesso il versamento di Iva per 62 milioni Elisa Fiocchi
a lotta all’evasione fiscale in Calabria segue un modello operativo ad ampio raggio, capace di aggredire i fenomeni illeciti da diversi versanti, non solo per recuperare risorse all’erario, ma anche per individuare e reprimere illeciti spesso connessi a quelli fiscali - e ripercorrere i flussi finanziari frutto di violazioni, impedendo che entrino nel circuito dell’economia legale. Accanto alle 4mila verifiche, sono stati eseguiti 28mila controlli strumentali «di cui 19mila hanno interessato il settore degli scontrini e delle ricevute fiscali, in cui sono state scoperte violazioni in circa 5mila casi». Il comandante regionale della Guardia di Finanza, Michele Calandro, descrive le strategie per garantire le condizioni di sicurezza economica e finanziaria sul territorio. Che cosa è cambiato, nell’ultimo anno,
L
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nell’azione della Guardia di Finanza in Calabria contro l’evasione fiscale? «I nostri reparti hanno continuato a operare utilizzando gli schemi operativi consueti, cioè mediante l’intelligence, le analisi di rischio, il controllo economico del territorio, poi, attraverso verifiche e controlli fiscali, puntando alla qualità dei riscontri e tenendo conto della rilevanza dei fenomeni di evasione, nella prospettiva di assicurare all’Erario concreti recuperi fiscali. Le strategie curate a livello regionale sono state poi integrate da azioni a progetto, attività investigative e ispettive». Quali sono stati i risultati? «I risultati ottenuti sono stati piuttosto significativi sia sul fronte delle imposte sui redditi, con la scoperta di basi imponibili complessive sottratte alla tassazione per oltre 630 milioni di euro, sia su quello dell’Iva, nel quale è
Michele Calandro
LE INFRAZIONI
I CITTADINI
5000
308
REGISTRATE DALLA GDF CALABRESE SU 19MILA CONTROLLI SU SCONTRINI E RICEVUTE FISCALI
CHE NELL’ULTIMO ANNO HANNO OCCULTATO REDDITI PER 385 MILIONI DI EURO E OMESSO IL VERSAMENTO DI IVA PER 62 MILIONI
stata constatata un’evasione di oltre 107 milioni di euro. Inoltre, sono stati numerosi i casi di evasione fiscale che hanno assunto anche rilievo penale, con la denuncia all’autorità giudiziaria di 527 responsabili di vari reati». Avete scoperto fenomeni nuovi o particolari? «Emblematico è stato il caso di due soggetti, in provincia di Cosenza, che tenevano in vita due distinte aziende delle quali solo una realmente operante mentre l’altra, di fatto inesistente, svolgeva funzioni di “cartiera”, fornendo fatture false a beneficio della prima: l’intervento delle Fiamme Gialle ha consentito di recuperare a tassazione 12 milioni di euro per le imposte sui redditi, di scoprire una evasione Iva di circa 1 milione di euro e di denunciare tre persone per frode fiscale». È ancora presente nella regione e in quale
misura il fenomeno della cosiddetta evasione totale? «Il fenomeno di quello che noi chiamiamo sommerso d’azienda, ossia di totale sottrazione all’obbligo di presentazione delle dichiarazioni annuali, è tuttora presente e, anzi, occupa uno spazio rilevante nel panorama complessivo del- In alto a sinistra, l’evasione fiscale nella regione. I nostri reparti Michele Calandro, hanno scoperto nell’ultimo anno 308 evasori generale di divisione e comandante della totali, i quali hanno occultato redditi per 385 Guardia di Finanza milioni di euro e omesso il versamento di Iva della Calabria per 62 milioni di euro». Vi sono altri settori a rischio, cioè capaci di sottrarre ingenti risorse al gettito fiscale? «Il più significativo è quello delle accise sui prodotti energetici. Nell’ultimo anno i reparti della Guardia di Finanza in Calabria hanno denunciato 108 persone, sequestrato 2012 • DOSSIER • 77
EVASIONE FISCALE
172 tonnellate di prodotti e, soprattutto, sco- sorizzazioni di enti sportivi: un imprenditore, perto consumi fraudolenti per oltre 3mila tonnellate di oli minerali. Si è trattato di frodi consumate mediante la destinazione di prodotti sottoposti a regime fiscale agevolato verso usi maggiormente tassati, che hanno prodotto un’evasione complessiva di accise per circa 15,5 milioni di euro». Un mezzo insidioso utilizzato per sottrarre risorse al fisco è quello dell’elusione fiscale: quali casi si sono registrati in Calabria? «Fra i casi individuati, ricordo quello scoperto qualche mese fa nel settore delle spon-
Accanto alle truffe all’Unione europea, contro le quali abbiamo svolto un’intensa attività investigativa, vi è un ampio spettro di condotte illecite che sottraggono risorse alle casse pubbliche
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per sfuggire a un accertamento fiscale avviato a carico di una sua società responsabile di una rilevante frode fiscale, aveva creato una nuova società nella quale aveva trasferito le attività della prima che, svuotata di contenuti, aveva poi trasferito all’estero, così sottraendosi al pagamento dei tributi evasi. L’intervento dei finanzieri ha consentito di recuperare, in questo caso, base imponibile, ai fini delle imposte sui redditi, per circa 30 milioni di euro e di scoprire una consistente evasione Iva». Qual è stato il contributo della Guardia di Finanza in Calabria sul fronte delle frodi ai finanziamenti pubblici? «Accanto alle truffe all’Unione europea, contro le quali abbiamo svolto un’intensa attività investigativa, vi è un ampio spettro di condotte illecite che sottraggono risorse alle casse pubbliche. Un vero e proprio campionario di frodi che spaziano dall’area minima delle cosiddette prestazioni sociali agevolate a quella delle frodi al sistema previdenziale dove, nella sola provincia di Cosenza, sono state scoperte truffe all’Inps da parte di 174 persone che avevano indebitamente riscosso assegni sociali per circa 5 milioni di euro. Poi ci sono le frodi sui finanziamenti nazionali, in materia di incentivi alle imprese, come ad esempio quella scaturita dalla mancata realizzazione, in provincia di Crotone, di contratti di programma destinati a investimenti nel settore dell’energia rinnovabile». Come intervenire per arginare questi fenomeni? «Certamente occorre continuare a vigilare ma la repressione non basta. Occorre affiancarle una strategia che coinvolga tutte le istituzioni, prima fra tutte la scuola, per diffondere la cultura della legalità e, con essa, la consapevolezza che contribuire lealmente alle spese pubbliche è presupposto imprescindibile per la coesione e lo sviluppo sociale».
Antonino Di Geronimo
Azioni sinergiche e collettive Cresce tra i calabresi l’utilizzo dei servizi on line. E anche le istituzioni, Guardia di Finanza, Inps, Siae, Comuni ed Equitalia, stringono alleanze sempre più incisive nel contrasto all’evasione fiscale Elisa Fiocchi
fenomeni dell’evasione e dell’elusione presentano molte complessità sul territorio calabrese, così come molteplici sono i motivi che incidono sul comportamento dei contribuenti per quanto riguarda l’adempimento spontaneo. L’Agenzia delle Entrate regionale svolge un ruolo fondamentale nel mettere in campo azioni finalizzate a incidere positivamente sui comportamenti futuri, con l’obiettivo di incrementare il livello di tax compliance. Secondo il direttore generale Antonino Di Geronimo, «occorre, in via preventiva, puntare sulla qualità dei servizi resi alla collettività e nello stesso tempo assicurare un idoneo presidio del territorio per contrastare i fenomeni evasivi». Le risorse disponibili saranno perciò concentrate su tutti quei soggetti che a, seguito di qualificate analisi di rischio, presentano livelli elevati di pericolosità fiscale. Ogni cento euro prodotti in Calabria, circa sessanta non vengono dichiarati: questa tendenza è stabile sul territorio o qualcosa sta cambiando? «In Calabria il tax gap, ovvero il rapporto tra imposta teoricamente dovuta e imposta effettivamente versata, è stimato attorno al 65%, un dato che evidenzia una tendenza positiva. Dal 2001, infatti, il rapporto è passato dal 105% al 65%. Il nostro impegno, alla luce dei risultati conseguiti, non può che essere orientato al conseguimento di livelli crescenti di adesione spontanea da parte dei contribuenti». L’Agenzia delle Entrate ha reso noto il rapporto riguardante i dati del 2011: in Italia il recupero dall’evasione fiscale è cresciuto del 15,5% rispetto al 2010. Quali
I
sono le principali forme di evasione registrate in Calabria e in quali particolari ambiti e settori produttivi? «La Calabria è caratterizzata dalla presenza di un sistema produttivo non particolarmente articolato, composto in larga misura da imprese di piccole e piccolissime dimensioni, lavoratori autonomi e professionisti. Le imprese di medie dimensioni rappresentano circa lo 0,30% del totale, mentre pressoché irrilevante risulta la presenza di imprese di grandi dimensioni. In linea generale, si può affermare che non si riscontrano architetture evasive particolarmente complicate, ma nella maggioranza dei casi si tratta di un’evasione basata su metodi semplicisti». Come sarà utilizzato il nuovo redditometro che permetterà di incrociare i dati sullo stile di vita con quelli relativi alle dichiara- 2012 • DOSSIER • 79
EVASIONE FISCALE
Il tax gap è stimato attorno al 65%, un dato che evidenzia una tendenza positiva. Dal 2001, il rapporto è passato dal 105% al 65%
zioni dei redditi?
«Si tratta di uno strumento basato su un concetto di immediata comprensione: il tenore di vita di ognuno deve essere coerente con il reddito dichiarato. La vera novità contenuta nell’attuale formulazione dell’articolo 38 del Dpr 600/73 consiste nel fatto che il nuovo redditometro diviene a tutti gli effetti uno strumento di orientamento di tutti contribuenti, assumendo una specifica funzione ai fini della tax compliance. Gli strumenti e le procedure finalizzati ad assicurare giustizia ed equità fiscale per essere efficaci vanno utilizzati in modo appropriato e sempre nel pieno rispetto delle norme vigenti». Quali sono i principali servizi on line di informazione ma anche di denuncia di illeciti? «I servizi telematici messi a disposizione del cittadino rappresentano il mezzo più sicuro, rapido ed efficiente per mettersi in contatto con l’Agenzia delle Entrate ed effettuare on line i propri adempimenti tributari come la presentazione di dichiarazioni, i pagamenti delle imposte, la registrazione di contratti di
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locazione. Gli strumenti principe sono senz’altro “Fisconline” ed “Entratel”. Il primo è dedicato a tutti i contribuenti, l’altro è destinato ai soggetti obbligati alla trasmissione telematica di dichiarazioni e atti». Come incentivarne e favorirne l’utilizzo? «Dai dati in nostro possesso emerge che sul territorio calabrese risultano attivi ben 58.263 pin, di cui 6.562 attribuiti a “soggetti Entratel” e 51.701 a “utenti Fisconline”. Nell’ultimo triennio, l’attribuzione di questi codici di identificazione personale è in continua crescita. Segue a ruota Civis, attivo in Calabria dal 14 gennaio 2010, che consente ai professionisti abilitati a Entratel e a Fisconline di usufruire, tramite internet, di assistenza e informazione su comunicazioni di irregolarità. Dal 1 gennaio a oggi, sul territorio regionale, sono state inoltrate ben 5.774 richieste di assistenza, di cui ben il 91,32% è stato soddisfatto entro tre giorni dalla ricezione. In Calabria, l’utilizzo dei servizi on line è in netta crescita, registrata in particolar modo nell’ultimo triennio».
MODELLI D’IMPRESA
Batterie al piombo, un recupero strategico Le batterie esauste, non trattate in maniera adeguata, possono causare gravi danni all’ambiente e alla salute dell’uomo. Meca Lead Recycling rappresenta uno dei pochi impianti di riciclaggio per questo tipo di rifiuti presenti in Italia. L’analisi di Antonio Cavalieri Eugenia Campo di Costa
Momenti di smaltimento delle batterie negli stabilimenti di Meca Lead Recycling a Lamezia Terme (CZ) www.mecaspa.it
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n Italia, ogni anno, vengono immesse sul mercato circa 200 mila tonnellate di batterie contenenti piombo. Il recupero degli accumulatori esausti, attraverso idonei consorzi di raccolta, è di fondamentale importanza, sia dal punto di vista ambientale, sia economico. «Le batterie esaurite possono trasformarsi in potenti agenti inquinanti se abbandonate per strada, disperse in natura o, peggio, gettate nei laghi o nei
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corsi d’acqua, causando gravi danni sia alla natura che all’uomo» afferma Antonio Cavalieri, presidente della Meca Lead Recycling Spa, azienda di Lamezia Terme che ha fatto della salvaguardia ambientale il core business della propria attività e oggi rappresenta uno dei pochi impianti di riciclaggio delle batterie esauste al piombo esistenti in Italia. Lo smaltimento di questo tipo di scarti può avvenire solo in discariche idonee a ricevere rifiuti pericolosi e rappresenta comunque una soluzione onerosa sia per i costi della discarica sia per il mancato recupero e valorizzazione del metallo piombo e di alcune componenti plastiche. «Le batterie esauste contengono il 60-65 per cento di piombo, il 20-25 per cento di elettrolita acido, l’8-10 per cento di materia plastica – spiega Cavalieri -. Il metallo recuperato rappresenta quasi la metà della produzione italiana di piombo e più di 1/3 del fabbisogno nazionale. Il processo di produzione del piombo raccolto “secondario”, inoltre, è economicamente vantaggioso in quanto richiede minor energia rispetto a quella che si sarebbe dovuta utilizzare per estrarre e lavorare il minerale». In Meca il trattamento delle batterie viene realizzato in un complesso ad elevata tecnologia che recupera sia le batterie esauste che l’acido. L’azienda è autorizzata con provvedimento A.I.A. della Regione Calabria rila-
Antonio Cavalieri
sciato nel rispetto delle normative ambientali e adotta le migliori tecnologie disponibili e standard di massima sicurezza. «Recuperiamo gli accumulatori attraverso distinti processi per i metalli e le materie plastiche, da cui produciamo leghe di piombo e polipropilene. Le altre componenti che non vengono recuperate sono stoccate e affidate ad aziende preposte allo smaltimento finale». Gli impianti presenti in Meca Lead Recycling per il recupero delle batterie sono quello di frantumazione, il forno di fusione e l’impianto di raffinazione. «Nell’impianto di frantumazione – spiega Cavalieri - avviene la macinazione dei materiali con selezione, separazione e stoccaggio dei diversi componenti della batteria. Nel forno di fusione avviene la riduzione dei composti di piombo a piombo metallico. In raffineria, infine, il piombo viene trattato e raffinato oppure prodotto in leghe di piombo. Gran parte delle leghe di piombo prodotte sono impiegate nuovamente per la produzione di batterie per auto, il resto nell’edilizia, nell’industria della ceramica, nel tiro a volo sportivo, nella fabbricazione di schermature protettive e apparecchiature radiologiche. Solo attraverso una corretta gestione degli accumulatori esausti, si può ottimizzare il circolo virtuoso che va dalla produzione al riciclaggio dando nuova vita al rifiuto-batteria a beneficio ambientale per la collettività ed economico per gli operatori economici del settore». Ma qual è la situazione in Italia di aziende come la Meca Lead Recycling, specializzate nello smaltimento e recupero dei
Recuperiamo gli accumulatori attraverso distinti processi per i metalli e le materie plastiche, da cui produciamo leghe di piombo e polipropilene
rifiuti, nell’attuale contesto politico ed economico? «Operiamo in un paese in cui purtroppo manca la condivisione delle necessità tra chi fa le norme, chi le deve rispettare e chi deve controllare che vengano rispettate – risponde Cavalieri -. Alcuni operatori, di conseguenza, organizzano vere e proprie fughe dall’Italia di materiale che viene destinato a paesi che sicuramente non hanno gli stessi standard operativi e gli stessi costi italiani. Purtroppo nel nostro paese la burocrazia è asfissiante, gli oneri molto alti, mi auguro che l’attuale crisi faccia capire a chi è preposto al bene comune che una fabbrica deve produrre beni e non adempimenti burocratici costosi e inutili, ma soprattutto che i beni prodotti in altri stati con regole e comportamenti più permissivi di quelli che vengono imposti a noi non debbono trovare spazio sul nostro territorio. È paradossale che le regole rappresentino per chi le rispetta un ostacolo, credo che in un paese moderno dovrebbe essere il contrario». 2012 • DOSSIER • 85
MODELLI D’IMPRESA
La diversificazione come strategia Non solo l’edilizia, ma tutto il suo indotto soffre la crisi economica e i ritardi nei pagamenti della Pubblica amministrazione. Giorgio Paparo descrive la strategia imprenditoriale adottata dalla PG, che fornisce tondi sagomati per cemento armato Lucrezia Gennari
ritardi nei pagamenti schiacciano il settore edile. E con esso, tutto l’indotto e le aziende fornitrici di materie prime e semilavorati. Fino allo scorso anno, la PG di Satriano aveva il doppio del personale, ma come afferma il titolare Giorgio Paparo «i continui ritardi nell’incasso delle somme legate agli appalti pubblici, hanno costretto l’azienda a fare una selezione del personale e quindi delle forniture da portare a termine, poiché i ritardi negli incassi hanno rischiato di ingol-
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Giorgio Paparo, titolare della PG Srl di Satriano (CZ). Nella pagina accanto una fase di lavoro all’interno dell’azienda e, sotto, un tratto della SS 106 jonica per la quale la PG ha fornito grandi quantità di ferro pgsrlufficiotecnico@yahoo.it
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fare la situazione finanziaria della nostra realtà». La PG è specializzata nella sagomatura del tondo per cemento armato e la maggior parte della sua produzione si rivolge a lavori pubblici, principalmente strade, autostrade, ponti e viadotti, mentre l’edilizia residenziale, a causa anche dell’attuale fase di stop delle costruzioni, occupa una parte residuale della produzione. Avete dovuto ridurre il personale, ma siete comunque riusciti a tenere in piedi l’azienda e a mantenere buone quote di mercato. Come sta andando oggi l’attività? «Rispetto all’anno precedente, nel 2011 abbiamo ottenuto un piccolo incremento nel fatturato. Per raggiungere questo risultato, però, con grande rammarico all’inizio dell’anno abbiamo dovuto applicare una seria politica di riduzione dei costi, trovandoci a dover procedere a una drastica riduzione del personale destinato alla produzione. Nella seconda metà dell’anno abbiamo potuto riscontrare una crescita nei volumi di produzione, cui siamo riusciti a far fronte anche con il personale dimezzato». L’edilizia è notoriamente uno dei comparti in Italia più colpiti dalla crisi. Come ha risposto PG alla crisi dei mercati? «Per mantenere il mercato abbiamo puntato sulla diversificazione delle attività, unendo alla nostra storica linea di produzione, la sagoma-
Giorgio Paparo
tura del tondo, anche altri tipi di attività collegate alla trasformazione dei metalli, in particolare la profilatura per la realizzazione di grondaie. Inoltre siamo dovuti ricorrere anche a una seria politica di riduzione del credito, poiché molte piccole aziende del settore edile che un tempo potevano dirsi ottimi clienti, hanno dovuto affrontare problemi di scarsa liquidità che, a catena, si sono ripercossi sui nostri flussi finanziari». Fornendo tondi per cemento armato destinati soprattutto alle opere pubbliche dovete fare i conti con l’annoso problema del ritardo dei pagamenti da parte della pubblica amministrazione. Quale la vostra esperienza in questo senso e come cercate di fare fronte a questa problematica? «L’edilizia pubblica un tempo era il fiore all’occhiello della nostra attività, dal momento che eravamo uno dei principali fornitori di tondo sagomato per la provincia di Catanzaro. Tuttavia, mentre quando abbiamo cominciato ad inserirci nel settore, lavorare con la pubblica amministrazione comportava una certa regolarità nella gestione degli incassi, negli ultimi anni questa regolarità è andata via scemando, costringendoci a dover ricorrere in misura maggiore ai finanziamenti delle banche. Il risultato è che il continuo rallentare degli incassi ha comportato una sempre maggiore riduzione dei margini, dovuta soprattutto all’incremento degli oneri finanziari, tanto che stiamo valutando una progressiva uscita da questi tipi di forniture».
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Abbiamo unito alla sagomatura del tondo, anche altri tipi di attività collegati alla trasformazione dei metalli, come la profilatura per la realizzazione di grondaie
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Avete partecipato a numerose opere pubbliche. Può descriverci nello specifico uno dei vostri lavori più importanti? «Per quanto attiene ai lavori eseguiti, soprattutto in merito alle forniture rese per la pubblica amministrazione, la nostra azienda ha fornito una buona parte del ferro utilizzato nella realizzazione della nuova 106 jonica, sia nella provincia di Catanzaro che in quella di Reggio Calabria. Tra i nostri committenti figura infatti anche Astaldi Spa». Quali le prospettive per il 2012 dell’azienda? Quali gli obiettivi e le sfide della PG Srl nel prossimo futuro? «Per il 2012, che come stiamo vedendo è un anno ben peggiore del 2011, PG punta a mantenere i volumi realizzati nello scorso esercizio, anche al fine di non dover più ricorrere a riduzioni del personale. A questo scopo, continueremo a investire in nuovi macchinari, che vengono periodicamente rinnovati per migliorare costantemente il processo produttivo. Miriamo inoltre a incrementare le attività dirette all’edilizia residenziale, che consente di lavorare con margini migliori nonché con un numero inferiore di persone».
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MODELLI D’IMPRESA
Strategie per il mercato orafo Con il calo del potere di acquisto delle famiglie, molte gioiellerie hanno diminuito gli ordini. Le conseguenze si riversano sulle realtà produttive. Raimondo Paradisi, alla produzione artigianale affianca servizi complementari e permette alle aziende di contenere i costi Carlo Gherardini
econdo i dati diffusi dall’Istat, nel 2011 si è registrato un calo dello 0,5 per cento nel reddito delle famiglie con una conseguente diminuzione del potere d’acquisto, legata a una forte disuguaglianza nella distribuzione del prodotto nazionale, del reddito e della ricchezza. A causa anche dell’insistente pressione fiscale, inoltre, l’Italia detiene oggi ben “due record”: il primo posto nella classifica dei paesi Ocse per aumento delle tasse, in ragione dell’austerità nel periodo 2011- 2013, e il primo posto nella classifica europea per la pressione tributaria sul lavoro. La situazione viene poi aggravata dal generale rallentamento della dinamica retributiva, che nel 2011, combinandosi a un’accelerazione dell’inflazione, ha determinato
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Raimondo Paradisi, titolare di Rai & Co. L’azienda ha sede a Lama di San Giustino (PG) www.raieco.it
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una diffusa perdita di potere d’acquisto dei salari (-1,4 per cento per le retribuzioni di fatto lorde). Da questo quadro si evince facilmente la ripercussione che tale situazione economica può avere sui mercati, in particolare per quanto riguarda i beni voluttuari. «Sempre meno persone entrano nelle gioiellerie – afferma Raimondo Paradisi, titolare della Rai & Co, orafo e gioielliere -. Il calo del potere di acquisto delle famiglie si è riversato sui negozianti e di conseguenza sulle aziende che si trovano a monte della catena produttiva, realizzando i gioielli per i distributori». L’attività di Raimondo Paradisi consiste nella creazione di articoli di oreficeria commissionati dalle aziende distributrici, manipola pietre preziose e semipreziose e realizza, passo passo, pic-
Raimondo Paradisi
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Oggi la produzione non ripaga gli investimenti fatti dalle aziende, e poter risparmiare sui costi rivolgendosi a un’unica realtà è un grande vantaggio
coli capolavori artigianali. Ma come prende vita un gioiello Rai & Co? «Le aziende forniscono alcuni spunti, indicandomi le pietre da usare, il tipo di articolo che vorrebbero. Io studio il progetto, interpretando le loro esigenze, lo propongo e, se viene accettato, passo alla fase realizzativa». I gioielli firmati Rai & Co sono pezzi unici o riproducibili in serie, ma anche personalizzati o di design. «Porto avanti l’attività da molti anni – afferma Paradisi -. Un tempo le aziende chiedevano produzioni in serie. Essendo creazioni artigianali, non si parlava comunque di grandi numeri, ma si viaggiava sul centinaio di pezzi per serie. Oggi, con la crisi economica, la situazione è molto diversa: moltissimi articoli sono pezzi unici o quasi, le aziende richiedono al massimo una decina di esemplari per modello». In buona sostanza si lavora tanto per guadagnare meno. E il quadro si aggrava se si pensa che molte realtà hanno chiuso i battenti, altre hanno ridotto gli ordini perché hanno meno mercato, altre ancora hanno a che fare con ammortizzatori sociali e devono ridurre i costi. «Tuttavia la Rai & Co riesce a tenere il mercato perché si pone come unico interlocutore per diversi servizi». L’azienda infatti copre tutti quei servizi, dal progetto, al modello, alla messa in
produzione, all’incassatura, al controllo qualità che normalmente vengono seguiti da soggetti diversi. «Offriamo così un prodotto finito a costi ridotti, in quanto tutti i passaggi da una fase all’altra della produzione, se effettuati da realtà diverse, rappresentano una dispersione di risorse. Il fatto di accentrare tutti questi servizi in un unico soggetto permette alle imprese di ridurre notevolmente i costi». Se oggi la produzione, con volumi sempre inferiori, non ripaga gli investimenti fatti dalle aziende, poter risparmiare sui costi rivolgendosi a un’unica realtà in grado di fornire diversi servizi, rappresenta un grande vantaggio. La produzione di Rai & Co è destinata principalmente ad aziende del territorio, appartenenti a una fascia di mercato medio alta che in questo momento vive una fase di stallo: «La speranza per il futuro – conclude Paradisi - ha a che fare con una ripresa generalizzata dei mercati. Dal momento che la nostra produzione riguarda beni voluttuari, è evidente che le persone preferiscono risparmiare su gioielli e accessori, non potendo rinunciare a beni di prima necessità. Mi auguro quindi che possa aumentare il potere di acquisto delle famiglie e che le persone comuni, non solo i ricchi, possano ricominciare a entrare in gioielleria».
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EXPORT
“Salgono” le prospettive dell’ascensoristica italiana Crescono le prospettive di sviluppo per una delle aziende storiche del settore ascensoristico, che punta all’export mantenendo la produzione in Italia. La parola all’amministratore della Samer, Gian Mauro Maggiurana Filippo Belli
onostante la crisi del settore edile, giungono segnali di ripresa su alcuni comparti legati al mondo delle costruzioni. Tra questi, l’ascensoristico continua a rappresentare uno dei fiori all’occhiello del mercato italiano. A testimoniarlo è anche il caso della Samer, società umbra, con sede a Corciano, in provincia di Perugia, guidata da Gian Mauro Maggiurana. «Nonostante la congiuntura attuale, posso affermare che il trend registrato dall’azienda nell’ultimo triennio è piuttosto stabile – sottolinea Maggiurana –. Anche se nel 2010 abbiamo registrato una leggera flessione negativa rispetto al ricavato del 2009, nel 2011 abbiamo già risalito la china, ottenendo un incremento dei ricavi nell’ordine del 20 per cento». Dunque sono aumentate le vendite? «Sì, il risultato più significativo è rappresentato proprio dall’incremento del numero di impianti venduti nel corso del 2011, di oltre il 29 per cento, che ha portato a una maggiorazione del volume delle vendite di circa il 33 per cento».
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Gian Mauro Maggiurana, amministratore della Samer Srl. Nelle altre immagini, alcuni impianti installati dall’azienda di Corciano (PG)
Quali strategie vi hanno permesso di crescere? «Certamente l’aver puntato sull’export ha inciso positivamente. Nell’ultimo periodo ci siamo concentrati molto nello sviluppo di un nuovo filone estero in Congo, a Brazzaville». L’edilizia italiana è tra le principali vittime della crisi economica in atto. Come si riflette, questo, sul vostro lavoro? «Le criticità maggiori sono chiaramente emerse sul fronte dell’edilizia abitativa. Le imprese edili coinvolte stanno vivendo un rallentamento dello stato di approntamento dei cantieri, con una conseguente dilatazione delle tempistiche di pagamento rispetto a quanto pattuito contrattualmente al momento dell’acquisto dell’impianto». Nonostante questo, però, il 2012 per Samer si apre su nuove prospettive di sviluppo. «L’anno corrente, in effetti, è iniziato molto bene. A oggi abbiamo realizzato volumi di vendite pari a circa il 70 per cento dell’anno scorso. Tuttavia nutriamo dei timori sul fatto che il mercato locale possa “tenere” in questo scenario di crisi generalizzata e persistente». A distinguervi sul mercato è la vostra attenzione al processo tecnologico e all’innovazione. Dodici anni fa nacque la vostra
Gian Mauro Maggiurana
EXPORT
53% OLTRE METÀ DELLA PRODUZIONE SAMER NEL 2012 È STATA VENDUTA A COMMITTENTI STRANIERI
“Piattaforma Elevatrice”, concepita per risolvere il problema delle barriere architettoniche. Come si è evoluta da allora? «Abbiamo compiuto molti passi. Questa nostra piattaforma, la MR. 2000, ci ha permesso di crescere. Inizialmente era stata concepita per le abitazioni private, mentre ora possiamo installarla anche in ambito pubblico. Negli ultimi dodici anni, poi, abbiamo via via apportato migliorie tecniche ed estetiche che oggi hanno un riflesso molto positivo nel rapporto qualità-prezzo». Anche la legge incide sul disegno e sui meccanismi di elevatori, scale mobili e ascensori. «Appena la normativa è cambiata, abbiamo subito realizzato impianti più evoluti, tanto che oggi la “Piattaforma Elevatrice” è diventata un impianto con cabina e porte automatiche, come un normale ascensore. L’unica cosa che non si può variare è la velocità, che è rimasta a 15 centimetri al secondo». A livello estetico cosa è mutato? «Oggi possiamo personalizzare il prodotto in base alle esigenze dei clienti. Questa tipologia di impianti, che ricordo si rivolgono tutti al mercato locale, hanno avuto un incremento numerico significativo anche grazie alla loro maggiore gradevolezza estetica».
È complicato l’iter previsto per il loro acquisto e l’installazione? «Parliamo di impianti che possiamo fornire tranquillamente con il concetto “chiavi in mano”. Dunque ci occupiamo direttamente della pratica edilizia autorizzativa e attuativa, della fornitura del vano di corsa in acciaio e vetro, dell’installazione interna o esterna all’edificio, di eventuali opere murarie e fabbrili. Questa piattaforma, da marginale che era all’inizio, sta diventando una delle voci più importanti per il fatturato della Samer, grazie alla quale controbilanciamo la contrazione in atto nel settore edile abitativo. Anzi, possiamo affermare che, unitamente al settore manutenzioni, rappresenta il nostro punto di forza».
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EXPORT
L’innovazione ha rappresentato la leva più importante per crescere oltre confine
Su cosa, oltre alla tecnologia, sceglie di investire? «Indubbiamente sulle risorse umane. Come dicevo, a darci garanzia di competitività sul mercato è la nostra capacità di fornire un’assistenza di altissimo livello. Il nostro staff tecnico e amministrativo, di indubbio valore professionale e umano, è estremamente motivato. Chi lavora in Samer dimostra un attaccamento all’azienda certamente non scontato per la cultura del lavoro odierna. Molti miei collaboratori dimostrano di identificarsi con l’azienda e di essere grati per il fatto di farne parte». Attraverso quali strategie siete riusciti a conquistare anche i mercati stranieri? «Proponendo sempre una produzione retta su elementi quali robustezza, affidabilità ed estetica. L’innovazione, in particolare, ha rappresentato la leva più importante per crescere oltre confine. A convincere i nostri committenti esteri sono stati molti elementi. Su tutti, l’impiego esclusivo di quadri di ma-
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novra e controllo elettronici, a microprocessori, e la possibilità, tramite linea telefonica fissa o gsm allacciata all’impianto, di monitorarne lo stato di funzionamento o verificare la causa del fermo direttamente da un computer presso la nostra sede». In effetti, quando si pensa a un ascensore, le tempistiche di intervento in caso di blocco fanno la differenza. «Questa peculiarità è stata molto apprezzata all’estero poiché possiamo dare un sostegno al cliente acquisendo i dati in maniera diretta, tramite un monitoraggio elettronico remoto. Non siamo costretti a farci spiegare il tutto a voce, magari in maniera non corretta. Questo fa sì che si guadagni in tempestività per la risoluzione del problema. Il livello del nostro servizio post-vendita e manutenzione ha fatto sì che il numero di chiamate per guasto, su base annua per ogni impianto, sia molto basso rispetto alla media di settore». Ad ogni modo, operare all’estero significa trasferire anche delle risorse. Qual è la vostra politica in tal senso? «Non abbiamo messo in atto strategie particolari se non quella di trasmettere il nostro sistema di operare, il nostro know how, inviando sul posto le migliori risorse interne
Gian Mauro Maggiurana
TECNOLOGIA E ARTIGIANALITÀ il 1972 quando alcuni tecnici, provenienti da aziende leader del settore ascensoristico, decidono di iniziare un’avventura imprenditoriale in proprio. Nasce così Samer, azienda che in quarant’anni di attività ha saputo posizionarsi strategicamente sul mercato, proponendo ascensori, montacarichi, piattaforme elevatrici e scale mobili dai più alti standard tecnologici e funzionali. «Gli impianti che proponiamo e progettiamo con il nostro ufficio tecnico rispondono alle esigenze di una committenza sempre più variegata ed esigente – spiega Gian Mauro Maggiurana, amministra-
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tore Samer –. La nostra struttura, snella e flessibile, ci consente di fornire impianti personalizzati sia per misure fuori standard, sia per le finiture che risultano eleganti, robuste e di ottima qualità». La qualità dei materiali, unita a una cura artigianale nei montaggi e a un ottimo rapporto qualità-prezzo, ha consentito a questa società di Corciano di crescere non solo in Italia, ma nel mondo, nonostante l’agguerrita concorrenza delle multinazionali. Attualmente Samer installa i suoi impianti anche in Slovenia, Croazia, Senegal, Congo e Nigeria. www.samerascensori.it
per tutte le fasi di montaggio, messa a punto, prove e collaudi». Attualmente quanto incide l’export sul bilancio aziendale? «In questi primi cinque mesi del 2012 abbiamo realizzato volumi di vendita all’estero nell’ordine del 53,3 per cento del totale. Ad ogni modo Samer, essendo ben integrata sul suo territorio natale, opera prevalentemente nel Centro Italia». Dunque non si fa sedurre, come molti suoi competitor, dalla delocalizzazione produttiva? «Non vogliamo abbandonare un modo di la-
vorare e soprattutto un territorio che in questi 40 anni di attività ci ha permesso di crescere con gradualità e costantemente. Tuttavia continueremo a esaminare le opportunità di business provenienti dall’estero optando per le più significative». La cronaca di queste settimane ci porta a riflettere sullo stato di sicurezza degli edifici pubblici e privati. È possibile parlare di parametri antisismici anche per quanto concerne l’ascensoristica? «Allo stato attuale non ci sono impianti ascensori antisismici. Esiste però un progetto di norma, a livello europeo, che sta prendendo corpo. Ma il tutto è ancora in fase di studio nelle commissioni preposte. Devo dire, però, che anche se gli impianti non vengono ancora costruiti con criteri antisismici, da molti anni ormai i vani di corsa entro le quali scorrono, siano essi in cemento armato o in struttura metallica, sono progettati e costruiti tenendo conto del grado di sismicità della zona interessata all’installazione. Il nostro territorio, l’Umbria, è stato colpito anch’esso da un grave evento sismico, nel 1997, a seguito del quale, fortunatamente, non mi pare che gli ascensori abbiano registrato danni di una qualche rilevanza». 2012 • DOSSIER • 99
ENERGIA
Il futuro energetico del Mezzogiorno Le ottime potenzialità che il Sud Italia possiede in termini di fonti rinnovabili stanno stimolando la crescita del mercato dell’energia sostenibile, sostenuta dalle aziende del settore operanti nella zona. Ne parla Roberto Fabiano Amedeo Longhi
umentare la quota di energia proveniente da fonti rinnovabili e migliorare l’efficienza energetica, promuovendo le opportunità di sviluppo locale, integrando il sistema di incentivi messo a disposizione dalla politica ordinaria, valorizzando i collegamenti tra produzione di energie rinnovabili, efficientamento e tessuto sociale ed economico dei territori in cui esse si realizzano». È questo l’obiettivo del Programma Operativo Interregionale Energie Rinnovabili e Risparmio Energetico 20072013, che coinvolge Sicilia, Calabria, Puglia e Campania. Il Mezzogiorno è un terreno molto fertile per le energie alternative, grazie alle sue particolari condizioni climatiche, che garantiscono ampio soleggiamento e buona ventosità: l’obiettivo per il 2020 è infatti quello di quadruplicare i 10 Tw prodotti nel 2010 da fonti rinnovabili fino a giungere alla quota di 38,4 Tw. Questo ambizioso programma sarebbe irrealizzabile senza l’aiuto degli operatori del territorio, come Roberto Fabiano, titolare della Tecnosat, azienda calabrese che da più di dieci anni opera nel settore dell’impiantistica e della sicurezza. «La nostra esperienza è eterogenea e spazia in un campo molto vasto che include la realizzazione di impianti tecno-
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Roberto Fabiano, titolare della Tecnosat Fabiano di Catanzaro www.tecnosat.info
logici, telefonici, di ricezione Tv terrestre e satellitare, di Tvcc e antiintrusione, quadri elettrici, impianti fotovoltaici, eolici e di cogenerazione. Ma anche reti Lan cablate e soluzioni wireless per forniture di servizi wifi senza fili. Curiamo inoltre la manutenzione e l’assistenza post vendita. Operiamo anche nel settore navale, dove l’efficienza e la completa autonomia sono prerogative fondamentali». La crescente attenzione nei confronti delle tematiche della sostenibilità ha coinvolto anche l’azienda di Catanzaro: «Abbiamo cercato di cogliere al volo le nuove tendenze del settore energetico e in questo possiamo considerarci all’avanguardia nella zona in cui operiamo, ovvero il Meridione, in particolare Calabria e Sicilia. Molte aziende stentano ad aggiornarsi, dal punto di vista tecnologico e da quello delle competenze specifiche. Per esempio siamo fra i pochi che propongono soluzioni legate alla cogenerazione, che invece in questo momento è una delle tecnologie energetiche su cui puntare. Molte risorse vengono destinate all’aggiornamento: le tecnologie si evolvono a ritmi frenetici e il know-how del personale deve essere sempre adeguato». Efficientamento energetico, aggiornamento tecnologico, ma anche attenzione a sicurezza e qualità degli impianti: «Proprio per adeguarci alle caratteristiche intrinseche delle installazioni che realizziamo, attuiamo un’ottimizzazione dell’impianto sia dal punto di vista funzionale che da quello qualitativo e di
Roberto Fabiano
IMPIANTI
3697 ALIMENTATI DA FONTI ENERGETICHE RINNOVABILI IN CALABRIA A FINE 2010, SECONDO I DATI DEL GESTORE SERVIZI ENERGETICI
sicurezza. Per questo curiamo con particolare attenzione una serie di punti: costante aggiornamento tecnico, sinergia con i principali costruttori di apparecchiature, ricerca e sviluppo di nuove soluzioni tecniche, ergonomiche e relative all’innalzamento del coefficiente di sicurezza. Questi aspetti sono comprovati anche sulla carta, grazie alle certificazioni di cui siamo in possesso: Soa con categorie OS30 in 3° e OG10 IN 3°, con prossima assegnazione in 4° e ISO 9001, più autorizzazione del Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni per impianti e certificazioni in fibra e in rame di 1° grado». I lusinghieri risultati conseguiti anche sul piano commerciale dalla Tecnosat dimostrano la validità dell’approccio seguito. «Tuttavia – conclude Fabiano –, essendo la trasformazione del settore impiantistico ancora in una fase transitoria, solo il tempo potrà fornire indicazioni più sicure sulle future azioni da elaborare. Ritengo però importante sottolineare il nuovo “approccio al lavoro” a cui si è data origine: è questo il tessuto connettivo di fondo che sosterrà ulteriori sviluppi ed è questa nuova mentalità che permette di affrontare una realtà di mercato così mutevole. Non da ultimo abbiamo constatato che tutti i cambiamenti organizzativi, per poter essere attuati dal punto di vista operativo, necessitano di un forte coinvolgimento della forza lavoro: non si
può imporre a nessuno il cambiamento, se i singoli individui non ci credono e non vengono interessati, è impossibile attuarlo. Questo è il principio che guida la gestione del Gruppo e che ha permesso di raggiungere ottimi risultati: agire soprattutto da un punto di vista motivazionale. La ristrutturazione ha interessato diverse aree aziendali nel corso degli ultimi due anni e, pur non potendo dirsi concluso, ha indicato la strada da seguire: evolversi continuamente, adattarsi al mercato e costruire soluzioni ad hoc. I settori toccati sono stati diversi e ciò ha permesso di lavorare in team multifunzionali, imparando a lavorare per progetti e obiettivi, con professionalità diverse, cercando di fornire un apporto positivo sia dal punto di vista teorico che da quello operativo». 2012 • DOSSIER • 101
COMMERCIO
Dal commercio all’aggregazione sociale Calano i consumi, ma la Gdo sa reinventarsi con nuovi servizi, eventi e attività da proporre agli utenti. Per continuare a contribuire attivamente alla crescita del territorio. Le strategie di Luciano Racco per il centro commerciale La Gru Eugenia Campo di Costa
Luciano Racco, presidente del centro commerciale La Gru. Il centro sorge in prossimità dello svincolo Jonio/Tirreno, a ridosso della Statale Ionica 106 a Siderno (RC) www.lagru.com
a crisi economica ha influito negativamente sui consumi, penalizzando fortemente il settore dell’abbigliamento e in misura minore quelli alimentare ed elettronico. Oggi più che mai, quindi, i centri commerciali si propongono non solo come punti di acquisto ma anche, e soprattutto, come luoghi di aggregazione sociale e di cultura. Questa è da sempre una delle prerogative del centro commerciale La Gru di Siderno (RC): «Sin dall’inizio – spiega il presidente Luciano Racco - l’idea da cui si è partiti per realizzare “La Gru” non si basava esclusivamente su una ragione commer-
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ciale in senso stretto. Il nostro centro doveva essere soprattutto un punto di incontro della comunità nel tempo libero. “Vivi il Centro” è stato infatti il primo slogan utilizzato per rappresentare e propagandare la concretizzazione del nostro progetto». Proprio lo sviluppo di questa idea ha portato negli anni all’apertura della libreria Mondadori con annesso salotto letterario, al centro benessere “Linea”, al laboratorio di idee “Magikè” e a numerosi punti di attrazione-ristoro come il McDonald’s con aggiunto servizio Mc Drive. E i progetti non si fermano. Avete quindi concepito il centro come un contenitore di spazi e servizi a soddisfazione dei bisogni dell’utenza. «Esattamente. Abbiamo voluto creare una dimensione non solo astrattamente commerciale ed economica, ma anche inserita in un contesto di supporto alle istituzioni, in un’ottica capace di fornire orientamenti positivi alla persona sia come consumatori che come cittadini. La nostra strategia si basa quindi sull’integrazione e la comunicazione con il territorio e, a questo scopo, organizziamo anche mostre ed eventi. Il nostro centro, inoltre, è in continua evoluzione e in costante “work in progress” per fornire sempre più servizi e attività». Bisogna però fare i conti con la crisi economica. Quali ripercussioni ha avuto la difficile congiuntura sulla vostra attività? «La crisi economica e finanziaria ha colpito tutto il continente, quindi anche la nostra azienda con
Luciano Racco
L’apertura de La Gru ha comportato un forte incremento occupazionale principalmente tra i giovanissimi, con circa 500 nuovi posti di lavoro
differenze negative sui fatturati. La strategia aziendale si è modificata, cercando di sostenere al massimo la platea degli imprenditori che si sono sviluppati con noi su basi di serietà e affidabilità. Tutto questo ha consentito il mantenimento delle posizioni di mercato con la ferma intenzione di rilanciare nuove attività e di nuovi operatori che diano maggiori stimoli e convenienza ai consumatori del centro commerciale». Quali strategie possono mettere in atto realtà come la vostra per incentivare i consumi? «Penso che una strada possa essere quella di incentivare i nostri operatori a effettuare continue attività promozionali della durata di 15 giorni, dando supporto con i nostri mezzi pubblicitari per far conoscere le singole iniziative. Il cliente infatti consuma ormai quasi esclusivamente i prodotti in offerta, non più il superfluo, ma solo l’effettivo necessario». Al di là dello “shopping” la vostra realtà da sempre si pone come punto di incontro della comunità nel tempo libero. Quale valore aggiunto ha rappresentato La Gru per il territorio, e quali le prossime iniziative volte a promuovere anche lo svago e la cultura? «L’apertura de La Gru ha comportato un forte incremento occupazionale principalmente tra i giovanissimi, con circa 500 nuovi posti di lavoro
che negli anni si sono stabilizzati con contratti a tempo indeterminato. La conseguenza è stata una crescita nell’economia della zona e la formazione di nuovi nuclei familiari che necessitavano di stabilità economica. Quanto alle nuove iniziative, stiamo formulando un programma di eventi estivi 2012 rivolto a incrementare le presenze e ad aumentare i tempi di permanenza delle persone presso il centro con sfilate di moda, rassegne musicali di gruppi etnici emergenti del territorio, attrazioni per bimbi con animatori e compagnie teatrali, mostre d’arte». Quali le prospettive e i progetti per il prossimo futuro de La Gru? «Qualora finisse la fase di stasi bancaria, avremmo in previsione la realizzazione di un terzo livello del centro commerciale, che ospiterà un albergo di 30 camere con vista mare, con accesso dall’interno e dall’esterno del centro commerciale. Dal punto di vista più strettamente economico, le sfide 2012 sono il consolidamento di operatori affidabili con i quali intendiamo creare future partnership, la riduzione dell’indebitamento con un contenimento dei costi e il puntare su nuovi investimenti rivolti alle innovazioni tecnologiche, per aumentare l’efficienza e ridurre le spese».
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AMBIENTE E TERRITORIO
Azioni concrete per il territorio L’ambizioso piano industriale di una società calabrese che intende porsi come una multiutility per la gestione dei servizi ambientali e dei rifiuti. Un piano di sviluppo che prevede importanti ricadute nel breve e nel medio periodo a livello di ecosostenibilità, occupazione e indotto produttivo. Lo presenta Rosario Azzarà Manlio Teodoro
n un momento di grave crisi economica per il Paese, la riduzione degli investimenti in programmi e progetti si fa sentire soprattutto in aree come quelle del Meridione, che, oltre alle criticità scaturite dalla congiuntura attuale, conservano un sostrato di limiti e ritardi enormi. Per la comprensione della portata del problema aiuta la disamina che Rosario Azzarà, fra i maggiori conosci-
I Rosario Azzarà, amministratore unico della Ased Srl di Melito di Porto Salvo (RC) www.asedsrl.it
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tori del territorio calabrese, traccia della realtà locale. Azzarà è amministratore unico di Ased, società di Melito di Porto Salvo specializzata nella gestione dei servizi ambientali integrati, e sarà presto affiancato dal dottor Gabriele Familiari, che assumerà la carica di amministratore delegato. «Più che in qualsiasi altro posto – spiega Azzarà –, dalle nostre parti, i problemi sono evidenti e le criticità rischiano di generare stati di paralisi generale. Ma nonostante questo la nostra società ha scelto di dare avvio a un progetto ambizioso, destinato a generare benefici per il territorio stesso, con ricadute economiche sia immediate, sia nel medio termine. Si tratta del nuovo piano di sviluppo della nostra società, che prevede diversi step. Il primo è rappresentato dalla realizzazione di un polo industriale di oltre 54mila metri quadrati per la lavorazione dei rifiuti, nel quale saranno ospitati anche gli uffici direzionali e amministrativi della società». Quali sono gli ulteriori step
previsti dal vostro nuovo piano industriale? «Dopo la creazione di un impianto per la gestione integrata dei rifiuti – che sarà anche un’opportunità per creare occupazione e un indotto sul territorio –, l’obiettivo successivo, altrettanto ambizioso e significativo, è sempre strettamente connesso al settore ambientale. La nostra società intende strutturarsi come una multiutility, per poter operare nella gestione degli impianti idrici, fognari e di depurazione, nella bonifica dei siti contaminati, nella disinfezione, disinfestazione, nella pulizia di aree private e pubbliche, per offrire agli enti pubblici e privati la possibilità di ridurre i costi di trasporto e di lavorazione dei propri rifiuti, con ovvie benefiche ricadute economiche sui cittadini. Per raggiungere questo obiettivo stiamo investendo sia dal punto di vista della formazione del personale, sia da quello della dotazione strutturale e tecnica». La vostra è quindi una strategia aperta al territorio. Sa-
La nostra politica è quella di non perdere mai di vista il benessere della realtà nella quale operiamo
ranno possibili coinvolgimenti di altre realtà produttive? «Assolutamente sì. Uno dei capisaldi operativi dell’azienda, da sempre, è rappresentato dalla scelta di non operare mai a comparti stagni, ma di interagire con tutti. Anche in questa occasione punteremo a sviluppare il massimo delle sinergie possibili, magari attraverso la costituzione di un consorzio fra i vari operatori attivi nella provincia di Reggio Calabria. Questo anche per evitare quegli squilibri territoriali che, alla lunga, inevitabilmente si traducono in costi aggiuntivi per i committenti e quindi per i cittadini. La nostra politica è certamente quella di guardare al giusto profitto, senza però perdere mai di vista il benessere della realtà nella quale operiamo. Di conseguenza, l’ottimizzazione dei servizi avrà una valenza piena soltanto se non peserà sui bilanci delle famiglie, né tantomeno su quello degli enti locali e dei privati ai quali ci rivolgiamo».
Qual è l’area geografica nella quale intendete sviluppare la filiera del rifiuto? «Il nostro vero interesse è rivolto alla Calabria e più precisamente al territorio della provincia di Reggio. È questa l’area che necessita di attenzioni dirette e puntuali, a causa di un mai soddisfatto sviluppo socio-economico. È chiaro che per arrivare a centrare l’obiettivo dobbiamo fare in modo che si realizzino tutte le condizioni necessarie. Questo significa che tutti i soggetti coinvolti dovranno fare la loro parte: noi investiremo in capitali e metteremo a disposizione la nostra ultradecennale esperienza; gli enti ai quali ci rivolgiamo dovranno, invece, avere le idee chiare sui servizi di igiene ambientale che vogliono garantire ai propri cittadini. E, infine, questi ultimi dovranno impegnarsi nella pratica della raccolta differenziata». Sulla base degli ambiziosi obiettivi che vi siete posti, quali sono le prospettive per il 2012? «Noi lavoreremo per vincere la
sfida che abbiamo deciso di affrontare, facendo prevalere lo spirito imprenditoriale insito nel Dna della nostra società, che ha sempre voluto reinvestire sul territorio i proventi del proprio lavoro. Cercheremo pertanto di mantenere stabile, ove non fosse possibile far crescere, il livello occupazionale e, allo stesso tempo, di alimentare l’indotto e quindi l’economia locale».
Il dottor Gabriele Familiari, prossimo ad assumere la carica di amministratore delegato della medesima società
A partire da quali presupposti la vostra società ha costruito il proprio know how nella gestione dei rifiuti a livello locale? «Nel primo decennio della nostra attività, dal 1991 al 2011, ci siamo avvalsi dell’esperienza del
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AMBIENTE E TERRITORIO
gruppo Azzarà, attorno a cui
gravitavano diverse società del settore ambientale, con le quali abbiamo interagito professionalmente, arricchendo e ampliando il nostro know how, garantendo una maggiore incisività sul mercato della gestione dei servizi ambientali integrati, e offrendo un valido supporto alle gestioni dei servizi esternalizzati dagli enti comunali. Il panorama dell’epoca non era affatto facile da approcciare, ma siamo riusciti ugualmente a creare uno stile d’intervento efficace ed efficiente, e una filosofia d’azione unanimemente apprezzata».
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La nostra società intende strutturarsi come una multiutility per la gestione ambientale
Quali sono state le maggiori criticità che avete dovuto affrontare? «L’avvento di nuove disposizioni regionali, che orientavano la fase di smaltimento dei rifiuti a una gestione più razionale ed efficace – determinando pertanto la chiusura di molte discariche –, aveva generato non poche difficoltà agli enti pubblici e ai gestori dei servizi. I primi avevano visto esplodere i costi per il trasporto dei rifiuti nelle discariche. I secondi si ritrovavano a dover gestire l’emergenza dei trasferimenti con gli automezzi, le attrezzature e i mezzi fino a quel momento utilizzati per la raccolta, con un evidente utilizzo improprio dei fattori produttivi. Nei centri piccoli o medio-piccoli, poi, difficilmente trovava soluzione la problematica relativa ai rifiuti pericolosi e ai rifiuti durevoli di grosse dimensioni».
E qual è stato il ruolo di Ased? «Poiché esisteva una difficoltà a ottimizzare i conferimenti di vari produttori variamente dislocati sul territorio e serviti da varie aziende, proprio in questa fase Ased si è inserita, portando il proprio supporto tecnologico e professionale agli enti locali in difficoltà. E colmando, pertanto, quelle deficienze strutturali che, spesso, rendevano troppo onerosi i costi di produzione e, dunque, il prezzo del servizio reso al consumatore finale. Abbiamo fatto la nostra parte, aprendo la strada alle sinergie fra attori privati e alla collaborazione stretta con gli enti committenti. Un modo di fare che si è tradotto in servizi di grande utilità che hanno ottenuto il consenso dei cittadini, facendo crescere il nostro livello di autostima».
POLITICHE ENERGETICHE
I decreti della discordia Le polemica tra i produttori di energia da fonti rinnovabili e il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera non si placano. Sulla questione nelle scorse settimane è intervenuta anche la Commissione europea, che ha invitato il governo a correggere i due testi, la cui approvazione in Parlamento procede a rilento Renata Saccot
ue visioni distinte. Da una parte, il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera, che a inizio aprile ha presentato i decreti che riformano il sistema di incentivi per le energie rinnovabili e istituiscono il quinto conto energia. Dall’altro, le associazioni ambientaliste e le aziende che lavorano nel settore, che contestano la troppa burocrazia nel sistema degli incentivi, bocciando di fatto i provvedimenti, il cui iter parla-
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mentare sembra in dirittura d’arrivo (il quinto conto energia dovrebbe comunque entrare in vigore dal prossimo settembre). Nei decreti si trova il sistema di controllo dei volumi installati e della relativa spesa complessiva, che verrebbe effettuato attraverso un meccanismo di aste competitive per i grandi impianti (superiori a 5 MW) e tramite registri di prenotazione per quelli di taglia medio-piccola (dai registri sarebbero esclusi i micro impianti). Centrale, all’interno delle proposte presen-
tate dal ministro Passera, è la correzione dei finanziamenti al settore finora pressoché incontrollati, che hanno favorito in maniera quasi unilaterale il fotovoltaico. A dare man forte al ministro Passera, da questo punto di vista, è l’entità degli incentivi nel resto dell’Europa, che in molti casi sono inferiori anche della metà rispetto a quelli italiani. Le conseguenze però sarebbero una bolletta più cara per le famiglie e una spesa difficilmente prevedibile per lo Stato. A creare il maggior di-
Gli incentivi per le rinnovabili
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La riduzione delle tariffe dell’elettricità andrebbe differenziata in base al grado di “maturità” e all’efficienza energetica delle diverse tecnologie
sappunto, per le associazioni e per le aziende, è la considerazione che gli incentivi ministeriali appesantiscano la bolletta dell’energia, aumentandola fino al 23%. Nella querelle è intervenuta anche la Commissione europea, tramite il commissario all’energia, Guenter Oettinger, la quale ha sottolineato i punti da correggere del decreto attualmente in discussione in Parlamento. In particolare, sono due i temi che, secondo Bruxelles, il nostro governo deve migliorare: da una parte, la riduzione delle tariffe dell’elettricità andrebbe differenziata in base al grado di “maturità” e all’efficienza energetica delle diverse tecnologie, dunque vanno evitati i cosiddetti “finanziamenti a pioggia”; dall’altra, la necessità per il nostro Paese di adottare “sistemi di sostegno per le fonti rinnovabili nel settore del riscaldamento e raffreddamento”, da accompagnarsi a una politica di “sostegno ai progetti di efficienza energetica con la definizione degli obiettivi per il 2020 del sistema dei certificati bianchi”. In definitiva, sono essenzial-
mente due i nodi da sciogliere stando alle indicazioni complessive giunte da Bruxelles e dalle Regioni: la troppa burocrazia per accedere agli incentivi (che frena sia le aziende sia soprattutto i privati cittadini nell’avvicinamento agli impianti per la produzione di energie rinnovabili) e il “meccanismo dei registri” che, attualmente applicato anche ai piccoli impianti sotto ai 12 Kw di potenza, paralizzerebbe di fatto il settore. Mediatore tra le due parti è Corrado Clini, titolare del dicastero dell’Ambiente, il quale ha ribadito l’importanza dal punto di vista economico delle fonti rinnovabili: «È un settore fondamentale che non può essere considerato marginale, se si pensa che tra il 2009 e il 2011 ha creato 120mila posti di lavoro, soprattutto tra i giovani. Poi offre prospettive interessanti anche dal punto di vista della capacità di innovazione, la domanda dei mercati mondiali di nuove tecnologie è molto alta e continua a crescere». Clini, comunque, condivide la
necessità di una razionalizzazione degli incentivi ma crede anche nella forza positiva del comparto green. «Non si possono sottolineare i costi e ignorare i vantaggi in termini di incremento del prodotto lordo, aumento del gettito fiscale, diminuzione del picco diurno della domanda, miglioramento della bilancia commerciale». Intanto, mentre si cerca di trovare terreno comune, il settore delle energie pulite continua a guadagnare sostenitori, a incassare buoni ricavi e un alto gradimento da parte degli italiani. È del 5 maggio scorso l’inaugurazione del parco eolico a Naso di Gatto, in provincia di Savona. I quattro aerogeneratori sono i più potenti installati in Liguria e hanno una potenza complessiva di 9,2 MW. In base alle stime, questo impianto produrrà 25.000 MWh annui di elettricità, che corrispondono al fabbisogno elettrico annuo di 8.000 nuclei familiari, ed eviterà l’immissione in atmosfera di 10.700 tonnellate annue di anidride carbonica.
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RINNOVABILI
Al primo posto nel fotovoltaico Non si arresta la crescita del mercato fotovoltaico italiano. Entro il 2012 il 6 per cento del fabbisogno nazionale deriverà dal sole. Vincenzo D’Agostino spiega le motivazioni di questo successo e presenta un modello di sviluppo energetico nato in Calabria e basato sulla fornitura locale Luca Cavera
el 2011 l’Italia è stato il primo paese al mondo per nuova capacità fotovoltaica installata, con circa 9mila MWp. Dato che assume significato se confrontato con i 7.500 MWp della Germania e gli appena 2mila della Cina (fonte: rapporto annuale dell’European Photovoltaic Industry Association). Si stima che entro il 2012 l’energia prodotta grazie a impianti fotovoltaici coprirà il 6 per cento del fabbisogno complessivo nazionale, contri-
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buendo così a ridurre la dipendenza energetica dell’Italia dall’estero e dalle fonti fossili. «È fuori dubbio che il mondo occidentale stia puntando con forza sulle rinnovabili. Anche la Calabria ha registrato un forte incremento del numero di nuovi impianti fotovoltaici, con una crescita particolare nel segmento degli impianti residenziali e industriali su tetto, nonché su numerosi edifici scolastici e comunali». A fare il punto sulla diffusione della tecnologia solare in Calabria è Vincenzo D’Agostino, am-
ministratore delegato di Omnia Energia, azienda locale che fornisce energia elettrica a industria ed enti pubblici e che negli ultimi anni si è affermata nel mercato del fotovoltaico. Quali sono le ragioni del successo del fotovoltaico in Italia e soprattutto in Calabria? «Il costo di un impianto fotovoltaico standard, sufficiente per il fabbisogno di energia elettrica di una famiglia media, è ormai accessibile per il privato cittadino, anche grazie al sistema di incentivi statali previsti dal Conto Energia – la spesa è paragonabile a quello di una piccola utilitaria. Inoltre, il vantaggio economico ha trovato terreno fertile nella coscienza diffusa dei benefici ambientali connessi alle energie pulite. La Calabria, poi, ha condizioni di irraggiamento molto favorevoli per l’investimento nel fotovoltaico, di gran lunga superiori rispetto ai valori medi del Nord Italia, producendo 1,5 volte in più a parità di tec-
Vincenzo D’Agostino
nologia e di costi». Qual è oggi l’organizzazione di Omnia? «Le attività della nostra società sono organizzate in due divisioni: la divisione rinnovabili, con il fotovoltaico in primo piano, e la divisione elettrica, in grado di gestire ogni fase del processo di fornitura di energia elettrica agli enti pubblici, ai clienti industriali, alle Pmi, alle partite iva e ai condomini. Questa seconda divisione è quella del core business tradizionale. Chi sceglie un fornitore locale, oltre alle condizioni economiche studiate su misura per i propri profili di consumo, ha la possibilità di sfruttare soluzioni di efficienza energetica per l’ottimizzazione dei consumi e programmi di risparmio pluriennali sui costi energetici. Nel 2011 abbiamo potenziato l’organizzazione commerciale, realizzando una rete di consulenti specializzati in efficienza energetica che copre anche Basilicata, Campania, Puglia e Sicilia». Quest’anno celebrate i primi dieci anni di attività. Cosa rappresenta questo traguardo? «È un traguardo importante, sia per il particolare contesto territo-
riale in cui Omnia si è sviluppata, sia per la congiuntura degli ultimi tempi, fortemente penalizzante per le imprese italiane e per quelle calabresi in particolare. In questi dieci anni Omnia si è profondamente trasformata. L’idea imprenditoriale iniziale e la successiva perseveranza e dedizione all’azienda da parte di tutti i dipendenti ci hanno consentito di consolidare una posizione di leadership nel mercato locale, di rafforzare gli asset patrimoniali e finanziari, di far conseguire consistenti risparmi economici all’utenza privata e pubblica». Quali sono le prospettive e gli obiettivi per il 2012? «Il futuro di Omnia è legato all’energia, nelle diverse forme che essa assume e rappresenta. A partire da quest’anno creeremo una divisione gas e abbiamo in progetto anche di aprirci al mercato d e l l e
MWP
9000 NUOVA CAPACITÀ FOTOVOLTAICA INSTALLATA IN ITALIA NEL 2011 (FONTE: EPIA). IL NOSTRO PAESE HA RAGGIUNTO IL PRIMATO MONDIALE
utenze domestiche, che costituisce una sfida di grande portata. Questo richiederà un notevole impegno organizzativo, commerciale e finanziario, ma che non mancherà di fornire le dovute soddisfazioni all’azienda e agli utenti. Un’altra importante novità del 2012 è il programma di internazionalizzazione dell’azienda, che parteciperà a numerose missioni imprenditoriali internazionali, tra cui quella in Turchia promossa dall’Istituto per il commercio con l’estero. Al contempo intendiamo consolidare la nostra realtà locale, interagendo quotidianamente con il territorio. L’obiettivo di Omnia è quello di diventare un punto di riferimento per l’energia del Sud».
Vincenzo D’Agostino, amministratore delegato della Omnia Energia Spa di Zumpano (CS) www.omniaenergia.it
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RINNOVABILI
Il fotovoltaico non “droga” la bolletta Quanto incidono gli incentivi alle fonti rinnovabili sulla bolletta energetica delle famiglie italiane? Il dibattito in questi mesi si è fatto piuttosto acceso, con punti di vista e valutazioni differenti. Ne parliamo con Andrea Brunetti, amministratore delegato di Green Energy Spa Diego Bandini
no studio recentemente presentato dall’Autorità per l’Energia e il Gas ha svelato come negli ultimi dieci anni la spesa media delle famiglie italiane per l’elettricità sia cresciuta del 52,5 per cento, passando dai 338,43 euro del 2002 ai 515,31 euro del 2012. Ma a cosa sono dovuti questi aumenti? Secondo diversi esponenti del mondo politico la “colpa” è da ricercare nel si-
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stema di incentivi volto a favorire lo sviluppo delle fonti rinnovabili, tanto che lo stesso ministro Corrado Passera, lo scorso aprile, ha espresso la necessità di “intervenire sugli incentivi perché costano troppo”. «Ultimamente abbiamo assistito a una sorta di “caccia alle streghe” nei confronti delle fonti rinnovabili, fotovoltaico in primis, alimentata da polemiche strumentali che sembrano avere l’unico scopo di favorire determinati settori produttivi che, con lo sviluppo delle rinnovabili, rischiano di perdere importanti quote di mercato. Il problema, però, è che l’impatto mediatico che questo tipo di dichiarazioni hanno sulla popolazione è enorme, al contrario di quello che accade se, invece, a parlare è un semplice imprenditore». È questo il pensiero di Andrea Brunetti, amministratore
delegato di Green Energy, società per azioni nata nel 2005 su iniziativa di un gruppo di imprenditori catanzaresi, e con alle spalle una consolidata esperienza nel campo delle fonti rinnovabili, dall’eolico al fotovoltaico. «La realtà delle cose è ben diversa. Basterebbe analizzare tutte le varie voci di costo che compongono la nostra bolletta per capire che solo una piccola parte è effettivamente destinata ai finanziamenti per lo sviluppo del fotovoltaico e delle altre energie alternative. Mi riferisco, in particolare, ai cosiddetti oneri di sistema, che rappresentano circa il 9 per cento del totale della bolletta e all’interno dei quali sono compresi gli incentivi alle Fer, ma non solo», spiega Brunetti. «Una quota rilevante di questi oneri di sistema è infatti destinata alla dismissione delle vecchie centrali nucleari, ad agevolazioni
Andrea Brunetti
per la società Ferrovie dello Stato e ad altre attività, che necessitano di finanziamenti ma che non concorrono direttamente alla riduzione delle emissioni. La parte più consistente, però, serve a finanziare le cosiddette fonti “assimilate” individuate dal famigerato Cip6, una delibera del Comitato Interministeriale Prezzi adottata nel 1992 e ancora in vigore, che nelle intenzioni avrebbe dovuto promuovere lo sfruttamento delle fonti rinnovabili. In realtà – prosegue l’amministratore di Green Energy – più del 60 per cento dei fondi Cip6 prelevati dagli oneri di sistema finisce per incentivare proprio le fonti “assimiliate”, vale a dire impianti che, nella maggior parte dei casi, producono con fonti fossili, favorendo di fatto i grandi gruppi petroliferi ed elettrici italiani. Dire che la bolletta è aumentata a causa degli incentivi alle rinnovabili, quindi, è
Solo una piccola parte della nostra bolletta è effettivamente destinata ai finanziamenti per lo sviluppo del fotovoltaico e delle altre energie alternative
assolutamente falso». Il rischio, però, se dovesse farsi strada quest’idea, è quello di mettere a dura prova la tenuta di un settore che, in questi anni di crisi, ha contribuito a creare migliaia di nuovi posti di lavoro, come sottolinea Brunetti. «Il boom del fotovoltaico è iniziato solo tre anni fa. Un tempo troppo breve per tutti quegli operatori che hanno scommesso sulle potenzialità della green economy e che hanno investito ingenti capitali per acquistare macchinari e strumentazioni all’avanguardia, senza speculare ma con prospettive di medio e lungo periodo». E infatti sono stati notevoli gli sforzi sostenuti in questi anni da Green Energy, che grazie anche a uno staff dotato di competenze specialistiche e di-
versificate, è arrivata ad assumere una posizione di leadership nel panorama calabrese. «A partire dal 2007 siamo diventati “Premium Partner” della Schüco International Italia Srl, una delle aziende più importanti per quel che riguarda la produzione di moduli fotovoltaici. Dal 2005 a oggi abbiamo progettato e costruito circa 16 Mw di impianti fotovoltaici, collaborando con realtà del calibro di Abb Italia, Gamesa Eolica e Bester. La revisione del sistema degli incentivi, come accennato in precedenza, potrebbe però minare alle fondamenta l’intero settore, con conseguenze drammatiche anche da un punto di vista occupazionale. Credo che questo sarebbe davvero un clamoroso autogol, anche e soprattutto in prospettiva futura».
Green Energy Spa ha la sua sede a Caraffa di Catanzaro (CZ) www.greenenergyspa.it
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RISPARMIO ENERGETICO
Le nuove frontiere della cogenerazione Sistemi di trigenerazione con turbine a gas, innovativi e tecnologicamente avanzati, in grado di assicurare risparmio energetico e massima efficienza a costi contenuti. Le ultime novità illustrate da Ugo Tosetti della ICP Energie Guido Puopolo
e attuali normative nazionali in materia di risparmio energetico, riduzione dei consumi e produzione energetica da fonti rinnovabili rendono oggi quanto mai importante lo sviluppo di tecnologie e strategie per il contenimento dei consumi energetici di edifici e attività particolarmente energivore. In questo senso la generazione distribuita rappresenta una grande possibilità, data la
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Ugo Tosetti, Consigliere di Amministrazione della ICP Energie di Magione (PG) www.icpenergie.it
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sua capacità di riduzione dei consumi legati al trasporto dell’energia stessa, come spiega Ugo Tosetti, membro del Consiglio di Amministrazione della ICP Energie, società umbra specializzata nella progettazione e sviluppo di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, nonché sistemi per il risparmio energetico. «Quando si parla di generazione distribuita si fa riferimento a sistemi di generazione elettrica di piccola taglia, modulari e localizzati vicino ai consumatori (impianti industriali o edifici per attività commerciali o residenziale), in grado di soddisfare specifiche necessità energetiche e di affidabilità». Quanto è diffusa, in Italia, questa modalità di distribuzione dell’energia? «Il Terzo Rapporto sull’evoluzione della generazione distribuita, realizzato dall’Autorità per l’Energia e il Gas, attraverso il monitoraggio de-
gli impianti di generazione distribuita e di piccola generazione, ha censito in Italia più di 2.600 centrali di piccole dimensioni con una potenza installata totale di oltre 4.000 Mw e una produzione annua pari al 4,3 per cento dell’intera produzione lorda nazionale di energia elettrica. La penetrazione della Generazione Distribuita nel sistema elettrico nazionale è quindi ancora modesta, ma si prevede un incremento consistente nei prossimi anni del suo livello di diffusione, con particolare riferimento alle fonti rinnovabili e alla cogenerazione-trigenerazione». Quali sono, nello specifico, i vantaggi offerti dalla cogenerazione? «La cogenerazione è la produzione combinata di elettricità e calore. In un impianto convenzionale per la produzione di energia elettrica, l’energia chimica del combustibile, trasformata in
Ugo Tosetti
La trigenerazione, oltre a produrre energia elettrica, consente di utilizzare l’energia termica recuperata dalla trasformazione anche per produrre energia frigorifera
energia termica tramite combustione, viene utilizzata in un ciclo di potenza che la trasforma in elettricità. Il calore di scarto del ciclo viene disperso nell’ambiente, ottenendo così rendimenti di primo principio del 40-50 per cento. Con un impianto di cogenerazione, invece, il calore di scarto non viene disperso, ma recuperato per essere poi utilizzato in vario modo. In questo modo si raggiunge un’efficienza superiore anche all’85 per cento. Questo si traduce non solo in risparmi economici, ma anche ecologico-ambientali: si consuma circa il 20 per cento di combustibile in meno, con la
conseguente riduzione delle emissioni inquinanti». Proprio dai sistemi di cogenerazione derivano i più recenti sistemi di trigenerazione con turbine a gas, uno dei principali ambiti di attività di ICP. Quali le peculiarità di questi sistemi? «La trigenerazione rappresenta un particolare sviluppo dei sistemi di cogenerazione che, oltre a produrre energia elettrica, consente di utilizzare l’energia termica recuperata dalla trasformazione anche per produrre energia frigorifera, ovvero acqua refrigerata per il condizionamento o per i processi industriali. Sfruttando questa
particolare tecnologia ICP si è resa protagonista di un innovativo progetto, volto a garantire la stabilità e la sicurezza dei Centri di Elaborazione Dati – CED». Su quali presupposti si è sviluppata quest’idea? «L'idea nasce dall’avvertita necessità di ridurre sensibilmente i consumi di energia necessari all’esercizio di un CED. Questo, in genere, presenta un consumo contemporaneo di energia elettrica e frigorifera, sostanzialmente stabile e nell'arco di tutto l’anno, oltre all’esigenza della ridondanza dei sistemi di approvvigionamento di detta energia, per garantirne 2012 • DOSSIER • 125
RISPARMIO ENERGETICO
il funzionamento continua- cento. La fase progettuale è tivo ed evitare danni alle apparecchiature informatiche. Fino a oggi i sistemi di emergenza generalmente utilizzati, oltre agli UPS, erano i gruppi elettrogeni in scorta attiva. L'intuizione dello staff di ICP Energie è stata quella di ribaltare lo standard e di utilizzare la rete elettrica come back-up anziché come fonte primaria di alimentazione, minimizzando il rischio di “fermo” dovuto a black-out e contemporaneo malfunzionamento dei sistemi di emergenza». Come siete riusiciti a raggiungere questo obiettivo? «Allo scopo è stato sviluppato e realizzato un impianto che oltre a garantire quanto sopra, permette l'abbattimento dei costi energetici per una quota superiore al 25 per
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stata il fulcro della realizzazione, dovendo affrontare e risolvere simultaneamente molteplici problematiche. La soluzione adottata da ICP Energie è stata quella di utilizzare microturbine, alimentate a gas metano di rete, corredate da modulo di recupero termico, collegate in parallelo e complete di un sistema di gestione sviluppato e collaudato per questa specifica applicazione. L’energia termica recuperata dai gas di scarico delle microturbine viene “valorizzata” in un assorbitore per la climatizzazione degli ambienti del CED. In questo modo abbiamo un rendimento energetico complessivo del sistema superiore all’81 per cento». ICP Energie, però, non
sviluppa solo sistemi di cogenerazione e trigenerazione, ma affronta la tematica della produzione di energia da fonti rinnovabili a 360°. In quali altri ambiti siete presenti? «ICP Energie sviluppa e realizza impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, oltre a sistemi per il risparmio energetico, dal fotovoltaico all’eolico, fino al geotermico. Siamo in grado di fornire impianti e sistemi “chiavi in mano”, a partire dallo studio di fattibilità sino al collaudo e alla richiesta di incentivazione, il tutto attraverso proposte finanziare mirate e richieste, ove possibile e previsto, di finanziamenti regionali, nazionali o comunitari, al fine di rendere l’investimento proposto il più redditizio possibile».
BONIFICHE
Dall’amianto all’energia pulita articolo 14 del Quarto Conto Energia, al paragrafo c) prevedeva un bonus di 5 centesimi di euro/kWh per gli impianti fotovoltaici installati in sostituzione di coperture contenenti amianto. Purtroppo questo vantaggioso e intelligente incentivo non sarà replicato dal Quinto Conto Energia, al varo proprio in questi giorni e caratterizzato da una riduzione complessiva del volume di aiuti economici superiore al 30 per cento. «Questa “altalena normativa” è devastante per le imprese che operano nel settore», commenta Fabio Simoni, titolare della Costruzioni Edili Cds e responsabile del settore amianto insieme alla moglie Rita Cesarini. «L’azienda – pro-
L’
Rita Cesarini, insieme a Fabio Simoni responsabile del settore amianto della Costruzioni Edili Cds di Norcia (PG) www.cdsamianto.com
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Sostituendo le coperture in amianto con pannelli fotovoltaici è possibile convertire un rifiuto pericoloso in fonti energetiche rinnovabili. Come sottolineano Fabio Simoni e Rita Cesarini, però, sul tema sono necessarie certezze normative e maggiore informazione Amedeo Longhi
segue quest’ultima – è nata nel 1984 e dopo una ventina d’anni di attività, per diversificare gli ambiti operativi abbiamo deciso di specializzarci nella bonifica di amianto. Ai tempi la normativa era ancora farraginosa e l’iter di acquisizione delle autorizzazioni necessarie è durato quattro anni». Il settore della rimozione di coperture in eternit e, più in generale, contenenti amianto, è collegato attraverso strette sinergie a quello dell’impiantistica fotovoltaica: «Un buon 50 per cento del nostro lavoro – spiega Simoni – si inserisce in questo processo di trasformazione virtuosa. In generale, da quando ci occupiamo di bonifiche, c’è stata una sensibile crescita di consapevolezza, che purtroppo non è stata accompagnata da una politica governativa costante. Fanno eccezione le iniziative di regioni e altri enti locali, che spesso attivano programmi di microraccolta che vanno a semplificare la procedura di smaltimento e a
far risparmiare ai privati pratiche autorizzative spesso molto complesse e di conseguenza costose. È importante dire che anche per le aziende, da parte dello Stato, ci sono state delle incentivazioni, non direttamente alla bonifica ma a essa collegate; per esempio, chi aveva una copertura in eternit e la sostituiva con un pannello sandwich coibentato o comunque con una copertura che rientrava in determinate caratteristiche termiche poteva usufruire della detrazione del 55 per cento per interventi di risparmio energetico». Va tuttavia sottolineato che, pur in assenza di piani strutturati, chi vuole effettuare operazioni di modifica può usufruire di diverse facilitazioni. «Il problema spesso è amplificato da una sorta di “terrorismo mediatico” – racconta Cesarini – che alimenta la disinformazione degli utenti. In questo senso il mercato è molto sensibile: in particolar modo, da quado la bonifica amianto è strettamente
Fabio Simoni e Rita Cesarini
legata al fotovoltaico, la nostra attività procede a singhiozzo; con la voce di un possibile, peggiorativo, nuovo conto energia le commesse stentano ad arrivare. Per i mesi successivi all’entrata in vigore di un nuovo programma di finanziamenti, invece, la situazione si sblocca improvvisamente con un eccesso di lavoro». Oltre a questo, esistono anche i problemi reali, acuiti dalla fase di profonda recessione che stiamo attraversando: «Le richieste di interventi di bonifica e riconversione contenuti – osserva Simoni –, aventi come oggetto canne fumarie, garage e altri manufatti di piccole dimensioni, sono aumentati sensibilmente, ma i grossi lavori su fienili e capannoni industriali, che richiedono investimenti difficili da fronteggiare, sono sempre di meno». Ai problemi di ordine finanziario e legislativo, si sommano quelli di natura ambientale, riguardanti l’opera di bonifica nel suo complesso: «È difficile
quantificare il volume di amianto ancora da rimuovere – aggiunge Rita Cesarini –, ma, nonostante il lavoro negli ultimi anni sia proseguito a ritmi elevati, credo che a livello nazionale la quantità di materiale tossico rimosso non sia superiore al 20 per cento di quella presente. A questo proposito, ritengo opportuno ricordare quanto previsto dalla legge 257 del 1992, in base alla quale ogni proprietario di immobili con coperture in eternit è obbligato a effettuare un esame dello stato della copertura stessa; in base all’esito di questa valutazione, l’interessato deve proseguire il monitoraggio con cadenza biennale o, nei casi peggiori, effettuare la bonifica. In realtà oggi, a vent’anni dalla promulgazione di questa legge, la quasi totalità dei manufatti in amianto è al di fuori dei limiti di tolleranza. L’età – e quindi il tempo di esposizione alle fibre – è infatti uno dei principali criteri per la valutazione del rischio».
Questo rende ancora più urgente attivare un programma di bonifica definitiva: «Sarebbe necessario che nel giro di due o tre anni il processo di dismissione delle coperture in eternit si avviasse a pieno regime», auspica Simoni. «Perché questo succeda è necessaria una previsione normativa ben strutturata. Ai tempi dei precedenti conti energia, immaginavo che le tariffe incentivanti sarebbero state il primo passo di un processo graduale che avrebbe portato all’obbligatorietà della bonifica. Purtroppo non è stato così e oggi è impensabile imporre questo vincolo, considerando gli enormi oneri economici collegati, che pochi sarebbero in grado di accollarsi». 2012 • DOSSIER • 129
SPAZI VERDI
Criticità e prospettive per i costruttori del verde Ingegneria ambientale, arredo urbano, vivaistica e irrigazione sono tutti ambiti appartenenti al grande indotto dell’edilizia, anche se godono di un canale proprio. Giovanni Baglione ne descrive le problematiche Amedeo Longhi
l Sud e la Calabria in particolare sono la terra del sole e del verde che, grazie all’operato di realtà specializzate, si sposa armonicamente con le infrastrutture viarie, gli elementi architettonici delle città, gli spazi pubblici e quelli privati. Per i costruttori del verde si sta inoltre avvicinando un momento importante, l’imperdibile occasione di risollevare un mercato che da diversi mesi, essendo strettamente legato a quello dell’edilizia e più in generale degli investimenti pubblici, è oggetto di
I Giovanni Baglione, amministratore della Baglione Piante di Lamezia Terme (CZ) www.baglione.it
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un forte rallentamento. Giovanni Baglione è amministratore della Baglione Piante, società che deriva da un’esperienza ultracentenaria nel settore del verde. «Operiamo sin dal 1890, quando l’azienda nacque come vivaio specializzato nella produzione di piante di agrumi, olivi e fruttiferi. All’inizio degli anni Sessanta, in seguito al boom delle infrastrutture e alla costruzione di tante nuove strade e autostrade, mio padre fondò la Baglione Francesco, oggi Baglione Piante, che si occupa di sistemazione del verde e ingegneria naturalistica. Mio padre è stato anche fra i fondatori di Assoverde, la nostra associazione di categoria, che oggi conta più di 500 imprese iscritte». A proposito della grande opportunità in arrivo, il settore è in attesa delle numerose gare che indirà la regione grazie ai POR, il Programma Operativo Regionale 2007-2013. «Sarà una boccata d’ossigeno che ci permetterà di risollevarci dopo
un periodo di flessione. In realtà la nostra società ha solide basi e, grazie alla lunga esperienza nel campo, è ben conosciuta e questo costituisce un vantaggio strategico nell’acquisizione delle commesse. Inoltre, la struttura solida e organizzata ci permette di offrire prezzi fortemente competitivi». Una parte dei lavori inseriti nell’ambito del POR è già stata bandita o sarà comunque avviata nella seconda metà del 2012. «La stragrande maggioranza – aggiunge Baglione –, costituita da centinaia di opere, è prevista per il 2013. Si tratterà di sistemazioni idrogeologiche, messa in sicurezza di versanti in frana, ingegneria naturalistica e altri lavori di cui ci occupiamo». Non solo vivaistica e arredo urbano dunque: «L’azienda – precisa a proposito Baglione – è in possesso oltre alla categoria OS24 (Verde e arredo Urbano) ed OG13 (Opere di Ingegneria Naturalistica) delle certificazioni OG3 e OG6 per lavori di strade ed im-
Giovanni Baglione
pianti di irrigazione, oltre che della certificazione di qualità Uni En Iso 9001:2000 per le attività di sistemazione e manutenzione di verde e arredo urbano e di realizzazione e manutenzione di opere di ingegneria naturalistica. Altri ambiti di cui ci occupiamo sono produzione e allevamento di piante, progettazione, realizzazione, manutenzione e sistemazione ambientale di aree verdi e giardini, di opere di inserimento paesaggistico e ambientale, connesse a grandi infrastrutture, di opere di riqualificazione ambientale, idraulico-forestale e del suolo e di impianti di irrigazione». La quasi totalità dell’attività, circa il novanta per cento, è rivolta al settore pubblico, per il quale la Baglione Piante S.r.l. lavora tramite l’acquisizione di gare di appalti. «Il restante dieci per cento – prosegue Baglione – è dedicato al settore privato, in particolare alla realizzazione di villaggi, a iniziare dalla progettazione fino alla realizzazione chiavi in mano, con impianti d’irrigazione a più stazioni, prati e successiva manutenzione. Fa parte del team di progettazione l’architetto Domenica Baglione, mia sorella, esperta in ingegneria dell’ambiente, progettazione ed inserimento paesaggistico di grandi opere, valutazione di impatto ambientale. Un’altra nicchia è rappresentata dai vivai Cavalier Giovanni Baglione Torre – di cui è amministratore mio fratello Antonio Maria –, che sono molto estesi: il nostro vivaio di quaranta ettari, è uno dei più
estesi della Calabria». «Attualmente la Baglione Piante S.r.l. è impegnata in diversi Comuni fra i quali: Lamezia Terme, Montauro, Caulonia, Vibo Valentia e Catanzaro, dove stiamo eseguendo lavori pertinenti alle nostre specializzazioni: sistemazione lungomare, centri sportivi, arredo urbano, sentieri naturalistici». Baglione conclude con un’analisi della situazione del mercato in cui opera, che condivide gli stessi problemi di altre aree e altri settori: «Oggi la criticità maggiore è quella relativa ai pagamenti, che non è limitata alla sola Calabria ma si estende in tutta Italia. Tale fattore è di estrema rilevanza: infatti, se non siamo in regola con le contribuzioni e con le formalità amministrative, ci viene immediatamente preclusa la possibilità di partecipare a bandi e appalti perché veniamo considerati inadempienti e il lavoro si ferma del tutto. Le difficoltà di incassi regolari sulla base degli stati di avanzamento
FONDI
2,99 mld LO STANZIAMENTO COMPLESSIVO DEL POR CALABRIA. DI QUESTI, CIRCA 360 MLN SONO DESTINATI A OPERE DI CARATTERE AMBIENTALE
lavori coinvolgono tutte le pubbliche amministrazioni: enti statali, regione, provincie, comuni. A volte i pagamenti avvengono con dilazioni di parecchi mesi o anche di anni. Ciò comporta difficoltà conseguenti sia con i fornitori del credito, le banche, che con i prestatori di lavoro, verso i quali è prioritaria la nostra attenzione». 2012 • DOSSIER • 131
INFRASTRUTTURE
Gioia Tauro: serve una visione più ampia onoscere i continui mutamenti sul piano procedurale e delle normative doganali costituisce il requisito fondamentale che il doganalista, quale figura professionale abilitata al commercio con l’estero e intermediario fra autorità doganale e operatori economici, deve possedere per poter affrontare le sfide che giornalmente si presentano nelle maggiori realtà portuali, come quella di Gioia Tauro. A parlarne è Vito Nicola Foderaro, attuale presidente della
C
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Più connessioni con il territorio e maggiori infrastrutture per inglobare navi da carico tradizionali. L’analisi e le prospettive di Vito Nicola Foderaro, a capo di una tra le prime società del porto nella consulenza marittima Carlo Sergi
Serport, società impegnata da anni nel fornire consulenza e servizi doganali alle imprese operanti nel porto. «È un peccato che una struttura così imponente non venga resa appetibile ad altre compagnie di navigazione, vista la posizione geografica nel Mediterraneo, e si accontenti soltanto di servire un solo armatore, lasciando all’abbandono gru e
piazzali acquistati e costruiti per altro scopo». Molti imprenditori locali lamentano una scarsa presenza delle istituzioni nelle operazioni di business all’estero. «È per questo che al fianco delle imprese occorrono dei soggetti altamente qualificati, che sappiano come gestire le diverse problematiche e supportare in maniera adeguata le aziende in relazione alle specifiche esigenze. Soprattutto in un contesto come il nostro. Il porto di Gioia Tauro rappresenta uno snodo fondamentale per il comparto del commercio internazionale sin dai primi anni novanta. Non è un caso, infatti, se la Serport Gioia Tauro Srl è nata nel 1993». Come è nata l’idea per questa società? «Tutto è stato reso possibile grazie all’idea di un gruppo di imprenditori calabresi, professionisti del settore, che hanno saputo cogliere la sfida posta dai nuovi operatori economici. Questi ultimi, infatti,
Vito Nicola Foderaro
Al centro, Vito Nicola Foderaro, presidente della Serport Gioia Tauro Srl, con, da sinistra, Giuseppe Sergi e Fabrizio Gangeri www.serport-gioiatauro.it
cercavano nel porto chi potesse offrire servizi ad altissimi standard per quel che concerne la consulenza doganale, l’agenzia marittima, la logistica delle merci, i trasporti, le eventuali manipolazioni e tutti i servizi connessi. In poco tempo Serport si è confermata all’altezza delle aspettative, acquisendo ampio gradimento da parte della clientela, tra cui si annoverano importanti realtà multinazionali». Cosa vi ha permesso di consolidarvi, nonostante la congiuntura? «La nostra forza, in questi tempi di crisi, è rappresentata dal fatto di poter offrire servizi anche in altri porti, potenzialmente su scala mondiale. Anche se preferiremmo che questo territorio fosse la prima fonte di sostentamento. Vorremmo che i calabresi avessero maggiori opportunità, viste le enormi potenzialità che questo porto potrebbe sviluppare. Ma devo dire che, per quanto ci riguarda, nonostante il calo del traffico navi registrato negli ultimi anni, contiamo al
nostro interno 23 dipendenti, 3 responsabili settore e disponiamo di un’area di 6000mq per le attività di magazzinaggio, deposito doganale, deposito Iva e temporanea custodia. Offriamo inoltre la possibilità di collegamenti su gomma e su rotaia. Mentre con le merci da spedire per via aerea ci serviamo degli aeroporti di Lamezia e di Reggio Calabria». Secondo lei quali progetti potrebbero rendere quello di Gioia Tauro un porto più competitivo? «Il transhipment di container è stata finora la principale attività del porto, lasciando poco o niente al territorio, in quanto i container, durante questo processo, sbarcano da una nave e imbarcano su altra, non facendo crescere quel famoso indotto di cui anni fa si parlava tanto nei tavoli istituzionali. Occorre puntare a un più efficace sfruttamento delle potenzialità che offre Gioia Tauro, come ad esempio la possibilità di accogliere importanti navi tradizionali, ro-
ro e tanker. Tutti mezzi che necessitano di specifiche infrastrutture e, di conseguenza, di adeguate realtà industriali e logistiche che diano valore aggiunto alle merci trasportate». Anche voi investirete su questa strategia? «Assolutamente. Il futuro della nostra società è proiettato in questa direzione e grazie alla collaborazione con la “Sud Impresa di Lamezia Terme”, specializzata nello sviluppo di nuove idee imprenditoriali, stiamo provando a dare concretezza alla nostra visione. Convinti che si possano porre le basi per stimolare nuove economie e incrementare l’occupazione in maniera significativa creando, questa volta si, l’indotto sul territorio». 2012 • DOSSIER • 135
LOGISTICA
La logistica del freddo fa rotta verso l’Europa La logistica del freddo è un comparto particolare, in cui le rigide norme igieniche e sanitarie devono essere rispettate per garantire la sicurezza degli utenti. Camillo Crivaro spiega come si è organizzata la sua azienda per rientrare nei parametri Amedeo Longhi
accp è l’acronimo di Hazard Analysis and Critical Control Points ed è una sigla che indica un sistema di autocontrollo riguardante l’igiene finalizzato a prevenire il rischio di contaminazione degli alimenti. Per chi trasporta questo tipo di merci, il disciplinare Haccp riveste una fondamentale importanza, così come tutte le normative sul tema. Camillo Crivaro è il rappresentante legale della Calabria Distribuzione Logistica, società
H
La Calabria Distribuzione Logistica Srl ha sede a Tiriolo (CZ) www.cdlitalia.com
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operante nel settore della logistica e del trasporto, specializzata nel campo delle merci deperibili. «La normativa dedicata è rigida e dettagliata e va rispettata alla lettera. Oltre a questo, quello che tento di trasmettere sempre alle persone che collaborano con noi è il senso di responsabilità nello svolgimento delle proprie mansioni, perché quando parliamo di logistica e trasporto di prodotti deperibili ci riferiamo agli alimenti che ogni giorno troviamo sulle nostre tavole e che noi puntualmente consegniamo ai rivenditori finali». La struttura in cui opera l’azienda, che si estende per oltre 3000 metri quadri, si trova a Sarrottino, tra Lamezia Terme e Catanzaro, in posizione strategica per il raggiungimento delle località servite dalla distribuzione delle merci sul territorio calabrese. «È inoltre dotata di un ampio piazzale per il ricovero dei mezzi e il carico e scarico
delle merci. Lo stabilimento, completamente refrigerato, è costituito da tre corpi intercomunicanti per lo stoccaggio e il mantenimento dei prodotti a temperatura controllata, che varia dai 4°C ai 18°C. Dispone anche di attrezzature tecnologicamente avanzate e di personale qualificato, circa cinquanta unità tra dipendenti diretti e addetti inseriti nell’indotto». La Calabria Distribuzione Logistica è nata nel 1998 dalla collaborazione tra due realtà imprenditoriali, una locale, la Cabe Trasporti, operante dal 1968, e l’altra rappresentata da un’azienda del Nord Italia leader nel settore del trasporto merci a temperatura controllata, la Cavalieri Trasporti, oggi acquisita dalla Stef-Tfe, secondo gruppo europeo nella logistica e trasporto di merci deperibili quotato alla borsa di Parigi. «La società – prosegue Crivaro – ha una spiccata attitudine regionale, con una distribuzione capillare su
Camillo Crivaro
tutto il territorio, dove consegna le merci nell’arco delle 24/48 ore dalla data di arrivo in piattaforma. Entrando a far parte del mondo Stef-Tfe, abbiamo in programma l’intensificazione dei flussi delle merci sia per la distribuzione locale sia in partenza dalla nostra regione per il resto di Italia e Europa con partenze quasi giornaliere». L’efficienza e la sicurezza logistica vera e propria sono garantite anche dalle dotazioni tecniche a disposizione: «Siamo in grado di assicurare un servizio affidabile, puntuale e di qualità, fornendo – grazie alle più moderne tecnologie di trasmissione dati, all’ausilio di sistemi di radiofrequenza e di sistemi informativi quali Infolog, Logmanager, Sie e, non ultimo, Sap – informazioni accurate e precise che garantiscono la tracciabilità completa delle merci, coperte da polizza assicurativa all-risk sia durante lo stazionamento nella struttura che durante il trasporto». Con la collaborazione di un partner specializzato nel settore igiene degli alimenti, è stato redatto un manuale di autocontrollo aziendale. In esso vengono descritte le attività logistiche e amministrative: le tipologie di prodotti alimentari, le modalità con cui vengono individuate e mantenute sotto controllo
Entrando a far parte del mondo Stef-Tfe, abbiamo in programma l’intensificazione dei flussi delle merci sia per la distribuzione locale, sia per il resto di Italia e d’Europa
le fasi e i punti critici dei processi produttivi che possono compromettere la sicurezza degli alimenti, le procedure da adottare per migliorare e standardizzare i controlli interni, le modalità di formazione del personale in materia di buona prassi igienica, la documentazione atta a registrare i controlli. «Questo ci permette di essere sempre in linea con la normativa Haccp, in base anche alle linee guida dell’Unione Europea in materia d’igiene dei prodotti alimentari, facenti riferimento al Decreto Legislativo 155 del 26 Maggio 1997». La Cdl è anche in possesso delle autorizzazioni sanitarie rilasciate dall’Asl di Catanzaro, Settore Igiene Pubblica e Servizio Ve-
terinario, per il deposito di prodotti alimentari; inoltre, dal 1998 è in essere un contratto con la Dimar Srl per le attività preventive di derattizzazione e sanificazione sulle merci trattate. Anche la qualità è certificata, grazie all’attestato Iso 9002. «A oggi siamo partner logistico per la distribuzione in Calabria di marchi quali Galbani, Kraft, Grandi salumifici italiani, Beretta,Vismara, Ferrarini, Prealpi, Biraghi, Lindt, Caffarel, Condorelli, Pernigotti e tante altre aziende che hanno scelto di affidarsi a noi esternalizzando la parte logistica per crescere insieme, in un rapporto non fra cliente e fornitore ma di vera e propria partnership». 2012 • DOSSIER • 141
EDILIZIA
Fare impresa oltre i confini regionali L’esperienza di tre imprenditori che hanno portato la loro capacità di fare edilizia pubblica e privata fuori dalla regione di origine. Una case history che sfata molti pregiudizi sull’efficienza produttiva delle imprese meridionali. La parola a Gennaro Longo Valerio Germanico
n’impresa di costruzioni calabrese che ha il proprio core business nell’esecuzione di appalti pubblici nel Nord Italia. È questa la specificità della Elle Due Costruzioni, originaria di Lamezia Terme e che oggi ha una sede anche in Veneto. Amministrata da tre fratelli, Gennaro, Domenico e Pasqualino Longo, l’azienda si è aggiudicata lavori importanti in Emilia Romagna – come quelli nell’aeroporto Guglielmo Marconi di Bologna – e in Veneto, regione dalla quale Gennaro sta seguendo direttamente la
U
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realizzazione della nuova tenenza dei carabinieri di Dueville: «La ricollocazione territoriale ci ha dato un nuovo slancio. Nel Nord Italia siamo riusciti a esprimere tutto il nostro potenziale, aggiudicandoci gare d’appalto per la realizzazione di grandi opere pubbliche e lavorando anche nel residenziale, nel multifunzionale e nelle ristrutturazioni». Quali sono state le ragioni che vi hanno spinto a portare i vostri cantieri al Nord? «La Calabria si trovava già in difficoltà prima dell’inizio della crisi economica. Adesso, quella che in altre realtà è crisi, qui è
diventata povertà. Il tessuto produttivo è totalmente immobile, da parte delle istituzioni locali non arrivano incentivi per favorire la cultura del lavoro, gli istituti di credito non erogano credito per le imprese. Prevedendo che la situazione potesse soltanto peggiorare col tempo, nel 2008 abbiamo raccolto le nostre forze e abbiamo deciso di provare a ricominciare in un altro contesto. In questo, anche dal punto di vista economico, abbiamo avuto pochissimi sostegni, perché eravamo visti dalle banche come un’impresa giovane e quindi con poche garanzie». In base a quali criteri avete scelto le aree in cui “delocalizzare”? «Abbiamo considerato quali potevano essere i territori con le maggiori opportunità e li abbiamo individuati nelle regioni del Triveneto e in Emilia Romagna. Queste sono regioni dove viene apprezzata la serietà del lavoro e si vedono ricono-
Gennaro Longo
Gennaro Longo, socio e amministratore di Elle Due Costruzioni Srl di Lamezia Terme (CZ) www.elleduecostruzionisrl.it
sciuti i propri meriti, anche dalle istituzioni locali. Certamente all’inizio abbiamo riscontrato una certa diffidenza, ma col tempo abbiamo potuto dimostrare le nostre capacità e ci siamo scrollati di dosso i pregiudizi che inevitabilmente accompagnano noi meridionali quando ci spostiamo al Nord». Quali sono stati gli ultimi lavori più importanti e in questo momento in quali lavori siete impegnati? «Fra i lavori recenti, uno dei più importanti è stato ultimato a novembre 2011 in Calabria, a Lamezia Terme, dove abbiamo realizzato il parcheggio dell’aeroporto – un lavoro con un importo di circa un milione di euro – e in seguito abbiamo anche fatto dei lavori di cavidotto all’interno della pista. Sempre per quanto riguarda i lavori aeroportuali, attualmente stiamo lavorando presso l’aeroporto Guglielmo Marconi di Bologna, dove stiamo realizzando i cinque nuovi pontili di imbarco che permetteranno l’accesso agli
aeromobili direttamente dai terminal. Il progetto è stato studiato in maniera tale che, una volta ultimati i lavori, non si noterà alcuna discontinuità nell’aspetto delle facciate esistenti a vetrate continue: le nuove strutture risulteranno perfettamente integrate nello stile architettonico attuale». Quali lavori state realizzando in Veneto invece? «A Dueville, in provincia di Vicenza, stiamo costruendo la nuova tenenza dei carabinieri, con residenza annessa. Il complesso si svilupperà su un’area di circa 4.200 metri quadrati, con un costo complessivo dell’opera di quasi 2,5 milioni di euro. Il progetto è finanziato dal ministero della Difesa, da fondi della Regione Veneto e dai Comuni di Dueville, Monticello Conte Otto, Caldogno, Montecchio Precalcino e Costabissara. Questa struttura, infatti, rappresenterà un grande presidio in un’area nella quale esiste attualmente soltanto una piccola caserma alla quale fanno riferi-
mento più di 45mila abitanti. Sarà dunque un’opera strategica per il territorio e verrà completata entro luglio 2013». Nei prossimi mesi, quali cantieri avvierete? «Un appalto pubblico che ci siamo già aggiudicati, e di cui prossimamente partiranno i lavori, riguarda un importante restauro a Tesero, in provincia di Trento. Qui eseguiremo la ristrutturazione di Casa Jellici, che verrà adibita in parte a mostra permanente di presepi e in parte a biblioteca. Si tratta di un progetto molto importante, sia per la qualità dell’intervento su un edificio storico, unico nella Val di Fiemme, sia per la particolarità del contesto paesaggistico e socio-economico trentino. Inoltre, nell’ambito privato, stiamo realizzando il progetto di un elegante complesso residenziale a Jesolo, in località Cortellazzo. Qui costruiremo ampie unità indipendenti caratterizzate da un omogeneo studio delle forme e dei materiali». 2012 • DOSSIER • 143
EDILIZIA
All’edilizia lucana occorrono incentivi Calo degli appalti pubblici. Mancati pagamenti. Carenza di liquidità. Fondi insufficienti. Riduzione della domanda. E, di conseguenza, perdita di posti di lavoro. Il dottor Mario Giuseppe Bitonto fotografa la situazione in cui versa l’edilizia lucana mentre l’impresa adotta una concreta spending rewiev Adriana Zuccaro
onostante le sue capacità anticicliche, questa volta il comparto delle costruzioni risente in modo particolare del calo degli appalti pubblici e della domanda interna, ma soprattutto di una cronica carenza di liquidità dovuta a una crescita del 42 per cento dei mancati pagamenti e a un sistema bancario miope che, con poche eccezioni, impiega altrove la raccolta locale». Inquadra nitidamente le principali cause del crollo dell’edi-
«N
Mario Giuseppe Bitonto, dell’impresa di costruzioni Falbit Srl di Ferrandina (MT). Nelle altre immagini, opere di edilizia residenziale e industriale realizzate dalla Falbit www.falbit.it
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lizia per il settore pubblico, il dottor Mario Giuseppe Bitonto dell’impresa di costruzioni Falbit Srl, che riprende: «Nei settori dell’edilizia civile, industriale e delle opere stradali in cui la Falbit è primariamente impegnata, purtroppo i drastici tagli agli investimenti per le principali stazioni appaltanti dimostrano la scarsa lungimiranza di una classe politica che non ha compreso che durante le crisi è consigliabile investire in questo settore, capace, grazie al suo vasto indotto, di invertire i cicli economici negativi». Eppure la Giunta regionale ha approvato lo stanziamento di 10 milioni di euro per l’edilizia pubblica residenziale. «Dieci milioni sono utili ma assolutamente insufficienti per rimettere in moto un’economia fortemente provata come la nostra, soprattutto se consideriamo che alla provincia di Matera sono destinati poco più di 3 milioni. Tuttavia, molto dipende dalla tempestività della
messa a disposizione dei fondi. Le imprese hanno oggi più che mai bisogno di interventi immediati, non solo di vaghe promesse che purtroppo la Regione è solita fare. In ogni caso un serio piano di investimenti nel campo dell’edilizia pubblica residenziale, soprattutto in una città come Matera dove è forte la domanda di edilizia popolare, sortirebbe il duplice effetto di ridare fiato al comparto delle costruzioni e di soddisfare la domanda calmierando i prezzi rispetto all’edilizia residenziale privata». Fotografando l’edilizia lucana in generale, quali contrasti emergono? «Innanzitutto occorre tener presente che quasi il 70 per cento delle imprese edili lucane partecipa a gare di appalto di lavori pubblici. Ne deriva che la diminuzione dei trasferimenti, il calo delle gare – soprattutto di quelle di piccolo importo, tarate sulla ridotta dimensione delle imprese locali –, il Patto di Stabilità Interno con il blocco
Mario Giuseppe Bitonto
Segnali positivi arrivano dai piccoli lavori privati, incentivati da bonus fiscali per le ristrutturazioni e sconti per chi investe nel risparmio energetico
dei pagamenti, l’aumento dei prezzi delle materie prime, hanno creato notevoli danni al settore. Anche il mercato dell’edilizia privata registra una contrazione, soprattutto nel capoluogo a causa del ritardo nel varo di importanti strumenti urbanistici, dei cosiddetti Piano Casa 1 e 2 e di consistenti investimenti di edilizia economica e popolare». Con quali conseguenze? «Tutto ciò ha portato a numerose chiusure aziendali, con un saldo negativo di nati-mortalità e alla perdita di parecchi posti di lavoro: 5.000 unità in meno dal 2008; 1.000 nel 2011, pari al 25 per cento della forza lavoro complessiva impiegata nel settore; 84 imprese hanno
chiuso l’attività nel secondo semestre del 2011. Qualche segnale positivo arriva dai piccoli lavori privati, incentivati dal bonus fiscale del 50 per cento per le ristrutturazioni recentemente introdotto e dallo sconto del 55 per cento per chi investe nel risparmio energetico. Una delusione, invece, si è avuta per le mancate promesse allo sviluppo nella regione delle energie rinnovabili, con un Piano energetico regionale reso inutile dai soliti cronici ritardi nell’attuazione. Ritardi, inoltre, si registrano negli investimenti industriali legati ai bandi regionali di finanziamento, con una lentezza nello scorrimento delle graduatorie che, oltre a rallentare le previsioni di investimento industriale, ha disatteso le aspettative di ripresa del mercato dei prefabbricati in cemento e degli impianti industriali». Quali carte ha posto sul “ta-
volo della ripresa” la Falbit? «Abbiamo messo in campo una decisa azione di contenimento dei costi. Mentre la pubblica amministrazione parla tanto di spending review, le imprese sono le prime a tagliare il superfluo. Purtroppo anche le spese di investimento hanno dovuto subire una riduzione, almeno in attesa che la Regione Basilicata vari alcune misure di incentivazione previste come, per esempio, il credito d’imposta sugli investimenti in beni ammortizzabili. Infine, rispetto al passato, considerato che il numero delle gare d’appalto si è ridotto, così come anche il loro importo, puntiamo anche all’acquisizione anche di piccole commesse che, paradossalmente, ci garantisce maggiormente rispetto ai lavori più grandi, perché in tempi di carenza di liquidità come questi il rischio del mancato pagamento è elevato». 2012 • DOSSIER • 145
EDILIZIA
Tempi biblici per i pagamenti, gli effetti sul settore Cambia il modo di approcciare l’appalto pubblico da parte delle imprese di costruzioni. Queste puntano su opere già finanziate, sulla prossimità territoriale. E spesso su importi più bassi. La parola a Marco e Massimo Siciliano, imprenditori edili Valerio Germanico
econdo un’analisi curata da Euler Hermes Italia, condotta per regioni e settori produttivi, dopo un triennio sul quale
S
In queste pagine, lavori di cantiere eseguiti dalla I.c.o.p. Srl di Antonimina (RC) www.icopsrl.it
la crisi aveva pesato in maniera contenuta, fra il 2010 e il 2011, in Calabria le difficoltà nei pagamenti si sono acutizzate, con un incremento della severità del 38 per cento rispetto al 2007. I settori più colpiti sono stati l’abbigliamento, il comparto grandi magazzini e l’edilizia, sia privata che pubblica. In questo scenario, al deficit infrastrutturale calabrese – fattore determi-
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nante nel frenare la ripresa – corrispondono i tagli delle pubbliche amministrazioni sul fronte delle grandi opere. Quest’ultimo fenomeno, tuttavia, si inserisce nel quadro dello scenario economico nazionale dell’edilizia, per il quale si prevede, preso a riferimento il 2008, una flessione degli investimenti che toccherà il 24,1 per cento a fine 2012. A questo seguirà un calo di fatturato del 2-3 per cento, che colpirà soprattutto le Pmi, già vessate dai mancati pagamenti, la cui severità, per l’edilizia, ha raggiunto quota 73 per cento rispetto ai livelli precrisi, confermando il primato di uno dei settori più colpiti dal problema della riscossione dei crediti. Criticità avvertita pure dalle imprese che in questi anni non hanno registrato bilanci negativi. Come spiega Massimo Siciliano: «Negli ultimi dodici mesi a cavallo fra 2011 e 2012, nonostante il numero di appalti realizzati per diversi enti pubblici, anche la nostra impresa di costruzioni si è dovuta scon-
trare con tempi di pagamento sempre più difficili da sostenere». Siciliano è responsabile, insieme al fratello Marco, della I.c.o.p. Srl di Antonimina (RC), azienda specializzata nelle opere pubbliche, in particolare stradali idrauliche e marittime. E aggiunge Marco Siciliano: «Siamo riusciti ad aggiudicarci un buon numero di appalti, soprattutto fra quelli banditi dalle province. Tuttavia, in corso d’opera abbiamo avuto delle difficoltà, soprattutto perché ci troviamo in un momento di scarsa liquidità e dobbiamo comunque anticipare cifre importanti per il pagamento di fornitori, della manodopera e dei mezzi. Poiché riceviamo i pagamenti dopo molto tempo dalla fine dell’esecuzione dei lavori, le difficoltà si ripercuotono di appalto in appalto e noi siamo riusciti a farvi fronte solo grazie alla forza della nostra organizzazione. Se i capitolati dei contratti prevedono un massimo di 45 giorni dopo l’apposizione dell’autorizzazione di
I.c.o.p.
36 mln VOLUME D’AFFARI NEGLI ULTIMI 5 ANNI, DELLA I.C.O.P. SRL, SOCIETÀ DI COSTRUZIONI SPECIALIZZATA NEGLI APPALTI PUBBLICI DI GRANDI OPERE AUTOSTRADALI, MARITTIME E IDRAULICHE
certificato di pagamento, nella prassi si raggiungono anche i 120 giorni». LA STRATEGIA DI SELEZIONE
Questa situazione ha spinto le imprese, inevitabilmente, ad adottare un approccio selettivo agli appalti. Come spiega Massimo Siciliano: «Se prima sceglievamo i bandi in base alla categoria dell’opera da realizzare, adesso ciò che dobbiamo individuare per prima cosa è la situazione finanziaria che sta dietro all’appalto, oltre a verificare quali vincoli, fra le diverse amministrazioni coinvolte nell’erogazione dei fondi, potreb-
bero poi determinare problemi con i tempi di pagamento. La nostra cernita fra i bandi, quindi, ha avuto lo scopo di individuare e cercare di vincere soltanto la realizzazione di opere per le quali i fondi siano già nelle casse dell’ente appaltante. Questa strategia, certamente, non è esente da una componente di rischio, però ci permette di impegnarci in lavori che dovrebbero darci minori imprevisti. Sempre in virtù di questo atteggiamento di maggiore prudenza, abbiamo iniziato a scegliere appalti di importo più basso, in modo da non esporci eccessivamente
nella fase di realizzazione. Anche la posizione geografica del cantiere rispetto alla nostra sede ha assunto un’importanza maggiore. Dato che i margini sono sempre più ristretti – al contrario dei costi di trasporto e movimentazione, che sono lievitati enormemente – cerchiamo di lavorare all’interno di un raggio di 100 km, mentre prima lavoravamo molto anche fuori regione». 2012 • DOSSIER • 149
EDILIZIA
PROBLEMI BUROCRATICI
La maggiore prudenza nella partecipazione alle gare ha la sua ragione anche in un altro problema che colpisce a livello nazionale le imprese di costruzioni che realizzano opere pubbliche, quello dei prezziari. «I lavori da realizzare – dice Marco Siciliano – spesso sono basati su progetti fatti anche 10-12 anni fa, che prevedono dunque prezzi oggi assolutamente fuori mercato e che vanno quindi aggiornati all’attualità – soprattutto per quanto riguarda il prezzo del ferro e del calcestruzzo, cioè delle forniture fondamentali in una qualsiasi opera. La riva-
lutazione del progetto e dei prezzi, a causa del complesso di adempimenti burocratici che richiede, ha il doppio effetto di ritardare sia l’esecuzione dei lavori sia, in seguito, il loro pagamento da parte della pubblica amministrazione. In particolare, i progetti appaltati dai Comuni, che sono enti inseriti in una lunghissima catena burocratica, spesso vengono bloccati dall’assenza di un’autorizzazione che dipende da un altro soggetto istituzionale. A fare le spese di questa situazione sono naturalmente le imprese, sulle quali di fatto gravano tutti gli effetti della lentezza procedurale».
Prima sceglievamo i bandi per categoria. Adesso per prima cosa guardiamo alla copertura finanziaria garantita dall’ente
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ULTIME OPERE
Fra gli ultimi cantieri completati dalla I.c.o.p. i più importanti hanno riguardato opere stradali, in regione e fuori regione. Nel mantovano, ad opera della provincia di Mantova, l’impresa ha realizzato la tangenziale sud di Quistello, appaltato con un importo di quasi 5 milioni di euro. La stessa portata economica ha avuto anche un lavoro di grandi dimensioni realizzato per conto dell’Amministrazione Provinciale di Catanzaro: la superstrada di collegamento fra i comuni di Girifalco e Maida. A Novara, invece, per conto dell’Associazione Irrigazione Est Sesia di Novara, è stato realizzato il quarto lotto del Canale Cavour. Come racconta Massimo Siciliano: «Negli anni scorsi abbiamo realizzato commesse di notevole importo – dai 3 ai 5 milioni di euro – fra le province di Novara, Cremona, Mantova e Parma, appaltate con pubbliche amministrazioni e consorzi di bonifica. Nel 2012, vista la forte ondata di crisi che ha investito soprattutto le zone più industrializzate del Nord Italia, abbiamo deciso di concentrare la nostra attività nel territorio calabrese, soprattutto fra le province di Reggio Calabria, Catanzaro e Cosenza. Anche per questo motivo, se in passato la nostra specializzazione erano le opere stradali, tornando a lavorare di più in Calabria ci siamo avvicinati anche alle opere marittime,
I.c.o.p.
un settore quest’ultimo che sul fronte della salvaguardia e della riqualificazione di scogliere e coste ci ha dato molte possibilità di lavoro». E prosegue il fratello Marco: «La nostra esperienza nei vari settori è cresciuta e si è venuta specializzando man mano che realizzavamo le opere, passando dalla piccola strada comunale via via fino alle grandi opere. Il settore stradale qui in Calabria è certamente uno dei più rilevanti e per questo rappresenta il nostro core business». LE PROSPETTIVE
In conclusione, Marco Siciliano spiega quali sono i nodi da sciogliere per un’edilizia che col perdurare della crisi rischia di trascinare con sé un intero tessuto economico, che direttamente e indirettamente vi è collegato. «Il problema principale rimane attualmente sempre quello dei tempi di pagamento. La sua soluzione, riportando liquidità alle imprese, avrebbe certamente un effetto importante. Se questo può essere risolutivo per le aziende che hanno affrontato meglio la crisi, però, esistono realtà che sono state pesantemente penalizzate, avendo subito non solo il ritardo dei pagamenti, ma anche numerosi insoluti. Per queste sarebbe necessario predisporre un piano di aiuti e finanziamenti. Crediamo infatti che la soluzione alla crisi vada risolta nel cuore delle aziende. Noi ci stiamo impegnando per superare que-
EVOLUZIONE DI IMPRESA ondata negli anni Sessanta da Antonio Siciliano, per poi passare alla guida dei figli Massimo e Marco alla fine degli anni Novanta, la I.c.o.p. Srl è un’impresa di costruzioni che in pochi decenni ha saputo evolversi da realtà artigianale a società con un notevole sviluppo dimensionale e tecnico-imprenditoriale. Questo l’ha portata all’acquisizione di una notevole capacità tecnologica e oggi I.c.o.p. è in grado di realizzare opere di importanza strategica all’interno del programma nazionale dell’edilizia infrastrutturale e dell’ingegneria civile. I cantieri di maggiore importanza sono quindi diventati quelli per la realizzazione di opere di bonifica, sistemazione idraulica, consolidamento di terreni, opere in calcestruzzo, trivellazioni, demolizioni di strutture, rilevati, opere stradali e costruzione di acquedotti. È proprio grazie a queste lavorazioni e all’elevato standard nella realizzazioni delle opere – raggiunto grazie a un team di operatori qualificati nel settore e ad un ampio parco macchine per l’esecuzione di progetti di maggiore complessità – che l’azienda ha ottenuto le certificazioni Soa e Iso 9001:2000, alle quali da ultimo si sono aggiunte la certificazione per la gestione ambientale Iso 14001:2004 e la qualificazione rilasciata dall’Eni Spa per la costruzione di metanodotti e gasdotti.
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sto momento, anche avanzando delle proposte attraverso la sede di Confindustria Reggio Calabria e i vari enti di settore. Una possibilità potrebbe essere quella di destinare dei fondi comunitari per il rinnovo delle attrezzature e dei macchinari, in modo da porre le basi per il momento della ripresa. A molte imprese, infatti, manca la forza per investire,visto anche l’abbandono da parte delle banche, le quali non assicurano più, prestiti e fidi necessari, oserei direi quasi fondamentali per superare il momento». Una proposta di Massimo Siciliano,
poi, è quella di destinare risorse alla qualificazione edilizia. «Un piano nazionale di riqualificazione avrebbe un duplice effetto positivo. Da una parte, rilancerebbe il settore delle costruzioni, che anche nell’ambito dei privati ha registrato un calo significativo della quantità di lavori disponibili. E dall’altra, permetterebbe di porre in sicurezza i moltissimi edifici che ancora in Italia sono soggetti a rischi, come ha dimostrato quanto accaduto con i terremoti dell’Aquila e più recentemente in Emilia Romagna». 2012 • DOSSIER • 151
EDILIZIA
Nuove opere e più coesione per rilanciare il settore La realizzazione di infrastrutture strategiche che riattivino il settore edile in tutta Italia rappresenta una priorità. Come sottolinea Domenico Metelli, però, è necessario che tutti gli attori coinvolti agiscano d’intesa e in maniera coordinata Amedeo Longhi
imettere in moto l’edilizia significa attivare una miriade di comparti in successione. Purtroppo oggi quella del mercato edile italiano è una situazione pressoché drammatica a livello nazionale ed è inevitabile che vada affrontata nella maniera più precisa possibile. «Bisogna dire che le origini del problema non sono riconducibili all’imprenditoria locale ma vanno in gran parte imputate alla politica – precisa Metelli –, quindi ci auguriamo che il ministro Passera e la squadra di Governo attivino in fretta le misure che hanno promesso». Metelli, a capo del-
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l’omonima azienda che da oltre sessant’anni opera nel settore, si considera fortunato, pur vivendo anche lui la crisi del comparto: «La nostra è una realtà storica, ben strutturata e saldamente radicata. Questo ci ha consentito di crescere anche negli ultimi tre anni, la recessione ci ha toccato ma non investito». L’imprenditore umbro prosegue individuando una delle possibili cause della situazione e azzardando una previsione: «Il boom edilizio degli anni Sessanta ha favorito la nascita di una miriade di aziende, molte delle quali improvvisate e costruite senza le basi strutturali e finanziarie necessarie. Questa crisi sta effettuando una consistente scrematura nel settore e questo po-
trebbe essere l’aspetto positivo: solo le società in salute, in grado di operare rispettando gli impegni e gli oneri finanziari, sopravvivranno alla recessione. Quando il mercato si riprenderà sarà quindi più equilibrato e animato da operatori più solidi e affidabili». Metelli chiama in causa anche l’apparato statale nell’individuare i colpevoli: «Da parte dello Stato non è arrivato alcun tipo di aiuto. Il settore edilizio è al riparo da certe storture del mercato globale, come la concorrenza della produzione a basso costo proveniente dall’Estremo Oriente, ma è gravata da altri problemi. Penso ad esempio al costo dei terreni: un’area agricola in Umbria oggi ha un valore di mercato che va dai 30 ai 50 mila euro l’ettaro, che aumentano fino a 2 milioni nel caso in cui essa venga convertita in edificabile. Naturalmente questo caroprezzi si ripercuote sul costo dell’im-
mobile e quindi sull’acquirente finale. Per questo è necessaria una politica di calmieramento». Inoltre, il Governo da troppo tempo è carente nel ruolo a cui è naturalmente deputato, quello di guida: «Noi imprenditori edili siamo capaci di svolgere molte tipologie di lavorazioni, dalla villa al capannone alla grande opera, possiamo spostarci di regione in regione e selezionare commesse e bandi. Però c’è bisogno di qualcuno che indichi le priorità, che vanno naturalmente scelte in base a una strategia ben ponderata, che detti le linee guida e che faccia da garante. Questi compiti vanno svolti dalla pubblica amministrazione e dall’apparato politico». A proposito di scelte strategiche, Metelli ne suggerisce una che sarebbe, a suo avviso, in grado di fornire un aiuto importante all’edilizia e al suo indotto: «Un’infrastruttura che da troppo tempo richiede importanti interventi e che è prioritaria da molti punti di
vista è la E45. Importante alternativa all’A1, dorsale appenninica, tratta strategica per la Romagna, tutto il Nord Est e i paesi balcanici, è un’opera che risale agli anni Sessanta e necessita di un riammodernamento. Dal punto di vista occupazionale fra l’altro, i cantieri si estenderebbero in diverse regioni, dando lavoro a molte aziende e rappresentando, grazie al ricorso al project financing, un investimento decisamente abbordabile per lo Stato». In particolare per l’Umbria, dove si trova la Metelli, questa opera è molto importante. «Tuttavia il suo aspetto più rilevante è rappresentato dalla trasversalità, sia in termini territoriali che di settori di competenza. Non bisogna infatti concentrarsi in questo momento su soluzioni con una ricaduta esclusivamente locale o che coinvolgono solo una parte della filiera. Per riattivare il comparto c’è bisogno di un’azione comune e organica». Proprio la coesione è l’altro punto su cui fa leva Metelli: «È arrivato il momento di met-
La Luigi Metelli Spa ha sede a S. Eraclio di Foligno (PG) www.luigimetellispa.com
tersi tutti intorno a un tavolo e agire in maniera coordinata. Oggi è necessario lavorare seriamente e questo vuol dire creare una squadra, pianificare i tempi giusti ed evitare comportamenti scorretti. A questo proposito, lo Stato ha il compito di stabilire le priorità indicando le opere necessarie e quelle più remunerative, cioè capaci di riattivare l’indotto dell’edilizia e propedeutiche a uno sviluppo economico complessivo e non localizzato. Deve anche intrattenere un rapporto con il sistema bancario e quello assicurativo in modo da garantire la certezza dei pagamenti. Infine, deve fare qualche sacrificio, abbattendo i costi e ottimizzando le risorse. Le imprese rimaste sul mercato sono quelle più competitive, hanno già dimostrato di essere in grado di resistere alla crisi e se l’edilizia è ancora in piedi questo è dovuto principalmente alle loro capacità». 2012 • DOSSIER • 153
TURISMO
Un mosaico di turismi possibili Entra anche il “prodotto” acqua nel paniere turistico made in Umbria, che conferma tuttavia il suo ruolo di leadership nel panorama del turismo religioso, culturale e naturalistico. Fabrizio Felice Bracco descrive le bellezze della sua regione Giacomo Govoni
ur essendo l’unica regione dell’Italia centrale non bagnata dal mare, ha ideato una kermesse dedicata all’acqua e ne ha fatto un veicolo promozionale delle proprie bellezze idriche. E così, in una regione dove acqua non significa automaticamente mare, è andato in scena l’Umbria Water Festival. Accade in Umbria, dove lo scorso maggio si è tenuta la prima edizione di questa manifestazione. Evento innovativo nel panorama
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Fabrizio Felice Bracco, assessore al turismo della Regione Umbria
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internazionale, tanto più in una regione che non ha nell’acqua la sua punta di diamante turistica. Almeno fino a ieri. «Con il festival – spiega Fabrizio Bracco, assessore regionale al turismo – abbiamo voluto mettere in risalto l’ingrediente che ha portato benessere al territorio fin dall’antichità: il Tevere navigabile, la cascata delle Marmore sorgente di energia, i laghi ricchi di pesce, a partire dal Trasimeno». Cosa vi ha spinto a ideare e realizzare un festival dedicato all’acqua? «Il Festival prende le mosse dalla constatazione che l’Umbria è una terra ricca di acque interne: fiumi ruscelli, laghi, fino alla cascata delle Marmore, tra le più alte in Europa. Tenendo anche presente che siamo la regione dell’acqua minerale. Infine, i nostri corsi e specchi d’acqua, sono una grande risorsa per praticare attività sportive “ecologiche”: dalla vela sul Trasimeno al canottaggio al lago di Piediluco, dal ratfing lungo la discesa del fiume Nera alla discesa del Tevere in canoa o in gommone». Acqua a parte, quali sono i
fattori di unicità del paniere turistico umbro? «L’offerta turistica umbra si fonda sui tratti identitari di una regione che non dispone di attrattori turistici classici, ma esprime la sua specificità nel legame con la storia e la tradizione. Da noi predominano il turismo culturale, articolato in città d’arte, castelli, monasteri e siti archeologici, gli itinerari naturalistici fra i boschi ma anche nel paesaggio lavorato dall’uomo come vigneti e oliveti. A questi si aggiungono i luoghi della spiritualità umbra legati alla presenza di santi celebri e il turismo enogastronomico». Oltre a quelli collaudati, quali prodotti turistici stanno venendo avanti? «In epoca recente, a questi capisaldi si sono aggiunti aspetti nuovi, come il turismo legato alla tradizione di artigianato artistico locale. Penso alla nostra tradizione ceramica di Orvieto, Gubbio, e Gualdo Tadino, custodita anche nel museo regionale a Perugia. Inoltre, siamo da poco divenuti la regione del cachemire di qualità, grazie all’esperienza di Cucinelli a Solomeo. Due ulteriori tasselli che arricchiscono e completano il
Fabrizio Felice Bracco
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Il prossimo obiettivo sarà la valorizzazione dei luoghi benedettini, da portare al livello di quelli francescani
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brand Umbria». Dietro Assisi, quali sono le altre mete del turismo religioso umbro? «Assisi, assieme a Perugia, costituisce la destinazione più importante a livello regionale. Alle loro spalle, ci sono altri due centri dal grande valore spirituale: Norcia, con il celebre monastero di San Benedetto, e Cascia, con il monastero Santa Rita. Luoghi di pellegrinaggio a cui si affianca anche la basilica di San Valentino a Terni, dove ogni anno giungono centinaia di promessi sposi a ricevere la benedizione. Senza dimenticare il percorso mistico della via di
Francesco, un cammino di oltre 270 km nel cuore verde d’Italia, che va dall’Averna a Roma». Qual è il suo grado d’incidenza sull’industria dell’accoglienza regionale? «In riferimento ad Assisi, nel 2011 abbiamo avuto 1,1 milioni presenze per 490mila arrivi, mentre nei primi 4 mesi del 2012 siamo a quota 253mila presenze per 123 arrivi, con una permanenza media di oltre due giorni. A fronte di un lievissimo calo dello 0,21% degli italiani, cresce di oltre il 15% la componente straniera, trainata nel 2011 dai Paesi Bassi con 357mila pre-
senze, da un’ampia rappresentanza americana e tedesca, fino ai 55mila visitatori polacchi, sensibili alla nostra vasta proposta religiosa. In quest’ottica, il nostro prossimo obiettivo sarà valorizzare i luoghi benedettini, con una presenza significativa di abbazie da portare al livello dei luoghi francescani». Quali itinerari traducono al meglio il concetto di "turismo slow", di cui l’Umbria rappresenta il teatro ideale? «Al di là della via di Francesco, senz’altro i percorsi benedettini e le escursioni sui nostri monti, antichi luoghi di eremitaggio ad alto tasso spirituale. Tra gli altri, cito il monte di Subasio e monte Luco sopra Spoleto. Zone predilette da chi al turismo consumistico, antepone l’esperienza di approfondimento di conoscenze».
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L’inedito profilo lucano Dalle evocazioni poetiche di Pasolini allo scanzonato ritratto cinematografico di Rocco Papaleo, la terra lucana è un teatro culturale e paesaggistico che colpisce occhi e cuore dei visitatori. Ne parla l’assessore regionale Marcello Pittella Giacomo Govoni
ontana dal logorio del turismo moderno, verrebbe da dire, la Basilicata regala suggestioni senza tempo. Terra che trasuda storia e religiosità a ogni angolo, tra i primi a rimanerne incantato fu Carlo Levi, emulato nei decenni successivi da Pier Paolo Pasolini e Mel Gibson che, da quelle parti, fecero persino passare Gesù. Come cuore pulsante delle rispettive narrazioni i due artisti scelsero Matera, ma «di grande interesse – sottolinea Marcello Pittella, assessore alle attività produttive – è tutta la “Lucania arcaica”, con il parco archeologico di Metaponto, gli scavi dell’antica Grumentum e le Tavole Palatine di Bernalda». Matera e Maratea a parte, quali sono le altre località simbolo del turismo lucano? «Se vogliamo considerare le località classiche del turismo, vanno aggiunte altre due “M”: la città di Melfi, che fu resi-
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Nella pagina a fianco Marcello Pittella, assessore alle attività produttive della regione Basilicata
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denza dell’imperatore Federico II di Svevia, e il Metapontino, la fascia costiera lucana che affaccia sul mar Ionio. Le cosiddette “4 M” rappresentano il turismo tradizionale della Basilicata, probabilmente l’unico in grado di attrarre visitatori fino agli anni Novanta». E la Basilicata del terzo millennio, invece, su quali “calamite” ricettive punta? «Oggi gli orizzonti turistici si sono allargati e pur in una fase delicata dell’economia nazionale e regionale, il turismo in Basilicata registra flussi di crescita costanti. La giunta regionale si è impegnata in questi anni a riportare alla luce realtà turistiche dimenticate, incentrando la propria azione sulla relazione tra cinema e territorio, sui grandi eventi della tradizione regionale e sulla sperimentazione di nuove forme, anche spettacolari, di valorizzazione del patrimonio naturalistico, storico e culturale».
Quali forme alternative e destagionalizzate di turismo possono svilupparsi nell’entroterra lucano? «Stiamo cercando di mettere a sistema un’offerta turistica che ricomprenda parchi, mare, cultura, archeologia ed entroterra. Il turismo lucano non può incentrarsi solo sul mare e sulla stagione estiva. I due sbocchi sul mare, quello del metapontino e il golfo di Maratea sul Tirreno, possono essere competitivi sulla qualità del mare e dei servizi ma meno sulla quantità, vista la limitatezza dei chilometri di spiaggia. Anche per questo, abbiamo deciso di puntare su itinerari alternativi. Nelle azioni strategiche previste dal Piano regionale per il turismo, infatti, si passa dal cineturismo al turismo enogastronomico, a quello naturalistico, culturale, del benessere, religioso, sportivo, invernale e così via».
Marcello Pittella
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La Basilicata è terra ideale per una vacanza all’insegna della lentezza e del relax, grazie al clima e ai prodotti di nicchia
Quali idee turistiche stanno germogliando intorno alla candidatura di Matera a Capitale europea della cultura 2019? «Come governo regionale stiamo portando avanti una serie di attività per incrementare un’industria culturale già fervida, così da accompagnare la città di Matera verso questo grande traguardo sociale e culturale. Lo spirito della candidatura di Matera rappresenta una possibilità in particolare per il Mezzogiorno per riscattarsi da quello che è il divario più antico del mondo e integrarsi pienamente nell’Italia e nell’Europa». Tra i “prodotti” del catalogo ricettivo lucano, quali catturano maggiormente il gusto e la curiosità dei visi-
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tatori stranieri? «I visitatori stranieri sono particolarmente attratti dal variegato paesaggio lucano: dai sassi di Matera ai calanchi di Aliano e Pisticci, fino alla spiaggia nera di Maratea. Ma i turisti arrivano in Basilicata anche perché incuriositi dai luoghi che hanno fatto da scenario a film di successo, basti pensare al “Basilicata coast to coast” di Rocco Papaleo, che racconta con poesia e suggestione i luoghi nascosti della terra lucana». Il territorio lucano rappresenta una cornice ideale per ospitare turismi di nicchia, come quello equestre. Quali itinerari regionali traducono al meglio il concetto di turismo slow? «La Basilicata è la terra ideale per una vacanza all’insegna della
lentezza e del relax. Il clima favorevole e un universo di prodotti di nicchia possono soddisfare la quasi totalità delle esigenze del mercato. Il turismo equestre, ad esempio, è molto organizzato nel parco delle Piccole Dolomiti lucane, ma anche gli itinerari religiosi hanno una forte attrattiva. Tra questi, meritano una visita l’abbazia di San Michele di Monticchio, il convento di S. Maria di Orsoleo di Sant’Arcangelo e il santuario della Madonna di Pierno. E poi c’è il turismo enogastronomico come, ad esempio, gli itinerari del vino: da Barile a Venosa per l’Aglianico, fino a Roccanova per il Grottino. Oppure le vie dell’olio che passano da Rapolla, Vietri e Ferrandina. La Basilicata è tutta da scoprire e di certo non delude i suoi visitatori». 2012 • DOSSIER • 169