OSSIER
LOMBARDIA EDITORIALE
13
Raffaele Costa Roberto Formigoni Paolo Giuggioli
L’INTERVENTO
19
Giancarlo Laurini
PRIMO PIANO IN COPERTINA Michela Vittoria Brambilla
20
SICUREZZA 26 Roberto Maroni Riccardo De Corato Attilio Fontana, Michelangelo Barbato
CONFINDUSTRIA Alberto Meomartini Michele Graglia Paolo Mainetti
88
L’INCONTRO Roberto Calderoli
36
SIDERURGIA Tecniche e lavorazioni
96
MANTOVA Nicola Sodano, Marcello Napoli Carlo Zanetti Alberto Truzzi Roberto Busti
40
ESTERI Franco Frattini
50
RITRATTI Cesare Geronzi
54
ECONOMIA E FINANZA MILANO ECONOMIA Bruno Ermolli Pier Luigi Celli Guido Podestà Giovanni Terzi, Carlo Sangalli
60
FOCUS BERGAMO Franco Tentorio Paolo Malvestiti, Angelo Carrara Alberto Carrara Luciano Bonetti
72
TRACCIABILITÀ Laura Comi Maurizio Corneliani
82
10 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010
FINANZA AGEVOLATA Incentivi
136
IL CONTRATTO DI FIDUCIA Le applicazioni in Italia
138
LO SCUDO FISCALE
140
DIMENSIONE INTERNAZIONALE I rischi della pianificazione fiscale
142
PENALE D’IMPRESA
144
FISCO E TRIBUTI
146
IL MERCATO SIDERURGICO
100
MERCATI IN TRASFORMAZIONE
102
IL SETTORE TESSILE Verso la nicchia di mercato
104
IL MONDO DELLA MODA Tra crisi e nuovi sviluppi
106
INTERESSI E DIRITTI D’IMPRESA La mediazione
148
RESTRUCTURING Ubaldo Livolsi Enrico Lanzavecchia
110
IL RECUPERO DEL CREDITO
151
CESSIONE DEI CREDITI
152
ARTE CONTEMPORANEA Flaminio Gualdoni Nicolò Cardi
116
IL MONDO DEL LAVORO L’urgenza delle riforme
154
LE MANSIONI DEL LAVORATORE
158
LA LEGGE FALLIMENTARE Opportunità Una riforma più ampia
120 FARE IMPRESA Una nuova filosofia
160
IMPRESE E CRISI Prospettive Trasferimenti e mobilità Rapporti col fisco e con le banche
124
TRA BANCHE E IMPRESE Il rating
130
FINANZA CONTEMPORANEA Criticità
134
DIVERSIFICARE LA PRODUZIONE 162 OTTIMIZZARE LE RISORSE AZIENDALI I processi decisionali
164
CONTRATTI DI LOCAZIONE
166
L’AUTO AZIENDALE Rimborsi e detrazioni
168
Sommario GIUSTIZIA RIFORME Angelino Alfano
172
PROFESSIONE FORENSE Sergio Martelli
176
RISARCIMENTO DEL DANNO Ostacoli del sistema FORMAZIONE FORENSE Scelta e specializzazione IL RECUPERO DEI CREDITI PROFESSIONALI
FORMAZIONE SANITARIA
226
AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO Patrizia Maestranzi
228
CHIRURGIA OFTALMICA Mics
232
CHIRURGIA REFRATTIVA Il laser ad eccimeri
236
180 182
PATOLOGIE LEGAMENTOSE Artroscopia PROTESI ARTICOLARI I progressi delle biotecnologie
240
184
TRATTAMENTI L’acido polilattico
242
DIRITTO DI FAMIGLIA Soluzioni stragiudiziali
186
NOTARIATO Franco Panzeri Atti, documenti, processi storici
190
238
ENERGIA E AMBIENTE
SANITÀ ONCOLOGIA Umberto Veronesi
194
GESTIONI VIRTUOSE Renato Botti Alberto Zangrillo
200
CARDIOCHIRURGIA Mario Viganò Lorenzo Menicanti
206
MALATTIE RARE Silvio Garattini Claudio Cavazza Debra Italia Onlus Luna Berlusconi
210
AZIENDE SANITARIE Responsabilità e gestione TOSSICOLOGIA E MEDICINA Nuove tecnologie
AMBIENTE Stefania Prestigiacomo
246
SERVIZI ECOLOGICI Smaltimento rifiuti
250
IL DANNO AMBIENTALE
254
TERRITORIO ARCHITETTURA BIOECOLOGICA Verso nuovi sviluppi
256
ARCHITETTURA INTEGRATA
260
PROGETTAZIONE Gioco di volumi
264
220
REALIZZAZIONI Tra forma e funzione
266
222
L’ARTE DI MURANO Il maestro Fabio Fornasier
268
LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 11
EDITORIALE
Sinistri stradali un dramma affrontato in modo insufficiente di Raffaele Costa Direttore
Q
uando in uno stato del mondo avviene un evento, rivoluzionario o meno, talvolta un semplice fatto comunque capace di provocare più vittime, l’informazione richiama l’attenzione dei cittadini per più giorni, da parte della politica vi sono reazioni a livello nazionale e internazionale. C’è però un caso, forse unico nella tipologia, in cui dinanzi a una strage permanente e numericamente rilevante quasi non succede nulla, con i numerosi colpevoli che in generale se la cavano con un avviso di reato, un processo atteso per qualche anno, una condanna sovente condizionata dalla sospensione condizionale: il caso riguarda i sinistri stradali che provocano, nel mondo, numerosissime vittime. Il numero dei morti si aggira, a livello mondiale, sul milione all’anno: una cifra che contiene eventi drammatici a decine di migliaia (40.000 morti all’anno negli Usa, poco meno in Europa dove nel 2008 si è arrivati a 38.875) e che comporta risvolti umani rilevanti ma anche danni economici non indifferenti. Perché non si reagisce in maniera attiva e decisiva al più grave disastro che da decenni colpisce l’umanità? La motivazione non è facile da individuare: probabilmente si tratta quasi di una sorta di resa a un male non solo difficile da sopportare e da combattere, ma con il quale da decenni la società si è abituata a convivere. Certamente le cause dei sinistri mortali sono molteplici e spaziano dalla viabilità inadeguata all’eccesso di velocità, dall’errore umano alla rottura del mezzo ad altre diverse cause tutte non facili da combattere, ma che in ogni caso andrebbero affrontate in modo più incisivo, continuo, utile: oggi l’argomento viene affrontato in modo poco convinto e convincente. Che sia così e che sia ingiustificato e sba-
gliato arrendersi, lo dimostra il fatto che tante esperienze hanno prodotto di per sé risultati utili: non si è, però, mai andati oltre a regole quasi sempre diverse stato per stato e, sovente, riguardanti soltanto singolarmente regioni, province e comuni. Basti pensare al caso delle attese, quasi miracoliste, ma non razionalmente infondate, di ciò che di positivo è avvenuto o avverrà man mano che ci si avvicina alla fine del 2010 anno traguardo stabilito a livello europeo (il libro Bianco del 13 settembre 2001, prevedeva e auspicava una riduzione delle vittime del 50% entro il 2010). I dati degli ultimi anni evidenziano un ridimensionamento delle conseguenze negative dell’infortunistica stradale se si tiene conto che dal 2001 al 2009 la diminuzione del numero dei morti è stata, nei 28 paesi europei, del 35%, una cifra ragguardevole, ma ottenuta attraverso gli anni e insufficiente a ipotizzare una sostanziale cancellazione o ridimensionamento del male. Nel 2008 avevano ottenuto una mortalità ridotta del 50% solo la Lettonia, il Portogallo e il Lussemburgo cui si è aggiunta, nel 2009, la Spagna, mentre 23 paesi sono rimasti ben al di sotto del 50%. L'Italia si è fermata, nel 2009 – rispetto al 2001 – a una riduzione del numero dei morti pari al 33%. Questi elementi ci inducono a una riflessione legata a due punti cardine: l’educazione scolastica, per quanto riguarda un approfondimento significativo e vincente delle difese da parte della società, e l’aspetto economico, che non può essere assolutamente sottovalutato e che riguarda soprattutto il danno sociale per la società stessa, per le aziende e per le famiglie; due temi, due considerazioni, due ragionamenti che ci devono indurre ad affrontare il problema a livello internazionale con volontà e possibilità di ridimensionarlo in modo davvero significativo. LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 13
EDITORIALE
Una Lombardia ancora più forte in 600 azioni Roberto Formigoni Presidente della Regione Lombardia
G
uidare un quarto mandato a capo di una delle Regioni tra le più importanti d’Europa, oltre al carattere di eccezionalità che tale circostanza riveste nel contesto del panorama italiano costituendovi di fatto un unicum, rappresenta una sfida impegnativa e affascinante per chi da sempre intende la politica come pieno compimento del bene comune. La Lombardia di oggi è forte più di quella di ieri: quindici anni di riforme strutturali l’hanno resa una realtà robusta, vivace, in crescita, e per questo capace, molto più di altri, di garantire risposte pronte ed efficaci alla crisi internazionale che da mesi ci mette a dura prova. Il mondo di oggi, invece, è cambiato: provato dal fallimento di un modello di sviluppo fondato sulla finanza, ingiustamente pensato come insostituibile; messo in discussione nelle sue dimensioni fondative, la persona e la famiglia; chiamato a essere più coraggioso davanti alle nuove generazioni e all’ambiente in cui esse si trovano a gettare le basi per il proprio futuro. La nostra proposta è tanto semplice quanto efficace: aprirsi e innovare con fiducia e coraggio, il marchio di fabbrica posto a sigillo di quel programma presentato da me e dal centrodestra e pienamente legittimato da elettori e cittadini cui, oggi ancor di più, appartiene. Aprirsi, per saper riconoscere e dar voce alle potenzialità che il nostro territorio esprime. Innovare, perché solo così possiamo assicurare a tutti un’azione al passo con i tempi. La fiducia, ne sono certo, la Regione Lombardia la guadagnerà ancora una volta sul campo, il coraggio lo metteremo in gioco tutti assieme. L’obiettivo comune sarà la piena attuazione del programma di legislatura, declinato in 600 azioni mirate rivolte alle aree strategiche della vita regionale: l’area della
Competitività, per rispondere alle istanze delle nostre imprese e della ricerca, del mondo del commercio e dell’agricoltura; l’area del Welfare, che abbraccia la dimensione delicatissima della sanità, della famiglia e dei servizi alla persona; infine, l’area Territoriale, per garantire tutta la necessaria attenzione all’ambiente e allo sviluppo del territorio, con la piena realizzazione di nuove e moderne infrastrutture. Per fare ciò, rafforzeremo il confronto con il Consiglio regionale, gli enti locali, l’Unione europea, il governo e il Parlamento, nostri interlocutori naturali anche in vista della rivoluzione politica e culturale che ci si prospetta dinanzi: il federalismo fiscale. Lavoreremo per un federalismo fondato sull’autonomia e sulla responsabilità, prima ancora che su un nuovo meccanismo di distribuzione delle risorse. Un federalismo che ci consenta di esercitare il nostro ruolo di governo con respiro interregionale e internazionale, improntato all’ascolto di esigenze che crescono, mutano, evolvono. Non abbiamo perso tempo, ci siamo rimboccati le maniche fin dai momenti immediatamente successivi alla conferma della mia elezione: come primo atto della nuova giunta, infatti, a sancire quella nuova stagione di riforme e di sviluppo che vogliamo compiere, ho voluto convocare gli Stati Generali dell’Economia e del Lavoro, riunendo tutti gli esponenti di vertice del mondo economico lombardo tra imprenditori, sindacati, banche, al fine di continuare, stabilendone le priorità, quel lavoro di sistema fino ad ora così proficuamente condotto dalla nostra Regione e rivelatosi vincente. Guardo alla nostra terra. Storia, genio e industriosità le appartenevano ieri e le riscopriamo oggi. Orgogliosi di essere, nuovamente e sempre, Lombardia. LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 15
EDITORIALE
Un’avvocatura indipendente e più qualificata Paolo Giuggioli Presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Milano
L’
avvocatura italiana sta vivendo un momento particolarmente importante della sua storia recente. Dopo numerosi tentativi susseguitisi negli ultimi quindici anni, finalmente lo scorso anno è stata portata in Parlamento una proposta di legge nata da un confronto tutto interno alla categoria, sulla quale vengono riposte non poche speranze per l’avvio del processo riformatore della professione forense. Il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Milano ha svolto un ruolo importante nella promozione del dibattito che ha portato alla definizione di questa proposta, potendo godere di un punto d’osservazione privilegiato sulle condizioni in cui si trova la nostra professione, rappresentato dal fatto che il foro milanese - composto da oltre 15.000 avvocati e 5.000 praticanti - è uno dei più importanti e compositi dell’intero panorama nazionale. Esso ha, quindi, maturato la convinzione che l’esistenza stessa dell’intera categoria forense è legata all’attuazione di un incisivo percorso di modernizzazione dal quale emerga una professione rinnovata, maggiormente qualificata e aperta al mercato internazionale. Tale prospettiva, verso la quale inevitabilmente occorre dirigersi, non può essere costruita in contraddizione con la necessità di salvaguardia dell’autonomia e dell’indipendenza del sistema ordinistico, a garanzia di un corretto esercizio della professione e di un’efficiente compartecipazione degli avvocati alla giurisdizione. L’aspetto concorrenziale, pur essenziale per un sano sviluppo di ogni attività economica, anche di natura professionale, deve essere perciò contemperato con l’interesse pubblico a che l’attività professionale sia svolta da soggetti
qualificati, dotati cioè degli adeguati requisiti di capacità e competenza. Sulla base di questo binomio occorre, quindi, costruire il futuro dell’Avvocatura. Solo in questo modo essa potrà continuare a svolgere il proprio compito di tutela dei diritti dei cittadini in sede giudiziale e stragiudiziale. Da ciò discende l’irrinunciabilità di una serie di principi di fondo tra i quali è opportuno richiamare i principali: specialità dell’ordinamento professionale; nuove regole d’accesso alla professione a tutela dell’affidabilità della prestazione; rigore della formazione continua; specializzazione come elemento di ulteriore qualificazione del servizio reso; riserva della consulenza legale a protezione dell’affidamento dell’utente; minimi tariffari inderogabili a garanzia della qualità della prestazione; effettività e continuità dell’esercizio professionale come condizione di permanenza nell’albo. Sotto diverso profilo occorre porre in evidenza, seppur brevemente, un altro fronte al quale l’Ordine di Milano sta destinando importanti energie e risorse: quello della giustizia. Da anni, infatti, si è consolidata una serrata collaborazione con le autorità giudiziarie milanesi. Tale sinergia ha consentito di ottenere rilevanti risultati, specie nell’ambito dell’informatizzazione e della gestione efficiente delle attività processuali di avvocati, magistrati e cancellerie, attuate attraverso la definitiva implementazione del processo civile telematico ottenuta nelle settimane scorse con l’avvio delle memorie processuali on line. Avvocatura indipendente e qualificata e giustizia rapida ed efficiente, sono due tra gli elementi costitutivi e propulsori di ogni società civile. A tali obiettivi stiamo lavorando e continueremo a lavorare in futuro. LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 17
IN COPERTINA
DIFFONDERE I VALORI DI DEMOCRAZIA E LIBERTÀ Una nuova iniziativa del Popolo della Libertà mira a coinvolgere sempre più cittadini alla partecipazione politica attraverso il sostegno e la promozione delle attività del governo. Sono i Promotori della libertà, un’organizzazione coordinata da Michela Vittoria Brambilla di Nicolò Mulas Marcello
20 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010
Michela Vittoria Brambilla
L’
impegno sociale si manifesta spesso attraverso forme di condivisione come le associazioni e i movimenti liberamente costituiti. Il loro valore per la collettività è riconosciuto dalle leggi e dalla Costituzione come espressione di partecipazione alla vita della comunità. Le finalità di carattere civile di questi gruppi rappresentano un importante contributo per la società ed è per questo che anche all’interno dei partiti si assiste sempre più spesso a fenomeni di aggregazione per informare, coinvolgere e dare voce a tutti i cittadini. Un’opportunità di intervento alle decisioni politiche attraverso lo strumento più semplice e diretto, ovvero il dialogo. Il Pdl ha recentemente istituito un progetto proprio con questi intenti sotto il nome di “Promotori della libertà”. Un’organizzazione che mira a incentivare e promuovere la partecipazione attiva dei cittadini alle azioni di governo attraverso le proprie proposte. Tenuti a battesimo dal presidente del consiglio Silvio Berlusconi, i Promotori della libertà sono coordinati dal ministro del turismo Michela Vittoria Brambilla che, forte dell’esperienza di presidente dei circoli della libertà, sottolinea: «Il nostro primo compito è quello di far sì che gli apparati del Pdl non perdano mai di vista quelle che sono le reali finalità di un partito che è nato per cambiare, tutte quelle leggi che impediscono la costruzione di un sistema democratico più agile, più forte, più moderno e più rispettoso di quelli che sono i diritti del contribuente». Perché è nato il progetto Promo-
tori della libertà? «Perché un partito nuovo e diverso come il Popolo della Libertà ha proprio nel suo Dna fondativo il fatto di avere al suo interno anche una struttura che, ramificata su tutto il territorio, sappia stabilire con i cittadini forme più dinamiche di confronto e di dialogo, soprattutto sui problemi che oggi frenano e a volte impediscono lo sviluppo della società e del libero mercato. È indispensabile che oggi le istituzioni sappiano comprendere pienamente le esigenze dei cittadini per un'azione di governo che possa rappresentare e difendere i loro diritti. A questo fine, è anche fondamentale che il cittadino venga informato, più correttamente e in modo più chiaro e trasparente di quanto oggi non vogliano fare certi strumenti di informazione, su quel che di concreto e di sostanzialmente innovativo, rispetto agli schemi della vecchia politica, questo governo sta realizzando». Una volta c’erano i Club, poi i Circoli, oggi ci sono i Promotori. Qual è il ruolo di questi gruppi al-
l’interno del Pdl? «L’associazione nazionale dei Circoli della libertà, nata al di fuori dei partiti, è stata riconosciuta tra i fondatori del Popolo della Libertà in occasione del congresso nazionale. Esistono poi altri soggetti - mi riferisco a fondazioni e associazioni - che operano esternamente al nostro partito promuovendone valori e ideali. Altra cosa sono, invece, i Promotori della libertà: si tratta dell’organizzazione movimentista del Pdl, ufficiale, e che dall’interno di esso opera in raccordo con il coordinamento nazionale. Ricordo che per diventare promotori della libertà, occorre infatti avere la tessera del partito. Gli obiettivi sono molto chiari: fare in modo che il cittadino partecipi sempre di più e in prima persona alle scelte che questo governo sta facendo per cambiare leggi e regole di uno Stato che, per come era strutturato, rischiava di portare questo Paese alla paralisi. E vogliamo dire che, per la prima volta, grazie alle misure adottate da questo esecutivo, è stato, ad esempio, ridotto LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 21
Michela Vittoria Brambilla
L’obiettivo è fare in modo che il cittadino partecipi sempre di più e in prima persona alle scelte che questo governo sta facendo
quasi completamente il tasso di im- che, di fatto, impediscono la costru- registrato sinora: dai ministri Angemigrazione clandestina che, con il governo Prodi, stava affliggendo l’Italia. E vogliamo parlare di una manovra economica che, per la prima volta, ha avuto il coraggio di tagliare e con la necessaria determinazione una spesa pubblica improduttiva che i governi di sinistra avevano enormemente dilatato e che è tra le cause del nostro devastante debito pubblico? Come è anche giusto che i cittadini sappiano che questo governo è fermamente deciso a cambiare un sistema della giustizia che, per come è oggi, dilapida il principio della legalità e del diritto». Lei ha definito i promotori come una sorta di “guardia scelta del Pdl” a cui lei stessa ha affidato il compito di lottare contro gli sprechi. In che modo? «Il nostro primo compito è quello di far sì che gli apparati del Pdl non perdano mai di vista quelle che sono le reali finalità di un partito che è nato non per gestire, in qualche modo, questo Stato come hanno cercato di fare - e anche male - i partiti di vecchia generazione ma per cambiare, invece, tutte quelle leggi e quelle strutture
zione di un sistema democratico più agile, più forte, più moderno e più rispettoso di quelli che sono i diritti del contribuente. E l’azione contro le storture e le incongruenze che purtroppo si annidano in molti apparati dello Stato non può che avere, per i cittadini e quindi conseguentemente anche per il nostro partito, carattere di assoluta priorità. Perché davvero grida vendetta il fatto che, proprio a causa di un cattivo funzionamento della burocrazia e anche di leggi e di norme anacronistiche, il cittadino sia costretto a sopportare una tassazione così elevata. Ed è bastato che i promotori denunciassero nei gazebo di tutta Italia le incongruenze di questo sistema - sprechi pubblici, cattivo funzionamento della giustizia e altro perché dai cittadini arrivasse un plateale e convinto consenso». Anche il ministro Bondi è stato coinvolto in questo progetto come responsabile della cultura e della formazione dei Promotori della Libertà. Verranno coinvolti altri politici di spicco del Pdl? «Sono varie le adesioni che abbiamo
lino Alfano e Giancarlo Galan, ai sottosegretari Paolo Bonaiuti e Rocco Crimi, ai governatori Gianni Chiodi e Renzo Tondo. E poi tanti altri esponenti del Governo, del Parlamento, delle Regioni e delle Amministrazioni locali. Ma non avrebbe potuto essere diversamente perché quest’iniziativa, assunta in prima persona dal presidente Berlusconi, rappresenta un’ulteriore e significativa accelerazione di quel programma di strutturali riforme di sistema che governo e partito sono decisi a realizzare in questa seconda parte della legislatura. E devo aggiungere che la stragrande maggioranza degli elettori oggi non chiede altro». Il sito internet dei promotori costituisce un veicolo di informazioni per tutte le attività di governo e per gli esponenti politici che vorranno dire la loro sui temi di attualità. Perché è stata scelta proprio la rete? «Perché il nostro partito è già di per se una grande rete e i suoi elettori rappresentano la più grande community con cui la politica italiana abbia mai potuto e saputo interagire». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 23
SICUREZZA
Milano: città più sicura
Interventi mirati sulle criticità delle singole zone. Poggia su questo la logica che guida la sicurezza a Milano. «Stiamo lavorando anche sul fronte della sicurezza reale per migliorare la sicurezza percepita», ricorda il vicesindaco De Corato, «grazie ai controlli svolti dalle pattuglie interforze, dai presidi delle associazioni di volontariato e dalla presenza dei militari» Felice Gigetti
I
l rispetto della legalità è il fondamento della nostra politica di sicurezza. E grazie alle ordinanze, uno strumento importantissimo di cui gli amministratori sono stati dotati dalla legge sulla sicurezza, possiamo tarare i provvedimenti zona per zona, individuando i problemi e applicando specifiche soluzioni». Sicurezza mirata a Milano. E gli esempi non mancano: «in via Padova – spiega Riccardo De Corato, vicesindaco che, tra le altre deleghe, ha in carico anche quella sulla sicurezza – siamo intervenuti sugli orari di chiusura di alcuni esercizi commerciali. In via Sarpi abbiamo regolamentato centri massaggi e internet point. Per non parlare dell’obbligo di deposito delle schede autocertificative per gli appartamenti in affitto, che sta contribuendo all’emersione di gravi fenomeni di illegalità come i dormitori per clandestini, degrado, precarie condizioni igienico-sanitarie, impianti a gas pericolosi, caldaie a rischio esalazioni». Nel 2009, a Milano, i reati sono diminuiti del 18%. Come si centra questo obiettivo: maggiore collaborazione con le Forze dell’ordine, più telecamere, iniziative ‘scaccia degrado’?
28 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010
«Il calo del 18% di reati e in particolare la diminuzione del 37% delle rapine, del 42% delle truffe e del 35% delle estorsioni sono risultati eccezionali per la città. E testimoniano la bontà del modello Milano che ha dato sicurezza reale ai cittadini. Perché, secondo i dati diffusi dalla Polizia di Stato, a dicembre 2007, le rapine in abitazione erano aumentate del 6%, quelle in banca del 46%, i furti in casa del 7% e le truffe agli anziani del 24%. Abbiamo raccolto i frutti di una semina cominciata tre anni fa. E che ha portato a porre oltre 50 aree problematiche della città sotto il controllo di 300 uomini tra militari, Forze dell’ordine, Polizia municipale e operatori della sicurezza. All’uso mirato di 1.300 telecamere che ogni mese forniscono quasi 200 filmati utili per le indagini a Magistratura e Forze dell’ordine. Un mix di azioni preventive e repressive che ha invertito la tendenza dei reati predatori e di quelle che erano le maggiori criticità: rom, droga, prostituzione, violenze sessuali, abusivismo, truffe agli anziani». Telecamere «intelligenti»: lei ne ha visionate in Israele. Cosa hanno di diverso rispetto a quelle ‘tradizionali’? «Non si tratta di nuove telecamere,
Riccardo De Corato, vicesindaco che, tra le altre deleghe, ha in carico anche quella sulla Sicurezza
ma di un software innovativo che garantisce un sistema di allerta automatico per alcune criticità. E permette un salto di qualità in termine di prevenzione in quanto risponde con maggiore tempestività ai problemi di sicurezza urbana. Parlo di writer, vandalismi, criminalità predatoria, abusivismo commerciale, assembramenti, risse, abbandono di rifiuti e bottiglie d’alcol. Sono ampie le potenzialità di intervento. Come l’anti-terrorismo, grazie all’individuazione automatica di pacchi e oggetti sospetti. Una funzio-
Riccardo De Corato
Il calo di reati testimonia la bontà del modello Milano che ha dato sicurezza reale ai cittadini. Stiamo raccogliendo i frutti di una semina cominciata tre anni fa
nalità che potrà essere molto utile anche a Questura, Carabinieri e Guardia di Finanza. L’idea è di portare le telecamere comunali sotto la gestione di questo software acquisiremo entro l’anno e che per adesso stiamo testando alla Stazione Cadorna. Naturalmente entrerà in funzione solo dopo il consenso del garante della privacy. E faremo questa operazione gradualmente, cominciando dalle zone critiche e più adatte: punti di snodo come Cadorna o l’area della Stazione Centrale, punti sensibili come Duomo e parchi». La «cura via Padova» che effetti sta dando? Vi preparate ad estenderla anche ad altre zone della città? «La Polizia locale sta facendo un ottimo lavoro in via Padova, insieme alle Forze dell’ordine. E il consenso manifestato dai residenti e dai commercianti ne è testimonianza. Da quando sono entrate in
vigore le ordinanze, la Polizia locale ha identificato 297 persone, 46 clandestini sono stati denunciati e 6 arrestati per inosservanza del decreto di espulsione. Sono poi scattate 6 denunce per impianti a gas non a norma, 18 per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e altre 18 per occupazioni abusive. Interventi agevolati da 1.129 schede auto-certificative depositate da proprietari e affittuari e da 82 segnalazioni di irregolarità arrivate dagli amministratori, che stiamo ancora vagliando. A ciò si aggiungono 30 richieste di sequestro degli appartamenti affittati ai clandestini. Anche per via Sarpi abbiamo firmato un’ordinanza ‘tarata’ su altre criticità pensata per intervenire con limitazioni orarie su phone center, internet point e centri massaggio che finora hanno beneficiato di deregulation. Sono ancora in fase di studio le ordinanze per altri quartieri problematici come Corvetto,
Imbonati». Perché malgrado il calo dei reati, la percezione dell’insicurezza non sembra diminuire? «Stiamo lavorando sul fronte della sicurezza reale per migliorare la sicurezza percepita. Con maggiore presidio del territorio, rafforzato grazie ai controlli svolti dalle pattuglie interforze, dai presidi di sicurezza garantiti dalle associazioni di volontariato e dalla presenza dei militari. E ancora, con la videosorveglianza: 1.326 impianti di cui 1122 telecamere fisse, 8 ‘urla e sparo’, 48 ‘occhi elettronici’ mobili sui security point e 148 colonnine sos. E poi il miglioramento dell’illuminazione, fondi al centro di assistenza psicologica e legale per le vittime di violenza e reato, l’assicurazione per gli anziani truffati». Nel 2007 il patto per la Sicurezza; nel 2008 il pacchetto sicurezza. Come vi ha aiutato? «Grazie al patto per la Sicurezza abbiamo potuto avviare una proficua collaborazione con le Forze dell’ordine per intervenire in ambiti critici: quartieri a rischio, mercati colpiti da contraffazione e lavoro nero, solo per citare due ambiti. Grazie alla nuova legge sulla sicurezza sono poi arrivati gli strumenti legislativi: le LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 29
SICUREZZA
18% REATI
È il calo dei crimini a Milano. In particolare, diminuiscono anche del 37% le rapine, del 42% le truffe e del 35% delle estorsioni
ordinanze. Ad oggi a Milano sono con la richiesta che verrà avanzata già in vigore quella sull’alcol vietato ai minori, sul divieto di acquisto e consumo di stupefacenti, sulla prostituzione, sui graffiti, sull’accattonaggio». Alloggi occupati abusivamente, nel quadrilatero Tirana-Giambellino sarebbero 200. Come si debella questa piaga? «Il Comune contro le occupazioni abusive ha sempre fatto la sua parte. E continua a portare avanti una linea di rigore su un duplice piano. Su quello amministrativo, con 312 sgomberi effettuati nei primi 8 mesi di gestione Aler e con l’azzeramento delle nuove occupazioni abusive. Sul piano giudiziario, con la costituzione di parte civile nei procedimenti penali contro il clan PescoCardinale che gestiva il racket delle case popolari in via Luigi Monti. E 30 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010
nel processo contro alcuni funzionari degli ex gestori del patrimonio di edilizia popolare accusati di associazione a delinquere finalizzata alla compravendita di alloggi popolari e concussione. Ma per disincentivare il fenomeno, l’azione sul piano amministrativo deve essere affiancata anche da quella penale. Che compete all’autorità giudiziaria che non è sempre stata severa. E lo testimoniano i ben 828 procedimenti pendenti a seguito di querela da inizio 2008 al 31 dicembre 2009». Per il capo della Polizia a Milano e nelle città del Nord gli autori di otto reati su dieci commessi da extracomunitari sono clandestini. Come si affronta il problema? «Su diversi fronti. Sul territorio, prima di tutto, con un richiamo co-
stante al rispetto delle leggi. La Polizia locale nei primi 5 mesi dell’anno ha denunciato o arrestato oltre 300 clandestini. Ma lo sforzo compiuto ogni giorno da vigili e Forze dell’ordine deve trovare un seguito anche nelle aule di tribunale con condanne ed espulsioni». Il coinvolgimento dei milanesi sul fronte del degrado, quanto è importante? «I cittadini sono le sentinelle della sicurezza. Con le loro segnalazioni disegnano la mappa degli interventi della Polizia locale e ci aiutano a conoscere il territorio in ogni angolo. L’ultimo esempio di sicurezza partecipata l’ho avuto dal comitato di viale Abruzzi-Piccini con la proposta di creare un data-base contro i graffitari che vandalizzano i muri cittadini. Una proposta che dimostra la loro volontà di combattere a fianco dell’Amministrazione un fenomeno di degrado e inciviltà. Da parte del Nucleo tutela decoro urbano ci sarà la massima disponibilità a ricevere le segnalazioni dei residenti e a integrarle nella propria banca dati delle tags. I vigili, infatti, già da tempo hanno iniziato un lavoro investigativo che ha consentito di realizzare un vero e proprio archivio degli imbrattatori, con più di cento nomi».
SICUREZZA
Sondrio e Varese: reati in calo Dalla sinergia tra divise all’implementazione delle telecamere e al coinvolgimento dei cittadini. Varese e Sondrio: due ricette per rendere le città più sicure e vivibili. Ne parlano il sindaco varesino, Attilio Fontana e il questore di Sondrio, Michelangelo Barbato Anna Bellotti
I
patti per la sicurezza funzionano. Ordinanze mirate, sinergie tra forze dell’ordine e polizie municipali, telecamere, poliziotti o carabinieri di quartiere sono solo alcune delle leve utilizzate, ciascuno per le proprie competenze, da sindaci e questore per rendere più sicure e vivibili le città.
st’anno (come pure quello registratosi nel 2009) è il frutto di «una maggiore integrazione tra forze dell’ordine e polizia municipale». Una collaborazione, tiene a sottolineare il sindaco varesino, Attilio Fontana che «ha comportato una razionalizzazione degli interventi sul nostro territorio», ma non certo una loro minore efficacia. Perché «alla sicurezza teniamo VARESE molto». Il meno 20% dei reati registrato Come ricordato durante la festa nei primi quattro mesi di que- della Polizia. Tra maggio 2009 e
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aprile 2010, nel varesino, sono state arrestate o denunciate 3.476 persone (contro le 1.513 dello stesso periodo nell’anno passato), mentre sono stati comminati 859 provvedimenti di espulsione. Ben 1.517 i reati denunciati contro il patrimonio e in materia di stupefacenti (con i furti, 1.229, a far la parte da leone). Sul fronte, invece, dei crimini contro la persona le denunce sono state 324 (tre gli omicidi), mentre per 211 sono stati individuati i presunti autori.
Attilio Fontana, Michelangelo Barbato
In apertura, le città di Sondrio e Varese
Insomma successi che testimoniano come i provvedimenti del governo sul fronte sicurezza comincino a dare i loro frutti. I pacchetti, spiega Fontana, «ci hanno aiutato. Sono stati molto utili perché, ad esempio, abbiamo potuto emettere nuovi tipologie di ordinanze con funzioni specifiche legate al nostro territorio». A Varese, ricorda il primo cittadino, «non ci sono prostitute per cui quell’ordinanza non sarebbe servita. C’è, però, un mini degrado che deriva da bivacchi per cui abbiamo potuto emanare un’ordinanza ad hoc». La diminuzione di reati è, dunque, un dato certo a Varese. Ma la svolta, per Fontana, è anche nel fatto che «la situazione è cambiata in modo positivo anche come percezione». Un aspetto non concreto su cui «è più difficile intervenire anche perché deriva anche da fatti non “reali”», ma su cui spesso si gioca il senso di sicurezza di un cittadino. Un’azione fondamentale che qui si è concretizzata nella «collaborazione con associazioni di volontariato. Come, ad esempio, gli Angeli urbani che hanno ricevuto l’autorizzazione prefettizia». Non ronde, precisa subito il sindaco. Quanto piuttosto «cittadini che vestono una divisa comune e
che girano per la città, portando aiuto a chi ha bisogno o è in difficoltà. Persone che, è ovvio, se vedono un reato chiamano le forze dell’ordine». E dopo gli Angeli urbani, è la volta dell’associazione dei Rangers d’Italia che a cavallo pattuglieranno i parchi di Varese. Nessun Rambo, rileva Fontana, ma «gente che ha voglia di dedicarsi al volontariato». Insomma la società civile come «arma anti degrado». Buona anche la situazione organici forze dell’ordine. «Avevo chiesto che i militari potessero essere utilizzati sui treni e non nelle stazioni perché, in certe ore del giorno, la presenza di una divisa su certi treni è motivo di maggiore tranquillità». Una richiesta a cui, invece, Roma ha risposto con «l’istituzione della Polfer che Varese non aveva mai avuto. Inserita in zona stazione, ci
è stata di notevole aiuto». A monte di questo, c’è però un altro modo di vedere la sicurezza, osserva Fontana che ha scelto di non dar vita ad un assessorato specifico. Perché «la delega è sostanzialmente una delega di tutti gli assessori. Non c’è un assessore, ma ce ne sono dieci alla Sicurezza. Un po’ è in carico all’assessore alla polizia, un po’ a quello ai lavori pubblici, un po’ a quello al commercio, un po’ al sindaco e un po’ all’ambiente». Ognuno fa la sua parte, mettendo in campo provvedimenti mirati per quelle che sono le proprie competenze, avendo però ben chiaro perché l’obiettivo finale: la sicurezza dei cittadini e la vivibilità di Varese. Per esempio, «abbiamo rafforzato la rete delle telecamere, sfruttando i finanziamenti del ministero degli Interni; è molto piaciuto il nostro progetto per mettere LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 33
SICUREZZA
I pacchetti per la sicurezza ci hanno aiutato. Sono stati molto utili perché, ad esempio, abbiamo potuto emettere nuovi tipologie di ordinanze con funzioni specifiche legate al nostro territorio
in rete le immagini cosicché pos- dino. Certamente ciò è connesso sano essere viste da tutte le forze dell’ordine contemporaneamente. Inoltre abbiamo ottenuto dei finanziamenti dalla Regione, attraverso i distretti del commercio, per realizzare una serie di allarmi collegati da parte di tutti i commercianti». SONDRIO «Nell’ultimo anno – spiega il questore di Sondrio, Michelangelo Barbato – si è verificato un calo dei reati almeno in ambito citta34 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010
ad una più efficace attività di prevenzione e controllo del territorio scolte dalle forze di Polizia». Sondrio, dunque, è più sicura. Quanto alla ricetta utilizzata per tagliare questo traguardo, il questore non ha dubbi: «È composta da più ingredienti. Senza dubbio, è auspicabile ogni forma di sinergia non solo fra tutte le forze di polizia, anche locali, per ottimizzare le risorse disponibili». In questa logica diventa, pertanto, «irrinunciabile la collaborazione tra le forze
dell’ordine e gli enti locali per la loro capacità di intervenire efficacemente sul territorio e favorire il recupero di quelle zone di degrado urbano e sociale che certamente favoriscono comportamenti criminosi». Alla base dell’agire delle divise, ci deve essere però «la collaborazione con la cittadinanza, condizione essenziale per conseguire un livello di sicurezza partecipata che oggi deve essere coniugata necessariamente con il ricorso alle più moderne tecnologie, sistemi di video-sorveglianza o altre forme di misura di difesa passiva». Quanto poi al pacchetto sicurezza che ha aumentato i poteri dei sindaci, per Barbato «non può che essere valutato positivamente ogni intervento legislativo che, pur nel rispetto delle competenze e della professionalità di ciascuno dei soggetti istituzionali interessati, favorisce gli enti del territorio nell’azione di intervento su specifiche situazioni di degrado urbano».
L’INCONTRO
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all’inizio della legislatura il ministero della Semplificazione normativa ha operato diversi interventi. Tra i più recenti c’è stata l’eliminazione di 375.000 atti normativi con l’intento di rendere più snello il nostro ordinamento e una serie di provvedimenti per favorire le attività produttive. Il ministro Roberto Calderoli assicura: «Siamo molto impegnati anche sul fronte della riduzione degli sprechi e dei costi della pubblica amministrazione affinché le risorse siano utilizzate per fornire servizi più efficienti ai cittadini». A che punto è l’agenda di governo? «Nel corso di questi primi due anni di legislatura abbiamo ottenuto notevoli risultati in termini di semplificazione e riduzione di oneri a carico dei cittadini e delle imprese. Il nostro lavoro non può che continuare e svilupparsi nella stessa direzione. Il 9 giugno è stato approvato dalla Camera dei Deputati, per andare ora all’esame del Senato, il disegno di legge in materia di semplificazione che introduce rilevanti misure a favore di cittadini e imprese nei rapporti con la Pubblica amministrazione. Tra le misure previste alcune delle più importanti riguardano la semplificazione della tenuta dei libri sociali, la semplificazione degli adempimenti a carico dei gestori delle strutture ricettive, lo snellimento del sistema di tenuta delle cartelle cliniche, la semplificazione 36 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010
Interventi decisi e norme più chiare Semplificare vuol dire introdurre elementi di chiarezza nell’ordinamento, snellire la quantità delle leggi ma anche contribuire alla qualità della regolamentazione e allo sviluppo del Paese. Il ministro Roberto Calderoli spiega come il governo è impegnato su questo fronte Nicolò Mulas Marcello
in materia di pontili e imbarcazioni da diporto, la semplificazione per la cessione o locazione di fabbricati, nonché significative misure in materia di farmaci». Quali sono gli effetti del decreto incentivi? «Con il decreto incentivi abbiamo liberalizzato tutta una serie di piccole attività edilizie che non sono più soggette nemmeno a Dia e, con la manovra finanziaria, semplificato e reso più efficace la conferenza di servizi, nonché le procedure per l’installazione di impianti di metano, al fine di promuovere l’utilizzo degli autoveicoli alimentati con tale combustibile. Ciò consentirà non solo di ridurre i danni da inquinamento ambientale, ma anche di ottenere un significativo risparmio economico». Per quanto riguarda le attività produttive? «Notevole e rivoluzionaria è la riforma dello sportello unico per le attività produttive, approvata dal Consiglio dei ministri di giovedì
Roberto Calderoli, ministro per la Semplificazione normativa
10 giugno, a breve in Gazzetta Ufficiale, che finalmente, dopo anni di soli annunci, renderà concreto e reale l’avvio dell’attività di impresa in un giorno. Per le iniziative economiche più semplici, che costituiscono comunque nel nostro Paese la maggior parte delle iniziative, sarà sufficiente il solo invio dell’istanza allo sportello unico per cominciare l’attività. Stiamo lavorando sullo Sportello unico per
Roberto Calderoli
mila ATTI
Le leggi vigenti ora nel nostro ordinamento
c l’estero che consentirà alle imprese nazionali interessate a commercializzare i propri prodotti in paesi esteri di interfacciarsi con un unico referente presso le ambasciate italiane all’estero. Siamo molto impegnati sul fronte della riduzione degli sprechi e dei costi della pubblica amministrazione affinché le risorse siano utilizzate per fornire servizi più efficienti ai cittadini». Riguardo al federalismo fiscale, quello demaniale è stato il primo passo. Quali saranno le prossime tappe? «Come ho avuto già modo di affermare, la manovra economica crea i presupposti per l’attuazione del federalismo fiscale. È per questo che posso dire che siamo pronti e che già da questo mese, oltre al decreto legislativo sull’autonomia impositiva degli enti locali, porte-
Sono in corso di realizzazione numerose iniziative di codificazione in materia di turismo, di sport, di pari opportunità e famiglia, di protezione civile e affari esteri
remo in Consiglio dei ministri anche quello sui costi e sui fabbisogni standard». Lei ha eliminato 375.000 atti normativi dal nostro ordinamento, ma cosa c’è ancora da fare per avere dei codici snelli e comprensibili? «Dopo aver ridotto il numero delle leggi, attraverso importanti interventi di abrogazione espressa stiamo proseguendo con l’attività di riordino normativo, per conferire coerenza sistematica all’ordinamento, eliminando contraddizioni e duplicazioni e introducendo, contemporaneamente, significative semplificazioni per ridurre gli oneri a carico di cittadini ed imprese. La predi-
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sposizione di codici di settore è un’operazione fondamentale per razionalizzare la normativa in vigore e per rendere più semplice la conoscenza delle leggi da parte dei cittadini e degli operatori. La fase di riordino e codificazione è già stata avviata. Infatti sono stati realizzati due codici molto importanti: il Codice dell’ordinamento militare e il Codice dell’attività agricola che hanno prodotto l’abrogazione di centinaia di leggi ora raccolte in un solo codice di settore. In definitiva, da oltre 50.000 leggi vigenti anteriori e posteriori al 1970, per effetto degli interventi abrogativi realizzati le leggi oggi vigenti sono poco più di 10.000. Sono in corso di realizzaLOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 37
L’INCONTRO
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Il contrasto all’evasione fiscale è uno degli obiettivi prioritari del Governo come dimostrano i risultati ottenuti in questi primi due anni di legislatura
zione numerose iniziative di codificazione quali, ad esempio, in materia di turismo, di sport, di pari opportunità e famiglia, di protezione civile e affari esteri. Tale attività di riordino normativo vedrà impegnato il Governo fino al dicembre 2011». Evasione fiscale. Quale apporto dà il suo ministero in termini di semplificazione normativa? «Il contrasto all’evasione fiscale è
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uno degli obiettivi prioritari del governo come dimostrano i risultati ottenuti in questi primi due anni di legislatura. Il contributo della semplificazione si muove nell’ottica di rendere più chiara, snella e comprensibile la disciplina fiscale, riducendo gli adempimenti inutili e semplificando il rapporto dei contribuenti con il fisco». Lei ha invocato tagli agli stipendi per Parlamento, Authority, Manager e Rai. In concreto cosa farà il governo? «La manovra finanziaria introduce notevoli riduzioni del costo degli apparati politici e amministrativi prevedendo una diminuzione del 10%
sul trattamento economico complessivo dei ministri e dei sottosegretari di Stato che non siano membri del Parlamento nazionale, nonché dei compensi, indennità e retribuzioni del personale pubblico. In quanto alla Rai, il Consiglio dei ministri di giovedì 10 giugno ha approvato un emendamento mio e del ministro Bossi che prevede interventi di contenimento della spesa relativa al personale della Rai fino al 2013: in primo luogo l’ammontare complessivo della spesa per il personale non dipendente, a decorrere dal gennaio 2011, è ridotto almeno del 20%, in secondo luogo la spesa complessiva annuale per il personale non dovrà eccedere il 25% dei costi operativi complessivi annuali».
MANTOVA
L’alternanza nella città dei Gonzaga
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opo 65 anni di giunte di sinistra Mantova ha deciso di voltare pagina probabilmente anche a causa della scissione interna di quello che era il partito di maggioranza prima delle elezioni, il Pd. Così la città ha affidato a Nicola Sodano (che ha ottenuto il 52,18% delle preferenze) il compito di rilanciare la città. «Gli elettori, anche di centrosinistra e del centro, hanno guardato alla mia persona e al mio programma. Dobbiamo invertire la regressione demografica del territorio, visto che il Comune ha perso circa 28 mila abitanti in poco più di 20 anni e siamo passati da circa 70 mila agli attuali 47 mila, senza tenere conto dei circa 5 mila extracomunitari», sottolinea il sindaco. Questo scenario «ha comportato una mancanza di opportunità e di prospettive per i giovani, perciò le iniziative per il lavoro saranno un tema centrale del mio mandato» racconta Sodano. Due, inoltre, gli aspetti fondamentali su cui l’Amministrazione intende puntare: le infrastrutture e una strategia di marketing turistico improntata sulla qualità. Quali gli spazi di manovra alla luce del bilancio che le ha lasciato in eredità la passata amministrazione? «Le possibilità date dal bilancio sono modeste non c’è molta disponibilità economica e, soprattutto,
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Nuova amministrazione, nuova città. È questo l’obiettivo del sindaco Nicola Sodano che, insieme alla nuova giunta, intende invertire «le parabole negative» del passato, puntando a una rinascita in tutti i settori Nike Giurlani
andiamo verso tempi nei quali ci saranno sempre meno risorse statali. Per continuare a essere ottimisti e per riscattare la città, faremo riferimento al principio della sussidiarietà. È fondamentale creare un’apertura verso il privato. Il Comune deve agevolare la nascita di nuove collaborazioni affinché sia possibile portare avanti e realizzare importanti progetti, a livello d’infrastrutture, ma non solo. Ogni anno, per esempio, nella nostra città non è possibile soddisfare tutte le richieste d’iscrizione negli asili. Ecco, è proprio in questo caso che pubblico e privato, come per esempio il mondo cattolico, possono venirsi incontro. Bisogna fare rete in modo da creare anche nuove possibilità di lavoro per i nostri giovani».
Sopra, il sindaco Nicola Sodano
Nicola Sodano
A sinistra, un momento del Festival della Letteratura e sotto un asilo
Lei si è dimostrato particolarmente attento alle tematiche ambientali, quali i progetti a favore della città? «Noi abbiamo la fortuna di vivere in una città bellissima non solo a livello artistico e architettonico, ma anche a livello paesaggistico e naturalistico. Mantova, infatti, si affaccia sul fiume Mincio, al centro del parco omonimo. Proprio sulle sponde del fiume sorge un polo industriale petrolchimico molto importante per l’economia del nostro territorio, soprattutto, perché garantisce oltre 5.000 posti di lavoro. E per noi l’occupazione è una priorità. Questa realtà, però, non deve mettere a repentaglio la salute e l’ambiente circostante, quindi, oltre a mantenere alti gli standard di si-
È fondamentale creare un’apertura verso il privato. Il Comune deve agevolare la nascita di nuove collaborazioni affinché sia possibile portare avanti e realizzare importanti progetti
curezza all’interno delle aziende, vogliamo rendere questo polo non inquinante e realizzare presto le bonifiche dei siti, grazie all’intervento del Ministero delle attività produt tive e della Regione». Quant’è importante portare avanti iniziative di carattere artistico-culturale? «Proprio recentemente ho confermato il contributo del Comune al Festival della Letteratura di Man-
tova. Sono particolarmente onorato di sostenere il festival nelle vesti di sindaco di Mantova, ma ho sempre creduto in questa manifestazione che ho sostenuto anche negli anni precedenti con la mia azienda. Sono convinto che la cultura sia la linfa vitale di questa città e non a caso ho tenuto per me la delega. Ho intenzione di portare avanti, nell’arco di tutto l’anno, progetti e iniziative “made in Mantova” legati tra loro e LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 41
MANTOVA
VERSO UNA CITTÀ MIGLIORE, NONOSTANTE LA CRISI ECONOMICA
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a nuova giunta si è insediata da quasi due mesi e la situazione economica di Mantova, come quella di molti altri comuni, presenta delle difficoltà. Una delle cause principali è la «riduzione della compartecipazione dello Stato che ha comportato meno risorse e più costi a carico delle amministrazioni locali», spiega l’assessore al Bilancio, personale e organizzazione, Affari generali, Riforme normative e istituzionali, Marcello Napoli (nella foto). «Anche Mantova dovrà, quindi, fare i conti con la crisi nazionale che ha colpito l’intero Paese – spiega l’assessore – ma il nostro obiettivo sarà quello di garantire sempre una buona qualità della vita». Qual è la situazione economica di Mantova? «Appena insediati abbiamo eseguito una ricognizione sulla situazione economica corrente. Il bilancio è in linea con le realtà economiche di molte altre amministrazioni. La crisi economica e il taglio delle risorse da parte dello Stato ha generato una situazione complessa. I pesi e i vincoli che abbiamo trovato rischiano di diventare insostenibili e generare forti difficoltà nella realizzazione di progetti di sviluppo a sostegno della città. Abbiamo una discreta possibilità di cassa, ma non è possibile effettuare delle spese per effetto del Patto di stabilità che purtroppo limita la crescita dei comuni. In questo momento di
difficoltà riteniamo opportuno eliminare gli sprechi. Per questo motivo stiamo attuando una politica di contenimento della spesa, razionalizzandola e, quindi, indirizzandola alle effettive priorità dei cittadini. Il tutto, ovviamente, nel rispetto della trasparenza e della legittimità e legalità dell’azione amministrativa. Altro aspetto sul quale ci stiamo concentrando riguarda la riorganizzazione del personale della macrostruttura amministrativa». Quali sono le riforme normative e istituzionali più urgenti da attuare? «Abbiamo intenzione di istituire il ruolo del segretario generale, che, fino a questo momento, non era stato previsto e il suo primo obiettivo sarà proprio quello di adeguare il quadro normativo del Comune». Quali progetti ha in serbo in favore della città? «Un programma di mantenimento per quanto riguarda i locali, le attività e i servizi che prima venivano portati avanti dalle tre circoscrizioni del Comune che, però, sono destinate a scomparire. È un progetto al quale tengo molto e che porterò presto all’attenzione dell’esecutivo». Qual è il settore economico più importante per Mantova? «Sicuramente quello turistico. I Gonzaga ci hanno lasciato un vero e proprio tesoro, ma
volti ad arricchire e valorizzare la nostra splendida città». Come s’immagina Mantova alla fine del suo mandato? «Mi auguro che sia una città che abbia invertito le parabole negative che l’hanno caratterizzata in passato. Confido in un incremento demografico e, soprattutto, nella possibilità di garantire maggiori posti di lavoro per i nostri giovani e fermare così l’emigrazione dell’intellighenzia locale. Oggi, 42 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010
molto suggestivi e affascinanti sono i paesaggi e le realtà che sorgono intorno ai principali laghi del nostro territorio. A Mantova possiamo vantare, ancora, un’ottima qualità della vita ed è nostra intenzione mantenere questi standard elevati. Per esempio, vogliamo attuare dei progetti per garantire una maggior sicurezza urbana, migliorando, anche, la mobilità, con la creazione di tangenziali intorno alla città per alleggerire il traffico cittadino». Recentemente avete approvato il bilancio consultivo, quali sono le priorità sull’utilizzo dell’avanzo di amministrazione? «Dovremo chiedere agli uffici se hanno delle priorità imprescindibili. Inoltre, valuteremo le esigenze espresse dai cittadini come, per esempio, l’asfaltatura delle strade e la manutenzione degli edifici scolastici che si trovano in uno stato di forte degrado. Rimarranno pochi fondi per nuovi progetti, ma siamo fiduciosi e stiamo lavorando per questo».
troppo spesso, dopo la laurea i nostri ragazzi sono costretti ad allontanarsi. Bisogna cambiare questa situazione. E poi, mi piacerebbe realizzare una Mantova più accessibile a livello di infrastrutture, con una maggior presenza di parcheggi e un centro storico all’altezza del rango di città Patrimonio dell’Unesco. Infine, riqualificare le periferie, che dovranno diventare dei quartieri che crescono in sinergia con il proprio centro».
Alberto Truzzi
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er riagganciare la ripresa economica è necessario fare attenzione ai mercati in crescita, monitorare i cambiamenti e, soprattutto, trovare soluzioni nuove, attraverso ricerca e innovazione. «Le industrie del mantovano stanno cercando di agganciare la ripresa produttiva con grande impegno sul fronte dei costi, dell’efficienza e del cambiamento» afferma Alberto Truzzi, presidente di Confindustria Mantova, che realizza numerosi progetti assieme alla Camera di Commercio per sostenere lo sviluppo delle imprese e far progredire l’economia cittadina, attraverso sia le conoscenze tradizionali sia le nuove tecnologie. Quali sono i settori di traino dell’economia mantovana e quali, invece, necessitano di maggior sostegno? «In questo momento va molto bene il settore alimentare, che ha sentito la crisi meno di altri, mentre quelli che l’hanno sentita di più sono il tessile, l’edilizia e la meccanica. Dobbiamo cercare di riagganciare la ripresa a livello mondiale, cercando di esplorare mercati che abbiano prospettive positive. Gli imprenditori devono innovare prodotto, processo e modo di fare impresa e noi come associazione degli industriali cercheremo di affiancarli nell’internazionalizzazione, insieme alla Camera di Commercio e al Consorzio Mantova Export. Poi cercheremo di spingere sull’attività di ricerca e innovazione, insieme al mondo universitario, ed esploreremo tutti i campi della green economy, che dà molte prospettive».
L’innovazione chiave della ripresa Collaborare creando progetti innovativi è una possibilità importante per dare nuova linfa al sistema economico della provincia. È ciò che si propongono di fare imprese mantovane e università. Lo spiega il presidente di Confindustria Mantova Alberto Truzzi Simona Cantelmi
Il presidente di Confindustria Mantova Alberto Truzzi
Che progetti avete per quanto riguarda la collaborazione con l’università? «Noi adesso stiamo portando avanti assieme all’Università di Mantova, alla Camera di Commercio e alla Provincia il Progetto Main Mantova Innocentre, che coinvolge quattordici progetti di ricerca. Vogliamo indirizzare verso l’ateneo mantovano i progetti delle nostre aziende attra-
verso l’attivazione di ricerca diretta e cercando di fare una sorta di brokeraggio universitario per orientare i progetti verso quei professori che hanno competenze specifiche. Un altro scopo che ci prefiggiamo è far sì che l’Università di Mantova diventi sempre più un polo vero e proprio, con un maggior numero di docenti con sede fissa in città (oggi ce ne sono solo otto, ma puntiamo ad LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 43
MANTOVA
Vogliamo che l’Università di Mantova diventi sempre più un polo vero e proprio, in modo che i docenti, attraverso la loro attività di ricerca, siano da stimolo per le aziende mantovane
alcune decine), in modo che questi poi, attraverso la loro attività di ricerca, siano da stimolo per le aziende mantovane. L’intenzione è di rafforzare il connubio tra mondo universitario e mondo delle imprese». Per quanto riguarda, invece, la green economy? «Il grande impegno delle imprese è sul minor consumo di CO2, anche in riferimento alle certificazioni ambientali internazionali. L’altro settore riguarda i prodotti: si cerca di creare degli articoli con un riciclo sempre più agevole, da una parte per soddisfare le normative in merito, dall’altra per creare appeal nei confronti di quei consumatori sensibili alle tematiche ambientali e a questi prodotti. Poi c’è l’edilizia, con lo scopo di realizzare un edificio sempre più riciclabile e meno energivoro in fase sia di costruzione sia di esercizio». 44 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010
Nei primi mesi dell’anno, per quanto riguarda la provincia di Mantova, sembra esserci stato un leggero aumento dell’occupazione, anche se gli effetti della recessione economica persistono. Che cosa pensa a riguardo e quali azioni compie Confindustria Mantova per incentivare l’occupazione? «Direi che, se c’è un aumento, è minimo e fittizio, perché deve ancora essere smaltito il flusso di cassa integrazione, utilizzata in modo significativo. Bisogna vedere come si orienteranno le aziende che hanno fatto uso diffuso di questo strumento, quando questo sarà scaduto del tutto, e se tutta la manodopera sarà assorbita all’interno delle imprese o se ci saranno dei processi di espulsione o di ricollocamento. Crediamo nella formazione e nella riqualificazione del personale, per ricollocare i
dipendenti di quei settori caratterizzati da esuberi, orientandoli verso altri settori connotati da migliori prospettive e che magari faticano a trovare professionalità adeguate». Bisogna vedere come evolve la situazione e tenerla, quindi, monitorata. «Certo, siamo molto attenti e attivi sul piano sindacale nella gestione di tutte quelle problematiche occupazionali, di diminuzione o rivisitazione dei contratti aziendali. La crisi ha imposto per tanti dei nostri associati delle ristrutturazioni, che possono anche essere minime, ma che spesso vanno a incidere sulla gestione del personale. È proprio in questi momenti di difficoltà che l’attività dell’Associazione è importante per aiutare le aziende a gestire in modo più unitario problemi che da sole difficilmente potrebbero affrontare».
Carlo Zanetti
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omune, Provincia e Camera di Commercio, insieme per far crescere la città. Alla luce di un recente incontro è emersa l’esigenza di «mettere a calendario una serie di incontri congiunti tra le Giunte per condividere i progetti, e per quanto ci riguarda, soprattutto, quelli di natura economica» sottolinea il presidente della Camera di Commercio di Mantova, Carlo Zanetti. «Tra le prime iniziative abbiamo la gestione delle “partecipate” da organizzare nel miglior modo possibile a partire dall’immediato futuro e – continua – un momento importante sarà quello della costituzione del tavolo di lavoro congiunto in vista dell’appuntamento con l’Expo 2015». Il primo trimestre del 2010 mostra un tasso di crescita negativo delle imprese pari al -0,1%. Qual è il suo parere su questi dati? «Speravamo in dati migliori. Nella nostra provincia abbiamo qualche segnale di ripresa grazie all’export soprattutto per quanto riguarda i nuovi mercati extraeuropei come la Cina, il Brasile e l’India». Quali sono state
A sinistra, il presidente della Camera di Commercio di Mantova, Carlo Zanetti
Puntare all’export per crescere La forza dell’export contro la crisi economica. Segnali di ripresa grazie «ai nuovi mercati extraeuropei come Cina, Brasile e India» racconta il presidente Carlo Zanetti Nike Giurlani
le azioni che avete promosso a sostegno delle imprese? «Ci siamo adoperati a favore dell’occupazione con bandi riservati alle aziende che stabilizzano i lavoratori. Inoltre, abbiamo cercato, con lo strumento di Confidi, di favorire l’accesso al credito. Tra le nostre priorità ci sono la formazione, l’innovazione e il sostegno alle imprese per l’esportazione dei prodotti con fiere e missioni all’estero». Commercio e agricoltura nel primo trimestre dell’anno sono i settori che hanno registrato un calo rispetto ai tre mesi precedenti. A cosa è dovuto? «Per quanto riguarda l’agricoltura direi che siamo di fronte a un settore che è stato capace di invertire la tendenza negativa. Per quanto riguarda il commercio invece purtroppo non è così: a fronte di un calo dell’occupazione diminuiscono obbligatoriamente i consumi». Qual è la sua opinioni sulla rete di impresa come supporto alle imprese per essere più competitive sui mercati stranieri? «La rete d’impresa è sicuramente un
Tra le nostre priorità ci sono la formazione, l’innovazione e il sostegno alle imprese per l’esportazione dei prodotti con fiere e missioni all’estero
progetto bellissimo ma molto difficile da attuare, almeno al momento in Italia. È più facile a dirsi che a farsi, resta un tema da dibattere nei convegni ma poi, nella sostanza, gli imprenditori continuano a fare da sé, faticano ad accettare la rete». I dati Istat sull’import-export relativi al 2009 mostrano un quadro ancora negativo sul fronte del commercio internazionale. Qual è l’attuale situazione? «Grazie all’effetto dollaro il nostro export funziona bene al contrario di altre realtà nazionali e lombarde» LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 45
MANTOVA
Deve risorgere la passione Sostegno alle famiglie, agli anziani e politiche di sussidiarietà. E magari risolvere i problemi che da tempo colpiscono la città, seguendo «scelte oculate “di sostanza”». Questo è quello che auspica il vescovo monsignor Roberto Busti per Mantova Nike Giurlani
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e elezioni amministrative hanno sancito un cambio al vertice. Dopo 65 anni, Mantova non è più guidata da una giunta di sinistra. «Non è cambiato però il mondo», sottolinea monsignor Roberto Busti, vescovo della diocesi di Mantova, «è avvenuto, invece, che la maggior parte dei cittadini ha voluto un modo nuovo per guardare ai problemi irrisolti, alcuni dei quali antichi». Alla nuova amministrazione, il vescovo consiglia: «più che chiedere, occorre una più evidente capacità di affrontare le difficoltà con coerenza e impegno, sapendo che la bacchetta magica non
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è in dotazione a nessuno». Inoltre, fa notare il vescovo Busti «un’Amministrazione comunale ha compiti e capitali non illimitati: si tratta di compiere scelte oculate “di sostanza”». Riguardo a temi come famiglia e scuola monsignor Busti ha le idee molto chiare. «A Mantova il 39,4% delle famiglie risulta di un solo componente, circa 9.000 persone, e un quarto della popolazione ha superato i 65 anni; di queste l’8%, circa 4.000, è sopra gli 80 anni, molti dei quali vive solo». Il problema fondamentale, quindi, sta nel fatto che «manca una politica nazionale concreta e seria, quindi, un Comune con meno di 50.000 abitanti deve badare a questi dati e alle conseguenti esigenze, e, nello stesso tempo, appoggiare le speranze di vita delle nuove famiglie». E non va sottovalutato nemmeno il dato inerente al tasso di natalità.
Sopra, il vescovo di Mantova, Roberto Busti
«Per le donne mantovane è pari a 1,05 figli, mentre quello di una donna straniera a Mantova è di 2,08». Per quanto concerne il discorso scuola, il vescovo auspica «una maggiore capacità di reciproca comprensione e più evidente sussidiarietà, a partire dalla Scuola per l’infanzia – continua - che porterebbe un indubbio vantaggio all’intera cittadinanza come possibilità di scelta e di collaborazione con la famiglia».
Roberto Busti
Quali punti di forza su cui far leva per rilanciare la città? «La nostra è una città splendida per storia e arte, e di grande vivibilità per le sue dimensioni. Il nostro territorio, per l’intelligenza e la forza delle sue imprese, risente un po’ meno della grave crisi in atto. C’è una larga fascia di popolazione benestante e l’offerta di lavoro anche per i cittadini immigrati è migliore che altrove. Per questo la convivenza non presenta punti di tensione preoccupanti e le potenzialità di integrazione delle seconde generazioni
potranno aprire anche a lavoro più qualificato e produttivo». Quali le principali problematiche? «Nonostante qualche apparenza contraria, la tradizione di pensiero e di scelte concrete è di notevole solidarietà. Proprio in forza di queste reali possibilità riporto l’attenzione sulle famiglie, sulle persone anziane che hanno bisogno di assistenza, sulla spinta verso una migliore e più pacifica integrazione, specialmente verso i giovani immigrati, sulle fasce di povertà che si allargano, sull’impegno a superare l’isolamento culturale di qualche quartiere. Non è mio compito sottolineare altri tipi di mancanze più “materiali”, anche esse importanti. Tuttavia, il reperimento di alloggi a canoni moderati in zone non difficili, luoghi d’aggregazione e d’integrazione per giovani diversi dai centri commerciali, il problema dell’inquinamento, sono realtà già conosciute dagli amministratori». I cittadini hanno ancora fiducia nella politica o nota una forte disaffezione? «È così evidente la disaffezione che, ormai, è un dato di fatto incontesta-
bile. Il problema è di conoscerne i motivi e superarli non solo a parole. Non bisogna cadere nella banalità: ci sono enunciazioni e prospettive di principio sulle quali è necessario il confronto anche aspro, ma che sia chiaramente rivolto al bene di tutti. Nella recente campagna elettorale però non ho intravisto questa passione e non la vedo tuttora, compreso l’affronto attuale delle intercettazioni e della loro pubblicabilità: nonostante tutto passa sopra la testa della gente. Spero tuttavia che l’Amministrazione di una città non cada in questa trappola, ma faccia risorgere la passione per renderla, vederla e mantenerla sempre più bella e vivibile con l’apporto di tutti». Com’è iniziato il rapporto con la nuova amministrazione? «Ho sempre mantenuto un rapporto di assoluta stima e oserei dire anche affetto per l’Istituzione e i suoi rappresentanti e, pur sapendo che i tempi sono cambiati, ritengo che le regole dell’educazione e del reciproco rispetto non siano solo formalità esteriori, ma formazione ai valori base della convivenza. Il mio è quindi un rapporto di stima e di fiducia con il condimento della famigliarità: serviamo tutti il bene comune. Di certo il mio contributo è diverso da quello delle persone scelte dal popolo per farne i suoi governanti. Non c’è, per nessuno, obbligo di ascolto di ciò che dico, anche in relazione alla vita pubblica, perché ciascuno saprà valutare il valore morale delle parole del Vescovo. Ma non c’è neppure libertà d’intervento solo per alcuni, in forza di un mandato politico: la libertà è un grande dono ma inevitabilmente una conquista quotidiana da custodire con saggia fermezza». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 47
MILANO ECONOMICA
Opportunità di crescita nei mercati emergenti «Rivolgersi ai mercati emergenti è un’occasione unica per le Pmi, che possono cogliere con l’aiuto di strumenti concreti ed efficaci». Bruno Ermolli indica i punti su cui devono basarsi le linee guida dei progetti di internazionalizzazione Nicolò Mulas Marcello
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n timido spiraglio di ripresa si avverte anche per le piccole e medie imprese milanesi che dall’inizio del 2010 hanno fatto registrare qualche segno positivo nei loro bilanci. Per continuare su questa linea è necessario puntare su elementi fondamentali come innovazione, ricerca e internazionalizzazione. Le difficoltà però risiedono nelle risorse. Per questo la Camera di Commercio di Milano ha creato un fondo di 80 milioni di euro per le pmi più virtuose. «L’obiettivo – ricorda Bruno Ermolli, presidente di Promos – è sostenere le Pmi lombarde nei loro processi di innovazione e internazionalizzazione, favorendone da un lato la crescita dimensionale e dall’altro proprio lo sviluppo di management, organizzazione e pianificazione». Come hanno risposto alla crisi le piccole e medie imprese milanesi? «Dopo mesi di stallo nelle esportazioni, nel primo trimestre 2010 vediamo una graduale ripresa sia dell’export lombardo (+4,4%) che di quello milanese (+2,5%). La rapidità decisionale e la dinamicità delle nostre Pmi, dovute alle dimensioni ridotte, si sono rivelate condizioni di forza, che caratterizzano tutt’ora la loro particolare resilienza: una capacità di adattamento a contesti di crisi e a nuovi mercati più che mai preziosa». Nel privato l’upgrading tecnologico e organizzativo rappresenta una risposta al 60 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010
nuovo contesto caratterizzato dalle reti. Lei che giudizio dà del modo in cui questa tematica viene affrontata da dalle grandi aziende e dal vasto tessuto della piccola e media impresa? «Per ricavarsi una fetta di mercato in un periodo di crisi prolungata, le imprese devono necessariamente rimodellarsi e puntare sugli asset intangibili, fonte di vantaggi competi-
In alto, Bruno Ermolli, presidente Promos azienda speciale della Camera di Commercio di Milano per le attività internazionali
Bruno Ermolli
«La fisiologica sottocapitalizzazione delle Pmi costituisce un indubbio freno alla loro crescita. Pur possedendo idee e modelli di business vincenti, le Pmi hanno comunque bisogno di ossigeno attraverso iniezioni di liquidità anche contingenti. Ciò non toglie che sia necessario pensare ad interventi di lungo periodo, che portino a una reale crescita e favoriscano gli investimenti in innovazione e internazionalizzazione; interventi con una logica di capitale di rischio, ma lontani dai tempi e dai margini speculativi. Per questo pochi mesi fa, attraverso la sua Holding Parcam, la Camera di Commercio di Milano ha costiPer ricavarsi una fetta di mercato in un periodo di tuito insieme a crisi prolungata, le imprese devono necessariamente quelle di Bergamo, Brescia e Como, Furimodellarsi e puntare sugli asset intangibili turimpresa Sgr che ha già attivato il tivi: innovazione, organizzazione aziendale, fondo d’investimento chiuso Finanza e Sviricerca e sviluppo, creatività e nuove tecno- luppo Impresa con una dotazione di 80 milogie. È una scelta benefica e remunerativa, lioni di euro. L’obiettivo è sostenere le Pmi ma spesso costosa che, se le grandi aziende lombarde nei loro processi di sviluppo, inpossono affrontare da sole, le Pmi difficil- novazione e internazionalizzazione, favorenmente invece possono sostenere. E’ infatti done da un lato la crescita dimensionale e molto difficile trovare risorse da destinare a dall’altro proprio lo sviluppo di managericerca e sviluppo quando non c’è una cre- ment, organizzazione e pianificazione». scita dimensionale e, in questo senso, la fiLei sostiene che bisogna rafforzare e insiologica aggregazione di filiera e di distretto trodurre una cultura manageriale ma senza è una risposta efficace. Se la Pmi ha una speculare. Ci spiega come? struttura snella e ridotta, fare rete è infatti «Il successo di un sistema imprenditoriale - e un’occasione ottimale per aggiornare le pro- penso in particolare alle Pmi - non dipende prie competenze organizzative guardando a solo dal capitale finanziario, ma si raggiunge sistemi più complessi». attraverso la combinazione con altri eleAll’inizio dell’anno la Camera di Com- menti, primi fra tutti imprenditore e capitale mercio di Milano ha creato un fondo di 80 umano. Non è più sufficiente pensare ai rimilioni di euro per le imprese. L’accesso al torni del breve periodo, con una visione credito soprattutto per le piccole e medie miope, e senza preoccuparsi della struttura imprese rimane un problema. Qual è l’ap- gestionale, del know how che produce effiporto che date voi come Camera di Com- cienza, dei processi di innovazione e di inmercio? ternazionalizzazione. Il compito degli stru-
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MILANO ECONOMICA
È necessario pensare a interventi di lungo periodo, che portino a una reale crescita e favoriscano gli investimenti in innovazione e internazionalizzazione
menti a supporto delle imprese sul fronte
della cultura aziendale è di aiutarle a livello strutturale, mettendo a loro disposizione importanti esperienze e capacità gestionali, che rimangono stabilmente all’azienda, e costituiscono un moltiplicatore di successo tra i più durevoli». Quali iniziative ha in programma Promos per promuovere Milano a livello internazionale, come opportunità di investimento, in un momento di trasformazione e sviluppo anche in vista di Expo? «Expo 2015 sarà una vetrina per Milano e l’Italia nel mondo, ed è un’opportunità che va colta da subito per le ricadute concrete, economiche e d’immagine, che può portare al mondo produttivo. La Camera di Commercio, attraverso Promos, ha avviato nove tavoli tematici legati a settori ed aree di sviluppo del nostro territorio, quali ad esempio energia, infrastrutture, agroalimentare, giovani, accoglienza e salute, per raccogliere le attese del mondo associativo e le progettualità di quello imprenditoriale. Questa iniziativa, affiancata alle attività di Promos per l’internazionalizzazione della business com-
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munity, una su tutte il Forum economico e finanziario del Mediterraneo, è una delle occasioni per mobilitare capitali, idee e management intorno a Milano e all’Expo». Parliamo di mercati emergenti come Brasile, India, Russia, Cina. Per una piccola azienda che voglia andare all’estero, quali sono gli strumenti che oggi ha a disposizione e cosa il Pubblico mette a disposizione delle imprese? «Nei Paesi emergenti dobbiamo includere anche l’area mediterranea: un mercato di oltre 380 milioni di consumatori, 280 miliardi di euro di interscambio con l’Unione Europea, che produce il 15% della ricchezza annuale del pianeta e realizza il 16% degli scambi mondiali. Il Mediterraneo non è poi così distante dai Bric: i tassi di crescita si attestano intorno al 4-5% e il Pil cumulato dei paesi rivieraschi non europei, dal Marocco alla Turchia, ammonta a 1.594 miliardi di dollari, un terzo di quello cinese ma maggiore di quello indiano. Per tutte queste ragioni, rivolgersi ai mercati emergenti è un’occasione unica per le Pmi italiane, che possono cogliere con l’aiuto di strumenti concreti ed efficaci: informazioni aggiornate, assistenza, incontri b2b mirati; attività a cui Promos aggiunge un’attenzione particolare al tema della formazione del capitale umano, una leva essenziale per sostenere le nostre aziende durante il loro percorso verso i mercati esteri».
MILANO ECONOMICA
Valorizzare il merito per il bene collettivo Il principale obiettivo di Milano si chiamo Expo 2015, secondo Pier Luigi Celli, ma non basta. La città «va recuperata e rivitalizzata dal basso». E, inoltre, sostegno alle pmi e una svolta meritocratica che dia speranza ai giovani e all’intero Paese Nike Giurlani
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a crisi ha messo in discussione anche le leadership economiche che da sempre hanno caratterizzato il nostro Paese. Ma, tra alti e bassi, Milano continua a resistere e, soprattutto, «ha una grande sfida davanti chiamata Expo 2015 ma che non si esaurisce con questo importante appuntamento, perché la città è bellissima, va recuperata e rivitalizzata dal basso», sottolinea Pier Luigi Celli, direttore generale dell’Università Luiss di Roma. «Tutte le città – continua – devono e possono contribuire alla ripresa economica e sociale che è indispensabile per un paese che non vuole e deve ripiegarsi su se stesso, ma guardare al futuro». E, come Celli ha più volte affermato, l’Italia deve compiere una svolta meritocratica «premiare il merito partendo dalle fondamenta, cioè dall’istruzione, dalla formazione, dall’educazione». Nell’ambito delle politiche europee, che ruolo ricopre il capoluogo lombardo? «Certamente potrebbe fare da capofila per una serie di politiche e di misure volte a rianimare un sistema produttivo unico nel suo genere a cui la Lombardia in primis può fare da traino. Penso, ad esempio, al settore della moda ma anche a quello legato al mondo della finanza e delle banche. Quest’ultime però devono fare uno sforzo in più per incoraggiare le piccole e medie imprese, di cui il tessuto produttivo lombardo è pieno, all’accesso al credito, all’innovazione, alla ricerca.
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Elementi imprescindibili per combattere la concorrenza dei Paesi in via di sviluppo e della crisi che morde la Lombardia e dunque a catena anche il resto dell’Italia. Le imprese poi, non dimentichiamolo mai, sono fatte da persone che vanno valorizzate, non impaurite; portate avanti per merito, non per logiche di potere estranee alle qualità professionali. Su questo il Paese intero deve fare una riflessione più profonda. Meno evocativa e
A destra, Pier Luigi Celli, direttore generale della Luiss Guido Carli
Pier Luigi Celli
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Il futuro dei nostri giovani deve essere al centro dell’agenda della nostra classe dirigente, a maggior ragione in un momento di crisi come quello attuale
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più di sostanza». A novembre ha pubblicato una lettera che ha suscitato molto scalpore nella quale invitava suo figlio a lasciare l’Italia finiti gli studi universitari. È ancora convinto di aver dato il consiglio migliore? «Scrivendo quelle righe ho voluto lanciare un messaggio d’allarme legato a un problema reale, attuale, che necessita di risposte concrete e non più rimandabili. Il futuro dei nostri giovani deve essere al centro dell’agenda della nostra classe dirigente, a maggior ragione in un momento di crisi come quello attuale, non è accettabile che questo tema sia abbandonato a se stesso da chi occupa posizioni di potere. La lettera era chiaramente una provocazione: la mia intenzione è stata quella di scuotere il clima d’immobilismo generale, di animare un dibattito che era stato relegato ai margini, affinché si iniziasse a riflettere con serietà per approntare soluzioni credibili ed efficaci». Quali sono state le reazioni che l’hanno particolarmente colpita?
«Mi ha fatto piacere sentire che molti giovani, tra cui mio figlio, sono pronti a restare in questo Paese, per cercare e creare opportunità, per tracciare una prospettiva per tutta la loro generazione. Questo è sicuramente un dato incoraggiante, perché se è vero che nei giovani riponiamo le speranze di un futuro migliore, possiamo constatare che ai nostri ragazzi non mancano certo energie ed entusiasmo. Spetta però alla classe politica dimostrare che, oltre alle dichiarazioni di retorica, c’è la reale volontà di approntare soluzioni concrete, di affrontare i problemi con risorse e provvedimenti necessari per dare speranza a questo Paese». C’è un Paese che andrebbe preso a modello? «Indubbiamente ci sono Paesi che offrono più opportunità alle giovani generazioni di quanto non faccia l’Italia. Indicarne uno, considerando il campo in cui ci stiamo muovendo, significherebbe prestare il fianco alle facili critiche di chi sarebbe pronto a tacciare queste considerazioni di esterofilia o esotismo. Oltretutto, poiché ogni Paese ha delle peculiarità proprie, i suoi schemi difficilmente saranno trapiantabili in maniera asettica in altri contesti. Credo che la mossa più sensata consista nel far riferimento non tanto alle formule di un Paese modello, quanto piuttosto a una ricetta semplice e robusta al tempo stesso: premiare il merito partendo dalle fondamenta, cioè dall’istruzione, dalla formazione, dall’educazione». Qual è la sua ricetta per migliorare la classe dirigente? «Mi sembra piuttosto improbabile, che l’azione del singolo possa correggere fenomeni di portata generale ormai cristallizzatisi nel tempo. È indispensabile, allora, coinvolgere gruppi più ampi per imprimere un cambiamento di rotta sicuramente necessario che miri alla valorizzazione del merito e al raggiungimento del bene collettivo». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 65
MILANO ECONOMICA
L’economia in ripresa La Provincia di Milano al tempo della crisi. Anche se verranno ridimensionati i progetti, non mancano iniziative volte a riqualificare il territorio anche in vista di Expo 2015, «che porterà molta visibilità e nuovi posti di lavoro», come evidenzia il presidente Guido Podestà Nike Giurlani
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In alto, il presidente della Provincia di Milano, Guido Podestà; a destra, la metropolitana di Milano e una veduta aerea dell’Idroscalo
a crisi c’è e si vede. Ma la provincia di Milano è forte. Non a caso «genera da sola oltre il 10% del Pil» fa notare il presidente, Guido Podestà. «Nel nostro territorio – continua – sono presenti oltre 400 mila aziende e possiamo contare su una capacità manifatturiera e finanziaria solida, senza contare l’importanza che rivestono, non solo a livello nazionale, ma anche internazionale, i settori del design e della moda». Dall’altra parte la Provincia presenta dei ritardi dal punto di vista infrastrutturale perché «il nostro è un territorio densamente antropizzato, ma adesso finalmente sono partiti dei progetti importanti – precisa – che attendevamo da decenni, come, per esempio, la Pedemontana e la tangenziale est esterna di Milano». Opere per modernizzare il territorio anche in vista di Expo 2015 che «rappresenterà una vetrina sul mondo e porterà nei nostri territori milioni di persone» conclude il presidente. Visti i tagli agli sprechi dettati dalla manovra Finanziaria, quali saranno i progetti che verranno realizzati? «Sicuramente le linee 4 e 5 della metropolitana. Per le altre linee bisognerà aspettare. Proseguiranno le iniziative già in corso e per il futuro bisognerà vedere come il sistema del credito risponderà alle richieste di finanziamenti per realizzare nuove opere».
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Quali, quindi, le vostre strategie per combattere la crisi? «Abbiamo promosso degli incontri tra tutte le categorie economiche, rappresentanti sindacali e degli industriali, e siamo giunti alla firma di un protocollo d’intesa. Il risultato è un piano di aiuto che si basa sulla riqualificazione delle persone che perdono il posto di lavoro, in particolare per chi supera i 50 anni, che vengono inseriti in nuove realtà. Inoltre, grazie all’aiuto della Regione, sono stati stanziati dei fondi di garanzia affinché le piccole e medie imprese possano ottenere delle facilitazioni nell’accesso al credito». Per uscire dalla crisi occorre puntare sui mercati internazionali? «Le aziende che hanno puntato sull’internazionalizzazione sono quelle che oggi trainano il rilancio economico. Questo deriva dal fatto che la
Guido Podestà
400 mila IMPRESE
Le aziende presenti sul territorio della Provincia di Milano
20%
IDROSCALO Posti riservati ai figli di disoccupati per i campi estivi organizzati all’Idroscalo
ripresa è partita da alcuni ambiti mondiali come l’Asia, gli Stati Uniti e il Brasile, mentre per Europa la crescita è molto più lenta, con alcuni Paesi in forte recessione. Infine, bisognerà focalizzare l’attenzione anche su Expo 2015 che rappresenterà una vetrina sul mondo e porterà nei nostri territori milioni di persone». Quali sono le previsioni economiche se si parla di Expo 2015? «Secondo uno studio della Bocconi verranno creati 70 mila posti di lavoro. Inoltre, sono già partiti numerosi lavori a livello infrastrutturale che generano molte attività. Ora bisogna puntare a creare nuove strutture ricettive poiché per tutta la durata dell’Expo continueranno anche le tradizionali manifestazioni fieristiche che caratterizzano il nostro calendario. Terminato l’Expo, l’intenzione è di trasformare alcune di queste realtà in strutture destinate agli universitari. Aumenteranno, infine, posti di lavoro nel settore turistico per garantire anche attività collaterali». Un settore molto importante è sicuramente quello agroalimentare, quali le iniziative portate avanti? «La provincia di Milano è la seconda in Italia, per importanza, in questo ambito e, proprio per questo motivo, abbiamo dato particolarmente risalto al tema della valorizzazione dei prodotti autoctoni. A tale scopo è stato istituito anche un marchio di qualità conferito alle tante industrie agroalimentari della Provincia, e a quelle nell’arco di 40 chilometri. Questo ha permesso di creare delle
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Bisognerà focalizzare l’attenzione sull’Expo 2015 che rappresenterà una vetrina sul mondo e porterà nei nostri territori milioni di persone
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occasioni d’incontro tra produttori e consumatori, grazie anche alla collaborazione di Confagricoltura e Coldiretti. I primi risultati sono più che positivi anche perché i prodotti a km zero sono sinonimo di qualità e garanzia in quanto sono noti sia le tecniche di coltivazione che quelle di realizzazione». Recentemente è stato nominato presidente della Fondazione Nord Ovest. Quali le sue priorità? «Torino, Milano e Genova da sempre considerati le punte del triangolo industriale dell’Italia, hanno una precisa identità e, inoltre, una forma culturale e sociale molto simile per cui è stato facile aggregare le province tra di loro. Le priorità sono legate al trasporto pubblico e al pendolarismo, poiché, sempre più spesso, in questo momento di crisi economica, le persone cercano lavoro anche al di fuori della loro città. Per questo motivo abbiamo deciso di attuare un sistema integrato in termini di mobilità». Che importanza riveste l’Idroscalo per la provincia di Milano? «Prima di tutto gioca un ruolo chiave in termini di benessere. In quest’area si possono praticare tantissime attività sportive, indirizzate alle persone e ai ragazzi di tutte le età. Noi, crediamo molto nelle potenzialità di questo parco e, perciò, abbiamo investito 3 milioni della Regione Lombardia per i lavori di ristrutturazione e riqualificazione, poiché tutta l’area era stata un po’ abbandonata dalla precedente amministrazione. L’ingresso al parco è gratuito, ma sono previsti numerosi servizi e attività. Un esempio sono i campi estivi diretti ai ragazzi che d’estate non vanno in vacanza. Per venire incontro alle famiglie abbiamo lasciato gli stessi costi della stagione ’09 e, inoltre, il 20% dei posti sono riservati ai figli di coloro che hanno perso il lavoro, per i quali la spesa si riduce del 50%».
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MILANO ECONOMICA
Guardare all’estero pensando all’Italia Milano cerca di reagire alla crisi economica in atto per difendere quel ruolo di leadership del mercato italiano che si è conquistata negli anni. Ma la città meneghina, come ricorda l’assessore Giovanni Terzi, rappresenta anche «la porta dell’Italia verso l’estero» Nike Giurlani
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onostante questo momento di crisi economica «Milano conferma la sua forza, il suo essere una città produttiva» chiarisce l’assessore alle Attività produttive Giovanni Terzi. «Ciò non toglie che ci siano dei settori che si trovano più in difficoltà rispetto ad altri». Quelli che, in particolare, risentono della crisi sono «le imprese manifatturiere – precisa – mentre tengono bene quelle legati ai servizi alle imprese e alle persone». Questo dato va letto, secondo Terzi, alla luce della considerazione che «Milano è sì, una grande città, ma si trova al centro di una provincia molto estesa. E in questo spazio le imprese tendono a spostarsi alla ricerca di condizioni migliori, o semplicemente diverse. Spostamenti in questo senso possono quindi determinare un cambiamento dei dati delle imprese prettamente milanesi». Ora tutte le aspettative sono concentrate sull’Expo 2015. Oltre a portare posti di lavoro e visibilità «l’obiettivo del capoluogo lombardo – sottolinea Terzi – è quello di farsi punto di partenza per un sistema allargato di relazioni, collaborazioni e gemellaggi con altri capoluoghi italiani ed esteri». Quali sono le iniziative promosse dall’amministrazione a sostegno delle 68 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010
aziende? «L’amministrazione è molto attenta nel sostenere le imprese. Tante le iniziative a loro rivolte, a cominciare dal protocollo d’intesa firmato con la Banca Popolare di Milano con cui l’istituto bancario si è impegnato a garantire un plafond di 100 milioni di euro per il sostegno alle piccole e micro imprese. Ma sono in atto iniziative più mirate come il sostegno ai negozi (anche di artigiani) disagiati dai cantieri di pubblica utilità, gli incentivi per le aperture ad agosto, i buoni la-
Sopra, l’assessore alle Attività produttive, Giovanni Terzi; a destra due momenti del Salone del mobile 2010 e della Settima della moda 2010
Giovanni Terzi
Moda e design coprono, da sole, poco meno del 50% del Pil milanese. Il Comune intende proseguire la sua opera di valorizzazione e promozione di questi importanti comparti
vori per gli studenti, la valorizzazione delle botteghe storiche, la creazione dei distretti commerciali e, ancora, servizi per favorire la nascita e lo sviluppo di nuove imprese (progetto start up)». Nel 2009 si è registrato un incremento dell’1,6 % delle partecipazioni all’estero delle imprese lombarde. Dalla ricerca di Confindustria Lombardia su un campione di circa 1.000 imprese, integrata con le informazioni della banca dati Reprint della società R&P, emerge che oltre i due terzi delle imprese intervistate vorrebbe potenziare le attuali strutture commerciali e produttive all’estero. «Sono dati che confermano il ruolo internazionale di Milano, la porta dell’Italia verso l’estero e, a sua volta, punto di riferimento per molte aziende straniere che vogliono investire nel nostro Paese. Volendo mantenere questo ruolo di cerniera Milano promuove e sostiene eventi di carat-
29 mln ARRIVI
I visitatori previsti a Expo 2015 di cui circa il 25% provenienti dall’estero
tere internazionale, grazie alla presenza della Borsa, della Fiera, del sistema Milano come servizio per moda e design». Che importanza rivestono questi settori per la città? Quali iniziative intende attuare a tutela di questi comparti? «Come ricordo spesso, moda e design coprono, da sole, poco meno del 50% del Pil milanese. La moda, da sola, più del 20%. L’ultima settimana della moda ha purtroppo sofferto di una polemica che si è innescata sul numero di giornate ridotte. Ma non la definirei sotto tono. Ad ogni modo stiamo già lavorando alla prossima edizione settembrina, per cui abbiamo in programma eventi aperti a tutta la città e importanti novità. La moda, come il design, rappresentano un importante punto di riferimento per la crescita, anche in termini di visibilità all’estero, della nostra città. Lo ha dimostrato anche l’ultima edizione della Settimana del design, dove tra Salone del mobile e Fuori salone, la città ha visLOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 69
MILANO ECONOMICA
MILANO PRODUTTIVA GUARDA AL FUTURO
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n occasione del Premio Milano ProduItiva, il presidente della Camera di Commercio, Carlo Sangalli (nella foto), ha ricordato la vera forza di questa città che nonostante la crisi riesce ancora a lanciare segnali positivi e di speranza. «“Milano”, un luogo, ma anche un modo di vivere, un’identità. “Produttiva”, un aggettivo che si riferisce a una città economica, una città che produce, certo, beni e servizi, ma che genera anche cultura e valori. E Milano Produttiva è anche il nostro modo per essere vicini a questo territorio e saldare la nostra istituzione con la comunità economica». E la comunità milanese è sicuramente una realtà resistente e dinamica. «Quasi 30 mila imprese sono nate negli ultimi 15 mesi a Milano, con un ritmo di 30 imprese al giorno. In questo periodo di difficoltà – continua - il fare impresa ha rappresentato un forte elemento di tenuta, quasi un ammortizzatore sociale: circa il 60% dei nuovi imprenditori ha avviato l’attività per crearsi un posto di lavoro». E proprio grazie a queste giovani imprese «nei prossimi 12 mesi ci saranno 2.500 nuovi posti di lavoro». La forza imprenditoriale milanese vanta delle eccellenze in vari settori «dalla moda, alle università, ai centri di ricerca, alla finanza, alla
Fiera, ai Teatri e ai musei. E poiché queste eccellenze sono vicine, hanno la possibilità di dialogare tra di loro. E così si rafforzano l’un l’altra. Nascono allora alleanze, distretti, altre volte semplicemente nuove idee» sottolinea il presidente Sangalli. In una situazione, però, ancora di difficoltà per le aziende, le conseguenze più sentite sono a livello di fatturato. Circa il 60% delle imprese è, comunque, ottimista e vede vicina l’uscita dalla crisi. Per affrontare il momento difficile, il 14% ritiene che la soluzione migliore sia la cassa integrazione, mentre per il 9% la risposta sta nelle operazioni societarie e infatti il 9% va alla ricerca di nuovi soci. Un’impresa su cento pensa, infine, che per poter superare la crisi serva anche aumentare i premi di produttività aziendale. Per far fronte a questa situazione «la Camera di commercio – ha dichiarato Sangalli – è impegnata con azioni di sostegno e finanziamenti per aiutare le imprese milanesi a partire dalle piccole e medie». Per chi, infatti, ha intenzione di acquistare o rinnovare i propri immobili, realizzare dei nuovi impianti o comprare nuove attrezzature, per chi acquisisce un’azienda, presenta un marchio o un brevetto, per coloro che aumentano di capitale sociale, che fanno delle operazioni
suto pienamente. Il Comune intende proseguire la sua opera di valorizzazione e promozione di questi importanti comparti, attraverso iniziative specifiche, ma soprattutto attraverso un ruolo da regista, che riesca a mettere a sistema le diverse realtà coinvolte, pubbliche e private». Che aspettative hanno le aziende dall’Expo 2015? Quali gli obiettivi concreti in termini di incremento dei posti di lavoro e riguardo alle attività economiche? «Un evento come l’Expo porta sicuramente numerose aspettative, soprattutto in termini occupazionali e di visibilità. Si tratta di un evento grandioso in cui l’obiettivo del capoluogo lombardo è quello di farsi punto di
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per la riduzione degli oneri finanziari, Camera di Commercio, Comune di Milano e Provincia di Milano promuovono uno stanziamento complessivo di due milioni di euro. Non solo finanziamenti diretti alle imprese (400 mila euro per l’analisi sui flussi finanziari e audit dei crediti) ma anche fondi messi a disposizione delle imprese per ridurre il costo del prestito nei diversi settori coinvolti nei bandi (risparmieranno 1,6 milioni di euro per richiedere fondi alle loro banche e promuovere così diverse azioni di impresa a seconda del bando che seguiranno: 800 mila euro per le imprese che realizzano programmi di investimenti, 400 mila euro per la riduzione del debito, 400 mila euro per la riqualificazione della struttura finanziaria).
partenza per un sistema allargato di relazioni, collaborazioni e gemellaggi con altri capoluoghi italiani ed esteri. Parliamo di settemila eventi in sei mesi e una partecipazione di pubblico stimata intorno a 29 milioni di visitatori, di cui circa il 25% provenienti dall’estero. Numeri che non possono che coinvolgere numerose aziende nell’allestimento, organizzazione di eventi, accoglienza, realizzazione di nuove strutture e molto altro. Si calcola infatti che l'evento porterà oltre 20 miliardi di euro d'investimento in infrastrutture. Di questi 4,2 miliardi di euro saranno diretti, i rimanenti 14 indiretti; E nel periodo 2015 verranno creati 70.000 posti di lavoro».
FOCUS BERGAMO
Bergamo ad alto tasso di imprenditoria
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offrono il mal dell’imprenditoria i bergamaschi. Con un Pil pro-capite di 31.525 euro nel 2009 che le assegna la settima posizione (una in più rispetto al 2008) tra le province italiane dopo Milano (35.530 euro pro capite), Bolzano (34.122), Bologna (33.275), Aosta (33.037), Roma (32.567) e Modena (31.984) e un tasso di attività (15-64 anni) del 66,9% (come attestato dall’Istat per il 2009), Bergamo e dintorni (1.087.204 abitanti e 94.026 imprese registrate) raccontano «di una gran voglia di lavorare e di lavorare bene perché i nostri imprenditori hanno delle doti che li portano a fare impresa in modo differente: con intelligenza, lungimiranza e sapendo organizzare la propria attività in modo più tecnologico». A svelare gli ingredienti della ricetta che ha permesso all’industria bergamasca di tagliare importanti traguardi è un sindaco, Franco Tentorio, che, prima di sedere a Palazzo Frizzoni, da commercialista ha squadernato centinaia di bilanci. «Ho un panorama completo della situazione». Domanda inevitabile sulla crisi: quanto ha inciso? «A partire dalla seconda metà del 2008, la nostra economia ha registrato un significativo calo di fatturato e quindi di occupazione. Fortunatamente, il 2008 si è chiuso, però, mediamente bene perché i primi mesi erano stati buoni. Il 2009, invece, ha avuto un generalizzato calo del fatturato, talvolta anche del 50%. Con la conseguenza che le imprese già in difficoltà hanno chiuso i battenti oppure hanno fatto ricorso al concordato. Mentre, quelle che invece andavano bene - la maggior parte hanno chiuso il 2009 in sostanziale pareggio o per lo meno con un modesto utile». E il 2010? 72 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010
Il 2010 si è aperto «con segnali di miglioramento di fatturato», spiega il sindaco di Bergamo, Franco Tentorio. Due i settori che stanno ancora soffrendo il tessile e l’edile. Nel complesso, la crisi non ha intaccato «un tessuto produttivo sano» Alessandro Tozzi
«L’inizio mi fa vedere importanti segnali di miglioramento di fatturato. Certo non siamo ancora ai dati 2008, ma ci stiamo avvicinando. La mia preoccupazione per il futuro è un’altra però». Quale? «Siccome la difesa del posto di lavoro è avvenuta attraverso gli ammortizzatori sociali, un elemento di enorme importanza perché garantisce la pace sociale, il rischio è che, finché ci saranno gli ammortizzatori, si resisterà. Ma quando non ci saranno più, non so se le im-
Franco Tentorio, sindaco di Bergamo
Franco Tentorio
I nostri imprenditori hanno delle doti che li portano a fare impresa in modo differente: con intelligenza, lungimiranza e sapendo organizzare la propria attività in modo più tecnologico
prese avranno recuperato un livello di fatturato tale da riassorbire questa manodopera. Per non parlare poi della perdita di lavoro di coloro che avevano contratti a tempo determinato oppure dei Co.co.co. o Co.co.pro. E comunque, nel complesso, il livello di disoccupazione nella bergamasca (tasso medio 3,7% nel 2009) è ben al di sotto della metà nazionale e anche regionale (6,2% di Varese o del 5,8% di Milano, ndr). Questo ci fa vivere in una situazione senza dubbio di preoccupazione, ma anche con qualche spiraglio di ottimismo». Quanto la congiuntura ha cambiato il vostro tessuto produttivo? «Premesso che sono un ottimista, devo dire che il tessuto è ancora molto sano. Ci sono, tuttavia, due settori, il tessile e l’edile, che soffrono di più e hanno una difficile ripresa. Il tessile perché non è facile ritagliarsi delle nicchie al di fuori della concorrenza dei Paesi dell’Estremo Oriente. L’edile perché la bolla creata dai mutui facili ha reso molto limitata la fascia di coloro che oggi possono acquistare la casa, anche con un mutuo parziale. Inoltre, nelle imprese, prima di costruire capannoni nuovi, si riflette a lungo. Temo, dunque, che la crisi non sia breve». E comunque questa fase ha spazzato via i rami secchi. «Senza dubbio. Il numero dei fallimenti è raddoppiato come pure quello delle chiusure senza il trauma del fallimento. Qui le imprese, per lo più di medie dimensioni, hanno avuto una capacità di reazione, una voglia di lavorare che il grande non sempre ha. C’è stata una maggiore capacità di adattarsi ai problemi sia
nell’ottica dell’impegno del singolo che dell’intera famiglia» Il Comune come ha arginato gli effetti della recessione? «Essendo la maggio parte delle industrie fuori dal Comune, noi abbiamo agito sulle realtà cittadine prevalentemente commerciali, del turismo e dei servizi. Per quanto riguarda il commercio, è in corso la realizzazione di un distretto urbano del commercio che prevede investimenti per circa 2 milioni di euro, uno a carico della Regione e uno degli imprenditori coordinati dal Comune. Ciò significa che, con quei fondi, gli operatori del commercio possono ammodernare i punti vendita e la rete commerciale e dintorni». Sul fronte del turismo? «C’è un forte impegno d’intesa con Provincia e Camera di Commercio. Bergamo è una città che è stata spesso dedita alla produzione, ai servizi e al commercio, ma non ha sfruttato fino in fondo le sue capacità turistiche. E invece, con il quarto aeroporto d’Italia, i monti, i laghi, la città alta, l’Accademia Carrara, possiamo offrire molto di più della visita mordi e fuggi. Inoltre c’è l’enogastronomia e la produzione vitivinicola che comincia ad essere di ottima qualità. Il turismo può, quindi, rappresentare una voce importante e nuova della nostra economia. Vogliamo rendere la città più viva, rivitalizzandola». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 73
FOCUS BERGAMO
L’industria locale ha ripreso a marciare
I
l punto di forza dell’industria bergamasca? Una struttura di medie imprese molto dinamiche, spesso organizzate in gruppi e molto attive sui mercati internazionali». Una maglia fitta di fabbriche «diffuse in modo capillare nel territorio» che, osserva il numero della Camera di Commercio di Bergamo, Paolo Malvestiti, in virtù di questo «ha garantito una flessibilità e una capacità di adattamento alle condizioni di mercato che sono, e saranno ancor più in futuro, i capisaldi del nostro apparato produttivo». Articolato, ma vitale, questo tessuto economico è in grado di «affrontare le opzioni proposte da un’evoluzione economica sempre più basata sulla conoscenza, sull’innovazione dell’organizzazione aziendale, sulla capacità di padroneggiare i sistemi informativi e di inserirsi nelle reti lunghe dei mercati internazionali». Ecco perché è stato in grado di cogliere subito il venticello della ripresa, suffragato dai dati relativi i primi tre mesi del 2010. La variazione trimestrale della produzione nell’industria (+0,4%) è inferiore al dato medio regionale (+3,1%), ma, osserva l’Ufficio studi camerale, conferma l’avvio di un graduale percorso di uscita dalla recessione che aveva avuto una prima conferma nell’ultimo scorcio del 2009 (+1,2% nel trimestre). «La ripresa della produzione manifatturiera sta avvenendo lentamente e in un clima ancora di incertezza – rileva Malvestiti –. C’è un miglioramento della domanda internazionale, in un contesto però di più forte competizione, mentre i consumi e la domanda interna sono ancora depressi. Per riprendere un sentiero di crescita stabile, bisogna, da un lato, intercettare la ripresa del commercio internazionale, trainato dalla domanda dei nuovi paesi emergenti, con prodotti di qualità e valore 74 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010
La ripresa c’è. E l’industria bergamasca la sta cavalcando. Per un rilancio stabile, rileva il presidente della Camera di Commercio, Paolo Malvestiti, bisogna «intercettare il commercio internazionale. E sostenere le filiere dell’industria e dell’artigianato sia quelle orientate ai mercati esteri, sia le molte che agiscono sul mercato interno» Nives Archeoli
elevato e questo richiede un miglioramento della competitività delle nostre produzioni. E, dall’altro, è indispensabile un salto di qualità e un sostegno a tutte le filiere produttive della nostra industria e dell’artigianato, sia quelle orientate ai mercati esteri, sia le molte che agiscono sul mercato interno». Perché «senza azioni di sostegno all’occupazione, ai redditi e alle reti di imprese diffuse nei territori, la domanda interna rischia di vanificare la crescita nei prossimi
Paolo Malvestiti, presidente della Camera di Commercio di Bergamo
Paolo Malvestiti
Nel tessile e nel meccano-tessile, la crisi è stata sperimentata ben prima che altrove. Chi ha resistito ha aumentato la propria competitività spostandosi “in alto” nella catena del valore, con prodotti migliori che inglobano contenuti di “servizio”, di qualità e di immagine più elevati
anni». Promozione e supporto del sistema delle aziende, sono dunque, le priorità della Camera. Come pure, spiega il presidente dell’ente camerale, «il tema del credito che deve essere ancora una volta richiamato quale elemento centrale e imprescindibile per poter pensare a politiche di sviluppo e non solo di pura difesa. Sono convinto di ciò a tal punto da poter affermare che la Camera di Commercio di Bergamo interverrà in maniera robusta a sostegno dei Consorzi fidi, oggi strumento indispensabile alle imprese per continuare non solo a reagire ma, possibilmente, a delineare strategie che non siano soltanto di brevissimo periodo». Certo la congiuntura economica, non è passata indenne. Anche se per qualcuno è partita anzitempo. Come nel tessile, e quindi nel meccano-tessile dove, un tempo, il valore aggiunto era dato dalle materie prime, mentre ora conta la vendita, il marketing, il servizio al cliente. Qui, «la crisi è stata sperimentata ben prima degli altri settori perché si è trovato già nei primi anni del millennio in un contesto internazionale radicalmente mutato dall’ingresso della Cina sui mercati internazionali – evidenzia –. Ha attraversato e sta ancora attraversando una lunga fase di ristrutturazione». Chi, però, ha resistito, «e sono ancora molti, ha aumentato la propria competitività spostandosi “in alto” nella catena del valore, con prodotti migliori che inglobano contenuti di “servizio”, di qualità e di immagine più elevati. Credo che il tessile, riorganizzato e cambiato nella sua struttura produttiva, resterà ancora a lungo tra i comparti principali dell’industria bergamasca. È necessario però che ci sia un forte connubio da un lato tra l’eccellenza delle materie prime a dall’altro il servizio al cliente. Centrare l’attenzione solo su l’uno o l’altro dei due elementi non porta al compimento e al successo dell’azienda. Sono due strategie che solo unite aiutano le imprese a restare sul mercato e a competere». Tessile, ma anche manifattura. «L’aumento atteso della domanda e del commercio internazionale nei prossimi anni riguarda ancora in LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 75
FOCUS BERGAMO
ARTIGIANI IN PRIMA LINEA NEL POST CRISI
A
ngelo Carrara è presidente dell’Associazione artigiani di Bergamo, un ombrello che “ripara” e riunisce 14 mila delle 33 mila aziende artigiane bergamasche. Sul suo tavolo, il dossier della crisi non è ancora archiviato del tutto. Malgrado «segnali di ripresa siano presenti, ma molto diversificati, a macchia di leopardo. Nel manifatturiero ad esempio vediamo performance legate alla fornitura verso la grande industria e verso l’export, punta di diamante della nostra provincia dove si notano forse i segnali migliori di ripresa». Ampliando invece l’orizzonte, Carrara mette nel mirino le criticità e le potenzialità del tessuto produttivo locale. Tra le prime «c’è la ancora insufficiente propensione all’internazionalizzazione e alla logica del lavorare in rete». Tra le seconde, «l’elevata capacità tecnica delle nostre imprese e la voglia di essere protagonisti». Capacità che dovrebbero essere accompagnate da «un auspicabile alleggerimento degli oneri burocratici con una decisa semplificazione, la vera palla al piede per le nostre imprese e in modo particolare per le Pmi. Altro intervento improcrastinabile è la facilitazione dell’accesso al credito, condizione indispensabile per procedere verso un’innovazione delle nostre imprese e da ultimo, ma non ultimo, un nuovo modo di fare impresa, un’impresa nuova in contesti nuovi». E che sia in grado di guardare alle future generazioni. «I giovani – conclude Carrara – sono importanti. Stiamo portando avanti percorsi formativi di livello elevato, tra gli altri, ad esempio, la scuola Sdart, un corso triennale in collaborazione con la School of management dell’Università di Bergamo».
grande misura i beni manufatti – avverte il
presidente -, sospinti dai consumi dei miliardi di persone che vivono nei paesi emergenti. La ricchezza verrà ancora per lungo tempo da quella domanda e dalle ripercussioni sulle relazioni tra industrie e filiere. Ma queste stesse produzioni, e in misura già evidente nei mercati dei paesi più avanzati, si arricchiscono sempre più di servizi, di contenuti culturali, di immagine e di esperienza che allargano la nozione tradizionale di “manufatto”. L’integrazione tra produzione manifatturiera e servizi avanzati di soddisfazione del cliente, sarà la strategia più promettente per la nostra economia». Internazionalizzazione, dunque. Essendo Bergamo la settima provincia per fatturato estero dopo Milano, Torino, Vicenza, Treviso, Brescia
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+0,4%
PRODUZIONE A tanto ammonta la variazione trimestrale della produzione nell’industria nei primi tre mesi del 2010
e Bologna. «L’estero, inteso come partecipazione agli enormi benefici della globalizzazione, è e resta una scelta obbligata e vincente per un’economia come quella di Bergamo e dell’Italia stessa – ammette Malvestiti –. È un elemento che guiderà lo sviluppo delle imprese e sosterrà la competitività del territorio. La strada da percorrere sarà anche quella di potenziare la capacità del sistema di attrarre dall’estero risorse che, sul nostro territorio, possono generare valore e sviluppo». Globalizzazione, ma anche locale. «Deve crescere la nostra capacità di generare e produrre non solo beni, ma anche servizi rivolti al mercato nazionale: gli spazi di crescita della domanda interna per i servizi di cura, di assistenza, di intrattenimento, di turismo, di miglioramento dell’ambiente, di consumo intelligente di prodotti di qualità per la persona e per la casa sono enormi». Tutto ciò, però, trae la sua linfa vitale in quella che comunemente è chiamata formazione e sostegno all’imprenditoria giovanile. «La Camera di Commercio di Bergamo – continua – ha da tempo un’azienda speciale, Bergamo Formazione, che ha promosso progetti e interventi a favore dell’autoimprenditorialità e della creazione di nuove imprese (anche attraverso l’incubatore). Anche nell’ambito dell’accordo di programma tra Regione e sistema camerale lombardo sono state individuate risorse importanti per incentivare la vocazione all’imprenditorialità dei giovani e per assistere le piccole imprese familiari nel delicato passaggio della successione nella gestione d’impresa». Come Camera di Commercio, «puntiamo soprattutto a sostenere e ribadire la centralità delle piccole imprese e il loro radicamento territoriale. E a investire in formazione e istruzione (dagli istituti tecnici alla nostra sempre più dinamica Università) delle risorse umane e in primis dei nostri giovani. In questo percorso la stretta collaborazione con le associazioni imprenditoriali è fondamentale per calibrare la formazione sulle effettive e specifiche esigenze delle imprese».
Alberto Carrara
Commercialisti, consulenti fondamentali per le Pmi Con le piccole e medie imprese hanno un rapporto imprescindibile, ricorda Alberto Carrara, presidente dell’Ordine dei commercialisti Bergamo, che tra dichiarazioni dei redditi e tasse da pagare, possono agire ad ampio raggio. Dal rapporto con il sistema bancario alla gestione della crisi fino all’accesso ai fondi europei Daniela Del Vecchio
N
el loro Dna, è insita «la cultura d’impresa». Purtroppo, però, «a causa di una produzione abnorme della normativa in materia e di una complessità crescente a dispetto di reiterati proclami di semplificazione», il loro ruolo «è stato di fatto compresso nell’ambito fiscale». Commercialisti. Con i quali, le «Pmi – evidenzia Alberto Carrara, presidente dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Bergamo – instaurano un rapporto fondamentale. Ci poniamo al loro servizio per un corretto assolvimento degli obblighi di natura tributaria in un contesto spesso di grande incertezza normativa». Ma non solo, perché «in realtà, il rapporto consulenziale con le pmi è molto più complesso e variegato». In questa logica forse, in futuro, si archivierà la figura del commercialista tutto dichiarazioni dei redditi e tasse da pagare. È evidente che ciò potrà avvenire solo se verrà meno l’attuale sistema fiscale «che, oltre a prevedere un’eccessiva pressione complessiva, è contorto,
farraginoso, contraddittorio e spesso incomprensibile». La necessità di una razionalizzazione è, pertanto, molto sentita «in quanto – Sopra, presidente spiega Carrara – consentirebbe di dirigere le ildell’Ordine dei nostre energie verso molte altre direzioni oggi commercialisti, fondamentali». Come, «la necessità delle Pmi di Alberto Carrara fornire al sistema bancario una visione chiara della propria realtà. L’apporto di consulenza del commercialista è fondamentale per affiancare le imprese nell’elaborazione di bilanci; nell’equilibrare le scadenze delle fonti con gli impieghi; nell’elaborare rendiconti finanziari per individuare l’esigenza di cash flow. Insomma, elementi che possono fare la differenza nell’approccio con il sistema bancario in relazione all’erogazione del credito e all’applicazione dei tassi». Un lavoro ad ampio raggio, dunque. «Per non parlare della soluzione della crisi in cui il ruolo del professionista assume un rilievo determinante laddove ci si trovi in una situazione ove la crisi possa essere affrontata con fondate possibilità di riequilibrio o di risanamento. Con- LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 77
FOCUS BERGAMO
Per affrontare le problematiche legate alla gestione della crisi è necessario ragionare in modo diverso favorendo le aggregazioni, anche temporanee, tra professionisti e attuando un proficuo scambio di competenze e conoscenze
sigliando l’imprenditore di intraprendere le
azioni ritenute più idonee». Inevitabile quindi che un’azienda non possa più prescindere dal doversi rapportare con voi? «Abbiamo dato il nostro apporto, in passato, per la moratoria dei crediti bancari per le pmi. Ora operiamo con gli strumenti che la riformata legge fallimentare mette a disposizione in contesti aziendali di crisi reversibile, ovvero i piani attestati di risanamento, gli accordi di ristrutturazione dei debiti. E il concordato preventivo di risanamento il cui appeal in termini di reperimento di “finanza ponte” è stato migliorato dalla manovra in corso di approvazione». Le Pmi si avvalgono di voi in una logica di consulenza o piuttosto con l’inserimento in
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organico? «Nell’attuale contesto macroeconomico, la figura del commercialista consulente ha ribaltato i canoni classici del rapporto con l’azienda. Fornendo così, da un lato, quel quid pluris in termini di conoscenza degli strumenti giuridici a disposizione e, dall’altro, sensibilizzando l’imprenditore sull’importanza della pianificazione e del controllo finanziario, del budget economico previsionale. La gestione della crisi d’impresa è per noi una sfida, ma anche una grande opportunità di far valere la nostra professionalità. Per affrontare tali problematiche, è necessario ragionare in modo diverso, favorendo le aggregazioni, anche temporanee, tra professionisti, al fine di raggiungere utili risultati in procedure complesse e multidisciplinari, attuando un proficuo scambio di competenze e conoscenze». Quali le prospettive di sviluppo della professione in seno alle piccole e medie imprese? «In primis, la nostra categoria si impegnerà in un’attività di supporto per l’utilizzo dei fondi europei nell’ambito di un accordo tra il nostro Consiglio nazionale e il dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie della Presidenza del Consiglio. Tale intesa prevede la promozione del ruolo dei professionisti in tutte le fasi di gestione dei finanziamenti comunitari. E ha diverse finalità tra cui favorire un maggiore utilizzo dei finanziamenti da parte delle imprese italiane, guidare le pmi nella formulazione delle richieste e svolgere una funzione anti-frode». Secondo? «Insieme ad altre categorie professionali, saremo coinvolti nella mediazione civile disciplinata dal decreto legislativo e che riguarderà anche la gestione delle controversie tra imprese. Pur in attesa dei decreti attuativi, con l’entrata in vigore della conciliazione obbligatoria, si attuerà uno strumento importante in termini di contenimento di tempi e di costi per le imprese. I commercialisti che affiancano l’impresa dovranno quindi giocare un ruolo di primo piano in quanto se la mediazione deve essere un efficace filtro del processo tale strumento deve fondarsi su due elementi».
Luciano Bonetti
P
er il prossimo biennio 2010-2011 «la Foppapedretti vuole raggiungere l’obiettivo di riorganizzarsi, in termini di struttura e prodotto, in modo tale da essere pronta ad affrontare i prossimi 10 anni». Un programma importante quello annunciato da Luciano Bonetti, presidente del Cda della Foppapedretti (250 dipendenti e 75 milioni di euro di fatturato a livello europeo). E che, pur guardando in prospettiva, affonda le sue radici nel bergamasco. Tradizione e innovazione, dunque. «Non riesco a immaginare la Foppapedretti lontana da Bergamo – spiega Bonetti –. In uno scambio ideale la Foppapedretti riceve da questo territorio una manodopera volenterosa e preparata e in cambio ha dato un lavoro sicuro a tanti e una squadra di pallavolo femminile che ha reso famosa la città di Bergamo nel mondo». Quali le potenzialità economiche e produttive di questo territorio ancora inespresse? E quali le criticità? «Io non penso ci siano potenzialità economiche e produttive inespresse in questo territorio in quanto già ben sfruttate. La criticità è semmai legata ai cicli di crisi e alle dimensioni non sempre adeguate delle piccole e medie aziende». Come si è chiuso il 2009? C’è ancora margine di crescita del gruppo a livello nazionale? Per quali settori? «Il 2009 si è chiuso in maniera leggermente negativa in seguito alla congiuntura nazionale e internazionale e soprattutto per il continuo diminuire della classe media. Ora stiamo facendo un lavoro di ri-analisi dei prodotti e di ricerca nel settore casalingo e bambino. Nei prossimi anni prevediamo una crescita con l’inserimento di prodotti altamente innovativi nel settore prima infanzia». Come si sta articolando la vostra strategia di espansione internazionale? Ci sono nuovi mercati nel vostro mirino? «Abbiamo iniziato una strategia di espansione che prevede un rafforzamento dei paesi in cui già siamo presenti e la ricerca di nuovi mercati come
Foppapedretti fra tradizione e innovazione Attenta all’ambiente, la Foppapedretti è in una fase di riorganizzazione. Come spiega il suo presidente Luciano Bonetti. Una storia imprenditoriale di successo legata a un territorio, ma che sa guardare anche all’estero Pasquale Di Natale
Luciano Bonetti, presidente del Cda della Foppapedretti
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75 mln
FATTURATO A tanto ammonta il fatturato dell’aziende a livello europeo; 250 i dipendenti ‘diretti’ ma che arrivano a 300 unità se si considerano quelli legati all’indotto
Abbiamo ormai organizzato l’acquisto del legno solo da foreste protette, marchio Fsc, il che significa che tagliamo dalle foreste gli alberi più vecchi per lasciare spazio ai più giovani 80 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010
la Cina,la Russia, il Brasile e l’area Nord-africana». La vostra produzione è tutta concentrata a Grumello del Monte, vicino a Bergamo. Pensate a esternalizzazioni? «La nostra unità produttiva si trova a Bolgare, la sede e i magazzini a Grumello del Monte e abbiamo realizzato una fabbrica a Nanchino in Cina non tanto per importare, ma per concretizzare la strategia di espansione in quel mercato». Rete Commerciale: negozi specializzati e franchising de “L'albero delle Idee”. Su quale delle due formule volete spingere di più? «Su tutte e due in maniera equa». Ricerca & Sviluppo: quanto questa voce pesa sul vostro bilancio? «La ricerca e sviluppo pesa per il 5%». La vostra materia prima è il legno: come si coniuga la sostenibilità ambientale con la dimensione produttiva? «Partendo dal presupposto che il legno è una delle materie riproducibili, per un processo ecologico, abbiamo ormai organizzato l’acquisto del legno solo da foreste protette, marchio Fsc, il che significa che tagliamo dalle foreste gli alberi più vecchi per lasciare spazio ai più giovani ma sempre in pareggio. Lavoriamo tenendo conto dell’uomo, nei nostri stabilimenti verniciamo all’acqua per non inquinare, bruciamo gli scarti del legno per cui siamo indipendenti nella produzione del calore, produciamo energia elettrica con pannelli fotovoltaici e lavoriamo a qualità così che il prodotto duri più del tempo che il bosco impiega a riprodurre la stessa quantità di legno». La Foppa Pedretti 2010-2011: quali i traguardi da raggiungere? «Nel biennio 2010-2011 vogliamo raggiungere l’obiettivo di riorganizzarci, in termini di struttura e prodotto, in modo tale da essere pronta ad affrontare i prossimi 10 anni».
TRACCIABILITÀ
Una nuova era per il made in
I
l Parlamento europeo ha finalmente adottato, in prima lettura, le norme sul made in nel settore tessile». È stato questo il commento dell’europarlamentare Lara Comi, che a Bruxelles da alcuni mesi si occupa della difesa dell’italianità dei prodotti. Subito dopo essere stata eletta al Parlamento europeo, le è stato affidato il nuovo regolamento sul tessile, e da lì è partito lo studio di un settore particolarmente in crisi che aveva necessità di una semplificazione legislativa. Una prima tappa è stata quella di unire le tre direttive in un unico regolamento. Questo ha posto una riflessione e un maggiore accento su tematiche importanti, quali il made in, l’armonizzazione delle taglie, la semplificazione dell’etichettatura. «Assieme ad altri relatori – precisa – si è pensato di essere molto più incisivi rispetto alla proposta che aveva fatto la Commissione, che chiedeva una rapidità per le procedure di approvazione delle nuove fibre». Il secondo step è stato quello di un incontro con i relatori dei vari gruppi politici per definire le priorità dei vari paesi. «Come italiana – dichiara l’onorevole – ho sostenuto il made in, perché lo ritenevo utile non solo per il mio Paese, ma anche per l’Europa. Ci doveva essere un regolamento europeo per dare conformità all’intero sistema. In seguito abbiamo incontrato più volte tutte le varie lobby, le associazioni, anche quelle dei consumatori elaborando degli emendamenti che sono perfettamente a norma, e conformi al codice doganale e al Wto. In seguito abbiamo votato il regolamento ottenendo una maggioranza molto forte, con soli tre 82 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010
«È arrivato il momento di tutelare il consumatore e di chiamare made in Italy un prodotto che sia realmente fabbricato nel nostro Paese». Il monito dell’onorevole Lara Comi, vicepresidente della Commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori del Parlamento europeo Renata Gualtieri
astenuti e nessun voto contrario».
In questo progetto quale è stato il ruolo del nostro Paese? «È stato importante creare finalmente un sistema Italia. Ho collaborato proficuamente con il commissario Tajani, il vice ministro Adolfo Urso, l’ex ministro Scajola prima e al presidente Berlusconi poi. Ottenere un accordo iniziale era decisivo. Possiamo dire che il sistema paese ha funzionato, cosa
A sinistra, in alto, l’onorevole Lara Comi, vicepresidente della Commissione Imco del Parlamento europeo
Lara Comi
che non accade purtroppo molto spesso».
Questo importante risultato raggiunto che segnale dà alla crisi del mercato del lavoro? «Dà un segnale fortissimo perché la richiesta è quella di inserire due fasi su quattro della produzione tessile. Fino ad ora si è fatto riferimento solo all’ultima fase di lavorazione, ovvero il confezionamento, che necessita di un’industria più leggera e ha una maggior flessibilità, anche di manodopera. Richiedendo un’altra fase tra la filatura, la tessitura e la nobilitazione, tre fasi di un’industria pesante la quale ha bisogno di macchinari tessili, di manodopera specializzata e costante. La loro flessibilità è inferiore perché l’investimento di macchinari costosissimi richiede di rimanere nel territorio ».
Le grandi imprese come hanno reagito davanti a queste scelte? «Versace, che ha alle spalle un’importante tradizione è stata una delle grandi aziende che ha detto finalmente sì alla tutela del made in. Ve ne sono state altre invece che non erano favorevoli perché
100% MADE IN ITALY
Se un’azienda svolgerà tutta la produzione in un territorio
528 VOTI
Sono quelli ottenuti su un totale di circa 600 voti
hanno trasferito all’estero le loro attività. Ma una grande azienda che ha rafforzato il suo marchio nel mondo, perché italiano, non può svolgere solo il confezionamento nel nostro Paese. Un prodotto, per essere made in Italy, deve aver subito almeno due fasi su quattro in Italia. Abbiamo inoltre aggiunto un’ulteriore distinzione: l’azienda che svolgerà tutta la produzione in un territorio potrà scrivere sull’etichetta 100% made in italy.Questo provvedimento tutela prevalentemente le Pmi che hanno creduto nel sistema Italia e non sono scappate all’estero.
Il passaggio della norma che effetti avrà sul mondo imprenditoriale? «Per le grandi aziende che hanno esternalizzato ottenendo così dei vantaggi economici precedenti, il rientro di una fase in più produrrà sicuramente degli investimenti e un lieve aumento di costi che non dovrà corrispondere a un aumento di prezzo. Siamo in un momento economicamente difficile non si può ingannare il consumatore dichiarando made in LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 83
TRACCIABILITÀ
NEL SOLCO DELLA TRADIZIONE «Oggi il consumatore cerca unicità, qualità e soprattutto coerenza con i valori che la marca trasmette». La testimonianza di Maurizio Corneliani, direttore commerciale e responsabile del marketing strategico del Gruppo
Maurizio Corneliani, direttore commerciale dell’omonimo Gruppo
Che cosa rappresenta il modello italiano per la sua casa di moda? «Per noi il modello italiano è il giusto mix tra tradizione, qualità e modernità che sono poi i valori del nostro brand. Le radici della Corneliani affondano nella tradizione per il gusto del bello, per l’arte, per l’eleganza, per il saper fare che è stato tipico dell’Italia dal Rinascimento in poi. La qualità è intrinseca nel nostro Dna e da sempre puntiamo a un prodotto d’eccellenza. La modernità viene espressa nella capacità di essere interpreti del design italiano con la creatività. I prodotti, ad esempio le giacche e gli abiti, possono essere uguali per la funzione e le maglie, ma si differenziano da azienda ad azienda per la creatività e la qualità che ciascuna porta». Mantenendo fede alla qualità come è possibile reinventare il Made in Italy?
Italy ciò che in realtà non è.
Questo cambiamento quali vantaggi porterà ai consumatori?
«Grandissimi vantaggi. Innanzitutto il consumatore non verrà più ingannato. Prima si dichiarava made in Italy ciò che realmente non lo era. In secondo luogo, il consumatore sarà consapevole di un 100% fatto in Italia e di un made in che deriva solo da due fasi. Un altro aspetto riguarda il prezzo, cioè quando un consumatore non vedrà sull’etichetta Mla dicitura “made in” e una borsa costerà 500 euro magari ci penserà due volte prima di acquistarla. Questa è stata la chiave di successo anche nei paesi del nord dove il made in non è “amato” avendo le loro grandi aziende esternalizzato. Quello che noi siamo riusciti a portare avanti è la protezione del consumatore. Abbiamo detto che in un periodo di crisi dobbiamo tutelare il consumo e soprattutto chi consuma».
La crescita del mercato italiano passa anche dall’e-commerce. Questo provvedimento quanto avvantaggia il commercio elettronico? «Pablo Arias, un bravissimo collega spagnolo, sta 84 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010
«Nel campo della moda ogni stagione, con le nuove collezioni, c’è una grande dose di creatività che riprogetta un po’le collezioni e quindi reinventa, evolve quello che è il made in Italy e una grande ricerca tecnologica per la produzione dei nostri capi che si sono alleggeriti molto rispetto al passato. Oggi ci sono poi dei tessuti finissimi, che danno grandi performance, resistenza, impermeabilità pur mantenendo quella che è la qualità, la mano e il touch del tessuto». Operare nel segno della tradizione italiana può essere un rimedio per contrastare la crisi e rilanciare lo sviluppo? «La tradizione è uno dei valori però oggi l’innovazione è diventata una caratterizzazione fondamentale. Oggi il consumatore quando cerca prodotti cerca novità. Quindi la tradizione va bene ma non deve essere un vincolo di mobilità e quindi noi al nostro interno dobbiamo tener presente la qualità del passato però pur sempre nell’innovazione continua che le collezioni devono portare». Quale attenzione c’è all’italian style sui mercati internazionali? «Oggi c’è molta attenzione che viene riconosciuto anche con il life style italiano, quindi con lo stile di vita che è dato da questa ricerca continua del bello non solo nel campo della moda ma anche nel design, nell’arredamento e nella cucina. È un life style che dobbiamo saper valorizzare continuamente per continuare ad essere vincenti nel made in Italy». La legge sulla regolamentazione del made in è un bene o un male per le nostre imprese? «È sicuramente un bene, è un punto di partenza, adesso dobbiamo essere così bravi da portare questa legge nell’ambito comunitario perché non rimanga solo una legge italiana ma diventi una regola per tutti i paesi europei».
Lara Comi
In alto, una sfilata di Ferrè a Milano Moda Uomo; sotto, un momento della votazione sul made in al Parlamento europeo
Una grande azienda che ha rafforzato il suo marchio nel mondo, perché italiano, non può svolgere solo il confezionamento nel nostro Paese
seguendo il dossier sull’e-commerce. Io sto collaborando con lui proprio perché l’ambito della contraffazione, il tessile e il Made In sono molto collegati. In particolar modo stiamo cercando di effettuare un’armonizzazione delle taglie: chi vorrà comprare prodotti da un sito inglese non dovrà più avere una tabella di conversione delle size. Lo stesso avviene per l’Italia e per la Francia. Dall’altro punto di vista ci sarà un osservatorio europeo per la contraffazione, in particolar modo sul tessile. Si dovrà tutelare l’aspetto dell’e-commerce
con un database dove effettivamente si indicheranno i siti buoni e i siti meno buoni, i siti che vendono prodotti contraffatti e i siti safe. Invito tutti gli imprenditori a vendere online, anche se comprendo perfettamente la diffidenza iniziale, ma è importante collaborare insieme per ridurre le barriere fisiche al commercio. Nel frattempo è necessario sviluppare il settore on line collaborando insieme agli imprenditori e consumatori, così da avere una maggior trasparenza dei prezzi e della tracciabilità». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 85
ALBERTO BARCELLA
ALBERTO MEOMARTINI
Presidente di Confindustria Lombardia
Presidente di Assolombarda
MICHELE GRAGLIA
PAOLO MAINETTI
Presidente dell’Unione degli Industriali della provincia di Varese
Presidente dell'Unione Industriali della provincia di Sondrio
CONFINDUSTRIA
Lo sbarco in America La Lombardia è fortemente vocata all’internazionalizzazione, come dimostrano i dati relativi al 2009 che la pongono in cima alla classifica delle regioni per quanto riguarda le imprese a partecipazione estera. E a settembre partirà la prima missione imprenditoriale negli Usa. Ne parla Alberto Barcella, presidente di Confindustria Lombardia Simona Cantelmi
P
er vincere le nuove sfide imposte dal mercato una chance importante è l’internazionalizzazione. Intrattenere scambi culturali con paesi esteri e avviare nuovi progetti e contatti possono rappresentare una svolta per le aziende. Talvolta, però, le imprese, soprattutto quelle più piccole, non sono in grado di intraprendere questo percorso perché non hanno risorse finanziarie a sufficienza o le competenze necessarie. Le istituzioni e le associazioni degli industriali possono sostenere lo sviluppo delle aziende in tale direzione, attraverso bandi, finanziamenti o progetti di aggregazione. Un arricchimento non solo economico, ma anche intellettuale, come racconta Alberto Barcella, presidente di Confindustria Lombardia. Dalla Lombardia sono arrivati i primi confortanti segnali di ripresa, soprattutto dall’export. Come legge questi dati? «Le previsioni per il 2010 indicano un export con un trend positivo, anche se bisogna stare attenti ad altri importanti indicatori. Insieme 88 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010
alla questione energetica e all’andamento dell’euro, che proprio in questi mesi sta mettendo in crisi le economie di diversi paesi Ue pur rappresentando un incentivo per le nostre esportazioni nei paesi del Nord America, rimane preoccupante il continuo aumento dei costi delle materie prime. Non è possibile far ricadere a valle questi stessi costi e i margini delle aziende continuano a ridursi, com-
Il presidente di Confindustria Lombardia Alberto Barcella
Alberto Barcella
Circa i tre quarti del totale delle partecipazioni lombarde all’estero riguarda l’industria manifatturiera
promettendo il timido aggancio di ripresa in corso». Secondo una vostra recente ricerca sull’internazionalizzazione delle imprese, ben il 52% delle imprese italiane a partecipazione estera nel 2009 sono lombarde. Quali sono le previsioni per quest’anno per quanto riguarda gli investimenti diretti esteri in Lombardia? «La presenza estera mantiene in Lombardia una quota significativa soprattutto nei settori a più elevata intensità tecnologica, ma si evidenziano anche fenomeni nuovi con partecipazioni che si concentrano soprattutto nel tessile-abbigliamento e nella meccanica. Fortunatamente nel 2009 non si è verificata un’accelerazione dei processi di disinvestimento, ma temiamo che in assenza di una robusta ripresa economica gli investimenti possano calare». Secondo la stessa indagine oltre i due terzi delle imprese intervistate dichiarano di voler potenziare le attuali strutture commerciali e produttive all’estero. Quali sono
68%
PROSPETTIVE Le imprese lombarde che intendono sviluppare le esportazioni tra il 2010 e il 2013 (fonte: indagine Confindustria Lombardia su 980 imprese)
i settori attualmente più forti oltre i nostri confini? «Circa i tre quarti del totale delle partecipazioni lombarde all’estero riguardano l’industria manifatturiera. Così come avviene per l’attrattività del territorio, la specializzazione relativa della Lombardia riguarda settori a elevata innovazione tecnologica, come l’aerospazio, la microelettronica, la farmaceutica, la gomma e plastica, la metalmeccanica e in generale la filiera dei prodotti elettrici, elettronici e ottici. Va anche segnalato il rafforzamento del settore editoriale a seguito di alcune importanti acquisizioni da parte dei maggiori gruppi industriali lombardi operanti nel settore dei media». Quali sono le future iniziative di Confindustria Lombardia per supportare l’internazionalizzazione? «Stiamo collaborando con il sistema del credito per la predisposizione di strumenti per facilitare gli investimenti all’estero che, non dobbiamo dimenticarlo, accelerano i processi di crescita aziendale a beneficio anche del LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 89
CONFINDUSTRIA
VARESE, IL DISTRETTO DELL’AEROSPAZIO IN NUMERI
U
Un anno e mezzo fa è iniziato il cammino del distretto aerospaziale lombardo, con otto realtà della provincia di Varese hanno dato il via al comitato promotore. «L’idea fu lanciata nel 2008, quando fu presentato un rapporto con tutti i numeri riguardanti la presenza dell’industria aerospaziale nella nostra regione», spiega Michele Graglia (nella foto), presidente dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese, soggetto promotore del progetto. «Fu il primo passo di un cammino che portò alla costituzione, nel febbraio 2009, del comitato promotore del distretto aerospaziale lombardo». Il percorso del distretto è in ascesa. Nell’estate dell’anno scorso la Regione ha dato il suo primo riconoscimento ufficiale al distretto tramite il bando Driade. L’industria del settore in Lombardia produce un fatturato di circa 4 miliardi di euro, impiegando un totale di 14.500 addetti. In regione si contano 185 imprese aerospaziali, di queste una settantina hanno già aderito al distretto. «Si tratta di aziende operanti nei più vari ambiti: elicotteristica, addestratori di volo, piccoli satelliti, forte specializzazione nell’equipement, l’avionica. A completare il cluster aerospaziale lombardo ci sono anche tredici università e numerosi centri di ricerca, tra cui il Cnr, l’Istituto nazionale di astro fisica, il Joint research centre of European commission e l’Advanced rotorcraft centre for applied research». Il distretto lombardo collabora con altre realtà nazionali e internazionali.
territorio di provenienza. Stiamo poi conti-
nuando la riflessione, insieme alla politica, alle istituzioni e alle stesse imprese, su come anticipare i cambiamenti e valorizzare le indicazioni emerse dalla nostra indagine, come ad esempio puntare su grandi progetti-paese. A settembre partirà la prima missione imprenditoriale lombarda in Canada e negli Stati Uniti, nata proprio dall’impulso di una delle nostre precedenti ricerche». La cassa integrazione ordinaria nel mese di aprile 2010 diminuisce del 23,4% rispetto allo stesso mese dell'anno scorso. Quali sono le iniziative che Confindustria Lombardia mette in campo per il mondo del lavoro e favorire l’incontro tra richiesta delle imprese e necessità dei lavoratori? «Durante la crisi le imprese lombarde hanno deciso di preservare il capitale umano che è il-
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«Per quanto riguarda il piano nazionale, in Piemonte, Campania e Puglia, negli ultimi anni sono nati vari progetti di costruzione di distretti, ognuno con sue caratteristiche specifiche. Sono realtà con cui si è avviato un dialogo costruttivo. Un confronto utile che, però, deve essere portato avanti sapendo che già esistono organizzazioni a livello nazionale preposte a rappresentare gli interessi dell’industria aerospaziale. Dobbiamo aumentare l’efficienza del sistema, stando attenti a non cadere nell’errore di creare sovrastrutture che rischierebbero di moltiplicare i livelli di interlocuzione del settore con le istituzioni. Sul fronte internazionale, invece, come distretto aerospaziale lombardo abbiamo formalizzato, durante l’Ila Berlin airhow, la nostra adesione all’European aerospace cluster partnership che raccoglie tutti i principali distretti dell’industria europea del comparto. Un passo che permetterà anche alle imprese lombarde di far parte di un’importante rete di scambio di informazioni».
1900 IMPRESE
Le partecipazioni estere nell’industria manifatturiera lombarda (banca dati Reprint, R&P-ICEPolitecnico di Milano)
principale fattore di recupero di competitività, tuttavia sappiamo che la ripresa è un fenomeno a più velocità e il processo di uscita dalla crisi sarà, purtroppo, lungo. Confindustria Lombardia si è impegnata nel costruire insieme alla Regione le migliori misure anticrisi a favore di imprese e lavoratori, promuovendo soprattutto lo strumento della formazione che si rivolge, oltre che al personale già occupato, a chi è stato espulso dal mercato del lavoro e ha bisogno di rinnovare le proprie competenze. La diminuzione dell’utilizzo della cassa integrazione non deve farci abbassare la guardia: in attesa che i dati sull’utilizzo degli ammortizzatori sociali si stabilizzino, dobbiamo agire anche su altri fronti, prima di tutto quello del credito, che rimane una variabile di assoluta criticità sia che la ripresa tardi a venire sia che si rafforzi».
Alberto Meomartini
Il ruolo centrale delle imprese Molto, forse troppo, si è parlato di crisi, trasformandola in alcuni casi in alibi o svuotandola di significato. Per affrontare le difficoltà è opportuno impegnarsi in progetti innovativi e collaborare creando sinergie tra le imprese. Lo spiega Alberto Meomartini, presidente di Assolombarda Simona Cantelmi
I
l periodo più nero sembrerebbe alle spalle e l’economia italiana appare in ripresa. «Ho quasi paura a pronunciare la parola crisi, che, a forza di essere usata da tutti e in tutte le circostanze, rischia quasi di perdere significato» afferma Alberto Meomartini, presidente di Assolombarda. «Spero che oggi sia condivisa l’opinione che la situazione che stiamo vivendo, e che pagano soprattutto le categorie più deboli e i giovani, anche nel nostro territorio, prima ancora che da errori di gestione della finanza internazionale e dei suoi controllori, origini da una crisi di pensiero. La crisi ha anche conseguenze positive: ha collocato l’impresa al centro della considerazione sociale e quindi assegna a imprenditori, manager e all’associazionismo d’impresa nuove responsabilità di grande peso. Questa responsabilità ci porta a ripensare i fondamentali del nostro agire da imprenditori e cittadini e a ripensare il ruolo dell’impresa». In questo scenario, è d’importanza rilevante la collaborazione tra tutti i soggetti, istituzionali, culturali e imprenditoriali.
La crisi ha collocato l’impresa al centro del dibattito. Questa responsabilità ci porta a ripensare i fondamentali del nostro agire da imprenditori e cittadini
«Quest’anno abbiamo lavorato in aperta, efficace e schietta collaborazione con Comune, Provincia e Regione», spiega Meomartini. «In Il presidente questi mesi gli imprenditori di Assolombarda di Assolombarda Alberto Meomartini hanno inoltre incontrato ministri, parlamentari europei e italiani, studiosi, responsabili delle più importanti istituzioni bancarie e di finanziamento delle attività produttive, delle organizzazioni per lo sviluppo delle imprese all’estero, delle organizzazioni sindacali, amministratori locali, contribuendo a costruire quelle reti di confronto e di conoscenza dei problemi che costituiscono la base della crescita della nostra società». L’economia milanese appare in recupero, già dagli ultimi mesi dello scorso anno. «Per l’area milanese, lo confermano i risultati delle in- LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 91
CONFINDUSTRIA
Con Expo 2015 coincide, non casualmente, il progetto Confindustria “Italia 2015”. Le imprese stanno mettendo in campo progettualità: troviamo insieme il modo di dare vita a questi progetti
dagini congiunturali di Assolombarda, nel corso del 2009 gli indici del clima di fiducia del manifatturiero e del terziario innovativo sono risaliti e si sono progressivamente consolidati, anticipando sia nei tempi sia nell’intensità del recupero il trend nazionale. Per il settore manifatturiero, poi, il rialzo è proseguito nella prima parte del 2010, con prospettive che confermano, almeno fino alle ultime elaborazioni di maggio, un miglioramento anche nei prossimi tre o quattro mesi». Molta linfa al sistema viene dall’internazionalizzazione. «Il dato non ci stupisce: l’edizione del 2009 della nostra indagine sull’internazionalizzazione delle imprese associate ha evidenziato un sistema fortemente orientato all’estero (il 60% delle imprese intervistate esporta più di un quarto del proprio fatturato) che, nonostante la crisi, non è arretrato sui mercati internazionali. Dal 2008 al 2009, la quota di fatturato esportato si è ridotta solo di 1,6 punti percentuali, restando 92 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010
comunque sul 37,2%. Anzi, le nostre Pmi hanno continuato a investire sulla presenza commerciale nei mercati esteri, progettando per i prossimi tre anni di spostarsi sempre più dai mercati del Vecchio Continente a quelli dei paesi emergenti». Per affrontare al meglio i repentini cambiamenti imposti dai mercati, soprattutto quelli in crescita come ad esempio Cina, India e Brasile, e rendere più solida la produzione, anche attraverso progetti innovativi, l’imprenditore deve possedere duttilità e adeguare il proprio modo di fare impresa. «Le imprese devono affrontare alcune discontinuità, come la capacità di innovazione, i nuovi mercati, i rapporti con la conoscenza e con il mondo del lavoro. Le aziende stanno reagendo nel nostro territorio a questa condizione, ristrutturando la propria organizzazione, innovando, ripensando processi e prodotti, riconsiderando la propria struttura finanziaria, cercando di trovare capacità e condizioni per andare sui nuovi mercati. Lo spostamento della crescita dei consumi nelle aree orientali è il tema di fondo anche del nostro sistema produttivo milanese, che vede oggi le proprie esportazioni prevalentemente verso quattro paesi vicini: Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna. Si tratta di capovolgere simbolicamente il viaggio rivoluzionario di Cristoforo Colombo: “Buscar el Levante por el Poniente”. Oggi invece l’Occidente economico cerca di trovare se stesso attraverso l’Oriente». Secondo il presidente Meomartini le industrie
Alberto Meomartini
GLI INDUSTRIALI SOSTENGONO IL PROGETTO STORE VALTELLINA
L
o scorso maggio è stata presentata l’iniziativa “Store Valtellina”, una piattaforma di e-commerce per i prodotti di eccellenza della terra e accessibile dal sito www.valtellina.it. «Confermiamo il nostro sostegno al progetto, un’opportunità da non perdere per il territorio», afferma Paolo Mainetti (nella foto), presidente di Confindustria Sondrio. «Nel mio intervento in conferenza stampa ho sottolineato il valore del progetto come elemento di coesione del territorio – continua –, un esempio della nostra capacità di fare sistema per promuovere alcuni dei nostri asset più preziosi: i prodotti agroalimentari e, di riflesso, l’offerta turistica». Al progetto, promosso da Ised Spa e dall’Università di Pavia, hanno aderito le associazioni di categoria Confindustria, Confartigianato e Coldiretti, il multiconsorzio “Valtellina c’è più gusto” e il Consorzio Tu-
ristico Provinciale, che hanno firmato un apposito protocollo d’intesa con l’assessorato al Turismo della Provincia di Sondrio. «È un progetto nato dal basso perché sviluppato insieme alle aziende che per prime ne hanno colto le potenzialità e si sono offerte di collaborare – precisa Mainetti –. Già due anni fa se ne discuteva nella sede di Confindustria Sondrio con alcuni nostri associati. Siamo felici che nel frattempo si sia percorsa parecchia strada. L’iniziativa rientra nei cinquanta migliori progetti selezionati dal ministero dello Sviluppo economico nell’ambito del bando “Industria 2015” su un totale di 500 a livello nazionale. Sul piano locale, poi, sono stati coinvolti con un ruolo primario la Provincia di Sondrio e il Consorzio turistico provinciale, grazie ai quali si garantisce un raccordo ottimale con il progetto Dmo su cui si basa l’evoluzione del sistema tu-
del milanese si stanno muovendo in questa direzione. «Che queste siano le linee direttrici del movimento del sistema di Milano lo dimostrano le imprese che abbiamo coinvolto nel progetto di ricerca “Focus Group”, coordinato da Confindustria a livello nazionale e realizzato sul nostro territorio con l’Università Bocconi, per raccogliere, studiare e diffondere le scelte e le esperienze delle realtà produttive che hanno già trovato una via d’uscita. Dalle imprese che abbiamo contattato emerge con chiarezza che la gran parte ha caparbiamente continuato a ricercare mercati, innovazione, riorganizzazione e nuove forme di integrazione». Anche politica e istituzioni sono chiamate a contribuire allo sviluppo e alla risoluzione delle problematiche. «Mai come in questo momento – afferma Meomartini - le prospettive di crescita chiamano in causa una presenza adeguata della politica. Il decalogo condiviso e sottoscritto all’ultima sessione dell’Ocse fa ben sperare, ma le dichiarazioni
+1,3% RIPRESA
Le prospettive di crescita in Lombardia, secondo Prometeia
ristico del territorio». Nelle prossime settimane Store Valtellina sarà presentato nei dettagli a tutte le imprese affiliate ai partner del progetto. «Con questo nuovo canale si moltiplicano le opportunità di sviluppo del business aziendale – conclude Mainetti –, il tutto in una logica di sistema integrato che crea sinergie tra le categorie produttive e il turismo. Un progetto che fa bene al territorio e che richiede unità».
dovranno avere in tempi rapidi un seguito concreto. Sottolineo che il primo e vero sostegno alla crescita può e deve passare dal taglio e dalla razionalizzazione della spesa pubblica per allentare la morsa del debito e liberare risorse per lo sviluppo». Un altro punto di forza del territorio milanese è la vocazione internazionale. «Quasi pleonastico ricordare il ruolo che potrà avere l’Expo per valorizzare questa propensione. Ma tocca a noi, al sistema - Milano, creare le condizioni perché lungo il percorso che ci porterà al 2015 le nostre imprese possano entrare in contatto con potenziali partner di business e cogliere tutte le opportunità relative ai progetti per la realizzazione delle opere infrastrutturali. Con Expo 2015 coincide, non casualmente, il progetto Confindustria “Italia 2015”. Le imprese stanno mettendo in campo progettualità: troviamo insieme il modo di dare vita a questi progetti, che hanno bisogno da un lato di coordinamento e dall’altro di concretezza». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 93
SIDERURGIA
La tecnologia che fonde l’acciaio Saldatura, laminazione, fusione, lavorazione a freddo. Ogni tipo di acciaio, da quello per cemento armato a quello speciale, viene sottoposto a procedimenti specifici. Il tutto nel rispetto delle norme vigenti. Alessandro Leali fa il quadro di tecniche e lavorazioni del settore siderurgico Eugenia Campo di Costa
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Nelle immagini, alcune fasi di lavorazione dell’acciaio www.leali.com
a lavorazione delle armature di acciaio per cemento armato ha subito negli ultimi tempi una notevole evoluzione. Complice la crisi, la continua necessità di contenere i costi di manodopera, nonché di ridurre i tempi di esecuzione e di diminuire gli sfridi di acciaio, ha portato le aziende del settore delle costruzioni a sfruttare con sempre maggiore frequenza la saldatura. «Se da un punto di vista puramente formale tutti gli acciai possono essere sottoposti a saldatura, la reazione a tale processo risulta tuttavia assai diversa a seconda del tipo di acciaio trattato e varia anche l’affidabilità della saldatura stessa, in base ai vari metodi usati per i diversi tipi di acciaio» spiega Alessandro Leali, titolare del gruppo Leali Spa, uno dei maggiori produttori siderurgici bresciani di acciaio con due stabilimenti a Odolo e Roè Volciano. «Tutti gli acciai per cemento armato - continua - possono essere forniti con la garanzia di idoneità generale alla saldatura se tale garanzia è stabilita da specifica normativa cogente,
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oppure è oggetto di accordo all’atto dell’ordinazione». Lo stabilimento di Roè Volciano si occupa della lavorazione dell’acciaio per cemento armato, primo prodotto da cui è sorto e consolidato, in ambito siderurgico, lo sviluppo industriale del gruppo Leali. L’attività comprende inoltre lo stabilimento di Odolo, dedicato alla produzione degli acciai speciali, la società controllata LAF, adibita esclusivamente alle lavorazioni a freddo delle barre laminate a caldo, tramite lavorazioni di pelatura e rettifica barre tonde, e l’Acciaieria Valsugana S.p.A., una acciaieria elettrica con colata continua di blumi, situata nella zona industriale e commerciale del comune di Borgo Valsugana. LA PRODUZIONE Lo Stabilimento di Roè Volciano produce acciaio tondo per cemento armato liscio e nervato nei diametri da 6 a 50 mm. «Per particolari esigenze costruttive in strutture edilizie di grosse dimensioni e in strutture di ingegneria civile di
Tecniche e lavorazioni
È posta particolare attenzione ai controlli non distruttivi (CnD) finali in linea alle varie lavorazioni, che assicurano un prodotto finito conforme alle normative
particolare impegno costruttivo, possono essere prodotti anche diametri maggiori» afferma Leali. «L’acciaio tondo per cemento armato nervato è ad alto limite elastico, ad aderenza migliorata, a elevata duttilità, a comportamento favorevole per sostenere sollecitazioni per fatica e sismiche, a saldabilità garantita nel rispetto dell’analisi chimica e ha un corretto metodo di saldatura». La produzione di acciaio tondo per cemento armato viene effettuata seguendo le direttive di tutte le più recenti Norme Internazionali. «Vengono presi in considerazione i riferimenti qualitativi generali della nuova Norma Europea EN 10080, relativa agli acciai “saldabili” per cemento armato normale e ad alta duttilità». Lo stabilimento di Odolo invece ospita un moderno impianto di laminazione e alcune linee di controllo non distruttivo, e si occupa in particolare degli acciai di qualità e degli acciai speciali, compresi in una estesa gamma produttiva quali tondi, quadri, piatti, billette rilaminate da stampaggio. I settori di utilizzo principali sono la meccanica e l’automotive. «Sono prodotti at-
traverso i quali si sta consolidando, in ambito siderurgico europeo, lo sviluppo industriale del gruppo» afferma Alessandro Leali.
TECNOLOGIE «Le principali caratteristiche tecnico-costruttive dell’impianto di laminazione di Odolo spiega Leali -, oltre a garantire, per quanto tecnicamente possibile, il rispetto dei principali fattori di processo, danno la possibilità, mediante il controllo in linea delle tolleranze, di gestire direttamente in corso di lavorazione, tolleranze di laminazione molto ristrette e di ottenere, allo stesso tempo, un perfetto stato superficiale del prodotto finito. Da sottolineare che tutto il processo di produzione e confezionatura è controllato da un sistema di supervisione e tracking completamente automatizzato, che tramite la gestione con codici a barre permette la tracciabilità del prodotto dall’entrata del semilavorato fino alla spedizione del lotto finito, e la registrazione di tutti i parametri produttivi di ogni lotto. LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 97
SIDERURGIA
ciaio si ottiene fondendo nel forno fusorio il rottame, con l’ausilio di energia elettrica aggiunta tramite elettrodi in grafite ed energia chimica, segue l’affinazione fuori forno con aggiunta di additivi e ferroleghe, il colaggio in macchina di colata continua e tutti gli altri servizi d’acciaieria». Le successive lavorazioni di questi prodotti permettono di coprire la vastissima gamma di articoli usati in tutto il mondo. Il Gruppo Leali comprende anche il sito produttivo LAF, adibito esclusivamente a lavorazioni a freddo degli acciai, e situato vicino alla sede di Odolo. Negli stabilimenti LAF e Leali operano numerose macchine come raddrizzatrici, rullatrici, pelatrici, bisellatrici, rettifiche senza centri. «Particolare attenzione si è posta ai controlli non distruttivi (CnD) finali in linea alle varie lavorazioni, che assicurano un prodotto finito assolutamente conforme alle normative o alle esigenze particolari del cliente». LA QUALITÀ
Viene inoltre assicurata la possibilità di poter Gli investimenti fatti negli ultimi anni da Aclaminare a temperature controllate, di poter gestire con particolare elasticità impiantistica i cambi produttivi, dimensionali e qualitativi della produzione». L’elevata potenzialità oraria dell’impianto è assicurata da un moderno forno di riscaldo a “suola mobile” di costruzione ‘TS Impianti’ realizzato per garantire sia l’efficienza e l’uniformità di riscaldo dei semilavorati, ma anche il necessario rispetto dell’ambiente abbinato a un effettivo risparmio energetico. LA LAVORAZIONE Un altro speciale reparto del gruppo Leali è l’Acciaieria Valsugana che produce acciaio mediante fusione attraverso un ciclo standardizzato in regime di qualità (IGQ 9112 UNI EN ISO 9001:2000). «La logistica di approvvigionamento di tutte le materie prime prevede conferimenti giornalieri – spiega Leali -. Le materie prime arrivano in stabilimento su autocarri e vagoni ferroviari. L’ac98 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010
ciaieria Valsugana sono sempre stati rivolti a un aumento della produzione di acciai di qualità. «La qualità è la caratteristica che ci distingue sul mercato e che ha fidelizzato la nostra clientela – afferma Leali -. La macchina di colata continua ci permette di produrre blumi per forgia di qualità con una sezione quadra che può arrivare a 160 mm. In futuro calcoliamo anche un maggiore sviluppo, poiché la macchina può arrivare a produrre 200 mm nel quadro e 220 nel tondo». Lo stabilimento di Odolo ha da tempo ottenuto la certificazione del sistema di gestione della Qualità in conformità alla norma UNI-EN-ISO 9001:2008, dall’Ente di Certificazione indipendente SGS Italia. L’impegno profuso a tutti i livelli dai responsabili delle varie aree dell’azienda per il raggiungimento della Certificazione del Sistema di Qualità, è la garanzia di poter proseguire con sempre maggior determinazione affinché la “qualità” possa essere l’elemento catalizzante per la continua crescita dell’Azienda».
IL SETTORE TESSILE
Il tessile deve puntare sui mercati di nicchia Da sempre garanzia di qualità, il prodotto made in Italy continua a fare la differenza nonostante la crisi economica. La strategia migliore spesso consiste nel rivolgersi a mercati di nicchia. L’esperienza di Mario Faganelli Eugenia Campo di Costa
L
Nella pagina accanto, un interno dell’azienda Maris. Fondata da Mario Faganelli e dalla moglie Maria Angela Vignoni, l’azienda ha sede a Carpenedolo (BS). Oggi in azienda sono entrati anche i figli, dottor Alessandro Faganelli e il dottor Alberto Faganelli, responsabili vendite e sviluppo nuovi prodotti
a crisi del tessile è in corso da oltre 10 anni. E la recessione di fine 2008 che ha toccato tutti i settori, sostanzialmente ha comportato la chiusura delle aziende del settore che nel frattempo non si erano evolute. «L’attuale crisi economica è solo l’ultima di una lunga serie che ha flagellato il tessile» afferma Mario Faganelli, titolare di Maris azienda specializzata nella realizzazione di calzetteria da uomo, donna e bambino. E aggiunge che «nonostante l’attuale situazione sia scoraggiante, bisogna continuare a credere nel futuro della produzione Made in Italy». Ecco perché la ditta Maris, già a partire dalla fine degli anni ’90, si è concentrata su prodotti di nicchia. D’altronde, già in quel periodo, la concorrenza sui prodotti basici si faceva sempre più forte «era chiaro che le calze di minor costo e con tirature più grandi sarebbero state prodotte nei paesi asiatici» spiega Faganelli. «Ci siamo trovati di fronte alla scelta di continuare a produrre in Italia o delocalizzare – aggiunge -. Andando contro tendenza rispetto alla concorrenza abbiamo scelto di continuare a produrre interamente in Italia, puntando
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verso le nicchie di mercato». Sembrava una scelta azzardata ma nel tempo pare essersi rivelata quella giusta, in quanto il Made in Italy è a tutt’oggi una garanzia di qualità, innovazione e soprattutto di servizio al cliente, che è difficilmente raggiungibile con produzioni all’estero. Uno dei punti di forza dell’azienda è, ad esempio, il contenimento dei tempi di consegna che permette ai clienti di limitare i costi dello stock, problema molto sentito soprattutto dalla grande distribuzione. Oggi i mercati di riferimento di Maris sono principalmente due, e rientrano entrambi nella fascia alta del mercato, dove il Made in Italy è maggiormente apprezzato. «Nell’ambito sportivo tecnico, il continuo investimento nell’innovazione tecnologica e la ricerca di filati con sempre maggiori performance, si concretizza nello sviluppo di prodotti di alta qualità e in continua evoluzione per il mercato della calze tecniche. Produciamo modelli per ogni sport, dallo sci allo snowboard, dal trekking al running, sviluppati in collaborazione con atleti amatoriali e professionisti. Nell’ambito moda, invece, lo sviluppo e la progettazione dei nuovi modelli è affidato esclu-
Made in Italy
Sotto, Mario Faganelli, titolare della ditta Maris www.maris.it
sivamente a personale tecnico e grafico interno all’azienda. L’insediamento produttivo altamente tecnologico e verticalizzato e le risorse umane qualificate permettono un’elevata flessibilità nella produzione e nella gamma prodotti con consegne just in time. Lo sviluppo continuo di nuovi modelli e la produzione italiana al 100% ci permette inoltre di essere più attenti alle continue evoluzioni della moda». I prodotti Maris vengono commercializzati nei maggiori mercati europei, Francia, Germania, Benelux, Austria e Svizzera, fornendo direttamente dalla grande distribuzione, alla vendita per catalogo, dai department stores alla distribuzione specializzata. «Nonostante il continuo sviluppo dei mercati emergenti, allo stato attuale i Paesi su cui lavoriamo di più, restano quelli della comunità europea. Seguiamo comunque con attenzione gli sviluppi di Paesi come la Russia e la Cina che già oggi apprezzano la produzione italiana, e che in un futuro prossimo diventeranno sicuramente i principali consumatori dei nostri prodotti». L’azienda si serve di macchine di ultimissima generazione, sia per la tessitura che per i processi successivi di lavaggio, stiro e confezionamento.
Andando contro tendenza rispetto alla concorrenza abbiamo scelto di continuare a produrre interamente in Italia, puntando verso le nicchie di mercato
«L’aspetto più importante è il controllo qualità svolto a campione in tutte le fasi produttive e al 100% nella fase finale di imballaggio. Su richiesta del cliente sono inoltre implementabili ulteriori controlli specifici» precisa Faganelli. Maris è stato infatti tra i primi produttori di calze da uomo in Italia a certificarsi secondo la norma ISO 9001, a testimonianza dell’impegno dell’azienda nel garantire la qualità dei processi aziendali e del servizio al cliente. E gli investimenti continuano. «Nel prossimo futuro – conclude Mario Faganelli - provvederemo all’ampliamento della produzione con la costruzione di un nuovo reparto di tessitura per migliorare ulteriormente la flessibilità nella produzione. Continueremo inoltre a cercare nuovi mercati in cui inserirci con i nostri prodotti totalmente italiani».
LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 105
IL MONDO DELLA MODA
La specializzazione del made in Italy Anche i marchi più rinomati della moda sono alle prese con la crisi. Gli sviluppi di un settore che ha subito innovazioni notevoli negli ultimi anni sia dal punto di vista della produzione che delle scelte stilistiche. L’analisi di Gigi Monti Ezio Petrillo
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Gigi Monti, Presidente di Basile Italia. gigimonti@basileitalia.com
l mondo del pret a porter oggi necessita di progettualità innovative mirate all'adeguamento ai cambiamenti sociali ed economici della realtà odierna. La globalizzazione ha cambiato la visione di alcuni concetti che sembravano capisaldi dell’industria della moda come il made in Italy. Puntare su una produzione diversificata sembra l’asso nella manica per uscire dalla crisi. Gigi Monti ci introduce ai cambiamenti più importanti che hanno investito il settore. Può descriverci le innovazioni più rilevanti che hanno coinvolto l’industria della moda? «I cambiamenti economici e sociali hanno cambiato il nostro modo di vivere, dando un diverso significato alla cultura, ai costumi, e al sociale. Una maniera innovativa di relazionarsi con il mondo ha portato a valori più etici, con una maggiore ricerca dell’essere più che dell’apparire. Pertanto, la progettazione, il design e la ricerca, sono finalizzati a realizzare una collezione di pret a porter che risponda a queste esigenze». Il vostro marchio è sul mercato da più di trent’anni. Cosa è cambiato nel tempo nel modo di produrre e disegnare abiti? «Anzitutto è cambiata la donna, più consapevole, più sicura, decisa e indipendente. Ha bisogno di comfort, di piacevolezza, con un guardaroba più consono ai diversi stati d’animo a seconda
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delle sue varie attività sia lavorative che di svago o di tempo libero. La moda, in tal senso, è un alleato pronto all’uso a seconda dell’occasione». Quali sono i limiti e i vantaggi della globalizzazione per le aziende che operano nel settore della moda? «Il maggior limite è la competitività dei Paesi emergenti che possono produrre a costi molto contenuti con grande produttività ed efficienza. Questo limite ci dà però l’occasione di poter produrre negli stessi Paesi a prezzi bassi, gli articoli di largo consumo. Inoltre grazie alla globalizzazione abbiamo la possibilità di collocare i nostri prodotti in nuovi mercati puntando sul design
Tra crisi e nuovi sviluppi
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I cambiamenti economici e sociali hanno cambiato il nostro modo di vivere, dando un diverso significato alla cultura, ai costumi, e al sociale
e sulla ricerca». La crisi economica, dal suo punto di vista, come ha inciso sui marchi più importanti della moda? «Chiaramente la crisi ha colpito diversi ambiti e non solo la moda. Certamente il nostro settore, però, ha sofferto più di altri perché non essendo un bene prioritario è stato più penalizzato». Per quale motivo, a suo avviso, puntare solo sul made in Italy oggi non basta più? «Il made in Italy rimane fondamentale per la ricerca, per lo stile e il gusto. A mio parere i nostri stilisti sono i creativi più bravi e concreti. Per alcuni aspetti, però, è diventato necessario rivolgersi all’estero per ridurre i costi di manodopera, mentre per il pret a porter di lusso, la produzione in Italia rimane fondamentale. La ricerca della qualità eccelsa, in quest’ultimo ambito, non può essere connessa a logiche di mercato o di profitto». Diversificazione della produzione. A cosa è dovuta la scelta di dotarsi di tre diverse strutture? «Mai come in questo momento è necessaria la specializzazione. Questo aspetto determina scelte produttive anche delocalizzate e diversificate. Ogni azienda possiede dei “know how” per un certo tipo di prodotto. Noi abbiamo scelto tre imprese che interagiscono separatamente.
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Ognuna di esse è specializzata in un settore merceologico preciso. Questa strategia è risultata vincente in quanto i risultati di vendita hanno confermato il successo che ci aspettavamo». Qual è il passaggio che ritiene fondamentale dall’idea al prodotto finito, per sviluppare al massimo la qualità? «L’idea iniziale si manifesta con la consegna degli schizzi o bozzetti del prodotto all’azienda che deve produrlo. Prima di fare questo, però, ci vuole grande attenzione alle tendenze e le scelte di stile devono avvenire in conformità alle esigenze attuali dei consumatori finali a seconda del settore merceologico da servire. Successivamente i modellisti preparano i prototipi che vanno analizzati e corretti da chi si occupa dello stile. In seguito si procede alle copie delle collezioni che vanno ai rappresentanti e consegnati ai punti vendita». La distribuzione. Quali sono i mercati principali di riferimento del vostro marchio e quali hanno sofferto di meno la crisi? «In questo momento la crisi riguarda tutti i mercati e direi che si è diffusa a macchia d’olio in tutto il mondo. Per quel che ci riguarda, il nostro mercato di riferimento rimane l’Italia anche perché Spagna e Grecia, che rappresentano gli altri Paesi in cui esportiamo, stanno soffrendo molto più di noi». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 107
RESTRUCTURING
Le scelte migliori per l’imprenditore Sono varie le cause che portano un imprenditore a ristrutturare la propria azienda. Questo comporta un attento studio dello scenario economico e un rafforzamento della struttura patrimoniale. Ubaldo Livolsi spiega in che modo affrontare tutto questo Nicolò Mulas Marcello
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on la crisi economica è aumentato anche il ricorso da parte degli imprenditori alla riorganizzazione della propria azienda. Ma alla base della scelta di ristrutturazione non ci sono solo i problemi sorti a causa della recessione, interviene anche una serie di problematiche, dall’internazionalizzazione alla riorganizzazione dell’indebitamento, che necessitano di un percorso mirato e studiato in base alle caratteristiche di ogni azienda. Ubaldo Livolsi, presidente della Livolsi & Partners ricorda che «spesso le aziende sono mosse dalla necessità di avere un’iniezione di capitale per poter reggere quelli che sono gli sviluppi internazionali». Qual è stata l’incidenza di richieste di consulenza nell’ultimo periodo? «È stata notevole perché c’è stata la crisi che ha messo in evidenza, a seguito della diminuzione della domanda interna, la necessità di essere competitivi nel settore dell’esportazione verso nuovi mercati. Questo presuppone nei casi dei paesi emergenti una struttura organizzativa molto spesso differente da quella precedente, con una logica sempre attenta ai costi e soprattutto all’innovazione. Quindi, da un lato gli im110 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010
prenditori hanno avuto la necessità di avere un rafforzamento nella struttura patrimoniale di capitale e dall’altra un occhio più rivolto all’internazionalizzazione delle aziende che vuol dire attenzione agli accordi con distributori nell’ambito dei paesi che ancora si stanno sviluppando dal punto di vista economico». Per quanto riguarda l’area lombarda qual è la percezione che avete avuto della salute delle aziende in base al numero di richieste di intervento? «La situazione si presenta a macchia di leopardo in base ai settori e alle capacità imprenditoriali. Un comparto che ha sofferto molto è sicuramente quello dell’edilizia dove c’è stato un blocco delle imprese che basavano la loro attività sul mercato immobiliare. Dal punto di vista industriale, a seguito della crisi tra la fine del 2008 e il primo semestre del 2009, c’è stato un recupero e lo spostamento verso il mercato internazionale. Quindi direi che la Lombardia viaggia un po’ a doppia velocità, alcune aziende
Ubaldo Livolsi, presidente Livolsi & Partners
Ubaldo Livolsi
Nel settore industriale abbiamo visto, dopo la crisi della fine del 2008 e il primo semestre del 2009, un recupero e uno spostamento verso il mercato internazionale
sono oggettivamente in difficoltà mentre altre stanno lavorando bene». Quali sono i principali presupposti che spingono un’azienda a rivolgersi a voi per una ristrutturazione? «Ci sono due presupposti che spingono alla ristrutturazione: uno è di carattere finanziario, sorto a causa del restringimento dei livelli del credito o per lo meno di una revisione dei parametri come Basilea2 (il nuovo accordo sui requisiti minimi di capitale, ndr), poiché c’è stata una
progressiva attenzione da parte del sistema bancario sui finanziamenti alle aziende. Questa necessità ha fatto sì che molte aziende ci abbiano chiesto di negoziare con il sistema bancario una serie di ristrutturazioni, di spostare a medio lungo termine l’indebitamento breve. L’altro presupposto è l’esigenza di poter disporre di un’iniezione di capitale per poter reggere gli sviluppi internazionali e in parte anche un maggior equilibrio tra debito di terzi e capitale proprio». Le aziende che scelgono una riorganizzazione non sono spinte solo dal difficile scenario economico. Quali sono le problematiche aziendali che spingono gli imprenditori a una consulenza? «Molto spesso l’internazionalizzazione, anche legata al cambio generazionale. Molte delle piccole e medie imprese italiane sono nate a cavallo degli anni 50 e 60, e oggi sono impegnate nel cambio generazionale che vede l’imprenditore di seconda generazione, tendenzialmente incline a all’apertura del capitale e a una managerialità che non è quella dell’essersi fatto in casa». Quali sono i rischi più frequenti che gli imprenditori devono tenere in considerazione per non giungere a scelte difficili in ambito di ristrutturazione? «Uno è quello di non sperare che le situazioni evolvano velocemente, quindi non rimandare. Quando sussiste un problema bisogna evitare di rimandarlo sperando che qualcosa di miracoloso accada, ma va affrontato subito. L’ottica dell’indebitamento è un problema reale, se l’azienda non genera cash flow per poter pagare il debito e rientrare bisogna assolutamente affrontare il problema, generando cassa, riducendo i costi, migliorando i margini operativi. Questo presuppone lucidità nell’affrontate le ristrutturazioni».
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Enrico Lanzavecchia
Uno sguardo al mercato globale Crescere e diventare competitivi a livello internazionale comporta un percorso di studio attento dello scenario economico globale e di tutte le concrete possibilità di accesso ai mercati stranieri. Enrico Lanzavecchia illustra le opportunità che rappresenta il mercato cinese Nicolò Mulas Marcello
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a nuova globalizzazione offre opportunità di rinnovamento delle fonti di ricchezza, ma pone anche nuovi problemi di competitività alle economie mondiali. Il nostro paese non fa eccezione ed è chiamato a riconsiderare il modello del proprio sistema all’interno di questo mutevole scenario socioeconomico. L’attenzione ai nuovi mercati deve essere costante per le aziende che vogliono crescere e diventare protagoniste nel mercato globale. La concorrenza portata dai Paesi di manodopera a basso costo è un’importante sfida a cui le imprese, soprattutto quelle italiane caratterizzate da modelli di specializzazione tradizionali, sono chiamate a rispondere. «Le opportunità sono reali, anzi essenziali, ma non di facile o di rapido accesso» sostiene Enrico Lanzavecchia, director di Value Partners. «Per avere successo è indispensabile tarare correttamente l’impegno, a livello di risorse umane e organizzative prima ancora che finanziarie». In uno scenario contraddistinto ancora da ristrettezze economiche in che modo sono cambiate le strategie che proponete alle aziende interpretando i cambiamenti del mercato? «Lo scenario economico nei prossimi anni sarà sicuramente caratterizzato da una maggiore incertezza e volatilità; questo costringe le imprese da un lato a valutare con maggiore at-
tenzione i rischi, spesso esogeni, a cui sono esposte; dall’altro a sviluppare strategie di medio periodo che consentano di non perdere l’orientamento a fronte di sbalzi congiunturali. Pur nella diversità dei settori industriali, ci sono alcuni temi di fondo che emergono nelle riflessioni di quasi tutti i nostri clienti: maggiore attenzione alla definizione degli scenari macroeconomici, alla valutazione dei fattori di rischio e alla vulnerabilità dell’azienda rispetto a cambiamenti radicali del contesto. Centralità dei paesi emergenti, non solo in termini di vendite ma di vero e proprio radicamento nei mercati locali. Niente di nuovo sul piano dei concetti (dell’informatizzazione dei processi operativi si parla da oltre 20 anni) ma forte accelerazione sul piano realizzativo ed efasi su semplificazione, integrazione e sicurezza delle soluzioni». In questo contesto quali possono essere le strade migliori per la tenuta della competitività? «La strada maestra è sempre quella dell’innovazione e dello spostamento verso fasce di prodotto a maggior valore aggiunto. Perciò nel medio termine è fondamentale sostenere gli investimenti in ricerca e sviluppo e favorire la creazione di poli di eccellenza, cercando di attrarre talenti e conoscenze anche dall’estero. Da noi è difficile costituire una società, è difficile ottenere crediti agevolati, è difficile accedere ai mercati dei capitali ed è difficilissimo anche fallire, perché le procedure fallimentari non sono orientate ad accelerare il salvataggio delle componenti
Enrico Lanzavecchia, director di Value Partners e responsabile delle attività della società in Cina
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RESTRUCTURING
recuperabili dell’iniziativa fallita. Un contesto economico che non aiuta gli imprenditori a partire e a ripartire non può generare l’innovazione necessaria a rendere competitivo il sistema: su questi punti dovrebbero concentrarsi gli interventi di politica economica, anche perché si tratta di problemi che possono essere rimossi in tempi relativamente brevi». Quali possono essere le strategie migliori? «Il primo passo è quello di non concentrarsi sul problema del costo del lavoro. Non perché questo problema non esista o non richieda delle risposte, ma perché l’enfasi sul costo del lavoro tende a distogliere l’attenzione dalle vere leve di recupero della competitività, che sono quelle legate all’innovazione e alla qualità. Alcune produzioni o fasi di produzione devono essere necessariamente trasferite in paesi a basso costo del lavoro, ma anche delocalizzando i propri impianti un’azienda italiana non sarà mai in grado di operare ai livelli di costo dei produttori locali: bisogna quindi collocarsi su fasce di mercato superiori. In uno scenario in cui la domanda si sposta verso i paesi emergenti dell’Asia e del Sudamerica questo comporta una conoscenza approfondita dei nuovi mercati e una elevata flessibilità nello sviluppo dei prodotti». Lei si occupa in particolare del mercato ci-
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La strada maestra per la difesa della competitività è sempre quella dell’innovazione e dello spostamento verso fasce di prodotto a maggior valore aggiunto
nese, quali opportunità rappresenta per l’Italia? «La Cina è già oggi la seconda economia mondiale dopo gli Usa, ha superato bene l’impatto della recente crisi economica e nonostante alcuni elementi di incertezza congiunturale, come il surriscaldamento del mercato immobiliare, appare avviata lungo un percorso di crescita sostenuta a medio-lungo termine. Per qualunque produttore di beni industriali o di largo consumo, lo sviluppo di una solida presenza in Cina è quindi un requisito più che un’opzione e in questi anni noi abbiamo aiutato molte aziende italiane ed europee a definire le modalità di ingresso (o di crescita) sul mercato cinese, a qualificare gli obiettivi commerciali e i requisiti di offerta, a selezionare e contattare i possibili partner locali, a costituire nuovi siti produttivi, a sviluppare e controllare le reti di distribuzione locali».
ARTE CONTEMPORANEA
Ma cos’è questa crisi «Ho la sensazione che a forza di crogiolarsi nell’idea di essere una capitale culturale e un posto cool, Milano non si sia accorta che nel frattempo il resto del mondo evolveva, e qui ci si involveva». L’analisi del critico d’arte Flaminio Gualdoni Renata Gualtieri
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ilano è stata nel Novecento una vera capitale: dai futuristi a Fontana e Manzoni. Artisti geniali come Yves Klein e Christo debuttavano qui, ed era davvero un’investitura internazionale. La città ha vissuto molte tra le maggiori vicende di incrocio tra discipline espressive, dai rapporti fervidi con l’architettura – come la storia della Triennale dimostra - a quelli con la musica, il teatro, la letteratura. «Oggi – sostiene il critico d’arte Flaminio Gualdoni – è diventata un luogo marginale, sia rispetto al panorama internazionale sia a quello nazionale, ma in effetti l’Italia tutta, per qualità degli artisti, istituzioni, mercato, è ormai una provincia. È stata il centro propulsivo e il modello, e ora pare essersi assopita, senza
L’interno del Padiglione dell’Arte Contemporanea di Milano
Flaminio Gualdoni
idee e senza capacità innovativa. Consideriamo il paradosso del Padiglione d’arte contemporanea milanese, che è stato dalla fine degli anni 70 un centro paradigmatico del contemporaneo, e che ora langue mentre a Roma un luogo come il Macro ha preso a macinare iniziative di qualità e il Madre a Napoli fa cose di prim’ordine. Non è, naturalmente, solo una questione di istituzioni: anche se va notato che, mentre altrove i musei del contemporaneo si inauguravano, da noi si è pensato bene di chiudere il Cimac al Palazzo Reale, così che da anni le collezioni del XX secolo sono di fatto invisibili, e che da gran tempo si annunciano musei mirabolanti ma nulla di concreto si vede sotto il sole. Anche le gallerie private non hanno più la forza propulsiva di prima, e quanto alla vitalità dell’ambiente, se in altri anni per un artista “in carriera” in qualche modo era necessario essere ben presente a Milano, oggi può starsene tranquillamente nella sua città natale, e venirci giusto il minimo indispensabile». Il critico d’arte Flaminio Gualdoni analizza luci e ombre di Milano nel panorama dell’arte contemporanea italiana e internazionale. Nel mondo dell’arte contemporanea milanese esistono nuovi linguaggi artistici interessanti? «Novità e autori di qualità ne nascono sempre. Tra l’altro, la tanto bistrattata Accademia di Brera, che la città pare vivere come un fardello, continua a essere una delle migliori al mondo, alla faccia dei suoi problemi annosi. Soprattutto in ambiti di frontiera come i nuovi media e la computer art succedono cose molto interessanti. Poi magari i giovani autori finiscono con il prender studio a Barcellona, a Rotterdam, a Berlino: la fuga dei cervelli è ormai un fatto generalizzato, e la carenza di strutture si paga in questo campo come negli altri. Ma ancora Milano produce menti fervide, questo è indubbio». Ci sono giovani artisti milanesi che segue con particolare interesse? «Assolutamente sì. Tra l’altro, sto notando da
Sopra, il critico d’arte Flaminio Gualdoni Ph: Paolo Mussat Sartor; sotto, l’esterno della Galleria Lia Rumma di Milano inaugurata il 15 maggio 2010 Ph: Werner J. Hannappel
qualche anno a questa parte il rinascere dell’interesse per pratiche tutt’altro che all’avanguardia, il disegno in testa. E quello che constato con più curiosità è che molti giovanissimi autori cercano percorsi diversi dal “cursus honorum” classico, che prevede l’ambire a gallerie importanti e a mostre pubbliche. È come se stesse nascendo un altro circuito artistico: un tempo avremmo detto “alternativo”, oggi non so». Guardando alle ultime tendenze quale crede possa essere il futuro dell’arte con- LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 117
ARTE CONTEMPORANEA
temporanea in Italia e a Milano in particolare? «Sono ottimista rispetto all’emergere di nuovi talenti, assai meno rispetto al sistema dell’arte. Se non ci convinciamo che un ambiente culturale è fatto di strutture concrete, e che dunque non è con improbabili mostre grandi che un ambiente si alimenta e produce, ma facendo funzionare scuole, biblioteche, centri culturali ed espositivi, cioè facendo quella cosa che un tempo si chiamava politica culturale, sono certo che continueremo a veder partire i giovani artisti bravi per altri lidi». Che cosa è cambiato oggi, rispetto a prima della crisi? Quanto ha sofferto il mercato dell’arte contemporanea? «Sta soffrendo molto quantitativamente ma non, direi, qualitativamente. È oggettivo che circola molto meno denaro, ma ciò penalizza soprattutto il mercato speculativo a breve termine, quel demi-monde improvvisato e, duole dirlo, sovente cialtrone che proliferava 118 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010
A sinistra, l’Accademia delle Belle Arti di Brera; Lia Rumma con Ettore Spalletti durante l’inaugurazione del nuovo spazio espositivo a Milano, Ph: Luca Forcignano` Serri
negli anni facili. Un bel quadro, un autore solido, un giovane dotato, trovano sempre chi acquisti. Me la figuro come una gran cura dimagrante: se ne va il grasso superfluo, ma i muscoli diventano più tonici». Alla luce dell’attuale situazione, quali sono, secondo lei, i punti di forza e di debolezza del mercato dell’arte contemporanea in Italia e milanese? «A Milano hanno retto non a caso meglio di tutte le gallerie più solide e ricche di storia. E che Lia Rumma inauguri proprio ora un nuovo spazio strepitoso significa che chi ha voglia di fare bene, fa. E questo vale un po’ per l’Italia in generale. Se poi tutti insieme coloro che si occupano d’arte parlassero un po’ più di valori e meno di prezzi, se ci ricordassimo ogni giorno che l’arte non nasce per essere comprata e venduta, ma guardata, se i media di massa non si ricordassero dell’arte solo quando fa cronaca nera o cronaca rosa o cronaca finanziaria, sono sicuro che aiuterebbe un bel po’».
Nicolò Cardi
Arte più accessibile e nuovi mercati da scoprire
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l presente appare caratterizzato dall’espansione frenetica del mercato dell’arte contemporanea. Milano rimane uno dei più importanti centro italiano per la diffusione della cultura contemporanea e non solo per l’arte ma in generale anche per la creatività made in Italy. E qui si inserisce l’attività delle galleria Cardi Black Box. «Il nostro obiettivo – sottolinea il gallerista Nicolò Cardi – è quello di superare i confini nazionali per affermarci in campo internazionale. Già nel primo anno di attività abbiamo partecipato a fiere internazionali in Europa e in America. Inoltre abbiamo in programma l’apertura di nuove sedi a Londra e New York». Quali sono le motivazioni all’acquisto di arte contemporanea? Chi sono i suoi clienti? «Prima di essere acquistata l’arte contemporanea va conosciuta e resa accessibile a un pubblico il più ampio possibile, e questa è una delle sfide che ci siamo posti. Il nostro messaggio è indirizzato certamente a collezionisti e importanti esperti d’arte che apprezzano la qualità delle nostre mostre, ma anche a chi vuole conoscere ed è curioso di aprirsi a un mondo da sempre riservato a una stretta elite di addetti ai lavori. Il valore dei nostri artisti è sicuramente premiato dai collezionisti che continuano a dare fiducia al nostro lavoro nonostante il periodo di crisi». In un momento di forte crisi economica molti si domandano se il mercato dell’arte contemporanea possa reggere o meno. Qual è il suo punto di vista? «Questo è momento innegabilmente difficile in tutti i settori, ma il mercato dell’arte può sempre contare su un numero di appassionati che non hanno perso interesse e sono ancora disposti a investire in esso». In base a quali parametri sceglie gli artisti?
«È proprio in momenti difficili come questo che alla creatività va il compito di generare ottimismo ponendo l’uomo al centro del dibattito culturale». Il punto di vista del gallerista Nicolò Cardi Renata Gualtieri
Il gallerista Nicolò Cardi, titolare della galleria Cardi Black Box Ph: Paolo Consaga
«Per la scelta degli artisti mi avvalgo di esperti direttori artistici esterni alla galleria, professionisti affermati nel mondo dell’arte e della cultura ai quali lascio il compito di individuare e selezionare le proposte migliori disponibili sul mercato. In questo senso la galleria si distingue per proporsi come un modello del tutto innovativo tra la galleria e l’istituzione culturale». A un anno dall’apertura della galleria, quale bilancio può trarre da questa esperienza? Quali saranno le prossime sfide? «Cardi Black Box ha dimostrato il proprio valore, ha saputo affermarsi nel mondo dell’arte ed è già diventata un importante punto di riferimento per la vita culturale milanese. I traguardi raggiunti sono molti e mi rendono orgoglioso del lavoro fatto. Ma siamo solo all’inizio». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 119
L’AUTO AZIENDALE
Benefit aziendali un po’ di chiarezza La determinazione dei rimborsi e delle detrazioni sull’utilizzo dell’auto aziendale fa riferimento a una normativa particolarmente complessa. Gli esperti in materia fiscale Simona Bardelli, Elio Luoni e Nazareno Tiburzi ne spiegano le regole base. Dalla lettura della busta paga al calcolo dei costi Aldo Mosca
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on Fringe Benefit si intende una particolare categoria di compensi che figurano in busta paga al solo fine di essere tassati. Questo perché il loro valore intrinseco è già stato usufruito dal dipendente o dal collaboratore come utilizzo di un bene, di un servizio o come soddisfazione di un bisogno economico. «Di fatto si tratta di tutta una serie di emolumenti retributivi che vengono esposti nella busta paga di lavoratori dipendenti, amministratori o collaboratori – spiega Simona Bardelli, commercialista e consulente del lavoro -, valori che non possono essere immediatamente determinabili in moneta, riferendosi a speciali trattamenti cosiddetti “in natura”. Questa loro particolarità pone il problema della determinazione del valore che deve figurare in busta paga, un valore convenzionale o di riferimento». Le principali tipologie di be-
nefit in busta paga sono rappresentate da auto aziendali, telefoni cellulari, buoni mensa, alloggi e polizze assicurative vita. Ma come si calcola il benefit? L’USO PROMISCUO Su tutti, il benefit più diffuso, e discusso, è quello delle auto aziendali. Ma per capire se si è in presenza di benefit e come effettuarne il calcolo, occorre fare un distinguo. Come spiega la consulente, «se il dipendente o il collaboratore utilizza il mezzo aziendale ad uso promiscuo, ossia per esigenze lavorative e personali, risulterà fondamentale dimostrarlo tramite documentazione». Si può optare per la sottoscrizione di una scrittura privata, per l’apposizione di una specifica clausola nel contratto di lavoro del dipendente o per la previsione in un verbale del consiglio di amministrazione. «Si considera dato in uso promiscuo al dipendente il veicolo utilizzato dallo stesso per la metà più uno dei giorni che compongono il periodo d’imposta dal datore di lavoro. È indispensabile provare l’utilizzo promiscuo per sostenere l’esattezza della deducibilità fiscale dei relativi costi». In tal caso l’azienda deduce al 90% tutte le spese inerenti l’autovettura comprese anche le quote di ammortamento, i canoni di leasing o di noleggio.
Sopra, Elio Luoni e, in basso a sinistra, i dottori Nazareno Tiburzi e Simona Bardelli. I professionisti sono soci dello studio Siri con sede a Legnano (MI) siri@siri.it www.siri.it
Rimborsi e detrazioni
AMMINISTRATORI E DIPENDENTI E come si determina il benefit in capo all’amministratore e al dipendente? Interviene Elio Luoni, esperto in tematiche lavoristiche. «Con la modifica dell’articolo 51 si sono ripristinati gli originari criteri di calcolo forfetario del benefit previsti laddove l’autovettura venga data in uso promiscuo al dipendente». Dal 2007, dunque, la formula da utilizzare per determinarlo in capo al dipendente prevede il 30% di 15mila Km. Vale a dire 4.500 Km per il costo chilometrico. Il valore dell’uso promiscuo dell’auto é determinato su base annua. «Pertanto, nell’ipotesi in cui tale mezzo venga concesso solo per una parte dell’anno, l’importo individuato dalle tabelle Aci deve essere ragguagliato al periodo esatto di utilizzo». In busta paga solitamente viene inserita la voce “Valore convenzionale uso auto”. Come spiega Luoni, si tratta di una voce «neutra ai fini del netto in busta, lo scopo è unicamente quello di incrementare imponibile contributivo e fiscale, cioè quello di far pagare al dipendente - ma anche all'azienda - i contributi assicurativi e previdenziali sul benefit oltre che le ritenute Irpef sullo stesso trattamento». Nel caso in cui l’auto, invece, venga utilizzata unicamente per esigenze di lavoro, non è previsto alcun benefit, poiché il costo dell’automezzo è sostenuto dall’azienda.
+40% ADDEBITO
Questo l’importo addebitato agli amministratori, + 40% del massimo fiscalmente rilevante 18.075,99, relativamente all’acquisto o al leasing dell’auto
100% IVA
È totale la detraibilità dell’Iva relativamente all’uso esclusivo del mezzo nell’impresa od oggetto dell’attività (ad esempio taxi per i tassisti, autovetture per le società di autonoleggio)
I RIMBORSI CHILOMETRICI Per amministratori, dipendenti e collaboratori a progetto, l’entità del rimborso è dunque costituita dalle tabelle dell’Automobile Club e sono esenti da Irpef. Nazareno Tiburzi, commercialista e socio di Bardelli e Luoni, si raccomanda di redigere con estrema cura la documentazione, al fine di ottenere il rimborso da parte dell’azienda. «È importante specificare il percorso effettuato, la società per la quale si effettua la trasferta, gli enti o le persone visitate per conto della società e i chilometri percorsi. I rimborsi sono rapportati a un massimo di 17 cv fiscali per un veicolo a benzina e 20 cv fiscali per quelli a gasolio. Laddove si usufruisca di mezzi più potenti il calcolo è effettuato su un modello qualunque di auto, purché questo rientri nei limiti indicati». I rimborsi non sono esenti da Irpef qualora ci si muova all’interno del comune ove si trova l’azienda, fatta eccezione per le spese documentabili come ad esempio i biglietti dei mezzi pubblici o la ricevuta del taxi».
SPESE AUTO E REGIME FISCALE Il regime di detraibilità dell’Iva afferente le auto è stato modificato dalla Finanziaria 2008. Si deve innanzitutto evidenziare che per veicoli stradali a motore si intendono “tutti i veicoli a motore diversi dai trattori agricoli e forestali, normalmente adibiti al trasporto stradale di persone o beni la cui massa autorizzata non supera 3.500 Kg e il cui numero di posti a sedere, escluso quello del conducente, non è superiore a otto”. «Tale disposizione non si applica ai motocicli a uso privato con motore di cilindrata superiore a 350 c.c. - conclude Tiburzi -, verso cui è totalmente preclusa la detrazione dell’imposta, salvo che i beni formino oggetto dell’attività propria dell’impresa». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 169
ONCOLOGIA
Diagnostica e Dna le armi anti tumore Vaccinazione. Farmaci. Radioterapia. Le cure chirurgiche e mediche hanno raggiunto buoni livelli di efficacia, ma nei prossimi anni per ridurre la mortalità per cancro bisognerà soprattutto anticipare la diagnosi. Ricorrendo sempre più allo studio del Dna. Lo sottolinea l’oncologo Umberto Veronesi Francesca Druidi
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a mortalità per cancro ha iniziato a diminuire negli anni 90 grazie alla prevenzione e alla diagnosi precoce e il trend sta continuando dal 2000, come dimostrano in modo pressoché concorde tutte le statistiche mondiali. Per questo, l’anticipazione diagnostica è stata la parola d’ordine lanciata il 7 giugno scorso all’edizione 2010 dello Ieo Day, l’appuntamento annuale promosso dall’Istituto europeo di oncologia che aggiorna le nuove prospettive sulla cura dei tumori. «Sono convinto – dichiara il direttore scientifico dello Ieo, Umberto Veronesi – che per il tumore del seno siamo vicini a un traguardo di mortalità zero. Questo grazie all’anticipazione diagnostica: abbiamo calcolato che a ogni millimetro in meno di diametro del tumore corrisponde un aumento della possibilità di guarigione dell’1%». Quali sono i progressi più significativi che stanno modificando il concetto di cura del cancro? «Le evoluzioni ottenute nella cura del cancro sono state determinate da due fondamentali rivoluzioni, che hanno cambiato il volto di tutta la medicina. Innanzitutto, la diagnostica per immagini, che ci ha condotto a esplorare virtualmente e con estrema precisione ogni millimetro del nostro corpo per visualizzare le lesioni microscopiche che, solo pochi anni fa, neppure immaginavamo esistessero. Intervenire su queste forme iniziali o addirittura precancerose, con-
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sentendo interventi sempre più mirati e meno invasivi, equivale a guarire la malattia nella grande maggioranza dei casi. L’ultima frontiera è oggi costituita dall’imaging molecolare o biomolecolare, la tecnologia radiologica che permette di “vedere” l’attività delle singole cellule e addirittura dei loro geni, e dunque di studiare non solo la morfologia ma anche le funzioni o disfunzioni di un organo o di un tessuto del nostro corpo e la sua reazione a farmaci o radiazioni. L’imaging molecolare consente, infatti, di
Sopra, Umberto Veronesi, direttore scientifico dell’Istituto europeo di oncologia
Umberto Veronesi
valutare la risposta alla terapia, farmacologica o radiante, e quindi di sapere se una cura serve veramente per quel tipo di tumore, evitando trattamenti inutili». La seconda rivoluzione, invece? «È quella derivata dallo studio del Dna. La conoscenza genomica ci sta infatti permettendo di capire meglio a livello molecolare la malattia. Grazie a queste informazioni, stiamo ottenendo una conoscenza sempre più approfondita del singolo tumore che, in molti casi, già oggi ci consente di utilizzare al meglio l’arsenale terapeutico contro le sue unicità e specificità nel singolo organismo. Attraverso il perfezionamento della conoscenza del profilo genetico individuale possiamo anche definire in modo più preciso la popolazione a rischio e dare un nuovo impulso alla farmacoprevenzione. Parallelamente alla possibilità di anticipare la diagnosi, si sta affermando anche una chirurgia sempre meno invasiva e in grado di guarire di più, intervenendo a stadi iniziali e con grande precisione. Questo in particolare grazie ai recenti sviluppi della chirurgia robotica, che riduce il peso sia fisico che psicologico degli
88% PROSTATA
Percentuale di carcinomi prostatici diagnosticati in fase iniziale nel 2010 rispetto al 12% di tumori diffusi. Nel 1970, questo rapporto era pressoché invertito
interventi, consentendo il trattamento mini invasivo di alcuni tumori urologici, ginecologici, gastrointestinali e polmonari. Allo stesso modo, si sono sviluppate una radioterapia sempre più mirata e con nuove particelle, come gli adroni, capaci di curare tumori situati in profondità, e tecniche di medicina nucleare per portare isotopi radioattivi direttamente sull’area malata». Lo studio condotto dallo Ieo sui tumori al seno di diametro inferiore al centimetro ha individuato il collegamento tra l’insorgere di recidive e la presenza del recettore Her2. Cosa cambia con questa ricerca? «I risultati dello studio, che dimostra come il rischio di recidiva locale sia superiore se sulla membrana delle cellule tumorali è presente il recettore Her2, forniscono due informazioni fondamentali: la sopravvivenza non cambia sostanzialmente tra chi ha e chi non ha Her2 espresso. Le donne che hanno Her2 espresso mostrano, invece, un rischio maggiore di recidiva locale, un evento comunque curabile. Per loro, infatti, la ricerca ha
Il sistema di robot chirurgico Da Vinci utilizzato allo Ieo
LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 195
ONCOLOGIA
Dall’alto, robot chirurgico Da Vinci in azione, ecografia al seno e un’immagine di Mycoplasma mycoides JCVI-syn1.0 di Venter ottenuta mediante microscopio elettronico a trasmissione ph: Tom Deerinck e Mark Ellisman del National Center for Microscopy and Imaging Research
messo recentemente a disposizione un farmaco intelligente, l’Herceptin, in grado di dimezzare il rischio di recidiva. Questo farmaco era riservato finora ai casi di tumore superiori al centimetro. Si tratta ora di scegliere fra due strade: o si somministra l’Herceptin in tutti i casi di tumore Her2 positivo e superiore ai 5 mm, una soluzione proposta dagli americani dell’istituto MD Anderson Cancer Center che ha realizzato uno studio analogo a quello dello Ieo, oppure si decide caso per caso, in base alla situazione di ogni paziente e traendo un bilancio fra rischio e beneficio individuale, che è la strategia per cui propendiamo noi italiani. Abbiamo comunque un’opzione terapeutica in più da offrire e discutere con la paziente». La vaccinazione contro il papillomavirus (Hpv) rappresenta una svolta nella lotta ai tumori. Qual è la sua efficacia allo stato attuale? «Si tratta di una grandissima innovazione nella prevenzione dei tumori, anche se la verifica dei suoi effetti su larga scala richiede almeno il tempo di una generazione. Tutti i dati e l’esperienza clinica ci inducono però a pensare che il vaccino contro l’Hpv sia veramente una rivoluzione che permetterà in futuro di ridurre al minimo il tumore del collo dell’utero. L’età a rischio per contrarre il virus dell’Hpv si colloca all’inizio dell’attività sessuale e, sulla base delle stime, raggiunge il suo picco tra i 20 e i 30 anni, dopodiché diminuisce. Il massimo del beneficio del vaccino, che protegge dal tumore in una percentuale valutata intorno all’80%, quindi pres196 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010
Umberto Veronesi
Tutti i dati e l’esperienza clinica ci inducono a pensare che il vaccino contro il papillomavirus sia veramente una rivoluzione che permetterà in futuro di ridurre al minimo il tumore del collo dell’utero
soché totale, è dunque per le giovani che non hanno ancora avuto rapporti e di conseguenza non sono state esposte al rischio di contagio. Ecco perché il ministero ha disposto che il vaccino possa essere distribuito alle ragazze fino ai 26 anni. Se è vero che nelle donne che hanno già avuto rapporti l’efficacia del vaccino è minore, non esiste tuttavia alcuna controindicazione assoluta. Inoltre, la vaccinazione Hpv permette di prevenire la comparsa di tumori o anche solo di Pap-test falsamente positivi in una grossa percentuale di donne, laddove né il Pap test né l’Hpv test possono garantire l’assoluta certezza». Sono previsti effetti collaterali di rilievo per questo vaccino? «No, i dati finora raccolti depongono per un’estrema sicurezza del vaccino; nel mondo si è arrivati a circa 40 milioni di dosi effettuate. L’unica limitazione al suo utilizzo è l’età, oltre alla gravidanza o l’allergia alle sue componenti. Se sull’efficacia della vaccinazione in sé non ci sono dubbi, ciò che non si conosce ancora bene, perché manca ancora la necessaria esperienza vista la novità assoluta, è l’effetto a lungo termine cioè se l’effetto protettivo di una vaccinazione eseguita nell’adolescenza può protrarsi fino a 30-40 anni o più. È possibile che si debbano fare dei richiami». Quali sono gli scenari più concreti aperti dal lavoro di Venter sulla vita artificiale? «Senza dubbio il Dna sintetico creato da Venter rappresenta una grande conquista per l’intelletto umano, tuttavia nel concreto gli effetti non saranno né immediati né rivoluzionari. Il perché ce
37% SENO
Per il tumore del seno la mortalità è diminuita del 37% tra il 1990 e il 2005. Il numero di nuovi casi ha iniziato a diminuire per la prima volta nel 1998, sebbene molto lentamente (-0,6 all’anno)
lo spiega la scienza stessa, che ci ha svelato che il Dna è all’origine della vita, ogni forma di vita, ma da solo è impotente. Per questo il cromosoma sintetico di Venter è inserito in una cellula vivente. Ma il trasferimento di Dna da un organismo all’altro non è una novità. Oggi già trasferiamo geni da un organismo all’altro, scomponiamo e rimettiamo insieme frammenti di Dna e già possiamo ottenere nuove sostanze e organismi, farmaci e vaccini. Nella nuova impresa di Venter, la particolarità è che è stato tolto il Dna originario di una cellula per metterne uno costruito in laboratorio grazie all’applicazione dei sistemi informatici. La grande implicazione immediata sarà quindi un’esplosione della ricerca sul Dna in grado di ampliarne enormemente le sue possibilità. I primi nuovi risultati si vedranno probabilmente sull’ambiente. Per esempio, si può immaginare la costruzione in laboratorio di un organismo in grado di “ripulire” l’oceano dal petrolio, come è stato prospettato. Il grande tema della vita artificiale è, oltre che scientifico, soprattutto filosofico e ideologico: stiamo parlando, per la prima volta nella storia, della possibilità di costruire la vita umana e questo ci impone di meditare sui nostri valori e di riflettere su come l’umanità può utilizzare i risultati della scienza a suo pieno vantaggio. La scienza avanza velocemente e la cultura resta indietro. La prima cosa da fare è dunque combattere la mistificazione e l’ignoranza che crea false paure e false euforie». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 197
GESTIONI VIRTUOSE
La ricerca è alla base dell’attività clinica Anestesia e rianimazione. Branche non più solo a supporto della chirurgia, ma dalla centralità d’azione ormai consolidata. A illustrarne i progressi è Alberto Zangrillo, docente e direttore dell’unità operativa di anestesia e rianimazione cardio-toraco-vascolare presso il San Raffaele di Milano Francesca Druidi
Sopra, Alberto Zangrillo, a capo dell’unità operativa di anestesia e rianimazione cardio-toraco-vascolare del San Raffaele di Milano
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A
nche se pare vi sia un’equa distribuzione tra anestesia e rianimazione – spiega Alberto Zangrillo, professore dell’Università Vita e Salute del San Raffaele di Milano dove dirige l’unità operativa di anestesia e rianimazione cardio-toracovascolare – si sta in realtà delineando uno scenario nel quale chi si occupa di anestesia lo fa ad alto livello nei vari settori delle discipline chirurgiche, mentre chi si occupa di rianimazione si prende cura dei pazienti nelle fasi più difficili e critiche della loro patologia». In Italia si assiste quindi, come sottolinea Alberto Zangrillo, a una crescita, sia sotto il profilo clinico che culturale, del campo dell’intensivismo, «un settore avvincente dove per essere competitivi e decisivi nella cura dei pazienti critici è necessario avere elevatissime competenze multidisciplinari nel mondo intensivistico, cardiologico, internistico, è insomma determinante essere professionalmente completi». In quale aspetto l’Italia può dirsi in particolare all’avanguardia per quanto concerne anestesia e rianimazione? «Nell’ambito che più mi appartiene, quello relativo alle patologie dell’apparato cardiovascolare, noi italiani possiamo definirci in prima linea sul fronte dell’assistenza del paziente scompensato oppure del paziente in procinto di sottoporsi a un trapianto di cuore piuttosto che a un impianto di cuore artificiale. Siamo all’avanguardia in questo settore. Anche il mio gruppo, attraverso il contatto con prestigiose realtà estere come l’Heart Zentrum di Berlino, sta portando avanti programmi di ricerca e di applicazione clinica straordinari. In base alla mia esperienza quotidiana e grazie anche alla collaborazione con il ministro della Salute posso sottolineare l’importanza di reperire risorse per realizzare ri-
Alberto Zangrillo
cerca traslazionale, cogliendo ogni possibilità di acquisire fondi ministeriali, nazionali o regionali tesi a finanziare ricerca in grado di assicurare immediate ripercussioni ai nostri pazienti». Si tratta di un passaggio determinante. «Sì, ritengo che fare della buona attività clinica non sia possibile senza praticare dell’ottima ricerca, poiché è l’unico modo per tenersi costantemente aggiornati e a elevatissimi livelli. Il mio obiettivo principale è quello di avere un gruppo di ricerca capace di muoversi sempre più agevolmente in questa direzione. Ho, a questo proposito, sviluppato un peculiare progetto con il professor Luigi Beretta, che condivide con me la direzione della cattedra di anestesia e rianimazione dell’Università Vita e Salute San Raffaele: abbiamo costituito un gruppo di lavoro molto giovane, dinamico, appassionato. Può essere definita come una scuola che produce talenti, sia nel campo della ricerca che dell’applicazione clinica. Stiamo iniziando a vedere ora i risultati e li vedremo soprattutto nei prossimi anni». Quali sono le linee di ricerca maggiormente promettenti che lei e il suo staff state portando avanti?
8
SALE Numero di sale operatorie a disposizione del Servizio di anestesia cardiotoraco-vascolare del San Raffele di Milano diretto dal professor Zangrillo
«Sono quelle che ci consentono di affrontare in modo produttivo dal punto di vista terapeutico due grossi campi patologici: l’insufficienza respiratoria acuta grave e l’insufficienza cardiaca acuta grave, alle quali si unisce la sofferenza cerebrale, un campo molto vasto dove persistono ancora numerosi punti interrogativi. La nostra ricerca si concentra sui sistemi che permettono nei casi sopra citati di vicariare la funzione degli organi temporaneamente, per quanto si ritiene necessario o addirittura per sempre. La recente pandemia influenzale, tramite la collaborazione con il ministero che ha messo a disposizione i LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 203
GESTIONI VIRTUOSE
fondi per far lavorare al meglio 14 terapie in-
tensive italiane, ci ha consentito di sviluppare sotto il profilo tecnologico e culturale meccanismi terapeutici e di studio con immediate applicazioni cliniche dai risultati sorprendenti. In definitiva, i due grossi temi che stiamo seguendo sono la protezione degli organi vitali e la sostituzione delle loro funzioni quando, per varie ragioni, questi organi vitali dovessero venire meno allo svolgimento dei loro compiti». Come lei e in generale l’unità operativa affronta le sfide sia cliniche che organizzative che ogni giorno emergono? «Con entusiasmo e voglia di organizzarsi. Dalla scuola tedesca e in parte da quella americana abbiamo acquisito il principio fondamentale della procedura acquisita. La medicina è un campo d’azione in cui la creatività ha un valore, per cui il buon atto medico frutto di un’intuizione può produrre risultati ottimali, ma l’importante è organizzarsi, avendo idee chiare e seguendo procedure condivise altrettanto chiare. Questo è un primo aspetto organizzativo, al quale segue quello applicativo, e cioè chi fa cosa: diventa così cruciale avere uno staff di elevatissimo livello. Il terzo punto fondamentale è la coesione, il provare gioia nel lavorare insieme. Il quarto punto consiste nel porsi obiettivi precisi. Quello primario è curare al meglio i pazienti, ma in un settore in continua evoluzione, come questo, è determinante anche imparare cose nuove e soprattutto imparare ad applicarle, contribuendo alla produzione del risultato. In medicina, infatti, a risultare vincente è la costituzione di un sistema in grado di garantire un risultato positivo riproducibile». In definitiva, qual è il più significativo passo in avanti compiuto dalle discipline di anestesia e rianimazione in questi anni? «Non molto tempo fa si pensava che fossero discipline al servizio di qualcuno, non necessariamente del malato. L’anestesista era al servizio del chirurgo così come l’intensivista era al servizio di chi si occupava del malato in emergenza. Oggi è maggiormente consolidata la loro centralità d’azione». Si discute molto oggi di analgesia epidurale.
204 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010
22 LETTI
Numero di letti destinati alla terapia intensiva, di cui 14 nello specifico per il Servizio di anestesia cardiotoraco-vascolare e 8 per l’intensiva generale
Ritiene che dovrebbe essere una pratica maggiormente diffusa? «L’analgesia epidurale è un campo d’azione da me prediletto un paio di decenni fa, al quale ho offerto un mio contributo perché ritenevo e tuttora ritengo che sia assolutamente etico, morale e corretto dal punto di vista deontologico che anche la donna che partorisce e subisce il problema del dolore, veda questo suo disagio risolto. Credo che almeno sotto il profilo tecnico, scientifico e culturale le idee siano ormai chiarissime. Certo, si dovrà completare lo sforzo per rendere più consapevoli le sovraintendenze delle varie aziende ospedaliere e realtà sanitarie. È un settore in cui abbiamo guadagnato tanto, ma probabilmente resta ancora tanto da fare perché per molti l’analgesia epidurale resta ancora un lusso. Molto di recente è stato realizzato, a livello ministeriale, per quanto riguarda il controllo del dolore, non solo benigno come in questo caso ma anche per il dolore di altra natura. In un contesto generale che vuole che i nostri pazienti siano sempre più circondati da un clima favorevole, tutte queste procedure sono benvenute e devono essere garantite».
CARDIOCHIRURGIA
La rapida evoluzione della cardiochirurgia Un lavoro duro, fatto di continui studi e sacrifici che va affrontato con passione e dedizione. Quello del cardiochirurgo è un mestiere sicuramente difficile, ma anche ricco di stimolanti e appaganti soddisfazioni legate ai progressi delle tecniche e ai risultati ottenuti. Ne parla Mario Viganò Nicolò Mulas Marcello
N
egli ultimi anni i progressi della cardiochirurgia hanno fatto significativi passi in avanti unendo le più moderne tecniche robotiche alle conoscenze tradizionali. E solo grazie alla ricerca è possibile ottenere questo tipo di risultati. Ricerca che viene fatta anche dai giovani specializzandi nelle numerose scuola di specializzazione in cardiochirurgia presenti sul territorio nazionale. Mario Viganò, uno dei maggiori cardiochirurghi italiani, direttore della scuola di specializzazione in cardiochirurgia dell’Università di Pavia spiega che «fare il cardiochirurgo è un lavoro molto impegnativo anche sul piano fisico oltre che sul piano psichico e volerlo fare, come è giusto farlo, con passione e dedizione diventa assolutamente prioritario rispetto ad altri aspetti della vita, familiari e alla possibilità di coltivare hobby». Come si articola l’attività della scuola di specializzazione in cardiochirurgia? «In Italia ci sono parecchie scuole di specializzazione e ogni scuola si articola in cinque anni con una progressione di approfondimenti formativi sempre più stringenti e adeguati a una formazione professionale per cardiochirurgo. Ci sono poi differenze da scuola a scuola a seconda della tipologia delle sedi universitarie dove risiedono queste scuole. Ad esempio nelle sedi dove si fanno i trapianti c’è una evidente 206 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010
formazione in ambito trapiantologico oltre a quello tradizionale circa le congenitopatie e malattie acquisite della valvole e delle coronarie. Di certo va detto che nell’arco di cinque anni non si può pensare di formare compiutamente un cardiochirurgo ma gli si dà la “patente” per poter essere specialisti della materia e quindi avere un prerequisito per essere assunti dai centri cardiochirurgici ospedalieri e universitari. In pratica poi il completamento della formazione la si fa in itinere, la formazione non finisce mai, anche per i cardiochirurghi più anziani c’è sempre margine di miglioramento legato ai progressi della disciplina e alle innovazioni tecnologiche». Qual è secondo lei lo stato attuale della formazione cardiochirurgica in Italia? «È similare a quella degli altri paesi anche se in
Mario Viganò, direttore Centro cardiochirurgico Charles Dubost - Irccs San Matteo, Pavia
Mario Viganò
Italia si producono più specialisti che negli altri paesi perché c’è possibilità per i giovani specializzati di trovare possibilità di occupazione anche nei paesi stranieri». Come si inserisce la ricerca in ambito formativo? «La ricerca è presupposto fondamentale di ogni settore della medicina. È solo attraverso la ricerca che si può esplorare il futuro e che possono essere realizzati i progressi scientifici. Purtroppo c’è un fraintendimento che è rappresentato dalle cosiddette linee guida che possono avere una valenza medico legale ma che rappresentano un incapsulamento del presente nel passato senza sguardo nel futuro. Il futuro è la ricerca che è presupposto dei nuovi traguardi». Quali sono stati i progressi più recenti nel settore cardiochirurgico? «Nella disciplina cardiochirurgica negli ultimi decenni sono stati fatti passi avanti straordinari. Ai nostri studenti insegniamo che ci sono tre tipi di approcci chirurgici al cuore. La prima generazione è quella rappresentata dalla sternotomia mediana longitudinale cioè una volta, per tutti gli interventi si faceva questo approccio con una incisione toracica che andava dalla fossa giugulare fino quasi all’ombelico e attraverso questo accesso si faceva ogni intervento chirurgico. Al giorno d’oggi questo approccio è confinato soltanto ai casi di rivascolarizzazione multipla mediante bypass e ai trapianti. La seconda generazione, che ha preso piede a metà degli anni 90, è rappresentata dalla chirurgia mi-
ninvasiva che consente mediante piccole incisioni cutanee di 4-5 centimetri e avvalendosi di una strumentazione speciale per la circolazione extra corporea di poter effettuare interventi sulle valvole cardiache, sull’aorta ascendente, sull’arco aortico con grande vantaggio nel senso che c’è una riduzione del trauma chirurgico toracico. Adesso poi si sta affiancando quella che potrebbe essere chiamata la terza generazione che è quella che prevede l’impiego della robotica per alcuni tipi di interventi cardiochirurgici». Quanti sono gli specializzandi che intraprendono questa strada? «C’è stata una flessione negli ultimi anni, che ha riguardato il numero delle domande perché l’offerta è sempre stata di circa 50 contratti di lavoro su tutto il territorio nazionale. Questa forbice si è richiusa nel senso che fino a cinque anni fa per ogni posto c’erano tre aspiranti, adesso capita che per ogni posto c’è un solo aspirante. Questo significa che ora la specializzazione cardiochirurgica sta attraversando una fase di stabilizzazione pur avendo dei fasci di innovazione tecnologica straordinari. Questo soprattutto in rapporto alla consapevolezza che si tramanda di generazione in generazione che fare il cardiochirurgo è un lavoro molto impegnativo anche sul piano fisico oltre che sul piano psichico e volerlo fare, come è giusto farlo, con passione e dedizione diventa assolutamente prioritario rispetto ad altri aspetti della vita, familiari e alla possibilità di coltivare hobby. Diventa un impegno quasi totalizzante». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 207
CARDIOCHIRURGIA
Un intervento tutto italiano Più di 1.500 sono i pazienti che dal 1988 a oggi hanno ottenuto vantaggi da un particolare intervento cardiochirurgico studiato e perfezionato in Italia, la cui importanza è stata da tempo riconosciuta anche in America. Lorenzo Menicanti spiega in cosa consiste Nicolò Mulas Marcello
C’
è una tecnica di intervento cardiochirurgico che rappresenta un vanto italiano, il cui apporto alla scienza del settore è riconosciuto a livello internazionale. Si tratta del rimodellamento del ventricolo sinistro, tecnica di cui il professor Lorenzo Menicanti e la sua equipe sono considerati leader mondiali: «la validità di questa procedura e questo intervento in alcuni casi molto selezionati viene considerato una reale alternativa al trapianto». In cosa consiste esattamente questa tecnica? «Nel 30% degli infarti cardiaci il ventricolo sinistro, a causa della cicatrice che sostituisce le cellule cardiache morte, aumenta in modo importante il suo volume. Questo evento determina una diminuzione nella forza contrattile del cuore con conseguenze negative e compaiono sintomi quali l’affaticamento, la mancanza di fiato che sono tipici dello scompenso cardiaco. Lo scopo dell’intervento di cui stiamo parlando è quello di escludere, di asportare la cicatrice per fare si che il cuore ritorni a un volume normale. Così la parte del ventricolo che si contrae funziona molto meglio dal momento che il lavoro che deve esprimere è minore perché minore è il volume della cavità. Poi, se vi sono coronarie non perfettamente funzionanti viene eseguito anche un bypass aorto-coronarico». Da quanto tempo effettua questo tipo di operazione e su quanti pazienti è intervenuto? «Abbiamo iniziato a eseguire in modo sistematico questo intervento nel nostro ospedale, l’Irccs Policlinico San Donato, a partire dal 1988. Poco più di 1.500 pazienti sono stati trattati in questi anni e questa esperienza è considerata una delle più consistenti a livello mondiale». 208 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010
Quali sono i benefici di questo tipo di tecnica rispetto alle terapie a base di farmaci e al semplice by-pass? «In pazienti così gravi come quelli che stiamo descrivendo non vi è competizione tra vari trattamenti possibili, come le dicevo prima è fondamentale uno studio accurato di ogni singolo paziente per capire quale sia il trattamento che produca il miglior risultato con un rischio minore. È evidente che interventi più complessi come l’intervento di rimodellamento sono indicati quando altri mezzi terapeutici più semplici non hanno raggiunto il risultato necessario. Bisogna poi dire che il rimodellamento viene praticamente sempre associato al by-pass aorto-coronarico e a una corretta terapia medica in modo da ottimizzare il risultato». Anche gli americani si sono resi conto dell’importanza di questa tecnica. Ora l’obiettivo è standardizzarla. Quali sono i prossimi passi? «La standardizzazione dell’intervento è in fase di definizione. Negli Stati Uniti vi è un grosso problema di tipo assicurativo. Non tutte le assicurazioni sono disposte a pagare per questo tipo di intervento che nel loro sistema ha un rimborso differente da quello di altri interventi, soprattutto ora che negli Stati Uniti è in atto un grande sforzo per contenere le spese. In Europa la situazione è completamente differente, le società scientifiche cardiologiche e cardiochirurgiche riconoscono la validità di questa procedura e questo intervento non è considerato più costoso di altri, ma in alcuni casi viene considerato una reale alternativa
Lorenzo Menicanti, primario di cardiochirurgia all’Irccs Policlinico San Donato di Milano
MALATTIE RARE
Una vita per la ricerca Il difficile settore della ricerca sulle patologie rare vede Bergamo leader in Italia grazie a un importante centro di studi, appartenente all’Istituto Mario Negri. Silvio Garattini ne illustra le attività e gli ultimi significativi risultati raggiunti in questo campo Nicolò Mulas Marcello
S
ono oltre 400 le patologie rare individuate in Italia. Cinque persone su 10mila sono affette da una di esse. La ricerca nell’ambito delle malattie rare, forse ancora più che in altri campi, rappresenta naturalmente un aspetto fondamentale per poter conoscere, studiare e sperimentare cure. In Italia, a Ranica in provincia di Bergamo, è presente un centro d’eccellenza per questo tipo di studi. Si tratta del Centro per le malattie rare “Aldo e Cele Daccò”, una delle sedi dell’Istituto Mario Negri di Milano fondato e diretto dal professor Silvio Garattini: «Il paziente affetto da una malattia rara ha diritto come tutti gli altri a essere informato, a diagnosi accurate e tempestive, a un’assistenza medica continuativa e a un sup-
210 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010
porto socio-assistenziale». Per quanto riguarda le malattie rare come si articola la ricerca all’Istituto Mario Negri? «L’istituto è stato uno dei pionieri nel lanciare l’idea della ricerca sulle malattie rare e sui farmaci orfani sia a livello nazionale che a livello europeo. Abbiamo un centro dove lavorano persone specializzate e dove forniamo in modo gratuito informazioni a medici o pazienti che vogliono avere più notizie su una determinata malattia rara e su quali sono i centri che hanno più esperienza in Italia o all’estero sulle malattie rare. Poi lavoriamo in collaborazione con le associazioni dei pazienti delle malattie rare e cerchiamo di metterli in contatto tra loro, grazie a un database aggiornato di tutti i malati che si rivolgono a noi. Questo è importante perché nessuno meglio dei parenti del malato conosce la malattia rara. Poi naturalmente c’è la ricerca. Effettuiamo ricerca sperimentale nei laboratori di ricerca a Ranica, sede del Centro per le malattie rare “Aldo e Cele Daccò”. A Bergamo la ricerca si articola su problemi di malattie rare renali e cardiovascolari, invece a Milano su problemi che riguardano il sistema nervoso centrale e ma-
Silvio Garattini
Nella pagina accanto, in apertura, Silvio Garattini, fondatore e direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano, e, sotto, il Centro ricerche cliniche per le malattie rare “Aldo e Cele Daccò” di Ranica
lattie rare in campo di tumori». Il Mario Negri è anche centro di coordinamento per le malattie rare in Lombardia. In cosa consiste quest’attività? «La Regione Lombardia ha conferito all’Istituto Mario Negri il compito di coordinare tutto il sistema delle malattie rare in regione. Questo consiste nell’avere identificato i centri lombardi che hanno competenze significative in determinate malattie rare; stabilire una rete tra tutti questi centri per avere una comunicazione; mantenere i contatti e soprattutto fare in modo che i pazienti che si rivolgono a questo centro di informazione siano dirottati presso i centri lombardi che abbiano specifiche
competenze. I pazienti che vengono inviati a questi centri non devono pagare il ticket in fase diagnostica o terapeutica». Quali importanti risultati avete raggiunto negli anni sul fronte malattie rare? «Risultati importanti li possiamo distinguere nel campo della sindrome emolitico-uremica e la porpora trombotica trombocitopenica che fanno parte delle malattie che si chiamano microangiopatie trombotiche. Qui abbiamo trovato le mutazioni dei geni che sono importanti per spiegare queste malattie e abbiamo scoperto le condizioni in cui si può definire qual è la prognosi, perché queste malattie essendo rare sono eterogenee. Inoltre stiamo sviluppando una terapia per questo tipo di malattia». Attualmente a quali progetti e su quali malattie state lavorando? «Oltre a ciò che ho appena citato stiamo lavorando anche per migliorare il trapianto renale e per intervenire in modo tale da diminuire le possibilità di rigetto e quindi migliorarne la tolleranza. Poi abbiamo dimostrato che il farmaco Tuximab si è dimostrato efficace nei pazienti affetti dalla porpora trombotica trombocitopenica. Per quanto riguarda invece il campo delle malattie del sistema nervoso centrale abbiamo in corso uno studio clinico a livello europeo che consiste nell’utilizzo di una tetraciclina per le malattie da prioni, quindi le malattie della “mucca pazza”. Abbiamo studiato molti prodotti che riguardano la sclerosi laterale amiotrofica e qui abbiamo in corso oltre a studi sperimentali anche studi a livello clinico testando nuovi farmaci nella speranza di avere risultati LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 211
MALATTIE RARE
La Regione Lombardia ha conferito all’Istituto Mario Negri il compito di coordinare tutto il sistema delle malattie rare in regione
positivi. Nel campo dei tumori rari abbiamo
messo a punto un farmaco che viene estratto da un organismo marino che si chiama trabectedina e questo farmaco è attivo in tumori e sarcomi rari. Poi stiamo lavorando anche su una leucemia rara che si chiama leucemia promielocitica per cui abbiamo sviluppato dei nuovi farmaci». La facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università di Torino, organizza in collaborazione con il Mario Negri un master per il trattamento delle malattie rare. Come è nata questa collaborazione con l’ateneo piemontese e qual è la formazione che si riceve? «Tutti questi tipi di attività e campi di ricerca vengono realizzati con progetti formativi. Abbiamo parecchi nostri borsisti che lavorano in questo campo e abbiamo dei giovani che stanno facendo il Pect sui farmaci orfani o malattie rare.
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Inoltre c’è un lavoro formativo anche sui medici di medicina generale perché abbiano delle cognizioni su quelle che possono essere le modalità con cui loro possono indicare al paziente che scopre di avere una malattia rara a chi rivolgersi. Con l’Università di Torino è attivo questo progetto di Master per il trattamento delle malattie rare. Una collaborazione che è nata nell’ambito della ricerca avendo incontrato persone dell’ateneo torinese che sono interessate allo stesso tipo di problemi e insieme si è deciso questo progetto». Quanti sono i farmaci orfani approvati a livello centralizzato e disponibili in Italia? «In Italia i farmaci orfani disponibili sono 37 su 49 farmaci autorizzati dall’Emea (European Medicines Agency, ndr). Questi dati sono aggiornati al 2009. Bisogna dire che dal momento dell’autorizzazione occorre un po’ di tempo affinché l’azienda farmaceutica faccia la domanda e il prodotto venga commercializzato. L’Italia comunque è uno dei paesi che ha maggior numero di farmaci orfani che rimborsa attraverso il servizio sanitario nazionale».
Claudio Cavazza
Un impegno etico per le patologie rare Una maggiore speranza per le malattie rare viene dall’Italia. L’azienda farmaceutica Sigma-Tau ha acquisito il ramo di ricerca dell’americana Enzon dedicato allo sviluppo dei farmaci orfani. Un impegno concreto per il presidente Claudio Cavazza Nicolò Mulas Marcello
L
a ricerca, si sa, è il motore del progresso farmacologico e i passi avanti fatti nel corso degli anni in molti am biti terapeutici ne sono la prova tangibile. Ci sono però settori, come quello delle malattie rare, che devono scontrarsi con le politiche economiche delle aziende farmaceutiche e che quindi per scarsità di fondi a loro dedicati, risentono di una minore considerazione in termini di studi rispetto a malattie più diffuse. Ogni anno in Italia si ammalano di patologie certificate come rare circa 20 mila persone, 5 ogni 10 mila. Si tratta di malattie spesso prive di trattamento (orfane), croniche e invalidanti. Una priorità che chiama il servizio sanitario nazionale a mettersi in linea con le raccomandazioni espresse dal Consiglio europeo dei ministri della Sanità, di adottare entro il 2013 piani e strategie per garantire diagnosi tempestive e accesso a un’assistenza qualitativamente elevata per tutti i pazienti. Dai dati dell’Organizzazione mondiale della sanità, si calcola vi siano almeno 5.000 malattie rare; di esse circa 4.000 avrebbero un’origine genetica. I ricercatori non si occupano volentieri di malattie rare, perché ci sono scarse probabilità di essere finanziati. Per le aziende, infatti, investire nella ricerca di un farmaco per una patologia rara sarebbe un’iniziativa a fondo perso: le eventuali vendite del medicinale non sarebbero mai sufficienti a
coprire le spese. Ma per fortuna non sempre è così. In Europa da oltre dieci anni si fa ricerca sui farmaci orfani, dal 99 a oggi sono in studio circa 900 farmaci e ne sono stati immessi sul mercato 50. In Italia poche aziende hanno il coraggio di investire in farmaci orfani, tra queste la Sigma-Tau che ha recentemente acquisito le attività dell`americana Enzon Pharmaceuticals relative al ramo dei farmaci per malattie rare. «Siamo ben consci che non costituiscono un’attrazione economica – afferma Claudio Cavazza, presidente della casa farmaceutica – ma abbiamo lo stesso scelto di investire in questo settore per poter offrire un’opportunità anche a chi deve affrontare l’abbandono a causa di una patologia poco diffusa». L’impegno etico sposa una politica oculata anche dal punto di vista imprenditoriale: «Da sempre siamo convinti che lo studio delle malattie rare – continua Cavazza – debba essere parte integrante delle nostre attività, perché la biologia molecolare porterà molto presto a suddividere tutte le patologie in sottogruppi sempre più piccoli e allora proprio l’esperienza maturata nelle malattie rare sarà indispensabile per gestire lo sviluppo di farmaci di nuova generazione». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 213
MALATTIE RARE
Una speranza per i bambini La difficile convivenza con una malattia rara come la “sindrome dei bambini farfalla” è supportata dai progetti di supporto dell’associazione Debra Italia Onlus. Il presidente Claudio Notarantonio ne illustra le attività Nicolò Mulas Marcello
A
ttiva dal 1990 Debra Italia Onlus è l’associazione che fornisce supporto ai malati di epidermolisi bollosa e alle loro famiglie. Tra le malattie rare, la “sindrome dei bambini farfalla”, definita così per la fragilità della pelle ådei malati affetti da questa patologia, vanta in Italia l’unico centro al mondo di sviluppo di una terapia genica attraverso l’impiego di cellule staminali, ovvero il Centro di medicina rigenerativa di Modena diretto dal professor Michele De Luca. Tra le attività della Debra Italia Onlus c’è anche quella della raccolta fondi per supportare la ricerca di questo fondamentale centro. Il presidente di Debra, Claudio Notarantonio in merito ai risultati positivi ottenuti dalla terapia genica si dichiara ottimista: «Dai progressi scientifici ci aspettiamo che concludano questo percorso e che portino a compimento la speranza di tutti i malati di EB di avere una cura per la loro malattia». Quanti sono in Italia i bambini farfalla e in cosa consiste questa malattia? «Dall’ultimo censimento i bambini colpiti da questa malattia in Italia sono 1.100 216 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010
Claudio Notarantonio, presidente Debra Italia Onlus
circa. Epidermolisi significa letteralmente rottura della pelle ma anche delle mucose, bollosa indica la tendenza a formarsi di bolle e vesciche. Già alla nascita in caso di parto naturale il neonato presenta spesso grosse bolle e lacerazioni della pelle. Per tutta la vita il paziente deve fare i conti con medicazioni e bendaggi quotidiani e continue terapie a base di antibiotici per combattere il pericolo di infezioni dovute alle ferite aperte. Oltre a diversi interventi di dilatazione esofagea e di ricostruzione delle mani che soprattutto nella tipologia distrofica della malattia tendono in breve tempo a chiudersi impedendo quasi totalmente l’uso delle dita». Come si articola l’attività dell’Associazione Debra Italia Onlus? «L’associazione è stata fondata nel 1990 da un gruppo di genitori di pazienti determinati ad assicurare ai loro figli una migliore qualità della vita. Il loro scopo è quello di lavorare insieme per fornire aiuto. Con gli anni l’attività si è estesa comprendendo l’affiancamento ai centri specialistici, attività congressuale di informazione medico scientifica, borse di studio
Debra Italia Onlus
di ricerca, collaborazione con i principali centri nazionali e internazionali, attività di sostegno socio-sanitario alle famiglie e rapporti con le istituzioni e infine campagne di sensibilizzazione sociale. I recenti progressi della ricerca genetica hanno permesso di conoscere i geni responsabili di EB. Debra Italia è al fianco dei ricercatori e auspica che trattamenti terapeutici efficaci siano disponibili in un futuro ragionevolmente prossimo». Nell’ambito della ricerca quali passi avanti sono stati fatti negli ultimi anni? Il fondamentale lavoro dell’equipe di Modena guidata da Michele De Luca che riguarda la terapia genica su un paziente adulto affetto da epidermolisi bollosa consiste in una pionieristica applicazione di cellule staminali epiteliali adulte e fonde la terapia cellulare con quella genica. Sono state ottenute e coltivate cellule staminali epidermiche da una biopsia cutanea effettuata sul paziente. Queste cellule sono state corrette geneticamente e impiantate. Esse hanno generato lembi di pelle sana che sono stati trapiantati su due zone malate del paziente. La valutazione del risultato dopo un anno ha dimostrato la rigenerazione e il mantenimento di un’epidermide normale sulle
Debra è al fianco dei ricercatori e auspica efficaci trattamenti terapeutici
In alto, Luna Berlusconi; in basso, il Centro di Medicina rigenerativa "Stefano Ferrari" di Modena
zone trapiantate. Questo studio dimostra per la prima volta che la terapia genica è fattibile e che questa malattia è curabile». Qualche mese fa è stata inaugurata all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma la prima stanza al mondo per i bambini Farfalla. In cosa consiste? «L’ospedale Bambino Gesù, con il sostegno di Debra Italia Onlus, ha organizzato uno spazio di degenza con caratteristiche tecnologiche uniche per dare ai pazienti assistenza nei periodi di degenza. Questa stanza ha interruttori con fotocellula, vasca da bagno con sportello per facilitare l’ingresso, una culla neonatale speciale e un letto dotato di materassi antidecupito. L’assistenza e la cura sono assicurate da un personale infermieristico e medico altamente specializzato. A quest’attività collabora un team multidisciplinare di dermatologi, neonatologi, anestesisti, chirurghi, psicologi, che coordinano tutti i bisogni dei malati di EB». A quali progetti state lavorando attualmente? «Debra ha in cantiere diversi progetti. Tra questi, Debra Online ha attivato un progetto che ha consentito di realizzare un forum dedicato ai malati, “In ospedale con Ebby”, che ha permesso la realizzazione della stanza di cui abbiamo parlato. Inoltre, ab- LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 217
MALATTIE RARE
DA ANNI AL FIANCO DEI “BAMBINI FARFALLA”
D
ebra Italia Onlus vanta un’ambasciatrice d’eccezione impegnata da anni nel difficile compito di fare conoscere meglio l’epidermolisi bollosa. Luna Berlusconi (nella foto)?è attiva in prima linea per quanto riguarda l’organizzazione di eventi volti a informare e raccogliere fondi per la ricerca. Quello dei “bambini farfalla” è un mondo fatto di difficoltà quotidiane, ma anche di solidarietà e di speranza. Come e quando si è avvicinata all’associazione Debra? «L’ho conosciuta circa tre anni fa perché ho avuto anche io una bambina affetta come me da epidermolisi bollosa. Il primo anno ho vissuto la malattia in maniera difficile perché appunto non sapevo ci fosse un’associazione dedicata. Ne sono venuta a conoscenza partecipando a un importante convegno nazionale sulle malattie rare dove appunto c’era Debra. Ho conosciuto il presidente Paola Zotti, che purtroppo ci ha lasciati a dicembre, e da lì ho capito che sarebbe stato un dovere da parte mia impegnarmi per questa causa, rendendomi conto che in fondo il livello della malattia da cui io ero stata colpita era molto lieve. Quindi per i bambini molto più gravi di noi sarebbe stato un dovere lottare». Le speranze di tutti i “bambini farfalla” e dei loro genitori sono riposte senz’altro nella ricerca. Sono stati fatti recenti progressi in questo ambito? «Sicuramente a livello istituzionale si sta cercando di dare una svolta anche se comunque ci sono ancora delle leggi che bloccano la ricerca. La cosa importante è che un anno e mezzo fa è stato inau-
gurato il primo centro di medicina rigenerativa a Modena dal professor De Luca, una struttura unica al mondo dedicata a questa malattia. Si tratta di un centro che studia le cellule staminali adulte ed è rivolto alla ricerca per l’epidermolisi bollosa e per la cornea. L’esperimento avviato nel 2006 su Claudio, un bambino affetto dalla malattia, che è stato sottoposto a trapianto di pelle ricostruita geneticamente ha funzionato. Questo dimostra che siamo sulla strada giusta, ma purtroppo mancano i fondi per continuare la ricerca». Tra le sue attività nel ruolo di ambasciatrice Debra c’è anche la ricerca fondi. Attraverso quali iniziative avviene la raccolta? «Attraverso eventi e manifestazioni organizzate costantemente durante l’anno. Il mio ruolo più che organizzare eventi è quello di cercare di parlarne sempre di più. Soltanto parlandone e comunicando e conquistando il cuore della gente allora potremo iniziare a fare degli eventi importanti e trovare anche dei fondi». Ci sono in programma dei progetti per informare le persone e sensibilizzare l’opinione pubblica su questo tipo di malattia? «A livello locale le famiglie fanno molto nel loro piccolo. Di solito vengono organizzati circa due o tre eventi ogni anno. La perdita di Paola ha comunque rallentato un po’ il lavoro di Debra perché lei era la mente e la forza dell’associazione e oggi senza di lei facciamo un po’ più fatica. Il mio compito è quello di parlarne. Sicuramente faremo una cena a Milano a settembre per i 20 anni di Debra e organizzerò personalmente una raccolta fondi con amici, industriali e imprenditori per aiutare la ricerca».
biamo la consulenza sui diritti esigibili che vativo atto a mantenere il più a lungo possibile prevede assistenza gratuita per gli associati di un legale che li supporti in materia di diritti di assistenza sociosanitaria, scolastica, facilitazioni fiscali e diritto al lavoro. “Le mani da salvare” è un altro progetto che prevede lo stanziamento di una borsa di studio per la realizzazione di un supporto ortesico conser218 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010
la funzionalità della mano. “Dottori volanti”, invece, prevede la creazione di un’unità medica che nel corso dell’anno si rechi direttamente nell’ospedale locale o presso il domicilio nel caso di pazienti adulti, per assistere il malato e la famiglia. Per tutti gli altri progetti si può consultare il sito www.debraitaliaonlus.org».
TOSSICOLOGIA E MEDICINA
Verifichiamo la sicurezza negli ambienti T di lavoro
ossicologia e medicina sul lavoro rappresentano due branche mediche particolarmente delicate dove l’aiuto della legislazione nazionale e regionale influisce non Nella rilevazione e nel monitoraggio delle sostanze tossiche poco sull’attività dei laborae stupefacenti sugli individui, nuove tecnologie e leggi più severe tori. A seguito della Legge 81 dell’Aprile del 2008, infatti, aiutano i laboratori del territorio a disegnare un quadro che prevede norme più strinpiù chiaro dei parametri tossicologici da rispettare. genti e parametri tossicologici L’analisi di Giuliano Caslini, amministratore di Bianalisi e biologici da rispettare, le aziende sembrano prestare Ezio Petrillo maggiore attenzione alla salute e alla sicurezza dei propri lavoratori. I laboratori che verificano, nel sangue e nelle urine, la presenza di sostanze nocive e dannose, non registrano, infatti, particolari aumenti di tossicità negli ultimi tempi. L’importanza delle nuove tecnologie nelle metodiche di screening e dei controlli da parte di terzi per garantire l’affidabilità del dato analitico risultante dalle analisi, nelle parole di Giuliano Caslini, amministratore di Bianalisi, laboratorio che opera sul territorio milanese. Occupandovi di tossicologia da anni, negli ultimi Giuliano Caslini, tempi registra un aumento il secondo da sinistra, amministratore della presenza di sostanze di Bianalisi tossiche negli individui che si rivolgono al vostro laboratorio? «Considerando che in Italia abbiamo valori limite per i parametri di tossicologia che sono più restrittivi rispetto alle altre nazioni europee si ipotiz-
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Nuove tecnologie
zava un aumento della presenza di sostanze tossiche che, sulla base della nostra esperienza, non abbiamo verificato, anche perché è aumentata l’attenzione da parte delle aziende. Negli ultimi tempi abbiamo registrato, infatti, anche in virtù di norme sempre più stringenti in materia di sicurezza, una diminuzione delle sostanze nocive nei pazienti che si rivolgono alla nostra struttura». Quali sono le sostanze tossiche che vengono rilevate maggiormente, all’interno del laboratorio? «In riferimento alle richieste che ci pervengono, le sostanze che vengono maggiormente rilevate riguardano i lavoratori esposti, ossia quelli che operano sui cantieri, o in ambienti potenzialmente a rischio per la salute. Tali sostanze sono, tra le altre, benzene, stirene, toluene, fenoli, cresoli e alcuni metalli come cromo, mercurio, piombo e alluminio». Ci sono stati negli anni degli interventi legislativi che possono testimoniare una maggiore attenzione nei confronti della sicurezza degli ambienti di lavoro? «Direi di si. In questo senso bisogna dare una particolare importanza al Testo unico del 9 aprile 2008 n° 81 che si applica a tutti i settori di attività e a tutti i lavoratori. Questa legge ha previsto, tra le altre cose, i valori limite biologici
Per continuare a fornire prestazioni efficaci, è fondamentale svolgere il servizio di prossimità diagnostica territoriale all’interno delle regole sanitarie del federalismo regionale
obbligatori, le procedure di sorveglianza sanitaria e i valori limite di esposizione dei lavoratori alle sostanze nocive. Riteniamo che sia stata una vera e propria svolta per la sicurezza sul lavoro. A tal proposito, però, bisogna ricordare che ogni Regione legifera in maniera autonoma e quindi bisogna fare riferimento alla normative regionali di interesse». Parliamo di sostanze stupefacenti. Come vengono eseguiti i test di screening in
questo ambito? «I test di screening di sostanze stupefacenti vengono eseguiti su matrice urinaria. In particolare il nostro laboratorio, per esempio, esegue gli screening con metodiche di ultima generazione utilizzando biochip multiparametrici comprendenti anche il dosaggio della creatininuria, per valutare eventuali contraffazioni o adulterazioni del campione. Il risultato è di tipo quantitativo con una ottima correlazione LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 223
TOSSICOLOGIA E MEDICINA
Le sostanze che vengono maggiormente rilevate riguardano i lavoratori esposti, ossia quelli che operano sui cantieri, o in ambienti potenzialmente a rischio per la salute
con il test di conferma che sorbimento atomico per valuviene eseguito con GC-Massa». Nuove tecnologie in materia di analisi tossicologiche. Quali sono gli strumenti più all’avanguardia che vengono utilizzati? «A mio avviso è estremamente importante eseguire le analisi tossicologiche utilizzando strumenti di ultima generazione comprendenti spettrometri di massa (GC Massa) per il dosaggio in conferma di stupefacenti e alcolemia; HPLC e as-
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tare esposizione a sostanze tossiche compresi i metalli. È necessario che tutta la strumentazione utilizzata sia sottoposta a rigidi controlli anche da parte di enti terzi, per garantire l’affidabilità del dato analitico». Quali sono i servizi maggiormente richiesti dall’utenza? «Il nostro gruppo comprende oggi nove laboratori analitici diffusi in Lombardia, Roma-
gna e Lazio, per un totale di circa 32 punti prelievo. Escludendo i pazienti per i quali l’affluenza è diretta in ciascuno dei punti della rete di laboratori, i servizi principali riguardano il service di laboratorio (esecuzione di analisi per conto di altri laboratori) attivo da alcuni anni verso strutture laboratoristiche pubbliche e private di numerose Regioni italiane con arrivo di campioni a temperatura controllata quotidianamente e promosso da una rete commerciale propria. Altro punto importante è la sezione di tossicologia per esecuzione di test legati alla medicina del lavoro, comprendenti anche i test per ricerca di sostanze stupefacenti e alcolemia a valenza medico legale». Cosa si augura per il futuro? «Per una realtà laboratoristica è fondamentale la diffusione capillare sul territorio. Il nostro intento, ad esempio, per continuare a fornire prestazioni efficaci, è quello di continuare a svolgere il servizio di prossimità diagnostica territoriale all’interno delle regole sanitarie del federalismo regionale, aggregando, dove possibile, piccole realtà. Sarebbe fondamentale, inoltre, espandere i servizi alle comunità RSA, RSD, alle aziende fornendo servizi diagnostici puntuali e adeguati».
AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO
I “soggetti deboli” tra assistenza e tutela Anziani, emarginati, debilitati, affetti da patologie fisiche o psichiche. Sono oggi giuridicamente indicati come “soggetti deboli” meritevoli di tutela e assistenza. A occuparsene, il nuovo istituto dell’Amministrazione di Sostegno. L’avvocato Patrizia Maestranzi ne descrive le dinamiche Adriana Zuccaro
C
on il trasformarsi delle abitudini e degli stili di vita è cambiato anche il profilo di quegli individui che possono venire indicati quali “soggetti deboli” all’interno dell’ambiente familiare e sociale. «La corrente giurisprudenziale dominante colloca oggi i soggetti deboli nella più ampia e generica categoria delle “persone non autonome” per malattia o infermità fisica o psichica temporanea o permanente, e offrono loro ampia tutela». A descrivere le dinamiche con cui si muovono i rapporti tra i soggetti deboli e gli operatori del diritto, l’avvocato Patrizia Maestranzi che ha sviluppato un’esperienza specifica nel ruolo di amministratore di sostegno, di tutore e di curatore speciale di minori presso il Tribunale di Milano. Quali sono le condizioni che rendono identificabili i soggetti deboli? «Per essere indicati quali “soggetti deboli” è sufficiente trovarsi nell’impossibilità parziale di provvedere adeguatamente ai propri interessi, per effetto di “lieve ritardo cognitivo” o per “fragilità psicologica di fondo”, tuttora sussistente nonostante i progressi compiuti negli ultimi anni, tali da comportare una “personalità emotivamente instabile” in base a quanto si evince dalla segnalazione del Servizio Sociale del Comune. Per quanto riguarda poi le persone anziane, la giurisprudenza di merito, in caso di apertura della procedura di ammini228 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010
strazione di sostegno, ha concluso che l’“età avanzata” può essere ritenuta un fenomeno disabilitante». L’età è quindi considerata l’unico fattore debilitante? «Gli individui di qualsiasi età che non siano in grado di autodeterminarsi scientemente a causa di stati d’animo o psicologici o anche fisici inabilitanti, sono anch’essi da considerarsi “soggetti deboli” meritevoli di tutela e assistenza. Vi sono ad esempio casi in cui un membro del gruppo familiare si trova coinvolto in una circostanza tragica che lo affligge in una malattia invalidante e lo riduce in uno stato comatoso senza la possibilità di comunicare». Quali provvedimenti sono stati introdotti dal Legislatore? «Recentemente, il Legislatore ha modificato la disciplina in materia di “soggetti deboli” introducendo l’istituto dell’ammini-
Sotto, Patrizia Maestranzi, avvocato civilista del Foro di Milano
Patrizia Maestranzi
L’amministratore di sostegno viene scelto con esclusivo riguardo alla cura e agli interessi del beneficiario ed è uno strumento modificabile in relazione all’interesse del progetto personalizzato per il soggetto debole
stratore di sostegno (Ads) con la legge 9 gennaio 2004, n. 6. Tale iniziativa legislativa è stata promossa da autorevole dottrina nell’ottica di completare la lacuna assistenziale lasciata dagli istituti dell’interdizione e della curatela ovvero quegli istituti che consentivano la nomina da parte del Tribunale di un tutore o di un curatore». Qual è lo scopo dell’amministratore di sostegno? «L’amministratore di sostegno viene scelto con esclusivo riguardo alla cura e agli interessi del beneficiario ed è uno strumento flessibile e modificabile in relazione all’interesse del progetto personalizzato per il “soggetto debole”. L’Ads è volta a tutelare il soggetto debole, limitandone la capacità di compiere atti giuridicamente rilevanti e offrendo, tramite l’amministratore di sostegno, un tipo di assistenza che incida il meno possibile sulla capacità di agire di chi si trova nell’impossibilità, anche solo parziale o temporanea, di
provvedere ai propri interessi». In quali casi è prevista la nomina di un Amministratore di Sostegno? «Basta pensare alle situazioni che si producono nello stadio terminale della vita, all’isolamento di persone socialmente deteriorate, alla cecità totale o parziale, ai portatori di handicap fisici, ai lungodegenti, ai carcerati, a episodi di alcoolismo non gravissimo, a forme di prodigalità per scarsa dimestichezza col mondo delle operazioni economiche, a situazioni di vita disordinata, a certa incapacità e demenza senile. Tutte queste situazioni, quando non si traducono in vera e propria infermità di mente, rimangono legalmente prive di ogni forma di assistenza, o la possono ottenere solamente forzando gli istituti dell’interdizione o dell’inabilitazione, con grave menomazione della residua autonomia del soggetto, e con stimmate sociali pesanti e ingiustificate». Quale resoconto è possibile azzardare sul l’applicazione dell’Ads? LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 229
AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO
AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO Iscritta all’Ordine forense di Milano, patrocinante in Cassazione, l’avvocato Patrizia Maestranzi ha sviluppato un’esperienza specifica nel settore del diritto della persona, famiglia e minori anche nel ruolo di amministratore di sostegno. Presso il Tribunale di Milano, l’utilizzo del nuovo istituto dell’amministrazione di sostegno ha avuto sempre più una sua concretezza e positività. Le domande presentate annualmente sono sempre in aumento e i ricorsi per interdire o inabilitare una persona sono diminuiti. Solo nel 2009, sono state presentate circa 1350 richieste di nomine di un Ads e ne sono state accolte circa 1200. Analizzando poi la provenienza dei ricorsi per la nomina di un Ads, si può indicare all’incirca la seguente percentuale: per il 55% sono i parenti entro il quarto grado o gli affini entro il terzo grado, per il 15% sono i servizi sanitari e sociali (pubblici e privati) a inviare segnalazioni; vi è poi un 10% di richieste avanzate dalla Procura della Repubblica e un 20% di ricorsi promossi dalle parti interessate a mezzo di avvocati www.studiomaestranzi.com
«Dal 2004 a oggi, l’istituto dell’Ads ha avuto «La nuova applicazione giurisprudenziale del svariate applicazioni nei vari Tribunali di Italia e differenti interpretazioni circa i limiti e i poteri attribuiti alla figura dell’amministratore di sostegno. Non si può dire che vi siano orientamenti uniformi in ambito nazionale, casomai, ogni singolo Tribunale ha inteso seguire delle linee guida e applicare con i decreti dei Giudici Tutelari delle valutazioni e decisioni rimesse al caso particolare in esame. Ad esempio, è grazie a una procedura di amministrazione di sostegno che il Tribunale di Modena con decreto del 13 maggio 2008 è stato in grado di ricostruire, e rispettare, la volontà di una paziente (affetta da sclerosi laterale amiotrofica, patologia invalidante che paralizza i muscoli e porta all’incoscienza) di non essere sottoposta a ulteriori procedure curative». In senso opposto si colloca il Comitato nazionale di bioetica secondo il quale “nutrizione e idratazione vanno considerati atti dovuti eticamente”.
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“testamento di vita” sembra destinata a continuare ad alimentare il dibattito su questo tema. Secondo alcuni decreti del Giudice Tutelare del Tribunale di Modena (del 5.11.2008), di Bologna (del 4.6.2008) e di Cagliari (del 22.10.2009), la nomina dell’amministratore di sostegno da parte dell’interessato, in previsione della propria futura incapacità, mediante scrittura privata, avente carattere di testamento biologico, è legittima. Ne deriva che in caso di malattia terminale irreversibile e invalidante, l’amministratore di sostegno potrà negare il consenso al trattamento sanitario terapeutico e autorizzare il trattamento mediante cure palliative per lenire le sofferenze causate dalla malattia. In senso contrario e difforme, invece, si sono posti i Giudici Tutelari di altri Tribunali quali quello di Genova con decreto del 6.3.2009, di Roma con decreto del 1.4.2009 e di Firenze del 8.4.2009 e di Pistoia del 8.6.2009».
CHIRURGIA OFTALMICA
La cataratta oggi meno invasività L e meno rischi
a cataratta è l’intervento più eseguito al mondo, ed è, statisticamente, il più sicuro. Basti pensare che solo in Italia si effettuano circa 450 mila interventi all’anno. La cataratta è l’opacità del cristallino, cioè di quella minuscola lente posta all’interno dell’occhio con la funzione di mettere a fuoco Tra i progressi della chirurgia oftalmologica, le immagini che verranno trasmesse al cervello l’intervento di cataratta ha ridotto notevolmente tramite la retina e il nervo ottico. Il dottor i margini di invasività e i rischi post-operatori, Edoardo Ligabue, esperto chirurgo oculista di Milano, descrive i progressi registrati nell’ulgarantendo un eccellente ripristino della fisiologia timo trentennio nella pratica oftalmologica, oculare e rendendo il paziente indipendente grazie ai quali «si è pervenuti a una notevole didall’uso di occhiali correttivi. minuzione dell’indice di invasività chirurgica e dei rischi clinici post-operatori». Come? Lo spiega Edoardo Ligabue Quali traguardi ha raggiunto l’oftalmoloGiulio Conti gia moderna nella risoluzione della cataratta? «L’intervento di cataratta è tra quelli che hanno beneficiato maggiormente dell’evoluzione tecnologica riguardante la chirurgia oftalmica. L’intervento consiste nella rimozione del cristallino opacato e nella sua sostituzione con un cristallino artificiale. Oggi, grazie alla moderna tecnologia, possiamo eseguire un’accurata analisi pre-operatoria in modo da ricreare, dopo l’intervento, la miglior fisiologia oculare che consente di ottenere una qualità visiva eccellente e di essere indipendente dall’uso di occhiali correttivi, spesso anche per la lettura, riducendo anche la presbiopia». Qual è la soluzione più avanzata per la cataratta oggi? «Oggi, l’intervento di cataratta viene eseguito ambulatorialmente, cioè il paziente rimane al centro chirurgico solo alcune ore poi rientra a casa. L’anestesia, consistente in alcune gocce di collirio, consente la minima invasività generale e il massimo comfort soprattutto per il paIl dottor Edoardo Ligabue, chirurgo oculista, ziente anziano. Il cristallino opacato oggi viene esercita la professione medica a Milano www.lamiavista.it operato mediante una microincisione che può essere anche di soli 1,8 mm. Si utilizza poi una piccolissima sonda che frammenta la cataratta
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Mics
con micro pulsazioni e aspira i residui del cristallino disciolto. Questa tecnica si chiama MICS, Micro Incision Cataract Surgery, e garantisce la minima invasività con la maggior dolcezza possibile e il massimo rispetto delle altre strutture oculari durante l’intervento. Attraverso questa micro incisione viene poi inserito il cristallino artificiale in sostituzione di quello alterato dalla cataratta». Quali sono i cristallini artificiali più moderni? «Ogni paziente deve avere il suo cristallino personalizzato in base alle caratteristiche ottiche proprie dell’occhio da sottoporre all’intervento. I cristallini di ultima generazione cercano di imitare il cristallino naturale riuscendo a variare la loro messa a fuoco a seconda delle varie distanze di visione. Si chiamano cristallini accomodativi HD (High Definition) oppure AO (Advanced Optics) proprio per la loro capacità di accomodare la visione alle necessità del paziente. Consentono un’ottima visione a brevi distanze, come ad esempio davanti al computer o persino durante la lettura del quotidiano. Per i caratteri molto piccoli possono essere necessari degli occhialini per lettura. La scelta del tipo di ottica più adatta al paziente dipende dalle analisi strumentali effettuate in fase preoperatoria». I cristallini accomodativi garantiscono una buona visione? «Sono cristallini artificiali con una qualità ottica ad alta definizione, priva di aberrazioni, superiore ai cristallini tradizionali. In più, la loro forma consente ai muscoli interni dell’occhio di variarne leggermente la messa a fuoco, proprio come il nostro cristallino naturale. La qualità visiva delle lenti accomodative è garantita dal fatto che viene indirizzato all’occhio sempre il 100% della energia luminosa, senza perdite. In questo modo vengono sfruttate completamente tutte le abilità visive della macula, anche in caso di
Per l’impianto di cristallini artificiali, i parametri da valutare sono le misure biometriche dell’occhio, le condizioni della cornea, del sacco capsulare e del fondo oculare
pazienti anziani con maculopatia iniziale. Sono indicati anche nei casi dove un glaucoma preesistente abbia diminuito la sensibilità delle fibre del nervo ottico. La tecnica di micro incisione con l’impianto di un cristallino accomodativo HD-AO reintegra le condizioni oculari più fisiologiche possibili dopo l’intervento di cataratta». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 233
CHIRURGIA OFTALMICA
INNOVAZIONE IN PROGRESS Il dottor Edoardo Ligabue, esercita la professione medica in Milano dal 1983. Si è occupato di tutte le branche dell’oculistica ma i suoi interessi principali sono la chirurgia della cataratta, del glaucoma e la chirurgia refrattiva. Negli anni ’90 è stato tra i primi a utilizzare il laser a eccimeri e a effettuare l’intervento di cataratta ambulatorialmente mediante la facoemulsificazione e l’anestesia topica. Si è occupato di chirurgia vitreo-retinica e ha effettuato decine di migliaia di interventi eseguendo sempre le tecniche più aggiornate, innovative e sicure. Partecipa come relatore, docente o chirurgo in diretta a numerosi congressi nazionali e internazionali. Attualmente volge funzioni di direttore della sezione oculistica del Centro Diagnostico Italiano di Milano, ed è Primario della Unità Operativa di Oculistica dell’Istituto Clinico San Siro. Effettua visite e diagnostica strumentale presso il suo studio a Milano.
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Tutti i pazienti possono utilizzare i cristallini accomodativi HD-AO? «Nella visita preliminare, l’oculista effettuerà gli esami necessari per stabilire l’idoneità o meno all’impianto dei cristallini accomodativi. I parametri da valutare sono le misure biometriche dell’occhio, le condizioni della cornea, del sacco capsulare e del fondo oculare. Il massimo risultato visivo lo si ottiene solo quando entrambi gli occhi sono operati con le lenti HDAO; solo così la fusione binoculare ottimizzerà la messa a fuoco a tutte le distanze». In caso di preesistente astigmatismo? «Sono disponibili cristallini Torici non accomodativi che riescono a correggere anche gradi molto elevati di astigmatismo. Questo difetto visivo genera una visione sdoppiata a tutte le distanze, molto fastidiosa. Correggerla direttamente dall’interno dell’occhio mediante un cristallino artificiale è la procedura che garantisce la miglior qualità visiva oggi possibile». La micro incisione è più sicura? «L’ampiezza dell’incisione nell’intervento di cataratta è passata da 12 mm a 1,8 mm, cioè quasi dieci volte meno, negli ultimi 20 anni. Questo ha reso l’intervento molto semplice per il paziente, ma altamente tecnologico per il chirurgo che deve disporre di una strumentazione sempre all’avanguardia per mantenere elevato lo standard di sicurezza e cura. Effettuare una micro incisione garantisce una maggior sicurezza per le manovre chirurgiche durante l’intervento e consente al chirurgo di avere sempre la situazione sotto il massimo controllo. Questa tecnica è indicata per le cataratte standard e, soprattutto, per i casi complicati di cataratte avanzate, associate a glaucoma o con scarsa dilatazione della pupilla». Quali sono i rischi connessi all’intervento di cataratta? «Qualunque intervento presenta sempre dei rischi potenziali, anche se molto piccoli. Bisogna sempre valutare attentamente, mediante
Mics
Il dottor Ligabue con una paziente durante la visita oculistica
opportuni esami, l’indicazione del paziente all’operazione. Ma è soprattutto importante il motivo per cui si arriva all’intervento e il beneficio che si otterrà deve essere molto superiore al piccolo rischio che si corre. L’oculista deve informare esaurientemente il paziente per consentirgli una decisione con cognizione di causa». La micro incisione e i cristallini accomodativi HD-AO sono già sperimentati? «La micro incisione viene effettuata da più cinque anni nei centri oculistici più avanzati. Ormai la sua standardizzazione consente di procedere con sicurezza in tutte le situazioni chirurgiche. I cristallini accomodativi HD hanno ormai l’approvazione da parte dell’ente statunitense per la salute FDA, Food and Drug Administration, noto per la severità e affidabilità della selezione. Si calcola che attualmente negli USA vengono impiantati circa 7.500 cristallini accomodativi HD-AO al mese». È possibile correggere la presbiopia anche
se non si opera la cataratta? «I moderni software del laser a eccimeri consentono di ottenere una buona correzione della presbiopia nei pazienti che associano anche un altro difetto visivo come l’ipermetropia o l’astigmatismo ipermetropico. Nella pratica di tutti i giorni quindi è possibile riuscire ad ottenere, con l’intervento di cataratta, risultati impensabili fino a pochi anni fa, personalizzando al massimo l’intervento e il tipo di cristallino artificiale del paziente. Un’avanzata analisi pre-operatoria mediante gli opportuni esami consente di scegliere il cristallino artificiale più adatto non solo in termini biometrici ma anche per garantire la minor dipendenza dagli occhiali e la massima qualità visiva possibile. L’unione della micro incisione e dei cristallini accomodativi HD-AO consente ottime performance visive anche senza l’ausilio di occhiali e con una grande qualità della visione in termini di naturalezza dei colori, nitidezza e precisione visiva con ogni luminosità». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 235
CHIRURGIA REFRATTIVA
La tecnica PRK e le sue applicazioni Grazie agli enormi progressi della chirurgia refrattiva occhiali e lenti a contatto non sono più un obbligo. Il dottor Giovanni Citroni spiega le tecniche di intervento più moderne e i risultati raggiunti Stefano Marinelli
U
n problema molto diffuso inizia a colpire chi si avvicina all’età di 45 anni. Prima si inizia ad avvertire la difficoltà di leggere senza l’uso di ausili, poi, di solito, diventa impossibile. Si inizia ad allontanare il foglio, si cerca di fare più luce, ma alla fine si è costretti a ricorrere agli occhiali, da molti considerati un impaccio o un problema estetico. Ma oculistica e chirurgia refrattiva hanno fatto passi da gigante negli ultimi anni e oggi sono in grado di risolvere difetti visivi incorreggibili fino a non molto tempo fa. Da quanto tempo si occupa di chirurgia refrattiva? «Da circa quindici anni, con una casistica di circa 1800 pazienti trattati chirurgicamente. Negli ultimi cinque anni ho adottato la tecnica PRK con un laser ad eccimeri InPro di ultima generazione, caratterizzato da ablazioni con metodica “tissue saving”, che permette un risparmio del tessuto della cornea aumentando la sicurezza del trattamento». Cos’è la tecnica PRK? «È la sigla di Cheratectomia Fotorefrattiva, una tecnica chirurgica che, grazie al laser ad eccimeri, è in grado di correggere difetti visivi anche molto elevati, sino a 12 diottrie di miopia
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DIOTTRIE È il livello di miopia che si può correggere con la tecnica PRK, in grado anche di eliminare sino a 6 diottrie di ipermetropia e 5 di astigmatismo
e 6 diottrie di ipermetropia, oltre a trattare astigmatismi anche sino a 5 diottrie. Inoltre assicura un’assoluta integrità postoperatoria, con un fastidio oculare dopo l’intervento di solo 34 giorni». Che differenza c’è tra decimi e diottrie? «I decimi esprimono il visus o vista, le diottrie esprimono la forza delle lenti utilizzate per vedere in decimi. Non c’è alcuna correlazione tra diottrie e decimi: se si ha bisogno di lenti con potere 2 diottrie, non significa che a occhio nudo si veda 8 decimi, ma molto meno». Quali sono le innovazioni tecnologiche più importanti degli ultimi anni in questo campo? «Dall’aprile 2009 faccio parte di un gruppo di oculisti utilizzatori del laser InPro per il trattamento della presbiopia con il nuovo software PRESBY InPro. Si tratta di una nuova metodica che ha come obiettivo quello di risolvere in
Il laser ad eccimeri
In apertura, il dottor Giovanni Citroni mentre si appresta a compiere un intervento all’interno del suo studio oculistico laserterapia e chirurigia refrattiva di Darfo Boario Terme (Brescia) gian@intercam.it
modo definitivo e con scarsa possibilità di regressione il problema della presbiopia, con un intervento che si può definire rapido e non invasivo per la sua semplicità di esecuzione». Come viene effettuato questo intervento per risolvere la presbiopia? «In pratica, traendo spunto dalle vecchie lenti bifocali, si attua un trattamento foto ablativo con quattro piccole zone sulla cornea di ogni occhio nel settore infero-interno, cioè verso la base del naso. Viene così realizzata “una cornea bifocale”, la quale rimane inalterata nella visione per lontano e che viene opportunamente trattata nella stessa seduta nel caso in cui siano presenti, anche contestualmente, difetti visivi per lontano miopici, ipermetropici o astigmatici. Dopo il trattamento, la cornea bifocale garantisce una visione ingrandita e perfetta nella visione per vicino, quando il paziente converge lo sguardo al fine di leggere e guarda attraverso
3-4 GIORNI
È la durata del fastidio oculare nella fase postoperatoria
il settore di cornea ablato con il laser». Quali sono i risultati ottenuti con questo tipo di trattamento? «L’attuale casistica è di 34 casi soddisfatti dell’immediata visione per vicino, con un’ età compresa tra i 50 e i 71 anni e con un follow up di un anno. Sino a oggi, non si è manifestata alcuna regressione, anche perché risulta altamente improbabile, visto che viene effettuata un’ablazione di entità massima di 3 diottrie di miopia. Anzi, con il trascorrere del tempo i pazienti, abituandosi sempre più a leggere senza occhiali e, quindi, a riprendere la totale convergenza dello sguardo durante la lettura, vedono sempre meglio anche con condizioni di luce non elevata». Quali dati devono essere verificati prima di sottoporre un paziente all’intervento? «Prima di programmare l’intervento, va fatta un’approfondita visita oculistica che escluda eventuali patologie oculari. Inoltre devono essere effettuati accertamenti relativi alla funzione lacrimale, al diametro pupillare, alla topografia e allo spessore corneale». In quali casi non è possibile effettuare l’intervento e quali sono le controindicazioni? «L’intervento non è proponibile nel caso di un occhio con cataratta in rapida evoluzione, con un visus sia per lontano che per vicino di scarsa entità, ma è attuabile dopo l’intervento di cataratta. Non esistono controindicazioni, tranne nel caso in cui il paziente sia affetto da una malattia congenita denominata cheratocono». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 237