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OSSIER

LOMBARDIA EDITORIALE ..............................................13 Raffaele Costa

L’INTERVENTO.........................................15 Salvatore Trifirò Roberto Formigoni

PRIMO PIANO

CONFINDUSTRIA................................68 Michele Graglia Renato Cerioli Franco Bosi FASHION BUSINESS .........................78 Mario Boselli Pierluigi Loro Piana Luca Roda

IN COPERTINA .......................................18 Letizia Moratti

IL SETTORE TESSILE .......................86 Ricerca e qualità Innovazioni

RIQUALIFICAZIONE ............................24 Alberto Meomartini Claudio De Albertis

ABBIGLIAMENTO IN MAGLIA .............................................90

FORUM PDL...........................................30 Sandro Bondi Giancarlo Mazzuca Romano La Russa

ROBOTICA .............................................92 Paolo Borzatta Alberto Rovetta Luciano Maiani Romina Panella

ECONOMIA E FINANZA INDUSTRIA ENERGETICA..................40 Stefania Prestigiacomo Pasquale De Vita Guido Bortoni Alessandro Ortis Umberto Quadrino IMPRESE E SVILUPPO .....................56 Bernhard Scholz Diana Bracco Sergio Dompé EXPORT ..................................................64 Giancarlo Galan

FINANZA ...............................................102 Alberto Quadrio Curzio Opportunità per le Pmi FINANZA E CREDITI .........................110 PROGRAMMI DI INVESTIMENTO.............................112 TRA BANCHE E IMPRESE..............114 LA COPERTURA DEI RISCHI............................................116 Dinamiche di mercato COPERTURE ASSICURATIVE ......120 City Life MERCATI...............................................122 Ruggiero Cafari Panico IL TIROCINIO FORMATIVO............126 I giovani e le imprese AMMINISTRAZIONE DEL PERSONALE..............................130 Gestione on line PIATTAFORME TELEMATICHE....136 LOGISTICA INTEGRATA .................138

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STRATEGIE COMMERCIALI..........140 L’approccio alla vendita RICOLLOCAMENTO .........................142 ADVERTISING.....................................144 Il sistema creativo IMPIANTI INDUSTRIALI .................150 Ricerca e innovazione MACCHINARI INDUSTRIALI .........154 L’INDUSTRIA MECCANICA ...........156 Ricerca e innovazione CARPENTERIA METALLICA .........160 CARPENTERIA ELETTRICA..........162 PROGETTAZIONE IMPIANTI ........164 TRASPORTI .........................................166 Sollevamenti industriali IL MERCATO DEGLI ALCOLICI ....168 SINGOLARITÀ TECNOLOGICA ....170

GIUSTIZIA DIFESA ...................................................172 Ignazio La Russa DIRITTO DEL LAVORO ....................178 Franco Toffoletto Gabriele Fava


Sommario MODELLI ORGANIZZATIVI............184 Responsabilità sul lavoro Il D.Lgs.231

CITTADINI E PA ..........................220 TUTELE PER I CIVILISTI ............222

RIPENSARE L’IMPRESA ................188 Nuove responsabilità

STALKING...................................224 DIRITTO DI FAMIGLIA ................226 IL PROCESSO PENALE..............228

TERRITORIO TRASPORTI.........................................230 Raffaele Cattaneo, Giovanni De Nicola Giuseppe Biesuz Marco Piuri

VERSO L’ESTERO.............................190 Stefano Sutti Marco Padovan

IL SETTORE OLIO E GAS...............280 Rfid ECONOMIA ECOLOGICA ................282 La svolta nella chimica

INFRASTRUTTURE ....................240 Criticità da superare

SOSTANZE CHIMICHE....................286 Il Reach

INFRASTRUTTURE PER IL TURISMO..............................244 Il porto di Lavagna

RIFIUTI INDUSTRIALI......................288 Smaltimento

PROGETTAZIONE INTEGRATA ...248 Affrontare la complessità

IMPIANTI DI DEPOLVERAZIONE ..........................294 DISTRIBUZIONE DELL’ACQUA ......296

ARCHITETTURA E URBANISTICA .......................................250 Città da abitare

TRATTAMENTI PER LE PIANTE .................................298

EDIFICI PUBBLICI ......................252 Il complesso scolastico di Rancio

SANITÀ

IMMOBILI ............................................254 Centri aziendali

POLITICHE SANITARIE...................300 Ferruccio Fazio

PMI E ASSISTENZA LEGALE ....204 Una consulenza su misura

INNOVAZIONI.....................................256

ONCOLOGIA MOLECOLARE ......304 Marco Foiani

SERVIZI PROFESSIONALI.........206 I budget delle imprese

INTERNI ................................................258 Tradizione e innovazione

PATOLOGIE VASCOLARI...............308

MARCHI CONTRAFFATTI............210 I danni all’economia reale

AMBIENTE ED ENERGIA

CHIRURGIA ESTETICA ...................310 Laser e acido polilattico

INVESTIMENTI ALL’ESTERO.......196 Agevolazioni Rischi e opportunità MERCATI ASIATICI.....................200 Nuove prospettive

CONTRO L’EVASIONE.................212 Una nuova cultura del fisco

ODONTOIATRIA ..................................312 Progettazione virtuale

RIFORMA FORENSE ...................214 Renzo Menoni

QUALITÀ DELL’ARIA ......................262 Janez Potočnik Marcello Raimondi Ezio Bolzacchini Arpa

DIRITTO PRIVATO .......................218 Privacy e libertà personale

RISPARMIO ENERGETICO..............274 Trasportare la luce

IMPLANTOLOGIA ..............................318 Il carico immediato

SPECIALIZZAZIONE ODONTOIATRICA ........................316

LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 11



EDITORIALE

Ci sono ancora i liberali? di Raffaele Costa Direttore

C

i sono ancora i liberali? Dove sono? Con chi sono? Non è facile dare una risposta alle tre domande. Che ci siano ancora molti liberali è fuori di dubbio. Il vero dubbio nasce dal fatto che non vi sono espressioni che indicano una o più case dei liberali: in realtà i liberali italiani sono numerosi, però delusi dalla politica e quindi silenziosi ovvero assenti. Ciò che caratterizza molti leader politici di oggi è che si fermano all’etichetta, alle mere alleanze, alle collocazioni materiali e formali nel partito, nel governo, soprattutto nel sottogoverno. Le polemiche in politica riguardano più spesso non l’economia, non la politica estera, non i valori, non l’onestà come distintivo ovvero come pratica: ciò che appare prevalente, a destra come a sinistra, è la mera immagine (specie televisiva), la capacità di apparire, di predicare e applicare la tutela degli interessi. Certamente non tutti i politici presentano i difetti e i criteri negativi di cui sopra: gran parte di coloro che oggi emergono, evidenziano però momenti negativi. Quale giudizio dare dunque dei liberali? La prima risposta è che gli stessi non hanno e non cercano neppure spazio pur essendo tanti. Essere liberali, oggi come ieri, vuol dire compiere il proprio dovere di cittadino, di operatore, di esperto, di assertore di valori, ma soprattutto di umile praticante della politica collegato con persone che la pensano in modo omogeneo.

Tutto questo trova ostacoli non indifferenti soprattutto perché quasi nessuno viene indotto, dalla situazione interna agli apparati dei partiti a far valere le proprie idee, le proprie convinzioni, i propri valori. Risultato? I meccanismi della politica condizionano negativamente la presenza liberale e le sue funzioni; ne patiscono gli stessi ideali, le aspirazioni di chi crede nei valori individuali, nella crescita della società basata sulle alleanze (individuali e collettive), nascenti proprio dal valore di ogni individuo e dei suoi pensieri omogenei volti a far crescere la società attraverso leggi e i comportamenti, figli di pensieri omogenei e soprattutto di realizzazioni, anche pratiche, oltre che ideali. Di questo e di altro i liberali dovrebbero discutere in famiglia per far si che i loro pensieri, le loro idee, le loro aspirazioni trovino domani riscontro concreto nella società e nella politica e trovino spazio nella vita quotidiana di cui la società nel suo complesso potrà beneficiare. Non dobbiamo cercare solamente una casa per i liberali: è necessario sforzarci di far emergere, tramite le nostre idee (fondate soprattutto sulle libertà) la crescita dell’Italia sotto diversi aspetti: dignità e rispetto delle persone, sviluppo culturale ed economico delle stesse, affermazione di valori individuali e collettivi, impegno per uno sviluppo positivo e costruttivo della società nel suo complesso. LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 13



L’INTERVENTO

Riforma, regole e sanzioni sono indispensabili di Salvatore Trifirò Giuslavorista

he la giustizia, in Italia, non funzioni è un dato di fatto incontestabile. Fra il giudizio di primo grado, il giudizio di appello e quello di cassazione intercorrono non meno di 10 anni. A parte il problema delle carenze strutturali degli organici; di una più efficace distribuzione delle materie fra le magistrature giudicanti; dell’abolizione del primo grado di giurisdizione; della separazione della carriere dei Giudici da quella dei Pubblici Ministeri; della riforma del Consiglio Superiore della Magistratura; dell’istituzione di un codice deontologico al quale Magistrati e Avvocati debbono attenersi; resta il problema di fondo: senza un sistema di adeguate sanzioni a carico di tutti i protagonisti – giudici, avvocati, cittadini – qualsiasi riforma non sortirà gli effetti sperati. Cominciando dai Giudici, va rilevato che: il Giudice non ha un orario di lavoro; che sia presente o meno in ufficio non ha rilevanza; non ha alcuna responsabilità personale nei confronti del cittadino per il mancato rispetto dei termini imposti per emettere un qualsiasi provvedimento dal quale, peraltro, può dipendere la sopravvivenza o meno di un’azienda, la libertà o meno di un cittadino. L’avvocato è impotente in udienza di fronte al Giudice e se protesta, la stessa si può risolvere in danno del proprio cliente. A tutto ciò occorre porre riparo: con sanzioni di natura amministrativa per il mancato rispetto dei termini e con l’obbligo di rispondere, personalmente dei danni nei confronti del cittadino. In altre parole non è lo Stato che deve rispondere dei danni di cui i Giudici dovessero rendersi responsabili nei confronti dei cittadini, ma è lo stesso Giudice

C

che, al pari di qualsiasi cittadino, deve personalmente rispondere dei danni che dal suo illegittimo comportamento possono derivare. La riforma della giustizia deve riguardare anche gli avvocati. Innanzitutto si impone una severa applicazione del codice deontologico. L’avvocato non deve ritardare per nessun motivo la durata del processo con richieste palesemente dilatorie, pena sanzioni di natura disciplinare compresa la sospensione dall’attività forense e una riduzione dell'onorario. L’avvocato, peraltro, deve essere motivato a ridurre la litigiosità: ad esempio inserendosi un’apposita voce tariffaria che premia economicamente la conciliazione della lite. Dovrebbe essere abolita la tariffa oraria che incentiva l’avvocato a ritardare la composizione della controversia. Dovrebbe ritornare la tariffa minima obbligatoria a tutela dei giovani, sì da evitare il loro sfruttamento a scapito anche della deontologia professionale. Anche il cittadino dovrà essere coinvolto nel buon funzionamento della giustizia. Con l’istituzione di ulteriori sanzioni per chi agisce o resiste in giudizio con mala fede o colpa grave. E introducendosi una norma che consenta al Giudice la condanna del responsabile al pagamento di una somma (danno punitivo) da versarsi in parte allo Stato ed in parte, a seconda dei casi, al convenuto o all'attore. Incentivando, inoltre, ancor più la conciliazione della controversia sia prima del giudizio che a giudizio iniziato. Solo con regole certe e sanzioni adeguate può assicurarsi il corretto funzionamento della giustizia che costituisce, in uno stato di diritto, il pilastro fondamentale per la civile convivenza e per la crescita economica e sociale del Paese. LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 15


L’INTERVENTO

La ripresa lombarda per lo sviluppo del Paese di Roberto Formigoni

presidente della Regione Lombardia

P

er uscire definitivamente dalla situazione internazionale di crisi economica e finanziaria, una delle vie preferenziali da percorrere è certamente quella del rigore, la stella polare che da anni guida e ispira l’attività politica di Regione Lombardia. Attraverso politiche serie e improntate al rigore, infatti, possiamo far sì che i conti pubblici restino in ordine e mantenere i principali indicatori macroeconomici sotto controllo. In questa fase, però, è fondamentale fare uno scatto in avanti: il rigore deve diventare realmente selettivo, indirizzando i tagli che sono ancora possibili là dove permangono gli sprechi e dove c’è inefficienza. Insomma, ogni amministrazione o governo deve avere la certezza che se dà vita a sistemi imperniati sull’efficienza sarà premiato e ogni cittadino deve poter sapere se la sua amministrazione di riferi-

mento produce sprechi che poi impropriamente si riflettono sull’intera collettività. Il rigore di cui parlo non è certo fine a se stesso, ma anzi ha lo scopo di rilanciare gli investimenti attraendo i capitali privati e riattivando il risparmio delle famiglie. In altre parole, è un rigore funzionale allo sviluppo. Ed è esattamente in questa direzione che deve procedere il cammino per l’attuazione del federalismo fiscale, mettendo a confronto le migliori prassi e le criticità di ciascun governo locale. La sfida, per i vari livelli di governo, sarà quella di riuscire a ottimizzare la capacità di fornire servizi ai cittadini, ma soprattutto quella di avviare politiche industriali e di sviluppo attraverso la leva fiscale. C’è poi un’altra riflessione che mi preme. Per garantire quell’aumento di produttività che tanto serve al nostro sistema economico, occorre ripensare il sistema di Welfare in maniera analoga a quanto è avvenuto per il rilancio economico dell’Italia nel dopoguerra, che è stato reso possibile proprio dal solido connubio tra il fare impresa e la vita sociale, motivo per il quale il nostro sistema economico si è costruito intorno alla piccola media impresa. Nei paesi occidentali, il punto di origine della crisi si può individuare proprio là dove è cominciato il calo demografico, dove alla crescita della popolazione e al suo sviluppo si è voluta sostituire un’accelerazione del debito per sostenere i consumi. Tutte le analisi economiche possono documentare questo legame, eppure siamo ancora ostaggio di una mentalità che considera i figli un costo e la famiglia un ostacolo al lavoro, al merito, alla crescita sociale. Investire sulla


Roberto Formigoni

famiglia e sulla nascita dei figli non è, quindi, solo risorse, ma mettere in discussione un sistema che un valore da dichiarare, ma la vera e principale po- non è efficiente e che deve diventare più competilitica economica per la ripresa. tivo. E in questo senso una pubblica amministrazione ha a disposizione diversi strumenti, come, ad Investire non vuol dire assistere. Vuol dire un nuovo esempio, tagliare le procedure che ingessano, garanpatto sociale, che nel nostro tessuto può trovare tendo lo stesso livello di sicurezza e operatività dei l’humus perfetto in cui svilupparsi se davvero la po- controlli, ma evitando di moltiplicare i passaggi bulitica si assume la responsabilità di incentivare le di- rocratici; rendere maggiormente competitive le finamiche più virtuose. La cosiddetta “big society” in liere di imprese già esistenti; rilanciare il sistema Lombardia è già realtà. I punti essenziali di questo tradizionale di credito con forme nuove che sapnuovo patto sociale, di questo welfare plurale, re- piano coniugare la professionalità e il rigore con la sponsabile e partecipato per la ripresa sono chiari: capacità di essere più vicini alle imprese. investimento del sistema delle imprese che, a fronte di una maggior produttività da parte dei lavoratori, Ecco, sono questi i punti fermi grazie ai quali i nopossono contribuire all’offerta di politiche di Wel- stri cittadini e le nostre imprese possono tornare a fare aggiuntive attraverso nuovi strumenti; investi- credere, senza timore, in una vera ripresa. I prossimi mento sulla libertà di educazione, creando una vera mesi saranno certamente cruciali per superare le nucompetizione tra istituti e lasciando reale libertà di merose situazioni di crisi che alcune imprese lomscelta alle famiglie, così come la Lombardia ha avuto barde si trovano ad affrontare, ma lo spirito coil coraggio di fare sin dal 1996 con la sanità; inve- struttivo che, in questi ultimi mesi, ha caratterizzato stimento sul lavoro, con percorsi seriamente quali- il dialogo e la collaborazione tra imprese e lavoratori ficati e personalizzati perché una vera ripresa può na- in modo tale che non siano più due fattori in conscere solo dalle persone. trapposizione, è lo spirito giusto, che ci fa guardare Investire non significa nemmeno aggiungere nuove avanti. LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 17


IN COPERTINA

LA NUOVA MILANO DI LETIZIA MORATTI Oltre 5.000 gru attive, una serie di progetti all’avanguardia in tema di mobilità, recupero edilizio a basso impatto energetico e green economy. Procedure trasparenti di assegnazione e rigidi controlli sugli appalti. È la cifra sintetica della Milano che il sindaco Moratti sta costruendo per l’Expo del 2015 e per i prossimi decenni Luca Boccaletti

Q

uando Letizia Moratti è arrivata a Palazzo Marino non ha trovato una situazione propriamente rosea: ai problemi “storici” che nel corso degli anni erano diventate emergenze (mobilità, edilizia pubblica e privata e più in generale una forte diminuzione della qualità della vita) si erano aggiunti quelli derivanti da una forte immigrazione clandestina con una serie di problemi accessori (degrado, boom della microcriminalità, abusivismo di vario tipo). Il conflitto sociale si era acuito sempre più e le politiche di controllo e repressione sembravano una goccia nell’oceano. Che fare allora per governare una metropoli vasta e complessa come Milano cercando, al contempo, di impostare un disegno di sviluppo per il futuro? Il sindaco Moratti 18 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

forse ha scelto la strada più difficile: rilanciare il ruolo di preminenza della città attraverso un radicale ripensamento del suo assetto urbanistico. Un progetto vero, e non di facciata, che per il suo coraggio può anche attirare critiche o perplessità, ma che rappresenta, grazie anche all’eccezionale volano dell’Expo, il più importante disegno

di rilancio dal periodo del boom economico. Lei sta cambiando faccia a Milano in maniera radicale. Un compito oltremodo pesante che i suoi predecessori a Palazzo Marino hanno spesso posposto indefinitamente nel tempo. Perché ha voluto prendersi quest’onere? «Più che un onere si tratta di un


Letizia Moratti

Letizia Moratti durante l’avanzamento dei lavori della linea 5 della metropolitana; nella pagina successiva, controlli dei carabinieri in via Padova

onore: Milano è la mia città e merita la dedizione di chi, come me, è fiero di essere milanese. È un impegno che mi gratifica soprattutto perché vedo che tutti gli sforzi compiuti in questi anni prendono forma e delineano un città che sarà ancora più vivibile, bella, moderna di quella che conosciamo oggi». Il ripensamento urbanistico e architettonico di Milano nasce da una generale volontà di riportare la città allo stesso livello delle più importanti e innovative capitali mondiali grazie anche al volano straordinario dell’Expo 2015. Quali sono le linee guida del suo progetto? «Expo Milano 2015 è e sarà certamente uno dei fattori chiave dello sviluppo della nostra città nei pros-

simi anni. Il suo impatto si aggiunge a quello dei tanti provvedimenti strutturali che abbiamo messo in campo per rimettere in moto la nostra città. Il piano di governo del territorio, approvato lo scorso luglio, è lo strumento che maggiormente caratterizzerà lo sviluppo urbanistico dei prossimi anni. Un provvedimento che garantisce il costante adeguamento della città ai bisogni reali delle persone a partire da alcuni capisaldi: anzitutto i servizi, che, con il Pgt, sono destinati a crescere e ad avvicinarsi geograficamente ai quartieri residenziali. Il tram o la metropolitana sotto casa, la scuola e l’asilo nido, il parco dove far giocare i bambini, i centri anziani, i negozi e sempre più spazi verdi per i nostri concittadini. Un

L’obiettivo ultimo è quello di fare di Milano una tra le città più vivibili d’Europa

altro principio chiave è quello del “non consumo” di ulteriore suolo della città e la rigenerazione del patrimonio edilizio esistente attraverso un investimento straordinario sulla green economy. Questo significa perseguire l’obiettivo della classe A in tutte le nuove operazioni urbanistiche, incentivando il ricorso a un’edilizia sostenibile e a materiali ecologici e a basso impatto energetico. Penso poi al Piano del verde di Milano che prevede 500.000 nuovi alberi entro il 2015. Un obiettivo che stiamo realizzando attraverso la realizzazione di raggi verdi, che connettono l’esterno della città al centro, e la green belt, un unico sistema di grandi parchi che circonda Milano. L’obiettivo ultimo è quello di fare di Milano una tra le città più vivibili d’Europa». Mettendo mano ad un progetto di tale portata era più che prevedibile che, oltre alle lodi, arrivas- LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 19


IN COPERTINA

sero anche le critiche. La più ri- spirito pratico dei nostri concitta- «Milano è una grande metropoli e corrente sembra essere contro le innovazioni strutturali e territoriali che il suo disegno di riqualificazione propone. Come mai una critica del genere proprio nella città che per decenni ha sposato pienamente concetti di innovazione, avanguardia e sperimentazione? «Le critiche sono sempre benvenute se nascono da una volontà propositiva. Una città complessa come Milano non può evolversi, svilupparsi, crescere se non con i contributi più variegati. L’apporto di istanze anche molto distanti tra loro, talvolta persino antitetiche, del resto, è sempre stato uno dei punti di forza della nostra città. Certo ci sono anche le critiche faziose, dettate spesso da motivazioni di parte o da interessi particolari: è importante in questo caso sapere mantenere ben chiari i propri obiettivi strategici e non rinunciare ad una prospettiva progettuale di lungo periodo per perseguire facili successi immediati». Qual è stata la reazione dei milanesi agli inevitabili disagi che tali cambiamenti impongono nella vita di tutti i giorni? Ha prevalso l’entusiasmo per la Milano che verrà o il fastidio per i cantieri sparsi un po’ ovunque per la città? «I milanesi sono spesso più pazienti e tolleranti di molti critici “di professione”. L’importante è che siano sempre chiari gli obiettivi e i risultati che si intendono perseguire. Lo 20 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

dini non concede sconti a chi perde di vista il bene comune, a chi non garantisce un ritorno concreto in termini di servizi ed efficienza per i sacrifici o i disagi sopportati. A Milano sono in funzione oggi più di 5.000 gru, come negli anni del boom economico e più di quante se ne vedono a Londra o a Berlino. Un raffronto che ci parla di una città in movimento che cresce e si sviluppa. I milanesi questo lo percepiscono e comprendono che da questo fervore di attività non derivano solo disagi ma anche sviluppo e opportunità di crescita per tutta la collettività». L’Expo è un indiscutibile volano per aumentare, accrescere e accelerare i tanti interventi già partiti o che partiranno nel futuro prossimo. Quali sono però i principali problemi che ancora persistono?

condivide le criticità che affliggono tutte le grandi aree urbane occidentali. Penso soprattutto ai problemi legati al traffico, all’inquinamento, alla microcriminalità e all’immigrazione. Milano su questi temi si è mossa per tempo e grazie ad interventi strutturali e al ricorso a provvedimenti straordinari abbiamo evitato che situazioni potenzialmente a rischio degenerassero o si radicalizzassero. Milano, ad esempio, non ha oggi i problemi di città come Parigi con le sue banlieues. Penso ad esempio alle ordinanze antidegrado, già attive in diversi quartieri come Corvetto e Via Padova, che hanno dato risultati molto soddisfacenti, tanto che stiamo valutando la loro eventuale estensione ad altre zone della città. I dati forniti dalla Prefettura ci parlano di una riduzione dei reati nel 2009 del 16 per cento e di un ulteriore 10 per cento nei


Letizia Moratti

Letizia Moratti da il via ai lavori di ripulitura dei muri della città

primi mesi del 2010 con punte del 40 per cento nelle zone pattugliate dai militari inviati dal ministro della Difesa. Anche il traffico e l’inquinamento sono problemi per i quali nessuna città, al momento, dispone di soluzioni efficaci al cento per cento. Noi abbiamo da tempo affrontato il problema con interventi strutturali che hanno già dato i primi risultati incoraggianti ma che mostreranno tutta la loro efficacia negli anni a venire. Penso soprattutto alla progressiva estensione della rete dei mezzi pubblici e in particolare delle linee metropolitane e all’incentivazione all’uso di veicoli non inquinanti. Abbiamo rinnovato la flotta Atm con mezzi ecologici a bassa emissione attraverso un investimento di oltre 650 milioni. Sono state incrementate le corsie preferenziali per i mezzi pub-

blici. Vorrei anche ricordare il potenziamento del bike sharing e del progetto di e-mobility di A2A tra Milano e Brescia per la progettazione, realizzazione e gestione di infrastrutture di ricarica per i veicoli elettrici nel territorio comunale di Milano e Brescia. Lo scorso luglio, poi, abbiamo firmato il provvedimento che garantisce il completamento della linea 5 della metropolitana entro il 2015 con 10 nuove stazioni, dalla stazione Garibaldi a San Siro. C’è infine l’introduzione di Ecopass, una misura innovativa che ha suscitato l’interesse in molte altre città europee». A fronte di un intervento così importante sul territorio si sono levate diverse grida di allarme sul rischio di infiltrazioni da parte della criminalità organizzata su commesse così ingenti. Come ha

Le ordinanze antidegrado hanno dato risultati molto soddisfacenti, tanto che stiamo valutando la loro estensione ad altre zone della città

LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 21


IN COPERTINA

Milano, ad esempio, non ha oggi i problemi di città come Parigi con le sue banlieues

pensato di tutelarsi il Comune di territorio nazionale le imprese a ri- di capitale morale e culturale del Milano per evitare questo cancro? «La lotta contro ogni forma di infiltrazione mafiosa e contro la corruzione è una priorità per Milano. L’adozione del Patto di Integrità obbliga le imprese a escludere qualsiasi pratica illegale nelle offerte di gara, qualsiasi collegamento illecito con altri concorrenti e qualunque conflitto di interessi con gli intermediari, pena l’esclusione dalla gara. È uno strumento all’avanguardia in tema di trasparenza negli appalti pubblici che si aggiunge alle misure antimafia pensate per Expo Milano 2015. Lo scorso dicembre il Comune di Milano ha proposto al governo alcune modifiche alle diverse normative antimafia in materia di appalti pubblici. Il governo ha già inserito due di quelle proposte in altrettanti disegni di legge: l’istituzione di una white list, (un elenco di imprese pulite per escludere le imprese mafiose dai subappalti) e la creazione di una Banca dati nazionale condivisa tra tutte le Procure italiane per individuare su tutto il 22 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

schio mafia. Altre tre misure riguardano la diminuzione delle soglie di verifica per i controlli, da 5 a 3 milioni di Euro, l’intensificazione dei controlli sui subappalti ed un maggiore controllo per i settori nei quali sono più frequenti le infiltrazioni mafiose. La collaborazione con il governo Berlusconi è costante: abbiamo agito in questi anni in piena sintonia. Basti pensare ai notevoli successi registrati nella lotta alla criminalità organizzata, sia dal punto di vista della repressione, che da quello della prevenzione, attraverso lo strumento normativo». Una volta terminati tutti i lavori di questo ingente progetto il Sindaco di oggi come auspica potrà essere la Milano del prossimo secolo? Continuerà a essere una delle capitali europee e mondiali dell’economia, dell’innovazione e della produttività? La nostra città continuerà sicuramente a esserlo, ma farà anche di più. Sono certa che Milano manterrà e rafforzerà sempre più il ruolo

nostro Paese. Una città in grado di produrre non solo beni e servizi all’avanguardia, ma soprattutto idee e cultura. La Milano che mi piace immaginare è una città dinamica, innovativa e vitale, dalla quale partono le spinte alla modernità, all’innovazione, dove nascono movimenti artistici e di idee destinati a diffondersi in Italia, in Europa e nel mondo. Milano è una grande capitale europea. La sua importanza e la sua stessa storia impongono una costante attenzione alla dimensione internazionale di ogni iniziativa, di ogni progetto. Il non rendersi conto di questo significa rinunciare a ogni ambizione proiettata verso il futuro e rassegnarsi a una prospettiva provinciale che è estranea al Dna di Milano. Significa tradire lo spirito e l’anima stessa di questa città, della Milano che conosco e che amo. Una Milano che voglio proiettata verso l’Europa, il mondo. Una metropoli ancora una volta all’avanguardia e alla guida del progresso economico e sociale del nostro Paese».



RIQUALIFICAZIONE

Un grande progetto per ridisegnare la Milano del futuro Una base di partenza per il potenziamento infrastrutturale e urbanistico di Milano. Ancora suscettibile di miglioramenti. Così il presidente di Assolombarda, Alberto Meomartini, definisce il Piano di governo del territorio del Comune Francesca Druidi

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Sopra, Alberto Meomartini, presidente di Assolombarda; in alto a destra, Piazza Duomo; nella pagina a fianco, in basso, immagine della metropolitana del capoluogo lombardo

24 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

opo lunghi mesi di discussione, il 14 luglio scorso il Consiglio comunale di Milano ha adottato il Piano di governo del territorio, che sostituirà il vecchio Piano regolatore generale. Si tratta di un passaggio cruciale per lo sviluppo del capoluogo lombardo, i cui cittadini saranno invitati, dal 16 ottobre fino al 15 novembre, a presentare osservazioni e proposte di modifica. Nelle intenzioni della Giunta Moratti, il Piano punta a rigenerare suolo da riqualificare a verde, infrastrutture e servizi. Soddisfatta del provvedimento varato dal Comune di Milano è stata innanzitutto Assolombarda, presieduta da Alberto Meomartini. Quali aspetti del nuovo Pgt ritiene maggiormente innovativi, soprattutto nell’ottica dell’azione imprenditoriale? «Ho espresso pubblicamente la soddisfazione degli imprenditori milanesi perché l’adozione del Pgt rap-

presenta un passo fondamentale per fornire un quadro certo di obiettivi, regole e meccanismi attuativi alle imprese associate e a tutti coloro che sono interessati allo sviluppo della città. Si tratta di un importante atto politico e amministrativo, il primo piano urbanistico e territoriale di Milano dopo trent’anni, che ha l’ambizione di delineare il profilo economico, produttivo, sociale e territoriale dell’area metropolitana con un orizzonte ventennale. Ho apprezzato, in particolare, lo sforzo del Comune per mettere a punto uno strumento flessibile, in grado di accompagnare e indirizzare la sempre più rapida evoluzione delle esigenze della città, di chi la abita e di chi ci lavora. La sfida ora passa sul piano della capacità di gestione».


Alberto Meomartini

Sopra, progetto di “una città che vive nel verde”contenuto nel Pgt (assessorato allo Sviluppo del Territorio del Comune del Milano)

Qual è stato, nello specifico, il contributo di Assolombarda alla redazione del Pgt? «In linea con il nostro atteggiamento propositivo e collaborativo verso tutte le istituzioni, Assolombarda ha dato un contributo di idee e di proposte alla redazione del Piano sui temi che stanno più a cuore alle imprese associate: il potenziamento delle infrastrutture, il miglioramento della mobilità di merci e persone, la possibilità di usufruire di servizi capillari ed efficienti, l’efficacia dei meccanismi attuativi, lo sviluppo della capacità di accoglienza verso gli studenti, i ricercatori, i manager e i professionisti». Rileva dei punti particolarmente delicati nel piano, come ad

esempio il meccanismo della perequazione? «La perequazione, e, più in generale, la possibilità di trasferire i diritti edificatori attraverso meccanismi di mercato, costituisce una grande occasione di sperimentazione per la città e per il Paese, che proprio per questo motivo andrà gestita attraverso la definizione di regole chiare e meccanismi trasparenti. Personalmente, considero la discussione del Pgt una grande occasione di democrazia e di allargamento della partecipazione dei cittadini e di tutte le forze economiche e sociali alle grandi scelte strategiche che condizioneranno lo sviluppo della città nei prossimi decenni». Altri possibili nodi critici? «Condivido la preoccupazione espressa dal presidente di Assimpredil, De Albertis, rispetto alla necessità di un adeguamento della macchina comunale e dei meccanismi che ne regolano il funzionamento nella fase di attuazione del Piano. LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 25


RIQUALIFICAZIONE

Un altro tema critico riguarda le ri-

sorse necessarie per la realizzazione delle infrastrutture – penso alle nuove linee metropolitane – perché lo sviluppo della città previsto dal Pgt non è attuabile senza un significativo potenziamento della rete infrastrutturale di trasporto». Ritiene in definitiva che il piano possa rispondere in maniera efficace alle esigenze produttive e sociali della città anche in prospettiva futura? «Milano è rimasta per trent’anni senza uno strumento di pianificazione strategica, pur avendo attraversato una profonda e radicale trasformazione del sistema produttivo, del tessuto sociale, della struttura insediativa, della composizione demografica. Oggi finalmente, grazie allo sforzo dell’amministrazione comunale, disponiamo di questo quadro, 26 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

Ho apprezzato lo sforzo del Comune per mettere a punto uno strumento flessibile, in grado di indirizzare l’evoluzione delle esigenze della città. La sfida ora passa sul piano della capacità di gestione

di uno strumento di governo del territorio di cui condividiamo impianto e obiettivi strategici. Auspico che il dibattito dei prossimi mesi, a cui intendiamo contribuire con le nostre proposte, lo possa ulteriormente migliorare e possa chiarire gli aspetti che ancora rimangono da definire». Ad esempio? «Nelle regole del piano, per esempio, non vi è cenno alla possibilità per le numerose imprese manifatturiere ancora operanti in Milano, che oggi hanno caratteri molto differenti ri-

spetto al passato, di adeguare la propria struttura anche attraverso ampliamenti contenuti. La giusta attenzione alla compatibilità tra sviluppo economico, esigenze sociali e tutela del territorio e dell’ambiente si deve, infatti, accompagnare alla consapevolezza che le grandi trasformazioni in atto richiedono uno sforzo congiunto per rendere il territorio più attrattivo per l’insediamento di nuove attività produttive, lo sviluppo di quelle che già sono qui localizzate e l’afflusso di risorse economiche, finanziarie e umane qualificate».


Claudio De Albertis

Il Pgt è una sfida che va affrontata Per Claudio De Albertis, presidente Assimpredil Ance, il Pgt di Milano richiederà una grande capacità di intervento da parte dell’amministrazione comunale Francesca Druidi

l primo grande punto cardine nella redazione di un Piano del territorio per Milano consiste nel prendere in esame temi sostanziali, quale la mobilità, traguardandoli alla sola scala dei confini cittadini. Lo sottolinea Claudio De Albertis, membro di giunta della Camera di Commercio di Milano e presidente Assimpredil Ance, evidenziando i nodi ancora da dipanare di un progetto urbanistico atteso da anni. «CondiviIn apertura, diamo la politica Claudio De Albertis, di un ritorno membro di giunta della Camera di Commercio della popoladi Milano e presidente zione a Milano Assimpredil Ance

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da qui al 2030, perché infrastrutture e servizi devono essere dimensionati a una densità superiore di quella attuale. Anche la fitta maglia infrastrutturale prevista dal Pgt costituisce un tema affascinante, ma rimane un dubbio: con quali risorse realizzarle, date le difficoltà già oggi riscontrate per le linee 4 e 5 della metropolitana?» Un’altra questione centrale del Piano riguarda l’indifferenza dei suoli, ai quali viene assegnato un indice perequato di edificabilità. «Una scelta – prosegue De Albertis – che condividiamo poiché, in questo modo, tutti i cittadini proprietari di aree vengono posti sullo stesso piano.

Le perplessità derivano dal fatto che questa strumentazione si scontra con una legislazione fiscale che in effetti qualche rischio comporta, ma si tratta di una criticità che va affrontata dal legislatore nazionale». De Albertis sottolinea, inoltre, come sia apprezzabile anche la logica di cessione dell’erogazione dei servizi, sia ai cittadini che alle imprese, ai privati attraverso convenzioni stipulate con l’amministrazione pubblica. «I servizi verrebbero così effettivamente garantiti». A proposito del rischio di cementificazione di Milano, il presidente di Assimpredil Ance non ha dubbi: «le politiche di salvaguardia delle aree verdi inserite nel documento sono sufficienti a scongiurare tale pericolo. Certo, un conto è la carta scritta e un altro è la reale gestione del piano. Per questo, l’aspetto più problematico del Pgt riguarda proprio la sua piena attuazione. Occorre, infatti, un’amministrazione consapevole, capace, dotata di professionalità anche maggiori di quelle attuali, con logiche premiali rispetto a chi lavora. È fondamentale saper rispondere in tempi veloci e concreti, con sapienza e trasparenza». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 27




FORUM PDL

Il popolo della libertà esiste da sempre «Con il partito unico dei moderati, si è dato corpo a un sentimento diffuso già da tempo tra gli italiani». Lo afferma con orgoglio il ministro Bondi, coordinatore nazionale del Pdl, che rivendica il percorso tracciato da Silvio Berlusconi e guarda al futuro con grande determinazione Luca Boccaletti

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n’estate torrida quella appena trascorsa, soprattutto in ambito politico. I rapporti sempre più tesi tra Berlusconi e Fini, lo strappo del cofondatore nei confronti del partito che aveva contribuito a creare, il gioco delle alleanze abbinato al tourbillon delle dichiarazioni e delle polemiche. Certo nessuno si sarebbe aspettato un periodo di così grande incertezza dopo l’inarrestabile ascesa dei quasi tre anni appena trascorsi e questa situazione ha messo a dura prova gli equilibri interni e le strategie di tutti i partiti italiani. È arrivata la fine politica di Berlusconi? Il Popolo della libertà andrà a implodere? E che vuoto si aprirà nella politica nazionale? Domande forse faziose, sicuramente interessate e giustificabili se si considera il momento storico molto particolare: la crisi economica che ha azzerato tutte le certezze che il mondo industrializzato aveva, una trasformazione in atto nel nostro Paese che sembra non avere al mo-

30 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

Una fusione vera, dettata dalla volontà di un popolo per il quale il Pdl esisteva già prima della sua nascita

mento alcun riscontro costituzionale, la necessità di rivedere i criteri di un welfare italiano, da sempre ipocrita, inefficiente e spendaccione, per non parlare della necessità di un nuovo patto sociale e di un nuovo modo di fare impresa. Problemi e sfide oggettivamente enormi che si possono affrontare solo con un sistema politico che possa esprimere una maggioranza di governo forte e coesa in grado di prendere decisioni importanti per il futuro del Paese. E allora ecco che si torna al Pdl, perché non si può ipotizzare alcuna analisi

Sandro Bondi, ministro ai Beni culturali e coordinatore nazionale Pdl


Sandro Bondi

Nella pagina a fianco, Berlusconi subito dopo il discorso del “predellino”; a fianco, il primo congresso del Pdl

se si prescinde dal primo partito italiano. Dal discorso del “predellino” nell’autunno 2007 a oggi, passando per quattro delicatissime competizioni elettorali vinte, e poi il congresso fondativo del 2009, le tensioni interne degli ultimi tempi e la separazione con Gianfranco Fini e i suoi fedelissimi: che ricordo ha di questo periodo dal suo punto di vista e cioè dalla cabina di comando del primo partito italiano? «Berlusconi ha costruito due cantieri entrambi fondamentali per il futuro del nostro Paese: il primo cantiere riguarda la nascita di un

nuovo partito che riunisca tutti i moderati, un movimento politico alternativo allo schieramento della sinistra e cardine di un sistema bipolare dell’alternanza; il secondo cantiere è quello di un governo delle riforme e della modernizzazione dell’Italia. Si tratta di due imprese storiche». Gli avversari descrivono il Pdl come una mera foglia di fico per nascondere interessi di parte, mentre numerosi politologi hanno riconosciuto al Popolo della libertà diverse qualità soprattutto nella grande capacità di comunicazione e nella celerità del processo decisionale. Qual è la sua

opinione? «Anche qui Berlusconi ha due innegabili meriti storici: il primo è quello di avere favorito una evoluzione positiva della Lega, da una posizione secessionista a una di responsabilità nazionale e di governo; il secondo è di aver sdoganato la destra italiana, erede del fascismo, favorendo la sua evoluzione all’interno di una nuova forza politica destinata a restare la forza di maggioranza relativa in Italia per lungo tempo». Rifacendoci al motto risorgimentale che recitava: “fatta l’Italia ora bisogna fare gli italiani”, ritiene che possa valere anche per il Popolo della libertà? «La nascita di un partito è un evento importante e cruciale, ma è solo una tappa di un lungo e complesso processo di crescita, di consolidamento e di formazione di una classe dirigente. Vi sono due elementi ai quali è necessario dedicarsi: il primo riguarda l’aspetto organizzativo, mentre il secondo riguarda l’identità culturale e il programma di un partito. Sono due aspetti altrettanto importanti, ai quali ci siamo dedicati in questo primo anno con notevole impegno e con innegabili risultati positivi». Fondere due partiti per certi versi molto diversi tra loro ha creato problemi? «Fondere organizzazioni differenti, modelli diversi di rappresentanza interna non è facile. La fusione di forze LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 31


FORUM PDL

politiche differenti è il processo più

Nella pagina a fianco, dall’alto, Massimo D’Alema, Nichi Vendola e Walter Veltroni

A destra, Gianfranco Fini a Mirabello

difficile che esista. Basta pensare agli esperimenti che ci sono stati nel corso della storia italiana per capire che ci vuole tanta sapienza politica e tanto lavoro per condurre a successo questi progetti. Nel caso del Pdl il traguardo è irreversibile e in poco tempo abbiamo fatto passi in avanti molto significativi». Fusione fredda o fusione vera? «È stata una fusione vera, dettata non solo dagli apparati, ma soprattutto dalla volontà di un popolo di elettori di centrodestra per i quali il Pdl esisteva già nella coscienza prima ancora della sua nascita». Il percorso fondativo è ancora lungi dall’essere terminato. I coordinatori regionali, provinciali e cittadini sono ancora nominati e non eletti e ancora non si ha una data per i congressi locali. Siete in linea con la tabella di marcia che vi eravate prefissati o c’è stato un qualche ritardo? «È evidente che le vicende legate al ruolo di Fini possono avere determinato qualche ritardo nella tabella di marcia della vita interna del partito. Bisogna però sempre ricordare che nell’arco breve di un anno abbiamo dovuto affrontare innumerevoli prove elettorali, superate tutte con successo, e abbiamo dato una prima forma organizzativa unitaria al partito sul territorio. E tutto questo non è poco». Cosa sta succedendo nell’area del primo partito italiano? È una crisi generale di rigetto alla fusione, una differente visione della politica tra Fini e Berlusconi o cosa? «La mia opinione è che quanto avvenuto sia la conseguenza, da una parte di una componente irrazionale della politica italiana e, dall’altra, di un problema squisitamente

32 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

Una grande forza liberale, cattolica e riformista ha formato una nuova classe politica, giovane e preparata, affidabile e responsabile. Tutto ciò mentre a sinistra circolano gli stessi nomi da trent’anni


Sandro Bondi

culturale. I nostri elettori, infatti, non sanno darsi una ragione del fatto che un governo che opera bene incontri delle difficoltà per ragioni incomprensibili o comunque per una forma di polemica portata alle estreme conseguenze. Vi sono poi ragioni di carattere culturale che sono evidenti nella polemica quotidiana che gli intellettuali raccolti attorno a Fare Futuro rivolgono contro il cosiddetto “berlusconismo”». Fini, soprattutto dopo il discorso fatto a Mirabello, viene additato come il più fiero oppositore del presidente Berlusconi e del suo governo. Fantascienza o realtà? «Qualcuno ha detto che l’obiettivo di Fini sia quello di logorare Berlusconi. Se fosse vero sarebbe, per l’appunto, un atteggiamento totalmente

irrazionale. Certamente il suo comportamento può aver dato adito a questa interpretazione». Dopo quanto è accaduto risulta difficile credere che lei non si sia mai chiesto quale sia l’obiettivo finale di Fini e del suo gruppo. «La mia convinzione è che fra Berlusconi e i politici di professione come Fini vi sia un diverso modo di guardare ai rapporti personali, alla realtà, agli interessi del Paese e alla concezione della politica. Nei politici di professione viene prima di tutto la considerazione del proprio ruolo, poi tutto il resto». Quali sono le prospettive per lo schieramento dei moderati in Italia? «La strada è ormai segnata, nonostante lo strappo di Fini. Esiste ed esisterà una grande forza liberale, cattolica e riformista che ambisce a rappresentare gli elettori moderati e a governare l’Italia nel prossimo futuro. È una forza politica nuova che, grazie a Berlusconi, ha formato una nuova classe politica, giovane e preparata, affidabile e responsabile. Una risorsa per il futuro. Tutto ciò mentre a sinistra i nomi che circolano sono sempre gli stessi da oltre trent’anni». Con l’acuirsi dello scontro tra Pdl e Futuro e Libertà si parla sempre più apertamente di elezioni anticipate. Ipotesi irreale oppure sta prendendo il sopravvento la voglia di conferme da parte del Popolo della libertà? «Le elezioni anticipate sono sempre un sintomo di difficoltà e di scon-

fitta. Sono sempre un male, ma un male minore se dovesse continuare all’infinito un’opera di logoramento dell’attività del governo. Io sono tuttavia fiducioso che l’esecutivo avrà la forza di continuare a lavorare nell’interesse dell’Italia. Chi gli farà mancare il sostegno se ne dovrà assumere le responsabilità di fronte ai nostri elettori e al Paese». Se nel Pdl vi sono tensioni più o meno palesi il Pd non è certo da meno, con molti suoi esponenti che ipotizzano apertamente una scissione per ripristinare i soggetti costitutivi del Partito Democratico. Questo significa che il bipolarismo è morto? L’Italia tornerà a essere una Repubblica multipartitica e proporzionalista? «Il progetto rilanciato da Veltroni di una sinistra riformista che ambisca a diventare il soggetto maggioritario di un sistema bipolare è stato archiviato in un battibaleno. Ormai è chiaro che il Pd non può che stare con Di Pietro e con Vendola, ridando vita a un nuovo Ulivo, privo delle ambizioni mondiali del passato ma più casereccio e utilitaristico. Ciò che sta avvenendo, tuttavia, sancisce non solo la sconfitta di Veltroni, ma più ancora la parola fine all’idea sottostante la nascita di tale partito. D’ora in avanti il Pd sarà sempre più simile al partito giustizialista di Di Pietro e al movimento utopistico e antagonista di Vendola rispetto al modello di una moderna formazione socialista democratica e di governo». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 33


FORUM PDL

Due anni di “governo del fare” La crisi economica, le grandi emergenze, tra cui L’Aquila e Napoli, gli appuntamenti internazionali. Sono alcune delle partite vinte dall’esecutivo dall’inizio della legislatura

leggere le cronache del Palazzo degli ultimi mesi riportate spesso fedelmente, ti sembra di essere in preda a un raptus schizofrenico: governo incapace di agire, maggioranza troppo litigiosa, paralisi completa; ma, poi vai ad esaminare, nel dettaglio, cosa l’esecutivo abbia fatto daldi Giancarlo Mazzuca l’inizio della legislatura e ti chiedi disperatamente: sogno o son desto? Perché, in realtà, il “governo del fare” ha fatto, e tanto... Ti viene, allora, in mente la favola di Esopo, quella che racconta la storiella della volpe e dell’uva: non potendo arrivare all’uva del centrodestra, ecco l’opposizione, con Giancarlo Mazzuca, deputato del Popolo della i suoi strumenti di comunicazione, libertà; nella foto grande, che cerca di gettare fango su qualil Parlamento italiano; nella foto piccola, la siasi cosa. Alla fine, ti convinci Protezione civile a L’Aquila anche tu che, effettivamente, i dopo il terremoto dell’aprile 2009; grappoli che hai mangiato, dal nella pagina successiva, 2008 a oggi, sono tutti rancidi. la chiusura dei lavori del G8 di L’Aquila Per evitare nuove strumentalizzazioni e ulteriori falsificazioni, conviene, quindi, ripercorrere il cammino di 24 mesi. Se le incomprensioni degli ultimi tempi all’interno della maggioranza e la secessione dei finiani possono avere, effettivamente, alterato quell’imma34 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

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gine di “casa comune” costruita in precedenza, i risultati ottenuti restano impressi nel marmo e saranno, comunque, indelebili, elezioni anticipate o meno. I filoni d’intervento di Palazzo Chigi possono essere riconducibili a quattro vaste aree: le misure per superare la crisi economica, le emergenze risolte, le grandi riforme, l’Italia protagonista all’estero. Vediamo più in dettaglio ciò che è stato già messo in cascina. CRISI ECONOMICA Di fronte alla grave

recessione internazionale che si è propagata dall’autunno 2008 e che ha avuto due punte dell’iceberg (il crac di alcune banche del mondo anglosassone dopo che era scoppiata la bolla immobiliare Usa e l’attacco all’euro e le manovre speculative della primavera 2010 contro le economie più deboli dell’Europa, a cominciare


I successi del governo

In Abruzzo l’ultima tendopoli è stata chiusa il 25 novembre 2009, appena sei mesi dopo il terribile sisma che ha causato 300 vittime e oltre 1.500 feriti

dalla Grecia), il governo Berlusconi ha messo in campo, in primavera, una manovra da 24,9 miliardi per rispettare gli impegni con Bruxelles. Una manovra importante, che si dispiegherà tra il 2010 e il 2011, che è, comunque, più contenuta e meno pesante di quelle programmate da altri paesi in situazioni più difficili della nostra (100 in Francia, 60 in Germania, 65 in Spagna). Intendiamoci, non ci sono soltanto tagli negli interventi concertati: sono anche previste misure per ridurre la burocrazia e per agevolare la libertà d’impresa, iniziative a sostegno del reddito delle famiglie (bonus casa, bonus elettricità e bonus vacanze), provvedimenti per tutelare i risparmi in banca. Altre facilitazioni erano già state attuate in precedenza, come l’abolizione dell’Ici sulla prima casa e l’addio ai ticket sanitari, la detra-

zione delle spese d’iscrizione all’asilo nido, il piano di ristrutturazione edilizia, il “via libera” alla costruzione di 100 mila case popolari in cinque anni, il bonus famiglia 2009, il fondo affitti e il blocco sfratti. Particolari agevolazioni sono state, poi, predisposte per le donne che lavorano, per i lavoratori delle aziende in crisi e per le imprese che investono e assorbono manodopera. LE EMERGENZE RISOLTE Il “governo del fare” si misura, in particolare, nelle grandi emergenze e, dal 2008 a oggi, i casi eccezionali, dal terremoto in Abruzzo ai rifiuti in Campania, dal decollo della nuova Alitalia a un maggior grado di sicurezza nelle città, dallo stop all’immigrazione clandestina alla lotta contro la mafia e al nodo giustizia, sono stati tanti. In generale, i risultati ottenuti sono stati

significativi ma due esempi meritano particolare attenzione. Il primo: in Abruzzo l’ultima tendopoli è stata chiusa il 25 novembre 2009, appena sei mesi dopo il terribile sisma che ha causato 300 vittime e oltre 1.500 feriti. Considerando le precedenti esperienze in Italia, non hanno sbagliato coloro che hanno parlato di un mezzo miracolo culminato con i lavori del G8 all’Aquila a luglio dell’anno scorso. Il secondo esempio: “performance” importanti sono state realizzate nella battaglia per lo smaltimento dei rifiuti in Campania: se nell’estate del 2008 erano 551 i Comuni interessati, l’emergenza si è, in pratica, risolta già il 26 marzo 2009 con l’entrata in funzione del termovalorizzatore di Acerra che brucia 1.800-1.900 tonnellate di rifiuti al giorno. Anche a Napoli la “monnezza” non c’è più. ›› LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 35


FORUM PDL

›› LE GRANDI RIFORME Appena insediato, il governo, e in particolare il ministro Gelmini, hanno affrontato il nodo della scuola tenendo conto che la spesa del ministero dell’Istruzione è lievitata del 30% negli ultimi dieci anni, passando dai 33 miliardi di euro del 1999 ai 43 del 2008. Una cura dimagrante necessaria che è riuscita a coniugare i risparmi ottenuti con la maggiore qualità. La riforma della scuola superiore (nuovi licei, nuovi istituti tecnici, nuovi istituti professionali) fa il paio con la riforma dell’Università che prevede, tra l’altro, uno stop alla proliferazione dei corsi inutili (in due anni ne sono già stati cancellati 469), la chiusura delle sedi decentrate superflue, maggiori stanziamenti in base al merito per facoltà e studenti, nuovi sistemi di valutazione delle università e della qualità della didattica, limite di otto anni ai mandati dei rettori per dire basta, una buona volta per tutte, a baronie e nepotismi. Nell’ottobre del 2009 il Consiglio dei ministri ha anche varato la legge Brunetta di riforma della pubblica amministrazione che consente un miglioramento della qualità delle prestazioni erogate ai cittadini, valorizzando il “merito” dei dipendenti, responsabilizzando maggiormente i dirigenti e prevedendo misure a tutela dei consumatori come la “class action”. Con il governo Berlusconi sono anche ripartite le grandi opere ed è pure decollato il piano per il Sud per cercare di non allargare ul36 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

teriormente la “forbice” tra Settentrione e Mezzogiorno d’Italia. In attesa che il federalismo fiscale cominci a fare sentire pienamente (e ci vorranno sette anni) i suoi effetti. Sempre nell’ambito della lotta alla burocrazia, è diventato operativo il “taglia-leggi” che, a maggio 2010, aveva già cancellato 375 mila atti normativi, ormai obsoleti e inutili. Da ultimo, il “disco verde” al ritorno del nucleare in Italia e i provvedimenti per rispettare l’ambiente. ITALIA MONDIALE Ho già parlato del ruolo avuto dall’Italia con il G8 che, all’ultimo momento, con una mossa indovinata, si è tenuto all’Aquila nel 2009. Ma il governo Berlusconi, in questi due anni, si è attivamente mosso nello scacchiere europeo e mondiale. Ricordiamoci del ruolo che abbiamo avuto per risolvere la crisi tra la Russia e la Georgia nell’estate del 2008, della mediazione

tra la stessa Russia di Putin e gli Stati Uniti di Obama per la sicurezza nel mondo, il trattato con la Libia che, pur tra mille polemiche, ha risolto la questione coloniale dopo così tanto tempo, il sostegno dato per il Medio Oriente, il maggiore impegno nelle missioni di pace. Prima delle vacanze estive, ho anche chiesto direttamente al premier un suo giudizio sull’impegno dell’Italia nella vicenda della crisi economica della Grecia. Il presidente del Consiglio è stato esplicito: senza di noi, la Merkel non avrebbe ammorbidito la posizione rigida dei tedeschi particolarmente restii a entrare in modo così massiccio nel piano di aiuti a favore di Atene. Guardando ai giornali di queste settimane e all’enfasi data da certi quotidiani italiani allo scontro Berlusconi-Fini, verrebbe proprio da dire che nessuno è davvero profeta in patria....



FORUM PDL

L’orgoglio di appartenere a un grande partito A Romano La Russa, coordinatore provinciale di Milano, il compito di organizzare la seconda festa nazionale del Pdl con la voglia di mettere alle spalle un’estate tormentata e di festeggiare il primo partito italiano insieme al presidente Berlusconi Luca Boccaletti

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on la fine dell’estate e prima della ripresa dei lavori parlamentari arriva, puntuale come ogni anno, la stagione delle feste. Tutti i principali partiti politici, infatti, celebrano le proprie kermesse, locali o nazionali che siano. Una sorta di ultimo saluto alla stagione delle vacanze e dei divertimenti prima di rituffarsi nel lavoro quotidiano. Mai come quest’anno, però, le vacanze sono state così brevi e tormentate. Il perdurante scontro tra il gruppo di Fini e il Pdl rende di giorno in giorno più incerta la scena politica nazionale e l’elettorato di centrodestra sembra essere particolarmente colpito da questa situazione. Con la seconda edizione della sua festa nazionale, il Pdl vuole far capire meglio gli scenari che potranno verificarsi nel-

l’immediato futuro e su cosa verterà prevalentemente l’azione di governo. In mezzo a tanta serietà, e come per ogni festa degna di questo nome, spazio anche ai momenti ludici e al divertimento. Perché quest’anno tutti, ma proprio tutti, vogliono prolungare l’estate almeno di qualche altro giorno. Assessore La Russa, in qualità di coordinatore provinciale di Milano anche quest’anno ha trascorso un’estate di intenso lavoro per organizzare la seconda festa nazionale del Pdl. «Parlare di intenso lavoro è esagerato. Diciamo che il pensiero, tra un sentiero di montagna e una scalata, correva spesso anche alla festa in preparazione, appuntamento importante alla ripresa dell’attività politica». Per ospitare la seconda edizione della festa nazionale sembrava potesse prevalere Bologna poi, a causa di alcune problematiche organizzative, è stato scelto il Castello sforzesco di Milano. È rimasto sorpreso da questa decisione in extremis? Romano La Russa, coordinatore provinciale del Pdl

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«No, conosco bene le difficoltà nell’organizzare una festa di livello nazionale. Bologna sarebbe stata una sede ideale, ma l’esperienza dei milanesi, soprattutto di noi ex An, ha prevalso. Da oltre un ventennio siamo abituati alle feste tricolori allestite e realizzate in pochi giorni e con scarsissime disponibilità economiche. Stiamo parlando, comunque, di altri momenti, tempi “eroici”». Quali saranno le tematiche che verranno dibattute con maggior attenzione? «Gli argomenti trattati saranno molteplici, con interventi della maggior parte dei ministri. Tra le questioni da sviluppare, oltre alla sanità, la scuola e la sicurezza, certamente grande rilevanza avrà il tema dell’anniversario dell’Unità d’Italia». Per tutta l’estate il dibattito poli-


Romano La Russa

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La festa riaffermerà l’orgoglio di appartenenza a un grande partito come il Pdl, incentivando e dando entusiasmo a tutti i militanti e sostenitori per le prossime battaglie elettorali del centrodestra, a Milano e nel Paese

tico si è incentrato sulla rottura tra Berlusconi e Fini. Pensa che questo appuntamento servirà anche a riaffermare l’identità e l’orgoglio degli elettori del Pdl? Senza dimenticare che fra poco meno di un anno a Milano si voterà per le elezioni comunali. «A prescindere dalle polemiche tra Berlusconi e Fini, la festa riaffermerà l’orgoglio di appartenenza a un grande partito come il Pdl, incentivando e dando entusiasmo a tutti i militanti e sostenitori per le prossime battaglie elettorali del centrodestra, a Milano e nel Paese. A questo scopo sarà davvero utile il grande appuntamento che stiamo preparando, con la convocazione degli stati generali del Pdl proprio durante la festa. Per quanto riguarda Milano, infine, ricordo che l’unico nostro obiet-

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tivo è confermare la nostra leadership per dare continuità al buon governo della città, in vista anche e soprattutto di Expo 2015». La festa del Castello sforzesco prevede spazi di confronto anche con altre formazioni politiche oppure vuole avere un carattere esclusivamente interno al Pdl? «Come da tradizione, sono invitati tutti i leader politici, dagli esponenti della maggioranza a quelli dell’opposizione. Oltre, naturalmente, a personaggi della società civile, del sociale, del mondo economico, finanziario e imprenditoriale. I nostri valori improntati alla democrazia e alla libertà ci impongono un confronto schietto, sincero e costruttivo con tutte le realtà e gli attori protagonisti del mondo contemporaneo». Quanti visitatori vi aspettate? Quali curiosità vuole segnalare? «Tempo permettendo ci aspettiamo almeno centomila persone, dato che si tratta di un appuntamento nazionale.

Sulle curiosità non mi voglio sbilanciare, le scoprirete venendo alla festa, altrimenti che sorprese sarebbero. Posso solo anticipare che vi saranno numerosi momenti culturali, politici e di approfondimento, unitamente a eventi musicali, cabaret e il consueto torneo di calcio, nel quale mi cimenterò anch’io». Ci sono stati momenti di tensione nell’organizzazione della festa tra il suo coordinamento provinciale e quello nazionale dove siede suo fratello Ignazio? «È da quando sono nato che litigo con mio fratello. La verità è che entrambi amiamo troppo la politica, l’abbiamo nel sangue e abbiamo a cuore il partito e le sorti del Paese. Siamo amanti della perfezione e alla fine devo dire che, almeno in ambito politico, troviamo sempre un punto d’incontro. Solo il calcio, e in particolare il derby, ci divide, visto che io sono milanista e Ignazio tradizionalmente interista sfegatato». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 39


INDUSTRIA ENERGETICA

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Politiche più chiare per l’energia del futuro

l valore sociale dell’industria energetica italiana si può quantificare in 230 miliardi di euro di fatturato, 118 Il fatturato del settore energetico in Italia conferma l’importanza mila addetti e investimenti sul territorio per almeno 16 miliardi di dell’intero comparto che però risente della mancanza di indirizzi euro l’anno. «Fare energia in Italia normativi chiari e politiche che incentivino gli investimenti. – spiega Pasquale De Vita, presiPasquale De Vita fa il punto della situazione dente di Confindustria Energia significa dare risposte concrete a Nicolò Mulas Marcello milioni di persone che ogni giorno la utilizzano nelle sue varie forme e per scopi diversi». L’indotto economico generato dal settore energetico in Italia è rilevante. Mancano però politiche di medio e lungo termine. Come si sta muovendo Confindustria Energia? «Confindustria Energia è nata non solo con l’obiettivo di rappresentare unitariamente il variegato mondo dell’energia, ma anche di sensibilizzare opinione pubblica e istituzioni sul ruolo e il valore che esso ha, spiegando cosa c’è dietro e le enormi difficoltà che si incontrano. In questi primi anni di attività abbiamo già promosso diverse iniziative in questo senso e l’ultima in ordine di tempo è un interessante studio affidato al Censis che approfondisce appunto il valore non solo economico, ma anche sociale del comparto energetico. Certo mancano politiche di medio lungo periodo ma non certo per colpa delle aziende che, anzi, da tempo chiedono più certezza legislativa e indirizzi normativi chiari che, però, non possono essere ripensati a ogni cambio di legislatura. Ci sono infatti alcune questioni di fondo da risolvere, come evidenziato dallo stesso studio del Censis, per evitare un rischio potenziale di blocco degli investimenti e di impoverimento tecnologico, di competenze e capacità. E ciò interessa tutte le fonti, tradizionali e non. L’Italia non può permettersi di abdicare al suo ruolo e divenire un semplice importatore di prodotti e tecnologie, anzi deve assumere la leadership in questo campo. Abbiamo le capacità e le competenze. Anche perché si tratta un settore che 44 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010


Pasquale De Vita

Una riduzione della burocrazia potrebbe far recuperare efficienza e risparmiare costi e sprechi con beneficio complessivo per il sistema Paese

Pasquale De Vita, presidente di Confindustria Energia e presidente dell’Unione petrolifera italiana

ha la responsabilità di assicurare al Paese la copertura di consumi attesi comunque in crescita, sempre più esigenti sia sul piano della qualità che ambientale». Qual è il futuro dell’eolico in Italia? «La produzione di energia elettrica da fonte eolica nel mondo, prima ancora che in Europa, sta vedendo da oltre un decennio percentuali di crescita molto significative. Gli obiettivi nazionali, peraltro fissati in ottemperanza a obblighi comunitari, sono molto ambiziosi e prevedono circa 13.000 MW di eolico al 2020 (oggi siamo a 5.000 MW). Uno sviluppo che però, come spesso accade in situazioni di successo, rischia di creare aree poco trasparenti ed è per questo che abbiamo aderito al Protocollo sulla legalità. In questo modo le aziende garantiscono il rispetto delle più serie e stringenti pratiche a tutela e rispetto della legge». Energia eolica e solare sono ancora poco sviluppate in Italia. Il problema sono i costi o è scarsa coscienza? «L’Italia è più avanti rispetto ad altri paesi, anche

se si potrebbe fare di più. Si dovrebbe soprattutto cercare di dare stabilità e certezze al quadro normativo e alle procedure autorizzative, che qui sono tra le più lunghe e farraginose d’Europa. Una riduzione della burocrazia, affiancata alle dovute tutele paesaggistiche, potrebbe far recuperare efficienza e conseguentemente risparmiare costi e sprechi con beneficio complessivo per il sistema Paese. Per quanto riguarda la coscienza ambientale, penso che molto potrebbe essere fatto con una comunicazione che possa finalmente contribuire a sfatare i falsi miti in materia di energia. Come accennato, Confindustria Energia è impegnata per far sì che l’opinione pubblica possa sempre avere una corretta informazione su materie tanto delicate». La domanda energetica italiana necessita veramente dell’opzione nucleare? «Non è un problema di necessità ai fini della copertura della domanda energetica. Piuttosto di sicurezza. C’è poi un vantaggio ambientale in termini di emissioni. È però certo che da solo non basterà e pertanto servirà il contributo di tutte le altre, petrolio e carbone compresi, ma anche di uno sforzo intelligente per rendere l’uso dell’energia più efficiente». Nel 2009 gli italiani hanno speso 176 euro in più per la benzina. La convinzione generale che il prezzo dei carburanti non segue perfettamente quello del petrolio può essere considerata uno slogan? «Le posso assicurare che nel 2009 il prezzo della benzina si è mosso in linea con quello dei mercati internazionali dei prodotti raffinati e lo stesso si può dire per questi primi mesi del 2010. Trovo veramente incomprensibile che si continui a porre la domanda in questi termini. Abbiamo provato in tutte le sedi istituzionali e non, con studi e analisi rigorose, che non ci sono anomalie di sorta. Siamo andati perfino al Consiglio nazionale consumatori e utenti presso il ministero dello Sviluppo economico, dal quale attendiamo ancora che ci smentiscano con dati altrettanto oggettivi. La realtà è che, al di degli slogan, i nostri prezzi seguono le stesse dinamiche degli altri paesi europei. Anzi, su alcune migliaia di impianti sono anche inferiori a quelli europei, ma di questo non se ne parla». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 45


INDUSTRIA ENERGETICA

Rinnovabili e nucleare per il rilancio del settore La politica energetica del governo punta a ripristinare strumenti normativi che consentano il conseguimento degli obiettivi di diversificazione delle fonti, delle origini e delle rotte di approvvigionamento di energia primaria. Guido Bortoni ne spiega le dinamiche Nicolò Mulas Marcello

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l ministero dello Sviluppo economico è impegnato a riorganizzare il sistema energetico per valorizzarne le potenzialità attraverso l’implementazione delle infrastrutture, delle reti e delle fonti rinnovabili. «Lo sviluppo innovativo delle fonti rinnovabili e l’incremento dell’efficienza energetica – sostiene Guido Bortoni, capo del dipartimento energia del ministero – dovranno in futuro divenire anche strumenti per l’accumulo dell’energia prodotta». Un rapporto del Censis evidenzia il rischio che la carenza di politiche energetiche di medio-lungo termine possa determinare un impoverimento tecnologico. È così? «Questo Paese, purtroppo, ha toccato per diversi anni con mano quanto l’assenza o l’instabilità degli indirizzi di politica energetica possano deteriorare il tessuto tecnologico-industriale e generare, conseguentemente, una situazione poco sostenibile del quadro energetico generale. Per rilevare il deterioramento attuale, non serve nemmeno ricordare le eccellenze registrate dall’industria elettromeccanica del Paese nei mitici periodi di realizzazione delle grandi infrastrutture idroelettriche nella prima metà del secolo scorso e nell’immediato dopoguerra, nonché dello sviluppo pionieristico degli impianti elettronucleari dopo il primo shock petrolifero degli anni 70. Basta, infatti, raffrontare il nostro conte-

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sto con quello delle grandi economie industriali dell’Europa per capire quanto il savoir faire tecnico e tecnologico italiano non abbia più il presidio completo su alcuna filiera energetica, mentre Francia, Germania e Inghilterra hanno mantenuto, specializzato e sviluppato le capacità industriali in campo energetico al servizio del proprio mercato domestico e di mercati esterni».

Guido Bortoni, capo dipartimento per l’energia del ministero dello Sviluppo economico


Guido Bortoni

Crediamo vi sia la necessità di elaborare politiche energetiche con un ampio orizzonte temporale, sicuramente non inferiore al 2030

Come si sta muovendo il dipartimento per l’energia del ministero dello Sviluppo economico? «Il dipartimento e il vertice politico del ministero stanno ripristinando strumenti normativi e regolamentari che consentano il conseguimento degli obiettivi di diversificazione delle fonti, delle origini e delle rotte di approvvigionamento di energia primaria a cui mira la politica energetica del governo. Tutto ciò tenendo conto delle innovazioni di assetto sin qui introdotte rispetto alle ultime redazioni dei piani energetici nazionali (ad esempio la liberalizzazione di quasi tutti i mercati energetici e la creazione di mercati unici europei per le diverse commodities energetiche) e degli impegni che il nostro Paese ha assunto, assieme ad altri, sul binomio clima-energia. Innanzitutto, crediamo vi sia la necessità di elaborare politiche con un ampio orizzonte temporale, sicuramente non inferiore al 2030». Per stilare un bilancio cosa è stato fatto finora?

10 mld

FATTURATO Il fatturato annuo derivato dalla green economy in Italia

300 mila INDOTTO

Il numero degli addetti che nel nostro paese gravitano intorno alla green economy

«L’energia, nelle sue diverse forme, è senza ombra di dubbio un servizio essenziale per la moderne attività economiche e la vita civile del Paese. Mantenere vitale e adeguato alle necessità lato sensu il servizio energetico è, quindi, un imperativo se si vuole agganciare e consentire lo sviluppo e la crescita dell’economia. Nel corso dell’ultimo anno molto è stato fatto per favorire l’aumento di nuove infrastrutture: si pensi anche solo al provvedimento per il rilancio del nucleare (Dlgs.n. 31/10), a quello per la maggiore concorrenzialità nel mercato del gas (Dlgs. n.130/10), a quello per l’incremento della capacità di trasporto sull’interconnessione elettrica, nonché a quei provvedimenti per lo sviluppo di infrastrutture “immateriali”, quali la piattaforme di negoziazione all’ingrosso (Borsa del gas) e recuperi di efficienza nella distribuzione carburanti previsti dalla disegno di legge “concorrenza” ora all’esame del Consiglio dei ministri. Molta attenzione è stata rivolta, quindi, allo sviluppo delle reti, a cui attribuire non solo la funzione di autostrada dell’energia, ma anche nuove funzioni “intelligenti”, con il prossimo affermarsi delle smart grids. Uno sviluppo innovativo delle fonti rinnovabili, obiettivo prioritario del governo insieme al nucleare, e LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 47


INDUSTRIA ENERGETICA

Con il prossimo recepimento della direttiva europea sulle fonti rinnovabili vorremmo garantire ulteriormente la stabilità degli incentivi

l’incremento dell’efficienza energetica, che

rappresentano forme di infrastrutture, spesso di piccola dimensione, allocate sul territorio presso lo stesso luogo di consumo, dovranno in futuro divenire anche strumenti per l’accumulo dell’energia prodotta». Quali offrirà il governo? «L’aspetto delle garanzie, e cioè quello della gestione di alcuni rischi legati agli investimenti, è uno degli aspetti più delicati dello sviluppo del nucleare. Come ho già avuto modo di evidenziare, vi sono iniziative che richiedono garanzie supplementari per assicurare, sebbene in maniera parziale, il ritorno dell’investimento. L’attenzione deve essere duplice: da un lato, si deve fare in modo di non trasformare tali garanzie in vantaggi per pochi (gli investitori) che gravano su molti (i consumatori) e, dall’altro, bisogna dare certezze, ovvero provvedere copertura reale ad alcuni rischi che, se lasciati in gestione agli operatori, renderebbero insostenibile l’investimento o genererebbero degli extra costi che graveranno

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sui fondamentali per il ritorno degli investimenti. Tale criticità può essere mitigata facendo ricorso a schemi virtuosi che prevedono il concorso alle iniziative degli stessi soggetti che ne usufruiranno, e quindi consumatori finali, siano essi imprese, grandi, medie e piccole, che clienti domestici. E il governo, così come le altre Istituzioni interessate, come l’Autorità per l’energia, si sta muovendo in tal senso». Il nuovo Conto energia per l’energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici a partire dal 2011 opera una riduzione degli incentivi che si dovrebbe tradurre in un vantaggio per il consumatore. Qual è l’obiettivo che si è prefissato il ministero? «Gli obiettivi di crescita delle fonti rinnovabili che la strategia energetica ha posto, in linea con gli obblighi posti dalla Commissione europea al 2020, sono molto ambiziosi. Un sistema di incentivazione stabile ed efficiente è indispensabile anche a causa dell’ancora minore competitività delle fonti rinnovabili rispetto a quelle convenzionali. Il nostro obiettivo è che a questi debbano affiancarsi interventi per la riduzione delle barriere di tipo economico che ancora si presentano. Penso alle procedure autorizzative, ai contenziosi, alle criticità con il territorio, alla disponibilità tecnologica, a un ampio elenco di fattori che ancora oggi rappresentano un freno allo sviluppo atteso delle fonti rinnovabili. Con il prossimo recepimento della direttiva europea sulle fonti rinnovabili vorremmo garantire ulteriormente la stabilità degli incentivi per consentire lo sviluppo di quelle fonti, e quindi di quegli impianti, che possono effettivamente contribuire a conseguire gli ambi-


Guido Bortoni

ziosi obiettivi previsti dal Piano di azione nazionale presentato a inizio estate a Bruxelles (al 2020 coprire il 17% dei consumi lordi di energia con le fonti rinnovabili)». Da un lato c’è chi pensa che l’economia verde è motore di ricchezza per il nostro Paese, altri pensano sia una bolla di sapone. Qual è la sua opinione? «Se pensiamo a quanto avvenuto in Germania, dove lo sviluppo delle rinnovabili ha portato al mantenimento di oltre un milione e 200 mila posti di lavoro dedicati alla green economy in tutte le sue sfumature, non si può proprio dire che sia una bolla di sapone. Ma il modello tedesco non è fondato sul traino della loro domanda nazionale, bensì delle esportazioni. Anche per noi non può che essere così. E, quindi, l’ambito non può essere esclusivamente nazionale. Questo per due ragioni molto semplici: se ci chiudessimo su noi stessi finiremmo per raggiungere ben presto livelli di insostenibilità economica, obbligando cittadini e imprese ad autosostenere il new deal della green

economy e, nel medio termine, avendo intrapreso una via autarchica, ci troveremmo a sostenere un’industria inefficiente perché non esposta alla concorrenza dei mercati internazionali. Dobbiamo recuperare lo spirito di tante numeEOLICO rose micro esportazioni, forza del nostro tessuto La quantità produttivo, ma dovremmo anche, con un po’ di di energia eolica prodotta in Italia ambizione, cercare o creare nuovi mercati e ininel 2008 ziative che spingano il nostro export. Il piano solare mediterraneo o il Desertech, ad esempio, possono essere meglio immaginate a trazione italiana o a partecipazione significativa italiana. FOTOVOLTAICO Non dimentichiamo i nostri vantaggi competitivi nel trattare di energia e di progetti industriali La quota di produzione con i Paesi rivieraschi del Mediterraneo e che di energia sono i grandi bacini o danno accesso alle grandi fotovoltaica raggiunta riserve di nuove risorse rinnovabili. Facciamo in nel 2008 in Italia modo che il Mare Nostrum e le sue rive, di invenzione ed in esclusiva ai Romani per vim nel passato, sia nel presente e nel futuro (anche) un’area di interesse prevalente per virtutem dei discendenti dei medesimi e non solo area di interesse di altri».

6,4 TWh

418 MWp

LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 49


INDUSTRIA ENERGETICA

Maggiore qualità e sostanziali risparmi Grazie alle liberalizzazioni e all’introduzione delle nuove tariffe biorarie, il settore energetico ha registrato risparmi sui costi ma anche vantaggi per i consumatori. Alessandro Ortis illustra nel dettaglio tutti i cambiamenti Nicolò Mulas Marcello

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al 1997 l’Autorità per l’energia elettrica e il gas regola e controlla questi settori a livello nazionale. Gli ambiti su cui agisce sono la determinazione delle tariffe, dei livelli di qualità dei servizi e delle condizioni tecnico-economiche di accesso e interconnessione alle reti, in servizi in cui il mercato non sarebbe in grado di garantire l'interesse di utenti e consumatori a causa di vincoli tecnici, legali o altre restrizioni che limitano il normale funzionamento dei meccanismi concorrenziali. Le novità intervenute negli ultimi tempi, quali le liberalizzazioni del settore elettrico o l’introduzione dei prezzi biorari hanno contribuito a rivoluzionare il settore energetico come spiega Alessandro Ortis, presidente dell’Autorità. Con le liberalizzazioni del settore elettrico, il tasso di switching medio delle famiglie è arrivato all’11% circa. Rispetto al 1999 il sistema elettrico nazionale ogni anno costa 4,5 miliardi in meno. E nello specifico per i consumatori qual è il risparmio? «Liberalizzazione e concorrenza portano vantaggi per i singoli consumatori e per la collettività. Nel settore elettrico, infatti, in tre anni 50 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

circa 3 milioni e 200 mila famiglie hanno scelto una nuova offerta ritenuta più conveniente fra quelle dei diversi venditori in concorrenza sul libero mercato: è uno dei migliori risultati in Europa. E l’intera collettività beneficia indirettamente dei 4,5 miliardi di costi evitati grazie alla maggiore efficienza del sistema. Vorrei anche ricordare che il rafforzamento della tutela dei consumatori ha reso possibili rimborsi automatici per 32,5 milioni negli ultimi 7 anni e che la migliore qualità del servizio ha dimezzato la frequenza delle interruzioni, con un risparmio di oltre 2,7 miliardi di euro per la collettività».


Alessandro Ortis

Con i nuovi prezzi biorari ogni consumatore pagherà l’elettricità in modo più equo e più vicino al vero costo di produzione

A sinistra, Alessandro Ortis, presidente dell’Autorità per l’energia elettrica e gas; sopra, la centrale elettrica di Cassano d’Adda

I prezzi biorari in vigore dal 1° luglio rappresentano un altro provvedimento dell’Autorità che può fornire un aiuto per le tasche dei cittadini. Ci sono altri provvedimenti in cantiere? «Con i nuovi prezzi biorari ogni consumatore pagherà l’elettricità in modo più equo e più vicino al vero costo di produzione, con benefici ambientali e maggior economicità di sistema. Infatti, con il nuovo meccanismo, applicato con gradualità dallo scorso 1 luglio a chi ha il contatore elettronico e non ha già scelto altre soluzioni contrattuali, l’elettricità costerà meno nel primo mattino, la sera, la notte, il sabato e tutti i giorni festivi; di più dalle 8 alle 19 dei giorni lavorativi, quando la domanda e i costi sono più elevati. Abbiamo anche attivato 1,9 milioni di bonus elettricità e gas, con riduzioni in bolletta per le famiglie bisognose, e previsto modifiche per l’aggiornamento dei prezzi fi-

nali gas che consentiranno di contenere le bollette già da ottobre, prima dei consumi invernali». Male invece il mercato del gas, sia per il peso ancora preponderante dell´Eni, sia perché i prezzi all´ingrosso sono ancora del 10% superiori all´Europa. Cosa fare per migliorare la situazione? «Vanno superate le asimmetrie fra il settore elettrico, più efficiente e progredito, e quello ingessato del gas, dove l’operatore dominante controlla ancora il 92% delle infrastrutture di import e il 65% delle immissioni sul mercato. L’Autorità, pur nei limiti delle sue competenze, si è battuta con provvedimenti e proposte per superare i ritardi nello sviluppo della concorrenza e delle infrastrutture; ritardi che, purtroppo, continuano a pesare sulle bollette e allontanano pure l’obiettivo per un hub italiano del gas nel Mediterraneo». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 51


INDUSTRIA ENERGETICA

11%

SWITCHING

Lei afferma che con più infrastrutture nell’energia ma anche più investimenti il gas sarà meno costoso. Il governo ha avviato una riforma del settore gas. È un primo passo avanti? «Rappresenta sicuramente un primo contributo, ma da migliorare ancora. Alcune delle scelte effettuate infatti non intaccano il ruolo dominante dell’Eni e rendono incerti i benefici per famiglie e piccole aziende». La separazione societaria tra Eni e Snam Rete Gas è un punto su cui lei si batte ancora per risolvere un conflitto di interessi molto forte. Ma non c’è il rischio di perderne il controllo nazionale? «Il conflitto di interessi è evidente, al punto che il Parlamento nel 2003 ha votato una legge, confermata da successivi provvedimenti, per una se-

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Il tasso di switching delle famiglie italiane dopo le liberalizzazioni del settore energetico

1,9 mln BOLLETTE

Il bonus complessivo in euro erogato alle famiglie bisognose

32,5 mln RIMBORSI

La somma di rimborsi automatici erogati alle famiglie negli ultimi 7 anni

parazione proprietaria di Snam Rete Gas da Eni. Questa soluzione, ritenuta la migliore anche dalla Commissione europea, è già stata positivamente adottata in altri Paesi Ue e da noi con l’analoga operazione Terna-Enel per il settore elettrico. L’obiettivo potrebbe essere raggiunto addirittura rafforzando il controllo delle reti strategiche nazionali, affidandolo a un soggetto pubblico imparziale, ad esempio Cassa Depositi e prestiti». Sul prezzo del petrolio c’è invece ancora troppa speculazione. Lei ha rilanciato l’idea di una Borsa europea del greggio. Perché a livello europeo non si è ancora pensato a una soluzione di questo tipo? «In assenza di meccanismi capaci di contenere quei barili di carta che schizzarono improvvisamente verso i 150 dollari, il rischio che la speculazione rialzi la testa persiste. Da qui la proposta - alla quale l’Autorità sta già lavorando - di una borsa europea per lo scambio di barili veri, con contratti standardizzati di lungo termine, capace di contenere la volatilità dei prezzi e di favorire gli investimenti. A livello europeo, purtroppo, scontiamo ancora resistenze legate ad anacronistici nazionalismi, protezionismi e ritardi infrastrutturali che frenano la costruzione del mercato unico dell’energia e la tanto auspicata single voice dell’Unione: una voce unica che sappia valorizzare il potere contrattuale di 500 milioni di consumatori».


Umberto Quadrino

Nucleare, rinnovabili e gas l’energia del futuro Puntare sulle energie rinnovabili, tra cui eolico e fotovoltaico, è una delle priorità negli investimenti di Edison. In linea con i mutamenti del contesto normativo, Umberto Quadrino, ad di Edison, fa il punto della situazione Nicolò Mulas Marcello

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on la crisi economica anche il mercato energetico ha subito un’importante flessione che solo ora si sta arginando grazie a una timida ripresa della domanda. Per quanto riguarda la rete gas questo scenario unito alla forte competitività del mercato ha costretto molti operatori a rinegoziare i contratti a lungo termine con i paesi produttori. Umberto Quadrino, amministratore delegato Edison, fa sapere che la società ha chiuso il crescita i primi sei mesi dell’anno e prospetta un moderato ottimismo per il futuro puntando anche sugli investimenti nelle rinnovabili. Lei ha affermato che punterete su nucleare, rinnovabili e gas. Quali sono i piani di Edison per quanto concerne il ritorno del nucleare in Italia? «Quando partirà il piano nucleare italiano Edison sarà uno dei soggetti coinvolti. L’obiettivo è quello di mantenere anche nella produzione da energia nucleare l’attuale quota, che si attesta a circa il 14-16% a livello nazionale». E per quanto riguarda le rinnovabili nei vostri piani si parla di importanti investimenti. È così? «La crescita prevista nelle fonti rinnovabili dovrà tenere conto anche dell’evoluzione del

contesto normativo. Edison ha investito e continuerà a investire in questo settore. Nel settore eolico, potrà entro il 2012 raggiungeremo circa 500 MW di potenza installata, in quello fotovoltaico la società ha oggi circa 3 MW, per una produzione media di circa 4,4 GWh/anno. Nel settore idroelettrico saranno effettuati interventi volti a preservare la capacità produttiva degli impianti che oggi ammonta a 68 centrali». Per le infrastrutture gas Edison sta promuovendo due progetti strategici per l’Europa volti alla differenziazione e alla sicurezza degli approvvigionamenti europei. Quando saranno completati questi progetti? «Il mercato del gas sta vivendo un momento di forte turbolenza: da un lato, la domanda Umberto Quadrino, mondiale ha subito un deciso rallentamento amministratore delegato Edison a causa della crisi economica internazionale e, dall’altro, l’aumento della produzione americana di gas non convenzionale ha determinato un’offerta di ingenti quantitativi di gas spot (soprattutto Lng) a prezzi decisamente più bassi rispetto a quelli derivanti dai tradizionali contratti di acquisto gas di lungo ter- LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 53


INDUSTRIA ENERGETICA

La crescita prevista nelle fonti rinnovabili dovrà tenere conto anche dell’evoluzione del contesto normativo

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mine (correlati ai prezzi petroliferi) sui più importanti mercati europei (hub inglese, olandese e tedesco). Quanto accaduto a livello europeo si è ripercosso sul mercato italiano provocando una forte riduzione dei prezzi. In questo quadro è difficile ipotizzare una data di ultimazione di progetti così importanti. Itgi e Galsi continuano a rappresentare dei progetti chiave nella strategia di sviluppo di Edison in questo settore. Nei prossimi mesi dovremmo definire la decisione finale di investimento, come richiesto dall’Ue, per accedere ai fondi previsti dal recovery plan». Il primo semestre 2010 si è chiuso in crescita per Edison rispetto allo stesso periodo del 2009. Cosa si prevede per il resto dell’anno? «Nel 2010 lo scenario sarà ancora caratterizzato da una ripresa modesta della domanda di energia elettrica e di gas, che tuttavia rimarrà ancora lontana dai livelli del periodo pre-crisi e da una continua tensione sui margini, a causa della forte pressione competitiva specie nel settore del gas. Per queste ragioni Edison è impegnata a rinegoziare con i paesi produttori i contratti di lungo termine. Inoltre è in corso anche la rinegoziazione dell’uscita da alcune convenzioni Cip 6 a livello nazionale. Per confermare i risultati del 2009 anche nell’esercizio 2010, saranno determinanti gli esiti di queste negoziazioni ancora in corso». Quali sono le strategie di Edison per il mercato retail italiano? «Entro fine 2010 raggiungeremo il milione di clienti, in anticipo rispetto a quanto previsto due anni fa all’ingresso in questo mercato. La risposta positiva da parte dei consumatori alle nostre offerte ci fa guardare al futuro positivamente. È certo che anche nel 2011 la nostra quota continuerà a crescere, grazie alla nostra politica innovativa basata su trasparenza, servizio e convenienza».



IMPRESE E SVILUPPO

Conoscere i nuovi mercati è un motore di sviluppo

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er superare la crisi occorre una sempre più approfondita conoscenza dei mercati e delle esigenze dei consumatori, anche negli altri Paesi». Questo il punto di vista di Bernhard Scholz, presidente della Compagnia delle opere. «È proprio su questo tipo di conoscenze che poi si basa un’innovazione reale – continua – perché innovare non vuol dire semplicemente avere delle buone idee ma, a partire da esse, saper cogliere esigenze o opportunità dei mercati nazionali e internazionali». Per ottenere buoni risultati bisogna, inoltre, «essere in grado di migliorare la produttività, adattare l’organizzazione e i processi interni all’azienda e, anche questo aspetto, richiede un impegno al livello conoscitivo». Al riguardo, verrà organizzato per la prima volta a Genova, il 28 e 29 settembre, il Matching Innovazione, seguendo il metodo «già collaudato e utile per aiutare le imprese del Matching Milano per fornire, così, nuovi input alle aziende che intendono rafforzare la propria disponibilità all’innovazione nell’area delle tecnologie» conclude Scholz. Quali altre iniziative avete portato avanti a sostegno delle piccole realtà colpite maggiormente dalla crisi? Come permettere a queste realtà di reggere la concorrenza straniera? «Le nostre iniziative puntano sempre a sostenere i principali aspetti dell’imprenditorialità. Con la Scuola d’impresa, ad esempio, partiamo dalla condivisione d’esperienze, conoscenze e metodologie per lo sviluppo e l’innovazione delle aziende, incluse quelle che operano nel sociale. Con la costituzione di CdO Network, invece, stiamo aiutando le imprese a incontrare i nuovi mercati, perché

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Conoscere, innovare e aprirsi ai nuovi mercati emergenti. Questo l’antidoto anti crisi proposto da Bernhard Scholz, presidente della Compagnia delle Opere. «Innovare non vuol dire semplicemente avere delle buone idee ma, a partire da esse, saper cogliere esigenze o opportunità dei mercati nazionali e internazionali» Nike Giurlani l’internazionalizzazione è una possibilità reale da percorrere anche per le piccole imprese. Con l’evento Matching 2010 “Conoscere per crescere – To Know, To Grow”, giunto alla sesta edizione, aiutiamo le aziende partecipanti a mettersi in rete e ad approfittare delle reti già esistenti». Lei ha dichiarato che il superamento della crisi è legato ai mercati emergenti. Quando potremo iniziare a registrare risultati positivi? «La partnership con i mercati emergenti si sta rivelando una leva fondamentale per oltrepassare la crisi. Molte pmi stanno trovando nuovi sbocchi nei mercati dell’Est Europa, del Nordafrica, dell’Asia e dell’America Latina, sia commercializzando direttamente i propri prodotti, sia iniziando a produrre insieme con le realtà locali. Evidentemente, siamo all’inizio, ma la crescente domanda di questi paesi, che nasce peraltro dalla giusta attesa di un miglioramento degli standard di vita delle popolazioni che vi abitano, non potrà

In basso, Bernhard Scholz, presidente della Compagnia delle Opere


Bernhard Scholz

risorse e una reale valorizzazione dei collaboratori». Parte della forza delle 35 mila piccole imprese che hanno aderito alla Compagnia delle opere è il concetto di “fare rete”. Pensa possa essere una strategia vincente anche per il futuro? «Molte imprese nostre associate hanno ricevuto un sostegno decisivo attraverso scambi d’esperienze, collaborazioni commerciali, sostegno Sono convinto che dalla crisi nascerà una nuova morale in momenti difficili, partnership tra banche e imprese, basata sulla volontà servizi finanziari, corsi di fore necessità di aprirsi e comprendere le rispettive esigenze, mazione. Questi sono solo alcuni esempi di come la “rete”, nell’ottica di rilanciarsi a vicenda verso lo sviluppo senza diventare una sovrastruttura ingombrante, possa non tradursi in un motore anche per lo svi- aiutare concretamente le imprese, in modo semplice ma effiluppo delle imprese italiane ed europee. cace, nel presentarsi in maniera competitiva sui mercati itaStiamo assistendo a un grande cambiamento liani e globali». che ci chiede di cogliere positivamente le opQual è il ruolo che dovranno giocare le banche nei conportunità della globalizzazione tenendo conto fronti delle imprese? dei rischi che esistono». «Gli istituti di credito devono continuare a fare il loro lavoro Quali sono le strategie che le aziende ita- senza indietreggiare, sostenendo lo sviluppo concreto delle liane devono portare avanti per reggere il pmi, tenendo in considerazione i cosi detti asset intangibili confronto con le aziende internazionali? delle imprese italiane, che in parte ho già evidenziato: capa«Questa è una delle questioni più complesse cità imprenditoriali e abilità creative difficili da riscontrare alda affrontare. Alle imprese italiane e ai loro trove nel mondo. È dalla reale valorizzazione di questi asset collaboratori non mancano certamente crea- che può dipendere la possibilità di espandersi e diventare più tività, motivazione e spirito imprenditoriale competitivi. D’altro canto, però, le aziende devono mostrare per affermarsi nei mercati internazionali. Ciò una più consistente e approfondita capacità di pianificazione che però potrebbe dare loro una maggiore finanziaria, soprattutto nel medio e lungo termine. Sono, cocompetitività è la ricerca di un maggior rigore munque certo, e gli incontri di questi ultimi mesi con i remetodologico nell’organizzazione e nella pia- sponsabili di istituti e aziende, specialmente durante il Meenificazione strategica e finanziaria. Uno dei ting di Rimini lo hanno confermato, che dalla crisi nascerà problemi più urgenti, che le imprese devono una nuova partnership tra banche e imprese, basata sulla voaffrontare, è il miglioramento della produtti- lontà e necessità di aprirsi e comprendere le rispettive esigenze, vità, che implica un’ottimizzazione di tutte le nell’ottica di rilanciarsi a vicenda verso lo sviluppo.

LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 57


IMPRESE E SVILUPPO

Ricerca e innovazione contro la crisi «La ripresa non è più un miraggio». Ne è convinta Diana Bracco, vicepresidente di Confindustria e presidente di Expo 2015, che mette in luce gli aspetti chiave per migliorare la competitività del sistema produttivo del nostro Paese Nike Giurlani

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er tornare ad avere una crescita economica sostenuta e un aumento della produttività è necessario difendere il nostro comparto manifatturiero, riorientando la politica industriale sulla ricerca e sull’innovazione». È questa la ricetta suggerita da Diana Bracco, vicepresidente di Confindustria, presidente di Expo 2015 e imprenditrice a capo del Gruppo Bracco. Ricerca e innovazione, secondo Diana Bracco, sono, infatti, leve essenziali per creare sviluppo e occupazione e rappresentano la migliore exit strategy dalla crisi economica internazionale. «Solo introducendo nuovi prodotti e nuovi processi produttivi e, adottando tecnologie avanzate, le imprese italiane possono aumentare la loro efficienza, battere la concorrenza e conquistare nuovi mercati» rileva. Come valuta la situazione economica italiana dopo la pausa estiva? «Le ultime stime di Confindustria ci dicono che la ripresa non è più un miraggio. La produzione sta ripartendo, anche se per arrivare ai livelli pre-crisi, ci vorrà ancora tempo, e a mio parere il peggio sarà davvero dietro le spalle solo quando risaliranno i livelli occu58 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

Le ultime stime di Confindustria ci dicono che la ripresa non è più un miraggio. La produzione sta ripartendo, anche se per arrivare ai livelli pre-crisi, ci vorrà ancora tempo

pazionali. Per questo bisogna agire subito per sostenere la crescita. Infatti, se da un lato è certamente giusto tagliare sprechi e riqualificare la spesa pubblica tenendo d’occhio i conti del Paese, dall’altro occorre però anche investire sul futuro puntando soprattutto sulla Ricerca e Innovazione, sulla semplificazione e sulle infrastrutture. In questo momento stare vicino alle imprese, soprattutto quelle piccole che più hanno sofferto la crisi, e ai loro lavoratori è una priorità». Cosa fare per aumentare la competitività delle imprese italiane?


Diana Bracco

A sinistra Diana Bracco, vicepresidente di Confindustria per Ricerca & Innovazione, presidente di Expo 2015

2% PIL

«Confindustria propone di adottare un programma operativo di medio-lungo termine, con obiettivi chiari, strumenti efficaci e flessibili, tempi rapidi e risorse finanziarie adeguate e certe nel tempo. In particolare, deve essere perseguito l’obiettivo del 2% del Pil in investimenti in R&S destinando un miliardo di euro di risorse pubbliche ogni anno per i prossimi cinque anni. È questo l’approccio anche della nuova politica Ue di “Europa 2020” in cui si ripete con forza la centralità della ricerca e dell’innovazione per assicurare crescita e sviluppo, si richiama il ruolo delle imprese e la necessità di guardare ai risultati concreti degli interventi, alla messa a sistema delle risorse finanziarie e a una governance più forte e integrata. Confindustria condivide questa impostazione e intende supportarla

il Pil che dovrebbe essere destinato a investimenti in ricerca e sviluppo

29 mila IMPRESE

Il numero di aziende che in passato hanno presentato richieste per il credito d’imposta in R&S

sia a livello europeo che nazionale». Quali sono le prossime iniziative promosse da Confindustria? «Per avviare una seria riflessione su questi temi e per far crescere ulteriormente la cultura dell’innovazione, dedicheremo l’VIII giornata nazionale della Ricerca di Confindustria, che si terrà il prossimo 5 ottobre presso l’Auditorium della Tecnica di Roma, alla nuova strategia di crescita europea basata su R&I. Tra gli altri, hanno già assicurato la loro presenza, il vicepresidente della Commissione europea, Antonio Tajani, la commissaria europea alla ricerca e innovazione, Maire Geoghegan-Quinn, il ministro Mariastella Gelmini e la presidente Emma Marcegaglia». Quali sono in dettaglio le richieste per la ricerca e l’innovazione avanzate da Confindustria? «Proponiamo di rendere il credito d’imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo una misura strutturale automatica per i prossimi cinque anni. In passato il credito d’imposta in R&S ha avuto effetti molto positivi, con un’ampia partecipazione (29.000 imprese hanno presentato richieste idonee) per un ammontare di circa 2,5 miliardi di euro. Purtroppo, però, l’effetto disincentivante legato al click day ha introdotto elementi d’incertezza per le imprese che ne hanno fatto richiesta. Inoltre, riteniamo importante realiz- LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 59


IMPRESE E SVILUPPO

zare grandi progetti nazionali di ricerca e innovazione mettendo a sistema risorse pubbliche e private su grandi temi strategici per il Paese. Infine, superare il digital divide e dotare, entro il 2015, l’intero territorio di banda larga con una copertura a 20 Mb/s, elevata a 100 Mb/s per i distretti industriali e i grandi centri urbani, e realizzare la completa digitalizzazione della pubblica amministrazione». Che cosa rappresenterà Expo 2015 per Milano e più in generale per le aziende italiane? «L’Esposizione di Milano 2015 è una grande opportunità di sviluppo e, soprattutto nella congiuntura attuale, assume una valenza assolutamente strategica, perché è un driver anticiclico di crescita economica e un formidabile acceleratore per la realizzazione d’infrastrutture che il sistema produttivo chiede da anni e che sono determinanti per la competitività del sistema Paese. Il tema scelto per l’Expo, “Feeding the planet, energy for life”, permetterà di valorizzare le numerosissime eccellenze produttive, tecnologiche e scientifiche del nostro Paese in questo campo. Con Progetto Speciale Expo 2015 di Confindu-

60 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

Confindustria propone di rendere il credito d’imposta per gli investimenti in Ricerca e Sviluppo una misura strutturale automatica per i prossimi cinque anni

stria, che ho l’onore di presiedere, stiamo censendo le eccellenze italiane nel campo dell’innovazione e della sostenibilità al fine di valorizzarle nel 2015 con un padiglione dedicato all’interno del sito espositivo». Quali gli obiettivi da raggiungere? «L’obiettivo di questa ricognizione è quello d’individuare casi di best practice che rappresentano soluzioni tecnologiche e organizzative innovative in termini d’impatto ambientale, uso dei materiali eco-compatibili, sviluppo di sistemi di risparmio energetico. Vogliamo fare dell’Expo italiana un’esposizione autenticamente “sostenibile” e all’altezza del XXI secolo, con una rete scientifica, culturale ed economica di relazioni nazionali e internazionali di altissimo profilo».


Sergio Dompé

La crescita del biotech nel campo della salute

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l biotech italiano è giovane ma in forte crescita. È un valore sia per le potenzialità terapeutiche, sia come settore industriale d’alto profilo innovativo», mette in evidenza il presidente di Farmaindustria, Sergio Dompé. Se si parla della difficile congiuntura economica, Sergio Dompè fa presente che le imprese del settore devono puntare su «investimenti, internazionalizzazione e innovazione e – continua – solo chi ha pianificato gli investimenti ha maggiori chance di “riprendere la crescita”». Buoni segnali emergono dall’industria del biotech, ma resta aperto il problema del reperimento delle risorse finanziarie sia nella fase di costituzione che di sviluppo. «Per rafforzare la loro capacità di produrre valore e investire nella ricerca è quindi importante intensificare il legame con l’industria del farmaco, attraverso partnership e aumento della capitalizzazione» sottolinea l’esperto. Quali sono le potenzialità e le possibili applicazioni del biotech italiano nell’area della salute? «I farmaci biotech curano già oltre 350 milioni di pazienti in tutto il mondo per patologie come l’anemia, la fibrosi cistica, il deficit della crescita corporea,

«È in atto una trasformazione della ricerca farmaceutica» spiega il presidente di Farmaindustria, Sergio Dompé, e su questo «il biotech, proprio perché piattaforma tecnologica o di meta-settore, può giocare un ruolo chiave» Nike Giurlani

Sotto, il presidente di Farmaindustria, Sergio Dompé

Il biotech è un’opportunità di sviluppo e crescita nell’area della salute, per nuove possibilità di cura, e dell’industria agro-alimentare, per migliorare le prospettive nutrizionali

l’emofilia, la leucemia, il rigetto dei trapianti e alcune forme di tumore. Inoltre, rappresentano anche le principali risposte alle malattie rare, per l’80% d’origine genetica. È in atto una trasformazione della ricerca farmaceutica, sempre più dedicata a cure mirate e specifiche per le esigenze degli individui. E su questo, il biotech, proprio perché piattaforma tecnologica o di meta-settore, può giocare un ruolo chiave. L’Italia conta 197 aziende, per lo più nate tra la fine degli anni 90 e l’inizio del 2000, che investono in R&S il 19% del fatturato, con una pipeline di 233 progetti in sviluppo (144 in fase clinica e 89 in pre-clinica) oltre a 69 molecole in fase discovery. Queste imprese sono localizzate soprattutto in Lombardia, Lazio, Toscana, Piemonte e Sardegna». Cosa rende attrattivo il biotech italiano a livello internazionale? «Risorse umane, altamente qualificate, sono la base per un network d’avanguardia con capacità progettuali diffuse e innovative. Un’area quindi di notevole interesse a livello internazionale. Anche il fatto che gli studi clinici in Italia siano rad- LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 61


IMPRESE E SVILUPPO

doppiati dal 2000 al 2008, in particolare nelle l’outsourcing tramite partnership di ricerca prime fasi di sperimentazione, rappresenta un elemento d’attrattività del sistema nel suo complesso. Il nostro Paese, inoltre, secondo uno studio del Cerm, ha la più alta incidenza di pubblicazioni sulle malattie rare sul totale delle Scienze della Vita (10,4% tra il 2000 e il 2008) rispetto a Giappone (9%), Francia (8,6%) e Germania (8,3%). Nonostante una partenza in ritardo rispetto ad altri Paesi, emerge, quindi, che, per le imprese il cui core business è il biotech, l’Italia ha per addetto un fatturato e investimenti in R&S superiori alla media di Danimarca, Francia, Olanda, Regno Unito e Svezia». Quali sono le strategie anti-crisi adottate dalle aziende biotech? «Investimenti, internazionalizzazione e innovazione: su questo le imprese devono puntare per sostenere la crisi globale. Obiettivi che, trovano conferma, anche nell’ultima relazione annuale della Banca d’Italia sull’andamento dell’economia italiana. Solo chi ha pianificato gli investimenti ha maggiori chance di “riprendere la crescita”. Le imprese biotech, negli ultimi dieci anni, sono andate proprio in questa direzione. Una spinta all’eccellenza che ha generato un network di “conoscenze”. Come dimostra un’indagine sui principali Gruppi farmaceutici, pubblicata su una rivista scientifica internazionale, tra le fonti più efficienti d’innovazione per il futuro ci sono

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(41%), le acquisizioni d’imprese biotech (39%) e la ricerca svolta internamente (20%)». Quali sono le criticità per l’industria biotech? «Il reperimento di risorse finanziarie è uno dei problemi principali per le aziende del settore, sia nella fase di costituzione sia nella fase di sviluppo, soprattutto in Italia dove il capitale di rischio e il venture capital sono merce rara. Per rafforzare la loro capacità di produrre valore e investire nella ricerca è quindi importante intensificare il legame con l’industria del farmaco, attraverso partnership e aumento della capitalizzazione». C’è quindi uno stretto legame con le imprese del farmaco? «Certamente. Le tecnologie permettono di esplorare percorsi scientifici d’avanguardia, mentre le aziende offrono competenze, risorse e strutture necessarie per lo sviluppo delle molecole e il know-how in grado di rendere disponibili nuove terapie. L’aumento degli investimenti richiesti e della complessità dei progetti di R&S ha determinato una maggiore specializzazione del lavoro innovativo e sono cresciuti così gli accordi tra le imprese delle due aree. Una tendenza confermata anche da uno studio Ernst & Young sulle biotecnologie condotto a livello mondiale. Dal 2000 al 2008 si è quadruplicato il valore potenziale delle alleanze fra le aziende farmaceutiche e quelle biotech». L’opinione pubblica europea e italiana vede ancora con sospetto le applicazioni delle biotech nell’area salute e nell’agroalimentare. Quanto i pregiudizi condizionano lo sviluppo di questo settore? «Il biotech è un’opportunità di sviluppo e crescita nell’area della salute, per nuove possibilità di cura, e dell’industria agroalimentare, per migliorare le prospettive nutrizionali. Un confronto costruttivo in favore dell’innovazione e del progresso è possibile. È necessario però accantonare filtri ideologici “liberando” la capacità competitiva dell’Italia a livello internazionale. È tempo di guardare al futuro».




RENATO CERIOLI Presidente di Confindustria Monza e Brianza

FRANCO BOSI Presidente dell’Unione degli industriali della provincia di Pavia

MICHELE GRAGLIA Presidente dell’Unione degli industriali della provincia di Varese


CONFINDUSTRIA

L’export è la chiave per crescere Internazionalizzazione e creazione di reti di impresa possono rappresentare per il territorio varesino le carte vincenti per risalire la china nei prossimi mesi. L’analisi del presidente degli industriali Michele Graglia Ezio Petrillo

lla ricerca della continuità sul fronte della ripresa economica. Deve essere questa la missione degli imprenditori varesini nei prossimi mesi. Una risalita sul fronte degli ordinativi c’è stata ma manca la necessaria regolarità per poter parlare di crescita. Ne hanno risentito soprattutto i lavoratori, vista l’avanzata della cassa integrazione straordinaria. La tenuta dell’export e gli investimenti sulle energie “pulite”, possono essere i punti di ripartenza per un maggiore sviluppo nella provincia di Varese. Qual è la fotografia della situazione economica delle aziende sul suo territorio? «Al rientro dalla pausa estiva le imprese hanno trovato la buona notizia della ripresa dell’economia tedesca. Un partner fondamentale del nostro sistema produttivo, dove tradizionalmente si è sempre concentrata una consistente fetta dell’export varesino, e che in parte sta spingendo il territorio verso quelle che potremmo definire delle prove tecniche di ripresa. Stiamo assistendo, infatti, a qualche miglioramento sul fonte degli ordinativi. Ma non c’è continuità. Ormai, anche l’impresa varesina si sta abituando a una struttura degli ordini completamente stra-

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volta rispetto al passato. Le aziende fanno i conti con ordinativi più frequenti, quantitativamente Michele Graglia, dell’Unione minori e meno regolari. In questo scenario la presidente industriali di Varese programmazione lascia il posto al “just in time”, sia nel tessile-abbigliamento, dove questa situazione si era già acutizzata prima della crisi, sia nel settore meccanico che affronta per la prima volta questa domanda frammentata. A risentirne ne è inevitabilmente la tenuta occupazionale del territorio, su cui non hanno effetto i timidi segnali positivi che registriamo nella produzione. Anzi, a preoccupare oggi è proprio il mercato del lavoro». A tal proposito quali sono i livelli di occupazione nella provincia di Varese? «Le imprese nel 2009 hanno fatto un consistente ricorso alla cassa


Michele Graglia

Oggi la programmazione lascia il posto al just in time, sia nel tessile, dove questa situazione si era già acutizzata prima della crisi, che nel settore meccanico

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integrazione ordinaria e nel 2010, soprattutto con l’avvicinarsi dell’estate, abbiamo assistito a un’avanzata anche della cassa integrazione straordinaria che a luglio ha segnato un +29% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Una situazione difficile che si va ad aggiungere al conteggio non certo felice del 2009, che si è chiuso con una disoccupazione provinciale al 6,3%, contro una media nazionale del 7,8%». Quali sono le caratteristiche vincenti delle aziende varesine? «La forte impronta internazionale delle imprese, anzitutto. In provincia esportiamo quasi il 40% del valore aggiunto prodotto, contro una media nazionale del 26%. Di fronte allo stallo del mercato interno, avere sul territorio imprese così fortemente orientate ai mercati esteri, anche a quelli lontani che hanno più consistenti tassi di sviluppo, permetterà al sistema manifatturiero varesino di agganciare più rapidamente la ripresa mondiale, quando questa arriverà». Quali invece gli aspetti su cui lavorare per rendere l’economia locale più competitiva? «Il concetto su cui puntare è ormai quello delle reti d’impresa. Forme di alleanze e di aggregazione che mettano insieme le aziende intorno a progetti condivisi, volti al raggiungimento di obiettivi comuni, come quello della promozione sui mercati esteri, ma non solo. Anche lo sviluppo in rete di nuove tecnologie si sta affermando come una logica in grado di superare

+29% CASSA INTEGRAZIONE Sono i dati di luglio 2010, relativi al ricorso alla cassa integrazione straordinaria rispetto allo stesso mese del 2009

40% EXPORT

Sono i dati relativi all’export rispetto al valore aggiunto prodotto contro una media nazionale del 26%

i limiti della crescita e della conservazione solo del proprio orticello. Un esempio concreto sul nostro territorio è quello del Distretto Aerospaziale Lombardo che ha messo in rete grandi, medie e piccole imprese del settore. Con importanti successi sia sul fronte dell’internazionalizzazione, sia su quello dell’accesso al credito con la recente stipula di un accordo con il gruppo Ubi Banca che ha permesso di mettere a disposizione delle aziende del comparto una linea di finanziamento di 20 milioni di euro a condizioni che le imprese, singolarmente, non avrebbero mai strappato». Quanto le imprese locali si dimostrano aperte verso lo sfruttamento delle energie pulite? «Stando ai recenti dati sul ricorso all’energia fotovoltaica direi che l’attenzione è molto alta, più che in altri territori lombardi. A marzo di quest’anno in provincia erano attivi 890 impianti fotovoltaici per un totale di 8.608 kW. Un dato che si collocava subito dietro al podio lombardo costituito dalle ben più popolose province di Brescia, Bergamo e Milano». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 71


CONFINDUSTRIA

La Brianza culla del made in Italy Un territorio storicamente ricco di piccole e medie imprese, dispone delle forze necessarie per reagire alla crisi. I dati sono incoraggianti, ma sono ancora molti gli aspetti su cui intervenire. L’analisi di Renato Cerioli Ezio Petrillo

nnovazione, alta tecnologia, design. Sono i punti di forza della provincia di Monza e Brianza. I dati relativi all’andamento economico delle imprese sul territorio, fanno registrare una ripresa incoraggiante, tutti sotto il segno più. Da non trascurare l’attenzione all’efficienza energetica e alla produzione di fotovoltaico, su cui l’area brianzola si sta dimostrando particolarmente attiva. Come stanno reagendo alla crisi le imprese del territorio? «I dati congiunturali del secondo trimestre hanno confermato il trend di recupero della produzione industriale e del fatturato rispetto al 2009, ma anche le preoccupazioni per una ripresa sempre più evidente nei numeri, con un orizzonte focalizzato sul breve periodo. Il miglioramento del tasso di utilizzo degli impianti e l’andamento degli ordini, soprattutto di quelli che provengono dall’estero, permettono agli imprenditori brianzoli di mantenere aspettative positive anche se ancora accompagnate da sentimenti di prudenza. La produzione industriale registra infatti un +0,8% rispetto ai primi tre mesi dell’anno e un +5,1% rispetto all’analogo trimestre del

I Il presidente di Confindustria Monza e Brianza, Renato Cerioli

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2009. Sono positivi anche i dati sul fatturato: +1,1% rispetto al trimestre precedente e +6,2% in termini tendenziali, dopo un 2009 segnato da variazioni di segno negativo. Risultano infine in crescita gli ordini, sia interni che esteri, che passano dal +1,4% del primo trimestre al +4,5% del secondo». Quali sono i punti di forza dell’economia del territorio? «La Brianza è tuttora un contesto produttivo solido e dinamico. I suoi punti di forza risiedono nell’innovazione, nell’alta tecnologia e nel design: affermazioni del made in Italy nel mondo per qualità del prodotto e cura del cliente. Ogni azienda, a seconda del settore in cui opera e delle proprie specifiche dimensioni, realizza un mix originale di queste quattro componenti di fondo, che meglio di qualsiasi altre definiscono il modello brianzolo. Il nostro sistema industriale resta basato soprattutto sulle piccole e medie imprese e sul coinvolgimento diretto della famiglia proprietaria nella gestione aziendale». Quali gli aspetti su cui lavorare per rendere l’economia della provincia ancora più florida? «Per affrontare i nuovi mercati emergenti, le nostre imprese stanno realizzando percorsi di crescita e di consolidamento interno, aumen-


Renato Cerioli

+0,8%

PRODUZIONE È l’incremento della produzione industriale nel territorio brianzolo nell’ultimo trimestre, rispetto ai primi tre mesi del 2010

+0,5% SALDO

È il saldo tra il tasso di ingresso e il tasso di uscita dal mercato del lavoro nella provincia brianzola

per la seconda parte dell’anno, inoltre, rivelano che saranno soprattutto le imprese fino a 10 dipendenti, così importanti per il nostro tessuto produttivo, tando la propria capitalizzazione e definendo a registrare le maggiori difficoltà sul fronte meglio responsabilità e funzioni in un’ottica dedell’occupazione. cisamente più manageriale rispetto al passato, Questo a dimostrazione che la dimensione attraverso strategie mirate di marketing, di indelle nostre imprese, spesso troppo piccole per ternazionalizzazione, di promozione dei marchi competere efficacemente in un mercato ormai e di personalizzazione del servizio al cliente. Per globalizzato, rappresenta una criticità da afchi realizza lavorazionidestinate al consumafrontare al più presto». tore finale, la valorizzazione del design è stata Quanto le imprese locali si dimostrano sicuramente un’armaattente e sensibili allo vincente perché ha consfruttamento delle tributo a rendere imL’attenzione e l’interesse per le energie rinnovabili? mediatamente energie rinnovabili sono sicura- «L’attenzione e l’interesse riconoscibile il prodotto sono sicuramente alti e mente alti e lo abbiamo rilevato e a classificarlo come un lo abbiamo rilevato nel nel corso di un’indagine sulle corso di un’indagine esempio di eccellenza del made in Italy». sulle modalità di utilizzo modalità di utilizzo In un periodo in e di risparmio di energia che abbiamo condotto cui in tutto il Paese si fra le imprese associate. La tipologia più diffusa registra un aumento del tasso di disoccupazione, qual è la situazione in provincia? di intervento riguarda l’adozione di misure e «In linea con il dato nazionale del centro studi programmi che consentono di limitare i condi Confindustria, anche in Brianza la ripresa sumi energetici, che accomuna il 51,1% delle non si traduce ancora in aumento dell’occupaimprese intervistate; nel 27,7% dei casi sono zione. Il saldo tra il tasso di ingresso e il tasso stati invece realizzati anche significativi invedi uscita dal mercato del lavoro della nostra stimenti per migliorare l’efficienza energetica provincia si ferma infatti al +0,5% e evidendei siti produttivi e nel 17% dei casi si è fatto ziauna situazione di stazionarietà. Le previsioni ricorso a un audit dei flussi energetici».

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CONFINDUSTRIA

Puntiamo sulla tenacia Una spinta alla crescita economica può avvenire solo attraverso precisi investimenti sulle infrastrutture. Gli imprenditori del pavese sopperiscono a tali carenze con perseveranza e tenacia. L’analisi di Franco Bosi Ezio Petrillo

n recupero lento ma costante. La frase racchiude il quadro della situazione in merito all’economia della provincia pavese. Puntare sull’innovazione, sulla ricerca, sulla tenacia delle piccole imprese del territorio, può rappresentare la chiave di volta per rilanciare definitivamente la crescita, tenendo presente le carenze relative alle infrastrutture viabilistiche ed energetiche. Come giudica la situazione attuale delle imprese del territorio pavese, a seguito della recessione? «La situazione delle imprese pavesi non si discosta dalla media regionale. Attualmente stiamo recuperando le posizioni acquisite a fine 2008, quando si avvertivano le prime avvisaglie della crisi economica, ma il cammino sarà ancora lungo e incerto, tenendo conto che solo tre-quattro mesi fa eravamo ancora sotto del 30% rispetto ai livelli produttivi di inizio crisi. Peraltro il

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Franco Bosi, presidente dell’Unione industriali della provincia di Pavia

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livello di crescita che abbiamo registrato in periodi recenti è ancora molto basso. Inoltre, come sempre accade dopo questi intensi fenomeni recessivi, ci troviamo ora in presenza di alcune situazioni aziendali che non riusciranno a riprendere del tutto l’attività, come evidenziano i dati, in forte crescita, delle richieste di cassa integrazione straordinaria». Quali sono i punti di forza, le eccellenze, dell’economia della sua Provincia? «A questo proposito non farei un discorso di singole aziende o di specifici settori, peraltro difficile in una zona come la nostra caratterizzata da un’elevata eterogeneità di prodotti e di dimensioni aziendali. Penso che i punti di forza e le eccellenze della nostra economia siano date dalla volontà, dall’impegno e dalla perseveranza dei singoli imprenditori di continuare la loro attività nonostante tutto, misurandosi ogni giorno con i mercati e apportando i correttivi necessari ai processi e ai prodotti, in termini di costi, innovazione, servizi, continua ricerca di nuovi sbocchi commerciali». Ha dei dati recenti relativi al tasso di disoccupazione all’interno della provincia pavese?


Franco Bosi

Nel 2008 l’Istat pubblicava un tasso di disoccupazione pavese del 4,9%, contro una media nazionale del 6,7%

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-30%

PRODUZIONE È la differenza tra la produzione industriale attuale rispetto ai dati di inizio 2008

4,9%

DISOCCUPATI È il dato relativo all’occupazione nella provincia di Pavia contro una media nazionale dell’8,4%

«Non ho elementi recentissimi. Tuttavia nel 2008 l’Istat pubblicava un tasso di disoccupazione pavese del 4,9%, contro una media nazionale del 6,7%. Sempre l’Istat per il mese di luglio 2010 segnalava un incremento del tasso di disoccupazione nazionale all’8,4% con un incremento quindi di quasi due punti rispetto al 2008. Non ho motivo di credere che la dinamica della disoccupazione pavese si discosti molto da questi dati». Quali sono i punti nevralgici, su cui ancora lavorare per poter far decollare lo sviluppo? «Abbiamo letto tutti i dati di incremento del PIL tedesco rispetto a quello italiano nei primi mesi del 2010. Gli economisti hanno spiegato che le rilevanti differenze tra i due “sistemi Paese” sono dovute essenzialmente alle spedizioni degli imprenditori tedeschi nei Paesi più interessanti dal punto di vista dei mercati, all’organizzazione e alla qualità di quelle imprese, supportate a dovere dal governo centrale. A questo proposito penso che non vi

siano solo alcuni punti nevralgici su cui lavorare, ma che ci sia veramente molto da fare. L’internazionalizzazione del nostro Paese è ormai affidata al “fai da te” e le imprese si muovono in ordine sparso cogliendo opportunità quasi casualmente. Le infrastrutture energetiche e viabilistiche rappresentano un forte handicap sotto il profilo dei costi. Le risorse destinate alla ricerca e innovazione sono meno della metà di quelle dei Paesi nostri competitor». Quanto le imprese pavesi, sono aperte all’innovazione e alla ricerca? «Se non lo fossero non avremmo più un sistema produttivo. Nel nostro contesto l’innovazione è essenziale per rimanere sui mercati. Ormai solo con la continua ricerca del nuovo, della qualità, del contenimento dei costi, le imprese riescono a portare a casa contratti e lavoro. L’auspicio di sempre è che questa continua opera di ricerca e innovazione possa essere condivisa e supportata anche dalle realtà locali esterne alle imprese». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 75




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Le cifre del successo sotto i riflettori Il mondo della moda è «un settore determinante, sia per il significativo apporto alla bilancia commerciale, sia per il contributo importante che dà al mondo del lavoro» evidenzia il presidente della Camera nazionale della moda Mario Boselli Nike Giurlani

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Mario Boselli

a settimana della moda è alle porte e il presidente della Camera nazionale della moda italiana, Mario Boselli annuncia «un’innovazione a 360 gradi, sia sull’hardware – la macchina nella quale le sfilate si rappresentano – sia sul software». Tre i punti chiave sui quali il presidente, riconfermato alla guida del Cnmi per il quarto mandato, vuole puntare: il fast fashion, internet e la lotta alla contraffazione. Senza, però, tralasciare la promozione della moda italiana all’estero con iniziative «in giro per il mondo per far conoscere i nostri stilisti, soprattutto i giovani». L’obiettivo? «Spero che il clima d’armonia e d’unitarietà d’intenti degli stilisti dimostrato ultimamente si consolidi» conclude Boselli. Rispetto alla Francia che ha riportato un saldo negativo, l’Italia ha registrato 12 miliardi di euro di attivo sulla bilancia commerciale. Che ruolo ricopre, in generale, il settore tessileabbigliamento per l’economia del nostro Paese? «Sì, la nostra bilancia commerciale è in attivo, a differenza di quella francese. Il ruolo del nostro settore è determinante, sia per il significativo apporto alla bilancia commerciale che copre una gran parte di deficit, sia per il contributo importante che dà al mondo del lavoro e soprattutto all’occupazione femminile. Ricordo che la filiera del tessile-abbigliamento-moda offre lavoro a 700 mila addetti e ricopre quindi un ruolo determinante per l’economia italiana». Quest’anno è stato rieletto per la quarta volta consecutiva presidente della Camera nazionale della moda italiana. Per quattro appuntamenti Quali sono le iniziative che intende porall’anno, che comprendono le tare avanti per sostenere le aziende associate per superare questo delicato modue edizioni di Milano Moda mento economico? Donna e le due di Milano Moda «Continuiamo, per esempio, a portare Uomo, il quartier generale della avanti iniziative sul fronte della promozione Cnmi e le sedi delle sfilate della moda italiana all’estero. Oltre agli che organizziamo in giro per il saranno in luoghi diversi ma eventi, mondo per far conoscere i nostri stilisti, somolto centrali. Siamo artefici prattutto i giovani, manteniamo stretti rapdi un’innovazione a 360 gradi porti con il ministero dello Sviluppo economico e con l’Istituto nazionale per il Commercio estero. Vorrei citare l’ultimo ac-

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A sinistra, il presidente della Camera nazionale della moda italiana, Mario Boselli

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FASHION BUSINESS

›› cordo quadro, che abbiamo firmato il 17 maggio, con la finalità di rendere massime le sinergie tra l’azione nazionale pubblica e quella privata nel processo d’internazionalizzazione del settore moda». Lei ha più volte posto l’accento sull’importanza di aprirsi alle realtà del fast fashion, per quale motivo? «Sì, è vero, l’attenzione al fast fashion è uno dei tre assi sui quali la Cnmi intende muoversi in questo triennio, unitamente agli altri due che sono le nuove frontiere d’internet e la lotta alla contraffazione. Il fast fashion è importante perché è una risposta italiana, e quindi di qualità, alle sfide portate al nostro sistema moda dalle catene delle grandi superfici specializzate». Dopo le polemiche nate durante l’ultima fashion week, quali saranno le novità? Quali i vantaggi per la città di Milano?

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Il fast fashion è una risposta italiana, e quindi di qualità, alle sfide portate al nostro sistema moda dalle catene delle grandi superfici specializzate

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«Siamo artefici di un’innovazione a 360 gradi, sia sull’hardware – la macchina nella quale le sfilate si rappresentano – sia sul software. Per quattro appuntamenti l’anno, che comprendono le due edizioni di Milano Moda Donna e le due di Milano Moda Uomo, il quartier generale della Cnmi e le sedi delle sfilate saranno, quindi, in luoghi diversi ma molto centrali. Le 3 location molto ravvicinate e raggiungibili a piedi sono la Loggia dei Mercanti, Palazzo Clerici e il Circolo Filologico, le altre sono a meno di un quarto d’ora di distanza. Poi ovviamente ci sono i teatri di proprietà di alcuni stilisti, che non possono che organizzare lì la propria sfilata. Questo per la città significherà partecipare all’evento in modo totale e decisamente più coinvolgente». Gucci alla prossima settimana della moda trasmetterà on line la sua sfilata per intero, sulla scia d’altri stilisti che hanno già utilizzato questo nuovo mezzo di comunicazione per presentare le proprie creazioni. La moda, attraverso i nuovi mezzi multimediali, sta diventando più democratica? «Anche Camera della moda, già dalla precedente edizione, ha mandato in live streaming le sfilate che si svolgevano al Milan Fashion Center. Più che per un fatto di democraticità, io penso sia naturale che la moda, essendo sempre stata avanti, usi tutti i nuovi mezzi multimediali a disposizione». Quali obiettivi spera di raggiungere alla fine del suo quarto mandato? «Spero che il clima d’armonia e d’unitarietà d’intenti degli stilisti dimostrato ultimamente si consolidi e faccia in modo che tutto il mondo della moda, stilisti e imprese, si riconoscano in Cnmi come ente catalizzatore del sistema».


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Il coraggio degli imprenditori L’industria tessile dopo lo tsunami finanziario. Le strategie di ripresa e le speranze del presidente di Milano Unica, Pierluigi Loro Piana. Alla base del successo «c’è un grande patrimonio culturale, di una bellezza inimitabile» Nike Giurlani

a situazione economica generale, seppur più lentamente di quanto auspicabile, presenta un segno positivo e ciò concorre a ridare fiducia» mette in luce Pierluigi Loro Piana, presidente di Milano Unica, salone internazionale del tessile appena conclusosi a Milano. Questa ripresa è il frutto di una cooperazione generale, ma in particolare va riconosciuto «la determinazione di noi imprenditori nel continuare a investire e a ricercare nuovi sbocchi per i nostri prodotti». Unirsi e collaborare, questa la strategia proposta dal presidente di Milano Unica che auspica per le aziende un recupero sostanziale a livello di competitività e redditività per riprendere presto la strada degli investimenti. L’edizione di settembre di FieraMilanoCity, ha registrato una crescita nel numero di espositori. Ritiene che possa essere considerato un buon segnale positivo di ripresa a livello economico per le aziende del settore? «Assolutamente sì. La crescita del numero di espositori in questa edizione e l’inversione del precedente trend negativo, segnalate dal centro studi di Sistema moda Italia, sono due dati importanti che fanno guardare con maggior fiducia al futuro del nostro settore. Ci dicono che lo tsunami finanziario che ha fi- ››

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In apertura la Fiera di Milano; sopra, il presidente di Milano Unica, Pierluigi Loro Piana

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FASHION BUSINESS

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nito per travolgere l’economia reale internazionale nel biennio 2008-2009, cui facevo riferimento nel corso dell’inaugurazione dell’edizione di Milano Unica di febbraio, è ormai alle nostre spalle, anche se le acque restano ancora agitate». Quali le iniziative per rilanciare questo comparto e tornare ad aggredire i mercati internazionali? «Sicuramente l’impegno del governo, attraverso il finanziamento della Cassa integrazione anche in deroga. Inoltre, va tenuto presente il responsabile e il solidale atteggiamento sia dei lavoratori con le loro organizzazioni sindacali, sia quello degli imprenditori, sostenuti dalle proprie associazioni di rappresentanza. Non si può, però, tralasciare un fattore chiave: la determinazione di noi imprenditori nel continuare a investire e a ricercare nuovi sbocchi per i nostri prodotti. Tutti questi elementi consentono al nostro settore di continuare a giocare un ruolo strategico per il made in Italy. Le nostre aziende devono però poter recuperare competitività e redditività per riprendere la strada degli investimenti». Quali le problematiche da affrontare? «Bisogna aumentare la nostra competitività attraverso l’esercizio migliore dei nostri tradizionali punti di forza come la qualità, la ricerca di prodotto, il servizio, il valore e il superamento dei punti di debolezza. E, non mi stancherò mai di sottolinearlo, anche l’importanza che ricoprono le dimensioni aziendali, la managerializzazione e l’internazionalizzazione, senza dimenticare i fattori di costo. Alla base del nostro Parlo del costo del lavoro, troppo successo c’è un alto per le imprese e troppo basso grande, millenario, in busta paga dei dipendenti, il talvolta intangibile, cosiddetto cuneo fiscale. Inoltre, i costi infrastrutturali e di sipatrimonio culturale, stema, e i costi energetici supedi una bellezza riori del 40% rispetto ai nostri inimitabile concorrenti europei. Per non parlare poi dell’alta fiscalità. Al-

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cune iniziative vanno portate avanti da noi imprenditori, ma nel complesso occorre una visione d’insieme e una condivisione di tutti coloro, parti sociali, governo, Parlamento, che a vario titolo hanno responsabilità sui temi che ho evidenziato». La tessitura made in Italy pur con un fatturato in calo del -22,5% nel 2009 ha continuato a generare un surplus commerciale positivo di oltre 2 miliardi di euro. Ritiene che venga riconosciuto a questa filiera il giusto peso? «Il peso importante all’interno dell’economia italiana è fuor di dubbio. Questi numeri ne sono la testimonianza più forte. Si tratta di fatti e non d’opinioni. Non posso essere certo che questo ruolo ci sia sempre riconosciuto da chi, a vari livelli, ha responsabilità di governo, anche se non ci sentiamo abbandonati. Alla base del nostro successo c’è un grande, millenario, e talvolta intangibile, patrimonio culturale di una bellezza inimitabile che le nostre imprese hanno saputo e continuano a interpretare sul piano creativo, cercando sempre, in forme diverse, di trasmettere questo valore esclusivo ai nostri clienti». In linea con i dati confortanti sull’importexport dei primi tre mesi 2010, quali sono le previsioni per i prossimi mesi? «La situazione economica generale, seppur più lentamente di quanto auspicabile, presenta un segno positivo e ciò concorre a ridare fiducia. Le periodiche indagini congiunturali, promosse dalle unioni industriali territoriali dove è significativamente presente l’industria tessile e dell’abbigliamento, concordano nel prevedere una crescita degli ordinativi nella seconda metà del 2010. Per il terzo trimestre 2010 la gran parte dei nostri espositori prevede ordinativi in crescita mediamente a due cifre».



FASHION BUSINESS

La moda italiana verso nuovi mercati a crisi? Una parola troppo abusata». Ne è convinto lo stilista Luca Roda, che non vuole ridimensionare la difficile congiuntura economica italiana ed estera, ma ritiene che il peggio sia ormai alle nostre spalle. Non bisogna però abbassare la guardia, ma a differenza del passato l’imprenditore bresciano ritiene che ci sia «una maggiore consapevolezza da parte delle aziende». Inoltre, anche l’atteggiamento del cliente finale non è più lo stesso, «è diventato più esigente e di conseguenza pretende una maggiore attenzione in termini di qualità e di prezzo» conclude lo stilista. Vista la situazione economica italiana, come sta reagendo la sua azienda? «La mia azienda, come molte altre del settore, e non solo, ha riscontrato delle difficoltà dal settembre 2008. Il primo problema che abbiamo Il mercato della moda visto dallo stilista dovuto affrontare è stato il mercato, il quale non riusciva più ad assorbire le stesse quantità di Luca Roda che per la sua azienda ha utilizzato prodotti del passato. C’è stato, quindi, un calo la strategia di «ottimizzare i costi, senza però consistente degli ordini non solo nazionali, ma tagliare gli investimenti» anche internazionali. Per affrontare questa situazione abbiamo dovuto attuare un piano Nike Giurlani d’emergenza in tempi rapidi. Il mio obiettivo è stato quello di non alterare il nostro core business, ma di ottimizzare i costi, senza però tagliare gli investimenti». Che cosa prevede per il futuro della moda in termini economici? «Non voglio parlare di crisi in senso stretto perchè credo che ci sia stato un abuso di questa parola. Ritengo, però, che in questa nuova fase ci sia una maggiore consapevolezza da parte delle aziende. Sicuramente è cambiato anche l’atteggiamento del cliente finale che è diventato più Sopra, lo stilista esigente e di conseguenza pretende una magLuca Roda; nella pagina seguente, giore attenzione in termini di qualità e di prezzo. un modello Noi, da sempre, abbiamo dato importanza a della collezione autunno/inverno 2010 questi due elementi e quindi non abbiamo avuto

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Luca Roda

La nostra azienda può contare su un 55% di fatturato proveniente dal mercato internazionale e un 45% da quello nazionale

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problemi con i nostri sell out. In questo momento è, inoltre, molto importante iniziare ad aggredire i nuovi mercati come la Cina, l’India e il Brasile che stanno registrando delle crescite molto importanti. Ora sta alle aziende trovare i propri spazi». Che importanza ricopre l’export per la sua azienda? «La nostra azienda può contare su un 55% di fatturato proveniente dal mercato internazionale e un 45% da quello nazionale. La Germania è da sempre uno dei mercati più importanti che si è riconfermato tale anche per la prossima stagione richiedendoci già dei riassortimenti o inviandoci degli ordinativi superiori all’anno precedente. Inoltre, come molte altre realtà italiane, abbiamo iniziato a uniformarci alle tendenze estere. Anche per effetto della crisi molto aziende italiane sono rimaste, infatti, aperte nel mese d’agosto adottando una strategia di ferie a rotazione. In questo modo siamo stati in grado di garantire una presenza constante su tutti i mercati». Quali sono i mercati esteri più importanti? «In Europa, oltre alla Germania stiamo registrando dei buoni fatturati anche in Scandinavia. A livello mondiale, sicuramente il Giappone rappresenta un mercato importante, nell’ultimo anno e mezzo anche in Corea abbiamo ottenuto buoni risultati». Rispetto alle tradizionali griffe che dagli abiti sono passate agli accessori, lei ha portato avanti un percorso inverso. Come mai ha deciso di intraprendere questa sfida? «Il mio percorso, pur non essendo nella norma, ha ricalcato quello di tre grandi marchi, che prima di me hanno intrapreso questa sfida come Louis Vuitton, Hermes e Gucci. È stata una scelta molto sentita, direi quasi obbligata, perchè non riuscivo a trovare i giusti abbinamenti per i miei accessori. Amo, inoltre, mettermi in discussione, far ricerca e intraprendere sempre nuove sfide. Certamente gli accessori rappresentano per la nostra azienda l’aspetto principale del nostro fatturato, ma abbiamo riscontrato buone performance anche con i nuovi capi d’abbigliamento, in particolare,

per quanto riguarda la giacca destrutturalizzata, molto leggera e perfetta per chi vuole indossarla nell’arco di tutta la giornata, e quella in maglia che è sul mercato già da due anni». Quali dovrebbero essere le iniziative che andrebbero portate avanti in difesa del made in Italy? «Non è facile affrontare il tema del made in Italy. Ritengo che bisogna prima di tutto essere realisti e non abbracciare la bandiera del pro made in Italy senza riflettere. È giusto tutelare la produzione italiana, ma senza andare contro le industrie. Il governo, a mio avviso, dovrebbe attuare una politica più attenta e oculata a livello di etichette e di produzione, in modo da garantire una corretta e leale concorrenza tra le industrie del settore. Poi sta all’acquirente decidere, valutando qualità, prezzo e provenienza del prodotto, che tipo di acquisto portare a termine». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 85


IL SETTORE TESSILE

Il nostro tessuto resiste alla crisi La congiuntura negativa trascina il trend dell’industria tessile. Alcuni grandi marchi si fanno tentare dal basso costo a discapito della qualità. Il titolare della Ghertex, Claudio Gherardi, opta invece per una politica in controtendenza, puntando su ricerca e innovazione Franco Mereu

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offre il settore tessile. Da questo, però, non deve uscire sconfitta la garanzia di qualità dei più importanti produttori italiani. Claudio Gherardi osserva il futuro del comparto con preoccupazione ma, uscendo dall’analisi generale, si regge sulla certezza che la sua azienda non intende cedere al richiamo del low-cost e, conseguentemente, dei tessuti di basso livello che non hanno più futuro se prodotti in Italia. In alto, Claudio Gherardi possiede una delle Gherardi, titolare aziende storiche del tessile midella storica azienda Ghertex di Milano lanese. Nata a metà degli anni www.ghertex.it 40 per opera di suo nonno, la info@ghertex.com celebre Tessitura Serica Milanese si è poi trasformata nell’86 nell’attuale Ghertex. Una famiglia, quella dei Gherardi, nota soprattutto negli ambienti ecclesiastici, rappresentando uno dei marchi più apprezzati e riconosciuti per la produzione di paramenti sacri. Ma è nella realizzazione di tessuti per accessori e abbigliamento d’alta moda che nell’86 l’imprenditore getta il suo segno creativo e industriale. «Stiamo vivendo un momento difficile, ma ciò nonostante non possiamo fermare la ricerca sui tessuti, sui filati. E al tempo stesso non vogliamo abbassare la nostra fascia di mercato» afferma. Il 2009, in particolare, è stato l’annus hor86 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

ribilis per il settore tessile e dell’abbigliamento. Lei, personalmente, che bilancio può trarre? «L’ago della bilancia è stato il forte calo registrato sul mercato statunitense, questo perché rappresenta il bacino di vendita principale per buona parte dei nostri clienti, vale a dire le grandi firme della moda internazionale. Fortunatamente siamo riusciti a compensare una parte di questo calo di produzione con l’acquisizione di nuovi committenti italiani. Francamente non pensavo potesse accadere in un momento come questo». Da cosa è dovuta, secondo lei, la crisi nel vostro settore? «Il tessile, soprattutto nel nostro ambito, quello degli accessori, è troppo inflazionato. Moltissime imprese si sono buttate nell’accessorio a seguito del brusco calo di vendite legate all’abbigliamento. E ora ci ritroviamo con una torta più piccola e con molte più fette da dover tirar fuori. E poi occorre considerare il fenomeno della delocalizzazione, ovvero ciò che arriva dai Paesi con manodopera a basso costo, spesso anche per grandissime firme. Sì, perché in questo settore, oramai, il Nome non è sempre garanzia di tessuto di altissima qualità. Anche le griffe si trovano costrette a tagliare i costi per far fronte alla crisi».


Ricerca e qualità

Lei, però, compie una scelta coraggiosa non abbassando la soglia qualitativa dei tessuti, in particolare per ciò che riguarda il cachemire. Non ha paura di rimetterci nel lungo periodo? «Su questo non transigo. Non ho intenzione di abbassare il livello qualitativo della nostra produzione e continuerò a investire nella ricerca. Se cala la richiesta di tessuti in 100% cashmere, dovrò fare in modo di lavorare tessuti al 50 o al 70% ,che comunque non siano di qualità inferiore. Il cashmere da noi usato proviene o dalla Cina o dalla Mongolia, i migliori, che dall’anno scorso sono aumentati del 35%». Cosa vi distingue dai concorrenti? «L’innovazione. Proponiamo costantemente prodotti nuovi, nobilitazioni di tessuti che non si trovano altrove. Ogni anno brevettiamo novità per poi renderle utilizzabili a livello industriale». Quali prospettive si pone per il futuro? «Le prospettive del bilancio 2010 sono presumibilmente le stesse del 2009. Non prevediamo una crescita anche perché ritengo che quest’anno si rivelerà il più difficile. Il market statunitense è ancora piuttosto frenato. Comunque noi, già dall’inizio dell’autunno, proporremo i nuovi prodotti scaturiti dal lavoro di ricerca effettuata nei mesi precedenti». In futuro mirate ad allargare ulteriormente i vostri mercati di riferimento? «Intanto stiamo delineando un nuovo progetto con gli Stati Uniti, che nonostante la crisi, sono sempre i nostri principali riferimenti. Parlando di altri mercati esteri, invece, stiamo lavorando per inserirci in quello russo, mettendo a punto un’iniziativa mirata proprio per quest’area. Certo, come sempre, occorrerà fare da parte nostra, una selezione precisa sulla fascia a cui rivolgersi, che resterà ovviamente alta. Ma ciò non è semplice, anche perché i grandi negozi e i department store della Russia stanno soffrendo la congiuntura negativa. I nostri clienti non sono numerosi, ma importanti. E scelgono, magari spendendo di più, questi prodotti perché sanno di acquistare qualcosa di veramente fatto in Italia ed unico sul mercato».

35% AUMENTO

Questo, circa, l’aumento relativo al prezzo del cashmere di qualità, proveniente soprattutto da Cina e Mongolia nell’ultimo anno

-4,1% OCCUPAZIONE Secondo l’Istat rispetto al 2009, è calata di oltre il 4% l’occupazione indotta dal settore tessile, dell’abbigliamento e dei prodotti in pelle

LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 87


IL SETTORE TESSILE

La “stoffa” della piccola impresa Una panoramica sull’arte antica di lavorare i tessuti. Tra ambizioni made in Italy e concorrenza asiatica. L’esperienza di Cesare Cerana Paola Maruzzi

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ale sempre la pena raccontarla, la storia della piccola industria nazionale. Per sciogliere i grovigli di questa economia del presente, globale e frenetica. E capire quali strategie mette in campo, laddove sia possibile, per rimanere salda al timone. La lavorazione delle fibre sintetiche può ancora considerarsi una specialità del made in Italy? Cesare Cerana, sulla scena dell’industria tessile da oltre cinquant’anni, risponde di sì.

88 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

Nel Belpaese che attraversa la crisi c’è voglia di «Profondere nuova energia. Siamo in grado di produrre innovazione, attingendo dal serbatoio della tradizione». Una scommessa possibile, tenendo d’occhio l’avanzata dei mercati asiatici. Quali recenti cambiamenti ha vissuto il settore tessile? «Indubbiamente c’è stata una consistente evoluzione da un punto di vista tecnico, sia per quanto riguarda la composizione tessuti, sia nelle sue diverse fasi di lavorazione, vale a dire il finissaggio. Noi abbiamo sempre lavorato per conto terzi, motivo per cui siamo stati “costantemente costretti” a innovare gli impianti. Siamo in grado di ottenere risultati efficienti, indipendentemente dalle fibre trattate: dal cotone al poliestere, dalle poliammidiche al lino e sue miste, per finire con tutta la vasta gamma dei tessuti tecnici. Ultimamente ci stiamo persino aprendo ai prodotti per la casa, tovagliati e fasciati». Quanto ha influito la crisi economica? «Tanto, ma non ci diamo per vinti. Nel caso particolare della nostra azienda, la crisi si è tradotta in riduzione del fatturato e, di conseguenza, del personale. Il punto è che. Con

In alto, Cesare Cerana nella tintoria di Busto Arsizio (VA) www.cesarecerana.it


Innovazioni

Con la complicità dei mercati globalizzati, molti clienti hanno preferito rivolgersi alla Cina e all'India, dove notoriamente i prezzi sono più bassi. Ma la prima a pagarne le conseguenze è stata la qualità dei prodotti

5,5 mld

FATTURATO Il 2009 chiude così il bilancio dell’export del settore tessile

la complicità dei mercati globalizzati, molti clienti hanno preferito rivolgersi all'estero, in particolar modo alla Cina e all'India, dove notoriamente i prezzi sono più bassi. Ma la prima a pagarne le conseguenze è proprio la qualità dei prodotti. Insomma, tirando le somme, in generale nel settore tessile, il 60 per cento delle attività o si sono notevolmente ridimensionate o, peggio ancora, sono state costrette a chiudere». Oggi qual è, dunque, il vostro mercato di riferimento? «Nonostante la concorrenza, continua a essere quello nazionale. Anche se, ultimamente, molti clienti stanno cercando di esportare in paesi più ricchi; come ad esempio Nord America e alcune zone del Nord Europa». Come avviene il processo di nobilitazione dei tessuti. E come entrano in gioco le nuove tecnologie? «È un percorso piuttosto lungo e complesso, che necessita di macchinari costosi e di una costante manutenzione. Per fortuna, grazie all'innovazione tecnologica, siamo in grado di ridurre leggermente i costi. Si parte dall'eliminazione della peluria sul tessuto greggio. Si passa poi all’eliminazione delle bozzime date

sul tessuto greggio, alla mercerizzazione affinché venga reso brillante, alla purga e al candeggio che lo rende idrofilo e bianco. A questo punto ci si imbatte nel finissaggio, che conferisce un tatto appropriato. Mentre la sanforizzazione lo rende irrestringibile ai lavaggi. L’ultimo stadio è la tintura». State lavorando alla fusione con un’altra azienda di tintoria ad alta tecnologia. Questo permetterà di implementare i servizi? «La fusione con un’altra azienda, da tempo specializzata nella tintoria in corda mentre noi specializzati nella tintura in largo o tessuto aperto; nella preparazione, nel candeggio e nel finissaggio del tessuto, non potrà che essere un vantaggio. Oltre a migliorare l'offerta, riusciremo risparmiare su vasta scala, sia per ciò che concerne l'amministrazione, che per quanto riguarda la manutenzione degli impianti e i trasporti. Tutta questa trasformazione dovrebbe essere supportata da un aiuto bancario a tassi equi, ciò che oggi, nelle varie sedi istituzionali, tutti chiedono ma che potrebbe arrivare a fronte solo di solide garanzie. Sappiamo, infatti, che le banche non vogliono correre rischi, specie sulle medie e piccole aziende. E quest'atteggiamento si ripercuote negativamente sul settore». Quali cambiamenti auspica per il futuro del settore? «Sogno di andare verso una super specializzazione: pochi e buoni articoli, prodotti in tempi celeri. E capaci di battere la concorrenza». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 89


ROBOTICA

Pensiamo all’economia del domani Investire sulla robotica in maniera massiccia, vuol dire aprire nuovi scenari economici. Ne potrebbero beneficiare diversi settori, dalla sanità, al turismo; dall’industria alla cultura. Il punto di Paolo Borzatta, senior partner di European House Ambrosetti Ezio Petrillo

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ndividuare obiettivi precisi per poi procedere con gli investimenti necessari. La robotica potrebbe costituire, per il nostro Paese, il simbolo di un nuovo modello di sviluppo basato su traguardi da raggiungere e progetti adeguati di conseguenza. La strada da intraprendere, però, è quella di andare oltre la logica dei finanziamenti a pioggia e investire su quei rami dell’economia ancora inesplorati. Tutto ciò può rappresentare la chiave di volta per nuovi investimenti. Ne parla Paolo Borzatta, senior partner del Club Ambrosetti. Il vostro studio è protagonista di un grande progetto Paese per la robotica. In cosa consiste nei dettagli?

92 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

«Da tempo ci occupiamo di rilancio del Paese e di innovazione tecnologica. E più volte ci siamo imbattuti nel tema robotica arrivando alla conclusione che è una grande opportunità per l’Italia, perché è prima di tutto un argomento nuovo in un momento in cui il Paese fa fatica a trovare delle alternative ai settori tradizionali in cui è stata leader. La robotica affonda le sue radici nella meccatronica, che oggi si è spinta molto avanti su progetti innovativi e interessanti. Nel settore dei robot industriali, fino ad arrivare agli umanoidi e ai dispositivi ad alto quoziente di intelligenza, il nostro Paese ha delle punte di eccellenza notevoli per quel che riguarda la ricerca, ad esempio l’Istituto S. Anna di Pisa e il Politecnico di Milano. Questi centri, assieme ad aziende produttrici di componenti di robotica, avrebbero solo bisogno di una spinta forte, che permetterebbe di fare di questo settore il centro nevralgico di un progetto Paese». In che senso? «Vogliamo dimostrare al Paese che investire sulla robotica vuol dire dar vita a una serie di altri settori. Molti ambiti della nostra società potrebbero essere utilizzatori privilegiati di robot. Penso al settore della sanità, in primis, così come a quello del turismo. In concreto, vorremmo avviare con

In basso, Paolo Borzatta del Club Ambrosetti


Paolo Borzatta

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L’Italia, nel settore dei robot industriali, fino ad arrivare agli umanoidi ha punte di eccellenza notevoli per quel che riguarda la ricerca

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60 mld MERCATO

alcune aziende per l’Italia una sorta di “progetto Apollo”, riferendomi a quello ideato dagli Stati Uniti con la Nasa che abbia le stesse modalità, ossia andare oltre i finanziamenti a pioggia di milioni di euro per la robotica in generale e darsi un obiettivo». Può farci un esempio? «Se l’Italia decidesse di voler progettare un robot per l’assistenza agli anziani, bisognerebbe eseguirlo, allocando investimenti per tale obiettivo in maniera rigorosamente meritocratica. Ciò avrebbe moltissime ricadute in positivo sull’occupazione per diversi settori». Quali sono state, negli anni, le applicazioni principali della robotica nell’industria?

È il valore di mercato previsto per la robotica nel 2025

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ANNI Il tempo necessario prefissato affinché il primo robot umanoide intelligente capace di curare autonomamente gli anziani, veda la luce

«Per quel che concerne il settore industriale, nel corso del tempo ci sono state produzioni di robot sempre più sofisticati per eseguire operazioni sempre più complesse con l’obiettivo di abbassare il numero di lotti, fino ad arrivare al lotto minimo uno. Questo significa, in parole povere, che se bisogna produrre un congegno per un’azienda, si è in grado di finirlo in una volta sola, e immediatamente dopo, se ne posso fare di diversi. Ciò richiede, ovviamente, dei robot sempre più elaborati». Qual è il paese europeo che mostra maggiore attenzione agli sviluppi di questa materia? «Per quel che riguarda la robotica industriale, la Francia è il Paese che si sta muovendo meglio, seguita a ruota dalla Germania. Sono le due realtà che, a mio avviso, stanno dando maggiore attenzione a questo ramo della ricerca». Quanto uno sviluppo sempre più accentuato della robotica industriale può tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori? «Sempre di più. Non le posso dare dei dati precisi, ma è evidente che con una maggiore robotizzazione dell’industria, si avranno meno persone fisiche al lavoro nelle fabbriche o occupate nelle mansioni pesanti, e, dunque, meno incidenti. Ciò potrebbe avere ripercussioni sull’occupazione, ma poi dovremmo aprire un discorso politico di diverso tipo. In definitiva, l’obiettivo della robotica industriale è quello di arrivare a zero infortuni sul lavoro». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 93


ROBOTICA

L’impatto dei robot sull’economia Velocità delle produzioni, precisione e una maggiore sicurezza dei lavoratori. Sono solo alcuni dei benefici per l’intera economia che derivano dalle ultime applicazioni della robotica. L’analisi di Alberto Rovetta e Luciano Maiani Ezio Petrillo

pplicazioni e innovazioni della robotica del futuro. Il Ventunesimo secolo è protagonista di una nuova fase di riconfigurazione in materia di progettazioni ingegneristiche. Quelle aziende che utilizzavano la robotica applicata all’industria, si sono dotate, infatti, di nuovi tipi di macchine, aprendo interessanti scenari di sviluppo per l’intero settore. Da semplici sostituti di manodopera, oggi i robot sono considerati quasi indispensabili in quanto applicati a ogni settore della vita quotidiana, rivelandosi un prezioso aiuto soprattutto in materia di sicurezza sul lavoro. Alberto Rovetta, responsabile del dipartimento di Robotica del Politecnico di Milano e Luciano Maiani, presidente del Cnr, illustrano la si-

A Sotto, Luciano Maiani, presidente del Cnr

tuazione attuale e le nuove frontiere del settore. Quali sono le ultime innovazioni nel campo della robotica industriale? ALBERTO ROVETTA «Oggi la robotica sta riesplodendo in due forme nuove: la prima legata al consolidamento della robotica industriale e la seconda che è una fase di riconfigurazione. Nel 2009 a Londra, infatti, c’è stato il primo convegno mondiale di riconfigurazione ingegneristica con una grandissima partecipazione soprattutto di aziende di robotica che utilizzano una progettazione nuova su macchine e robot già testati. Questo è un aspetto importante in quanto consente una riduzione notevole di costi con un aumento della qualità nelle produzioni». Quali le applicazioni principali? AR «L’industria, la casa, la domestica, l’entertainment, e abbiamo punte elevatissime di ri-

Nel corso degli ultimi anni il settore della robotica industriale ha compiuto rilevanti progressi nel campo dell’automazione e nello sfruttamento delle potenzialità delle reti di comunicazione

94 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

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Innovazione e ricerca

Lo sviluppo della robotica, e la sua costante applicazione a livello industriale consentiranno di coniugare l’aumento della qualità e della costanza del prodotto, con l’abbattimento dei costi

cerca nel campo della robotica chirurgica. Il robot denominato Da Vinci, ad esempio, ha venduto 2.100 esemplari destinati a presidi medico-ospedalieri, di cui 1.500 per la chirurgia della prostata». Quali possono essere i vantaggi economici di uno sviluppo sempre più spinto della robotica nelle industrie? LUCIANO MAIANI «Lo sviluppo della robotica, e la sua costante applicazione a livello industriale, consentiranno di coniugare l’aumento della qualità del prodotto, con l’abbattimento dei costi e la riduzione del “time-to-market”. Caratteristica fondamentale dei robot sono velocità e precisione, anche nel compiere operazioni difficili, faticose o pericolose per gli esseri umani. In assenza di guasto, un robot non commette errori e sforna un prodotto perfettamente costante nel tempo. Questo permette di raggiungere elevati livelli di produttività e nel contempo di soddisfare i requisiti di qualità del prodotto. Dal punto di vista economico, ciò consente di ridurre i costi della manodopera e di rimanere concorrenziali rispetto ai prodotti provenienti da paesi emergenti, dove il costo del lavoro è sensibilmente inferiore. La robotica, inoltre, è ormai

indispensabile per realizzare prodotti tecnologici Sopra, Alberto Rovetta, del laboratorio ad altissima miniaturizzazione che caratteriz- responsabile di Robotica all’interno del zano la nostra vita quotidiana. I componenti Dipartimento di meccanica elettronici ad alta integrazione che rendono pos- del Politecnico di Milano sibili i nostri notebook o i nostri cellulari, sono ››

LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 95


ROBOTICA

mld

FATTURATO

›› oggi prodotti da robot in camere ad atmosfera controllata». Quale sarà il futuro di questa disciplina? LM «Nel corso degli ultimi anni il settore della robotica industriale ha compiuto rilevanti progressi nel campo dell’automazione e nello sfruttamento delle potenzialità delle reti di comunicazione, mettendo a punto sistemi di automazione intelligente caratterizzati da maggiore flessibilità e semplicità di impiego. Ormai sono stati sviluppati bracci robotici dotati di grande intelligenza e sensibilità, in grado di rilevare ogni possibile contatto con gli operatori umani e di arrestarsi in una frazione di secondo, senza arrecare danni. I nuovi robot saranno capaci di “apprendere” e potranno essere addestrati a eseguire i loro compiti semplicemente mostrando loro la sequenza delle operazioni da fare, senza dover scrivere complicati programmi in linguaggio macchina. Ciò permetterà di robotizzare pressoché qualsiasi linea o ciclo di produzione, dai grandi impianti per la costruzione di autovetture, ai sistemi di imballaggio di tutti i prodotti che troviamo sul mercato, ai robot chirurgo che ormai operano quotidianamente centinaia di pazienti in moltissimi ospedali di tutto il mondo». La ricerca italiana in questo settore specifico registra la giusta attenzione da parte delle istituzioni? 96 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

È il fatturato in euro previsto per il settore della robotica nel 2011

2011 RADDOPPIO

Sono gli anni in cui si prevede il raddoppio del fatturato per quel che riguarda il settore della robotica

AR «Tutti i fondi ricevuti per la ricerca arrivano da istituzioni o europee o internazionali, quindi da questo punto di vista non ci sono problemi. Tuttavia se devo parlare di attenzione relativa a un discorso più generale, includendo anche la volontà dei ricercatori di allargare i propri orizzonti, non registro la scrupolosità che c’era in passato. L’attenzione delle istituzioni c’è, ma dobbiamo essere noi addetti ai lavori, ad andare a raccogliere informazioni. Per arrivare a grandi risultati c’è bisogno sia di fondi che di grandi idee. D’altra parte non so fino a che punto i giovani siano spinti dall’alto a fare qualcosa. L’impulso che avevo molti anni fa, insomma, non lo registro a oggi nel 2010». Quanto l’Italia sta puntando sulla robotica rispetto agli altri Paesi europei? LM «L’Italia ha una lunga e brillante tradizione nella robotica industriale, che le deriva dall’essere fra i primi paesi produttori al mondo e fra le nazioni col maggior numero di robot installati. Inoltre possiamo vantare un gran numero di università e di enti di ricerca nel settore. Oltre al Cnr, da citare è l’Istituto italiano di tecnologia. Per restare al Cnr, e alla Lombardia, voglio ricordare l’Istituto di tecnologie industriali e automazione di Milano. Recentemente, ricercatori di questo istituto, hanno costruito e brevettato un impianto pilota in grado di realizzare scarpe personalizzate per qualsiasi cliente, misura o esigenza. La tecnologia permette di fare un esame del piede e di trasferire le informazioni alla linea di produzione. È stata sviluppata anche la tecnologia di contorno, in grado di delineare il negozio di scarpe del futuro dove si possono provare, in un “magic mirror”, le scarpe appena progettate su di sé. Altro progetto di robotica tutto italiano, riguarda la riabilitazione dei pazienti affetti da disturbi neuromotori. In questo caso il robot apprende dal fisioterapista quali sono i movimenti adatti al malato, e glieli farà ripetere correttamente tutte le volte che sarà necessario. Utilizzando la realtà virtuale, il robot potrà allenare il paziente sulla base di un preciso programma che segue i progressi della riabilitazione».



ROBOTICA

La casa del futuro P

La domotica oggi rappresenta, al pari della robotica industriale, uno snodo cruciale per lo sviluppo del nostro Paese. Investire in questo settore vuol dire assicurarsi uno spazio consistente nell’economia del futuro. Lo spiega Romina Panella Ezio Petrillo

98 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

romuovere la cultura della robotica anche in campo domestico, vuol dire garantire all’umanità maggiori comfort e servizi, nonché prospettive di sviluppo in campo economico per gli investitori. Oltre il luogo comune del “bene di lusso”, oggi la domotica punta ad ampliare il proprio target, puntando soprattutto su concetti chiave come efficienza energetica, benessere e sicurezza; non trascurando la funzione sociale di aiuto a disabili e a persone con gravi disfunzioni psico-fisiche. Raccontiamo l’esperienza dell’azienda lombarda EasyDom, attraverso le parole della sua brand manager, Romina Panella La domotica si occupa di studiare le tecnologie utili a migliorare la qualità della vita in ambienti domestici e antropizzati. Più comunemente si parla di “casa intelligente”. Cosa vuol dire oggi questo concetto? «Oggi il concetto di “casa intelligente” si sposa


Romina Pannella

Si prevede che in Italia nel 2012 circa il 10% delle abitazioni nuove o ristrutturate sarà dotato di un sistema domotico

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con la ricerca di semplicità, immediatezza, comfort e sicurezza di ambienti e persone, nonché con l’esigenza di controllo continuo e costante. La domotica deve permettere all’utente di migliorare la propria vivibilità all’interno delle mura domestiche, garantendo sempre elevate soglie di sicurezza per tutte le persone che vi abitano e per gli ambienti. Bisogna integrare le luci, le automazioni, e i dispositivi audio e video attraverso un facile mezzo di gestione, un software che, installato su un pc, un touch screen o attraverso l’iPhone, può comandare tutte le funzionalità presenti all’interno dell’abitazione. L’utente può gestire così la casa mediante la navigazione all’interno di una planimetria, o fotografia, che riproduce gli ambienti. Ciò avviene attraverso accattivanti icone grafiche inserite nella planimetria, rappresentative di tutte le funzionalità connesse all’impianto domotico». Qual è il cliente tipo che si rivolge a un’azienda che si occupa di domotica? «Come ogni tecnologia nuova, alla sua nascita sul mercato viene percepita come un lusso e come molto costosa, ma ciò viene smentito dalle richieste che ci arrivano e dal nostro posizionamento di prezzo. Infatti ormai vengono costruite abitazioni, non di lusso, già fornite di una domotica di base. Dunque non c’è una tipologia specifica di clientela poiché le soluzioni di domotica proposte da noi, ad esempio, sono accessibili a tutte le tasche. Il cliente ha la possibilità di scegliere la forma di impianto più consona alle sue esigenze domestiche ed economiche. Da una parte, quindi, l’impianto base attivabile dai classici pulsanti ma con molte funzionalità in più, che consente un investimento moderato, ma che può essere ampliato nel corso del tempo, dall’altra, anche la possibilità di avere un sistema plus, con interfaccia software di gestione utente. Il target di riferimento deve essere il più ampio possibile, e, nel contempo, le aziende produttrici del settore devono poter garantire servizi e assistenza a qualsiasi tipologia di clientela. Un altro fattore vincente

della domotica, che troppo spesso viene tralasciato, è la possibilità di iniziare con un investimento esiguo e di implementare poi successivamente l’impianto con ulteriori dotazioni. Diluire le spese è sicuramente un ottimo incentivo ad adottare un sistema domotico, che garantisce sicurezza, confort e risparmio energetico». Questo settore così particolare come si è confrontato con la recessione? «Le famiglie hanno modificato il proprio stile di vita, investendo molto meno nei beni cosiddetti superflui come l’abbigliamento, la cosmesi, il turismo, l’ambiente domestico. Nonostante questa effettiva crisi economica e culturale, ci sono realtà come la nostra che hanno saputo sfruttare il momento Romina Panella, manager per iniziare lo studio di un progetto brand di EasyDom, azienda tecnologicamente innovativo e compe- lombarda specializzata settore della titivo, atto a rispolverare completa- nel robotica domestica mente l’immagine dell’azienda, investendo sullo sviluppo. Puntare sull’innovazione è l’unica soluzione per poter affrontare la crisi». Comfort, sicurezza, affidabilità, risparmio energetico. A cosa punta la domotica del futuro? «La domotica si è fatta strada progressivamente nella cultura italiana, grazie alla sua capacità di adattarsi alle evoluzioni tecnologiche e culturali del mercato. In un primo momento, essa è stata la risposta ideale per tutte le applicazioni e le funzionalità legate alla si- ›› LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 99


ROBOTICA

›› curezza come dispositivi di antintrusione e di videosorveglianza, ma, in breve tempo, l’evoluzione tecnologica e il cambiamento delle esigenze della clientela, ha trasformato questo settore nella ricerca del confort domestico, del miglioramento della qualità della vita e del proprio rapporto con l’abitazione. Questo secondo momento dell’evoluzione tecnologica ha permesso di coordinare e centralizzare differenti funzioni, implementando tutti i dispositivi presenti nell’abitazione all’interno dell’impianto domotico come antintrusione, videosorveglianza, videocitofonia, dando la possibilità all’utente finale di risparmiare tempo e di semplificare molte attività della routine quotidiana. D’altro canto, questa crescente esigenza, ha anche sviluppato progetti di domotica in ambito sociale, che permettono a disabili e persone con 100 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

90% IMPIANTI

È la percentuale delle installazioni di dispositivi domotici nelle nuove case italiane

mln EURO

È stato il fatturato del settore della domotica solo nel 2008

gravi disfunzioni fisico-psichiche di avere una vita maggiormente autonoma grazie al supporto di tecnologie domotiche e informatiche. Alcune azioni che per i normodotati sono parte della quotidianità, senza l’ausilio di queste tecnologie diventano impossibili per i disabili». Il confronto Italia-estero. Quali sono le maggiori differenze nello sviluppo e nel sostegno alla ricerca di nuove tecnologie in questo particolare settore? «L'integrazione delle tecnologie per rendere le case più efficienti stenta a decollare nel mercato italiano. Secondo i dati diffusi da Assodomotica, c’è un interesse poco diffuso nei residenti a migliorare le proprie abitazioni, nonostante dal 2005 l’incremento della presenza di impianti domotici presso le abitazioni. Il trend di crescita italiano per il 2012, è ben al di sotto di quello internazionale. Si prevede che in Italia nel 2012 circa il 10% delle abitazioni nuove o ristrutturate sarà dotato di un sistema domotico. Un risultato ritenuto non soddisfacente dall’associazione, soprattutto perché non in linea con il trend di crescita del mercato internazionale, stimato intorno al 30%. In Italia la cultura della casa intelligente tarda a decollare: nel 2008, sono stati realizzati appena 26.500 impianti domotici, per un fatturato di 106 milioni di euro. La cultura domotica, in generale, è radicata più nella mentalità del nord Europa, dove il consumo responsabile dell’energia e la cultura del monitoraggio dei consumi sono molto più evolute, rispetto al nostro territorio». Quale la situazione attuale di questo mercato? «Circa il 90% degli impianti viene installato in abitazioni nuove o sottoposte a ristrutturazione e solo il 10% in case già esistenti. Un dato che rivela come l'acquisto e l'installazione di tali dispositivi sia una preoccupazione più dei costruttori che dell'utente finale. A fare da traino per il settore sono e saranno, almeno per il momento, gli interventi domotici legati agli impianti di sicurezza, tema verso il quale l'interessamento degli italiani si è rivelato superiore alla media europea. L’altra applicazione trainante è la gestione del comfort ambientale, intesa come strumento di risparmio energetico».



FINANZA

Soluzioni possibili per l’economica La ripresa c’è ma è ancora lenta. I dati dell’Ocse confermano questa situazione rilevando che l’Italia è dietro Germania e Francia, ma davanti alla Spagna. Alberto Quadrio Curzio illustra lo scenario attuale e futuro dell’economia italiana Nicolò Mulas Marcello

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egnali di ripresa, seppur timidi, emergono dagli ultimi dati statistici che vedono l’Italia in cauta crescita, ma servono misure espansive come quelle adottate da Germania e Francia. «È cruciale far crescere le imprese medie – sostiene il professor Alberto Quadrio Curzio – a tal fine andrebbero trovate misure fiscali per favorire gli accorpamenti e spingere la ricerca scientifico-tecnologica». L’ Ocse evidenza una ripresa lenta dell’economia italiana rispetto al resto dell’Europa. Ma quali sono le prospettive per il futuro della nostra economia? «Dato che le previsioni sono molto aleatorie consideriamo due fonti. Secondo l’Economist, l’Italia crescerà nel 2010 all’1% contro una media di Eurolandia dell’1,2%, la Germania dell’1,9%, la Francia all’1,4%. Siamo perciò più lenti delle altre due grandi economie continentali europee anche se la Spagna, economia che per anni era stata portata a modello, va ben peggio di noi con addirittura un calo del Pil. Cambiando fonte e periodo, secondo Eurostat, in base ai dati del II trimestre dell’anno, l’Italia è cresciuta dell’1,1% tendenziale, cioè rispetto al II trimestre 2009, a fronte della Germania che è cresciuta del 3,7% e la Francia che è cresciuta dell’1,7%. Dunque la nostra bassa crescita è confermata, ma Germania e Francia hanno fatto misure espansive che noi, causa il nostro debito pubblico, non abbiamo potuto porre in essere. Tuttavia, per altri aspetti noi andiamo meglio della Francia, mentre il caso tedesco si stacca nettamente e conferma quanto 102 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

noi abbiamo sempre sostenuto. E cioè che una forte economia reale e un forte manifatturiero sono imprescindibili malgrado il parere contrario di chi negli anni passati aveva auspicato anche per noi la de-industrializzazione a favore della finanza». Lei ha accennato all’elevato debito pubblico italiano: può dunque il nostro paese ritenersi al riparo da speculazioni? «Un paese che ha un rapporto debito pubblico sul Pil intorno al 120% è sempre vulnerabile. È ben vero che le manovre finanziarie degli ultimi 3 anni hanno messo in posizione di sicurezza il nostro Paese, come dimostra anche il buon andamento delle aste dei titoli di stato, ma la necessità di ridurre il rapporto sul debito pubblico sul Pil rimane primaria».

Sotto, Alberto Quadrio Curzio, preside della facoltà di Scienze politiche dell’università Cattolica di Milano e professore di Economia politica


Alberto Quadrio Curzio

c

Credo che tutte le imprese vorrebbero avere una significativa riduzione dei gravami burocratici e una amministrazione pubblica più efficiente

C’è chi sostiene che i timidi segnali di rafforzamento delle nostre imprese dipendano solo dal deprezzamento dell’euro. È così? «Se guardiamo ai dati della bilancia commerciale relativi ai tre grandi Paesi di Eurolandia, che assieme fanno il 65% del Pil di tutta l’area, riscontriamo questa situazione relativa ai primi 5 mesi dell’anno: la Germania ha avuto un surplus commerciale di 60 miliardi di euro; la Francia ha avuto un deficit di 25 miliardi di euro; l’Italia ha avuto un deficit di 11 miliardi di euro. Ma se togliamo il deficit energetico l’Italia passa a un surplus che nei primi 6 mesi supera i 10 miliardi di euro. Infatti, in questo periodo abbiamo avuto un deficit energetico di 25 miliardi di euro. La Francia, pur avendo il nucleare e quindi una grande autonomia energetica, va peggio di noi. Dunque l’euro debole ci ha un po’ aiutato, ma non più di tanto. Che poi davvero l’euro sia debole è discutibile se si considera che la media del cambio sul dollaro dall’inizio della moneta unica è stata di 1,18 e il cambio dell’ultimo anno è stato di 1,36». Quali strumenti potrebbero fornire una spinta maggiore alle imprese? «È cruciale far crescere le imprese medie, quelle del IV capitalismo delle multinazionali flessibili. Si tratta di imprese che noi classifichiamo per un

1%

CRESCITA L’indice di crescita del Pil italiano nel secondo trimestre dell’anno 2010

11 mld DEFICIT

Il deficit in euro dell’Italia nei primi cinque mesi di quest’anno

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fatturato tra i 200 e i 2.000 milioni di euro, anche se qualcuno abbassa la prima soglia e alza la seconda. A tal fine andrebbero trovate misure fiscali per favorire gli accorpamenti di imprese e spingere la ricerca scientifico-tecnologica, che difficilmente si sviluppa in modo organico e perciò accumulabile e trasmissibile nel tempo in dimensioni più piccole. Questo non vuol dire abbandonare il made in Italy e i cosidetti settori maturi, ma renderli più adatti alla competizione mondiale anche per le catene di vendita e assistenza ai clienti. Detto questo credo che tutte le imprese, comprese quelle piccole che hanno avuto successi eccezionali, vorrebbero avere una significativa riduzione dei gravami burocratici e una amministrazione pubblica più efficiente. Sono queste riforme a costo zero, ma le resistenze politico-burocratiche paiono insormontabili. Poi ci sono due grandi freni strutturali come l’energia, di cui s’è detto, e il debito pubblico che assorbe pur sempre circa 70 miliardi di interessi all’anno, naturalmente a seconda dei tassi di interesse». Come giudica la manovra economica? «Una manovra di 62 miliardi in tre anni è notevole. Anche la composizione è ben fatta con 42 miliardi di minori spese e 20 di maggiori entrate. Infine anche la ripartizione del gravame per soggetti è condivisibile: amministrazioni centrale 29,8 miliardi, amministrazioni locali 27,2, enti di previdenza 5,2. La manovra stessa non va poi vista a se stante, ma in uno con l’attuazione del federalismo fiscale, che sta procedendo con i decreti attuativi. Se verrà varato secondo la logica della sussidiarietà, tutta l’Italia se ne avvantaggerà. Se verrà usata una logica di separatismo saranno guai. Per ora riteniamo che la logica della sussidiarietà sia stata adottata e che, anche per le convergenze tra maggioranza e opposizione, il processo attuativo prosegua molto bene». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 103


FINANZA

Strumenti adeguati per la gestione dei rischi onostante i dati indichino una timida ripresa economica, le criticità per le imprese del nostro paese rimangono presenti soprattutto sul fronte del rischio. «La domanda di credito da parte delle imprese italiane nel primo semestre 2010 - spiega Marco Preti, amministratore delegato di Cribis D&B - ha fatto segnare un secco -9% rispetto ai valori dello stesso periodo del 2009». In un periodo contraddistinto da una difficile congiuntura economica come è cambiata la gestione del rischio delle imprese? «Lo scenario economico presenta ancora molte criticità per le aziende italiane e, se da un lato il primo semestre 2010 conferma un calo della propensione a investire da parte delle piccole imprese, dovuto principalmente alla contrazione degli ordini, segno di una ancora debole fiducia nell’immediato futuro; dall’altro i segnali di difficoltà delle aziende si concretizzano in tensioni sul fronte della rischiosità verso il sistema bancario e dei ritardi di pagamento nei confronti dei fornitori. Dalle rilevazioni raccolte nell’ambito dello studio sui comportamenti di pagamento che come Cribis D&B realizziamo periodicamente, risulta che nel 2009 le aziende in ritardo nel saldare le fatture dei propri fornitori erano infatti state il 56,3% del totale e che il 26,6% aveva addirittura peggiorato le proprie perfomance rispetto all’anno

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104 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

Ottimizzare il ciclo degli incassi e minimizzare le perdite sui crediti commerciali sono gli obiettivi principali del credit management. Veri e propri strumenti di gestione per la crescita dell’azienda. Marco Preti ne illustra le dinamiche Nicolò Mulas Marcello

precedente. Nel primo semestre 2010 abbiamo registrato un ulteriore peggioramento di circa 1,5 punti percentuali». Il problema dell’accesso al credito da parte delle imprese rimane forte. Ora le preoccupazioni aumentano con la riforma Basilea 3. Che scenario si prospetta? «Alla luce della situazione di perdurante incertezza e della ridotta propensione a investire, la domanda di credito da parte delle imprese ita-

Marco Preti, amministratore delegato di Cribis D&B


Marco Preti

La ripresa degli ordinativi, nel momento in cui si consoliderà, avrà un effetto positivo sulla stabilizzazione della domanda di finanziamenti da parte delle imprese

liane nel primo semestre 2010 ha fatto segnare un secco -9% rispetto ai valori dello stesso periodo del 2009. Segno negativo imputabile in parte anche all’impennata che la domanda aveva fatto registrare proprio nel primo semestre dello scorso anno, quando aveva toccato un +21% rispetto ai primi sei mesi del 2008. Evidentemente, la ripresa degli ordinativi, nel momento in cui si consoliderà, avrà un effetto positivo sulla stabilizzazione della domanda di finanziamenti da parte delle imprese, che verranno attentamente valutate dagli istituti di credito sulla base della loro struttura economica, finanziaria e patrimoniale. Dimostrare di possedere un bilancio in ordine diventa, quindi, un requisito fondamentale». Esistono strumenti che potrebbero fornire una spinta maggiore alle imprese? «È essenziale che le imprese adottino efficaci politiche di risk management che, attraverso strumenti adeguati, consentano di conoscere in maniera approfondita i partner commerciali, sia italiani sia esteri, con i quali instaurano rapporti commerciali, in modo da contenere le insolvenze e mantenere in equilibrio le esigenze di sviluppo del business con quelle di sal-

-9%

CREDITO

L’indice della domanda di credito da parte delle imprese italiane nel primo semestre 2010

56,3% IMPRESE

La percentuale delle aziende in ritardo nel saldare le fatture dei propri fornitori nel 2009

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vaguardia del cash flow. Allo stesso modo, sarà determinante un’oculata gestione del credito verso i clienti, che rappresenta una delle voci di bilancio da monitorare costantemente in quanto determina vari e importanti indici di solidità e di liquidità. In quest’ottica, i servizi di recupero dei crediti insoluti affidati a un partner specializzato potrebbero giocare un ruolo fondamentale». Quali possono essere attualmente le soluzioni per migliorare le performance di business tenendo conto dell’evoluzione dei mercati? «Gli obiettivi del credit management sono sostanzialmente due: ottimizzare il ciclo degli incassi e minimizzare le perdite sui crediti commerciali. Questi due obiettivi non vanno però interpretati solo in chiave negativa, cioè come riduzione dei tempi di pagamento o non acquisizione dei clienti a rischio più elevato, ma anche come strumento di gestione in funzione degli obiettivi finanziari e delle esigenze di crescita dell’azienda. Per migliorare le proprie performance è necessario un approccio finalizzato alla gestione finanziaria del portafoglio clienti che implica lo spostamento del focus dal singolo cliente all’equilibrio finanziario complessivo del portafoglio clienti, in termini di esposizione dell’azienda, probabilità di ritardo e di insolvenza. In questo modo, a ogni nuova decisione sul singolo cliente è possibile valutare l’impatto sul bilancio aziendale, anche in modo prospettico, ed essere quindi pienamente consapevoli dei rischi che l’adozione di determinate decisioni in merito al credito possono portare per l’azienda». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 105


UNA NUOVA FINANZA

Il private equity parla (finalmente) italiano La crisi ha ridotto drasticamente il numero di operazioni di private equity tra le imprese italiane. Ma da una flessione negativa, secondo Roberto Spada, si può giungere a una nuova era finanziaria più prudente e accorta nei confronti delle Pmi Andrea Moscariello

È

principalmente scaturito dalla stretta creditizia, secondo Roberto Spada, tra i partner del noto studio commercialista Spadacini di Milano, il significativo calo delle operazioni italiane di private equity. Secondo un recente studio elaborato da Global Strategy, soltanto una bassissima percentuale di imprese eccellenti nostrane vanta dei fondi nel loro azionariato. Secondo il noto fiscalista di Milano, sindaco in numerose società «il decremento delle operazioni di private equity nel corso del 2009 è evidente. Ma qualcosa sta invertendo lo scenario». L’esperto si riferisce, in primis, a una nuova serie di regole “non scritte” scaturite dalla recente crisi. Regole che infondono una maggiore prudenza nelle operazioni finanziarie a protezione delle nostre imprese, specie le medio-piccole. Cosa sta accadendo? «Fino alla grande crisi tutte le operazioni di private equity si basavano su un rapporto di investimento tra equity e debito in cui più la parte di debito era alta, maggiori erano i ritorni per il fondo d’investimento. Dal 2008, però, le banche hanno sostanzialmente smesso di finanziare questo tipo di operazioni, rese troppo 106 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

rischiose dalla crisi in corso. I fondi di investimento hanno subìto una fortissima battuta d’arresto, un blocco di operatività Il dottor Roberto Spada è tra i più noti causato dalla stretta creditizia». fiscalisti di Milano. Esercita presso lo studio È mutato, dunque, il rap- Spadacini, Associazione professionale di commercialisti che si occupa inoltre porto tra debito ed equity? di consulenza societaria, di ristrutturazione «Certamente non è più quello del debito e di operazioni di M&A dei cosiddetti “anni ruggenti”. Inoltre devo aggiungere che dal 2009 si è resa problematica anche la gestione dei covenants, i misuratori economico/patrimoniali previsti nei contratti di


Opportunità per le Pmi

finanziamento. Molta parte dell’attività professionale del 2009 e dei primi mesi del 2010 si è concentrata sulla ridefinizione dei covenants relativi ai contratti ante 2008, per adattarli alla nuova realtà economica delle aziende. I termini, infatti, vennero stabiliti in periodi di “vacche grasse”, certamente non adatti alle casse del periodo di crisi». E anche da qui si giunge alle cosiddette “nuove regole” finanziarie. «La crisi, da un lato, porta anche benefici. Im-

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OPERAZIONI L’Italia quest’estate pare sia uscita dalla stasi post-crisi che ha bloccato il mercato dei Private Equity. Tre le operazioni più significative, quelle di Findus, Teamsystem e Rollon

pone nuovi criteri di valutazione più sicuri per le nostre aziende. Il rapporto tra debito ed equity non sarà più come prima, ma tutto sommato metterà meno a rischio l’impresa. Non sarà più possibile indebitarsi a livello di guardia. Dai momenti difficili è importante saper cogliere le lezioni, altrimenti si ricade nei vecchi errori. Da qualche mese, stiamo ricominciando a seguire operazioni di due diligence, che rappresentano la fase preliminare delle operazioni di p.e. Vengono , in questa fase, esaminati gli aspetti fiscali, contabili e di business e successivamente si passa alla fase negoziale, mediamente nel 50% dei casi». Al di là dell’oggettiva situazione difficile della nostra economia, non trova che in Italia vi sia una forte reticenza da parte degli imprenditori nei confronti delle operazioni finanziarie? «L’imprenditore medio italiano all’inizio è spaventato dalle operazione di p.e. La capacità seduttiva di queste operazioni sta nel dimostrare che un ingresso nel capitale consente all’imprenditore di realizzare buona parte dell’investimento. Dico una parte perché molti fondi chiedono, soprattutto ai piccoli e medi imprenditori, di rimanere soci in modo da consentire una continuità di gestione, per lo sviluppo congiunto dell’azienda. Ciò che viene imposto, spesso invece, è la scelta di un direttore finanziario e amministrativo. Il private equity permette quindi al piccolo imprenditore di monetizzare parte del valore dell’azienda e, con il supporto del fondo, di arrivare a livelli di crescita diversamente e difficilmente raggiungibili. Fare entrare un fondo nel proprio azionariato significa entrare in contatto con settori analoghi, instaurare nuove relazioni d’affari, confrontarsi in maniera più costruttiva con la propria realtà di riferimento. Certo, i nostri imprenditori all’inizio oppongono una sorta di ‘resistenza’ perché temono di non essere più “padroni”in casa propria». Dunque è un fatto prima di tutto psicologico e culturale? «Sicuramente. È altresì vero, però, che si sta assistendo a un cambio di rotta. I private equity in Italia operano ormai da vent’anni. Inizial- ❯❯ LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 107


UNA NUOVA FINANZA

UN’ISTITUZIONE PER MILANO

E

ra il 1930 quando Mino Spadacini fondò l’omonimo studio professionale, oggi rimasto uno dei pochi veri, storici, riferimenti per gli imprenditori milanesi ma non solo. Lo studio, guidato da Marco Spadacini, è oggi un’Associazione professionale di 15 professionisti di cui otto partners oltre a 14 tra dipendenti e collaboratori. Lo Studio si occupa, prevalentemente, di consulenza amministrativa, contabile, fiscale - anche internazionale - e societaria per la gestione ordinaria e straordinaria di società, di operazioni di ristrutturazione di società e gruppi societari e di ristrutturazione del debito. Una realtà che assicura inoltre assistenza nell’ambito di procedure concorsuali, in cui i professionisti ricoprono l’incarico di curatori, commissari e liquidatori giudiziali. Lo Studio Spadacini è attivo nell’assistenza alle società in procedure ex art. 67 e 182 bis L.F. nonché nella predisposizione e certificazione dei piani di risanamento. Attualmente Roberto Spada ricopre l’incarico di commissario straordinario del gruppo Ittierre con sede a Isernia. L’associazione professionale, inoltre, si occupa, in collaborazione con società di revisione e primari studi legali, di operazioni di M&A, e, in coordinamento con advisor e con studi legali nazionali e internazionali di privatizzazioni di società e di assistenza alla quotazione e Offerte Pubbliche di Acquisto. I soci dello studio ricoprono anche cariche in consigli di amministrazione e collegi sindacali di società italiane, quotate e non, di rilevanza nazionale. studiospadacini@studiospadacini.it

❯❯ mente erano solo branche di fondi stranieri essendo, questo istituto, di matrice estera. Ora, invece, importanti progetti e operazioni hanno come protagonisti soggetti italiani. È nato ad esempio il grande Fondo per le Pmi sponsorizzato dal Ministero del Tesoro.. E, in Lombardia, è lodevole lo sforzo messo in atto dalle Camere di Commercio di Milano, Como, Brescia e Bergamo, le quali hanno creato il progetto Futurimpresa, che sostiene lo sviluppo delle aziende lombarde. Possiamo dire, finalmente, che si stanno sviluppando modelli italiani di private 108 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

equity molto interessanti». In tutto questo qual è il ruolo della sua categoria professionale? «Il rapporto tra commercialista e imprenditore è fondamentale. Ci unisce infatti una sorta di cordone ombelicale. Il professionista conosce tutto delle sue aziende clienti e si crea un rapporto fiduciario. Basti pensare che molte volte, ancora prima che agli imprenditori, chi rappresenta un private equity si rivolge a noi commercialisti per sondare il terreno, per effettuare un pre-sounding in cui comprendere se e come approcciare l’imprenditore». Occorrono maggiori tutele anche a livello normativo in questo ambito? «Nel nostro Paese il p.e. è vigilato e regolamentato da Banca d’Italia, attraverso le Società di Gestione del Risparmio. Quello che occorre, a mio parere, è una riforma volta a semplificare le procedure, soprattutto per chi opera con le piccole e medie imprese. E posso dire che già esiste un filone a sostegno di questa semplificazione. Dall’altro lato auspico un maggior controllo dei professionisti che andranno ad occuparsi di operazioni finanziarie. Molti si sono improvvisati e con l’inesperienza hanno creato danni alle aziende. Sono convinto che questo genere d’approccio debba essere contrastato e ritengo che occorra predisporre parametri severi in grado di selezionare le professionalità capaci di svolgere efficientemente ed efficacemente il lavoro che sono chiamate a realizzare».



LA COPERTURA DEI RISCHI

Riassicurazione? Valore al risk management Nel mercato internazionale la copertura dei rischi e dei maxi rischi è in mano all’industria delle riassicurazioni, considerata un valore aggiunto nel risk management. Il punto di Franco Curioni, presidente della R.I.B. Reinsurance International Brokers, mediatore di riassicurazione Adriana Zuccaro

116 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010


Dinamiche di mercato

U

no dei settori chiave della finanza detiene. Il filo conduttore che attraversa gli apmondiale è rappresentato dall’ende- parati assicurativi è la necessità di reperire capamico e articolato circuito delle rias- cità riassicurativa in termini di portafoglio genesicurazioni. Ma cosa si intende con rale, quindi sia sui rischi che sui maxi rischi. La il termine “riassicurazione”? Per comprendere le riassicurazione riguarda pertanto solo le compadinamiche principali che muovono questa parti- gnie di assicurazione che in questa forma possono colare tipologia di mercato, basta considerare la meglio gestire l’esposizione finanziaria e l’equilinecessità delle compagnie assicurative di assicu- brio di bilancio. Alla R.I.B S.p.A., operando in rarsi a loro volta da rischi troppo onerosi; di un’ottica di mediazione internazionale al servizio fatto, è per rispondere a questa esigenza che en- delle compagnie, cerchiamo di attirare capitale astra in campo la riassicurazione, concepibile sicurativo in Italia, esportando i maxi rischi». quindi come assicurazione delle compagnie assiQuali sono i rischi che siete chiamati a cocuratrici. In Italia e in Europa, una delle voci più prire? forti nel mercato della riassicurazione è quella «I rischi più frequenti, per i quali siamo più della R.I.B. Reinsurance International Brokers spesso chiamati ad operare, sono quelli che non S.p.A., presieduta da Franco Curioni, portavoce stanno interamente nelle capacità assicurative di «uno stile, quello italiano, che vuol dire indi- delle compagnie italiane e necessitano una cespendenza assoluta da sistemi industriali come le sione sul mercato riassicurativo. Un esempio tra multinazionali che operano nel territorio nazio- tutti può essere legato al progetto “Ponte di Mesnale. Vogliamo essere la voce italiana del mercato sina”, in cui è presente una molteplicità di rischi delle riassicurazioni, un mercato di fiducia che in un portafoglio formato da non ammette conflitti di interessi». centinaia di migliaia di polizze. In apertura, Franco Curioni, presidente della Come si muove il mercato delle riassicura- In generale, ci occupiamo di ri- R.I.B. S.p.A., società il cui core business è la mediazione riassicurativa zioni? schi di costruzione, del settore www.rib.it «Le dinamiche si sviluppano attorno a una do- petrolifero, nucleare, responsamanda del mercato assicurativo e all’offerta di bilità civile e dei trasporti. riassicurazione. La riassicurazione quindi, si ha Quando invece abbiamo rischi di una stessa tiquando l’assicuratore ha necessità di ridurre pologia, siamo in grado di offrire alle compagnie l’esposizione economica di un singolo rischio di assicurazione trattati di riassicurazione dove, mediante la riassicurazione facoltativa, o di un viene ceduta ai riassicuratori una percentuale del elevato numero di rischi con la riassicurazione ob- portafoglio stesso». bligatoria o per trattato, per mezzo di una cesLa crisi finanziaria ha intaccato anche il vosione a un’altra impresa di assicurazione – cioè il stro mercato? riassicuratore – di una parte de«La crisi ha portato a una ridugli impegni che derivano dai zione di capacità di sottoscriLa crisi ha portato suoi contratti di assicurazione». zione da parte delle compagnie Cosa cambia nella gestione di assicurazione, provocando a una riduzione del rischio? una contrazione di mercato di capacità «Attraverso la cessione in riassiche, in certi settori, ha deterche in certi settori minato un aumento di prezzi curazione di parte del portafoha determinato glio l’impresa di assicurazione perché, secondo le tradizionali può effettuare una selezione, otregole di mercato, quando viene un aumento timizzando il grado e la qualità meno la disponibilità dell’ofdi prezzi dei rischi assunti che la stessa ferta, chi la presiede ha la pos- ❯❯

LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 117


LA COPERTURA DEI RISCHI

❯❯ sibilità di stabilirne e increL’aumento dei prezzi mentare i costi». si è concentrato In quale settore, in particolare, si è verificato un aunel settore del mento dei prezzi? petrolio, anche «L’aumento dei prezzi è stato a seguito del disastro generalizzato soprattutto a del golfo del Messico causa di numerose calamità naturali, ma ultimamente si è concentrato nel settore del petrolio anche a seguito dell’ultimo disastro provocato dalla piattaforma Deepwater Horizon verificatosi di recente nel golfo del Messico. Un sinistro di tali dimensioni ha ridotto la capacità del mercato e, di conseguenza, ha fatto lievitare i prezzi». Quali sono le principali norme che regolano il sistema riassicurativo? «Il mercato delle riassicurazioni è regolato dalla domanda cui corrisponde un’offerta. Ogni compagnia di assicurazione, in base ai propri interessi,

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offre i rischi sul mercato; per risposta, i riassicuratori ne valutano i prezzi e decidono se comprare oppure no. In aggiunta, è importante rilevare che la solidità del mercato assicurativo e riassicurativo verrà ulteriormente affinata da Solvency II che, in sintonia con Basilea II e III, disciplinerà tutte le dinamiche conseguenti». Cos’è Solvency II? «Con il termine Solvency si fa riferimento al margine di solvibilità (MdS) che le compagnie di assicurazione devono possedere per adempiere agli impegni presi nei confronti degli assicurati; è quindi un ammontare accantonato. L’importo che deve essere accantonato è stato studiato negli anni ‘60 con regole di mercato assicurativo/finanziario e di assunzione rischi molto diverse dalle attuali. Per questo motivo l’EU, insieme alle compagnie di assicurazione europee, ha ritenuto opportuno apportare delle modifiche sostanziali al calcolo del MdS (Solvency I) calibrandolo sugli effettivi rischi che la com-


Dinamiche di mercato

pagnia assume, definendo quindi la nuova direttiva “Solvency II”. Con Solvency II tutte le compagnie autorizzate a operare nel mercato europeo dovranno attenersi a questa direttiva per presidiare la stabilità finanziaria della compagnia e per adempiere agli impegni effettivi presi con gli assicurati». Cosa accadrà con l’introduzione di Solvency II? «Con Solvency II la riassicurazione rappresenterà un valore aggiunto nel capital management e nel risk management. Le compagnie avranno bisogno di capienza riassicurativa addizionale e in vista di ciò la R.I.B. S.p.A. sta già lavorando per poter offrire ai propri clienti un’appropriata gestione della problematica». Attraverso quali processi passa la gestione del rischio? «La R.I.B. S.p.A. assiste i propri clienti nella valutazione e nella gestione del rischio; analizza il capitale di rischio richiesto e propone soluzioni

su misura di tipo riassicurativo o legate al mercato dei capitali, affinché si possa migliorare il ritorno sugli investimenti. La nostra attenzione si rivolge anche ai rischi emergenti perché attualmente ci troviamo ad affrontare sfide che vent’anni fa nessuno immaginava». Quale iter formativo seguono le giovani leve della R.I.B. S.p.A.? «Non esiste una scuola di riassicurazione, ma è l’esperienza di fatto a determinare i professionisti di domani. Noi formiamo i nostri giovani attraverso un processo consolidato, condividendo i principi basilari della riassicurazione e della mediazione attraverso lo studio dei testi di riferimento per poi inviarli all’estero, principalmente sul mercato londinese, a fare esperienza sul campo dove poter conoscere il funzionamento del mercato internazionale. E’ la conoscenza del mercato che forgia il broker, oltre allo studio specifico di norme internazionali e la ricerca della specializzazione più idonea alle proprie capacità». Cosa vuol dire per la R.I.B. S.p.A. rendersi portavoce dello stile italiano? «La R.I.B. S.p.A. è uno dei pochi mediatori di riassicurazione professionali italiani. Per noi, lo stile italiano vuol dire indipendenza assoluta da sistemi industriali, come le multinazionali, che operano in Italia. Cerchiamo di tenere alta la bandiera italiana senza svenderci, preferendo il mercato di fiducia: quello che non ammette conflitti di interessi». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 119


COPERTURE ASSICURATIVE

Tutelare le costruzioni di oggi e di domani La realizzazione di grandi opere implica la progettazione di una gamma articolatissima di coperture assicurative. Un esempio? City Life, il progetto che cambierà il volto di Milano seguito da Sopabroker, la società di brokeraggio presieduta da Alessandra Talarico Giulio Conti

I

n un settore complesso come quello assicurativo normalmente invaso da uomini, non è facile individuare giovani donne affermate o “in carriera”. Tra le poche eccezioni si legge il nome di Alessandra Talarico, oggi presidente della Sopabroker, società milanese operante su tutti gli ambiti assicurativi. «Eravamo sul finire degli anni Ottanta e, non ancora ventenne, nutrivo già un profondo interesse per il ruolo del “sensale di sicurtà”, come venivano chiamati i primi assicuratori dei tempi delle fortune della Serenissima Repubblica di Venezia. Gli inglesi e il termine corrente, “broker”, sono venuti dopo». Alessandra Talarico, presidente della Sopabroker dal 1992, è pronta ogni giorno a ribadire quanto «la dinamicità della professione diviene forza di sviluppo delle conoscenze e delle capacità necessarie a trovare le soluzioni migliori per tutelare le imprese contro i rischi». In quali specifici ambiti si esprime meglio l’attività assicurativa della Sopabroker? «I settori delle costruzioni e delle infrastrutture rappresentano l’area in cui Sopabroker ha maturato una più decisa esperienza. La società ha negli anni sviluppato l’intero asset opera-

120 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

tivo e affinato le disparate competenze lavorando a contatto diretto con i team di alcune delle grandi firme internazionali dell’assicurazione. Le operazioni erano di alta complessità. Ad esempio, la ricerca delle fideiussioni e delle coperture più adeguate per i contractor cui competono i giganteschi lavori per il raddoppio del Canale di Panama, o per l’Alta Velocità sulla Genova-Milano». Sopabroker segue alcune delle grandi

Alessandra Talarico è presidente della Sopabroker, la società che ha fornito le coperture assicurative per il progetto di riqualificazione di Milano, City Life, di cui in alto due immagini eloquenti www.sopabroker.it


City Life

UNIONE DEI GIOVANI ASSICURATORI

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lessandra Talarico svolge un ruolo di rilievo come vicepresidente di Ugari, l’Unione di Giovani Assicuratori, nata per promuovere il cambiamento del settore, nel segno di valori quali l’integrità, la professionalità, l’innovazione e il dinamismo. Il primo obiettivo è la valorizzazione di giovani talenti, cui fornire supporti nello sviluppo di un percorso professionale, sia in Italia che all’estero, all’interno della grande industria assicurativa italiana. Sono già programmati stages, su un arco di nove mesi, all’interno di compagnie sia di società di brokeraggio. In modo che i giovani assicuratori vengano a contatto diretto con i centri nevralgici della professione, approfondendo la conoscenza delle componenti tecniche e gestionali di base. Inoltre, a differenza di quanto accade usualmente, gli stagisti avviati da Ugari vengono regolarmente retribuiti e in molti casi, si dimostrano pronti a essere assunti. Tra le tante iniziative previste nel calendario di Ugari si segnala l’incontro con la Presidenza del Consiglio il 23 settembre, a Roma; programmati a ottobre, per gli associati, gli speach-lunch con il presidente dei Lloyd’s e con l’amministratore delegato di Fonsai, Fausto Marchionni. www.ugari.org

opere che cambieranno la fisionomia di Milano. «Nell’esperienza vissuta seguendo la progettazione e la realizzazione di City Life e di Porta Nuova – a firma di Daniel Libeskind, Zaha Hadid e Arata Isozaki –, abbiamo preso parte alla nuova, finalmente reale prospettiva di una “Milano metropoli europea” che si propone con un centro urbano raccolto, da cui, semplicemente camminando, si possono

raggiungere i luoghi più significativi. Abbiamo dato fondo a tutte le nostre capacità per trovare le soluzioni assicurative capaci di far procedere i lavori e garantirne i risultati finali attesi». Traguardi raggiunti? «Superati iniziali scetticismi, c’è stata una forte risposta da tutte le parti coinvolte, pubblica amministrazione compresa, nel facilitare il nostro ruolo di costruttori/concertatori della vasta gamma di coperture assicurative necessarie a tutelare la messa in opera e la definizione dei lavori di costruzione. Coperture, in certi casi inedite, mai progettate prima perché riferite alle molte nuove soluzioni architettoniche e alle nuove tipologie dei materiali utilizzati. Grazie a queste realizzazioni molte aree di Milano acquisiranno il valore che meritano». Quali percorsi bisogna affrontare per affermarsi nel mondo delle assicurazioni? «Alla ricerca della massimizzazione della qualità del servizio di Sopabroker e in controtendenza rispetto alle abitudini dei competitori, ho avuto la costanza di operare da subito puntando su un team al femminile formato da giovani donne preparate, attive e in efficace simbiosi con i colleghi».

74% POLIZZE

Rappresenta il ramo di specializzazione Corporate del portafoglio della Sopabroker. Il 21% è il totale Auto e il 5% il totale Personal Line

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FASI Il servizio di consulenza Sopabroker si sviluppa per fasi: 1) identificazione, valutazione, analisi dei rischi 2) misure di prevenzione e controllo dei rischi 3) analisi e ricerca del programma assicurativo 4) gestione assicurativa

LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 121


MERCATI

Mercato unico europeo, promotore di sviluppo Per superare la crisi e avviare la ripresa, serve una risposta unitaria e coordinata dell’Europa per rafforzare il mercato unico. A spiegarne le ragioni è l’avvocato Ruggiero Cafari Panico Francesca Druidi

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na rinnovata azione per il rilancio del mercato unico. È quella contenuta nel rapporto che Mario Monti, economista alla guida della Bocconi di Milano, ha consegnato, il 10 maggio scorso, al presidente della Commissione europea José Manuel Barroso. «La nuova strategia europea per l’occupazione e la crescita pone il rilancio del mercato unico fra gli obiettivi da perseguire», conferma Ruggiero Cafari Panico, avvocato e docente presso la facoltà di scienze politiche dell’Università degli Studi di Milano. «La necessità che il mercato unico entri in una nuova fase è stata condivisa dal Consiglio europeo che ne ha fatto parte integrante della Strategia Europa 2020». Quali traguardi si prefigge, nello specifico, questo provvedimento? «Coerentemente con le indicazioni fornite dal Trattato di Lisbona, tale strategia non si limita alla ricerca del conseguimento di risultati meramente economici, ma persegue più ampi obiettivi. Vengono individuate le seguenti priorità: sostenere le industrie a basse emissioni di CO2, investire nello sviluppo di nuovi prodotti, promuovere l’economia digitale e modernizzare 122 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

l’istruzione e la formazione. Sono, infine, identificate sette iniziative per incrementare la crescita e l’occupazione. Tra queste, figurano i programmi per migliorare le condizioni e l’accesso ai finanziamenti nel settore della R&S, l’introduzione in tempi rapidi di internet ad alta velocità e il maggiore ricorso alle energie rinnovabili». Nell’Europa del dopo Lisbona, la dimensione sociale assume, dunque, una valenza predominante su quella economica. «Sì, non a caso gli obiettivi enunciati nella Strategia Europa 2020 trovano riscontro nel paragrafo 3 dell’articolo 3 del Trattato sull’Unione europea che, se, da un lato, riafferma che l’Unione istaura “un mercato interno”, dall’altro, prevede che l’Unione stessa si adoperi per lo sviluppo sostenibile dell’Europa. Se l’obiettivo del rafforzamento del mercato unico è rimasto inalterato, i principi generali su cui esso si basa

Sopra, la firma del Trattato di Lisbona; in alto a sinistra, Mario Monti consegna il maggio scorso a Barroso il rapporto sul mercato unico; nella foto piccola, Ruggiero Cafari Panico


Ruggiero Cafari Panico

Da dove proviene questa impopolarità? «Nasce dalla difficoltà di accettarne le regole in un momento in cui il riversarsi sulle economie dei singoli paesi europei della crisi mondiale ha fatto sorgere in alcuni di essi la tentazione del “si TRATTATO salvi chi può”, anche liberandosi dai lacci e lacciuoli che la comune appartenenza all’Unione Anno della firma del Trattato impone. È invece proprio in questa fase che didi Lisbona, entrato viene indispensabile una risposta unitaria e coin vigore il 1° dicembre 2009 ordinata dell’Europa. Così come per arginare l’emergenza e la recessione sono state prese importanti iniziative a livello dell’Ue in campo fiLAVORO nanziario, così ora per rilanciare lo sviluppo è nePercentuale cessario ripartire proprio dal mercato unico di innalzamento arricchito, nella sua dimensione “sociale”, dai dell’occupazione in base a uno degli nuovi obiettivi indicati nella Strategia Europa obiettivi quantitativi 2020». di Strategia Europa 2020 Come procedere? «Occorrono, innanzitutto, nuove liberalizzazioni, con un rafforzamento della concorrenza, per poi avviare nuovi meccanismi di difesa e sorveglianza, rafforzando il coordinamento della governance ed estendendolo alle politiche di bilancio e a quelle per la competitività. Si tratta di riforme che hanno il pregio di costare poco o nulla, in termini economici, non certo politici,

2007

devono conciliarsi e integrarsi con quelli sociali per dar vita a quella “economia sociale di mercato” che, nascendo da un riequilibrio tra valori e fini sociali ed economici, rappresenta la vera novità introdotta dal Trattato di Lisbona». Quali vantaggi concreti può offrire il mercato unico? «A fronte del rischio, ben evidenziato della recente crisi finanziaria, che il mercato unico sia vittima del risorgente nazionalismo economico, è diffuso il convincimento che un mercato unico più forte, approfondito ed esteso sia fondamentale per lo sviluppo economico e la creazione di nuovi posti di lavoro. Occorre perciò dissipare il senso che oggi si percepisce di una certa disillusione nei confronti del mercato unico, assicurandogli un nuovo rilancio, allargandolo a nuovi settori fondamentali e ricostituendo intorno a esso un consenso che in questa fase storica appare piuttosto appannato».

75%

LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 123


MERCATI

ma che di sicuro possono concorrere a riavviare

3%

RICERCA Percentuale di innalzamento della spesa per ricerca e sviluppo prefissata da Strategia Europa 2020

40%

FORMAZIONE Percentuale di innalzamento del tasso di giovani con istruzione universitaria prefissata da Strategia Europa 2020

il percorso di crescita». Come sottolineato dal presidente Barroso, il mercato unico richiede, una rinnovata determinazione politica per poter resistere alla minaccia del nazionalismo economico e dimostrare pienamente il proprio potenziale. «Sì, il rischio attuale è che gli Stati adottino un atteggiamento protezionistico e cerchino di riappropriarsi di talune prerogative dell’Unione, specie nel settore della concorrenza e degli aiuti di Stato. Non si può, del resto, negare il fatto che la crisi abbia dimostrato i limiti del mercato. Di qui, la necessità di interventi regolatori. Sarebbe tuttavia un errore lasciare l’iniziativa ai soli Stati. È, invece, necessario che il rafforzamento delle regole sia accompagnato da una maggiore attenzione per i temi sociali e per le disuguaglianze al fine di individuare nuove vie dello sviluppo economico». Ad esempio? «L’esperienza maturata in alcuni paesi europei, il riavvicinamento tra etica ed economia da più parti invocato e il perseguimento di obiettivi di sviluppo “sostenibile, intelligente e inclusivo” potrebbero identificare alcuni importanti punti da cui partire per il rilancio di una gestione europea delle economie dei singoli Paesi membri». Qual è la posizione italiana? «Tali considerazioni sono state condivise dal governo italiano che, nel proprio parere inviato alla Commissione sul futuro della strategia di Lisbona, ha sottolineato come temi quali ricerca e

124 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

innovazione svolgano un ruolo fondamentale per la competitività del sistema produttivo, in particolare delle Pmi, che rappresentano la spina dorsale dell’economia europea e debbono perciò essere al centro di una riflessione tesa a coinvolgere anche questioni quali il completamento delle rete di infrastrutture europee e la trasformazione in una economia eco-efficiente». Come la realizzazione di un’area di azione per tutte le Pmi deve diventare un obiettivo prioritario per il nostro governo? «In questo contesto, va affrontato con decisione, ad esempio, il problema della contraffazione che incide negativamente sulla libera concorrenza e il buon funzionamento dei mercati a danno, in particolare, delle aziende italiane. La lotta a tali fenomeni non potrà che contribuire a migliorare la fiducia nell’Europa in un momento in cui l’eurobarometro continua a segnalare un calo della fiducia nelle istituzioni europee. A tale segnale negativo l’unica risposta può essere la definizione di un piano di rilancio dell’economia europea». Quali sono le maggiori sfide che il mercato unico deve oggi affrontare? «Il rafforzamento del mercato unico può rappresentare per l’Europa uno stimolo endogeno alla crescita e alla creazione di posti di lavoro. Le sue potenzialità non sono state ancora messe pienamente a frutto e in molti settori il completamento è lungi dall’essere compiuto. Non mancano tuttavia le difficoltà. Occorre pertanto che le scelte politiche ed economiche di ogni paese siano coordinate insieme agli altri e soprattutto vedano il coinvolgimento delle parti sociali e della società civile. A questa nuova governance economica devono accompagnarsi, da un lato, un rigoroso controllo dei budget nazionali e, dall’altro, l’approvazione di una ben precisa agenda per regolare il settore finanziario. Il tutto per assicurare all’Unione la possibilità di esercitare quell’attività di supervisione indispensabile per assicurare il successo della nuova Strategia Europa 2020. I traguardi in essa indicati sono ambiziosi ma raggiungibili, a condizione che gli Stati agiscano insieme per dare attuazione alle iniziative “faro” che ne garantiscono il conseguimento».



AMMINISTRAZIONE DEL PERSONALE

Idee nuove per la gestione del personale Un nuovo modello organizzativo permette di gestire on line l’amministrazione del personale delle aziende. Esternalizzando una funzione da sempre onerosa e ottenendo un notevole risparmio di costi e di tempo. L’esperienza di Giuseppe e Andrea Cassone Eugenia Campo di Costa

O

ggi il risparmio è un’esigenza percepita in maniera sempre più crescente in qualsiasi realtà imprenditoriale. I risultati più tangibili in questo senso si ottengono innovando i sistemi di organizzazione aziendale, concentrandosi unicamente sul proprio core business ed esternalizzando quante più attività

130 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

possibili. «Le aziende più lungimiranti si sono impegnate da tempo in questa direzione – afferma Giuseppe Cassone, socio del gruppo di consulenza aziendale G11 - e oggi più che mai anche le realtà più conservatrici stanno cambiando orientamento». Nonostante ciò, tuttavia, molti imprenditori si dimostrano sordi a questa regola, malgrado l’evidenza dei conti di costo. «Abbiamo constatato che molte aziende rinunciano a esternalizzare alcune attività per la paura di fare un passo falso e, anche, per assolvere al dovere morale di mantenere in organico i A sinistra, Giuseppe Cassone, presidente del G11 e, lavoratori addetti». nella pagina accanto, i soci del G11 (da sinistra Sandra Paserio, Danila Macchi, Giuseppe Cassone, Ma quali vantaggi può offrire Roberto Braga e Paolo Omar Annaccarato) l’esternalizzazione? «Oggi – interviene Andrea Cassone, amministratore di Neworg.net, società di software specializzata in soluzioni informatiche per l’organizzazione aziendale e consociata a G11 - esternalizzare non è più una scelta, ma una necessità, che porta in dote un sicuro risparmio economico vitale per qualsiasi azienda, oltre a una moltitudine di altri vantaggi come, per esempio, la conversione di costi fissi in costi variabili, il decentramento delle responsabilità, la maggiore flessibilità operativa». Ovviamente un processo di questo tipo ha bisogno di partner propositivi, capaci


Gestione on line

G

11 è una società nata dall’unione di cinque consulenti del lavoro, che hanno interpretato l’esigenza del mondo imprenditoriale di avere un unico e affidabile punto di riferimento al quale rivolgersi per assolvere alle infinite esigenze organizzative e amministrative delle moderne aziende. Ad eccezione dell’amministrazione del personale, che è il core-business della società, tutti gli altri servizi sono offerti in outsourcing a partner scelti e specializzati, di cui G11 garantisce la serietà e le competenze. Da qui il nome G11, che significa Garanzia di 11 tipologie di servizi: gestione delle risorse umane, ricerca e selezione del personale, formazione, amministrazione del personale, consulenza, centro studi, soluzioni informatiche, qualità, finanza d’impresa, sicurezza sul lavoro, previdenziale. Garanzia di qualità del servizio e anche di risparmio, G11 oggi conta circa 1.500 clienti ed è proprio sfruttando questa potenzialità che riesce a offrire i servizi migliori a prezzi molto concorrenziali. «G11 – spiega Giuseppe Cassone, uno dei soci fondatori - si propone quindi come partner per qualsiasi imprenditore, un punto di riferimento sicuro al quale affidarsi per ottenere servizi qualificati e risparmiare, esigenza sempre più sentita dalle aziende, soprattutto in tempi di crisi economica». Scopo della società è offrire agli imprenditori i più qualificati e innovativi strumenti necessari alla vita e all’espansione aziendale. Introdurre una nuova cultura imprenditoriale, pratica e concreta, accompagnare il cliente nella realizzazione del sogno di avere un’azienda efficiente, organizzata e altamente produttiva. www.g11.eu

di sostenere e agevolare questa azione di miglioramento. Giuseppe Cassone: «G11 ha da tempo raccolto questa esigenza e si è fatta promotrice di un nuovo modello di amministrazione del personale delle aziende, capace di rendere completamente esternalizzabile tale attività. Merito di tale risultato è indiscutibilmente l’esperienza dei soci coniugata all’assistenza continua offerta dalla società di software Neworg.net srl. Normalmente l’azienda si appoggia a un professionista per la redazione dei cedolini paga e per la consulenza in materia di lavoro, ma deve avere al suo interno una funzione capace di intermediare l’opera del professionista con le esigenze quotidiane del personale dipendente. Questa funzione, oltre a essere costosa per l’azienda, spesso non viene neppure utilizzata a pieno regime, oppure si trova a gestire situazioni non attinenti alle sue specifiche competenze, per le quali ha bisogno dell’appoggio dell’ufficio

paghe esterno con conseguente dispersione di tempo prezioso». Quale valore aggiunto offre questo modello organizzativo? «Con il nostro modello diviene possibile esternalizzare anche tale funzione. In pratica, l’ufficio del personale viene completamente cancellato all’interno dell’azienda, con tutti i vantaggi che ne derivano, sia in termini economici che organizzativi. Questo è ora possibile con l’ausilio di innovativi supporti informatici via web o, per quelli meno avvezzi all’informatica, tramite un numero verde di ❯❯ LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 131


AMMINISTRAZIONE DEL PERSONALE

All’interno della “suite” il dipendente ha a disposizione, tra l’altro, l’archivio personale dei cedolini paga e dei CUD, accessibile tramite un semplice motore di ricerca

❯❯ supporto. Ciò significa, per l’imprenditore, in termini concreti, un notevole risparmio di costi e di tempo, senza compromettere la qualità del servizio che, in taluni casi, viene addirittura migliorata e velocizzata». Può spiegare il funzionamento di questa soluzione attraverso qualche esempio concreto? «Basti pensare ai tanti casi in cui il dipendente non riesce ad effettuare la mera lettura del proprio saldo delle ferie o non riesce a compilare 132 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

il modulo delle detrazioni per i familiari a carico: con il nostro modello organizzativo, ciascun dipendente sarà concretamente messo nelle condizioni di avvalersi di una lettura facilitata del proprio saldo ferie e la compilazione guidata del modulo detrazioni direttamente sul web, in un’area riservata, mediante la quale saranno mensilmente consegnate e archiviate le sue buste paga e qualsiasi comunicazione aziendale». Com’è stato possibile realizzare un mo-


Gestione on line

Nella pagina accanto, Andrea Cassone, amministratore di Neworg.net. A fianco, la pagina web della “Suite del dipendente” www.neworg.net

dello del genere? «Oggi siamo gli unici in Italia a poter offrire questa opportunità alle aziende e per ottenere tutto questo e offrirlo a costi contenuti, assicurando un risparmio alle imprese, G11 si è dovuta dotare di un imponente software, realizzato dalla consociata Neworg.net srl, azienda leader nelle soluzioni informatiche per l’ottimizzazione dei processi amministrativi per PMI e professionisti». Quali sono nel dettaglio le potenzialità del nuovo modello organizzativo? Andrea Cassone: «Abbiamo chiamato il software inserito nel sito internet www.ufficiodelpersonale.com, “Suite del dipendente”. Questo nome perché il dipendente che vi accede deve sentirsi a proprio agio e avere a disposizione tutto ciò di cui ha bisogno. L’accesso avviene tramite password personalizzata: all’interno della suite il dipendente avrà a di-

11

TIPOLOGIE È il numero di servizi offerti dalla società G11 che spaziano dalla gestione delle risorse umane alla finanza d’impresa

1500 CLIENTI

Il numero di aziende a cui G11 offre servizi di alta qualità a prezzi decisamente concorrenziali

sposizione, tra l’altro, il suo archivio personale dei cedolini paga e dei CUD, accessibile tramite un semplice motore di ricerca». Quindi la distribuzione di tali documenti non sarà più fatta in azienda, ma automaticamente da G11 in forma elettronica. «Esattamente. E anche questo significa risparmiare tempo per l’azienda. Inoltre, spesso capita che il dipendente si dimentichi di comunicare il cambiamento della propria residenza o qualche variazione del nucleo familiare, così abbiamo inserito anche l’area denominata “verifica i tuoi dati”, mediante la quale egli può comodamente aggiornare la sua situazione senza correre rischi che l’informazione si perda o arrivi al consulente con mesi di ritardo. Tramite un’apposita funzione, il dipendente può inoltre verificare le sue presenze mensili e addirittura inserire eventuali rimborsi delle spese sostenute per l’esecuzione di particolari incarichi». Il software permette anche di gestire la comunicazione tra azienda e dipendente? «Nell’area “cosa devo sapere” vengono sistematicamente inserite tutte le comunicazioni aziendali, l’eventuale contratto integrativo aziendale, il piano ferie, il codice disciplinare ecc. Dalla suite il dipendente ha anche la possibilità di scaricare la modulistica utile alla gestione del suo rapporto: quella istituzionale, come il modulo per le detrazioni e quella interna, come la richiesta di permessi. “Cosa fare quando” è la sezione dedicata agli eventi: per esempio, cosa devo fare quando scopro di aspettare un figlio, o quando chiedo il congedo matrimoniale, o quando subisco un infortunio, o quando mi ammalo all’estero? Ciò non toglie che il numero verde al centro dell’home page è sempre a disposizione per eventuali, ulteriori, chiarimenti». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 133


STRATEGIE COMMERCIALI

Nuovi approcci commerciali L’approccio alla vendita deve evolversi. Non più puntando sull’empatia, ma sulla conoscenza e sulle soluzioni dei problemi e trasformando la strategia commerciale in risultati concreti. Jenny Rahm illustra il modello di vendita assertiva Eugenia Campo di Costa

V

endere è sempre più difficile. Complice la crisi, il livello di resistenza dei potenziali clienti è aumentato notevolmente. Ma è cresciuto anche il livello di informazione. Un tempo il ruolo del venditore consisteva fondamentalmente nell’istruire il cliente sui propri prodotti. Oggi il cliente è molto più autonomo, si informa, sa perfettamente cosa gli serve, quindi non si aspetta un grande valore aggiunto da parte

140 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

dei venditori. «Sempre più spesso i commerciali si trovano davanti persone che conoscono già le caratteristiche e le prestazioni del prodotto e anche cosa offrono i concorrenti. Questo li mette in crisi» afferma Jenny Rahm, Managing Director di Mercuri International, società di consulenza specializzata nello sviluppo delle risorse commerciali. Secondo Jenny Rahm «l’arrivo della crisi, ha fatto sì che molte aziende si mettessero in discussione. Finché le vendite andavano bene,


L’approccio alla vendita

Oggi il venditore deve dimostrare di conoscere i problemi che il cliente sta affrontando, quali rischi comportano e quale soluzione deve essere adottata

non ci si interrogava troppo su come migliorare. Oggi invece si pensa molto a come ottimizzare le risorse e sicuramente questa fase di ristrutturazione porterà molte imprese ad avere qualche arma in più nel post-crisi». Quale strategia, può rivelarsi vincente in questo periodo per un commerciale? «La strada vincente non è più quella che da anni viene insegnata ai venditori e che punta su un approccio relazionale, basato sull’ascolto del cliente, sulle domande, la gestione delle obiezioni. Oggi la chiave di successo sta nell’identificare la situazione in cui si trova. Deve saper capire quale percezione ha il cliente sulla sua azienda e anche quale valore aggiunto il cliente si aspetta da lui. Mettendo insieme questi aspetti è ovvio che le situazioni possono essere molto diverse». Può farci un esempio? «Ad esempio, un cliente fidelizzato, che ogni anno ha la sua fornitura da un venditore di fiducia, secondo un modello di vendita tipicamente relazionale, davanti a un concorrente dirà che non gli serve nulla. Il concorrente dovrebbe sicuramente essere molto più assertivo di quanto in generale i venditori non siano. Anziché fare domande, “coccolare” il cliente, puntare su un approccio empatico, il venditore oggi deve fare vedere al cliente che conosce il suo business, il problema che ha e proporgli una soluzione». Quindi la vendita relazionale oggi non funziona più? «Funziona solo in alcune situazioni, laddove effettivamente esiste un problema che il cliente non riesce a risolvere da solo, oppure quando c’è già una certa relazione, una certa preferenza per un dato venditore. Ma visto che la preferenza viene sempre meno, in tutti i settori, l’aspetto empatico non funziona più. L’empatia non aiuta a vendere. Oggi il venditore deve dimostrare di conoscere i problemi che il

cliente sta affrontando in quel momento, quali rischi comportano e quale soluzione, chiara e semplice, deve essere adottata. Il problema è che questo metodo non prevede improvvisazione, ma preparazione. Moltissimi venditori hanno paura di adottare questo approccio e si crea un fortissimo gap che va intensificandosi sempre di più». Quali sono gli errori più comuni di direttori commerciali e sales manager? «Uno degli errori più comuni è focalizzarsi quasi esclusivamente sui risultati. Così spesso, il sales manager anziché guidare i suoi venditori, riveste il ruolo del supervisore e, quando verifica che i risultati non sono in linea con il budget, se la prende con i venditori, li sollecita ad agire senza però indicare loro la strada da intraprendere. Bisognerebbe focalizzarsi sui parametri chiave dell’attività: quantità, qualità e direzione, cercando di ottimizzare, di trarre il meglio dalle risorse che si hanno oggi e costruire per il futuro. Il problema è che spesso i sales manager sono innanzi tutto venditori, quindi non hanno il tempo materiale per riflettere, analizzare la situazione, capire qual è la catena di causa-effetto del proprio modello di business». In che termini può, una consulenza mirata, supportare le attività di vendita e volgerle al successo? «Una consulenza in questo ambito può aiutare a rendere più chiari gli elementi che portano al successo della vendita. Individottoressa Jenny Rahm, Managing duare gli aspetti essenziali utili a La Director in Mercuri International Italia lavorare sulla catena di www.mercuri.it causa-effetto del business, al fine di trasformare la strategia commerciale dell’azienda in risultati concreti. Spesso i cambiamenti non sono così stravolgenti e basta mettere un po’ di ordine, di metodo, per notare una grossa differenza». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 141


ADVERTISING

La comunicazione come studio creativo I prodotti passano, ma il sistema pubblicitario non è mai fuori moda. Che sia outdoor o radiofonica, la regola per la pubblicità è sempre la stessa: essere fedele alle aspettative del consumatore. Cesare Bizzarri spiega perché il mondo dell’advertising continua a stupire Paola Maruzzi

O

gnuno ha la sua preferita. È il “rumore”- subliminale o brutalmente manifesto - del nostro vivere quotidiano. Veicola l’immaginario, muove l’economia, scioglie le indecisioni: la pubblicità commerciale, sotto ogni forma e materia, è la regina indiscussa del presente. Figlia illegittima del genio creativo, nata in tempi decisamente non sospetti, sdoganata dal piccolo schermo oggi diventa virale, “guerrigliera”, unconventional. Le agenzie di comunicazione sono spesso delle vere e proprie officine dell’inventiva, al servizio delle imprese. Qui, gomito a gomito, si sfiorano e si contaminano le diverse figure professionali: grafici, account, esperti del web e del linguaggio. Cesare Bizzarri apre le porte di Ofg Adv, il suo laboratorio di idee, e spiega come funziona il misterioso mondo del marketing. Quanto ha influito la crisi economica sugli investimenti pubblicitari delle aziende? «Ha influito notevolmente. Molte aziende hanno diminuito drasticamente i budget destinati alla pubblicità tradizionale, investendo maggiormente nell’advertising online, un nuovo strumento di comunicazione che, da un paio d’anni, sta riscuotendo un discreto successo, grazie soprattutto ai costi abbordabili. Fortunatamente i nostri committenti non hanno registrato cali sostanziali anche se, ri144 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

Molte aziende hanno diminuito drasticamente i budget destinati alla pubblicità tradizionale, investendo maggiormente nell’advertising online

spetto al passato, sono molto più accorti nel gestire le cifre a loro disposizione». Quali sono le caratteristiche di una comunicazione riuscita? «La comunicazione riesce e riscuote successo quando l’agenzia fa fruttare al massimo il budget affidato. Le strategie comunicative e la creatività non devono puntare solo all’immagine e alla brand awareness, ma incidere positivamente sulle vendite. All’ottimo risultato contribuisce anche il legame collaborativo e di fiducia tra committente e agenzia. Il rapporto si deve basare sulla trasparenza di entrambe le parti e su una reciproca


Il sistema creativo

In apertura, Cesare Bizzarri, Presidente di Ofg Adv e suo figlio Luca. A fianco un interno di Ofg Adv di Milano

empatia». Quale valore aggiunto offre una buona pubblicità e quanto può contribuire al successo di un’azienda? «Il concetto di “valore aggiunto” implica che ci sia un buon prodotto a cui “aggiungersi”: questa è una premessa indispensabile. La pubblicità può ritenersi efficace se colpisce, in modo determinante, il target di riferimento, suscitando attenzione, interesse, desiderio e portando il fruitore all’acquisto del prodotto. E tutto questo accade se, dando per scontata la professionalità degli addetti ai lavori, esiste un buon feeling tra il marketing aziendale e l’agenzia. Per assurdo: la pubblicità non deve far vendere ma deve far comprare, nel senso che non deve per forza di cose essere aggressiva e sparare nel mucchio, ma colpire il target di rifermento, cioè quello interessato all’acquisto». Come si mantengono i clienti acquisiti e come se ne trovano di nuovi, in particolare in un periodo in cui gli investimenti pubblicitari sono ridimensionati? «Non esiste una regola fissa. Posso solo dire che è importante essere sempre propositivi, giorno dopo giorno, mantenendo costante concen-

500 mln UTENTI

È il numero degli iscritti a Facebook. I social network sono la nuova frontiera del marketing

605 mln EURO

È la stima per il 2010 della spesa ADV su Facebook. Il dato indica una crescita esponenziale

trazione e impegno, aggiornando e migliorando le proprie competenze e offrendo servizi qualificati, in linea con le esigenze del mercato. Forse è per questo che abbiamo all’attivo un alto numero di committenti fidelizzati. Nell’arco di dieci anni abbiamo seguito passo per passo molte aziende, che abbiamo visto crescere e diventare sempre più competitive. Per far fronte alla situazione economica, decisamente poco “generosa” con gli investimenti pubblicitari, il nostro reparto new business si è attrezzato affinando strategie capaci di aumentare il numero di contatti, fornendoci visibilità verso chi non ci conosce ancora». Come riuscite a trasformare i contatti che mettete all’attivo ogni anno in nuovi clienti? «Anni fa abbiamo creato una newsletter mensile, con l’obiettivo di comunicare il “mondo” Ofg Adv sia ai clienti storici, che ai nuovi contatti scaturiti dalle attività del new business. In più segnaliamo eventi e presentazioni che possano essere di loro interesse. Naturalmente è compito del settore new business mantenere sempre vive le pubbliche relazioni, instaurando nel tempo un rapporto di fiducia. Qualora fiutiamo un certo interesse, partiamo con piccole proposte di comunicazione e, passo dopo passo, con i grandi budget pubblicitari». La vostra offerta di servizi è decisamente variegata: dalle tradizionali affissioni, alle campagne stampa e radio, solo per citare alcuni esempi. In base a quali criteri viene scelto un determinato tipo di comunicazione? «I criteri sono diversi: innanzitutto ci lasciamo guidare dagli obiettivi che il cliente si è prefissato, dal target di riferimento e, soprattutto, dal budget a disposizione. Più questo è alto, maggiori saranno i servizi e le opportunità che ❯❯ LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 145


ADVERTISING

DENTRO LA FABBRICA DELLA CREATIVITÀ

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imostrami quello che sai fare: è il sottotesto che ogni azienda ci lascia intendere quando commissiona un lavoro. Una campagna pubblicitaria ben confezionata è il nostro biglietto da visita». Per Cesare Bizzarri il passaparola è il veicolo migliore per conquistare nuovi clienti. Ma non solo: un’agenzia che funzioni deve essere solidamente strutturata. E tutte le fasi di realizzazione, che procedono per gradi, vanno supervisionate. «Il primo step è il brief, in sostanza la raccolta di tutto il materiale concettuale, a partire dai valori chiave da comunicare. Essenziale è il ruolo dell’account executive, che fa da tramite tra il cliente e l’agenzia. Successivamente il reparto creativo mette in pratica le idee, facendo delle proposte». In estrema sintesi, alcuni passi cruciali del percorso di creazione di una campagna. Un’altra sfida continua è la sperimentazione, buttando l’occhio alle tendenze internazionali. Infatti, «accanto a prodotti o servizi di mass market – continua Bizzarri – rivolti a un pubblico familiare o tradizionale, ci siamo ritagliati ambiti che puntano a un target più giovane e “alternativo”. Ecco perché abbiamo fatto anche dell’home entertainment una delle nostre peculiarità».

❯❯ l’agenzia è in grado di offrire per garantire la migliore comunicazione possibile. Abbiamo clienti che si sono affidati alla nostra struttura per una comunicazione a trecentosessanta gradi, dall’affissione alla campagna stampa, dagli spot radio e tv, alle attività su internet, dalle strategie di media planning alle attività di ufficio stampa». Stili di comunicazione diversa sono finalizzati a ottenere risultati differenti? «L’obiettivo delle diverse attività di comunicazione rimane comunque lo stesso: dare maggiore visibilità al marchio e ai prodotti. I diversi target porteranno il reparto creativo a lavorare su un media piuttosto che un altro, eventualmente spaziando dall’advertising classico alle forme più attuali e innovative di comunicazione, cioè i social network e il potere del web». Che cos’è la “guerrilla marketing” e quali tipologie di realtà la prediligono in genere? 146 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

+5% RIPRESA

Rispetto a settembre 2009, i dati sulle campagne pubblicitarie online vedono una lieve ripresa sia mensile (+1%) che su base annua (+5%)

8.515

mln

INVESTIMENTI È il totale annuo relativo all’investimento pubblicitario per il 2009

«La guerrilla è una forma di promozione pubblicitaria non convenzionale, che si ottiene attraverso l’utilizzo creativo di mezzi e strumenti aggressivi e alternativi, che fanno leva sull’immaginario e sui meccanismi psicologici dell’utente finale. Per riuscire a creare una comunicazione efficace e innovativa per le realtà aziendali che principalmente si rivolgono a un pubblico giovane, per esempio l’home entertainment o il mondo dei videogame, la nostra agenzia ha ampliato le proprie expertise aprendosi ai nuovi servizi e attività sempre più richiesti dai responsabili marketing aziendali. La guerrilla marketing viene spesso utilizzata in fase di pre lancio di un nuovo film o gioco, proprio per suscitare curiosità e interesse a livello circoscritto. A capo della divisione home entertainment, proprio per la sua giovane età e per le esperienze maturate in una realtà internazionale all’estero, c’è mio figlio Luca che ha introdotto in agenzia nuove strategie e per-


Il sistema creativo

La pubblicità non deve far vendere ma deve far comprare, nel senso che non deve per forza essere aggressiva e sparare nel mucchio, ma colpire il target di riferimento

corsi di comunicazione innovativi, in linea con le richieste di questo particolare mercato». Quali sono le evoluzioni più recenti in campo pubblicitario? «Sia nell’ambito della pubblicità tradizionale sia per la comunicazione unconventional, l’importante è saper essere sempre innovativi e originali, cercando di offrire servizi di alto livello, completi e unici. Uno dei nostri investimenti per rimanere sempre sulla cresta dell’onda è puntare anche sui giovani creativi e grafici brillanti. Un mix di comunicazione tradizionale e forme innovative».

Progetti per il futuro? «Sono passati ormai quasi trentadue anni dalla fondazione di Ofg Adv e di strada ne è stata fatta davvero tanta. Qualche anno fa ho creato LaLuCe, la Holding cui fanno capo Ofg Adv e Diade, la struttura “sorella” che raggruppa tutto l’organico di grafici e creativi. Di progetti e idee per il futuro ne ho ancora tanti. Siamo una realtà media nel campo dell’advertising, ma ci siamo fatti strada tra i colossi e i grandi nomi del settore, ottenendo numerosi premi e riconoscimenti nazionali, conferme e incarichi da importanti realtà aziendali italiane. Ma ciò che mi gratifica maggiormente è collaborare con le grandi aziende multinazionali. Qualche esempio: Obi, di cui seguiamo la comunicazione per l’Italia da oltre vent’anni anni; Jysk, azienda danese leader nel settore dell’arredamento e del dormire; Mafi, realtà austriaca presente in tutto il mondo e apprezzata per i suoi pavimenti naturali di altissima qualità. Da pochi mesi abbiamo persino ricevuto il prestigioso incarico di seguire la comunicazione di Obi anche per la Romania, ampliando quindi notevolmente i nostri confini. È iniziato così un nuovo percorso che, anno dopo anno, sarà sempre più seguito da mio figlio perché possa trasformare la nostra struttura in una realtà ancor più internazionale, un vero punto di riferimento nel mondo della comunicazione».

Uno dei reparti grafici di Ofg Adv. Sopra, il blog del videogame Naughty Bear realizzato e curato dall’agenzia Ofg Adv www.ofgadv.it

LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 147




IMPIANTI INDUSTRIALI

Sull’innovazione si gioca la sfida delle imprese italiane Sapersi confrontare con il mercato globale è il compito principale delle imprese. E innovazione, promozione e ricerca rappresentano gli ingredienti per uscire dalla crisi in maniera definitiva. La filosofia di Carmen Pariani Giana Ezio Petrillo

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a capacità di anticipare i tempi è la qualità necessaria per affrontare le sfide del mercato. Le idee innovative sono infatti l’essenza delle aziende che si occupano di produzione di macchinari e impianti per le più svariate applicazioni. Dall’aeronautica, al navale, al fotovoltaico, produrre impianti significa seguire ogni minimo dettaglio, ma vuol dire anche «realizzare progetti su misura». Essere estremamente vigili per quel che riguarda l’aspetto fondamentale, ovvero la ricerca tecnologica. A parlare è Carmen Pariani Giana, ad della Giuseppe Giana Spa. Come ha resistito la sua azienda all’impatto con la crisi? «Abbiamo chiuso il bilancio del 2009 con un incremento di fatturato del 40% rispetto al 2008. Ciò è dovuto principalmente alla capacità di innovarci e di giocare in anticipo rispetto alle esigenze del mercato». Quanto conta l’innovazione tecnologica per emergere nel vostro settore? «È fondamentale. Per far fronte alla sfida tecnologica, di innovazione e industriale, l’azienda, nel 2008 ha infatti adeguato la sua struttura, aggiungendo un ramo di attività de150 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

dicato all’engineering per renderla ancora più funzionale e flessibile. Questo perché è indispensabile sapersi adeguare alle sfide imposte da un mercato così concorrenziale». Quanto vi hanno aiutato i CAD tridimensionali nelle vostre progettazioni? «I CAD sono il fulcro dei nostri sistemi di progettazione, dell’elaborazione dei cicli di lavoro e favoriscono l’informatizzazione di tutta l’azienda con l’obiettivo di ottenere uno scambio in tempo reale di dati tra la produzione, la progettazione e la parte commerciale». Quali sono i macchinari più innovativi prodotti dalla vostra azienda? «Grazie a macchinari nuovi come il tornio GGTRONIC siamo riusciti a dare al cliente uno “strumento di lavoro” all’avanguardia sul piano tecnologico, estremamente versatile e in grado di velocizzare la produzione come non mai. Questa nuova linea di centri di lavoro di

3000

MQ

ESTENSIONE È la grandezza dei capannoni e degli uffici nuovi costruiti dalla Giuseppe Giana Spa

20000 mm/min VELOCITÀ

È la velocità di traslazione raggiunta grazie ai nuovi macchinari introdotti dall’azienda


Ricerca e innovazione

Puntare sull’innovazione ci ha salvato dalla crisi. Grazie a macchinari nuovi come il tornio GGTRONIC siamo riusciti a velocizzare la produzione come non mai

tornitura e fresatura, progettata anche per lavorazioni non presidiate, può lavorare cilindri e particolari complessi fino ad un diametro di 4000 mm e una lunghezza di 20000 mm. Tali macchine sono centri di tornitura e fresatura a elevata potenza, nate per rispondere alle lavorazioni più impegnative nel campo della meccanica pesante di precisione, in quello della lavorazione di alberi navali, alberi per mulini eolici, alberi per turbine, valvole per oleodotti, alberi a gomito, cilindri da laminatoio e lavorazione di grandi tamburi per argani. La caratteristica fondamentale di tali macchinari, deve essere quella di offrire un elevato contenuto tecnologico e, allo stesso tempo, multitasking». Se dovesse definire l’obiettivo primario della progettazione di queste macchine? «In fase di progettazione uno degli obiettivi primari era l'ergonomia, raggiunta con la facilità di staffaggio, di visibilità dell'utensile du-

rante varie fasi di lavorazione e, le varie misurazioni a pezzo ultimato. Questo sistema ha permesso di raggiungere la velocità di traslazione di 20000 mm/min». Secondo lei in Italia c’è la giusta attenzione all’innovazione tecnologica? In alto le innovative della «A mio avviso no. Oggi le imprese italiane macchine Giuseppe Giana Spa. hanno troppa paura di innovarsi e di spingersi Sotto, al centro, Pariani Giana in avanti nella ricerca. La recessione ha molto Carmen e Giuseppe Giana, ai accentuato questo tipo di problematica. Noi lati i figli Giulio e Giana. non abbiamo risentito della crisi perché no- Carolina giana@giana.it nostante il periodo economico negativo a livello mondiale, stiamo costruendo 3000mq di capannoni, uffici nuovi e 508 kW di fotovoltaico. Insomma abbiamo resistito alla difficile congiuntura economica, grazie alla volontà e alla capacità di innovarci». Come viene gestito il rapporto con la clientela? «Le nostre macchine sono fatte come un abito ❯❯ LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 151


IMPIANTI INDUSTRIALI

❯❯ su misura. Questo aspetto è fondamentale. Se non ci si adatta alle esigenze del cliente finale non si riesce a emergere in questo settore». Secondo lei c’è maggiore sensibilità da parte della clientela sul tema del rispetto ambientale? «Noi puntiamo sulla tutela dell’ambiente perché riteniamo che questa, assieme alla innovazione tecnologica sia la sfida del futuro, ma sinceramente non penso che tutti siano così attenti al tema. Anzi soprattutto oggi ci sono aziende che pur di stare in piedi applicano mega-sconti tralasciando volutamente la qualità. Ma questo non è il metodo giusto per rimanere competitivi sul mercato. Noi personalmente cerchiamo di esserlo sondando tutti i possibili clienti a livello mondiale, puntando sulla promozione, facendo fiere tutto il mondo. A Chicago, ma anche in Polonia e in Germania». Quali sono le differenze che intravede tra il mercato italiano e quello internazionale? «Per noi il mercato italiano è povero e non offre molte opportunità. Lavorando invece con realtà straniere, ci accorgiamo che per essere competitivi all’estero, bisogna sapersi muovere a velocità maggiori, puntando su un’estrema

152 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

508 kW ENERGIA

È la produzione di energia, derivante dall’installazione di impianti fotovoltaici, nell’azienda lombarda

5

MILIONI È la cifra degli investimenti prodotti da Giuseppe Giana Spa, per ampliare la propria sede e il numero di macchinari

flessibilità». Qual è attualmente il mercato più fiorente? «In questo momento direi che l’India è un mercato eccezionale, il più fiorente in assoluto, che però comporta un grande impegno, soprattutto a livello di marketing e comunicazione». Prima sosteneva che a volte le aziende italiane sembrano aver paura di innovarsi. Secondo lei a cosa è dovuto questo atteggiamento? «In un periodo così difficile, lo Stato, a nostro avviso, non sta facendo il possibile per aiutare le micro-imprese. Stiamo facendo degli investimenti enormi ma paghiamo tasse pari al costo dell’investimento. I tributi all’erario vengono pagati in un anno, e per fare investimenti, dobbiamo sottoscrivere mutui quindicennali. Il fatto di non aver nessun incentivo sta facendo perdere la voglia alle aziende di innovarsi. Noi, ad esempio, stiamo facendo investimenti per 5 milioni di euro per ampliarci, ma dobbiamo utilizzare solo le nostre forze. A mio avviso, ci vorrebbe maggiore attenzione da parte delle istituzioni alle micro-aziende come la nostra con trenta dipendenti che hanno sempre un occhio di riguardo sia per il bilancio che per l’innovazione. Sono queste realtà che fanno funzionare l’intero sistema, la grande azienda Italia. In queste condizioni sarà difficile affrontare il salto generazionale, poiché senza sostegno da parte di nessuno, gli stessi giovani che magari ereditano aziende dai genitori, si ritroveranno a dover pagare solo debiti, senza più possibilità di poter innovare né di fare ricerca».



L’INDUSTRIA MECCANICA

L’automotive guarda a Est Capacità di reinventarsi e fare quadrato attorno alle fragilità di un sistema in ripresa. Così la Ponti e Frigerio pensa al futuro e traghetta l’industria meccanica oltre i confini nazionali. Verso la Cina, l’India e la crescita globale Paola Maruzzi

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Nella pagina accanto, da sinistra Alessandro Ponti e Alberto Ponti. Sotto, una componente meccanica, sopra una fase di lavorazione

a crisi sembra scemare, ma ci sono ancora dei timori che gravitano sulle Pmi italiane. Tra questi lo spauracchio dei mercati asiatici e della concorrenza sleale. Eppure alla Ponti e Frigerio non si rinuncia a uno slancio ottimistico, a patto che il made in Italy si sganci da un’ottica autoreferenziale e guardi all’internazionalizzazione come risorsa. La “vecchia” scuola del settore meccanico deve imboccare la strada della flessibilità, per Alberto Ponti, «più che di un modo di produrre, si tratta di una vera e propria filosofia aziendale». Recentemente la Banca centrale europea ha esternato ottimistiche previsioni parlando di «punto di svolta della recessione». Altri, invece, ritengono che la crisi sia ancora in atto. Dal suo punto di vista, quale fase sta attraversando il mercato? «Siamo a un punto di svolta. Il peggio è ormai passato, ma

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la domanda risulta ancora disomogenea; ci sono settori che sembrano avviati verso una ripresa, mentre in altri permane la paura. Questo alimenta il timore di una nuova fase recessiva. A mio avviso bisogna guardare al futuro con ottimismo: grazie agli stimoli economici perfezionati dai governi, non ultimo l’avvio delle infrastrutture, l’industria pare avviata verso un recupero graduale della produzione e del fatturato, che tuttavia è ancora insufficiente a garantire i livelli occupazionali precedenti alla crisi». La crisi economica come ha condizionato il comparto meccanico e quali principali difficoltà si è dovuto trovare ad affrontare il settore? «La crisi ha aggravato e stigmatizzato alcuni problemi endemici delle Pmi del comparto meccanico: la spietata concorrenza asiatica e l’iniqua pressione di leggi e regolamenti che, con i relativi costi, soffocano la nostra industria, e la


Verso l’internazionalizzazione

La Cina si è ormai trasformata in mercato di vendita di prodotto, e non solo più di acquisto a basso costo. Lo stesso vale per l’India

disparità di condizioni presenti anche all’interno dei paesi dell’Unione Europea. Il nostro settore si è trovato ad affrontare un crollo verticale degli ordinativi e, conseguentemente, dei livelli produttivi. La nostra azienda, attiva dal 1935, non ha mai vissuto prima d’ora esperienze simili. Tuttavia abbiamo mantenuto inalterati i livelli occupazionali, con un occhio verso le tematiche e la dimensione sociale dell’impresa. Siamo così riusciti a non fare ricorso agli ammortizzatori sociali».

+2,1% FATTURATO È la crescita prevista nei prossimi mesi per le Pmi italiane secondo l’Osservatorio Congiunturale di Fondazione Impresa

Nonostante il difficile scenario, la Ponti e Frigerio ha portato a termine gli investimenti programmati ed è riuscita addirittura ad ampliarsi. Come siete riusciti a raggiungere questi traguardi? «Giocando d’anticipo, investendo sulla diversificazione dell’offerta produttiva e andando a potenziare quei settori, ad esempio l’aeronautico, che hanno avvertito la crisi in ritardo. Ma sopratutto abbiamo puntato sulla “qualità” della clientela, investendo risorse nei settori premium del mercato, che garantiscono il rispetto dei termini contrattuali, primo fra tutti i pagamenti. Così i programmi di investimento sono stati confermati, abbiamo mantenuto un rating positivo con il sistema bancario e completato una nuova unità produttiva». Rispetto alla produzione, la vostra filosofia aziendale punta alla flessibilità. Trova che questo elemento sia il vero motore di crescita e sviluppo? «In un sistema post-globalizzato e controllato dai grandi gruppi multinazionali, la flessibilità e la capacità di modificare lo schema produttivo giocano un ruolo determinante. In questo siamo sempre stati all’avanguardia, non soltanto introducendo in anticipo nuove tecnologie, ma adeguando prontamente anche la mentalità e la struttura, sollevando così la clientela da determinati oneri progettuali, produttivi e logistici». Nel corso dei tanti anni di attività, quali evoluzioni ha subito il vostro mercato dal punto di vista della domanda? «La nostra filosofia aziendale ha sempre puntato sul prodotto singolo a piccola serie, evitando ❯❯ LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 157


L’INDUSTRIA MECCANICA

❯❯ così di cadere nelle logiche dei prodotti di massa a basso costo, oggi preda della concorrenza asiatica. Negli anni Novanta la globalizzazione e l’affermazione delle multinazionali, hanno portato il nostro business verso una forte internazionalizzazione, che rappresenta ormai oltre l’ottanta per cento del fatturato». Attualmente quali rami ricopre la vostra produzione? «Il settore principale è l’automotive. Nello spe158 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

cifico produciamo attrezzature speciali per centri di assistenza automobilistica. Si tratta di un settore che abbraccia una vasta tipologia di produzione meccanica, che richiede capacità, competenze, esperienza e tecnologia, nonché elevatissime performance in termini qualitativi e rispetto contrattuale. Altri settori fondamentali sono l’aeronautico e la costruzione di componenti speciali ad alta precisione per macchinari e impianti. Non ultimo è il settore ferroviario al quale ci siamo affacciati da qualche anno». Quali sono i vostri principali mercati di riferimento e quali quelli di maggiore interesse per il futuro? «È il mercato tedesco a dominare le nostre esportazioni. Per il futuro guardiamo al Medio Oriente, a nazioni come Siria, Libano, Giordania e Turchia, dove crediamo ci siano enormi


Verso l’internazionalizzazione

Per il futuro guardiamo al Medio Oriente, a nazioni come Siria, Libano, Giordania e Turchia, dove crediamo ci siano enormi potenzialità di crescita

potenzialità di crescita. Guardiamo poi con attenzione anche all’Estremo Oriente, Giappone e Corea del Sud in testa, paesi in cui organizzeremo a breve una missione esplorativa. Abbiamo, infine, consolidati rapporti con clienti statunitensi, anche se la frenata del dollaro e l’eccessivo rafforzamento dell’euro, hanno congelato il consolidamento della nostra presenza». Il vostro settore teme la concorrenza dei paesi produttori a basso costo? «Temiamo la concorrenza sleale, a prescindere dal paese di provenienza. Tale problema esiste anche dall’interno della Eu, dove le regole non vengono fatte rispettare in modo eguale. Temiamo l’incidenza degli enormi costi imposti da tale regole e dalla burocrazia, che stanno pian piano soffocando le Pmi. Confidiamo nel futuro, vista la sensibilità e l’attenzione mostrata dall’attuale Governo verso le tematiche della semplificazione legislativa in materia di lavoro». Quali opportunità può offrire l’internazionalizzazione? «Infinite. Probabilmente ci vorranno anni, ma il destino di questi mercati è la chiave della crescita globale: cogliere quest’opportunità è la grande sfida del nostro tempo. L’internazionalizzazione rappresenta non solo un’opportunità economica, ma anche culturale e storica, che bisogna saper cogliere senza timori. Questo implica un cambiamento nella mentalità delle Pmi, che devono essere pronte ad aggredire questi mercati, adeguando le già straordinarie capacità professionali, l’inventiva e l’estro ita-

In queste immagini altre fasi di lavorazione all’interno della Ponti e Frigerio. L’azienda si trova a Castelseprio (VA) www.pontifrigerio.com

liano, con le esigenze di flessibilità che arrivano da tali mercati». Obiettivi per il futuro? «Continuare a mostrare attenzione e reattività verso le nuove tecnologie. Attualmente guardiamo con estremo interesse allo sviluppo tanto atteso dell’energia nucleare e alla rapida espansione del mercato automotive in Oriente. L’acquisizione di Volvo da parte del colosso Geely, i numeri in costante crescita di Vag, Daimler e Bmw, confermano che la Cina si è ormai trasformata in mercato di vendita di prodotto, e non solo più di acquisto a basso costo. Lo stesso vale per l’India. Insomma, questi mercati sono maturi per trainare la crescita globale, anche dal punto di vista qualitativo». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 159


TRASPORTI

Mini-logistica La svolta nei trasporti Caricare, spostare, trasportare macchinari industriali, così come opere d’arte, implica la disponibilità di attrezzature e professionalità specializzate. Capaci di organizzarsi in maniera dinamica e di ricercare le soluzioni logistiche più innovative. L’esperienza di Gabriele Foltran Gianluca Monforte

Le immagini in queste pagine illustrano alcune aree della Foltran Trasporti di Novate Milanese (MI). Sotto, Gabriele Foltran www.foltrantrasporti.it

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a forza, l’audacia e il lavoro di squadra trasformano ogni attività in una realtà competitiva e resistente alle criticità del mercato. «La stretta cooperazione tra gli operatori aziendali permette di garantire un’estrema dinamicità nell’organizzazione delle prestazioni e la capacità di ricercare le soluzioni logistiche più innovative». Per Gabriele Foltran, titolare dell’azienda di trasporti specializzata in sollevamenti industriali, rinnovare i programmi, investire in tecnologia e avvalersi di uno staff giovane e qualificato significa affrontare e trarre benefici dai cambiamenti del mercato; una formula che alla Foltran si è rivelata vincente fin dal 1966. Quali sono oggi le soluzioni logistiche più innovative? «L’azienda sta ampliando una logistica per ogni tipo di macchinario, offrendo a ciascun cliente il ritiro, il ricovero in apposite aree e la riconsegna della merce secondo le modalità richieste e in tempi e orari in linea con le direttive di ogni singolo Paese. La Foltran dispone infatti di due magazzini

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per una superficie totale di circa 7.000 mq, entrambi provvisti di carroponte, situati nella cintura nord di Milano, a circa 3 Km dal nuovo Polo Fieristico RhoPero. Tale posizione privilegiata consente all’azienda di poter organizzare il deposito – di transito o a lungo termine – e la successiva preparazione dei macchinari per l’installazione degli stessi negli stand delle varie manifestazioni fieristiche che si susseguono nel corso dell’anno». Quali sono gli aspetti che caratterizzano i vostri mezzi? «Tutte le operazioni vengono eseguite con mezzi e attrezzature ecologiche e moderne. La società dispone infatti di un parco veicolare composto da autogru semoventi ecologiche fino a 70 Tons ed elettriche con portata fino a 40 Tons, di camion con gru che possono funzionare sia con motore diesel sia elettricamente e di carrelli elevatori elettrici con portata da 1,5 a 14 Tons. Tali mezzi sono pertanto partico-


Sollevamenti industriali

larmente adatti al loro utilizzo in ambienti interni e perfettamente in armonia con le più attuali disposizioni in materia di tematiche ambientali». Cosa comporta operare nell’ambito della mini-logistica? «La Foltran sta sviluppando il progetto di una mini-logistica, ossia la creazione di un polo di ricovero e riconsegna dei macchinari per evitare il transito dei TIR entro la cerchia della città. Altra specializzazione è costituita dall’estrazione, imballaggio e inserimento nei containers con fissaggio e rizzaggio di qual-

siasi tipo di macchinario in tutta Italia e nell’area UE e la conseguente spedizione degli stessi in tutto il mondo, via terra o via mare. La Foltran vuole offrire agli utenti un servizio totale di assistenza e movimentazione all’interno degli stabilimenti, avvalendosi di un’assistenza tecnica specializzata e in osservanza di tutte le più recenti normative in materia di sicurezza». Quali sono le specializzazioni della Foltran? «La Foltran è specializzata nel carico, trasporto, scarico, movimentazione, sopraelevazione e messa in loco di macchine grafiche, lito-cartotecniche, rotative a bobina e a foglio e macchinario industriale in generale. È una realtà presente sul mercato da ben 45 anni, periodo durante il quale l’azienda si è continuamente rinnovata nei programmi e negli investimenti tecnologici, anche grazie ad uno staff giovane, motivato e altamente qualificato, attento ai veloci cambiamenti che si verificano nel mercato». La Foltran si occupa anche del trasporto di opere d’arte «La delicatissima movimentazione di opere d’arte è il miglior esempio di come sia fondamentale raggiungere un perfetto connubio tra innovazione tecnologica e know-how professionale. Uno dei nostri successi è stato il trasporto vicino al velodromo di Torino del monumento dedicato alla memoria di Fausto Coppi, una scultura di bronzo alta quasi 10 metri. Abbiamo trasportato a Roma il Nuovo Altare del Pantheon, delle copie dei cavalli del Moro di Venezia e collaborato con la Triennale di Milano. Non mi abbandona però il desiderio di spostare il Cavallo di Leonardo da Vinci, di cui abbiamo eseguito l’assemblaggio e il posizionamento, dall’attuale sede, il vecchio galoppatoio di San Siro, all’ingresso dell’Expo 2015, quale simbolo del genio di Milano e dell’Italia. Chissà se questo sogno potrà mai essere realizzato».

45 ANNI

È il periodo di attività in cui la Foltran ha consolidato esperienza e specializzazione nel mercato dei trasporti nazionali ed esteri

10 METRI

È l’altezza della scultura in bronzo dedicata alla memoria di Fausto Coppi trasportata dalla Foltran vicino al velodromo di Torino

LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 167




DIRITTO DEL LAVORO

Q

uando riprenderà a crescere in maniera consistente il mercato del lavoro non è possibile stabilirlo con certezza. Quello che però è necessario, affinché la risalita avvenga in tempi brevi, è puntare a superare le carenze e i ritardi a livello burocratico, e, inoltre, creare una forza lavoro qualificata e competente. In merito a quest’ultimo aspetto occorre «instaurare un dialogo continuativo tra il mondo dell’istruzione e quello del lavoro», sottolinea l’avvocato Franco Toffoletto. L’Italia ha bisogno di modernizzarsi sotto tanti aspetti a partire dalla didattica, in quanto i giovani devono essere messi in grado di rapportarsi con metodologie e tecniche di apprendimento al passo con i tempi. Se l’istruzione deve cambiare, anche il mondo industriale deve fare i conti con una realtà in evoluzione. Fiat e Alitalia sono due esempi emblematici, alla luce dei quali «non ci si può più arroccare su posizioni conservative che non hanno giustificazione», spiega il giuslavorista. È necessario cambiare il modo in cui si svolgono L’avvocato Franco Toffoletto, senior partner dello studio le relazioni induToffoletto e Soci striali, prima di tutto, ad esempio, vanno riesaminate le regole della rappresentatività sindacale, che hanno bisogno di essere rese più certe. «Solo su queste basi si potranno fare delle previsioni anche a livello occupazionale» conclude Toffoletto. Torna a salire dopo due anni l'occupazione in Francia nel primo trimestre. Secondo i dati comunicati dall'Insee, 178 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

Migliorare per crescere Stop ai ritardi burocratici e favorire una forza lavoro qualificata. Senza tralasciare la questione delle relazioni industriali. Questa è la strada da intraprendere per rilanciare il mercato del lavoro secondo Franco Toffoletto Nike Giurlani

l'istituto nazionale di statistica, il numero degli occupati non agricoli è cresciuto di 23.900 unità nei primi tre mesi del 2010, pari a un incremento dello 0,2% su base trimestrale. Quando prevede una situazione analoga anche in Italia? «Al momento nessuno è in grado di stabile una data certa. Da più parti vengono registrati commenti che fanno ben sperare. La ripresa c’è, ma vengono continuamente lanciati segnali contrastanti ed è quindi difficile elaborare delle previsioni per il futuro. Certamente a Milano si possono già riscontrare risultati positivi, anche perché è una città economicamente forte, che ha mantenuto e mantiene rapporti molto solidi con le realtà di tutto il mondo». Quali i presupposti fondamentali? «Da un punto di vista giuslavoristico, nel nostro Paese si registra ancora una scarsa propensione agli investimenti perché ci sono dei fattori negativi che incidono pesantemente e limitano la capacità d’azione. Sto parlando dei problemi a livello burocratico che rallentano l’iter delle pratiche ed è, quindi, spesso difficile realizzare i progetti nei termini prefissati. Per i Paesi stranieri, che vogliono investire in Italia, sono dei procedimenti e delle modalità inaccettabili. Bisogna al più presto porre rimedio a questa situazione d’in-

8,4%

DISOCCUPAZIONE Il tasso di disoccupazione a luglio in Italia dall’Istat, stabile rispetto a giugno

+0,5% 2009

L’incremento del numero di disoccupati italiani in confronto al luglio 2009


Franco Toffoletto

Nel nostro Paese si utilizzano metodi di apprendimento ormai superati, bisogna puntare su sistemi più moderni e al passo con i tempi

certezza che non ci agevola sicuramente nei rapporti con l’estero, ma limita e scoraggia, ovviamente, anche gli investitori italiani». Il tasso di disoccupazione italiano si attesta all'8,4% nel mese di luglio. Secondo l'Istat, l’incremento del tasso si spiega soprattutto con un ritorno sul mercato del lavoro delle persone che hanno smesso di cercare lavoro perché frustrate dagli scarsi risultati ottenuti in precedenza. Lei condivide la posizione del ministro Sacconi, che vede nel calo degli inattivi un miglioramento delle condizioni di fondo del mercato del lavoro e i primi segnali di ripartenza dell’economia? «Sì, condivido la posizione del ministro Sacconi, certamente bisogna tenere presente che l’8,9% è un dato medio a livello nazionale e che nel nostro Paese ci sono differenze fra regione e regione molto consistenti. Passiamo da aree nelle quali la disoccupazione è inesistente, ad altre nelle quali, invece, si registrano dei tassi molto alti e allarmanti. Queste differenze vanno analizzate più approfonditamente ed è proprio da qui che occorre ripartire». Quali settori hanno retto meglio la crisi? «Sia per quanto riguarda i servizi che per il settore industriale, hanno reagito meglio le realtà più specialistiche. Ed, inoltre, le aziende che possono LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 179


DIRITTO DEL LAVORO

contare su una presenza commerciale a livello

mondiale. Non bisogna, infatti, sottovalutare le dimensioni delle aziende, realtà più piccole stanno reagendo con più difficoltà alla crisi rispetto a quelle più grosse ed economicamente più competitive». Quali saranno gli scenari occupazionali nel Sud Italia? «Nel Nord, e in particolare a Milano che è una città dinamica e che si relaziona continuamente con le principali capitali europee, ma anche con il resto del mondo, la crisi è stata avvertita in maniera meno pesante, rispetto ad altre Regioni. Quello che, però, è accaduto alla Fiat e all’Alitalia, rappresenta un monito ben chiaro. Alla luce di questi due esempi, emblematici, bisogna rendersi conto che il mondo è cambiato, non ci si può più arroccare su posizioni conservative, occorre attuare politiche moderne e innovative, in particolare modo per quello che concerne le relazioni industriali, come per esempio, nell’ambito del diritto sindacale. Bisognerebbe, infatti, introdurre delle regole di rappresentatività sindacale in grado di fornire più certezze. Solo su queste basi si potranno fare delle previsioni a livello occupazionale, anche per il Sud Italia». Una formazione più qualificata dei nostri giovani ritiene che sia uno strumento efficace per combattere la disoccupazione? «Ritengo che sia fondamentale. Occorre proprio puntare a migliorare il nostro sistema scolastico a tutti i livelli, dalla scuola primaria all’università, con una particolare attenzione alla didattica. Nel nostro Paese si utilizzano metodi di apprendimento ormai superati, bisogna, invece, puntare su sistemi più moderni e al passo con i tempi. Ma, soprattutto, devono rafforzarsi le collaborazioni e le sinergie tra il mondo dell’istruzione e quello del lavoro. Al momento quello che viene maggiormente avvertito è proprio questo gap tra la richiesta delle aziende e la disponibilità di personale qualificato in grado di ricoprire certi ruoli e determinate mansioni. Per sanare questa mancanza occorre che i nostri ragazzi siano messi in grado di seguire una formazione che apra loro le porte del mercato del lavoro, mentre, viceversa, in questo momento non è così. Occorre istaurare 180 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

56,9%

OCCUPATI Il tasso di occupazione rilevato dall’Istat a luglio 2010 in diminuzione rispetto a giugno di 0,1 punti percentuali e di 0,7 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente

un dialogo continuativo tra il mondo dell’istruzione e quello del lavoro. Solo attraverso lo scambio e la partecipazione di tutte le realtà in gioco possiamo crescere e migliorarci». La popolazione italiana è aumentata notevolmente anche per la forte presenza di immigrati. Come, questi ultimi, s’inseriscono nel nostro mercato del lavoro? Quali le conseguenze future? «In Italia, da tempo, assistiamo ad un grande paradosso. Da una parte viene registrata una forte disoccupazione per quanto concerne alcuni settori, dall’altro ci sono lavori che gli italiani si rifiutano di svolgere e, quindi, riscontriamo una carenza di personale. È vero, quindi, che gli immigrati hanno accentuato l’esigenza di creare nuovi posti di lavoro, ma è anche vero, che, al momento, sono proprio loro a svolgere quei lavori, bistrattati dagli italiani, che altrimenti resterebbero scoperti». Che cosa comporterà l’allungamento dell’età pensionabile per le donne anche in Italia? «Era un provvedimento inevitabile. Infatti, per l’Italia, era giunto il momento di adeguarsi agli altri Paesi europei, soprattutto, perché la norma in vigore fino a questo momento non aveva basi sulle quali poggiare la sua legittimità. Il tema dell’avanzamento femminile è più che altro un discorso culturale, l’essersi adeguati agli altri Paesi europei porterà sicuramente degli effetti positivi».



DIRITTO DEL LAVORO

La rivoluzione della politica salariale Gabriele Fava, uno dei più illustri giuslavoristi del Paese, parla del decentramento della contrattazione collettiva e degli effetti sulla produttività e sull’occupazione Nicolò Mulas Marcello

S

olo una gestione corretta della contrattazione collettiva a livello locale può portare risultati concreti. Come sostiene Gabriele Fava, tra i massimi esperti del diritto del lavoro, «solo la contrattazione aziendale può tenere conto delle condizioni del mercato del lavoro locale e, al tempo stesso, premiare incrementi di produttività». Per molti il nostro mercato del lavoro ha bisogno del decentramento della contrattazione per generare più occupazione al Sud. Si incentiva così una maggiore produttività del lavoro? «Il decentramento della contrattazione genera senza dubbio più occupazione al Sud, incentivando al contempo una maggiore produttività del lavoro. Attraverso lo strumento della contrattazione collettiva decentrata si permette, al contempo, al salario di essere più basso dove c'è carenza di lavoro e più alto dove mancano i lavoratori, nonché di premiare i miglioramenti della produttività del lavoro.In Italia, diversamente dagli altri paesi Ocse, i salari sono poco rispondenti alle condizioni del mercato del lavoro locale: non sono marcatamente più bassi nelle regioni ad alta disoccupazione rispetto a quelle più sviluppate. Inoltre, la componente delle retribuzioni legata alla produttività è molto contenuta (attorno al 3% del salario viene determinato con premi di produttività) e presente quasi solo nelle grandi imprese del Nord». Nel “piano triennale per il lavoro” del mi182 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

15,5% EURO

Tasso di disoccupazione della Puglia secondo i dati registrati a luglio 2010.

20 mld EURO

Gli investimenti Fiat previsti per l’Italia nei prossimi 6 anni

nistro Sacconi è previsto un fisco più leggero sulla parte del salario in base ad accordi territoriali o aziendali. Quali saranno gli effetti concreti? «La riduzione dell’aliquota sui redditi da lavoro prevista dal piano del ministro Sacconi consentirà di aumentare la produttività e gli utili delle società. Inoltre, si raggiungerà l’importante obiettivo di ottenere un incremento delle retribuzioni, diretto o indiretto, attraverso servizi integrativi e tutele aggiuntive di tipo promozionale. Gli sgravi fiscali riguarderanno, infatti, tutta o quasi tutta la categoria di operai e impiegati, in quanto nel 2011 si applicheranno ai redditi fino a 40mila euro annui, contro gli attuali 35mila, Si ricorda infine che l’elevata pressione fiscale in Italia favorisce la rendita e scoraggia il lavoro. Una riduzione dell’aliquota sui redditi da lavoro convincerà, pertanto, un maggior numero di persone a lavorare, aumentando così il numero dei contribuenti». C’è chi sostiene che il caso Melfi segnala il fallimento dell’esperienza dei contratti di programma. È così? «I contratti di programma sono strumenti che nascono per finanziare grandi investimenti indu-


Gabriele Fava

In Italia i salari sono poco rispondenti alle condizioni del mercato del lavoro locale: non sono marcatamente più bassi nelle regioni ad alta disoccupazione rispetto a quelle più sviluppate

striali privati in aree arretrate del Paese attraverso un accordo di tipo contrattuale, con cui la parte privata si impegna a un piano di investimenti concordato e la parte pubblica a sostenerne una parte del costo. Gli stabilimenti insediatisi a seguito dei finanziamenti dei contratti di programma hanno senza dubbio portato benessere e diffuso cultura industriale, dimostrando che tali istituti talvolta possono funzionare. Il caso Melfi rappresenta, tuttavia, un’esperienza fallimentare nell’utilizzo di questi strumenti, con conseguente spreco di denaro pubblico. L’applicazione dei contratti di programma al caso Melfi si è rivelata fallimentare perché negli accordi della Fiat non è previsto alcun aggiustamento per il costo della vita a livello locale. Un’alternativa all’utilizzo di tali istituti potrebbe essere legare il salario alle condizioni del mercato del lavoro mediante il ricorso a fattori automatici, come l’aggancio delle retribuzioni a indici regionali del costo della vita, o ridurre il prelievo fiscale e contributivo sui salari più bassi». Da qualche giorno l’Inps ha pubblicato le modalità operative che riguardano lo sgravio contributivo a favore della contrattazione collettiva. Quali sono le novità?

In alto, una manifestazione dei lavoratori davanti ai cancelli dello stabilimento Fiat di Melfi; a destra, il giuslavorista Gabriele Fava

«L’Inps ha pubblicato, con messaggio n° 21389 del 17/8/2010, le modalità operative per la fruizione dello sgravio contributivo a favore della contrattazione di secondo livello. Numerose sono le novità rispetto al “vecchio” regime di decontribuzione previsto dal decreto legge n. 67/1997 e abrogato a decorrere dal 1° gennaio 2008. Innanzitutto il “contingentamento delle risorse”: l’articolo 1, comma 67 della legge n. 247/2007 ha fissato un limite alle risorse disponibili al neo-istituito Fondo per il finanziamento degli sgravi e ha introdotto la procedura a domanda da parte delle imprese ai fini del monitoraggio della spesa. In secondo luogo è cambiata l'entità dello sgravio: si è passati infatti dal “vecchio sistema” di esclusione delle somme soggette a decontribuzione dalla retribuzione imponibile e pensionabile (con l’unico vincolo dell’assoggettamento alla contribuzione di solidarietà del 10%), all’attuale regime agevolativo che prevede, in sintesi, la riduzione sui contributi previdenziali dovuti dai datori di lavoro nella misura di 25 punti percentuali e l’esonero totale sulla quota del lavoratore. Inoltre le somme “sgravate” rientrano oggi nella retribuzione utile ai fini del calcolo della pensione». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 183


MODELLI ORGANIZZATIVI

Titolari e dipendenti garanti della sicurezza Il decreto 231 oltre a delineare le responsabilità relative agli infortuni sul lavoro, infonde un modello organizzativo di sicurezza basato sulla partecipazione condivisa e responsabile tra ogni soggetto interno alle aziende. A parlarne è l’avvocato Roberto Nuti Pierpaolo Marchese

I

l rapido riordino della normativa in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro è soprattutto dovuto, secondo l’avvocato Roberto Nuti, esperto in responsabilità penale d’impresa, alla sempre più accresciuta sensibilizzazione dell’opinione pubblica a seguito dei recenti eventi luttuosi che hanno colpito il mondo del lavoro. «L’emanazione del Testo Unico 81/2008 va sicuramente considerato uno sforzo di attento assemblaggio che, quantomeno, ha il pregio di raccogliere in un unico dettato normativo la più che frazionata e dispersiva normativa di sicurezza sul lavoro» spiega il legale di Milano. «Il nuovo impianto consente in concreto una maggiore propensione e incisività all’applicazione dei principi di prevenzione, atti a impedire l’insorgenza di situazioni pericolose, non solo dagli incidenti derivanti dalla disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili a negligenza e imprudenza». Si sono già raccolti risultati importanti a proposito? «Intanto il datore di lavoro è sempre responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore, sia quando omette di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente. È stato così accolto in pieno il più recente orientamento della Giurisprudenza della Suprema Corte che ha posto il datore di lavoro nella posizione di garanzia del184 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

l’obbligo di sicurezza». Ma se il datore è responsabile, tutti i lavoratori devono però essere coinvolti nel piano organizzativo. «Potremmo affermare che il Testo Unico introduce una nuova e più evoluta forma di partecipazione “sociale”. Si passa infatti di una responsabilità incentrata esclusivamente sulla causa dell’eventuale incidente sul lavoro con la conseguente responsabilità del datore di lavoro o di chi l’ha materialmente prodotto, a una sorta di responsabilità a cascata, che coinvolge sostanzialmente, anche se in forme e misure diverse, tutti i soggetti coinvolti. Dunque preposti, dirigenti e lavoratori». Soprattutto come si delinea il coinvolgimento di tutti i soggetti interni a un’azienda? «Tutti vengono coinvolti e responsabilizzati in

Roberto Nuti, penalista, all’interno del suo studio di Milano avv.robertonuti@tiscali.it


Responsabilità sul lavoro

COSA IMPLICA LA 231

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e sanzioni previste dalla 231 scattano in caso di commissione di alcuni determinati reati, tra cui la malversazione, la truffa aggravata, la frode informatica o l’indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, la concussione e la corruzione. Un’impresa rischia l’interdizione dall’esercizio dell’attività; la sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito; il divieto di contrarre con la Pa; l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi, sussidi o revoca di quelli concessi; il divieto di pubblicizzare beni o servizi. Per ciò che concerne le conseguenze per le società, «queste saranno ritenute responsabili per i reati commessi da soggetti in posizione apicale a meno che dimostrino di avere predisposto, prima della commissione del reato, modelli organizzativi, di gestione e di controllo idonei a prevenire reati della specie poi verificatasi o di avere istituito un organismo di controllo interno e autonomo, dotato di poteri di vigilanza».

Occorre un organismo interno che garantisca l’efficacia del modello e che sia dotato di piena autonomia nell’esercizio della supervisione e del potere disciplinare

quello che si potrebbe definire “metodo comportamentale”. In buona sostanza, infatti, tutti i dipendenti di un’azienda diventano parte, con ruoli differenti, nella gestione della sicurezza interna, con specifici compiti di verifica, controllo, riferimento ai soggetti maggiormente responsabili. Sono inoltre stati “istituzionalizzati” i doveri di aggiornamento e istruzione, di partecipazione dei dirigenti e dei preposti anche nelle attività di vigilanza. Parlare di un “metodo comportamentale” richiama immediatamente la capacità organizzativa e di prevenzione dei pericoli di una società. Simili presupposti sono stati inoltre la ratio del decreto 231/2001, il quale ha introdotto nel nostro sistema giuridico un concetto prima sconosciuto, quello della responsabilità penale delle persone giuridiche». Cosa cambia, soprattutto?

«In sintesi la 231 colpisce direttamente e con gravi sanzioni gli enti o le società per i fatti di reato posti in essere da amministratori, dirigenti e dipendenti nell’interesse o a vantaggio dell’ente stesso. Quindi, nel caso in cui l’illecito penale sia commesso per esclusivo vantaggio della persona fisica, la società sarà esente da addebiti». Dunque cosa devono fare innanzitutto le aziende e gli enti? «Adottare un modello di organizzazione, gestione e controllo caratterizzato da criteri di efficienza, praticabilità e funzionalità. Occorre un organismo interno che abbia compiti di iniziativa e di controllo sull’efficacia del modello e che sia dotato di piena autonomia nell’esercizio della supervisione e del potere disciplinare, predisponendo verifiche periodiche e aggiornamenti ai responsabili del modello di gestione e ai fruitori dello stesso. In ogni caso spetterà comunque al giudice penale la valutazione in merito alla rispondenza dei codici comportamentali adottati dall’azienda». E questo implica un profondo mutamento culturale. «L’impresa è chiamata ad acquisire coscienza che il grave fenomeno dell’infortunio deve essere debellato attraverso una crescente cultura della prevenzione, dell’informazione e del rispetto della normativa, che è sicuro strumento per l’attuazione di un sano e civile sviluppo dell’economia industriale».

1000 VITTIME

Questa la cifra relativa alle morti bianche avvenute nel corso del 2009 secondo i dati ufficiali dell’Inail. Rispetto al 2008 sono calati di oltre il 10% sia le morti che gli infortuni. Ma questo è anche dovuto a fenomeni come crisi e disoccupazione

LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 185


MODELLI ORGANIZZATIVI

Rischi penali per le Pmi Per non rischiare sanzioni penali, le piccole-medie imprese devono dotarsi di un opportuno modello organizzativo e di un codice etico che, sia per l’imprenditore che per i lavoratori, rappresentano un vero “paracadute”. L’analisi di Ilaria Li Vigni Adriana Zuccaro

I

n un Paese come l’Italia il cui tessuto economico è ricchissimo di micro, piccole e medie imprese, «il sistema penale di responsabilità d’impresa, cristallizzato nel D.lgs. 231 del 2001, inizialmente ha avuto difficoltà a essere applicato concretamente nelle aule di Tribunale: difficili le indagini, complessi gli accertamenti e molto dispendiosa l’attività istruttoria». Secondo quanto rilevato dall’avvocato Ilaria Li Vigni, esperta in diritto penale dell’economia, «negli ultimi anni, però, interessanti pronunce giurisprudenziali di merito hanno sancito la responsabilità d’impresa per i reati previsti dalla legge – fra gli altri, reati societari, reati contro la Pubblica Amministrazione, reati di falso, lesioni colpose con violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro – e irrogato pesanti sanzioni economiche alle società coinvolte». L’ampio resoconto dell’esperta mostra come i reati che ricadono sulla responsabilità aziendale siano spesso la conseguenza di «fatti di mera faciloneria». Quali sono le tipologie d’impresa che maggiormente rischiano di commettere illeciti penali? «Paradossalmente, sono proprio le piccolemedie imprese che più di altre rischiano la responsabilità penale ex D.Lgs. 231 del 2001 186 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

L’avvocato Ilaria Li Vigni, esperta in diritto penale dell’economia è anche componente della Commissione Pari Opportunità presso il Consiglio Nazionale Forense. Esercita a Milano ilaria.livigni@libero.it

perché prestano poca attenzione agli adempimenti che la legge richiede per andare esenti da responsabilità penale. Spesso poi, una gestione familiare un po’ paternalista, poco attenta agli adempimenti e ai mutamenti normativi, mette in difficoltà l’attività». Di recente il governo ha rivisto la legge sulla responsabilità penale delle imprese. Tra le novità di rilievo, l’inversione dell’onere della prova. Ritiene possa risultare efficace? «L’inversione dell’onere della prova, ora gravante sull’impresa, di aver adottato tutte le misure idonee a evitare la commissione dei reati “presupposto”, può, a mio avviso, rivelarsi una probatio


Il D.Lgs.231

diabolica molto rischiosa. Il modello organizzativo previsto dal d.lgs. 231 del 2001, infatti, per capillare che sia, non può entrare nello specifico di tutte le attività concrete per le quali può essere configurabile una responsabilità penale. Sarebbe sicuramente più utile, a livello special-preventivo, un’attività di indagine potenziata da parte delle Procure della Repubblica, unita ad attività di verifica e ispezione connesse ad esempio, alla normativa sulla sicurezza del lavoro». E la certificazione del modello organizzativo? «La sua applicazione, che protegge l’azienda dalle misure cautelari più gravi come l'interdizione dai rapporti con la Pubblica Amministrazione, può essere favorevolmente accolta. Basta che non si riveli un mero balzello burocratico, con inutile aggravio di costi per la società, ma un controllo di omogeneità e di legittimità dei documenti che la legge richiede e che spesso presentano caratteristiche assolutamente difformi a seconda dei luoghi e del professionista che li redige». Qual è il livello di coscienza da parte degli imprenditori sui rischi penali cui la società può incorrere? «Molto basso, direi. È indispensabile una capillare attività di informazione sull’effettività del D.Lgs. 231 del 2001 e sulle sanzioni irrogate, che possono arrivare a far serrare i battenti ad un’impresa. Occorre che questa attività informativa sia svolta dagli operatori del diritto, senza secondi fini, ma con l’unico scopo di aiutare l’imprenditore a svolgere al meglio il proprio lavoro, evitando alla società sanzioni economiche davvero dannose per il patrimonio aziendale e, aggiungerei, infamanti per il buon nome della società stessa». Quali sono i punti chiave del sistema sanzionatorio? «Le sanzioni pecuniarie previste dalla normativa vanno da un minimo di 25.820 euro a un massimo di 1.549.371 euro. Le sanzioni interdittive possono invece riguardare sia l’interdizione dall’esercizio dell’attività, la sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito, sia il di-

25.820 EURO È la sanzione pecuniaria minima prevista dalla legge per i responsabili di reati societari, reati contro la Pubblica Amministrazione, reati di falso, lesioni colpose con violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro, ecc. La sanzione massima è di 1.549.371 euro.

vieto di contrarre con la Pubblica Amministrazione, sia l’esclusione da agevolazioni o finanziamenti, contributi e revoca degli stessi, nonché il divieto di pubblicizzare beni e servizi. Le sanzioni interdittive hanno la durata non inferiore a un mese e non superiore a tre anni». Quali sono gli strumenti di tutela dei diritti degli imprenditori? «Ritengo che l’unico vero strumento di tutela per l’imprenditore sia rispettare la legge in tutti i suoi aggiornamenti, per capillari che siano. Così facendo, anche se inizialmente l’impresa si farà carico di costi aggiuntivi, gli stessi saranno sicuramente ammortizzati da un risparmio sanzionatorio. Per una società anche di piccole dimensioni, è assolutamente indispensabile dotarsi di un modello organizzativo e di un codice etico che, una volta redatti e aggiornati, rappresentano un vero “paracadute” per la società, sia con riguardo all’imprenditore, sia con riferimento ai collaboratori che avranno mansioni chiare e aree operative ben specifiche che garantiscono la serenità del rapporto di lavoro». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 187


RIPENSARE L’IMPRESA

Verso un nuovo modello di welfare Fare impresa non significa soltanto ricavare profitti, ma contribuire al benessere della società. È la base del concetto della responsabilità sociale d’impresa. L’analisi di Riccardo Bellocchio Gianluca Monforte

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ra gli interventi governativi atti a incoraggiare il mondo imprenditoriale, il ministro Sacconi ha di recente presentato il piano triennale per il lavoro in cui si evince la necessità di approfondire i principi della responsabilità sociale d’impresa e le modalità con le quali si costruiscono le imprese e i rapporti sociali all’interno delle stesse. «La responsabilità sociale dell’impresa, o più comunemente Csr, dall’acronimo inglese Corporate social responsability – spiega Riccardo Bellocchio, consulente del lavoro attivo nell’area milanese – rappresenta soprattutto per gli operatori delle Pmi, un buon approccio per ripensare il proprio ruolo e presentare soluzioni che possono risultare vincenti per uscire dalla crisi». Quale idea soggiace al concetto di responsabilità sociale d’impresa? «È soprattutto in periodo di crisi dove le imprese, e soprattutto le Pmi, più dinamiche e a stretto e quotidiano contatto con i problemi reali del fare impresa, cercano nuove strade e nuove possibilità per sviluppare il proprio business. L’approccio dettato dalla Csr già nel 2001 all’interno della strategia europea per l’occupazione, suggerisce innanzitutto che nel fare impresa non esiste solo il profitto o gli azionisti, ma l’impresa ha anche una responsabilità che va al di là del tradizionale obiettivo della ricerca del profitto». Non si rischia così di rimanere nell’astrattezza dell’etica economica?

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Riccardo Bellocchio svolge la professione di consulente del lavoro a Milano rbelloc@tin.it

«Non vedo questo rischio. La commissione Europea, per esempio, definisce socialmente responsabili le imprese che volontariamente integrano preoccupazioni sociali e ambientali nelle loro operazioni d’affari e nell’interazione con i loro stakeholder (portatori di interessi). Le imprese non sono costitute solamente dagli interessi contrapposti dei datori di lavoro e dei lavoratori ma, ogni impresa è concepita inizialmente come una comunità di persone che operano insieme pur tenendo presente, nel loro specifico ruolo, tutta la realtà che li circonda e non solo la massimizzazione del proprio interesse a tutti i costi. Occorre essere consapevoli del valore della responsabilità sociale e ripartire nell’azione quotidiana sapendo che nulla è dato per scontato».


Nuove responsabilità

Nel fare impresa non esiste solo il profitto o gli azionisti, ma anche una responsabilità che va oltre il tradizionale business

Qual è il principio che definisce la responsabilità sociale d’impresa? «Ci sono diverse nozioni di responsabilità sociale. Secondo quella neoclassica l’unica responsabilità sociale dell’impresa è di creare profitti e di prendere decisioni sempre coerenti con l’obiettivo dei proprietari azionisti, perché tutti gli operatori servono l’interesse generale, se pure perseguendo il proprio. Quella strategica definisce la responsabilità sociale già insita nel fare business perché fonte di vantaggi competitivi. Infine vi è la responsabilità sociale che può definirsi etica, dove le azioni di tutti i componenti dell’impresa sono prese considerando non solo i benefici che l’impresa può ricavarne, ma le conseguenze positive che ne derivano per la società. Questo tipo di ap-

2.600

IMPRENDITORI Sono i titolari di piccola impresa che hanno meno di 20 anni in Italia. Per concentrazione, la Lombardia è al secondo posto con un 13,4 % dopo la Campania

proccio modifica anche l’uso degli strumenti operativi come ad esempio la scelta di utilizzare la cassa integrazione o i contratti di solidarietà». Quale può essere il ruolo delle istituzioni e delle organizzazioni sociali nell’affrontare le varie situazioni di crisi? «Innanzitutto favorire l’incontro e il dialogo tra i vari operatori. I consulenti del lavoro per esempio, già dal congresso nazionale del 2003, hanno sottoscritto un protocollo per la diffusione e la misurazione della Csr soprattutto nella piccola e media impresa. Anche il piano triennale del Governo si muove in questa direzione. Occorre quindi favorire lo sviluppo di realtà che possano costituire esempi positivi di sviluppo industriale. Il primo cambiamento deve avvenire proprio all’interno dell’impresa, nei rapporti tra lavoratori e imprenditori. La risposta ai problemi strutturali di un’economia, infatti, non è solo legata agli strumenti tecnici ma il più delle volte proprio da un nuovo modo di affrontare la stessa realtà. La responsabilità sociale delle imprese attuata volontariamente, può aiutare a porre le basi per un’azione economica che porti a uno sviluppo pienamente consapevole di tutti i fattori in gioco». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 189


VERSO L’ESTERO

Il mercato europeo ancora da esplorare Le nuove opportunità di investimento per le imprese all’estero necessitano della giusta valutazione e attenzione da parte dei consulenti legali. L’avvocato Stefano Sutti analizza necessità ed esigenze delle aziende nei nuovi mercati europei Ezio Petrillo a globalizzazione dei mercati ha spinto le imprese italiane a delocalizzare. I motivi sono diversi. Dalla fiscalità favorevole al contenimento del costo del lavoro fino a semplici esigenze di allargamento delle proprie produzioni. Nonostante la crescita esponenziale di alcune realtà dell’estremo Oriente o del Brasile, l’Europa rimane ancora una terra “appetibile” di investimenti per le nostre aziende. In quest’ottica garantire un supporto legale adeguato alle imprese con sedi all’estero, è, oggi più che mai, una necessità. Ne parla Stefano Sutti. Alla luce della crescita esponenziale di mercati come la Cina e l’India, l’Europa rimane ancora un territorio di “conquista” per le imprese italiane? «In realtà, esistono ancora spazi immensi di intervento legati alla integrazione tuttora in corso dei mercati dell’Europa orientale con quelli della vecchia Comunità economica europea. A cominciare naturalmente dalla naturale vocazione

L In basso, Stefano Sutti, managing partner dello Studio legale Sutti

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delle imprese italiane per l’area balcanica, per finire con la Russia e gli altri paesi europei della Csi che costituiscono sempre più partner commerciali strategici per il nostro paese. Questi territori che un tempo appartenevano al cosiddetto “secondo mondo” , presentano opportunità notevoli di investimento per le aziende, in particolare sotto la veste di joint-venture. Costituiscono, inoltre, mercati di sbocco per le imprese, attraverso la stipulazione di contratti di distribuzione o agenzia, o ancora indirettamente attraverso contratti di licenza di know-how o brand, anch’essi molto appetibili per tali Paesi». Quali sono i paesi europei che attirano maggiormente gli investitori italiani? «I Balcani restano, in fondo, per l’Italia, quello che, ad esempio, l’Estonia può rappresentare per la Finlandia. Tra i Paesi dell’area dell’est Europa, la Romania rimane sicuramente la terra più “fertile” per gli imprenditori italiani, ma, per talune tipologie di investimento, la Bulgaria può essere una destinazione migliore. Naturalmente gli stessi paesi dell’ex Jugoslavia destano un interesse crescente, soprattutto la Serbia». Fiscalità, infrastrutture, possibilità di investimenti. Quali i motivi che spingono gli imprenditori a de-localizzare nel resto dell’Europa? «A parte la tradizionale leva del differenziale del costo di manodopera, vengono oggi in


Stefano Sutti

La consulenza di uno studio legale internazionale deve puntare, alla ricerca dell'eccellenza nella capacità di affrontare in modo aggressivo ed efficace le controversie oltre confine

conto altri fattori, quali l’esigenza di allargare la base produttiva, di approfittare di regimi fiscali favorevoli come nel caso della Serbia e di mettere a frutto gli “intangible asset” aziendali come, in particolare, proprietà intellettuale e know how anche al di fuori del nostro paese. Mentre realtà lontane e non sempre facili da “esplorare” come la Cina, l’India o il Vietnam restano in cima all’agenda di molte grandi società italiane; un’azienda invece di media grandezza può ritrovare più facilmente opportunità di investimento praticamente dietro l’angolo, con notevole alleggerimento delle difficoltà legate ai gap di ordine legale, culturale e linguistico». Qual è il paese europeo che disciplina meglio gli aiuti alle imprese nei periodi di crisi? «Nella nostra esperienza, la Germania

esprime la migliore politica industriale in questo senso». Quali sono le richieste più frequenti di supporto legale, che vi giungono dalle imprese italiane nel resto d’Europa? «La consulenza legale di uno studio legale internazionale deve puntare, essenzialmente, alla ricerca dell'eccellenza nella capacità di affrontare in modo aggressivo ed efficace le controversie oltre confine, anche quando coinvolgono paesi europei che hanno, a ragione o torto, la reputazione di essere “non semplici” dal punto di vista legale ed economico. Questo sia per quel che riguarda il recupero crediti e le dispute in materia contrattuale o societaria, sia per ciò che concerne le vertenze in materia di brevetti, marchi o modelli. Per il lavoro attinente alla sfera del non contenzioso, spesso, specie nel caso di aziende di limitate dimensioni, ci ritroviamo ad accompagnarle lungo tutto il percorso che conduce alla creazione di una filiale o di una società controllata sul posto. Dallo studio di fattibilità iniziale, sino alla stipula di un contratto collettivo aziendale, con le risorse umane locali. In altri casi, si tratta, invece, di rappresentare l'azienda italiana nell'acquisizione di una partecipazione di controllo in un'impresa locale preesistente, oppure di assisterla nella stipulazione di contratti di appalto, distribuzione o licenza». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 191


VERSO L’ESTERO

India, non solo manodopera ma know how e ricerca Il supporto necessario per investire in un mercato competitivo e consolidato come quello indiano e le continue modifiche alle normative in materia fiscale, non rendono semplice il lavoro degli imprenditori italiani. Il punto di Marco Padovan Ezio Petrillo

n mercato maturo e pienamente sviluppato. Stiamo parlando dell’India, che negli ultimi dieci anni, ha vissuto una fase di crescita notevole portando il Paese a recitare non più una parte da comprimario nell’economia mondiale, ma da protagonista affermato. Le nostre imprese che decidono di puntare verso Oriente, si trovano di fronte a una realtà distante dalla nostra dal punto di vista culturale, legale e fiscale. L’India è uno dei principali mercati mondiali emergenti. Cosa spinge gli imprenditori italiani a delocalizzare in questo Paese? «Con una battuta potremmo dire che l’India è un mercato non più emergente, ma ben emerso. E così va considerato per non sbagliare la prospettiva. Questo Paese ha raggiunto da tempo un alto grado di specializzazione tecnologica e scientifica nel settore industriale e in quello dei servizi ad alta tecnologia. Information technology, biotecnologie, farmaceutica hanno raggiunto livelli di avanguardia mondiale. Andare in India non vuol dire banalmente approfittare del costo contenuto della manodopera, ma significa soprattutto avere accesso a notevoli competenze professionali e tecniche nella fase produttiva, e a mercati

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di consumo nella fase della commercializzazione. Quello indiano è un mercato dei capitali maturo, sviluppato, dinamico e stabile. In sostanza, chi investe in India non lo fa più perché vuole produrre qualcosa da reimportare in Italia per rivenderlo, ma spera di ritagliarsi un ruolo in quel mercato non come un “colonizzatore”, ma come un “immigrato”. Questa è l’immagine più corretta per definire i nuovi flussi di investimento diretti all’estero. I mercati indiani sono dinamici, a differenza del nostro che è per lo più statico. Dal lato indiano si fanno notevoli sforzi per offrire sistematicità e trasparenza al quadro regolamentare e normativo al fine di incentivare gli investimenti stranieri come, ad esempio, la promozione dei Foreign Direct Investments, che costituisce parte integrante della politica economica indiana». Quali sono le aree di intervento e in cosa consiste nella pratica il supporto legale alle aziende italiane che scelgono di investire in India? «Quando un’impresa decide di affacciarsi verso una realtà come l’India, che ha una dimensione gigantesca rispetto alla nostra e che è anche abbastanza lontana dalla nostra cultura, ha bisogno di sostegno notevole. Quindi ci troviamo ad aiutarle già con i primi rudimenti di diritto commerciale e societario fino alla negoziazione e alla redazione della contrattualistica, all’assistenza nella costituzione delle diverse forme di società commerciale o di joint venture, nella rea-


Nella mentalità indiana la gestione amministrativa e contabile è attività molto meno importante di quanto lo sia per la nostra

lizzazione di operazioni di acquisizione, fusione e scissione quando l’investimento diventa importante. Allo stesso tempo, è richiesta assistenza in materia bancaria e finanziaria anche sotto il profilo del contenzioso, di frequente rilievo anche in materia di violazioni in tema di diritto industriale. Si tenga presente che il sistema legale indiano è più farraginoso del nostro e un’assistenza attenta è necessaria, nonostante gli interventi legislativi in corso in questi ultimi tempi, per far sì che la scelta di investimento sia coronata da successo e non si areni in una palude burocratica. Se poi ci si confronta sul terreno del contenzioso, civile o amministrativo, occorre fare i conti con un sistema giudiziario di stampo anglosassone, che, però, ancora non si è adeguato al passo dell’economia». Quali sono gli elementi del diritto indiano ancora da migliorare a suo avviso? «Le materie societarie e fiscali, di chiaro interesse per l’investitore straniero presentano ancora degli aspetti da migliorare. Il diritto societario in-

diano esige una sistematizzazione aggiornata: la A sinistra, Marco Padovan, disciplina è attualmente contenuta nell’ormai fondatore dello studio risalente Companies Act del 1956. La normativa legale internazionale Padovan fiscale è oggetto di continua evoluzione con riferimento sia alle imposte indirette che dirette. Il 27 agosto scorso è stato approvato dal Consiglio dei ministri, il codice delle imposte dirette, ora in attesa di adozione da parte del Parlamento. Stabilità e razionalizzazione del sistema della tassazione diretta possono rappresentare un forte incentivo a favore degli investitori istituzionali stranieri. Nel sistema della tassazione indiretta l’introduzione dell’Iva ha rappresentato la riforma fiscale più significativa a livello centrale, pur riflettendo una dialettica di diverse esigenze, quali l’uniformità regolamentare a livello centrale e, nel contempo, la flessibilità in ragione dell’autonomia dei singoli Stati. È attualmente è in via di adozione un testo unico sulla tassazione uniforme di beni e servizi (Goods and services tax). Un altro intervento di sicuro necessario è quello sull’apparato giudiziario, che áá LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 193


VERSO L’ESTERO

Le imprese chiedono supporto in materia bancaria sotto il profilo del contenzioso, di frequente rilievo in materia di violazioni in tema di diritto industriale

áá ha bisogno di investimenti per la specializzazione della magistratura e per l’accesso alla giustizia. Per non parlare del sistema penale, che per fortuna interessa poco gli investitori italiani, ma che richiede nondimeno una radicale riforma» La fiscalità in India. Quali le differenze sostanziali con l’Italia? «Sia l’Italia che l’India sono due Stati a fiscalità ordinaria e certo non preferenziale. L’India non è un paradiso fiscale e non ambisce a esserlo. Di conseguenza non vi sono differenze strutturali importanti. Le differenze ravvisabili sono la diversa forma dello Stato, federale in India e unitaria in Italia, per cui l’autorità impositiva è condivisa tra lo Stato centrale e i singoli stati, che possono creare “microambienti” più o meno favorevoli all’impresa ovvero di natura “culturale”. Nella mentalità indiana la gestione amministrativa e contabile è attività molto meno importante di quanto lo sia per la nostra, per cui la qualità della reportistica contabile e fiscale è, di media, molto bassa. Le imprese italiane che fanno affari in India risentono for194 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

temente di questo problema. Una differenza non strutturale, ma che ha avuto notevoli implicazioni pratiche, è la recente modifica dell’Income tax act del 1961. Al fine di recepire la legge finanziaria del 2009, è stato introdotto l’obbligo, a far data dal 1 aprile 2010, per le persone fisiche e giuridiche che percepiscono da una entità indiana un importo soggetto a ritenuta d’acconto, di presentare istanza e ottenere dal ministero delle Finanze un Permanent account number (Pan). La responsabilità dell’ottenimento del Pan incombe sul soggetto straniero; in mancanza di questo, dal 1 aprile 2010, la ritenuta che il soggetto indiano applicherà sarà maggiorata rispetto a quella applicabile in caso vi sia il Pan». Qual è la legge vigente che disciplina la situazione delle imprese in crisi in India? «La materia, attualmente regolata da una normativa specifica contenuta nella legge sulla crisi delle imprese industriali del 1985, è destinata a essere razionalizzata e disciplinata in forma sistematica dalla riforma del diritto societario».



INVESTIMENTI ALL’ESTERO

Perché investire su Madeira Aumentano le società insidiate nella zona franca industriale di Madeira. Ma sulle agevolazioni fiscali ottenibili in questa regione autonoma del Portogallo, è giusto fare chiarezza. A parlarne è l’avvocato Daria Pesce Sergio Moretti

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ai come in questi mesi, l’attenzione riposta verso i Paesi a regime fiscale agevolato è sorprendentemente alta. Il fisco, sotto il peso della crisi, ha certamente aumentato i controlli e le verifiche per recuperare capitali sommersi. Ed è recente il caso di alcuni imprenditori abruzzesi finiti nel mirino della Guardia di Finanza, accusati della creazione di alcune società ad hoc sull’isola di Madeira, in Portogallo, messe in piedi, pare, con lo scopo di evadere le imposte sui redditi in Italia. Al di là dei casi di cronaca giudiziaria, occorre fare chiarezza sulle normative vigenti sull’isola, anche perché, rispettando le leggi ed evitando operazioni illecite, può rappresentare un ottimo canale di sviluppo per numerosi imprenditori italiani. A parlarne è un’esperta del settore, l’avvocato Daria Pesce, nota anche per il suo ruolo come console proprio sul territorio portoghese. «Innanzitutto occorre fare una premessa. Madeira è regione autonoma e zona franca del Portogallo. Nel 1986 l’Ue e il Portogallo firmarono una serie di accordi per regolamentare il nuovo territorio all’interno dell’Unione: in particolare venne stabilita in 25 anni la durata

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delle agevolazioni e, quindi, la scadenza è al 31 dicembre 2011. In ogni caso, le società con licenza rilasciata nella zona franca di Madeira devono rispettare la normativa ci- L’avvocato Daria Pesce, esperta vilistica e fiscale portoghese, con in diritto internazionale, nel suo studio di Milano applicazione dei trattati e delle conven- info@avvocatodariapesce.it zioni stipulate dal governo di Lisbona. Possono usufruire dell’agevolazione fiscale fino al 31 dicembre 2011 le società localizzate nella zona franca industriale; le società, autorizzate, che hanno per attività il trasporto marittimo, in relazione alle entrate provenienti dalla sopra menzionata attività, eccetto le entrate relative al trasporto di passeggeri o al carico nei porti nazionali; gli istituti di credito e le compagnie finanziarie, in relazione alle entrate delle loro rispettive attività». Stiamo parlando di un alto numero di società?


Agevolazioni

BANCHE E FINANZIARIE: ECCO I LIMITI A CUI DEVONO SOTTOSTARE

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ono diverse le limitazioni poste a banche e finanziarie per beneficiare delle agevolazioni dell’isola di Madeira, come spiega l’avvocato Daria Pesce: «Non devono porre in essere transazioni commerciali con soggetti residenti nel territorio portoghese o con “organizzazioni ivi situate”. I profitti delle società non finanziarie o creditrici sono soggetti dal 1° gennaio 2001 al 31 dicembre 2011, se sono realizzate le condizioni necessarie per usufruire dei benefici della zona franca di Madeira, con la percentuale dell’1% se sono state licenziate durante il 2001 o il 2002, del 2% se sono state licenziate nel 2003 o 2004, del 3% se sono state licenziate nel 2005 o nel 2006. I profitti delle istituzioni creditizie e delle società finanziarie sono soggetti a tassazione dal 1° gennaio 2001 al 31 dicembre 2011 con la percentuale del 7,5% se sono state licenziate durante il 2001 o 2002, del 10% se sono state licenziate nel 2003 o 2004 e del 12,5% quelle licenziate nel 2005 o 2006. I profitti o dividendi ricevuti dall’amministrazione di partecipazioni societarie licenziate negli anni dal 2001 al 2006 devono essere tassate alle percentuali dell’1%, del 2%, e del 3%. Le società licenziate dopo il 1° gennaio 2001 nella zona industriale e quelle licenziate dopo questa data proseguono l’attività di trasporto marittimo e continuano a godere dell’esenzione totale. Le società industriali insediate nella zona franca industriale (Zfi) a 30 chilometri da Funchal sono esentate dalle tasse sul reddito e da quelle sulle plusvalenze, eccettuate la transazioni con imprese residenti nel resto del Portogallo».

«Un gran numero di società estere si sono insediate nella Zfi e sono attive in vari settori: la trasformazione di prodotti alimentari, del tabacco, la metallurgia e la trasformazione di prodotti petroliferi. Merci e materiali grezzi importati nella Zfi non sono soggetti a dazi d’importazione e le manifatture esportate dalla zona sono esenti da dazi nella Ue. Ovviamente le agevolazioni fiscali di cui gode Madeira hanno incentivato parecchi imprenditori, che tendevano ad abbattere gli utili delle proprie attività, alla creazione di società fittizie all’estero rendendo così possibile l’evasione fiscale». Il suo impegno come console in Portogallo l’ha certamente messa a contatto con le problematiche e le peculiarità del sistema di Madeira. Quali sono, a suo giudizio, le criticità maggiori su cui occorre intervenire? «Il sistema fiscale di Madeira consente particolari vantaggi in quanto nell’effettiva operatività da parte degli imprenditori, oltre a facilitare lo sviluppo dell’isola, comporta per gli stessi una valida alternativa alla Cina. Ovviamente eventuali illeciti, in caso di costituzione di società fittizie aventi solo lo scopo di evadere il fisco, andranno accertati da parte delle au-

torità portoghesi in collaborazione con quelle italiane per far sì che cessi la fuga illegale all’estero. Il regime fiscale dell’isola è comunque utile anche al Portogallo, non avendo particolari criticità, in quanto suscettibile di sviluppare l’economia nazionale, sempre che le aziende create nell’isola siano effettive e non fittizie». A seguito della crisi mondiale trova che le leggi e le regolamentazioni tributarie, nazionali e internazionali, necessitino di una complessiva rivalutazione? «Naturalmente. Le regolamentazioni tributarie in vigore presso ogni singola nazione dovrebbero essere sempre più simili a quelle internazionali, rendendosi necessaria una normativa in materia fiscale che consenta un effettivo coordinamento fra gli Stati». Lo scudo fiscale e la riforma varata da Tremonti quali effetti hanno avuto sugli investimenti? «Lo scudo ha avuto pochi effetti economicamente dannosi nell’isola di Madeira. Ciò nonostante la manovra Tremonti relativa allo scudo e alla caccia agli evasori è encomiabile e giusta. È quindi corretto investire a Madeira in attività non speculative. L’imprenditore italiano non se ne pentirà». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 197


INVESTIMENTI ALL’ESTERO

Delocalizzare conviene? Ci sono paesi che si prestano alla delocalizzazione e altri da cui conviene stare lontani se non si vuole rischiare di essere scippati del proprio patrimonio industriale. La lucida analisi di Marco Carbone che, controcorrente, spiega perché Cina e Romania sono sempre più falsi miti Aldo Mosca

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a crisi ha rimesso in discussione la politica industriale dell’ultimo decennio». Inizia così l’analisi di Marco Carbone. L’esperto in tematiche imprenditoriali è abituato a scrutare la Pmi italiana. E lo fa da un punto di osservazione privilegiato. Carbone, infatti, è fondatore e ispiratore di Andromeda, una società riferimento per numerose aziende lombarde, emiliane e venete, relativamente all’ambito della redazione bilanci, della gestione fiscale, amministrativa e organizzativa. Partendo dall’area industriale di Brescia, dove i professionisti del gruppo hanno la loro sede, la struttura ha potuto seguire da vicino l’evolversi della realtà produttiva del Nord Italia anche nelle dinamiche di sviluppo internazionale, su cui Carbone pone l’accento. Ma perché l’ultimo biennio segna una traccia indelebile nella nostra cultura economica? «Ci si è resi conto dell’importanza di una struttura industriale flessibile e della necessità di patrimonializzare le imprese, dipendendo solo in parte e sempre meno dal sistema bancario». Insomma, vanno demoliti dei dogmi dell’economia occidentale. «Ci si è resi conto che determinati livelli produttivi sono esuberanti per le possibilità dei consumatori e per le risorse a disposizione del pia-

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neta. Si è capito che la produzione deve avere dei limiti, che non si può pensare di produrre e vendere sempre di più per coprire gli impegni finanziari assunti». Quali sono attualmente i vantaggi più evidenti e i rischi più pericolosi per le imprese che puntano A lato Marco Carbone, fondatore della Andromeda Srl. La società ha corrispondenti all’estero? e legami professionali nelle principali «Le nostre aziende sono legate realtà economiche internazionali www.andromedasas.it al territorio, all’immagine di marcocarbone@andromedasas.it qualità che noi Italiani sappiamo infondere, non dobbiamo quindi correre il rischio di trasferire altrove queste capacità. Ma in alcuni Paesi è praticamente impossibile difendere i propri prodotti da imitazioni. Nonostante questo aspetto sia fondamentale produrre


Rischi e opportunità

a costi inferiori affinché le imprese possano competere sul piano globale. Inoltre la presenza all’estero delle nostre imprese consente di aprire nuovi mercati, nuove aree di vendita con trend di sviluppo ben superiori a quelli Europei». Su quali mercati suggerirebbe di investire e su quali, invece, invita alla prudenza? «Dipende innanzitutto dalle esigenze della società in questione. Se sono legate alla produzione sconsiglierei di ricorrere al mercato cinese, che si è dimostrato in grado di produrre a costi irrisosi, ma ha anche creato concorrenti agguerriti verso i quali non esiste arma di difesa al di fuori della Comunità Europea. Oggi è forse più opportuno rivalutare, per la produzione, aree come la Serbia, la Croazia, il Montenegro, l’Albania e la Polonia. Per le produzioni legate al tessile suggerirei i Paesi dell’Indocina come il Vietnam e la Cambogia. Al tempo stesso, invece, avanzo alcune perplessità sulla Romania». Eppure molti imprenditori la scelgono. «Vero. Ma occorre prestare la massima attenzione alle persone coinvolte nel Paese scelto, le quali hanno spesso perseguito interessi contrastanti da quelli delle nostre imprese. Se l’obbiettivo è presenziare in aree geografiche in espansione consiglierei il Brasile e l’India, che avranno indici di crescita inarrestabili nei prossimi anni. Per fare investimenti non occorre andare lontano, penserei alla Libia, che potrebbe avere nei prossimi anni uno sviluppo turistico importante». In che modo il suo intervento professionale si rivela strategico nell’ambito di queste operazioni? «Appoggiarsi a professionisti è fondamentale. Consente di appropriarsi dell’esperienza fatta negli anni da chi ha operato in quei mercati. Corrispondenti fidati, reti di professionisti che sanno come e dove mettere mano per ottenere permessi e reperire personale, costruzione dei rapporti bancari. Non meno importante è l’aspetto giuridico e contrattualistico, perché non si può andare

L’EUROPA NON SIA DI OSTACOLO

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L’Ue non fa altro che allontanare le imprese di produzione dal proprio territorio inventando giorno dopo giorno leggi e regolamenti che le nazioni aderenti devono recepire e che imbrigliano le aziende costrette a compilare montagne di documenti inutili» è diretta la critica che Marco Carbone rivolge all’Europa. «Paradossalmente sono anni che non si fa altro che spingere le imprese a localizzarsi in altre aree geografiche. Noi italiani in passato abbiamo fatto di peggio, situazioni sindacali assurde, sistema giudiziario inefficiente, mancanza di sviluppo di infrastrutture e gravissima carenza energetica. Alcune società non hanno potuto implementare gli impianti produttivi per impossibilità dell’approvvigionamento energetico e hanno dovuto riparare all’estero. Bisogna rendersi conto che le imprese sono il nostro motore e occorre cambiare mentalità. Purtroppo l’opera positiva dell’attuale governo è compressa dalle continue nuove regole comunitarie che rendono impari la competizione produttiva con le società che operano in altri Paesi».

È necessario che l’imprenditore capisca le regole del mercato in cui giunge. Alcune realtà non perdonano, altre semplicemente consumano risorse

all’estero pensando di ripetere quanto fatto in Italia. Ogni Paese ha realtà proprie e richiede specifiche soluzioni. In molte nazioni la stretta di mano non conta nulla e un cavillo legale può rovinare un’impresa senza alcuno scrupolo. È importante quindi che l’azienda si faccia accompagnare sia nella fase di scelta della nazione, sia in fase di start up dell’unità operativa nel luogo prescelto». Qual è l’errore che l’imprenditore italiano commette più frequentemente? «Pensare che il proprio prodotto sia il migliore, irripetibile. Oggi non è più così. Il mercato raramente premia i prodotti migliori dal punto di vista tecnologico e qualitativo, aspetti commerciali, distributivi e di prezzo hanno rilevanza determinante. È necessario quindi che l’imprenditore capisca le regole del mercato in cui giunge. Alcuni mercati non perdonano, altri consumano le risorse e se non si controlla l’operato attentamente ci si ritrova senza nulla e con un concorrente in più, magari nato all’interno della propria impresa».

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MERCATI ASIATICI

L’Estremo Oriente da fabbrica a mercato All’alba della ripresa economica il Sole sorge a Est. Problemi e prospettive dal mondo del lavoro, in un’ottica che non può rimanere ristretta al nostro Paese, ma si espande soprattutto verso i mercati asiatici. L’analisi di Massimo Lupi Belinda Pagano

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L’avvocato Massimo Lupi dello studio legale Lupi & Associati di Milano www.lupieassociati.com

tupisce lo spaesamento di analisti e imprenditori che non riescono a individuare ricette e rimedi per fronteggiare Cina e le Tigri Asiatiche. «Eppure, dal ‘56 al ‘64 la Cina siamo stati noi», osserva Massimo Lupi, name partner e socio fondatore di Lupi & Associati «e la ricetta non pare che sia cambiata. Chi vuol fare il “cinese” usa le stesse vecchie armi: economia semi-sommersa e bassi salari». Inoltre abbiamo subito senza sconti gli effetti della crisi economica. «Da molto tempo eravamo in grado di produrre più di quanto ci servisse». La recessione ha drammaticamente frenato i consumi, e ciò ha provocato in modo pressoché automatico il taglio dei posti di lavoro. «Negli ultimi due anni è notevolmente cresciuto il ricorso a strumenti di sostegno del reddito e si è intensificato il contenzioso legato ai rapporti di lavoro. Ma la situazione è resa ancor più difficoltosa dalla scarsa liquidità con cui le imprese italiane si trovano a dover fare i conti. D’altra parte, il lavoratore che cessa di essere lavoratore cessa anche di essere consumatore». Ma, secondo Massimo Lupi, rimangono opportunità internazionali da cogliere. Quali sono i settori

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maggiormente colpiti dalla recessione? «Assistiamo nell’ambito del diritto del lavoro svariati settori di attività; in modo più specifico società farmaceutiche, finanziarie parabancarie, leasing e factoring, e innumerevoli imprenditori commerciali. Il farmaceutico è il settore che ha retto meglio alla crisi, ma è stato oggetto di interventi governativi particolarmente duri sul fronte dei prezzi finali. La finanza parabancaria opera con una clientela più a rischio e talvolta fa da volano alle banche azioniste per la crescita nei momenti buoni, per assolvere poi la funzione di ammortizzatore dei rischi nei momenti di crisi. In particolare per chi opera nel leasing e nel factoring, la crisi si è manifestata prevalentemente in termini di aumento degli insoluti e quindi del contenzioso per il recupero dei finanziamenti concessi soprattutto alle piccole-medie imprese». Nel breve periodo si intravedono possibilità di miglioramento per il mercato del lavoro? «La situazione è statica, e anche se da qualche settore giungono segnali di ripresa economica, si tratta, nella migliore delle ipotesi, della cosiddetta crescita senza lavoro. Abbiamo dato vita, nel decennio che si chiude, ad una decina di nuove forme di lavoro, allargando sempre più le maglie, convinti che l’unica soluzione fosse la precarizzazione di quanti più lavoratori possibile, ma ciò significa fare una gara con i Paesi emergenti, già persa in partenza. Con l’ulteriore danno derivante dal fatto che milioni di precari non cresceranno


Nuove prospettive

mai professionalmente, e le stesse aziende, se non creano né fanno crescere professionalità importanti, resteranno costrette a navigare a vista. Finché dura». E dunque su cosa si dovrebbe lavorare? «Le imprese hanno necessità di una ragionevole elasticità, che consenta di fronteggiare le oscillazioni della domanda; i lavoratori hanno diritto a ragionevoli certezze, ad immaginare un futuro senza angosce. È possibile farlo, con uno sforzo di semplificazione. Invece di ricorrere alle forme più svariate di collaborazione, si può prendere a riferimento il normale rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ma tipizzando un maggior numero di giustificati motivi oggettivi per risolvere il rapporto o per sospenderlo. Una seconda

esigenza mai presa in considerazione è quella di verificare nel merito come si possa risparmiare sul costo, per la collettività, degli Istituti Previdenziali. Chi si è chiesto con quali parametri di effi- Sopra, una veduta di Nella pagina cienza lavorano? Qualcuno ha provato a entrare Shangai. seguente, l’avvocato nei meccanismi interni, nell’organizzazione del Francesca Ferrario, lavoro, nell’analisi di produttività, nella gestione socia dello studio dei loro sterminati patrimoni immobiliari, nell’efficienza delle procedure e dei controlli? Ritengo che un management adeguato potrebbe, lavorando solo sulle inefficienze e sugli sprechi, risparmiare almeno il 10% all’anno. E per diversi anni. Poi c’è il solito problema dell’evasione. Ha presente la quantità di denaro che ogni mese, sotto forma di stipendi, passa dalla cassa dell’impresa alle tasche dei lavoratori? Consideri che circa il 40% di quella cifra dovrebbe essere versato all’Inps. Si tratta di una massa monetaria enorme, la cui sola gestione finanziaria, conser- ❯❯

Il Sole sorge sempre a Est, nel bene e nel male. Bisogna conoscere questi nuovi mercati che presentano difficoltà, ma contemporaneamente grandi opportunità

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MERCATI ASIATICI

Per le imprese nascono scenari nuovi, più aperti. Devono però saper identificare tali opportunità e non farsi cogliere impreparate

❯❯ vativa finché si vuole, potrebbe consentire risparmi immensi. Infine gli investimenti: in materia di lavoro investimento vuol dire far crescere la professionalità dei propri dipendenti». Qual è l’importanza dell’assistenza di un avvocato in questo contesto? «Diceva Einstein che la crisi è una benedizione per le persone e i Paesi, perché porta progressi e opportunità di miglioramento. Per le imprese nascono scenari nuovi, più aperti. Occorre però sapere identificare tali opportunità e non farsi cogliere impreparati. Ecco perché l’assistenza di un consulente legale specializzato può rivelarsi fondamentale in fase di riorganizzazione, per approntare un efficace piano di azione, individuare le strategie e gli strumenti a disposizione, sulla base delle esigenze della realtà aziendale specifica». Qualche spunto, per restare sul concreto? «Il Sole sorge sempre a est, nel bene e nel male. Bisogna conoscere questi nuovi mercati che presentano difficoltà, ma contemporaneamente grandi opportunità, per chi sente di poter affrontare l’internazionalizzazione dell’attività. Mi riferisco alle opportunità insite nella crescente domanda di prodotti e servizi italiani presso ta202 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

luni mercati emergenti. In questo senso, l’internazionalizzazione è ormai una scelta obbligata. Ovviamente anche da questo punto di vista, partire con una strategia è fondamentale. Prima di investire occorre valutare le potenzialità dei mercati, conoscere le norme che li regolano per non rischiare di ritrovarsi, alla fine, con più problemi che vantaggi. Non dimentichiamo poi che l’Oriente è sì, da un lato, la fabbrica del mondo, dall’altro sta diventando un mercato, un mercato di due miliardi di persone». Sembrerebbe uno scenario più adatto a grandi law firms internazionali… «Infatti loro fanno la parte del leone. Ma il mondo non è formato solo da grandi imprese che costituiscono la clientela d’elezione per questi studi. Si consideri la Cina: lì come da noi, ad esempio nel nord est o in Brianza, si affacciano sulla scena nuovi protagonisti. Dappertutto ci sono Brianze sterminate, dove milioni di piccoli imprenditori, fino a ieri operai, manifestano il bisogno di informazioni, di strumenti, di supporto tecnico professionale per farsi conoscere. E tutti questi imprenditori medio piccoli, ma ricchissimi di progetti e di iniziativa, non sempre si trovano bene nel trattare con i grandi studi internazionali, dove manca un rapporto personale. Sulla base di queste considerazioni e con il fattivo impegno di Francesca Ferrario, mia socia con una spiccata vocazione internazionale, abbiamo costruito un network di studi con lo stesso principio ispiratore, che abbraccia per ora Italia, Francia, Svizzera, Germania e Cina. Cerchiamo di fornire ai clienti quella forma di consulenza personalizzata che solo una realtà di contenute dimensioni può garantire». Che cosa vi proponete? «L’idea è favorire l’internazionalizzazione delle imprese medio piccole, incentivando gli scambi e creando occasioni d’incontro tra le realtà produttive e commerciali europee e cinesi. Fondamentalmente ognuno di noi intende offrire ai propri clienti spunti utili per trovare, nei momenti di crisi e nelle fasi di crescita, l’humus necessario per far crescere il meglio di quel che ognuno può dare. Vale per le imprese e vale per i professionisti».



PMI E ASSISTENZA LEGALE

Una consulenza cucita sulle Pmi

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n Italia le piccole medie imprese, sono, in prevalenza, gestite ancora dalla figura del “titolare”, ovvero dal socio di maggioranza, che si occupa in prima persona della gestione della società e dei singoli problemi legali. «Ma sempre più spesso il titolare ha la necessità di individuare un avvocato al quale concedere fiducia, un professionista che conosca in “toto” la situazione della società, ogni suo contratto o vicenda e che, in qualsiasi momento, sia in grado di mettersi a disposizione, individuando immediatamente il punto del problema» afferma l’avvocato Francesco Nolasco. Il professionista diventa quindi punto di riferimento per la soluzione di ogni questione legale che si presenti e per ricevere anche il più piccolo consiglio. Questo tipo di consulenza è più facile che provenga da un piccolo studio professionale. «Le “figure imprenditoriali” – continua l’avvocato trovano spesso un ostacolo psicologico nei grandi studi legali, in cui trovano, quali interlocutori diversi avvocati che si alternano per ogni singola materia, facendo sì che il cliente non riesca a individuare un unico professionista con il quale istaurare un rapporto di continuità e di fiducia». Il legale diventa un vero e proprio consulente. «Certo, proprio come un sarto che per cucire l’abito di ogni suo singolo cliente tiene conto delle personali caratteristiche fisiche, così l’avvocato per ottenere il risultato voluto deve, avendo profonda conoscenza delle caratteristiche e delle esigenze della propria clientela, individuare, in via prodromica, gli eventuali problemi e difficoltà che si potrebbero celare in un nuovo contratto, accordo o iniziativa imprenditoriale, potendo così apportare quelle modifiche e accorgimenti che meglio si adat204 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

Il legale che segue la piccola e media impresa deve essere capace di offrire un “servizio sartoriale”, valutando ogni iniziativa e ogni conseguenza per l’azienda. Perché, soprattutto in tempi di crisi, non si possono fare passi falsi. La visione di Francesco Nolasco Carlo Gherardini

tano al caso di specie». Quali parametri prende in considerazione il legale nell’offrire una consulenza “su misura”? «Il legale d’azienda che offre tale “servizio” conosce perfettamente la società sua cliente, i suoi punti di forza e le debolezze, ha la visione generale dell’azienda e, in particolare, L’avvocato Francesco Nolasco conosce il carattere e la psicologia del- esercita a Milano e Monza l’imprenditore, nonché il suo grado di info@studionolasco.191.it


Una consulenza su misura

Le piccole e medie imprese necessitano oggi di un avvocato che sia, innanzitutto, un consulente, con il quale poter, preliminarmente, esaminare, pianificare e predisporre le singole iniziative imprenditoriali

propensione al rischio imprenditoriale. Con tali parametri egli è in grado, di volta in volta, di costruire un servizio su misura, sia che si tratti della stesura di un contratto, di un accordo, di una contestazione, della stesura di un nuovo statuto, di far valere un diritto o di recuperare un credito». Quali vantaggi può comportare questo tipo di rapporto all’assistito? «Premesso che l’affidarsi in toto e in modo continuativo al medesimo avvocato per ogni problematica inerente l’azienda, fa nascere un reciproco vincolo di fiducia e stima, sono notevoli anche gli effetti sui tempi e sull’efficacia dell’attività del professionista e della gestione della problematica. Ogni qualvolta sorge la necessità dell’intervento del legale, non è più necessario per l’imprenditore, inquadrare la problematica sin dalla sua origine e ricercare tutta la documentazione necessaria in quanto il professionista è già preventivamente a conoscenza della questione, essendone stato partecipe sin dall’origine. Tutta la documentazione necessaria si troverà già presso lo studio dell’avvocato, che diventa, quindi, anche una sorta di memoria sto-

rica, con le ovvie riduzioni di tempo necessarie per inquadrare la problematica e con una maggior efficacia nello svolgere il lavoro, a tutto vantaggio per il cliente». Quali sono le esigenze più urgenti delle piccole medie imprese da un punto di vista legale, alla luce dell’attuale momento storico? «Le piccole e medie imprese necessitano oggi di un avvocato che sia, innanzitutto, un consulente, con il quale poter, preliminarmente, esaminare, pianificare e predisporre le singole iniziative imprenditoriali, così da disciplinarle correttamente al fine di evitare future contestazioni o litigi. È noto, inoltre, che i lunghi tempi della giustizia mal si adattano alle esigenze delle imprese, ancor più di quelle piccole e medie; queste hanno necessità di muoversi in fretta sul mercato e di essere flessibili nelle loro scelte, non possono certo permettersi di tenere aperto per svariati anni un contenzioso. Inoltre la crisi economica che pervade ogni settore, non permette in alcun modo passi falsi, errori di valutazione, lunghi e complicati contenziosi giudiziari». Cosa deve cambiare nella mentalità dei piccoli e medi imprenditori rispetto all’idea di affidarsi a uno studio legale, magari anche a scopo preventivo? «L’imprenditore illuminato deve indirizzare le proprie risorse nel prevenire ed evitare i contenziosi e non nel combatterli. A questo scopo necessita di un avvocato con il quale poter preliminarmente esaminare la gestione del rapporto con il cliente, il fornitore, il socio, il partner, il dipendente. L’imprenditore, oggi, deve definitivamente rendersi conto che una causa ha in ogni caso delle conseguenze negative in termini di tempo e di costi, conseguenze che, in molti casi, possono essere evitate con una preventiva analisi».

4,9% FALLIMENTI È l’indice medio nazionale di aziende chiuse a causa della crisi nel 2010. La regione più vessata è stata la Lombardia con il 6,9%.

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SERVIZI PROFESSIONALI

Gli studi professionali, imprese nel mercato della crisi I professionisti si adeguano ai mutamenti intervenuti nell’impresa a seguito della congiuntura economica. L’esperienza della realtà creata dall’avvocato Luca Breveglieri Aldo Mosca

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e aziende hanno fatto i conti con un’economia “canaglia”. E a risentirne sono stati, ovviamente, anche i budget per i servizi professionali. «La crisi finanziaria globale ha agito come catalizzatore del cambiamento: si sono evolute le imprese e pertanto devono necessariamente evolversi anche gli studi professionali». Così esordisce Luca Breveglieri. Avvocato, esperto d’impresa e professionista portato all’innovazione, questo legale di Milano ha acquisito una certa notorietà nel tessuto manifatturiero del Nord Italia, assistendo molte aziende del comparto. Nel 2008, seguendo un trend ormai diffusissimo nell’area meneghina, ha compreso il valore strategico dell’integrazione con i commercialisti. E oggi osserva come le due categorie debbano seguire inevitabilmente il passo dei mutamenti economici, al pari delle imprese che assistono. «Le aziende si sono ritrovate nella condizione di dover ridurre drasticamente i costi, tra i quali quelli professionali. Come professionisti, abbiamo dovuto prendere atto del fatto che oggi più che mai le aziende ci chiedono servizi 206 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

di qualità ad un prezzo “certo” e “compatibile”». La crisi economica ha ridotto i budget delle imprese, tra cui quelli per i servizi professionali, e a questo i professionisti si sono adeguati. Cosa accadrà quando la ripresa diventerà effettiva? «Siamo dinanzi a una situazione non transitoria ma irreversibile. Se oggi i clienti sono in grado di acquistare servizi a un prezzo inferiore rispetto a quanto li pagavano prima della crisi, perché mai domani dovrebbero pagarli di più?». E questo cosa cambia? «I professionisti devono fare quello che hanno fatto le imprese per fronteggiare la crisi: in-

L’Avvocato Luca Breveglieri all’interno dello studio associato BVS di Milano


I budget delle imprese

VERSO LA “FUTURE INDUSTRY”

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studio BVS Avvocati e Commercialisti nasce, con la denominazione Breveglieri Verzini e Soci, nel settembre 2000, dall’evoluzione dello Studio Legale Breveglieri, fondato nel 1982 dall’avvocato Luca Breveglieri. Dal 2008 BVS ha affiancato alla pratica legale anche l’attività commercialistica, integrando le due categorie. Lo studio, oltre a svolgere attività commercialistica, si occupa di diritto societario, concorsuale, degli affari e dell’impresa, del lavoro, di famiglia e delle successioni, civile in generale e amministrativo e di contenzioso civile, tributario e amministrativo. Ogni socio gestisce un proprio gruppo di lavoro. Così mentre il fondatore segue il diritto d’impresa, l’avvocato Claudia Verzini si occupa di diritto del lavoro e di famiglia, l’avvocato Mauro Bosco è responsabile per il contenzioso civile, amministrativo e tributario, e il dottor Filippo Verzini è a capo dell’area commercialistica. Persone fisiche, piccole e medie imprese, grandi società italiane e internazionali ed enti si rivolgono a questa realtà milanese. In particolare, però, la struttura è cresciuta cementificando un forte legame con l’industria manifatturiera. «Dobbiamo molto alle Pmi di questo settore, sono state le prime a credere nel nostro valore professionale» spiega Breveglieri. Una ripresa che deve guardare al domani, al rinnovamento. E per celebrare questo auspicio, lo studio ha organizzato un concorso fotografico online basato sul tema “Future Industry”, che si prefigge lo scopo di spingere i concorrenti a individuare e immortalare i “segni” dell’industria del futuro. A Natale nella sede dello Studio si terrà un’esposizione delle fotografie dei vincitori del concorso, che saranno esposte nell’ambito di una mostra dal titolo “Old Industry”. Tra le altre cose, BVS ha un certo respiro internazionale, accompagnando da anni i suo clienti nel processo di internalizzazione e seguendo anche controversie giudiziali e arbitrati all’estero. BVS ha sviluppato solidi rapporti con alcuni studi legali che operano in giurisdizioni straniere, tra cui Guarnera Abogados di San Paolo, Brasile. A Milano gli investitori italiani in Brasile e quelli brasilianti in Italia possono trovare un vero e proprio Brazilian Desk. studiobvs@studiobvs.it - www.studiobvs.it

novare per fornire ai clienti servizi di qualità a prezzi competitivi». Cosa significa “innovare”? «Significa innanzitutto adeguare continuamente il nostro modo di produrre i servizi per ottimizzare i processi produttivi dell’ “impresa professionale”: massima efficienza nei processi produttivi». Voi, da questo punto di vista, cosa state facendo? «Ad esempio abbiamo migliorato la logistica per favorire l’interazione e lo scambio professionale; implementato i nostri sistemi informatici per gestire la maggior parte delle nostre attività; creato database mirati e flessibili rispetto alle nostre competenze specifiche; rivisto i processi della segreteria. E così via». Per quanto riguarda l’attività professionale in senso stretto? «Pur cercando di essere uno studio in cui il cliente trova la maggior parte dei servizi legali e commercialistici di cui ha bisogno, ci dedichiamo solo a quello che sappiamo fare meglio e acquisiamo all’esterno le competenze il cui

conseguimento all’interno comporterebbe un costo eccessivo per il cliente». E per quanto riguarda i prodotti? «Ci proponiamo come risolutori dei problemi LA SPESA dei clienti che vogliono soluzioni: di qualità, RIDOTTA pratiche e fattibili». Questa, mediamente, Qual è il prezzo “compatibile”? la percentuale «Oggi i clienti cercano servizi professionali relativa al calo delle spese che, anche dal punto di vista dei costi, siano effettuate dalle coerenti con il “valore” che la pratica ha per imprese italiane per acquistare loro e con gli obbiettivi che si pongono. E voservizi gliono che i nostri compensi siano convenuti professionali, in primis legali prima: così da avere un costo certo o comune commercialistici que stimabile con una ragionevole approssimazione. E anch’io ritengo che il compenso del professionista debba essere certo a priori, allinearsi all’interesse economico del cliente e creare un incentivo per il professionista a raggiungere gli obiettivi voluti dall’assistito». Cosa significa e cosa cambia rispetto al passato? «Significa che l’approccio dell’utenza ai servizi professionali è cambiato. In passato, nel 99% dei casi venivamo incaricati, lavoravamo e fatturavamo i nostri compensi. Oggi l’apertura di una pratica è, di fatto, l’elaborazione di un ❯❯

30%

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SERVIZI PROFESSIONALI

❯❯ progetto. Si procede con il cliente ad un’analisi approfondita del caso. I professionisti, poi, attuano una sorta di “assessment” sugli sviluppi e i possibili esiti, cosi che il cliente possa comprendere tutte le variabili in gioco e determinare il “valore” del caso, non solo sotto il profilo strettamente economico, ma anche, e soprattutto, dell’impatto sull’impresa, sulle sue strategie e sul suo day-by-day business. In seguito redigiamo un preventivo dell’attività che pensiamo di dover svolgere e redigiamo la nostra “distinta base”; quindi formuliamo le nostre proposte, sia per quanto riguarda la nostra attività che i nostri compensi». Proponete comunque compensi basati sulle tariffe professionali piuttosto che su tariffe orarie? «L’utilizzo rigido delle tariffe professionali piuttosto che delle tariffe orarie è, per la gran parte dei casi, il passato. Oggi proponiamo al cliente soluzioni alternative, quali ad esempio compensi forfettari al raggiungimento di determinati stadi di un caso; compensi fissi per un certo numero di attività omogenee; success fee che ci fanno condividere, parzialmente o interamente, l’alea del cliente; tetti per i nostri onorari; sconti su determinati volumi di lavoro; una tariffa oraria uniforme, indipendentemente dal professionista che presta l’attività». Parlando del manifatturiero, da sempre il settore che più la impegna, cosa si aspetta per il futuro? «Credo in una ripresa, anche se lenta. E con il mio background non potrebbe essere altrimenti. Sicuramente qualche segnale lo stiamo già percependo». Cosa occorre ad avvocati e commercialisti per essere sempre in grado di sostenere le 208 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

Lavorare con le imprese nel 2010 significa non avere più a che fare con soggetti passivi, anzi. Non esiste più l’azienda che ti chiama e dice “sono stato citato, difendimi”

imprese italiane? «Il nostro sistema soffre per un eccesso di leggi e per gli inaccettabili tempi di risoluzione delle controversie. E ce ne rendiamo conto innanzitutto in ambito fiscale. Il contenzioso tributario attualmente in Italia è abnorme. L’Agenzia delle Entrate ha fatto una grande opera pervasiva e chiarificatrice, ma non è sufficiente. Se poi pensiamo alla giustizia civile e ai suoi tempi, non possiamo che concludere che il “problema giustizia” è uno dei maggiori ostacoli alla nostra economia. Ci piacerebbe molto poter operare in un sistema che offre certezze ed è efficiente quanto cerchiamo di esserlo noi».

In alto, la sede dello studio BVS a Milano. Sotto, da sinistra, gli avvocati Mauro Bosco e Claudia Verzini e il Dottor Filippo Verzini



MARCHI CONTRAFFATTI

La contraffazione è un “reato vero” Cosa si nasconde dietro un marchio contraffatto? Una vera e propria organizzazione criminale, nonché un ingente danno all’economia reale e alla società civile. Il punto di Giuseppe Zanalda Eugenia Campo di Costa

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n fenomeno criminale che anche in Italia ha assunto le dimensioni di una vera e propria attività imprenditoriale, in grado di abbracciare i più disparati settori merceologici. E che, con l’avvento delle nuove tecnologie, ha trovato terreno sempre più fertile. Basti pensare che la contraffazione di marchi e brevetti, su internet, si dispiega tra la vendita di prodotti contraffatti e l’abusiva riproduzione dei marchi, quali loghi di squadre di calcio da scaricare sui telefoni cellulari o sul PC. «Vi è purtroppo un’opinione diffusa che la contraffazione rappresenti una forma di sostentamento per immigrati e disoccupati solo in danno delle griffe più famose e come tale tollerabile» afferma l’avvocato Giuseppe Zanalda. «Viceversa bisogna far comprendere che la contraffazione costituisce una concorrenza sleale e fonte di lavoro nero, gestito da gruppi criminali organizzati che realizzano ingenti profitti ai danni dell’economia reale e della società civile. A tal proposito si è detto, con un bisticcio di parole: “La contraffazione è un reato vero”». Attraverso quali strumenti un’azienda può tutelarsi e cercare di arginare il fenomeno? «Guardia di Finanza e Dogana intervengono sia attraverso sistemi di controllo più efficaci, che con nuclei specializzati nella lotta alla 210 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

contraffazione. Tuttavia, il solo intervento delle autorità competenti non è sempre in grado di arginare il fenomeno. Le società titolari dei marchi registrati maggiormente colpite debbono vigilare, monitorando le reti di vendita sia tradizionali che via internet e, non appena individuata l’offerta di prodotti contraffatti, presentare denuncia-querela alla Procura della Repubblica. In tal modo si può ottenere l’immediato sequestro della merce contraffatta e instaurare un procedimento penale contro i titolari e contro la società». Quali pene sono previste in tema di contraffazione? «Oltre alla reclusione fino a tre anni per gli autori della contraffazione, sono previste pene pecuniarie e sanzioni interdittive nei confronti delle Società che producono o commercializzano prodotti contraffatti, ai sensi dell’art. 25 bis D.lvo 231/2001, per la Responsabilità Amministrativa degli Enti, definita

L’avvocato Giuseppe Zanalda esercita a Milano segreteria.mi@avvocatozanalda.it


I danni all’economia reale

Bisogna far comprendere che la contraffazione costituisce una concorrenza sleale e fonte di lavoro nero, gestito da gruppi criminali organizzati

“parapenale” in una nostra pubblicazione del 2003 del Sole 24 Ore. Inoltre va ricordato che il decreto legge sulla competitività n. 35/2005 ha introdotto nei confronti del cliente la sanzione amministrativa pecuniaria fino a 10.000 euro per l'acquisto di merce contraffatta». Lei ha difeso la Juventus e altre note società sportive vittime della vendita di articoli sportivi con il marchio contraffatto. «Oggi il marchio per le società sportive è divenuto un vero e proprio asset da sfruttare sotto il profilo commerciale. Il merchandising è divenuto una fonte di introiti significativa per le società di calcio e, parallelamente, si è intensificata l’attenzione alla tutela del marchio. Nell’interesse della Juventus F.C., nonché di altre società quali l’A.C. Milan, si sono ottenuti importanti risultati attraverso la condanna in sede penale dei responsabili dei delitti di contraffazione e vendita di prodotti contraffatti, con condanna ai danni confisca e distruzione della merce irregolare, arginando in tal modo il fenomeno della vendita di magliette, bandiere e gadget con i simboli delle squadre». Si è sviluppato di recente un nuovo filone giurisprudenziale a tutela del design, cui lei ha contribuito attivamente, difendendo Pomellato.

«Nell’ultimo decennio, soprattutto nel settore dei gioielli, si è sviluppata una subdola e più raffinata forma di contraffazione non del marchio registrato, ma del disegno o modello ornamentale, con gravissimo danno patrimoniale e di immagine. Prendendo spunto da una giurisprudenza in tema di tutela del design, che riconosceva tutela penale ai disegni o modelli ornamentali brevettati, abbiamo depositato, nell’interesse della nota casa di gioielli milanese, una serie di denunce-querele nei confronti di gioiellerie e ditte artigianali che ponevano in vendita gioielli riproducenti modelli ornamentali registrati delle linee di punta, quali ad esempio l’anello “Nudo” o la linea “Dodo”. Sono quindi seguite una serie di condanne di vari tribunali penali italiani che hanno riconosciuto piena tutela penale anche del disegno o modello ornamentale registrato». A che punto siamo oggi? «Tale filone giurisprudenziale si è ulteriormente rafforzato con l’introduzione del Codice della Proprietà Intellettuale, mediante D.lvo. 10 febbraio 2005 n. 30, che conferisce tutela al modello ornamentale se presenta il carattere della novità e dell’individualità. In sostanza, alla base della legge vigente, si può parlare di contraffazione di un modello ornamentale in tutti quei casi in cui venga ripresa l’impressione generale innovativa fornita dal modello stesso registrato». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 211


CONTRO L’EVASIONE

La contrapposizione di interessi fa calare l’evasione Non solo grandi società o imponenti capitali. L’evasione fiscale riguarda anche milioni di piccoli imprenditori e lavoratori autonomi. Ecco perché, secondo Gianandrea Toffoloni, in Italia occorre soprattutto infondere una sana cultura del fisco Andrea Moscariello

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li Esecutivi del nostro Paese, dai tempi della riforma tributaria del 1972/3, non hanno avuto sufficiente volontà politica per ridurre la piaga dell’evasione fiscale, pur sapendo dove si annida». Così si esprime, il commercialista ed ex presidente del Collegio dei Revisori dell’Ordine di Milano, Gianandrea Toffoloni, analizzando stime recenti secondo cui si è raggiunta quota 320 miliardi di euro di imponibile e di circa 125 miliardi di imposte evase, «di cui il 40% derivante dall’economia criminale». La crisi, però, ha dato uno scossone. «Ha certamente indotto l’attuale Governo a varare norme che si prefiggono di contrastare più efficacemente l’evasione con la riedizione del redditometro, l’incrocio degli elementi disponibili nelle banche dati dei vari enti, la tracciabilità dei pagamenti e l’attesa norma per l’emersione degli affitti non dichiarati, riesumando la partecipazione dei comuni all’accertamento, già prevista dalla riforma del 1973, ma mai attuata. La stampa ha poi dato ampio risalto ai plateali blitz della Guardia di Finanza che hanno coinvolto personaggi noti e che hanno fatto dichiarare ad un alto dirigente dell’Agenzia delle Entrate che “ormai non sfugge più nessuno”». Secondo una parte dell’opinione pubblica non basta. Perché?

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4,9

MLD INCASSATI Questa la cifra record ottenuta nei primi sette mesi del 2010 relativa a quanto incassato dallo Stato grazie alla lotta all’evasione Fiscale

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MLD PREVISTI In totale, l’Agenzia delle Entrate si è posta questa cifra come obiettivo da raggiungere per la fine dell’anno. Per ora, il primo semestre ha incassato il 9% in più rispetto allo stesso periodo del 2009

«Ci auguriamo che con le nuove misure, gli evasori potranno essere più facilmente identificabili. Però, se il Governo vuole davvero dare una svolta decisiva alla piaga dell’evasione, creando una seria cultura fiscale, che nel nostro Paese è assai carente, deve mettere in atto, a mio avviso, nuove azioni». Cosa suggerisce? «Innanzitutto una prolungata e ben orchestrata campagna di marketing fiscale che sensibilizzi l’opinione pubblica e premi, in una certa misura, i soliti “fessi” che pagano e punisca, anche con durezza, i soliti “furbi” che evadono, battendo in particolare sul principio costituzionale della propria capacità contributiva, ancorché nascosta». E la seconda azione? «Occorre il varo di norme che consentano una concreta contrapposizione di interessi tra chi vende beni, fornisce prestazioni e consegue ricavi e chi riceve beni o prestazioni e sostiene costi. Al riguardo è positiva l’attesa contrapposizione fra proprietario di immobili e inquilino, che avrà consistenti vantaggi se il locatore non verserà la cedolare del 20%. Trovo invece negativa l’introduzione della ritenuta sui pagamenti riguardanti


Una nuova cultura del fisco

le agevolazioni sulle manutenzioni degli immobili con la deduzione del 36% e l’Iva ridotta, che aveva rappresentato una timida sperimentazione della contrapposizione di interessi a beneficio delle persone fisiche, purtroppo già parzialmente vanificata dal prolungamento a dieci anni del periodo di possibile deduzione». La pressione fiscale italiana, comunque, resta tra le più alte in Europa. In particolare le Pmi e il settore dell’artigianato ne risentono. «Vero. Ma l’Amministrazione finanziaria non può ignorare che circa il 30% del sommerso deriva dagli oltre 500 mila artigiani, commercianti, lavoratori autonomi, fornitori di servizi e dagli operatori dell’edilizia non censita. E inoltre dai circa 2.4 milioni di lavoratori regolarmente occupati che svolgono anche un secondo lavoro attraverso un’attività irregolare e, in generale, da coloro che, operando con i privati e facendo balenare il risparmio dell’Iva, continuano a evadere indisturbati. In tal modo, anziché la contrapposizione di interessi, viene favorita la convergenza fra chi incassa, ma evade, e chi paga, ma risparmia». Ma come fare per alleggerire la pressione verso chi, onestamente, paga tutte le tasse?

«Se, come mi auguro, i risultati raggiunti In alto, al centro, il dottor Toffoloni dal fisco si rivelassero positivi, si dovrà Gianandrea insieme allo staff avere il coraggio di accompagnare tali mi- del suo studio di Milano sure con un adeguato alleggerimento della gtoffoloni@studiotoffoloni.com pressione fiscale, come già avvenuto in altri paesi dell’Unione Europea, oltre migliorare la qualità dei servizi e ad eliminare gli sprechi. Si eviterà così che aliquote elevate rappresentino un alibi all’evasione». In che modo la sua categoria professionale si rende strategica nel diffondere una cultura della legalità? «I commercialisti, da sempre, danno un forte contributo al puntuale adempimento degli obblighi fiscali. Purtroppo, da un lato, i numerosi condoni hanno vanificato la nostra opera persuasiva nei confronti dei contribuenti e, dall’altro, anche nella nostra categoria si annida una minoranza di “mele marce” che, suggerendo iniziative contra legem, hanno contribuito a farci considerare ancora oggi evasori e consulenti degli evasori. Peraltro, queste persone, oltre a essere soggette alle sanzioni previste dalla legge, devono anche rispondere alle norme sulla deontologia professionale e possono subire sanzioni disciplinari». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 213


RIFORMA FORENSE

Interveniamo a tutela dei cittadini

Riformare la giustizia nell’ottica della tutela degli interessi del cittadino. Per questo una migliore preparazione e selezione dei consulenti legali si rivela elemento indispensabile. L’analisi di Renzo Menoni Ezio Petrillo

li interventi necessari per il sistema giudiziario coinvolgono diversi aspetti. Dalla preparazione dei consulenti legali, alla riduzione dei tempi del processo, fino ad arrivare alle modifiche della riforma della mediazione. L’Unione nazionale delle camere civili ha concordato la necessità di una urgente riforma forense che, avversando aspetti di categoria, preveda quanto meno tre baluardi indispensabili a porre un freno alla disgregazione della professione legale. Ne discutiamo con Renzo Menoni. A cosa deve puntare la riforma forense? «Il riconoscimento da parte dello Stato di un Ordine professionale comporta che possano accedervi solo soggetti in possesso di specifici requisiti nonché, in certi casi, il diritto esclusivo di operare in specifiche materie, come ad esempio la difesa in giudizio e le cure medi-

G Sotto, Renzo Menoni, presidente dell’Unione nazionale delle Camere civili

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che. Tale riconoscimento normativo ha, quindi, solo indirettamente il fine di tutelare i soggetti che fanno parte di quell’Ordine, ma lo scopo primario è di tipo pubblicistico e cioè la tutela dei cittadini che, per quelle particolari attività hanno necessità di potersi rivolgere a soggetti riconosciuti come particolarmente affidabili dal punto di vista deontologico e particolarmente qualificati dal punto di vista tecnico. La bontà di una legge professionale la si deve misurare, quindi, sulla base di tale metro oggettivo, che è costituito dall’interesse del cittadino. Nel 1995 erano iscritti agli albi 83.000 avvocati, oggi siamo circa 250.000. In quindici anni il numero degli avvocati si è più che triplicato. È evidente che, come ha ricordato il primo presidente della Corte di Cassazione, in occasione dell’inaugurazione del corrente anno giudiziario, tale abnorme aumento è assolutamente insostenibile e comporta necessariamente uno scadimento qualitativo della categoria, con il rischio di gravi danni per il cliente». Come intervenire, dunque? «É ormai indilazionabile un urgente intervento legislativo e, lo scorso anno, l’avvocatura ha presentato un progetto unitario di riforma, condiviso da noi e da tutte le componenti istituzionali e associative. Tale progetto ha superato l’esame della commissione Giustizia del Senato ed è attualmente all’esame dell’aula. Si tratta di un progetto notevolmente articolato, con oltre sessanta articoli. I punti più qualificanti sono quelli


Renzo Menoni

volti a garantire una maggior selezione e preparazione dell’avvocato, nell’interesse, per l’appunto, del cittadino-cliente. In particolare sono previste norme più rigorose per l’accesso alla professione; l’introduzione delle specializzazioni, per dare una risposta maggiormente qualificata nei vari settori del diritto; una deontologia più severa e più uniforme su tutto il territorio nazionale e una riserva di legge più estesa». Perché questo progetto ha trovato parecchi ostacoli nelle sedi istituzionali e politiche? «L’avvocatura ha, storicamente, sin dalla costituzione del nostro Stato unitario, esercitato un ruolo rilevante sotto il profilo politico e sociale. Non deve quindi meravigliare l’attenzione a cui è sottoposto un progetto di riforma della professione forense. Si aggiunga che, come già si è ricordato, normalmente l’ordinamento forense funziona come modello anche per gli altri ordinamenti professionali». Quali sono i punti principali di un percorso riformatore dell’intero sistema giustizia? «Una riforma della giustizia deve avere, come fine, la miglior tutela di tutti i cittadini e non deve rispondere a interessi particolari ma generali. Dovere del governo e del Parlamento è quello di assicurare che la giustizia sia amministrata in termini ragionevoli, come previsto dall’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo; ma tale sistema giudiziario deve essere effettivamente amministrato e entro questi termini ra-

L’Unione nazionale delle Camere civili, così come tutta l’avvocatura, ha una posizione fortemente critica in merito alla normativa sulla mediazione, come è stata approvata nei decreti delegati

gionevoli il processo deve essere concluso. Per quanto concerne più specificamente il processo civile, che è quello che riguarda più da vicino l’Unione nazionale delle Camere civili, questo deve essere amministrato in tempi brevi, salvaguardando però anche la qualità del processo. Ed è per questo che siamo decisamente contrari a qualsiasi ipotesi di sommarizzazione del processo stesso, che significa una perdita di garanzie processuali per il cittadino di far valere le proprie ragioni in giudizio, senza, peraltro, neppure la concreta prospettiva che i termini processuali si abbrevino veramente. Certo l’attuale durata dei giudizi è assolutamente inaccettabile e si trasforma, molto spesso, di fatto, in denegata giustizia». Quali sono le vostre proposte? «I provvedimenti da attuare possono essere ›› LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 215


RIFORMA FORENSE

mila AVVOCATI

Era il numero degli iscritti all’albo nel 1993. Oggi sono 250.000

›› riassunti nei seguenti punti: la revisione delle «L’Unione nazionale delle Camere civili, così circoscrizioni giudiziarie, con una più razionale distribuzione dei magistrati sul territorio; un richiamo di tutti i magistrati dispersi nei vari ministeri come esperti e consulenti, alla funzioni giurisdizionali che sono loro proprie; l’aumento, se del caso, dell’organico dei magistrati e copertura dei posti vacanti. A ciò andrebbe aggiunta la destinazione di maggiori risorse economiche alla Giustizia, in primo luogo per la copertura dei posti vacanti del personale ausiliario; la riforma del Csm e maggiore impulso ai procedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati che non svolgono le loro funzioni con assiduità e diligenza; la rimozione di tutti i capi degli uffici giudiziari che non sono in grado di assicurare il corretto funzionamento degli uffici cui sono preposti; maggiore collaborazione fra avvocatura e magistratura, perché la giustizia è un “servizio” a favore della collettività che, per essere amministrato correttamente, ha necessità del contributo di entrambe le componenti». Qual è la vostra posizione in merito alla riforma della mediazione?

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come tutta l’avvocatura, ha una posizione fortemente critica in merito alla normativa sulla mediazione, come è stata approvata nei decreti delegati. Tali decreti delegati hanno peraltro suscitato notevoli riserve nelle stesse commissioni Giustizia del Senato e della Camera, che hanno richiesto rilevanti modifiche e da parte della magistratura. Innanzitutto la legge è incostituzionale per eccesso di delega. La legge delega n.69/2009 non prevede infatti l’obbligatorietà del procedimento di mediazione. In secondo luogo tale procedimento si trasformerà, nella maggioranza dei casi, in un ulteriore allungamento dei tempi, in quanto prima di potersi rivolgere al giudice dovrà obbligatoriamente, in alcune materie, essere esperita tale procedura, e in un aggravio di costi per il cittadino. La normativa deve essere quindi necessariamente rivista e si deve abbandonare, da parte del Ministero, la strada dei provvedimenti estemporanei, per imboccare, una volta per tutte, quella dei provvedimenti organici di riforma, previo un approfondito confronto con l’avvocatura e la magistratura».



DIRITTO PRIVATO

La Giustizia e l’individuo La moltiplicazione dei rapporti giuridici tra gli individui, nell’era contemporanea, pone il problema della riaffermazione di diritti individuali quali la libertà personale e la privacy. L’analisi dell’ avvocato Donato Cocco Ezio Petrillo

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a difesa del diritto privato coincide con l’affermazione dell’autonomia dell’individuo da qualsiasi tipologia di legame sociale nel rispetto delle regole dettate dalla legge. Da un lato il moltiplicarsi e il perfezionarsi dei rapporti giuridici è una necessità dei tempi, dall’altro lato, la libertà e l’uguaglianza è la necessità dell’individuo, per cui c’è il rischio di uno scontro sull’affrancamento e sull’indipendenza da quelle istituzioni e norme che potrebbero ridurre l’individuo ad “animale sociale” o “animale politico”. «Il progressivo raffigurarsi delle singole espe-

218 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

rienze giuridiche in nuovi contesti politici e istituzionali e la tendenza delle moderne amministrazioni pubbliche a ritirarsi dalla gestione diretta di tutti i servizi alle persone hanno portato ancor più all’emersione di una delle principali problematiche dei tempi moderni, ovvero l’urgenza di garantire tutela alle persone rispetto a un’area di diritti e di interessi che fanno capo al nucleo fondamentale dell’identità personale». Perché, come afferma Donato Cocco ai giorni nostri, «il valore della privacy è da preservare totalmente». Siamo infatti in un’epoca in cui ognuno ha il diritto di scegliere, di relazionarsi, di esprimere la propria esistenza, di amare, come meglio crede «senza nessuna interferenza e senza essere perseguito o emarginato se la sua vita si discosta da quanto stabilito dagli usi, dalle consuetudini, da un’etica dominante» precisa Cocco. Ecco perciò il valore assoluto da difendere, la

1820 ANNO

È la data dell’inizio delle attività dello studio legale Cocco

81 2008 LEGGE

È il Testo Unico che tutela la sicurezza e la salute sui luoghi di lavoro


Privacy e libertà personale

SEI GENERAZIONI DI AVVOCATI

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o studio legale Cocco dal 1820 sostiene che «il dovere di difendere il proprio assistito trae la propria consistenza nell’esercizio di una professione che trova la prima ragione d’essere nella storia e nelle condizioni sociali dell’individuo». L’avvocato Donato Cocco e la figlia l’avvocato Alessandra Cocco, portano avanti la professione quali quinto e sesta discendente di una dinastia di avvocati, che, a ragione, si arrogano essere la più antica famiglia di stirpe legale italiana. «I nostri interessi intrecciano aspetti sociali, filosofici e giuridici. Dal 1820 siamo protagonisti di una continuità dell’esercizio professionale sviluppatosi da Napoli a Chieti, sino a Roma, Pescara, e oggi con sede principale a Milano».

In alto a destra l’avvocato Donato Cocco, ai lati le avvocatesse Alessandra Cocco e Marilena Desca avvocato.cocco@virgilio.it

privacy, «intesa in senso lato quale salvaguardia delle scelte, degli stili di vita individuali che possono manifestarsi a tutto tondo nelle vita sociale, nel lavoro, nel consumo, nel commercio, nonché all’interno delle mura domestiche o nella vita sentimentale». Questo valore oggi è ancora più importante vista anche la sovraesposizione del privato a cui assistiamo nella quotidianità. Ciò determina un conflitto ancora più marcato con le istituzioni poiché l’individuo che accetta di far parte del contratto sociale con lo Stato, non può tollerare, oggi più che ieri, una limitazione delle proprie libertà. Nel corso della storia lo Stato e le sue leggi si sono “presi cura” dei cittadini in uno scambio di sicurezza e libertà. «Simile reciprocità viene altresì messa sovente in discussione sul principio che “tutto è vietato tranne quello che è concesso dallo Stato”. L’esempio più recente appare quando progetti legislativi indispensabili quali la 626/1994, che tutela la sicurezza e la salute sui luoghi di lavoro, già in parte abrogata col T.U. n 81/2008, viene definita alla stregua di un lusso che va eliminato. Ciò è la testimonianza di come la sicurezza della persona, a volte, non sia una priorità assoluta».

L’individuo, invece, in tutte le sue essenze, ha bisogno di essere protetto dagli abusi e sregolatezze. «Ciò deve avvenire però su un piano di attenta, corretta e persino aperta applicazione delle norme –conclude Cocco– in

Ognuno ha il diritto di esprimere la propria esistenza senza essere perseguito o emarginato anche se la sua vita si discosta da quanto stabilito dagli usi, dalle consuetudini, da un’etica dominante

quanto queste talvolta, per la loro tipica laconicità, rischiano di incorrere nella limitazione di certe libertà individuali. Si presenta quindi l’opportunità di un patrocinio che, nel dovere di probità, lealtà e correttezza, affronti le questioni giuridiche considerando la tutela degli interessi dell’individuo, tenendo ben presente che nessun sistema legislativo può essere utile e savio se non è il risultato dell’osservazione umana, avendo di mira sempre l’universale felicità». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 219


TRASPORTI

La rivoluzione dei trasporti «Rispondere in maniera adeguata alle esigenze di mobilità dei cittadini lombardi, in continuità con il lavoro già avviato negli ultimi anni». È l’obiettivo dell’assessore alle Infrastrutture e mobilità della Regione Lombardia Raffaele Cattaneo Renata Gualtieri

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l tema della dotazione infrastrutturale è tra le variabili determinanti per la capacità del nostro Paese di essere competitivo e attrattivo rispetto agli altri. Sotto questo profilo, il nostro posizionamento è ancora debole benché gli sforzi e le iniziative messe in campo in questi ultimi anni siano stati considerevoli. Il World Economic Forum posiziona il nostro Paese al 45° posto per dotazione ferroviaria, al 53° per dotazione stradale e al 72° per la qualità delle infrastrutture. «Per invertire questa “spirale negativa” di cui il nostro Paese è vittima – spiega l’assessore Raffaele Cattaneo – in Lombardia abbiamo cercato di dare vita negli ultimi anni a un vero e proprio cambio di marcia. Pensiamo alla creazione di Tln, la joint venture tra Trenitalia e LeNord, nata con l’obiettivo di migliorare l’efficienza e che sta portando avanti una vera e propria “riforma” del servizio ferroviario regionale. Pensiamo poi a Cal e Ilspa che hanno reso possibile l’avvio di opere di cui si parlava da decenni. Arri230 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

vati a questo punto non è possibile retrocedere di un solo passo, ma occorre andare avanti in questa rivoluzione in tema di trasporto. Per questo ci aspettiamo che anche il governo in questa partita stia al nostro fianco per potenziare la dotazione infrastrutturale, migliorare la qualità dei nostri servizi e rimetterci così in linea rispetto agli altri Paesi europei».

Quali sono i collegamenti da potenziare e le priorità su cui lavorare per migliorare la mobilità nel territorio lombardo? «L’obiettivo che ci siamo posti a inizio legislatura è quello di rispondere in maniera adeguata alle esigenze di mobilità dei cittadini lombardi, in continuità con il lavoro già avviato in questi anni. Questo passa attra-

In alto, l’assessore alle Infrastrutture e Mobilità Regione Lombardia Raffaele Cattaneo; sotto, un treno Frecciarossa; nella pagina seguente, l’aeroporto di Malpensa


Raffaele Cattaneo

Dobbiamo puntare su un sistema aeroportuale del Nord Italia, o meglio del Sud Europa, senza incorrere in campanilismi o complessi di inferiorità

verso la realizzazione di infrastrutture viarie e ferroviarie, con una particolare attenzione a quelle più rilevanti sotto il profilo strategico come Pedemontana e BreBeMi, l’Alta velocità ferroviaria, senza dimenticare quelle di carattere più locale ma anch’esse fondamentali per i diversi territori della Lombardia. Sono infatti più di 100 i progetti prioritari, che in questi anni abbiamo condiviso con tutte le province. Altre esigenze sono legate alla necessità di riformare il trasporto pubblico locale regionale con un progetto di integrazione tariffaria che garantisca efficacia, efficienza e qualità dei servizi. È altrettanto importante sviluppare e migliorare l’offerta ferroviaria, con l’acquisto di nuovi treni, con il potenziamento del sistema delle linee S (il servizio suburbano-metropolitano che collega Milano alle province limitrofe) con maggiori frequenze e orari cadenzati. Penso anche alle infrastrutture viarie e ferroviarie di raccordo con i grandi aeroporti: il più recente attivato è il collegamento fer-

roviario Milano Centrale-Malpensa, partito lo scorso 13 settembre, con due coppie di Frecciarossa che faranno muovere i nostri passeggeri da tutti i centri del nostro Paese verso il nostro aeroporto e viceversa. Infine, non voglio trascurare il sostegno alla navigazione dove vogliamo generare un canale alternativo di trasporto delle merci e potenziare l’offerta di trasporto passeggeri sui laghi e sulle vie navigabili». Il presidente Formigoni, intervenendo alla tavola rotonda “Una scossa alla città. Mobilità, energie, ambiente”, ha ribadito che è possibile creare le condizioni affinché la mobilità futura sia sempre più compatibile con l'ambiente, la salute e lo sviluppo. Come può avvenire ciò? «Per fare questo è necessario iniziare a dare un impulso diverso al concetto di mobilità. Come ho avuto modo di ricordare nel corso nel corso dell’ultima edizione del Meeting di Rimini in cui ho partecipato, assieme al ministro Matteoli e all’ad di Trenitalia Moretti, al-

82% AUTO

È la percentuale dei cittadini lombardi che utilizza l’auto per gli spostamenti extracomunali

5,1% TRENO

È la percentuale dei cittadini lombardi che utilizza il treno per gli spostamenti extracomunali

l’incontro “Più rapidi, più agevoli, più sostenibili. Quali mezzi per la mobilità”, secondo l’ultima indagine regionale Origine/Destinazione, l’82,0% dei cittadini lombardi per gli spostamenti extracomunali utilizza l’auto, solo il 5,1% il treno e il 4,5% mezzi di trasporto pubblico extraurbano. Si evince facilmente come la sostenibilità ambientale non possa prescindere dal miglioramento del servizio ferroviario regionale. Ovviamente, per una mobilità sempre più compatibile con l'ambiente è necessario inoltre potenziare le azioni mirate a sostenere la mobilità sostenibile, con la sostituzione dei mezzi pubblici più inquinanti, con la realizzazione di parcheggi di interscambio, nuove linee o prolungamenti di rete metropolitane e tram, e la cosiddetta mobilità dolce” con il potenziamento delle vie navigabili e con interventi a favore della ciclabilità. A questo proposito nelle scorse settimane abbiamo deliberato lo stanziamento di 6,8 milioni di euro per la realizzazione di progetti LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 231


TRASPORTI

CAMBIAMENTI RADICALI E SOSTENIBILI

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er migliorare la mobilità nella provincia di Milano bisogna colmare il gap infrastrutturale, con la realizzazione della Pedemontana, della BreBeMi, delle tangenziali esterne e la riqualifica di alcune strategiche arterie quali la Milano-Meda, la Paullese e la Rho Monza e, soprattutto, potenziare la mobilità pulita. Per combattere inquinamento e congestione dei centri urbani è necessario, ma non sufficiente, intervenire sulla rete viabilistica. Occorre anche incentivare i trasporti su ferro, la mobilità ciclabile e le forme di mobilità alternativa. «Stiamo rivolgendo grande attenzione – dichiara Giovanni De Nicola (nella foto), assessore alle Infrastrutture e mobilità della Provincia di Milano – all’estensione delle metropolitane al territorio della grande

Milano. Entro l’anno, infatti, inaugureremo il prolungamento ad Assago della linea verde e stiamo lavorando per quello delle linee 2 e 3 fino a Vimercate e Paullo. Metropolitane, ma anche, riqualifica e potenziamento delle linee di superficie come la metrotranvia Milano Parco Nord- Seregno, per la quale stiamo concludendo le operazioni propedeutiche all’appalto». Nel nuovo assetto della mobilità della provincia di Milano anche l’uso della bicicletta assume un ruolo fondamentale. «Oltre a potenziare e garantire continuità al reticolato di ciclabili esistenti, abbiamo provveduto a istituire un registro pubblico delle biciclette e la targatura elettronica delle stesse. Uno strumento – continua De Nicola- finalizzato a identificarle in modo indelebile e a consentire la possibilità di assicurarle contro il furto, la responsabilità civile e la mobilità in itinere, al pari di altre forme di spostamento. Con specifico riferimento alla mobilità alternativa, stiamo studiando un servizio di bike sharing per i comuni della prima cintura della provincia e stiamo per introdurre, in via sperimentale, un innovativo car-pooling che dai comuni della

provincia consenta alla flotta di giungere fino alla prima stazione della metropolitana o del passante, per poi proseguire con i servizi di trasporto pubblico». Un incremento qualitativo deriva senz’altro dall’assegnazione dei contratti di servizio come è avvenuto per due lotti di territorio ancora vincolati al vecchio regime delle concessioni. «Dal prossimo gennaio – chiarisce De Nicola – i nuovi contratti garantiranno maggiore informazione ed un significativo incremento della qualità del servizio a totale beneficio dell’utenza. Solo per le due aree, infatti, è previsto un forte incremento dei chilometri serviti e, già dalla prima corsa, verranno utilizzati 117 autobus nuovi. Dati che si traducono in comfort di viaggio, con quasi tutti i mezzi dotati di climatizzatore, pedane per favorire l’accesso ai portatori di handicap ed una forte riduzione dell’impatto ambientale grazie all’utilizzo di motorizzazioni a basso impatto ambientale. I nuovi contratti prevedono infine una più efficace tutela dei diritti dell’utenza, grazie alla definizione di alcuni parametri che l’esercente dovrà rispettare se non vorrà incorrere in severe penali».

che favoriscano la mobilità ci- al convegno organizzato da tuale del Nord Italia, o meglio clistica, sia considerando il successo che il bando ha avuto lo scorso anno, sia a conferma dell’attenzione che la Regione ha nei confronti dell’incentivazione dell’utilizzo della bicicletta. Abbiamo deciso quindi non solo di ribadire il nostro impegno per il piano regionale della mobilità ciclistica, ma anche di incrementare la dotazione finanziaria stanziata nel 2009». “Quando si parla di aeroporti, il provincialismo non è consentito”. Queste le parole nel corso del Suo intervento 232 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

Confindustria Piemonte, Lombardia e Liguria sul sistema aeroportuale del Nord Ovest che si è svolto a Stresa. Quali sono le strategie per rendere il sistema aeroportuale lombardo competitivo nel contesto nazionale e internazionale? «La realtà ci impone di assumere prospettive e strategie più ampie per il sistema aeroportuale se si vogliono raggiungere gli obiettivi di competitività e sviluppo nel contesto nazionale e internazionale. Dobbiamo puntare su un sistema aeropor-

del Sud Europa, senza incorrere in campanilismi o complessi di inferiorità. Ecco perché stiamo lavorando per garantire un efficace sistema aeroportuale lombardo che confermi il ruolo centrale di Malpensa come aeroporto per i voli intercontinentali, favorisca lo sviluppo di Linate, come city airport, di Orio al Serio, per i voli low cost, e di Montichiari per il traffico merci. Il caso dell’aeroporto bresciano è l’esempio lampante di una strategia di sviluppo che rischia di essere sacrificata sull’altare del locali-


Raffaele Cattaneo

smo. Sono le società di gestione degli aeroporti seguendo gli indirizzi della politica, a dover costruire il sistema aeroportuale del Nord attraverso opportune alleanze industriali, eventualmente anche cedendo parte della propria sovranità e sviluppando capacità industriali specializzate dove ogni aeroporto possa trovare la propria vocazione. I collegamenti infrastrutturali sono importanti, ma non sostitutivi della specializzazione degli scali. Se guardiamo ai dati relativi ai passeg-

geri dei principali aeroporti del Nord Italia - 17,5 milioni a Malpensa, 8,2 a Linate, 7 a Bergamo e 3 a Torino - possiamo facilmente comprendere come nel mercato italiano, che si stima possa crescere di 100 milioni di passeggeri nei prossimi 15 anni, di cui almeno il 60% al Nord, c'è spazio per una crescita significativa di tutti». Con un suo provvedimento ha disposto un finanziamento di 57 milioni di euro per il sostegno alla realizza-

4,5% MEZZI PUBBLICI

Le aziende di Assolombarda coinvolte nel progetto Hospitality Milano, nato per garantire un turismo d’affari, congressuale e culturale tutto l’anno

Abbiamo deciso di ribadire il nostro impegno per il piano regionale della mobilità ciclistica e di incrementare la dotazione finanziaria del 2009

zione di opere pubbliche in 376 piccoli Comuni. Quali sono le opere infrastrutturali necessarie per i piccoli comuni e in quali interventi sarà impiegato questo importante investimento della giunta regionale? «In un momento in cui il sostegno agli investimenti in opere pubbliche dei piccoli comuni è divenuto fondamentale anche come volano per il rilancio dell’economia e dell'occupazione, Regione Lombardia ha voluto dare concretamente una mano alle realtà sotto i 5 mila abitanti nella realizzazione di opere legate alla piccola viabilità, alla realizzazione di scuole e parcheggi, alla riqualificazioni di aree pubbliche, concorrendo a finanziare la realizzazione di progetti ad altissimo interesse locale. È pensando a queste realtà del tessuto lombardo che abbiamo voluto destinare questi importanti risorse, aggiungendo altri 3 milioni di euro al bando chiuso nel mese di luglio. Si è trattato dell’ennesima dimostrazione dell’attenzione della Regione alle esigenze dei piccoli Comuni in un momento in cui il sostegno agli investimenti in opere pubbliche è così necessario al fine di consentire agli enti locali di realizzare opere fondamentali per i nostri piccoli Comuni. L’augurio da parte mia è che ci sia presto la possibilità di aprire un nuovo bando che consenta ai piccoli comuni di portare a termine altri progetti». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 233


TRASPORTI

O

gni giorno in Lombardia viaggia un numero di treni superiore a quelli dell’intera Svizzera. Treni che si muovono su una rete di 1.900 chilometri (41 linee regionali e 10 suburbane su 36 direttrici) per un totale di 2.200 corse al giorno, che trasportano oltre 600 mila viaggiatori. Fin qui i numeri. Resta ora da capire se la rete ferroviaria lombarda sia adeguata allo sviluppo della regione e alle necessità di mobilità dei cittadini lombardi e quali linee mostrano ancora limiti di capacità. «Il servizio presenta certo aree di miglioramento – commenta l’amministratore delegato di Trenitalia LeNord Giuseppe Biesuz – ma grazie ai finanziamenti della Regione Lombardia, che continua a sostenerci in questo processo di radicale trasformazione, stiamo ottenendo miglioramenti significativi, come testimoniato anche dalle recenti indagini di customer satisfaction». Quale è la qualità del servizio ferroviario nel territorio lombardo? «Con la Regione abbiamo individuato quattro punti chiave del servizio su cui intervenire: puntualità, decoro, sicurezza e comunicazione. Stiamo superando mediamente di 5/6 punti percentuali i nuovi e più stringenti requisiti di puntualità stabiliti, con prestazioni che sovente hanno superato la soglia 234 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

Puntualità, sicurezza e comunicazione «Progettare la realizzazione di opere sul periodo medio-lungo e lavorare sull’esistente con interventi per l’ammodernamento tecnologico». Le sfide del presente e del futuro per Giuseppe Biesuz, amministratore delegato di Trenitalia LeNord Renata Gualtieri

del 90% sull’intera giornata. Oltre poi al piano di acquisto di 157 nuovi treni, che stanno progressivamente entrando in servizio, abbiamo varato anche un piano straordinario di ammodernamento delle carrozze che ci ha portato ad avere a luglio di quest’anno l’80% di treni completamente rimessi a nuovo. Un’altra iniziativa per la puntualità è il “progetto direttrici”: un piano per individuare per ciascuna linea le cause più frequenti dei ritardi così da poter intervenire con relative so-

luzioni mirate ed efficaci. Circa la comunicazione ai passeggeri è in fase di test un nuovo e articolato servizio di infomobilità». Ritiene indispensabili interventi di potenziamento del servizio per aumentare l’efficienza del trasporto locale e migliorare la regolarità dei treni?


Giuseppe Biesuz

Nella pagina a fianco, dall’alto, i treni Tsr; in basso, Giuseppe Biesuz, amministratore delegato di Trenitalia LeNord

«Nell’agosto 2009 è stata creata la società Trenitalia LeNord proprio con l’obiettivo di potenziare la qualità e l’efficienza del trasporto regionale lombardo. Per lo start up, il governo centrale ha stanziato 75 milioni per il triennio 2009-2011, mentre la Regione contribuisce con un finanziamento strutturale - ossia non una tantum ma annuale - di oltre 340 milioni complessivi per i contratti di servizio dei due rami d’azienda Trenitalia e LeNord. A ciò si aggiunga il piano d’investimenti fino al 2014 sul materiale rotabile per oltre un miliardo di euro. Tutti questi interventi, sommati con quelli di ammodernamento della rete, daranno un reale impulso al miglioramento del servizio, in linea con le aspettative del territorio». Prima parlava della nascita di Trenitalia LeNord nell’agosto 2009. Cosa è cambiato per il servizio ferroviario in Lombardia con la nuova società?

«La svolta rappresentata dalla nascita di Trenitalia LeNord è stata quella di intervenire innovando nel processo industriale, nell’offerta e nel meCORSE todo. In soli 11 mesi abbiamo Le corse effettuate infatti introdotto 310 nuove dai treni in Lombardia ogni corse, migliorato gli indici giorno complessivi di puntualità e affidabilità e realizzato il nuovo orario, per il quale abbiamo istituito 8 tavoli territoriali con istituzioni, associazioni di conVIAGGIATORI sumatori e comitati dei viagIl numero giatori, per un totale di 31 istidei passeggeri tuzioni e 52 rappresentanze dei che ogni giorno viaggiano viaggiatori coinvolte. Nella fase sui treni in di test del sistema di infomobiLombardia lità abbiamo coinvolto pendolari e utenti al fine di arrivare a un risultato realmente condiviso e a questo proposito tutte le informazioni necessarie si possono trovare sul nostro sito internet». Le infrastrutture rappresentano una delle leve fondamentali per il rilancio del Paese. Quali sono i passi più

2,2 mila

600 mila

urgenti a tal proposito e quali le sfide future? «Bisogna lavorare su due fronti: progettare la realizzazione di opere sul periodo medio-lungo, consapevoli che i risultati sul servizio saranno percepibili solo in futuro, e lavorare sull’esistente con interventi per l’ammodernamento tecnologico. Sulla rete Ferrovienord, ad esempio, abbiamo installato i sistemi di sicurezza Scmt e Ssc, adeguando così un’infrastruttura preesistente agli standard e alle normative internazionali attuali. Tra le sfide per il futuro, credo vada pensata la creazione di un’Authority per la gestione dei nodi ferroviari più trafficati, ad esempio quelli di Milano e Monza. Inoltre, stiamo lavorando con Rfi per portare la velocità commerciale del passante di Milano da 60 a 90 Km/h, con sensibili benefici sull’intero servizio regionale». C’è la necessità di un ammodernamento delle stazioni e della rete ferroviaria lombarda? «Questo è uno dei temi su cui concentriamo maggiormente la nostra attenzione, sia in termini di energie che di investimenti. Ad esempio sulla rete di 320 Km delle Ferrovienord, grazie al sostegno di Regione Lombardia, tra interventi conclusi, in corso e da concludere stiamo investendo poco meno di un miliardo di euro». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 235


TRASPORTI

Spazio a integrazione e concorrenza «Molti dei limiti del nostro servizio dipendono dal fatto che non si riesce a fare sistema». Marco Piuri, amministratore delegato e direttore generale di Arriva Italia, riflette sulle esperienze positive di trasporto pubblico locale e delinea soluzioni utili per la mobilità quotidiana Renata Gualtieri

L

a mobilità è un tema molto sentito dai cittadini. Guardando al territorio lombardo spesso si dice che esista una carenza in termini di offerta di trasporto e questo paragonato ad alcuni parametri nel contesto nazionale sembrerebbe vero. «Credo – commenta Marco Piuri, amministratore delegato e direttore generale di Arriva Italia, società di servizi d i

trasporto per passeggeri – che ci sia un problema di razionalizzazione e, in alcuni casi, di necessità di servizi aggiuntivi anche nel comparto ferroviario». La sfida vera in Lombardia è quella di rivedere le reti e i servizi su gomma, in particolare ragionando sulle integrazioni delle reti di servizi su ambiti extraurbani e urbani. «Oggi è come se ci fossero due sistemi che funzionano in maniera parallela. È come se queste due realtà non fossero comunicanti. È necessaria una revisione in alcuni casi con tagli e in altri casi con incrementi e servizi aggiuntivi della rete ferroviaria e sicuramente l’eliminazione di alcune sovrapposizioni inefficienti tra l’ambito ferroviario e il servizio su gomma. Quando si parla di razionalizzazione bisogna dire che forse il tema

In basso a sinistra, Marco Piuri, amministratore delegato e direttore generale di Arriva Italia

non è tanto quello di fare maggiori servizi, ma è quello di rivedere quelli esistenti e capire dove servano quelli ferroviari e dove invece è più opportuno il servizio su gomma». Quale soluzione potrebbe costituire un esempio di “mobilità intelligente” per la Lombardia e un valore aggiunto per la mobilità quotidiana, favorendo gli spostamenti e contribuendo a ridurre il traffico? «Il tema centrale è una regolazione più coraggiosa da parte degli enti locali in termini di governo del territorio. Guar-


Marco Piuri

IL TASSO DI MOBILITÀ PER AREE GEOGRAFICHE ( % di persone che si spostano in un giorno medio feriale)

Nord-Ovest Nord-Est Centro Sud e isole Italia

2001

2009

85,8 85,6 85,1 82,3 84,4

84,4 85,7 84,0 81,4 83,5

Fonte: Isfort, Osservatorio “Audimob” sulla mobilità degli italiani, 2000-2009

La concorrenza produce sempre un servizio migliore perché rende più trasparente il sistema e spinge a offrire un servizio di qualità

dando agli altri paesi, una delle cose interessanti è che gli enti locali, le province, i comuni e le regioni regolano il traffico privato in maniera tale da rendere inaccessibili alcune aree, e creando sedi protette per i trasporti locali; cioè mettono in condizione il trasporto locale di essere più efficace e di

non pagare il problema della congestione del traffico. Se si vuole adottare una soluzione intelligente da questo punto di vista bisogna avere il coraggio di regolare in maniera più forte il traffico privato. C’è poi il problema dell’integrazione delle reti. Oggi, infatti, c’è una frammentazione delle competenze per cui il Comune si occupa del territorio che amministra e così avviene per la Provincia, però il risultato è che ciascun ente regola il proprio territorio, nell’ambito dei propri confini e questo non permette di trovare soluzioni di integrazione di rete che sa-

rebbero sicuramente più interessanti per i clienti, per i passeggeri e per il territorio». Quanto è importante fare sistema nel trasporto pubblico locale? «È decisivo, infatti molti dei limiti del nostro servizio dipendono proprio dal fatto che non si riesce a fare sistema. L’esperienze positive di trasporto pubblico locale comunque ci sono e ciò avviene quando l’insieme degli attori riescono proprio a fare sistema trovando punti di equilibrio accettabili per mettere insieme le esigenze di tutti, perché ad esempio l’azienda ha un problema di gestione dei costi e quindi di ritmo dei propri investimenti e di un conto economico che abbia un suo equilibrio e il passeggero giustamente chiede un servizio di qualità e che avvenga con una certa frequenza. Nel nostro LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 237


TRASPORTI

Paese c’è anche un altro tema che andrebbe affrontato in maniera seria che è quello del paraservizio e della politica tariffaria e fiscale. Il trasporto pubblico locale è un tema di welfare, come la sanità, e si scarica sulla fiscalità generale. L’ideale sarebbe far pagare il servizio per quello che costa davvero, fare delle politiche di agevolazione per fasce sociali e categorie e uscire dal gran calderone della fiscalità generale». Lei ha dichiarato che in Europa la concorrenza ha ridotto la spesa pubblica fino al 30% e migliorato le performance dei treni in termini di puntualità, regolarità e pulizia. La concorrenza come può dunque produrre un servizio migliore? «La concorrenza produce sempre un servizio migliore perché rende più trasparente il sistema e spinge a offrire un servizio di qualità. Se io, infatti, ho una rendita di posizione la possibilità che si creino sacche di insufficienza è quasi scontata; se invece non sono più garantito nella mia posizione allora sarò spinto a offrire un servizio più adeguato, a gestire in maniera migliore le risorse e a essere più attento alle esigenze del cliente. Cito il caso di Arriva che ha preso alcuni servizi in Germania e Scandinavia che prima erano stati gestiti dagli 238 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

C’è oggi una frammentazione di competenze. Soluzioni di integrazione di rete sarebbero più interessanti per i clienti, per i passeggeri e per il territori

Alcune immagini relative ai servizi svolti da Arriva sia in Italia che in alcuni paesi europei in cui opera

operatori nazionali e lì la puntualità nelle ore di punta è del 99%. Quel 30% è un dato medio, però in tutte le esperienze europee su un periodo che va dai 5 ai 10 anni, quando si sono fatte le gare c’è stato un incremento di qualità del servizio». Come è possibile aumentare la velocità commerciale del capoluogo lombardo e quali scelte comporta in termini di infrastrutture, di costi e di politiche di incentivazione del trasporto pubblico? «Sicuramente la velocità commerciale cresce se il mezzo può girare in una sede protetta, quindi il tema delle corsie preferenziali è quello principale. Il secondo aspetto da considerare è quello di una regolazione più forte dell’accesso del traffico privato che deve essere accompagnata dalla creazione di punti di interscambio che funzionino bene, come avviene ad esempio per Lampugnano».



INFRASTRUTTURE

Progettare la complessità Cosa vuole dire realizzare grandi infrastrutture in Italia? Gestire la complessità, integrare le diverse forze in campo e confrontarsi con l’opinione pubblica. La visione di Alberto Scotti, presidente di Technital Ezio Petrillo

A

lla ricerca delle ragioni di un ritardo ancora da colmare. Tutti sappiamo quanto sia difficile in Italia realizzare una grande infrastruttura. Ogni giorno si leggono servizi riguardanti opere che non decollano e altre che si interrompono. Questo vale per qualsiasi infrastruttura pubblica: una strada, una ferrovia, un porto, un aeroporto, un’opera idraulica, una sistemazione ambientale. Vale per amministrazioni centrali e per quelle periferiche. Per quelle efficienti e per quelle meno. Approfondiamo con Alberto Scotti Presidente di Technital, una tra le più quotate società di ingegneria in Italia, anche con ampia esperienza a livello internazionale, questo aspetto, cercando di capire se situazioni simili esistono anche all’estero. «A tal proposito – risponde Scotti - si è abituati a ripetere che la colpa è dell’inefficienza dell’apparato pubblico. Questa affermazione, in alcuni casi è vera, ma non giustifica una situazione critica generalizzata. Naturalmente concorrono molti altri motivi, che è impor-

240 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

tante conoscere per eliminare, o lità dell’opera. Non poco, almeno contenere, gli effetti in- quando ancora mancava il supdesiderati». porto dei computer. L’università preparava gli ingegneri per queL’OPERA NON È SOLO UNA sto e le amministrazioni appalSTRUTTURA DA tanti controllavano questi DIMENSIONARE aspetti. L’opinione pubblica Per tanti anni, il progettista si è non partecipava in alcun modo “limitato” ad assicurare la stabi- alla realizzazione di nuove in-

In alto l’ingegner Alberto Scotti a.scotti@technital.inet.it Sopra le autostrade siciliane, a destra un ponte dell’Alta Velocità Mi-Bo e il Mose di Venezia. Nella pagina successiva, i terminali contenitori, lo svincolo per la fiera di Milano e una piattaforma per lo scarico di petrolio


Criticità da superare

frastrutture. Sembra un mondo di altri tempi, ma tutto questo era la normalità solo 20-30 anni fa e avveniva attraverso modi di operare consolidati negli anni che stentano ancora oggi ad essere superati. Il progetto di una struttura che sia stabile ed efficiente oggi non basta più. Le capacità del progettista di dare queste assicurazioni vengono date per scontate, ma, da sole non sono garanzia di un percorso semplice e rapido. È un condizione necessaria ma non sufficiente. La nostra società, ad esempio, ha progettato uno dei più complessi e difficili interventi a livello mondiale, le opere mobili per la difesa di Venezia. Un progetto ambizioso, unico e innovativo, che abbiamo saputo ideare, studiare e progettare. Eppure, questa capacità tecnica, da sola, non sarebbe stata sufficiente per ottenere tutte le approvazioni e per realizzare l’opera. Il nostro sforzo per studiare e dimensionare l’opera ha rappresentato solo una parte del lavoro che abbiamo dovuto svolgere. E’ stato anche necessario affrontare questioni ambientali, paesaggistiche, sociali, culturali e finanziarie, divulgare al mondo scientifico, ai portatori di interesse e all’opinione pubblica». E tali esigenze si incontrano anche nella realizzazione di opere più consuete. «Ho riscontrato una situazione simile anche in altri progetti decisamente più tradizionali – chiarisce Scotti -

nel campo delle infrastrutture di trasporto come strade, ferrovie, porti o aeroporti, in cui Technital è stata coinvolta. Anche per queste infrastrutture, l’ingegneria classica, quella fatta di calcoli e disegni, da sola, non è stata sufficiente per portare a compimento l’iniziativa. E’ sempre stato necessario un approccio simile a quello adottato per Venezia, divenuto ormai uno standard per la società». IL PROGETTO: UNO STRUMENTO PER AFFRONTARE LA COMPLESSITÀ Gli ingredienti per ridurre il rischio di intoppi nello sviluppo di un progetto, sono diversi e si devono integrare tra loro in maniera armonica. Il principale, è proprio rappresentato dalla capacità di affrontare ogni progetto in modo integrato per tenere conto della realtà in cui l’opera si colloca: complessa e spesso variabile nel tempo. Si tratta oggi di saper gestire la complessità. Da parte dei progettisti, ma anche da parte delle amministrazioni appaltanti in modo da saper affrontare una opinione pubblica in genere preparata che vuole capire, che vuole intervenire nel processo decisionale. E’ indispensabile saper affrontare questioni che implicano il coinvolgimento di numerosi specialisti con mentalità e linguaggio diversi, e soprattutto saperle integrare l’una all’altra senza mai dare per scontato un ordine di priorità. Ac-

11

MILIARDI Sono i fondi stanziati dal Cipe per realizzare e ammodernare le infrastrutture nel nostro Paese

62% IN CORSO

È la percentuale di lavori ancora da terminare presenti sul nostro territorio rispetto alle opere avviate

cade sempre più spesso che debbano lavorare insieme diverse figure come strutturisti, geotecnici, geologi, idraulici, idrologi, meteorologi, fisici, chimici, biologi, architetti, paesaggisti, urbanisti, esperti dei materiali e modellisti fisici e matematici. Ma non solo: anche sociologi, ❯❯ LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 241


INFRASTRUTTURE

La divulgazione va affrontata con il massimo impegno anche da parte di chi, come tecnico, non è abituato a tenere conto di controparti mosse da sensibilità, tradizioni, interessi sociali, molto lontani dall’ingegneria

❯❯ economisti ed esperti nella finanza. Questi ultimi sono sempre più importanti in una fase di contrazione dei finanziamenti pubblici per infrastrutture che vede il privato coinvolto in iniziative con ritorni economici traslati nel tempo. Il lavoro unitario di un numero così elevato di esperti non è mai scontato e va ottenuto con l’abitudine a lavorare insieme, con la stima reciproca e attraverso un coordinamento che dia spazio a ciascuno Si deve accettare che il percorso necessario per realizzare un’opera possa variare caso per caso e debba essere individuato, mettendo a frutto competenza ed esperienza. In sostanza non esistono regole fisse per ottenere il risultato. IL PROGETTO E L’AMBIENTE Una componente che è diventata ormai parte rilevante di questa complessità è il rispetto dell’ambiente. Perché non sia un luogo comune, perché non sia soltanto una moda, è indispensabile progettare nell’intero ecosistema come faremmo per una nostra proprietà. Progetti affrontati con questo spirito, al di là dei percorsi dettati da numerosi leggi e norme, spesso anche difficili da applicare, hanno 242 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

generalmente maggiore facilità di approvazione. Tanti anni fa poteva accadere che anche gli amministratori pubblici considerassero troppo oneroso avere un occhio attento all’ambiente. Oggi è vero il contrario». Inoltre nelle fasi di progettazione di una grande opera, spesso si tende a considerare il parere dell’opinione pubblica come un peso. «E le maggiori polemiche sorgono – chiarisce Scotti - quando i cittadini non vengono coinvolti sin dalle prime fasi di sviluppo del progetto. Cercare di convincere una controparte della bontà di certe scelte, una volta che le scelte sono già state fatte, è sempre un’impresa difficile. Non si tratta però solo di convincere. Attraverso un dialogo nelle fasi iniziali il progettista può ampliare il proprio punto di vista e può ricevere spunti a cui non aveva pensato». Forse per questo è quanto mai importante l’aspetto della comunicazione. «La divulgazione va affrontata con il massimo impegno e anche con tanto esercizio da parte di chi, come tecnico, non è abituato a tenere conto di controparti mosse da sensibilità, tradizioni, interessi sociali, cultura, molto lontani dall’ingegneria».



INFRASTRUTTURE PER IL TURISMO

I porti italiani? Giacimenti non utilizzati Una miniera d’oro per il nostro Paese, non sempre utilizzata al meglio. Si tratta del turismo, che andrebbe supportato con porti e infrastrutture all’altezza. Le difficoltà della gestione portuale al giorno d’oggi. L’analisi di Roc Jack Mazreku

In alto a sinistra Roc Jack Mazreku, ad della Porto di Lavagna Spa. Accanto, una vista dall’alto del porto turistico di Lavagna (GE) amministrazione@portodilavagna.com

244 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

tando al massimo i suoi numerosi chilometri di costa, con adeguate infrastrutture portuali. «Negli anni 70 lo Stato diede il Ezio Petrillo via alle concessioni cinquantennali ad aedificandum, affinché la nazione, in tremendo ritardo rispetto ai cugini economia di un d’oltralpe, si dotasse di una porPaese dovrebbe ri- tualità adeguata. A distanza di specchiare appieno quarant’anni siamo ancora in la sua geografia, la affanno e continueremo ad esmorfologia dei suoi territori. E serlo se non vengono adottati con questa prospettiva l’Italia provvedimenti atti a facilitare dovrebbe risultare la patria per e incentivare lo sviluppo turieccellenza del turismo, sfrut- stico territoriale». A parlare è

L’


Il porto di Lavagna

Roc Jack Mazreku, ad della Porto di Lavagna Spa. Qual è la sua opinione in merito alla situazione delle infrastrutture portuali? «Nelle passate 10 edizioni del salone di Genova sono state costantemente garantite promesse, idee, impegno e attenzione verso questo settore, ma, dal mio punto di vista, non è cambiato molto». Eppure nel 2007 il turismo ha fatturato da solo 5,5 miliardi di euro, una discreta fetta dell’intero Pil. «Penso che ci sia ancora molta

53

MILIONI È la cifra degli investimenti messa in campo dalla Porto di Lavagna Spa

800 INDOTTO È la cifra dei lavoratori occupati dall’indotto del Porto di Lavagna

strada da fare, affinché la gestione del turismo italiano diventi un valore aggiunto e lo trasformi in una risorsa fondamentale per il Paese. La difficoltà è dovuta soprattutto a causa della mancanza di infrastrutture portuali adeguate. A mio avviso, il problema è causato dalla mancanza di una strategia comune, nonché dalle eccessive lungaggini dei tempi burocratici. In sostanza, la corretta gestione di un porto viene spesso lasciata alla capacità dei singoli che, a volte, non sono sufficientemente qualificati, preparati o capaci». Gli attuali metodi di gestione demaniale come influiscono su tale quadro? «La gestione affidata ai Comuni, oltre ad aprire un conflitto di interessi notevole poiché il Comune è gestore e controllore del demanio, e dunque di se stesso, spesso trova amministrazioni impreparate e sotto-dimensionate che gestiscono il demanio non con ottica marittima, quindi con il codice della navigazione in mano, ma come un normale territorio assoggettato solo alle norme urbanistiche, commettendo errori autorizzativi imbarazzanti». Quali sono le tempistiche relative alla realizzazione di progetti come porti turistici? «I tempi di realizzazione di un qualsivoglia progetto dedicato al turismo di una certa entità sono biblici, dovuti essenzialmente a una burocrazia mastodontica e a una giungla di re-

gole, pareri, enti, uffici, comitati. Così si genera un clima di incertezza e precarietà che allontana investitori e imprenditori da questo settore». Il porto di Lavagna come si posiziona in questo quadro? «Il porto di Lavagna riveste un ruolo strategico fondamentale per la nautica del Tigullio, essendo a poche miglia dalla bellissima Portofino, vicino alle Cinque Terre e a un paio d’ore da Milano. Bisognerebbe tenere in considerazione che un porto come il nostro, oltre a creare reddito diretto genera un indotto notevole. Diamo lavoro a 36 collaboratori diretti, ma l’occupazione generata dalla sola presenza del porto supera le 800 unità, garantendo nel contempo l’esistenza di un tessuto economico che va ben oltre l’apparente, dalle manutenzioni legate alle imbarcazioni agli alimentari, alla ristorazione e così via. Questo giro d’affari ricade immediatamente sul territorio producendo un benessere economico a livello locale immediato e diretto». Quali difficoltà comporta la gestione portuale nel nostro Paese? «La nostra società è subentrata in seguito al fallimento del precedente concessionario, e abbiamo risollevato una struttura che era allo sfascio. In un’ottica di sviluppo abbiamo presentato un piano di ristrutturazione e innovazione di notevole rilevanza economica (53 milioni di investimenti circa) che avrebbe portato l’approdo ❯❯ LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 245


INFRASTRUTTURE PER IL TURISMO

I tempi di realizzazione di un qualsivoglia progetto dedicato al turismo di una certa entità sono biblici, dovuti essenzialmente a una burocrazia mastodontica

❯❯ ad essere di nuovo rispondente alle necessità odierne. Questa iniziativa è naufragata a causa di cavilli interpretativi che hanno totalmente stravolto la natura delle nostre istanze obbligandoci a ritirare il piano».

«Con tale normativa si incorre nel pericolo di vedere venduti i beni statali non a chi effettivamente li meriterebbe, ma solo a coloro che sono capaci di influire, in qualche modo, sulle decisioni dei politici locali. E

Se dovesse individuare le cause del “naufragio”? «Sicuramente è stato una conseguenza dell’“ipernormativismo”. A peggiorare potenzialmente le cose, poi, c’è il federalismo demaniale che, senza un’appropriata regolamentazione applicativa lascia alquanto perplessi». Quali sono i rischi?

poi non dimentichiamo la questione dei balzelli. Addizionali regionali sui canoni demaniali, ICI come seconda casa sui posti barca, Iva al 20% su servizi, canoni di depurazione per acqua che nei depuratori non passerà mai, accise sui carburanti degne di paesi al limite della legalità. Il comune, poi, impone tariffe di Tarsu inconcepibili

In alto a destra Roc Jack Mazreku con i suoi soci. Sotto, altre immagini del porto

246 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

come se la barca producesse rifiuti tutto l’anno e in quantità equiparabili ad una casa quando, e lo si sa bene, viene utilizzata solo durante i weekend primaverili ed estivi. Tutto questo fa sì che la gente si allontani sempre più». Come mai la politica non riesce a intercettare i problemi di questo settore? «Penso che la politica dei palazzi si stia staccando sempre di più dalle realtà territoriali, rendendo difficile, per chi amministra lo Stato, avere una corretta visione dei reali problemi. Le ragioni del dissesto del settore nautico, sono molteplici e mi piacerebbe sottoporle direttamente al ministro Matteoli. A mio avviso però la causa principale della contrazione del


Il porto di Lavagna

PASSIONE PER L A NAUTICA

R

oc Jack Mazreku è amministratore delegato di Porto di Lavagna Spa. Negli anni post bellici si è interessato di sistemi di purificazione dell’aria con una compagnia americana che, nei primi anni 60, lo ha portato in Inghilterra, dove ha conseguito la laurea in psicologia e in Italia, a Bologna dove impara l’italiano. Ha stabilito il proprio centro degli affari in Svizzera da dove ha sapientemente condotto svariate imprese commerciali, dal commercio dell’acciaio alla gestione di compagnie di pubblicità internazionali. Una passione lo ha comunque sempre contraddistinto, quella per il mare. Questa, unitamente alle sue capacità imprenditoriali, ha fatto sì che un gruppo di finanziatori inglesi si affidasse a lui per la costruzione di diverse imbarcazioni, con grande soddisfazione per tutti. Nel 1998 è stato contattato da un gruppo di imprenditori che lo hanno convinto a entrare in società per la gestione del porto di Lavagna il cui concessionario, Cala dei Genovesi SpA capitanata da Giovanni Potenza, era fallito con un disavanzo di oltre 180 miliardi del vecchio conio. Nel 2000 c’è stata l’omologa del concordato fallimentare ed è iniziata la gestione della marina da diporto più grande del Mediterraneo che viene tuttora gestito dalla Porto di Lavagna SpA.

settore è da ricercarsi essenzialmente nella “libertina” gestione del credito degli anni passati, troppo permissiva, e nella crisi iniziata dai vari default delle banche statunitensi che ha portato al conseguente “stivaletto malese” postumo applicato al sistema credito. Da un eccesso all’altro nel giro di poche settimane, poi tutto si è improvvisamente fermato». Da quel momento, qual è stato il vostro rapporto con le banche? «Gli istituti finanziari hanno iniziato a chiedere rientri impossibili, repentini, ma non hanno più neppure erogato credito verso i consumatori. In-

fatti a parità di requisiti e garanzie per l’erogazione di un leasing nautico, soddisfacenti fino a poche settimane prima, le stesse non erano più adeguate, bloccando, di fatto, tutto il settore. I cantieri si sono all’improvviso trovati con richieste di rientro da parte delle banche, senza supporto finanziario per l’istruzione di finanziamenti a privati, un crollo degli ordini, pianificazioni industriali sovvertite e piazzali pieni di barche invendute. Ci sono banche che dall’oggi al domani si son trovate centinaia di barche da gestire, provenienti da ritiri di leasing insolventi con il mercato fermo». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 247


PROGETTAZIONE INTEGRATA

Una “scuola guida” per i giovani progettisti È nel costante aggiornamento scientifico e nell’attenzione rivolta verso le nuove generazioni di ingegneri che Carlo Valagussa, presidente della storica società milanese di progettazione Alpina Spa, punta per continuare ad affermarsi sul mercato delle grandi opere Filippo Belli

Carlo Valagussa, classe 1935, ha una lunga e ricca esperienza nel lavoro progettuale in Italia e all’estero. È attualmente presidente e azionista principale della Alpina Spa di Milano. In basso la diga di Ridracoli (Forlì)

R

ealizzare un progetto dalla fase di ideazione a quella di costruzione è, innanzitutto, affascinante e richiede sacrificio e impegno da parte dei progettisti». Questo vale per chi, come Carlo Valagussa, presidente di Alpina Spa, una delle più antiche società di progettazione di opere pubbliche del Nord Italia, subisce ancora, dopo decenni di attività, il fascino del costruire. Valagussa ha inciso la sua impronta su alcune grandi opere infrastrutturali del Paese. Autostrade, ferrovie, ospedali, solo per fare qualche esempio. E oggi trasmette il suo impegno agli oltre 70 ingegneri che lavorano all’interno della società. Ingegneri, ma anche, in un certo senso, studenti. Un grande impegno, se vogliamo, anche formativo verso questa nuova generazione di progettisti? «La loro preparazione scientifica

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è la prerogativa su cui basare un progetto. Ma non basta: la complessità progettuale di oggi non può essere accontentata dalla sola specializzazione universitaria, è necessaria una sovraspecializzazione che viene conferita ai progettisti, durante il lavoro, dalle società di progettazione o dai grandi studi, secondo la loro sensibilità e volontà di prestigio. Prendo a prestito un’espressione del Codice della Strada per chiamare questa sovraspecializzazione come “patente per condurre” un pro-

getto. È infatti indispensabile guidare i risultati che emergono come esito di un attento lavoro specialistico e districarsi tra gli ostacoli presentati dalle altre discipline formando un lavoro organico valutando gli aspetti economici, di valorizzazione dell’ambiente, di soddisfazione del committente, di innovazione verso migliori risultati di sicurezza in cantiere e in esercizio. Le materie fondamentali di questa scuola guida sono la curiosità del conoscere anche il campo del vicino, il senso di responsabilità, la voglia di osservare orizzonti nuovi e vasti». Chi insegna in questa scuola? «L’insegnante principale è l’atmosfera che caratterizza il lavoro, formata dalla comunicazione tra le persone, dal desiderio di produrre qualcosa che venga riconosciuto da chi lo riceve, come tuo, senza bisogno


Affrontare la complessità

TRASFORMARSI PER IL MERCATO

P

rima dell’acquisto di Carlo Valagussa, Alpina Spa aveva come azionista principale la società Bastogi S.p.A, salotto buono della finanza di Milano, che l’aveva fondata nel 1954 per realizzare i propri progetti nel settore idroelettrico. Ma una volta avvenuto il passaggio di proprietà «Il lancio dell’Alpina sul libero mercato implicava la conquista di un nome e una credibilità verso clienti terzi e ha richiesto una trasformazione totale» spiega il suo attuale presidente. Ma trasformarsi sotto quali aspetti? «Innanzitutto nel costruire il capitale effettivo dell’azienda che sono gli uomini, quindi conoscere le loro motivazioni, le loro curiosità, la loro voglia di ricerca per fare sempre qualcosa di più. Quindi nel dotarsi dei sistemi di calcolo elettronico più efficaci e di aggiornarli continuamente». E oggi Alpina Spa ha 70 dipendenti, quasi tutti con contratto a tempo indeterminato. La loro età media è di circa 35 anni www.alpina-spa.it

Sopra, il passaggio in galleria dell’autostrada urbana di Rabat sotto il palazzo simbolo della città (2010)

di leggerne la firma. Ho fiducia che il momento di crisi che stiamo attraversando non ostacoli questa “scuola guida”, anzi, rappresenti un’occasione affinché ognuno si senta più responsabile del proprio lavoro». Chi finanzia questo suo progetto? «La “scuola guida” è pagata dagli azionisti che, per la migliore qualità, rinunciano a quote degli utili di impresa. La scuola è rivolta ai giovani. Attraverso l’assunzione di neo laureati l’esperienza ci indica che l’età media sia di 35 anni e che il numero ottimale dei

progettisti sia di circa 70, affinché si formi quell’atmosfera culturale significativamente interdisciplinare. La prospettiva è quella di formare una classe di quarantenni capaci di essere project manager, cioè di decidere e di guidare a buon fine la costruzione di opere i cui progetti possano anche essere stati realizzati da terzi». Tra le vostre attività progettuali, quella rivolta al settore trasporti è tra le più significative. Le città discutono, mai come in questi anni, della necessità di rivalutare i propri assetti di viabilità e di trasporto pubblico. Qual è la vostra filosofia in tal senso? «Anche se gli impianti idroelettrici sono la nostra passione, è vero il fatto che i trasporti ci occupano maggiormente. Il tema è interessantissimo, incide sulla qualità della vita ed è sempre più discusso. In particolare, osservo il problema dei poli urbani esterni al nucleo della città madre - metér polis. Essi si raggiungono con un breve tratto di autostrada, oppure con poche

fermate di ferrovia o di metropolitana, ma non piacevolmente con la bicicletta o anche a piedi. Si percepiscono come più distanti e distaccati dalla città che li origina di quanto non siano veramente. Essi non sono figli completi della madre, né sono come le cittadine o i paesi della cintura esterna delle metropoli, fatti di case, chiesa e scuola. Sono poli funzionali e satellitari cui manca il senso della città di appartenenza, tanto che possono essere uguali tra di loro anche se figli di altre metropoli». Come fare per dare un maggior senso, anche pratico, di appartenenza alla “città madre”? «Va sostenuta una pianificazione urbanistica che preveda due sistemi di collegamento tra città e poli esterni. Uno basso a livello urbano con strade, case, negozi, semafori, trasporti pubblici urbani, che riqualifichi al contempo spicchi della periferia. L’altro, alto, a livello interurbano autostradale e ferroviario». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 249


ARCHITETTURA E URBANISTICA

Luoghi da vivere “Far cantare gli edifici”, era l’ambizione architettonica di Paul Valéry. Un’ambizione che Marco Maria Sagnelli interpreta e dispone in progetti di architettura e di urbanistica per «ambire a una dimensione artistica lontana dal manierismo delle archistar e vicino alla città da abitare e vivere» Adriana Zuccaro

L’

evoluzione architettonica delle città e dei paesaggi ricerca il confronto con le esigenze di sostenibilità ambientale. Necessità che, per l’architetto Marco Maria Sagnelli, esperto in progettazione urbanistica e architettonica, non possono

però prevaricare l’importanza delle altre tematiche che contribuiscono a dare valore e significato all’architettura contemporanea. Perché di fatto, «l’architetto deve saper instaurare un “rapporto chimico” con le innumerevoli componenti che il luogo d’intervento propone». In un contesto globalizzato come si pone l’architettura italiana? «Gli effetti della globalizzazione non sono direttamente visibili nelle più disparate interpretazioni architettoniche degli ultimi tempi se non in alcuni eclatanti esempi di architettura contemporanea sperimentale, meritevole di particolare attenzione. Di fatto, però, noi ita-

liani non ci rendiamo conto della straordinarietà della nostra storia, della nostra cultura e di tutte quelle eccellenze artistiche, industriali e manifatturiere che nel mondo ci distinguono per ineguagliabile qualità e non per quantità. Sono queste le ragioni per cui ritengo che l’Italian style oltrepassi anche la globalizzazione». Oggi però il “globale” chiama in causa anche il tema della sostenibilità ambientale. «Agire nel rispetto dell’ambiente e proporre soluzioni sostenibili è necessario per la salvaguardia del nostro pianeta. Ciò nonostante, dal punto di vista prettamente architettonico, trovo che la sostenibilità sia uno dei tanti requisiti a cui

Marco Maria Sagnelli, architetto di Milano, è esperto in progettazione urbanistica e architettonica. In queste pagine, alcuni dei suoi progetti di committenza sia pubblica che privata marco@sagnelli.it


Città da abitare

un edificio deve rispondere con esattezza e senza eccessi. Tale pensiero scaturisce dalla constatazione di un equivoco che mi sembra stia nascendo sul tema della sostenibilità e che porta a tralasciare tematiche importanti, quali ad esempio il rapporto con il contesto, per porre un’attenzione univoca sulla questione ambientale. Fra le tante caratteristiche che un edificio deve possedere, i requisiti sostenibili sono assolutamente necessari, ma non bisogna dimenticare che fare architettura significa rispondere anche ad altre tematiche». Quali? «L’architetto è chiamato innanzitutto a ricercare e instaurare un “rapporto chimico” con le innumerevoli componenti che il luogo d’intervento propone. Già Paul Valéry suggeriva una dimensione stimolante quando interpretava l’ambizione architettonica del riuscire a “far cantare gli edifici”. In secondo luogo, l’attenzione deve necessariamente spostarsi su vari aspetti fra cui quelli sociali, storici, economici e tanti altri, nella consapevolezza di intervenire in un percorso già trac-

ciato nel quale chi comanda il gioco non è l’architetto, ma la città con tutte le sue contraddizioni. Noi abbiamo la grande responsabilità di partecipare al gioco, avendo a disposizione un’arma a doppio taglio con la quale ambire a una dimensione artistica, lontana dal manierismo delle archistar e vicino alla città da abitare e vivere». Qual è la sua idea di città? «Trovo straordinario interpretare la città come un percorso che possa combinare le varietà strutturali e ambientali preesistenti e non, decifrare gli enigmi, proseguire il tragitto evolutivo urbano armonizzandolo alle esigenze contemporanee, nel solco di una filosofia direttrice che prefigura gerarchie, centralità, direzionalità e sane contaminazioni. La “città percorso” si determina nella

consapevolezza che ogni realtà urbana non si pone nella storia come una progressione lineare, ma come un’alternanza di periodi di regressione e di avanzamento. A Bollate, ad esempio, nel ridefinire il disegno della città, seguiamo questa filosofia». Su quali altri ambiti sviluppa il suo pensiero architettonico? «Sono impegnato al progetto di riqualificazione paesaggistica del promontorio di Punta Murena ad Alassio. Nel medesimo comune savonese abbiamo anche un cantiere in corso per la costruzione di ville immerse nel paesaggio, proprio al centro del golfo. A Milano poi gli interventi sono molti, fra cui la costruzione di alcuni edifici residenziali e commerciali e il masterplan per riqualificare un comparto in zona San Vittore». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 251


EDIFICI PUBBLICI

Spazio alla socialità Oltre i “non luoghi” postmoderni, la fruibilità di un edificio pubblico contemporaneo si misura con il potere di mettere in relazione gli individui che lo vivono. Da qui nasce il progetto per il complesso scolastico di Rancio assegnato ad Anselmo Gallucci Adriana Zuccaro

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uori dal puro estetismo architettonico e formale, le città del XXI secolo devono puntare alla creazione di luoghi autentici, vivibili, capaci di plasmare l’esigenza di socialità di chi li vive. Perché, parafrasando Rem Koolhaas, “gli individui oggi si rispettano reciprocamente, ma non formano quasi mai una vera e propria comunità”. Basta quindi con i “non luoghi” postmoderni. «Si sente sempre più il bisogno di spazi che siano centri nevralgici di emozionalità sociale, punti di incontro e di relazione». Rispondere adeguatamente a questo bisogno è la sfida degli architetti di oggi e con loro, di Anselmo Gallucci, vincitore del concorso di progettazione per la nuova palestra dell’istituto scolastico superiore Giacomo Leopardi a Rancio, un quartiere alto di Lecco posto lungo la strada per la Valsassina. Qual è il punto di forza del progetto per il complesso scolastico di Rancio? «Come altri lavori eseguiti in questi anni, il progetto della 252 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

nuova palestra scolastica di Rancio è nato da una riflessione prima ancora che da una scelta formale o estetica dell’edificio. L’idea iniziale è divenuta progetto partendo da un giudizio sulla città contemporanea come luogo di sradicatezza e artificialità. La difficoltà consisteva nell’immaginare non solo la risposta funzionalmente adeguata a un bisogno, ma anche nel realizzare un luogo di convivenza. Un luogo che potesse consentire e favorire lo sviluppo di

Per il progetto della nuova palestra, oltre a una risposta funzionalmente adeguata a un bisogno, occorreva creare un luogo di convivenza, condivisione, solidarietà

rapporti, di condivisione, di conoscenza reciproca e di solidarietà e quindi un luogo di migliore vivibilità per l’intera città». In che modo avete concretamente sviluppato l’idea iniziale?


Il complesso scolastico di Rancio

«Innanzitutto attraverso la scelta, tra quelle disponibili, dell’area più adatta allo scopo, in fregio alla Via Quarto, a monte dei fabbricati scolastici. In quest’area di Rancio è stato possibile ottimizzare l’accesso alla nuova struttura con un grande slargo al suo ingresso e l’allargamento stradale e creare una circolarità di percorsi per l’accesso carraio alla

invece, attraverso un’ampia vetrata situata in corrispondenza della parete di arrampicata interna alla palestra, sarà possibile ammirare l’imponente parete de La Medale. La presenza di un punto di convivialità e ristoro alla sommità della struttura in relazione con l’ingresso e le tribune, contribuirà a favorirne il più possibile l’uso pubblico. L’edificio

«La città post-moderna è fondata sui flussi, produce soprattutto “non luoghi” mentre si sente sempre più il bisogno di socialità, di veri e propri centri nevralgici di aggregazione, punti di incontro e di relazione, di luoghi attraenti e riconoscibili. È la scommessa che gli architetti di oggi sono chiamati a vincere; è la sfida che ho raccolto per rendere il

scuola e ai parcheggi. È stata messa in atto l’idea di un uso allargato del nuovo impianto sportivo al punto che si potranno svolgere anche manifestazioni di un certo rilievo potendo ospitare fino a più di 600 spettatori». Quali sono le caratteristiche principali del nuovo fabbricato? «Per la grande apertura prevista nella parete verso valle, dall’interno sarà possibile avere una spettacolare visuale verso la città e il lago. Verso monte,

sarà inoltre a basso impatto energetico: la copertura piana è tagliata da lucernari che illuminano in modo indiretto il campo di gioco e sostengono i pannelli solari, termici e fotovoltaici che, con le alte prestazioni dell’involucro edilizio e l’energia recuperata dall’ambiente con pompe di calore ad aria-acqua, consentiranno di raggiungere la classe energetica A». Quale sfida ha raccolto per interpretare al meglio il luogo scolastico?

complesso di Rancio quanto più rispondente al significato che un luogo pubblico come la scuola deve assumere. È il tema caro a Rem Koolhaas quando afferma che “gli individui oggi si rispettano reciprocamente ma non formano quasi mai una vera e propria comunità”; gli è stato assegnato il Leone d’oro perché “ha saputo creare edifici che stimolano l’interazione tra le persone che, proprio da questi stessi edifici, riescono a trarre ispirazione e libertà di espressione”».

In apertura, da sinistra, gli architetti Anna Gallucci, Jacopo Bellucci, Anselmo Gallucci, Giuseppina Mozzanica. I render sono del progetto per la nuova palestra dell’istituto scolastico Giacomo Leopardi a Rancio (LC) assegnato allo studio Gallucci di Lecco agall.arch@tin.it

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IMMOBILI

Sedi aziendali accessibili e ottimizzabili La scelta di una sede aziendale è sempre più determinata dall’accessibilità logistica in cui l’immobile è situato. La Finstar, società che gestisce l’Atlantic Business Center, punta al virtuosismo dei servizi primari Giulio Conti

L’

Vedute degli esterni dell’Atlantic Business Center, gestito dalla Finstar, società specializzata nella locazione commerciale con sede a Milano finstar@finstar.it

asset commerciale che regola e rinnova il mercato degli immobili, esprime la crescente attenzione posta nella scelta logistica. Soprattutto per la nuova collocazione di centri aziendali rivolti alle più disparate attività di vendita e servizi, «diviene oggi indispensabile prediligere immobili situati presso arterie stradali ad alto scorrimento di

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facile accesso e posizionati in località già rispondenti alle esigenze dei mercati esteri. In Italia, però, alla crescente richiesta di questa tipologia immobiliare, presso aree cittadine non limitate dal traffico e obbligazioni, corrisponde ancora una bassa offerta». A descrivere l’attuale tendenza delle aziende per la scelta delle proprie sedi è la Finstar S.p.A. società Meneghina nata nel

1990, specializzata nella locazione commerciale con sede a Milano. «Analizzando la domanda, emerge la richiesta di spazi che siano flessibili e ottimizzabili in soluzioni tecnologicamente all’avanguardia e in zone facilmente accessibili». Risultano infatti penalizzate le aree della città a traffico limitato, con parcheggi per residenti e non adeguatamente collegate mentre «le aziende


Centri aziendali

preferiscono oggi spostare i loro uffici in zone periferiche dove si possa, ad esempio, parcheggiare più facilmente. Tali esigenze hanno quindi portato anche al recupero di aree dismesse contribuendo alla presenza di strutture terziarie sempre migliori» Infatti di recente la Finstar ha realizzato all’interno del complesso 2 piani di parcheggi interrati. La Finstar, con spirito imprenditoriale innovativo e lungimirante, gestisce il centro direzionale Atlantic Business Center situato a solo quattro chilometri dal centro di Milano e vicino al City Airport di Linate. «Il complesso è esclusivamente commerciale, con disponibilità in locazione di uffici, laboratori, magazzini e capannoni. Le unità immobiliari vengono consegnate in condizioni di totale efficienza, già fornite di impianti di illuminazione, forza motrice, condutture interne per il passaggio delle linee telefoniche e di rete; l’intero complesso è dotato di impianto di condizionamento e riscaldamento centralizzato, ed il tutto nel rispetto delle normative vigenti». In questi anni la legislazione è in continuo cambiamento e la obbligatorietà di dotare tutti gli immobili di certificazioni elettriche, areanti, energetiche, ecc. è indispensabile per poter locare le unità immobiliari. Al riguardo l’Atlantic Business Center è già in possesso di tali requisiti. Di fatto la Finstar presenta una serie di servizi rivolti alle piccole e medie imprese con la filosofia

L’Atlantic Business Center ha creato nel tempo un circolo virtuoso grazie al quale i soggetti che lo utilizzano possono godere di servizi primari

marketing oriented di «adattare l’immobile alle esigenze dei conduttori e non mettere gli stessi nelle condizioni di doversi adattare alle caratteristiche dell’immobile perché – spiega la Finstar S.p.A. – chi gestisce un’azienda dovrebbe potersi concentrare sul suo lavoro e non perdere tempo a risolvere problemi legati al funzionamento dei servizi primari». Importando il concetto americano del “maintainer”, all’interno dell’Atlantic Business Center è presente sul posto un manutentore che interviene durante il giorno alle varie richieste dei singoli conduttori per poter avere sempre in efficienza gli spazi locati, oltre a servizio di portierato in divisa, 24 ore su 24 per tutto l’anno e

impianti di videosorveglianza interna con allarme collegato ad istituto di vigilanza armato. «È stata realizzata anche una piazza interna con zone verdi, giochi d’acqua, illuminazioni speciali e posti a sedere all’aperto per rendere piacevoli le pause lavorative per tutti i dipendenti delle società inserite in questa realtà». Nel corso del tempo l’Atlantic Business Center ha inoltre assunto sempre di più le connotazioni di centro direzionale, creando così un circolo virtuoso grazie al quale i conduttori possono godere, con la massima comodità, di servizi ritenuti essenziali quali Istituto Bancario, Poste Italiane, Guardia medica, Bar, Ristorante e Self Service, come quelli erogati dall’Atlantic Business Center.

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INTERNI

La casa si veste di autenticità L’innovazione tecnologica non mette in ombra il valore dell’artigianato. Anzi lo esalta, «perché la spinta innovativa permette di non fossilizzarsi nella consuetudine della tradizionalità». Parola di Roberto Dotti Adriana Zuccaro

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gni ambito produttivo del mercato odierno è invaso da alti indici di serialità industriale, stereotipi e tendenze dettate da mode del momento. Ma la tradizione artigianale italiana, se pure sposata all’innovazione tecnologica, mantiene indiscusso il valore dei manufatti di pregio e l’eccellenza del made in Italy. «Per gli amanti di arredi artigianali e d’antiquariato, “vestire” la propria dimora presuppone la ricerca di autenticità e raffinatezze». Parola dell’architetto Dotti, titolare dell’omonima azienda che da 140 anni progetta e realizza arredamenti di pregio. A descrivere i percorsi creativi attraverso cui realizzare opere di alto artigianato, Roberto Dotti pone l’accento sull’importanza della progettazione esecutiva quale virtuosa coordinazione tra partner di diversi “mestieri”. Cosa significa oggi portare avanti una tradizione artigiana che ha nel legno e nella manualità le sue forze 258 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

motrici? «Come testimonia la nostra produzione diversissima nelle sue forme, tipologie, materiali, accessori e colori, esiste una fascia di committenti molto esigente, che predilige un tipo di arredamento fatto su misura, come un vestito di alta sartoria. Le tendenze del momento vengono assorbite, metabolizzate, ma sono importanti per attualizzare i prodotti da presentare. Per questo ci confrontiamo co-

stantemente con le innovazioni tecnologiche più all’avanguardia e le utilizziamo per rendere i nostri arredi quanto più rispondenti alle esigenze della committenza». Per le loro fattezze particolari, i vostri arredi sembrano essere rivolti a una committenza d’elite. «La tradizione e l’esperienza accumulata in decenni ci consentono di creare dei manufatti equilibrati nelle forme raffinate


Tra tradizione e innovazione

oltre che funzionali. Il connubio tra estetica e fruibilità rappresenta il valore intrinseco dei nostri arredi. La spinta innovativa che infondiamo ai nostri progetti e manufatti ci permette inoltre di non cadere nel rischio di fossilizzarsi nella consuetudine di tradizionalità. Adagiarsi su regole di mera artigianalità non basta; bisogna sempre confrontarsi con il nuovo. È vero che il nostro è un mercato di nicchia, ma i nostri prodotti ben costruiti sono destinati a durare a lungo e quindi possiedono una loro convenienza ed economicità». Quali sono i vantaggi di coniugare la tradizione alla modernità? «La tradizione artigiana ha sposato le innovazioni tecnologiche produttive in modo molto forte. Le attrezzature di provenienza industriale sono state adeguate nel tempo alle pro-

duzioni di numeri relativamente ridotti e rese più flessibili. Hanno fatto sì che potessimo migliorare sensibilmente la qualità della produzione, contenendo costi, in qualche caso, in modo determinante. L’alta qualità di arredo costituisce l’elemento scatenante per la committenza ed è fondamentale per il lavoro artigianale, anche se gli alti livelli qualitativi pongono la nostra offerta in contrasto con le produzioni dei paesi dove il costo della manodopera è molto basso così come la possibilità di creare manufatti di pregio». Qual è la tendenza più diffusa al momento? «Sicuramente la richiesta di arredi moderni è prevalente, anche se rimane attuale uno zoccolo duro di arredo classico. Inoltre questo lavoro permette di confrontarsi costantemente con le nuove richieste della

clientela. Non esiste in effetti, una commessa uguale a un’altra. Ciò è oltremodo stimolante sia sotto l’aspetto creativo e progettuale, sia sotto l’aspetto tecnico». Quali materiali privilegiate? «L’arredo in genere, ma soprattutto moderno, crea un connubio strettissimo fra legno, vetro, metalli, tappezzeria e i numerosi elementi di finitura. È però importante rilevare il bisogno di operare in team: aziende, anche piccolissime, collaborano insieme ciascuna nel proprio ambito, al fine di creare dei manufatti di pregio. A tale fine è inoltre essenziale che la progettazione esecutiva sia dettagliatissima, fase in cui si riesce a creare una coordinazione virtuosa tra partner di diversi “mestieri”. Sarebbe impossibile, e soprattutto antieconomico, centralizzare in un unico stereotipo, produzioni così differenti».

In apertura, l’architetto Roberto Dotti responsabile della Dotti, azienda leader nella produzione artigianale di arredi di pregio, con sede a Cernobbio (CO). Sopra, insieme ai collaboratori www.dottiaurelio.it

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QUALITÀ DELL’ARIA

Qualità dell’aria, l’Europa punta su Milano La minaccia di possibili sanzioni e le nuove opportunità create da Expo 2015. L’analisi del commissario europeo per l’Ambiente, Janez Potocnik Riccardo Casini

opo l’accordo “monco” raggiunto al vertice di Copenhagen, il futuro dell’ambiente a livello europeo e mondiale resta nebuloso. Il prossimo summit in programma a Cancun dovrà portare avanti un percorso, finora decisamente a ostacoli, nella definizione di una politica comune a livello globale che possa far fronte ai cambiamenti climatici. Nel frattempo diversi Paesi si sono trovati già in difficoltà nel rispettare i parametri fissati a livello comunitario. Proprio per questo l’Italia è stata raggiunta, nel gennaio 2009, da una procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea per l'elevato livello di polveri sottili, per l'insufficienza dei piani di risanamento dell'aria delle Regioni e la mancanza di un piano nazionale. Il commissario europeo per l’Ambiente, Janez Potočnik, spiega nel dettaglio quali rischi corre attualmente il nostro Paese in termini di possibili sanzioni. «In seguito alla direttiva europea sulla qualità dell’aria del 2008 – precisa – che introdusse la possibilità di chiedere una proroga all’obbligo del rispetto dei va-

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Sopra, il commissario europeo per l’Ambiente, Janez Potocnik; a fianco, biciclette per le strade olandesi

lori limite di Pm10 fino all’11 giugno 2011 per alcune parti del territorio, l’Italia ha presentato questa richiesta per 79 aree. La Commissione ha preso due decisioni in proposito: 5 di queste zone sono state esentate dall’obbligo di applicare il valore limite giornaliero e una dall’obbligo di applicare il valore limite annuale. Per quanto riguarda le altre aree, la Commissione ha sollevato obiezioni alla richiesta in quanto sono state fornite informazioni insufficienti a dimostrare che sarà possibile raggiungere una conformità entro l’11 giugno 2011. Dal momento che circa 60 zone su 144 mostrano ancora valori eccedenti i limiti fissati, lo scorso 5 maggio la Commissione ha inviato all’Italia un avvertimento scritto per sollecitare l’adesione alla legislazione europea in materia di qualità dell’aria».


Janez Potocnik

Dopo dieci anni di stagnazione i miglioramenti nei livelli di concentrazione di particolato atmosferico si iniziano a vedere

60 SMOG

Le zone italiane oltre i valori limite di concentrazione di Pm10

Cosa può fare quindi l’Italia ora? «Abbiamo apprezzato che si sia iniziato a discutere di nuove leggi riguardanti le fonti di inquinamento atmosferico, ma servono ulteriori informazioni sull’effetto di queste misure nelle zone dove attualmente si registrano superamenti dei valori limite per presentare una nuova richiesta di proroga. Molti stati membri lo stanno facendo per zone su cui era stata espressa un’obiezione, fornendo informazioni aggiornate su come stanno raggiungendo l’adesione entro giugno 2011. Ulteriori riduzioni dei livelli di concentrazione di Pm10 possono essere ottenute attuando la legislazione esistente, come la direttiva europea sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento nei confronti di attività industriali e agricole, che non è stata ancora completamente attuata in Italia».

Quali soluzioni stanno adottando gli altri paesi? Quali sono gli stati più virtuosi? «Un paragone tra stati membri o città risulta difficile a causa delle specificità locali e del fatto che, a causa di queste, l’ambito dei provvedimenti e la loro efficacia in rapporto ai costi possano variare. Soluzioni efficaci e sostenibili richiedono comprensione della situazione locale, un mix di provvedimenti e tempo. Un approccio integrato con altre politiche relative a trasporti e mitigazione del clima, una pianificazione tempestiva e la ricerca di provvedimenti efficaci che vadano oltre le competenze del governo locale sono le componenti principali di successo». Dove si stanno ottenendo i risultati migliori? «L’Olanda ha uno dei piani nazionali più completi in favore della qualità dell’aria, molte città della Germania hanno attuato con successo provvedimenti più difficili come la creazione di environmental zones, mentre la Repubblica Ceca ha applicato un approccio integrato pia- áá LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 263


QUALITÀ DELL’ARIA

áá nificando congiuntamente qualità dell’aria a livello locale, emissioni nazionali e mitigazione del clima. Dopo quasi dieci anni di stagnazione in Europa, i miglioramenti nei livelli di concentrazione di particolato atmosferico si stanno iniziando a vedere. Berlino potrebbe essere un buon esempio, ma è presto per iniziare a decretare i vincitori. I miglioramenti devono essere sostenibili, e la riduzione media nell’Unione europea di otto mesi dell’aspettativa di vita a causa dell’inquinamento dell’aria ci dice che siamo ancora lontani dagli obiettivi del sesto Programma di azione per l’ambiente nel quale Milano e la Lombardia possono farcela? l’Unione punta a “un’aria senza significativi effetti «Se portati avanti correttamente, l’enorme invenocivi per la salute e l’ambiente”». stimento e gli sforzi concertati tra differenti setNel 2015 Milano ospiterà l’Esposizione tori possono significativamente migliorare alcune universale. Quale ruolo potrà avere questo delle criticità ambientali della regione, in partievento, per il quale sono già previsti 20 mi- colare l’elevato inquinamento dell’aria nella valle liardi di euro di investimenti per infrastrut- del Po. È un traguardo raggiungibile solo garanture, sull’equilibrio e lo sviluppo ambientale tendo che le preoccupazioni su ambiente e stradella regione? scichi dell’evento siano al centro del “progetto «Eventi internazionali come Expo”, ma anche considerando l’Expo costituiscono sempre un impatto e soluzioni su un’area Un evento come notevole carico per l’ambiente più vasta, e garantendo che la l’Expo può essere locale e di conseguenza per la costruzione verrà eseguita in salute dei cittadini e dei visita- utilizzato per modo trasparente, nel rispetto tori prima, durante e dopo ridefinire l’immagine delle restrizioni ambientali e con l’evento stesso. Lo sviluppo di un’adeguata partecipazione ambientale della infrastrutture ha rigide scapubblica». denze e le preoccupazioni am- regione o addirittura A livello pratico, quali inidell’evento stesso bientali potrebbero di conseziative possono essere intraguenza venir messe in disparte. prese? Emissioni inquinanti aggiuntive, rifiuti e una «Vale la pena di citare gli esempi di Ginevra e pianificazione spaziale sub-ottimale influenzano Copenhagen, che durante i vertici sul clima lo sviluppo dell’area per decenni, ma si tratta di hanno concesso trasporti pubblici gratuiti ai rischi associati ben noti. Dall’altra parte, un visitatori, o l’introduzione di programmi di rinITALIANI evento di questo tipo può essere utilizzato per ri- novamento del parco degli autobus cittadini, definire l’immagine ambientale della regione o come accaduto in Belgio e, in parte, a Barceladdirittura dell’evento stesso. Basti guardare al- lona. Un’altra idea potrebbe essere quella di util’ambizione inglese di organizzare nel 2012 “le lizzare la città per una dimostrazione del poOlimpiadi più sostenibili della storia”». tenziale del trasporto elettrificato».

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QUALITÀ DELL’ARIA

Aria pulita uno sforzo comune

Eliminare i veicoli inquinanti. Migliorare l’efficienza energetica degli edifici. Promuovere politiche integrate tra comuni, province e Regione. Ecco le azioni indispensabili per ridurre l’inquinamento dell’aria secondo l’assessore Marcello Raimondi Michela Evangelisti

ilano e i grandi centri urbani lombardi. Quando si parla di inquinamento dell’aria in Italia sono questi gli esempi che viene immediato citare. L’assessore all’Ambiente della Lombardia Marcello Raimondi assicura che la Regione sta facendo tutto il possibile per sconfiggere i luoghi comuni, e, anzi, per trainare con il proprio esempio tutto il Paese verso le mete della green economy e del raggiungimento degli standard ambientali europei. Va in questa direzione il Piano per una Lombardia sostenibile, approvato dalla Giunta regionale il 10 febbraio scorso. Quali gli input che vi hanno portato a concepire un piano così articolato? «Il Piano per una Lombardia sostenibile è un tentativo ambizioso di tradurre a livello regionale e locale gli obiettivi che ci si pone ormai da decenni a livello internazionale. La Lombardia, proprio perché regione

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Marcello Raimondi, assessore all’Ambiente, energia e reti della Regione Lombardia

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più avanzata in Italia e tra le prime in Europa, ha deciso di fare uno scatto in avanti. Il piano nasce dall’azione europea nota come Pacchetto 2020-20, che ha individuato tre obiettivi da raggiungere entro l’anno 2020: l’abbattimento del 20% delle emissioni di gas serra rispetto a quelle del 2005, una quota del 20% dei consumi di energia coperta dalle fonti rinnovabili e la riduzione del 20% del totale dei consumi energetici. Molti osservatori ritenevano questi obiettivi troppo ambiziosi, ma noi percepivamo, non solo nelle istituzioni ma anche negli operatori lombardi, il desiderio di cogliere le opportunità della cosiddetta green economy». Quali le strategie messe in particolare sul fronte della qualità dell’aria? «Abbiamo deciso di abbandonare la logica della pianificazione settoriale per passare a

un nuovo approccio che integri i diversi ambiti di governance regionale. Si tratta di un vero e proprio cambiamento culturale, perché si va a incidere su tutto il ciclo economico e le filiere produttive, dalla progettazione di opere all’acquisto del prodotto finito. Per le oltre 70 azioni previste sono stati stanziati complessivamente circa 1.100 milioni di euro di risorse pubbliche, che


Marcello Raimondi

alla fine dovrebbero muovere un giro di affari superiore ai 5 miliardi di euro tutti investiti nella green economy. Tra gli interventi direttamente correlati alla qualità dell’aria troviamo, ad esempio, gli incentivi alla sostituzione dei veicoli più inquinanti, alla mobilità alternativa al mezzo privato, alla realizzazione di reti di teleriscaldamento e di impianti di erogazione del metano. Altre azioni, finalizzate all’efficienza energetica, avranno conseguenze anche sulla riduzione delle emissioni: è il caso degli interventi previsti sugli edifici,

come la diagnosi energetica, la riqualificazione urbana, gli incentivi agli impianti fotovoltaici sugli edifici pubblici o all’acquisto di macchinari e attrezzature industriali più efficienti». Fino a ottobre è aperto in Lombardia un bando regionale per interventi finalizzati a favorire la mobilità ciclistica: può trattarsi davvero di un passo decisivo nella lotta all’inquinamento dell’aria? «Certamente. Le forme di mobilità eco-compatibili, come la bicicletta, sono una delle frontiere, anche culturali, della vera sostenibilità urbana. I dati in nostro possesso Le forme di mobilità ci fanno pensare eco-compatibili, come la che, con una bicicletta, sono una delle giusta dotazione frontiere, anche culturali, infrastrutturale, della vera sostenibilità urbana la mobilità ciclistica intra-ur-

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bana aumenterebbe in maniera significativa, contribuendo non solo a migliorare la qualità dell’aria, ma anche a decongestionare il traffico nelle aree più densamente popolate. Il bando si rivolge a enti locali, enti gestori di parchi, Rfi e Ferrovienord e prevede la realizzazione di velostazioni, di aree per il parcheggio dedicato alle biciclette, di sottopassi e sovrappassi, e l’adeguamento, il completamento o la realizzazione di piste ciclabili e ciclopedonali. Verrà poi data preferenza a quelle piste che consentono di raggiungere stazioni e punti di approdo, così come a quelle che si collegano a piste ciclabili già esistenti e ai nodi di interscambio». Quale peso ha l’azione delle amministrazioni comunali e provinciali nella lotta contro l’inquinamento dell’aria e quanto è importante ›› LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 267


QUALITÀ DELL’ARIA

áá la loro interazione con la Re- una collaborazione sulle misure sure o dei comportamenti indigione? «L’inquinamento atmosferico è un tema che interessa sia un livello globale che un livello regionale e locale. Per tutelare la qualità dell’aria è necessario quindi un impegno che va dai governi centrali, con accordi tra le diverse nazioni, fino ai singoli comuni e, ancora più, ai singoli cittadini. Regione Lombardia a questo scopo porta avanti un dialogo da una parte con il ministero dell’Ambiente e con la Commissione europea, dall’altra con Province e Comuni, il cui ruolo è fondamentale per lo sviluppo di strategie comuni contro l’inquinamento e per le attività di controllo. Attualmente sono vigenti due importanti protocolli di intesa con gli enti locali, uno con i Comuni della zona chiamata A1 (quella più a rischio inquinamento atmosferico) e uno con le Province, finalizzati proprio a 268 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

inerenti la qualità dell’aria. É anche attivo un Tavolo Permanente Aria, per un confronto costante tra Regione ed enti, che sarà riconvocato a breve proprio per fare il punto sull’imminente stagione invernale». I provvedimenti delle pubbliche amministrazioni non hanno effetto senza la coscienza civile dei singoli. Non bisognerebbe investire di più per sensibilizzare un’opinione pubblica ancora troppo indifferente a questi temi? «I veri cambiamenti hanno origine nel cuore della gente. Un’amministrazione può provare a imporre sanzioni, stabilire limiti, ma se non si diffonde la convinzione della loro necessità, sarà difficile vederne i frutti. Per questo sono necessarie campagne mirate a rendere tutti consapevoli delle reali condizioni dell’ambiente e delle conseguenze delle diverse mi-

viduali. Un’informazione corretta e autorevole serve inoltre a limitare i danni degli allarmismi più catastrofici e a confutare le tesi dei negazionisti più intransigenti. A breve avvieremo una campagna d’informazione sul contributo, in termini di inquinamento atmosferico, della combustione della legna, per rendere noto che la legna, quando bruciata in apparecchi a scarsa efficienza energetica e quando la biomassa stessa non è della qualità o tipologia adeguata, può contribuire notevolmente alla formazione del particolato e di sostanze tossiche. Il nostro obiettivo è quindi quello di coinvolgere sempre più i cittadini, a partire dalle scuole, nella consapevolezza che le azioni di ciascuno contribuiscano in maniera decisiva ad avere un ambiente migliore oggi e a custodirlo per i nostri figli domani».


Ezio Bolzacchini

Una mongolfiera contro lo smog La Regione spinge verso la sostenibilità ambientale, ma le polveri sottili restano a livelli di guardia. Ne parla Ezio Bolzacchini, professore associato di Chimica dell’ambiente all’Università Bicocca di Milano, dove le rilevazioni vengono compiute anche grazie a un pallone aerostatico Riccardo Casini

na Lombardia sostenibile è possibile. O almeno, la strada è stata tracciata: lo scorso febbraio la giunta regionale ha approvato un piano che si propone di Ezio Bolzacchini, raggiungere gli obiettivi fissati dal cosiddetto “Pac- professore associato Chimica dell’ambiente chetto 20-20-20” dell’Unione europea: 51 linee programmati- diall’Università Bicocca che di azione per un miliardo di euro di risorse messe a dispo- di Milano sizione dalla Regione e 2,4 miliardi di investimento attivabile per risparmiare quasi un milione di tonnellate di CO₂ all’anno fino al 2020. Cifre importanti, ma d’altra parte la qualità ambientale, e dell’aria in particolare, non costituisce un problema nuovo in Lombardia: nuovi invece sono gli studi che continuano a susseguirsi sull’argomento, molti dei quali nati all’interno del dipartimento di Scienze dell’ambiente dell’Università Bicocca di Milano. «La Lombardia – spiega Ezio Bolzacchini, professore associato di Chimica dell’ambiente – e la valle del Po in generale sono caratterizzate da una condizione meteo-climatica unica. Lo strato di inversione, una massa di aria calda che crea una sorta di “coperta” non permettendo quindi la diffusione degli inquinanti nell’atmosfera, raggiunge in questa regione quote altimetriche decisamente basse, in particolare nella stagione invernale: basti pensare che a Milano spesso non supera i 300 metri. Non solo: secondo L’abbattimento dell’inquinamento gli ultimi dati queatmosferico è una battaglia sto strato continua ad abbassarsi, e le lunga che va perseguita previsioni dicono nel tempo. Il singolo che il fenomeno non provvedimento sulla singola accennerà a dimisorgente conta poco, servono nuire. Non dimentichiamo poi che la áá politiche a lungo termine

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LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 269


QUALITÀ DELL’ARIA

áá valle del Po è la zona europea meno ventilata in assoluto». La ventilazione è sicuramente una delle variabili meteorologiche che riduce la concentrazione di inquinanti nell’aria. Ma l’uomo come può intervenire in questo contesto? «Si tratta di un quadro abbastanza unico sul quale l’uomo non può intervenire direttamente, lo dimostra il fatto che non sia la media dei valori a essere fuori norma bensì il numero di sforamenti: la letteratura in proposito è chiara, è un sintomo noto che riconduce a una situazione meteo-climatica sfavorevole. L’inverno in particolare è caratterizzato dal susseguirsi di periodi acuti, che vengono interrotti solamente da eventi meteorologici come pioggia e neve. A livello qualitativo però non si tratta di emissioni particolarmente nocive. I politici sono a conoscenza della situazione, e tanti studi sono in corso: alla Bicocca ora è attivo un pallone aerostatico in grado di salire fino a 400 metri per realizzare profili verticali del particolato atmosferico». Un’indagine Istat pubblicata nei mesi scorsi ha mostrato come tra le 30 città europee più inquinate da Pm10 ben 11 sono italiane e, tra queste, Milano, Brescia e Bergamo. Secondo il dossier “Mal’aria 2010” di Legambiente, a Milano il 60 per cento delle emissioni di Pm10 deriva dal trasporto 270 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

veicolare. È da questo aspetto che deve partire ogni intervento? Politiche che incentivino maggiormente l’utilizzo di mezzi pubblici impedendo al contempo l’accesso indiscriminato ai centri storici da parte delle auto possono rappresentare una soluzione adeguata e sufficiente?


Ezio Bolzacchini

Premesso che il parco veicolare della Lombardia non è peggiore rispetto ad altre regioni, in città come Milano il traffico costituisce un problema al di là dell’inquinamento

«Premesso che il parco veicolare della Lombardia non è peggiore rispetto ad altre regioni, in una città come Milano il traffico costituisce un problema al di là dell’inquinamento atmosferico, perciò ben venga qualsiasi provvedimento che riduca il congestionamento, come l’Ecopass. Detto questo, le aree di intervento in favore della qualità dell’aria sono ancora molte, visto che qualsiasi tipo di combustione genera particolato atmosferico. In particolare, però, abbiamo sempre sostenuto come i motori diesel fossero quelli maggiormente inquinanti: fortunatamente qui la tecnologia sta facendo passi importanti, basti pensare ai risultati ottenuti con i Fap (filtri attivi antiparticolati), che a breve saranno introdotti anche per i mezzi pesanti. Miglioramenti si sono ottenuti anche con la metanizzazione spinta degli impianti di riscaldamento, con l’incentivazione nei confronti di veicoli ecologici e con la diffusione di sistemi di alimentazione a Gpl, metano o addirittura elettrici. Più difficile intervenire su altri tipi di combustione, come quello della legna,

60% TRAFFICO Il contributo del trasporto veicolare alle emissioni di Pm10 a Milano

a sua volta responsabile della produzione di particolato atmosferico soprattutto al di fuori dei centri urbani». Sono però le zone ad alta urbanizzazione a far registrare la maggiore concentrazione di inquinanti nell’aria. «La situazione media è identica in tutte le province della Lombardia. Certo, le zone pedemontane ne risentono meno, anche in virtù di una maggiore ventilazione. Ma qui si torna al discorso del clima. Per l’uomo l’abbattimento dell’inquinamento atmosferico è una battaglia lunga che va perseguita nel tempo. Il singolo provvedimento sulla singola sorgente conta poco, servono politiche a lungo termine». A luglio avete presentato i risultati della seconda parte del progetto Tosca (Tossicità del particolato atmosferico e marker molecolari di rischio), che sfrutta le rilevazioni compiute dal pallone aerostatico. Quali effetti ha sulla salute la composizione del particolato atmosferico? «Due sono gli apparati su cui agisce principalmente: quello respiratorio e quello cardio-circolatorio. Da una parte il Pm10 estivo, ricco di endotossine batteriche, è responsabile dei processi infiammatori a carico del polmone, mentre il particolato fine invernale, ricco di idrocarburi, causa alterazioni nel Dna delle cellule polmonari; dall’altra, le particelle ultrafini (Pm1), anche loro maggiormente presenti durante la stagione invernale, sono invece responsabili di effetti cardiocircolatori e di alterazioni funzionali in altri organi». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 271


QUALITÀ DELL’ARIA

Milano è più sana di altre città S d’Europa Traffico, riscaldamento a legna, orografia avversa. Angelo Giudici, direttore del settore Aria e agenti fisici di Arpa Lombardia, ci spiega come, nonostante mille insidie, la concentrazione degli inquinanti nell’aria stia progressivamente migliorando Michela Evangelisti

Angelo Giudici, direttore del settore Aria e agenti fisici di Arpa Lombardia

272 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

ervirsi delle tecnologie più avanzate per raccogliere ed elaborare dati ambientali. Questa, in sintonia con l’approccio proposto dalle più recenti normative nazionali ed europee, la mission delle agenzie regionali per la protezione dell’ambiente. Soltanto a partire da informazioni fondate e attendibili, infatti, gli organi di governo possono assumere i provvedimenti più adeguati per la salvaguardia della salute umana. Arpa Lombardia rappresenta, dal punto di vista degli strumenti tecnologici per la raccolta e il monitoraggio dei dati, una realtà all’avanguardia nel panorama italiano. Milano è sempre nella top ten delle città più inquinate d’Italia. Quale trend emerge dai dati registrati negli ultimi mesi? «Fare classifiche non è un modo corretto per affrontare il problema della qualità dell’aria. La situazione è fluida e variabile, gli inquinanti normati sono diversi e, a seconda dei possibili termini di confronto, emergono differenti “classifiche”. Gli inquinanti un tempo più presenti nell’aria, quali l’anidride solforosa, l’ossido di carbonio, il piombo, il benzene e le polveri totali sospese, sono da tempo rientrati nei limiti. Restano ancora oltre i limiti le polveri sottili (PM10 e PM2,5) e l’ozono, che l’Unione europea ha normato

negli ultimi dieci anni, fissando dei valori massimi particolarmente severi. Su queste sostanze, assieme al biossido di azoto, si stanno concentrando le politiche attuali di risanamento della qualità dell’aria». Quindi possiamo parlare di un progressivo miglioramento della concentrazione degli inquinanti atmosferici in Lombardia? «Tenendo conto di un trend di medio/lungo periodo, osserviamo ad esempio a Milano un numero di giorni di superamento dei limiti del PM10 più che dimezzato tra il 2002 e il 2010 (da 94 a 42 giorni) e concentrazioni medie consistentemente ridotte. È importante poi sottolineare come le emissioni di inquinanti pro capite e pro Pil siano in Lombardia inferiori alla media Ue, ovvero un lombardo “inquina” in media meno di un cittadino dell’Unione europea e, al contempo, la produzione di ricchezza in Lombardia “inquina”, in media, meno che negli altri Paesi europei». Quanto la morfologia del territorio e fenomeni come la nebbia padana interferiscono con i provvedimenti tesi a limitare l’inquinamento dell’aria? «Nonostante le emissioni siano in media inferiori a quelle europee, la differenza in negativo la gioca la particolare conformazione orografica della pianura padana, chiusa su tre lati dalle Alpi e dagli Appennini. Questo de-


INVENTARIO EMISSIONI INEMAR IN LOMBARDIA

Produzione energia e raffinerie Riscaldamento domestico Combustione dell’industria Processi produttivi Estrazione e distribuzione combustibili Uso di solventi Trasporto su strada Altre sorgenti mobili e macchinari Trattamento e smaltimento dei rifiuti Agricoltura Altre sorgenti

NOX

COV

NH3

PM10

CO2eq

9% 8% 15% 3%

1% 12% 2% 5% 3% 44% 12% 2% 0,3% 0,2% 19%

0% 0% 0% 0%

3% 29% 5% 6%

0,01% 2%

0,4% 32% 14% 0,3% 7% 4%

22% 20% 13% 5% 2% 1% 21% 3% 4% 9% 0%

0,01% 49% 13% 1% 1% 0,12%

0,2% 97% 0,05%

fonte ARPA Lombardia

termina difficoltà nel passaggio delle perturbazioni, velocità dei venti tra le più basse d’Europa, con conseguenti scarsi ricambi della massa d’aria e, specie in inverno, condizioni di inversione termica (con aria fredda più pesante vicino al suolo e aria più calda in quota) che intrappolano gli inquinanti entro poche decine di metri dal suolo». Impianti di riscaldamento, ventilazione, condizionamento: quanto incidono sulla qualità dell’aria dei grandi centri urbani? «Essendo gli inquinanti diversi, spesso lo è anche la loro origine. Rispetto al PM10 la componente primaria è pessochè equamente distribuita tra il traffico e il riscaldamento invernale. Per il riscaldamento oltre il 95% del PM10 emesso deriva dall’utilizzo della legna negli impianti

termici domestici, quali stufe e caminetti. La Regione ha di conseguenza proibito il suo impiego in tutti i Comuni posti sotto i 300 metri s.l.m., dove sono più persitenti i fenomeni meteo avversi alla dispersione degli inquinanti, e negli apparecchi termici con rendimento inferiore al 65%. E non dobbiamo dimenticare il contributo derivante dalle attività agricole, in primo luogo dagli allevamenti intensivi, da cui derivano oltre il 95% delle emissioni regionali di ammoniaca». Ci sono new entry tra gli strumenti tecnologici di cui Arpa si avvale per il monitoraggio e la raccolta di dati? «Arpa Lombardia è dotata di una rete regionale della qualità dell’aria tra le più estese d’Europa avendo assunto, unico caso finora in Italia, anche la gestione

diretta, tramite convenzioni, delle reti industriali. L’agenzia gestisce per conto della Regione l’inventario delle emissioni “Inemar”, il più completo e aggiornato in Italia, tanto da essere stato adottato da altre 8 regioni, a cui Arpa Lombardia fornisce attività di assistenza e sviluppo. Siamo dotati inoltre di un sistema modellistico della qualità dell’aria che ci permette la creazione di mappe di diffusione degli inquinanti e la valutazione di scenari di evoluzione nel tempo. Arpa infine è presente insieme alle agenzie spaziali europea e italiana, nonchè a primarie industrie internazionali del settore, negli studi per l’utilizzo dei satelliti per la valutazione della qualità dell’aria e dei trasferimenti transfrontalieri su scala sovracontinentale delle masse d’aria inquinata». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 273


RISPARMIO ENERGETICO

La luce naturale può raggiungere il cuore delle case L’illuminazione del Sole è sana, eco-sostenibile e meno dispendiosa di quella artificiale. Gennaro Bracale spiega come si può incrementare l’utilizzo della luce naturale all’interno di spazi chiusi grazie a dispositivi che la riflettono, la guidano e la trasportano, con speciali tecniche impiantistiche, anche a decine di metri di distanza Aldo Mosca

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a chiave dello sviluppo, storicamente, risiede nell’intrinseca coniugazione tra scienza e industria. Nella volontà e nella capacità dell’uomo di permettere alla popolazione di usufruire, a basso costo, delle più grandi invenzioni. Pensiamo alla radio, al telefono, alle automobili. Ma è soprat-

274 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

tutto su un elemento che si concentrano, da sempre, gli sforzi maggiori: l’energia. Perché tutto parte, si muove ed è reso possibile grazie a quest’ultima. Ed è energia uno dei fattori più preziosi per la vita, vale a dire la luce naturale, la vera luce per l’uomo e tutti gli esseri viventi. Lo sa bene Gennaro Bracale, ricercatore e imprenditore noto a

chi, nell’ultimo secolo, ha seguito con attenzione la storia industriale del nostro Paese. Fondatore dell’azienda Solarspot International, ha reso possibile l’aumento dell’utilizzo della luce naturale, del sole, all’interno degli spazi chiusi grazie a dei lucernai tubolari che riflettono e trasportano la luce naturale. «Un obiettivo di ri-


sparmio energetico ma, ancora prima, di miglioramento della salute pubblica». La luce naturale, infatti, è la fonte migliore, «perfetta» per l’occhio umano, «indispensabile non solo per una corretta visione, ma anche come singolo regolatore di importantissime funzioni vitali legate al benessere visivo dell’uomo» spiega Bracale.

Luce naturale. Nei nostri edifici, spesso, ne abbiamo solo in misura minima. Lei è partito da questa riflessione? «Ho scoperto il mondo delle costruzioni avendo diretto per qualche anno un’azienda del Gruppo Montecatini. Una realtà che costruiva facciate continue Alluminio-Vetro, e che quindi le progettava e realizzava anche per la cosiddetta edilizia monumentale, tra cui, ad esempio, la sede Rai di Torino. Mi chiedevo, a cosa serve in realtà una facciata? A cosa servono le finestre? La risposta era è tanto ovvia quanto semplice: a portare luce naturale all’interno. La finestra è indispensabile. Ma non può portare luce ovunque, e certamente non in modo regolare. La luce naturale della finestra in parete ha una capacità di penetrazione molto ridotta, raggiunge solo i locali adiacenti, in misura variabile e sempre più

ridotta all’aumentare della profondità. Non supera in modo soddisfacente 4-5 metri di di- In alto, a sinistra, Bracale, stanza. E questo non va bene, Gennaro fondatore dell’azienda non basta. Ed ecco che sono Solarspot Srl di giunto al quesito per me fonda- International Cocquio Trevisago (VA) mentale: cosa fare per portare la info@solarspot.it luce naturale più in profondità www.solarspot.it anche oltre gli ambienti perimetrali?». E la risposta? «I primi modelli di conduttori tubolari nacquero in realtà in Australia. In Italia ho lavorato per perfezionare il sistema. Anche il lucernaio tradizionale (cupolino o abbaino o finestra da tetto) non basta. Tra il soffitto e il tetto vi è sempre uno spazio intermedio tramite il quale la luce deve passare. E così ci si è concentrati sulla realizzazione di materiali sempre più riflettenti che, trasformati in condotti potessero condurre la luce, molto più lontano senza eccessive perdite. Sono anche stati ❯❯ LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 275


RISPARMIO ENERGETICO

UNA CERTIFICAZIONE NECESSARIA

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n controllo maggiore, e autorevole, sul mercato. Questa la richiesta di cui da anni Gennaro Bracale si fa portatore, supportato dalla Commissione Internazionale dell’Illuminazione. «Già nel 2001, quando presentai la nostra tecnologia per la prima volta al mondo nel corso di una conferenza mondiale in Islanda, mi rivolsi a tutti i miei colleghi dell’industria dell’illuminazione affinché si creasse una commissione atta a vigilare sulla marea di prodotti che di lì a breve avrebbero invaso il mercato» spiega il fondatore dell’azienda Solarspot International di Cocquio Trevisago (VA). Un’idea che ha ricevuto il plauso tanto dalla comunità scientifica, quanto da quella industriale, ma che in Italia, e non solo, stenta a partire in modo ufficiale e riconosciuto. «Sono troppi coloro i quali strillano sul mercato tentando di vendere prodotti a detta di ognuno “i migliori”, “i più efficienti”, “quelli che garantiscono il maggior risparmio energetico”, ma nessuna commissione può garantirlo». Secondo Bracale, un modello da prendere come esempio potrebbe essere rappresentato da quello francese. «In Francia hanno un mezzo formidabile, l’Avis Technique grazie a cui investitori, professionisti e semplici consumatori tramite il web possono accedere liberamente a ogni dato e valutazione di performance sui prodotti. Attualmente, però, soltanto due società al mondo si sono sottoposte a questa verifica; noi per primi, a dare l’esempio. È un rapporto lungo, che costa molto alle imprese, ma che permette di vendere qualcosa in totale trasparenza (www.cstb.fr). La certificazione dovrebbe diventare una regola per tutti. Noi non facciamo solo industria, facciamo scienza che, come tale, deve essere affrontata nella maniera più seria e rigorosa possibile».

❯❯ sviluppati componenti trasparenti di captazione più inalterabili e più resistenti completandoli, all’interno, con sistemi ottici di direzionamento, capaci di aumentare la resa di convogliamento della radiazione diretta e soprattutto di quella diffusa dalla volta celeste visibile. Molto sviluppo è stato eseguito per rendere disponibili sistemi efficaci e solidi per assicurare resistenza e tenuta all’acqua per qualunque tipo di copertura dei tetti. Intendiamoci, non è un’idea o un problema recente, sin dall’antichità si è tentato di trovare una tecnica di captazione, diffusione e trasmissione della luce naturale all’interno degli ambienti. Basti 276 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

pensare ai templi dell’antico Egitto». Perché oggi questo problema si avverte più che in passato? «Recentemente sono aumentate le costruzioni con grandi open space, illuminati male o in maniera del tutto artificiale. Spazi che comportano una grande spesa energetica. Ma non è questo il problema principale. Quello che viene sottovalutato è l’aspetto sanitario». Quali sono i rischi maggiori? «Consideriamo innanzitutto il fatto che l’uomo, nel giro di 150 anni, si è ritrovato dall’essere prevalentemente un contadino esposto tutto il giorno alla luce

solare, all’essere un operaio o un impiegato barricato al chiuso per la maggior parte della sua vita. Gli architetti studiano ogni soluzione possibile per far entrare la luce solare negli ambienti, ma non possono fare miracoli. E questo è un grande problema. Con la luce artificiale si influisce sul benessere umano. L’artificio deve essere un complemento, un supporto al naturale, non un sostituto. Molti studi hanno evidenziato che se la luce artificiale diventa l’unica fonte di illuminazione, privando l’individuo degli stimoli che solo la luce naturale può dare, ne riduce la capacità di adattamento alle condizioni per lui desuete dell’ambiente co-


Trasportare la luce

Dobbiamo mettere i consumatori in grado di conoscere la spesa e il risparmio energetici di tutto ciò che acquistano, dobbiamo renderli consapevoli

Installazioni su tetti dei condotti tubolari riflettenti SOLARSPOT® creati dalla Solarspot International

struito, la percezione di ambiente ben areato, favorendo reazioni claustrofobiche, lacune di concentrazione, scollamento dai ritmi circadiani, disagi che, se mal gestiti, si traducono in stati depressivi, per non parlare degli effetti che ha sui più piccoli». I bambini, quindi, sono tra i soggetti che più ne risentono? «È già stato dimostrato che la luce naturale, nelle scuole, rende i bambini meno aggressivi e più attenti, in grado di apprendere più velocemente. All’interno degli ambienti occorre un fattore di luce diurna pari a 3. Ciò significa che una volta calcolata all’esterno l’in-

tensità della luce, all’interno devo avere almeno il 3% di quel valore. Mentre generalmente nei locali abbiamo solo lo 0,5 %. Ma non basta trasportare la luce negli spazi. Occorre anche contenere la radiazione solare diretta, trovare i materiali giusti. Insomma, c’è un lavoro di ricerca scientifica enorme alle spalle di tutto questo. La mia azienda, infatti, punta molto sulla ricerca e collabora sui temi dell’effetto della luce naturale e sulle tecnologie per il suo trasporto con diversi atenei italiani e stranieri». Quali risultati si sono ottenuti? «Grazie alla tecnologia pos-

siamo trasportare la luce naturale con grandissima efficienza a distanze incredibili, anche a 20, 30, e perché no, 100 metri di distanza. Esistono materiali creati in esclusiva dalla 3M, nostro partner da anni, che riflettono fino al 99,5% della luce in modo speculare. E il nostro più grande risultato è proprio questo, trasformarli in condotti speculari in grado di realizzare lunghi convogliatoti capaci di portare, attraverso le proprietà ottiche dello lo specchio, la luce a grandi distanze. Grazie ai nostri piccoli condotti tubolari riflettenti, creati con i migliori materiali, la luce viene trasportata, senza disperdersi o essere assorbita. Questo tipo di tecnologia è attualmente la più progredita in tale ambito, è otticamente molto efficiente e funziona anche in condizioni di cielo coperto». La luce artificiale, però, non va eliminata del tutto. «Certo. A questo punto dovrebbe diventare un supporto, un’integrazione laddove la luce naturale non può illuminare al 100%. Coniugando i due sistemi, e facendo intervenire la luce artificiale, di notte ovviamente, e quando è necessario, ciò porta ad un incredibile risparmio di energia elettrica». L’Italia è un Paese attento alla tematica del risparmio energetico? «Gli italiani prestano attenzione a tutti i temi del progresso. I problemi nascono dalle lobby, io li chiamo i persuasori, che attraverso la pubblicità ingannevole spacciano soluzioni di ri- ❯❯ LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 277


❯❯ sparmio energetico quando in realtà vendono sistemi atti solo a convertire l’energia. Oggi, ad esempio, in Italia sosteniamo di fare il fotovoltaico mentre in realtà ci limitiamo a fare i carpentieri; compriamo tutto dalla Germania, silicio e strutture. Non vedo gli attori di queste tematiche e di questi affari soffermarsi a sufficienza sull’unica e fondamentale domanda per dimostrare se un “sistema” promette solamente oppure fa realmente risparmio energetico: quanta energia consumo per produrlo e, infine, smaltirlo?». Alcuni esempi Vale a dire? di come la luce naturale possa essere «È solo questo ciò che dovrebbe veicolata all’interno di spazi chiusi preoccupare il politico, l’im278 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

prenditore e anche chi consuma. Un qualunque oggetto o sistema, ha una sua aspettativa di vita, che giunta al suo termine comporta un costo per il suo smaltimento. Ma quanta energia spendo io per produrlo e poi, alla fine, eliminarlo? La sua vita sarà sufficientemente lunga per farmi recuperare almeno 1Kwh di energia? Solo in questo caso ho ottenuto un vero risparmio energetico per le prossime generazioni. Ma questo in Italia è un messaggio al quale pochi, anche politici e consumatori, prestano sufficiente attenzione». Lei cosa propone? «Dobbiamo mettere i consumatori in grado di conoscere i costi energetici di tutto quello che acquistano, dobbiamo renderli consapevoli. Come su un cartone di latte trovo inseriti tutti i suoi valori nutrizionali, anche chi produce un pannello fototermico o fotovoltaico o un tubo di luce deve rendere noti i consumi energetici che comporta e se realmente, alla fine, porterà a un risparmio di energia. Dobbiamo sempre capire, dal punto di vista energetico, cosa c’è dietro i prodotti che consumiamo e che incentiviamo. Come paese possiamo sorvolare nelle nostre scelte sulla premessa energetica della verifica “del ciclo di vita” e mettere a rischio anche l’esito di questa sfida tecnologica ed ambientale? Io penso di no, soprattutto a difesa delle generazioni future». Tornando all’azienda Solarspot International, quali sono le prospettive per il fu-

turo? «Siamo in costante crescita, soprattutto grazie all’export. Il nostro mercato principale resta l’Italia, ma ci stiamo espandendo in nuovi Paesi come Spagna, Francia e Russia. I nostri calcoli ci dicono che il bilancio energetico tra energia resa ed energia spesa per produrre e smaltire è certamente virtuoso e si può contare su un risparmio energetico netto, molto positivo. Vorremmo però che questo tema fosse affrontato in Italia in modo molto serio ed obiettivo, senza essere obbligati, come per le nostre certificazioni, ad andare all’estero, anche se in Europa. Certo, la crisi ha inciso, non tanto nel numero di impianti, quanto nei tempi e nelle dilazioni di pagamento. Per mantenere un soddisfacente livello di fatturato in Italia, abbiamo dovuto, noi, una piccola azienda, finanziare dando credito, alla nostra rete di vendita molto specializzata, per attendere che i clienti finali potessero far fronte ai loro impegni di pagamento. Installare il nostro prodotto non è semplice. Occorre un lavoro coeso tra produttori, ingegneri e architetti, proteggendo e salvaguardando le professionalità degli esecutori dei lavori. Non è un oggetto che si vende esponendolo in vetrina e che altri comprano al volo. Ma se l’Italia e gli altri paesi cui ci rivolgiamo manterranno i ritmi che abbiamo comunque salvaguardato in questo grigio momento, ritengo che la nostra tecnologia sarà sempre più diffusa».



IL SETTORE OIL E GAS

La sicurezza comincia dalla tracciabilità Identificare e tracciare i beni lungo tutto il loro ciclo di vita è il primo passo per ottenere impianti sicuri. E le aziende italiane sembra si stiano muovendo in questa direzione. ACM-e, fornitore di Eni Saipem, nella persona dell’ad Daniele Saccardi, fa il punto sulla sicurezza nel settore Oil & Gas Lucrezia Gennari

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In basso Paolo Scaroni, ad di Eni Spa. Sopra e nella pagina accanto alcuni cantieri della ditta ACM-e. Sotto, Daniele Saccardi www.acm-e.com

a sicurezza nel trasporto di merci pericolose resta un aspetto assolutamente fondamentale come confermano, purtroppo, le gravi conseguenze a cui possiamo andare incontro quando le attività di questo genere non sono accompagnate da adeguati sistemi di prevenzione e controllo dei rischi». Sono le parole di Paolo Scaroni, amministratore delegato di Eni

280 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

Spa. E, a proposito della strategia adottata in quest’ambito, indica due elementi essenziali fondanti il modello di sostenibilità di Eni rispetto al tema del trasporto di merci pericolose: «la valorizzazione delle persone, dentro e fuori l’azienda, garantendo loro salute e sicurezza, e l’innovazione, anche attraverso la ricerca, come leva trasversale per migliorare i risultati di Eni, ma anche per garantire la sicurezza delle attività dell’impresa, attraverso soluzioni tecnologiche avanzate per la gestione dei rischi». Dopo eventi tragici quali il disastro petrolifero nel Golfo del Messico del 20 aprile scorso, ci si interroga sempre più urgentemente su quali misure è necessario prendere in ambito industriale per evitare sia catastrofi di questo calibro che eventi di minor risonanza, causati comunque da errore umano, tecnologie imperfette, controlli insufficienti. «Credo

sia fondamentale insistere sulla tracciabilità dei beni, lungo tutto il loro ciclo di vita – sostiene Daniele Saccardi della ditta ACM-e – soprattutto nel settore industriale, nel quale la possibilità di identificare e tracciare i beni in maniera “automatica” equivale di fatto a una maggiore garanzia di conformità e rispondenza ai requisiti progettuali». ACM-e, società specializzata nel settore dell’identificazione degli asset industriali, vanta anche alcune esperienze applicative nel settore petrolifero. «Per certificare la reale qualità dei beni, - continua Saccardi – è opportuno adottare un metodo basato sull’uso della tecnologia RFID (Radio Frequency Identification), che si fonda sull’impiego delle onde radio e consente l’archiviazione e lo scambio di informazioni anche fra dispositivi non alimentati elettricamente, detti in questo caso tag passivi».


Rfid

L’incidente petrolifero nel Golfo del Messico sembra sia stato causato da un difetto alla valvola di sicurezza di fondale che ha impedito di arrestare il flusso del greggio. «Sicuramente – afferma a riguardo Saccardi - una maggiore tracciabilità e un più attento controllo del componente avrebbero consentito di risalire più rapidamente alle informazioni che potevano essere utili per una comprensione alla radice del problema, e soprattutto avrebbero evitato di utilizzare inizialmente un componente non rispondente alle aspettative, normalmente progettato per ‘rompersi in maniera sicura’, ovvero conservativa». ACM-e ha preso parte al progetto Eni Saipem, dedicato alla tracciatura degli asset costruttivi impiegati in ambito offshore, avviato nel 2008, nel quale è risultata di essenziale importanza la partnership tecnico-organizzativa tra committente e integratore: una partnership fondata sull’affiancamento e sulla collaborazione con il personale tecnico del committente sia per lo sviluppo dell’ingegnera di base, sia per l’individuazione di alc u n i punti

La possibilità di identificare e tracciare i beni in maniera “automatica” equivale di fatto a una maggiore garanzia di conformità e rispondenza ai requisiti progettuali

di criticità nei processi, al fine di ingegnerizzare e ottimizzare la soluzione tecnica. «Eni Saipem – sostiene Bianchi di ACM-e ha affrontato il problema della gestione dell’equipaggiamento off-shore, guardando da subito con interesse alla tecnologia RFID per ottenere l’identificazione dei beni durante la produzione, la raccolta dei dati in fase di montaggio, la raccolta dei dati legati alla gestione del bene, durante la sua fase di esercizio. Il tutto in modo rapido, sicuro, con il minimo intervento umano e quindi con possibilità di errore praticamente nulle». Secondo Bianchi le aziende italiane si stanno muovendo sempre di più nella direzione della sicurezza, ed Eni Saipem rappre-

senta un esempio virtuoso. «Eni Saipem applica tag passivi su svariate categorie di materiali utilizzati nell’off-shore in modo da ridurre i tempi delle operazioni, diminuire gli sprechi gestionali e aumentare la sicurezza». Saipem, inoltre, ha adottato e sta estendendo questa scelta tecnologica a boe di alta profondità, imbracature per piattaforme offshore, alcuni segmenti di oleodotti e gasdotti. «Per garantire la corretta gestione dei dati associati ai vari apparati – conclude Saccardi – è indispensabile l'adozione di applicazioni software dedicate, grazie alle quali è possibile inserire direttamente nel database tutta la documentazione digitale da associare in maniera univoca al bene tracciato».

LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 281


ECONOMIA ECOLOGICA

Tecnologie ambientali a impatto zero Le industrie devono orientarsi sempre più verso prodotti a impatto zero. Sono i mercati a richiederlo, perché l’ambiente non è più un tema da trascurare. Claudio De Val e Rainer Ruckelshausen, raccontano come aprirsi all’era dell’economia “ecologica” nel mondo della chimica Ugo Guidi

In basso, Rainer Ruckelshausen, amministratore delegato con responsabilità finanziaria ed amministrativa. In alto a destra Claudio De Val, amministratore delegato con responsabilità tecnicocommerciale. Il primo opera nella sede di Carugo mentre il secondo a Villorba www.coventya.com

U

n mix di saperi e conoscenze, per non perdere mai di vista la concretezza e i risultati: è il leitmotiv più osteggiato dal marketing aziendale. Ma chi si occupa di ambiente, luogo comune per eccellenza, non può permettersi il lusso della retorica. Questa volta contano i fatti, più che le parole. E allora il famigerato “impatto zero”, da vuoto campo semantico riesce persino a diventare territorio ricco di sperimentazione. Claudio De Val e Rainer Ruckelshausen, amministratori delegati di Coventya, suggeriscono di imboccare la strada dell’innova-

282 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

zione. E aggiungono che «occorre una visione a trecentosessanta gradi dei processi chimici». Nel mare magnum dei trattamenti elettrolitici, dei rivestimenti metallici e dei processi per il trattamento delle acque, l’eco-friendly attitude costituisce una nuova e imprescindibile frontiera, sempre più appetibile per i mercati internazionali. Quali sono le tipologie di specialità chimiche che tratta l’azienda? CLAUDIO DE VAL «Forniamo una tecnologia di processo, con specialità e componenti ausiliari studiati su misura per i successivi processi chimici ed elettrolitici per il rivestimento delle superfici». Nel trattamento di elettrolitici proponete un mix di “scienza pura ed esperienza”. In cosa consiste questa modalità di operare? RAINER RUCKELSHAUSEN «È quanto mai necessario arrivare a una perfetta combina-

zione di entrambi. Le innovazioni nel settore dei trattamenti elettrolitici partono sempre dalle esperienze vissute e dai nostri contatti con le università e la letteratura del settore, che ci permette di fornire dei prodotti taylor made, frutto di questo mix». In quali settori operate? C.D.V. «Trattiamo un campo davvero sfaccettato, che va dall’industria automobilistica all’edilizia, dall’arredamento alla moda, passando per l’occhialeria e l’aeronautica, fino all’industria dell’elettronica e dei connettori; senza dimenticare il settore petrolifero, quello dei sanitari, dell’illuminazione e del tempo libero. Di conseguenza abbiamo una tipologia di clientela molto variegata. Si tratta, per la maggior parte, di piccole e medie imprese che operano


La svolta nella chimica

Le società petrolifere hanno iniziato a esplorare territori sempre più ostili che richiedono nuove finiture in grado di offrire un’eccellente protezione in qualsiasi tipo di situazione nei trattamenti superficiali, e che spesso fanno riferimento alla grande industria». Come viene combinato il vostro lavoro con il rispetto e la tutela dell’ambiente? R.R. «Lavorando nel mondo della chimica, siamo necessariamente portati a sviluppare

tecnologie a impatto ambientale zero, vale a dire che non contengono sostanze pericolose, sia per l’uomo che per l’ecosistema. A questo scopo abbiamo creato un team di persone qualificate che costantemente monitorano le varie fasi produttive, preoc-

cupandosi di far rispettare le normative ambientali di riferimento». Le società petrolifere si mostrano sensibili alle tematiche ambientali? C.D.V. «A causa dell’aumento dei prezzi del petrolio, dovuto alla sua progressiva diminuzione quantitativa, le società petrolifere hanno iniziato a esplorare territori sempre più ostili, che richiedono nuove finiture, in grado di offrire un’eccellente protezione in qualsiasi tipo di situazione. La risposta della nostra azienda non si è fatta attendere. Grazie a specifici prodotti, come enova H10 e enova H15, è ora possibile affrontare qualunque condizione ambientale. Entrambi i processi di nichel chimico producono un deposito di Nichel con un contenuto del 10 per cento di fosforo, creando una finitura esente da pori e resistente agli agenti aggressivi. Un altro prodotto unico nel suo genere è l’enova KR, una finitura che incorpora alla matrice di Nichel fosforo, particelle di Nitruro ❯❯ LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 283


ECONOMIA ECOLOGICA

❯❯ di Boro, che aumentano le proprietà lubrificanti e migliorano la resistenza all’usura. Il Nitruro di Boro è un eccellente film lubrificante, perfetto per le applicazioni in cui oli o lubrificanti solitamente utilizzati, trattengono sabbia o altri elementi abrasivi. Un’altra finitura che trova applicazione in questo settore è enova TCN10, un elettrolita di Nichel Chimico, che assicura un buon rilascio e un’ottima proLABORATORI prietà lubrificante. Insomma È il numero delle le tecnologie emergenti quali strutture adibite alla ricerca tra l’energia solare e quella eoEuropa e America, lica, così come l’utilizzo di aldella ditta Coventya tre energie alternative, creano nuove opportunità di sviluppo per una società all’avanguardia come la nostra, che deve fare dell’innovazione il suo pane quotidiano». Quali progetti avete in

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284 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

cantiere? R.R. «Oltre al ruolo di fornitore di specialità chimiche, ci stiamo specializzando come

partner strategico anche nell’implementazione del WaterCare, con l’obiettivo di una chimica di processo effi-


La svolta nella chimica

IL FUTURO È APPENA INIZIATO

P

er entrare nel mondo Coventya e capirne le mille sfaccettature, occorre fare un passo indietro. Bisogna, quindi, tornare alle origini. Leader europeo nel rivestimento delle superfici, il gruppo affonda le sue radici nel lontano 1927, anno della creazione di Société Continentale Parker, società con sede in Francia e nata per gestire i processi e i brevetti dell’americana Parker Rustproof Co. Quasi quarant’anni dopo, nel 1965, in seguito all’acquisizione da parte della tedesca Metallgesellschaft Group, il quartier generale si sposta in Germania. Da questo momento in poi assistiamo a due fasi di sviluppo: la prima si conclude nel 2000 con la fondazione di Coventya, resa possibile da varie acquisizioni sul territorio europeo che le permettono di essere tutt’oggi attiva non solo in Germania e in Francia, ma anche in Italia, Spagna e Svezia. La seconda fase di espansione è individuata dal 2000 in poi, con la nascita di sedi extra-europee negli USA, in Cina, in Messico e in Brasile, sempre grazie all’acquisizione di Società ben inserite nel settore, con vantaggi

ciente e nel rispetto dell’ambiente, attraverso una linea di prodotti che offre un portafoglio di coagulanti, polimeri cationici, precipitanti, flocculanti e agenti antischiuma il cui impiego consente di rispettare i limiti imposti dalle normative ambientali locali. In sostanza, miriamo a semplificare la vita quotidiana ottimizzando l’impianto del trattamento acque su misura». Come ha influito la recessione nel vostro settore? C.D.V. «Il tipo di attività che svolgiamo ci mette in contatto con tutti i settori industriali: e, infatti, ogni giorno interagiamo con l’intero panorama economico. È normale, quindi, avvertirne i cambiamenti o subirne le problematiche. Tra queste cito, ad esempio, la recente flessione nel mercato dell’au-

non solo logistici e di miglioramento del servizio offerto, permettendoci così di servire al meglio i nostri clienti in qualsiasi parte del mondo, ma anche di innovazione e di tecnologia all’avanguardia. Ma c’è un altro aspetto importante che caratterizza il servizio che l’azienda è in grado di offrire alla propria clientela e che le permette di essere presente sul territorio in maniera completa ed efficace: la sua rete di ATC, agenti e distributori che le permettono di coprire gran parte del paese, da Nord a Sud, in maniera tempestiva e competente. Lo stesso concetto si applica su scala europea ed extra europea. Ma cosa contraddistingue Coventya? Innanzitutto la vera natura dell’industria dei trattamenti elettrolitici richiede una perfetta combinazione di scienza pura ed esperienza pratica e qui risiede la nostra forza: il nostro modello operativo si basa sul continuo scambio di informazioni tra i nostri clienti e il nostro servizio tecnico, in sinergia con il team R&D, garantendo alla nostra clientela un servizio competente e costante.

Nel mare magnum dei trattamenti elettrolitici, dei rivestimenti metallici e dei processi per il trattamento delle acque, l’eco-friendly attitude costituisce una nuova e imprescindibile frontiera, sempre più appetibile per i mercati internazionali

tomobile. Per fortuna non ci sfuggono neanche i segnali positivi. È il caso dell’incremento nelle attività collegate ai nuovi settori economici, prime fra tutte l’elettronica e l’informatica. Un occhio di riguardo va mantenuto verso quelle aziende – e sono in crescita – che richiedono tecnologie compatibili con l’ambiente». Quanto conta l’internazionalizzazione per una società come la vostra, e quanto ha influito in positivo sull’andamento dell’azienda?

«L’internazionalizzazione è la chiave di volta attorno alla quale devono ruotare i mercati. A maggior ragione se si è una multinazionale. Oggi le distanze geografiche si sono azzerate: i mezzi di trasporto ci permettono di essere, in tempi relativamente brevi, ovunque. E la comunicazione non conosce praticamente confini. In un clima del genere i settori industriali devono necessariamente adeguarsi. In questo senso, abbiamo creato una rete globale di servizio con i clienti». C.D.V.

LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 285


SOSTANZE CHIMICHE

Verso una chimica sostenibile Il settore chimico non può ignorare il rispetto ambientale. E deve ricercare materie prime sempre più naturali. Dal regolamento Reach alle sostanze innovative, Rossella e Valeria Carli di Eico Novachem illustrano un settore in trasformazione Eugenia Campo di Costa

D

a giugno 2007 è entrato in vigore il Regolamento Reach (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio. Attraverso un unico testo normativo, il regolamento ha sostituito buona parte della legislazione comunitaria fino ad allora in vigore in materia di sostanze chimiche e ha introdotto un sistema integrato per la registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione di tali

286 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

sostanze. L’obiettivo principale del Reach è migliorare la conoscenza dei pericoli e dei rischi derivanti da prodotti chimici e al contempo mantenere e rafforzare la competitività e le capacità innovative dell’industria chimica europea. Mira quindi ad assicurare un maggiore livello di protezione della salute umana e dell’ambiente. «Entro l’anno 2018 ogni sostanza chimica dovrà essere registrata e trattata secondo la normativa Reach» afferma Rossella Carli, amministratore unico della società Eico Novachem che si occupa della distribuzione di materie prime chimiche soprattutto sul mercato nazionale. «A questo scopo – interviene l’inge-

gnere Valeria Carli, direttore tecnico – il nostro lavoro, da oltre un anno, mira a una selezione sempre più severa delle nuove materie prime con particolare, costante attenzione alle caratteristiche delle materie prime commercializzate che devono soddisfare tale regolamento». Su quali sostanze in particolare si concentra la vostra attività? ROSSELLA CARLI «Eico Novachem distribuisce materie prime chimiche, soprattutto sul mercato nazionale, con prodotti speciali per tutte le applicazioni e i settori industriali: cosmetico, farmaceutico, gomma, plastica, lubrificanti, pitture, vernici, adesivi e aerospazio. In particolare, la nostra attività si rivolge ai produttori: forniamo le materie prime chimiche che vengono

In apertura, Valeria e Rossella Carli. Valeria Carli, direttore tecnico di Eico Novachem (www.eiconovachem.it) è stata recentemente eletta nel Consiglio Direttivo del gruppo Giovani Imprenditori di Milano di Assolombarda


Il Reach

poi trasformate dalle varie aziende manifatturiere». Interagite anche con paesi stranieri? SOSTANZE R.C. «Circa l’85% delle materie prime viene distribuito sul terÈ il numero di ritorio nazionale. Il restante prodotti chimici che, secondo il 15% viene esportato in altri Reach, dovranno paesi e la nostra filosofia di venessere soggetti a un esame sulla dita è comunque quella di sepericolosità e guire le società italiane che si inseriti in un database comune espandono all’estero. Per a tutti gli stati quanto concerne invece la fordell’Ue nitura, ci approvvigioniamo all’estero, soprattutto Stati Uniti e Europa, ma anche Australia, InDISTRIBUZIONE dia e Cina». La percentuale delle Muovendovi su diversi setmaterie prime di tori avete una visione globale Eico Novachem viene distribuito sul della realtà produttiva itaterritorio nazionale liana. La crisi è ancora in atto?

30 mila

85%

Il nostro ruolo è intuire e prevenire le esigenze del mercato nazionale e attualmente il settore è molto attento all’impatto ambientale delle sostanze chimiche

VALERIA CARLI «Con grande len-

tezza credo che i mercati si stiano riprendendo. Anche la nostra azienda ha risentito un calo del fatturato nel 2009, riflettendo lo scenario dei mercati che va a servire. I settori che hanno risentito maggiormente della recessione sono l’automo-

tive, l’edilizia e la lubrificazione. Tuttavia, la flessibilità ci ha permesso di superare la crisi ottenendo buoni risultati». Cosa intende per flessibilità? V.C. «Il fatto di essere conservatrici rispetto ai principi etici fondamentali, e nel contempo innovative nel promuovere lo sviluppo sostenibile attraverso il dialogo costante con tutti gli interlocutori sociali, sia a livello nazionale che internazionale, coinvolgendo clienti, fornitori, dipendenti e addetti ai servizi». Quali sono le urgenze più sentite nel settore chimico? V.C. «Il nostro “compito” è intuire e prevenire le esigenze del mercato nazionale e attualmente il settore è molto attento all’impatto ambientale delle sostanze chimiche. Ad esempio, nel mercato cosmetico, nell’ultimo anno sono stati introdotti prodotti molto innovativi, naturali, attivi, quali sostanze antiaging, antimicrobici e anti-macchia, funzionali e assolutamente naturali, estratti da piante o da frutta, che in passato venivano usate anche in ambito farmaceutico e che oggi, in percentuali bassissime, vengono impiegate in cosmetica». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 287


RIFIUTI INDUSTRIALI

Più consapevolezza nel trattare i rifiuti Nonostante sia il terzo paese per produzione industriale in Europa, l’Italia pecca nell’ambito dello smaltimento dei rifiuti. Soprattutto per quanto riguarda quelli industriali. Secondo Francesco Fallica il miglioramento in questo senso parte da un cambiamento culturale Eugenia Campo di Costa

L’

Italia è in grado di sostenere solo il 15% della domanda di smaltimento per incenerimento di rifiuti pericolosi nonostante sia il terzo paese per produzione industriale in Europa. Sono pochissimi gli inceneritori sparsi sul territorio, dei quali solo due, in Lombardia e in Romagna, notevoli per dimensioni e capacità tecniche. «Nella nostra cultura l’at-

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tenzione dovrebbe focalizzarsi sulle reali emissioni e immissioni nell’atmosfera e nei ricettori naturali come fiumi e mari, provocate dagli impianti di trattamento, e non, come oggi avviene, principalmente sulla composizione o sulla pericolosità originale dei rifiuti da smaltire» afferma Francesco Fallica, Amministratore Delegato di Ecoltecnica nel trattamento e smaltiItaliana, una delle principali mento dei rifiuti. Secondo realtà lombarde impegnate Fallica in Italia non viene posta la necessaria attenzione su quegli aspetti che in realtà devono essere valutati come pericolosi per l’ambiente. «È ovvio che buttare in mare un rifiuto significa rovinare l’ecosistema - afferma Fallica -, ma il problema fondamentale è diverso, cioè, bisognerebbe concentrarsi su cosa crea negli impianti di smaltimento la pericolosità dei rifiuti, ovvero sulla dannosità


Smaltimento

delle emissioni». Quali limiti ci sono in Italia rispetto all’impatto ambientale del trattamento dei rifiuti pericolosi? «In Italia le autorizzazioni dei pochi inceneritori esistenti pongono forti limiti sulle caratteristiche dei rifiuti in ingresso agli impianti. Nel resto d’Europa non ci sono limitazioni del genere: se un impianto è autorizzato a incenerire rifiuti pericolosi, tanto basta. I rifiuti pericolosi non devono rispondere a eventuali

requisiti analitici e gli impianti, naturalmente, devono garantire che le emissioni in atmosfera non siano dannose. Il rifiuto non deve restituire pericolosità all’ambiente, o quanto meno, deve rientrare in determinati valori. Questo aspetto è garantito dagli impianti di abbattimento. Un impianto di incenerimento per rifiuti industriali, di quelli riconosciuti come maggiori player nel mercato europeo, a livello di investimento pone circa il 60% delle risorse eco-

nomiche nella costruzione In apertura e a sinistra serbatoi di della parte di abbattimento. È parco Ecoltecnica Italia, questo il costo più elevato sopra Francesco Fallica nell’impianto e non le parti di www.ecoltecnica.com combustione e incenerimento: è proprio l’abbattimento che garantisce di non rilasciare in ambiente sostanze pericolose. Basti pensare che ad Amburgo e a Vienna gli inceneritori per rifiuti pericolosi sorgono in città». Lei ha studiato per anni importanti realtà del Nord Europa impegnate nel trattamento dei Rsu e dei rifiuti pericolosi. Che cosa ha appreso e introdotto nel suo lavoro da queste osservazioni? «In Italia il problema dei rifiuti è sempre stato visto, soprattutto dalle aziende, come un costo accessorio non facente parte dei budget di produzione e tale criterio è an- ❯❯ LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 289


RIFIUTI INDUSTRIALI

❯❯ cora presente in molte realtà. L’approccio al rifiuto nel Nord Europa invece è più semplice: il rifiuto esiste e in quanto tale è presente in tutte le attività di programmazione industriale delle varie aziende, perciò è gestito come avviene per la parte della produzione e inviato ad aziende specializzate che sono attrezzate con gli standard delle ditte di produzione chimica, chimico/farmaceutica e petrolchimica. In Italia è raro imbattersi in realtà che si occupano di rifiuti organizzate in modo industriale, sono sempre per lo più aziende di carattere familiare che hanno nel corso degli anni convertito la loro attività originale in quella di smaltitori. Un’evidenza di tale aspetto la si ha nel riscontro dell’assenza, sul mercato italiano, delle principali multinazionali europee che si occupano di questo business e che invece nei maggiori paesi industrializzati d’Europa giocano un ruolo dominante. Partendo da questo concetto, Ecoltecnica ha sempre cercato di interpretare il ruolo dello smaltitore in modo simile a quello di una multinazionale cercando sempre di applicare il modello industriale». Come mai secondo lei persiste nel nostro Paese una certa diffidenza verso 290 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

gli impianti inceneritori per i rifiuti pericolosi? «Con l’incidente nel 1976 della Soc. Icmesa di Seveso si è messa in moto in Italia in modo irreversibile la sindrome Nimby (Not in my back yard) che ha generato un gap con i maggiori Paesi industriali europei, quali Francia e Germania, ad oggi non più colmabile. È anche chiaro come un argomento delicato come questo sia stato politicamente cavalcato, soprattutto a livello locale, dalle varie amministrazioni per cercare di ottenere il consenso politico della popolazione spesso e volentieri andando contro al reale benessere generale del sistema». Come si può incentivare

in Italia la diffusione di inceneritori a basso impatto ambientale? «Bisognerebbe trasformare la cultura ormai radicata legata al “pericolo” di certi rifiuti. L’incentivazione della diffusione di impianti di incenerimento va programmata innanzi tutto spiegando ai bambini, sin dalle scuole ele-

In alto il laboratorio e, sotto, l’ufficio accettazione di Ecoltecnica. Nella pagina accanto lo sterilizzatore


Smaltimento

mentari, perché i rifiuti entrano nella vita di ogni individuo sin dall’infanzia, affinché la coscienza della gestione delle risorse ambientali e delle necessità ambientali del nostro pianeta sia completa e chiara. Il problema è che spesso ci si trova ad approcciarsi a questo tipo di problemi in età adulta e completamente scevri di notizie. Solamente con un salto culturale di questo livello si potrà iniziare una reale politica d’incentivazione senza mai dimenticare l’aspetto della ricerca e delle innovazioni tecnologiche volte alla riduzione del numero dei rifiuti e al recupero degli stessi, magari, come già sta avvenendo in qualche settore, studiando linee di produzione che sfrut-

tino materiali che abbiano una più facile collocazione nel recupero». Come giudica le politiche e gli incentivi regionali e nazionali riguardanti il vostro settore? «In realtà non si può parlare di incentivi in senso lato in quanto i campi di applicazione per ricevere tali incentivi sono veramente ridotti. Per quanto attiene le politiche si deve fare un distinguo tra quelle rivolte alla soluzione di problematiche afferenti lo smaltimento/recupero dei Rsu e quelle relative ai Rifiuti industriali». Cioè? «La problematica dello smaltimento dei Rsu (Rifiuti solidi urbani) è riservata quasi esclusivamente alle aziende

In Italia le autorizzazioni dei pochi inceneritori esistenti pongono forti limiti sulle caratteristiche dei rifiuti in ingresso agli impianti

municipalizzate. È noto che molte Regioni virtuose hanno, e stanno implementando da anni, sistemi adeguati a raggiungere l’autosufficienza mentre altre si troveranno presto nelle condizioni della Campania e della Sicilia in quanto gli artifizi adottati finora per ritardare sempre più il recepimento delle direttive CEE, che vietano lo smaltimento degli Rsu in discarica, non potranno essere protratti in eterno. Quindi si arriverà ❯❯

LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 291


RIFIUTI INDUSTRIALI

L’approccio al rifiuto nel Nord Europa è semplice: il rifiuto esiste e in quanto tale è presente in tutte le attività di programmazione industriale

❯❯ presto al momento in cui le cosiddette “emergenze” saranno sempre più presenti anche a causa della costante ostilità verso gli inceneritori. In merito alle politiche sia nazionali che regionali relative allo smaltimento e al recupero dei rifiuti industriali, si può sinceramente dire che non c’è mai stata una reale programmazione delle necessità e quindi viviamo situazioni estremamente disomogenee e poco funzionali». Come vede il futuro del vostro settore? 292 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

«Se, come sta accadendo sempre più di frequente negli ultimi 10 anni, le attività vengono spostate nei Paesi cosiddetti emergenti, si assisterà a un decremento enorme di produzione di rifiuti industriali. Quindi il futuro è dubbio. Inoltre, trovo che debba far pensare anche l’aspetto relativo alle multinazionali specializzate nei rifiuti industriali, infatti in Germania, Francia, Spagna, Inghilterra e Danimarca le attività di smaltimento sono gestite da multinazionali. In

Italia queste realtà crescono con molta più calma perché il nostro sistema è più frazionato e le nostre realtà aziendali sono Alcune fasi dello smaltimento. sinistra, in alto, stoccaggio. medio-piccole e ASotto triturazione, miscelazione con una gestione e addensamento. padronale. Il si- A destra, stabilizzazione dei rifiuti stema Italia è molto spesso fuori da quello che si può definire un modello industriale. Se siamo il terzo paese più produttivo di Europa dovremmo saper gestire i nostri rifiuti in maniera proporzionata a quanti ne produciamo».



DISTRIBUZIONE DELL’ACQUA

L’acqua di tutti Rubinotto è un nuovo progetto per consumare acqua di qualità. Infatti attraverso un sistema di approvvigionamento semplice ed economico distribuisce dell’ottima acqua. La soluzione di Claudio Carolo della Moon Water Guido Siniscalchi

B

ere acqua di ottima qualità e allo stesso tempo promuovere un atteggiamento rispettoso dell’ambiente, capace di far risparmiare tempo, denaro, fatica e quantità di rifiuti prodotti, sono gli obiettivi di Rubinotto, il distributore di acqua che permette di abbandonare l’abitudine di acquistare bottiglie d’acqua. Acqua che nella maggior parte dei casi viaggia sulle strade per migliaia di chilometri producendo inquinamento e che è venduta a caro prezzo. Claudio Carolo fondatore della Moon Water, da molti anni si occupa dei sistemi di affinaggio dell’acqua, presenta una nuova soluzione per la distribuzione dell’acqua. Parliamo di “Rubinotto”, il distributore di acqua. «Dal design di grande impatto estetico, forte e moderno, riconoscibile da lontano, capace di

Claudio Carolo fondatore della Moon Water. info@moonwater.it

296 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

rimanere impresso facilmente, RUBINOTTO è un punto di riferimento e di incontro in ogni paese, parco, pista ciclabile e città. Realizzato completamente in legno e acciaio inox e rame tecu, è studiato per avere una durata minima di 50 anni ed è riciclabile al 100%». Che risparmio in bottiglie di plastica avete previsto? «Abbiamo stimato, solo per Varese e provincia, un impatto di circa 234 milioni di bottiglie di plastica in meno sull’ambiente». Quali sono le tipologie di acque erogate? «Acqua naturale, acqua naturale fredda, acqua frizzante, con diverse caratteristiche chimico fisiche: minimamente mineralizzata, oligominerale a seconda delle preferenze. Il Rubinotto eroga acqua di rete già potabile per legge. Non tutte le acque sono uguali, in base all’acqua in ingresso, si utilizzano diversi sistemi di filtrazione meccanica, addolcimento, microfiltrazione, osmosi inversa,

rivitalizzazione, lampade UV, raffreddamento e gasatura. Con Rubinotto è possibile ottenere un’erogazione di acqua con una portata fino a 350 L/h in continuo dunque 5,83 litri al minuto, 24 ore su 24, 365 giorni l’anno». Quali sono le principali caratteristiche tecniche di Rubinotto? «Il prodotto è certificato da consulenti esperti CasaClima, soddisfa i requisiti di protezione contro sismi, incendi, umidità, atti vandalici e anti ribaltamento. Grazie a un elevato grado di isolamento termico e acustico e a un sistema di ventilazione meccanica, è in grado di assicurare in tutte le regioni e in tutte le stagioni condizioni ambientali ideali. L’illuminazione notturna è garantita da pannelli solari appositamente dimensionati e ha il tetto verde, una copertura che utilizza terra e vegetali autoctoni al posto dei normali materiali di copertura». Quanto costa l’acqua erogata e a chi è destinato Rubinotto? «L’acqua costa pochissimi centesimi al litro ed è destinata a tutta la popolazione».



POLITICHE SANITARIE

Per una sanità T a misura di cittadino

empo di bilanci e nuovi progetti per Ferruccio Fazio per quanto concerne il sistema sanitario. Il punto di partenza, tiene a precisare il ministro, è che il nostro sistema rappresenta «un sistema universalistico e solidaristico che ha saputo coniugare gli indirizzi e gli obiettivi condivisi di programmazione con la ricchezza delle esperienze e dei tessuti regionali, promuovendo tra le Regioni stesse una sana competitività». Questi elementi fondanti che «fanno del nostro siSfide e obiettivi del sistema stema uno tra i più efficaci ed efficienti in Eusanitario nazionale con una priorità: ropa – continua – hanno in sé delle componenti di sistema che hanno generato delle rigidità che «Dare a ogni cittadino una risposta hanno reso più complesso l’adattarsi del modello appropriata e di qualità nel setting stesso agli epocali cambiamenti demografici ed assistenziale adeguato». È questa epidemiologici in atto e al tumultuoso sviluppo delle tecnologie». La principale sfida da portare la strada per la sanità italiana avanti e da vincere «è dare a ogni cittadino una secondo il ministro Ferruccio Fazio risposta appropriata e di qualità nel setting assiNike Giurlani stenziale adeguato». Alla luce di questa battaglia che è stata intrapresa, bisogna tenere presente due aspetti fondamentali «l’invecchiamento della popolazione e l’incremento della sopravvivenza di pazienti affetti da malattie un tempo rapidamente mortali». Questo significa che occorre spostare sempre più l’asse degli interventi sanitari «dall’ospedale al territorio, sottolineando la centralità delle cure primarie e delle strutture territoriali nella presa in carico e gestione del paziente, anche con l’utilizzo della telemedicina e del telesoccorso, garantendo la gestione integrata delle cronicità con un raccordo funzionale tra territorio e ospedale». Accanto a questo, inoltre, deve proseguire lo sviluppo del «nuovo modello di ospedale chiamato a erogare cure di elevata complessità e di qualità in tempi quanto più rapidi, in un sistema di reti integrate». Quali sono le parole chiave con cui affrontare le sfide della sanità italiana? «Appropriatezza, integrazione e qualità. Occorre promuovere un maggior utilizzo degli strumenti di governo clinico in un’ottica di efficacia delle cure, efficienza e gestione del rischio. Un altro impegno è promuovere nei cittadini una diversa percezione della qualità del servizio reso, mettendo anche in essere tutte quelle iniziative che facilitino il rapporto tra paziente e istituzioni sanitarie come, per esempio, Il ministro la gestione delle liste di attesa, punti unici di acdella Sanità, Ferruccio Fazio cesso, risposte territoriali in strutture aperte 12 o 24 ore, ribadendo, così, la centralità del citta-

300 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010


Ferruccio Fazio

dino nella gestione della propria salute, tramite gli strumenti del consenso informato, dell’empowerment e la sua responsabilità nella scelta di adottare stili di vita salutari». La sicurezza dei pazienti e la gestione del rischio clinico sono punti critici per tutti i sistemi sanitari, quali le iniziative al riguardo? «Attualmente siamo chiamati a un particolare impegno nella definizione delle politiche e delle strategie in questo settore perché anche in ambito sanitario possono verificarsi incidenti o veri e propri errori. I danni che possono derivare sono da considerare eventi possibili, rischi del sistema, talvolta non del tutto eliminabili ma controllabili in presenza di adeguate e appropriate azioni di prevenzione e rimozione dei fattori causali. Nel nostro Paese, sono disponibili attualmente i dati del monitoraggio nazionale degli eventi sentinella relativi al periodo settembre 2005-agosto 2009 con 385 segnalazioni: il rapporto fornisce un quadro delle tipologie di eventi sentinella, del contesto e delle modalità di accadimento che consente di individuare, in una lo-

Occorre promuovere un maggior utilizzo degli strumenti di governo clinico in un’ottica di efficacia delle cure, efficienza e gestione del rischio

gica di sanità pubblica, le possibili azioni da mettere in atto per contrastare il ripetersi di tali gravi eventi, anche attraverso l’elaborazione di raccomandazioni che devono essere implementate a livello aziendale per assicurare l’erogazione di cure sicure e di elevata qualità. Che ruolo deve giocare la comunicazione in questo contesto? «Come emerge anche dal rapporto che ho citato è necessario lavorare sulla comunicazione nella gestione del rischio clinico anche ai fini di preservare il rapporto di fiducia dei cittadini nei confronti del servizio sanitario. La comunicazione è essenziale, infatti, per sviluppare la partnership tra cittadini e servizi sanitari, quindi le aziende sanitarie devono progettarla e utilizzarla ›› LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 301


POLITICHE SANITARIE

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sistematicamente. Particolare importanza riveste la comunicazione con il paziente, compresa una comunicazione trasparente e onesta degli errori e degli eventi avversi; essa è essenziale, oltre che per ragioni etiche e deontologiche, anche ai fini dell’efficacia dei processi di cura e per promuovere e rafforzare la relazione di fiducia tra il paziente e l’equipe assistenziale». Com’è possibile consolidare la fiducia dei cittadini? «È necessario promuovere iniziative che affrontino e governino i diversi aspetti della sicurezza dei pazienti, tra cui, in primo luogo, il monitoraggio degli eventi avversi, l’emanazione di raccomandazioni, l’attuazione di adeguate strategie di formazione, il coinvolgimento dei cittadini, pazienti e utenti e la gestione degli aspetti assicurativi e medico-legali». Come pensa debba essere disciplinato il “rischio clinico”? «La gestione del rischio clinico deve essere organizzata, con il concorso di tutte le istituzioni, tenendo conto che rappresenta uno degli aspetti centrali per la promozione e la realizzazione delle politiche di governo clinico e più in generale della qualità nei servizi sanitari. Per questo, a seguito dell’Intesa Stato Regioni del 2008, sono stati fissati alcuni paletti nel quadro di riferimento per il governo del rischio, che adesso 302 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

stanno trovando una base normativa nel testo dello specifico disegno di legge in discussione in Parlamento. È necessario che tutte le aziende sanitarie prevedano una funzione aziendale dedicata, sistemi informativi specifici, modalità di uso sicuro ed efficiente dei dispositivi, forme adeguate per garantire il risarcimento dei danni e strumenti per la celere definizione dei contenziosi». Quali i presupposti del ddl parlamentare? «Il testo affronta la problematica attraverso due filoni principali, il primo rivolto agli aspetti e al governo clinico più in generale, l’altro alla soluzione delle problematiche giuridico-gestionali in merito al risarcimento dei danni, ai costi assicurativi e alla gestione dei contenziosi. È obiettivo del Governo e del Parlamento garantire l’istituzione dell’obbligo di adeguate forme di copertura assicurativa per tutte le strutture sanitarie, al fine di garantire la possibilità di ristoro a quei pazienti che dovessero subire dei danni a seguito di un atto sanitario. Al contempo si mira a disciplinare la materia in modo olistico, con la consapevolezza che la sicurezza dei pazienti è una componente strutturale dei livelli essenziali di assistenza e richiede di implementare anche funzioni di coordinamento a livello centrale e regionale, capaci di promuovere scelte di politica sanitaria coerenti con i bisogni della popolazione e le esigenze del sistema». Come combattere il divario tra i servizi sanitari regionali del Nord e quelli del Sud? «Questa problematica è oggetto di specifiche valutazione nel sistema nazionale Siveas, nato nel 2006 e orientato a ottimizzare tutte le azioni che la normativa vigente ha previsto in materia di verifica e controllo delle attività sanitarie assicurate dal Ssn. Le valutazioni sono finalizzate a far sì che ai finanziamenti erogati


Ferruccio Fazio

corrispondano servizi per i cittadini e che nell’erogazione dei servizi vengano rispettati criteri di efficienza e appropriatezza. Al Siveas è affidato il compito di affiancare le Regioni che hanno stipulato con i ministri della Salute e dell’Economia un apposito accordo (ai sensi della legge finanziaria 2005 art. 1 comma 180) comprensivo di un Piano di rientro dai disavanzi (Pdr). Così le Regioni che presentano situazioni di squilibrio economico-finanziario (disavanzo superiore al 7%) e di mancato mantenimento dell’erogazione dei Lea, con il predetto accordo individuano gli interventi necessari per il perseguimento dell’equilibrio economico, nel rispetto dei Lea e degli adempimenti specificati dell’intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005. L’accordo deve essere accompagnato da un programma operativo di riorganizzazione, di riqualificazione o di potenziamento del Piano di rientro dai disavanzi». Quali sono le regioni che sono risultate interessate alla sottoscrizione di tali accordi? «Nel 2007 hanno aderito la Liguria, il Lazio, l’Abruzzo, il Molise, la Campania, la Sicilia e la Sardegna e, da ultimo, la regione Calabria nel dicembre 2009. Sottoscrivendo l’accordo ogni regione ha potuto contare su una quota del fondo straordinario aggiuntivo, ma visti i persistenti risultati negativi di Lazio, Campania, Abruzzo e Molise il Governo ha nominato in queste regioni commissari ad acta». I costi standard delle regioni saranno individuati utilizzando il meccanismo delle “best practice”.Quali gli obiettivi? «L’introduzione dei costi standard, quale riferimento per la ripartizione tra le Regioni dei fondi pubblici destinati all’assistenza sanitaria, contribuirà a superare le differenze che ancora

connotano troppo marcatamente i diversi servizi sanitari regionali, promuovendo in tutte le regioni l’adozione di modelli organizzativi e di scelte allocative orientate all’efficienza e alla qualità dell’assistenza. A tal fine stiamo lavorando alla messa a punto di una metodologia analitica che consenta di individuare le best practice nelle varie realtà regionali, che dovranno diventare i riferimenti per tutte le regioni, a partire da quelle che oggi presentano i maggiori problemi di organizzazione e gestione della sanità pubblica e non riescono a garantire ai propri cittadini risposte di livello adeguato». Quali sono i presupposti? «La metodologia si basa su un set di indicatori che coprono il complesso delle attività sanitarie erogate nell’ambito del Servizio sanitario nazionale, distinte nei livelli essenziali di assistenza e nei rispettivi sotto-livelli, e che consentono di misurarne e valutarne i livelli di efficienza di appropriatezza raggiunti in ciascuna regione. Per i singoli livelli di assistenza, e per le singole regioni, gli indicatori considerati misurano anche, evidentemente, i costi mediamente sostenuti per ciascun abitante. L’analisi congiunta degli indicatori selezionati consente di individuare le realtà che garantiscono i migliori livelli di performance complessiva, ossia le best practice da promuovere in tutto il nostro Paese». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 303


ONCOLOGIA MOLECOLARE

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Ifom ha festeggiato i suoi primi dieci anni di vita annunciando la firma di un protocollo d’intesa con l’agenzia governativa per la scienza, la tecnologia e la ricerca di Singapore. Questo a dimostrazione di quanto sia oggi fondamentale guardare all’Est del mondo per lo sviluppo scientifico e tecnologico del nostro Paese. «Quello già firmato – precisa il direttore scientifico dell’Ifom Marco Foiani – è un accordo di scambi culturali e scientifici. Stiamo per siglarne un altro che prevede proprio la nascita di un laboratorio in comune con Singapore, quindi siamo andati oltre il livello iniziale di interazione». Lo scambio continuo nel lavoro di ricerca è sempre fondamentale e seguendo questa linea l’Ifom ha pianificato un confronto anche con le maggiori istituzioni mondiali, tra cui quella di Singapore. Due le ragioni per cui la scelta è ricaduta proprio su Singapore e l’Asia. «Andando a vedere gli indicatori di produttività scientifica ci accorgiamo che alcuni paesi asiatici tra cui ovviamente Singapore, India e Giappone hanno dei livelli altissimi e questo per i professionisti è l’ideale. La seconda motivazione è che i paesi relativi hanno delle economie abbastanza vivaci per cui non hanno sofferto la crisi mondiale». Sono previste altre forme di collaborazione con partner istituzionali e scientifici? Quanto queste intese possono dare valore aggiunto al mondo medico e della ricerca Italia? «Noi guard i a m o continuamente fuori, con in304 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

Il futuro della ricerca guarda a Oriente «Intendiamo esportare il nostro modello, fare scienza e soprattutto importare talenti nel nostro istituto». Marco Foiani, direttore scientifico della Fondazione Istituto Firc di oncologia molecolare traccia le nuove linee di sviluppo della ricerca Renata Gualtieri

teresse anche a scambi culturali. Ma anche il Giappone e l’India rivolgono l’attenzione fuori dai loro confini, perciò abbiamo individuato questi paesi come partner ideali. Già interagiamo molto con l’Europa tramite la Comunità europea, però l’Asia rappresenta sicuramente il futuro. Noi intendiamo esportare il nostro modello, fare scienza e soprattutto riuscire a importare talenti nel nostro istituto. Abbiamo già un flusso di ricercatori molto giovani che provengono da quei paesi e nel contempo vorremmo aprire un nostro laboratorio proprio in Asia. L’Ifom, in quanto parte della Fondazione italiana per la ricerca sul cancro, è una struttura che esporta il proprio modello nell’Est del mondo». Quali ritiene possano essere le linee di sviluppo futuro della ricerca italiana? «Innanzitutto è fondamentale la multidisciplinarietà, l’integrazione tra ricerche di tipo diverso per poter disporre nello stesso istituto non solo biologi e medici ma anche ingegneri, fisici e matematici. A livello di tematiche, fermo restando che è importante la ricerca finalizzata alla conoscenza, bisogna agganciare a questo aspetti più transazionali.

A sinistra, il direttore scientifico Marco Foiani; di fianco, i ricercatori del laboratorio Ifom; sopra, gli esterni della Fondazione Istituto Firc di oncologia molecolare;


Marco Foiani

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PROGRAMMI Sono i progetti di studio avviati dall’Ifom in questi anni di attività

100 RICERCHE

Sono le indagini attivate ogni anno da Ifom

Quello già firmato è un accordo di scambi culturali e scientifici però stiamo per siglarne un altro che prevede proprio la nascita di un laboratorio in comune tra noi e Singapore

Un campo su cui stiamo puntando è la nanomedicina, che sfrutta le conoscenze acquisite nell’ambito della cellula per veicolare il farmaco nell’organismo solo e unicamente sulla cellula tumorale. Siamo impegnati nella costruzione di particelle nanometriche come sommergibili che contengono al loro interno un farmaco. Questo sommergibile entra nell’organismo senza essere “riconosciuto” però, di fatto, arriva alla cellula tumorale, rilascia il farmaco e uccide la cellula. Ci sono poi altri aspetti ancora più transazionali, come la medicina molecolare. L’obiettivo adesso è capire la base molecolare di tutte le malattie. Il cancro è una di queste e quindi la medicina molecolare è fatta principalmente da biologi molecolari che interpretano il difetto molecolare della malattia e cercano di trovare la cura». Quanto è importante per la ricerca indirizzare gli studenti verso una formazione scientifica? «È fondamentale, soprattutto in Italia. La cultura scientifica non è radicata nel nostro paese e questo si evince dal fatto che ci siano pochi iscritti alle facoltà scientifiche. Il problema però è al liceo, bisogna dare dei con- LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 305


ONCOLOGIA MOLECOLARE

La nanomedicina frutta le conoscenze acquisite nell’ambito della cellula per veicolare il farmaco nell’organismo solo e unicamente sulla cellula tumorale

tenuti diversi, perché sono spesso obsoleti, ma

soprattutto occorre lavorare con i docenti. Leggo quotidianamente sui giornali di questo desiderio di selezionare sempre di più gli studenti, questo va bene perché fa aumentare la qualità, se però tutto ciò non viene accompagnato da un’azione di selezione educativa nei confronti dei docenti, si rischia di perdere il lavoro fatto. Quindi bisogna lavorare sulla formazione dei docenti e Ifom questo lo fa già in particolare su alcune tematiche. Adesso stiamo lavorando con le regioni del Sud e con i licei, soprattutto quelli scientifici, che di scientifico non è che abbiano molto».

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Come si può quindi trattenere i talenti nostrani e attirare in Italia quelli internazionali? «In Italia è difficilissimo. Stiamo facendo del nostro meglio ma anche noi abbiamo le nostre difficoltà. Innanzitutto bisogna avere un ambiente competitivo a livello internazionale ma paradossalmente questo è la cosa più semplice. In dieci anni Ifom ha raggiunto questo traguardo, è ciò è dimostrato dal fatto che abbiamo una produzione scientifica invidiabile. Però questo non basta, mentre abbiamo raggiunto l’obiettivo di reclutare tutti i migliori scienziati italiani che hanno vissuto all’estero, e questo lo facciamo di routine perché è la nostra mission, reclutare gli stranieri che vengono in Italia è sempre molto complesso. Noi abbiamo programmato tutta una serie di iniziative in tal senso sono però i servizi che offriamo che fanno la differenza. Ad esempio all’interno del nostro Campus abbiamo una foresteria, un asilo nido, uno sportello bancario e garantiamo la presenza di un medico che parla inglese perché accade spesso che lo straniero che viene in Italia e si ammala trovi personale sanitario che non parla inglese. Una cosa che è fondamentale è la housing, cioè la residenza. Sono tutte iniziative che noi stiamo già percorrendo, a breve ad esempio avremo un corso di formazione per i nostri dirigenti amministrativi e scientifici proprio sull’integrazione multiculturale».



CHIRURGIA ESTETICA

Trattamenti per sembrare più giovani Laser, filler, sculptor. Oggi la scelta dei trattamenti per mantenere un aspetto giovane è decisamente varia. E i risultati soddisfacenti. Soprattutto con i trattamenti laser e a base di acido polilattico. Il punto della dottoressa Delia Colombo Eugenia Campo di Costa

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on solo lifting. Oggi le tecniche per mantenere un aspetto giovane sono estremamente diversificate e spaziano dalla chirurgia estetica a trattamenti molto meno invasivi: laser, filler, sculptor. «La vita media si è allungata molto negli ultimi decenni – afferma la dottoressa Delia Colombo, dermatologa -. Ed è diventato un desiderio naturale quello di sentirsi in forma, cercare di mantenersi belli e giovani il più a lungo possibile». Per ottenere una pelle giovane e un risulLa dottoressa Maria Delia tato naturale è consiColombo, a destra, con il suo gliato curare sia la superteam nello studio di Milano studiodeliacolombo@fastwebnet.it ficie cutanea, epidermide, che il derma reticolare sottostante che viene stimolato a produrre nuovo collagene. «Tra i trattamenti specifici per curare e ringiovanire i tessuti, i laser rappresentano una tecnologia molto avanzata e poliedrica, in grado di togliere i primi strati superficiali e di stimolare il derma sottostante a produrre nuovo collagene. Anche le iniezioni di 310 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

acido polilattico rappresentano una nuova frontiera della giovinezza». Come funziona il laser Herbium frazionato e quali sono i risultati che permette di raggiungere? «La nuova variante frazionata del laser Herbium dispone di una tecnologia che permette il frazionamento della luce emessa, ed è poco invasiva, richiede un tempo di recupero minimo, a volte an-


Laser e acido polilattico

LA NUOVA FRONTIERA DELLO “SCULPTOR”

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che solo di un giorno: si esce dall’ambulatorio solo lievemente arrossati, tornando alla vita sociale subito dopo». Cosa comporta nell’immediato e quali effetti collaterali si possono subire? «Nella settimana successiva la pelle è un po’ secca superficialmente, ma intanto l’azione termica del laser sta favorendo il recupero del tessuto più profondo con miglioramento visibile di quello superficiale. Gli effetti collaterali sono davvero molto scarsi. Chi è particolarmente sensibile richiede una potenza inferiore, ma un medico esperto si rende conto immediatamente della reazione dell’epidermide se la potenza del laser è eccessiva». Quante sedute devono essere effettuate per ottenere risultati soddisfacenti? «Sono necessari più trattamenti per ottenere il risultato desiderato. Per esempio per la zona periorbitale sono consigliati almeno tre trattamenti a distanza di un mese uno dall’altro». Nella zona orbitale può essere utilizzato anche l’acido polilattico, come funziona questo trattamento? «L’acido polilattico viene definito “sculptor” proprio perché scolpisce il viso permettendo ai tes-

acido polilattico, biocompatibile, riassorbibile, immunologicamente inattivo, viene definito “sculptor” e non “filler” proprio perché scolpisce il viso permettendo ai tessuti di ritrovare il turgore della giovinezza. Mentre i normali filler riempiono meccanicamente le rughe, l’acido polilattico stimola la sintesi del collagene ricostituendo un nuovo tessuto connettivo giovane. Il risultato è un ottimo effetto di riempimento. «Di solito si tratta tutto il viso per ottenere un effetto globale di ringiovanimento – afferma la dottoressa Colombo -. Viene inoltre utilizzato in diverse zone del corpo, in particolare nei casi di gravi perdite di tessuti in seguito a incidenti o a interventi chirurgici». L’acido polilattico permette di ricostituire i volumi del viso persi con l’età e di ottenere un’importante tonificazione dei lineamenti. Inoltre migliora la superficie dei tessuti. Proprio per questi motivi «è particolarmente indicato per chi, con il passare degli anni, comincia a notare una caduta dei lineamenti e uno svuotamento del viso. In media si incomincia a sottoporsi a trattamenti di questo tipo intorno ai 40 anni, ma può essere utile anche per persone più giovani. Le iniezioni di acido polilattico, inoltre, sono approvate come trattamento di scelta per i malati di Aids per il riempimento del viso che si svuota a causa delle numerose terapie a cui sono sottoposti». La durata degli effetti è molto soggettiva, mediamente passano circa due o tre anni prima che si perda completamente il risultato ottenuto. Gli effetti collaterali sono veramente rari. «Oggi – conclude Delia Colombo - vengono usate alte diluizioni e l’acido polilattico viene iniettato molto in profondità per evitare la formazione di nodulini. È comunque importante massaggiarsi due volte al giorno per una settimana subito dopo il trattamento per distribuire bene il prodotto ed evitare accumuli».

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TRATTAMENTI È il numero minimo di sedute consigliate sia per il Laser Herbium frazionato che per l’acido polilattico

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ANNI È all’incirca la durata minima degli effetti del trattamento a base di acido polilattico

suti di ritrovare il turgore della giovinezza. Stimola le cellule del derma a produrre fibre elastiche e fibre collagene sostituendo il vecchio derma. L’acido polilattico stimola la sintesi del collagene ricostituendo un nuovo tessuto connettivo giovane. Il risultato è un ottimo effetto di riempimento che nella zona periorbitale permette di riempire e rivitalizzare la zona delle occhiaie». E come avviene il trattamento? «Inizialmente è necessario sottoporsi ad almeno tre trattamenti, uno al mese. Dopo sei mesi, si può procedere con un’altra seduta. L’azione si protrae per 10, 12 mesi dalle iniezioni, e l’effetto può durare dai due ai tre anni. La tecnica consiste in iniezioni profonde, effettuate in tutto il viso per ottenere un risultato molto naturale. Le punture non sono dolorose perché insieme all’acido polilattico viene iniettato anche un anestetico». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 311


ODONTOIATRIA

Il total planning digitale nell’implantologia

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a tecnologia computerizzata sta entrando prepotentemente anche nella pratica clinica odontoiatrica. «Con l’ausilio del computer è possibile intervenire nella realizzazione delle protesi e sostituire i metodi artigianali dell’odontotecnico e l’abilità chirurgica del medico con la predicibilità e il controllo tipici dei processi industriali di precisione». Gianluca Cicardi, odontoiatra esperto nell’applicazione delle metodiche tecnologiche di ultima generazione, descrive l’assoluta novità presentata lo scorso anno in Germania, “Cerec meets Galileos”, un connubio strumentale che, attraverso la tecnologia, permette di redigere diagnosi e di pianificare la terapia e le protesi nello stesso momento. Quale evoluzione rappresenta “Cerec meets Galileos” nella moderna pratica odontoiatrica? «Diagnosi, terapia e protesizzazione. Con “Cerec meets Galileos” oggi è possibile pianificare ognuna delle fasi della prassi odontoiatrica. L’utilizzo dei software cosiddetti di navigazione per-

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Nuovi sistemi di progettazione virtuale consentono di previsualizzare ogni fase della pratica odontoiatrica, dalla diagnosi alla terapia, dalla protesizzazione alla pre-chirurgica. Gianluca Cicardi descrive il nuovo “Cerec meets Galileos”, ultima frontiera dell’implantologia digitale Adriana Zuccaro

mette di ricreare virtualmente l’anatomia del paziente in tre dimensioni. Nella fase diagnostica le immagini tridimensionali dei tessuti molli e delle ossa mascellari dei pazienti vengono esaminati nei più intimi dettagli; sul computer appaiono in 3D tutte le informazioni necessarie alle Gianluca Cicardi, odontoiatra valutazioni sui volumi, la qualità e la esperto in implantologia avanzata quantità dell’osso del paziente. Questo computer guidata, esercita la professione a Erba (CO) è possibile in seguito all’acquisizione dei drcicardi@studiodentisticocicardi.it dati radiografici acquisiti con il Galileos, che esegue una TAC volumetrica ma con dosi radiologiche 70 volte meno di una Tac tradizionale. Ciò consente la progettazione virtuale del posizionamento degli impianti. Con il Cerec (Ceramic Reconstrution) invece si ha la previsualizzazione virtuale degli elementi dentali che poi andranno costruiti sugli impianti». In cosa si distingue dai sistemi computer guidati? «Rispetto al “Cerec meets Galileos” che consente un total planning, tutti gli altri sistemi computer guidati non sono in grado di eseguire tutte le procedure in maniera virtuale ma si devono affidare ancora al laboratorio odontotecnico per simulare il manufatto protesico su modelli in gesso ricavati dalle impronte del pa-


Progettazione virtuale

ziente. La pianificazione ottenuta con Cerec viene invece salvata e inviata in un file alla casa di produzione delle guide chirurgiche. Questa realizza delle mascherine che contengono degli anellini guida ad altissima precisione che indirizzeranno la fresa usata dal chirurgo per la preparazione del sito implantare nell’esatta posizione, inclinazione e profondità stabilita nella pianificazione al computer per il corretto alloggiamento degli impianti stessi in considerazione della posizione dei denti futuri». Quali sono le principali proprietà del Cerec? «Il Cerec permette di ricostruire i denti acquisendo con una telecamera a led blu una semplice foto della bocca del paziente. Le fastidiose impronte non sono più necessarie e dopo che un software ha progettato il dente, i dati vengono inviati ad un fresatore CAD-CAM ad alta precisione che estrae da un blocchetto di ceramica il dente finito. Quindi niente impronte, precisione assoluta, velocità di esecuzione, estetica e biocompatibilità eccellente perché non si adoperano metalli, talvolta causa di allergie e inestetismi. I denti impiantati sono praticamente indistinguibili da quelli naturali. Con questa metodica possiamo realizzare corone, ponti, intarsi e possiamo migliorare il sorriso dei nostri pazienti con l’odontoiatria estetica delle faccette». La metodologia computerizzata riduce i tempi di trattamento implantologico? «L’implantologia guidata dal computer rappresenta l’ultima frontiera di questa disciplina. I tempi di trattamento sono ridotti drasticamente. Basti pensare che dopo una seduta di poco più di un’ora, in molti casi viene montata al paziente la sua nuova protesi fissa sostenuta dagli impianti appena inseriti (carico immediato), dandogli la possibilità di masticare e sorridere immediatamente. Si è passati da operatori che usano tutta la loro abilità ed esperienza nelle fasi chirurgiche espletando interventi a mano libera, agli stessi operatori, che, assistiti dal computer, eseguono l’intervento con la pre-

Con l’introduzione delle nuove metodiche computerizzate, sia in fase diagnostica che operativa l’odontoiatria è stata rivoluzionata

cisione submillimetrica che non è propria dell’uomo ma solo delle macchine. Infatti nell’implantologia computer guidata è il software che analizza l’osso è permette di sfruttarne anche i più minimi volumi con una precisione incredibile. Un processo estremamente delicato e complesso, ma se ben codificato permette all’operatore di esprimere la sua esperienza non solo nella fase dell’intervento chirurgico che diventa guidato e quindi estremamente semplificato, bensì, e soprattutto, nelle fasi diagnostiche e durante la pianificazione pre-chirurgica del caso». Il computer diviene quindi strumento di predicibilità. «Ancora prima di intervenire è possibile sapere con precisione assoluta quanti impianti occorreranno per la riabilitazione del paziente, che tipo di protesi verrà fatta, e una prognosi precisa. L’intervento viene prima eseguito virtualmente sul PC del medico e poi ripetuto fedelmente al decimo di millimetro il giorno dell’intervento sul paziente. Se ben eseguite queste tecniche permettono di operare in semplicità pazienti ❯❯

LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 313


ODONTOIATRIA

come se si stesse facendo una semplice otturazione». Qual è lo scopo della pianificazione al computer? «L’obiettivo consiste nel pianificare la posizione d’inserimento degli impianti, simulandola virtualmente su di una radiografia in 3D ottenuta con un’apparecchiatura nuovissima, la CBCT – Cone Beam Computer Tomografy – che riesce a eseguire immagini digitali del cranio in tre dimensioni. Lavorando su di un volume possiamo, con estrema precisione, posizionare i nostri impianti valutando la forma dell’osso del paziente e calcolando con dimensioni reali le strutture anatomiche sensibili da evitare per non causare lesioni permanenti al paziente». Perché è così importante avvalersi dell’ausilio del computer? «Con l’introduzione delle nuove metodiche computerizzate in implantoprotesi utilizzate sia in fase diagnostica che operativa, l’odontoiatria è stata rivoluzionata e lo sarà sempre più. Questa rivoluzione non riguarda i principi, ma le me-

In queste pagine sistemi computer guidati e fasi di utilizzo del “Cerec meets Galileos”

Dopo una seduta di poco più di un’ora, in molti casi viene montata al paziente la nuova protesi fissa sostenuta dagli impianti appena inseriti

❯❯ con atrofie ossee importanti senza la necessità di elevare lembi muco-periostei. Non vengono per cui praticati tagli sulla gengiva, e non si utilizzano punti di sutura. Gli interventi diventano di brevissima durata con scarse e rare complicazioni. Si possono inserire più impianti in un’unica seduta chirurgica e in molti casi i pazienti sono in grado di utilizzare i denti subito dopo l’intervento per masticare e sorridere in sicurezza. Tutto questo in assenza di sintomatologia dolorosa, sanguinamenti o gonfiori. Questa procedura abbinata alla sedazione cosciente durante l’intervento permette a molti pazienti, timorosi nel fare l’implantologia di affrontarla veramente 314 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

todiche e i materiali; ha condotto a risultati più duraturi e precisi in tempi ridotti. Con l’ausilio del computer è possibile intervenire nella realizzazione delle protesi e sostituire i metodi artigianali dell’odontotecnico e l’abilità chirurgica del medico con la predicibilità e il controllo tipici dei processi industriali di precisione. La dettagliata pianificazione consente di operare anche in zone con scarsità d’osso e la possibilità di applicare impianti con dimensioni ridotte, i cosiddetti “short implant” di 5 mm di profondità, permette di risolvere casi che fino a poco tempo fa erano destinati a complicate e dolorose ricostruzioni di osso».



IMPLANTOLOGIA

I vantaggi dell’implantologia a carico immediato I progressi dell’implantologia aiutano a vivere meglio. Negli ultimi decenni, tecniche come la chirurgia guidata hanno motivato i pazienti a scegliere l’intervento a carico immediato che consente di installare l’impianto in una sola seduta. L’analisi di Andrea Besozzi Ezio Petrillo

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uestione di estetica, di migliore qualità della vita e di equilibrio della bocca. Ecco le ragioni che spingono i pazienti a scegliere l’implantologia a carico immediato. L’implantologia dentale consiste nell’inserimento nell’osso mascellare o mandibolare, privo del dente naturale, di pilastri che, una volta integrati nell’osso stesso, potranno supportare un dente artificiale idoneo a svolgere la sua funzione. Le origini di questa branca dell’odontoiatria sono da ricercare sin dalla fine degli anni 50, quando si cercò di andare oltre i primitivi tentativi di sostituire i denti mancanti con pezzi d’avorio, di madreperla e di oro, introducendo il titanio e realizzando in pratica il primo evento osteointegrativo, dotando così gli impianti di abbondante spazio biologico. Da quegli anni in avanti, il concetto di implantologia fu completamente rivoluzionato e tutte le scoperte che vennero dopo ebbero un punto fermo a cui ispirarsi. Nel ventunesimo secolo, le nuove tecniche permettono di ricostituire il patrimonio di denti perduti in modo analogo a quello naturale, senza più ricorrere 318 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

a fastidiose protesi rimovibili (dentiere o scheletriti), o a protesi fissate ai denti prossimi a quelli persi con parziale demolizione di questi ultimi ad uso di pilastri, i cosiddetti ponti. Andrea Besozzi, medico odontoiatra, ci introduce ai vantaggi e alle novità più interessanti dell’implantologia contemporanea. Quali sono i vantaggi dell’implantologia a carico immediato? «Ci sono diversi vantaggi per il paziente, come quello di ridurre al minimo le sedute chirurgiche e i tempi di lavoro, e, sopratIn alto un esempio di intervento tutto, una restituzione della funzione di implantologia. estetica,funzionale e fonatoria imme- A sinistra il dottor Andrea Besozzi. Il medico esercita a Sesto Calende (VA) diata. Il tutto coincide con un minor www.abclinic.it tempo di attesa prima di avere il lavoro definitivo e la possibilità di condizionare i tessuti molli in maniera voluta». Quali sono i casi in cui questa tecnica è applicabile? «Ormai con i nuovi materiali e le diverse tecniche, in sempre più casi è possibile eseguire


Il carico immediato

1952 L’ANNO

un carico immediato senza compromettere il successo finale del lavoro. Non essendoci più rischi importanti come in passato, è diventato quasi d’obbligo proporre questa possibilità nelle zone di elevato valore estetico. Questo aspetto, forse più di altri, spinge i pazienti a ricorrere a questo tipo di cure implantologiche». Quali sono state le innovazioni chirurgiche più importanti negli ultimi anni? «Sicuramente la novità più interessante degli ultimi anni è la cosiddetta chirurgia guidata che permette di eseguire l’inserimento degli impianti senza dover ricorrere a interventi molto invasivi e traumatici per il paziente,

a cui risale l’introduzione del principio di osteointegrazione

80% RISPARMIO BIOLOGICO È la percentuale di riduzione di distruzione del tessuto osseo grazie alle nuove tecniche implantologiche

semplicemente usando una mascherina creata al computer da una TAC. Ciò comporta una maggiore tranquillità da parte del paziente nell’affrontare questo tipo di intervento». Quali sono i benefici principali per il paziente? «L’utilizzo di nuove tecnologie in campo chirurgico ha consentito e consentirà in futuro enormi vantaggi per i pazienti: trauma chirurgico quasi nullo visto che per ogni impianto inserito si usa un’incisione di pochi millimetri, decorso post-operatorio molto veloce e leggero, minori tempi di intervento. Tutto questo consente sicuramente un minore stress per il paziente e la possibilità quasi sempre di posizionare una protesi provvisoria immediata». Vuole aggiungere qualcosa? «Vorrei dire che con le tecniche ormai disponibili, è quasi sempre possibile eseguire l’implantologia e quindi risolvere situazioni che fino a pochi anni fa erano destinate a rimanere irrisolte. Queste nuove metodologie di intervento, inoltre, spesso permettono di risolvere i casi in maniera più veloce e semplice riducendo anche i costi per ottenere gli stessi risultati che prima richiedevano un maggior numero di sedute e, dunque, costi maggiori». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 319


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