OSSIER LOMBARDIA EDITORIALE ..............................................12
ECONOMIA E FINANZA
Raffaele Costa
L’INTERVENTO.........................................15 Ferruccio Dardanello Diana Bracco Alberto Meomartini
PRIMO PIANO IN COPERTINA......................................20 Roberto Maroni UNITÀ D’ITALIA ....................................26 Renato Schifani Giorgio Napolitano Mario Cervi RITRATTI ................................................40 Gianni Letta POLITICA ................................................46 Romano La Russa Letizia Moratti Giuliano Pisapia GLI ITALIANI AL VOTO .....................54 Alessandra Ghisleri IL COMMENTO .....................................56 Marcello Veneziani ISTRUZIONE .........................................60 Mariastella Gelmini
SVILUPPO ECONOMICO...................64 Carlo Sangalli Luigi Bordoni Sergio Travaglia Ambra Redaelli Andrea Gibelli
QUOTE ROSA........................................131 Gabriele Fava
MERCATO DEL LAVORO...................76 Salvatore Trifirò Pietro Ichino GianAmbrogio Crevenna
IMPRENDITORI DELL’ANNO .........140 Federico De Nora, Bioster Group Albertino Calanca, Mario Cantù Massimo Michieli, Matteo Gregorini Giuliano Tacchi, Marinella e Marco Manzoni Giampiero Buratti, Daniele Surini Simonetta Balboni, Ivo Prussiani Danilo Viganò, Michele Lamera Carlo e Paolo Pilenga
CULTURA DEL LAVORO ...................86 Sara Calzi RETI D’IMPRESA .................................90 Francesco Bargiggia Daniela Sabelli SEMPLIFICAZIONE BUROCRATICA......................................96 Giampietro Brunello Gaetano Scognamiglio Carlo Maccari ACCESSO AL CREDITO...................104 Giovanni Da Pozzo Stefano Caselli MERCATO DELL’ARTE......................110 I dati Nomisma Massimo Di Carlo Marco Trevisan Philippe Daverio CAVALIERI DEL LAVORO.................118 Benito Benedini Carlalberto Corneliani Mario Boselli Gianni Angelo Stoppani Pierluigi Bernasconi
DONNE D’IMPRESA ..........................132 Lella Golfo Laura Frati Gucci
TINTURA NATURALE........................178 Andrea Clerici SOSTANZE CHIMICHE.....................180 Monica Locatelli RICERCA E IMPRESA .......................186 Roberto Lauzi PROPRIETÀ INDUSTRIALE E INTELLETTUALE ............................190 Donatella Prandin EDITORIALE.........................................192 Antonio De Angelis MARKETING E COMUNICAZIONE ..........................194 Pierpaolo Piria Marzio Carrara COMUNICARE ....................................200 Ida Tacconi PROGETTI IT .....................................202 Antonio Caserta SERVIZI INFORMATICI ...................206 Mario Goretti Giorgio Negri AUTOMAZIONE INDUSTRIALE .....212 Alberto Zennaro
10 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
Sommario TERRITORIO
GIUSTIZIA
INFRASTRUTTURE ..........................242 Francesco Karrer Pietro Ciucci Vito Riggio
RIFORME..............................................308 Fabrizio Cicchitto Maria Elisabetta Alberti Casellati Carolina Lussana Maurizio Paniz
TRASPORTI.........................................250 Angelo Di Martino Giorgio Bianchi Antonio Battaglia
IMMOBILI BANCARI..........................214 Santo Brugaletta TRACCIABILITÀ ALIMENTARE .....216 Fabio Torre LA RISTORAZIONE COLLETTIVA.....218 Lino Volpe
LOGISTICA E INTERMODALITÀ ..262 Luciano Borra IMPRENDITORI DELL’ANNO ........266 Diego Lorenzon, Giacomo Paccani Fabrizio Mamoli, Marco Cornali Marco Bellini, Lino Iemi INGEGNERIA .......................................278 Umberto Pesce
CUSTODIA CAUTELARE ................320 Gaetano Pecorella Giovanni Maria Giaquinto CRONACA GIUDIZIARIA .................326 Il caso Mercadante Giuseppe Lipera NOTARIATO ........................................332 Giancarlo Laurini
SANITÀ
VITICOLTURA ....................................220 Giovanni Berti Marco Calcaterra
MATERIALI EDILI ..............................280 Adriano Ricci
POLITICHE SANITARIE...................336 Ferruccio Fazio Enrico Garaci
AMBIENTE
MODERNE ARCHITETTURE..........284 Tullio Leggeri
COOPERAZIONE SANITARIA .......342 Luciano Bresciani
AMBIENTE E SVILUPPO ................224 Alessandro Colucci
PROGETTAZIONE..............................287 Luisita Facchin
SMALTIMENTO RIFIUTI..................228 Adele Marelli
TRA DESIGN E FUNZIONE.............288 Leonardo Bossini
RIFIUTI SOLIDI URBANI .................232 Luciano Allievi
RESTAURO..........................................292 Carla Anna Bonomi
RIFIUTI ELETTRICI ED ELETTRONICI ..............................234 Antonio Durante
ANTICHE PASSIONI.........................294 Louise Michail e Narghes Sorgato
FOTOVOLTAICO ................................236 Piero Micucci ENERGIA DAL LEGNO.....................238 Orazio Reali RECUPERARE LA CARTA..............240 Emilio Rota
GENIUS LOCI ......................................348 Gabriele Basilico
SERRAMENTI .....................................296 Mirko Zaccheroni COMFORT E MATERIALI INNOVATIVI.............300 Andrea Marchetti Diego Capponi SALUBRITÀ DELL’AMBIENTE .....304 Stefano Gualdi
LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 11
EDITORIALE
l nostro paese ha vissuto un dopoguerra idoneo a sviluppare l’economia come la cultura, la modernità come la continuità; il tutto si è svolto attraverso alcuni decenni in cui i criteri fondamentali dell’uomo e della società sono stati valorizzati in modo da affermarli. Ci sono stati momenti difficili in cui pareva dominare una forma di socialismo democristiano capace di partecipare alla crescita sociale ma anche di condizionare la piena affermazione da parte degli individui, delle famiglie, delle aziende specie minori. Dobbiamo riconoscere che la prima Repubblica ha svolto un ruolo significativo in questo senso, anche se sovente si è dovuto scendere a patto con valori generali se non generici. I partiti di destra e di sinistra hanno svolto una funzione attiva legata all’ideologia di cui erano e per certi versi sono (quasi soltanto nel ricordo) portavoce. Gli stessi partiti hanno vissuto stagioni costruttive capaci addirittura di piccoli e talvolta grandi miracoli. Essi sono stati lo strumento decisivo per affermare scelte moderne e passi avanti per la società nel suo complesso. Il percorso dei partiti politici di allora è riuscito a superare momenti elettrizzanti anzi drammatici quali quelli contemporanei al terrorismo. Pochi anni dopo la conclusione del terrorismo è però scoppiato un nuovo fenomeno negativo che ha riguardato soprattutto la classe politica ed anche, in molti casi, quella amministrativa: si è trattato dell’esplosione di fenomeni sovente di illeciti (non solo di corruzione) che hanno comportato la fine di una classe politica uccisa da Tangentopoli. Sono passati non pochi anni da allora, ma la situazione non si è ancora raddrizzata, nonostante tanti eventi, di cui alcuni positivi. I partiti quasi tutti non sono positivamente rinati: si è trascinata e si sta trascinando una situazione negativa, salvo che per talune, poche, germogliazioni nuove (penso alla Lega). Ci si è affidati più alle persone singole che non alle strutture collettive, ai leader individuali più che alle squadre rappresentative di movimenti politici legati alla società. Abbiamo vinto le ultime elezioni politiche come altre precedenti non perché presentassimo squadre ideologicamente incisive, o valori legati alla
I
12 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
Nell’interesse degl’italiani liberali e non di Raffaele Costa Direttore
società, bensì perché avevamo, come abbiamo, un esponente con le funzioni più di capace ed attivo capo del popolo, che non da leader espressione di una democrazia interna alla coalizione che lo avesse acclamato. Negli ultimi decenni i valori liberali sono stati condizionati dalle necessità o, meglio, dalla volontà, di far valere, sovente insieme ad interessi generali, interessi di parte, scelte corporative, momenti di pieno conforto quasi esclusivamente per talune corporazioni. Sono cresciute così le strutture pubbliche, il numero delle leggi (soltanto oggi ridimensionato), gli interessi di determinate ma anche di molteplici categorie settoriali talvolta divenute onnipotenti. Le capacità di crescita dell’autentico privato sono state condizionate, in misura notevole, nonostante la buona volontà degli operatori che le avevano o che intendevano attivarle. In questo quadro il cittadino, l’imprenditore, l’azienda piccola e media sono stati condizionati dal pubblico in modo sovente illiberale. Occorre ora dar luogo ad una cura capace di invertire la rotta e di dare spazio alla volontà e alle capacità di crescere del privato ovviamente in
Raffaele Costa
termini corretti. Così come è stato per più di vent’anni nel dopoguerra. Se i partiti debbono ricostituirsi (non è detto che debbano assumere le vesti di un tempo), se si deve procedere ad una serena delegificazione (che pare ben avviata) occorre creare le condizioni per poterlo fare in modo democratico e rapidamente. Che i partiti debbano cambiare registro è fuori dubbio: che il mondo politico la smetta di litigare sulla base di elementi meramente scandalistici con finalità umanoidi ovvero meramente capziose è doveroso. Nelle scorse settimane ho letto con soddisfazione quanto pubblicato da taluni quotidiani a proposito degli sprechi degli enti locali. Non solo non ci sentiamo più quasi soli nel sottolineare le grandi ed offensive (per il contribuente) dispersioni di denaro pubblico, ma ho apprezzato come in modo trasparente ed imparziale molti parlamentari e non pochi giornalisti hanno condotto avanti, nei loro interventi, scritti e propositi risanatori. Ora si tenta di passare dalla fase della denuncia a quella della correzione di rotta. Non sarà facile, perché si deve combattere contro abitudini inveterate, contro forti interessi, contro abitudini che talvolta riguardano anche esponenti della propria area politica. La cattiva gestione ha molti padri, ma anche molte madri; fra queste ultime ripeto le tante leggi. Da anni ho cominciato a leggere dati, a studiare bilanci, a verificare spese trovando tante anomalie. Ho ottenuto talvolta discreti risultati, ma senza vincere mai pienamente alcuna battaglia. Di tanto in tanto mi scoraggiavo e volevo mollare tutto avviandomi verso una stagione d’edonismo finanziario. Quando da ministro della Sanità (complici Berlusconi e Dini, allora ministro del Tesoro) tagliai di oltre 6.000 miliardi di lire la spesa sanitaria di un anno senza far piangere nessuno (le geremiadi rituali non vanno prese in considerazione), riuscii anche nell’intento di programmare e di far passare una finanziaria che rappresentò forse l’unico esempio di spesa sanitaria capace di non crescere per tutto l’anno, rispetto all’anno prima, anche se personalmente lasciai il governo a metà gennaio.
Dunque che cosa oggi bisogna fare? Il problema è politico e dipende da un lato dall’educazione rigorosa al rispetto del denaro pubblico, dall’altra dalla trasparenza d’ogni spesa che deve essere conosciuta dai cittadini (elettori), trasparenza che non deve consistere nella sola pubblicazione dei bilanci consuntivi, ma nell’esplicitazione soprattutto preventiva, molto aperta, vincolante, illuminante, popolare di ciascuna spesa. Per non dire dei controlli veri, anche questi preventivi e doverosi ma ora attenuati quasi del tutto perché ritenuti lesivi della piena, totale, democratica autonomia: ma che razza d’autonomia assoluta è quella di chi spende i soldi degli altri? Ritengo di poter dare ancora pochi altri consigli: anni or sono pubblicai un volume che ebbe molta fortuna (L’Italia degli Sprechi): segno che il problema era sentito. Non credo ancora oggi sia il caso di citare molti esempi di spese poco giustificate: lo facciamo quotidianamente sia attraverso i giornali, sia attraverso l’azione politica di un certo numero di parlamentari, di consiglieri regionali, di esponenti delle amministrazioni locali. Sarebbe facile parlare di enti ministeriali e non moltiplicati, di assenteisti, di strutture costose e poco produttive. Se dovessi ripeterne per l’ennesima volta l’elenco rischierei di tediare; importante è l’impegno con cui abbiamo sempre svolto le funzioni per le quali eravamo stati chiamati. Correggere certe scelte di fondo è molto difficile: posso dire soltanto che non siamo più soli a cercare di modificare una situazione negativa che si trascina da anni. Un’ultima considerazione relativa ai rapporti fra partiti e fra persone militanti in politica ad alto livello: se è vero che lo scontro ideologico si è alterato o quasi spento per una forma di inerzie o debolezza è invece cresciuto notevolmente quello personale che crea disagio e forte incomprensione fra i cittadini chiamati ad assistere ad uno squallido spettacolo nel quale si confondono toni, colori, malizie frutto di interessi, per non dire fazioni, oggi dominanti. Ai politici che dominano le scene chiediamo di abbassare i toni delle polemiche e di tornare a discutere di temi costruttivi di interesse generale. Nell’interesse degl’italiani liberali e non. LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 13
L’INTERVENTO
Ridisegnare la Milano del futuro di Alberto Meomartini Presidente di Assolombarda
o espresso pubblicamente la soddisfazione degli imprenditori milanesi perché l’adozione del piano di governo del territorio rappresenta un passo fondamentale per fornire un quadro certo di obiettivi, regole e meccanismi attuativi alle imprese associate e a tutti coloro che sono interessati allo sviluppo della città. Si tratta di un importante atto politico e amministrativo, il primo piano urbanistico e territoriale di Milano dopo trent’anni, che ha l’ambizione di delineare il profilo economico, produttivo, sociale e territoriale dell’area metropolitana con un orizzonte ventennale. Ho apprezzato, in particolare, lo sforzo del Comune per mettere a punto uno strumento flessibile, in grado di accompagnare e indirizzare la sempre più rapida evoluzione delle esigenze della città, di chi la abita e di chi ci lavora. La sfida ora passa sul piano della capacità di gestione. In linea con il nostro atteggiamento propositivo e collaborativo verso tutte le istituzioni, Assolombarda ha dato un contributo di idee e di proposte alla redazione del piano sui temi che stanno più a cuore alle imprese associate: il potenziamento delle infrastrutture, il miglioramento della mobilità di merci e persone, la possibilità di usufruire di servizi capillari ed efficienti, l’efficacia dei meccanismi attuativi, lo sviluppo della capacità di accoglienza verso gli
H
studenti, i ricercatori, i manager e i professionisti. Milano è rimasta per trent’anni senza uno strumento di pianificazione strategica, pur avendo attraversato una profonda e radicale trasformazione del sistema produttivo, del tessuto sociale, della struttura insediativa, della composizione demografica. Oggi finalmente, grazie allo sforzo dell’amministrazione comunale, disponiamo di questo quadro, di uno strumento di governo del territorio di cui condividiamo impianto e obiettivi strategici. Auspico che il dibattito dei prossimi mesi, a cui intendiamo contribuire con le nostre proposte, lo possa ulteriormente migliorare e possa chiarire gli aspetti che ancora rimangono da definire. La perequazione e, più in generale, la possibilità di trasferire i diritti edificatori attraverso meccanismi di mercato, costituisce una grande occasione di sperimentazione per la città e per il Paese, che proprio per questo motivo andrà gestita attraverso la definizione di regole chiare e meccanismi trasparenti. Personalmente, considero la discussione del Pgt una grande occasione di democrazia e di allargamento della partecipazione dei cittadini e di tutte le forze economiche e sociali alle grandi scelte strategiche che condizioneranno lo sviluppo della città nei prossimi decenni. LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 19
IN COPERTINA
UN METODO DI GOVERNO FATTO DI CONCRETEZZA E DI REALISMO Il rischio di nuove ondate di immigrati clandestini. La lotta contro la criminalità organizzata e i rischi per le infiltrazioni della mafia al nord. L’attuazione del federalismo. Le molte sfide sul tavolo del ministro Maroni Giancarlo Mazzuca
Q
uando gli dici che è uno dei pochi politici concreti, sempre pronto a mantenere le promesse, Roberto Maroni fa capire di essere un’eccezione: “In primo luogo, amo la musica, la politica viene solo dopo”. Insomma, lui è un poeta che sa sognare ma è anche capace di affrontare molto bene la realtà. E per farsi capire meglio, mi racconta una storia, finora inedita, che risale al 1995. Dunque, il ministro partecipava, come sempre ha fatto da oltre vent’anni a questa parte, al Festival Jazz di Porretta Terme (tra l’altro è stato anche con-
sigliere comunale della cittadina sull’Appennino bolognese). Assieme, ovviamente, alla sua orchestra di 15 elementi (Distretto 51) che ha fondato alla tenera età di 28 anni. Durante la manifestazione gli presentano il mitico Wilson Pickett, il re del “soul”. Maroni era appena stato ministro dell’Interno nel primo governo Berlusconi (Vi ricordate? In nome della sua proverbiale pragmaticità aveva sfidato la Fiat dotando la Polizia di Stato di auto coreane che poi si sono dimostrate molto resistenti, quasi a prova di bomba) e l’organizzatore della rassegna vuole ricordare al celebre jazzista americano (l’idolo di Ma-
20 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
Roberto Maroni
LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 21
IN COPERTINA
In senso orario, il ministro Maroni durante Porretta Soul Festival; il presidente Ue Barroso; il ministro dell’Interno assieme a Bossi e Calderoli; il Cie di Lampedusa e un barcone di immgrati al largo dell’Isola siciliana
roni: più di Bossi…) che Roberto è,
appena, stato titolare del Viminale. Pickett guarda il ragazzotto trasandato, in maglietta, jeans e occhiali rossi e, pensando ovviamente a uno scherzo, lo manda letteralmente a quel Paese con un inequivocabile “fuck” eccetera, eccetera. Anche oggi, più di quindici anni dopo, a vederlo seduto davanti a me su un divano del Transatlantico, a Montecitorio, Maroni non sembra affatto l’uomo della sicurezza in Italia, eppure, quando si mette a parlare, avviene la metamorfosi e il musicista lombardo del “soul” diventa un fine e consumato politico che ha saldamente in mano, lui leghista puro, la situazione dell’intero Stivale, dalle Alpi a Lampedusa. Ministro, cominciamo proprio da Lampedusa. È allarme rosso dopo l’esplosione del Magreb. Come riuscire ad affrontare l’emergenza?
22 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
«Dobbiamo chiaramente distinguere la situazione, prima e dopo il caos nordafricano. Appena sono tornato a essere ministro dell’Interno, nel 2008, abbiamo cercato di risolvere il problema degli immigrati con accordi bilaterali di cooperazione che hanno dato ottimi risultati. Pensi che, tra il maggio 2008 e quello del 2009, i clandestini sono stati 37mila mentre, nei dodici mesi successivi, il numero è sceso a 4.400. Insomma, avevamo risolto il problema. Poi, con il 2011, è scoppiato di nuovo tutto con una grande differenza rispetto al passato: prima approdavano intere famiglie di disperati, so-
prattutto anziani, donne e bambini, che provenivano, in particolare, dalle regioni sub sahariane, dal Mali, dal Sudan, dal Ciad, e che cercavano da noi un asilo. Oggi sono tutti giovani di 20-35 anni che provengono dal Nord Africa, hanno idee ben precise, sono determinati, vogliono lavorare, magari non Italia ma a Parigi o nel Nord Europa. In due mesi, dopo la caduta di Ben Alì, sono così sbarcati a Lampedusa dalla Tunisia 10mila di questi giovani mentre prima erano solo poche decine. Se l’Europa non ci aiuterà, sarà un disastro. Nei prossimi mesi potrebbero arrivare altri 100mila giovani almeno. Senza contare che,
Roberto Maroni
Oggi la Lombardia è la quarta regione d’Italia più contaminata dalla mafia, dopo Sicilia, Calabria e Campania. Più ancora della Puglia
finora, dalla Libia, con la guerra civile in corso, in pratica non è giunto praticamente nessuno. Cosa potrà accadere se cominceranno a sbarcare anche i giovani da Tripoli?». Lei continua a parlare di un’emergenza europea, ma Bruxelles, da quest’orecchio, sembra sentirci ben poco… «L’emergenza riguarda tutta l’Europa perché, a differenza del passato, molti di questi giovani non vogliono fermarsi a lavorare in Italia, ma intendono sistemarsi in un altro Paese del Vecchio Continente, magari a Parigi o Londra. Tutti dobbiamo, quindi, essere coinvolti per cercare di trovare assieme qualche soluzione. Se invece che l’Italia, sul Mediterraneo si fosse affacciata la Svezia, Stoccolma avrebbe avuto difficoltà identiche alle nostre. O l’Europa intera si rimbocca le ma-
niche, o tutta l’Europa sarà travolta da questa trasmigrazione epocale». Chiarissimo. Come se non bastassero le trasmigrazioni dal Nord Africa, l’Italia del Nord, la “sua” Lombardia, il Veneto, l’Emilia, sta subendo, negli affari, l’assalto dei boss mafiosi o camorristi. Ci sono molti segnali d’allarme e qualcuno (è il caso di Saviano) l’ha anche, pesantemente, chiamata in causa. Ha già avuto modo di replicare a quest’accusa, oggi che dice? «Non ho mai negato il fenomeno della mafia al Nord. Ricordo sempre uno dei primi processi all’’ndrangheta in Settentrione: risaliva al 1990 e, in quella che era definita l’isola felice, furono processati decine di boss. Tutte le fesserie che sono state dette sull’immobilismo della Lega o, addirittura, su una sua
eventuale connivenza non meritano altre risposte. Dico solo che il fenomeno si è diffuso con il moltiplicarsi al Nord dei soggiorni obbligati. Il trasferimento coatto nel Settentrione di elementi mafiosi avrebbe dovuto, in teoria, estirpare il male alla radici, cioè allontanare gli elementi pericolosi dalle proprie regioni d’appartenenza, nel Meridione. Invece si è ottenuto il risultato opposto, un vero e proprio boomerang, con infiltrazioni sempre più evidenti di mafiosi, nelle zone sane. Vuole sapere l’ultima? Oggi la Lombardia è la quarta regione d’Italia più contaminata dalla mafia, dopo Sicilia, Calabria e Campania. Più ancora della Puglia. I partiti hanno una grande responsabilità: non devono guardare in faccia a nessuno e imporre regole severissime per evitare che, nelle proprie fila, possono trovare posto elementi collusi, in qualche modo, con la mafia, la camorra o la ’ndrangheta. Su questa linea non transigo: di recente abbiamo sciolto l’amministrazione comunale di Bordighera che faceva capo al Pdl e alla Lega, in odore d’infiltrazioni mafiose». Ma il pugno di ferro non ha impedito l’escalation mafiosa al Nord… «Il governo Berlusconi ha, invece, fatto moltissimo. In due anni ab- LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 23
IN COPERTINA
I deputati della Lega Nord festeggiano l’approvazione del federalismo municipale
biamo sequestrato 35mila beni per
una valore complessivo di 18 miliardi di euro, quasi una Finanziaria. In altre parole, l’entità dei sequestri è aumentata di cinque volte rispetto al passato. Dobbiamo proseguire su questa strada: non possiamo consentirci una classe dirigente che strizza l’occhio alla mafia». Caro ministro, proprio perché dobbiamo guardare in faccia alla realtà, non possiamo neppure nasconderci le difficoltà che il governo sta affrontando. La Lega ha incassato il “sì” al federalismo municipale e ha confermato l’appoggio a Berlusconi. Sul federalismo, fu vera vittoria? Lei stesso ha avuto qualche contrasto con il ministro Calderoli… «No, nessun contrasto con Calderoli. Dopo il no della “bicameralina” al federalismo municipale, c’è
24 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
Abbiamo avviato un circolo virtuoso, a prescindere dai soliti calcoli di chi ci guadagna e di chi ci perde, che consentirà agli enti locali di spendere meglio
stato un equivoco sulla posizione da tenere, però, è stato subito chiarito tra noi due. Al di là dei risultati immediati, abbiamo messo in moto un meccanismo importante e complicato. Non dimentichiamo che la trasformazione di uno Stato centralizzato in uno Stato federale richiede tempo ed energie. Abbiamo avviato un circolo virtuoso, a prescindere dai soliti calcoli di chi ci guadagna e di chi ci perde, che consentirà agli enti locali di spendere meglio. Si badi bene: spendere meglio non spendere meno. Ricordiamo che l’attuazione del federalismo è merito solo della Lega. Oggi, a parole, sono tutti federalisti, ma quando abbiamo co-
minciato a parlarne, nel 1990, molti dicevano che avremmo trasformato l’Italia in una specie di Balcani, una vera e propria balcanizzazione del Paese, e, allora, al di là dell’Adriatico, era in corso la guerra in Kosovo e non solo». Maroni, mi ha convinto: a Bologna usiamo un termine identico al suo cognome (ma con l’aggiunta di due), per definire una persona che sa quello che vuole. Molti la vedono già come l’erede per antonomasia: di Bossi, ma anche di Berlusconi. Lei che ne pensa? Il ministro non risponde. Sorride e se ne va. C’è l’Unità d’Italia da festeggiare…
POLITICA
Nel segno della continuità Expo 2015, sicurezza, lotta all’inquinamento e riqualificazione urbana. Per il coordinatore provinciale del Popolo della Libertà, questi quattro punti sono il fiore all’occhiello dell’amministrazione Moratti. E rappresentano anche quattro temi che assicureranno la riconferma di Letizia Moratti a Palazzo Marino Renata Saccot
lle elezioni amministrative mancano meno di due mesi e meno di uno alla presentazione ufficiale delle liste. Per la sfida del 15 e 16 maggio a Milano, almeno per ora, gli aspiranti sindaci sono 11 ma solo tre di loro si giocheranno la possibilità di conquistare la poltrona di primo cittadino: il sindaco uscente Letizia Moratti, il candidato del centrosinistra Giuliano Pisapia e l’outsider Manfredi Palmeri, attuale presidente del consiglio comunale che scenderà in campo sotto la bandiera del terzo polo. Che quella sotto la Madunina sia la partita più importante di questa tornata elettorale è opinione condivisa da tutti. Proprio per questa ragione la campagna elettorale milanese è più che mai accesa, con scambi di accuse e polemiche che non hanno risparmiato nessuno dei tre principali candidati. Il centrodestra si dimostra compatto a sostegno della Moratti con la Lega Nord che ha ormai sciolto le riserve sull’appoggio all’attuale sindaco e a testimoniare il clima disteso che si respira all’interno del Popolo della Libertà è il coordinatore provinciale: «A vincere sarà il centrodestra, la radicata tradizione moderata, liberale e sociale dei milanesi è talmente consolidata che non ci sarà spazio per nessuno stravolgimento
A
46 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
politico» è la risposta secca di Romano La Russa alle velleità di vittoria del centrosinistra. E ancora più impietoso è il giudizio sul candidato centrista Palmeri: «La sua scelta di schierarsi con Fli lo condanna a un “prefisso telefonico” in termini percentuali». A Milano il panorama dei candidati sta assumendo un contorno definitivo. Nello specifico come giudica la candidatura di Manfredi Palmeri? Potrà togliere voti al Pdl? «Da sempre il centrodestra a Milano ha un grande seguito e i risultati elettorali degli ultimi anni lo stanno a dimostrare, con vittorie schiaccianti una dietro l’altra. Di volta in volta si palesano nuovi partiti, nuove formazioni che si pongono come obiettivo quello
di scalzare il Popolo della Libertà dal governo cittadino, ma tutti i tentativi sono falliti miseramente. Credo che sarà la stessa sorte che toccherà a Manfredi Palmeri; la sua scelta di schierarsi con Fli lo condanna a un “prefisso telefonico”, in termini percentuali. In Lombardia Futuro e Libertà è praticamente inesistente, condannato all’irrilevanza e non merita nemmeno un’approfondita analisi. Togliere voti al Pdl? Chi ha votato Letizia Moratti non disperderà certo la sua preferenza per una formazione politica che non ha “futuro” né “libertà”». Che bilancio può stilare del primo mandato del sindaco Moratti? «Il bilancio è certamente positivo. Al successo a livello internazionale, con
Romano La Russa
l’assegnazione di Expo 2015, un evento che, stando ai dati ufficiali, farà arrivare a Milano oltre 20 milioni di persone nell’arco dei sei mesi della manifestazione, si associano i risultati in materia di sicurezza urbana. Le statistiche dimostrano che Milano è una delle città più sicure in Europa, pur presentando alcune criticità comuni a tutte le grandi metropoli. Ricordo, poi, lo sforzo compiuto per ridurre l’inquinamento, anche con l’avvio di un progetto potenzialmente valido ma da perfezionare come l’Ecopass. Non dimentico, inoltre, le importanti iniziative del centrodestra relative alla riqualificazione urbana, grazie alla quali sono state recuperate intere zone, come la Bicocca, l’area Garibaldi e quelle di altri quartieri che stanno per partire. Progetti che vanno di pari passo con la valorizzazione del patrimonio architettonico della città: un esempio su tutti, le sfilate della settimana della moda che hanno avuto luogo all’interno di prestigiosi palazzi storici». Gli ultimi sondaggi sembrano indicare il rischio di un ballottaggio con il candidato di centrosinistra, Pisapia. Ritenete plausibile l’ipotesi? «I sondaggi qualche volta sono fatti su “commissione”. Alla sinistra lasciamo pure le previsioni: ricordo i toni trionfalistici del Pd a ogni tornata elettorale, più che altro un modo per farsi coraggio contro la “corazzata” milanese del Pdl. Anche in questo caso stiamo assistendo alle solite sceneggiate di sempre: addirittura Pierluigi Bersani ha avuto l’ardire di affermare che “a Milano vinciamo di sicuro”. Ancora una volta si coprirà di ridicolo e dovrà subire le ironie del comico Crozza. A vincere sarà il centrodestra, la radicata tradizione moderata, liberale e sociale dei milanesi è talmente
L’assegnazione di Expo 2015 farà arrivare a Milano oltre 20 milioni di persone
consolidata che non ci sarà spazio per nessuno stravolgimento politico. Per di più, nella città simbolo dell’imprenditoria e dell’intraprendenza degli italiani, non trovano alcuno spazio gli eredi di una cultura politica pregiudizialmente e ideologicamente ostile all’impresa e alla libera iniziativa economica». Matteo Salvini, capogruppo Lega nord in consiglio comunale, ha detto che “Milano ha bisogno di un cambiamento”. È necessario un cambio di passo? Su quali aspetti dovrà insistere il sindaco Moratti in caso di riconferma? «La parola cambiamento non credo sia quella giusta. Piuttosto, va detto che Milano deve perseverare nell’azione amministrativa intrapresa cinque anni fa, dando un segnale di accelerazione pur nella continuità. Certo, su alcuni temi resta molto da fare: penso, ad esempio, al completamento della rete di trasporto pubblico locale. Inoltre, meritano ancora più attenzione le periferie cittadine, dove maggiori sono i rischi legati alla
sicurezza, anche a causa della concentrazione di immigrati clandestini e non sempre integrati». Come valuta l’ipotesi che la Lega Nord presenti propri candidati nei piccoli Comuni? Temete un futuro sbilanciamento dell’alleanza a livello nazionale in caso di un successo del Carroccio? «Ogni formazione politica fa le sue valutazioni e disegna le sue strategie. La scelta della Lega, se effettivamente sarà quella di correre da sola in alcuni Comuni, per quanto legittima sarebbe assolutamente sbagliata. Dimostrerebbe ingenuità politica perché è ovvio, quasi banale, che laddove andremo separati spaccando il centrodestra, faremo solo il gioco della sinistra. Nei piccoli Comuni sotto i 15mila abitanti non è previsto il ballottaggio. Andando divisi il rischio di consegnare ai comunisti alcune amministrazioni sarebbe altissimo. E se ciò si verificasse la Lega dovrà assumersene le responsabilità. Non credo che gli elettori “lumbard” vogliano questo». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 47
POLITICA
Cento idee per il Moratti-bis «Cinque anni di governo che hanno dato un volto nuovo a Milano». Dalla mobilità all’urbanistica, dal welfare alla sostenibilità, Letizia Moratti rivendica i progetti realizzati dalla sua amministrazione che «ci consegneranno una città ancora più vivibile, bella e moderna di quella che conosciamo oggi» Renata Saccot
iparte dal numero cento, Letizia Moratti, per la corsa verso il secondo mandato a Palazzo Marino. Cento, infatti, erano le promesse con cui l’attuale sindaco si era presentata agli elettori nel 2006. In quell’elenco figuravano la gara per Expo 2015, la sicurezza nelle periferie, il piano di governo del territorio, l’introduzione dell’Ecopass. Idee che, seppure tra difficoltà e polemiche, il sindaco assicura di aver trasformato in realtà. Nella lista del “Progetto per Milano”, che la Moratti presenterà a breve per la sua seconda campagna elettorale, trovano spazio, tra gli altri, le politiche familiari, la valorizzazione di Milano come capitale della cultura non solo italiana, l’accelerazione verso una città sempre più sostenibile e la riuscita dell’Expo. Su questi temi il primo cittadino si confronterà i prossimi 15 e 16 maggio con Giuliano Pisapia e Manfredi Palmeri, i due principali sfidanti nella corsa per la poltrona di sindaco. Come nel 2006, fino a oggi, sono tredici le liste che hanno scelto di appoggiare Letizia
R
48 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
Letizia Moratti
Moratti (tranne Udc e La Destra di Storace). Oltre a Pdl e Lega Nord ci saranno la Nuova Dc Lombardia, il Nuovo Psi, Udeur-Popolari per Milano, Socialdemocratici, la Fiamma tricolore, Pensioni e Lavoro, alcune liste civiche cittadine e il movimento “Io amo Milano” di Magdi Allam. Sono due le anime della città a cui la Moratti dovrà parlare per vedersi riconfermata la fiducia dei suoi cittadini e portare a termine l’operazione iniziata cinque anni fa. Quella economica, che chiede una città più moderna, infrastrutture, occupazione, meno burocrazia e quella dei cittadini che chiedono servizi, una città più verde, maggiore vivibilità e sicurezza. Ed è l’Esposizione universale che Milano ospiterà nel 2015 - e che rappresenta il più importante disegno di rilancio della città dal periodo del boom economico - a fare da cerniera tra le richieste delle imprese e quelle dei cittadini. «L’Expo è stato concepito e
Sopra, Palazzo Marino; nella pagina successiva, Letizia Moratti con il vicesindaco De Corato e alcuni volontari della sicurezza; accanto, un render di Milano in vista dell'Expo 2015
LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 49
POLITICA
sarà progettato per consegnare un’ere-
dità culturale, infrastrutturale, economica e umana per Milano. Questa manifestazione vuole lasciare un segno profondo alle generazioni future. Ho lavorato su Expo per valorizzare Milano, per dare alla città 61.000 nuovi posti di lavoro all’anno e per promuovere Milano e l’Italia nel mondo». Ma la sfida per le comunali non si gioca solo sulla gestione dell’Expo, che gli “avversari” definiscono «fallimentare» da parte del commissario straordinario Moratti. Ad alzare i toni della polemica tra il sindaco e l’opposizione è lo sviluppo urbanistico futuro della città che ruota attorno a quel piano di governo del territorio tanto voluto dalla Moratti e la cui approvazione definitiva arriverà con tutta probabilità dopo le elezioni per via dell’estenuante braccio di ferro tra maggioranza e opposizione all’interno del consiglio comunale. Il Pgt, il cui impianto generale rivela, secondo Pisapia, «una visione miope della Milano del futuro» è per Moratti, invece, «uno strumento innovativo che renderà la città più verde, facile da raggiungere e da percorrere. Il piano traccia le linee guida dello sviluppo e della trasformazione di Milano fino al 2030 e ridisegna la città senza consumare nuovo suolo pubblico ma valorizzando il patrimonio edilizio esistente, attraverso un investimento straordinario sulla 50 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
L’Expo è stato concepito e sarà progettato per lasciare a Milano un’eredità culturale, infrastrutturale, economica e umana
green economy: questo significa incentivare il ricorso a un’edilizia sostenibile, a materiali ecologici e a basso impatto energetico». E sui progetti da realizzare se i milanesi le daranno fiducia per il secondo mandato, il sindaco rincara la dose: una nuova rete di percorsi pedonali e ciclabili che «punta alla messa in sicurezza e alla riqualificazione degli itinerari, allo sviluppo dei Raggi verdi e all’estensione del servizio di bike sharing»; il progetto di trasformazione urbana che interessa i tre quartieri Garibaldi Repubblica, Varesine e Isola «che consentirà, con la riqualificazione di oltre 290mila metri quadrati di aree dismesse, di riallacciare al tessuto urbano di Milano tre quartieri separati da oltre trent’anni»; il nuovo museo di Arte contemporanea «un
vero e proprio punto di riferimento per la valorizzazione culturale della città»; la creazione della cosiddetta “Città delle culture” nell’ex area industriale Ansaldo, «un grande polo museale in cui troveranno posto il Nuovo Museo Archeologico, il Centro delle Culture Extraeuropee, il Centro di Studi sulle Arti Visive e il Laboratorio di marionette tradizionali»; il nuovo Palalido che «ospiterà le partite casalinghe di basket dell’Armani Jeans ma potrà anche diventare la location ideale per altre manifestazioni sportive, concerti, convention e spettacoli». Prima del voto resta da sciogliere il nodo delle poltrone su cui in questi giorni Pdl e Lega Nord si punzecchiano. Ma il sindaco tira dritto: «Adesso pensiamo a vincere».
POLITICA
La rincorsa dei democratici Welfare, terzo settore e sviluppo sostenibile. Questi i cavalli di battaglia con cui Giuliano Pisapia, candidato sindaco a Milano per il centrosinistra, proverà a strappare la poltrona di Palazzo Marino a Letizia Moratti Renata Saccot
a rappresentato la spina nel fianco del Partito Democratico alle primarie milanesi. La sua vittoria ha dimostrato quanto la crisi d’identità che sta vivendo il Pd a livello nazionale sia ancora più marcata sui singoli territori. Ma dopo quella vittoria, che lui stesso ha definito un «miracolo», e la conseguente bufera che ha travolto i vertici cittadini del Pd, Giuliano Pisapia ha iniziato la campagna elettorale cavalcando tematiche ambientali e sociali. Ai sondaggi che lo vedono in svantaggio non crede, «a me risulta qualche cosa di diverso» dice, e sull’esito finale del voto si dimostra tranquillo: «Ci sono tutti i presupposti per battere il centrodestra». Il suo successo alle primarie è stato considerato una sconfitta per il Pd. Oggi, anche in seguito alla vicenda del Pio Albergo Trivulzio, sente ancora l’appoggio di tutto il centrosinistra? «Le primarie sono un confronto tra persone che scelgono di impegnarsi nel medesimo schieramento, quello del centrosinistra. È stata una sfida appassionante con avversari di alto profilo. Il gruppo dirigente milanese del Pd aveva scelto di sostenere Stefano Boeri ma nel partito, come poi
H
52 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
si è visto, molti hanno scelto me o Valerio Onida. Quindi la mia vittoria è stata la vittoria delle persone che hanno scelto di sostenere un progetto per la città: quel grande momento di partecipazione rappresentato dalle primarie non va certo letto come la sconfitta di questo o quel partito. Venendo alla faccenda del Pio Albergo Trivulzio, per quanto riguarda me, la questione è chiusa da tempo, per la verità non è mai esistita. Tutto è stato chiarito e lo svolgimento dei fatti mi ha dato ragione. Ora ci avviciniamo alla fase decisiva della campagna, non ho dubbi sull’appoggio entusiasta di tutto il centrosinistra milanese». Come giudica la candidatura di Manfredi Palmeri? A chi toglierà voti un terzo polo autonomo in campo? «La candidatura di Manfredi Palmeri è positiva. Un politico giovane, preparato, che ha svolto con grande equilibrio la funzione di presidente del consiglio comunale. È assai significativo che a Milano il terzo polo scelga di candidare un uomo che arriva dalle fila di Forza Italia. Tra coloro che in questi anni hanno votato centrodestra c’è molto disagio. La prova di governo della città di Leti-
zia Moratti è stata fallimentare. All’interno della sua coalizione ci sono enormi contraddizioni, basta pensare a come è stata affrontata la festa dell’Unità d’Italia, con i leghisti che hanno mostrato la loro vera natura, e al caso Croci: prima assessore portato in palmo di mano, poi allontanato, ora per le elezioni arruolato di nuovo. In tanti a Milano abbandoneranno il centrodestra. Sulla mia candidatura, e i sondaggi lo confermano, c’è già adesso una forte attenzione da parte del mondo moderato. Il calo di consensi per Letizia Moratti aumenterà ancora, man mano che ci avvicineremo alle elezioni». Tra i punti del suo programma figura un modello di sviluppo urbano sostenibile. Quale volto dovrà avere la Milano del futuro a livello urbanistico e di mobilità? «La prima regola è che non bisogna aumentare il consumo di suolo. È necessario sviluppare un forte processo di ricostruzione urbana, un’intensa attività di recupero, una valorizzazione e sostituzione del patrimonio edilizio obsoleto e/o abbandonato nella città costruita.
Giuliano Pisapia
Dobbiamo capovolgere la logica del Piano di governo del territorio della giunta Moratti. Il Pgt approvato è un salvadanaio di diritti immobiliari, in buona parte previsti proprio nelle aree del Parco sud interne ai confini comunali: un paradosso, invece di preservare l’area si costruisce ancora. La mobilità sostenibile, è condizione indispensabile per una migliore qualità di vita: meno traffico significa aria pulita, meno rumore, spazi pubblici restituiti ai pedoni, sicurezza nelle strade. Bisogna ridurre la congestione e l’uso dell’auto privata in città attraverso un mix di interventi: pedaggio di congestione, isole ecologiche, regolamentazione della sosta e suo rispetto, integrazione tra parcheggi e car sharing, eco-logistica merci, rete diffusa della ciclabilità. Bisogna realizzare un piano della mo-
bilità metropolitana». Tra le sfide del prossimo sindaco c’è indubbiamente la gestione dell’Expo 2015. Come ritiene che vada portato avanti il progetto? Come è possibile evitare infiltrazioni della criminalità organizzata? «I lavori sono partiti con il piede sbagliato. L’attuale giunta Moratti non è stata in grado di gestirla: ormai sono passati tre anni e non sappiamo neanche dove verrà realizzata l’Expo. Per evitare le infiltrazioni della criminalità è necessario istituire una commissione antimafia. Penso che l’Expo ci offra la grande occasione di promuovere l’agricoltura di prossimità e la filiera della trasformazione dei prodotti agricoli con caratteristiche di genuinità e km 0 (con divieto di produzioni Ogm); per collegare e diffondere il verde;
Meno traffico significa aria pulita, meno rumore, spazi restituiti ai pedoni, sicurezza nelle strade
per difendere e rilanciare il Parco Sud, i parchi territoriali già esistenti, i parchi di cintura; per sostenere, anche attraverso la messa a disposizione di spazi per i gruppi di acquisto solidale e i mercati dei contadini, l’acquisto e l’utilizzo dei prodotti agricoli ecologici e locali nella ristorazione pubblica e privata. L’Expo deve garantire, mediante adeguati meccanismi di controllo urbanistico, che l’area dopo l’evento mantenga le sue caratteristiche verdi e l’edificazione non rientri nel quadro delle operazioni speculative e immobiliari». Quali altri spunti sono emersi dal progetto “Un’officina per la città”? «Negli ultimi anni i servizi sociali ed educativi del comune di Milano hanno subito gravissime riduzioni e tagli. È molto importante riattivare delle serie politiche sociali, proponendo un modello alternativo che innanzitutto restituisca al Comune la sua centralità nel sistema dei servizi e che lo proponga come interlocutore principale e prioritario del terzo settore e del volontariato, anche in un’ottica di sussidiarietà orizzontale. Le politiche sociali non possono essere quelle più subordinate a logiche di bilancio, perché la loro azione tocca bisogni e diritti fondamentali. L’attuale amministrazione dimostra un’assenza totale di pensiero attorno al tema del benessere e del welfare e un impoverimento culturale. Si deve abbandonare la logica emergenziale che lascia esplodere le situazioni, per intervenire solo quando i problemi sono ormai diventati cronici». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 53
GLI ITALIANI AL VOTO
e elezioni in programma a metà maggio porteranno al voto i cittadini per rinnovare le amministrazioni di 1.298 Comuni, 11 Province e una Regione (Molise): una buona fetta dell’elettorato italiano, insomma, sarà chiamato a esprimere una preferenza che non potrà non avere ampi riflessi anche sugli equilibri politici nazionali. Ma qual è il profilo degli italiani che andranno alle urne in questo 2011? Ne parliamo con Alessandra Ghisleri, sondaggista e titolare di Euromedia Research, che parte da un’analisi demografica. «L’elettorato italiano – spiega – si è ampiamente spostato verso classi di età più alte, con una buona concentrazione dei votanti tra gli over 45. La novità principale però riguarda le donne, sempre più attive e reattive nei confronti del voto: rispondono infatti indubbiamente meglio rispetto a 10 anni fa, anche per la consapevolezza del ruolo sociale che nel frattempo hanno acquisito». I giovani invece sono sempre più disillusi. «Contrariamente a quanto si può pensare, nonostante per la maggior parte non siano inclini a lotte politiche forti, hanno però le loro idee, formate attraverso un modo di informarsi personale che vede al primo posto l’utilizzo di internet, ma anche tv, radio e giornali, anche se in misura minore. I giovani accedono alla politica con circospezione e non sono così legati come in passato ai valori della storia, preferendo concentrarsi su quelli contingenti: cercano, insomma, un mezzo per trovare un loro posto nella società. E non è vero che molti siano polemici su tutto, anzi sono più attivi di quanto si possa immaginare
L
Attenzione alle necessità
54 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
La sondaggista Alessandra Ghisleri delinea i mutamenti intervenuti nell’elettorato italiano: «Donne più attive e reattive, mentre i giovani si informano grazie alla rete. A Milano la priorità è la sicurezza, poi ambiente e trasporti» Riccardo Casini e soprattutto sono indubbiamente più colti rispetto alle generazioni passate, oltre ad avere nuovi strumenti e capacità comunicative: basti pensare che questi neo-diciottenni non sono praticamente mai stati senza cellulare. È ovvio che sia difficile colpirli con i canonici mezzi d’informazione». Ma cosa chiede oggi in particolare l’elettorato alla classe politica? «È diventato più esigente e vota la persona ancor prima che il partito, avendo colto, oltre alle possibilità offerte dal voto disgiunto, il cambiamento introdotto con l’elezione diretta dei sindaci e dei presidenti di
Provincia: un’ulteriore conferma è arrivata dalle recenti primarie del centrosinistra, dove in diverse occasioni la scelta dei votanti è caduta su una persona che non rispecchiava le indicazioni dei partiti». Quali sono però oggi le priorità per i cittadini? «Uno dei principali punti di riferimento è costituito ovviamente dai servizi offerti alla persona. Appena esce di casa il cittadino ha la possibilità di esprimere giudizi: sulla pulizia dei marciapiedi, sui mezzi pubblici, sul funzionamento dell’ospedale. E in base a questi forma la sua opinione di voto».
Alessandra Ghisleri
Una buona fetta dell’elettorato italiano sarà chiamato a esprimere una preferenza che non potrà non avere ampi riflessi anche sugli equilibri politici nazionali
Vi sono differenze tra Nord, Centro e Sud? «Le differenze riguardano, oltre alla presenza di compagini politiche diverse, le esigenze: al Nord sono rivolte per la maggior parte a sicurezza e competitività in ambito lavorativo mentre al Sud sono considerati più importanti i servizi alla persona, alla famiglia e le politiche sanitarie. D’altra parte le sacche di impoverimento dei servizi portano naturalmente a un innalzamento delle richieste, con conseguente cambiamento delle priorità. L’Italia è piccola ma in questo senso molto eterogenea». Quanto potrà influire l’astensionismo alle prossime amministrative? «Se in Italia la partecipazione al voto alle elezioni politiche nazionali è sempre stata importante, a livello locale i dati variano molto anche in rapporto al territorio: sicuramente al Nord la percentuale dei votanti è maggiore,
anche se in nessun caso si scende al di sotto del 60%. Non dimentichiamo, comunque, che quello degli astensionisti è a sua volta un partito: l’astensionismo è un fenomeno di voto, che però non riguarda l’indecisione quanto piuttosto la scarsa soddisfazione nei confronti della classe politica. Non si vota, insomma, per mostrare che non ci interessa». Come lo spiega? «Di certo ultimamente la politica ha perso molto del suo appeal, non tanto perché i rappresentanti non siano all’altezza, quanto perché ciò che viene raccontato dai media riguarda sempre più vicende collaterali come i trascorsi personali dei governanti. E se questi possono destare maggiore curiosità rispetto alla loro attività in ambito politico, sicuramente allontanano anche l’interesse dalla politica in senso stretto, oggi relegata agli strumenti di approfondimento. Ma in Italia an-
cora pochi leggono, mentre su internet ognuno può formarsi il proprio palinsesto informativo». Quali sono le fasce di elettorato più sensibili al fenomeno dell’astensionismo? «Indubbiamente i giovani tra i 20 e i 35 anni, ma anche chi non ha una storia politica importante alle spalle o chi è ancorato a certi valori del passato e non li ritrova negli schieramenti politici attuali. Una parte è costituita poi dai cosiddetti neo-adulti, persone tra i 30 e i 45 anni che rappresentano invece i delusi: ormai usciti da casa e introdotti stabilmente nel mondo del lavoro, sono entranti in contatto con la vita vera e con i relativi problemi, come ad esempio il pagamento del mutuo. Sono spaventati, anche perché i loro desideri non collimano più con la realtà: a quel punto la politica diventa marginale nella loro vita, lasciando spazio alle semplici questioni di loro interesse, come la presenza di un parco nelle vicinanze per i bambini. Alla fine, più che di persone, è sempre un discorso di necessità. E se le proprie non trovano posto nei racconti del Palazzo presentati dai media, ecco nascere l’allontanamento dalle urne». Tra i prossimi Comuni al voto, uno dei più importanti è Milano. Quali sono qui i temi sui quali è più sensibile l’elettorato? «Al primo posto c’è indubbiamente la sicurezza. Segue l’ambiente, inteso sia come rapporto tra verde e cemento che come qualità dell’aria, quindi il controllo del traffico, i trasporti e, a cascata, tutti i servizi al cittadino, dalla cultura a igiene e decoro urbano. Legata al capitolo sicurezza vi è poi anche la tematica dell’immigrazione, in particolare in seguito agli ultimi sviluppi della crisi nell’area del Maghreb». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 55
ISTRUZIONE
La scuola del merito La riforma scolastica sta producendo i suoi primi effetti sul sistema dell’istruzione. Il ministro Mariastella Gelmini spiega in che modo sono stati investiti i primi risparmi prodotti dalla legge in vigore dall’inizio dell’anno scolastico Nicolò Mulas Marcello
l riassetto del sistema scolastico e universitario italiano non è stato esente da polemiche e proteste, ma secondo i dati del ministero dell’Istruzione i primi effetti della riforma si sono concretizzati in importanti risparmi. Per il ministro Mariastella Gelmini i tagli sono stati necessari per arginare gli sprechi e per investire quei fondi in una politica di meritocrazia che incentivasse una migliore qualità dell’istruzione. Lei ha affermato che i tagli sono stati doverosi per porre fine agli sprechi. Quali sono stati i risparmi e come verranno investiti? «Con il 30% dei risparmi abbiamo finanziato gli scatti d’anzianità per i docenti e investito nell’innalzamento della qualità della scuola, nelle nuove tecnologie e negli incentivi per gli insegnanti. Abbiamo avviato infatti un programma sperimentale per la valorizzazione del merito: agli istituti migliori sarà assegnato un premio fino a un massimo di 70 mila euro, ai docenti particolarmente meritevoli sarà assegnato un premio pari ad una mensilità di stipendio. Ma fino a quando il 97% dei fondi per l’istruzione sarà destinato al pagamento degli stipendi sarà sempre difficile liberare risorse
I
60 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
per la meritocrazia, per la qualità e per altri importanti capitoli di spesa. Nonostante tutto siamo riusciti a investire 1 miliardo di euro per l’edilizia scolastica. Una prima
tranche di circa 350 milioni è già stata sbloccata». Per quanto riguarda l’università quali sono i principali effetti che si prevedono alla luce della riforma?
Mariastella Gelmini
In apertura, Mariastella Gelmini, ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
c
Fino a quando il 97% dei fondi per l’istruzione sarà destinato al pagamento degli stipendi sarà sempre difficile liberare risorse per la meritocrazia
«La riforma universitaria affronta per la prima volta in modo organico tutti gli aspetti della vita dei nostri atenei, dalla governance al reclutamento, dai criteri di finanziamento al diritto allo studio. L’autonomia degli atenei sarà legata indissolubilmente alla responsabilità. Le risorse non saranno più distribuite a pioggia, le università gestite bene, che offriranno didattica e ri-
d
cerca di qualità, saranno premiate, quelle meno efficienti saranno penalizzate. La distribuzione dei fondi sarà assegnata in gran parte secondo criteri meritocratici, sulla base delle valutazioni dell’Anvur. Per combattere sprechi e duplicazioni inutili, le università vicine potranno fondersi o federarsi tra loro. Non ci saranno più i rettori a vita, che potranno restare in carica non più di
6 anni. Verrà eliminato il nepotismo dai concorsi, con l’istituzione del concorso di abilitazione nazionale e con l’adozione di un codice etico da parte degli atenei per evitare favoritismi e conflitti d’interesse legati a parentele. Verrà eliminato il fenomeno dei ricercatori a vita: avranno un contratto di 3 anni, rinnovabile per altri 3. Al termine dei 6 anni, coloro che saranno ritenuti validi diventeranno professori associati». Le proteste alla riforma continuano nelle piazze. Ci sono margini di confronto per portare modifiche costruttive alla riforma? «In ogni fase dell’elaborazione della riforma abbiamo tenuto in grande considerazione il confronto con tutte le parti interessate, con le rappresentanze studentesche, con la Crui, con i docenti e i ricercatori. Anche ora, in fase attuativa, siamo pienamente disponibili al confronto costruttivo per affinare la riforma e aumentarne ulteriormente l’efficacia». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 61
CARLO SANGALLI
AMBRA REDAELLI
Presidente di Confcommercio
Presidente del comitato Piccola Industria di Confindustria Lombardia
LUIGI BORDONI
ANDREA GIBELLI
Presidente di Centromarca
Assessore all’Industria, artigianato, edilizia e cooperazione della Regione Lombardia
SVILUPPO ECONOMICO
Massima priorità alla crescita economica Il federalismo fiscale e il suo incrocio con la riforma fiscale rappresentano, secondo il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli, «la madre di tutte le riforme», per un’effettiva riduzione delle tasse su famiglie e imprese. Ridando fiato ai consumi e agli investimenti Francesca Druidi
in leggero miglioramento il clima di fiducia delle famiglie. Ad attestarlo è il recente outlook dei consumi Censis-Confcommercio. Segnali positivi che però caratterizzano una ripresa economica ancora debole, dove a prevalere è un atteggiamento di prudenza e moderazione delle spese. Di fronte al quadro attuale, il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli invita il governo a proseguire sulla strada delle riforme: «Occorrono misure urgenti che possano accelerare e irrobustire la crescita della noCarlo Sangalli, stra economia, anche attraverso presidente di Confcommercio incrementi di produttività». A partire dal federalismo fiscale. Temi che sono stati al centro della 12esima edizione del Forum di Confcommercio a Cernobbio. Lo scenario attuale è contrastante: da un lato c’è un recupero di fiducia da parte delle famiglie, dall’altro si presenta il rischio di rialzo del costo delle ma-
È
64 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
terie prime. Quali sono le prospettive per il 2011 e le potenziali criticità? «Il quadro è fatto di luci e ombre. Da un lato, abbiamo il recente rapporto Censis-Confcommercio sui consumi che fotografa una realtà positiva e incoraggiante, anche se fragile, sul fronte della fiducia delle famiglie. Dall’altro, abbiamo davanti a noi un orizzonte ancora pieno di incognite: per la situazione del Sud del Mediterraneo, per il rischio di una ripartenza dell’inflazione per effetto dell’aumento dei prezzi delle materie prime e per le difficoltà strutturali come la stagnazione dei consumi, confermata peraltro dall’ultimo dato del nostro Icc che, a gennaio, ha fatto registrare un -0,1%». Quali misure ritiene prioritarie per incentivare la produttività e la competitività del sistema Paese? «Occorrono misure urgenti che possano accelerare e irrobustire la crescita della nostra economia, anche attraverso incrementi di produttività. Chiediamo al governo, quindi, di proseguire più speditamente nella stagione delle riforme, dando priorità a quella che noi riteniamo essere la “madre” di tutte le riforme, la costruzione, cioè, del federalismo fiscale e il suo incrocio con la riforma fiscale, per giungere a una progressiva e significativa riduzione delle tasse su famiglie e imprese. Obiettivo da perseguire facendo avanzare l’azione di contrasto e di recupero di evasione ed
Carlo Sangalli
c
Alcune misure contenute nel decreto sul federalismo municipale non aiutano la ripresa dei consumi in questa fase Sopra, la commissione parlamentare per l’Attuazione del federalismo fiscale
48,3% FAMIGLIE La percentuale dei nuclei familiari che ha aumentato i consumi nel 2° semestre 2010 Fonte: CensisConfcommercio
0,9% CONSUMI La crescita dei consumi delle famiglie prevista per il 2011 dall’ufficio studi Confcommercio
d
elusione contestualmente al controllo, alla riqualificazione e alla riduzione della spesa pubblica. È questa la via maestra per ridare fiato ai consumi delle famiglie e agli investimenti delle imprese». Ha espresso alcune riserve sul federalismo municipale. In che modo potrebbe frenare la ripresa? «Il federalismo fiscale è una riforma necessaria per accelerare la crescita economica, ma alcune misure contenute nel decreto sul federalismo municipale non aiutano la ripresa dei consumi, a partire dalla tassa di soggiorno fino all’Imu e all’ipotesi di aumento dell’Iva. Questi provvedimenti, infatti, rischiano di tradursi in un appesantimento del prelievo fiscale sulle attività produttive, contraddicendo la necessità di una responsabile cooperazione tra sistema pubblico e iniziativa privata per il rafforzamento della crescita. Una contraddizione particolarmente stridente nel caso dell’istituzione della tassa di soggiorno, che va a incidere su quella risorsa turismo, che pure viene sempre additata come potenziale e grande volano di crescita aggiuntiva per tutto il nostro Paese». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 65
SVILUPPO ECONOMICO
Più concorrenza, meno costi erformance di vendite positive per le grandi marche nel corso del 2010. Un trend che si sta mantenendo in questi primi mesi del 2011. «La situazione generale dei consumi non offre ancora segnali di particolare dinamismo – rileva Luigi Bordoni, presidente di Centromarca, l’associazione italiana dell’industria di marca, alla quale aderiscono 184 imprese tra le più importanti attive nei diversi settori dei beni di consumo immediato e durevole – ma le grandi marche, però, continuano a registrare un andamento migliore rispetto alla media, anche se il quadro risulta molto differenziato non tanto a livello di settori, quanto da azienda a azienda». Quali sono i fattori maggiormente discriminanti? «Chi sta investendo in innovazione, comunicazione, azioni di marketing, registra risultati positivi e reagisce meglio ai segnali di una ripresa debole e molto selettiva. La maggior parte delle nostre industrie, stando alle analisi
P
66 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
Le grandi marche viaggiano in controtendenza rispetto al largo consumo confezionato. Ma, come sottolinea Luigi Bordoni, presidente di Centromarca, è necessario attivare un piano di liberalizzazioni che incrementi il potere d’acquisto dei consumatori Francesca Druidi
del centro studi di Centromarca, guarda con cauto ottimismo al futuro e prevede un miglioramento delle vendite». Centromarca ha più volte sottolineato il ruolo virtuoso che le aziende industriali del largo consumo hanno esercitato in questi anni nel contenimento dell’inflazione. Oggi è ancora così? «Nel corso dell’ultimo decennio, i prezzi delle industrie del largo consumo sono cresciuti meno dell’inflazione: circa +6,5% contro un’inflazione del +12,7% e un +23,5% (con
Luigi Bordoni
PREZZI 2003/2009: ANDAMENTI DEI SETTORI NON LIBERALIZZATI RISPETTO AL LARGO CONSUMO Fonte: Elaborazioni Centromarca su dati Nielsen, Istat
Assicurazioni e Trasporti
25,3% 37,6%
Servizi bancari Servizi professionali
23,9% 27,3%
Gasolio Benzina e Gas Largo consumo confezionato
18,5% 6,9%
punte del +37%) delle tariffe e dei servizi. Questi numeri mostrano in modo inequivocabile quanto le nostre industrie abbiano svolto un ruolo virtuoso nel sistema economico. Contenere i prezzi ha significato chiaramente sviluppare nuove efficienze, ristrutturare, rinunciare a parte della marginalità, per noi preziosa in quanto viene investita in ricerca, sviluppo, comunicazione e altre indispensabili attività per una moderna industria di marca». Qual è, quindi, la sfida principale? «Oggi, di fronte alle tensioni in atto sui mercati internazionali delle materie prime e alla crescita dei costi energetici, continuare in questa direzione diventa sicuramente più difficile. La forte concorrenza che contraddistingue il comparto del largo consumo costituisce però la miglior garanzia per il consumatore del fatto che gli aumenti dei prezzi, laddove si verificheranno, non potranno essere abnormi e indebiti. Sono però necessari e urgenti interventi da parte dell’esecutivo per estendere la concorrenza ai settori in cui oggi non è presente: i servizi, l’energia, i trasporti, le professioni. L’avvio di un piano di liberalizzazioni, secondo le stime dell’Università Bocconi di Milano, determinerebbe una rile-
vante riduzione dei costi sostenuti dalle famiglie, consentirebbe a ogni nucleo un recupero del potere d’acquisto pari a diverse migliaia di euro l’anno, migliorando la competitività complessiva del nostro sistema Paese nel contesto internazionale». Competere sul valore piuttosto che sul prezzo. In che modo? «La marca ha nel suo dna la concorrenza di valore. Non tutti i prodotti sono uguali: dietro a prezzi diversi, ci sono qualità delle materie prime, processi produttivi, livelli di innovazione, prestazioni molto differenti. Crediamo che le grandi marche debbano impegnarsi a fondo nella direzione della concorrenza di valore e comunicare al consumatore quegli aspetti qualificanti, non immediatamente percepibili, che sono contenuti nelle confezioni dei loro prodotti. Questo significa far percepire differenze e dimensioni della qualità che oggi il consumatore non coglie con sufficiente chiarezza, ma che giustificano le diversità di prezzo esistenti».
Luigi Bordoni, presidente di Centromarca
LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 67
Sergio Travaglia
Lettera a un’impresa mai nata (in Costituzione) di Sergio Travaglia Senatore della Repubblica
edichiamo una breve riflessione all’impresa, una realtà socio-economica di fondamentale importanza ma di incerta interpretazione culturale. Secondo lo Zingarelli, “Impresa” è: “Organismo che coordina prestazioni di lavoro e strumenti adeguati, per il conseguimento di finalità economiche. Impresa industriale, per la produzione di beni in un certo settore. Impresa commerciale, per la vendita di uno o più beni”. Anche gli interpreti più distratti devono riconoscere nell’impresa la massima fonte di occupazione, attraverso il lavoro, seguita a distanza dall’impiego nella pubblica amministrazione. Secondo la Costituzione, all’articolo 1, l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. Ma la parola impresa non compare in Costituzione. È questa la recentissima scoperta in cui mi sono imbattuto, riscontrando una situazione di generale ignoranza in tutti i personaggi da me interpellati: la Costituzione celebra quindi il lavoro, cioè il figlio, ignorando l’impresa, cioè il genitore. L’aspetto più sbalorditivo e amaro della vicenda risiede tuttavia nella fatalistica accettazione da parte delle rappresentanze imprenditoriali di una realtà punitiva, ai limiti del “razzismo sociale”, che nega all’impresa la dignità costituzionale, con una forma di ostracismo che ne equipara sostanzialmente lo status giuridico a quello dell’extracomunitario clandestino. Appare fondamentale un’azione di recupero culturale, cominciando a rovistare nel pensiero dei “Padri Costituenti” che certamente avranno considerato la realtà della “Intrapresa”, ma ne avranno negato la dignità di citazione, anticipando il contagio, oggi diffuso, del poli-
D
ticamente corretto e della cosiddetta “egemonia culturale” (mediatico/istituzionale) della sinistra che sembra dettare le regole di comportamento razionale al Paese. È necessaria quindi una svolta realistica, se si vuole evitare una specie di surreale “ego trip” collettivo che ci trasporti in un mondo immaginario, sanzionando il declino del nostro Paese. Le organizzazioni imprenditoriali assumano finalmente la responsabilità spettante a chi rappresenta le forze produttive basate sull’industria che hanno letteralmente catapultato i Paesi industrializzati a livelli di vita impensabili due secoli fa. E, in caso di dubbio, gli esponenti imprenditoriali si confortino leggendo le lodi sperticate rivolte alla borghesia nel Manifesto dei comunisti di Marx ed Engels. Le forze produttive si impegnino quindi nella compilazione di un “Manifesto dell’Impresa”, che propugni la fine dell’ostracismo costituzionale per l’impresa e rappresenti la base per sostituire la dominante “egemonia culturale” con un innovativo “primato culturale”, fondato sulla libertà e sul progresso materiale e spirituale della società, come peraltro auspicato dall’articolo 4 della Costituzione (in un rarissimo momento efficientistico). E come presupposto di un valido Manifesto dell’Impresa, è indispensabile fare pulizia del carico di menzogne che circondano la Rivoluzione industriale e sarebbe utile anche rinfrescare l’analisi dell’Enciclica di Papa Pio XI,“Quadragesimo anno”, per alcune innovative valutazioni sul mondo della produzione e dell’impresa. Il tutto, anche con l’ausilio di qualche convegno ad hoc, con l’obiettivo finale di introdurre l’impresa in Costituzione, annullando decenni di esilio e favorendo un futuro più razionale e “umanistico” al nostro Paese. LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 69
Creare le condizioni per lo sviluppo delle pmi Con la nomina di Giuseppe Tripoli a Mister Pmi, viene riposta maggiore attenzione alle istanze delle piccole e medie imprese, fondamenta del nostro sistema produttivo. Lo spiega Ambra Redaelli Francesca Druidi
a proseguita l’azione di pieno sostegno all’accesso al credito, sia per risolvere le sofferenze che le imprese si trascinano dall’inizio della crisi sia per supportare la ripresa degli investimenti. A spiegare gli orizzonti di sviluppo delle pmi regionali è Ambra Redaelli, presidente del comitato Piccola Industria di Confindustria Lombardia. Il 7 maggio Confindustria organizza a Bergamo le proprie assise. Quale sarà il ruolo della Piccola Industria? «I piccoli imprenditori di Confindustria Lombardia nutrono molte attese nei confronti di questo evento. Sappiamo che la presidente Marcegaglia ha grandi aspettative dalle tematiche che porteranno Ambra Redaelli, rappresentanti presidente del comitato i Piccola Industria delle pmi. In pre-
V
di Confindustria Lombardia
70 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
parazione alle assise, lo scorso 21 febbraio le piccole imprese della Lombardia hanno incontrato a Legnano il presidente della Piccola Industria Boccia e sono emersi spunti interessanti. I nostri imprenditori sono fiaccati dal contesto macroeconomico e dai molti ostacoli che ogni giorno si trovano ad affrontare, spesso in solitudine. Tuttavia, sono ancora pieni di entusiasmo, voglia di progettare, condividere le esperienze e guardare al futuro con coraggio. A Bergamo non porteremo solo le lamentele per le tante insidie che quotidianamente viviamo, ma anche la voglia di ripartire, di essere protagonisti, insieme, del futuro del nostro Paese». Secondo Daniel Calleja Crespo, nuovo mister Pmi europeo, burocrazia e semplificazione costituiscono un nodo critico anche in Europa. Come vede questa figura e a quando un Mr. Pmi lombardo? «L’attenzione alle Pmi è evidente sia in sede nazionale che europea e questo ci conforta molto. La nostra visione di piccola e media impresa è
Ambra Redaelli
quella di un’azienda che ha tutte le potenzialità per crescere, svilupparsi e collaborare, magari in rete, con le aziende più grandi. Da questo punto di vista, abbiamo molto apprezzato il rafforzamento dello Small Business Act e molti dei temi contenuti nello Statuto delle Imprese. Rimuovere i tanti ostacoli che soffocano la gestione delle Pmi e creare le condizioni per crescere sono le basi per il futuro. La tempestiva nomina di Giuseppe Tripoli a Mr Pmi è un ulteriore segno di attenzione verso le nostre realtà. Attendiamo di capire quale sarà, invece, il ruolo di Mr Pmi regionale. Come Confindustria Lombardia abbiamo auspicato un unico interlocutore regionale per le imprese industriali e quelle artigiane; con l’assessore Andrea Gibelli stiamo lavorando sodo sui temi a lui molto cari, come il credito e le garanzie, la burocrazia e la ricerca». In qualità di presidente delle pmi lombarde ha lavorato per l’attuazione di “Crescere insieme per le imprese”, la convenzione siglata a livello nazionale con Intesa Sanpaolo. Quali i vantaggi per il sistema produttivo lombardo? «La Piccola Industria ha siglato a settembre il rinnovo dell’accordo. Si tratta di un sostegno alle aziende tramite linee di credito predisposte a gestire questo particolare momento congiunturale. Infatti, le nostre aziende sono ancora impegnate a presidiare l’uscita dalla crisi e, con qualche problema di liquidità da consolidare, ad affrontare gli investimenti produttivi per il rilancio, l’internazionalizzazione e l’innovazione. Importanti anche gli strumenti per avvicinare i linguaggi finanziari e produttivi. Avendo partecipato alle fasi dell’accordo ho voluto, con gli uomini di Intesa, partecipare alla presentazione della convenzione nelle città lombarde e raccogliere, insieme a loro, le esigenze dei nostri imprenditori. Un’esperienza fondamentale per capire e moni-
torare i bisogni delle imprese». Più in generale, come vede oggi il rapporto tra credito e imprese? «Sono preoccupata perché credo si stiano avvicinando tempi duri. Certamente andremo verso un aumento del costo del denaro, sia sul parametro variabile dell’Euribor sia degli spread, che temo aumenteranno per i maggiori costi di raccolta, che i nostri istituti affronteranno per ricostituire la liquidità e per adeguarsi gradualmente ai più severi parametri patrimoniali di Basilea 3. Ho fiducia sia nella collaborazione degli istituti di credito sia nel ruolo della garanzia, in particolare dei due Confidi confindustriali lombardi, che mi auguro di vedere presto fusi in un’unica realtà, con Federfidi a giocare un ruolo ancora più importante per la garanzia di secondo grado».
80% PMI La percentuale di imprese associate al sistema Confindustria Lombardia che occupano meno di 50 dipendenti
LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 71
SVILUPPO ECONOMICO
Dalla parte delle imprese Reti d’impresa, competitività, internazionalizzazione. Ma anche rispetto delle regole e infrastrutture. Sono le parole d’ordine per lo sviluppo lanciate dal vicepresidente della Regione, Andrea Gibelli Francesca Druidi
n pacchetto di dodici, nuove, misure anticrisi destinate a sostenere i segnali di ripresa e aiutare a superare le fragilità ancora presenti nel tessuto produttivo regionale. A improntarlo è stata la Regione Lombardia: «i provvedimenti sono stati definiti come dodici frustrate all’economia lombarda», spiega l’assessore regionale all’Industria e artigianato Andrea Gibelli, perché si tratta di un vero cambio di passo, guardando a uno scenario che non può più prescindere dalla dimensione globale. Quale direzione avete scelto per redigere il pacchetto? «All’interno del pacchetto, i due pilastri ai quali ritengo di aver dato un contributo, e che mi auguro rappresentino un elemento di cambiamento decisivo, fanno riferimento ai temi dell’internazionalizzazione e della competitività, tesi ad aumentare la penetrazione delle imprese lombarde sui mercati internazionali. Importante è la valorizzazione delle reti d’impresa, nello specifico la strategia dell’aggregazione di micro e piccole aziende artigiane viene consolidata come modalità per stimolare una presenza più stabile sui mercati esteri. Del resto, la competitività e la globalizzazione oggi obbligano le attività a cer-
U
72 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
carsi i clienti a livello internazionale». Per quanto riguarda, invece, il pilastro della competitività? «Occorre creare le condizioni affinché la regione sia un territorio in grado di attrarre investitori e che possa essere un luogo capace di sfruttare le proprie potenzialità, riconducibili ad alta tecnologia, grande capacità lavorativa, ossia capitale umano, e un sistema di capitale reticolare che spesso ha prodotto esempi di eccellenza riconosciuti a livello mondiale. I coni di bottiglia si identificano in semplificazione, costi dell’amministrazione in termini temporali e burocrazia. Questioni richiamate costantemente dalla Regione nei propri atti, con l’obiettivo di abbreviare
Andrea Gibelli, assessore all’Industria e artigianato e vicepresidente della Regione Lombardia
Andrea Gibelli
La Lombardia è antesignana del federalismo, perché è una regione che si è autoregolata attraverso i costi standard, che le hanno permesso di ridurre le spese
la catena di comando. Sul fronte della competitività, gli enti locali assumono poi un ruolo strategico: pur essendoci, infatti, la volontà d’investire da parte degli imprenditori e la presenza di strumenti che affiancano le aziende per quanto riguarda ricerca, innovazione e determinazione di mezzi aggregativi importanti, il coordinamento degli enti locali risulta decisivo in quanto le procedure autorizzative costituiscono, a volte, il principale deterrente a scelte industriali che potevano sulla carta essere alla portata del nostro sistema produttivo». In base a quanto sta emergendo dall’iniziativa “Assessorato itinerante”, quali esigenze le imprese propongono con maggiore forza ed evidenza? «Avendo visitato fino ad ora circa 40 aziende di tutte le dimensioni, dalla micro impresa alla grande industria, posso affermare che al primo
posto si colloca il rispetto delle regole a cui si lega strettamente il tema della concorrenza, intesa soprattutto come concorrenza sleale. Il problema delle contraffazioni è sentito in maniera particolare dal mondo artigiano, poi ci sono i costi di produzione, sui quali altri paesi stranieri hanno basato le proprie fortune attraverso il dumping sociale e ambientale. Si tratta di criticità che rischiano di mettere fuori mercato interi settori della nostra economia, basti guardare al tessile, un settore che era eccellente sotto il profilo tecnologico, della qualità e della presenza di brand molto qualificati ma che oggi, sul fronte del prezzo, risulta in difficoltà. La parte finanziaria viene, invece, toccata su due grandi questioni: le tasse e il costo dell’energia. Sono questi gli aspetti che gli imprenditori chiedono che non solo l’Italia ma l’Europa affronti con urgenza». Anche le infrastrutture risultano una priorità? «Sì, identificano un’ulteriore, fondamentale, condizione che gli imprenditori hanno sottoli-
LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 73
SVILUPPO ECONOMICO
neato durante il tour, rimar-
Rispetto delle regole, concorrenza, tasse e costo dell’energia sono le principali esigenze espresse dalle imprese durante l’iniziativa “Assessorato itinerante”
cando il fatto che le infrastrutture costituiscono l’elemento di crescita più immediato. Gli imprenditori chiedono strade e infrastrutture adeguate a un’economia che ha bisogno di un sistema di trasporti funzionale. Il nostro è un territorio importante in termini di Pil, ma che non conta gli stessi chilometri di ferrovie e di strade degli altri cosiddetti motori economici dell’Europa». Ha espresso l’intenzione di chiedere che il Pirellone venga risarcito dei danni d’immagine causati dalle dichiarazioni di alcuni esponenti della sinistra sulla presenza della ‘ndrangheta in Lombardia. «Ho criticato l’uso strumentale e denigratorio della Lombardia sul versante della presenza delle mafie sul nostro territorio. Non nascondo che questo fenomeno esista, benché non si tratti di un fenomeno autoctono ma di un fenomeno che i lombardi subiscono e che conoscono bene. Critico chi, attraverso la dialettica politica e sparando nel mucchio, genera un danno economico a una regione che ha fatto del prestigio e della propria efficienza di società sana, motivi non solo di orgoglio ma anche di opportunità economica. Il danno di immagine c’è ed è evidente. Ciò non to74 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
glie che il problema esista e che la politica debba farsene carico, ponendosi in prima linea nello stabilire norme che evitino il più possibile l’infiltrazione di strutture della malavita organizzata, vigilando attraverso le forme che la legge consente, a livello nazionale e territoriale». Federalismo e Lombardia: quali sfide vede per la regione? «La Lombardia è antesignana del federalismo, perché è una regione che si è auto regolata attraverso i costi standard, che le hanno permesso di ridurre le spese e mantenersi all’interno del patto di stabilità, dimostrando come le riforme, se fatte bene, non deprimono i servizi cittadini. È evidente che il federalismo fiscale, progetto nazionale, inserito in una regione già pronta, può creare un effetto volano e sortire effetti benefici. La sfida per la Lombardia nel 2011 sarà quella di mostrare sul campo cosa vuol dire avere come freccia al proprio arco il federalismo fiscale. Ciò metterà anche il sistema produttivo nelle condizioni di essere molto motivato e forte non partendo svantaggiato rispetto a competitor europei ed extra europei».
MERCATO DEL LAVORO
irium sta per sistemi e risorse umane ed è una società specializzata in selezione e formazione del personale che opera direttamente in Italia dalle sedi di Bergamo, Milano e Firenze. Inoltre, attraverso il network Sirium International, è connessa con altre società europee dello stesso settore (Benelux, Francia, Germania, Inghilterra, Repubblica Ceca e Spagna). «Il nostro modo di fare selezione del personale – spiega il presidente GianAmbrogio Crevenna – ha per obiettivo l’attribuzione di un valore all’esperienza del candidato. Questo valore, elaborato in relazione alla sua storia professionale, alle sue qualità, alla sua motivazione, viene poi valutato in base alle esigenze dell’azienda». A garanzia del suo lavoro, Sirium segue una Politica di gestione della qualità i cui criteri per la valutazione degli obiettivi sono aggiornati di anno in anno. Cosa vi ha spinto a dotarvi anche di un codice etico? «Forniamo un servizio e non un prodotto che ha una sua utilità e valutabilità intrinseca. L’ambiente risorse umane di per sé è molto delicato e le aziende tendono giustamente a proteggerlo, visto che in molti casi quadri e manager sono il risultato di anni di investimenti e sono inoltre la vita stessa dell’azienda. Per questo riteniamo che i nostri clienti abbiano il diritto di sapere come operiamo, di conoscere quali sono i valori e limiti che ci siamo posti, da ciò il nostro codice etico, che ha lo scopo di salvaguardare quel fondamentale bene intangibile che è rappresentato dai collaboratori dell’azienda». Come sono strutturati i vostri progetti formativi? «Alla base c’è l’analisi del vissuto quotidiano dei destinatari, perciò ogni progetto è studiato ad hoc, non è cioè riproponibile ad altre imprese. Ci rivolgiamo a piccoli gruppi
S
84 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
Il valore delle risorse umane Fare selezione del personale, ma anche formazione e consulenza. In Italia e in Europa. Questa la missione di GianAmbrogio Crevenna, presidente di Sirium, che illustra l’approccio e le strategie operative per il mercato del lavoro Luca Cavera
con metodi didattici interattivi, ricorrendo alla sperimentazione pratica e a mezzi audiovisivi. Le principali aree nelle quali operiamo sono top management, quadri e professional, alti potenziali, personale operativo e di vendita, neoassunti. Alle fine di ogni progetto, viene steso un rapporto sull’andamento del corso stesso e i risultati raggiunti». Offrite anche un percorso di formazione esperienziale. In cosa consiste?
GianAmbrogio Crevenna è presidente della Sirium di Bergamo www.sirium.it
GianAmbrogio Crevenna
L’ambiente risorse umane è molto delicato e le aziende tendono giustamente a proteggerlo, visto che in molti casi quadri e manager sono il risultato di anni di investimenti
«È un processo di formazione e sviluppo delle persone molto efficace e flessibile. La formazione esperienziale è un metodo che inserisce l’individuo in situazioni complesse reali e cerca, attraverso queste esperienze dirette, di raggiungere degli obiettivi. La sua caratteristica è quindi quella di un’attività che implica un coinvolgimento totale, anche emozionale. C’è pure una dimensione ludica che facilita il coinvolgimento; questa deve però essere accompagnata da momenti di riflessione, in modo da rendere utile questa esperienza a livello professionale». Oltre a fornire alle aziende un servizio di selezione e formazione, offrite consulenze, di che tipo? «Le principali aree d’intervento, considerate come sistemi nei quali garantiamo un contributo migliorativo, sono risorse umane, controllo amministrativo, finanziario e gestionale, commerciale e marketing, supply chain e sistemi informativi e di gestione. Il progetto di consulenza viene realizzato in base agli obiettivi discussi e condivisi con il cliente, mettendo a disposizione esperti delle funzioni coinvolte. Nell’analisi organizzativa teniamo conto della cultura, del linguaggio e delle consuetudini dell’impresa, così da poter proporre soluzioni realisticamente praticabili. Ogni nostra diagnosi si conclude con veri e propri piani di riassetto strategico, corredati dalle azioni tattiche
da realizzare e dall’indicazione delle relative risorse necessarie». Quali opportunità in più offre Sirium International? «Sirium International è un’associazione organizzata e strutturata in modo da unire ai vantaggi di una gestione nazionale completamente autonoma le risorse e le sinergie che solo un’organizzazione a livello europeo multinazionale può assicurare e garantire. I servizi forniti a livello nazionale dalle singole società aderenti sono contraddistinti dall’impegno comune a mantenere standard professionali elevati e, inoltre, a garantire il rispetto del codice etico di comportamento sottoscritto da tutte le società del network».
In alto, il consiglio di amministrazione della Sirium, in basso uno degli ultimi meeting dei partner di Sirium International
LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 85
CULTURA DEL LAVORO
Un costo troppo alto per il mondo del lavoro Essere un avvocato d’impresa, in Italia, significa scontrarsi, oltre che con una giustizia dai tempi biblici, anche con una cultura del lavoro spesso “inquinata” da convinzioni ataviche. Ma per tenere il passo della globalizzazione occorre un cambiamento. A parlarne è l’avvocato Sara Calzi Andrea Moscariello
n legame, sempre più stretto, tra impresa e giustizia. Creare, oggi, delle economie solide, significa anche confrontarsi con un sistema legislativo e fiscale fin troppo farraginoso, complesso, evidentemente discostato dalle reali necessità del tessuto produttivo. Un quadro che Sara Calzi conosce molto bene. Avvocato, esperta d’impresa, consulente del lavoro. Calzi
U L’avvocato Sara Calzi esercita a Milano
86 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
rappresenta in pieno l’evoluzione naturale delle professioni. Tanto destreggiarsi tra le leggi e le norme, è vero, ma soprattutto una ricerca costante delle soluzioni più idonee per le aziende e i lavoratori. L’avvocato diviene una guida insostituibile per gli attori della nostra economia. E non a caso, da oltre dieci anni, questo giovane legale lavora al fianco del senatore Eugenio Filograna, politico e noto imprenditore a capo dell’agenzia di lavoro WorkForce, nonché ex patron di Postal Market. «Esamino il profilo legale e giuridico di tutte le innumerevoli iniziative di Filograna» racconta l’avvocato Sara Calzi. Un compito complesso, considerando che il senatore vanta attività in innumerevoli settori, dalla somministrazione del lavoro all’edilizia, alla cantieristica navale fino alle società di elaborazione dei dati contabili e di formazione. Avvocato Calzi, la somministrazione del lavoro, con Workforce, rappresenta comunque il core della sua attività. E probabilmente è anche l’ambito in cui la normativa, e la sua relativa applicazione, si rivela più strategica. «Vero. Anche per questo, al di là dell’attività ordinaria, legale e stragiudiziale, tipica dell’avvocato, mi occupo di esaminare e studiare la normativa del lavoro con particolare riferimento a quella cosiddetta in deroga». Anche per questo ha scelto di prendere l’abilitazione come consulente del lavoro? «Esatto. La sinergia del titolo di avvocato e di
Sara Calzi
consulente del lavoro mi permette di individuare e applicare i vari strumenti agevolativi per ogni singolo datore di lavoro. Pertanto Workforce, anche per mio tramite, si propone non solo come agenzia di somministrazione ma anche come consulente, al fine di trovare soluzioni personalizzate per realizzare delle economie nel settore della manodopera. Quello che distingue Workforce da altre società di somministrazione sta nella scelta di studiare soluzioni su misura per ogni singola potenziale impresa cliente. Un approccio sartoriale». Quali azioni vanno intraprese, oggi, per realizzare delle economie nel settore della manodopera? «Vanno applicate norme agevolative per ridurre gli oneri previdenziali o fiscali, ovviamente laddove ci sono le condizioni. Si tratta, quindi, di abbattere il costo del lavoro. Ciò comporta anche rivolgersi verso particolari categorie di lavoratori. Consideriamo il fatto che secondo l’Eurostat l'Italia è il Paese Ue dove è più alto il carico fiscale sul lavoro. Infatti, le tasse e i contributi sociali rappresentano il 44% del costo del lavoro, contro la media del 34,3% nella zona euro. Attenzione, questo però non significa che l’operaio italiano guadagni troppo, anzi. Gli operai, in Germania, guadagnano molto più dei nostri, sebbene le aziende italiane paghino per loro quanto quelle tedesche. Un basso costo del lavoro si combina con un alto cuneo sul lavoro». E su questo agisce la vostra agenzia? «Workforce si rivolge a quel mercato di aziende interessate a trovare soluzioni che permettano di ottenere qualche risparmio sul costo del lavoro, ovviamente con strumenti leciti e senza influire sui diritti del dipendente. Personalmente mi occupo di esaminare i contesti aziendali di potenziali clienti e redigo, per conto dell’agenzia, una sorta di progetto di revisione o ristrutturazione aziendale». Emma Marcegaglia ha dichiarato che occorre maggiore flessibilità dal punto di vista contrattuale, ma che in generale il tessuto imprenditoriale italiano rimarrà attaccato al modello dei contratti nazionali.
Tutti i lavoratori dovrebbero avere a cuore la salute delle società datrici di lavoro, senza percepire una contrapposizione di interessi. È come se fossero due parti di un unico corpo
«Certamente in Italia c’è poca propensione ai cambiamenti. Comunque sarebbe necessario, anche se non credo accadrà mai, che i compensi dei lavoratori siano collegati non solo ai Ccnl, ma anche alla localizzazione dell’impresa. È una necessità evidenziata da molti, lo stesso Filograna si è espresso più volte in questo senso. Credo che nessuno possa mettere in dubbio che il tenore di vita di un impiegato di banca al Nord non sia lo stesso di un suo collega del Sud. Ciò andrebbe tenuto in considerazione e sarebbe utile adeguare le buste paga al livello territoriale dei prezzi». Cosa significa, per lei, essere un avvocato d’impresa? «Significa dare alle aziende un servizio non solo legale e giudiziario, ma anche di consulenza del lavoro sino alla parte fiscale e bilancistica. L’assistenza deve essere continuativa, non rivolta esclusivamente a curare “le grane”. Negli Stati Uniti LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 87
CULTURA DEL LAVORO
l’avvocato di impresa è molto diffuso e se ne av-
valgono anche piccole e medie realtà aziendali. In Italia, invece, questo ruolo è visto quasi negativamente, è percepito come una sorta di antagonista del dipendente, ossia colui che tira l’acqua al mulino del datore a svantaggio del lavoratore. Ma non è così». Insomma, il problema secondo lei è culturale. «Bisogna poi considerare che oggi le aziende italiane sono quasi tutte in difficoltà, tutti i lavoratori dovrebbero quindi avere a cuore la salute delle società datrici di lavoro, senza percepire una contrapposizione di interessi. È come se fossero due parti di un unico corpo». I tempi della giustizia, è noto, sono dannosi per un’impresa. «Per quelle oneste certamente sì. Se un fornitore
88 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
Gli operai, in Germania, guadagnano molto più dei nostri, sebbene le aziende italiane paghino per loro quanto quelle tedesche. Un basso costo del lavoro si combina con un alto cuneo sul lavoro
non paga una fattura ci sono tempi talmente lunghi per arrivare a sentenza che è quasi più conveniente rinunciare o accettare una soluzione a stralcio. È altresì vero che esiste un procedimento abbastanza breve che è il decreto ingiuntivo, impiega qualche mese, ma se il fornitore inadempiente decide di fare opposizione, accampando anche le scuse più assurde, si instaura comunque un procedimento ordinario che dura anni. Ma al di là dello specifico caso menzionato, faccio presente che nella classifica sulla durata dei processi stilata dalla Banca Mondiale, l’Italia occupa addirittura il 156esimo posto e certamente il procedimento penale è in condizioni ancora peggiori rispetto a quello civile». Il suo studio legale, unitamente alla società Ameco, sempre di Filograna, è specializzato anche nel contenzioso tributario e verso gli enti. È in previsione una prossima pubblicazione sul tema, giusto? «Sì. Proprio con Ameco sto lavorando a un libro incentrato a individuare i principali vizi di forma e procedurali delle cartelle esattoriali, con una raccolta giurisprudenziale».
44% COSTO DEL LAVORO In Italia, le tasse e i contributi sociali rappresentano circa il 44% del costo del lavoro, contro la media del 34,3 nella zona euro
Sara Calzi
Anche per l’impugnazione delle cartelle esattoriali ci sono tempi biblici? «Dipende dal tribunale competente per luogo. Ad esempio alla commissione tributaria di Milano ci vuole mediamente un anno. A Cremona, Bergamo e Brescia occorre qualche mese. Alla commissione provinciale di Roma, invece, possono volerci più di due anni. Lo stesso vale per il tribunale del lavoro. In ogni città si riscontrano tempistiche differenti. Al Tribunale del Lavoro di Milano su questo siamo fortunati, vige uno standard di velocità e di preparazione molto alto. Per una sentenza anche meno di un anno. Visto che si parla sempre male dei tribunali è giusto, per una volta, dare a Cesare quel che è di Cesare». Quali sono gli aspetti che, più frequentemente, le imprese sottovalutano ma che invece, se affrontati diversamente, permetterebbero un rapporto migliore con l’erario? «Le scadenze, ossia i tempi di impugnazione, e gli atti prodromici. Le cartelle e in genere gli atti
della Pubblica amministrazione vanno impugnati entro dei termini precisi: 40 giorni quelle dell’Inps o dell’Inail per la contestazione del merito; 20 giorni quelle dell’Inps o dell’Inail per la contestazione di vizi di forma o procedurali; 60 giorni quelle di natura tributaria; 30 giorni quelle relative a sanzioni amministrative. Spesso l’imprenditore si ricorda di portare la cartella al professionista a scadenza maturata oppure sul limite della scadenza. Fare opposizione a una cartella richiede tempo, soprattutto se è necessario esaminarla e contestarla anche nel merito, quindi ricostruire conteggi e raccogliere documenti probatori. Altre volte l’imprenditore sottovaluta gli atti prodromici, ossia quelli che precedono la cartella. In pratica, l’imprenditore si spaventa solo quando vede la classica cartella che arriva da Esatri e non considera come importanti gli atti precedenti e purtroppo in molti casi risulta troppo tardi entrare poi nel merito, in mancanza dell’impugnazione dell’atto prodromico».
AL FIANCO DI EUGENIO FILOGRANA, “SENATORE DEL LAVORO” otrebbero tranquillamente definirlo il “senatore del lavoro”, Eugenio Filograna. Il fondatore dell’agenzia Workforce e della società Ameco ha fatto del tema occupazionale e delle sue criticità, oltre che il suo core business, anche la sua mission culturale, di studio e divulgativa. Con Workforce, nonostante un’Italia afflitta dal precariato, ha raggiunto la quota del 50% di contratti a tempo indeterminato dei propri lavoratori somministrati. «Questo risultato è possibile perché la nostra strategia si basa anche sull’assunzione a tempo indeterminato di soggetti che abbiano già dei benefici fiscali e contributivi – ha dichiarato Eugenio Filograna -. Soggetti che noi proponiamo alle imprese con contratti di lungo periodo a un costo conveniente. Inoltre, i clienti
P
di Workforce assumono direttamente il 35% dei lavoratori a loro somministrati. Noi ritagliamo tutti i possibili vantaggi ai clienti, legalmente possibili, con minuziose ricerche; in cambio otteniamo buoni rapporti fiduciari». Il senatore, tra le altre cose, ha anche il “pallino” del fisco. Autore di “Tasse nei
paesi del mondo”, ha messo in luce più volte come l’Italia sia, attualmente, il paese più tartassato d’Europa, con una pressione pari al 68,7% contro la media europea del 44,2%. «Il problema vero, ingigantitosi con la crisi, è il costo del lavoro per le imprese, relativamente al cuneo fiscale e contributivo. In alcuni casi si arrivano a toccare punte dell’80 o dell’82% sul fatturato. Nessuna azienda può reggere a simili pressioni. Forse bisognerebbe ridurre la tassazione dei lavoratori e fargli rimanere più soldi in busta paga e contestualmente ridurre la pressione contributiva alle imprese. Oggi un dipendente che guadagna mille euro netti al mese costa all’azienda 2.500 euro, contro una media europea che sarebbe di 1.900 Euro».
LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 89
RETI D’IMPRESA
Al via processi d’innovazione «L’aggregazione valorizza nuove forme di collaborazione tra le imprese della filiera delle costruzioni in grado di aggredire nuovi segmenti di mercato e nuovi business». Così Francesco Bargiggia Renata Gualtieri
a Regione Lombardia lo scorso 19 novembre ha lanciato per il settore delle costruzioni un programma per incentivare le aggregazioni indirizzato a tutta la filiera, dal progetto allo sviluppo, con il preciso scopo di sostenere processi associativi fra imprese caratterizzate da uno spiccato orientamento all’innovazione dei prodotti e all’integrazione dei processi produttivi. «L’attivazione di questo programma per le aggregazioni nel settore delle costruzioni – aggiunge Francesco Bargiggia, dirigente dell’unità organizzativa Imprenditorialità della direzione generale dell’Industria, artigianato, edilizia e cooperazione della Regione – punta sull’elemento aggregativo come fattore di competitività. Quali gli obiettivi del programma? «Il primo è supportare la razionalizzazione del sistema produttivo delle costruzioni e il rafforzamento dell’integrazione verticale all’interno della sua filiera, per il superamento dell’elevato grado di frammentazione che caratterizza negativamente il settore sul fronte della competitività. Il secondo obiettivo è quello di favorire, attraverso l’aggregazione delle imprese, l’investimento nella ricerca e nell’innovazione di prodotti e processi del settore delle costruzioni, la qualificazione e l’aggiornamento delle maestranze, il trasferi-
L
90 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
mento tecnologico e il conseguimento di sempre maggiori performance qualitative di prodotto e di processo permettendo alle imprese di poter rispondere a un mercato più limitato ma sempre più esigente». Quali sono le politiche regionali per la competitività nelle costruzioni? «Un settore così frammentato come quello delle costruzioni non può pensare di affrontare l’attuale situazione congiunturale con le stesse modalità organizzative e di business di qualche hanno fa. L’attuale crisi del settore richiede un netto cambio di mentalità da parte delle imprese. Questo programma è per la Regione una sorta di test per verificare la potenzialità del settore rispetto alla sfida del cambiamento. Se questa manifestazione d’interesse dimostrerà una capacità di reazione alla crisi del momento attuale, che non riguarda solo il fatturato, potranno aprirsi ulteriori spazi di collaborazione con tutte le associazioni di rappresentanza della filiera, come è in parte già avvenuto con la costituzione lo scorso 29 novembre 2010 del Tavolo per l’Edilizia, del quale fanno parte tutte le organizzazione delle imprese della filiera, dalla progettazione allo sviluppo, che sarà il luogo del confronto e della condivisione di una serie di azioni dedicate al settore».
30,4% OPERE PUBBLICHE È la percentuale di diminuzione del valore complessivo dei bandi nel 2009 (secondo il rapporto regionale Banca d’Italia 2010)
1,2% LAVORO È la percentuale di calo dell’occupazione nel settore costruzioni in Lombardia (secondo il rapporto congiunturale III trimestre 2010 di Confindustria)
Francesco Bargiggia
L’aggregazione delle imprese favorisce la qualificazione delle maestranze e maggiori performance qualitative
Francesco Bargiggia, dirigente dell’unità organizzativa Imprenditorialità della direzione generale dell’Industria, artigianato, edilizia e cooperazione della Regione Lombardia
Da sola la piccola impresa non è in grado di reggere l’urto della crisi perciò, per offrire un prodotto competitivo, bisogna continuare a innovare il modo di costruire, integrando le diverse fasi del processo produttivo. Quanto bisogno c’è di innovare ancora dalla progettazione alla fornitura, fino alla costruzione e alla gestione? «È fondamentale coinvolgere nel processo d’innovazione tutta la realtà d’imprese ma in particolare le micro, piccole e medie imprese implicate nel processo edilizio, per incrementare l’impatto dell’innovazione nel settore. Il processo di coinvolgimento può avvenire sostenendo le piccole e medie imprese edili nell’avvio di progetti d’investimento, orientati all’ammodernamento e alla riorganizzazione aziendale, nonché all’innovazione e alla qualificazione dei processi costruttivi, con particolare riferimento ai temi della sostenibilità ambientale e della si-
curezza sul lavoro. Particolare attenzione deve essere data all’incrocio tra domanda e offerta: il settore delle costruzioni deve riassumere il suo ruolo primario d’intermediatore sul mercato. Si tratta, per le imprese, di operare nell’ambito di un vero e proprio processo di marketing, in grado di generare un circolo virtuoso di sviluppo economico. Questo processo strategico individua, infatti, i bisogni insoddisfatti o mal soddisfatti e sviluppa nuovi prodotti che li soddisfino. Operando in questo modo crea e sviluppa la domanda di questi prodotti». Un’ulteriore sfida è data quindi dalla ricerca della qualità e dell’innovazione e dalla nuova parola d’ordine della “green economy”? «Un recente rapporto sul mercato immobiliare lombardo di Ance Lombardia ha rilevato che oltre il 90% delle famiglie lombarde intervistate indica nella qualità una condizione indispensabile per l’acquisto, mentre un quarto degli imprenditori vede nell’efficienza energetica e nella qualità della costruzione i due principali fattori destinati a orientare il mercato immobiliare nel LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 91
RETI D’IMPRESA
prossimo futuro. Per qualità del prodotto edilizio s’intende l’insieme delle prestazioni che l’oggetto edilizio sarà in grado di assicurare attraverso le sue caratteristiche, in risposta alle esigenze dell’utenza. Non a caso già da tempo si assiste a un fenomeno di polarizzazione del mercato immobiliare, che premia realizzazioni più competitive sul fronte dell’innovazione del prodotto: sia investitori qualificati, sia singoli cittadini alla ricerca di alloggio, guardano con maggiore attenzione ad aspetti come l’efficienza energetica, l’orientamento, le caratteristiche dei materiali costruttivi impiegati, la presenza di tecnologie domotiche e di controllo. Ma prodotti di qualità costano di norma di più rispetto a realizzazioni tradizionali: è compito degli operatori, ma anche delle pubbliche amministrazioni e delle organizzazioni di categoria, individuare meccanismi per “comunicare l’innovazione”, delineandone i benefici». Nei prossimi anni il settore delle costruzioni lombardo sarà anche chiamato ad affrontare l’appuntamento dell’Expo di Milano nel 2015. Con quali risposte? «Con la costruzione di edifici efficienti, garan-
92 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
90% FAMIGLIE È la percentuale dei nuclei familiari che indica nella qualità una condizione indispensabile per l’acquisto di un immobile (secondo l’ultimo rapporto immobiliare di Ance Lombardia)
51%
EFFICIENZA TERMICA È la preferenza accordata dai lombardi, interpellati sull’utilità degli elementi di bio-edilizia nella progettazione e nelle strutture, agli accorgimenti rivolti a una migliore efficienza termica
tendo idonee condizioni di qualità abitativa e urbana, elevati standard di sicurezza per lavoratori e futuri occupanti a condizioni economiche eque. L’evoluzione dei processi costruttivi è già in atto in Lombardia per effetto, da un lato di una domanda sempre più attenta alle richieste della qualificazione del prodotto edilizio, dall’altro di un quadro normativo che vede la Lombardia, soprattutto sul fronte ambientale, tra le realtà più virtuose a livello nazionale. Le questioni concernenti il risparmio energetico diventano oggi fattori di competitività e di sviluppo delle imprese del settore dell’edilizia». Molte imprese della filiera delle costruzioni sono leader a livello nazionale e internazionale nella produzione di materiali da costruzione, tecnologie impiantistiche e per la produzione di energia. «Proprio da questo retroterra produttivo parte la sfida della green economy in edilizia, tutta giocata sull’integrazione di filiera tra generatori d’innovazione di prodotto (l’industria delle tecnologie per le costruzioni) e utilizzatori (le imprese edili) a livello d’innovazione di processo, attraverso l’applicazione
Francesco Bargiggia
sperimentale in cantiere delle tecnologie, l’aggiornamento continuo delle maestranze, lo sviluppo di nuovi approcci alla progettazione ingegneristica e architettonica. Si tratta di un connubio virtuoso che nei prossimi anni è destinato a sviluppare le sue prestazioni in termini di fatturato, potenziale competitivo e occupazione. Basti pensare alla recente accelerazione delle energie rinnovabili anche in Lombardia, che conta ormai migliaia di nuovi posti di lavoro nel solare fotovoltaico e ai possibili sviluppi di nuove rinnovabili, da potenziare a proposito delle specifiche vocazioni dei territori». Secondo il coordinatore del centro studi di Ance Lombardia la risposta alla crisi per le piccole imprese è nelle aggregazioni “a geometria variabile”. Cosa ne pensa di queste alleanze strategiche? «Ritengo che oggi esistano anche strumenti per cui le imprese possono aggregarsi fra loro senza necessariamente fondersi ma condividendo comuni interessi di business: l’esperienza a geome-
Edifici efficienti dal punto di vista ambientale ed energetico con idonee condizioni di qualità abitativa e urbana, elevati standard di sicurezza per lavoratori e futuri occupanti
tria variabile delle Ati o delle Ats è abbastanza praticata nel momento in cui alcune imprese partecipano alle gare. Mi domando perché le imprese non mettono a frutto questa esperienza per rendere questo aspetto variabile un po’ più stabile o perchè non individuano momenti, risorse ed esperienze che in modo strutturato possano diventare “capitale” per nuovi business. Ieri i consorzi e oggi i nuovi contratti di rete mi sembra che possano rispondere in modo innovativo alle sfide della competitività. Questi strumenti nulla tolgono alla libertà di azione di ogni singola impresa ma le permettono di compiere operazioni d’individuazione di “minimi comuni multipli” in grado di fare evolvere le imprese coinvolte verso un aumento della loro presenza sul mercato: la sfida non mi sembra da poco ma l’attuale congiuntura richiede alle imprese del settore almeno di essere esplorata questa nuova strada».
LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 93
RETI D’IMPRESA
Uno strumento utile per la competitività La scelta di fare rete tra imprese dovrebbe prescindere da eventuali agevolazioni. Gli imprenditori dovrebbero, infatti, utilizzare la rete per accrescere la loro capacità innovativa e acquisire forza sui mercati. Lo conferma l’avvocato Daniela Sabelli Renata Gualtieri
ttualmente gli imprenditori sono ancora un po’ scettici sul contratto di rete, non percependo sino in fondo le prospettive che lo stesso può offrire, soprattutto in periodi di forte crisi economica come quello che stiamo attraversando. «Ad oggi infatti – precisa l’avvocato Daniela Sabelli – sono stati conclusi sul territorio nazionale circa 20 accordi e altri 15/20 sono in corso di perfezionamento». Se è scarsa la diffusione tra le imprese del contratto di rete, l’introduzione nel nostro ordinamento di tale istituto giuridico si può considerare sicuramente positiva sul piano civilistico. Quali strumenti giuridici consentono di costruire aggregazioni? «Il nostro ordinamento individua diversi istituti giuridici che hanno quale finalità precipua quella di creare dei collegamenti tra imprese. Il contratto è da sempre stato utilizzato quale strumento di sviluppo alternativo ai modelli organizzativi. Lo strumento del collegamento negoziale e del contratto atipico, infatti, lasciando ampia libertà ai privati di disciplinare i rapporti reciproci hanno avuto un’ampia diffusione (joint venture, accordi di distribuzione, associazioni temporanee di imprese, franchising, subfornitura, gruppi di acquisto, ecc). Nella prassi si è poi man mano assi-
A L’avvocato Daniela Sabelli, partner dello Studio Legale Simmons & Simmons
94 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
stito alla diffusione di forme di organizzazione nelle quali più imprese indipendenti agiscono in modo coordinato al fine di integrare il processo produttivo oppure al fine di perseguire uno o più affari comuni». In questo contesto hanno assunto rilievo il fenomeno dei consorzi e più di recente dei distretti produttivi e delle reti di imprese. «La rete è uno strumento di cooperazione che ha quale finalità quella di favorire la capacità innovativa e la competitività sul mercato delle pmi, realizzando economie di complementarità (la rete, infatti, è utilizzata quando le imprese sono titolari di attività complementari che si svolgono in una singola fase o in più fasi della filiera produttiva). In posizione intermedia tra l’individualismo dell’impresa e il collettivismo del consorzio, il contratto di rete si presenta come lo strumento normativo più adatto per le piccole realtà in virtù dei costi ridotti e di una certa flessibilità contrattuale. A differenza del consorzio, che è stato pensato per raggiungere obiettivi specifici di breve-medio termine, la rete è stata ideata aggregare le imprese nel medio-lungo periodo sull’obiettivo più generale di aumentare competitività e capacità innovativa». In che termini l’abrogazione dell’articolo 6 bis della manovra economica ha corretto la disciplina del contratto di rete? «La legge 99/2009 (c.d. Legge Sviluppo) ha -
Daniela Sabelli
Si sono diffuse forme di organizzazione dove più imprese indipendenti agiscono in modo coordinato per perseguire affari comuni
inter alia - abrogato l’articolo 6-bis della manovra economica. La disposizione da ultimo citata estendeva alle reti di imprese le agevolazioni amministrative, finanziarie e per la ricerca a favore dei distretti industriali dall’articolo 1 della legge 266/2005 (Legge Finanziaria 2006). Occorre rilevare, tuttavia, come dette agevolazioni con riferimento alle reti erano già state, da un punto di vista fiscale, drasticamente ridotte traducendosi, di fatto, nella mera semplificazione degli adempimenti in materia di imposte sul reddito. L’impossibilità di poter accedere a dette agevolazioni, rischia di rendere evidentemente meno appetibile/conveniente il ricorso a detto strumento giuridico di aggregazione da parte delle imprese». Dal punto di vista giuridico cosa differenzia le reti d’impresa dai distretti? «I distretti sono agglomerazioni di imprese, generalmente di piccola e media dimensione, ubicate in un ambito territoriale circoscritto. La forte caratterizzazione territoriale ed il principio di sussidiarietà che connotano i distretti mancano nelle reti di imprese. È la stessa norma di riferimento che definisce i di-
20
CONCLUSI Sono i contratti di rete fino ad oggi definiti sul territorio nazionale
15
IN CORSO Il numero di accordi ancora in corso di perfezionamento sul territorio nazionale
stretti delle “libere aggregazioni di imprese articolate sul piano territoriale e sul piano funzionale, con l’obiettivo di accrescere lo sviluppo delle aree e dei settori di riferimento, di migliorare l’efficienza nell’organizzazione e nella produzione, secondo principi di sussidiarietà verticale ed orizzontale, anche individuando modalità di collaborazione con le associazioni imprenditoriali” (cfr art. 1, co 366, L. 266/2005). Le reti differiscono dai distretti in quanto si sostanziano in forme di coordinamento di natura contrattuale o di contitolarità di alcuni mezzi di produzione che permettono alle imprese medio piccole di acquisire forza sul mercato, prescindendo del tutto da elementi di comunanza territoriale. Anzi da parte di molti si auspica la possibilità di prevedere in futuro una disciplina di reti transnazionali». La disciplina del contratto di rete può ritenersi positiva sul piano civilistico? «Assolutamente sì. Purtroppo a causa di una disciplina soprattutto inizialmente fortemente incompleta e disorganica, sono stati necessari più interventi normativi. In ogni caso ci troviamo di fronte ad una disciplina che lascia ampio spazio all’autonomia privata, la quale sarà chiamata a colmare le lacune del legislatore. La norma, infatti, determina il contenuto minimo obbligatorio del contratto di rete, senza creare un coordinamento sistematico con altre tipologie contrattuali». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 95
SEMPLIFICAZIONE BUROCRATICA
Progetti di aggregazione per le imprese Reti, digitalizzazione e semplificazione: sono questi gli ingredienti per la crescita delle pmi. E semplificare, secondo Giampietro Brunello, significa anche evitare continui cambiamenti nelle norme «che disorientano e mettono in crisi le imprese» Michela Evangelisti
a società Sose da più di dieci anni organizza le informazioni provenienti da oltre quattro milioni di aziende italiane, per realizzare e applicare gli studi di settore; rappresenta quindi un osservatorio privilegiato sul nostro tessuto produttivo. «Le difficoltà che le imprese ora stanno incontrando sono soprattutto legate alla crisi internazionale – illustra il presidente, Giampietro Brunello –. In Italia, poi, i consumi interni, che erano già stagnanti prima della crisi, ora hanno più difficoltà a ripartire rispetto ad altri Paesi, di conseguenza le aziende che stanno recuperando sono prevalentemente quelle che esportano». Ultimamente Sose si sta ritagliando il nuovo ruolo di partner in grado di proporre alle istituzioni e ai professionisti le soluzioni applicative più adeguate per lo sviluppo economico. «In un momento in cui a trainare lo sviluppo è la possibilità di proiettarsi su un mercato globalizzato, le aziende piccole soffrono maggiormente. Le reti di impresa sono in questo senso una proposta interessante – suggerisce Bru-
L Giampietro Brunello, presidente e amministratore delegato di Sose, Società per gli studi di settore
96 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
nello –. Stiamo lavorando per verificare condizioni e soluzioni per rendere conveniente aggregazioni di piccole e medie imprese al fine di fare massa critica e migliorare la loro capacità di competere sui mercati internazionali». Avete già avviato in concreto dei progetti? «È partita una sperimentazione nel bresciano, nel distretto della rubinetteria di Lumezzane; si tratta di dare vita ad una piattaforma logistica comune per portare avanti un’aggregazione che consenta di tagliare sui costi e renderli competitivi anche rispetto ai produttori dell’Estremo Oriente. Grazie al progetto si dovrebbe arrivare a un risparmio del 35-40% sui costi di filiera. Stiamo poi elaborando un ulteriore percorso nel settore dei mobili: abbiamo avviato per ora una serie di interviste per comprendere quale sia il modello di aggregazione più favorevole per questa specifica realtà». Quali sono le esigenze che le imprese manifestano nei confronti della pubblica amministrazione? «Le esigenze delle imprese sono legate a una riduzione degli adempimenti, non solo fiscali. In particolare il rapporto Pa e imprese va analizzato anche sul fronte degli espletamenti burocratici da affrontare. Ben venga lo sportello unico, non solo per chi viene ad investire in Italia ma anche per chi deve realiz-
Giampietro Brunello
c
Per le pmi, che faticano da sole a proiettarsi su un mercato globalizzato, le reti di impresa rappresentano una soluzione interessante
zare ampliamenti o ottenere autorizzazioni. Sul fronte semplificazione ritengo che, fino alla riforma fiscale portata avanti dal ministro Tremonti, l’esigenza principale sia quella di evitare continui cambiamenti, che disorientano le aziende e le mettono in condizioni di non capire con chiarezza come muoversi». Semplificazione e digitalizzazione possono favorire la creazione di reti di imprese? «Assolutamente sì. Il progetto per Lumezzane consiste proprio nel portare su un intranet della rete tutta la fase di avanzamento e di processo; uno dei problemi che abbiamo riscontrato è l’elevato volume del magazzino di filiera. Alle notevoli diseconomie di scala possiamo ovviare se in tempo reale riusciamo ad avere trasparenza di quello che è il fabbisogno orientato al prodotto finito. Rete e standardizzazione sono i presupposti per far funzionare questa piattaforma logistica, in parte hard e in parte virtuale».
d
Il vostro progetto fabbisogni standard nasce dall’esigenza di spiegare in maniera approfondita l’attuazione del decreto legislativo 216 del 2010 in materia di costi e fabbisogni standard. Come sta procedendo? «Si tratta non soltanto di andare a valutare quali sono i costi corretti che si devono sostenere per effettuare un determinato servizio ma anche il fabbisogno standard in termini finanziari che il Comune ha per erogare quel servizio. Il progetto va nel senso di un’amministrazione più semplificata ed efficiente possibile a parità di costo, a beneficio sia dell’imprenditore che del semplice cittadino. Quest’anno affronteremo due funzioni; per ora stiamo raccogliendo il primo questionario. Andremo poi a valutare e confrontare gli schemi organizzativi con i quali i Comuni gestiscono l’erogazione di un servizio per orientarli verso l’adeguamento al modello più efficiente».
LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 97
SEMPLIFICAZIONE BUROCRATICA
Imprese e Pa: nodi ancora da sciogliere Di cosa hanno bisogno le imprese che si rivolgono alla pubblica amministrazione? A partire dai dati raccolti Gaetano Scognamiglio risponde: semplificazione dell’iter burocratico, maggiore competenza degli operatori e riduzione dei tempi di attesa Michela Evangelisti
al V rapporto “Imprese e burocrazia”, realizzato dalla fondazione lucchese Promo Pa, emerge un quadro ancora piuttosto complesso e difficoltoso. «Il cosiddetto onere da Pa continua a crescere, con un costo medio totale per azienda pari a 13.877 euro, e un’incidenza sul fatturato pari al 7,3% (era 6,9% nel 2009) – illustra il presidente della fondazione, Gaetano Scognamiglio –. Su tale costo incidono sia le giornate/uomo dedicate all’espletamento di obblighi amministrativi sia i costi esterni per professionisti e consulenti, cui le aziende ricorrono sempre più frequentemente». Un secondo elemento di complessità riguarda il nodo del ritardo medio dei pa-
D Gaetano Scognamiglio, presidente della fondazione Promo Pa
98 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
gamenti: le aziende dichiarano di riscuotere in media dalla Pa con un ritardo di 155,4 giorni rispetto agli accordi contrattuali. Come si stanno evolvendo le pubbliche amministrazioni dal punto di vista del rapporto con le imprese? «La Pa negli ultimi anni ha indubbiamente fatto alcuni passi avanti nel percorso di modernizzazione e innovazione della macchina amministrativa e nella direzione di un più stretto legame con i fabbisogni dei cittadini e delle imprese. Queste ultime fanno tuttavia fatica a percepire tali cambiamenti e si esprimono nei confronti dell’azione pubblica con profonda cautela, talvolta con scetticismo. Detto questo vi sono alcuni aspetti nei quali il cambiamento è più tangibile e percepito, come l’e-government e, in generale, i servizi on line». Sono in grado di promuovere la nascita di reti di imprese? «Cominciano a muoversi in questa direzione ma molta strada resta da percorrere. Quello che vediamo dal nostro osservatorio è la tendenza crescente delle amministrazioni, so-
Gaetano Scognamiglio
La Pa negli ultimi anni ha fatto indubbiamente alcuni passi avanti nel percorso di modernizzazione e innovazione della macchina amministrativa
prattutto a livello nazionale e regionale, a vincolare i finanziamenti per le imprese alla capacità di queste ultime di cooperare tra loro e di costruire reti relazionali e collaborative di varia natura. Anche la normativa recente sembra andare in questa direzione». Come possiamo giudicare le loro performance, anche in un confronto con il panorama europeo? «Il confronto tra le pubbliche amministrazioni è molto complesso perché le normative inerenti le diverse aree di interesse per le imprese sono molto differenziate da un Paese all’altro. Sicuramente è in corso uno sforzo congiunto di tutti i governi per ridurre gli oneri e anche nel nostro Paese il ministero della Pubblica amministrazione e dell’innovazione sta lavorando sul progetto Moa con l’obiettivo di ridurre del 25% gli oneri per le imprese. Per quanto riguarda poi la digitalizzazione dei servizi pubblici, l’ultima analisi di benchmarking realizzata dalla Commissione europea nel dicembre 2010 mette in evidenza un buon posizionamento dell’Italia in Europa, sia per quanto riguarda i servizi on line
che per quanto riguarda l’e-procurement». In particolare, come si colloca da questo punto di vista l’amministrazione lombarda? «Nel rapporto viene presentata una “mappa della qualità” del rapporto fra Pa e micro-piccola impresa che pone a confronto tre fattori: la qualità dei servizi erogati, il costo che le imprese devono pagare per ottenerli e il livello di innovazione della Pa. Emergono due dati interessanti: in primo luogo, la provincia di Milano, insieme alla Liguria, è l’area del Paese in cui è più evidente la correlazione costo/qualità e dove a un elevato livello di qualità nella relazione tra imprese ed enti pubblici corrisponde anche un elevato prezzo di scambio; in secondo luogo, il legame positivo fra indice di qualità e indice di innovazione della pubblica amministrazione conferma come questi due aspetti procedano di pari passo e come le imprese lombarde percepiscano tanto più positivamente il proprio rapporto con la Pa quanto più questa abbia saputo dotarsi di strumenti in grado di dialogare con loro in maniera moderna, efficiente e trasparente». A proposito di Milano e della Lombardia possiamo quindi parlare di una “contaminazione positiva con la Pa”. «La forza innovativa delle imprese viene in qualche misura favorita da un buon clima di rapporti con la Pa e l’impresa stessa, se a maggior contenuto innovativo, è un volano e uno stimolo per l’amministrazione pubblica. Anche nei confronti degli enti territoriali lombardi l’indagine mette in evidenza un andamento positivo dei giudizi. Il sistema camerale è quello che riscuote il maggior gradimento, ma positivo risulta anche l’andamento dei giudizi sugli altri enti, in particolare il Comune e la Regione».
32,3 GIORNATE/ UOMO Il tempo dedicato dalle imprese nel 2010 all’espletamento di obblighi amministrativi; nel 2009 erano 30,9
8 mld CREDITO
La somma che le aziende devono ancora riscuotere dalla Pa
LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 99
SEMPLIFICAZIONE BUROCRATICA
Tecnologia fattore chiave L’assessore Carlo Maccari ha incontrato negli ultimi mesi a più riprese gli imprenditori lombardi e tutti hanno espresso la stessa esigenza: una burocrazia snella. «È un disagio che si coglie in pieno e che sentiamo di dover affrontare nel concreto» Michela Evangelisti
Carlo Maccari, assessore alla Semplificazione e digitalizzazione della Regione Lombardia
100 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
are dignità politica all’azione di semplificazione normativa e digitalizzazione della macchina pubblica: a partire da questa necessità sono state istituite, con l’avvio della IX legislatura, le deleghe affidate a Carlo Maccari. «E dalla precisa volontà della Regione Lombardia – precisa l’assessore – di “mettere la faccia” su tematiche sempre più cruciali per lo sviluppo economico e il miglioramento dei servizi pubblici». Un primo obiettivo è stato quello di creare un interlocutore certo per gli altri enti territoriali e per il mondo dell’impresa e delle professioni. «Abbiamo poi cercato di affermare l’assoluta trasversalità del nostro assessorato a livello regionale, legando la misura dell’efficienza dei nostri manager a concreti obiettivi di semplificazione – aggiunge Maccari –. Sono stati mappati più di cinquecento procedimenti regionali e a quarantanove di questi abbiamo vincolato una quota del premio retributivo annuale di tutti i dirigenti regionali». Quali sono i prossimi progetti? «Tra le numerose attività messe in cantiere in questi mesi vorrei citare l’avvio dell’iter per l’Agenda Lombardia digitale, un programma innovativo che individua gli obiettivi fondamentali per realizzare una società sempre più fondata sull’informazione e sulla conoscenza, con la quale favorire nuove modalità di dialogo e interazione tra cittadini e pubblica amministrazione. Entro aprile terminerà la fase di elaborazione e la condivisione con gli interlocutori istituzionali. Dopo l’approvazione in giunta l’agenda sarà aperta alla consultazione pubblica per avere i primi riscontri. Contiamo di renderla operativa entro luglio. La tecnologia in questo caso è un fattore chiave: banalmente, ne abbiamo bisogno per mettere tutti gli enti pubblici
D
Carlo Maccari
nelle condizioni di aumentare la propria efficienza ma soprattutto di parlare tra loro la stessa lingua. Ciò significa uniformare i sistemi e favorirne la diffusione anche nei piccoli Comuni». Semplificazione non è una parola da associare solo ai processi normativi ma esprime anche la necessità di aumentare chiarezza e informazione per il cittadino. Quali passi state muovendo in questa direzione? «Il ruolo del “semplice” cittadino è solo apparentemente defilato rispetto al nostro lavoro. Basti pensare che tutto ciò che ci prefissiamo ha come obiettivo ultimo quello di rendere più efficienti, rapidi e di qualità i servizi offerti alla società. In questo caso, i cittadini non sono soggetti passivi. L’iniziativa Semplific@ con noi, uno sportello virtuale nato sugli esempi dei Paesi del Nord Europa che abbiamo aperto sul portale regionale per raccogliere suggerimenti ed esempi di buone pratiche, ha raccolto in pochi mesi circa duecento casi concreti, l’80% dei quali resi noti da cittadini. È un segnale forte, considerando che non si tratta di un ufficio reclami, ma di una bacheca per le proposte». Quanto la semplificazione rappresenta una priorità strategica per aumentare la competitività degli imprenditori, in particolare in una fase, come l’attuale, caratterizzata dalla
Affermiamo la trasversalità del nostro assessorato, legando la misura dell’efficienza dei manager regionali a concreti obiettivi di semplificazione
contrazione delle risorse disponibili? «In questi mesi ho effettuato decine di incontri e tavoli in tutte le province della Lombardia. Ogni volta che ci siamo trovati a dialogare con gli imprenditori, di qualunque settore, abbiamo toccato con mano l’esigenza da parte di chi produce di trovarsi di fronte a una burocrazia snella, che non costringa a sacrificare tempo in un momento storico difficile come questo. È un disagio che si coglie in pieno e che sentiamo di dover affrontare nel concreto. Vivere e lavorare in una regione che per fortuna sotto questi aspetti rimane un punto di riferimento per il Paese non basta più. Così come non basta guardare a quanto fatto negli scorsi anni, dato che la Lombardia rimane di gran lunga la regione con l’apparato normativo più leggero d’Italia. Quando parliamo di “via lombarda” alla semplificazione lo facciamo consapevoli del fatto che il cuore produttivo d’Italia è qui e ci chiede sempre uno sforzo in più che altrove». Poche settimane fa si è tenuto il primo in-
LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 101
SEMPLIFICAZIONE BUROCRATICA
contro con i rappresentanti regionali dei ruolo, funzioni e piano di azione degli sporprincipali ordini e collegi professionali, al fine di coinvolgere le categorie degli intermediari professionali nell’attuazione delle politiche di semplificazione promosse da Regione. Quali istanze sono emerse? «L’incontro ha posto le basi per la costituzione di un tavolo che periodicamente si riunirà con lo scopo di coinvolgere e responsabilizzare tutte le categorie portanti del mondo lavorativo lombardo. Gli ordini sono interlocutori autorevoli perché possono fare da cassa di risonanza per le esigenze e i suggerimenti dei propri associati, ma anche, specularmente, per informare migliaia di professionisti sulle attività di semplificazione avviate dalla Regione. Con gli ordini stiamo pensando a un vero e proprio patto per la semplificazione Regione-professioni e allo stesso modo è stato istituito un tavolo con i rettori delle università lombarde, con le quali allacciare collaborazioni sia in tema sia di semplificazione che di digitalizzazione: penso ad esempio a dottorati e borse di studio sui temi del miglioramento della pubblica amministrazione o al coinvolgimento degli studenti nello sviluppo di applicazioni e servizi digitali». Come la Regione Lombardia ha definito
102 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
telli unici per le attività produttive? «Il percorso del Suap sta entrando nella sua fase più delicata, avvicinandosi la scadenza che fissa per il 29 marzo l’obbligo per le aziende di effettuare domande, dichiarazioni e segnalazioni in modalità telematica. Posto che la piena operatività è prevista per ottobre, Regione Lombardia ha prodotto in questi mesi uno sforzo notevole, in stretta collaborazione con Anci e Unioncamere, predisponendo documenti di chiarimento sulla nuova normativa, una modulistica regionale aggiornata e le linee guida. In questi mesi sono stati effettuati sul territorio più di centocinquanta incontri per l’attivazione di cabine di regia locale che hanno registrato diecimila presenze. In questo momento non si possono nascondere alcune criticità, come la difficile interpretazione di una norma calata dallo Stato sulle Regioni senza una disciplina attuativa e la non uniformità da parte dei Comuni nell’accreditamento. A oggi è coperta circa la metà della popolazione lombarda. La Regione, in questi mesi, ha dimostrato di voler mettere in campo un impegno straordinario, ma nei prossimi mesi ci vorrà un ulteriore sforzo, soprattutto da parte dei Comuni».
ACCESSO AL CREDITO
I confidi allentano le tensioni tra banche e imprese «I confidi sono potenti strumenti di politica industriale è la più importante risorsa del sistema di rappresentanza per sostenere con interventi concreti le esigenze dell’economia reale». Lo afferma il presidente di Assoconfidi Giovanni Da Pozzo Renata Gualtieri
al rapporto “Confidi Lombardi 2010” emerge che nell’arco del quadriennio di crisi, le Camere di Commercio hanno destinato oltre 24 milioni di euro al consolidamento patrimoniale o al rafforzamento della dotazione del fondo rischi dei confidi. Ben il 45% dell’intero ammontare è stato stanziato nel corso del 2009, in concomitanza con la fase più acuta della crisi di liquidità del mercato. Il presidente di Assoconfidi, Giovanni Da Pozzo, riflette sull’utilizzo dei confidi come sostegno finanziaGiovanni Da Pozzo, rio alle imprese davanti alle trapresidente sformazioni in atto del sistema. di Assoconfidi Quali sono i problemi che le imprese locali incontrano nella richiesta di credito alle banche e in che modo intervengono i confidi? «In questo periodo, caratterizzato da un’intensa crisi economica, il rapporto tra il sistema bancario e quello imprenditoriale si è fatto più difficile: consistente è stata la restrizione dei canali creditizi a favore delle piccole e micro imprese. I confidi hanno offerto un contributo determinante per alleviare le tensioni tra le banche e le imprese. Se, infatti, fino al manifestarsi della crisi il loro ruolo era prevalentemente quello di facilitatori dell’accesso al credito per le imprese minori, negli ultimi mesi sono passati
D
104 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
a rappresentare, per molte realtà imprenditoriali, l’unica strada verso le fonti di finanziamento indispensabili per la loro sopravvivenza e, nelle regioni meridionali, l’unica vera alternativa all’usura». I confidi si sono accreditati come veri e propri “ammortizzatori sociali”. «Non vanno dimenticate la matrice di natura associativa e la componente di rilevanza pubblica che caratterizzano il sistema. I confidi rappresentano la più importante risorsa del sistema di rappresentanza per sostenere con interventi concreti le esigenze dell’economia reale. Sono altresì potenti strumenti di politica industriale, in grado di agire come moltiplicatore delle azioni adottate dalle Istituzioni pubbliche. Senza peraltro mai infrangere le regole del mercato né intaccarne gli ambiti di autonomia, in quanto orientati essenzialmente a rafforzare il sistema delle garanzie». Quali tipologie di imprese aderiscono ad Assoconfidi? «Assoconfidi è l’associazione alla quale aderiscono tutte le federazioni nazionali di rappresentanza dei confidi italiani appartenenti ai settori dell’industria, dell’artigianato, del commercio e dell’agricoltura. I confidi sono organismi, aventi struttura cooperativa o consortile, che esercitano in forma mutualistica attività
Giovanni Da Pozzo
I confidi stipulano con gli istituti di credito convenzioni vantaggiose per le imprese
di garanzia collettiva dei finanziamenti in favore delle imprese socie o consorziate». Quali sono i requisiti richiesti per diventare soci? «Ai sensi dell’articolo 13 del decreto legge 269 del 30 settembre 2003 possono aderire ai confidi esclusivamente le piccole e medie imprese industriali, commerciali, turistiche e di servizi, e le imprese artigiane e agricole, come definite dalla disciplina comunitaria». Quali rapporti intercorrono tra i confidi e le banche? «I confidi stipulano con gli istituti di credito, dislocati sul territorio di riferimento, specifiche convenzioni che permettono alle imprese di avere a disposizione un’ampia gamma di prodotti e condizioni particolarmente vantaggiose. Il ruolo dei confidi è, fra gli altri, anche quello di integrare le informazioni che la banca acquisisce esclusivamente attraverso dati quantitativi, con informazioni di tipo qualitativo, grazie al carattere di prossimità che il confidi ha con l’impresa stessa». Quali negli accordi in essere le condizioni più vantaggiose per le imprese e quali le criticità? «Uno dei vantaggi più rilevanti di cui le imprese beneficiano nel farsi supportare da un confidi, è quello di avere una valida consulenza finanziaria nella istruttoria della pratica di finanziamento e che consente alla stessa impresa di avere una maggiore possibilità che la sua richiesta venga positivamente valutata dalla banca». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 105
ACCESSO AL CREDITO
Cambiano le relazioni fra banche e imprese Le aziende devono dimostrare con chiarezza le proprie prospettive industriali. «È finito il tempo di una generica richiesta di finanziamenti, questa deve essere supportata da una chiara traiettoria di utilizzo del denaro». Il punto sul credito del professor Stefano Caselli Renata Gualtieri
asilea 2 e crisi finanziaria sono due fenomeni completamente differenti, purtroppo però accaduti nello stesso momento. La combinazione degli effetti della crisi - ossia l’incremento della rischiosità dei finanziamenti per le banche e la carenza di liquidità - e di Basilea 2, legati alla corretta esigenza di determinare un rating sulle aziende e di misurarne le relative garanzie hanno portato a un inasprimento delle condizioni di mercato, soprattutto nella fase acuta della crisi fra il 2008 e il 2009. «Occorre sottolineare che a prescindere dalla crisi – commenta Stefano Caselli, professore ordinario di Economia degli intermediari finanziari, presso l’Università Bocconi – Basilea 2 spinge a un rapporto più trasparente fra banche e imprese». Quali sfide devono affrontare le pmi per legittimare la propria presenza sul mercato? «La legittimazione delle pmi sul mercato passa attraverso una sfida competitiva e una sfida finanziaria. Nel primo caso, i tradizionali elementi di flessibilità e adattabilità delle imprese più piccole devono essere potenziati attraverso una chiara spinta alla scoperta di nuovi mercati e all’apertura a una competizione internazionale a più ampio raggio. Il potenziamento delle vendite può sicuramente passare attraverso scelte di nicchia e di focalizzazione, ma soprattutto attraverso il presidio del canale estero. Tale esigenza può sicuramente richiedere scelte coraggiose, quale ad esempio quella di unirsi e
B
106 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
fondersi con aziende simili o di aprire il capitale alla borsa o a un fondo di private equity. Dall’altro lato, la sfida finanziaria assume oggi un nome e un’identità precisa: capitalizzazione. Senza un irrobustimento del capitale di rischio, difficilmente le aziende otterranno buoni rating e senza capitale difficilmente potranno giocare sfide industriali importanti». Quale ruolo giocano le regole in un rapporto virtuoso fra banche e pmi? «Le regole possono giocare un ruolo importante. Soprattutto le regole fiscali possono sostenere le aziende e guidarle verso comportamenti più virtuosi. In questo ambito la fiscalità non incentiva ad avere un corretto comportamento finanziario in quanto la raccolta del debito, al di sopra di una certa soglia, è penalizzata attraverso i limiti alla deducibilità degli interessi e la capitalizzazione non è sostenuta in quanto non caratterizzata da vantaggi fiscali. Ritengo che, nei limiti ovviamente della disponibilità di risorse, un sostegno significativo e soprattutto duraturo alla raccolta del capitale di rischio spingerebbe progressivamente le aziende ad aumentare il proprio capitale sia
Stefano Caselli, professore ordinario di Economia degli intermediari finanziari presso l’Università Bocconi
Stefano Caselli
attraverso l’impegno diretto dei soci esistenti sia attraverso il ricorso a fondi di private equity e al mercato di borsa, per le aziende più evolute. La forza patrimoniale costituisce la premessa e la base per la competitività del sistema». Quali sono le possibili linee di intervento sul territorio? «Le linee di intervento sul territorio possono passare attraverso tre ambiti di azione distinti. In primo luogo, è necessario che le aziende di piccola e di media dimensione siano supportate nell’apprendimento a comunicare le proprie caratteristiche e le specifiche finanziarie
del proprio piano industriale al sistema finanziario. In piccolo, come avviene per la raccolta delle risorse sui mercati azionari e obbligazionari, le aziende devono imparare ad incontrare la comunità finanziaria e in questo sia le associazioni industriali sia i confidi piuttosto che le stesse banche devono agire ad ampio raggio con i propri servizi. In secondo luogo, le forme di concessione delle garanzie portate dai confidi devono essere ulteriormente potenziate, soprattutto attraverso aggregazioni importanti fra i confidi stessi. In terzo luogo, una politica dell’equity diffusa e capillare, che avvicini significativamente le aziende minori agli investitori. In quest’ultimo ambito, l’idea del fondo italiano di private equity è un significativo passo avanti in questa direzione». In presenza di bilanci sempre più rigidi e di una spesa pubblica contenuta, cosa comporta il trasferimento di risorse pubbliche ai confidi? «Il trasferimento di risorse ai confidi ha un senso se indirizzato a scelte chiare e coerenti rispetto al bisogno di sostegno delle pmi. In
LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 107
ACCESSO AL CREDITO
Senza un irrobustimento del capitale di rischio difficilmente le aziende otterranno buoni rating
questi termini, il trasferimento di risorse, ad- potrà essere la sua evoluzione? dizionale rispetto alla quantità storica necessaria per lo svolgimento della prestazione della garanzia, potrebbe essere subordinato all’assunzione di decisioni strategiche rilevanti da parte dei confidi: le aggregazioni, il supporto alle operazioni sul capitale di rischio, la prestazione di garanzia a lungo termine. Un incentivo fiscale o di sostegno finanziario potrebbe essere rivolto quindi a quei confidi che decidono di fondersi per dare vita a organismi più grandi e incisivi sul territorio. Per le operazioni sul capitale di rischio, il sostegno finanziario dovrebbe invece essere dato a quei confidi che offrono la garanzia a fronte delle eventuali linee di credito di cui gli azionisti potrebbero avere bisogno o per capitalizzare direttamente l’impresa o per procedere al buyback di azioni a fronte dell’uscita di fondi di private equità. Infine, il trasferimento di risorse potrebbe essere destinato a qui confidi che offrono la garanzia mutualistica a sostegno di operazioni di finanziamento a medio termine, ossia comprese fra i 5 e i 10 anni, per consentire la realizzazione di investimenti industriali importanti». Come vede il ruolo dei consorzi e quale 108 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
«I consorzi fidi hanno avuto un ruolo storico fondamentale di mutualità e di aggregazione fra imprese piccole per permettere l’accesso al credito a tassi più bassi. In presenza di un sistema bancario meno sofisticato e di tassi di interesse a doppia cifra fra gli anni Settanta e gli anni Ottanta, tale attività è risultata sicuramente importante. Oggi e in prospettiva, il senso della mutualità e del servizio alle imprese deve evolvere non tanto sotto il profilo della mutazione dei valori - che devono essere difesi - ma sotto il profilo della legittimazione competitiva nel nuovo contesto creditizio e finanziario. Ciò significa che la capacità di produzione della garanzia deve essere accompagnata da una chiara capacità di intervento nel processo di assegnazione del rating, così come l’intervento del confidi deve articolarsi secondo l’ampio spettro di tutte le forme di finanziamento necessarie per l’impresa (finanziamenti all’export, lungo termine, capitalizzazione). Al riguardo, un processo di concentrazione sostanziale dei confidi, teso a fare “massa critica”, ad attrarre competenze ma sempre rispettoso del localismo appare inevitabile e necessario».
MERCATO DELL’ARTE
L’arte come bene rifugio è in espansione Secondo l’osservatorio Nomisma è in crescita il giro d’affari complessivo dell’arte moderna e contemporanea in Italia. Il 2010 segna un incremento del 2,7 per cento e le aspettative dei galleristi fanno ben sperare Paola Maruzzi opo il calo precipitoso del 2009, la compravendita dei beni artistici riprende fiato. Secondo la precisa analisi condotta dall’osservatorio Nomisma, «questa forma di business risulta ancora sottile e frammentaria, soprattutto se si pensa alla dimensione economica raggiunta dalle transazioni del mercato dell’arte italiano nel suo complesso, stimata in poco più di 1 miliardo di euro rispetto ad altri settori economici». L’immobiliare, ad esempio, vale circa 110 miliardi di euro annui. Va comunque sottolineato che la performance risulta penalizzata da alcune peculiarità specifiche del mercato dell’arte in Italia, «caratterizzato da una rilevante quota di scambi sommersi e da una scarsa attrazione esercitata verso nuovi investitori-collezionisti». Sulla buona strada anche le prospettive future: gettando uno sguardo lungo sul 2011, si scopre che oltre il 60 per cento dei galleristi ritiene che il valore degli scambi del comparto dell’arte contemporanea risulterà costante o in lieve aumento. L’aspettativa è ancor più positiva se ci si riferisce all’arte moderna. Una riflessione a parte va fatta sui canali di vendita, che mostrano in controluce i due principali competitor tenersi testa. Se da una parte non stupisce che nel primo semestre del 2010 predominano gli acquisti in gallerie, che si aggiudicano il 51,81 per cento di opere, dall’altra cresce la quota intermediata dalle case d’asta rispetto allo stesso periodo dell’anno prece-
D
110 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
dente. Un salto in avanti notevole visto che si passa dal 33,38 a 42,19 per cento. Immediato il commento: «è il segnale evidente che la strategia delle case d’asta sembra essere stata più adeguata a fronteggiare la crisi economica». Interessante è poi il leggero aumento (da 1,04 a 2,23 per cento) del “grande collezionismo”, quello cioè orientato all’acquisto di opere di valore superiore a 300mila euro. Significativa, invece, la riduzione del “piccolo collezionismo” (da 81,34 a 77,42 per cento), basato su acquisti che non superano le 20mila euro. «Se da un lato si può considerare accresciuta la selezione di opere di qualità da parte degli acquirenti per tutti i segmenti, dall’altro lo spostamento verso il basso della fascia di prezzo a cui vengono proposte e acquistate le opere d’arte, verificatori nel pieno della crisi del biennio 2008-2009, può ritenersi esaurito».
158 mln EURO
È il giro d’affari dei beni artistici registrato da Nomisma nel 2010
+ 2,23% OPERE Rispetto al 2009 è cresciuto l’acquisto di opere di valore superiore a 300mila euro
I dati Nomisma
«Se manca la passione, meglio non investire» Fino a che punto è legittimo perseguire un business «ad altissimo rischio», quando mancano i presupposti per comprendere e stimare non solo il mercato, ma soprattutto l’oggetto stesso dell’acquisto? Per Philippe Daverio, l’approccio del collezionista dell’ultima ora lascia il tempo che trova. Insomma, «se non si hanno le idee chiare meglio lasciar perdere». Una provocazione mirata, che rimette al centro il ruolo di contagio che i galleristi dovrebbero riscoprire. «Le gallerie italiane hanno poco coraggio, dovrebbero osare di
più». Ben vengano, quindi, iniziative trasversali che, coinvolgendo un pubblico vasto, puntino i riflettori sugli artisti emergenti, che hanno sicuramente prezzi più abbordabili. «Quest’avvicinamento è molto positivo a patto però che chi acquista un quadro per poche migliaia di euro non creda poi di rivenderlo a prezzi esorbitanti». L’arte contemporanea deve aprirsi altre strade, fare “rumore”, anche se in modo poco ortodosso. «In questo senso internet costituisce un canale aggiunto, in netta espansione».
capacità di comportarsi come bene rifugio, e infatti sta mostrando risultati positivi in termini di rischio-rendimento. «L’investimento in arte batte quasi sempre quello in azioni, ma non riesce a sostenere il passo dell’oro. Da sottolineare, però, una marcata differenza tra il ritorno ricavabile sul mercato internazionale rispetto a quello italiano, nonché il divario, rilevato nel nostro Paese, tra l’andamento dei comparti moderno e contemporaneo. A partire dal 1995, l’investimento in opere d’arte scambiate a livello internazionale ha restituito un rendimento medio annuale dell’1,9 per cento. Si tratta di un risultato non elevato se comparato ai tassi di crescita fatti segnare dagli altri asset d’investimento, ma sicuramente positivo in virtù della protezione garantita rispetto all’inflazione. Significativa è poi è la differenza di comportamento, sul mercato italiano, tra il comparto moderno e quello contemporaneo, sia nel lungo peVALORE DEGLI SCAMBI DI OPERE MODERNE E CONTEMPORANEE IN ITALIA SOGGETTE A DIRITTO DI SEGUITO riodo che in reazione alla 2009 2010 2009 2010 recente crisi economica. Il euro percentuali primo è cresciuto molto velocemente nel periodo ANTIQUARI 427.700 167.650 0,84 0,32 1995-2010, con un tasso CASE D’ASTE 17.047.153 22.164.641 33,38 42,19 di rendimento medio anGALLERIA 32.941.929 27.219.498 64,51 51,81 nuale del 3,9 per cento, diALTRO 546.662 2.863.555 1,07 5,45 mostrando così di sapere NON DICHIARATO 99.367 123.600 0,19 1,81 reggere meglio il colpo asTotale 51.062.811 52.538.943 100 100 Fonte: Banca dati Nomisma su dati ufficiali di mercato sestato dalla crisi. Philippe Daverio, critico d’arte e conduttore televisivo
Rimane assolutamente disomogenea la distribuzione territoriale delle vendite, che segna un netto divario tra nord e sud. In sole tre regioni, cioè Lombardia, Veneto e Piemonte, «è stato intermediato il 77,13 per cento dell’intero valore degli scambi del primo semestre del 2010. Tale concentrazione è aumentata soprattutto in Lombardia, a scapito della Toscana, anche se il dato potrebbe essere con ogni probabilità influenzato dalla diversa politica commerciale posta, in concomitanza con la crisi economica, dagli operatori del settore». In altre parole, «alcune gallerie meno strutturate e più in difficoltà, per esempio, potrebbero non avere più “rischiato di alimentare il magazzino”, acquistando esse stesse le opere dagli artisti per poi collocarle sul mercato secondario e avrebbero, invece, preferito l’intermediazione pura delle opere degli artisti sul mercato primario». In definitiva l’arte sembra avere ancora buone
LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 111
MERCATO DELL’ARTE
Gallerie, connettori di opportunità Pilotano la compravendita dei beni artistici e vanno in avanscoperta di nuove tendenze. Per Massimo Di Carlo le gallerie sono ancora strategiche nell’incrementare il flusso dei collezionismi Paola Maruzzi
Massimo Di Carlo, presidente dell’Associazione nazionale delle gallerie d'arte moderna e contemporanea
112 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
rte e potere economico, due “storie” da sempre intersecate almeno sin dai tempi di Paul Durand-Ruel, l’imprenditore parigino che, cogliendo in tempi non sospetti le potenzialità di Monet, Pissarro e Degas, a buon ragione si può considerare il primo gallerista moderno. Nonostante i canali di diffusione si moltiplichino e il network dell’arte si stia sganciando dal rigore istituzionale degli spazi espositivi in senso stretto, Massimo Di Carlo insiste sulla centralità del gallerista, figura chiave nel mercato dei beni artistici. In questo, il “fiuto” italiano è ancora fortemente competitivo. Sulla scena nazionale, spicca Milano, la città con il più alto numero di imprese operanti nel settore della commercializzazione di oggetti d’arte. Delle quasi 200 gallerie iscritte all’Angamc, un quarto si trova nella capoluogo lombardo, che conferma la sua solida leadership. In un’ottica globale, come vede oggi la funzione promozionale, commerciale e culturale delle gallerie? «Attualmente le gallerie, assieme ai musei, sono le uniche realtà che promuovono le arti visive attraverso esposizioni personali e a tema, sostenendo la formazione e la crescita degli artisti. Per quanto riguarda l’aspetto commerciale, due sono i protagonisti della scena: le case d’asta e le gallerie. Le prime hanno sottratto alle seconde, negli ultimi anni, cospicue quote di mercato. È bene precisare che le case d’asta, a differenza delle gallerie, sono per loro natura abili intermediari finanziari e nient’altro; le gallerie, invece, si fanno garanti in prima persona della qualità e della autenticità delle opere proposte ai collezionisti sulla base di un rapporto essenzialmente fiduciario». Nel mondo crescono le mostre mercato, capaci di attrarre anche un pubblico gene-
A
Massimo Di Carlo
Dall’alto, interno del Salone di Art Basel nell’edizione del 2009; performance di William Cobbing; l’artista Gianni Piva, presente alla fiera internazionale di Basilea 2010
Alla fiera di Basilea ampio risalto è dato alla ricerca artistica italiana, rappresentata talvolta da veri e propri capolavori
rico. Come dovrebbe cambiare il ruolo delle gallerie per attrarre nuove forme di compravendita? «La partecipazione a una fiera mercato permette di avvicinare nuovi collezionisti; resta comunque il fatto che il luogo per eccellenza deputato alle proposte e all’attività economica deve essere e rimanere la galleria». Le gallerie leader sono in grado di pilotare il mercato, creando una domanda a favore di un artista piuttosto che un altro. Fino a che punto è legittimo parlare di investimento dell’arte quando in gioco entra la componente emotiva? «La crescita delle quotazioni economiche di un artista è direttamente proporzionale alla sua affermazione. L’investimento in opere d’arte si fonda sulla combinazione di tre fattori: curiosità e desiderio di crescita culturale, differenziazione degli investimenti e, assai spesso,
volontà di acquisire uno status symbol». Gli artisti italiani hanno un respiro sui mercati internazionali? «La risposta è positiva. Due esempi chiarificatori. Il primo è dato dalla realizzazione di aste dedicate esclusivamente all’arte italiana moderna e contemporanea organizzate in ottobre da Christie’s e Sotheby’s a Londra, ormai da un decennio. Le aggiudicazioni raggiungono valori milionari, a riprova del crescente interesse rivolto ai nostri artisti a livello internazionale. In secondo luogo è opportuno evidenziare come alla fiera di Basilea, la più importante nel settore del moderno e contemporaneo, tra le 300 maggiori gallerie a livello mondiale invitate la quota della rappresentanza italiana è tra l’8 e il 10 per cento. In questa kermesse, organizzata ogni anno nel mese di giugno, ampio risalto è dato alla ricerca artistica italiana, rappresentata talvolta da veri e propri capolavori proposti anche da gallerie straniere di primaria importanza». Chi sono i giovani emergenti da tenere d’occhio? «Alessandro Roma, Andrea Galvani, Francesco Gennari e Luca Trevisani». Crede che lo sviluppo dell’art banking possa creare anche un circuito virtuoso tra galleristi e nuovi acquirenti? «Come si è già detto, la galleria d’arte è il luogo per eccellenza dove si forma il gusto del collezionista. Ne consegue che il gallerista, in quanto interlocutore primario tra artisti, istituzioni pubbliche, studiosi e collezionisti, svolge una funzione fondamentale all’interno del sistema dell’arte sommando in sé competenze economiche e culturali ad ampio raggio. In tale contesto l’art banking, nella figura dell’art advisor, pur rivestendo un ruolo collaterale, può attivare nuovi “corto circuiti” ponendosi come ulteriore elemento di raccordo tra nuovi acquirenti e galleristi». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 113
MERCATO DELL’ARTE
Il lato accessibile dell’arte contemporanea Abbassare la soglia del collezionismo d’elite e consegnare il mercato dell’arte a un pubblico in crescita. Il format british di Affordable Art Fair ha conquistato anche Milano. Marco Trevisan, direttore dell’edizione italiana, pensa già al prossimo appuntamento Paola Maruzzi a 100 a 5mila euro: è stata la politica “sfacciata” del prezzo trasparente ad aver scandito il successo di Affordable Art Fair, conclusasi lo scorso febbraio. Ma la mostra mercato, che al suo dodicesimo anno di vita ha raccolto 800mila visitatori e qualcosa come 130 milioni di pezzi unici venduti, è molto di più che un gioco al ribasso. La forza sta, al contrario, nell’aver trasformato la piazza low cost in punto di incontro: tra galleristi italiani e internazionali, firme emergenti, volti noti e un vastissimo pubblico “generico” che aspetta solo di essere stimolato nel modo giusto per innescare la scintilla dell’acquisto. Il concept dell’evento è far affiorare un desiderio latente, possibile anticamera di un nuovo tipo di mecenatismo: giovanile, acculturato e disposto a scommettere «con leggerezza» sul mercato del pezzo unico. Lo ricorda Marco Trevisan, spiegando che «l’arte è investimento, ma Affordable Art Fair è soprattutto istinto. Solo così iniziano le vere passioni. Poi negli anni i nuovi collezionisti possono affinare e approfondire i loro gusti, ma in questa fase il nostro compito è quello di garantire la qualità della proposta e facilitare il primo contatto con il mercato». In sintesi, la strategia del marketing culturale.
D
Marco Trevisan, direttore dell’edizione milanese di Aaf. Nell’altra pagina, alcuni momenti della mostra mercato presso Superstudio Più
114 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
In che modo la mostra-mercato attrae nuove forme di business, trasformando la curiosità del visitatore in potenzialità d’acquisto? «Tre le leve per allargare il bacino d’utenza: proporre la trasparenza dei prezzi e informazioni, obbligando le gallerie a esporre il costo dell’opera, creare un ambiente rilassato, quindi far sentire il visitatore a proprio agio e adoperare una strategia di marketing mirata e semplice. In questo modo si abbassa il timore reverenziale tradizionalmente legato all’arte, una resistenza dovuta principalmente a percezioni sbagliate, per esempio quella secondo cui si pensa che un quadro debba costare necessariamente decine di migliaia di euro. Eppure non è sempre così. Se le gallerie respingono il grande pubblico, perché sono vissute come luoghi ingessati, Art Fair risponde con musica diffusa, free cocktail, workshop, performance e chiacchierate culturali. In questo modo quasi un visitatore su cinque acquista un pezzo: una media notevole». Qual è l’identikit dell’acquirente che colleziona nuovi talenti? «Il target di Affordable Art Fair, che ha già fatto il giro delle principali capitali mondiali, è ben definito: l’80 per cento dei visitatori ha tra i 25 e i 39 anni, ha un diploma di laura, buone disponibilità economiche e lavora come libero professioniste o impiegato. Ma, soprattutto, ha un inte-
Marco Trevisan
resse per l’arte che non può assolutamente definirsi univoco. Anzi, quest’inclinazione si sposa con settori paralleli, come la moda e il design». Il low cost non rischia di “declassare” la percezione dell’arte, facendo collassare il mercato? «Al contrario. Il mercato dell’arte ha bisogno di altri canali, di presentare i giovani artisti. Il vero problema è che l’arte contemporanea viene vissuta con distacco, quando invece dovrebbe essere continuamente alimentata da nuovi estimatori. Ciò non significa accogliere acriticamente ogni proposta: un comitato di esperti ha il compito di valutare la qualità delle opere. A ogni modo riteniamo giusto che il prezzo di un’artista emergente non superi la soglia delle 5mila euro. Questo è anche un modo per incrementare la nuova generazione di collezionisti». Quali altri “incroci” possono ulteriormente avvicinare il pubblico generico all’arte contemporanea? «Sicuramente sarà strategico lavorare in sinergia con i mercati “cool”. Il fatto che l’ideatore
di Aaf, Will Ramsay, sia diventato testimonial della campagna pubblicitaria internazionale di Blackberry, prova la riuscita brand, naturalmente portato a relazionarsi con marchi che fanno tendenza. Questa trasversalità ci aiuta a intercettare il pubblico e il mondo imprenditoriale». L’accessibilità è un concetto mutuato dal marketing della rete. Come la logica virale del network sta dando nuovo ossigeno al mercato dell’arte contemporanea? «Nel nostro caso, la rete è servita per fare “rumore”. Per esempio ha veicolato un’inedita iniziativa, quella di regalare nastri color magenta, spingere le persone a improvvisare performance e caricare le foto sulla nostra pagina facebook. Questo ha creato una grandissima aspettativa, che si è poi tradotta in flusso di visitatori». La prossima tappa italiana di Aaf? «Sicuramente, visto il successo, replicheremo a Milano. Intanto stiamo valutando altre destinazioni. In ballo Torino, Bologna e Roma, la più probabile».
60
GALLERIE Le gallerie che hanno partecipato all’edizione milanese di Aaf. Quasi 10mila i visitatori totali durante i quattro giorni
mln EURO
È il giro d’affari delle opere vendute a Milano: in media quasi 17mila euro per ogni galleria che ha preso parte all’evento
LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 115
CAVALIERI DEL LAVORO
Il maestro dell’eleganza Rispetto per i concorrenti ed etica prima di tutto. A colloquio con Carlalberto Corneliani, da 50 anni alla guida di un’impresa che porta la classe italiana nel mondo Michela Evangelisti
el 1958, assieme al fratello Claudio, ha assunto la conduzione dell’azienda di famiglia, orientando la produzione sulla fascia alta sartoriale e portando il marchio ai vertici nel settore dell’abbigliamento a livello internazionale. È Carlalberto Corneliani, un nome che richiama alla mente le linee nette e flessuose di una moda maschile il cui scopo «non è sbalordire né travestire gli uomini, ma esaltare la loro personalità, attraverso capi innovativi, di grande qualità, però mai sopra le righe». Carlalberto Corneliani, saldamente alla guida della sede di Mantova, ancora il fulcro di una ricerca dell'eccellenza artigianale che oggi sposa l’hi-tech e ha cuori pulsanti in tutto il mondo, è anche presidente e amministratore delegato della Abital SpA e della Symbol SpA e vanta una notevole esperienza nel campo dell’associazionismo. Nel 1991 è stato nominato Cavaliere del lavoro. Cosa ha significato per lei questa onorificenza? Quali impegni e responsabilità ha portato con sé? «Il riconoscimento premia una vita di lavoro e di risultati ottenuti e, non ultimo, un modo di rapportarsi agli altri. Sono stato sicuramente molto felice di essere nominato Cavaliere, anche perché non me lo aspettavo; molti faticano a crederci, perché è un riconoscimento molto ambito e c’è chi lotta per ottenerlo, ma io sono stato colto di sorpresa con una telefonata. La responsabilità per me è quella di continuare sulla strada che ho sempre praticato, impegnandomi al massimo nella società civile, con grande rispetto per tutte le persone che incontro, lavorando con passione e dedizione, e naturalmente seguendo un’etica, comportandomi in modo da non turbare gli altri e in maniera coerente con
N
122 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
lo stile di vita di una persona per bene». L’azienda ha mosso i primi passi negli anni 30 a Mantova e ora ha negozi sparsi in tutto il mondo; nel 2010 è stato avviato un vasto programma di espansione, che verrà rafforzato con l’apertura di cinque nuove boutique a breve in Cina. Quali sono i segreti per imporsi nonostante la concorrenza sul mercato internazionale, anche in tempi di recessione? «Noi continuiamo nel nostro percorso, nel massimo rispetto dei competitors che teniamo sem-
Carlalberto Corneliani
Dobbiamo operare con grande attenzione alla qualità e presidiare le nicchie, vendendo non solo il prodotto ma anche il sogno
pre sotto controllo, perché dall’osservazione dei concorrenti c’è sempre molto da imparare. Proseguiamo nel solco della qualità e dell’innovazione, consapevoli che l’abito è parte fondamentale del modo che le persone hanno di presentarsi: quando si vestono è come se avviassero un discorso con gli altri». Quali sono i suoi progetti per il futuro? «Andare nella direzione di un’espansione verso i Paesi emergenti, senza perdere di vista i nostri primi mercati, quelli occidentali, sui quali abbiamo una serie di clienti e di negozi importanti. L’intento però è quello di muoversi sempre in maniera controllata: niente sortite estemporanee, ma solo progetti ben programmati, che abbiano un inizio e una fine felici». Corneliani è un’azienda attenta alle manifestazioni di qualità, specialmente se connesse alla sua terra d'origine. Quanto il mecenatismo delle grandi imprese può influire sulla crescita del territorio e sullo sviluppo delle imprese stesse? «Più che sullo sviluppo del territorio influisce sul rapporto tra le persone, improntandolo maggiormente alla socialità e alla convivenza civile; e aiuta la conservazione della nostra grande cultura. Ci vorrebbe più attenzione alle tradizioni. Essere moderni e liberi va bene, ma est modus in rebus: non è il caso di guardare cosa fanno gli altri dal buco della serratura».
Il marchio di famiglia è sinonimo italianità. Quali sono oggi i punti di forza del made in Italy e il suo impatto sul panorama internazionale? «Il made in Italy, fatto di buon gusto e cura dei particolari, viene da molto lontano: non dobbiamo dimenticare le nostre origini nelle botteghe del rinascimento, ai tempi in cui i nostri artigiani dettavano legge in tutto il mondo. Made in Italy vorrebbe dire innanzitutto un prodotto interamente realizzato in Italia: il lusso non deve mai distaccarsi dal luogo d’origine, altrimenti può chiamarsi moda, ma non lusso. Il nostro made in ha al momento sicuramente dei problemi, soprattutto per quanto riguarda la fascia medio bassa del mercato, che non può più essere nostro appannaggio considerata la legislazione generale, che impone determinate norme da rispettare a tutela della salute, e il costo orario del lavoro (da noi fino a 10-15 volte superiore a quello della Cina o dei Paesi dell’est). Dobbiamo quindi operare con grande attenzione alla qualità e presidiare le nicchie, soprattutto nel settore dell’abbigliamento, che distribuisce prodotti realizzati veramente a mano; per poter scaricare il costo di questo lavoro dobbiamo vendere non solo il prodotto ma anche il sogno, e mantenerci nell’alta gamma del mercato».
Il Cavaliere del lavoro Carlalberto Corneliani, con gli altri componenti della famiglia Maurizio, Sergio, Corrado e Cristiano
LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 123
CAVALIERI DEL LAVORO
Le cifre del successo sotto i riflettori La moda è «determinante sia per il significativo apporto alla bilancia commerciale sia per il contributo importante che dà al mondo del lavoro». La parola al presidente della Camera nazionale della moda Mario Boselli Nike Giurlani
re i punti chiave sui quali Mario Boselli vuole puntare: il fast fashion, internet e la lotta alla contraffazione. Senza, però, tralasciare la promozione della moda italiana all’estero con iniziative «in giro per il mondo per far conoscere i nostri stilisti, soprattutto i giovani». L’obiettivo? «Spero che il clima d’armonia e d’unitarietà d’intenti degli stilisti dimostrato ultimamente si consolidi» conclude Boselli. Rispetto alla Francia che ha riportato un saldo negativo, l’Italia ha registrato 12 miliardi di euro di attivo sulla bilancia commerciale. Che ruolo ricopre il settore tessile-abbigliamento per l’economia del nostro Paese? «Sì, la nostra bilancia commerciale è in attivo, a differenza di quella francese. Il ruolo del nostro settore è determinante, sia per il significativo apporto alla bilancia commerciale che copre una gran parte di deficit, sia per il contributo importante che dà al mondo del lavoro e soprattutto all’occupazione femminile. Ricordo che la filiera del tessile-abbigliamento-moda offre lavoro a 700 mila addetti e ricopre quindi un ruolo determinante per l’economia italiana». Quest’anno è stato rieletto per la quarta volta consecutiva presidente della Camera nazionale della moda italiana. Quali sono
T
124 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
le iniziative che intende portare avanti per sostenere le aziende associate per superare questo delicato momento economico? «Continuiamo, per esempio, a portare avanti iniziative sul fronte della promozione della moda italiana all’estero. Oltre agli eventi, che organizziamo in giro per il mondo per far conoscere i nostri stilisti, soprattutto i giovani, manteniamo stretti rapporti con il ministero dello Sviluppo economico e con l’Istituto nazionale per il Commercio estero. Vorrei citare l’accordo quadro che abbiamo firmato il 17 maggio 2010, con la finalità di rendere massime le sinergie tra l’azione nazionale pubblica e quella privata nel processo d’internazionalizzazione del settore moda». Lei ha più volte posto l’accento sull’importanza di aprirsi alle realtà del fast fashion, per quale motivo? «Sì, è vero, l’attenzione al fast fashion è uno dei tre assi sui quali la Cnmi intende muoversi in questo triennio, unitamente agli altri due che sono le nuove frontiere d’internet e la lotta alla contraffazione. Il fast fashion è importante perché è una risposta italiana, e quindi di qualità, alle sfide portate al nostro sistema moda dalle catene delle grandi superfici specializzate». La moda, attraverso i nuovi mezzi multimediali, sta diventando più democratica?
Mario Boselli
Il presidente della Camera nazionale della moda italiana, Mario Boselli
Il fast fashion è importante perché è una risposta italiana, e quindi di qualità, alle sfide portate al nostro sistema moda dalle catene delle grandi superfici specializzate
«Più che per un fatto di democraticità, io penso sia naturale che la moda, essendo sempre stata avanti, usi tutti i nuovi mezzi multimediali a disposizione». Quali obiettivi spera di raggiungere alla fine del suo quarto mandato? «Spero che il clima d’armonia e d’unitarietà d’intenti degli stilisti dimostrato ultimamente si consolidi e faccia in modo che tutto il mondo della moda, stilisti e imprese, si riconoscano in Cnmi come ente catalizzatore del sistema». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 125
CAVALIERI DEL LAVORO
Sapori italiani che guardano oltre confine Ha iniziato a lavorare giovanissimo e continua a farlo con passione. Gianni Angelo Stoppani, presidente di Peck, racconta una storia di orgoglio, qualità e sapori eccellenti Michela Evangelisti
l suo è uno dei negozi di alimentari più belli del mondo: due piani dedicati interamente al gusto (più una ricchissima cantina) che illuminano via Spadari e via Cantù con le loro vetrine meravigliose e affollate di formaggi e salumi, pasta, dolci, conserve, sott’oli, tè e caffé. Angelo, Mario e Remo Stoppani arrivarono a Milano come semplici garzoni a metà degli anni 50 da Corticelle Pieve, nel bresciano. Presto furono raggiunti anche dal fratello minore Lino, fresco di studi economici, e divennero i continuatori ideali di un’attività tramandata di mano in mano fin dal 1883. «La soddisfazione più grande è stata quella di convincere mio padre, che all’inizio non condivideva la mia intraprendenza, della bontà e serietà dei miei propositi imprenditoriali – racconta il Cavaliere Gianni Angelo Stoppani –. Non l’ho mai persuaso pienamente, ma persone vicine m’informavano dell’orgoglio con il quale seguiva l’evolversi delle iniziative che avevo avviato con i miei fratelli». Nel 2003 è stato nominato Cavaliere del lavoro: cosa ha significato per lei questo riconoscimento? Quali impegni e responsabilità ha portato con sé? «È stato un riconoscimento che mi ha commosso, oltre che onorato, e che ha premiato con me tutti coloro che hanno condiviso il mio percorso imprenditoriale, i miei fratelli innanzitutto. Il mio impegno maggiore oggi è quello di trasfe-
I
126 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
rire a mio figlio e ai miei nipoti, a cui dovrò passare il testimone, non solo competenze e conoscenze, ma anche i valori dell’impresa, costituiti da conti economici ma anche da fattori morali, civili, sociali, soprattutto quelli che devono caratterizzare i rapporti con il personale, patrimonio importante per tutte le aziende. Il riconoscimento, infine, impone l’obbligo dell’eccellenza, che va mantenuta o perseguita, anche per non stonare nel coro degli straordinari imprenditori insigniti dell’onorificenza, che sicuramente contano numeri e meriti superiori ai miei». Lei ha iniziato a lavorare giovanissimo. Che cosa pensa dei giovani che vogliono affacciarsi oggi sul mondo dell’imprenditoria italiana? «Aver iniziato a lavorare presto è stato imposto dai bisogni, ma è stata una prassi molto diffusa tra la mia generazione. Oggi, invece, i giovani si avvicinano al lavoro in età molto più avanzata, per molti aspetti troppo tardi, e in questo ritardo, a volte, si coltivano comodità e pigrizie che impediscono lo sviluppo di una personalità e di un carattere preparato alle difficoltà della vita. I sacrifici dell’età giovanile sono investimenti per il futuro della persona: iniettano anticorpi che ir-
Il Cavaliere del lavoro, Gianni Angelo Stoppani
Gianni Angelo Stoppani
La concorrenza va affrontata curando la qualità del prodotto ma anche del servizio
robustiscono la persona, nel corpo e nella mente». Di cosa c’è bisogno per far funzionare le attività nel suo settore? «Tutte le attività, per affermarsi e crescere nel tempo, hanno bisogno di alcuni capisaldi, che sono la passione, la competenza, la costanza e la serietà, alle quali devono poi sposarsi anche un po’ di esperienza e di capacità. Il nostro settore presenta obiettive difficoltà: la Gdo ha accentuato gli aspetti della concorrenza, che va affrontata con attenzione rigorosa alla qualità del prodotto ma anche del servizio e dell’ambientazione degli esercizi. Sono indispensabili quindi investimenti mirati nella selezione dei fornitori, nei processi di conservazione, stagionatura e trasformazione dei prodotti, nella formazione del personale. Infine non bisogna mai perdere d’occhio le esigenze del cliente, il quale deve trovare un rapporto diretto e corretto nel suo momento di spesa». Peck è sinonimo di legame con la tradizione ma anche di continuo e lungimirante rinnovamento. Il negozio on line di Peck (aperto nel 1999) è stato uno dei primi nel suo genere. Quali altri progetti avete in cantiere? «Il commercio elettronico è un servizio aggiuntivo, non ancora però decisivo nel business, che sconta, almeno per Peck, la deperibilità dei prodotti, la fragilità e le barriere doganali. Grandi prospettive, invece, esistono nella possibilità d’internazionalizzazione del marchio, campo nel quale stiamo portando avanti molti progetti, da aggiungere a quelli consolidati e redditizi, sul Giappone, su Dubai (dove siamo presenti con la nostra gastronomia e i nostri servizi all’interno dell’Armani Hotel) e in alcuni Paesi europei, e che dovrebbero farci fare il salto decisivo. Non è facile, anche per la particolarità del prodotto e le tradizioni gastronomiche e culturali dei Paesi, ma questo è un versante pieno di opportunità che stiamo coltivando». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 127
CAVALIERI DEL LAVORO
Si diventa leader anticipando il mercato Relazione di fiducia con i clienti. Una formazione tecnica specializzata di alto livello. E un’estensione della tipologia dei prodotti. Pierluigi Bernasconi spiega come Mediamarket affronta le contrazioni dei consumi Valentina Rossetti
n un momento di recessione, le aziende devono muoversi in direzione dei clienti, dovunque si trovino e non aspettare che siano loro a recarsi a comprare. Molte sono le possibili strategie, dal web a quelle più tradizionali, che arrivano dirette alle persone, come il volantino. L’amministratore delegato di Mediamarket, Pierluigi Bernasconi, spiega quali vie intraprendere per salvaguardare il rapporto con i consumatori. Mediamarket è tra le aziende leader nell’ambito della distribuzione non alimentare. Quali sono le strategie per sostenere questo primato? «Mediamarket è riuscita a conquistare la leadership nella grande distribuzione per la capacità di anticipare le tendenze di mercato, di proporre un modello di business innovativo e di ideare un format distributivo unico per tutti i negozi, con ampiezza e profondità di assortimento a prezzi concorrenziali, individuando le migliori location sul territorio. La nostra filosofia del “cliente al centro” è un tratto distintivo,
I
Pierluigi Bernasconi, amministratore delegato e direttore generale della società Mediamarket
128 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
riconosciuto come sinonimo di affidabilità. In questo periodo vendere significa avere molto più rispetto del denaro dei consumatori, con un migliore rapporto tra prezzo e qualità». I punti vendita Media World hanno fatto della riconoscibilità della propria immagine la loro forza. Questa strategia sarà valida anche in un’ottica di lungo periodo? «La forza di Media World risiede soprattutto nel proporre format innovativi capaci di distinguersi nettamente. Sperimentare è una nostra priorità per migliorare le nostre prestazioni ma una volta trovata una strategia appropriata tendiamo a mantenerla su tutti i punti vendita. Quello su cui si può puntare per differenziarsi sono multicanalità, multi specializzazione e una diversificazione dei prodotti e servizi. Multicanalità significa incontrare il cliente ovunque sia e offrirgli programmi di fidelizzazione attraverso carte multi vantaggi, possibilità di acquistare online e telefonicamente e infine un’assistenza capillare. La multi specializza-
Pierluigi Bernasconi
zione invece facilita le scelte del consumatore mediante strutture espositive dedicate in ogni settore merceologico e offrendo una consulenza di vendita globale e specialistica per interpretare i bisogni del cliente in modo diretto e distintivo. Per diversificazione, infine, intendiamo l’offerta di prodotti o servizi non strettamente legati al core business Mediamarket come libri, viaggi o biglietti di eventi». In che modo la distribuzione del settore elettronico ha risentito della contrazione economica? «È necessario conciliare l’operatività con le esigenze di una visione strategica a lungo termine. Per la distribuzione il lavoro non è facile perché a fronte di un fenomeno deflattivo non è semplice mantenere i risultati. Le quantità di prodotti venduti ora non sono diminuite, ma è sceso notevolmente il prezzo medio delle grandi famiglie di prodotti. Per affrontare la crisi diventa necessario continuare a migliorare il margine di vendita, tenendo presente che un
aumento dei prezzi al consumatore non è possibile. Benché oggi la pubblicità su volantino possa apparire un canale un po’ datato resta per noi ancora il miglior mezzo d’interazione con il cliente. Siamo stati i primi a elaborare un volantino che non fosse solo una vetrina ma anche uno strumento di consultazione tecnica, insieme al magazine». Come si stanno evolvendo le abitudini di acquisto degli italiani? «Stiamo assistendo a un crollo delle vendite del prodotto di fascia media a vantaggio del low cost e del bene di lusso. Il potere d’acquisto è diminuito, i consumatori sono più attenti nelle scelte e nel momento in cui decidono di comprare tendono a preferire il prodotto migliore nell’ottica di una maggiore durata nel tempo. Le vendite sono positive per tutti i prodotti migliorano la qualità del tempo che si passa in casa, ossia i piccoli elettrodomestici, l’elettronica ludica, i netbook di ultima generazione, i notebook e i televisori di ultima generazione. Particolarmente significativa è la crescita del mercato Internet. La sempre minore disponibilità di tempo, la diffusione di sistemi di sicurezza per i pagamenti come carte di credito ricaricabili e la sempre più frequente apertura di siti e-commerce hanno aperto nuovi orizzonti». Quanto incide nel settore dell’elettronica il canale di vendita online? «Le vendite ottenute attraverso il nostro sito sono in crescita. Molto utilizzati sono anche i servizi, come la stampa delle foto e i download di film. Il nostro approccio è comunque di gestire il sito come un canale integrativo nella nostra strategia. Nei negozi sono disponibili delle card utilizzabili per il download di brani musicali o di film sul sito. In una corretta strategia multicanale quindi il punto vendita e il sito e-commerce permettono di disporre di percorsi complementari per arrivare al consumatore finale». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 129
Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Gabriele Fava
Pari opportunità negli organi direttivi delle società quotate di Gabriele Fava Giuslavorista e chairman dello studio legale Fava & Associati
n fatto di presenza femminile nel mondo imprenditoriale, l’Italia risulta essere piuttosto indietro rispetto al resto d’Europa. Il nostro Paese si piazza infatti solo al ventinovesimo posto (su 33 Paesi censiti dalla Commissione europea) per numero di donne presenti nei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa. Ciò contrasta con la rilevata maggiore capacità delle società a guida femminile di rinnovarsi e di incrementare i profitti. Una tendenza questa accolta da diversi governi europei come mezzo per uscire dalla crisi e rilanciare l’economia. Tranne l’Italia, dove le società a conduzione femminile purtroppo restano ancora una minoranza. Un piccolo spiraglio in questo senso è stato aperto dal disegno di legge bipartisan Golfo-Mosca sulle quote rosa nei CdA delle aziende quotate italiane; proposta legislativa che, dopo il sì del Senato accordato il 15 marzo 2011, è ora in via di approvazione alla Camera. Nonostante tale riforma sia focalizzata sul ristretto ambito delle società quotate, essa rappresenta in ogni caso un primo passo per un più congruo accesso alle cariche direttive e gestionali delle società. Il progetto è molto semplice. Esso va a incidere sulle modalità di elezione dei componenti del consiglio di amministrazione delle società quotate (art. 147-ter T.U.I.F.) imponendo che venga assicurato “l’equilibrio tra i generi”. Il criterio di riparto indicato dallo statuto deve quindi garantire una paritaria presenza di entrambi i sessi. L’utilizzo della formula neutra “generi” implica che non è scontato che la
I
parte debole sia solo quella femminile, rendendo la disposizione potenzialmente applicabile anche in caso di sbilanciamento al contrario (più donne che uomini). Quando l’equilibrio si considera raggiunto? Quando il genere meno rappresentato nell’organo amministrativo ottiene almeno un terzo degli amministratori eletti. Non basta quindi che la parità vi sia solo a livello di liste di candidati, ma anche a livello di numero di eletti. Ciò permette che le quote rosa siano concretamente rispettate, evitando elusioni oltre che i soliti escamotage interpretativi che ne minerebbero l’effettività. Preciso e delimitato è anche il concetto di “genere meno rappresentato”. Tale è il genere che, in occasione della tornata elettorale, ha conseguito il minore numero di seggi nel consiglio di amministrazione. Un criterio dunque “asettico” e pratico. Infine la proposta prevede di affidare alla Consob il compito di elaborare, con proprio regolamento, l’apparato sanzionatorio in caso di violazioni. Un cambiamento nelle procedure di elezione dei consigli di amministrazione rappresenta un primo step, seppur piccolo, con potenziali effetti su larga scala. Esso può infatti dare avvio ad una stagione di attivismo legislativo importante per favorire l’accesso delle donne alla realtà economica e societaria, aprendo nuove frontiere ad esempio nel campo delle agevolazioni fiscali e contributive. In ogni caso, una riforma come quella appena illustrata darebbe finalmente atto delle indubbie capacità dirigenziali e gestionali del genere femminile. LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 131
IMPRENDITORI DELL’ANNO
L’elettrochimica italiana studia nuove applicazioni Districandosi fra importanti operazioni di mercato e significativi investimenti nel campo dell’innovazione e della ricerca tecnologica, l’italiana De Nora è diventata protagonista dell’industria elettrochimica mondiale. Ne parla Federico De Nora Francesco Bevilacqua
el settore dell’elettrochimica, un’azienda italiana occupa un posto di rilievo all’interno del panorama internazionale. Si tratta della De Nora, fondata a Milano nel 1923 dall’ingegner Oronzio De Nora, che attraverso tre generazioni e quasi novant’anni di storia imposta la sua attività a livello internazionale. Da una decina d’anni la direzione è affidata a Federico De Nora, nipote del fondatore. «Siamo giunti alla terza generazione –afferma De Nora – mantenendo inalterata la nostra vocazione a servire l’industria con elettrodi e sistemi sempre più innovativi e rafforzando ulteriormente la leadership mondiale nel settore delle tecnologie elettrochimiche». Federico sottolinea che il 2010 è stato un anno assolutamente straordinario per l’azienda. «Abbiamo concluso una complessa operazione con il gigante Mitsui, che ha portato all’acquisizione del controllo di due società giapponesi, la Permelc Electrode, nei dintorni di Tokyo, e la Chlorine Engineer, vicino a Osaka, che possiede anche un importante stabilimento a Shangai. La prima sviluppa, produce e commercializza elettrodi mentre la seconda è specializzata nella costruzione di impianti per la produzione del
N
A fianco, Federico De Nora, amministratore delegato della De Nora www.denora.it
140 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
cloro e della soda caustica». Cloro e soda caustica sono due materie prime che entrano in numerosi processi a valle, come la produzione di plastiche, detergenti, disinfettanti e prodotti farmaceutici. È interessante sottolineare come lo sviluppo industriale di una nazione sia strettamente correlato all’impiego del cloro, tanto che l’aumento della sua domanda è un chiaro indicatore del tasso di sviluppo. «In questo momento storico infatti, lo sviluppo del nostro prodotto principale, cioè del cloro-soda, è garantito dagli importanti investimenti in atto in paesi come India, Brasile e soprattutto Cina», specifica Federico De Nora.
Federico De Nora
UN INPUT INTERNAZIONALE I
l gruppo De Nora viene fondato nel 1923 dall’ingegner Oronzio. Grazie ai ripetuti successi sui mercati internazionali, il nome dell’azienda diventa sinonimo di elettrochimica e i risultati delle invenzioni dell’ingegnere entrano a far parte dei libri di testo universitari. Alla fine degli anni settanta, dopo un lungo apprendistato, il figlio Niccolò subentra nella direzione dell’azienda. Se la peculiarità di Oronzio era la creatività, quella di Niccolò è la managerialità: con notevole anticipo sui tempi, introduce in azienda figure dirigenziali esterne alla famiglia e decide di rafforzare la presenza sui mercati internazionali aprendo filiali indipendenti nei paesi chiave del pianeta. Tra gli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta nascono così aziende De Nora in India, Brasile e Cina e viene avviata una prestigiosa collaborazione con i giganti statunitensi PPG e Dow Chemical. Alla fine degli anni novanta la terza generazione, rappresentata da Michele e Federico De Nora, figli di Niccolò, subentra nella gestione dell’azienda, che ha ormai assunto le dimensioni di una “multinazionale tascabile”. Michele sviluppa una sua attività indipendente sotto il marchio Norfin, mantenendo una quota di minoranza nell’azienda di famiglia, mentre Federico concentra i suoi interessi nella gestione industriale.
Quali sono i prodotti specifici di cui si occupa la De Nora a partire dall’avviamento della sua attività? «Sotto la guida dell’ingegner Oronzio De Nora, l’azienda si è dedicata sin da subito allo sviluppo di celle elettrolitiche per la produzione di ipoclorito di sodio impiegato nell’industria tessile; per tutta la sua lunga vita imprenditoriale Oronzio ha mantenuto vivo l’interesse sui processi d’innovazione applicati all’industria. Successivamente la società ha iniziato un percorso di sviluppo che ha vissuto una nuova accelerazione nell’immediato dopoguerra grazie all’introduzione di celle di nuova concezione per la produzione del cloro-soda. Da quel momento, grazie ai ripetuti successi sui mercati internazionali, il nome De Nora è diventato un punto di riferimento a livello mondiale per l’intero settore dell’elettrochimica». Che obiettivi avete individuato come
prioritari per gli anni a venire? «In primo luogo procedere nella fase di armonizzazione delle diverse culture acquisite nell’alveo dei valori del gruppo De Nora, cioè attenzione alle esigenze del cliente, perseguimento dell’innovazione, contenimento dei consumi energetici, miglioramento della qualità dei prodotti e del servizio. Ma il fondamento di tutto ciò risiede nell’approccio culturale e aziendale: trasformare un possibile problema in un’opportunità di crescita è una sfida difficile che il gruppo ha già affrontato con successo negli anni passati, l’ultima volta nel 2005,
LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 141
IMPRENDITORI DELL’ANNO
quando acquisendo Eltech, una società ame- anche alla crescita per vie interne, che avviene ricana, fu raddoppiato anche allora il fatturato». In questo particolare segmento, quali sono le strategie migliori per far crescere l’azienda? «Operando in un settore di nicchia, dove gli utilizzatori finali dei prodotti – cioè le società chimiche – hanno una mentalità conservatrice, solo l’acquisizione consente di conquistare fette di mercato in maniera rapida ed efficace. Il gruppo De Nora però non si basa solo su questo tipo di operazioni e grande importanza viene attribuita
È interessante sottolineare come lo sviluppo industriale di una nazione sia strettamente correlato all’impiego del cloro, tanto che l’aumento della sua domanda è un chiaro indicatore del tasso di sviluppo del paese
142 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
attraverso lo sviluppo di nuove applicazioni per settori non tradizionali come il trattamento delle acque. Le tecnologie elettrochimiche infatti, sono le più adatte a essere impiegate in ambiti quali la potabilizzazione e la disinfezione delle acque. Proprio per questo la tecnologia che sviluppiamo è presente in maniera diffusa presso le municipalizzate grazie alla joint venture con Severn Trent De Nora, società americana; un altro settore in cui siamo coinvolti è quello della fornitura di piccoli elettrolizzatori per le acque delle piscine e degli addolcitori delle acque domestiche». Ci sono in vista nuove iniziative? «Abbiamo da poco costituito una nuova società – la Mednora – per lo sviluppo di piccoli sistemi da impiegare in tutti quegli am-
Federico De Nora
bienti dove la presenza di batteri può nuocere alla salute, come gli allevamenti di animali, la lavorazione dei cibi, gli ambienti ospedalieri e così via. Siamo molto fiduciosi che questa nuova iniziativa possa affermarsi nei prossimi anni, garantendo un’interessante opportunità di crescita». Esistono particolari caratteristiche che gli operatori del settore dovrebbero possedere? «Essere impegnati in settori di nicchia costituisce una specificità che deve essere affrontata con grande attenzione. Non è infatti possibile acquisire sul mercato risorse con l’adeguata competenza elettrochimica, una specializzazione che oggi è purtroppo trascurata dalla formazione universitaria. Tutte le competenze tecniche e commerciali – perché anche il nostro reparto vendite ha una forte connotazione tecnica – provengono dall’interno, in particolare dall’area ricerca e sviluppo, alla quale l’azienda riserva una quota variabile tra il due e il tre per cento del fatturato». Quali sono le dimensioni attuali dell’azienda? La struttura dell’azienda può contare su oltre milletrecento dipendenti e garantisce la presenza diretta in otto nazioni con tredici sedi. Le acquisizioni appena concluse ci consenti-
ranno di raddoppiare il fatturato, giungendo così a valori superiori ai quattrocento milioni di euro». Oltre a lei, ci sono altri membri della famiglia che lavorano all’interno dell’azienda? «Mio fratello Michele è azionista di minoranza, ma ha un’attività propria nell’ambito della finanza con la società Norfin. Tutta la struttura manageriale è esterna alla famiglia. Questa decisione, che condivido, è stata introdotta da mio padre già alcuni decenni fa». Come immagina il futuro a lungo termine di De Nora? «Sono fermamente convinto che un’impresa familiare a gestione manageriale come la nostra abbia tutte le caratteristiche per giocare un ruolo importante sui mercati di tutto il mondo». L’accesso ai mercati azionari è quindi da escludere? «Non necessariamente, anche se al momento non ne vediamo l’opportunità. Qualora si profilassero delle occasioni per un’ulteriore crescita dimensionale, l’opzione non risulterebbe esclusa a priori, anche se la mia famiglia manterrebbe comunque una salda quota di controllo nell’azienda per trasferire il capitale tecnico e umano lasciato in eredità alla quarta generazione».
Nelle immagini, alcuni scatti effettuati nei laboratori De Nora di Milano
LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 143
IMPRENDITORI DELL’ANNO
Gli artefici bergamaschi dello sviluppo medicale Sono tanti i primati del Bioster Group, oggi guidato dalla seconda generazione della famiglia Bonomi. Una realtà che ha reso Bergamo capitale mondiale sul mercato della sterilizzazione. E che ha consentito in Europa un utilizzo alternativo degli impianti a radiazione ionizzante Andrea Moscariello
i conferma come una delle realtà mondiali più interessanti nel campo della sterilizzazione. Bioster Italia, capogruppo di una serie di aziende dislocate tra il nostro paese, l’Est Europa e il Nord Africa, sta conoscendo una nuova stagione di sviluppo. Il gruppo, dopo aver conquistato il settore del medical device e della reticolazione polimeri, è ora anche un importante nome nel campo dei trasporti e della logistica, sempre relativamente al medicale, oltre che un attore particolarmente impegnato sul fronte della ricerca. Un incipit rivolto costantemente all’innovazione frutto dell’eredità culturale del suo fondatore, l’ingegner Gianluigi Bonomi, recentemente scomparso. Un imprenditore che ha sempre compreso l’importanza di “guardare in avanti”, al futuro, senza mai accontentarsi o adagiarsi sugli allori. «La forma mentis dell’ingegner Bonomi è un’eredità preziosissima per il gruppo Bioster – spiega Mauro Bordogna, Chief Administration and Finance Officer -. Questa giovane realtà nata a Seriate, probabilmente ha sempre speso anche più di
S
Sotto, il management di Bioster: P. Bergamelli, G. Pezzotta, L. Bonomi, C. Bonomi, G. Ramponi, E. Ghilardi, M. Bordogna www.bioster.com
144 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
quanto poteva per continuare a investire in innovazione, ricerca e sviluppo». I risultati di questa politica, però, sono stati tutt’altro che negativi. Il gruppo bergamasco impiega all'incirca duecentoventi dipendenti con un giro di affari di oltre ventuno milioni di euro di servizi. Il core business è, da sempre, il servizio di sterilizzazione, nella sua accezione più ampia, rivolto ad aziende private di svariati settori, dai prodotti medicali, paramedicali, farmaceutici, cosmetici, materiali plastici, oltre che a operatori ed enti sanitari pubblici. Sono oltre 250 le realtà sanitarie italiane e 700 le aziende al mondo che usufruiscono dei servizi della Bioster, generati da nove siti produttivi, cinque laboratori analisi e quattordici centrali di sterilizzazione all'interno di ospedali pubblici e cliniche private. Dati importanti, soprattutto se si considera che si riferiscono a un mercato di nicchia, specialistico. A determinare la svolta, dal punto di vista culturale e dimensionale, per il gruppo di Seriate, è stata sicuramente la scelta di crescere a livello internazionale, senza però ridurre l’indotto sul territorio lombardo e italiano. «Ci teniamo a far comprendere che noi non abbiamo mai delocalizzato le produzioni per abbassare i costi del lavoro, togliendo occupazione o investimenti in Italia – spiega l’amministratrice del gruppo, nonché co-fondatrice assieme a Gianluigi Bonomi di Bioster, Elena Ghilardi -. Per noi l’estero è un surplus, è un valore aggiunto tramite cui consolidare
Bioster Group
❝
Il servizio di sterilizzazione è rivolto a svariati settori, dai prodotti medicali, paramedicali, farmaceutici, cosmetici, materiali plastici
~
la nostra posizione e diffondere una qualità italiana in tutto il mondo». La vera svolta internazionale, capace di dare nuovo impulso a Bioster, ebbe luogo alla fine del 2003, con il primo investimento rivolto all'estero. «Volevamo riuscire a inserirci nel cuore del mercato europeo, in particolare in Repubblica Ceca e nell'Est del continente» spiega Gianluca Bonomi – General Manager. Un passaggio che è avvenuto con una rapidità impressionante. Infatti, a distanza di un anno e mezzo, a giugno 2005 veniva già inaugurato il nuovo centro di sterilizzazione vicino a Brno. E a seguire, all'inizio del 2007, apriva i battenti l'insediamento in Slovacchia, vicino al confine con Ucraina e Ungheria. I nuovi insediamenti Est europei consentivano a Bioster di posizionarsi in maniera stabile e prepotente quale attore di prima fila all'interno del mercato continentale, rivaleggiando con importanti aziende tedesche e multinazionali nel settore della sterilizzazione. I successivi ampliamenti degli stabilimenti ceco e slovacco, oltre a dimostrare una crescente solidità e confidenza con le realtà estere, contribuivano ad accrescere la quota di Bioster sul mercato della sterilizzazione europea e mondiale. «Gli stabilimenti creati in questi due paesi rappresentano per noi quello che gli americani, in gergo, definiscono Cash Cow – spiega l’amministratrice Ghilardi -. Dopo i tanti investimenti effettuati, il 2010, grazie alla Repubblica Ceca e alla Repubblica Slovacca, ha rappresentato
700 AZIENDE SERVITE A questo ammonta il numero di aziende che usufruiscono dei servizi della Bioster. In Italia, poi, si contano 250 realtà sanitarie che si appoggiano al gruppo di Seriate per i processi di sterilizzazione
21 mln EURO Questo il giro d’affari dell’azienda bergamasca che impiega al suo interno oltre 220 dipendenti
un anno di crescita sostanziale. La controllata slovacca, infatti, ha conseguito il raddoppio della sua capacità produttiva. La ceca addirittura, ha triplicato la capacità produttiva. «Questi nuovi mercati sono estremamente profittevoli – sottolinea Bordogna -. Qui, l’alta qualità erogata da Bioster viaggia parallelamente a una politica di listino estremamente competitiva sul contesto globale. Questo ci ha consentito di fidelizzare un parco clienti già di per sé molto vasto. Al tempo stesso, abbiamo abbracciato gli interessi di molte imprese italiane che hanno delocalizzato i loro stabilimenti nell’ex area sovietica». Nel prossimo biennio, proprio in ragione dei risultati ottenuti, la Famiglia Bonomi (azionista del Gruppo Bioster) intende ampliare gli investimenti produttivi su queste aree e, con molta probabilità, aprire nuove partnership verso oriente e in area America del Sud. È recente, poi, anche la scelta di espandersi in Nord Africa. «D'altra parte la globalizzazione spingeva Bioster a lanciarsi in un’arena sconosciuta quale quella dei paesi mediorientali, un mondo difficile, dominato da logiche e mentalità non certo comuni per una realtà radicata saldamente alle proprie origini e tradizioni italiane e lombarde» spiega Elena Ghilardi. Alla fine del 2009 l’azienda inaugurava in Egitto, e precisamente Al Cairo, non senza difficoltà, il primo e unico impianto di sterilizzazione conto terzi certificato di tutti i paesi mediorientali. «A distanza di poco più di un anno anche gli amici ›› LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 145
IMPRENDITORI DELL’ANNO
››
egiziani hanno cominciato a capire e apprezzare un servizio così specifico e di elevato contenuto qualitativo, dando fiducia e riscontri di mercato all'investimento di Bioster» prosegue l’amministratrice del gruppo. Il 2011, per questa sede, doveva rappresentare l’anno del consolidamento. Ma la rivoluzione del mondo magrebino ha ovviamente sconvolto i piani. Non destano però preoccupazioni i membri della famiglia Bonomi, come conferma Gianluca Bonomi, figlio del fondatore. «Quello che è accaduto in Egitto è sinonimo di come i giovani nord africani ormai siano molto più consapevoli di cosa significhi poter crescere in libertà. Noi abbiamo l’onore di lavorare
con moltissimi ragazzi egiziani laureati, che magari hanno studiato all’estero, e che rappresentano un potenziale incredibile per la crescita della nostra società e dell’economia in generale. La svolta democratica, con i suoi tempi, non potrà che giovare a uno sviluppo sano del mercato, lontano dallo spettro dittatoriale». Tant’è che il direttivo di Bioster si recherà tra poche settimane in Egitto per poter verificare lo stato dell’arte della produzione e del management societario locale. Questo paese, estremamente ricettivo, sarà strategico sullo scacchiere dell’economia non soltanto mediterranea, ma mondiale. Senza smentire il suo approccio innovativo, il
APRIPISTA PER IL SETTORE È breve ma intensa la storia di quella che un tempo era una piccola azienda familiare. Bioster, in trent'anni, partendo da un'autorimessa della bassa bergamasca, è ora lanciata verso India, Cina e America
ra il 1980 quando un brillante ingegnere chimico, Gianluigi Bonomi, fondatore e anima di Bioster, decise di mettere a frutto la propria esperienza maturata nel settore dei gas speciali per progettare e realizzare la prima azienda e impianto a ossido di etilene italiana dedicati alla sola erogazione di servizi di sterilizzazione. Bonomi in breve tempo trovò molti consensi e aprì un nuovo stabilimento di sterilizzazione a Caravaggio, in provincia di Bergamo. Il successo per la tecnologia a ossido di etilene proseguì nel decennio successivo con la costituzione di nuovi centri di sterilizzazione in Emilia Romagna, a Reggiolo, in Lombardia, a Poggio Rusco, in Veneto, a Treviso, in Toscana, ad Arezzo, in Abruzzo, a Pescara, e in Sardegna, a Oristano.
E
146 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
Un'altra scommessa, ancora più azzardata, viste le dimensioni aziendali, sembrava poter aprire nuovi scenari e mercati: l'ampliamento della gamma di servizi, introducendo, primi nel Sud Europa, un impianto di sterilizzazione a irraggiamento mediante elettroni accelerati. Bioster fu anche la prima azienda in Italia a offrire ai propri clienti la tecnologia dell'irraggiamento ad elettroni accelerati, a partire dalla fine del 1993. Anche in quel caso la scelta si rivelò vincente e, a distanza di soli 15 anni, oggi l'Italia vanta ben tre impianti di sterilizzazione con la tecnologia a irraggiamento, installati grazie anche a una preziosa e continua opera di persuasione per penetrare un mercato che ha cambiato la propria mentalità e sta lentamente sostituendo processi
più obsoleti e di elevato impatto ambientale con uno totalmente pulito ed “ amico dell'ambiente”. Intanto, la seconda generazione della famiglia Bonomi, con i due figli, Gianluca e Sara, si inserì in quel periodo in azienda. Di lì a breve, il mercato ospedaliero pubblico, vista l'introduzione di nuove regolamentazioni, spingeva Bioster a incamminarsi nella direzione di una attività: la realizzazione e gestione di centri di sterilizzazione all'interno di strutture ospedaliere. Dopo una fase iniziale di ambientamento il gruppo, nel 2000, sfondava anche nella realtà ospedaliera aggiudicandosi il primo appalto. A distanza di 10 anni sono ormai una quindicina i centri di sterilizzazione ospedalieri Bioster cresciuti e gestiti su tutto il territorio nazionale.
Bioster Group
❝
Il mercato globale, anche in seguito alla crisi, ormai agisce unicamente su logiche di “just in time”. Non si potranno più fare pianificazioni produttive a lungo termine
~
gruppo, per il suo sviluppo, ancora prima che all’internazionalizzazione punta alla ricerca. Sara Bonomi, figlia dell’ingegner Gianluigi, è oggi a capo del dipartimento di Ricerca & Sviluppo Bioster, oltre che del dipartimento Laboratori. A dimostrazione di come abbia ereditato dal padre la passione per la scienza e l’ambizione al continuo miglioramento della produzione e dei suoi processi gestionali. «I nostri progetti di ricerca si focalizzano sulla miglioramento nella tecnologia di processo – spiega Sara Bonomi -. Seguendo l’esempio di mio padre, con tutto il gruppo di lavoro cerchiamo sempre nuove soluzioni in ossequio alla mission etica del gruppo “migliorare lo stile di vita attraverso al sterilizzazione” sia all’esterno (collettività) che all’interno (chiunque collabori con il gruppo Bioster) . Occorre dare un valore aggiunto a quello che fino a oggi poteva apparire il massimo, ma che da domani ci deve sembrare il punto di partenza da cui riprendere a salire». Tra gli ambiti di intervento del dipar-
Nella pagina accanto, il fondatore di Bioster, Gianluigi Bonomi. A fianco, Sara Maria Bonomi. Sopra, un impianto dello stabilimento del Cairo (Egitto)
timento, anche i trattamenti di reticolazione (cross linking di polimeri poliammidici plastici). Anche il comparto food, ovviamente, è centrale nell’industria dei trattamenti. Soprattutto, gli studi di ricerca portati avanti da Bioster hanno consentito utilizzi alternativi di impianti a radiazioni ionizzanti. «Siamo stati i primi a disporne a livello industriale in Europa» afferma Sara Bonomi. Sul futuro, Gianluca Bonomi spiega come il primo, vero cambiamento, verterà sull’organizzazione logistica e manageriale. «Il mercato globale, anche in seguito della crisi, ormai agisce unicamente su logiche di “just in time”. Non si potranno più fare pianificazioni produttive a lungo termine. Resisteranno soltanto quelle imprese in grado di dimostrarsi flessibili, pronte a rispondere immediatamente alle richieste mutevoli del mercato, proponendosi come unico interlocutore con le aziende clienti. Anche per questo, già da qualche anno, ci proponiamo come partner logistici e di trasporto per le nostre produzioni». E, soprattutto, non bisogna dimenticarsi di agire secondo principi di “buona economia”. «Non abbiamo mai lavorato pesando sulle casse dello Stato – conclude Elena Ghilardi -. Bioster non ha utilizzato la Cassa Integrazione. Si è sempre esposta in prima persona per la tutela delle sue risorse umane e, soprattutto, non delocalizza danneggiando il tessuto interno. Il bene dell’azienda è il bene di tutti, non soltanto dei suoi vertici». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 147
IMPRENDITORI DELL’ANNO
L’industria polacca guarda all’Italia Cresce l’attenzione dell’industria pesante straniera verso il mercato italiano. La FTL & Metals rappresenta una delle più grosse realtà del settore. Maggiore produttività, flessibilità e aggiornamento continuo sono le caratteristiche di questo colosso. Ne parliamo con Albertino Calanca Erika Facciolla
industria pesante cresce e lo fa in armonia con lo sviluppo tecnologico e le novità di un mercato più che mai in fermento. Alcuni colossi di questo settore stanno aumentando la produttività e, parallelamente, diversificando le linee di prodotto per rendersi ancora più competitive, soprattutto in Italia. Una di queste è la FLT & Metals, filiale italiana del gruppo FLT Polska di Varsavia, holding di uno dei più grossi gruppi privati polacchi, Boryszew Sa, operante nel settore dei metalli ferrosi e non ferrosi, polimeri e poliesteri, chimica e cuscinetti. Presente sul mercato dal 1948, il marchio FLT ha diversi stabilimenti produttivi sia in Polonia che in Cina. Ne parliamo con Albertino Calanca, general manager dell’azienda.
L’
In basso, Albertino Calanca, general manager della FTL & Metals. Nella pagina a fianco, un magazzino e un ufficio della sede di Anzano del Parco (CO) www.ftlmetals.it
148 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
Come si compone la vostra offerta di prodotti? «FLT è in grado di produrre tutte le tipologie di cuscinetti. La gamma è basata soprattutto sui cuscinetti standard ma anche di cuscinetti speciali in co-design ai nostri clienti, grazie all’elevato supporto tecnico professionale che il nostro personale è in grado di garantire. Nel corso degli ultimi anni abbiamo realizzato numerosi investimenti di ammodernamento. Questo ci ha permesso di migliorare lo standard qualitativo e di poter soddisfare svariate». Quali esigenze industriali riuscite a soddisfare con le vostre soluzioni? «Prima della crisi finanziaria, il mercato ha richiesto un incremento di volumi importanti e nello stesso tempo i clienti hanno dovuto mantenere un lead-time di produzione uguale a quello dato normalmente. Per far fronte a queste richieste, FLT ha investito su nuove linee e ha incrementato i siti produttivi di alcuni prodotti strategici». Un’attività che è cresciuta di pari passo con il servizio post vendita? «La fiorente attività di mercato ci ha spinto ad aumentare il supporto tecnico dato ai nostri clienti. Mantenendo comunque sempre valido il supporto tecnico on-site, FLT si è fornita di uno dei programmi di calcolo più avanzati presenti sul mercato per supportare già in fase progettuale le soluzione tecniche proposte». Quali sono i mercati di maggior interesse per la vostra attività? «La nostra attività si svolge sul territorio ita-
Albertino Calanca
liano. I nostri obbiettivi sono quelli di continuare ad aumentare la nostra presenza sia sui clienti esistenti, ma allo stesso tempo di poter far conoscere i nostri prodotti anche a nuovi clienti, principalmente italiani. Riteniamo che la qualità dei prodotti FLT e allo stesso tempo il livello di prezzo, possa essere in sintonia con le esigenze di molti produttori che necessitano di avere delle riduzioni di costi nei propri prodotti, senza per questo dover rinunciare alla qualità e alle performance». Che obiettivi volete raggiungere in termini di prodotti e servizi? «FLT si è fatta conoscere sul mercato come un produttore adatto a servire clienti di grandi dimensioni e con grandi volumi di fabbisogno. Allo stesso tempo l’azienda, grazie alla sua snellezza e flessibilità, si è posta l’obbiettivo di poter servire anche clienti che non hanno grandi fabbisogni o che necessitano di prodotti grandi dimensioni. L’obbiettivo è quello di dare maggior supporto tecnico al mercato dell’industria pesante, dove l’assistenza tecnica è fondamentale per poter supportare una vendita». Come è strutturata la distribuzione dei prodotti? «Ogni filiale ha il proprio magazzino locale, dove vengono gestiti al meglio sia l’aspetto logi-
Mantenendo comunque sempre valido il supporto tecnico on-site, FLT si è fornita di uno dei programmi di calcolo più avanzati presenti sul mercato per supportare già in fase progettuale le soluzione tecniche proposte
stico che di safety stock delle giacenze, in funzione dei consumi dei propri clienti. La politica di distribuzione è quella di avere dei contratti quadro con i clienti e nello stesso tempo di fornire tutte le loro plant di produzione ovunque si trovino. Questo permette di dialogare con le sedi centrali e di risolvere tutte le problematiche tecniche e commerciali». Perché i prodotti FTL si distinguono soprattutto per il loro contenuto tecnologico? «FLT ha una vasta gamma di prodotti di alto livello qualitativo. Abbiamo migliorato quelli legati al settore delle macchine utensili che è sempre alla ricerca di nuovi performanti per realizzare prodotti finiti di qualità sempre di più elevata. Con le nostre serie di cuscinetti dedicati a questo settore possiamo rispondere a queste esigenze».
LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 149
IMPRENDITORI DELL’ANNO
La tecnologia rafforza l’utensileria tecnica Una solida storia alle spalle, il continuo contatto con i mercati esteri e un notevole investimento sul personale e sulla tecnologia hanno permesso alla Ferrurat di superare senza traumi questo periodo di dissesto economico. Il punto di Matteo Gregorini Belinda Pagano
a crisi economica è stata ed è tutt’ora una realtà difficile da affrontare. Se poi ci si focalizza sulle realizzazioni e distribuzioni industriali, l’argomento si fa ancora più scottante in quanto le produzioni sono state spesso rallentate o in alcuni casi bloccate a causa della poca richiesta. Ci sono realtà, tuttavia, che grazie ad alcune peculiarità sono riuscite a non essere toccate minimamente dalla situazione economica che gira intorno a loro. È il caso di Ferrutat, azienda che si occupa di distribuzione industriale. Matteo Gregorini, amministratore delegato, fa il punto della situazione. La vostra realtà aziendale è presente in tutta Italia tramite la distribuzione di marchi esteri. Ci può fornire qualche numero? «Attualmente il nostro programma di vendita consta di 24.000 referenze suddivise in sette categorie merceologiche quali utensili manuali, pneumatici, per il taglio, per la saldatura, per il fissaggio, strumenti di misura e sistemi di protezione individuale. Il nostro core business è rappresentato dalla rivendita di ferramenta e utensileria professionale. Si pensi che ad oggi copriamo circa 3.000 punti vendita in tutta la penisola. Da quattro anni abbiamo inoltre costituito una divisione commerciale dedicata solo al settore elettrico, un’azienda all’interno dell’azienda». In cosa consiste esattamente la vostra at-
L
154 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
tività? «Distribuiamo in esclusiva su tutto il territorio nazionale diversi marchi esteri di utensileria tecnica, provenienti prevalentemente dall’area scandinava. Il nostro canale preferenziale è il rivenditore professionale di ferramenta e utensileria nonché il grossista e il rivenditore di materiale elettrico. Ad essi si affiancano importanti private labels, frutto di un rapporto consolidatosi negli anni con i più qualificati produttori mondiali del settore». All’interno del suo settore, l’azienda come ha affrontato la crisi? «Ferrutat è stata fondata nel lontano 1945 e abbiamo quindi alle spalle una tradizione e una storia tali da averci consentito di superare indenni questo biennio molto delicato, grazie anche a scelte commerciali mirate e ad un management sempre dimostratosi all’altezza.
In questa pagina, Matteo Gregorini, amministratore delegato di Ferrutat. Nella pagina a fianco, sopra, il magazzino, sotto, un esempio del materiale distribuito da Ferrutat www.ferrutat.it
Matteo Gregorini
Devo inoltre sottolineare che il nostro settore è da sempre molto competitivo e questo, soprattutto in momenti di crisi, è un fattore preponderante affinché un’azienda si migliori prendendo come punto di riferimento i propri competitor. Certamente gli ultimi due anni, a livello macroeconomico, sono stati molto difficili soprattutto per il nostro comparto di riferimento, quello meccanico/industriale. Crediamo fermamente però che i momenti di crisi siano per un’azienda dinamica ed efficiente quelli più redditizi per investire e quindi crescere». In cosa avete investito nello specifico? «Abbiamo deciso di investire sulle persone, creando un team commerciale di professionisti di assoluto livello, provenienti da aziende leader del settore. Il capitale umano riveste un ruolo di fondamentale importanza all’interno dell’azienda, tant’è che negli ultimi cinque anni abbiamo intrapreso una politica di investimento sulle risorse umane che nei momenti difficili si è dimostrata estremamente profittevole. Se la nostra azienda è da sempre considerata molto dinamica, una grossa percentuale di merito va al nostro management». La vostra azienda ormai è stata fondata quasi settant’anni fa. Cosa è cambiato da allora?
Il nostro programma di vendita consta di utensili manuali, pneumatici, per il taglio, per la saldatura, per il fissaggio, strumenti di misura e sistemi di protezione individuale
«La tecnologia, come in tutti gli altri settori, ha giocato un ruolo fondamentale nello sviluppo aziendale. Dal primo giorno abbiamo sempre inseguito l’eccellenza sia nella qualità che nel servizio, mettendo sempre il cliente al centro del nostro universo. Abbiamo anche la fortuna di confrontarci quotidianamente con i nostri partner esteri, in molti casi autentiche multinazionali, la cui visione tecnologica e commerciale, se ben interpretata, porta inevitabilmente ad una crescita aziendale sia interna che esterna».
LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 155
IMPRENDITORI DELL’ANNO
L’imprenditoria familiare sposa l’innovazione a Nuova Termostampi è un’azienda che nel tempo ha saputo valorizzare la sua attività ponendosi sul mercato come partner innovativo e affidabile anche di grosse aziende multinazionali dei settori elettrotecnico e metalmeccanico. La crisi del 2009 si è abbattuta in maniera particolarmente forte in questo ambito, ma una politica lungimirante degli investimenti, tanto sulle macchine e sulle infrastrutture, quanto sulle risorse umane, può portare a una condizione di successo anche nei momenti difficili. È questo il caso di Nuova Termostampi, che nei decenni ha saputo reagire efficacemente ai momenti di difficoltà. Ne abbiamo parlato con Marinella Manzoni, presidente del consiglio di amministrazione, e con Marco Manzoni, consigliere, entrambi facenti parte della proprietà della società. Voi rappresentate un interessante caso di imprenditoria familiare di successo. In che modo la vostra storia si intreccia con quella dell’azienda? Marinella Manzoni: «Abbiamo iniziato con mio padre nel 1958 con la costruzione di stampi per lo stampaggio delle materie plastiche. All’inizio eravamo una piccola realtà artigianale, poi l’at-
L
Marinella Manzoni, seduta, e Marco Manzoni, primo a sinistra, insieme agli amministratori di Nuova Termostampi www.nuovatermostampi.it
158 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
Nuova Termostampi è una realtà forte di una tradizione di sessant’anni nel settore degli stampi e dello stampaggio di materiale plastico tecnico. Negli anni, l’azienda ha mantenuto un carattere familiare, ma sempre votato all’innovazione Riccardo Ceredi
tività si è evoluta, anche sotto il profilo tecnologico, e negli anni ’70, grazie all’intraprendenza di mio fratello, abbiamo integrato anche lo stampaggio di materiale termoindurente in resina poliestere, ai tempi assoluta novità del mercato. Tuttora è un settore di nicchia della plastica, e ha applicazioni soprattutto nell’industria elettromeccanica. Negli anni ‘80 abbiamo continuato a crescere, allargando l’attività allo stampaggio di materiale termoplastico, principalmente tecnopolimeri, impiegati in settori industriali che richiedono alti requisiti sul prodotto. Nel ’96 sono subentrata io e abbiamo continuato a crescere: nel 2005 ci siamo trasferiti nell’attuale sede più grande, moderna ed efficiente, e abbiamo aperto una sede in Romania. Tutti i cambiamenti di gestione sono avvenuti a seguito di eventi improvvisi e tragici: la morte improvvisa di mio padre nel 1976 e quella di mio fratello nel 1996. Nonostante tutto ciò la nostra azienda ha continuato la sua crescita, perché lo spirito imprenditoriale della famiglia ha prevalso sulle avversità, ed è anche con tale spirito che abbiamo affrontato in modo quasi indolore la crisi del 2009». Quale è la dimensione della vostra azienda? Marinella Manzoni: «Siamo una realtà che conta
Marinella e Marco Manzoni
circa novanta dipendenti in Italia e una settantina in Romania. Il nostro fatturato nel 2010 si è attestato su venti milioni di euro». Come avete reagito alla crisi? Marinella Manzoni: «Nel 2009 abbiamo avuto un -30% di fatturato, un valore tutto sommato in linea con la crisi del settore. Però, nonostante gli investimenti importanti fatti in passato, tra cui l’acquisto del nuovo stabilimento italiano nel 2006, non abbiamo avuto problemi finanziari. Questo grazie al fatto che abbiamo sempre cercato di guardare avanti, anche sotto il profilo economico e finanziario, in modo da non fare passi affrettati e prepararci per tempo alle difficoltà». Quanto contano le risorse umane per Nuova Termostampi? Marinella Manzoni: «Sono fondamentali. La prima cosa a cui ho pensato quando mi sono trovata dall’oggi al domani alla guida dell’azienda sono state le quaranta famiglie dei nostri dipendenti di allora, il cui futuro poteva essere compromesso dall’interruzione della nostra attività. La mia priorità, allora come oggi, è stata quella di operare in un’ottica di attenzione alle risorse umane, sia in relazione al miglioramento delle
loro condizioni che alla loro formazione. Sono convinta che non sia possibile essere innovativi senza collaboratori motivati ad esserlo». E l’innovazione quanto conta per voi? Marco Manzoni: «È un fattore chiave per essere vincenti sul mercato. I nostri clienti sono prevalentemente multinazionali, che hanno aspettative qualitative e di servizio molto elevate. Da quattro anni ci avvaliamo di risorse dedicate specificatamente all’ambito della ricerca e sviluppo, e stiamo studiando molti progetti innovativi. Per esempio, stiamo investendo nell’automazione industriale avanzata e sperimentando nuovi prodotti con lo stampaggio del carbonio, materiale tradizionalmente rivolto a mercati che richiedono altissime prestazioni meccaniche». Innovazione tecnologica e valorizzazione delle risorse umane. Ci sono altri fattori per voi fondamentali? Marinella Manzoni: «Il nostro valore aggiunto è stato tenere il passo col mercato, anticipandone le richieste. Per questo, anche la nostra strategia commerciale è stata innovativa e tesa a valorizzare soprattutto le esigenze latenti dei nostri clienti, quelle cioè che distinguono un partner da un semplice fornitore. Inoltre, la nostra famiglia ha sempre puntato a dare continuità all’azienda, reinvestendo negli anni tutti gli utili generati, al fine di assicurare lo sviluppo e il rinnovo continuo delle risorse». Marco Manzoni: «Attualmente abbiamo in corso ben tre progetti di miglioramento: uno sull’efficienza di tutti i processi aziendali, l’altro teso a prevenire problematiche produttive ed il terzo sulla ricerca di soluzioni alternative per l’applicazione dei materiali termoindurenti. L’innovazione si fa tutti i giorni anche così: procedendo a piccoli passi».
In questa pagina, isola di lavoro robotizzata, linee produttive in Nuova Termostampi www.nuovatermostampi.it
LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 159
IMPRENDITORI DELL’ANNO
Nuove sfide per la meccanica e l’elettronica ualità ed esperienza orientate all’ottimizzazione dei prodotti e all’innovazione: sono questi i punti di forza dell’industria italiana che nei vari comparti produttivi sta dimostrando di reggere la competizione straniera rendendosi sempre più competitiva sui mercati mondiali nonostante la crisi economica. È il caso del gruppo Gima, nata nel 1968 per fornire lavorazioni meccaniche per apparecchiature elettroniche secondo standard qualitativi superiori alla norma. Questo credo, unito alle potenzialità offertesi negli anni settanta di collaborare con le allora fiorenti multinazionali, ha portato Gima a un continuo investimento in tecnologie e macchinari all’avanguardia. Giampiero Buratti, fondatore del Gruppo Gima, spiega come si possa offrire un servizio personalizzato, di lavorazioni meccaniche, elettroniche e di cablaggio. In cosa consiste la mission aziendale di Gima?
Q Giampiero Buratti è il presidente del Gruppo Gima. Nella pagina a fianco, ambienti operativi dello stabilimento di Fara Gera D’Adda (Bg) www.gima-srl.it
160 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
Continuo investimento in tecnologia e macchinari all’avanguardia per cogliere a pieno le nuove sfide del mercato. Non è utopia, ma il percorso che le più virtuose aziende italiane stanno compiendo per fare un salto di qualità decisivo. Il caso del Gruppo Gima raccontato da Giampiero Buratti Erika Facciolla
«La costanza nel tempo nel mantenere un alto livello di soddisfazione del cliente e un’impareggiabile qualità dei prodotti consegnati sono gli obiettivi sempre presenti». Un target di riferimento molto alto, quindi, e un mercato estremamente competitivo. «Tra i nostri clienti storici figurano aziende italiane, europee e multinazionali americane. Tra i prodotti consegnati nel 2010 vi sono svariate categorie di semilavorati derivanti dalla produzione meccanica, elettronica e dei cablaggi oltre a prodotti finiti legati all’ambito elettro-meccanico, elettro-medicale, all’automazione e technology food. Da segnalare inoltre alcuni speciali prodotti di supporto ad affermate aziende del design made in Italy». Come si concretizza questo impegno? «Fin dalla fase di progettazione del prodotto, nell’ambito della quale i tre uffici tecnici mettono a disposizione le loro competenze e la loro esperienza, il Gruppo Gima aiuta il cliente a ottimizzare il risultato risolvendo problemi o trovando soluzioni innovative. Il supporto tecnico segue il prodotto dall’idea alla sua realizzazione ed è uno dei servizi più apprezzati». Qual è la caratteristica distintiva del gruppo Gima?
Giampiero Buratti
c
L’intero staff è sensibile all’obiettivo della soddisfazione del cliente e coinvolto nella gestione qualitativa dei processi di produzione
9.000 MQ È la superficie totale degli stabilimenti del Gruppo Gima di cui più di 2.500 mq sono adibiti a magazzino
«La possibilità di offrire attraverso una grande struttura un servizio completo, di lavorazioni meccaniche, elettroniche e di cablaggio, integrate in un unico gruppo ma usufruibili anche separatamente, con la garanzia di massima riservatezza e serietà». Quali sono state le tappe evolutive dell’azienda? «Nel 1992 è nata Corel, l'azienda del gruppo specializzata nella progettazione e produzione di schede e apparecchiature elettroniche, in grado di operare in sinergia oppure indipendentemente da Gima. Infine, per “unire” i lavori di Corel e di Gima, i primi anni Novanta hanno visto l’arrivo di Eletric Line, in grado di fornire sia cablaggi e cavi per informatica ed elettronica, sia complessi impianti bordo macchina». Quali sono gli altri punti di forza di Gima?
d
«Un elemento premiante è sicuramente la tecnologia d’avanguardia, che consente un’impareggiabile flessibilità nei tempi di lavorazione e di consegna oltre a un contenimento dei costi, altra scelta vincente nella filosofia di elevato rapporto qualità-prezzo perseguita dal gruppo». Flessibilità e qualità: quali sono le strategie perseguite per realizzare questo importante binomio? «L’intero staff è sensibile all’obiettivo della soddisfazione del cliente e coinvolto quindi nella gestione qualitativa dei processi di produzione con la realizzazione di piani di miglioramento continuo dei servizi e dei prodotti. Inoltre, attraverso un sito web aziendale costantemente aggiornato, il cliente è informato delle nuove tecnologie utilizzate, dei macchinari disponibili e della struttura aziendale di riferimento». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 161
IMPRENDITORI DELL’ANNO
La piccola imprenditoria cresce una delle innumerevoli storie della tradizione imprenditoriale dei piccoli artigiani italiani. Realtà nate in un garage, fondate e portate avanti inizialmente in ambito familiare, da pochissime persone, che poi si sono espanse, hanno acquistato un’identità e una posizione importante sul mercato di competenza e si sono affermate a livello nazionale, mantenendo però quel tocco di genuinità che “tradisce” le loro origini. Qualcosa di molto simile è successo ai fratelli Surini, Daniele e Giorgio, fondatori dell’omonima azienda che realizza cablaggi elettrici. «La società – racconta Daniele – è stata iscritta all’albo degli artigiani nel 1987, anche se a quell’epoca era attiva già da tempo». Come si è evoluta da allora la storia dell’azienda? «Nel 1989 abbiamo cominciato ad allargarci spostandoci in una sede più grande e acquistando le prime macchine automatiche per la lavorazione dei cavi. Un’altra significativa fase di crescita si è verificata nel 1992, con un ulteriore ampliamento del sito produttivo, dell’organico aziendale e delle attrezzature. Nel 1997 abbiamo ottenuto la certificazione UNI EN ISO 9001: 2000 da parte di Det Norke Veritas Italia e successivamente, nel 2003, abbiamo aggiornato la nostra posizione con l’adeguamento alla certificazione Vision 2000. Inoltre nell’ottobre del 2010 abbiamo ottenuto l’aggiornamneto alla UNI EN ISO 9001:2008». Quali sono gli sbocchi di questo particolare mercato? «La tipologia di campi in cui è possibile applicare i nostri prodotti è abbastanza ampia e spazia dall’elettronica, applicata in vari ambiti, alla realizzazione di qualsiasi tipo di pannello luminoso, dalla produzione di telai tessili e loro parti di ricambio ad apparecchi medicali,
È
Daniele Surini, della Cablaggi Elettrici Surini di Ponte Nossa (Bg). Nelle altre immagini, attrezzature dell’azienda www.cablaggielettricisnc.it
162 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
Si trovano in tutti gli oggetti che contengono elementi elettronici e sono quindi un prodotto fondamentale oggi: si tratta dei cablaggi elettrici ed elettromeccanici. Ne parla Daniele Surini Amedeo Longhi
dai piccoli elettrodomestici fino al settore automobilistico. Per noi ovviamente è una grande fortuna che ciò che produciamo venga utilizzato in tutti i settori automatizzati, poiché questo vuol dire che potenzialmente possiamo operare in qualsiasi settore». In particolare, ci sono applicazioni più richieste di altre? «I prodotti che hanno il maggiore riscontro dal punto di vista commerciale sono quelli dedicati all’illuminazione e alla cartellonistica pubblicitaria, poiché utilizzano la tecnologia a led, che può garantire costi contenuti e lunga durata. Proprio la tecnologia a led si sta diffon-
Daniele Surini
dendo e sviluppando molto rapidamente, così come il settore della domotica; in futuro probabilmente saranno questi i due campi di applicazione più gettonati». A proposito di futuro, quali sono le prospettive secondo voi? «Il mercato in cui operiamo ha accusato particolarmente la grave crisi del 2009 e anche la nostra azienda ha subito un forte calo. Nel 2010 però c’è stata una decisa ripresa e per il 2011 le previsioni sono molto buone e ci aspettiamo un aumento del fatturato nell’ordine del venti per cento. Inoltre vogliamo reinvestire con decisione sulla ricerca tecnologica, che nel momento di flessione è stata la prima a fare le spese e a subire dei tagli. Ora che siamo in ripresa l’obiettivo è quello di acquistare macchinari più avanzati e studiare nuovi prodotti». La ricerca è quindi un punto importante della vostra attività, ce ne sono altri? «Sicuramente la capacità di innovare è un requisito fondamentale per tenere il passo del mercato. La nostra forza sono anche la flessibilità, la possibilità di personalizzare il servizio e una solerte assistenza post vendita, oltre al fatto che lavoriamo per qualsiasi quantitativo, senza porre un minimo fatturabile e realizzando anche piccole ordinazioni. Un’altra particolarità che vorrei sottolineare è il processo di assemblaggio dei cablaggi che si svolge interamente all’interno della nostra struttura, evitando i rincari sul prezzo finale causati dall’aumento dei passaggi di filiera. Ovviamente tutto ha la garanzia del made in Italy, quindi di commesse controllate al cento per cento. Infine, ricerchiamo sempre nuovi fornitori che abbiano un rapporto qualità prezzo più concorrenziale». Com’è strutturata l’azienda? «Il nostro organico si compone di diciannove persone altamente qualificate e due soci che lavorano nel settore da più di vent’anni. La sede produttiva è unica e misura circa millecento
È una grande fortuna che ciò che produciamo venga utilizzato in tutti i settori automatizzati, poiché questo vuol dire che potenzialmente possiamo operare in qualsiasi settore
metri quadrati, ma disponiamo anche di un ampio magazzino. Il parco macchine è in continuo aggiornamento, sia nel processo produttivo sia in quello di controllo. Il prossimo investimento che abbiamo in programma consiste nell’acquisto di un macchinario che ci permetterà di aumentare la produttività riducendo così i tempi di consegna. Il fatturato del 2010 era di poco superiore al milione di euro la prospettiva per quest’anno è di aumentarlo del venti per cento circa». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 163
IMPRENDITORI DELL’ANNO
Cinquant’anni di bulloni ell’immediato Dopoguerra la vita per le famiglie dei lavoratori della Val Camonica, nella Lombardia nord-orientale, non era certo facile. Trovare un impiego era un’impresa ardua e molti precipitarono nell’incubo del lavoro in miniera, che per via della silicosi – una malattia respiratoria mortale – richiese un pesante tributo in termini di vite umane alla comunità camuna. Nel 1962 però, una nuova realtà produttiva fece il suo ingresso in questo incerto scenario; si trattava della T.B.V. – Trafileria Bulloneria Viteria di Valle Camonica –, storica azienda di Sellero che l’anno prossimo festeggerà il suo cinquantenario. «Tutti a Sellero si aspettano qualcosa di memorabile per questo speciale compleanno – racconta la dottoressa Simonetta Balboni, per tutti Simonetta, per sottolineare il legame fra la sua azienda e la comunità locale – e quando sono stata all'inaugurazione del Santuario della Madonna del Cammino, qui alla Scianica di Sellero, ho toccato con mano la gratitudine e il compiacimento di molte famiglie che tuttora guardano con stupore al fatto che,
N
164 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
In un contesto sociale e lavorativo non facile, grazie a un’iniziativa molto particolare, è nata una realtà produttiva e imprenditoriale che ancora oggi costituisce una ricchezza, non solo economica, per la zona in cui si colloca. Ne parla Simonetta Balboni Francesco Bevilacqua
nonostante la crisi imperante, nemmeno per un’ora un nostro dipendente è stato messo in cassa integrazione». Ieri l’emergenza silicosi, oggi la crisi occupazionale, ma la Val Camonica può contare su questo prezioso alleato che contribuisce, attraverso il suo successo commerciale, a mantenere solida l’economia della zona. La dottoressa Balboni, da dieci anni amministratrice dell’azienda, racconta com’è nata questa fiorente realtà imprenditoriale: «La T.B.V. è sorta da un’idea di Padre Ottorino Marcolini, prete della Confederazione dell’Oratorio di San Filippo Neri che dedicò la sua vita al miglioramento delle condizioni sociali ed economiche dei lavoratori. Padre Marcolini si rivolse a un ristretto gruppo di imprenditori bresciani affinché con coraggio e determinazione fondassero un’attività industriale nella media Valle Camonica, dove ci si consumava di silicosi o si era costretti ad andare lontano per trovare lavoro». L’attitudine di Simonetta a parlare sempre al plurale è da interpretare come un segno di coesione e di uno spirito di gruppo molto saldi, che la portano a sentire il legame con l’azienda in maniera molto particolare – «in realtà è come occuparmi di un familiare», ammette – e al tempo stesso testimonia il forte radicamento della T.B.V. nel tessuto non solo economico
A sinistra, la dottoressa Simonetta Balboni, amministratore unico di T.B.V. SpA. Nella pagina a fianco, la rullatura dei pezzi e il dettaglio di un dado tbvsales@tin.it
L’attività industriale è nata cinquant’anni fa nella media Valle Camonica, dove ai tempi ci si consumava di silicosi o si era costretti ad andare lontano per trovare lavoro
ma anche sociale della zona in cui si trova. Quali sono oggi i principi imprenditoriali a cui vi ispirate? «Il fil rouge del nostro modo di operare è rappresentato dall’estrema flessibilità che adoperiamo nel rapportarci con le aziende con cui lavoriamo; cerchiamo sempre di cogliere le esigenze tecniche e qualitative e di rispettare le tempistiche di consegna che sono sempre ridottissime, perché i tiranti e i bulloni sono in assoluto gli ultimi pezzi che le società di ingegneria acquistano quando fanno un impianto. Uno stimolo determinante viene dai soci fondatori dell’azienda, le famiglie Ghitti, Chiesa e Balboni, che ci spronano ad andare sempre oltre nel lavoro, nella ricerca, nella sperimentazione, nell’affinamento tecnologico e nell’affidabilità. Queste sono le armi con cui abbiamo combattuto la
crisi economica riuscendo a non risentirne, mettendoci tante energie e riponendo fiducia nel nostro carattere e nella nostra determinazione». Quali sono i vostri prodotti e in che settori vengono impiegati principalmente? «Realizziamo più di cinque milioni di pezzi all’anno tra tiranti, dadi, viti, bulloni, prigionieri in acciaio e acciaio inossidabile, leghe e superleghe. Disponiamo di una vastissima gamma di rivestimenti esterni per rendere questi prodotti idonei a operare in ambienti marini, desertici, oleosi, gassosi, LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 165
IMPRENDITORI DELL’ANNO
Nella pagina a fianco, in alto, il taglio delle barre. Sopra, la sede dell’azienda
nucleari, spaziali, a temperature altissime o bassissime a seconda dell’impiego. La T.B.V. vanta inoltre una collaborazione “in cordata” con altre società di componentistica per il piping – i sistemi di tubazioni – nei più importanti e innovativi impianti al mondo. Lavoriamo infine con le grandi aziende che si occupano di attività estrattiva, lavorazione del greggio, produzione di etilene e polietilene, scomposizione di butano e propano, trasporto di fluidi e gas, rigassificazione, dissalazione dell’acqua, produzione di azoto liquido o di ciclotrone medicale, ma anche con ditte che si dedicano alla costruzione di autostrade e ponti, alla ristrutturazione delle baie di carico dei porti marini e all’alta velocità. In generale, possiamo dire che i nostri prodotti sono gli elementi che legano e accorpano le diverse componenti di un impianto, dando a esso una struttura solida e completa; usando un’immagine più gioiosa,
166 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
potremmo dire che noi siamo quelli che tengono insieme i rami di un luminoso e coloratissimo albero di Natale». Che rapporti avete con i mercati esteri? «Oltre che in Italia operiamo in tantissimi paesi dell’Europa, del gruppo delle repubbliche ex sovietiche, del Medio Oriente, dell’Asia centrale, dell’Africa settentrionale, del Sud America fino all’Australia. Il lavoro mi porta a viaggiare molto, a confrontarmi con gli standard e le procedure delle varie aziende con cui lavoriamo, che poi sono le società più grandi e importanti al mondo, a capire le loro esigenze, non solo in termini di qualità e struttura del prodotto ma anche a livello di comunicabilità, reperibilità e soprattutto rintracciabilità dei beni e dei servizi in cantiere, tra chi è addetto all’assemblaggio e al montaggio delle diverse componenti». Com’è strutturata la vostra organizzazione interna?
Simonetta Balboni
«Il nostro personale è composto da quaranta addetti alle varie mansioni: commerciali, amministrative, progettuali, tecniche, produttive, di controllo di qualità e di magazzino. Per molti di loro si tratta di un lavoro che si tramanda di generazione in generazione e sono diversi gli operai e i tecnici figli di ex dipendenti. A livello operativo, cerchiamo di tradurre questa struttura in una grande apertura da parte nostra, elasticità e attenzione nella compilazione dei documenti che riportano la programmazione e la gestione delle varie fasi di lavorazione e che accompagnano la merce, fino all’elaborazione di tutti questi dati oltre che sui nostri moduli anche su quelli degli acquirenti. Condividiamo la filosofia di chi ci commissiona il lavoro, non obbiettiamo sulle richieste di omologazione documentale, per quanto complesse esse siano, ma collaboriamo per conferire alla filiera un connotato unico: la semplicità». C’è un vostro prodotto di cui andate particolarmente fieri? «La disponibilità e l’abitudine a non tirarci mai indietro ci hanno portato a raccogliere una sfida lanciata da una società di ingegneria italiana che voleva un trattamento anticorrosivo garantito da un ente di certificazione. Così abbiamo sottoposto una campionatura di tiranti rivestiti con il nostro trattamento esterno TIBICOAT 4000 alle prove in camera di nebbia salina per circa due stagioni, sotto la guida scientifica del TUV e avvalendoci della strumentazione e della responsabilità di laboratorio di un ente legato al dipartimento di chimica dell’Università degli Studi di Milano. Il risultato è stato molto positivo, perché non solo i nostri prodotti rivestiti con TIBICOAT 4000 hanno superato la prova di oltre cinquemila ore in nebbia salina e speculare resistenza alla ruggine e all’ossidazione, ma hanno anche mostrato, cosa rarissima, un’estrema facilità nello svitamento e nel disassemblaggio, dando così prova del fatto che i pezzi possono essere
riutilizzati, per esempio in una piattaforma offshore, anche dopo essere stati smontati per una verifica. Tutto questo dimostra che è sempre importante essere aperti, sensibili agli stimoli, accettare le sfide e non rimanere mai indifferenti alla spinta innovativa. Poi, come in tutte le cose, si può sempre fare meglio ed è questo il principio che ci porta ogni giorno a correre sempre di più». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 167
IMPRENDITORI DELL’ANNO
Una distribuzione vincente per le 2 ruote ata come un’officina di riparazioni, è oggi un’azienda che distribuisce anche all’estero, non solo in Europa, ma anche fuori dal continente, con un fatturato annuo di 25 milioni di euro. È la RMS di Seregno, azienda specializzata nei ricambi e accessori per il settore ciclo e scooter. Il presidente Ivo Prussiani ha risposto ad alcune domande che fanno luce su quella che è la situazione del mercato degli accessori per i mezzi a due ruote. A cominciare da quando negli Anni 90, con il boom della mountain bike è arrivato il momento di svolta. «La fortissima crescita d’interesse intorno a questa tipologia di bicicletta ha messo il luce la nostra capacità di far fronte alle grandi richieste di componentistica che ci arrivavano da ogni parte. In tutto questo ha avuto un peso enorme l’oculata scelta dei fornitori, che sono stati in grado a loro volta di servirci in modo tempestivo». Il mercato al quale vi rivolgete è prettamente europeo o anche extraeuropeo? «Per il settore ciclo bisogna distinguere tra primo equipaggiamento e after market. Nel primo caso siamo anche fornitori di fabbriche spagnole, portoghesi e di alcune aziende dell’Est Europa. Con l’after-market siamo invece impegnati esclusivamente sul territorio nazionale; essendo distributori di marchi molto noti a livello mondiale, uscire dai confini ci porterebbe inevitabilmente a sovrapporci ai distributori degli stessi marchi negli altri Paesi. Nel mondo scooter siamo invece presenti in tutta Europa e nel Nord Africa con ricambi a marchio RMS. Piccole forniture raggiungono anche l’Asia, destinate soprattutto
N
168 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
Oltre alle case produttrici, ci sono altre realtà che da decenni esportano un “loro made in Italy”. Non è un prodotto, ma un know how. La distribuzione di accessori per cicli e motocicli vista da Ivo Prussiani, presidente di RMS Spa Luca Cavera
agli appassionati della Vespa Piaggio». I vostri ricambi di cicli e motocicli vengono utilizzati anche in ambito agonistico, come ad esempio campionati locali o nazionali? «Distribuiamo sul territorio nazionale la componentistica del marchio spagnolo Yasuni. Si tratta di un produttore di scarichi per moto e scooter da sempre impegnato nel racing di alto livello. Le performance ottenute in pista servono poi alla realizzazione di impianti destinati ai veicoli stradali, per renderli migliori rispetto a quelli montati di serie». La ricerca dei materiali di ricambio per
Ivo Prussiani, presidente di Rms Spa www.rms.it
Ivo Prussiani
La ricerca di produttori after market, da supportare a livello di distribuzione, punta sulla qualità dei materiali, privilegiando le leghe leggere, il carbonio, le soluzioni innovative e il design
cicli e motocicli vanno di pari passo o si differenziano? «Più che ai materiali, noi guardiamo ai pezzi finiti. Teniamo in debito conto le esigenze del mercato interno e del prezzo, che deve essere competitivo rispetto a quello del ricambio originale, senza comprometterne le prestazioni ovviamente. La ricerca di produttori after market, da supportare a livello di distribuzione, punta invece proprio sulla qualità dei materiali, privilegiando le leghe leggere, il carbonio, le soluzioni innovative e il design». In che modo è organizzata la gestione degli ordini? «In modo completamente telematico, utilizzando il nostro sito web, recentemente rin-
novato e costantemente aggiornato. Dall’area riservata del sito, i nostri clienti possono consultare il magazzino e ordinare in modo semplice e intuitivo. Dietro c’è un’ossatura software estremamente sofisticata e all’avanguardia, che permette di fare ricerche dettagliate e di consultare in tempo reale il tracking dell’ordine e le posizioni contabili/amministrative». Le grandi fiere del settore hanno registrato negli ultimi anni forti cali a causa della crisi, com’è stata la vostra esperienza da questo punto di vista? «Andiamo controcorrente. In altre parole, combattiamo la crisi intensificando la nostra presenza alle fiere moto e ciclo. Questo ci permette di essere vicini alle necessità della clientela e di conoscerne le problematiche. A fine 2010 abbiamo esposto a Milano (Eicma) e Colonia (Intermot). Quest’anno abbiamo già partecipato alla prima edizione del Motor Dealer Expo di Assago (Mi) e al Motodays di Roma. Al momento ci stiamo preparando per la Fiera del Ciclo di Padova». A chi vi affidate per la ricerca e lo sviluppo? «Ci affidiamo agli uffici di ricerca e sviluppo di tutte le aziende di cui importiamo e distribuiamo i prodotti. Molte di queste società hanno sede a Taiwan e dispongono di reparti sofisticati e all’avanguardia, dotati di apparecchiature di misurazione, valutazione e progettazione». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 169
IMPRENDITORI DELL’ANNO
Local ed export investimento nell’innovazione può conciliarsi con le fasi di stagnazione dell’economia? È sostenibile per un’azienda, in tempi di crisi, avventurarsi oltre i suoi confini geografici e sfidare il mercato globale con un nuovo prodotto? C’è chi risponde positivamente a queste domande e non esita a mobilitare risorse per la ricerca, considerandola il motore per la crescita. Ma c’è di più: c’è chi pensa che sia possibile fare tutto ciò con le competenze e le professionalità presenti sul territorio, sviluppando un circolo virtuoso che può permettere a realtà geograficamente circoscritte di espandere l’attività all’estero. Si tratta di lavorare seguendo il motto think global, do local, come ci suggerisce Cristina Modolo, uno dei soci di Blutek. Abbiamo incontrato Danilo Viganò, un altro dei soci di questa realtà imprenditoriale che opera a Stezzano, in provincia di Bergamo. Gli abbiamo
L’
In basso Danilo Viganò insieme a Cristina Modolo, soci della Blutek www.blutek.eu
170 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
La sfida per la competitività marcia insieme all’avanzamento tecnologico. Da un comune del bergamasco, Danilo Viganò spiega come far fronte alla crisi assumendo una prospettiva globale Luca Cavera
chiesto di raccontare la loro esperienza nel settore dei compressori rotativi non lubrificati. Perché avete scelto di investire in una nuova linea di compressori a vite oil free in un momento così difficile? «Per rispondere alla naturale evoluzione del mercato e alla richiesta di prodotti sempre più avanzati e personalizzati per le esigenze produttive. Tutto ciò ci ha convinto a lavorare, sia pure in un contesto difficile, per trasformare il nostro sogno in un prodotto tecnicamente evoluto in grado di competere a livello globale. I compressori a vite oil free sono il traguardo di tre anni di ricerca. Abbiamo studiato a lungo per giungere a una soluzione costruttiva che permettesse di realizzare una macchina con componenti standard, ma anche facilmente personalizzabile. Tutti i componenti, eccetto il gruppo vite, sono stati prodotti nel nostro territorio, dove esistono realtà industriali altamente specializzate. È motivo d’orgoglio essere riusciti a realizzare un prodotto in cui il 75% del valore del costo dei componenti è realizzato in Lombardia. La parte più impegnativa è stata individuare una nuova rete di fornitori; questi hanno dato un contributo prezioso al successo del progetto». Entriamo più direttamente nel prodotto. Qual è la gamma attuale? «La gamma attuale è realizzata per coprire le potenze da 37 kW a 355 kW con pressioni di lavoro da 3 barg a 11 barg. La gamma viene proposta in versione con raffreddamento sia ad acqua che ad aria fino alla potenza di 200 kW. Le potenze maggiori sono solo con raffreddamento ad acqua per una ragione di costo e di
Danilo Viganò
dimensioni delle masse radianti. I punti qualificanti di questo prodotto sono intanto le dimensioni contenute e il layout interno, che con un sistema di raffreddamento non convenzionale permette di ridurre la rumorosità, facilitare le operazioni di pulizia degli scambiatori e garantisce il corretto funzionamento del sistema. Il sistema di controllo e gestione è assai semplice e molto simile a quello dei normali compressori. La presenza di due separatori centrifughi, completi di scaricatori elettronici, permette di produrre aria compressa già parzialmente deumidificata». Possiamo parlare del lato economico di questa nuova linea visto che il prezzo del prodotto ha sempre un po’ spaventato gli utilizzatori? «I prezzi variano in base al grado di personalizzazione del prodotto. Per noi lo speciale è standard. La maggior parte delle macchine sono costruite su specifiche richieste. Queste riguardano la configurazione del sistema di raffreddamento, la pressione di lavoro, la portata e le caratteristiche elettriche e di protezione (norme Atex). In alcuni casi le macchine vengono progettate e realizzate come componenti di un sistema finito. Quello che proponiamo per le macchine standard, con potenza da 37 kW a 355 kW, è di poco superiore al prezzo di un compressore a
Abbiamo studiato a lungo per giungere a una soluzione costruttiva che permettesse di realizzare una macchina con componenti standard, ma anche facilmente personalizzabile
vite lubrificato, di un centralina di filtrazione e ai costi di manutenzione per 20mila ore di funzionamento. La differenza è soprattutto compensata dall’assenza dei rischi legati all’utilizzo dei compressori lubrificati». Il prodotto è già disponibile per la commercializzazione? «Finora è stato commercializzato solo all’estero, poiché da lì sono venute le maggiori richieste di macchine speciali, che è poi il prodotto sul quale abbiamo puntato di più. Oggi siamo pronti a soddisfare anche la richiesta di un prodotto standard. Al momento abbiamo in test di campo la gamma 2.2-15 kW che, salvo la necessità di correzioni suggerite dalle prove di durata, sarà sul mercato all’inizio del 2012. Per la fine dell’anno è previsto invece l’inizio della produzione della gamma 15-37 kW che completerà, con una soluzione tecnica molto innovativa, il nostro portafoglio prodotti». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 171
IMPRENDITORI DELL’ANNO
L’automazione industriale verso l’ottimizzazione dei processi uello dell’impiantistica industriale è un settore in continua evoluzione che ormai, nelle sue diverse sfaccettature, trova applicazione in svariati ambiti merceologici, dalla siderurgia alla chimica, fino ad arrivare all’edilizia. La necessità di soddisfare le esigenze del mercato richiede quindi un costante aggiornamento del capitale umano e tecnologico, indispensabile per fornire un servizio completo in tutte la sue fasi, dalla consulenza alla realizzazione dell’impianto. Cercare di coniugare tutto questo con il rispetto dei moderni standard di tutela ambientale è la nuova sfida delle aziende presenti sul mercato, come spiega Michele Lamera, Ad di Tecnologie Industriali, società con sede a Romano di Lombardia, specializzata proprio nella realizzazione di impianti industriali. Quali tecnologie caratterizzeranno gli sviluppi più significativi dell’impiantistica industriale? «L’automazione industriale, rivolta principalmente all’ottimizzazione dei processi produttivi e dei consumi energetici, è l’ambito produttivo
Q
172 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
Innovazione tecnologica e rispetto per l’ambiente sono le parole d’ordine per la realizzazione degli impianti industriali del futuro. Criticità e prospettive del settore secondo Michele Lamera Guido Puopolo
di maggior sviluppo nell’impiantistica industriale nel nostro settore di operatività. Quindi lo sviluppo dell’elettronica applicata agli ambienti industriali è senza dubbio la tecnologia di maggior interesse per i prossimi sviluppi impiantistici». Rispetto all’Europa qual è il livello di innovazione e tecnologia presente all’interno dei distretti in cui operate? Esiste, nella cultura industriale italiana, una sufficiente attenzione al rinnovo tecnologico e impiantistico? «Il settore di nostra competenza, ovvero il trattamento chimico delle superfici metalliche, è sostanzialmente in linea con gli standard europei, e anzi a volte è tecnologicamente più avanzato. Più in generale però è il sistema delle tecnologie industriali nel suo complesso che appare restio ad accogliere le innovazioni tecnologiche, siano esse di processo o di applicazione di nuovi prodotti e componenti. Nonostante ciò è importante segnalare che negli ultimi anni è stato possibile inserire in maniera sempre maggiore l’automazione industriale rivolta all’ottimizzazione dei processi produttivi e alla loro storicizzazione». Qual è il bilancio relativo all’attività e al fatturato del 2010? «In linea generale possiamo affermare che il 2010 è stato un anno positivo, con una leggera ripresa economica rispetto all’anno precedente che ha riportato il fatturato sui livelli del 2008.
In apertura, Michele Lamera, Ad della società Tecnologie Industriali. Nelle altre immagini, alcuni scatti realizzati presso la sede di Romano di Lombardia (Bg) www.tecindustriali.it
Michele Lamera
L’anno passato ha però fatto registrare un calo nella richiesta del servizio di manutenzione, che le aziende ormai tendono generalmente ad affidare direttamente a personale interno. Il nostro auspicio naturalmente è che i segnali di crescita degli ultimi mesi trovino conferma nel prossimo futuro». Quanto investite in ricerca, innovazione e sviluppo? «L’azienda lavora principalmente a commessa. L’attività di ricerca e sviluppo è già presente nella fase propositiva, ovvero nella fase di creazione dell’offerta tecnico commerciale. Ciò significa che non esiste un momento specifico nel nostro ciclo produttivo dedicato a ricerca e innovazione, ma che questa attività è portata avanti con continuità lungo tutta la vita della commessa». In particolare su quali presupposti e con quali prerogative lavorate affinché il vostro operato abbia un basso impatto ambientale? «Ridurre il più possibile l’impatto ambientale è per noi una priorità, e per raggiungere risultati importanti in questa direzione tendiamo ad approfondire sempre di più sia il tema impiantistico
in senso lato che l’aspetto normativo di riferimento. Nella progettazione di impianti ecologici, in particolar modo degli impianti di trattamento dei reflui aeriformi, le nostre proposte sono sempre rivolte alla realizzazione di prodotti che garantiscano performance adeguate alla problematica che ci viene sottoposta. Per quel che riguarda la realizzazione di impianti di processo, generalmente affianchiamo le nostre soluzioni a proposte legate alla risoluzione di eventuali problemi di natura ambientale, nonché a proposte inquadrate in un’ottica di risparmio energetico dell’intero impianto produttivo». Su quali settori concentrerete i vostri investimenti nel corso del 2011? «Sicuramente una priorità sarà l’acquisto dell’immobile all’interno del quale si svolge la nostra attività, che attualmente occupiamo con un contratto di locazione. Questo investimento, in continuità con la politica di incremento del capitale sociale intrapresa dall’azienda nel recente passato, ci permetterà di proseguire in una strategia di capitalizzazione della società in grado di consolidare la nostra presenza sul mercato».
0.95
mln
FATTURATO Il fatturato del 2010 di Tecnologie Industriali si è chiuso sui valori del 2008, recuperando quindi la perdita di fatturato registrata nel 2009
LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 173
IMPRENDITORI DELL’ANNO
Il tessile deve puntare sull’innovazione ell’ultimo decennio il mercato tessile è mutato enormemente, «con forti riduzioni dei lotti medi e dei tempi richiesti per la consegna. Inoltre, si è risentito della forte spinta alla globalizzazione, che ci ha messo in competizione con nazioni che non hanno voci di costo quali le spese sociali e ambientali, e che godono pure di una minor tassazione». Sono le riflessioni di Carlo e Paolo Pilenga che da anni si muovono nel settore con Europizzi, azienda subfornitrice dell’industria tessile, che occupa quasi duecento dipendenti. La loro produzione é in massima parte destinata al mercato europeo e grazie al costante investimento sull’innovazione e sull’efficienza, l’azienda riesce a gestire i processi di lavorazione con grande flessibilità e rapidità, lottando con dinamismo contro ai fattori, sempre maggiori, che deprimono il settore. Però Carlo e Paolo Pilenga non possono eludere il problema della fluttuazione dei prezzi delle materie prime, che nell’ultimo anno ha fatto rilevare aumenti fino
N
Carlo e Paolo Pilenga, titolari della ditta Europizzi di Urgnano (Bg). Nella pagina accanto, fasi di lavorazione all’interno dell’azienda www.europizzi.it
176 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
I problemi che il settore tessile deve affrontare sono innegabili. Concorrenza sleale da parte dei paesi a basso costo e fluttuazione dei prezzi delle materie prime. La via d’uscita? Secondo Carlo e Paolo Pilenga, puntare tutto su innovazione ed efficienza Riccardo Ceredi
al 400%. «Infine, il settore è flagellato da procedure burocratiche particolarmente lunghe e subisce un’enorme pressione fiscale. Lo Stato, in un periodo di enormi difficoltà economiche, continua a introdurre voci di costo aggiuntive che gravano sulla produzione». Come si può far fronte a questi problemi? Paolo Pilega: «Noi stiamo cercando di reagire puntando sull’innovazione, sia di prodotto che di processo, inoltre, tentiamo la strada dell’abbattimento dei costi, attraverso un importante investimento nelle green technologies. Recentemente abbiamo allargato la ricettività del nostro impianto di depurazione delle acque reflue al ritiro di scarichi di terzi, spostando in pratica la voce “depurazione acque” dalla colonna dei costi a quella dei ricavi. Inoltre, da circa tre anni abbiamo messo in funzione un cogeneratore a oli vegetali per la produzione di energia elettrica, calore e vapore da fonti rinnovabili». Comè nata Europizzi? Paolo Pilenga: «La nostra storia è iniziata nella primavera del 1968, con un’attività di tintura dei pizzi di tipo rachel e valenciennes. L’azienda fu fondata da nostro padre, Italo Pilenga, attuale presidente del Cda. Negli anni, la domanda del mercato è mutata costantemente, imponendo un adeguamento dell'intero sistema tessile, che ha visto l’introduzione di al-
Carlo e Paolo Pilenga
tri tipi di prodotti: tessuti indemagliabili di fibre poliammidiche, poliestere, acetati e triacetati, cotone, fibre artificiali e acriliche e, ultimi in ordine cronologico, tessuti in maglia circolare. Noi abbiamo sempre anticipato queste dinamiche evolutive, decidendo di puntare sull'innovazione tecnologica e organizzativa». Qualche esempio pratico? Paolo Pilenga: «Nel 1977 abbiamo progettato e messo in funzione una nuova tintoria in cui vengono tuttora trattati articoli a trama e catena di cotone e lino, rayon viscosa e acetato, poliestere e cotone, destinati all'arredamento, all'abbigliamento e ai più svariati impieghi. Un altro anno chiave è stato il 1988, quando all’interno di Europizzi è nata la divisione “Ausiliari Tessili”, che produce componenti fondamentali per la tintura, stampa e finissaggio impiegati nei processi di nobilitazione tessile. Nel tempo, si sono aggiunte nuove linee di prodotti per l'impiego nell'industria delle costruzioni, della depurazione delle acque reflue, e delle materie plastiche». Avete in cantiere qualche progetto innovativo? Carlo Pilenga: «La nostra divisione Ausiliari Tessili collabora con importanti centri di ricerca e aziende di spicco nel settore chimicotessile su vari progetti innovativi. L’ultimo in ordine cronologico si colloca all’interno del settimo programma quadro della Comunità Europea e ha come soggetto l’utilizzo di nanotecnologie per il miglioramento dei trattamenti antifiamma su cotone e poliestere. Inoltre, stiamo lavorando al futuro lancio di un’etichetta che certifichi l’utilizzo di energia da fonti rinnovabili nei processi di nobilitazione tessile». Come sono cambiate le esigenze dei consumatori? Carlo Pilenga: «Oggi come in passato bisogna far fronte a richieste e comportamenti dei consumatori finali sempre più diversificati, che ormai toccano non solo il settore dell'abbi-
Puntiamo sull’innovazione, sia di prodotto che di processo, inoltre, stiamo affrontando importanti investimenti nelle green technologies
gliamento ma anche quello dell'arredamento, sanitario, sportivo, delle applicazioni industriali e del tempo libero. È quindi necessario predisporre un'offerta di prodotti funzionali, igienicamente sicuri, esteticamente gradevoli ed economicamente vantaggiosi. L'esigenza di avere massima flessibilità nell'accogliere commesse diverse e di soddisfarle con la maggior rispondenza qualitativa ha portato la nostra azienda a strutturarsi per tipologia di articolo e lavorazione. Oggi, siamo in grado di lavorare su tutte le fibre naturali, artificiali e sintetiche, dalla preparazione al finissaggio».
LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 177
SOSTANZE CHIMICHE
Nuove norme sulle sostanze chimiche econdo i dati Cefic registrati nel 2009, la produzione mondiale di sostanze chimiche è passata da un milione di tonnellate del 1930 ai più di 400 milioni attuali, per un valore di circa 1950 miliardi di euro a livello mondiale, di cui 566 miliardi sono a livello UE e 57, 6 miliardi in Italia. L’industria chimica europea copre circa il 30 per cento del commercio mondiale dei prodotti chimici, circa il 90 per cento delle imprese coinvolte sono piccole medie aziende, anche se oltre il 70 per cento della produzione deriva da poche multinazionali. Più di 100mila sostanze chimiche sono presenti oggi sul mercato comunitario e di queste, gran parte dovranno essere registrate, entro il 2018, secondo il nuovo regolamento REACH, dal momento che vengono prodotte o importate in quantità pari o superiore a una tonnellata all’anno. «Al regolamento REACH si affianca un’altra normativa, relativa alla classificazione e all’etichettatura delle sostanze chimiche all’interno del territorio UE» afferma Monica Locatelli, managing director di Reach Mastery di Como, società che supporta le imprese nell’adeguarsi agli adempimenti necessari previsti dai regolamenti REACH e CLP. Che cosa prevede il regolamento REACH? «Il REACH è la nuova legislazione europea, entrata in vigore il 1 giugno 2007, che concerne la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche. Va a sostituire il vecchio sistema legislativo, di cui vuole superare i limiti, armonizzando e modificando oltre 40 normative comunitarie, con un ampliamento del
S
180 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
I regolamenti REACH e CLP impongono a tutto l’indotto dell’industria chimica la registrazione delle sostanze prodotte o importate e un nuovo modello di etichettatura e imballaggio. Monica Locatelli spiega a che punto è l’adeguamento normativo Eugenia Campo di Costa
campo di applicazione delle procedure per le sostanze chimiche, che solo in Italia coinvolgono oltre 4mila aziende e oltre 100 mila imprese di trasformazione. REACH è l’acronimo di Registration, Evaluation and Autorisation of CHemicals e prevede che tutte le sostanze chimiche prodotte o importate al di sopra di 1 tonnellata all’anno, siano registrate presso l’agenzia europea delle sostanze chimiche, ECHA (European CHemical Agency). Ai fini della registrazione, fabbricanti e importatori dovranno trasmettere un fascicolo contenente informazioni chimico-fisiche, tossicologiche ed eco-tossicologiche sulle sostanze, sui rischi che esse comportano, nonché sulle misure appropriate di gestione di tali rischi. Nel caso di quantitativi pari o superiori a 10 ton/anno, viene richiesta una relazione sulla sicurezza
Monica Locatelli, seconda da sinistra, con parte del team di Reach Mastery. La società ha sede a Como
Monica Locatelli
chimica (CSR - Chemical Safety Report), che documenti la valutazione effettuata». Qual è lo scopo di tale regolamento? «Lo scopo principale del REACH è quello di migliorare la conoscenza dei pericoli e dei rischi derivanti dalle sostanze chimiche, quindi la loro gestione per assicurare un maggiore livello di protezione della salute umana e dell'ambiente, e, al contempo, di mantenere e rafforzare la competitività e le capacità innovative dell’industria chimica europea». Che cosa prevede invece il CLP/GHS? «Mentre il REACH fa riferimento ai quantitativi delle sostanze prodotte, il regolamento CLP (Classification/Labelling/Packaging), riguarda la pericolosità delle sostanze o miscele a prescindere dal quantitativo. CLP è la nuova normativa europea sulla classificazione, sull’etichettatura e l’imballaggio delle sostanze chimiche. Introduce un nuovo modello basato sul sistema globale armonizzato dell'ONU: richiede di classificare le sostanze chimiche e le loro miscele, all’interno del territorio dell’UE, in funzione delle loro proprietà pericolose e di indicare i rischi che comportano. Stabilire i pericoli delle sostanze prima della loro immissione in commercio e definire il loro grado di pericolosità rientra tra i compiti dell’industria. Una sostanza perico-
Convincere le aziende che devono iniziare a investire sin da ora per poter adempiere al regolamento entro il 2018 è un’impresa difficilissima
losa deve essere provvista di un’etichetta che garantisca che i lavoratori e gli utenti possano conoscerne i possibili rischi ed effetti prima di iniziare qualsiasi trattamento. Il CLP è entrato in vigore il 20 gennaio 2009 e stabilisce che a partire dal 1 dicembre 2010 tutte le sostanze messe in commercio devono essere rietichettate e reimballate secondo i nuovi principi e utilizzando nuovi simboli. Per le miscele l’adeguamento è rimandato al 2015. Sempre il 1 dicembre si è conclusa la prima delle tre fasi fondamentali per l’implementazione del regolamento REACH, quella che ha dovuto affrontare i dossier più impegnativi, con gli attori più grossi anche se su un numero ridottissimo di sostanze rispetto al globale». In questo contesto, qual è il ruolo di Reach Mastery? «Reach Mastery è una struttura in grado di assistere il cliente in tutti i diversi adempimenti dei regolamenti REACH e CLP coprendo LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 181
SOSTANZE CHIMICHE
Lo scopo principale del Reach è quello di migliorare la conoscenza dei pericoli e dei rischi derivanti dalle sostanze chimiche
tutte le aree di competenza, con risorse in-
terne o con partnership solide e strutturate. L’esperienza e la versatilità dei nostri consulenti permette di dare al cliente una risposta completa e personalizzata a tutte le sue esigenze in ambito regolamentatorio. Grazie dunque alla competenza in ambito Reach, all’esperienza in risk assessment, all’ausilio di un gruppo di tossicologi di fama internazionale, a stretti legami con studi legali, con laboratori in GLP e con gruppi di ricerca ap-
182 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
plicata, possiamo realmente portare i nostri clienti dalla pre-registrazione alla registrazione con la migliore razionalizzazione dei costi e la possibilità quindi di cogliere questo regolamento come un’opportunità per farsi conoscere e distinguere sul mercato. Reach Mastery è una struttura completamente operativa e ci possono quindi essere delegati in “out-sourcing” tutti i lavori necessari agli adempimenti dei regolamenti». Quali previsioni si possono fare rispetto al vostro lavoro dei prossimi anni? «Ad oggi siamo consapevoli delle procedure che vanno effettuate e delle nostre competenze in tal senso. Sappiamo che il sistema non salta e non salterà nei prossimi anni. Questo ci conforta da un lato, ma ci terrorizza dall’altro, perché il carico di lavoro e gli investimenti di tempo ed economici cresceranno a livello esponenziale. La paura è che l’esperienza acquisita non ci basterà per accelerare i processi e sistemare l’alto numero di sostanze previsto». Le aziende sono consapevoli di questa situazione? «Convincere le aziende che devono iniziare a investire sin da ora per poter adempiere al regolamento entro il 2018 è un’impresa difficilissima e convincerle che questa normativa deve essere affrontata con la più grande serietà è ancora peggio. Le multe per chi non si adegua al regolamento possono arrivare fino a 100mila euro, ma ancora più gravi sono il
Monica Locatelli
CHI È COINVOLTO NEL REACH? I SERVIZI DI REACH MASTERY l REACH coinvolge tutta l’industria manifatturiera
Iperché non interessa solo le industrie chimiche in
fermo impianti o il fermo delle merci in dogana. Il motto di REACH è espressamente indicato nella legislazione: “no data, no market”. Si dice che i controlli saranno troppo pochi. Purtroppo spesso si è abituati a valutare l’entità del rischio che si corre e a cercare di “farla franca”, però questa volta bisogna fare i conti con l’Europa e con aziende che hanno investito una quantità di soldi enorme per mettersi in regola. Non permetteranno che il loro investimento sia messo a rischio da chi opera illegalmente. L’attuazione del fermo su denuncia è pressoché immediata». Ma quali cifre bisogna investire per mettersi in regola? «Il costo medio oggi per poter continuare a produrre o importare una sostanza si aggira intorno ai 60-70 mila euro. Considerando tutte le diverse voci di costo, e che una media azienda arriva a trattare anche un centinaio di sostanze, parliamo di 6-7 milioni di euro in 8 anni». Una spesa notevole soprattutto in tempi di crisi. Come se ne esce? «Siamo ancora nel pieno della crisi economica, il futuro delle aziende non è particolarmente promettente. Una crisi, d’altra parte, si risolve facendo investimenti oculati a lungo termine, che permettano di garantire nel tempo la presenza sul mercato. I costi elevati quindi possono essere concepiti come costi morti o come investimento. Credo che la differenza, oggi, possa essere fatta solo parteci-
senso stretto, ma anche distributori, importatori, utilizzatori a valle. Chiunque produce qualcosa deve dimostrare che i materiali sono a norma REACH. «Per esempio – spiega Monica Locatelli - non si può mettere sul mercato un capo di abbigliamento se non si è in grado di dimostrare che i coloranti utilizzati sono conformi. Ugualmente, un piccolo artigiano che produce detergenti, deve poter dimostrare che tutti gli ingredienti del suo prodotto sono stati registrati. In caso di controllo la multa arriva sia all’artigiano in prima battuta che, successivamente, al fornitore». Vengono esclusi dal REACH unicamente alimenti, medicinali e biocidi, e qualche altra tipologia di sostanze, ma solo perché questi sono sottoposti ad altre legislazioni. Reach Mastery è un’azienda giovane, vicina alle realtà produttive, in grado di consigliare la strategia più pratica e più vantaggiosa per il cliente. I servizi che offre alle aziende comprendono formazione, check up aziendale, product/material management, third rapresentative, pre-sief, sief e consorzi, consulenza tossicologica, consulenza legale, registrazione, CSA e CSR, autorizzazione, comunicazioni fornitori/clienti, programmi di ricerca e sviluppo, schede di sicurezza e CLP. «Lavoriamo con una rete di esperti, ma formalmente non siamo legati a nessuno per cui siamo liberi di scegliere sempre la soluzione migliore. Nel nostro staff ci sono persone che hanno lavorato nell’industria e altre che hanno partecipato all’approvazione del REACH alle dipendenze della Commissione Europea, quindi uniamo competenze di mercato e competenze di tipo regolatorio-politico». Completano il quadro della società, chimici analitici e tossicologi esperti, in grado di consigliare l’analisi che meglio risponde ad un determinato problema, ed esperti informatici. www.reachmastery.com
pando, pianificando e, soprattutto, alleandosi con i concorrenti, cosa che in Italia siamo raramente capaci di fare. Se si lavora e si investe insieme da subito, si possono spartire i costi e in molti casi si recuperano interamente i soldi investiti, oltre a garantirsi una registrazione e una presenza legale sul mercato. Potrebbe invece non essere tecnicamente facile entrare nel mercato successivamente». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 183
RICERCA E IMPRESA
Riportiamo la ricerca al servizio delle industrie a tecnologia fa crescere il mondo, lo rende più fruibile, permette alla scienza di evolversi. Ma capita, sempre più spesso, che l’economia e le sovrastrutture burocratiche blocchino l’avanzare dell’innovazione high-tech. Un tema ampiamente discusso da docenti, ricercatori e politici. Ma che vede soprattutto coinvolti gli industriali più avveduti, i quali nel rinnovo delle produzioni trovano la loro raison d’etre. Lo sa bene Roberto Lauzi, a capo di Lot Oriel Italia, società centrale nell’ambito della ricerca e dell’industria, essendo tra i principali distributori di High Tech, i prodotti tecnologicamente più avanzati, utilizzati in aree di applicazioni e studi di elevato contenuto tecnologico. «Le università italiane, i centri nazionali di ricerca e tutte quelle aziende dotate di una significativa capacità di R&D rappresentano per noi i partner più importanti» spiega Lauzi. Un rapporto non semplice, in questo
L
186 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
Parla, a seguito della recente acquisizione da parte di Quantum Design, il numero uno di Lot Oriel Italia, Roberto Lauzi. Il manager sottolinea il bisogno, da parte delle industrie italiane, di reimpostare la ricerca tecnologica in chiave produttiva Andrea Moscariello
paese, quello tra università e industria, che deve far fronte a dei ritardi e a delle farraginosità strutturali di non poco conto. Nonostante ciò, Lot Oriel registra importanti risultati applicativi a seguito dei suoi investimenti connessi all’azione dei principali istituti formativi nazionali. «La costante ricerca in prodotti tecnologicamente avanzati ha portato Lot Oriel Italia ad affiancarsi e a collaborare con gli attori che operano nei settori sempre strategicamente crescenti e importanti. Pensiamo solo a quelli delle nano e biotecnologie, del fotovoltaico e della ricerca ambientale, comparti che hanno acquisito una voce estremamente rilevante per il bilancio nazionale». Tra industria e università, in Italia, il collante della ricerca spesso non è così cementificato. Non trova? «In realtà l’industria italiana ha un’estrema volontà di collaborazione con gli atenei. Il problema è che i due attori parlano un linguaggio diverso. Agiscono su presupposti ancora distanti tra loro. Ovviamente le imprese devono legarsi a una logica produttiva, di ritorno industriale. Le università, invece, sono molto meno stimolate a creare innovazioni in grado di ottenere un importante riscontro di mercato, commerciale».
Roberto Lauzi, amministratore di Lot Oriel Italia
Roberto Lauzi
In realtà l’industria italiana ha un’estrema volontà di collaborazione con gli atenei. Il problema è che i due attori parlano un linguaggio diverso. Agiscono su presupposti troppo distanti tra loro
Come mai? «Il problema sta proprio nella logica alla base della carriera accademica italiana. Qui da noi, a differenza che in Germania o negli Stati Uniti, non vige una competitività tra docenti e ricercatori tale da stimolare progetti fruibili dal mercato. Mi spiego meglio. Tra i professori tedeschi c’è una sana competizione. La loro carriera è dettata dai risultati pratici ottenuti in seguito alle ricerche. La loro vita professionale è determinata dal successo di ciò che creano e di conseguenza sono portati a cercare i collaboratori migliori, i fondi più cospicui, le idee più eccellenti. In Italia questi elementi rappresentano ancora un surplus in una carriera che prosegue in genere per pura anzianità o, per altre componenti non
sempre legate alla logica del merito». Il punto è che, alla fine, l’industria italiana fatica a trovare supporto. «Esattamente. I ritorni in termini di risultati trasferibili in un’ottica produttiva che giungono dalle nostre ricerche universitarie sono troppo spesso limitatamente significativi, salvo qualche rara eccezione». Non può essere che il problema derivi anche da una conformazione troppo fragile del nostro tessuto imprenditoriale? «Questo dato incide senza alcun dubbio. L’economia italiana è costituita da una miriade di piccole e medie imprese. Buona parte di queste sono eccellenti, ma manca una visione coesa, il trasferimento di conoscenze. Ci sono LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 187
RICERCA E IMPRESA
Purtroppo in Italia si è fatto ben poco per mantenere viva la ricerca tecnologica di base. Avevamo aziende capaci di competere nella progettazione di high tech con tutto il mondo e lentamente le abbiamo lasciate affossare
troppi pesci piccoli nello stagno. E per creare
buona tecnologia occorrono attori forti, ben capitalizzati e strutturati. Altrimenti i concorrenti stranieri, magari americani o cinesi, l’avranno sempre vinta». Dunque sulla tecnologia occorrono più attori di peso in Italia? «Sì. Il problema è in primis dimensionale. I nostri ricercatori, quelli che lavorano spinti dal fuoco sacro della ricerca, sono molto bravi, davvero. Gli italiani sanno lavorare con ingegno e fantasia, la nostra storia ce lo insegna. E me ne rendo conto personalmente anche grazie a Lot Oriel». A proposito di questo, la vostra è una società che punta moltissimo sui giovani ricer-
188 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
catori. «Il nostro personale è principalmente formato da giovani laureati, soprattutto dottori in fisica e ingegneri, provenienti direttamente dalle università italiane e inseriti in un contesto tecnico e commerciale in cui possono maturare rapidamente esperienze professionali rilevanti». La crisi quanto ha inciso sugli investimenti riposti verso la ricerca e lo sviluppo? «Evidentemente il doversi trovare a operare in una situazione di crisi economica, che ha fortemente intaccato la disponibilità dei fondi per la ricerca, ha portato l’azienda a considerare aspetti di collaborazione molto più ampi con vari settori universitari. Recenti sono i nostri accordi di cooperazione con importanti gruppi di ricerca relativamente a studi basati su strumentazione che la Lot Oriel Italia, in collaborazione anche con le case produttrici, rende disponibili per prove e dimostrazioni». La ristrettezza dei fondi disponibili ha quindi reso più complessa la gestione dei progetti? «Le erogazioni a volte garantiscono la strumentazione ma sono poi carenti nel garantire le coperture necessarie, sia per il personale qualificato che ci dovrebbe lavorare, sia per le successive manutenzioni e assistenze. Da parte nostra, ci stiamo strutturando per proporre pacchetti che comprendano sia il prodotto che il servizio successivo per un numero determinato di anni. Riteniamo inoltre di particolare rilevanza il riuscire
Roberto Lauzi
DALLE NANOTECNOLOGIE AGLI INFRAROSSI L OT Oriel Italia viene costituita nel 1990, anno da cui è presente con successo sul mercato italiano della ricerca e dell’industria. Molti i settori su cui opera attivamente la filiale italiana della Lot Oriel, guidata da Roberto Lauzi. Fotovoltaico, scienza delle superfici, telecamere a infrarossi, analisi di proprietà dei materiali, biologia, nanotecnologia e interferometria sono solo alcuni. Un complesso quadro di attività tecnologiche e scientifiche capaci di creare un fatturato annuo di gruppo di oltre 50 milioni di euro. Soprattutto, il gruppo crea un importante indotto occupazionale , coinvolgendo a livello di gruppo europeo oltre 120 specialisti e ricercatori. www.lot-oriel.com
a garantire la possibilità di proporre all’istituto di ricerca un pacchetto che comprenda prodotto e copertura delle attività del ricercatore. Quest’ultimo, poi, sarebbe identificato dall’istituto ma economicamente coperto dalla nostra società. Sono sicuro che questo approccio, per quanto interessante e innovativo, nasconda parecchie difficoltà gestionale e operative .Ma per andare avanti bisogna rischiare e mettere in pratica qualche innovazione e metodologia non tradizionale». Di recente siete stati acquisiti da un’importante multinazionale americana, la Quantum Design. Con quali prerogative è avvenuta l’operazione? «Il nostro, sotto certi aspetti è e rimane un settore di nicchia in cui, nonostante la crisi, le società migliori riescono a espandersi notevolmente a livello internazionale. Quantum Design è uno dei nomi più importanti sul settore tecnologico ed è già presente, oltre che negli Stati Uniti, anche sui principali mercati mondiali con presenza particolarmente significativa sui mercati asiatici. Per l’Europa, ha deciso di acquisire in toto la Lot Oriel. Si tratta di una grande opportunità che ci permetterà di penetrare maggiormente nel mercato europeo avendo alle spalle una grandissima realtà multinazio-
nale. Quantum Design apre alla nostra società prospettive di collaborazione a livello mondiale, mettendoci a diretto contatto con le migliori tecnologie sviluppate negli altri paesi più tecnologicamente evoluti, tecnologie che possiamo proporre poi alle nostre entità locali». Parlando, invece, del mercato prettamente italiano, cosa si auspica per il futuro? «Ci muoviamo in un ambito complesso e difficile, soprattutto per il nostro paese. Purtroppo in Italia si è fatto ben poco per mantenere viva la ricerca tecnologica di base. Avevamo aziende capaci di competere nella progettazione di high tech con tutto il mondo, basti ricordare la storia della Olivetti, e lentamente le abbiamo lasciate affossare. Inoltre, fattore ancora più di ostacolo, il sistema degli appalti pubblici, anziché garantire la qualità delle imprese selezionate dagli enti locali, crea soltanto un immenso sistema di burocrazie che impedisce alle aziende più meritevoli di lavorare con serenità. Non si possono applicare nell’ambito dell’alta tecnologia gli stessi parametri richiesti per selezionare un’impresa edile. Su questo il mondo politico deve intervenire, altrimenti verrà seriamente compromesso lo sviluppo dell’industria italiana nel mondo». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 189
PROPRIETÀ INDUSTRIALE E INTELLETTUALE
Non solo brevetti e marchi uello della proprietà intellettuale ed industriale è un campo veramente ampio, almeno da due punti di vista. Il primo è la grande quantità di materie, argomenti e sottoargomenti coinvolti, che vanno ben oltre la registrazione di marchi e brevetti e la difesa nei confronti della contraffazione, . Da tutto ciò deriva il secondo punto di vista, che è quello che attiene le vere e proprie attività che una qualsiasi azienda – non importa il settore in cui opera – deve svolgere per districarsi in questo complicato campo. Com’è facile intuire, è quasi impossibile che una normale impresa abbia le competenze per muoversi autonomamente ed è certamente opportuno affidarsi a professionisti competenti che curino i diversi aspetti ed esigenze che via via si presentano. È in risposta a queste necessità che è nata la Bugnion Spa, una delle più importanti società di consulenza in proprietà industriale e intellettuale in Europa. La Bugnion offre infatti una consulenza integrata, ovvero è in grado di rispondere a tutti i bisogni che un’azienda può avere in materia di tutela delle privative di proprietà intellettuale ed industriale. Spiega meglio la questione Donatella Prandin, socia della Bugnion e responsabile della sede di Milano: «Noi assicuriamo una consulenza integrata nella gestione degli intangibles aziendali; offriamo cioè una diversità di prestazioni che fanno da corollario alla gestione della proprietà industriale, un servizio a tutto tondo rispetto alle necessità dell’azienda. Infatti, insieme all’attività tipica e più conosciuta che riguarda il deposito di brevetti, marchi e modelli, esiste anche tutto un insieme di consulenze, assistenza nella strategia di scelta e gestione del portafoglio delle privative pro-
Q
Nella foto a destra, Donatella Prandin, socia di Bugnion e responsabile della sede di Milano. Nella pagina a fianco, murale ispirato ai temi della ricerca, della tecnologia e dell’innovazione dei nuovi uffici Bugnion a Bologna; accanto, professionisti in riunione www.bugnion.it
190 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
In un momento storico in cui è fondamentale operare in maniera efficace e oculata ogni azienda deve sapere come tutelare e sfruttare l’innovazione e la creatività. Ce ne parla Donatella Prandin Amedeo Longhi
prietà industriali». Nello specifico quindi in cosa consistono i vostri servizi? «Non ci limitiamo a curare la gestione completa di portafogli brevetti, marchi e design e di tutti i titoli di proprietà industriale in Italia e all’estero, ma garantiamo anche assistenza tecnica, contrattuale e legale, in fase
Donatella Prandin
60
CONSULENTI È il gruppo di professionisti che offre consulenze tecniche, giuridiche ed economiche presso i 12 uffici Bugnion dislocati in Italia
sia giudiziale che stragiudiziale. Soprattutto affianchiamo l’imprenditore nell’impostazione delle strategie di tutela e valorizzazione dei beni immateriali. Fra le attività specifiche che svolgiamo figurano ricerche documentali, monitoraggio della concorrenza, assistenza in caso di contraffazione, stime e valutazioni, operazioni di tutoraggio, sorveglianze doganali, consulenza in materia di pubblicità ed etichettatura, brand naming, percorsi di innovazione sistematica e tanto altro». Come riuscite a offrire questo insieme di prestazioni così variegato? «La nostra struttura può contare su più di duecento persone, con una sessantina di professionisti abilitati. Essi hanno una formazione scientifica, giuridica, economica e sono consulenti abilitati dinanzi agli uffici competenti italiani ed europei. Hanno maturato una vasta esperienza professionale sia in ambito nazionale che internazionale e costituiscono un team che è in grado di muoversi in tutti gli ambiti tecnici e specifici contemplati dal diritto industriale e intellettuale e a questo correlati. Forniamo altresì costanti aggiornamenti sulle novità legislative nazionali ed internazionali anche tramite il nostro centro di formazione interno aperto anche ai clienti». Come mai oggi c’è un bisogno così dif-
Affianchiamo l’imprenditore nell’impostazione delle strategie di tutela e valorizzazione dei beni immateriali
fuso del vostro operato? «L’intervento di Bugnion si estende a un rapporto integrato con la direzione aziendale, l’ufficio legale e le divisioni di ricerca e sviluppo. Coadiuviamo l’imprenditore nella messa a punto di progetti strategici gestionali e operativi al fine di utilizzare gli strumenti che la proprietà industriale mette a disposizione delle aziende per tutelare e valorizzare la creatività e l’innovazione. Le imprese devono poter dialogare e scambiare informazioni con i consulenti di PI in maniera rapida ed efficace e devono avere a disposizione competenze differenziate, strumenti di monitoraggio e previsioni di budgets per individuare tempestivamente problematiche e opportunità. Siamo a disposizione dell’impresa per effettuare l’analisi dei beni immateriali dell’azienda ed individuare le strategie operative ed economiche più opportune». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 191
MARKETING E COMUNICAZIONE
L’azienda antesignana del total markerting Il business vincente deve saper comunicare, specie se aspira ai mercati internazionali. Pierpaolo Piria apre le porte di Eise, una piattaforma logistica che ogni anno rende possibili 23mila contatti d’affari Paola Maruzzi
irale, unconventional, tradizionale o semplicemente diretto. Il marketing è il sale dell’economia. Esiste da sempre, già prima che venisse teorizzato e sviscerato dai cosiddetti esperti. Per questo continua a condire i mercati, proponendo ogni volta strategie sempre diverse. Ma per essere efficace deve arrivare diritto al sodo, deve intuire l’incastro giusto tra domanda e offerta. Altrimenti prodotti e servizi rimarrebbero stazionari. Visto da lontano, il mondo degli affari risulta un po’ come un gigantesco puzzle: ogni metaforica parte è in cerca di una corrispondenza, deve tessere relazioni mirate. In definitiva il business ha bisogno di aprire ponti e canali comunicativi. È questa la ricchezza del Gruppo Eise, che da 57 anni lavora promuovendo e sviluppando le opportunità di numerose aziende, italiane e straniere. Pierpaolo Piria, amministratore unico di Eise, ne ripercorre le linee guida. A ritroso nell’avventura imprenditoriale: quando scatta la “scintilla” del Gruppo Eise? «Eise nasce per volontà di mio padre, Giuseppe Piria, Cavaliere di Gran Croce. È stato una di
V
194 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
quelle rare personalità in cui avvedutezza e genialità si fondono con la tenacia e la dedizione assoluta al lavoro. Nato a Reggio Calabria nel 1926, da giovanissimo muove i primi passi a Milano come promotore di spazi pubblicitari per annuari e riviste specializzate. Le quotidiane trattative con i titolari e dirigenti industriali, gli suggeriscono di realizzare un servizio di contatti di affari basato sulla disciplina del marketing diretto. Si concretizza così l’idea di Eise. Il successo, nazionale e poi subito internazionale, è immediato. Per sviluppare al meglio gli incontri di affari tra le aziende interessate alla vendita e quelle che, invece, vogliono comprare, mio padre costituisce la Eise International, la E.D.B. Data Bank for European Business Contacts GmbH con sede a Monaco di Baviera, la Sedim e la Cirdam, tutte società collegate con l’attività della capofila Eise». Oggi che tipo di servizi offrite alle imprese? «La principale attività consiste nella promozione di contatti d’affari internazionali e, più specificatamente, nella ricerca di clienti e agenti, in Italia e all’estero per conto di aziende produttrici. Il no-
Pierpaolo Piria, amministratore unico del Gruppo Eise www.eise.it
Pierpaolo Piria
stro principale servizio è l’Ibc, l’International Business Contacts». In cosa consiste? «L’Ibc è un sistema (tutelato) di promozione commerciale. Efficace, veloce ed economico è utilissimo per procacciare le cosiddette “richieste di acquisto o rappresentanza”, che sono esclusive e personali, formulate in modo certo da parte di clienti e agenti aventi un reale interesse a ricevere offerte del prodotto in questione». Attraverso quali strategie perseguite questi ambiziosi obiettivi? «Per prima cosa con impegno, lavoro, esperienza e professionalità. La costante ricerca di clienti e agenti, che va avanti ininterrottamente dal 1954, ha dato modo di costruirci, passo dopo passo, una preziosa banca dati di aziende italiane ed estere. La nostra forza si basa, infatti, sul patrimonio informativo. E sulla capacità di raccogliere e classificare le imprese in base a un nostro Codice Merceologico Eise. In questo modo possiamo conoscere, in tempo reale, chi ha un immediato e certo interesse ad acquistare o rappresentare specifici beni o servizi. Naturalmente l’archivio viene aggiornato di volta in volta». Quali sono i passaggi chiave che regolano un’azione efficace di marketing? «Il primo passo sta nell’intercettare le esigenze dell’abbonato: quindi capire cosa, dove e a chi vuole vendere o affidare il mandato di rappresentanza dei propri prodotti. In un secondo momento, i nostri esperti di marketing costruiscono “su misura” un programma di azione promozionale per individuare e selezionare gli interlocutori più adatti. Attraverso un sofisticato software, vengono selezionati ed estrapolati dalla nostra banca dati tutti quei soggetti che hanno manifestato interesse per l’acquisto o la rappresentanza di prodotti appartenenti al settore merceologico in cui opera l’abbonato». A questo punto, come interagite con le aziende selezionate? «Una per una, ci preoccupiamo di interpellarle, al fine di riscontrare nuovamente l’interesse,
Il primo passo sta nell’intercettare le esigenze dell’abbonato: capire cosa, dove e a chi vuole vendere o affidare il mandato di rappresentanza dei propri prodotti
che viene manifestato compilando un’ apposita richiesta scritta. Questa passa successivamente attraverso il filtro dei nostri esperti di marketing che verificano la regolarità e l’attinenza all’offerta. Solo così, il “materiale” raccolto viene trasmesso all’abbonato, affinché possa entrare in
LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 195
MARKETING E COMUNICAZIONE
contatto con i richiedenti e avviare finalmente
delle mirate trattative d’affari». Fornite assistenza anche all’estero? «Certo. La conoscenza dei mercati esteri è uno dei nostri punti di forza. Questo ci consente un approccio competente in perfetta sintonia con lo stampo internazionale dell’economia contemporanea. In tal senso, tra i principali servizi non potevano mancare: l’assistenza nelle trattative commerciali, la triangolazione telefonica in simultanea (in assoluto il servizio più richiesto per l’immediatezza con cui si entra in contatto telefonico diretto con i clienti e agenti presentati, assistiti da interpreti madrelingua), l’organizzazione di incontri d’affari in occasione di fiere o eventi, l’interpretariato, la traduzione di testi, la diffusione d’inviti, i sondaggi». Insomma, il servizio è a trecentosessanta gradi. Ma quanto costa? «La spesa è assolutamente sostenibile. L’abbonato corrisponde un canone fisso, che incide in maniera trascurabile sul consistente movimento d’affari che potrebbe derivargli dalla nostra collaborazione. Naturalmente il prezzo differisce a seconda delle aree di ricerca (mercati regionali, nazionali o esteri). Strizzando l’occhio a uno dei tormentoni pubblicitari più in voga, anche nel vostro
Giuseppe Piria, fondatore del Gruppo Eise
196 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
ambito vale la formula del “soddisfatti o rimborsati”? «In un certo senso sì. Mi spiego meglio: ai nostri abbonati viene offerta una formula di rimborso del canone corrisposto, previsto in contratto, qualora le ricerche non abbiano dato, in termini quantitativi, i risultati previsti». Vi è mai capitato di dover correre “ai ripari”? «Per fortuna no. D’altronde l’ininterrotta e crescente presenza di Eise sul mercato sin dal 1954 è garanzia di affidabilità, efficacia e trasparenza». Durante quest’arco temporale così lungo, quante sono le aziende che si sono rivolte a voi? «Tra piccole imprese e multinazionali affermate, sono parecchie migliaia. Difficile fare un identikit univoco dal momento che provengono dai settori merceologici più disparati. A ogni modo, buona parte di queste ha un solido settore vendite e ha sviluppato un rilevante giro d’affari. Per avere un’idea sulla nostra mole di lavoro, basti pensare che annualmente le azioni promozionali in favore degli abbonati sono circa 270.000 mila, mentre i contatti d’affari procurati annualmente sono circa 23.000». Quante persone lavorano all’interno del
Pierpaolo Piria
gruppo Eise? «Sono oltre 140, tra dipendenti, agenti e collaboratori autonomi. È un piccolo esercito che si muove in maniera organica e capillare, distribuito tra le sedi di Milano, Perugia e Monaco di Baviera. E, in prospettiva di crescita, stiamo valutando l’opportunità di aprire filiali in altre città del mondo». Ma in definitiva, perché conviene rivolgersi a un professionista del marketing? «Chiunque si trovi sul mercato certamente ha risorse e capacità. Ma cercare o trovare clienti interessati all’acquisto e agenti interessati all’assunzione del mandato di vendita dei propri prodotti è tutta un’altra cosa. Questi passaggi richiedono una specifica competenza. Noi abbiamo esperienza e professionalità, nonché un know how e, soprattutto, una tecnologia specifica. Possono testimoniarlo i titolari delle aziende che si sono avvalse dei nostri servizi, sviluppando, al di là di ogni previsione, il proprio comparto vendite». Novità in cantiere? «Complessivamente siamo soddisfatti, ma da sempre siamo abituati a guardare avanti, a cogliere tutte le opportunità offerte dalle più sofisticate tecnologie dell’informatica per potenziare l’efficacia e la rapidità delle nostre azioni di ricerca. In questo campo, la tempestività tra
Tra le novità, un sistema interattivo che verrà predisposto per la creazione di contatti d’affari internazionali. Internet sarà il canale privilegiato
la nascita della domanda e la risposta dell’offerta è determinante. Abbiamo provveduto perciò alla ristrutturazione della nostra Banca Dati per un costante aggiornamento ai nuovi linguaggi software. Tra le novità è in fase di ultimazione un nuovo e unico sistema interattivo Eise, che verrà predisposto per la creazione di contatti d’affari internazionali. Internet sarà, naturalmente, il canale privilegiato». Quali sono le prospettive in questo momento di crisi economica mondiale? «Guardiamo con fiducia al futuro e continuiamo a insistere sullo sviluppo degli scambi commerciali delle aziende italiane, ponendo in essere la nostra pluriennale competenza sostenuta dalla passione e dalla disponibilità di un’organizzazione complessa ed efficiente di uomini e mezzi. Insomma gettiamo le basi all’entrata della terza generazione preparata e pronta a scendere in campo». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 197
MARKETING E COMUNICAZIONE
La comunicazione è sempre più digitale icuramente è uno degli ambiti che, più di tutti, ha subìto le conseguenze della recessione. Anche per questo il marketing, e in generale il settore della comunicazione, ha dovuto rivedere profondamente le sue strategie commerciali nell’ultimo biennio. «L’effetto crisi ha congelato preziose risorse destinate alla comunicazione e alla promozione aziendale». A parlare è Marzio Carrara, amministratore delegato di CPZ spa, una delle società più affermate del settore in Lombardia. Ciò che emerge a seguito della crisi, è una razionalizzazione delle spese da parte delle imprese, che concentrano gli investimenti sui propri core business, trascurando così il marketing. «Si percepiscono in modo tangibile i tagli effettuati a tali risorse, che vanno tutti a scapito della crescita e dello sviluppo di nuove strategie» osserva Marzio Carrara. Il quadro, ora, sta mutando? «La ripresa non è così scontata secondo noi, ma rappresenterà un valore solo per coloro che sapranno meritarla e conquistarla».
S
198 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
La crisi riduce gli investimenti sulla comunicazione d’impresa. Ma l’evoluzione del marketing, quella prettamente tecnologica, non si ferma. A parlarne è il titolare di CPZ Spa, Marzio Carrara Filippo Belli
In che modo? «Avendo la capacità imprenditoriale di guardare avanti, di monitorare i mercati e puntare al “nuovo”, comprendendone rapidamente le dinamiche economiche per diversificare e adattare le proprie. Mi riferisco ad aziende flessibili, come la nostra, che sapranno cogliere l'attimo e saranno capaci di utilizzare al meglio gli strumenti e le tecniche adatte per interpretare il cambiamento». A prescindere dalla crisi, è noto come la comunicazione d’impresa, culturalmente, sia sempre stata trascurata da molte aziende italiane, a differenza delle altre realtà europee e statunitensi. «Confermo. La piccola o media impresa italiana, per cultura, non ha mai investito molto in marketing e comunicazione. L’attuale aspetto congiunturale economico negativo certamente non ha aiutato la crescita di questo settore. È però altrettanto vero che sarà proprio questo periodo di grandi riflessioni a portarci, finalmente, verso una svolta». CPZ Spa ha di recente raggiunto un traguardo importante, quello dei trent’anni di attività. Quale bilancio ne trae? «Più che positivo. In questi decenni abbiamo accumulato un enorme know how, soprattutto ab-
Marzio Carrara all’interno di CPZ spa di Costa Mezzate (Bg) www.cpzgroup.com
Marzio Carrara
Grazie all’intuizione imprenditoriale siamo riusciti a evolverci nel mercato della stampa litografica introducendo e affiancando alla stampa tradizionale di alto livello, la stampa digitale
biamo investito sulla digitalizzazione della preventivazione e della prestampa, indispensabili per supportare in modo integrato l’avanzato livello tecnologico dei nuovi sistemi di stampa. L’impegno, l’esperienza, le tecniche avanzate e l’organizzazione rappresentano un patrimonio insostituibile. Soprattutto abbiamo sempre agito con un occhio puntato al rispetto dell’ambiente e alla sostenibilità. Cosa di cui andiamo particolarmente orgogliosi sono le certificazioni acquisite: FSC e PEFC. Con grande entusiasmo lavoriamo da sempre con Piccole e medie imprese, case editrici , multinazionali e importanti gruppi bancari internazionali». La stampa litografica rappresenta uno dei vostri business principali. La svolta digitale quanto ha inciso sullo sviluppo di questa attività? «Moltissimo. Grazie all’intuizione imprenditoriale siamo riusciti a evolverci nel mercato della
stampa litografica introducendo e affiancando alla stampa tradizionale di alto livello la stampa digitale: alta definizione alla massima velocità. La qualità del prodotto nasce dalla qualità dell’organizzazione del lavoro, in un ambiente dinamico, positivo e stimolante. La tecnologia per noi è un fondamentale volano di sviluppo. Ma senza del personale aggiornato e competente si va poco al largo. Altro comparto importante per CPZ Spa è quello web. «La Divisone Web e la Divisione Card Plastiche completano la nostra struttura identificandoci come interlocutori ideali e partner tecnologici per la gestione completa della comunicazione aziendale. L’innovazione tecnologica, infatti, ha fatto sì che sempre più aziende affidino il loro business al mercato on-line, che siamo in grado di soddisfare offrendo i nostri sofisticati software per la gestione del commercio elettronico. Parliamo di programmi interamente sviluppati al nostro interno, peculiarità che garantisce massima sicurezza e ottime prestazioni. Una profonda conoscenza tecnica e del mercato ci consente di rispondere al meglio alla domanda e suggerire nuove applicazioni». Che tipo di card create? «Progettiamo e realizziamo card a banda magnetica, smart card, contactless, promozionali, prepagate, gift card, gratta e vinci. Tutte realizzate con i massimi standard di qualità e sicurezza, in conformità alle norme ISO e nel rispetto delle procedure della certificazione ISO 9001:2000. Inoltre siamo in grado di offrire idee e soluzioni personalizzate, proponendoci come consulenti tecnici per una gestione integrata di stampa, personalizzazione, flopack e postalizzazione». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 199
COMUNICARE
Creatività e innovazione nella comunicazione nformare, comunicare, portare all’attenzione di una platea sempre più numerosa le conoscenze e le nuove acquisizioni frutto della ricerca medico- scientifica è ormai un’esigenza imprescindibile per le realtà che operano in questo settore. Per un’azienda risulta quindi determinante potersi affidare a specialisti qualificati, dotati di competenze tecniche, organizzative e creative, indispensabili per la gestione di progettualità in questo tipo di comunicazione. Un ruolo di primissimo piano in questo campo è ricoperto da Effetti, solida realtà con sede a Milano, divenuta nel corso degli anni un punto di riferimento per tutto il settore medico-scientifico. «Effetti opera sul mercato da oltre vent’anni, ed è presente con competenze altamente specializzate in diverse aree, che spaziano dal marketing e comunicazione alla grafica e pubblicità, dall’editoria, all’organizzazione di congressi, dalla formazione alla ricerca, fino ad arrivare al web e ai nuovi media», spiega Ida Tacconi, al vertice della società insieme alle sue sorelle, Francesca, direttore creativo, e Maria Grazia, che ricopre in-
I
Il team Effetti di Milano. Nella pagina accanto, Ida Tacconi www.effetti.it
200 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
Un network altamente specializzato, capace di offrire i servizi più diversificati in ambito medico-scientifico. La realtà di Effetti illustrata da Ida Tacconi Guido Puopolo
vece la carica di direttore amministrativo. L’azienda è suddivisa in quattro principali divisioni che operano in stretta sinergia e in grado di offrire svariate soluzioni organizzative e comunicazionali. «La Divisione Comunicazione comprende una vasta gamma di riviste specializzate, di cui Effetti è editore, come Readfiles, l’unica rivista scientifica in lingua italiana dedicata all’aggiornamento in tema di Aids ed Epatite. Si occupa inoltre di marketing, pubblicità, grafica, formazione e ricerca», prosegue Ida Tacconi, «con l’obiettivo di rispondere efficacemente alle diverse esigenze di advertising classico, promozione e documentazione scientifica richieste dal mercato. Un elemento chiave del successo dei nostri prodotti è la progettazione grafico-creativa, che traduce le idee in messaggi strategici di sicuro impatto comunicazionale». Strettamente connesso all’ambito comunicazionale è il ruolo svolto dalle nuove tecnologie, capaci di garantire un’enorme diffusione delle informazioni. Effetti è infatti molto attiva anche a livello informatico, e una divisione è interamente dedicata proprio alle nuove tecnologie. «È essenziale innovare, soprattutto per il mondo dell’editoria e della formazione. Utilizzare le nuove tecnologie per trasformare gli eventi in uno scenario multimediale e collaborativo, in cui i partecipanti non siano semplici fruitori di conoscenza, ma parte attiva e partecipe del processo comunicazionale è una nostra priorità», sottolinea Tacconi, «e per ottenere ciò offriamo programmi certificati per la formazione, software
Ida Tacconi
c
Dall’editoria ai new media, dalla formazione continua all’organizzazione scientifico-logistica di congressi nazionali e internazionali è l’ampia gamma di attività offerta da Effetti
multimediali e piattaforme web dedicati, supporti tecnologici in grado di facilitare l’interattività tra i partecipanti. Tra le novità, “Effetti Podcast” ovvero multimedialità per seguire gli eventi congressuali on-line. La capacità di cogliere il rinnovamento ha portato Effetti ad essere uno dei principali Provider italiani, accreditati al Ministero della Salute per la Formazione Medica Continua (ECM) anche nel campo della Formazione a Distanza (FAD), espressione di un importante rinnovamento culturale, essenziale per promuovere lo sviluppo e l’aggiornamento di professionalità individuali. Il know-how sviluppato da Effetti in questo settore e l’expertise specifico nella comunicazione medico-scientifica si sono concretizzati nella realizzazione di Corsi ECM on-line rivolti a diverse professioni sanitarie, sin dalla recente approvazione del nuovo sistema formativo. Oltre ad aver sviluppato una piattaforma web che ospita i Corsi di Formazione online, Effetti dispone di un sito web dedicato ai propri congressi e attività formative – make-
d
vent.it – e anche di un servizio web-based “Incontriamoci in Rete”, appositamente studiato per organizzare web-conference». Un altro dei punti di forza di Effetti è senza dubbio la Divisione Congressi ed Eventi. «La nostra società», evidenzia Ida Tacconi, «è in grado di gestire tutti gli aspetti organizzativi, logistici e scientifici di eventi congressuali, convention e meeting, sia in Italia sia all'estero, avvalendosi di personale altamente qualificato dotato di singole specializzazioni ed esperienza pluriennale». Oltre a garantire un elevato livello di specializzazione nella comunicazione medico-scientifica, è importante evidenziare che negli ultimi anni Effetti ha attivato una proficua collaborazione con enti istituzionali, Società Scientifiche e centri di ricerca in Italia e all’estero. Tra queste organizzazioni merita sicuramente una citazione la Fondazione Icona, presieduta dal prof. Mauro Moroni, una delle personalità più importanti nella lotta all’Aids che è anche il direttore scientifico di Effetti.
2000 PARTECIPANTI È il numero di specialisti che hanno partecipato all’ultimo congresso della Società Italiana di Malattie Infettive, organizzato da Effetti
LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 201
PROGETTI IT
L’evoluzione dell’Information tecnology L’Information technology made in Italy si caratterizza per la capacità di guardare sempre oltre e offrire servizi diversificati. L’esperienza di Antonio Caserta, presidente e amministratore unico del corporate dealer Asystel Giammaria Stefanìa
l mercato dell’informatica, negli ultimi venti anni, è stato protagonista di evoluzioni e cambiamenti costanti. Se negli anni Ottanta si installavano Pc, oggi, secondo l’analisi di Antonio Caserta, presidente e amministratore unico del corporate dealer nazionale Asystel Spa, il centro del business per l’intera filiera dell’offerta è dato dai servizi che permettono di risolvere le problematiche e di dare seguito agli investimenti, e per cui, tuttavia, spesso mancano le risorse interne di supporto. «Mi riferisco, in particolare, alla consulenza sulla fattibilità dei progetti It e all’affiancamento operativo necessario alla loro realizzazione, magari in partnership con i vendor, con i quali, data la crescente difficoltà delle multinazionali a mantenere rapporti duraturi con la clientela, penso sia importante abbandonare ogni logica di competizione a favore di una visione cooperativa. Da questo punto di vista, in Asystel manteniamo un rapporto privilegiato con brand del calibro di Ibm, Hp, Microsoft, Symantec, Cisco e Samsung››. La storia del marchio Asystel è la testimo-
I
Antonio Caserta, presidente e amministratore unico del corporate dealer nazionale Asystel Spa
202 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
nianza di come si è evoluto il mercato. La società, con sede centrale a Milano e altre tre filiali localizzate a Roma, a Modena, a Novara e a Torino, è una delle più importanti aziende informatiche attualmente presenti in Italia, con trecentocinquanta dipendenti, qualche centinaio di collaboratori esterni e una base di circa duemila clienti tra i grandi brand italiani ed esteri delle telecomunicazioni, della finanza e del settore chimico – farmaceutico. L’avventura di Caserta nell’informatica made in Italy comincia negli anni Settanta, quando il giovane avellinese, oggi cinquantaseienne, poco dopo aver conseguito il diploma di maturità scientifica viene assunto dalla Olivetti presso la direzione commerciale Italia. ‹‹Era il 1973 – ricorda Caserta – e come tutti coloro che iniziavano a interessarsi al business nascente dell’informatica, entravo a far parte di “mamma” Olivetti, una vera e propria scuola per chi, all’epoca, decideva di approcciare l’It e, soprattutto, una delle poche società europee capaci di proporre un’alternativa tecnologica valida allo strapotere dei big vendor ame-
Antonio Caserta
ricani››. In Olivetti l’imprenditore ricava, oltre a un importante bagaglio di conoscenze tecniche, anche la giusta abilità commerciale necessaria a muoversi con successo in un mondo in cui, come bene ha insegnato la bolla della new economy dei primi anni Duemila, il rischio di fallimento delle nuove iniziative imprenditoriali, se non sostenute da
I servizi di Asystel abbracciano tutti gli ambiti di pertinenza attuale dell’It aziendale: dalla sicurezza alla collaboration, dallo storage alla virtualizzazione
grossi capitali, è sempre stato molto alto. Qualche anno dopo l’ingresso nell’azienda piemontese, infatti, Caserta sceglie di mettersi in proprio e, nel 1982, è tra i fondatori di Sirio Shop. ‹‹In quegli anni, il mercato dell’Information technology in Italia era agli albori – racconta il presidente di Asystel -. Si cominciava a parlare di rivoluzione informatica e di nuovi modelli culturali e sociali che avrebbero cambiato in profondità il modo di fare impresa e di organizzare il lavoro. Insomma, c’erano lo spazio, e il denaro, per sviluppare idee innovative. È così che, grazie ai contatti commerciali maturati all’epoca della Olivetti e alla partecipazione di pochi soci fidati, è nata Sirio Shop››. L’idea dietro alla costituzione della nuova società è semplice: importare dagli Stati Uniti e commercializzare i primi personal computer prodotti dalla Ibm. La risposta positiva di un mercato ancora poco avvezzo al linguaggio dell’informatica non si fa attendere, al punto che, già un paio d’anni dopo, il management dell’azienda è in grado di allargare il portafoglio prodotti ai Pc del marchio Compaq e alle schede di memoria Ast, divenendo anche il distributore ufficiale per l’Italia della piattaforma Lotus di Big Blue. Il 1988 è l’anno della svolta. Come spesso accade nell’arena dell’It, infatti, è improbabile LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 203
PROGETTI IT
che il dinamismo di un piccolo operatore la-
sci troppo a lungo indifferenti le grandi società. Nel caso di Sirio Shop, in particolare, il “predatore” è Asystel, dealer francese all’epoca in forte ascesa in patria che, fresco di quotazione in Borsa, si fa avanti per acquisire il 95% della creazione di Antonio Caserta. «Dalla Francia arrivava l’opportunità di entrare a far parte di un network di vendita internazionale, con un raggio di azione sulla clientela esteso a livello continentale. Ho accettato, anche perché la direzione della so-
Alcuni momenti di lavoro all’interno delle sedi di Milano e di Roma del corporate dealer nazionale Asystel Spa
204 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
cietà transalpina mi offriva la carica di amministratore delegato della nuova struttura, di cui, almeno per l’Italia, potevo quindi conservare il controllo›› commenta il presidente. Le doti imprenditoriali di Caserta non tardano a dare frutti anche nella vetrina internazionale, e nel 1991 l’amministratore delegato riporta il dealer, ormai definitivamente Asystel, nel Bel Paese, trasformandolo in una società indipendente a intero capitale italiano, di cui diventa presidente e amministratore unico. Alla localizzazione completa in Italia, inoltre, si aggiunge la scelta del Gruppo di circoscrivere le attività commerciali all’interno dei confini nazionali. Oggi, infatti, il posizionamento di Asystel sul mercato è quello di un’azienda che vive delle relazioni, consolidate nel tempo, con la base fidelizzata dei clienti. E il segreto per mantenere alto il livello della reputazione sono i servizi, che abbracciano tutti gli ambiti di pertinenza attuale dell’It aziendale, spaziando attraverso la sicurezza, la collaboration, lo storage e la virtualizzazione.
Antonio Caserta
Manteniamo un rapporto privilegiato con molti vendor tra cui Ibm, Hp, Microsoft, Symantec, Cisco e Samsung
Asystel è oggi un’azienda salda, che ha saputo tenere benissimo il mercato nonostante la crisi economica. Interpellato sullo stato attuale dell’economia, con quel +10,1% di crescita che i dati Istat attribuiscono al fatturato dell’industria italiana e che da più parti fa sperare in una prossima ripartenza delle transazioni commerciali, il presidente non si sbilancia. ‹‹Sono cifre parziali – afferma -, che prima di tradursi in risultati stabili devono passare indenni dal confronto statistico con il grande problema dell’occupazione e della riorganizzazione delle risorse interne delle aziende. Per quanto mi riguarda, nell’annus horribilis della crisi, il 2010, ho reagito assumendo sessantuno nuove persone, perché sono convinto che le difficoltà si superano soltanto tenendo lo sguardo fisso al dopo, anche a costo, talvolta, di correre qualche rischio di troppo». E qualche rischio Antonio Caserta l’ha voluto affrontare anche nello sport. Nella vita e nella carriera dell’imprenditore avellinese, infatti, non ci sono solo informatica e bilanci. Specialisti a parte, pochi sanno che un’altra grande passione del presidente Asystel è la pallavolo, che nel corso degli ultimi dieci anni lo ha portato ad impegnarsi, con la consueta dedizione e voglia di primeggiare, nel campionato prima maschile e poi femminile di volley, rispettivamente come sponsor e come proprietario dei club di Milano e di Novara. Anche in un settore così lontano dal mondo
L’ANIMA DIGITALE DELLE AZIENDE D a 29 anni Asystel Spa è il partner ICT delle maggiori aziende italiane. L’azienda è stata protagonista del boom dell’Information Technology nel nostro paese, del suo sviluppo, della sua crescita, rimanendo sempre al fianco dei propri clienti, con i quali, da anni, mantiene un rapporto di fidelizzazione. «Abbiamo voluto trasformare per i nostri clienti l’evoluzione tecnologica in soluzioni dedicate al raggiungimento di sempre nuovi obiettivi di business» afferma il presidente An-
tonio Caserta. Tra i propri servizi, Asystel offre: vendita di prodotti hardware e software, hosted services, help desk & maintenance, remote control, security services, fleet management. Propone inoltre un’ampia gamma di soluzioni, quali: virtualizzazione e consolidamento, unified communication, print management, software asset management, cabling & site preparation, building preparation, voip, security, business continuità & disaster recovery. www.asystel.it
dei chip, naturalmente, Caserta non ci sta a fare la parte di chi guarda e oggi l’Asystel Novara, rilevata in serie A2 e capace, in pochi anni, di centrare ambiziosi traguardi, tra cui la Coppa CEV, la Coppa Italia, la Supercoppa, la Girl League, l'European Top Team CUP e la Coppa di Lega, ha chiuso il girone d’andata del massimo campionato in quinta posizione, a sole quattro lunghezze dalla capolista Scavolini Pesaro. LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 205
SERVIZI INFORMATICI
L’informatica migliora i processi gestionali Investire costantemente in ricerca e sviluppo, per escogitare nuove soluzioni atte a migliorare il business. È questa la prospettiva di Agomir, società del gruppo G.R. Informatica, che festeggia i trent’anni della capogruppo lanciando nuove, importanti, sfide Eugenia Campo di Costa
volversi costantemente. È questa, in sintesi, la prospettiva del gruppo lecchese G.R. Informatica che quest’anno festeggia i trent’anni di attività. Fondato nel 1981 da Lorenzo Goretti, e strettamente legato al territorio lombardo, il gruppo conta oggi tre società: Enerca, che risponde alle necessità del mercato dell’energia e della meccanica con particolare riferimento al settore idroelettrico, Easynet, che progetta e realizza soluzioni di networking e comunicazione, e Agomir che fornisce prodotti e servizi IT atti a coprire tutte le attività dell’impresa. «Agomir S.p.A. è la società che si occupa di tutte le attività informatiche del gruppo ad alto contenuto tecnologico: infrastrutture, produzione e sviluppo software, consulenza orga-
E Mario Goretti, amministratore delegato della Agomir S.p.A. e presidente dei giovani di Confindustria per la provincia di Lecco, con il padre Lorenzo Goretti fondatore nel 1981 di G.R. Informatica www.agomir.com www.gruppogr.it
206 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
nizzativa e tecnologica su processi aziendali, progetti di grafica e comunicazione» afferma Mario Goretti, amministratore delegato della Agomir e presidente dei giovani di Confindustria per la provincia di Lecco. Proprio la nascita di Agomir, nel 2009, ha segnato una nuova fase per il gruppo, attraverso una riorganizzazione all’interno di un’unica società di tutta la parte strettamente operativa della G.R. Informatica. Per i trent’anni del gruppo vi regalerete una nuova sede. «Abbiamo iniziato i lavori della nuova sede, che sarà un edificio classe A+, il primo sul territorio realizzato con tecnologie ad alta efficienza energetica. È un progetto molto interessante, realizzato in collaborazione con il Politecnico di Milano e altri importanti istituti di design e architettura. La struttura verrà costruita quest’anno e nel 2012 ci sarà l’unificazione in un’unica sede di quelli che sono oggi gli attori del gruppo GR Informatica. È un regalo per i trent’anni ma anche un investimento per il futuro». Quale valore aggiunto appartiene a un gruppo come il vostro, operativo da così tanto tempo sul territorio? «Credo che il valore aggiunto fondamentale sia il profondo legame con il territorio che ci permette di essere costantemente vicini ai clienti, nonché la salda impostazione della produzione industriale. Quello che viene riconosciuto oggi ad Agomir è proprio una forte com-
Mario Goretti
petenza gestionale e architetturale nell’ambito dell’IT, una competenza che deriva dall’aver maturato 30 anni di esperienza. Il fatto di avere una produzione propria, di essere padroni delle proprie scelte, significa, senz’altro, investire in ricerca e sviluppo, test ed esperimenti, ma nel contempo poter decidere, in collaborazione con il mercato, con i clienti, con gli istituti di ricerca, dove direzionare gli sforzi». Al momento in azienda convivono due generazioni: la sua e quella dei soci originari. Quali costanti fanno parte del dna del gruppo e quali innovazioni invece comporta il passaggio alla nuova generazione? «Mio padre e i soci storici sono tuttora operativi in azienda e mi hanno trasmesso importanti valori, quali il legame con il territorio, la qualità, la produzione, che senz’altro sono e resteranno delle costanti nella filosofia dell’impresa. D’altra parte, come rappresentante della nuova generazione, posso dire di avere contribuito al rinnovamento dell’azienda con un approccio più diretto al mercato, una produzione sempre innovativa, anche con l’inserimento di diversi giovani e, non ultima, il rafforzamento dell’idea di sviluppare una rete di partner per promuovere i nostri prodotti anche in nuovi territori». Come avete affrontato la crisi economica dei mercati che ha colpito anche tante vostre aziende clienti? «La forte competenza gestionale e il sapere ascoltare i clienti ci hanno permesso di fornire alle aziende un servizio che fosse mirato non al nostro interesse, ma alle loro reali esigenze. Non abbiamo fatto fare alle aziende degli investimenti che, anziché aiutarle, avrebbero affossato eventuali loro margini operativi: abbiamo sempre cercato di accompagnare il cliente nella scelta migliore, e questo ci è stato riconosciuto. Questa politica la definiamo del “passo alpino”, sia nostro che dei nostri clienti: riuscire a capire qual è la meta da raggiungere e fare i passi giusti al momento giusto, senza investimenti fuori dalle reali necessità». Quali sono le principali novità introdotte nei vostri prodotti? «Investiamo costantemente sull’evoluzione dei
nostri prodotti e sul miglioramento dei nostri servizi. I due grandi rami in cui ci stiamo muovendo, con importanti novità anno dopo anno, sono il software di nostra produzione e la competenza nel mondo dei sistemi e dei servizi hardware e di rete. Le nuove soluzioni applicative in ambito gestionale sono divise in due aree: il “mondo Primula”, gestionale tradizionale, e il “mondo InteGRa”, gestionale web. Quest’anno, in particolare, uscirà la nuova versione del software Primula, la 7.0 che risponde all’esigenza gestionale della piccola impresa, con una revisione, rispetto alla versione precedente, dell’interfaccia e di alcuni metodi di utilizzo. Primula è attivo da oltre vent’anni, con centinaia di clienti, gestisce le aree amministrativo/contabili, logistiche e commerciali, coniugando tecnologia e funzionalità approfondite. È un software aperto al mondo esterno, scalabile e personalizzabile». Quali le caratteristiche, invece, di InteGRa? «InteGRa è una nuova suite di soluzioni web che permette all’azienda di gestire documenti e processi in modo molto dinamico. Si può così eliminare, dove possibile, la carta, a favore di una costruzione e diffusione digitale dei contenuti, che circolano come tali tra gli utenti interni o esterni coinvolti nei processi. La piattaforma web favorisce la reperibilità immediata delle informazioni, anche quando si è in viaggio, grazie all’utilizzo dei dispositivi di comu- LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 207
SERVIZI INFORMATICI
Una buona fetta di imprese ha capito il valore aggiunto che l’IT è in grado di dare ai processi ed è conscia del potenziale che può avere l’informatica come strumento di crescita
nicazione di nuova generazione. Questo soft-
ware ci ha permesso di ampliare i nostri servizi anche alle aziende più strutturate, medie e grandi. Per esempio il verticale InteGRa.Asset, permette di gestire la manutenzione degli impianti e dei mezzi in movimento, rivolgendosi quindi all’aspetto produttivo e di controllo di gestione dell’azienda; mentre l’ultima nata, InteGRa.Form è un’applicazione che si inserisce all’interno della gestione documentale dei processi, con particolare attenzione a tutti quei documenti, quali certificati di qualità e conformità, ma anche moduli di richieste ferie, rimborsi spese, questionari, che possono essere compilati a più mani e che vengono abitualmente trattati su Word, Excel o abusando della posta elettronica. InteGRa.Form permette di avere una visione più integrata di questi documenti all’interno di una soluzione web, facendo in modo che il documento sia compilabile anche da chi non si trova
208 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
in sede, e migliorando, nel contempo, l’utilizzo di “carta digitale” grazie a processi di approvazione costantemente online». Crede che le imprese italiane siano abbastanza coscienti delle opportunità che possono offrire i servizi di IT? «In alcuni casi le evoluzioni IT sono viste ancora solo come un costo, e si pretendono soluzioni hardware e software veloci e a costi bassi. Fortunatamente, però, una buona fetta di imprese ha capito il valore aggiunto che l’IT è in grado di dare ai processi ed è conscia del potenziale che può avere l’informatica come strumento di crescita. Da un’analisi generale, si evince come l’investimento in informatica sia associato all’andamento del Pil. Si è dimostrato infatti che maggiore è l’investimento in nuove tecnologie di una nazione, più alto è il Pil». Quali sono le prospettive di Agomir per il futuro? «Oggi lavoriamo per il 90 per cento sul territorio lombardo o limitrofo. Abbiamo avuto la possibilità di nascere, crescere e svilupparci in una parte dell’Italia piuttosto ricca, ma nel contempo anche molto difficile e competitiva. Credo sia importante ora portare la nostra esperienza anche altrove, pur mantenendo sempre la nostra presenza sul territorio. Quest’anno saremo allo SMAU di Roma, un evento che rappresenta già di per sé un’apertura verso territori finora mai seguiti. L’obiettivo è quello di consolidare la nostra presenza sul territorio lombardo, sia come numero di clienti che come qualità di servizi e, nel contempo, fare conoscere la nostra realtà e i nostri prodotti anche nel resto del territorio italiano, attraverso una rete indiretta. Poi magari, nel lungo periodo, si punterà all’internazionalizzazione».
SERVIZI INFORMATICI
Soluzioni informatiche che incentivano il business outsourcing – cioè appoggiarsi a specialisti a cui affidare la gestione di particolari settori della propria azienda – è diventata una pratica molto diffusa. Una delle aree in cui si ricorre maggiormente a risorse esterne è quella informatica, caratterizzata da un’elevata specializzazione e ormai fondamentale per quasi tutte le tipologie di impresa. La Sefin ha un’esperienza trentennale – l’azienda è nata nel 1981 – nel campo delle soluzioni informatiche e porta avanti l’attività in maniera molto dinamica. «Per rimanere costantemente all’avanguardia e competitivi – spiega l’amministratore delegato Giorgio Negri – è necessario migliorarsi nel segno dell’innovazione ed essere attenti all’evoluzione del mercato per aprirsi verso nuove aree di business». La vostra azienda nasce nel 1981. Come si è evoluta in questi trent’anni? «Da trent’anni la Sefin e tutte le società del gruppo, sono alla costante ricerca di idee innovative, sviluppando partnership con chiunque desideri soluzioni software mirate e servizi in outsourcing ad alto valore aggiunto. Per rispettare questi obiettivi abbiamo creato un’importante
L’
Il comitato direttivo della Sefin Spa di Milano con, seduto al centro, l’Ad Giorgio Negri www.sefin.it
210 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
Connettività, e-business, sicurezza informatica e document management sono ormai indispensabili per gestioni finanziarie e d’impresa. Giorgio Negri spiega le innovazioni del mercato informatico, compreso il marketing digitale Francesco Bevilacqua
web farm interna che, oltre a essere corredata di un sofisticato sistema di controlli e sicurezze, è stata duplicata in un’altra sede per offrire una solida business continuity. Il nostro core business storico consiste nel soddisfare le esigenze delle società del settore finanziario e parabancario, situate in ogni parte d’Italia e d’Europa». In che cosa consiste esattamente il servizio al settore finanziario? «In questi anni abbiamo costantemente sviluppato servizi mirati alla gestione del factoring, del leasing e dei rapporti con Banca d’Italia, consolidando un’expertise specifica e offrendo ai clienti le soluzioni più adatte a risolvere con efficacia ogni problematica. Con l’evolversi del mercato, abbiamo ampliato le soluzioni disponibili e oggi le applicazioni di, connettività, e-business, sicurezza informatica e document management sono molteplici, tutte progettate in partnership con i fruitori e sottoposte a costanti aggiornamenti. Ci siamo dunque aperti alle richieste del mercato business to business, sviluppando tre ulteriori core business: Impresa24, Marketing Digitale e MMS (MultiMedia Management Service)». Per quale motivo avete scelto di gestire il servizio Impresa24, sistema ERP del Sole24Ore? «Il mercato delle PMI è sempre stato escluso dalla nostra offerta e quando il Sole24Ore ci ha
Giorgio Negri
Grazie al marketing digitale si può essere meno invasivi e conoscere meglio i prospect, cioè i potenziali acquirenti. Si riesce a parlare la loro lingua e a comunicare appoggiandosi a diversi canali multimediali
6
AREE BUSINESS Il Gruppo Sefin è oggi concentrato su 6 diversi ambiti di intervento: Parabancario, Easy Banca d’Italia, Multimedia Management Service, Impresa 24, Marketing Digitale di Prodotto e Servizi di Web Farm
dato l’opportunità di raccogliere una nuova sfida in questo settore abbiamo deciso di effettuare gli importanti investimenti necessari. La presenza di un importante partner come il Sole24Ore e di Impresa24, un ottimo sistema gestionale che abbiamo integrato con gli altri nostri servizi, ci offre la certezza del raggiungimento degli obiettivi». Il gruppo Sefin investe molto anche sull’innovazione come dimostra l’apertura del nuovo reparto di Digital Marketing. «Grazie al marketing digitale si può essere meno invasivi e conoscere meglio i prospect, cioè i potenziali acquirenti. Si riesce a parlare la loro lingua e comunicare non solo attraverso il sito principale, ma anche tramite altri siti, appoggiandosi a diversi canali multimediali. In questa nuova ottica, i commerciali limitano le visite presso il nuovo prospect, risparmiando molto tempo e denaro: il Digital Marketing fornisce infatti solo segnalazioni mirate al reparto commerciale, che
può intervenire quando il prospect è in fase di decisione e non prima. Attualmente questo servizio è disponibile sia per le medie aziende che per le Pmi, anche in ragione delle quotazioni che siamo riusciti a contenere proponendo costi più accessibili rispetto agli attuali player del mercato». È nella stessa ottica che siete riusciti a sviluppare il vostro servizio di gestione documentale MMS? «Assolutamente sì. Dematerializziamo i processi cartacei come la documentazione aziendale prodotta e inviata o quella ricevuta e conservata, rendendola disponibile al destinatario attraverso internet o qualsiasi altro mezzo di comunicazione (fax, posta o altro). I documenti sono conservati sui server della nostra web farm, raggruppati in fascicoli, rintracciabili facilmente da qualunque luogo e in qualsiasi momento; in questo modo sono consultabili anche per lungo tempo senza dover necessariamente sfogliare polverosi faldoni che possono essere eliminati anche grazie alla conservazione sostitutiva. Risparmiando la carta si rendono i processi più snelli, veloci ed efficaci, ma soprattutto più economici: la nostra esperienza ci ha permesso di garantire che il tempo di rientro dall’investimento è, mediamente, di poco superiore a un anno. Inoltre – particolare non da poco conto – forniamo il nostro contributo al risparmio delle risorse naturali». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 211
TRACCIABILITÀ ALIMENTARE
La sicurezza passa dalla tracciabilità a tracciabilità alimentare è un insieme di pratiche e regole che sono necessarie per garantire il corretto funzionamento del sistema di produzione e distribuzione del cibo. L’idea è nata nei primi anni novanta ed è progressivamente diventata sempre più importante sia per quanto riguarda la tutela della salute del consumatore, sia per la qualità del prodotto da acquistare. Ne parliamo con Fabio Torre, presidente della Minipack Torre, azienda da oltre quarant’anni inserita nel settore packaging e specializzata nella produzione di macchine per il sottovuoto, ma soprattutto leader nel settore per il confezionamento in termoretraibile sviluppato dal 1976 grazie al brevetto che ha rivoluzionato l’imballaggio con film plastico termoretraibile. Tracciabilità, cosa significa in concreto? «Si tratta semplicemente di un’etichettatura che riporta le informazioni essenziali per la conservazione del prodotto. Si parte dal nome, dalla data di confezionamento, dal grado di vuoto, dalla categoria merceologica fino alla data di sca-
L
216 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
In un’epoca dove non è sempre chiara la provenienza dei prodotti, soprattutto se si tratta di alimenti, avere la possibilità di conoscere ogni tipo di informazione diventa un aspetto fondamentale per il consumatore. A parlarne Fabio Torre Belinda Pagano
denza e a tutte le informazioni necessarie ad identificare il prodotto in questione. Ciò che comunemente viene scritto sulle etichette è diventato, per il consumatore, sinonimo di garanzia. I nuovi parametri igienico sanitari rendono la sicurezza alimentare una realtà sempre più affermata e spingono le aziende a innovarsi in questa direzione». Come rimanere al passo coi tempi e con le normative? «La nostra azienda,
In questa pagina, MVS 45 XP. Nella pagina a fianco, in alto, realtà aziendale di Minipack Torre. In basso Fabio Torre presidente di Minipack Torre www. minipack-torre.it
Fabio Torre
ad esempio, ha lanciato sul mercato una soluzione per il confezionamento e l’imballaggio assolutamente innovativa. Si tratta della “Nuova linea Sottovuoto XP” che permette alla macchina, dopo l’impacchettamento sottovuoto, di stampare direttamente l’etichetta adesiva contenente tutte le informazioni necessarie a identificare il prodotto imbustato. Attraverso uno schermo Lcd e una tastiera elettronica, è possibile in ogni momento personalizzare ciò che andrà stampato. È una risposta concreta e pratica alle nuove esigenze del mercato che richiedono una sempre maggiore chiarezza nella tracciabilità del prodotto, informazioni sulle modalità di confezionamento per il rispetto delle normative alimentari e velocità nel reperimento delle informazioni per lo stoccaggio dei prodotti nell’industria alimentare e nel settore della ristorazione». Questa nuova soluzione, quali vantaggi può portare? «Sicuramente vantaggi per quanto riguarda le tempistiche, in quanto si accorciano i tempi della realizzazione del packaging completo. E poi sicuramente si ha una maggior sicurezza alimentare, una semplicità di utilizzo nettamente superiore e anche maggior pulizia. Indicando il percorso di tracciabilità e rintracciabilità del prodotto, le nostre macchine sono vero e proprio sinonimo di garanzia per il consumatore. C’è inoltre da tener presente che si prestano a diverse tipologie di packaging, non solo del settore alimentare, ma anche nel confezionamento di prodotti tipografici e cartotecnici, nell’imballaggio di prodotti di industrie chimiche, farmaceutiche, cosmetiche e quant’altro. Un’innovazione per quanto riguarda le macchine per il sottovuoto». Minipack Torre ha fatto dei suoi brevetti i suoi punti forza. Ma quali sono i valori fondamentali per riuscire a ottenere ottimi risultati? «In realtà basta basarsi su semplici ma fondamentali valori umani. Tutti i nostri collaboratori, infatti, posseggono un fortissimo senso di appartenenza all’azienda, un po’ come se fosse una seconda famiglia. Puntare sulle risorse umane è il primo grande passo per crescere nella qualità e nella professionalità. Questi valori ci hanno permesso di crescere nel tempo in modo esponen-
500 mila EURO
investiti nella progettazione e messa a punto del nuovo macchinario
75% LA QUOTA di export in tutto il mondo
ziale, fino ad arrivare all’affermazione della nostra realtà su scala mondiale. Un esempio? Undici anni fa abbiamo aperto le prime filiali in America e oggi possiamo dire di essere i primi importatori di macchine sottovuoto nel mercato americano. La nostra quota dell’export ha raggiunto il 75 per cento». Parlando di numeri, il settore alimentare, per quanto riguarda il packaging, quanto è importante? «Dal settore food, da circa dieci anni, arrivano le commesse più importanti e si ha una crescita continua del 5 per cento in media ogni anno. Con il brevetto della “Nuova linea Sottovuoto XP” inoltre c’è anche la possibilità di individuare la percentuale di gas presente nella confezione, i contatti per l’assistenza tecnica, lo stop per la manutenzione ordinaria del macchinario e la programmazione del cambio olio della pompa per il sottovuoto. Son tutte caratteristiche tecniche, unite a quelle elencate in precedenza, che aiutano ad affermare sul mercato alimentare un macchinario rivoluzionario e innovativo come quello da noi proposto». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 217
LA RISTORAZIONE COLLETTIVA
Qualità degli alimenti ei momenti di crisi è opinione diffusa che il settore della ristorazione sia al riparo da particolari difficoltà, in quanto “si deve comunque mangiare”. Ma non è esattamente così. Di fatto, la ristorazione collettiva è strettamente collegata alle attività produttive e agli investimenti nel sociale. «I processi di deindustrializzazione e delocalizzazione hanno ridotto, negli ultimi anni in modo considerevole, i volumi d’affari del nostro comparto presso le aziende clienti» afferma Lino Volpe della Avenance Italia, una delle società leader a livello nazionale nel mercato della ristorazione collettiva, che fa parte del gruppo Elior. «Per altre motivazioni, quali l’aumento delle tecnologie e la conseguente diminuzione dei giorni di degenza, anche nel settore della sanità i volumi sono in diminuzione. La crisi, quindi, si sente anche nel nostro settore». Quali sono i vostri principali settori di riferimento? «Il gruppo Elior, presente in Italia con vari marchi - Avenance, Copra, Concerta, MyChef - opera su tutto il territorio nazionale. La presenza del gruppo comprende tutti i campi di attività produttiva manifatturiera, amministrazione pubblica e privata, e gli ambiti delle forze armate, della sanità e dell’istruzione. Siamo attivi anche nelle ulteriori articolazioni di questi segmenti: siamo quindi presenti in grandi ospedali pubblici e privati, case di riposo, cliniche private; nell’ambito dell’istruzione ci occupiamo di asili nido, scuole elementari e medie, fino a grandi strutture universitarie in tutta Italia. Con il marchio MyChef, con punti di ristoro sulla rete autostradale e nei maggiori ae-
N
218 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
La ristorazione collettiva risente delle difficoltà collegate a imprese, scuole, ospedali. Ma puntando sulla qualità di servizi, controlli e materie prime, può guardare al futuro con ottimismo. L’esperienza di Avenance Italia Carlo Gherardini
roporti italiani, ci occupiamo soprattutto dei cittadini in viaggio. Oltre al servizio di ristorazione, nell’evoluzione sia tecnologica sia culturale della nostra attività, abbiamo cominciato a offrire anche servizi di sanificazione, facility management, banqueting». Quali sono le caratteristiche della vostra offerta ristorativa? «La nostra offerta di ristorazione si caratterizza principalmente per la selezione accurata di prodotti e fornitori, i controlli sull’igiene e la manipolazione dei prodotti. A supporto di queste attività, le circa 8mila persone che lavorano all’interno del gruppo sono inoltre sottoposte a interventi formativi continui e importanti, a tutti i livelli. Una particolare attenzione è dedicata agli aspetti dietetico – nutrizionali, rivolti soprattutto ai clienti del settore scuola e terza età. In un paese come il
Lino Volpe, titolare della Avenance Italia di Milano www.avenance.it
Lino Volpe
nostro, dove il tasso d’imprenditorialità è molto elevato e quindi la concorrenza è assai diffusa, è necessario sapersi imporre sul mercato puntando sulle proprie peculiarità per essere competitivi, non solo sotto l’aspetto economico. Da questa considerazione scaturisce un’intensa attività di marketing, con l’intento di creare prodotti e servizi che diversifichino l’offerta e orientino il cliente a scegliere il gruppo Elior». In molti settori, c’è una sempre maggiore attenzione agli aspetti ecologici e di eco-compatibilità. Questa tendenza si riscontra anche nella ristorazione collettiva? «L’analisi della logistica, del consumo energetico, del risparmio dell’acqua, del risparmio di volumi e imballaggi, sono quotidianamente al centro della nostra visione professionale. A tale scopo il gruppo Elior ha stimolato, nei vari paesi, la formazione di equipe che si occupino specificatamente dei vari argomenti connessi al concetto di sviluppo durevole ed eco-compatibilità. Inoltre, il nostro gruppo sta elaborando, in particolare per il settore scolastico, delle modalità produttive innovative per l’Italia che possano consentire grosse produzioni di pasti, con investimenti, consumi energetici e logistica a basso impatto ambientale. Ad esempio, in vari progetti di centri di produzione pasti per le scuole, sono previsti e presenti strutture fotovoltaiche che consentono la produzione di energie per il funzionamento dei reparti lavaggio e sanificazione di stoviglie e attrezzature». Quali prospettive intravede per il futuro? «Le prospettive future del gruppo prevedono sia grandi opportunità che grandi difficoltà. Le opportunità derivano da un mercato in
La nostra offerta di ristorazione si caratterizza per la selezione accurata di prodotti e fornitori, i controlli sull’igiene e la manipolazione dei prodotti
crescente concentrazione, con circa 3 miliardi di euro di servizi che verranno messi in outsourcing dalle amministrazioni nei prossimi anni; e da modifiche organizzativo-tecnologiche che potranno farci lavorare meglio e a costi competitivi. Le difficoltà sono evidentemente le problematiche economico finanziarie sempre più frequenti e la divaricazione tra l’aumento dei costi, sia sul versante lavoro che sulle derrate, e la diminuzione delle risorse economiche da parte dei clienti sia pubblici che privati. Siamo comunque ottimisti poiché il gruppo Elior ha dimostrato negli ultimi anni di essere in grado di sviluppare maggiori volumi, maggiori utili, trasformando appunto le difficoltà in opportunità. Tutto questo grazie alle migliaia di persone che lavorano quotidianamente con impegno, professionalità e costante attenzione ai nostri clienti».
360 mln EURO
È il fatturato registrato nell’ultimo anno da Avenance Italia
8 mila ADDETTI È il dato relativo alla forza lavoro impiegata nella società
LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 219
VITICOLTURA
Un’eccellenza che distingue il made in Italy Il settore vinicolo è da sempre sinonimo di tradizione, artigianalità e cura dei particolari. Proprio per questo è anche uno dei campi dove è più facile imbattersi ancora in prodotti davvero di qualità. Giovanni Berti di Castello Bonomi fa il punto della situazione Francesco Bevilacqua
Una bottiglia di Cru Perdu, il “vigneto perduto” di Castello Bonomi
ell’era della massificazione dei prodotti e dei consumi esiste ancora chi, trascurando completamente l’aumento della quantità, guarda in maniera prioritaria alla qualità dell’offerta. Non è un caso che fra i pochi che ancora ragionano in maniera così genuina vi siano dei viticoltori, impegnati in un settore dove l’eccellenza e la distinzione qualitativa sono tutto. Un’altra caratteristica che identifica coloro che si muovono in questo campo è il legame con la terra, che conferisce al vino non solo il suo gusto e la sua origine dal punto di vista enologico, ma anche la sua identità, vincolandolo indissolubilmente alla cultura e alla tradizione artigiana dei suoi produttori. Una storia caratteristica ed esemplare in questo senso è quella che racconta Giovanni Berti, giovane brand manager di Castello Bonomi, storica e rinomata cantina della Franciacorta meridionale: «In un territorio come la Franciacorta, riconosciuto per la produzione delle bollicine più importanti d’Italia, raggiungere l’eccellenza significa valorizzare il frutto dei terreni e ricercare la qualità in ogni fase della produzione. Questa è esattamente la fi-
N
220 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
losofia di Castello Bonomi». La parole di Berti suonano quasi come uno slogan e chiariscono ottimamente la scelta produttiva che la sua azienda ha effettuato: «La nostra è realtà unica che produce qualità senza compromessi». Molto suggestiva è anche la collocazione della cantina, che ha sede in un affascinante castello in stile liberty che sorge sulle pendici del Monte Orfano, al centro di un territorio punteggiato di piccoli borghi e antichi palazzi carichi di storia e fascino. Il rilievo conferisce anche alla zona le caratteristiche ideali – clima temperato e asciutto, esposizione al sole ottimale e una diversa base calcarea – per consentire la crescita perfetta delle uve. «Naturalmente – puntualizza Berti – un contesto ambientale favorevole non è di per sé sufficiente a garantire la produzione di buoni vini. Per ottenere il massimo potenziale qualitativo da ognuna di queste piante è necessario un lavoro assolutamente attento e meticoloso, frutto dell’esperienza dei nostri uomini». I vigneti coltivati sono Chardonnay e Pinot nero. La manualità e i metodi tradizionali la fanno ancora da padrone, a tutto vantaggio della qualità: «La vendemmia – spiega Berti – viene svolta rigorosamente a mano e l’uva deposta in piccole cassette per essere immediatamente raffreddata in cella frigorifera. Questo è un processo necessario per preservare le qualità organolettiche dei grappoli che vengono accuratamente selezionati al fine di pres-
Giovanni Berti
sare solo la massima espressione dell’uva raccolta. La spremitura, soffice, è finalizzata all’estrazione del solo mosto fiore, la parte più ricca e complessa dell’acino». Quasi affascinante per i non addetti ai lavori è il passaggio successivo, durante il quale il mosto ottenuto viene vinificato separatamente, a seconda del cru – cioè il vigneto – di provenienza, per poi essere assemblato dallo chef de cave, unico depositario dei segreti di assemblage, per costituire cuvee e in particolari annate anche i Millesimati, gli spumanti di maggior prestigio. Il vino viene quindi imbottigliato e ad esso vengono aggiunti i lieviti nobili che consentono l’avvio della fermentazione in bottiglia che dà origine alle bollicine tipiche del Franciacorta secondo il metodo classico. L’affinamento sui lieviti è un processo lento e delicato che a Castello Bonomi si protrae per periodi mai inferiori a trentadue mesi. «I nostri terreni ci permettono di ottenere uve eccellenti e la nostra filosofia della qualità senza compromessi – rimarca
Il Vinitaly 2011 si svolgerà a Verona dal 7 all’11 aprile, Castello Bonomi sarà presente al Palaexpo, stand B4
Berti – ci impone di affinare i mosti per periodi particolarmente lunghi, sempre superiori a quanto definito dal rigido disciplinare della Franciacorta, per esaltare tutto il loro potenziale qualitativo». Molto interessante e decisamente improntata al recupero della tradizione è la produzione del Cru Perdu, cioè il “vigneto perduto”, splendida cuvée di Chardonnay e Pinot nero ottenuto dalle vigne più vecchie del castello; questa varietà deve il nome alla storia del suo vigneto, ritrovato e riportato in vita con grande determinazione dai viticoltori dopo che era stato invaso dal bosco oltre sessant’anni fa.
In alto, panoramica di Castello Bonomi, Tenute In Franciacorta A sinistra, Luigi Bersini, chef de cave, e Giovanni Berti, brand manager www.castellobonomi.it
LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 221
AMBIENTE E SVILUPPO ©Alfonso Bonfanti
Un futuro sempre più verde per la Lombardia Alessandro Colucci, assessore ai Sistemi verdi e Paesaggio per la Regione Lombardia, illustra i tanti progetti che vedranno il patrimonio naturale protagonista degli sviluppi economici e territoriali di un’area tra le più ricche del Nord Italia Aldo Radici
assessorato ai Sistemi verdi e Paesaggio è tra le novità più recenti della Regione Lombardia, eppure l’attenzione dei cittadini è già particolarmente elevata. Sono molte, infatti, le aspettative riposte sull’assessorato, fortemente voluto dal presidente Roberto Formigoni, che tende a dare un ulteriore slancio all’importante patrimonio verde lombardo. A guidare l’assessorato è Alessandro Colucci, uno dei consiglieri più vivaci del Po-
L’
In alto, il Parco Nord, Miano. Nella pagina a fianco, da sopra il Parco Adda Sud (Pizzighettone Morta dell’Adda), e l’assessore Alerssandro Colucci
224 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
polo della Libertà in Regione. Sono in tanti, anche tra i cittadini, a non conoscere l’immenso patrimonio verde della regione, che vanta 24 parchi, 63 riserve, 30 monumenti naturali, 60 zone di protezione speciale, 193 siti di importanza comunitaria, i cosiddetti Sic, e gli 87 parchi locali di interesse sovra comunale. Complessivamente parliamo di 710mila ettari, un terzo del territorio lombardo, una superficie che supera addirittura le dimensioni della Liguria. «Un patri-
monio unico di cui i lombardi debbono andare orgogliosi» afferma l’assessore Colucci. Quali sono le principali novità di questo assessorato? «Dal punto di vista amministrativo vi era l’esigenza di racchiudere all’interno di un unico Assessorato materie quali i parchi, i boschi, le foreste, il paesaggio e la tutela della biodiversità. Tutti ambiti che, rispetto alla precedente legislatura, arrivavano da assessorati differenti. La gestione era troppo dispersiva, passavano in secondo
Alessandro Colucci Giambattista Coradello © Ferri Formenton
piano aspetti della nostra regione di primaria importanza». Qual è la visione culturale e l’operatività? «L’ambiente non deve più rappresentare un patrimonio statico, ma dinamico. La sola creazione dell’assessorato, che in questi primi mesi di lavoro ha acquisito una sua struttura, una sua identità, ha già fatto nascere in molti il desiderio di lavorare, proporre idee, suggerimenti per far crescere il nostro territorio verde». Come giudica le politiche messe in atto negli anni precedenti? «Positivamente. Negli ultimi trent’anni grazie ai provvedimenti e alle leggi regionali si è garantito il mantenimento di un patrimonio che è riconosciuto come eccellenza a livello mondiale. Quello che mancava era una visione completa, contestualizzata, non più localistica. Il nostro intento è fare in modo che questi luoghi diventino vivibili, fruibili dai cittadini». Con quali criticità si deve scontrare l’assessorato? «Molti cittadini vivono questo sistema verde come una fonte di proibizioni. Mi spiego meglio. I vincoli legati alla valorizzazione delle aree vengono recepite, culturalmente, come un insieme di divieto. Noi vogliamo innescare la sensazione opposta e per farlo dobbiamo attuare un’operazione di ampio coinvolgimento». In cosa consiste questa operazione? «Fondamentalmente nella par-
tecipazione, in prima persona, di tutti gli attori presenti sul territorio. La riforma delle norme sui parchi ha visto in tal senso un coinvolgimento straordinario, attraverso gli Stati Generali, organizzati in cinque aree della Regione. Sono stati occasione per ascoltare ambientalisti, guardie ecologiche, agricoltori e imprenditori. In questi eventi abbiamo ricevuto degli spunti importantissimi per l’aggiornamento della normativa sui parchi ora oggetto di discussione in Consiglio regionale». Soprattutto cosa è emerso da questi incontri? «Intanto, contrariamente al pensiero comune, non è vero che agricoltori e ambientalisti si trovano su due fronti diversi. Non sono in antitesi, anzi, parlano spesso la stessa lingua. Il mondo agricolo, non dobbiamo dimenticarlo, è stato anche l’artefice della valorizzazione e del risanamento di grandi aree verdi. Pensiamo solo alle Risaie della Lomellina.
Se oggi sulle risaie si trovano gli aironi è grazie agli agricoltori che le hanno create. Senza di loro questo valore ambientale non ci sarebbe». Voltiamo pagina e parliamo di turismo verde. Cosa rappresentano queste aree per il settore? «Rappresentano un contenitore di valori, tradizioni, paesaggi e storia. Bisogna riconnettere il verde al turismo. In tal senso la Regione ha creato il concetto di Rete Ecologica Regionale, la RER, ora considerata al pari di tutte le altre infrastrutture regionali. Questo è un tema fondamentale, anche in vista dell’Expo 2015. Prevediamo la realizzazione di molti corridoi verdi, affiancati da piste ciclabili, diverse delle quali già realizzate. La cosiddetta mobilità dolce non deve più essere sporadica o casuale.
© Roberta Cucchi
IMPRENDITORI DELL’ANNO
La sola creazione dell’assessorato, che in questi primi mesi di lavoro ha acquisito una sua struttura, una sua identità, ha già fatto nascere in molti il desiderio di lavorare, proporre idee, suggerimenti per far crescere il nostro territorio verde
Chi ama immergersi nel verde vrà essere un protagonista imIn alto, il Parco Orobie Bergamasche, Lago Spigorel (Val Sedornia). Sotto, l’assessore Colucci insieme al presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni
deve poterlo fare con tranquillità e quotidianamente». Quali progetti ha in serbo, nello specifico? «Creare un percorso unico, che parte dall’Adamello fino ad arrivare al Parco dell’Oglio Sud è un obiettivo ambizioso, ma realizzabile. Il settore turistico do-
226 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
portante a fianco di Regione Lombardia per creare strutture ricettive, punti di ristoro, servizi, garantendo sempre l’obiettivo fondamentale che è la tutela della natura e la difesa del suolo. Su questo saremo intransigenti e vigileremo affinché la natura non venga danneggiata». Quindi l’elemento naturale che crea indotto economico? «Esatto. Il tessuto lombardo deve poter sfruttare con intelligenza il suo patrimonio naturale, incentivando alberghi, agriturismi, visite organizzate. È anche con queste attrattive che ci si può aprire al turismo internazionale. Vorrei vedere, nel 2015, i visitatori dell’Expo
prendersi anche un paio di giorni per andare a scoprire i nostri tesori verdi, non solo le città o le esposizioni». Per fare questo, però, occorre la collaborazione degli enti locali. «Non solo la collaborazione. Sono loro, in realtà, i veri protagonisti. La Regione Lombardia deve limitarsi a dare l’orientamento, tirare le fila per fare sistema. Saranno gli enti gestori dei parchi, le province, i comuni poi, che nel concreto potranno rendere possibile questa visione. Il nostro compito è fornire un sostegno e soprattutto impostare uno snellimento burocratico e normativo che non sia da ostacolo. Proprio per questo la semplificazione è uno dei nostri principali obiettivi. Accorpando alcune funzioni ed eliminando molti costi i comuni avranno più libertà gestionale. Altro fattore decisivo è quello della visibilità. Gli enti parco non riescono autonomamente a farsi conoscere nel mondo, la Re-
Alessandro Colucci Giambattista Coradello
In questa pagina, dall’alto in senso orario, il Parco Sud Milano (CascinaFemegro), Parco del Serio (Pianengo - Riserva Naturale Palata Menasciutto), Parco Oglio Sud (Canale Bogina)
710 mila ETTARI
Questa l’area coperta dal patrimonio verde della Lombardia. Una superficie che rappresenta un terzo del territorio regionale
gione può sostenerli e assisterli per creare un piano di marketing che abbia una dimensione tale per attirare i flussi nazionali e internazionali». Parlando di natura e di verde non possiamo dimenticare il paesaggio, uno dei compiti del suo assessorato. «Sul paesaggio noi svolgiamo una duplice funzione. Da un lato verificare le trasformazioni del territorio salvaguardando gli ambiti più delicati dal punto di vista storico, ambientale e identitario. Dall’altro potenziare il valore del paesaggio concorrendo a creare un ambiente più piacevole, migliore per la qualità della vita, compatibile con le politiche di innovazione e sviluppo di Regione Lombardia». Un altro dei progetti dell’assessorato riguarda la cosiddetta filiera bosco-legnoenergia, di cosa si tratta? «Tutto parte da un concetto molto semplice: come Regione dobbiamo salvaguardare e curare i boschi presenti sul territorio lombardo. Dobbiamo pulirli, anche per evitare incendi. E pulirli significa tagliare applicando regole chiare, un discorso su cui la Lombardia si dimostra da sempre impeccabile, non solo per la sua normativa, ma anche per chi la applica. Le imprese boschive e i consorzi forestali sotto questo punto di vista stanno svolgendo un ottimo lavoro. Consentire anche una ricaduta economica, per chi svolge l’attività di cura, è un altro obiettivo da per-
© Archivio Parco
© Rossetti
seguire». Ma come si giunge al fattore economico ed energetico? «Stiamo innescando un’intesa con la filiera. L’impresa lombarda di trasformazione del legno utilizza 4,5 milioni di metri cubi di legname, ma solo 1,5 viene preso in Lombardia. Abbiamo un’ampia potenzialità non sfruttata per colmare parte di questa differenza. Dunque potremmo usare il nostro legno, che è anche particolarmente pregiato, dare lavoro alle nostre imprese, creando posti di lavoro. Per comprendere al meglio il collegamento occorre ricordare che dalla pulizia dei boschi proviene il cippato che quindi possiamo utilizzare per la
© Antonio Bozzetti
produzione di energia e calore». Creando calore? «Esatto. Per fare questo abbiamo già degli impianti all’avanguardia. Ne ho visitato proprio uno di recente, a Santa Caterina di Valfurva. Pensi che questo stabilimento viene visitato anche da industriali e tecnici austriaci, che in questo settore sono sempre stati pionieri. Eppure, dalla Carinzia oggi vengono a visitare le nostre strutture. Non solo. Pulendo in una maniere più sistematica e programmata i boschi, attivando un piano dei tagli, possiamo anche intervenire sui vari dissesti idrogeologici, rendendo l’ambiente più forte, più stabile». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 227
SMALTIMENTO RIFIUTI
Trasformiamo i rifiuti in risorse Da soggetto di uno scenario critico, a fonte di opportunità per lo sviluppo dell’economia. Quello dello smaltimento dei rifiuti è un settore che, in Italia, viene spesso analizzato in maniera distorta. Il punto della numero uno di Ecoltecnica, Adele Marelli Mario Pinoli
Adele Marelli, Presidente della Ecoltecnica di Milano. Nelle altre immagini, alcuni impianti dello stabilimento meneghino www.ecoltecnica.com
228 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
estisce i rifiuti più particolari e scomodi del mondo produttivo e manifatturiero, quelli speciali e pericolosi, in modo industriale, con tecnologie all’avanguardia, in modo sistematico e controllato. Questa è la prima impressione che si coglie entrando nello stabilimento della Ecoltecnica, alle porte di Milano, e parlando con Adele Marelli, il suo Presidente. Non un’accozzaglia di cumuli disordinati e maleodoranti, con capannoni obsoleti e fatiscenti, ma un impianto di trattamento che assomiglia molto al sito produttivo di un’azienda manifatturiera. Silos d’acciaio che svettano, tubazioni ordinate e razionali, piazzali tirati a lucido, personale giovane e competente che gestisce carichi e movimentazioni, controlli ambientali accurati e archiviazione digitale dei dati in sofisticati computer. «Per noi che gestiamo questa tematica da anni, come family business – spiega Adele Marelli – la gestione e il trattamento dei rifiuti industriali è una questione molto seria. Abbiamo, tra i nostri committenti, alcune delle principali aziende italiane che necessitano in tempi rapidi
G
di un servizio completo, nel totale rispetto delle leggi ambientali, con la garanzia assoluta del corretto trattamento e smaltimento finale. Gli operatori che forniscono questo tipo di servizi in Italia non sono molti e in questo periodo di forte difficoltà per l’economia del paese - continua la Marelli -, cerchiamo di offrire delle soluzioni che vadano incontro alle necessità delle imprese cercando di recuperare le componenti dei rifiuti che possono essere riutilizzate nei cicli produttivi». In un paese come il nostro, ove si verificano spesso situazioni di emergenza, Ecoltecnica ha dato il suo contribuito sia in Lombardia,che in Campania, realizzando impianti per il trattamento dei rifiuti solidi urbani. «Rappresentiamo un soggetto di fiducia per le aziende e ci rivolgiamo principalmente all’industria chimica e farmaceu-
Adele Marelli
30 mln FATTURATO
tica, oltre che agli interventi di bonifica su siti pubblici e privati. Siamo inoltre attivi su tipologie di rifiuti con caratteristiche chimico fisiche particolari e rifiuti a radioattività naturale». Intanto, anche nel mondo dei rifiuti, la crisi si fa sentire. «Come in ogni azienda italiana, l’ultimo biennio economico ha lasciato i suoi strascichi, ma le strategie del nostro comparto commerciale ne hanno ridotto sensibilmente le conseguenze.
Abbiamo fatto in modo che la presenza di Ecoltecnica sul mercato fosse ulteriormente pressante e attenta, per cogliere ogni occasione lavorativa in sintonia col comparto logistico e tecnico». Parlando di fatturati, il medio annuo per l’azienda di Milano si aggira sui 30 milioni di euro. È quindi stabile il gruppo guidato dalla Marelli. Ciò non toglie, comunque, che il susseguirsi delle note vicende economiche che hanno inve-
❝
I clienti importanti apprezzano molto le aziende certificate, in quanto danno maggior garanzia di una corretta gestione dei loro rifiuti, e permettono maggior trasparenza di tutti i processi che avvengono all’interno della stessa
~
stito il panorama industriale sia Questa la cifra, in euro, relativa al italiano che internazionale, a fatturato medio partire dalla fine del 2008, ha degli ultimi tre anni della società reso indispensabile l’elaboraEcoltecnica di zione di nuove strategie. Molti, Milano. Sono circa 50 i dipendenti ad esempio, sono stati gli sforzi occupati, tra mirati a una politica di migliotecnici di ramento dei prezzi che mante- laboratorio, operai, impiegati e nesse inalterata la qualità del dirigenti a vari livelli servizio, oltre all’esplorazione e all’acquisizione di nuove nicchie di mercato. «L’effetto combinato ha avuto come risultato un incremento significativo del tonnellaggio di rifiuti annui trattati intorno al 40%. Anche grazie a questo il fatturato ha retto nel suo complesso». Aziende come la Ecoltecnica, che espletano un vero e proprio ruolo sociale, assicurando la corretta gestione e smaltimento dei rifiuti industriali, non sono purtroppo facilitate di fronte alla miriade di Enti territoriali con cui devono confrontarsi costantemente, con leggi del ›› LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 229
SMALTIMENTO RIFIUTI
Per l’ambiente ›› settore spesso in contraddizione e con una burocrazia che comporta tempi per l’espletamento delle procedure non in linea con un mercato globale in continua evoluzione. «Queste difficoltà non ci consentono di reggere la concorrenza con i paesi comunitari ambientalmente più evoluti, dove noi inviamo i nostri rifiuti per il recupero energetico, in particolare Germania e Francia». Gran parte dei materiali ritirati da Ecoltecnica vengono inviati all’estero per lo smaltimento e si tratta spesso di miscele combustibili che non possono essere incenerite in Italia per mancanza di un numero sufficiente di impianti che dai rifiuti producano ener230 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
Adele Marelli, al di là della gestione di Ecoltecnica, porta avanti una sua battaglia di qualità affinché sul mercato dello smaltimento dei rifiuti industriali resistano solo le aziende meritevoli di chiamarsi tali. «Ecoltecnica, forte della sua esperienza e credibilità, opera con caparbietà e determinazione, confrontandosi con gli altri imprenditori seri e qualificati del mondo ambiente» spiega la Marelli. L’unione, come si dice, fa la forza e l’impresa di Milano si è anche aggregata ad Anida (Associazione Nazionale Imprese Difesa Ambiente), una prestigiosa associazione affiliata a Confindustria con sede a Roma, che raccoglie le migliori aziende di questo settore. L’impegno di Ecoltecnica in questo caso è ancora una volta di prima linea: Francesco Fallica, direttore commerciale e amministratore delegato di Ecoltecnica è, in qualità di vice presidente dell’Unione Servizi Ambientali di Anida, coinvolto direttamente ai tavoli di lavoro tecnici che questa realtà associativa porta avanti in fase di revisione normativa confrontandosi con i rappresentanti e gli esperti degli istituti tecnico-scientifici dei Ministeri e partecipando alle audizioni promosse dalle Commissioni Ambiente di Camera e Senato.
gia. Nonostante le criticità del quadro, Ecoltecnica non rinuncia agli investimenti in Ricerca & Sviluppo. «Sì – sottolinea la Marelli -, la crescita costante e la voglia di voler cogliere dal mercato le sfide su nuovi processi e tipologie produttive hanno fatto in modo che il ma-
nagement fosse sempre più sensibile alle tematiche legate agli investimenti e alla ricerca sulle tecnologie più all’avanguardia. Ovvia conseguenza è stata quella di stanziare, nel corso degli anni cifre significative di investimento che hanno rappresentato nello scorso triennio una percentuale che
Adele Marelli
❝
Occorre un cambiamento culturale, il rifiuto non deve essere un problema ma un’opportunità, come recupero delle materie prime e di fonte energetica alternativa
~
supera, all’incirca, il 5% annuo sul fatturato medio della Ecoltecnica». Fondamentale, sul comparto, è anche il tema delle certificazioni. Ecoltecnica, oltre alle EN-Iso 9001-14001 e OHSAS 18001, ha ottenuto anche l’ambita Registrazione Emas, concessa a poche centinaia di aziende italiane. «Le certificazioni sono l’attestazione della nostra attività – spiega l’imprenditrice -. Il nostro modo di operare è da sempre stato in linea con quanto richiesto dalle certificazioni, l’ottenimento delle stesse ne è la conferma». Ma questo ulteriore sforzo è premiato dal mercato? «I clienti importanti apprezzano molto le aziende certificate, in quanto danno maggior garanzia di una corretta gestione dei loro rifiuti, e permettono maggior trasparenza di tutti i processi che avvengono all’interno della
stessa. Un’azienda che viene periodicamente controllata da professionisti del settore di un ente certificatore, difficilmente può dare sorprese. E così i clienti si sentono più tutelati». Sul futuro, infine, Adele Marelli non si augura unicamente una maturazione del nostro Paese relativamente al campo ambientale. «È giunta l’ora di assistere a un cambiamento culturale, il rifiuto non deve essere un problema ma un’opportunità, come recupero delle materie prime e di fonte energetica alternativa. I rifiuti possono e devono diventare un’opportunità occupazionale
e di sviluppo economico. Non più un’emergenza, ma una risorsa, non più sperpero, ma guadagno a vantaggio dell’intera comunità . Convinti di ciò , nell’ultimo periodo abbiamo fatto notevoli investimenti sulla sicurezza e sulla qualità dell’ambiente, anche in considerazione della nostra localizzazione su un territorio urbano di due Comuni: Milano e Baranzate. Le aree sono state recentemente individuate come sito da destinare all’Expo e pertanto è in discussione con gli Enti l’eventuale opportunità di trasferimento in altro sito». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 231
RIFIUTI SOLIDI URBANI
Rifiuti a chilometro zero uando si parla di Napoli l’immagine che ultimamente viene in mente è solamente quella dei rifiuti e delle sue vie soffocate dall’immondizia. Dietro l’emergenza stanno però lavorando realtà importanti che cercano di far ritornare la situazione alla normalità. Una di queste è la Bioe, azienda milanese che offre soluzioni tecnologiche innovative nel settore della biostabilizzazione e compostaggio dei rifiuti solidi urbani. Ne parliamo con Luciano Allievi, amministratore delegato della Bioe. Cosa rappresenta Napoli per un’azienda come la Bioe? «Sicuramente un lavoro da fare e una grossa opportunità. Ogni regione, provincia o singolo comune, per differenti motivi, può raggiungere la propria criticità, un po’ come è successo a Napoli, ma superare una situazione difficile richiede un’attenta analisi e duro lavoro. Abbiamo imparato in questi anni di attività che ogni situazione è differente e non si può generalizzare o standardizzare l’inter-
Q
232 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
Trasformare i rifiuti in reddito e non semplicemente in conti da pagare. Questo è il presupposto alla base della Bioe, realtà milanese che si sta occupando dello smaltimento dei rifiuti a Napoli. Il focus dell’amministratore Luciano Allievi Nicoletta Bucciarelli
vento. Noi affrontiamo ogni situazione come fosse unica e cerchiamo la soluzione più idonea e meno invasiva per quel tipo d’intervento. A Napoli stiamo lavorando da qualche mese con ottimi risultati. Innanzitutto con la protezione civile nazionale, che nel 2009 ha effettuato una serie di test al fine di elaborare uno standard di processo per il trattamento aerobico della frazione organica dei rifiuti solidi urbani». Che tecnologie avete ap-
plicato? «La nostra tecnologia Bioe® Control – Gore™ cover è stata utilizzata nell’impianto STIR, ovvero lo stabilimento di tritovagliatura e imballaggio rifiuti di Santa Maria Capua Vetere in provincia di Caserta, per mettere a punto e specificare gli standard di processo su scala industriale. Sulla scorta dello studio condotto nel 2009, abbiamo avviato una collaborazione decisamente impegnativa e gratificante nello STIR di Tufino e Santa Maria Capua Ve-
Alcune immagini che testimoniano il lavoro della Bioe S.r.l. di Milano www.bioe.it
Luciano Allievi
tere con le società provinciali di Napoli e Caserta. Per tornare al discorso soluzioni non invasive e più idonee, in questa realtà si è intervenuti rifunzionalizzando vecchie aree di biostabilizzazione e introducendo il concetto di trattamento del cumulo statico insufflato, che è il nostro marchio di fabbrica». In cosa consiste il trattamento dei rifiuti e quali sono i vantaggi per la collettività? «Essenzialmente il trattamento dei rifiuti, compostag-
98% PERCENTUALE La percentuale di abbattimento di emissioni odorigene grazie al sistema Bioe® Control – Gore™
gio e biostabilizzazione, è un processo che permette di ottenere un prodotto biologicamente stabile, da utilizzare per le bonifiche ambientali. Nel caso di compostaggio di qualità si ottiene un prodotto con una componente organica ad elevata evoluzione, ovvero l’humus. Si ottiene inoltre un vero combustibile da rifiuto. Il nostro sistema ottiene una riduzione in peso/volume superiore al 30% del prodotto in ingresso, la quasi totale assenza di formazione di percolato, l’abbattimento del 98% di emissioni odorigene e il controllo della dispersione di agenti patogeni che restano confinati nel cumulo offrendo garanzie d’igiene per gli operatori e la popolazione. Si abbattono inoltre in questo modo i costi di gestione e del consumo energetico. La possibilità di utilizzare in discarica il prodotto ottenuto, ai sensi della direttiva europea 31/99, evita l’applicazione dell’ecotassa. Inoltre il Sistema Bioe® Control – Gore™ cover permette notevoli risparmi sugli investimenti per la costruzione
degli impianti e per la gestione quotidiana». Quali sono i contro della tecnologia Bioe? «Non c’è un contro, piuttosto uno scontro. Scontro con la poca voglia di cambiare la strada vecchia per la nuova, con le lobby dei rifiuti, con le amministrazioni che dispongono di risorse finanziarie sempre più esigue, con la paura della gente che preferisce non affrontare l’argomento finché l’immondizia non bussa alla sua porta. Ma qualcosa sta cambiando. Lo dimostra il lavoro in Campania e in tante altre regioni d’Italia ad esempio in Toscana, Trentino Alto Adige, Puglia, Calabria, Veneto, Lombardia oltre che in Sicilia dove si sta realizzando il più grande impianto in Europa. Ultimo sforzo tecnologico di Bioe è stato quello di dare la possibilità agli Enti locali di valorizzare l’organico da raccolta differenziata prodotta sul territorio direttamente nelle isole ecologiche, azzerando in questo modo i costi di trasporto e abbattendo i costi di trasformazione. La situazione ottimale, come accade per altri prodotti alimentari, sarebbe quella di adottare anche per i rifiuti il “chilometro zero”. Così facendo ogni comune, provincia o regione può trasformare i propri rifiuti in fonti di reddito e non semplicemente in “conti da pagare”». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 233
FOTOVOLTAICO
Energie rinnovabili, una scelta che paga l mercato del fotovoltaico sta attraversando in Italia un periodo di grande crescita. Secondo stime recenti, entro dieci anni il 10 per cento dell’elettricità prodotta sul nostro territorio proverrà proprio dal Sole, con importanti ricadute anche da un punto di vista economico e occupazionale. Piero Micucci, un diploma di perito tecnico, cinque figli, una laurea in economia e un grande amore per la montagna, è il presidente di
I
Piero Micucci, presidente di Solaris, azienda di Cinisello Balsamo Nella pagina accanto, alcune realizzazioni dell’azienda solarissrl@interfree www.solaris-srl.com
Solaris, azienda di Cinisello Balsamo che opera nel campo della progettazione e realizzazione di impianti solari termici e fotovoltaici. Sull’importanza delle fonti rinnovabili ha le idee chiare. «Trent'anni fa, abbiamo capito che la tutela dell’ambiente era
236 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
Produrre energia nel rispetto dell’ambiente. Non solo una scelta etica, ma una straordinaria occasione di sviluppo economico. L’esperienza di Piero Micucci, da trent’anni in prima linea nel business del fotovoltaico Guido Puopolo
ed è la priorità assoluta, ma quando abbiamo iniziato ad operare in questo settore, eravamo visti come dei sognatori, dei moderni don Chisciotte spinti più da considerazioni idealistiche che dalla voglia di costruire un business. Oggi le cose sono cambiate, anche perché è cambiato il mondo». In che senso? «Ormai è chiaro che l’energia è la risorsa basilare per lo sviluppo, e il suo reperimento sarà sempre più un fattore critico. Più energia, ma allo stesso tempo meno inquinamento e minore dipendenza verso gli altri paesi: il fotovoltaico risponde a queste esigenze. Purtroppo in Italia non abbiamo saputo capire la lezione che altri, come la Germania, la Spagna o il Giappone, hanno colto dalla crisi petrolifera degli anni 70. In quei paesi sono state subito approvate leggi che hanno permesso e favorito la diffusione capillare di questo modo di produrre energia». Oggi le cose vanno meglio
anche da noi, però. «Vero. L'introduzione di nuove normative relative alle energie rinnovabili, come il Conto energia introdotto con Decreto ministeriale nel 2007, ha dato una bella spinta in questo senso. Se prima gli impianti di questo tipo erano visti quasi esclusivamente come una possibilità di risparmio, perché permettevano di spendere meno per l'acquisto di corrente elettrica, oggi sono considerati veri e propri investimenti, che mediamente possono garantire un feed back del 10/12%. Il recente Decreto Romani sta creando grossi ostacoli, ma spero che sia rivisto e allineato alle direttive Ue». E allora perché in questo settore siamo ancora indietro rispetto ad altri paesi? «I motivi sono tanti, a cominciare dal fatto che ci sarebbe bisogno, a livello legislativo, di politiche energetiche di lungo periodo, con un orizzonte temporale non inferiore al 2020. Ma i punti critici sono essen-
Piero Micucci Giambattista Coradello
zialmente due: i costi ancora elevati e un peso eccessivo della burocrazia a livello locale, che tendono a scoraggiare nuovi investimenti. Per questo noi offriamo una consulenza specializzata. Il nostro motto è: "L'impianto giusto, nel posto giusto, che renda il giusto". Per garantire tutto ciò affianchiamo i nostri partner sia nel reperimento dei capitali presso le banche, sia nell'espletamento delle pratiche presso gli organismi preposti». Oggi quindi il fotovoltaico è un business? «Certo, e sono i numeri a dirlo: l'investimento si recupera in 6/8 anni, mentre nei successivi 12/14 anni l'impianto è in grado di fornire un reddito che si può considerare netto, dato che la manutenzione, almeno in questo periodo di tempo, è davvero minima. Questo anche perché i pannelli solari, grazie allo sviluppo tecnologico, hanno migliorato notevolmente la loro efficienza e capacità produttiva».
Ma il posizionamento di questi impianti è più semplice in caso di nuove costruzioni o no? «Sicuramente sì, perché l’impianto viene previsto già nel progetto, ma anche su costruzioni esistenti non ci sono problemi. Per fare un esempio due anni fa la Intertrasport, azienda di trasporti e logistica della provincia di Bergamo, ha deciso di sfruttare le ampie coperture dei magazzini di stoccaggio delle merci per posizionare dei pannelli fotovoltaici. Oggi quei tetti sono diventati una fonte significativa di reddito». Quindi il cambiamento è appena cominciato? «Sì, e non sono io a dirlo. L'economista americano Jeremy Rifkin continua a ripetere questo concetto: "Per creare lavoro in tempi rapidi e per uscire dalla crisi nel modo più veloce possibile i settori dell'efficienza energetica e delle fonti rinnovabili sono i più adatti. Nei prossimi decenni tutte le case si trasformeranno in mini centrali
c
Più energia, ma allo stesso tempo meno inquinamento e minore dipendenza verso gli altri paesi: il fotovoltaico risponde a queste esigenze
con un flusso continuo di energia in entrata e in uscita. Un po' come successo con internet: il sistema verticale di relazioni dall'alto al basso, è stato sostituito da un sistema orizzontale, a rete, in cui tutti possono essere fruitori e generatori". Non c'è molto da aggiungere a queste parole, se non un’ultima considerazione: muoviamoci o il futuro vedrà il nostro paese tra gli inseguitori e non tra i protagonisti del cambiamento».
d
LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 237
Come valorizzare i combustibili poveri a Officine del Savio – Ahena Boilers di Gualdo di Roncofreddo vanta un’esperienza decennale nel settore delle caldaie a combustibile solido e ha sviluppato e realizzato caldaie a griglia mobile inclinata a tubi di fumo per la combustione di biomasse, adatte sia a biomasse legnose umide, boschive, che a scarti di lavorazione del legno in genere, sia vergine che trattato, così come altri prodotti vegetali, in un’ottica di valorizza-
L Nelle immagini, alcune realizzazioni della Officine del Savio - Ahena Boilers di Gualdo di Roncofreddo (FC) offsavio@tiscalinet.it
238 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
Nuove caldaie a griglia mobile per la combustione di biomasse permettono di ottenere energia dal legno. L’esperienza di Officine del Savio Lucrezia Gennari
zione dei combustibili poveri che è diventata di interesse primario in questi ultimi anni. «La tecnologia della combustione a griglia mobile – afferma Orazio Reali, titolare dell’azienda che anni fa era applicata esclusivamente a impianti di dimensioni importanti quali
inceneritori e centrali termoelettriche, è stata realizzata, con il nostro direttore tecnico, ingegner Fabrizio Novelli, in piccola scala su caldaie di potenzialità limitata, allargando il panorama di biomasse utilizzabili, alla luce di una richiesta di diversificazione delle fonti di approvvigionamento dei biocombustibili». Dal punto di vista energetico l’utilizzo di biomassa legnosa ha il vantaggio di essere una fonte rinnovabile che non contribuisce all’immissione di CO2
Orazio Reali
INTERVENTI E REALIZZAZIONI
a Officine del Savio è specializzata in costruzioni metalliche in genere, con particolare riferimento alla realizzazione di serbatoi di stoccaggio di qualsiasi dimensione, sia a tetto fisso che galleggiante, di torri d’acqua, di sili, di condotte forzate di grande diametro nonché in operazioni di montaggi industriali. Dispone di personale altamente specializzato sempre in grado di trasferirsi nei vari cantieri esterni, a prevedere o realizzare quelle operazioni che richiedono pronte e idonee soluzioni. Nello specifico, la Officine del Savio effettua fornitura, installazione e manutenzione di serbatoi sia a tetto fisso che a tetto galleggiante, per lo stoccaggio di prodotti petroliferi e chimici; fornitura e installazione di recipienti a pressione per l’industria petrolifera, di condotte forzate e caldarerie speciali di ogni tipo; carpenterie metalliche e meccaniche in genere, costruzioni e installazioni industriali di ogni tipo, forniture in acciaio al carbonio e in acciai speciali, caldaie ad acqua calda, surriscaldata e vapore fino a 205°C. Nell’azienda, con l’acquisizione del marchio AHENA Costruzioni Termotecniche e l’assunzione delle maestranze già inserite in questa attività, da anni è presente la Divisione Termotecnica per la costruzione di: generatori di vapore, generatori di acqua calda e surriscaldata alimentabili sia a combustibili convenzionali (gas, gasolio, olio combustibile) che a combustibili solidi (scarti di legno ed altro).www.officinedelsavio.it
L
c
La tecnologia della combustione a griglia mobile è stata realizzata in piccola scala su caldaie di potenzialità limitata
d
in atmosfera e che ben si adatta alla recente politica di diminuzione di immissioni di gas serra a livello mondiale per uno sviluppo sostenibile. «Inoltre – continua Reali - può dare luogo allo sviluppo di un sistema di corretta gestione del patrimonio boschivo formando nuovi posti di lavoro, si adatta a impianti di piccole dimensioni con una filiera di approvvigionamento del combustibile breve, può dar luogo a vantaggi economici, senza contare il fatto di rendersi indipendenti dall’ap-
provvigionamento dei combustibili tradizionali». Le caldaie installate dall’azienda sia in Italia che all’estero, sono caratterizzate da un’elevata robustezza, prevedendo un funzionamento di almeno 20-25 anni, con soluzioni tecnologiche semplici ma efficaci. L’utilizzo di materiali di qualità e la gestione del controllo alla produzione ha permesso di raggiungere standard qualitativi elevati e una produzione attenta ad ogni particolare, spesso adattata alle esigenze di ogni cliente.
LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 239
INFRASTRUTTURE
n Paese che non investe nelle infrastrutture è un Paese che non ha avvenire”, è quanto scrive Maurizio Lupi nella prefazione del suo libro Infrastrutture Brianza. Infrastrutture, mobilità e sviluppo: spunti concreti per elaborare un nuovo modello d’intervento. Al libro del deputato azzurro ha contribuito anche il presidente del Consiglio superiore del Lavori pubblici, Francesco Karrer, che ne condivide totalmente l’impostazione culturale, anche se «qualcuno sostiene che nelle società e nell’economia odierna il “peso” delle infrastrutture sia divenuto secondario nelle politiche di sviluppo e nell’assetto del territorio. Ciò però non è vero sia per le infrastrutture tradizionali che per quelle innovative». Oggi quanto si investe in grandi opere pubbliche? «Non so quanto si spenda attualmente in infrastrutture, è un problema di contabilità generale. Infatti non è solo lo Stato che spende, lo fanno anche le altre stazioni appaltanti che nel nostro Paese sono oltre 10.000. Certo che, data la situazione delle finanze pubbliche, si spende non adeguatamente rispetto alle esigenze dell’Italia, che non riguardano solo lavori ex novo, ma anche la manuten-
U
242 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
Non c’è futuro senza infrastrutture «Mantenere il livello di dotazione infrastrutturale raggiunto, se la produzione di risorse non crescerà, sarà un obiettivo tutt’altro che secondario». Lo assicura Francesco Karrer guardando a quale potrà essere il futuro del sistema infrastrutturale in Italia Renata Gualtieri
zione dell’esistente. Meno si investe in nuovo e più il vecchio aumenta di valore. Purtroppo non c’è consapevolezza adeguata di ciò». Come si può uscire dalle sindromi Nimby italiane? «Con migliori politiche pubbliche e più certe risorse nelle quantità, nelle modalità e nei tempi di erogazione. Tutto ciò richiede una complessiva responsabilizzazione di tutti i soggetti decisionali coinvolti, anche dei rappresentanti degli
interessi diffusi. Adottare migliori politiche pubbliche significa anche partecipazione alle decisioni e pianificazioni coerenti da parte di tutti i detentori di potere pianificatorio, oltre a un più chiaro uso delle cosiddette compensazioni, che vanno meglio disciplinate nelle tipologie e nell’entità economica». Quale impatto ambientale hanno le infrastrutture di trasporto? «Dipende dal tipo di infra-
Francesco Karrer
Nella pagina a fianco Francesco Karrer, presidente del Consiglio superiore dei Lavori pubblici; a fianco Maurizio Lupi
struttura e dal contesto nel quale ricade ovviamente. Non si può dire quale sia l’impatto senza una valutazione ponderata di tutti gli elementi in gioco, tra i quali il tempo di realizzazione, l’entità della copertura della domanda sociale e così via. Poi bisogna ricordare che il termine impatto non significa solo negatività ma anche
Manutenzione e gestione divengono funzioni strategiche davvero e lo sono tanto più quando si fa fatica a produrre nuovo capitale fisso sociale
positività, pure in campo ambientale. Ma si dovrebbe concordare con il concetto di ambiente: si intende anche quello sociale ed economico o solo quello culturale e fisico-naturalistico?». Cosa si deve fare per avere un appalto pubblico-privato trasparente? «Nient’altro che applicare quanto leggi e regolamenti prevedono. Se ci si trova nella condizione virtuosa implicitamente descritta sopra, ovviamente il processo è fisiologicamente “trasparente”». Si può puntare sulle grandi infrastrutture per colmare il ritardo di sviluppo del Sud rispetto al resto del Paese? «Le infrastrutture, sia materiali che immateriali, hanno un grande rilievo nello “strutturare” i territori, quindi nel ridurre i gap esistenti e creare opportunità determinando attrattività e competitività. Ma esse devono essere “a sistema”, vale a dire concepite come integrate tra loro e con i territori. L’integrazione totale dovrebbe essere l’obiettivo». Quale importanza riveste per le città un piano strategico? «Piani e agende strategiche, stati generali, progetti di territorio, sono espressioni che abbiamo usato e usiamo sempre più frequentemente an- LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 243
INFRASTRUTTURE
che se non di univoco significato e copertura di legge: si tratta di strumenti volontari con o senza valenza urbanistico-territoriale. Possono essere di settore o integrati. Personalmente preferisco i secondi, che spaziano dalle questioni culturali a quelle socio-economiche e, soprattutto, anche di organizzazione. Sono utili per costruire “visioni”, meglio se condivise. Sono giusti soprattutto per sopravanzare le “separatezze” con le quali di solito operano le amministrazioni pubbliche per via della logica delle competenze e della contabilità pubblica. Attraverso questi strumenti è possibile far emergere la qualità della società civile e aprire ai partenariati tra pubblico e pri244 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
Le infrastrutture devono essere «a sistema», concepite come integrate tra loro e con i territori, quelle prodotte ex novo con quelle esistenti
vato. Bisogna, però, stare attenti a non cadere nella retorica della pianificazione strategica: quella buona si ferma alla fase prodromica dell’azione. L’azione è dominio di altre pianificazioni e programmazioni, la pianificazione strategica è tutt’altro che operativa. Ma la confusione al riguardo è molta». Che futuro avrà il sistema infrastrutturale in Italia? «Secondo un vecchio slogan in auge tra gli studiosi di futuro, «il futuro si costruisce, non si prevede». E ancora: il nostro sistema infrastrutturale «sarà quello che vor-
remmo che sarà». Ma dovremo fare i conti con le risorse, non solo quelle economico-finanziarie, che potremo utilizzare. Certamente mantenere il livello di dotazione infrastrutturale raggiunto, se la produzione di risorse non crescerà, sarà gia un obiettivo tutt’altro che secondario. Manutenzione e gestione divengono funzioni strategiche davvero. In realtà lo sono sempre, tanto più quando si fa fatica a produrre nuovo capitale fisso sociale. Anche la capacità della gestione dell’esistente è da considerarsi risorsa strategica».
INTRASTRUTTURE
Presenza capillare in ogni regione «È necessario essere in grado di fronteggiare i costi di funzionamento». È questa la strada futura che consentirà la completa autonomia finanziaria dell’Anas, per il presidente Pietro Ciucci Renata Gualtieri egli ultimi cinque anni l’Anas ha ultimato interventi di manutenzione ordinaria per 1,2 miliardi di euro, mentre attualmente tra lavori in corso e di prossimo avvio si raggiunge un importo di 537 milioni di euro. Gli interventi riguardano tutta la rete stradale e autostradale in gestione all’Anas che si sviluppa per 25.000 km tra strade statali e autostrade, grazie all’incremento registrato negli ultimi dieci anni di circa 3.700 km, determinato per quasi 2.000 km da costruzione di nuove infrastrutture e per una parte dal fenomeno “di ritorno” che ha riguardato la restituzione da parte di alcune regioni, di tratti di strade statali. In particolare, la rete autostradale gestita direttamente da Anas è composta da quasi 1.300 km di autostrade e raccordi autostradali, tra i quali l’autostrada Salerno-Reggio Calabria; l’autostrada PalermoCatania, il grande raccordo
N
246 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
anulare di Roma; il raccordo autostradale Perugia-Bettolle; il raccordo autostradale Siena-Firenze; l’autostrada Catania-Siracusa e l’autostrada Roma-Fiumicino. Il presidente dell’Anas Pietro Ciucci, indica gli interventi di manutenzione improrogabili e quali strade e autostrade italiane interesseranno. Quali gli investimenti e le attività programmate per il 2011? «Attualmente gli investimenti in corso ammontano a oltre 11 miliardi di euro per 128 interventi, quelli di prossimo avvio a circa 16,3 miliardi di euro per 49 interventi, mentre quelli programmati a circa 40,7 miliardi di euro per 210 interventi. Il totale di investimenti complessivi per lavori realizzati, in corso e programmati è pertanto di oltre 75 miliardi di euro». Può confermare l’intenzione di inserire il pagamento di nuovi pedaggi sui tratti come il Grande raccordo anulare di Roma e la Salerno-
Reggio Calabria a partire dal prossimo 1 maggio 2011. Sono previste esenzioni o agevolazioni per i pendolari? «I pedaggi di autostrade e raccordi autostradali in gestione Anas, sui quali è prevista per legge l’introduzione di un ticket, saranno definiti da un decreto del presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dei Trasporti di intesa col ministro dell’Economia. Per cui è ancora impossibile dire con certezza quali saranno le tratte che vedranno l’installazione di dispositivi di pagamento tipo “free flow’ il cui bando di gara è stato affidato provvisoriamente ad Autostrade per l’Italia. Il ministro Matteoli, comunque ha fatto sapere che sarà tenuto conto anche delle istanze degli enti locali e, in particolare, di coloro che utilizzano le autostrade con frequenza, per motivi di lavoro o per collegamenti nell’ambito urbano. Per legge non ci saranno più trasferimenti da parte dello Stato a titolo di cor-
Il presidente dell’Anas Pietro Ciucci
Pietro Ciucci
rispettivo di servizio all’Anas. In altri termini, tutti i costi di gestione della rete, compresa la manutenzione ordinaria, saranno a carico dell’Anas che dovrà farvi fronte con risorse acquisite direttamente. È necessario quindi che la Società sia in grado di fronteggiare i propri costi di funzionamento, utilizzando, in maniera esclusiva o almeno prevalente, i ricavi legati a logiche di mercato. Questa è la strada futura che consentirà la completa autonomia finanziaria dell’Anas, liberando il bilancio pubblico, senza rinnegare tuttavia il suo ruolo “sociale” e di servizio pubblico». La decisione di alcune Regioni di restituire il patrimonio stradale all’Anas quanto aumenta la vostra capacità di essere sul territorio? «Questa nostra capacità di essere sul territorio, di saper gestire la mobilità nazionale e locale, è stata recentemente rafforzata e riconosciuta dalla decisione di alcune Regioni che hanno restituito all’Anas il patrimonio stradale che avevano preso in carico a seguito del cosiddetto federalismo stradale e che è risultato in concreto difficilmente gestibile per le Regioni stesse, sia sotto l’aspetto economico che sotto quello operativo. D’altra parte poche Aziende possono van-
km RETE AUTOSTRADALE Autostrade e raccordi autostradali gestiti direttamente da Anas
mld MANUTENZIONE ORDINARIA La cifra in euro degli interventi ultimati dall’Anas negli ultimi cinque anni
60 MILITARI
Il contingente di militari del 5° Reggimento Fanteria “Aosta”, che dal 10 febbraio 2011 presidia alcune aree di cantiere di interesse strategico attive nella provincia reggina.
tare - come può fare l’Anas una storia così lunga ma, soprattutto, un legame così profondo con tutto il territorio del Paese e una presenza capillare in ogni regione». L’Anas dedica grande attenzione e notevoli risorse anche nella difesa della legalità. Quali i risultati ottenuti dalla collaborazione attiva tra l’Anas e le Forze Armate e, in particolare, con l’Esercito italiano, che si è sviluppata nel corso degli ultimi anni nella gestione congiunta delle emergenze nazionali? «La collaborazione attiva tra l’Anas e le forze armate e, in particolare, con l’Esercito italiano, si è sviluppata nel corso degli ultimi anni nella gestione congiunta delle emergenze nazionali, in azioni di protezione civile e attraverso i corsi di formazione professionale realizzati dalla Società. Occorre ricordare che l’Azienda è grata al Governo, al Ministro Matteoli in particolare, e al Prefetto di Reggio Calabria, Luigi Varratta, per aver autorizzato l’Esercito ad
assegnare le risorse necessarie a presidio dei cantieri della nuova A3. Per questo motivo, da giovedì 10 febbraio 2011, un contingente di 60 militari del 5° Reggimento Fanteria “Aosta”, presidia alcune aree di cantiere di interesse strategico attive nella provincia reggina. Il presidio si avvale anche di una rete integrata di videosorveglianza progettata da Anas, attraverso un monitoraggio visivo 24 ore su 24 delle aree interessate dai lavori in corso nel V e Vi macrolotto dell’A3 Salerno-Reggio Calabria. Dal 2005 ad oggi, infatti, sui cantieri dell’autostrada A3 si sono verificati numerosi atti criminosi che hanno indotto alcune imprese appaltatrici a dichiararsi costrette, se non fossero mutate le condizioni, ad abbandonare i lavori. Oltre allo sforzo finanziario, tecnico e organizzativo, l’Anas dedica grande attenzione e notevoli risorse nella difesa della legalità per raggiungere l’ambizioso obiettivo di completare i lavori, iniziati o appaltati, entro il 2013». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 247
INFRASTRUTTURE
Occorrono maggiori investimenti Nel corso del 2011 verranno ultimati molti lavori iniziati negli anni scorsi nel sistema aeroportuale nazionale. Vito Riggio, presidente di Enac, illustra lo scenario attuale Nicolò Mulas Marcello
l sistema aeroportuale italiano gode di buona salute soprattutto per quanto riguarda la sicurezza. A sostenerlo è Vito Riggio, presidente dell’Ente nazionale dell’Aviazione civile, che sottolinea però il fatto che gli investimenti hanno subìto un brusco freno negli ultimi due anni a causa della crisi economica. Proprio per questo motivo molti dei lavori previsti subiranno slittamenti nel tempo. A fronte dello “Studio del sistema aeroportuale italiano, scenari e strategie di sviluppo” in questi giorni si stanno effettuando le consultazioni sul piano nazionale degli aeroporti che vede protagonisti i ministeri, le regioni, le società aeroportuali e i vettori. Al termine di questi incontri emergerà una graduatoria per determinare la destinazione gli investimenti.
I
248 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
Per quanto riguarda i lavori in corso, si stanno ultimando quelli relativi a Malpensa, mentre Fiumicino ha subito una battuta di arresto e nel Mezzogiorno verranno completati quest’anno gli interventi più consistenti. È possibile stilare un bilancio del sistema aeroportuale nazionale per quanto riguarda il 2010? «Dal punto di vista della sicurezza siamo ai primi posti in Europa. Ci sono stati diversi inconvenienti ma nessun incidente grave. Invece dal punto di vista degli investimenti c’è un certo freno dovuto in parte alla crisi economica che ha determinato nel 2009 e nel 2010 minori introiti e in parte anche al fatto che non sono ancora stati definiti i contratti di programma che stabiliscono le tariffe per gli aeroporti. Questo è un problema grave perché
16 mln
PASSEGGERI Il numero di viaggiatori registrati da Alitalia nel corso del 2010 nel solo aeroporto di Fiumicino
18%
INCREMENTO La percentuale di aumento di passeggeri sulle tratte intercontinentali registrata nel 2010 nello scalo di Fiumicino
gli aeroporti italiani investono molto meno della media europea e anche molto meno di quello che sarebbe necessario per affrontare il traffico che dovremo avere nei prossimi anni. Questo è il principale problema attualmente». Parliamo di infrastrutture. Quali sono i principali progetti per il 2011? «Si sta completando il sistema di Malpensa e per quanto riguarda Fiumicino invece c’è un blocco dei lavori. Alcune cose avrebbero dovuto essere completate nel 2012 ma stanno slittando. Nel Mezzo-
Vito Riggio
Si sta completando il sistema di Malpensa, per Fiumicino invece c’è un blocco dei lavori. Alcune cose avrebbero dovuto essere completate nel 2012 ma subiranno uno slittamento
giorno si stanno ultimando i lavori iniziati negli anni passati. La parte più consistente è stata già fatta». Nei giorni scorsi si è svolto il primo incontro per il piano nazionale degli aeroporti con l’illustrazione dello “Studio del sistema aeroportuale italiano, scenari e strategie di sviluppo”. Quali novità si prospettano? «C’è una pianificazione che non è obbligatoria ma è descrittiva e orienta gli investimenti sulla intermodalità, quindi serve a concentrare gli investimenti secondo una gra-
duatoria di rilevanza degli aeroporti che è distinta in tre fasi: quelli strategici, quelli primari e quelli complementari. La discussione sul numero è parzialmente aperta fintanto che non si arriverà da parte del Ministero all’adozione del piano nazionale. Sulla base dello studio si stanno facendo le consultazioni sia da parte dei ministeri, sia delle regioni, sia delle società aeroportuali e dei vettori aerei». Per quanto riguarda la sicurezza negli aeroporti, il livello di allerta rimane sem-
pre alto. Come sta procedendo l’introduzione dei body scanner? «Abbiamo richiesto un nuovo algoritmo perché quello utilizzato precedentemente non soddisfaceva le esigenze che congiuntamente noi e la polizia avevamo chiesto e cioè di avere il massimo di riservatezza sulle persone ma anche il massimo di velocità nell’identificazione degli oggetti. Ora è arrivato questo nuovo algoritmo, che io stesso ho visto all’aeroporto Reagan appena montato, e appena sarà pronto faremo un supplemento di sperimentazione che avevamo richiesto per decidere quanti impiegarne e come piazzarli».
Nella foto grande, l’aeroporto di FIumicino; sopra, Vito Riggio, presidente Enac
LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 249
TRASPORTI
Verso i grandi corridoi europei in pieno sviluppo il Gruppo Di Martino. Una delle principali realtà nazionali nel settore dei trasporti e della logistica, già ampiamente consolidata sul territorio siciliano, dove si trova la sede legale, forte della partnership commerciale e della fiducia accordata dalla committenza progetta nuove linee di traffico verso Spagna, Francia, Germania. Il progetto in corso di realizzazione a Guadamiglio, in provincia di Lodi, rappresenta solo il punto di partenza per un piano che si orienta a incrementare il business sulle principali traiettorie europee, aggiungendosi così al polo di Piacenza (40mila metri quadrati). La società, infatti, in Lombardia sta creando un imponente polo logistico che si sviluppa su un’area di 165 mila metri quadrati di area totale. Sintomo delle ambizioni internazionali che il presidente del gruppo, Angelo Di Martino, sta coltivando ormai da anni con ottimi risultati. «Il nuovo polo è prettamente dedicato al canale di collegamento tra Europa Centro Nord e Sud Europa Mediterraneo – spiega il signor Angelo Di Martino, di recente nominato “commendatore della republica”. Che
È
250 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
Il settore dei trasporti “spiana la strada” all’industria italiana. A parlarne è Angelo Di Martino, presidente dell’omonimo gruppo, che si accinge a potenziare l’offerta logistica grazie all’ampliamento dell’Hub di Guadamiglio, in provincia di Lodi Aldo Mosca
sono le nostre principali aree territoriali di business». Logisticamente quali vantaggi otterrete? «Da Guadamiglio potremo operare da una posizione sicuramente più strategica, baricentrica rispetto all’Europa, oltre che ideale per offrire un servizio logistico Italia. La nuova struttura ci permetterà di gestire al meglio gli scambi, consolidare le merci provenienti dalle due aree e prepararne la distribuzione sui vari mercati di riferimento». Un progetto di questa portata vi aprirà la strada verso nuove committenze?
Angelo Di Martino
In apertura, Angelo Di Martino, amministratore delegato del Gruppo di Martino www.dimartinotrasporti.it
L’azienda sta crescendo in maniera significativa. È naturale, quindi, che si guardi con interesse alle principali destinazioni internazionali. Abbiamo già da tempo iniziato a muovere i primi passi in Francia, Spagna e Germania
«L’azienda sta crescendo in maniera significativa. È naturale, quindi, che si guardi con interesse alle principali destinazioni internazionali. Abbiamo già da tempo iniziato a muovere i primi passi in tal senso, instaurando relazioni intermodali e tradizionali per alcuni nostri committenti istituzionali». Vale a dire? «Al momento si tratta semplicemente di relazioni customizzate. Molto presto, però, potremo proporre le soluzioni che stiamo sperimentando a tutto il mercato». Su quali direttive orienterete i vostri traffici? «Abbiamo iniziato con Francia, Spagna e Germania, attraverso linee di round trip dedicate. Seguiamo i principali flussi industriali».
La Di Martino manterrà la sua anima logistica “intermodale”? «Certamente. Nel panorama mondiale ed europeo risultano sempre più necessarie aree dedicate al settore logistico portuale e retro portuale, nonché hub logistici intermodali. Ricordiamoci che le soluzioni di questo tipo favoriscono anche un minore impatto ambientale oltre che importanti sinergie tra operatori e industrie. L’intermodalità, poi, a livello pratico, consente maggiori vantaggi all’industria». Operare su un corridoio tra Europa e Nord Africa implica, ovviamente, un occhio di riguardo verso lo sviluppo dell’area mediterranea. Su quest’ultima quali prospettive ripone? LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 251
TRASPORTI
Nel panorama mondiale ed europeo, risultano sempre più necessarie aree dedicate al settore logistico portuale e retro portuale, nonché hub logistici intermodali «Le opportunità del Mediterraneo e del Nord Africa non si possono ignorare. Occorre investire su quest’area. Il gruppo Di Martino, a tal proposito, è già attivo da circa tre anni e si rivolge in particolare ai comparti del fashion, dell’automotive , dell’impiantistica e general cargo». Quindi anche in questo caso state investendo in maniera significativa? «Ci stiamo strutturando per gestire al meglio i flussi di importexport tra le due sponde del Mediterraneo. Questo comporta un grande sforzo organiz-
252 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
zativo al fine di coordinare le attività delle tante aziende estese tra le due regioni, con i relativi scambi di materie prime, di semilavorati e prodotti finiti». Lei ha più volte dichiarato di voler creare un servizio inframediterraneo. Conferma? «Non solo. Il servizio che abbiamo in mente tiene conto anche dell’impatto ambientale, visto che ci si orienta a una multi-modalità strada mare. Si tratta di un progetto appena avviato in un mercato fortemente in evoluzione». Qual è la vostra strategia? «Seguire la richiesta e arrivare a
rispondere a specifiche necessità logistiche. Per ampliare la rete e consolidare quanto già attivato, stiamo individuando nuove aree di interesse così da creare maggior massa critica e aprire in loco un transit point, il punto nodale di un network sul territorio. Il prossimo passo sarà ampliare gli orizzonti commerciali verso il Marocco». La vostra è una realtà societaria variegata. Molte aziende rientrano sotto il Gruppo Di Martino. Attualmente, comunque, la logistica ricopre ancora il peso più importante, rappresentando un quarto del vostro fatturato. Il dato è destinato a crescere? «È probabile. Attualmente i ricavi sono pari al 70% del nostro turnover. Un risultato scaturito dalla capacità di integrare i nostri servizi e comparti. Non
Angelo Di Martino
solo. Il gruppo investe costantemente in strutture, formazione e tecnologia. Nel 2010 abbiamo potenziato la capacità produttiva di spedizione con un incremento della flotta di circa 200 nuovi trailer, mentre stiamo lavorando per confezionare soluzioni ad hoc per i diversi mercati verticali, in particolare per il settore del freddo». A proposito di settori strategici, chi investe principalmente su di voi? «Al nostro gruppo si rivolgono le grandi aziende della distribuzione moderna alimentare e non, oltre che importanti trader internazionali, operatori logistici, industria. Ci rivolgiamo a una committenza prettamente industriale che necessita di un servizio tagliato su misura, non standardizzato, e con una particolare attenzione al rapporto qualità-prezzo del servizio. È chiaro che il nostro ampliamento allargherà anche il bacino settoriale cui rivolgerci. Se fino a poco tempo fa ci concentravamo sul Mediterraneo, ora l’apertura verso Francia e Spagna ci consentirà di diversificare e ampliare maggiormente l’offerta oltreché efficientare i collegamenti favorendo ampie triangolazioni». Il 2011, a
detta di molti, sarà l’anno in cui si inizieranno a vedere i primi segnali di ripresa. «Forse è presto per fare previsioni. In fondo, ce ne stiamo rendendo conto tutti, il 2011 rappresenta un anno di transizione, in cui si incominciano a comprendere meglio gli effetti della crisi. Purtroppo si aggiungono altri imprevisti, (Giappone, Libia, costo della vita ). Sarà difficile fare previsioni ma credo che dobbiamo tararci per il peggio pur rimanendo ottimisti». Il vostro, comunque, è un gruppo solido, ne sono una riprova gli investimenti di cui ha parlato finora. «Abbiamo fatto ingenti investimenti di cui adesso attendiamo i frutti, anche se i tempi sono tutt’ altro che splendidi. Inoltre, va detto, il nostro sviluppo segue l’evoluzione della produzione e dei relativi flussi industriali e come tale le nostre strategie ne sono una diretta conseguenza. Le logiche di delocalizzazione che hanno ribaltato lo scenario economico contemporaneo e continueranno negli anni a venire saranno quelle che più di tutti influenzeranno le nostre strategie di sviluppo». Ma quali sono le sue aspettative per i prossimi mesi?
OLTRE 1.500 MEZZI T rasporti, distribuzione e logistica. Un parco mezzi che supera le 1.500 unità. Oggi Di Martino rappresenta un vero e proprio network europeo e intercontinentale, creato con partner di livello internazionale e in grado di seguire tutte quelle realtà produttive e industriali che intendono spingersi fino in Grecia, Sud Italia, e in tutta l'area del Maghreb. Oltre al trasporto su gomma, il gruppo vanta un know how consolidato nel trasporto intermodale sia ferroviario che marittimo e agisce combinando in maniera ottimale la multimodalità, offrendo un servizio affidabile ed altamente competitivo. Moltissimi i comparti che si rivolgono alla società con sede legale a Catania. Tra questi, anche Food & Beverage, Tessile e Abbigliamento, Arredo, Carta e derivati, Materie plastiche, Prodotti chimici e per l'industria petrolifera, Macchinari ed apparecchiature elettroniche, Veicoli a due ruote imballati e non, Prodotti a temperatura controllata. La divisione logistica è il vero fiore all’occhiello della società, estremamente informatizzata e automatizzata. Questo comparto consente di ottenere un servizio di massimo livello, dall'approvvigionamento alla distribuzione, dal deposito alla tracciabilità dei prodotti.
«L’aspettativa per la Di Martino Spa è che l’Italia partecipi come protagonista alla realizzazione dei corridoi Europei, che permetterebbero di incrementare i flussi di traffico e i servizi di gestione merci, nonché offrire un vantaggio competitivo all’industria italiana, che se restasse al di fuori di questo contesto ne risulterebbe fortemente penalizzata». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 253
TRASPORTI
Il greggio è arbitro di troppe partite l settore dei trasporti in Italia è condizionato da annosi problemi che affliggono la rete stradale nazionale. Una situazione per alcuni versi paradossale, che non ha ancora trovato una risposta concreta nelle leggi sinora varate e che rischia di lasciare all’Italia il ruolo di ‘fanalino di coda’ in Europa con gravi ripercussioni su tutte le attività che gravitano intorno al settore della distribuzione. Chi cerca di opporsi a tale situazione con la qualità di un servizio consolidato da anni di esperienza e professionalità non ha, dunque, la certezza che tali sforzi saranno adeguatamente ripagati dal mercato. L’azienda Bianchi Angelo, nata negli anni Trenta dall'intraprendenza del suo
I
Al centro, Giorgio Bianchi insieme agli altri soci della Bianchi Angelo, azienda di trasporti con sede a Costa Volpino (Bg) www.bianchitrasporti.it
254 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
Un settore ancora oggi condizionato dall’inefficienza della rete stradale e dai repentini mutamenti del mercato a cui si aggiunge l’instabilità del prezzo del greggio. Prospettive e soluzioni possibili: ne parliamo con Giorgio Bianchi Erika Facciolla
fondatore, rappresenta una realtà con alle spalle una storia imprenditoriale importante e profondamente legata alle vicissitudini del paese. Non solo un’azienda, ma soprattutto una famiglia in cui tutti contribuiscono con sacrificio, impegno, dedizione e il piacere di far parte di questa storia italiana. Ce ne parla Giorgio Bianchi, titolare dell’attività. Cosa vuol dire lavorare, oggi, nel settore dei trasporti?
«Essere artigiani nel mondo dei trasporti obbliga a misurarsi con nuovi temi. L’evoluzione irregolare del mercato ha stimolato una guerra di prezzi e di valorizzazioni di aziende che oggi contaminano il settore penalizzando chi da anni lavora ponendo il servizio come strumento per ottenere profitto». Qual è la situazione dei trasporti nel territorio del nord Italia e in particolare del bergamasco? «Nel nostro paese il trasporto di merci subisce un’amplificazione di rischio e di spesa a causa delle pessime condizioni della rete stradale. Le norme promulgate dall’Unione Europea diventano quindi anacronistiche nel nostro territorio e paradossalmente costituiscono un freno per l’attività». Rispetto agli aumenti sul costo del carburante quali sono le strategie che riuscite ad attuare? «Il trasporto di merci avviene con enormi quantità di pezzi e gli aumenti che il commit-
Giorgio Bianchi
tente subisce a causa degli altalenanti costi dei carburanti si riflettono in maniera minima sul prezzo finale della merce. È quindi ingiustificato attribuire al trasporto delle merci un effetto domino sull’inflazione. Di certo non sono più sufficienti gli incentivi che per calmierare i prezzi dei trasporti: ci troviamo di fronte ad una fase in cui il greggio è arbitro di troppe partite». Che tipo di semplificazioni o ammodernamenti sono necessari, a suo parere, per incentivare l’imprenditorialità del settore? «Le regolamentazioni vigenti non sono supportate da adeguati controlli e questo rende il mercato schizofrenico ed esposto a dumping continui. Serve che chi legifera ascolti le nostre esigenze, permettendoci di operare attraverso regole applicabili e controllate. Servono regole che sappiano rimettere in equilibrio il mercato facendolo crescere attraverso l’entusiasmo dell’imprenditoria italiana e permettendo alle aziende di operare nel rispetto dei valori di efficienza e qualità». In Italia, il trasporto viene effettuato per lo più su gomma. Quali sono le principali problematiche in termini di sicurezza? «L’elevata sicurezza dei mezzi
UNA STORIA ITALIANA C on il documento numero 31 emesso dalla motorizzazione di Bergamo a metà degli anni Trenta, Bianchi Angelo poteva condurre automezzi e dare inizio a un’attività che ancora oggi, con l’ingresso del figlio Giorgio, rappresenta una straordinaria realtà imprenditoriale: la Bianchi Angelo Trasporti. Le trasformazioni sociali, territoriali ed economiche susseguitesi in Italia come le guerre, le implementazioni stradali e la recente crisi congiunturale, hanno accompagnato l’evoluzione aziendale in “altalene” di difficoltà e importanti traguardi. Tra questi, addirittura in un periodo di assoluta incertezza come quello che il mondo intero vive da qualche anno, l’azienda bergamasca ha acquisito un
non è compensata da una rete stradale adeguata. C’è una distonia di fondo tra un concetto teorico della sicurezza teoricamente garantito dai mezzi di trasporto in uso e la loro viabilità, che indubbia-
nuovo capannone per aumentare la capacità di ricovero degli automezzi e nuovi uffici, moderni e spaziosi, messi a disposizione di tutto il personale non viaggiante. A questo si aggiungano appartamenti, predisposti per tutti quegli autisti trasferitisi a cui è stata data la possibilità di disporre di un proprio spazio personale, adiacente al lavoro, nel quale poter crescere la propria famiglia. Ma, in fondo, è la stessa Bianchi Angelo a rappresentare ancora oggi, una vera grande famiglia in cui vige imperterrito il senso del sacrificio, l’impegno, la serietà, la dedizione e soprattutto il piacere di far parte da protagonisti di una storia italiana di successo.
mente li espone ad un’amplificazione dei rischi». Quali sono i principali settori cui i servizi di trasporto e spedizione della Bianchi sono rivolti? «I due settori con i quali ci LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 255
TRASPORTI
confrontiamo maggiormente molte e disparate sono state le sono quello siderurgico e dell’abbigliamento. Il primo è il settore storico con cui la nostra realtà è cresciuta e si è radicata nel territorio, mentre il secondo, nato negli anni Ottanta, è diventato un’attività strategica che svolgiamo per note catene internazionali». Quali sono le prerogative necessarie per rendersi competitivi rispetto ai servizi “low-cost”? «La qualità è ancora un elemento decisivo per il successo di un’azienda anche nel mondo dei trasporti. Noi vi puntiamo continuamente attraverso il servizio, il rispetto delle consegne, la funzionalità dei mezzi, la cordialità e la professionalità del personale». Come si è evoluta la storia dell’azienda Bianchi Angelo Trasporti? «Dagli anni Trenta in poi, nel periodo in cui mio padre ha dato il via alla propria attività nonché alla storia aziendale,
256 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
vicissitudini che hanno visto cambiare volto all’Italia e, di conseguenza, anche alla Bianchi Trasporti. Dal primissimo camion acquistato nel 1952 fino ai giorni nostri, la sfida imprenditoriale è diventata, anno dopo anno, decennio dopo decennio, sempre più ambiziosa». Quali sono state le principali tappe evolutive? «L’azienda è riuscita ad ampliare la propria offerta, candidandosi per trasporti di vari materiali su tutto il territorio nazionale attraverso varie tipologie di automezzi che vanno dal cassonato al centinato, furgoni e soprattutto riuscendo a servire vari settori merceologici. Nel 2000 abbiamo acquisito nel Lazio un nuovo deposito con uffici e un’ulteriore rete di traffico trasporti. Oggi contiamo più di una trentina di automezzi ma la forza che pone in marcia la crescita dell’azienda continua
Nel nostro paese il trasporto di merci subisce un’amplificazione di rischio e di spesa a causa delle pessime condizioni della rete stradale
a non avere pause». Quanto ha inciso la congiuntura economica degli ultimi anni sull’andamento aziendale? «Nella crisi mondiale, anche la Bianchi Angelo è rimasta inevitabilmente coinvolta. Nel 2009, ci sono stati grossi problemi di lavoro e di liquidità e per non soccombere abbiamo dovuto ricorrere al ridimensionamento delle spese. Sono stati alienati alcuni automezzi e con l’aiuto importante dei dipendenti che hanno un contratto di solidarietà, la Bianchi Angelo è riuscita a rimanere nel mercato; abbiamo quindi cavalcato la piccola onda di ripresa, mirando con determinazione alla luce in fondo al tunnel della crisi». Come avete reagito? «Nonostante le difficoltà che questo ultimo periodo, è rimasto indomito il coraggio dei vari attori che prendono parte, giorno dopo giorno all’impegno lavorativo dell’azienda. Non abbiamo perso lo spirito della sfida che ha sempre connotato il fondatore e l’attuale realtà d’impresa, e con questo andiamo avanti continuando a investire».
TRASPORTI
Nuove prospettive per il business dei trasporti Da Como al mondo, il gruppo Basco ha conquistato il mercato della rivendita di autobus nuovi e usati. Ma nel futuro dell’azienda si aprono nuove prospettive di vendita, trainate dal settore ferroviario. A confermarlo è il suo Ad, Antonio Battaglia Aldo Radici
i sono evoluti nel tempo modificando, in toto, il loro core business. La storia della Basco e della famiglia Battaglia segue in parte quella del mercato dei veicoli e dei trasporti di massa. Nata all’inizio degli anni Novanta dalla trasformazione della più vecchia azienda di famiglia come concessionario di veicoli industriali e autobus, oggi l’azienda è leader nella vendita di autobus urbani, interurbani e turistici. «La nostra è stata una scelta dettata dal
S
258 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
fatto che ormai il mercato dei veicoli industriali era eccessivamente inflazionato – spiega l’Ad della Basco, Antonino Battaglia -. Ma soprattutto, dal fatto che negli anni avevamo acquisito importanti competenze nell’ambito degli autobus, avvalendoci anche di un significativo portafoglio clienti. In più, a guidarci, è stata la passione per il nostro lavoro, che poi è la vera forza trainante di ogni azienda». In questi mesi si è verificata un’ennesima evoluzione. Nei piani dell’azienda,
infatti, è subentrato il settore ferroviario, ritenuto da più parti quello maggiormente strategico, nelle previsioni a lungo termine, sul mercato dei trasporti. «Certo, le trattative di vendita del materiale ferroviario sono molto complesse, occorrerà sviluppare il nostro management e le nostre strategie commerciali». La ferrovia è il futuro? «Ritengo di sì, in Europa questo è già emerso, guardiamo per esempio all’Inghilterra. L’Italia purtroppo arriva sempre in ritardo rispetto ai suoi vicini, ma anche qui, vuoi per una questione di impatto ambientale, vuoi per una modulazione urbana sempre più complessa, il trasporto di massa su ferrovia avrà la meglio sul resto. Il problema di noi italiani è più culturale che infrastrutturale». Vale a dire? «Siamo troppo abituati a muoverci, da soli, in automobile. Basta osservare una qualunque strada di città nelle ore di punta. Dentro ogni autovei-
Da sinistra, Salvatore Battaglia, presidente, Filippo Battaglia e Antonio Battaglia, Ad della Basco Bus Srl di Olgiate Comasco (Co)
Antonio Battaglia
Anche in Italia, vuoi per una questione di impatto ambientale, vuoi per una modulazione urbana sempre più complessa, il trasporto di massa su ferrovia avrà la meglio
colo c’è una singola persona. Questo è un problema che si riscontra particolarmente nelle zone di provincia». Basco in che modo subentra in questo mercato? «Ci proponiamo, dopo il successo ottenuto nel segmento della vendita degli autobus, come rivenditori di vagoni e locomotive. In questo ambito ci sarà di aiuto la collaborazione con gli ingegneri Davide Ferrarese e Umberto Bruschi, esperti del settore. Ferrarese sarà per Basco il nuovo responsabile del settore ferroviario. Spetta a lui il compito di ampliare e coordinare la rete vendita e le opportunità commerciali a livello internazionale. La scelta è ricaduta su Ferrarese anche in virtù dell’esperienza accumulata negli ultimi anni, durante i quali ha ricoperto ruoli di primaria importanza all’interno di imprese ferroviarie come Ferrovie Nord Milano, Mermec Group e Salcef Spa». Dunque un valore ag-
giunto per il gruppo? «Non vi è dubbio su questo. Le sue capacità e la sua pluriennale esperienza ci permetteranno di cogliere nei prossimi mesi una serie di importanti opportunità di crescita che potranno contribuire in modo significativo alla realizzazione degli ambiziosi obiettivi che ci siamo prefissati per il 2011». Per il trasporto su gomma, grazie alla vasta gamma BMC riuscite a soddisfare le tante e variegate esigenze del mercato Italiano. Anche sul settore ferroviario otterrete un’esclusiva? «Sì, a breve dovremmo ottenere in esclusiva per l’Italia la vendita dei prodotti di una nota industria straniera che costruisce
carri merci e, in aggiunta, di una fabbrica che produce i treni per intero, in ogni loro componente. Quindi locomotive, carri passeggeri e vagoni». Parlando, invece, del vostro OFFICINE business principale, quello Basco è presente degli autobus, quale trend in tutta Italia anche avete registrato nel 2010? grazie alla sua rete che comprende «Si è mantenuto il fatturato del già 50 punti 2009. Nonostante la crisi non di assistenza vi sono state particolari inflessioni. Al tempo stesso abbiamo ottime prospettive per il 2011. Quest’anno siamo partiti con un buon portafoglio ordini . E ciò è significativo visto che la congiuntura ha colpito pesantemente i nostri comparti di riferimento, come gli enti pubblici e il turismo. Inoltre, a rassicurarmi sul futuro è l’in-
50
LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 259
TRASPORTI
gresso in azienda di mio figlio
A lato, uno dei mezzi ferroviari che la Basco rivenderà in esclusiva per il mercato europeo
Filippo, che sono certo ci garantirà un passaggio generazionale ottimale». Parlando di turismo, quale trend prevede per quello culturale, che più di altri richiede il noleggio di autobus? «Le aspettative sono buone. I primi segnali di ripresa anche sul turismo si sono già visti a partire dal settembre scorso». La stabilità del bilancio vi permetterà di crescere ulteriormente? «È quello che ci auguriamo. Sicuramente l’ingresso nel business ferroviario è già di per sé significativo. Di recente, poi, abbiamo consolidato anche le nostre strategie. A partire dalla rete delle officine cui ci appoggiamo. Al momento possiamo contare su 50 punti che offrono assistenza ai nostri acquirenti sull’intero territorio nazionale. Stiamo anche ampliando la rete dei venditori. Contiamo, a breve, di averne almeno uno per regione». Anche la sede è stata rinnovata. «Sulla nuova sede è stato effettuato un investimento importante. Si sviluppa su un’area di oltre 20mila metri quadrati di cui 4.500 coperti. Logisticamente si presta meglio alle nostre esigenze e al nostro parco mezzi». Quanta attenzione viene riposta nei confronti dell’impatto ambientale? «Oramai, questa è una cosa unanime, in ogni bando di gara è precisato il fatto che tutti i veicoli debbono rispecchiare le
260 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
UNA NUOVA ESCLUSIVA SUL FERROVIARIO N
ata nel 1991 grazie alla famiglia Battaglia, Basco conquista in breve tempo il settore della vendita di veicoli industriali e di autobus. Quest’ultimo business, in particolare, si rivela essere il più proficuo, al punto da spingere la società ad abbandonare il settore industriale per dedicarsi interamente alla vendita e al noleggio di bus. Attualmente Basco detiene l’esclusiva di vendita, sul territorio nazionale, di veicoli BMC. Di recente l’azienda ha compiuto un grande sforzo gestionale ed economico, ampliando la sua rete di assistenza, con oltre 50 punti sul territorio nazionale, e trasferendosi in una nuova sede di oltre 20mila metri quadrati. Nel futuro del gruppo, ora, anche la vendita di attrezzature e carrozze ferroviarie, per cui ha già ottenuto l’esclusiva sulla produzione della Dipsa Technes per il mercato internazionale. info@bascobus.com www.bascobus.com
ultimissime normative, se non anticipare quelle future, in materia di carburanti e impatto ecologico. Per cui si richiedono esclusivamente veicoli euro 5 o comunque alimentati con carburanti alternativi o motori ibridi, elettrici. Devo dire che in Italia le Pubbliche amministrazioni si stanno rilevando, sia al Nord che al Sud, particolarmente attente a questa problematica. Anche i privati sono scrupolosi in questo, ma è
chiaro che hanno priorità diverse rispetto agli enti pubblici». Basco ha conquistato un’importante fetta di mercato anche nella vendita dell’usato all’estero. Chi acquista, soprattutto, i mezzi italiani? «Gli acquirenti principali provengono dai paesi del Sud America, ma negli ultimi anni è incrementato anche il mercato dei paesi dell’ex Unione Sovietica. In aggiunta vendiamo l’usato praticamente in tutta l’Africa».
LOGISTICA E INTERMODALITÀ
Sviluppo industriale e intermodale nel mantovano A differenza del Po non soffre i problemi di stagionalità dei collegamenti. Stiamo parlando dell’idrovia che collega Mantova con il Mare Adriatico. La Valdaro Spa rappresenta l’incontro ideale per il trasporto merci via strada, ferrovia e acqua. Il focus del presidente e ingegner Luciano Borra Nicoletta Bucciarelli
Luciano Borra, presidente e ingegnere della Valdaro S.p.A. di Mantova. Nell’altra pagina, l’architetto Nicola Sodano, sindaco di Mantova, socio di maggioranza della Valdaro S.p.A. www.valdarospa.it
262 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
l sistema portuale interno del nord Italia è tornato centrale grazie a una nuova idrovia tra Mantova e i porti dell’Adriatico attivata nel 2003. L’esistenza di un canale artificiale ha reso possibile superare il problema della stagionalità dei collegamenti che prelude l’attivazione di allacciamenti stabili tra i porti interni e quelli marittimi. Ci troviamo in un’area destinata a logistica e intermodalità che si estende su di un territorio, compreso nei Comuni di Mantova e San Giorgio, di oltre 2 milioni di mq. La Valdaro Spa è una società prettamente pubblica i cui soci di maggioranza sono il comune di Mantova e l’amministrazione provinciale di Mantova. Ne parliamo con il presidente, l’ingegner Luciano Borra. Qual è l’obiettivo portato avanti dalla Valdaro? «Intendiamo proporci a livello europeo come un importante e avanzato polo logistico intermodale. In questo contesto, l’area di Valdaro può essere considerata il nodo nevralgico più importante della rete idroviaria, come testimonia anche il suo inserimento all’interno delle vie navigabili dello schema di-
I
rettorio della rete transeuropea di Trasporto Orizzonte 2010, definito dalla Comunità Europea. Il trasporto idroviario è ormai riconosciuto come una delle leve su cui agire per raggiungere un rapporto più equilibrato fra le diverse modalità di trasporto». In che modo Valdaro è diventato il polo sostitutivo per lo sviluppo produttivo di Mantova? «L’idea di fare di Valdaro un importante polo dello sviluppo produttivo di Mantova e della sua diversificazione risale agli inizi degli anni 80 con la costituzione del consorzio per lo sviluppo industriale del mantovano. Nel corso degli anni quell’intuizione si è dimostrata non solo opportuna ma anche vincente. Le alterne vicende del vecchio apparato produttivo di Mantova e le sue attuali difficoltà ambientali legate al petrolchimico e alla raffinazione del petrolio, fanno si che il territorio di Valdaro sia al centro di nuove prospettive di sviluppo. Vogliamo garantire al territorio provinciale nuove opportunità occupazionali a fronte di possibili perdite di posti di lavoro e insieme promuovere attività a modesto impatto ambientale.
Luciano Borra
❝
Desideriamo sfruttare i punti di forza di Mantova collegandola attraverso le principali direttrici di traffico con i mercati dell’Unione Europea
~
Desideriamo inoltre sfruttare al massimo i punti di forza di Mantova che, situata nel cuore del nord Italia, risulta collegata con le principali direttrici di traffico che la mettono in contatto con i mercati dell’Unione Europea». È stato necessario modificare anche la rete stradale per rendere più agevoli i collegamenti commerciali al porto? «Tutto il polo logistico è dotato di grandi infrastrutture. Sono in corso lavori per la realizzazione dell’ultimo tratto di superstrada della lunghezza di 1,2 km. Gli autocarri potranno così, dall’uscita dell’autostrada, percorre l’intera arteria di 4 km che conduce direttamente alle banchine portuali e all’area di scambio ferro-gomma».
Qual è il vostro approccio dal punto di vista ambientale? «La centralità economica e produttiva delle regioni dell’Italia settentrionale comporta dei volumi di traffico elevati. Molte direttrici autostradali sono soggette a fenomeni di congestione. I benefici conseguibili con il sistema idrovia-ferrovia si possono individuare non solo nella riduzione dei costi di trasporto per le numerose piccole e medie imprese, ma anche nel
rilevante effetto positivo sulle emissioni inquinanti, che andrebbero a ridursi sensibilmente. A ciò si aggiunga la diminuzione dei rischi di incidenti rilevanti sotto il profilo ambientale. Esistono poi dei vantaggi non misurabili, ma ugualmente importanti, come il riequilibrio territoriale che potrebbe scaturire dal decongestionamento degli assi pedemontani lombardo-emiliani. Questo grazie allo stimolo alla ›› LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 263
LOGISTICA E INTERMODALITÀ
❝
Con il sistema idrovia-ferrovia si otterrebbero effetti positivi sulle emissioni inquinanti, che andrebbero a ridursi sensibilmente ›› delocalizzazione di attività eco-
Nella foto, un capannone per raccolta cereali
nomiche nell’area limitrofa alla rete idroviaria e ferrovia del Brennero». Quali sono le attività commerciali che sono collegate all’infrastrutturazione intermodale? «Le principali attività insediate nel comparto sono riconducibili alla logistica. Attualmente sulle banchine portuali e sulla linea ferroviaria si stanno movimentando merci riconducibili al settore chimico, petrolifero, coils e metallurgico per trasporti eccezionali. Proprio in questi giorni la società Venezia Logistics, braccio operativo dell’autorità portuale di Venezia, e Fluviomar hanno messo a punto un servizio regolare di traffico merci tramite chiatte via fiume e canale navigabile per il trasporto container sulla tratta VeneziaMantova con arrivo al porto di Mantova. Per il porto di Mantova si crea così l’opportunità di servire un mercato molto
264 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
ampio, quello della Pianura Padana, che può rappresentare in termini percentuali fino al 31% del Pil nazionale». Uno sguardo al futuro. Prospettive di espansione? «Miriamo alla creazione di un polo logistico integrato. Inoltre, esiste la possibilità di sviluppare una divisione del lavoro e un’integrazione delle attività con gli interporti più vicini di Bologna, Verona, Padova e Parma, che potrebbero ricorrere all’idrovia Fissero-Tartaro-Canalbianco per il trasporto fluviale. In particolare, oltre che nel trasporto su acqua, la specializzazione del polo logistico potrebbe essere ricercata anche in relazione a determinate filiere produttive, portando alla creazione di altrettante “filiere logistiche”. Tale opportunità sarebbe conseguibile soprattutto grazie alla vicinanza dell’area di Valdaro con distretti industriali, specializzati in merceologie tessile, del legno, metallo e marmo, idonee
~
al trasporto fluviale, che rappresenterebbero potenziali bacini d’utenza per gli operatori logistici e di trasporto». Qual è l’aspetto positivo e innovativo di un polo logistico come Valdaro? «La disponibilità di aree destinate a insediamenti produttivi, accessibili a costi competitivi. Inoltre, considerata l’attuale configurazione dell’area, esiste l’opportunità per gli investitori privati di partecipare in prima persona allo sviluppo del territorio. La presenza della ferrovia del Brennero e del porto fluviale sull’idrovia Fissero-Tartaro-Canlbianco garantiscono numerosi vantaggi a chi si insedia a Valdaro. Riduzione dei consumi energetici, certezza nella tempistica dei trasporti, maggiore sicurezza alla protezione delle merci, contenimento dell’impatto ambientale e ampliamento delle opportunità e delle capacità di movimentazione delle merci».
IMPRENDITORI DELL’ANNO
Una conquista “globale” del settore idraulico a preso di petto la crisi affrontando un settore di mercato tutt’altro che semplice. Diego Lorenzon, presidente dalla Poolmeccanica Lorenzon Spa di San Michele al Tagliamento, è riuscito a inserirsi in un contesto congiunturale negativo ottenendo, comunque, ottimi risultati. «Abbiamo ritenuto di affrontare la nuova situazione globale attraverso il consolidamento della nostra struttura economico- finanziaria, continuando però
H
Diego Lorenzon, presidente della Poolmeccanica Lorenzon Spa www.poolmeccanicalorenzon.it
266 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
Crescono i progetti della storica Poolmeccanica. La società, guidata da Diego Lorenzon, si conferma ai vertici del settore, anche grazie agli interventi effettuati per il Mose di Venezia e per il raddoppio del Canale di Panama Carlo Sergi a mantenere inalterata la propensione all’innovazione di prodotto e di processo» spiega Lorenzon. Così, la veneziana Poolmeccanica si conferma una delle società più radicate nel settore delle costruzioni meccaniche, attiva nella progettazione, realizzazione e installazione di sistemi elettromeccanici applicati alle opere idrauliche in ambito marino, civile e industriale. Oggi l’azienda occupa anche settori che spaziano dalla carpenteria pesante e leggera alla meccanica di precisione, fino alla lavorazione di acciai speciali. Ma è sui progetti idraulici che la realtà presieduta da Lorenzon sta ottenendo i riscontri più significativi. Poolmeccanica sta lavorando su alcune opere di rilievo internazionale. Ce ne parla? «Siamo presenti in due dei progetti di ingegneria idraulica più grandi al modo. Vale a dire il progetto “Mose”, per la salvaguardia della città di
Venezia, e il raddoppio del Canale di Panama. Quello che sembrava essere un traguardo troppo ambizioso, quasi il sogno di un imprenditore, grazie alla lungimiranza delle strategie aziendali, ma soprattutto grazie a un’organizzazione capace di canalizzare le energie a servizio dell’impresa e delle politiche societarie, si è materializzato. In questo modo, attraverso l’acquisizione di commesse dal grande valore economico e dall’alto spessore ingegneristico, ci siamo collocati nell’alveo dei partner dei più grandi gruppi industriali italiani ed esteri». Dunque questo vi permetterà di espandervi sempre di più a livello internazionale? «Certamente. I mercati esteri rappresentano un’opportunità di forte sviluppo commerciale che la società sta perseguendo da diversi anni grazie alla collaborazione di una struttura ad hoc e alla presenza stabile
Diego Lorenzon
in territori di interesse strategico, quale il Centro-Sud America e il Nord Europa». Lei ha più volte sottolineato come la crisi vi abbia portato a rivedere i vostri assetti organizzativi. Su quali presupposti? «Consapevoli del cambiamento epocale che la crisi economica mondiale portava con sé, Poolmeccanica ha aggiornato i suoi programmi di crescita, strutturandoli secondo i nuovi must dell’economia mondiale». Quali sarebbero? «Intanto occorre lavorare selezionando scrupolosamente la committenza cui rivolgersi. Inoltre, abbiamo scelto di
operare nel gigantismo delle costruzioni, il che comporta un investimento costante in progetti di ricerca e sviluppo. Senza tralasciare l’investimento effettuato sulle risorse umane, attraverso piani di formazione e un sistema motivazionale innovativo. Sono tutte strategie rivelatesi vincenti per superare la crisi. Ma non lo dico solo io, è un fatto evidente che ha interessato l’intero comparto metalmeccanico». La strategia è senz’altro valida, ma non teme l’eccessiva concorrenza sul vostro settore? «È vero, il contesto competitivo in cui operiamo si carat-
terizza per la presenza di una concorrenza frammentata e diversificata, composta da medie e grandi imprese meccaniche, che si rivolgono a una clientela eterogenea d'imprese private e pubbliche. L’arma a nostra disposizione è quella di operare seguendo precisi criteri di qualità e sicurezza certificati. Per questo al nostro interno risulta strategica la presenza di un dipartimento Quality-Environment, dedicato allo sviluppo e all’implementazione dei sistemi di gestione per la Qualità, l’Ambiente e la Sicurezza». Dunque anche per il futuro proseguirete su questa strada? «Intanto confermiamo la nostra forte propensione per l’ingegneria. E sì, proseguiremo attraverso il processo di riorganizzazione produttiva e gestionale già in atto. Il nostro obiettivo è quello di intraprendere nuove strade di successo affermandoci come uno degli attori principali sul mercato globale di riferimento». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 267
IMPRENDITORI DELL’ANNO
L’abile osservatore del tessuto lombardo Giacomo Paccani è l’esempio di un’imprenditoria costantemente rivolta al futuro. E oggi è al vertice di un gruppo di aziende che, a dispetto di un mercato in crisi, cresce in qualità e fatturati Andrea Moscariello
hi lo conosce bene sa che Giacomo Paccani è un ottimo uomo d’azienda, soprattutto perché, come ogni imprenditore di successo, è estremamente abile nell’osservare il mercato che lo circonda. Negli ultimi decenni, l’uomo a capo della Paccani Macchine ha saputo cogliere gli andamenti e le potenzialità del tessuto lombardo, in particolare bergamasco e bresciano, puntando a settori rivelatisi particolarmente redditizi. Soprattutto, oggi il nome Paccani rappresenta un gruppo al cui interno si trovano più aziende di successo. A partire dalla Fimet, guidata da Marco Cornali, suo attuale presidente, e leader nel Nord Italia sul settore del Teleriscaldamento. Fimet Spa costruisce sistemi di produzione di energia occupandosi anche del suo relativo trasporto. Sulla lavorazione
C
Giacomo Paccani, presidente del Gruppo Paccani. Nella pagina a fianco, Matteo Paccani www.paccani.com
268 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
dei tubi, invece, si trova la società Cartacci, oggi solidamente amministrata dall’ingegner Fabrizio Mamoli. Dal 2006, poi, è partita la collaborazione con la Ecoenergy, in poco tempo divenuta una delle imprese più floride sui settori edile, metalmeccanico e di intermediazione nello smaltimento rifiuti. Al vertice della compagine resta la Paccani Macchine. Ma oggi Giacomo Paccani osserva “dall’alto” i frutti e le prospettive delle attività. Ad aiutarlo, c’è oggi il figlio Matteo, che dal padre ha ereditato una spiccata cultura del fare e oggi segue a livello operativo l’andamento dell’azienda. La Paccani Macchine si conferma leader nella commercializzazione e nel noleggio di macchine movimento terra, ma oggi rappresenta qualcosa di più grande, essendo al vertice di una serie di aziende che vede coinvolti alcuni dei più apprezzati imprenditori locali. Insomma Paccani, quando gli altri avvertivano la crisi, lei risaliva. «Ci ha salvato la nostra abilità nel diversificare l’offerta e, soprattutto, il fatto che nel 2008 avevamo già ristrutturato la società. Per questo la crisi non ci ha causato alcun “mal di pancia”». Il core business della sua società originaria, comunque, resta lo stesso. «Ci occupiamo di macchine movimento terra, per cui abbiamo in esclusiva sui territori di Bergamo e Brescia i marchi Jcb e Manitou, leader mondiali sul mercato e ottimo traino
Giacomo Paccani
LA CARTACCI DAL PETROLIFERO ALL’ORO on una storia di 45 anni nel settore della progettazione e della costruzione di macchine destinate ai processi di finitura dei tubi, la società Cartacci, oggi guidata dall’ingegnere Fabrizio Mamoli, sta vivendo un importante momento di crescita. I settori in cui gli impianti trovano impiego sono tra i più svariati, a seconda del materiale dei tubi in lavorazione. Si va dai tubi in acciaio a basso tenore di carbonio, destinati alla produzione di cilindri o ammortizzatori per auto, a quelli destinati all’impiego in impianti petroliferi, fino a giungere al mobilio e l’oreficeria. L’azienda viene così a contatto con molteplici realtà produttive come Gazprom, Tenaris, TMK, Arvedi, Vallourec, Benteler. L’azienda, acquisita dal Gruppo Paccani nel 1998, è stata progressivamente ristrutturata. Grazie a un piano di investimenti distribuiti negli anni, la società è stata portata a un livello qualitativo che le permette di competere con i maggiori produttori del settore a livello mondiale. Molte le innovazioni introdotte nella progettazione delle macchine. «In particolare, grazie a sofisticati sistemi di calcolo legati anche all’esperienza pratica, le macchine prodotte dalla Cartacci sono state in gran parte automatizzate, consentendole di rimanere comunque ai vertici del settore, nonostante la crescita della concorrenza anche in paesi emergenti» spiega Fabrizio Mamoli. Il recente, fondamentale, passaggio svolto dalla società è stato quello di mettere a frutto la sua esperienza per arrivare alla costruzione di intere linee di finitura. «Il prodotto che l’azienda è ora in grado di offrire ai propri clienti è un servizio completo, inclusivo di tutte le principali macchine impiegate in queste linee: dall’appuntitura dei tubi, alla trafilatura, raddrizzatura, taglio, controllo, impacchettatura. Ci poniamo come interlocutori unici nei confronti delle imprese che scelgono di rivolgersi a noi» sottolinea l’ingegnere a capo dell’azienda. «Come conseguenza di questo nuovo importante passaggio, anche i fatturati raggiunti sono diventati sicuramente più importanti. La nostra potenzialità si è concretizzata e ci permette di osservare il futuro con ottimismo, nonostante le incertezze che il mercato ancora presenta». www.cartacci.com
C
Il passaggio fondamentale è avvenuto nel 1998, quando abbiamo acquistato la Cartacci, azienda che confinava con la nostra attività qui a Seriate
per i nostri affari». Cosa le fece capire, all’inizio degli anni Novanta, che sarebbe arrivata la crisi? «Vede, fino a vent’anni fa, se si aveva voglia di fare, in ogni settore si poteva avere successo. Ma il mercato in questo modo si è inflazionato. E al tempo stesso le cosiddette bolle finanziarie stavano facendo la loro parte. Negli anni Novanta ci eravamo allargati conqui-
LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 269
IMPRENDITORI DELL’ANNO
Ci ha salvato la nostra abilità nel diversificare l’offerta e, soprattutto, il fatto che nel 2008 avevamo già ristrutturato la società. Per questo la crisi non ci ha causato alcun “mal di pancia”
stando anche le provincie di Verona e Man-
Da sinistra, Fabrizio Mamoli, Giacomo Paccani, Marco Cornali, Marco Bellini e Matteo Paccani
tova. Ma ben presto capii che occorreva ridimensionarci, che non si poteva, per così dire, rischiare di fare il passo più lungo della gamba». E da lì la ristrutturazione? «Esatto. Così ci concentrammo su Bergamo e Brescia. E questa è stata una scelta intelligente, i fatturati lo dimostrano». Oltre alla vendita dei mezzi, offrite anche il noleggio. «Sì, ma quello è un settore che abbiamo ridotto drasticamente. Richiede grossi investimenti per il mantenimento del parco macchine e purtroppo, vista la congiuntura, i pagamenti sempre più spesso tardano ad ar-
270 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
rivare. Ripeto, da imprenditore ho anche il dovere di agire nell’interesse e nella salvaguardia del nostro capitale». Con il nome Paccani, oggi, si indica un grande gruppo composto da numerose aziende su più settori. «Il passaggio fondamentale è avvenuto nel 1998, quando abbiamo acquistato la Cartacci, azienda che confinava con la nostra attività qui a Seriate. Si occupava fondamentalmente di carpenteria metallica. Negli anni l’abbiamo innovata, strutturata e sviluppata. Nel 2010 ha triplicato il suo fatturato. Vidi un futuro importante per il suo settore e non mi sbagliai. Ora Cartacci sta lavorando in tutto il mondo anche grazie all’Ingegner Fabrizio Mamoli, mio collaboratore alla guida dell’azienda». Altre due realtà importanti sono Fimet ed Ecoenergy. Cosa rappresentano per il gruppo? «Fimet l’abbiamo acquisita nel 2002, anche se la stavo già osservando da un anno. Si occupava di teleriscaldamento, vendeva centrali di cogenerazione. All’epoca stava per fallire, la famiglia che la gestiva aveva molti problemi
Giacomo Paccani
interni. Fondamentalmente noi l’abbiamo salvata. Al suo interno vi sono il socio Marco Cornali e il geometra Luigi Fadigati, da sempre preziosi collaboratori del nostro gruppo, che sono stati in grado di ripulirla e rilanciarla sul mercato. Al punto che oggi Fimet è la consociata che garantisce gli introiti più importanti per il gruppo. Su Ecoenergy, invece, l’investimento effettuato è stato più recente». Quando è nata Ecoenergy? «Nel 2006. Anche in questo caso a seguito di una mia osservazione di mercato. Mi resi conto che le società di servizi nel settore delle acciaierie avrebbero preso piede. Decisi di coinvolgere nel progetto il geometra Marco Bellini, che conoscevo da tempo e che si era dimostrato esperto e abile su questo comparto». Per il futuro quali sono le sue prospettive? «La crisi non è finita, anzi, la sua parte più dolorosa si deve ancora far sentire. Molte imprese dovranno chiudere, la congiuntura del resto funge anche da filtro attraverso cui sopravvivono solo le aziende sane. Ormai non ci si può più improvvisare imprenditori. Noi, comunque, siamo tranquilli. Il nostro portafoglio ordini ci copre abbondantemente fino a metà 2012. Per quanto mi riguarda ormai da tempo mi limito a osservare l’andamento delle aziende del gruppo. A livello operativo, ormai, è mio figlio Matteo a seguire la Paccani Macchine. E devo dire che, me lo dicono in tanti, è più bravo del sottoscritto». Il gruppo Paccani è solido, ma il fatto di lavorare per aziende in crisi non è rischioso? «La maggior parte delle nostre imprese clienti ha sempre creduto in noi. Ci ha supportati nei periodi più difficili, di transizione. E ci hanno seguito anche quando abbiamo deciso di cambiare i marchi da commercializzare. Per questo oggi le sosteniamo volentieri, anche economicamente».
ECOENERGY AFFIANCA LA SIDERURGIA ITALIANA D
alla nascita nel 2006, Ecoenergy ha raccolto e registrato importanti risultati in termini operativi e di fatturato. Fondamento, nonché guida di tale lavoro è il geometra Marco Bellini, il quale racconta con passione e orgoglio le scelte che hanno portato l’azienda, dal 2006 al 2010 al raggiungimento di obbiettivi importanti e significativi. «Inizialmente l’attività svolta comprendeva l’esecuzione di demolizioni industriali, realizzazione di opere edili stradali, soprattutto nella zona lombarda, a cui seguivano diverse bonifiche ambientali delle aree precedentemente lavorate – spiega Marco Bellini -. La stessa ha provveduto subito all’iscrizione all’Albo nazionale Gestori Ambientali per la categoria 9». Bellini sottolinea come «il sistema delle certificazioni dà un’opportunità in più all’azienda, un’immagine sicura per i clienti che si affidano alle nostre prestazioni e un motivo per il quale “non ci si deve mai fermare”, vale a dire la ricerca del miglioramento continuo dei processi aziendali». Presso gli uffici di Seriate con l’appoggio di personale qualificato, si sono aggiunte le certificazioni UNI EN ISO 9001, 14001 e SOA. Grazie allo spirito giovanile e imprenditoriale di Ecoenergy, si sono aperte nuove strade alle lavorazioni nel settore metalmeccanico-industriale. Dal 2007, infatti, l’azienda collabora con le principali industrie siderurgiche offrendo servizi di intermediazione per lo smaltimento e il trasporto agli impianti dei rifiuti pericolosi e non. Più recentemente, nel 2009 l’azienda lombarda ha acquisito parte della società So.ge.ca Srl, titolare delle autorizzazioni alla coltivazione della cava rilasciata dalla provincia di Vercelli. Parliamo, quindi, di un futuro sempre in espansione, logicamente volto a offrire nuovi servizi all’interno delle industrie siderurgiche e all’ampliamento, con il progetto d’apertura di due impianti in provincia di Bergamo per lo smaltimento dei rifiuti. È inoltre in dirittura di arrivo un nuovo importante contratto con azienda municipalizzata, rivolto alla raccolta dei rifiuti urbani. ecoenergy@sfera.net
LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 271
IMPRENDITORI DELL’ANNO
Quando la strategia è “internalizzare” ono molte le aziende che oggi decidono di ricorrere all’outsourcing, cioè esternalizzare lo svolgimento di alcune funzioni per concentrarsi sull’ambito produttivo o commerciale principale. Ci sono però anche alcuni gruppi che preferiscono strutturarsi in maniera più completa, creando rami dell’azienda in grado di svolgere ciascuno un ruolo differente, “internalizzando” tutti i passaggi della filiera. È questo il caso di Policentro, gruppo brianzolo che opera nel settore immobiliare specializzato nella realizzazione di centri commerciali. Nato quasi quarant’anni fa da un’iniziativa imprenditoriale dell’ingegner Lino Iemi, il gruppo Policentro può vantare una particolare eccellenza: «La nostra azienda – spiega l’ingegner Iemi – si distingue dagli altri interlocutori di settore per essere l’unico gruppo italiano che si occupa di tutte le fasi del processo produttivo: dalla ricerca di aree allo studio di fattibilità, dalla progettazione alla costruzione, dalla commercializzazione alla gestione». La vostra particolarità quindi è la specializzazione? «Ognuna delle società che compongono il gruppo ha svi-
S
274 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
Ponendosi alle volte in controtendenza, sono diverse le aziende che decidono di strutturarsi in maniera da poter seguire autonomamente tutte le fasi del lavoro. Lino Iemi spiega come Amedeo Longhi
luppato in questi anni un’identità specifica, riconosciuta a livello internazionale, che ha permesso loro di diventare aziende complementari e autonome al tempo stesso». Come siete strutturati? «Il gruppo si compone di cinque aziende, che curano la realizzazione delle opere non solo dal punto vista delle diverse aree di competenza, ma anche seguendo nel tempo, passo dopo passo, l’avanzamento dei lavori, dalla fase di ricerca, studio e finanziamento che precede la cantierizzazione al lan-
cio finale della struttura, coprendo qualsiasi esigenza, sia essa di natura economica, ingegneristica, pubblicitaria o commerciale». Chi coordina il lavoro delle altre società? «La “capogruppo” è la Policentro SpA, all’interno della quale si concentrano le competenze e le attività a valore aggiunto di ricerca, direzione, coordinamento e controllo di tutte le funzioni a livello di gruppo. La Policentro è anche la società da cui partono gli input per nuove iniziative: a livello operativo individua la location e un’area disponibile, definisce l’idea di partenza del futuro centro e cura le operazioni di avvio del lavoro accompagnandone lo sviluppo in tutti i suoi aspetti tecnici, organizzativi e finanziari». Per quanto riguarda l’area immobiliare e finanziaria? «La Policentro Engineerign è la società con cui si interfacciano gli investitori immobiliari: attraverso il “sistema service” garantisce l’esecuzione
In apertura, l’ingegner Lino Iemi della Policentro Spa di Agrate Brianza (Mb). Nelle altre immagini, alcune realizzazioni del gruppo e un momento della fase progettuale www.policentro.it
Lino Iemi
Ognuna delle società del gruppo ha sviluppato un’identità specifica, che ha permesso loro di diventare aziende complementari e autonome al tempo stesso
500 MILIONI È stato l’investimento che il gruppo Policentro ha fatto negli ultimi 7 anni in centri commerciali
completa dell’opera nel rispetto dei tempi e dei costi programmati. Ha anche il compito di condurre la fase di precantierizzazione di richiesta delle autorizzazioni e, svolgendo un ruolo di regia del progetto, di accompagnare anche la fase costruttiva. Gli aspetti finanziari sono invece affidati a Policentro Partecipazioni, dotata di una propria struttura autonoma di corpo-
rate finance e dedicata all’analisi delle opportunità e alla predisposizione di tutta la documentazione di carattere economico e finanziario necessaria allo sviluppo dell’operazione». Rimangono le sigle che si occupano della gestione del centro. «La prima è la società di gestione Cogest Italia, che raccoglie il testimone sei mesi prima dell’apertura della struttura e mette a punto le regole di governance del complesso immobiliare e commerciale. Inoltre si occupa della creazione dell’apparato gestionale e organizza il lancio promozionale e pubblicitario. Attualmente Cogest sta curando la gestione di decine di centri polivalenti già aperti ed è un’azienda leader in questo settore. Infine abbiamo Mall System, l’ultima nata all’interno del gruppo.
Questa società ha il compito di curare e coordinare tutta la parte commerciale: dall’elaborazione del mix merceologico alla promozione del centro sul mercato delle più importanti insegne italiane e internazionali, dalla selezione e qualificazione degli operatori fino alla “messa a reddito” degli spazi attraverso la gestione della contrattualistica e l’organizzazione dei rogiti. Il settore della grande distribuzione ha risentito della crisi? «Nel 2010 il contraccolpo è arrivato anche qui, così come in tutto il mondo. Il nostro gruppo ha però saputo fronteggiare questo difficile momento e lo scorso hanno ha reagito inaugurando un nuovo centro commerciale, mantenendo quella continuità che lo caratterizza fin dalla sua nascita». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 275
INGEGNERIA
Per una progettazione più consapevole Con l’attenta analisi delle forniture, la buona gestione delle risorse umane e dei flussi finanziari, il Gruppo PSC esemplifica i punti di forza di una società che si sta espandendo. L’esperienza di Umberto Pesce Giulio Conti
anche. Strutture ospedaliere. Centri polifunzionali. Sale cinematografiche. Strutture fieristiche. Complessi alberghieri. Gallerie autostradali. E molto altro. I progetti affidati al Gruppo PSC, azienda fondata nel 1956 da Emidio Pesce come impresa artigiana e divenuta con la seconda generazione capofila del settore impiantistico-tecnologico, toccano più versanti del vasto mondo dell’ingegneria mecca-
B
278 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
nica ed elettrica. Ma oltre la multisettorialità della professione ingegneristica, «è propedeutica e molto importante la forte ingegnerizzazione delle fasi iniziali delle lavorazioni, così come la scelta di un ottimo management di conduzione». Sono queste le linee operative che, per Umberto Pesce, responsabile e socio insieme al fratello Angelo del Gruppo PSC, «permettono di superare in modo brillante le frequenti difficoltà che, in un mercato molto compresso nei tempi, si presentano sia nello start-up che nelle fasi finali della messa in opera di un dato progetto». Come si traduce per il Gruppo PSC il concetto di tecnologia? «Il settore di progettazione e di ricerca è sempre chiamato a prestare costante attenzione alle nuove proposte che la tecnologia consente di applicare agli
impianti. È infatti anche grazie alle innovazioni tecnologiche che il Gruppo giunge a coniugare competenze e dispositivi necessari per realizzazioni che spaziano dalle più svariate tipologie di impianti per il trattamento dell’aria a quelli ospedalieri, dal feedback elettrico e meccanico richiesto per la impiantistica generale di un centro commerciale, ad esempio, fino all’eccellenza impiantistica della nuova sede della Regione Lombardia, dove la PSC ha realizzato in soli 18 mesi tutti gli impianti meccanici». Quali valori d’impresa mettete in vista nel circuito di mercato? «La competitività sugli acquisti dovuta a un’attenta analisi delle specifiche tecniche delle forniture, una puntigliosa gestione delle risorse umane e una precisa gestione dei flussi finanziari ci permettono di affrontare
Il dottor Umberto Pesce è alla guida del Gruppo PSC con sedi a Maratea, Roma e Milano. Nelle altre immagini, dettagli del progetto per la nuova sede della Regione Lombardia affidati al Gruppo www.gruppopsc.com
Umberto Pesce
❝
Nell’impiantistica è molto importante l’ingegnerizzazione delle fasi iniziali delle lavorazioni, così come la scelta di un ottimo management di conduzione
❞
con regolarità i nostri impegni». Infrastrutture in Lombardia. Nonostante siano stati fatti grandi passi avanti, c’è ancora molto su cui bisognerebbe intervenire. «Dall’esperienza acquisita, posso solo notare che se i tempi tra la progettazione e la realizzazione di tutte le infrastrutture fossero riportati a tempi ragionevoli si costituirebbe un notevole miglioramento dell’impatto dei lavori sul territorio, limitando il disagio che queste opere invasive comportano». Partecipando a gare d’appalto pubbliche, quali impulsi vengono dalle amministrazioni? «In sincerità, nelle gare di appalto pubbliche, di spinte concrete non riesco ad identificarne. Di ostacoli invece, e purtroppo, ne potrei descrivere molti ma il più sostanziale e significativo ritengo consti nel fatto che la
Pubblica amministrazione abbia delegato la responsabilità del controllo dei vari approcci connessi agli appalti direttamente alle imprese esecutrici, snaturando di fatto la missione delle società partecipanti». Qual è il fattore trainante per l’imprenditoria italiana alla volta dell’internazionalizzazione? «Per distinguersi e mantenersi all’interno degli attuali mercati globalizzati credo sia sempre più importante l’aggregazione tra aziende omogenee che consentano all’imprenditorialità italiana di avere forza e visibilità all’estero. In ogni singolo contesto imprenditoriale poi, bisogna dimostrarsi sensibili agli investimenti focalizzati alla ricerca e allo sviluppo della qualità delle produzioni e dei servizi. È su tali prerogative che spingiamo sempre più forte per la crescita del Gruppo PSC». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 279
MATERIALI EDILI
ssenziale, riciclabile e versatile: il legno è il primo fra tutti i materiali da costruzione ad esser stato utilizzato dall’uomo per molteplici necessità. Diversamente dagli altri materiali impiegati in edilizia che in origine sono inanimati e inerti, il legno nasce come una struttura viva, capace di innalzarsi decine di metri, resistere a vento e intemperie e suggerire all'osservatore emozionanti prospettive. Unico per versatilità, sorprendente per la resa estetica funzionale, il legno è sempre più richiesto per le sue caratteristiche isolanti e la sua alta riciclabilità. La Mornico Legnami nasce come azienda specializzata nella realizzazione di strutture e coperture in legno, di qualsiasi dimensione ed utilizzo. Una lunga esperienza nel taglio e nel trattamento dei legnami, le ha fornito quella indispensabile co-
E
280 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
Edilizia e legno, scelta naturale Uno dei materiali più nobili che ha accompagnato l’uomo nelle varie fasi della sua evoluzione: il legno rappresenta il materiale da costruzione per eccellenza, versatile ed ecosostenibile. L’esperienza di Adriano Ricci della Mornico Legnami Erika Facciolla
noscenza delle essenze e dei segreti del legno, alla base dell'arte della carpenteria e dei più creativi impieghi di questo affascinante materiale. Ne parliamo con Adriano Ricci, portavoce dell’azienda. Cosa è cambiato nel modo di concepire e utilizzare il legno? «Nel corso degli ultimi anni, l’utilizzo del legno nella realizzazione delle coperture ha avuto un notevole incremento. Que-
sto è dovuto sia a fattori estetici che strutturali. Per far fronte al costante aumento della richiesta, la nostra azienda si è evoluta tecnicamente e ha provveduto a inserire macchinari sempre più all’avanguardia». Qual è la filosofia che muove il lavoro della Mornico Legnami sul concept degli spazi contemporanei? «La nostra filosofia è orientata verso la sostenibilità, conciliando benessere e tutela dell’ambiente. Consigliamo sempre ai nostri clienti pacchetti isolanti con materiali naturali che consento un grande risparmio energetico». Il progresso tecnologico ha “rivoluzionato” ogni ambito produttivo. Quali vantaggi ha apportato al vostro settore? «Lo sviluppo di software per la progettazione e l’evoluzione tecnologica delle attrezzature ha permesso di realizzare strutture pretagliate in azienda e quindi più facili e precise da posare in
In apertura, Adriano Ricci della Mornico Legnami con sede a Mornico al Serio (Bg) www.mornicolegnami.com
Adriano Ricci
c
Il legname più richiesto è il lamellare di abete rosso per l’ottimo rapporto qualità-prezzo e perché si trova con più facilità nelle foreste europee
cantiere, riducendo notevolmente i tempi di posa». Quali sono le strategie produttive e commerciali adottate per rendere l’azienda ancora più competitiva? «Una prerogativa della nostra azienda è la soddisfazione del cliente. Quello che ci distingue dalla concorrenza è la qualità nella scelta del legname e nella finitura. Per far ciò, abbiamo acquistato un macchinario di ultima generazione in grado di levigare e calibrare perfettamente tutti i nostri prodotti. Questo tipo di lavorazione elimina i difetti del legno e della piallatura e la successiva verniciatura risulta così omogenea da esaltarne tutti i pregi. Specifi-
d
chiamo che la levigatura viene eseguita su tutta la produzione a parità di costo. L’altra novità che abbiamo inserito è la finitura con effetto scolpito, lavorazione restituisce l’effetto della vecchia piallatura eseguita a mano». Potrebbe descrivere brevemente le fasi salienti del vostro circuito di produzione aziendale? «Una volta acquisita la commessa, viene effettuato il rilievo in cantiere ed eseguito il disegno in 3D con il relativo file che viene trasferito sul centro taglio CNC. Dopo il taglio e la lavorazione delle barre, esse vengono stuccate e levigate per poi essere impregnate. Tutti i pezzi
vengono imballati e consegnati in cantiere per la posa in opera». Quali sono i legnami più richiesti e perché? «Il legname più richiesto è il lamellare di abete rosso per l’ottimo rapporto qualità-prezzo e perché si trova con più facilità nelle foreste europee. Tutti i materiali da noi utilizzati sono conformi alle normative europee CE e sono marchiati PEFC». Quali sono i mercati di riferimento ai quali vi siete affacciati? «Il nostro mercato di riferimento va dalla grande immobiliare fino al privato. Geograficamente, ci rivolgiamo al mercato del nord Italia mentre i rapporti col mercato estero sono esclusivamente di importazione». Cosa rappresenta per voi “l’essenza del legno”? «Rappresenta la passione e l’orgoglio di lavorare il più antico materiale strutturale». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 281
MODERNE ARCHITETTURE
Le nuove forme della modernità ell’architettura come nell’arte la ricerca della perfezione si accompagna da sempre a quella del “bello”, inteso come valore assoluto a cui ispirarsi per cercare nella forma e nell’estetica la realizzazione del progetto così come l’artista/architetto lo aveva immaginato. Un ideale arduo da raggiungere, che richiede passione, dedizione e amore per la professione. Una delle aziende a distinguersi in tal senso nel panorama italiano è la Leggeri SpA: oltre cento anni di attività nel settore dell’edilizia e promotore e di idee e iniziative pionieristiche e innovative. Approfondiamo con l’architetto Tullio Leggeri, portavoce dello Studio Leggeri. Quali sono le fonti di ispirazione e i tratti distintivi
N
L’architetto Tullio Leggeri è fondatore della Leggeri Spa di Seriate (Bg) www.leggeri.com
© gVez
284 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
Non sempre l’architettura produce opere esteticamente apprezzabili. Basta osservare le nostre città. Ma ci sono professionisti capaci di riproporre in chiave moderna un concetto antico di bellezza. L’esperienza di Tullio Leggeri Erika Facciolla
dello Studio Leggeri? «La ricerca del “bello”, che nasce da una difficile alchimia tra la passione per l’arte e l’architettura da un lato e la conoscenza tecnica e il controllo dei costi dall’altro». Cosa è cambiato, a suo parere, nella definizione degli spazi abitativi? «Sicuramente il nuovo modo di vivere gli spazi della casa, così come l’introduzione di materiali innovativi e l’utilizzo di nuove tecnologie hanno permesso la sperimentazione di so-
luzioni abitative insolite e moderne. Sono terminati gli anni della separazione della zona living a favore dell’open space, mentre è d’obbligo prevedere bagni doppi e ampi e le cabine armadio: tutto questo nelle dimensioni sempre più ridotte delle abitazioni». Durante i lavori di ristrutturazione come riesce a non stravolgere “l’anima” del fabbricato preesistente? «La reversibilità totale dell’edificio è il principio fondamentale sul quale si basano tutti i nostri progetti di restauro. Ciò vuol dire uno studio approfondito del fabbricato sul quale si interviene: dall’analisi storica, agli spazi, ai materiali utilizzati per intervenire in modo cosciente, evitando il cosiddetto “rigetto” tra materiali dissonanti». Può descrivere le dinamiche “ri-costruttive” sottese all’intervento effettuato nell’ex opificio Italcementi? «Il recupero è passato attraverso un’analisi approfondita del luoghi, al fine di individuare la naturale vocazione degli spazi che dovevano essere assolutamente
Tullio Leggeri
c
La reversibilità totale dell’edificio è il principio fondamentale sul quale si basano tutti i nostri progetti di restauro preservati e tutelati, pur garantendone una fruizione differente da quella originaria, più versatile e polifunzionale». Come si traduce praticamente questo metodo di lavoro? «Creando delle architetture non invasive che possano anche essere sostituite nel momento in cui il fabbricato torni ad essere quello che era originariamente o debba mutare destinazione d’uso. Di fatto si prevede l’utilizzo di materiali che connotino il nostro tempo per i nuovi interventi integrandoli con il restauro filologico di quanto vi è di esistente». Qual è il segreto per riconoscere e creare il ‘bello’ anche nell’urbanistica moderna? «Le nostre città sono costruite male, perché per troppo tempo si è creduto che la tecnologia e i metodi costruttivi andassero a discapito dell’estetica. In realtà,
d
costruire il bello o il non-bello, costa lo stesso, è l’atteggiamento culturale quello che cambia. L’unica strategia è quella di costruire il “bello” domandandosi come farlo e quali potrebbero essere difficoltà e punti di forza». In che modo si coniugano le prerogative dell’architettura proposta dallo studio Leggeri con le archistar del momento? «Architettura e arte contemporanea non hanno lo stesso denominatore negli ultimi anni. Le cosiddette archistar sono le uniche a coniugare aspetti di entrambe le discipline. E questa lontananza è tangibile perché l’architetto vuole essere artista senza esserlo, senza “parlare” lo stesso linguaggio della contemporaneità e della ricerca artistica del momento. Noi abbiamo scelto di lavorare e collaborare sempre con gli artisti, perché hanno una sensibilità
tale che permette di risolvere anche dei tecnicismi in modo inusuale, con un controllo della misura, del dosaggio, delle proporzioni, che è assolutamente perfetto». Quale collaborazione con architetti di calibro le sta più a cuore? «Abbiamo avuto la fortuna di collaborare con diversi architetti importanti, ma ricordo sempre con affetto, la collaborazione di Umberto Riva, per l’attenzione al dettaglio, la grande manualità e la perfetta gestione degli spazi che contraddistingueva le sue opere».
In questa pagina, immagini di lavori di restauro effettuati dai professionisti della Leggeri
LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 285
PROGETTAZIONE
ultimo progetto riguarda due lottizzazioni, una a Maruggio (TA) e una a Valderice (TP). L’architetto Luisita Facchin, titolare dello studio L.F. & Partners al quale collaborano l’architetto Andrea Corti, l’architetto Davide Galleani e l’architetto Paola Zonco, è milanese di nascita e attualmente è impegnata in diversi settori della professione. Oltre a operare sul territorio milanese si sta dedicando a due progettazioni alternative. «L’intervento nel Comune di Maruggio sorge su una zona di espansione. Il progetto prevede di destinare parte della superficie del lotto ad aree pubbliche e sosta. I nuovi edifici sono tutti orientati verso il mar Ionio e la progettazione li prevede immersi nel verde, nell’intento di mitigare il più possibile il loro impatto sul-
Foto di Gianluca Crippa
L’
L’unicità di ogni progetto La casa ideale non esiste. Ideale è il luogo nel quale si riconosce chi lo abita. La visione dell’architetto Luisita Facchin Nicoletta Bucciarelli
l’ambiente circostante. L’altro intervento di progettazione è a Valderice. Questa volta è il mare di Sicilia a fare da sfondo. Si prevede la realizzazione di parcheggi per i nuovi residenti e di una piscina sul retro dei corpi di fabbrica. Anche in questo caso l’intento è quello di intervenire nel pieno rispetto dell’ambiente circostante». La conoscenza del contesto, sicura fonte ispiratrice, rappresenta una base fondamentale nel lavoro dello studio. «Lo spazio abitativo non viene più vissuto secondo i canoni tradizionali. Liberatosi dalla rigidità dei vecchi schemi funzionali, l’ambiente diventa unico per ogni suo abitante. Per questo motivo ogni proposta progettuale deve portare in sé unicità e forte riconoscimento della tradizione. Quando si interviene su qualunque preesistenza, sia essa di carattere storico che contemporaneo, la conoscenza del contesto diviene fonte ispiratrice. Nulla si può creare se non si conosce l’oggetto d’intervento. I tempi in cui viviamo ci aiutano a sperimentare e a rea-
lizzare qualunque idea, con l’aiuto delle nuove tecnologie costruttive, sempre più all’avanguardia». Nello studio l’interazione con il committente è una parte fondamentale dell’operato. «Io suggerisco al cliente di non accontentarsi mai di quanto gli viene proposto dal professionista, ma di avere la capacità di rendere stimolante il percorso progettuale. Ogni progetto non può essere definito tale se il committente non si riconosce in esso».
L’architetto Luisita Facchin ha lo studio a Milano. Sopra, i progetti delle lottizzazioni di Maruggio e Valderice viadeipiatti@fastwebnet.it
LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 287
Il bagno come teatro dell’home wellness Il bagno da luogo funzionale è diventato un autentico spazio di benessere dove il design è un elemento basilare e gli accessori «smettono di essere unicamente manufatti tecnici di alta qualità, per diventare elementi capaci di inserirsi in modo armonico in ogni contesto». Parola di Leonardo Bossini Guido Puopolo
nche dietro un semplice gesto quotidiano, come l’utilizzo della doccia, si nasconde in realtà un lungo e meticoloso lavoro, fatto di progettazione, ricerca, innovazione e attenzione ad ogni più piccolo dettaglio. Cercare di trasformare il bagno tradizionale in un autentico spazio benessere è infatti l’obiettivo di ogni azienda operante nel campo della produzione di docce e accessori per rubinetteria: non più un banale luogo di passaggio, ma un’oasi di tranquillità, un ambiente da vivere e in cui concedersi momenti di intimità e relax. A questo proposito, una realtà di assoluto rilievo a livello nazionale e
A
288 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
internazionale è rappresentata dalla Bossini, azienda fondata da Leonardo e Massimo Bossini, con sede a Castenedolo, nella provincia bresciana, che ha da poco celebrato i cinquant’anni di attività. Leonardo Bossini spiegal’evoluzione della concezione del bagno, ormai considerato il nuovo teatro dell’home wellness. Quali sono le ultime tendenze nel design delle docce? «Il mercato è sempre più rivolto alla ricerca di nuovi prodotti capaci di abbinare un alto contenuto tecnologico alla piacevolezza estetica. Il design è un elemento basilare nella progettazione e realizzazione delle docce e degli accessori, che
smettono di essere unicamente manufatti tecnici di alta qualità, per diventare elementi capaci di inserirsi in modo armonico in ogni contesto di arredo». Come si coniugano prestazioni e funzionalità? «Per soddisfare ogni tipo di esigenza l’azienda propone una gamma ricca e versatile di prodotti, in cui la ricerca di linee e forme innovative incontra le soluzioni funzionali più all’avanguardia, consentendo la massima personalizzazione dell’ambiente. Soffioni extra large da controsoffitto, capaci di offrire una cascata d’acqua rigenerante con luci led per la cromoterapia, colonne doccia per piscina in acciaio dal design
Leonardo Bossini
minimale e docce high-tech con impianti audio, predisposte per il collegamento a qualsiasi tipo di lettore musicale, sono solo alcune delle ultime creazioni. Inoltre grazie ad una tecnologia d’avanguardia lo spreco d’acqua e di energia si può ridurre facilmente anche del 50 per cento rispetto ad una doccia tradizionale, pur garantendo il massimo comfort». Quanto conta l’innovazione tecnologica nel vostro settore e quali sono le più recenti tecnologie sviluppate dall’azienda? «La bellezza è nulla senza l’affidabilità, e per questo il nostro laboratorio di idee è sempre al lavoro. Le nostre creazioni nascono dalla ricerca, dall’esperienza e dalla capacità di sintesi di chi, da sempre, si impegna per mettere la tecnologia al servizio dei tempi che cambiano, garantendo un perfetto equilibrio tra estetica e qualità. Un esempio di tecnologia applicata alla doccia è il nostro soffione “Aquavolo” che, a seconda della posizione di erogazione, può produrre un ampio getto, si-
mile a uno scroscio di pioggia tropicale, oppure un rilassante getto a cascata. La nostra sfida è mantenere un elevato livello della qualità e del servizio, perché ciò che noi offriamo sono prodotti pensati, progettati e costruiti per piacere e durare nel tempo». Come ha reagito la vostra realtà alla crisi economica internazionale? «La forza del gruppo si fonda su innovazione tecnologica, ricerca e una buona strategia di marketing, condizioni essenziali per rispondere con successo alla crescente globalizzazione dei mercati e al rapido evolversi dei bisogni. Sono queste le caratteristiche che ci hanno permesso di superare la fase più acuta della crisi». Quali strategie avete messo in atto per superare questa fase di difficoltà e quali sono le vostre prospettive per il nuovo anno? «La nostra strategia è essenzialmente basata sulla promozione della forza innovativa dell’azienda, sullo sviluppo e ampliamento dei mercati interna-
zionali e sull’ottimizzazione dei Massimo e Bossini, costi. L’obiettivo è quello di raf- Leonardo titolari della forzare ulteriormente la nostra Bossini di (Bs). posizione sul mercato, attra- Castenedolo In apertura, verso un’adeguata crescita in- un interno ternazionale. Negli ultimi anni dell’azienda. Sopra alcune inoltre Bossini ha depositato realizzazioni numerosi brevetti di inven- www.bossini.it zione. Tutto ciò è frutto di quella vocazione dell’azienda orientata alla ricerca e allo sviluppo continuo che ne hanno fatto un punto di riferimento del settore. L’importanza dello stile e del design del prodotto, nelle nostre strategie, si accom- LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 289
TRA DESIGN E FUNZIONE
pagna alla consapevolezza del
In alto la sede dell’azienda e due interni del magazzino
ruolo fondamentale che gioca la comunicazione aziendale come fattore di successo e di crescita. Sono infatti molteplici le iniziative volte alla massima visibilità e riconoscibilità del marchio, caratterizzate dal comune obiettivo di un legame positivo e costruttivo con il mercato. Non meno importante è sicuramente il servizio e tempestività nelle consegne». Bossini è ormai una realtà affermata a livello internazionale. Quali sono attualmente i vostri mercati di riferimento e quali quelli che offrono oggi maggiori opportunità? «Il cinquanta per cento del nostro fatturato deriva dalle esportazioni in più di settanta paesi. L’immagine e la credibilità del
290 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
marchio Bossini sono oggi diffusi in tutto il mondo grazie alla capacità dell’azienda di porsi in maniera competitiva sul mercato internazionale con prodotti studiati ad hoc, in grado di soddisfare le più diverse esigenze, senza rinunciare alle caratteristiche di qualità, tecnologica e gusto estetico che ne fanno simboli del più celebrato made in Italy. La forte vocazione all’esportazione ci ha portato negli anni alla creazione di alcune strutture distributive in Europa, con quattro unità commerciali ubicate in Spagna, Francia, Polonia e Gran Bretagna. Nel resto del mondo operiamo invece attraverso i distributori, soprattutto in Medio Oriente, Usa e Asia. I mercati emergenti di Russia, Brasile India e Cina
sono quelli su cui puntiamo per il futuro poiché offrono maggiori opportunità di crescita». Avete particolari progetti per il futuro? «Sicurezza e longevità del prodotto sono per noi sono importanti tanto quanto il rispetto delle norme ambientali, e per questo abbiamo intrapreso una politica rivolta in questa direzione. La fondamentale importanza dell’acqua nell’ecosistema globale è un tema di estrema attualità, e un impiego razionale delle risorse idriche assume una rilevanza sempre maggiore. La realizzazione di prodotti di pregio, in armonia con l’ambiente e la salute, è una nostra priorità. Grazie agli sforzi compiuti, infatti, i siti produttivi di Montichiari e Castenedolo, il cui fabbisogno energetico è interamente soddisfatto da impianti di cogenerazione, hanno conseguito la certificazione del Sistema di Gestione Ambientale secondo la norma ISO 14001. Evitare lo spreco di un bene così prezioso come l’acqua significa ridurre, ora e in futuro, non solo l’impatto ambientale dovuto al suo consumo, ma anche il costo economico legato all’impiego di energia».
RESTAURO
La fine arte del restauro Affreschi, decorazioni, facciate, stucchi antichi. Molte, in Lombardia, le opere che sono tornate a risplendere grazie all’intervento di Carla Anna Bonomi, una delle più giovani e affermate restauratrici d’arte in regione Piero Piccoli
arte del restauro, ancor prima che dalle mani di chi crea, nasce dagli occhi di chi osserva. Scrutare un oggetto artistico, fin nelle sue singole venature, per poi curarlo, riportarlo in vita. Senza però dare l’impressione di un “rimaneggio”. Carla Anna Bonomi ha fatto di questa filosofia l’incipit del suo mestiere. A oggi, la Bonomi è una delle più giovani e apprezzate restauratrici lombarde, anche grazie a una lunga serie di esperienze professionali. Ha fatto sua la capacità di restaurare il dettaglio, così come di gestire un cantiere. Una forma mentis precisa e organizzata che non nasce dal nulla. La restauratrice fa parte, infatti, di un’importante famiglia di imprenditori lombardi, da cui ha certamente ereditato la dedizione al lavoro e il costante desiderio al miglioramento. «Oggi seguire un progetto di restauro implica tutta una serie di competenze, non solamente tecniche, ma anche documentali – spiega Bonomi -. Prima di ogni intervento occorre sottoporre il progetto di restauro al relativo Ente di tutela, che giu-
L’
292 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
stamente richiede un’esecuzione precisa delle varie fasi e delle operazioni proprie dei restauri sulle grandi opere d’arte». Ricchissimo il suo portfolio lavori. Suo, nel 2004, il restauro della Sala Consiliare del Palazzo Comunale di Alzano Lombardo (Bg). Da marzo a giugno 2005, la Bonomi ha poi seguito il restauro degli affreschi in facciata, dell’abside e delle decorazioni presenti nella chiesa di San Francesco Convento dei frati Cappuccini Minori di Albino (Bg). Più recenti, invece, i lavori sui numerose chiese e ville della Valle Seriana. Nel 2008, è intervenuta sulle sale e sulle volte decorate con affreschi e stucchi settecenteschi della Villa Gernetto di Lesmo Monza (Mi). Infine, nel 2010, ha portato a termine il restauro conservativo degli affreschi e degli stucchi seicenteschi presenti nella Basilica di San Martino V. ad Alzano Lombardo (BG). La restauratrice è anche docente di restauro dei dipinti murali del corso post diploma triennale della Regione Lombardia presso la scuola Andrea Fantoni di Bergamo.
Carla Bonomi, sopra, durante il restauro della Basilica di San Martino V. ad Alzano Lombardo carla.bonomi@tiscali.it
ANTICHE PASSIONI
Ambasciatrici d’arte orientale
Louise Michail e Narghes Sorgato portano in Italia gli antichi oggetti dell’arte persiana, avvicinando, culturalmente, due realtà altrimenti distanti Piero Piccoli
rano gli anni Sessanta e Chokrollah Michail, imprenditore e commerciante d’arte, da Tehran si trasferì in Italia assieme alla sua famiglia. Scelse Firenze per proseguire la sua attività di antiquario. Con lui, ovviamente, anche la figlia Louise a cui trasmette una profonda passione per l’arte antica. Dal 1981 Louise corona il suo sogno aprendo uno spazio dedicato all’archeologia iraniana, nell’ex galleria Barbarù in via Borgospesso a Milano, nel quadrilatero della moda. Un vincolo tramite cui restare connessa al suo passato culturale trasferendolo anche alla figlia, Narghes. Madre e figlia costruiscono così, negli anni, uno scrigno di arte mediorientale che ha saputo affascinare collezionisti ed esteti italiani ed europei. «La nostra attività nasce in primis come passione – racconta Louise Michail -. Ma visto il riscontro positivo ottenuto questa si è subito trasformata in professione. Collezionisti che
E
294 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
Louise Michail e Narghes Sorgato, commercianti d’arte mediorientale. Nella pagina a fianco, dall’alto, tavoletta in argilla con iscrizione cuneiforme (Mesopotamia, Terza dinastia di Ur 21002000 a.C.); ceramica persiana con iscrizione beneaugurale (Nishapur, Iran IX-X sec.) narghes23@libero.it
Louise Michail e Narghes Sorgato
per tanti anni si erano dedicati alla raccolta di sole maioliche italiane o di sole ceramiche cinesi, per esempio, si sono da subito orientati verso le ceramiche persiane». Insomma, una sorta di “novità”, seppur antica, sul mercato italiano, tutta da scoprire e studiare. «Ogni oggetto affascina a seconda delle sue peculiarità – interviene Narghes Sorgato -. Si rimane stupiti da quanto leggera possa essere un’ampolla di vetro risalente ai primi secoli d.C, talmente leggera da non sentirla, a volte, sul palmo della mano. E la prima cosa che ci si chiede è: ma come avrà fatto questo oggetto ad arrivare intatto fino ad oggi?» Secondo le due esperte, gli italiani sono affasci-
nati dalla modernità e dall’essenzialità delle forme risalenti al terzo millennio a.C, che troviamo negli idoli in marmo anatolici o negli oggetti rituali cerimoniali. «Ancora oggi non si è scoperto il vero impiego di alcuni di questi oggetti e ciò contribuisce a renderli misteriosi, attraenti e istintivamente vicini all’uomo». Ricca l’agenda di impegni e iniziative culturali promosse dalle Michail. «Le idee per organizzare future esposizioni non mancano – interviene nuovamente Louise -. Molte volte scegliamo i temi a seconda di cosa offre di interessante il mercato internazionale. Nel nostro ambito il punto di riferimento principale resta la piazza di Londra. Abbiamo sempre puntato sulla qualità riu-
scendo a esporre almeno un centinaio di pezzi per ogni esposizione monotematica». In Italia vi è un larghissimo interesse rivolto all’arte orientale testimoniato da mostre come quella in corso nel capoluogo lombardo dedicata all’“Arte della civiltà islamica”. Mancano, purtroppo, i fondi per ampliare significativamente le collezioni già presenti nei musei di città più come Milano, Venezia e Torino. «È chiaro che ogni paese predilige mettere in mostra le proprie ricchezze artistiche – spiega Narghes, appena di ritorno dal Qatar, dove nel 2008 è stato inaugurato il museo di arte islamica -. L’Italia, si sta dimostrando un paese aperto e curioso nei confronti delle altre culture, su più fronti. L’arte rimane il mezzo più istintivo e meno “contaminato” attraverso il quale instaurare quel dialogo tanto auspicato tra le diverse civiltà». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 295
SERRAMENTI
Il marchio CE disciplina il mercato dei serramenti ggigiorno l'utilizzo e la scelta di un sistema tecnico, sia per opere di ristrutturazione che di nuova edificazione, devono prendere attentamente in considerazione le numerose novità normative riferite ai settori pubblici, privati, di sicurezza, ambientali e non ultimo fiscali. Anche nell’ambito specifico dei serramenti in alluminio, le disposizioni di nuove norme e regolamenti rispondono all’esigenza di disciplinare il mercato e di immettervi dei prodotti con marchio CE. L’architetto Mirko Zaccheroni, responsabile dell’ufficio tecnico e del sistema di gestione per la qualità della OZB, azienda che dal
O
296 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
L’obbligatorietà della dichiarazione di conformità CE, dal 2010 tocca anche il mercato dei serramenti. Pochi però la rispettano. Mirko Zaccheroni della OZB spiega l’importanza della marcatura CE ed esorta i consumatori a richiederne la dichiarazione Giulio Conti
1963 opera con successo nel settore della produzione di serramenti, facciate continue, pareti mobili, persiane e componenti in alluminio, mette in luce l’importanza della marcatura CE per i prodotti di settore, resa obbligatoria nel 2010 ma non ancora completamente recepita dal mercato. Quali sono i principi generali della marcatura CE? «In generale, il marchio CE indica che il prodotto su cui è apposto è conforme a tutte le di-
sposizioni comunitarie che prevedono il suo utilizzo. Nel settore in cui operiamo, produzione e commercializzazione di serramenti e affini, lo scopo della marcatura si configura nella trasparenza delle prestazioni di ogni tipologia di serramento per la tutela del produttore e dell’utilizzatore finale. Attualmente la marcatura CE si applica alle facciate continue, ai sistemi oscuranti, alle finestre e porte per uso esterno». Nonostante sia stata imposta dal 2010, oggi il mercato presenta prodotti che ne sono privi. Ci sono leggi ma non ci sono controlli effettivi e concreti. Ciò penalizza le imprese che operano in modo serio. Ancora troppi costruttori e privati ignorano l’esistenza di tale normativa; ritengo fondamentale che ogni committente richieda la dichiarazione di conformità CE al fornitore cui si rivolge». In cosa è cambiato il sistema legislativo che regola il settore dei serramenti? «Particolarmente nell’ultimo
In apertura, scuola di ballo Proscaenium, Gallarate (Va). Nella pagina a fianco, dall’alto, residenza universitaria di via Stefanardo a Milano e palazzina uffici, Cologno al Serio (Bg) realizzati con i serramenti della OZB di Lallio (Bg) www.ozb.it
Mirko Zaccheroni
cinquennio, le normative che regolano il nostro settore sono diventate molto restrittive soprattutto per quel che riguarda la rispondenza dei serramenti alle disposizioni finalizzate al risparmio energetico. Tutto il settore edilizio è stato modificato per rispettare le nuove normative che, secondo parametri di ecocompatibilità e riduzione dei consumi, sono giunte fino alla classificazione energetica degli edifici. Il serramento, come ogni prodotto legato al mondo delle costruzioni, ha seguito pari pari le richieste del mercato e le imposizioni delle normative». Quali sono le strategie da voi intraprese per vincere l’attuale crisi del settore edilizio? «Oggigiorno il mercato dei serramentisti di piccole, medie e grandi dimensioni è saturo. Alla
base del successo restano valori quali la serietà e le competenze professionali unite all’impiego di prodotti ad alto livello prestazionale e qualitativo. Non ultimo è necessario mantenere aggiornati i macchinari e i sistemi di produzione. Al fine di differenziarsi veramente sul mercato è necessario offrire qualcosa di più del solo prodotto; fondamentale è il contatto personale per riuscire a trasmettere fiducia. Oggi i clienti hanno bisogno di essere condotti e guidati. Serve un impegno profondo per offrir loro una consulenza personalizzata che conduca alla scelta della soluzione più appropriata». In che modo riuscite a mantenervi ai vertici del mercato nonostante la congiuntura? «Il servizio a 360 gradi offerto dalla OZB inizia già nella fase progettuale attraverso il supporto e la consulenza ai progettisti e alle imprese sino alla scelta delle soluzioni e dei prodotti che meglio soddisfino le idee ispiratrici del progetto, ma che tengano in doverosa considerazione anche le esigenze economiche. Servizio orientato al cliente e qualità, sono sicuramente i punti di forza per vincere la crisi. Non da ultimo è necessario saper cogliere le opportunità offerte dai nuovi prodotti presenti sul mercato, nonché avere la capacità di saper collaborare con altre realtà del settore. In questi anni abbiamo avviato proficue collaborazioni con colleghi del nostro territorio che ci hanno permesso di
INNOVAZIONE NEL RISPETTO DELLA TRADIZIONE L’ azienda OZB nasce nel 1963 per volontà dei soci Giancarlo Ormanni e del geometra Giuseppe Zaccheroni, dai quali deriva l’acronimo OZB, Ormanni Zaccheroni Bergamo. La prima sede dell’officina artigianale era ubicata a Bergamo, successivamente, grazie alla continua e costante crescita, nel 1968 si trasferisce nella nuova sede di Lallio. Da allora l’azienda non ha mai interrotto la costante ricerca di sistemi innovativi e prodotti di qualità, potenziando costantemente l’attività produttiva. Attualmente l’azienda è gestita dai fratelli Marco e Mirko Zaccheroni e dal 1995 OZB è trasformato in Officine Zaccheroni Bergamo. Creatività, esperienza, affidabilità, sicurezza, qualità, innovazione e conoscenza normativa sono le caratteristiche distintive che contribuiscono a formare il know-how di OZB, garantendo un’assoluta eccellenza qualitativa certificata ISO 9001:2008. Attualmente l’organico è di circa 16 persone e gli ultimi fatturati si sono attestati tra i 2,8 ed i 2,2 milioni di euro.
Foto d’archivio: inaugurazione sede 1968
acquisire grandi lavori, altrimenti inarrivabili, permettendoci di arricchire oltremodo le nostre conoscenze ed ampliare anche per il futuro, i nostri orizzonti dimensionali. Per quest’anno le prospettive di mercato sembrano buone, in crescita comunque, rispetto al 2010. È l’auspicio di tutti, comunque confortato dai risultati dei primi mesi dell’anno». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 297
COMFORT E MATERIALI INNOVATIVI
Imbottiture naturali ed ecocompatibili pesso non ci si pensa, ma le imbottiture di cuscini, letti e divani rappresentano degli elementi fondamentali per la nostra salute, da diversi punti di vista. Anzitutto, essendo fra i materiali con cui siamo a contatto più spesso – solo di notte, durante il sonno, rimaniamo appoggiati a essi per diverse ore – è fondamentale che siano sani, innocui e non contengano sostanze tossiche. Inoltre, sorreggendo il nostro corpo, bisogna che costituiscano un supporto corretto e che non ci facciano assumere posizioni errate e posture dannose. Infine – e anche questo influisce, seppur indirettamente, sulla salute dell’uomo – debbono rispettare l’ambiente, inserendosi in un ciclo produttivo e di vita capace di non sprecare troppe risorse e non generare troppi scarti. Una chiara idea in proposito la può fornire Andrea Marchetti, amministratore delegato di Euroresine 2000, azienda che si occupa proprio della produzione di imbottiture. Euroresine è nata nel 2000 e nel 2009 ha acquisito Imbofill, per poi stanziarsi in un impianto di quattromila metri quadrati presso Cesano Maderno. In questo settore il rispetto
S
300 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
Salutari ed ecocompatibili, ecco come devono essere le imbottiture degli accessori d’arredo, dai guanciali ai divani, che tutti abbiamo in casa. Andrea Marchetti spiega come questo è possibile Francesco Bevilacqua
ambientale rappresenta un impegno al quale non ci si può sottrarre, come vi siete mossi in questo senso? «Il rispetto per l’ambiente, la salvaguardia della salute del personale, la gestione accorta dei servizi ausiliari e l’utilizzo di materie prime naturali o ecocompatibili sono per noi un obiettivo fondamentale. La qualità di prodotti e dei materiali impiegati garantisce un’influenza positiva sulla salute degli utilizzatori, mentre un notevole contributo in termini di compatibilità ambientale è portato dal riciclo delle materie prime, che avviene grazie alla selezione degli scarti di lavorazione che vengono poi riutilizzati per realizzare dei sottoprodotti». Che riscontro avete da parte degli acquirenti riguardo alla vostra politica di rispetto ambientale? «Oggi la sostenibilità è una caratteristica che ogni prodotto deve possedere. Molti fra coloro che si riforniscono da noi hanno a cuore questa tematica
e d’altra parte l’innovazione tecnologica e lo sviluppo di nuovi materiali ci consentono oggi di offrire prodotti confortevoli e di elevata qualità e al tempo stesso perfettamente ecocompatibili. È fonte di particolare soddisfazione per noi riuscire a orientare le preferenze del mercato in questa direzione». Quali sono i prodotti che trattate e quali le caratteristiche principali che essi devono possedere? «Siamo specializzati nella produzione di imbottiture per l’ar-
Andrea Marchetti, ad di Euroresine 2000 di Cedano Maderno (MB). Nell’altra pagina, dettagli dei prodotti realizzati dall’azienda www.euroresine.it
Andrea Marchetti
c
L’innovazione tecnologica e lo sviluppo di nuovi materiali ci consentono oggi di offrire prodotti confortevoli e di elevata qualità e al tempo stesso perfettamente ecocompatibili
redamento. I nostri manufatti – cuscini, sedili, schienali, testate per letti, guanciali e piumini – sono destinati ai più qualificati produttori di divani, letti, materassi e alla grande distribuzione specializzata. Per quanto riguarda le caratteristiche, oltre ovviamente che per il comfort, c’è un forte interesse anche verso materiali innovativi. Per questo motivo, alle imbottiture tradizionali in poliuretano espanso e piuma, affianchiamo quelle realizzate con nuovi prodotti come le fibre e microfibre Solotex. I polimeri di politrimetilene contenuti in queste fibre garantiscono caratteristiche tecniche evolute
in termini di indeformabilità, resistenza al fuoco ed ecocompatibilità». La combinazione fra qualità e sostenibilità è dovuta a una meticolosa attività di ricerca tecnologica, come vi muovete per quanto riguarda questo settore? «Il nostro orientamento al mercato ci induce a portare avanti un costante aggiornamento tecnologico, che si traduce nella ricerca di nuovi prodotti in collaborazione con acquirenti e fornitori. Attraverso un attento studio sul riutilizzo degli scarti di lavorazione, creiamo delle miscele di materiali che utilizziamo per ottenere imbottiture dalle caratteristi-
d
che tecniche uniche e un comfort personalizzato in linea con le esigenze più diverse. In questo modo riusciamo a recuperare al cento per cento le materie prime da noi utilizzate e ad avere quindi un bassissimo impatto ambientale». A proposito di innovazione, avete in serbo qualche novità dal punto di vista produttivo e commerciale? «La creazione di un’esclusiva linea di imbottiture per l’outdoor, che possono essere idrofile o idrofobe. Tra quelle idrofile evidenziamo Dryfast, una nuovissima miscela che abbiamo realizzato utilizzando poliuretani reticolati e Solotex». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 301
COMFORT E MATERIALI INNOVATIVI
Dal settore tessile un nuovo concetto di salute Crisi economica, concorrenza asiatica e calo della domanda: sono molti i problemi che il comparto tessile italiano deve affrontare, ma alcune aziende hanno trovato nella diversificazione la strada giusta per rilanciarsi sui mercati internazionali. L’esperienza di Diego Capponi Erika Facciolla
l tessile è sicuramente uno dei fiori all’occhiello dell’industria italiana, ma al tempo stesso rappresenta il comparto che forse più di ogni altro ha risentito dell’aggressiva concorrenza asiatica degli ultimi anni. Sono tante le piccole e medie aziende che hanno accusato il colpo, aggravato dalla recente crisi economica globale. Le imprese che sono riuscite a superare questo momento di grave difficoltà sono state in grado di rimettersi in gioco operando gli investimenti necessari per attuare un’inevitabile riconversione o diversificazione della produzione stessa. Una di queste è la Linea di Fiorano, società di Fiorano al Serio in provincia di Bergamo, nata nel 1982 dall’esperienza della famiglia Capponi nel settore tessile con lo scopo di produrre coordinati di biancheria per la casa di alto livello. Nei primi anni Novanta si inizia ad intravedere una certa “stanchezza” della domanda relativa ai prodotti destinati al “corredo” oltre che un’importante trasformazione, all’orizzonte, della produzione tessile dall’Italia ai paesi dell’Est Asiatico. Si decide allora di passare dalla produzione interamente tessile alla realizzazione di prodotti per il benessere come materassi in lattice, doghe e similari.
I
Diego Capponi, presidente della Finlinea Spa. L’Azienda ha sede a Vertova (Bg) www.finlinea.com
302 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
Ne parla Diego Capponi, presidente della Finlinea spa, la finanziaria del Gruppo. A cosa è corrisposta, per l’azienda, questa svolta epocale? «All’apertura di un centro ricerche finalizzato non solo allo studio e alla realizzazione di nuovi prodotti, ma soprattutto ai test clinici qualitativi e quantitativi atti a garantirne la validità scientifica, alla valutazione delle innovazioni nel campo medico e al confronto con istituti universitari e ospedalieri a livello europeo». Quali risultati ha prodotto questa coraggiosa scelta? «Essenzialmente due grandi conquiste di cui siamo molto fieri: la Bioglobe Magnetica e la Dormosan Therapy, entrambi Dispositivi Medici. La prima consiste in una vera e propria terapia naturale non invasiva: una stuoia posizionata nel letto, sopra il materasso, che giorno dopo giorno rigenera il sistema cellulare emanando campi magnetici pulsati e a campo stabile. La Dormosan Therapy, invece, è un’unità di riposo che sfrutta le caratteristiche naturali del lattice, ma lo rende unico e prezioso perché viene realizzato su misura valutando le caratteristiche antropometriche del cliente». A parte i fattori economici citati, cosa vi ha spinto a investire in questa direzione? «Il crescente interesse della nostra clientela rispetto ai prodotti e i servizi relativi al wellness ci ha convinto a passare dalla semplice ricerca e pro-
Diego Capponi
duzione di prodotti per il benessere ad una vera e propria ricerca e conseguente produzione di prodotti legati alla salute». Dunque, avete ampliato target e mercato di riferimento? «Dal 1990 frequentiamo regolarmente università e ospedali al fine di dare certificazione scientifica e medica alle nostre applicazioni, ma il comparto della salute è molto ampio e occupato soprattutto da grandi imprese dotate di ingenti risorse economiche». E per quanto riguarda i mercati esteri? «Siamo presenti in alcuni paesi europei, come Francia e Spagna, ma ci siamo concentrati soprattutto su quelli emergenti, con tassi di crescita a due cifre e attenti a tutte le innovazioni tecnologiche. Attualmente l’India rappresenta il mercato di maggior interesse per la nostra attività».
A proposito di università, com’è nato il progetto con l’ateneo di Ferrara? «Il progetto è nato nel 2006 nell’ambito della biologia molecolare: uno spin-off dell’Università di Ferrara ci ha proposto una nuova possibilità, non ancora sfruttata dai grandi gruppi farmaceutici, correlata alla recente scoperta scientifica della decodifica del dna. In collaborazione con il nostro laboratorio di biologia molecolare, abbiamo sviluppato una serie di prodotti che uniti alle recenti e rivoluzionarie scoperte scientifiche e alle nuove tecnologie messe a punto negli ultimi anni, rendono oggi possibile una conoscenza sempre più approfondita e dettagliata del patrimonio genetico individuale». Quali sono le conseguenze più evidenti di tali scoperte sulla vita dell’uomo? «Si è innalzata la soglia dell'attesa di vita e gra-
c
Con il nostro laboratorio di biologia molecolare, abbiamo sviluppato una serie di prodotti che rendono possibile una conoscenza sempre più approfondita del patrimonio genetico individuale
d
zie ai nuovi strumenti disponibili si può vivere bene e in salute questo nuovo tempo. La ricerca si è sviluppata non soltanto nell'ambito della predisposizione genetica alla malattia, ma anche nei settori della nutrizione, dell'estetica e del metabolismo dei principi attivi dei farmaci, proprio perché il concetto di salute e di benessere oggi va ben oltre la semplice assenza del dolore». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 303
SALUBRITÀ DELL’AMBIENTE
Un supporto all’igiene pubblica È un settore che non soffre crisi. Sono invece i cambiamenti climatici e stagionali a influenzarlo. Parliamo del mercato degli insetticidi, topicidi e repellenti con Stefano Gualdi, amministratore delegato dell’Activa Nicoletta Bucciarelli
Stefano Gualdi è amministratore dell’Activa di Milano. Nell'altra pagina, in alto, il fondatore Piero Gualdi e il dottor Stefanini insieme a tre membri del settore R&S www.activa.it www.no-flyzone.net
304 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
l benessere della collettività in ambienti esterni è stato al centro delle ultime ricerche dell’Activa. A tal fine è stata creata una nuova linea di prodotti finiti, commercializzati all’interno del marchio No Fly Zone, destinati principalmente alla lotta alle zanzare e alle sempre più diffuse zanzare tigri. Dal 1985 l’azienda Activa collabora con le realtà più conosciute sul mercato nazionale per la creazione di insetticidi, topicidi e repellenti. Questi prodotti non vengono utilizzati solamente in ambito domestico, ma anche da aziende che operano nel settore professionale oltre che nel settore del pubblico impiego e della collettività. Stefano Gualdi, amministratore delegato dell’azienda, spiega il lavoro che si trova dietro una realtà come l’Activa. Vista la delicatezza del settore, quali sono le leggi che regolamentano il vostro operato? «Fino ad alcuni anni fa ogni stato membro della comunità europea seguiva
I
una propria normativa nazionale. Noi ad esempio abbiamo sempre operato in Italia sotto una normativa che classificava i prodotti come “presidi medico chirurgici”. Oggi questa normativa di registrazione e di classificazione è stata armonizzata a livello europeo con l’introduzione della Biocidi, sicuramente la normativa che ha più impatto sul nostro operato. Questa controlla l’immissione in commercio delle materie prime e dei formulati contenenti le stesse sia a livello di largo consumo che nel settore professionale. L’impatto sulla struttura del mercato è notevole, sia a livello dei produttori di materie prime che dei produttori di prodotti finiti. Siamo infatti tutti chiamati a destinare notevoli risorse economiche e finanziarie per creare dei dossier completi sui nostri prodotti al fine di ottenere una licenza di vendita all’interno della comunità europea secondo nuovi criteri di classificazione, uso ed etichettatura. Un aspetto fondamentale della normativa è legato a una più approfondita valutazione di quanto noi operatori definiamo “risk assessment”. Si tratta di un’analisi dell’impatto ambientale e del-
Stefano Gualdi
❝
Il “risk assessment” è un’analisi dell’impatto ambientale e dell’esposizione dell’operatore o del consumatore, nonché dei rischi derivanti da un uso improprio del prodotto
l’esposizione dell’operatore o del consumatore/utilizzatore, nonché dei rischi derivanti da un uso improprio del prodotto o dei possibili danni derivanti da un uso improprio». Il mercato a cui vi rivolgete è italiano ed estero? «Il nostro mercato è per l’80% nazionale. Il restante 20% è caratterizzato da esportazione prettamente in Europa, Russia e Ucraina, Malesia, Israele e Sud Africa». Potete contare su un ufficio interno di ricerca e sviluppo? «Abbiamo un team dedicato alla ricerca e sviluppo, prettamente addetto a un continuo monitoraggio delle tecniche di produzione dei prodotti finiti contenenti le nostre molecole. Il nostro team svolge attività di ricerca e sviluppo collaborando con le maggiori università e con gli istituti di ricerca scientifica. Abbiamo inoltre la necessità di predisporre sempre una documentazione di enti terzi, riconosciuti dal ministero della salute, supportata da protocolli
ufficialmente indicati in buona pratica di laboratorio. Al fine di garantire l’adeguatezza dei nostri prodotti e di ottenere le dovute e regolari autorizzazioni investiamo ogni anno in ricerca e sviluppo di dati tossicologici dai 300.000 ai 400.000 euro, talvolta in task force con altre aziende del settore. Siamo stati capaci d’investire nelle nuove normative ancora prima dell’obbligatorietà e questo ci ha permesso di essere riconosciuti sul mercato come gli innovatori a beneficio del mercato italiano. Ci sono buone prospettive sia sul piano del rientro degli investimenti che su quello delle quote di mercato detenute». Il servizio che offrite con i vostri prodotti è particolarmente importante. «Non tutti vedono di buon occhio gli insetticidi, i topicidi o i repellenti. Forse però non tutti sanno che un corretto uso dei prodotti è a beneficio sia dell’igiene pubblica che domestica. Non bisogna sottovalutare o prendere sotto gamba quanto
~
l’industria dei biocidi investe e produce per un corretto controllo degli insetti molesti e dei roditori, che fanno parte del nostro vivere quotidiano e per consentire a tutti noi di vivere in un ambiente più pulito e protetto da malattie e infezioni. Dietro il mercato vi è un continuo monitoraggio dei prodotti, dei mezzi e dei sistemi di diffusione. È per noi questione di orgoglio contribuire direttamente al benessere della collettività». LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 305
Gemellaggi e cooperazione internazionale «Dopo Rhone-Alpes, Israele e Andalusia, la regione Lombardia guarda con interesse alle future intese con Spagna e Austria». Tutti i progetti sanitari internazionali e le prossime collaborazioni europee nel commento di Luciano Bresciani Elisa Fiocchi
L’assessore alla Sanità della Regione Lombardia Luciano Bresciani. In alto, la sede della Commissione europea 342 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
assessorato alla Sanità della Lombardia vanta un’esperienza pluriennale nell’ambito della progettazione europea, a partire dalle prime intese siglate con la regione francese di Rhone-Alpes, con lo stato di Israele e con la comunità autonoma spagnola dell’Andalusia. All’interno della direzione generale Sanità della Regione è stata realizzata una struttura denominata Progetti di sanità internazionale, con l’obiettivo di consolidare le collaborazioni e favorire lo sviluppo di un settore che recentemente sta registrando un sensibile impulso. Il processo di cooperazione internazionale con paesi in via di sviluppo o in transizione si attiva attraverso lo strumento del gemellaggio che coinvolge una struttura sanitaria del sistema lombardo e un’omologa del paese beneficiario allo scopo di elevarne il livello delle prestazioni in un settore mirato. I progetti di sanità internazionale della struttura sanitaria consentono alla Regione, in collaborazione con istituti o
L’
Luciano Bresciani
aziende, di inserirsi in progetti del settimo programma quadro per la ricerca e lo sviluppo tecnologico e nel programma quadro per la “competitività e l’innovazione” in associazione con numerosi soggetti istituzionali o scientifici nei vari stati membri dell’Unione europea. Nel breve periodo, l’assessorato concluderà altre intese di carattere internazionale sia con sistemi sanitari di eccellenza, in Europa e altrove, sia con realtà meno avanzate puntando ad esportare know-how e tecnologie del sistema sanitario regionale. Questa struttura creata ad hoc quale slan-
2011 EPSOS
Il progetto studia le modalità per l’interoperabilità in ambito europeo
Nell’ambito dei sistemi sanitari avanzati è già stata siglata un’intesa con il Canton Ticino
cio ha garantito alla Regione nell’ambito della progettazione europea? «La direzione generale Sanità sta ora partecipando a due iniziative strategiche. La prima è rappresentata dal progetto epSOS (European Patient Smart Open Services), all’interno del quale la Lombardia rappresenta l’Italia: si studiano le modalità per l’interoperabilità in ambito europeo - nel pieno rispetto della privacy - degli elementi essenziali della storia clinica del cittadino-paziente e della prescrizione farmaceutica elettronica. Il secondo ambito strategico è rappresentato dal progetto Alias (Alpine hospitals networking for improved access to telemedicine services), coordinato dalla Regione, con il quale si pongono le basi per una rete di servizi di telemedicina che colleghi gli ospedali dello spazio alpino tra la Francia e la Slovenia. Ci siamo posti inoltre l’obiettivo di andare verso una sempre migliore governance della presenza del sistema sanitario lombardo, con la sua ampia potenzialità, all’interno dei programmi della Commissione europea». Le prime intese sono state siglate con Rhone-Alpes, Israele e l’Andalusia. Quali altre collaborazioni saranno avviate? E a quanto ammontano i finanziamenti? «Nell’ambito dei sistemi sanitari avanzati è già stata siglata un’intesa anche con il Canton Ticino. Si prevede di poter firmare a breve con la Catalogna, mentre sono avviati contatti con la Carinzia. Non sono previsti finanziamenti alle intese in quanto tali. Essi possono andare a favore delle iniziative attuative, qualora queste lo LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 343
COOPERAZIONE SANITARIA
Miglioreremo la governance del sistema sanitario lombardo all’interno dei programmi della Commissione europea
richiedano».
In termini di efficienza, come si colloca la sanità lombarda nel panorama europeo? «Sin dal 2000 l’Organizzazione mondiale della Sanità posizionava il sistema sanitario italiano tra i primissimi al mondo in termini di efficienza. In particolare, la sanità lombarda fornisce prestazioni di elevati standard qualitativi, con un alto indice di attrattività sia nazionale che internazionale e con un rapporto tra spesa sanitaria complessiva e prodotto interno regionale tra i più bassi del mondo industrializzato». Gli incontri organizzati sul tema dell’esportazione di prodotti alimentari verso la Federazione russa che risultati hanno evidenziato e quali sono le finalità del progetto? «I due incontri tenutisi presso il grattacielo Pirelli nel novembre 2010 e nel febbraio 2011 si inquadrano in un più vasto programma di sostegno al settore agroindustriale lombardo e nazionale. Il dinamismo delle nostre imprese 344 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
e la riconosciuta qualità dei nostri prodotti, infatti, spesso non bastano a garantirne lo sbocco su importanti mercati di paesi terzi come quello della Federazione russa, giusto per citare alcuni esempi. Da questo punto di partenza, è sorta la necessità di costruire un solido “sistema Lombardia e Italia” in grado di fornire agli operatori le adeguate conoscenze e il giusto supporto tecnico e diplomatico per affrontare le sfide che accompagnano queste nuove opportunità. Gli incontri sono serviti a chiarire il contesto normativo di riferimento per l’esportazione di prodotti alimentari di origine animale verso la Federazione russa e hanno rappresentato un’utile opportunità di confronto e di conoscenza dei problemi incontrati dalle imprese che operano su quell’importante mercato».
GENIUS LOCI
Esplorazioni urbane nelle città in trasformazione Documenta l’architettura con una spiccata predilezione per il paesaggio urbano. Partendo dalla sua città natale, Milano. L’esperienza dello sguardo e della visione secondo Gabriele Basilico, uno dei più importanti fotografi contemporanei Francesca Druidi
rchitetture, città, visioni. Il titolo di questo libro, nato dalle esperienze del fotografo Gabriele Basilico e curato da Andrea Lissoni, ne condensa con efficacia il percorso umano e artistico. Perché come il medico indaga sul corpo dei pazienti per individuare eventuali anomalie, così Gabriele Basilico, dall’indagine sulla periferia industriale di Milano compiuta tra il 1978 e il 1980 ai lavori svolti in tutto il mondo (Francia, Beirut, Istanbul e di recente Shanghai per citare solo qualche esempio), osserva le città per coglierne i segnali di mutamento, concentrandosi sui luoghi dove i centri urbani esprimono maggiormente il loro percorso di crescita. Perché con le sue fotografie ha privilegiato l’esplorazione del tessuto urbano non tanto nelle sue parti centrali ed esteticamente rilevanti, quanto in quegli elementi considerati dai più minori e privi di interesse? «L’architettura, l’edilizia colta che sta nella storia e fa la storia, è quella ordinaria. A me interessa
A
348 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
GENIUS LOCI
GENIUS LOCI
UU l’architettura, provengo del resto da questi studi, ma soprattutto mi interessa la città. In particolare dal 1978, quando ho iniziato quella sorta di grande progetto su Milano, con Milano ritratti di Fabbriche, un’indagine sulle periferie e su spazi dove dominava il lavoro. Da allora, è sempre stato un tema più o meno ricorrente nelle mie esplorazioni urbane. La città costituisce la sommatoria finale dell’architettura importante, quella che rimane e funge da riferimento, storica oppure contemporanea, e di quell’area urbana che i cittadini spesso ignorano». Quali aspetti è importante tenere presente nel momento in cui ci si accosta alla lettura di una città dal punto di vista urbanistico? «Io porto avanti un lavoro di tipo documentario, ma quest’ultimo possiede una sua doppiezza e una sua ambiguità: da una parte, tende a misurare con un possibile grado di esattezza la realtà, restituendo ciò che l’occhio vede senza tentativi evidenti di alterazioni o interpretazioni; dall’altra c’è nel progetto, nel linguaggio -forzatamente per alcuni, meno per altri- una dimensione poetica o artistica o come si voglia definire. È questo che porta alle immagini. Si seguono 350 • DOSSIER • LOMBARDIA 2011
così due strade che coesistono, si sovrappongono e si incrociano continuamente». Per lei è sempre stato così? «Ai tempi del progetto milanese sulle fabbriche avevo fotografato tutto, in quanto la completezza era uno degli obiettivi da raggiungere, ma poi spostandomi in molte città del mondo, mi sono reso conto che questo era impossibile. Ho, quindi, scelto di volta in volta dei percorsi. Certo, spesso questi progetti si assomigliano perché ho dei soggetti preferenziali: quei luoghi dove una città cambia, si trasforma, si evolve. Mi interessa l’aspetto vitale della città. Mi piacciono anche i monumenti storici, ma sempre in rapporto al loro vissuto, al loro consumo. Mi interessa, in definitiva, la città come un corpo che cresce, invecchia, si modifica. Che vive. Per alcuni ciò può sembrare un paradosso perché nelle mie visioni le persone sono assenti, ma si tratta di una questione di ordine visivo, il cui obiettivo è restituire intensità a quanto si sta osservando. Quando c’è qualcuno che attraversa la strada o un’auto che passa, c’è sempre un momento. La fotografia, come diceva Cartier-Bresson, è fermare l’attimo. Io non fermo alcun attimo, il mio attimo si al-
Gabriele Basilico
lunga e la non presenza di persone serve a dare più respiro alla visione, in modo da comprendere meglio la forma dello spazio». Milano è stata la sua fonte di ispirazione. C’è un altro luogo in Italia o nel resto del mondo che l’ha colpita in maniera altrettanto profonda? «Marco Belpoliti dice che nel mio lavoro in giro per il mondo c’è sempre Milano. Milano è una città che ha problemi come altri centri urbani e nell’epoca della globalizzazione si confonde con questi. Essendo però la città dove sono nato e che vivo in modo affettivo, e anche contradditorio, la sento come uno spazio privato, proiettando questo aspetto nelle mie fotografie. Ma si tratta di un elemento non percepito da tutti, solo da chi è abituato a osservare molto il mio lavoro. E nemmeno io ne sono consapevole. Credo che Milano individui sempre un laboratorio di visione e, quindi, anche un po’ di pensiero che in qualche modo si relaziona con le altre immagini del mondo». Come è si è trasformata la fotografia in questi ultimi anni? E il paesaggio urbano? «Con la generazione di fotografi alla quale appartengo, è stata rilanciato in Italia - e da altri
in Europa - l’interesse per il paesaggio e nello specifico per il paesaggio urbano. Un interesse che continua tuttora, anche se i fotografi più giovani, sensibili alla trasmigrazione della fotografia nel mondo dell’arte e viceversa, fanno moltissime altre cose. La tecnica e la cultura digitale hanno favorito questo passaggio, basti pensare alle fotografie scattate dagli artisti con il telefonino. Il mondo è diventato molto più complesso e stratificato e credo che la stagione del paesaggio conviva più o meno a fatica con gli altri fenomeni. L’ultimo lavoro l’ho realizzato a Shanghai poco prima dell’inaugurazione dell’Expo per il nostro ministero degli Esteri. Lì si segnalano cambiamenti realmente violenti, così come immagino in India e in Sud America. Se ci proiettiamo in Cina, troviamo parti di città che, alla stregua di un esercito, ne appiattiscono e livellano delle altre, imponendosi in tempi assolutamente impensabili da noi. La Cina mostra una velocità incredibile nel cambiare l’aspetto del territorio, nell’inurbamento e nello spostamento di persone. L’Expo di Shanghai e le Olimpiadi a Pechino hanno senza dubbio fornito un’accelerazione a tali processi».
Da sinistra, immagine di Shanghai, scattata nel 2010 da Basilico prima dell’inaugurazione dell’Expo per il ministero degli Esteri; due scatti di Milano, una del 1996 e una appartenente al progetto Milano ritratti di Fabbriche 1978-1980,
LOMBARDIA 2011 • DOSSIER • 351