OSSIER LOMBARDIA L’INTERVENTO.........................................13 Roberto Formigoni Paolo Buzzetti
PRIMO PIANO IN COPERTINA.......................................16 Dhl Global Forwarding, Freight INFRASTRUTTURE .............................23 La logistica in cifre, Carlo Mearelli, Bartolomeo Giachino
ECONOMIA E FINANZA POLITICA ECONOMICA .....................28 Alberto Barcella MARKETING TERRITORIALE ..........30 Andrea Gibelli, Bruno Ermolli Francesco Timpano
ACCESSO AL CREDITO .....................37 Franco Ceruti, Ambra Redaelli, Marco Nicolai, Antonio De Martini, Roberto Ruozi MERCATO DEL LAVORO ..................48 Elsa Fornero, Pietro Ichino, Salvatore Trifirò
DISTRIBUZIONE ENERGETICA.....180 Domenico De Ferrari e Marco Natale IL SETTORE MODA............................182 Alessandro Tessuto, Simona Pedroni e Claudio Bertoni
AGROALIMENTARE ............................58 Mario Catania, Marco Uguzzoni, Francesco Aversano, Antonio Iaderosa
COMUNICAZIONE ..............................186 Massimo Majone
PRODOTTI ALIMENTARI...................70 Nicola Calabrese
IL MERCATO DELLE DUE RUOTE ..188 Fulvio Greppi
ENOLOGIA .............................................74 Pia Donata Berlucchi
CARBURANTI ......................................190 Antonio Castro
PARI OPPORTUNITÀ ..........................76 Lella Golfo, Emma Bonino, Carolina Pellegrini
EDITORIALE.........................................194 Claudio Gario
MODELLI D’IMPRESA........................84 Antonio Brasi, Gianni Lazzari e Marco Giugnetti, Giancarlo e Andrea Vimercati, Giuseppe Schiavini, Andrea Panzeri ed Ennio Romanò, Raffaele Boni, Riccardo Stradi, Emiliano Varisco, Ivan Rovelli, Gianluigi Ambrosetti, Franco Panzeri, Renato Imbriani, Idelfonso Mottadelli, Davide Penitenti, Elena Maria Carla Torri, Giovanni Cittadini, Marina e Riccardo Montagna TECNOLOGIE ......................................128 Nicolas Tringali, Andrea Zanella, Enrico Orio, Vladimiro Bergamini, Alessandro Bondi, Fabio Ballerani, Costantino Perdini, Michele Bendotti, Corrado Costa, Adriano Magni, Carlo Wolter, Ipse Docet, Massimo Padovese EXPORT .................................................156 Alessandro e Giorgio Gerli, Ruggero Chignoli, Cristina Pensa INTERNAZIONALIZZAZIONE.........164 Aldo Turati, Ercole Daziano, Antonio Rigamonti, Giacomo Scanzi INNOVAZIONE .....................................172 Franco Negrini, Fabio Lattanzio, Felice Albertin e Pierangelo Stroppa
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SICUREZZA ..........................................178 Simona e Angelo Miretti
CONSULENZA E OCCUPAZIONE...196 Roberto Angeleri SERVIZI ALL’IMPRESA....................198 Annalisa Borgo
Sommario AMBIENTE
TERRITORIO
TUTELA DEL TERRITORIO............200 Corrado Clini, Daniele Belotti
NAUTICA................................................216 Claudio Belotti
DISTURBI UDITIVI.............................274 Flavio Arnone, Marco Pinferetti
ENERGIA ..............................................206 Paolo Franceschetti
OBESITÀ...............................................278 Liliana Camusso
VEICOLI ELETTRICI..........................208 Stefano Carmeli
EDILIZIA ...............................................220 Luca Bombardieri, Raffaele Bevacqua, Tiziano e Jose Castelnuovo, Giancarlo Zanini, Cascina Gobba Paolo Colombi
RINNOVABILI.......................................210 Gianni Incani
IMMOBILIARE ....................................232 Lionella Maggi
LA MEDICINA RIGENERATIVA ....282 Maria Delia Colombo
GESTIONE RIFIUTI.............................212 Ambrogio Cereda
INTERNI ................................................234 Angelo Cappellini
DIAGNOSTICA PER IMMAGINI ....284 Matteo Lucarelli
BONIFICHE ..........................................214 Alessandro Perego
TURISMO .............................................236 Piero Gnudi, Stefano Maullu, Carlo Sangalli, Vittorio Buonaguidi, Massimo Di Filippo, Dario Filippi
STRUTTURE POLISPECIALISTICHE 286 Andrea Parravicini
GIUSTIZIA REATI FINANZIARI ...........................248 Ciro Pellegrino TRA CITTADINI E PA .......................250 Sara Calzi LA LEGGE SULLA TOTALIZZAZIONE..............252 Cinzia Miani NUOVE FORME GIURIDICHE........254 Gian Piero Geminiani GIUSTIZIA TRIBUTARIA .................256 Daniela Bruno
SANITÀ
MEDICINA ESTETICA ......................280 Evelina Flachi e Lydia Soletti
PATOLOGIE VISIVE ..........................288 Elena Piozzi OFTALMOLOGIA ...............................290 Edoardo Ligabue POSTURA ...........................................294 Marco Bellinzona e Pierfrancesco Bertolaso LA MALATTIA ARTROSICA...........296 Antonio Vespasiani L’INDUSTRIA FARMACEUTICA ..298 Giorgio Balduzzi, Roberto Intrigila e Andrea Oliva RICERCA ..............................................300 Massimo D’Erasmo ODONTOIATRIA.................................302 Alessandro Piccolo, Riccardo Scaringi, Matteo Pietro Invernizzi, Elio Marino, Silvano Umberto Tramonte
FARMACI SICURI ..............................260 Emilio Stefanelli, Silvio Garattini Antonio Concezio Amoroso RICERCA SCIENTIFICA...................268 Umberto Veronesi PATOLOGIE GASTROINTESTINALI .....................270 Roberto de Franchis NEOPLASIE .........................................272 Maurizio Mezzetti
LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 11
IN COPERTINA
UN NUOVO CROCEVIA PER LO SVILUPPO ITALIANO Ecco il nuovo grande polo logistico della Dhl Global Forwarding, Freight. Una struttura, alle porte di Milano, che risulterà strategica per lo sviluppo del territorio e per la riduzione delle emissioni di Co2. Un primo importante passo, anche in vista dell’Expo 2015 Andrea Moscariello
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Dhl Global Forwarding, Freight
Da sinistra, Giuseppe Fiorani, managing director della divisione Dhl Global Forwarding Italia, Alessandro Trapolino, Ceo Dhl Global Forwarding Southern Europe, e Antonio Trioschi, Ceo Dhl Freight Southern Europe
na grande scommessa sul territorio. Dhl Global Forwarding, l’azienda dei trasporti marittimi, aerei e terrestri, sede italiana della multinazionale leader nei settori del trasporto e della logistica, ha inaugurato il suo più importante polo logistico nel nostro Paese per le tre modalità di trasporto. Il complesso è sorto, non a caso, a Pozzuolo Martesana, alle porte di Melzo. Un’area estesa su oltre 84mila metri quadrati e situata all’uscita dell’autostrada BreBeMi (Brescia – Bergamo – Milano). Ma, soprattutto, si tratta del primo portale posto sull’asse della futura
U
TEM, la nuova Tangenziale Esterna Milanese. Un investimento complessivo di 40 milioni di euro che permetterà non solo una più rapida comunicazione con porti, aeroporti e vie internazionali, ma anche una riduzione sensibile della circolazione dei mezzi sulle strade urbane. È infatti quello ambientale il nodo che, più di tutti, ha convinto le amministrazioni locali ad appoggiare il progetto e che renderà la filiale italiana protagonista nel perseguimento dell’obiettivo di riduzione del 30 per cento di emissioni di Co2 posto dal Gruppo Deutsche Post, cui fa capo Dhl. Secondo Alessandro Trapolino, Ceo di Dhl Global
Forwarding Southern Europe, il 2011 è stato un anno fondamentale per il gruppo. «I nostri obiettivi sono stati raggiunti, sia nell’ambito del trasporto intercontinentale che continentale – spiega Trapolino –. La realizzazione di questo polo logistico ha posto le basi per un’ulteriore crescita della società». Gli fanno eco anche Antonio Trioschi, Ceo DHL Freight Southern Europe, e Giuseppe Fiorani, managing director della divisione Global Forwarding Italia. «Grazie alla nuova struttura ridurremo sensibilmente le emissioni di Co2» ci tiene a ribadire Trioschi. «Il miglioramento in termini di efficienza delle procedure logisti- LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 17
IN COPERTINA
che rappresenta un tassello fonda-
mentale per lo sviluppo e la ripresa del nostro tessuto economico» aggiunge Fiorani. Come si è giunti all’ideazione di questo progetto? Perché ora, perché in quest’area? TRAPOLINO: «Si è trattato di un intervento tanto necessario quanto strategico per Dhl. Negli ultimi anni la società ha affrontato diverse integrazioni strutturali, tali da convincerci della necessità di raggruppare i nostri impianti in un unico polo. La scelta della zona, poi, è avvenuta in maniera naturale. In quest’area eravamo già presenti, il nostro impianto per l’intercontinentale dista infatti tre chilometri da qui. Soprattutto, abbiamo colto l’occasione di inserirci nel punto in cui, una volta terminati i lavori, si congiungeranno la nuova Autostrada BreBeMi e la Tangenziale Esterna Milanese». Quindi un’impresa che scommette sulla realizzazione delle infrastrutture. In una fase di crisi non
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Il luxury good riveste un grandissimo potenziale. I nostri nuovi magazzini sono studiati ad hoc per lo stoccaggio e il trasporto di capi appesi
temete ritardi o intoppi? TRAPOLINO: «Su questo non abbiamo alcun timore. La Regione Lombardia punta moltissimo su queste nuove vie di comunicazione. Per noi è una scommessa sicura anche sotto il profilo delle tempistiche. Tutto dovrà essere pronto entro l’inaugurazione dell’Expo 2015». Il nuovo complesso vi permette, secondo le previsioni, una sensibile riduzione delle emissioni di Co2. TRIOSCHI: «Secondo le nostre stime, complessivamente, dovremmo ottenere una diminuzione di oltre il 18 per cento rispetto alle situazioni precedenti. In tal senso gli interventi stanno prendendo due direzioni. Da un lato è la struttura in sé, il building in quanto tale, che grazie agli impianti fotovoltaici e ai pozzi artesiani ridurrà le sue emissioni del 30 per cento. Dall’altro lato, invece, a contribuire sarà
l’ottimizzazione e la riduzione della circolazione dei mezzi. Soltanto grazie al collegamento strategico tra le due nuove arterie autostradali, otterremo un abbattimento del 13 per cento». Deutsche Post ha sempre investito per ridurre l’impatto ambientale ed è la promotrice del programma europeo Lean&Green, che impegna i principali gruppi del settore nella riduzione delle emissioni di Co2. L’Italia che ruolo ricopre? TRAPOLINO: «La strada da percorrere è ancora lunga, ma grazie a questo nuovo polo anche l’Italia farà la sua parte». Quale indotto occupazionale potrà scaturire dalla nuova sede? TRAPOLINO: «Ci si augura significativo, valorizzando le opportunità locali. A tal proposito abbiamo firmato un protocollo d’intesa con il Comune di Poz-
Dhl Global Forwarding, Freight
Leader mondiale
zuolo Martesana. La residenza in questo comune fornirà un titolo preferenziale per assunzione nel polo logistico, ma solo a parità assoluta di requisiti con gli altri candidati e sempre nel rispetto di regole, codici e sottocodici cui dobbiamo attenerci in materia. Questo protocollo è unico nel suo genere in Italia. L’accordo regola le modalità di presentazione dei curriculum e sancisce una reciproca intesa di tempestiva informazione e trasparenza Comune-privato nel caso di ricerca del personale. Non sarà il Municipio a gestire o a presentare i curricula. Sarà direttamente Dhl a inviare al Comune il profilo del personale via via ricercato. Gli annunci potranno così essere esposti sulla bacheca e sul sito web comunali. Non abbiamo mai siglato nessun protocollo analogo, lo abbiamo fatto qui per l’interesse dimostrato da parte del Co-
DHL Global Forwarding è un’azienda del gruppo Deutsche Post DHL. Attualmente è leader mondiale nel trasporto cargo via aerea oltre che nell’ocean freight. Nel nostro Paese la società è la numero uno nell’airfreight con un market share dell’undici per cento. Le sue 24 filiali garantiscono una copertura capillare del territorio italiano, con collegamenti in tutto il mondo, 200 partenze dai gateway nazionali e oltre 80 arrivi da altrettanti paesi. Nell’anno appena trascorso sono stati movimentati, tra import ed export, circa 7mila pallett aerei e mille container a temperatura controllata per i prodotti farmaceutici e alimentari. Offre inoltre collegamenti settimanali groupage via mare con oltre 250 destinazioni e da più di 75 origini. Anche la divisione Freight è presente in tutti i Paesi europei in qualità di principale operatore di servizi di trasporto. DHL Freight è presente in Italia da molti
mune e perché vogliamo dare un segnale forte di apertura al territorio». TRIOSCHI: «Questo polo, ricordo, è il risultato del consolidamento di terminali esistenti, quindi gran parte della forza lavoro impiegata a Pozzuolo è stata semplicemente trasferita da altre nostre sedi. In futuro, è
anni, dapprima con lo storico marchio Danzas, successivamente, grazie all’integrazione della società di trasporti e logistica del gruppo DP DHL, con il marchio attuale. DHL Freight opera attraverso un network consolidato che collega più di 160 terminali presenti nelle maggiori aree di business in tutta Europa oltre che in Nord Africa e Medio Oriente. I suoi volumi negli ultimi anni sono cresciuti con un trend superiore alla media di settore. Il mercato internazionale su strada e intermodale può essere considerato maturo, estremamente competitivo e frammentato. DHL Freight copre un market share di circa il 5 per cento, in un contesto, quello italiano, in cui i “Local Heroes” (aziende di spedizioni di piccola-media dimensione, posizionate sul territorio) coprono l’80 per cento della quota di mercato. www.dhl.com
ovvio, contiamo di crescere, generare ulteriore business e, di conseguenza, nuovi posti di lavoro. Quando, come auspichiamo, l’esigenza di assumere nuovi lavoratori si manifesterà, ci aspettiamo che, progressivamente, il nostro baricentro occupazionale venga sempre più a LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 19
IN COPERTINA
coincidere con quello operativo». Come sta reagendo il comparto logistico alla crisi internazionale? TRAPOLINO: «Gli operatori del trasporto e della logistica rappresentano la prima vera sentinella del mercato. Siamo noi, per primi, a osservare come va l’economia, se cresce o se recede. Dal nostro punto di osservazione possiamo dire che il 2011 era partito bene, sia in termini di esportazioni che di importazioni. Dai primi di giugno, poi, si è verificato un calo dell’import, soprattutto dall’Estremo Oriente. Ma attenzione, non si è trattata di una crisi italiana, si è trattato di un fenomeno che ha coinvolto l’intera area europea». Quale trend state registrando sui mercati tradizionali? FIORANI: «Si registrano segnali di una lieve ripresa verso il mercato americano mentre si riconferma il trend positivo verso i mercati dell’Asia e del Pacifico. Allo stesso tempo, però, anche l’America Latina, nello specifico il Messico e il Brasile, sta vivendo un’importante fase di crescita ed espansione». E il Medio Oriente? FIORANI: «Vi sarà un’estrema attenzione nei confronti di questo mercato, così come per quello africano. Oggi il nostro riferimento geografico è mutato. La nostra regione di riferimento è l’Emea (acronimo di Europe, Middle East e Africa - ndr)». TRIOSCHI: «In tutta la zona del Maghreb, in particolare in Marocco, sono avvenute ricollocazioni di importanti attività produttive. Ne consegue che
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l’import e l’export verso quest’area stanno crescendo. Fondamentale sarà tutta la zona del Golfo, così come i paesi dell’Asia Centrale. Stiamo puntando a svilupparci verso destinazioni come il Kazakistan, dove esistono notevoli interessi imprenditoriali». Il livellamento del cambio eurodollaro quale influenza sta avendo? FIORANI: «Un rafforzamento del dollaro rispetto all’euro crea delle condizioni di maggior beneficio per le nostre esportazioni, specialmente in un mercato come quello odierno, colpito dalla recessione. Per questo, fin quando il dollaro si rafforzerà sull’euro, prevediamo una crescita delle merci esportate dall’Italia oltre oceano». L’export, per crescere, necessita di importanti sostegni infrastrutturali. E sotto questo profilo i gap da superare non sono pochi.
«In Europa, e in particolare in Italia, abbiamo molto da recuperare. Nel traffico continentale la quota di merce trasportata via camion è aumentata negli ultimi anni rispetto a quella via ferrovia e cargo. E questo è un peccato per diverse motivazioni, a cominciare da quella ambientale. Il problema nasce dalla congestione, pesantissima, che si sta verificando su alcuni nodi ferroviari. Un maggiore incentivo allo sviluppo di modalità di collegamento alternative alla gomma sarebbe sicuramente benvenuto. Un altro importante argomento è quello della semplificazione normativa per il settore. Il beneficio che potremmo ottenere da una omogeneizzazione delle regole a livello europeo sarebbe significativo». Da quali settori merceologici vi aspettate le migliori performance? TRIOSCHI:
Dhl Global Forwarding, Freight
Abbiamo colto l’occasione di inserirci nel punto in cui si congiungeranno l’Autostrada BreBeMi e la Tangenziale Esterna Milanese
«I prodotti e le commodity strategiche su cui vogliamo focalizzarci sono conseguenti agli investimenti che abbiamo compiuto nei nuovi magazzini, qui a Pozzuolo Martesana. Una particolare attenzione è dedicata a tutto ciò che riguarda il Life Science and Health Care, il farmaceutico per intenderci. Siamo, al momento, tra i pochissimi spedizionieri italiani a poter vantare grandi magazzini a temperatura controllata, strutturati in maniera tale da permettere la pallettizzazione delle merci in un ambiente climaticamente idoneo. Il tema degli ambienti e del controllo delle temperature, poi, è fondamentale per un altro settore su cui riponiamo importanti aspettative, quello del Perishable Food». Proprio in questi giorni sono emersi i dati, in forte crescita, relativi ai prodotti di lusso. Si tratta di FIORANI:
una nicchia o anche nel vostro caso potrebbero rappresentare una leva di sviluppo? TRAPOLINO: «Il luxury good, la merce di alta categoria, riveste un grandissimo potenziale e ovviamente ha esigenze logistiche specifiche, se si considera l’elevato valore delle merci. Nel nostro caso ci rivolgiamo ai settori fashion, alta moda, accessori, cosmetica e arredamento. In particolare, per i capi di abbigliamento i nostri nuovi magazzini sono studiati ad hoc per lo stoccaggio e il trasporto di capi appesi». Non possiamo dimenticare il fatto che in Italia, rispetto al resto d’Europa, la logistica costa molto di più, principalmente a causa dei costi dei carburanti e della pressione fiscale. Pensando al futuro, non si rischia di perdere troppa competitività? TRAPOLINO: «È questo il problema
fondamentale. In Italia la logistica costa intorno al 18 per cento, mentre la media europea e statunitense viaggia sull’8 per cento. Dobbiamo però finirla col dire che questa discrasia è un peso solo per il nostro settore, si tratta infatti di un aggravio eccessivo per tutta la nostra economia. La logistica è una delle voci più incidenti sul Prodotto Interno Lordo italiano. L’auspicio è che, al fine di abbassare i costi, possa proseguire il dialogo con le istituzioni, anche attraverso l’attuale Governo. Il dialogo tra le parti è fondamentale, senza di esso non avremmo ottenuto il Patto della Logistica. Nei prossimi mesi mi auguro che l’attuale compagine governativa non fermi i lavori anche per il nuovo Piano della Logistica. Il nostro settore può contribuire in maniera decisiva nella crescita del Pil, ma deve essere sostenuto». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 21
La logistica in cifre
Il settore tra luci e ombre Sono positivi i dati del traffico merci italiano sia in termini di volumi che di fatturato per il 2011, ma l’attenzione è puntata sull’inefficienza logistica del Paese, perché tra i fattori chiave per la competitività vi è l’affidabilità della catena logistica Renata Gualtieri
econdo i dati pubblicati dalla nota congiunturale della Confederazione generale italiana dei trasporti e della logistica (rilevati per numero di spedizioni e per fatturato su un campione di 200 imprese tra le più rappresentative dei vari settori) nell’anno 2011 il traffico merci italiano mostra un saldo complessivamente positivo, sia in termini di volumi che di fatturato. Il trasporto cargo su strada in ambito nazionale registra un timido +1,2% in termini di viaggio e un +4,7% in termini di fatturato, mentre in ambito internazionale i valori sono del +0,3% (viaggi) e del +3,1% (fatturato). La modalità ferroviaria continua il trend negativo -3,7% per la crisi oramai cronica di questo sistema di trasporto. Negativo anche il traffico marittimo Ro-Ro (traghetti per trasporto merci) calato del 3,8%. I dati del traffico marittimo, sia per quanto riguarda i container che le rinfuse, sono positivi: +1,5 per i Teu e +1,8 per le rinfuse. Nel traffico merci con modalità aerea il confronto a livello annuale rimane positivo (+3,5%), ma nel II semestre si è registrato un forte ridimensionamento di questa modalità di trasporto che nel I semestre del 2011 rispetto allo stesso periodo del 2010 aveva registrato un +8,7%. Per quanto riguarda
S
le spedizioni internazionali i dati sono sostanzialmente positivi sia per traffico che per fatturato. La performance logistica dell’Italia, che si misura in base ai tempi e ai costi d’esportazione e importazione e al numero di documenti d’esportazione/importazione, impensierisce però gli operatori internazionali. La situazione infatti evidenzia un numero di 20 giorni per espletare tali formalità, lontani dai 5 della Danimarca e 7 della Germania. Gli operatori sono sempre più preoccupati per i costi dovuti a imprevisti, lentezza, inefficienze. Il nostro Paese è al 22esimo posto tra i paesi europei con vocazione portuale, molto lontana da Germania e Olanda, che associano ai porti una retroportualità integrata e affidabile. L’inefficienza logistica per il solo Nord Ovest vale 12 miliardi di euro l’anno perché Lombardia, Piemonte e Liguria sono accessibili ma mal connesse. «Se collegate in una piattaforma logistica interregionale possono fare non 1 ma 10». Bartolomeo Giachino, presidente della Consulta per l’autotrasporto e per la logistica, considera una piattaforma logistica interregionale come quella del Nord Ovest la sede di “gestione politica del settore” cui si dovranno agganciare anche gli operatori ferroviari oltre ai nodi logistici portuali e interportuali.
Milano ha un forte peso logistico dell’8,4%, mentre quello lombardo è del 17,7%. In Lombardia ogni anno transitano 379 milioni di tonnellate su strada, un quarto di tutto il traffico stradale italiano. A questo si aggiungono 76 milioni di tonnellate (16% del totale nazionale) della rete ferroviaria e 557mila tonnellate che gravitano attorno ai poli aeroportuali di Malpensa, Linate e Orio sul Serio. E poi il trasporto marittimo: transita il 44% dei container diretti a Genova e il 15% di quelli diretti verso La Spezia. Un giro di affari in crescita di 11 miliardi di euro, nonostante la crisi, e che crea lavoro: sono quasi 2.000 le imprese lombarde che si occupano di logistica, la metà delle quali a Milano. Nonostante questi flussi ingenti, la regione è all’80esimo posto in Europa per rete stradale, al 33esimo per ampiezza della rete autostradale e al 34esimo per rete ferroviaria. LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 23
INFRASTRUTTURE
La logistica produce valore L’Italia si trova davanti a un bivio, ma è proprio in questo delicato momento congiunturale che, sottolinea il presidente di Assologistica Carlo Mearelli, occorre reagire affinché le imprese della logistica cambino passo Renata Gualtieri
el discorso di insediamento, avvenuto a inizio anno, il presidente Carlo Mearelli aveva affermato che occorreva «dare continuità alla coesione interna che contraddistingue Assologistica, soprattutto alla luce della crisi economica e delle difficoltà nelle quali le imprese di logistica in conto terzi devono operare continuamente». Oggi la sue attese sono rivolte a uno sforzo politico, attraverso cui passa il futuro della logistica italiana. La sua fiducia è riposta in Mario Monti e Corrado Passera, che hanno le leve per farlo, e plaude a paesi come Olanda e Canada che hanno capito come, proprio in periodi economici difficili, la catena logistica genera valore e «l’hanno messa in testa ai progetti strategici». Cosa si aspetta dalla riforma del lavoro del governo? «Il sindacato è una grande risorsa di qualsiasi Paese avanzato, in Italia molte battaglie portate avanti negli anni, sono delle pietre miliari che arricchiscono il sistema industriale e delle relazioni interne di impresa. I lavoratori questo lo hanno capito molto bene, ma hanno anche compreso che talune
N
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bandiere alzate al vento fanno parte di una liturgia che probabilmente avrebbe bisogno di un nuovo talento della sceneggiatura. Il Governo Monti ha avviato un nuovo modello, che gli italiani che lavorano, quelli onesti, che rappresentano la maggioranza, possono comprendere e mi auguro che prosegua su questa strada. L’Italia ha bisogno di cambiare passo nel mondo del lavoro, che è fatto, occorre ricordarlo, di lavoratori e di imprenditori. Forse anche un occhio a qualche furbetto dall’altra parte non guasterebbe». Perché sono a rischio le imprese logistiche italiane del comparto aereo cargo? «Più di altri settori il comparto aereo è globale e veloce. In Italia il cargo aereo è lontano parente del
Carlo Mearelli
In apertura, Carlo Mearelli, presidente Assologistica
Per aiutare la nuova Alitalia era giusto porre delle regole che consentissero al vettore di riferimento di poter trovare un habitat idoneo
trasporto passeggeri. È così per mancanza di cultura industriale tipica del nostro sistema: dagli aeroporti agli enti regolatori, dalla compagnia aerea di riferimento al sistema di governo nel suo complesso. Eppure quel settore sposta il 30% del valore della produzione delle nostre imprese nel mondo, con solo il 3% dei volumi trasportati, e altrettanto accade nei valori importati. Probabilmente, anche in termini di valori impositivi, l’Agenzia delle Entrate dovrebbe riflettere su questo punto e forse anche l’Enac, che ha tutti gli strumenti per capire cosa succede in giro per l’Europa. Altrimenti cosa andiamo a fare all’Ecac a Bruxelles? C’è una differenza nei canoni degli spazi dei magazzini aeroportuali italiani che è mediamente del 35%
in più rispetto a quelli dei principali aeroporti europei. Questa è una zavorra per le nostre imprese». Il suo allarme sull’aeroporto di Fiumicino “polveriera sociale” evidenzia il vero rischio per il sistema logistico nazionale. Quali politiche e quali regole servono? «Al pari di altre situazioni protezionistiche operanti in Europa, per aiutare la nuova Alitalia era giusto porre delle regole che consentissero al vettore di riferimento di poter trovare un habitat idoneo; ma non parlo di protezionismo alla tedesca o alla francese. Alitalia ha pagato per la nostra interpretazione di liberismo europeistico, mentre ben altro hanno fatto nazioni che predicano bene quando si presentano all’uscio degli altri e in casa propria fanno muro. Così è stato anche a Fiumicino, dove il tema delle liberalizzazioni imposte da Bruxelles è stato preso come un “più siamo e meglio stiamo”. L’apertura indiscriminata a operatori, a volte anche non qualificati, ha condito una minestra imbevibile, che sta producendo tragedie industriali».
Quali standard comuni sostengono la cooperazione logistica per le industrie e il commercio in Europa? «Il primo in assoluto è rappresentato dalla capacità delle imprese della logistica di sostenere l’urto delle enormi masse liberate dalla globalizzazione. Su questo l’Italia si è presentata all’appuntamento con un “piccolo è bello”, i cui risultati preferisco non commentare. Sono errori della politica, che la mia maestra delle elementari sottolineerebbe con il blu, ma questa è un’altra storia». Cosa mette in evidenza il rapporto dell’Osservatorio nazionale sul trasporto merci e la logistica presentato per il 2011? «Lo studio descrive l’organizzazione del lavoro derivante dalla applicazione - più o meno corretta, a seconda dei porti - della legge 84/94. Con il proseguire della crisi e della sua incidenza sui traffici, oggi ci sono diffuse preoccupazioni sulla possibilità reale nel 2012 di saturare tutta la forza lavoro, fissa e temporanea, presente nei porti a causa della crisi che comincia a incidere sui traffici». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 25
INFRASTRUTTURE
Così si riduce il costo dell’inefficienza «Il settore può diventare un fattore di sviluppo». Bartolomeo Giachino, presidente della Consulta per l’autotrasporto e per la logistica, spiega come ciò può avvenire, partendo dal piano nazionale, di cui si sta predisponendo la parte operativa Renata Gualtieri
a logistica, per quel che è previsto nel Piano nazionale 2011-2012, può rimettere in moto l’economia italiana. Ne è sicuro il presidente della Consulta per l’autotrasporto e per la logistica, Bartolomeo Giachino, che la considera una delle più forti potenzialità del nostro Paese per ritornare a crescere. «Siamo convinti – precisa – che tagliando le forti inefficienze attuali si possa rendere più competitivo il nostro sistema economico e produttivo e che, rendendo più efficienti i nostri porti e collegandoli meglio alla rete di trasporto italiana ed europea, possiamo attrarre maggiori volumi di traffico che ci daranno un aumento delle entrate fiscali e maggiore domanda di trasporto e di logistica per le nostre imprese». Si stima, prudenzialmente, una crescita aggiuntiva di almeno mezzo punto di Pil l’anno. Che effetti avranno sul Paese le reti Ten-T? «La decisone della Commissione europea del 19 ottobre 2011, cui ha lavorato il Governo Berlusconi
L
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con l’ausilio dei dirigenti del Ministero dei trasporti, privilegia l’Italia come mai in passato. Si tratta di una grande opportunità che va saputa cogliere. Ben 4 dei 10 corridoi strategici passeranno e si incroceranno nel nostro Paese, nella Pianura padana, in particolare a Novara, Verona e Padova. Questi tre nodi, insieme a quello di Lione, daranno luogo alla grande area logistica del sud Europa che farà da “pendant” con la grande area logistica del nord Europa, che oggi lega i grandi porti da Anversa a Rotterdam sino ad Amburgo. Un’immensa area che darà una buona spinta alla crescita e che creerà nuove opportu-
nità di lavoro». Quanto può recuperare l’Italia sviluppando le infrastrutture in un’area come il Nord Ovest? «Il Nord Est, con i porti di Trieste e Venezia, ha enormi potenzialità per la sua relativa vicinanza con la Germania e con la parete dell’Est Europa che attualmente sta crescendo di più. Cionondimeno i porti liguri, vuoi per la loro efficienza, La Spezia, vuoi per la loro storia e le relazioni, Genova, e per la capacità di guida, Savona, hanno buone possibilità per la enorme potenzialità del corridoio da e per Rotterdam e per la forte capacità manifatturiera dell’area che oggi invece si vede rapinata dai porti del nord Europa di quasi 1 milione di container diretti verso il nostro Paese. Non è azzardato dire che i lavori di potenziamento di Genova e Savona completati da investimenti infrastrutturali attorno al nodo di Genova, sia sulla linea verso il Sempione che verso il Gottardo, potrebbero darci nei prossimi tre anni una spinta notevole (2-3 miliardi di euro)».
Bartolomeo Giachino
In apertura, Bartolomeo Giachino, presidente della Consulta per l’autotrasporto e per la logistica
Il potenziamento di Genova e Savona darebbe una spinta di 2-3 miliardi di euro
Quale peso logistico gioca Milano sul piano nazionale e quali flussi attraversano l’intera regione? «Milano è centrale non solo per il suo peso nell’import e nell’export ma soprattutto per il suo peso politico e la sua capacità di iniziativa nella realizzazione delle infrastrutture di trasporto (Pedemontana, Milano-Brescia) che per gli effetti di rilancio dovuti all’Expo 2015. La città, inoltre, può giocare un forte ruolo di spinta e di raccordo sia con il Nord Ovest che con il Nord Est. Per far questo è più importante il ruolo di spinta sia sulla attuazione del piano nazionale della logistica che nella elaborazione del piano dell’intermodalità,
che attualmente la legge affida alla Consulta dell’autotrasporto e della logistica. Molto meno decisivo se la Lombardia si limitasse a cercare solo un rapporto con il porto di Genova». Da cosa si comincia per ridurre il costo dell’inefficienza logistica sull’economia del Paese e acquisire nuovi volumi di traffico merci? «Sulla base della direttiva del ministro Passera, che ci ha chiesto di individuare le azioni che a breve possono produrre risultati significativi di riduzione della inefficienza logistica e contemporaneamente possano dare un forte contributo alla crescita del Paese,
insieme agli esperti del comitato scientifico, stiamo predisponendo la parte operativa del piano che discuteremo all’interno della Consulta e con gli operatori logistici del nostro Paese. Le azioni su cui stiamo dettagliando le iniziative e l’impatto sono lo sportello unico doganale (apertura telematica 24 ore su 24); l’efficienza dei sistemi logistici portuali e retroportuali; gli incentivi all’utilizzo del cargo ferroviario; il piano per l’intermodalità; la piattaforma telematica per ridurre tempi attesa e viaggi di ritorno a vuoto; la distribuzione urbana delle merci; i progetti di filiera, come l’agroalimentare o l’automotive». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 27
POLITICA ECONOMICA
Sostenere la competitività delle imprese oltre confine Il sistema lombardo contiene il decremento della produzione e non si abbatte di fronte al quadro evidentemente critico. Puntando, come afferma il numero uno degli industriali della regione Alberto Barcella, su export e innovazione Francesca Druidi
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iù ombre che luci emergono dai dati del quarto trimestre 2011 per la produzione industriale lombarda. Si registra, infatti, una diminuzione dei livelli produttivi dello 0,5% sul trimestre precedente e dello 0,7 su base annua. «Non dobbiamo però arrenderci al pessimismo – sprona Alberto Barcella – nonostante il momento sia particolarmente difficile». Il 2012 sarà davvero l’anno nero prima della risalita? Su quali leve puntare per la ripresa? «La situazione per il 2012 appare molto critica. La produzione industriale di febbraio ha registrato un calo dell’1% rispetto al mese di gennaio e le prospettive per i prossimi mesi sono sfavorevoli. Le leve su cui fare forza per tornare a crescere sono sotto i nostri occhi: il territorio lombardo dispone di significative eccellenze in diversi settori produttivi, dalla meccatronica all’aerospazio, dall’energia alla chimica. Dobbiamo favorire lo sviluppo di queste produzioni a più elevato valore aggiunto, con un forte contenuto di innovazione. Dobbiamo, inoltre, sviluppare un’efficace azione per sostenere il processo di internazionalizzazione delle imprese. Solo così otterremo sviluppo e crescita». A fine marzo Confindustria Lombardia presenterà i risultati dell’indagine sull’internazionalizzazione delle imprese regionali per il 2012. Può anticipare quali tendenze emergeranno? «La Lombardia si conferma essere il motore dell’industria nazionale, anche sul fronte esportazioni. Le quasi 1.400 imprese lombarde internazionalizzate che hanno aderito all’indagine di Confindustria Lombardia hanno esportato il 39% del loro
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Alberto Barcella
fatturato nel 2011, contro il 37,7% del 2010. Ciascuna, mediamente, opera in sedici diversi paesi contro una media nazionale di poco superiore a cinque. Sono in atto però importanti cambiamenti nello scenario. Anche se si conferma l’attenzione verso i grandi mercati tradizionali dell’Europa e degli Usa, si affermano sempre di più nuovi paesi di sbocco: Medio Oriente, Far East, Russia e America Latina. Va anche sottolineato come l’internazionalizzazione vada sviluppandosi verso modalità più evolute, come l’attività di acquisizione e compartecipazione in nuovi insediamenti commerciali, logistici, produttivi e di ricerca, indispensabili per garantire alle imprese l’accesso e la penetrazione dei mercati di sbocco». Con quali strumenti si possono sostenere le aziende oltre confine? «Data la platea crescente di imprese internazionalizzate, occorre valorizzare la propensione all’aggregazione che si sta facendo strada e rendere sempre più rispondenti e qualificati i servizi di supporto per individuare nuovi mercati e nuovi partner all’estero, a partire da analisi e ricerche di mercato mirate». Spostando l’attenzione sul progetto di legge “Misure per la crescita, lo sviluppo e l’occupazione” della Regione, quali elementi promuove e quali no? «Condividiamo in larga parte il progetto di legge per quanto riguarda i temi dello sviluppo del territorio, dell’energia, delle infrastrutture e dei trasporti, delle reti informatiche e della semplificazione delle procedure: riteniamo, infatti, che un adeguato processo di sviluppo su questi temi possa portare a un sostanziale miglioramento
del contesto territoriale nel quale le nostre realtà si trovano a operare, incentivando la partecipazione di imprese estere alla nostra economia. Apprezziamo, inoltre, il programma di promozione dell’insediamento delle attività produttive sul nostro territorio, un’esigenza da noi più volte espressa. Sul testo riguardante la contrattazione di secondo livello abbiamo, invece, espresso forte contrarietà. Così come è scritto finirebbe per determinare un ulteriore livello di contrattazione: un’ipotesi per noi inaccettabile. Anche per quanto riguarda i fondi interprofessionali, la proposta regionale va modificata perché non è coerente con la natura dei nostri fondi, che sono gestiti a livello nazionale. Ovviamente, resta tutta la nostra disponibilità a collaborare su obiettivi comuni». Ha indicato nei ritardi dei pagamenti della Pa alle aziende una delle criticità maggiori. Cosa gli imprenditori chiedono al governo regionale e nazionale per far fronte alla crisi? «Il problema dei pagamenti della pubblica amministrazione è una piaga da debellare al più presto: ha messo, e sta mettendo, a rischio l’intero sistema economico e creditizio, anche se la Lombardia ha espresso sul tema eccellenti performance. Alla nostra Regione chiediamo di continuare a investire su iniziative che portino nuove risorse alle aziende, che sostengano il credito in questa fase così difficile, rinnovando il sostegno agli strumenti di garanzia già esistenti, come i confidi. Al governo chiediamo di continuare ad apportare i cambiamenti necessari per riavviare la crescita del Paese, in particolare attraverso la riforma del lavoro e la riforma fiscale».
3,3% ESTERO La percentuale di incremento degli ordini esteri registrato nel quarto trimestre 2011 su base annua
1.400 IMPRESE Il numero di imprese internazionalizzate che hanno partecipato all’indagine 2012 di Confindustria Lombardia
A sinistra, Alberto Barcella, presidente Confindustria Lombardia
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MARKETING TERRITORIALE
Meno burocrazia per attrarre investimenti esteri Semplificare le procedure di autorizzazione degli investimenti è uno dei punti su cui la Regione sta lavorando per attrarre le imprese estere sul territorio lombardo. Andrea Gibelli spiega nel dettaglio tutti i progetti in atto Nicolò Mulas Marcello
avorire l’arrivo di investimenti stranieri nel nostro Paese significa offrire valide opportunità economiche alle imprese estere. La Lombardia, che ha alle spalle varie partnership con paesi importanti, punta ora a un snellimento della burocrazia per favorire autorizzazioni di investimenti in tempi più brevi. Anche, e soprattutto, in vista dell’importante appuntamento di Expo 2015 che rappresenterà una vetrina importantissima per la regione: «Le misure che riguardano l’attrattività d’impresa – spiega Andrea Gibelli, vicepresidente della Regione Lombardia – vanno nella direzione di favorire strumenti di natura finanziaria». La crisi ha frenato l’insediamento di nuove aziende straniere in Lombardia? «In prospettiva sì, nel senso che la crisi ha contratto a livello globale gli investimenti e quindi anche la Lombardia ne ha risentito. È però altrettanto vero che la Regione ha messo in campo strumenti per favorire l’ingresso di capitali e imprese straniere sul territorio. Il programma sperimentale Aster è focalizzato su uno degli elementi critici che abbiamo individuato sul tema, ovvero quello del rispetto di tempi brevi sul piano autorizzatorio. Esso è quindi uno strumento che dà una certezza tem-
F In alto, Andrea Gibelli, vicepresidente della Regione Lombardia
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porale per il ritorno degli investimenti, costruendo una filiera decisionale certa in tempi ragionevolmente brevi proprio per superare quello che anche nelle occasioni di investimento spesso incide. Per una multinazionale, infatti, andare in Slovenia, in Canada o in Lombardia non dipende dal costo del lavoro ma dai tempi autorizzativi dell’investimento». Quali sono i paesi che hanno investito di più in Italia prima della crisi e qual è attualmente la situazione? «È difficile fare un bilancio del prima e del dopo. Gli Stati Uniti, la Germania e la Francia sono i paesi che hanno avuto nel tempo le maggiori partnership con l’Italia, che riguardano soprattutto grandi aziende. Oggi l’elemento di novità è che il sistema lombardo in termini di intelligenza collettiva diffusa e di trasferimento tecnologico consente anche ai paesi Bric di vedere nel nostro sistema produttivo delle opportunità di acquisto ma non di delocalizzazione. Ci sono esempi di imprenditori cinesi che non vengono qui per fare shopping di impresa ma vedono nella filiera produttiva e nella valorizzazione che ab-
Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Andrea Gibelli
biamo saputo dare al capitale umano un elemento di investimento e non di trasferimento tecnologico». Quali sono le strategie per la competitività sostenibile del territorio in una regione come la Lombardia? «La prima è quella di cui abbiamo parlato, ovvero offrire elementi di attrattività che partono appunto dai tempi certi per quanto riguarda la filiera decisionale. Sono, inoltre, fondamentali la digitalizzazione per quanto riguarda tutti gli strumenti che favoriscono gli investimenti, la costruzione di reti di impresa e un sistema della ricerca che sia attrattivo per chi vuole fare investimenti su grandi valori aggiunti in termini di competitività su prodotti fortemente innovativi. Poi c’è l’internazionalizzazione, fronte sul quale la Regione ha giocato un ruolo importante per favorire la possibilità che le aziende rimangano in forma stabile sul mercato internazionale, sfruttando quello che io definisco il “made in Italy by Lombardia” come elemento competitivo molto forte». Quali progetti sono in atto da parte della
Regione per la promozione del territorio e quali sono le previsioni per l’Expo 2015? «Proprio nell’ottica dell’Expo 2015 le misure che riguardano l’attrattività d’impresa vanno nella direzione di favorire strumenti di natura finanziaria. Essi mettono la Regione nella condizione di essere sempre sussidiaria rispetto alle imprese, avendo un rapporto stabile con il sistema bancario. L’elargizione del credito è appena iniziata ed è solo nella prima fase, ovvero come finanziamento alle imprese sul capitale circolante. Ci saranno ulteriori fasi perchè riteniamo che si tratti di un modello che nel tempo si rinnoverà, grazie anche al successo della formula scelta, ovvero quella di una istruttoria integrata tra le risorse messe a disposizione dalla Regione Lombardia. Questo grazie all’accordo con la Banca europea di investimento, unica iniziativa nel panorama italiano, e le 46 banche convenzionate che hanno permesso di arrivare a oltre 500 milioni di euro con più di 4.000 sportelli disponibili a sostegno dell’impresa. Questo modello sarà un esempio che porterà la Regione sempre di più nella direzione di raccogliere sui mercati risorse a sostegno delle imprese».
500 mln EURO
La linea di credito agevolato per le piccole e medie imprese che la Regione Lombardia ha aperto a sostegno del loro bisogno di liquidità
4000 SPORTELLI Il numero di sportelli bancari che aderiscono all’iniziativa sul territorio lombardo
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MARKETING TERRITORIALE
Competitività sostenibile sul territorio lombardo I paesi Bric, insieme a quelli del Mediterraneo e del Golfo trainano, anche in questo periodo di crisi, la risalita degli investimenti esteri diretti in Italia. Bruno Ermolli illustra l’attuale situazione e le prospettive per il futuro della Lombardia Nicolò Mulas Marcello livello internazionale la crisi economica ha comportato una brusca frenata dei flussi di investimenti esteri in Italia. Nonostante ciò, il nostro Paese vanta territori da cui ripartire per risalire la china della ripresa: in Lombardia l’estero investe e avanza, puntando soprattutto su Milano, che catalizza i due terzi degli investimenti regionali. I dati dell’Osservatorio sugli investimenti diretti esteri di Invest in Milan, il servizio di scouting, informazione e assistenza che Promos e Camera di Commercio forniscono agli investitori esteri, confermano anche nell’attuale contesto di crisi la capacità del capoluogo lombardo di attrarre investimenti. «Milano – spiega Bruno Ermolli, presidente di Promos – ospita più del 40% degli inve-
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stimenti esteri in entrata verso l’Italia, per un totale di 3.000 aziende a partecipazione straniera. Sono performance che qualificano la città come “capitale” degli Ide in Italia, gateway che tutti i principali investitori stranieri usano per sviluppare il proprio business nel nostro Paese». Quali sono i Paesi che hanno investito di più in Italia nella fase pre crisi e qual è attualmente la situazione? «Se guardiamo all’origine geografica degli investimenti diretti in Italia, i flussi provenienti dai Paesi Europei e dagli Stati Uniti occupano da decenni un posto rilevante, per numero e valore. Nell’attuale fase di crisi, a questi si affiancano nuovi Paesi che guardano all’Italia quale mercato di grandi opportunità. I Bric, insieme ai Paesi del Mediterraneo e del Golfo trainano, anche in questo periodo di crisi, la risalita degli ide nel nostro Paese. La Lombardia e Milano, in particolare, devono la loro positiva performance agli investimenti di questi Paesi: Cina e India hanno fortemente incrementato la loro presenza, attraverso acquisizioni, apertura di punti vendita, filiali commerciali e servizi di supporto alle vendite. Un plus per il nostro territorio sono i recenti esempi di avvio e potenziamento di attività di ricerca e sviluppo: accanto ai settori di tradizionale attrattività di Milano quali il software, i servizi Ict, la moda e i servizi finanziari, gli investimenti in settori “brain intensive” con-
Bruno Ermolli
fermano e premiano la capacità e la qualità del capitale umano, il know how e l’apertura internazionale di cui Milano e la Lombardia sono portatrici». Quali sono le strategie per la competitività sostenibile del territorio in una regione come la Lombardia? «Milano offre un contesto di investimento positivo per l’attrazione dei capitali dall’estero: una capacità che va ora messa a sistema, attraverso una mappatura dell’offerta dell’intero territorio lombardo e una promozione sinergica degli asset regionali all’estero. Promos si sta muovendo in questa direzione, mettendo a disposizione l’expertise di Invest in Milan e la sua rete di uffici lombardi ed esteri, con l’obiettivo di creare un hub regionale degli investimenti stranieri. L’attività di Promos è fortemente concentrata nel creare un contesto positivo non solo per l’attrazione degli Ide, ma anche per l’internazionalizzazione delle pmi lombarde. L’area euro-mediterranea è certamente un mercato dalle enormi potenzialità sotto questo profilo, anche alla luce della posizione strategica del nostro Paese, un ponte naturale tra l’Europa e il Mediterraneo». Ci sono iniziative specifiche messe in atto per questa area in particolare? «Promos ha costruito in questi anni una “rete di alleanze” tra soggetti pubblici e privati, avvalendosi di proprie antenne e sedi all’estero, e ha accolto presso la propria sede di Milano uffici commerciali e agenzie governative dei Paesi dell’area Euromed. Con la stessa logica Promos ha voluto e contribuito, insieme al governo italiano, alla Banca europea per gli investimenti, alla Commissione europea e all’Unione per il mediterraneo, alla nascita del Centro Euromed per le micro, piccole e medie imprese, con l’obiettivo di creare una rete fra tutte le agenzie pubbliche e private che si occupano dello sviluppo delle pmi nell’area Euromed, per mettere a fattor comune le relazioni e le esperienze di successo di ciascun partner. Il centro si occuperà di tre macro attività: fornire facilities per lo sviluppo imprendito-
riale, facilitare l’accesso al capitale finanziario, sviluppare il capitale umano». Promos partecipa alla promozione di Expo Milano 2015 per favorire il coinvolgimento e la presenza all’evento di istituzioni, aziende e visitatori sia italiani che stranieri. In che modo state operando su questo fronte? «Expo sarà una vetrina che esponenzializzerà la visibilità di Milano, e quindi della Lombardia e dell’Italia, portandoci all’apice dell’attenzione internazionale: le nostre imprese devono quindi muovere verso le opportunità di business che germogliano sul territorio così come nei Paesi che verranno ad esporre. Nel gennaio 2010, la Camera di Commercio di Milano ha dato avvio ai tavoli tematici, invitando imprenditori, associazioni di categoria, opinion leader a scommettere su Expo, facendo sistema e dando vita a progetti concreti nei settori principali della nostra economia: agroalimentare, ricettivo, energetico, infrastrutturale, culturale per amplificare l’indotto generato dall’Esposizione universale, vero banco di prova del suo successo. Lo scorso anno Promos ha dato avvio al progetto “New deal”, un lavoro di mappatura delle opportunità di business esistenti a livello internazionale, a partire dai Paesi che esporranno a Milano nel 2015, per individuare le migliori occasioni su cui costruire relazioni commerciali e produttive».
Sopra, Bruno Ermolli, presidente di Promos
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MARKETING TERRITORIALE
Puntare sulla qualità per attrarre investimenti Le regioni che vogliono attrarre investitori esteri sul proprio territorio devono offrire uno snello tessuto istituzionale. A sostenerlo è Francesco Timpano, che delinea il quadro italiano ed europeo Nicolò Mulas Marcello
iò che attrae gli investitori stranieri è un tessuto istituzionale che consente una rapida approvazione degli investimenti e che aiuta le imprese attraverso un veloce processo decisionale. Gli investitori esteri che decidono di produrre nell’Europa occidentale non lo fanno per i costi bassi ma per una maggiore qualità, data dalla garanzia di un sistema sociale di alto livello. «Si sente spesso parlare di modificare il modello di sviluppo – afferma Francesco Timpano, docente di politica economica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore – in realtà la competitività su cui noi europei possiamo puntare non può essere basata sul dato dei costi, occorre puntare sulla qualità dei nostri territori». Parliamo di marketing applicato al territorio. Quali componenti hanno più valore agli occhi degli investitori internazionali? «Quello che cercano gli investitori è un buon tessuto istituzionale che garantisca loro rapidità nel processo decisionale. Non tanto i costi più bassi, perché quando si investe in un paese dell’Europa occidentale è chiaro che non ci si
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aspetta di guadagnare sui costi quanto sulla qualità dei processi e del capitale umano. Inoltre, un quadro legislativo certo e incentivi finanziari ovviamente aiutano ad attrarre investimenti ma non sono l’unica componente». Qual è il modo migliore per valorizzare e veicolare queste componenti? «Innanzitutto averle, e per averle bisogna met-
Francesco Timpano, professore di politica economica all’Università Cattolica del Sacro Cuore
Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Francesco Timpano
tere in atto una strategia di attuazione degli investimenti che non sempre tutti i territori hanno. Una strategia che ovviamente passa per la disponibilità di risorse umane capaci di lavorare all’attenzione degli investimenti. Anche in questa attività ci vogliono dei professionisti perché anche questo è un mercato. In tutto il mondo ci sono professionisti che vanno a caccia di territori disponibili per l’attrazione degli investimenti. C’è molta competizione ed è crescente anche perché nei paesi che offrono costi più bassi, cominciano a offrire una certa qualità e quindi occorre organizzarsi, avere una strategia definita e dei professionisti capaci. Questo è un aspetto che in qualche contesto italiano non si vede». Quali sono le nuove sfide e le opportunità? «Si sente spesso parlare di modificare il modello di sviluppo, in realtà la competitività su cui noi europei possiamo puntare non può essere basata sui costi, occorre puntare sulla qualità dei nostri territori. In quelle realtà europee dove queste qualità ci sono si attraggono investimenti, ovviamente un buon sistema di incentivi aiuta, quindi è chiaro che certi strumenti collaterali
possono favorire gli investimenti, ma se dobbiamo pensare di smontare il welfare a livello europeo per avere maggiori investimenti stranieri è secondo me sbagliato. Anche perché il welfare europeo è garanzia di qualità del nostro sistema sociale e se questa qualità la perdiamo diventiamo automaticamente meno attrattivi. I paesi scandinavi e la Germania, che hanno un sistema sociale qualitativamente elevato, accolgono anche i maggiori investimenti esteri anche senza aver smontato il modello di welfare». Qual è il ruolo che ha internet in questo settore? «Questo è un aspetto interessante, perché ormai ogni territorio ha il suo sito internet e investe su di esso. È chiaro che questo sito non deve essere una mera vetrina ma deve essere interattivo e avere caratteristiche che lo rendano interamente utilizzabile. Sicuramente quindi internet è una grande opportunità. Bisogna però sapere che anch’esso è uno spazio di grande competizione. Non c’è dubbio che internet abbia contribuito moltissimo a promuovere l’immagine, ma si spera anche la sostanza di un territorio». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 35
CREDITO & IMPRESE
RISORSE FINANZIARIE PER LO SVILUPPO Nel 2011 un’azienda italiana ha dovuto attendere mediamente 180 giorni prima di vedersi saldato un conto dalla pubblica amministrazione, 90 in più rispetto a quanto scritto sui contratti e 52 in più rispetto al 2009, anno in cui è scoppiata la crisi. Il dato, evidenziato dal centro studi della Cgia di Mestre, risulta ancora più allarmante se confrontato con i tempi di pagamento della Pa tedesca che paga i fornitori in 35 giorni, e di quella francese (64). Stesso andamento tra imprese e pri-
vati, nonostante un minore ritardo, e tra sole imprese, i cui tempi di pagamento, nel 2011, si dilatano in 103 giorni, 15 in più rispetto al 2009. Molte imprese italiane fanno così ricorso al factoring, uno strumento finanziario che sostiene la liquidità ed è anche in grado di supportare la successiva ripresa dell’attività economica. Ma a beneficiarne è soprattutto il settore pubblico, che rappresenta uno dei principali debitori, con oltre 13 miliardi di euro di crediti in essere al 31 dicembre 2011. E mentre le asso-
ciazioni di categoria chiedono una modifica della politica dei pagamenti verso le Pa in linea con quella europea, gli istituti bancari attuano nuove misure di finanziamento alle pmi e stilano criteri di merito creditizio che vanno dalla capacità di export a quella di fare rete. «Le banche devono puntare su quelle imprese che mostrano di essere capaci e di avere un buon prodotto», ha detto il leader di Confindustria Emma Marcegaglia, auspicando un atto di responsabilità nella selezione del credito. LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 37
MISURE NON CONVENZIONALI CONTRO LA CRISI DI LIQUIDITÀ «I debiti della pubblica amministrazione verso le imprese sono un macigno che rischia di vanificare gli sforzi delle banche a sostegno del credito». Il punto di Franco Ceruti Elisa Fiocchi
on il raggiungimento dell’intesa sulle nuove misure per il credito alle pmi, Abi e Alleanza Cooperative Italiane hanno redatto nuovi criteri per assicurare risorse adeguate al finanziamento alle imprese attraverso tre tipi d’intervento nell’ambito delle operazioni di sospensione e di allungamento dei finanziamenti e di promozione della ripresa e dello sviluppo delle attività. «Tenendo conto che la crescita del credito è rallentata, ma non si è mai interrotta – dichiara Franco Ceruti, presidente di Abi Lombardia – la nuova intesa, dopo quella del 2009 e del 2011, fornisce alcune risposte essenziali per il mondo imprenditoriale». A beneficiare del nuovo accordo saranno le piccole e medie imprese di tutti i settori operanti in Italia con meno di 250 dipendenti e con fatturato che non supera i 50 milioni di euro, oppure con totale attivo di bilancio fino a 43 milioni di euro.
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L’intesa, costantemente rinnovata negli ultimi anni, come cambierà le prospettive delle imprese nel breve periodo? «L'obiettivo dell’accordo è quello di assicurare la disponibilità di adeguate risorse finanziarie per le imprese che, pur registrando tensioni, presentano comunque prospettive economiche positive. In questo modo le imprese potranno far fronte ai problemi contingenti e programmare la competitività. Come ha ricordato il presidente dell’Abi, Giuseppe Mussari, le banche continuano così a mettere a disposizioni forza e disponibilità alle imprese, in un contesto economico non particolarmente buono anche per lo stesso settore bancario». Secondo la Cgia di Mestre, nel 2011 le insolvenze in capo alle imprese italiane hanno toccato gli 80,6 miliardi di euro, con un incremento rispetto l’anno precedente pari al 36 per cento. Come limitare al massimo i rischi che l’Italia corre in termini di tenuta del
sistema produttivo e bancario? «È un momento difficile per tutti, anche per le banche, le cui sofferenze sono in crescita costante. In questa situazione di crisi di liquidità per tutti è naturale che ci sia accortezza nel dare credito, che non è altro se non l’impiego dei soldi raccolti dalle banche dai piccoli risparmiatori, dalle famiglie e dal mercato finanziario. Chiedere di concedere credito senza l’adeguata valutazione del merito creditizio significa mettere in pericolo, di fatto, i risparmi degli italiani. In questa fase dobbiamo ragionare su misure non convenzionali, come la moratoria crediti con le associazioni d’impresa e quella con le associazioni dei consumatori. È ciò che l’industria bancaria sta facendo». Uno degli aspetti da trattare è risolvere i ritardati pagamenti della Pa. Quali prodotti ad hoc sono forniti dagli istituti bancari per affrontare il lungo periodo che va dalla prestazione del servizio al reale incasso della somma dovuta? «In questa fase è essenziale il pagamento, almeno parziale, dell’ingente mole dei debiti della pubblica amministrazione verso le imprese. Tra le ultime iniziative vi è l’accordo tra Abi e Cassa Depositi e Prestiti. Il nuovo plafond pmi è costituito da 10 miliardi di euro a disposizione delle banche per sostenere le piccole e medie imprese. Di questi fondi, 2 miliardi sono destinati ai crediti nei confronti degli enti pubblici».
Quali investimenti possono rilanciare l’economia lombarda? «Pur in presenza di una fase economica recessiva, siamo tra le regioni europee più importanti e trainanti. Il rilancio deve essere sostenuto dalla ormai improrogabile realizzazione delle principali infrastrutture per alcune delle quali già esistono coperture finanziarie: tratte stradali e ferroviarie, banda larga e maggiori investimenti in ricerca e innovazione. Ad esempio, la spesa in ricerca e sviluppo del Baden-Württemberg è quasi cinque volte quella della Lombardia. Se anche da noi si seguisse l’esempio tedesco, tutti i nostri settori - meccanica, metalmeccanica, sistema casa, sistema moda e agroindustria - ne sarebbero fortemente avvantaggiati e aumenterebbe la loro competitività». L’ export che ruolo sta svolgendo nel rilancio del Paese? «I distretti italiani devono continuare a puntare sulle esportazioni, confermandosi sui mercati maturi e incrementando le quote di mercato nei paesi cosiddetti emergenti. Ricordo che negli ultimi dieci anni la presenza lombarda in Cina è praticamente raddoppiata. Quelle aziende che invece da sole non se la sentono di affrontare processi di internazionalizzazione possono far ricorso ai contratti di rete, in modo da avere maggiore capacità di accesso ai mercati esteri. Solo così forse riusciremo anche a debellare la piaga della disoccupazione, in particolare quella giovanile».
Sopra, Franco Ceruti, presidente di Abi Lombardia
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EXPORT E SOLIDITÀ PATRIMONIALE Secondo Ambra Redaelli è questa la strategia di crescita vincente per scongiurare «un quadro di aziende appesantite da un ingente indebitamento bancario» Elisa Fiocchi
na forte vocazione verso i mercati esteri e una buona capacità di aggregazione sono oggi le carte che le aziende in cerca di finanziamenti dagli istituti bancari dovrebbero giocarsi. Il credit crunch e l’economia domestica stagnante hanno imposto nuovi criteri per aumentare il merito creditizio alle imprese, come ad esempio la capacità di esportazione, i buoni fondamentali, un business plan credibile e professionale, la capacità di aggregazione e innovazione, la disponibilità dell'imprenditore a investire nell’azienda fondi propri. «Le piccole e medie imprese della Lombardia vogliono reagire a questa lunga crisi che ha imposto profondi cambiamenti all’interno delle aziende» sostiene Ambra Redaelli, presidente del comitato Piccola industria di Confindustria Lombardia. «Già da tempo le pmi lombarde dimostrano una forte propensione all’export, oggi la sfida è sapersi aggregare e i contratti di rete sono un
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utile strumento per fondere competenze e obiettivi e rafforzarsi sui mercati». Seguendo questa direzione, i benefici dell’export e dell’aggregazione porteranno inevitabilmente a un miglior posizionamento sul credito. La Lombardia segue l’andamento nazionale o si registrano alcune specificità sul territorio? «Il territorio ha una forte propensione all’export e i venti distretti industriali che lo caratterizzano hanno messo a segno, per il quarto trimestre consecutivo, una performance di gran lunga superiore alla media distrettuale italiana e vicina al 20%, ad eccezione delle macchine tessili e le materie plastiche. Sulla produzione industriale c’è invece una battuta d’arresto nel settore dei minerali non metalliferi e del legno e mobilio, mentre primeggiano meccanica e siderurgia». La riapertura della moratoria sarà riproposta per chi non ne ha ancora usufruito. Quali ulteriori punti di accordo tra mondo
bancario e imprenditoriale saranno preziosi in futuro? «In questo momento la cosa più importante è rimuovere il pregiudizio e la demagogia. Con preoccupazione osservo che si è alzato un muro ideologico tra imprese e banche. La moratoria, proposta a tasso invariato rispetto al contratto originale, è il più evidente segnale che gli istituti di credito vogliono tornare a dare credito alle imprese, ed è il primo segnale tangibile del beneficio del Long term refinancing operation, la famosa liquidità erogata dalla Bce a dicembre e a fine febbraio. Percepiamo che le banche stanno tornando, timidamente, a fare impieghi. È questo il momento di impostare un dialogo costruttivo che guardi al futuro». Secondo Emma Marcegaglia le misure previste nella nuova moratoria sui crediti delle banche nei confronti delle pmi danno un sollievo significativo alle imprese ma non risolvono il tema del credit crunch. Quali ulteriori provvedimenti si rendono necessari? «Oltre alla moratoria, ulteriore ossigeno è stato offerto dall’accordo dell’1 marzo tra Abi e la Cassa depositi e prestiti per 10 miliardi di plafond, di cui 2 destinati allo sblocco dei pagamenti dovuti dalla pubblica amministrazione. Il rafforzamento del fondo centrale di garanzia, e l’apertura della Bei a sostenere il capitale circolante sono alcuni ingredienti importanti a rimettere in moto le nostre imprese. È stata messa in agenda per i prossimi mesi una particolare attenzione alla valorizzazione dei confidi, importanti protagonisti del credito. Credo però che le aziende italiane
debbano rafforzarsi patrimonialmente: il private equity, ad esempio nella formula prevista dal Fondo italiano di investimento, e il ricorso ai capitali di Borsa agevolati dal progetto Elite possono essere strade alternative molto interessanti». Il comitato da lei presieduto e Intesa Sanpaolo hanno stretto un accordo: come si valorizzerà il territorio lombardo? «L’istituto si mette concretamente a disposizione delle sedi territoriali di Confindustria per incontrare i singoli clienti, per intercettare le criticità, per valutare sinergie territoriali e raccogliere le proposte operative. Ogni tre mesi questo tipo di attività sarà oggetto di un monitoraggio a cura del comitato regionale di Confindustria Lombardia e dalle direzioni regionali di Intesa Sanpaolo». Come giudica finora la tenuta del sistema bancario italiano e su quali realtà produttive e alleanze nazionali deve puntare? «Il nostro è un sistema bancario sano, che non ha assorbito contributi pubblici di salvataggio come in altre realtà, prime tra tutte Stati Uniti, Germania e Gran Bretagna. La crisi del debito, il blocco di liquidità aggravato dall’elevato spread, nonché gli stringenti parametri dell’Eba e di Basilea III, hanno bloccato lo sviluppo e ne hanno minato il valore di mercato. Ci vorrà tempo per tornare alla normalità ma se il nostro sistema bancario saprà, come sempre, rivolgersi al mercato manifatturiero italiano e alle piccole e medie imprese potrà tornare a essere un interlocutore forte per imprese forti».
Sopra, Ambra Redaelli, presidente del comitato regionale Piccola industria di Confindustria
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STRUMENTI CHE INCENTIVANO IMPRESE E PROJECT FINANCE «“Credito Adesso” è una boccata d’ossigeno in quanto anticipa il 50 per cento dell’ordine o contratto alla firma». Marco Nicolai introduce il nuovo strumento in favore delle pmi lombarde Elisa Fiocchi inlombarda interviene in supporto alle politiche di sviluppo economico e sociale della Regione Lombardia attraverso una serie di strumenti che vanno dal private equity mobiliare e immobiliare al project finance, dalle garanzie ai fondi sovranazionali dell’Unione europea o della Bei. Da poco più di due mesi, la società finanziaria ha attivato sul territorio l’iniziativa “CreditoAdesso”, mettendo a disposizione una linea di credito agevolato di 500 milioni di euro in cofinanziamento con Bei, Regione Lombardia e sistema bancario convenzionato con l’obiettivo, come afferma il presidente Marco Nicolai, «di soddisfare le esigenze di liquidità delle pmi lombarde del manifatturiero, dei servizi alle imprese, del commercio all’ingrosso e delle costruzioni». A oggi sono pervenute oltre 1.800 domande, chiaro segnale che le risorse finanziarie, specialmente per alimentare la gestione ordinaria, sono una delle esigenze più
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sentite dagli imprenditori nell'attuale congiuntura economica. Qual è la chiave del successo di Credito Adesso? «Tecnicamente è un finanziamento del circolante d’impresa perché con l’anticipo all’ordine finanzia gli acquisti, le lavorazioni, le scorte e la dilazione riconosciuta a un cliente, tutte componenti che alimentano il capitale circolante e che necessitano di essere finanziate per evadere un ordinativo. Sono finanziati ordini o contratti, anche cumulabili, con un importo complessivo di almeno 100mila euro. I finanziamenti, come accennato, coprono il 50% del valore dell’ordine o del contratto, vanno da un minimo di 50mila a un massimo di 500mila euro, hanno una durata di 24 o 36 mesi, sono rimborsabili con rate fisse semestrali. Grazie al contributo in conto interessi della Regione, le imprese possono beneficiare di una riduzione del costo del finanziamento di un punto per-
centuale. Non richiede garanzie reali, né spese istruttorie, né rendicontazione della spesa, basta presentare il semplice ordine o contratto». E quali strumenti sono messi a disposizione per finanziare gli investimenti? «Si va dal “Made in Lombardy”, co-finanziato da Finlombarda e Bnl, alle linee di intervento del Fondo di rotazione per l’imprenditorialità (Frim), convenzionato con diverse banche. Made in Lombardy finanzia investimenti per lo sviluppo competitivo nella misura del 60% con mutui fino a due milioni di euro e una garanzia regionale che copre l’80% dell’importo di ogni singolo finanziamento. Il Frim finanzia gli investimenti per lo sviluppo e la crescita d’impresa con interventi finanziari da minimo 20mila a massimo 1,5 milioni di euro e di durata da 3 a 7 anni a tassi agevolati». Sul fronte del finanziamento delle infrastrutture, secondo l’ultima rilevazione della vostra Guida agli operatori del project finance, questo mercato regge con fatica. Per quali motivi? «Premetto che la Lombardia è la regione che con 10,4 miliardi di euro di investimenti aggiudicati detiene la quota di mercato per la finanza di progetto più significativa d’Italia pari al 39,2% delle aggiudicazioni (26,6 miliardi di euro). Il primato lombardo è principalmente ascrivibile ai progetti promossi dal nostro governo regionale (5,2 miliardi di euro) che rappresentano, infatti, il 49,7% delle aggiudicazioni in Lombardia. Il coinvolgimento dei privati nella realizzazione di infrastrutture è stata anche la nostra mission e ha trovato in Lombardia la cultura adeguata. Nonostante il coinvolgimento dei
privati sia essenziale nel finanziamento delle infrastrutture, non è però pensabile rilanciare gli investimenti confidando solo nella loro iniziativa. L’evoluzione del quadro normativo nazionale non aiuta perché il Patto di stabilità interno sancisce ancora un vincolo significativo agli investimenti e nello specifico al pagamento delle imprese che li realizzano. Non è pensabile poi coinvolgere i soggetti privati senza aver trovato una soluzione anche agli allarmanti ritardi nei pagamenti della pubblica amministrazione. Va poi detto che il beneficio fiscale previsto dalla legge di stabilità di Tremonti e dai decreti di Monti, riconosce l’assolvimento del versamento dell’Iva in compensazione con l’importo del contributo pubblico a fondo perduto riconosciuto ma non riguarda tutte le categorie di opere ed è subordinato all’autorizzazione centrale». Cosa può contribuire al rilancio del project finance? «Non può mancare un contributo finanziario e un set di strumenti incentivanti che usino anzitutto la leva fiscale e questo non può che abilitarlo il governo, considerato che il contributo alla manovra pubblica chiesto agli enti locali ha contratto le risorse a loro disposizione ben al di sotto dei livelli di guardia, passando da un peso di 17,5 miliardi di euro nel triennio 2009-11 a 52,6 miliardi nel triennio 2012-14. A ciò si aggiunga un quadro normativo che nel nostro Paese manca di una visione d’insieme, in quanto esito di reiterati micro interventi di chirurgia legislativa il cui risultato è un Frankenstein che stenta a muoversi con la dovuta agilità sul mercato».
Sopra, Marco Nicolai, presidente del Consiglio di gestione di Finlombarda
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FACTORING, È BOOM DI FINANZIAMENTI Uno strumento che sostiene la liquidità delle imprese ed è in grado di supportare anche la successiva ripresa dell'attività economica. Ne parla Antonio De Martini Elisa Fiocchi
l factoring è uno strumento finanziario basato sulla cessione del credito commerciale a una banca o a un intermediario finanziario e può risultare particolarmente efficace sia per sostenere le imprese in un contesto di difficoltà come quello attuale, sia per rilanciare lo sviluppo dell’economia. «Pur essendo uno strumento prevalentemente finanziario, risponde anche a esigenze e fabbisogni di tipo diverso» sottolinea il presidente di Assifact, Antonio De Martini. «Si compone di diversi servizi, combinati in diverso modo a seconda delle esigenze manifestate da ciascuna impresa: gestione e incasso dei crediti; protezione del rischio di credito; anticipazione di una parte del corrispettivo dei crediti ceduti». Nel 2011 il settore ha registrato una forte accelerazione crescendo del 22% (168 miliardi di euro), con un peso rispetto al Pil aumentato al 10% rispetto all’8,5% dell’anno precedente, anche di pari passo con l’aumento dei giorni di ritardo di pagamento da parte della pubblica amministrazione alle imprese fornitrici. Quali vantaggi fornisce questa
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forma di finanziamento alternativo e chi sono i nuovi clienti attirati dall’innovazione nell’offerta e dai tassi di interesse molto competitivi, nel punto di Antonio De Martini. Quali sono i reali vantaggi del factoring? «Contrariamente a quanto accade nei rapporti bancari, il factor valuta non solamente l’impresa cedente i crediti, ma anche la qualità dei crediti stessi e quindi dei debitori. Il rischio del factoring è dunque più contenuto rispetto a quello di un finanziamento bancario e ciò si riflette in un livello di tassi minore. Inoltre, il factoring privilegia un rapporto di lungo periodo con il cedente, che consente di superare le asimmetrie informative tipicamente alla base del razionamento del credito da parte delle banche». L’Italia è al quarto posto al mondo in questo comparto. Che prospettive si registrano nel breve periodo? «L’uso del factoring può portare benefici sia all’impresa cedente, consentendo di sincronizzare e ottimizzare i flussi in entrata e in uscita, che al de-
bitore ceduto, a cui il factor può concedere un’ulteriore dilazione dei termini di pagamento. Con riferimento all’anno 2012 gli operatori esprimono un’aspettativa di crescita media del mercato positiva, pari a +8,10% per il turnover: si prevede quindi il consolidamento della crescita anche nell’anno in corso». Chi sono i potenziali clienti che si rivolgono al mercato del factoring? «Il factoring, date le sue caratteristiche di strumento composito e flessibile, si adatta a tutte le fasi del ciclo di vita aziendale, dalla piccola impresa che necessita di una fonte aggiuntiva di liquidità alla grande azienda che desidera affidare a un operatore specializzato la gestione del proprio portafoglio di crediti commerciali. Le pmi rappresentano il cliente “naturale” e quelle che ricorrono maggiormente al factoring sono le imprese manifatturiere e del commercio. Di rilievo è anche il settore delle costruzioni, il settore energetico e il settore della sanità. Circa un terzo dei crediti ceduti sono vantati nei confronti della pubblica amministrazione». La cessione del credito può avvenire in due forme: pro soluto e pro solvendo. «Il factoring “pro solvendo” consiste nella gestione e nell’eventuale anticipo dei crediti ceduti da parte del factor, mentre il rischio di insolvenza rimane a carico del cliente. Il factoring “pro soluto” rappresenta invece lo strumento attraverso il quale il factor garantisce il buon fine dei crediti ceduti, svolge il servizio di gestione ed eventualmente ne anticipa una parte. In genere, nell’ambito di un classico rapporto di factoring, il factor accorda al cliente un “plafond” pro soluto rotativo, determina l’ammontare del finanziamento ero-
gabile e provvede a gestire i crediti ceduti. In Italia il factoring pro soluto, nelle sue varie forme, rappresenta oltre i due terzi del mercato». Come il factoring ha ridotto negli squilibri dovuti ai ritardi di pagamento della pubblica amministrazione? «Ha dato un contributo significativo: il settore pubblico rappresenta uno dei principali debitori ceduti del settore del factoring, con oltre 13 miliardi di euro di crediti in essere al 31 dicembre 2011, pari a circa un terzo del monte crediti totale e a circa un quinto dell’ammontare complessivo dei crediti commerciali vantati dalle imprese verso la pubblica amministrazione». A livello strutturale, sul medio-lungo termine, gli addetti ai lavori lamentano la mancanza di una soluzione per i ritardi dei pagamenti della Pa. Quali proposte sta elaborando Assifact? «Appare assolutamente necessario eliminare le diverse norme vessatorie che consentono alla pubblica amministrazione di non pagare i propri debiti e deve inoltre essere dotata di bilanci chiari che consentano di comprendere su quali fondi vengono effettuati i pagamenti ai fornitori e come vanno definiti in modo chiaro i criteri di pagamento dei debiti. Uno strumento utile è l’istituto della certificazione dei crediti verso la Pa, che ne conferma la certezza, esigibilità e liquidità. Per migliorare la tempistica degli incassi da parte delle imprese, sarebbe invece opportuno sollecitare iniziative di factoring indiretto (o “reverse factoring”) in cui è la pubblica amministrazione stessa a farsi promotrice di operazioni di cessione dei debiti verso i propri fornitori, i quali ricevono il pagamento direttamente dalla società di factoring».
Antonio De Martini, presidente di Assifact
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UNO STRUMENTO UTILE PER IMPRESE E PA L’Italia resta il fanalino di coda in Europa per crediti verso la pubblica amministrazione e tempi d’incasso: «Serve una modifica alla politica dei pagamenti» sostiene Roberto Ruozi Elisa Fiocchi
l volume d’affari mondiale del factoring nel 2010 ha superato i 1.600 miliardi di euro, con una crescita del 28% rispetto al 2009. Tra i mercati che hanno registrato un netto balzo in avanti c’è la Cina, che solo cinque anni fa non si collocava nemmeno fra i primi dieci paesi mentre oggi, con 154,5 miliardi, rappresenta il secondo mercato mondiale del factoring. Anche in Italia il comparto ha registrato un considerevole salto in avanti nei primi quattro mesi del 2011 (+32%), con una crescita legata sia all’ingresso di nuovi clienti, sia ai tassi di interesse spesso più convenienti rispetto al sistema bancario. Dal marzo 2010 al marzo 2011, infatti, quelli applicati dalle banche sulle nuove operazioni di prestito alle imprese sono passati dall’1,94% al 2,88%, mentre i tassi praticati dalle società di factoring alla clientela sono rimasti invariati, se non più bassi ri-
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spetto agli altri strumenti finanziari. La netta differenza è emersa già alla fine del 2010, quando la quota di sofferenze sui finanziamenti nel factoring era di circa l’1,7%, rispetto al 4% del sistema bancario. «Nel momento in cui l’istituto bancario ha qualche difficoltà a finanziare le imprese, il factoring svolge un ruolo interessante per tutti, per le imprese ma anche per la pubblica amministrazione» sottolinea Roberto Ruozi, professore di economia degli intermediari all’Università Bocconi di Milano, dove è stato rettore dal 1996 al 2002. Ora il vero nodo da sciogliere riguarda i crediti verso le amministrazioni locali, che rappresentano circa il 58% del portafoglio crediti verso la pubblica amministrazione, mentre una parte rilevante (36%) è composta da crediti verso enti del settore sanitario. «L’anno scorso i crediti acquistati dalla Pa sono stati superiori ai 13 miliardi di euro.
Altro che noccioline, qui si tratta di un problema serio» avverte Ruozi, che già nel 1994 ha collaborato al volume “Il factoring tra regolamentazione e mercato”, e che analizza le evoluzioni di questo strumento, soffermandosi sui rischi che lo Stato italiano può incontrare se non sarà in grado di assicurare i pagamenti e di rimettersi in linea con gli altri Paesi europei. Sui tempi di incasso dei crediti commerciali delle imprese, si è evidenziato nel 2010 un sensibile allungamento: 96 giorni di media, che arrivano a 186 quando i crediti riguardano la pubblica amministrazione, il livello più alto fra i maggiori Paesi europei. Come superare questo problema strutturale nel lungo periodo? «La pubblica amministrazione non può andare avanti così, nel modo più assoluto. Non può esimersi dall’uniformarsi alla media europea e da una seria modifica nella politica dei pagamenti che deve essere imposta e realizzata. Quello che serve urgentemente è una disposizione emanata dal governo per ridurre il termine previsto dei pagamenti, affinché il termine contrattuale sia rispettato e siano rimossi una serie di ostacoli formali alla cessione del credito, come ad esempio accade in numerosi appalti. È nell’interesse del factoring, ma anche nell’interesse stesso della Pa e di tutte le imprese che operano per conto dello Stato. Credo che l’associazione di categoria stia dandosi da fare per sottoporre al governo alcuni provvedimenti concreti in questo senso».
Il livello di attenzione politica al tema del factoring e alle politiche di accesso al credito è sufficiente nel nostro Paese? «Il premier Mario Monti ha più volte sottolineato la grave situazione del nostro Paese, i rischi che lo Stato non sia più in grado di assicurare i pagamenti se si procede in questa direzione. Questo scenario non riguarda solo lo Stato, ma anche tutti i suoi creditori e il mondo finanziario. Una simile situazione potrebbe generare un vero default, ma la ragione mi induce a credere che qualche cosa sarà fatta in tal senso». Come l’Italia si posiziona rispetto agli altri Paesi europei nella politica del credito? «Salvo l’aspetto particolare delle Pa, gli altri problemi sono stati felicemente risolti. Viceversa, per le Pa, credo sia noto a tutti che siamo il fanalino di coda dei paesi evoluti dell’Unione europea. Dovremmo quindi seguire gli esempi degli altri paesi europei, che si sono messi a posto a beneficio di tutti». Quali prospettive economiche, contrattuali, fiscali, contabili e internazionali riguarderanno il factoring italiano nel 2012? «L’industria del factoring ha raggiunto uno stadio di relativa maturità, non sono attesi cambiamenti radicali. Il 2012 sarà la logica continuazione del 2011, che è stato un anno molto interessante. Il settore si sta espandendo anche perchè l’azione di supplenza del mondo bancario ha una valenza nuova».
Roberto Ruozi, economista e presidente di Banca Intermobiliare
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MERCATO DEL LAVORO
E adesso bisogna passare dalle parole ai fatti Diritto dei giovani al lavoro e al futuro. Più tutela per tutti i disoccupati “involontari”. Maggior competitività per le imprese italiane. Il castello della Cgil fatto di “ipergarantismo” è sotto assedio. Gli obiettivi della riforma del lavoro del ministro Elsa Fornero Renato Farina, deputato della Repubblica
ra qualche anno non sarà ricordata per quegli occhi annegati di pianto, ma per la riforma del lavoro. Che riforma sarà? I particolari si stanno definendo in queste settimane, toccherà al Parlamento dire di sì o di no, piacciano o no ai sindacati e ai conservatori di sinistra. Intanto però il ministro del Welfare e delle Pari opportunità Elsa Fornero ha disegnato il nuovo panorama. Ed è senza nebbie, aria pura, ma cime aspre, e rischio di valanghe. Più che una riforma, è una rivoluzione. Un’architettura dove cambia la prospettiva da cui guardare i contratti di lavoro, gli ammortizzatori sociali, i rapporti tra lavoratori e imprese. Non è soltanto la riforma del “mercato del lavoro”, ma dell’idea di lavoro. Un salto da watusso di mentalità. Lo scopo della politica non è cercare di garantire il posto, fisso o meno, utile o no, purché si campi: quello è il mito socialista. Ma bisogna anche che la persona non sia sola, abbandonata nella giungla del capitalismo selvaggio. Si chiama economia sociale di mercato, ed è quello che il centrodestra
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Elsa Fornero
Siamo molto prudenti nel dare per scontato che ce la farà. Però le sue idee, almeno quelle emerse fino a oggi, ci piacciono e guai a chi le tocca
ha scritto nei suoi programmi: si tratta piuttosto di fidarsi della società, e la politica deve sostenerla non sostituirla nella creazione del lavoro: un mondo dove ciascuno, a prescindere da età, origini sociali, condizioni di salute, sarà sostenuto nel dramma della vita dai suoi fratelli uomini. Un uomo, però, non un pulcino cui lo Stato e gli enti di previdenza, vigilati dai sindacati, devono accudire vita natural durante. Diciamo che – se il ministro ce la farà! – sarà come passare dalla guida a destra alla guida a sinistra (nessuna allusione politica): la direzione verso cui andare sarà sempre quella, e cioè dare sicurezza sociale, garantire che nessuno finirà nel disastro se dovesse chiudere un’azienda. Ma lo stile di guida, il senso di marcia è invertito. Si parte dal diritto dei giovani al lavoro e al futuro, dal merito (che non è essere solo bravi, ma anche buoni), invece che dal “diritto acquisito” dei già garantiti a essere più garantiti. Insomma, il castello dei sindacati, dove i vari re e regine tipo Camusso e Landini, regnano con l’alibi di difendere i lavoratori, è sotto assedio. Per questo, Susanna Camusso e la sua Cgil le stanno tentando tutte per togliersi dai piedi Elsa Fornero. Ahi, se fosse destra, l’avrebbero già fatta a pezzettini. Ma la professoressa Fornero appartiene a quella sinistra riformista con-
tro cui in passato (si spera sia solo in passato) le Brigate rosse hanno puntato le loro pistole (D’Antona, Biagi) o le loro minacce (Pietro Ichino). Tutto questo provoca nemici. E anche il suo carattere non è fatto per le battaglie dei cuscini, dove ci si tira dei gran colpi di piume d’oca. La drammaticità dell’ora, la dimensione cosmica della crisi, non ammette giochi a tamburello o rimandi alle calende greche quando saremo travolti dai guai senza rimedio. Un’impresa audace. Per questo siamo molto prudenti nel dare per scontato che ce la farà. Avvertiamo però che le sue idee, almeno quelle emerse fino a oggi, come terre emerse dal Mar delle Lacrime ci piacciono e guai a chi le tocca. Ricordate? Conferenza stampa, domenica 5 dicembre. Annuncia misure dolorose sulle pensioni accanto al presidente Monti, non riesce a trattenersi. Diciamo che le lacrime del primo giorno sono state un falso allarme, un’icona sbagliata. Non erano un avviso ai naviganti della politica e del sindacato perché tenessero conto che il loro interlocutore-avversario sarebbe stata d’ora in poi una donna emotiva, in fondo sentimentale. O peggio un’ipocrisia da coccodrilla (pardon, coccodrillo) dopo il pasto. Era l’avviso che faceva sul serio. Vediamo qualche punto, sapendo che il ministro è ancora nella fase in cui LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 49
MERCATO DEL LAVORO
ascolta tutti, lavora di scal-
pello e di cesello. Ma non sta “concertando”. Non pretende che siano tutti d’accordo. Non offrirà mezze porzioni. Alla fine, entro marzo, consegnerà il pacchetto della rivoluzione alle Camere. Si prendano la responsabilità di dire di no. E i sindacati di andare in piazza. 1) L’articolo 18. Non esiste in nessun paese del mondo. Garantisce i lavoratori delle grandi aziende: non possono essere licenziati, salvo in pratica la chiusura dell’azienda. Dopo di che per anni e anni hanno cassa integrazione eccetera. I famosi ammortizzatori sociali ordinari e straordinari. Be’, con molto coraggio Elsa Fornero ha spiegato che il 18 non è un numero perfetto. Anzi. È un totem di una tribù fuori dal tempo. L’impossibilità di licenziare in aziende sopra i 15 dipendenti frena le assunzioni, impedisce gli investimenti esteri. Nella lettera della Banca centrale europea spedita al Governo Berlusconi e fatta propria da Monti c’è l’invito a scardinare l’articolo 18: bisogna aumentare la flessibilità in uscita per agevolare maggiori assunzioni. E per riformare nel profondo il sistema delle imprese. Le aziende italiane combattono sui mercati esteri, sono ricche di competenze e di creatività imprenditoriali, ma sono piccole, non crescono dimensionalmente, fanno fatica a fondersi. I motivi sono molti: la nostra cul-
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tura, certo, l’ossessione del controllo. Ma anche, e forse soprattutto, l’articolo 18. Ha scritto il professor Giampiero Cantoni: “È paradossale ma va così: la paura di non poter licenziare domani spinge a non assumere oggi. E questo è tanto più vero nel caso di investitori stranieri. Chiunque guardasse la struttura produttiva italiana, abbondante di imprese medie e piccole, la immaginerebbe più interessante per i fondi di private equity (quelli che mettono capitali e competenze manageriali nelle imprese, per rivenderle una volta rese più efficienti) che la Francia, paese di aziende più grandi e con un ruolo di programmazione dello Stato molto più forte. Purtroppo non è così: si fa più private equity in Francia che in Italia. Sono tutti quattrini che perdiamo: chi viene dall’estero e porta risorse porta opportunità a tutti e, alla lunga, maggiore occupazione”. L’articolo 18 è un simbolo. Ma non dei diritti. Bensì dei diritti acquisiti a scapito di chi non ne ha né ne avrà. Per questo va tolto di mezzo, con la dovuta gentilezza e persino metten-
Susanna Camusso e la sua Cgil le stanno tentando tutte per togliersi dai piedi Elsa Fornero
dosi sugli attenti se serve, il simbolo di un’Italia irriformabile. Per questo si insiste sul punto. 2) Occorre cambiare i contratti. Per Fornero serve un contratto “in evoluzione”. Ha detto: «Occore un contratto che evolva con l’età dei lavoratori piuttosto che contratti nazionali specifici che evolvono per tutte le età». Quello a cui pensa il governo è un modello di contratto che si «iscrive attorno alla vita del lavoratore». Il tutto
Elsa Fornero
Nella pagina precedente, Maurizio Landini e Susanna Camusso; in basso, Marco Biagi
per favorire la «formazione e la partecipazione al mercato del lavoro ad ogni età». Insomma: è finita l’età dei contratti corporativi, di tessili, metalmeccanici, eccetera, ciascuno con clausole di anzianità che dipendono
dal momento di ingresso e non dall’età effettiva. 3) Il nemico non è il tempo determinato, ma la disoccupazione. Il giudizio è dunque positivo sui contratti flessibili. Ma occorre che sia una “ flessibilità buona”. Il governo non vuole abolirli ma “evitare che si passi da un contratto a tempo determinato all’altro restando sempre determinati”. Come uscirne: l’idea è quella del «premio di stabilità» per le imprese che trasformano i contratti flessibili in rapporti a tempo indeterminato. Insomma. Tu assumi a tempo? Paghi 100 di contributi. Rinnovi il contratto sempre a tempo? Aumentano, diventano 150. Poi se confermi il ragazzo a tempo indeterminato, pagherai 50 per un po’ di anni. Questo evita l’usa e getta dei giovani. Inoltre basta con lo stage gratuito, in realtà furti di lavoro. Piuttosto si affronti seriamente la
questione dell’apprendistato. 4) Gli ammortizzatori sociali. Il mito in corso è quello che i sindacati tutelerebbero questo sistema che garantisce alla gente di non finire sul lastrico se perde lavoro o la ditta va in crisi. Balle. Le prove? L’obiettivo del governo è quello di estendere gli ammortizzatori sociali a tutti i lavoratori (circa 12 milioni). Elsa Fornero ha scioccato tutti: oggi su questi 12 milioni quanti sono i tutelati da cassa integrazione eccetera? Cinque milioni! Sette milioni sono esclusi. Non si capisce perché debbano esserci degli esclusi. In presenza di risorse carenti, occorrerà spalmare le tutele su tutti, un po’ meno ma per tutti. Invece i sindacati, e in specie la Cgil, esigono che le tutele che hanno i 5 milioni siano trasferite per magia a tutti e dodici. Ovvio che sia impossibile, perché non esiste ancora il ministro della moltiplicazione dei pani e dei pesci, ma serve a tutelare il proprio castello e a ingannare i giovani. 5) Ci deve essere un reddito minimo per tutti i disoccupati “involontari”, e che sia uguale per tutti. È finita con la giungla dei casi particolari. Chissà quali altre cose verranno fuori, ma il disegno forneriano è quello. E se non la fermeranno cammin facendo cambierà in meglio l’Italia. Anzi permetterà all’Italia di esistere ancora. Siamo un po’ drastici è così. E allora altro che le lacrimucce della Fornero. Ahia, mi è scappato la preposizione articolata al femminile. Nessuno è perfetto. LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 51
MERCATO DEL LAVORO
Responsabilizzare le imprese che licenziano Evitare che il sostegno al reddito dilati i periodi di disoccupazione e ridurre il contenzioso giudiziale sul licenziamento. Sono le priorità individuate da Pietro Ichino sul fronte caldissimo della riforma del lavoro Francesca Druidi
l futuro dell’Italia dipende dalle possibilità che le nuove generazioni - e le donne in generale - avranno per trovare “buona occupazione” e dalla capacità di estendere tutele economiche e professionali a chi oggi non le ha. Da qui l’importanza della riforma del mercato del lavoro, che in queste settimane vive le sue fasi cruciali. Alcuni punti chiave della questione nel suo complesso sono discussi dal docente, giuslavorista e senatore Pietro Ichino. Il Governo Monti sembra propendere per il modello di flexsecurity da lei delineato. Quali condizioni e ostacoli si rilevano per la sua concreta ed effettiva attuazione? «Il problema più grave in questa materia non è quello delle risorse ma riguarda, invece, il fatto che i periodi di disoccupazione tendono ad allungarsi in corrispondenza della durata
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Pietro Ichino, docente, giuslavorista e senatore del Partito Democratico
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del sostegno del reddito. Per evitare questo effetto pesantemente negativo è indispensabile la capacità concreta di condizionare l’erogazione alla disponibilità reale del lavoratore». Come lo si risolve? «Oggi i servizi pubblici italiani sono totalmente privi del know-how necessario per l’esercizio di questa condizionalità nell’erogazione del sostegno del reddito al lavoratore disoccupato. Questa incapacità incide pesantemente sulla durata delle erogazioni e, quindi, sul fabbisogno complessivo. L’unico modo in cui questo nostro difetto di knowhow può essere ovviato consiste nell’attivare gli incentivi giusti, nei confronti di chi può realisticamente individuare i servizi di assistenza efficienti e far funzionare la condizionalità necessaria». Chi può farlo? «L’impresa stessa che licenzia. Si tratta, in sostanza, di coniugare il trattamento di disoccupazione erogato dall’Inps con un trattamento complementare a carico dell’impresa, strutturato in modo da gravare di meno per un primo periodo ed erogato sulla base di un “contratto di ricollocazione” - il cui standard minimo sia fissato per legge - firmato dal lavoratore con l’impresa stessa. Durante il primo periodo l’azienda sarà in questo modo fortemente incentivata a scegliere il meglio delle società di outplacement, facendo sì che quella prescelta fornisca il servizio di tutoraggio nella maniera migliore».
Pietro Ichino
A prescindere dal suo modello, di quali elementi una riforma del lavoro non può assolutamente fare a meno? «È indispensabile sostituire il filtro giudiziale sul giustificato motivo di licenziamento con un filtro costituito dal severance cost, il costo del recesso, a carico dell’impresa che licenzia. È essenziale poi che il trattamento complessivo di disoccupazione sia composto da una parte coperta dall’assicurazione generale e una parte a carico dell’impresa che licenzia: questo consente di ridurre l’entità del contributo assicurativo per il trattamento generale, evitando un indebito allargamento del cuneo contributivo, e al tempo stesso di istituire un premio implicito per l’impresa più capace di manpower planning». Qual è la portata, in termini di evoluzione delle relazioni industriali italiane, dell’accordo interconfederale del 28 giugno scorso su contratti e rappresentanza? «È una svolta importantissima, che rende il nostro sistema delle relazioni industriali molto più fluido, più aperto all’innovazione nell’organizzazione del lavoro, quindi anche agli investimenti stranieri». In che misura l’apertura a modelli di organizzazione del lavoro stranieri potrebbe migliorare le condizioni dei lavoratori italiani? «Gli investimenti delle grandi multinazionali sono spesso accompagnati da piani industriali fortemente innovativi, che portano con sé maggiore produttività del lavoro, quindi anche retribuzioni e condizioni di lavoro migliori». Per risolvere il problema dei bassi redditi italiani occorre agire su più fronti: i modelli produttivi, ma anche fisco, welfare, sostegno alla famiglia. Quali i punti cardine indispensabili per una riforma ad ampio spettro che incentivi l’occupazione, in particolar modo quella giovanile e femminile, al momento le più svantaggiate nel nostro Paese?
Occorre anche aumentare nettamente il tasso di occupazione dei giovani, offrendo loro servizi migliori per la transizione dalla scuola al lavoro
«Occorre innanzitutto aumentare assolutamente il tasso di occupazione femminile. Per questo serve un grande investimento in servizi alla famiglia, in particolare asili nido, ma può svolgere un ruolo importantissimo anche un incentivo fiscale selettivo. Occorre anche aumentare nettamente il tasso di occupazione dei giovani, offrendo loro servizi migliori per la transizione dalla scuola al lavoro. Nello specifico, è indispensabile un servizio capillare ed efficiente di orientamento scolastico e professionale che raggiunga ogni adolescente all’uscita da ciascun ciclo di studi, per aiutarlo a conoscere che cosa gli riserva il mercato dell’istruzione e quello del lavoro. Più in generale, occorre spalancare il Paese agli investimenti stranieri, andando anche a cercarli attivamente e imparando a contrattare i piani industriali innovativi a 360 gradi».
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MERCATO DEL LAVORO
Intervenire sul costo del lavoro e la certezza del diritto ifficile prevedere quali contorni assumerà la riforma del mercato del lavoro in Italia. «Vi è spazio – commenta l’avvocato Salvatore Trifirò – per introdurre una maggiore flessibilità in entrata e in uscita, così come per dare adeguate tutele ai lavoratori». Il nodo critico resta però la crescita del Paese. «Se manca questo aspetto - e nulla è stato fin qui fatto dal governo, che ha realizzato solo misure recessive - gli imprenditori non investono, i posti di lavoro non si creano e il discorso su tutele e mercato del lavoro resta un esercizio accademico». Da quali principi cardine un’efficace riforma del lavoro non può e non deve prescindere? «Costo del lavoro e certezza del diritto. Affinché gli imprenditori, specialmente quelli stranieri, investano occorre, da un lato, abbattere il costo del lavoro senza ridurre la retribuzione e, dall’altro, avere regole certe. Sotto il primo profilo, è fondamentale sgravare le aziende di costi inutilmente gravosi, ri-
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Salvatore Trifirò, fondatore dello Studio Trifirò & Partners Avvocati
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Si tenta di riformare il mercato del lavoro, tra esigenze di tutela e flessibilità. «Poche e semplici regole che disciplinino i rapporti di lavoro, le relazioni sindacali, la sicurezza sul lavoro, il processo». La ricetta di Salvatore Trifirò Francesca Druidi
ducendo la pressione fiscale e contributiva. Lo smodato ricorso, negli ultimi anni, ai contratti a progetto e altre tipologie contrattuali non nasce da esigenze di flessibilità. La verità, purtroppo, è un’altra: molte imprese hanno intravisto in tali forme atipiche di lavoro un modo attraverso il quale accollarsi minori oneri. Sotto il secondo profilo, è ora di mettere fine alle innumerevoli leggi vigenti, mal scritte e fonti di grandi incertezze che, nella pratica, costano caro alle aziende. Ecco, dunque, la ricetta: poche e semplici regole che disciplinino i rapporti di lavoro, le relazioni sindacali, la sicurezza sul lavoro, il processo. Dare più spazio alla contrattazione aziendale rispetto a quella nazionale. Accelerare al massimo la giustizia del lavoro». Quali i punti fondamentali sul fronte della flessibilità in entrata e in uscita? «Sul primo versante, occorre introdurre, a fronte delle molteplici tipologie dei rapporti di lavoro sospesi tra subordinazione/parasubordinazione/autonomia, due sole forme di contratti di lavoro: subordinato e autonomo. In particolare, per la subordinazione servirebbe limitare il ricorso alle assunzioni a termine solo per esigenze sostitutive o per far
Salvatore Trifirò
fronte a picchi di produttività. Al di fuori di tali ipotesi ci dovrebbe essere solo la stipulazione di contratti a tempo indeterminato. Bisognerebbe poi attribuire al lavoro autonomo maggiore spazio anche nell’ambito dell’impresa». In che modo? «Attraverso rapporti caratterizzati dalla continuità della prestazione; da retribuzione fissa o incentivante; da direttive e controlli sull’esecuzione della prestazione, ma anche liberi dal sistema parassitario e soffocante delle contribuzioni cosiddette sociali e dalla cosiddetta tutela sindacale. Per incentivare la diffusione di questi rapporti, si potrebbe pensare a maggiori compensi, così come all’assenza di vincoli di esclusiva nei confronti del datore per il lavoratore, che sarebbe libero di lavorare an-
che per altri, seppur nel rispetto dei principi di correttezza, buona fede e riservatezza. Sul versante della flessibilità in uscita, occorrerebbe abolire la riammissione in servizio e/o la reintegrazione dei lavoratori, con il solo limite della reintegrazione forzosa dei licenziamenti discriminatori». Un eventuale intervento sull’articolo 18, tema travagliato nella storia delle relazioni industriali del nostro Paese, migliorerebbe realmente lo scenario del mercato del lavoro o si tratta ormai di un tabù? «L’articolo 18 è, a mio avviso, solo uno spauracchio, ingigantito dalle lunghe discussioni che si sono fatte e che viene agitato, o dall’una o dall’altra parte, più per una questione di “bandiera” che di vera sostanza. Nella pratica, infatti, la stragrande maggioranza dei lavoratori reintegrati in servizio opta per l’indennità di 15 mensilità prevista dalla norma in sostituzione alla reintegrazione. La stortura della normativa è semmai conseguenza del mal funzionamento della giustizia. La norma, infatti, aggiunge alle mensilità previste il pagamento delle retribuzioni non percepite dalla data di licenziamento fino a quella dell’effettiva reintegrazione». La giustizia italiana, inoltre, va a rilento e questo non aiuta. «Sì, e infatti il datore di lavoro spesso si vede esposto a un onere risarcitorio che può divenire ingente a seconda della durata del processo. È proprio partendo da questi dati che sostituirei la reintegrazione “forzosa” con la “reintegrazione per equivalente” e ciò nella misura fissa già prevista dallo stesso art. 18 (o altra da concordare), con l’esclusione del pagamento delle retribuzioni dalla data del licenziamento sino a quella dell’effettiva reintegrazione. In tal modo, l’art. 18 può sopravvivere senza intaccare, da un lato, la flessibilità in uscita, dall’altro, la certezza dei lavoratori circa la tenuta del loro contratto di lavoro, sia a tempo determinato che indeterminato». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 55
AGROALIMENTARE
Sulle tracce dei contraffattori vocazioni o assonanze con marchi Dop e Igp, mancato rispetto della normativa sulla tracciabilità, illeciti finanziamenti comunitari e frodi ai danni dell’Unione europea nel sistema degli aiuti ai Paesi in via di sviluppo. Sono i principali nemici contro cui deve vedersela quotidianamente il Nucleo antifrodi dei Carabinieri di Parma, uno dei tre dislocati sul territorio nazionale con competenza sull’Italia settentrionale. Operativo a tutela della qualità nel comparto agroalimentare, il reparto è coordinato a livello centrale dal comando Carabinieri politiche agricole che, ricorda Marco Uguzzoni, comandante del Nac di Parma «confida molto nella collaborazione dei cittadini, siano essi consumatori, produttori o commercianti, invitandoli a contattare il numero verde antifrodi 800.020.320 per fornire qualsiasi segnalazione o richiedere chiarimenti». A quanto ammonta il volume di malaffare e quale forma penalizza maggiormente l’industria agroalimentare legale? «Ci sono studi che quantificano il fenomeno cosiddetto dell’agro-pirateria in oltre 50 miliardi di euro. Va precisato però che il termine agro-pirateria “abbraccia” vari aspetti dell’illegalità tra cui la contraffazione, le frodi nell’esercizio del commercio, le violazioni in materia di etichettatura, la pubblicità ingannevole e altre irregolarità ritenute minori che comportano solo sanzioni amministrative. L’ambito maggiormente coinvolto notoriamente è quello delle produzioni made in Italy e quelle che il consumatore associa a garanzia di qualità e genuinità legata a un prodotto nazionale». Tra i fenomeni criminosi c’è il cosiddetto “italian sounding”: da quali Paesi arrivano le maggiori minacce? «Risulta difficile poter stilare un elenco o individuare uno specifico paese da cui arrivano
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Con oltre 200 milioni di euro sottratti al circuito illegale nel 2011, i nuclei antifrodi dei Carabinieri difendono operatori e consumatori dell’agroalimentare da contraffazioni e illeciti. Marco Uguzzoni illustra le attività del Nac di Parma Giacomo Govoni
le maggiori minacce. Le attività svolte dal reparto e il monitoraggio dei flussi di import ed export di materie e di prodotti finiti hanno fatto emergere frodi su merci provenienti sia da paesi comunitari sia extracomunitari». Tra i reati c’è anche la piaga dell’accesso illegale a fondi comunitari. Quali misure di controllo adottate per arginarla? «È bene precisare che i fenomeni dell’agropirateria e delle frodi comunitarie sono strettamente correlati. Solo per il comparto agroalimentare vengono erogati dall’Unione europea all’Italia oltre 5 miliardi di euro all’anno. Come si può ben capire una cifra molto significativa e importante per l’intero comparto che richiede un’azione di controllo significativa, obiettivo principale che persegue il nostro reparto». Il ministro Catania ha definito l’operato dei Nuclei di “assoluto rilievo per la tutela della legalità”. Quanto conta la presenza forte delle istituzioni nello svolgimento del vostro lavoro? «Molto. L’amministrazione dello Stato pone in essere, ormai da molto tempo, numerose e complesse azioni volte, direttamente o indirettamente, alla tutela delle eccellenze agroalimentari italiane. La cultura della legalità e la sua diffusione rientra nei compiti delle amministrazioni pubbliche preposte a tutelare questo settore, che la devono promuovere informando i consumatori e gli operatori eco-
Marco Uguzzoni
Marco Uguzzoni, comandante del Nucleo antifrodi di Parma
Risulta difficile poter stilare un elenco o individuare uno specifico paese da cui arrivano le maggiori minacce
nomici dell’esistenza di specifiche strutture pubbliche con il compito di tutelare questo comparto. Un’attività come quella dei nuclei antifrodi dei Carabinieri ha il dovere di tutelare il made in Italy facendo repressione ma anche svolgendo una attenta attività di prevenzione. Tra le nostre azioni, prestiamo molta attenzione agli incontri pubblici, anche nelle scuole, soprattutto specializzate, perché i ragazzi che oggi sono studenti presso gli istituti agrari e alimentari domani saranno responsabili nei vari settori dell’agroalimentare ed è importante che conoscano le insidie che potrebbero trovarsi ad affrontare». Quali sono i comportamenti che il singolo consumatore può mettere in atto per garantirsi la massima sicurezza negli acquisti che compie quotidianamente? «È molto importante che il consumatore svolga acquisti consapevoli, quindi legga con attenzione le etichette o chieda precisi chiarimenti al venditore sull’origine e sulla qualità dei prodotti che acquista. Alla luce di ciò è molto importante la collaborazione che il cittadino può fornire con gli istituti preposti ai controlli, attraverso i quali, con le sue segnalazioni può fare la sua parte per la tutela del settore». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 63
AGROALIMENTARE
Cosa serve per tutelare i consumatori
Molte delle eccellenze agroalimentari italiane inducono in tentazioni fraudolente anche di “stampo associativo”con pericolosi contraccolpi sull’intera filiera e rischi per la salute delle persone. Ne parla Francesco Aversano Giacomo Govoni
ulle oltre 3.700 segnalazioni di irregolarità alimentari recapitate l’anno scorso agli uffici della Commissione europea, ben 553 risultano di marca italiana. A documentarlo è l’ultimo rapporto annuale prodotto dal Sistema di allerta rapido comunitario, in cui il nostro Paese figura al primo posto nel Vecchio continente per numero di allerta a seguito di controlli. Un dato che la dice lunga sulla centralità che il diritto alimentare sta assumendo tra gli operatori del settore. «L’Italia è uno dei Paesi ove meglio si svolge il controllo sugli alimenti, in sede preventiva e repressiva – osserva Francesco Aversano, avvocato e docente di legislazione alimentare – ma l’efficienza potrebbe migliorare in presenza di un più stretto coordinamento fra le varie autorità competenti in campo sanitario e commerciale». È di stringente attualità la questione legata alla legge sull’etichettatura che ci farebbe fare un grosso passo avanti in tema di sicurezza alimentare, ma che l’Europa ci rallenta. A che punto siamo? «La questione è seria e riguarda l’indicazione obbligatoria in etichetta del Paese di origine o del luogo di provenienza degli alimenti (legge 4/10). È scontato che ciò valorizzerebbe il made in Italy e garantirebbe una maggiore trasparenza per il consumatore. Su quest’obbligo, tuttavia, c’è forte resistenza a livello comunitario, tant’è che anche il nuovo regolamento Ue n. 1169/11 sulla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori non affronta il problema, rimandandolo di fatto di altri cinque anni. Il rischio è di una bocciatura anche “for-
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Francesco Aversano, docente ed esperto di legislazione alimentare
Francesco Aversano
male” della nostra legge, in linea con quanto verificatosi per la vecchia legge 204/04, con tanto di “diffida europea” all’applicazione delle norme italiane sull’indicazione dell’origine degli alimenti». Le attuali maglie legislative sono abbastanza fitte per contrastare fenomeni di criminalità alimentare? «L’Italia è uno dei Paesi ove meglio si svolge il controllo sugli alimenti, in sede preventiva e repressiva, ma l’efficienza potrebbe ancora migliorare. Non va trascurato, infatti, che l’agroalimentare attira sempre più “appetiti” criminali anche di stampo associativo e, in questo senso, è dato constatare il costante aumento di sequestri e d’attività d’indagine su larga scala. È opportuno ricordare che proprio quest’anno ricorre il cinquantenario della legge 283/62 sulla disciplina igienica di alimenti e bevande; si tratta di una normativa di estrema attualità
L’Italia è uno dei Paesi ove meglio si svolge il controllo sugli alimenti, in sede preventiva e repressiva
perché coinvolge illeciti molto frequenti: abusi sulla genuinità dei prodotti, cattive modalità di conservazione, insudiciamento, alterazioni microbiologiche, superamento dei limiti di legge per additivi, residui e contaminanti». Ritiene che le nostre aziende agroalimentari siano coinvolte in misura adeguata nella formazione al diritto alimentare, determinante anche nella prevenzione di episodi illeciti? «La formazione è un aspetto importante dell’autocontrollo aziendale e incide sulla prevenzione dei rischi alimentari. Una migliore istruzione determinerebbe una sicura diminuzione degli illeciti, specie di quelli dovuti a superficialità degli addetti. Si pensi alle bottiglie di acqua che si vedono accatastate (a sole e pioggia) negli spazi aperti e prossimi agli esercizi commerciali; e ancora ai banchi di vendita posti a temperature non adeguate. Si tratta di illeciti semplici, dovuti spesso a mera incuria, che potrebbero diminuire solo in presenza di una corretta formazione aziendale». A quale livello della filiera i rischi di frodi o inadempienze normative si fanno più concreti? «La filiera è tutta potenzialmente a rischio, a livello primario, di trasformazione e distribuzione, e a voler stabilire un grado di pericolo per ciascuna fase si farebbe veramente fatica. I momenti della selezione delle materie prime e della trasformazione sono tuttavia per loro natura potenziali criticità della filiera. Basti vedere la frequenza delle contestazioni di “frode in commercio” (quella che concerne la dazione dell’aliud pro alio per origine, qualità o quantità) o di contraffazione di alimenti protetti (reato che concerne le mistificazioni commerciali sulle nostre Dop, Igp e altre). Non va taciuto peraltro quanto accade, non di rado, in sede di manipolazione della data di scadenza dei prodotti: si tratta di un fenomeno molto pericoloso per la salute, dato che la scadenza (cosa diversa dal “termine minimo di conservazione”) si lega agli alimenti deperibili e di rapido consumo». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 65
AGROALIMENTARE
Sull’indicazione obbligatoria in etichetta del Paese di origine o del luogo di provenienza degli alimenti c’è forte resistenza a livello comunitario, tant’è che anche il nuovo regolamento Ue n. 1169/11 non affronta il problema
Rifinanziati da poco col decreto liberalizzazioni, i contratti di filiera agroalimentari sono stati oggetto di una recente modifica con la legge 4 del 3 febbraio 2011 che ha eliminato il vincolo di operatività alle sole aree sottoutilizzate. Che vantaggi ne deriveranno per il comparto? «Si tratta di strumenti di crescita a cui però deve affiancarsi una disponibilità reale del sistema creditizio e una maggiore partecipazione delle associazioni di categoria; in tal senso si realizzerebbe ciò che per molti aspetti resta ancora una mera opportunità, soprattutto nelle aree depresse del Paese a vocazione agricola. La partecipazione del Mipaaf a tali attività negoziali, tuttavia, dovrebbe rappresentare una garanzia per i partner della filiera. Quanto ai vantaggi, questi potrebbero rivelarsi non solo sul comparto agroalimentare in sé, ma anche sui consumatori: una filiera determinata e “istituzionale”, infatti, sarebbe più facile da controllare e meglio si adatterebbe ai sistemi di rintracciabilità previsti dal regolamento Ce 178/02».
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Quali sono gli strumenti legislativi su cui può contare il consumatore per difendere il suo diritto a una alimentazione certificata? «Bisogna intendersi sul cosa certificare e sul chi certifica. I prodotti a denominazione protetta, ad esempio, sono garantiti - almeno per legge poiché rispettano un disciplinare e godono di una primaria verifica da parte dei consorzi di tutela e di organismi terzi di certificazione. Per ciò che invece riguarda gli alimenti “comuni”, il tutto si incentra su un rapporto fiduciario con il produttore/distributore e sull’affidamento di una effettiva prevenzione, ad esempio l’attuazione delle procedure Haccp, come da regolamento Ce 852/04 sull’igiene. L’articolo 14 del regolamento Ce 178/02 sui requisiti di sicurezza degli alimenti, del resto, non fa sconti ove bandisce la diffusione di alimenti che pongano a rischio la salute e la corretta informazione del consumatore; per questo il controllo ufficiale è esteso su scala comunitaria, ad esempio con il sistema di allerta Rassf sulla messa in rete dei rischi alimentari».
Antonio Iaderosa
Liberare il mercato dagli illeciti L’azione ispettiva svolta nell’ultimo anno dall’organo ministeriale che difende la qualità e reprime le frodi agroalimentari, porta a galla un aumento dei sequestri, con illeciti soprattutto in prodotti di maggior pregio. Antonio Iaderosa illustra le attività del dipartimento Giacomo Govoni ollegato direttamente al Ministero della politiche agricole, alimentari e forestali, l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari è un istituto che da oltre 25 anni svolge attività di controllo e vigilanza, provvedendo anche a infliggere sanzioni amministrative. «L’attività dell’Icqrf nel corso del 2011 – spiega Antonio Iaderosa, dirigente dell’ufficio Icqrf di Milano – si è sviluppata su oltre 30.000 ispezioni nei principali settori dell’agroalimentare, con il prelievo di oltre 9.000 campioni. Le irregolarità riscontrate hanno portato a effettuare 393 sequestri per un valore complessivo di circa 15 milioni di euro, garantendo la sottrazione dal mercato di alimenti, mezzi tecnici per l’agricoltura come concimi, mangimi, sementi e fitofarmaci e prodotti commercializzati illecitamente». Dall’ottavo rapporto sulla sicurezza alimentare presentato lo scorso ottobre da Legambiente e Movimento a difesa del cittadino emerge che il valore dei sequestri da voi effettuato è praticamente raddoppiato: come va letto questo dato? «Delle 299 notizie di reato e 5.513 contestazioni amministrative redatte per i suddetti illeciti, le percentuali più elevate di irregolarità alle analisi sui campioni
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Antonio Iaderosa, responsabile della sede milanese dell’Ispettorato della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari
sono state rilevate nel settore dei mangimi (18,4%), dei fertilizzanti (17,9%) e in quello vitivinicolo (12,8%). Non è da trascurare il miglioramento nelle tecniche dei laboratori dell’Icqrf che effettuano analisi in qualità, sono cioè accreditati per singoli metodi di prova applicati secondo le norme Uni. Con il ridursi delle risorse disponibili, lo scambio di informazioni tra banche dati esistenti o in corso di implementazione (Icqrf, Inps, Dogane, Agea) consente di ottimizzare l’individuazione degli operatori più a rischio attraverso una loro classificazione in diverse classi di rischio, secondo il tipo di controllo che si intende effettuare». Tra gli illeciti accertati nel corso dell’ultimo anno di attività, quali le tipologie di frodi in aumento e quali invece avete aggredito con più efficacia? «Per meglio definire i settori di intervento futuri si sta attivando un osservatorio antifrode che consente lo scambio di conoscenze tecniche di diversi esperti dell’agroalimentare. Ciò consentirà una migliore individuazione delle irregolarità e dei reati nel settore. Altro ambito di intervento, che può essere di interesse per la contraffazione, è quello della rivendicazione di un’origine di provenienza differente da quella effettivamente dichiarata dall’operatore. Notevole impegno è riservato al riguardo dall’Icqrf: già la legge 4 del 2011 prevede l’obbligatorietà dell’origine per alcuni prodotti (olio d’oliva, passata di pomodoro, latte fresco). Per costituire banche dati isotopiche comunitarie e in convenzione, indispensabili per l’accertamento analitico dell’origine dei prodotti alimentari, annualmente sono prelevati numerosi campioni di prodotti vitivinicoli, agrumi, olio di oliva, passate di po- LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 67
AGROALIMENTARE
modoro, formaggi, succhi di frutta».
Malgrado l’inasprimento delle azioni preventive e repressive, la Coldiretti esprime insofferenza per un fenomeno di falsificazione che “ha raggiunto livelli di insostenibilità”. Significa che la criminalità corre più veloce della legalità? «In riferimento all’Italia, il fenomeno della contraffazione in senso stretto è abbastanza limitato. Ma se ci riferiamo a imitazione, evocazione o usurpazione dei marchi, è certamente più esteso. Infatti oltre il 30% dei controlli dell’Icqrf è dedicato a prodotti di qualità registrata (Docg, Doc e Igt, Dop, Igp, Stg) e a produzioni da agricoltura biologica. Lo stesso legislatore ha previsto una disciplina sanzionatoria ben definita e specifica per imitazione o evocazione di marchi delle produzioni di qualità regolamentare, costituita dal decreto legislativo 297 del 2004. Lo scetticismo che il consumatore a volte ha nei confronti degli organi di controllo è, a mio parere, legato il più delle volte a una mancata conoscenza delle attività svolte da detti organi: esista una discrepanza tra la valutazione oggettiva del rischio e la percezione soggettiva dello stesso, spesso influenzato dalle modalità con cui gli organi di informazione trattano determinati argomenti, con azioni di amplificazione, allarmismo o distorsione».
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Nel 2010 avete avviato controlli a carattere straordinario su prodotti specifici quali olio, mozzarella e pomodoro. Quali saranno le prossime priorità? «Le ditte alimentari italiane, a causa di diversi fattori - flessione della domanda interna, spinta inflattiva per aumento dei costi energetici e degli input, lamentata contraffazione e italian sounding - manifestano un calo della confidence, a cui a volte reagiscono con accordi con le organizzazioni della Gdo, ma soprattutto con una maggiore proiezione internazionale. In quest’ultimo caso, ne consegue la necessità di un’intensificazione delle verifiche ai prodotti esportati anche mediante collaborazione con l’Agenzia delle dogane. Come già avvenuto in anni passati, al verificarsi di fenomeni fraudolenti in grado di generare situazioni di concorrenza sleale o in caso di particolari condizioni di rischio, sono predisposti programmi straordinari di controllo da attuare nell’ambito del Comitato tecnico di cui al decreto ministeriale 44/2003. Il consolidamento della collaborazione con gli organi di controllo operanti in campo agroalimentare ha portato a rafforzare protocolli di coordinamento con Agenzia delle dogane, Capitanerie di porto, Corpo forestale dello Stato e Nac». L’etichetta rimane ancora la prima prova a garanzia della qualità di un prodotto o esistono altri strumenti che possono aiutare il consumatore a “schivare i tarocchi”? «Le attività di controllo dell’Icqrf non si riducono alla verifica della correttezza delle etichette, che spesso costituisce l’input per ulteriori indagini di rintracciabilità fino al produttore: per garantire la sicurezza degli alimenti occorre considerare tutti gli aspetti della catena di produzione alimentare come un unico processo. Un ulteriore garanzia per i consumatori nel momento dell’acquisto è la certezza che i prodotti a denominazione registrata (Dop, Igp, Stg) sono sottoposti a un rigido sistema di controlli per garantire la tracciabilità dei prodotti, quale garanzia dell’origine geografica definita nel rispetto di specifici disciplinari di produzione codificati da vincolanti normative europee».
PRODOTTI ALIMENTARI
Una nuova idea di trading viluppare e implementare una gestione moderna e vivace della trattativa commerciale, all’interno di un settore che, storicamente, si è sempre dimostrato piuttosto “conservatore” e scarsamente incline ai cambiamenti. È partendo da questi presupposti che Nicola Calabrese, affiancato dalla moglie Silvia, ha deciso di fondare, nel 2006, la Parmigrana Formaggi, società mantovana specializzata nell’attività di commercio all’ingrosso di due dei prodotti simbolo dell’eccellenza gastronomica italiana, vale a dire il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano. «Quello che abbiamo fatto è stato introdurre un nuovo modello di gestione del trading, basato sul just in time, con l’obiettivo di venire incontro alle esigenze dei produttori della zona», spiega Calabrese. «Una ventata di innovazione che ha, nel suo piccolo, rivoluzionato un settore in cui i competitor, tutti appartenenti a storiche famiglie di commercianti fortemente radicate sul territorio, si contano quasi sulle dita di una mano». In cosa consiste, nello specifico, questo modello da voi applicato? «Nel settore alimentare i contratti di fornitura vengono stabiliti una volta all’anno, e richiedono pertanto la necessità di disporre di grandi magazzini per la stagionatura dei formaggi, che va mediamente dai 10 mesi per il Grana Padano ai 12 mesi per il Parmigiano Reggiano, ma che può raggiungere anche i 30 mesi. Secondo la logica del modello just in time, che ormai regola l’attività della maggior parte delle aziende di produzione, occorre invece vendere in tempi brevi ciò che è stato prodotto, al fine di alleggerire le scorte, e ottimizzare così le risorse economiche a propria disposizione. Con Parmigrana Formaggi abbiamo quindi adattato questa
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Applicare la logica del modello just in time, tipico delle aziende produttive, al commercio di Parmigiano Reggiano e Grana Padano. Con questa felice intuizione Nicola Calabrese è riuscito nell’impresa di rinnovare un mercato da sempre caratterizzato da una cronica staticità Guido Puopolo
metodologia al nostro settore di riferimento, comprando e vendendo la merce in una trattativa continua e sempre aperta. Così facendo non necessitiamo di un magazzino scorte in cui immobilizzare preziose risorse, per una tipologia di trading più dinamico, caratterizzato da consegne frequenti e di minore entità». Quali sono i principali elementi di discontinuità riscontrabili nella vostra attività rispetto alle classiche modalità di intermediazione che in passato hanno contraddistinto il settore? «Nella tipologia classica di contrattazione,
Nicola Calabrese, titolare della Parmigrana Formaggi Srl di Mantova nicola.calabrese@parmigrana.it
Nicola Calabrese
come accennato in precedenza, i competitor acquistano merce fresca, per stagionarla poi nei loro magazzini. Comprando il formaggio fresco a prezzi bassissimi essi sono così in grado di colmare le differenze che si vengono a creare con la vendita del prodotto stagionato, sottoposto a continue oscillazioni dl prezzo. In una situazione di questo tipo, però, chi subisce maggiormente il rischio di mercato è il produttore, che si trova a dover vendere a un prezzo ribassato il prodotto fresco, innescando un circolo vizioso dal quale diventa difficile uscire. A livello industriale, invece, più il processo di compravendita è veloce più si dimostra vincente, perché si basa sul reale prezzo di mercato che il prodotto ha al momento della trattativa. Attraverso Parmigrana Formaggi riusciamo a contrattare le forniture settimanalmente, e questo approccio ci ha portato a conquistare, anno dopo anno, importanti fette di mercato, oltre che la fiducia dei produttori e degli stessi commercianti». Qual è stato l’andamento del settore nell’ultimo biennio, e in che modo la crisi ha inciso sulla vostra attività? «I mercati del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano per certi versi possono essere definiti come “anticiclici”. Al contrario dell’andamento generale della nostra economia,
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Abbiamo introdotto un nuovo modello di gestione del trading, basato sul just in time, con l’obiettivo di venire incontro alle esigenze dei produttori della zona
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l’ultimo biennio è stato infatti un periodo di grande sviluppo, giunto però dopo una lunga fase di difficoltà, durante la quale un crollo verticale dei prezzi aveva generato un inevitabile calo della produzione. Ad oggi, tuttavia, il perdurare della crisi globale, unitamente all’aumento esponenziale del prezzo dei formaggi, che ha raggiunto picchi record, sta causando un fisiologico calo della domanda, con la conseguente necessità di riposizionare i prezzi al ribasso». Quali sono al momento le variabili che UU LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 71
PRODOTTI ALIMENTARI
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L’approfondita conoscenza del nostro territorio di riferimento ci ha aiutato a instaurare rapporti umani e professionali duraturi, con enormi benefici per il nostro business
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UU sono in grado di influenzare maggiormente le oscillazioni di prezzo dei formaggi da voi trattati? «Purtroppo il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano, essendo prodotti Dop, non sono soggetti alle regole tipiche del libero mercato, in quanto sono sottoposti a forti limitazioni imposte dai rispettivi Consorzi di Tutela. Queste però non garantiscono affatto un miglioramento della qualità dei formaggi, ormai definita e consolidata nei metodi da generazioni, ma determinano esclusivamente un eccessivo e ingiustificato aumento dei costi per chi produce. In un contesto come quello attuale, caratterizzato, da una significativa contrazione dei prezzi, l’effetto di queste limitazioni si riverserà direttamente sui produttori, che per poter produrre in maniera vantaggiosa saranno quindi costretti a ridurre i costi, impiegando ad esempio materie prime più scarse. Il risultato, inevitabilmente, sarà un prodotto finale di qualità inferiore». Quale vantaggio deriva dal fatto di operare all’interno di quella che è la zona di origine e produzione del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano? «Per un imprenditore giovane che fa il suo ingresso in un mercato quasi lobbistico, in mano a pochi attori che intendono gestirlo 72 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012
ancora secondo il vecchio modello sopra descritto, è fondamentale riuscire a combattere la diffidenza e a guadagnare la fiducia degli operatori. L’approfondita conoscenza del nostro territorio di riferimento ci ha sicuramente aiutato a instaurare rapporti umani e professionali duraturi, con enormi benefici per il nostro business». Quali sono, dunque, gli obiettivi e i progetti per il prossimo futuro di Parmigrana? «Oggi la specializzazione è la chiave per conquistare il mercato. Per questo il nostro grande obiettivo è quello di realizzarci nella filiera completa del ciclo produttivo, dalla produzione del latte alla commercializzazione del formaggio fresco e stagionato, in modo da ottimizzare i costi e massimizzare i ricavi. È proprio in quest’ottica che io e mia moglie recentemente abbiamo deciso di fondare
Nicola Calabrese
l’Azienda Agricola Agriproject, all’interno della quale, al momento, alleviamo ben 1500 vacche dedite alla produzione di latte». Di cosa si tratta? «Con Agriproject vogliamo applicare le regole di gestione dell’industria all’attività di allevamento di vacche da latte, destinato alla produzione dei formaggi tipici della pianura Padana. L’idea è quella di una gestione moderna e imprenditoriale dell’azienda agricola, con un totale rispetto della natura, delle caratteristiche del territorio, del benessere delle bestie, il tutto in accordo con i più stringenti principi di controllo, di sicurezza e di qualità del latte prodotto. È dal latte, infatti, che inizia il processo di produzione del Parmigiano Reggiano, e il modo in cui lo si ottiene è l’operazione più delicata dell’intero ciclo di lavorazione».
Lei è un imprenditore giovane, in attività solo dal 2006. Anche sulla base dell’esperienza maturata in questi anni, dove crede che bisognerebbe intervenire per ridare slancio e competitività al sistema economico italiano? «Ho vissuto e lavorato per quasi dieci anni in Inghilterra, e mi sono reso conto di quanto profondo sia ancora il gap tra il mondo imprenditoriale italiano e le principali realtà estere. Queste, infatti, possono contare su un sistema aziendale e istituzionale sicuramente più efficiente rispetto al nostro, condizionato da un apparato burocratico lento e farraginoso, assolutamente inadatto a far fronte alle moderne esigenze del mercato. Per un imprenditore, inoltre, per quanto brillanti e valide possano essere le sue idee, è oggi molto difficile riuscire a ottenere credito dalle banche, che negli ultimi anni hanno preferito investire nella cosiddetta “finanza creativa”, piuttosto che supportare quelle aziende realmente capaci di produrre reddito, posti di lavoro e il tanto agognato sviluppo economico. Per invertire la rotta credo sia indispensabile tornare a valorizzare e premiare il merito, andando oltre quei vecchi sistemi di potere che ancora condizionano il nostro paese, perché solo così l’Italia potrà tornare a ricoprire il ruolo che le compete nel panorama internazionale». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 73
ENOLOGIA
ono una tedesca” dice di sé Pia Donata Berlucchi. Volendo con questa definizione esprimere un modo di essere, di vivere, di pensare che è ispirato a rigore, a metodo, a tenacia. Poi magari capita d’incontrare dei tedeschi che sono arruffoni e approssimativi. Lei non lo è di sicuro. Ispira sicurezza e consapevolezza del suo ruolo: che è quello del boss - così la chiama la figlia Tilli che con lei lavora in maniera “pasionaria” e burrascosa, classico fra madre e figlia d’una azienda vinicola ammirata nel mondo come fiore all’occhiello dell’agricoltura italiana. Una di quelle tante e non abbastanza lodate pepite d’oro che, in mezzo a molto fango, l’imprenditoria di casa nostra può vantare. M’è piaciuto d’approfondire un po’ discorrendo con Pia le vicende di questo marchio familiare profondamente radicato nelle terre di Franciacorta: con sede a Borgonato di Corte Franca, così chiamato per il remoto passaggio dei Franchi. È straordinario come in tante aree della nostra lacerata e bellissima penisola il nobile profumo della storia s’intrecci a quello non meno nobile dei vini. Pia racconta bene, con un piglio risoluto e con un linguaggio diretto ed efficace. È riuscita a tratteggiare, a mio uso e beneficio, le vicende d’una dinastia che oggi come oggi è anche un clan importante, capace d’affiancare innovazioni moderne alla solida tradizione del passato. La madre di Pia, Antonia, era una milanese colta in un’epoca di donne incolte. Sapeva di greco e di latino, ed era stata, al liceo Parini, compagna di Luchino Visconti. Un tipo o tipaccio, lui, di ragazzo indisciplinato, che amava scivolare lungo le ringhiere anziché scendere le scale, e che tutto sommato risultava piuttosto antipatico. Dunque Antonia “venne a Brescia con i suoi vent’anni e con un pianoforte a coda”, dopo aver conosciuto e sposato un uomo che aveva vent’anni più di lei e che lei chiamava con orgoglio ed infinito amore “il re delle acque” perché costruiva dighe nella nostra Lombardia.
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Una visione imprenditoriale che viene dal passato Sembra un romanzo storico, ma è il ritratto di una famiglia di imprenditori capaci di adeguarsi ai tempi e alle mutazioni epocali sopravvenute nella cultura agricola, che senza innovazione sarebbe stata destinata a morire Mario Cervi
Sennonché Antonia rimase vedova a 42 anni, con cinque figli (Pia aveva sette anni, Francesco, il fratello maggiore ventuno). E con nessunissima pratica d’affari. Questa giovane signora intellettuale seppe diventare una buona amministratrice, si vede che è un dono di famiglia. I 70 ettari di vigne che i Berlucchi avevano e
L’Azienda Agricola Fratelli Berlucchi ha la sede a Borgonato di Cortefranca (BS) www.fratelliberlucchi.it
Pia Donata Berlucchi
hanno, furono e sono il nocciolo duro delle loro fortune (tanti altri noccioli duri furono da tanti altri sperperati). I Berlucchi ebbero invece l’intelligenza di adeguarsi ai tempi, e alle mutazioni epocali sopravvenute in un’agricoltura che, se non si aggiornava, rischiava di morire di vecchiaia. Tra le “rivoluzioni” agricole vi fu la scomparsa della mezzadria. I “padroni”, che un tempo potevano permettersi il lusso di affidare ai mezzadri la gestione della terra e limitarsi ad incassare il frutto della gestione stessa, dovettero imparare a lavorare in proprio. Il che richiedeva dedizione, immaginazione tenacia. Un identikit che sembra fatto su misura per la Pia Berlucchi d’oggi. Peraltro lontana, negli anni della giovinezza, dall’idea di diventare un giorno nientemeno che amministratore delegato d’una azienda importante per il fatturato e per il prestigio. La Pia d’allora voleva diventare medico, e in questa aspirazione metteva la passione che mette in tutte le cose (non potendolo diventare in prima persona sposò un medico, che, sia detto per inciso è di Lecce). Nessuno dunque potrebbe addebitarle schizzinosità nordiste. Spiega infatti che ama molto il sud, ma all’occorrenza ne bastona senza fare sconti le neghittosità e il vittimismo. Con il marito ha avuto una profonda intesa proprio perché hanno non solo origini ma gusti opposti. Lui per il mare, lei
per la neve, lei per la musica classica, lui…francamente non so. Dalla medicina la distolse l’esigenza di dare una mano nell’impresa di famiglia. Alla sua maniera metodica e implacabile cominciò ad addentrarsi nei segreti di un prodotto, il vino di qualità, che è insieme natura, commercio, arte, gusto. Riuscì ad armonizzare i suoi talenti con quelli dei fratelli e finì per diventare, con la sua loquela avvincente e la sua grinta travolgente, la portavoce e l’immagine dei Berlucchi. I fratelli quando parlano di lei con altri sono prodighi di lodi e di ammirazione, ma - racconta Pia - negli incontri familiari hanno il mugugno facile. Da quasi tedeschi con la quasi tedesca. Hanno grandi orizzonti imprenditoriali e culturali, questi Berlucchi. Al progetto di marketing della Sda Bocconi hanno dato il motto “Portate il cuore”. Per il lancio del loro Franciacorta Pas Dose’ millesimato, cullato e vezzeggiato come un neonato umano, hanno tirato in ballo Hemingway, Brecht, Collodi. Pia apprezza il buon vino. Ma ne beve poco, afferma, perché le provoca spesso l’emicrania. Oppure, sospetto io, per essere sempre lucidissima e fare quello che le piace fare, a modo suo. Questa personificazione del successo femminile non è femminista, non gradisce le associazioni femminili e le quote rosa: il valore, sentenzia, non ha sesso. Concordo. Aggiungendo che il valore non ha età. Ho conosciuto imbecilli di vent’anni rimasti coerentemente tali fino alla più tarda età, e persone intelligenti il cui cervello non è stato infiacchito dal tempo. Nonostante questo difficile periodo di vacche magre Pia Berlucchi è ottimista per i destini d’Italia. Confida nelle risorse della nostra gente dalle molte vite e - mi sembra - anche nello “stellone” che da tempo immemorabile assiste questa nostra nave ingovernabile ed inaffondabile. Diamo il meglio nei momenti drammatici, ricorda. Toccato il fondo ci sarà il colpo di reni della ripresa. Spero che abbia ragione. LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 75
PARI OPPORTUNITÀ
Rivoluzione culturale? La Lombardia è pronta Carolina Pellegrini è la nuova consigliera di parità, ma non parlatele di quote rosa. «Suonano come un’auto-discriminazione, una sorta di negazione del merito. Posso accettarle solo in maniera provvisoria» Teresa Bellemo
o scorso gennaio il ministro Elsa Fornero ha nominato Carolina Pellegrini consigliera effettiva di parità della Lombardia. Sebbene sia una delle regioni più virtuose per quanto riguarda l’occupazione femminile e i servizi offerti alle donne e alle famiglie, non significa che in Lombardia il percorso verso un’effettiva parità sia concluso. «Con questo ruolo siamo in prima linea, svolgiamo una funzione di controllo e di promozione dell’attuazione dei principi di uguaglianza, di opportunità e di non discriminazione per chiunque possa venire penalizzato: donna, uomo, disabile o straniero che sia. Il nostro obiettivo è eliminare qualsiasi ghetto di fascia debole». Quali sono le prime azioni che ha messo in campo come consigliera di parità? «Innanzitutto siamo in due. Io sono la consigliera effettiva e Paola Mencarelli è la supplente; siamo due donne con profili molto diversi, il che costituisce certamente una grande risorsa. Abbiamo già avviato l’attività su diversi fronti. Il primo è il rapporto sulla situazione del personale nelle aziende con più di 100 dipendenti, in stretta collaborazione con la Direzione lavoro della Regione Lombardia. I dati che verranno
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La consigliera di parità per la Lombardia, Carolina Pellegrini
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raccolti dalle circa 3.500 aziende saranno esaminati, poi si avvierà la fase di ricerca che dovrà servire da indirizzo per intervenire a sostegno delle politiche del lavoro. L’altro è la promozione in tutta la Lombardia della Carta per le pari opportunità e l’uguaglianza sul lavoro. Sarà un tour per la regione con il coinvolgimento delle consigliere di parità provinciali a cui chiederemo di organizzare dei momenti di confronto con imprese, associazioni e istituzioni per un’azione di sensibilizzazione sugli obiettivi della Carta. Abbiamo poi messo in calendario l’aggiornamento di due importanti protocolli: quello con le parti sindacali e quello con la Direzione regionale del lavoro». Quali azioni, a suo avviso, sono importanti per tutelare il lavoro femminile? «La nostra legislazione, relativamente alla parità tra uomo e donna, alla protezione della maternità, ai congedi parentali è una delle più avanzate del mondo. Purtroppo all’uguaglianza formale spesso non corrisponde una parità sostanziale. Discriminazioni sono presenti non solo nell’accesso al lavoro, ma anche nelle retribuzioni, nella qualità dell’occupazione, nei percorsi di carriera. Metterei mano agli incentivi per le aziende che assumono donne e cercherei fondi per ripristinare la legge 215/92 sull’imprenditoria femminile che ha portato degli ottimi risultati. Pur con delle varianti tra nord e sud, il più alto tasso di donne non
Carolina Pellegrini
occupate sono quelle che vivono in una situazione di coppia, dunque mi fa molto piacere che il ministro Fornero abbia dichiarato che nella riforma del mercato del lavoro ci saranno norme specifiche sulla possibilità di conciliare i tempi di vita e quelli lavorativi. I mondi del lavoro retribuito e della cura familiare hanno sempre viaggiato separati, è necessario un cambiamento radicale. La vera sfida è una riorganizzazione secondo un progetto di nuova cittadinanza sociale, in grado di tutelare gli obiettivi dell’impresa, quelli dei lavoratori e quelli dell’insieme della società». Quali sono i problemi in Lombardia? Quanto possono fare le istituzioni pubbliche per risolverli? «In Lombardia il tasso di occupazione femminile è senza dubbio tra i più alti d’Italia, anche se non ancora in linea con i benchmark di Lisbona. La provincia di Milano è quella che vede il maggior numero di donne occupate (il 44 per cento), ma anche Bergamo, Brescia e Varese mantengono un buon livello. La nostra regione ha un sistema di welfare che favorisce la conciliazione con le esigenze familiari. L’area milanese, per esempio, è stata la prima dove si sono diffusi gli asili nido aziendali e molte delle nostre aziende hanno messo a punto strumenti innovativi di conciliazione.
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Il 44 per cento delle donne della provincia di Milano ha un lavoro
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Certo resta da fare ancora tantissimo e alcuni dati sono preoccupanti: il livello di protezione dei lavoratori atipici è molto basso, soprattutto se pensiamo che la maggior parte dei giovani entrano nel mondo del lavoro con un contratto temporaneo; moltissime donne abbandonano il lavoro durante il primo anno di vita del bambino». Quanto ha inciso la crisi economico sul lavoro femminile? «La crisi si sente moltissimo anche in Lombardia, soprattutto nelle piccole e medie imprese, che sono il nostro vero tessuto produttivo. Preoccupante, a causa dei forti tagli, è anche la tenuta di molti servizi e anche in questo senso mi fa piacere che il ministro Fornero si batterà per non ridurre ulteriormente la spesa assistenziale. La Lombardia è comunque una regione solida, perché allora non incominciamo proprio qui la rivoluzione culturale per una nuova organizzazione del lavoro? Le premesse ci sono tutte e il terreno è favorevole». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 81
MODELLI D’IMPRESA
Un investimento legato al territorio È prevista per maggio 2012 l’inaugurazione della rinnovata sede del gruppo Comelit. L’azienda, madre dei più moderni sistemi di videocitofonia, sceglie di restare a San Lorenzo di Rovetta, trasferendo il suo indotto sul territorio che l’ha vista nascere Andrea Moscariello
n doppio filo, creativo e tecnologico, intreccia indissolubilmente la sua evoluzione. E, soprattutto, ne ha permesso la crescita nonostante il difficile contesto economico internazionale. Il gruppo Comelit si conferma una della realtà imprenditoriali strategiche per il mantenimento del tessuto produttivo bergamasco. Ai vertici del settore elettronico, nello specifico nell’ambito della domotica, è uno dei nomi più innovativi della videocitofonia europea. L’ultimo suo fatturato è in crescita, essendo passata da un consolidato di 77 a uno di
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Marco Giugnetti, Direttore Commerciale Export, Antonio Brasi, presidente, e Gianni Lazzari, vicepresidente del Gruppo Comelit di San Lorenzo di Rovetta (BG) www.comelit.it
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82,7 milioni di euro, con un incremento pari al 7 per cento. Dato tutt’altro che marginale se si considera il fatto che l’andamento di Comelit è inevitabilmente legato alla congiuntura del settore immobiliare, certamente tra i più colpiti dalla crisi. A confermarlo è direttamente Marco Giugnetti, Direttore Commerciale Export del gruppo. «Il bilancio delle attività è senz’altro positivo, soprattutto se consideriamo il periodo che stiamo vivendo – spiega Giugnetti –. La crisi ha toccato molti settori ma certamente il colpo più duro l’ha riservato al mercato immobiliare, in particolar modo quello residenziale». Oggi l’anima di Comelit è a tutti gli effetti internazionale, grazie alle sue 14 filiali dislocate tra Europa, Emirati Arabi, Stati Uniti e Far East. «È soprattutto grazie a quest’assetto da multinazionale che siamo riusciti a conseguire i nostri ultimi risultati – sottolinea il Direttore Export –. Non sono trascurabili nemmeno i riscontri ottenuti in aree come il Nord Africa e la Scandinavia dove, seppur non operando con una nostra struttura, siamo riusciti a consolidarci grazie a importanti accordi di distribuzione». I prodotti Comelit attualmente sono venduti in oltre 70 paesi, con un aumento costante del portfolio clienti. «Certamente non siamo esenti da preoccupazioni, visto il quadro dei
Antonio Brasi, Gianni Lazzari e Marco Giugnetti
OLTRE
70 PAESI
Il Cda promuove con regolarità nuovi progetti, innescando un circolo virtuoso tra gli sviluppi e gli investimenti che porteranno, ci auguriamo, a ulteriori crescite
mercati internazionali, ma possiamo guardare al futuro con ottimismo e con la consapevolezza di avere tutte le carte in regola per continuare a crescere» spiega Giugnetti. A colpire, è il posizionamento consolidato di Comelit nonostante la presenza, sui territori esteri, di competitor dalle dimensioni notevolmente più importanti. «Ritengo che l’assetto, da multinazionale in scala ridotta, costituisca un fattore chiave del successo di Comelit, anche se proprio per le nostre piccole dimensioni non possiamo permetterci errori – sostiene Giugnetti –. Accanto alla crescita dobbiamo dire che altrettanto costante è il livello di progetti che il Cda promuove con regolarità, innescando un circolo virtuoso tra gli sviluppi e gli investimenti che porteranno, ci auguriamo, a nuove crescite».
In cui si commercializzano gli oltre 300 prodotti del Gruppo AZIENDE Comelit
E nonostante i grandi risultati oltre confine, resta intatto il legame con il territorio di San Lorenzo di Rovetta, sede dello storico stabilimento, che ora sta vivendo un’importante fase di riassetto e ammodernamento. «Stiamo investendo per avere una struttura più innovativa e funzionale – racconta Gianni Lazzari, vicepresidente del gruppo –. Principalmente abbiamo fatto una scelta di cuore, per amore del nostro territorio e delle persone che qui lavorano e vivono. La scelta imprenditoriale più giusta sarebbe probabilmente stata un’altra, cioè spostarsi verso Bergamo, godendo di indubbi benefici logistici, tuttavia siamo felici e convinti che quella presa è la decisione giusta». Gli fa eco anche il patron della Comelit, il presidente Antonio Brasi, il quale ci tiene a sottolineare come «questa azienda si
87,2 mln EURO
L’ultimo consolidato del Gruppo che registra una crescita del 7% rispetto all’anno precedente
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MODELLI D’IMPRESA
Nacque tutto in un garage «La nostra è un’azienda atipica» spiega il presidente del Gruppo Comelit, Antonio Brasi. «In primis perché, sin dall’origine, si è installata a Rovetta, sullo splendido altopiano di Clusone, in Provincia di Bergamo, a novanta chilometri da Milano. Siamo una realtà industriale che si è stabilita in un territorio da sempre dedicato alle attività turistiche». Ma nonostante questo, sarebbe infatti più pratico trasferirsi nei pressi di Bergamo o del Capoluogo, l’azienda sceglie di restare dove tutto è nato, nel 1956. «La nostra prima sede fu in un garage – ricorda il presidente –. Eravamo all’interno di un’abitazione di Rovetta, con una decina di giovani collaboratori». Oggi sono 354 le persone che si occupano di progettare e acquistare componenti elettronici con i quali far assemblare un portfolio di circa 300 prodotti, oltre che di assistere la committenza prima e dopo la vendita, tanto in Italia quanto all’estero. I primi grandi successi furono un citofono e, a seguire, un videocitofono, che si potevano istallare utilizzando solo due fili, per qualsiasi numero di interni. In pratica, un appartamento due fili, cento appartamenti, sempre due fili. Facile calcolare l’altissimo risparmio di tempo e di costi, per l’installatore. «In quel periodo i nostri competitor, in Italia come all’estero, installavano gli stessi sistemi usando quattro fili comuni per tutto l’impianto, oltre a un filo per ogni appartamento. Questa capacità di creare nuovi prodotti esclusivi è stata nel tempo ampliata, creando quattro centri di ricerca, con quattro diverse specializzazioni tecnologiche, tre in Italia e uno in Francia. Il tutto accompagnato a una struttura commerciale che ci ha permesso di crescere nel mondo».
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evolve sì grazie alla sua conoscenza e abilità nelle tecnologie, ma è nel senso di appartenenza della sua gente che trova il propellente più importante per crescita». I lavori in corso amplieranno la sede di quasi 800mq, passando da una superficie coperta di 4700 a una di 5460 mq. «Una struttura moderna e tecnologica che incarna alla perfezione l’esprit del Gruppo Comelit – interviene nuovamente il vicepresidente Lazzari –. Con questo mandato abbiamo lavorato al progetto che prevede nuovi e ampi spazi luminosi dove lavorare comodamente, sale riunioni, sale meeting, oltre a un’avveniristica casa domotica equipaggiata con tutti i nostri prodotti. Ci siamo anche dotati di un impianto fotovoltaico da 99,8 Kw, che oltre a consentirci un risparmio economico abbatte ulteriormente l’impatto ambientale, arrivando a soddisfare il 100 per cento del nostro intero fabbisogno energetico. Tutte peculiarità di cui potremo beneficiare a partire da maggio 2012, data per la quale pensiamo si concluderanno i lavori». E dalla sede rinnovata il management an-
Antonio Brasi, Gianni Lazzari e Marco Giugnetti
nuncia ulteriori novità da proporre al mercato. Cinque le linee di produzione: videocitofonia, videosorveglianza a circuito chiuso, antintrusione, domotica e controllo accessi. Ambiti su cui l’azienda vanta diversi primati. Primo fra tutti, l’aver introdotto per primi un sistema di videocitofonia digitale a due fili non polarizzati, con alimentazione inclusa. «Questo ha davvero rivoluzionato il paradigma del mondo degli impianti videocitofonici, tanto che oggi tutti i nostri competitor si sono allineati a tale sistema, che ormai possiamo definire standard» ricorda Antonio Brasi. Molte quelle che l’azienda ama definire le “piccole grandi rivoluzioni”, che vanno a costituire la sua proprietà intellettuale, e che ben rappresentano il payoff del gruppo, “Passion and Innovation”. «Per fare il nostro mestiere ci vuole davvero tanta passione, questa ci stimola e ci spinge a fare cose che vanno spesso oltre le mere logiche imprenditoriali.
Da sola, però, la passione non basta, abbiamo soprattutto bisogno di innovare, inventare nuovi prodotti, sistemi, modi di concepire il già noto. Ecco perché investiamo moltissimo in ricerca e sviluppo» ricorda Brasi. Sono tre i centri di R&D attraverso cui il gruppo elabora le sue innovazioni. Comelit ha da poco lanciato un nuovo sistema videocitofonico completamente digitale IP. «Questo sistema è composto da diversi dispositivi come i posti esterni, gli switch di rete dedicati, i monitor interni, tutti digitali e collegabili fra loro attraverso il cavo di rete cat5, che consente infinite possibilità installative, facendo venir meno i limiti fisici dettati dagli attuali sistemi di cablatura – spiega Marco Giugnetti –. Siamo di fronte a un nuovo cambio epocale e pensiamo che grazie
Stiamo creando una struttura moderna e tecnologica che incarna alla perfezione l’esprit del Gruppo
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MODELLI D’IMPRESA
Abbiamo bisogno di innovare, inventare nuovi prodotti e sistemi. Ecco perché investiamo moltissimo in ricerca e sviluppo
a Vip System, Comelit possa ancora una volta nità. I nostri prodotti sono tanto potenti avere un ruolo da protagonista». Grandi gli investimenti anche sul fronte dell’antintrusione e del controllo accessi, che seguono l’acquisizione, avvenuta nel 2008, di due tra le società tecnologicamente più avanzate nella realizzazione di sistemi di allarme e di controllo accessi, che hanno permesso un significativo implemento di know how, oltre che di fatturato. Il risultato? Il prossimo settembre Comelit lancerà sul mercato un’intera gamma completamente rinnovata. Al centro resta ovviamente la domotica, con la progettazione e lo sviluppo di prodotti tecnologicamente avanzati, «piccoli “terminali” dai quali è possibile gestire tutti i sistemi dentro casa, le luci, la termoregolazione, la gestione dei consumi, le aperture motorizzate, sino ai sistemi di sicurezza come quelli di antintrusione e videosorveglianza – interviene nuovamente Brasi –. L’integrazione è il motto che ci anima. Più i dispositivi sono intelligenti, più cose possono gestire, più rischiano di essere complicati da utilizzare. Per questo abbiamo colto il problema dell’interfaccia utente trasformandolo in un’opportu-
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quanto semplici nell’utilizzo». La richiesta di sicurezza, secondo Brasi, continua a essere molto avvertita. «La gente ha bisogno di sentirsi protetta nella propria casa e chiede di poter vigilare anche a distanza. Ecco perché i nostri centri di ricerca stanno lavorando e sviluppando nuove centrali più performanti, in grado di soddisfare esigenze che vanno dal piccolo al grande impianto, totalmente governabile anche da remoto tramite telefonino, tablet o personal computer. Non solo si potrà compiere un controllo a distanza, ma in caso di tentativo di effrazione la centrale avrà la possibilità di inviare all’utente un’immagine o un filmato relativo all’ambiente in cui si è verificato l’allarme. Poter vedere la propria casa da qualunque luogo nel mondo è ora una realtà, oltre che una gran bella comodità». Anche il design non è dettaglio, bensì elemento essenziale. «Estetica e funzionalità concorrono entrambi al successo di un prodotto. Il nostro, in molti casi, è esposto nei punti più in vista delle abitazioni, per questo il design ne diventa un elemento critico e un fattore di scelta da parte degli acquirenti».
Un grande impianto per il mercato dell’autoadesivo Pilot Italia affronta la crisi puntando a un network strategico tra industrie europee e inaugurando un sito produttivo innovativo e logisticamente avanzato. Le prospettive della società leader sul mercato degli autoadesivi dalle parole di Giancarlo e Andrea Vimercati Andrea Moscariello
on si ferma la produzione della Pilot. Nonostante gli effetti causati dal calo di consumi nell’ambito della Gdo, la società italiana leader sul mercato dei prodotti autoadesivi è riuscita a superare il 2011 in maniera positiva. A confermarlo sono anche Giancarlo e Andrea Vimercati, rispettivamente consigliere delegato e sales manager dell’azienda. È infatti ancora oggi la famiglia
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Vimercati a controllare le quote azionarie del gruppo, che inizia il 2012 sull’onda di un grande rinnovo strutturale. Pilot ha infatti trasferito i due stabilimenti di Usmate Velate e Merate presso un nuovo impianto situato a Cornate d’Adda. Come si è giunti alla decisione di aprire un nuovo stabilimento? GIANCARLO VIMERCATI: «La crescita del fatturato e l’adozione di nuove tecnologie avevano da tempo reso insufficiente la sede storica di Usmate Velate, tanto che avevamo aperto un secondo polo produttivo a Merate. Questo ovviamente creava una situazione non ottimale dal punto di vista organizzativo». Un’operazione economicamente importante, ancora di più se considerato il periodo in cui è avvenuta. G.V.: «Per questo, nonostante l’andamento congiunturale, possiamo ritenerci soddisfatti dell’anno appena passato. Il trasferimento, inoltre, è avvenuto in soli sessanta giorni lavorativi».
Da sinistra, Giancarlo e Andrea Vimercati, rispettivamente consigliere delegato e sales manager della Pilot Italia di Usmate Velate (MI) www.pilotitalia.com
Giancarlo e Andrea Vimercati
E nonostante questo la produzione non si è mai fermata? ANDREA VIMERCATI: «Non si è verificato nessun rallentamento, malgrado lo spostamento complessivo di oltre venti macchine, da un sito produttivo a un altro. Questo è stato possibile in quanto tutti i nostri impianti sono duplicati, in modo tale che se si ferma una linea, c’è sempre una seconda unità che produce. I nostri clienti non si sono praticamente accorti che abbiamo traslocato, questo anche grazie all’impegno di tutti i nostri tecnici». Sotto quali aspetti, soprattutto, il nuovo stabilimento darà un valore aggiunto alla società? A.V.: «Il nuovo stabilimento farà fare alla Pilot un vero salto di qualità rispetto al passato. La struttura produttiva, che prima era suddivisa in tre differenti capannoni, con tutte le difficoltà logistiche che questo comportava, oggi è riunita in un sito compatto, con ampi spazi scanditi per il flusso delle merci. A questo proposito è stato molto interessante, in occasione della visita di un gruppo di industriali giapponesi del nostro settore, assistere allo stupore degli
Abbiamo attuato un programma di lean manufacturing che ci ha permesso di affrontare il mercato con una struttura più competitiva
ospiti quando sono entrati nel nuovo stabilimento. L’immagine ha certamente una valenza, ma molto più importante è l’efficienza che abbiamo ottenuto sul piano della logistica e della produzione». Quali sono gli aspetti più innovativi della nuova sede? G.V.: «Si tratta di una struttura costruita su misura. Abbiamo studiato a lungo la logistica dell’impianto. Prima di diventare operativo il progetto è stato sottoposto al vaglio critico di tutti i nostri responsabili coinvolti nella produzione. L’attuale layout è il risultato di questo lavoro. Il flusso delle merci è lineare: si parte dal magazzino della materia prima alle macchine da stampa, e a seguire dal controllo- finissaggio al magazzino dei prodotti finiti. Lo scarico e il carico delle merci avviene attraverso ribalte, per eliminare i muletti. Le macchine sono divise in isole produttive per tipologie omogenee. L’ambiente è completamente condizionato per avere temperatura e umidità costanti. Tutti gli accessi, inoltre, sono controllati. Con il nuovo stabilimento sono state acquisite una linea di stampa e una macchina per il controllo delle etichette di ultima generazione. Questo complesso di attrezzature fa della Pilot Italia una struttura unica in Italia per capacità produttiva e tecnologica». Nel vostro caso quale variabile ha rappresentato la crisi? G.V.: «All’inizio del 2011 avevamo in ballo numerosi progetti innovativi, sviluppati in collaborazione con alcuni clienti, progetti da cui era atteso un sensibile incremento del LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 91
MODELLI D’IMPRESA
Una storia di innovazione Etichette farmaceutiche, per la tracciatura, security label, cartoncini ed etichette promozionali. La Pilot Italia ha trovato in queste produzioni la strada per il successo internazionale. Nata nel 1968 su iniziativa della Pilot France, una delle prime industrie nel mondo a occuparsi di autoadesivo, apre lo stabilimento di Usmate Velate sull’onda di uno straordinario boom che la vede protagonista nel corso degli anni Settanta. Il passaggio fondamentale avviene nel 1984, quando il management della Pilot Italia rileva la società dai francesi. L’attività s’incrementa con l’acquisizione di nuove macchine e lo studio di prodotti autoadesivi a misura per ogni committenza. Gli investimenti in tecnologie innovative continuano e la società in controtendenza rispetto al mercato - è la prima a fare importanti investimenti in linee da stampa offset che le permettono, grazie alla qualità del lavoro prodotto, di accrescere la sua presenza in Europa. La sede di Usmate diventa presto insufficiente e, dopo due ampliamenti, viene aperto un secondo polo produttivo a Merate. Nel 2012 l’ultimo strategico trasferimento, con il raggruppamento delle unità nella nuova sede a Cornate d’Adda (MB). A controllare la società per azioni è la famiglia Vimercati, una delle più affermate sul tessuto imprenditoriale lombardo, che ne detiene anche il management.
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giro di affari. La crisi, purtroppo. li ha notevolmente rallentati, quando non li ha fermati del tutto». Quali strategie avete messo in pratica per affrontare il mercato? G.V.: «Dal punto di vista gestionale, nella nostra società è in atto da tempo un programma di lean manufacturing che ci ha permesso di affrontare le difficoltà con una struttura più efficiente e competitiva. Al tempo stesso, dal punto di vista commerciale l’impegno della nostra rete, che fa capo a mio figlio Andrea, è stato quello di proporre al mercato, ove possibile, soluzioni personalizzate che spesso si traducono in prodotti innovativi». Su quali mercati orienterete la produzione? A.V.: «Oggi è rivolta soprattutto al mercato italiano, anche se più del 60% delle nostre etichette è destinato a multinazionali che operano su più paesi, dunque abbigliamo prodotti presenti sui lineari di tutta Europa». A tal proposito quali aspettative riponete nei confronti del Vecchio Continente? A.V.: «Stiamo lavorando da tempo alla costruzione di un network di aziende europee del nostro settore. Abbiamo instaurato con loro un rapporto di partnership che ci permette di operare su più mercati, dividendoli secondo le diverse specializzazioni produttive oppure creando sinergie sui diversi clienti, in modo tale che attraverso i partner si possano raggiungere anche mercati che fino ad ora non siamo riusciti a servire». E al di là dell’Europa? A.V.: «Il nostro mercato, essendo costituto soprattutto da etichette per il decoro di prodotti di qualità, con continui cambiamenti e innovazioni, è soggetto a una limitazione geografica. Questo perché richiede un continuo interscambio con l’industria cliente per verifica di materiali, test di applicazione e presenze all’avviamento stampa. Per questo
Giancarlo e Andrea Vimercati
20mila MQ
Questa l’area del nuovo sito produttivo della Pilot Italia a Cornate D’Adda (MB). Il trasferimento dai precedenti stabilimenti è avvenuto in 60 giorni lavorativi, senza mai comportare il rallentamento della produzione
Questo complesso fa della Pilot Italia una struttura unica in Italia per capacità produttiva e tecnologica
crediamo che non si possa andare al di fuori dell’Europa e che il network di cui parlavo prima sia la soluzione ottimale». Da quali comparti industriali giungono le richieste maggiori? A.V.: «Sta crescendo il bisogno di sicurezza nel confezionamento dei prodotti delle industrie alimentare e farmaceutica. Per questo ci siamo attrezzati con numerosi brevetti e siamo pronti a implementare la nostra produzione». Dunque per il futuro le industrie presteranno più attenzione alla qualità? A.V.: «Assolutamente. Quello delle etichette autoadesive è un mercato ormai maturo. La crisi economica e l’ingresso di molti nuovi player non attenti ai costi hanno pesantemente contribuito ad azzerarne la marginalità. Per questo crediamo che il futuro del set-
tore sia riservato alle aziende più efficienti, è questo uno dei motivi che ci hanno indotto a costruire il nuovo stabilimento, con una buona capacità produttiva per competere sul mercato». Quali sfide attendono la società nel corso del 2012? G.V.: Non ci aspettiamo certamente un anno migliore di quello trascorso, anzi è probabile che si rivelerà ancora più difficile. Da parte nostra abbiamo fatto tutte le mosse per affrontarlo con la massima efficienza e crediamo nel valore del rapporto di fiducia che abbiamo instaurato con i nostri clienti. I tecnici della Pilot sono costantemente al lavoro per trovare i materiali e le soluzioni migliori. Siamo pronti a rispondere, come facciamo da 44 anni alle richieste più impegnative». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 93
MODELLI D’IMPRESA
Innovazione nell’industria del confezionamento Il mondo di carta colorata, nastri e accessori che circonda il regalo. Ampliare la gamma, diversificando per ricorrenza, target e fenomeni popolari. Giuseppe Schiavini spiega in che modo l’industria del confezionamento dei doni analizza il mercato Valerio Germanico
e strategie commerciali e le scelte creative su cui si fonda il mercato degli articoli che corredano i regali, i prodotti di arredo natalizio e gli accessori di cartoleria. Al centro della catena di creazione di valore si collocano agenti e merchandiser, che, attraverso un contatto diretto con i punti vendita e i consumatori, sono in grado di disegnare un quadro preciso delle attese dei consumatori. Sulla base di queste si progettano e producono carte regalo, biglietti augurali e altre proposte di esposizione, oltre a prodotti che non fanno solo da contenitore, ma anche da contenuto. Fondamentale è anche la scelta di marchi e personaggi, diversificati per target, che incrementano l’appeal del prodotto. Ne parliamo con Giuseppe Schiavini, amministratore della Gidìtrading, azienda italiana specializzata nella produzione e vendita di articoli
L Giuseppe Schiavini, amministratore della Gidìtrading Srl di Milano www.giditrading.it
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dedicati al confezionamento del regalo. Qual è la strategia commerciale della vostra rete di vendita? «La nostra rete di vendita, composta da agenti e merchandiser qualificati, copre tutto il territorio nazionale ed è concentrata prevalentemente nella Gd/Gdo. Agenti e merchandiser offrono un supporto operativo sia al punto vendita, sia al dettagliante, gestendo dalla presentazione dei prodotti all’allestimento degli spazi dedicati e degli espositori, fino all’ottimizzazione della rotazione dei prodotti e controllo dei livelli di stock. Per questo motivo, oltre a essere i supporter dei nostri articoli, gli agenti svolgono quasi un ruolo di consulenti per il punto vendita. E al tempo stesso danno importanti feedback commerciali ai reparti di progettazione e produzione. Infatti, analizzando da vicino la realtà nei luoghi di vendita, sono in grado di intercettare prontamente le nuove richieste dei mercati, che hanno esigenze diversi fra Nord e Sud, tra piccoli e grandi centri, tra consumatori di rivendite generaliste e specialistiche». Oltre al ruolo svolto dagli agenti, quali sono gli altri strumenti di comunicazione e promozione? «I principali strumenti di comunicazione aziendale sono i nostri due cataloghi annuali – Everyday e Natale –, che diffondiamo attraverso il nostro sito web, e la pubblicità sulla stampa di settore. Cataloghi e pubblicità sono le attività di
Giuseppe Schiavini
marketing che ci accompagnano durante tutto l’anno. Ci sono poi gli appuntamenti periodici delle fiere di settore alle quali partecipiamo, come per esempio il Big Buyer di Bologna. Questi eventi sono le occasioni in cui incontrare direttamente i nostri partner attuali ed entrare in contatto con quelli potenziali». La vostra azienda ha iniziato producendo biglietti augurali. Come si sono evoluti nel tempo la vostra produzione e il vostro business? «Dai biglietti augurali abbiamo esteso la nostra attività a tutto quello che riguarda il regalo e le confezioni. Quindi sacchetti di carta decorati, scatole particolari, nastri e tutta una serie di articoli nuovi e originali. Abbiamo anche realizzato prodotti che
Un aspetto importantissimo è il design. Insieme all’investimento nelle licenze di prodotti up to date in linea con le mode del momento
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rispondono a esigenze espositive particolari, con GD/GDO lo studio di display in metallo e in cartonato fabbricati su misura per l’esposizione dei prodotti La grande distribuzione dentro e fuori il banco. Negli ultimi anni abbiamo è il canale cercato di concentrare la nostra creatività anche organizzata di vendita prevalente di Gidìtrading Srl. per andare al di là del mondo della confezione, Il restante 10% è puntando al contenuto. Siamo così entrati nel set- diviso fra dettaglianti e grossisti tore delle agende, le prime sono state quelle per l’anno 2012, ma le abbiamo lanciate sul mercato in concomitanza con il Natale 2011. Prossimamente intendiamo avviare iniziative commerciali specifiche per il settore della cartoleria. In questo momento stiamo studiando delle linee di prodotto specifiche per questo mercato». Quali sono gli aspetti che maggiormente contribuiscono a dare competitività ai vostri prodotti? «Alla base c’è la ricerca delle materie prime e dei fornitori, ai quali chiediamo garanzie di elevati
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MODELLI D’IMPRESA
Dai biglietti augurali abbiamo esteso la nostra attività a tutto quello che riguarda il regalo e le confezioni
standard produttivi ed ecocompatibili, che in-
somma non ci siano sprechi di risorse e denaro. Poi un aspetto importantissimo è nel design e nell’investimento nell’acquisto di licenze per la produzione di prodotti up to date in linea con le mode del momento. Importantissimo è anche il servizio di consegna, che deve avere tempi certi per garantire la continuità espositiva e la rotazione dei prodotti. Il servizio include anche la creazione di una relazione con i nostri partner. Questo insieme di fattori ci ha permesso di ottenere notevoli risultati lungo tutta la catena del valore, dalla fabbrica al consumatore». Parlando di licenze, quali sono quelle che avete acquistato recentemente? «Abbiamo diverse linee, divise per esempio per fasce di età. Per i più piccoli abbiamo articoli con marchi e personaggi di Walt Disney, Winx e Warner Bros. Per la fascia teenager e adulti, lo scorso novembre, abbiamo lanciato le linee “Colorado” e “Cotto e mangiato”, licenze in esclusiva. Per “Colorado”, proporremo una serie di sacchetti, biglietti augurali e carta regalo con le più celebri frasi e immagini dei comici del noto programma Colorado Cafè. Per “Cotto e Mangiato”, i protagonisti della linea saranno piatti e bicchieri in carta, tovagliette, tovaglioli, sotto-
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piatti e sacchetti tematizzati. Questi riproporranno le ricette del celebre programma televisivo di cucina – dagli antipasti ai dolci. Saranno diverse su ogni oggetto per dare la possibilità al consumatore di collezionarle tutte e generare un effetto di fidelizzazione. Sempre in tema di licenze, in esclusiva proporremo a breve articoli a marchio Tremenda della Onlus Exodus di Don Antonio Mazzi declinati in tre diverse linee: regalo (carta, sacchetti e biglietti), scuola (diari, quaderni, copertine ad anelli e cartelline) e ufficio (block notes, planner, agende)». Alcuni articoli della vostra produzione hanno una ricezione sul mercato concentrata in specifici momenti dell’anno. Quali sono i principali? «Il nostro catalogo comprende prodotti tematici per varie ricorrenze, come san Valentino, Pasqua, la festa della mamma e altre. Ma naturalmente la gamma più ricca è quella dedicata al Natale, per questa infatti abbiamo anche un catalogo specifico. Questo comprende le vetrofanie in gel e in cristalli per decorare la casa, i sacchetti sagomati con dettagli in vera pelliccia ecologica, il sacco di Babbo Natale in tessuto rosso, addobbi per l’albero, elementi per arricchire il pacco regalo o dipingere gli auguri nei colori preferiti, contenitori per un piccolo dono per una persona speciale. In generale cerchiamo di combinare innovazione e rispetto per le tradizioni, autenticità e versatilità».
MODELLI D’IMPRESA
In positivo il settore chimico opo una lieve flessione riscontrata tra metà novembre e metà dicembre 2011, il settore chimico italiano affronta il 2012 con una prospettiva di crescita. È infatti previsto un trend di complessiva ripresa, inserito in un contesto produttivo che tuttavia è stato solo marginalmente interessato dalla recessione degli ultimi anni – e certamente non assimilabile a settori in crisi come l’edile e l’immobiliare. Una delle società che ha registrato le migliori performance nell’ultimo biennio è l’Industria Chimica Panzeri (Icp), che ha consolidato la propria posizione commerciale in più ambiti – cosmetico, detergenza, tessile e conciario, galvanico – e ha ampliato significativamente il suo mercato di riferimento, soprattutto all’estero. Come spiega Andrea Panzeri, general manager di Icp: «Fra il 2010 e il 2011 abbiamo registrato un upgrade di fatturato di quasi il 50%, passando dai 28 milioni di euro del 2010 a un valore di 40 milioni a fine 2011». Prosegue Ennio Romanò, sales manager: «Questa performance ha riguardato anche il bilancio dell’anno precedente e le sue ragioni sono da individuare in una spinta verso l’internazionalizzazione, che ci ha permesso di trovare sbocchi più ampi all’estero, rispetto al mercato italiano, ormai saturo». Quali strategie gestionali, operative e commerciali vi hanno consentito di raggiungere questi risultati? ANDREA PANZERI: «Nel corso dell’ultimo biennio l’Icp si è rivolta a un bacino d’utenza più cosmopolita, gettando le basi per la progressiva espansione nei mercati del Far East, del Middle East e del Sud America. Inoltre abbiamo consolidato la nostra presenza in Europa e nei mercati dei paesi dell’ex URSS. Abbiamo per-
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Joint venture, parziali compartecipazioni e acquisizioni di altre società per aumentare la capacità produttiva. Il progetto di Icp per adeguare il reparto produttivo alle performance di quello commerciale. Ne parliamo con il titolare Andrea Panzeri e il manager Ennio Romanò Valerio Germanico
seguito due vie: la presenza di vendita diretta, ma soprattutto l’agreement con distributori e trader locali. A livello interno, poi, stiamo gradualmente rafforzando l’organico aziendale con figure di alto profilo tecnico e commerciale. In questo modo stiamo progressivamente ampliando la rete di agenzia e rappresentanza, attuando un’opera di sprovincializzazione e di internazionalizzazione dell’azienda». E a livello di produzione? A.P.: «Una delle “criticità” seguite alla forte espansione commerciale è stata quella di provvedere all’adeguamento della nostra forza produttiva. Infatti, avendo avuto un brusco incremento delle vendite, finora siamo riusciti solo parzialmente a riequilibrarci. Per questo finora
Andrea Panzeri, general manager e socio di maggioranza di ICP, ed Ennio Romanò, sales manager dell’Industria Chimica Panzeri Srl di Orio al Serio (BG) www.chimicapanzeri.it
Andrea Panzeri ed Ennio Romanò
+50% FATTURATO La crescita registrata dall’Industria Chimica Panzeri, passata da un fatturato di 28 mln di euro del 2010 a 40 mln nel 2011. Performance ottenuta con il potenziamento dell’attività di export
Per l’espansione nel Far East, nel Middle East e in Sud America abbiamo usato due strumenti: vendita diretta e accordi con distributori e trader locali
abbiamo principalmente seguito una strategia di out sourcing e di trading, soprattutto per la gamma ausiliaristica di punta dell’azienda, cioè i tensioattivi etossilati non ionici – categoria di prodotti che solo un ristretto numero di aziende italiane può produrre, poiché presuppone la disponibilità di concessioni e di licenze produttive specifiche». In futuro potreste espandere la produzione e diversificare ulteriormente? A.P.: «Avendo conseguito un sensibile incremento della domanda non totalmente supportato da un proporzionale adeguamento produttivo, la scelta di un’integrazione basata sul trading e sulla commercializzazione di prodotti analoghi a quelli della nostra gamma non può che essere una soluzione intermedia e a medio termine – poiché questa ovviamente non garantisce una marginalità analoga all’attività produttiva primaria. Stiamo quindi vagliando l’ipotesi di avviare delle iniziative di joint venture, parziali compartecipazioni o an-
che acquisizioni di altre società che possano aumentare la nostra capacità produttiva». La crisi sembra non avere influito significativamente sul settore della chimica industriale. Questo è vero per tutti i settori ai quali si rivolgono i vostri prodotti? ENNIO ROMANÒ: «C’è stata una crisi, soprattutto legata al mercato interno, che ha riguardato particolarmente i settori tessile e conciario. Questa affonda le sue radici in anni precedenti e ha le sue cause nella forte concorrenza asiatica. La reazione del settore è stata quella di una frenetica ricerca di soluzioni low cost a discapito dell’aspetto qualitativo». Da quali aree, invece, derivano le migliori performance di business? E.R.: «In realtà il nostro core business è tutt’ora rappresentato da prodotti intermedi inerenti l’ausiliaristica tessile, conciaria, cosmetica e del settore della polimerizzazione in emulsione. E inoltre i nostri partner principali appartengono ormai preponderante- LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 99
MODELLI D’IMPRESA
mente al mercato estero. In particolare ci menti dedicati all’aggiornamento e alla ristiamo focalizzando su produzioni di intermedi tailor made per l’industria cosmetica che presuppongono ricerca, sviluppo e know how difficilmente aggredibili dalla concorrenza quantitativa asiatica e in particolar modo cinese. Fuori dai confini nazionali, inoltre, riscontriamo minori problematiche a livello di riscossione creditizie e riusciamo a ottenere livelli di marginalità maggiori rispetto a quelli che riscontriamo nel rapporto con realtà nazionali affini». Quali politiche state attuando per garantire un’attività che rispetti il più possibile l’ambiente? E.R.: «La nostra azienda è molto attenta e sensibile alle problematiche ecologico-ambientali. Disponiamo di un team interno di ele-
Siamo focalizzati su produzioni di intermedi tailor made per l’industria cosmetica che presuppongono ricerca, sviluppo e know how difficilmente aggredibili dalla concorrenza
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cerca di soluzioni progettistiche e impiantistiche in linea con queste problematiche. A livello dirigenziale, poi, crediamo che le esigenze normativo-ambientali siano in piena sintonia con un’ottica di evoluzione, ottimizzazione e adeguamento produttivo. La riduzione dei by product a seguito dei miglioramenti dei processi produttivi, il risparmio energetico e la riduzione delle emissioni, rientrano costantemente in tutti i nuovi sviluppi». Quanta attenzione e quali investimenti vengono riposti nel rinnovo tecnologico e strumentale dell’azienda, anche sulla linea del rispetto dell’ambiente? A.P.: «Come in altri settori, ovviamente, la tecnologia ha un impatto notevole sulle dinamiche produttive e di sicurezza ambientale e la nostra azienda è attenta a entrambe. Questo per soddisfare una crescente esigenza di innovazione e adeguamento sperimentale, nonché di ricerca di nuove soluzioni che consentano un miglioramento qualitativo della gamma produttiva e dell’intero processo di fabbricazione, con una minore emissione di sostante nocive e prodotti più sicuri per l’uomo e l’ambiente». Quali aspettative avete per il 2012? A.P.: «La principale sfida è costituita, più che da un nuovo incremento a livello di fatturato, da un consolidamento delle posizioni acquisite e soprattutto da un’ottimizzazione della marginalità. Questa, soprattutto nel 2011, non è stata proporzionale al notevole incremento di fatturato, anche a causa di speculazioni non giustificate che hanno interessato i costi delle materie prime, provenienti soprattutto dal Far East – anche se controllate da trader europei. È poi in atto un costante monitoraggio che mira a spostare le vendite di piccola-media entità verso clienti con target di acquisto più elevato e che abbiano programmazioni di acquisto più lunghe».
MODELLI D’IMPRESA
Il chimico alla svolta bio-sostenibile
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Erika Facciolla
tuale amministratore delegato, Raffaele Boni - e pur continuando nella tradizionale e storica produzione di detersivi, l’azienda si è evoluta e specializzata nella chimica industriale, dedicando molte delle proprie energie e risorse alla produzione di esteri sintetici provenienti da fonti rinnovabili». In questa lunga fase di ricerca ed espansione, la Domus Chemicals ha dato vita ad una produzione di basi, additivi e prodotti finiti destinati a diventare i primi fluidi
Foto di Stefano Torreggiani Foto Torre
icurezza e rispetto per l’ambiente: sono questi gli obiettivi che l’industria italiana sta cercando di centrare per adempiere alle nuove normative europee. Una strategia atta a fronteggiare il crescente bisogno di limitare l’impatto ambientale e tutelare la salute di lavoratori e consumatori. Obiettivi ancora più importanti nel settore dei beni industriali di consumo, come quello dei detergenti chimici, degli additivi e dei fluidi idraulici, largamente utilizzati nel comparto chimico e siderurgico. Un mercato molto complesso, che richiede una sperimentazione continua di soluzioni innovative sotto il profilo della resistenza al calore - per la prevenzione dei rischi in caso di incendio - della tossicità e della biodegradabilità. Ciò vuol dire investire ingenti capitali nella ricerca, sia per far fronte alle richieste specifiche che il settore impone che per rimanere competitivi sul mercato italiano e internazionale. La difficile congiuntura economica ha reso certamente arduo il compito alle piccole e medie imprese, anche se l’esperienza e le abilità manageriali del tessuto imprenditoriale italiano si sono rivelate in alcuni casi decisive per far fronte alle difficoltà emerse. Emblematico è l’esempio della Domus Chemicals di Pedrengo, nata nel 1940 dall’iniziativa del fondatore Giuseppe Boni che per primo intuì l’esigenza diffusa tra la popolazione reduce dal conflitto mondiale di acquistare prodotti per l’igiene personale e domestica a prezzi contenuti. «Da allora non ci siamo mai fermati – sottolinea l’at-
Fonti rinnovabili, attenzione spasmodica alla biodegradabilità, continui investimenti in ricerca. Questi i binari che la bergamasca Domus Chemicals percorre, affermandosi come uno degli attori più innovativi della chimica italiana
Alcune immagini realizzate presso lo stabilimento della Domus Chemicals Spa di Pedrengo (BG) www.domuschemicals.it
idraulici biodegradabili e resistenti al fuoco utilizzati nel settore siderurgico nazionale. «La chimica è un valore invisibile ma fondamentale per svariati settori d’impiego: è la base di prodotti determinanti per il funzionamento dei processi produttivi e di articoli impiegati nella vita di tutti i giorni». Per questo la diversificazione produttiva è il motore che ha spinto la continua evoluzione di Domus Chemicals, oggi punto di riferimento del settore. «L’apice di questa specifica evoluzione - continua Boni - è l’ottenimento di importanti riconoscimenti e certificazioni da parte di prestigiosi produttori Europei di macchine e impianti siderurgici, e infine la blasonata “FM Approvals”, ovvero la certificazione concessa da un ente Usa con la quale viene sancita a livello mondiale l’idoneità di una serie di prodotti biodegradabili all’impiego in ambienti ad elevato rischio di incendio». Negli ultimi anni l’azienda lombarda ha messo a punto una serie completa di lubrificanti industriali, che comprende anche i fluidi e i lubrorefrigeranti per le lavorazioni dei metalli a base di esteri sintetici biodegradabili. «Questa ulteriore specializzazione ci ha consentito di diventare l’unica realtà europea che accomuna al suo interno sia la produzione di basi lubrificanti che di oli finiti derivati da fonti rinnovabili, a bassissimo impatto ambientale». Un altro aspetto che caratterizza Domus Chemicals è la rete commerciale che negli ultimi anni è stata implementata con un canale di vendita diretta e indiretta che ha permesso di immettere nel mercato prodotti
Foto di Stefano Torreggiani Foto Torre
Raffaele Boni
La chimica è un valore invisibile ma fondamentale per svariati settori d’impiego
fregiati con il marchio aziendale. Un salto di qualità di cui beneficiano soprattutto gli utenti finali che possono usufruire di prodotti qualitativamente superiori, acquistabili senza intermediari e quindi con un netto vantaggio sia sotto il profilo tecnico che economico». Raffaele Boni spiega che «l’obiettivo è aprire il mercato degli oli industriali biodegradabili e resistenti al fuoco a qualunque livello di utenza, senza che questa classe di prodotti venga riservata ad una nicchia ristretta di acquirenti. Questa politica commerciale – sottolinea l’amministratore delegato - consentirà a chi ne farà uso, di ridurre sensibilmente l’impatto ambientale, le implicazioni tossicologiche per gli utilizzatori e la sicurezza in caso di incendi». Ed è proprio sotto il profilo della LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 103
L’obiettivo è aprire il mercato degli oli industriali biodegradabili e resistenti al fuoco a qualunque livello di utenza
Foto di Stefano Torreggiani Foto Torre
MODELLI D’IMPRESA
sicurezza contro gli incendi che la Domus Lo sforzo economico profuso si è rivelato Chemicals ha saputo ritagliarsi un ruolo da protagonista, grazie ai forti investimenti in ricerca e sviluppo di prodotti ad alto contenuto tecnologico. «Oggi – osserva il manager – la nostra azienda è leader del mercato degli additivi ritardanti di fiamma, con fumi a bassa tossicità, destinati alla produzione di materie plastiche ad uso domestico, industriale ed edile». Nonostante il periodo economico difficile, la Domus Chemicals è riuscita non solo a mantenere un alto profilo presso i propri buyer, ma a proseguire nella produzione di ausiliari chimici per l’industria di produzione di piastrelle ceramiche con prodotti specialistici la cui messa a punto ha richiesto un notevole investimento in termini di ricerca e sviluppo. «Nella continua ricerca di nuovi prodotti a basso impatto ambientale destinati in particolar modo agli impieghi industriali – conferma Raffaele Boni – abbiamo iniziato a commercializzare un lubrorefrigerante per asportazione di truciolo, a base di esteri autoemulganti, assolutamente innovativo, privo di prodotti tossici o nocivi, sia per l’ambiente che per gli operatori, in grado di assicurare elevatissime performance sotto tutti i profili tecnico-applicativi».
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proficuo anche nel 2011, con un primo semestre che ha visto un incremento di fatturato e volumi pari al tredici per cento. «Nella seconda parte dell’anno, con l’Italia in piena crisi, vi è stata una decisa erosione dei valori di crescita. Abbiamo chiuso con un discreto più tre per cento che visto alla luce di un 2010 da record appare un risultato ancora più importante». «Aver implementato e cementato i rapporti con varie multinazionali del settore – dichiara Boni – e aver registrato un aumento del fatturato nei comparti end-users è motivo di orgoglio per tutti noi». Guarda avanti, dunque, la Domus Chemicals, nonostante le difficoltà tendano, talvolta, a frenare gli entusiasmi. «Come sappiamo la crisi ha costretto molte aziende a rivedere le loro politiche. Per quanto ci riguarda, il primo passo è stato quello di attivare un controllo più rigoroso dei costi gestionali accorciando i tempi di valutazione sia di comparto che di gruppo. Ma la vera svolta – conclude Raffaele Boni - è stata quella commerciale: mettere a disposizione sia prodotti che competenze nel mercato end-user saltando gli intermediari è una mossa che riteniamo si rivelerà vincente sotto tutti i punti di vista».
Nuovi processi per nuovi materiali razie all’aumento della percentuale di silicio nella lega utilizzata, le dispersioni magnetiche generate dall’acciaio al silicio a struttura nanocristallina sono ridotte ai minimi termini. Questo aspetto permette di ottimizzare le rese energetiche e apre nuove e importanti possibilità in molti campi, primo fra tutti quello della produzione di nuclei magnetici avvolti. Emiliano Varisco è amministratore della Omem, azienda lombarda che opera nel settore elettromeccanico sin dal 1949. «Oltre alla riduzione del dissipamento dell’energia durante la trasformazione con la possibilità di produrre trasformatori più piccoli e molto più performanti – spiega Varisco –, l’impiego dell’acciaio al silicio nanocristallino permette anche di ridurre il ricorso ai materiali isolanti, minimizzando così l’impatto ambientale, aumentando la qualità e contenendo i costi». La definitiva affermazione di questo innovativo elemento nel settore dell’elettronica e dei nuclei magnetici in particolare, è però vincolata alla risoluzione di un problema strutturale dell’acciaio al silicio a struttura nanocristallina: «Si tratta di
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La Omem Spa ha sede a Monza (MB) www.omemspa.com
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L’introduzione dell’acciaio al silicio a struttura nanocristallina per la realizzazione di prodotti elettronici ha rivoluzionato il settore. Questo materiale però, presenta anche alcune problematiche. Emiliano Varisco spiega come risolverle Amedeo Longhi
un materiale estremamente fragile, che richiede particolare attenzione nell’essere maneggiato, specialmente durante le fasi di movimentazione, imballaggio e stoccaggio. Questo ha richiesto, da parte nostra, una radicale ristrutturazione delle infrastrutture aziendali: abbiamo dovuto cambiare molte macchine sia per riammodernare la linea, guadagnandone in produttività anche per gli altri materiali che trattiamo, sia, soprattutto, per avere la possibilità di trattare in maniera automatica, quindi competitiva sul mercato, questo nuovo materiale. Si è trattato quindi di un in-
Emiliano Varisco
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L’acciaio al silicio a struttura nanocristallina è un materiale estremamente fragile, che richiede particolare attenzione nell’essere maneggiato, specialmente durante le fasi di movimentazione
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vestimento dedicato specificatamente al nanocristallino». Tecnicamente il rinnovamento ha riguardato i macchinari che maneggiano il nanocristallino: «L’impianto che stiamo terminando di installare – prosegue Varisco – sarà dotato di un sistema di movimentazione a bracci robotici. Prima i nuclei venivano prodotti, di fatto, in maniera automatica; successivamente però, venivano posti manualmente all’interno del macchinario che ha la funzione di rivestirli di resina epossidica da ogni lato, ricoprendoli come uno smalto. D’ora innanzi, il passaggio manuale sarà sostituito da un impianto automatico che posizionerà i nuclei su appositi nastri trasportatori per condurli alle cabine di spruzzaggio, sotto a una serie di lampade che poi completano la reticolazione della resina, una polvere che riscaldata a centoventi gradi che, come detto, diventa come uno smalto che ricopre ciascun nucleo». È quindi questo il sistema che permetterà di risolvere il più grande problema dell’acciaio al silicio nanocristallino, ovvero la fragilità che comporta un elevato rischio di rottura, soprattutto nella fase di movimentazione del prodotto. L’impegno finanziario necessario a
supportare questo importante rinnovamento è stato consistente: «Abbiamo stanziato circa 250/300 mila euro, che rappresentano un po’ più del due per cento del fatturato annuale della Omem, che si attesta intorno ai 14 milioni di euro». L’investimento è comunque supportato da un’attenta pianificazione, che si basa a sua volta su ottimistiche previsioni: «Ci aspettiamo che la valutazione dei prodotti realizzati con l’acciaio al silicio nanocristallino aumenti del 150/200 per cento nei prossimi tempi. Questo è il materiale del futuro e negli anni a venire verrà impiegato sempre di più in campo elettromeccanico. Il potenziamento strutturale che abbiamo attuato riguarda una quota di produzione di circa il 15%; l’obiettivo è raddoppiare questo valore, portandolo almeno a un terzo del totale». Naturalmente, oltre a risolvere i problemi tecnici legati all’impiego dell’acciaio nanocristallino, questo nuovo impianto ha anche la finalità di ottimizzare le performances produttive abbattendo i costi e migliorando la flessibilità e la capacità di reazione alle richieste dei committenti, aumentando la competitività dell’azienda. «Il rinnovamento tecnologico – conclude Varisco – va di pari passo con la ridefinizione degli obiettivi commerciali: oggi il nostro mercato è prevalentemente quello europeo, ma ci stiamo affacciando anche su quelli dei paesi emergenti, uno su tutti l’India». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 109
MODELLI D’IMPRESA
L’innovazione che abbatte i costi Sviluppare design e funzionalità, raddoppiando la produzione senza aumentare il consumo di materie prime e risorse energetiche. Ivan Rovelli racconta di un’innovazione nel mondo degli spraycap che soddisfa produzione, logistica e consumatore Valerio Germanico
o studio su design, funzionalità e packaging del prodotto è uno strumento di rispetto ambientale. Questo vale anche per i componenti, come gli spraycap. La riprogettazione dell’erogatore ha consentito di avere un componente alto la metà di quelli comunemente presenti sul mercato. Ciò vuol dire produrre più pezzi a parità di materia prima, ridurre i consumi energetici e inoltre imballare il doppio del prodotto, dimezzando i costi di trasporto e stoccaggio. Tutto questo si traduce in un risparmio di risorse e quindi in un minore impatto sull’ambiente. Come spiega Ivan Rovelli, amministratore delegato di Capsol: «Un design essenziale ha anche altri vantaggi pratici e funzionali, come l’eliminazione dell’ovalizzazione – problema ricorrente sulle linee di montaggio – e una maggiore resistenza alla caduta (drop test)». Queste le caratteristiche innovative di MinimalSpray, componente per bombole aerosol, sviluppato da Capsol, azienda che produce capsule in plastica per flaconi e bombole per cosmetica, farmaceutica, alimentari. Quali sono i vostri principali mercati di riferimento?
L Ivan Rovelli, amministratore delegato di Capsol Spa di Bulciago (LC) www.capsol-spa.com
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«Oggi e ormai da alcuni anni, il nostro fatturato è suddiviso a metà fra il mercato nazionale e quello internazionale. Abbiamo partner in tutta Europa e in molti paesi extraeuropei – nelle Americhe, in Africa e Asia –, per questo la nostra struttura commerciale si basa sia su risorse interne che su risorse esterne in loco, che oltre ad assicurare il rifornimento dei componenti hanno il ruolo di ascoltare le esigenze di progettazione dei vari partner. Oltre ai prodotti in aerosol, la nostra produzione si rivolge a quella delle chiusure e dei tappi per il settore food & beverage».
Ivan Rovelli
Da quali mercati state ricevendo le migliori risposte in termini commerciali? «Attualmente riscontriamo incertezza da parte di diversi mercati. Le perplessità sul futuro sono molte e di conseguenza sono stati messi molti freni sui nuovi investimenti da parte delle multinazionali nostre partner. Per questo motivo stiamo cercando di sviluppare i settori già attivi per consolidarli maggiormente, oltre ad avvicinare i mercati dei paesi emergenti». Come impresa italiana, quali sono le maggiori criticità che frenano la competitività sul panorama internazionale? «I costi fissi di produzione sono certamente lo scoglio maggiore. Questi sono aggravati soprattutto dall’incidenza del prezzo dell’energia, che se confrontato con quello di altri paesi, ci pone in una posizione di partenza di assoluto svantaggio. A questo si aggiunge anche una scarsa flessibilità sul lavoro». Su quali aspetti state puntando soprattutto per far fronte alla non competitività dei costi in Italia e rimanere comunque ben piazzati sul mercato internazionale? «Abbiamo investito molto su nuovi macchinari e su impianti specifici che ci consentono di ridurre i consumi elettrici e di conseguenza i costi di produzione. L’idea è quella di orientarci verso una sempre maggiore automazione complessa, che può permetterci di abbattere i costi generali di gestione. Abbiamo anche scelto la via dell’accrescimento aziendale per offrire un full service. Nel 2011
L’idea è quella di orientarci verso una sempre maggiore automazione complessa, che ci permetterà di abbattere i costi generali di gestione
abbiamo acquisito BBG Cosmetics – il cui core business è centrato sulla ricerca e lo sviluppo di prodotti per l’igiene e la cura della persona.Questo insieme di operazioni stanno aumentando la nostra capacità di offerta e la competitività essendo oggi in grado di offrire un servizio full-service. Infatti, nonostante la forte contrazione degli ultimi due anni, abbiamo registrato una buona crescita – anche se minimizzata in senso economico dai forti aumenti sul prezzo delle materie prime». Su quali aspetti soprattutto concentrerete i vostri sforzi nell’anno appena cominciato? «Nel 2012 investiremo nella ricerca di nuovi prodotti per il settore alimentare e completeremo le procedure per ottenere alcuni brevetti che hanno raggiunto la fase finale di sviluppo. A livello commerciale, stiamo lavorando per arrivare entro l’anno all’acquisizione e all’apertura di una filiale estera nell’Europa dell’Est, in modo da essere più vicini ai nostri partner locali». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 111
MODELLI D’IMPRESA
Lo stampaggio a caldo cresce con l’export L’industria dello stampaggio in acciaio trova maggiori possibilità di business all’estero. Gianluigi Ambrosetti spiega quali sono gli standard fuori dai confini nazionali e l’importanza di flessibilità e diversificazione Valerio Germanico
e limitazioni fisiologiche del mercato italiano del settore siderurgico degli ultimi anni hanno portato le aziende del settore a guardare sempre più all’estero. I mercati oltre confine sono maggiormente capaci di assorbire le produzioni di pezzi stampati in acciaio, tuttavia richiedono standard qualitativi più elevati. Questo però rappresenta un valore aggiunto per le imprese in grado di assicurare i requisiti richiesti. «Con un adeguato livello di flessibilità e di personalizzazione di tutto l’intero ciclo produttivo, siamo riusciti a essere competitivi in Europa e a generare oltre la metà del nostro fatturato dall’export». A parlare è il Ragionier Gianluigi Ambrosetti della Isef,
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Da sinistra, dottor Davide e ragionier Gianluigi Ambrosetti della Isef Srl di Carnago (VA) www.isefsteelforgings.com
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azienda presente sul mercato da 108 anni e giunta alla quarta generazione – oggi rappresentata dal figlio, il Dottor Davide –. L’azienda è specializzata nel settore dello stampaggio a caldo di acciaio. «Abbiamo una gamma di produzione molto ampia. Produciamo sia pezzi grezzi che definiti per la lavorazione meccanica, destinati alla trasmissione di movimento, al settore petrolchimico, automobilistico, ferroviario, ai veicoli industriali e all’elettronucleare». Qual è il vantaggio di produrre componentistica per una gamma così ampia di utilizzi? «Avendo molte relazioni di partnership in settori diversi è il nostro punto di forza, perché ci consente – grazie alle dimensioni ridotte della struttura – di essere flessibili e adattabili a varie tipologie di business. Abbiamo una struttura snella dal punto di vista dei costi e dell’organizzazione, però con un’elevata potenzialità produttiva. Poi, il fatto di spaziare in moltissimi campi ci dà la possibilità di diversificare, consentendoci di resistere meglio ai momenti di crisi settoriale». Quali sono le ragioni che spiegano una produzione per la maggior parte destinata all’export? «La predilezione per il mercato estero è dovuta alla strategia di internazionalizzazione che ha avuto luogo negli ultimi quindici anni grazie alla spinta sia dell’attuale che della precedente generazione dirigente della società. Il
Gianluigi Ambrosetti
Spaziare in più settori ci dà la possibilità di diversificare, consentendoci di resistere meglio ai momenti di crisi settoriale
grado di complessità richiesto per operare con l’estero è considerevole, tuttavia il mercato italiano è fisiologicamente limitato e negli ultimi anni uscire dai confini nazionali è stata una scelta quasi obbligata. Abbiamo intrapreso questo percorso anche attraverso la partecipazione a fiere di settore e campagne pubblicitarie specifiche. Il mercato tedesco – quello al quale ci rivolgiamo principalmente e che da solo vale il 40 per cento del nostro fatturato – ha potenzialità molto superiori rispetto a quello italiano, sia dal punto di vista commerciale che da quello tecnologico». Vi occupate anche dello studio e della progettazione o realizzate prodotti progettati fuori dalla vostra azienda? «Lavoriamo sulla base di specifiche e disegni che ci forniscono i nostri partner. In pratica non abbiamo un nostro prodotto, bensì sviluppiamo e ingegnerizziamo quelle che sono le richieste del mercato di riferimento. Per questo abbiamo instaurato un rapporto diretto fra il nostro ufficio tecnico e gli uffici progettazione dei committenti. Solitamente l’ufficio progettazione ci comunica
qual è il risultato che intende ottenere e noi interveniamo sul prodotto, studiandolo e adattandolo in base a queste esigenze. Gli stampi vengono realizzati tramite un sistema di progettazione Cad Cam collegato a macchine utensili a cinque assi. Inoltre abbiamo un simulatore di stampaggio di ultima generazione che ci permette di simulare e prevedere il difetto o la mancanza di materiale prima della realizzazione degli stampi». Quali sono i vostri processi di controllo della qualità? «L’intero processo produttivo si svolge in ottemperanza alle direttive della norma Iso 9001 del 2008. Vengono effettuate analisi sia a monte, quindi sulla costruzione delle attrezzature e degli stampi, che sul prodotto stampato, con controlli distruttivi e non distruttivi. Abbiamo anche delle certificazioni settoriali: quella ferroviaria – necessaria per produrre materiale fisso per i binari e la rete ferroviaria –, quella Lloyd’s Register Marina – per tutto quello che riguarda navi e offshore technology –, la certificazione Ad 200 per la produzione di recipienti in pressione».
65% EXPORT La quota di esportazione di manufatti in acciaio di Isef Srl verso Germania, Francia, Regno Unito, Danimarca, Svezia, Norvegia e Finlandia
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MODELLI D’IMPRESA
Qualità nello stampaggio Si aprono nuovi scenari per le aziende italiane impegnate nel settore dello stampaggio a freddo grazie a politiche lungimiranti e flessibili che comprendono tecnologia, innovazione e attenzione all’ambiente. L’analisi del presidente della Catra Spa, Franco Panzeri Erika Facciolla
on l’evolversi dei mercati, si sono fatte strada nuove filosofie industriali che hanno, in molti casi, ribaltato i vecchi metodi di produzione. Se un tempo, infatti, la maggior parte delle imprese producevano articoli finiti in attesa di essere venduti, adesso si preferisce adottare la cosiddetta formula ‘just in time’, che suggerisce di produrre solo ciò che è stato già venduto o che si prevede di vendere nel breve termine. Questo consente una migliore gestione delle scorte di materie prime e semilavorati, l’ottimizzazione della gestione del magazzino e dei tempi di lavorazione, coordinando il tutto con le effettive esigenze del mercato. Si ispirano a questa filosofia aziende come la Catra, fondata nel 1979 e attiva nel settore dello stampaggio a freddo per la realizzazione di prodotti finiti e semilavorati. «Nel 1992 – racconta il presidente dell’azienda, Franco Panzeri - la società è stata trasferita in uno stabile più ampio che ha consentito l’insediamento, nell’ambito dell’unità produttiva dello stampaggio con ventitré milioni di pezzi annuali venduti, di un reparto
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Momenti di lavoro all’interno della Catra Spa di Missaglia (LC) www.catraspa.com
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adibito all'assemblaggio mediante tecnologia di saldature per resistenza, a sovrapposizione e a proiezione occupando 105 dipendenti e con un fatturato annuo 2011 di 42 milioni e 500 mila euro». L’azienda, che attualmente dispone di un reparto con una linea di presse da 400 sino a 2000 tonnellate di potenza, altamente automatizzate, un reparto di assemblaggio equipaggiato con robot per saldatura a punti e ad arco, una serie di saldatrici a punti/proiezione e un reparto di manutenzione, costruzione attrezzature e stampi e tagli laser in 3D, con macchinari fino a 6 metri di lavorazione utile, opera sopratutto nel settore auto, ma detiene quote interessanti anche nel settore dell’elettrodomestico e, in generale, in tutti quei settori che richiedono pezzi in lamiera tranciati e assemblati. «La politica della qualità aziendale ha portato allo sviluppo di un sistema di gestione qualità conforme a importanti certificazioni internazionali come Iso 9011:2008, Iso TS 16949 e Iso 14001:2004. Tenuto conto che i clienti preferiscono appoggiarsi a un fornitore che disponga di una struttura e una logistica adeguata, la Catra ha saputo volgere lo sguardo alla filosofia del ‘Just in Time’ e ‘Lead Manufacturing’. Infine – aggiunge il manager l’emergere di esigenze di co-design e co-makership è stata puntualmente recepita per offrire al cliente finale un supporto tecnico completo». Nonostante la crisi economica, Catra ha chiuso il 2011 con un bilancio positivo in
Franco Panzeri
termini finanziari, produttivi e occupazionali, registrando un incremento di fatturato superiore all’otto per cento e undici nuove assunzioni. Franco Panzeri spiega che «per tenere il mercato di fronte alle difficoltà della recessione economica abbiamo sempre cercato di soddisfare al massimo le esigenze dei clienti, rispettando la richiesta qualitativa e i tempi di consegna. Considerando che il mercato è molto orientato alla qualità del prodotto, abbiamo istituito la funzione di ‘assicurazione della qualità’ che da tempo ci regala molte soddisfazioni. Inoltre, l’efficienza produttiva – sottolinea il Panzeri - ci permette di applicare
prezzi altamente competitivi anche sui mercati stranieri». L’azienda di Lecco, infatti, rappresenta una realtà consolidata anche sui mercati esteri, in particolare in Germania, Repubblica Ceca, Polonia, Portogallo, Spagna e Francia. I risultati ottenuti sono il frutto di una lungimirante gestione imprenditoriale che ha incentivato l’acquisizione di nuove competenze e la diversificazione produttiva per conquistare nuovi target e mercati, tutto con un occhio di riguardo nei confronti dell'ambiente. Negli ultimi 10 anni l’azienda ha investito mediamente tre milioni di euro all’anno per nuovi macchinari, automazioni, immobili e ricerca, per poter essere competitiva e soddisfare le richieste dei clienti che richiedono produzione di particolari sempre più complessi. Per il 2012 sono tanti gli obiettivi che Catra intende perseguire. Come dichiara Panzeri «i settori che stiamo cercando di agganciare sono quelli dei mezzi pesanti dell’agricoltura e del trasporto e, parallelamente, contiamo di presidiare al più presto anche i mercati dei paesi emergenti. L’obiettivo principale – conclude il manager - è mantenere gli standard del fatturato e della produzione tentando di migliorare i risultati ottenuti, forti del grande lavoro di squadra che da sempre ci caratterizza». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 115
MODELLI D’IMPRESA
Efficienza al servizio della sicurezza Il mercato delle valvole e manifold per strumentazione e piping è necessariamente caratterizzato da alti parametri di qualità progettuale e realizzativa. Progettazione e ingegnerizzazione, ma anche scelta dei materiali. L'esperienza di Renato Imbriani Lodovico Bevilacqua
L’
altissima qualità delle realizzazioni, oltre alla richiesta di una flessibilità progettuale, rendono il settore di produzione di valvole e collettori estremamente specialistico. L'ambito industriale cui tali prodotti sono prevalentemente destinati – industria petrolifera ed energetica – prevede inoltre la gestione di fluidi di elevata criticità; da qui la necessità di soluzioni di valvole per l’utilizzo specifico con una affidabilità realizzativa assoluta nella fabbricazione. Un mercato informato, dunque, da una spiccata inclinazione alla qualità, come conferma Renato Imbriani, managing director della Indra di Magenta. «La destinazione di utilizzo dei nostri prodotti impone una qualità realizzativa impeccabile e una destrezza progettuale altrettanto sviluppata, per risolvere problematiche contingenti». Una capacità attorno a cui ruota l'intero rapporto dell'azienda con la clientela. «Il nostro rapporto con i committenti è caratterizzato da un vivace spirito collaborativo: le condizioni di utilizzo delle valvole spesso impongono il concepimento di soluzioni ad hoc, una sorta di customizzazione di alto livello. E queste condizioni che noi consideriamo come opportunità, ci hanno permesso di evolvere una notevole flessibilità in ambito progettuale che – alimentata naturalmente
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dalla competenza del nostro staff – ci permette di offrire soluzioni sempre vincenti». Progettazione e ingegnerizzazione, quindi, ma anche scelta dei materiali; non esistono priorità quando ogni fase di realizzazione del prodotto richiede la massima cura. «Vari possono essere i fluidi che le nostre valvole e manifold gestiscono, gas, idrocarburi, tra cui il petrolio – come risaputo- un idrocarburo con un alto grado di pericolosità. Può dipendere dall'area e dalle condizioni di estrazione oltreché nelle varie fasi di lavorazione che si determinano le varie criticità, tra cui l’azione aggressiva verso i materiali per cui si impone dunque l'utilizzo di quelli più idonei. A seconda delle caratteristiche del fluido da trattare le valvole possono essere realizzate nei materiali più ricorrenti, prevalentemente in acciaio inox 316 e sue diverse gradazioni, come il “Duplex”, il “Superduplex” o anche in materiali cosiddetti “esotici”, come “Monel”, “Hastelloy”, “Inconel”, “Incoloy”». Una competenza che si rende necessaria per una corretta selezione della valvola per il controllo di ogni variabile di processo in tutte le fasi produttive. Ma anche in un mercato così specialistico la logica globalizzante impone le ormai frequenti distinzioni. «I competitori del mercato globale sono tanti e agguerriti e la presenza di player che possono contare su una manodopera a basso costo ha
La destinazione di utilizzo dei nostri prodotti impone una qualità realizzativa impeccabile e una destrezza progettuale altrettanto sviluppata
condizionato – come tanti altri – anche questo mercato. Da parte nostra puntiamo sulla qualità dei prodotti – affidata soprattutto alla qualità della materia prima e la precisione delle lavorazioni meccaniche – e procediamo nella nostra opera di fidelizzazione dei clienti, cui offriamo un servizio efficiente e professionale». Un servizio che non può prescindere dall'apporto di un potenziale operativo adeguato, in grado di sostenere i volumi e i tempi produttivi richiesti, mantenendo inalterati gli altissimi parametri di qualità. «La nostra sede di Magenta ricopre una superficie di oltre 3mila metri quadri, due terzi dei quali sono occupati dall'area produttiva, mentre la restante parte è dedicata al commerciale. Di recente ac-
quisizione la nuova sede produttiva situata a Podenzano, in provincia di Piacenza». Un potenziale in grado di gestire un mercato costituito prevalentemente da clientela italiana e di multinazionali estere situate sul territorio Italiano, ma indirettamente orientato anche all’estero. Difatti, non è raro trovare delle nostre valvole installate su piattaforme, impianti e macchinari a loro volta esportati in varie parti del mondo, laddove sono presenti le risorse sfruttabili, realizzati da queste società Italiane nostre clienti. Di grande importanza – infine – le certificazioni che Indra è in grado di esibire, in un comparto produttivo così fortemente caratterizzato dai parametri di qualità e sicurezza garantita.
In apertura, Renato Imbriani, managing director della Indra di Magenta (MI). In questa pagina una piattaforma, una Valvola DB & B e il laboratorio www.indra.it
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MODELLI D’IMPRESA
L’idrotermosanitario punta sulla distribuzione Varietà dell'offerta ed efficienza distributiva. Idelfonso Mottadelli spiega il mercato della fornitura di impianti di termoregolazione e dell'arredobagno Lodovico Bevilacqua
ell'ambito dell'edilizia residenziale e industriale buona parte del comfort abitativo o dell'efficienza operativa è legata alla funzionalità degli impianti idrotermosanitari. Si tratta di un settore complementare di assoluta importanza, che richiede competenza ed esperienza per equilibrare nel migliore dei modi l'esigenza di efficienza e razionalità con l'aspetto di estetica e design. La professionalità degli operatori di questo settore non si declina – tuttavia – con la sem-
N
Termomarket Spa ha la sede a Meda (MB) www.termomarketspa.it
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plice ricerca di questa ambita armonia, bensì si estende all'ambito della gestione logistica e, in particolar modo, del rapporto con la clientela; aspetto – quest'ultimo – cui Idelfonso Mottadelli, presidente della Termomarket di Meda, dedica particolare attenzione e interesse. «La tensione al miglioramento che ha sempre caratterizzato la nostra strategia aziendale ci stimola a concentrare l’attenzione nella direzione dell'allestimento di un rapporto collaborativo e preferenziale con i clienti, in special modo in un periodo di crisi del settore che
Idelfonso Mottadelli
impone rigore economico e contrazione della domanda». Un rapporto che si declina sotto differenti aspetti, come puntualizza lo stesso Mottadelli. «Da un lato abbiamo intenzione di istituire figure professionali sempre più preparate e competenti, in grado di accompagnare il cliente nella Per garantire la massima efficienza distributiva sua scelta di acquisto e di trasmettere all'utente una perfetta abbiamo aderito all'istituzione di un consorzio conoscenza dell'impianto in di settore, denominato C7, modo da sfruttarne al meglio le che ci permette l’ottimizzazione degli acquisti potenzialità. Dall'altro abbiamo scelto di venire incontro alla e le rotazioni dei magazzini clientela – in questo periodo di aspra crisi economica – con gestioni di supporto tecnico in linea con le la garanzia di qualità che da sempre ci connuove esigenze di mercato: abitazioni in classe traddistingue». Una proposta commerciale “A”, geotermico, fotovoltaico, solare, pompe ampia e completa, che ruota attorno al core di calore. business dell'azienda, ovvero la realizzazione Di necessità virtù, insomma, prendendo di impianti di termoregolazione. In un settore spunto dalle difficoltà di questa congiuntura dove la rapidità e la puntualità di distribucosì sfavorevole per implementare il servizio zione giocano un ruolo fondamentale, la gee creare condizioni incentivanti per il con- stione accurata e virtuosa dell'aspetto logistico sumo. Il tutto, naturalmente, senza perdere dell'attività va considerata fondamentale. Anquelle caratteristiche di efficienza e profes- che sotto questo aspetto, la Termomarket non sionalità che hanno sempre contraddistinto si fa trovare impreparata. «Per garantire la l'attività della Termomarket. massima efficienza distributiva abbiamo ade«Uno dei nostri punti di forza, utile in pas- rito all'istituzione di un consorzio di settore, sato per un’efficace opera di fidelizzazione denominato C7, che ci permette – grazie aldella clientela, è la varietà della nostra of- l'utilizzo di un magazzino centralizzato – l’otferta, la cui presentazione è affidata agli sho- timizzazione degli acquisti e le rotazioni dei wroom presenti nei nostri magazzini. Dai sa- magazzini». Un potenziale logistico che è canitari all'arredobagno, dall'impiantistica ratterizzato da una costante opera di impleindustriale alla ventilazione, passando per mentazione, scandita dalla ristrutturazione l'irrigazione di giardini e terrazzi e la fornitura dei tre magazzini – Meda, Bresso, Zingonia. di rubinetteria, la nostra ditta è in grado di Tutti dotati di showroom per agevolare la offrire soluzioni adatte ad ogni esigenza, con scelta di acquisto.
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MODELLI D’IMPRESA
La segnaletica stradale tra estetica e innovazione «N
on bisogna sottovalutare lo sforzo produttivo, tecnologico, gestionale e progettuale che sta dietro alla realizzazione dei cartelli stradali, elementi fondamentali per la circolazione», ricorda Davide Penitenti, che già da molti anni opera in questo settore. Penitenti è presidente della SI.SE, azienda mantovana fondata nel 1980 dal cavalier Filippo Benati. «Ci collochiamo fra le tre principali realtà della cartellonistica italiana, abbiamo un organico composto da più di sessanta persone fra ingegneri del traffico, ingegneri elettronici e programmatori, produciamo a ciclo completo tutte le tipologie di segnaletica verticale e di segnaletica di arredo urbano e forniamo servizi tecnici quali catasti e piani segnaletici, che servono ad attuare e a dar corpo alla segnaletica stradale di una città». «Per quanto riguarda la realizzazione dei cartelli – spiega Penitenti –, le tecnologie impiegate sono più complesse di quanto si creda. La base di alluminio, trattato secondo una precisa procedura industriale, è rivestita da un film. Queste pellicole sono ad elevato contenuto tecnologico, poiché vengono trattate con un particolare processo di lavorazione che conferisce loro la rifrangenza e la colorazione necessarie per renderle visibili e comprensibili agli automobilisti». Per la stampa di questi particolari film, la SI.SE utilizza, unica in Italia fra le aziende del settore, una macchina complessa e tecnologicamente avanzata, che elimina ogni errore umano e realizza segnaletica perfettamente conforme alle normative. A questo proposito, è importante anche il servizio offerto dall’azienda lombarda in base alle prescrizioni del Dpr 34 del 2000 sulla programmazione: «Si tratta del piano segnaletico, uno strumento di pianificazione che permette 120 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012
Realizzare segnali stradali non vuol dire solo attenersi alla complessa normativa e utilizzare le tecnologie più avanzate, ma anche porre attenzione all’aspetto estetico e fornire servizi fondamentali per le pubbliche amministrazioni, come spiega Davide Penitenti Francesco Bevilacqua
all’ente pubblico di gestire correttamente il proprio parco segnali. In pratica, prima censiamo e accatastiamo la cartellonistica cittadina, dopodiché comunichiamo all’amministrazione la necessità di eventuali interventi di sostituzione – che possono essere dovuti a errori di posizionamento, deterioramento o non conformità ad aggiornamenti normativi – e li effettuiamo». Per quanto riguarda l’aspetto commerciale, l’attività di SI.SE si sviluppa lungo due filoni, rivolti uno al mercato nazionale e uno a quello estero. «Per quanto riguarda il primo, siamo ormai un punto di riferimento sia per la concorrenza che per l’ente pubblico, lavorando da anni in questo
Davide Penitenti, presidente dalla SI.SE Srl di Castiglione delle Stiviere (MN) www.sisesrl.it
Davide Penitenti
settore secondo dettami di grande qualità e professionalità. Non a caso i nostri clienti sono i grandi Comuni e Province, le Autostrade, le Ferrovie dello Stato e altre importanti enti pubblici. In campo internazionale siamo invece attivi da una decina di anni: prima siamo stati fornitori di aziende terze in molti paesi, poi abbiamo cominciato a confrontarci con il mercato in maniera diretta, non limitandoci alla sola fornitura dei cartelli, ma occupandoci del ciclo completo, dalla progettazione alla posa in opera. Questo ha richiesto il potenziamento della struttura aziendale: per esempio, abbiamo dovuto assumere tecnici che, oltre a essere estremamente competenti nel loro lavoro, conoscessero anche le lingue straniere. Abbiamo dovuto anche prendere familiarità con i meccanismi del business internazionale, perché le contracting line concordate con i governi stranieri hanno punti di forza ma anche aspetti problematici, soprattutto quando si parla di Medio Oriente e Nord Africa.
Siamo particolarmente attivi proprio in quelle zone e stiamo lavorando con grande successo in diversi paesi, fra cui Iraq e Liba, dove a causa delle note vicende abbiamo dovuto interrompere i lavori, ma prevediamo di riavviarli al più presto». Nell’ambito di queste attività, SI.SE ha saputo ritagliarsi un ruolo da protagonista, grazie alla qualità dei materiali e della progettazione della segnaletica di pregio – da noi chiamata segnaletica da arredo urbano –, particolarmente apprezzata dalle amministrazioni che devono valorizzare piazze o luoghi d’interesse turistico. «In questi casi l’ente pubblico è sensibile al valore aggiunto dato dall’aspetto estetico che, a parità di funzionalità rispetto ai cartelli tradizionali, permette al segnale stradale di collocarsi armonicamente in un contesto urbanistico e architettonico pregiato». Infine, è opportuno ricordare i numerosi riconoscimenti e certificati ufficiali che la SI.SE ha acquisito nel corso degli anni, dalla Iso all’Eurosoa: «Questi attestati – conclude Penitenti – non solo comprovano la qualità della struttura aziendale, ma rappresentano anche uno strumento fondamentale per la partecipazione alle gare d’appalto, sulle quali si basa la quasi totalità della nostra attività». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 121
MODELLI D’IMPRESA
L’industria del packaging pensa all’ambiente Anche la carta per il packaging segue la moda ed è attenta all’ambiente grazie al giusto compendio di estetica, ricerca e sostenibilità, tutto made in Italy. Queste le caratteristiche individuate da Elena Maria Carla Torri per affrontare le difficoltà di mercato Lodovico Bevilacqua
uello dei trattamenti superficiali della carta per renderla esteticamente e tecnicamente unica è un settore di nicchia, che vive di stretti rapporti con chi affida al packaging l’immagine aziendale. Elena Maria Carla Torri, marketing manager della Icma, si affida alla grande esperienza mutuata dalle generazioni che l’hanno preceduta alla guida della società ma guarda al futuro: «La Icma è un’azienda a gestione familiare e la sua nascita – così come il suo sviluppo – è legata a doppio filo alla storia della mia famiglia».
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Restiamo nell’ambito della storia aziendale: quali i suoi tratti salienti? «La Icma nasce nel 1933, fondata dalla mia bisnonna materna Matilde Carcano, e ha conservato un tratto distintivo nel corso degli anni: la sua gestione è sempre stata competenza delle donne di famiglia e l’imprinting femminile ha portato la capacità di affrontare la complessità e il nuovo, di condividere le responsabilità valorizzando i propri collaboratori, ha donato all’azienda l’etica nel lavoro e la propensione per la ricerca e lo sviluppo». Può descrivere la natura dei vostri prodotti? «La conoscenza di tutti gli aspetti della cartotecnica ci permette di assecondare con efficacia le varie e composite esigenze. Partendo da carta e cartone in bobina che provengono da cartiere di tutto il mondo, a secondo delle caratteristiche tecniche che vogliamo abbia il prodotto finito, effettuiamo lavorazioni di patinatura con patine studiate all’interno del nostro laboratorio e prodotte da noi per dare effetti lucidi, matt, gommosi, vellutati, setificati e metallizzati. Effettuiamo anche trattamenti superficiali per scopi tecnici, ottenendo prodotti come le carte termoadesive e quelle al bisolfito. Texture tridimensionali particolari si ottengono con la goffratura in continuo o a foglio attingendo tra i nostri circa 300 disegni. Per ottenere tutto questo abbiamo dotato la nostra sede produttiva di macchinari evoluti, spesso studiati appositamente e abbiamo allestito un’organizza-
Elena Maria Carla Torri, marketing manager della ICMA Srl di Mandello del Lario (LC) www.icma.it
Elena Maria Carla Torri
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La sostenibilità ambientale dei nostri prodotti e dei processi produttivi è un capitolo di importanza determinante nella politica aziendale
d
zione aziendale in grado di istituire efficaci collaborazioni con i nostri clienti, cui offriamo la possibilità di personalizzare il prodotto in ogni suo aspetto». Qual è il vostro potenziale produttivo e distributivo? «La costante attitudine al miglioramento ha favorito negli anni una politica di investimenti in ricerca e sviluppo, sia di prodotto che di processo, portando all’ampliamento dell’offerta produttiva. Questi risultati ci hanno permesso di essere un punto di riferimento per il nostro mercato e di estendere la distribuzione a numerosi paesi europei, asiatici e americani». Come curate la politica ambientale? «La sostenibilità ambientale dei nostri prodotti e dei processi produttivi necessari per realizzarli è un capitolo di importanza determinante nella politica aziendale della Icma. La nostra sensibilità a riguardo ha portato ad adottare da tempo – per etica personale ancor prima che per liceità normativa – misure di prevenzione e riduzione dell’impatto ambientale. L’utilizzo di minerali naturali, l’eliminazione di ogni traccia di alluminio o di metalli pesanti dai nostri prodotti, il distil-
lamento continuo delle acque, il riciclo sistematico degli scarti di produzione sono solo alcuni dei provvedimenti che ormai costituiscono una prassi consolidata presso la Icma». Una politica di sostenibilità ambientale che si declina anche nella forma di risparmio energetico? «Naturalmente sì. L’azienda è dotata di un impianto fotovoltaico in grado di generare il 40 per cento del fabbisogno energetico dell'intero sito produttivo e l’istallazione di un secondo impianto da 90 Kw è imminente. Di recente realizzazione – inoltre – l’opera di coibentazione di un’ala aziendale, finalizzata all’abbattimento della dispersione termica». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 123
MODELLI D’IMPRESA
Una rete che abbraccia diversi mercati Da un prodotto artigianale e destinato alla pesca, alla produzione automatizzata con la “scoperta” di nuove applicazioni e nuovi mercati. Giovanni Cittadini racconta il suo modo di fare impresa responsabile Valerio Germanico
n modello di business che tenga insieme la pesca, l’industria e l’alta moda può apparire difficile da immaginare. Tuttavia esiste ed è la produzione della rete, le cui applicazioni sono molteplici e non limitate oltretutto ai settori appena citati. «La nostra azienda è partita dalla lavorazione artigianale delle reti da pesca. Anni di importanti investimenti in tecnologia e automazione, ci hanno permesso di diversificare la produzione di reti con nodo e senza, individuando nuove opportunità di mercato in settori via via sempre più distanti da quello tradizionale. Come l’acquacoltura, l’antinfortunistica, l’agricoltura, ma anche impieghi tecnici e industriali». In questo modo Giovanni Cittadini, fondatore dell’omonima società con sede a Paderno Franciacorta, descrive l’evoluzione della sua impresa. «La verticalizzazione della produzione, con l’in-
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serimento di modernissimi impianti di torcitura, ci ha permesso di generare una seconda linea di prodotti: cucirini industriali per pelletteria, calzature e arredamento, filati aumentati di torsione per tessitura, filati tecnici greggi e tinti per nastrifici e abbigliamento di fascia alta. Le reti e i filati sono stati poi valorizzati e reinventati con uno straordinario uso del colore, applicato ai filati di alta tenacità. Questo è stato possibile grazie all’investimento nell’installazione di impianti tecnologicamente all’avanguardia nella tintoria interna dell’azienda e alla collaborazione di tecnici altamente qualificati, che hanno consentito di raggiungere risultati di assoluta eccellenza e di acquisire nicchie di mercato particolarmente esigenti e sofisticate, come appunto quelle della moda. Oggi le nostre reti e i nostri filati, lavorati, tinti e sottoposti a particolari finissaggi – secondo le specifiche richieste degli stilisti – sono utilizzati, per straordinarie applicazioni in abiti e accessori fashion, da tutte le più prestigiose griffe mondiali dell’alta moda». Inoltre, grazie alla qualità raggiunta e certificata con rigidissimi criteri di controllo in tutte le fasi della lavorazione, i prodotti della Cittadini hanno conquistato anche il difficile mercato dell’automotive tedesco, avviando relazioni commerciali con le più famose case automobilistiche. «La leva strategica aziendale – prosegue Cittadini – si basa sull’innovazione costante di prodotto e di processo, operata sia a livello interno, grazie all’expertise raggiunta in anni di applicazione della metodologia Kaizen del miglioramento
Insieme alla famiglia, Giovanni Cittadini, fondatore della società produttrice di reti per la pesca Cittadini Spa di Paderno Franciacorta (BS) www.cittadini.it
Giovanni Cittadini
Gli investimenti e l’innovazione ci hanno permesso di diversificare la produzione, individuando opportunità in settori anche molto distanti da quello tradizionale della pesca
continuo, sia sfruttando la collaborazione di importanti istituti universitari per la ricerca su bio e nanotecnologie, applicate poi a reti innovative e a filati funzionalizzati ed ecocompatibili che avranno enormi potenzialità in futuro. Abbiamo sostenuto la sfida della competitività sul mercato globale con un importante programma di internazionalizzazione commerciale e produttiva, che ci ha già portato all’acquisizione di nuovi mercati. Nel complesso, nell’ultimo biennio, nonostante la situazione di crisi generale, siamo riusciti a ottenere importanti risultati, come un aumento del fatturato di circa il 50 per cento e una quota di export che ha quasi raggiunto il 40 per cento della produzione». La storia della Cittadini non è fatta solo di business; la dirigenza ha sempre portato avanti una filosofia di mantenimento e sviluppo del bene di impresa nell’interesse comune, ma anche come risposta al dovere di responsabilità sociale, che si è concretizzata coniugando positivamente etica e mercato attraverso la valorizzazione delle risorse umane. «La nostra azienda è pioniera nelle politiche di pari opportunità e conciliazione dei tempi famiglia-lavoro, nelle politiche ambientali, del territorio e nella creazione di valore sociale tramite la solidarietà. La strategia aziendale si è sempre tradotta nel rispetto e nella valorizzazione di ogni persona, nella condivisione degli obiettivi e nel sostegno solidale. Abbiamo cercato di dare una testimonianza concreta della possibilità di fare impresa in modo etico e responsabile, innovando il nostro tradizionale core business della rete, internazionalizzando, ma mantenendo un forte legame con il territorio e creando valore sociale».
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MODELLI D’IMPRESA
Un accordo che potenzia la produzione italiana di aromi Si rafforza il know how delle aziende chimiche che lavorano per il settore alimentare. La recente acquisizione di Selarom da parte di PA Aromatics porterà il settore italiano degli aromi verso nuovi segmenti di mercato. Ne parlano Marina e Riccardo Montagna Manlio Teodoro
aroma gioca un ruolo fondamentale nel cibo, tanto da poter determinare il fallimento o il successo di un nuovo prodotto. Un aroma di successo è il risultato di una cooperazione tra chi lo applica in un alimento e il flavourist che lo crea. L’industria italiana della chimica degli aromi ha rafforzato le proprie potenzialità di ricerca e sviluppo con la recente acquisizione da parte di PA Aromatics, importante società del pavese, del 100 per cento delle quote di Selarom di Trezzano sul Naviglio (Milano). In questo modo le due società, entrambe italiane e fino a pochi mesi fa competitor, hanno sommato il loro know how, contribuendo alla crescita del settore
L’ Riccardo e Marina Montagna, responsabile commerciale e tecnico della PA Aromatics Srl di Carbonara al Ticino (PV) www.paaromatics.it
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italiano della chimica, garantendosi l’accesso a nuovi segmenti di mercato. Parliamo della situazione dell’industria degli aromi con Riccardo e Marina Montagna, rispettivamente responsabile commerciale e responsabile tecnico di PA Aromatics. Quali sono i settori verso i quali sono destinati i vostri aromi? RICCARDO MONTAGNA: «La nostra società produce e commercializza aromi per l’industria alimentare, dolciaria, delle bevande, dei liquori e farmaceutica. Siamo i fornitori di alcune delle più grandi aziende alimentari italiane per le quali sviluppiamo aromi costruiti ad hoc. Offriamo anche il supporto tecnologico e di specialisti nell’applicazione degli aromi che effettuano costantemente test specifici per raggiungere le migliori performance. A questo si aggiunge il reparto ricerca e sviluppo e controllo qualità che, attraverso sofisticate apparecchiature per lo studio di nuovi aromi, assicura anche il controllo delle materie prime e dei prodotti finiti». Quali aromi sono maggiormente richiesti dall’industria alimentare in genere? R. M.: «Produciamo aromi per un gamma di prodotti molto ampia: per sughi, salse, pasta ripiena, piatti pronti e carni lavorate. Per queste ultime particolare attenzione viene rivolta alla formulazione delle diverse note attraverso lo sviluppo di aromi di processo che compren-
Marina e Riccardo Montagna
dono aromi di carne arrosto e lessa di diversa origine. A questi si aggiungono gli aromi di pesce, formaggio, affumicatura, verdure e spezie. Per i dolci, i nostri aromi – per esempio di vaniglia, burro e note agrumarie – vanno ad arricchire caramelle, gelati e yogurt, prodotti da forno. Diverse tipologie di aromi sono destinate al beverage – per bevande gassate con o senza succo, aromi in emulsione e aromi per liquori e cordial». Nonostante siano presenti in pressoché tutti i cibi, verso gli aromi esiste ancora una certa diffidenza da parte dei consumatori. A cosa è dovuta? MARINA MONTAGNA: «Su qualsiasi etichetta di prodotto, gli aromi occupano l’ultima posizione, a dispetto del loro ruolo. Spesso la poca informazione porta il consumatore a criticare gli aromi poiché associati alla chimica. In realtà la chimica e l’alimentazione sono due settori strettamente legati. Vi siete mai chiesti perché la fragola sa di fragola? Sì, il suo sapore è causato da sostanze chimicamente ben definite (aldeidi, acidi, esteri, chetoni, terpeni) che l’industria aromatiera è stata in grado di scoprire grazie ad anni di ricerca e sperimentazione sull’analisi dei cibi. Una fragola può contenere decine di molecole diverse che si formano naturalmente durante il processo di maturazione e gli aromatieri non fanno altro che ricreare in laboratorio questo mix perfetto combinando aspetti sensoriali ad una base scientifica». Qual è il messaggio che dovrebbe raggiungere il consumatore affinché la diffidenza lasci il posto a un atteggiamento più aperto? M. M.: «Innanzitutto il consumatore è garantito dal fatto che la legislazione europea ha stilato una lista dei prodotti sicuri e controllati. A questa lista si aggiungono le norme che indicano i precisi campi di impiego per ogni sostanza, i dosaggi massimi, i criteri di purezza e altri parametri d’uso. Inoltre, negli ultimi decenni l’analisi chimica ha permesso ai produttori di riconoscere le singole molecole che com-
La chimica e l’alimentazione sono due settori uniti da legami forti e di fondamentale importanza per la qualità del cibo
pongono un sapore, così da poterle riprodurre chimicamente identiche. Oltre alle norme comunitarie e nazionali, ci sono poi tutta una serie di misure adottate dalle singole realtà industriali che hanno lo scopo di garantire la sicurezza del prodotto e del consumatore. La nostra società, per esempio, ha implementato un sistema di controllo della qualità aziendale in grado di soddisfare i ristretti parametri imposti dalla norma Uni En Iso 9001:2008 e nel 2011 abbiamo anche ottenuto la certificazione Food Safety System Certification (Fssc 22000:2011) per la sicurezza e l’igiene dei prodotti alimentari».
10 mln EURO
Fatturato medio annuo della PA Aromatics Srl
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L’elettrico, tra automazione e risparmio energetico Perfezionando la sua struttura interna e investendo sullo sviluppo delle risorse umane, prosegue l’ascesa della lombarda Nce. A descrivere la nuova prerogativa “green” della società leader sul mercato degli impianti elettrici, è il presidente Nicolas Tringali Filippo Belli
e idee, quelle no, non mancano. A ostacolare molte imprese italiane sono i tagli effettuati sull’erogazione del credito, la pressione fiscale e un mercato sempre più inflazionato. Una discrasia che ha colpito anche alcuni tra i migliori esponenti del settore dell’impiantistica. Le aziende eccellenti, però, si predispongono per la ripresa. Quest’ultima sarà dettata da un fattore imprescindibile, quello dell’innovazione. A confermarlo è anche Nicolas Tringali, presidente della società Nce Impianti di Rozzano, in provincia di Milano. «Stiamo testando nuovi prodotti
L La Nce impianti Srl si trova a Rozzano (MI) www.nceimpianti.it
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che, prossimamente, saranno i protagonisti di importanti innovazioni nell’ambito del risparmio energetico – anticipa Tringali –. Ci muoveremo nel mondo dell’illuminazione a led. Il nostro è un prodotto tecnico elettronico finalizzato a un risparmio energetico ed economico, che porta a un risultato assolutamente svincolato dai contributi statali. Crediamo si possa guadagnare di più lavorando sulla sostituzione di prodotti e quindi sull’ottimizzazione dei consumi». Si conferma, dunque, il core business dell’impresa. Negli anni, il gruppo lombardo si è affermato sul mercato grazie alle soluzioni tecnologiche
Nicolas Tringali
all’avanguardia proposte nel campo degli impianti elettrici a uso civile e industriale, sfruttando sistemi domotici e soluzioni innovative, come gli impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica alternativa. Ma non è unicamente la chiave tecnologica a garantire la svolta. «Abbiamo superato un anno molto difficile, caratterizzato dall’instabilità dello scenario economico. Il 2011, comunque, è stato ricco di progetti interes-
Abbiamo attivato una divisione interna che si propone di raggiungere l’obiettivo dell’abbattimento dei costi energetici
santi da realizzare. La liquidità, purtroppo, è stata la protagonista su tutti i fronti, impedendo così la concretizzazione di nuove iniziative – sottolinea il presidente –. A fare la differenza e a darci lo slancio per risalire la china, nel nostro caso, sono state principalmente le risorse umane». L’integrazione di nuovi collaboratori, infatti, ha permesso di intraprendere avventure di maggior rilevanza sia tecnica che economica. «Nce Impianti, a oggi, è riuscita a perfezionare la sua struttura interna, commerciale e tecnica, attraverso l’acquisizione di commesse future, atte a garantire la continuità della sua operatività sul mercato». Gli investimenti derivano principalmente dal mondo dell’edilizia, ambito in cui il tema del risparmio energetico è oggi preponderante. «Abbiamo attivato una divisione interna che si propone di raggiungere l’obiettivo dell’abbattimento dei costi energetici». In linea con la tendenza dei migliori attori del settore, anche Nce ha vissuto un importante riassetto organizzativo tale da poter seguire i committenti dalla fase di progettazione sino all’installazione di nuovi sorgenti luminose a led, e non solo. «Il risparmio vantaggioso permette di ripagare la rata di noleggio da noi proposta, che è comunque LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 129
TECNOLOGIE
inferiore alla spesa abitualmente sostenuta nei confronti del fornitore di energia» Ci tiene a ribadire Nicolas Tringali. Anche la strategia di una sempre più marcata diversificazione, dalla domotica al condizionamento fino, appunto, al fotovoltaico, si è rivelata vincente per fare fronte alla diffi-
cile congiuntura. In particolare, quello della domotica si sta rivelando un ambito capace di garantire alla società di Rozzano ampi margini di crescita. «Abbiamo iniziato a dedicarci alla domotica già dal 2000, inizialmente testando e installando tutti i principali prodotti presenti sul mercato. Nelle nostre dinamiche impiantistiche ci siamo attivati per brevettare un prodotto, da noi nominato MD-X. Si tratta di un vero e proprio archivio controllato della storia di ogni singolo impianto, anche domotico, installato all’interno del quadro elettrico». Un componente che oggi Nce produce anche per altre aziende, alcune tra le più prestigiose sul mercato. Tra le altre innovazioni proposte, anche i sistemi integrati audio, video e luci con tecnologia BUS (Intelligent Building Automation). «Queste colmano l’enorme distanza tra l’uomo e la macchina, offrendo funzioni e prestazioni di alto livello, ma alla portata di tutti. Tutto ciò grazie all’intima integrazione dei diversi sistemi tecnologici che, dialogando tra loro, interpretano ed eseguono fedelmente ogni comando». Sistemi microfonici, di proiezione video, di ripresa, di vi-
Le migliori performance degli ultimi anni arrivano dal settore fotovoltaico, che ha certamente generato un nuovo mercato differenziato su più livelli professionali
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Nicolas Tringali
deoconferenza, di illuminazione, non più isolati e fini a se stessi, ma parte integrante di un unico organismo, capaci di interagire tra loro al fine di adattarsi alle mutevoli situazioni della conferenza in corso. «Questa evoluzione tecnologica, applicata da Nce Impianti nelle sue installazioni, ha permesso di offrire soluzioni tecniche compatibili con le richieste dei clienti più esigenti». A livello di riscontro commerciale, comunque, resta indubbia la prevalenza del fotovoltaico. «Le migliori performance degli ultimi anni arrivano da questo settore, che ha certamente generato un nuovo mercato differenziato su più livelli professionali – osserva Tringali –. Con il fotovoltaico abbiamo ottenuto un valido biglietto da visita: siamo titolati nel proporre il concetto di risparmio energetico e abbiamo ottenuto l’OG9 per poter accedere anche ad appalti di dominio pubblico». Resta aperta, poi, la finestra sulle opere pubbliche. In passato Nce ha già partecipato alla realizzazione di importanti infrastrutture. Suoi, ad esempio, gli impianti elettrici utilizzati per lo svincolo Rho Pero. «Ci auguriamo di essere coinvolti in altri progetti simili, stiamo valutando nuove proposte, ma al momento non
posso anticipare nulla» spiega il numero uno dell’azienda. «Al di là di tutto – prosegue –, oggi il miglior investimento sta nella diversificazione della clientela e nel consolidamento di parte di quella attualmente acquisita». Attualmente l’azienda vanta un portafoglio ordini che copre circa l’80 per cento del fatturato prodotto nel corso del 2011. Le principali acquisizioni riguardano la costruzione di impianti elettrici all’interno del nuovo Ospedale di Lucca, la realizzazione di impianti di potenza per il nuovo Ced Eni a Pavia e altri per la Scuola del Cinema, in fase di realizzazione, che andrà ad occupare l’interno dell’ex manifattura tabacchi di Milano. «La nostra filosofia resta la base su cui costruire il futuro della società. Continueremo a concentrarci sulla comprensione dei fabbisogni della nostra committenza e sullo sviluppo di soluzioni tecnologiche ad alto valore aggiunto – conclude il presidente dell’azienda di Rozzano –. L’approccio flessibile nell’affrontare i problemi e la consapevolezza della preziosità del lavoro in team, sono gli strumenti che ci consentono di fornire un servizio a 360 gradi, confezionato in maniera sartoriale, seguendo le necessità di chi sceglie di investire sulla nostra professionalità». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 131
TECNOLOGIE
Sicurezza e specializzazione nel termoelettrico Operare sui grandi impianti termoelettrici è un lavoro complesso e delicato, che va affidato a strutture operative specializzate in ogni ambito d’intervento. Ne parla Andrea Zanella Amedeo Longhi
La Siel Impianti si trova a Sustinente (MN) www.sielimpianti.it
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ono due le caratteristiche che deve possedere chi è responsabile degli interventi su impianti tecnologici industriali, quasi sempre strutture di grande importanza, per l’approvvigionamento energetico o il funzionamento di linee in esercizio costante, che realizzano produzioni da milioni di euro: l’elevatissimo grado di specializzazione da un lato e la capacità di gestire integralmente l’intero lavoro dall’altro. Andrea Zanella è amministratore delegato della Siel Impianti, società lombarda che dal 1988 opera nel settore dell’impiantistica elettrica industriale: «Sin dagli inizi – racconta Zanella – è stato determinante per la storia dell’azienda l’incontro con due grandi multinazionali. La prima era uno dei più grandi produttori di elettrodomestici del mercato di allora, la seconda uno dei più celebri marchi del settore beverages mondiale. In questo modo, venendo a contatto con problematiche già da allora diverse rispetto a quelle dell’impiantistica normale, ho impostato la mia azienda facendola crescere. Successivamente, si sono aggiunti altri nomi dello stesso spessore di quelli sopra citati ed è nata la necessità di avere le tre divisioni separate e distinte». L’azienda è cresciuta nel corso degli anni, sia dal punto di vista tecnico che da quello gestionale, come testimonia la certificazione Uni En Iso 9001 ottenuta già dal 1998 e la completa copertura assicurativa di tutte le attività. Caratteristica della Siel impianti è proprio la ripartizione della società in tre grandi ambiti di competenza, di cui si occupano rispettivamente la divisione elettrica, la divisione sicurezza e la divisione termoidraulica. «Riteniamo fondamentale questa strutturazione operativa, a cui è collegato un approccio commerciale mirato a ottimizzare fin dal contatto iniziale la gestione di tutte le risorse che la nostra azienda è in grado di mettere in campo». All’ufficio tecnico è affidata la gestione
S
Andrea Zanella
Lo scambio reciproco di competenze è fondamentale, perché porta automaticamente alla crescita di un rapporto sinergico
dei cantieri, che sul campo è seguita da operatori specializzati. Questo Team cura tutte le fasi dell’intervento, dall’analisi della progettazione alla realizzazione, fino al collaudo, ed è suddiviso nelle tre divisioni sopra citate, che naturalmente lavorano insieme in modo integrato e sinergico. Entrando nel pratico, Zanella descrive come è strutturato il lavoro: «Per prima cosa, è necessario condividere e analizzare il progetto con il committente, dopodiché si può procedere alla formulazione di un preventivo il più possibile dettagliato. In seguito, una volta accettata la proposta economica, viene immediatamente sviluppato un cronoprogramma delle attività dove vengono definiti i tempi e i ruoli che verranno ricoperti dal nostro personale tecnico e operativo. Si procedere quindi alla realizzazione delle opere nel rispetto delle prescrizioni progettuali e dei tempi definiti per la consegna. Una fase di fondamentale importanza è poi quella durante la quale vengono svolti i collaudi a norma di legge che, una volta espletati, danno il via libera alla consegna della documentazione tecnica con relativo addestramento del personale del committente preposto alla conduzione degli impianti. Prima di concludere il lavoro, è necessario pianificare con la
committenza tutti gli interventi di manutenzione necessaria, concordando tempi e i metodi d’intervento e i relativi costi». Da questo programma emerge chiaramente l’importanza che riveste un corretto dialogo con il committente. «Lo scambio reciproco di competenze è fondamentale, non solo perché contribuisce alla corretta individuazione delle esigenze e delle modalità di lavoro, ma anche perché porta automaticamente alla crescita di un rapporto sinergico che, adeguatamente curato, costituisce la base per una collaborazione continua e proficua per entrambe le parti». Il rapporto con la committenza viene stabilito inizialmente attraverso un’azione commerciale molto mirata e adeguata alla situazione che si presenta al momento in cui si viene in contatto con il possibile cliente: «Riteniamo fondamentale adottare questo approccio commerciale per ottimizzare fin dal contatto iniziale la gestione di tutte le risorse che l’azienda è in grado di mettere in campo per offrire fin da subito la massima soddisfazione del cliente. In questo contesto gioca un ruolo fondamentale comprendere quale servizio il committente necessita nell’ambito dei prodotti e dei servizi che la nostra azienda può offrire». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 133
TECNOLOGIE
Le multinazionali del petrolio scelgono la tecnologia italiana
L’
80 per cento delle valvole sottomarine utilizzate dai colossi globali del petrolio e del gas sono prodotte in Italia. Il nostro Paese detiene un know how altamente specialistico per un prodotto che, però, ha come mercato esclusivamente l’estero. «Non solo le aziende principali del settore sono italiane, ma anche quelle che producono i componenti, con l’eccezione di un paio di fornitori esteri. Quindi noi abbiamo principalmente rapporti di collaborazione con imprese nazionali, ma realizziamo un prodotto destinato solo all’export». A parlare è Enrico Orio, managing director della Valforge, società che si interfaccia con i principali operatori mondiali dell’oil & gas, come Shell, Texaco, Exxon, Bp, Total , Petrobras. «I componenti principali per la costruzione di valvole sottomarine è il nostro core business. Le aziende del settore clienti delle grandi società di ingegneria che ci commissionano il lavoro monitorano direttamente tutti i passaggi produttivi, dunque benché noi produciamo in Italia, le multinazionali collaborano con noi e sono coinvolte, principalmente nella fase di controllo del processo produttivo». La valvola sottomarina è infatti un componente complesso e di importanza fondamentale per la piattaforma petrolifera. «Come testimoniano casi come quello del golfo del Messico, l’attenzione sulla progettazione e corretta esecuzione del lavoro di costruzione della valvola deve essere massima. E le prove tecniche sono altamente selettive. Poiché non abbiamo la possibilità di
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L’Italia è al primo posto nella produzione mondiale di valvole sottomarine per il settore oil & gas. Le imprese del comparto detengono ancora un know how di alto livello che non conosce concorrenti. Ne parliamo con Enrico Orio Manlio Teodoro
sviluppare grandi quantità di prodotto, abbiamo concentrato la nostra produzione su un prodotto di altissima qualità, puntando su caratteristiche che sul mercato avessero poche possibilità di concorrenza. Del resto la situazione attuale è abbastanza buona, dato che il nostro prodotto è uno dei pochi che trainano ancora il mercato. Il prezzo del petrolio oggi è di circa 125 dollari al barile, è previsto un trend positivo fino al 2014, dopo la situazione dovrebbe assestarsi». Il settore delle valvole è tuttora in mano alle aziende ita-
Enrico Orio, managing director della Valforge Srl di Cortenova (LC) www.valforge.it
Enrico Orio
20 mln EURO
Fatturato medio annuo di Valforge Srl, che lavora con società internazionali di ingegneria per il settore oil & gas
liane grazie al livello di qualità e specializzazione raggiunto. Per quanto riguarda il sub sea, dove servono tecnologie – come i riporti anticorrosivi – e operazioni che richiedono personale altamente qualificato, ci contraddistinguiamo rispetto alla concorrenza dei paesi emergenti, in particolare cinesi. Il committente che vuole avere una buona qualità non può che rivolgersi ancora alle aziende italiane. Quindi anche per questo motivo ci siamo concentrati sul sottomarino, per evitare un tipo di concorrenza che lascerebbe poco spazio ai nostri prodotti, data la capacità degli orientali di proporre sul mercato prezzi imbattibili. Fino a oggi però il nostro elevato tasso tecnologico ci protegge dalla concorrenza cinese». Per ogni ordine, vengono eseguiti dei pre-inspection meeting. «Durante questi incontri viene illustrato lo storico dei nostri lavori, vengono strutturate tutte le fasi di lavorazione e sottoposte al cliente finale per l’approvazione. Questo fa presenti le sue considerazioni da tutti i punti di vista: da quello metallurgico a quello che riguarda la sicurezza all’interno dell’azienda. In seguito si passa alla fase di produzione e collaudo, sempre monitorata dal cliente finale. In genere, durante i collaudi e compresi i trattamenti termici che sono una delle fasi
Nel sub sea servono tecnologie avanzate. E il committente che vuole la qualità non può che rivolgersi ancora alle aziende italiane
fondamentali della lavorazione, nel nostro stabilimento sono monitorati da diversi enti e in particolare il cliente finale, il cliente diretto delle valvole e una terza parte di ulteriore garanzia. Oltre ai tecnici del committente, nei nostri stabilimenti entrano spesso anche i tecnici di enti come Bureau Veritas, LLoyds, Tuv, DNV. Quindi noi abbiamo quasi sempre tre ispettori regolari per ogni commessa. A questo si aggiungono i nostri test di laboratorio sulle attrezzature e i controlli rigorosi dall’inizio alla fine di ogni ciclo produttivo, compresi audit ai fornitori, controllo del materiale in entrata, controllo dei cicli di lavorazione, controlli finali e controlli non distruttivi. Questi sono i principali fattori che caratterizzano gli alti livelli qualitativi di tutti i nostri prodotti. La nostra azienda è inoltre certificata Iso 9001:2008 da Bureau Veritas e opera in accordo alle normative e agli standard di qualità specificatamente indicate dai nostri clienti». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 135
TECNOLOGIE
L’innovazione in anatomia patologica a ricerca sugli strumenti e i reagenti impiegati nei laboratori di anatomia patologica permette oggi di disporre di prodotti non nocivi e non tossici, che hanno consentito di ridurre l’esposizione degli operatori alle sostanze pericolose, come lo xilolo e la formalina. In questo modo, lo studio, il prelievo e l’analisi di liquidi e tessuti è un’attività sempre più sicura, anche grazie allo sviluppo di attrezzature sempre più avanzate. Un’azienda italiana specializzata nello sviluppo di queste tecnologie per il settore biomedicale, che si è affermata a livello internazionale è Diapath Spa che progetta, produce e distribuisce strumenti e reagenti impiegati nelle procedure di analisi dei laboratori di anatomia patologica. Ne parliamo con il presidente Vladimiro Bergamini. «Il nostro valore aggiunto è quello di fornire prodotti di altissima qualità applicando una politica di fornitura totale in cui la garanzia del risultato consiste nell’utilizzo di strumenti Diapath che guidano l’utilizzatore a seguire procedure certe e a utilizzare reagenti certificati con un’assistenza tecnicoapplicativa dedicata. Diventa quindi fondamentale non commettere errori nella produzione o nella fase di ricerca e sviluppo in quanto i patologi, nostri clienti, in base ai risultati ottenuti devono formulare una diagnosi, che assieme al parere di oncologi e chirurghi, stabilirà il percorso terapeutico al quale dovrà sottoporsi il paziente». Quali caratteristiche ha il reparto di ricerca e sviluppo che state realizzando? «Grazie al 10% del fatturato annuo che investiamo nell’innovazione, alla costituzione di un reparto di ricerca e sviluppo strutturato, che unisce le competenze di ingegneri meccanici, elettronici e biologi, e al supporto del marketing che comprende e soddisfa i bisogni del paziente
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La ricerca e lo sviluppo di strumenti e reagenti per i laboratori di anatomia patologica hanno reso più sicuro il lavoro degli operatori e più affidabile il risultato per i pazienti. Ne parliamo con Vladimiro Bergamini Manlio Teodoro
Al centro, Vladimiro Bergamini, presidente e CEO di Diapath Spa di Martinengo (BG), a sinistra Alberto Battistel, COO - Chief Operating Officer, Federica Bergamini, marketing manager; a destra Alessandra Bergamini - www.diapath.com
e dell’operatore sanitario, realizziamo prodotti avanzati per un laboratorio funzionale, sicuri per il tecnico di laboratorio, efficienti nell’analisi per il patologo e affidabili nei risultati per il paziente». In che modo riuscite a captare le specifiche esigenze della clientela e come vi adoperate per realizzarne la soluzione ad hoc? «Collaboriamo a stretto contatto con i nostri clienti, alla ricerca di soluzioni per i loro bisogni. Crediamo che insieme possiamo creare più valore di quanto possiamo fare da soli, portando grandi idee sul mercato più rapidamente. Una delle nostre specializzazioni è quella di offrire soluzioni personalizzate in base alle singole esigenze di ogni laboratorio. La flessibilità, punto di forza di Diapath, non
13 mln EURO
Fatturato 2011 di Diapath Spa, 10% reinvestito in R&D
22% EXPORT
Incremento delle esportazioni 2011
Vladimiro Bergamini
è un atteggiamento ma un metodo di lavoro». La vostra azienda opera a livello internazionale. Quali strategie di marketing vi hanno portato all’estero e verso quali target vi rivolgete? «Le nostre strategie sono tendenzialmente campagne di prodotto mirate, supportate dalle nostre reti di vendita nazionali e internazionali unitamente a un supporto dei Produc Specialist. Per espandere e consolidare il mercato fuori dai confini nazionali, partecipiamo alle più importanti fiere di settore, come Medica Trade Fair a Dusseldorf, Arab Health a Dubai, Fiera Zdravookhraneniye a Mosca e altre in Medio Oriente, Sud Est Asiatico e Sud America». Sulla linea della conquista di nuove quote di mercato all’estero, quali sono le vostre pros-
Offriamo soluzioni personalizzate in base alle singole esigenze di ogni laboratorio di anatomia patologica
sime rotte verso l’internazionalizzazione? «Nei prossimi anni intendiamo consolidare il nostro marchio nel mercato cinese, russo e nel Sud Est asiatico, e avviare l’ingresso nei mercati del Nord America. Altri obiettivi sono il lancio di nuovi prodotti riguardanti la citologia e l’offerta di servizi di outsourcing». Quali sono i prodotti che vi hanno permesso di collocarvi fra le prime aziende per la fornitura ai laboratori di anatomia patologica? «Abbiamo creato una linea di processatori automatici per tessuti, dotati di taniche preriempite con lettura RFID, in grado di ridurre gli errori di impiego e di standardizzare la fase di processazione. Altra innovazione è il sistema di tracciabilità AP Itineris, che consente di monitorare il percorso di lavorazione del campione per garantire la sicurezza totale per il paziente. Il nostro intento è di garantire condizioni di sicurezza ottimali dell’ambiente di lavoro, riducendo l’esposizione dei lavoratori a sostanze pericolose. Pertanto abbiamo sviluppato prodotti esclusivi brevettati, quali il sistema di gestione e cambio filtri della nostra linea di cappe e armadi di aspirazione e reagenti non nocivi e non tossici, come GreenFix e Ottix».
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TECNOLOGIE
Grandi risultati per la ricerca tecnologica Un esempio che dimostra che mai come oggi è importante investire nella ricerca tecnologica. Alessandro Bondi racconta l’esperienza di un gruppo industriale che abbraccia più mercati e che ha puntato su forti investimenti anche negli anni della crisi economica Manlio Teodoro
a ricerca italiana ha sviluppato un laser capace di intervenire con efficacia contro psoriasi e vitiligine, patologie socialmente invalidanti, con esiti collaterali limitati e tempi di esposizione ridotti. Conclusa la sperimentazione clinica con ottimi risultati, il prodotto è stato sviluppato dalla divisione medicale del gruppo Evlaser in collaborazione con il professor Nicola Zerbinati, specialista in dermatologia e venerologia dell’università dell’Insubria. «Lo sviluppo di questa applicazione – afferma Giovanni Martinelli, direttore generale del gruppo Evlaser – dimostra che mai come oggi, nel settore della tecnologia laser, sia medicale che industriale, sia di fondamentale importanza la ricerca: la mancanza di investimenti su questo fronte, infatti, è una delle principali cause delle attuali difficoltà nel reagire alla crisi economica internazionale da parte di molte aziende italiane». Il gruppo Evlaser è presente da trent’anni sul mercato delle tecnologie laser applicate in ambito medicale e industriale – dalla moda all’automotive e Alessandro Bondi, direttore commerciale dell’area all’elettronica – con una strutmedico estetica del Gruppo Evlaser tura fortemente radicata sul ter-
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di Casnigo (BG) - www.evlaser.com
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ritorio lombardo e al contempo orientata all’export e presente in 37 paesi. Lo sviluppo dell’area medico-estetica ha portato alla creazione di due brand specifici, Ev-Medicals ed Ev-Aesthetics, quindi da una parte sistemi e piattaforme laser medicali a elevata tecnologia per le applicazioni più richieste, dall’altra tecnologie per l’estetica professionale. «La nostra strategia è chiara, conferma Alessandro Bondi, direttore commerciale dell’area medico-estetica. Da una parte mettiamo a disposizione delle aziende il nostro know how costruttivo, fornendo tecnologia in forma completamente personalizzata e certificata direttamente a nome del partner, oltre al supporto scientifico e a un’efficientissima rete di assistenza tecnica, ponendoci sostanzialmente come fornitori di servizi. Dall’altra promuoviamo con forza il brand Ev-Medicals con cui commercializziamo direttamente laser e piattaforme medicali ad altissima tecnologia». La forza del gruppo è sempre stata quella di produrre e lavorare in maniera indipendente. «Il nostro investimento in ricerca e sviluppo non è mai andato sotto il 25% del fatturato annuo. Questo ci ha permesso di sviluppare e proporre al mercato una gamma di sistemi e piattaforme medicali tecnologicamente all’avanguardia e competitive dal punto di vista economico. Al medicale e alla divisione industriale si sono unite anche le migliori tecnologie per l’estetica professionale. Tuttavia la nostra è una realtà di medie
Alessandro Bondi
Abbiamo le dimensioni adatte per sfruttare una certa agilità di pensiero, progettazione e realizzazione che oggi ha successo sul mercato
dimensioni che non può certo permettersi di sviluppare ricerca di alto livello o ricerca pura: la nostra è una ricerca di applicazione tecnologica. Abbiamo le dimensioni adatte per sfruttare una certa agilità di pensiero, progettazione e realizzazione che oggi ha successo sul mercato». I forti investimenti del gruppo anche negli anni della crisi hanno lo scopo di dimostrare che oggi più che mai una realtà che progetta e costruisce apparecchiature di qualità, difendendo strenuamente il made in Italy, è in grado di competere con i colossi del settore, soprattutto americani, in qualità e prezzo. «Proponiamo prodotti unici al mondo che nessun altro è in grado di progettare e sviluppare come il rivoluzionario laser Alba 355, quindi UVA1, ultimo nato in casa Ev-Medicals, che va ad affiancare
quelli che sono già i fiori all’occhiello della nostra produzione. Ai grandi gruppi che operano nell’estetica professionale siamo in grado di fornire tecnologia – anche progettata e realizzata ad hoc su progetti personalizzati e con materiali biocompatibili – e servizi a un prezzo decisamente competitivo, ma con alle spalle un gruppo tutto italiano con più di trent’anni di storia a garanzia di supporto continuo nel tempo». L’offerta di Evlaser è rafforzata dai servizi, dall’installazione all’assistenza tecnica e ai corsi di formazione per il personale delle aziende partner. «Per ogni nostro sistema – conclude Alessandro Bondi – è prevista la fornitura di protocolli di utilizzo, stilati sulla base di migliaia di trattamenti effettuati in studi medici e cliniche di tutto il mondo».
25% R&S Quota di fatturato del gruppo Evlaser investita in ricerca e sviluppo di applicazioni tecnologiche
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TECNOLOGIE
Le imprese verso nuovi standard qualitativi Le aziende italiane sperimentano nuove strategie e guardano al futuro con relativo ottimismo dopo un 2011 difficile. Investire sulle nuove tecnologie e puntare ai mercati esteri: sono questi gli obiettivi della Tubi Thor Spa. Ne parla Fabio Ballerani Erika Facciolla
Fabio Ballerani, amministratore delegato della Tubi Thor di Lesmo (MB) www.thorspa.it
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viluppo tecnologico, automazione, internazionalizzazione. Sono questi i fenomeni che descrivono meglio l’evoluzione dell’industria italiana negli ultimi decenni, soprattutto nei settori dove l’adeguamento dei processi produttivi a nuovi standard qualitativi e tecnologici è stato particolarmente incalzante. Fabio Ballerani, Amministratore Delegato dell’azienda Tubi Thor Spa – leader nella produzione industriale di tubi flessibili in gomma - di cui ricorre quest’anno il 50° di produzione, conferma che tra gli anni Settanta e Ottanta si è assistito ad una rapida evoluzione dei macchinari per esigenze di qualità e produttività. L’automazione e la logica computerizzata dei processi produttivi – sottolinea il manager – supportata dall’elettronica, hanno permesso di produrre la maggior parte delle mescole in un’unica fase mentre per quanto riguarda le tubazioni il passaggio dalla lavorazione manuale alla lavorazione semiautomatica ha consentito di ridurre i tempi di produzione. Un ulteriore sviluppo è stato ottenuto poi grazie ad una gestione integrata tra software applicativi e produzione. Alla luce di questi cambiamenti, su quali punti di forza ha potuto contare la Tubi Thor per mantenere il passo del mercato? «Di sicura menzione è, per la produzione dei tubi in gomma su “mandrino rigido”, la novità del “processo Thor” che permette la realizzazione di tubazioni con un sistema brevettato unico al mondo nel suo genere che ha rivoluzionato i concetti classici della lavorazione dei tubi. In generale, potrei rispondere parlando di innovazione, ricerca, qualità del prodotto, oculate politiche di acquisti, servizio alla clientela e così via. Riassumo tutto in due parole: sana gestione». Che anno è stato il 2011 e quali sono le prospettive future? «Il 2011 ha segnato un incremento delle vendite del 23% rispetto al precedente. È stato un anno
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Fabio Ballerani
L’automazione e la logica computerizzata dei processi produttivi hanno permesso di produrre la maggior parte delle mescole in un’unica fase
difficile per la carenza di materie prime e per il conseguente aumento delle quotazioni delle stesse. Essere riusciti ad incrementare le nostre quote di mercato e aver rafforzato i rapporti commerciali con i nostri clienti, può essere considerato un risultato significativo che ci permette di formulare previsioni ottimiste per il futuro». Quali sono i mercati di riferimento di un’azienda come la Tubi Thor? «Quello italiano, in particolare i settori nautici, opere pubbliche, automobilistico e siderurgico e quelli dell’Unione Europea, in particolare spagnolo, inglese, tedesco, olandese. Nell’ultimo biennio abbiamo concentrato i nostri sforzi nei paesi emergenti con particolare riguardo alla Cina dove abbiamo aperto un representative office a Nanchino». In cosa consiste la filosofia commerciale? «La nostra filosofia commerciale si basa su un dialogo costante con la clientela per rispondere ad esigenze specifiche con soluzioni su misura». Può darci qualche anticipazione sulle novità che lancerete nel corso del 2012? «Nel primo semestre lanceremo una nuova
tubazione antifiamma brevettata altamente performante in caso di incendio destinata al vano motore delle imbarcazioni oltre i ventiquattro metri ed una tubazione simile per le piattaforme petrolifere». Quanta attenzione viene riservata alla ricerca e sviluppo in un’azienda con queste caratteristiche? «Molta. Uno staff fortemente qualificato di chimici e ingegneri lavora quotidianamente per lo sviluppo delle nostre tubazioni e di nuovi semilavorati per rendere i tubi sempre più performanti. Per quanto concerne il laboratorio abbiamo aggiornato il parco macchinari e ampliato le attrezzature con nuove apparecchiature tra le quali un ozonometro di ultima generazione». In tal senso, quali sono le ultime innovazioni tecnologiche introdotte? «A livello di prodotto possiamo citare la linea ‘High Flexibility’, destinata principalmente al settore alimentare, chimico e petrolchimico che permette “raggi di curvatura” sensibilmente migliori rispetto ai tubi standard risolvendo quindi molteplici problemi di applicazione». Per chiudere, su quali strategie orienterete la gestione aziendale nel corso dell’anno? «Per il 2012 i budget commerciali prevedono un’ulteriore crescita del 10%. L’obiettivo è acquisire nuove quote di mercato sia rispetto ai nostri principali competitor sia individuando nuove nicchie di mercato con prodotti ad alto contenuto tecnologico».
+23% VENDITE È l’incremento registrato nel 2011 nel commercio dei prodotti Tubi Thor rispetto all’anno precedente
+10% STANZIAMENTI È l’incremento del budget commerciale previsto dalla Tubi Thor nel 2012
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Più flessibilità nello stampaggio Puntare sulla diversificazione e l’investimento in nuove tecnologie è la mossa strategica per resistere su un mercato, quello della trasformazione a freddo, che non permette più progetti a lungo termine. L’analisi di Costantino Perdini
lessibilità e attenzione alle nuove tecnologie. Questi gli aspetti sui quali puntare nel settore della trasformazione a freddo: un mercato difficile, nel quale è necessario gestire con efficienza i programmi concordati e al contempo poter far fronte tempestivamente a correzioni e richieste urgenti. Lo sa bene Eugenia Campo di Costa Costantino Perdini, alla guida della Stamper Srl di Puegnago del Garda, attiva da 25 anni nel settore della tranciatura, piegatura e imbutitura tramite l’utilizzo di macchine di stampaggio a passo e a transfer. L’elenco delle lavorazioni oggi comprende filettatura, montaggio, saldatura e un reparto attrezzeria per la produzione di stampi. Fornire prodotti finiti e porsi come unico interlocutore porta a gestire in autonomia i trattamenti superficiali tramite aziende terze. Numerosi i materiali trattati, lamiere decapate, alluminate, inox e preverniciate. «Abbiamo deciso di investire sulla flessibilità produttiva per essere presenti sui diversi segmenti di mercato e partecipi allo sviluppo di nuove tecnologie – afferma Costantino Perdini -. Questo ci ha permesso di chiudere il bilancio 2011 con un fat-
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Costantino Perdini
In apertura, Costantino Perdini, alla guida della Stamper Srl di Puegnago del Garda (BS) www.stamper.it
turato di circa 8 milioni di euro e acquisire nuovi clienti nei settori tempo libero e servizi». Quali mercati rappresentano la percentuale maggiore del vostro core business? «Circa il 54% del nostro business si rivolge al settore arredo ufficio, cui segue il settore elettrodomestico, l’industria e in misura minore i servizi urbanistici, i casalinghi, il tempo libero e l’automotive». Come riuscite a garantire flessibilità nella vostra produzione? «La flessibilità è garantita dal parco macchine disponibile, che permette la mobilità interna del personale qualificato e consente l’ottimizzazione della produzione riducendo al minimo i tempi non produttivi. È presente un ufficio tecnico di progettazione e un reparto per la costruzione di stampi ad uso interno e conto terzi, il tutto finalizzato all’offerta di un servizio integrato e completo con un unico interlocutore. Per consentire la produzione urgente di piccoli lotti e preserie abbiamo attrezzature per taglio a laser e presso piegatrici. Avvalendoci di aziende esterne, per concludere, forniamo prodotti finiti, verniciati e zincati». Com’è strutturata oggi l’azienda? «Il reparto attrezzeria per la progettazione e realizzazione di stampi di tranciatura e imbutitura a freddo di alta precisione, utilizza fresatrici a controllo numerico, elettro erosioni a filo e a tuffo. La produzione dispone di presse a eccentrico e presse oleodinamiche, con o senza aspo-
svolgitore, con capacità da 100 a 640 ton; stampiamo a freddo lamiere con spessori fino a 12mm, e larghezza massima del coils di 1500mm. È presente un reparto saldatura, attrezzato con robot e in grado di eseguire elettro saldature a punti e a filo continuo. Per i montaggi e gli imballaggi siamo dotati di isole di filettatura e isole di lavoro. Infine, il magazzino, con un’area di 2000 mq, può garantire un polmone di fornitura per i clienti, e il servizio di consegna tramite propri automezzi è veloce ed efficiente». Quale percentuale del vostro budget viene investita, ogni anno, in ricerca innovazione e sviluppo? «Consapevoli della necessità di aggiornare con continuità le attrezzature investiamo in questo ambito il 6-7% del fatturato ogni anno. Prestiamo molta attenzione agli sviluppi tecnologici, indispensabili per competere in modo efficiente; le fiere di settore e un rapporto assiduo con i produttori di macchinari consentono di valutare correttamente i passi da compiere. A tal proposito è stato allestito un nuovo reparto di saldatura robotizzata. Attenti alla tutela ambientale, abbiamo installato, nel 2011, 2000 mq di pannelli fotovoltaici per una resa stimata di 132 Kw». Quali prospettive si aprono nel 2012? «Le dinamiche di mercato non consentono di predisporre programmi di lungo periodo, ma impongono pianificazioni mensili e frequenti aggiornamenti. Nel 2011 abbiamo ottenuto ottimi risultati; lo stesso fatturato nel 2012 sarebbe già un buon obiettivo, pur disponendo di una maggiore capacità. Al momento è allo studio l’acquisto di una pressa da 800 ton. La lunga esperienza e l’implementazione del sistema Iso 9001/2008 ci consentono di supportare le richieste dei nostri clienti; infine, siamo pronti a estendere il servizio nelle province limitrofe a quella di Brescia dove finora si è concentrata l’attività». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 143
TECNOLOGIE
La ricerca mette in moto la competizione evoluzione tecnologica che ha investito l’industria moderna nell’ultimo decennio è diventata un fattore di competizione decisivo per le aziende italiane, soprattutto in chiave internazionale, dove la concorrenza dei competitors stranieri si fa sempre più aggressiva. La partita si gioca sul campo della ricerca e, di conseguenza, sulla capacità di innovare, requisito fondamentale nei settori più disparati, compreso quello dei forni di riscaldo per la siderurgia. Dagli anni Ottanta in avanti, infatti, l’attenzione del mercato si è spostata dalle prestazioni ai consumi, complice la crisi petrolifera che ha fatto lievitare i costi di produzione. Ecco perché è diventato essenziale ottimizzare gli impianti di combustione e i rivestimenti per ridurre al minimo la dispersione energetica. Più recente è invece la rivoluzione indotta dall’informatizzazione e dall’automatizzazione dei processi produttivi – accompagnata dalla crescente attenzione in chiave ambientale –, che ha reso ancor più frenetico il cambiamento con sfumature di-
L’
La Forni Industriali Bendotti ha sede a Costa Volpino (BG) www.bendotti.it
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Il confronto con i mercati stranieri obbliga le aziende italiane a dotarsi delle tecnologie più avanzate e a mettere in campo tutto il know-how e la qualità che caratterizzano il made in Italy. L’esempio della Forni Industriali Bendotti Erika Facciolla
verse da paese a paese. «Diciamo che le ultime tre fasi sono molto compresse e strettamente legate al contesto di riferimento – spiega Michele Bendotti amministratore unico dell’azienda –. Negli Stati Uniti, ad esempio, la carbon tax e i limiti di emissione rappresentano un problema molto sentito e la ricerca in questo senso è particolarmente attiva, mentre in Bangladesh o in Pakistan si bruciano ancora materiali la cui combustione senza limiti è da noi stata dichiarata illegale da anni. In quei paesi oggi la priorità è costruire, non preservare l’ambiente». Dal disegno del primo forno nel 1916 e attraverso l’impegno di quattro generazioni, Bendotti è oggi riconosciuta azienda leader del settore, con oltre trecento forni distribuiti in quaranta paesi nonostante le difficoltà derivanti dal momento economico particolare e dalle peculiarità dei vari mercati di riferimento. «In questo periodo lamentiamo da parte dei costruttori low cost il mancato rispetto delle norme, innanzitutto sulla sicurezza. In Cina è preponderante la produzione locale, mentre il terreno è più fertile in India, dove il mercato è aperto ai produttori europei, anche se è necessario trovare un partner locale per ottimizzare i costi». Ma come è riuscita, una piccola azienda a conduzione familiare, a conquistare un posto da protagonista in questo scenario così complesso?
Michele Bendotti
Michele sottolinea che la filosofia Bendotti è improntata da sempre sulla «difesa dell’artigianalità del prodotto, unica ancora di salvezza, anche se capita di perdere delle commesse per logiche di costo. Il risparmio economico – aggiunge – è il primo criterio di scelta per alcuni clienti, ma le differenze finali in termini di qualità e sicurezza sono notevoli». In tema di qualità la Forni Industriali Bendotti ha investito molte energie e ha messo a punto un sistema di gestione che garantisce un costante ed elevato valore ai processi di lavorazione e al prodotto finale. «Attualmente promosso, sviluppato e realizzato nel nostro stabilimento – tiene a precisare Michele Bendotti – esso racchiude l’intero percorso di pro-
gettazione, produzione e assistenza per forni di riscaldo prefabbricati e non». La prefabbricazione dei forni firmati Bendotti avviene proprio nella sede di Costa Volpino; da qui i forni vengono spediti in ogni angolo del mondo e montati in loco. «La prefabbricazione dei forni, iniziata nel 1960 per contrastare la scarsità di personale esperto e l’elevato costo della manodopera, ha consentito all’azienda di ottenere la leadership del settore: basata su una tecnica abbastanza semplice, che prevede l’utilizzo di singoli moduli già rivestiti di refrattario, ha reso possibile la realizzazione di sezioni complete di forno, agevolmente movimentate, trasportate e riassemblate». In questo modo, una volta giunti a destinazione, i forni che partono dall’Italia sono pronti per essere montati, con tutta la sicurezza fondata sul lavoro già eseguito a Costa Volpino. Questo è il valore aggiunto che caratterizza i forni Bendotti, unici al mondo, rispetto alla concorrenza. Un altro punto di forza è, senza dubbio, la continuità gestionale, ha permesso di salvaguardare il patrimonio di know-how, arricchitosi sempre più negli anni. «Una prerogativa – sostengono Michele e la cugina Margherita Bendotti, responsabile finanziaria dell’Azienda – prettamente italiana: avere aziende familiari, anche di piccole dimensioni, capaci di competere sul mercato globale è di fondamentale importanza».
Forno di riscaldo tipo walking beam da 120 tonnellate per ora
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TECNOLOGIE
Un software gestionale per il recupero crediti I dati relativi alla sofferenza bancaria indicano che è in crescita l’impegno degli istituti di credito nel recupero di crediti a rischio. Corrado Costa illustra le soluzioni informatiche che permettono di snellire il processo di recupero Valerio Germanico
econdo Banca Italia nel 2011 le sofferenze delle banche italiane sono cresciute del 40 per cento, passando da 72,9 mld di euro del 2010 a 102 mld alla chiusura del terzo trimestre dell’anno scorso. Ciò vuol dire che per la banca è cresciuta la quota di creditori potenzialmente insolventi. La fetta più importante è rappresentata dalle imprese, che devono al sistema bancario italiano 66,6 mld di euro.
S
Corrado Costa, amministratore delegato della Rad Informatica Spa di Milano www.radinformatica.it
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Seguono le famiglie con 24 mld di crediti – con un aumento dell’indebitamento rispetto al 2010 di oltre il 46 per cento. «Quello che dicono questi dati è che con la crisi è aumentata la necessità delle banche di avere un efficiente apparato di recupero crediti». A parlare è l’ingegner Corrado Costa, amministratore delegato di Rad Informatica S.p.a., società che ha sviluppato il sistema informatico Epc (Ex Parte Creditoris), software utilizzato da gran parte del sistema bancario italiano per la gestione dei crediti anomali. Quali sono le caratteristiche che hanno permesso al vostro software di raggiungere l’attuale posizione di mercato? «Epc è stato progettato e realizzato con l’obiettivo di trasformare la tradizionale pratica cartacea in una pratica digitale. Per questo il software consente la gestione completa delle attività legate al recupero dei crediti, integrando informazioni relative ai processi legali di recu-
pero, la gestione documentale, le visure, le scadenze e i collegamenti anagrafici. Permette inoltre di recuperare i dati dei crediti dai sistemi legacy – conti correnti, mutui e finanziamenti, leasing, factoring, anagrafe, fidi e garanzie – e lo fa omogeneizzando dati fra loro eterogenei e trasformandoli in informazioni utili per il gestore. Come gli altri gestionali web based, Epc è molto apprezzato per la sua capacità di far condividere la stessa cassetta degli attrezzi, in real time, a numerosi utenti distanti e diversi, come bancari, avvocati, società di recupero crediti e periti». Attraverso quale strategia di marketing avete raggiunto la quota attuale di partner bancari? «Il nostro successo è stato determinato dall’adozione del nostro sistema da parte di uno degli istituti italiani più importanti, Unicredit. Il passaggio alla gestione delle pratiche integralmente paperless risale al 1999, quando con l’introduzione della legge sulla car-
Corrado Costa
tolarizzazione dei crediti di impresa venne creata la prima bad bank italiana: Mediovenezie Banca, oggi Unicredit Credit Management Bank. Il nostro software si presentava sul mercato in un linguaggio semplice e soprattutto aveva ancora un potenziale da adattare alle specifiche esigenze del mondo bancario. Questo, in pochi anni, portò all’adozione di Epc da parte di Bnl, Monte dei Paschi di Siena, Intesa Sanpaolo e Ubi Banca». Epc è il vostro unico prodotto? «Inizialmente abbiamo fatto crescere Epc per la gestione di tutti i tipi di contenzioso, come le cause passive, ed abbiamo sviluppato prodotti di valutazione di crediti secondo le regole Ias. Nel 2006 abbiamo però deciso di dare risposta a un’esigenza più volte rappresentata dai nostri clienti,
creando un’applicazione contabile specificamente dedicata alla gestione dei crediti a sofferenza, Crenope. Inoltre, dopo essere partiti dalle bad bank, abbiamo raggiunto banche con volumi di sofferenze più ridotti e società di leasing e factoring, come Barclays, Bpm, Cariparma Crédit Agricole, Ing Direct, Credito Valtellinese, Italease, Ubi Leasing, Leasint, Ifitalia». Quali sono le prospettive future? «Abbiamo integralmente reingegnerizzato Epc, adeguandolo alle evoluzioni dei sistemi informatici e rendendolo multilingue e multilegislazione e mappando secondo i diversi ordinamenti giuridici le procedure legali tedesche e spagnole. La nuova grande sfida è però il mercato assicurativo. Per questo, da una costola di
Epc è stato progettato e realizzato con l’obiettivo di trasformare da cartacea a digitale la tradizionale pratica di recupero crediti
Epc, è nato Epa: la specializzazione di questo nuovo prodotto è già notevole, anche se siamo soltanto agli inizi – tuttavia i primi feedback che abbiamo ricevuto dal mondo assicurativo sono molto lusinghieri. Questa apertura di prospettive è facilitata dall'appartenenza di Rad Informatica al gruppo Thorus, che ha importanti partecipazioni nei settori immobiliare, industriale e finanziario, tra le quali il Castello delle Regine di Amelia Narni in Umbria produzione vino e agriturismo - e il parco divertimenti Minitalia Leolandia, alle porte di Milano».
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TECNOLOGIE
Nuovi orizzonti per il gestionale Un laboratorio di tecnologia del software in continua evoluzione, che con i suoi prodotti favorisce lo sviluppo e la crescita di piccole e grandi aziende. L’attività di Sindata illustrata da Adriano Magni Guido Puopolo
no dei casi più interessanti nel panorama delle aziende informatiche italiane. È quello della Sindata Spa, società di Vimercate fondata e diretta da Adriano Magni, che dal 1981 rappresenta una realtà all’avanguardia nell’implementazione di nuove tecnologie, ambienti di sviluppo e prodotti software applicativi, destinati tanto alle Pmi quanto a primarie industrie italiane operanti nel settore manifatturiero, ma anche in quello commerciale e dei servizi. «Chi lavora in questo campo deve essere in grado di padroneggiare le nuove tecnologie, piuttosto
U
Sindata Spa ha la sua sede a Vimercate (MB) www.sindata.it www.sinergia-cube.com
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che servirle. Per questo passione, ricerca e innovazione possono essere considerate le nostre linee guida, che ci hanno permesso, nel tempo, di fidelizzare anche partner di primissimo livello, nonostante la loro crescita sui mercati internazionali e la notevole specializzazione delle loro applicazioni gestionali», sottolinea Magni, laureato in ingegneria nucleare e con alle spalle una lunga esperienza nello sviluppo di sistemi di simulazione e controllo di processo, maturata in prestigiosi centri di ricerca e società private. Senza dubbio la punta di diamante tra i prodotti offerti da Sindata è il package software Erp Sinergia®, che si pone come un sistema completo e flessibile, ideale per supportare l’attività di tutte quelle aziende che necessitano di un package gestionale di alto profilo, come spiega lo stesso Magni: «Sinergia® ha tutte le caratteristiche per essere identificato tra i più moderni prodotti Erp, per la ricchezza dei suoi contenuti, l’integrazione delle sue funzioni, la completezza delle sue procedure e la sua agilità operativa. Il software è stato progettato
Adriano Magni
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Negli ultimi anni Sinergia® si è dimostrato perfetto per soddisfare le esigenze delle grandi lavanderie industriali
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come un ambiente evolutivo, flessibile e personalizzabile, suscettibile di un notevole tuning sul campo, in modo da valorizzare le nuove opportunità tecniche e tecnologiche che via via si propongono sul mercato, salvaguardando al contempo gli investimenti pregressi». Come detto, tutte queste peculiarità, unitamente alla particolare struttura di Sinergia®, composto da diversi segmenti e moduli operativi tra loro componibili, rendono il software perfettamente adattabile alle esigenze di svariati ambiti, dal settore meccanico a quello commerciale, ad esempio per la distribuzione di componenti e sistemi elettronici, fino ad arrivare al comparto chimico-farmaceutico e a quello dei servizi. Tra i partner di maggior rilievo di Sindata possiamo citare l’Aeronautica Militare, che si serve di questo prodotto per la gestione della manutenzione e dei ricambi di una linea di velivoli. «Negli ultimi anni, inoltre, Sinergia® si è dimostrato perfetto per soddisfare le esigenze delle grandi lavanderie industriali», specifica Magni. «Queste, infatti, sono caratterizzate da una notevole complessità e specializzazione, sia produttiva che gestionale: grazie all’adozione di Sinergia®, le aziende del settore che si sono affidate a noi sono riusicite a raggiungere, in brevissimo tempo, risultati di efficienza tali da consentire notevoli risparmi del personale operativo e sensibili incrementi di marginalità». Cullarsi sugli allori non è però una prerogativa di Sindata. Il futuro incalza, e riuscire a rimanere al passo con le trasformazioni del mercato
diventa quindi fondamentale. «Ormai – afferma Magni - la fornitura del servizio ha prevalso su quella del prodotto, e i clienti cercano sempre più soluzioni che siano capaci di dare impulso al loro business, attraverso sistemi di analisi e controllo dei processi aziendali capaci di individuare, con intelligenza, le possibili criticità prima ancora dei segnali di allarme, e di proporre le vie alternative di ottimizzazione dei processi e dei flussi. Tali sistemi devono essere naturalmente fruibili sul web, e fondarsi su approfondite analisi dei dati. Il consulente applicativo oggi è dunque chiamato ad assumere il ruolo di partner del cliente nel business management, e ciò comporta una reciproca approfondita conoscenza e una delega di responsabilità professionale, che soltanto la fidelizzazione può offrire». Imparare dal passato per progettare il domani: è questa, in conclusione, la sfida che Sindata è chiamata ad affrontare. «Il ricambio generazionale in corso, nella continuità della struttura della nostra squadra – conclude Magni -, riafferma questa impostazione ed esalta gli obiettivi dell’azienda. Sindata è da trent’anni con un piede nel futuro, e per questo intendiamo proseguire nella nostra opera di promozione delle nuove tecnologie, aiutando le imprese non solo ad adattarsi ai continui cambiamenti, ma, laddove possibile, ad anticiparli». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 149
TECNOLOGIE
Un software per la sicurezza Riccardo Fabbian spiega come il monitoraggio e la supervisione si siano concretizzati su un’unica piattaforma informatica. Capace di soddisfare le esigenze di tempi e costi certi di industria, pubblica amministrazione e finanza Manlio Teodoro
software di monitoraggio e supervisione, ma soprattutto l’integrazione dei sistemi di telecontrollo e quella fra sicurezza fisica e logica, nonostante il loro status di temi inflazionati, non sono mai stati, finora, pienamente concretizzati nell’information technology in una soluzione capace di soddisfare le esigenze di tempi e costi certi. È questa la sfida ambiziosa che la società Ipse Docet di Milano ha voluto raccogliere con il progetto Pegaso che prossimamente sarà lanciato sul mercato. «La nostra società si rivolge al settore bancario, assicurativo, alla pubblica amministrazione, all’industria e ai diversi contesti aziendali con la proposta di soluzioni stabili e capaci di incrementare la sicurezza e il controllo dei processi. Con Pegaso siamo partiti da una progettazione basata su un forte e preciso lavoro di astrazione, da questo abbiamo poi realizzato una piattaforma che permette il telecontrollo di sistemi eterogenei. Il risultato è un prodotto organico che ha finalmente centrato l’obiettivo specifico di normalizzare la distribuzione e la rappresentazione dei dati prima che questi si trasformino in informazioni». Qual è l’elemento che vi ha permesso di superare gli ostacoli che finora avevano
I Riccardo Fabbian, amministratore unico della Ipse Docet Srl di Milano www.ipsedocet.it
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impedito lo sviluppo di un software di questo tipo? «Pegaso, in parole povere, disaccoppia l’acquisizione dei dati dalla loro distribuzione e rappresentazione. In termini tecnici ciò vuol dire che abbiamo uno strato di acquisizione che implementa i più importanti protocolli – e questo, essendo modulare, è in continuo itinere. Abbiamo ideato, poi, uno strato di normalizzazione o server/cache che si occupa di associare al punto acquisito i metadati di provenienza, lettura e tag per la successiva rappresentazione – e questo è lo strato persistente della piattaforma». A chi si rivolge il vostro software? «È rivolto a tutte le realtà produttive che – operando con molteplici sistemi di controllo e telecontrollo, automazione e videosorveglianza – hanno la necessità di interagire con più piattaforme e in modalità diverse. Quindi i potenziali utenti sono manufacturing, utilities energy e inoltre il settore finance. A quest’ultimo è rivolta soprattutto la possibilità di avere a disposizione l’integrazione fra i mercati interbancari del denaro, dei future, dei titoli di Stato e le informazioni Reuters. Il tutto in un’unica piattaforma che permetta di consolidare e distribuire su rete geografica, via web, informazioni aggregate per prendere decisioni di trading». E quali sono le applicazioni fuori dall’ambito finanziario? «Nel controllo degli stabili sono disponibili le
Ipse Docet
Il nostro software di supervisione disaccoppia l’acquisizione dei dati dalla loro distribuzione e rappresentazione
funzioni di telecontrollo e building automation, che prevedono il monitoraggio di caldaie, ascensori, illuminazione e telecamere di sicurezza. Questo tema, grazie alla scalabilità e all’efficienza della piattaforma, può essere replicato a livello di pubblica amministrazione per il controllo di tutti quei servizi al cittadino che prevedono l’interazione informatica con i dispositivi di campo. Come viabilità, sicurezza, illuminazione pubblica e controllo ambientale». Quali sono le altre vostre specializzazioni nel settore It? «Ci esprimiamo anche in ambiti verticalizzati, nei quali la specializzazione e la conoscenza di risorse sofisticate rappresenta uno dei fattori decisi per il posizionamento sul mercato. Fra queste, per esempio, la piattaforma Murex per il settore bancario, Sap come Erp di riferimento, Android e iOS come scenari legati alla mobilità e affiancati e supportati dal cloud computing, strumento che reputiamo rappresenti il futuro e su cui stiamo investendo molto. Nell’ambito del cloud collaboriamo con Enel e Saipem, nel finance con Intesa Sanpaolo, Unicredit, Montepaschi e London Stock Exchange Group.
Inoltre con i principali system integrator e con i gruppi Engineering e Almaviva». In che situazione si trova oggi il vostro mercato di riferimento? «Il presupposto è che non viviamo un periodo facile, né da vivere né da interpretare. Le flessioni dell’economia si riverberano con grande intensità sul mercato dell’It. La nostra scelta di reazione, in questi anni, è stata quella di darci una struttura diversa e di investire al nostro interno per riuscire a ottenere un riposizionamento più aggressivo sul mercato. Questa strategia ci ha consentito una buona percentuale di crescita del fatturato dell’ultimo anno. Tuttavia le difficoltà esistono e ogni decisione va soppesata e valutata, perché potrebbe rivelarsi potenzialmente pericolosa. Per esempio, il “malcostume” ormai diffuso dell’insoluto e del pagamento tardivo oltre ogni logica continuano a essere un nemico per le realtà medio-piccole come la nostra. Quello che auspichiamo è un mercato in cui tutti gli operatori possano dare maggiore stabilità al flusso stesso che si genera operando, commisurando attentamente la crescita, valutando e volendo mettere il rapporto umano e professionale anche al di sopra delle mere logiche di marginalità». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 153
TECNOLOGIE
Tecnologie avanzate per il marketing Analisi di mercato e marketing richiedono oggi il supporto delle tecnologie più avanzate. Massimo Padovese spiega l’utilità di costruire un “registro di informazioni” sui potenziali acquirenti Amedeo Longhi
a tecnologia nel settore legato al marketing e alla comunicazione commerciale è uno strumento fondamentale che permette di “dialogare” con acquirenti e utenti di servizi, analizzare i loro comportamenti e migliorare l’offerta. «È proprio questo il compito dei sistemi conta persona, i people counter», spiega Massimo Padovese, direttore tecnico della milanese Padovese Cabling Systems. «Il soccorso della tecnologia – prosegue il direttore – porta una considerevole serie di vantaggi, dal risparmio di tempo, a una maggiore tempestività in ambito professionale, dal contenimento di molte voci di spesa all’abbattimento dell’impatto ambientale, dai piccoli miglioramenti nella vita di tutti i giorni, fino a nuove opportunità e soluzioni come il telelavoro o il telesoccorso». Entrando nello specifico, Padovese analizza in che modo possono migliorare le prestazioni di chi si occupa di analisi di mercato e marketing: «Presi dai continui cambiamenti di mercato, travolti dal turbinio di offerte oggi vantaggiose ma domani non più, cresce la necessità di costruire un “registro di informazioni”, legate al nostro modo di vivere, di lavorare, di spostarsi, di acquistare. Informazioni che, prese singolarmente, possono sembrare semplici ed esaustive, ma che analizzate più a fondo richiedono di essere con-
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frontate. L’esperienza è un insieme di informazioni già processate, che ci aiutano a prendere decisioni». A questo scopo quindi, è fondamentale sapere se la pubblicità o la promozione che è stata attivata sui media ha avuto successo o se l’interesse del pubblico verso un prodotto, un’iniziativa o un’opera d’arte è stato rilevante o meno. «In quest’ottica il sistema conta persone riveste un ruolo di primaria importanza: quanti accessi, quante persone, quante donne o quanti uomini hanno visitato il nostro spazio espositivo, il nostro negozio, il nostro museo? In cosa si è tradotto questo flusso di visite? In quale mese? In quale settimana? In quale giorno e in quale ora del giorno? Quando abbiamo potuto notare variazioni? E come valutiamo queste differenze? Oramai questo tipo di informazioni risulta incompleta e insufficiente per una corretta analisi». Oggi il successo di un’attività risiede nella qualità del prodotto, ma anche nella modalità in cui lo si propone e lo si espone. Ed è sempre più difficile capire qual è la migliore soluzione di marketing da applicare. Negli anni passati, era di sicuro effetto l’utilizzo di rilevatori sondaggistici per catalogare le modalità operative d’esercizio. La raccolta di informazioni che impiega risorse umane ha dalla sua parte la sensibilità del rilevatore, che
Massimo Padovese
La Padovese Cabling Systems ha sede Milano www.padovese.it - www.peoplecountingsystems.com
L’analisi della distribuzione nel tempo e negli spazi del flusso di pubblico e di utenti consente di ricavare statistiche precise delle presenze
però, in quanto essere umano, può avere limiti fisici e di concentrazione. «Ai giorni nostri – ribatte Padovese – è la tecnologia ad aiutarci: il nostro strumento è puntuale e preciso fin dal primo momento e svolge la parte maggiore dell’opera. Ovviamente sono necessarie la nostra esperienza, la professionalità e le doti umane per analizzare, interpretare e tradurre le informazioni acquisite». I sistemi people counter sono costituiti da telecamere digitali dotate di un software in grado di rilevare e quantificare il flusso di visitatori. «L’analisi della distribuzione nel tempo e negli spazi del flusso di pubblico e di utenti – spiega Padovese – consente di ricavare statistiche precise delle presenze in orari di punta, stagionalità diverse, afflussi particolari: si agevola in tal modo la pianificazione del personale, la verifica dell’efficacia di una promozione o di un evento pubblicitario, il successo di categorie
merceologiche o brand specifici presenti nell’area. Si tratta di informazioni utili a diversi livelli, dal singolo negozio alla direzione del centro commerciale, alla società proprietaria di centri diversi, per decisioni e scelte che impattano sugli sviluppi e gli affari». Attraverso software differenti, possono essere contate le persone all’interno di una zona – un reparto o uno stand – oppure analizzati i percorsi effettuati dal visitatore. Queste informazioni vengono tradotte in “zona calda – tempi di sosta – percorsi”. «Dunque – conclude Padovese – informazioni molteplici, in grado di evidenziare gradimento del prodotto, correttezza nell’esposizione, appropriatezza della logistica e dei percorsi. Nel corso degli ultimi tre anni, partner di Cognimatics, abbiamo all’attivo progetti per oltre novecento counter installati nell’ambito della grande distribuzione in Italia ed Europa». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 155
EXPORT
Criticità e prospettive per il settore siderurgico Un rilancio che fatica ad avviarsi, fra impegno nella ricerca e ricorso all’export, difficoltà di accesso al credito e competizione coi Paesi emergenti. Il punto di Alessandro e Giorgio Gerli, fornitori di materie prime metalliche all’industria metal-siderurgica Amedeo Longhi
n Italia il metalsiderurgico ha registrato una significativa ripresa rispetto al profondo rosso del 2009: la produzione nazionale di acciaio nel 2011 ha raggiunto le 28,7 milioni di tonnellate, un miglioramento dell’11 per cento rispetto al dato del 2010. «Questo incremento è stato il più elevato in Europa, superiore anche a quello tedesco», aggiunge Giorgio Gerli, Presidente della Gerli Metalli Spa – che guida insieme al fratello Alessandro e ai rispettivi figli Antonio e Paolo –, impresa commerciale, con oltre cent’anni di attività, che, prevalentemente, importa metalli non ferrosi, ferroleghe e ghisa per la rivendita sul mercato nazionale ad acciaierie, fonderie di acciaio, fonderie di ghisa e fonderie di metalli non ferrosi. «Abbiamo attraversato il 2009 cercando di fronteggiare la situazione drammatica come hanno fatto un po’ tutte le imprese, arrivando fino al 2010 che, fortunatamente, ha manifestato dei segni di ripresa. La nostra attività è profondamente radicata sul territorio, fornisce servizi logistici, finanziari e di copertura sui metalli e sulle valute e assistenza tecnica. L’obiettivo che perseguiamo consiste nel creare valore fornendo continuità, certezza, rapidità, qualità».
I Alessandro Gerli, presidente della Holding Finger Spa, proprietaria della Gerli Metalli Spa, di cui è presidente Giorgio Gerli www.gerlimetalli.it
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Non sembra tuttavia ancora giunto il momento di parlare di un recupero definitivo: il 2011 è stato caratterizzato da un buon andamento del settore, che ha avuto una prima flessione produttiva nell’ultimo trimestre dell’anno. Questa flessione si sta confermando anche nel primo trimestre del 2012, con lo stesso livello produttivo del trimestre precedente, facendo segnare valori inferiori rispetto alla media del 2011. Ci sarà una ripresa nel 2012, tanto da tornare ai livelli dei primi tre trimestri del 2011? «Temo di no – risponde Alessandro Gerli – e ritengo che la situazione rimarrà stazionaria per tutto il corso di quest’anno». Rispetto al biennio 2008-2009 comunque, la situazione si sta ristabilendo: «Il fatturato, per quanto riguarda la nostra impresa, – precisa Giorgio Gerli – si è assestato su valori che vanno dall’80 per cento al 90 per cento delle medie del 2007-2008 con una modesta marginalità». Diversi i fattori che hanno contribuito al miglioramento della situazione: «Per prima cosa – prosegue Alessandro Gerli – non è vero che le imprese italiane non investono in ricerca. Se così fosse, non saremmo stati in grado di reggere la concorrenza tedesca e degli altri Paesi emergenti – Cina, Brasile e Russia su tutti». Un altro aspetto che ha contribuito al rilancio è il forte incremento delle esportazioni: «Parecchie aziende del settore hanno raggiunto quote export vicine all’80 per cento, nonostante le problematiche rappresentate dalla forte concorrenza, dalla resistenza sui mercati locali e, talvolta, dalla
Alessandro e Giorgio Gerli
Non è vero che le imprese italiane non investono in ricerca. Se così fosse, non saremmo stati in grado di reggere la concorrenza tedesca e degli altri Paesi emergenti
diffidenza dei clienti verso l’Italia e gli italiani, superata però dall’alto livello qualitativo dei prodotti». In ogni caso, in prospettiva, poiché non si riescono a scorgere delle valide ragioni in forza delle quali il mercato interno di consumo dei prodotti della metallurgia e della siderurgia possa nuovamente crescere in un prossimo futuro, un andamento positivo delle industrie nostrane è condizionato quasi esclusivamente dalle loro capacità di esportazione. Oltre ai limiti fisiologici del mercato interno, concorrono al protrarsi di questa situazione di stallo anche le difficoltà esagerate e spesso ingiustificate che le banche frappongono all’accesso al credito per le Pmi, che stanno mettendo le stesse in situazioni spesso drammatiche, costringendole a chiudere o, pur sopravvivendo, a non investire. «Una burocrazia e una fiscalità ossessive, che sono avvertite come persecutorie, vincolano l’attività d’impresa inibendone molte volte lo sviluppo a causa dei costi e dei tempi che vengono imposti. Un problema sempre attuale e
grave che sembra di difficile risoluzione». Un discorso a parte merita il progresso tecnologico del settore metalsiderurgico: «La metallurgia – spiega Alessandro Gerli – è una delle attività più antiche del mondo, quindi è difficile innovare attraverso nuove scoperte. È però possibile farlo grazie a miglioramenti tecnologici che includono: processo, utilizzo di additivi, metalli minori e altre componenti capaci di rendere la lavorazione più rapida, meno costosa e con un dispendio energetico più contenuto. Queste innovazioni consentono di produrre la stessa quantità di beni a un prezzo minore oppure, allo stesso prezzo, beni qualitativamente e tecnologicamente superiori. Questo è il progresso tecnologico nel settore metalsiderurgico». Questi miglioramenti consentono anche una maggiore efficienza energetica specifica e generale. LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 157
EXPORT
L’associazionismo, un supporto per l’export na delle maggiori criticità per le piccole e medie imprese che hanno il potenziale per lavorare anche con l’estero è quello di individuare un’interfaccia adeguata che permetta di instaurare rapporti di sintonia. Soprattutto quando il tipo di prodotto o servizio è altamente personalizzato e richiede quindi un’interlocuzione diretta fra i soggetti coinvolti. Come spiega Ruggero Chignoli, amministratore unico e general manager di Tecnoalloy, piccola impresa che progetta e produce attrezzature di carico e parti di ricambio per forni per il trattamento termico: «Per essere più competitive all’estero, le piccole imprese avrebbero bisogno di una maggiore coordinazione, anche da parte dell’associazionismo di categoria. Spesso, quello che manca a noi piccoli imprenditori è il tempo o la volontà per organizzare integrazioni e aggregazioni. La conseguenza è che in Italia abbiamo tantissime piccole aziende che operano totalmente scollegate le une dalle altre. Sarebbe importante che le associazioni, come Confindustria – alla quale siamo iscritti –, stimolassero maggiormente l’interazione fra gli associati – una sorta di tutoring – per fare di più ad ogni livello, specialmente in quello internazionale». Ciò che frena la spinta verso l’estero di aziende come Tecnoalloy è per esempio la difficoltà di individuare società o soggetti locali che facciano da tramite per la valutazione di tutte le problematiche di dettaglio legate alle necessità del cliente finale. «Per questo motivo e per via della particolarità del nostro servizio, finora il nostro mercato di riferimento principale è rimasto quello italiano. Infatti, noi progettiamo e costruiamo un prodotto chiavi in mano e fatto su misura, disegnato appositamente per rispondere a un’esi-
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Una produzione di artigianato avanzato e su misura per i componenti in acciaio per alta temperatura dei forni industriali. Ruggero Chignoli spiega che per potenziare l’export di molte imprese bisognerebbe creare un associazionismo maggiormente propositivo Valerio Germanico
genza specifica del nostro partner. Quindi la vicinanza, anche geografica, con quest’ultimo è fondamentale. Nonostante ciò siamo riusciti a portare il 25-30% del nostro fatturato su lavori per l’estero. Collaboriamo soprattutto con paesi europei come Germania, Francia, Austria e Olanda, però anche con Stati Uniti e Messico. In tutti questi contesti siamo riusciti a creare un rapporto o con il cliente finale o con un rivenditore che fa da tramite fra noi e il cliente e ci permette di impostare adeguatamente il lavoro, che essendo sempre personalizzato, necessità di un approfondimento caso per caso». Benché il sistema di costruzione di Tecnoalloy sia di fatto un artigianato avanzato, dato che la
Tecnoalloy Srl ha sede a San Giovanni (BG) www.tecnoalloy.com
Ruggero Chignoli
Per essere più competitive all’estero, le piccole imprese avrebbero bisogno di una maggiore coordinazione
componente manuale ha ancora un peso importante nella produzione, l’azienda ha sempre investito in innovazione tecnologica. «Abbiamo sempre lavorato utilizzando i più moderni sistemi Cad per la progettazione e la simulazione Fem – in 3D dal 1996 – e dal 2008 disponiamo anche di una stampante 3D per la prototipazione rapida. Per la produzione, invece, abbiamo introdotto alcuni elementi di automazione che hanno lo scopo principale di aumentare la precisione e la qualità di operazioni particolari, come il taglio dell’acciaio per la preparazione dei pezzi. Questo viene eseguito con una macchina automatica con getto ad alta pressione d’acqua che assicura un’accuratezza di lavorazione ottimale». Nonostante un calo significativo dei livelli di fatturato rispetto agli anni pre-crisi, Tecnoalloy ha mantenuto gli utili e la liquidità anche nel difficile 2010. «Dell’ultimo biennio, il 2010 è stato certamente l’anno più critico ma, nel complesso, la nostra società ha tenuto molto bene, mantenendo altissimi i nostri rating presso gli istituti
bancari con cui operiamo. Ciò perché lavoriamo esclusivamente su commessa e quindi non abbiamo il problema di eccedenze di magazzino o di investimenti nella produzione che non hanno un ritorno. Lavorando sulla base della domanda del mercato, abbiamo la possibilità di adattare la produzione quando la domanda cala. Il 2011, invece, è stato un anno di ripresa. Non siamo tornati ancora ai livelli del 2008 – che era stato un anno record –, però siamo tornati a crescere. Il primo mese del 2012 ha proseguito su questo trend. Dunque l’anno appena iniziato è partito con buone prospettive. A livello di investimenti, punteremo ancora sul miglioramento del nostro sistema di produzione – abbiamo recentemente acquistato una nuova macchina più performante. Al di là del mio attuale ruolo manageriale – conclude Ruggero Chignoli –, la mia formazione è quella del progettista e quindi parto sempre dal concetto che il prodotto più che costare poco deve valere tanto. Deve essere ben fatto e dare un alto valore aggiunto al materiale che lavoriamo». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 159
EXPORT
Il food&beverage punta all’export Nuove opportunità per le aziende italiane operanti nel food&beverage grazie a un andamento positivo del comparto che punta soprattutto sulle esportazioni. Cristina Pensa della O.D.L. fa il quadro della situazione Erika Facciolla
no dei settori che ha retto meglio il contraccolpo della crisi economica è certamente quello del food&berverage che dal 2010 ad oggi ha registrato trend di crescita in continua ascesa. Un andamento positivo trainato soprattutto da un aumento significativo delle esportazioni, in particolare verso i paesi orientali ed extraeuropei. La crescita del settore rappresenta un’opportunità di business molto interessante per gli operatori e le aziende italiane, ma non esente da sfide. Occorre, infatti, sviluppare un’offerta completa e competitiva di prodotti che possa soddisfare la grande richiesta e, al tempo stesso, contrastare la concorrenza straniera. Per tutte queste ragioni è necessario che gli operatori italiani facciano sistema e trovino delle formule di aggregazione efficaci e nel più breve tempo possibile. Un salto di
U In queste pagine, momenti di lavoro e uffici tecnici della O.D.L. Srl di Lierna (LC) www.odl.it
qualità al quale devono partecipare anche le aziende che gravitano intorno al comparto con forniture specifiche ad alto tasso tecnologico, come quelle sviluppate dalla O.D.L. Srl, azienda lecchese dinamica e innovativa di cui ci parla l’amministratore delegato Cristina Pensa. ESTENSIONE DEL BUSINESS La O.D.L. è un’azienda in provincia di Lecco che progetta, produce e commercializza componentistica meccanica ed elettronica per il settore del food&beverage. «L’azienda è nata oltre trent’anni anni fa, per volontà di mio padre e mio zio – racconta l’amministratore delegato Cristina Pensa – come estensione del business della ODE, azienda produttrice di elettrovalvole a sua volta fondata da mio padre nel 1960». Un “affare di famiglia”, quello della metalmeccanica e della componentistica, che ha profonde radici nella storia della famiglia fondatrice, giunta oggi alla seconda generazione di manager. Un settore che negli ultimi anni si è evoluto sia da un punto di vista tecnico
Utilizziamo moderni sistemi di progettazione e di informatizzazione come i modellatori Cad bi e tridimensionali, software di calcolo a elementi finiti per analisi strutturali
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Cristina Pensa
che commerciale. «Negli ultimi anni il mercato dei componenti per la distribuzione delle bevande si è radicalizzato – conferma Cristina Pensa - dividendosi in due grossi gruppi di produttori: quelli di grandi dimensioni, tutti aziende multinazionali che puntano ad una leadership di costo, con grandissimi volumi e con articoli spesso prodotti nei paesi emergenti, e quelli di dimensioni piccole e medie, come la O.D.L., che producono in Italia e fanno della qualità e del servizio i loro principali punti di forza». La corsa sempre più rapida al prezzo basso, innescata dalle produzioni low-cost, può penalizzare sul breve termine chi lavora con standard di qualità elevati e certificati, ma premia certamente sul medio termine anche per il contributo fondamentale della progettazione e ingegnerizzazione di prodotto, uno dei principali punti di forza dell’azienda lecchese. QUALITÀ CERTIFICATA A conferma di quanto importante sia la qualità del prodotto per aziende che, come la O.D.L., hanno fondato la propria identità su questo valore, Cristina Pensa spiega che «oltre le certifica-
zioni formali, la garanzia viene da una gestione puntuale dei processi e delle attività aziendali, in un’ottica di continuo miglioramento delle performance, ma soprattutto con un’attenzione molto forte alla soddisfazione dei clienti curando e personalizzando i prodotti nei minimi particolari. Le nostre maestranze – continua l’amministratore delegato – prestano la massima attenzione alla qualità delle lavorazioni, consapevoli della parte rilevante del successo che da esse dipende». Ed è proprio dal monitoraggio continuo della soddisfazione del cliente che deriva la capacità della O.D.L. di anticipare le esigenze dei clienti stessi con proposte e progetti di sviluppo innovativi. «In sintesi, il successo della O.D.L., deriva proprio da questa forte attenzione alla qualità e all’innovazione, legata alla piena consapevolezza che al centro di tutte le nostre attività ci sono i clienti, vero patrimonio aziendale». DALLA PROGETTAZIONE ALLA PRODUZIONE L’elevato contenuto tecnologico incorporato nei prodotti e il know-how acquisito in anni di LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 161
EXPORT
Nonostante il momento poco favorevole vogliamo continuare il percorso di crescita intrapreso, sempre all’insegna della qualità e dell’innovazione
esperienza, fanno della O.D.L. una delle aziende italiane più solide e innovative del settore. «Per la progettazione – spiega la Pensa utilizziamo moderni sistemi di progettazione e di informatizzazione come i modellatori Cad bi e tridimensionali, software di calcolo a elementi finiti per analisi strutturali, programmi di calcolo cineto - dinamico, sistemi di prototipazione rapida; per la produzione dei componenti O.D.L., invece, vengono utilizzati controlli numerici di ultima generazione e processi di saldatura sia tig che mig». Un’altra caratteristica importante dell’azienda lecchese è la capacità di soddisfare le esigenze della committenza in maniera celere e puntuale. Grazie alle sue dimensioni ridotte,infatti, O.D.L. mantiene grande flessibilità e alta velocità di reazione alle richieste dei clienti supportate da forti competenze tecniche. «Gli input per l’innovazione – aggiunge la manager - vengono sia dall’ufficio tecnico, sia dalla rete commerciale che rappresenta il sensore sul mercato, le “orecchie” dell’azienda capaci di captarne i segnali». Oltre che in Italia, la O.D.L. è presente in più di dieci paesi europei e altrettanti paesi extraeuropei, con un peso sempre più rilevante del162 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012
l’esportazione sui bilanci complessivi. LA SOLIDITÀ VINCE LA CRISI Ma quali sono i principali interlocutori commerciali della O.D.L.? «Tra i più importanti clienti – risponde Cristina Pensa - vi sono grandi produttori di birra come Heineken, Peroni, Carlsberg, Sab Miller, Inbev, Forst, Menabrea ma anche Electrolux, Celli, Blefa». Con un portafoglio clienti così solido e prestigioso, l’andamento aziendale è stato positivo anche negli ultimi anni, e nonostante la difficile congiuntura economica il 2011 ha fatto registrare un +15% sul fatturato dell’anno precedente. «La nostra azienda – precisa Cristina Pensa – si pone importanti obiettivi di crescita per i prossimi anni grazie alla messa in produzione dei progetti sviluppati, alla diversificazione di prodotti e mercati e ad alcuni programmi di innovazione tecnologica». Un segnale di stabilità e ripresa, dunque, che lascia intravedere ottime possibilità anche per il 2012. A confermarlo è proprio la Pensa: «nonostante il momento poco favorevole in cui ci troviamo a operare, ci auguriamo di poter continuare il percorso di crescita intrapreso, sempre all’insegna della qualità e dell’innovazione».
INTERNAZIONALIZZAZIONE
L’automazione si affaccia a nuovi mercati l mercato dell’automazione industriale e dei quadri bordo macchina è stato stravolto dalla crisi mondiale nel 2009. Le motivazioni e le variabili che determinavano le scelte dei soggetti si sono modificate e di conseguenza anche i comportamenti strategici dei produttori in concorrenza fra loro. «Questo ha accentuato il divario tra le realtà che operano in un’ottica di medio e lungo periodo e le aziende che puntano soltanto a ottenere risultati nel breve termine, sacrificando al profitto del giorno, il servizio e l’affidabilità che ci si attende da un buon fornitore». Aldo Turati, presidente di Eta – società specializzata nella realizzazione di soluzioni standard e standard modificate in lamiera d’acciaio e acciaio inox per l’automazione industriale e la distribuzione di energia in bassa tensione – commenta gli ultimi anni sul mercato. «La nostra forza è stata quella di continuare ad innovare e investire nella ricerca e sviluppo e nella tecnologia». Alla luce dei recenti investimenti, quali sono stati i risultati per l’anno 2011? «Lo scorso anno si è contraddistinto per il lancio di un nuovo prodotto strategico – l’armadio Enux – e l’entrata a regime di una serie di impianti tecnologicamente avanzati, dedicati alla nuova linea di produzione. È ovvio che il ritorno di questo importante investimento si avrà in futuro, al momento però possiamo essere soddisfatti di come abbiamo chiuso l’anno 2011. Infatti, nonostante la consapevolezza di non aver lasciato alle spalle la crisi economica del 2009, il turnover aziendale ha avuto un incremento del 10% circa rispetto al 2010. Il maggior contributo è stato dato dal mercato estero, sulla
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«L’Europa conferma un trend di crescita positivo, Russia e Brasile rappresentano un’interessante opportunità di sviluppo e l’apertura a nuovi mercati ci ha spinto ad avvicinarci alle energie alternative». Aldo Turati descrive i potenziali mercati dell’automazione Valerio Germanico
spinta di una riorganizzazione della rete commerciale sia interna che esterna che è stata sicuramente una scelta strategica vincente». Da quali mercati stanno arrivando le migliori risposte? «Attualmente siamo presenti in 40 paesi nel mondo, di cui 28 europei. I mercati più soddisfacenti sono quello inglese e francese, sviluppati in maniera eccellente grazie alla presenza di nostre filiali commerciali. A parte l’Europa, che conferma un trend di crescita positivo, Russia e Brasile rappresentano potenzialmente un’interessante opportunità di sviluppo per il futuro, pertanto le nostre analisi di mercato si stanno focalizzando su queste zone. Benché il nostro settore di riferimento sia da sempre l’automazione
Aldo Turati, presidente di Eta Spa di Canzo (CO) www.eta.it
Aldo Turati
Attualmente siamo presenti in quaranta paesi nel mondo, di cui ventotto europei
industriale – armadi componibili, monoblocco e compatti, armadi modulari, soluzioni Pc, leggii, casse con fissaggio a muro e altri –, l’apertura verso i nuovi mercati ci ha dato la spinta anche per avvicinarci alle esigenze delle energie alternative e dei trasporti». Quanto è importante dunque il lavoro del reparto ricerca e sviluppo? «Abbiamo un ufficio tecnico e un ufficio R&D focalizzati sulla progettazione di nuove soluzioni. Saper cogliere i segnali di un mercato in continua evoluzione ed essere in grado di trasformarli in soluzioni funzionalmente ineccepibili rappresenta il frutto della nostra esperienza. In Eta ricerca e qualità sono elementi identificativi e l’attenzione al design rappresenta il nostro valore aggiunto». Quali sono le prospettive, gli obiettivi e le sfide per il 2012?
«Il 2012 sarà un anno importante, prevediamo di raccogliere i primi frutti degli investimenti 2011, esploreremo nuovi mercati esteri, concluderemo l’industrializzazione dell’armadio Enux e lanceremo sul mercato una nuova gamma di prodotto. Agiamo in un’ottica di sostenibilità economica, sociale e culturale, operando secondo logiche di mediolungo periodo ed Enux risponde a un bisogno sempre più globale di tutela, salvaguardia ambientale e sostenibilità. Con Enux, infatti, abbiamo introdotto nuovi concetti produttivi, processi di lavorazione a risparmio energetico con saldatura laser avanzata, scelta di materiali altoresistenziali di ultima generazione e con caratteristiche meccaniche performanti. In Eta crediamo che un progetto sia la concretizzazione di un’idea che nasce da chi ama il proprio lavoro». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 165
INTERNAZIONALIZZAZIONE
Le dinamiche dei mercati stranieri La presenza diretta nei mercati esteri è fondamentale per apprenderne le dinamiche. E proporre prodotti e servizi con un valore aggiunto rispetto ai concorrenti. Con Antonio Rigamonti parliamo di competitività a livello globale Valerio Germanico
n’espansione commerciale all’estero che vale un quarto del fatturato. È questo il risultato conseguito da Antonio Rigamonti – amministratore del catenificio omonimo – nell’arco di appena dodici mesi, di cui ben 210 giorni trascorsi in giro per il mondo a promuovere e far conoscere il prodotto. Però anche e soprattutto a conoscere e imparare quali sono le dinamiche e le attese di mercati lontani, come quello indiano, quello cinese e i più vicini della Russia, dei paesi dell’ex Unione Sovietica e dell’Est europeo. Come spiega Rigamonti: «Per internazionalizzare l’unica strada è quella di fare esperienza sul campo, fino a specializzarsi nell’intrattenere rapporti di partnership con referenti di paesi lontani dal nostro, che però offrono all’eccellenza del prodotto made in Italy opportunità di sviluppo incredibili. Noi siamo riusciti a entrare nei mercati dell’Est facendoci largo fra i grandi produttori tedeschi e austriaci, veri colossi Antonio Rigamonti, amministratore industriali che finora avedel catenificio Rigamonti Spa, Calolziocorte (LC) vano dominato nel settore.
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www.catenificiorigamonti.com
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Ci siamo riusciti raggiungendo lo stesso livello tecnologico e aggiungendo una specificità tutta italiana, che è la sensibilità verso le esigenze del mercato». Quali sono, in concreto, i punti di forza che vi hanno permesso di guadagnare quote di mercato in un settore così competitivo? «La nostra capacità di creare valore e fare ricerca attraverso un processo integrato in ogni fase della produzione. Abbiamo saputo offrire non solo un prodotto, ma anche un servizio ai nostri partner. Questo si basa sull’organizzazione dei processi di produzione, di acquisto, di offerta, di stoccaggio e di delivery finale del prodotto. La sincronizzazione dei processi di tutte queste singole attività ha come risultato finale una logistica più efficiente e una tempistica di consegna studiata sulla base delle esigenze di impiego dell’utilizzatore finale del prodotto. In un settore altamente competitivo come questo, molto si è giocato sui tempi di attesa del prodotto. Avere conseguito il rispetto delle attese nel 98 per cento dei casi è stato il nostro punto di forza per sostituirci alla concorrenza». Quali sono i settori industriali che maggiormente richiedono il vostro prodotto? «La produzione di catene è rivolta e diversificata per prodotto in base al settore di impiego. Facciamo catene per il settore della nautica e per l’impiego dei porti. Queste ri-
Antonio Rigamonti
Per internazionalizzare l’unica strada è quella di fare esperienza sul campo, fino a specializzarsi nell’intrattenere rapporti di partnership con referenti di mercati lontani
spondono a delle specifiche di costruzione, come la norma Uni 4423 e la Din 764. Come pure le catene a maglia corta per il sollevamento, che sono regolate dalla norma Uni En 818/2 grado 80 e le catene impiegate in miniere e cave, che si basano sulla Din 22252. Realizziamo catene per l’ancoraggio di sistemi idraulici pompaggio e valvole, resistenti ad acqua e acidi; catene zincate, nichelate e ottonate, disponibili in scatole e bobine, e catene Inox per il fai da te; catene speciali ad anelli a trasmissione per impianti di zootecnia e impianti di distribuzione». La vostra produzione si limita alle catene? «Abbiamo anche un’ampia gamma di accessori per il mercato dalla ferramenta, della nautica e di vari settori industriali. Questo, sulla base degli specifici utilizzi e campi di impiego, sono forniti con zincatura elettrolitica, con zincatura a caldo e in acciaio inox. Produciamo accessori per funi e catene, ganci e accessori per l’ancoraggio e antifurto
+25% EXPORT
a maglia tonda e quadra». Qual è la vostra politica della qualità? «Il nostro sistema di gestione della qualità è certificato secondo la norma Uni En Iso 9001:2008. Questa certificazione ha contribuito alla crescita organizzativa e tecnica del nostro personale, che può garantire sempre un’alta competenza e affidabilità. Tuttavia, per noi, la ricerca della qualità non si esaurisce all’interno dell’azienda, ma investe anche l’approvvigionamento delle materie prime. Abbiamo rapporti esclusivamente con fornitori certificati, che possano garantire una lavorazione rispondente alle prescrizioni Uni. I nostri prodotti, infatti, sono zincati secondo le norme Uni En Iso 2081 per la zincatura elettrolitica e Uni En Iso 1461 per la zincatura a caldo».
L’incremento delle esportazioni di Rigamonti Spa nel 2011 rispetto all’anno precedente. Principali mercati: Est europeo, Russia e paesi ex Urss
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INTERNAZIONALIZZAZIONE
L’industria della plastica guarda a nuovi orizzonti L’analisi di Giacomo Scanzi sul mercato delle materie termoplastiche. Un progressivo processo di internazionalizzazione e di spostamento verso i nuovi mercati è il futuro del settore. Insieme all’aggregazione delle realtà esistenti in grandi gruppi Luca Cavera
l 2011, nell’universo delle materie plastiche, è stato un anno a due velocità. Mentre il primo semestre è stato caratterizzato da un mercato particolarmente reattivo e dinamico, nel secondo invece la situazione è radicalmente cambiata. Si sono verificati infatti due fenomeni in contemporanea: da una parte un calo consistente della domanda e al contempo un calo importante dei prezzi. Le ragioni di questa inversione di tendenza prova ad analizzarle Giacomo Scanzi, amministratore delegato della Arcoplex Trading, una delle società principali che opera in Italia nella distribuzione di resine termoplastiche: «Le cause principali sono dovute ad una carenza di fiducia, di prospettiva e di lavoro che si è generata nella stragrande maggioranza dei settori che impiegano le materie plastiche». Forte di un’esperienza nel mondo della compoundazione, Arcoplex ha successivamente concentrato i propri investimenti nella distribuzione, sviluppando e consolidando i rapporti con i più grandi produttori mondiali di resine termoplastiche, per poi trasferirne capillarmente i vantaggi alle società di trasformazione. Qual è l’assetto attuale e quali i giochi di
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forza nel mondo della produzione delle materie plastiche? «Da circa 3 anni il mondo produttivo ha invertito una rotta che sembrava volerlo portare a trasformarsi in un gigantesco agglomerato finanziario. Gradualmente si sta tornando ad un assetto simile a quello precedente. Dal 1965 al 2000, anni di forte crescita, l’industria termoplastica si presentava come un insieme di realtà dai contorni ben definiti. C’erano i produttori di resine, coloro che le lavoravano e i distributori. Negli anni i produttori hanno abbandonato l’assetto industriale e, attraverso aggregazioni che hanno portato alla creazione di grandi gruppi, hanno assunto una forma societaria nella quale aveva molto più peso l’area finanziaria rispetto a quella industriale e produttiva. Ciò ha creato lo spazio per un cambiamento anche degli altri attori». La vostra realtà come ha sfruttato questa mutazione di scenario? «Ci siamo fatti carico di alcune delle attività funzionali che prima erano di competenza del produttore. Lo stravolgimento dei mercati occidentali, anche con l’apertura di nuovi grandi stabilimenti, ha imposto – però ha anche dato l’opportunità – di staccarsi dal mero commercio per orientarsi verso altri percorsi, come quello della consulenza tecnico-commerciale. Adesso la situazione è nuovamente cambiata, i grandi produttori sono tornati a fare industria, concedendo ai propri partner distributivi più quote e segmenti di mercato. Così un distributore ha più possibilità di intervento e per la dimensione del proprio investimento e per
Giacomo Scanzi
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I cambiamenti sono all’ordine del giorno, per questo ci stiamo orientando anche a nuovi mercati e una più forte internazionalizzazione
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il suo indirizzo strategico». Su quali mercati siete presenti in questo momento e con quale ruolo? «Siamo presenti in Italia e anche all’estero come partner fedeli dei produttori che rappresentiamo da tanti anni. Ci occupiamo di promuovere i loro prodotti e i loro marchi, insieme a quelli delle società del nostro gruppo: Primacolor, produttore di masterbatch, Raiex, distributore di resine nel nord ovest e centro Italia e produttore di masking film e Sector 2, produttore di pannelli in XPS per l’isolamento nel settore dell’edilizia. Siamo in grado di offrire consulenza, conoscenza dei prodotti, abbiamo più magazzini che contengono oltre 6mila tonnellate di prodotto. Poiché i cambiamenti sono all’ordine del giorno, ci stiamo orientando anche a nuovi mercati e a una più forte e concreta internazionalizzazione. Questo piano prevede che le nostre aree di approvvigionamento si amplino. Ci stiamo dirigendo verso l’India, la Cina e il gruppo dei paesi Arabi, lì esistono fonti inesauribili di materia prima per i polimeri. Con un’adeguata copertura finanziaria, rispettando le culture e le abitudini locali, cerchiamo di instaurare un rapporto costruttivo che possa portarci ad un obiettivo fondamentale: offrire al mercato della trasformazione gli strumenti per essere competitivo». Quali sono gli altri vostri obiettivi nel medio termine? «Nei prossimi 3-5 anni saremo impegnati nella diversificazione. Vogliamo cercare, al di là delle materie plastiche, di aggregare alla nostra realtà altri soggetti e altri progetti con prodotti alternativi, per
trovare risposte che diventino poi potenziali investimenti da sviluppare e intorno ai quali creare una vera e propria struttura. Vogliamo che il gruppo Arcoplex cresca e diventi più ampio, componendosi con ulteriori società controllate, in modo da adattarsi meglio al mondo globalizzato ed essere meno soggetto ai rischi delle turbolenze economiche. L’aggregazione è una nostra vocazione». La vostra azienda è particolarmente attenta all’impatto ambientale, quale politica adottate in questo senso? «Abbiamo da sempre avuto un forte impegno nel rispettare l’ambiente che ci circonda, perché è quello dove viviamo noi, i nostri collaboratori e dove vivranno i nostri figli. Quindi avere processi sicuri è un interesse che ci riguarda da vicino. Fra le ultime iniziative che attivamente hanno come obiettivo uno sviluppo ecosolidale del nostro contesto locale e convinti dell’importanza di valorizzare le risorse umane, abbiamo creato un’area nel nostro stabilimento che possa contenere spazi lavorativi, aree ecologiche, familiari e ricreative. In quest’area la connessione tra nuove tecnologie, progresso nel settore dei materiali termoplastici ed energia pulita è il punto nevralgico. L’obiettivo ultimo è anche quello di far capire che la plastica non fa male e che è apprezzabile qualitativamente anche dal punto di vista ecologico». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 171
INNOVAZIONE
Una leadership tutta italiana
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uello delle custodie moderne per armi è un settore nato in Italia e di cui la leadership mondiale è mantenuta ancora dall’azienda che l’ha avviato, ormai trent’anni fa. Non a caso la Negrini di Quistello, nel mantovano, rappresenta una vera e propria case history di come si possa non solo fare innovazione in Italia, ma addirittura creare un mercato dalle dimensioni globali e restarne al vertice per decenni. «L’idea – spiega Franco Negrini, fondatore della società – è stata quella di rivoluzionare un ambito che da almeno un secolo non aveva subito innovazioni o aggiornamenti sostanziali. Le custodie per le armi, infatti, tradizionalmente erano realizzate in cuoio, pelle o legno, tutti materiali ormai inadeguati alle condizioni e ai mezzi di trasporto moderni. Ho deciso quindi di avviare la produzione di contenitori specifici in ma-
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Il primato globale nella progettazione e produzione di valigette di plastica per armi è italiano. Franco Negrini illustra l’idea che è diventata un business e tuttora non conosce concorrenza grazie a un altissimo livello di specializzazione Valerio Germanico
teriali plastici, come i tecnopolimeri e i policarbonati. Il successo è stato immediato e tutte le case produttrici di armi del mondo hanno iniziato a comprare le nostre valigette». Oltre ad essere brevettate le valigette Negrini sono omologate dal ministero della Difesa italiano, dalla Marina militare e anche dalla Nato, dato che rapporti commerciali della società sono stati instaurati con tutti i soggetti del mondo. «La nostra posizione di pressoché unica realtà sul mercato globale non è però da attribuire solo ai brevetti, ma anche alla nostra specializzazione.
Negrini Srl ha sede a Quistello (MN) www.negrinisrl.com
Franco Negrini
Nel nostro stabilimento abbiamo più linee produttive e utilizziamo diverse tecnologie robotizzate e computerizzate per i vari tipi di lavorazione: dallo stampaggio ad iniezione alla termoformatura, alla pelletteria, compreso un reparto per la realizzazione degli stampi in acciaio con i quali realizziamo lo stampaggio. Grazie a questo e alla nostra conoscenza delle armi, nella produzione dei prodotti più costosi e d’élite – cioè la fascia di mercato per la quale noi siamo nati – non abbiamo concorrenza. Per quanto riguarda invece tutte le valigette di packaging per strumentazione tecnica, trattandosi di un prodotto assimilabile a una “scatola” molto economica, c’è una piccola, leggera concorrenza. Tuttavia questa non ci disturba perché non ha le competenze per accedere al settore delle armi». La produzione di custodie per armi richiede un’elevata conoscenza del prodotto che sarà contenuto nella valigetta e al contempo la capacità di combinare la funzionalità del contenitore con un design tutto italiano. «Le caratteristiche principali del nostro prodotto sono quelle di garantire l’incolumità dell’arma, di proteggerla dagli urti nei vari viaggi aerei, dall’acqua, da sostanze solventi o da sali che sono nell’aria e da tutte le sostanze che possono, nel tempo, danneggiare le parti metalliche di precisione delle armi. Se la robustezza della custodia è fondamentale per il trasporto dell’arma e i suoi costi, altrettanto fondamentale è la capacità di dare al contenitore un’estetica e un design accattivante e piacevole, perché il design della custodia contribuisce a valorizzare il nome dell’azienda che produce l’arma. Infatti noi scegliamo il materiale e studiamo la forma in base alle esigenze del produttore e al tipo di arma. Per armi di particolare pregio, poi, utilizziamo materiali e finiture di alto livello per i rivestimenti interni ed esterni come pelle e velluto». Le prospettive future della società sono positive, dato che il fatturato è stato costantemente in crescita anche negli anni di crisi economica e gli accordi con l’estero si rinnovano e ampliano
L’idea è stata quella di rivoluzionare le custodie per armi, che da almeno un secolo non subivano innovazioni o aggiornamenti sostanziali
80% – uno degli ultimi è stato stretto con le autorità indiane. «I risultati ci danno la spinta per continuare a investire nel prodotto, nonostante lo scenario italiano dovrebbe spingerci a una maggiore prudenza, dato che non è possibile attualmente accedere al credito e che avremmo sicuramente maggiori utili delocalizzando la produzione all’estero. Tuttavia continuiamo a restare in Italia e assistiamo a uno strano fenomeno: la nostra quota di esportazioni cresce anche perché le aziende italiane che producono armi si stanno trasferendo quasi tutte all’estero, pur mantenendo la partnership con noi».
EXPORT
Quota di produzione di custodie per armi e strumentazioni tecniche della Negrini Srl destinata ai mercati esteri
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INNOVAZIONE
Politiche di sviluppo per l’impresa n controtendenza con l’attuale panorama economico, non solo italiano, ma anche internazionale, alcune realtà riescono ancora e nonostante le pressanti pretese di alcuni disposti internazionali, a parlare di crescita strutturale. Ne è un esempio la Nuova Asp di Pantigliate, che dal 1955 opera al fianco di progettisti e installatori nell’ambito della sicurezza nelle aree pericolose con presenza di gas esplosivo o materiali infiammabili, condividendo da sempre con loro la responsabilità di persone, ambiente, impianti. «La concretezza dei programmi del nostro gruppo – afferma il dottor Lattanzio, Amministratore delegato dell’azienda – sono riconosciute non solo dal mercato, ma anche e soprattutto dal sistema creditizio, che ci ribadisce il proprio supporto e la condivisione dei nostri obiettivi». Dunque, a dispetto del difficile accesso al credito che lamentano molte realtà, la Nuova Asp mantiene un buon rapporto con gli istituti finanziari. «Ormai da anni abbiamo fatto nostra una politica di concentrazione creditizia mirata agli istituti di credito con i quali creare una partnership di mutua cooperazione. Il pool di banche che oggi appoggia l’azienda è in numero inferiore rispetto al passato, ma con un taglio di operatività maggiore e che di anno in anno si è conformato alle esigenze e flessibilità tipiche delle aziende in forte crescita». Quali particolari produzioni rappresentano il vostro core business? «La società è attiva nella progettazione e produzione di apparecchiature elettromeccaniche per impianti elettrici antideflagranti
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Una politica di concentrazione creditizia mirata agli istituti di credito, con i quali creare una partnership di mutua cooperazione e una costante ricerca di innovazione ha permesso alla Nuova Asp programmi di sviluppo a lungo termine. L’esperienza di Fabio Lattanzio Carlo Gherardini
e stagni destinate all'industria chimica e petrolchimica e nelle aree pericolose potenzialmente esplosive; l’organizzazione a disposizione degli interlocutori di Nuova Asp e le competenze disponibili consentono l’accesso ai servizi di progettazione e di supporto che solo una grande ed efficiente struttura può offrire». Vi rivolgete pertanto a settori diversi, quali i vostri principali mercati di riferimento? «Annoveriamo tra i nostri clienti realtà con esigenze sostanzialmente diverse: società di engineering, installatori, industrie petrolifere, raffinerie, aziende municipalizzate, aziende di distribuzione di gas, società di
Il dottor Fabio Lattanzio, Ad di Nuova ASP di Pantigliate (MI) www.nuovaasp.net
Fabio Lattanzio
produzione o distribuzione di energia elettrica, industrie alimentari, società di depurazione acque industriali, impianti nucleari. Il poter annoverare tra i nostri clienti i migliori nomi nazionali e internazionali è motivo di soddisfazione per tutta l’organizzazione». Qual è, secondo il suo punto di vista, la reale situazione del rapporto tra imprese e banche oggi?
Siamo attivi nella progettazione e produzione di apparecchiature elettromeccaniche per impianti elettrici antideflagranti e stagni
«Conosco personalmente imprenditori che negli ultimi anni hanno sofferto, ma hanno mantenuto quote di mercato importanti e significative, seppur in mercati di nicchia. Tuttavia ogni giorno le notizie economiche ci riportano stralci di quotidianità, dove è proprio l’atteggiamento bancario che sembra dimostrare poca fiducia in chi rischia di più. In un panorama del genere diventa molto complesso proporre, a chi non vuole rischiare nulla, prospettive basate sulle sole speranze. La nostra strategia è stata sempre quella di porci per primi i dubbi sulle operazioni più delicate e di proporre alle nostre controparti solo ed esclusivamente progetti validati e che creassero un valore aggiunto concreto». Quali sono secondo lei le criticità maggiori cui devono far fronte oggi le imprese? «Credo che il contesto economico attuale non conceda più il privilegio del tentativo, ma sia completamente concentrato sul risultato. Lo spazio che la concorrenza lascia alle imprese è molto limitato e qualche volta il nostro Paese aggiunge agli imprenditori anche qualche fardello in più non rendendo, ad esempio, di fatto disponibili le strutture governative già esistenti all’estero, che istituzionalmente dovrebbero assistere e agevolare il passaggio delle aziende dal business nazionale a quello internazionale». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 175
INNOVAZIONE
Il ruolo del colore nel rilancio dei consumi l colore è uno degli elementi fondamentali di ogni strategia di marketing. Ed è anche il canale privilegiato per evidenziare la novità. La novità è l’arma alla quale maggiormente si sta ricorrendo in questo periodo di crisi dei consumi. Quindi per cercare di stimolare l’acquisto della novità, oltre che il redesign delle confezioni ha molto peso la scelta di un nuovo colore che attragga gli occhi e anche le mani del consumatore. Affinché un colore sia veramente nuovo, però, il designer ha bisogno della collaborazione del produttore di colori e in particolare di coloranti per le materie plastiche. Come spiega Felice Albertin, professionista del settore dei preparati pigmentari e socio, insieme a Pierangelo Stroppa, della Iride Color di Garlasco: «Noi cerchiamo di andare oltre la mera preparazione dei coloranti e di offrire un servizio di consulenza per gli operatori del marketing e i designer. Questi ci chiedono nuove forme e nuovi colori, propongono idee molto astratte e noi dobbiamo cercare di tradurle in qualcosa di concreto e innovativo. Per fare un esempio, da un paio di mesi stiamo lavorando su nuovi barattoli per i flaconi da supermercato, che recentemente sono stati oggetto di nuove colorazioni». Questo è il motivo per il quale all’interno delle produzioni Iride Color sono contemplate le soluzioni di colorazione in massa per i materiali e le applicazioni più variegate. Aggiunge Pierangelo Stroppa: «Passiamo dalla colorazione della classica materiale plastica – Pvc, Abs, poliuretano, policarbonato e altre – fino ad arrivare alla colorazione del silicone,
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I coloranti per l’industria non sono semplici prodotti. Bensì strumenti per la creazione di valore. Per questo fra i ruoli del produttore di preparati pigmentari c’è anche quello di consulente a fianco del designer di confezioni e flaconi. La parola a Felice Albertin e Pierangelo Stroppa Valerio Germanico
che ormai è diventato il settore in cui siamo affermati in Italia e, da poco, anche all’estero. Oltre alla colorazione in massa delle materie plastiche forniamo anche dei sottoprodotti, come plastisol particolari, che richiedono lavorazioni fuori dal comune. Per esempio, ci è stato proposto di sperimentare un’applicazione di questo materiale alle calze per bambini con funzione antiscivolo. Un’altra applicazione potrebbe essere la serigrafia su tessuto. Insomma, non ci limitiamo a produrre, ma
Felice Albertin e Pierangelo Stroppa
Elaboriamo le tipologie di prodotto classiche per applicazioni nuove. Per questo facciamo ricerca su resine e pigmenti di nuova generazione
La Iride Color Srl si trova a Garlasco (PV) www.iridecolor.it
studiamo anche applicazioni particolari». La sperimentazione di nuove applicazioni viene effettuata sfruttando al massimo le risorse umane e tecnologiche già presenti in azienda, per limitare le criticità produttive e ottimizzare gli impianti. «Nei limiti del possibile – prosegue Felice Albertin – cerchiamo sempre di adattare le produzioni alle macchine che possediamo già, altrimenti dovremmo avere un parco macchine sconfinato e costi eccessivi rispetto al ritorno di utile. Si tratta quindi di elaborare sempre le solite tipologie di prodotto – paste e preparati – e capire come impiegarli, sfruttando le nostre attrezzature, per applicazioni particolari e nuove. Per questo lavoriamo molto in laboratorio e facciamo ricerca sulla resine, la viscosità, le caratteristiche ottimali per ogni nuovo prodotto». La voglia di investire nelle idee si è tradotta per Iride Color anche in un successo commerciale. Come spiega Pierangelo Stroppa: «Siamo partner ufficiali di una delle società più importanti a livello globale per quanto riguarda la produzione di silicone. Inoltre, esportiamo già da quindici anni, sempre operando nell’indotto creato da questa azienda e dalle sue
tante consociate. Da circa un anno a questa parte, abbiamo organizzato un reparto dedicato al commerciale estero e stiamo vedendo già le prime risposte. Abbiamo aperto nuovi canali commerciali verso la Francia e la Germania, con risultati soddisfacenti e abbiamo trovato buone opportunità di sviluppo anche in Spagna». L’ingresso nei mercati esteri è stato un ulteriore stimolo per proseguire nella politica di rispetto ambientale della società. Dice in conclusione Felice Albertin: «Sia le competenze che la nostra impostazione culturale sono orientate nella direzione di produrre con il minimo possibile di impatto sull’ambiente esterno e interno all’azienda. Il nostro stabilimento è dotato di aspiratori in tutti gli ambienti di produzione, con aspiratori a carboni attivi anche se non usiamo solventi nella produzione. Abbiamo ottenuto la certificazione ambientale Iso 14001, ma tutti questi aspetti erano già attentamente curati anche prima di conseguire l’attestato. Fra i nostri obiettivi per il futuro c’è il conseguimento della certificazione Iso 18000 sulla sicurezza, per la quale abbiamo già iniziato l’iter e contiamo di portarlo a termine nel giro di sei o sette mesi». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 177
SICUREZZA
Al sicuro dalle esplosioni nei luoghi di lavoro Nei siti di lavoro caratterizzati dalla possibile presenza di gas, garantire la sicurezza è prioritario. Come spiegano Simona e Angelo Miretti, è possibile farlo attraverso modifiche curate e certificate ai mezzi e alle macchine operatrici Amedeo Longhi
cavi di gallerie, depositi di gas, laboratori chimici, piattaforme petrolifere. Sono numerosi gli ambienti lavorativi in cui è probabile che si liberi del gas nell’aria, generando condizioni potenzialmente molto pericolose per chi opera in questi siti. E quando l’ambiente è saturo di gas, si sa, l’ultima cosa da fare è innescare una scintilla. «È proprio questo il nostro compito: modificare i mezzi d’opera che impiegati nei luoghi a rischio per evitare esplosioni provocate dall’accensione accidentale di scintille in presenza di gas». A parlare
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è Simona Miretti, che insieme al fratello Angelo conduce l’omonima azienda che si occupa di trasformazioni antideflagranti. Quali sono le fasi attraverso cui vengono modificati i mezzi? ANGELO MIRETTI: «Il core business è quello relativo alle modifiche su mezzi già completi – muletti, macchine movimento terra, carrelli elevatori, motori e via dicendo. In pratica, per evitare che si sprigionino scintille, quasi tutte le componenti del mezzo – ruote, batteria, motore pompa, motore trazione, freni e così via – vengono o sostituite o modificate. La macchina, una volta giunta in stabilimento, viene smontata e, a seconda del livello della trasformazione, le parti elettriche e meccaniche vengono sostituite – questo avviene per esempio con la batteria – oppure modificate e protette – come per i motori o per le forche dei muletti, che vengono rivestite in acciaio. Tutte queste modifiche hanno lo scopo di rendere la macchina sicura ed evitare che l’esplosione avvenga o quantomeno che essa si propaghi nell’ambiente. Esistono vari sistemi – ad esempio, un detentore di gas che ne rileva la presenza e blocca immediatamente la macchina – corrispondenti a vari livelli di sicurezza, ma l’obiettivo di fondo è sempre evitare che si propaghi un’esplosione nell’ambiente esterno». In quali settori lavorate prevalentemente? SIMONA MIRETTI: «In tutti gli ambienti lavorativi potenzialmente soggetti a esplosioni. Il ramo principale è quello riguardante la trasforma-
Simona e Angelo Miretti, amministratori della Miretti Spa di Limbiate (MB) www.miretti.com
Simona e Angelo Miretti
Per evitare che si sprigionino scintille, quasi tutte le componenti del mezzo vengono o sostituite o modificate
130 COLLABORATORI Il personale dell’azienda fra la sede italiana e quelle estere
zione di carrelli elevatori: siamo certificati da tutte le principali case produttrici di questo tipo di macchina. Trasformiamo anche macchine di movimento terra che operano in zone dove può esserci del gas, per esempio i cantieri Tav: abbiamo collaborato all’allestimento dei mezzi d’opera utilizzati nel cantiere del tunnel per l’Alta Velocità sulla linea Bologna-Firenze. Abbiamo anche lavorato su una fresa tedesca prodotta da una fra le più grosse società del settore, che abbiamo modificato per renderla sicura. Un altro ramo d’impresa che curiamo molto in questo momento è quello relativo alla trasformazione di motori per le piattaforme offshore; anche quelle infatti sono zone classificate come soggette a possibile presenza di gas». Il quadro normativo per un’attività così importante deve essere particolarmente preciso e restrittivo. A.M.: «Tutto è certificato. Ogni paese ha una legislazione differente, quindi noi certifichiamo i nostri prodotti in base a queste normative, per poter immettere su ciascun mercato il mezzo modificato e in regola. In Europa, per esempio, c’è l’Atex, che contiene delle disposizioni di riferimento che indicano come deve essere eseguita la trasformazione per garantire la sicurezza. Lo stesso avviene in Cina o negli Stati Uniti. Questi disciplinari stabiliscono ciò che è richiesto a livello tecnico per rendere il mezzo sicuro, poi
noi interpretiamo i dettami in essi contenuti e li applichiamo. Ogni nuovo componente che costruiamo e montiamo viene testato e certificato da un laboratorio terzo, detto ente notificato. È un organismo esterno, approvato, che ha l’autorevolezza per emettere la certificazione d’idoneità. In più possediamo le attestazioni Iso 9001 e a breve otterremo la Iso 14001». Quali sono i mercati in cui operate? S.M.: «I nostri clienti finali sono aziende chimiche e petrolchimiche, produttori di vernici, depositi di gas, cantieri edili e chiunque operi in siti ove ci sia la possibile presenza di gas. Abbiamo una linea di depuratori catalitici, filtri di fumi, che vengono applicati a mezzi semoventi e a motori molto grossi che si trovano nelle centrali di produzione del gas che filtrano e depurano i gas di scarico. Questa è un’attività che soprattutto in Italia ha un discreto mercato. Lavoriamo principalmente in Europa, abbiamo sedi in Germania, Francia, Olanda, Ungheria. Abbiamo aperto una nuova società anche negli Stati Uniti, anche se già da tempo siamo presenti sul mercato americano, per il quale possediamo certificazioni che nessun altro ha e abbiamo brevettato diversi e innovativi sistemi. Poi c’è l’Asia: il terzo mercato in cui operiamo è la Cina, dove abbiamo un distaccamento, ma siamo attivi anche a Singapore, in Algeria e in tutta l’Africa del Nord». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 179
IL SETTORE MODA
Nel comasco, il mini distretto del tessile La trama dell’esperienza e il “filo” della ricerca. Alessandro Tessuto spiega un percorso che ha reso il distretto tessile comasco teso verso la ricerca e l’innovazione, decretandone il successo anche sui mercati esteri Antonella Chirico
l mercato cerca novità, le industrie rispondono incentivando i reparti creativi. In un momento dove gli imprenditori devono ottimizzare minuziosamente il budget a disposizione, focalizzare le esigenze del mercato risulta essenziale. Tutelare e, se necessario supportare, quei reparti capaci di rispondere adeguatamente alle istanze che provengono dall’utenza, necessita di strategie oculate. Nel settore dei tessuti, affollato e competitivo, una realtà come la Clerici Tessuto & C. Spa, punta sul controllo totale del processo produttivo e sull’inventiva. Alessandro Tessuto, presidente del gruppo, spiega come si compone l’offerta aziendale. Come affrontate le sfide del mercato e su quali aspetti puntate per uscirne vincenti? «Alla competitività del mercato globale abbiamo risposto aprendoci a nuove partnership senza smarrire la nostra identità. In un mercato divenuto sempre più instabile e imprevedibile, l’azienda ha puntato sulla strategia di un perfetto gioco di squadra. A Como oggi lavora a pieno
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Alessandro Tessuto, presidente della Clerici Tessuto & C. Spa di Grandate (CO) www.clericitessuto.it
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regime la prima microfiliera serica d’Italia. Il gruppo ha messo in rete le migliori energie e competenze presenti nel settore tessile comasco. Così è nato un minidistretto agile, flessibile, tempestivo in ogni sua componente, dal filo al prodotto finito». Come si compone questo minidistretto tessile? «Nel territorio è ancorata una catena produttiva tutta nostrana in grado di raggiungere ogni orizzonte commerciale: abbigliamento, cravatte, foulard, arredamento, intimo e beachwear. Gli anelli che la compongono sono sinonimo di estro e affidabilità. Filati, tessitura e stamperia con le aziende Ambrogio Pessina Srl, Clerici Tessuto & C. Spa e Sara INK Srl sono supportate da un reparto logistico interno che si estende su una superficie di oltre 3000 metri quadri. Al suo interno viene effettuato il controllo qualità dei greggi a magazzino, vengono date le disposizioni di lavorazione, viene canalizzato il ricevimento dei prodotti finiti e viene effettuato l’ultimo controllo della qualità prima della spedizione». Parlavamo dell’importanza che riveste la creatività, quali le vostre ultime novità? «Il mercato desidera costantemente cose nuove. Noi abbiamo cercato di rendere più moderni, più tecnici articoli tradizionali, miscelando la vi-
Alessandro Tessuto
scosa col poliestere, il poliestere con la seta. Nelle nostre sale sono nati prodotti giovanili e tecnici. La produzione è caratterizzata dall’intreccio di due importanti valori: la trama dell’esperienza e il “filo” della ricerca. L’azienda, forte di un’antica tradizione tessile, è infatti lanciata verso il futuro spinta da un poderoso impegno all’innovazione». A quale fascia di mercato vi rivolgete maggiormente? «Sicuramente, la fascia di riferimento dalla quale traiamo la percentuale maggiore d’introiti, è quella alta e il mercato del lusso; ma all’interno del ventaglio che offriamo c’è spazio per la grande distribuzione e per fasce medio - basse». In quali mercati stranieri siete più presenti? «Ci rivolgiamo principalmente al mercato del lusso e Francia e America sono le piazze costantemente fertili, nonostante la crisi. Abbiamo aperto due uffici uno a Parigi e uno a New York perché la presenza sul territorio è essenziale per incrementare la rete commerciale del gruppo. Stare vicino ai clienti suggerisce serietà, e questo è molto apprezzato». Il gruppo ha retto all’impatto con la recessione degli ultimi anni? «Tranne che nel 2009, dove abbiamo registrato un calo violento, dal 2010 in poi i no-
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È nato un minidistretto agile, flessibile, tempestivo in ogni sua componente, dal filo al prodotto finito
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stri bilanci hanno sempre registrato il segno +. La ragione è da ricercare nella vasta divisione commerciale. Il polo abbigliamento, nello specifico, si compone di diversi marchi: Clerici Tessuto, Fantoccoli, Guest, Passion Beach & Body e New Tess, in grado di rispondere a molteplici richieste. Il polo accessorio e il polo arredamento (con Luna Home e Brochier) completano poi un’offerta competitiva e integrale». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 183
IL SETTORE MODA
Il 2012 della moda è ancora da scrivere l presidente della Camera nazionale della moda italiana, Mario Boselli, nei giorni precedenti l’apertura delle sfilate della settimana di Milano Moda Donna 2012, che si è svolta dal 22 al 28 febbraio, ha rivelato i dati elaborati dall’ufficio studi di Camera moda. Il 2011 si è chiuso con una crescita del settore del 5,5 per cento e un fatturato di 63,5 miliardi di euro. Ha parlato però anche di previsioni e queste dicono che il 2012 non seguirà il trend di crescita, bensì potrebbe far registrare un calo del 5,2 per cento , con una migliore tenuta dell’export, che si fermerebbe a –3,1 per cento . Sempre secondo Boselli, saranno esposte al rischio maggiore soprattutto le piccole e medie imprese, anche a causa delle loro difficoltà nell’accesso al credito. Ma qual è il punto di vista delle Pmi su questi dati? Ne parliamo con Simona Pedroni e Claudio Bertoni, titolari della Esseci Confezioni, azienda che produce in conto terzi e per marchi propri abbigliamento sportivo, casual e street wear da uomo e da donna. La vostra esperienza del 2011 e le vostre prospettive per il 2012 sono in linea con i dati di Camera moda? «Nonostante la crescita del settore del 5 per cento sia un dato certamente positivo, lo scorso anno per noi è stato di gran lunga migliore: abbiamo chiuso con un incremento di fatturato del 12 per cento , che in una fase ancora di crisi è un risultato ben più che soddisfacente. Al di là dei numeri, inoltre, un altro risultato è stato l’essere riusciti ad ampliare il nostro mercato di riferimento, mantenendo però ancora snella ed elastica – e quindi funzionale – la nostra struttura. Benché le prospettive per il 2012 da più
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Per i prossimi dodici mesi le previsioni sull’andamento del settore dell’abbigliamento made in Italy descrivono un calo complessivo del 5 per cento circa. Gli imprenditori Simona Pedroni e Claudio Bertoni hanno una visione alternativa in positivo. L’inizio dell’anno ha già dato loro le prime conferme Valerio Germanico
Simona Pedroni e Claudio Bertoni, titolari della Esseci Confezioni Srl di Pontevico (BS) - www.esseciconfezioni.it
fronti vengano descritte come negative, noi siamo fiduciosi di riuscire a confermare il fatturato e avviare nuove partnership». Su quali aspetti voi avete puntato per mantenere e accrescere il vostro mercato? «Sicuramente l’attuale situazione economica ha intaccato il potere d’acquisto degli italiani. La nostra reazione è stata una vera e propria presa di posizione per reagire alla crisi. Quindi abbiamo iniziato a progettare capi che fossero molto concorrenziali rispetto a quelli attualmente sul mercato e stiamo ottenendo ottimi risultati, la campagna vendite iniziata a gennaio ci ha dato buoni riscontri e per questo crediamo di poter essere fiduciosi nel 2012». Quali sono i vostri principali mercati di riferimento e quali nuovi target potreste con-
Simona Pedroni e Claudio Bertoni
+12% FATTURATO Incremento registrato dalla Esseci Confezioni Srl nel 2011
quistare in futuro? «Lo street wear è il nostro core business e lo stile nel quale sicuramente la nostra esperienza è più solida. Attualmente il nostro mercato di riferimento è l’Italia, ma siamo già presenti all’estero e abbiamo in programma di potenziare le nostre esportazioni, proponendo il nostro made in Italy – che fuori dai confini nazionali gode ancora di grande riconoscimento ed è sinonimo di qualità. Il nostro obiettivo è quello di in-
La campagna vendite iniziata a gennaio ci ha dato buoni riscontri e siamo fiduciosi per il 2012
tercettare una fascia trasversale di target. Il nostro core business è lo street wear, ma abbiamo anche una linea più ricercata, Resale, e una linea bambino e giovane, Imn. Da qualche anno stiamo puntando inoltre all’abbigliamento tecnico per sci e alpinismo, che abbiamo trovato un ambito stimolante per la richiesta di tecnologie e performance che comunemente non sono richieste per i capi da città». Quali sono le caratteristiche della vostra linea di abbigliamento più ricercata? «Resale è una linea di capi d’abbigliamento storici rivisitati con tessuti attuali e materiali di sola fattura italiana. La filosofia del marchio è quella di riproporre capi di lusso resi cool dalla patina del tempo o semplicemente dall’uso. Comprende articoli che seguono epoche anche più recenti – come le cerate colorate degli anni Ottanta, riproposte e ricondizionate in un fitting attuale e nei colori del momento – e i capi storici della cultura militare: field, bomber, peacoat, anche questi interpretati in un’ottica da terzo millennio. Il nostro non vuol essere però un vintage polveroso, bensì la rilettura di classici senza tempo, adeguati a un pubblico colto e attento, con i piedi ben saldi nella propria epoca. È una linea di nicchia che sta dando comunque ottimi risultati sia in Italia sia all’estero». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 185
CARBURANTI
Liberalizzazioni, cosa cambia nel mercato dei carburanti Tra innovazione tecnologica, liberalizzazione dei mercati e normative sulla sicurezza, le aziende del comparto si preparano ad affrontare sfide importanti. Ne parliamo con Antonio Castro della Grit Service Technology Erika Facciolla
l settore dei carburanti si appresta a entrare in una fase densa di grandi cambiamenti, per lo più determinati dalle recenti novità legislative presentate dal Governo Monti in tema di liberalizzazioni e dalle rigide normative di sicurezza a cui gli operatori del settore devono attenersi, soprattutto in chiave ambientale. Se da una parte l’apertura del mercato della distribuzione dei carburanti dovrebbe aumentare la concorrenzialità e l’efficienza dei servizi, a tutto vantaggio delle grandi aziende che gravitano intorno al comparto, le imprese più piccole potrebbero non essere più competitive nelle gare d’appalto per le grandi opere. Gli operatori, dunque, restano cauti e non azzardano previsioni, ma quel che è certo è che si apriranno nuovi scenari e che nessuno potrà perdere il passo con gli imminenti mutamenti. Proprio per seguire le evoluzioni del mercato, sia da un punto di vista tecnologico che normativo, l’attività della Grit Service Technology ha subito negli anni notevoli cambiamenti, i più importanti dei quali indotti dall’esplosione dell’elettronica nel settore. «Sostanzialmente i cambiamenti avvenuti nel settore – conferma il titolare Antonio Castro - si possono riassumere nel fatto che nelle attrezzature di piazzale le percentuali di meccanica ed elettronica si
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Grit Service Technology ha la sede a Lainate (MI) www.gritservice.it
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sono invertite a vantaggio di quest’ultima. Conseguentemente il nostro impegno è quello di stare al passo con questi mutamenti investendo nelle risorse umane, nella formazione e nel personale qualificato». Non un processo forzato, dunque, ma un’evoluzione naturale sviluppatasi nel tempo. «Siamo nati come rivenditori di ricambi per le apparecchiature destinate alle aree di distribuzione carburanti, da sempre nostro punto di forza; successivamente, anche grazie a importanti clienti acquisiti, abbiamo deciso di ampliare la nostra operatività con la costruzione e la manutenzione degli impianti. Ad oggi abbiamo raggiunto un buon grado di esperienza anche grazie alla formazione del nostro organico». Con l’ampliamento dell’attività produttiva e dei servizi offerti alla clientela, però, aumentano anche le criticità: «la complessità del lavoro si manifesta soprattutto negli interventi di manutenzione, dove occorre essere molto attenti e trasparenti. Alcune attività – precisa Castro - richiedono una specifica comunicazione all’Ufficio Metrico di competenza che provvede al controllo dei lavori. Anche il più piccolo errore o dimenticanza può compor-
Antonio Castro
tare la chiusura dell’impianto». Il punto di forza del settore è certamente quello di abbracciare vari campi, dall’elettronica, al fotovoltaico fino ad arrivare all’edile, con relative specializzazioni. Fondamentale resta sempre l’esperienza e le competenze acquisite che permettono alle aziende di ottenere buoni riLa liberalizzazione del mercato porterà sultati e di crescere nel tempo. un aumento della mole di lavoro per le grandi Ma quali sono i tempi di realizzazione di un impianto di aziende, a scapito delle imprese individuali erogazione? «Le tempistiche – che non riusciranno ad essere competitive osserva il manager - sono determinate da numerose variabili, come ad esempio le attrezzature che devono essere installate. rando con liquidi potenzialmente infiammabili Indicativamente si va dai tre mesi per impianti o con gas è necessario seguire scrupolosamente di piccole dimensioni a un anno per impianti le disposizioni di legge in merito alla sicurezza. di grandi dimensioni. Per quanto concerne la Il nostro impegno è volto a fornire al personale manutenzione – spiega il titolare della Grit tutti i dispositivi di protezione individuale». Service Technology – i servizi richiesti sono di Quando si parla di sicurezza, inoltre, si deve riparazione o sostituzione dei vari componenti prestare particolare attenzione alle norme a tudegli erogatori di carburanti. I guasti possono tela dell’ambiente e affiancarsi a ditte speciaessere di tipo meccanico, elettrico o elettro- lizzate nel settore. «Abbiamo un contratto con nico. Essendo anche rivenditori di ricambi ab- una società specializzata nello smaltimento dei biamo sempre a disposizione i materiali da rifiuti, più che altro ferrosi e dal 2010 siamo sostituire. In caso di riparazioni, possono essere iscritti al Sistri, il sistema di controllo della fatte sul posto, oppure presso la nostra sede tracciabilità dei rifiuti». avendo a disposizione un’officina e un labora- L’importanza di partnership e collaborazioni torio attrezzati». con aziende qualificate è uno degli elementi Di fronte a servizi così specifici le competenze che ha senz’altro contribuito alla crescita della richieste riguardano in particolare l’accurata Grit Service Technology. Tra le più altisonanti, conoscenza delle apparecchiature di ogni marca spiccano quelle con Shell, Esso e Trenitalia. e modello, ecco perché la formazione diventa «Tra le nostre collaborazioni desideriamo sotun aspetto essenziale dell’attività aziendale. E tolineare quelle con le società Esso Italiana e per un settore delicato come quello dei carbu- Shell per le quali abbiamo effettuato diverse ranti, le normative sono tante e stringenti. A costruzioni e ristrutturazioni di impianti. Queconfermarlo è proprio Antonio Castro: «ope- ste compagnie petrolifere sono particolar- UU
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CARBURANTI
UU mente attente alla sicurezza
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Abbiamo un contratto con una società specializzata nello smaltimento dei rifiuti, e dal 2010 siamo iscritti al Sistri, il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti
e all’ambiente e utilizzano, infatti, un sistema di controllo dei luoghi di lavoro e dei lavoratori molto rigido». Per quanto riguarda la regolamentazione del settore, il recente decreto sulle liberalizzazioni introdurrà novità significative nel mercato dei carburanti che potrebbe portare ulteriori vantaggi per le grandi aziende del comparto, a discapito, purtroppo, delle imprese individuali. Tale ipotesi è confortata dalle previsioni dello stesso Castro che prevede «un aumento della mole di lavoro, a scapito delle imprese individuali che non riusciranno ad essere competitive nelle gare d’appalto per le grandi manutenzioni e saranno costrette a lavorare in subappalto per le ditte vincitrici della gara con compensi notevolmente inferiori rispetto a quanto speravano di ottenere. Tutto questo – continua il titolare della Grit Service Te- siedono due o tre stazioni di servizio, pochnology - comporterà che i retisti che pos- tranno scegliere direttamente la ditta di manutenzione, abbandonando di fatto il vecchio sistema. Per quanto riguarda la trasparenza dei prezzi non pensiamo possa avere dirette conseguenze sul nostro operato quanto piuttosto sulla mera domanda e offerta di carburanti». Nel futuro della Grit Service Technology si aprono, dunque, ampie prospettive di sviluppo, come ad esempio il montaggio di pannelli fotovoltaici sulle pensiline delle stazioni di servizio. Margini di crescita che l’azienda di Antonio Castro si appresta a conquistare con determinazione. «Stiamo seguendo le evoluzioni del settore per essere sempre al passo con i tempi e rispondere alle esigenze del mercato. Per quanto riguarda il futuro immediato, per la prima volta, andremo ad operare presso i depositi di carburante, apportando modifiche elettromeccaniche su serbatoi di grandi dimensioni». 192 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012
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EDITORIALE
Come è nata la malafinanza La crescita, il profitto e il consumo sono divenuti la misura di ogni valore, vediamo come si è evoluto nei secoli il sistema liberal-capitalista Claudio Gario
utero predicava il ritorno alla semplicità dell’ortodossia evangelica, il denaro era per lui “sterco del Demonio”, mentre Calvino metteva il “Dio danaro” al di sopra di ogni altro valore terreno. Le idee calviniste segnarono il pensiero e le azioni che risultarono di capitale importanza nel decidere le sorti del mondo moderno. Trovarono un fertile humus al tempo dell’illuminismo utilitarista inglese e di quello razionalista francese, per poi essere portate dall’avidità umana sino alle estreme conseguenze attraverso la rivoluzione industriale e la rivoluzione francese. Dopo le due guerre, questa forma di “civilizzazione” venne trapiantata nei Paesi Alleati dell’Europa Continentale e nel sottomesso Giappone. Dopo lo shock atomico e sotto il deterrente di una nuova guerra mondiale nucleare, ebbero buon gioco metodi di persuasione e penetrazione più soft ma non per questo meno efficaci: la canalizzazione del risparmio da investimenti nazionali verso i titoli di società statunitensi quotate in borsa e l’acquisizione da parte di queste ultime di partecipazioni societarie di controllo in ogni parte del mondo con i soldi degli stessi Paesi conquistati. Caduto il Muro di Berlino, la partita terminò in favore del liberal-capitalismo materialista e fu così possibile la completa internazionaliz-
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zazione dei commerci e la finanziarizzazione globale dell’economia attraverso la selvaggia deregolamentazione dei mercati finanziari. Nella sfera privata il denaro da mezzo è divenuto un fine e, nella sfera pubblica, il PIL, la crescita, il profitto e il consumo sono divenuti la misura di ogni valore. Dopo questi eventi l’uomo non è stato più protagonista del proprio futuro ma è divenuto un oggetto di utilità, apprezzato solo in quanto funzionale agli scopi dell’economia. «Il nostro Pil è il più antico del mondo. Ma conteggia l’inquinamento dell’aria, la pubblicità delle sigarette, la distruzione delle foreste, il napalm, il costo dello stoccaggio dei rifiuti nucleari. Il Pil, invece, non conteggia la salute dei nostri bambini, la qualità della loro istruzione, la gioia dei loro giochi. Non prevede la bellezza della nostra poesia o la salvezza dei nostri matrimoni. Non prende in considerazione il nostro coraggio, integrità, intelligenza, e la nostra saggezza. Misura qualsiasi cosa, ma non ciò per cui la vita vale la pena di essere vissuta», scriveva Robert Kennedy. Questo nuovo modello si è radicato ovunque: ormai è impossibile immaginarne di alternativi, se non uno stato di guerra permanente tra vincitori che impongono le loro regole e perdenti che si rifiutano di accettare l’omologazione.
Claudio Gario, commercialista esperto in consulenza societaria internazionale
Claudio Gario
Nel mondo della finanza i titoli di borsa e i loro derivati, uniti al potenziale tecnologico di internet, stanno causando una bolla speculativa planetaria che scoppierà con effetti devastanti. Protagoniste della folle corsa alla finanza sono le Banche Centrali, affiancate nelle loro attività da molti altri organismi – dal Bilderberg Group, alla Trilateral Commission – sconosciuti ai più, che hanno preso il posto dei Governi nel decidere le sorti dei popoli. Guillaume Faye definisce l’epoca in cui viviamo “l’era dei regolatori”, caratterizzata dalla delegittimazione politica delle Nazioni e dal trasferimento della gestione del potere ad anonimi burocrati telecomandati da oscuri poteri. A questa accolita di regolatori non è estranea l’Unione Europea, le cui decisioni sono sottratte al voto parlamentare. Mentre crediamo che l’euro sia stato spontaneamente perseguito dai Paesi europei, sono stati da poco desecretati documenti del Bilderberg Group da cui risulta che da oltre cinquant’anni si lavorava perché l’Europa si dotasse di un’unica valuta. Nel 1948 le Fondazioni Ford e Rockefeller avevano dato vita all’American Committee for a United Europe, con lo scopo di condizionare lo sviluppo monetario, economico e politico del nostro Continente in modo convergente agli interessi d’Oltreoceano, ritenendo molto più semplice controllare un’unica entità monetaria e un’unica Banca Centrale. Oggi è difficile intravedere un’alternativa al sistema sociale fondato sul liberal-capitalismo e sui suoi eccessi. Le bolle finanziarie stanno per esplodere, i conti dell’Occidente non tornano più da un pezzo e le toppe apposte dai governi locali – i regolatori – non ce la fanno più a nascondere la realtà. Nonostante stiamo già vivendo l’apocalisse,
Le bolle finanziarie stanno per esplodere, i conti dell’Occidente non tornano più da un pezzo e le toppe apposte dai governi locali non ce la fanno più a nascondere la realtà
sono ancora in molti a credere scioccamente di trovarsi nel paese dei balocchi, senza capire, come diceva Gaber, che «la nostra generazione ha perso» e che presto resterà a pancia vuota e con le orecchie da somaro. Che fare allora? Quando la nostra coscienza inizierà a percepire l’inevitabile crollo che comporterà un rinnovamento che va oltre il nostro volere, quello sarà il tempo di nuove classi dirigenti, persone nuove, capaci e libere da legami con il passato, che riusciranno a essere innovative andando anche contro corrente. Solo così potremo sperare in un nuovo e costruttivo futuro solido per noi e per le generazioni a venire.
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TUTELA DEL TERRITORIO
Azioni a difesa del suolo Sono previsti interventi strutturali e preventivi e un impegno finanziario ingente per mitigare il rischio idrogeologico. Lo assicura l’assessore regionale al territorio e all’urbanistica Daniele Belotti Renata Gualtieri
n Lombardia i temi del dissesto e della difesa dal rischio idraulico e idrogeologico sono molto attuali e riguardano sia la parte montuosa e collinare che le aree fluviali della pianura. Sui versanti montuosi i fenomeni franosi interessano un’area pari al 18,7% del territorio montano. I pericoli maggiori arrivano dalle colate di fango e di detriti lungo i principali impluvi e i fenomeni di crollo di massi, purtroppo rapidi e solitamente poco prevedibili. In pianura, invece, sono le esondazioni dei fiumi a creare spesso danni anche ingenti; le aree maggiormente critiche sono il bacino dei fiumi Lambro,
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Sopra, Daniele Belotti, assessore al territorio e all’urbanistica della Regione Lombardia
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Seveso e Olona, nell’area milanese, il nodo idraulico di Brescia (fiume Mella e il torrente Garza) e alcuni tratti lungo il fiume Po, ove non esiste l’arginatura maestra (Arena Po, Portalbera, S.Cipriano). In Lombardia sono state censite circa 130.000 frane, 180 delle quali ad alto rischio per gli abitanti e le infrastrutture primarie del territorio. «Oltre a numerosi interventi di difesa del suolo già realizzati e in fase di realizzazione, la Regione, anche mediante l’apporto specifico dei Pgt dei Comuni – precisa l’assessore Daniele Belotti – ha apposto speciali vincoli idrogeologici sulle aree a rischio dissesto per orientare a
un uso del suolo compatibile con il livello di pericolosità e a non aggravare le situazioni di rischio esistenti». Quali gli interventi più urgenti e quali già messi in atto per prevenire danni a persone e cose? «In questi ultimi vent’anni la Regione ha messo a disposizione degli enti locali 1,26 miliardi di euro per la realizzazione di interventi di difesa del suolo e di ripristino a seguito di eventi alluvionali. Ricordo in particolare quelli successivi all’alluvione della Valtellina (300 milioni circa), oltre a 334 interventi strutturali (120 milioni di euro) e 217 in aree a elevato rischio idrogeologico (115 milioni di
Daniele Belotti
euro). Recentemente è stato stipulato un accordo di programma tra Regione e Ministero dell’ambiente che consente di attivare 160 interventi strutturali e di manutenzione sul territorio. Gli interventi più urgenti riguardano la regimazione delle acque in alcuni fiumi di pianura, tra cui Seveso, Bozzente, Lura e Lambro, e la messa in sicurezza del Lago d’Idro, con la realizzazione di una galleria di regolazione e smaltimento delle piene e altri interventi di protezione dei centri abitati da valanghe e da crolli di massi. Nel complesso verranno investiti 217 milioni di euro (147 dalla Regione e il resto dal Mini-
stero), un impegno finanziario ingente, soprattutto in considerazione del periodo di forte crisi». Anche la Bergamasca usufruirà dell’accordo di programma tra la Regione e il Ministero dell’Ambiente. Come verranno utilizzate queste risorse? «In quell’accordo sono stati inseriti per la provincia di Bergamo 22 interventi, di cui 11 strutturali e 11 di manutenzione ordinaria e straordinaria, per un totale di 10 milioni di euro. Alcuni di questi interventi sono mirati a garantire la sicurezza di alcuni centri abitati dalle valanghe, come a Foppolo, a Valleve, a Carona, a Isola di Fondra e a
Branzi; un altro importante intervento è quello di Santa Brigida, che completerà l’intervento di messa in sicurezza dagli sprofondamenti. Gli altri interventi sono legati ai fenomeni di crollo di massi a Bianzano, alla messa in sicurezza della strada per Monte di Nese (ad Alzano Lombardo), alla laminazione delle piene del torrente Lesina e alla sistemazione della colata di detrito della Val Gerù, a Piazzatorre. Gli interventi di manutenzione sono invece mirati in particolare alle sistemazioni locali del reticolo idrico. Stiamo puntando anche al rispetto dei tempi nell’esecuzione dei lavori. A Branzi e ad Alzano Lom- LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 203
TUTELA DEL TERRITORIO
bardo sono già stati chiusi due cantieri, in assoluto i primi lavori conclusi nell’ambito dell’accordo che coinvolge quasi tutte le regioni italiane». Quali altre aree a rischio beneficeranno delle risorse previste dall’accordo? «Oltre a quelle già indicate, ci sono aree di pianura con interventi urgenti di regimazione delle acque lungo i canali, realizzati da parte dei consorzi di bonifica, aree montuose alpine con opere di manutenzione e di regimazione idraulica dei torrenti, e aree dell’Oltrepo pavese con una serie d’interventi sulle frane nelle zone colpite dall’alluvione del 2009 e 2010». Quali le azioni disposte dalla Regione nello specifico per far fronte alle conseguenze della piena dei fiumi? «Si tratta di azioni principal204 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012
mente di due tipi: uno strutturale e uno preventivo. Per il primo aspetto sono state programmate, in accordo con l’Autorità di bacino del fiume Po e l’Agenzia interregionale per il Po (Aipo), alcune aree di laminazione delle piene lungo i principali fiumi, alcune delle quali già realizzate (Ponte Gurone sull’Olona, Gallarate sul torrente Arno) o in fase di realizzazione (Nerviano sul Bozzente, S. Vittore Olona sull’Olona). Per l’aspetto preventivo, da anni i Comuni svolgono una pianificazione urbanistica che tiene conto dei rischi idrogeologici e idraulici, in particolare quelli definiti dal piano di assetto idrogeologico; sono in corso di definizione, inoltre, misure che limitino l’impermeabilizzazione e l’uso del suolo e riducano gli scarichi delle reti di drenaggio urbano verso i fiumi».
In che misura collaborate con la Protezione civile nella gestione dei rischi idrogeologici? «La Protezione regionale interviene nelle fasi di emergenza per gestire la situazione di rischio specifica e appronta i primi interventi urgenti. Il mio assessorato interviene contestualmente e immediatamente dopo per pianificare e programmare le opere definitive di mitigazione e di messa in sicurezza. Collaboriamo anche durante le fasi di rilevazione e di monitoraggio dei dissesti per fornire alla Protezione civile elementi e informazioni per la predisposizione della pianificazione di emergenza e per acquisire dati di monitoraggio da utilizzare per una corretta programmazione e realizzazione degli interventi».
ENERGIA
L’idroelettrico è ancora un buon investimento Dopo essere stata molto popolare negli anni Ottanta, l’energia idroelettrica è “passata di moda”. Però in Italia è ancora la prima fonte rinnovabile. L’introduzione della certificazione Ch2oise anticipa un possibile ritorno di interesse nel settore. Ne parliamo con Paolo Franceschetti Valerio Germanico
onostante il recente boom del fotovoltaico, l’energia idroelettrica in Italia è ancora la fonte rinnovabile più importante nel bilancio energetico nazionale. Tuttavia questo primato sembra ormai uscito dal dibattito pubblico sulle rinnovabili, anche se segnali di un ritorno di attenzione sono venuti dal convegno organizzato da Ambiente Italia “Verso una produzione idroelettrica ecosostenibile”, tenutosi a Milano a gennaio. All’evento è stata presentata la certificazione
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Paolo Franceschetti, amministratore delegato di Camuna Idroelettrica Spa, con sede a Pisogne (BS) www.camuna.eu
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Ch2oise, introdotta in Italia a febbraio, e che permetterà di rendere più efficaci le centrali idroelettriche esistenti e di progettare nuovi impianti in modo che gli effetti negativi sull’ambiente siano ridotti al minimo e opportunamente compensati. Sono inoltre stati presentati i nuovi criteri per le valutazioni ambientali delle derivazioni idriche previsti dalla Regione Lombardia. Paolo Franceschetti, amministratore delegato di Camuna Idroelettrica e della società capogruppo Alpiah, osserva con favore queste iniziative e osserva: «Negli anni Ottanta, il periodo di massima espansione di questa tecnologia, la nostra società operava a supporto dei grandi costruttori di centrali idroelettriche. A partire dall’inizio degli anni Novanta, però, il settore ha subito un notevole rallentamento e la conseguente scelta di molte aziende di spostarsi in altri settori. Al contrario noi abbiamo scelto di sfrut-
tare le conoscenze e professionalità acquisite per proporci direttamente sia nella fase progettuale che costruttiva. All’inizio come fornitori delle parti meccaniche esterne alla centrale – condotte, paratoie, sgrigliatori e valvole – e negli ultimi anni anche all’interno del cuore produttivo, arrivando quindi a lavorare con le turbine, fino alla realizzazione dell’impianto completo». Camuna Idroelettrica ha così avuto come propri partner Enel, Edison, A2a, Eon, Iren, Edf in Francia e società del gruppo Alpiq in Svizzera. Questo ha permesso alla società di crescere e diversificare la propria attività. Sono così entrate a far parte del gruppo Alpiah anche altre società. «Sempre nel settore idroelettrico, ma come gestore e produttore, la nostra Essegei è proprietaria dal 2001 di 24 impianti idroelettrici in Albania, che producono complessivamente circa 110 milioni di kW all’anno. Il nostro im-
Paolo Franceschetti
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Il nostro impegno in Albania è stato considerevole: dal 2008 al 2011 abbiamo investito circa 25 milioni di euro per l’ammodernamento di 18 impianti
pegno nel paese balcanico è stato considerevole: dal 2008 al 2011 abbiamo investito circa 25 milioni di euro per l’ammodernamento di 18 impianti, ora tutti perfettamente produttivi». Negli ultimi tempi, questa conoscenza integrata tra progettazione, costruzione e gestione, ha permesso a Camuna Idroelettrica di diventare un soggetto professionalmente qualificato come “Operation Company” per nuovi attori finanziari che considerano ancora l’idroelettrico la fonte rinnovabile per eccellenza. La terza società che fa capo ad Alpiah è Slingofer, recente acquisizione di un’azienda che dal 1961 progetta e costruisce attrezzature per la movimentazione in am-
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bienti siderurgici, meccanici e poli logistici. «Slingofer – spiega Franceschetti – si trovava ad affrontare un periodo difficile a causa di problemi finanziari della capogruppo, tuttavia aveva ancora un’ottima reputazione, anche internazionale, eccellenti impianti e grandi professionalità tra i suoi dipendenti. Non potevamo lasciare che questo patrimonio storico e imprenditoriale della nostra valle cessasse l’attività, anche perché trenta posti di lavoro hanno il loro peso in una realtà come la nostra. Così ne abbiamo rilevato il completo controllo e portato in Slingofer i nostri sistemi operativi e la nostra filosofia imprenditoriale. Oggi, a un anno di distanza
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mln dall’acquisizione, possiamo affermare che l’azienda ha ripreso l’attività a pieno ritmo». Risorse umane, infrastrutture, partecipazioni e collaborazioni, insieme a qualità e sicurezza sono i punti fondamentali su cui si basa la politica di sviluppo delle tre società controllate da Alpiah. «Il nostro approccio con i partner, come con il mondo del lavoro, risponde a rigorosi principi etici – conclude Franceschetti –. Abbiamo un codice interno che si basa su uno spiccato rispetto per l’uomo e quindi per la sua sicurezza. Siamo la prima azienda in Italia nel nostro settore a essersi certificata Ohsas 18001:2007, che è il sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro. Ovviamente l’attenzione alla correttezza dei rapporti e alla trasparenza delle procedure è applicata anche all’esterno nei confronti dei clienti, dei partner e dei fornitori».
EURO Il volume d’affari di Camuna Idroelettrica Spa, che dal 1983 progetta, costruisce e installa impianti idroelettrici chiavi in mano
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VEICOLI ELETTRICI
La mobilità sostenibile passa dall’elettrico Dall’installazione di impianti fotovoltaici alla produzione di veicoli elettrici. La tutela dell’ambiente e la promozione dello sviluppo sostenibile come filo conduttore dell’attività di Stefano Carmeli Guido Puopolo
Stefano Carmeli, direttore generale dell’Esagono Energia Srl di Pozzuolo Martesana (MI) www.esagonoenergia.it
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l continuo aumento dei costi del carburante, i sempre più frequenti limiti alla circolazione di determinate tipologie di vetture all’interno dei centri storici delle città, ma anche la crescente sensibilità da parte della popolazione, cosciente dei pericoli derivanti da un eccessivo inquinamento dell’aria, stanno contribuendo in maniera decisiva alla diffusione su scala globale di progetti volti a favorire l’affermazione di una mobilità sostenibile, a tutela della salute dell’uomo e della salvaguardia dell’ambiente. Un’esigenza, questa, colta dalla Esagono Energia, società di Pozzuolo Martesana presieduta da Stefano Carmeli e nata come evoluzione naturale della Essediesse, che per oltre 25 anni ha rappresentato un punto di riferimento per aziende italiane e internazionali nel campo dei cablaggi e del montaggio di apparecchiature elettromeccaniche. Recentemente, infatti, l’azienda, in un’ottica di diversificazione produttiva che l’ha portata a inserirsi anche nel settore del fotovoltaico, ha inglobato all’interno della propria struttura la Blu Car, impresa di Orzinuovi specializzata nella produzione e commercializza-
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zione di veicoli elettrici a corto raggio per il trasporto di merci e persone. «Le zone a traffico limitato e i centri storici, così come gli aeroporti e i centri commerciali, sono solo una parte dei numerosi ambiti in cui la silenziosità, l’assenza di gas di scarico, il ridotto inquinamento acustico e la sicurezza di guida in presenza di pedoni, rendono perfetto l’uso dei nostri veicoli», afferma Carmeli. A quale tipologia di utenti si rivolgono soprattutto questi prodotti? «I nostri mezzi, omologati dal Ministero dei Trasporti e costruiti esclusivamente con materiali italiani ed europei, sono ideali per soddisfare le esigenze di commercianti e artigiani che, in questo modo, possono portare le loro merci anche all’interno dei centri cittadini, senza alcun tipo di limitazione. Allo stesso modo, però, anche il settore pubblico potrebbe trarre enormi benefici dall’utilizzo di questi veicoli, ad esempio per i servizi di pulizia e lavaggio stradale e di raccolta dei rifiuti». Quali sono le componenti principali alla base del vostro lavoro? «Esagono Energia racchiude al suo interno tutte le funzioni
Stefano Carmeli
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Stiamo concludendo l’iter autorizzativo per poter commercializzare in Italia un minibus elettrico, omologato per il trasporto di sei persone
che le consentono di finalizzare in prodotti e servizi efficaci gli stimoli provenienti dal mercato. Svolgiamo un’attività a 360 gradi, che va dalla progettazione dei veicoli e dei loro allestimenti, alla produzione e vendita degli stessi. Abbiamo inoltre instaurato un rapporto di proficua collaborazione con l’Università di Brescia, oltre che con studi specialistici di simulazione e progettazione avanzata, che ci consente di anticipare i cambiamenti e le novità tecnologiche che influenzano il settore». Che tipo di riscontro stanno avendo i vostri veicoli sul mercato? «Direi molto positivo, soprattutto in campo internazionale. Oltre all’Italia, infatti, Svizzera, Germania, Francia e Spagna rappresentano al momento i mercati che si sono dimostrati maggiormente ricettivi. Per incrementare la nostra capacità di penetrazione in questi Paesi abbiamo quindi stretto una serie di accordi commerciali con
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importatori locali, con l’obiettivo di creare una rete di distribuzione capillare ed efficiente». Anche l’installazione di pannelli solari e fotovoltaici rappresenta una parte integrante dell’attività di Esagono Energia. «È vero. Nel 2008 abbiamo fatto il nostro ingresso in questo mercato, che negli ultimi anni è cresciuto a un ritmo impressionante. Oggi siamo una realtà affermata, in grado di soddisfare ogni specifica esigenza della committenza. Ci affidiamo solo ai prodotti di miglior qualità presenti sul mercato, in quanto il nostro primo obiettivo è fornire un servizio completo, affidabile e duraturo nel tempo. Tutti i componenti principali dell’impianto fotovoltaico, come moduli, inverter e strutture di sostegno, sono realizzati dai principali costruttori a livello mondiale, certificati dagli enti più autorevoli nel campo e con una comprovata esperienza di
installazione alle spalle». Quali sono, infine, gli obiettivi per il futuro di Esagono Energia? «La produzione di veicoli elettrici rappresenta il nostro core business, che intendiamo ulteriormente incrementare. A questo proposito abbiamo intrapreso un programma di sviluppo aziendale su base quadriennale, che nelle nostre intenzioni ci porterà a produrre alcune migliaia di veicoli. Al momento stiamo concludendo l’iter autorizzativo per poter commercializzare in Italia anche un minibus-navetta elettrico, omologato per il trasporto di un massimo di sei persone e già testato in Svizzera: un ulteriore tassello verso una nuova idea di mobilità urbana». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 209
RINNOVABILI
Il fotovoltaico, traino della green economy Il mercato fotovoltaico italiano mostra finalmente tutte le sue potenzialità. Nel frattempo, le aziende del settore si impegnano nella realizzazione di impianti ottimali attraverso l’utilizzo dell’alluminio. L’esperienza di Gianni Incani Emanuela Caruso
ra è certo: il mercato fotovoltaico può diventare il settore trainante della green economy italiana. Secondo i dati dell’Epia, Associazione europea dell’industria fotovoltaica, quest’anno, per la prima volta, l’Italia sarà il paese con la maggior capacità fotovoltaica installata, superando addirittura la Germania, da sempre un modello a cui rifarsi per tutte le questioni di carattere energetico. A farci scalare la classifica e conquistare così la vetta sono stati i 4,7 Gigawatt di potenza installata attesi entro la fine dell’anno. Ma l’eccezionalità della situazione non si limita a questo aspetto, infatti, alla luce di tali risultati e delle stime studiate dall’Epia, nel 2013 l’Italia potrebbe essere il primo paese a raggiungere la cosiddetta “grid parity”, ovvero il momento in cui produrre energia elettrica da fonte fossile e da fonte fotovoltaica avrà il medesimo costo. A gioire di queste rosee previsioni sono
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tutte le aziende impegnate nei vari rami del settore delle energie alternative e tra queste anche la società Inca, sita a Delebio, in provincia di Sondrio. «La nostra impresa – spiega Gianni Incani, titolare e amministratore delegato della Inca– è specializzata nella progettazione e realizzazione di impianti fotovoltaici, in particolare nella costruzione di supporti in alluminio e acciaio inox per il posizionamento dei pannelli». Quanto è importante per un impianto fotovoltaico avere una struttura in alluminio? «Tralasciando la rilevanza del fatto che l’utilizzo dell’alluminio rende più semplice tutta la lavorazione, una struttura realizzata con questo materiale comporta innumerevoli vantaggi per un impianto fotovoltaico. Infatti, le strutture in alluminio danno migliori garanzie di tenuta rispetto agli agenti atmosferici, consentendo di beneficiare di un minore aggravio di peso tanto nel tra-
sporto come nella posa finale». Che tipo di servizio proponete e assicurate ai clienti della Inca? «Grazie alle sinergie sviluppate nel tempo tra il nostro ufficio tecnico e i nostri collaboratori esterni specializzati nel campo del fotovoltaico, siamo in grado di offrire un “pacchetto completo chiavi in mano”, che parte dalla progettazione dell’impianto o delle singole strutture e dei telai per i pannelli, continua con la realizza-
Gianni Incani, amministratore delegato della Inca srl di Delebbio (SO) www.incaprotection.it
Gianni Incani
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Le strutture in alluminio rendono gli impianti fotovoltaici più resistenti, più duraturi e più sicuri. L’alluminio rende anche più semplice la fase di lavorazione
zione effettiva dell’impianto stesso e termina con la richiesta dei contributi al GSE, ovvero il Gestore Servizi Energetici. A tutti i clienti garantiamo inoltre un’efficiente e puntuale assistenza post-vendita». La Inca, però, non si occupa solo di fotovoltaico, ma svolge anche altre attività, quali nello specifico? «Essendo stata fondata agli inizi degli anni 90, quando entrò in vigore la normativa che imponeva alle aziende obblighi di messa in sicurezza dei propri ambienti di lavoro e dei vari macchinari, la Inca da subito si è specializzata nella produzione di protezioni antinfortunistiche realizzate con telaio in alluminio, attività che si è protratta negli anni e che an-
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cora oggi svolgiamo con cura e perizia. Sempre nell’ambito della sicurezza, ci occupiamo anche della fabbricazione di protezioni per macchine speciali, macchine utensili e industriali, sia nuove che già installate. Parallelamente a queste attività, abbiamo strutturato l’impresa in modo da poter garantire anche la costruzione di barriere per macchine da taglio trasversale, slitter, spianatrici, trasportatori di varie tipologie e chiusure per zone robotizzate. I moduli per queste produzioni vengono realizzati su misura del cliente, che in prima persona ci fornisce il layout del prodotto. Un ulteriore ramo della nostra azienda si occupa, infine, della fornitura di componenti elet-
triche per le recinzioni con elettro-serrature magnetiche e con barriere di sicurezza e della produzione di carpenteria medio-leggera». Su quali mercati è presente la Inca? «Siamo presenti tanto sul mercato italiano quanto su quello europeo, compresa la Turchia, e operiamo con costanza e continuità sia con il settore privato che con le aziende pubbliche e private. Al nostro bacino d’utenza estero garantiamo, se richiesto, il trasporto del materiale a destinazione finale concordata. Le intenzioni future prevedono l’ampliamento del mercato di riferimento». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 211
GESTIONE RIFIUTI
Nuovi strumenti per la valorizzazione dei rifiuti Una moderna ed efficace gestione del ciclo dei rifiuti può definirsi tale solo se in grado di massimizzare il recupero e il riutilizzo di tutti quei materiali un tempo destinati alle discariche. Ne parliamo con Ambrogio Cereda Guido Puopolo
n impianto di stoccaggio all’avanguardia, dove attraverso la selezione e la cernita dei rifiuti non pericolosi vengono valorizzati gli scarti delle industrie private, ma anche di consorzi ed enti pubblici in genere. È questo il fiore all’occhiello della Cereda Ambrogo Srl, società di Lurago d’Erba che da quasi 50 anni opera nel settore della raccolta, trasporto, smaltimento e recupero dei rifiuti, come conferma il suo amministratore, Ambrogio Cereda: «Grazie all’utilizzo di strumentazioni e
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macchinari di ultima generazione siamo infatti in grado di trasformare i materiali che giungono presso la nostra struttura in materia prima-seconda, pronta per essere riutilizzata in un nuovo ciclo industriale, con enormi benefici sia da un punto di vista ambientale che economico». Non tutti i rifiuti, naturalmente, possono essere avviati al riciclo, e proprio per questo l’esperienza maturata sul campo permette all’azienda di ottimizzare e massimizzare i risultati, come sottolinea Cereda: «Negli ultimi anni abbiamo consolidato una proficua collabora-
La Cereda Ambrogio Srl ha la sua sede a Lurago d’Erba (CO) www.ceredaambrogio.it - ceredaambrogiosrl@ceredaambrogio.it
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zione con una rete di partners autorizzati, con i quali condividiamo tecnologie, servizi, conoscenze. Ogni tipologia di rifiuto che esce dal nostro impianto trova così la sua giusta collocazione: il legno viene destinato ai pennellifici, il ferro alle acciaierie, la plastica ad appositi impianti di rigenerazione, la carta e il cartone alle cartiere. I rifiuti non recuperabili, invece, possono essere utilizzati per produrre energia attraverso i termovalorizzatori, piuttosto che essere semplicemente conferiti in discarica». Per riuscire a offrire un servizio adatto a soddisfare le diverse esigenze dei vari committenti, la Cereda Ambrogio Srl, sottolinea l’amministratore, «ogni anno investe circa il 25% del proprio fatturato nell’innovazione tecnologica e nel rinnovamento del parco automezzi. Al momento – prosegue Cereda – disponiamo di bilici con semirimorchi autocompattanti, bilici con semirimorchi dotati di piano mobile, semirimorchi ribaltabili, autotreni con motrici
Ambrogio Cereda
scarrabili, motrici con contenitori dotati di gru indipendente per il carico, compattatori, minicompattori, furgoni satelliti per la raccolta dei rifiuti, ideali per risolvere i molti problemi dell’igiene urbana, sia nelle grandi città che nei piccoli centri». Attraverso l’implementazione di questa politica l’azienda oggi opera direttamente su tutta l’Italia settentrionale e centrale, e indirettamente, avvalendosi di collaboratori, nel resto del territorio. «Offriamo una consulenza a 360 gradi in materia ambientale, avvalendoci di personale altamente qualificato, in possesso di requisiti tecnicoprofessionali che consentono di rispondere anche alle più specifiche necessità. Tutte le attività sono svolte in conformità alle leggi e ai regolamenti, provinciali, ministeriali e nazionali», specifica Cereda. «Prestiamo la massima attenzione alla tutela dell’ambiente, perseguendo il miglioramento continuo delle nostre prestazioni e la riduzione dell’inquina-
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Trasformiamo i materiali che giungono presso la nostra struttura in materia prima-seconda, pronta per essere riutilizzata in un nuovo ciclo industriale
mento non solo all’interno del nostro impianto, ma anche nel territorio che serviamo. La società è inoltre certificata Iso 9001:2008 e Iso 14001:2004, e sta predisponendo il modello di organizzazione e di gestione della salute e sicurezza conformemente all’art. 30 D.Lgs 81/2008 e BS Ohsas 18001/07». Uno sforzo notevole, che assume un valore ancora maggiore se inserito all’interno di una situazione economica di grande difficoltà come quella attuale: «Il mercato sta attraversando una fase di inevitabile flessione – conferma l’amministratore -, ma nonostante tutto siamo riusciti ad assicurare sempre elevati standard
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qualitativi ed economici. Credo però che la Regione Lombardia, da sempre molto sensibile e attenta al tema del recupero dei rifiuti, dovrebbe porre maggior attenzione alle imprese che investono in questo settore, e che dimostrano capacità imprenditoriale e tecniche, istituendo, ad esempio, appositi finanziamenti agevolati o bandi a fondo perduto per favorire il loro sviluppo». Al di là di questo, il 2012 rappresenterà un anno fondamentale nel processo di crescita della società, come ricorda Cereda: «L’obiettivo è quello di consolidare la nostra posizione sul mercato, incrementando e incoraggiando l’attività di recupero dei rifiuti».
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NAUTICA
La nautica italiana guarda fuori Europa l settore italiano della nautica è in profonda crisi dal 2009 e pochi giorni fa è stato evitato un ulteriore colpo che avrebbe inciso soprattutto sulla diportistica. La tassa di stazionamento, contenuta nel decreto salva Italia, è infatti stata emendata in tassa di possesso. Ma soprattutto è stato ridimensionato il peso
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Claudio Belotti, titolare della Italian Propellers Srl di Grumello Del Monte (BG) www.italianpropellers.it
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A maggio entrerà in vigore la tassa di possesso per gli yacht. Cosa cambierà per i proprietari di imbarcazioni da diporto? E quali effetti avrà questa tassa sul mercato della nautica? Parliamo di questi temi con Claudio Belotti Valerio Germanico
fiscale inizialmente previsto dalla norma. La trasformazione dell’imposta da tassa di stazionamento a tassa di possesso sul bene e da tassa giornaliera a tassa annuale ha consentito l’abbattimento degli importi annuali dell’imposta dal 50 al 90%, pur nel rispetto del vincolo di gettito complessivo. Questo è stato possibile con l’estensione dell’imposta a tutti i possessori italiani di imbarcazioni e navi, anche se battenti bandiera estera. Al contrario saranno esenti dalla tassazione le unità di proprietà di stranieri e i natanti e le unità delle imprese di noleggio e locazione. È infine prevista un’agevolazione che potrebbe contribuire al rilancio del settore nautico, poiché le nuove immatricolazioni non saranno soggette a versare l’imposta per i primi due anni. Facciamo il punto della situazione del settore nautico
con Claudio Belotti, titolare della Italian Propellers, società che realizza eliche, timoni, assi elica, boccole e supporti progettati direttamente in uno studio interno. Quali effetti avrà l’emendamento sull’andamento del settore nautico italiano? «L’emendamento di una norma così importante è stato fondamentale per evitare un ulteriore danno a un settore già in crisi. Oltretutto, il ritorno effettivo per le casse statali era ancora incerto e basato solo su stime, mentre il danno sarebbe stato certamente considerevole per il turismo e tutte le attività collegate alla presenza degli yacht nei porti nazionali, compreso ovviamente il settore della nautica. E questo in un momento in cui tutte le imprese del comparto sono in difficoltà, anche perché la situazione di stallo interessa l’intera area europea. La nostra
Italian Propellers
società è riuscita però ad andare in controtendenza e registrare un incremento di fatturato sia nel 2010 che nel 2011, ma questo è stato possibile proprio perché ci siamo orientati verso mercati fuori dall’area europea». Quali risultati siete riusciti a ottenere e in quali mercati? «La nostra spinta verso l’estero ci ha permesso nel 2011 di raggiungere il fatturato massimo storico dalla fondazione, con un buon incremento rispetto al 2010, che pure era stato un anno di ripresa dopo il crollo del 2009. La nostra strategia è stata la ricerca di collaborazione con distributori dei mercati americano, ucraino e turco. Attualmente stiamo
prendendo i primi rapporti con la realtà israeliana per prodotti destinati a imbarcazioni da lavoro. Sicuramente in tutto questo hanno contribuito anche le nostre strategie di marketing, che hanno dato maggiore visibilità al nostro marchio, oltre che i buoni risultati ottenuti sulle imbarcazioni di vari cantieri».
Quali sono le tipologie di imbarcazioni che montano i vostri prodotti? «Il prodotto di core business è l’elica, che produciamo per imbarcazioni da diporto con misure da 25 piedi a 45 metri e per imbarcazioni da lavoro di medio tonnellaggio e rimorchiatori. Insomma, abbiamo un target vario e un mercato di riferimento molto vasto. Questo fattore, sommato al fatto di essere uno dei pochi costruttori di eliche in Italia e all’offerta di un servizio di progettazione del sistema di trasmissione, ci ha permesso di crescere. Grazie al nostro livello qualitativo e tecnologico possiamo anche realizzare eliche in classe S conformi alla normativa Iso 484/2. Ma al di là del pro- LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 217
NAUTICA
Le recenti strategie di marketing hanno dato maggiore visibilità al nostro marchio
dotto, noi puntiamo a dare un servizio, per esempio, il sito Internet è diventato il nostro mezzo principale di acquisizione di nuove commesse, grazie alla possibilità di preventivazione online». Quali sono i materiali più utilizzati nella costruzione delle eliche? «Le leghe usate prevalentemente sono due. Per le imbarcazioni fino ai 16 metri, di solito, si usa una lega di ottone e manganese, che è quella più economica. Al di sopra di queste dimensioni si preferisce utilizzare esclusivamente il nibral (nichel, 218 • DOSSIER • LOMBARDIA 2012
bronzo e alluminio). Questa lega ha caratteristiche meccaniche più elevate e adeguate a target di imbarcazioni più grandi. Chiaramente poi la scelta è del committente, ma i due materiali principali materiali sono questi, uno più competitivo economicamente e uno più raffinato». Quali sono le prospettive e i progetti per il 2012? «Noi stiamo provando a entrare in tutti quei mercati esteri nei quali la nautica è ancora un settore in movimento, per questo abbiamo recentemente attivato delle ricerche di mercato per capire su quali paesi è
meglio puntare. Uno dei problemi principali oggi è che non c’è più programmazione e si lavora quasi alla giornata. Mentre prima si lavorava con pochi ordini all’anno per un cliente e si riusciva ad avere un’attività costante e distribuita su tutto l’arco dell’anno, adesso ci aggiorniamo di mese in mese. Per il mercato locale, abbiamo potenziato un servizio di assistenza, ripristino e revisione di eliche e i vari componenti della linea d’asse. Stiamo collaborando anche maggiormente con rimessaggi, mentre prima lavoravamo maggiormente con i cantieri».
EDILIZIA
Il know how italiano a 146 metri d’altezza a torre Hines progettata dall’architetto argentino César Pelli che dal 2013, ultimata, ospiterà le attività del gruppo Unicredit è già il grattacielo più alto d’Italia, con i suoi 146 metri, che diventano 230 con la guglia. Sulle pareti esterne della struttura sono stati posati 20mila metri quadrati di granito San Fernando e Samoa, fissati su strutture che sfruttano la tecnologia delle facciate ventilate, un sistema dalle elevate prestazioni termo-energetiche basato sul principio della realizzazione di una discontinuità fra il paramento più esterno e la parete interna, ottenuta attraverso la creazione di un’intercapedine in cui l’aria fluisce naturalmente dal basso verso l’alto per effetto camino. La posa delle lastre di granito e dei sistemi di fissaggio è stata eseguita dalla società Rvb System. L’amministratore unico, Luca Bombardieri spiega in che modo è stato realizzato il lavoro: «Date le dimensioni e l’altezza dell’edificio, abbiamo lavorato solo con piattaforme mobili e non con i ponteggi tradizionali – queste ci hanno
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La torre più alta d’Italia, il grattacielo che sarà la nuova sede di Unicredit a Milano, è stato rivestito con 20mila metri quadrati di granito fissati su un sistema a facciata ventilata. Luca Bombardieri traccia il retroscena della realizzazione Valerio Germanico
permesso di raggiungere l’altezza di 146 metri. Abbiamo seguito gli studi del pool di architetti guidati dall’argentino César Pelli, che ha progettato il grattacielo e le due strutture più basse che compongono il complesso, e ci siamo anche basati sugli studi di progettazione eseguiti da molteplici architetti. Alla fine dell’anno e mezzo di lavoro – assolutamente soddisfacente, vista l’importanza dell’opera –, abbiamo anche eseguito varie prove dinamiche sui rivestimenti, verificandone la resistenza attraverso delle prove di pressione e depressione delle facciate». Rvb System è una società specializzata nella progettazione, verifica preliminare e nel montaggio delle sottostrutture meccaniche che sostengono le lastre applicate alle facciate ventilate. «I nostri interlocutori sono principalmente nel settore commerciale e industriale. Noi produciamo gli stampi per la realizzazione delle staffe in acciaio, che per ogni progetto
sono personalizzate sulle specifiche esigenze di cantiere, dettate dalle relazioni tecniche degli ingegneri nostri consulenti. La nostra specializzazione annovera i materiali più diversi: pietra, fibrocemento, legno, marmi, graniti, plastica, ceramica, cotto, laminati, eccetera. Non abbiamo uno standard,
La torre Hines César Pelli A di Milano. Nella pagina a fianco, Luca Bombardieri, titolare della Rvb System. Le facciate ventilate sono state realizzate da RVB System Srl di Bergamo www.rvbsystem.com
Luca Bombardieri
Non abbiamo uno standard, ogni progetto contiene delle novità per quanto riguarda la tecnologia dei supporti dei sistemi di fissaggio
ogni progetto contiene delle novità per quanto riguarda la tecnologia dei supporti dei sistemi di fissaggio. Il punto di partenza è l’analisi e lo studio dei campioni di materiale scelto dagli architetti. Sottoponiamo il materiale a vari test per individuare la resistenza e progettare il sistema di fissaggio più adatto». Lo sviluppo progettuale avviene al Cad, mentre le relazioni di calcolo sono eseguite con software sofisticati in grado di valutare preventivamente il comportamento del materiale sulla struttura architettonica commissionata. «La tecnologia delle facciate ventilate ha numerosi vantaggi, per esempio, elimina i ponti termici. Questi sono dei punti deboli dell’involucro dell’edificio che presentano un
valore di conduttività maggiore rispetto agli elementi costruttivi adiacenti. In queste zone si può verificare una condensazione di umidità proveniente dall’aria del locale, con la formazione di condense interne, macchie, muffe e il conseguente deterioramento delle parti costruttive. Con l’utilizzo di queste tecnologie le ventilazioni naturali e/forzate garantiscono un comfort idelae
all’interno dell’edificio nonché un risparmio energetico fino al 40%». Nonostante la crisi economica, la richiesta di questo tipo di realizzazioni non è calata, come spiega Bombardieri in conclusione: «Il nostro è un settore altamente specialistico e le società che vi operano non sono molte. Quindi non esiste un vero problema di concorrenza né di mancanza di spazio. Semmai, in questa fase di crisi del comparto edilizio, il problema è quello costruzioni della mancata garanzia dei crediti, difatti sia le imprese che gli enti pubblici si trovano con poca liquidità e quindi i nostri lavori sono pagati con grande ritardo. In più, in questa situazione, è cambiata la programmazione del lavoro. Mentre prima i contratti venivano chiusi diversi mesi prima dell’inizio dei lavori, adesso si può arrivare anche a qualche settimana prima. Questo perché i committenti o le società che li rappresentano cercano di contrattare sul prezzo fino alla fine». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 221
EDILIZIA
Entro il 2015, solo edilizia green La Lombardia anticiperà le scadenze europee sui nuovi immobili a impatto zero. Per Raffaele Bevacqua il settore edile è pronto alla sfida. Resta il problema degli edifici esistenti Valerio Germanico
ntro il 2015 tutte le nuove costruzioni pubbliche e private dovranno essere ad alta prestazione energetica. È questo l’obiettivo che si è data la Regione Lombardia, come ha dichiarato il 25 gennaio l’assessore all’Ambiente, energia e reti, Marcello Raimondi: «Intendiamo anticipare di cinque anni gli standard edilizi che l’Unione Europea prevede di rendere obbligatori dal 2020. La Lombardia, dunque, nell’anno dell’Expo, sarà la terra degli edifici a energia quasi zero». Ciò rappresenta naturalmente una sfida per le imprese edili lombarde, ma qual è la loro prospettiva rispetto a questo ambizioso obiettivo? Ne parliamo con Raffaele Bevacqua, ammi-
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nistratore delegato della Ab Constructa: «Il problema dell’impatto ambientale delle costruzioni è già oggi parte integrante dell’orizzonte degli operatori del settore. Per quanto riguarda gli edifici nuovi o in realizzazione, vengono già rispettate le nuove normative che impongono l’utilizzo di prodotti e materiali a impatto zero. Un’analisi approfondita dovrebbe invece riguardare gli edifici esistenti, intervenendo sull’aumento delle classi energetiche, che incidono pesantemente nella compravendita immobiliare». Quanto costa oggi intervenire su un immobile esistente per adeguarlo alle normative per il rispetto dell’ambiente? «Intervenire rappresenta sempre e comunque un investimento tecnologico e quindi economico. Tuttavia, l’architettura moderna ha dato al sistema un elevato grado di flessibilità e di manutenzione. E queste hanno già consentito un’agevole e veloce rimodulazione dei costi di realizzazione. Analogamente, le caratteristiche architetturali consentono una rapida ed efficace personalizzazione per ogni tipologia immobiliare. Quindi investire nella rivalutazione dei
propri immobili porta sempre a un vantaggio, dato che oggi è possibile ottenere un prodotto maggiormente duraturo nel tempo e con bassi costi di realizzazione e gestione. Anche grazie alle energie alternative, che riducono notevolmente i consumi, soprattutto se legate a impianti domotici che offrono una gestione confortevole e un valore estetico notevole». Il mercato delle costruzioni è in stallo. Qual è la situazione in Lombardia? «Il settore edile è strettamente legato all’andamento economico del paese, per questo motivo non credo che al momento esista una consistente distinzione nello stato del settore fra le varie regioni. Se qualcosa distingue il nostro contesto regionale rispetto al resto dell’Italia, può essere al livello della pubblica amministrazione, che emette un maggiore numero di bandi. Tuttavia dal punto di vista dei pagamenti la situazione non è diversa dal resto del paese, dato che le pubbliche amministrazioni sono costantemente in ritardo nei pagamenti». Quali misure sarebbero necessarie per un rilancio del settore? «La mossa fondamentale sa-
Raffaele Bevacqua
Investire nella ristrutturazione e rivalutazione degli immobili porta sempre a un vantaggio
In apertura, il geometra Raffaele Bevacqua, amministratore delegato della Ab Constructa Srl, che ha sede a Milano www.abconstructa.eu
rebbe quella di favorire il credito alle imprese e ai privati per l’acquisto di immobili. Molte imprese oggi, in Lombardia, pur in presenza di numeri appalti pubblici, non sono nelle condizioni di parteciparvi, anche per l’incertezza sui tempi di pagamento. In assenza di un’inversione di tendenza generale le imprese come la nostra non possono che rivolgersi all’edilizia privata puntando a ridurre al massimo i costi di realizzazione e quelli per il committente, oltre ad acquisire interventi in quantità in modo da aumentare il proprio rating annuo». Data questa situazione di crisi in cui si trova il settore edile, quali attività
rappresentano oggi il vostro core business? «La forte crisi del mercato immobiliare e la diminuzione nella domanda di acquisto di nuove unità immobiliari, ha visto di contro un parallelo aumento nella richiesta di interventi di rivalutazione degli immobili esistenti. Quindi ci siamo orientati verso tutte le tipologie di ristrutturazione civile e industriale, in particolare fornendo servizi di general contract e offrendo il prodotto finito chiavi in mano. Questo tipo di lavori ricopre la percentuale più alta del nostro fatturato annuo». Come è possibile riuscire a mantenere alti i livelli qualitativi ed essere competitivi a
nei costi? «Bisogna partire dalla fine. Nel momento in cui acquisiamo delle commesse, abbiamo già l’idea del prodotto finito, che deve essere il più soddisfacente possibile per il committente. Questo è possibile grazie al forte know how del nostro team – che punta sempre al massimo risultato – e grazie alla collaborazione dei nostri partner commerciali. Il risultato che cerchiamo è quello di ottenere sempre il miglior rapporto fra qualità e prezzo, ma soprattutto un prodotto che sia duraturo nel tempo e che permetta di contenere, oltre ai costi di realizzazione, anche quelli di gestione». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 223
EDILIZIA
Qualità e sicurezza, nodi da sciogliere Tra statistiche e dati che confermano un trend sconfortante, la qualità del prodotto e la sicurezza sul lavoro continuano ad essere temi di discussione cruciale per il futuro dell’industria italiana. Il parere di Tiziano e Jose Castelnuovo della Simon Building Erika Facciolla
onostante le nuove normative e l’attenzione crescente di politici, esperti e operatori, la sicurezza sul lavoro rimane, anche in Italia, uno dei nodi più difficile da sciogliere. A confermarlo sono i dati emersi dall’ultima indagine curata dall’osservatorio Vega Engineering che nel 2011 ha registrato un aumento delle morti bianche pari al cinque per cento rispetto all’anno precedente in cui spicca il triste primato della Lombardia, regione con il più alto tasso di incidenti sul lavoro.
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Da sinistra, Jose e Tiziano Castelnuovo della Simon Building Srl di Costa Masnaga (LC) www.simonsrl.com
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I settori più colpiti sono, come sempre, l’agricoltura e il comparto costruttivo in generale, dove si registra il ventidue per cento dei decessi. Ecco perché lo sforzo richiesto alle aziende italiane deve essere immediato, condiviso e declinato a ogni livello, oltre che ben supportato da provvedimenti politici mirati. Qualità e sicurezza sul lavoro sono i cardini della filosofia aziendale che guida la Simon Building, attiva sin dal 1992 nel mercato delle costruzioni con la realizzazione e commercializzazione di minuterie per ponteggi, puntelli, casseformi e articoli per opere provvisionali. Un percorso, quello dell’azienda dei fratelli Castelnuovo, iniziato con l’apertura di uffici operativi in Cina, costituzione di joint venture e ricerca di filiere produttive quando recarsi nelle fabbriche in luoghi spesso distanti dalle grandi metropoli era considerata una specie di “avventura”. «Avevamo intuito che i nostri ambienti di lavoro si stavano svuotando di ma-
nodopera nazionale – racconta Tiziano Castelnuovo, responsabile commerciale dell’azienda – e si andava verso quella perdita di manualità e professionalità tramandata da padre in figlio. Le nuove generazioni si allontanavano da quello che era ed è considerato un ambiente di lavoro poco salutare». Un problema, quello della sicurezza sui luoghi di lavoro, che coinvolge tutti gli operatori del settore: «credo sia necessaria una presa di responsabilità da parte di tutti – dichiara Jose Castelnuovo, referente operativo e gestionale – e che il cantiere edile sia in assoluto uno degli ambienti di lavoro più pericolosi perché mutevoli. Non è più tollerabile “morire di lavoro” perché qualcuno si è sottratto alle proprie responsabilità». Nel mondo delle opere provvisionali in Italia esistono le leggi più restrittive d’Europa ma queste regole spesso non vengono rispettate. «Fortunatamente in questi ultimi tempi abbiamo assistito a un cam-
Tiziano e Jose Castelnuovo
bio di cultura avvenuto anche grazie al maggior controllo degli organi preposti che ha permesso di creare nuove aspettative per la sicurezza dei cantieri. Noi – precisa il manager – siamo da sempre sensibilizzati a che tutti rispettino le esigenze qualitative del prodotto anche quando non è specificatamente richiesto dal committente». Nata come importatrice di prodotti stampati a caldo e particolari fusi in ghisa e acciaio, la Simon Building si è specializzata nel settore dei ponteggi e casseforme per edilizia. «La specializzazione – conferma Tiziano Castelnuovo - ci ha permesso di migliorare la qualità dei prodotti con materiali sempre più sofisticati e controlli di prodotto e processo approfonditi e oggi
siamo fornitori dei principali costruttori Europei di opere provvisionali». Esiste un altro solco entro cui il cammino della Simon Building ha compiuto, negli ultimi anni, i passi più importanti, cioè quello della delocalizzazione e dell’internazionalizzazione dell’attività che ha fatto dell’export la voce più importante del business aziendale. La Simon Building, infatti, è presente in tutti quei mercati dove operano i maggiori costruttori di ponteggi e casseforme come Germania, Austria, Olanda, Belgio, Francia, Svezia, Polonia, Spagna,Portogallo, Canada e Stati Uniti. «Recentemente ci siamo inseriti con successo in Marocco e Tunisia, nazioni che stanno crescendo a ritmo esponenziale e dove stiamo valutando l’op-
portunità di aprire un deposito per fornire l’area del Magreb. Abbiamo clienti anche in Russia e ci apprestiamo a iniziare forniture con clienti in Cile, Venezuela e Brasile». Forti di un’esperienza internazionale nel settore così intensa e capillare i fratelli Castelnuovo non hanno dubbi su quello che dovrà essere il futuro del comparto per le aziende italiane. «In questi anni abbiamo avuto modo di frequentare clienti in varie nazioni e abbiamo verificato che nei paesi più evoluti non ci sono progetti migliori ma a volte prodotti migliori – precisa Tiziano Castelnuovo –. Questo significa che la loro cultura li porta a non accettare compromessi sul prodotto. Da questo punto di vista molte imprese nazionali hanno il dovere di migliorare». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 225
EDILIZIA
Il business che fa bene all’ambiente I
Filosofie aziendali sempre più “green” e grande impulso alla ricerca di soluzioni tecnologicamente innovative e performanti. L’edilizia si arricchisce di imprese capaci di dare nuovo slancio al settore. Il punto di Giancarlo Zanini Erika Facciolla
In queste pagine, alcune realizzazioni della Project for Building con sede a Mornico al Serio (BG) www.projectforbuilding.com
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l riciclo delle materie plastiche, sempre più utilizzate nel settore edile, è al centro delle strategie produttive delle aziende del comparto, molte delle quali sono riuscite a trasformare il problema del recupero e dello smaltimento di questi materiali in un’opportunità di crescita e innovazione. I benefici derivanti dal riutilizzo della plastica sono innanzitutto economici e ambientali, poiché la valorizzazione del materiale altrimenti destinato alle discariche, garantisce una maggiore tutela delle risorse non rinnovabili per l’intera collettività. L’esempio della Project for building è, in tal senso, illuminante. L’azienda nasce dall’iniziativa di alcuni specialisti
del settore edile: uomini che fino a quel momento hanno dedicato tempo, impegno e passione ad apprendere e approfondire “sul campo” le conoscenze che consentono di costruire case di qualità e che hanno perciò compreso l’importanza di prodotti ecologicamente realizzati per l’edilizia. «Il “granchio” – ovvero un cassero a perdere in plastica riciclata per la realizzazione di vespai aerati per le fondamenta dei fabbricati – è stata la prima e fondamentale tappa della nostra crescita – sottolinea Giancarlo Zanini, presidente della Project for Building - Ad esso sono seguiti altri prodotti innovativi per la realizzazione di drenaggi, di giardini pensili, di parcheggi. Ulteriore importante passo è stato lo sviluppo di prodotti ottenuti dal riciclo di pneumatici usati, ottimali per l’isolamento acustico delle costruzioni». L’evoluzione di Project for Building può essere riassunta in tre tappe principali: in primo luogo, lo sviluppo del know-how necessario acquisito mediante lo studio e la realizzazione degli stampi per la produzione del “granchio” e la commercializzazione dei prodotti finiti attraverso una rete di vendita appositamente preposta; in un secondo momento l’azienda ha iniziato a produrre autonomamente la materia prima assorbendo la Bdm Riflex, operante nel riciclo delle materie plasti-
Giancarlo Zanini
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Ulteriore importante passo è stato lo sviluppo di prodotti ottenuti dal riciclo di pneumatici usati, ottimali per l’isolamento acustico delle costruzioni
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che. Ultimo, ma non meno importante, l’apertura della sede unica di Mornico al Serio, dove sono concentrate tutte le attività del gruppo e viene razionalizzato il layout di tutto il processo produttivo. Lo sviluppo del modello “granchio”, e in particolare l’idea di realizzarlo diversificandone le altezze, è uno dei principali meriti della filosofia del gruppo Project. «La diversificazione delle altezze permette la massima flessibilità in fase di realizzazione delle fondamenta di qualsiasi struttura immobiliare, sia di nuova costruzione che in corso di ristrutturazione». La plastica riciclata, dunque, è la materia prima che dà vita ad un prodotto di affidabilità e adattabilità davvero eccellenti: «il cassero in plastica riciclata, oltre a garantire resistenza all’umidità, è estremamente leggero e maneggevole in fase di posa in opera. È dotato di sistema di collegamento ad incastro che consente una posa facile e veloce e la realizzazione
di strutture modulari ermeticamente componibili». Non solo diversificazione, alla Project for Building la parola d’ordine è soprattutto innovazione. Come svela il presidente «una delle ultime novità è la realizzazione di un materassino ottenuto dall’estrusione di gomma legata con un particolare polimero termoplastico. Le sue caratteristiche principali sono la capacità di abbattimento acustico superiore agli altri prodotti esistenti sul mercato; lo spessore; la resistenza meccanica nel tempo; la ridotta comprimibilità». Project for Building, dunque, non fornisce solo un prodotto isolante, bensì un sistema completo che risponde a tutte le esigenze legate all’isolamento acustico delle costruzioni. Risultati importanti, ottenuti grazie a un lavoro di squadra orientato alla ricerca di nuove soluzioni e strategie commerciali vincenti. «Il nostro team interno di addetti alla produzione, oltre a ricercare e testare “sul campo” le
nuove possibili soluzioni, si confronta e collabora con studi, aziende e professionisti esterni operanti nel settore. In particolare ci si avvale di specialisti per le certificazioni dei prodotti ideati e realizzati, che sono tutti ottenuti da materiali riciclati e a loro volta riciclabili». Project for Building ha anche dato vita ad un’iniziativa di sensibilizzazione pensata per bambini e ragazzi. «Si tratta di un “percorso didattico” all’interno del nostro stabilimento – conferma Giancarlo Zanini - con visite guidate per alunni e insegnanti, nel corso delle quali, oltre a dare dimostrazioni del processo di produzione, si è approfondito il tema del riciclo del rifiuto, che rappresenta da sempre l’anima della nostra attività».
14,3 mln EURO È il fatturato che il gruppo Project for Building ha registrato nel 2011. Il 5% circa proviene dall’estero
LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 227
EDILIZIA
A Cascina Gobba il quartiere del futuro Un progetto moderno, che punta all’efficienza energetica, con l’obiettivo di creare un insediamento residenziale, commerciale, terziario e ricettivo di complessivi 50.000 metri quadrati, con i migliori servizi di accesso viario e trasporto pubblico della città di Milano Matteo Rossi
i sono voluti più di 10 anni per completare il complesso iter urbanistico del progetto di lottizzazione dell’area di Cascina Gobba, un vasto territorio sul quale sorgerà un nuovo “quartiere”, dotato di ogni comfort e
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1- Stazione MM2 Gobba 2- Stazione metropolitana leggera (San Raffaele) 3- Strada Statale 11 (Padana Superiore) 4- Via Olgettina 5- Tangenziale Est
capace di garantire uno stile di vita elevato e piacevole. L’area interessata dal Piano è situata nel settore nord-est della città, al confine con i comuni di Cologno Milanese, Vimodrone e Segrate. La direttrice via Palmanova–Padana Superiore, su cui è posta, ha storicamente svi3
ESSELUNGA
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luppato un vivace distretto industriale, con società attive nei settori dell’elettronica e delle tecnologie avanzate. Questo offre un contesto ambientale stimolante, ulteriormente valorizzato dalla presenza dell’Ospedale S. Raffaele e delle sue strutture universitarie e di ricerca d’avanguardia. L’ultimazione della complessa infrastruttura viaria, denominata Nodo Viario di Cascina Gobba, che riordina e connette le numerose reti viabili tra la tangenziale est e la Padana Superiore, rappresenta un elemento caratterizzante l’intera zona, che si trova proprio al centro del Nodo. Grazie a questa sua posizione baricentrica nel Nodo Gobba, l’area di Lottizzazione è infatti facilmente accessibile dall’intero sistema autostradale metropolitano, poiché confina con la Tangenziale Est, nonché da quella parte del territorio lombardo gravitante sulla S.S. 11 e sull’autostrada MilanoVenezia fino alla città di Bergamo. L’area è inoltre adiacente alla linea 2 della Metropolitana, e la stazione di Cascina Gobba è
Cascina Gobba
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A Cascina Gobba sorgerà un nuovo “quartiere”, dotato di ogni comfort per garantire uno stile di vita elevato e piacevole
raggiungibile davvero in pochi passi. Due sono le società promotrici di questo innovativo e ambizioso progetto: Finlago Spa ed Esselunga Spa, che hanno sottoscritto recentemente la Convenzione con il Comune di Milano, avviando così la fase realizzativa. L’intero progetto interessa complessivamente circa 90.000 mq, dei quali oltre 55.000 riservati ad aree verdi, grazie alla presenza di parcheggi sotterranei che si estendono per 80.000 mq. Esselunga intende sviluppare, nel format consolidato, un Superstore di oltre 4.000 mq di superficie di vendita, con la consueta qualità di prodotti e servizi che da sempre la caratterizza. Lungo la galleria si affacciano poi altri 3.000 mq di spazi commerciali, con affitti dei negozi tra i più alti della categoria. Oltre alla superficie commerciale il progetto prevede
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Lotti disponibili L'area di Cascina Gobba interessata dalla lottizzazione si estende su una superficie di circa 90.000 mq. Le superfici costruibili sono così suddivise: 3.000 mq destinati a ospitare una galleria commerciale 10.000 mq per il settore terziario 10.000 mq disponibili per funzioni alberghiere 20.000 mq riservati a strutture di tipo residenziale www.cascinagobbaproject.it - info@cascinagobbaproject.it
10.000 mq di uffici, un’area residenziale di 20.000 mq e, infine, 10.000 mq destinati a ospitare strutture alberghiere e ricettive. Gli edifici residenziali sono progettati per rivolgersi a quella fascia di clientela, sempre più numerosa, che pone grande attenzione alle prestazioni energetiche delle abitazioni. Queste, tutte costruite in classe A, sono infatti pensate per assicurare consumi energetici ridotti al minimo, con impianti di riscaldamento/raffrescamento a pannelli radianti a pavimento, aria primaria e di espulsione centralizzate con recuperatore di energia, produzione dell’acqua calda/refrigerata con gruppi frigoriferi a pompa di calore e fonte esterna di tipo geotermico. Sulla copertura degli edifici verranno installati pannelli fotovoltaici, che consentono una gestione energetica pratica-
mente a costo zero per gli utenti per i prossimi 20 anni, grazie alla tariffa incentivante sugli impianti fotovoltaici. Il P.L. prevede che insieme alle opere private vengano realizzate diverse opere pubbliche di urbanizzazione, numerose delle quali genereranno nuovo interesse sull’area. Alcuni di questi interventi riguarderanno l’accessibilità pedonale, come ad esempio il percorso sopraelevato di connessione con la stazione M2 di Cascina Gobba. Altri, come la scuola materna e l’asilo nido, offriranno invece nuovi servizi alle famiglie. Il miglioramento della vivibilità dell’area è infine garantito dallo spostamento e dall’intubazione del vicino canale Roggione, dalla realizzazione di ampi spazi verdi, del giardino superiore e del Teatro dei Fiori, con la costruzione della piazza porticata. LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 229
TURISMO
Cavalchiamo l’onda del web l turismo è una delle leve principali di sviluppo del nostro Paese e costituisce da solo il 12 per cento del Pil. Per questo bisogna valorizzarlo e monitorarlo costantemente, in modo da intercettare i nuovi bisogni e i suoi cambiamenti. Stefano Maullu, assessore al turismo della Regione, non ha dubbi che i mezzi principali per riuscirci siano la rete, i nuovi strumenti informatici, i social network. Soltanto in questo modo si riesce a sfruttare in modo più efficace non solo il patrimonio culturale ma anche quello gastronomico e naturalistico. «In un momento in cui le risorse sono oggettivamente più esigue rispetto agli anni passati bisogna ottimizzarle. La leva è proprio questa: un lavoro di team per utilizzare le risorse al meglio ma soprattutto per amplificarle, per far sì che creino volume, per riuscire a mantenere la posizione di rilievo che abbiamo nel panorama turistico internazionale anche in un’ottica “glocal”». Quali investimenti la Regione ha intenzione di mettere in campo per far crescere il settore turistico? «La Regione sta mettendo in campo numerosi progetti e investimenti. Uno su tutti è “Progetti di eccellenza”, che
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Conclusa la Bit, è tempo di nuovi obiettivi per il turismo lombardo. «Un settore legato alla storia della Lombardia ma aperto alla globalità, perché viaggiare è un po’ studiare» Teresa Bellemo
stiamo strutturando grazie ai fondi del Ministero del turismo. Il progetto è finalizzato allo sviluppo del settore turistico e a un posizionamento competitivo della nostra regione nel mercato globale. In stretta connessione ricorderei anche il progetto “Pivot”, che mira a fare leva sull’utilizzo degli strumenti informatici
più nuovi, in particolare i social network e le app, per garantire una visibilità maggiore, che nel mare magnum del web occorre conquistarsi in modo sempre più aggressivo. Internet ci permette di mettere in sinergia tutto ciò che può fare da porta d’ingresso per tutta la regione Lombardia, come la cultura, le città d’arte, l’eno-
A destra Stefano Maullu, assessore al turismo della Regione Lombardia
Stefano Maullu
gastronomia, gli aspetti naturalistici». In che modo la crisi economica ha inciso sul turismo lombardo? Quali strategie adottare per migliorare e consolidare l’afflusso turistico? «La crisi ha di certo modificato le consuetudini dei nostri turisti, riducendo i giorni medi di vacanza. Per questo abbiamo cercato di fare un lavoro accurato sul nostro bacino d’utenza, che rappresenta dieci milioni di potenziali turisti, quindi è particolarmente interessante. A questo riguardo un trend interessante è quello del turismo enogastronomico, uno dei pochi segmenti in costante crescita in tutta Italia, con un fatturato di 5 miliardi di euro all’anno. Il segmento turistico denominato foodies è composto da utenti che hanno una possibilità di spesa un po’ più alta, hanno la capacità di cogliere gli aspetti di tradizione, di qualità, per cui la classica gita fuori porta diventa qualcosa di più, un’esperienza sensoriale legata al cibo, al consumo e all’acquisto di prodotti unici, che non si trovano nei normali circuiti di vendita». Quali sono stati i segnali di un settore così strategico per il nostro Paese emersi alla Bit? Per la Lombardia quali sono le novità e gli spunti di riflessione? «Abbiamo mantenuto un ot-
timo posizionamento sia sui mercati Brics sia sui mercati dell’Est, in particolare sul segmento della montagna e quello dei laghi, da sempre molto importanti per la nostra regione. Il lago in particolare gode da sempre di un posizionamento e una fidelizzazione molto buoni e a ciò abbiamo aggiunto una nuova ragione di appeal: l’Università della vela, una scuola federale sul Lago di Garda che ci permetterà non solo di offrire al turista qualcosa in più dal punto di vista sportivo e agonistico, ma anche di collocare ancor meglio il brand Lombardia e il brand Garda nel mercato turistico. L’agonismo infatti è solo la punta di un iceberg rappresentato da tutti coloro che praticano questa disciplina in termini amatoriali. Le condizioni climatiche del nostro lago sono uniche al mondo: vento costante, temperature miti che consentono un allenamento di qualità, motivo per cui ci sono già delle competizioni programmate che vedranno anche l’arrivo di squadre americane e australiane». In che modo l’Expo può essere motivo di rivitalizzazione e cambiamento per il turismo a Milano e in tutta la regione? «Credo che il tema dell’Expo si sposi in maniera perfetta con il nostro Paese e con la nostra regione. “Nutrire il
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In un momento in cui le risorse sono oggettivamente più esigue rispetto agli anni passati bisogna ottimizzarle
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pianeta, energia per la vita” unisce tutto ciò che la Lombardia rappresenta. Dal vino e i prodotti lattiero-caseari delle zone montane fino all’agricoltura industrializzata della bassa Pianura padana che ha molti prodotti di eccellenza. C’è la possibilità di mettere in rete prodotti qualificati, le città d’arte, i laghi, Milano stessa, i siti Unesco. Ma la sfida vera sarà andare oltre il 2015, lavorare in modo che quei risultati concentrati in quel semestre continuino negli anni a venire, proprio perché la nostra regione avrà delle infrastrutture diverse, che garantiranno un’accessibilità ancora più elevata». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 239
IL CODICE DEL TURISMO
Oggi il turista ha più tutele Anche l’Italia ha oggi il suo “Codice del Turismo”, realizzato per garantire i diritti dei consumatori e per permettere una crescita delle imprese nazionali del settore. Il punto di Vittorio Buonaguidi Diego Bandini
a recente introduzione del “Codice del turismo”, avvenuta con D.Lgs. 23 maggio 2011, n. 79, ha posto in primo piano anche nel nostro Paese l’importanza della tutela giuridica del turista, nei suoi rapporti con gli operatori del settore e nel contesto di quelle situazioni di disagio o di danneggiamento che possono caratterizzare la fruizione di una vacanza. Ne parliamo con l’avvocato Vittorio Buonaguidi dello Studio legale e tributario Battagliese Buonaguidi di Milano, che in virtù di una consolidata esperienza nel settore ha maturato un alto placement sul mercato, grazie anche alla collaborazione con l’associazione degli Avvocati Giusconsumeristi
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Italiani – Agit. Quale è il ruolo che il professionista è chiamato a svolgere nel settore del diritto al turismo? «Il turismo riveste un’importanza strategica in Italia. Una parte rilevante delle iniziative economiche e produttive del Paese si sviluppa, infatti, attorno alle attività turistiche e alberghiere, le quali sempre più frequentemente mettono a disposizione del consumatore servizi innovativi e forme contrattuali atipiche. La gestione di tali strumenti esige spesso l’opera di intermediari specializzati e coinvolge non di rado anche ordinamenti di Paesi stranieri. In un simile contesto l’ausilio dello specialista rappresenta un supporto indispensabile, non solo quando si sia subito un pregiudizio al patrimonio o alla sfera individuale, ma anche quando si preferisca programmare la vacanza per prevenire eventuali disagi». Qual è l’atteggiamento di utenti e operatori rispetto ai problemi di gestione della vacanza? «Gli utenti di servizi turistici tendono ad agire sempre più spesso in maniera informata,
per conoscere i propri diritti e le forme di tutela apprestate dalla legge. D’altra parte, anche l’operatore turistico riconosce da tempo l’opportunità di una consulenza specializzata, in relazione alle differenti forme di erogazione dei servizi, alle prestazioni minime da garantire ai clienti, alle modalità di tutela del proprio operato». Quali cambiamenti ha comportato l’introduzione del recente “Codice per il consumo”? «In passato, il consumatore che decideva di organizzare una vacanza rischiava di “smarrirsi” in una complessa “trama” legislativa, contraddistinta da non poche lacune normative. L’introduzione del “Codice per il turismo” ha rappresentato però un’importante novità anche per gli operatori del settore, con una precisa definizione del loro ruolo nei servizi di promozione dell’attività turistica, nei servizi di ospitalità, assistenza, accompagnamento e guida dei turisti». Come è stata rafforzata la tutela del consumatore dal nuovo “Codice”? «Attraverso una razionalizzazione delle forme di tutela già
Vittorio Buonaguidi
In apertura, l’avvocato Vittorio Buonaguidi dello studio legale e tributario Battagliese Buonaguidi di Milano - vittorio.buonaguidi@cbblex.eu
esistenti. Se in passato, ad esempio, non esistevano efficaci forme di rimborso per viaggi rovinati a causa di imprevisti o inadempienze dell’organizzatore, oggi si stabilisce che, accanto al Fondo nazionale di garanzia, il turista possa essere assistito da polizze assicurative del tour operator, che garantiscano il rientro immediato dall’estero e un’assistenza anche dal punto di vista economico. Ma non va dimenticata neppure l’introduzione di nuove regole di certificazione del livello di qualità dei servizi resi dall’operatore turistico: tramite l’attribuzione di indici associabili alle “stelle” nel settore alberghiero e validi a livello nazionale, il consumatore potrà orientarsi in maniera più informata tra le molteplici offerte». Come ha inciso la riforma
sul problema “tradizionale” del danno da vacanza rovinata? «La tutela del consumatore si è notevolmente rafforzata con la possibilità di ottenere un risarcimento per il danno da “vacanza rovinata”. In particolare è previsto che, in caso di inadempimento contrattuale da parte del tour operator, il turista possa adire le vie legali per conseguire, oltre alla risoluzione del contratto, anche il risarcimento del danno per il tempo inutilmente trascorso e l’impossibilità di ripetere l’occasione perduta. È tuttavia richiesto che l’inadempimento subito dal consumatore non sia di scarsa importanza, e che non siano trascorsi più di tre anni dal rientro del turista nel luogo di partenza nel caso di risarcimento di danni alla persona, o
più di un anno in caso di danni diversi da quelli alla persona». Quali tutele sono state offerte, invece, agli operatori turistici? «La nuova codificazione del settore ha previsto un significativo snellimento dell’iter burocratico relativo all’avvio delle attività di ricezione turistica, consentendo agli interessati di usufruire del progetto “Impresa in un giorno”. Il Codice ha definito anche il concetto di “impresa turistica”, includendovi, oltre alle agenzie di viaggio e ai tour operator, le imprese che esercitano attività economiche che producono e commercializzano prodotti e servizi volti a soddisfare le esigenze del turista, tra cui ad esempio le imprese di ristorazione e i pubblici esercizi, gli stabilimenti balneari e i parchi divertimento». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 243
TURISMO
Al turismo serve una “ristrutturazione” e piccole e medie imprese che operano nel settore turistico hanno subìto un duro colpo con l’entrata in vigore dell’ultima manovra finanziaria varata dal governo Monti. Secondo Federalberghi l’introduzione dell’Imu e l’aumento dell’Iva costeranno alle imprese del settore circa 600 milioni di euro. A questa cifra vanno aggiunte anche le concessioni demaniali, oltre all’imposta di soggiorno. Massimo Di Filippo – titolare di Octotra-
L Massimo Di Filippo, titolare di Octotravel Srl, Milano www.octotravel.it
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Nel settore vacanze la concorrenza è spietata. Le imprese italiane lottano per mantenere la loro competitività in un paese a fortissima vocazione turistica. Però con la possibilità di fare pochi investimenti. La parola a Massimo Di Filippo Manlio Teodoro
vel, società del gruppo Octopussy, che commercializza strutture alberghiere di mare e montagna in Italia e all’estero – spiega come si ripercuoteranno le nuove misure su una realtà già particolare: «Non è possibile ridurre le problematiche attuali del settore turistico agli ultimi interventi economici, in realtà il problema è più vasto e articolato. Per noi le tanto discusse liberalizzazioni sono un fatto acquisito da anni. Ci muoviamo realmente in un mercato globalizzato, nel quale la scelta dell’utente è determinata dal rapporto fra qualità e prezzo e poco importa se la destinazione sia l’Italia, la Tunisia, la Grecia, la Spagna o un’altra meta mediterranea». Come si colloca il nostro paese sulla scala della competitività internazionale per quanto riguarda le vacanze?
«Per varie ragioni, nonostante le enormi potenzialità offerte dal nostro territorio, che presenta risorse spendibili per varie tipologie di turismo – dal puro relax al mare o in montagna alle bellezze artistiche, alle particolarità enogastronomiche – siamo ancora molto indietro. L’Italia non è competitiva soprattutto per la qualità delle strutture alberghiere, che sono troppo spesso obsolete e proposte a tariffe troppo alte. Pertanto bisognerebbe incentivare la ristrutturazione delle strutture alberghiere esistenti e rendere più efficaci i trasporti: il vantaggio che se ne trarrebbe andrebbe ben oltre il punto percentuale di aumento dell’Iva». Quali altri interventi, anche di iniziativa privata o di categoria, potrebbero portare a un rilancio del settore?
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La distribuzione del prodotto turistico dal web permette di far arrivare al turista un’offerta a costi minori
«Dato il recente incremento dei costi di gestione – e in presenza di tariffe che da dieci anni non possono aumentare, pena una perdita ulteriore di competitività –, prossimamente assisteremo ad aggregazioni fra gli operatori del settore. Questa, per molti, sarà l’unica strada per rimanere sul mercato. Questo processo aggregativo, tuttavia, va visto come un’evoluzione e anzi andrebbero studiate agevolazioni per favorire la creazione di medi e grandi gruppi e superare l’individualismo, attualmente molto forte nel comparto. L’alternativa è quella di divenire facile terra di conquista per gli operatori stranieri, già oggi molto più strutturati di noi». La vostra società quale strategia sta adottando? «Octotravel da anni sta cercando nuovi mercati e conso-
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lidando quelli esistenti, in Italia e soprattutto all’estero. Da circa quindici anni commercializziamo in esclusiva strutture alberghiere, gestite da società collegate, sia sull’arco alpino che in località di mare. Sulla neve gestiamo circa 2.500 posti letto, tra Mazzin di Fassa sulle Dolomiti, Passo del Tonale e Montecampione in Lombardia. Per quanto riguarda le strutture ricettive sul mare, siamo presenti in Sardegna, Calabria e Lampedusa, per un totale di circa 1.400 posti letto. Contemporaneamente siamo alla ricerca di canali alternativi di distribuzione del prodotto – per esempio quelli informatici –, che facciano arrivare l’offerta al turista con minori costi per l’impresa. Questa strategia ci sta consentendo di mantenere i margini attuali e di offrire tariffe più competitive». A questo proposito,
per conta quanto un’azienda come la vostra investire in Internet e avere un sito web professionale? «È fuor di dubbio che il web ci permette di raggiungere porzioni di mercato più ampie, ma soprattutto di ridurre i costi di distribuzione del prodotto e questo va a favore sia del cliente sia della nostra possibilità di sviluppare maggiore marginalità da destinare alla crescita. Tuttavia, per raggiungere questo obiettivo in maniera significativa, si dovrebbero fare investimenti tali da richiedere anche l’intervento del sistema bancario che, come è noto, attualmente è restio a fornire credito per lo sviluppo delle aziende». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 245
TURISMO
Samarcanda investe in un’animazione innovativa Un protagonista della comunicazione. Il ruolo dell’animatore fra competenze personali, lingue straniere e uso delle tecnologie. Dario Filippi, proprietario del marchio Samarcanda, spiega quali sono i moderni format dell’intrattenimento nei villaggi turistici italiani ed esteri Manlio Teodoro
er il turismo italiano il 2011 si è chiuso in controtendenza rispetto all’andamento generale dell’economia mondiale, grazie a una crescita delle presenze del 2,3 per cento (fonte Federalberghi). Nel complesso, è stata registrata una ripresa delle presenze estere e non c’è stato il crollo – temuto – del turismo interno. Come spiega Dario Filippi:
P Dario Filippi, proprietario del marchio Samarcanda, Varese www.samarcanda.com
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«Che la crisi abbia avuto un impatto sul turismo è indubbio, tuttavia le sue dimensioni sono state meno drammatiche di quello che ci si poteva aspettare. Il settore ha saputo reagire razionalizzando le spese, cercando nuovi mercati e soprattutto puntando sull’innalzamento della qualità dell’offerta». Filippi è proprietario del marchio Samarcanda, azienda che propone servizi di animazione e spettacolo per villaggi turistici. «Non abbiamo mai ceduto alle sirene ribassiste del low cost che sacrifica il prodotto. Il riposo, il divertimento e la vacanza – proprio perché viviamo momenti difficili – sono ormai sentite quasi come un’esigenza primaria». Cosa significa, concretamente, offrire un servizio di qualità nell’animazione turistica? «Per intrattenere, la qualità è fondamentale e si ottiene con l’originalità e i contenuti, oltre che con le capacità proprie dell’operatore di coinvolgere il pubblico. La figura stereotipata dell’animatore invadente e ba-
nale è ormai totalmente superata. Oggi l’animatore è un protagonista della comunicazione. Il suo compito non è solo quello di far divertire, ma anche quello di facilitare la relazione tra gli ospiti, di stimolare la conoscenza e l’apprezzamento dei pregi del territorio e della struttura turistica. E deve sapere fare tutto ciò in più lingue. Naturalmente questo insieme di competenze prevede anche delle specializzazioni. Utilizzando un paragone, il palinsesto di uno staff di animazione è ormai sempre più simile al palinsesto di una televisione: con fasce di programmi informativi e fasce di programmi per il divertimento, programmi specializzati per bambini e programmi tematici. E ovviamente spazi di approfondimento e che offrano opportunità di relazione». In questa ricerca di stimoli e contenuti per coinvolgere, ha un peso la moderna tecnologia? «Bisogna avere chiaro che il lavoro dell’animatore si basa su una relazione personale. È quell’aspetto caldo, umano che
Dario Filippi
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Per intrattenere è fondamentale un mix di originalità, contenuti e capacità di coinvolgere il pubblico
è, allo stesso tempo, il fascino e la forza di questo lavoro. Nessuna tecnologia potrà mai sostituire questo livello basilare che è la componente umana. Tuttavia, la tecnologia offre degli strumenti che facilitano questa funzione. La nostra azienda propone i primi giochi con l’uso della tecnologia fin da quando gli Sms erano da poco tempo diventati popolari. Oggi facciamo molto di più. Proponiamo ai nostri clienti, per esempio, la possibilità di creare il proprio “local network”: un’opportunità basata su una tecnologia sviluppata da una start up italiana all’avanguardia nel campo delle applicazioni sociali». I social network hanno quindi cambiato il vostro lavoro? «È ormai possibile certa-
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mente parlare di Animazione 2.0. La grande diffusione delle piattaforme sociali e degli strumenti di condivisione a esse correlati hanno aperto nuovi e stimolanti orizzonti al nostro lavoro. Ora l’esperienza di una bella vacanza può, non solo, essere condivisa, ma durare tutto l’anno, con effetti di fidelizzazione della clientela imponenti. Samarcanda ha sviluppato, al suo interno, uno specifico settore che crea format di animazione finalizzati alla loro amplificazione sociale. Ma non solo. Siamo in grado di assistere il nostro cliente, lungo tutto l’anno, nella gestione e animazione delle sue presenze sui social media. Però ancora una volta sono le capacità di relazione sviluppate dai nostri animatori a diventare l’arma vincente an-
che nell’ambiente virtuale». Quali sono le prospettive per il futuro e soprattutto per la prossima stagione? «Guardiamo al 2012 con ottimismo e intendiamo proseguire con la nostra scelta strategica di puntare su qualità e innovazione. È ripartita la nostra campagna di selezione per Samarcanda Animazione, con la quale puntiamo a individuare nuovi talenti. Le nostre previsioni sono quelle di offrire oltre mille nuovi posti di lavoro nel settore turistico entro l’estate 2012 e di circa 150 nuove figure tecniche per la prossima stagione invernale dedicata agli appassionati di sci e non solo. I nostri animatori saranno distribuiti fra 45 strutture delle più rinomate località turistiche italiane ed estere». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 247
REATI FINANZIARI
Serve più buonsenso nell’applicare le norme Sono state introdotte ormai diversi anni fa novità legislative sul market abuse. La normativa italiana risulta ancora efficace su reati in materia? A fornire una risposta è l’avvocato Ciro Pellegrino Francesca Druidi
stato il ministro della Giustizia Paola Severino a dichiarare che il governo prenderà in considerazione un intervento sul falso in bilancio, nel quadro di una più generale lotta alla corruzione. Argomento di forte interesse, il falso in bilancio è solo uno dei temi affrontati dall’avvocato Ciro Pellegrino, titolare dello Studio Pellegrino, con cui Gianni, Origoni, Grippo Cappelli & Partners ha un accordo per le tematiche di penale societario. Si ipotizza la reintroduzione del reato di falso in bilancio. In che modo sarebbe auspicabile? «Il falso in bilancio, tecnicamente reato di false comunicazioni sociali, non è mai stato completamente eliminato dal legislatore. È stato però oggetto di una riforma che ha portato a una sostanziale inapplicabilità della norma. A partire dal 92, da Tangentopoli, il sempre più frequente ricorso all’incriminazione per falso in bilancio era determinato dall’opportunità per la magistratura di intervenire in quei casi nei quali non riusciva a rinvenire elementi per contestare una corruzione, optando quindi per la condotta di falso.
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Una reintroduzione oggi sarebbe certamente auspicabile, ma non tramite una norma identica o simile a quella contenuta nell’ex articolo 2621, dove si lasciava uno spazio di notevole discrezionalità ai magistrati. Servirebbe una norma più tassativa, che preveda ipotesi realmente offensive e non la semplice deviazione rispetto a schemi di veridicità». Se e in che misura il decreto legislativo 231/01 ha influito sulla materia dei reati finanziari? «Ha inciso moltissimo, più che sui reati finanziari in senso stretto, sulla vita delle società. Inizialmente questa disciplina, che estende la punibilità dalle persone fisiche a quelle giuridiche con sanzioni amministrative, non è stata applicata con frequenza. Oggi, invece, viene adottata in maniera costante da alcuni tribunali, Milano in primis. Tale applicazione deve, a mio avviso, trovare criteri interpretativi omogenei. Ciò si verificherà nel momento in cui la Cassazione si esprimerà in modo costante su alcuni temi, come ad esempio quello della cessazione dell’impresa, assimilabile alla morte del reo, o quello
Sopra, l’avvocato Ciro Pellegrino, titolare dell’omonimo studio legale
Ciro Pellegrino
del gruppo societario, dove spesso una società satellite viene utilizzata per evitare problemi alla capogruppo». Quanto influisce questa normativa sulle imprese? «Incide soprattutto a livello di costi. Le aziende stanno sostenendo costi ingenti per l’implementazione dei modelli organizzativi, oltre che per la costituzione e la remunerazione degli organismi di vigilanza. Nutro personalmente ancora diversi dubbi sul rapporto costi-benefici di questo tipo di azioni, anche a costo di sfavorire quei colleghi che come me fanno parte degli organismi di vigilanza. È, inoltre, difficile che, a processo iniziato, la magistratura tenga in considerazione il modello organizzativo per evitare la sanzione». Manipolazione del mercato e aggiotaggio: basta l’attuale normativa o si richiedono correzioni e aggiustamenti di fronte all’attuale scenario? «Come spesso accade, è sufficiente la normativa esistente. Le disposizioni in materia di market abuse, manipolazione, aggiotaggio e insider trading sono regole ben scritte che dovrebbero trovare un’applicazione capace di seguire i principi
del buon senso. E questo non sempre avviene. Ma intervenire con eccessiva frequenza sul dettato normativo non è la soluzione, anzi è un pericolo enorme, perché non si forma mai una giurisprudenza consolidata. In presenza di una nuova legge, dobbiamo infatti ripartire con le interpretazioni. È giusto, invece, che si stabilisca una linea guida attraverso l’interpretazione delle norme esistenti». Quali sono i casi più frequenti di market abuse in Italia? «Ce ne sono dei più disparati. La manipolazione del mercato può avvenire tramite informazioni che vengono date in modo riservato e poi utilizzate - reato di insider trading, da una parte, abuso di informazioni di mercato dall’altra - sulla base del malcostume. Spesso, quando è sul tavolo un’operazione significativa per il mercato, è facile aspettarsi l’apertura di un’indagine da parte della Procura della Repubblica. Ciò avviene perché un’operazione importante genera curiosità ma anche la scontentezza di una parte del mercato che reputa normale sporgere denuncia trovando un appiglio nelle procure stesse. Consiglio, pertanto, di affidarsi in questi casi a un avvocato penalista che valuti preventivamente se l’operazione, così come viene condotta, può prestarsi a critiche sotto il profilo della liceità penale». Quali saranno i temi più “caldi” nel prossimo futuro? «Purtroppo i reati di bancarotta, vista la situazione economica, affiancati dalle acquisizioni che seguiranno all’adozione di procedure di tipo concorsuale. Dal punto di vista del penalista, i reati fallimentari saranno sempre più all’ordine del giorno. In questo campo, sarebbe auspicabile un intervento legislativo più incisivo, affinché sull’imprenditore in crisi non penda anche la spada di Damocle di una pesante condanna». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 249
TRA CITTADINI E PA
Tutti uguali davanti alla Legge? Attraverso l’esperienza del Centro Studi Ameco e dell’avvocato Sara Calzi, mettiamo in luce tutti quei casi in cui, purtroppo, il principio costituzionale secondo cui “la Legge è uguale per tutti” sembra venire meno A cura di Andrea Moscariello
ono molti i casi processuali in cui sono emerse alcune diseguaglianze tra le parti in causa. Sara Calzi, avvocato esperto in diritto tributario, previdenziale e del lavoro, membro dello staff del Centro Studi Ameco di Milano, prende in analisi i casi in cui una delle parti è la Pubblica amministrazione. Perché, quando è coinvolta la Pa, lei ritiene vi sia una diseguaglianza dinanzi alla Legge? «A mio parere la prima ragione è da ricercarsi nella legge stessa e nella prassi giudiziale. Occorre dire che nel diritto processuale alcuni atti devono essere formati entro un certo termine, a pena di decadenza. Ad esempio, quando un cittadino riceve una cartella esattoriale fiscale deve impugnarla entro 60 giorni. Se impugna con un solo giorno di ritardo può avere tutte le ragioni del mondo, ma la legge non gli permette più di difendersi, deve pagare e basta. La Pa, invece, non deve rispettare gli stessi limiti
S L’avvocato Sara Calzi www.ameco.it
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temporali, anche se apparentemente la norma li prevede». Apparentemente? «Sì, perché il termine per la Pa, a differenza di quello previsto per il cittadino, non è obbligatorio, al punto che la prima può depositare i propri atti e documenti anche il giorno dell’udienza. In gergo tecnico si dice che il termine per il contribuente è di tipo perentorio e quello per la Pa è di tipo ordinatorio. Il fatto che il soggetto Pubblico possa depositare il proprio atto e relativi documenti anche il giorno stesso dell’udienza comporta una grossa difficoltà per l’avvocato del contribuente chiamato in causa, in quanto questo si troverà a discutere davanti alla Commissione Tributaria non sapendo neppure cosa ha scritto e cosa ha depositato la controparte». Questa procedura non è incostituzionale? «Se vuole il mio parere, ritengo sia certamente incostituzionale. Eppure la Corte di Cassazione ha rigettato l’eccezione di incostituzionalità presentata dalla Commissione Tributaria regionale della Campania, con argomentazioni che non mi sembrano affatto condivisibili». Alcuni suoi colleghi avvocati si lamentano anche della cosiddetta inversione dell’onere della prova. Cosa significa concretamente?
Sara Calzi
«Questo è un altro problema che sovente incontra l’avvocato del contribuente. In pratica, nonostante le norme prevedano che sia la Pa a dover dimostrare la correttezza dell’importo richiesto al cittadino attraverso la cartella esattoriale, talvolta capita che i giudici invertano questa regola. In buona sostanza, anche se la Pubblica amministrazione omette di fornire la prova della propria pretesa, il contribuente viene condannato a pagare se non è esso stesso a fornire la prova dell’erroneità e della non debenza della richiesta. In questo si realizza un’illegittima inversione dell’onere della prova». A questo errore, eventualmente, si può riparare in appello? «Probabilmente sì, ma sarà troppo tardi. Le sentenze di primo grado sono provvisoriamente esecutive e gli appelli vengono fissati anche dopo quattro anni. Intanto il contribuente condannato dovrà pagare per evitare il pignoramento. Questo è il motivo per cui credo che, di fronte a errori gravi ed evidenti, con violazione delle norme processuali, sarebbe importante introdurre concretamente la responsabilità dei Giudici e il rimborso del danneggiato». La difesa della Pa regge se questa, ovviamente, rappresenta un valido sostegno per imprese e cittadini. «Purtroppo, invece, spesso rappresenta uno dei peggiori nemici delle aziende, oltre che incarnare uno dei motivi principali per cui gli investitori esteri sono scoraggiati a investire sull’Italia. Talvolta la Pa è un muro di gomma, con lungaggini burocratiche infinite, rimpalli tra un ufficio e l’altro, inter-
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Di fronte a errori gravi ed evidenti, sarebbe importante introdurre concretamente la responsabilità dei Giudici e il rimborso del danneggiato
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pretazioni non concordanti di norme e, di fronte a errori, ovviamente nessun colpevole e nessun referente». E da qui siamo di nuovo alla lotta impari tra soggetto pubblico e contribuenti. «Esattamente. Provi a pensare con che aggressività la Pa incassa le cartelle esattoriali: ha infatti a disposizione ogni strumento, pensiamo a ipoteche, fermi amministrativi e pignoramenti. Oltretutto il debito del contribuente cresce in modo esponenziale a causa di sanzioni e interessi elevatissimi. Questo potrebbe essere accettabile se non fosse che poi lo Stato non garantisce ai suoi cittadini la medesima puntualità e severità nella situazione inversa, ossia quando è il cittadino a essere creditore dello Stato. È infatti noto a tutti che la Pa paga quasi sempre con ritardi enormi, spesso tali da causare il fallimento o comunque la grave crisi economica del creditore, e per simili mancanze deve sborsare interessi pari allo 0 per cento. Non si può certo dire che c'è una situazione di equità». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 251
LA LEGGE SULLA TOTALIZZAZIONE
Novità in tema previdenziale
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er la prima volta in Italia ci siamo occupati di pensione di anzianità con la legge sulla totalizzazione per la categoria dei professionisti degli spedizionieri doganali», esordisce l’avvocato Cinzia Miani di Como. La totalizzazione è un istituto tornato di estrema attualità proprio con la manovra del Governo Monti che ha decretato come, anche i periodi contributivi di durata inferiore ai tre anni possono essere «totalizzati», cioè cumulati insieme per ottenere il diritto alla pensione. Nella manovra infatti, oltre a cambiare i requisiti per l'accesso alla pensione, ci sono anche misure che bilanciano l'innalzamento dei titoli generali, facilitando il ricorso a istituti che consentono di raggiungere prima il traguardo pensionistico. La riforma, in particolare, rende più facile l'accesso all'istituto della totalizzazione, che serve a cumulare i periodi contributivi accreditati presso diverse casse, gestioni o fondi previdenziali, al fine di maturare il requisito minimo pensionistico. Questo istituto è molto importante per i lavoratori che cambiano spesso occupazione, e per questo motivo potranno raggiungere la pensione solo mettendo insieme pezzi intermittenti di vita lavorativa e sparsi in gestioni previdenziali diverse. Con l’avvocato Cinzia Miani approfondiamo la sentenza che l’ha vista protagonista in materia di totalizzazione. La sentenza ha riguardato la totalizzazione per la categoria degli spedizionieri doganali. «Nel ricorso giudiziale si è sostenuto che il decreto legislativo numero 42/06 aveva stabilito in via generalizzata sia a livello letterale che interpretativo il principio della totalizzazione. Letteralmente l’articolo sopra citato dispone che: “è data facoltà di cumulare periodi assicurativi agli iscritti” in al-
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L’istituto della totalizzazione permette di raggiungere la pensione mettendo insieme “pezzi” intermittenti di vita lavorativa. Con Cinzia Miani parliamo dell’applicazione della legge sulla totalizzazione per gli spedizionieri doganali Nicoletta Bucciarelli
cuni casi ben precisi. O a due o più forme di assicurazione obbligatoria per invalidità, vecchiaia e superstiti; o alle forme sostitutive esclusive ed esonerative della medesima, o alle forme pensionistiche obbligatorie gestite dagli enti di cui ai decreti legislativi 30/06/1994 numero 509 e 10/02/1996 numero 103; nel caso delle forme assicurative obbligatorie sono inoltre ricomprese la gestione separata di cui all’articolo 2/26 della Legge 08/08/1995 numero 335 (cui sono stati obbligatoriamente iscritti gli spedizionieri doganali registrati precedentemente al Fondo spedizionieri oggi soppresso) e il Fondo di previdenza del clero e dei ministri di culto delle confessioni
L’avvocato Cinzia Miani ha lo studio a Como www.studiolegalemiani.it cinzia_miani@hotmail.com
Cinzia Miani
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La sentenza permetterà a tutti coloro che possono vantare quarant’anni di contribuzione, per periodi non sovrapposti, di chiedere all’I.N.P.S. la pensione di anzianità
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religiose diverse dalla cattolica». Come si inserisce in questo contesto la situazione degli spedizionieri doganali? «La loro situazione doveva rientrare nella fattispecie riportata, in quanto tutti gli spedizionieri doganali erano iscritti al Fondo che rappresentava una forma di assicurazione obbligatoria per invalidità, vecchiaia e superstiti. Dal punto di vista interpretativo escludere la totalizzazione sarebbe stato contrario alla legge delega che dava mandato al Governo di “ridefinire la disciplina in materia di totalizzazione dei periodi assicurativi, al fine di ampliare progressivamente le possibilità di sommare i periodi assicurativi previsti dalla legislazione vigente, con l’obiettivo di consentire l’accesso alla totalizzazione sia al lavoratore che abbia compiuto il sessantacinquesimo anno di età sia al lavora-
tore che abbia complessivamente maturato almeno quaranta anni di anzianità contributiva, indipendentemente dall’età anagrafica, e che abbia versato presso ogni cassa, gestione o fondo previdenziale, interessati alla domanda di totalizzazione, almeno cinque anni di contributi”». Contestualmente, che cosa ha stabilito il Tribunale di Como? «Secondo il Tribunale di Como la Legge Delega e il Decreto Legge hanno riformulato totalmente il sistema pensionistico di tutte le categorie di lavoratori, compresa quella degli spedizionieri doganali. E pertanto anche per gli spedizionieri doganali debbono essere considerati i contributi versati al Fondo degli Spedizionieri Doganali. Il Tribunale ha specificato che dal punto di vista teleologico la Legge Delega e il Decreto Applicativo hanno voluto concedere la pensione di anzianità a quei lavoratori che avessero lavorato almeno quarant’anni e che non avessero introiti pensionistici dopo aver versato i contributi ad un fondo diverso dall’I.N.P.S.». Che cosa rappresenta, per i fini pensionistici, l’esito di questa sentenza? «La sentenza in commento, confermata da Corti d’Appello di prestigio, è la prima in Italia che si è pronunciata dopo l’emanazione della Legge del 2006 relativa alla totalizzazione, e permetterà a tutti coloro che possono vantare quarant’anni di contribuzione, per periodi non sovrapposti, di chiedere all’I.N.P.S. la pensione di anzianità». In che modo è riuscita a supportare la sentenza? «Grazie all’esperienza maturata nel mio studio in cui mi sono sempre occupata di diritto civile e diritto del lavoro, in modo particolare alle attività legate al diritto previdenziale e diritto sindacale e del lavoro, e tra le altre, al diritto penale nell’ambito dell’infortunistica del lavoro». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 253
NUOVE FORME GIURIDICHE
Il contratto di rete Una nuova forma giuridica consente alle imprese di unirsi attorno a obiettivi comuni e di regolare le modalità di partecipazione alla partnership. Il punto di Gian Piero Geminiani Luca Cavera
on la legge sviluppo del 2009 e la cosiddetta manovra estiva 2010 sono stati convertiti in legge i decreti (in particolare, dl 5/2009 e dl 78/2010) che hanno introdotto una nuova forma giuridica: il contratto di rete. Questo consente alle imprese di sviluppare rapporti di partnership, mantenendo la propria individualità, ma con il vantaggio di vedere regolati i rapporti giuridici derivanti da una collaborazione stabile basata su obiettivi strategici. L’avvocato Gian Piero Geminiani ne illustra gli aspetti salienti. «Grazie al contratto di rete più imprenditori possono perseguire lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e competitività sul mercato. Per questo scopo, sulla base di un programma comune di rete, più soggetti possono collaborare, scambiare informazioni e prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica e tecnologica. Inoltre, possono esercitare in comune una o più attività attinenti all’oggetto della propria impresa». Chi può stipulare un contratto di rete e con quali requisiti? «Si tratta di un contratto plurilaterale stipulabile solo fra imprenditori, che siano convenuti su una comunione di scopo. Questi sono liberi di partecipare alla rete sotto qualsiasi forma (individuale o collettiva), prescindendo da altri elementi dimensionali, geografici (anche imprese estere) o di struttura giuridica, quindi possono aderire indifferentemente società, consorzi e cooperative. Il contratto deve avere una struttura aperta e prevedere le modalità per l’eventuale
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L’avvocato Gian Piero Geminiani del Foro di Milano, specializzato in diritto del lavoro, amministrativo e commerciale. www.studiogeminiani.it
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adesione futura di altri contraenti. Tali modalità e parametri di accesso sono stabiliti dagli originari partecipanti». Quali obiettivi è possibile conseguire con questo tipo di contratto? «Gli obiettivi, che ovviamente devono essere comuni agli imprenditori contraenti, devono riguardare la crescita della capacità innovativa, sia individualmente sia collettivamente, e l’incremento della competitività sul mercato. Fra gli obiettivi del contratto di rete è possibile anche porre l’attesa di risultati che non abbiano immediati riflessi economici – come per esempio attività di ricerca, studio e formazione. A tale fine, i contraenti possono sia collaborare in forme e ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese, sia condividere conoscenze e prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica, sia esercitare in sinergia una o più attività che ricadano sotto le competenze di ciascuno». In concreto, quali forme può assumere la collaborazione in un contratto di rete? «Può assumere diverse forme. Attività di coordinamento, per ottenere migliori condizioni nei rapporti esterni, oppure coordinamento dei processi di controllo della qualità dei beni lungo la filiera. Il coordinamento può prevedere anche la definizione di una politica dei prezzi – nei li-
Gian Piero Geminiani
miti, ovviamente, di quanto stabilito dalla normativa antitrust. Può assumere la forma di attività strumentali, volte a raggiungere migliori risultati di gestione: gruppi di acquisto o vendita di beni e servizi di interesse comune, gestione logistica e di magazzino, di piattaforme telematiche. Si può svolgere in forma congiunta la promozione di beni e marchi o realizzare laboratori e centri di ricerca in comune. Infine, un aspetto che potrà interessare molte imprese di piccole e medie dimensioni, è la possibilità di partecipare collettivamente alle gare d’appalto o ai bandi regionali». Invece, in quale forma, dal punto di vista giuridico, va stipulato? «Per la sua validità, il contratto deve essere redatto in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata e deve essere iscritto nel registro delle imprese presso la Camera di Commercio alla quale si riferisce ciascuna impresa. La data di efficacia del contratto coincide con l’ultima delle iscrizioni prescritte a carico dei sottoscrittori originari. Ogni successivo aderente al contratto dovrà iscrivere il contratto nella sezione del registro ove l’aderente è iscritto e il contratto sarà efficace per lui solo a partire da quella data». La rete si muove come fosse una sola entità imprenditoriale. Questa costituisce un soggetto giuridico a sé? «No, il contratto non crea un nuovo soggetto giuridico. Per questo motivo la denominazione della rete è meramente eventuale e non obbligatoria, poiché non si tratta di un ente personificato. È tuttavia consigliabile utilizzare il nome della rete nei rapporti con i terzi, per evitare che in questi ultimi sorga la convinzione che stiano operando con gli imprenditori singolarmente e non con la rete – il che potrebbe, per il principio dell’affidamento, limitare l’autonomia patrimoniale del fondo della rete. È quindi molto importante definire un’identità della rete, in modo che questa sia riconoscibile da banche, fornitori e potenziali nuovi aderenti». Quali sono gli elementi più importanti per gli interessi dei contraenti che vanno specificati nel contratto? «Oltre ai dati anagrafici e relativi alle ragioni so-
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Con questo contratto, una rete di imprese di piccole e medie dimensioni ha la possibilità di partecipare collettivamente alle gare d’appalto
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ciali delle imprese, alla durata, alla struttura e alle regole decisionali e di adesione o uscita dei partecipanti, è importante definire con precisione gli obiettivi strategici – sono tutti elementi obbligatori per legge – Questo per assicurare che le parti condividano pienamente le ragioni fondanti della collaborazione, per evitare possibili contrasti sulle scelte operative e per prevenire comportamenti abusivi da parte di chi volesse entrare nella rete solo per appropriarsi di risorse e conoscenze altrui senza contribuire o addirittura compromettendo il raggiungimento degli obiettivi strategici». Quali sono i vantaggi fiscali? «È prevista una sospensione di imposta per le imprese che sottoscrivono il contratto di rete per la quota di utili destinati al fondo patrimoniale comune o al patrimonio destinato all’affare. Tuttavia la quota non può superare il limite di 1 milione di euro e inoltre a patto che gli investimenti del programma di rete siano realizzati entro l’esercizio successivo al conferimento al fondo». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 255
GIUSTIZIA TRIBUTARIA
Nuovi strumenti per il fisco on i recenti Blitz fiscali abbiamo assistito ad un cambio di orientamento, l’inizio di una vera guerra all’evasione da parte dello Stato». La dottoressa Daniela Bruno partner dello Studio Camosci Guareschi, Piantanida & Associati, specializzata in interpretazione e attuazione pratica della normativa fiscale, fornisce il suo parere sugli ultimi episodi legati al controllo fiscale. «Il vero risultato dei “Blitz” in ogni caso è un altro. La presenza degli ottanta agenti del fisco a Cortina, ad esempio, ha improvvisamente costretto tutti a comportamenti virtuosi: qualcuno lo faceva da sempre, altri si sono dovuti adeguare. Il Comunicato dell’Agenzia delle Entrate cita un incremento degli incassi degli operatori fra il 300-400 per cento rispetto allo stesso giorno dello scorso anno».
«C La dottoressa Daniela Bruno partner dello Studio Camosci Guareschi, Piantanida & Associati di Milano www.studiocgp.it
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La lotta all’evasione fiscale e le evoluzioni della Giustizia tributaria. Ambiti che dovranno obbligatoriamente passare attraverso «cambiamenti endogeni del sistema». Il punto di Daniela Bruno Marco Tedeschi
Quali sono i maggiori punti critici della Giustizia tributaria? «Il processo tributario nasce, in origine, come contenzioso amministrativo. Solo a seguito della giurisdizionalità delle Commissioni Tributarie è stato possibile recepire alcuni dei principi cardine di ogni tipo di processo quali la ripartizione dell’onere della prova tra le parti in giudizio e l’applicazione del principio del contradditorio. Tali concetti hanno finalmente trasformato il processo tributario in un processo vero e proprio. Ma questo è stato il frutto di una lenta conquista, ancora oggi in corso di evoluzione e non sempre in grado di garantire il diritto di difesa al contribuente». Quali operazioni andrebbero attuate per migliorare il sistema? «È auspicabile che il legislatore riformi totalmente la giustizia tributaria prevedendo la dipendenza dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e non più dal Ministero dell’Economia, che è una delle parti in causa; la parità assoluta tra le parti, senza limitazioni nella fase istruttoria, con la possibilità di citare testimoni e fare giuramenti; il diritto a chiedere sospensive e conciliazioni anche in
Daniela Bruno
grado di Appello e di Cassazione. Di conseguenza, tenuto conto che il processo tributario diventa un “vero” processo, come quello civile, penale e amministrativo, si rende necessario reclutare giudici tributari a tempo pieno, con competenza qualificata, pagati dignitosamente, e senza alcun collegamento funzionale con il Ministero dell’Economia e delle Finanze. Il risultato sarebbe il pieno rispetto del diritto di difesa del contribuente grazie a una giustizia tributaria in grado di risolvere le controversie fiscali». Qual è secondo il suo punto di vista la causa che sta dietro a tante evasioni fiscali in Italia? «L’Italia si trova oggi più che mai a confrontarsi con uno smisurato debito pubblico e un’economia sommersa che non ha eguali con i Paesi industrializzati con i quali usiamo e dobbiamo confrontarci. Quale sia la causa o le cause di ciò è difficile dirsi. Penso la mancanza di spirito civico e la poca oculatezza nel capire che “navighiamo” tutti sulla stessa nave la quale, se affonda, ci trascinerà tutti. Per contrastare l’evasione serve dunque a mio parere un cambiamento culturale e una maggiore consapevolezza che chi evade danneggia tutta la collettività. L’utilizzo di controlli del tipo “Blitz di Cortina” possono servire come strumenti di contrasto all’evasione fiscale, essendo peraltro in piena linea con tutti i nuovi strumenti di accertamento fiscale che l’Amministrazione Finanziaria sta mettendo in atto. Mi riferisco al monitoraggio di tutti i movimenti bancari da parte del sistema informatico fiscale, alla tracciabilità dei pagamenti oltre la soglia dei mille euro e al “nuovo redditometro”». In una realtà sempre più globalizzata, quali sono i consigli che offre alle imprese
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I recenti “Blitz” fiscali sono in piena linea con tutti i nuovi strumenti di accertamento fiscale che l’Amministrazione Finanziaria sta mettendo in atto
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per essere competitive? «Cerco di sensibilizzarle sulla necessità di analizzare tutte le conseguenze fiscali delle iniziative imprenditoriali/commerciali che intendono intraprendere così da ottimizzare il complessivo carico fiscale derivante dall’operazione. Nella fase iniziale di un investimento all’estero ritengo importante considerare tutte le possibili strutture esistenti. Ciò implica spesso un’analisi di normative fiscali complesse, quali quelle relative alla sottocapitalizzazione e ai prezzi di trasferimento o allo sfruttamento di diritti di proprietà. Per una corretta pianificazione fiscale internazionale occorre procedere per quattro fasi: l’analisi dei dati, la progettazione della struttura, la valutazione della struttura e la gestione della struttura. Questa è la metodologia che utilizzo per le aziende a cui offro la mia consulenza sia che intendano operare investimenti all’estero sia per quelle che desiderano investire nella Ue». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 257
PATOLOGIE GASTROINTESTINALI
Milano investe sulla gastroenterologia a sanità lombarda si conferma ancora un modello per il resto del paese. Nonostante l’austerity nazionale, infatti, è stato possibile disporre importanti risorse per il potenziamento di settori fondamentali degli ospedali milanesi, come l’unità operativa di gastroenterologia dell’ospedale Luigi Sacco. Negli ultimi anni l’unità, nota in precedenza soprattutto per la diagnosi e la cura delle malattie infiammatorie inestinali, si è arricchita di un ambulatorio dedicato ai pazienti con cirrosi e ipertensione portale, di uno di emodinamica splancnica – in collaborazione con i cardiologi emodinamisti – e di un ambulatorio interamente dedicato alla celiachia. Inoltre, l’endoscopia dell’intestino tenue è stata migliorata grazie a un’estensione dell’uso della videocapsula endoscopica e dell’enteroscopia device assisted. E per il 2012 sono stati programmati altri investimenti per migliorare i servizi offerti ai cittadini, come spiega il professor Roberto de Franchis, direttore dell’unità operativa. «È previsto il rinnovo di parte delle apparecchiature endoscopiche ed è già stata costituita un’associazione di volontariato – denominata M.I.Cro Onlus – che ha lo scopo di supportare, anche economicamente, l’attività clinica, educazionale e di ricerca dell’unità operativa relativamente alle malattie infiammatorie intestinali». Su quali interventi occorre fare leva per integrare maggiormente la vostra struttura al resto della sanità regionale? «Un primo passo è già stato compiuto con l’avvio della creazione di una rete regionale di centri per la terapia dell’emorragia digestiva, attualmente in fase di realizzazione. Un intervento che sarebbe essenziale sarebbe il potenziamento delle strutture – aumento del numero dei letti, ulteriore
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L’unità operativa dell’ospedale Luigi Sacco di Milano, diretta dal professor Roberto de Franchis, si dota di nuovi strumenti. E si connette con il resto della rete della sanità lombarda per il trattamento delle patologie gastrointestinali Luca Cavera
adeguamento tecnologico delle apparecchiature e ampliamento dell’organico, che attualmente è gravato da un sovraccarico di lavoro. Questa esigenza è testimoniata dal fatto che oltre il 40 per cento dei pazienti gastroenterologici che afferiscono all’Ospedale Sacco vengono ricoverati in reparti diversi dalla gastroenterologia, con conseguenze negative sull’efficienza clinica, l’appropriatezza e il costo di gestione dei pazienti». Quale livello di conoscenza e consapevolezza riscontra tra i suoi pazienti circa le patologie gastrointestinali? «I pazienti con malattie infiammatorie croniche intestinali, in generale, sono molto informati e
Nella pagina a fianco, Roberto de Franchis, direttore dell’unità operativa di gastroenterologia dell’ospedale Luigi Sacco di Milano www.hsacco.it
Roberto de Franchis
Oltre alla continuazione dell’attività clinica e di ricerca sulle malattie infiammatorie intestinali ci siamo concentrati sull’ipertensione portale e sulle patologie dell’intestino tenue
consapevoli circa le problematiche relative alle loro malattie. Per quanto riguarda i pazienti con cirrosi epatica, è in atto uno sforzo per aumentare il loro grado di conoscenza e consapevolezza circa le problematiche relative alla loro patologia. Al contrario, i problemi più sottovalutati sono rappresentati dall’impatto dell’obesità sulle patologie gastrointestinali, l’importanza della familiarità per il cancro del colon e per la malattia celiaca». A livello clinico, su quali patologie si stanno concentrando gli sforzi maggiori dell’unità? «Oltre alla continuazione dell’attività clinica e di ricerca sulle malattie infiammatorie intestinali – colite ulcerosa e malattia di Crohn –, che sono l’oggetto di indagine tradizionale dell’unità, ci siamo concentrati sull’ipertensione portale –
emorragie digestive da varici esofagee nel paziente cirrotico – e sulle patologie dell’intestino tenue – malattia celiaca, sanguinamenti gastrointestinali di origine oscura». Quale iter diagnostico suggerisce per prevenire e monitorare l’insorgere di queste patologie? «Per prevenire il sanguinamento da rottura di varici esofagee nel cirrotico con ipertensione portale, occorre aumentare la consapevolezza della necessità di eseguire un’esofago-gastroduodenoscopia di screening. Questo è fondamentale in tutti i pazienti cirrotici al momento della diagnosi di malattia, per valutare la presenza di varici. Inoltre si consiglia di eseguire delle esofago-gastro-duodenoscopie di sorveglianza a 1-3 anni di distanza, per valutare la comparsa o l’aumento di dimensione delle varici stesse. Quest’ultimo infatti costituisce un fattore di rischio. Per quanto riguarda invece le malattie infiammatorie intestinali, è essenziale programmare visite periodiche e, nelle malattie di lunga durata, instaurare un programma di sorveglianza endoscopica periodica per la ricerca della displasia, che è l’anticamera del cancro del colon». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 271
NEOPLASIE
Contro il cancro al polmone è possibile il trapianto? Diagnosticare tempestivamente questa patologia accresce le possibilità di intervento chirurgico. Il professor Maurizio Mezzetti illustra le attuali risposte della medicina a uno dei carcinomi con più alta mortalità Valerio Germanico
l carcinoma del polmone è la neoplasia con il tasso maggiore di mortalità nel mondo. La massima frequenza della mortalità si registra negli Stati Uniti e in Europa. A essere colpiti sono soprattutto i soggetti sopra i 50 anni che hanno fatto uso di tabacco. Negli ultimi decenni, la prevenzione e l’informazione sui rischi connessi al fumo hanno portato a una diminuzione dei casi mortali. Tuttavia c’è ancora molto da fare, come dimostrano i dati riportati dal professor Maurizio Mezzetti, già direttore della clinica chirurgica del polo universitario dell’ospedale San Paolo di Milano, attualmente responsabile della unità operativa di chirurgia toracica della clinica San Carlo Paderno Dugnano (MI): «Nel nostro paese ogni anno sono 30mila le persone che si ammalano di cancro al polmone. Di queste il 75-80 per cento sono destinate a morire entro i primi cinque anni dalla diagnosi. Come per tutte le patolo-
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Professor Maurizio Mezzetti, già direttore della clinica chirurgica del polo universitario dell’ospedale San Paolo di Milano - mezzetti.maurizio@tiscali.it
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gie, anche nel cancro del polmone esiste una prevenzione primaria e una prevenzione secondaria. La prevenzione primaria nel cancro del polmone è l’abolizione totale del consumo di tabacco». Qual è la percentuale dei pazienti operabili dopo la diagnosi di un cancro al polmone e con quali possibilità di successo? «La percentuale di operabilità nei portatori di cancro del polmone, al momento della diagnosi, è di circa il 50 per cento. È questo il dato che rende questa patologia tumorale tra le più gravi – insieme al tumore del pancreas e al tumore dell’esofago. Infatti il 50 per cento che non può essere operato – salvo rare eccezioni – non ha nessuna possibilità di sopravvivere più di cinque anni. All’interno dell’ambito degli operati, le possibilità di guarigione si aggirano intorno al 30 per cento dei casi. Dividendo per stadi, possiamo pararle di un 80 per cento di possibilità di guarigione nel primo stadio, cioè di cancro polmonare senza interessamento linfonodale. Le percentuali vanno via via decrescendo agli stadi più avanzati». Molto spesso il cancro al polmone ha un’alta percentuale di mortalità soprattutto per le difficoltà connesse alla diagnosi. Com’è possibile migliorare sotto questo aspetto e quali sono i primi esami che è necessario effettuare tempestivamente? «I miglioramenti che oggi sono possibili e sui quali bisogna puntare sono la possibilità di fare la diagnosi in fase precoce con la Tac. Per fare questo la classe medica deve avere sempre presente l’altissima incidenza di questa patologia. Quindi, di
Maurizio Mezzetti
Il trapianto polmonare nei casi di cancro, in Italia, non viene ancora eseguito. All’estero, invece, sono stati eseguiti trapianti in pazienti portatori di cancro del polmone di tipo bronchiolo alveolare
fronte a un paziente che accusi, anche in maniera leggera, i sintomi di questa patologia – dolore toracico fisso da alcune settimane in una sede, tosse secca stizzosa, deperimento, astenia, stanchezza fuori dal normale –, bisogna verificare tempestivamente la presenza di un carcinoma». Quali temi sono stati trattati nel congresso regionale lombardo del Fonicap (Forza Operativa Nazionale Interdisciplinare contro il Cancro del Polmone) che si è svolto il 3 marzo a Milano e che ha organizzato? «I temi fondamentali che abbiamo affrontato sono stati quelli dei vantaggi offerti da uno screening di massa in questa patologia e i risultati che può offrire una chemioterapia personalizzata. Inoltre, si è parlato di un tema che ho scelto personalmente, cioè la possibilità di eseguire il trapianto del polmone. Il trapianto polmonare nei casi di cancro, in Italia, non viene ancora eseguito. All’estero, invece, sia pure in casi estremamente selezionati, sono stati eseguiti trapianti polmonari in pazienti portatori di cancro del polmone di tipo bron-
chioloalveolare. La questione ha acceso l’attenzione dei colleghi e ha aperto la via all’approfondimento dei molti aspetti ancora da studiare in vista di un futuro in cui il trapianto potrà dare un aiuto nella lotta contro questa patologia». In attesa degli ulteriori sviluppi di questa possibilità terapeutica, quali sono stati i maggiori progressi degli ultimi anni nella lotta al cancro ai polmoni? «I maggiori progressi riguardano il perfezionamento dei tempi diagnostici, con la Tac con mezzo di contrasto e con la Pet total body. Col primo di questi esami si riesce a definire con esattezza la morfologia della massa tumorale e a stabilire la strategia chirurgica da eseguire – se c’è ancora la possibilità di intervenire. Mentre con la Pet total body si riescono a evidenziare possibili metastasi extratoraciche, che con le metodiche diagnostiche di un tempo non era possibile individuare. Questo ci permette di evitare interventi chirurgici inutili e che non farebbero che aggravare la sintomatologia dolorosa del paziente».
In alto il render della Clinica San Carlo dove si trova la Divisione di Chirurgia Toracica di cui il Professor Mezzetti è responsabile
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DISTURBI UDITIVI
La rivoluzione delle protesi acustiche lla fine degli anni 90 il settore delle applicazioni audioprotesiche è stato rivoluzionato dall’adozione della tecnologia digitale, che non solo ha consentito agli audioprotesisti professionali di effettuare precise calibrazioni degli apparecchi sui singoli e specifici tipi di sordità, garantendo ottime prestazioni acustiche, ma ha anche permesso ai milioni di italiani che soffrono di malattie uditive di recuperare il proprio stile di vita e la propria autonomia. Dopo poco più di un decennio, un’ulteriore innovazione sta rivoluzionando il ramo dei sistemi acustici e si tratta di un particolare trattamento che rende le protesi della Sebotek, importantissima azienda americana del settore, del tutto idrorepellenti e che risponde in maniera efficace ai vari problemi causati da umidità e sudore. A distribuire sul territorio nazionale tale tecnologia è la società Euro Sonit, impresa milanese specializzata nella produzione e importazione di apparecchi acustici. «La novità introdotta dalla Sebotek – spiega Marco Pinferetti, presidente del Consiglio d’Amministrazione della Euro Sonit – consente di rivestire ogni componente esterno e interno della protesi acustica con uno strato molecolare invisibile idrorepellente, che non altera né le prestazioni né il funzionamento dell’apparecchio». Ed è proprio sulle innovazioni tecnologiche che la Euro Sonit ha puntato sin dall’inizio dell’attività, nata più di vent’anni fa. «Nel settore delle audioprotesi, la nostra società è stata la prima a immettere sul mercato i modelli Ric, ovvero dei sistemi ibridi costituiti da una parte posizionata dietro il padiglione auricolare e da un’altra parte posizionata al-
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Tecnologia digitale e protesi idrorepellenti. Sono queste le nuove frontiere del settore degli apparecchi acustici, conquiste che permettono a chi soffre di disturbi uditivi di ritornare a vivere al meglio. La parola al dottor Marco Pinferetti Emanuela Caruso
l’interno del canale uditivo e collegata alla prima tramite un filo sottilissimo. Tale prodotto ha mostrato notevoli vantaggi sia dal punto di vista acustico sia da quello estetico, conquistando grande successo e soddisfazione da parte dei clienti. Attualmente, la ricerca aziendale si sta concentrando sull’implementazione di tecnologie accessorie quali il Bluetooth, in modo da semplificare sempre più l’utilizzo degli apparecchi acustici con i dispositivi impiegati da ciascuno nella vita quotidiana». Oltre a tecnologie di ultima generazione, la Euro Sonit garantisce una vasta offerta, in grado di soddisfare qualsiasi esigenza del rivenditore e del cliente finale. «Non solo pro-
Lo staff dirigenziale della Euro Sonit di Milano, (seduti da sinistra) il dottor Marco Pinferetti e l’ingegnere Aldo Ricci (in piedi da sinistra) il dottor Luca Pinferetti e l’ingegnere Massimo Ricci www.eurosonit.com
Marco Pinferetti
duciamo e vendiamo ai rivenditori specializzati protesi intrauricolari e retroauricolari in differenti modelli, ma ci impegniamo ogni giorno anche nella realizzazione di sistemi di ascolto e di comunicazione a induzione magnetica, che trovano applicazione in svariati settori quali, ad esempio, le forze armate, i reparti antiterrorismo, l’ambito sportivo o televisivo e che vengono esportati in Israele e Stati Uniti; e rivendiamo anche prodotti accessori come strumentazioni audiologiche, software gestionali e articoli per l’igiene e la pulizia delle protesi acustiche». Per assicurarsi l’approvvigionamento di componentistica di elevata qualità, la società
Le protesi idrorepellenti della Sebotek annullano i problemi causati agli apparecchi acustici dall’umidità e dal sudore
milanese si avvale ormai da molti anni della collaborazione di prestigiose case produttrici mondiali cui è legata da contratti di distribuzione esclusiva. «Gran parte dei componenti che importiamo per la realizzazione dei nostri modelli proviene da aziende tedesche quali l’A&M e la Rexton, marchi della Siemens. Per quanto riguarda i modelli Rite, receiver in the ear, invece, il nostro più importante partner commerciale si trova negli Stati Uniti ed è proprio la Sebotek che, con le sue protesi innovative e altamente tecnologiche, ci ha consentito di incrementare in maniera considerevole le nostre vendite nel mercato italiano». La Euro Sonit dispone infine di un’eccellente rete di distribuzione, composta da aziende audioprotesiche di primaria importanza dove operano audioprotesisti di riconosciuta e certificata preparazione. «La nostra società – conclude il dottor Marco Pinferetti – non vende al dettaglio, ma distribuisce i prodotti a centri specializzati, che a loro volta assistono i clienti finali ponendo grande attenzione alle loro particolari e specifiche esigenze. Per permettere ai rivenditori di conoscere in modo approfondito e ottimale i prodotti e i software di programmazione, la Euro Sonit organizza periodicamente corsi di formazione e aggiornamento». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 277
OBESITÀ
Come correggere gli “errori” alimentari e ragioni dell’aumento di peso corporeo, in generale, sono legate ad abitudini sbagliate, o più spesso a veri e propri errori alimentari. Questi sono specifici di ogni cultura gastronomica. Per esempio, le popolazioni anglosassoni adottano facilmente una dieta ricca di grassi e alcolici, mentre i popoli latini, e gli italiani in particolare, tendono ad eccedere nel consumo di carboidrati. «Naturalmente queste sono generalizzazioni – precisa la dottoressa Liliana Camusso, dello studio Foro Buonaparte di Milano -, ma possono dare una prima idea del problema. Nella maggior parte dei pazienti, non è tanto la grande quantità di alimenti consumati a determinare l'obesità, quanto piuttosto l’assunzione eccessiva di una certa qualità di alimenti a creare il problema. Tale squilibrio talvolta procura anche disturbi associati come stipsi, gonfiore addominale, sonnolenza, stanchezza, flaccidità del tessuto sottocutaneo, secchezza della pelle». Un altro errore frequente riguarda l’assunzione di liquidi. «Ci sono persone che limitano il cibo, però poi eccedono nel consumo di bevande ad alto contenuto calorico, come latte, bibite, tè verde dolcificato, caffè molto zuccherati, vino, aperitivi, alcolici». Per queste ragioni l’individuazione di una terapia contro il sovrappeso ha come prima base, insieme alla verifica della presenza di eventuali patologie ereditarie, l’analisi dello stile di vita. «Per comprendere appieno il percorso che ha portato il paziente all’aumento di peso però è importante anche comprendere quali implicazioni
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I problemi di sovrappeso dipendono spesso da abitudini sbagliate e dall’eccesso nel consumo di alcuni alimenti o bevande. La dottoressa Liliana Camusso spiega i vantaggi della dieta proteica e come la lipocavitazione permetta di eliminare il tessuto nei casi di adiposità localizzate e cellulite Valerio Germanico
Lo studio Foro Buonaparte, medicina estetica e generale ha sede a Milano (MI) www.studioforobuonaparte.it
psichiche e sociali della vita di relazione possono aver giocato un ruolo determinante nel causare l’obesità. Queste stesse implicazioni, se riconvertite a favore del cambiamento, possono essere un contributo alla dieta». Con la parola “dieta” intendiamo parlare di un regime alimentare controllato, ma occorre valutare come e perché sia necessario controllare l’alimentazione e con quale fine, soprattutto. «Se il fine è una sana alimentazione, potrà es-
Liliana Camusso
L’individuazione di una terapia contro il sovrappeso ha come prima base, insieme alla verifica della presenza di eventuali patologie ereditarie, l’analisi dello stile di vita
sere indicata una dieta il più possibile variegata, equilibrata e naturale. Se invece l’obiettivo è dimagrire, è evidente che la dieta dovrà apportare necessariamente delle variazioni anche importanti rispetto alla ripartizione equilibrata dei macronutrienti, per lo meno nelle fasi iniziali della dieta. Un esempio di ciò è la dieta proteica. Come suggerisce il nome, è una dieta sbilanciata a favore delle proteine, ma allo stesso tempo una dieta naturale perché priva di farmaci. Seguendo questo regime alimentare per brevi periodi di tempo e sotto stretta sorveglianza medica, è possibile ottenere una rapida e selettiva perdita di tessuto adiposo, stimabile in circa 6 kg al mese per le donne e 8 Kg per gli uomini». Lo studio della dottoressa Camusso affronta i problemi dell’obesità e del sovrappeso trattando contemporaneamente medicina estetica, medicina generale e dietologia. «Accanto alla cura dell’obesità, affrontiamo anche problemi estetici legati alla adiposità localizzata o alla panniculopatia edematofibrosclerotica, la cosiddetta cellulite. Queste sono disfunzioni metaboliche, se non addirittura vere e
proprie patologie. Per questo solo un approccio diagnostico e terapeutico integrato può dare delle risposte adeguate, trattando il problema con tutte le armi di cui dispone la medicina, senza arrivare alla chirurgia. La cura della cellulite ha trovato nella lipocavitazione un valido strumento. Questo trattamento utilizza una particolare frequenza a ultrasuoni in grado di creare microbolle all’intermo degli adipociti, che vengono distrutti liberando i grassi ed eliminandoli in seguito per via fecale. La lipocavitazione consente di eliminare alcuni millimetri di tessuto adiposo localizzato a ogni seduta, assottigliando il pannicolo adiposo in modo progressivo. Con dieci sedute si può perdere anche qualche centimetro di circonferenza. È un trattamento molto gradito dai pazienti perché é rapido e indolore, non lascia segni sulla pelle, non determina allergie e rende il tessuto sottocutaneo più liscio e compatto. Le zone che possiamo trattare sono l’esterno e l’interno coscia, l’interno ginocchio, le braccia, i fianchi, l’addome e i glutei». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 279
LA MEDICINA RIGENERATIVA
La nuova alternativa al lifting chirurgico Grazie alle continue innovazioni, la medicina rigenerativa sta rivoluzionando il mondo dei trattamenti estetici. Maria Delia Colombo descrive il Medical Face Lifting e gli utilizzi dell’acido polilattico Emanuela Caruso
l Medical Face Lifting, ovvero la rigenerazione dei tessuti del volto, è la nuova alternativa al lifting chirurgico. Questo intervento medico appartenente alla medicina rigenerativa, ultima branca derivata dalla medicina fisiologica, si distingue dalla chirurgia estetica in quanto non asporta porzioni di tessuto al fine di ripotare lo stesso a uno stato disteso e di nuovo elastico, ma si preoccupa di rigenerare i tessuti alterati riportandoli all’aspetto originario. Come spiega la dottoressa Maria Delia Colombo, specializzata in dermatologia e titolare dello Studio Colombo di Milano, «al contrario di quanto succede con il lifting normale, che non è un intervento fisiologico, ma soltanto una correzione estetica che lascia i tessuti comunque danneggiati, che peggiora la microcircolazione a causa della fibrosi interna indotta dall’operazione stessa e che invecchia biologicamente i tessuti; il Medical Face Lifting consente di ottenere un vero e proprio ringiovanimento biologico». Che cosa prevede questo particolare trattamento e in quali settori della medicina viene proposto e utilizzato? «Con il Medical Face Lifting è possibile rigenerare il tessuto cutaneo, sia a livello di epidermide che a livello di derma, l’osso zigomatico e malare e il tessuto adiposo del volto. Tale intervento medico è ormai diffuso in tantissimi settori della
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A destra, la dottoressa Maria Delia Colombo con il suo team nello studio di Milano studio.deliacolombo@fastwebnet.it
medicina quali, per esempio, la chirurgia odontoiatrica, la chirurgia ortopedica, la chirurgia maxillo-facciale e la chirurgia plastica». Nello specifico, in che cosa consiste il Medical Face Lifting? «Questa innovativa tecnica è stata messa a punto nel 2003 dal professor J. Victor Garcia dell’Universitat Autonoma de Barcelona, in Spagna, e utilizza la biostimolazione delle cellule dermo-epidermiche attraverso i fattori di crescita piastrinici autologhi, scoperti per la prima volta nel 1986 dagli scienziati Rita Levi Montalcini e Stanley Cohen. Per una corretta risposta clinica dell’intervento, infatti, è necessario aumentare di circa cinque o dieci volte rispetto al normale la concentrazione piastrinica. Per farlo viene impiegato il Prp, ovvero il plasma ricco in piastrine, di cui, dopo la centrifugazione a cui viene sottoposto, si preleva solo la porzione inferiore di plasma, quella dove le piastrine sono maggiormente sedimentate». Lo Studio Colombo è specializzato nell’applicazione del Medical Face Lifting. A oggi,
Maria Delia Colombo
quali risultati siete riusciti a raggiungere attraverso l’utilizzo di questo trattamento? «Grazie a tale procedura, che da parte del paziente richiede solo un prelievo ematico da cui poter estrarre i fattori di crescita piastrinici, oggi siamo in grado di migliorare il tessuto cutaneo sia per quanto riguarda il derma che per quanto riguarda l’epidermide. Inoltre, il nostro studio avvalendosi dell’impiego dell’acido polilattico, riesce a intervenire anche sul derma profondo, andando a ripristinare i volumi. Per ogni trattamento effettuiamo il ringiovanimento di almeno tre distretti corporei, come per esempio viso, collo, mani, oppure collo, decolleté, braccia. A chi si rivolge alla Studio Colombo consigliamo almeno tre trattamenti alla distanza di minimo un mese, massimo sei mesi». Parlando dell’acido polilattico, quali sono le caratteristiche che gli hanno permesso di distinguersi come sostanza altamente innovativa? «L’acido polilattico è biocompatibile, riassorbibile, immunologicamente inattivo e quasi del tutto
Il Medical Face Lifting rigenera i tessuti alterati e porta a un ringiovanimento biologico della cute del viso
privo di effetti collaterali, inoltre non è un filler, bensì uno sculptor, ovvero una sostanza che scolpisce il viso permettendo ai tessuti di ritrovare il turgore della giovinezza. Infatti, mentre i normali filler riempiono le rughe, l’acido polilattico stimola la sintesi del collagene e ricostituisce un nuovo tessuto connettivo giovane. Questo acido viene utilizzato su tutto il viso, per ottenere un effetto globale di ringiovanimento, ma viene anche usato in altre zone del corpo, in particolare nei casi di gravi perdite di tessuti dovute a incidenti o interventi chirurgici. Le iniezioni di acido polilattico, infine, sono approvate come trattamento di scelta per i malati di Aids, poiché tale sostanza va a riempire il viso che si svuota a causa delle numerose terapie a cui i pazienti sono sottoposti». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 283
DIAGNOSTICA PER IMMAGINI
Meno radiazioni e più qualità dell’immagine Le tecnologie per la diagnostica per immagini si evolvono continuamente. A Milano esiste uno dei centri con i macchinari più aggiornati. Matteo Lucarelli, che dirige il centro, parla della nuova apparecchiatura TC a bassa dose di raggi x e del servizio di esame RM in anestesia per i bambini affetti da gravi patologie Manlio Teodoro
e tecnologie radiologiche si evolvono di anno in anno, incrementando la qualità dell’immagine e facendo diminuire i tempi e soprattutto la quantità dell’emissione di radiazioni. Una delle macchine più avanzate per la tomografia computerizzata, che permette una qualità elevatissima dell’esame con il 40 per cento di radiazioni in meno rispetto ai modelli più datati, è presente in Italia in due soli esemplari: uno a Palermo e uno a Milano, presso il centro Intermedica Imaging Rm, diretto dal dottor Matteo Lucarelli. Il centro, specializzato nella diagnostica per immagini, ambito nel quale l’elevata tecnologia è il primo supporto alla diagnosi, è convenzionato con principali poli ospedalieri lombardi e con il Servizio sanitario nazionale per l’esecuzione di esami di risonanza magnetica e tomografia computerizzata. Inoltre è uno dei pochissimi a effettuare il servizio di esame sotto sedazione per i bambini affetti da patologie tumorali. «Il nostro centro – spiega il dottor Lucarelli – collabora da oltre dieci anni con la fondazione Irccs Istituto nazionale dei tumori. Abbiamo deciso di dedicare due mattine a settimana ai pazienti più piccoli. Questi, affetti anche da patologie molto gravi e spesso molto piccoli, hanno bisogno di essere sottoposti all’esame sotto anestesia. Quest’attività è molto impe-
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Intermedica Imaging Rm Srl ha sede a Milano intermedicarm@libero.it
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gnativa per il nostro centro, ma al contempo la consideriamo particolarmente importante, anche perché siamo fra i pochissimi che offrono questo tipo di prestazione sanitaria». Oltre a essere convenzionato con gli ospedali del territorio, per i quale svolge gli esami più complessi, il centro Intermedica Imaging Rm è convenzionato con i più importanti fondi assicurativi e mutue assistenza – come Fasi, Fasdac, Unisalute, Previmedical, Casagit ente commer-
Matteo Lucarelli
Il centro è dotato di una delle macchine più avanzate per la tomografia computerizzata che emette il 40 per cento di radiazioni in meno rispetto ai modelli più datati
cianti, Europ assistance. «Ogni giorno eseguiamo fra le sessanta e le settanta risonanze magnetiche, dagli esami più semplici a quelli più sofisticati. La qualità delle prestazioni è assicurata dalle nostre apparecchiature, costantemente aggiornate e rinnovate circa ogni tre anni, e dalla presenza di personale altamente qualificato. Infatti, la presenza medica specialistica è fondamentale per garantire l’affidabilità e il controllo sull’attività svolta». Intermedica Imaging Rm ha iniziato a operare nella diagnostica per immagini nel 1986, istallando una delle prime risonanze magnetiche in Italia, all’interno della casa di cura Columbus di Milano. «Da allora l’evoluzione tecnologia ha rivoluzionato il settore in maniera significativa. Una volta per una risonanza occorrevano quaranta minuti, oggi è possibile ottenere un esame qualitativamente molto migliore in appena dieci o quindici minuti. Questo ci ha permesso di incrementare il numero di esami giornalieri e quindi di abbattere i tempi di attesa per i pazienti, che per le prestazioni in convenzione non superano i quindici giorni, mentre per gli esami privati si sono ridotti a un paio di giorni. Ogni tre anni, quat-
tro al massimo, i nostri macchinari vengono rinnovati per mantenere l’offerta di un servizio sempre al massimo dell’aggiornamento tecnologico. La nostra macchina più moderna per la tomografia computerizzata va incontro alle esigenze del paziente somministrando l’80 per cento in meno della dose normale di radiazioni, pur mantenendo la qualità dell’immagine e migliorando la risoluzione spaziale. Questo sistema dà lo stesso risultato dell’immagine diagnostica ottenuta con il 100% della dose di radiazioni, ma con un’esposizione inferiore. Mentre la tecnologia permette una visualizzazione dettagliata delle ossa e permette di effettuare una diagnosi molto più accurata. Certamente, nei prossimi anni, la ricerca sugli strumenti per la diagnostica per immagini permetterà di diminuire ancora la percentuale di radiazioni alle quali è sottoposto il paziente e allo stesso tempo le macchine offriranno un livello di qualità sempre maggiore, benché già oggi si ottengano risultati eccezionali e anche in tre dimensioni. La maggiore novità dei prossimi anni saranno le strumentazioni a tubi radiogeni che riusciranno ad abbassare ancora le radiazioni». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 285
STRUTTURE POLISPECIALISTICHE
Un centro specialistico per donne e bambini Un centro dedicato alla salute della donna e dei più piccoli. Che fa affidamento sull’esperienza di specialisti ospedalieri e su strumentazioni all’avanguardia. Il punto di Andrea Parravicini Lucrezia Gennari
eguire la salute della donna in ogni fase della vita, dalla pubertà alla menopausa, passando attraverso le eventuali gravidanze. E, parimenti, assistere la nascita e la crescita del bambino. Sono queste le prerogative del Centro Medico Euriclea di Milano, una struttura polispecialistica privata, attrezzata e specializzata proprio nella cura della donna e del bambino. Allo scopo di prevenire, oltre che di diagnosticare e curare eventuali patologie, il centro si serve di strumentazioni tecnologicamente all’avanguardia e di medici ospedalieri, in grado di offrire una completa consulenza anche nei casi più diffi-
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Il Centro Medico Euriclea ha sede a Milano, a due passi dal polo ospedaliero del Policlinico della città www.centromedicoeuriclea.com
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cili, oltre che una concreta assistenza sia presso il centro stesso che presso le aziende ospedaliere in cui operano. «Presso il Centro Medico Euriclea – afferma Andrea Parravicini, amministratore del centro – la donna e il bambino vengono assistiti a 360 gradi. Ogni diagnosi è effettuata dai migliori professionisti ospedalieri specializzati in ogni disciplina medica che possa interessare le diverse fasi della loro vita». Per le donne in gravidanza, il Centro Medico Euriclea è un punto di riferimento importante a Milano, sia per l’esperienza dei professionisti che vi operano, sia per la strumentazione all’avanguardia utilizzata, che permette di effettuare, oltre alle ecografie di routine nelle diverse fasi della gravidanza, i test di screening prenatale e i test diagnostici, le ecografie di secondo livello e, riguardo alla morfologia fetale, anche ecocardio fetali. Un’ostetrica è inoltre a disposizione per corsi pre-parto individuali, ginnastica del pavimento pelvico in preparazione al parto, terapia di riabilitazione del pavimento pelvico post-parto. «I diversi reparti della struttura – continua Parravicini – spaziano, per quanto riguarda la donna, in tutte quelle discipline che possono interessare le pazienti adolescenti, in gravidanza e in maternità: dalla senologia alla ginecologia, dalla dermatologia alla psicologia, fino alla scienza dell’alimentazione. Anche il bambino viene seguito a tutto tondo per la prevenzione, la diagnosi e la terapia di ogni
Andrea Parravicini
eventuale disturbo grazie a figure professionali come il pediatra neonatologo, l’otorino, l’urologo, il cardiologo, il dermatologo. L’ambiente destinato ai piccoli pazienti è inoltre particolarmente confortevole e familiare, studiato nei dettagli per fare sentire i bambini completamente a proprio agio». Figure professionali di comprovata competenza, estremamente disponibili con i loro pazienti, e strumentazioni all’avanguardia garantiscono a chi si rivolge al Centro Medico Euriclea diagnosi di alto livello. Nel caso in cui venga individuata una patologia, inoltre, gli stessi professionisti sono a disposizione dei pazienti anche nei rispettivi ospedali di appartenenza. «Gli specialisti del Centro Medico Euriclea – sottolinea Parravicini - sono tutti ospedalieri, competenti e in grado di continuare, ove necessario, il percorso terapeutico all’interno della struttura ospedaliera di riferimento, con particolare riguardo anche all’aspetto emotivo e psicologico delle pazienti che possono continuare a essere seguite sempre dallo stesso medico con cui hanno intrapreso la terapia». Particolare attenzione da parte della struttura è inoltre dedicata alle donne affette da vestibolite. Il Centro Medico Euriclea ha infatti istituito un sito internet (www.vestibolite.it) dedicato proprio a informare su questa patologia difficilmente diagnosticata, che comporta un forte disagio non solo fisico ma anche psicologico. «Il nostro
Ogni diagnosi è effettuata da professionisti ospedalieri specializzati in ogni disciplina medica che possa interessare le diverse fasi della vita della donna e del bambino
centro ha voluto dedicare un servizio alle donne affette da vestibolite, le quali, che divengano o meno nostre pazienti, possono trovare tutte le risposte ai loro dubbi presso la nostra struttura e il nostro sito internet, anche tramite contatto telefonico o via mail». A completamento del supporto che il centro offre ai suoi pazienti, gioca un ruolo particolare la figura della psicologa, esperta sia in terapie individuali, destinate ad adulti e adolescenti che vivono fasi critiche, che in terapie familiari: la nascita di un figlio, infatti, può creare ansia all’interno di un nucleo familiare, anche consolidato. In quest’ottica, di grande importanza è l’apporto di un sostegno psicologico che si può dispiegare in terapia di coppia o consulenza educativa ai neogenitori, che vengono consigliati e assistiti nell’affrontare il primo periodo dopo la nascita del bambino, ma anche le successive fasi di crescita del piccolo, con incontri su temi quali “nascita, crescita ed educazione”, “infanzia e adolescenza”, “la scuola”. LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 287
OFTALMOLOGIA
I femtosecondi rivoluzionano la chirurgia oculistica Una nuova tecnologia laser, precisa ed efficace, per la cura della cataratta ma anche per correggere difetti visivi coma la miopia o la presbiopia. Edoardo Ligabue illustra i benefici dell’utilizzo del laser a femtosecondi Diego Bandini
a chirurgia oculistica sta vivendo una fase di profonda innovazione tecnologica, con l’arrivo nelle sale operatorie del laser a femtosecondi. L’ultima vera novità in questo settore risaliva agli anni ’80, con la facoemulsificazione per la cataratta e il laser ad eccimeri per la correzione dei difetti visivi. Finalmente oggi si può effettuare l’intervento di cataratta senza l’utilizzo di bisturi: negli Usa la “bladeless cataract surgery” è una realtà, e i centri oftalmici statunitensi più importanti offrono già ai loro pazienti questa possibilità. Abbiamo chiesto al dottor Edoardo Ligabue, direttore dei Servizi Oculistici del Centro Diagnostico Italiano di Milano, di spiegarci in cosa consiste questa tecnica, e quali sono i vantaggi per il paziente. «Il laser a femtosecondi è il bisturi più preciso al mondo, ha una risoluzione nanometrica, e può essere programmato al computer in modo da effettuare in pochi secondi interventi impossibili da realizzare manualmente». Come cambia l’intervento di cataratta?
L Il dottor Edoardo Ligabue, direttore dei Servizi Oculistici del Centro Diagnostico Italiano di Milano www.cdi.it www.lamiavista.it
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«Negli ultimi 20 anni la chirurgia della cataratta ha raggiunto una grande standardizzazione e degli ottimi risultati, grazie all’anestesia topica (solo gocce di collirio), alla microincisione e alle lentine intraoculari Premium. Il laser a femtosecondi però garantisce una sicurezza e una delicatezza irraggiungibili con l’intervento classico. Infatti le fasi principali dell’intervento vengono programmate dal chirurgo al computer, ed effettuate dal laser in pochi secondi, senza l’utilizzo di bisturi metallici, pinze chirurgiche e sonde di facoemulsificatori a ultrasuoni». Come funziona, nel dettaglio, un laser a femtosecondi? «Gli impulsi del laser a femtosecondi sono così corti e precisi che al mondo non esiste nulla di simile. Hanno una durata pari soltanto ad alcuni miliardesimi di milionesimi di secondo. Indipendentemente dal tipo di materiale investito, l'incredibile potenza del laser a femtosecondi evapora quasi all’istante, praticamente senza lasciare tracce. Così com’è possibile concentrare l'impulso laser ultracorto su un qualsiasi punto dello spazio, è infatti possibile anche concentrare il fascio affinché penetri in materiali trasparenti, quali la cornea o l’interno dell’occhio. Pertanto si può praticare la chirurgia oculistica senza dover “aprire” il bulbo oculare prima di ogni in-
Edoardo Ligabue
tervento. La zona vicina all’incisione praticata dal laser resta anch’essa completamente fredda, e non vi è perciò alcun rischio che il calore danneggi i tessuti». Quali sono gli altri benefici più evidenti derivanti dall’uso del laser a femtosecondi? «Il laser può costruire l’incisione corneale seguendo una forma intrastromale impossibile da eseguire manualmente, garantendo così un posizionamento, dimensionamento e una tenuta perfetti. Può effettuare l’apertura della capsula contenente il cristallino catarattoso mediante un’apertura circolare perfettamente centrata e dimensionata per il cristallino artificiale che verrà inserito. In tal modo si possono sfruttare al massimo le proprietà ottiche superiori delle nuove lenti intraoculari Premium. Gli studi clinici dimostrano che la precisione nella dimensione della capsuloressi arriva al 100%, contro appena il 10% della pinza manuale. Infine il laser frammenta ed emulsifica il cristallino naturale in modo
Il laser può costruire l’incisione corneale seguendo una forma intrastromale impossibile da eseguire manualmente, garantendo così un posizionamento, dimensionamento e una tenuta perfetti
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OFTALMOLOGIA
L’utilizzo del laser a femtosecondi riduce i rischi, ma non può eliminarli completamente perché la medicina e la chirurgia seguono comunque regole statistiche e non matematiche
sicuro e a-traumatico, affinché possa essere e materiali consentendo per forza solo l’utiaspirato con una microsonda. L’energia che viene dissipata all’interno dell’occhio per la facoemulsificazione si riduce del 50% rispetto agli ultrasuoni di ultima generazione, riducendo molto l’infiammazione post operatoria e le possibili conseguenze sulle strutture oculari adiacenti al cristallino. Il laser consente quindi di operare con maggior sicurezza tutti i tipi di cataratta, da quelle di routine a quelle complicate perché associate, per esempio, a miopia, glaucoma, cornea guttata, pseudoesfoliatio e maculopatia. A riprova della validità e sicurezza del laser basti dire che ha ottenuto l’approvazione del severissimo Fda statunitense - l’ente che verifica e certifica tutte le procedure e i materiali in medicina e chirurgia, oltre che della CE europea». Quali sono, invece, i problemi principali che ne ostacolano la diffusione? «L’unico vero problema è il costo molto elevato dell’apparecchio e della procedura chirurgica. In Italia al momento è disponibile solo in pochissimi centri privati super specializzati, come il Centro Diagnostico Italiano di Milano». Il Servizio Sanitario Nazionale lo metterà a disposizione di tutti? «Purtroppo stiamo vivendo un periodo di grande riduzione dei costi nella sanità. Oggi il rimborso regionale Lombardo agli Ospedali e Cliniche convenzionate è di 937,91 euro per ogni intervento di cataratta: questa cifra copre appena le spese vive di sala operatoria
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lizzo di cristallini artificiali standard, quindi non ci sono certamente margini di manovra economica per apparecchiature ad alto costo come il laser a femtosecondi». Come ovviare a questa situazione? «Una soluzione ipotizzabile sarebbe permettere al paziente di pagare separatamente il maggior costo dell’intervento dovuto all’impiego del laser e dei cristallini Premium, ma per ora è vietato per legge. Oggi il paziente che vuole usufruire del SSN se desidera un intervento di cataratta con laser a femtosecondi e lente Premium è costretto a pagare tutto l’intervento in forma privata e non solo la differenza di costi dovuto alla maggior tecnologia impiegata». Il laser a femtosecondi viene impiegato anche in altri interventi oculistici? «Da circa 10 anni la chirurgia refrattiva corneale impiega il laser per effettuare la “Bladeless Lasik”, l’intervento che corregge i difetti visivi con il laser ad eccimeri dopo aver effettuato l’apertura (flap) corneale superficiale con il laser a femtosecondi. La chirurgia refrattiva laser consente di correggere miopia, astigmatismo, ipermetropia, ed oggi è disponibile anche il primo e unico programma con approvazione CE europea per la riduzione della presbiopia». Di cosa si tratta? «Questo programma si chiama “Supracore” e genera mediante la LASIK una piccola multifocalità sulla superficie corneale, in
Edoardo Ligabue
modo da permettere la messa a fuoco durante la lettura, senza dover utilizzare i tanto odiati e scomodi, occhiali per lettura. Il programma rende al meglio se il paziente, oltre alla presbiopia, ha una piccola ipermetropia, ma comunque la selezione del paziente è molto rigorosa in base alle caratteristiche anatomiche della cornea e del bulbo oculare. Per stabilire l’idoneità alla chirurgia refrattiva laser sono sempre necessari tutti gli esami diagnostici oggettivi, e l’esperienza del chirurgo nell’individuare il paziente che trarrà effettivamente vantaggio dall’intervento. Compito del chirurgo, dopo aver selezionato il paziente, è spiegare onestamente e chiaramente quali sono i risultati raggiungibili, per non generare false aspettative e possibili disillusioni dopo l’intervento». Possiamo dire che il futuro della chirurgia oculistica sarà a femtosecondi? «Il successo mondiale di questa nuova tecnica non lascia adito a dubbi, la maggior sicurezza e precisione che garantisce la rende insostituibile, anche se naturalmente servono chirurghi e tecnici esperti nelle tecnologie laser. L’importanza dell’organo della vista nella nostra vita è tale da superare sicuramente il fattore economico già oggi e tanto più in futuro. D’altra parte l’esborso da parte del paziente per una cataratta è esiguo se lo si raffronta con gli interventi di altre specialità chirurgiche e l’importanza della vista, ovviamente, non ha prezzo. Infine bisogna sempre ricordare che l’utilizzo
Cosa sono le lenti intraoculari Premium Normalmente il cristallino naturale opacato dalla cataratta viene sostituito con una lente intraoculare (Iol) inserita nel sacco capsulare. L’ultima generazione di queste lenti viene definita “Premium” perché fornisce prestazioni ottiche nettamente superiori alle lenti “Standard” comunemente utilizzate. Infatti esse, proprio come il cristallino naturale, hanno una geometria “asferica”, al fine di migliorare la sensibilità al contrasto, dare un’immagine ad alta definizione e migliorare la visione con scarsa illuminazione. Inoltre possono correggere, quando presente, buona parte dell’astigmatismo corneale. Infine, se il paziente ha i necessari requisiti anatomici oculari, le lenti “Premium” possono essere multifocali, per ridurre la necessità di occhiali aggiuntivi nella lettura.
del laser a femtosecondi riduce sicuramente i rischi, ma non può eliminarli completamente perché la medicina e la chirurgia seguono comunque regole statistiche e non matematiche. Quindi bisogna effettuare l’intervento solo quando vi sia la corretta indicazione chirurgica, in modo che nella valutazione rischi-benefici questi ultimi siano di gran lunga superiori, per garantire al paziente la giusta soddisfazione per i risultati ottenuti dopo l’intervento». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 293
L’INDUSTRIA FARMACEUTICA
A supporto dell’industria farmaceutica istricarsi nel settore dei dispositivi medici e della farmacovigilanza non è impresa facile. Notevoli sono le evoluzioni tecniche e normative in corso, dall’upgrading degli standard per la sicurezza dei dispositivi, alle normative sempre più rigide in materia di farmaco vigilanza. Il gruppo GB Pharma si presenta come una full service organization al servizio delle industrie farmaceutiche e biotecnologiche e di dispositivi medici in Italia e in Europa, con partnership negli Usa. Il gruppo comprende GB Pharma Services & Consulting e GB Pharma, società attive in tutta Europa, fondate da Giorgio Balduzzi, Managing director di entrambe le strutture, affiancato in questa intervista da Roberto Intrigila, BD & Regulatory affairs director e Andrea Oliva, Safety officer coordinator. Quali sono i rispettivi ruoli e i servizi offerti dalle due società del Gruppo GB Pharma? GIORGIO BALDUZZI: «GB Pharma Services & Consulting è specializzata nei servizi di Ricerca Clinica e studi Osservazionali, Farmacovigilanza, Biometria e Medical Writing. GB Pharma offre invece servizi di Regulatory Affairs, Due Diligence & Audit, Farmacovigilanza post-Marketing, Licensing & BD. Tutti i servizi sono realizzati sulla base di un Sistema di Qualità Certificato». Perché ritenete che la farmacovigilanza dei farmaci “branded e generici” sia un punto critico fondamentale per il settore? ANDREA OLIVA: «La farmacovigilanza è strategica nel settore farmaceutico. L’Agenzia Europea per i Farmaci (EMA) ha definito un
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È in corso un upgrading degli standard per la sicurezza dei dispositivi medici. E le normative in materia di farmacovigilanza diventano sempre più rigide, per una maggior tutela della salute dei pazienti. Il punto di Giorgio Balduzzi, Roberto Intrigila e Andrea Oliva Valerio Germanico
regolamento molto rigido sempre nell’ottica della salute dei pazienti. L’Italia con Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco) sta intensificando il controllo dell’attuazione delle norme vigenti in materia di farmacovigilanza; dalla metà del 2010 ha iniziato a ispezionare le aziende farmaceutiche presenti sul territorio per verificarne l’adeguatezza. GB Pharma, forte di un elevato “know how”, si propone come supporto indispensabile alle aziende farmaceutiche al fine di superare le Ispezioni Aifa e monitorare il profilo di sicurezza dei propri farmaci». Qual è il supporto fornito per la gestione dei dispositivi medici? ROBERTO INTRIGILA: «GB Pharma fornisce tutti i servizi necessari per la gestione dei dispositivi medici: dal supporto per l’allestimento dei Technical Files, all’ottenimento del marchio Ce fino alla gestione della materiovigilanza durante le indagini cliniche e dopo l’immissione in commercio. È importante ricordare anche che, oltre a quella centrale di Pavia, abbiamo una sede Roma che rende ancora più immediati, costanti e diretti i nostri contatti con Aifa, Ministero e istituzioni». Quali sono allo stato attuale le principali criticità ed esigenze nella gestione dei dispositivi medici?
Giorgio Balduzzi, Roberto Intrigila e Andrea Oliva
Il dottor Giorgio Balduzzi Managing director del gruppo GB Pharma Il dottor Andrea Oliva, Responsabile dei Servizi di Farmacovigilanza Il dottor Roberto Intrigila, Business development and Regulatory affairs director. Il gruppo ha sede a Pavia - www.gbpharmaservices.it
«Si tratta di un settore che sta vivendo un’importante evoluzione tecnica e normativa che richiede nuove e più rigorose modalità regolatorie e cliniche nella realizzazione dei Dossier. In questo percorso che possiamo definire una sorta di “upgrading” verso standard sempre più vicini a quelli del farmaco. L’immissione in commercio dei dispositivi medici è regolamentata su base comunitaria con la direttiva 2007/47CE, in cui l’articolo 6bis cita: “La dimostrazione della conformità con i requisiti essenziali deve comprendere una valutazione clinica a norma dell’allegato X”». Come viene gestito sul campo il rapporto con il cliente? G.B.: «È un rapporto sempre diretto e personalizzato, proattivo e trasparente. Serviamo clienti di ogni tipologia e dimensione, sia locali che multinazionali, interfacciandoci con la sede italiana e con gli Head Quarter all’estero. Proprio dall’attenzione continua e mirata all’evoluzione del mercato, a monte R.I.:
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L’Italia, con Aifa - Agenzia Italiana del Farmaco, sta intensificando il controllo dell’attuazione delle norme vigenti in materia di farmacovigilanza
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e a valle, nasce il maggior impulso dato all’attività di Business Development (BD) e Licensing di prodotti in entrata e in uscita, per la quale abbiamo dato vita a una nuova Business Unit, con una struttura operativa dedicata». Quali servizi offrite in tale ambito? A.O.: «L’attività di BD si completa con la valutazione di rami d’azienda e la conduzione di Due Diligence. I nostri servizi includono inoltre: analisi per aree terapeutiche e per prodotti, acquisto e cessione AIC/Concessione di vendita; licensing in – out; pratiche regolatorie connesse delegate dallo sponsor; copertura QP di farmacovigilanza e servizio scientifico, procura e rappresentanza in Italia; registrazione di prodotti generici». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 299
RICERCA
Il mondo della ricerca e le sue criticità Massimo D’Erasmo fa il punto sul servizio di distribuzione di reagenti per la ricerca. Segnalando anche condizioni di inaccettabile indolenza da parte dei committenti e degli enti preposti al finanziamento e alla gestione delle attività di ricerca Lodovico Bevilacqua
L’ D.B.A. Italia ha sede a Segrate (MI) www.dbaitalia.it
ambito della ricerca biologica e biomedica è fonte di acceso dibattito; i fondi destinati al finanziamento di suddette attività sono estremamente scarsi – appena l’1 per cento del prodotto interno lordo, contro il doppio della media europea e il triplo erogato da Francia, Inghilterra e Germania – e le aziende attive in questo settore sono continuamente sottoposte a vere e proprie vessazioni normative. Numerosi – e di natura tanto strutturale quanto contingente – sono i problemi che condizionano le attività di ricerca e la distribuzione dei prodotti attinenti non viene risparmiata dalla negligenza e dal lassismo istituzionale, come testimonia Mas-
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simo D’Erasmo, fondatore e amministratore delegato della D.B.A. Italia Srl. «La nostra azienda svolge un prezioso servizio di distribuzione di reagenti per la ricerca nei settori dell’immunologia, della biochimica, della biologia cellulare e molecolare, ma la nostra attività è spesso frustrata da condizioni di inaccettabile indolenza da parte dei committenti e – soprattutto – degli enti istituzionali preposti al finanziamento e alla gestione delle attività di ricerca». Un allarmismo giustificato, ma poco più di una predica nel deserto. La situazione è fotografata con cinico realismo dallo stesso D’Erasmo. «I grandi player mondiali dell’industria farmaceutica hanno abbandonato il nostro paese e anche le aziende italiane non se la passano bene. Nonostante i ripetuti inviti della CEE alla puntualità e al fair play finanziario, i committenti – sia pubblici che privati – mantengono un atteggiamento negligente e superficiale, dilatando oltremodo le tempistiche dei pagamenti e affogando i fornitori in un mare di inutile e penalizzante burocrazia». Condizioni operative difficili e ostili – dunque – che non impediscono tuttavia alla D.B.A. Italia di erogare un servizio accurato e funzionale. «La nostra attività di distribuzione contribuisce alla fornitura di reagenti RUO (Research Use Only) a favore di tutti i più qualificati enti di
Massimo D’Erasmo
I grandi player mondiali dell’industria farmaceutica hanno abbandonato il nostro paese e anche le aziende italiane non se la passano bene
ricerca pubblici e privati, quali università, ospedali, aziende biotech. I prodotti trattati sono forniti dalle più importanti aziende americane, giapponesi, cinesi e provenienti da tutti i paesi in cui le politiche di sostegno normativo e finanziario alla ricerca hanno permesso la nascita e la proliferazione delle società più titolate e prestigiose del settore ». Una professionalità che si declina sotto differenti aspetti. «Il pregio del nostro servizio consiste in un puntuale ed efficiente servizio precedente e successivo alla vendita, nonché – in un mercato frustrato da politiche poco incentivanti – nel mantenimento di un’alta qualità dei prodotti forniti e di prezzi contenuti, in un paese dove – a causa delle condizioni di precaria superficialità del mercato – questi sono sensibilmente più alti rispetto alla media
europea». Un’azienda decisamente virtuosa, che nonostante le difficoltà ha migliorato negli anni il servizio offerto e potenziato le proprie strutture organizzative e distributive a fini migliorativi, raggiungendo numeri che la rendono un punto di riferimento sul territorio nazionale. «Nei nostri ventotto anni di attività abbiamo interpretato fedelmente il motto coniato all’esordio – tutto il meglio per la ricerca – istituendo, nella nostra sede di Segrate, un’efficiente macchina organizzativa, che può contare sulla collaborazione di undici dipendenti interni e quattordici agenti responsabili della promozione del nostro prodotto in tutta la penisola». Con un fatturato di 5 milioni di euro nel 2011, la D.B.A. Italia Srl guarda al futuro con fiducia e ottimismo, forte anche della partnership con la sua omologa americana. «I buoni risultati recenti sono un valido punto di partenza per ulteriori miglioramenti; un obiettivo ambizioso ma realistico, nel perseguimento del quale possiamo contare sull’appoggio della nostra consociata americana – la D.B.A. Usa – ben radicata nel mercato nord americano e da cui contiamo di mutuare contatti con altre, prestigiose, aziende del settore». Ambizione imprenditoriale e responsabilità morale, insomma, per la promozione di un settore veicolo di sviluppo e occupazione. LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 301
ODONTOIATRIA
Come si accede alle prestazioni in convenzione Il funzionamento dei servizi ambulatoriali odontoiatrici convenzionati in Lombardia. Chi può accedere alle agevolazioni e quali sono le alternative per i cittadini privi dei requisiti socio-economici stabiliti dalla Regione. La parola al dottor Alessandro Piccolo Manlio Teodoro
n che modo si accede oggi alle cure e alle prestazioni di specialistica ambulatoriale, soprattutto per quanto riguarda il ricorso alle terapie odontoiatriche? A rispondere è Alessandro Piccolo, medico chirurgo, iscritto all’albo degli odontoiatri di Milano, responsabile dello studio dentistico e centro stomatologico Wagner. «In Lombardia le strutture ambulatoriali possono ottenere un accreditamento regionale, ovvero la Regione sceglie e autorizza una data struttura, sulla base di alcuni requisiti molto restrittivi, a erogare servizi per conto del Servizio Sanitario Regionale (Ssr). Se prima del 2006 tutti i cittadini resi-
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Alessandro Piccolo, medico chirurgo e dentista, dirige uno studio a Milano - www.studiodentisticopiccolo.it
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denti in regione, previo pagamento di un ticket – dal quale erano esenti alcune categorie –, potevano accedere alle cure, adesso è stato stabilito che, nell’ambito dell’odontoiatria, le cure convenzionate sono erogabili solo ad alcune categorie. Il nostro studio tuttavia si impegna a far rientrare il maggior numero di pazienti tra coloro che possono usufruire di tali agevolazioni, cercando di adottare la migliore soluzione adattandola a ogni singolo caso, per tutti i pazienti inoltre esistono agevolazioni per le prestazioni erogate in forma privata». Quali sono le categorie previste dalla normativa regionale per l’accesso ai servizi convenzionati? «In base ai criteri stabiliti dalla delibera regionale, sono considerate categorie particolarmente vulnerabili dal punto di vista socio economico gli invalidi di guerra titolari di pensione vitalizia, gli invalidi per servizio e quelli civili al 100%, i danneggiati da vaccinazione obbligatoria, trasfusioni, somministrazione di emoderivati, le vittime di terrorismo e criminalità organizzata e familiari, i pazienti sottoposti a terapia del dolore. E inoltre, i titolari di pensione e i familiari a carico – purché il reddito complessivo del nucleo familiare non sia superiore a 8.260 euro –, i disoccupati iscritti agli elenchi anagrafici dei centri per l’impiego, i lavoratori in mobilità, i
Alessandro Piccolo
Le faccette in zirconia ceramica sono destinate a rivoluzionare il mondo dell’estetica dentale e l’approccio fra medico e paziente
lavoratori in cassa integrazione straordinaria – in tutti questi casi sono inclusi nella tutela i familiari a carico». Quali sono invece le possibili agevolazioni per i cittadini esclusi da questi criteri? «Il presente e il futuro è quello delle casse mutue. Molti pazienti oggi hanno delle casse mutue private e delle convenzioni relative a fasce di lavoratori specifiche per le quali pagano una quota in busta paga. Le società che gestiscono queste casse si occupano di stringere accordi con le strutture ambulatoriali del territorio che poi erogano un certo tipo di servizi a tariffe convenzionate e con gli stessi standard qualitativi che per le prestazioni private pure. Nei prossimi anni il paziente privato puro è destinato a scomparire dal mercato a favore di queste varie forme di convenzione». Qual è il vantaggio per il paziente, al di là di quello economico, per preferire le strutture ambulatoriali ai grossi centri o alle strutture ospedaliere? «In strutture di piccole dimensioni, il vantaggio per il paziente, rispetto all’ospedale o
alla grande struttura, è che questo non ha la sensazione di essere semplicemente un numero. Al contrario, attraverso il rapporto diretto con il medico che lo cura, il paziente viene posto nelle condizioni di essere curato come persona e di essere compreso anche nelle necessità che vanno oltre l’erogazione della prestazione. E questa è una particolarità che solo un piccolo studio può garantire, insieme ovviamente a un alto livello delle lavorazioni e a un servizio completo che va dalla normale endodonzia conservativa alle protesi, agli impianti, a lavori complessi come le ristrutturazioni totali della bocca, nelle quali noi siamo specializzati». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 303
ODONTOIATRIA
Nei prossimi anni il paziente “privato puro” è destinato a scomparire a favore di varie forme di convenzione
C’è qualche novità tecnica che avete recentemente adottato? «In Italia, il nostro sarà uno degli studi pilota per l’introduzione e l’utilizzo di un nuovo sistema: Vis (Very Important Smile). Si tratta di un sistema composto da 8-10 faccette in zirconia ceramica prodotte in svizzera che, applicate sopra i denti, permettono di migliorare il sorriso sotto il profilo estetico. È un sistema che è destinato a rivoluzionare il mondo dell’estetica dentale e anche l’approccio fra medico e paziente, perché permette di eliminare tutte le criticità che in passato esistevano». Quali sono le criticità che si superano? «Fino ad alcuni anni fa, per rifare un bel sorriso erano necessari numerosi passaggi per la limatura dei denti, la devitalizzazione e quindi l’operazione si protraeva per più sedute arrivando a durare anche dei mesi. Questo oltre a stressare il paziente incideva maggiormente anche sui costi. Per esempio, per intervenire su 8-10 denti dell’arcata superiore, normalmente, si spendevano – e si spendono ancora – dai
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1000 ai 1500 euro a dente. Con questo nuovo sistema, invece, si spende meno della metà per ottenere lo stesso risultato – il costo competitivo e l’approccio conservativo dovrebbero permettere a questo trattamento di diventare di massa». Il sistema Vis permette anche vantaggi in termini di minore invasività? «Possiamo creare un sorriso molto bello dal punto di vista estetico, senza andare a intaccare i denti della situazione preesistente. Non si creano assolutamente danni alle strutture dentali esistenti, che anzi vengono preservate, lasciando la possibilità di un ritorno alla situazione iniziale. Le faccette sono indicate soprattutto nel caso di denti scoloriti, usurati, scheggiati o rotti, ma anche per quelli male allineati o di forma irregolare. Comunque, in tutti i casi in cui si vuole migliorare e ringiovanire il sorriso, al di là degli aspetti estetici, i denti hanno un aspetto naturale, il materiale ha una ottima tolleranza da parte del tessuto gengivale e le faccette sono resistenti alle macchie».
ODONTOIATRIA
L’impronta dentale in digitale L’ingresso di nuove strumentazioni e di nuovi software nello studio odontoiatrico hanno incrementato la precisione, diminuito l’invasività e migliorato il rapporto dei pazienti con l’intervento del dentista. La parola a Riccardo Scaringi Manlio Teodoro
inore dolore, minore traumaticità, mininvasività e diagnosi mirata. Sono queste le parole d’ordine che si sono imposte, nell’ultimo decennio, nell’odontoiatria, grazie a una vera e propria rivoluzione tecnologica. Se è vero che l’innovazione tecnologica ha investito orizzontalmente l’intero settore medico e chirurgico, Riccardo Scaringi, odontoiatra dello studio Kiral Dental di Milano, sottolinea che: «L’odontoiatria ha fatto un ulteriore passo avanti, essendo stata la protagonista non solo di un’evoluzione meccanica, ma anche di un’evoluzione dal punto di vista ingegneristico e dei software applicati alla pratica medica. Questo si è concretizzato nella prassi in una sintesi fra clinica e meccanica, grazie a strumenti mirati
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Riccardo Scaringi, odontoiatra, dirige gli studi Kiral Dental di Milano e Oral Medica Don Bosco di Carugate (MI) - www.riccardoscaringi.com - www.straumann.it
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nella procedura di diagnosi e che hanno raffinato l’intervento chirurgico». Nello studio dentistico hanno fatto così il loro ingresso nuovi strumenti e nuovi macchinari, però anche nuove competenze. Com’è cambiato l’approccio e la formazione del dentista con l’avvento di una tecnologia sempre più avanzata? «Il nostro è sempre stato un lavoro artigianale, nel quale quindi l’esperienza è molto importante per l’esecuzione della tecnica. Oggi questo è ancora vero, ma a ciò si aggiunge che alle capacità e alla preparazione scientifica e clinica di un medico debba affiancarsi la capacità di interagire con la tecnologia. L’odontoiatra ha sempre avuto uno stretto rapporto con la formazione, soprattutto per quando riguarda i nuovi materiali. Adesso la formazione è principalmente sui nuovi strumenti a disposizione. Per esempio, per utilizzare la chirurgia computer guidata, che permette di eseguire interventi senza incidere i tessuti, è necessario un training di apprendimento specifico». Quali sono, nello specifico, le possibilità che ha aperto il digitale? «Dopo una diagnosi molto più precisa e mirata, ogni atto chirurgico viene eseguito intervenendo solo sul punto specifico interessato, con minore dolore e con una ripresa e un decorso postumo molto più rapido. I tempi si sono accorciati in tutte le fasi, è possibile infatti eseguire il carico di un impianto in maniera immediata. Inoltre, l’imprinting tecnologico ha migliorato anche il nostro lavoro sotto l’aspetto
Riccardo Scaringi
La sintesi fra clinica e meccanica, grazie a strumenti mirati nella procedura di diagnosi, ha raffinato l’intervento chirurgico nel cavo orale
protesico, soprattutto grazie all’introduzione dell’impronta dentaria digitale». Quali sono i vantaggi di questa tecnica rispetto all’impronta tradizionale analogica, oltre all’evidente minore fastidio per il paziente? «La bocca del paziente non viene più invasa da un materiale estraneo – la presa dell’impronta è sempre stato un momento di disagio, anche psicologico per il paziente –, viene semplicemente inserita una minitelecamera che prende l’impronta e la trasferisce a un computer. Questa tecnologia è la iTero distribuito da Straumann, azienda leader mondiale in implantologia, che permette di rilevare sia impronte di singole unità sia di piani di trattamento dell’intera arcata. Grazie alla visualizzazione a schermo in tempo reale della scansione, che garantisce che le preparazioni siano perfettamente
completate, sulla base di questa impronta 3D sarà poi possibile programmare dei lavori e progettare al Cad Cam il manufatto protesico. Questa tecnica non è ancora sempre applicabile, perché esistono ancora dei casi che per la loro complessità impediscono l’impiego dell’impronta digitale. Però, al di là di queste eccezioni, nella maggior parte dei lavori che si svolgono quotidianamente in uno studio, è possibile sostituire la vecchia tecnica analogica con la nuova tecnica digitale». Quali saranno, a suo avviso, i progressi e il futuro di questo settore sotto il punto di vista della digitalizzazione? «Guardando ai progressi fatti in questi anni e all’accelerazione tecnologica, è difficile fare previsioni a lungo termine. L’obiettivo, per i prossimi anni, probabilmente sarà quello di riuscire a non guardare più il dente come un oggetto statico, ma di comprenderlo nella sua dimensione cinetica e dinamica. Questo significherà anche pensare a interventi di correzione che prevedano l’interazione con il dente in movimento. Per esempio sarà possibile diagnosticare una patologia intraorale da cattiva occlusione e migliorarla con una protesi sviluppata sulla base di principi cinetici previsti». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 309
ODONTOIATRIA
Tecnologie, sicurezza e nuovi materiali In odontoiatria l’innovazione tecnologica è oggi un aspetto in grado di fare la differenza, che non può però prescindere da un rapporto di fiducia tra medico e paziente. Il punto di Elio Marino Diego Bandini
na struttura all’avanguardia in campo odontoiatrico, riconosciuta come una delle eccellenze nel panorama sanitario lombardo. Stiamo parlando del Centro Assistenza Dentistica Continua – Adc, centro specializzato in odontoiatria generale e infantile, che fin dalla sua nascita ha fatto dell’innovazione e della qualità dei servizi erogati il proprio marchio di fabbrica. «Sorto a metà degli anni Cinquanta, Adc è stato il primo studio dentistico privato in Italia a rispondere alle esigenze dei pazienti per le cure odontoiatriche d’urgenza, istituendo un servizio attivo 24 ore su 24 tutti i giorni dell’anno», racconta il dottor Elio Marino, direttore sanitario della struttura. «Il gusto personale di fare bene e il piacere di veder nascere sotto le nostre mani un sorriso perfetto, sono state e sono tuttora le armi segrete della crescita costante di Adc che, secondo quanto stabilito da un’indagine condotta dall’Università Il dottor Elio Marino, direttore sanitario di ADC Bocconi di Milano, si posiCentro Assistenza Dentistica Continua di Milano. www.adcdentalcenter.it ziona oggi tra le prime quin-
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dici strutture odontoiatriche private presenti nel nostro Paese». FORMAZIONE E INNOVAZIONE Adc è costantemente impegnata a garantire tecniche e tecnologie all’avanguardia, all’interno di un ambiente sicuro e confortevole, come spiega Marino: «Da oltre dieci anni il centro organizza per i propri medici e per lo staff corsi di aggiornamento annuale, i cosiddetti Cep- Continuing Education Program, su tematiche d’interesse odontoiatrico, manageriale e relazionale. Ci avvaliamo della collaborazione di stimati odontoiatri italiani e internazionali, oltre che di consulenti specializzati, per garantire una crescita professionale a 360 gradi di tutti i reparti della struttura. Dal 2009 inoltre – prosegue il dottore –, grazie alla dedizione e all’impegno dei mentor del centro, è stato creato un programma di aggiornamento interno (Internal Education Program -Iep), atto a condividere e implementare conoscenze scientifiche e tecniche ottenute attraverso master e corsi in Italia e all’estero». Fondamentale nel successo di Adc è anche il rapporto di stretta collaborazione instauratosi con centri d’eccellenza e laboratori di ricerca americani e canadesi, a supporto della crescita e dell’aggiornamento professionale dei propri operatori, spesso precursori in Ita-
Elio Marino
lia di tecniche e protocolli d’avanguardia. «È sulla base di questo approccio – sottolinea Marino - che Adc può garantire cure innovative e d’eccellenza, attente alla salute del paziente e finalizzate al raggiungimento di un risultato estetico e funzionale ottimale. Da anni, per esempio, sosteniamo tecniche di rigenerazione ossea per riabilitazioni implantoprotesiche senza l’impiego di innesti di materiali estranei o di prelievi di osso da altre sedi del corpo. Siamo in grado di proporre molteplici tecniche ortodontiche, utili per risolvere i più complessi casi di malocclusione infanitile e dell’adulto: dall’invisalign, il famoso apparecchio invisibile, a terapie ortodontiche estetiche con attacchi in ceramica, fino ad arrivare all’innovativa tecnica linguale con cui l’apparecchio viene posizionato in una zona invisibile della bocca, pur mantenendo l’efficacia e la rapidità di un apparecchio tradizionale». Dagli studi dei laboratori del Centro sono stati creati anche nuovi materiali, ideali per la cura dell’ipersensibilità e dell’estetica della bocca. «Tra questi possiamo ricordare un rivoluzionario coluttorio remineralizzante, denominato remineral care – adc4pharma, dimostratosi ad oggi uno dei prodotti con il più alto grado di remineralizzazone della superficie dentale mai creato. Altrettanto rivoluzionario è l’healthy white, l’unico
Il paziente deve poter partecipare attivamente alle cure di cui necessita e capirne fino in fondo il significato
trattamento sbiancante professionale che, oltre a garantire un sorriso più luminoso rafforza la superficie dei denti, prevenendo carie e ipersensibilità». Adc, in collaborazione con famosi centri per il trattamento dei disagi del sonno, si occupa anche della cura di apnee notturne, russamento e bruxismo, fornendo ai pazienti cura e attenzione anche per le problematiche più complesse. LA SICUREZZA PRIMA DI TUTTO Ogni singolo aspetto dell’attività di Adc viene costantemente analizzato e, laddove possibile, migliorato, con l’obiettivo di assicurare sempre un servizio all’altezza delle aspettative dei pazienti, come spiega il dottor Marino: «La fase diagnostica, con un’accurata visita specialistica che tenga conto dei molteplici aspetti che caratterizzano il cavo orale, è indispensabile per conoscere appieno le problematiche del paziente e poter prevedere e intercettare possibili complicazioni: in quanto medici il nostro ruolo non è solo LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 313
ODONTOIATRIA
quello di curare le persone, ma anche di assicurare loro un sorriso sano, che li possa accompagnare durante tutta la vita. I corsi che la direzione del centro effettua annualmente presso il Kois Center di Seattle , una struttura ai vertici del panorama odontoiatrico americano, ci spronano continuamente a indagare a fondo sulle affezioni del cavo orale, potendo usufruire anche dei migliori strumenti che la moderna tecnologia può offrire». Videoradiografie digitali a bassa emissione di radiazioni, ortopantomografia e tac digitali con tecnologia computerizzata, pianificazione implantare e ortodontica computer-assistita, diagnosi di patologie orali tramite lampada a fluorescenza, spettrofotometro per la valutazione cromatica del sorriso, sono solo alcuni esempi di quanto la tecnologia sia di fondamentale supporto alle terapie di Adc e alla sicurezza dei pazienti. «A questo proposito abbiamo creato uno staff dedicato unicamente a garantire che ogni materiale e ogni apparecchiatura del Centro sia certificata e
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I piani di trattamento vengono prescritti con la massima chiarezza, per permettere al paziente di comprendere facilmente il proprio stato di salute
Elio Marino
perfettamente funzionante; la nostra Area Sterilizzazione, costantemente monitorata, è stata ulteriormente potenziata con macchinari di ultima generazione, che permettono di tracciare in ogni istante il processo di sterilizzazione dei materiali stessi». Anche l’odontoiatria deve fare la sua parte per la salvaguardia pianeta. Ecco perché, in collaborazione con la più eminente società informatica italiana in campo odontoiatrico, Adc ha recente intrapreso un progetto di dematerializzazione delle pratiche cartacee, che come ricorda Marino, è «un’attività veramente pioneristica nel suo genere: tramite network di server protetti, indispensabili per garantire l’archiviazione e la riservatezza dei dati, e con l’impiego degli ultimi ritrovati in scanner ottici e tablet, tutta la vita odontoiatrica del paziente sarà convertita in supporto digitale, con un notevole risparmio di carta e un concreto beneficio da un punto di vista ambientale». TRASPARENZA E IMPEGNO In Adc l’elemento fondamentale del rapporto medico-paziente deve essere la fiducia. «Nessun aspetto deve mai essere poco chiaro. Il paziente deve poter partecipare attivamente alle cure di cui necessita e capirne fino in fondo il significato. Per questo trasparenza, efficienza e affidabilità devono essere elementi imprescindibili», ribadisce il dottor Marino. «I piani di trattamento vengono prescritti con la massima chiarezza, utilizzando un format basato su profili di rischio che permettono di comprendere facilmente il proprio stato di salute, riferito alle quattro principali macroaree della bocca: denti, gengive, masticazione e sorriso. Nella vita quotidiana, ovunque guardiamo, indicatori
luminosi ci indicano se possiamo o non possiamo fare qualcosa. I segnali rossi ci avvertono di un pericolo, quelli gialli ci mettono in allerta e luci verdi ci trasmettono tranquillità. Abbiamo quindi deciso di utilizzare questo modello per coinvolgere i pazienti nella ricerca della propria salute, tramite un percorso di informazione e cura finalizzato all'ottenimento della “luce verde”. In questo modo condividiamo con loro il nostro progetto terapeutico, prestando massima attenzione a ogni più piccolo particolare». Adc, negli anni, ha instaurato anche rapporti di collaborazione con i più importanti Fondi Sanitari, Assicurazioni ed Enti di assistenza mutualistica, arrivando ad oggi a contarne più di cinquanta. «Il nostro staff amministrativo gestisce direttamente le pratiche, così che il paziente non debba preoccuparsi di autorizzazioni e rimborsi», afferma Marino. «La passione per quello che facciamo – conclude il dottore – è il motore del nostro lavoro, consapevoli che solo così potremo continuare a svolgere in maniera eccellente un’attività che, per certi versi, possiamo considerare come una sorta di “missione”». LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 315
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Nuove tecniche per una bocca e un sorriso sano a cultura della salute e della prevenzione orale scaturisce, oggi più che mai, dall’esigenza diffusa di ritrovare il benessere a partire dal sorriso. Sono sempre più numerosi, infatti, i pazienti che decidono di rivolgersi a centri odontoiatrici specializzati non solo per ricevere trattamenti curativi, ma anche per prevenire l’insorgenza di problemi al cavo orale e per migliorare l’estetica della bocca correggendo piccoli difetti di denti e labbra. A questa tendenza si unisce una maggiore informazione e consapevolezza sui trattamenti e le tecniche odontoiatriche a disposizione, che aumentano le aspettative del paziente sul risultato finale e, conseguentemente, il livello di professionalità e specializzazione necessario a soddisfare tali esigenze. Aggiornamento continuo, ricerca e sviluppo di soluzioni innovative, adozione di strumenti tecnologici avanzati e standard qualitativi molto alti sono le prerogative che la moderna odontoiatria richiede ai professionisti del settore. È per queste ragioni che i Centri Implantologici di Milano e Stezzano guidati dal dottor Silvano U. Tramonte sono da sempre impegnati nella ricerca e nell’applicazione dei trattamenti odontoiatrici più all’avanguardia associati a tecniche avanzate per migliorare la salute e l’aspetto generale della bocca avvalendosi per questo dell'ausilio di altri qualificati professionisti del settore. Il fenomeno del cosiddetto ‘turismo dentale’ è sempre più diffuso. Quali sono i rischi a cui si espone il paziente che sceglie di curarsi all’estero a costi più abbordabili, soprattutto per l’implantologia? «Si tratta di viaggi rischiosi: spesso ci si di-
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La salute di tutta la bocca e l’estetica del sorriso sono le nuove frontiere dell’odontoiatria, che negli ultimi anni ha intrapreso un percorso di specializzazione teso a garantire servizi d’eccellenza. Il professor Silvano Tramonte spiega le tecniche più innovative del settore Erika Facciolla
mentica che l'implantologia richiede elevati livelli di sicurezza e di qualità che gli studi dentistici stranieri non sono sempre in grado di garantire. La culla dell’implantologia è l’Italia ed è proprio la nostra scuola che in cinquant’anni di studi nel campo può garantire livelli di eccellenza inimitabili. Inoltre il paziente non considera un elemento importantissimo: la relazione col proprio odontoiatra è, per sua natura, una relazione continua. L’odontoiatra è, come il ginecologo, un medico personale e al quale si deve poter ricorrere in qualunque momento, perché in qualunque momento se ne può aver
Il Prof. Silvano U. Tramonte, direttore dei Centri Implantologici Tramonte di Milano e Stezzano. I Centri sono anche convenzionati Fasi e Fasdac www.tramonte.com
Silvano Umberto Tramonte
Nei nostri centri il controllo dell’occlusione, ovvero del modo in cui i denti vengono in contatto durante la masticazione, è ormai computerizzato
bisogno e perché una o due volte all’anno è bene che ci controlli». Quali sono le evoluzioni più significative che il settore ha conosciuto negli ultimi tempi? «L’odontoiatria e l'implantologia hanno compiuto grandi progressi e gli interventi implantologici della scuola italiana sono sempre più rapidi, non invasivi, minimamente dolorosi anche nel post-operatorio, il che garantisce un recupero pressoché immediato della funziona-
lità della bocca. Oggi gli interventi implantologici di protesi fisse, ad esempio, richiedono tempi minimi e il paziente, già poche ore dopo, ha un recupero delle funzionalità della bocca ancor più rapido ed efficace». Tutto ciò è possibile grazie al cosiddetto “carico immediato”. Di cosa si tratta esattamente? «Il termine identifica il principio terapeutico di sottoporre un impianto appena inserito nell’osso ai carichi funzionali per ottenerne una migliore risposta e una guarigione fisiologica. In altre parole si applicano da subito i denti fissi sugli impianti appena inseriti. Solo negli ultimi anni il carico immediato è stato approvato e perseguito dalle varie scuole implantologiche, ma spesso al paziente con scarsità ossea viene negato in cambio di interventi di carico differito, o di grande chirurgia ricostruttiva o riduttivi». Quali sono i benefici ottenibili dall’applicazione di tale principio? «Utilizzando impianti e avvalendosi di operatori della scuola italiana, il paziente può essere trattato con il carico immediato anche in situazioni complesse di scarsità ossea. Questa implantologia consente una completa e precisa pianificazione del trattamento implantologico. Gli impianti si adattano perfettamente alle condizioni del paziente, viene minimizzato il trauma chirurgico favorendo il posizionamento degli impianti nell'osso residuo. È il vantaggio di una terapia fortemente personalizzabile». Oltre all’implantologia, i Centri Tramonte offrono una gamma di trattamenti, come il controllo della masticazione tramite t-scan. Può parlarci di questa tecnologia? LOMBARDIA 2012 • DOSSIER • 317
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«Nei nostri Centri il controllo dell’occlusione, ovvero del modo in cui i denti vengono in contatto durante la masticazione, è ormai computerizzato. Ciò è possibile grazie a una speciale apparecchiatura dotata di software dedicato (t-scan), che consente di valutare quali correzioni si debbano apportare per un miglioramento, sia della masticazione sia della postura, spesso compromessa da una mala-occlusione. Tutto questo senza il minimo disagio per il paziente». Quali sono i vantaggi che un referto diagnostico di tale precisione garantisce al paziente? «È possibile ripristinare la corretta distribu-
Sempre più spesso i pazienti ci chiedono di associare agli interventi curativi un miglioramento generale dell’estetica
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zione pressoria su tutti i denti delle arcate, intervenendo in maniera mirata sulle cause degli squilibri. A trarne vantaggio sono soprattutto i pazienti con problemi di scarsa qualità ossea mandibolare o mascellare, che devono difendere dalla minaccia di una pressione eccessiva la stabilità delle proprie strutture, naturali o artificiali che siano». Per quanto riguarda la prevenzione legata al cavo orale, in particolare per problemi come quello del tumore del cavo orale, i dati dell'AIRC parlano di 4500 nuovi casi ogni anno in Italia, in che modo agisce l’odontoiatra? «Il cancro della bocca può esser curato con successo, se diagnosticato precocemente. Il dentista, per questo, diventa un importante referente, che ha sotto controllo non solo lo stato del cavo orale, ma le mutazioni dello stesso. Nei Centri Implantologici Tramonte effettuiamo i controlli clinici tradizionali, ma ci avvaliamo anche della lampada SDL, Sapphire Lesion Detection, brevettata in collaborazione con la British Columbia Cancer Agency in Canada. Questa ci permette di riconoscere i cambiamenti profondi dei tessuti prima che questi si rendano visibili all'occhio nudo e aumentare così la possibilità di diagnosi precoce in caso di neoplasia del cavo orale». E ancora per l'estetica del sorriso quali sono i trattamenti che i centri Tramonte sono in grado di offrire ai pazienti? «Oltre ai filler labiali, praticati sia nel postintervento di implantologia sia per ragioni puramente estetiche, il nostro staff è in grado di soddisfare l'esigenza estetica con sbiancamenti professionali , faccette di ricopertura della parte visibile del dente sia con la tecnica Lumineers che con l’applicazione di faccette tradizionali».