DossLiguria062011

OSSIER LIGURIA EDITORIALE ..............................................13 Raffaele Costa

L’INTERVENTO.........................................15 Diana Bracco Sandro Cepollina

PRIMO PIANO IN COPERTINA.......................................18 Paolo Odone IL PUNTO ................................................24 Giulio Tremonti POLITICHE SOCIALI ...........................30 Maurizio Sacconi Lorena Rambaudi Roberto Bagnasco Marco Castagnola Stefano Marastoni Alessandro Frega E-GOVERNMENT .................................48 Renato Brunetta Filippo Patroni Griffi Giovanni Tria Secondo Amalfitano

ECONOMIA E FINANZA POLITICA ECONOMICA .....................60 Claudio Burlando Matteo Rosso Aldo Siri

RICERCA .................................................68 Federico Golla Antonio Mori, Roberto Delfanti Fiorella Operto CANTIERISTICA....................................76 Francesco Nerli Michele Scandroglio Rino Canavese FOCUS GENOVA...................................88 Marta Vincenzi Sergio Bornacin Giovanni Calvini ACCESSO AL CREDITO.....................98 Gabriele Delmonte Luciano Pasquale DONNE D’IMPRESA..........................104 Maria Teresa Gambino Federica Bagnasco FISCO E TRIBUTI.................................110 Victor Uckmar Mauro Pastore IMPRENDITORI DELL’ANNO ..........116 Marco Venturini Gian Carlo Fronzoni Cesare Parodi Ciro Giaquinta Giuseppe Lancella Vincenzo Sauchelli Giancarlo Dughera Bruno Scoma Anna Chiesa Alessio Binetti

OPPORTUNITÀ DI SVILUPPO .......138 Rodolfo Siccardi METODI TRADIZIONALI ..................142 Manuela Crotti Provaggi SPORTSWEAR....................................144 Leopoldo Poppi

TERRITORIO TURISMO ..............................................146 Caterina Cittadino Angelo Berlangieri Americo Pilati Marina Isola Angelo Vaccarezza ARTE CONTEMPORANEA...............160 Paolo Asti DIFESA DEL TERRITORIO ..............162 Edoardo Sturlese SPEDIZIONI..........................................164 Andrea Fontana LOGISTICA............................................166 Marco Zucca Andrea Giachero

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Sommario

RIFIUTI ...................................................210 Renata Briano Luigi Morgillo Riccardo Casale Edoardo Ricci IL SERVIZIO IDRICO.........................222 Gianluigi Devoto INFRASTRUTTURE............................170 Guido Gazzola NAUTICA................................................174 Massimiliano Barbagelata Roberto Campini Giovanni Castagnola Claudio Camporese EDILIZIA ................................................182 Massimo Galli Giovanni Piana e Bruno Vinerbi COSTRUZIONI .....................................188 Massimo Tonegutti SISTEMI BREVETTATI .....................192 Santo Polimeni TECNOLOGIA E DESIGN .................194 Carlo Mangiapane

AMBIENTE POLITICHE ENERGETICHE ...........200 Renzo Guccinelli Marco Melgrati Gianluca Polgatti

RISPARMIO ENERGETICO ............226 Gianluca Gabbani INNOVAZIONI AGRICOLE...............228 Marco Bregoli

RINNOVABILI .....................................230 Enrico Isnardi Arnaldo Morino

GIUSTIZIA RIFORMA FORENSE........................234 Marco Ubertini Giovanni D’Innella

SANITÀ POLITICHE SANITARIE...................240 Ferruccio Fazio Fulvio Moirano TOSSICODIPENDENZE...................248 Giovanni Serpelloni MALATTIE RARE...............................252 Mariella Bocciardo Paola Facchin Karin Primon APPARECCHIATURE MEDICALI ...258 Domenico Vercellotti Pierpaolo Baldo HIGH TECH BIOMEDICALE ...........262 Giuseppe Novaro LA SALUTE DEGLI ANZIANI .........264 Carmelo Leto ODONTOIATRIA.................................268 Fabio Polo TRA PARENTESI ...............................270 Silvio Garattini LIGURIA 2011 • DOSSIER • 11

Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx L’INTERVENTO

Turismo e hi-tech, le sfide della regione di Sandro Cepollina Presidente di Confindustria Liguria

a struttura del sistema produttivo ligure è tale da aver attutito la fase di crollo della produzione industriale del 2009 con una caduta più contenuta e una sostanziale tenuta. Questa struttura, tuttavia, per la sua configurazione e l’ancora debole attitudine, salvo rari casi di eccellenza, all’internazionalizzazione e all’innovazione, la pone in condizione di intercettare la ripresa in modo più lento rispetto ad altre aree. La grave carenza di infrastrutture e di investimenti rimangono però l’elemento di inefficienza forte del sistema. Infrastrutture materiali e immateriali. Così come l’assurda lentezza nei processi decisionali che riguardano i procedimenti autorizzativi degli investimenti privati o la carenza di aree industriali idonee sotto il profilo tecnico e amministrativo. Dobbiamo ri-orientare la funzione degli enti nella direzione di garantire, nel rispetto delle leggi e delle comunità locali, un’azione amministrativa più efficace ed efficiente e soprattutto in grado di fornire risposte certe in tempi compatibili con la programmazione degli investimenti.

Quello del settore hi-tech rappresenta, a mio giudizio, la vera grande sfida del sistema industriale ligure. La presenza di un terziario così accentuato in Liguria, ma caratterizzato da un basso livello tecnologico e di capacità innovativa, identifica un elemento di debolezza.

Solo elevando la presenza e gli investimenti in questo settore si può garantire un futuro industriale alla regione con settori ad alto valore aggiunto. A Genova si sta facendo molto, anche se in tempi sempre troppo lenti a causa della burocrazia oppressiva. Occorre fare molto anche nelle riviere, che sogno come un continuum ideale che porti a una rete di imprese del terziario avanzato capace di unire Genova a Sophia Antipolis, imprese che tra l’altro sono compatibili con le

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fragilità ambientali del nostro territorio.

Il turismo, insieme all’hi-tech, è la grande speranza della nostra regione. Fare turismo significa innanzitutto vendere il territorio. Occorre, per raggiungere al meglio questo obiettivo, renderlo più bello possibile. Troppi errori sono stati commessi nei decenni passati, con una gestione della pianificazione territoriale e una qualità estetico-architettonica che hanno abbruttito il territorio. Servono, quindi, in primis tutela del territorio e in seconda istanza una sua valorizzazione. E poi infrastrutture turistiche di qualità, infrastrutture di raggiungimento e fruizione del territorio, unite a una forte integrazione con le eccellenze produttive locali, in particolare con il settore alimentare.

In questo comparto la collaborazione seria e rispettosa dei ruoli, ma integrata e responsabile tra pubblico e privato, è fondamentale.

La nostra competitività nei prossimi anni la misureremo anche con la nostra capacità di attrarre investimenti dall’esterno e dall’estero. Su questo tema mi auguro di trovare a breve con la Regione un raccordo per una strategia comune di marketing territoriale integrato. Che non vuol dire solo vendere aree, ma significa anche strutturare pacchetti integrati, in termini di aree, progettualità sull’attività di ricerca, innovazione e finanza e servizi amministrativi orientati allo sviluppo e non all’adempimento burocratico, come spesso accade.

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Paolo Odone, presidente di Unioncamere Liguria

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Paolo Odone

LO SVILUPPO PASSA DAI GIOVANI Declino economico e demografico sono strettamente connessi secondo il presidente di Unioncamere Liguria, Paolo Odone, che dice: «Il settore turistico sta fronteggiando bene la crisi e le previsioni per la prossima estate sono favorevoli» ma «serve una visione complessiva che individui le priorità per il sistema economico locale» Riccardo Casini

ono 166.497 le imprese registrate in Liguria nel primo trimestre 2011: un dato in leggero aumento (+0,6%) rispetto allo stesso periodo del 2010, anche se il saldo tra iscrizioni e cessazioni continua a essere di segno negativo (485). Paolo Odone, presidente di Unioncamere Liguria (oltre che di Camera di Commercio e Confcommercio di Genova) e profondo conoscitore delle dinamiche della sua regione, ammonisce: «Non dobbiamo mai dimenticare che l’intreccio tra declino economico, declino industriale e declino demografico è forte». «Negli ultimi 10 anni – spiega – la popolazione della Liguria è diminuita del 4%; in provincia di Genova (dove si concentra il 55% della popolazione regionale) il decremento è del 7% e nel capoluogo del 10%. La conseguenza negativa più importante di questi anni di declino è l’invecchia-

S

mento della popolazione. Oggi l’età media in provincia di Genova è di 48 anni contro i 43 a livello nazionale; abbiamo 236 persone con più di 65 anni ogni 100 bambini e ragazzi con meno di 15 anni. Gli anziani sono il 27% della popolazione totale. Non solo, il tasso di natalità in Liguria è basso, con 6,5 nati per mille abitanti contro gli 8 a livello nazionale, e quello di mortalità molto alto, con 12 per mille abitanti a fronte degli 8 in Italia: la nostra regione si conferma così come quella a più forte invecchiamento del Paese».

Come si riflettono questi dati sul tessuto economico?

«Il dato del Registro delle imprese non fa che confermare il perdurare della crisi: diminuiscono le imprese agricole, industriali e commerciali, mentre aumentano quelle edili, immobiliari e alberghiere, a conferma della capacità di fronteggiare il momento sfavorevole che il terziario

turistico sta dimostrando».

In che modo è possibile intervenire in favore dei settori che necessitano di maggiori aiuti?

«Non parlerei di singoli settori ma del sistema economico nel suo complesso. Il caso Fincantieri è emblematico, così come l’immediata reazione delle categorie e dei cittadini davanti al piano industriale poi ritirato. La città ha preso coscienza dell’interdipendenza delle componenti economiche locali: la crisi di Fincantieri significa non solo meno lavoro, ma anche meno reddito, meno consumi, meno risparmio, meno futuro. Cosa possiamo fare?

Serve una visione complessiva che individui le priorità per il sistema economico locale: accessibilità e attrattività, ovvero infrastrutture (che significano non solo non solo collegamenti ma anche lavoro), servizi sia alle imprese che alle persone e qualità della vita».

Il reddito reale delle famiglie è LIGURIA 2011 • DOSSIER • 19

IN COPERTINA

Calano le cessazioni ma il saldo resta negativo La prima nota di sintesi del 2011 sull’andamento delle imprese in Liguria fornita dall’Osservatorio del mercato del lavoro ha messo in luce come nel primo trimestre, a fronte del dato nazionale (125.271 nuove imprese iscritte al registro della Camera di Commercio, l’1,8% in più rispetto allo stesso periodo del 2010, e cessazioni diminuite del 3,1%), in Liguria le nuove aperture sono state 3.264, in leggera diminuzione (-65 unità) rispetto allo scorso anno, anche se la contrazione più importante si ha sul fronte delle chiusure (-576 unità pari al -13,3%). Le imprese registrate in regione nel primo trimestre sono state quindi 166.497, con un incremento dello 0,6% rispetto al 2010, ma con il saldo tra iscrizioni e cessazioni che continua a essere di segno negativo (-485 unità), così come il tasso di crescita (0,29%), sebbene quest’ultimo risulti in ripresa rispetto al primo trimestre 2010 (-0,60%).

A livello provinciale, prosegue la nota, le performance migliori sembrano essere quelle di Genova e La Spezia, dove aumentano le iscrizioni (di circa il 6%) e diminuiscono le cessazioni, rispettivamente del 18,1% e del 9,9%. La situazione più critica invece sembra essere quella di Savona dove, a fronte di una contrazione delle aperture del 13%, le chiusure rimangono sostanzialmente stabili, mentre a Imperia la caduta delle iscrizioni viene quasi totalmente compensata da quella delle cessazioni.

Riguardo ai settori di attività, andamento positivo per costruzioni, servizi di informazione e comunicazione e attività finanziarie e assicurative: mentre nei primi due casi però la performance è ritenuta soprattutto “difensiva”, nel caso delle attività finanziarie e assicurative la flessione delle cessazioni (29,2%) è invece accompagnata da una positiva variazione delle iscrizioni (+11,3%). I settori maggiormente in difficoltà sono invece attività manifatturiere, commercio all’ingrosso e al dettaglio, trasporto e magazzinaggio e attività dei servizi alloggio e ristorazione.

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Sopra, l’interporto di Vado Ligure

in calo, e questo ovviamente penalizza l’intero settore del commercio. In che modo è necessario intervenire per favorire una ripresa dei consumi?

«Innanzitutto è necessario creare lavoro. Negli ultimi 10 anni in provincia di Genova, ma la situazione è generalizzata, gli occupati diminuiscono: erano 375mila e oggi sono 356mila. L’industria e le costruzioni hanno perso 2.200 posti di lavoro, il terziario 14mila. Con un mercato del lavoro così in crisi, con un numero crescente di persone in cerca di occupazione e un costante aumento del ricorso alla cassa Integrazione, non possiamo pensare a possibilità di recupero dei consumi: la situazione del comparto commerciale è drammatica, con un calo di circa 300 esercizi al dettaglio dal 2005 al 2010. Le chiu-

Paolo Odone

c

La Liguria si conferma la regione a più forte invecchiamento del Paese. Non dimentichiamo che l’intreccio tra declino economico, industriale e demografico è forte

sure si susseguono e il livello dei consumi delle famiglie non accenna a riprendersi».

Secondo l’Istat, il turismo ligure nel periodo gennaio – novembre 2010 ha presentato un aumento nel flusso degli stranieri, ma anche un calo degli italiani rispetto all’anno precedente. Come spiega quest’ultimo dato? Si tratta anche in questo caso di un riflesso del calo del reddito reale degli italiani o vi sono altre motivazioni?

«Ovviamente la crisi ha influenzato in modo pesante l’andamento dei flussi turistici, soprattutto per quanto riguarda la componente italiana. La situazione a livello regionale però non è omogenea: Genova ad esempio nel 2010 è in controtendenza, con presenze nazionali stazionarie e presenze straniere in netto aumento (+10%). Le previ-

sioni per la prossima estate, soprattutto per quanto riguarda la componente italiana, sono favorevoli: il momento che i paesi del bacino del Mediterraneo stanno attraversando gioca indubbiamente a nostro favore».

A margine della Giornata dell’economia, il presidente Dardanello ha detto che “il futuro del savonese è nella logistica”. Questa rappresenta in effetti un punto di forza per l’economia dell’intera Liguria. Quali misure occorrono in suo favore? Quali sono gli interventi infrastrutturali oggi prioritari?

«La logistica corrisponde perfettamente anche al dna di Genova, ne esalta l’intima e più felice essenza: nei suoi momenti migliori culla di eccellenze per l’epoca pionieristiche, Genova deve ora riappropriarsi in modo convinto di questa sua vocazione, puntando sulle storiche e oggi ancor presenti competenze, in grado di inserirla a pieno titolo nel grande circuito internazionale della

d

logistica, fattore determinante dell'intero processo produttivo e quindi dell'economia globale. Interventi infrastrutturali vitali per la nostra regione e per il nodo metropolitano genovese sono, senza ombra di dubbio, terzo valico, gronda di Ponente e potenziamento della linea ferroviaria verso la Francia, ai quali vorrei aggiungere il pieno sfruttamento delle potenzialità dello scalo aeroportuale di Genova».

In questi giorni si è tornato a parlare di riforma del fisco per le imprese. Quali dovranno essere le sue linee guida? Quali sono le richieste del mondo camerale in questo senso?

«Il sistema camerale chiede innanzitutto semplificazione, accompagnata da una riduzione della pressione fiscale che possa ripercuotersi positivamente sul mercato del lavoro, incrementare i consumi e innescare un circolo virtuoso che permetta alla nostra economia di superare definitivamente il pesante momento di crisi».

LIGURIA 2011 • DOSSIER • 21

POLITICHE SOCIALI

Tra solidarietà e sussidiarietà Nel 2011 in Italia le associazioni di volontariato godono di una fiducia elevata ma rivelano una forte frammentazione. Dal federalismo fiscale alla riforma del 5 per mille, il ministro Sacconi ha delineato il loro futuro: «Più raccolgono risorse nella comunità e più nei confronti di questa devono rendicontare» Leonardo Rossi

l 2011 è stato proclamato Anno europeo delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva. Si tratta di una scelta promossa dalle organizzazioni di volontariato, del terzo settore e della società civile, e fatta propria dal Consiglio dell’Unione europea con la decisione del 27 novembre 2009, nella quale il volontariato viene definito ”una delle dimensioni fondamentali della cittadinanza attiva e della democrazia, nella quale assumono forma concreta valori europei quali la solidarietà e la non discriminazione”.

In Italia, secondo l’ultimo rapporto Eurispes, si stima che i cittadini impegnati in modo continuativo in organizzazioni di volontariato siano 1 milione 100mila, mentre 4 milioni sarebbero coloro che si impegnano in modo saltuario o individualmente. Inoltre, come è emerso dalle rilevazioni (effettuate tra dicembre 2010 e gennaio 2011) le associazioni di volontariato rappresentano tra le istituzioni italiane l’unica realtà capace di conservare nel tempo un livello di fiducia elevato presso la maggior parte dei

I

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cittadini: ancora oggi infatti il 79,9% degli italiani ha dichiarato di avere fiducia nelle associazioni di volontariato, percentuale superiore anche a quella raccolta dalle forze dell’ordine (i carabinieri sono al 72,6%), dalla scuola (43,7%) e dalla Chiesa (40,2%).

I dati rivelano, però, anche una certa disomogeneità nella distribuzione territoriale del fenomeno (29% nel

Nord-Ovest, 31% nel Nord-Est, 20% nel Centro e altrettanto nel Mezzogiorno) e soprattutto una sua frammentazione, dimostrata dagli studi dei Centri servizi per il volontariato secondo cui all’aumento delle organizzazioni corrisponde invece una riduzione del numero medio delle persone impegnate. Una polverizzazione e un’incapacità di fare sistema emerse anche in occasione della Con-

Maurizio Sacconi

La Conferenza nazionale tenutasi a Venezia ha segnato l’avvio ufficiale dell’Anno europeo del volontariato. In quella circostanza il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, parlava delle associazioni di volontariato definendole «un capitale sociale»

ferenza nazionale tenutasi a Venezia lo scorso 1 aprile, che ha segnato l’avvio ufficiale dell’Anno europeo del volontariato. In quella circostanza, mentre il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, parlava delle associazioni di volontariato definendole «un capitale sociale», una parte consistente del non profit si è tirata fuori, accusando anche il governo di aver operato tagli importanti alle politiche sociali.

«Mi spiace – ha detto in quell’occasione il ministro – che ogni volta che si parla di volontariato, si debbano tradurre i suoi bisogni in spesa pubblica e in spesa pubblica dello stato so-

ciale. Avverto che non c’è sufficiente consapevolezza del metodo nuovo che è stato avviato: questa richiesta del volontariato si rivolge allo Stato centrale con una colpevole assoluzione degli enti locali che sono coloro a cui riferirsi». Chiaro il riferimento alla riforma federalista in ambito fiscale. «Il ministro Tremonti – ha detto Sacconi – aspira a sostituire l’impianto dei valori del Paese in un tempo straordinariamente diverso da quello che viviamo. Tra i criteri della nuova fiscalità abbiamo la sussidiarietà nella collaborazione fra Stato e società anche nella forma di sostituzione di quei

servizi. Lo sviluppo del volontariato deve realizzarsi rimettendo in discussione le funzioni pubbliche», la cui «invasività nei confronti delle istituzioni non profittevoli, un’invasività decrescente alla gestione di denaro pubblico», dovrà essere ridotta. «Più queste istituzioni raccolgono risorse nella comunità – ha spiegato il ministro – più nei confronti di questa comunità in un rapporto sinallagmatico devono rendicontare. E la rendicontazione dovrà essere sempre più spostata sull’esito più che sugli aspetti formali».

Questa insomma è la direzione, senza LIGURIA 2011 • DOSSIER • 31

POLITICHE SOCIALI

necessariamente dover tirare in ballo

presunti modelli stranieri. «L’idea della “Big society” – ha continuato Sacconi – a cui si fa spesso riferimento con incredibile provincialismo da parte di molti commentatori, quasi che fosse una realtà da imitare, nella nostra storia nazionale vanta almeno otto secoli, lungo i quali si è forgiata una nazione che nei suoi valori fondamentali ha sempre avuto una cultura del dono che si manifesta con il dono di sé. Credo che sia importante avere senso dello Stato, ma non slegato dal più antico senso della nazione».

Nella stessa occasione il ministro ha anche annunciato la volontà del governo di stabilizzare l’istituto del 5 per mille, sottoponendolo però ogni

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Il volontariato viene definito ”una delle dimensioni fondamentali della cittadinanza attiva e della democrazia, nella quale assumono forma concreta valori europei quali la solidarietà e la non discriminazione”

anno alla decisione di bilancio. «Mi fa piacere – ha chiarito – che oggi siate tutti a invocare la stabilizzazione del 5 per mille, che è una modalità non solo destinata a trasferire importanti risorse ma anche a sollecitare il rapporto fra contribuente e una piccola parte della spesa. Credo di potervi dire che possiamo stabilizzare il 5 per mille come strumento» anche se «questa stabilizzazione può avere in questa stagione un limite», ovvero «la decisione ogni anno delle relative risorse considerando il quadro finanziario». Il ministro ha, infine, parlato

della social card, accennando a una prossima sperimentazione: sarà distribuita attraverso enti non profit attivi in alcune grandi città, dove l’esperienza delle associazioni potrà aiutare ad affinare soluzioni compatibili con le condizioni di bilancio, ma soprattutto coerenti con gli obiettivi prefissati. «La patologia dell’indigenza e del bisogno assoluto – ha concluso – si affianca al problema della solitudine e richiede quindi una particolare attenzione per la dimensione relazionale di cui quella persona beneficia o meno».

POLITICHE SOCIALI

Volontariato, una forza che integra il sistema pubblico di servizi L’assessore Lorena Rambaudi esprime preoccupazione sulle prospettive del sistema di welfare. «I tagli che abbiamo subito non permettono una razionalizzazione del sistema ma solo una caduta dei servizi, in un momento in cui invece la richiesta dei cittadini aumenta per quantità e qualità» Michela Evangelisti

i chiama emergenza profughi la più urgente problematica sociale con la quale l’assessore Lorena Rambaudi si è trovata a fare i conti in questa prima parte del 2011. Le difficoltà si muovono su due piani, quello logistico e quello politico.

«Il ministero della Difesa non ci ha messo a disposizione nessuna ca-

S

serma e non abbiamo la possibilità di utilizzare beni demaniali. I Comuni non hanno siti inutilizzati, ad eccezione di strutture inagibili, ma non abbiamo avuto a livello nazionale lo sblocco per le ristrutturazioni – spiega –. Non nego poi che, seppure a parole tutti siano disponibili, la maggior parte degli amministratori locali preferisce

che la solidarietà nel concreto la esprima il Comune vicino. Dobbiamo guardarci in casa e riuscire assolutamente a fare di più». Con un piano capillarizzato, che poggia sulla responsabilità dei territori, la Regione è arrivata a garantire 300 posti, ma ne servirebbero almeno 1.500. Le associazioni di volontariato di fronte all’emergenza non si

Lorena Rambaudi

Credo molto nella programmazione territoriale e nel lavoro associato dei Comuni

Lorena Rambaudi, assessore regionale alle Politiche sociali, terzo settore, cooperazione allo sviluppo, politiche giovanili, pari opportunità

sono tirate indietro. Secondo il report elaborato lo scorso dicembre dall’Osservatorio sul volontariato della Regione Liguria erano 1.030 le associazioni iscritte al registro regionale alla fine del 2009, con una netta prevalenza di realtà operanti nei settori della sanità e della sicurezza sociale. Ma, mette in guardia l’assessore, il volontariato non deve servire per tappare i buchi di una rete di servizi pubblici che non funziona.

In che modo le associazioni di volontariato contribuiscono in regione a garantire l’erogazione di alcuni servizi sociali fondamentali?

«Credo che il volontariato abbia un ruolo significativo nelle nostre comunità ma oggi, purtroppo, viene spesso presentato come la

soluzione per ridimensionare e ridurre un sistema pubblico di servizi. Io credo che ci debbano essere delle precise responsabilità istituzionali; all’interno di un sistema pubblico di servizi, gestito direttamente o anche con il terzo settore, c’è uno spazio importante per il volontariato, che però deve avere soltanto una valenza aggiuntiva, di incrementazione. Mi sembra che l’anno del volontariato si stia celebrando dando al volontariato un valore compensativo delle lacune del pubblico e non integrativo: questo, a mio parere, è un punto politico importante».

Il ministro Sacconi ha sottolineato come all’aumento delle organizzazioni di volontariato corrisponde una riduzione del numero medio delle persone impegnate con una conseguente polverizzazione e un’incapacità di fare sistema. Questo problema tocca anche la rete del volontariato regionale?

«Anche in Liguria sono attive numerose associazioni, molte delle

quali hanno piccole dimensioni.

Ci siamo anche chiesti il perché di questa tendenza e abbiamo concluso che, poiché il volontariato nasce da una spinta individuale o all’interno di un gruppo, ha bisogno di un’identità forte, più facile da trovare in una realtà dalle dimensioni ridotte. Se la dimensione piccola permette una maggiore espressione della persona, comporta però una carenza di strutture e di organizzazione che limita l’azione: sono le due facce della medaglia che attualmente rappresentano per le associazioni stesse un tema all’ordine del giorno».

Come si può ovviare?

«Alcuni centri di servizio per il volontariato stanno cercando di costituire dei tavoli a rete che mettano insieme le associazioni che lavorano su uno stesso tema per cercare di coordinare gli interventi. Quella di mantenere l’identità di ogni associazione ma di imparare a lavorare in sinergia per non far doppioni può costituire un’efficace strada di mediazione».

Lei è anche assessore alle politiche giovanili: quali sono le diffi- LIGURIA 2011 • DOSSIER • 35

XXXXXXXXXXX POLITICHE SOCIALI

coltà maggiori che si incon-

trano nell’avvicinare la generazione del lavoro precario al volontariato?

«In Liguria esiste una bella prassi, introdotta dal mio predecessore, cioè il servizio civile volontario, che non ha niente a che vedere con il servizio civile nazionale. Si tratta di un’esperienza di volontariato fatta dai ragazzi delle scuole superiori, nella fascia d’età dai 16 ai 18 anni, che prevede la necessità di raccordare una scuola con un’associazione di volontariato. Lo scopo è incuriosire i ragazzi verso il mondo del volontariato e far vivere loro esperienze di solidarietà ma anche provare a superare la staticità anagrafica che di solito caratterizza le associazioni. D’altra parte le persone nel cuore della vita, impegnate nella conciliazione tra lavoro e famiglia, hanno poco tempo da dedicare al volontariato. Per questo credo che il volontariato deve puntare su chi non lavora più o sui giovani».

Dal rapporto Istat sulla situazione del Paese 2010 emerge un quadro piuttosto instabile riguardo le famiglie italiane. Quali sono i termini della situazione in regione?

«Sia io che i colleghi delle altre Regioni siamo molto preoccupati per le prospettive del sistema di welfare. La nostra Regione ha dovuto fare i conti con un taglio del 73% dei fondi. Non si tratta di una riduzione che permette razionalizzazione o efficientamento del

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sistema ma che porta semplicemente a una caduta qualitativa dei servizi in un momento in cui, invece, la richiesta dei cittadini aumenta per quantità e qualità. Abbiamo bisogno di un sistema che regga e siamo consapevoli che nel federalismo si gioca una partita importante: o vengono riconosciuti dei diritti essenziali sul sostegno alle persone e alla fragilità o il nostro welfare è destinato a essere ridimensionato anziché potenziato, come servirebbe».

La Giunta regionale ha discusso di recente il riparto del fondo nazionale per le politiche sociali tra i distretti sociosanitari della Liguria. In che modo vi siete orientati?

«Ho fatto una scelta radicale quest’anno, avendo molte meno risorse

a disposizione; ho deciso di non gestire progetti regionali, se non in minima parte, e di girare le risorse ai Comuni. Credo molto nella programmazione territoriale, nella responsabilità dei distretti sociosanitari nei piani di distretto, quindi nel lavoro associato dei Comuni, che in Liguria c’è e che sta andando avanti con fatica ma bene, e ritengo che debbano essere i territori a esprimere le loro priorità ed esigenze. Ovviamente abbiamo un piano triennale, che a breve dovrà andare a revisione e che stabilisce una serie di assi di intervento per le varie categorie, ma poi nello specifico la spesa delle risorse è responsabilità e competenza delle amministrazioni locali, sulla base dei piani di zona, concertati insieme anche al terzo settore».

Roberto Bagnasco

Meno soldi, più rete Di fronte a fondi per il welfare sempre più scarsi c’è un’unica strada da seguire: cercare di spendere al meglio i soldi disponibili. In primo luogo, secondo Roberto Bagnasco, «con una migliore integrazione tra i servizi pubblici e quelli legati al volontariato e alla cooperazione» Michela Evangelisti

ei confronti dell’emergenza profughi la Regione ha messo in atto un coordinamento scadente. Questo il parere dei consiglieri regionali del Pdl Matteo Rosso e Roberto Bagnasco, che hanno presentato al proposito un’interrogazione alla Giunta. In una nota stampa hanno spiegato che diversi Comuni liguri hanno dato la loro disponibilità ad accogliere i profughi attivando la rete organizzativa sui singoli territori, ma che la Regione, nella distribuzione, non ha applicato criteri di ragionevolezza. «Accogliere i profughi è una scelta di civiltà del nostro

N

Paese e il governo l’ha portata avanti come doveva – spiega Roberto Bagnasco -. Ma le Regioni hanno a questo proposito dei compiti molto specifici, che devono assolvere in maniera diversa».

Quali sono stati gli errori di gestione dell’amministrazione regionale e come avrebbe dovuto muoversi?

«Nell’interrogazione, alla quale non ho ancora ricevuto risposta, affermo che non si possono distribuire i profughi nelle varie strutture in maniera confusa e non programmata, ma che bisogna tenere conto delle caratteristiche di lingua e di religione. Tutti gli enti

Roberto Bagnasco, consigliere regionale del Pdl e vicepresidente della commissione permanente Salute e sicurezza sociale

locali, al di là della bandiera politica, stanno dando il loro contributo in maniera molto generosa; mettiamoli almeno nelle condizioni di lavorare al meglio. Di fatto le amministrazioni comunali in questo modo sono costrette a sobbarcarsi costi aggiuntivi, per quanto concerne ad esempio i traduttori, e incorrono in problemi di ordine pubblico maggiori».

Di fronte all’emergenza profughi le associazioni di volontariato hanno giocato una parte fondamentale.

«Penso che il volontariato rivesta un ruolo essenziale nella nostra società e rappresenti un valore aggiunto dal quale è impossibile prescindere. Prima di tutto per l’aiuto concreto che dà e, in seconda istanza, per la portata morale dell’impegno, il cui prezzo è difficilmente valutabile. Mi sento però di rilevare anche alcune mancanze: innanzitutto non sempre viene riconosciuta a livello pubblico l’importanza del volontariato, troppe volte addirittura “sopportato”. Molto spesso poi ci si accorge di una scarsa integrazione tra i servizi pubblici e quelli legati al volontariato e alla cooperazione, di un’assenza totale di rete. Infine occorrerebbe un con- LIGURIA 2011 • DOSSIER • 37

POLITICHE SOCIALI

La Liguria è ormai la regione d’Europa con più anziani e il loro numero è in continua crescita. La questione è ai vertici delle emergenze sociali ma le istituzioni faticano ad aiutare dove è davvero necessario

trollo maggiore da parte dell’ente assistenti sociali e medici di fami- tolico e non, che riescono ad essere pubblico su quello che fanno le cooperative; lavorano tanto e spesso a costi bassi, ma bisogna vigilare su ciò che producono».

L’assessore Rambaudi ha espresso molta preoccupazione nei confronti del sistema del welfare regionale. La condivide?

«Certamente la preoccupazione è innegabile, ma dobbiamo partire dal presupposto che i soldi sono pochi e bisogna spenderli al meglio. I servizi devono essere dati in maniera più efficace spendendo quello che si può spendere; anzi, se i servizi fossero migliori si potrebbero stanziare anche meno soldi.

In primis occorre una maggiore organizzazione e messa in rete dei servizi esistenti; per esempio c’è una scarsissima coordinazione tra

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glia. L’integrazione tra il sociale e il sanitario, di cui si fa un gran parlare, rimane molto bassa».

Quali sono in regione le problematiche sociali che al momento richiederebbero maggiore attenzione?

«Sicuramente la questione degli anziani è ai vertici delle emergenze sociali. Il loro numero è in continua crescita - la Liguria è ormai la regione più vecchia d’Europa - e spesso i comuni fanno fatica ad arrivare a dare un aiuto dove è davvero necessario, spesso per la riluttanza e l’orgoglio degli anziani stessi che vivono soli e in condizioni difficilissime. In questo senso sarebbe fondamentale una migliore integrazione del pubblico con il privato e con il volontariato, cat-

molto più presenti sul territorio e ad esercitare un controllo più puntale».

La giunta regionale ha discusso di recente il riparto del fondo nazionale per le politiche sociali tra i distretti sociosanitari della Liguria. L’assessore ha deciso di girare le risorse ai Comuni perché crede molto nella programmazione territoriale. Cosa ne pensa? «È chiaro che i comuni e i distretti sono molto più vicini ai reali bisogni della gente. Non si tratta di una nuova scoperta, ma di una consapevolezza che viene da lontano e che va rafforzata. Ribadisco che occorre spendere i pochi soldi a disposizione nel miglior modo possibile: a questo scopo ascoltare i comuni risulta fondamentale».

POLITICHE SOCIALI

Verso una piena valorizzazione della sussidiarietà orizzontale

La popolazione invecchia, le famiglie si disgregano, una dignitosa integrazione porta con sé difficoltà non trascurabili. Questo quadro, secondo Marco Castagnola, deve essere l’occasione per ripensare il pubblico e per dare inizio a una vera sussidiarietà Michela Evangelisti

viluppare i servizi necessari per la crescita di ogni azienda e favorire rapporti concreti tra i propri associati. Questo è da sempre l’obiettivo primario della Compagnia delle Opere, presente anche in Liguria da un decennio con una sede particolarmente attiva. L’associa-

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zione, nata da un’intuizione di don Giussani, riconosce il valore dell’imprenditorialità e dell’impresa, di ogni tipo e di ogni ambito d’attività, sia profit che non profit. Per il sostegno al non profit, in particolare, partendo dal presupposto che il primo aiuto deve essere di carattere culturale ed educativo,

Compagnia delle Opere, come spiega Marco Castagnola, «propone luoghi che educhino i giovani e strumenti, come la scuola d’impresa sociale e la scuola opere carità, che sostengano chi già sta impegnandosi. Sollecitiamo poi il libero incontro dei soci per un aiuto reciproco e la partecipazione

Marco Castagnola

a progetti comuni, proponendo per il non profit anche strumenti finanziari e convenzioni ad hoc».

Come si sta evolvendo il principio di sussidiarietà e come si declina in una società, come quella attuale, dove i cambiamenti sono sempre più rapidi, i bisogni sociali crescenti e lo Stato sempre meno in grado di offrire servizi?

«Non si può pensare a un nuovo welfare in un quadro cristallizzato dell’ente pubblico fra tagli e bisogni in aumento; basti pensare all’invecchiamento della popolazione o alla disgregazione delle famiglie, con gravi conseguenze per i minori, o ai problemi che comporta una dignitosa integrazione. Questa crisi deve essere l’occasione per ripensare il ruolo del pubblico e dare finalmente inizio a una vera sussidiarietà».

Cosa intende?

«Non bisogna più considerare il non profit come una scelta inevitabile perché ha un minor costo.

Cameron in Gran Bretagna ha posto tra i capisaldi della “big society” proprio una riforma dell’amministrazione pubblica tesa a ridurre i costi improduttivi per liberare risorse per il welfare. In Italia tale processo potrebbe trovare impulso dal federalismo fiscale. La legge della sua istituzione dice chiara-

Marco Castagnola, presidente di Compagnia delle Opere Liguria, con il cardinale Angelo Bagnasco e Bernhard Scholtz

mente che nella definizione di una nuova disciplina dei tributi locali occorrerà “attuare anche una più piena valorizzazione della sussidiarietà orizzontale” e su queste scelte sarà importante il confronto con gli enti locali».

Un’idea che Compagnia delle Opere rivendica come propria è quella di legare al mondo profit le opere di carità. Quali vantaggi porta questa prassi e come vi state muovendo per aiutarne la diffusione?

«La contaminazione è quanto mai positiva, perché chi fa impresa profit può imparare che introdurre la gratuità negli interstizi dei nostri calcoli fa lavorare meglio anche nelle imprese e le realtà non profit possono appendere capacità organizzative e gestionali. Poi vi sono esempi di collaborazione interessanti e con reciproco vantaggio: banco alimentare e imprese della grande distribuzione, banco farmaceutico e aziende farmaceutiche e farmacisti, banco informatico e aziende che dismettono computer,

oppure aziende che ottemperano agli obblighi nell’assunzione di svantaggiati con l’esternalizzazione di lavoro a cooperative sociali.

Stiamo lavorando a possibili sviluppi, ad esempio la collaborazione fra aziende profit e non profit per appoggiare progetti a valenza sociale, nel social housing e nella scuola. Infine sarebbe interessante attivare a livello regionale un meccanismo simile a quello del 5 per mille, facendo destinare alle imprese una piccola parte dell’Irap a realtà non profit. Ciò potrebbe far sviluppare sinergie fra le varie realtà, favorirebbe la libera scelta e la solidità patrimoniale delle non profit».

Recentemente la Regione Liguria ha preso alcune iniziative a sostegno delle imprese sociali verso le quali avete espresso apprezzamento, aggiungendo però che i provvedimenti in se stessi sono ben poca cosa rispetto al bisogno complessivo che i soggetti del terzo settore esprimono.

Quali sono questi bisogni e quali LIGURIA 2011 • DOSSIER • 41

POLITICHE SOCIALI

La contaminazione tra profit e non profit è quanto mai positiva: vi sono già esempi di collaborazione interessanti e con reciproco vantaggio

altri interventi occorrerebbero? Infine va affrontato il tema dei ri- accompagnare giovani con disagio «Le esigenze sono molteplici, tuttavia la prima è quella di coinvolgere maggiormente le formazioni sociali, che sono espressione della libera iniziativa delle persone, nella definizione delle politiche sociali e di welfare. Poi occorre sostenere l’azione imprenditoriale, aiutandone la capitalizzazione e favorendone gli investimenti. In tal senso si potrebbero immaginare forme di finanziamento agevolato a quanti vogliono partecipare alla capitalizzazione delle aziende non profit e in particolare ai soci lavoratori, moltiplicando la responsabilità personale, e lavorare per introdurre criteri di rating idonei alla valutazione dei progetti di impresa.

In questo la finanziaria regionale Filse, i confidi regionali e le fondazioni bancarie potrebbero intervenire con il sistema bancario per impostare parametri di attribuzione calibrati per le non profit.

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tardi di pagamento degli enti pubblici nei confronti dei fornitori imprese sociali; si potrebbe rivedere il patto di stabilità alla luce della circolare del ministero dell’Economia numero 15 del 30 marzo 2010 e consentire, almeno per i servizi sociali, di sforare il patto. Ma su questi aspetti c’è ancora troppa titubanza, mentre occorrerebbero scelte rapide e coraggiose».

All’interno della Compagnia delle Opere Liguria opera il centro di solidarietà, la cui principale espressione, fin dai primi anni d’attività, è quella di fornire servizi individualizzati di informazione e di orientamento al lavoro. Un compito oggi più che mai complesso. Che direzioni sta prendendo il vostro impegno?

«A partire dalla nostra esperienza e sollecitati dalla crisi economica abbiamo iniziato nel 2008 il progetto “educare al lavoro”, con lo scopo di

a entrare nel modo del lavoro attraverso percorsi di educazione/formazione lavorativa. Tale percorso si diversifica dal classico tirocinio formativo per la costante opera di tutoraggio che gli operatori svolgono sia durante il tirocinio che dopo, per il sostegno al mantenimento del posto di lavoro. È stata coinvolta una pluralità di soggetti: i volontari che si occupano di raccogliere fondi tra privati per sostenere economicamente i tirocini, gli imprenditori che sono disponibili ad accogliere e a mettere a disposizione ‘maestri’ per i giovani, la Provincia di Genova che garantisce la correttezza formale e giuridica del percorso. Un’esperienza rara nel panorama nazionale - al pubblico è chiesto di riconoscere e tutelare un metodo di inserimento lavorativo, senza oneri economici - e che ha visto una ricaduta occupazionale del 70% dei giovani inseriti».

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Un impegno concreto e qualificato per la coesione sociale «Collegare i bisogni dei singoli, rendere le persone partecipi e attive, trovare soluzioni comuni attraverso l’intrapresa».

Queste, nelle parole di Stefano Marastoni di Confcooperative, le priorità della cooperazione sociale, un modello che in Liguria sta vivendo uno straordinario sviluppo Michela Evangelisti Stefano Marastoni, presidente di Confcooperative Liguria

n Liguria si è assistito a uno sviluppo davvero straordinario delle realtà del terzo settore, che coinvolge più di 350.000 persone. Da un recente studio realizzato dal Centro di sviluppo economia sociale risultano circa 400 le cooperative sociali operanti nel territorio, le quali danno lavoro a oltre 13.000 persone.

Del totale, circa il 40% sono le cooperative aderenti a Confcooperative Liguria. «In maggioranza sono cooperative di tipo A, caratterizzate dal forte coinvolgimento di persone giovani ad alta scolarità e formazione, che svolgono servizi socio-sanitari ed educativi, gestiscono strutture residenziali e si occupano di assistenza agli anziani, ai malati, ai pazienti psichiatrici, ai minori, ai disabili – spiega il presidente Stefano Marastoni –. Le cooperative di tipo B, invece, si occupano dell’inserimento lavorativo di persone svantaggiate attraverso una pluralità di attività nei vari settori».

Di fronte alla crisi dei mercati come hanno reagito i settori cooperativistici e quali sono i cardini

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della vostra progettualità futura?

«La cooperazione in generale ha risposto in modo assai efficace ai contraccolpi della crisi, attraverso il ricorso alla solidarietà interna, mantenendo sostanzialmente inalterata l’occupazione e ricorrendo alle riserve di utili accantonate negli anni, non distribuibili tra i soci, che parimenti hanno sostenuto la finanza d’impresa. Con uno sforzo senza precedenti, la cooperazione ha investito nell’innovazione dei processi, nella formazione e nella ricerca di nuove di-

mensionalità aziendali, anche attraverso esperienze consortili, combinando il tema del rilancio con i fini mutualistici interni e perseguendo qualità e servizi sempre più ad alta professionalità. Su questa strada occorre proseguire per affrontare con tutte le carte in regola la sfida e la competizione del mercato».

In un momento di riorganizzazione della sanità e del welfare che, da un lato, deve rispondere alle esigenze crescenti di una società complessa e, dall’altro, tenere conto del

Stefano Marastoni

Molte cooperative si occupano dell’inserimento lavorativo di persone svantaggiate

precario equilibrio dei conti pubblici, che ruolo rivestono le realtà cooperative?

«Occorre verificare a quale tipo di welfare la nostra società vuole aspirare.

Se a un welfare per così dire “caritatevole”, dedicato agli estremi casi di bisogno, oppure a un welfare di tipo universalistico, pur modulato dalla compartecipazione del singolo alla spesa in virtù del proprio status reddituale. In presenza di conti pubblici in difficoltà è evidente che il rischio è quello di avvicinarsi a una concezione del primo tipo, o comunque di veder ridurre qualità o quantità di welfare fruibile per i cittadini. Molte aspettative sono da noi riposte sul federalismo fiscale e sulle opportunità che può offrire soprattutto nella razionalizzazione dei costi e nella lotta all’evasione, risorse da reinvestire nei servizi sociali. Si pensi poi che la cooperazione sociale agisce non solo nella fornitura di servizi “tradizionali”, ma intercetta nuovi bisogni e sfrutta la capacità della comunità di auto organizzare tali bisogni per costruire per-

corsi di aiuto coinvolgendo i soggetti interessati».

Come si potrebbe quindi configurare in un nuovo welfare il rapporto tra cooperazione e pubblica amministrazione?

«La Pa non dovrebbe intervenire laddove la società civile e i suoi corpi intermedi sono già presenti e reattivi se non coordinandoli, sostenendoli e rinforzandoli. E la cooperazione non può essere che soggetto attivo nelle politiche sociali e partner quindi anche progettuale nella predisposizione dei piani di intervento degli enti pubblici in materia di stato sociale».

Questo è l’anno europeo del volontariato: quale peso ha il volontariato nelle cooperative sociali regionali?

«La presenza dei soci volontari all’interno delle strutture cooperative aderenti a Confcooperative non è molto numerosa, anche perchè la presenza di organizzazioni di volontariato operative ed efficaci sul territorio ligure è significativa. Nella cooperazione poi le necessarie qualifiche professionali e la

tipologia delle attività svolte fanno sì che le imprese privilegino la figura del socio lavoratore, socio cioè legato strutturalmente con un rapporto di lavoro dipendente con l’ente in cui partecipa».

E quali prospettive e stimoli le cooperative offrono per l’avvio dei giovani al lavoro?

«Il coinvolgimento dei giovani all’interno del mondo cooperativo è davvero importante. Si pensi che il 58% dei lavoratori impiegati nella cooperazione sociale ha una fascia di età variabile tra i 20 e i 40 anni. La forza della cooperazione è nel “fare assieme” e l’intraprendenza giovanile trova nella cooperazione facile terreno di sviluppo. A tal fine, grazie a un accordo con il Comune di Genova, dal 6 aprile è attivo presso la sede Informagiovani di Palazzo Ducale lo “sportello cooperativo” gestito da Confcooperative e Lega delle Cooperative, che risponde alla pressante richiesta di orientamento nel campo del lavoro e dove i giovani potranno trovare informazioni sull’impresa cooperativa».

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Parola d’ordine: coordinamento Secondo Alessandro Frega, portavoce del Forum ligure del Terzo settore, occorre «creare una rete che faccia interagire associazionismo, cooperazione sociale e volontariato». E sulla non autosufficienza auspica uno spostamento di priorità, dall’asse dei sussidi a quello dei servizi Michela Evangelisti

alorizzare le attività e le esperienze che i cittadini autonomamente organizzati attuano sul territorio per migliorare la qualità della vita delle comunità. Questo l’obiettivo primario del Forum nazionale del terzo settore, che rappresenta oltre 80 organizzazioni nazionali di secondo e terzo livello operanti negli ambiti del volontariato, dell’associazionismo, della cooperazione sociale, della solidarietà internazionale, della finanza etica e del commercio equo e solidale.

«Come Forum ligure stiamo concentrando i nostri sforzi nel tentativo di costruire un sistema di rete che faccia interagire, in termini anche progettuali, associazionismo, cooperazione sociale e volontariato – spiega il portavoce regionale Alessandro Frega –. In particolare, stiamo lavorando con la Regione a un atto di indirizzo che poi si trasformerà in un testo unico o in tre leggi distinte, con l’obiettivo di costruire un meccanismo di sussidiarietà fondato sulla co-progettazione, la partecipazione e l’azione diretta di queste tre nature giuridiche».

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Quali sono in regione le problematiche sociali da affrontare prioritariamente?

«In primis l’allargamento della fascia di povertà, un problema di cui le nostre organizzazioni, soprattutto quelle di volontariato, sono un termometro e che abbiamo segnalato con forza alla Regione. Un’altra emergenza è rappresentata dagli anziani. La situazione economica finanziaria del Paese e la manovra economica del governo hanno avuto pesanti ricadute; siamo preoccupati in particolare per quello che succederà al fondo della non autosufficienza. Stiamo chiedendo con forza alla Regione di lavorare in una logica diversa, spostando cioè l’asse dai sussidi ai servizi e proponendo progetti innovativi che mettano in rete il contributo del volontariato con la professionalità più specifica di un’impresa cooperativa».

Altro tema caldo è quello del lavoro.

«Stiamo sostenendo progetti di inserimento lavorativo, puntando su un sistema messo

in piedi dalla Regione Liguria e dal Comune di Genova che consiste nel dedicare il 5% degli appalti pubblici all’inserimento lavorativo nelle sue varie forme. Questo progetto cerca poi di intrecciarsi, andando loro incontro, alle esigenze che interessano i cittadini, penso soprattutto all’ambiente e alla tutela del verde pubblico. Alla Regione chiediamo di trovare il modo di far interagire più assessorati per definire i servizi che servono e di rendere operativa il prima possibile la delibera di riserva del 5%».

Come si sta affrontando invece in regione l’emergenza profughi?

«A questo proposito c’è stata una forte risposta del terzo settore, che ha messo a disposizione strutture e volontari. Molte nostre organizzazioni hanno sportelli continuativi dedicati all’immigrazione e la rete ha dimostrato di poter dare risposte concrete anche in caso di emergenza Anche qui la necessità è quella di coordinare queste azioni, in modo che l’emergenza diventi un modello per strutturare un percorso».

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Riforme, strategie per stare al passo Partire dall’informatizzazione della pubblica amministrazione per indurla a cambiare procedure e organizzazione del lavoro, e a semplificare. Ma anche selezionare i dirigenti del futuro puntando in primis sulle capacità gestionali e di interazione in uno scenario internazionale.

Le proposte di Giovanni Tria Michela Evangelisti

a Scuola superiore della pubblica amministrazione che sin dalla sua fondazione, nel 1957, ha come fine istituzionale quello di selezionare i dirigenti pubblici e provvedere alla loro formazione continua, si trova oggi a fare i conti con un’ondata di rinnovamento. E cerca di stare al passo con i tempi e con i nuovi compiti che le sono stati assegnati pensando un piano formativo ad hoc per accompagnare la riforma della Pa, o meglio, le riforme. «Ci troviamo di fronte a un quadro complesso, perché in campo, accanto alla riforma del pubblico impiego voluta dal ministro Brunetta, che punta a ribaltare il rapporto tra pubblica amministra-

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zione e cittadino per introdurre la cultura del civil service, ci sono la riforma del bilancio e della contabilità pubblica, la riforma federalista in corso, la riforma che riguarda l’introduzione dell’informatizzazione nella Pa con l’approvazione del codice di amministrazione digitale – spiega il presidente della scuola, Giovanni Tria –. Abbiamo elaborato un piano formativo molto articolato, perché si rivolge sia alla dirigenza generale sia a tutti gli altri dirigenti, secondo le loro competenze, sui vari temi della riforma e sulle nuove norme che inve-

Giovanni Tria, presidente della Scuola superiore della pubblica amministrazione

Giovanni Tria

stono la Pa in parte intersecandosi e sovrapponendosi. I diversi programmi strategici si articolano sia in attività di formazione all’accesso per i nuovi dirigenti sia in corsi e incontri dedicati ai funzionari già inseriti all’interno della Pa».

La pubblica amministrazione italiana sta vivendo una fase di rinnovamento; come si evolveranno di conseguenza i corsi-concorsi da voi organizzati per l’accesso alle carriere dirigenziali?

«La procedura d’accesso ai corsi-concorsi si svolge in base a step fissati dalla legge: a una preselezione seguono prove scritte e orali, secondo un percorso molto rigido e selettivo.

Abbiamo ricevuto quest’anno 60mila domande - tutto si svolge on line, con grande facilità d’accesso - e ammetteremo soltanto 150 persone al corso competitivo dal quale usciranno 113 nuovi dirigenti dello Stato. Il nostro primo obiettivo è rendere annuale il corso-concorso, così come è indicato dalla legge, che prevede inoltre che almeno il 30%

dei nuovi dirigenti debbano essere selezionati in questo modo. La cadenza annuale consentirebbe a tutti coloro che vogliono diventare dirigenti - ai tanti giovani che affrontano master e dottorati - di programmare la loro carriera e la loro preparazione con un obiettivo preciso e vicino, senza vivere nell’attesa di scadenze casuali».

Come cambieranno, se cambieranno, i criteri di selezione rispetto al passato?

«Pensiamo che, accanto alla preparazione tecnico-professionale di tipo giuridico o economico, sia necessario porre maggiormente l’accento sulle capacità gestionali. L’attitudine al lavoro di squadra, le doti di leadership, l’abilità nella mediazione e nella comunicazione saranno sempre di più, come nell’impresa privata, le caratteristiche sulle quali puntare. Non dobbiamo perdere di vista che il nostro obiettivo è non solo preparare dei bravi professionisti ma dei dirigenti».

Qualche giorno fa il Consiglio

dei ministri ha approvato in via definitiva un altro tassello della riforma Brunetta, il “Regolamento per la disciplina delle modalità di compimento del periodo di formazione all’estero dei neo dirigenti di prima fascia”. Quanto e come pensa possa incidere sulla qualità del personale dirigente questa formazione obbligatoria all’estero?

«Credo possa essere molto importante non solo per migliorare la qualità del personale sotto il profilo delle capacità tecnico-professionali, ma per favorire l’apertura delle menti al dialogo e far sì che i futuri dirigenti conoscano come funziona il mondo e come si muovono le altre amministrazioni. Il loro obiettivo non deve essere tanto quello di assorbire delle buone pratiche da poter applicare in patria ma quello di imparare a interagire in un ambiente internazionale, cosa che saranno chiamati a fare di frequente nel corso della loro carriera. Stiamo parlando di un aspetto sul quale ancora i dirigenti italiani hanno qual- LIGURIA 2011 • DOSSIER • 55

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Il nostro obiettivo è non solo preparare dei bravi professionisti ma dei dirigenti

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che ritardo rispetto a quelli degli altri Paesi».

Quella tra Pa e tecnologia è sempre stata una relazione difficile.

Quali sono a suo parere gli aspetti che oggi presentano le maggiori criticità?

«Uno dei punti principali di questo rapporto difficile riguarda la capacità e la volontà di mutare le procedure di fronte ai nuovi mezzi tecnologici.

Ovvero il problema non è tanto quello di sapere usare le tecnologie, ma il fatto che possono avere un grande impatto solo se l’organizzazione del lavoro si adatta a esse e impara a sfruttarne le opportunità.

Questo processo è avvenuto con ritardo anche nel settore privato: dopo l’arrivo di software e pc dagli Stati Uniti le imprese hanno impiegato molto tempo nel tradurre l’introduzione delle nuove tecnologie in un effettivo incremento di produttività tramite un aggiustamento delle forme organizzative. Nella Pa poi c’è in particolare una vischiosità forte,

quasi che le nuove tecnologie si sovrappongano all’esistente con l’esito di produrre un rallentamento piuttosto che un’accelerazione».

A proposito di capacità di utilizzare le nuove tecnologie, da una recente ricerca condotta dall’associazione italiana per l’informatica in collaborazione con la Bocconi è emerso che i dipendenti della Pa italiana perdono almeno 47 minuti a settimana per le difficoltà incontrate con lo strumento informatico. Un gap di formazione?

Come intervenire?

«Forse ci può essere un gap di formazione, ma la mia impressione è piuttosto un’altra. 47 minuti a settimana non mi pare poi una quantità enorme, anzi, sembra quasi suggerire che non si fa un grande uso delle nuove tecnologie, forse appena dieci minuti al giorno. Accetterei una perdita di tempo anche maggiore dovuta a un ritardo di formazione ma legata a un uso più frequente delle funzioni di ultima generazione».

Secondo Amalfitano

Accesso e formazione, i due nodi da sciogliere Concorsi più efficaci ma anche più economici e trasparenti, grazie alle nuove tecnologie e all’oculatezza di un ente organizzatore competente in materia.

Ma alla base, come spiega Secondo Amalfitano di Formez Italia, occorre un passaggio culturale: quello dal “dipendente pubblico” al “civil servant” Michela Evangelisti

esperienza nella gestione della cosa pubblica Secondo Amalfitano se l’è costruita sul campo, con due mandati come sindaco del Comune salernitano di Ravello e 35 anni di carriera in ruoli amministrativi. Ora, come presidente di Formez Italia, ritiene che per cambiare la pubblica amministrazione sia determinante intervenire in modo serio su due aspetti: l’accesso e la formazione continua. Una scommessa che, se vinta, farà passare a suo avviso in secondo piano tutte le leggi di rior-

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dino. La sfida però si prospetta dura, soprattutto per la presenza di solidi sbarramenti culturali: allo stato attuale più che di veri e propri cambiamenti si può parlare di «esempi che evidenziano come, operando in maniera oculata e innovativa anche all’interno delle norme già presenti, sia possibile ottenere risultati altamente produttivi. L’abbiamo dimostrato con il maxi concorso al comune di Napoli e con quello alla Scuola superiore della pubblica amministrazione, gestiti tramite procedura Ripam».

Secondo Amalfitano, presidente di Formez Italia, centro di ricerca e formazione per la pubblica amministrazione

Avete monitorato dieci anni di concorsi pubblici in Italia. Quali tendenze sono emerse?

«Un dato folle che salta subito all’occhio è che in media in Italia si indicono procedure per la copertura di 1,9 posti di lavoro. La frantumazione dei momenti concorsuali significa costi eccessivi, tempi dilatati, mancanza di competenze specifiche da parte di chi organizza i concorsi stessi, il ché comporta una serie di errori che si traducono in ricorsi e blocchi delle procedure; il bando stesso infatti, se fatto bene, tutela l’ente riducendo di molto i possibili motivi di contesa».

Come mai innovare le procedure concorsuali è così difficile in Italia?

«L’introduzione di nuovi sistemi e modelli presuppone una trasformazione culturale. Se una parte del Paese si muove in una nuova direzione mentre tutte le altre continuano a muoversi in quella opposta, o comunque non sinergica, il lavoro è improbo. Ma l’importante è che il processo parta e credo che si stia lentamente delineando un’inversione di tendenza».

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La frantumazione dei momenti concorsuali significa costi eccessivi, tempi dilatati, mancanza di competenze specifiche in chi organizza

Quali differenze ha invece messo in luce il confronto tra la situazione italiana e quella del resto d’Europa?

«Le procedure di accesso all’estero sono specchio di una diversa cultura; ad esempio nel mondo anglosassone un dirigente che ha bisogno di un quadro mette un annuncio e tramite colloqui decide autonomamente chi assumere. In Italia una procedura del genere diventerebbe la chiamata diretta per parenti e affini. La differenza di fondo è che quel dirigente in patria viene chiamato civil servant: quando anche in Italia riusciremo a definire i dipendenti pubblici “servitori dello Stato”, allora avremo vinto».

La procedura concorsuale Ripam da voi proposta si basa sull’informatizzazione. Quali risultati ha dato laddove è stata messa in pratica?

«Ripam significa affidare lo svolgimento dell’intera procedura a un soggetto che ha come unico interesse quello di realizzare un concorso come 58 • DOSSIER • LIGURIA 2011

si deve e che ha le adeguate competenze per farlo. Senza contare l’abbattimento dei costi. L’ente deve produrre una delibera iniziale e un atto finale di assunzione: non un minuto in più dedicato da un dipendente allo svolgimento del concorso. Ripam poi utilizza le tecnologie più avanzate: pensiamo solo al lettore ottico che viaggia a numeri da capogiro per fogli esaminati al minuto. Ho calcolato che il sindaco Iervolino, affidando a noi il concorso, ha regalato ai napoletani circa 6 milioni e mezzo di euro».

Che facilitazioni porterebbe con sé l’istituzione di un “passaporto per il pubblico impiego”?

«Oggi bandire un concorso significa trovarsi sepolti da migliaia di domande. Qualche decennio fa era sufficiente inserire un titolo di studio universitario nel bando per scremare: oggi il titolo di studio ce l’hanno tutti e affidargli un valore eccessivo è sbagliato. Tramite una preselezione generica sull’intero stivale due volte l’anno potremmo offrire a chi ambi-

sce a entrare nella Pa una sorta di patentino, che poi il singolo ente potrebbe decidere autonomamente se rendere obbligatorio o meno. Così si ridurrebbero le preselezioni di almeno un 40%, con un risparmio di parecchi milioni di euro per la Pa».

L’attività di Formez si concentra anche sulla formazione del personale della Pa. La principale novità sembra l’e-learning.

«Esatto, una risorsa ancora troppo poco utilizzata, che invece oggi sarebbe in molti casi addirittura da preferire alla formazione in presenza.

Consente infatti di portare la formazione anche in luoghi sperduti, senza spostare persone, strumenti e nemmeno un grammo di carta; rende possibile poi non solo raggiungere la persona nel migliore dei modi senza obbligo di orari, ma anche monitorarla a distanza, tramite piattaforme altamente tecnologiche che permettono di valutarne l’apprendimento in corso di somministrazione con un’interattività strepitosa».

POLITICA ECONOMICA

Difesa del lavoro e innovazione, la Regione c’è Il presidente Claudio Burlando plaude all’esito della vicenda Fincantieri.

Nel frattempo l’ente va verso l’e-government: ecco cosa si muove su sanità e giustizia dopo la firma del protocollo con il ministro Brunetta Leonardo Rossi iene forse da Roma la notizia maggiormente positiva di queste ultime settimane per la Liguria: il ritiro del piano industriale di Fincantieri, annunciato dall’ad Giuseppe Bono al termine di un confronto al ministero dello Sviluppo economico, che prevedeva la chiusura del sito di Genova Sestri e il ridimensionamento di quello di Riva Trigoso. Una questione sulla quale la Regione si era spesa molto, “pungolata” in questo anche dal consiglio regionale che aveva approvato all’unanimità un ordine del giorno nel quale impegnava la giunta «a richiedere il ritiro della proposta di piano industriale», ma anche «a proseguire l’azione avviata con il tavolo regionale della cantieristica delle istituzioni locali, dei rappresentanti dei lavoratori e delle categorie economiche; a costruire un coordinamento nazionale per la difesa e il rilancio del settore strategico della navalmeccanica e a predisporre strumenti normativi che consentano di confermare il vincolo di destinazione industriale per le aree demaniali e di proprietà di Fincantieri occupate dagli attuali cantieri navali».

«Ci siamo sempre battuti – ha detto in seguito il presidente della Regione, Claudio Burlando – contro questa decisione che ci sembrava davvero assurda, perché avrebbe condannato a morte un’intera filiera industriale. Ora che siamo riusciti a impedire che tutto venisse distrutto, dobbiamo metterci intorno a un tavolo e ragionare su come ricostruire. È stato importante vedere

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le manifestazioni a sostegno della Fincantieri. C’è un attaccamento forte per questa realtà della storia industriale non solo ligure ma nazionale. Ma è stato ancora più importante vedere i sindacati uniti per una battaglia in difesa dei posti di lavoro, che qui in Liguria riguarda 2500 persone e altrettante famiglie».

«Ce l’abbiamo fatta – ha spiegato Burlando – perché siamo stati tutti uniti, senza distinzioni di ruoli o idee politiche.

Alla fine il governo non poteva non rendersi conto che davanti aveva un intero territorio.

Certo, la crisi rimane. Ma il ritiro del piano è un punto di partenza dal quale sviluppare nuove politiche per il rilancio della cantieristica. Noi ci siamo già mossi facendo pressing sugli armatori privati e sulle banche affinché investano nel settore: la Regione Liguria è pronta a dare il proprio contributo nel tentativo di costruire un percorso positivo».

Nel frattempo però per la Regione è arrivata anche la notizia della revisione al ribasso dell’outlook relativo al bilancio da parte di Standard & Poor’s (il rating invece rimane lo stesso, “A+”).

Una novità che però non ha colto di sorpresa l’assessore alle Finanze, Sergio Rossetti, secondo cui «il provvedimento è un automatismo» perché «nei giorni scorsi – ha spiegato – la stessa

Dall’alto, il ministro Paolo Romani e l’ad di Fincantieri, Giuseppe Bono.

In alto a destra, il presidente della Regione Claudio Burlando

Claudio Burlando

agenzia di rating ha declassato il bilancio dell’intero Stato italiano e noi non possiamo godere di trattamenti diversi, un indicatore superiore a quelli dell’intero Paese». «Allo stesso tempo – ha aggiunto Rossetti – Moody’s, l’altra agenzia di rating della Regione, non ha modificato la nostra proiezione futura, che resta stabile». Per l’assessore comunque «la Regione continuerà a lavorare e a far fronte agli impegni, senza che il giudizio sulle prospettive da parte di Standard & Poor’s possa pesare negativamente sulle politiche finanziare ed economiche del territorio».

Tra gli impegni della Regione figura sicuramente il proseguimento nel cammino verso l’innovazione: negli scorsi mesi il ministro per la Pubblica amministrazione e l’innovazione, Renato Brunetta, e il presidente Burlando hanno firmato infatti un protocollo d’intesa per la realizzazione di un programma di interventi innovativi finalizzati a incrementare l’accessibilità dei sistemi di e-government. Il documento, che s’inserisce nel piano e-Gov 2012 del ministero, prevede il potenziamento dei processi di semplificazione e di quelli volti all’accesso telematico ai servizi (trasmissione si-

Su Fincantieri la Regione è pronta a dare il proprio contributo per costruire un percorso positivo

cura e certificata delle comunicazioni, Pec, Voip). La Regione Liguria, si legge, “adotterà ogni strumento utile a favorire la dematerializzazione dei suoi documenti, la circolarità delle sue banche dati nonché l’istituzione dello Sportello unico per le imprese e il rafforzamento dei programmi Linea amica e Reti amiche”. Il protocollo rafforza inoltre l’impegno assunto dalla Regione per agevolare il rapporto tra pubbliche amministrazioni, cittadini e imprese migliorando l’offerta dei servizi regionali nel settore della sanità (non solo tramite l’invio telematico dei certificati di malattia, ma anche attraverso la diffusione della ricetta digitale e l’implementazione del processo di integrazione del Cup regionale per consentire la prenotazione online delle prestazioni sanitarie) e della giustizia: qui si parte dalla digitalizzazione e riorganizzazione degli uffici giudiziari e dall’invio delle comunicazioni e notifiche in via telematica per arrivare alla registrazione telematica degli atti giudiziari presso l’Agenzia delle Entrate e all’accesso diretto in rete ai dati del casellario giudiziario.

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POLITICA ECONOMICA

Un’operazione verità contro la crisi Secondo Matteo Rosso, capogruppo Pdl in consiglio regionale, occorre «censire le leggi che non sono finanziate, quindi procedere ad abrogarle e indicare le priorità nell’allocazione delle risorse pubbliche». E sulle infrastrutture dice: «La priorità è la Gronda autostradale» Riccardo Casini a fiducia sulle prospettive dell’industria regionale per il secondo trimestre 2011 è in calo. Lo dice l’ultima indagine di Confindustria Liguria, per la quale sono soprattutto le aspettative legate all’acquisizione di nuovi ordini a fare registrare un netto calo, in particolare a Genova e Savona. Allo stesso modo diminuiscono, in questo caso un po’ ovunque, le intenzioni di investimento. Non è facile però restituire serenità agli imprenditori e secondo Matteo Rosso, capogruppo del Popolo della Libertà in consiglio regionale, quello che serve oggi è un’«operazione-verità».

Cosa intende? Quali interventi dovrebbe mettere in campo la Regione?

«Il calo della fiducia degli imprenditori sulle prospettive a breve termine per l’industria regionale sinceramente non mi stupisce: la crisi economica globale non è certo terminata e vi è il concreto rischio che si trasformi in crisi delle principali valute, nonché in crisi dei cosiddetti “debiti sovrani”, cioè dei debiti contratti dagli Stati, innescando un pericoloso vortice recessivo a medio lungo-termine. Gli imprenditori possono recuperare fiducia solo in un quadro di minor prelievo tributario, ciò va

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Matteo Rosso, capogruppo del Pdl in consiglio regionale

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detto a chiare lettere: le imposte vanno ridotte e vanno destinate al finanziamento dei compiti imprescindibili dello Stato e degli enti locali, primo tra tutti le infrastrutture. Per questo dico che la Regione dovrebbe compiere una “operazione-verità”: si tratta di censire le leggi che non sono finanziate, quindi procedere ad abrogarle e indicare le priorità nell’allocazione delle risorse pubbliche, impegnandosi rigorosamente a ridurre al minimo possibile le aliquote Irap e le addizionali Irpef».

In consiglio regionale intanto avete votato a favore di un ordine del giorno su Fincantieri, poi approvato all’unanimità, che impegnava la giunta a salvaguardare i posti di lavoro. Qual è oggi il significato di quel voto unanime?

«Quel voto riconosce che la cantieristica è una risorsa fondamentale per la nostra regione. Tutti i paesi interessati sono intervenuti in questo momento di emergenza: se l’Italia abbandona ora Fincantieri, si troverà priva della capacità produttiva necessaria per riagganciare la ripresa quando essa si ripresenterà. Di

Matteo Rosso

certo il problema non può essere affrontato e risolto a livello regionale, ma la Regione ha il compito istituzionale di farsi interprete delle comunità locali, mantenendo una continua pressione politica sul Parlamento e sul governo. Superata l’emergenza è bene però che la tutela dei lavoratori venga affrontata attraverso la creazione di un sistema di welfare moderno: in questo senso mi sembra ottima, ad esempio, la proposta di riforma complessiva degli ammortizzatori sociali avanzata dal senatore del Partito Democratico, Pietro Ichino, che vorrebbe introdurre un’assicurazione generale e obbligatoria per la disoccupazione effettiva e involontaria a fronte di una maggiore flessibilità nel mercato del lavoro».

L’agenzia di rating Standard & Poor’s ha recentemente rivisto al ribasso l’outlook relativo al bilancio regionale. L’assessore Rossetti l’ha definito “un automatismo”. Qual è la sua opinione?

«Non concordo pienamente con l’assessore:

secondo i criteri di Standard & Poor’s, le valutazioni degli enti locali non seguono sempre e automaticamente le valutazioni riferite allo Stato. In estrema sintesi, l’outlook della Regione Liguria avrebbe potuto essere migliore di quello italiano se il bilancio regionale avesse dimostrato di possedere una stabilità superiore, in prospettiva, rispetto a quella del bilancio italiano: non avendo dimostrato questo requisito, la Liguria ha seguito il destino riservato all’Italia. Bisogna aggiungere però che il quadro istituzionale e legislativo vigente non conferirebbe la flessibilità necessaria per ottenere un simile risultato, e in questo senso ha ragione Rossetti».

Ma qual è il suo giudizio sulle politiche economiche della Regione?

«Estremamente negativo, senza appello: come ho potuto ampiamente dimostrare, gli sprechi proliferano, si vorrebbe dare tutto a tutti, ma poi una quantità enorme di leggi non è finanziata nemmeno con un euro».

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POLITICA ECONOMICA

A marzo il gruppo consiliare Pdl aveva deciso con il ministro Matteoli di tenere approfondimenti periodici sullo sviluppo delle infrastrutture in regione. Terzo valico a parte, quali sono oggi le priorità su cui è necessario e imprescindibile puntare?

«La Liguria sconta una gravissima arretratezza infrastrutturale, tale da evidenziarsi anche nel quadro, non certo avanzato, che contraddistingue tutto il nostro paese: purtroppo, per voler cercare di fare tutto, lo Stato non sa più fare lo Stato. La priorità assoluta per tutti gli enti pubblici, quindi anche per la Regione Liguria, è la creazione di infrastrutture ade-

Le nostre realtà produttive non possono sopravvivere alle sfide del mercato globale se devono scontare l’handicap di un sistema autostradale di mezzo secolo fa

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guate al ventunesimo secolo, perché solo così si può permettere al mercato di creare sviluppo: questo è il ruolo dello Stato, ed è bene che si smetta di pensare che la spesa pubblica possa creare sviluppo in altri modi. Alla luce di queste premesse metodologiche, ora per la Liguria vi è un’assoluta priorità: la gronda autostradale, di Ponente e di Levante. È semplicemente assurdo immaginare che le realtà produttive della nostra regione possano sopravvivere alle sfide del mercato globale se sono costrette a scontare il costante handicap di un sistema autostradale adeguato alla realtà di mezzo secolo fa».

Negli scorsi mesi il ministro Brunetta e il presidente Burlando hanno firmato un protocollo d’intesa per la realizzazione di un programma di interventi in materia di egovernment. Il protocollo interessa anche la sanità, attraverso la diffusione della ricetta digitale e l’implementazione del processo di integrazione del Cup regionale. È questa la direzione da seguire per lo snellimento della burocrazia?

«Certamente, lo snellimento della burocrazia passa anche attraverso la digitalizzazione di tutti i rapporti tra cittadini, imprese e pubblica amministrazione. Digitalizzazione però non deve significare intangibilità, se non aumento, degli adempimenti che vengono a gravare sui contribuenti. Ecco il fulcro della questione: la riduzione della burocrazia deve necessariamente passare attraverso la riduzione degli adempimenti burocratici e andare verso la radicale semplificazione e razionalizzazione del quadro normativo vigente. Detto con una breve metafora medica: pensare di semplificare la burocrazia digitalizzando gli adempimenti equivale a pensare di curare l’Aids intervenendo su ciascuna malattia sintomatica che s’innesta nel quadro patologico determinato dal virus Hiv. Per questo lancio una proposta diretta e concreta: riorganizzare completamente e razionalizzare il corpus normativo della Regione».

Aldo Siri

Non è una regione per giovani ono andato a Roma col treno speciale, ho vissuto in prima persona l’esperienza di quei momenti di tensione prima e di gioia dopo». Aldo Siri lo scorso 3 giugno era nel corteo che ha atteso l’esito dell’incontro al ministero dello Sviluppo economico sulla questione Fincantieri, in occasione del quale l’amministratore delegato Giuseppe Bono ha annunciato il ritiro del piano industriale che prevedeva anche la chiusura del cantiere di Sestri Ponente e il ridimensionamento di Riva Trigoso.

Dopo il voto unanime del consiglio regionale si può dire che questa è una vittoria anche della Regione? In che direzione occorre muoversi ora? «È necessario che durante i lavori per il ribaltamento a mare di Sestri Ponente l’attività di Fincantieri non venga meno. E servono anche forti vincoli nei piani urbanistici di Genova e Riva Trigoso, terreni decisamente molto appetibili in un’ottica di riconversione: la Regione dovrà vigilare. Il voto unanime in consiglio è stato importante, certo, ma il bello viene ora: servono tavoli di confronto fra le varie realtà regionali della cantieristica, non dimenticando che a Genova c’è un centro di progettazione all’avanguardia che è possibile adattare alle esigenze attuali della cantieristica e che gli impianti liguri, in termini di produttività e resa, sono quelli che mostrano i dati maggiormente positivi. Di certo però non vogliamo una guerra tra poveri, sarebbe inutile per tutti».

Secondo l’Osservatorio sul mercato del

«S

Aldo Siri, capogruppo in consiglio regionale delle liste civiche per Biasotti Presidente, plaude al ritiro del piano industriale di Fincantieri ma avverte: «Senza prospettive lavorative per i giovani e risorse per le infrastrutture siamo avviati al declino» Riccardo Casini

Aldo Siri, capogruppo in consiglio regionale delle liste civiche per Biasotti Presidente

lavoro, nel primo trimestre 2011 il saldo tra iscrizioni e cessazioni delle imprese liguri continua a essere di segno negativo.

Quali misure occorrono per favorire la crescita?

«Un elemento importante riguarda il fattore demografico, sul quale è necessario un rilancio per evitare di avviarci al declino: in questo senso è indispensabile non solo incentivare le nascite con aiuti per le famiglie, ma soprattutto riuscire a creare condizioni affinché i giovani abbiano una prospettiva lavorativa.

Ma occorre anche eliminare l’isolamento con l’Europa che caratterizza la Liguria».

Un aiuto potrebbe venire certamente dalla realizzazione di opere infrastrutturali.

«Meglio scegliere quelle dal minore impatto ambientale. Di certo però un deficit c’è: basti pensare all’aeroporto di Genova Sestri, vicinissimo alla ferrovia eppure non collegato. O all’eterna questione del terzo valico, per il quale servono risorse adeguate: in questo caso credo che tutti debbano mettersi la mano in tasca, anche gli istituti bancari. Non parlo di investimenti a fondo perduto, ma qui è in gioco il futuro della regione. E tutti devono fare la loro parte».

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RICERCA

Una partnership tecnologica di alto livello La Liguria si attesta come uno dei più importanti poli di ricerca per l’automazione. Enti e società private, dislocate su tutto il territorio, compiono quotidianamente importanti studi su questo fronte.

Federico Golla illustra l’impegno di Siemens Italia Nicolò Mulas Marcello

G

Federico Golla, amministratore delegato di Siemens Italia

enova ospita uno dei più importanti centri di ricerca per quanto riguarda il settore dell’automazione industriale. La sede ligure del research center mondiale di Siemens si occupa di sviluppare software intelligenti Mes (Manufacturing execution systems) e lavora in stretta collaborazione con un altro colosso della programmazione informatica come Microsoft. «Tra Siemens e Microsoft – spiega Federico Golla, amministratore delegato di Siemens Italia – c’è un’attiva collaborazione e siamo partner su varie tecnologie di nuova generazione. In particolare ci stiamo muovendo sul tema della virtualizzazione e del cloud computing».

In Italia il Gruppo Siemens possiede cinque stabilimenti produttivi e sei centri di ricerca e sviluppo. Come è strutturata la ricerca nei

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vostri centri?

«In particolare nel centro Mes di Genova, ma anche a Milano con la divisione Building technologies del settore Industry, stiamo inserendo una nuova modalità di sviluppo, nota come metodologia agile. Si tratta di un vero cambio di paradigma che porta con sé anche un profondo cambiamento culturale. Prima di tutto si tratta di passare da un processo a cascata che dura circa un anno per il rilascio di un nuovo software a un processo - appunto, agile - che permette di ridurre considerevolmente il time to market e quindi gli sprechi, implementare ciò che effettivamente richiede il mercato e avere un feedback veloce. Il cambio culturale fa riferimento al fatto che i team di ricerca sono cross funzionali e si autogovernano. Riscontriamo generalmente un maggiore interscambio di competenze e conseguente possibilità di crescita professionale per i partecipanti al progetto».

A Genova assieme a Microsoft avete aperto da qualche anno un centro di eccellenza europeo per lo sviluppo di software per la gestione intelligente degli impianti d’automazione. A che punto è la ricerca in questo campo?

«Tra Siemens e Microsoft c’è un’attiva collaborazione e siamo partner su varie tecnologie di nuova generazione. In particolare ci stiamo muovendo sul tema della virtualizzazione e del cloud computing. Su questa nuova frontiera, soprattutto per il risparmio dei costi che promette,

Federico Golla

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Occorre trovare soluzioni a problemi di affidabilità e sicurezza e proprio su questa direttrice si stanno muovendo le nostre analisi

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stiamo riscontrando un forte interesse da parte del mercato. Dall’altra parte occorre trovare soluzioni a problemi di affidabilità e sicurezza e proprio su questa direttrice si stanno muovendo le nostre analisi».

La presenza del centro favorisce collaborazioni e partnership con le facoltà dell’Università di Genova?

«Sicuramente sì. Abbiamo dato vita a un laboratorio su tecnologie Microsoft all’interno della facoltà di Ingegneria. Grazie a quest’attività di ricerca portiamo avanti studi di fattibilità e formiamo giovani talenti, alcuni dei quali già inseriti nel nostro organico».

Il vostro gruppo ha in programma convegni tecnici e corsi dedicati all’automazione industriale. In cosa consistono?

«Siemens ha una scuola di automazione industriale presente sul territorio con sedi a Milano, Torino, Padova, Verona, Bologna, Chieti, Perugia, Roma, Bari, Cagliari e con ben 16 sezioni tematiche che offrono più di 80 proposte formative. I corsi a calendario di tipo intensivo sono articolati nell’ottica di fornire una preparazione tecnica più completa possibile, per consentire un apprendimento rapido degli argomenti, alternando lezioni teoriche a numerose esercitazioni pratiche. Tutti i corsi possono essere organizzati su richiesta direttamente in sede dal cliente; si offre così l’opportunità di formare in poco tempo e con profitto, un gruppo di persone appartenenti alla medesima orga-

nizzazione risparmiando costi e tempi di trasferta e massimizzando il tempo dedicato allo studio. La Scuola automazione industriale propone un servizio di progettazione di piani di formazione chiavi in mano».

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RICERCA

Tecnologie marine ed energie rinnovabili La Spezia è sede di un importante polo di ricerca che vede la collaborazione di vari enti pubblici e privati.

Dal 1982 l’Enea porta avanti i suoi studi nella sede di Santa Teresa. Antonio Mori e Roberta Delfanti spiegano in quali attività è impegnato il centro Nicolò Mulas Marcello

l Centro ricerche Ambiente marino di S. Teresa dell’Enea, ubicato sulla costiera orientale del Golfo della Spezia nel territorio del Comune di Lerici, occupa una superficie di quasi 6.000 metri quadrati, ed è ospitato all'interno dell’antico forte di S. Teresa.

L’attività del centro riguarda la ricerca scientifica finalizzata allo studio dei processi che regolano il funzionamento degli ecosistemi marini, la loro variabilità e la loro risposta ai cambiamenti naturali o indotti da attività antropiche, sotto la supervisione di Roberta Delfanti: «Il centro è dotato di laboratori e attrezzature per studi e ricerche sperimentali nel campo della fisica, chimica, biologia, sedimentologia e radioattività ambientale; possiede strumentazione specifica per campionamento e analisi in ambiente marino, oltre a mezzi nautici per l’attività in mare». Negli ultimi anni l’Enea ha individuato nei compiti del direttore Antonio Mori, oltre al mantenimento e la gestione del patrimonio infrastrutturale e la gestione operativa di tutto il personale, quello di consolidare il rapporto con gli stakeholders sia pubblici che privati nel campo energetico e delle nuove tecnologie. Favorire quindi l’integrazione con il territorio, curare l’organizzazione dei convegni, manifestazioni e visite gui-

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date. Il centro di Santa Teresa è impegnato sia nel campo dell’ambiente marino sia nell’ambito dell’energia sostenibile.

«Relativamente all'ambito energetico – precisa Mori – siamo impegnati nel rafforzare i rapporti di collaborazione con il territorio, in particolar modo con Confindustria La Spezia, Camera di Commercio, Cna La Spezia, Autorità portuale e a vario titolo con il settore industriale presente sul territorio». Nel centro ha sede l’unità tecnica Ambiente marino e sviluppo sostenibile, che svolge attività di ricerca multidisciplinare nel settore dell’oceanografia sperimentale con l’obiettivo di valutare e prevedere l’impatto di cambiamenti naturali e delle pressioni antropiche sugli ecosistemi marini e costieri. «L’unità tecnica – spiega Roberta Delfanti – produce la base di conoscenze per la protezione degli ecosistemi, la conservazione della biodiversità e per la gestione e l’utilizzo sostenibile delle risorse. Su questi temi partecipa alle iniziative di ricerca nazionali e internazionali, operando nel Mediterraneo e in aree chiave dal punto di vista climatico, quali le zone polari. Gli ambiti di studio sono l’ecologia marina, i sistemi di osservazione e oceanografia operativa». Attualmente i progetti di ricerca

Sopra, il centro ricerche Enea S. Teresa nel golfo di La Spezia. Nella pagina a fianco, in alto, Roberta Delfanti, responsabile scientifica dell’unità ambiente marino e sviluppo sostenibile del centro e Antonio Mori, direttore del centro S. Teresa

Antonio Mori, Roberta Delfanti

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Il centro è dotato di laboratori e attrezzature per studi e ricerche sperimentali

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che impegnano il centro sono molti e su vari ambiti: cambiamenti climatici, biodiversità, distretto ligure delle tecnologie marine, fonti rinnovabili ed efficienza energetica e Industria 2015: «Si tratta della progettazione e realizzazione di un sistema tecnologicamente avanzato per il monitoraggio degli ambienti portuali, la cui sperimentazione è prevista nel porto della Spezia». Importante è anche il Progetto Lumière in collaborazione con i comuni della provincia di La Spezia, il cui scopo è quello di promuovere e facilitare la realizzazione di interventi di riqualificazione energetica applicata ai sistemi di illuminazione stradale, attraverso l’identificazione, lo sviluppo, la sperimentazione e la diffusione di un modello d’illuminazione pubblica efficiente. «Attraverso questo progetto – sottolinea Mori – il Centro nel 2010 si è aggiudicato il premio nazionale “Io vivo sostenibile” per la categoria enti pubblici. L’Enea ha inoltre dimostrato di

saper tutelare e gestire in modo sostenibile le risorse naturali presenti sul territorio, in un’ottica di continuo miglioramento ambientale». Le tematiche di ricerca affrontate nel centro sono molto complesse e richiedono la collaborazione di specialisti esterni.

«Per questa ragione – sottolinea Delfanti – molti studi vengono svolte nell’ambito di ampie collaborazioni con tutti gli enti di ricerca italiani (Cnr, Ingv, Ogs, Stazione zoologica di Napoli, Conisma) e molti enti europei (Ifremer e Cnrs in Francia, Csic e Uab in Spagna, Ims-Metu in Turchia, University College in Irlanda), che si occupano di mare». Santa Teresa favorisce tra l’altro l'integrazione con il territorio cura l’organizzazione dei convegni, manifestazioni e visite guidate. Nel rapporto con il territorio il centro si propone di diffondere la cultura per un utilizzo efficiente dell’energia, individuare i casi concreti di risparmio energetico e sviluppare progetti di miglioramento dell’efficienza - anche attraverso l’utilizzo di fonti rinnovabili - che costituisce il primo obiettivo di una politica energetica oculata, tesa a ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e tutelare l’ambiente. «Si svolge tra l’altro – conclude Mori – attività di comunicazione e promozione della ricerca e collabora a progetti di divulgazione, promozione e didattica scientifica con enti locali, scuole primarie e secondarie ed enti di ricerca con l’intento di contribuire alla valorizzazione delle risorse ambientali».

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RICERCA

Dalla robotica alla roboetica Italia è il secondo paese in Europa per impiego e integrazione di robot. A Genova alla fine degli anni Novanta è nata la Scuola di Robotica. L’intento è favorire la conoscenza delle giovani generazioni e l’aggiornamento di tutti i docenti su queste tematiche. «Il nostro paese – spiega Fiorella Operto, presidente della scuola – ha una tradizione piuttosto avanzata nel settore, abbiamo perso qualche primato ma rimaniamo ad alti livelli. Uno dei primi robot industriali fu il Sigma, creato da Olivetti nel 1977, da allora la ricerca robotica è continuata grazie a centri importanti come il Sant’Anna di Pisa o il Politecnico di Torino e Milano, il Politecnico di Roma e Catania e molti altri».

Come è nata l’idea di istituire la Scuola di Robotica e con quali scopi è stata creata? «È nata nel 1998 dalla collaborazione di Gianmarco Veruggio e un gruppo di robotici con me e un gruppo di studiosi di scienze umane. Lo scopo è stato quello di realizzare un’associazione che si occupasse di promuovere questo settore nei suoi aspetti benefici e di farlo comprendere meglio, in quanto ci sembrava che la robotica fosse appesantita da una specie di ideologia, da un’ impostazione

L’

Fiorella Operto, presidente della Scuola di Robotica di Genova, accanto a Irochika Inoue, ideatore del progetto giapponese “Umanoidi”

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Il 2010 è stato l’anno della ripresa per il settore della robotica industriale e la ricerca in questo campo continua a rivestire una posizione di alto livello nel nostro paese, grazie a istituti come la Scuola di Robotica di Genova Nicolò Mulas Marcello

leggendaria e mitica e che i problemi di roboetica si sarebbero presentati ben presto.

Così abbiamo fondato quest’associazione che ha poi sviluppato vari filoni. L’idea è stata appunto quella di chiarire quali sono gli aspetti della robotica veri e anche magari cercare, con le nostre forze, di indirizzare gli sviluppi della robotica, promuovere e suggerire quelli che secondo noi sono quelli più positivi per l’umanità. Senz’altro non le armi robotiche dotate di “licenza di uccidere”, ad esempio».

Il settore della robotica in Italia nel 2010 ha avuto una ripresa rispetto all’anno precedente. Dal punto di vista della ricerca invece quali importanti passi in avanti sono stati fatti?

«Il 2009 è stato, come dicono tutti i robotici industriali, l’annus horribilis, in quanto si è avuto uno sviluppo legato prevalentemente all’automotive, che andando in crisi ha trascinato con sé anche la robotica industriale.

In Germania e in Italia il crollo ha toccato il 35% delle vendite, ma oggi c’è una rispesa.

Tutto ciò che è automazione diventa robotica oggi, già le automobili sono piene di meccanismi robotizzati (come le auto che mediante i sensori aiutano il guidatore a parcheggiare).

Cosa vuol dire robotizzata? Significa un’intelligenza programmata per controllare dei sensori e degli attuatori e per “imparare” e dedurre dai feedback che provengono dall’ambiente, i comportamenti a loro volta mo-

Fiorella Operto

dificabili. In occidente la manodopera costa, pertanto conviene sostituire gli esseri umani con robot, anche perché questi sono più precisi e veloci delle persone e ci sono operazioni che è bene che facciano le macchine. Per questo motivo la ricerca va avanti soprattutto nei settori dell’intelligenza, quindi l’aspetto della cognizione e del human robot interface, che riguarda appunto l’interazione umano-robot. Quelle industrie che nel 2009 hanno lavorato quasi esclusivamente per l’automotive oggi hanno capito che occorre espandere la robotica in altri settori come i trasporti, la logistica, la sicurezza e anche il personal robot, dove l’interfaccia con l’essere umano diventa altrettanto importante. L’Italia si sta sviluppando sia dal punto di vista dell’integrazione, ovvero adattare un robot alle esigenze e alle funzioni richieste, sia da quello della ricerca vera e propria».

A marzo è nata la prima rete nazionale che rappresenta l’intera filiera. Come si inserisce la Scuola di Robotica in questo contesto?

«Alcuni anni fa, discutendo con i colleghi della fondazione Mondo digitale di Roma immaginammo un accordo di cooperazione tra le tante realtà italiane che si occupano di robotica educativa. Man mano questo progetto si è ampliato, dando la possibilità di partecipare al protocollo anche a industrie pubbliche e private e centri di ricerca. L’idea è quella di unire i campi di applicazione e di studio della robotica in una rete di sostegno, di promozione, di operazioni congiunte. È una rete di realtà e di persone che si sono unite per dare un indirizzo comune. Quanto a noi, la Scuola di Robotica coordina la principale rete

di scuole dall’infanzia alle superiori che impiegano la robotica educativa».

La Scuola è sempre impegnata in progetti DECREMENTO di divulgazione e conoscenza. Per i prosIl calo delle vendite simi mesi cosa state preparando? nel settore della «Stiamo lavorando per sviluppare una contirobotica industriale nel corso del 2009 nuità didattica nella robotica educativa. L’idea in Europa è quella di offrire ai ragazzi di cominciare da piccoli a lavorare sulla programmazione fino alle superiori, offrendo loro professionalità che useranno nell’industria “up to date”, quindi non imparando con tecnologie obsolete ma con macchine automatiche aggiorUNITÀ nate. Inoltre, stiamo lavorando molto sulla Il numero di robot roboetica, quindi sugli aspetti etici, legali e industriali venduti sociali, perché sono quelli che poi determinein tutto il pianeta nel 2010 ranno anche sia la sicurezza che le vendite, in quanto il consumatore cercherà i robot più sicuri. Partecipiamo anche a tante conferenze, ce ne sarà una alla fiera di Rho a novembre.

Ma cerchiamo più che altro di organizzare corsi per docenti per aiutarli ad aggiornarsi sugli aspetti della programmazione, automazione e controllo attraverso l’impiego di piccoli robot. Infine, stiamo lavorando su robotica per utenze deboli, con lo sviluppo di un progetto in collaborazione con molti enti per aiutare i ragazzi autistici a integrarsi con gli altri ragazzi e per le scuole negli ospedali.

Abbiamo iniziato con l’ospedale Gaslini di Genova e ora stiamo espandendo il progetto».

35%

mila

LIGURIA 2011 • DOSSIER • 73

CANTIERISTICA

Tecnologia e infrastrutture per lo sviluppo Perché l’Italia confermi un ruolo centrale nel Mediterraneo servono semplificazione, informatizzazione e implementazione delle infrastrutture di collegamento tra porto e hinterland . È la via da percorrere secondo il presidente di Assoporti, Francesco Nerli Renata Gualtieri

Sopra, il presidente di Assoporti, Francesco Nerli. In chiusura, la fiera Transport and Logistics a Monaco di Baviera, cui hanno partecipato i porti e gli interporti italiani

l sistema portuale italiano è il secondo d’Europa per merci, il primo per passeggeri, ma sta uscendo dalla crisi con difficoltà. C’è da considerare però che le due tipologie di traffico hanno aspetti differenti e che il settore merci ha subìto una forte flessione a livello mondiale, dovuta alla riduzione dei consumi. Tuttavia, l’Italia ha mantenuto un livello di rilievo nelle classifiche europeo, dovuto in particolare alla sua posizione geografica ottimale per le rotte marittime e anche al livello dei servizi offerti. «Per tenere saldo il suo ruolo – commenta il presidente di Assoporti, Francesco Nerli – in futuro dovranno essere investiti fondi per le infrastrutture portuali e di collegamento, anzitutto ferroviarie». Per quanto concerne il traffico passeggeri, l’Italia ha confermato il suo ruolo centrale nell’area del Mediterraneo, soprattutto per il segmento crocieristico.

«Anche qui – propone Nerli – nell’ottica della crescita di questo traffico in futuro, occorre implementare i servizi offerti, adeguare le tecnologie e migliorare le infrastrutture connesse al settore». È dunque la carenza infrastrutturale e il mancato varo di un piano complessivo delle opere necessarie per lo svi-

luppo della portualità a rendere faticosa per l’Italia l’uscita dal periodo di crisi.

Si può parlare di una crisi senza precedenti della cantieristica a livello internazionale, settore che è nato proprio in Liguria. Come affrontare questa situazione?

«La dimensione della crisi nel settore è di dimensione mondiale. Per quanto riguarda i porti, la cantieristica è un segmento importante del comparto cluster marittimo e, per questo, abbiamo appreso con soddisfazione che nei giorni scorsi si è trovata una soluzione che scongiura la perdita occupazionale degli stabilimenti di Fincantieri, grazie a un tavolo che ha coinvolto governo centrale, enti locali e territoriali e parti sociali. Condivido le proposte avanzate dal collega presidente dell’Autorità portuale di Genova, Luigi Merlo, che ha contribuito alla soluzione per lo stabilimento di quella città. L’accordo firmato, infatti, consente a Genova di rimanere ancorata alla navalmeccanica, ma di affacciarsi anche sulle riparazioni navali e sull’innovazione tecnologica del settore. Naturalmente, bisognerà creare le condizioni finanziarie e di mercato perché si recuperino presto nuovi ordini».

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Francesco Nerli

Come si può arginare la concorrenza dei vicini paesi europei e di quelli emergenti del nord Africa?

«Per quanto riguarda la concorrenza degli europei è senz’altro di notevole rilevanza la qualità dei servizi offerti e le tecnologie impiegate. La semplificazione e l’informatizzazione sono di vitale importanza per rendere i nostri porti più competitivi, oltre alla necessaria implementazione delle infrastrutture di collegamento tra porto e hinterland. Per il nord Africa bisogna tener presente che i porti di quell’area hanno costi del lavoro molto bassi, non paragonabili con quelli dell’unione europea. Per questo motivo, e anche in considerazione della crisi economica, il cluster marittimo-portuale aveva proposto, da tempo, la temporanea e parziale fiscalizzazione degli oneri sociali a carico del datore di lavoro a fronte di un immutato livello occupazionale. Riteniamo ancora che questa pro-

La crisi della cantieristica è mondiale, bisognerà creare le condizioni finanziarie e di mercato perché si recuperino nuovi ordini

posta possa incentivare la competitività dei porti italiani».

Esiste un piano di coordinamento per tutti i porti?

«I porti in Italia sono regolati da una legge di riforma che risale al 1994 e che ha dato un’uniforme impostazione al lavoro e ai servizi resi nei porti, dividendo il ruolo della parte pubblica e di regolazione dei porti da quello privato di motore commerciale e industriale. La “liberalizzazione regolata” del mercato delle imprese e di quello del lavoro consente, infatti, di affermare che il sistema nazionale, almeno nel contesto europeo, pare equilibrato e allineato agli standard di altri paesi. Nel corso del tempo sono stati redatti strumenti di pianificazione diversi ma che non possiamo dire siano di coordinamento per tutti i porti, bensì si tratta di interventi programmatici del settore che non possono essere considerati come un piano strutturato LIGURIA 2011 • DOSSIER • 77

CANTIERISTICA

per i porti a livello nazionale

di cui, a mio giudizio, abbiamo bisogno».

L’arco portuale ligure può essere un’alternativa valida agli scali del nord Europa?

«L’arco portuale ligure - che in realtà arriva fino alla Toscana, partendo da SavonaVado fino a Livorno - costiNon vedo possibile un unico modello di governance tuisce senz’altro delle autorità portuali in una realtà diversificata un’alternativa valida per gli scali del nord Europa, poi c’è come l’Europa sull’altro versante l’arco dell’Alto Adriatico, che va da Ravenna a Trieste. Su entrambi i versanti esi- tuale di traffico in transhipment poiché constono progetti di sviluppo molto importanti. sidero entrambi i segmenti, come anche altri, Certamente, questi archi possono costituire importanti e utili per lo sviluppo del paese. porte alternative di accesso per aree che Per ognuno vanno tenute in considerazione le vanno anche al di fuori dei confini del nostro peculiarità e le necessità al fine di garantire paese». che i traffici rimangano in Italia e non venCome si gestisce il contrasto sui finan- gano persi a vantaggio di altri paesi». ziamenti tra i porti liguri e gli scali di tranSi può ipotizzare per l’Europa un moshipment del Sud? dello unico di governance delle autorità «Non parlerei di contrasti sui finanziamenti portuali? per un motivo molto semplice: da alcuni «Non credo che questo sia l’obiettivo delanni non vengono stanziati fondi per l’infra- l’Unione o che si possa far discendere l’obstrutturazione dei nostri porti. Assoporti bligo di un unico strumento dal Trattato. Le chiede da tempo il varo della riforma della particolarità di ogni paese membro vanno legge 84/94 di regolazione dei porti che do- salvaguardate. L’Unione costituisce la fonte di vrebbe prevedere l’autonomia finanziaria dei norme quadro di riferimento e ritengo sia porti e, pertanto, la redistribuzione di una importante, a questo fine, assicurarsi che le quota parte della ricchezza prodotta alla lo- regole vengano rispettate in tutti i paesi cale autorità portuale. In questo modo, ogni membri per garantire omogenee condizioni autorità portuale può reinvestire in infra- di competitività. Non vedo possibile un strutture, tecnologie e sviluppo. Vorrei anche unico modello di governance in una realtà aggiungere che non vedo contrasti tra i porti così diversificata come l’Europa, almeno per liguri e gli scali che trattano un’alta percen- molti anni».

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CANTIERISTICA

I porti liguri hanno buoni margini di crescita Il presidente dell’Autorità portuale di Savona, Rino Canavese, guarda al futuro con fiducia partendo dalla realizzazione della piattaforma di Vado, che sarà un punto di svolta per il territorio provinciale Renata Gualtieri l porto di Savona nel primo trimestre del 2011 ha registrato un trend negativo per prodotti energetici e traffico di container. Il calo nel comparto delle rinfuse energetiche riflette il persistere della stagnazione dell’economia italiana e la conseguente riduzione degli approvvigionamenti di energia e materie prime per l’industria, cui si aggiunge il rincaro del prezzo del petrolio che ha contraddistinto l’ultimo periodo. Anche nel caso del traffico containerizzato, Vado sconta gli effetti della crisi sulle rotte intramediterranee e del sud America. Il terminal ha tuttavia caratteristiche e potenzialità per recuperare rapidamente il terreno perduto: «La soluzione cui si sta lavorando – fa sapere il presidente dell’Autorità portuale di Savona, Rino Canavese – è quella di migliorare la competitività complessiva dell’offerta logistica, lavorando non solo sulla fase portuale ma anche su quella terrestre del trasporto, per mettere a punto servizi integrati ancora più concorrenziali».

Buona invece la performance del settore crocieristico, con una crescita del 18,7% dei passeggeri da gennaio a marzo. Questi risultati quanto sono condizionati dall’arrivo della nave Magic di Carnival Cruise?

«Il primo scalo della Carnival Magic, che il 24 maggio scorso

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ha portato a Savona 4.000 turisti americani, ha un grande valore simbolico: il porto e la città, chiamati a proporre i propri servizi e le proprie attrattive a uno fra i primi operatori mondiali, hanno saputo rispondere con efficacia, riscuotendo il consenso dei passeggeri e della Carnival Cruise Line, che tornerà a Savona per altri tre scali nel corso dell’anno. La crescita del traffico, tuttavia, è legata soprattutto all’incremento dell’attività di Costa Crociere che prosegue nel piano di rinnovamento ed espansione della flotta, che a Savona ha il suo homeport per gli itinerari del Mediterraneo occidentale. L’obiettivo dichiarato di Costa Crociere è di superare nel 2011 il traguardo di un milione di passeggeri: per questo motivo entro l’estate inizieranno i lavori di una nuova stazione marittima con un investimento di 8 milioni di euro coperto interamente dall’operatore».

Le nuove strategie ambientali ed economiche delle grandi compagnie marittime possono dare un vantaggio ai porti liguri?

«Le compagnie di navigazione, anche sotto la crescente pres-

A sinistra, Rino Canavese, presidente dell’Autorità portuale di Savona. In alto, il porto di Savona.

Nella pagina seguente, alcune navi di Costa Crociere

Rino Canavese

La crescita del traffico è legata a Costa Crociere e al suo piano di rinnovamento ed espansione della flotta

sione dell’opinione pubblica e degli enti internazionali, dedicano un’attenzione sempre maggiore all’impatto ambientale delle proprie imbarcazioni e, in particolare, alla limitazione delle emissioni in atmosfera. Accorciare la catena logistica e ridurre al minimo i percorsi si traduce in importanti risparmi dal punto di vista della produzione di Co2 e di altri gas dannosi. A ciò si deve aggiungere anche il forte risparmio sui bunker, con una riduzione attorno al 50%. Un altro fattore particolarmente importante che contraddistingue lo scenario del trasporto marittimo di contenitori è la tendenza al continuo incremento della taglia delle navi in servizio tra il Far East e l’Europa che portano con sé nuove esigenze operative in termini di dimensioni delle gru, pescaggi, spazi a terra, infrastrutture di trasporto. Queste navi oggi scalano i grandi porti di transhipment sulla sponda sud del Mediterraneo, ma si possono aprire opportunità per i porti dell’alto

+18,7% CROCIERISTI La percentuale di crescita di passeggeri transitati da gennaio a marzo nel settore crocieristico

600 POSTI DI LAVORO

Il numero di giovani a cui garantirà occupazione la realizzazione della piattaforma di Vado

Mediterraneo in grado di accogliere le nuove grandi navi, consentendo alle compagnie di servire direttamente i mercati di destinazione e di evitare i costi del transhipment. Per questo le principali compagnie sono da tempo alla ricerca di terminal idonei nell’alto Mediterraneo e Maersk ha investito direttamente nel progetto del nuovo terminal di Vado, l’unica infrastruttura in grado di soddisfare le esigenze delle nuove navi».

Quali operatori europei utilizzano gli scali liguri come porti di accesso per le merci in import e per quelle in export verso nord Africa e Oriente?

«I porti liguri sono un’interfaccia privilegiata fra il mercato europeo e il nord Africa, attraverso una rete di servizi per container inframediterranei, cui si aggiungono collegamenti Ro.Ro da Savona per l’Algeria, da La Spezia per la Libia, da Genova per il Marocco e la Tunisia. Diversa è la situazione delle rotte per il Far East, dove la quota di traffico dei porti del nord Europa è ancora decisamente prevalente. Le richieste degli operatori non mancano, ma occorre lavorare a fondo innanzitutto per rendere la fase terrestre del trasporto altrettanto efficace ed efficiente di quella marittima e portuale.

Solo così i vantaggi competitivi ambientali ed LIGURIA 2011 • DOSSIER • 81

CANTIERISTICA

economici che contraddistinguono i porti liguri

possano tradursi in reali opportunità di business per gli operatori e in una crescita dei traffici per i porti liguri. In questo senso è fondamentale iniziare a lavorare da subito, utilizzando al meglio le infrastrutture esistenti che possono ancora offrire importanti margini di capacità, nell’attesa che le grandi infrastrutture di collegamento con la rete transeuropea (terzo valico e Pontremolese) siano finalmente realizzate».

Il traffico delle merci è stato condizionato dai recenti conflitti che hanno interessato i paesi del Maghreb?

«I grandi terminal container di transhipment del nord Africa non hanno risentito della crisi in maniera significativa: ad esempio l’attività di Port Said si è fermata per poche ore in occasione della deposizione del presidente Mubarak per poi riprendere normalmente. Per quanto riguarda l’andamento degli scambi commerciali con i vari paesi dell’area, si registra un calo legato prevalentemente alla crisi economica, che su queste zone ha fatto sentire i suoi effetti in maniera ancora più pesante che nel mondo più sviluppato. Naturalmente fa eccezione la situazione della Libia, dove il perdurare delle ostilità ha praticamente azzerato l’attività commerciale dei porti».

Quanto è importante per Savona un sistema integrato tra banchine e binari?

«Il trasporto su ferro è uno strumento indispensabile per sostenere la crescita dei traffici portuali trasferendo rapidamente grandi vo-

82 • DOSSIER • LIGURIA 2011

lumi di merce verso le aree retroportuali, per rispondere alle richieste del mercato e aumentare la produttività del porto, considerata l’esigua disponibilità di spazi in banchina. Per questo l’autorità portuale, parallelamente al lavoro finalizzato a sviluppare le opere marittime, ha affrontato la questione di come costruire un efficiente sistema di gestione del servizio ferroviario dal porto. È stato messo a punto un sistema per gestire in maniera più produttiva il servizio ferroviario a corto raggio tra il porto e i retroporti di riferimento, attraverso quello che si definisce “navettamento ferroviario”, allo scopo di inoltrare rapidamente grandi volumi di merce, liberare spazi in porto per l’arrivo di nuove merci, alleggerire la pressione sulle rete di trasporto autostradale».

I finanziamenti previsti per Savona saranno sufficienti a superare le criticità esistenti e favorirne lo sviluppo?

«Con la realizzazione della piattaforma di Vado, il porto potrà oltrepassare il volume di un milione di Teu/anno e di venti milioni di tonnellate di merce. Il nuovo terminal creerà posti di lavoro diretti per altri 600 giovani, ma avrà importanti riflessi sull’intera comunità portuale per la fornitura di tutti i servizi necessari alle navi, alle merci e alle persone e su un indotto che certamente si estenderà oltre i confini provinciali. Inoltre, il progetto porta con sé consistenti interventi di riqualificazione delle aree di Vado che potranno migliorare la vivibilità di un territorio penalizzato da un pesante passato industriale. Per il territorio savonese questo progetto rappresenta un punto di svolta, che consente di guardare al futuro con fiducia, anche in un momento difficile come quello che il mondo sta attraversando».

CANTIERISTICA

Si discute sul futuro della cantieristica ligure Un cantiere eccellente, Riva-Muggiano, oltre a due strutture, il Cetena e il centro ricerche di via Cipro, che esprimono grandi capacità di innovazione. La Liguria ha, secondo il coordinatore regionale del Popolo della Libertà, Michele Scandroglio, tutto quello che serve per competere sul mercato Renata Gualtieri amministratore delegato di Fincantieri, Giuseppe Bono, ha ritirato il piano industriale dell’azienda. Lo stop ai 2.550 tagli ipotizzati dal piano, che prevede la chiusura degli stabilimenti di Sestri Ponente e Castellamare di Stabia, nonché il ridimensionamento di Riva Trigoso, «sarebbe possibile grazie a nuove commesse pubbliche nel settore militare e a incentivi ai privati per l’ammodernamento delle flotte». A Roma, per il tavolo tra governo, sindacati e azienda, sono partiti con un treno speciale dalla Liguria oltre 1.500 lavoratori, per manifestare contro il piano industriale dell’azienda triestina.

Il piano industriale di Fincantieri, del quale è stato annunciato nei giorni scorsi il ritiro, racconta tutte le difficoltà della cantieristica nazionale. Quale la situazione in Liguria?

«La cantieristica soffre a livello mondiale una crisi di settore legata alla difficoltà generale delle famiglie e delle imprese, dunque la crocieristica e i traghetti, ma anche quella delle commesse pubbliche legate alle economie degli Stati anch’essi in crisi. L’unica eccezione è rappresentata dal settore militare, che soffre meno le difficoltà. Si delinea, dunque, uno scenario preoccupante che vede la nostra cantieristica in grave deficit di commesse».

L’

Dall’alto, i cantieri di Riva Trigoso e la sede di Fincantieri

84 • DOSSIER • LIGURIA 2011

Gli unici cantieri liguri a vocazione militare sono quelli di Riva Trigoso ma, nonostante il settore non è in crisi di commesse, si è prospettata una sua razionalizzazione.

Perché?

«Questo è uno degli interrogativi che ci siamo posti con maggiore preoccupazione. Riva Trigoso e Muggiano formano un cantiere integrato che offre un’eccellenza in campo militare unica in Italia e tra le prime al mondo; ha una

Michele Scandroglio

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Come parlamentare del territorio ho subito chiesto sin da luglio un tavolo ligure della cantieristica

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Sopra, Michele Scandroglio, coordinatore regionale Pdl Liguria

capacità di lavoro enorme, tanto è vero che in questi ultimi anni sono state approntate ben 14 navi importanti, il personale è motivato e qualificato, dunque perché questo tentativo di chiuderlo? Un’ipotesi potrebbe riguardare la grande appetibilità delle aree di Riva oppure perché, ritenendo Sestri Levante e il relativo comprensorio una realtà meno forte politicamente rispetto a Genova, Palermo o Napoli, qualcuno ha pensato che potesse essere più facilmente gestibile. Ora che il piano è stato ritirato si dovrà affrontare la questione partendo da presupposti differenti».

Con quali strumenti si può difendere la cantieristica ligure?

«Come parlamentare del territorio ho subito chiesto sin da luglio un tavolo ligure della cantieristica. In questi giorni la cosa ha assunto una dimensione condivisa e probabilmente si arriverà presto alla formalizzazione del piano in termini concreti con la presenza di Filse e della Regione stessa. Siamo alla fase delle riunioni utili, ma un po’ assembleari e poco determinanti, spero che il presidente della Regione lo formalizzi in tempi brevissimi. Il dibattito è in questi giorni in Consiglio regionale, dove il Pdl sta facendo la sua parte, ma come sappiamo la minoranza non può altro che proporre. La Sicilia ha messo in campo risorse importanti per la cantieristica della sua terra, mi aspetto altrettanto da Bur-

lando, troppo facile dare sempre addosso al governo».

Quali possono essere in futuro i punti di forza della cantieristica ligure in campo internazionale?

«Il cantiere integrato Riva-Muggiano eccelle nel settore militare, il centro ricerche di via Cipro e il Cetena offrono una capacità di innovazione e ricerca straordinarie. Inoltre, grazie ai 70 milioni di euro messi a disposizione dal governo per il ribaltamento a mare, anche Sestri Ponente potrebbe riprendere il suo ruolo, sempre che non si infili nel tunnel dei veti incrociati genovesi. Un contesto simile è facile da sostenere perché si regge sulle proprie gambe avendo tutto quello che serve per competere sui mercati».

Chi dovrebbe finanziare le nuove prospettive di sviluppo?

«Si sta lavorando in Europa per superare alcuni vincoli e verificare come sostenere il settore senza incorrere nelle more della legislazione europea. Esistono progetti europei e mi auguro che anche alcune opportunità, come le carceri galleggianti e altre opzioni industriali, possano essere prese in esame dal governo. Se regionalizziamo il problema, come è stato già proposto dal Popolo delle libertà, la Liguria e i suoi cantieri non dovrebbero correre gravi rischi e sarebbero ragionevolmente al riparo dalle varie ipotesi di ristrutturazione».

LIGURIA 2011 • DOSSIER • 85

FOCUS GENOVA

Il terziario traina la ripresa Il sindaco Marta Vincenzi analizza il momento che vive Genova e guarda avanti: «Sviluppo socio-economico e infrastrutturale, organizzazione spaziale della città, difesa del territorio e qualità ambientale possono attrarre interessi economici e finanziari» Riccardo Casini

econdo l’Osservatorio regionale sul mercato del lavoro, nel primo trimestre 2011 in provincia di Genova le iscrizioni di nuove imprese sono aumentate di circa il 6%, mentre le cessazioni hanno fatto registrare una flessione del 18,1%. Il sindaco Marta Vincenzi ha detto a più riprese che in questi anni di crisi la città «ha giocato un ruolo anticipatore sul territorio nazionale». Sta succedendo la stessa cosa per la ripresa? «Molto dipende – spiega – dalla natura terziaria che connota fortemente l’economia cittadina e ligure in generale. I sintomi di rilancio delle attività legate all’elettronica, alla meccanica e alla siderurgia e di quelle artigianali sono stati affiancati dal risveglio del terziario avanzato. Così come la ripresa del turismo e l’inversione del declino delle attività logistico-trasportistiche hanno portato a questi dati».

I segnali sono positivi insomma.

S

88 • DOSSIER • LIGURIA 2011

«Purtroppo tutto ciò non riesce a riassorbire totalmente i contraccolpi negativi che la crisi ha arrecato all’economia genovese, senza dimenticare che quest’ultima ha cambiato storicamente pelle con il drastico ridimensionamento delle imprese a partecipazione statale, non ancora compensato dal dinamismo imprenditoriale privato e dal menzionato sviluppo dei servizi. Siamo ancora su una strada in salita e il comune segue con attenzione l’evoluzione economica e occupazionale, pur non avendo strumenti propri che, in questo campo, fanno capo alle politiche nazionali e regionali».

Nel suo bilancio di fine anno aveva vantato “lo status di terza città in Italia per investimenti in cultura e il primato nazionale nella promozione sportiva”. In che modo questi elementi possono favorire la ripresa economica del territorio?

«In quell’occasione ho semplicemente commentato la classifica del benessere della città pubblicata ogni anno su Il Sole 24 ore. Certo è che con la Fondazione della cultura e il Tavolo di promozione abbiamo dato vita a un insieme importante di iniziative che attraggono numerosi visitatori con ricadute importanti su alberghi, ristorazione e bar, imprese turistiche, guide e interpreti. Il salvataggio del teatro Carlo Felice rientra nella difesa degli asset culturali che rappresentano il fiore all’occhiello della nostra città. E provvedimenti come la riqualificazione e la valorizzazione del waterfront oltre l’Acquario, cioè la darsena, il Museo del

Marta Vincenzi

Oggi la sfida è quella di conciliare in modo virtuoso lo sviluppo della città con il suo porto

mare, l’open museum e l’apertura serale di musei e biblioteche contribuiscono non soltanto a migliorare la qualità della vita dei genovesi e a promuovere imprese, ma anche ad attrarre visitatori. La promozione sportiva è invece, nella classifica di cui parlavo prima, il risultato dell’importante azione di tanti soggetti che operano tradizionalmente in questo settore nella nostra città; il comune di suo ci sta mettendo l’acquisizione di eventi nazionali e internazionali e gli interventi per il miglioramento delle attrezzature sportive».

Tra le sue 10 priorità per il 2011 figura il marketing territoriale. In che modo state operando per attrarre investimenti sul territorio?

«Entro il 2011 viene riconfigurata la missione di una società, Sviluppo Genova, di cui abbiamo acquisito il 51% nei mesi scorsi. Per noi diventa lo strumento dedicato ad attrarre nuova imprenditoria a partire dal lavoro di analisi delle aree produttive disponibili che abbiamo compiuto nel 2010 in collaborazione con le associazioni industriali. Sono poi in stato avanzato le azioni di supporto che una città deve offrire: le infrastrutture del Ponente e della Valpolcevera, il nuovo nodo ferroviario, la rete

wireless e il bando per il rilancio dell’aeroporto. Lo sportello delle imprese del Comune di Genova è in grado di svolgere tutte le azioni burocratiche per chi voglia insediarsi in tempi molto europei. Gli accordi con la Prefettura per la trasparenza negli appalti, poi, dovrebCRESCITA bero convincere chi intenda scegliere la nostra L’aumento nelle città per investire e lavorare che questa è una di nuove comunità sana che spalanca porte dietro le registrazioni imprese in provincia di Genova nel primo quali non si nascondono i costi impropri del trimestre 2011 malaffare. Senza dimenticare la messa in sicurezza del territorio».

Come contribuisce questa all’attrattività?

«Con il Puc si cerca di salvaguardare il verde e impedire nuove colate di cemento in collina.

TONNELLATE La sostenibilità è un processo continuo, che riIl traffico commerciale chiama la necessità di coniugare le tre dimennel porto di Genova sioni fondamentali e inscindibili dello svinel corso del 2010 (+7% rispetto luppo, ovvero quella ambientale, economica e sociale. Credo che lo sviluppo socio-econo- all’anno precedente) mico e delle infrastrutture, l’organizzazione spaziale della città e la riqualificazione dell’immagine urbana, la difesa del territorio e la qualità ambientale, fatti opportunamente conoscere, possono concretamente attrarre interessi economici e finanziari».

Intanto nel 2010, secondo l’Autorità portuale di Genova, il traffico commerciale ha fatto registrare una ripresa (+7%), così come quello complessivo dei passeggeri (+ 4%), grazie in particolare al settore crociere.

6% mln

LIGURIA 2011 • DOSSIER • 89

FOCUS GENOVA

«Oggi la sfida è quella di con-

ciliare in modo virtuoso lo sviluppo della città con il suo porto: solo in questo modo Genova potrà recuperare il ruolo di capitale europea. E il porto si sviluppa se cresce il sistema logistico-trasportistico di cui è parte: di qui l’importanza del potenziamento infrastrutturale, della diffusione della telematica, del funzionamento della mano pubblica e Nel Puc si apprezza l’impatto delle politiche dell’estensione delle relazioni infrastrutturali, che non si basano soltanto sulla ferrovia tra le imprese. Il Comune ha svolto un’intensa attività politica per favorire e sviluppare il sistema logistico- questo progetto prioritario, così necessario e urtrasportistico: fa parte di questo lavoro il co- gente ai fini della rottura dell’isolamento della siddetto progetto del “Porto lungo”, per nostra città. La “cura del ferro” insomma è neconsentire a Genova e all’Italia di essere prota- cessaria. Nel Puc poi si apprezza l’impatto delle goniste nella logistica e nella portualità quale politiche infrastrutturali, che si basano non porto di alimentazione dell’Europa dal Medi- soltanto sulla ferrovia ma anche su opere fatte, terraneo attraverso il Corridoio 24 Genova- come sponda Polcevera, in corso di realizzazione (Strada a mare) o in Conferenza dei serRotterdam». vizi (nodo San Benigno e presto Gronda)».

Di cosa si tratta esattamente?

Dopo il ritiro del piano industriale, cosa «Questo progetto si basa sul presupposto del riequilibrio tra la strada e la ferrovia nell’accesso può fare invece oggi il Comune sulla vicenda e deflusso delle merci in porto, pena il soffoca- Fincantieri? mento della città, e prevede l’insediamento di «Il Comune ha giocato un ruolo centrale nella alcuni retroporti nel basso alessandrino, colle- cancellazione del Piano che conteneva la chiugati direttamente con i terminal marittimi da sura di Sestri. Vedo invece la mancanza di una frequenti navette ferroviarie. Con l’esistenza politica industriale vera nel nostro Paese: è un dei retroporti si possono utilizzare al meglio gli problema che viene da lontano e sarebbe ingespazi portuali e si decongestionano e raziona- neroso attribuirla solo all’attuale Governo. Ma lizzano le operazioni di inoltro e deflusso delle è certo che negli ultimi anni tale limite si sia acmerci. Le tratte ferroviarie che servono il “Porto centuato e la crisi internazionale ha messo in lungo” devono essere collegate con il nodo fer- luce la fragilità del sistema Paese. Sulla navalroviario genovese in fase di realizzazione. Ma meccanica poi abbiamo assistito a poco comanche la razionalizzazione e il potenziamento prensibili scarichi di responsabilità tra ammidei binari interni al porto appaiono ormai in- nistratore delegato e ministri, oltre a contraddizioni tra forze politiche al Governo dilazionabili».

Senza dimenticare il terzo valico dei Giovi. che evidenziano un notevole tasso di confu«Va rapidamente dato corso alla realizzazione di sione e improvvisazione».

90 • DOSSIER • LIGURIA 2011

FOCUS GENOVA

Ripresa e occupazione restano un miraggio Il coordinatore del Pdl a Genova, Giorgio Bornacin, non crede alle statistiche sulle nuove imprese e indica le priorità: «È necessario un piano che individui aree, servizi e incentivi per attrarre investimenti».

Il Piano casa? «Ininfluente, se non inattuabile» Riccardo Casini on vorrei che le statistiche fossero come quelle di Trilussa, per cui se io mangio due polli e un amico nessuno, per la statistica abbiamo mangiato un pollo a testa». È ironico il commento di Giorgio Bornacin, senatore e coordinatore del Popolo della Libertà a Genova, sugli ultimi dati dell’Osservatorio regionale sul mercato del lavoro. «Il fatto che secondo l’osservatorio il numero delle nuove imprese sia aumentato del 6% purtroppo non significa nulla – spiega –. Sono molte le imprese che chiudono e la disoccupazione è a livelli quasi da Meridione.

La prima occupazione in questa città è un miraggio e troppi giovani sono costretti ad andarsene per trovare un impiego. Anche la ripresa è ancora un obiettivo lontano, o perlomeno non tale da modificare sensibilmente la situazione».

Intanto Fincantieri ha ritirato il proprio

«N A fianco, Giorgio Bornacin, coordinatore del Pdl a Genova

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piano industriale. Di chi sono i meriti? Cosa occorre fare ora per il rilancio della cantieristica a Genova?

«Quel piano non era stato concordato con il governo, come più volte ha ribadito il ministro Paolo Romani. E il merito del suo ritiro è proprio del governo, oltre che dei parlamentari liguri, della Regione, delle organizzazioni sindacali e dei lavoratori: tutti si sono impegnati, ognuno per quanto di propria competenza, per giungere a questo risultato.

D’altra parte era un piano che non poteva essere accettato dalla città e dalle forze politiche, nessuna esclusa: Genova è una città nella quale Fincantieri e le aziende legate a Finmeccanica rimangono parte preponderante del tessuto industriale. La cantieristica deve comunque essere ripensata anche e soprattutto in un’ottica di ammodernamento e di ricerca, cosa che forse doveva essere fatta negli anni d’oro del settore. Le nuove commesse e le assicurazioni del governo danno una boccata d’ossigeno, ma bisogna aprire al settore nuovi spazi: le crisi vanno prevenute e non inseguite».

Tra le priorità del sindaco Vincenzi per il 2011 figura il marketing territoriale. Come giudica le politiche della giunta per attrarre nuovi investimenti sul territorio?

«Il sindaco indica troppe priorità senza saper scegliere. C’è un episodio illuminante: l’ingegner Malacalza, noto imprenditore genovese, nell’inverno scorso voleva aprire in città una

Giorgio Bornacin

c

Nel piano casa la parola “attività produttive” non esiste e, quindi, lo sviluppo economico della città non potrà vederne i benefici

nuova azienda. Cercava un’area adatta, con dimensioni sicuramente disponibili. Alla fine ha aperto a La Spezia, dove hanno saputo fornirgli aree e servizi. Questo è un esempio concreto del marketing territoriale dell’amministrazione comunale genovese».

Quali interventi sono allora necessari? «È necessario un piano che individui aree, servizi e incentivi per attrarre investimenti, che possono arrivare grazie anche alla grande risorsa della vicinanza del mare. L’ipotesi di creare una zona industriale tra la Fiera e il Porto antico non va certo in questo senso».

A proposito di investimenti, quali sono prioritari oggi a livello infrastrutturale?

«Sulle infrastrutture non c’è bisogno di inventare nulla: le priorità sono terzo valico e Gronda, su entrambi il governo si è impegnato e ha fatto il suo dovere. Sul terzo valico è necessario risolvere nel più breve tempo possibile il contenzioso tra imprese e Ferrovie dello Stato, come il ministro Matteoli sta già facendo. Si tratta di un’opera essenziale non solo per la città ma anche per il Paese, in quanto costituisce il collegamento del mare con il Nord Europa. Quanto alla Gronda,

d

i soldi ci sono e bisogna solo definire il tracciato dopo un numero eccessivo e sfibrante di pubblici dibattiti. La Gronda libererebbe questa città. Il futuro di Genova si gioca su questo, creando una nuova infrastruttura che renderebbe fruibile anche la vecchia autostrada al traffico cittadino».

Come vede invece il futuro della città a livello urbanistico? Quali conseguenze potrà avere il piano casa, sul quale il Pdl in consiglio regionale ha votato contro?

«Dopo che la giunta comunale ha presentato il nuovo Puc, in un recente convegno il gruppo comunale del Pdl ha affrontato la questione: è emerso un piano vuoto e senza scelte nel quale ci può stare tutto. Quanto al piano casa, sarà del tutto ininfluente se non inattuabile: la parola “attività produttive” in quel piano non esiste e, quindi, lo sviluppo economico non ne potrà risentire. Una serie di estremismi voluti dalla parte più a sinistra della maggioranza gli impedisce di fatto di decollare, rendendolo inutile e vanificando gli sforzi del governo. Molte amministrazioni comunali se ne sono lamentate: la Regione se ne assumerà le responsabilità».

LIGURIA 2011 • DOSSIER • 93

FOCUS GENOVA

Trasformare il territorio per attirare investimenti a chiusura del 2010 ha confermato il quadro di una ripresa economica in atto, ma ancora debole sul territorio genovese e diseguale tra i diversi settori produttivi: questo almeno secondo l’indagine congiunturale di Confindustria Genova, per la quale i segnali più positivi nel secondo semestre dello scorso anno provenivano dal processo di recupero dei traffici marittimi e da un aumento della produzione industriale. Troppo poco però per alimentare concrete speranze, come conferma Giovani Calvini, presidente di Confindustria Genova.

«I dati – spiega – dimostrano che nella sua prima fase gli effetti della crisi a Genova sono stati minori rispetto ad altre aree del paese, soprattutto del Nord: questo a causa della struttura socio-economica della nostra provincia, che ha una bassa componente di valore aggiunto di origine industriale, una minore propensione all’export (comunque caratterizzato

L

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Giovani Calvini, presidente di Confindustria Genova, lamenta le difficoltà di edilizia e cantieristica.

E dice: «La città ha alcune chance da giocare, dagli Erzelli alle aree portuali» ma «bisogna decidere e soprattutto dar corso alle decisioni» Riccardo Casini

da produzioni per commesse pluriennali), una maggiore componente di redditi da pensione e da rendite finanziarie e una forte presenza di servizi pubblici. Tutto ciò ha permesso di attenuare gli effetti devastanti della crisi, ma per gli stessi motivi corriamo il rischio di agganciare più tardi la ripresa che è in atto soprattutto fuori dall’Italia. Inoltre il nostro è un sistema fragile in cui pochi sono i settori realmente trainanti dell’economia».

Quali stanno soffrendo maggiormente?

«L’edilizia è in persistente difficoltà e se a questo aggiungiamo lo stato “turbolento” della

Giovanni Calvini

cantieristica, le prospettive per l’immediato non sono affatto rosee. In questo quadro il semplice saldo sull’anagrafica delle imprese è un segnale positivo, ma non rilevante. Aspettiamo di conoscere i dati sul valore aggiunto, sull’occupazione e sull’esportazione per giudicare se e quanto siamo davvero sulla strada della ripresa».

Secondo la vostra indagine congiunturale, nel secondo semestre del 2010 gli investimenti sono aumentati del 14,9% rispetto all’anno precedente. Come favorire questo trend anche nel 2011?

«Quel dato è un indicatore tendenziale, riferito allo stesso periodo del 2009 in cui i valori assoluti degli investimenti furono bassissimi. In ogni caso, per incentivare realmente gli investimenti c’è bisogno di una politica forte, mirata e continuativa su progetti di trasformazione del territorio in grado di attirare nuovi insediamenti produttivi e di consolidare quelli esistenti. Non esistono imprese e di conseguenza investimenti “virtuali”, così come non bastano le buone intenzioni per convincere le imprese a investire sul nostro territorio. A Genova abbiamo alcune chance da giocare, dagli Erzelli alle aree portuali ad esempio: bisogna decidere e soprattutto dar corso alle decisioni».

Fincantieri intanto ha deciso di ritirare il proprio piano industriale. Come avete accolto questa decisione? Quale sarà ora il futuro della cantieristica a Genova?

«La decisione di Fincantieri ha dato ampia dimostrazione da parte dell’azienda a rivedere la propria posizione, sebbene in un contesto di grave difficoltà del settore navalmeccanico. Per questa ragione riteniamo che non debbano essere escluse a priori alternative all’attività di

costruzione che possano comunque assicurare il mantenimento della vocazione industriale dell’area e, quanto più possibile, il livello dell’occupazione. Anche alla luce di quanto emerso da una recente analisi del Centro studi Confindustria, senza l’industria manifatturiera non si crea Pil né valore aggiunto sul territorio: la nostra provincia, pur essendo la sede “storica” della grande industria, si posiziona a malapena a metà classifica tra tutte le provincie italiane per “valore aggiunto industriale” pro capite. Non possiamo permetterci di perdere altre posizioni».

Secondo l’Autorità portuale il traffico commerciale nel porto di Genova nel corso del 2010 ha fatto registrare una buona ripresa.

Come assecondarla? Di quali collegamenti infrastrutturali necessita urgentemente?

«Il quadro delle opere infrastrutturali che servono al nostro porto per svilupparsi secondo le sue potenzialità è noto e sufficientemente consolidato, in parte anche in corso di realizzazione, come nel caso del nodo ferroviario. Per qualche aspetto c’è ancora bisogno di definire l’iter approvativo di altre opere fondamentali, ad esempio del nuovo “porto d’Africa” a Voltri.

Oltre alle infrastrutture però c’è la necessità di migliorare il sistema dei servizi per la mobilità di merci e persone, che le nuove infrastrutture sono in grado di garantire, e di farlo in una logica non localistica, ma che abbracci l’intero Nordovest. Come sistema di Confindustria stiamo lavorando in questo senso».

Giovani Calvini, presidente di Confindustria Genova. Nella pagina a fianco, cantieri nell’area degli Erzelli

71.662 IMPRESE Le imprese attive in provincia di Genova a fine 2010 (+0,1% rispetto all’anno precedente)

27.875 EURO Il Pil procapite nel 2010: Genova è scivolata dal 36esimo al 40esimo posto nella classifica delle province italiane

LIGURIA 2011 • DOSSIER • 95

ACCESSO AL CREDITO

Un supporto per le piccole imprese l biennio 2008-2009 ha rappresentato per l’Italia la crisi più seria affrontata dal dopoguerra ad oggi. Nel 2010 si sono iniziati a cogliere i primi segnali di crescita, anche se contenuti. In questo scenario il sostegno economico da parte delle banche alle piccole imprese, considerate da più parti come il motore dell’Italia, si rivela indispensabile. «In Liguria l’attività industriale nel 2010 ha avuto una crescita dai toni più sfumati rispetto al dato nazionale – chiarisce Gabriele Delmonte, vicedirettore generale di Carige –. Dobbiamo, però, tenere presente che anche il calo produttivo post-crisi è stato meno accentuato che in altre aree del paese».

Come le imprese della Liguria stanno affrontando questo periodo e quali prospettive di sviluppo si stanno profilando?

«Vediamo un buon recupero dei traffici portuali e la ripresa dei comparti hi-tech che hanno beneficiato della ritrovata dinamica degli scambi con l’estero. Esaurite le commesse pluriennali acquisite prima del manifestarsi della crisi, incontrano invece difficoltà crescenti sia l’impiantistica che la cantieristica. Il tessuto produttivo ligure ha, quindi, nel complesso tenuto con un tasso di disoccupazione che, pur cresciuto, si mantiene inferiore alla media nazionale.

Le prospettive restano ancorate alla ripresa dei mercati internazionali dove le nostre imprese hanno migliorato il loro posizionamento competitivo, spostandosi verso produzioni di fascia alta. Sotto questo profilo le aziende liguri che hanno dimostrato flessibilità e capacità d’innovazione possono beneficiarne e aumentare il loro grado di internazionalizzazione. È per

I

Gabriele Delmonte, vicedirettore della Cassa di risparmio di Genova

98 • DOSSIER • LIGURIA 2011

Il sostegno alle pmi è uno degli assi portanti delle banche territoriali.

Gabriele Delmonte, vicedirettore generale di Carige, spiega le proposte messe in campo dalla banca genovese Nicoletta Bucciarelli

questi motivi che abbiamo deciso di supportarle istituendo una nuova Direzione di servizi alle imprese che si propone di offrire al cliente consulenza specialistica con rapidità, efficienza e sicurezza».

L’attenzione al segmento delle piccole e medie imprese è uno dei punti di forza per una banca come la vostra. Come siete venuti incontro alle esigenze di credito nel momento di difficoltà?

«Ci siamo proposti come modello di banca fondato sull’attenzione al territorio che fa leva su rapidità decisionale, vicinanza al cliente, flessibilità e trasparenza. Anche nei momenti in cui le imprese hanno avvertito difficoltà nell’accesso al credito noi abbiamo sempre garantito il nostro appoggio, tanto che nel 2009 durante la crisi i nostri impieghi in Liguria sono cresciuti del 13% e nel 2010 di un ulteriore 10%. Confrontandoci quotidianamente con le imprese constatiamo come la crisi abbia acuito i fattori di fragilità delle aziende, tra cui l’esposizione commerciale e la carente capitalizzazione che hanno mantenuto alto il fabbisogno di credito. Per far fronte a questa situazione puntiamo su due livelli di intervento. Da un lato aderiamo alle iniziative per il sostegno alle pmi promosse dall’Associazione bancaria italiana e collaboriamo con soggetti istituzionali tra cui la Cassa depositi e prestiti e la Banca europea per gli investimenti; dall’altro, aiutiamo le imprese a

Gabriele Delmonte

Il sostegno alle pmi è da sempre uno degli assi portanti della politica di sviluppo di Carige.

Per questo proponiamo un modello di banca fondato sull’attenzione al territorio

18 MESI

Il periodo di operatività dell’accordo

mila PMI

Le piccole e medie imprese a cui è stata concessa la sospensione dei debiti

gestire e prevenire le situazioni di difficoltà con operazioni specifiche finalizzate alla rimodulazione del rimborso del debito. Non dimentichiamo che anche le famiglie hanno pagato un conto pesante sia in termini occupazionali che di erosione dei risparmi. Ci è parso pertanto doveroso aderire alle iniziative proposte dall’Abi come il “Piano famiglie”, allargando peraltro lo spettro degli interventi anche nei casi in cui il cliente non presentava i requisiti previsti dall’accordo».

Ritornando al mondo delle imprese, e in particolare agli accordi siglati finora, ci sono dati circa l’esito di queste iniziative?

«Abbiamo aderito sin dalla fase di avvio all’accordo comune sul credito alle pmi e al successivo prolungamento del febbraio scorso.

A livello di sistema bancario, in circa 18 mesi di operatività dell’accordo era stata concessa la sospensione a circa 190mila piccole e medie imprese per un controvalore di finanziamenti pari a 56 miliardi di euro. Per quanto riguarda Carige, dagli ultimi dati rilevati possiamo dire che i crediti coinvolti nella moratoria superano abbondantemente il mezzo miliardo di euro e che in gran parte si riferiscono a mu-

tui e leasing immobiliari. Più contenuto, invece, è stato il ricorso per l’anticipo crediti e il leasing mobiliare».

Ritiene efficace questo accordo?

«Sono convinto che sia stata un’iniziativa ben compresa e apprezzata dalle imprese per tre ordini di motivi. Innanzitutto, ha visto il coinvolgimento di larga parte delle banche italiane che hanno fatto “sistema” e collaborato attivamente nell’affrontare le difficoltà degli imprenditori. In secondo luogo, hanno usufruito dell’accordo non solo imprese con problemi di liquidità ma anche aziende con una situazione migliore che si sono avvalse dell’opportunità di alleggerire temporaneamente il carico finanziario. Sono infine da valutare positivamente la proroga e l’ulteriore sviluppo dell’iniziativa, con la possibilità di accedere a strumenti di gestione del rischio di tasso. Penso che queste misure, unite a un modo di fare banca vicino al cliente e attento a coglierne tempestivamente i segnali di difficoltà, possa risultare vincente nella sfida di accompagnare lo sviluppo della nostra impresa nella competizione globale».

LIGURIA 2011 • DOSSIER • 99

ACCESSO AL CREDITO

Al fianco delle imprese savonesi Il ritorno degli investimenti nel terziario, un’impasse dell’imprenditoria giovanile, la necessità di mettersi in gioco. Sono alcuni degli aspetti che emergono dalla fotografia che Luciano Pasquale, presidente della Cassa di risparmio di Savona, scatta delle imprese locali Francesco Bevilacqua a piccola e media impresa è da sempre il sale dell’economia, la parte più fine e genuina della trama che forma il tessuto economico di una comunità. Dell’importanza delle pmi si sono rese conto anche le istituzioni, che hanno concesso delle agevolazioni fiscali alle aziende in difficoltà. «Bisogna tuttavia prestare attenzione perché un sostegno pubblico eccessivamente vantaggioso all’imprenditoria rischia di drogare il mercato». È questo il monito che lancia Luciano Pasquale, presidente della Cassa di risparmio di Savona.

Si può ipotizzare che nel Savonese la ripresa economica passi attraverso le piccole realtà?

«L’uscita da questa fase economica recessiva passa anche attraverso le pmi, ma non solo. Il nostro sistema produttivo è caratterizzato da imprese di livello medio-alto, magari unità locali di aziende internazionali, che sono i motori principali della ripresa. Le piccole imprese sono inserite soprattutto nei settori di riferimento dell’economia locale, come il turismo o l’edilizia, il cui rilancio è collegato a un aumento generale degli investimenti».

Si tratta quindi di un circuito che costituisce sostanzialmente un indotto rispetto a quello principale?

«Sicuramente l’indotto rappresentato da queste realtà imprenditoriali è consistente. Esso garantisce il ritorno degli investimenti che si prospettano sul nostro territorio, grazie a una fervente attività - oggi in forte espansione - che è non solo di produzione ma anche di servizio.

Savona è una provincia che ha nel porto e nel turismo i capisaldi del sistema economico e

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Luciano Pasquale è presidente della Cassa di risparmio di Savona

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l’ossatura di questi due settori è costituita in prevalenza da piccole e medie imprese. Il comparto turistico però ha bisogno che i fruitori dei servizi ritornino a investire, così come quello portuale necessita di un incremento dei traffici più sostanzioso e più importante di quello che si è registrato nel corso dell’ultimo anno».

Come istituto bancario qual è il vostro rapporto con le pmi savonesi?

«Abbiamo sempre sostenuto bisogni ed esigenze della piccola e media impresa. In que-

Luciano Pasquale

sto momento alle pmi non serve denaro da poter investire, ma un aiuto per far fronte a esigenze come la liquidità o la necessità di mantenere un assetto finanziario non troppo gravoso. Noi apparteniamo al territorio e per questo motivo lo conosciamo molto bene, abbiamo un contatto diretto e costante con numerose aziende locali e possiamo fornire un contributo importante. A testimonianza di ciò, vorrei sottolineare che siamo cresciuti come impieghi a un tasso superiore al dieci per cento annuo dal 2008 e questo è avvenuto principalmente sostenendo le piccole e medie imprese».

Quali sono i settori che vi vedono più interessati?

«Noi siamo coinvolti in quasi tutte le iniziative imprenditoriali che riguardano le pmi e in virtù di ciò le nostre attenzioni si concentrano più che altro sulla filiera dell’energia, su quella dell’edilizia e del settore manifatturiero. Interveniamo con continuità anche nel comparto servizi, nel commercio e nel terziario in generale, che nella provincia di Savona ha una grossa importanza».

Che ruolo hanno i giovani in tutto questo?

«Negli ultimi tempi c’è stata una ripresa dell’imprenditorialità giovanile che è durata fino alla fine dello scorso anno, mentre in questi primi mesi del 2011 la creazione di nuove imprese ha subìto un piccolo rallentamento.

L’avviamento delle attività imprenditoriali parte spesso dai giovani e questo, anche per loro, è un momento in cui è abbastanza difficile fare impresa, nonostante la disoccupa-

Le piccole imprese sono presenti soprattutto nei settori di riferimento dell’economia locale, come il turismo o l’edilizia

zione giovanile stia raggiungendo livelli mai toccati negli ultimi dieci anni».

Quali sono le prospettive per il prossimo futuro? «È mia opinione che la ripresa economica debba necessariamente passare attraverso un generale recupero della fiducia da parte dei cittadini. Gli operatori economici devono rendersi disponibili a rischiare, ad acquisire una mentalità che li spinga a diventare imprenditori mettendosi in gioco e scommettendo sulle proprie capacità. Per quanto riguarda noi, siamo comunque sempre pronti a sostenere imprese che abbiano contenuti d’innovazione e specifiche economiche e finanziarie adeguate. Talvolta ci troviamo di fronte a buoni piani d’impresa che, però, non sono supportati da determinate garanzie; in casi del genere si può portare avanti un lavoro coordinato con i consorzi di fidi, attivando quei meccanismi di tutela che permettono all’imprenditore di presentarsi alle banche oltre che con delle buone idee anche con delle buone basi di natura economica e finanziaria».

DONNE D’IMPRESA

Più dialogo con le amministrazioni locali Avere una donna come presidente dei giovani industriali di Genova è un bel segnale per le tante imprese rosa sul territorio, sostiene l’architetto Maria Teresa Gambino. Ma servono più certezze dalla politica Elisa Fiocchi

a Regione Liguria con il patrocinio del Comune, della Provincia e della Camera di Commercio di Genova ha sostenuto il dibattito “Ruolo della donna negli ultimi 150 anni: involuzione e/o involuzione”.

All’evento hanno partecipato le eccellenze femminili nell’ambito della sanità, della politica, della scienza e della cultura, passando in rassegna il ruolo delle figure femminili dal Risorgimento a oggi. Le attuali realtà europee sembrano testimoniare un ritorno delle donne nei ruoli di primo piano sebbene ci siano ancora pregiudizi sociali su cui è bene intervenire. L’architetto Maria Teresa Gambino, amministratore unico della Gambino Emilio Costruzioni di Genova, conferma le nuove opportunità delle imprese rosa rispetto al passato, ma ammette: «Occorre maggior impegno e tanta tenacia rispetto agli uomini e non ultima, una maggiore capacità organizzativa per conciliare il lavoro con la vita familiare».

Le imprenditrici della Toscana e del Lazio guidano la crescita dell’imprenditoria femminile del paese. Come giudica l’anda-

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mento delle imprese rosa in Liguria?

«Il fatto che l’attuale presidente dei giovani industriali di Genova sia l’ingegnere Nicoletta Viziano rappresenta un bel segnale, così come ci sono nella nostra regione molte donne a capo di aziende, per esempio nell’ambito portuale, dello shipping, degli spedizionieri, anche se per la maggior parte in aziende di famiglia, di cui sono la seconda o la terza generazione. Le problematiche delle imprese in Liguria e a Genova restano legate alle difficoltà di dialogo con le amministrazioni locali, alla mancanza di certezze e decisioni chiare dei politici che dovrebbero mostrare un po’ più di coerenza e coraggio, all’esasperata burocrazia a tutti i livelli e in tutti i campi. Tali fattori non incentivano nuovi investimenti, insediamenti industriali o interventi di riqualificazione del territorio».

Alcuni dati dimostrano quanto l’imprendi-

Maria Teresa Gambino

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Occorre maggior impegno e tanta tenacia rispetto agli uomini e non ultima, una maggiore capacità organizzativa per conciliare il lavoro con la vita familiare

toria femminile sia scarsamente supportata dalle istituzioni e dagli istituti bancari.

«Le difficoltà sono comuni a tutte le piccole e medie imprese, non solo quelle rosa. Gli istituti bancari in Italia sono disponibili a finanziare non il progetto, l’idea, ma chi ha basi patrimoniali sufficienti o offre garanzie affidabili. Finanziamenti pubblici sono stati messi a disposizione dalla Provincia e dalla Regione per incentivare la nascita o lo sviluppo di attività imprenditoriali femminili, soprattutto legate all’artigianato o al commercio, anche se non sempre gli incentivi hanno ottenuto il successo sperato e garantito la sopravvivenza delle iniziative. Penso che l’accesso al credito sia comunque condizionato dalla serietà dell’azienda, dalla fiducia e correttezza dei rapporti. Nel campo delle costruzioni, negli ultimi anni, alcuni interventi, in particolare di recupero delle facciate, hanno usufruito di finanziamenti pubblici e di istituti bancari, che hanno consentito il restyling di parti di città e opportunità di lavoro per imprese

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edili riunite in consorzi».

A tal proposito, il settore delle costruzioni ha risentito più di altri dell’avvento della crisi.

Quali soluzioni saranno in grado di offrire margini di crescita sostanziali per il futuro?

«La crisi del settore edile è dovuta alla mancanza di finanziamenti pubblici che ha bloccato da qualche anno opere necessarie: infrastrutture, edilizia residenziale pubblica, interventi per l’ adeguamento normativo di scuole, ecc. L’affidamento dei lavori al massimo ribasso non consente ad imprese serie e responsabili di essere competitive. L’incertezza procedurale scoraggia, come già detto, gli investimenti privati, anche perché quando, dopo infinite discussioni e lentezze burocratiche, si arriva ad ottenere la concessione, tutto è rimesso in discussione, nella maggior parte dei casi, dai ricorsi dei comitati o associazioni varie. Le amministrazioni in questo caso dovrebbero essere un po’ più decise e lungimiranti.

Alcune novità introdotte nella normativa esistente, che recepiscono le istanze dei soggetti interessati, amministrazioni, associazioni di categoria e sindacati, dovrebbero contribuire a modificare le regole, in modo da consentire gare d’appalto più trasparenti, lavori finiti con più qualità e sicurezza, pagamenti certi».

LIGURIA 2011 • DOSSIER • 105

DONNE D’IMPRESA

Un corso per entrare in banca Nel prossimo futuro le imprenditrici savonesi avranno a disposizione un manuale con consigli e facilitazioni per l’accesso al credito: dalla richiesta di un finanziamento alle nozioni giuridiche sulle responsabilità legali delle imprenditrici. Ne parla Federica Bagnasco Elisa Fiocchi iniziativa “Volti al femminile dell’imprenditoria savonese” è stata occasione di conoscenza approfondita di alcune delle più importanti imprenditrici del territorio, impegnate in diversi settori: edilizia, metalmeccanico, turismo, filiera del legno, e sanità.

Ciascuna, analizzando il proprio ambito, ha riscontrato differenti realtà che vanno dalla crisi, anche seria ormai in risoluzione a fasi di espansione, come il settore turistico. La situazione generale è complessa, ma rispetto alle altre province «Savona ha in cantiere numerosi progetti che se verranno realizzati porteranno lavoro e investimenti». La salute delle imprese rosa savonesi nel punto di Federica Bagnasco, presidente del Comitato per l’imprenditoria femminile di Savona.

Savona è stata la prima a ospitare il premio

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Profilo donna junior all’interno del progetto Donne e Futuro. Attraverso quali altre iniziative il Comitato di imprenditoria femminile offre sostegno e valorizzazione alle figure femminili?

«Non solo Savona è stata la prima città a ospitare il premio ma è nato nella nostra città perché la sua creatrice, l’avvocato Cristina Rossello, è savonese e questo ci rende pieni di orgoglio e soddisfazione. Il comitato offre prima di tutto un importante servizio informativo attraverso gli uffici della Camera di Commercio che divulgano le condizioni di vantaggio riservate alle imprese femminili; attiva convenzioni con le banche e i consorzi di garanzia per facilitare l’accesso al credito. I comitati lavorano per promuovere e valorizzare la presenza femminile nei luoghi decisionali dello sviluppo economico e la diffusione della cultura imprenditoriale».

Quali sono i principali ostacoli nella carriera della donne manager savonesi?

«Direi le stesse difficoltà che si trovano ad affrontare in tutta Italia, ossia la limitatezza di opportunità, manca perciò la possibilità di dimostrare il valore e la preparazione che a volte, per non dire spesso, è superiore a quella dei colleghi».

Dal rapporto di Unioncamere, a livello settoriale, i progressi maggiori si registrano nelle attività dei servizi di alloggio e ristorazione (+4.346 il saldo del periodo), del commercio (+4.129) e delle costruzioni (+4.016). Quali specificità contraddistinguono Savona?

«Nella nostra provincia l’impresa femminile rappresenta una percentuale molto significativa,

Federica Bagnasco

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Nella provincia di Savona l’imprenditoria femminile rappresenta una percentuale molto significativa

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superiore sia alla media ligure che a quella nazionale. Sono femminili, infatti, circa 8.000 imprese, poco meno di 1/3 del totale (contro 1/4 a livello nazionale), concentrate soprattutto nel commercio al dettaglio e nelle coltivazioni agricole, anche se gli ultimi dati dimostrano una crescita dell’attività manifatturiera, nelle costruzioni e nei servizi, a scapito del comparto agricolo».

Quali sfide attendono il comitato nei prossimi mesi? E quali proposte e iniziative hanno trovato riscontro nel 2011?

«L’idea è quella di concentrarci sulla formazione e sulla facilitazione dell’accesso al credito attraverso l’organizzazione di un corso pratico dove distribuire alle partecipanti un piccolo manuale sui passi giusti da compiere per chiedere un finanziamento e sulle responsabilità giuridico-legali delle imprenditrici. Fino a oggi abbiamo partecipato al convegno Lavoro & Donna e a incontri fuori regione perché siamo sempre più convinte dell’importanza di fare rete tra di noi e stiamo lavorando per rafforzarla».

mila IMPRESE

Il numero di imprese femminili nella provincia, poco meno di 1/3 del totale

LIGURIA 2011 • DOSSIER • 107

FISCO E TRIBUTI

La riscossione nell’accertamento Il nuovo tipo di accertamento fiscale diverrà titolo esecutivo e consentirà, ove non sia stata disposta la sospensione della riscossione in via cautelare, l’immediata aggressione del patrimonio del contribuente da parte di Equitalia. Lo spiega Victor Uckmar Nicolò Mulas Marcello

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Victor Uckmar, professore emerito dell’Università di Genova

ecuperare gli introiti erariali sottratti dall’evasione fiscale senza che a farne le spese siano i contribuenti più onesti. Questo è uno degli aspetti del convegno sulla riscossione dei tributi, organizzato dalla Fondazione Antonio Uckmar, svoltosi il 3 e 4 giugno a Sanremo. Un argomento sempre attuale e oggetto di continue proposte per arginare il fenomeno dell’evasione.

Stavolta l’attenzione si è focalizzata sull’esame e la portata del nuovo tipo di accertamento (disegno di legge n.78/2010 convertito in legge 122/2010), che tende ad assorbire tutti gli altri variamente operanti e soprattutto comporta la “concentrazione” della riscossione nell’accertamento stesso.

Obiettivo del seminario coordinato da Victor Uckmar, professore emerito dell’Università di Genova, è stato quello di approfondire, tutte le novità chiamando a raccolta i più autorevoli cultori della materia, per fornire accreditati contributi e stimolare adeguati convincimenti a fronte di questa ulteriore importante tappa evolutiva del nostro ordinamento fiscale.

Pochi giorni fa si è

110 • DOSSIER • LIGURIA 2011

concluso a Sanremo il convegno dal titolo «La concentrazione della riscossione nell'accertamento». Possiamo trarne un bilancio?

«Oltre 500 partecipanti, fra i quali il direttore dell'Agenzia delle Entrate Attilio Befera, hanno accolto l'invito della Fondazione Antonio Uckmar, nella tradizione dei “Venerdì di diritto e pratica tributaria” svoltasi a Sanremo nei giorni 3 e 4 giugno sul tema "La concentrazione della riscossione nell'accertamento". L'orientamento è stato di comprendere l'assoluta necessità di recuperare l'evasione, considerate le esigenze erariali, ma nel contempo non aggravare la tassazione dei "tartassati"; per la preoccupazione che venga meno la tutela dei contribuenti onesti, che potrebbero subire l'esecuzione coatta senza neppure conoscere l'accertamento in conseguenza della frequente irregolarità della notifica dell'accertamento».

Spesso sentiamo di maxi evasori che una volta scoperti per vari motivi riescono a patteggiare la loro pena senza particolari conseguenze. Ciò secondo lei non rappresenta un mancato disincentivo a questo tipo di comportamento?

«Certamente costituisce un disincentivo il constatare che maxi evasori chiudono la partita con un patteggiamento: ma il risultato può dipendere anche dal fatto della mancanza di prove sulla pretesa fiscale e poi il patteggiamento non sempre è consentito».

Victor Uckmar

Sarà forse un luogo comune, ma perché a pagare di più sono sempre e solo i piccoli evasori?

«L'evasione è vasta anche fra i piccoli. Vorrei conoscere chi, a fronte di lavoro artigianale o di professionisti (con eccezione di quelli che danno prestazioni a imprese con conseguente prelievo alla fonte) pretende una regolare fattura che per giunta è maggiorata dall'Iva».

Come andrebbe migliorato secondo lei il sistema fiscale in Italia?

«La risposta chiede studi approfonditi e non poche righe. I difetti principali del nostro sistema fiscale sono la pressione fiscale, la più alta in Europa, (dopo la Danimarca e la Svezia, ma qui, a fronte di alte tasse, ci sono servizi pubblici adeguati alle richieste), le sperequazioni (l'aliquota dell’imposta personale va dallo zero alla progressività fino al 50%), la complessità (male comune: negli Stati Uniti la legge base Irs è passata da 300 pagine ad oltre 30.000), l'evasione che spesso

Il convegno sulla riscossione dei tributi, svoltosi il 3 e 4 giugno a Sanremo

trova la legittimità normativa; così da tempo suggerisco che per le società di comodo (scatole per commissioni, partecipazioni agli affari) si adotti la trasparenza come per le società personali in modo che gli effettivi beneficiari finalmente appaiano nelle liste dei contribuenti».

Alla fine dello scorso anno l'assessore al bilancio della Regione Liguria, Sergio Rossetti denunciava un buco equivalente all'ammontare dell'intero fondo sanitario regionale, ovvero un miliardo e 350 milioni di euro. I dati dell'Agenzia delle Entrate di aprile 2011 parlano però di quota 300 milioni per quanto riguarda l'incasso della lotta all'evasione in Liguria nel 2010. La Liguria è davvero la regione che evade di più in Italia?

«Non credo che la Liguria sia la regione che evade di più in Italia, anche perché... manca la materia prima per via della crisi economica e anche per l'età dei contribuenti».

LIGURIA 2011 • DOSSIER • 111

FISCO E TRIBUTI

Un sistema fiscale più efficiente, cambiano le regole della riscossione Ci sono novità dal governo per quanto riguarda la riscossione coattiva dei tributi da parte di Equitalia.

Una maggiore elasticità per quanto le dinamiche di gestione delle riscossioni. Mauro Pastore spiega quali interventi Equitalia Sestri ha già in programma per migliorare il servizio Nicolò Mulas Marcello

ono state approvate alla Camera le mozioni di maggioranza e opposizione finalizzate a fare in modo che Equitalia sia più flessibile nella riscossione dei tributi. Nel testo si legge che il governo si impegna a introdurre elementi di maggiore flessibilità nella riscossione coattiva. Si potrà adottare una rateazione per quegli imprenditori che dimostreranno di non essere in grado di ottemperare alle scadenze fiscali e contributive per una temporanea difficoltà economica legata alla congiuntura negativa. Inoltre, per gli importi dovuti fino a 2.000 euro, l’agente della riscossione è tenuto solo a inviare al debitore solleciti di pagamento e per quanto riguarda l’espropriazione degli immobili, si eleverà a 20.000 euro l’importo al di sotto del quale non è possibile iscrivere ipoteca o procedere a espropriazione. Infine, verrà favorita la riorganizzazione del sistema della riscossione coattiva da parte dei comuni, verificando in tale contesto l’opportunità di concentrare l’operatività di Equitalia sulla riscossione dei crediti di natura tributaria e contributiva. «Le mozioni presentate nelle ultime settimane – sottolinea Mauro Pastore, amministratore delegato di Equitalia Sestri – prevedono diverse soluzioni che puntano a modificare l’attuale normativa con l’obiettivo, in particolare, di innal-

S Mauro Pastore, amministratore delegato di Equitalia Sestri

112 • DOSSIER • LIGURIA 2011

zare i limiti degli importi oltre i quali si può procedere al fermo amministrativo e all’ipoteca, mantenendo comunque l’efficienza del sistema. Equitalia è ovviamente pronta ad applicare in modo tempestivo le norme che verranno emanate».

Al fine di incrementare il tasso di adempimento spontaneo delle obbligazioni tributarie grazie a un’efficace sinergia tra l’attività di accertamento e quella di riscossione coattiva, l’Agenzia delle Entrate ed Equitalia hanno firmato la convenzione 2008-2010. Quali frutti ha dato questo accordo sul versante ligure?

«L’accordo principalmente ha migliorato lo scambio di informazioni tra l’Agenzia delle Entrate ed Equitalia: operazioni quali la trasmissione dei ruoli o quella degli sgravi sono indubbiamente molto più veloci, con un complessivo incremento nell’efficienza della riscossione. Inoltre, altro strumento di notevole efficacia, sono i tavoli tecnici, occasioni in cui si fa il punto sulle ricadute procedurali connesse alle novità normative, in modo da interpretare e affrontare in maniera coordinata tutto quel che incide sulla riscossione».

La convenzione prevedeva tra l’altro monitoraggi e scambi di informazioni periodici tra i due enti finalizzati al miglioramento delle azioni di prevenzione e contrasto all’evasione e alla verifica dei risultati conseguiti. Sul fronte della lotta al-

Mauro Pastore

l’evasione quali risultati sono stati ottenuti?

«Direi che i risultati siano testimoniati dalle cifre: per la Liguria la riscossione di tributi su ruoli dell’Agenzia delle Entrate è passata dai 110.876.368 di euro del 2009 a 136.029.297 del 2010, con un incremento del 22,68%».

Per quanto riguarda Equitalia Sestri quali iniziative sono in atto per migliorare il sistema di riscossione?

«Per noi migliorare il sistema di riscossione vuol dire non solo renderlo più efficace in valore assoluto, ossia aumentarne i volumi, ma anche renderlo più efficiente il che vuol dire anche, nei limiti del possibile, quindi nei li-

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Cerchiamo di informare il più possibile i cittadini degli strumenti che essi hanno già a loro disposizione, come le rateazioni e l’autotutela

136 mln EURO

L’ammontare dei tributi riscossi in Liguria nel 2010

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miti che le norme ci impongono, renderlo flessibile rispetto alle situazioni critiche che ci vengono manifestate. Per questo nel nostro ambito territoriale stiamo accelerando la firma di accordi con le associazioni di categoria e gli ordini professionali, perché attraverso questi soggetti diamo consulenza prima che si manifestino eventuali problemi, oppure soluzioni alle criticità che emergono prima che queste diventino emergenze. Abbiamo in programma l’apertura di un nuovo sportello a Genova, presso la sede centrale dell’Inps, cogliendo il duplice obiettivo di aumentare i punti di contatto con il pubblico e di farlo in sinergia con uno dei nostri principali referenti. Cerchiamo di informare il più possibile i cittadini degli strumenti che essi hanno già a loro disposizione, come le rateazioni e l’autotutela, per distribuire nel tempo il peso del debito fiscale e per alleggerire quello della burocrazia».

LIGURIA 2011 • DOSSIER • 113

IMPRENDITORI DELL’ANNO

La tecnologia è “in movimento” hi fa da sé fa per tre. Un detto che, sempre più spesso, premia gli imprenditori più lungimiranti, capaci di anticipare le tendenze e le evoluzioni del mercato, anche se ignorati da Stato e grandi industrie. È questo il caso della Phase Motion Control, società genovese oggi tra le più apprezzate nel campo del controllo del movimento e dell’automazione elettronica ed elettromeccanica. Un’avventura nata, quasi ricalcando le orme di molte storie di successo della Silicon Valley, nel soppalco di un magazzino. «Eravamo agli inizi degli anni Novanta e ci occorreva uno spazio in cui progettare – racconta uno dei fondatori della Phase, l’ingegner Marco Venturini -. Nel 1994 eravamo solo un team di progettisti e ricercatori, avevamo intravisto nell’allora nascente elettronica di potenza un nuovo mondo da esplorare».

Non trovando, però, interesse da parte delle grandi aziende, decisero di provarci da soli. Una classica impresa che nasce sulle idee, non sui capitali. Di lì a breve, come tutti sappiamo, il mercato IT è esploso. «Ben presto divenne evidente che le opportunità offerte dall’elettronica nel settore dell’energia e del controllo del movimento non potevano essere sfruttate con i tradizionali motori elettrici – racconta l’ingegner Marco Calvini, responsabile R&D-. E così

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Hanno contribuito allo sviluppo dell’automazione in Italia, puntando al mercato dei motori e dell’energia.

Eppure oggi, gli esperti della Phase Motion Control, rischiano di bloccare la loro produzione genovese.

Il motivo? Lo spiega l’ingegner Marco Venturini Aldo Mosca

Phase si mise a reinventare i motori, che controllati dall’elettronica potevano assumere le forme più inaspettate». Il gruppo realizza motori, tra gli altri, utilizzati per orientare i più grandi telescopi del mondo, come il VLT in Cile, il Grantecan alle Canarie e l’Alma nel deserto di Atacama. Inoltre si è specializzato nella realizzazione di attuatori lineari, simili a muscoli, che orientano gli ugelli dei razzi vettori, e poi dispositivi a disco, ad arco o lineari che muovono, attraverso l’orientamento dei campi magnetici e senza alcuna trasmissione o ingranaggio, grandi macchine utensili, robot o sistemi di misura.

La crisi, però, si è fatta sentire. «Gli ordinativi sono scesi fino all’ottobre 2010, per poi risalire improvvisamente. Il fatturato però si sta riprendendo solo adesso». Ad aver rappresentato, nell’ultimo biennio, un settore “cuscinetto”, è stato quello delle energie rinnovabili. «Negli ultimi anni, Phase ha focalizzato la propria ricerca e sviluppo nei grandi generatori per energie alternative, quindi eolico, fotovoltaico, mini idroelettrico e mareale, oltre che nella realizzazione di sistemi di trazione elettrica e ibrida per veicoli e imbarcazioni elettriche» spiega l’Ingegner Claudio Cavallante, che ha il non facile compito di gestire il marketing di una impresa molto tecnica e poco incline all’immagine.

Attualmente l’impresa genovese progetta e produce, oltre all’elettronica, motori e attuatori utilizzando la tecnologia dei magneti permanenti ad alta energia, che necessitano di terre rare quali neodimio, disprosio, samario. Tutti elementi re-

A sinistra, il progetto per la nuova sede del parco tecnologico Proxima. Nella pagina a fianco, alcuni operatori della Phase Motion Control alle prese con motori brushless per grandi macchine utensili.

In basso, la sede cinese dell’azienda di Genova www.phase.eu

Nel 1994 eravamo solo un team di progettisti e ricercatori, avevamo intravisto nell’allora nascente elettronica di potenza un nuovo mondo da esplorare

peribili quasi esclusivamente in Cina, motivo per cui il gruppo ha deciso di creare, nel 1999, una filiale cinese della Phase Motion Control. Un progetto ambizioso, non privo di rischi, nato con lo scopo di acquisire e controllare tale tecnologia, produrre in proprio i magneti ed essere presente sul promettente mercato dell’automazione e della robotica cinese. «Questa scommessa si è rivelata vincente, anche se all’inizio era sembrata una follia” – raccontano i tecnici Phase, sempre in viaggio tra Italia e Cina -. Oggi Phase Motion Control Cina opera su due stabilimenti, impiega 400 persone, e produce oltre 4500 servomotori elettronici al mese, di cui l’85% e’ destinato al mercato cinese. Negli ultimi anni l’azienda ha continuato a crescere, trasferendosi più volte e incrementando il proprio indotto occupazionale. È critico, però, il reperimento di un sito produttivo idoneo, se si pensa soltanto che i generatori eolici vantano diversi metri di dia-

metro e pesano alcune decine di tonnellate. Oggi Phase è di nuovo alla soglia di un trasferimento, e le difficoltà che incontra sono, a parole del suo fondatore, «tipiche del sistema Italia». Cosa è accaduto? «Nel 2007 abbiamo acquisito un terreno in Cina e uno a Genova, entrambi edificabili, allo scopo di realizzare in Cina la nuova fabbrica motori e in Italia la nuova sede, facendone un polo tecnologico della cibernetica e della conversione di energia. Il risultato è, ad oggi, sconfortante: in Cina il tutto è stato realizzato, da sei mesi 400 addetti vi lavorano, e addirittura gli architetti del Gruppo Argo di Vigevano, autori del progetto, hanno vinto un prestigioso premio di architettura internazionale. A Genova, nonostante il progetto sia da tutti apprezzato, la società LIGURIA 2011 • DOSSIER • 117

IMPRENDITORI DELL’ANNO

è ancora alle prese con le procedure autorizza-

tive». Insomma, in Italia la nuova struttura è ancora ferma sulle carte e l’incremento di occupazione che potrebbe generare sembra essere molto meno importante dell’interpretazione di mille regolamenti in contraddizione «Tutto questo ci priva della possibilità di avere spazi per laboratori, banchi prove, uffici: la semplice carenza di spazio ci impedisce di assumere ed espanderci. Attualmente abbiamo siglato contratti per la realizzazione di generatori eolici di grandi dimensioni che dovranno essere realizzati nel 2012. La conseguenza è che questi studi dovranno essere spostati nella sede cinese assieme ai loro progettisti. E questo non per motivi economici ma solo per l’improduttività e il disinteresse della burocrazia». Sempre secondo il numero uno della Phase, «da noi in Italia si lavora molto più che all’estero, e con migliore qualità.

Ma tutto ciò è vanificato dall’ossessione normativa, aggravata da una burocrazia deresponsabilizzata, e dall’eccessivo carico fiscale». Per il futuro, a prescindere se in Italia o in Cina, l’obiettivo da perseguire resta quello dell’innovazione.

Specie sul fronte delle rinnovabili. È prevista una progressiva trasformazione verso la trazione

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In Italia si lavora molto più che all’estero e con migliore qualità.

Ma tutto ciò è vanificato dalla burocrazia e dall’eccessivo carico fiscale

elettrica. L’azienda ha allo studio varie motorizzazioni per auto, mezzi commerciali e imbarcazioni tutti a trazione elettrica o ibrida. Ma è soprattutto nella gestione elettronica dell’energia che si determineranno gli sviluppi più interessanti. «Moltissimi progetti, che hanno impegnato gran parte delle nostre risorse R&D nell’ultimo quinquennio, sono giunti alla fase prototipale. Ci vorrà ancora qualche anno prima che questi nuovi prodotti possano essere proposti sul mercato – conclude Venturini -. Lo sviluppo di ogni nuova tecnologia richiede molti anni, e molta fede. Anche qui, il sistema Italia ha fatto danni, con norme e regolamenti che hanno virtualmente bloccato lo sviluppo delle energie rinnovabili per un paio di decenni, in particolare per l’eolico, facendo crescere i nostri concorrenti internazionali». Ma l’impresa, per fortuna, non si arrende.

IMPRENDITORI DELL’ANNO

Puntiamo su flessibilità e aggiornamento industria italiana spicca il volo verso l’internazionalizzazione e lo fa anche attraverso una classe imprenditoriale capace di intuire le attuali esigenze di un mercato in continuo mutamento. La tecnologia è il volano di questo processo di rinnovamento globale a cui le imprese devono aderire puntando sulla flessibilità produttiva e l’aggiornamento continuo delle risorse a disposizione. È questo il percorso intrapreso da Interfron, azienda genovese operante nel settore dei sistemi di sollevamento dal 1955. La caratteristica distintiva di questa realtà è da sempre la capacità di innovarsi e di garantire soluzioni di altissima qualità ritagliate sulle specifiche esigenze del cliente. Obiettivo che la Interfron intende perseguire grazie ad una consolidata posizione sul mercato, ai prestigiosi marchi internazionali adottati e ad una gamma di prodotti in costante aggiornamento. Ne parliamo con Gian Carlo Fronzoni, titolare dell’azienda.

L’

In queste pagine, fasi operative della Interfron Spa di Rapallo (GE) www.interfron.it

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Anche il settore dei sistemi di sollevamento cresce grazie all’innovazione tecnologica e alla capacità di alcune aziende italiane di investire nella ricerca di soluzioni sempre più all’avanguardia. L’esempio imprenditoriale della Interfron Erika Facciolla

Quali sono le caratteristiche tecniche di Herc-Alloy?

«Si tratta di un sistema divenuto sinonimo d’alta qualità nelle catene di sollevamento ad elevata resistenza, indispensabile nelle acciaierie, fonderie e impianti di laminazione dove calore e stress meccanico impongono soluzioni di sollevamento con impiego di prodotti sicuri e affidabili. Interfron ha sempre fornito questa catena con relativo accessoriamento che a tutt’oggi rimane ineguagliata per qualità e affidabilità».

Nello specifico, come avviene il collaudo di queste apparecchiature prima e dopo l’assemblaggio?

«Tutte le nostre imbracature e relativi accessori sono testati e collaudati tramite prove di trazione al nostro banco prova e dotate sia di certificato cartaceo sia di targhetta metallica dove sono riportati i dati prescritti dall’attuale normativa di riferimento, garantendone la rintracciabilità».

Per quanto riguarda le brache da sollevamento, quali sono le soluzioni proposte?

«Il nostro marchio di punta è Twin-Path che produciamo in esclusiva sul mercato nazionale. Esso include avveniristiche funi tonde in fibra K-Spec. Un prodotto destinato a sostituire le tradizionali imbracature d’acciaio».

Uno dei fiori all’occhiello dell’azienda è

Gian Carlo Fronzoni

Maxigrip, divenuto ormai un marchio affermato nel mercato. Quali sono le caratteristiche distintive e la gamma di prodotti che include?

«Maxigrip è un punto di riferimento sul mercato delle morse e pinze di sollevamento per prodotti industriali d’acciaio o manufatti in cemento per l’edilizia e l’ingegneria civile.

Anche per questi marchi viene proposta una vastissima gamma di prodotti in grado di movimentare in piena sicurezza sia in verticale che in orizzontale, lamiere, tondi, profilati, rotaie, cordoli, pozzetti in cemento armato, vergella, fusti e barili. Una sezione particolare è dedicata allo studio e realizzazione di morse e pinze speciali per la movimentazione di prodotti industriali e civili di varia natura e foggia. Il loro funzionamento è garantito da un sistema meccanico di blocco ad alta sicurezza per l’operatore».

Flessibilità e innovazione. Come siete riusciti a perseguire questa filosofia professionale?

«Sicuramente attraverso un processo di rinnovamento continuo e dotandoci di una struttura interna flessibile e qualificata. È anche grazie a queste scelte che oggi siamo in grado di proporre attrezzature speciali quali bilancini di sollevamento fissi e regolabili, ganci a C per sollevamento di coils, forche di carico, fasce speciali con maniglioni, pinze di sollevamento per particolari meccanici e sistemi oleodinamici ad alta pressione per l’automazione flessibile forniti “chiavi in mano”.

Tutto lo ‘speciale’ è affidato al nostro moderno ufficio tecnico che si avvale di avanzati supporti informatici per studiare e progettare le attrezzature lavorando spesso in simbiosi con i tecnici dei nostri clienti sino alle fasi di montaggio e collaudo».

L’attività di Interfron si traduce anche nella formazione. Quali sono le iniziative intraprese in tal senso?

«Oltre alla consueta assistenza post vendita,

Maxigrip è un punto di riferimento sul mercato delle morse e pinze di sollevamento per prodotti industriali d’acciaio o manufatti in cemento per l’edilizia e l’ingegneria civile

Interfron propone corsi di formazione finalizzati a sensibilizzare il personale addetto ai vari sistemi di sollevamento sull’uso corretto e sui limiti applicativi delle varie tipologie degli imbrachi e accessori. Alla fine di questi corsi a tutto il personale intervenuto è rilasciato un diploma di partecipazione».

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Verso i mercati esteri Il particolare settore dei prodotti per la lubrificazione rappresenta uno spaccato chiaro e fedele delle sfide e delle difficoltà che le piccole e medie imprese italiane si trovano oggi ad affrontare. Lo descrive Cesare Parodi Francesco Bevilacqua

untare con decisione verso i mercati esteri. È questa la decisione che ha preso Cesare Parodi valutando il complesso contesto commerciale e normativo in cui la Viscol, l’azienda di prodotti lubrificanti che ha fondato nel lontano 1955 e che ancora oggi dirige, si deve districare. La delocalizzazione di alcuni importanti settori industriali e un regime tributario penalizzante per l’operatore nazionale, ma allo stesso tempo benevolo nei confronti delle frodi sulle importazioni, lo hanno spinto a puntare verso l’estero: «Oggi il fatturato realizzato con i paesi europei, ma soprattutto con quelli extra europei, è pari a circa il sedici per cento. In particolare l’azienda punta sui paesi in via di sviluppo piuttosto che su quelli più avanzati. Infatti nei paesi europei o nord americani esistono moltissimi concorrenti che offrono una gamma completa di prodotti di qualità, soddisfacendo tutte le esigenze della domanda, con un scarso “appeal” verso il prodotto tecnico italiano». Parodi ha le idee chiare anche in merito alle mancanze della politica governativa nella tutela dell’imprenditoria locale: «Le nostre im-

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Fasi di lavoro all’interno della Viscol di Ronco Scrivia (GE) www.viscolspa.it

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prese all’estero dovrebbero vivere molto di sub fornitura, ma l’Italia non ha un sistema capace di penetrare con le grandi imprese trascinando con sé il lavoro delle piccole specializzate, consentendo quindi a queste di crescere, anche e soprattutto dal punto di vista tecnologico. Così come risultano di scarsissimo aiuto gli uffici ICE o le formule di assicurazione dei crediti, che vengono concesse solamente quando ci sono clienti assolutamente solvibili e quindi non ci sarebbe bisogno di assicurare gli stessi; non siamo mai riusciti ad avere un aiuto efficace in questo senso.

Abbiamo invece utilizzato più volte gli incentivi agli investimenti, nei quali crediamo fermamente per lo sviluppo dell’azienda, più favorevoli alle piccole e medie imprese che non alle grandi». Parodi individua nel quadro legislativo una diseguaglianza penalizzante per le piccole realtà: «Soprattutto in Italia, la “compliance” con le diverse normative di carattere ambientale, fiscale e di sicurezza ha assunto un’importanza e un costo rilevanti, creando notevoli difficoltà a questa categoria di imprese, praticamente soggette alle stesse normative previste per le grandi aziende chimiche o petrolifere e questo sta determinando un grave elemento discriminatorio e un evidente svantaggio competitivo». Nonostante questi ostacoli, la Viscol ha saputo ritagliarsi un ruolo di rilievo, soprattutto nel settore dei grassi lubrificanti: «Il successo – prosegue Parodi – dipende innanzi tutto dalla corretta percezione delle proprie possibilità sul mercato e dal posizionamento strategico dell’impresa, che deve essere perseguito con fiducia, senza atteggiamenti ondivaghi, nel lungo periodo. Per un’azienda come la nostra è velleitario perseguire una strategia di copertura totale

Cesare Parodi

del mercato o legata al vantaggio competitivo basato sul basso prezzo. La differenziazione e la specializzazione, o meglio la specializzazione selettiva, sono un imperativo assoluto. Per perseguire questa politica, la continua ricerca di nuovi prodotti e l’investimento in flessibilità produttiva per poter offrire al mercato la più ampia gamma possibile, sono essenziali». La situazione nostrana sembra migliorare quando si passa a parlare di una tematica fondamentale per quanto riguarda la questione ambientale, ovvero lo smaltimento dei lubrificanti: «Il sistema della raccolta degli oli usati e della rigenerazione degli stessi – spiega Parodi in proposito – fa dell’Italia una nazione all’avanguardia in questo campo.

L’esistenza di un consorzio obbligatorio per legge consente una raccolta degli oli esausti molto efficiente. Il meccanismo del contributo pagato dall’impresa che immette in consumo il lubrificante, consente al detentore del lubrificante esausto di poter eliminare, nella maggior parte dei casi,

gratuitamente il rifiuto, grazie all’intervento del consorzio e questo schema ha sempre offerto buoni frutti. Recentemente la Commissione europea ha modificato la propria legislazione, confermando la priorità se non l’obbligatorietà di questa soluzione di smaltimento per gli oli esausti raccolti». Come svela Parodi, questa particolare attività ha anche importanti implicazioni sul mercato dei prodotti per la lubrificazione: «Senza voler entrare in valutazioni specifiche sull’efficacia e sulle garanzie per l’interesse pubblico conseguenti all’adozione dei diversi sistemi, va ricordato che storicamente le basi lubrificanti provenienti dalla rigenerazione hanno sempre avuto una funzione calmieratrice del mercato per le società indipendenti rispetto all’acquisto delle basi di prima raffinazione, per definizione nella disponibilità delle società petrolifere produttrici. Questa funzione ha perso quasi totalmente la propria efficacia a seguito di alcune decisioni politiche e normative assunte negli ultimi anni».

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Investire contro la crisi i sono settori nei quali la concorrenza asiatica è spietata. Per esempio nel mercato degli articoli gomma, silicone liquido e solido, a causa della pesante crisi economica degli ultimi anni e dello svantaggioso rapporto euro/dollaro, alcune realtà italiane hanno risentito, soprattutto nell’ambito delle esportazioni, della concorrenza cinese. La Tecno Rubber, azienda specializzata nella realizzazione mediante stampaggio a iniezione di prodotti in gomma e silicone, nonché nella lavorazione di materiali termoplastici, ha fatto fronte alla competizione cinese mediante una politica di investimenti a 360 gradi. «Per far fronte alla crisi dei nostri settori di riferimento, nonché alla concorrenza della Cina sulle esportazioni – afferma Ciro Giaquinta, titolare dell’azienda - abbiamo investito sull’innovazione, il settore ricerca e sviluppo, il design, ampliando e migliorando questi reparti allo scopo di automatizzare il processo produttivo». L’intero processo produttivo in Tecno Rubber è seguito dalle fasi iniziali, progettuali, fino all’emissione sul mercato, ivi compresi anche lo studio e la realizzazione degli stampi specifici, in modo da garantire al cliente un supporto costante. «L’attività di stampaggio a iniezione – spiega Giaquinta - consiste in una lavorazione specifica di gomma e silicone, effettuata tramite un processo definito “vulcanizzazione”, che trasforma la materia prima in semilavorati che vengono successivamente assemblati in prodotti finiti destinati al mercato. In Tecno Rubber utilizziamo anche un’altra particolare tecnica definita sovrastampaggio che consiste nella sovrapposi-

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Per far fronte alla recessione e alla concorrenza asiatica, la strategia messa in atto dalla Tecno Rubber punta sugli investimenti, tecnologici, ma anche rispetto alle risorse umane. L’esperienza di Ciro Giaquinta Luca Righi zione all’atto dello stampaggio di materiali di diversa base polimerica, quali ad esempio silicone, plastica e gomma». Gli articoli così prodotti trovano applicazione in diversi settori: subacqueo, medicale e, in virtù della specificità delle lavorazioni, sono impiegati anche nell’ambito delle realizzazioni tecniche, che richiedono un continuo e costante aggiornamento per poter essere competitivi. Oltre agli investimenti in tecnologie, ricerca e sviluppo, negli ultimi anni l’azienda ha infatti investito molto anche sulle risorse umane: «troppo spesso e in troppe aziende le persone sono relegate a semplice numero – afferma Giaquinta -. La formazione, la motivazione e la crescita delle persone sono uno dei più importanti punti di forza della nostra realtà». Grazie alla sua strategia imprenditoriale, Tecno Rubber ha mantenuto in questi anni difficili buoni livelli di competitività nel mercato europeo e, forte dei risultati raggiunti, ha deciso di investire anche nei Paesi circostanti. «Volendo far fronte all’ondata Asiatica – conclude Ciro Giaquinta - l’impiego di forze in aree produttive maggiormente economiche è l’unica chance per entrare in mercati altrimenti irraggiungibili.

Una scelta, quindi, non preposta a un maggior guadagno sulla minor spesa ma a una produzione destinata a tutti i settori, sia a quelli altamente professionali che a quelli più economici e di più ampia distribuzione».

Uno dei macchinari della Tecno Rubber.

L’azienda ha sede a S. Colombano Certenoli (Ge) www.tecnorubber.com

IMPRENDITORI DELL’ANNO

Produzioni ad alta affidabilità Affrontare la globalizzazione economica con successo vuol dire essere in grado di strutturare l’attività aziendale seguendo l’andamento dei mercati internazionali e dello sviluppo tecnologico. Il caso di Hypertac nell’analisi di Giuseppe Lancella Erika Facciolla

n un’economia dominata dalla globalizzazione dei mercati, le aziende di quasi tutti i comparti produttivi devono farsi trovare pronte ad attuare quei cambiamenti organizzativi, logistici, commerciali e produttivi indispensabili al mantenimento di un certo livello di competitività e vitali per il business aziendale. La tecnologia è il volano di questo cambiamento, risorsa preziosa per l’industria e strumento fondamentale su cui le aziende devono investire per rimanere concorrenziali. Illuminante, in tal senso, l’esempio di Hypertac, leader internazionale nella fornitura di connettori elettrici e soluzioni di interconnessione per le applicazioni elettriche ed elettro-

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niche ad alte prestazioni. La società vanta oltre cinquanta anni di esperienza nello sviluppo di soluzioni innovative per le applicazioni ad alta affidabilità nei mercati militare, avionico, spaziale, industriale, ferroviario, medicale e del test e misura. Hypertac fa parte del Gruppo Smiths plc, una multinazionale presente in cinquanta paesi, e in particolare del Gruppo Connettori della divisione Smiths Interconnect, che riunisce aziende operanti nella produzione di componenti elettronici ad alta affidabilità. Giuseppe Lancella, amministratore delegato di Smiths Connectors Europa, analizza il momento che l’azienda sta vivendo.

Quale valore aggiunto dà, a suo parere, l’internazionalizzazione?

«L’inserimento in un gruppo multinazionale ci ha consentito di acquisire una maggiore visibi-

Giuseppe Lancella

lità sul mercato globale, grazie ad una graduale azione di sviluppo del brand Hypertac. Sono stati aperti nuovi canali di vendita, uffici commerciali e centri di assemblaggio in alcuni paesi low cost, quali India e Tunisia. Lo sviluppo tecnico già effettuato nelle altre unità del Gruppo Connettori ha consentito il completamento della gamma di tecnologie e prodotti».

Cosa vuol dire far parte del gruppo Smiths?

«L’appartenenza a un gruppo come Smiths ci dà la possibilità di avere accesso a una pluralità di informazioni di marketing e di arricchire il nostro bagaglio di competenze e conoscenze. In definitiva l’ingresso nel mondo Smiths ha portato in dote una nuova cultura aziendale, arricchito la nostra offerta e ampliato la presenza in mercati interessanti».

Altro asse portante del vostro business è la ricerca di acquisizioni per conquistare nuovi target e nicchie di mercato.

«Negli anni alla crescita organica si è aggiunta quella realizzata attraverso le acquisizioni di aziende operanti in nicchie ad alta tecnologia: l’ultima di queste ha portato nel gruppo Connettori la società americana IDI, un pioniere nella tecnologia dei contatti a molla miniaturizzati».

Quali comparti hanno risentito di più della crisi e quali vivono oggi una fase di sviluppo?

«Hypertac si rivolge ad una varietà di mercati e questa differenziazione ci ha permesso di fronteggiare meglio la crisi. Le quattro aziende europee del gruppo operano in paesi diversi, per cui hanno vissuto in maniera differente il momento. Oggi vediamo una forte ripresa del mercato industriale, con interessanti nicchie nei settori dell’auto elettrica, delle energie rinnovabili e del medicale. Il settore militare, invece, subisce gli effetti dei tagli dei budget decisi dai Ministeri della Difesa di numerosi Paesi».

Quanto conta nella vostra realtà l’investimento su ricerca e sviluppo?

«La nostra attività R&D è orientata a soddisfare le esigenze particolari. La nostra azienda è “customer driven”, in quanto come dei “sarti”, siamo in grado di cucire un vestito su misura per i nostri clienti, grazie alla flessibilità della nostra tecnologia. La flessibilità ha consentito modifi-

che “evolutive” e la realizzazione del contatto a molla a iperboloide, o del contatto ad altissima densità».

Quali sono le caratteristiche distinguono Hypertac da altre aziende del settore?

«La caratteristica che i nostri clienti apprezzano è il forte orientamento alla personalizzazione: abbiamo tutte le risorse necessarie per realizzare un connettore confezionato “su misura” per il cliente. A questo va aggiunto un know-how di prim’ordine nel campo dell’ingegneria meccanica, della lavorazione dei metalli, della scienza dei materiali e delle tecniche di cablaggio».

Quali le prospettive e gli obiettivi per il futuro?

«Stiamo vivendo un momento di profondo cambiamento: abbiamo un nuovo modello di organizzazione europea, basato su quattro centri di eccellenza per mercato e un centro di produzione principale per i prodotti standard ad alto volume. Queste modifiche organizzative sono necessarie per permettere al gruppo Connectors Europa di rimanere competitivo sul mercato e per favorirne la crescita, aumentando le risorse qualificate e migliorando le efficienze produttive. Se da un lato puntiamo su una maggiore focalizzazione in settori e applicazioni consoni al nostro tipo di prodotto, dall’altro la nostra mission è quella di offrire soluzioni di connessione e non semplici prodotti».

Giuseppe Lancella, amministratore delegato di Smiths Connectors Europa www.hypertac.com

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Macchinari più sicuri ed efficienti endita all’ingrosso di materiali per saldatura e prodotti industriali, ma anche di articoli per il commercio e l’artigianato, affiancata da un servizio di assistenza all’avanguardia, con l’obiettivo di soddisfare le esigenze dei partner. È questa la missione de La Saldomec, azienda nata nel 1978 a Sarzana, in provincia di La Spezia, dove tutt’ora opera. «Siamo una realtà in crescita - spiega il suo amministratore Vincenzo Sauchelli – e, oltre allo stabilimento di Sarzana, abbiamo una sede operativa anche a Venticano (AV), dove disponiamo di modernissime attrezzature per la riparazione e certificazione degli impianti. Siamo inoltre dotati di un automezzo pesante e sei furgoni, che ci rendono indipendenti sia per il ritiro che per la consegna della merce. Trent’anni di attività fanno di noi un punto di riferimento

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Vincenzo Sauchelli, amministratore de La Saldomec di Sarzana (SP).

Nelle altre immagini, momenti di lavoro all’interno dell’azienda saldomec@yahoo.it

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Competenze tecniche approfondite, una fitta rete commerciale e un servizio di assistenza altamente specializzato.

Il mondo della saldatura e delle macchine industriali secondo l’esperienza di Vincenzo Sauchelli Guido Puopolo

per tutto il mercato, tanto che, tra i vari produttori di saldatrici rappresentati in esclusiva dalla nostra azienda, annoveriamo marchi come ITW Welding Products, Miller, Esab e Kempi».

Un lavoro delicato, che richiede conoscenze specifiche, un elevato livello di specializzazione e grande flessibilità: «Nel corso degli anni abbiamo maturato un’esperienza notevole in alcuni ambiti strategici, come la navalmeccanica e la caldareria, settore che si occupa della lavorazione della lamiera per la costruzione di impianti per l’industria petrolifera. Per diversificare la nostra offerta abbiamo inoltre puntato sulla commercializzazione e realizzazione di impianti di aspirazione fumi e di macchinari per il taglio a getto d’acqua, proponendo una gamma di prodotti innovativi e versatili. Siamo orgogliosi – continua Sauchelli - di aver contribuito, nel nostro piccolo, alla crescita di molte aziende manifatturiere, soprattutto per quel che riguarda la ricerca e l'applicazione di nuove tecnologie».

In particolare, Saldomec è da tempo impegnata nella promozione di tecnologie innovative, capaci di garantire una maggior tutela dell’ambiente affiancata a un notevole risparmio energetico, con conseguente miglioramento anche delle condizioni di lavoro degli operatori. «Recentemente abbiamo eseguito lavori di rottamazione di impianti di saldatura

Vincenzo Sauchelli

Recentemente abbiamo eseguito lavori di rottamazione di impianti di saldatura tradizionali, sostituendo gli stessi con macchine a tecnologia a inverter, costruite secondo i nuovi standard internazionali

tradizionali, sostituendo gli stessi con macchine a tecnologia a inverter, costruite secondo i nuovi standard internazionali. Tali norme prevedono, tra le altre cose, l’eliminazione di sostanze tossiche, come ad esempio il nichel, nella produzione della componentistica elettronica. Oltre all’aspetto costruttivo, inoltre, la tecnologia inverter consente un significativo risparmio da un punto di vista energetico se si considera che, rispetto ad una saldatrice tradizionale, con una macchina di questo tipo si possono ridurre i consumi sino al 60%».

Continuità, affidabilità e valorizzazione delle risorse umane sono i valori alla base dell’attività aziendale, come sottolinea Sauchelli: «Sono ormai trentatré anni che ricopro la carica di amministratore, sempre affiancato dagli altri due soci fondatori, Emanuela Cresti e Giorgio Battilani. Lo stesso vale anche per i nostri dipendenti, che ci hanno accompagnato in tutte le fasi di crescita aziendale».

Proprio lo stretto legame creatosi tra la proprietà e i lavoratori ha rappresentato un valore aggiunto in un momento di difficoltà, permettendo all’azienda di superare la fase

più acuta della crisi: «Anche noi, come tutti, abbiamo subito le conseguenze di quella che è stata, e in parte è tuttora, una delle peggiori crisi economiche della storia. Nonostante questo siamo riusciti a non licenziare nessun componente dello staff né abbiamo avuto bisogno di ricorrere a strumenti come la cassa integrazione, preferendo invece investire per valorizzare il capitale umano a disposizione.

A testimonianza del nostro impegno, nei prossimi mesi i nostri tecnici avranno la possibilità di frequentare, presso l’Istituto Italiano della Saldatura, corsi di formazione mirati, indispensabili per aggiornare le loro conoscenze e competenze». L’azienda è pronta dunque a ripartire di slancio, e Sauchelli traccia strategie e obiettivi futuri: «Per affrontare le nuove sfide del mercato serviranno forte spirito imprenditoriale e, perché no, un pizzico di incoscienza. Vogliamo diventare non solo rivenditori, ma anche partner di quelle aziende alle quali forniamo attrezzature e materiali, certi che mai come oggi sia importante fare sistema, per mettersi definitivamente alle spalle i problemi e guardare al futuro con più serenità».

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Strategie aziendali e facility management Una realtà giovane e dinamica, le cui attività spaziano dal settore impiantistico all’edilizia, che fa dei propri lavoratori, della qualità e dell’innovazione, il capitale più importante.

Come affermarsi sul mercato, anche in un periodo di crisi, secondo l’esperienza di Anna Chiesa Guido Puopolo

uella del facility management può essere ormai considerata una vera e propria scienza aziendale, che negli ultimi anni ha trovato numerosi sostenitori anche nel nostro paese, soprattutto tra quelle imprese consapevoli del fatto che un’efficiente gestione dei servizi di supporto al proprio core business può rappresentare un elemento assai rilevante per il successo dell’azienda stessa. Nell'accezione oggi più utilizzata, per facility management si intende principalmente tutto ciò che afferisce alla gestione di edifici ed impianti a essi connessi, quali gli impianti di condizionamento, elettrici, idraulici, dati, d'illuminazione, ma anche, ad esempio, i servizi di pulizia, ristorazione e giardinaggio. Sicuramente un’attività pioneristica in questo senso è stata svolta da MBB IT spa, società genovese fondata da Nicola Bisso nel 1991, come racconta l’amministratore delegato, Anna Chiesa: «MBB nasce come azienda attiva principalmente nel settore dell’impiantistica. Negli anni, assecondando un trend di mercato allineato alla crescita di interesse per l’outsourcing di tutte le atti-

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Anna Chiesa, amministratore delegato della MBB di Genova.

Nella pagina a fianco, alcuni progetti sui quali ha lavorato l’azienda www.mbb.it

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vità non cruciali, l’azienda ha avviato una sostanziale metamorfosi. Questo ha portato ad aggiungere, accanto alle attività specialistiche eseguite dalla società, anche ciò che un tempo veniva “ruvidamente” definito come manutenzione, e che oggi ha trovato la sua naturale evoluzione, sia da un punto di vista formale che sostanziale, proprio nel concetto di facility management».

Progettazione, costruzione e manutenzione di ciò che è fisicamente deputato ad accogliere attività pubbliche e private, commerciali o industriali, ma anche ospedali e impianti sportivi, rappresentano dunque le attività principali dell’azienda, con la garanzia di un servizio completo e qualificato: «Oggi possiamo definirci a pieno titolo specialisti nell’impiantistica elettrica e termoidraulica, così come nella ristrutturazione costruzione edile. Grazie all’esperienza maturata prosegue Chiesa – siamo in grado di proporci sul mercato come interlocutore unico, capace di coprire, con alti standard qualitativi, ogni singolo aspetto della catena di valore dell’impiantistica, della manutenzione e della posa in opera di strutture edili». Senza

dubbio un ruolo fondamentale nella crescita del gruppo è stato svolto dall’attuazione di un’attenta politica di valorizzazione delle risorse umane presenti in azienda ed alla ricerca continua della qualità nei servizi, nell’innovazione e nel consolidamento di clienti e fornitori. In questo senso il 2011 ha visto l’avvio di importanti investimenti nel campo della formazione e della ricerca, l’unico antidoto capace di sconfiggere la crisi: «Per gestire in maniera efficiente ed efficace un’azienda – sottolinea l’amministratore delegato Anna Chiesa – credo sia necessario prestare la massima attenzione alla qualità del lavoro e della vita di tutti i membri che ne fanno parte, indipendentemente che si tratti di operai, collaboratori o di persone che operano sull’ultimo gradino del management, mettendo a loro disposizione gli strumenti necessari a svolgere i rispettivi compiti nel miglior modo possibile, fornendo loro, linee guida, obiettivi e strumenti per operare.

Come? Per esempio investendo sulla loro formazione, la sicurezza, la tutela della salute, ma anche migliorando le condizioni dei luoghi di lavoro. Solo applicando regole chiare, e valide per tutti, si possono raggiungere risultati positivi in termini di efficienza ed efficacia, indispensabili per un’azienda come la nostra».

Tra le prime realtà in Italia ad aver ottenuto la certificazione integrata del proprio sistema aziendale, MBB opera in conformità agli standard di qualità previsti dalla certificazione Uni En Iso 9001, oltre a essere dotata di attestazione Soa, per la realizzazione di lavori di restauro conservativo degli immobili soggetti a tutela della Soprintendenza alle

Oggi possiamo definirci a pieno titolo specialisti nell’impiantistica elettrica e termoidraulica, così come nella costruzione edile

Belle Arti. «Non solo certificazione integrata - conclude Anna Chiesa -. Nel 2010 abbiamo infatti aderito volontariamente al progetto di autovalutazione, promosso da ANCE Genova, Assedil e Bureau Veritas, su come costruire un approccio socialmente responsabile nel settore edile. Inoltre siamo tra i protagonisti dell’iniziativa, assolutamente innovativa a livello nazionale, definita “Condomini Intelligenti”, finalizzata alla riqualificazione di impianti termici e strutture condominiali secondo i più moderni standard energetici, promossa da Provincia di Genova, Camera di Commercio, Banca Carige e Aere. Un progetto affascinante, che ci permetterà di valorizzare il patrimonio edilizio cittadino e aiutare l’ambiente, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni. Infine, anche in ambito sportivo, stiamo sviluppando e implementando le attività di facility management attraverso la gestione e la manutenzione ordinaria e straordinaria dello stadio Comunale Luigi Ferraris di Genova».

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METODI TRADIZIONALI

Le innovazioni del cultivar taggiasca Conciliare la qualità di un prodotto fatto ancora “come una volta” e la possibilità di esportarlo all’estero. Manuela Crotti Provaggi, titolare di un frantoio dalla tradizione secolare, spiega come unire le virtù del metodo antico e il presente della sicurezza alimentare e dei controlli Salvatore Cavera

e caratteristiche peculiari dell’olio extravergine possono essere assicurate solo dalla ripetizione delle stesse tecniche antiche. La tecnologia deve essere di aiuto solo nelle fasi di controllo o in quelle successive alla produzione. Seguendo questa filosofia di qualità, l’oleificio Polla, azienda a carattere familiare fondata nel 1875, è riuscita a superare le barriere nazionali e oggi esporta in vari Paesi europei. «Il nostro è un frantoio con le ruote di pietra e le presse idrauliche – afferma la signora Manuela Crotti Pro-

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Fase della molitura manuale delle olive effettuata nel frantoio dell’Oleificio Polla (SV).

Nella pagina accanto gli interni dell’Oleificio Polla e un’altra fase della spremitura www.oliopolla.it

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vaggi, titolare e coniuge di un discendente della famiglia Polla –, il nostro olio taggiasco si ottiene ancora con la spremitura a freddo. La lavorazione tradizionale è il nostro punto forte, ci dà grandi soddisfazioni e ci ha permesso di vincere diversi premi per la qualità del prodotto».

Il vostro olio è prodotto con un metodo tradizionale. Qual è il suo mercato di riferimento?

«Per noi la lavorazione tradizionale è irrinunciabile, perché è parte integrante della qualità del nostro olio. Ma anche se lo facciamo “come una volta”, riusciamo ad avere un mercato più ampio di quello che sarebbe stato possibile nel passato. Naturalmente la maggior parte del prodotto è destinata all’Italia, ma esportiamo anche all’estero, in Germania, Francia, Olanda, Repubblica Ceca e Spagna».

Come è entrata la tecnologia nella vostra produzione?

«La tecnologia moderna è fondamentale per tutto quel che riguarda i controlli e la sicurezza alimentare. Per noi è fondamentale che il nostro prodotto arrivi sulla tavola del cliente finale perfetto e che possa mantenersi tale fino alla scadenza consigliata in etichetta. Come si sa, l’olio d’oliva, con lo scorrere del tempo non migliora. Oltre all’esame organolettico facciamo eseguire le analisi da un laboratorio specializzato, per conoscere la conservazione del prodotto».

Manuela Crotti Provaggi

c 24 MESI

Il periodo di conservazione dell’olio extravergine d’oliva

Oltre alla fase della spremitura, anche la raccolta è fatta con metodi tradizionali? « Certamente, la raccolta delle nostre olive è fatta solo manualmente. D’altra parte nei nostri terreni sarebbe impossibile raccogliere meccanicamente. Le olive vengono “battute” o “brucate” a mano (raccolte) e lavorate nelle 24 ore immediatamente successive. Questo è possibile perché i nostri terreni – possediamo circa 900 piante, distribuite su cinque ettari – si trovano nella parte Ovest della provincia di Savona e sono perciò abbastanza vicini. Le olive sono tutte di varietà “taggiasca”, che è propria della nostra regione ».

Producete soltanto il taggiasco o anche altre qualità di olio?

«Produciamo anche un olio italiano, sempre

Per noi la lavorazione tradizionale è irrinunciabile.

Anche se facciamo l’olio “come una volta”, riusciamo ad avere un mercato più ampio di quello che sarebbe stato possibile nel passato

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lavorato “a freddo”. Si tratta di una miscela che comprende una parte di olio che viene da uliveti dell’Italia Centrale e una parte del nostro olio taggiasco. Il “taglio” è fatto “a palato”, la ricerca è sempre quella di un gusto che la nostra famiglia si tramanda di generazione in generazione e la miscela non è mai uguale, ma dipende dalla stagione, dalla maturazione delle olive, dall’annata. Essendo un prodotto naturale, non si ha la perfetta identità tutti gli anni, ma penso che questa sia una delle cose piacevoli del nostro olio ».

Oltre alla produzione e alla vendita dell’olio, proponete anche altri prodotti.

«Sì, nella migliore tradizione della nostra terra, cerchiamo di offrire ai nostri amici e clienti tutta una serie di altri prodotti tipici, eseguiti con la stessa attenzione e cura per la qualità che contraddistingue il nostro olio. Tutte queste ricette vengono sperimentate e studiate attentamente prima dell’immissione in commercio; i prodotti devono innanzitutto superare l’esame del nostro palato e quello ancor più esigente dei miei figli, che, pur se ancora molto giovani, rappresentano la quinta generazione della famiglia ad occuparsi di olio».

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TURISMO

Dare corpo e voce ai tanti turismi italiani Tra le novità del Codice del turismo si prospetta l’istituzione di un comitato di promozione che per Caterina Cittadino, a capo del Dipartimento sviluppo e competitività del turismo, giocherà un ruolo strategico perché «senza un coordinamento sovraregionale, sarà difficile competere a livello internazionale» Paola Maruzzi

ono state pubblicate il 6 giugno sulla Gazzetta ufficiale le nuove norme che andranno a regolamentare il turismo. I contenuti del codice, pensato dal ministro Michela Brambilla e sottoposto a revisione dopo l’incontro con le rappresentanze delle imprese del settore, spaziano dalla tutela dei vacanzieri in Italia alla modifica del concetto stesso di “impresa turistica” che, oltre a essere equiparata a quella industriale, va a includere il settore extraricettivo, quindi agenzie di viaggio e tour operator. Vista la complessità della materia non sono mancate alcune polemiche, ultima quelle di Roberto Corbella, presidente di Astoi, che esprime perplessità circa la possibile istituzione di un comitato permanente per la promozione, presieduto dal ministero del Turismo, perché «rischia di

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generare un’ulteriore dispersione delle risorse dedicate al settore». Di diverso avviso è la console Caterina Cittadino, capo del Dipartimento sviluppo e competitività del turismo della Presidenza del Consiglio dei ministri, secondo cui una promozione a regia nazionale «contribuirà a dare corpo unitario a un sistema finora troppo disarticolato. Un coordinamento sovraregionale darà maggiori chance al prodotto Italia». È chiara la volontà di assicurare un supporto nazionale, ma questo non contraddice il titolo V della legislazione, che lascia alle Regioni la piena autonomia in ambito turistico?

«No perché il principio guida del codice non sarà imporre ma coordinare, soprattutto laddove le azioni sono complesse. Il percorso non sarà semplice, perché le Regioni con non poche

polemiche hanno accettato l’idea di un ministero del turismo e ora si devono preparare alla riforma. Siamo però convinti che questo cambiamento porterà risultati concreti. Se negli ultimi anni l’Italia ha risalito la china lo si deve anche alle strategie condivise partite dal governo centrale».

Il codice propone una diversa ripartizione del prodotto turistico sulla base di fattori motivazionali, 13 per la precisione. In quale direzione andranno le politiche di promozione regionali?

In basso a destra, Caterina Cittadino, capo del Dipartimento sviluppo e competitività del turismo della Presidenza del Consiglio dei ministri

Caterina Cittadino

«Finalmente viene resa esplicita una verità già nota: il turista del terzo millennio non si limita a viaggiare, ma è spinto da specifici interessi. Questo significa fare una nuova riflessione sulla promozione: alle Regioni chiediamo lo sforzo di differenziare la comunicazione in base ai turismi, studiando meglio i target di riferimento.

L’ideale è che si arrivi a un piano di comunicazione complessivo del prodotto Italia».

All’interno dei 13 percorsi d’eccellenza si riconosce l’importanza del “turismo del made in Italy”. A cosa mira la sua istituzione?

«Riconoscere che esiste questo particolare tipo di turismo, molto più diffuso di quanto si pensi, ci renderà ancora più competitivi. Rispetto agli altri Paesi, l’immaginario del made in Italy - con il suo mix di prodotti artigianali, industriali, enogastronomici - è molto conosciuto e apprezzato e disegna un particolare stile di vita.

Pensiamo all’universo della moda e alle sue potenzialità».

Tra le accuse al Belpaese, c’è quella di non valorizzare abbastanza il patrimonio ar-

tistico. Come la riforma intende colmare questa lacuna?

«Al di là del codice, la vera svolta si avrà quando i ministri dei Beni culturali e del Turismo si siederanno allo stesso tavolo per un confronto. Le nostre bellezze non possono essere concepite solo nell’ottica della tutela, ma vanno rilanciate sul piano della promozione internazionale. Un primo passo sarà pubblicare guide in inglese e, non sottovalutando i mercati emergenti, anche in russo e cinese, cosa che non molti musei pubblici importanti non hanno ancora fatto».

Con l’avanzata del low cost, quali rischi corre la leadership turistica dell’Italia?

«Per ora pochi, stiamo recuperando terreno e autorevolezza a livello internazionale.

Un segnale arriva dalla presidenza dell’Italia del consiglio esecutivo dell’Organizzazione mondiale del turismo, un riconoscimento che la Francia non ha ancora avuto. Poi, grazie alla vicepresidenza alla Commissione europea di Antonio Tajani, si stanno creando opportunità concrete che guardano al nostro Paese».

LIGURIA 2011 • DOSSIER • 147

TURISMO

n vista del prossimo 21 giugno, quando su tutto il territorio nazionale entrerà in vigore il nuovo Codice, Angelo Berlangieri, assessore al Turismo della Liguria, commenta così: «è probabile che si verrà a creare un’iniziale confusione; noi ci renderemo disponibili per fare chiarezza in modo da permettere agli operatori locali di continuare a lavorare serenamente. Infatti – continua Berlangieri – se il titolo V della legislazione lasciava piena autonomia legislativa e amministrativa alle Regioni, ognuna delle quali in questi anni si è sentita libera di mettere in campo le proprie normative, ora le carte si rimescolano e spuntano direttive

I

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Liguria fuori porta, dinamica e sostenibile Se le regole del marketing territoriale fanno della motivazione un fattore vincente, la Liguria risponde con politiche promozionali ad hoc e scopre piste inedite, come quelle a due ruote. Per Angelo Berlangieri, assessore regionale al Turismo, si assiste alla svolta dei prodotti innovativi Paola Maruzzi

dall’alto». Positiva, invece, la decisione di rafforzare sui mercati esteri la promozione del brand Italia. «Appoggio in pieno l’idea, è giustissimo che a livello nazionale ci siano una strategia comune e un coordinamento che vadano oltre i singoli regionalismi. Il prodotto

turistico del paese deve esprimere, nel suo insieme, maggiore concretezza».

Quali saranno i prossimi passi per far sì che le novità del codice vengano recepite pienamente dagli operatori locali?

«Dopo aver letto attentamente

Angelo Berlangieri

Angelo Berlangieri, assessore al Turismo della Liguria

il testo e averlo analizzato da un punto di vista tecnico per verificare la presenza di eventuali discordanze con il titolo V, non staremo di certo a farci la guerra tra istituzioni, ma cercheremo piuttosto di aprirci al confronto con le altre Regioni.

Ciò che conta è che l’industria turistica ligure non perda di

vista i suoi obiettivi».

Da nord a sud dell’Italia, i piani di sviluppo del turismo guardano con inedito interesse al marketing territoriale. In che misura questo fenomeno ha investito anche la Liguria?

«Sono cinque anni ormai che, lavorando in sinergia con le imprese del settore, andiamo radicalmente cambiando l’approccio ai mercati, soprattutto esteri. A fare da traino sono i fattori motivazionali: se prima ci si concentrava esclusivamente sulla promozione della destinazione, forzando la retorica delle bellezze paesaggistiche, oggi la Liguria è un insieme coerente di prodotti differenziati, in definitiva si apre a un turismo plurale, con particolare riguardo all’offerta slow e sostenibile».

Quindi con quali assi nella manica le politiche promozionali hanno rinnovato il “prodotto Liguria”?

«Prima di tutto abbiamo compiuto un’operazione di restyling sul tradizionale prodotto balneare, cercando di ricomporlo in un ottica diversa: la riviera non si chiude alle spiagge e al bel mare, ma risale verso i borghi tipici, alla scoperta dell’autenticità culturale ed enogastronomica. In ascesa, quindi, c’è il turismo outdoor LIGURIA 2011 • DOSSIER • 149

TURISMO

che, grazie alla nuova rete di pi-

ste ciclabili, approda a un inedito dinamismo. Il pacchetto fa presa soprattutto sul target delle famiglie. Inoltre abbiamo investito molto su Genova, rilanciandola come città d’arte.

Si è andato così a colmare un vuoto: in passato, infatti, non si era puntato abbastanza sul turismo culturale. Oggi, invece, il capoluogo ligure sta dando grandi soddisfazioni ed è capace di gareggiare con competitor prima inarrivabili, come Venezia e Firenze».

In cantiere c’è l’ambizioso progetto di dotare la Liguria di una rete cicloturistica ed escursionistica, che da Ventimiglia raggiunge La Spezia. A che punto sono i lavori?

«Innanzitutto si tratta di un’opera senza precedenti, realizzata grazie al coordinamento con l’assessore all’Ambiente e alle Infrastrutture. Siamo con-

150 • DOSSIER • LIGURIA 2011

Il 15% dei turisti afferma di essere attratto dall’offerta outdoor, segmento in forte crescita

vinti che l’escursionismo e il cicloturismo daranno nuovo ossigeno all’entroterra e contribuiranno a destagionalizzare l’offerta e a catalizzare il target giovanile, da sempre poco propenso a scegliere il nostro territorio. Parte dei sentieri sono già attivi, intanto abbiamo progettato le parti mancanti. Per il completamente aspettiamo, da ormai sei mesi, la riconferma dei fondi Fas, già assegnati alla Regione dal 2007, che dovrebbero essere spesi entro il 2013».

Se da una parte le bellezze dell’entroterra, al riparo dai traffici, fanno presa sul turismo slow, dall’altra gli operatori lamentano l’isolamento delle infrastrutturali, che penalizzano l’offerta. Come vi state muovendo in particolare

sui vettori aerei?

«Le infrastrutture rappresentano un tema prioritario e molto sentito. Nonostante le ristrettezze economiche, abbiamo all’attivo dei piani di promozione presso le destinazioni di partenza dei vettori, facilitando così il traffico incoming, che è aumentato del circa 15%. In questo modo le compagnie aeree sono incentivate a restare e, si spera, ad aprire nuove tratte. Ci siamo prefissati l’obiettivo di aprire 10 tratte nel giro di tre anni, e solo quest’anno ne sono state inaugurate quattro, da Genova verso Francoforte, Bruxelles, Amsterdam e Vienna».

Prossimi obiettivi?

«L’Est Europa, l’area scandinava e Berlino: la Germania è il nostro primo interlocutore».

Americo Pilati

Le opportunità non colte dalla ricettività ligure Mentre dalla riviera di ponente a quella di levante cresce la richiesta di seconde case, il presidente di Federalberghi Liguria, Americo Pilati, tenta una previsione per l’estate: «Tra le presenze straniere, buoni segnali dai vicini d’Oltralpe, meno positivi per i turisti russi e scandinavi» Paola Maruzzi

n Liguria, che nel 2007 era risultata al settimo posto per numero di strutture alberghiere, avanza a passi da gigante l’offerta delle seconde cose, innescando talvolta un meccanismo di concorrenza sleale: il 43% degli affitti, infatti, è in nero. Le destinazioni maggiormente richieste dagli italiani vedono in testa Santa Margherita Ligure, Alassio e Camogli, mentre Sanremo, Santa Margherita Ligure e Portofino fanno presa sugli stranieri. Mediamente l’affitto mensile oscilla attorno ai 2.500 euro se si scelgono le provincie di Genova e Savona, leggermente meno care sono Imperia e La Spezia. A fotografare la situazione è un’indagine dell’Osservatorio turistico regionale, secondo cui il rapporto tra abitazioni private e alberghi è di 4 a 1.

In pratica mentre i primi totalizzano 53 milioni di presenze, i secondi arrivano a 14 milioni. «Più che di una

I

scelta comportamentale - si legge nello studio - si tratta di un fattore di mercato». Puntuale arriva il commento del presidente di Federalbehi Liguria, Americo Pilati.

Come interpreta l’ascesa delle seconde case?

«Credo che dovremmo seguire l’esempio della Regione Veneto in cui, attraverso una riforma, verrà frenato il moltiplicarsi di nuove costruzioni, il che significa valorizzare le strutture esistenti. I mercati di Rapallo e Sanremo sono stati rovinati dagli affitti privati. Detto questo, andrebbe costruita una mentalità turistico-alberghiera ligure, che complessivamente manca. D’altronde per certi aspetti il nostro è un turismo elitario: prima della guerra la Liguria era una meta d’elite invernale, solo negli anni Cinquanta e Sessanta è diventati una destinazione estiva molto gettonata».

Che segnali arrivano dal ponte del 2 giugno, il

primo vero periodo di va- Americo Pilati, presidente canza del 2011? di Federalberghi Liguria «Abbiamo registrato un buon afflusso e, in vista dell’estate, è importante dare segnali di ottimismo, in modo da incoraggiare le prenotazioni. Ma non vogliamo neanche cantare vittoria prima del tempo, illudendoci che il trend negativo si sia invertito. Una certezza c’è: tra gli stranieri avremo positivi riscontri da tedeschi, belgi, svizzeri e olandesi, meno da inglesi, scandinavi e russi».

Perché non riuscite a cogliere l’opportunità dei mercati emergenti della Russia LIGURIA 2011 • DOSSIER • 151

TURISMO

Weekend e ferie brevi sono il trend attuale e per cogliere queste nuove opportunità bisogna essere pronti nel minor tempo possibile

e, più in generale, dell’Est stoforo Colombo di Genova: anticipavano le vacanze a

Sopra il lungomare di Portofino

Europa?

«Semplicemente per ragioni di lontananza. Qui si apre il grave problema dell’accessibilità ligure. Il turista che vuole raggiungerci non ha molte alternative se non viaggiare su gomma e questo porta a perdere enormi fette di mercato.

Il Ponente è quasi isolato e si potrebbero cogliere meglio le opportunità di Nizza, dove in media ci sono 94 voli giornalieri provenienti dai maggiori hub del nord Europa, ma mancano i collegamenti ferroviari tra la Francia e l’Italia dopo le ore 19. Spicca poi la pochezza dell’aeroporto Cri-

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sono circa 10 gli atterraggi dall’Europa e una volta atterrati non è semplice raggiungere le coste. Più fortunato è il Levante che sfrutta l’aeroporto di Pisa, che funziona a meraviglia. Discorso analogo per i treni: mancano collegamenti per essenziali quali, ad esempio, quelli tra Italia e Nord Europa».

Dal punto di vista del mercato alberghiero, com’è cambiato il modo di fare vacanza degli italiani? «È scomparsa la formula delle doppie ferie, diffusa tra il target familiare. Prima della crisi le madri e i piccoli

giugno per poi essere raggiunti dai papà in agosto.

Weekend e ferie brevi sono il trend attuale e per cogliere queste nuove opportunità bisogna essere accessibili nel minor tempo possibile, visto che il 90% delle nostre presenze utilizza il trasporto su gomma. La nostra autostrada, dal lunedì al venerdì, risulta intasata dal transito di autotreni. Sabato e domenica si assiste a una vera a propria tragedia dantesca. Opere come la statale 28 che collega Albenga a Pedrosa e la dorsale su Genova sono quindi delle valide alternative».

TURISMO

Rilanciare il brand Liguria intercettando l’incoming Marina Isola, presidente di Fiavet Liguria, l’associazione che rappresenta le agenzie di viaggio, fa un bilancio sulle novità del settore turistico: «Ora che le agenzie diventano imprese turistiche a tutti gli effetti, non facciamoci scappare le opportunità» Paola Maruzzi

e spesso sono proprio gli addetti ai lavori ad avere il polso della situazione, anticipando sul nascere i trend, allora acquista una prospettiva interessante il messaggio lanciato da Cinzia Renzi, presidente dell’associazione più rappresentativa della distribuzione e della produzione turistica italiana, che così ha salutato la conclusione del 49° congresso Fiavet, lo scorso maggio: «Rilanciamo l’Italia per l’Italia».

A recepire l’input è stata sicuramente Marina Isola, di Fiavet Liguria. «L’idea mi vede pienamente d’accordo: creare una rete Fiavet di agenzie per il traffico “Italia su Italia” farà guadagnare terreno sotto l’aspetto della qualità del servizio e sarà un incremento per la nostra attività. È un occasione da sfruttare soprattutto ora che le mete del Nord Africa e Mar Rosso sono momentaneamente in standby».

Questa, insomma, potrebbe

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essere l’occasione per invertire la china perché, come sottolinea Isola, «negli ultimi cinque anni c’è stato un calo e lo si vede anche dal numero degli associati, che nella nostra Regione oggi sono un centinaio.

Da poco, però, stiamo avendo una ripresa nelle iscrizioni».

La macchina ligure ha bisogno di più canali e, se vuole competere sul piano internazionale, deve anche saper ricalibrare l’offerta, rispondendo alle reali esigenze di mercato.

A tal proposito una ricerca Fiavet fa notare come, sul piano nazionale e su un campione di 174 tour operator, il 29% si occupa esclusivamente di incoming, il 36% di attività outgoing e il 32% di turismo sia incoming che outgoing. In Liguria la situazione è pressoché analoga, «in sostanza abbiamo bisogno di ulteriori agenzie ricettive. Ma non è solo questo l’aspetto da migliorare, ci vorrebbe una maggiore spinta verso il turismo da parte di

tutta la regione, a partire dalle istituzioni per finire alle strutture ricettive. Per non parlare della carenza che si ripercuote pesantemente sulla nostra attività, cioè la carenza dei collegamenti aerei, che ci penalizzano sotto l’aspetto del traffico in uscita».

Nonostante alcune difficoltà, Marina Isola ribadisce la centralità dell’intermediazione, necessaria per il sistema turistico del Paese. In sintonia con John

Marina Isola

29% INCOMING

Secondo la ricerca Fiavet, stilata su un campione di 174 soggetti, è la percentuale di agenzie italiane che si occupa esclusivamente di incoming

36% OUTGOING

La percentuale delle agenzie italiane impegnate nell’attività di outgoing

Downes, consulente Wto, intervenuto al tavolo tecnico sulla competitività tenutosi al congresso nazionale Fiavet, spiega come il web e il “fai da te” non possano reggersi sulle proprie gambe. «La professionalità dell’agenzia viaggi rimane insostituibile, anche se alcune tipologie di prenotazioni semplici, per esempio il prodotto mare, i voli nazionali e low cost e le prenotazioni alberghiere sono state “sottratte” al nostro fatturato e, per chi non è riuscito a ristrutturarsi,

A penalizzarci pesantemente, sia sotto l’aspetto outgoing che incoming, è la carenza dei collegamenti aerei liguri questa concorrenza virtuale ha messo a repentaglio la propria attività». Ciò che resta da fare è stringere nuove alleanze «sfruttando i vantaggi di questo potente mezzo, sia sotto l’aspetto dell’informazione che della prenotazione, riducendo i costi tradizionali».

Ma, al di là delle piattaforme virtuali in espansione, ora l’impegno di Fiavet Liguria è prepararsi ad accogliere la novità della riforma del turismo.

«Come sancisce il titolo I, anche le agenzie diventano vere e proprie “imprese turistiche”.

Finalmente potremmo beneficiare di opportunità fino a oggi riservate all’industria. Se siamo giunti a questo – conclude Isola – è anche grazie all’apporto di Fiavet, che ha dato un prezioso contributo nella revisione del testo originario. In questo bisogna riconoscere la collaborazione dimostrata dal ministero del Turismo».

LIGURIA 2011 • DOSSIER • 155

TURISMO

Un’offerta a tutto tondo dal mare all’entroterra e l’industria ricettiva della provincia genera un fatturato diretto di oltre 580 milioni di euro - il 12% del Pil provinciale - di cui 233 milioni per servizi alberghieri e 356 milioni spesi dai turisti fuori dagli alberghi, la fetta più grande del mercato turistico è senza dubbio rappresentata dalle seconde case. Infatti, da un recente studio sul tema messo a punto da Unioncamere, emerge come nel Savonese ci sia il 36,6% delle seconde case turistiche dislocate in tutta la regione, dove il rapporto dei posti letto delle seconde case è di 4 a 1 rispetto agli alberghi e alle strutture ricettive, vale a dire oltre 1,2 milioni di posti letto disponibili. A confermare questo dato è anche il presidente della Provincia, Angelo Vaccarezza, secondo cui questo dato è «indice della crescente e attestata attrattività del territorio stesso quale meta di vacanze ricorrenti».

Sta iniziando la stagione estiva, quali sono le principali aspettative per il territorio provinciale?

«La maggiore aspettativa è che sempre di più l’offerta ricettiva e i servizi del settore si

S

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Un turismo fatto soprattutto di seconde case, quello della provincia di Savona, ma non solo balneare. C’è anche la natura, l’enogastronomia, l’arte. Angelo Vaccarezza, presidente della Provincia, pone l’attenzione sulle strategie di destagionalizzazione e la formazione qualificata per gli addetti del settore Tiziana Achino

impegnino nel perseguimento della massima qualità, aderendo alle richieste dettate dai cambiamenti del mercato, quanto mai esigente e diversificato. Altro obiettivo è la specializzazione dell’offerta turistica nelle relative nicchie, nell’intento di fidelizzare e attrarre in modo maggiormente competitivo anche e soprattutto lombardi e piemontesi, bacini storici di provenienza dei turisti a noi più legati».

Su cosa si basano promozione e accoglienza turistica durante tutto l’anno?

«Sulla valorizzazione del nostro territorio e del paniere delle nostre eccellenze enogastronomiche di qualità, oggetto nel corso dell’intero anno della partecipazione a fiere ed eventi in territorio piemontese e lombardo, così come sulla valorizzazione del patrimonio ambientale e storico-culturale, promosso anche sul web da due nuovi siti turistici dedicati, uno più infor-

mativo e istituzionale, www.turismo.provincia.savona.it e l’altro più promo-commerciale, www.visitriviera.it. Questi por-

Sotto, il porto turistico di Alassio

Angelo Vaccarezza

A sinistra, il porto di Savona.

Sopra, Angelo Vaccarezza, presidente della Provincia di Savona

tali, realizzati in collaborazione con la Regione Liguria, mirano a facilitare e aumentare l’offerta di destinazioni e il booking online di pacchetti turistici concreti. Tutto questo con il costante supporto informativo e di accoglienza, garantito tutto l’anno in modo diffuso e capillare, sull’intero territorio provinciale dalla rete di uffici Iat».

Il settore del turismo è uno dei pilastri per l’economia della provincia di Savona. Su quali obiettivi puntate?

«Sicuramente il turismo identifica sul nostro territorio una realtà economica fondamentale in costante crescita, confermata dai 5 milioni e mezzo di presenze turistiche registrate lo scorso anno e da 680 strutture ricettive operanti, che rappresentano un’incidenza percen-

tuale del 40% sull’intero indotto economico regionale di settore. È interessante aggiungere il dato relativo alla presenza sul territorio provinciale delle seconde case, che ammontano al 36% del totale regionale, indice quindi della crescente e attestata attrattività del territorio stesso quale meta di vacanze ricorrenti. Anche e soprattutto in quest’ottica la politica turistica attuale punta principalmente alla destagionalizzazione, con un allungamento complessivo del periodo di fruibilità ottimale delle risorse turistiche locali, attraverso lo sviluppo di una diversificazione dell’offerta orientata alla valorizzazione e alla scoperta delle tipicità locali artigianali ed enogastronomiche e del nostro ricco e verde entroterra».

LIGURIA 2011 • DOSSIER • 157

TURISMO

Sopra, la Torre dei saraceni di Varigotti

Quali sono le prospettive e la formazione per coloro che lavorano nel settore?

«Gli addetti del comparto turistico alberghiero, nonostante il periodo di crisi, rappresentano la parte più attiva e dinamica del mercato del lavoro locale, con una buona tenuta occupazionale, seppur oscillante data la stagionalità delle assunzioni. I rapporti costanti di questa Provincia con le associazioni datoriali e gli enti bilaterali hanno

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fatto sempre emergere una carenza di lavoratori dotati di competenze elevate nelle diverse aree specifiche di intervento.

Partendo da questo dato di fatto abbiamo condiviso piani di formazione mirati alla qualificazione, alla specializzazione e all’aggiornamento professionale, concordati con tutti i referenti territoriali e, in buona parte, finanziati con il fondo sociale europeo. La formazione ha toccato tutte le tematiche

utili allo svolgimento delle diverse professioni presenti nel comparto: dalle conoscenze linguistiche a quelle per favorire la relazione con il cliente, da quelle informatiche a quelle per valorizzare i prodotti e la cucina tipica o creativa.»

Cosa state facendo per promuovere l’occupazione nel settore turistico?

«L’elemento di maggior innovazione che abbiamo attuato per rispondere alle esigenze degli imprenditori, dei lavoratori e di quanti intendono entrare in questo particolare mondo del lavoro, è rappresentato da un nuovo progetto, anch’esso condiviso con le organizzazioni del settore, che prevede una diffusa presenza degli operatori dei centri per l’impiego all’interno degli sportelli di informazione turistica durante i periodi di bassa stagione. Negli Iat, oltre che nei Centri per l’impiego provinciali, tutti gli interessati potranno così trovare informazioni ed essere accompagnati in percorsi formativi collettivi o individuali “su misura”, dove imparare a rapportarsi ai clienti con sempre maggiore attenzione, competenza e cortesia».

ARTE CONTEMPORANEA

Contaminazioni artistiche Contaminazioni tra musica e arte e un connubio speciale con l’artista Francesco Vaccarone. È la realtà di Starté, associazione culturale che esporta le creazioni italiane convinta che «arte, cultura ed economia siano inscindibili poli dialettici» Nicoletta Bucciarelli

n esordio internazionale segnato con la mostra “All Around” di Marco Casentini ospitata da maggio a settembre al Riverside Museum di Los Angeles e al Centro di Arte Moderna e Contemporanea de La Spezia.

L’associazione culturale Startè di La Spezia nasce formalmente un anno fa per dare un senso strutturato all’attività di promozione dell’arte contemporanea. «Il successo della mostra di Francesco Vaccarone nel castello monumentale di Rapallo nell’estate del 2009 e l’importante omaggio tributatogli dal Parlamento Europeo, nel gennaio 2010 con la mostra “Fragmenta”, mi ha convinto a costituire, insieme ad

U Paolo Asti, presidente di Startè insieme all’onorevole Licia Ronzulli e all’artista Francesco Vaccarone, all’omaggio tributato dal Parlamento Europeo a Francesco Vaccarone www.starte.eu

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amici e appassionati italiani che vivono all’estero, Startè». È con queste parole che Paolo Asti, presidente di Startè, racconta gli esordi della realtà di La Spezia.

Quali sono gli obiettivi di Starté?

«Riteniamo l’italianità un valore aggiunto a ciò che rappresenta la bellezza nelle sue forme d’espressione artistica.

Per questo vogliamo portarla in giro per il mondo. Proprio secondo questo spirito, nel settembre 2010, Starté è stata tra i promotori dell’Italian Jazz Days a New York dove le opere di Vaccarone, ispirate a 11 composizioni del pianista italiano Antonio Ciacca e al brano “I remember Clifford” del jazzista Benny Golson, sono state esposte a New York durante l’evento. Ora abbiamo allo studio altre “contaminazioni” tra musica e arte grazie a progetti che vedranno protagonisti nel 2012 a Buenos Aires lo stesso Francesco Vaccarone e il pianista Paolo Restani».

Come avviene la gestione di un’associazione culturale come Startè?

«Con impegno e dedizione cer-

cando di trovare le formule giuste per proporre eventi che hanno come denominatore comune la qualità artistica e l’offerta alle Istituzioni Pubbliche a “costo zero” animando gli spazi meravigliosi di cui l’Italia è piena. Vogliamo inoltre trasformare l’associazione in fondazione grazie al contributo di artisti, collezionisti e imprenditori che stanno costituendo il patrimonio dell’associazione».

Quali sono gli aiuti finanziari che può ricevere un’associazione culturale come Startè?

«L’Associazione vive grazie alla sensibilità di tutti coloro che, condividendo lo spirito di Startè, decidono di affiancare la loro immagine agli eventi che produciamo, offrono un contributo e ne ottengono in cambio un ritorno d’immagine importante».

Tra gli artisti già accennati che Starté sta promuovendo c’è Francesco Vaccarone; da cosa nasce questo binomio?

«Io credo che Vaccarone rappresenti “l’arte coniugata al quotidiano”. Al di là delle sue opere e del suo valore artistico, è l’esempio di come l’uomo possa concepire la propria esi-

Paolo Asti

stenza nell’arte e per l’arte. Le sue opere sono frutto di un lavoro assiduo, quotidiano appunto, di un approfondimento prima di tutto umano, di una riflessione su ciò che ci accade intorno; e tutto questo dall’ormai lontano 1957».

Quali sono le iniziative legate a Vaccarone in programma per i prossimi mesi?

«Ci attende la mostra personale del Camec che verrà inaugurata il prossimo 19 Novembre fino al 30 marzo 2012, un omaggio che La Spezia renderà agli oltre cinquanta anni d’attività di Francesco. Dal 27 febbraio al 30 marzo saremo invece a Sydney, dove la mostra “Fragmenta”, che ha appena concluso un’esposizione al Montepaschi di Bruxelles, sarà ospitata dalla Galleria del Parlamento Australiano. Un evento a cui teniamo molto anche per la presenza di una grande comunità italiana.

Siamo impegnati con il curatore della mostra, Valerio Cremolini, con Emanuele Martera che si occuperà dell’allestimento e con il famoso critico californiano, Peter Frank in uno sforzo di ri-

Il nome Startè nasce dall’idea di rappresentare l’arte come una stella, come punto cardinale della cultura e degli uomini

lettura di oltre cinquanta anni di lavoro di Vaccarone per proporne la sintesi al Camec».

Perché è fondamentale la promozione artistica?

«Gli artisti sono i primi a cogliere i mutamenti che avvengono nel mondo, e interpretandoli ne offrono la loro originale lettura; prestare attenzione all’arte, in ogni sua forma d’espressione, permette di cogliere tutto questo e di trarne benefici per i muta-

menti che le imprese stesse devono saper riconoscere per garantire la propria sopravvivenza e sviluppo. Arte, cultura ed economia come inscindibili poli dialettici per lo sviluppo della civiltà. Questa è una raccomandazione che vale per tutti gli scettici agli investimenti nell’ambito della cultura e un auspicio affinché le istituzioni trovino sempre maggiori occasioni di collaborazione con i privati».

Nella foto in alto, Francesco Vaccarone, Paolo Asti e Benny Golson con il dipinto dedicato alla composizione “I remember Clifford”.

Dipinto in alto, Francesco Vaccarone, “Danza”, trittico,olio su tela, 2009, cm 140x50.

Dipinto in basso, Francesco Vaccarone, “Per Luciano Berio”, Sequenza 1, olio su tela, 2011, cm 120x110

LIGURIA 2011 • DOSSIER • 161

DIFESA DEL TERRITORIO

Il destino del Golfo della Spezia Gli imprenditori e i cittadini del Golfo della Spezia sono schierati contro l’ampliamento del rigassificatore di Panigaglia, che danneggerebbe gravemente il tessuto economico locale. Edoardo Sturlese espone il suo punto di vista Francesco Bevilacqua

el 1997 il comprensorio di Portovenere è stato dichiarato dall’Unesco patrimonio dell’umanità. Eppure, a poche centinaia di metri in linea d’aria dal borgo ligure, nel bellissimo Golfo della Spezia, si trova una struttura dall’elevato impatto ambientale e paesaggistico: il rigassificatore di Panigaglia. Come moltissimi abitanti e lavoratori della zona, anche Edoardo Sturlese è ostile a questo impianto e soprattutto al suo ampiamento: «Nonostante il parere contrario del Comune di Portovenere, della Provincia della Spezia e della Regione Liguria, è

N

Edoardo Sturlese, amministratore della Pomafer di Arcola (SP).

Nell’altra pagina, una veduta del Golfo della Spezia e fasi di lavoro all’interno dell’azienda www.pomafer.it

162 • DOSSIER • LIGURIA 2011

in programma un ampliamento che dovrebbe raddoppiare l’attuale struttura, con un effetto negativo molto elevato sull’area». Sturlese è amministratore della Pomafer, azienda siderurgica che da sessant’anni è collocata nel solido tessuto economico della zona.

«Pur essendo specializzati sin dalla fondazione nel commercio di prodotti siderurgici, cerchiamo di innovarci con costanza offrendo servizi e prelavorazioni sempre nuovi e adeguati alle commesse che ci arrivano». Nel 1970 è iniziata una lunga e proficua collaborazione con la cantieristica navale, dalla quale è scaturita un’esperta competenza sui servizi specifici come scelta dei materiali, collaudi, trattamenti. «Non per niente – spiega Sturlese – il settore industriale con cui collaboriamo più attivamente è quello navale, che specialmente negli ultimi anni ha conosciuto un deciso sviluppo. I maggiori costruttori italiani di imbarcazioni da diporto o anche di grosse navi posseggono linee produttive in tutta l’area costiera a est di La Spezia, fino ad arrivare a Viareggio, in To-

scana». La “nota dolente” è dalla parte opposta, a ovest della città ligure, dove si trova Panigaglia: «Le istituzioni, incontrando il favore dei cittadini e delle aziende della provincia, avevano deciso di destinare quel tratto di costa allo sviluppo dei due maggiori settori dell’economia locale, ovvero il turismo e l’industria navale, fatta di cantieri e marine. Purtroppo il programma di ampliamento del rigassificatore mette in forte discussione questo progetto e rischia di compromettere ulteriormente la salute ambientale, sociale ed economica di questo splendido golfo, che merita una considerazione più alta di quella che gli viene oggi riconosciuta».

Un altro aspetto di grande rilevanza che riguarda il futuro dell’area è quello legato alle prospettive occupazionali: «La zona di Panigaglia in particolare – osserva in proposito Sturlese – verrebbe destinata a cantieri di costruzione di grandi yacht, creando un indotto capace di dare lavoro a molte centinaia di persone, risollevando le sorti delle attività collegate e creando un tes-

suto economico solido e attivo anche durante l’inverno, quando la stagione turistica è soggetta a un naturale rallentamento». Questa prospettiva è in netto contrasto con quella legata al raddoppio del rigassificatore che, come sostiene Sturlese, «da un lato darebbe lavoro a poche decine di persone, mentre dall’altro, penalizzando ulteriormente le attività tradizionalmente presenti nel golfo, rischierebbe di toglierlo a molte altre». Il contesto in cui anche la Pomafer si inserisce è quindi equilibrato, basato su un tessuto economico e produttivo ricco di reti e collaborazioni che hanno contribuito e contribuiscono ancora oggi a rendere questo tratto di costa ligure uno dei più interessanti e attrattivi di tutta Italia. «La soluzione – aggiunge Sturlese concludendo la sua riflessione su Panigaglia –, nel caso in cui il rigassificatore fosse considerato un irrinunciabile obiettivo strategico, potrebbe essere quella di spostare l’impianto offshore, a una quindicina di miglia dalla costa, seguendo l’esempio delle strutture di Livorno e Rovigo.

In questo modo si risolverebbe

i problemi di impatto ambientale e di produttività ma soprattutto si garantirebbe agli abitanti del golfo una sicurezza maggiore nel caso in cui si dovessero verificare dei malfunzionamenti». Molto interessante è anche l’iniziativa a cui l’azienda di Sturlese partecipa, quella della società cooperativa Sider Center. Ubicata a Modena, si tratta in pratica di un gruppo d’acquisto, uno dei più grossi d’Italia, che raccoglie circa venticinque realtà piccole e medie del settore siderurgico italiano, la maggior parte delle quali dell’Italia settentrionale.

«L’obiettivo – dice Sturlese illustrando l’iniziativa – è quello di aumentare il potere contrattuale delle piccole aziende che vi aderiscono, ottimizzando le variabili legate al prezzo e alla reperibilità delle materie prime. Ci ritroviamo mensilmente presso la sede di Modena, dove facciamo riunioni, analizziamo il mercato e pianifichiamo gli acquisti». In un momento in cui la crisi economica non ha allentato la morsa e, anzi, è affiancata da prospettive nefaste, come quella dell’ampliamento del rigassificatore di Panigaglia, Sturlese

Le istituzioni avevano deciso per lo sviluppo dei due maggiori settori dell’economia locale, ma il programma di ampliamento del rigassificatore mette in discussione questo progetto

invita a pensare positivo: «Non solo oggi dobbiamo essere fiduciosi – conclude l’amministratore di Pomafer –, ma dobbiamo creare noi stessi le condizioni sulle quali poggiare la nostra fiducia e darci da fare per tutelare e valorizzare le peculiarità, le abilità e le tradizioni che storicamente ci contraddistinguono».

LIGURIA 2011 • DOSSIER • 163

SPEDIZIONI

Il mercato si apre verso il Maghreb Organizza spedizioni marittime nella zona del “tramonto”, ovvero il Maghreb. Con Andrea Fontana, presidente della Dario Perioli, parliamo di una realtà che, con affidabilità e competenza, ha sfidato la competitività del mercato Nicoletta Bucciarelli

di questi giorni, precisamente del 7 di Giugno, la notizia della ritrovata apertura delle industrie italiane verso il mercato della Tunisia.

L'occasione è una missione imprenditoriale a Tunisi, organizzata da Promos in collaborazione con la Camera di commercio di Genova.

L'obiettivo è comunicare l'alto potenziale attrattivo della Tunisia quale meta di investimenti diretti esteri, malgrado le tristi vicende che stanno interessando il territorio negli

È

Sotto, Andrea Fontana, presidente della Dario Perioli.

Nelle altre foto, immagini delle spedizioni dal porto di La Spezia www.amugroup.it

ultimi mesi dovute alle rivolte interne e agli sbarchi d’immigrati. In linea con quest’apertura è la Dario Perioli di La Spezia, gruppo attivo nelle spedizioni commerciali nella zona del Maghreb, l’area più ad ovest del Nord Africa che comprende gli stati di Sahara occidentale, Marocco, Algeria e Tunisia. «Il mercato con la Tunisia» afferma Andrea Fontana, presidente della Dario Perioli «per le note vicende, ha conosciuto una notevole flessione ma si va riprendendo».

La Dario Perioli nasce ai primi del novecento come azienda portuale a servizio delle industrie specializzate nello sbarco e commercializzazione del carbone. «Negli anni 50 e 60» spiega Fontana, «con lo sviluppo del porto della Spezia, il Gruppo diventa una delle principali agenzie marittime e case di spedizione specializzate nel settore siderurgico e delle merci varie. Con l'affermarsi del contenitore e con l'enorme sviluppo dei termi-

nal alla fine degli ani 80 mantiene la sua posizione di leader spezzino adattando la propria organizzazione del lavoro e gli strumenti di lavoro alle nuove tecnologie ed esigenze del mercato». I cambiamenti registrati in un settore come quello della Dario Perioli sono stati consistenti. «Abbiamo registrato un enorme sviluppo del traffico contenitori e una graduale diminuzione delle spedizioni di merci varie e prodotti siderurgici con speculare cambiamento delle tipologie di lavoro che risulta sempre più informatizzato e meno soggetto alla "creatività" degli operatori. Per l'interscambio con l'Algeria, abbiamo effettuato l’investimento più importante divenendo partnersocio-paritario con la

Andrea Fontana

compagnia di navigazione di stato algerino CNAN-MED che collega l'Europa mediterranea con l'Algeria impiegando navi sia di proprietà che noleggiate. Questo partenariato ci ha messo in una posizione particolarmente importante e preminente tra gli spedizionieri internazionali che hanno traffici con l'Algeria. Questo paese è interessato da un interscambio commerciale sempre più imponente con l'Europa del sud, in modo specifico con Italia, Francia e Spagna». Un’organizzazione che comprende sia la città della Spezia che Genova. «Abbiamo attualmente 45 persone impiegate tra la sede principale alla Spezia ed una sede secondaria a Genova e fatturiamo circa15ml annui. Fin

dal 2001 possediamo la certificazione di qualità iso 9001.

Abbiamo inoltre un’importante servizio doganale tramite spedizionieri doganali patentati sia a La Spezia che a Genova». Dario Perioli organizza spedizioni soprattutto nella zona del Maghreb. «Offriamo una partenza settimanale per Algeri, una partenza decadale per Annaba e Orano e una decadale per Skikda. Gestiamo inoltre un servizio passeggeri e auto al seguito per MaroccoTangeri, con partenza bisettimanali dal porto di Genova tramite la nostra consociata AMU. Infine gestiamo una linea per contenitori e merci varie con la Tunisia per Sfax e Sousse con partenze ogni 15 giorni dalla Spezia». Il mercato, considerando quello della Tu-

nisia che si sta riprendendo, è molto competitivo. «Per quanto riguarda il Marocco è piuttosto stabile ma la concorrenza dei numerosi vettori e spedizionieri sta impoverendo il mercato. L'Algeria è sempre in forte espansione e data la peculiarità di quel mercato mantiene ancora buone marginalità». L’ affidabilità della Dario Perioli è dovuta alla tradizione storica ma anche alla sua apertura al cambiamento ed alle innovazioni tecnologiche che hanno permesso d’ investire nel settore. «Crediamo molto nella nostra attività di scambi commerciali specialmente con i nostri vicini dell’altra sponda del mediterraneo, guardati dagli europei troppo spesso con diffidenza e prevenzione».

15 mln EURO

Il fatturato annuo della Dario Perioli

LIGURIA 2011 • DOSSIER • 165

LOGISTICA

Un distripark per la Liguria e attività di logistica assumono sempre più importanza nel mercato globale e un impulso sempre maggiore acquisiscono i distripark, particolari piattaforme logistiche che uniscono i tradizionali consolidamenti e deconsolidamenti dei container e il magazzinaggio delle merci con la parziale lavorazione delle stesse. Si tratta di progetti che permettono di ridurre il numero dei container dalle aree retroportuali, sostituendoli con insediamenti produttivi e di attrarre dal-

L

Marco Zucca, presidente di Svar Srl, La Spezia svar@eutelia.com

l’esterno investimenti che permettono di creare occupazione e sviluppo sostenibile. Proprio per favorire questo tipo di crescita, è stato avviato un progetto volto ad allargare l’offerta di servi del porto spezzino, che all’attuale attività di smistamento af-

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Grandi piattaforme logistiche che uniscono la tradizionale attività sui container con la parziale lavorazione delle merci. L’ingegner Marco Zucca, numero uno della società Svar, parla del progetto per il porto di Santo Stefano di Magra Salvatore Cavera

fiancherà quella di manutenzione, stoccaggio e prima lavorazione delle merci. La parola al presidente della Svar, l’ingegner Marco Zucca: «L’idea di un distripark che sviluppi l’occupazione e i collegamenti è di grande attualità per tutto il sistema portuale e della logistica ligure, poiché fa emergere una direttrice alternativa rispetto a quella Genova-PiemonteMilano».

Il concetto di distretto logistico integrato trova oggi il riscontro favorevole di porti, aeroporti e imprese.

In particolare sotto quali aspetti la realizzazione del distripark di Santo Stefano favorisce il traffico e la gestione delle merci?

«La realizzazione del distripark di Santo Stefano di Magra è un nodo importante nel corridoio Tirreno-Brennero.

Permette la connessione diretta tra il porto della Spezia e l’asse ferroviario della Pontremolese. Inoltre, con l’utilizzo della piastra intermodale attigua ai binari, è

possibile l’interscambio gomma-rotaia dei container, la formazione dei treni blocco per le varie destinazioni e la possibilità, attraverso una viabilità dedicata, del collegamento con i capannoni destinati alla logistica. Il nostro impegno e quello dell’amministratore delegato Angelo Matellini, insieme al consiglio di amministrazione e ai soci, ha permesso l’insediamento di importanti operatori quali Spedemar, Docks Liguria e GranCasa. Attualmente, il complesso crea un indotto occupazionale importante con circa 90 addetti».

In futuro, quali aspetti della gestione logistica e infrastrutturale delle aree retro portuali andranno perfezionati?

«Occorre potenziare il collegamento ferroviario con il porto della Spezia e intensificare le relazioni con Ferrovie dello Stato e Autorità portuale, in modo da creare le condizioni per lo sviluppo del nodo ferroviario di Santo

Marco Zucca

UN DISTRETTO LOGISTICO INTEGRATO a Svar, Società valorizzazione delle aree retroportuali, è una società a maggioranza pubblica costituita nel 1996 su iniziativa del Comune di Santo Stefano di Magra. La Svar ha come missione sociale la progettazione, realizzazione e gestione di infrastrutture di interesse collettivo e di supporto alle aree retroportuali site nel comune. Inoltre si occupa della promozione, del coordinamento e dell’attuazione di iniziative per lo sviluppo della logistica sul territorio provinciale. Uno dei

L

Sopra, il capannone dedicato all’attività della Spedemar; sotto quello della Docks Liguria (S. Stefano di Magra)

Stefano di Magra, attraverso una trasformazione dell’attuale scalo ferroviario in vero e proprio mini-terminal.

Questa impostazione deve essere necessariamente condivisa con l’amministrazione comunale, socio di riferimento di Svar».

Qual è il bilancio relativo

all’attività e al fatturato della Svar degli ultimi anni?

«Dal 2007, il bilancio della società presenta un utile di esercizio. Questo è un dato importante, ma non essenziale per una società partecipata che ha lo scopo di garantire ritorni occupazionali e sviluppo del territorio. Il ricavo di un margine economico, che può essere utilizzato certamente per nuovi investimenti, è fra i nostri obiettivi, ma non è il principale».

Avete in serbo nuovi progetti, investimenti, iniziative per il prossimo biennio?

«Attualmente il progetto portato avanti da Svar è al 60% della sua realizzazione. L’area è già infrastrutturata, occorre passare alla realizzazione di altri quattro capannoni per

suoi obiettivi principali è procedere alla realizzazione di un interporto come parte fondamentale del sistema logistico plurimodale della Spezia, secondo una moderna concezione che privilegi la qualità e l’integrazione dei servizi offerti. Dopo che Spedia Spa ha rilevato la maggioranza assoluta del capitale sociale di Svar, la società si è predisposta alla missione di organizzare un distretto logistico integrato, costituito dal porto della Spezia e dal retroporto di Santo Stefano Magra.

attività logistica di superficie e i relativi piazzali operativi.

Questi investimenti, oltre alle opere sullo scalo ferroviario, potrebbero permettere un importante salto di qualità del sistema logistico legato al porto della Spezia. La qualità del progetto è confermata dall’interesse di alcuni gruppi importanti del settore logistico, che hanno deciso di investire su Santo Stefano di Magra e sulla nostra società.

Ultimamente, la Finanziaria Ligure per lo Sviluppo Economico (Filse) ha conferito a Svar il mandato di avviare un’azione di coordinamento per favorire l’attuazione di investimenti sul territorio legati ai traffici portuali con l’Est e in particolare con la Cina».

LIGURIA 2011 • DOSSIER • 167

LOGISTICA

Innovazione in movimento na rete di trasporti affidabile e un sistema logistico in grado di ottimizzare costi e tempi di consegna sono ormai elementi indispensabili per qualsiasi azienda interessata a operare sui mercati globali.

Rivolgersi a interlocutori capaci di garantire questi requisiti diventa quindi fondamentale per l’affermazione di un’attività imprenditoriale di qualsiasi tipo, ed è proprio in questo ambito che agisce con successo, da quasi ottant’anni, la Priano Marchelli & C. srl, società di spedizioni internazionali e logistica con sede a Genova, come spiega l’amministratore delegato Andrea Giachero: «Siamo specializzati nell’assistenza a compagnie armatoriali e società di ship management, attraverso ser-

U

Nelle immagini, momenti di lavoro all’interno della Priano Marchelli & C. srl di Genova www.prianomarchelli.it

168 • DOSSIER • LIGURIA 2011

Soluzioni logistiche personalizzate, per l’organizzazione di spedizioni di merci per via aerea, marittima e terrestre. Andrea Giachero spiega la filosofia della sua azienda, al servizio dei grandi gruppi industriali ma anche delle piccole imprese Guido Puopolo

vizi di magazzinaggio, consolidamento e trasporto di parti di ricambio ed equipaggiamento, per la riparazione e la manutenzione di navi operanti nei settori del commercio e della crocieristica internazionale. Siamo inoltre in grado di organizzare quotidianamente spedizioni aeree da e per qualsiasi Paese, attraverso un’ampia ed efficiente rete di corrispondenti in ogni angolo del mondo, così come trasporti terrestri su tutta la rete stradale e ferroviaria europea». Un servizio completo, che da alcuni anni

è stato integrato da una forte specializzazione nella logistica del fotovoltaico, e che, grazie all’esperienza acquisita, assicura il rispetto dei più elevati standard di sicurezza nel trasporto dei componenti e dei prodotti finiti in tutto il mondo. «Siamo certificati AEO FULL (Authorized Economic Operator) – sottolinea Giachero - Si tratta di un certificato con valenza comunitaria, rilasciato dall'Agenzia delle Dogane dopo apposito accertamento e audit di accreditamento. Un riconoscimento importante, rilasciato solo a chi comprova il rispetto degli obblighi doganali e dei criteri previsti per il sistema contabile, la solvibilità finanziaria e il possesso di requisiti relativi al rispetto di adeguate norme di sicurezza. Inoltre la nostra società è certificata ISO 9001 conforme alla nuova direttiva del 2008, mentre nel 2010 abbiamo raggiunto anche il BS OHSAS 18001:2007, un certificato relativo alla gestione della salute e sicurezza sul lavoro». Nonostante il

Priano Marchelli & C.

momento congiunturale non facile, che ha caratterizzato lo scenario dei mercati nazionali e internazionali, l’azienda nel suo piccolo, grazie a specifiche strategie di sviluppo adottate nel tempo, ha dimostrato di saper crescere, investire e consolidarsi in un mercato difficile quale quello dello shipping: «Trattiamo ogni genere di merce, per natura, forma, dimensioni e peso, in osservanza delle regolamentazioni vigenti, e la nostra vasta esperienza ci permette di consigliare i nostri partner sul metodo di spedizione più appropriato ed economico». La grande sfida nel prossimo futuro, per l’azienda, sarà dunque riuscire a continuare a operare con professionalità e flessibilità in un contesto globale, adattandosi a una realtà in continua evoluzione: «Per questo motivo abbiamo fondato, insieme alla compagnia danese Blue Water Shipping, la “Cruise & Marine Logistic Network”, una società che nasce dall’amicizia, la professionalità e la profonda cono-

Trattiamo ogni genere di merce, in osservanza delle regolamentazioni vigenti, e consigliamo i nostri partner sul metodo di spedizione più appropriato ed economico

scenza reciproca di due aziende leader nella supply chain dell’industria navale.

La società è nata con lo scopo di soddisfare a ogni esigenza degli armatori e dei cantieri navali mondiali, garantendo soluzioni worldwide di specialisti dell’industria, dislocati nelle aree più strategiche del globo. Questo – prosegue Giachero - ci ha permesso di risolvere, ad esempio, criticità come quelle legate al Dry-Dock Carnival Splendor, una delle navi da crociera più grandi del mondo, che lo scorso novembre prese fuoco al largo delle coste del Messico. In poco più di tre mesi, grazie al nostro intervento, sono state movimentate con successo oltre 700 tonnellate di materiale, uno sforzo volto a convogliare in California tutti i pezzi necessari a “riparare” la nave». Una realtà con una spiccata vocazione internazionale, che però non smette di investire sul territorio italiano, con particolare riferimento al mercato delle fonti rinnovabili: «A breve apriremo una piattaforma logistica nel Lazio – conclude Giachero precisamente a Civitavecchia.

La realizzazione di questa

nuova struttura ci permetterà di soddisfare le richieste dei nostri committenti nel settore fotovoltaico, offrendo loro un centro di smistamento per il sud Italia, oltre chiaramente a fornire una presenza continua e ancora più importante nel settore del marine industry».

LIGURIA 2011 • DOSSIER • 169

La ferrovia si rinnova guardando al modello tedesco Infrastrutture, sicurezza e un progetto industriale condiviso da tutti gli attori del panorama nazionale.

Queste, secondo Guido Gazzola della VTG, le priorità da seguire affinché il ferroviario, anche in Italia, torni a essere un volano di sviluppo Andrea Moscariello

l futuro della SoGeTank è sempre più connesso a quello della VTG. L’azienda, leader in Italia nel settore del noleggio carri e della logistica ferroviaria, ha infatti ceduto una delle società del gruppo, la SoGeRent Srl, alla multinazionale tedesca, quotata alla borsa di Francoforte. Nel passaggio, è mutato

I

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anche il ruolo di Guido Gazzola, che da amministratore delegato dell’azienda di famiglia è oggi Hire Manager della VTG. Gazzola, che tra le altre cose è anche vicepresidente di ASSOFERR, spiega come l’ingresso in un grande network europeo e americano, come quello di cui fa parte VTG Italia, consente un salto

di qualità nell’offerta proposta. «Il nostro mercato di riferimento resta quello delle merci pericolose, dove l'esperienza ventennale della società, con il contributo delle recenti acquisizioni come SoGeRent, costituisce un patrimonio di assoluto rilievo per il nostro paese, garantendo costante ricerca e sviluppo del settore». Il

Guido Gazzola

progetto VTG apre nuovi scenari legati all’integrazione dei servizi logistici e all'ampliamento dell'offerta di carri ferroviari in settori che, in passato, erano di esclusivo dominio delle imprese ferroviarie dominanti, come Trenitalia, SNCF e DB. Quali evoluzioni vivrete, in particolare, sul territorio ligure?

«In questa regione avremo un ruolo sempre più attivo in quanto la logistica portuale delle realtà liguri passa necessariamente attraverso un corretto riequilibrio modale. Cercheremo di sviluppare piattaforme sinergiche con imprese ferroviarie e committenti. A livello nazionale l’impegno preso da VTG è indirizzato a una più forte collaborazione con tutte le realtà del settore. Intendiamo trovare partner sia nell'industria, sia negli operatori logistici esistenti».

Secondo lei il settore ferroviario italiano potrà crescere raggiungendo i livelli dei vicini paesi europei? «È quello che ci auguriamo.

La mission di VTG è sostenere e rilanciare il settore in Italia proprio sulla base delle esperienze vissute in Germania, Svizzera e negli altri paesi che hanno sempre creduto e investito fortemente nel ferroviario. Per fare questo la società sostiene e partecipa alla ricerca e allo sviluppo delle Associazioni nazionali di settore, con il primo nobile e fondamentale scopo di aumentare la sicurezza e la diffusione della

ferrovia come strumento essenziale di uno sviluppo sostenibile dell'industria italiana».

Quali orientamenti deve prendere il comparto?

«Le infrastrutture ferroviarie vanno ammodernate. Penso ad esempio a quella parte di rete coinvolta nel trasporto di merci pericolose come l'area di Sannazzaro, dove la rete ferroviaria fuori dal raccordo di Eni non è adeguata agli standard europei più moderni.

Queste sono le risposte che il paese si aspetta dopo l’episodio drammatico di Viareggio.

Tutte le infrastrutture vanno poi mantenute in piena efficienza e rese disponibili ai privati, secondo schemi di accesso chiari e trasparenti».

Dunque da cosa partirebbe? «È necessario un progetto industriale che coinvolga l'intero paese, un assetto maggiormente protezionistico per le nostre aziende e una logistica riequilibrata. Per farlo la prima riposta che mi viene è "fare sistema". Come fa da anni la strada e come stiamo cercando di fare noi di ASSOFERR, collaborando con altre associazioni di settore, penso a Fercargo e Asstra. In secondo luogo il paese deve svincolarsi dalle scelte strategiche del gruppo FS».

Questo, forse, è ancora più difficile.

«Sì ma la ferrovia non è il gruppo FS, né il gruppo FS vuole essere tutta la ferrovia.

Oggi c'è e può crescere la liberalizzazione. Se FS crede nel cargo ha tutte le possibilità per

dimostrarlo e noi tutti saremo Guido Gazzola, manager lieti di collaborare e crescere hire per VTG Italia insieme. In realtà la politica e vicepresidente ASSOFERR del gruppo FS va, oggettiva- diwww.vtg-rail.it mente e senza polemica, verso una riduzione drastica del cargo. Il Governo e un nuovo approccio dei privati devono mettere tutti noi nelle condizioni di supplire a questa assenza, creando un network di imprese private ferroviarie che coprano l'intero territorio industriale e logistico italiano e che, d'accordo con i clienti, sviluppino strategie consortili soprattutto per quelle aree o LIGURIA 2011 • DOSSIER • 171

INFRASTRUTTURE

L’IMPEGNO CON ASSOFERR V

icepresidente dell’Associazione e responsabile della Categoria Detentori Carri Privati, Guido Gazzola ha rivisto la sua agenda di priorità con ASSOFERR dal tragico incidente ferroviario che il 29 giugno del 2009 ha stravolto la città di Viareggio.

«Il mio sforzo dalla mattina seguente si è concentrato sulla sicurezza ferroviaria. Ho sostenuto e fatto sostenere all'associazione posizioni talvolta scomode, ma di verità cristallina, e collaborazioni a tutto tondo con le istituzioni, con le quali abbiamo stabilito, nell'ambito dei rispettivi ruoli, un rapporto di aperta discussione volta allo sviluppo e alla creazione di posizioni sempre migliorative degli standard di sicurezza» spiega Gazzola.

Il settore, per il vicepresidente di ASSOFERR, porta in seno la ferita inflitta al paese, il dolore per le vittime di Viareggio.

«La nostra vicinanza emotiva vuole e deve però avere un carattere razionale e mettere a disposizione tutto il nostro know-how perché la verità e la trasparenza abbiano come risultato un settore ferroviario più forte e consapevole».

172 • DOSSIER • LIGURIA 2011

quei settori che non raggiungono il break even point. Il settore ferroviario deve rilanciare poi la propria immagine con contenuti legati alla sicurezza e alla green economy. Il modello è la Germania. Ma la strada è davvero lunga».

Quello che è accaduto a Viareggio ci ha ricordato che non si può far sviluppare il settore seguendo solo logiche commerciali. Lei giustamente punta il dito sui gap infrastrutturali. La sicurezza è una priorità?

«Deve esserlo. La ferrovia è un modo di vivere il trasporto che porta con sé le tracce della sua storia. La ferita di Viareggio poteva essere la pietra tombale di questa modalità. Chi lavora in ferrovia e la ama è testardo, caparbio e combattente. Sulla sicurezza non può esserci concorrenza. Vogliamo contribuire a un clima nuovo, a una nuova fiducia, a un rilancio del paese che passi da una logistica sostenibile. La ferrovia ha moltissimo da dare in questo senso. Il coinvolgimento in progetti di ampio respiro di Confindustria in tutte le sue espressioni, come Federchimica e Assogasliquidi, punta a sganciarsi da logiche settoriali e a compiere un progetto industriale che veda intorno al tavolo politica, industria e trasporto. Il prossimo 5 luglio parteciperò alla Conferenza della Logistica di Federchimica, nella quale torneremo a chiedere al Ministero dei Trasporti l'istituzione di un Ta-

volo per le Merci Pericolose destinato allo sviluppo strategico di questo settore in Italia, e al Ministero dello Sviluppo Economico uno sforzo importante per concordare uno sviluppo ragionato e concordato del Piano della Logistica».

Tornando a parlare della Liguria, quali interventi occorrono anzitutto?

«La Liguria deve superare le Alpi e l'Appennino. E deve farlo per il palese interesse egoistico di aumentare l'industrializzazione, e migliorando le condizioni basilari per gli insediamenti produttivi: la logistica. A livello occupazionale questo è un gap gravissimo che nell'interesse collettivo va superato con il minore impatto ambientale possibile, ma con la finalità ultima di rendere l'accesso ai nostri porti, che possono essere i fari del Mediterraneo, veloce, efficace e moderno. In particolare la ferrovia deve essere messa in condizione di ridurre al minimo i tempi di sosta e rotazione dei treni, e in prospettiva di avere gli stessi costi di Livorno per arrivare in Pianura Padana.

Oggi per lo stesso treno, da Genova, servono due locomotori, da Livorno uno solo. La Liguria deve e può puntare anche a essere il terminale Sud di una logica distributiva europea efficiente. Facendo attenzione tuttavia che logica distributiva voglia dire anche ricchezza per la regione, non solo passaggio low cost di merci destinate al Nord».

NAUTICA

Tradizioni navali nel cuore di Genova Genova poggia su un’economia navale e turistica oggi trainata da alcune realtà che coniugano il valore della tradizione all’efficienza dei servizi moderni.

L’esempio di Marina Porto Antico nelle parole di Massimiliano Barbagelata Erika Facciolla

a grande tradizione navale di Genova rivive ancora oggi in una città il cui cuore pulsante è da sempre il mare.

Un rapporto indissolubile che nei secoli è diventato anche il volano di un’economia turistica tra le più floride d’Italia per qualità dei servizi e capacità ricettiva. Nell'incontro fra tradizione del mare e scoperta della vocazione turistica genovese non poteva mancare una struttura

L

Nelle immagini, alcune vedute del Porto di Genova tra cui il porticciolo della Marina Porto Antico Spa www.marinaportoantico.it

174 • DOSSIER • LIGURIA 2011

dedicata alla nautica capace di fondere l'innovazione tecnologica con lo stile del miglior diporto. Parliamo di Marina Porto Antico, società di servizi portuali e turistici ubicata nel cuore del porto genovese.

Fiore all'occhiello di Marina Porto Antico è il suo porticciolo con 280 posti barca dai 10 ai 65 metri, in grado di soddisfare la clientela più eterogenea ed esigente. «All'interno esiste una caratteristica e pittoresca darsena che può ospitare diverse imbarcazioni dai cinque ai sette metri – sottolinea Massimiliano Barbagelata, amministratore delegato della società - dove sono sempre ormeggiati alcuni splendidi gozzi liguri e leudi genovesi, curati in ogni dettaglio da armatori orgogliosi delle loro origini».

La gestione del porticciolo è improntata ai più elevati standard tecnici e qualitativi e la manutenzione quasi maniacale dei pontili e degli ormeggi. «Queste caratteristiche – continua

l’amministratore - unite all’elevata professionalità degli operatori, fanno sì che la nostra darsena cittadina possa ambire alle cinque stelle come, in effetti, ci è riconosciuto da molti nostri affezionati clienti». All'interno del complesso si trovano piacevoli suggestioni gastronomiche, negozi per l'armamento delle imbarcazioni e la vita della nautica da diporto, ma anche abbigliamento e articoli sportivi, un’edicola specializzata e altri operatori economici che collaborano a rendere attivo questo piccolo borgo. Attraversata la strada, si è immediatamente proiettati verso il centro storico e moderno di Genova, dove pinacoteche, locali notturni, teatri e tante altre attrazioni sono alla portata del turista. «Il rapporto con gli utenti è curato in ogni dettaglio – spiega Massimiliano Barbagelata - ed essi possono contare sempre sulla presenza sul posto di almeno una persona, tutto il giorno e tutti i giorni del-

l’anno. La totale trasparenza dei nostri rapporti commerciali fa sì che il servizio fornito sia all-inclusive e il corrispettivo dell'ormeggio includa anche la fornitura di acqua ed energia elettrica.

Inclusi nel servizio – prosegue Barbagelata – c’è anche l'assistenza all'ormeggio, la segreteria utenti e l'ascolto su canale VHF dedicato, il trasporto bagagli, i servizi igienici e le docce, il ritiro e lo smaltimento delle batterie e degli oli esausti, la pulizia dei pontili e dello specchio acqueo, l'illuminazione e la guardiania notturna, wifi, courtesy car, servizio meteo ed un’ampia gamma di fornitori collaudati e selezionati in grado di risolvere anche le più annose situazioni».

Gli utenti nautici di Marina Porto Antico possono anche accedere ad un posteggio a loro riservato e immediatamente adiacente al portic-

ciolo. «Altro punto di forza del complesso – spiega Barbagelata – è il parcheggio interrato di Calata Salumi, completamente automatizzato e dotato di un sofisticato sistema a tessere computerizzate che regola accessi e uscite. Si tratta di una struttura di tecnologia estremamente avanzata, che permette una gestione personalizzata degli abbonamenti a seconda delle diverse esigenze della clientela».

Marina Porto Antico si completa con la sinergia e la collaborazione della Marina Yachts Shipyard Genoa che

Il nostro è un esempio imprenditoriale che è riuscito a crescere nel tempo grazie all’investimento continuo sulla qualità e alla ricerca di nuove sinergie sul territorio

gestisce il porticciolo della fiera negli undici mesi non interessati dal Salone Nautico Internazionale.

«Marina Porto Antico e Marina Yachts Shipyard Genoa – conclude Massimiliano Barbagelata ampliano e rafforzano la propria presenza nel panorama portuale genovese proponendosi come modello di riferimento per la qualità delle strutture realizzate e i servizi offerti. Un bell’esempio imprenditoriale che è riuscito a crescere nel tempo grazie all’investimento continuo sulla qualità e alla ricerca di nuove sinergie sul territorio».

LIGURIA 2011 • DOSSIER • 175

NAUTICA

La dinamica realtà della nautica italiana indotto che ruota intorno all’industria navale è davvero ampio e comprende prodotti delle più diverse tipologie, che si servono in maniera trasversale di molteplici soluzioni tecnologiche. Grazie a un’organizzazione strutturata e flessibile, la Samos di Genova si muove con disinvoltura nel marine business, passando dalla commercializzazione esclusiva dei prodotti di importanti costruttori, alla produzione diretta di varie tipologie di macchinari. «Il segreto che ci ha portati sin qua – spiega Roberto Campini, amministratore delegato della società genovese – è la capacità di cogliere le occasioni che si presentavano, strin-

L’

La Liguria è il cuore del settore navale italiano, un’industria viva e sempre pronta a rinnovarsi. Al suo interno la competitività viene vista come un valore aggiunto e l’opportunità per “fare sistema”.

Ne parla Roberto Campini Amedeo Longhi gendo importanti relazioni commerciali e scommettendo su prodotti innovativi».

Com’è strutturata la vostra società?

«In sostanza Samos è un’organizzazione commerciale nata trent’anni anni fa che fa dal proprio core business il settore del diporto, quindi tutto ciò che riguarda impianti tecnici di fornitura o di produzione per grosse imbarcazioni di questo segmento. Poi abbiamo anche un reparto commerciale,

In apertura, Roberto Campini, AD della Samos di Genova.

Nelle altre immagini, i prodotti dell’azienda e l’interno degli stabilimenti www.samos.it

176 • DOSSIER • LIGURIA 2011

legato alle Ro-Ro e alle navi da crociera, fino ad arrivare alle navi militari. Del gruppo fa parte anche Naiad Dynamics, per la quale siamo dealer esclusivo sul mercato italiano, che ingloba i marchi Vosper e Koopnautic. L’insieme di queste aziende ha venduto nel mondo circa diecimila impianti di stabilizzazione dagli anni cinquanta. Samos ha iniziato la distribuzione dei prodotti Vosper nel 1982 e ha sempre mantenuto la rappresentanza durante tutte le trasformazioni del Gruppo fino all’attuale Naiad Dynamics. Completa la rosa Opem Sistemi, azienda di produzione controllata da Samos, che è stata costituita nel 2000 con reintegro del personale di una precedente società in via di chiusura».

Quali sono i principali prodotti costruiti e commercializzati?

«La specializzazione di Samos sono gli impianti di stabilizzazione, che forniamo principalmente al segmento dei grossi

Roberto Campini

yacht, ma anche a navigli militari e grosse navi, per le quali commercializziamo gli impianti Mitsubishi, azienda giapponese di cui siamo agenti.

Forniamo anche impianti di eliche di manovra, macchinari di governo, macchinari di coperta, tutti apparati che dal punto di vista tecnologico spaziano dalla meccanica, all’oleodinamica fino all’elettronica più sofisticata. Possiamo quindi dire che la nostra tecnologia è orizzontale e va a colpire un po’ tutti i settori. Consolidato il mercato nazionale di impianti di governo e macchinari di coperta, Opem Sistemi si sta da un lato proiettando con decisione sui mercati esteri, con importanti commesse in Olanda e in Grecia, dall’altro si pone all’avanguardia sul piano tecnologico, grazie a un innovativo sistema di timoni retrattili che è attualmente nella fase finale di sperimentazione e che porterà grandi vantaggi soprattutto in termini di riduzione dei consumi e miglioramento delle prestazioni. Un’altra innovativa idea che stiamo proponendo è Deoclean, un prodotto di eccellente design che sanifica e deodora, di facile utilizzo. Non

si tratta di emissioni di sostanze chimiche ma di un prodotto naturale, perché è un generatore di ozono. Si tratta di un prodotto che si avvicina al largo consumo, quindi non è esclusivamente tecnico. Vista la grande sensibilità che c’è oggi nei confronti dell’igiene e della pulizia dell’aria e degli ambienti, siamo convinti che anche dal punto di vista commerciale il successo sia assicurato».

Com’è articolata la strategia commerciale?

«Ci proponiamo come una realtà dinamica che cerca di cogliere le opportunità. Per fare questo il segreto è ascoltare il mercato crescendo in senso orizzontale, cioè ripartendo il rischio imprenditoriale su diverse aree di business. Ecco perché ricerchiamo nuovi prodotti da commercializzare, produciamo direttamente alcune linee e ci adoperiamo per potenziare il servizio estendendolo anche all’area del refit, su cui stiamo concentrando ultimamente i maggiori investimenti».

Qual è oggi la situazione del vostro settore?

«Il settore commerciale è in forte recessione, ma ci aspettiamo una ripresa, anche se in

tempi non brevissimi. Il settore del diporto ha registrato anch’esso un forte calo – parliamo di quasi il sessanta per cento negli ultimi tre anni – ma già oggi vediamo dei segnali concreti di ripresa. Per quel che ci riguarda, per risollevarci puntiamo sulla tecnologia, anche attraverso brevetti esclusivi, e soprattutto sul servizio e sull’integrazione con altre realtà, perché occorre sempre di più fare sistema, altrimenti paesi non molto lontani da noi, come per esempio la Turchia, ci sottrarranno delle quote di mercato importanti. Ecco perché noi cerchiamo anche delle formule di collaborazione con altre aziende per crescere insieme e per accelerare anche il processo di crescita con degli investimenti che sono ancora ragionevoli, anche perché questi non sono tempi in cui si può sopravvivere con un tasso di indebitamento superiore a certi livelli. Questo è anche parte della flessibilità e del dinamismo che secondo noi un’azienda deve possedere».

LIGURIA 2011 • DOSSIER • 177

EDILIZIA PER IL TURISMO

Crescono le strutture turistiche nel Ponente ligure Massimo Galli, direttore della divisione alberghiera del Gruppo Cozzi Parodi, illustra l’impegno nell’investire in strutture alberghiere e portuali nell’estremo Ponente ligure.

Dall’edilizia per il turismo alla creazione di nuove occasioni di intrattenimento sportivo Salvatore Cavera

a riviera ligure è un territorio che ha saputo valorizzare le sue bellezze naturali e artistiche, creando le condizioni per una ricezione adeguata dei flussi turistici. Il che vuol dire alberghi che guardano ai panorami, ma che permettono anche di raggiungere facilmente le principali città d’arte; porti che facilitano la possibilità di vivere l’esperienza del mare per gli appassionati di vela; e, inoltre, complessi residenziali attrezzati per la villeggiatura. Protagonista di questa crescista è

L

A destra, Massimo Galli, direttore della divisione alberghiera del Gruppo Cozzi Parodi, Santo Stefano al Mare (IM) www.gruppocozziparodi.it

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stato il Gruppo Cozzi Parodi, che comprende diverse società che operano nel campo della portualità e delle costruzioni edili, nella gestione di impianti turistico-ricettivi e nel settore immobiliare.

Negli anni ha dato vita a molte opere portuali dell’estremo Ponente ligure, in particolare ha realizzato gli scali turistici di Portosole a Sanremo, di Marina degli Aregai a Santo Stefano al Mare e di Marina di San Lorenzo. Spiega Massimo Galli, direttore della divisione alberghiera del gruppo: «Il porto turistico di Marina degli Aregai può accogliere oltre 900 imbarcazioni. La struttura è arricchita da una galleria commerciale, con una vasta tipologia di negozi; da un residence, con annesso stabilimento balneare e un centro di estetica, oltre a un moderno cantiere nautico. A questo si aggiunge un’interessante offerta residenziale, oltre a diversi impianti sportivi. Marina degli Aregai offre inoltre la possibilità di effettuare escursioni subacquee.

Grazie a un’attrezzata e qualifi-

cata struttura di diving, si può scegliere di visitare fondali incontaminati, in parte compresi anche in siti di interesse comunitario, oppure compiere avventurose immersioni su antichi reperti, che vanno dall’epoca romana alla seconda guerra mondiale. Invece, Il complesso portuale di Marina di San Lorenzo è situato nel pieno centro del Comune di San Lorenzo al Mare e ospita 365 posti barca. Il complesso si allaccia direttamente alla pista ciclabile che raggiunge Sanremo e che consente un collegamento costiero in un panorama assolutamente unico e incontaminato».

Il gruppo sta attualmente progettando il nuovo porto di Civitavecchia e due nuovi approdi in provincia di Imperia, a Bordighera e a Ventimiglia. Partecipa, inoltre, in qualità di socio, alla costruzione del porto turistico di Imperia. La divisione alberghiera del gruppo è particolarmente attiva nella creazione, in provincia di Imperia, di strutture turistico-alberghiere che accrescano l’offerta di oc-

Massimo Galli

casioni di intrattenimento.

«Abbiamo realizzato recentemente tre nuove strutture: una a Castellaro, una presso il porto turistico di Marina degli Aregai e una nella Marina di San Lorenzo». È tornato in attività anche lo storico Hotel de Paris Sanremo, struttura inaugurata nei primi anni del secolo scorso e rimasta in attività fino al

L’Hotel De Paris può contare su una posizione privilegiata, essendo affacciato sul mare. Ciascuna camera è dedicata a un artista legato alla riviera dei Fiori, con opere pittoriche in ogni ambiente

1991. I lavori di restauro rispettano totalmente le linee della struttura originaria, che è un importante esempio di architettura liberty. «L’Hotel De Paris può contare su una posizione privilegiata. È affacciato sul mare e a pochi metri da due strutture simbolo della città dei fiori, il Casinò e la chiesa Russa.

Le sue eleganti suite sono disposte su quattro piani e ciascuna camera è dedicata a un artista legato alla riviera dei Fiori, con opere pittoriche in ogni ambiente. Durante il soggiorno sanremese, gli ospiti dell’albergo possono godere degli intrattenimenti della casa da gioco e dal teatro Ariston, op-

pure dedicarsi a sport come la vela, il golf e l’ippica, con a disposizione strutture d’eccellenza come Portosole, il Campo Golf degli Ulivi e il Campo Ippico del Solaro. La pista ciclabile taglia tutto il litorale sanremese e permette suggestive pedalate.

L’albergo offre due ampi saloni perfetti per meeting d’affari o incontri dedicati al disimpegno.

Non manca una sala riservata alla lettura e un ampio ricevimento. È inoltre presente un’ampia sala ristorante, battezzata Brasserie del Re Sole. È stata infine allestita un’area benessere, con palestra, sauna, idromassaggio, bagno turco e docce emozionali».

LIGURIA 2011 • DOSSIER • 183

EDILIZIA

L’edilizia ligure riparte impegno delle istituzioni e del mondo imprenditoriale italiano a favore dell’edilizia non conosce stallo, nonostante l’empasse economica abbia destabilizzato presupposti e obiettivi in ogni settore e mercato.

A Genova, ad esempio, da quanto si evince dalle più recenti informazioni fornite dalla stampa nazionale, in questo primo semestre 2011, secondo il piano del Comune avviato per la ripresa dell’edilizia pubblica, sono stati appaltati 63 milioni di nuove opere.

A cambiare e migliorare il volto delle città liguri, integrandosi ai piani progettuali stabiliti allo scopo sia dalla committenza pubblica che da quella privata, da oltre vent’anni partecipa anche la Tech.Cos, azienda genovese attiva nello svolgimento di lavori edili in generale quali costruzione, ristrutturazione e manutenzione di immobili, ma anche nell’installazione, trasformazione e ampliamento di impianti di vario tipo sempre legati al settore dell’edilizia.

L’

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Pubblico e privato. L’impegno per risvegliare il settore edilizio e il sistema lavoro che vi gravita intorno, affronta la crisi con nuovi appalti e imprese affermate.

Come la Tech.Cos, che partecipa a dare un nuovo volto alle città liguri Adriana Zuccaro «L’azienda è strutturata, sia in termini di attrezzatura che di risorse umane, in maniera tale da affrontare in autonomia qualunque tipo di commessa, garantendo professionalità e rapidità di esecuzione». A detta di Giovanni Piana, socio di maggioranza della Tech.Cos insieme a Bruno Vinerbi, sono questi i principi cardine cui la forza della Tech.Cos fonda le sue basi.

Ma la costante evoluzione imprenditoriale di un’azienda, soprattutto per quelle appartenenti al settore delle costruzioni, non può prescindere da altri due fattori individuabili nell’aggiornamento professionale e nell’imprescindibile, quanto mai attuale, tema della sicurezza.

Per questo alla Tech.Cos «in tema di personale siamo particolarmente attenti alla formazione che avviene periodicamente tramite specifici corsi di aggiornamento – afferma il geometra Piana –. Il concetto di sicurezza dei nostri lavoratori per noi è fondamentale; è infatti un aspetto che curiamo inviandoli periodicamente per sottoporsi a tutti i corsi di aggiornamento riguardanti la sicurezza e

fornendo dispositivi adeguati per la loro incolumità». E per prevenire al massimo qualsiasi rischio di infortunio sul lavoro, piaga ancora aperta del mondo del lavoro in Italia, «molte volte facciamo uso di studi tecnici esterni allo scopo di migliorare i livelli d’informazione sulla sicurezza degli addetti, l’efficacia dei dispositivi in uso e il rispetto rigoroso delle norme vigenti».

Per rendere sicuro ogni cantiere, non basta l’impegno delle imprese del settore sensibili al tema come la Tech.Cos; il ruolo delle istituzioni rimane fondamentale per incrementare la sicurezza del sistema lavoro e, conseguentemente, partecipare alla ripresa dalla crisi congiunturale degli ultimi anni. «Noi speriamo che il Testo Unico sia sufficiente a ridurre il numero di infortuni sul lavoro – precisa Vinerbi – anche perché riteniamo innegabile riconoscere che le istituzioni, dalla loro parte, proprio con le normative raccolte nel Testo Unico, abbiano dimostrato la loro seria partecipazione e l’impegno a cambiare, dove possibile, il corso di eventi sfortunati, ma spesso anche irresponsabili».

Giovanni Piana e Bruno Vinerbi

Con la serietà e professionalità dimostrata dalla Tech.Cos, il monito del portavoce della società non lascia dubbi sulla necessaria sinergia che deve istaurarsi tra lo Stato e gli imprenditori: «per ottenere risultati sempre più soddisfacenti e far rinsavire il mondo del lavoro, noi imprese dobbiamo essere più diligenti nell’applicare le normative che si trovano all’interno del Testo Unico».

Probabilmente è grazie a questa corretta gestione del lavoro e dei lavoratori, alle efficaci dinamiche di coordinamento, alla disponibilità di risorse tecniche e professionali e all’esperienza acquisita per oltre un ventennio che «nonostante il perdurare del periodo di crisi profonda che ha coinvolto, e in taluni casi travolto il settore edile, la Tech.Cos ha “tenuto il passo” e ha incrementato il fatturato grazie a nuove commesse che si è aggiudicata». A dispetto quindi di un sapere comune che affibbia al settore dell’edilizia pubblica incongruenze, lungaggini burocratiche, giochi al ribasso e criticità finanziarie, in Liguria, la Tech.Cos. ribalta la situazione e, con la forza che le ha permesso negli anni di mantenersi ai vertici del mercato e punto di riferimento per l’edilizia ligure, non solo affronta la crisi a testa alta ma addirittura la scavalca indenne per continuare un percorso di crescita e sviluppo aziendale.

Attualmente, infatti, non sono pochi i cantieri operativi in

In queste pagine, fasi di costruzione di 150 box interrati nel quartiere di Sestri Ponente, e di uno stabilimento industriale nel quartiere di Genova Bolzaneto. Entrambe le opere sono state affidate all’impresa Tech.Cos di Genova amministrazione@infotchocos.191.it

Per rendere sicuro ogni cantiere, non basta l’impegno delle imprese del settore; il ruolo delle istituzioni rimane fondamentale

mano alla squadra di Tech.Cos. In diversi comuni della provincia di Genova, da Mignanego a Sestri Ponente, da Bogliasco a Isoverde fino a Portofino, «siamo al momento impegnati nella costruzione di condomini, box interrati, un fabbricato industriale, villette e nella ristrutturazione di un immobile an-

tico e un rifornitore di carburante».

Per quanto riguarda invece le opere concluse è opportuno citare che la Tech.Cos ha partecipato alla costruzione del centro commerciale Fiumara di Genova Sampierdarena e ha realizzato stabilimenti di dimensioni importanti commissionati LIGURIA 2011 • DOSSIER • 185

EDILIZIA

da Coopsette e Black Oils, ap-

partenente al gruppo Europam.

Tra le altre opere degne di nota vi sono la palazzina che include la sede operativa della società, con locali di proprietà siti in Genova Sampierdarena, la ristrutturazione dell’Arpal ad Alessandria, diversi stabili della riviera e della città di Genova, e la residenza per anziani sita nel comune di Crocefieschi.

Per quest’ultima, «non avevamo un piano progettuale specifico visto che l’incarico per la realizzazione della struttura medico-assistenziale nasceva da una gara d’appalto pubblica – spiega Piana –. Ad ogni modo, i documenti che ci venivano forniti, come avviene in questi casi durante le gara d’appalto, elencavano mi-

186 • DOSSIER • LIGURIA 2011

Siamo al momento impegnati nella costruzione di condomini, box interrati, un fabbricato industriale, villette e nella ristrutturazione di un immobile antico e un rifornitore di carburante

nuziosamente le caratteristiche che dovevamo rispettare nella realizzazione delle strutture, le forniture previste per l’esecuzione dei lavori e la lista delle categorie di lavorazioni.

Soltanto durante i lavori in corso potevamo effettuare delle piccole variazioni per migliorare la struttura medicoassistenziale che doveva accogliere delle persone con difficoltà varie. Terminata l’opera la struttura, dopo i vari controlli effettuati dagli enti preposti, è entrata in fun-

zione».

Per l’affermazione nel campo dell’edilizia, come insegna la Tech.Cos, non ci sono vere e proprie strategie progettuali, costruttive o ancor di meno societarie perché «le uniche nostre strategie sono quelle di cercare di garantire un buon servizio ai committenti derivato dalla nostra competenza maturata in tanti anni di attività in questo settore. Oggi, grazie a ciò, possiamo contare su una clientela affidabile e costante nel tempo».

COSTRUZIONI

Una seconda vita per la cava di Castellaro

Rocca Croarie al centro degli investimenti della società Findelen. Nel suo futuro un complesso residenziale, un parco fotovoltaico e, soprattutto, la riqualificazione di un patrimonio boschivo e paesaggistico perdutosi negli anni

Q

uella di Rocca Croarie è una delle cave storiche della Liguria. Situata a pochi chilometri a sud da Castellaro, si sviluppa lungo una linea di displuvio naturale delle acque, su un rilievo collinare appartenente al versante orografico di sinistra della Valle Argentina. In tutta la seconda metà del secolo scorso, questa cava ha svolto una funzione fondamentale, specie per la costruzione dell’Autostrada dei

Filippo Belli

Fiori. Negli anni Ottanta ha permesso lo spostamento a monte della linea ferroviaria per poi, nell’ultimo ventennio, consentire la realizzazione dell’Aurelia Bis. Ma come accade per moltissime aree, è breve il passo da sito strategico a luogo in disuso, da riqualificare. Fortunatamente pare non essere nel dimenticatoio il destino di questa cava, anzi. Dal 2003,

grazie alla società Findelen, leader nel settore delle costruzioni e proprietaria dei terreni, è in atto un’importante opera di riqualificazione e sviluppo. La famiglia Tonegutti, cui appartiene la Findelen, ha recentemente richiesto il rinnovo dell’autorizzazione all’attività di coltivazione della cava di puddinga.

La proposta di riqualificazione prevede la ricomposizione pae-

Findelen

saggistica della cava di Rocca Croaire, che pertanto verrà dismessa, attraverso un accurato programma di reinserimento, attraverso la risagomatura, il drenaggio e la regimazione delle acque. L’obiettivo è quello di riconcedere all’area un suo ruolo funzionale, affinché possa ospitare al suo interno un parco fotovoltaico, R.S.A. e residenziale. Tale proposta prevede una tipologia residenziale disposta in modo sparso, in costruzioni di due piani in blocchi aggregati, al fine di riprendere la tipologia già insediata nell’ambito del territorio circostante, come nei recenti insediamenti posti in aree limitrofe.

Il parco fotovoltaico prevede un impianto connesso alla rete elettrica di distribuzione con una potenza di 432.000 kW. La porzione di terreno su cui

sorgerà la R.S.A. è ai margini della proprietà, per consentire un facile accesso, ben affacciata sull’area verde pubblica. La R.S.A. si prevede potrà accogliere circa 80 persone, che sulla base di parametri ottimali, necessita di circa 3.600 metri quadrati posti su due o tre piani.

Una struttura che, una volta realizzata, potrà godere dell’area verde pubblica senza necessitare di altri spazi riservati, se non quelli essenziali per i parcheggi primari, che potrebbero essere interrati. Il progetto consentirà l’inserimento di attività professionali e imprenditoriali all’interno del complesso, creando così anche un indotto economico e occupazionale. Si stima che i lavori potrebbero garantire un’occupazione stabile per circa 75 addetti per la struttura R.S.A. e di altri due per la gestione degli spazi a verde pubblico.

Attualmente sono in corso interventi di escavazione materiale nell’ambito del secondo lotto, situato nella zona a NordOvest, mentre nel primo la fase di scavo è già stata completata.

I lavori prevedono, anzitutto, la risistemazione dei primi due lotti da un punto di vista vegetazionale. Secondo le ultime previsioni, per giungere al completo utilizzo dei volumi autorizzati, la coltivazione dovrà procedere per altri tre anni, comprensivi degli interventi di abbancamento, e altri due per le operazioni di completamento delle profilature. Si tratta di un recupero che punta a un preciso riequilibrio dell’ambiente rispetto all’inquina-

Il materiale utilizzato per la ricostruzione della morfologia è innanzitutto lo sterile, proveniente dalla coltivazione della cava e dalle successive fasi di lavorazione

mento di suolo, sottosuolo e atmosfera. Findelen intende restituire al territorio un significativo patrimonio boschivo e agricolo, andando anche a mitigare l’impatto estetico, non certo positivo, scaturito dall’attività di escavazione. Tuttavia il recupero non può essere inteso solo come riduzione degli impatti ma deve essere tale da inserirsi strutturalmente e funzionalmente nel sistema paesistico. La coltivazione della cava Alcuni mezzi al lavoro introduce modifiche al paesag- presso la cava gio creando una serie di im- di Castellaro (Im) patti come l’artificializzazione findelen@libero.it dello stesso, la trasformazione dell’attuale uso del suolo, la perdita dei valori paesistici e geologici. Tutte queste modifiche del territorio vanno attentamente esaminate al fine di determinare il tipo di equilibrio che si vuole raggiungere.

LIGURIA 2011 • DOSSIER • 189

COSTRUZIONI

QUARANT’ANNI ANNI NELLE COSTRUZIONI La società Findelen si conferma un punto di riferimento per il comparto edile del Ponente Ligure. Alla sua guida resta la famiglia Tonegutti, che continua a investire in rinnovo tecnologico e formazione on oltre quarant’anni di attività alle spalle, la Findelen Srl è parte integrante di un gruppo che opera nel settore delle costruzioni da tre generazioni. Nonostante lo sviluppo manageriale della società, la gestione resta a conduzione familiare. Al vertice dell’impresa troviamo Massimo Tonegutti, amministratore delegato, e Roberto Tonegutti, direttore tecnico. En-

C

Sul fronte del recupero vegeta-

A lato, la vista aerea sulla cava di Castellaro scattata nel 2003.

In alto, uno scatto effettuato nel 2009

zionale, nel progetto è prevista la realizzazione di una pineta di pino d’Aleppo, in continuità con quelle presenti a ovest e a est del sito di cava. Le formazioni, sia a pineta che mista, saranno completate con un sottobosco di erica, corbezzolo e pero corvino, oltre che con un manto erboso con prevalenza di graminacee.

Fondamentale resta anche il profilo morfologico. «Da questo punto di vista si è cercato di realizzare un inserimento armonioso con la creazione di superfici non troppo regolari che consentano la diversificazione di micro habitat come anfratti, zone più umide ai piedi delle scarpate, zone sommitali e di crinale più esposte – spiega Massimo Tonegutti -. Il materiale utilizzato per la ricostruzione della morfologia è innanzitutto lo sterile, proveniente dalla coltivazione della cava e dalle successive fasi di lavora-

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trambi supportati dalla competenza e dall’efficienza delle maestranze che sono parte integrante dello staff. La società sede nel comune di Taggia e opera principalmente nel Ponente Ligure.

L’azienda si è evoluta nelle più svariate applicazioni dell’edilizia, è attiva da anni anche nel settore degli scavi e della conseguente movimentazione di terra, nelle

opere speciali di fondazione, di consolidamento e rinforzo dei terreni, nella realizzazione della parte strutturale di fabbricati residenziali, di capannoni, garage, piscine, ma anche nella costruzione dei muri di sostegno nei terrapieni.

«La nostra azienda è in grado di eseguire coperture in legno lamellare, in laterizio e in latero-cemento – dichiara Massimo Tone-

Findelen

gutti -. L’utilizzo di materiali di ottima qualità e di tecniche costruttive all’avanguardia ci permettono di realizzare ambienti esterni studiati in ogni minimo dettaglio dai costi contenuti». Fondamentale, ai fini della crescita del gruppo, sono gli investimenti interni. «Le attrezzature e le macchine operatrici vengono costantemente rinnovate e implementate. L’innovazione è una peculiarità fondamentale, così come la formazione. Le competenze del nostro personale vengono costantemente aggiornate, al fine di garantire squadre operative con un alto grado di autonomia e competenza».

zione». Secondo la direzione della Findelen, tutte queste modifiche del territorio “vanno attentamente esaminate al fine di determinare il tipo di equilibrio che si vuole raggiungere con l’intervento di recupero”. «È molto difficile che un progetto di recupero possa ripristinare la situazione esistente in quanto sono mutate, con l’attività estrattiva, tutte le condizioni originarie sia all’interno che all’esterno dell’area stessa, per cui gli obiettivi dovrebbero essere sottoposti a un continuo processo di revisione per verificarne la congruità al variare delle condizioni al contorno» dichiara sempre Tonegutti. In un progetto simile, poi, occorre integrare gli aspetti naturali con quelli antropici.

Forte anche l’attenzione alla questione energetica. «Riteniamo indispensabile, nella realizzazione di nuovi insediamenti, porre un’attenzione particolare allo sviluppo di

energie rinnovabili, che possano non solo soddisfare l’insediamento stesso, ma che contribuiscano in modo sensibile al carico energetico comune» ci tiene a ribadire Massimo Tonegutti, che conferma inoltre il totale coinvolgimento della società di famiglia nell’opera di riqualificazione. «La Findelen oltre che essere direttamente impegnata nella gestione della cava, è un’impresa di costruzioni, e intende gestire l’intero intervento in tutte le fasi, dalla progettazione, a cura degli architetti Sofia e Francesca Tonegutti e degli ingegneri Nicolò Tonegutti e Gian Luca Moroni, fino alla realizzazione e alla commercializzazione dell’intera opera».

La famiglia Tonegutti, poi, si sbilancia anche su tempi e costi di realizzazione. Si ipotizza, infatti, di realizzare il tutto entro otto anni, con un investimento complessivo di circa 25 milioni di euro.

LIGURIA 2011 • DOSSIER • 191

TECNOLOGIA E DESIGN

Un business “verso l’alto” nche l’ascensoristico paga lo scotto della crisi. Malgrado tutto, però, tengono botta, e talvolta crescono, le società migliori. A confermarlo è anche Carlo Mangiapane, amministratore delegato di una delle realtà più proficue del comparto, la Elevatori Normac. La società genovese ha realizzato impianti in alcune delle strutture più importanti sul territorio ligure e nazionale.

Dall’Ospedale San Martino di Genova, per cui ha seguito il rifacimento di tutti gli

A Sotto, una delle scale mobili realizzate dalla Elevatori Normac Srl presso la Fiera del Mare di Genova.

Nella pagina a fianco, in alto, il grattacielo ex terrazza Martini, Carlo Mangiapane e, sotto, l’Ospedale San Martino, reparto monoblocco in cui si trovano le realizzazioni Normac

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Il mercato di ascensori e scale mobili visto da vicino. A parlarne è il numero uno della Elevatori Normac, Carlo Mangiapane, che mostra i nuovi sviluppi del settore tra tecnologia e design Andrea Moscariello

ascensori monoblocco, a quelli della Metropolitana di Milano, in cui ha realizzato anche 8 scale mobili per il prolungamento della linea M2 presso le stazioni di Assago Forum e Assago Nord.

E poi ancora la Fiera del Mare di Genova, in cui ha installato, all’interno del pa-

diglione B, 8 scale mobili e 20 ascensori, e ha perfino lavorato all’interno della celebre lanterna, simbolo del capoluogo ligure. «Malgrado gli ostacoli, la nostra azienda è riuscita a mantenere un livello costante, sia in termini di prestazione al committente che a livello di organico. Ovviamente si è verificato un calo sensibile degli utili in ragione dell’abbattimento dei prezzi di vendita» spiega Carlo Mangiapane. Il 2010 ha chiuso con un fatturato di 5 milioni di euro, un risultato che l’amministratore delegato della Normac attribuisce agli «investimenti fatti sulla ricerca tecnologica, al mantenimento delle certificazioni aziendali di Qualità e all’applicazione delle norme di sicurezza, estese a tutto l’organico».

Attualmente quale progetto vi sta impegnando, specie dal punto di vista tecnologico?

«Sicuramente la trasformazione degli impianti del Grattacielo di Piazza Dante,

Carlo Mangiapane

La nostra azienda si sta occupando in maniera significativa dell’ottimizzazione dei consumi e del recupero energetico degli ascensori

a Genova. La velocità degli impianti è di 3,5 metri al secondo, caratteristica questa che da sola risulta al di fuori degli standard e tecnologicamente avanzata. A ciò si aggiunge il fatto che il progetto, interamente gestito da noi, viene controllato tramite un azionamento com-

puterizzato che è controllato a distanza secondo i parametri concordati su misura con il committente».

Quello della sicurezza è uno dei nodi centrali per il vostro lavoro. Oggi quali elementi la garantiscono?

«Da diversi anni la Elevatori Normac sta investendo sulla sicurezza degli impianti applicando un sistema di telegestione e telesoccorrso, grazie alla realizzazione dei quadri di manovra interamente progettati e costruiti in casa. In questo modo, attraverso il nostro call center, abbiamo la possibilità di controllare e monitorare a distanza lo stato degli impianti per tutti coloro che ne fanno richiesta. Non essendo recepita la normativa europea di

riferimento EN 81/80, ad oggi questo sistema viene utilizzato solo dai clienti che ne sono interessati. Non è quindi possibile, purtroppo, applicare di norma la stessa tecnologia su tutti gli ascensori».

Per il futuro a cosa deve puntare la ricerca?

«La nostra azienda si sta occupando in maniera significativa dell’ottimizzazione dei consumi e del recupero energetico degli ascensori. La crescente installazione, sugli impianti, del controllo sull’azionamento motore attraverso degli inverter, permette di ridurre il consumo di energia nella fase di avvio e rallentamento della cabina, ma per contro determina un consumo di energia costante a impianto fermo».

Un altro dei vostri progetto è il cosiddetto “stop and go”. Di cosa si tratta?

«Detta in parole povere, è un qualcosa di simile al sistema applicato alle autovetture. In pratica, chiudendo le porte, LIGURIA 2011 • DOSSIER • 195

TECNOLOGIA E DESIGN

UN SECOLO DI PROGETTI a superato il secolo di vita la Elevatori Normac. In realtà l’azienda, che ha assunto l’attuale nome nel 1985, nasce nel 1910 come attività di realizzazione di impianti di sollevamento. Un esercizio che non comprendeva la sola installazione ma, soprattutto nel periodo bellico, anche la fabbricazione di tutte le parti costituenti l'impianto. Per ragioni logistiche, l’attività si orientava sul settore navale, seguendo le sorti del Porto di Genova.

Passata la seconda Guerra Mondiale, con il boom economico a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, la società ha conosciuto una crescita notevole, arrivando a conquistare una quota significativa di mercato. A metà degli anni Ottanta, poi, si specializza sempre di più nel campo della progettazione, installazione, ristrutturazione e manutenzione di impianti di sollevamento, dai montacarichi agli ascensori, oltre che di scale mobili.

L’esperienza accumulata nei decenni le ha permesso di attirare l’attenzione, e gli investimenti, da parte di grandi società private e amministrazioni pubbliche. A oggi la Elevatori Normac Srl rappresenta un sistema integrato che nasce dalla capacità di valorizzare al meglio le singole competenze professionali, coordinandole nella logica del lavoro di gruppo e mantenendo l'equilibrio ottimale tra lo staff dirigenziale, il personale specializzato, le risorse economiche e i mezzi utilizzati. www.elevatorinormac.it

H

tutti i consumi devono essere un’intera giornata, un imridotti al minimi termini. Per fare questo occorre tagliare i tempi di reazione al momento della prima inserzione dell’impianto».

Dunque gli ascensori sprecano più energia di quanto si potrebbe pensare?

«Di norma, nell’arco di

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pianto si muove mediamente per 2 ore. Indi per cui, per le restanti 22 ore, le luci della cabina rimangono costantemente accese e la centralina elettrica più l’inverter consumano in modo significativo.

Per questo è importante ricercare una tecnologia più

sostenibile, riducendo lo spreco energetico».

Anche il design, ormai la fa da padrone nel vostro campo.

«Abbiamo sviluppato una ricerca sul design utilizzando nuove tecnologie nei comandi di tipo TUH. Stiamo trasformando vecchie cabine con dei rivestimenti stilisticamente appropriati all’edificio. Purtroppo la crisi che attraversa il settore non ci offre grandi spazi per la realizzazione di queste soluzioni personalizzate, ma riusciamo a farle apprezzare dagli studi di architettura che le richiedono».

Ad esempio?

«Abbiamo portato a termine alcune trasformazioni di impianti in edifici storici, cercando di coniugare l’aspetto normativo senza però modificare quello estetico. Pensiamo solo alla conservazione dei cancelli di piano in ferro battuto e alle cabine costruite in legno, in cui abbiamo ripristinato gli interni con le caratteristiche originali».

Quale tratto stilistico le piace soprattutto?

«La realizzazione di un impianto con la cabina interamente in cristallo, corredata di bordature attraversate da fibre ottiche, crea un effetto a dir poco affascinante, considerato che la cabina scorre in un vano in cemento armato completamente affre-

Carlo Mangiapane

scato».

Insomma, la vostra è una produzione tutt’altro che seriale.

«Tutto questo ci consente di portare avanti con coraggio una professione che è ormai diventata una missione. La nostra azienda è prossima alla quinta generazione di vita. La Elevatori Normac ha le sue radici in una piccolissima attività di origini idrauliche. I primi ascensori, del resto, funzionavano compensando i carichi per mezzo di valvole a pressione. Tutti i componenti dell’ascensore e montaAbbiamo portato a termine alcune trasformazioni carichi si costruivano in piccoli spazi per essere di impianti in edifici storici, cercando riassemblati sul posto». di coniugare l’aspetto normativo Chi fondò l’azienda? senza però modificare quello estetico «Tutto nacque grazie a un genovese Doc, di nome Gaggero, che con estremo coraggio ha portato avanti Poi, dal 1985, si è trasformata tendono per il futuro? l’azienda per due generazioni. nella Elevatori Normac Srl». «Oltre, come dicevo prima, Oggi siete un vero e pro- alla ricerca e allo sviluppo di prio gruppo, quali altre nuove energie rigenerative apaziende ne fanno parte? plicate all’inverter, punte«Abbiamo la It.Am.Fer. S.r.l., remo sempre di più alla comnata nel 1991 per soddisfare mercializzazione dei prodotti Alcuni degli edifici in cui si trovano le esigenze dei costruttori di attraverso il web. Inoltre, in le realizzazioni Normac, impianti ascensore e risolvere agenda è prevista la collabo- dal palazzo della i problemi inerenti la costru- razione con le ditte di Ekate- Regione Liguria alla Lanterna di Genova. zione e il montaggio del vano rinburg, città gemellata con Sopra, una veduta di corsa, facendosi carico an- la Liguria, e dalla quale sono della Fiera di Genova che delle opere murarie. Ko- state avviati da due anni promel Srl, invece, nasce nel getti per una joint venture 2005 per seguire la realizza- con la nostra impresa. Potenzione e la manutenzione di zieremo, infine, il call center, impianti elevatori, elettrici, e un punto di riferimento sulla fotovoltaici». sicurezza e il telesoccorso per Quali nuove sfide vi at- le persone intrappolate».

LIGURIA 2011 • DOSSIER • 197

POLITICHE ENERGETICHE

Sulle rinnovabile la Liguria non cambia strada Dopo l’approvazione in Parlamento del decreto Romani sulle energie rinnovabili, la Regione è decisa ad andare avanti con la propria politica energetica, basata soprattutto sulle fonti pulite. «In un anno c’è stato un incremento del 78%, entro 4 anni raddoppieremo il rinnovabile». Il punto dell’assessore Renzo Guccinelli Luca Donigaglia

l decreto del Governo sulle rinnovabili è stato un errore clamoroso, il settore in Italia è uno dei pochi che tira ancora. Ma noi tiriamo dritto. Entro il 2015 raddoppieremo la produzione in Liguria, arriveremo a 480 megawatt entro il 2020. Ci contiamo». Renzo Guccinelli, assessore allo Sviluppo economico con delega all’Energia della Regione Liguria, guarda avanti sul rinnovabile. Fresco degli Stati generali locali sulla green economy, che ha promosso personalmente, Guccinelli resta critico verso il governo nazionale ma non si scoraggia.

Perché tanto clamore sul decreto legislativo del ministro Paolo Romani?

«L’azione di critica al decreto Romani non è stata portata avanti solo dalla Liguria, ma insieme con tutte le amministrazioni regionali nell’ambito

«I

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della conferenza Stato-Regioni. C’è stata una grande mobilitazione insieme con le varie associazioni di categoria e le imprese per arrivare a una modifica in Parlamento del decreto. Ad esempio, abbiamo sostenuto come le aziende che hanno avviato gli investimenti debbano ricevere gli opportuni incentivi. E, comunque, le politiche di riduzione degli incentivi medesimi non possono essere così improvvise».

Nel merito che cosa non va?

«Il governo aveva elaborato un piano incentivi per l’installazione del fotovoltaico con una durata fino al 2013. Sulla base di questo tante famiglie e tante imprese hanno scelto di investire. Con il decreto di marzo, invece, ha azzerato tutto. Insomma, a partita già iniziata, ci è stato detto che le regole erano cambiate e che avrebbero potuto godere degli incentivi solo coloro i cui impianti fossero stati attivati entro il 31 maggio

di quest’anno. Dopodiché, il buio. Tutto questo mentre la Commissione europea presenta un piano che prevede di portare dal 20% al 25% la riduzione delle emissioni di gas serra nel 2020».

Che effetti ha prodotto il provvedimento governativo sul territorio?

«Il primo effetto è stato che le banche hanno completamente sospeso ogni forma di finanziamento e ogni erogazione di credito nei confronti dei nuovi impianti fotovoltaici, assestando un duro colpo a un settore che tirava. Da alcuni dati di Confartigianato, poi, è risultato che erano 2.400 le imprese liguri potenzialmente interessate dalle modifiche apportate dal governo. La fetta maggiore della filiera delle rinnovabili è costituita dagli installatori dei pannelli fotovoltaici (2.317), dai fabbricanti

Renzo Guccinelli

dei pannelli (33), dai produttori di energia elettrica (23), dalle imprese che lavorano le biomasse (23) e dai produttori di turbine eoliche. Tra il 2009 e il 2010 in Liguria sono nate 55 nuove imprese della filiera delle rinnovabili, facendo registrare una crescita del 2,3%».

Il decreto è passato. Ora che farete?

«Dopo aver proposto al governo almeno di ridurre lo “scalone”, eccessivo, sul calo degli incentivi, abbiamo comunque detto: andate avanti, perché la cosa peggiore per le aziende è l’incertezza. Dopo che il decreto è passato in Parlamento, da parte nostra abbiamo costituito il tavolo con tutte le associazioni di categoria dei diversi settori per non perdere di vista i problemi. È stato creato proprio recentemente un gruppo di lavoro interassessorile, fra l’altro, per rendere più facile

alle imprese l’installazione di impianti per le energie alternative e favorire a quelle che operano nella green economy nuovi incentivi, a vario titolo».

Si tratta delle novità che avete annunciato nel corso degli Stati generali della “economia verde” di quale settimana fa, giusto?

«Esatto, insieme con il presidente Burlando, è stato possibile realizzare un grande momento di confronto a cui hanno partecipato enti locali, imprenditori e rappresentanti delle associazioni di categoria.

Nel piano proposto dalla Regione sono previsti 24 milioni di euro di investimenti per un anno, riallocando risorse del piano operativo regionale, che si aggiungono ai 30 milioni di euro già stanziati in questi anni sulle energie rinnovabili attraverso le risorse dell’asse 2 dei fondi europei. Si tratta di finanziamenti che impiegheremo per aiutare quelle imprese che vogliono investire in energie rinnovabili e per migliorare l’efficienza energetica dei propri edifici, favorendo il credito”.

Decreto a parte, in Liguria qual è la fotografia del fotovoltaico?

«Dai dati Enel risulta che nella nostra regione, ad aprile 2011, sono state effettuate oltre la metà delle installazioni nel fotovoltaico fatte in tutto il 2010. La crescita è del 78%. Nel privato, poi, si stanno portando avanti iniziative come i “condomini intelligenti” che a investimenti zero riescono a ridurre i consumi e produrre esperienze di risparmio energetico».

Nel dettaglio, che obiettivo vi siete posti per i prossimi anni?

«L’obiettivo è quello di raddoppiare, entro il 2015, la produzione di energie rinnovabili che si attestano a 150 megawatt l’anno, riducendo così i tempi previsti dal piano regionale delle energie e arrivando a 480 megawatt nel 2020. Nello stesso 2020, del resto, l’Italia deve arrivare a 8.000 megawatt di installato a fronte dei 58.000 della Germania».

Renzo Guccinelli, assessore allo Sviluppo economico con delega all’Energia della Regione Liguria

LIGURIA 2011 • DOSSIER • 201

POLITICHE ENERGETICHE

impianto di rigassificazione di Gnl Italia (Snam), si trova a Panigaglia, nella parte occidentale del Golfo di La Spezia. In funzione dal 1971 e più volte innovato, è stato insieme il primo impianto di ricezione e rigassificazione di gas naturale liquefatto realizzato in Italia e la prima importazione di gas naturale. Gnl Italia ha chiuso il 2010 con circa 7,3 milioni di euro di utile operativo (oltre il 68% in più rispetto al 2009), investimenti per quasi 3,3 milioni di euro e 1,98 miliardi di metri cubi di Gnl rigassificato (1,32 miliardi nel 2009), trasportato da 54 navi metaniere (38 nel 2009).

Gianluigi Polgatti, amministratore delegato di Gnl, illustra lo stato dell’arte e prospettive del settore. «Oggi – dice Polgatti – assistiamo a continui appelli affinché l’Italia diversifichi maggiormente le fonti di approvvigionamento di energia. Non solo per una questione di sicurezza delle forniture, ma anche perché il fabbisogno di gas, in Italia come nel resto dell’Europa, è destinato ad aumentare. In questo scenario, i rigassificatori di gas naturale liquefatto hanno una grande importanza poiché offrono la possibilità di importare gas via mare con navi metaniere da Paesi non collegati con metanodotti».

Il settore è in gran movi-

L’

204 • DOSSIER • LIGURIA 2011

A Panigaglia il primo rigassificatore italiano In un mercato energetico in cui l’Italia ha il problema della diversificazione delle fonti e di essere meno dipendenti dall’estero nell’approvigionamento, il gas potrebbe svolgere un ruolo strategico.

Il punto di Gianluigi Polgatti, amministratore delegato di Gnl Italia Luca Donigaglia

mento. Nel 2009 è entrato in funzione un rigassificatore in alto Adriatico, altri sono in progetto.

«Noi abbiamo creduto in questa tecnologia già molti anni fa realizzando a Panigaglia il primo rigassificatore italiano.

Certo, la capacità dell’impianto era dimensionata al mercato di allora. Da tempo stiamo lavorando a un progetto di adeguamento».

Si riferisce al progetto di ampliamento della capacità dell’impianto?

«Sì. Nel 2010 il ministero dell’Ambiente, d’intesa con il ministero dei Beni e delle Attività culturali, ha decretato il giudizio favorevole di compatibilità ambientale del progetto. Abbiamo concluso l’attività di ingegneria avanzata, propedeutica alle fasi successive. L’iter autorizzativo è lungo e complesso e prosegue sia a livello ministeriale sia a livello delle amministrazioni locali. In ogni caso, il tempo stimato dalla ‘posa della prima pietra’ alla realizzazione passera è di 3-4 anni.

Gianluigi Polgatti

La sicurezza dell’impianto è garantita da una specifica unità aziendale sempre attiva, 24 ore su 24, tutti i giorni dell’anno

Sopra, Gianluigi Polgatti, amministratore delegato di Gnl Italia.

Sotto, il rigasificatore di Panigaglia

Quando saremo a regime, passeremo da una capacità attuale di rigassificazione pari a 3,5 miliardi di metri cubi all’anno a 8 miliardi. E questo senza impegnare nuove aree».

L’ammodernamento modificherà il processo di trattamento del gas naturale liquefatto e inciderà sull’impatto ambientale?

«Il progetto non modifica le principali condizioni di pro-

cesso e modalità di trattamento del Gnl rispetto alla situazione attuale se non nel senso di un miglioramento dell’efficienza.

Tutti gli interventi saranno compresi all’interno del perimetro attuale dell’impianto (pari a 45 mila metri quadrati, ndr) e l’attuale skyline, che vede lo stabilimento coerentemente inserito nel contesto paesaggistico, non sarà praticamente modificato. L’impatto visivo risulterà anzi minore».

Impianti come quello di Panigaglia finiscono sempre per essere criticati. Ad esempio, la sicurezza nelle attività di scarico delle navi, come viene garantita? «È assicurata da Gnl Italia con procedure e personale propri nel rispetto delle disposizioni della Capitaneria di porto. La sicurezza interna ed esterna è garantita da una specifica unità aziendale sempre attiva, 24 ore su 24, tutti i giorni dell’anno».

E per quanto riguarda la sicurezza dei lavoratori e dei residenti?

«L’impianto di rigassificazione rientra tra le attività produttive soggette anche alla cosiddetta direttiva Seveso. Si tratta

di una rigorosa normativa che impone alla società grande attenzione verso tutti gli aspetti connessi alla sicurezza dei lavoratori, delle popolazioni residenti e degli impianti; la stessa normativa indica poi gli enti e le istituzioni - ministero degli Interni, Regione, Provincia - cui spetta il compito di verificare che la società ne rispetti le prescrizioni».

In questi casi vengono fatte delle simulazioni…

«A maggio 2010 è stata effettuata un’esercitazione generale per verificare la corretta gestione del piano di emergenza esterno, e di conseguenza quello interno di Gnl Italia. Il successo di quella esercitazione, promossa dalla Prefettura di La Spezia coinvolgendo tutti gli enti locali, i vigili del fuoco e la Protezione civile, ha dimostrato l’adeguatezza delle strutture organizzative e l’efficacia dei processi seguiti».

LIGURIA 2011 • DOSSIER • 205

POLITICHE ENERGETICHE

La Spezia punta sul bioetanolo irca 8.400.000 chilowatt/ora all’anno di energia prodotta da fonti rinnovabili, un fatturato da 7 milioni di euro all’anno, la gestione di cinque impianti specifici tra cui il primo distributore italiano di bioetanolo. Questi numeri di Centrogas Energia, la società del gruppo Acam che opera da più di 16 anni a La Spezia e provincie limitrofe nel campo della produzione di energia da fonti rinnovabili.

Per quanto riguarda l’eolico, Centrogas vanta l’impianto di Varese Ligure, vicino al passo della Cappelletta, a circa 1.100 metri sul livello del mare. Lo stabilimento è costituito da quattro turbine pari a 3,2 megawatt, installate su pali tubolari metallici alti circa 46 metri. Il sito presenta una ventosità media di oltre 6 metri al secondo, con una produzione annua di circa 6.500.000 chilowatt/ora. In prospettiva, Centrogas prevede un incremento dell’energia prodotta l’installazione di due ulteriori turbine, pari a circa 4 gigawatt/ora all’anno. In termini di inquinamento evitato all’ambiente, i dati parlano di meno 1.600 tonnellate equivalenti di petrolio all’anno, meno 4.680 tonnellate di anidride carbonica, meno

C

206 • DOSSIER • LIGURIA 2011

Dagli impianti idroelettrici “pensati” un secolo fa al primo bioetanolo in Italia: così Acam produce 8,4 milioni di Kw/h all’anno Luca Donigaglia

12,35 tonnellate di ossidi di zolfo, meno 5,2 tonnellate di ossidi di azoto. La rumorosità dell’impianto? «In media, è ininfluente: il rumore emesso dagli aerogeneratori risulta inferiore al rumore di fondo causato dal vento», assicurano da Centrogas.

Dall’eolico si passa all’impianto idroelettrico ad acqua fluente di Arbione, situato nel territorio del Comune di Bagnone, in provincia di Massa Carrara. La prima concessione per una derivazione d’acqua a uso forza motrice venne assentita con decreto prefettizio il 21 aprile 1913, a favore dell’appena costituita Slaf, Società lunense acqua e forza, a La Spezia. Il bacino imbrifero sotteso è di circa 45 chilometri quadrati, ad una quota media di 900 metri sul livello del mare. Il volume d’acqua disponibile annualmente sull’estensione del bacino imbrifero è in media di 70,5 milioni di metri cubi all’anno. Tra i piani di sviluppo a Bagnone, si prevede un incremento della produzione di circa 0,15 gigawatt/ora all’anno. L’inquinamento evitato vale all’anno 650 tonnellate equivalenti di

petrolio e 1.825 tonnellate di anidride carbonica risparmiate. Rimanendo nel campo delle centrali idroelettriche, la società di Acam gestisce anche lo stabilimento “Generale A. Fiori” a San Francesco di Sarzana, sul canale Lunense. La centrale utilizza le acque derivate dal Magra su un salto idraulico

Il primo distributore italiano di bioetanolo in località Stagnoni in provincia di La Spezia

Il mercato spezzino

Centrogas prevede un incremento dell’energia prodotta l’installazione di due ulteriori turbine, pari a circa 4 gigawatt/ora all’anno

di 5,9 metri: la potenza idraulica è di 217 chilowatt, la produzione annua pari a 1,9 gigawatt/ora, il volume di acqua disponibile di 80 milioni di metri cubi all’anno, la popolazione servita uguale a 1.500 abitanti.

In previsione c’è un recupero di produzione atteso di circa 1,9 gigawatt/ora all’anno; il risparmio all’ambiente vale all’anno 468 tonnellate equivalenti di petrolio e 1.368 tonnellate di anidride carbonica.

Ma la punta di diamante della società Centrogas è con ogni probabilità l’impianto

situato in località Stagnoni alla Spezia, il primo distributore italiano di bioetanolo.

La struttura è in funzione dal giugno 2008 e rientra nel progetto Ue “Best” (Bioetanolo per la sostenibilità del trasporto), promosso dalla Commissione europea nell’ambito del sesto programma quadro, incentrato sulla possibilità effettiva di sostituire benzina e diesel con bioetanolo. Tra i vantaggi ambientali dell’utilizzo del bioetanolo, spicca la riduzione delle emissioni inquinanti rispetto alla benzina: monossido di carbonio (meno 20-25%),

Cov e Hc (meno 10-15%), benzene (meno 20-30%), ossidi di azoto (meno 5%). Il bioetanolo utilizzato alla Spezia nell’impianto di Centrogas Energia è di seconda generazione: proviene dalla Sicilia ed è prodotto dalle eccedenze alimentari dell’industria vinicola.

Chiude il cerchio un distributore di metano, sempre a Stagnoni. Situato in via della Conca, Centrogas lo gestisce per conto di Acam con l’intento di commercializzare e promuovere in provincia l’utilizzo del metano per autotrazione.

Sopra, l’impianto eolico di Varese Ligure gestito da Centrogas

LIGURIA 2011 • DOSSIER • 207

RIFIUTI

Gestione dei rifiuti tra strategie e azioni La politica ambientale regionale, nonostante le risorse finanziarie ridotte rispetto agli anni precedenti, continua a premiare i comuni virtuosi perché è importante, ritiene l’assessore Renata Briano, «riconoscere gli sforzi messi in campo dalle amministrazioni locali» Renata Gualtieri

l recente Forum dell’Ambiente, organizzato dalla Regione Liguria presso il Museo del mare di Genova, sono state premiate le esperienze virtuose nella gestione dei rifiuti. Tra le strategie vincenti c’è l’applicazione di sistemi domiciliari di raccolta differenziata. In Liguria, infatti, si stanno moltiplicando i comuni che “passano” al porta a porta: non si tratta solo di piccole realtà, dato che uno degli esempi più virtuosi è rappresentato dal Comune di La Spezia. «Anche Genova – sottolinea l’assessore all’Ambiente della Regione, Renata Briano – seppure con alcuni limiti, sta sposando una logica di servizio studiata su parametri che vanno in questa direzione. I risultati della raccolta differenziata nel 2010, che saranno comunicati in modo ufficiale fra poche settimane, evidenziano un numero crescente di co-

A

210 • DOSSIER • LIGURIA 2011

muni in grado di superare il 45% di rifiuto avviato a recupero rispetto al rifiuto prodotto. Va, inoltre, ricordato lo sviluppo della strategia per la riduzione dei rifiuti alla fonte, portata avanti insieme alle Province, che si avvale dell’importante contributo del Sistema di educazione ambientale.

«Stiamo operando per eliminare la plastica dai nostri territori – commenta l’assessore – in accordo con quanto previsto dalle linee nazionali ed europee, e per valorizzare il compostaggio domestico, che consente di eliminare alla fonte il rifiuto e ha una valenza “partecipativa” essenziale».

Quale ruolo ha avuto la Regione in questo trend positivo nella raccolta differenziata dei rifiuti elettrici ed elettronici?

«Oltre a supportare i comuni nella realizzazione di isole ecologiche, che sono diventate il punto di raccolta dei Raee, an-

Renata Briano

A sinistra, Renata Briano, assessore all’Ambiente della Regione Liguria

che attraverso l’utilizzo di risorse economiche, la Regione Liguria, per prima in Italia, è intervenuta sul tema del regime autorizzativo degli impianti di primo conferimento tramite una circolare esplicativa che ha permesso di superare alcuni aspetti problematici del quadro normativo. La posizione della Liguria, seguita poi da analoghi atti di altre Regioni, ha contribuito a dare il via in modo concreto a questo importante circuito virtuoso».

Si lavora più sull’emergenza o si riesce a pianificare?

«Il quadro pianificatorio in materia, definito negli anni 2002/2003, rimane un riferimento per le scelte strategiche, anche se l’evoluzione talvolta frenetica del quadro normativo nazionale ha determinato la necessità di fornire strumenti adeguati per gestire in via transitoria le varie situazioni. Oggi abbiamo davanti un orizzonte che prevede una revisione del

documento regionale di pianificazione entro il 2013 e nel frattempo risulta necessario approntare le soluzioni che consentano di garantire le esigenze di smaltimento dei rifiuti prodotti dai nostri territori. L’equilibrio si gioca su questi due poli, tenendo conto delle differenze esistenti fra le varie province: mi riferisco, ad esempio, alla necessità di individuare nuove soluzioni, come a Imperia, oppure alla necessità di dare attuazione a quelle già stabilite, come a Genova».

In tempo di crisi, su quali finanziamenti può contare la politica ambientale regionale?

«Le risorse finanziarie si sono ridotte rispetto al budget degli anni precedenti, per effetto dell’andamento economico generale, dell’ultima manovra finanziaria e della riduzione dei finanziamenti comunitari destinati al settore rifiuti. Tuttavia una quota di risorse che deriva dall’ecotassa risulta garantita.

Continueremo, comunque, con la politica premiale nei confronti dei Comuni virtuosi, in quanto crediamo sia una misura importante per riconoscere gli sforzi messi in campo dalle amministrazioni locali. Abbiamo inoltre in fase di studio una revisione della legge regionale sull’ecotassa, rivolta a incrementare la dotazione di fondi da destinare a investimenti sulla raccolta differenziata».

La cooperazione territoriale può privilegiare sviluppo economico e tutela ambientale?

«Sono due elementi che, come previsto dai documenti strategici comunitari, devono coesistere. Questo binomio dovrà caratterizzare, in un’ottica quanto più possibile integrata, l’operato delle amministrazioni pubbliche. Valorizzare tutte le possibili opportunità che derivano da una gestione corretta dal punto di vista ambientale dei rifiuti, anche in termini di sviluppo economico; penso ad esempio alle filiere del recupero e alle conseguenti attività produttive LIGURIA 2011 • DOSSIER • 211

RIFIUTI

che potrebbero nascere».

Cosa farà nell’immediato la Regione per superare le criticità nella gestione dei rifiuti?

«Il contributo più significativo è quello della nuova legge di attribuzione delle funzioni in materia di gestione rifiuti: con la soppressione delle Autorità d’ambito, decisa a livello nazionale e poi prorogata fino al 31 dicembre 2011, si è determinata una situazione di incertezza che va superata per affrontare i vari aspetti problematici della materia. Il percorso con il quale affrontare la predisposizione dell’iniziativa legislativa sarà quanto più possibile condiviso e, nel contempo, la Regione intende svolgere un forte ruolo di governo capace di favorire anche interventi integrati fra i vari territori.

212 • DOSSIER • LIGURIA 2011

Sono molti i comuni che, dopo l’esempio virtuoso di La Spezia, passano al porta a porta per la raccolta differenziata

Aggiornamento degli strumenti di pianificazione e, con le risorse disponibili, di programmazione di interventi per la raccolta differenziata sono le priorità successive. C’è inoltre un lavoro continuo e quotidiano per risolvere i problemi organizzativi di questa fase contingente, nella quale siamo costretti a utilizzare sinergie con altre Regioni, vedi il caso di La Spezia con la Toscana, o a trovare soluzioni di collaborazione fra Province, come succede fra Imperia e Savona. Sono situazioni a termine, che però richiedono un grande impegno sia politico che amministrativo».

Cosa pensa sull’apertura di

una discarica nel Comune di Rocchetta Vara, in un sito attualmente adibito ad attività estrattiva, ventilata dalla Provincia della Spezia?

«Il sito è previsto dal Piano provinciale del 2002 e finora sono state effettuate solo analisi preliminari alla progettazione. Sicuramente andranno valutati con attenzione tutti gli elementi, a partire dall’esistenza di un’attività produttiva nell’area interessata. Certo è che la carenza di una discarica di servizio all’impianto di Cdr di Vezzano è un elemento di criticità che va risolto, non potendo contare a tempo indeterminato su soluzioni di esternalizzazione».

Luigi Morgillo

Il paradosso dei rifiuti Ridurre a monte la produzione dei rifiuti. Questa è la vera sfida del futuro per il vicepresidente del Consiglio regionale ligure, Luigi Morgillo.

Un passo avanti va anche fatto verso riciclaggio e riutilizzo Renata Gualtieri

a Provincia di La Spezia continua a essere inadempiente rispetto a quanto previsto dal piano provinciale dei rifiuti. Secondo l’analisi di Luigi Morgillo, vicepresidente del Consiglio regionale ligure, anzi, il piano non ha prodotto nessun risultato; la Provincia, invece, sostiene il contrario. Ma bastano alcuni numeri, secondo Morgillo, per comprendere il reale stato delle cose. «Il piano si basa su una raccolta differenziata spinta che di fatto non viene realizzata». Alla fine del 2009, secondo l’ultimo dato ufficiale, si è raggiunto una percentuale di differenziata pari al 27%, contro il 45 previsto. Per la fine del 2012 l’obiettivo da raggiungere sarebbe il 65% e «allo stato attuale è impensabile» ricorda Morgillo. Fatto ancor più grave, il costo dello smaltimento nella provincia spezzina ha raggiunto cifre da capogiro, «sia a causa di un piano irrealizzato sia per la situazione economica della società che gestisce il servizio sull’orlo del fallimento, con circa 300 milioni di debiti accumulati nel corso degli ultimi 10 anni» chiosa il consigliere.

L

Il presidente della Provincia Fiasella sostiene che nel 2011 chiuderanno tutte le discariche provinciali e nel 2012 entrerà in funzione l’impianto di Rocchetta di Vara. Ma non è un paradosso?

«Non è solo un paradosso: il presidente Fiasella mente sapendo di mentire. Se andrà in porto l’accordo che dovrebbe portare all’aggregazione dell’attuale gestore spezzino dei servizi di smaltimento, Acam, con il gruppo Hera, è prevista l’apertura di ben 2 discariche.

Una è la discarica di Saturnia, l’altra doveva essere individuata dalla già dalla fine del 2009; la Provincia, invece, si è intestardita a puntare sul sito di Rocchetta, che non è idoneo ad accogliere una discarica, e non solo per ragioni ambientali. Intanto oggi continua a essere “esportata” fuori dai confini provinciali e addirittura regionali, una quantità di rifiuti superiore al venti per cento della quantità complessiva prodotta nello spezzino».

Perché la discarica di Rocchetta di Vara non è realizzabile?

«Quella discarica per il mo-

mento è stata accantonata. I Luigi Morgillo, motivi che mi hanno indotto vicepresidente del Consiglio da subito a contestare questa regionale della Liguria scelta sono diversi. Primo tra tutti la collocazione in uno dei territori più incontaminati della Liguria. Parliamo della verde Val di Vara, del territorio che costituisce la “valle del biologico”. Ma molte altre sono le controindicazioni: la vicinanza del sito al centro abitato, la viabilità difficile e la concessione, ancora attiva, di un’attività economica in campo estrattivo, proprio per il funzionamento della cava stessa.

Personalmente ho sempre sostenuto che la scelta degli amministratori locali fosse dettata anche da ragioni politiche.

Non sfugge a nessuno che la LIGURIA 2011 • DOSSIER • 213

RIFIUTI

La Provincia si è intestardita a puntare sul sito di Rocchetta, che non è idoneo ad accogliere una discarica, e non solo per ragioni ambientali

Val di Vara non ha mai rap- zione perché il suo dimensio- nomicamente e per l’am-

Sopra, la discarica di Rocchetta di Vara

presentato un serbatoio di voti per l’attuale amministrazione provinciale di centrosinistra».

Per chiudere il ciclo del rifiuto in modo moderno basta un inceneritore o bisogna puntare sulla raccolta differenziata e sul riutilizzo dei rifiuti?

«La raccolta differenziata e il riutilizzo dei rifiuti rappresentano in primis una direttiva della Comunità europea che va attuata. Credo che questo sia diventato anche un fatto culturale e di civiltà. Occorre puntare a riutilizzare il più possibile e valorizzare poi quello che “resta” dalla raccolta differenziata».

L’impianto di Saliceti ha una sua funzione nel trattamento dei rifiuti o si continua a esportare e smaltire fuori provincia?

«L’impianto di Saliceti non svolge pienamente la sua fun-

214 • DOSSIER • LIGURIA 2011

namento che è stato studiato partendo da un presupposto poi non attuato. Si è cioè ipotizzato che entro il 2008, data della sua entrata in funzione, in provincia si sarebbe realizzata la raccolta differenziata nella misura del 45%, mentre siamo arrivati ad una percentuale del 24,4%. Il secondo motivo è che l’impianto ha avuto grosse difficoltà ad entrare in funzione a pieno regime per problemi tecnici. Ci sono stati anche dei contrasti con la società che ha realizzato l’impianto e che si era impegnata a gestirlo. Ma l’aspetto più grave è che non si è tenuto conto della qualità del Cdr che si andava a produrre, che per le sue caratteristiche non viene accolto da tutti gli impianti di cogenerazione».

Qual è la via sostenibile eco-

biente per affrontare in maniera seria l’emergenza rifiuti?

«Sarebbe molto pericoloso tornare indietro e un suicidio dal punto di vista economico non riutilizzare il Cdr. Una grande opportunità che ci viene offerta dall’Enel che è disponibile a bruciare nella centrale della Spezia il quantitativo di Cdr prodotto nell’impianto di Saliceti, offrendo tutte le garanzie sul piano ambientale e naturalmente pagando il combustibile a prezzi di mercato. Questa opportunità non viene presa nemmeno in considerazione dalla Provincia a causa del veto posto dagli ambientalisti e dalla sinistra radicale. Il Pd, che aveva in primo tempo mostrato interesse per questa soluzione, ha poi fatto retromarcia per paura di ritrovarsi senza maggioranza in Provincia e nel Comune capoluogo».

RIFIUTI

er completare il ciclo dei rifiuti la soluzione impiantistica è complementare alla raccolta differenziata. In tutta Europa si fa circa il 50% di differenziata, il 45% di trattamento impiantistico e il 5% va invece in discarica. Il gassificatore di Scarpino è una soluzione utile, secondo il presidente di Amiu Genova, Riccardo Casale, e rispetterà le regole dell’Unione europea in tema di inquinamento, quindi non produrrà diossine e le polveri sottili saranno inferiori ai limiti fissati. Pronto per il 2015, costerà 244 milioni di euro. Nel 2012 partirà la gara. «In questo modo Genova diventerà autonoma nel ciclo dei rifiuti».

Che bilancio si può fare sulla raccolta differenziata in città?

«Sicuramente positivo e con un trend in crescita anche nel 2011. Infatti, abbiamo chiuso il 2010 con una percentuale vicina al 30% essendo partiti a fine 2009 con un 25%. Un crescita sostenibile dal punto di vista ambientale ed economico, pur con tutte le difficoltà di una città come Genova. Amiu non ha una unica soluzione logistico-organizzativa applicabile indistintamente a tutti i quartieri della città, ma modula i servizi in base alle caratteristiche del nostro territorio che, a differenza di altre grandi città, presenta

P

216 • DOSSIER • LIGURIA 2011

Genova vince con la raccolta differenziata Amiu chiude il 2010 con una percentuale per la raccolta differenziata vicina al 30%. In crescita dunque rispetto al 25% di fine 2009.

Il presidente Riccardo Casale presenta le soluzioni sostenibili «non senza difficoltà» per l’ambiente e per i cittadini Renata Gualtieri

peculiarità di estensione, infrastrutture e viabilità particolarmente complesse».

Che cosa serve per chiudere il ciclo dei rifiuti?

«Per completare il ciclo dei rifiuti sia in città che in provincia occorre migliorare ancora la raccolta differenziata e realizzare un impianto di trattamento. Il polo impiantistico di Monte Scarpino, dove si trova la nostra discarica, sarà una soluzione moderna e leggera con due tipi di impianti: un gassificatore per il trattamento a caldo e dei biodigestori, per la parte a freddo. Dopo l’ok dello studio di fattibilità fatto dall’Università di Genova nel 2010, lo abbiamo affidato a una gara che ha coinvolto 5 competitor europei che ora sono quasi pronti a partire».

Quali servizi ha promosso Amiu per avvicinarsi di più alle esigenze dei cittadini?

«L’introduzione del multimateriale leggero, ovvero la rac-

Riccardo Casale

Riccardo Casale, presidente di Amiu Genova.

In alto, lavaggio di Piazza Vittoria a Genova

colta accorpata di plastica e lattine, è stato uno dei primi importanti passi fatti. Un altro focus sul quale abbiamo puntato è l’introduzione della raccolta dell’organico, che è partito in via sperimentale nel 2008 in due quartieri genovesi: Sestri Ponente e Pontedecimo. Questa esperienza ci ha permesso

di allargare il servizio a tutto il Ponente cittadino e nel 2011 abbiamo cominciato a diffonderlo in alcuni quartieri del Levante, tra cui Nervi, Quarto Alta e Sant’Eusebio. Altro punto forte è la raccolta dell’organico “porta a porta” nelle attività commerciale come i negozi di frutta e verdura e i fiorai, la grande distribuzione e le mense aziendali. Questa scelta poi ci ha portato a una più generale riorganizzazione del servizio di raccolta: abbiamo puntato alla creazione di vere e proprie postazioni di multiraccolta dove i cittadini possono conferire senza problemi tutti i materiali riciclabili oltre che l’indifferenziato.

Stiamo inoltre cercando di aumentare l’accesso alle nostre isole ecologiche con incentivi che portano ad uno sconto sulla tariffa d’igiene ambientale e per i più virtuosi anche dei premi interessanti».

Come avviene il coinvolgimento dei ragazzi?

«L’educazione delle generazioni più giovani è sempre stato un punto di forza della nostra comunicazione. “Trashformers” è il progetto ambientale, creato da Amiu e dal Comune di Genova per docenti, bambini delle scuole elementari e famiglie per far conoscere il valore della raccolta differenziata. Un progetto originale e innovativo che è stato premiato, sia nel 2009 che nel 2010, alla Biennale internazionale comunicazione ambientale nella categoria “Mondo della Scuola”».

Volontari e sportivi d’eccezione per far “vincere tutta la città”. Quanto funziona?

«La scelta di coinvolgere due giovani calciatori di Genoa e Sampdoria per pubblicizzare il conferimento di plastica e metallo nello stesso contenitore ha avuto un forte impatto sulla città e anche la creazione delle squadre degli “Angeli del riciclo” con l’Auser Genova sono un passo verso il coinvolgimento sempre più profondo dei suoi cittadini. Abbiamo formato dei volontari che oggi si muovono molto motivati sul proprio territorio, diventando tramite di notizie, informazioni e spiegazioni».

LIGURIA 2011 • DOSSIER • 217

IL RECUPERO DEI ROTTAMI

La nuova vita dei rottami In tempi in cui le materie prime cominciano a scarseggiare, il recupero e riutilizzo dei rottami metallici è diventato un’attività estremamente preziosa. Edoardo Ricci descrive i dettagli di questo lavoro Francesco Bevilacqua

l trattamento dei rottami metallici ferrosi e non ferrosi può sembrare un’attività da svolgere a margine dei processi produttivi principali, ma riveste oggi un’importanza primaria. È infatti il passaggio che permette di recuperare abbondanti e preziose quantità di materia prima dalle demolizioni navali, civili e industriali, evitando che queste vadano perdute con la fine del ciclo vitale di imbarcazioni, strutture edili o altri manufatti contenenti metallo. La RTR opera in questo settore dal 1976. Nei trentacinque anni di attività è cresciuta, rinnovando le proprie attrezzature e adeguandosi alle rigide normative che regolano l’attività di recupero rottami, come il D.L. 152 del 2006 in materia di rispetto dell’ambiente e inquinamento acustico e atmosferico. Edoardo Ricci, socio e presidente della società, descrive la sua realtà: «Il trattamento che svolgiamo consiste nella cernita dei materiali in base alle loro

I Sopra, Edoardo Ricci, socio e presidente della RTR di Arcola (SP).

Nelle altre immagini, i macchinari dell’azienda al lavoro www.rtrsrl.it

218 • DOSSIER • LIGURIA 2011

caratteristiche chimico fisiche e nell’adeguamento volumetrico. La cernita viene oggi svolta da operatori specializzati che si avvalgono dell’ausilio di apposite attrezzature.

L’adeguamento volumetrico consiste nel ridurre i materiali alle dimensioni normalmente richieste da acciaierie e fonderie grazie a una pressacesoia da mille tonnellate posizionata all’interno della azienda e di cesoie idrauliche mobili». La RTR può ricevere centodieci tipologie di rifiuti

differenti, possiede tutte le autorizzazioni necessarie per la raccolta e il trasporto di rifiuti e per svolgere attività di intermediazione ed è regolarmente iscritta al Sistema di controllo della tracciabilità.

Qual è la situazione generale del vostro settore?

«Le aziende che operano nel nostro campo non sono molte, ma è anche vero che il leggero calo che ha caratterizzato la nostra attività va messo in relazione con le difficoltà che hanno colpito tra-

Edoardo Ricci

sversalmente gli altri settori.

La concorrenza c’è e ci sarà sempre ed è bene che sia così perché rappresenta uno stimolo a migliorarsi. Per questo motivo abbiamo sempre puntato sulla formazione del personale e sulla continua evoluzione del parco macchine – oggi possediamo autocarri a tre e quattro assi scarrabili e non, autotreni, autoarticolati con gru, cesoia fissa e cesoie mobili e vari caricatori. Ciò che più conta per noi è continuare a svolgere la nostra attività, prestando il nostro servizio con la massima serietà e professionalità».

Quali sono le maggiori difficoltà che quotidianamente incontrate?

«Le difficoltà risiedono principalmente nell’aspetto burocratico. I cambiamenti apportati negli anni in questo senso, per quanto possano essere giusti, comportano comunque un continuo aggiornamento della metodologia di lavoro. Ne è la prova evidente il SISTRI e al momento non nascondo qualche preoccupazione al riguardo.

Si tratta infatti di una metodologia sicuramente innovativa ma che potrebbe almeno inizialmente creare qualche problema. Tutti coloro che sono iscritti hanno ancora diverse difficoltà dal momento che il sistema non è ancora perfettamente funzionante».

Può descrivere brevemente le procedure che seguite per la demolizione?

L’importante è lavorare sempre con attenzione e buon senso, in modo da ridurre al minimo qualsiasi possibile pericolo

«Tanto per cominciare si stila un piano operativo di sicurezza, in cui vengono indicate le fasi e le modalità di lavoro che si intende adottare nel rispetto delle normative in essere. Ogni demolizione si differenzia dall’altra per caratteristiche e modalità di intervento, ma alla base di ciascuna ci sono sempre personale qualificato e attrezzature adeguate».

Che iniziative avete adottato per ridurre i rischi del mestiere?

«L’importante è lavorare sempre con attenzione e buon senso, in modo da ridurre al minimo qualsiasi possibile pericolo. Periodicamente il nostro personale frequenta corsi di aggiornamento sulla corretta gestione dei rifiuti e

sulla sicurezza sul lavoro.

Ogni singolo operatore viene regolarmente fornito dei dispositivi di protezione individuali necessari e richiesti dalla normativa vigente».

Come avviene il recupero dei rottami?

«Recuperiamo ogni tipologia di rottame che viene classificata in base a determinate specifiche tecniche – le specifiche CECA –, che ne distinguono le caratteristiche facendo riferimento a processo produttivo, spessore e pezzatura. Trattiamo qualsiasi tipo di rottame ferroso fino ad arrivare a metalli pregiati quali rame, bronzo, ottone, inox.

Per valutarne la qualità servono qualche piccolo accorgimento e alcuni anni di esperienza».

LIGURIA 2011 • DOSSIER • 219

IL SERVIZIO IDRICO

Nuove risorse sull’idrico genovese l gruppo Mediterranea della Acque è stata recentemente al centro di un importante progetto di riorganizzazione societaria.

Scopo dell’operazione, che ha visto l’ingresso nella compagine del socio finanziario F2i, è la maggiore integrazione delle attività di gestione del servizio idrico nella Provincia di Genova, precedentemente frammentate in diverse società appartenenti al gruppo IREN e controllate tutte da IREN ACQUA GAS Spa (Mediterranea delle Acque, A.M.TER,

I

Sotto, il torrente Scrivia. Nella pagina a fianco, da sinistra, gli impianti di depurazione di Punta Vagno e di Sturla (Genova) www.mediterraneadelleacque.it

Genova si conferma un modello innovativo nella gestione del servizio idrico. Con l’ingresso del socio F2i, Mediterranea delle Acque Spa si rafforza finanziariamente, ricompattando l’azionariato e garantendo gli interventi previsti dal piano di investimento Andrea Moscariello

Idrotigullio). Il fine è stato quello di realizzare sinergie ed economie di scala, oltre che una razionalizzazione del servizio nel suo complesso, anche in vista degli importanti impegni previsti per la società dal Piano degli Investimenti, approvato dall’Autorità d’Ambito Territoriale Ottimale della Provincia di Genova. Molti i punti da portare avanti in agenda, come spiega l’amministratore delegato del gruppo, Gianluigi Devoto, a cominciare dalla razionalizzazione dell’assetto organizzativo del servizio idrico nell’Ato Genovese, che prevede l’accorpamento all’interno di Mediterranea delle Acque del governo delle tre società attualmente incaricate della gestione operativa del servizio. «È prevista la realizzazione di un assetto azionario più omogeneo e più coerente rispetto agli obiettivi di gestione dei servizi idrici integrati che la società si pone – dichiara Devoto -. L’operazione ha teso alla concentrazione dell’azionariato su due

partner, con matrice omogenea di carattere pubblico-istituzionale, e con finalità condivise». Proprio il fondo F2i Fondi Italiani per le Infrastrutture - rappresenta un soggetto particolarmente adatto ad affiancare i soci pubblici di Mediterranea delle Acque, essendo costituito per il 56,21% da investitori di natura istituzionale (23,87% Fondazioni, 24,24 % Casse Previdenziali, 8,1% Cassa Depositi e Prestiti) e per il restante 46,79% da banche e assicurazioni. «L’ingresso di F2i ci permette di acquisire risorse finanziarie utili anche per garantire l’attuazione del Piano degli investimenti previsto dall’Ambito Territoriale Ottimale della Provincia di Genova» sottolinea sempre Gianluigi Devoto.

Sono oltre 700 i milioni di euro previsti in investimenti nei prossimi venticinque anni, di cui 167 entro il 2012 per la progettazione e la realizzazione di opere acquedottistiche, fognarie e di impianti di depurazione sul territorio dei 67 co-

Gianluigi Devoto

UNA FUSIONE STRATEGICA editerranea delle Acque nasce a Genova nel giugno 2006 a seguito della fusione inversa per incorporazione delle società per azioni Acquedotto Nicolay, Genova Acque, Acqua Italia e Acquedotto De Ferrari Galliera. La società opera nei servizi idrici integrati e appartiene al Gruppo Iren. Questa fusione ha rappresentato per il territorio genovese un evento di portata storica e si traduce nella riunificazione sotto un’unica regia del servizio idropotabile nel territorio cittadino. Il servizio acquedottistico di Mediterranea delle Acque Spa serve oltre 94mila clienti distribuendo acqua per usi civili e domestici a circa 800 mila abitanti del comune di Genova e dei comuni dell’hinterland, oltre che per numerose industrie locali. Attualmente le fonti di approvvigionamento, tramite una filiera di trattamento all’avanguardia, immettono in rete circa 100 milioni di metri cubi annui di acqua potabile. La capacità di captazione complessiva del servizio acquedottistico, in regime di piovosità allineato con le medie statistiche, è di circa 140 milioni di metri cubi annui. Le moderne apparecchiature di automazione e telecontrollo garantiscono il miglior funzionamento degli impianti di captazione, potabilizzazione e sollevamento.

M

Più che di privatizzazione, come spesso si sente dire sui media, il nostro ordinamento parla di industrializzazione dei servizi, a prescindere dalla proprietà pubblica o privata del gestore muni della provincia. Fra le opere previste, particolare importanza rivestono gli investimenti definiti “strategici”, vale a dire quelle opere di dimensione sovra comunale che consentiranno, una volta realizzate, di risolvere alcuni dei problemi fondamentali che da tempo affliggono il territorio, consentendo alla Liguria il completamento, entro il 2015, del piano di messa a norma del servizio di depurazione. Per l’amministratore delegato, l’ingresso del nuovo partner F2i, oltre a supportare lo sviluppo di Iren nei servizi idrici integrati, «rappresenta un’operazione innovativa, che

può essere di esempio per interventi volti allo sviluppo e al miglioramento della qualità del servizio in un settore così delicato come quello dell’acqua, coniugando la dimostrata capacità gestionale delle società a controllo pubblico esistenti, con l’apporto di soggetti qualificati istituzionalmente ed esperti nel supporto finanziario alla realizzazione di infrastrutture».

Ovviamente, dinanzi a questa operazione, non ci si può esimere dal chiedere una riflessione sul tema della privatizzazione dell’acqua, che ha rimesso sul tavolo l’annosa questione dei costi per le

utenze. «A partire dalla Legge Galli, emanata in Italia nel 1994, si è affermato un importante principio sulla gestione delle risorse idriche del nostro paese: chi le gestisce deve farlo con criteri industriali e alta professionalità – sostiene l’amministratore -.

LIGURIA 2011 • DOSSIER • 223

IL SERVIZIO IDRICO

L’acqua è e rimane un bene

Sotto, l’impianto di potabilizzazione della Mediterranea delle Acque Spa. In alto, al centro, la diga del Lago del Brugneto.

A destra, lo scarico di superficie della diga del Lago Badana e l’impianto di depurazione di Punta Vagno a Genova

pubblico, come esplicitamente affermato dalla legge stessa, ma, proprio perché tale bene è indispensabile alla qualità della vita della popolazione, tutti i processi e le lavorazioni che la riguardano devono essere affidati a un soggetto dotato di strutture tecniche e professionalità idonee a una gestione di elevata qualità. Più che di privatizzazione, pertanto, come spesso si sente dire sui media, il nostro ordinamento parla di industrializzazione dei servizi, a prescindere dalla proprietà pubblica o privata del gestore».

Secondo la dirigenza del gruppo Iren, gli utenti sono sempre più attenti e selettivi.

Vanno a premiare, quindi, le aziende che offrono i servizi migliori e con il minor impatto ambientale possibile.

«Da tempo sono attive all’interno delle società del gruppo apposite divisioni che si occupano di ricerca e sviluppo, in contatto con alcuni fra i maggiori enti di ricerca nazionali e

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internazionali, e con diverse facoltà universitarie – ricorda Gianluigi Devoto -. La ricerca continua delle migliori tecnologie esistenti sul mercato, unita a un’attività di formazione continua del personale addetto, con circa 8mila ore di formazione erogate nel solo 2008, consentirà anche per il futuro un’evoluzione positiva, con impianti e lavorazioni sempre più sicuri e a basso impatto ambientale».

Molti i progetti che si andranno a realizzare in futuro.

Mediterranea delle Acque Spa sta svolgendo importanti investimenti nella qualità di soggetto operativo della gestione del Servizio Idrico integrato.

La società svolge sia l’attività di General Contractor per conto della Caposettore Iren Acqua e Gas, sugli investimenti di competenza di quest’ultima, sia di realizzatrice diretta sugli investimenti in capo a Mediterranea delle Acque. In particolare quest’ultima, con il gestore dell’Ato, sta procedendo nella realizzazione degli interventi previsti nel Piano d’Ambito, sia nel settore acque reflue che nei processi di adeguamento e potenziamento delle strutture acquedottistiche. «I prossimi investimenti strategici di Mediterranea delle Acque riguardano soprattutto il fronte della depurazione. In particolare, il potenziamento dei depuratori di Recco e di Torriglia, il completamento delle condotte sottomarine di scarico a servizio dei depuratori di Sestri Ponente e Darsena, in-

sieme all’avvio della progettazione preliminare del nuovo depuratore dell’area centrale di Genova che dovrà sostituire l’impianto di Valpolcevera».

Tutti interventi che lasciano l’ambiente al centro degli interessi. «La nostra mission è quella di realizzare un’industria dell’acqua in grado di soddisfare le necessità presenti e future degli utenti, delle parti interessate e dell’ambiente. Dobbiamo raccogliere e trattare adeguatamente le acque reflue delle collettività servite, minimizzando l’impatto ambientale connesso». A tal proposito, negli ultimi anni sono stati effettuati importanti interventi di razionalizzazione e miglioria degli impianti, su tutti l’interconnessione degli acquedotti genovesi, che

Gianluigi Devoto

L’ingresso del nuovo partner F2i coniuga la capacità gestionale delle società a controllo pubblico esistenti, con l’apporto di soggetti qualificati istituzionalmente ed esperti nel supporto finanziario alla realizzazione di infrastrutture hanno consentito di ridurre le emissioni di CO2 in atmosfera. «Gli importanti investimenti effettuati sugli impianti di depurazione, fra cui la realizzazione delle condotte a mare, fanno sì che oggi Genova sia dotata di un sistema depurativo, costituito da 8 impianti, in grado di scaricare in mare acqua pienamente rispondente alle norme di legge». Inoltre, Mediterranea delle Acque si avvale dell’atti-

vità della Fondazione AMGA, costituita nel 2003 al fine di promuovere e organizzare iniziative scientifiche e culturali finalizzate alla tutela dell’ambiente e delle risorse idriche, oltre che a una gestione ottimale dei servizi a rete, in collaborazione con numerosi istituti di ricerca internazionali e diverse università italiane ed estere. «Lo stretto legame tra la fondazione e la struttura industriale ha permesso di te-

stare sul campo le risultanze delle ricerche condotte, ad esempio nel campo della disinfezione delle acque destinate al consumo umano – conclude Gianluigi Devoto -.

Negli ultimi mesi la fondazione è particolarmente impegnata nella ricerca sui patogeni emergenti e sull’impatto dei distruttori endocrini, come pesticidi, detergenti, plastiche e farmaci, sulle acque destinate al consumo umano».

LIGURIA 2011 • DOSSIER • 225

RISPARMIO ENERGETICO

Strutture ecosostenibili ggi il continuo cambiare degli eventi impone una sperimentazione e una ricerca costante di nuove soluzioni». È questa la filosofia aziendale della Metalserra di cui si fa portavoce Gianluca Gabbani, oggi alla direzione dell’impresa.

L’azienda è infatti riuscita a reinventarsi, sondando e anticipando le nuove richieste del mercato. Attualmente è impegnata principalmente nel settore del fotovoltaico applicato alle serre per coltivazione e sta sviluppando un nuovo progetto di casa ecosostenibile.

Costruita interamente in acciaio, con materiali naturali, riciclabili e senza l’uso di cemento o materiali inquinanti, è un progetto di casa antisismica, economica e che soprattutto richiede un montag-

O

Fase di costruzione di una casa in acciaio, con struttura riciclabile ed ecosostenibile. Nella pagina a fianco, panoramica della serra fotovoltaica più grande d’Europa realizzata da Metalserra Srl, azienda diretta da Gianluca Gabbani (in foto) www.metalserra.it

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Ricerca, sviluppo e produzione di soluzioni nella direzione del risparmio energetico e dell’attenzione per l’ambiente. Dalla serra fotovoltaica all’abitazione privata. La parola a Gianluca Gabbani Salvatore Cavera

gio molto rapido e può essere progettata e realizzata su misura.

Quali sono le caratteristiche tecniche della vostra casa ecosostenibile?

«Il nostro progetto di Casa Metal prevede una costruzione con una struttura portante in acciaio galvanizzato, interamente riciclabile. La struttura è abbinata a degli isolanti termici di origine minerale, questi fanno in modo che si possano ottenere prestazioni energetiche soddisfacenti in tutte le fasce climatiche. Inoltre il progetto soddisfa sia i parametri funzionali che quelli estetici della moderna bioarchitettura. Questi parametri vengono anche studiati sulla base delle esigenze del cliente, senza però trascurare uno studio ergonomico sull’organizzazione degli spazi interni».

Qual è la differenza, in termini di costi, tra una casa tradizionale e una casa ecosostenibile?

«La differenza sostanziale è nella rapidità di costruzione, il che implica un notevole risparmio sulle spese di mano

d’opera. Ma in generale, in un momento come questo in cui il mercato immobiliare è in stallo, i costi sono nettamente inferiori a quelli delle abitazioni tradizionali. Una Casa Metal è poi una casa interamente antisismica ed esteticamente performante in ogni contesto ambientale. Stiamo sviluppando questo progetto seguendo lo stile dettato dalle tendenze in uso nel mondo, studiando e creando soluzioni ecosostenibili che vadano incontro all’esigenza di ottimizzare l’uso delle risorse ambientali».

Quali sono i vantaggi che derivano dall’utilizzo delle serre fotovoltaiche rispetto a quelle tradizionali, anche in termini di investimenti e risultati?

«Intanto bisogna considerare che ogni serra fotovoltaica va studiata seguendo un criterio base, che è quello della coltivazione che dovrà ospitare. Il principale vantaggio, per chi si avvale di questo tipo di serra, è quello di poter integrare al reddito derivante dall’attività agricola un risparmio sulle spese energetiche per la produzione,

Gianluca Gabbani

che in questa fase sono crescenti».

In concreto, come funziona una serra fotovoltaica?

«Questa tecnologia unisce i meccanismi per la produzione di energia alla creazione di un ambiente quanto più adatto possibile alle colture. Ogni serra fotovoltaica viene costruita e posizionata con le falde orientate a sud, con un’inclinazione di almeno 20 gradi. Questo permette un buon compromesso fra la funzione del pannello fotovoltaico e il passaggio della luce all’interno della serra, garantendo così sia la produttività della coltivazione che dello sviluppo di energia».

Nonostante il rivoluzionario progresso tecnologico e informatico, quanto incide ancora la sapienza manuale, quasi artigiana, del personale?

«L’officina è molto attrezzata ed è dotata di macchinari automatizzati di ultima generazione per la lavorazione della

Attraverso un sistema di istallazione di pannelli fotovoltaici su strutture per la coltivazione protetta, Metalserra ha realizzato la serra fotovoltaica più grande d’Europa

lamiera, con presso piegatrici a controllo numerico. Nel nostro ufficio tecnico, per la progettazione, si usano software 3D all’avanguardia. Nonostante l’ingresso di tutta questa tecnologia nel nostro lavoro, l’esperienza dell’uomo e il fattore umano in generale fanno ancora la differenza».

Qual è, al momento, l’attività di punta di Metalserra?

«Attualmente l’attività maggiore, quella che ci viene più richiesta dal mercato, sono le serre fotovoltaiche. In questo comporto, nel biennio 200910 abbiamo avuto moltissimo lavoro. Negli ultimi mesi però, a causa del cambiamento normativo, questo settore è stato messo in crisi e di conseguenza le richieste sono diminuite».

Qual è il fatturato attuale

di Metalserra e quali le prospettive future?

«Il nostro fatturato è quello tipico di una piccola industria che si trova in balia del mercato. Dopo questi anni di crisi, abbiamo visto aumentare il nostro giro di affari, grazie soprattutto all’avvento delle energie alternative, in particolare con il fotovoltaico. Ma adesso che il boom del 2010 sta esaurendo la sua spinta, si prospettano anni difficili; per questo che stiamo cercando sbocchi su altri mercati, altrimenti il rischio è quello di restare ancora a un prodotto non più richiesto con un conseguente crollo dei fatturati».

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MALATTIE RARE

L’Europa al fianco dei malati Le associazioni delle malattie rare, oltre 300 in Italia, chiedono nuove regolamentazioni e tutele.

«Sono favorevole allo stralcio delle malattie rare rimborsabili dal provvedimento sui Lea» dichiara l’onorevole Mariella Bocciardo. «Da dieci anni l’elenco è ingessato» Elisa Fiocchi

ntro il 2013 tutti i paesi europei dovranno avere un piano nazionale per le malattie rare attraverso l’azione di Europlan, il progetto europeo, coordinato dal nostro Istituto superiore di Sanità, che indicherà le linee guida che faciliteranno la definizione, l’attuazione e il monitoraggio di piani o strategie nazionali. Il progetto prevede registri, ricerca e competenze da approfondire, collegamento in rete a livello europeo, creazione di centri di sostegno alle organizzazioni dei pazienti.

Cinque Stati hanno già aderito, mentre per i restanti, Italia compresa, l’approccio sanitario globale alle malattie rare appare lontano dalle direttive europee. Nel nostro paese, i pazienti attendono ancora l’aggiornamento dell’elenco delle patologie e più esenzioni dai farmaci. La legge-quadro sulle malattie rare elaborata dall’onorevole del Pdl, Mariella Bocciardo, già depositata alla Camera, è oggi in attesa che il Senato finisca l’iter iniziato circa due anni fa. «Un cammino – dichiara Bocciardo – per il momento fermo ma che dovrebbe riprendere tra poco».

L’aggiunta di un centinaio di patologie alla lista delle malattie rare per le quali è prevista l’esenzione dalle spese per cure e farmaci è una modifica perseguibile nel breve periodo?

E con quali proposte e criteri di valutazione?

«Nell’ultimo consiglio dei ministri del governo Prodi, tre anni fa, l’allora ministro Livia Turco approvò un decreto che aumentava di 109 malattie rare l’attuale elenco, mai ritoccato dal 2001.

Fece l’errore di presentarlo come un decreto sui nuovi Lea e successe il finimondo. La ragioneria disse chiaramente che il provvedimento non aveva copertura e quindi il decreto, che conteneva

E

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il tanto atteso aggiornamento del numero di malattie rare esenti dal costo, fu bocciato. In varie occasioni, prima il ministro Sacconi, poi il ministro Fazio, hanno annunciato l’imminente aggiornamento dell’elenco. Ma all’interno del ministero della Salute confliggono due filosofie opposte: c’è chi sostiene che l’aggiornamento dell’elenco delle malattie rare può essere fatto solo dopo l’approvazione dei nuovi Lea, posizione giuridicamente ineccepibile, e chi invece sostiene la necessità di stralciare dal provvedimento generale sui Lea l’elenco delle malattie rare, posizione più pragmatica, condivisa anche dalle regioni, che io ho sempre sostenuto».

Quali altre misure sarebbero necessarie in termini di rimborsabilità dei costi?

«Ci sono farmaci e parafarmaci che non sono rimborsati, ma che lo dovrebbero essere se essenziali nell’utilizzo di una malattia rara. Ci

A destra, Mariella Bocciardo, deputata del Popolo della Libertà

Mariella Bocciardo

L’Aifa dovrebbe fornire una regolamentazione più specifica e appropriata per le malattie rare che comprenda l’uso off label del farmaco

2013 PIANO sono poi alcuni farmaci che vengono usati off label. Sono rimborsati per le indicazioni contenute nel foglietto illustrativo ma non nel caso di impiego per una malattia rara. In questo caso, sarebbe necessario da parte dell’Aifa, l’Agenzia italiana dei farmaci, una regolamentazione più specifica. Poi c’è il problema di quei nuovi farmaci orfani e biologici che si trovano solo all’estero e che hanno costi proibitivi, in alcuni casi 500 mila euro all’anno».

L’annullamento dei nuovi Lea ha suscitato molte polemiche. Qual è la sua posizione a riguardo?

Tutti i paesi europei dovranno essere dotati di un’unica regolamentazione europea riguardo alle malattie rare

1000 PAZIENTI Coloro che si sono rivolti allo sportello delle malattie rare in Liguria

«Sono favorevole allo stralcio delle malattie rare rimborsabili dal provvedimento sui Lea. Da dieci anni l’elenco è ingessato. Nel frattempo, nuove malattie rare sono state accertate e non sono coperte dal servizio sanitario nazionale. Questo vuoto legislativo è stato coperto da alcune regioni virtuose che con apposite deliberazioni hanno consentito di attenuare il peso economico di alcune malattie rare non comprese nell’elenco. Ora si è formata un’alleanza tra le due province autonome di Trento e Bolzano e le regioni del Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Liguria, Campania e Puglia. La finalità è quella di affrontare insieme, in modo non difforme, il problema delle malattie rare».

Il reparto delle malattie rare della Liguria sarà il primo a beneficiare di fascicoli sanitari online e individuali. Quali progressi attende dall’avvento del digitale nella Sanità?

«Siamo ancora alla fase di progetto. In un anno, in Liguria, sono stati circa mille i pazienti che si sono rivolti allo sportello regionale delle malattie rare e 600 quelli che sono stati diagnosticati. È importante quindi che i distretti ospedalieri siano sempre più consapevoli della situazione epidemiologica delle malattie rare sul territorio».

LIGURIA 2011 • DOSSIER • 253

MALATTIE RARE

Vincere le disparità di trattamento e incentivare la ricerca L’adozione di una definizione standard a livello mondiale, quindi di una lista univoca di malattie rare, è un obiettivo importante. Ma altrettanto fondamentale, afferma Paola Facchin, è migliorare la loro visibilità nelle classificazioni di malattia attualmente in uso Elisa Fiocchi

on per tutti i malati rari avere accesso alle cure è una realtà possibile, così come attrarre interesse al pari di qualunque altra patologia.

Molti di loro diventano testimoni di profonde ingiustizie e disuguaglianze di trattamento nella tempestività della diagnosi, nell'accesso ai farmaci o alle terapie. «Le criticità attuali sono legate al problema più ampio relativo all’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, che condiziona l’aggiornamento della lista di malattie che danno diritto all’esenzione e delle prestazioni per le quali è prevista l’esenzione» rammenta la professoressa Paola Facchin, responsabile del Registro malattie rare del Veneto. Le politiche europee degli ultimi anni hanno dimostrato più attenzione e sensibilità nei riguardi delle patologie rare e anche in Italia esistono realtà sanitarie più vicine alle problematiche del paziente. A Genova, ad esempio, uno sportello specializzato offre risposte alle famiglie colpite, diagnosi corretta, terapia appropriata e un servizio adeguato di continuità assistenziale. Anche l’avvento della tecnologia nei fascicoli sanitari (240 aziende sanitarie pubbliche presentano un tasso di innovazione digitale arretrato) snellirà le procedure, collegando in tempo reale i servizi sanitari regionali.

La rarità della malattia può comportare talvolta un minor interesse della ricerca, eziolo-

N Paola Facchin, responsabile del Registro Malattie rare del Veneto

254 • DOSSIER • LIGURIA 2011

gica e patogenetica e un minor mercato capace di ammortizzare i costi di una ricerca farmacologica: quali interventi sono necessari per incentivare il processo di ricerca?

«Istituzioni pubbliche, soggetti privati, le stesse associazioni dei pazienti con malattia rara possono tutti, a diverso titolo, svolgere un ruolo determinante nello sviluppo della ricerca. Questa riguarda non solo trattamenti farmacologici, ma anche dispositivi medici e nuovi strumenti di cura e prevenzione delle malattie rare.

In questa visione il modello del consorzio tra istituzioni pubbliche dedicate alla ricerca, soggetti privati e reti dedicate all’assistenza e associazioni dei pazienti, potrebbe essere quello che meglio garantisce pluralità dei punti di vista e garanzia di equilibrio nelle scelte e nelle azioni, nonché la possibilità di ottimizzare risorse economiche, tecnologiche e di conoscenza a disposizione della ricerca. Il principio, a mio avviso, è che qualsiasi azione intrapresa sia guidata dai reali bisogni dei pazienti».

Come potrebbe cambiare i trattamenti, l’introduzione di una legge unica europea che comprende il campo della ricerca, dell’informazione e della distribuzione dei costi? «È certamente utile pensare a una direttiva e politica europea che incentivi la ricerca e soprattutto il trasferimento delle nuove conoscenze direttamente nell’offerta assistenziale innovativa che viene rivolta in concreto al singolo paziente. Tra l’altro una simile ricerca po-

Paola Facchin

trebbe essere da traino anche all’aumento della potenzialità innovativa delle aziende europee. In ogni caso la ricerca da sola non produce cambiamento se non si coniuga ad informazione al pubblico e alla formazione dei professionisti e ad organizzazione e programmazione anche infrastrutturale adeguata. Tutto ciò richiede anch’esso specifiche disposizioni europee e nazionali e finanziamenti dedicati. La disponibilità di trattamenti innovativi non ne garantisce l’accesso attuale e futuro se non si concorda un meccanismo che permetta la sostenibilità della spesa per l’acquisto e utilizzo di tali prodotti innovativi.

Da questo punto di vista una disposizione centrale europea che garantisca la rivalutazione post-marketing del prezzo dei prodotti in base alla loro reale diffusione costituirebbe uno degli strumenti immediatamente introducibili che può contribuire a rendere più sostenibile il sistema anche per il futuro».

Esistono diverse “liste” di malattie rare ma manca una classificazione univoca che consente di suddividere tali patologie in categorie utili ai fini degli interventi sanitari e socio-as-

È difficile stabilire con esattezza quante sono le malattie rare, si parla di un numero compreso tra 5 e 7mila

sistenziali. Come risolvere questo problema?

«Una delle questioni fondamentali quando si affronta il tema delle malattie rare è “quanti e quali sono i malati?”. Non è semplice rispondere a questa domanda per diversi motivi. Anzitutto, è difficile stabilire con esattezza quante sono le malattie rare, si parla di un numero compreso tra 5 e 7mila, ma tale numero è soggetto a variazioni dal momento che nuove entità vengono continuamente descritte. Quanto numerosi sono i malati dipende poi dalla definizione di malattia rara alla quale si fa riferimento. Il criterio comunemente adottato è un criterio di prevalenza, cioè quanti sono i malati sul totale della popolazione. In Paesi diversi vengono adottati limiti differenti. Per la legislazione europea il criterio è meno di 5 casi su 10 mila residenti. L’adozione di una defini-

LIGURIA 2011 • DOSSIER • 255

MALATTIE RARE

Il modello del consorzio meglio garantisce pluralità dei punti di vista e garanzia di equilibrio nelle scelte e nelle azioni

zione standard a livello mondiale, e conseguentemente di una lista univoca di malattie rare, è un obiettivo importante. Altrettanto fondamentale è migliorare la visibilità delle malattie rare nelle classificazioni di malattia attualmente in uso. L’Organizzazione mondiale della Sanità, nell’ambito del processo di revisione della classificazione internazionale delle malattie, attualmente in corso, ha istituito un gruppo di lavoro specifico sulle malattie rare».

Il fascicolo online individuale per ciascun paziente consentirà terapie più mirate e uno snellimento dei procedimenti sanitari?

«Lo sviluppo di fascicoli sanitari elettronici è un ambito prioritario di azione quando si parla di malattie rare. L’utilizzo di nuove tecnologie in questo campo mira a rendere immediatamente disponibile l’informazione, un prerequisito essenziale per realizzare una presa in carico adeguata dei pazienti, soprattutto se affetti da malattie rare. Sulla base di questa esigenza, a partire dal 2002 nella Regione Veneto è stato attivato un sistema di monitoraggio completamente informatizzato che 256 • DOSSIER • LIGURIA 2011

collega i Centri di riferimento, i Distretti sanitari e i Servizi farmaceutici, territoriali e ospedalieri. Il sistema consente la registrazione della diagnosi e della storia assistenziale dei pazienti, il rilascio dell’esenzione che dà diritto ai benefici previsti per legge, alimentando nel contempo la raccolta di informazioni nel Registro. Il sistema è stato progressivamente adottato da diverse Regioni italiane, tra cui le province autonome di Trento e Bolzano, l’Emilia Romagna, e recentemente la Liguria. Nel 2011 è prevista la sua implementazione anche nelle regioni Puglia e Campania. Lo sviluppo di questo sistema e la sua adozione in diverse realtà regionali, con diverse organizzazioni, è legato al fatto che è strutturato per fornire servizi direttamente alle persone con malattia rara, collegando in tempo reale i servizi sanitari regionali. Il valore aggiunto risiede nel fatto che il sistema è parte integrante della rete dei servizi, collegando, attraverso la condivisione di uno stesso strumento informativo, reti specialistiche e reti diffuse di assistenza».

Karin Primon

Rari ma uguali Nella giornata delle malattie rare si sono svolte manifestazioni pubbliche a livello internazionale. Come spiega Karin Primon, le voci dei malati rari diventano più forti assieme per combattere le disuguaglianze sanitarie Elisa Fiocchi

ono definite malattie rare quelle che hanno una prevalenza inferiore a 5 persone ogni 10 mila abitanti. La bassa prevalenza però, non significa che le persone affette da malattia rara siano poche. Si tratta, infatti, di un fenomeno che colpisce milioni di persone in Italia e addirittura decine di milioni in tutta Europa. Nella regione Liguria i malati rari ammontano a 9.178 di cui 5.539 sono curati nella Asl 3 genovese. Sul totale, la suddivisione per fasce d’età registra 6.792 soggetti tra i 15 e i 64 anni, 1150 affetti da malattie rare tra 0 e 15 anni e 1.236 compresi tra 65 e 85 anni. Inoltre, va evidenziato come oltre tre mila pazienti associano alla malattia rara anche altre patologie. «I malati più gravi necessitano della continua attenzione della mamma o di un’altra persona preposta a gestirli». Per questo motivo, interviene Karin Primon, referente per la Federazione italiana medici pediatri delle malattie rare per la Liguria, spesso le madri lasciano l'occupazione precedente per dedicarsi al figlio: «Talvolta servono varie figure di terapisti, a volte anche a domicilio, con frequenza superiore a quella “possibile” nelle strutture territoriali».

Quali riflessioni sono emerse dalla Giornata delle malattie rare 2011 e come si mantiene viva la dichiarazione dell'Unione Europea sulle malattie rare quale “priorità di sanità pubblica”?

«La giornata delle malattie rare 2011 ha avuto come tema “Le disuguaglianze sanitarie”, l'obiettivo è stato quello di portare l'attenzione sulle malattie rare, sul loro effetto sulla vita dei pazienti e delle famiglie; mettere in evidenza le

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differenze di trattamento sanitario che questo tipo di pazienti riceve sia rispetto a pazienti con patologie diverse sia rispetto ai pazienti di altre nazioni. Lo slogan di quest’anno è stato: Rari ma uguali. Le malattie rare devono diventare una “priorità di sanità pubblica”, in particolare va posta molta attenzione alle possibili disuguaglianze sanitarie che questi pazienti e le loro famiglie lamentano. Nella giornata delle malattie rare si sono poi svolte una serie di manifestazioni pubbliche diversificate a livello internazionale poiché si pensa che la voce dei malati rari può essere più forte solo se diventa un coro di voci».

Abbandonare i fascicoli cartacei ed effettuare online qualsiasi transazione finanziaria della sanità pubblica con i cittadini e le imprese è una scelta efficace per il reparto delle malattie rare? Di quali altre politiche sanitarie necessita il territorio per fornire strutture mediche sempre più competenti, terapie appropriate e continuità assistenziale ai pazienti?

«Bisognerebbe potenziare le strutture di riabilitazione fisica (fisioterapia, logopedia, psicomotricità), ma prima d’ogni cosa il pediatra o il medico di famiglia dovrebbe avere una “linea diretta di consulenza” sia nella routine sia nelle emergenze, in quanto molti di questi pazienti possono trovarsi spesso in situazioni critiche, difficili da gestire in un qualsiasi pronto soccorso».

Karin Primon, referente per la Liguria della Federazione italiana medici pediatri per le malattie rare

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APPARECCHIATURE MEDICALI

L’innovazione tecnologica nel settore medicale Il settore medicale è interessato da una rivoluzione tecnologica pilotata da alcune aziende italiane che hanno saputo fare della ricerca e dell’innovazione il loro core business. Una di queste è la Mectron, di cui parla Domenico Vercellotti Erika Facciolla

L’ingegnere Domenico Vercellotti è uno dei fondatori della Mectron Spa di Carasco (GE).

Nelle altre immagini, ambienti e apparecchiature medicali della Mectron www.mectron.com

eccellenza del made in Italy in campo tecnologico passa anche attraverso l’operato di alcune aziende che – nei diversi settori di riferimento – riescono ad innovare proponendo soluzioni rivoluzionare e aprendo, di fatto, nuovi orizzonti alla ricerca. Un percorso che spesso rende il marchio aziendale riconoscibile in tutto il mondo, sinonimo di qualità e affidabilità, punto di riferimento perfino per i diretti competitor. È il caso della Mectron Medical Tecnology, azienda ligure tra le più innovative e all’avanguardia nella produzione di apparecchiature medicali destinate al settore odontoiatrico.

Fondata venticinque anni fa dagli ingegneri Fernando Bianchetti e Domenico Vercellotti, attuali titolari della società, Mectron ha continuato a crescere negli anni, e oggi esporta i suoi prodotti in oltre settanta paesi nel mondo.

Mectron offre prodotti per l’igiene e la profilassi dentale e la chirurgia orale. Questi campi di trattamento sono coperti da una gamma di appa-

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recchiature formata da dispositivi chirurgici Piezosurgery®, ablatori ad ultrasuoni, lucidatori a getto di bicarbonato e lampade polimerizzatrici a Led. Conosciamo meglio questa azienda attraverso uno dei titolari, Domenico Vercellotti.

Quali sono le tappe evolutive che hanno reso l’azienda leader del settore anche a livello internazionale?

«Nel 1982 Mectron ha rivoluzionato il mondo della profilassi dentale producendo per prima un manipolo piezoelettrico in titanio, e quindi lanciando sul mercato una linea di ablatori ad alta efficienza e affidabilità.

Sul finire degli anni Ottanta, Mectron entra nel campo dell'odontoiatria restaurativa attraverso la produzione di lampade polimerizzatrici alogene che risultano essere sin dal principio tra le più performanti del mercato.

Ma la vera innovazione arriva nel Duemila con la lampada a led, raggiungendo un traguardo epocale in termini di qualità della polimerizzazione dei materiali compositi».

Portare innovazione in qualsiasi settore è sempre complicato. Come siete riusciti a superare le reticenze iniziali dei vostri acquirenti?

«Fin dall’inizio, l’obiettivo è stato quello di offrire una conveniente alternativa agli altri prodotti e di convincere i clienti dei chiari vantaggi pratici e clinici. Ad esempio, nell’ambito dei dispositivi ultrasonici, uno dei

punti critici nella parte meccanica si concentrava sul trasduttore ultrasonico del manipolo e Mectron fu il primo fabbricante ad introdurre un trasduttore in titanio e a risolvere la questione anticipando tutti gli altri competitor».

Il contributo tecnologico della Mectron nel campo delle lampade polimerizzatrici è stato ancora più importante. Cosa può dirci a riguardo?

«Mectron è stata leader nel campo delle luci alogene nel periodo in cui queste erano gli strumenti preferiti dagli operatori. Successivamente abbiamo inventato la prima lampada polimerizzatrice basata sulla tecnologia led: senza fili, potente, leggera e dalla durata senza precedenti. Questa invenzione ha rivoluzionato le tecniche della polimerizzazione negli studi dentistici ed è stata imitata da così tanti concorrenti che oggi può essere considerata uno standard di riferimento per tutti gli altri produttori».

L’ultimo e forse più importante esempio di potere innovativo della Mectron è il Piezosurgery®.

«Tale traguardo è stato raggiunto grazie alla stretta collaborazione tra il professor Tomaso Vercellotti, per quanto concerne gli aspetti clinici, e la Mectron per il know-how tecnico. Modulando le vibrazioni ultrasoniche di base con una seconda vibrazione a bassa frequenza, si riusciva a tagliare l’osso senza

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Nel 1982 Mectron ha rivoluzionato il mondo della profilassi dentale producendo per prima un manipolo piezoelettrico in titanio

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surriscaldare l’area dell’operazione. Inoltre, test clinici mostrarono che il taglio micrometrico del Piezosurgery® permette un’ineguagliabile precisione, preservando i tessuti molli e rendendo esangue il sito chirurgico.

Oggi Piezosurgery® rappresenta la nuova dimensione della chirurgia ossea».

Quali sono stati i riscontri durante la fase di prima commercializzazione del prodotto?

«La prima generazione del Piezosurgery® fu commercializzata nel 2001, anno che segna l’inizio di questo importante successo. A oggi migliaia di dentisti specializzati e di chirurghi orali usano questa tecnica rivoluzionaria nella loro quotidianità: Mectron ha aperto una nuova era per l’osteotomia, l’osteoplastica e l’estrazione in implantologia, paradontologia, endodonzia e ortodonzia chirurgica».

Quali sono gli obiettivi per il futuro?

«Mectron continuerà a percorrere la strada dell'innovazione non solo nel tradizionale campo dentale ma anche in quello medicale, sviluppando e commercializzando prodotti dall'elevato contenuto tecnologico».

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HIGH TECH BIOMEDICALE

L’innovazione al servizio della salute upportano la ricerca, riducono i disagi e l’invasività, migliorano la precisione degli interventi. Da alcuni anni i nuovi materiali stanno modificando, aumentandone notevolmente la qualità, le tecniche mediche e chirurgiche. In questo processo di upgrade tecnologico un ruolo fondamentale è svolto dalle aziende che progettano e realizzano i prodotti dell’high tech biomedicale. Fra esse figura la Major di Imperia che, dopo un’esperienza vissuta come società commerciale nel campo della chirurgia ortopedica, ha avviato una collaborazione tecnico-scientifica con Multiphysics Lab finalizzata all’avviamento di una produzione propria. Giuseppe Novaro, anima della Major, ci introduce in questo settore d’avanguardia: «La strategia con cui portiamo avanti l’attività è basata da un lato sulla grande attenzione che dedichiamo al paziente e alle sue esigenze, dall’altro alla ricerca della qualità senza compromessi».

Qualità che, assieme a semplificazione e precisione, rappresenta un obbiettivo fondamentale.

Per perseguirlo ci si basa su proposte innovative come materiali a memoria di forma, polimeri polieter eter chetone e robotica di puntamento chirurgico spinale.

Cosa si intende per “materiali a memoria di forma”?

«Utilizzati nella chirurgia vertebrale, i materiali a memoria di forma rappresentano una classe di materiali metallici dalle inusuali proprietà meccaniche. In particolare, con il termine “leghe a memoria di forma” (Shape Memory Alloys, SMA’s o LMF) si indica un’ampia classe di leghe metalliche, scoperte abbastanza recentemente, che hanno come caratteristica principale quella di essere in grado di recuperare una forma macroscopica preimpostata per effetto del semplice

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Nuove tecnologie e nuovi materiali stanno sensibilmente migliorando le prestazioni mediche e chirurgiche. Per svilupparli però occorrono un’attenta pianificazione e un’attività di ricerca ben organizzata. Giuseppe Novaro racconta la sua esperienza Amedeo Longhi

cambiamento della temperatura o dello stato di sollecitazione applicato, sono cioè capaci di subire trasformazioni cristallografiche reversibili, in funzione dello stato tensionale e termico. Tali trasformazioni sono appunto la causa prima delle qualità peculiari di queste leghe; accanto all’effetto memoria di forma è inoltre doveroso citare il fenomeno della superelasticità, che ha moltiplicato le possibilità di impiego nonché la particolarità della fase martensitica, che gioca un ruolo fondamentale nella trasformazione stessa.

Con la diffusione sempre maggiore dell’uso di questi materiali, la ricerca è volta anche verso la

Giuseppe Novaro, titolare della Major di Imperia.

Nell’altra pagina, viti per la correzione del piede piatto www.major-spa.com

Giuseppe Novaro

produzione di leghe a più basso costo che mantengano le proprietà fin qui descritte. A questo proposito, l’industria medica ha ampiamente sviluppato gli studi sui materiali in NiTi, in virtù della loro eccellente biocompatibilità e pseudoelasticità».

Quali sono i nuovi materiali utilizzati per la chirurgia della mano?

«Nella chirurgia della mano, il nuovo materiale più utilizzato è il polieter eter chetone, detto brevemente PEEK. Si tratta di un polimero organico appartenente alla famiglia dei poli-arileter-chetoni (PAEKs), polimeri termoplastici ad alta temperatura, costituiti da una catena molecolare aromatica con conformazione a “zig-zag”, formata da anelli di arile interconnessi attraverso specifici gruppi funzionali quali gli eteri e i chetoni. Come tutti i polimeri semicristallini il comportamento meccanico del PEEK, in termini di modulo elastico, tensione di snervamento e comportamento plastico, è fortemente influenzato oltre che dalla temperatura e dalla velocità di applicazione del carico, anche dal peso molecolare e da percentuale, dimensione e orientazione delle regioni cristalline. Il PEEK viene considerato un biomateriale avanzato utilizzato in impianti medici per le sue importanti caratteristiche in questo campo: è radiotrasparente ai raggi X, è molto resistente, può essere lavorato ottenendo una superficie molto levigata ed è biocompatibile».

Com’è organizzata la struttura che ricerca, sviluppa e applica questi particolari materiali?

«Abbiamo creato una collaborazione scientifica con Multiphysics Lab e con chirurghi provenienti da città italiane – Bologna, Ferrara, Padova, Genova – e francesi – Marsiglia , Aix en Pro-

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Le nuove tecnologie della chirurgia portano vantaggi di tipo tecnico e innovativo, che permettono uno studio preoperatorio molto sofisticato e molto dettagliato

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vence, Lione.Il Multiphysics Lab è gestito da un’ATI, associazione temporanea di imprese, costituita da dieci organizzazioni private specializzate in diversi ambiti, dalla progettazione allo sviluppo di nuovi business. MDA Srl è la società capofila dell’ATI e agisce in nome e per conto del raggruppamento di imprese che è costituito da una serie di aziende con le competenze più svariate, dalla prototipazione al marketing, dalla pianificazione finanziaria all’elettronica».

Quali sono i vantaggi dell’utilizzo delle nuove tecnologie nella chirurgia?

«Si tratta di vantaggi di tipo tecnico e innovativo, che permettono uno studio preoperatorio molto sofisticato e molto dettagliato, che possono essere successivamente applicati anche nel momento chirurgico, con estrema precisione. L’innovazione per definizione ha una vita media limitata nel tempo; per questo i nostri partner, più importanti e più grandi di noi, ci aiuteranno a sviluppare questi prodotti a livello internazionale, per evitare i lenti percorsi di sviluppo regionali e nazionali che spesso finiscono per generare prodotti ormai maturi».

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LA SALUTE DEGLI ANZIANI

Terapie in residenza protetta nvecchiare è un privilegio e una meta della società. È anche una sfida che ha un impatto su tutti gli aspetti della società del XXI secolo”. È uno dei messaggi proposti dall’Organizzazione mondiale della sanità sul tema della salute degli anziani. Un argomento che acquista sempre maggiore importanza in una società, come la nostra, che sta vivendo una sorta di “rivoluzione demografica”. Secondo recenti indagini rese pubbliche dalla stampa nazionale, pare che solo in Liguria gli ultrasettantacinquenni rappresentino il 25 per cento della popolazione. E i dati sanitari a sostegno della terza età sembrano piuttosto incerti.

Ma, se da una parte la sanità pubblica ligure non trova possibilità di rilancio per gli eccessivi tagli subiti soprattutto nell’ultimo biennio, il contraltare rappresentato dalla sanità privata dedicata agli anziani fa leva, da oltre quarant’anni, sul valore dei servizi medici, infermieristici e assistenziali erogati presso le strutture afferenti il Gruppo Sanitario Leto.

«Villa Speranza, il Centro Sant’Anna e il laboratorio analisi Acad interagiscono in un circuito di attività sanitarie diversificate in base alle diverse patologie e disagi psicofisici, mantenendo però la “residenza protetta” delle due case di cura come base di assistenza». Il dottor Carmelo Leto, presidente e amministratore unico del Gruppo, spiega quali disposizioni sanitarie possono rendere gradevole ed efficace la cura e la terapia delle problematiche geriatriche, o semplicemente, possono far vivere l’invecchiamento con serena dignità.

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Tre strutture attive nell’erogazione di servizi medici, infermieristici e assistenziali. Villa Speranza, il Centro Sant’Anna e l’Acad rappresentano una sinergia operativa che aumenta il valore della sanità privata del Ponente ligure. Carmelo Leto descrive l’importanza della “residenza protetta” Giulio Conti

Il Gruppo Sanitario Leto rappresenta un esempio d’eccellenza nell’ambio della sanità privata del Ponente ligure. In virtù dei traguardi raggiunti, quali attività e sinergie vengono messe in atto per l’erogazione di servizi geriatrici integrati?

«Durante il corso degli anni, il gruppo ha seguito contemporanei percorsi di diversificazione e specializzazione nelle varie discipline socio-sanitarie e assistenziali, adattandosi alle esigenze dell’utenza territoriale. Le due strutture, Villa Speranza sita in Sanremo e il Centro Sant’Anna ubicata in Imperia sono rivolte a degenti con problematiche motorie, psicomotorie e geriatriche aventi, di conseguenza, necessità di cure mediche, infermieristiche e assistenziali continuative per periodi di convalescenza di breve, media o lunga durata, per persone sole e/o coppie, autonome e non autosufficienti. Il Gruppo, pur mantenendo nelle due strutture la “residenza protetta” come base d’assistenza, si diversifica per le diverse patologie. Difatti il Centro Sant’Anna opera nell’ambito psico-geriatrico riabilitativo e poliambulatoriale con annessi i reparti di radiologia, ecografia e analisi

Carmelo Leto è il presidente del Gruppo Sanitario Leto di cui fanno parte il Centro Sant’Anna, Villa Speranza e il laboratorio analisi Acad

Carmelo Leto

mediche, mentre Villa Speranza esercita fisiokinesiterapia e residenzialità leggera, per medio-lunghi soggiorni».

La più antica delle tre strutture del Gruppo Sanitario Leto è Villa Speranza. In che modo è stata adattata alle esigenze dell’utenza territoriale?

«Nata a metà del secolo scorso come struttura ospedaliera, Villa Speranza è oggi una lussuosa residenza incastonata in un’impareggiabile oasi di verde con palme e pini secolari che ricordano gli illustri ospiti che lì hanno soggiornato nel periodo della Bella Époque. Dopo i molteplici cambiamenti che ha subito negli anni, oggi è divenuta una “residenza protetta” di circa 90 posti letto e una delle realtà più conosciute del ponente ligure; è convenzionata con l’Asl Imperiese e può ospitare pazienti auto, semi e non autosufficienti. La suddivisione dei reparti garantisce una migliore gestione dell’ospite e una maggiore integrazione tra gli stessi. Per la struttura, che è in fase d’accreditamento, è stato presentato un progetto di ulteriore diversificazione attraverso un reparto di residenzialità sanitaria assistita di mantenimento, per specializzarsi sempre più su un reparto ad oggi scoperto nella zona».

Attraverso l’attività di quali reparti il Centro Sant’Anna garantisce efficaci terapie per i degenti semi e non autosufficienti e adeguata residenzialità per gli anziani

Villa Speranza, il Centro Sant’Anna e il laboratorio di analisi Acad interagiscono in un circuito di attività sanitarie diversificate, mantenendo però la “residenza protetta” come base di assistenza

autosufficienti?

«Il Centro Sant’Anna, con i suoi 142 posti letto e 9.500 metri quadrati di costruito, è la realtà più conosciuta della sanità privata del ponente ligure. La struttura comprende un eccellente presidio di riabilitazione funzionale dei soggetti portatori di disabilità fisiche, psichiche e sensoriali cui sono annesse tre palestre che riteniamo fondamentali per ogni attività riabilitativa; il reparto Alzheimer, con sale comuni e giardino interno, che, quale nucleo protetto, è gestito esclusivamente da figure professionali specializzate, e con videosorveglianza continua. Altro nucleo protetto è la residenza a indirizzo psichiatrico, un re- LIGURIA 2011 • DOSSIER • 265

LA SALUTE DEGLI ANZIANI

APPROCCI DI MULTIDISCIPLINARIETÀ MEDICA Fiore all’occhiello del Centro Sant’Anna, è il nucleo di riabilitazione inaugurato nel 2009, convenzionato con l’Asl n. 1 Imperiese. Lo stesso è coordinato da specialisti di prim’ordine, supportati da figure come fisiatri, fisioterapisti, operatori sociosanitari e infermieri professionali, i quali garantiscono un recupero motorio e sensoriale unico nel suo genere. Come il nucleo di riabilitazione, ogni reparto delle strutture del Gruppo Sanitario Leto viene seguito scrupolosamente da una equipe specializzata, offrendo un servizio qualitativo sotto il profilo del personale medico, paramedico, tecnico e delle attrezzature in grado di svolgere le attività ambulatoriali attraverso un approccio moderno e multidisciplinare, rendendo conseguentemente possibile l’accreditamento e le convenzioni con vari istituti tra cui Regione Liguria, Asl n.1 Imperiese, comune d’Imperia, comune di Milano e Inpdap. www.centrosantanna.it - www.villasperanza.it

parto che garantisce spazi comuni e all’aperto dove specialisti del settore contribuiscono al miglioramento dell’ospite, sia dal punto di vista clinico che sociale; non mancano poi i vari poliambulatori di radiologia, analisi e terapie varie. Questi reparti interagendo fra loro rappresentano la vera rivoluzione del Centro che se in passato era dedicato esclusivamente alla residenza protetta, oggi è una struttura diversificata e multifunzionale capace di soddisfare le diverse esigenze richieste dal territorio».

Per l’erogazione di servizi sanitari, quanto incide l’interazione e il supporto dato dai

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laboratori analisi come Acad?

«Fin dalla sua fondazione, il principale scopo di Acad, laboratorio di analisi cliniche e chimiche di Sanremo, è la possibilità di mettere al servizio dei clienti tecniche diagnostiche e sanitarie all’avanguardia, garantendo un’elevata qualità del servizio offerto. Operativo su tutta la Provincia, Acad offre da sempre un’altissima professionalità grazie soprattutto a personale specializzato e a strumenti di ultima generazione. Tutti i centri Acad sono dotati di un controllo di qualità denominato Veq, Valutazione esterna di qualità; inoltre, per una maggiore sicurezza dei dati, viene eseguito al loro interno un controllo periodico su tutta la strumentazione. Le principali partnership di cui si avvale Acad, tra cui il Fleming, l’Università di Pavia, l’Asl n.1 Imperiese e l’azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi, garantiscono una continua ricerca di miglioramento sia dal punto di vista professionale che umano».

Oltre l’approccio specificatamente medico-sanitario, quali sono gli aspetti che contribuiscono in modo decisivo alla serenità e al recupero dei pazienti di Villa Speranza e del Centro Sant’Anna?

«Le due strutture garantiscono spazi comuni ampi e confortevoli, dove vengono rispettate le esigenze e la privacy di ognuno. La suddivisione delle stesse permette all’ospite di scegliere autonomamente l’organizzazione della giornata, con la possibilità di optare nelle diverse aree adibite all’animazione come sala bar, saloni tv, sala di musicoterapia, giardini interni; oppure nelle sale create appositamente per la lettura individuale, o semplicemente per ammirare la veduta delle nostre terrazze panoramiche. Questi spazi comuni sono vitali per la conduzione di un soggiorno sereno all’interno delle residenze, ma ciò che contraddistingue una buona struttura dalle altre, sono i servizi da essa offerti, i quali devono avere come fulcro il rispetto e l’assistenza professionale per la patologia della persona ospitata».

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I FARMACI INTELLIGENTI VANNO A BERSAGLIO? di Silvio Garattini Direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri

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i parla molto di farmaci “intelligenti” come di prodotti farmaceutici capaci di arrivare al bersaglio. Per questo si chiamano anche “target drugs”. L’idea di colpire un bersaglio dovrebbe indicare due concetti: la specificità e la sicurezza. Infatti, se si colpisce un solo bersaglio - ammesso che quello sia la causa di una malattia - si dovrebbe ottenere il miglior effetto senza disturbare altre funzioni dell’organismo.

Inoltre si dovrebbe ottenere un minor numero di effetti collaterali o tossici. È proprio così? Purtroppo le cose non sono così semplici e la qualifica di intelligente per un farmaco è ancora oggi una forma di propaganda più che una realtà terapeutica. Occorre ricordare che i farmaci sono strutture chimiche che hanno molte possibilità di agganciarsi alle molecole, soprattutto quelle proteiche, presenti nel nostro organismo. Per questo è difficile, data l’enorme varietà di strutture chimiche che costituiscono il nostro organismo, essere sicuri che i nostri farmaci siano così selettivi. Il risultato è che le dosi impiegate determinano gli effetti di un farmaco. Se le dosi sono infinitesime - come nel caso dell’omeopatia - è impossibile che vi siano effetti. Man mano che le dosi aumentano, se il farmaco ha una grande affinità per il suo bersaglio, si avranno gli effetti desiderati; ma contemporaneamente il farmaco si legherà ad altri bersagli non sempre utili all’effetto terapeutico. Alle dosi efficaci - quelle che poi si utilizzano in pratica - si avrà perciò sempre una “miscela” di effetti che, a seconda delle caratteristiche individuali, si manifesterà con benefici ma anche con effetti collaterali. Si deve tener conto di un’altra complicazione. Quando un farmaco viene somministrato a un organismo è soggetto a una trasformazione in altre sostanze chimiche, spesso numerose, dette metaboliti. Ciascuna di queste strutture chimiche può avere in comune gli effetti del farmaco

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somministrato, ma può avere anche proprietà antagoniste oppure interagire con altri bersagli e indurre tossicità.

Più recentemente si è cercato di ovviare a questi problemi, utilizzando sostanze naturali: se sono già presenti in altri organismi o addirittura nell’organismo umano, si pensa, non possono che far bene. Purtroppo non è così, perché nell’organismo vivente queste sostanze vengono utilizzate solo a tempi ben definiti e a concentrazioni appropriate. Quando le somministriamo come farmaci, dobbiamo utilizzare dosi più elevate e perciò incappiamo nel problema dell’incontro con più bersagli. Tutti sanno quanto possa essere tossico il cortisone, che pure è presente nel nostro organismo. Un altro modo per migliorare la funzione dei farmaci “intelligenti” è quello di far ricorso agli anticorpi monoclonali, cioè a proteine che hanno un’estrema selettività e quindi possono legarsi solo a una determinata parte di un’altra proteina. Questi prodotti sono entrati in commercio soprattutto come farmaci antitumorali, ma anche in questo caso i risultati non sono ancora soddisfacenti, perché a causa della grande varietà di proteine presenti nel nostro organismo, è quasi impossibile che un anticorpo monoclonale non si leghi anche ad altre strutture proteiche oltre a quella desiderata. Difatti un anticorpo monoclonale che si utilizza per il trattamento del tumore della mammella esercita anche attività cardiotossiche, come altri farmaci citotossici che sono molto meno specifici. Oggi molta attenzione è dedicata alle nanotecnologie nella speranza di ottenere prodotti che possano essere indirizzati solo in un particolare organo, ad esempio nel cervello, acquisendo in questo modo una maggiore selettività. Le nanotecnologie sono tuttavia per il momento solo una speranza. Si deve concludere che i farmaci “intelligenti” sono ancora da scoprire: è la ricerca che ci potrà fornire una risposta; ma serve tempo e…denaro!