DossLombardia122010

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OSSIER

LOMBARDIA EDITORIALE ...............................................11 Raffaele Costa Salvatore Trifirò

L’INTERVENTO.........................................15 Diana Bracco Ferruccio Dardanello Ignazio La Russa

LA REGIONE IN CIFRE ...........................22 Le eccellenze del 2010

PRIMO PIANO IN COPERTINA......................................24 Eugenio Filograna LAVORO...................................................30 Maurizio Sacconi Pietro Ichino Gabriele Fava Antonio Mastrapasqua IL PUNTO................................................44 Guido Podestà PLURALISMO .......................................48 Maurizio Gasparri BIPOLARISMO .....................................50 Maurizio Lupi IL PAESE E LA POLITICA ................54 Bruno Vespa L’INCONTRO .........................................58 Assunta Almirante CONTRO LE DISCRIMINAZIONI ...62 Mara Carfagna

RITRATTI ................................................66 Tarcisio Bertone NORME UE .............................................72 Lara Comi

ECONOMIA E FINANZA IMPRENDITORI DELL’ANNO ..........74 Alberto Beretta, Pietro Colombo, Maurizio Ravelli, Vanda Castelli, Fabio Rosi, Sergio Tornaghi, Pezzali, Stefano Schaupp, Marco e Carlo Santori, Emiliano Varisco, Ermanno Faini, Luca Olivieri, Samuele Pelizzari, Mario Conserva, Raffaele Erba, Pietro Rotoli, Pietro Roncoroni, Augusto Rampa, Claudio Anzani, Alberto Ferrante, Rocco Lardaruccio, Roberto Pedroni, Stefano Scaburri MADE IN ITALY...................................126 Walter Annaratone ATTRATTIVITÀ....................................132 Francesco Magnano Ambrogio Taborelli Gianluigi Petteni BUROCRAZIA .....................................142 Carlo Maccari Attilio Fontana COMPETITIVITÀ ................................148 Alberto Barcella Carlo Sangalli CONFINDUSTRIA ..............................153 Michele Graglia Roberto Cerioli

SOCIETÀ................................................178 Giuseppe Roma Alessandra Ghisleri RIFORMA FISCALE ..........................184 Claudio Siciliotti LAVORO E NORMATIVE..................188 Giuseppe Vezzaro, Simona Bardelli, Nazareno Tiburzi ed Elio Luoni STRUMENTI PER L’IMPRESA .....190 Claudio Zaninotto OPPORTUNITÀ PER LE IMPRESE..............................192 Riccardo Roggeri Erminio Arquati e Luca Accolli GESTIONE D’IMPRESA ..................196 Lo Studio Pozzi SERVIZI PROFESSIONALI ............198 Luca Breveglieri CULTURA D’IMPRESA ...................203 Giovanna Milazzo CONSORZI EXPORT .......................204 Angelo Saporiti COMUNICAZIONE............................206 Maria Murgo IDENTITÀ LOCALI ............................208 Enrico Elli TRASPARENZA..................................212 Massimiliano Dona

TERRITORIO

L’ECONOMIA MANTOVANA..........160 Nicola Sodano, Carlo Zanetti Alberto Truzzi

RETE AEROPORTUALE ..................216 Mario Valducci

POLITICHE AGRICOLE ...................166 Giulio De Capitani

MILANO ILLUMINATA.....................220 Letizia Moratti

INNOVAZIONE.....................................170 Luciano Maiani Franco Bernabè

REALTÀ DOGANALI ........................226 Piero Cassoni EDILIZIA...............................................228 Paolo Buzzetti

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Sommario MERCATO IMMOBILIARE ..............231 Barbara Magro CASTELLO DI INVERIGO ..............232 Agritrade BIOEDILIZIA .......................................236 Enrico Thanhoffer PROGETTAZIONE EDILIZIA.........238 Carlo Negri PROGETTARE ....................................240 Massimo Facchinetti INGEGNERIA ......................................242 Guido Franchi

AMBIENTE FOCUS ENERGIA..............................262 Stefania Prestigiacomo Stefano Saglia, Giovanni Lelli Piero Gnudi Chicco Testa Umberto Veronesi ENERGY CLUSTER ..........................280 Alberto Ribolla, Annalisa D’Orazio IMPRENDITORI DELL’ANNO.......284 Lanfranco Leggeri PROTEZIONE DELL’AMBIENTE..............................286 Francesco Dugoni

CANTIERI SICURI.............................244 Sergio Garavaglia, Maria Amalia Giuliani PROGETTAZIONE.............................246 Mario Brenna AMBIENTI RINNOVATI ...................248 Chiara Suppiej IMPRENDITORI DELL’ANNO.......250 Roberto Verderio e Mauro De Nardi, Domenico Mor, Luca Botta, Bertoli Costruzioni

MISURE CAUTELARI ......................325 Federico Maggioni, Allen Yomtob Roffé

SANITÀ

GIUSTIZIA

NUOVE TECNOLOGIE .....................328 Carlo Lucchina Rossana Ugenti, Luigi Pellegrini

LEGALITÀ............................................290 Pietro Grasso Alfredo Mantovano Stefano Lombardi

DISTURBI DELL’UDITO .................338 Fiorenzo Bertoletti

DIRITTO FALLIMENTARE .............298 Carlo Federico Grosso

ARTROSI E SINDROME DEL CANALE CARPALE ................340 Giorgio Rafanelli

TRA POLICA E GIUSTIZIA ............302 Niccolò Ghedini

ODONTOIATRIA ................................342 Maria Lusenti

IL FASCINO DELL’AVVOCATURA .......................306 Gaetano Pecorella

LONGEVITÀ ........................................344 Gabriele Rossi

L’AVVOCATO DEL MADE IN ITALY ........................310 Cristina Rossello

RICERCA FITOTERAPICA.............346 Stefano Faralli

LOTTA ALLA CONTRAFFAZIONE ..............314 Giuseppe Zanalda CLASS ACTION ..................................316 Ezio Perego RESPONSABILITÀ PROFESSIONALE MEDICA...........318 Andrea Protaso Rivolta VITTIME DELLA STRADA.............320 Carlo Cioppa

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Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx EDITORIALE

Mafia combattuta seriamente accanto a delitti specialissimi (in tv) di Raffaele Costa Direttore

L

a crisi politica che sta attraversando il nostro Paese è grave al punto che impedisce di far emergere alcune significative note positive che stanno delineandosi. Ci riferiamo a due punti soprattutto. Il primo legato alle iniziative contro la mafia in generale: si stanno individuando associazioni a delinquere che per anni avevano lavorato impunemente. Si può dire che quasi giornalmente emergono situazioni pregresse che portano all’arresto anche di decine di persone coinvolte in attività illecite. Altri aspetti, in un settore completamente diverso, riguardano l’economia che sta dando segni di ripresa: per la prima volta, dopo circa un anno, la cassa integrazione si presenta in calo rispetto a un anno fa (calo dell’8%). La certificazione arriva dall’Inps attraverso il conteggio delle ore di cassa integrazione che nel novembre del 2009 erano state 98,6 milioni contro i 90,7 milioni registrati nel corrispondente mese di novembre 2010. Il passo avanti non è molto rilevante, ma evidenzia il fatto che il paese Italia nonostante la politica, dà segni di ripresa come ci viene riconosciuto anche a livello europeo. Due aspetti molto diversi fra loro, ma entrambi significativi, anche se non decisivi, di cui si parla e si scrive poco, preferendo dar luogo a chiacchiere di poco conto volte a demolire l’immagine di chi siede al governo. In Italia, come nel resto del mondo, avvengono nu-

merosi e diversi delitti. Le cronache dei giornali ne riferiscono quotidianamente descrivendo le modalità degli omicidi, delle stragi, delle inchieste, delle confessioni da parte dei colpevoli. Le televisioni, quelle che contano e che sono viste dalla stragrande maggioranza degli italiani (in particolare i telegiornali), dimenticano rapidamente, da alcuni mesi, quasi tutti i lutti, fatta eccezione per due: nel primo caso si tratta di un vero e proprio omicidio, di cui si parla da svariati mesi, nel secondo della scomparsa di una giovane capace e per bene. Perché tanto spazio? Perché decine di ore di cronaca dedicati a due episodi gravi, anzi gravissimi, ma non troppo diversi da decine di episodi analoghi? Forse perché sono emerse presunte colpe e confessioni da parte di congiunti di una delle vittime e responsabilità non vere da parte di un marocchino? Stupisce il fatto che per centinaia di episodi delittuosi ci sia quasi un silenziatore mentre per un paio di casi, altrettanto delittuosi, vi sia un informazione quotidiana, dettagliata e addirittura concorrenziale fra le varie e maggiori reti televisive. Deve stupire tutto ciò? Non completamente: in un tempo in cui la politica, e la stessa cronaca, si affidano a formule anomale, ecco che ciò che emerge di positivo nelle vicende nazionali viene alterato, se non cancellato, mentre le notizie negative, da brivido, vengono fatte emergere anche quando riguardano un extracomunitario innocente. LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 11



IMPRENDITORI DELL’ANNO


IN COPERTINA

UN IMPEGNO RIVOLTO ALLA FORZA LAVORO L’eccessivo costo del lavoro è uno scoglio che le imprese italiane faticano a superare. A parlarne è il senatore Eugenio Filograna, creatore dell’agenzia Workforce e del Centro Studi Ameco Andrea Moscariello

S

i distingue, sul mercato italiano, il record raggiunto da Workforce, la nota società lombarda che si occupa della fornitura di lavoratori. Il 50% delle assunzioni che avvengono tramite questa struttura, infatti, si basano su contratti a tempo indeterminato. «Tutto quello che realizziamo, a partire dall’impresa, deve avere un impatto sulla società e sul mondo in cui viviamo» afferma Eugenio Filograna, fondatore di Workforce. Perché si basa anzitutto su dei valori sociali, l’ideale d’impresa di Filograna. Uomo di industria, esperto in materia fiscale, politico, scrittore. Un personaggio poliedrico che ha lasciato un segno tangibile sull’economia italiana e, in particolare, sull’indotto lombardo. «Non avrebbe senso, per me, creare qualcosa per puro arrivismo, per ambizione sfrenata o per il solo denaro». L’uomo che negli anni Novanta prese in mano le redini di Postalmarket, oggi è a capo, oltre che di Workforce, an24 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

che del Centro Studi Ameco, il “cervello” delle iniziative di Filograna, che annovera una rete di professionisti del mondo legale, tributario, societario e finanziario. Negli ultimi anni le vicende professionali di questo commercialista prestato alla politica e al mondo dell’impresa, sono state più e più volte analizzate dai mass media, tra alti e bassi, tra polemiche ed elogi. Ora, finalmente, Filograna dice la sua. E nessuna domanda è rimasta priva di risposta. Senatore, il 2010 è ormai finito. È stato un anno difficile? «Diciamo che è andato bene, ma non benissimo. Sicuramente siamo migliorati rispetto al 2009. È chiaro che, come per tutta l’economia, siamo ancora distanti dai fatturati che si registravano fino al 2008. Ma la ripresa è cominciata, abbiamo già recuperato un buon 20% negli ultimi 12 mesi. Tutte le attività del nostro gruppo continuano a mantenere un discreto equilibrio finanziario. Naturalmente ci sono stati pro-

blemi relativamente alla riscossione di crediti verso una parte della clientela. Un terzo di questa, però, l’abbiamo sostituita con una committenza, si spera, migliore». Anche il fisco incide. Lei è l’autore di “Tasse nei paesi del mondo”. L’Italia risulta, secondo le ultime stime, il paese più tartassato d’Europa, con una pressione pari al 68,7% contro la media europea del 44,2%. Questo cosa comporta? «Non posso negare che l’Italia è sempre stato un paese “iper-tassato”, anche quando la sua economia andava bene. Il problema vero, ingigantitosi con la crisi, è il costo del lavoro per le imprese, relativamente al cuneo fiscale e contributivo. In alcuni casi si arrivano a toccare punte dell’80 o dell’82% sul fatturato. Nessuna azienda può reggere a simili pressioni». Forse bisognerebbe ridurre la tassazione dei lavoratori e fargli rimanere più soldi in busta paga e contestualmente ridurre la


Il senatore Eugenio Filograna


IN COPERTINA

Nella foto a lato, da sinistra, Eugenio Filograna assieme ad Emanuele Pedrinelli e Alessandro Bravanti diTarget costruzioni, ultima acquisizione del Gruppo; sotto, l’avvocato Sara Calzi

pressione contributiva alle imprese.

Oggi un dipendente che guadagna mille euro netti al mese costa all’azienda 2.500 euro, contro una media europea che sarebbe di 1.900 Euro». Per cui il sistema contributivo e fiscale va rimesso a punto? «Direi di più, oltre a ciò che ho detto prima, è indispensabile che tutta la politica economica del Paese sia meglio calibrata sulle esigenze di Nord e Sud del Paese». Il tema del costo del lavoro ci collega al suo impegno perpetuato tramite Workforce. Attraverso l’agenzia soprattutto quali problemi osserva? «Le criticità maggiori derivano dal cattivo funzionamento degli enti, a partire da Inps e Inail. Non funzionano bene, nonostante abbiano compiuto grandi passi in avanti nell’organizzazione. Purtroppo, c’è da essere preoccupati di come questi istituti non riescano ad adeguarsi ai cambiamenti della società odierna. Il paese ha tre criticità da risolvere: il costo contributivo e assistenziale, la politica economica non federalizzata e la burocrazia e funzionalità degli enti». Tra l’altro lei, nella sua carriera di Senatore, ha avviato un’inchiesta legata al funzionamento della previdenza sociale. Cosa è emerso? «Che il sistema debitorio reale degli enti ancora non si sa quale sia. In passato ho denunciato oltre 30mila pensioni false negli anni Novanta. La cosa finì sui giornali con nomi e cognomi, inclusi quelli di alcuni

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esponenti di spicco. La verità è che siamo vittime, in ogni ambito, di un malcostume italiano, vale a dire quello di voler essere sempre un po’ “furbi” dappertutto». Ma torniamo a parlare, nello specifico, delle sue attività imprenditoriali. Workforce, nonostante il quadro critico che lei descrive, ha raggiunto la quota del 50% di contratti a tempo indeterminato dei propri lavoratori somministrati. In Italia non è poco. «Questo risultato è possibile perché la nostra strategia si basa anche sull’assunzione a tempo indeterminato di soggetti che abbiano già dei benefici fiscali e contributivi; soggetti che noi proponiamo alle imprese con contratti di lungo periodo a un costo conveniente. Inoltre, i clienti di Workforce assumono direttamente il 35% dei lavoratori a loro

somministrati con contratto a tempo determinato. Noi ritagliamo tutti i possibili vantaggi ai clienti, legalmente possibili, con minuziose ricerche; in cambio otteniamo buoni rapporti fiduciari». Ma è vero che i giovani italiani, rispetto agli altri europei, sono poco propensi a cambiare lavoro, a fare più esperienze? «Purtroppo è vero. Il sogno del posto fisso è un pallino degli italiani. Certo, in Lombardia, rispetto al Sud, c’è una mentalità più europea. I giovani conoscono bene le lingue, viaggiano, sono disposti a fare esperienze. Più si va al Sud, invece, e più si mira alla poltroncina fissa e comoda, possibilmente con contratto statale». Il centro studi Ameco è, invece, il “cervello” di Workforce. «Direi che Ameco è un importante


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Eugenio Filograna

Qui a fianco, da sinistra, il senatore Filograna, l’avvocato Sara Calzi e Fabiano Corna

Se Soltanto si riuscissero a distinguere le politiche fiscali calibrandole sulle esigenze di Nord e Sud del paese, un rilancio sarebbe possibile

supporto intellettivo e intellettuale per Workforce e le altre società che fanno riferimento a me. Si occupa anche di formazione e outplacement. Soprattutto, è una realtà consolidata, esiste da 34 anni e vi collaborano avvocati, commercialisti, consulenti e professionisti del mondo dell’impresa, docenti, ecc., in Italia e all’estero. Inoltre, le attività professionali sono guidate e coordinate dallo Studio Legale e Tributario dell’avvocato Sara Calzi, anche giuslavorista, la quale cura tutte le attività del mio gruppo di aziende, parliamo di oltre 8mila dipendenti a libro matricola, e segue personalmente il network di Ameco, forte di 300 avvocati in Italia e 95 all’estero». Una parentesi importante, ora chiusa, della sua carriera, è legata a Postalmarket. Le polemiche su

questa vicenda, dalla sua acquisizione alla sua fuoriuscita, si sono sprecate negli anni. Con il senno di poi, perché scelse di investire in questa società? «Non mi pento assolutamente delle scelte compiute. All’epoca ebbi un’intuizione. Vidi la possibilità di rilanciare un settore totalmente chiuso in Italia, quello della vendita a distanza, per corrispondenza. L’unica realtà rimasta, anche per dimensioni, capace di avere un impatto significativo era Postalmarket. Aggiungiamo anche che quando decisi di acquisirla, l’azienda era in fase liquidatoria». Dunque c’era convenienza? «Sì. Avevo in mente il progetto di trasferire tutto il contenuto dei cataloghi sul commercio elettronico. Anticipando in pratica Ebay. E così funzionò. Nel 2000 fatturammo

quasi 20 miliardi di lire tramite ecommerce, una cifra enorme per l’Italia, storicamente restia agli acquisti online. Inoltre eravamo in grado di effettuare 10 milioni di consegne all’anno, mentre le Poste, con tutta la loro struttura, ne facevano 20 milioni, di cui 2,5 per noi». Poi cos è accaduto? «I problemi sono cominciati dalla mancata quotazione in borsa. Se mi avessero dato retta, forse oggi saremmo stati il numero uno in Europa. Non dimentichiamoci che Postalmarket poggiava sulla piattaforma logistica VPC più grande del continente. Aveva 22mila prodotti sul catalogo cartaceo e internet ed inviava alle famiglie 10 milioni di cataloghi l’anno e un altro milione nelle edicole. Purtroppo, però, la mia banca sponsor, Banca Leonardo, iniziò ad avere diversi guai, sia per Freedomland, sia per inside trading. Nel frattempo, poi, avevo chiesto la riduzione di 420 unità lavorative per inserire nuovi giovani proiettati verso internet. Ma la risposta del sindacato fu assolutamente negativa». Lei dichiarò che i sindacati la boicottarono. «Premetto che i sindacati mi hanno accolto con il 97% di gradimento, prima dell’acquisto. Quando presentai il piano di riduzione del personale, 420 unità, con mobilità e outplacement, le RSU crearono problemi. Erano convinti di poter ancora usufruire dei benefici della cassa integrazione. Forse, così facendo, potevano svolgere un doppio lavoro. Ho voluto dare retta al sindacato. LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 27


IN COPERTINA

Sotto, Eugenio Filograna. A lato, alcuni tra i suoi più stretti collaboratori tra cui, seduto, l’avvocato Sara Calzi

Chi non vede l’impresa come un bene sociale, non ha capito nulla del nostro sistema nazionale

Ho quindi chiesto al Governo l’invio

di un commissario straordinario e, dopo la vendita ad un altro imprenditore e l’utilizzo per altri 3 anni di cassa integrazione dei dipendenti, l’azienda ha chiuso definitivamente». Altro capitolo importante della sua carriera è, poi, la politica. Senatore a fianco di Berlusconi. Se lo sarebbe mai aspettato? «Assolutamente no! Da giovane pensavo che non avrei mai fatto due cose nella vita: il politico e il commercialista, ironia della sorte. Quella con Berlusconi è stata per me un’esperienza straordinaria, così come straordinario è il presidente. Spero di non averlo deluso troppo, quando ho deciso di abbandonare il partito e la politica». In politica, però, ci è entrato, e nemmeno marginalmente. Come è successo? «Nel 1994 decisi, dopo Tangento-

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poli, di trasferirmi a Londra, dove ho un ufficio nella City, per poter lavorare finalmente sul tema delle tassazioni internazionali in assoluta tranquillità. Però, prima di andarmene, intesi portare a termine il mio libro sulle “Tasse nei Paesi del Mondo”. All’epoca, un docente dell’Università Bocconi mi concesse uno spazio e si propose per presentare la mia opera. Quel giorno, però, a lui si sostituì quasi del tutto l’allora presidente della Commissione Finanze della Camera. Venne fuori che aveva da giorni il mio scritto e che, sui dati che avevo pubblicato, stava basando parte del lavoro interno alla commissione. Mi chiese così di candidarmi. E, di lì a breve, lo fece anche Mario Valducci, l’allora coordinatore nazionale di Forza Italia, e da lì in poi sono entrato in contatto diretto anche con il presidente Berlusconi, che mi avrebbe dato l’incarico di responsabile nazionale del dipartimento lavoro di Forza Italia. Dovetti così scegliere tra Londra e Roma. E, ovviamente, scelsi la seconda». Come giudica la sua esperienza politica? «Senza dubbio importante. Al-

l’epoca collaborai per la stesura del programma “Lavoro” di Forza Italia. Sulla tassazione c’era già Tremonti, all’Economia Marzano, agli esteri Martino. Così iniziai a occuparmi di politiche del lavoro. Dagli interventi in Commissione ai disegni di Legge anticipatori del Pacchetto Treu, il mio impegno si è concentrato, come dicevo prima, soprattutto sulla riduzione degli effetti negativi che il mal funzionamento degli enti procurava al mercato del lavoro e ai giovani». Cosa rappresenta per lei il successo? «Per me avere successo significa raggiungere un equilibrio interiore. Ho sempre cercato di essere onesto con gli altri e, soprattutto, di mantenere una moralità alta, spero di esserci riuscito. Il denaro è importante ma non è tutto. Fare qualcosa di utile mi rende felice, così come trovare delle opportunità di lavoro agli altri, o risolvere un problema a qualcuno». Quale consiglio darebbe ai giovani imprenditori? «Di essere molto attenti sia ai cambiamenti che alla validità dei professionisti di cui si circondano».



LAVORO

Collegato lavoro: una legge foriera di tante novità di Gabriele Fava Avvocato giuslavorista, socio fondatore dello studio legale Fava & Associati di Milano

I

l Collegato lavoro è un insieme eterogeneo di norme che apporta interventi su questioni differenti e diverse novità in materia di lavoro, pubblico e privato. Tale provvedimento è però soprattutto destinato a passare alla storia per le modifiche apportate al processo del lavoro, in quanto importanti innovazioni intervengono con l’attribuzione del carattere facoltativo al “tentativo di conciliazione” e con la previsione di nuove regole di impugnazione dei licenziamenti, che avranno effetti positivi sul mercato del lavoro e che comporteranno un decongestionamento delle aule giudiziarie. In materia di conciliazione e arbitrato la disciplina previgente prevedeva che, in ogni ipotesi di controversia tra dipendente e datore di lavoro, fosse obbligatorio esperire un tentativo di conciliazione presso gli organi preposti prima che la causa giungesse in tri-

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bunale. La finalità di tale adempimento doveva essere quella di cercare di risolvere la vertenza in tempi rapidi e con l’accordo delle parti. In realtà la pratica ha dimostrato che solo raramente il tentativo di conciliazione aveva un esito positivo. La conciliazione si è, infatti, dimostrata più d’intralcio che di sveltimento alla soluzione delle liti, in quanto costringeva il lavoratore ad attendere il decorso di un lasso di tempo di 60 giorni prima di poter depositare il ricorso in Tribunale, anche qualora vi fosse chiaramente l’intenzione di adire direttamente la via giudiziale. Così, mentre in numerosi campi del diritto è stata recentemente introdotta la mediazione obbligatoria, con la riforma nell’ambito del lavoro essa viene trasformata in un istituto puramente facoltativo. L’attribuzione del carattere facoltativo al tentativo di conciliazione rappresenta un ritorno alle origini

del processo del lavoro, ossia alla riforma del 1973 che lo estrapolò dalla branca del processo civile per farne una disciplina a sé ed introdurlo come opzione facoltativa tra le parti in causa, con la finalità di una ricerca di una soluzione negoziale extragiudiziale alle liti e conseguentemente di una più celere chiusura del contenzioso. La riforma del tentativo di conciliazione è caratterizzata anche da un altro aspetto innovativo che rappresenta un’assoluta novità: la rilevanza attribuita al “comportamento delle parti” in sede extragiudiziale, nel caso in cui non sia stata tentata una soluzione conciliativa. Infatti, le nuove disposizioni sul processo del lavoro stabiliscono che, qualora non venga raggiunto un accordo tra le parti in sede extragiudiziale “senza adeguata motivazione”, il giudice ne deve tenere conto in sede di giudizio. Ne consegue che il comporta-


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Gabriele Fava

mento delle parti, del lavoratore o del datore di lavoro costituirà un elemento di valutazione di cui il giudice potrà tener conto ai fini della decisione della controversia. Il Collegato lavoro prevede inoltre un’altra importante novità che riguarda la procedura d’impugnazione dei licenziamenti. Prima dell’entrata in vigore di questa legge il lavoratore che intendeva contestare un licenziamento doveva impugnarlo, a pena di decadenza, entro 60 giorni dalla ricezione della sua comunicazione e poteva adire il Tribunale nel termine di cinque anni, mentre, nelle ipotesi in cui il lavoratore avesse contestato la nullità del licenziamento, non era previsto alcun termine finale di decadenza entro il quale il lavoratore avesse l’obbligo di depositare il ricorso in Tribunale e dare avvio alla causa. Con l’entrata in vigore del Collegato lavoro, nonostante la procedura cambi poco negli aspetti

procedimentali, nella sostanza vengono rivoluzionati i tempi di chiusura delle controversie. Rimane, infatti, invariato il fatto che il lavoratore che vuole contestare un licenziamento sia tenuto a impugnarlo, pena la decadenza, entro 60 giorni dalla ricezione della sua intimazione, così come il fatto che, una volta eseguito questo adempimento, il lavoratore, per dare avvio al processo vero e proprio, deve far seguire il deposito del ricorso in Tribunale. Il Collegato lavoro prevede però l’importante novità che il lavoratore non ha più a disposizione, come in precedenza, un termine indefinito, ma 270 giorni per dare avvio alla causa. Se tale termine non viene rispettato e trascorrono i 270 giorni senza deposito del ricorso in Tribunale, il licenziamento non è più impugnabile in nessun caso e, in particolare, neppure nei casi di nullità.

Tali novità normative sono senza dubbio positive in quanto garantiscono la certezza del diritto. Prima dell’entrata in vigore della nuova normativa, infatti, il datore di lavoro che aveva intimato un licenziamento correva il rischio che il lavoratore annunciasse l’intenzione di impugnare il licenziamento senza dare mai avvio effettivo alla causa, con la conseguenza per l’impresa di poter essere in qualunque momento citata in giudizio. Per di più il lavoratore poteva rinviare l’avvio della causa per anni solo al fine di trarne un maggiore profitto, dal momento il risarcimento del danno è commisurato al tempo trascorso. La nuova normativa rappresenta pertanto senza dubbio una novità positiva per le imprese, in precedenza costrette a subire la decisione del lavoratore (o il sindacato) di adire il Tribunale per discutere del licenziamento intimato anche molti anni prima. LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 39


IL PUNTO

Il nuovo volto della provincia Il presidente della provincia di Milano, Guido Podestà, fa i conti con le linee programmatiche 2009-14, anche in vista di Expo 2015, che porterà nuovi posti di lavoro e favorirà l’internazionalizzazione per i giovani e le pmi Nike Giurlani

D

opo due anni alla guida della Provincia di Milano, il presidente Guido Podestà, delinea il percorso che si profila per il territorio, anche in vista di Expo 2015. Entro la fine la primavera 2011 «promuoveremo gli stati generali della Provincia di Milano proprio per analizzare i primi 600 giorni di mandato di quest’Amministrazione rispetto alle linee programmatiche enunciate al momento dell’insediamento della Giunta – precisa il presidente Po-

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destà – e in quell’occasione, non solo concentreremo la nostra attenzione sulle cose fatte, ma stabiliremo anche le priorità dei nostri futuri interventi». Quando, nel luglio del 2009, «siamo entrati in carica, la priorità era quella di risanare i conti in rosso lasciatici in eredità dalla precedente amministrazione. Per tutto il 2010 ci siamo concentrati sul rispetto dei vincoli imposti dal Patto di stabilità e siamo stati obbligati a tagliare sino al 70% le disponibilità finanziarie assegnate ai singoli settori, compreso quello della presidenza, al netto delle spese obbligatorie». Anche per il bilancio di previsione 2011 sono in previsione enormi sacrifici, «dal momento che i trasferimenti assegnati alle Province, derivano in larga parte da imposte legate all’andamento del mercato dell’auto come l’Ipt e l’Rca» sottolinea Podestà. In questi primi 18 mesi, fa sapere il presidente, «siamo riusciti ad assolvere al-

cuni degli impegni assunti già durante la campagna elettorale». Quali, quindi, i progetti già avviati? «Il potenziamento delle infrastrutture “calde” e fredde, l’apertura dei cantieri della pedemontana lombarda, la pianificazione dell’avvio entro il 2011 di Tem, il prolungamento della metropolitana due sino ad Assago, la manutenzione delle strade provinciali e la realizzazione di oltre 100 chilometri di piste ciclabili tra collegamenti della rete esistente e nuovi impianti; l’intesa con le associazioni datoriali e le parti sociali per il sostegno delle fasce fragili nell’occupazione e nella formazione professionale, il rilancio dell’idroscalo reso nuovamente balneabile da quest’ammi-


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Guido Podestà

Ci sono molte opportunità di rilancio per le pmi, connesse sicuramente all’attività di Expo 2015 e alla realizzazione delle infrastrutture

nistrazione e ridisegnato a misura di famiglia anche per la stagione invernale, la bonifica delle scuole con presenza d’amianto, la valorizzazione del parco agricolo a sud di Milano e l’aiuto ai diversamente abili. Abbiamo, inoltre, promosso sobrie manifestazione per celebrare i 150 anni dell’Ente e ci siamo premurati di finanziare la manutenzione ordinaria e straordinaria del Duomo, simbolo di Milano nel mondo. Infine, è un nostro preciso impegno quello di mettere a dimora oltre un milione di alberi in cinque anni e a oggi ne sono stati già piantumati oltre 190.000». Quali le prossime opere infrastrutturali per portare a termine il progetto di modernizzazione della “Grande Milano”?

«Oltre alla Pedemontana, nel 2011, partiranno i lavori per la tangenziale est esterna, che dovranno successivamente accogliere i flussi di traffico della Bre.be.mi per non creare situazioni di ingorgo assolutamente inaccettabili. Quello che dobbiamo poi andare a completare nei prossimi anni è la chiusura dell’anello esterno, in modo da impedire che il traffico non diretto in città vada a intasare l’area urbana, comportando anche un aumento del livello d’inquinamento dell’aria». Quali sono, insieme a Expo 2015, le sfide più importanti? «Expo 2015 rappresenta un’importante opportunità e noi dobbiamo impegnarci affinché ci sia il maggior numero di ricadute posi-

tive possibili a favore del nostro territorio. È, inoltre, importante sottolineare che questa manifestazione porterà nuovi posti di lavoro e progetti a favore dell’internazionalizzazione per le nostre imprese e per i nostri giovani. Da qui al 2015 abbiamo, quindi, in programma una serie d’iniziative per preparare il nostro territorio a questo grande evento. Al riguardo, abbiamo lanciato il progetto “Expo fuori le mura” perché Expo non è solo Milano, ma include anche il territorio della provincia di Milano e quello delle province limitrofe. Tra le nostre intenzioni c’è quella di legarci al tema principale di Expo, che è la nutrizione». In che modo? «Abbiamo concesso il marchio “Parco Agricolo Sud Milano” a una ventina di aziende agricole che, anche dal punto di vista ambientale, hanno dimostrato un’attenzione particolare proprio alla valorizzazione del prodotto agroalimentare. Questo perchè il nostro territorio non è solo un territorio votato alla moda, al design, alla finanza e all’innovazione tecnologica, ma è anche la seconda provincia dedita alla produzione agricola». In questo contesto, che ruolo LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 45


IL PUNTO

Il territorio della provincia non è solo un territorio votato alla moda, al design, alla finanza e all’innovazione tecnologica, ma è anche la seconda provincia dedita alla produzione agricola

dovrà giocare l’internazionaliz- di sviluppare il piano di rilancio zazione per le pmi locali? «Ci sono molte opportunità di rilancio per le pmi, connesse sicuramente all’attività di Expo 2015 e alla realizzazione delle infrastrutture, che assicurerà una maggiore capacità competitiva all’intero territorio. Una delle proposte che abbiamo avanzato è stata quella di implementare nella zona nordovest delle strutture per sviluppare maggiormente il settore energetico». Con il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, e i comuni di Sagrate e Peschiera Borromeo, ha siglato una convenzione che consentirà 46 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

del parco dell’idroscalo già intrapreso da Palazzo Isimbardi nel corso del 2010. Quali le prossime opere da realizzare? Quali gli obiettivi? «L’accordo di programma prevede di aggiungere ulteriori 300mila metri quadrati per realizzare un importante centro natatorio e un istituto di medicina sportiva. Mi auguro che i lavori riusciranno a partire già nel 2011. Per ora stiamo portando avanti questi progetti, anche se le situazioni di bilancio sono tutt’altro che semplici, ma il nostro obiettivo è completare i lavori per il 2015». Altre iniziative in serbo per il

nuovo anno? «Una sede unica della Provincia, visto che oggi siamo dislocati in ben dieci strutture e questo vuol dire minor efficienza e maggiori costi. Inoltre, rendere più efficienti le micro-organizzazioni sottese al nostro ente. In particolare, la scissione di Monza e Brianza, avvenuta circa un anno e mezzo fa, non è stata preparata nel modo adeguato e ora vogliamo ritornare a buoni livelli organizzativi. È nostra intenzione sostenere la formazione professionale e incentivare una politica ambientale adeguata e, al riguardo, occorrerà anche scegliere la localizzazione del nuovo termovalorizzatore».



BIPOLARISMO

La politica e le risposte alle esigenze dei cittadini Basta con i personalismi e le logiche di potere improntate alla ricerca di poltrone e di visibilità. Per l’onorevole Maurizio Lupi «il futuro della politica è quello di tornare a occuparsi dei problemi del Paese» Nike Giurlani

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n questo delicato momento politico dove il bipolarismo sembra a rischio, il vicepresidente del Pdl alla Camera, Maurizio Lupi, non ha dubbi «se ciò accadesse sarebbe un enorme passo indietro che non possiamo permetterci». Il bipolarismo, infatti, «è una conquista del nostro Paese ed è tutt’altro che finito – spiega – al contrario dovremmo lavorare perché questo percorso, iniziato dopo le elezioni del 2008, si consolidi ulteriormente, anche se c'è chi vorrebbe tornare ad In basso, il vicepresidente un sistema polidei deputati del Popolo della Libertà, Maurizio Lupi tico fatto di par-

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titi e partitini che hanno come unico obiettivo quello di difendere i propri interessi particolari a scapito di quelli generali». Il vicepresidente Pdl della Camera è convinto che chi preferisce «le congiure di palazzo alla volontà degli elettori, lavora contro la democrazia e contro il Paese». Recentemente ha dichiarato che non bisogna cadere nell’errore di tornare alle vecchie logiche della politica autoreferenziale. Quale, quindi, il futuro della politica? «Ho sempre pensato che la politica fosse, come diceva Paolo VI, la “forma più alta di carità”. Negli ultimi anni, però, troppo spesso si è data l’impressione che quest’idea alta della politica abbia lasciato il posto a logiche di potere, alla ricerca di poltrone e visibilità, all’affermazione di personalismi. Questo ha creato una profonda distanza tra chi si occupa della vita pubblica e i cittadini. Il futuro della politica, e lo dico pensando soprattutto al bene del Paese, è quello di recuperare

questo filo, tornando a occuparsi dei problemi del Paese, di dare risposte concrete ai bisogni dei cittadini. Credo che, pur nelle difficoltà, in questi primi due anni di legislatura il governo abbia percorso questa strada. La legge di stabilità e la riforma dell’università, giusto per citare due importanti provvedimenti approvati recentemente, nascono da questa convinzione. Dispiace che ci sia chi, invece di confrontarsi nel merito delle questioni, preferisce opporsi, incurante di quanto quest’atteggiamento non solo crei danni al Paese, ma allontani ancora di più i cittadini». L’intergruppo parlamentare per la sussidiarietà, nato nel 2003 come un tavolo di discussione bipartisan, ha portato avanti numerose battaglie sul tema. Pensa che l’intergruppo possa dare un contributo concreto in questa fase politica? «Lo abbiamo sempre pensato. Nel nostro primo documento pubblico, sette anni fa, parlavamo proprio della necessità di superare


Maurizio Lupi

Il bipolarismo è una conquista del nostro Paese ed è tutt’altro che finito

la logica dello scontro e l’idea di una politica che vede nell’altro più un nemico da combattere che un avversario con cui confrontarsi. Negli anni siamo riusciti a dare dei segnali concreti. Ne cito uno su tutti: il 5 per mille». Di cosa si tratta? «Grazie al ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, e alla collaborazione di parlamentari d’entrambi gli schieramenti siamo riusciti a

creare un meccanismo per valorizzare e aiutare quelle realtà no profit che contribuiscono in maniera determinante allo sviluppo dell’Italia. Questa è la vera sussidiarietà: la capacità di riconoscere che c’è chi può rispondere, in maniera più efficace dello Stato, ai bisogni della società; ma se la politica è impegnata a scontrarsi, a polemizzare strumentalmente, a delegittimare continuamente l’av-

versario, non può accorgersi di tutto questo». Proprio da un’idea del ministero dell’Economia, condivisa con l’industria e le banche, è stato creato un fondo per le piccole e medie imprese, con una dotazione iniziale di 1,2 miliardi di euro. Sarà possibile in questo modo creare e salvare posti di lavoro e, allo stesso tempo, aiutare a crescere le imprese ita- LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 51


BIPOLARISMO

Il settore manifatturiero fatto di piccole e medie imprese è uno dei nostri punti di forza

liane, anche quelle di piccole di- da un’indagine della Fondazione in ogni modo. Credo che in quemensioni? «Per anni abbiamo assistito a discussioni surreali sul nanismo del nostro sistema economico, mentre oggi, di fronte alla crisi economica che ha messo in ginocchio diversi Paesi, scopriamo che l’esistenza di un settore manifatturiero fatto di piccole e medie imprese è uno dei nostri punti di forza. Il fondo messo a punto dal ministero è sicuramente uno strumento importante d’aiuto, anche per creare e salvare posto di lavoro, ma l’obiettivo deve essere quello di far crescere le nostre imprese, anche cercando di favorire l’internazionalizzazione e la collaborazione tra realtà che operano nello stesso settore. Incontro quotidianamente imprenditori che mi confermano quanto è emerso 52 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

per la Sussidiarietà: la maggioranza degli imprenditori non chiede finanziamenti allo Stato, ma semplificazione e meno burocrazia. Assieme al fondo per le piccole e medie imprese, di grande utilità, la nostra maggioranza si sta adoperando per una reale semplificazione. In fondo anche questo ha a che fare con la sussidiarietà, in quanto strumento che consente una maggiore libertà d’impresa». Come valorizzare la famiglia, anche come asset economico? In questo delicato momento, quali politiche andrebbero attuate a sostegno delle famiglie? «La famiglia è indubbiamente uno dei pilastri della nostra società. Un patrimonio che va preservato

sto momento, il modo migliore per valorizzarla come asset economico, sia quello di procedere con una vera riforma fiscale. I modelli sono tanti e il fattore famiglia, proposto dalle associazioni, sicuramente rappresenta una buona proposta su cui discutere. Certo, c’è il nodo delle risorse, ma mi sembra che il ministro Tremonti, avviando un tavolo di confronto con le parti sociali su questo tema, abbia imboccato la giusta strada. Del resto sappiamo bene che i Paesi che stanno uscendo meglio da questa crisi sono quelli con legislazioni di favore nei confronti della famiglia, così come manca un assetto legislativo attento alla famiglia nei pesi più in difficoltà».



L’INCONTRO

Amare il Paese e i cittadini Sull’onda dei ricordi dei momenti vissuti accanto al marito Giorgio, Assunta Almirante traccia un quadro del mondo politico attuale. E della destra in particolare. Nutrendo la speranza di assistere a una nuova fase della politica italiana Nike Giurlani

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l 22 maggio 1988 moriva a Roma Giorgio Almirante, storico segretario del Movimento Sociale Italiano, partito politico da lui fondato nel 1946. Da quella data molto è cambiato nella storia politica italiana, in particolare della destra. Tra ricordi familiari e aneddoti politici, Assunta Almirante ripercorre i suoi cinquant’anni accanto al marito nel libro Donna Assunta Almirante, la mia vita con Giorgio, di Antonio De Pascali. Un uomo, Giorgio Almirante, descritto come «vitale, carismatico, coinvolgente, che manca nella mia vita e nella vita politica dell’Italia», ricorda donna Assunta. Nella sua quotidianità è venuto a mancare un uomo dotato di «una personalità così profonda da permettergli di stare vicino alla sua famiglia, anche quando era lontano per lavoro. Non appena tornava a casa – racconta – ci sommergeva di domande, voleva sapere tutto». Nel mondo politico è scomparso «un uomo dalla morale impeccabile, un uomo di una legalità straordinaria: la sua vita era legata alla sua morale, non ha mai considerato i suoi interlocutori sulla base

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delle categorie sociali», afferma Assunta Almirante. Che cosa pensa della politica di oggi? «Oggi non possiamo parlare di politica, tutto si è ridotto a scontri e litigi privi di qualsiasi fondamento ideologico. Mi ricordo, invece, la passione e la dedizione che ci metteva mio marito. Per stare vicino alle persone di tutta Italia, da Nord a Sud, era spesso lontano da casa, si recava anche nel paese più piccolo, di appena mille abitanti. Io gli dicevo: “ma perché vai proprio lì, c’è poca gente”. Lui però mi rispondeva che anche in quel posto c’erano persone che avevano bisogno di sapere, di conoscere, e che solo in mezzo a loro si sentiva utile. Questo genere di uomini politici in Italia è scomparso. Si rimpiangono i vecchi».

Tra i politici attuali, c’è qualcuno che riesce ancora a incarnare i valori della destra? «I tempi sono talmente cambiati che non si può più parlare di centro, sinistra o destra. Nessuno riesce concretamente a rispondere alle vere esigenze della gente. L’unico che cerca di mantenere vivo questo legame ed è vicino agli italiani è Silvio Berlusconi. Idealmente e fattivamente gli ideali e l’etica della destra sono però portati avanti solo da Francesco Storace. Un altro personaggio a cui riconosco un’intelligenza politica notevole è Ignazio la Russa».

Gli uomini politici sono chiamati a ricoprire un ruolo molto importante: amministrare la vita di uno Stato


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Assunta Almirante

Dall’alto, in senso orario: Ignazio La Russa, Francesco Storace, Silvio Berlusconi e Giorgio Almirante; nella pagina accanto, Assunta Almirante

Quali sono stati i personaggi che suo marito ha stimato, in modo particolare, tra i suoi avversari politici? «Lui non amava puntare il dito o accusare qualcuno, preferiva affrontare le questioni ragionandoci, soppesando bene le parole ed è per questo che nella sua vita non ha conosciuto nemici. Tra i suoi avversari, ebbe molta stima per Enrico Berlinguer e non condivise il trattamento che fu riservato a Bettino Craxi». Una frase celebre di suo marito è stata ”quando vedi la tua verità fiorire sulle labbra del tuo nemico, devi gioire, perché que-

sto è il segno della vittoria”. Qual è stata per suo marito la vittoria più importante? «Sono state davvero tante le vittorie che mio marito ha registrato nel corso della sua carriera politica, ma in particolare mi viene in mente la gioia che trapelava dai suoi occhi quando dopo tanto impegno, fatica e dedizione, incontrava il risultato favorevole da parte degli elettori, in particolare quelli del Meridione, ma anche da quelli di Bolzano». Che cosa auspica per il futuro politico dell’Italia nel nuovo anno? «Mi auguro che si possa trovare un

po’ di tranquillità. Basta litigi, soprattutto quelli non supportati da ragioni profonde. E poi basta ingratitudine: sempre più spesso, senza fare nomi, ci sono certi soggetti politici che, invece, di essere grati alle persone che li hanno sostenuti, non fanno che muovere accuse e recriminazioni. Basta poi con la maleducazione, soprattutto nei dibattiti politici in televisione. Non si può continuare ad assistere a scene degradanti per i cittadini e per il Paese. Gli uomini politici sono chiamati a ricoprire un ruolo molto importante: amministrare la vita di uno Stato. Servono più disciplina e maggiore educazione». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 59






NORME UE

Tracciabilità dei prodotti Molte delle proposte per contrastare il mercato del falso in Europa partono dall’Italia. Lara Comi, europarlamentare del Pdl, illustra tutti i progetti che si stanno discutendo a Bruxelles per arginare questo malcostume ed educare i consumatori Nicolò Mulas Marcello

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econdo una recente relazione dell’Ocse, i profitti annuali derivanti dalla vendita di beni contraffatti e piratati ammontano a 200 miliardi di dollari su scala mondiale. A livello europeo si sta cercando di affrontare il problema sia sul piano normativo sia in termini di educazione. Proposte importanti vengono dall’Italia. L’onorevole Lara Comi, Lara Comi, europarlameneuroparlamentare del Gruppo Ppe tare del Gruppo

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Ppe, ha presentato varie iniziative tra cui un microchip da inserire nei prodotti: «è un progetto molto importante perché offre una tracciabilità costante e dà la possibilità al consumatore di conoscere tutte le informazioni sul prodotto, anche su problematiche legate alle allergie. Un prodotto contraffatto non potrà mai avere questo tipo di informazioni. Inoltre stiamo cercando di incentivare e migliorare l’Osservatorio europeo della contraffazione. Abbiamo firmato una lettera congiunta con il commissario Barnier insieme al Comune di Milano, la Provincia, la Regione e lo Stato nella persona di Santo Versace, proprio per far capire che è necessario un cambiamento. Siamo disposti a renderci promotori di un progetto pilota anti contraffazione». Cosa si sta facendo in concreto a livello europeo? «Attraverso azioni mirate stiamo cercando di ridurre notevolmente

la contraffazione. Innanzitutto è stato riattivato l’Osservatorio europeo della contraffazione attraverso il commissario Barnier; inoltre, stiamo svolgendo diverse attività concrete. Recentemente ho presentato una draft opinion attraverso la commissione Industria ricerca ed energia, che diventerà legge, nella quale sottolineo la necessità di avere una tracciabilità completa dei prodotti. Questa tracciabilità avverrà attraverso un microchip più avanzato rispetto a quelli che ci sono oggi. È uno strumento che stiamo studiando con agenzie di ricerca e che avrà dei costi bassissimi ma consentirà di avere al suo interno tutte le informazioni necessarie. E non potrà essere contraffatto a differenza di tutti gli altri strumenti attuali


Lara Comi

Occorre dare al consumatore la consapevolezza che il prodotto contraffatto è pericoloso per la propria salute

come gli ologrammi, che sono più facilmente riproducibili. Il secondo step è quello dell’educazione nelle scuole. Stiamo procedendo con un progetto che è già iniziato in Francia e in Germania. Stiamo cercando di istruire i giovani delle scuole medie a non comprare prodotti contraffatti».

L’Osservatorio europeo della contraffazione e della pirateria dovrebbe svolgere un ruolo operativo importante. Secondo lei può essere migliorato? «Non mi ritengo soddisfatta di questa struttura perché rappresenta solo una raccolta di dati. Per questo ho avanzato la richiesta al commissario Barnier di trasformarlo in una sorta di autorithy, ovvero un organo che possa avere anche una capacità legislativa». Esiste una strategia specifica sulla lotta ai beni contraffatti e piratati attraverso il commercio elettronico da parte della Commissione europea? «Proprio su questo tema abbiamo votato circa due mesi fa una direttiva che prevede che i siti internet abbiano un marchio di garanzia

che farà riferimento all’Unione europea. Solo i siti che rispondono a determinate caratteristiche potranno avere questo marchio. Il soggetto che vende merce su internet deve fornire tutte le indicazioni sul suo esercizio online. Tutto deve essere specificato e il venditore deve essere identificabile. Il prodotto venduto deve avere garanzie e devono esserci attenzioni anche sul pagamento. Una volta che tutti questi criteri saranno rispettati verrà concesso il marchio». Il Parlamento europeo ha adottato, le norme sul “made in” nel settore tessile. Questo costituisce uno strumento di contrasto alla contraffazione, ma cosa occorre per disincentivare concretamente il mercato del falso? «Innanzitutto l’educazione del consumatore è importante perché l’offerta esiste per rispondere alla domanda. Questo è un problema che va risolto all’origine. In secondo luogo, occorre dare al consumatore la consapevolezza che il prodotto contraffatto è pericoloso per la propria salute. I prodotti tessili contraffatti, ad esempio, contengono spesso coloranti altamente tossici e dannosi per la salute del consumatore». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 73


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Andamento positivo in continua ascesa Tecnologie al passo coi tempi, frutto di una ricerca continua e mirata a migliorare i servizi. Gli impianti prodotti da Oppent si stanno diffondendo su tutto il territorio nazionale e, come spiega Alberto Beretta, da oggi anche in Spagna Nicolò Mulas Marcello

L In alto, Alberto Beretta, amministratore delegato Oppent Spa

eader da circa 50 anni nel comparto del trasporto leggero automatico, Oppent fornisce soluzioni in grado di rispondere a molteplici esigenze di movimentazione in svariati settori dagli impianti di posta pneumatica ai macchinari per la raccolta e il trasporto rifiuti. Tecnologie in continua crescita che necessitano di una costante ricerca anche in termini di studi di settore. L’ aumento del fatturato per Oppent si è verificato anche quest’anno grazie all’attenzione dell’azienda per le esigenze del mercato interno, soprattutto nel settore ospedaliero, ma con uno sguardo anche all’estero. «Continuiamo a migliorare i prodotti che stiamo proponendo sul mercato – spiega Alberto Beretta, amministratore delegato Oppent – e inoltre ci poniamo sempre l’obiettivo di dare risposte tecnologiche a nuove esigenze e nuove domande di mercato». Il 2010 si sta per concludere. Possiamo stilare un bilancio dell’anno rispetto ai due anni passati caratterizzati dalla crisi economica? «La società ha da tre anni un trend estremamente positivo, con una crescita del fatturato che ha una media intorno al 25%. Abbiamo triplicato il fatturato passando dai 4 milioni di

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tre anni fa ai 12 milioni di quest’anno. Anche per il 2010 avremo una crescita di fatturato del 23% e la cosa che gratifica maggiormente, dato il contesto economico in cui ci troviamo, è il fatto che c’è stata una esponenziale crescita anche del personale; siamo passati infatti dai 50 dipendenti di tre anni fa ai circa 90 di quest’anno. Abbiamo quindi quasi raddoppiato i dipendenti con 15 nuove assunzioni a tempo indeterminato nel solo 2010». Come si concretizzano la ricerca e l’innovazione in azienda? «Per noi ricerca e innovazione sono importantissime. Proponiamo impianti altamente tecnologici grazie alla costante attività delle nostre risorse umane. Abbiamo all’interno della società una struttura di ricerca e sviluppo che negli ultimi anni è stata potenziata, passando da uno a cinque ingegneri. L’attività consiste nel continuare a migliorare i prodotti che stiamo proponendo sul mercato e, inoltre, ci poniamo sempre l’obiettivo


Alberto Beretta

Abbiamo all’interno della società una struttura di ricerca e sviluppo che negli ultimi anni è stata potenziata, siamo passati da uno a cinque ingegneri che si occupano di questo tema

di dare risposte tecnologiche a nuove esigenze e nuove domande di mercato. Questo significa fare studi e proporre nuovi prodotti». Per quanto riguarda l’export qual è la vostra presenza all’estero? «La crescita della nostra azienda, che quest’anno compie 50 anni, era fino a quattro anni fa tutta interna. Da allora abbiamo deciso di aprire la prima filiale in Spagna, dove adesso lavorano 6 persone. Abbiamo avuto proprio quest’anno la definizione del primo grande

impianto. Abbiamo anche ricevuto un ordine importante che si aggira intorno agli 8 milioni di euro e questo ci dà fiducia per avere in prospettiva nei prossimi anni un discreto successo anche su questo mercato. Quest’anno l’export, in termini di percentuale sul fatturato complessivo, si attesta sul 6/7% e viene interamente dalla Spagna». Quali sono i progetti di sviluppo e quali gli impegni per il futuro? «Auspichiamo di mantenere questo trend di crescita perché la domanda del mercato domestico relativa ai nostri impianti sta crescendo esponenzialmente, soprattutto nel settore ospedaliero. Qui proponiamo, infatti, impianti altamente tecnologici che migliorano anche la gestione interna dei nosocomi. Se prima solo un ospedale su tre ci chiedeva questo tipo di tecnologie, oggi la percentuale sta aumentando perché i nostri clienti stanno constatando i benefici che questi impianti generano. Inoltre, stiamo proponendo in Italia nuovi impianti per la raccolta dei rifiuti nelle aree residenziali, per i quali abbiamo avuto buoni riscontri negli ultimi anni. Sicuramente ci concentreremo sulla crescita in Italia, perchè c’è ancora spazio per i nostri prodotti, per poi guardare anche a una crescita fuori dai confini nazionali». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 75


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Sul mercato globale con la lavorazione dei tubi Pietro Colombo, a capo di BLM, fa il punto sui risultati raggiunti dal noto gruppo industriale lombardo, vertice di una rete societaria diffusasi a livello mondiale. E spiega perché, anzitutto, il futuro del settore si giocherà sulla formazione e l’innovazione tecnologica Carlo Sergi

S Pietro Colombo, amministratore delegato di BLM Group www.blmgroup.com

i conferma leader sul comparto della lavorazione dei tubi con una presenza capillare in tutto il mondo. BLM Group è riuscita, dunque, a superare indenne la difficile congiuntura economica dell’ultimo biennio, mantenendo stabile l’andamento delle sue società, tra cui BLM Spa, Adige e Adige-Sys. Lampante il dato di crescita relativo al fatturato, dai 53 milioni di euro raccolti nel 1999 ai 100 del 2009. E Pietro Colombo, amministratore delegato del gruppo, conferma questo trend. «Nel 2010 si

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è raggiunto lo stesso fatturato del 2009, e ci attendiamo un simile risultato anche per il 2011. Anche se sono convinto che la crisi sarà lunga, e dovrà passare ancora del tempo prima di tornare ai risultati del 2007». La società, inoltre, non ridurrà il suo indotto occupazionale, mantenendo i suoi oltre 460 dipendenti. Blm comprende diverse unità industriali. Soprattutto quali dei vostri comparti subirà le maggiori trasformazioni? «Non si prevedono, per il 2011, trasforma-


Pietro Colombo

I diversi volti di BLM BLM Group si propone come partner globale per tutto il processo di lavorazione del tubo. Alla sua base vi sono realtà industriali dedicate, con un alto livello di esperienza e professionalità specifiche, costruite in oltre 50 anni di attività nel campo del tubo e migliaia di applicazioni in tutto il mondo. Con 467 dipendenti BLM Group comprende, in Italia, le società BLM Spa, la capogruppo, specializzata nella produzione di macchine speciali curvatubi a CNC, sagomatubi, sistemi di misura e relativi dispositivi di integrazione ed automazione; Adige Spa, produttrice di sistemi di taglio laser dei tubi, linee per il taglio a disco e specializzata nelle lavorazioni di tubi pieni e profilati, completate da moduli per la spazzolatura, la misura, il lavaggio e la raccolta ordinata del

zioni delle tre società. Gli investimenti maggiori coinvolgeranno le nostre controllate inglese, tedesca, statunitense, brasiliana, messicana e di Shanghai. La crisi, in effetti, non ha influito sul nostro piano industriale, specie per quanto concerne la nostra crescita all’estero. Attualmente i mercati trainanti sono Brasile, Germania, Polonia e USA». Esistono nuovi mercati che, potenzialmente, potrebbero interessarvi in futuro? «Indubbiamente. Siamo ormai convinti che non esista più né il mercato italiano, né il mercato europeo. Esiste solo il mercato mondiale. Nel mese di ottobre abbiamo attivato le prime azioni per la penetrazione del mercato romeno, con l’obiettivo di arrivare anche in Serbia. Quest’anno abbiamo anche iniziato a valutare l’India, organizzando più visite in

prodotto; Adige SYS Spa, specializzata nella produzione di sistemi di taglio laser "misti" per tubo e lamiera, oltre che di impianti per il taglio laser di oggetti di grandi dimensioni. La quota prevalente della produzione del gruppo è destinata ormai al mercato internazionale e riflette la volontà di crescere nelle diversità, potenziando la capacità di raggiungere ciascun cliente nel mondo. È questa la base dello sviluppo della rete di vendita e assistenza internazionale, attraverso la costituzione di società controllate locali e di una rete e centri di servizio esclusivi, anche con sistemi audio-video remoti via internet.

loco. Riteniamo, inoltre, che la Cina sarà, entro cinque anni, uno dei mercati più interessanti per il gruppo». Come si spiega il vostro risultato, positivo, in un momento così critico per il mercato? «Credo che le ragioni siano da ricercare nel vero patrimonio di BLM e dell’intero gruppo, vale a dire le risorse umane e la sua organizzazione aziendale, totalmente imperniata sulla “cultura del noi”». Cultura del noi? «È una filosofia che si basa su alcuni pilastri fondamentali. Mi riferisco alla formazione continua delle risorse umane, agli investimenti in Ricerca & Sviluppo, all’internazionalizzazione dei mercati e a un servizio sempre più aderente alle necessità della LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 77


IMPRENDITORI DELL’ANNO

committenza. Il mezzo secolo di vita del

Gruppo BLM è costellato da traguardi importanti e da strategie mirate all’innovazione tecnologica e alla crescita professionale delle risorse umane. Grazie a questo, oggi possiamo proporci come partner globale per tutto il processo di lavorazione del tubo. Dal taglio laser alla curvatura, dalla sagomatura alla certificazione del pezzo». In concreto quanto investite in innovazione? «Per l’innovazione, la ricerca e lo sviluppo viene destinato annualmente oltre il 7% del fatturato. In questo ambito opera personale altamente specializzato che, in collaborazione con i più quotati centri di ricerca e i più qualificati partner tecnologici, studia e sviluppa soluzioni nelle quali l’eccellenza tecnologica è finalizzata a un obiettivo ben preciso: anticipare le richieste, sempre più mutevoli, degli attori presenti sul nostro mercato di riferimento». In questo la formazione è certamente fondamentale. Cosa rappresenta per voi? «È uno degli aspetti più qualificanti in tal senso, rivolta sia al personale interno, sia alla committenza. Nella consapevolezza che il personale è il vero patrimonio del gruppo, la formazione viene Per Pietro Colombo “il futuro esiste se il presente è vivo”. considerata il principale struL’affermato imprenditore lombardo getta lo sguardo sulla società mento di sviluppo delle come sui presupposti irrinunciabili per puntare a una ripresa, anche petenze. Solo nell’anno 2009, culturale, del paese sono state erogate oltre 9mila ore di formazione interna. In generazioni, sono determinanti nel futuro monte dell’attuale crisi economica tal modo si è anche cementicambiamento di vita del nostro mondo – esiste anche una “crisi dei valori”» ficato il rapporto tra la diresostiene Colombo -. Ma i docenti sono absostiene Pietro Colombo, a capo di BLM zione e il personale. CondiviGroup, il quale sostiene che, per difendere bandonati senza alcun riconoscimento diamo lo stesso obiettivo di il valore primario della nostra società, il la- economico adeguato. Le aziende vincenti crescita. Si è creato, nello voro, occorrerà impegnarsi su più fronti. Il operano seguendo i dettami: “sì al recistaff, un tale senso di apparproco rispetto dei diritti e doveri, no alprimo è quello della scuola. «Il nostro dotenenza al punto che non abmani si baserà sulle capacità intellettuali e l’anarchia. Sì a rispettare e far rispettare le regole con l’esempio, no al buonismo”. Tali creative dei giovani. E sono i docenti ad biamo mai subito un solo postulati aziendali devono valere forteavere il compito e la responsabilità di pregiorno di sciopero. Al tempo mente anche per la scuola». Il secondo parare gli studenti. Essi sono il “faro” che stesso, poi, contrariamente a punto evidenziato dall’imprenditore riillumina e prepara la cultura delle nuove molte altre realtà, i nostri di-

COME DIFENDERE IL LAVORO CON CONTINUITÀ

«A

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Pietro Colombo

Nel mese di ottobre abbiamo attivato le prime azioni per la penetrazione del mercato romeno, con l’obiettivo di arrivare anche in Serbia. Quest’anno abbiamo anche iniziato a valutare le prospettive offerte dall’India

pendenti non hanno mai passato periodi in cassa integrazione». Mentre quanto incide sul vostro andamento la diversificazione dell’offerta? «Moltissimo. Il gruppo continua a innovare soprattutto lo spettro dei servizi post-vendita, che oggi avvengono sempre più spesso “a distanza”, tramite le applicazioni della teleassistenza. In pratica si effettua un collegamento in remoto con il nostro centro di assistenza alle funzionalità diagnostiche

guarda la capacità, nel tempo, di equilibrare la domanda con l’offerta. E parte, nella sua riflessione, definendo il ciclo di vita di ogni bene mobile, attestato sui 5 anni, e immobile, sui 125 anni. «Al termine del ciclo, ogni bene mobile utilizzato, alla sua scadenza, dovrà essere rottamato e sostituito, compensando con un credito di imposta – spiega Colombo -. Invece, ogni bene immobile dovrà essere distrutto per essere sostituito, ovviamente salvaguardando l’ambiente, la ricchezza naturale, eventuali vincoli ambientali e culturali, onde preservare il patrimonio storico e artistico esistente. A questo va aggiunta la salvaguardia del diritto di proprietà. Se il titolare di quest’ultima è disponibile al rinnovo, manterrà ovviamente ogni

dell’impianto. Oppure si utilizza il “Webcam Remote Teleservice”, un innovativo apparato che consente al nostro operatore di vedere l’impianto come se fosse fisicamente presente all’interno dell’azienda cliente. Anche internet è una risorsa preziosa. Dal nostro portale le aziende abbonate possono scaricare i periodici aggiornamenti dei SW CAD-CAM di programmazione. Mantenendone così, nel tempo, l’allineamento al top tecnologico, oltre che usufruire dei servizi di consulenza applicativa da parte di esperti tecnologi aziendali». Come riuscite a far conciliare le esigenze, anche logistiche, di una rete di vendita e assistenza così estesa con le peculiarità che una produzione diversificata impone? «È uno dei punti su cui ci stiamo attivando maggiormente. Utilizzeremo internet per la parte tecnico-commerciale, mentre per quanto riguarda i servizi post-vendita abbiamo già realizzato servizi remoti, come quelli cui accennavo poc’anzi. Insomma, un’organizzazione sempre più “global”».

diritto su di essa. In caso contrario avrà diritto a essere compensato sulla base di parametri definiti dall’ente pubblico per l’ottenimento del valore di mercato». Terzo punto a difesa del lavoro è quello dell’istituzione di regole certe in tutto il mondo. «Nel merito delle regole certe, richiamo un dibattito televisivo di alcuni anni fa tra Fausto Bertinotti ed Emma Marcegaglia. In tale occasione, il politico caldeggiava le 35 ore settimanali, mentre la leader di Confindustria gli rispose: “Bertinotti, non siamo contrari alla sua ipotesi, ma deve essere la regola mondiale”. E in effetti, se così non fosse, come possiamo competere con il resto del mondo, dove lavorano 7 giorni su 7 e con 3 turni giornalieri?».

LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 79


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Robotica, l’inevitabile rivoluzione Un settore che più degli altri non può concedersi distrazioni, né perdere terreno rispetto a un progresso tecnologico dalle evoluzioni sempre più sofisticate. L’analisi di Maurizio Ravelli della Tiesse Robot Erika Facciolla

N

Maurizio Ravelli, direttore commerciale di Tiesse Robot www.tiesserobot.it

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egli ultimi decenni molte aziende hanno adottato sistemi produttivi innovativi, aprendosi alle nuove prospettive offerte dall’evoluzione tecnologica, con tutti i vantaggi e i rischi che ciò comporta. Vantaggi in termini di competitività, innovazione e ottimizzazione dei cicli produttivi; rischi legati all’entità degli investimenti necessari per attuare un tale cambiamento, questi ultimi resi ancora più gravosi dalla crisi economica globale. L’eterogeneità di un mercato sempre più esigente e complesso, inoltre, rappresenta l’altro fattore chiave per fotografare nel suo insieme un quadro in continua evoluzione. Sulla base di questi assunti, è chiaro che le aziende devono adattarsi velocemente ai nuovi trend e attuare quelle strategie di rinnovamento utili a diversificare l’attività produttiva e aumentare la concorrenzialità sul mercato stesso. E se tutto ciò è vero per i principali comparti industriali, ancor più sembra esserlo per il settore della robotica, particolarmente sensibile all’impulso generato dal progresso tecnologico. Un esempio emblematico in tal senso, è rappresentato dalla Tiesse Robot, azienda di Visano, leader nel settore, che dal 1976 applica il proprio know-how per soluzioni produttive in ambiti che vanno dai componenti per l’arredamento per macchine agricole e per l’automotive, alla fonderia di alluminio, passando per la manipolazione ,asservimento macchine utensili e pellettizzazione. Una realtà imprenditoriale poliedrica(gestita dal Sig.Gavazzi A.D., dal Presidente Daprà Luigi e dall’Ing.Ravelli responsabile vendite), dunque, che di recente


Maurizio Ravelli

+40% ha esteso la propria attività ai comparti del food e della farmaceutica. La Tiesse Robot mette a punto proposte concepite sulle specifiche esigenze della committenza, costantemente migliorabili grazie al supporto della divisione di ricerca & sviluppo. Ed è proprio grazie alla ricerca che l’azienda sta perfezionando dei pacchetti “intelligenti”, sviluppati per la programmazione di sistemi off line. Come spiega Maurizio Ravelli, direttore commerciale di Tiesse Robot – questa rappresenta «un’importante innovazione orientata agli operatori che consente di programmare le celle senza bloccarne la produzione, una parte importante della strategia di sviluppo». La scelta di focalizzare l’attenzione sul potenziamento e la differenziazione della capacità produttiva, nasce dall’osservazione di un mercato sempre più “irrequieto” ed esigente. «L’evoluzione del mercato – sottolinea a tal proposito Ravelli – ci ha spinto a creare proposte adeguate anche per le piccole aziende. Proponendoci come partner, oltre che come fornitore, seguiamo il cliente in tutte le fasi, dalla progettazione alla fase di post-vendita, rea-

VENDITE L’azienda di Visano nel 2010 supera di oltre il 40% il numero di macchine vendute rispetto al 2009. L’esercizio, si stima, chiuderà l’anno con un incremento del fatturato pari al 30-35%

lizzando così una filiera interna completa che garantisce la qualità del prodotto finale, in un’ottica di mutua collaborazione». A partire dalla sua fondazione, la Tiesse Robot ha consegnato più di cinquemila impianti fra robot e isole robotizzate ed è l’unica azienda italiana del settore ad aver consolidato la propria leadership grazie a una joint-venture con il colosso giapponese Kawasaki. «Per quanto concerne l’asservimento di macchine utensili – precisa Ravelli - la disponibilità dei robot Kawasaki permette di gestire problemi sia di manipolazione di piccoli pezzi, sia di carichi da centinaia di chilogrammi: questo vuol dire essere flessibili». Lungimiranza negli investimenti, ampio spazio alla ricerca, flessibilità progettuale e produttiva: tutti elementi che hanno sancito l’affermazione di un modello organizzativo efficace. Ma quali sono i prossimi obiettivi che l’azienda si appresta a centrare? «Dopo aver sviluppato il sistema di visione 2D, l’attenzione è puntata sullo sviluppo di un pacchetto 3D che aprirà nuove possibilità applicative. Un obiettivo che rientra in un piano d’investimenti più ampio che include la ricerca relativa alla sensoristica e a un pacchetto di programmazione offline per tutti i settori applicativi dei robot». Un’altra chance che le aziende del settore devono essere in grado di cogliere è rappresentata dal mercato straniero, soprattutto quello sudamericano. «Il Brasile, in particolare, sta mostrando chiari segnali di un’inesorabile tendenza all’uso di impianti robotizzati. Siamo convinti – conclude Ravelli - che ci siano tutte le condizioni per sfruttare questa tendenza potenziando la nostra attività anche all’estero». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 81


IMPRENDITORI DELL’ANNO

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artendo da un’idea si sviluppa un progetto. E si costruisce interamente uno stampo, si realizza il particolare finito, l’articolo in plastica. Questo, in sintesi, il core business della Guiros di Lentate Sul Seveso. Nata nel 1956 a Milano come piccola officina addetta alla costruzione di stampi per lo stampaggio a iniezione di materie plastiche, per opera del suo fondatore, Guido Rossi, da cui prende il nome, l’azienda cresce di dimensioni e di importanza e già dopo qualche anno, nella nuova sede di Monza, oltre l’attrezzeria ha un reparto di stampaggio esclusivo, con proprie presse. «Partecipando alla Fiera Campionaria negli anni 60 - ricorda la moglie Vanda Castelli attuale titolare dell’azienda – la Guiros si distinse presentando stampi multimpronte a più di 100 cavità, una vera precorsa dei tempi, riscuotendo così i primi successi oltre frontiera». L’azienda si trasferisce nel 1985 a Lentate Sul Seveso. Negli anni si specializza nello stampaggio di capsule e chiusure per tubetti e tuttora rifornisce i tubettifici più prestigiosi italiani ed esteri. Quali le ultime evoluzioni dell’azienda? «A cavallo tra gli anni 80 e 90, Guiros era diventata una delle principali realtà del settore,

Nuove evoluzioni nello stampaggio Evolversi sempre. Investendo in tecnologia e dando forma a nuove idee. Così la Guiros tiene un mercato minacciato dalla concorrenza a basso costo. L’esperienza di Vanda Castelli Eugenia Campo di Costa

specializzata nella realizzazione di articoli in plastica, in particolare capsule di chiusura, tappi. L’azienda lavorava molto, con diverse commesse anche in Germania ed era molto competitiva anche dal punto di vista economico. Io sono entrata in azienda nel 1998 in seguito alla scomparsa di mio marito. È stato un momento, oltre che doloroso, di riorganizzazione del management aziendale, che ha trovato ovviamente continuità nella famiglia. Mia figlia Giada e io abbiamo scelto di portare avanti l’azienda in modo da evitare traumi interni e, di riflesso, perplessità da parte dei nostri clienti decennali. Siamo state Vanda Castelli, al centro, con la figlia Giada Rossi e il direttore tecnico e commerciale Roberto Galli amministrazione@guiros.it

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Vanda Castelli

Di recente abbiamo depositato un brevetto per un pistone ad olio ammortizzante per scorrevoli che permette all’anta di chiudersi dolcemente e automaticamente

da subito affiancate dalla presenza necessaria di Roberto Galli, direttore tecnico e commerciale. Abbiamo continuato a lavorare anche per prestigiosi clienti stranieri, finché, qualche anno fa, non abbiamo cominciato a risentire della concorrenza dei paesi a basso costo». Ci spieghi meglio. «Una grandissima azienda americana, nostra cliente dalla fine degli anni ’70, ha optato per articoli cinesi. Per noi è stata una grossa perdita, e sicuramente anche per la qualità dei loro prodotti. Siamo ripartiti quest’anno, realizzando sempre per la stessa azienda un prodotto dall’elevata tiratura. Tuttavia la concorrenza dei Paesi a basso costo continua a farsi sentire, anche nell’ambito dei tappi: i paesi dell’Est hanno prezzi bassissimi, costi di manodopera irrisori. Allora la nostra attività si è ampliata, specializzandosi anche in articoli tecnici, soprattutto per l’industria del mobile, settore in cui crediamo molto. Ultimamente siamo stati scelti per realizzare gli stampi anche per una grandissima e nota realtà internazionale. Abbiamo iniziato

l’anno scorso con i prototipi e adesso stiamo realizzando i veri e propri stampi». Le applicazioni dei vostri prodotti possono essere piuttosto varie. Vi rivolgete anche a mercati di nicchia? «Sì. Ad esempio, ci hanno commissionato un lavoro per la realizzazione di staffe per cavalli in plastica. Sono oggetti molto belli che vengono dipinti e decorati con strass. Certo non sono questi i mercati dei grandi numeri, si realizzano tra i 20 e i 30mila pezzi l’anno, ma danno sicuramente soddisfazione». Quanto conta l’innovazione tecnologica nel vostro settore? «Naturalmente è fondamentale. Io ho sempre investito tantissimo in tecnologia. Due anni fa ho acquistato delle presse tedesche e quest’anno ne ho comprate altre due. Ora sto pensando di investire su alcune macchine di assemblaggio molto costose ma altrettanto valide. Credo che nel nostro ramo l’innovazione tecnologica sia essenziale, se ci si ferma da questo punto di vista, si soccombe». Di recente avete anche brevettato un particolare pistone ad olio. Quali le sue caratteristiche? «Abbiamo depositato un brevetto per un pistone ad olio ammortizzante per scorrevoli che permette all’anta di chiudersi dolcemente e automaticamente. Essendo di dimensioni ridotte può essere discretamente introdotto nella struttura in alluminio senza stravolgerne l’aspetto. La sua caratteristica è l’adattabilità a diverse applicazioni; è un prodotto resistente pur essendo quasi interamente in materiale plastico inietto-stampato, la formula della materia prima utilizzata per la sua generazione è esclusiva e frutto di lunghe ricerche. L’idea di un prodotto del genere è nata dal fatto che moltissimi pistoni sul mercato, in breve tempo, perdono olio scaricandosi, e nel contempo c’è sempre più richiesta di elementi ammortizzanti: non più solo per cassetti, ma anche per armadi e porte scorrevoli». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 83


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Intelligenza artificiale per il manifatturiero Si chiamano “sistemi integrati di visione”, usano l’intelligenza artificiale, controllano la qualità dei prodotti, guidano robot. Sono gli occhi e il cervello delle macchine. La Vea è stata la prima a produrli in Italia. Ne parla l’amministratore delegato Fabio Rosi Valeria De Meo

L’

industria italiana è costretta a confrontarsi con un mondo-mercato, che esige prodotti di ottima qualità, esenti da difetti e a prezzi competitivi. Per alcuni settori di produzione la qualità è misurata in parti per milione e in alcuni casi anche in parti per miliardo, numeri di un’entità tale che consentono buoni risultati solo con controlli automatizzati. Da qui nasce la necessità di avere dei sistemi automatici di controllo qualità, che possano combinare la flessibilità di una persona e l’affidabilità di una macchina: sono strumenti composti da una o più telecamere collegate a un computer che a sua volta comanderà dei dispositivi meccanici per scartare i prodotti non conformi. La sfida di questi sistemi sta nella loro “intelligenza artificiale”, una capacità di valutazione simile a quella della mente umana. Infatti, il problema non è tanto l’occhio ma il cervello di questi sistemi: una telecamera riesce a catturare le immagini del prodotto da analizzare, ma la fase del riconoscere il difetto è più complessa. La Vea è stata una delle prime aziende in Italia a sviluppare questa tecnologia: infatti da diciotto anni è specializzata nel progettare e realizzare si84 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010


Fabio Rosi

stemi di visione di alta qualità in ambienti industriali e scientifici. Fondata nel ‘92 a Canegrate, in provincia di Milano, «la società fornisce gli impianti di controllo automatico, provvede alla consulenza tecnica e propone ai clienti soluzioni personalizzate, instaurando un rapporto di collaborazione», come afferma l’amministratore delegato Fabio Rosi. Qual è la tipologia dei vostri clienti? «I miei clienti oggi, sono aziende leader che investono sulla qualità. Alcune aziende vedono in questi sistemi un’opportunità da non perdere se vogliono internazionalizzare i loro prodotti. Molti nostri clienti hanno aumentato la produzione in pieno periodo di crisi e questo è un ottimo segnale». Quali sono le caratteristiche dell’azienda? «L’azienda provvede alla creazione di sistemi per il raggiungimento del 100% della qualità nella produzione, al servizio di progettazione e installazione dei sistemi di visione e all'assistenza tecnica completa in Italia e all'estero. Inoltre la Vea è certificata Sincert Uni En Iso 9001.2000». Quali sono i vantaggi principali legati all’uso dei sistemi di visione? «Mi viene più facile elencare gli svantaggi che si hanno nel non averli, quantificabili come veri e propri danni. Il danno più facile da calcolare è quello diretto dato dai propri clienti quando restituiscono i prodotti non conformi. Esistono poi una serie di danni indiretti. Il primo di questi è chiamato “declassificazione” ossia la ritrattazione del prezzo di acquisto dei prodotti da parte dei clienti per scarsa qualità. Un altro danno indiretto è dovuto alla perdita di vendite a favore di un concorrente che può assicurare migliore qualità di prodotto. Un terzo caso, è dato dalla

Molti nostri clienti hanno aumentato la produzione in pieno periodo di crisi e questo è un ottimo segnale

perdita d’immagine aziendale». I sistemi di visione servono unicamente al controllo della qualità di produzione o possono essere sfruttati per altro? «I sistemi di visione sono usati in industria anche per guidare i robot. In questi ultimi anni ai robot degli impianti industriali stanno spuntando gli occhi, nel vero senso del termine. I robot prendono pezzi sparpagliati da nastri, scatole o cassoni, li manipolano, alcune volte li analizzano e li ripongono con cura». Sembra quasi uno scenario da fantascienza. «No, non è fantascienza ma realtà. Sono tecnologie che in questi ultimi anni si sono consolidate, e hanno dato i loro frutti, fra l’altro evolvono rapidamente. E’ capitato che alcuni nostri clienti in passato avessero avuto una cattiva esperienza con prodotti di vecchia generazione senza intelligenza artificiale o con sistemi generici che risolvono tutte le problematiche, venduti alla stessa stregua di un elisir che guarisce tutti i mali. Quando si parla di controllo qualità bisogna puntare su soluzioni personalizzate che sono più affidabili, non esiste niente di peggio di un controllore di cui non ci si può fidare. Per avere buoni risultati è importante indirizzarsi su società specializzate che fanno solo questo lavoro da anni, piuttosto che rivolgersi a società con nomi altisonanti ma che si occupano di tutto».

Fabio Rosi è amministratore delegato della Vea con sede a Canegrate (MI). Nelle altre immagini, macchinari aziendali d’alto profilo tecnologico. vea@vea.it www.vea.it

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Una nuova formula aziendale Senza trascurare l’importanza degli investimenti in ricerca e innovazione, un’impresa brianzola ha deciso di reagire alla crisi puntando sulla formula “donne e bamboccioni”. E i risultati si vedono. L’esperienza di Sergio Tornaghi della Ipm Filters Lucrezia Gennari

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a crisi, si sa, ha colpito il mercato globale. C’è chi ha puntato, per riprendere terreno, sulla diversificazione produttiva, chi sull’ottimizzazione tecnologica, chi ha ridimensionato l’azienda tagliando il personale. La IPM Filters, azienda brianzola che opera nel settore della filtrazione industriale, ha pensato anche a un’altra “ricetta” per sconfiggere la recessione: dare credito e responsabilità alla formula “donne e bamboccioni”, ironicamente definita così dall’amministratore, Sergio Tornaghi. La Ipm Filters si rivolge a industrie farmaceutiche, elettroniche, alimentari, chimiche e tutte quelle imprese che usano filtrazione ad alta tecnologia per il trattamento di liquidi e gas. Vende i propri prodotti sul mercato nazionale e su mercati internazionali: USA, Europa, Estremo Oriente, Sud America e nel nuovo stabilimento di Lissone, vicino a Milano, produce la serie completa di cartucce e di contenitori sanitari e lavora, in qualità di distributore esclusivo per il territorio nazionale con diverse aziende leader di mercato nel loro settore. “Donne e bamboccioni”, una provoca-

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zione? «Affatto, è la linea di pensiero che la nostra azienda ha adottato da due anni a questa parte: il 50% dei nostri assunti è sotto i 30 anni d’età, di cui 70% al primo impiego e il 40% di sesso femminile. Ogni reparto dell’azienda, dalla produzione alla vendita, dal laboratorio al commerciale, vede un giovane affiancato da una persona esperta». Cosa hanno portato i giovani? «Un migliore approccio alle nuove tecnologie, l’apertura mentale, la fantasia, l’entusiasmo che

Sergio Tornaghi, al centro, con i suoi collaboratori all’interno della Ipm di Lissone. Nella pagina accanto, lavorazioni su filtro www.ipmfilters.com


Sergio Tornaghi

uniti all’etica e al senso pratico che ci contraddistingue da sempre, riteniamo siano i fattori chiave per poter sfruttare a nostro favore l’andamento altalenante del mercato. Con la loro freschezza e il loro dinamismo i giovani sono le nostre voci che fanno conoscere, danno “il profilo” dell’azienda in Italia e all’estero». Tra quanto si vedranno i frutti di questo investimento? «I numeri ci stanno già dando ragione. Il nostro fatturato è cresciuto sia nel 2009 che nel 2010, ma l’incremento maggiore l’abbiamo avuto nei settori emergenti dove l’apporto dei giovani è più sentito. I maggiori ricavi hanno permesso di investire nella ricerca e nell’ampliamento della linea produttiva». IPM e ricerca: quanto è importante per voi ? «La ricerca è fondamentale, le idee sono alla base della crescita di un’azienda come la nostra: abbiamo un laboratorio di R&D dove, per non smentire la nostra politica green, il team è capitanato da un neo-laureato in dottorato di ricerca 27enne. Laboratorio in IPM vuol dire test filtranti su prodotti proposti dai nostri clienti, il nostro supporto dato loro nella fase di prove pilota, ma soprattutto continua ricerca di nuove tecnologie e materiali filtranti: basti pensare che siamo stati i primi in Italia a produrre cartucce filtranti a membrana in nylon». Come si colloca IPM nel settore della filtrazione? «L’azienda è presente nel mercato della filtrazione da 24 anni, inizialmente come distributore di grandi realtà statunitensi del settore, poi come

Il nostro fatturato è cresciuto sia nel 2009 che nel 2010, ma l’incremento maggiore l’abbiamo avuto nei settori emergenti dove l’apporto dei giovani è più sentito

produttore stesso di cartucce filtranti. Il nostro core-business è il settore farmaceutico, seguito da quello enologico e chimico, ma al fine di riuscire a coprire tutti i settori e tutti gli ambiti in cui c’è esigenza di un sistema filtrante con tecnologia differente dalla cartuccia, IPM può contare su collaborazioni con leader mondiali del settore che ci permettono di dare al cliente la soluzione ottimale. L’assunzione di nuove figure ha motivato maggiormente questi nostri collaboratori storici che si sono rimessi in gioco, rivedendo posizioni e abitudini anche molto consolidate, a nostro favore». Il settore della filtrazione vede molte aziende in Italia. Come difendete il vostro prodotto? «Siamo produttori italiani, garantiamo elevati standard qualitativi e totale trasparenza. Per i nostri clienti organizziamo presso la nostra sede dei seminari sulla filtrazione: i nostri esperti spiegano in maniera molto chiara ed esaustiva tutte le problematiche e le soluzioni legate alla filtrazione, seguita da una visita al nostro sito produttivo, un’occasione unica che consente al cliente di vedere con i propri occhi come viene realizzata una cartuccia».

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

L’innovazione si fa in squadra

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ontare sulle risorse di un team di professionisti. È questa la strategia che permette a Itaprochim di viaggiare con determinazione nell’automotive. Protagoniste di questa corsa inevitabilmente segnata dalla ricerca costante, sono le materie prime ad alto contenuto tecnologico. Si tratta di prodotti che trovano applicazione nei settori dei materiali di attrito, degli abrasivi, dei lubrificanti, dell’industria della gomma e della plastica. Guidati da un Stefano Schaupp, si può così ripercorre il filo dell’esperienza che nel tempo ha permesso all'azienda di dare risposte specifiche alle richieste dei vari committenti. In particolare è nella filiera dei materiali di attrito che oggi Itaprochim si pone come società leader sulle piazze italiane. Tra le altre cose Itaprochim ha scommesso su prodotti firmati con una propria tecnologia: Sicacell (silicato di calcio sintetico e cellulosa), un prodotto con bassa densità e buon isolante termico; Prochim GP, un elastomero che permette di ridurre il rumore dei freni causato dalla pastiglie; la serie Ultimate, miscele di lubrificanti che permettono di sostituire composti tossici come il solfuro di molibdeno. E questi sono solo alcuni esempi. Ma i riconoscimenti ufficiali non finiscono qui. Nel 1998 è la volta della certificazione Uni Iso 9000 e, dallo scorso dicembre, si giunge al traguardo Iso 9001:2008. Insomma, la scalata verso procedure di qualità e materiali innovativi sembra essere a buon punto. Ne parla Stefano Schaupp. Tecnologie all’avanguardia, macchinari perfetti, materie prime mai viste. La ricerca nel vostro settore rimane un ambito di primaria importanza. Su cosa è bene focalizzarsi? «Per essere al passo, è bene impegnarsi su diversi fronti, non concentrarsi dunque su uno specifico settore. Ultimamente stiamo lavorando anche sui nanomateriali». Quanto è importante avere a disposizione un settore interamente dedicato a 90 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

Nello sfaccettato orizzonte dell’automotive, la Itaprochim rilancia la sua strategia: lavorare in team, puntando dritti sulla ricerca Paola Maruzzi

questo tipo di ricerche? «È molto importante e lo è soprattutto il fatto che ci si dedichi con precisione e costanza. Nel nostro caso, il referente dell’area che si occupa di Research&Development è il professore Roberto Dante, il quale, oltre a essere un tecnico specializzato nel settore, è anche docente di tribologia. Abbiamo in questo modo aperto un canale diretto di collaborazioni con diverse università, in Italia e all’estero». Quindi a cosa state puntando? «Un settore in espansione è la green economy. E la Itaprochim ha colto la palla al balzo sviluppando materiali rispettosi dell’ambiente, che vanno a sostituire quelli tradizionali, a volte tossici o molto inquinanti. Per esempio, Sicacell è un valido sostituto dell’amianto per quanto riguarda le nostre applicazioni. Stiamo anche lavorando sul fronte dei materiali senza fibre respirabili, come nel caso dei titani. Passando ai prodotti Ultimate, va detto che questi permettono di sostituire il solfuro di antimonio. Inoltre stiamo la-

Da sinistra, Roberto Dante (technical-scientific advisor), Stefano Schaupp (managing director), Luca Schaupp (customer service manager), Roberta Vitella (financial controller) www.itaprochim.it


Stefano Schaupp

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Sulla scia della green economy, stiamo brevettando materiali non tossici e rispettosi dell’ambiente, che vanno a sostituire quelli tradizionali

vorando sulla ricerca di materiali alternativi ai metalli pesanti, come il rame». Siete ormai un’azienda storica. Facendo un bilancio sul passato qual è stato il cambiamento più importante che ha investito la società? «Quest’anno c’è stato un cambiamento notevole a livello direzionale. Itaprochim è alla sua seconda generazione. Io, la dottoressa Vitella e Luca Schaupp rappresentiamo la nuova generazione. Abbiamo incrementato il nostro team con validi consulenti e altri collaboratori dal punto di vista commerciale. Ci definiamo una piccola azienda. In totale abbiamo nove dipen-

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denti e, compresi i consulenti, arriviamo a una dozzina di persone». Come siete usciti dal periodo di crisi internazionale? «Direi che, grazie al lavoro svolto da tutto il team Itaprochim, siamo riusciti a ridurre il calo al 10 per cento l’anno passato e a ritornare ai livelli del 2007. Questo probabilmente è dovuto al fatto che il settore è molto particolare. Il lavoro non manca. Abbiamo committenze storiche che ci danno una certa solidità. Poi collaboriamo con aziende del primo montaggio (O.E.), e anche questo ci offre molto credito nel settore». Come interlocutori avete solo aziende italiane? «Siamo ben piazzati anche all’estero, dove abbiamo la possibilità di interagire con grandi aziende. In particolare siamo attivi nel Nord America e in tutto il bacino mediterraneo. Diciamo che il 70 per cento del fatturato si gioca in casa, il restante 30 per cento viene da fuori». È sempre stato così? «In un certo senso sì. Itaprochim è attiva da vent’anni e sin dall’inizio abbiamo puntato all’apertura dei mercati esteri. Se in un primo momento ci siamo posti come rivenditori di alcuni marchi di materie prime del settore, successivamente ci siamo espansi. E la crescita continua. Siamo “affamati” di nuovi mercati, abbiamo sufficiente energia per trovare partner stranieri con i quali aprire un solido canale economico. Le carte ci sono tutte. Abbiamo molti agganci, soprattutto se si pensa a Paesi all’avanguardia o in forte crescita, come il Giappone e la Cina per esempio. Ma non solo. Pensiamo al mercato russo. Ed è proprio in un momento delicato come questo, in cui gli strascichi della crisi si fanno ancora sentire per molti, che bisogna cogliere a trecentosessanta gradi le opportunità di sviluppo. Insomma, è importante riuscire a essere presenti dove si può». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 91


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Agganciati al progresso e all’innovazione Nonostante le difficoltà economiche, la necessità di investire nello sviluppo tecnologico e produttivo è un fattore-chiave per la crescita delle aziende in qualsiasi comparto. Marco e Carlo Santori della Sesa spiegano perché Erika Facciolla

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Da sinistra, Carlo, Marco e Rossella Santori della Sesa di Olgiate Olona (VA). Nella pagina accanto alcune realizzazioni dell’azienda www.sesaplates.com

on è una novità: il progresso tecnologico e l’evoluzione dei mercati hanno posto nuove sfide alle aziende di quasi tutti i settori industriali. Soprattutto quelle medio-piccole, più sensibili alla crisi economica e alla concorrenza straniera, stanno compiendo uno sforzo maggiore per adeguarsi alle nuove esigenze di un mercato sempre più esigente e internazionale. Nella maggior parte dei casi, il “salto” qualitativo e produttivo da compiere è notevole e il rischio di non farcela è dietro l’angolo. È necessario poter contare su una lunga esperienza, un team affidabile di lavoratori specializzati, e una dirigenza pronta a investire capitali ed energie

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nella diversificazione e internazionalizzazione della propria attività. Un caso molto significativo è rappresentato dall’azienda varesina Sesa Spa. Una realtà che ha saputo tener testa alla crisi in maniera propositiva e attuare quei cambiamenti connessi ad ogni momento storico. Sesa nasce nel 1950 da un’idea di Antonio Santori che avvia l’attività con la pulitura delle piastre utilizzate nelle presse per la pulizia del sapone. Nel 1952 inizia la lavorazione delle lamiere lucide impiegate come stampi per laminati plastici. Gradualmente l’impresa si allarga e dalla finitura lucida si passa alle finiture opache non direzionali, imponendosi sul mercato nazionale. Nel 1979 viene inaugurato l’impianto di fotoincisione attraverso il quale l’offerta si allarga alle lamiere incise. Gli anni Ottanta segnano la svolta nell’ambito dell’internazionalizzazione dell’azienda, con un fatturato suddiviso al sessanta per cento in Italia e al quaranta per cento all’estero. Come spiega il titolare Marco Santori «l’immagine dell’azienda all’estero si è rafforzata attraverso una rete di agenti ben distribuita: Usa/Canada, Est Europa/Sud America, Europa Centrale/Russia, Korea/Indonesia/Giappone, Australia». Anche la partecipazione ad importanti eventi fieristici contribuisce a far conoscere il marchio Sesa nel mondo: «Nel 1983 ci siamo presentati per la prima volta alla più importante fiera d’Europa: l’Interzum. Successivamente la nostra presenza nel mondo si è allarga attraverso la costituzione di una rete di agenti e la presentazione dell’azienda su svariate riviste del


Marco e Carlo Santori

settore a livello mondiale». Ma quali sono i punti di forza di un’impresa che ha saputo evolvere così rapidamente? La risposta è nelle parole di Carlo Santori che sottolinea quanto conti nella strategia aziendale l’attenzione e il rapporto con i clienti e l’elevato potenziale tecnologico: «l’azienda si pone infatti non come semplice fornitore, ma come partner con cui sviluppare nuovi prodotti, curando il rapporto pre e post-vendita con gli acquirenti». Un altro passo importante è rappresentato dell’inaugurazione di un impianto di cromatura interno, fondamentale per lo sviluppo tecnologico e qualitativo. Ciò permette di avere sotto controllo l’intero ciclo di lavorazione delle lastre d’acciaio senza dover ricorrere a fornitori esterni. I primi effetti positivi si riflettono subito sul bilancio: il fatturato dell’impresa subisce un netto incremento e la percentuale tra Italia e resto del mondo raggiunge quasi il novantaquattro per cento di fatturato estero. Ma la ricerca di soluzioni innovative basate su uno sviluppo tecnologico costante non si esaurisce qui. Come spiega lo stesso Carlo Santori «abbiamo

introdotto la tecnologia di scrittura digitale per l’incisione delle lastre e in ambito commerciale abbiamo potenziato la rete di agenti con l’inserimento di figure ‘tecnico-commerciali’ in grado di seguire i clienti anche in termini di assistenza tecnica e produttiva». Nonostante la recentissima crisi economica globale, Sesa ha dimostrato la propria tenacia continuando a mantenere alto il profilo aziendale. «A partire dal 2008 – rimarca Marco Santori – abbiamo ampliato il dipartimento di grafica con l’inserimento di personale specializzato e un nuovo laboratorio dove vengono realizzati i campioni. Abbiamo allestito anche una show-room per accogliere i clienti e mostrare loro il nostro potenziale tecnologico e innovativo. Tutti questi sforzi - conclude Santori – hanno fatto sì che oggi Sesa rappresenti un vero leader mondiale nel settore con ampi margini di crescita che fanno ben sperare per il futuro».


IMPRENDITORI DELL’ANNO

La svolta del materiale nanocristallino L’industria dei nuclei magnetici avvolti per trasformatori sta vivendo una nuova fase. Grazie all’acciaio al silicio a struttura nano cristallina. Il punto di Emiliano Varisco Lucrezia Gennari

C In apertura, nuclei in materiale nano cristallino. Nella pagina accanto alcune fasi di lavorazione all’interno della Omem di Monza www.omemspa.com

ome tutti i settori, anche un mercato estremamente specifico come quello dell’industria dei nuclei magnetici avvolti per trasformatori ha risentito della crisi economica. Una fase cui le imprese del settore hanno dovuto tener testa puntando soprattutto sulla flessibilità e l’ottimizzazione dei servizi. «La mia azienda – afferma Emiliano Varisco della Omem, realtà di Monza che opera nel settore elettromeccanico producendo nuclei magnetici per trasformatori - ha resistito alla crisi puntando sulla qualità del prodotto e del servizio e personalizzando il più possibile l’offerta, in modo da venire incontro al massimo alle esigenze dei committenti». Attualmente la Omem esporta le sue tecnologie in tutto il mondo, con particolare attenzione a mercati in via di sviluppo come il Medio Oriente, in cui sta attuando

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investimenti importanti in particolar modo nell’ambito della trasmissione e della distribuzione dell’energia. «Il nostro settore – continua Emiliano Varisco – sta anche vivendo una fase di profonda trasformazione in seguito all’introduzione, cominciata due anni fa, dell’acciaio al silicio a struttura nanocristallina». Una vera e propria rivoluzione. «Tale materiale – spiega Varisco - era stato utilizzato in passato prevalentemente nell’elettronica e, senza esagerare, rappresenta il miglioramento tecnico più sostanziale degli ultimi 20 anni per ciò che riguarda il comparto trasmissione e distribuzione dell’energia». La struttura nanocristallina di questo materiale, più simile alla struttura amorfa del vetro che a quella cristallina classica dei metalli è la chiave delle sue caratteristiche magnetiche molto elevate. «I vantaggi della struttura cristallina dell’acciaio al


Emiliano Varisco

silicio nanocristallino – continua Emiliano Varisco - sono legati alla riduzione delle perdite magnetiche, dovuta all’aumento della percentuale di silicio nella lega. Quindi, l’utilizzo di questo materiale permette di ridurre le dimensioni dei trasformatori e di minimizzare le perdite energetiche per dissipazione». In pratica, tutta l’energia generata viene trasformata senza sprechi. L’acciaio al silicio a struttura nanocristallina rappresenta senz’altro il futuro per la produzione di nuclei magnetici avvolti, in quanto, oltre alla riduzione del dissipamento dell’energia durante la trasformazione con la possibilità di produrre trasformatori più piccoli e molto più performanti, permette anche di diminuire l’utilizzo dei materiali isolanti, ottenendo così una diminuzione dell’impatto ambientale, un aumento nella qualità e parimenti una riduzione di costi. Questo nuovo materiale permette dunque migliorate performance in quelli che sono i suoi campi di applicazione, principalmente legati ai trasformatori di misura nell’alta e media tensione e alle apparecchiature elettroniche ed elettromedicali. «La sfida che questo nuovo materiale ha posto – afferma Varisco - è stata molto forte: essendo la sua struttura meccanica completamente diversa dai precedenti materiali utilizzati, necessita di nuovi investimenti in impianti e tecnologie produttive». D’altro canto, l’investimento in ricerca e sviluppo nel settore è estremamente importante, e anche se si tratta di un prodotto maturo, si è sempre alla ricerca di soluzioni nuove che mirino alla riduzione dei costi e al risparmio energetico. «L’acciaio al silicio a struttura nanocristallina –

I vantaggi della struttura cristallina dell’acciaio al silicio nanocristallino sono legati alla riduzione delle perdite magnetiche, dovuta all’aumento della percentuale di silicio nella lega

continua Varisco - sicuramente richiede macchinari e impianti del tutto particolari rispetto alla lavorazione. Nello specifico, sono necessarie macchine avvolgitrici di tecnologia del tutto differente rispetto al passato e impianti di trattamento termico diversi da prima». Ma quali materiali erano utilizzati in questo ramo prima dell’introduzione dell’acciaio al silicio a struttura nanocristallina? E soprattutto, tali materiali trovano ancora applicazione? «Si utilizzava un acciaio al nickel a struttura tradizionale – risponde Varisco -, tale materiale si utilizza ancora in molte applicazioni, per questioni soprattutto meccaniche, specie quando il trasformatore è di grosse dimensioni». L’acciaio al silicio a struttura nanocristallina segna comunque una nuova epoca che può portare a ulteriori sviluppi ancora sconosciuti. In tal senso, per quanto riguarda le prospettive del settore, Emiliano Varisco sostiene che «si debba continuare a puntare sullo sviluppo del materiale nanocristallino, che è decisamente innovativo e le cui possibilità sono ancora largamente inesplorate».

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Criticità e strategie nel mercato dell’acciaio “La crisi è un pericolo, ma anche un’opportunità”. La concorrenza nel settore della lavorazione degli acciai porta molte piccole aziende a sopperire alle grandi, ma il segreto per sopravvivere è puntare sul servizio. La parola a Ermanno Faini Marzia Querci

A Ermanno Faini, proprietario Efinox; momenti di lavoro all’interno dell’azienda www.efinox.it mail@efinox.it

ll’interno di un mercato sempre più competitivo, dove “qualità” è la parola chiave per ottenere i risultati di successo. È il caso della Efinox, società che si occupa del commercio e della lavorazione degli acciai. Pur essendo nata da pochi anni, i suoi trascorsi sono cinquantennali. E a parlarcene è proprio Ermanno Faini, il proprietario. Negli anni la domanda è andata sempre diminuendo e le prospettive di vita all’interno di un mercato così ricco di offerte rischiano di essere sempre minori. Ma il segreto della riuscita risiede proprio nella qualità del servizio, che non deve mai venir meno. La Efinox è figlia della Franisthal, ma la sua struttura rispetto alla precedente

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azienda è cambiata. In quale modo vi siete diversificati? «La Efinox, è una piccola società nata nel 1994 dalle ceneri della Franisthal, una piccola azienda a gestione familiare creata da mio padre che si occupava principalmente del commercio di inossidabili. La nuova struttura di 4000mq coperti, ci ha permesso di installare impianti e dare così un servizio più completo e idoneo. Questo processo iniziato nel 94 è tuttora in fase di evoluzione, con l’arrivo entro fine anno di un nuovo impianto di spianatura di ultima generazione, con il progetto di ampliamento di altri 2250 mq. per il 2011 e un impianto di satinatura per coils sempre entro il 2011». Si dice che la crisi economica mondiale che stiamo attraversando andrà avanti ancora per molto tempo. Voi come state affrontando questa situazione? «Io sono fiducioso per il futuro, abbiamo superato bene la crisi degli ultimi due anni, anzi abbiamo spinto più di prima, credo che chi tira i remi in barca e si spaventa quando sente parlare di crisi non sia un buon imprenditore. Sono dell’idea che ogni crisi abbia anche i suoi aspetti positivi. Se da un lato è sintomo di varie problematiche, dall’altro può rappresentare un punto da cui ripartire. Chiunque intraprenda un’attività sa che nell’arco del percorso ci saranno delle difficoltà. Chi gestisce un’azienda non può permettersi


Ermanno Faini

di mollare, bensì deve essere responsabile e cercare di prendere le decisioni migliori, poiché su di lui grava anche la responsabilità del resto dei dipendenti». Il settore del commercio e della lavorazione degli inossidabili è molto competitivo, come sopravvive alla concorrenza una realtà come la vostra, anche in rapporto alla relazione tra domanda e offerta? «Purtroppo oggi la concorrenza nel nostro settore ha portato molte aziende al cannibalismo, certe società si sono ingrandite a dismisura cercando di prevalere le une sulle altre. Viceversa il mercato si è ridotto e come

Se ci fossimo orientati sulla grande produzione, i gruppi più grossi ci avrebbero schiacciati. L’aver puntato su un mercato più di nicchia, ci ha premiati e ci ha permesso di crescere

sempre quando l’offerta supera la domanda si crea il panico, portando questi colossi a lavorare anche in perdita pur di non chiudere, ma è solo questione di tempo se non si diversifica la rotta. Noi abbiamo puntato tutto sul servizio, la celerità nelle consegne, il giusto equilibrio tra personale e produttività, oggi abbiamo un centro servizi ben attrezzato con 7 linee di lavorazione in grado di accontentare anche il cliente più esigente in poche ore. Se ci fossimo orientati sulla grande produzione, i gruppi più grossi ci avrebbero schiacciati da tempo, il fatto di esserci differenziati puntando su un mercato diciamo più di nicchia, ci ha premiati e ci ha permesso di crescere». Possiamo dire che il suo ottimismo sia il

segreto di questo successo? «Più che il segreto, direi che al momento è un po’ un’ancora di salvezza. Bisogna essere ottimisti, credere nelle nostre forze nei nostri progetti nelle nostre aziende e sperare che lo stato e le banche facciano altrettanto, diversamente sarebbe una catastrofe per tutti e io da buon ottimista non lo voglio credere». Oltre alla Efinox, ci sono altre attività di cui si occupa? «Personalmente, mi sto occupando anche di energie rinnovabili e ho brevettato un sistema per la produzione di grandi quantitativi di energia elettrica a inquinamento zero assoluto, che potrebbe creare ricchezza e posti di lavoro, ma questo è un altro capitolo del quale spero se ne parlerà presto». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 97


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Macchinari sempre all’avanguardia Innovazione tecnologica, competitività, ricerca e sviluppo. Sono alcuni degli aspetti su cui punta AXOMATIC, azienda che fornisce i macchinari alle più grandi realtà del settore cosmetico, farmaceutico, alimentare e chimico. Eugenia Campo di Costa

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l 2009 è stato un anno difficile in tantissimi settori. Molte aziende sono state costrette a ridimensionarsi. In particolare, le realtà impreparate a fronteggiare la crisi economica, quelle che avevano una scarsa capacità tecnologica e poca internazionalizzazione, poca aggressività sul mercato o troppo poco strutturate hanno dovuto soccombere. Quasi tutti i mercati hanno risentito della recessione, nel settore delle tecnologie per i reparti cosmetico, farmaceutico, chimico e alimentare si sono registrati cali di fatturato dal 10% fino a punte del 40%. Tra le realtà del settore, Axomatic di Settimo 98 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

Milanese è una delle aziende che si è difesa con onore registrando una riduzione del fatturato insignificante che già quest’anno è stata ampliamente arginata «non esiste una ricetta anti-crisi – afferma Luca Olivieri direttore generale dell’azienda – Credo però che sia fondamentale l’impegno costante di tutti i collaboratori al fine di ottenere sempre un prodotto di altissimo livello. Questo è il più importante patrimonio aziendale. Chiaramente ascoltare i Clienti, lavorare sul prodotto con passione, una forza commerciale reattiva e motivata, la struttura snella e organizzata sono altri elementi che fanno sempre la differenza».


Luca Olivieri Nell’immagine a fianco, da sinistra Luca Olivieri Direttore Generale, Federica Dal Santo responsabile finanziaria, Antonio Olivieri Direttore di Produzione. Sotto, la sala riunioni, la macchina laser, il reparto assemblaggio www.axomatic.com

Quali sono i principali mercati di riferimento e quali quelli che offrono maggiori opportunità? «Axomatic esporta in oltre 34 paesi nel mondo. I nostri più importanti mercati di riferimento in questo momento sono principalmente l’Europa in particolare Francia e Italia, per la grande tradizione nel campo della cosmetica di alta gamma e nel make-up, la Germania in quanto paese trainante dell’ economia europea. India, Cina, Russia, Tailandia, Indonesia, Brasile, Argentina, Stati Uniti sono attualmente i mercati extraeuropei che permettono di effettuare un’importante fetta del turnover di Axomatic». Che tipo di macchine producete nello specifico? «Axomatic produce macchine per l’industria cosmetica, farmaceutica, alimentare e chimica, nello specifico sono mescolatori sottovuoto da 5 a 5.000 litri per la fabbricazione di prodotti cosmetici o farmaceutici quali creme e gel. Realizziamo inoltre intubettatrici da 1.200 a 15.000 pz./ora per il riempimento e la chiusura di tubetti flessibili in metallo, politene e laminato, per esempio i dentifrici. Dosatrici semi automatiche per il riempimento di prodotti densi e semi-densi in flaconi e o tubetti. Infine astucciatrici per l’inserimento di determinati prodotti in astuccio realizzato in cartoncino con chiusura ad incastro o a collo a caldo e macchine speciali». In quali settori trovano applicazione i vostri macchinari? «Come accennavo in merito ai nostri principali mercati di riferimento, i settori di applicazione dei nostri macchinari sono quello cosmetico relativo a prodotti quali creme, gel, shampoo, body shower, dentifrici ecc., quello farmaceutico sempre per creme, gel e prodotti simili, quello chimico come colle, siliconi, stucchi e quello alimentare per maionese, senape, ketchup, latte condensato ecc.». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 99


IMPRENDITORI DELL’ANNO

In alto, l’ufficio tecnico. Nella pagina accanto il team di Axomatic. Nelle altre immagini alcuni prodotti

A quali criteri deve innanzitutto rispondere la progettazione dei vostri macchinari? «I macchinari Axomatic devono rispondere ai più elevati standard qualitativi oggi applicati soprattutto alle aziende farmaceutiche più esigenti quali FDA, GMP. Le macchine devono essere realizzate prevalentemente in acciaio inossidabile e, per ovvie ragioni di pulizia e di igiene devono poter essere facilmente smontate, lavate e sanitizzate. Oggi tutte le macchine Axomatic sono pensate e realizzate utilizzando i più sofisticati e performanti software di progettazione presenti sul mercato. Grazie alla tecnologia in t re

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dimensioni siamo in grado di vedere già a video come la macchina sarà esattamente fin nei minimi particolari ancora prima di realizzarla fisicamente e poterne capire eventuali difetti e correggerli». Come si coniugano design, prestazioni e funzionalità nei vostri prodotti? «Passione, costante ricerca tecnica e saper ascoltare i Clienti permettono di coniugare fortemente design, prestazioni e affidabilità. Non meno importante è la competitività cioè la capacità di offrire macchinari tecnologicamente molto avanzati ma a prezzi competitivi. Ad esempio in paesi come Cina, India e Sud America le macchine vengono stressate tutti i giorni lavorando 24 ore su 24, e quindi senza una integrazione tra affidabilità e prestazioni, ci troveremmo spiazzati immediatamente. Le macchine non ammettono errori: o funzionano o si fermano e se non sono garantite le performance promesse i Clienti si rivolgono altrove. Il prodotto Axomatic gode nel mercato di


Luca Olivieri

Le più recenti tecnologie riguardano soprattutto i nuovi sistemi di saldatura per i tubetti in politene installati sulle nostre macchine intubettatrici da circa un anno

un’ottima reputazione e la soddisfazione del Cliente oltre ad essere la nostra principale mission è anche il nostro migliore biglietto da visita». Quali sono le più recenti tecnologie? «Le più recenti tecnologie riguardano soprattutto i nuovi sistemi di saldatura per tubetti in politene installati sulle nostre macchine intubettatrici da circa un anno. Tali sistemi permettono di ottenere una elevata qualità in termini di prodotto finito. Inoltre recentemente abbiamo ridisegnato e riprogettato le macchine in modo da avere un minore impatto energetico installando motorizzazioni più efficienti e performanti che, tra l’altro hanno anche permesso ai nostri Clienti di ottenere dei vantaggi economici o dei finanziamenti regionali». Quanto conta nel vostro settore l’investimento in ricerca e sviluppo? «È fondamentale. Una delle nostre regole è pensare e riprogettare le nostre macchine ogni quattro anni, in modo da offrire ai Clienti un prodotto che soddisfi pienamente le loro esigenze. Le necessità oggi sono sempre più varie, spesso legate anche alle bizzarre idee di marketing. La forte customizzazione di ogni macchina consegnata costringe i nostri tecnici ad essere preparati e in costante collegamento con il mondo della ricerca. Infatti da qualche hanno abbiamo effettuato delle collaborazioni

positive con alcuni importanti istituti universitari». Quali sono i tratti distintivi di Axomatic? «Ogni azienda ha una tradizione e un design strutturale o tratti distintivi, Axomatic da sempre è sinonimo di know how frutto ad oggi di oltre 30 anni di presenza nel settore cosmetico e farmaceutico. A questo aspetto, si uniscono l’orientamento al Customer satisfaction, la forte personalizzazione del prodotto, il design accurato volto alla ricerca di forme non solo funzionali ed ergonomiche ma anche belle da vedere esteticamente». Quali sono le prospettive per il vostro settore in generale e per la vostra azienda? «È difficile immaginare una prospettiva futura definita, anche se per imprinting aziendale, siamo ottimisti. Penso che la fase peggiore della crisi economica sia già alle nostre spalle. In particolare credo che il settore in cui operiamo maggiormente, quello cosmetico abbia ancora margini di miglioramento soprattutto nei paesi trainanti come India e Cina. Proprio per questo motivo abbiamo appena aperto un ufficio commerciale a Mumbai, nella speranza di raccogliere a breve buoni frutti. Sicuramente il mercato si farà sempre più competitivo, esigente e selettivo, il nostro sforzo maggiore sarà volto alla ricerca di persone qualificate creative e di buon senso perché le aziende senza le persone non valgono nulla». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 101


IMPRENDITORI DELL’ANNO

La rivoluzione delle reti Dall’invenzione della radio alle tecnologie wireless: il nostro modo di comunicare è cambiato radicalmente grazie allo sviluppo di reti e dispositivi in grado di trasmettere dati da ogni parte del mondo. L’esperienza di Samuele Pelizzari della Towertel Erika Facciolla

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centodieci anni dalla prima trasmissione, la radio rimane uno dei mezzi di comunicazione e informazione più utilizzato dall’uomo. Un’invenzione rivoluzionaria che ha spalancato le porte ad una nuova era tecnologica e che ha consentito lo sviluppo di strumentazioni senza fili per la trasmissioni di dati. Quelle stesse tecnologie che oggi sono entrate nella nostra quotidianità grazie anche alla semplicità d’uso e alle notevoli possibilità che mettono a disposizione. Pensiamo al telecomando del televisore, ai navigatori satellitari, il telefono cordless fino ad arrivare alle reti internet in wi-fi e a tutti quei dispositivi che ci consento di scambiare dati, utilizzare servizi e ricevere informazioni ovunque noi siamo. Come è possibile tutto questo? E’ possibile grazie alla presenza sul territorio di reti costituite da antenne e apparati radio che trasmettono il segnale veicolando dei contenuti. Tali reti sono sviluppate da aziende operanti nel settore delle infrastrutture per le comunicazioni: un settore in continuo aggiornamento ed evoluzione che si rivolge ad un mercato particolarmente esigente dove tecnologia e qualità del servizio vivono in stretta sinergia. Una di queste è Towertel, società appartenente al Gruppo DMT guidato dall’Ing. Alessandro Falciai, fondata nel 2000 che ha saputo conquistare un ruolo di primo piano nel settore coniugando l’eccellenza della tecnologia alla completezza dell’offerta. Towertel offre servizi integrati di ospitalità, manutenzione e gestione agli operatori di rete/ broadcasters radio e TV, pubblici e privati,"telecom", "wireless” e di telecomunicazione in genere, disponendo di beni mobili e immobili costituiti da infrastrutture ed impianti accessori, il tutto al fine di consentire ai propri clienti il trasferimento

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Alcune realizzazioni della Digital Multimendia Tech di Lissone (MI) www.dmtonline.com


Samuele Pelizzari

Tutte le informazioni che vogliamo trasmettere e ricevere attraverso i nostri apparati radio devono essere trasportate con sicurezza, qualità e in tempo reale

e l'irradiazione di segnali radiotelevisivi e/o radioelettrici in generale. «Tutte le informazioni che vogliamo trasmettere e ricevere attraverso i nostri apparati radio devono essere trasportate con sicurezza, qualità e in tempo reale - sottolinea Samuele Pelizzari, amministratore delegato della Towertel -. Per garantire queste performance è necessario che le infrastrutture e i relativi impianti siano gestiti da professionisti dedicati. Le infrastrutture per telecomunicazioni, spesso a torto denigrate, costituiscono di fatto il veicolo per consentire attività quotidiane e comuni, dall’uso del telefono cellulare alla visione del programma televisivo; l’elevata qualità del servizio finale dipende anche dall’elevata qualità di gestione delle reti». Towertel ha quindi costituito uno staff in grado di progettare, realizzare e sviluppare per ognuno dei suoi clienti la soluzione migliore. «Sulla base delle specifiche esigenze, si parte dalla localizzazione della postazione, dalla progettazione del sistema radiante per giungere all’ottimizzazione delle risorse utilizzate come l’energia elettrica e il territorio, al fine di soddisfare tecnicamente ed economicamente la richiesta». Ma di quante e quali risorse umane e tecnologiche bisogna disporre per poter essere competitivi sul mercato? A rispondere è lo stesso Pelizzari: «Il nostro patrimonio infrastrutturale è costituito da circa millecinquecento postazioni dislocate su tutto il territorio nazionale sulle quali sono presenti seicento clienti. Il nostro organico è composto da ottanta dipendenti e integrato da una rete fidelizzata di partner». Towertel è oggi riconosciuta come uno dei principali Tower Operator nazionali indipendenti (non riconducibile a editori o a operatori

di rete) e quindi l’unica azienda del settore in grado di ottimizzare le infrastrutture mediante soluzioni full service innovative che garantiscano la piena soddisfazione della clientela con il minor impatto ambientale possibile. L’attività dell’azienda è strutturata su diversi livelli, che vanno dall’offerta di prodotti e servizi integrati per il processo di trasmissione del segnale televisivo all’ospitalità nelle postazioni per gli operatori radio-televisivi, di telefonia mobile e delle telecomunicazioni su tutto il territorio nazionale. «L’attività di site acquisition – precisa Samuele Pelizzari – consiste nella ricerca e acquisizione delle postazioni, nella progettazione architettonica ed esecutiva delle infrastrutture e nella gestione di contratti per compravendita o locazione dei terreni. Inoltre, siamo in grado di presidiare tutte le fasi relative all’ingegneria di stazione, come le verifiche statiche e strutturali, la progettazione degli impianti e l’ottimizzazione di quelli esistenti». Un servizio a trecentosessanta gradi, dunque, che include la fase di progettazione e realizzazione della rete e la manutenzione degli impianti. Anche dal punto di vista commerciale e logistico, il gruppo DTM è in grado di seguire il cliente nella formalizzazione dei contratti di ospitalità e manutenzione e nella fase di post vendita. «Uno dei nostri punti di forza è la capacità di sviluppare offerte per l’implementazione della rete, dei servizi e di attività straordinarie. La nostra direzione operativa – conclude Pelizzari – gestisce i rapporti con le pubbliche amministrazioni e i soggetti privati competenti per le postazioni, focalizzandosi sull’ ottimizzazione e l’ammodernamento delle infrastrutture e la riduzione dei costi». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 103


Il settore fieristico guarda avanti

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l sistema fieristico italiano è il secondo al mondo dopo quello tedesco, con cifre che parlano di centosessantamila espositori e oltre diciassette milioni di visitatori annui distribuiti in tutti gli eventi dei settori di maggiore richiamo. La fiera, intesa come importante vetrina per le aziende, è un mezzo di comunicazione fondamentale per ogni settore merceologico, in quanto consente un continuo aggiornamento sulle novità del mercato e offre a operatori e tecnici la possibilità di stabilire contatti e scambiare opinioni. Nonostante la congiuntura economica negativa, l’Italia delle fiere sembra godere di buona salute, a parte qualche calo fisiologico registrato soprattutto nel 2009. Come ha osservato il ministero dello Sviluppo economico, le fiere hanno dimostrato buona capacità di tenuta, rivelandosi decisive per favorire il processo di internazionalizzazione delle imprese e delle principali filiere produttive del nostro paese. Un trend che, rispetto ai principali competitors europei, si è mantenuto in costante aumento. Rimane co-

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Le fiere italiane rappresentano un importante volano dell’economia nazionale e dimostrano un’ottima tenuta di fronte alla crisi finanziaria. Mario Conserva della Edimet Spa illustra opportunità e sviluppi di un settore in crescita Erika Facciolla munque la necessità di misurarsi con le nuove sfide del business fieristico: specializzazione, qualificazione, internazionalizzazione, integrazione delle società fieristiche. La Edimet Spa è un’azienda bresciana specializzata proprio nell’organizzazione di eventi fieristici, manifestazioni e convegni dedicati all’industria dei metalli. Da oltre venti anni Edimet pubblica periodici e libri tecnici di successo che rappresentano efficaci strumenti di aggiornamento e approfondimento per gli operatori del settore. Mario Conserva, amministratore delegato dell’azienda, parla della sua esperienza e delle nuove prospettive di un comparto in piena evoluzione. Qual è il target di riferimento della Edimet? «La matrice della Edimet è quella del mondo dei metalli e dei materiali industriali, che ha un caratteristico radicamento sul territorio bresciano e che rappresenta una componente essenziale per una corretta crescita dell’industria manifatturiera italiana. La nostra manifestazione fieristica più importante, Metef, nata nel 1997 e dedicata all’alluminio e ai materiali tecnologici, sintetizza in pieno il forte legame tra evento e territorio. Il comparto dei metalli è molto più dinamico di

Mario Conserva, amministratore delegato di Edimet www.edimet.com


quanto si possa pensare, e in questa delicata fase post crisi c’è, da parte delle aziende, un forte bisogno sia di servizi che esaltino la percezione del valore dei loro prodotti, sia di strumenti per innovare, crescere e rafforzarsi». Quale ruolo rivestono gli eventi fieristici per le imprese con cui vi confrontate? «Le fiere rappresentano oggi più che mai uno dei principali strumenti di comunicazione e marketing per la piccola impresa. La competizione economica globale e le nuove tecnologie di comunicazione rafforzano il ruolo delle fiere come piattaforme relazionali, ma occorre uscire dalla genericità, bisogna offrire servizi ritagliati sulle esigenze dello specifico settore merceologico e creare le condizioni per realizzare contatti di business a basso costo». Come si sta muovendo la Edimet per far fronte a queste necessità? «Abbiamo lanciato insieme a Reed Business Information un’iniziativa convegnistica innovativa, il Forum Serramenti, per il rilancio del comparto delle costruzioni, che si terrà a Rimini il prossimo aprile; servono idee nuove e stimolanti, capaci di aiutare le imprese in questa delicata fase di rilancio senza costringerle a fare grandi sacrifici». Quali sono i punti di forza sui quali il sistema fieristico italiano deve puntare maggiormente? «Oggi tutti i settori e le filiere sono adeguatamente coperti da eventi di comunicazione come le fiere. Il meccanismo di buon funzionamento di una fiera è molto semplice: deve essere stimolo

Metalriciclo-Recomat e Teknomotive 2011 Metalriciclo-Recomat, in programma dal 19 al 21 maggio, è la fiera dedicata al recupero e riciclo dei materiali industriali. L’Italia figura tra i grandi attori dell’industria globale del riciclo, con una filiera completa che comprende macchine, sistemi e attrezzature per il trattamento di rottami ferrosi, alluminio, carta, legno, plastica, vetro. Teknomotive, che si terrà dal 20 al 22 ottobre, è l’unica fiera italiana a carattere internazionale dedicata a materiali, tecnologie e subfornitura per l’industria dei trasporti, un comparto strategico, che colloca l’Italia al secondo posto in Europa dopo la Germania. La mostra è dedicata alle materie prime, componenti e semilavorati, tecnologie ed attrezzature per la progettazione, lavorazione, finitura, assemblaggio dei componenti destinati ai settori automotive, trasporto commerciale e industriale, ferroviario, navale, aeronautico e veicoli speciali.

e promozione del settore considerato, deve costituire il collegamento fra il mondo produttivo e le istituzioni, le associazioni, le università e i centri di ricerca, le agenzie per l’innovazione e per l’internazionalizzazione. La parola magica è senza dubbio internazionalizzazione per creare relazioni nel mercato globale e sviluppare il business sui mercati di sbocco». Quali sono le prospettive per il 2011? «Per il 2011 il sentimento del mercato appare decisamente positivo: abbiamo in pista due eventi fieristici originali, cioè Metalriciclo in programma a maggio al Centro Fiera del Garda di Brescia Montichiari e Teknomotive in ottobre alla Fiera di Brescia, un evento in prima edizione in collaborazione con Brixia Expo-Fiera di Brescia e con il supporto di CCIAA di Brescia». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 105


L’automazione nel settore lattiero caseario Nonostante le difficoltà del mercato globalizzato, le prospettive del settore dell’automazione nel ramo lattiero caseario mirano ai Paesi in via di sviluppo. Il punto di Raffaele Erba Eugenia Campo di Costa

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Raffaele Erba

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a crisi economica a livello mondiale ha spinto le aziende medio piccole ad apportare profondi cambiamenti nel sistema di gestione del marketing. È stato necessario rivedere le strategie a medio e a lungo termine, introducendo un nuovo insieme di procedure mirate a ottimizzare i costi operativi e a incrementare la raccolta di dati e la loro elaborazione per attuare un rapporto sempre più stretto con il cliente. «Il focus sul cliente – afferma Raffaele Erba, amministratore delegato della Milk Project Food Engineering di Merone (CO) - permette all’azienda di proporre un prodotto personalizzato e affine alle sue esigenze». La Milk Project Food Engineering, che da 20 anni opera sia a livello europeo che mondiale per sviluppare nuovi progetti in grado di soddisfare le richieste più esigenti nell’ambito dell’automazione lattiero casearia, ha implementato negli ultimi anni la cooperazione con altre aziende medio/piccole complementari alla sua filosofia di lavoro e con le quali condivide comuni obiettivi. «Tali partnership sono di fondamentale importanza nell’affrontare le competizioni sui mercati esteri. Lo scambio informativo, tecnico, scientifico e di marketing con i nostri partner si è rivelato un’ottima risposta alla sempre più pressante concorrenza internazionale». Quali sono le maggiori criticità cui vanno incontro le imprese del suo settore? «Il cammino delle imprese è sempre più fitto di insidie. Uno dei principali disagi che riscontriamo è la difficoltà nel rispondere alle richieste che ci giungono dai mercati internazionali extra europei in cui è indispensabile il supporto istituzionale, necessario per affrontare le problematiche in ambito logistico, finanziario e burocratico. Da diverso tempo attendiamo un piano di intervento da parte del Governo o della Regione Lombardia che sia di supporto alle Pmi. In particolare, una serie di strumenti che agevolino le Pmi negli investimenti a medio e lungo termine mirati ad aumentare il livello di competitività nei confronti di altri competitor europei meglio supportati dalle loro infrastrutture. Il tutto, per recuperare in parte quel terreno perso fino ad oggi in termini di export. Attualmente la sopravvivenza, in un mercato globale, pone tutte

le aziende a subire condizioni di elevata compe- Raffaele Erba, titività che generano incertezze e rischi sempre amministratore delegato della più elevati. Quindi si necessita, oltre che di nuove Milk Project Food strategie e maggiore flessibilità, anche di più lun- Engineering di Merone. gimiranza nella pianificazione istituzionale a so- In apertura, un macchinario stegno delle Pmi per evitare l’affossamento di per i formaggi molli una categoria che ha contribuito in modo deter- www.milkproject.it minante a mantenere alta l’economia e il prestigio dell’Italia nel mondo». Qual è il vostro core business? «L’obiettivo aziendale è la progettazione e la realizzazione di macchine e impianti modulari in grado di soddisfare le più particolari esigenze del cliente che deve costantemente confrontarsi con tutte le sfide che pone oggi il mercato. L’impegno costante, la ricerca e l’applicazione di nuove tecnologie all’avanguardia ha consentito alla nostra società, sino ad oggi, di esportare macchine, impianti e know-how in diversi paesi extra europei. L’utilizzo di una componentistica di alto livello e di strumentazione all’avanguardia nella realizzazione delle automazioni ha consentito ai nostri clienti di ridurre in modo significativo il fermo degli impianti e i costi di manutenzione preventiva. Il nostro obiettivo e punto di forza è da sempre l’efficienza e l’affidabilità dei sistemi produttivi da noi realizzati». Quindi gran parte delle vostre realizzazioni sono destinate ai paesi stranieri? «In questo periodo circa l’80% della nostra produzione è destinato all’estero. Questo perché sia il mercato italiano che quello europeo sono saturi, nel senso che negli ultimi 10 anni sono state introdotte nuove tipologie di impianti di alto rendimento, con automazioni il cui parametro produttivo è superiore alla domanda del mercato. Quindi attualmente l’industria del settore lattiero LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 107


IMPRENDITORI DELL’ANNO

caseario ha una capacità produttiva che è due volte tanto quella richiesta dal mercato. Se a queUn’altra tecnologia sto dato si unisce il fatto che il mercato vive una per l’industria latteo fase di leggera contrazione, è evidente l’esubero casearia firmata di potenzialità produttive». Milk Project Food Quali sono le tendenze del mercato lattieroEngineering caseario? In particolare, cosa richiedono i consumatori oggi e quindi su quali tecnologie vi state concentrando maggiormente? «La gamma di prodotti nazionali e internazionali è veramente vastissima. Ma la tendenza comune, tra paesi europei ed extraeuropei, è una certa predilezione per i formaggi freschi, più digeribili e delicati. Nel mercato europeo, il consumo di formaggi stagionati, tradizionali, ha subito una flessione del 30% circa e questo anche per la maggiore attenzione al contenuto calorico. I consumatori giovani, in particolare, preferiscono le piccole porzioni di prodotti freschi. Anche la nostra attività, ultimamente, si è orientata di più verso tecnologie studiate proprio per i formaggi freschi e cremosi. Formaggi ad alta umidità, che trovano un consumo sempre più ampio grazie anche al diffondersi di locali dedicati alla degustazione di prodotti freschi, molto gustosi e di alta digeribilità ideali per pause pranzo di lavoro e 108 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

cene di svago. Offrendo, quindi, alla clientela oltre a un pasto veloce il gusto fresco tipico dei prodotti Mediterranei». Dal punto di vista tecnologico, che tipo di impianti richiedono tali tipologie di formaggi? «Vengono messi a punto con impianti di concentrazione e di microfiltrazione del latte che permettono di trattare la materia prima e i semilavorati con caratteristiche tecnologiche predeterminate dalla ricetta per ottenere prodotti diversificati tra di loro. Inoltre con l’aggiunta, ad esempio, di spezie o di erbe si possono produrre dei formaggi o delle creme dai sapori più ricercati e particolari». Quali sono le prospettive per il vostro settore? «Le prospettive si concentrano soprattutto su quei paesi in via di sviluppo che hanno la necessità non solo di importare prodotti dall’Europa o dagli Stati Uniti, ma anche di sviluppare unità produttive nel loro territorio. È il caso ad esempio dei Paesi dell’Est, dell’India, dei Paesi arabi, dei Paesi nord Africani ma anche del Giappone. Quindi, come francesi e tedeschi anche noi italiani siamo interessati nel medio periodo a intensificare le esportazioni in questi mercati».



IMPRENDITORI DELL’ANNO

Tecnologie per la disinfestazione Impegnarsi in un settore come quello della disinfestazione, significa anche dotarsi di attrezzature all’avanguardia e brevettarne di nuove. L’esperienza di Pietro Rotoli Valeria De Meo

S Nella pagina a fianco, da sinistra, l’ingegnere Oreste Lamberti, il dottor Pietro Rotoli e Melissa Olgiati www.stopdirotoli.it info@stopdirotoli.it

top: un imperativo categorico nel settore della derattizzazione, disinfestazione e disinfezione, ma anche il nome della società del dottor Pietro Rotoli, fondata ventun anni fa per fornire servizi per soluzioni efficaci. Collocata nel Nord Italia, ad Appiano Gentile in provincia di Como, la Stop opera con tecniche evolute e con brevetti unici in Europa. «Stop rappresenta – rivela il dottor Rotoli - la mia sfida, la riappropriazione della libertà personale, la rivoluzione della mia vita professionale e privata. Venti anni fa, non più giovanissimo, decisi di lasciare un lavoro subordinato, certo, per seguire un rischio e un’attività per me quasi sconosciuta». E il dottor Rotoli, alla soglia degli anni Novanta ha scelto il confronto con se stesso e ha dato vita alla Stop. Nell’offrire i servizi specifici, la missione dell’azienda è quella di seguire il cliente in modo scrupoloso, partendo dall’analisi del problema sia prima che dopo l’intervento. Le risorse umane sono l’arma di punta, tutti specialisti

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qualificati nel settore, in continua formazione e crescita professionale. «I tecnici – dichiara sono la prima interfaccia verso il cliente, pertanto è fondamentale investire su di loro ed è necessario che operino con cortesia e discrezione. A coordinare e predisporre il loro lavoro esterno, c'è un team interno competente, che va dal magazziniere al responsabile tecnico, dalle impiegate al responsabile commerciale e operativo, fino ai vertici aziendali, il tutto fondato su un forte spirito di collaborazione». Impegnarsi in un settore come quello della disinfestazione, significa anche dotarsi di attrezzature all’avanguardia e brevettarne di nuove. Contro ratti e topi è stato perfezionato il sistema di cattura “Topo-Stop”, adatto anche in ambienti ove è richiesta la massima igiene e quindi non è consentito utilizzare contenitori con esca topicida. Per le disinfestazioni di locali interni o luoghi esterni da insetti pericolosi (blatte, vespe, processionarie, achete domestiche, lasioderma serricone, tenebrione mugnaio, tignola fasciata), l’azienda


Pietro Rotoli

abbina il monitoraggio, che fornisce informazioni oggettive della presenza e della collocazione degli animali, all’impiego di varie strumentazioni: i termonebbiogeni, particolarmente indicati per trattamenti con formulazioni anche in base acquosa; il nebulizzatore elettrico, che garantisce la massima efficienza grazie alla micronizzazione del prodotto al di sotto dei 20 Micron; la pompetta, ideale per l'applicazione professionale di insetticidi, disinfestanti e altri prodotti liquidi; il tifone, per trattamenti di alte alberature continue, di lunghe siepi, di ampie zone verdi e simili. Ai citati servizi, se ne aggiunge uno, quello dell’allontanamento dei volatili, che con i loro escrementi possono rappresentare un pericolo per la salute dell’uomo. Secondo la Legge n. 968 del 27/12/1972, senza il permesso delle autorità sanitarie competenti, gli uccelli non possono essere catturati, sterilizzati, avvelenati o sterminati; per cui vengono dissuasi dal frequentare determinate zone, attraverso l'installazione di dissuasori metallici, reti antivolatili, sistemi elettrici. La concorrenza non ha mai spaventato il dottor Rotoli, che considera i potenziali rivali come un incentivo al miglioramento e alla crescita. «Operare in un settore molto concorrenziale – afferma - è sempre meglio rispetto ad un mercato ristretto. Certamente bisogna sapersi distinguere tra le aziende. Per questo abbiamo due alternative – spiega - entrambe valide: offrire il prodotto ad un prezzo basso e quindi puntare esclusivamente sulla quantità, riducendo al minimo il valore aggiunto, oppure offrire il prodotto ad un prezzo alto, mantenendo un buon valore aggiunto, puntando sulla qualità, sulla serietà commerciale e sulla competenza. Personalmente – prosegue - ho scelto la seconda ipotesi, ho quindi lavorato sulla qualità e serietà, entrando, così, nella fascia di mercato ove il prezzo non è l’unico elemento di valutazione,

I tecnici sono la prima interfaccia verso il cliente, pertanto è fondamentale investire su di loro ed è necessario che operino con cortesia e discrezione

ma è valutato assieme alla qualità del servizio, alla competenza ed alla serietà commerciale dell’azienda». Dall’alto della sua esperienza e delle coraggiose scelte fatte in 74 anni di vita, Pietro Rotoli crede nel futuro e nelle capacità dei giovani, che non devono farsi abbattere in questo periodo di difficoltà, disoccupazione diffusa e crisi economica. «Voglio dare un consiglio ai giovani – dichiara - soprattutto quelli che desiderano affermarsi, che amano mettersi in gioco e che attualmente sono in difficoltà nella ricerca di un lavoro idoneo: quello di non scendere a compromessi, ma rimboccarsi le maniche e intraprendere un lavoro autonomo anche inventandolo. Le prospettive – sottolinea Rotoli - attualmente sono buone e favorevoli. Siamo in una fase di rapidi cambiamenti: una mente giovane con un cuore generoso può facilmente, se opera con la dovuta determinazione, trovare la sua affermazione personale, e con essa creare ricchezza per sé e per altri». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 111


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Il tessile punta sulla tecnologia La For.Tex non ha rivali cinesi nel settore: il segreto è nella collaborazione con il colosso della stampa digitale, Epson e i centri di ricerca giapponesi. Ne parla il fondatore Pietro Roncoroni Valeria De Meo

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uando si parla di industria tessile, il pensiero vola inesorabilmente al mercato cinese: una produzione competitiva per bassi costi e media qualità, che ha conquistato anche l’Italia in questi anni di crisi economica. Comprare abiti made in China può sembrare conveniente solo se non si osserva con occhio attento la nostra economia, fatta non solo di prodotti, in questo caso capi di abbigliamento, ma di tantissime risorse umane che ruotano attorno alla loro creazione. Il settore tessile in Italia, è stato ed è tuttora una prerogativa quasi tutta del Nord: altomilanese, veneta, biellese, altobergamasca, comasca e ora anche il pratese con la maggiore concentrazione di industrie, che si impegnano per sostenere la concorrenza cinese. Un’arma vincente è stata in-

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dividuata e adoperata dalla For.Tex, di Fino Mornasco in provincia di Como, un’azienda nata nel 1986. L’esperienza del suo fondatore, Pietro Roncoroni, maturata nelle multinazionali chimiche e tessili italiane, le ha permesso di affermarsi nel mercato come fornitore di fiducia per coloranti, addensanti per stampa tessile, ausiliari tessili, adesivi e prodotti speciali. Una realtà italiana che ha sempre guardato con interesse al mercato giapponese quale fonte di sviluppo. L’ingresso della Cina nel settore ha creato anche alla vostra azienda problemi? «È innegabile: avendo costi inferiori, ha ridimensionato in pochi anni l’industria tessile italiana e europea. Noi eravamo persino presenti in Cina negli anni scorsi, perché acquistavamo lì prodotti naturali derivati dalle alghe marine per la preparazione delle paste da stampa su tessuto.


Pietro Roncoroni

Con il ridursi drastico della redditività di quel prodotto, abbiamo dovuto ridurlo drasticamente anche dalla nostra produzione. La nostra politica è sempre stata quella di non appiattirci sul prezzo, ma di puntare su prodotti di qualità e innovativi». Continuate a essere presenti in altri paesi esteri? «Storicamente avevamo una buona presenza legata a quel prodotto di origine cinese. Lo importavamo in Italia, per rielaborarlo e venderlo non solo nella nostra terra ma anche in Corea, a Hong Kong, in Indonesia, in Spagna e in Francia. Avendo cancellato tale produzione, automaticamente non vendiamo più in quei mercati». La For. Tex ha fatto un cambiamento cinque anni fa. Cosa è successo esattamente? «Una rivoluzione epocale per noi: siamo stati tra

luppo: infatti il colosso Epson, leader mondiale della tecnologia digitale su carta, ha capito dieci anni fa che poteva esserci uno sviluppo della stampa digitale anche sul tessuto». Come è nata la collaborazione? «Per entrare in questo mercato, Epson si è avvalsa delle competenze specifiche esistenti a Como, centro mondiale della stampa di qualità. Competenze che Epson ha trovato in For.Tex per la parte chimica e nella F.lli Robustelli per la parte meccanica». L’industria tessile cinese come si è mossa nei confronti della stampa digitale nel tessile? «I cinesi la sfruttano poco, privilegiano ancora quella tradizionale. L’innovazione tecnologica ci ha permesso proprio di difenderci dalla concorrenza cinese. La stampa digitale, riducendo il tempo di produzione, consente la customizzazione della moda».

i primi in Italia a credere e investire nella stampa digitale nell’industria tessile. È una tecnologia innovativa, con risparmio di energia, di acqua, qualitativamente dà un prodotto migliore, occupa meno spazio, comporta l’impiego di meno personale, non inquina, ha un impatto ecologico molto positivo e permette una produzione più rapida. Ma come per tutte le rivoluzioni, For. Tex da sola non avrebbe potuto far niente». Avete quindi un partner che vi ha sostenuto? «La nostra azienda è sempre stata molto legata al Giappone, dove sono conosciuto grazie alla mia precedente esperienza nelle multinazionali italiane di coloranti e prodotti chimici per il settore tessile. I giapponesi, a differenza degli italiani e degli europei, hanno fatto della ricerca in campo tessile un punto molto importante per lo svi-

Se la stampa digitale ha ridotto le risorse umane nella produzione, l’industria tessile deve investire su nuove figure? «Con la stampa digitale sono necessari meno operai rispetto alla stampa tradizionale che comportava l'uso di macchine enormi, la preparazione delle paste da stampa e la pulizia degli strumenti. Ora necessita figure professionalmente nuove, legate alla creazione ed alla elaborazione dei disegni in formato digitale». Cosa c’è nel futuro della For.Tex? «Il continuo sviluppo della stampa digitale. Inoltre, la For.Tex sfrutta il filo diretto con i centri di ricerca giapponesi. Ora puntiamo anche su prodotti speciali, quelli del benessere abbinati ai tessuti. Stiamo, infatti, proponendo sostanze da mettere sui tessili, e che creano la ionoterapia, cioè purificano l’aria circostante».

In apertura, da sinistra Paolo Crespi (direttore commerciale), Giuliano Pagnoni (capo laboratorio) e Pietro Roncoroni (titolare For.Tex) www.fortex.it

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Le nanoparticelle nell'industria plastica Novità sul fronte dei manufatti in plastica, resistenti e a impatto ambientale zero. Questo grazie a una ricerca che vede tra i protagonisti la Rifra Masterbatches. La illustra il titolare Augusto Rampa Valeria De Meo

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n nuovo risultato in materia di biotecnologia è stato raggiunto dalla ricerca condotta dal Dipartimento di Chimica dell’Università di Brescia, il Csmt (Centro servizi multisettoriale e tecnologico) e la Rifra Masterbatches. Si è sperimentato, con ottimi risultati, l’utilizzo delle nanoparticelle nell'industria plastica, per realizzare pellicole in polimero utilizzate per particolari d'arredamento, sistemi elettrici e manufatti per uso civile, tutti in plastica, senza usare la chimica del bromo. Tecnicamente le nanoparticelle, per le loro proprietà e la loro dimensione dell'ordine di pochi nanometri (un milionesimo di millimetro), sono efficaci nella realizzazione di compositi ad alte prestazioni, quando è necessaria una buona dispersione del riempitivo. In parole povere sarà possibile creare oggetti in plastica che respingano la polvere, che conferiscano effetto barriera all'ossigeno (film), grazie a proprietà intrinseche; pellicole capaci di evitare la fotodegradazione e al contempo limitare l’impatto ambientale, evitando l'utilizzo di sostanze chimiche nocive. Un traguardo questo, dopo trentadue anni di attività, per la Rifra Masterbatches, di Molinetto di Mazzano in provincia di Brescia. L’azienda, nata nel 1978, è guidata da Augusto Rampa ed è leader nel settore delle materie plastiche e degli elastomeri. «Noi siamo – afferma l’impren114 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010


Augusto Rampa

Augusto Rampa, titolare della Rifra www.rifra.it

ditore – una piccola azienda di fascia alta, che ha ottenuto nel 1994 la Certificazione di Qualità Iso 9002/94, nel 2003 il passaggio alla Iso 9001/Vision 2000. E ci siamo sempre distinti – prosegue – per un rigido codice di autodisciplina, relativo alla salvaguardia della salute dei nostri collaboratori e dell'ambiente esterno, consapevoli che le materie plastiche hanno ormai raggiunto un elevatissimo livello di applicazione». La Rifra opera nell’ambito dell’industria plastica attraverso la produzione dei masterbatches, tecnopolimeri, additivati con coloranti, stabilizzanti, antistatici e conduttori, plastificanti, nucleanti, ritardanti di fiamma, lubrificanti, essiccanti, antiblocking, cling agent e “complex”, le miscele di coloranti e additivi ad alte prestazioni. «Abbiamo strutturato la nostra azienda – dichiara Rampa – per gestire a trecentosessanta gradi tutto il ciclo produttivo dei masterbatches, dall'acquisto della materia all'imballaggio del prodotto finito, cercando di personalizzare l'offerta e di soddisfazione il cliente. Partiamo – puntualizza – dall'analisi delle esigenze dell'utilizzatore finale, studiamo con i responsabili tecnici e creativi le varie problematiche: il colore, il tipo di lavorazione, le esenzioni, le normative, la richiesta di solidità e le applicazioni finali. La fase di test e la fase di riproduzione in laboratorio – spiega – sono volte a verificare le ca-

ratteristiche tecniche e applicative del manufatto, l'esatta percezione cromatica e, soprattutto, che le performance complessive ottenute rispondano agli esiti sperati». L’azienda punta, dunque, non solo sulla produzione ma anche sul rapporto con la clientela, che passa attraverso l’analisi delle sue esigenze di mercato. «Abbiamo sempre creduto che la crescita della nostra azienda – chiarisce l’imprenditore bresciano – dipendesse anche dallo scambio culturale e professionale che avviene ogni qualvolta incontriamo un cliente. Lo affianchiamo nel suo percorso, approfondiamo le sue esigenze e le interpretiamo per restituirgli una soluzione completa per i suoi sistemi produttivi». Un discorso valido per committenti sia italiani che stranieri. Dal 2008 l’azienda sta lavorando per creare piccole unità produttive in paesi dove è già presente, per fornire un servizio tempestivo e appropriato alle richieste del mercato europeo e di quello d’oltreoceano. Dopo i positivi esiti della ricerca sull’impiego delle nanoparticelle, non si arrestano gli studi della Rifra sulla biotecnologia e le soluzioni per il rispetto dell’ecosistema. «Gli obiettivi sono di grande valenza, noi ci crediamo, anche se – denuncia Rampa – ci sentiamo abbandonati dalle istituzioni che, il più delle volte, si dimostrano tanto capaci di emanare norme quanto incapaci di offrire alle imprese i supporti necessari». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 115


IMPRENDITORI DELL’ANNO

La parola chiave è automazione Anche il settore della legatoria sta cercando di compiere i passi necessari verso un cambiamento ormai inevitabile. La tecnologia suggerisce soluzioni innovative che il mercato chiede a gran voce e apre la strada a nuove prospettive di sviluppo. Il caso della Revigraf raccontato da Claudio Anzani Erika Facciolla

U Claudio Anzani (a destra), titolare della Revigraf, con Arnd Riewe, dell’azienda tedesca palamides. Le due aziende hanno di recente stretto una partnership www.revigraf.it

no dei settori che sta cercando di cogliere le nuove possibilità offerte dalla tecnologia è quello della legatoria, un comparto che si prepara al salto verso l’automazione nonostante qualche difficoltà. Occorre adeguarsi velocemente alle nuove esigenze del mercato, coglierne le opportunità, sfruttare le risorse tecnologiche per diminuire i costi di produzione ed essere in grado di realizzare prodotti sempre più orientati alle specifiche esigenze del cliente. Queste sono le nuove sfide che il settore deve affrontare così da aumentare la propria competitività sui mercati nazionali ed esteri. Tutto ciò implica un radicale cambiamento, un maggiore impulso negli investimenti e nello sviluppo di soluzioni innovative che diano una sferzata all’economia dell’intero comparto. Una delle aziende che sta concentrando le sue risorse in questa direzione è la Revigraf, impresa comense che dal 1991 è presente sul mercato delle macchine da legatoria. Una realtà che negli anni ha saputo rappresentare una risposta concreta alle richieste di assistenza tecnica e fornitura di ricambi. L’azienda è specializzata nell’assistenza su un’ampia gamma di macchinari come Muller Mar-

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tini, Mbo, Omg, Kolbus, Stahl e tanti altri marchi. Il titolare Claudio Anzani ci illustra la sua esperienza. Quali sono le caratteristiche che distinguono la Revigraf dalle altre aziende del settore? «Innanzitutto i clienti possono contare sull’assistenza di tecnici altamente qualificati: è infatti possibile ottenere un contatto telefonico per individuare il problema e la soluzione più adatta, rispettando le richieste e le esigenze produttive del cliente. Il fatto di poter contare su un’officina meccanica interna significa risolvere il problema in tempi rapidi, riducendo notevolmente i costi». In questo senso, quali sono i punti di forza dell’azienda? «Senza dubbio la qualità e la prontezza del servizio, prerogative che ci consentono di consolidare il rapporto con i clienti acquisiti e di conquistarne di nuovi». Può descrivere il vostro target di riferimento? «Definire la clientela di Revigraf è difficile vista l’eterogeneità del mercato a cui ci rivolgiamo. Molti lavorano per la grande distribuzione. Altre sono aziende che realizzano cataloghi per brand di alta gamma e per prodotti di prestigio. Infine, ci sono i piccoli clienti che lavorano per grandi gruppi e aziende che si occupano di lavorazioni particolari nel campo della piegatura, quali cartine geografiche, mappe, foglietti illustrativi dei medicinali». Quali sono le soluzioni che il settore sta cercando di adottare?


Claudio Anzani

«La tendenza è di integrare le diverse fasi di lavorazione: i pochi operatori necessari al funzionamento delle macchine devono essere molto preparati perché i dispositivi sono sempre più complessi. Innovazione e formazione sono dunque due leve fondamentali nelle quali le imprese, soprattutto mediopiccole, dovranno investire per aumentare le possibilità di restare sul mercato». E come state affrontando questo cambiamento? «L’intento è proporre nuove soluzioni tecniche che evitino di affidare a terzi parte della produzione, risparmiando sulle lavorazioni esterne e aumentando il valore aggiunto dell’azienda. Per questo da anni Revigraf è agente esclusivo per l’Italia dei sistemi di cordonatura e microperforazione Tech-ni-fold, utilizzabili su un’ampia gamma di macchinari da legatoria». C’è aria di novità anche nell’atteggiamento dei clienti. «In effetti ci sono segnali incoraggianti nelle politiche aziendali dei clienti che fanno ben sperare in un nuovo anno all’insegna dell’innovazione. Ecco perché la nostra azienda ha deciso di ampliare la mission con l’offerta di sistemi innovativi in grado di fornire la flessibilità e l’efficienza necessari per fare la dif-

Innovazione e formazione sono le due leve fondamentali nelle quali le imprese, soprattutto medio-piccole, dovranno investire per aumentare le possibilità di restare sul mercato

ferenza sul mercato». Può chiarire questo concetto con un esempio concreto? «La parola chiave è ‘automazione’: automatizzare il processo produttivo significa ridurre i costi, ottimizzando tempi e risultati. Ecco perché Revigraf ha concluso una partnership strategica con l’azienda tedesca palamides diventandone agente esclusivo per l’Italia. Questo ci ha permesso di entrare da protagonisti in un mercato più ampio con prodotti adeguati alle richieste dei clienti più esigenti». Dove condurrà, a suo parere, l’innovazione tecnologica? «Difficile dirlo, l’importante è saper guardare al futuro con uno spirito di rinnovato ottimismo tenendo ben presente i propri obiettivi».

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Creatività under trenta Intraprendente, evoluta e giovane. È questa la fotografia dell’Eidp Group, incalzante realtà imprenditoriale che rivisita l’universo degli accessori moda: dai bottoni ai bijoux l’inventiva va sotto il segno della sperimentazione

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no sguardo sui laboratori creativi dell’Eidp Group per prendere una boccata d’ossigeno. In effetti sembrerebbe proprio che almeno qui, alle porte di Bergamo, il vecchio cliché dell’Italia giovane e senza speranze faccia fatica a passare. A sbarrargli il passo, il triplice slancio di tre “teste”: Roberto Pedroni, Silvia Pedroni e Lorenzo GhiPaola Maruzzi rardini. «Siamo una squadra. Oltre alla passione per il mondo della moda, ci accomuna la stessa flessibilità mentale. Questo mix di esperienze, idee ed entusiasmo ci ha premiati. Ora, a distanza di qualche anno della nascita dell’azienda, iniziamo a fare un bilancio dei risultati». E, se si passano in rassegna le committenze griffate, non c’è dubbio che Eidp stia correndo a ritmi incalzanti. A colloquio con Roberto Pedroni. Non è un caso che Eidp nasca nelle vicinanze di Milano, la capitale italiana della moda e del design.

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Roberto Pedroni

In apertura, da sinistra, i titolari dell’Eidp Group, Roberto Pedroni, Lorenzo Ghirardini e Silvia Pedroni; in basso, prodotto della collezione B True www.eidptechnologies.it

«La nostra è una zona tradizionalmente legata all'industria della moda, anche se bisogna riconoscere che sono sempre meno le realtà che scommettono sulla precisione artigiana e sulla sperimentazione, ingredienti indispensabili per tenere in vita la vena creativa della filiera. In controtendenza rispetto al pensiero comune, ci siamo imbarcati in un’impresa che oltre a investire nella tecnologia, sta diventando un bacino di giovani “leve” creative». Quindi in cosa si distingue l’offerta di Eidp? «Nel mettere in moto la ricerca, sotto vari aspetti: nei processi produttivi, nella tecnologia utilizzata e nell'approccio verso i materiali. Questa peculiarità è dovuta anche al fatto che lavoriamo con i grandi maestri della moda, quindi siamo abituati a non dare mai nulla per scontato e proporre sempre nuove soluzioni. Per esempio abbiamo all’attivo un processo produttivo che riutilizza i materiali di recupero: abbiamo così un’inedita collezione di accessori fatti esclusivamente con

materiali di scarto, come il truciolato del legno. La rivisitazione dei capisaldi della moda è trasversale. In sintesi possiamo dire che riscopriamo il vecchio per riattualizzarlo. Le grandi case di moda riservano molta attenzione verso l’universo degli accessori. E noi contribuiamo rendendo pratica questa esigenza». Cosa comporta lavorare con gli uffici stile delle grandi case di moda italiane? «Occorre elasticità. A volte ci capita di dover riprendere un progetto più volte, perché le idee stilistiche cambiano anche in base alla forma che assumono. In linea di massima dai centri stile mandano la proposta teorica e noi la sviluppiamo. Insomma, la rendiamo fattibile. O, per dirla con altre parole, industrializziamo l’input creativo. Non sempre, infatti, chi disegna su carta ha idee precise di cosa voglia dire trasferire l’accessorio sul piano operativo. Ecco perché, oltre alla realizzazione, forniamo anche un punto di vista, magari più tecnico, sul prodotto finale». Avete committenze straniere? Trova delle differenze con quelle italiane? «Certo. Mentre l’universo italiano e francese poggiano su un terreno solido e sono quindi in grado di dare delle direttive più chiare, i committenti sudafricani, tanto per fare un esempio, sono più “malleabili”, nel senso che lasciano un margine di libertà e di interpretazione. In questi casi c’è un reciproco scambio di vedute». Nel mondo degli accessori qual è il materiale più innovativo? «Senz’altro le resine plastiche. Anche le principali case di moda rimaste per lungo tempo fedeli all’ottone, ora si sono convertite alla resine plastiche. Quest’ultimo, contrariamente a quanto si pensa, non è un materiale povero, anzi consente soluzioni innovative». Da dove deriva l’esperienza Eidp e per il futuro a cosa puntate? «Veniamo dal bottone stampato. Ora facciamo tutto ciò che è accessorio. Da poco abbiamo lanciato il nostro marchio B True, una linea di gioielli interamente ideata e prodotta da Eidp. Diciamo che rappresenta lo sfogo della creatività del gruppo». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 123


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Bottoni in tutte le salse Non un semplice accessorio, ma un complemento d’abbigliamento dal passato autorevole e sempre al passo con le mode del momento. Sono poche le aziende italiane produttrici di bottoni di alta qualità. Stefano Scaburri racconta il Gruppo Uniesse

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iccoli, spesso tondi, quasi sempre trascurati nonostante siano oggetti d'uso quotidiano: i bottoni svolgono un ruolo importante nel nostro abbigliamento, ma raramente si dedica loro attenzione e ci si sofferma sulla storia che nascondono dietro quell’aspetto semplice. Eppure è proprio per merito di questi accessori se, a partire dal XIII secolo, è stato possibile disegnare gli abiti in fogge fantasiose, modellandoli sul corpo in quei modi arditi che le spille e le fibbie non Luciana Fante consentivano. Sono nati con uno scopo pratico, ma in più di un’occasione hanno stabilito i dettami della moda. Non è un caso che negli anni Venti Coco Chanel abbia fatto del bottone-gioiello un’icona del suo stile. Le poche aziende italiane specializzate nella produzione di questo accessorio svolgono quindi un lavoro prezioso che deve seguire con attenzione l’evoluzione delle mode e le esigenze del mercato. È il caso del Gruppo Uniesse,

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Stefano Scaburri

Anteprima assoluta con Naturae by, la prima linea di bottoni ecologici, naturali e biodegradabili

azienda bergamasca leader nella produzione di bottoni, spalline e accessori moda, presente sul mercato dagli anni Cinquanta. Una realtà che ha fatto della poliedricità e della flessibilità i suoi principali punti di forza. «Da anni realizziamo bottoni utilizzando vari materiali; da quelli naturali al poliestere, fino alla resina urea – afferma Stefano Scaburri del Gruppo Uniesse – materiale che solo poche aziende al mondo sono in grado di lavorare». Una realtà produttiva complessa, dunque, che deve intercettare le tendenze della moda e porsi obiettivi di sviluppo crescenti. «Lavoriamo con griffe importanti, sia italiane che straniere, e dobbiamo essere in grado di proporre campionari sempre aggiornati. Ecco perché siamo partner più che semplici fornitori». In tema di innovazione e aggiornamento continuo è evidente la complessità che si cela dietro all’apparente ovvietà dei bottoni. «Si tratta di un processo produttivo molto complicato con un grandissimo utilizzo di manodopera e di esperienza. Studio, stile, fantasia e tecnicità sono le caratteristiche principali». Una delle difficoltà principali per le aziende di livello che operano in questa nicchia del mercato è il reperimento delle materie prime. A parte le resine e i materiali sintetici facilmente lavorabili, alcuni dei bottoni più pregiati sono realizzati in madreperla e corno, acquistabili solo in determinati territori del mondo dove si svolge anche una prima fase di

lavorazione. «Prendiamo la madreperla – continua Stefano – La preparazione del semilavorato si fa all’estero, nel nostro caso in Madagascar, mentre la tornitura e la lavorazione finale avvengono in Italia». Dato che il bottone si configura come un accessorio fondamentale per le case di moda, diventa un fattore fondamentale la capacità delle aziende produttrici di soddisfare il committente anche dall’altra parte del globo. «In questi anni abbiamo strutturato un efficiente sistema di spedizioni internazionale per raggiungere il cliente ovunque si trovi e da tempo abbiamo istituito un ufficio a Hong Kong per ottimizzare il servizio nell’area asiatica». Inoltre il Gruppo Uniesse presta una grande attenzione all’ambiente e alle risorse rinnovabili, ottenendo certificazioni che aumentano l’appeal dei prodotti». L’azienda ha conseguito la certificazione Ecotex Standard 100: il marchio di qualità riconosciuto per i prodotti (soprattutto dell’industria tessile) realizzati senza l’utilizzo di sostanze nocive. A tal proposito Pietro Zanchi, uno degli amministratori, spiega che «l’azienda ha investito molto e ha conquistato la classe più restrittiva di questa certificazione. Abbiamo cambiato i processi produttivi, le materie prime, dato impulso alla ricerca e a breve presenteremo una linea di bottoni e accessori totalmente biodegradabile, realizzata con materiali naturali». Nel suo piccolo, è senza dubbio una grande rivoluzione.

La sede del Gruppo Uniesse si trova Chiuduno, in provincia di Bergamo www.gruppouniesse.it

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ATTRATTIVITÀ

Investitori esteri, un aiuto dal federalismo Francesco Magnano, sottosegretario regionale all’Attrattività e promozione del territorio, spiega: «nel nostro Paese, e in Lombardia in particolare, ci sono condizioni sociali, economiche, infrastrutturali e culturali uniche al mondo per gli imprenditori» Riccardo Casini

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hiamata in causa anche ai recenti stati generali di Confindustria, la politica è pronta a fare la sua parte affinché il territorio lombardo possa ancora apparire un’oasi felice agli occhi degli imprenditori esteri pronti a investire sull’internazionalizzazione. Francesco Magnano, sottosegretario regionale all’Attrattività e promozione del territorio, dice di battersi proprio per questo, sempre in un’ottica di «condivisione e partecipazione» con tutti gli attori in campo. E quando il presidente di Confindustria Lombardia, Alberto Barcella, ha proposto un «contratto per gli investimenti dall’estero» che coinvolga anche la Regione, si è detto immediatamente d’accordo. «Qualunque iniziativa – spiega – che nasca per migliorare le opportunità di sviluppo e lavoro nella regione, ci trova per principio sempre favorevoli e disponibili. Nel caso specifico proposto dal presidente Barcella noi raccogliamo la proposta, anzi vogliamo rilanciarla a tutti gli attori dello sviluppo poiché in questa vicenda è necessario ritrovare una coesione e un interesse forte per il bene comune che deve vedere la partecipazione delle istituzioni (inclusi Comuni e Province), delle organizzazioni dei lavoratori e delle imprese, anche quelle più piccole, del mondo del credito e della finanza, della formazione professionale e degli organismi di partenariato in Europa e nel resto del mondo. Bisogna in132 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

somma ritrovare uno spirito unitario nel quale gli interessi legittimi di ciascuno siano in armonia con quello principale: l’interesse comune e il bisogno di più lavoro e più opportunità di sviluppo». Ma quali sono al momento gli ostacoli principali che frenano gli investitori esteri? «I meccanismi con cui gli investitori, in ogni parte del mondo, si muovono per individuare


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Francesco Magnano

gravate. Però vorrei anche aggiungere che l’Irlanda, che ha fatto della leva fiscale e della liberalizzazione estrema del lavoro il proprio fattore di attrazione d’investimento, oggi si trova nelle condizioni di cui tutti sappiamo. Mi sento di dire che nei nostri obiettivi non ci sono approcci di questo tipo». Quali sono allora le vostre linee guida? «Noi vogliamo approfondire quali sono i “veri” ostacoli che impediscono gli investimenti: attenzione, parlo di tutti gli investimenti, non soltanto di quelli stranieri in Italia ma anche di imprese italiane che delocalizzano, spostando altrove i propri siti produttivi. Credo che nel nostro Paese, e in Lombardia in particolare, ci siano condizioni sociali, economiche, infrastrutturali e culturali che sono uniche al mondo per La Regione punta a costruire un modello chi vuole intraprendere, conpartecipativo di eccellenza in cui tutti tando su un mix ideale dove il rigli attori dello sviluppo debbano fare torno dell’investimento non è la propria parte, nessuno escluso soltanto quello economico e industriale, ma ha anche un valore sociale, umano e imprenditoriale più ricco. Come Regione siamo pronti a confrontarci con tutti per individuare le modalità migliori per rendere noti questi aspetti all’esterno». Cosa si sta facendo concretamente in questa direzione? «Come dicevo, la Regione punta a costruire un modello partecipativo di eccellenza in cui tutti gli attori dello sviluppo debbano fare la propria parte, nessuno escluso. Se posso permettermi un paragone, mi piacerebbe molto Nella pagina a fianco, siti di intervento o aree si trovano, ormai da un che alcune politiche di sviluppo locale e inFrancesco Magnano, decennio, all’interno delle cosiddette dinami- dustriale, come quelle attuate in Germania e sottosegretario che della globalizzazione. Se si tratta di settori in Francia, potessero essere replicate e aderegionale all’Attrattività e promozione del manifatturieri, a basso valore aggiunto e ad alti guate alle nostre specificità. In questo credo territorio quantitativi, la Cina e gli altri paesi del- che il nuovo modello federalista ci potrà esl’Estremo Oriente sono diventati la vera e pro- sere di grande aiuto». pria “fabbrica del mondo”. Quindi i parameEsistono politiche di marketing territoriale tri economici, come costo del lavoro, ampi che possono essere messe in campo? Quali spazi, buone infrastrutture e fiscalità agevolate, progetti futuri ha la Regione in proposito? sono sicuramente elementi di attrazione. Nel «Vorrei dire innanzitutto che il marketing nostro Paese questi elementi scontano diffi- territoriale, come tutte le pratiche di gestione, coltà storiche che negli anni si sono anche ag- non può essere l’equivalente delle bacchette

LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 133


ATTRATTIVITÀ

magiche per la soluzione dei pro-

blemi. Un’istituzione come la ReIl marketing territoriale, come tutte gione ha il dovere di elaborare proposte di politica di sviluppo le pratiche di gestione, non può nelle quali le metodologie di essere una bacchetta magica marketing applicato al territorio possono catalizzare e favorire alcuni processi. Ma, a rischio di ripetermi, ribadisco che noi abbiamo necessità di un nuovo patto fra tutti i chiave di attrazione. Allo stesso tempo sarà improtagonisti del mondo del lavoro, le istitu- portante poter decidere politiche più vicine ai zioni locali e tutti gli operatori economici. I bisogni locali per quanto riguarda la formanostri progetti sono tutti in questa direzione: zione professionale, l’avviamento al lavoro, le condivisione, partecipazione e facilitazione politiche attive del lavoro e la gestione delle di procedure». crisi industriali o la creazione di nuovi distretti In che modo la riforma federalista può aiu- o metadistretti con al centro i saperi, la conotare a rendere più efficiente, e quindi più scenza, il valore aggiunto e la creatività, le reti competitivo, il sistema regionale? infrastrutturali e non soltanto “la filiera di pro«La riforma federalista ci sarà di grande aiuto. dotto fine a se stesso”. Si tratta di un insieme di Anche soltanto la possibilità di poter decidere fattori che ci permetteranno di accrescere la localmente i meccanismi d’incentivazione fi- nostra competitività sia nei confronti degli altri scale per chi intraprende non è poca cosa seb- paesi europei e nel mondo, sia – credo – anche bene, come dicevo prima a proposito dell’Ir- per trattenere i nostri imprenditori che non landa, non credo che questa possa essere la sola avranno più motivi per delocalizzare».

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Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Ambrogio Taborelli

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i recenti stati generali di Confindustria Lombardia, svoltisi a Cernobbio lo scorso 22 novembre, la parola d’ordine è stata «attrattività». Il deficit di competitività accusato nei confronti delle regioni più dinamiche d’Europa ha originato un confronto dal quale è emersa la necessità di incentivare gli investimenti esteri: va proprio in questo senso la proposta del presidente di Confindustria Lombardia, Alberto Barcella, che ha lanciato l’idea di un contratto, sottoscritto da Regione, imprese, sindacati e banche, con l’obiettivo di rendere più semplici e meno gravosi gli oneri burocratici. Sono questi infatti a costituire uno dei principali freni alle mire espansionistiche provenienti da Oltralpe, come conferma Ambrogio Taborelli, presidente di Confindustria Como. «Gli stati generali – spiega – hanno rappresentato un’occasione per effettuare una disamina della situazione, che in Lombardia non vede solo ombre: la nostra è, infatti, una regione ben governata, al di là di qualsiasi sentimento politico, e che vanta uno dei migliori sistemi sanitari al mondo, dove si è riusciti a operare anche in favore di un effettivo controllo dei costi. Certo, è ovvio puntare a migliorarsi, non tanto in tema di infrastrutture, quanto a livello di normative e di tempistiche nel rilascio di permessi e notifiche. È un passo indispensabile per attrarre capitali esteri». Anche la Lombardia soffre insomma di uno dei mali storici del Paese, l’eccesso di burocrazia?

All’estero chiedono la certezza del diritto Costi e tempi poco chiari costituiscono, secondo Ambrogio Taborelli, presidente degli industriali comaschi, il principale freno all’insediamento di imprenditori sul territorio. «La Lombardia è uno straordinario centro di competenze e conoscenze, per questo va pensata come una provincia d’Europa» Riccardo Casini

Sopra, Ambrogio Taborelli, presidente di Confindustria Como

«Il nostro è un territorio che si qualifica come straordinario centro di competenze e conoscenze: non a caso diverse aziende cinesi si sono insediate qui con centri ricerca per la facilità di ottenere servizi. Ma la nostra, nonostante contribuisca in gran parte alla formazione del Pil nazionale (circa il 24% a fronte del 16% della popolazione), è anche una regione che sta soffrendo la crisi in modo particolare: non c’è da stupirsi, data la sua vocazione nel settore che più ne ha risentito, ovvero il manifatturiero. A dispetto di questo, però, non ha certamente sofferto come il resto dell’Italia e dell’Europa; anzi la ripresa, anche se lenta, qui è già partita». Torniamo agli investimenti esteri. Qual è la situazione attuale nel comasco? «Abbiamo creato un polo scientifico-tecnologico che dovrebbe costituire uno stimolo in questo senso. La zona di Como è legata storicamente al settore tessile, ma anche a quello del legno, al metalmeccanico e al cartogra- LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 135


ATTRATTIVITÀ

fico: l’offerta è variegata, insomma, ma non

vogliamo nascondere una situazione attuale piuttosto “pesante”. L’importante è cercare di vedere i risvolti positivi nell’andamento dell’economia mondiale e operare in favore di una maggiore certezza del diritto: il senatore Pietro Ichino dice che chi vuole investire in Italia chiede di conoscere i costi di dismissione, altrimenti non si avventura. È vero, gli esiti di una chiusura nel nostro Paese in effetti non sono chiari: un giudice può anche condannare l’imprenditore a pagare anni di stipendi arretrati». Come valuta allora la proposta del presidente Barcella di un contratto di insediamento per gli investitori esteri? «In modo assolutamente positivo. E anche il presidente Formigoni sembra d’accordo: è giusto, la politica deve fare la sua parte». Ma come è possibile incrementare l’attrattività del territorio? «Solamente rendendo certi i costi e i tempi di ottenimento di permessi e licenze. Abbiamo grandi competenze che vanno sfruttate, come il Politecnico, uno dei migliori, e università di livello assoluto. Anche per questo la Lombardia va pensata come una provincia d’Europa, andando oltre la realtà italiana: è inutile ragionare in termini nazionali, non possiamo aspettare che regioni come la Calabria arrivino al nostro livello. È necessario partire, poi aiuteremo chi è rimasto indietro: certi treni non passano due volte». Quale deve essere in questo processo il ruolo di Confindustria? «Confindustria deve assolutamente essere aperta a qualsiasi trapianto dall’estero: l’imprenditore, per sua natura, è sempre disponibile a valutare rischi e ad aprirsi verso tutti. Nessuno chiede chiusure, anzi siamo contrari a politiche di dazi: non vogliamo imporli e non vogliamo che altri li impongano a noi. Crediamo ci sia sempre da imparare nel confronto con altre realtà».

136 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

2.547 IMPRESE Il numero delle multinazionali estere attive tramite almeno una partecipata con sede principale in Lombardia

3.868

PARTECIPAZIONI Il numero di imprese a partecipazione estera con sede in Lombardia, pari a oltre la metà del totale nazionale (51,9%)

1.009 MANIFATTURA Le imprese manifatturiere a partecipazione estera con sede in Lombardia: contano oltre 203mila dipendenti e un fatturato di 84 miliardi di euro

Tra le imprese a partecipazione estera con sede in Lombardia spicca il settore manifatturiero. Come spiega questo dato? «Non è un caso, evidentemente qui trovano condizioni migliori per potersi insediare. L’industria, in Italia e in Lombardia in primis, è legata a questo settore, e nella nostra regione vi sono maggiori capacità tecniche in questo senso». Come è possibile evitare invece che siano gli industriali lombardi a spostarsi al di là del confine? «Bisogna distinguere tra internazionalizzazione e delocalizzazione, che sono due concetti ben diversi: esportare tecnologie, knowhow e prodotti non è un dato negativo. A volte poi la scelta di andare all’estero è obbligata, e dettata da elementi come il costo della manodopera più basso. Non ci trovo nulla di male, parlo anche per esperienza personale: ho aperto uno stabilimento in Romania e credo sia necessario per non perdere quote di mercato, sempre ovviamente se non si sottrae lavoro in Italia. Faccio un esempio: se non apri un impianto produttivo in Cina, puoi scordarti di esportare là. Anche in questo caso, purtroppo, assistiamo a un paradosso: prima i cinesi hanno invaso i nostri mercati con prodotti di qualità scadente e ora che il mercato si apre, si mostrano più protezionisti di chiunque altro».


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Gianluigi Petteni

Impresa e lavoro, fronte comune per un territorio più appetibile Gianluigi Petteni, segretario generale di Cisl Lombardia, accoglie l’apertura di Confindustria: «Una forza allargata può portare certi temi nell’agenda della politica. Come sindacato siamo disponibili ad affrontare la questione contrattuale senza pregiudizi» Riccardo Casini

U

n asse che dal mondo industriale giunga fino ai sindacati, in nome di un territorio più attrattivo nei confronti degli investitori esteri: la proposta di Alberto Barcella, presidente di Confindustria Lombardia, relativa a un «contratto di insediamento» arriva anche sul tavolo della Cisl regionale che, per bocca del suo segretario generale Gianluigi Petteni, si dimostra «disponibile a fare la propria parte». «Quello dell’attrattività – spiega – è un tema che mi sta molto a cuore, e che la Cisl promuove da tempo. Sin dall’inizio della crisi abbiamo sostenuto il ruolo degli ammortizzatori sociali, ma oggi va detto che non è possibile vivere esclusivamente di questi: è ne-

cessario ricreare occupazione, in modo poi da attrarre investimenti esteri. Ma nonostante si tratti di un argomento “caldo” in questo momento, non bisogna dimenticare il sostegno alle nostre imprese. Stiamo facendo di tutto per poter reggere: è una sfida, e noi siamo pronti a fare la nostra parte. Anzi, credo che quotidianamente stiamo già mostrando la nostra disponibilità, incarnando un modo di fare sindacato responsabile, non antagonista, e mettendo in campo le nostre proposte». Quale deve essere allora il ruolo delle associazioni sindacali per incrementare l’attrattività del territorio? «In questa fase serve una forte sinergia tra il mondo economico e quello sindacale: per questo siamo sostenitori di un patto tra produttori. È necessario garantire un certo livello di crescita, e se apriamo un confronto, ampliato al sistema bancario, su temi come accompagnamento degli investimenti, infra-

Stiamo già mostrando la nostra disponibilità quotidianamente, incarnando un modo di fare sindacato responsabile, non antagonista, mettendo in campo le nostre proposte

LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 137


ATTRATTIVITÀ

Occorre velocizzare le scelte senza aver paura che snellire la burocrazia significhi ledere qualche interesse

strutture ed energia, serve un sindacato che

faccia la sua parte anche sul versante contrattuale. Spero vi siano molti imprenditori disposti a fare investimenti che creino occupazione sul territorio; da parte nostra, come sindacato, siamo disponibili ad affrontare la questione contrattuale senza pregiudizi». Secondo il senatore Pietro Ichino, però, una delle cause della scarsa attrattività dell’Italia per le imprese multinazionali è proprio il nostro sistema delle relazioni industriali. Le divisioni tra sigle sindacali possono veramente “spaventare” gli investitori esteri? «Credo che mentre i professori studiano, noi operiamo a contatto con la realtà. Posso dimostrare che in Lombardia, quando si sono trovati di fronte a imprese che volevano investire, i sindacati sono apparsi disponibili ad affrontare deroghe nella contrattualistica. Ovvio, c’è sempre bisogno di migliorare e noi lo stiamo mettendo in pratica in varie situazioni: c’è una realtà in forte movimento, ma chi viene in regione e mette in campo un progetto, ha sempre trovato un sindacato pronto ad accoglierlo e a

138 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

mettersi in discussione». Quali sono allora oggi i principali problemi che fungono da deterrente per gli attori potenzialmente interessati a investire sul territorio? «Prima di tutto, una burocrazia che disincentiva fortemente. Poi, un sistema economico che premia maggiormente la rendita rispetto al rischio. Oggi, in una fase di sforzi comuni, sarebbe indispensabile condividere 3-4 aspetti strategici con gli imprenditori, in modo da creare una forza allargata tra impresa e lavoro e preparare le condizioni perché questi temi entrino nell’agenda di tutti, politica in primis. E’ necessario operare in favore di una modifica del sistema attuale, velocizzando le scelte senza aver paura che snellire la burocrazia significhi ledere qualche interesse. Anzi, è questa la soluzione giusta anche per eliminare il malaffare». Crede che il federalismo possa aiutare a sciogliere alcuni di questi nodi, a partire proprio dall’eccessiva burocrazia? «Credo che occorra ravvicinare i livelli della responsabilità: bisogna costruire un sistema di costi standard e non più storici, e un modello di premialità, con riconoscimenti per le istituzioni che vanno nella direzione giusta. Vanno insomma messi in campo dei contesti che diventino virtuosi per tutti, evitando così di affondare nella palude di un sistema burocratico opprimente».





BUROCRAZIA

Strumenti di sviluppo più semplici e veloci La Regione Lombardia ha messo in atto una serie di iniziative concrete a sostegno delle imprese per ridurre iter burocratici e favorire l’erogazione di servizi digitali. L’ assessore regionale alla Semplificazione, Carlo Maccari, ne illustra le linee guida Nicolò Mulas Marcello

F

acilitare la vita alle imprese riducendo tempi e costi nell’erogazione delle autorizzazioni utili alla nascita di attività produttive. È l’impegno principale dell’assessorato alla Semplificazione e alla digitalizzazione della Regione. Molte sono le iniziative che puntano a incentivare lo sviluppo delle aziende sul territorio, sfruttando l’innovazione, la tecnologia e le esperienze che già hanno dato buoni risultati negli altri Paesi europei. Grazie all’istituzione degli sportelli unici per le attività produttive, all’estensione della banda larga su tutto il territorio e alla semplificazione dei bandi per le imprese, la Lombardia si sta quindi muovendo concretamente per risolvere i problemi più importanti che possono ostacolare la crescita economica del territorio. «Il meccanismo per ridurre la burocrazia c’è – sottolinea l’assessore Carlo Maccari – e abbiamo intenzione di metterlo in campo il prima possibile». Innovazione e semplificazione sono le due armi che la Regione Lombardia sta usando per ridurre la lentezza burocratica. Quali sono le linee guida di questa politica? «Innanzitutto il coinvolgimento diretto sulla base delle migliori esperienze che provengono dagli altri paesi in Europa. In Francia, Inghilterra, Paesi Bassi e Scandinavia ab-

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biamo visto il coinvolgimento diretto dei cittadini e delle associazioni di categoria nelle segnalazioni di ciò che non funziona. Abbiamo avviato l’iniziativa “Semplifica con noi” dal sito della Regione Lombardia e da tutti i siti delle direzioni generali lombarde da cui è possibile entrare in un format molto semplice dove segnalare le cose che non vanno e proporre soluzioni ad hoc. Abbiamo inteso avviare questo sistema sul modello anglosassone perché non vogliamo riscrivere norme e leggi. La Lombardia è la regione in Europa che ha meno leggi in assoluto, sono solo 60 quelle in vigore. Quindi la nostra intenzione è quella di affrontare i problemi rendendo pubbliche le nostre risposte sia in termini di migliori pratiche che in termini di risoluzione. Da 10 anni in Europa è stato adottato questo sistema di ascolto e da quando è partito anche in Lombardia la nostra casella di posta elettronica è stata inondata di e-mail». Grazie alla tecnologia si semplifica l’iter delle autorizzazioni per le imprese. Quando partirà questo progetto?

Carlo Maccari, assessore alla Semplificazione e alla digitalizzazione della Regione Lombardia


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Carlo Maccari

La Lombardia è la regione in Europa che ha meno leggi in assoluto, ci reggiamo infatti su 60 leggi vere

«Siamo già pronti per partire, lo snodo principale deriva anche da un obbligo di legge che è lo sportello unico per le attività produttive. Abbiamo già le basi grazie ai sistemi della Regione e grazie alla sperimentazione di questi anni. Il ministro Brunetta la scorsa settimana in occasione della firma dell’accordo per la pubblica amministrazione digitale con il presidente Formigoni, ha detto che stava parlando con i primi della classe riconoscendo che siamo già in grado di anticipare le evoluzioni del governo da tempo. La tecnologia e l’innovazione sono strumenti indispensabili. Qualche giorno fa al Suap di Varese si è dimostrato come in sole due ore sia possibile inviare e ricevere le autorizzazioni necessarie per l’avvio di una attività produt-

40 mln EURO I fondi messi a disposizione dalla Regione per lo sviluppo delle infrastrutture per la banda larga

2

ORE

Il tempo necessario previsto per ricevere per via telematica le autorizzazioni necessarie alle imprese

tiva dai Comuni, dall’Arpa, dall’Asl, dalla Camera di Commercio e da tutti gli altri enti preposti. Con questo sistema si inviano contestualmente tutte le domande in modo che in tutti gli enti utilizzatori il timbro di partenza sia lo stesso e le risposte arrivino contemporaneamente. Abbiamo così avuto la prova che il meccanismo per ridurre la burocrazia c’è e abbiamo intenzione di metterlo in campo il prima possibile. A giorni chiuderemo il giro delle nostre Province, delle Camere di Commercio e dei capoluoghi spiegando agli amministratori che c’è assoluta necessità di salire su questo treno il prima possibile». Il progetto di digitalizzazione prevede lo sviluppo e la diffusione servizi in banda larga e ultra larga. A che punto è la copertura di tutto il territorio? «Sulla banda larga la copertura oggi è diffusa, ma ci sono ancora 600 Comuni che non possono ancora usufruire di questo servizio, ovvero quello dell’Adsl a 7mega che ne garantisce 2. La Regione Lombardia chiuderà in queste settimane un bando per poter estendere la banda larga al 99,8% di tutta la popolazione. Metteremo in campo 40 milioni di euro per poter permettere alle grandi società che realizzano queste infrastrutture di abbattere la differenza di costo che loro avrebbero nel portare l’Adsl anche nei territori montani o nelle pianure sparse poco abitate. Portare infrastrutture in Comuni di 300 o 1.000 abitanti non sempre risulta essere vantaggioso per queste società e la Regione mette a disposizione questa cifra proprio per ridurre il gap che queste aziende avrebbero LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 143


BUROCRAZIA

Occorrerà utilizzare le risorse nel migliore dei modi garantendo velocità di erogazione ed efficienza dei bandi

nel realizzare le strutture. Entro la fine dell’anno prossimo e gli inizi del 2012, come ha detto Formigoni a Brunetta qualche giorno fa, noi dovremmo aver coperto il 100% del nostro territorio. La Giunta ha approvato nella penultima seduta, le sperimentazioni sulla banda ultra larga a Monza e a Varese, dove la Regione cercherà di stimolare i gestori privati a elargire servizi sperimentali sulla banda ultra larga in modo che nel giro di 18 mesi si possa ricavare un modello valido. Queste infrastrutture funzionano non solo per trasformare e inviare dati, ma anche per utilizzare i servizi offerti dalle aziende come quelli sanitari, le farmacie, le case del paziente. Per questo stimoleremo una serie di sperimentazioni a riguardo». Parliamo di investimenti e incentivi alle imprese. Come si sta muovendo la Regione su questo fronte? «La Regione si sta muovendo su tre fronti. In primo luogo, vogliamo garantire il credito ai

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confidi, che in questi anni ha rappresentato un fattore determinante per permettere alle nostre aziende di avere liquidità nel rispetto delle regole di Basilea a tassi di interesse notevolmente ridotti. In secondo luogo, la Regione interviene sul tema della cassa integrazione in deroga garantendo fino a marzo 2011 gli stessi strumenti che quest’anno hanno permesso alle aziende di essere tutelate e ai lavoratori di non finire in strada. Infine, stiamo realizzando un sistema di bandi che ha al centro l’efficacia e la semplicità di partecipazione perché ci siamo accorti su segnalazione del mondo delle imprese che talvolta bandi velleitari facevano fatica a essere fruiti dalle imprese perché erano troppo complessi e lunghi nell’erogazione a fronte di uno scenario dinamico. L’anno prossimo nel nostro bilancio mancherà 1 miliardo e 200 milioni, questo vuol dire che occorrerà utilizzare le risorse nel migliore dei modi garantendo velocità di erogazione ed efficienza dei bandi».



BUROCRAZIA

Migliori pratiche di gestione territoriale Per Attilio Fontana, presidente di Anci Lombardia, occorre un cambio culturale per dare impulso alla semplificazione amministrativa. Un percorso che da tempo l’associazione dei Comuni sta portando avanti assieme alla Regione Nicolò Mulas Marcello

P Attilio Fontana, presidente Anci Lombardia e sindaco di Varese

er dare risposte concrete ai cittadini e alle imprese, la Regione e Anci Lombardia stanno lavorando in sinergia per offrire anche ai piccoli Comuni gli strumenti necessari per uno sviluppo tangibile e una semplificazione burocratica sostanziale. «La semplificazione – sostiene Attilio Fontana, presidente di Anci Lombardia – deve fondarsi su una dorsale telematica, su una formazione del personale e soprattutto sull’armonizzazione dei servizi e delle competenze dei vari livelli amministrativi» La Regione Lombardia mette a disposizione degli enti territoriali “Semplific@ con noi”, uno strumento per la semplificazione aperto ai suggerimenti e consigli provenienti dal territorio. Come ha accolto Anci Lombardia questo progetto e quali sono le prospettive?

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«Lo accogliamo sicuramente con grande favore perché anche l’Anci Lombardia sta cercando di favorire il miglioramento della circolazione delle buone pratiche amministrative. Abbiamo anche una rivista che si chiama “Strategie amministrative” e proprio tramite questo strumento stiamo cercando di comunicare ai nostri iscritti, sistemi e pratiche che possano agevolare e migliorare le risposte amministrative. Credo quindi che questa iniziativa della Regione sia da considerare con grande attenzione e grande interesse per poter utilizzare al meglio le proposte che vengono avanzate». Sul fronte della semplificazione come si sta muovendo Anci in sinergia con la Regione? «Siamo da tempo in contatto con la Regione per il progetto di sviluppo della banda larga. Crediamo sia un importantissimo sistema attraverso il quale non soltanto si può arrivare alla semplificazione, ma anche un metodo per dare una risposta importante ai nostri cittadini. Stiamo cercando di garantire questo tipo di servizi ai cittadini ma evidentemente non può avvenire a costo zero. La semplificazione deve fondarsi su una dorsale telematica, su una formazione del personale e soprattutto sull’armonizzazione dei servizi e delle competenze dei vari livelli amministrativi per evitare che ci siano duplica-


Attilio Fontana

Bisogna creare per i piccoli centri procedure che siano a loro specificatamente destinate e che possano metterli nelle condizioni di essere efficienti

zioni dannose. Stiamo mettendo mano a un progetto radicale di revisione dei rapporti tra amministrazioni e cittadini proprio per arrivare alla semplificazione. Deve però intervenire un cambio culturale e credo che con qualche risorsa e con l’impegno di tutti noi si possa arrivare a risultati positivi». Quali sono le priorità per quanto riguarda la semplificazione burocratica? «La sussidiarietà verticale è sicuramente un punto fondamentale per evitare che ci siano sovrapposizioni tra enti. Poi occorre una sta-

bilità normativa per evitare che ci possano essere continui cambiamenti che inducono a rendere complicate o a stravolgere le buone pratiche intraprese. Inoltre, come dicevo prima, sicuramente bisogna sviluppare la banda larga e una differenziazione tra grandi e piccoli Comuni. Pertanto bisogna creare per i piccoli centri procedure che siano a loro specificatamente destinate e che possano metterli nelle condizioni di essere efficienti senza dover ricorrere a troppe sovrastrutture. Infine ritengo che ogni delega che viene trasferita ai Comuni deve avere di converso una destinazione delle risorse a disposizione». Ci sono comuni lombardi che hanno già adottato con successo politiche di semplificazione? «Ci sono sicuramente molti sportelli unici per le attività produttive che stanno funzionando bene e credo che la loro gestione associata possa essere un altro sistema per migliorare molte attività. Il passaggio successivo è quello di mettere le singole amministrazioni nelle condizioni di fare uno screening immediato delle domande che vengono presentate per evitare rinvii di bandi. Uno degli aspetti fondamentali è, infatti, quello di arrivare in breve tempo a dare al cittadino la possibilità di presentare la pratica con tutti i documenti e tutte le richieste necessarie. Il 17 dicembre abbiamo firmato con l’assessore Maccari un protocollo sugli sportelli unici per le attività produttive proprio per cercare di rendere ancor più generalizzata sul territorio questa buona pratica che si sta diffondendo in alcuni Comuni». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 147


COMPETITIVITÀ

Liberiamo le migliori energie imprenditoriali Imprese che devono crescere attraverso le collaborazioni di settore e di territorio, condividendo saperi, sviluppando specializzazioni e snellimento della burocrazia. Queste le basi per una nuova crescita, secondo il presidente di Confindustria Lombardia Alberto Barcella Renata Gualtieri

L’

indice di competitività 2010 pubblicato dall’Unione europea ha rilevato che su 268 regioni europee le quattro grandi regioni del Nord, Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna, insieme a Lazio e Toscana, si collocano nella terza classe di competitività. Non bisogna dimenticare, però, che in questa classifica la Lombardia è un benchmark europeo positivo per quel che riguarda la produttività e gli ammortizzatori per il lavoro. «Da qui possiamo e dobbiamo ripartire – commenta Alberto Barcella, presidente Confindustria Lombardia – con la condivisione di nuove regole contrattuali fondate sull’aumento di produttività come condizione per la crescita anche dei salari. Certo la domanda d’innovazione espressa dai mercati è stata assai ra-

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pida e più incisiva degli strumenti di aiuto alla competitività delle imprese. Alcuni Paesi ne hanno approfittato, altri meno. E l’Italia è tra questi». Servono dunque nuove regole per venire incontro ai bisogni delle imprese e alle necessità imposte dalla competizione globale. Per competere con le economie più giovani e meno regolate la sfida per il futuro «è essere innovativi, più leggeri e rapidi nell’applicazione, capaci di condividere interessi, strutture e servizi tech and brain intensive». “Scateniamo le imprese” questo è oggi lo slogan di Confindustria Lombardia. In che direzione occorre lavorare per creare crescita e sviluppo? «Il titolo che abbiamo dato ai nostri stati generali del 22 novembre scorso interpreta la smania delle imprese lombarde di voler conquistare nuovi mercati. È questo il punto su cui abbiamo chiesto a imprenditori e istituzioni di concentrare l’attenzione e scatenare le migliori energie. Le imprese dal canto loro devono crescere nelle dimensioni attraverso le collaborazioni di settore e di territorio, condividendo saperi, sviluppando specializzazioni. Le istituzioni devono contribuire allo scatenamento delle imprese a partire dallo snellimento della burocrazia e dal sostegno a quelle nuove filiere che più di altre

A sinistra, Alberto Barcella con la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia; nella pagina a fianco, in basso, Barcella durante il suo intervento agli stati generali di Confindustria


Alberto Barcella

sono in grado di trascinare fuori dalla crisi l’intero sistema produttivo. Solo così metteremo le basi per una nuova crescita». Come si può sostenere la predisposizione all’internazionalizzazione? «Dall’inizio della crisi, nel settembre 2008, a ogni rilevazione sull’andamento dell’economia lombarda abbiamo sempre registrato, non senza una certa sorpresa, l’ottimismo degli imprenditori in termini di previsioni su ordini e fatturati. Come spesso si dice, essere ottimisti fa parte del dna di chi fa impresa. La competizione globale in questi anni ha funzionato più o meno come il pallone dei mondiali: più leggera (smaterializzazione e sostenibilità), più piccola (le distanze si sono ulteriormente accorciate), più volatile (difficile prevedere le traiettorie). Questo gli imprenditori lombardi lo hanno chiaro; perciò affrontano il loro campionato del mondo sicuri di un buon piazzamento». L’attrazione degli investimenti dall’estero è un argomento dolente per l’Italia, nord incluso. Come è possibile attrarre risorse da investire in ricerca e innovazione? «Agli stati generali abbiamo proposto alla Regione un contratto di insediamento rivolto a imprese straniere, uno strumento che rassicuri e garantisca, specie sui tempi, l’imprenditore che vuole investire nel nostro Paese. A gennaio partirà un tavolo di lavoro per rendere concreto un contratto Lombardia per gli investimenti dall’estero e facilitare il più possibile quella che chiamiamo l’internazionalizzazione passiva. Se riusciremo a essere davvero attrattivi per gli investimenti diretti esteri potremmo cominciare a recuperare il gap di afflusso degli Ide rispetto agli altri principali Paesi europei». Nel modello di life long learning lom-

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Le imprese fanno rete con università e centri di ricerca con importanti ricadute sulle professionalità del capitale umano delle imprese

d

bardo di cui siete attori protagonisti, come si coniugano sviluppo e valorizzazione delle competenze? «In Europa, specie attraverso i cluster produttivi, le imprese fanno rete con università e centri di ricerca con importanti ricadute sulle professionalità del capitale umano delle imprese. In Lombardia abbiamo un cluster importantissimo che è quello della termoelettromeccanica. Per favorire l’incontro tra l’offerta di conoscenza nel settore dell’energia e le esigenze di sviluppo dell’intero sistema industriale abbiamo recentemente sottoscritto un protocollo di intesa con Energy Cluster e la Fondazione EnergyLab. Il protocollo prevede un più stretto collegamento tra atenei, centri di ricerca e aziende: una condizione essenziale per accrescere la competitività delle imprese nelle diverse filiere energetiche a livello nazionale ed internazionale. Dal protocollo deriveranno interventi di formazione e riqualificazione delle risorse umane su fonti rinnovabili, smart grid ed elettronucleare; un modello che auspichiamo di poter applicare presto anche ad altre filiere produttive».

LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 149


COMPETITIVITÀ

Congiuntura in chiaroscuro, nuove opportunità dall’Expo

«L

a congiuntura attuale? In chiaroscuro». Le parole del presidente Carlo Sangalli riassumono così l’istantanea che emerge dal rapporto trimestrale sull’economia milanese Economi, stilato dalla Camera di Commercio. Un’istantanea che si inserisce in un quadro complessivo altrettanto incerto, caratterizzato tra le altre cose da un rallentamento della crescita del Pil mondiale prevista per il 2011. «A Milano il mercato del lavoro – spiega Sangalli – registra su base annuale un aumento del tasso di disoccupazione dell’1,4%. Inoltre, nel secondo trimestre dell’anno sono diminuiti gli occupati, con 21mila unità in meno, pari all’1,2%. Tutto questo mentre nei primi 9 mesi dell’anno è cresciuta dell’80% la cassa integrazione. Si registrano tuttavia segnali positivi: la variazione dell’occupazione su base trimestrale è stata pari a zero e nel terzo trimestre del 2010 abbiamo assistito a un calo della cassa integrazione del 9,9% su base annua». Qual è la percezione degli addetti ai lavori sul futuro? «Un elemento importante e capace di avere un impatto concreto sull’economia è rappresentato dalle aspettative degli operatori, che sono in miglioramento. Il sistema imprenditoriale è maggiormente orientato all’ottimismo, come mostra

150 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

Carlo Sangalli, presidente della Camera di Commercio di Milano, commenta il rapporto trimestrale e guarda avanti: «le aspettative degli operatori sono ottimistiche, e nonostante le difficoltà, il mondo delle imprese crede ancora nell’evento del 2015» Riccardo Casini il super indice “Fiducia nell’economia” che fa registrare il dato più positivo da giugno 2009 (1,6). Vi sono aspettative positive sia verso la propria attività che verso la situazione economica generale, con una maggiore propensione a investimenti futuri». Quale contributo per le imprese potrà fornire Expo 2015? «C’è un clima di fiducia per gli operatori economici sulla prossima Esposizione del 2015. Il tempo, come sappiamo, è stretto ma il sistema Milano ha tutte le potenzialità per organizzare una manifestazione universale di successo. Nonostante le difficoltà il mondo delle imprese crede ancora nell’Expo. Secondo una ricerca dell’ufficio studi della Camera di commercio di Milano, realizzata nel 2010, circa il 50% delle imprese ritiene che l’evento del 2015 saprà portare grossi vantaggi per Milano e per il 28% avrà comunque un impatto abbastanza positivo». Ma che tipo di opportunità potrà creare? «Si tratta soprattutto di opportunità economiche (24%), nuove infrastrutture (21%) e lavoro (15%). Il mondo imprenditoriale comunque sta già dimostrando concretamente di puntare sull’Expo con la partecipazione ai tavoli tematici realizzati dalla Camera di commercio, attraverso l’azienda speciale Promos con Bruno Ermolli, che stanno raccogliendo diversi progetti che saranno sviluppati anche oltre il 2015».

Carlo Sangalli, presidente della Camera di Commercio di Milano




MICHELE GRAGLIA Presidente di Confindustria Varese ROBERTO CERIOLI Presidente di Confindustria Monza e Brianza


CONFINDUSTRIA

L’economia che fa “moda” «Le reti d’impresa possono essere uno strumento che è in grado di aiutare il sistema manifatturiero italiano a rimanere competitivo». Il punto sull’economia varesina, tra piccole e medie imprese, del presidente degli industriali, Michele Graglia Renata Gualtieri

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a mesi si assiste a livello nazionale a un moderata crescita rispetto ai bassi livelli toccati nei momenti più difficili della crisi. Il problema è che si tratta di una risalita non lineare. È così anche per l’economia varesina. La ripresa, oltre a essere lenta, è frammentata e permangono i timori per una frenata dovuta alle pressioni registrate a livello internazionale. «Per quanto riguarda i singoli settori, nel terzo trimestre, il nostro ufficio studi ha rilevato un recupero dei livelli produttivi nel settore meccanico, il più presente sul nostro territorio. All’insegna della stabilità i settori della chimica-farmaceutica e della gommaplastica, mentre nel tessile-abbigliamento si dividono in parti quasi uguali le imprese che hanno registrato una stabilità e quelle che, invece, hanno segnalato miglioramenti». Michele Graglia, presidente dell’Unione degli industriali di Varese, spiega quale è l’andamento delle imprese del territorio e quali sono i settori che hanno le maggiori prospettive di crescita. Forte l’interesse espresso anche di recente dall’Unione degli industriali per la nuova normativa sulle reti d’impresa varata dal Parlamento. Quali i benefici che possono derivare da nuove forme di aggregazione tra imprese? «Fino a oggi lo sviluppo del capitalismo italiano si è basato perlopiù sulle imprese a conduzione familiare. Un modello che, per affrontare le sfide a cui richiamano le nuove logiche di un’economia globale in espansione, deve necessariamente evolversi, senza per questo tradire le proprie origini. Proprio in quest’ottica le reti d’impresa possono essere uno strumento che più di altri è in grado di aiutare il sistema manifatturiero ita-

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liano a rimanere competitivo, coniugando, da una parte, la necessità di creare aggregazioni e alleanze di scopo tra imprese piccole e medie e, dall’altra, salvaguardando gli assetti proprietari e societari di cui ogni azienda, soprattutto in Italia, è cosi gelosa». Quali vantaggi possono arrivare alle imprese

A fare moda nel Varesotto è stata la capacità di fare impresa. È questa una delle caratteristiche della nostra storia locale. Una capacità che ha permesso alla provincia di creare moda in tutta Italia


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Michele Graglia

varesine dalla “certificazione doganale di operatore economico autorizzato”? «Meno controlli sulle merci alle dogane, accorciamento dei tempi per le consegne internazionali, minori costi nella gestione delle attività di export: questi i principali vantaggi garantiti alle imprese che attraverso questa certificazione si fregerebbero di una sorta di cartellino di garanzia per le autorità che ispezionano i prodotti destinati all’esportazione. Con un risparmio per l’impresa non solo in termini di tempo, ma anche di denaro. I costi che le imprese sostengono per esportare si abbassano per due mo-

Nella pagina a fianco, in basso, il presidente dell’Unione degli industriali della provincia di Varese, Michele Graglia

tivi: da una parte il minor rischio di incappare nelle penali contrattuali strette con i clienti stranieri per il mancato rispetto delle scadenze di consegna, dall’altra la possibilità per le merci di rimanere meno giorni nei depositi delle dogane, con relativo abbassamento delle tariffe dovute dalle imprese per la giacenza. Se si rapportano i singoli i benefici garantiti dalla certificazione Aeo al numero di esportazioni che vengono ef-

fettuate dalle imprese del nostro territorio - che hanno un valore annuo di circa 7,7 miliardi di euro, pari a quasi il 40% del valore aggiunto provinciale - ben si comprende la portata dell’opportunità offerta al sistema produttivo dall’introduzione di questo strumento». Il volume Varese Moda e Mode, presentato recentemente, ripercorre una parte importante della storia dell’industrializzazione del territorio. Cosa ha fatto moda nel corso degli anni in provincia di Varese? «A fare moda nel Varesotto è stata la capacità diffusa sul territorio di fare impresa. È questa una delle caratteristiche che contraddistingue la nostra storia locale. Una capacità che ha permesso alla provincia di creare e fare moda, non solo a livello locale, ma in tutta Italia e in vari mercati del mondo. Ma non solo, il concetto di moda si è legato nel tempo anche alla produzione di vini e liquori, di formaggi, salumi, dolciumi. Per arrivare fino alle testimonianze, di cui il nostro territorio è ricco, in ambito edilizio con importanti espressioni di architettura liberty e romanica. È questo ciò che racconta Pietro Macchione in questo libro». L’autore sostiene nel volume che lo straordinario sviluppo del manifatturiero varesino sia da mettere in relazione con la presenza, in antichità, di importanti mercati. Dalle piazze, alle commesse nei Paesi di tutto il mondo, come sono cambiati i mercati per il sistema produttivo locale? «Sono cambiati come per tutto il sistema industriale globale. Agli albori dell’industrializzazione il mercato era un luogo fisico a pochi chilometri dall’azienda. Con il tempo i riflettori si sono spostati sui mercati europei e, come insegna Enrico Dell’Acqua, storico precursore dell’economia locale di inizi Novecento, su quelli americani. Oggi, invece, la partita si gioca in Estremo Oriente, in Asia Centrale e nei Paesi dell’Africa, economie a più alto tasso di crescita rispetto ai partner commerciali dell’occidente. Nuovi mercati dove l’export varesino, anche negli ultimi mesi, è cresciuto a ritmi che hanno toccato punte di incrementi percentuali superiori al 40%». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 155


CONFINDUSTRIA

Strategie per la crescita Internazionalizzazione, accesso al credito, riqualificazione della forza lavoro, alleggerimento degli adempimenti burocratici e certezza sui tempi della giustizia. Sono gli interventi necessari per le imprese secondo Roberto Cerioli, presidente degli industriali brianzoli Renata Gualtieri

S Roberto Cerioli, presidente Confindustria Monza e Brianza

tando ai dati dell’indagine Excelsior 2010 sui fabbisogni professionali, il 34% delle assunzioni non stagionali previste in Brianza riguarda professioni high skill: dirigenti, professioni tecniche e intellettuali. Fra le professioni tecniche, in particolare, la figura più richiesta è quella dei tecnici dei rapporti con i mercati, seguita dai tecnici dell’organizzazione e dell’amministrazione. Fra gli operai specializzati, le figure professionali più richieste riguardano meccanici, montatori, riparatori e manutentori. Roberto Cerioli, presidente Confindustria

Sull’alleggerimento della burocrazia e la velocità e la certezza della giustizia credo che il nostro impegno sia forte e riconosciuto

156 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

Monza e Brianza, spiega quali sono le esigenze in materia di competenze che più emergono dal tessuto produttivo e quali, invece, i bisogni più ricorrenti che provengono dal mercato locale. Confindustria Monza e Brianza ha varato un piano di promozione dell’istruzione tecnica, quale leva di sviluppo per le imprese e opportunità di sbocco professionale qualificato. Quale il contenuto? «Il piano si basa su tre elementi cardine: l’orientamento per sensibilizzare gli studenti di terza media e le loro famiglie al fine di incrementare il numero di coloro che scelgono un indirizzo tecnico; l’aggiornamento del corpo docente sulle dotazioni tecnologiche delle imprese e l’organizzazione dei processi produttivi per allineare le competenze dei diplomati ai fabbisogni del mercato del lavoro. A partire dal prossimo febbraio saranno realizzati veri e propri periodi di stage di alcuni insegnanti di materie tecniche presso significative aziende del nostro territorio. L’ultimo punto riguarda l’alternanza scuola-lavoro che quest’anno ha coinvolto 79 studenti degli istituti superiori in 62 aziende e che consideriamo uno strumento valido per far vivere agli studenti il mondo del lavoro da protagonisti già durante gli anni della formazione». Quali gli ambiti strategici su cui lavorare per rilanciare la competitività delle aziende locali? «Le imprese hanno necessità di crescere, di internazionalizzarsi, di semplificare l’accesso al credito, di riqualificare la forza lavoro, di essere alleggerite dagli adempimenti burocratici, di


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Roberto Cerioli

avere certezza sui tempi della giustizia. Stiamo intensificando la nostra azione per accompagnare le imprese e per rispondere direttamente alle esigenze locali e per stimolare un percorso di riforme che occorre seguire nelle sedi istituzionali regionali e nazionali». È ricorrente il tema della semplificazione. Con quali iniziative Confindustria Monza e Brianza si pone a fianco delle piccole e medie imprese del territorio semplificandone il funzionamento e riducendo i costi che devono sostenere? «I nostri interventi riguardano l’alleggerimento

della burocrazia e la velocità e la certezza della giustizia. Credo che su questi temi il nostro impegno sia forte e riconosciuto: nella nostra assemblea di ottobre abbiamo affrontato il tema “Etica, giustizia e sicurezza” direttamente con i ministri Alfano e Maroni e rilanciato le proposte di Confindustria per la riforma della giustizia. In materia, abbiamo inoltre un costante dialogo con la Provincia di Monza e Brianza, volto proprio alla semplificazione burocratica e alla creazione di un ambiente favorevole per le imprese e per la loro crescita». È stato varato un accordo tra il comitato Piccola Industria di Confindustria Monza e Brianza e Intesa San Paolo. A quali interventi saranno destinati i 500 milioni di euro messi a disposizione delle piccole imprese? «Sono stati concordati tre filoni di intervento: la crescita dell’impresa, con il miglioramento dei parametri patrimoniali e della cultura creditizia in generale e la promozione delle reti d’impresa e delle sinergie territoriali; l’internazionalizzazione, con il sostegno allo sviluppo di nuove strategie sui mercati esteri attraverso il supporto operativo in 40 paesi nel mondo e le consulenze specialistiche del polo per l’internazionalizzazione del Gruppo Intesa San Paolo; l’innovazione, con il finanziamento di programmi di ricerca, acquisizione di nuove tecnologie, raccordo tra banca, impresa e università». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 157




L’ECONOMIA MANTOVANA

Una città che riparte La città dei Gonzaga tra progetti e nuove sfide. Il sindaco Nicola Sodano è convinto che il 2011 sarà un anno importante per Mantova, nonostante il delicato clima economico. Grande risalto alle iniziative culturali e alla valorizzazione delle bellezze storico-artistiche Nike Giurlani

«A

bbiamo rimesso in moto una città che era rimasta bloccata per molti anni». Questo il bilancio tracciato dal sindaco di Mantova, Nicola Sodano, alla luce dei primi mesi alla guida della città. «In settembre abbiamo approvato in consiglio comunale le linee programmatiche del mandato ed abbiamo tracciato il percorso per rilanciare Mantova recuperando il ritardo infrastrutturale, culturale e turistico» racconta il primo cittadino. «Essere una città dell’Unesco, avere ricevuto in eredità le bellezze artistiche e monumentali lasciate dai Gonzaga ci offre grandi opportunità di promozione e – conclude il sindaco – il 2011 sarà un anno decisivo per iniziare a dotare Mantova di nuovi parcheggi e rendere la città più raggiungibile e visitabile». Qual è lo stato in cui ha trovato il settore industriale? E su quali aspetti si concentreranno i progetti futuri? «Anche Mantova vive di riflesso le difficoltà della crisi economica che investono il mercato internazionale. L’apparato industriale mantovano sta reggendo alla crisi, ma abbiamo un polo chimico che richiede un profondo risanamento ambientale e un serio piano di disinquinamento. Vogliamo da una parte difendere il lavoro per migliaia di famiglie mantovane e dall’altra ridurre l’impatto ambientale delle in160 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

A sinistra, il sindaco di Mantova, Nicola Sodano

Il 2011 sarà un anno decisivo per iniziare a dotare Mantova di nuovi parcheggi e rendere la città più raggiungibile e facilmente visitabile


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Nicola Sodano

dustrie. È un progetto che mi coinvolge in modo diretto dato che in un recente consiglio comunale quest’ultimo mi ha chiesto con un atto ufficiale di svolgere il commissario per il risanamento del polo chimico, ruolo che sono disposto a svolgere se riceverò l’incarico dal ministero. In questo mi differenzio dalle Giunte passate, perché intendo passare all’immobilismo al dinamismo anche su questo versante. Ritengo invece che in passato sia stata strategicamente valida la scelta di Valdaro come centro intermodale legato al porto di navigazione e come sede di nuovi insediamenti produttivi». Quali le criticità su cui intervenire a livello infrastrutturale? «Il ritardo principale riguarda la carenza delle infrastrutture viabilistiche, a partire dalla tangenziale ovest. Ci stiamo muovendo su questo fronte per realizzare il progetto del tunnel sotto il Lago Superiore. Ora siamo nella fase della progettazione e ci stiamo attivando anche con gli altri enti territoriali, regionali e nazionali per trovare le forme pubbliche e private dell’intervento e i fondi necessari». L’anno prossimo l’Università di Mantova dovrà fare a meno di quasi 400mila euro di finanziamento da parte del Comune. Al riguardo ha dichiarato: «il nostro taglio, come sanno tutti, non è dovuto a scelte strategiche, ma è imposto dagli obblighi di governo, contro cui mi sto battendo». Quali le iniziative per non compromettere il percorso di studi? «Non ci saranno soppressioni dei corsi di laurea della Fondazione Universitaria. Voglio riportare la verità su un argomento che è stato trattato in maniera imprecisa e superficiale. Nessuno ha mai parlato di tagli, nonostante l’austerity imposta dal governo. Non possiamo però ignorare i tagli di risorse destinati alla cultura, l’80%, imposti dal go-

Tornare a crescere puntando sul territorio Rimettere in modo l’economia interna per tornare ad essere competitivi questa la ricetta del presidente della Camera di Commercio di Mantova, Carlo Zanetti n’economia interna che stenta a crescere e una forte crisi occupazionale. Queste le principali problematiche sollevate dal presidente della Camera di Commercio di Mantova, Carlo Zanetti (nella foto), che commentando i dati sulla congiuntura manifatturiera ha dichiarato che «si legge l’incertezza di una ripresa che fatica ad affermarsi e - continua - dopo un periodo di ripresa anche abbastanza sostenuta, ora i dati registrano un rallentamento». L’export sembra, invece, segnare performance migliori e molte le iniziative promosse dalla Camera di Commercio di Mantova, per sostenere «le aziende nel processo d’internalizzazione sia accompagnandole nelle fiere all’estero sia facendo assistenza nell’analisi dei mercati stranieri» conclude il presidente Zanetti.

U

Quali le cause di questa situazione?

«Il rallentamento del mercato interno che stenta a crescere e i dati preoccupanti per quanto concerne l’occupazione. Al momento registriamo buoni risultati solo sul fronte dell’export». Quali sono i settori che stanno avendo performance migliori nei mercati stranieri?

«Sicuramente il meccanico, l’alimentare e il tessile. Lo scenario odierno e le prospettive di lenta crescita accompagnate da forti tensioni occupazionali nei mercati maturi del Vecchio continente, cui fa da contraltare la continua crescita dei paesi emergenti, evidenzia ancora una volta la necessità di investire nelle misure di sostegno all’internazionalizzazione per agevolare quanto più possibile un recupero produttivo e occupazionale». Quali i settori hanno risentito di più la crisi? Quali settori stanno reagendo meglio?

«Nel nostro territorio il comparto alimentare, che ha da sempre un peso rilevante per l’economia, anche in questo caso ha retto meglio i contraccolpi della crisi, in particolare il comparto del grana, in quanto siamo l’unica provincia d’Italia a produrre sia Grana Padano che Parmigiano Reggiano, con delle quote molto significative di produzione e d’esportazione; preoccupante, invece, è il settore dell’allevamento dei suini, che rappresenta una voce molto importante per il nostro territorio». Cosa sta facendo la Camera di Commercio per sostenere le aziende?

«L’aspetto che in questo momento ci preme particolarmente è combattere la disoccupazione e al riguardo abbiamo messo a disposizione delle risorse a sostegno di quelle aziende che trasformeranno i contratti da tempo determinato a tempo indeterminato e, inoltre, sosteniamo le aziende nel processo d’internalizzazione sia accompagnandole nelle fiere all’estero sia facendo assistenza nell’analisi dei mercati stranieri».

LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 161


L’ECONOMIA MANTOVANA

L’apparato industriale mantovano sta reggendo alla crisi, ma abbiamo un polo chimico che richiede un profondo risanamento ambientale

verno a tutti i Comuni. Nel 2010 il Comune ha

In alto, zona industriale di Mantova

sostenuto la Fondazione Universitaria con 900 mila euro ed è attualmente il maggior sostenitore tra gli enti del Fum. Dal prossimo anno molto probabilmente saremo costretti a ridurre i contributi, in base alle decisioni governative, ma il sostegno non mancherà e soprattutto non sono previste riduzioni dei corsi». Negli ultimi dieci mesi la provincia di Mantova ha registrato un aumento del numero dei licenziamenti. Basteranno gli ammortizzatori sociali a far fronte alla situazione? «Sicuramente anche il Comune deve fare la sua parte. Ci siamo dati un progetto d’attivazione del servizio di marketing insediativo per le attività produttive che nasce dalla volontà d’attuare una strategia integrata d’attrazione degli investimenti, utilizzando come strumento cardine lo Sportello unico per le imprese. Ma credo che un contributo importante per far fronte alla crisi occupazionale sia arrivato recentemente dalla Regione, che ha prorogato la copertura economica per pagare la cassa integrazione in deroga anche nel 2011. È un atto importante perché riguarda soprattutto le piccole e medie imprese».

162 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

Ha intenzione di lanciare nuove iniziative, anche a livello di marketing territoriale, per promuovere e valorizzare la città? «Vogliamo puntare sulla valorizzazione dei monumenti cittadini e i teatri, come il Ducale, Palazzo Te, il Teatro sociale e il Teatro Bibiena che sono i migliori testimonial della città, anche in funzione della promozione di un turismo congressuale. Inoltre, stiamo lavorando per la grande mostra di Giulio Romano nel 2013, ma pensiamo anche a un festival mondiale dei film, dello sport, un summit internazionale di premi Nobel, un meeting dei sindaci europei o del mondo, raduni nazionali di forze armate e un incontro con i vigili del fuoco di New York sui temi della sicurezza. Sono allo studio delle giornate della memoria, come valorizzazione e studio del patrimonio ebraico mantovano, con riflessioni su aspetti della storia e dell’attualità. Anche l’enogastronomia mantovana offre grandi potenzialità». A che cosa si riferisce? «Vogliamo istituire il premio “Mantova città delle stelle enogastronomiche” e organizzare un premio giornalistico televisivo a tema con riferimenti culturali o sportivi: Virgilio, Giulio Romano, Leon Battista Alberti, Rigoletto e Nuvolari offrono solo l’imbarazzo della scelta. Mantova potrebbe diventare anche la sede dei campionati italiani ed europei di canoa e canottaggio. L’idea è quello di stimolare l’attenzione dei mezzi di comunicazione di tutto il mondo su Mantova, attraverso eventi unici e d’alta qualità, capaci soprattutto di stimolare nuove emozioni”».


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Alberto Truzzi

Tempo di riforme

«C

rescere insieme alle imprese: finanza, innovazione, internazionalizzazione, queste le tematiche centrali per dare un futuro positivo alle imprese provate dalla crisi». È questo l’indirizzo dato alle imprese locali del presidente degli industriali mantovani, Alberto Truzzi. In tema di finanza si deve prendere atto che «la contrazione dei volumi e dei margini ha impattato sulla gestione di tesoreria con conseguenze negative anche sulle condizioni d’incasso dei crediti e – continua – in un momento in cui i fabbisogni sono evidentemente aumentati si è verificata un’accresciuta difficoltà nell’ottenere finanziamenti anche in virtù di un abbassamento generale dei rating». I cali di fatturato «rispetto ai massimi pre-crisi non possono essere compensati attendendo invano un ritorno alle condizioni originali, ecco che l’innovazione diventa un must e un paradigma irrinunciabile». Inoltre, Truzzi fa presente che la stagnazione dei consumi e degli investimenti nel nostro Paese, e anche all’interno dell’Ue, rende fondamentale «approcciare in modo più intenso e strutturato i mercati internazionali più attivi» per quei settori che non sono strutturalmente vincolati al mercato domestico. Come il comparto industriale ha affrontato la crisi? «Le imprese in generale hanno cercato di contenere i costi ridisegnando la struttura dei costi fissi con limitazione delle spese non core e con il blocco del turnover, anche con qualche dolorosa ristrutturazione, ma anche massimizzando gli sforzi per acquistare al meglio e per asciugare i propri prodotti da prestazioni non essenziali; ciò talvolta è avvenuto in modo virtuoso, in altri casi anche a detrimento della qualità complessiva del

Finanza, innovazione e internazionalizzazione, queste le tematiche centrali per far ripartire l’economia e dare un futuro positivo alle imprese mantovane. L’analisi del presidente di Confindustria, Alberto Truzzi Nike Giurlani

prodotto. Nei casi più dinamici ci sono state ristrutturazioni commerciali alla ricerca di nuovi mercati, ma soprattutto innovazioni di prodotto e di processo con miglioramento del posizionamento competitivo». Che ruolo dovrà giocare l’export? «Sarà fondamentale, soprattutto, in un momento in cui tutti mercati si stanno globalizzando e c’è dinamicità anche nell’import. Oltre ai paesi Bric sono da esplorare con particolare attenzione i mercati del Nord Africa e dell’Asia Indocinese, dove ci sono popolazioni numerose e alti tassi di crescita». Lei ha dichiarato che in Italia la burocrazia è un fardello troppo grande e che si rischia di perdere il treno della ripresa. Quali, quindi, le riforme che andrebbero attuate? «La semplificazione, il fisco d’impresa, il costo del lavoro, l’efficienza dei servizi sono temi non più rinviabili se si vuole dare un futuro non asfittico al nostro sistema produttivo. La condanna alla bassa crescita non è un

Il presidente di Confindustria Mantova, Alberto Truzzi

LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 163


L’ECONOMIA MANTOVANA

fatto ineluttabile, che peraltro ci farebbe retrocedere velocemente in termini di peso nell’economia e nel commercio mondiale dove abbiamo difendere posizioni di rilievo, ma anzi è uno spettro che ci deve far muovere con urgenza alla ricerca di quelle riforme e ripensamenti nel fare “stato” che possano essere funzionali a favorire la crescita e lo sviluppo del sistema imprenditoriale e l’attrattività della nostra nazione verso gli investimenti stranieri, soprattutto quelli in chiave di ricerca e sviluppo e d’insediamento di nuove attività più che di cessione di brand e d’aziende già esistenti, insomma che decretino la convenienza a svolgere attività d’impresa nel nostro paese piuttosto che in altri, accompagnando con un habitat di maggior favore tutti quei vantaggi che l’Italia offre in termini di imprenditorialità diffusa, creatività, operosità, livello del management, relazioni». Quali le strategie per combattere la disoccupazione del territorio? «Bisogna aiutare le aziende a fare impresa creando tutte le condizioni per favorire la loro prosperità con la massima collaborazione da parte di tutte le istituzioni e gli enti locali; bisogna permettere che gli imprenditori seri abbiano la possibilità di operare delle scelte anche dolorose senza il freno a mano tirato, per dar modo ad altri di percepire il territorio mantovano come fertile per l’istallazione delle proprie attività. Bisogna, infatti, favorire l’accesso al credito, indirizzare le politiche degli enti locali verso un’incentiva-

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zione dell’attività imprenditoriali ascoltando ed assecondando, per quanto possibile, le esigenze generali e particolari, anche attenuando l’instabilità insita nel muoversi in un mercato globalizzato. Per quanto possibile è lecito favorire le imprese provinciali nell’accedere agli appalti di prodotti e servizi banditi dalle amministrazioni pubbliche». Come Confindustria è vicina alle pmi locali? «È nota l’attività dei confidi e delle convenzioni con il mondo del credito; l’intensa collaborazione con Mantova Export, Cciaa ed enti locali per l’internazionalizzazione; l’articolata attività di formazione e riqualificazione del personale. Inoltre, abbiamo sostenuto fra i primi in regione la Cig in deroga, siamo attivi sul piano della consulenza in molti campi, dal fiscale-tributario-paghe al reperimento del personale, incentiviamo la ricerca in sinergia con la Fum come con il progetto Main, rimaniamo a disposizione degli associati per recepire qualsiasi esigenza, ovviamente non commerciale, per poterli affiancare nei loro progetti e nelle loro battaglie e per adattare al meglio il fare associazione ai loro desiderata. L’88% dei nostri associati ha meno di 50 dipendenti, il nostro focus verso di loro è imprescindibile». Quali i progetti per il 2011? «Per il 2011 oltre allo sviluppo di tutte le citate attività stiamo studiando iniziative tese a valorizzare il patrimonio fondamentale ed insostituibile delle aziende costituito dalle risorse umane».



POLITICHE AGRICOLE

Fare agricoltura e stare sul mercato «Il nostro obiettivo è quello di far sì che le aziende agricole restino in Lombardia, assicurando ricchezza e occupazione a beneficio dell’economia e della collettività». L’assessore Giulio De Capitani traccia la strada per l’agricoltura del futuro Renata Gualtieri

L’ Qui sotto, Giulio De Capitani, assessore all’Agricoltura della Regione Lombardia

analisi congiunturale del terzo trimestre 2010 conferma un generale miglioramento, che, dall’inizio dell’anno, prosegue nella direzione di una lenta e graduale ripresa. «Stiamo vedendo la luce in fondo al tunnel – assicura Giulio De Capitani, assessore all’Agricoltura della Regione Lombardia – anche se per diversi settori, tra cui il comparto dei suini, delle carni bovine e del florovivaismo, il bilancio è ancora molto pesante». Ha da poco concluso il suo tour di ascolto del territorio tra gli operatori e le realtà provinciali del settore primario che gli ha consentito di conoscere da vicino il volto vero della nostra agricoltura, fatta di uomini e di donne, di sapere e vocazione, di passione e sacrificio. Emergono dati confortanti, si chiude un anno «che ha certamente rappresentato un’inversione di tendenza rispetto ai terribili risultati del 2009». Quali strumenti e quante risorse si investono, a livello regionale per una buona agricoltura? «Con l’anticipo del 70% dei fondi della Pac (280 milioni di euro a favore di più di 31.000 aziende agricole lombarde) - misura che la Lombardia per prima ha realizzato nel Paese - abbiamo aiutato gli agricoltori in un momento di grande difficoltà nell’accesso al credito. Oggi abbiamo inol-

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tre la straordinaria opportunità di partecipare alla discussione per la riforma della Pac, ovvero delle norme che regoleranno la politica agricola europea fino al 2020 e credo che la Lombardia, per importanza tra le prime regioni dell’Unione europea, possa avere un ruolo attivo nel disegnare una proposta adeguata alle reali necessità del nostro settore primario». Come si possono aiutare le piccole aziende situate in zone svantaggiate? «Queste aziende vantano prodotti di nicchia, eccellenti per qualità e saldamente legati per tradizione al territorio. La Regione ha tra le proprie priorità la promozione dei prodotti tipici, sia a livello regionale che sui mercati nazionali e internazionali. Naturalmente, accanto alla promozione, queste aziende devono essere aiutate a trovare nuove strade per raggiungere direttamente i consumatori, valorizzando personalmente le proprie produzioni e incrementando il proprio reddito». Quali le potenzialità delle biomasse in agricoltura? «Le biomasse, nelle loro diverse forme e artico-


Xxxxxxx Giulio Xxxxxxxxxxx De Capitani

lazioni, rappresentano un importante strumento per integrare e diversificare i redditi e le attività delle imprese agricole. Costituiscono anche un evidente esempio del ruolo multifunzionale di una moderna azienda agricola, sempre più impegnata a conseguire produzioni di qualità in maniera economicamente competitiva e con forte attenzione al rispetto dell’ambiente. Il sistema agricolo lombardo è all’avanguardia in Italia nello sviluppo delle diverse filiere: bio-

masse legnose ed erbacee, biogas, biometano, biocombustibili. In prospettiva, è fondamentale assicurare il giusto equilibrio tra le diverse finalità di produzione, in maniera funzionale e coordinata, salvaguardando la tipicità delle tradizionali produzioni dell’agricoltura lombarda». È in funzione in provincia di Milano uno tra i più importanti impianti di biogas. Quali i risultati ottenuti dall’utilizzo di questa tecnologia? Ci sono altri impianti in programma? «La tecnologia e i processi di produzione del biogas, al di là della produzione di energia rinnovabile, si stanno sempre più affermando come importanti strumenti a disposizione delle imprese agricole - soprattutto di quelle zootecniche - per gestire in maniera sostenibile un’agricoltura moderna, quale quella lombarda, che vuole restare competitiva e svilupparsi in armonia con l’ambiente. Si può quindi parlare di un forte contributo del “biogas” anche al mantenimento della qualità dell’aria, delle acque e della corretta fertilità dei suoli, attraverso la prevenzione di un possibile apporto diffuso di nutrienti nei corpi idrici e dell’emissioni in atmosfera di polveri sottili, ammoniaca, gas climalteranti, nonché di potenziali molestie olfattive. Questo è tanto più importante in tutti quei contesti, come ad esempio in provincia di Milano, dove le attività agricole si trovano a dover coabitare con una forte pressione antropica e di aree urbane. Con oltre 90 impianti di biogas in funzione e più di 130 per i quali è prevista l’entrata in esercizio nei prossimi due anni, la Lombardia è al primo posto in Italia per numero di realizzazioni». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 167




INNOVAZIONE

La ricerca prima di tutto «Razionalizzare la gestione del Cnr per favorire la ricerca e l’impiego dei suoi risultati per il progresso del Paese». Questo l’obiettivo che intende perseguire Luciano Maiani, che sottolinea come «le nanotecnologie, le biotecnologie e l’energia rappresentano le sfide più ardite e affascinanti del tempo presente» Anna Vescovi

L

In basso, Luciano Maiani, presidente Cnr

a relazione della Corte dei Conti sulla gestione finanziaria del Consiglio nazionale delle ricerche evidenzia come, nonostante la riduzione in termini reali delle risorse disponibili, il Cnr abbia “saputo conseguire” progressi, “sia per i risultati dell’attività scientifica che per i rapporti di collaborazione scientifica con imprese e con vari soggetti pubblici”. I ricercatori, infatti, in questi anni, «hanno ottenuto risultati d’assoluto prestigio internazionale in diversi settori d’indagine e – rileva il presidente Luciano Maiani – per citare solo un caso, un’invenzione Cnr sull’impiego di legno artificialmente, fossilizzato come supporto per protesi ossee, è stata classificata dalla rivista Time tra le 50 invenzioni più rappresentative su scala mondiale realizzate nel 2009». Dall’inizio del suo mandato, il presidente Maiani ha cercato di perseguire

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«l’obiettivo di razionalizzare la gestione del Cnr proprio nel senso di favorire la ricerca e lo sfruttamento dei suoi risultati per il progresso del Paese e – conclude – abbiamo lavorato per migliorare le relazioni con il tessuto imprenditoriale, per facilitare la nascita d’impresa dalla ricerca e per potenziare la capacità brevettuale». Quali sinergie vanno attuate tra le diverse componenti dell’imprenditoria nazionale per favorire il processo d’internazionalizzazione del sistema produttivo? «In campo europeo vi sono programmi di ricerca e innovazione a partecipazione pubblico/privata che costituiscono ovvie opportunità di sviluppo del nostro sistema produttivo: penso ad esempio a “Innovative medicine initiative”, un programma del valore di due miliardi euro per progetti cofinanziati dalla Commissione europea e dalla European federation of Pharmaceutical industries and associations (Efpia), oppure alle grandi infrastrutture europee di ricerca da realizzare all’interno della piattaforma ap-


Luciano Maiani

provata dalla Commissione europea. Consideriamo che il 60-70% dell’export europeo verso i Paesi dalle economie in rapida crescita (Brasile, India e Cina) è detenuto dalla Germania con una quota italiana decisamente minoritaria. Il Cnr e, più in generale, la ricerca pubblica possono svolgere un fondamentale ruolo trainante nello stabilire legami profondi e fungere da testa di ponte verso questi Paesi, dove sono presenti le massime opportunità di mercato». Ricerca e innovazione sono fondamentali per far fare un salto di qualità al made in Italy. Quali sono i partner internazionali con i quali collabora il Cnr? «Il Cnr è l’ente italiano che vanta il maggior numero di progetti all’interno del VII Programma Quadro europeo, il 22% di tutti i progetti italiani. Tra questi, il Cnr è il coordinatore di Mycored, un gran progetto sulla sicurezza alimentare e sui metodi d’analisi e di decontaminazione degli alimenti dalle micotossine prodotte dai funghi. In aggiunta, oltre alle relazioni con i tradizionali Paesi par-

tner di ricerca come Usa, Cina, Canada, Giappone, il Cnr sviluppa numerosi progetti con le nazioni in via di sviluppo, ad esempio un sistema di allerta precoce per prevenire danni alle colture in caso d’eventi catastrofici e cambiamenti climatici. In ambito agroalimentare possiamo inoltre vantare il brevetto di un genotipo d’ulivo che vendiamo in tutto il mondo. Il Cnr ha costanti relazioni con il tessuto imprenditoriale e manifatturiero italiano. È il caso dell’energia, con le collaborazioni con tutte le utilities energetiche del Paese e le aziende che producono rinnovabili, O o dell’automotive». Quali le sinergie che entrano in gioco? POSTO «In questo caso riguardano le auto, le moto, la nautica da diporto e i settori sportivi, con La posizione occupata dal Cnr nomi di primo piano come la Ferrari. Infine, nella classifica esiste un altro settore che registra una relainternazionale Scimago Institution zione continua tra la ricerca prodotta dal Cnr Rankings 2010 e l’impresa: quello delle macchine utensili, vero fiore all’occhiello del made in Italy, con partner di primario interesse come Comau». In particolare, che peso stanno ricoENERGIA prendo i settori come biotecnologie, naLa percentuale notecnologie, apparecchiature medicali e di fabbisogno energetico importato aerospazio? «Nanotecnologie e biotecnologie, assieme all’energia, rappresentano le sfide più ardite e affascinanti del tempo presente. Sono settori in cui il Cnr può vantare competenze e relazioni eccellenti. Recentemente abbiamo riorganizzato in nuovi istituti le ricerche in nano scienze e biotecnologie su cui puntiamo fortemente, anche alla luce dei risultati raggiunti. Il ruolo che queste branche della scienza hanno già assunto è testimoniato dal recente premio Nobel per la Fisica attribuito alle ricerche sul grafene, un materiale che po-

23

16%

LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 171


INNOVAZIONE

trebbe diventare l’attore di una rivoluzione

Sopra, la stazione di ricerca Italo-francese Concordia, costruita nel 2005 sul Plateau Antartico

pari a quella avvenuta con la scoperta della plastica, e su cui ricercatori del Cnr lavorano da diversi anni». Ritiene che il ritorno al nucleare sia indispensabile per rilanciare l’economia del nostro Paese e renderlo competitivo anche a livello internazionale? «Il ritorno all’energia nucleare è una scelta giusta e necessaria. Prima di tutto perché si tratta di una fonte energetica sicura e importante, inoltre perché consentirebbe all’Italia di non importare più il 16% del proprio fabbisogno energetico dai vicini Paesi come Francia o Svizzera, derivanti proprio dall’uso delle centrali nucleari di quei Paesi e con costi eccessivi. Rispetto a 20 anni fa, la tecnologia ha fatto passi da gigante e si tratta dunque d’impianti sicuri per la sicurezza e per la salute della popolazione. Infine, rimettere in moto le competenze connesse alla costruzione e alla gestione degli impianti nucleari costituirà un importante volano per le imprese italiane, come avviene sempre in caso di nuove avventure tecnologiche». Quali sono i settori dove la ricerca ha raggiunto livelli d’eccellenza?

172 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

Nanotecnologie, biotecnologie ed energia rappresentano le sfide più ardite e affascinanti del tempo presente e sono settori in cui il Cnr può vantare competenze e relazioni eccellenti

«La ricerca italiana non è nuova ad eccellenze, in diversi settori. Fisica, nanotecnologie e medicina sono indiscusse punte di diamante, unite alle tradizionali competenze italiane nelle materie umanistiche e nei ben culturali. Semmai, il gap che scontiamo rispetto alle altre nazioni occidentali è dovuto ai minori investimenti, soprattutto dei privati, e al ridotto numero dei ricercatori rispetto alla generale forza lavoro. Ciononostante, l’Italia figura a buon titolo tra le nazioni con la maggiore produzione scientifica al mondo. Lo testimonia la recentissima classifica internazionale Scimago Institution Rankings 2010, secondo cui - per volume di pubblicazioni su riviste internazionali - il Cnr è al 23esimo posto al mondo, prima delle università di Oxford, Yale e del Massachussetts Institute of Technology».


Franco Bernabè

Innovazione e ricerca, aspetti mai scontati Tranciare i rami secchi e sostenere quelli fruttuosi. Così secondo Franco Bernabè, ad di Telecom, bisogna rinvigorire l’imprenditoria culturale in tempi di ristrettezze. Puntando su eccellenza, innovazione e formazione. Una scelta mai scontata Michela Evangelisti

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ultura da un lato, impresa dall’altro. La tentazione forte è quella di ricondurre il binomio al concetto tradizionale e semplificante di sponsorizzazione. Un do ut des che entrambi i sistemi devono imparare a superare verso un dialogo più proficuo, foriero di tante opportunità. A lanciare la sfida è un manager di successo, per il quale arte e impresa sono pane quotidiano. Da tre anni di nuovo alla guida di Telecom, dal 2004 presidente del Mart di Trento e Rovereto e da poche settimane vicepresidente degli industriali della Capitale. Chi meglio di Franco Bernabè può aiutare a far luce sui nuovi scenari che si aprono per il settore cultura in Italia, con un occhio alle infrastrutture e uno alle tecnologie per la comunicazione? «Non credo che il ruolo dell’impresa nel settore culturale debba essere interpretato in termini di sussidiarietà, quanto piuttosto di complementarità – sostiene il manager –. Di fronte alle sfide della competitività globale, l’impresa deve saper guardare alla cultura come a una variabile che diventa parte integrante della propria strategia. La cultura sta, infatti, alla base dell’innovazione e si manifesta nei più diversi ambiti della gestione aziendale, dal miglioramento dei processi di apprendimento dei dipendenti allo sviluppo di nuovi prodotti». Al tempo stesso, le istituzioni culturali devono cogliere le potenzialità che derivano da un rapporto più stretto con il mondo dell’impresa, «potenzialità che si espri-

mono non solo nell’opportunità di nuovi finanziamenti, ma anche nella capacità di generare nuovi stimoli professionali che possono venire dal settore privato». Finanziamenti pubblici alla cultura. In un periodo di ristrettezze come quello che stiamo vivendo, come è opportuno muoversi? «È necessario resistere alla tentazione di applicare Sotto, il criterio della proporzionalità dei tagli e av- Franco Bernabé, viare, invece, una rigorosa opera di potatura, raf- Ad di Telecom forzando le istituzioni che meritano di sopravvivere e liquidando le altre. E all’interno delle istituzioni da salvaguardare bisogna concentrare le risorse sulle attività che esprimono l’eccellenza. È imprudente aspettare che questo periodo passi, nella speranza che ci possa essere una maggiore disponibilità di risorse in futuro; è meglio non rinviare scelte che saranno inevitabili». Economia della cultura. Si sta facendo abbastanza nel nostro Paese? Dal percorso formativo fino ai modelli gestionali, ci sono idee e progetti di management validi? «Negli ultimi venti anni sono stati fatti passi in avanti e il nostro panorama propone ormai diversi casi di successo. Tuttavia, affinché il sistema sia complesLOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 173


INNOVAZIONE

sivamente più efficace, occorre incentivare l’ado- istituzioni culturali, in particolare da quelle zione di buone pratiche su larga scala. I temi da affrontare sono molti. Si pensi in primo luogo a quello della governance: fermo restando il ruolo di indirizzo che spetta agli enti pubblici, deve essere maggiormente garantita l’autonomia scientifica e gestionale degli organi di governo delle istituzioni culturali. Deve inoltre essere promosso il ricorso a modelli gestionali più flessibili che, superando meccanismi burocratici spesso paralizzanti, consentano una più efficace azione culturale e una più attiva partecipazione del pubblico con il privato. Questa spinta verso una maggiore autonomia di gestione delle istituzioni culturali deve inoltre essere accompagnata da una maggiore stabilità dei finanziamenti pubblici, tale da garantire l’adozione di una strategia di medio lungo termine e, conseguentemente, una programmazione pluriennale senza la quale è impossibile sviluppare forme di cooperazione culturale a livello internazionale. Anche la formazione riveste un ruolo cruciale nello sviluppo delle nostre istituzioni culturali. Le università, in particolare, devono selezionare le proprie offerte formative con maggiore rigore di quanto non si faccia oggi, facendosi guidare esclusivamente dal criterio dell’eccellenza». Le infrastrutture sono importanti per lo sviluppo economico ma anche per permettere al più ampio numero possibile di cittadini di fruire dell’arte e della cultura. Quale la strada giusta da seguire? «Il tema dell’accessibilità è molto sentito dalle

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che operano in aree caratterizzate da un bacino di utenza ridotto. Se è vero che le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione hanno un ruolo sempre più importante nel favorire una più diffusa divulgazione culturale, la fruizione dei luoghi di cultura, soprattutto nell’ambito delle arti visive e performative, rimane un’esperienza intima che non può prescindere dalla partecipazione diretta del pubblico. Partecipazione che è strettamente dipendente dalla disponibilità di infrastrutture che, a prezzi adeguati, facilitino l’accesso dei visitatori. In questo senso, le istituzioni culturali hanno margini di intervento ristretti, principalmente legati a politiche e strategie di marketing che, attraverso convenzioni, favoriscano un abbattimento del costo della visita». Quali sono a suo parere le strade da seguire per rinnovare l’imprenditoria italiana nel settore culturale? «Le strade maestre sono l’innovazione e la ricerca dell’eccellenza. Non sono mai scelte scontate. Per puntare convinti in questa direzione ci vuole sempre uno sforzo condiviso. La possibilità di avviare un’impresa dipende da molte circostanze: la disponibilità di capitali, le infrastrutture presenti sul territorio, il peso della burocrazia, i regimi fiscali. Ma non c’è dubbio che per riuscire davvero è necessario puntare a una qualità alta. Gli esempi virtuosi in Italia ci sono e se andiamo a vedere perché ce l’hanno fatta scopriremo che i fattori determinanti sono una buona idea, alte competenze personali e una continua formazione». Alla luce delle sue esperienze in Eni e in Telecom, di che cosa ha bisogno l’imprenditoria italiana per superare la crisi e rilanciarsi a livello internazionale? Quali sono le prospettive per il campo dell’Ict? «Per far sì che le imprese italiane tornino a essere competitive, anche a livello internazionale, è necessario colmare il gap che ci separa dagli altri Paesi europei in


Franco Bernabè

termini di efficienza dei processi produttivi, rapidità di intervento e di risposta ai cambiamenti di mercato. La diffusione dell’Ict può essere determinante per il rilancio dell’economia e la crescita di competitività del sistema produttivo, poiché è lo strumento che maggiormente consente di ridurre i costi e migliorare l'efficienza dei servizi. L'evoluzione del settore guidata dal cloud computing, in particolare, renderà accessibile l’adozione delle nuove tecnologie anche alle imprese di piccole dimensioni, grazie alla possibilità di sfruttare risorse informatiche in maniera flessibile. In questo modo sarà possibile abbattere quelle barriere che hanno frenato lo sviluppo dell’Ict nel nostro Paese, i cui costi per lungo tempo sono stati considerati non sostenibili dalla maggioranza delle imprese di piccole e medie dimensioni che costituiscono il tessuto industriale italiano». Dal 2004 è presidente del Mart di Rovereto. Quali sono le innovazioni che ha introdotto nella gestione del museo e le stra-

tegie che state portando avanti per mantenerne alto l’appeal? «La chiave, anche qui, è puntare in alto e non cedere mai sulla qualità delle mostre proposte. Naturalmente realizzare eventi di alto livello richiede grossi investimenti economici, per giunta destinati ad aumentare, vista la tendenza al rialzo di molte delle voci di costo sostenute dai musei, come le assicurazioni e i trasporti. Al Mart il mio contributo è stato quello di contenere i costi puntando alla collaborazione con grandi istituzioni internazionali. Se si riesce a costruire un rapporto virtuoso con i centri mondiali dell’arte, si possono suddividere i costi e allo stesso tempo fare rete per imparare – o insegnare – a stretto contatto con professionisti di livello internazionale. É una strategia doppiamente vincente. Per riuscirci, ripeto, è fondamentale tenere alta la propria reputazione, che va costruita con una qualità diffusa in tutti gli aspetti della vita del museo: le mostre, la didattica e la formazione, la comunicazione, i servizi al pubblico». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 175




SOCIETÀ

Un maggiore sviluppo per rilanciare l’occupazione La società italiana ha perso elasticità e tende a de-responsabilizzarsi: ha bisogno di ritrovare quella tradizionale «vitalità diffusa» che si è atrofizzata. Ecco l’istantanea scattata dal 44° Rapporto del Censis, illustrato dal direttore generale, Giuseppe Roma Michela Evangelisti

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Giuseppe Roma, direttore generale del Censis

pecializzazione e consapevolezza. Sono queste le parole chiave della 44ª edizione del Rapporto Censis, che anche quest’anno ha fotografato la società italiana, interpretandone i più significativi fenomeni e individuandone i reali processi di trasformazione. «In economia dovremo pensare a una maggiore specializzazione delle nostre produzioni – illustra Giuseppe Roma –. L’effetto della globalizzazione, invece di spingerci verso una più avanzata capacità di specializzazione in determinati ambiti nei quali il mercato si allargava, ci ha indotto ad accrescere il valore attraverso strategie più commerciali che produttive. Il risultato è che, rispetto ai primi anni 2000, l’economia italiana si è despecializzata e oggi rischia di avere meno capacità di difesa rispetto alla montante competizione globale». Dal punto di vista sociale, invece, il 2011 sarà l’anno della maggiore consapevolezza: dovremo tutti tornare a ridefinire i nostri confini individuali, per dare maggiore senso ai valori collettivi. «È come se le difficoltà contingenti, sommate a un livello di benessere che tiene, ci avessero portato a un’apatica passività – prosegue il diret-

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tore del Censis –. È una situazione nella quale ci troviamo da anni, ma che ora cominciamo a sentire come una costrizione dalla quale uscire nel più breve tempo possibile». Dai dati da voi raccolti, quale idea vi siete fatti del generale stato di salute della società italiana? «Ha perso elasticità e tende a deresponsabilizzarsi. Sappiamo come il modello italiano fondato sulla famiglia, il territorio e le reti di solidarietà si sia sviluppato e in pochi anni abbia raggiunto una condizione paragonabile a quella degli altri grandi Paesi europei, grazie a una forte partecipazione individuale, capacità di sacrificio e flessibilità sociale. Dovremmo tornare allo spirito degli anni 50 e 60, naturalmente con più garanzie e con più equità, mentre evidentemente oggi ci troviamo imbrigliati fra il bisogno di sicurezza e protezione pubblica, una certa demotivazione tra chi intende prendere iniziative e, infine, una mancata corrispondenza fra le capacità e i concreti risultati ottenibili attraverso l’abnegazione personale. Siamo una società, in definitiva, che rischia di reagire alle storture della politica riducendo la tradizionale vitalità diffusa». Quali sono i più significativi fenomeni socio-economici emersi nel corso dell’anno? «Iniziamo da quello al quale i media hanno dato più spazio, e cioè il problema del lavoro. Con la crisi sono saltati molti occupati e so-


prattutto le prospettive per i giovani di accedere al mercato del lavoro si sono ancor più ristrette. In realtà il vero problema è l’immagine, veicolata nell’opinione pubblica, del valore stesso del lavorare. Abbiamo svalutato, sia per ragioni oggettive che per convinzioni soggettive, il lavoro come principale fonte di soddisfazione personale; di conseguenza dimostriamo un minore impegno nel lavoro autonomo, nessun interesse per occupazioni tecniche e manuali o artigianali (dal meccanico all’ebanista, fino alle tante forme di manutenzione), e condividiamo tutti la speranza di un lavoro impiegatizio sicuro, poco impegnativo, seppure a bassa remunerazione. In pratica, se la malattia è la scarsa occupazione, la soluzione non la possiamo trovare all’interno dei meccanismi di sostegno all’occupazione, negli ammortizzatori sociali, necessariamente temporanei. La medicina non può che essere lo sviluppo, la crescita del Pil, che non darà la felicità ma consente di generare le risorse indispensabili a remunerare il capitale umano». Quali, oltre al lavoro, gli altri fenomeni di rilievo emersi dalle vostre analisi? «Un altro fenomeno interessante dell’ultimo anno è la percezione che gli italiani sembrano

Abbiamo svalutato, sia per ragioni oggettive che per convinzioni soggettive, il lavoro come principale fonte di soddisfazione personale

ormai condividere che evadere le tasse sia effettivamente la ragione dell’eccessiva pressione fiscale patita dagli “onesti”, o meglio da tutti coloro che non possono sfuggire al fisco. Allo stesso tempo, mai forse come nell’ultimo anno, è cresciuta la percezione che la nostra economia navighi su un “mare di nero”. A dispetto delle stesse normative anti evasione, resta molto forte il rapporto collusivo fra chi evita di emettere fatture o scontrini per non pagare l’imposizione fiscale e chi acquista beni e servizi per avere uno sconto o non pagare a sua volta l’Iva incorporata nel prezzo. Nonostante i tanti successi, in termini di arresti e indagini giudiziarie, l’indicatore realizzato dal Censis sulle regioni meridionali di tradizionale insediamento della criminalità organizzata segnala un leggero incremento dei territori in qualche modo costretti a convivere con la presenza di tali or- LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 179


SOCIETÀ

Mentre negli anni passati la cautela consigliava di conservare le risorse finanziarie liquide, quest’anno abbiamo notato la timida tendenza a impiegare di nuovo i risparmi

ganizzazioni. Inoltre, sembra crescere la pre- conto che anche l’aiuto offerto dal volontasenza del crimine organizzato in settori importanti dell’economia legale, producendo rilevanti distorsioni, con un indubbio effetto depressivo nei processi di sviluppo». Tra i vari settori presi in esame qual è stato maggiormente interessato dal cambiamento rispetto al passato? «I cambiamenti che più si sono sentiti nel corso del 2010, e che con tutta probabilità segneranno una linea di tendenza anche nel prossimo anno, riguardano la vita quotidiana di gran parte della società italiana, in particolare il rapporto con il sistema sanitario e scolastico e la gestione di risparmi e consumi. Si sa che la famiglia in Italia più che in altri Paesi europei contribuisce significativamente alla spesa sanitaria: in termini quantitativi, questo contributo non è variato molto, ma da un punto di vista strettamente qualitativo e di impegno, certamente gli ultimi anni stanno determinando un diverso rapporto fra famiglia e welfare, soprattutto nelle condizioni di disagio estremo, come la disabilità e la cura di persone non autosufficienti. L’impegno dei cittadini è crescente e forse sta anche raggiungendo un limite di sopportabilità. Teniamo

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riato, nel momento in cui dovesse esercitare una sorta di supplenza rispetto all’intervento pubblico, perderebbe la sua funzione volta a umanizzare la cura, ma non a offrire un servizio sostitutivo. Un discorso simile vale per la scuola e in generale per la formazione. Il contributo delle famiglie, anche di tipo materiale, è diventato particolarmente oneroso e forse eccede quell’intreccio più che naturale fra responsabilità pubbliche e familiari». Cosa avete rilevato, infine, a proposito di risparmi e consumi? «Abbiamo rilevato come vi sia una seppur flebile ripresa di interesse per l’impiego delle risorse messe da parte, naturalmente per quegli italiani che sono riusciti a conservare una fetta del reddito anche in questa fase critica. Mentre negli anni passati la cautela consigliava di conservare le risorse finanziarie liquide nella previsione di maggiori difficoltà, quest’anno abbiamo notato che, seppure timidamente, si tende a impiegare i risparmi, magari negli immobili, contraendo un mutuo, anche grazie ai tassi di interesse ritornati piuttosto favorevoli, e addirittura investendo in fondi comuni o assicurazioni».


Alessandra Ghisleri

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l mondo politico italiano è al momento dominato dall’instabilità: incertezze e spaccature segnano il passo sia in seno alla maggioranza che nell’opposizione, e la crisi economica, mediaticamente tanto inflazionata, sembra non avere ancora intenzione di lasciarci. Ma come percepiscono tutto questo gli italiani? Come il panorama politico ed economico del Paese condiziona le loro scelte e i loro orientamenti? A questi quesiti ha cercato di rispondere Alessandra Ghisleri, che dall’osservatorio della sua agenzia di ricerche, Euromedia Research, fondata nel 2003, raccoglie le tendenze della società che cambia. Cosa emerge dai vostri ultimi sondaggi di carattere politico? «Innanzitutto emerge con chiarezza che gli italiani sono molto stanchi di essere governati da una politica nella quale a dettare legge sono i personalismi e non le emergenze; vorrebbero una politica capace di portare avanti un cammino continuativo e di far immaginare la visione di un Paese migliore. Desidererebbero essere maggiormente informati sulla scuola, sulla riforma del federalismo, sul fisco, sulle pensioni, piuttosto che sui gossip e su situazioni che accendono un interesse momentaneo ma rimangono molto lontane dalla vita di tutti i giorni. Secondo gli italiani i politici, trasversalmente, salvo pochissime eccezioni, parlano di una realtà che non conoscono in prima persona e con la quale invece i cittadini convivono quotidianamente, e avvertono in questo senso un incredibile gap; è

Più informazione, meno gossip Una politica slegata dai personalismi, vicina alla vita quotidiana dei cittadini, e un federalismo che mantenga le promesse. Questi i desideri degli italiani che affiorano dai sondaggi di Alessandra Ghisleri Michela Evangelisti per questo che trasmissioni come Vieni via con me, con Saviano che fa il narratore, una specie di cantastorie del nostro tempo, registrano un’attenzione e un ascolto molto ampi. Il conduttore si è informato, a modo suo, traendo le sue conclusioni, magari anche in maniera superficiale, ma comunque narra situazioni che sono interessanti e sentite dai cittadini». Cosa accadrebbe se a breve si dovesse andare alle elezioni? % «Sicuramente la maggioranza al Governo PREFERENZE avrebbe ancora un vantaggio politico in senso La percentuale degli numerico, però è tutto da stabilire; è come se Italiani che, in caso di elezioni fossimo in un grande momento di stand by. immediate, Bisognerà vedere quali nuove voterebbe per il Popolo della Libertà. forme politiche, aggregazioni e Il Partito coalizioni, appariranno all’orizDemocratico raccoglierebbe zonte». il 24–25% dei voti Come viene percepita atSondaggio politico tualmente la crisi economica? La elettorale Euromedia Research pubblicato fiducia sta crescendo? il 18/11/2010 «Grazie alla politica economica di questo Governo e alla capacità degli italiani di rimboccarsi le maniche e di guardare con ottimismo al futuro, la crisi economica è avvertita ma è guardata da lontano. Gli italiani l’hanno vissuta e la stanno vivendo, è tangibile la diminuzione del circolo del denaro, c’è un’attenzione

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SOCIETÀ

maggiore al risparmio, ma la crisi è comunque vista in lontananza, rimane sullo sfondo dello scenario. Non la si percepisce in maniera diretta come è avvenuto in America, e situazioni come quelle che si sono verificate in Grecia e in Irlanda, pur generando interesse e attenzione, rimangono un fenomeno da osservare dalla distanza». Come la sta vivendo, in particolare, il mondo degli imprenditori? «Bisogna ricordare che il mondo dell’imprenditoria italiana è formato anche dai piccoli e medi imprenditori, che non sempre si sentono rappresentati dalla grande Confindustria. Questa porzione desidererebbe maggiori attenzioni, perché è responsabile di una fetta importante del nostro Pil, ma soprattutto perché non accede ai finanziamenti, alla cassa integrazione, ai grandi sistemi economici. Pensiamo solo a quell’imprenditore che si è suicidato qualche settimana fa perché era riuscito a costruire un piccolo impero, sentiva i suoi dipendenti quasi come dei familiari, e non poteva più andare avanti. Questi casi ci fanno riflettere su come sarebbe importante focalizzare l’attenzione su queste realtà: le grandi imprese sono fondamentali, ma sono le piccole che formano l’ossatura del nostro Paese». Parliamo del tema del federalismo: come si schierano a questo proposito gli italiani? «Il federalismo è visto in generale con grande ottimismo; è anche l’indole mediterranea degli italiani che li aiuta ad accogliere bene questo genere di proposte. Sicuramente c’è più timore tra la popolazione che vive nel sud del nostro Paese, perché pensa che possa accentuare quel gap che oppone il nord avanzato e trainatore al sud in costante difficoltà. In generale il federalismo viene vissuto come una possibilità di avere servizi migliori pagando meno tasse, con una distribuzione più efficace

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Il timore più diffuso tra gli italiani è quello di non poter mantenere il benessere sviluppato, di non poter dare un futuro ai propri figli

di quelli che sono i servizi essenziali per il cittadino – sanità e scuola in primis. È ovvio che è una grandissima sfida: la fiducia che viene riposta nel federalismo - perché il dato nazionale è nettamente a favore - non deve essere tradita. È rischioso fare un over promise». Quanto l’incertezza politica del momento sta incidendo sugli orientamenti dei cittadini? Qual è al momento il principale timore degli italiani? «Quello di non poter mantenere il benessere sviluppato fino ad ora, di non poter sviluppare una propria vita e dare un futuro ai figli; sono le incertezze che tutti gli italiani si portano dietro dagli anni 60 in poi. A partire dal boom economico l’italiano ha sempre avuto bisogno di guardare avanti, di avere una visione in prospettiva del futuro del suo Paese, di avere la certezza di una stabilità che possa traghettarlo attraverso la vita e da trasmettere ai figli».



LAVORO E NORMATIVE

Collegato lavoro analisi e considerazioni Il mondo del lavoro è in evoluzione e necessita di nuove leggi che regolamentino l’attività lavorativa e i rapporti tra dipendenti e datori di lavoro. Gli esperti Giuseppe Vezzaro, Simona Bardelli, Nazareno Tiburzi ed Elio Luoni analizzano alcuni aspetti della nuova legge sul collegato lavoro Erika Facciolla

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a recente legge 183 del 4 novembre 2010 ha sancito i termini legislativi riferiti al nuovo collegato lavoro. La legge ha introdotto una serie di novità relativamente al rapporto tra datore di lavoro e lavoratore inquadrato in azienda sul fronte delle cause di licenziamento, sulle procedure arbitrali, sulla nuova figura dei collegi di conciliazione e sulle violazioni degli orari di lavoro. Il provvedimento costituisce di fatto un nuovo modus operandi per dipendenti e datori di lavoro; in altre parole rappresenta il testo di riferimento in materia di diritto del lavoro, assieme alla legge 66 del 2003. Ma cerchiamo di analizzare i punti salienti del collegato lavoro con l’aiuto degli esperti dello Studio Siri di Legnano. VIOLAZIONI SULL’ORARIO DI LAVORO Il testo della legge contiene un’ampia sezione dedicata alle violazioni della disciplina sull’orario di lavoro, riassunte nell’articolo 7 del provvedimento. «Il Collegato Lavoro – spiega Giuseppe Vezzaro, esperto di diritto del lavoro - ha modificato alcune sanzioni relative alle violazioni in materia di orario di lavoro. In particolare, per la violazione della durata massima settimanale della presta-

zione lavorativa e del riposo settimanale, è prevista una sanzione amministrativa da cento a settecentocinquanta euro». La sanzione cresce all’aggravarsi della violazione, arrivando a cinquemila euro di ammenda. «Anche per il mancato godimento di ferie e riposi giornalieri sono previste sanzioni che vanno da cento a oltre quattromila euro, a seconda del numero dei lavoratori a cui la violazione è riferita e del periodo di tempo in cui si è verificata». IL LAVORO STRAORDINARIO «Per lavoro straordinario - spiega Simona Bardelli, commercialista e consulente del lavoro – si intende il lavoro prestato oltre l’orario normale di lavoro come definito dall’art.3 del decreto legislativo n. 66 del 2003, che fissa a quaranta ore settimanali il tetto orario massimo». Il Ministero del lavoro ha stabilito i termini entro cui il ricorso al lavoro straordinario è legittimo. «È necessario che ci sia un accordo collettivo che preveda una disciplina del lavoro straordinario oppure, in mancanza di esso, un precedente accordo tra datore di lavoro e lavoratore». Nel primo caso il limite massimo annuale di ore straordinarie è definito dal contratto collettivo del lavoro; nel secondo, le parti sono libere di accordarsi nel rispetto del limite massimo di duecentocinquanta ore annue. «Un aspetto importante di questo passaggio è la definizione delle ore

A sinistra, il ragioniere Elio Luoni. Nella pagina a fianco, il ragioniere Nazareno Tiburzi e la dottoressa Simona Bardelli www.siri.it


Studio Siri

che non rientrano nel computo totale del lavoro straordinario come i casi di eccezionali esigenze tecnico-produttive, cause di forza maggiore, eventi particolari collegate all’attività. Inoltre – conclude Simona Bardelli – è opportuno segnalare che le prestazioni rese in eccedenza rispetto al normale orario concordato e decise in autonomia dal dipendente non sono assimilabili alle prestazioni di lavoro straordinario e quindi non retribuibili». LA REGOLAMENTAZIONE DELLE FERIE Come osserva Nazareno Tiburzi, commercialista ed esperto in materia di lavoro, «considerando i nuovi regimi sanzionatori in tema di ferie è utile ricordare i principi normativi che regolano questa materia, anche alla luce delle direttive dell’Unione Europea». Nella legislazione italiana le ferie sono previste dall’articolo 36 della Costituzione e disciplinate dall’art. 2109 del Codice Civile. «Nel nostro paese è riconosciuto al lavoratore il diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite,

finalizzato al recupero psico-fisico. Detto questo ogni accordo tra datore di lavoro e lavoratore che minacci questo diritto è considerato nullo». Un’eccezione a questa regola è rappresentata dai dirigenti, l’unica categoria che può rinunciare volontariamente alle ferie fermo restando il loro diritto alla relativa indennità sostitutiva. In generale si stabilisce che è il datore di lavoro a decidere il periodo da utilizzare per le ferie, tenendo conto delle esigenze dell’impresa e anche degli interessi del lavoratore, secondo quanto previsto dall’articolo 2109 del codice civile. Elio Luoni, esperto di diritto del lavoro, rimarca che «il lavoratore ha diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane. Con l’entrata in vigore della legge 66 del 2003 si possono distinguere tre periodi di ferie: un primo periodo, di almeno due settimane, deve essere fruito nel corso dell’anno di maturazione; un secondo periodo, di due settimane, da fruirsi anche in modo frazionato ma entro diciotto mesi dal termine dell’anno di maturazione; un terzo periodo, superiore al minimo di quattro settimane, potrà essere fruito entro il termine stabilito dalla contrattazione collettiva». «L’obbligatorietà dell’effettivo godimento delle ferie nei termini di legge e la non sostituibilità di queste con la relativa indentità– conclude Simona Bardelli - consentono di affermare che l’effettiva fruizione delle ferie può addirittura essere imposta dal datore di lavoro». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 189


STRUMENTI PER L’IMPRESA

La conciliazione come strumento di giustizia

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he la giustizia in Italia si muova con la lentezza di un pachiderma è cosa risaputa e innegabile», afferma il dottor Zaninotto. Ed «è senz’altro da ciò che ha preso le mosse il legislatore per porre all’ordine del giorno l’argomento della conciliazione con un decreto legislativo che prevede per molte controversie il tentativo obbligatorio a pena di improcedibilità». L’argomento è estremamente dibattuto e «si evidenzia la forte resistenza all’attuazione da parte di molti nel timore che la giustizia finisca nelle mani di privati e smetta d’essere equa. Non minore è la resistenza degli avvocati preoccupati di vedersi sottrarre una fonte di lavoro e di reddito». Allora la domanda sorge spontanea. Come si deve procedere, secondo lei, per riuscire ad abbreviare le tempistiche della giustizia? «Che si debba tendere a deflazionare i ricorsi al giudice, la cui mole di lavoro ha l’effetto di rendere lunghe le attese e negare di fatto la giusti190 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

I tempi sono lunghi e la burocrazia sembra infinita. Non è facile giostrarsi fra cause e ricorsi specie se le tempistiche sono fuori misura. Come riuscire a trovare la strada giusta? Ne abbiamo parlato con Claudio Zaninotto Belinda Pagano

zia, è diventata cosa quanto mai urgente e, quindi, propendere oggi per l’istituto della conciliazione significa innanzitutto fare di necessità virtù. Ma non si tratta solo di questo. Il propendere all’utilizzo di tale istituto risponde anche alla tendenza a una diversa concezione dei rapporti tra i soggetti in una società che si è progressivamente complessificata e nella quale, col crescere della consapevolezza della titolarità di diritti, di pari passo si è sviluppata una più spiccata litigiosità che tuttavia non trova adeguata soddisfazione nelle aule dei tribunali. Se la contrapposizione in giudizio porta a una definitiva frattura dei rapporti tra i soggetti con-


Claudio Zaninotto

tendenti, la conciliazione tende contemporaneamente sia a dirimere la controversia che a riaggiustare e mantenere il rapporto tra le parti contrapposte; un’ottica più rivolta al futuro che al passato. Senza voler immaginare effetti miracolosi e caricare questo istituto di pregi salvifici che non possiede, é fuor di dubbio che la tendenza a ridurre la conflittualità vada a tutto vantaggio di una maggior coesione sociale». Perché i consulenti del lavoro, i commercialisti e gli esperti contabili sono così favorevoli alla conciliazione? «Per noi e per i commercialisti l’ottica è quella dell’impresa che nasce per produrre beni o servizi e per fare utili. Un’ottica necessariamente pragmatica. Ogni disturbo all’attività d’impresa depista e distoglie dall’oggetto dell’attività stessa. Per l’imprenditore una causa in corso è un ostacolo, una perdita di tempo, un’occupazione mentale, un cruccio in più non finalizzato alla realizzazione dello scopo. Per l’imprenditore dirimere la questione il più in fretta e col Il dottor Claudio Zaninotto minor danno possibile significa liberare la garlasco@zanvil.it www.studiozaninottoevillani.com mente per occuparla in ciò che per lui più conta: fare impresa, cioè occupare personale, innovare, produrre, fare utili; un’attività di per sé complessa e impegnativa che non ha certo bisogno di ulteriori aggravi». Quindi uno strumento di grande utilità. «Esatto. La nostra tendenza è rivolta allo sviluppo di un istituto sì utile al deflazionamento delle aule dei tribunali ma anche allo sviluppo e mantenimento di migliori rapporti sociali e, quale surplus, il fine di consentire la liberazione delle migliori energie mentali degli imprenditori. Ciò d’altro canto non significa affatto propendere per una rinuncia alla possibilità di adire alla giustizia ordinaria, sempre possibile, e, tanto meno accontentarsi di una procedura meno che professionale ed equa». La conciliazione, dunque, sarebbe un’ottima strada da in-

traprendere per avere vantaggi in tempi brevi. Molti però la ritengono una strada meno redditizia. «I dubbi sollevati sono leciti e anche utili purché non capziosi e strumentali ad ottiche corporative. Sono utili se pongono problematiche volte al raggiungimento dei più alti livelli di serietà e affidabilità dell’istituto al fine ultimo di addivenire alla migliore prassi possibile. Sarà poi la soddisfazione dei contendenti che ne fanno esperienza a spingere il sentire sociale verso una quanto mai utile e ampia propensione all’utilizzo di tale forma di giustizia alternativa sia nelle questioni legate a cause in cui la conciliazione è obbligatoria a pena di improcedibilità, sia in quelle dove è lasciata alla volontà delle parti. La pluridecennale esperienza a fianco delle imprese ci porta a intravvedere nell’istituto della conciliazione un ulteriore strumento di giustizia, non una negazione; un’opportunità in più per dirimere questioni della più varia natura che in conseguenza dell’esiguità economica del contendere, dei costi che normalmente insorgono e della lentezza cronica della giustizia ordinaria, non troverebbero soluzione». Guardando però la questione dal punto di vista degli avvocati, non crede che siano giustificati i loro timori? «Io sono dell’avviso che il loro timore di vedersi ridurre una quota del volume d’affari può essere frutto di un abbaglio. Anche la pratica della conciliazione richiede spesso la necessità di un legale per l’assistenza delle parti. Non di meno, l’esistenza di questo nuovo istituto giuridico può dar luogo ad un maggior accesso alla giustizia di soggetti che, vuoi per la ridotta capacità economica, o per il ridotto valore del contendere, vuoi a causa della risaputa lungaggine del processo civile, rinunciano in partenza ad adire in giudizio per far valere i propri diritti. Per non parlare poi della soddisfazione del cliente che, diversamente da una causa civile destinata a prolungarsi per anni e anni, in pochi mesi può trovare soddisfazione. Questo, a nostro avviso, in un’ottica di medio periodo può solo riflettersi in un’immagine positiva dell’avvocato che l’ha consigliata e sostenuta». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 191


GESTIONE D’IMPRESA

Analisi e strategie per il rilancio aziendale Il bilancio di esercizio rappresenta uno strumento efficace per valutare e pianificare le scelte aziendali alla luce delle opportunità offerte dal mercato. L’esperienza dello Studio Pozzi nelle parole dei suoi professionisti Erika Facciolla

I Sotto, Martina Boneschi, fondatrice dello Studio Pozzi assieme a Carlo Pozzi, nella pagina a fianco. A lato, in alto, Laura e Luisella Pozzi. Sotto, Francesca Mondi www.studiopozzi.it

n un momento economico così intricato le imprese continuano ad accusare la stasi che permane nel mercato: le aziende che sono riuscite a sopravvivere al vertiginoso calo di fatturato degli anni scorsi sono ritornate nella seconda metà dell’anno a conseguire dei fatturati tali da garantire loro una sopravvivenza serena. Per altre, invece, la crisi finanziaria non ha lasciato scampo. Se da una parte il risultato economico garantisce una sufficiente copertura dei costi, dall’altra non consente una visione prospettica a medio o lungo termine tale da permettere la progettazione di programmi di sviluppo e adeguamento al mercato. L’immobilismo del settore economico lascia spazio solo ad un atteggiamento di attesa più o meno passiva che non dà frutto né futuro. Anche in termini occupazionali la tendenza è quella di contenimento e di snellimento dell’organico, deficitaria di una pianificazione basata su competenze, ruoli, organigramma funzionali. In questo scenario il professionista si inserisce in modo incisivo nel supporto delle scelte per il contenimento e il controllo dei costi e delle strategie in genere. Il suo

ruolo deve essere votato all’analisi delle scelte aziendali, sia in termini gestionali che di risorse. Affidarsi ad un servizio di consulenza esterna puntuale ed efficace costituisce, in molti casi, un fattore decisivo nel rilancio dell’impresa e nella sua corretta gestione sul lungo periodo. Lo Studio Pozzi, in tal senso, rappresenta da anni un punto di riferimento importante per piccole e grandi aziende. Fondato nel 1968, lo studio è specializzato in consulenza del lavoro e in assistenza fiscale e tributaria. «Il nostro team è formato da quattro professionisti interni e trenta collaboratori in grado di seguire l’imprenditore anche nella risoluzione delle problematiche e nell’adempimento degli obblighi dettati dalla normativa», spiega Martina Boneschi, fondatrice dello studio. «Il bilancio di esercizio resta lo strumento principe che permette la valutazione a trecentosessanta gradi dell’impresa – sottolinea Laura Pozzi Esso infatti consente di effettuare analisi gestionali, amministrative e di controllo, e resta il punto di partenza per ogni tipo di valutazione. È per questo motivo che deve essere analizzato anche alla luce di strumenti strategici nella gestione delle risorse umane». In tal senso il budget previsionale fornisce un valido strumento di valutazione dei costi del personale «rivolgendo particolare riguardo a singole voci che possono però essere molto significative». È per questo motivo che lo studio Pozzi dedica particolare attenzione alla reda-


Lo Studio Pozzi

zione del bilancio di esercizio, focalizzandosi nella proposta di un check-up aziendale che parte proprio dal documento annuale, oltre che da un budget previsionale, e sviscerando tutti gli aspetti derivabili dalle informazioni raccolte per inquadrare la realtà economica nel suo complesso. «Il Check-up aziendale – aggiunge Luisella Pozzi - è uno strumento che fotografa la realtà commerciale nei diversi aspetti funzionali, strutturali, gestionali ed economici al fine di far affiorare i punti più deboli che richiedono un intervento e promuovere i punti di forza». Concorda anche Francesca Mondi, consociata dello studio, che considera il check up aziendale «un’ottima opportunità per l’imprenditore, oltre che un efficace strumento di analisi, proteso alla valutazione di alternative o consolidamenti dell’asset aziendale». Ma come deve evolvere l’attività di consulenza alla luce dei repentini cambiamenti del mercato e di una realtà economica sempre traballante? La risposta nella

Il bilancio di esercizio resta lo strumento principe che permette la valutazione dell’impresa a 360 gradi

parole di Martina Boneschi: «La nostra attività professionale è proiettata in un futuro incerto e problematico. Nonostante questo, continuiamo a proporci con una spinta propositiva e ottimistica, con la competenza e precisione che solo la formazione e l’aggiornamento professionale continuo ci permette di mantenere a un alto livello qualitativo. L’obiettivo è essere capaci di proporre soluzioni sempre più efficaci e studiate sulle esigenze del cliente. La nostra mission - conclude la Boneschi - è permettere alle imprese di restare sul mercato senza subirne le condizioni, sempre nell’ottica di un’evoluzione orientata verso nuove prospettive». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 197


SERVIZI PROFESSIONALI

Gli studi professionali, imprese nel mercato della crisi I professionisti si adeguano ai mutamenti intervenuti nell’impresa a seguito della congiuntura economica. L’esperienza della realtà creata dall’avvocato Luca Breveglieri Aldo Mosca

L

e aziende hanno fatto i conti con un’economia “canaglia”. E a risentirne sono stati, ovviamente, anche i budget per i servizi professionali. «La crisi finanziaria globale ha agito come catalizzatore del cambiamento: si sono evolute le imprese e pertanto devono necessariamente evolversi anche gli studi professionali». Così esordisce Luca Breveglieri. Avvocato, esperto d’impresa e professionista portato all’innovazione, questo legale di Milano ha acquisito una certa notorietà nel tessuto manifatturiero del Nord Italia, assistendo molte aziende del comparto. Nel 2008, seguendo un trend ormai diffusissimo nell’area meneghina, ha compreso il valore strategico dell’integrazione con i commercialisti. E oggi osserva come le due categorie debbano seguire inevitabilmente il passo dei mutamenti economici, al pari delle imprese che assistono. «Le aziende si sono ritrovate nella condizione di dover ridurre drasticamente i costi, tra i quali quelli professionali. Come professionisti, abbiamo dovuto prendere atto del fatto che oggi più che mai le aziende ci chiedono servizi di 198 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

qualità ad un prezzo “certo” e “compatibile”». La crisi economica ha ridotto i budget delle imprese, tra cui quelli per i servizi professionali, e a questo i professionisti si sono adeguati. Cosa accadrà quando la ripresa diventerà effettiva? «Siamo dinanzi a una situazione non transitoria ma irreversibile. Se oggi i clienti sono in grado di acquistare servizi a un prezzo inferiore rispetto a quanto li pagavano prima della crisi, perché mai domani dovrebbero pagarli di più?». E questo cosa cambia? «I professionisti devono fare quello che hanno fatto le imprese per fronteggiare la crisi: inno-


Luca Breveglieri

Verso la “Future Industry” Lo studio BVS Avvocati e Commercialisti nasce, con la denominazione Breveglieri Verzini e Soci, nel settembre 2000, dall’evoluzione dello Studio Legale Breveglieri, fondato nel 1982 dall’avvocato Luca Breveglieri. Dal 2008 BVS ha affiancato alla pratica legale anche l’attività commercialistica, integrando le due categorie. Lo studio, oltre a svolgere attività commercialistica, si occupa di diritto societario, concorsuale, degli affari e dell’impresa, del lavoro, di famiglia e delle successioni, civile in generale e amministrativo e di contenzioso civile, tributario e amministrativo. Ogni socio gestisce un proprio gruppo di lavoro. Così mentre il fondatore segue il diritto d’impresa, l’avvocato Claudia Verzini si occupa di diritto del lavoro e di famiglia, l’avvocato Mauro Bosco è responsabile per il contenzioso civile, amministrativo e tributario, e il dottor Filippo Verzini è a capo dell’area commercialistica. Persone fisiche, piccole e medie imprese, grandi società italiane e internazionali ed enti si rivolgono a questa realtà milanese. In particolare, però, la struttura è cresciuta cementificando un forte legame con l’industria manifatturiera. «Dobbiamo molto alle Pmi di questo settore, sono state le prime a credere nel nostro valore professionale» spiega Breveglieri. Una ripresa che deve guardare al domani, al rinnovamento. E per celebrare questo auspicio, lo studio ha organizzato un concorso fotografico online basato sul tema “Future Industry”, che si prefigge lo scopo di spingere i concorrenti a individuare e immortalare i “segni” dell’industria del futuro. A Natale nella sede dello Studio si terrà un’esposizione delle fotografie dei vincitori del concorso, che saranno esposte nell’ambito di una mostra dal titolo “Old Industry”. Tra le altre cose, BVS ha un certo respiro internazionale, accompagnando da anni i suo clienti nel processo di internalizzazione e seguendo anche controversie giudiziali e arbitrati all’estero. BVS ha sviluppato solidi rapporti con alcuni studi legali che operano in giurisdizioni straniere, tra cui Guarnera Abogados di San Paolo, Brasile. A Milano gli investitori italiani in Brasile e quelli brasilianti in Italia possono trovare un vero e proprio Brazilian Desk. studiobvs@studiobvs.it - www.studiobvs.it

vare per fornire ai clienti servizi di qualità a prezzi competitivi». Cosa significa “innovare”? «Significa innanzitutto adeguare continuamente il nostro modo di produrre i servizi per ottimizzare i processi produttivi dell’ “impresa professionale”: massima efficienza nei processi produttivi». Voi, da questo punto di vista, cosa state facendo? «Ad esempio abbiamo migliorato la logistica per favorire l’interazione e lo scambio professionale; implementato i nostri sistemi informatici per gestire la maggior parte delle nostre attività; creato database mirati e flessibili rispetto alle nostre competenze specifiche; rivisto i processi della segreteria. E così via». Per quanto riguarda l’attività professionale in senso stretto? «Pur cercando di essere uno studio in cui il cliente trova la maggior parte dei servizi legali e commercialistici di cui ha bisogno, ci dedichiamo solo a quello che sappiamo fare meglio e acquisiamo all’esterno le competenze il cui conseguimento all’interno comporterebbe un

costo eccessivo per il cliente». E per quanto riguarda i prodotti? «Ci proponiamo come risolutori dei problemi dei clienti che vogliono soluzioni: di qualità, pratiche e fattibili». Qual è il prezzo “compatibile”? «Oggi i clienti cercano servizi professionali che, anche dal punto di vista dei costi, siano coerenti con il “valore” che la pratica ha per loro e con LA SPESA gli obbiettivi che si pongono. E vogliono che i RIDOTTA nostri compensi siano convenuti prima: così da Questa, avere un costo certo o comunque stimabile con mediamente, la percentuale una ragionevole approssimazione. E anch’io rial calo delle tengo che il compenso del professionista debba relativa spese effettuate dalle imprese essere certo a priori, allinearsi all’interesse ecoitaliane per nomico del cliente e creare un incentivo per il acquistare servizi professionali, professionista a raggiungere gli obiettivi voluti in primis legali dall’assistito». e commercialistici Cosa significa e cosa cambia rispetto al passato? «Significa che l’approccio dell’utenza ai servizi professionali è cambiato. In passato, nel 99% dei casi venivamo incaricati, lavoravamo e fatturavamo i nostri compensi. Oggi l’apertura di una pratica è, di fatto, l’elaborazione di un progetto. Si procede con il cliente ad un’analisi

30%

LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 199


SERVIZI PROFESSIONALI

approfondita del caso. I professionisti, poi, attuano una sorta di “assessment” sugli sviluppi e i possibili esiti, cosi che il cliente possa comprendere tutte le variabili in gioco e determinare il “valore” del caso, non solo sotto il profilo strettamente economico, ma anche, e soprattutto, dell’impatto sull’impresa, sulle sue strategie e sul suo day-by-day business. In seguito redigiamo un preventivo dell’attività che pensiamo di dover svolgere e redigiamo la nostra “distinta base”; quindi formuliamo le nostre proposte, sia per quanto riguarda la nostra attività che i nostri compensi». Proponete comunque compensi basati sulle tariffe professionali piuttosto che su tariffe orarie? «L’utilizzo rigido delle tariffe professionali piuttosto che delle tariffe orarie è, per la gran parte dei casi, il passato. Oggi proponiamo al cliente soluzioni alternative, quali ad esempio compensi forfettari al raggiungimento di determinati stadi di un caso; compensi fissi per un certo numero di attività omogenee; success fee che ci fanno condividere, parzialmente o interamente, l’alea del cliente; tetti per i nostri onorari; sconti su determinati volumi di lavoro; una tariffa oraria uniforme, indipendentemente dal professionista che presta l’attività». Parlando del manifatturiero, da sempre il settore che più la impegna, cosa si aspetta per il futuro? «Credo in una ripresa, anche se lenta. E con il mio background non potrebbe essere altrimenti. Sicuramente qualche segnale lo stiamo già percependo». Cosa occorre ad avvocati e commercialisti 200 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

Lavorare con le imprese nel 2010 significa non avere più a che fare con soggetti passivi, anzi. Non esiste più l’azienda che ti chiama e dice “sono stato citato, difendimi”

per essere sempre in grado di sostenere le imprese italiane? «Il nostro sistema soffre per un eccesso di leggi e per gli inaccettabili tempi di risoluzione delle controversie. E ce ne rendiamo conto innanzitutto in ambito fiscale. Il contenzioso tributario attualmente in Italia è abnorme. L’Agenzia delle Entrate ha fatto una grande opera pervasiva e chiarificatrice, ma non è sufficiente. Se poi pensiamo alla giustizia civile e ai suoi tempi, non possiamo che concludere che il “problema giustizia” è uno dei maggiori ostacoli alla nostra economia. Ci piacerebbe molto poter operare in un sistema che offre certezze ed è efficiente quanto cerchiamo di esserlo noi».

In alto, la sede dello studio BVS a Milano. Sotto, da sinistra, gli avvocati Mauro Bosco e Claudia Verzini e il Dottor Filippo Verzini



IDENTITÀ LOCALI

La “cultura dei territori” sostiene il successo economico Il patrimonio culturale italiano è una risorsa da tutelare e valorizzare per preservare le peculiarità specifiche in ogni territorio, oggi minacciate dalla globalizzazione. L’esempio brianzolo nelle parole di Enrico Elli Erika Facciolla

L

a cultura come veicolo di specificità e identità locale da tutelare nel mondo della globalizzazione: è questa la sfida di un settore che sta attraversando un momento molto tormentato, complici i profondi mutamenti sociali che hanno caratterizzato gli ultimi decenni. Un momento nel quale è fondamentale tutelare il patrimonio culturale di ogni territorio per evitare l’appiattimento indotto dai mezzi di comunicazione di massa. Se da una parte il cosiddetto ‘villaggio globale’ ci proietta in una definizione di cultura dai confini più ampi, ma inevitabilmente più ‘sbiaditi’, dall’altra rischia di inghiottire le peculiarità socio-culturali in cui tendiamo a riconoscerci, cancellando di fatto l’essenza stessa della nostra identità. Quell’identità culturale che deve essere protetta e valorizzata in ogni sua espressione e sfumatura in quanto è ricchezza di ogni popolo. L’assessore alla cultura, beni culturali, formazione professionale della provincia di Monza e della Brianza della Lega Nord, Enrico Elli, affronta queste e altre tematiche con riferimento alla sua realtà locale, conosciuta in tutto il mondo per le caratteristiche di imprenditorialità, laboriosità, di know-how e capacità innovativa a livello internazionale. Partendo da queste osservazioni, quali sono gli obiettivi in cui si è impegnata la Provin-

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cia? «In primo luogo, quello di far emergere le grandi specificità della Brianza e del modus operandi brianzolo: portare alla luce la nostra storia, ricca di tradizioni, di cultura, di un’etica del lavoro che identifica proprio nell’attività lavorativa un momento di promozione sociale». E qual è stato il filo conduttore del suo assessorato finora? «Ho concentrato le energie sulla promozione del concetto di “lavoro in rete” in modo da coinvolgere e condividere con le amministrazioni locali e i cittadini i progetti, le iniziative, le strategie e gli obiettivi per un efficace rilancio della specificità brianzola». A tal fine, sono state promosse manifestazioni particolari? «Tra le tante potrei citare ‘Ville Aperte in Brianza’, un evento che coinvolge la stragrande maggioranza dei comuni della provincia e che promuove la riscoperta delle Ville di delizia, luoghi che rappresentano un’eccellenza del nostro patrimonio storico. E poi ci

Enrico Elli, assessore alla cultura della provincia di Monza e della Brianza e.elli@provincia.mb.it


Enrico Elli

In un periodo di crisi come questo, in cui le risorse sono scarse, si rende necessaria una programmazione intesa come condivisione e dunque fonte di sinergie e “reti”

sono le feste dedicate al teatro, al cinema, alla musica e al mondo del libro, incontri culturali di elevato valore che coinvolgono l’intera comunità brianzola». I recenti tagli alla cultura hanno sollevato molte polemiche e la congiuntura economica negativa ha complicato ulteriormente la situazione. Quali sono, a suo parere, le strategie da attuare? «In un periodo di crisi come questo, in cui le risorse sono scarse, si rende necessaria una programmazione intesa come condivisione e dunque fonte di sinergie e “reti”, le sole in grado di consentire l’accesso ai finanziamenti disponibili per la realizzare di progetti di qualità atti a garantire sviluppo e crescita culturale». Può chiarire questo concetto con degli esempi concreti? «Potrei citare la nostra partecipazione a bandi significativi in ambito culturale, tra i quali il

più importante, vinto con grande soddisfazione, del “Distretto Culturale Evoluto”. Un risultato che dimostra la validità del lavoro di squadra e che si coniuga perfettamente con il modello da noi promosso del ‘lavoro in rete’ nato per valorizzare i beni materiali e immateriali del nostro territorio». In cosa consiste esattamente la finalità del progetto? «L’obiettivo è porre l’accento non solo sull’attività di restauro, valorizzazione e promozione delle nostre risorse culturali, ma sulla capacità di fare della cultura un efficace strumento dinamico, il motore per uno sviluppo effettivo del territorio. Per la prima volta la cultura non dovrà agire in modo autoreferenziale, ma dovrà coinvolgere tutti i soggetti che operano sul territorio e che sono lo specchio della nostra specificità». Per concludere, quali sono, secondo lei, le nuove sfide poste dalla globalizzazione? «La competizione internazionale non è più solo una sfida produttiva, si gioca oggi sulla capacità creativa e sulla capacità di coinvolgere tutta la filiera del sapere: scuola, università, industria, design, ricerca. È la “cultura dei territori” la chiave vincente per il successo economico e sociale». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 209




TRASPARENZA

Più consapevolezza tra i risparmiatori Le associazioni dei consumatori da sempre si battono per rafforzare il rispetto dei principi di trasparenza e di correttezza del sistema bancario nella relazioni con la clientela. Massimiliano Dona illustra quali risultati si sono raggiunti quest’anno Nicolò Mulas Marcello

P Massimiliano Dona, segretario generale Unione Nazionale Consumatori

er sensibilizzare i risparmiatori a una maggiore attenzione nei rapporti con le banche occorre sviluppare una cultura finanziaria già a partire dalle scuole. «Noi dell’Unione Consumatori – spiega il segretario generale Massimiliano Dona – abbiamo iniziato da anni a lavorare nelle scuole per informare». I risparmiatori sono adeguatamente informati sui diritti che la legge riconosce loro? «Fino a qualche anno fa erano poco informati. Da un paio di anni si sta facendo molto in questo senso. D’intesa con l’Abi (con il Consorzio Patti Chiari), ma soprattutto con una collaborazione intensa con i principali Gruppi bancari, si stanno producendo molte guide che informano tutti i consumatori, non solo la clientela delle banche, sulle caratteristiche di specifici argomenti bancari e finanziari cercando di fornire in modo semplice ma efficace quelle informazioni utili per arrivare ad avere consumatori infor-

212 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

mati anche della “cultura finanziaria”». Buone regole, efficaci controlli e sanzioni severe, pur costituendo il necessario presupposto per una tutela veramente incisiva, non sono da soli sufficienti. Cosa occorre per incentivare un’educazione finanziaria? «Le buone regole, i controlli efficaci e le sanzioni severe sono un rimedio a posteriori, ma quello che le associazioni auspicano è che l’educazione finanziaria inizi nelle scuole, insieme all’educazione civica (che oggi non viene più insegnata). Noi dell’Unione Consuma-


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Massimiliano Dona

Chiediamo chiarezza, trasparenza, correttezza nel mantenere gli impegni e una maggiore consapevolezza dei bisogni e delle esigenze del cliente

tori abbiamo iniziato da anni a lavorare nelle scuole per informare, facendo cultura consumeristica, promuovendo lezioni, istituendo concorsi e dando premi ai più meritevoli. Abbiamo sollecitato le banche con cui abbiamo migliori e più intensi rapporti a seguire il nostro esempio, per educare i nostri figli anche ai problemi finanziari, per educare coloro che domani si affacceranno nel mondo del lavoro». Quanto ha inciso la crisi economica nei rapporti tra consumatori e sistema finanziario? «In Italia non ha inciso molto proprio perché il sistema bancario italiano ha risentito meno della stessa crisi, essendo relativamente impegnato nei prodotti finanziari che maggiormente l’hanno provocata, contrariamente agli altri Paesi europei. Ha semplicemente rafforzato il convincimento che una maggiore trasparenza nell’offerta e nella vendita dei pro-

dotti è indispensabile». La Banca d’Italia ha emanato quest’anno alcuni provvedimenti che hanno lo scopo di rafforzare il rispetto dei principi di trasparenza e di correttezza del sistema bancario nella relazioni con la clientela. Tra questi l’arbitrato bancario finanziario. Quali vantaggi apporterà questo provvedimento ai consumatori? «L’introduzione di un arbitro imparziale è sempre stato un “cavallo di battaglia” delle associazioni dei consumatori maggiormente impegnate sul fronte bancario. In numerose occasioni era stato richiesto alla Banca d’Italia di intervenire per modificare o sostituire l’Ombudsman – Giurì bancario, considerato uno strumento privo dell’indispensabile “terzietà”. Infatti tale struttura, costituita dall’Abi, era stata salutata come una occasione per le banche di ridare dignità ai reclami della clientela, LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 213


TRASPARENZA

spesso ignorati o mal considerati dalle

Aziende di credito. Il suo difetto principale era la mancanza di una concreta rappresentanza dei consumatori nel collegio di valutazione della disputa, composto esclusivamente da componenti del sistema bancario. L’Abf, arbitro bancario finanziario, invece, è un organismo terzo che rappresenta anche i consumatori e che consente a tutti coloro che non ricevono un riscontro (o non ne sono soddisfatti) ai reclami indirizzati alla propria banca un ricorso che costa solo 20 euro. Tale somma viene rimborsata in caso di accoglimento del reclamo. In questi primi mesi di funzionamento ha dimostrato ampiamente la propria validità ed è stato inondato dalle richieste dei risparmiatori. Inoltre il suo funzionamento si è dimostrato così valido da costringere, implicitamente, le banche a dare maggiore ascolto e riscontro ai reclami della propria clientela alla sola minaccia di ricorrere all’Abf». Per le banche la fiducia dei clienti è un bene prezioso. I risparmiatori, le loro associazioni, l’opinione pubblica sono sempre più esigenti. Quali ulteriori interventi sono necessari per tutelare il consumatore?

214 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

Le associazioni auspicano che l’educazione finanziaria inizi nelle scuole, insieme all’educazione civica

«Chiediamo chiarezza, trasparenza, correttezza nel mantenere gli impegni, una maggiore consapevolezza dei bisogni e delle esigenze del cliente, l’adeguatezza delle soluzioni offerte, costi più contenuti per i servizi bancari che attualmente sono ancora troppo cari. Il rispetto di queste semplici regole capovolgerebbe l’attuale situazione e le Associazioni si occuperebbero solo marginalmente delle problematiche del credito. Oggi tutti sanno quali sono i problemi e le soluzioni, tutti le auspicano, soprattutto le banche. Ma perché non le attuano nella misura adeguata? Troppo spesso invece prevale la ricerca del profitto, degli obiettivi economici da realizzare, del rating che viene assegnato alle proprie azioni in funzione della “produttività”. E il rispetto per il consumatore ha un costo che non sempre è considerato come necessario per essere davvero etici sul mercato».



RETE AEROPORTUALE

Aeroporti più grandi, efficienti, ben serviti e in rete

I

n Italia l’evoluzione del sistema aeroportuale è stata per lungo tempo connessa alle strategie e alle esigenze della compagnia di bandiera. Successivamente, le crescenti difficoltà di Alitalia e gli effetti della liberalizzazione del traffico aereo, realizzata in attuazione della normativa comunitaria, hanno determinato una proliferazione del numero di aeroporti, senza che si individuassero chiaramente le linee programmatiche idonee a ordinare in modo coerente lo sviluppo del sistema. «Basti pensare che la rete aeroportuale italiana è costituita da circa 100 aeroporti, di cui solo 47 registrano traf-

Qui sotto, l’onorevole Mario Valducci, presidente della commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni della Camera dei Deputati

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«L’Italia non ha bisogno di un maggior numero di aeroporti, ma di scali più grandi, più efficienti e meglio connesse». Le nuove sfide per la rete aeroportuale italiana emergono dall’attenta analisi dell’onorevole Mario Valducci Renata Gualtieri

fico commerciale con voli di linea. I primi 20 aeroporti coprono il 95% del traffico di passeggeri. Ancora più significativo è il fatto che soltanto 7 aeroporti hanno un volume di traffico superiore a 5 milioni di passeggeri l’anno (soglia di rilevanza comunitaria) e i primi 8 aeroporti (i 7 a rilevanza comunitaria più Ciampino) coprono circa il 70% del traffico passeggeri del Paese». L’onorevole Mario Valducci, presidente della commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni della Camera dei Deputati indica quale è lo stato del sistema italiano. Quali le prospettive e i dettagli delle linee strategiche su cui lavorerà la Commissione che Lei presiede per lo sviluppo di un comparto così fondamentale per il nostro Paese? «Nei due anni e mezzo della mia presidenza abbiamo innanzitutto lavorato per una positiva soluzione della crisi

Alitalia con ottimi risultati visto che ormai da due anni il vettore non pesa più sulle tasche degli italiani. Poi abbiamo concluso un’indagine conoscitiva sul settore aeroportuale che ha visto ben 41 audizioni dei soggetti interessati, dalle compagnie aeree alle società di gestione aeroportuali alle istituzioni interessate. Dall’indagine è emerso un quadro frammentato del sistema aeroportuale italiano, che comporta, per un verso, l’utilizzo di ingenti risorse pubbliche per la realizzazione e la gestione di aeroporti con volumi di traffico ridotti e, dall’altro, per effetto della concorrenza tra gli scali, la difficoltà di sviluppare aeroporti su cui concentrare i voli a medio e lungo raggio. Pur avendo una dimensione economica paragonabile a quella di Germania, Francia e Gran Bretagna, l’Italia non ha aeroporti di dimensioni analoghe a quelle di Londra-Heathrow, di Parigi-Charles de


Mario Valducci

Gaulle, di Francoforte o di Madrid-Barajas e AmsterdamSchiphol. Insomma, il sistema aeroportuale italiano, nello stato in cui si trova oggi, non pare in grado di sostenere adeguatamente le future potenzialità di sviluppo del traffico aereo che, secondo stime conservative, ammonterà a circa 250 milioni di passeggeri nel 2030». Occorre una razionalizzazione della rete aeroportuale italiana? «L’interesse generale alla crescita del traffico aereo in Italia induce a individuare come obiettivo prioritario quello di utilizzare le risorse disponibili

non per creare nuovi aeroporti ma per ammodernare, ampliare e potenziare, in modo mirato, gli aeroporti che esistono e che già oggi rappresentano un asset significativo per l’intero Paese. Per raggiungere questo obiettivo è necessario, in primo luogo, ritrovare la capacità di elaborare una programmazione dello sviluppo della rete aeroportuale che risponda a finalità, interessi ed equilibri di carattere generale. Vi è, inoltre la difficoltà che deriva dalla frammentazione delle competenze a livello istituzionale. La competenza sugli aeroporti civili attribuita alle regioni dal titolo

V della Costituzione rende più complessa l’elaborazione di una programmazione a livello nazionale, mentre rischia di indebolire la resistenza alle pressioni “campanilistiche” che provengono dai singoli territori all’interno di ciascuna regione per avere il proprio aeroporto. Quanto agli aeroporti minori, la chiave per il rilancio è quella della specializzazione ad alto valore aggiunto: trasporto merci (approccio già adottato da qualche caso virtuoso nel Nord del Paese), traffico business (ad alto valore aggiunto), ultraleggero ed elicotteristica (volano del turismo locale)». C’è necessità di nuovi scali aeroportuali o occorre potenziare quelli già esistenti? «Il numero degli scali è assolutamente adeguato, tenendo anche conto della particolare conformazione dell’Italia. La vera sfida è di rendere efficienti e attrattivi quelli che già esistono. Dall’indagine conoscitiva che abbiamo concluso in commissione Trasporti è emerso con evidenza che occorre evitare di investire ingenti risorse pubbliche in strutture che non solo non sono in grado di garantire la propria sostenibilità sotto il profilo economico, ma rischiano anche di compromettere le prospettive di crescita degli altri aeroporti già operanti nella medesima area geografica, con l'effetto finale di ridurre la capacità di assorbimento del traffico aereo del Paese. L’Italia non ha bisogno di un maggior numero di aeroporti, ma di LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 217


RETE AEROPORTUALE

Gli aeroporti, “le cattedrali del Terzo Millennio”, sono la vetrina del sistema Italia

scali più grandi, più efficienti e

meglio connessi, attraverso collegamenti intermodali con la rete ferroviaria e stradale, al territorio e al bacino di traffico di riferimento». È possibile coniugare la sostenibilità ambientale con la realizzazione delle grandi infrastrutture? «Certo, ma non possiamo dimenticare che sostenibilità ambientale ed economica sono rovesci della stessa medaglia. Dove non ci sono investimenti e sviluppo sostenibili, difficilmente ci sono risorse per tutelare l’ambiente nel tempo. Le tecnologie delle costruzioni (settore in cui l’industria romana è stata storicamente all’avanguardia nel mondo) forniscono oggi soluzioni impensabili solo pochi anni or sono. Certo è che il piano aeroportuale nazionale su cui sta lavorando il Ministero non potrà non tenerne conto nell’individuazione dei siti e la rilocalizzazione di quelli a maggior impatto. Nonché nell’individuazione di forme compensative per i territori che ospitano 218 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

gli aeroporti in crescita, che fungono comunque da acceleratore sull’indotto delle economie locali». Esiste un esempio di mobilità efficiente nel sistema aeroportuale italiano? «Ci sono casi positivi che vanno analizzati ed interpretati come best practice, anche se soltanto 6 sono gli aeroporti che hanno un collegamento ferroviario diretto. È il caso dell’alta velocità ferroviaria che, da pochi mesi, arriva direttamente in aeroporto a Milano Malpensa. E la stessa Malpensa si sta riprendendo dopo la scelta di Fiumicino come hub da parte di Alitalia: i recenti dati di traffico del 2010, sebbene parziali, dimostrano un’inversione di tendenza rispetto agli ultimi due anni. È il caso di Palermo, al cui interno è stata realizzata una fermata ferroviaria interamente con fondi europei, che rende veloce il collegamento tra l’aeroporto, invero piuttosto lontano dalla città, e il centro del capoluogo siciliano. Infine c’è Pisa, l’aeroporto regionale europeo

con il terminal ferroviario più vicino all’aerostazione, circa 40 metri». Quali sono le criticità da eliminare e i punti di forza su cui puntare per garantire il ruolo dell’Aeroporto di Fiumicino come grande hub per l’Italia? «Intermodalità ferro/gomma/ porti e sviluppo sostenibile sono sfide che attendono Fiumicino e che sono affrontate nel Piano industriale. Occorre sottolineare che gli aeroporti, “le cattedrali del Terzo Millennio”, sono la porta di accesso per l’internazionalizzazione delle nostre piccole medie imprese, ma soprattutto la vetrina del Sistema Italia. Particolare attenzione dovrebbe essere riservata agli aspetti architettonici degli aeroporti in modo che consentano di trasformarli in tante “piccole Expo” in cui chi arriva e parte possa vedere, apprezzare (e quando possibile acquistare) le eccellenze che hanno reso famoso nel mondo lo stile di vita italiano: arte, moda, design ed enogastronomia».



Luci a Milano I luoghi simboli di Milano sono stati illuminati in occasione della 2a edizione di Led – Festival Internazionale della Luce. «Il segreto – rimarca il sindaco Letizia Moratti – è guardare alla luce come strumento importante per sicurezza, sostenibilità e qualità urbana» Francesca Druida

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Il sindaco di Milano, Letizia Moratti; in apertura, “Over the raimbow” di Laura Inglese


Letizia Moratti

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eicentomila led, fino al 10 gennaio, accendono le porte storiche che conducono in città, mentre la più importante arteria commerciale si è trasformata nella via delle rose di luce». Così il sindaco di Milano, Letizia Moratti, delinea lo scenario che ha preso vita nel capoluogo lombardo grazie a Led – Festival Internazionale della Luce, curato da Beatrice Mosca e Marco Amato, promosso dal Comune e dall’assessorato all’Arredo, Decoro Urbano e Verde guidato da Maurizio Cadeo, con il patrocinio di Associazione per il Disegno Industriale, Associazione Italiana di Illuminazione e Aiap Associazione Italiana Progettazione per la Comunicazione Visiva. Un progetto che, come ricorda il primo cittadino, rientra nel circuito dei grandi festival della luce europei, dalla città di Lione con “La Fête des Lumières”, che ogni anno attira milioni di visitatori, alle grandi light cities: Londra, Parigi, Berlino e Francoforte. Installazioni, opere d’arte, allestimenti e proiezioni luminose hanno trasformato Milano in un palcoscenico di luce a cielo aperto, tra sostenibilità, risparmio energetico, creatività e innovazione. Si tratta di un evento diffuso che assume rilevanza non solo nella prospettiva delle ricadute economiche e di visi-

bilità che sarà in grado di generare, ma anche e soprattutto per la nuova visione metropolitana che veicola: la luce assurge, infatti, in questo contesto a strumento capace di modificare spazi e luoghi, coinvolgendo gli spettatori in un’affascinante e inedita lettura del paesaggio urbano e della contemporaneità, offrendo allo stesso tempo possibili modelli d’illuminazione per la città del futuro in termini di estetica, ma anche di funzionalità e sicurezza. Gli “artisti della luce” protagonisti della seconda edizione di Led, offrono, secondo il sindaco Moratti, un’importantissima occasione per dimostrare come design e tecnologia costituiscano un binomio eccellente per ottenere risultati di grande suggestione urbana. Può indicare i temi che fanno da leitmotiv alla manifestazione e gli obiettivi che con questa seconda edizione si è prefissata? «Sono gli elementi naturali, l’aria, l’acqua, il cosmo e la natura, i temi a cui si sono ispirati i grandi light designer e i giovani talenti per accendere Milano. Una Milano illuminata dal centro alla periferia, dal quadrilatero della moda ai Navigli, dai quartieri della movida alle più importanti arterie commerciali. Il Festival Internazionale della Luce è un percorso espositivo open air LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 221


MILANO ILLUMINATA

Testimonianza tangibile della possibilità di creare nuove sinergie tra il mondo dell’arte e il mondo dell’impresa, della tecnologia e del design

che si esprime attraverso la

luce della natura, dell’acqua, del verde, del sogno e dello stupore, tra moda, design e creatività. È un evento aperto a tutta la città con 60 allestimenti scenografici. Nuvole e altalene luminose, fontane illuminate, nebbia di luce, lune e soli accesi, alberi accesi, fiori colorati e prati fioriti, farfalle, pesci e balene illuminate: un omaggio anche ai “100 anni di luce”, celebrati nel 2010 dalla Fondazione Aem. Milano è la città della luce elettrica: è stata, infatti, la prima in Europa ad avere quartieri illuminati dalla luce elettrica. Milano, già capitale del design, con la seconda edizione di Led è sempre più un luogo di innovazione e sostenibilità ambientale». Milano, città dei futuristi. Milano, città che guarda al futuro. Quali suggestioni e prospettive

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offre il festival per il capoluogo dal punto di vista della riqualificazione, della trasformazione urbanistica e architettonica di oggi, ma soprattutto di domani? «Uno sguardo al passato e uno al futuro. Milano, la città di Marinetti e dei futuristi che all’inizio del secolo scorso celebravano l’elettricità facendone uno dei fondamenti della propria estetica, torna a riproporre un binomio, quello tra la città e la luce, sempre suggestivo. Un binomio che ci permette di ridisegnare e reinventare la città attraverso la luce artificiale. Milano vive una stagione di grandi cambiamenti. Il segreto è quello di guardare alla luce non solo come occasione di arte e di design, ma come strumento importante per sicurezza, sostenibilità ambientale e qualità urbana. L’illuminazione scenografica dei monu-

menti storici, l’impiego di nuove fonti illuminanti e il risparmio energetico sono fra i primi traguardi della nostra città». Il festival identifica anche una vetrina per le eccellenze del sistema creativo, formativo e produttivo del design e dell’illuminotecnica. In che modo Milano sta incoraggiando lo slancio verso la sperimentazione, l’innovazione e la ricerca sotto il profilo formativo, ma anche economico e culturale? «Creatività, formazione e sistema produttivo coinvolgono l’intera città. Testimonianza tangibile della possibilità di creare nuove sinergie tra il mondo dell’arte e il mondo dell’impresa, della tecnologia e del design. Un modello Milano che si apre a tutti protagonisti del settore, nazionali e internazionali, ponendo al centro l’eccellenza produt-


Letizia Moratti

tiva lombarda. Da Karim Rashid a Gilbert Moity, da Matteo Thun a Fabio Novembre, i grandi light designer della scena internazionale affiancano i giovani talenti delle più importanti scuole di design di Milano.

E sono proprio gli studenti, provenienti da 30 Stati e nazioni diverse, i veri ambasciatori delle eccellenze formative e innovative della nostra città nel mondo. Giovani talenti che, anche quest’anno, abbiamo voluto

coinvolgere in prima persona attraverso il Led Award, concorso istituito dal Comune di Milano per decorare la città attraverso le più originali proposte progettuali e opere d’arte di luce».

Sopra, “Un amore di Città” realizzato da Swarovski nella galleria Vittorio Emannuele

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REALTÀ DOGANALI

Il passaggio alla dogana oggi è più semplice Il trasporto su gomma in Italia ha sempre avuto dimensioni importanti, tanto da determinare regolamentazioni specifiche per il passaggio da un paese all’altro. Abbiamo parlato del rapporto doganale Italia-Svizzera con Piero Cassoni Belinda Pagano

Piero Cassoni, titolare della Gama info@gamacomo.it

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on è facile districarsi nella complicata realtà delle leggi nazionali. Se si aggiunge la conoscenza della documentazione necessaria per passare la frontiera, la difficoltà nel trovare parcheggio nei pressi della dogana e altri piccoli inconvenienti, lasciare l’Italia diventa una vera e propria impresa. Per chi percorre questo tragitto per lavoro, come ad esempio gli autotrasportatori, le difficoltà fanno presto a trasformarsi in veri e propri problemi. C’è chi ha deciso di entrare in questo mondo e di farne una realtà quotidiana, come l’agenzia doganale Gama. Qual è il punto di forza di Gama? «Per prima cosa la competenza e un approccio cordiale, aspetti che in quest’ambito non devono essere ritenuti secondari. Passando poi agli aspetti logistici, la possibilità di disporre di un parcheggio privato, e di uno gratuito, con una capienza di 50 posti tir, attivo ventiquattro ore su ventiquattro. I nostri orari sono scanditi in base a quelli dei cancelli doganali».

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Da quanto tempo esiste la vostra attività? «Ormai sono dieci anni che operiamo nel settore. La nostra attività è nata dalla collaborazione di due figure professionali: un imprenditore e un dichiarante doganale. L’agenzia ha ottenuto fin da subito un grande successo grazie alla geniale, mai attuata, iniziativa di adeguarsi agli orari di apertura e chiusura dei cancelli doganali con l’organizzazione di due turni di lavoro. Inoltre, di fondamentale importanza è stata l’idea di dare assistenza diretta alle varie ditte interessate all’attraversamento della Svizzera, di aiutare gli autisti, soprattutto stranieri, coinvolti nel difficile mondo delle pratiche doganali». Qual è il successo lavorativo di cui va più fiero? «Una piccola premessa: Como è l’ultima città italiana confinante con un paese non rientrante nell’Unione Europea e il problema dei trasporti su strada è molto sentito. La causa principale è la mancanza di strutture attrezzate e parcheggi, senza contare le strade non adatte al volume di transito degli automezzi. Negli


Piero Cassoni

I conducenti dei tir sono dei professionisti del trasporto che meritano maggiore rispetto. Li aiutiamo nelle procedure doganali anni passati il traffico stradale ha subìto un sostanziale incremento, facendo insorgere diverse problematiche. In prossimità della dogana di Ponte Chiasso, tutte le strutture stradali sono piccole e prive di zone di parcheggio, quindi con l’allora direttore doganale si concordò un piano di deconcentrazione del traffico, deviandolo verso la periferia sud della città, e si fece in modo che gli autotrasportatori avessero già la documentazione necessaria per l’attraversamento della svizzera, in modo da non causare inutili congestioni». Come ha influito la crisi internazionale sulla vostra realtà? «Purtroppo ne abbiamo risentito, basti pensare che la produzione di molte aziende è al

di sotto della normalità. Di conseguenza il trasporto dei materiali è notevolmente diminuito, se si vuole parlare di numeri siamo intorno al 30 per cento. Se si unisce al calo della produttività l’aumento del pedaggio autostradale svizzero, si deduce che tanti trasportatori hanno preferito optare per il traforo del Monte Bianco, o altre soluzioni alternative». Quali problematiche comporta lavorare in una zona di frontiera? «I problemi che possono insorgere sono tanti, alcuni legati al paese confinante, nel nostro caso la Svizzera. Ogni nazione, infatti, ha una sua specifica legislazione ed è necessario conoscerla in tutti i suoi aspetti. Le leggi svizzere, ovviamente, si differenziano

da quelle italiane per quanto riguarda la tassazione e altri aspetti. C’è anche da aggiungere che negli ultimi anni, con l’avvento delle dichiarazioni telematiche, alcune procedure si sono semplificate mentre altre sono diventate più complicate, come l’archiviazione dei documenti». Avete in cantiere iniziative particolari che vuole menzionare? «Stiamo organizzando l’ampliamento dello spazio dedicato al posteggio. Como non ha attualmente una struttura adatta a offrire comodità agli autotrasportatori. La nostra idea è di rendere il parcheggio un’area più ampia e funzionale, dove la parola d’ordine sia “internazionalità”. I conducenti di tir a volte sono considerati degli sgradevoli compagni di strada, in realtà sono professionisti del trasporto che meritano il rispetto dovuto. Aiutarli nelle soste e nelle procedure doganali è un piacevole dovere». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 227


EDILIZIA

Abitare e costruire le certezze della bioedilizia L’Ance promuove l’ecosostenibilità. Un paradigma innovativo solo se doppiamente impiegato: sulle nuove costruzioni e sulla riqualificazione dell'esistente. Mentre a macchia di leopardo fioriscono cantieri green, Paolo Buzzetti pensa a un piano uniforme che innovi il Paese Paola Maruzzi

C Paolo Buzzetti, presidente dell’Ance

ase ad alta efficienza energetica. Edifici che inquinano meno di un’auto. Marchi di qualità che certificano le nuove politiche dell’abitare ecosostenibile. Sotto il segno della green economy, l’industria edile nazionale ha già accumulato un bel numero di assi nella manica. Ma serve una tattica di gioco organica e complessiva per affrontare da un lato la sfida lanciata dall’ambiente, dall’altro per risanare e riqualificare un settore duramente colpito dalla crisi. Per il presidente dell’Ance la conversione ecologica dell'edilizia deve andare di pari passo con l’evoluzione di regole e normative statali. Oltre a indottrinare imprese e cittadini sull’importanza del risparmio energetico, servono direttive chiare e verticali, che dal governo si propaghino fino ai cantieri più periferici. Così il bilancio di Paolo Buzzetti

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porta la discussione sul piano della fattibilità e, quindi, sulla reale fruibilità del mattone green che, sia pure timidamente, ha preso forma. Presidente, cosa è necessario per innescare la scintilla dell’edilizia ecosostenibile? «Come Ance stiamo indirizzando le nostre imprese verso un nuovo modo di costruire improntato sulla qualità e sulla sostenibilità. Sono argomenti che cominciano ad avere presa anche sui consumatori. È necessaria però una conoscenza della materia diffusa e condivisa. In definitiva serve un quadro di regole certe, completo, affidabile e uniforme su tutto il territorio nazionale. Solo così il sistema produttivo potrà indirizzarsi con decisione sui cambiamenti da apportare all’organizzazione aziendale e ai processi produttivi, e rispondere a questo nuovo modello di sviluppo, meno attento alla quantità e più sensibile alla sicurezza, alla durabilità e alla tutela dell’ambiente». Quindi manca un quadro

nazionale univoco e chiaro? «Purtroppo nel nostro paese la corsa verso la bioedilizia è stata rallentata dal ritardo nella definizione del quadro delle regole. Sono serviti cinque anni per definire i decreti attuativi per i metodi di calcolo dei consumi e per le linee guida per la certificazione energetica. E siamo ancora in attesa del decreto sui certificatori energetici. A questo va aggiunta la sovrapposizione delle competenze tra Stato e regioni, che ha di fatto determinato norme a macchia di leopardo sul territorio nazionale». Prima accennava alla presa sui consumatori. Ma gli italiani sono pronti a investire sul mattone green? «Secondo un recente studio dell’Ocse, sono ancora pochi i consumatori disposti a pagare un maggior prezzo per acquistare prodotti a basso impatto ambientale. Ma la situazione cambia in presenza di incentivi finanziari e di chiari obiettivi da conseguire, di regole definite, di un’informazione autorevole da


Paolo Buzzetti

c

Serve un quadro di regole certe, affidabili e uniformi su tutto il territorio nazionale. Solo così l’edilizia si fa ecosostenibile

parte di organismi indipendenti e credibili che li possano convincere ad adottare scelte responsabili». L’Ance quali input sta dando al governo e alle imprese, per aprire le porte a questa rivoluzione verde? «L’Ance si sta impegnando affinché le disposizioni regionali esistenti vengano allineate al quadro di regole nazionale e venga inoltre emanato tempestivamente il decreto che disciplina i requisiti professionali e i criteri di indipendenza dei certificatori energetici. La mancanza di tale decreto, con differenze e contraddizioni tra le regole nei diversi territori regionali, ha creato confusione anche nei consumatori. Crediamo inoltre che sia fondamentale promuovere un sistema di comunicazione e d’informazione istituzionale rivolto agli utilizzatori

per far crescere la sensibilità, l’interesse, la cultura dei cittadini e, di conseguenza, delle imprese. Sosteniamo la necessità della diffusione della certificazione per rafforzare la conoscenza della prestazione energetica degli edifici. Fondamentale è poi l’avvio di una politica di strumenti incentivanti per l’acquisto di nuovi immobili ad alta efficienza energetica (classe A e classe B). Quelli in vigore, definiti dal decreto legislativo 40/2010, sono stati senza dubbio un’ottima idea, che non ha ottenuto gli effetti attesi di stimolo alle nuove iniziative». In Italia dove si stanno registrando i primi segnali positivi? «Nonostante le difficoltà derivanti dalla tardiva definizione di un quadro unico nazionale, una maggiore sensibilità si è avuta nelle re-

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gioni del Nord, sia per specifici indirizzi di alcune amministrazioni locali, sia per un tangibile vantaggio economico derivante dalla riduzione dei consumi per il riscaldamento invernale». E sull’urgenza di intervenire sul parco edilizio esistente, cosa sarebbe necessario? «Per incentivare la riqualificazione si potrebbero pianificare delle scadenze entro le quali diventi obbligatorio eseguire interventi di miglioramento, supportati da incentivi fiscali e da altri strumenti di sostegno per gli utenti. Chiediamo di puntare nel breve termine a riconfermare l’attuale strumento di detrazione fiscale del 55 per cento delle spese, rimodulandone il funzionamento e concedendolo solo a quegli interventi che effettivamente riducano il fabbisogno di energia».

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Un investimento a cinque stelle Il mercato delle residenze di lusso non conosce crisi. Parola di Barbara Magro, che vende immobili esclusivi a Milano e nelle località turistiche più note Michela Evangelisti

Barbara Magro, dell’agenzia Barbara Magro Luxury Real Estate

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sclusivi attici vista Duomo, lussuose ville immerse nel verde a pochi chilometri dal centro di Milano, residenze patrizie con immensi saloni di rappre-

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sentanza. Ma anche dimore esclusive nelle più rinomate località turistiche italiane e straniere. Sono questi i “gioielli” che Barbara Magro scova e seleziona per offrirli ai suoi clienti, quei pochi privilegiati che possono concedersi immobili di altissima classe. Un settore, quello della compravendita di residenze di lusso, che sembra non aver per nulla risentito della crisi economica degli ultimi anni, e che, anzi, è in continua crescita. La crisi pesa sull’economia, gli italiani hanno difficoltà a pagare le rate del mutuo stipulato per l’acquisto della prima casa, ma

il mercato della residenza di pregio sembra in netta controtendenza. Come spiega questo fenomeno? «La crisi non ha inciso sulle residenze di pregio; di solito chi le acquista non ha bisogno di stipulare mutui e i pochi che lo fanno hanno una banca assolutamente di fiducia e non hanno alcuna difficoltà nel pagamento delle rate. Nel mio mercato non ho notato flessioni, perché l’immobiliare è l’unico investimento che regge. Chi ha molti soldi non li investe in borsa, per ovvi motivi di incertezza, ma nel mattone. Chi ha perso soldi in Borsa, e ora ha capitali ridotti, pre-


Barbara Magro

ferisce investire in un immobile di pregio, che tra l’altro è perfettamente rivendibile. Anche per quanto riguarda la vendita di piccoli immobili il mercato a Milano si sta riattivando, i colleghi mi dicono che ci sono grandi segnali di ripresa. Tratto soltanto residenziali di lusso a Milano e grandi ville e il mio problema non è la mancanza di acquirenti, anzi: la gente vuole acquistare ma mi mancano le case da proporre. Anche perché chi si rivolge alla mia agenzia ha richieste molto particolari, vuole case speciali, immerse nel verde, centralissime, all’ultimo piano». E gli acquisti nelle località turistiche di alto livello? Anche in questo senso il mercato non ha subito rallentamenti? «I clienti cercano pezzi unici,

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Chi ha perso soldi in Borsa, e ora ha capitali ridotti, preferisce investire in un immobile di pregio, che tra l’altro è perfettamente rivendibile

case con accesso diretto al mare, al lago, alle piste da sci. In questo segmento le trattative e i tempi di vendita si sono allungati; l’incertezza generale dei mercati fa sì che, se anche i soldi ci sono, gli acquisti vengano maggiormente ponderati, soprattutto nelle località turistiche piuttosto che nel residenziale milanese». Chi sono i suoi clienti? «Grandi nomi della finanza, della politica, della televisione e dello sport; perlopiù famiglie giovani di manager con figli, che cercano una casa nel centro di Milano di almeno 300 o 400 metri quadrati e

Cresce la domanda di immobili di lusso D

al 2003 Tirelli&Partners, in collaborazione con Nomisma, pubblica un monitoraggio del segmento più esclusivo del mercato residenziale. In base ai dati più recenti, nei primi sei mesi del 2010, il mercato del top real estate (gli immobili residenziali di lusso) ha registrato un incremento consistente della domanda. L’offerta risulta stabile, invece, creando “un collo di bottiglia” che frena la crescita delle compravendite. Milano e Roma vedono confermata la loro parità per quanto riguarda il livello dei prezzi medi al metro quadro, che risulta per entrambe superiore ai 10mila euro con un “top price” registrato su Milano di 22.500 euro al metro quadro. Totalmente differenti, invece, i tempi di vendita: 10 mesi a Milano contro i 5 di Roma, performance quest’ultima dovuta alla maggiore disponibilità dei venditori ad accettare offerte a prezzi inferiori. A Milano, in realtà, gli andamenti sono stati eterogenei a seconda delle zone considerate. In particolare, le zone Magenta, Brera-Garibaldi e la zona residuale sono risultate le più attive, con una domanda in ripresa più accentuata di quanto invece sia accaduto per il Quadrilatero, il centro storico e la zona Venezia-Duse.

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con balcone: vogliono una casa di pregio che possa anche servire come ufficio di rappresentanza». Quali sono i costi delle residenze di lusso nel centro di Milano? «I prezzi non scendono mai al di sotto dei 10.000 euro per metro quadrato e possono arrivare fino a 15.000». Quali sono le sue previsioni per il futuro? «Sono sicura che le cose andranno sempre meglio: non vedo altri investimenti sicuri come gli immobili di pregio e che diano al tempo stesso tali soddisfazioni». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 231


Così rinasce l’antico Castrum Grazie all’opera della Agritrade, uno dei complessi monumentali più affascinanti della Brianza ritrova il suo antico splendore. Tra giardini e sculture, un viaggio al Castello d’Inverigo Fabio Moretti

A destra, Giorgio Pozzi

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orna a rivivere in tutto il suo antico splendore il Castello di Inverigo, una piccola perla che, da un poggio, spazia su quasi tutta la Brianza, dalle Prealpi alla Valle del Lambro, sino alla pianura milanese. «Tutto è nato da un’idea di Giorgio Pozzi, rinomato imprenditore nel campo immobiliare, che, più di vent’anni fa, con intuito e sensibilità, guidato dall’amore per il bello e per la “sua” Brianza, ha saputo vedere, sotto la polvere del tempo e dell’abbandono, questo meraviglioso edificio con il desiderio di restituirlo al territorio e alla comunità». A raccontarlo è Luciano Castelli, pre-

T

sidente del Consiglio di Amministrazione di Agritrade Srl, società che ha seguito il progetto di restauro e rifunzionalizzazione previsto all’interno del piano di recupero del complesso. Quali altri attori hanno sostenuto il progetto? «Il Comune di Inverigo, col quale mi devo complimentare per la grande sensibilità espressa nel predisporre un piano d’intervento di natura così complessa. L’idea di Pozzi ha così preso corpo. Grande merito indubbiamente va all’Amministrazione locale la quale ha compreso che, solo grazie a un consistente e organico intervento privato, sa-


Agritrade

In apertura, Giorgio Pozzi, presidente della GP&C. In questa pagina altre immagini, interni ed esterni del Castello di Inverigo (Co) www.gpccontract.it

rebbe stato possibile salvare un bene simile, innegabile testimonianza della storia del nostro territorio. La straordinaria opera di restauro, curata da Agritrade Srl, è stata completata seguendo una precisa linea di pensiero: dare nuova vita al Castello, lasciando il più integro possibile l’impianto originario, nel pieno rispetto delle prescrizioni normative e salvaguardando la storia dell’edificio e il suo valore simbolico». A quale epoca risale il complesso? «Il primo documento che fa riferimento all’esistenza di un Castrum in loco Inverigo risale al 1370, ma l’edificio è databile intorno al X Secolo d.C., epoca

di realizzazione in loco di molte fortificazioni e torri di difesa. Anche l’ubicazione, su un’altura nei pressi della strada di collegamento tra Milano e i passi alpini, ne attesta l’origine militare. Nel 1411 i Giussani, nobile e potente famiglia milanese, acquistano il Castrum da Antoniolo de Schotis di Inverigo. È con loro che il Castrum lascia la sua originaria funzione di difesa e si amplia e trasforma per diventare lussuosa residenza signorile. Alla morte dell’ultimo dei Giussani, Tiberio, il castello passò ai Crivelli, ricca famiglia di proprietari terrieri. Con loro, tra il 1664 ed il 1669 il Castello conobbe la sua massima importanza politica e, conseguen-

temente il suo maggior splendore, diventando residenza e sede del governo feudale dei Crivelli, che dominarono incontrastati sino al 1797, quando il governo napoleonico ne abolì i privilegi feudali. Ciò non privò castello e proprietari di prestigio e importanza, se è vero che i Crivelli, rimasti a Inverigo sino agli anni Cinquanta,

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CASTELLO DI INVERIGO

Questo complesso è una testimonianza irrinunciabile del passato del nostro territorio

›› ospitarono intellettuali famosi 1989, il complesso viene accome Foscolo, Stendhal e Carlo Porta». Poi cosa accadde? «Alla morte del Marchese Liberto Crivelli, alla fine degli anni ’50 la proprietà subisce traversie giudiziarie che ne avviano l’abbandono. Tra gli anni sessanta e settanta il Castello viene addirittura svuotato di arredi, quadri, opere d’arte, mobili, parti dell’archivio e di qualsivoglia oggetto di rilievo economico. La proprietà passa alla famiglia Fumagalli, finché nel

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quistato dalla Agritrade. Il resto è storia di questi giorni». Ci spieghi meglio la tipologia del vostro intervento e le sue finalità. «L’edificio è a destinazione residenziale, ma la sua rilevanza storica, quindi pubblica, viene preservata con la tutela architettonica e la destinazione a uso pubblico di parte del parco di pertinenza del Castello». Insomma, mantenere i segni delle differenti epoche storiche riportando alla luce un luogo in cui ogni secolo ha lasciato evidenti tracce di sé. «Esatto, e ciò anche per le sue parti più antiche come il Castrum, alla cui corte si accede solo attraverso il portone posto tra la torre del carcere e quella della guardia. Qui abbiamo lasciato, ancora visibili, un pozzo e un frantoio


Agritrade

di epoca medioevale. Abbiamo cercato di conservare l’antica suggestione anche nella Corte del Fattore, col suo torchio monumentale e nella Corte Nobile, con la grande torre balconata. Tra le parti più affascinanti vi sono i giardini all’italiana, con statue di fauni e ninfe, e il maestoso Viale dei Cipressi. Il castello è altresì ricco di opere d’arte come affreschi, oggetti artigianali, decorazioni secentesche ancora visibili che rendono gli ambienti assolutamente straordinari. Bellissime anche le porte interne con gli stipiti finemente decorati e i soffitti a cassettoni squisitamente affrescati». Come siete riusciti a conciliare la conservazione del patrimonio artistico con le moderne esigenze edilizie?

«Grazie al lavoro di squadra di tante persone qualificate e motivate, che credono fortemente in questo progetto. L’intervento in corso è pensato secondo criteri di sostenibilità ambientale, impiegando materiali e tecnologie ecocompatibili, nell’ottica del minor impatto su un contesto che può essere considerato di altissimo pregio, non solo dal punto di vista del costruito storico, ma anche del patrimonio ambientale circostante. Vengono così valorizzati elementi architettonici quali il portico, il loggiato, il tetto a falda, nel tentativo di preservare e insieme rivisitare il criterio organizzativo dello spazio. Ogni area interna ed esterna al Castello viene salvaguardata sia dal punto di vista naturalistico che artistico e architettonico. L’utilizzo delle più moderne tecnologie per il risparmio energetico e il rispetto della

normativa vigente in materia, si integrano armonicamente con l’originalità della tradizione costruttiva dell’epoca. Solo così si tutelano l’individualità e la qualità del luogo creando al contempo un legame col passato. Una collaborazione di grande qualità in questo senso è stata condotta con la Soprintendenza dei Beni Monumentali della Lombardia». Passato e futuro si tendono la mano? «No. Passato e futuro si prendono per mano. Il progetto opera tra quei due poli, secondo un’idea di fare architettura con due valori fondanti: sensibilità, nel rapporto e nel rispetto di un contesto di alto valore storico e artistico, ergo umano, e misura, quale componente razionale ed etica imprescindibile in un progetto di conservazione, salvaguardia, ma anche trasformazione».

Sopra, uno scorcio sul viale dei Cipressi. Nelle altre immagini, alcuni particolari architettonici e degli esterni del Castello di Inverigo

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BIOEDILIZIA

Costruire rispettando l’ecosistema Bioedilizia e architettura bioecologica: un’evoluzione contro l’inquinamento. Per l’architetto Enrico Thanhoffer, invece, si rischia di esasperare la ricerca della purezza dei materiali, perdendo il senso pratico della realtà Valeria Di Meo

L’architetto Enrico Thanhoffer

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seguito di una direttiva di carattere comunitario, il decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 26 giugno 2009 ha reso obbligatoria la consegna da parte del proprietario dell’immobile, in caso di compravendita, della certificazione energetica dell’edificio. Una procedura che precisa l’effettivo valore di consumo della costruzione e la classifica all’interno di una scala graduata: si va dalla classe A + per i fabbricati a bassissimo impatto ambientale, alla classe G per quelli ad alto consumo energetico che oggi rappresentano la maggioranza sul territorio nazionale. Dal primo luglio 2010 la certificazione deve essere allegata agli atti anche in caso di affitto del locale. È chiaro che siamo a un punto di svolta per l’edilizia, che per anni ha alimentato l’inquinamento con l’uso di materiali di origine chimica, l’emissione di gas e lo sfruttamento del territorio. L’industria delle costruzioni inizia a seguire un nuovo indirizzo improntato sull’ecosostenibilità e l’equilibrio tra edificio e ambiente. La bioedilizia e l’architettura bioecologica diventano realtà: una si-

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nergia di azioni e intenti con il fine di rispettare l’ecosistema. Quindi solo tecniche ecocompatibili di costruzione, materiali e risorse naturali come acqua, legno, sole; fonti energetiche rinnovabili come i pannelli solari e quelli fotovoltaici. Ma tutti gli addetti ai lavori sposano questa tendenza? Ne abbiamo discusso con l’architetto Enrico Thanhoffer, impegnato nel settore edile con la progettazione di immobili e le ristrutturazioni. La sua è una voce un po’ fuori dal coro, un punto di vista alternativo ma sempre a sostegno del benessere psicofisico dell’uomo. Facciamo un confronto tra passato e presente: cosa voleva e vuole dire ora architettura? «La disciplina imponeva lo studio della forma e dello spazio


Enrico Thanhoffer

❝ per generare l’architettura dell’edificio, curando anche l’aspetto artistico dell’immobile. Oggi, con le nuove normative, il discorso cambia o meglio alla forma e allo spazio si aggiunge anche l’energia, come ulteriore punto di progettazione di un locale. Il lavoro diventa più difficile: l’architetto deve rispettare le normative, conoscere l’impiantistica, il materiale di costruzione, riuscire a mettere insieme tanti fattori per ottenere il fabbricato migliore». Come deve essere utilizzata oggi l’energia pulita? «Bisogna considerare la luce naturale, il sole come fonte energetica pulita e quindi sfruttare l’orientamento fisico dell’edificio per utilizzare la luce in modo ottimale. Sono tutti accorgimenti che migliaia di anni fa erano all’ordine del giorno.

Basti pensare agli uomini primitivi che dovevamo approfittare dell’ambiente circostante e di tutti i mezzi forniti dalla natura per riscaldarsi e sopravvivere». Ha già sperimentato la bioedilizia? «Fornisco già i certificati energetici perché con il decreto del 26 giugno 2009 è diventato obbligatorio per tutti quelli che comprano, vendono e affittano. Questa esigenza si ripercuote ovviamente sul mio lavoro di architetto; durante la progettazione, devo avere ben presente le tecniche per evitare sprechi di consumo energetico, puntando sulle caratteristiche dell’ambiente. Per quanto riguarda la bioedilizia in senso stretto, quindi ricerca esasperata della qualità e della purezza dei materiali, è qualcosa che non ap-

Bisogna considerare la luce naturale, il sole come fonte energetica pulita e quindi sfruttare l’orientamento fisico dell’edificio

provo totalmente. I concetti di base sono giusti, ma coloro che si definiscono bioarchitetti finiscono per esagerare perdendo il senso pratico della realtà. Perché se io bevo tutti i giorni acqua purissima, rischio di ammalarmi: ho bisogno anche dei batteri per difendermi dalla vita quotidiana, che non è ovunque pura come l’acqua e l’aria di casa mia. Questo discorso possiamo trasferirlo alla bioedilizia. La casa, a mio giudizio, deve essere il frutto dello studio di tutte queste problematiche per ottenere comunque un ambiente favorevole al benessere psicofisico dell’uomo, senza esagerare o estremizzare».

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PROGETTAZIONE EDILIZIA

Il risparmio energetico applicato all’edilizia Tutti gli aspetti tecnici della progettazione edilizia oggi si sviluppano all’interno di una profonda ricerca del risparmio energetico. Così tutte le costruzioni della Sicem si fondano sulla green economy Guido Costanza

l boom della green economy dilaga verso orizzonti inesplorati. Ma l’applicabilità dei principi di risparmio energetico all’edilizia, già nota agli specialisti del settore, sembra non conoscere alcuna battuta d’arresto. Soprattutto alla Sicem, società di costruzioni che, con vari decenni di presenza sul territorio mantovano e nel nord Italia, è oggi specializzata nella costruzione di case ad alto risparmio energetico, con

I Alla scrivania Carlo Negri insieme al team di professionisti della società di costruzioni Sicem di Mantova sicemsrl3@virgilio.it

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ausilio di mezzi e materiali costruiti a loro volta nel rispetto dell’ambiente. «Pannelli solari, impianti geotermici, elevatori a batteria, tetti ventilati, rivestimenti termici a cappotto, impianti fotovoltaici e riscaldamento a pavimento, sono solo alcuni dei punti ormai diventati quotidianità delle nostre costruzioni». È il geometra Carlo Negri, membro fondatore della Sicem oggi unico responsabile, a spiegare come il fulcro centrale della società

mantovana si sia nel tempo spostato «dal costruire bene al costruire bene rispettando l’ambiente». La linea guida della Sicem è di fatto, la green economy, nonché la coniugazione dei principi di bellezza estetica con quelli di comfort abitativo, risparmio economico e bassissimo impatto ambientale. «Contribuire alla messa in opera di un’edilizia capace di riflettere e adottare i canoni di ecocompatibilità ambientale non significa però dimenticare l’importanza degli approcci architettonici – afferma il geometra Negri –. Con tali premesse, diviene quindi necessario puntare alla cura e alla ricercatezza dei dettagli, alla funzionalità e fruibilità degli spazi, garantendo il pregio dei materiali utilizzati e rapportandosi sempre in modo dinamico e aperto ai continui cambiamenti che da tempo investono il panorama dell’edilizia su scala globale, sia a livello tecnologico che normativo soprattutto in ma-


Carlo Negri

teria di bioedilizia». Le dinamiche progettuali ed esecutive della Sicem non mirano solo al valore ecocompatibile del risultato finale, ma anche durante il processo produttivo le fasi di costruzione sono volte al minor impatto acustico, visivo e di inquinamento. Per soddisfare tali prerogative «si utilizzano mezzi alternativi – spiega Negri –, dall’uso di elicotteri per i getti di calcestruzzo alla macchina per aspirazione dei rottami, all’ascensore di cantiere per l’esecuzione dei nostri immobili» spiega Negri. Tutti gli edifici realizzati per opera dei professionisti della Sicem, rientrano nella classe A e B del clima house. «Si effettuano inoltre tutti i tipi di verifiche acustiche come da calpestio, aereo e di facciata e anche quelle più specifiche come prove acustiche degli impianti tecnologici, rilasciando al termine della costruzione le relative certificazioni. Tutte le unità abitative vengono ana-

lizzate con la termo camera per l’abbattimento dei punti termici e per la verifica delle dispersioni. Nessun particolare viene tralasciato – precisa il geometra Negri –, il tutto è analizzato singolarmente per dare un prodotto complessivo ben superiore della media del mercato». Lo dimostrano i recenti progetti portati a termine dalla Sicem come, ad esempio, il complesso di villette a schiera in una nuova area di urbanizzazione a Mantova oppure «la realizzazione ex novo di un condominio plurifamiliare in cui è stato adottato un cappotto in fibra minerale e un impianto geotermico per il riscaldamento e la produzione di acqua calda. È stato verificato il terreno per arrivare alla prima falda d’acqua utilizzabile e scavato il pozzo a oltre 75 metri di profondità». Un sistema geotermico come quello implementato negli edifici della Sicem consente di risparmiare tra il 50 e il 60 per cento sui consumi condomi-

Contribuire alla messa in opera di un’edilizia ecocompatibile non significa dimenticare l’importanza degli approcci architettonici

niali. Di fatto, la filosofia del risparmio investe tutte le attività della Sicem. «Un aspetto su cui stiamo puntando molto è l’estrema attenzione al recupero in loco di materiali naturali e disponibili presso le vicine zone della pianura Padana – afferma Negri –. Cerchiamo di tenere monitorati tutti i tragitti in modo da avere un minore impatto su ogni fronte, non solo a progetto ultimato ma già a priori».

In alto, da sinistra, condominio plurifamiliare, immobile ristrutturato e sotto, villette a schiera in nuova area di urbanizzazione in Mantova realizzate da Sicem

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PROGETTARE

La nuova dimensione della progettazione L’architettura firmata da Massimo Facchinetti prende forza dal contesto. Il territorio non è mai un dettaglio da trascurare. Attraverso le suggestioni di forme e colori, la progettazione si lascia guidare dall’ambiente e diventa ecosostenibile Paola Maruzzi

ella sua doppia natura, artistica e funzionale, l’architettura è un settore ampiamente frequentato e discusso. Ne parlano un po’ tutti e, spesso, in maniera impropria o fuorviante. Bisogna, quindi, tornare alla precisione e all’esperienza di chi la pratica. Cosa significa oggi, nell’era Sotto, da sinistra, della globalizzazione e dei Carlo Bono e Massimo mutamenti imposti dal proFacchinetti; nella pagina a fianco, gresso tecnologico, mettere in alto, villa Valentina, in basso prodotti della linea in atto i saperi architettonici “Tutti in tavola” della linea e reinventarli? «Dialogare Foppapedretti con il proprio presente, inwww.facchinetti-partners.com www.prototipi.org teso come sedimentazione di

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esperienze fatte della storia, memoria, tradizione e linguaggi che costituiscono il contesto, il riferimento del progetto. Per questo il territorio è parte integrante del progetto e mai elemento accessorio». Ecco in sintesi la visione progettuale di Massimo Facchinetti, che di “escursioni” nel linguaggio architettonico contemporaneo se ne intende. Un viaggio tra le forme e i suoi contesti che, non a caso, sta per essere ripercorso in un libro, edito da Skira e in uscita a fine dicembre. Ma questa non è affatto una storia individuale e autocelebrativa.

Più menti, infatti, ne sono coinvolte. Si tratta dei due soci dello studio Facchinetti&Partners: Alessandra Boccalari e Carlo Bono. Il team di “maestri”, se così possiamo chiamarlo, ha all’attivo un numero interessante di assi nella manica. La partecipazione alla Biennale di Venezia e una mostra alla Triennale di Milano, sono solo alcuni recenti esempi. Poi, sfogliando l’archivio delle collaborazioni in ambito di design, ci si imbatte in committenti del calibro di Silico, Martini, Rolfo, Foppapedretti, Abb. Sono tutte partnership nate nel laboratorio creativo di Designer by Prototipi S.a.s., la società di design di Massimo Facchinetti. «La tendenza a puntare su prodotti personalizzati –puntualizza - sta spingendo le aziende a indirizzare la produzione su un design for all, fruibile, cioè, da qualsiasi utilizzatore». Questo dimostra come l’architettura “vecchio stampo” sia sempre più intrecciata con il design e, soprattutto, con l’industria. Ma per comprendere a fondo


Massimo Facchinetti

Il colore acquista un valore aggiunto in quanto carattere distintivo del progetto al pari della forma stessa

la filosofia architettonica di Massimo Facchinetti, vale la pena ripercorrere lo spirito che ha animato villa Valentina, una delle prime opere progettate. «È un manifesto delle intenzioni che saranno in seguito sviluppate dallo studio: una soluzione moderna per l’abitare che inventa utilizzando materiali tradizionali. Di qui ci siamo specializzati sulla valutazione volumetrica e l’inserimento ambientale». La continuità tra passato e presente acquista così un peso rilevante. E nel tempo, diventa una costante nella ricerca di nuove soluzioni. Parte della lungimiranza di Facchinetti deriva dalla sua particolare “scuola”. «La mia professione si è forgiata dalla tempra del cantiere. La visione del problema applicato alla costruzione ha

una genesi compositiva insolita rispetto a quella classica del sentire architettonico. Da qui deriva un’impostazione armonica tout court». Dal punto di vista edilizio lo studio Facchinetti cerca di applicare tutti quegli accorgimenti atti a migliorare le condizioni ambientali e del buon vivere, attraverso l’applicazione di adeguate strategie progettuali mirate a integrare l’edificio nel suo contesto ambientale e a ottimizzare lo sfruttamento delle risorse rinnovabili. Toccando le corde degli aspetti che caratterizzano il design ambientale, si scopre che uno dei più importanti è sicuramente l’uso del colore. Massimo Facchinetti ne parla a ragione, forte della sua esperienza come professore di disegno industriale

prima all’università di Milano e Firenze e ora a Brescia. «La scelta dei materiali e dei colori dovrebbe essere confortata da studi che prendano in esame l’indole cromatica del contesto per cercare una sintonia. Il colore – conclude Massimo Facchinetti - acquista così valore aggiunto in quanto carattere distintivo del progetto al pari della forma stessa, qualificandosi ormai come una nuova dimensione, tutta da progettare: la “quarta dimensione”». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 241


CANTIERI SICURI

Qualità certificata nei cantieri La messa in opera di cantieri sicuri chiama in campo il settore delle impermeabilizzazioni. Un contesto specialistico in cui, in base all’esperienza di Imperedil, l’attenzione alla sicurezza e alle certificazioni si traduce in qualità prestazionale Giulio Conti

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attenzione alla qualità, alla sicurezza e alle normative non può essere più aleatoria. Soprattutto in tutti quei settori che implicano la cantierizzazione di progetti di edilizia civile e industriale. Punti cardini su cui l’azienda Imperedil, operante nel campo delle impermeabilizzazioni continue, ha investito negli ultimi anni e continua a puntare, sono infatti l’assoluta rispondenza alla normativa vigente in materia della sicurezza, la qualità delle prestazioni e le varie certificazioni aziendali e dei dipendenti e collaboratori in materia di formazione e innovazione di prodotto. «Fin dal 1996, anno di fondazione della società, abbiamo basato il valore dell’impresa sul personale altamente qualificato e con esperienza nel settore. Tale prerogativa ha con-

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sentito alla Imperedil di crescere professionalmente, concentrandosi esclusivamente nel ramo delle impermeabilizzazioni continue bituminose e sintetiche, sia nel settore civile che industriale». A illustrare le basi su cui si fonda la forza imprenditoriale di Imperedil è il geometra Sergio Garavaglia, responsabile tecnico e socio fondatore dell’azienda insieme a Maria Amalia Giuliani, responsabile amministrativo. Principalmente rivolta al mercato di tutto il nord Italia, con una struttura manageriale ormai consolidata e circa una trentina di dipendenti che oscillano anche in base alle esigenze di commessa, l’azienda ha raggiunto dimensioni rilevanti che ne hanno determinato anche l’incarico affidatole per il cantiere “Il Borgo” di Milano, sicuramente il cantiere


Sergio Garavaglia, Maria Amalia Giuliani

In apertura, da sinistra, Sergio Garavaglia, Maria Amalia Giuliani e Alessandro Borroni della Imperedil, azienda attiva nel settore delle impermeabilizzazioni, con sede a Castellanza (VA) qualita@imperedil.it

Grazie alla qualità delle aziende impegnate nel cantiere “Il Borgo”, è stata rilasciata l’importante certificazione di sicurezza “Bollino Blu”

più importante in cui Imperedil è stata impegnata nel corso della sua storia. «Oltre alle dimensioni considerevoli, con un’area di circa 40.000 metri quadrati, “Il Borgo” è caratterizzato da una committenza e dalle imprese affidatarie che con noi – afferma Garavaglia – condividono gli stessi obiettivi in materia di sicurezza, qualità e procedure organizzative». Data la presenza di acqua di falda, Imperedil parte con le impermeabilizzazioni delle fondazioni nell’estate del 2008 e le conclude un anno dopo. Nel frattempo, dati i buoni rapporti creati con le imprese affidatarie, si vede commissionare anche le impermeabilizzazioni delle coperture tuttora in corso. Caratteristica peculiare di questo cantiere, sicuramente da considerare come “cantiere-scuola” per Impere-

dil nonostante ormai l’esperienza trentennale delle persone che compongono la proprietà dell’azienda, è l’attenta e precisa gestione sia a livello logistico che in ambito di sicurezza, sia a livello tecnico-organizzativo che nell’utilizzo dei prodotti scelti e nella progettazione dei particolari. «Grazie alla professionalità e alla qualità delle aziende impegnate in questo cantiere, è stata rilasciata dagli Organismi di Controllo l’importante certificazione di sicurezza “Bollino Blu” – spiega Maria Amalia Giuliani –. In fase di implementazione è inoltre la certificazione Leed». Ancora nel cantiere milanese, per le impermeabilizzazioni in copertura «sono stati previsti circa 2.000 metri quadrati di guaina bituminosa NOx-Activ – interviene Alessandro Borroni, referente della sicurezza in cantiere e responsabile di commessa “fondazioni” – con una finitura in grado di assorbire gli atomi di NOx dall’atmosfera che poi, attraverso una reazione chimica denominata “fotocatalisi”, reagendo con l’effetto della luce solare, vengono trasformati in nitrati che rientrano nel ciclo di vita naturale come nutrimento per gli organismi e i microorganismi presenti nel terreno». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 245


PROGETTAZIONE

Lezioni di stile Forzare le nervature dell’architettura “vecchio stampo” e tendere l’arco della sperimentazione. Per Mario Brenna, progettare è come entrare in scena a teatro: bisogna consegnarsi al pubblico e aspettare lo stupore finale Paola Maruzzi

guardare le forme evolute e pulite di Mario Brenna viene da chiedersi da quale maestro si sia lasciato guidare. «Da tutto» risponde l’architetto spiazzando la risposta. E continua «ogni cosa può essere fonte d'ispirazione». Questo significa che il progettista viene inglobato dalla realtà circostante, senza rimanerne invischiato. Deve far brillare l’idea ma al tempo stesso armonizzarla nel contesto urbanistico. «È facile essere influenzati dai lavori realizzati da colleghi più

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o meno famosi, opere che spesso diventano inconsapevoli linee guida nelle scelte sia formali che architettoniche. Altre volte, invece, accade che non sia un'architettura a ispirarne un'altra, ma che entri in gioco una catena di analogie e accostamenti che portano a rielaborare immagini e sensazioni che provengono dalle circostanze più svariate, come da un materiale particolare, oppure dal paesaggio o contesto stesso di cui l'oggetto architettonico diverrà parte integrante». Crede che un architetto


Mario Brenna

Guardiamo a trecentosessanta gradi: dall'interior design ai grandi complessi industriali fino alle sistemazioni urbane

“vecchio stampo”, formatosi trent’anni fa, sia in grado di assimilare il linguaggio sperimentale del design? «Il design è un linguaggio in continua evoluzione. È un cambio di punti di vista che porta alla realizzazione di un qualcosa di completamente diverso, spesso inatteso: in questo aspetto il design è molto simile alla nascita di un'architettura. Essere un architetto "vecchio stampo" non sottintende trincerarsi dietro le proprie visioni. Il vero architetto si riconosce nella continua ricerca di nuove e differenti possibilità ed evoluzioni, sia materiche che formali. Senza la sperimentazione saremmo rimasti alla capanna, il classico archetipo dell'abitazione». Cosa consiglierebbe a un giovane architetto per emergere? «Di non abbattersi in questo

periodo di difficoltà e continuare a coltivare la propria passione, perché è questa la spina dorsale che ci porta a ricercare nuove soluzioni, nuove forme, nuove immagini. Oggi per gli architetti è diventato precetto osare. Attualmente, tramite la progettazione, ci si può spingere nella creazione di nuove e spesso teatrali strutture, perché l'architettura è l'unione di due aspetti fondamentali: il buon sapere e il saper azzardare, è paragonabile all'entrata in scena di un attore che spera che il frutto del proprio lavoro, la sua "opera", susciti una reazione nel proprio pubblico. Così l'architettura è scenario e palcoscenico della nostra vita». Progetti in cantiere? «I progetti in cantiere in questi mesi sono molto diversi tra loro, dalla ristrutturazione al progetto ex novo. Come studio ci occupiamo dei diversi rami della

Nella prima pagina, l’architetto Mario Brenna, in alto lo Studio Brenna al completo. La sede è ad Anzano Del Parco (Co) studio@architettobrenna.com

progettazione architettonica, abbiamo infatti la fortuna di poter continuamente mettere a confronto la nostra formazione con sfide sempre nuove, dall'interior design ai grandi complessi industriali fino alle sistemazioni urbane. Confrontarsi con ambiti sempre differenti ci permette di poter seguire a trecentosessanta gradi i nostri committenti, guidandoli là dove il classico architetto solitamente non si spinge, divenendo non solo progettista ma diretto consigliere». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 247


IMPRENDITORI DELL’ANNO

L’anima futura delle città Tecnologia e sostenibilità. Sono le linee guida su cui, secondo Roberto Verderio e Mauro De Nardi, si fonda l’evoluzione dei volti delle città. Alla costante ricerca di «un equilibrio abitativo in grado di migliorare la qualità della vita» Carlo Gherardini

Roberto Verderio, titolare amministratore Devero Costruzioni. Nella pagina accanto Mauro De Nardi, titolare amministratore Devero Costruzioni. Sopra, “Residenze del centro” a Vimercate (MI)

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alla realizzazione di edifici alla creazione di piani integrati per nuove città. È il percorso di Devero Costruzioni, azienda di Vimercate, nata per ridipingere il volto della città, attraverso un nuovo approccio al costruire e la riconversione di aree dismesse. Devero Costruzioni coniuga due generazioni, quelle di Roberto Verderio e Mauro De Nardi, due caratteri differenti, ma perfettamente complementari: il primo, Roberto Verderio, è meditativo e appassionato del territorio, il più giovane, Mauro De Nardi è dinamico, irrefrenabile appassionato delle nuove tecnologie e amante del mare. Dopo anni di esperienza come direttori di cantiere, hanno unito le forze, fondando Devero, la sintesi virtuosa delle loro personalità: solida, affidabile, ancorata al suolo, ma anche dinamica, moderna, ambiziosa e lanciata verso l’eccellenza del costruire. «Apparentemente – afferma Verderio - passare dalla costruzione di edifici ai piani integrati per nuove città è solo un salto di scala, di dimensioni progettuali, di volumi edificabili, in realtà si tratta di un cambio di mentalità

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per un approccio nuovo al costruire, un processo di riqualificazione di aree urbane dismesse, di riconversione di ex aree industriali: è l’evoluzione di un lavoro che ambisce a restituire ai tessuti urbani interi quartieri riconnettendoli al contesto cittadino. Per farlo occorre un gruppo in grado di affrontare la complessità di una pianificazione strategica. Bisogna dotarsi di idee nuove, di strumenti finanziari adeguati e sostenibili e di competenze operative avanzate». In diciotto anni di vita il gruppo ha sviluppato grandi interventi a significativo impatto urbanistico. MAURO DE NARDI «Tutto questo richiede un dialogo costruttivo con la città, interpretandone i bisogni, anticipandone le necessità, prevedendo le direzioni di sviluppo, interfacciandosi con le sue infrastrutture. Abitare


Roberto Verderio e Mauro De Nardi

Si è voluto offrire un modello abitativo di alta gamma progettuale. Un disegno raffinato e lineare, di riconversione di un’area sottratta a lungo alla vita della città

è un bisogno privato delle famiglie, ma ad alta rilevanza sociale, perché si inserisce nel contesto pubblico. Crescendo come gruppo abbiamo lavorato in contesti di edilizia residenziale privata, convenzionata, di tipo commerciale e anche industriale. Abbiamo abbracciato con uno sguardo sempre più ampio la complessità del costruire in rapporto allo sviluppo del sistema territoriale». Boom, crisi, recessione, ripresa, la possibilità della crescita è strettamente connessa con il settore delle costruzioni che è un importante termometro della salute dell’economia del paese: qual è la temperatura attuale del settore? ROBERTO VERDERIO «Il comparto è, nel suo insieme, ormai fuori pericolo, ha quasi superato lo stato febbrile in cui versava: siamo in convalescenza,

in lenta ma progressiva ripresa. Le aziende come la nostra, con una robusta e sana costituzione, hanno rafforzato gli anticorpi rispetto alla crisi. La recessione ha rappresentato un punto di svolta epocale per l’economia, da allora molto è cambiato a livello globale e nazionale. Il settore edilizio ha pagato per primo un prezzo alto in termini di riduzione di cantieri e di personale, noi stessi abbiamo subito, nei momenti più intensi della crisi, dei picchi di contrazione fino al 40% del personale. Le gru ferme erano uno spettacolo desolante, il simbolo dello spettro più duro della stagnazione. Ma siamo motivati e determinati a risollevarci da una recessione senza uguali dal dopoguerra. Del resto l’origine della crisi ha a che fare con gli eccessi della finanza strutturata internazionale, perciò il settore delle costruzioni ha subito, e

non creato, i problemi. La recessione ha poi determinato una severa selezione del mercato: oggi gli operatori credibili, seri, onesti e affidabili sono ancora in piedi, con tanta voglia di dare un contributo al nostro paese per creare lavoro, generare ››

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

›› ricchezza, e contribuire a dare ri- costruttive, sono tutti fattori tempo, fondato sulla pianificasposte alla domanda abitativa, che è in costante crescita: gli italiani credono e investono nel mattone di qualità». Quali sono i valori del gruppo Devero? M.D.N. «La competenza professionale fondata sul valore della squadra. Il vero capitale sono gli uomini, i collaboratori, per questo selezioniamo giovani con competenze tecniche e valore umano, motivati e con l’orgoglio del lavoro, abituati al rispetto delle consegne. L’attenzione nella scelta dei materiali per soluzioni d’avanguardia, la cura del dettaglio delle finiture

Il Devero Hotel di Cavenago di Brianza (MB). Nella pagina accanto, Residenza “Il Quartiere” via Savona a Milano. Sotto, Daniele Verderio, direttore tecnico di Devero Costruzioni, con Roberto Verderio e Mauro De Nardi www.deverocostruzioni.com

strategici per rispondere alle istanze di un mercato immobiliare sempre più esigente come quello italiano, che assegna un enorme valore, non solo economico, ma anche simbolico alla casa. L’edilizia si è trasformata radicalmente in questi anni, grazie al supporto dell’innovazione tecnologia. Il fattore decisivo per un’impresa come la nostra è rappresentato dalla continuità con cui si acquisiscono aree e si passa speditamente, senza intoppi burocratici, dalla progettazione alla realizzazione fino alla vendita finale degli immobili. Si tratta di garantire un processo fluido di commesse per assicurare prospettive di sviluppo ed equilibrio finanziario. Tutto questo significa essere un gruppo credibile, affidabile nel

zione in un orizzonte di lungo periodo». Qual è l’approccio costruttivo che ha ispirato una realizzazione di livello urbanistico come “Le residenze del centro” di Vimercate? R.V. «Si è voluto offrire un nuovo modello abitativo di alta gamma progettuale e di respiro europeo. Un disegno raffinato e lineare, pulito e moderno di riconversione di un’area enorme per lungo tempo sottratta alla vita della città, che finalmente ritorna alla fruibilità del sistema cittadino arricchendone la qualità estetica e funzionale del centro storico. Un cantiere avveniristico per far risorgere un centro posto su un asse strategico lombardo: Vimercate come luogo di storia, economia e cultura meritava una proiezione sul futuro con un progetto di valore estetico e funzionalità che armonizza perfettamente spazio residenziale e pubblico. È un progetto tenacemente voluto proprio perché ci coinvolge direttamente come abitanti di Vimercate, che viveva la ferita di un’enorme area dismessa indisponibile adiacente al centro storico. Siamo orgogliosi come imprenditori e come cittadini di aver contributo a ricomporre il mosaico della città con una realizzazione di avanguardia di respiro europeo». Quali sono i prossimi progetti? DANIELE VERDERIO «I tempi a


Roberto Verderio e Mauro De Nardi

volte imprevedibili dell’iter urbanistico richiedono di individuare con lungimiranza nuove aree edificabili. A Brugherio nel quartiere San Damiano stiamo aprendo un cantiere di 260 alloggi oltre a negozi e uffici. Poi, l’area ex Falck di Arcore con un complesso di circa 300 alloggi che inizia i lavori nel 2011. Un complesso a Gorgonzola, nei pressi della stazione metropolitana Antonietta. Anche a Mediglia realizzeremo un centro sportivo insieme a un complesso residenziale. Poi nel 2012 partirà di nuovo a Vimercate un’opera di importante riqualificazione urbana nell’area dell’ospedale dismesso ex cava Cantù. Si tratta di un progetto in grado di rivitalizzare un altro importante tassello della città nell’area dismessa dell’ex ospedale. E poi un grande intervento nell’area ex Vismara a Casatenovo». Vivere nel verde è un sogno sempre più ambito, l’eccellenza ecologica è il valore più ricercato. M.D.N. «In questi anni Devero si

I tempi a volte imprevedibili dell’iter urbanistico richiedono necessariamente di individuare con lungimiranza nuove aree edificabili

è distinta per la ricerca di un equilibrio abitativo in grado di migliorare la qualità della vita rendendo possibile il sogno di residenze luminose, circondate da un polmone di verde ma immerse nel respiro urbano della città, contribuendo all’implementazione di materiali e tecnologie d’avanguardia per lo sviluppo sostenibile e il risparmio energetico. Il futuro è la casa eco-sostenibile». Come si integra il progetto DeveroHotel nello spirito del gruppo? M.D.N. «Da uomini d’affari con la passione per la bellezza e il

buon vivere, abbiamo avvertito la necessità di creare un centro multifunzione inconfondibile (la caratteristica torre è ormai un punto di riferimento) in uno snodo strategico autostradale per garantire al mondo del business di vivere tutto il comfort di un design-hotel integrato di un avveniristico centro congressi high-tech con un’enorme capienza (fino a 800 posti) in un contesto di eleganza e servizi superiori». Qual è l’importanza dell’etica e della fiducia nel rapporto con la committenza? R.V. «Reputazione e credibilità sono i valori etici fondamentali. La nostra missione imprenditoriale è generare valore immobiliare per i committenti e gli acquirenti, contribuendo a ridisegnare in chiave moderna l’aspetto urbano ma conservando l’identità dei luoghi, perché l’identità della città merita il rispetto dei cittadini, perché una città con identità aiuta ad essere autentici cittadini». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 253


IMPRENDITORI DELL’ANNO

L’innovazione alimenta lo sviluppo Per battere la concorrenza, la sola strada da intraprendere è quella dell’innovazione. Una formula dimostratasi vincente con i prodotti in alluminio della Metallegno. Pratici, resistenti e nuovi Giulio Conti

Sotto, Paola e Domenico Mor. Nella pagina a fianco, l’area verniciatura e la panchina in alluminio ideata e prodotta dalla Metallegno www.metallegno.biz

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a curva discendente che disegna l’andamento dell’edilizia, dell’industria e delle connesse attività commerciali e artigiane, torna a impennarsi solo dove l’analisi della produzione concede carta bianca alla ricerca di autentica innovazione. Ma per un imprenditore di esperienza trentennale che conosce bene gli alti e bassi del mercato, cosa vuol dire innovare? «Significa sostanzialmente assicurarsi il futuro perché in assenza di innovazione si annulla la strada dello sviluppo e si finisce con l’armarsi contro la concorrenza, lottando esclusivamente per raggiungere la massima redditività possibile della propria produzione. Il che è riduttivo, inefficace e tendente all’immobilismo imprenditoriale». Domenico Mor, fondatore dell’azienda Metallegno produttrice di articoli in alluminio oggi punto di riferimento sul territorio italiano per chi attinge dal mercato della serramentistica, non ha dubbi sul “potere” dell’innovazione. «Solo creando novità e diversificando la produzione si può aspirare a distinguersi dai competitor e a cavalcare il mercato di qualità. Su questa politica aziendale abbiamo basato tutta la nostra linea produttiva – spiega Domenico Mor

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–, dai cassonetti agli arredi giardini, dalle pensiline ai cancelli, dalle lamiere ai copri caldaia, dalle casette portattrezzi da giardino ai gazebo e tutto ciò che si rende rinnovabile con l’impiego dell’alluminio». Metallegno nasce negli anni Ottanta come azienda di produzione e installazione di serramenti in alluminio e dopo trent’anni di costante sviluppo di prodotti nuovi e rinnovati, con l’altissima qualità delle realizzazioni, la flessibilità e la capacità di fornire prodotti e servizi conformi alle aspettative del mercato, rappresenta una realtà imprenditoriale che nel podio nazionale dimostra di non essere seconda a nessun’altra. Ciononostante «il maggiore motivo di orgoglio – precisa Mor – è per noi la fiducia dimostrata nel tempo dai nostri clienti e rivenditori». Ma al di là delle dinamiche prettamente commerciali, la Metallegno è presente anche in importanti fiere del settore come quella tenutasi di recente a Milano. «L’ultima novità esposta in fiera è una panchina da giardino o terrazza in alluminio finto legno che, girando lo schienale può all’occorrenza trasformarsi in tavolo. I consensi riscossi da questo pratico elemento d’arredo confermano come la conquista del mer-


Domenico Mor

cato sia determinata non solo da mode del momento ma dalla ricerca di prodotti caratterizzati da praticità, durevolezza e, naturalmente, accessibilità economica». Non per ultime, le proprietà fisiche di un materiale come l’alluminio, rendono la sua utilizzazione eclettica, flessibile e duratura. Un altro esempio infatti, capace di esemplificare la produzione di Metallegno è la casetta portattrezzi in alluminio da giardino che «rivestita all’interno in pvc, resiste ai cambiamenti climatici e dura nel tempo mantenendo intatte le proprie caratteristiche estetiche. Dalle nostre fasi di prova prodotto – racconta Mor – abbiamo potuto appurare che la casetta in allu-

minio non perde neanche il colore impresso originariamente». In ognuna delle sue creazioni, la Metallegno non punta alla vendita massiva e passeggera ma all’immissione nel mercato di prodotti di qualità certificata. L’impresa di Domenco Mor è stata la prima in Italia a produrre cassonetti di alluminio per i serramentisti ma seguita poco dopo dalla concorrenza ha ingranato la marcia e disorientato i competitor. «Mettendo in pratica le disposizioni richieste dalla normativa che disciplina la produzione di serramenti e le certificazioni di trasmittanza termica e acustica del prodotto, siamo riusciti a spiazzare la concorrenza con un nuovo modello di cassonetto

L’ultima novità è una panchina da giardino in alluminio finto legno che, girando lo schienale può all’occorrenza trasformarsi in tavolo

caratterizzato da un sistema di coibentazione certificata grazie al quale, rispetto agli anni passati, abbiamo raggiunto straordinari livelli di vendita e fidelizzazione dei clienti». Le affermazioni di Domenico Mor sono di fatto confermate dalle cifre. La Metallegno è un’azienda che vanta oltre 90 lavoratori, un fatturato annuo di oltre otto milioni di euro, e soprattutto, 30 anni della risorsa più grande, l’esperienza.

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Esempio virtuoso dell’edilizia lombarda Milano può contare su un asset imprenditoriale che arricchisce di valore il territorio. Luca Botta racconta le tappe di ascesa di un’impresa edile d’eccellenza Andrea Costanza

a partecipazione dei migliori player dell’imprenditoria italiana all’evoluzione storica del territorio, rappresenta la cartina tornasole dei valori dell’economia impressi e veicolati da professionalità e imprese che, di decennio in decennio, il mercato riconferma come virtuose. Il ri-

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Sotto, Luca Botta, consigliere delegato e direttore tecnico della Botta spa

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scontro è quanto mai concreto se il virtuosismo imprenditoriale si riflette in opere edili e infrastrutturali d’alto profilo interventistico la cui realizzazione non ha, nel tempo, conosciuto stalli, creando per il territorio risorse e valore. Così accade per la regione Lombardia che, dal 1930, con le costruzioni dell’impresa Botta, avviata da Piero Botta e nel tempo coadiuvata e sviluppata con Marcello e poi Luca Botta, annovera opere di edilizia esemplari e un asset gestionale dei più ampi respiri del fare impresa contemporaneo. Il dottor Luca Botta, consigliere delegato e direttore tecnico della società per azioni Botta, racconta i traguardi perseguiti e raggiunti dall’azienda in ormai otto decenni di impegno ed ecletti-

smo dell’edilizia più all’avanguardia. Quali attività hanno reso possibile l’iniziale ascesa dell’impresa Botta? «Inizialmente l’impresa era orientata alla costruzione di edifici residenziali, nonché alla costruzione di opere infrastrutturali strettamente legate allo sviluppo della città di Milano. Il periodo successivo al conflitto mondiale aveva innescato l’espansione delle opere pubbliche. In quegli anni l’attività era però rivolta soprattutto ai grandi quartieri di edilizia residenziale sia pubblica che privata». Con quali prerogative l’impresa si proponeva al mercato dell’edilizia? «La struttura dell’azienda, che sino all’esplosione bellica era stata molto semplice e monofunzionale, era stata trasfor-


Luca Botta

Inizialmente l’impresa era orientata verso la costruzione di opere strettamente legate allo sviluppo della città di Milano

mata in “general contractor”, quindi disponendo al proprio interno delle funzioni progettuali, tecniche, amministrative, commerciali, personale e ufficio gare. Core business aziendale, ancora negli anni seguenti, rimasero gli interventi di edificazione di case popolari. Forze Armate, Forlanini, Quarto Oggiaro, Barona alcuni dei quartieri realizzati. Accanto a questi, tuttavia, alcune importanti realizzazioni di opere pubbliche come ad esempio l’ospedale di Sesto San Giovanni e il Centro Sportivo Fossati, di abitazioni civili conto proprio e di terzi a Milano e nell’hinterland e, infine, edifici industriali come quello di Milano per Pierrel . Con gli anni ’80, periodo del mio ingresso ufficiale in azienda, l’impresa si affacciava al mer-

cato delle opere in conto proprio e per committenza privata, proponendosi come “general contractor”». Quali importanti cambiamenti coincisero con il suo ingresso in azienda? «L’azienda si ampliava abbracciando opere quali ad esempio parcheggi interrati e multipiano, come quelli dell’aeroporto di Linate e più recentemente quelli di via Mascagni, palazzi e uffici come quelli della sede dell’Ucimu di Cinisello Balsamo, e stazioni della metropolitana milanese tra cui Sondrio sulla linea 3. Accanto a queste realizzazioni, iniziavano i primi interventi di ristrutturazione e risanamento del patrimonio immobiliare esistente come ad esempio la sede di Assolombarda e la storica Cassina dè Pomm».

Attraverso quali innovazioni avete affrontato l’ultimo ventennio? «La crisi degli anni ‘90 incideva sull’impresa con l’abbandono quasi totale della committenza pubblica; i cantieri erano definitivamente relativi a commesse private o lavori in conto proprio. La situazione veniva affrontata senza remore e con ottimismo espansionistico tanto che, poco dopo, la società giungeva all’acquisizione di una notevole esperienza nel project financing e nello sviluppo di aree immobiliari, e oggi, a rappresentare un’importante player per la crescita e valorizzazione del territorio e del mondo impresa».

In questa pagina, immagini di alcune realizzazioni dell’impresa di costruzioni Botta con sede a Milano www.impresabotta.it

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

L’edilizia industriale si velocizza La realizzazione di opere industriali deve essere coordinata dalla progettazione all’esecuzione e integrarsi a scelte che riducano le tempistiche. Come la prefabbricazione. L’esperienza della Bertoli Costruzioni Adriana Zuccaro

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e dinamiche economiche dell’ultimo decennio hanno creato un gran numero di piccole imprese, frammentando il mercato, in maniera talvolta non positiva. A detta di chi si muove dentro il sistema produttivo industriale da oltre mezzo secolo, «per affermarsi all’interno della complessa legge della domanda e offerta è necessario pensare come, in un mercato come quello moderno sempre più dipendente da disposizioni tecnologiche, impiantistiche, strutturali e normative, si riveli fondamentale presentare la propria realtà imprenditoriale in una formula quanto più strutturata possibile, con esperienze multidisciplinari e figure professionali chiamate a seguire un dato progetto fin dall’inizio, in ogni fase fino alla soluzione finale». L’incipit di Fabrizio Bertoli, amministratore della Bertoli Costruzioni, riassume proprio la strategia attuata e perseguita dalla società bresciana in oltre

L

sessant’anni di attività. «Le principali aree di intervento cui ci rivolgiamo sono l’edilizia industriale e commerciale, manutenzioni, opere stradali, ponti, movimenti terra, acquedotti, gasdotti, fognature e costruzioni in genere – sostiene Stefano Bertoli, portavoce e professionista attivo in azienda –. Abbiamo sempre puntato alla professionalità e all’affidabilità che la committenza sia pubblica che privata ancora oggi ci riconosce, e che caratterizzano la società nella programmazione ed esecuzione dei molteplici lavori nelle varie aree di specializzazione dell’edilizia». Tra queste, la Bertoli Costruzioni ha condotto e conquistato eccezionali traguardi nell’attività che oggi rappresenta il fiore all’occhiello della società, nonché nella prefabbricazione di basamenti industriali in calcestruzzo. «È un’attività orientata prevalentemente verso l’industria pesante, nonché acciaierie e ferriere – spiega Alessandro Bertoli, rappresentante della terza ge-


Bertoli costruzioni

Supporto integrato nerazione della Bertoli Costruzioni –. L’obiettivo della prefabbricazione consiste nella predisposizione delle aree di insediamento degli impianti industriali in tempi rapidi. Fabbricando basamenti presso il nostro stabilimento siamo chiamati a coordinare a monte tutte le fasi di progettazione ed esecuzione dello stesso con il vantaggio di ridurre al minimo i livelli di rischio e, soprattutto, di non obbligare l’industria in cui si interviene a lunghi tempi di fermata degli impianti». La prefabbricazione dei basamenti e il montaggio sul posto si traduce quindi in mirata prevenzione di qualsiasi rischio e problematica risolvibile in fase progettuale, in tempestività esecutiva e in fonte di risparmio per l’industria che, in tempi di difficoltà economica come gli attuali, trova nella prefabbricazione la scelta ideale per la continuità della propria produzione. «Provando solo a immaginare le perdite che potrebbe subire un’acciaieria

dalla sospensione dell’attività degli impianti, diviene comprensibile la straordinaria efficacia della prefabbricazione e l’enorme vantaggio per il cliente che ne sceglie l’attuazione». Ed è di nuovo un’acciaieria a fare da proscenio allo svolgimento di un recente incarico affidato alla Bertoli Costruzioni. «Abbiamo realizzato un revamping, ossia una ristrutturazione di un laminatoio di un’acciaieria – racconta Stefano Bertoli –. Un’opera importante che ha coinvolto numerose competenze e professionalità tecniche e che, per noi rappresenta uno speciale motivo d’orgoglio». Pur portando avanti un lavoro d’alta complessità esecutiva, nessuna delle fasi seguite dalla Bertoli Costruzioni può prescindere dal coordinamento con il circuito di produzione industriale in cui si interviene e dal rispetto dei rigidi protocolli cui, ad esempio, un’acciaieria è vincolata. «Il nostro lavoro rappresenta il collante tra quello del pro-

Lo studio di progettazione interno alla Bertoli Costruzioni garantisce un sicuro e completo supporto tecnico sia in fase di progettazione che in fase di realizzazione dei lavori. La riconosciuta professionalità e più di mezzo secolo di esperienza sono garanzie per il cliente e ottime credenziali per l’azienda che è costantemente impegnata a consolidare la propria posizione nel settore delle costruzioni puntando a un continuo miglioramento dei servizi offerti. Certificata UNI EN ISO 9001:2008 e con le attestazione per lavori pubblici, la Bertoli Costruzioni è inoltre specializzata in lavori di costruzione e manutenzione edile in stabilimenti industriali e nella prefabbricazione di basamenti in calcestruzzo armato sui quali installare gli impianti industriali.

gettista, le esigenze della committenza, gli accorgimenti relativi alla sicurezza e le maestranze attive in cantiere – afferma Alessandro Bertoli –, in definitiva un coordinamento in parallelo di tutte le fasi che si susseguono dall’inizio alla fine di un’opera». Non di poca rilevanza è poi il parco mezzi sviluppato nel corso degli anni che «consente di offrire prestazioni di alto livello qualitativo e con tempistiche particolarmente ridotte anche in casi di carichi speciali».

In queste pagine, panoramiche di alcune fasi di messa in opera dei progetti affidati alla Bertoli Costruzioni spa con sede a Sabbio Chiese (BS) www.bertolicostruzioni.it

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FOCUS ENERGIA

Ripartiamo dal nucleare

«P

er il rilancio del nucleare, la tecnologia che adotteremo sarà di terza generazione, che ha risolto tutti i problemi di sicurezza rispetto a Chernobyl che fu, è bene ricordarlo, un esperimento militare» mette in evidenza Stefano Saglia, sottosegretario allo Sviluppo economico con delega all’Energia. Sicurezza, raggiungimento degli obiettivi comunitari, rilancio economico e occupazionale: questi gli obiettivi perseguibili grazie all’energia nucleare, tiene a precisare il sottosegretario. Inoltre, comunicare e informare sarà la ricetta del governo «per superare i pregiudizi e le paure sul nucleare». Dialogo prima di tutto, quindi, anche per quanto riguarderà la scelta dei siti. «Non costruiremo mai nessuna centrale senza concertazione e dialogo con le parti interessate e in particolare con le Regioni», conclude Saglia. Ad ottobre sono stati riavviati due reattori dell’Enea. Che significato riveste questa iniziativa? «Il riavvio dei due reattori Enea è un primo passo delle prove in sicurezza per il ritorno al nucleare in Italia, che si avvarrà di una tecnologia collaudata da decenni

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L’energia nucleare non è una minaccia, ma una fonte importante di sviluppo che «ridurrebbe la dipendenza dell’Italia dagli idrocarburi che importiamo da Paesi politicamente instabili». Il punto del sottosegretario Stefano Saglia Silvia Costa

Sotto, Stefano Saglia, sottosegretario allo Sviluppo economico con delega all’Energia

in cui il nostro Paese ha avuto il primato fino alla fine degli anni 80. Inoltre, questo tipo di energia sta vivendo oggi una rinascita a livello globale con un trend di crescita positivo: stiamo tornando ai livelli della prima corsa al nucleare». Quali i vantaggi connessi all’introduzione del nu-


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Stefano Saglia

Reattori, cominciamo a scaldare i motori «La centrale nucleare va pensata come un’infrastruttura che contribuisce alla crescita e alla competitività del sistema Paese» spiega Giovanni Lelli, commissario dell’Agenzia Enea l ritorno al nucleare è fondamentale per il nostro Paese? L’ingegnere Giovanni Lelli (nella foto), commissario dell’agenzia Enea, non ha dubbi, la risposta è sì. «Prima di tutto perchè essendo il nucleare più competitivo nella produzione d’energia elettrica, rispetto ai combustibili fossili, ed essendo anche meno costoso, permette di avere energia elettrica a costi inferiori, consentendo al nostro sistema Paese, impresa e cittadini, di pagare meno l’energia elettrica e quindi di competere di più sui mercati». Inoltre, va tenuto presente, che l’Italia ha sottoscritto degli impegni internazionali «per l’abbattimento della CO 2 e sicuramente il nucleare risponde pienamente al problema posto perchè nel produrre energia elettrica non emette anidride carbonica». Infine rappresenterebbe l’occasione di rilanciare l’industria termoelettromeccanica del Paese, in quanto «dall’evento di Chernobyl questo settore ha puntato più che altro sull’esportazione, mentre grazie al ritorno del nucleare in Italia si tornerebbe a potenziare anche il nostro mercato interno» mette in luce il commissario. In questa ottica, l’Enea potrà «aiutare l’industria a qualificarsi per realizzare componenti e sistemi da poter utilizzare nelle centrali», ma anche a livello di formazione il suo contributo sarà importante. «Metteremo a disposizione dell’università i nostri impianti sperimentali per rendere i futuri ingegneri all’altezza del ruolo che andranno a svolgere». Infine, spiega l’ingegnere Lelli «affiancheremo l’Agenzia di sicurezza del nucleare nella valutazione dei progetti, attraverso adeguati strumenti di analisi, come i codici di calcolo». Una volta accertata l’affidabilità degli impianti occorrerà affrontare il problema dello smaltimento delle scorie prodotte dalle centrali che avverrà seguendo i metodi già sperimentati in tutto il mondo. Le scorie si dividono in tre categorie e le ultime sono quelle che decadono in tempi lunghissimi. «In realtà, opportunamente trattate, quest’ultime occupano dei volumi piccolissimi ed è per questo motivo che possono essere conservate nelle centrali che li hanno generati». Altra soluzione illustrata da Lelli è quella dei depositi superficiali, «presenti in tutto il mondo, nell’attesa che ci si doti di un sito definitivo dove collocare queste scorie a lunghissimo tempo di decadimento». Un esempio? «La Svezia ha recentemente scelto il sito per il deposito geologico, che per caratteristiche geomorfologiche risulta affidabilissimo; tuttavia, ricerca e sviluppo si muovono nella direzione di migliorare lo smaltimento delle scorie e nel futuro si arriverà a bruciare i rifiuti radioattivi all’interno dei reattori stessi perchè in questo modo si ridurrà notevolmente la loro radioattività» conclude il commissario.

I

cleare per il nostro Paese? «Il nucleare si avvale di una tecnologia a zero emissioni d’anidride carbonica e contribuirebbe, in combinazione con le rinnovabili, al conseguimento degli obiettivi comunitari vincolanti. Inoltre, favorirebbe la messa in sicurezza dell’approvvigionamento energetico in quanto ridurrebbe la dipendenza dell’Italia dagli idrocarburi che importiamo da Paesi politicamente instabili. Infine, rappresenta un’opportunità industriale e occupazionale poiché favorirebbe investimenti, posti di lavoro e crescita economica». Sono già stati scelti i punti d’insediamento degli impianti? «Gli operatori interessati di volta in volta identificano il sito in cui costruire un’eventuale centrale. La proposta viene analizzata dall’Agenzia per la sicurezza nucleare che valuta la scelta del sito secondo criteri ben definiti. LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 267


FOCUS ENERGIA

Il riavvio dei due reattori Enea è un primo passo delle prove in sicurezza per il ritorno al nucleare in Italia, che si avvarrà di una tecnologia collaudata da decenni in cui il nostro Paese ha avuto il primato fino alla fine degli anni 80

Nel caso in cui il sito risul-

In alto, il reattore Tapiro e il reattore Triga del Centro ricerche Casaccia Enea

tasse idoneo per l’Agenzia, inizierebbe un dialogo con gli enti locali e con la popolazione. Non costruiremo mai nessuna centrale senza concertazione e dialogo con le parti interessate e in particolare con le Regioni». La tecnologia adottata sarà quella di terza generazione. Quali gli standard di sicurezza introdotti rispetto al passato? «Per il rilancio del nucleare, la tecnologia che adotteremo sarà di terza generazione, che ha risolto tutti i problemi di sicurezza rispetto a Chernobyl che fu, è bene ricordarlo, un esperimento militare.

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Questo, tra l’altro, fu l’unico incidente con vittime accaduto nel mondo in oltre 50 anni e fu causato da gravi inadempienze. Attualmente, nel mondo, ci sono 436 impianti in esercizio in 30 Paesi e 56 reattori in costruzione in 14 Paesi. Molti in territori limitrofi al nostro. Infine anche i nuovi depositi hanno elevati standard di sicurezza: basti pensare che il contenitore riesce a resistere all’impatto con un boeing 747». Quali iniziative il governo intende portare avanti affinchè il nucleare non venga più visto come una minaccia, ma come un’occasione di crescita economica per il Paese? «Comunicare e informare è la ricetta del governo per superare i pregiudizi e le paure sul nucleare. Crediamo nella trasparenza e nel coinvolgimento della popolazione. Ab-

biamo previsto, infatti, una campagna d’informazione, che verrà concordata da una pluralità di ministeri e soggetti e che dovrà essere approvata nei tre mesi successivi all’emanazione definitiva dello schema di decreto sul nucleare». Lei ha dichiarato che grazie al nucleare saremo in grado di rispettare gli impegni presi con il protocollo di Kyoto e di migliorare e rendere più efficiente il mix energetico del Paese. In che modo? «L’energia nucleare non produce emissioni d’anidride carbonica e quindi contribuisce a rispettare gli impegni presi a Kyoto. Inoltre in combinazione con le energie rinnovabili, contribuirebbe al raggiungimento di un mix equilibrato d’energia pulita che riduce la dipendenza dagli idrocarburi».



ENERGY CLUSTER

Un sistema produttivo al servizio dell’energia «Una filiera strategica che ha saputo consolidarsi nel tempo e che promuove l’aggregazione di piccole e medie imprese» che realizzano «prodotti utilizzati per la generazione e la distribuzione dell’energia». Ecco l’identikit di Energy Cluster, delineato dal presidente Alberto Ribolla Nike Giurlani

E

nergy Cluster è una rete costituita “dalle imprese per le imprese” che si fonda su tradizioni e competenze fortemente radicate in tutto il territorio lombardo. «Sostenuto da realtà leader nel settore, è finalizzato a strutturare e potenziare una supply chain integrata in grado di essere riconosciuta quale fornitore d’eccellenza per l’energia, con prodotti di qualità e know-how: un “made in Italy” in rete con il mondo con una quota export pari al 70%» racconta il presidente Alberto Ribolla. Appartengono a Energy Cluster le imprese che costruiscono, o contribuiscono a costruire, «prodotti utilizzati per la generazione e la distribuzione dell’energia, da quella tradizionale a quella connessa alle energie rinnovabili: una filiera strategica che ha saputo 280 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

consolidarsi nel tempo e che promuove l’aggregazione di piccole e medie imprese in funzione delle esigenze del mercato». Per Ribolla si tratta di una realtà che può aiutare il territorio lombardo a mantenere i risultati fino a oggi conseguiti, «basti considerare che in Lombardia è presente il 50% dell’impiantistica industriale italiana e il settore dell’energia elettrica è rappresentato da circa 23.000 addetti e 500 imprese che nel 2009 hanno conseguito ricavi pari a 9 miliardi di euro» conclude. Quali gli obiettivi di questo progetto? «Rafforzare e far evolvere le imprese verso una competitività durevole, sostenuta anche da un maggior contenuto tecnologico dei propri prodotti, aumentando la conoscenza dei mercati, la visibilità internazionale e la

L’obiettivo è di costruire una regione a bassa intensità di carbonio e ad alta efficienza energetica


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Alberto Ribolla

In alto, il presidente di Energy Cluster, Alberto Ribolla

capacità organizzativa. Energy Cluster è una filiera orizzontale con possibilità di formare catene collaborative verticali, un intreccio che offre un elevato potenziale di forme collaborative verso nuovi clienti e il mercato in generale. Considerata la presenza d’imprese altamente specializzate e al-

tre più trasversali, si è reso necessario definire le diverse “anime” all’interno della filiera, attraverso una suddivisione clienti-prodottotecnologie; le tecnologie e le produzioni diversi dall’energia sono raggruppati sotto la voce “subforniture rilevanti”». Di quali progetti andate particolarmente fieri? «L’aspetto che in assoluto ci rende maggiormente fieri è il fatto di essere riusciti a creare un sistema produttivo integrato d’imprese che, operando in gruppo, non solo riescono a essere più competitive e a sviluppare con più efficacia interventi di ricerca e sviluppo, ma hanno anche l’opportunità di penetrare mercati complessi e lontani. Oltre alle 100 imprese associate, vi sono 8 realtà, tra università e centri di conoscenza e di ricerca, 7 associazioni imprenditoriali (tra cui le territoriali di Confindustria Alto Milanese, Varese, Milano, Bergamo e Confindustria Lombardia), un’agenzia di sviluppo e enti della pubblica amministrazione. A poco meno di due anni dalla nascita dell’associazione le linee d’intervento prioritarie approvate dal Consiglio hanno portato ad attuare interventi concreti nell’ambito della ricerca, dello sviluppo, dell’internazionalizzazione e della promozione, generando nuove opportunità e nuove strade percorribili per favorire lo sviluppo della rete d’imprese. In particolare, si LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 281


ENERGY CLUSTER

Le nuove opportunità d’investimento di Nike Giurlani L’analisi degli scenari di crescita delle energie rinnovabili evidenzia forti opportunità d’investimento nella produzione di tecnologie e nella realizzazione e gestione d’impianti per la produzione d’energia elettrica nel prossimo futuro, come delinea la professoressa Annalisa D’Orazio (nella foto), nel suo studio Iefe, realizzato dall’Università Bocconi. In Italia lo sviluppo degli investimenti è «trainato dalle politiche di promozione e dagli strumenti di sostegno che lasciano intravedere buone opportunità anche per il futuro e - rileva la docente - la tecnologia solare e quella eolica continueranno a registrare tassi significativi di crescita nei prossimi anni, soprattutto se accompagnati da interventi tesi a semplificare gli iter autorizzativi e a risolvere i problemi di connessione alla rete elettrica». Sarà importante destinare risorse anche «alle bioenergie se si vorrà raggiungere gli obiettivi prefissati» spiega l’esperta. Le politiche energetiche del pacchetto Clima-Energia “20-20” entro il 2020 «potranno garantire un’opportunità di business e di sviluppo occupazionale per il nostro paese, laddove gli sforzi si concentrassero sull’industria nazionale». La finestra d’investimento in tecnologie rinnovabili nel settore elettrico nello scenario condizionato dalle politiche del pacchetto Clima-Energia «raggiunge per l’Italia un valore complessivo di circa 100 miliardi di euro nei prossimi dodici anni, con un valore medio annuo di più di 8 miliardi di euro e - continua - il potenziale occupazionale totale potrebbe raggiungere le 250.000 unità lavorative nel 2020». La capacità di trattenere il valore degli investimenti nell’industria italiana e di favorire al massimo l’occupazione nazionale «dipenderà dalle capacità del nostro tessuto industriale di rispondere alle esigenze della domanda nazionale proveniente dagli sviluppatori d’impianti e di reggere la sfida tecnologica e concorrenziale da parte dei produttori internazionali». L’esperienza della Germania, paese europeo leader nell’industria delle rinnovabili, mostra i benefici derivanti dallo sviluppo delle rinnovabili e evidenzia come le potenzialità future della crescita costituiscano un’opportunità industriale e occupazionale per il prossimo futuro. «Il settore che contava nel 2004 circa 160.000 occupati ha raggiunto le 290.000 unità nel 2007 con una crescita dell’80% in soli tre anni» spiega la ricercatrice. Per l’Italia, come per gli altri Paesi, è necessario che le politiche pubbliche nazionali non si concentrino «solo sull’obiettivo di sostegno ai costi addizionali per il perseguimento degli obiettivi ambientali ma anche nel ruolo d’indirizzo, essenziale a trasformare i potenziali di crescita in una realtà industriale nazionale in grado di creare il “Sistema Italia” competitivo per le fonti rinnovabili». Paesi già leader in tal senso mostrano quanto sia importante guardare le tecnologie rinnovabili nelle strategie di competitività dell’industria nazionale. «L’obiettivo è quello di catturare la maggiore quota del mercato nazionale di domanda di tecnologie rinnovabili e mirare, in una prospettiva di lungo termine, a penetrare nuove aree di mercato attraverso una politica rivolta alle esportazioni e all’internazionalizzazione» conclude la professoressa D’Orazio.

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possono citare due progetti di ricerca e sviluppo del valore di quasi 1,5 milioni di euro, che hanno coinvolto più 12 imprese e 4 tra università e centri». Di cosa si tratta? «Il progetto Elios con cui si sta realizzando una piattaforma Internet-based in grado di interfacciare le imprese tra loro, attraverso la condivisione di conoscenze e la gestione d’informazioni e di accedere a diversi servizi. In particolare, verrà sviluppato il primo servizio ritenuto d’interesse immediato dalle imprese: il servizio di tracciabilità (interna, esterna e di filiera) Rfid. Poi c’è il progetto Alasca, con cui è in corso lo sviluppo e l’applicazione di un processo innovativo basato sulla tecnologia laser a fibre ottiche. Per quanto riguarda l’internazionalizzazione stiamo portando avanti un progetto con la regione di Leningrado e la città di San Pietroburgo. Gli obiettivi generali sono di favorire la visibilità internazionale delle imprese di Energy Cluster, promuovendo i loro prodotti e sviluppare rapporti di cooperazione tecnico/scientifica


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Alberto Ribolla

L’aspetto che ci rende maggiormente fieri è il fatto di essere riusciti a creare un sistema produttivo integrato d’imprese

con i Centri di Ricerca. Inoltre, sono stati avviati rapporti con importanti esponenti governativi e di enti di sviluppo e di investimento delle province dell’Ontario e del Québec». La Commissione europea ha recentemente lanciato un messaggio forte al sistema delle imprese e della ricerca europei: i cluster al-

l’avanguardia saranno i bacini entro i quali investire i fondi destinati all’innovazione ed allo sviluppo. Quale quindi il ruolo di Energy Cluster nel futuro? «Secondo l’European Cluster Observatory, la nostra realtà è seconda solo alla Germania per addetti nel settore della power generation. Considerate le previsioni del mercato dell’energia (le rinnovabili in costante crescita da qui al 2020) e la strategia europea 20-20-20, siamo determinati a ottenere un ruolo di primo piano per capacità d’innovazione e d’internazionalizzazione. Tramite il sito dell’osservatorio prima citato, sono già stati contattati i principali cluster di interesse in Germania, Danimarca, Francia, Spagna, Inghilterra. Le organizzazioni dei cluster

hanno risposto con grande entusiasmo e sono pronte ad individuare temi e ambiti di collaborazione su progetti di ricerca e internazionalizzazione. Energy Cluster è, inoltre, già inserito in 3 progetti europei dedicati allo sviluppo dei cluster (due Interreg area Med, un Interreg area Central Europe)». In questo momento in Lombardia qual è l’interesse rivolto alle energie rinnovabili? «Lo scorso 10 febbraio è stato approvato dalla Giunta regionale il “piano per una Lombardia sostenibile”. L’obiettivo è di costruire una regione a bassa intensità di carbonio e ad alta efficienza energetica. In un’ottica integrata delle tematiche ambientali prioritarie, il piano si pone l’obiettivo di dare valore al “fattore sostenibilità” come nuova opportunità di competitività e d’efficienza del territorio lombardo. Questo documento rappresenta il contributo che la Regione vuole dare al raggiungimento dell’obiettivo 2020-20 prospettato dal piano sul clima dell’Unione europea, rafforzando nel contempo lo storico impegno per la qualità dell’aria». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 283


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Soluzioni ad hoc sui tetti N bergamaschi Semplificare l’approccio al solare. Per Lanfranco Leggeri la rivoluzione green va mediata e compresa, passo dopo passo. Soluzioni chiavi in mano e consulenza finanziaria introducono nel mondo della Solaris Maiet Paola Maruzzi

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ata qualche anno fa da una costola della Maiet, società del bergamasco impegnata nel settore elettrico, elettronico e meccanico, oggi la Solaris Maiet fa un sereno bilancio sull’incremento del mercato. Che il solare sia in crescita è una verità quasi scontata: come naturale contraltare c’è, dunque, la “pressante” richiesta dei pannelli da parte di aziende e privati. E questa piccola e virtuosa realtà imprenditoriale, che fa capo a Lanfranco Leggeri, fa leva proprio sul desiderio green che sta riqualificando il Paese. «Fino alla fine dell’anno siamo al completo. In cantiere abbiamo sei impianti da portare a termine. Poi, con l’arrivo del 2011 si rimescoleranno le carte, perché cambiano le formule di incentivazione statale» spiega il titolare, che aggiunge «per il momento abbiamo sospeso i progetti. È difficile, infatti, in attesa di una normativa definitiva, fare per il committente un preventivo sicuro sui costi e, in particolare, sui tempi dei collaudi e allacciamenti da parte degli enti preposti». Ma dire che l’obbiettivo sia puntare in maniera indiscriminata sui grossi numeri non è corretto. Semmai bisogna fare un discorso sulla qualità. «I primissimi lavori di installazione sono cominciati nel 2008 e, circa un anno dopo, siamo passati al pieno regime. Nel-

l’arco di questo tempo ci siamo sempre battuti per una fornitura di impianti di qualità, tralasciando il discorso sulla quantità. La soluzione che proponiamo è firmata SunPower, attualmente il primo fornitore al mondo in tema di efficienza. La scelta di un partner di tale portata ci ha indubbiamente premiati». In un campo così sfaccettato ed evoluto come le rinnovabili, non è sufficiente affidarsi a pannelli qualsiasi. Non solo i materiali ma anche la tipologia dell’installazione può fare la differenza. La Solaris Maiet ha optato per l’integrazione. Ma cosa significa? «Un sistema solare integrato comporta la rimozione totale delle tegole. Si posa un’ondulit multistrato che protegge la falda da qualsiasi infiltrazione di acqua con garanzia ventennale. Invece nella formula installazione economica il pannello viene posto sopra le tegole: è naturale dedurre che, alla lunga, potrebbe verificarsi delle problematiche al tetto. Nel senso che l’elevata temperatura potrebbero far insorgere delle crepe all’interno della copertura del tetto, provocando, per esempio, delle infiltrazioni di acqua. Così si è costretti a rimuovere la struttura dei pannelli per porre rimedio. Con la soluzione integrata viene ridotta quasi a zero la manutenzione». Attualmente i principali interlocutori della Solaris Maiet sono


Lanfranco Leggeri

Progettazione, consulenza per finanziamenti, installazione, manutenzione ventennale. Così il solare diventa possibile

piccole e medie aziende. Un dato incoraggiante, ma su cui bisogna insistere. Volendo fare una fotografia più dettagliata dell’investitore-tipo, Lanfranco Leggeri risponde così: «In un primo momento la maggior parte delle persone che si rivolge a noi per avere un preventivo, non ha ancora ben chiara quale sia la differenza tra pannello fotovoltaico e termico». Si tratta di una confusione generalizzata e, in parte, giustificabile. Grosso del lavoro va fatto a monte, cioè offrendo un’informazione completa e trasparente. «Ecco perché il nostro compito consiste nel fare un quadro preliminare, non solo soffermandosi sugli aspetti tecnici, ma anche economici. Infatti la parte più oscura è proprio quella relativa agli incentivi statali. Se da una parte i media fanno passare il messaggio del solare, dall’altra non è chiaro come procedere con la docu-

mentazione. Spesso sono cavilli burocratici che agli occhi di un comune cittadino possono apparire insormontabili». Viene da chiedersi quanti entusiasti, si perdano poi strada facendo. «È difficile quantificare con precisione. A spanne possiamo dire che una volta illustrati i passaggi, circa un 20-30 per cento decidere di non passare alla pratica». Tutto sommato non è una prospettiva preoccupante. Lo conferma anche Leggeri, che questa volta mette l’accento sulla competizione locale: «La Solaris Maiet ha scelto una politica diversa rispetto agli altri installatori. Come ho già detto non insistiamo sulla quantità. Per questo non abbiamo rappresentanti né agenti di commercio. La nostra pubblicità è il passaparola». La persuasione discreta della Solaris Maiet ha inoltre un altro punto di forza: la possibilità di aprire le porte a degli impianti con formula

“chiavi in mano” . Così il cliente non deve preoccuparsi di aspetti burocratici, assicurazione, finanziamenti e manutenzione per venti anni. «Abbiamo stipulato delle convenzioni con compagnie di assicurazioni, grazie alle quali offriamo un aiuto concreto all’ecosostenibilità. In questo modo si alleggerisce l’impatto anche sul portafoglio. Insomma, quando qualcuno varca la nostra soglia, ci affida totalmente la sua rivoluzione green». La mediazione e la capacità di semplificare le cose, si conferma essere il leitmotiv per la Solaris Maiet.

Solaris Maiet è a Palagazzo, in provincia di Bergamo www.solaris-maiet.it

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LEGALITÀ

Lotta alla mafia, nuovi successi Le norme antimafia varate dal Governo stanno indebolendo le organizzazioni criminali. Ma, come evidenzia il ministro della Giustizia Angelino Alfano, bisogna «andare avanti senza abbassare, neanche per un solo giorno, l’asticella della tensione antimafia» Leonardo Testi

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ontinua incessante da parte dello Stato l’opera di smantellamento di ogni forma di criminalità mafiosa. L’ultimo successo in ordine cronologico risale a fine novembre con la vasta operazione antimafia denominata “The end” a Partinico, in provincia di Palermo, condotta dai carabinieri di Monreale su ordine della Dda del capoluogo siciliano, che ha portato all’arresto di 23 persone, accusate di associazione per delinquere di stampo mafioso ed estorsione. È stato azzerato il mandamento mafioso di Partinico, importante crocevia tra le province di Palermo e Trapani, negli ultimi anni al centro di una vera e propria faida tra famiglie mafiose rivali. «Una dopo l’altra, sotto i colpi della squadra Stato, cadono le roccaforti del crimine 288 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

organizzato, sono assicurati alla giustizia pericolosi boss e affiliati a cosche e famiglie mafiose, mentre lo Stato si riappropria di territori che per troppo tempo gli erano stati sottratti», è stato il commento del ministro della Giustizia Angelino Alfano all’operazione. Oltre a colpire la struttura delle organizzazioni mafiose, è necessario intervenire sul piano economico, per indebolire le cosche nell’elemento dove oggi risultano più forti, ossia il radicamento nel tessuto produttivo, imprenditoriale e sociale. Risale al 15 novembre scorso poi il sequestro di beni per un valore complessivo di oltre 22 milioni di euro, disposti dal Tribunale di Palermo ai danni del clan Madonia: «il sequestro dimostra la bontà delle norme varate dal Governo, le stesse che la

magistratura e le forze dell’ordine utilizzano per impoverire la criminalità organizzata», ha dichiarato il Guardasigilli che, nel 2009, firmò il ripristino del 41 bis per Giuseppe Madonia, affermando la perdurante influenza del boss all’interno del mandamento di Resuttana. «Feci bene – ha proseguito Alfano – a riapplicare il regime del 41 bis dopo l’annullamento del Tribunale di sorveglianza». I successi sul fronte della lotta alla criminalità organizzata non riguardano, comunque, solo la Sicilia. Basti ricordare gli arresti del boss Francesco Barbato a ottobre e del superlatitante della camorra Antonio Iovine il 17 novembre scorso, entrambi appartenenti al clan dei Casalesi, oltre all’azzeramento, nell’ambito dell’operazione Hinterland, di due clan storici che da


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx I successi dello Stato

Una dopo l’altra, sotto i colpi della squadra Stato, cadono le roccaforti del crimine organizzato e sono assicurati alla giustizia pericolosi boss e affiliati a cosche e famiglie mafiose

anni infestavano il territorio della provincia di Bari: «quasi un centinaio fra boss e affiliati – continua Alfano – sono stati assicurati alla giustizia e, quel che più conta, sono stati smantellati i pesanti traffici di stupefacenti che le due pericolose organizzazioni mafiose svolgevano nella zona». Ma le attività delle organizzazioni mafiose non interessano più solo le regioni del Meridione, come Sicilia, Calabria o Campania, ma si sono ormai radicate e diffuse nel resto d’Italia e fuori dai confini nazionali. L’obiettivo è il definitivo sradicamento delle cosche criminali dal tessuto sano dell’intero territorio nazionale e non solo. A tal proposito, il Consiglio

dei ministri della Giustizia a Bruxelles si è occupato del conferimento, alla Commissione, del mandato a negoziare con gli Stati Uniti un accordo sulla protezione dei dati personali relativi al flusso di comunicazioni sensibili fra l’Europa e gli Stati Uniti. Il ministro Alfano, nel sostenere l’iniziativa, ha però posto la condizione di non diminuire il flusso di informazioni tra il nostro Paese e l’America. «Lo chiedo – ha dichiarato il Guardasigilli nel corso del suo intervento alla riunione del Consiglio – perché per l’Italia è fondamentale proseguire il contrasto alla criminalità organizzata transnazionale e a tutte le mafie». In questa battaglia, risulta strate-

In apertura, il ministro della Giustizia, Angelino Alfano; in alto, l’arresto di Antonio Iovine; qui sopra, Leonardo Vitale, Roberto Rizzo, Domenico Parra arrestati a Partinico il 30 novembre a seguito dell’operazione “The end”

gica una forte collaborazione con gli Stati Uniti, sorretta da un robusto flusso di dati e di comunicazioni sensibili. «L’Italia sosterrà l’accordo solo se avrà piene rassicurazioni che il negoziato tutelerà l’attuale livello e qualità delle informazioni utili nel contrasto a tutte le mafie». Del resto, Alfano non si accontenta dei successi raggiunti e intende andare avanti senza abbassare «neanche per un solo giorno, l’asticella della tensione antimafia». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 289


LEGALITÀ

Arginare quell’area grigia collegata alla mafia Per il procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso, il potenziamento del contrasto alla criminalità organizzata passa anche da aggiustamenti legislativi e politiche di sviluppo per il Sud. E soprattutto dalla collaborazione di tutti gli attori della società Francesca Druidi

L

Pietro Grasso, procuratore nazionale antimafia

a natura insidiosa della criminalità organizzata risiede oggi nella sua propensione a essere meno visibile e spesso meno violenta, ma al contempo molto più capace di penetrare ogni ambito del sistema Paese e di infiltrarsi in profondità nei meandri dell’economia legale. «Ritengo sia necessario recidere anche quelle relazioni esterne – spiega il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso – che la criminalità instaura con molti ambiti della società, quell’area grigia che permette alla mafia di fare gli affari». L’attuale condizione di Cosa nostra ne è un ulteriore, emblematico, esempio. La mafia è oggi in difficoltà sul piano militare, «Cosa nostra ha subìto i maggiori colpi da parte della repressione dello Stato» conferma Grasso, ma non per questo va resa meno intensa l’azione di contrasto. L’organizzazione, infatti, sta mutando volto, rendendo le sue attività meno visibili e maggiormente indirizzate a un approccio di tipo economico. L’agenzia per la gestione dei beni confiscati creata a Reggio Calabria rappresenta un primo e fondamentale passo verso una ra-

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zionalizzazione sempre più efficiente del tema della destinazione dei beni sottratti alla mafia. È questa la strada migliore da percorrere per arginare il potere economico delle cosche mafiose, ormai esteso a tutta Italia e anche all’estero? «Il problema principale è in primis sequestrare e successivamente confiscare i beni, sottraendoli alla criminalità organizzata. Ciò costituisce una priorità, perché abbiamo potuto constatare che mentre le fila della criminalità, anche dopo gli arresti, vengono colmate da altri soggetti che ne prendono il posto, diventa invece molto più complesso sostituire i beni, immobili, aziende o terreni, che in maniera progressiva erano stati accumulati. L’amministrazione e la destinazione dei beni confiscati individuano, dunque, la strategia prioritaria che si è messa in atto. Una strategia che mira a ottenere effetti anche sotto il profilo etico, come ad esempio riconquistare il consenso delle popolazioni, soprattutto del Mezzogiorno, che registrano la presenza della criminalità mafiosa e che spesso vivono di questa. È importante restituire i beni appartenuti alle cosche alla gente, in


modo che ne possa godere: un terreno sottratto a un boss che diventa un parco giochi per bambini assume un enorme valore, innanzitutto simbolico. È però necessario che i tempi tra le confische e le destinazioni all’utilità sociale dei beni si accorcino il più possibile». Quali sono le maggiori difficoltà nel processo di destinazione? «Esiste tutta una serie di difficoltà, per cui i beni spesso non vengono immediatamente utilizzati perché si verificano contenziosi con le banche. Bisogna, quindi, accertare che le ipoteche che le banche accendono su determinati beni non siano mirate a evitare la destinazione all’utilità. In questi casi, si può avviare un contenzioso che però blocca di fatto l’iter. Un altro ostacolo è dato dalle confische parziali, come avviene nel caso di quote di società. Vi sono, inoltre, beni non destinabili per motivi di idoneità e beni che vengono distrutti con atti di vandalismo da parte di quanti sono costretti ad abbandonarli. Succede, infatti, che danneggino l’impianto elettrico, scrivano sui muri, distruggano i servizi igienici. Quando poi questi immobili o strutture vengono affidati ad associazioni o cooperative sociali, servono finanziamenti per rimetterli in sesto, rallentandone ulteriormente l’impiego. Grazie all’azione svolta dell’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati, si potrà attuare un lavoro più razionale e diligente». Come dare una ulteriore spinta alla lotta alla mafia?

«Ritengo che sia necessario, oltre a colpire la mafia da un punto di vista militare dell’organizzazione vera e propria, recidere anche quelle relazioni esterne che la criminalità instaura con molti ambiti della società, quali l’imprenditoria, la pubblica amministrazione, la politica e le categorie di professionisti che costituiscono quell’area grigia che permette alla mafia di fare gli affari. Occorre spezzare questi legami e confiscare i risultati di questi rapporti d’affari, che rappresentano in sostanza la vera forza della mafia. Bisogna sradicare gli intrecci e le reti criminali creati appositamente per gestire i comuni affari lucrosi». Quanto conta l’appoggio della società civile in questa battaglia? Si può alimentare la cultura della legalità, soprattutto tra le giovani generazioni? «Certamente è un aspetto importante, ma in alcune zone diventa indispensabile prima di LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 291


tutto eliminare le devianze sociali e creare la- menti, anche legislativi, per affrontare una voro, dando la possibilità di un’alternativa concreta all’adesione alla criminalità organizzata. Si tratta di un passaggio fondamentale, perché non è possibile parlare di cultura della legalità a chi ha il problema di sfamare i propri figli. Vanno prima risolti i bisogni essenziali, poi passare alla fase successiva: c’è bisogno di un diffuso consenso verso lo Stato, uno Stato che si presenta offrendo delle opportunità e che, quindi, si fa promotore della crescita. Servono politiche di sviluppo, in particolar modo al Sud, che favoriscano l’occupazione in modo tale che i giovani non siano in alcun modo attratti o spinti dall’opportunità di rinfoltire le fila delle cosche». Se gli atti intimidatori compiuti dalla ’ndrangheta nel 2010 in Calabria possono essere considerati un sintomo evidente della reazione della criminalità organizzata nei confronti del lavoro della magistratura e delle forze dell’ordine, quale dovrebbe essere la reazione dello Stato? Servono nuovi stru-

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mafia sempre più transnazionale ed economicamente potente? «L’atteggiamento dello Stato deve presupporre un’azione unitaria e condivisa nel suo complesso. Non sono soltanto magistratura e forze dell’ordine a dover agire per contrastare la mafia, ma è determinante che anche tutte le istituzioni cooperino nella legalità e rendano sempre più difficile alla criminalità organizzata l’opportunità di contare su privilegi o di innescare situazioni di monopolio in certi settori. Abbiamo bisogno dei cittadini, sia intesi come comunità che come individui. Abbiamo bisogno delle istituzioni. Ma serve anche qualche strumento legislativo che possa aiutarci». Ad esempio? «Introdurre il reato di autoriciclaggio. Occorre prevedere come reato il reinvestimento di capitale illecitamente percepito da parte dell’autore di un primo illecito. Cosa che oggi non si può fare, perché se una persona,


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Pietro Grasso

Servono politiche di sviluppo, in particolar modo al Sud, che favoriscano l’occupazione in modo tale che i giovani non siano attratti o spinti dall’opportunità di rinfoltire le fila delle cosche

A sinistra, Palermo, in occasione della commemorazione del 17esimo annivesario della strage di Capaci: Giorgio Napolitano, Renato Schifani, Roberto Maroni, Pietro Grasso e Diego Cammarata

un mafioso, è punito ad esempio per il reato di associazione mafiosa, non lo è per il riciclaggio dei proventi derivati da quel reato. Inoltre, visto lo stretto legame tra il consenso elettorale e le organizzazioni criminali, sarebbe opportuno ampliare il reato di scambio elettorale politico-mafioso, non solo all’erogazione di denaro, ma anche agli altri vantaggi e privilegi che vengono proposti in cambio del voto, quale l’offerta di un posto di lavoro. Come abbiamo potuto constatare in alcune indagini, un voto in certe zone viene pagato 50 euro. Il che significa svilire lo stesso concetto di partecipazione democratica». Cosa contraddistingue oggi in sostanza la criminalità siciliana da ‘ndrangheta e camorra? «Cosa nostra ha subìto i maggiori colpi da parte della repressione dello Stato. L’organismo di vertice è stato destrutturato e, quindi, la struttura si è indebolita, ma bisogna proseguire su questa strada perché l’organizzazione cambia faccia, muta, cerca ormai di

portare avanti un’attività meno visibile, preferendo buttarsi negli affari. Dipende però dai territori. A Partinico è ripresa una violenta opera di intimidazione ai fini delle estorsioni, per questo l’ultima operazione “The End” risulta importantissima nell’ottica di reprimere le attività criminali sul territorio. Per quanto riguarda Cosa nostra, si registra un passo avanti nell’attività repressiva rispetto alle altre organizzazioni. Inoltre, in Sicilia si stanno sviluppando parecchie iniziative che danno speranza per un decisivo cambiamento: penso ai giovani di “Addiopizzo”; a Confindustria Sicilia che espelle quegli imprenditori che non denunciano il pizzo; alle varie fondazioni intitolate a Falcone, Borsellino, Caponnetto, che operano con l’obiettivo di diffondere la cultura della legalità, soprattutto tra i giovani; penso alla scuola che ha compiuto molti progressi. Sono esempi che ci fanno guardare con speranza al futuro ed è pensando a questi che bisogna continuare a lavorare». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 293


LEGALITÀ

La confisca è fondamentale per un’efficace lotta alle mafie L'azione del governo in materia di sicurezza sta dando ottimi risultati, ma sempre più preoccupanti sono i fenomeni di network tra le organizzazioni criminali italiane e internazionali. Il punto del sottosegretario agli Interni, Alfredo Mantovano Nike Giurlani

N Sotto, il sottosegretario agli Interni, Alfredo Mantovano

on solo arrestare e rendere i soggetti appartenenti alle organizzazioni criminali inoffensivi, ma anche sequestrarne i beni liquidi, immobili e le aziende e renderli così disponibili per attività istituzionali e sociali. Questa «la svolta che si è registrata in questa legislatura in virtù delle norme proposte dal governo e approvate dal Parlamento» come sottolinea il sottosegretario agli Interni, Alfredo Mantovano. «Grazie all’azione portata avanti dall'esecutivo è stato stimato che dal maggio 2008 sono stati sequestrati e confiscati alle organizzazioni mafiose 15 miliardi di euro». Per rendere poi più efficace ed efficiente la gestione dei beni di provenienza illecita è stata anche istituita l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Molti gli interventi qualitativamente importanti realizzati. «Basti pensare all’operazione che qualche settimana fa ha permesso di sequestrare in Sicilia beni di vario tipo, per un valore di un miliardo e mezzo di euro, ad un imprenditore che si muoveva nell’ambito delle

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energie alternative» mette in rilievo il sottosegretario Mantovano. Le organizzazioni mafiose sono dislocate solo in alcune regioni o si stanno diffondendo a macchia d’olio in tutto il Paese? «Il fenomeno della criminalità di tipo mafioso è ormai diffuso ovunque, in Italia e non solo. Nel nostro Paese, però, è presente una normativa, la 416 bis, che permette di identificare in base a determinati indici, un’organizzazione criminale come mafiosa. Da tempo le organizzazione “tradizionali” come cosa nostra, 'ndrangheta e camorra hanno oltrepassato, almeno per quanto riguarda gli investimenti e i tentativi di penetrazione nella finanza e nell’economia, i confini della Sicilia, della Calabria e della Campania. “L’operazione crimine”, per esempio, con-


Alfredo Mantovano

STOP AL RACKET E ALL’USURA

dotta congiuntamente delle direzione distrettuale antimafia di Milano e di Reggio Calabria, Il numero verde 800.999.000 contro l'usura e il racket risponde ha interessato più la Lombardia che la Calabria ai cittadini che hanno bisogno di avere informazioni su questi e ha portato all’arresto di circa 120 soggetti apdue temi per via telefonica. Il servizio accoglie le richieste partenenti a vario titolo alla ’ndrangheta. Inoldei cittadini interessati a ricevere dei chiarimenti, ma anche un sostegno per affrontare e prevenire il problema. Il call center tre, sono stati sequestrati una quantità molto rifornisce informazioni alle vittime dell’usura e del racket, a chi levante di beni immobili e di aziende ritenute tra loro non ha ancora denunciato o a chi vuole sapere in quale possibili centrali di riciclaggio. Non c’è un’area misura lo Stato può aiutarli ad uscire da questa situazione. del territorio nazionale che si può quindi ritenere Oltre alle informazioni dettagliate sulle norme in vigore sulla esente da questo tipo di realtà». materia, tra cui la legge numero 44 del 1999 e la numero 108 Sempre più preoccupante è il fenomeno del 1996, i cittadini che chiamano il numero verde possono sapere a che punto è la domanda che hanno presentato al Fondo della criminalità organizzata transnaziodi solidarietà. «Questo servizio è attivo dal 2000 e ha fatto nale che mette a repentaglio lo sviluppo e registrare una decina di migliaia di contatti – spiega la sicurezza della nostra società. Quali il sottosegretario agli Interni, Alfredo Mantovano – e serve sono gli aspetti principali che caratterizin particolare per tastare il terreno, per capire se e quale aiuto zano lo scenario attuale? può essere svolto dalle autorità». Il passaggio, però, decisivo «Un luogo comune da sfatare è che la mafia «è il ruolo svolto dalle associazioni antiracket o antiusura che sono in grado di fornire quel conforto in grado di sostenere le sia un fenomeno tutto italiano. Non lo è vittime e aiutarle nella difficile decisione di sporgere denuncia» per due ragioni. Primo perché le organizzaconclude il sottosegretario. zioni criminali sono ormai presenti in tutto il mondo, secondo perché nello stesso territorio italiano insieme a cosa nostra, ‘nndrangheta e camorra operano in maniera spesso correlata anche organizzazioni, che si possono definire a pieno titolo mafiose, provenienti dalla Nigeria, dalla Romania, dalla Cina, dalla Russa, dall’Ucraina e dall’Albania. I traffici sui quali sono particolarmente concentrate queste organizzazioni sono le sostanze stupefacenti e il traffico di beni contraffatti. Alcuni mesi fa, per esempio, è stato sequestrato nel porto di Gioia Tauro un carico di 90mila paia di scarpe pseudo Nike che in realtà erano state fabbricate in Cina, Grazie all’azione portata avanti alle quali era stato apposto il falso marchio dal governo è stato stimato nella repubblica Ceca e che, infine, doveche dal maggio 2008 vano essere stoccate nel porto di Gioia Tauro sono stati sequestrati e quindi sotto la tutela, la vigilanza e il dazio dell’ ‘Nndrangheta che poi si incaricava di e confiscati 15 miliardi di euro smistarle in giro per l’Europa. Stiamo quindi vivendo una dimensione di network che da tempo ha superato i confini nazionali». Proprio di questi giorni sono le impor- rità contro il fenomeno del racket nel Sud tanti operazioni messe a segno dalle auto- Italia. Quali sono le principali difficoltà

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LEGALITÀ

incontrate dal governo nella lotta all’usura e al racket? «Purtroppo le difficoltà continuano a essere la presenza a macchia di leopardo di sacche di omertà, anche se stiamo iniziando a registrare buoni risultati grazie alla presenze di sempre nuove associazioni, soprattutto di giovani e commercianti che si stanno battendo per sconfiggere questo male. Più si denuncia più si realizza un’attività di prevenzione. Ho avuto, infatti, modo di leggere delle intercettazioni di una conversazioni tra due capi della camorra, i quali convengono di non passare in una certa via del centro di Napoli perché sono troppi i commercianti che in quella zona hanno aderito all’associazione antiracket del quartiere. Questo dimostra, inoltre, che c’è sempre più fiducia nelle istituzioni perché chi denuncia si sente tutelato e protetto tanto da compiere l’importante passo di incriminare i propri estorsori». Cosa risponde a chi auspica un superamento della legge antiusura 108/96? «Si tratta di una legge emanata 15 anni fa e che 296 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

I traffici sui quali sono particolarmente concentrate le organizzazioni criminali sono quelli delle sostanze stupefacenti e dei beni contraffatti

ha avuto tanti effetti positivi, ma che per certi aspetti risulta un po’ superata. Per questo, da tempo è in discussione una proposta di legge di ragionevole modifica, che non vuole smantellarne l’impianto originario, ma intende solo apportare alcuni miglioramenti per esempio nei rapporti tra le prefetture e l’autorità giudiziaria o snellimenti di carattere burocratico. Questa proposta è stata già approvata all’unanimità dal Senato e ora è in discussione alla Camera. L’auspicio è che ci sia un’accelerazione nell’iter in quanto, tra l’altro, tale proposta trova un consenso molto ampio, sia da parte delle forze politiche che delle associazioni più direttamente interessate».


Stefano Lombardi

Vietato abbassare la guardia, il pericolo è sommerso Imprenditori medio-piccoli, famiglie e un recente filone “etnico”: l’usura è un fenomeno che tocca varie categorie. E le indagini partono spesso da segnalazioni per operazioni sospette. Lo spiega il comandante della Guardia di Finanza di Milano, Stefano Lombardi Riccardo Casini

C

on appena 25 denunce e 16 arresti nel corso del 2010 in tutta la regione, sarebbe facile pensare a un fenomeno marginale. In realtà i numeri resi noti dai reparti della Guardia di Finanza in relazione al reato di usura fotografano solo la punta dell’iceberg di un fenomeno che per molti risulta ancora difficile da far uscire allo scoperto, nonostante il lavoro dei militari; un lavoro che nell’anno in corso ha portato al sequestro di «titoli, depositi e contanti, oltre a beni di varie tipologie come autovetture, computer, quote societarie, mobili e soprattutto appartamenti per un valore complessivo di circa 2 milioni di euro», come racconta il tenente colonnello Stefano Lombardi, comandante del Gruppo tutela mercato dei capitali del nucleo di polizia tributaria della Gdf di Milano. Qual è il trend rispetto agli anni precedenti? «Dal punto di vista statistico il numero dei reati accertati è in lieve calo. Ma non per questo abbassiamo la guardia. È, infatti, difficile acquisire un quadro completo e attendibile del fenomeno, perché le vittime raramente si espongono, per paura di ritorsioni ma soprattutto perché temono un danno di immagine: magari hanno tenuto ben nascosto, anche a familiari e amici, prima il proprio stato di bisogno, poi il circolo vizioso del prestito usuraio. Fatti di reato, quindi, emergono di solito indipendentemente dalla denuncia delle vittime: o da altre indagini connesse, o dallo sviluppo delle segnalazioni per operazioni

sospette, in forte incremento negli ultimi anni». Qual è il profilo medio delle vittime di questo tipo di reati? «La crisi dei mercati finanziari e la cosiddetta stretta creditizia da parte delle banche possono creare un terreno fertile per l’usura o per varie forme di abusivismo nell’esercizio dell’attività finanziaria. L’usura si presenta, quindi, come un fatto criminoso trasversale, in grado di colpire sia medio-piccoli imprenditori, sia le famiglie. Recentemente poi è stato scoperto un filone di usura “etnica”: si tratta di un’inchiesta condotta nei confronti di un’associazione per delinquere dedita all’erogazione di piccoli prestiti a connazionali, tutti cittadini extracomunitari, con interessi annui tra il 60 e il 70%. Un fenomeno in passato sconosciuto, indirizzato a soggetti deboli, assunti in nero o addirittura privi di un lavoro stabile, impossibilitati quindi a rivolgersi a intermediari abilitati per ottenere credito». Quanto pesano nei reati di questo tipo le infiltrazioni della criminalità organizzata? «La criminalità organizzata, grazie all’ingente quantità di denaro di cui dispone, riesce a infiltrarsi in tutte le attività economiche lecite. I soldi, che derivano dai guadagni realizzati grazie alla commissione di reati anche gravi come il traffico di stupefacenti, vengono riutilizzati anche per prestiti a tassi usurari, come forma di reimpiego in grado di generare altri utili. In alcune indagini è stata infatti riscontrata una contiguità tra episodi di usura e ambienti della criminalità organizzata». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 297


DIRITTO FALLIMENTARE

La responsabilità della persona giuridica La crisi del principio “societas delinquere non potest”. L’avvocato Carlo Federico Grosso illustra come progressivamente si è evoluta la dottrina penalistica in questo ambito Nike Giurlani

R

esponsabilità delle persone giuridiche: com’è cambiata la dottrina penalistica. «All’inizio, nel 2001, i reati previsti agli effetti della responsabilità delle persone giuridiche erano pochi, ma con successive integrazioni legislative il loro numero è stato molto ampliato», spiega l’avvocato Carlo Federico Grosso. Si va dalla truffa a danno dello Stato ai delitti informatici, dal trattamento illecito dei dati ai delitti di criminalità organizzata, da quelli di concussione e corruzione fino a taluni delitti contro l’industria e il commercio, ai reati societari e numerosi altri. «L’arco della possibile responsabilità delle società è pertanto L’avvocato Carlo Federico Grosso in alto, un momento del processo Parmalat

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ampia ed esaustiva» rileva l’avvocato. Tra i processi più noti per quanto concerne la responsabilità delle persone giuridiche, Grosso menziona due casi ai quali ha partecipato personalmente in qualità di difensore di una delle parti: Parmalat e il processo contro alcune banche per truffa al Comune di Milano. Il nostro diritto positivo basato sul principio “societas delinquere non potest” esclude che si possa configurare una responsabilità penale in capo alle persone giuridiche. A cosa è dovuto lo sgretolamento di questo principio? «Il principio “societas delinquere non potest” ha costituito per decenni un pilastro della scienza giuridica penalistica. A partire dagli anni 80 e 90 del Novecento, ha cominciato tuttavia a essere messo in discussione dalla dottrina penalistica, a cominciare da un celebre scritto del professore Franco Bricola. Progressivamente è emerso, come dominante, l’orientamento opposto, e cioè il presupposto che fosse opportuno colpire direttamente, anche sul terreno penale, e ovviamente con sanzioni penali confacenti di natura pecu-


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Carlo Federico Grosso

Nell’ordinamento italiano la responsabilità delle persone giuridiche è stata configurata come responsabilità amministrativa da reato

niaria o interdittiva, le condotte illecite societarie riconducibili a carenza di un’adeguata organizzazione di prevenzione dal crimine». Com’è disciplinata la responsabilità delle persone giuridiche nell’ordinamento italiano? Quali sono i presupposti per l’attribuzione della responsabilità? «Nell’ordinamento italiano la responsabilità delle persone giuridiche è stata configurata come “responsabilità amministrativa da reato”, e non come “responsabilità penale”. In ogni caso, competente a giudicare è il giudice penale in un processo che ha le caratteristiche del processo penale (codice di procedura penale, con le modificazioni specificamente previste dal decreto legislativo 231/2001). Presupposto per l’attribuzione di responsabilità amministrativa da reato alle società è che sia stato commesso uno dei reati specificamente previsti dalla legge agli effetti di tale tipo di responsabilità, e che non sia stato adottato, ed efficacemente attuato, un modello d’organizzazione adeguato a prevenire i reati».

Quali sono i reati per i quali le persone giuridiche sono chiamate a rispondere? Quali altri reati andrebbero inseriti? «All’inizio, nel 2001, i reati previsti agli effetti della responsabilità delle persone giuridiche erano pochi, ma con successive integrazioni legislative il loro numero è stato molto ampliato. Oggi le società possono rispondere di truffa in danno dello Stato e reati simili, di delitti informatici e di trattamento illecito di dati, di delitti di criminalità organizzata, di concussione e corruzione, di falsità in monete, di taluni delitti contro l’industria e il commercio, di reati societari, di delitti con finalità di terrorismo o d’eversione, di numerosi delitti contro la personalità individuale, dei cosiddetti abusi di mercato, d’omicidio e di lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro e della tutela della salute. L’arco della possibile responsabilità delle società è pertanto ampia ed esaustiva». Quali sono gli espedienti che possono trovare le aziende al fine di essere esentati dalle responsabilità? «Le società sono comunque esenti da responsabilità se, come ho già accennato, hanno adottato e attuato un modello d’organizzazione, di gestione e di controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi». Quali sono i casi più noti per quanto concerne la responsabilità penale delle persone giuridiche? «Con riferimento a processi ai quali ho partecipato personalmente in qualità di difensore di una delle parti, posso ricordare i processi Parmalat per aggiotaggio celebrati, o in corso di celebrazione, davanti alle sezioni I e II del Tribunale di Milano e il processo contro alcune banche per truffa al Comune di Milano, che è in corso di celebrazione anch’esso davanti alla sezione IV dello stesso tribunale». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 299




L’AVVOCATO DEL MADE IN ITALY

Per la tutela del Made in Italy L’identità delle nostre aziende e dei loro marchi è prioritaria per affermare le produzioni italiane sul mercato globale. A parlarne è colei che, negli ambienti industriali, viene definita come “l’avvocato del made in Italy”, Cristina Rossello Aldo Mosca

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er le imprese italiane prendere coscienza delle concrete opportunità nell’ambito della produttività mondiale è necessario e urgente. Consapevolezza e lucidità sulle prospettive economiche globali sono le uniche garanzie per la loro salute. Ecco perché il made in Italy non è un fenomeno emotivo o una necessità di bandiera, ma ragione vitale dell’economia del nostro Paese». Così l’avvocato Cristina Rossello, considerato da molti come l’avvocato per eccellenza delle grandi aziende familiari italiane. I suoi interventi hanno sempre a oggetto la tutela del patrimonio familiare, la difesa del capitalismo d’impresa e lo studio di riforme per le aziende e i loro riflessi nel diritto societario. Lei parla di presa di coscienza nell’ambito globale. Perché sottolineare questo aspetto? «Sul piano europeo, recentemente, in termini di patto di stabilità si è iniziato a pensare di valutare l’esposizione di uno Statomembro, non soltanto in base al rapporto “debito pubblico e Pil” ma tenendone sotto osservazione la “sostenibilità complessiva” e la “dinamica” dei conti aggregati, favorendo così l’ingresso di altri fattori per l’analisi economica di un Paese, quale l’indebitamento delle famiglie e delle imprese non finanziarie. È di tutta evidenza che il “debito aggregato” rispetto al solo parametro del “debito pubblico” comporterebbe per l’Italia un quadro complessivo ben diverso, certamente e nettamente migliore, considerato che il rapporto sul Pil dell’indebitamento delle famiglie italiane è uno dei più bassi d’Europa e che l’esposizione delle imprese italiane non finanziarie sul Pil è assai migliore rispetto alle aziende di molti altri Paesi UE. Le imprese non finanziarie sono quasi totalmente fondate, costituite e gestite da famiglie: un asse portante dell’economia, non ignorabile. E i fatti insegnano che per non essere ignorati bisogna distinguersi nell’appartenenza». L’avvocato Cristina Dunque una questione identitaria? Rossello nel 2010 ha «La storia insegna che la chiara identità riveste un ricevuto il Premio ruolo vitale per il progresso della famiglia, della Internazionale Expo Luxe per l’impegno dinastia e, conseguentemente, dell’impresa. Non nella professione forense e l’eccellenza in a caso, all’apertura del Convegno Annuale delle ambito patrimonialista Aziende Familiari svoltosi a novembre a Firenze,

«P


Cristina Rossello

Il made in Italy non è un fenomeno emotivo o una necessità di bandiera, ma una ragione vitale dell’economia del nostro Paese

i lavori vertevano sulla cultura dell’impresa e della famiglia e l’attenzione era sull’identità dell’impresa italiana attraverso un profilo culturale. Negli stessi giorni, in un’intervista su Il Sole 24 ore, un imprenditore molto sensibile ai temi del made in Italy, Diego Della Valle, ha auspicato come obiettivo essenziale per il Paese che il nostro brand sia percepito come portatore di qualità, come fattore esclusivo, come elemento distintivo dello stile di vita italiano. In parallelo, sempre in novembre, nel convegno annuale della Fondazione Bellisario, il focus degli interventi è stato sull’identità culturale dell’impresa e il suo conseguente valore economico». Per la legge italiana come si connota l’elemento identificativo o distintivo? «In Italia chi ha registrato un marchio idoneo a distinguere prodotti o servizi ha diritto di valersene in modo esclusivo per i prodotti o per i servizi per i quali esso è stato registrato. Ovviamente il marchio, per essere definito tale ai fini della tutela, deve essere dotato di un tipico potere individuante e avere la caratteristica di segno distintivo dell’imprenditore che se ne avvale». Il proliferare dei marchi e la continua evoluzione della normativa a tutela degli stessi non rendono difficile predefinire una disciplina chiara, stabile? «Il legislatore ha inteso tutelare il diritto all’esclusiva all’uso del marchio conferendogli carattere reale e riconoscendo la sua violazione in ogni produzione abusiva del marchio stesso, indipendentemente

dall’elemento soggettivo (colpa o dolo) della parte che ha usato la cosa sulla quale esso è riprodotto e dall’entità del fatto. Questa attenzione è dettata dalla funzione socio-economica del marchio e dalla sua sfruttabilità in termini di acquisizione e fidelizzazione della clientela. Al marchio, del resto, gli imprenditori affidano la funzione di differenziare i propri prodotti da quelli dei concorrenti. Il riconoscimento da parte del pubblico è la vis vitalis di un prodotto che deve essere riconoscibile con facilità in quanto proveniente da una determinata fonte di produzione. Il marchio costituisce il principale simbolo di collegamento fra produttori e consumatori». Alla funzione prettamente commerciale del marchio si affianca una funzione di comunicazione e di informazione? «La comunicazione rappresenta oggi una delle attività strategicamente più importanti per un’azienda. Il marchio ha assunto un’importanza primaria, diventando da semplice segno distintivo dei prodotti di un’azienda un vero e proprio strumento di comunicazione tra le imprese e i consumatori. Il marchio non viene più considerato quindi in sola chiave distintiva ma nella più ampia accezione di messaggio. In altre parole il marchio, interagendo con le informazioni desumibili da altre fonti come pubblicità, etichettatura o pratiche commerciali, acquista un significato, informa i consumatori, designa la specie, la qualità, la destinazione, il valore, la fonte di origine, la provenienza geografica del bene o servizio». Quali sono i mezzi di natura giudiziale utili alla tutela del marchio? «Il legislatore tutela molteplici interessi: quelli degli industriali, quelli dei consumatori e quello su- ›› LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 311


L’AVVOCATO DEL MADE IN ITALY

Al fianco delle imprese Esperta di diritto societario, bancario e dei valori mobiliari, Cristina Rossello è avvocato di società quotate, è consulente in imprese familiari ed è membro di collegi arbitrali. Svolge contenzioso giudiziale e segue i rapporti con l’Autorità Garante per Concorrenza e Mercato e con l’Autorità Garante per le Comunicazioni, con ConSob e con Banca d’Italia. Svolge inoltre attività di diritto dello sport ed è docente al corso di perfezionamento in Diritto Sportivo e Giustizia Sportiva della Università Statale di Milano. Autrice di libri e pubblicazioni su riviste di diritto civile e commerciale, è membro di comitati scientifici e di redazione di riviste e associazioni di diritto commerciale e di impresa. È consulente per Commissioni del Senato e della Camera dei Deputati cui ha partecipato con lavori preparatori di riforme legislative in materia di diritto civile, commerciale, societario e sportivo. È inoltre ideatrice e promotrice del “Progetto Donne e Futuro” e del Premio “Profilo Donna Junior”oltre che presidente Onorario di “Donne del 2000”.

›› periore dello Stato. È vitale infatti tutelare la proprietà industriale WTO sono relativi al 2009». per evitare diminuzione di fatturato, perdite di quote di mercato, danni d’immagine. Ma si tratta anche di un problema sociale perché tutto ciò si traduce inevitabilmente in conseguenti perdite di posti di lavoro. Senza tralasciare ovviamente il problema del volume d’affari sottratto al gettito fiscale. Civilisticamente, ad esempio, l’azione di contraffazione, con la quale si intende tutelare il marchio d’impresa o meglio il diritto all’uso esclusivo del segno distintivo. Poi c’è l’azione di concorrenza sleale volta all’accertamento relativo alla confondibilità dei prodotti. Con l’azione di contraffazione è data la possibilità, al titolare del marchio, di agire in giudizio per la tutela del proprio diritto esclusivo all’uso dello stesso». La lotta alla contraffazione ha assunto negli ultimi tempi una sempre maggiore importanza. Quali sono i settori industriali maggiormente colpiti da questo fenomeno? «Quasi tutti i settori industriali sono interessati dal fenomeno della contraffazione. L’OCSE, in una ricerca diffusa nella primavera del 2007, ha valutato la quota di vendita delle merci contraffatte sull’intero commercio mondiale tra il 7 e il 9%. I dati elaborati recentemente dal World Trade Organization sono addirittura superiori: si stima che il commercio dei falsi raggiunga il 10% degli scambi mondiali, per un valore pari a 450 milioni di dollari. L’ultima ricerca ufficiale dell’OCSE risale al 2007, mentre i dati del 312 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

Quali sono gli articoli più soggetti alla contraffazione? «Il 60% riguarda articoli di moda e abbigliamento mentre il resto si riferisce a orologeria, beni di consumo, componentistica e software, pirateria informatica e pirateria audiovisiva. La contraffazione ormai non è più limitata alla clonazione di prodotti di lusso, ma è orientata alla riproduzione di prodotti di largo consumo. Cresce così il mercato illegale dei giocattoli, dei prodotti alimentari, degli alcolici, delle sigarette, fino ai prodotti farmaceutici. Recentemente un’azione coordinata sul piano internazionale è riuscita a spezzare un canale distributivo molto pericoloso di giocattoli, nocivi, per infanti provenienti dalla Cina. Quest’anno l’allarme è stato dato dal fortissimo aumento delle contraffazioni di medicinali: l'Organizzazione Mondiale della Salute, stima che non meno del 10% dei medicamenti consumati nel mondo siano contraffatti. Dai dati del 2007 della Comunità Europea era già emerso che Svizzera, India ed Emirati Arabi Uniti risultano i primi esportatori di medicinali


Cristina Rossello

contraffatti rispettivamente per il 40%, il 35% ed il 15% del mercato di contraffazione complessivo». Il Ministero per lo Sviluppo Economico ha varato linee per la tutela del made in Italy nel mondo con il rafforzamento della collaborazione a livello internazionale. Esistono dei veri e propri collegamenti internazionali? «Sì, tanto che si può parlare, evocando delle suggestioni letterarie, di vere e proprie “vie della contraffazione”. La via principale di trasporto della merce contraffatta è il mare. Dai dati della Comunità Europea sulla contraffazione e sulla pirateria nel 2007, degli articoli sequestrati in relazione ai mezzi di trasporto emerge che la via aerea ricopre l’11%, quella su gomma oltrepassa il 29%, quella via mare sfiora il 60%». Soprattutto quali enti sono coinvolti nella lotta alla contraffazione? «Il fenomeno coinvolge diverse autorità: le Autorità Doganali, la Guardia di Finanza e le altre forze di Polizia, fino ai Nas e i Carabinieri, tutti impegnati nello sforzo di arginare un fenomeno che ha ormai assunto dimensioni rilevanti. Un ulteriore protagonista di questa lotta che non viene mai citato, ma che è sempre presente in prima linea, spesso rischiando in prima persona perché non sempre ai provvedimenti azionati coordinati alle forze dello Stato si contrappongono reazioni “serene”, è l’avvocato delle imprese. Gli studi di maggiore dimensione e più organizzati operano con dipartimenti “ad hoc”, con collaboratori aggiornati e preparati a impostare immediatamente azioni a tutela dei prodotti delle imprese, e normalmente appoggiandosi a strutture organizzate facenti parte di network mondiali». Il codice penale sanziona la condotta sia dell’artefice della contraffazione, sia quella del fruitore dei prodotti contraffatti. Dunque la legge risponde severamente al fenomeno? «È stata una scelta di politica legislativa mirante a colpire i produttori del mercato parallelo dei

La lotta alla contraffazione coinvolge Autorità Doganali, Guardia di Finanza, Polizia, Nas e Carabinieri, tutti impegnati per arginare un fenomeno che ha assunto dimensioni rilevanti

prodotti contraffatti. Ma anche il cosiddetto “mercato illecito”, punendo i consumatori di genere che sotto la minaccia della pena dovrebbero essere indotti a fruire di prodotti originali. Chi acquista un prodotto falso, per lo Stato italiano deve essere consapevole che può incorrere nella contravvenzione che punisce l’acquisto di cose di sospetta provenienza. La giurisprudenza che si è formata sul punto ha ormai riconosciuto che chiunque acquista un prodotto da un “abusivo” è ben consapevole che il prodotto è un falso. La norma mira a destare una certa “accortezza” nel consumatore e a correggere distorsioni del mercato regolare. Oltre a punire la condotta del produttore e del consumatore dei prodotti contraffatti il legislatore, sempre sotto il profilo penalistico, ha considerato la questione anche in termini generali e in tal senso ha considerato la fattispecie tra i reati a tutela dell’ordine economico». Per quali ragioni? «La finalità perseguita è la tutela di quegli interessi concernenti la conservazione dei beni economici considerati indipendentemente dal diritto di proprietà. Si tratta di disposizioni che tendono a tutelare l’industria sul piano nazionale per evitare che la stessa subisca un pregiudizio. Quest’ultimo potrebbe consistere nella diminuzione del buon nome dell’industria considerata sul piano nazionale, in relazione sia alla sua capacità produttiva, sia alla correttezza commerciale». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 313


LOTTA ALLA CONTRAFFAZIONE

La contraffazione è un “reato vero” Cosa si nasconde dietro un marchio contraffatto? Una vera e propria organizzazione criminale, nonché un ingente danno all’economia reale e alla società civile. Il punto di Giuseppe Zanalda Eugenia Campo di Costa

L’avvocato Giuseppe Zanalda esercita a Milano segreteria.mi@avvocatozanalda.it

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n fenomeno criminale che anche in Italia ha assunto le dimensioni di una vera e propria attività imprenditoriale, in grado di abbracciare i più disparati settori merceologici. E che, con l’avvento delle nuove tecnologie, ha trovato terreno sempre più fertile. Basti pensare che la contraffazione di marchi e brevetti, su internet, si dispiega tra la vendita di prodotti contraffatti e l’abusiva riproduzione dei marchi, quali loghi di squadre di calcio da scaricare sui telefoni cellulari o sul PC. «Vi è purtroppo un’opinione diffusa che la contraffazione rappresenti una forma di sostentamento per immigrati e disoccupati solo in danno delle griffe più famose e come tale tollerabile» afferma l’avvocato Giuseppe Zanalda. «Viceversa bisogna far comprendere che la contraffazione costituisce una concorrenza sleale e fonte di lavoro nero, gestito da gruppi criminali organizzati che realizzano ingenti profitti ai danni dell’economia reale e della società civile. A tal proposito si è detto, con un bisticcio di parole: “La contraffazione è un reato vero”». Attraverso quali strumenti un’azienda può tutelarsi e cercare di arginare il fenomeno? «Guardia di Finanza e Dogana intervengono sia attraverso sistemi di controllo più efficaci, che con nuclei specializzati nella lotta alla contraffazione. Tuttavia, il solo intervento delle autorità competenti non è sempre in grado di arginare il fenomeno. Le società titolari dei marchi registrati maggiormente colpite debbono vigilare, monitorando le reti di vendita sia tradizionali che via internet e, non appena individuata l’offerta di prodotti contraffatti, presentare

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Giuseppe Zanalda

Bisogna far comprendere che la contraffazione costituisce una concorrenza sleale e fonte di lavoro nero, gestito da gruppi criminali organizzati

denuncia-querela alla Procura della Repubblica. In tal modo si può ottenere l’immediato sequestro della merce contraffatta e instaurare un procedimento penale contro i titolari e contro la società». Quali pene sono previste in tema di contraffazione? «Oltre alla reclusione fino a quattro anni per gli autori della contraffazione, sono previste pene pecuniarie e sanzioni interdittive nei confronti delle Società che producono o commercializzano prodotti contraffatti, ai sensi dell’art. 25 bis D.lvo 231/2001, per la Responsabilità Amministrativa degli Enti, definita “parapenale” in una nostra pubblicazione del 2003 del Sole 24 Ore. Inoltre va ricordato che il decreto legge sulla competitività n. 35/2005 ha introdotto nei confronti del cliente la sanzione amministrativa pecuniaria fino a 10.000 euro per l'acquisto di merce contraffatta». Lei ha difeso la Juventus e altre note società sportive vittime della vendita di articoli sportivi con il marchio contraffatto. «Oggi il marchio per le società sportive è divenuto un vero e proprio asset da sfruttare

sotto il profilo commerciale. Il merchandising è divenuto una fonte di introiti significativa per le società di calcio e, parallelamente, si è intensificata l’attenzione alla tutela del marchio. Nell’interesse della Juventus F.C., nonché di altre società quali l’A.C. Milan, si sono ottenuti importanti risultati attraverso la condanna in sede penale dei responsabili dei delitti di contraffazione e vendita di prodotti contraffatti, con condanna ai danni confisca e distruzione della merce irregolare, arginando in tal modo il fenomeno della vendita di magliette, bandiere e gadget con i simboli delle squadre». Si è sviluppato di recente un nuovo filone giurisprudenziale a tutela del design, cui lei ha contribuito attivamente, difendendo Pomellato. «Nell’ultimo decennio, soprattutto nel settore dei gioielli, si è sviluppata una subdola e più raffinata forma di contraffazione non del marchio registrato, ma del disegno o modello ornamentale, con gravissimo danno patrimoniale e di immagine. Prendendo spunto da una giurisprudenza in tema di tutela del design, che riconosceva tutela penale ai disegni o modelli ornamentali brevettati, abbiamo depositato, nell’interesse della nota casa di gioielli milanese, una serie di denunce-querele nei confronti di gioiellerie e ditte artigianali che ponevano in vendita gioielli riproducenti modelli ornamentali registrati delle linee di punta, quali ad esempio l’anello “Nudo” o la linea “Dodo”. Sono quindi seguite una serie di condanne di vari tribunali penali italiani che hanno riconosciuto piena tutela penale anche del disegno o modello ornamentale registrato». A che punto siamo oggi? Il nuovo Codice della Proprietà Intellettuale, che conferisce tutela al modello ornamentale se presenta il carattere della novità e dell’individualità. In sostanza, alla base della legge vigente, si può parlare di contraffazione di un modello ornamentale in tutti quei casi in cui venga ripresa l’impressione generale innovativa fornita dal modello stesso registrato». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 315


RESPONSABILITÀ PROFESSIONALE MEDICA

La tutela di medici e pazienti La gestione della “malpractice medica” è sempre più orientata alla ricerca di un equilibrio tra l’esercizio della professione sanitaria e la tutela dei diritti del paziente. L’avvocato Andrea Protaso Rivolta spiega a che punto siamo Luca Righi

L’avvocato Andrea Protaso Rivolta esercita la professione nello Studio Legale Rivolta, con due sedi, a Monza e Bernareggio. Nella pagina accanto da sinistra, Rivolta assieme agli avvocati Tiziana Bellani e Maria Cristina Costagliola avv.rivolta@studiorivolta.it

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elaborazione dottrinale e giurisprudenziale della materia della responsabilità professionale medica è in continua evoluzione. I mass media legittimamente denunciano la cosiddetta “malasanità”, ma qualcosa, da diversi anni ormai, sta cambiando, nella gestione del rischio della “malpractice medica”. Ne parliamo con l’avvocato Andrea Protaso Rivolta, specialista del settore, da anni fiduciario dell’Azienda Ospedaliera di Monza: «un noto aforisma – afferma - ci ricorda che fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce: la verità è che la professionalità degli addetti alla gestione del rischio professionale sanitario, in ambito aziendale, assicurativo e legale è cresciuta verticalmente negli ultimi anni, proporzionalmente all’impennata delle richieste risarcitorie, e può oggi offrire una sponda di confronto affidabile al magistrato che quotidianamente risponde alle azioni legali promosse dai pazienti». La salute è un diritto prezioso e come tale costituzionalmente garantito, ma, prosegue Rivolta, «nell’interesse della collettività, deve essere comparato alla necessità di tutela dello sviluppo della ricerca scientifica. Nessuno può fingere di ignorare che gli operatori del settore sanitario si trovino quotidianamente ad affrontare problematiche e sfide diagnostiche e terapeutiche di complessità infinitamente superiori rispetto al recente passato». Come può essere gestito l’equilibrio fra queste due esigenze di tutela? «Lo Stato deve garantire, attraverso gli operatori del diritto, che sia tutelata la domanda di giustizia del paziente che ritiene di essere stato leso nell’integrità della propria salute, ma nel contempo deve riconoscere agli operatori del settore sanitario la difesa della dignità della propria professionalità. È ragionevole individuare nel paziente la cosiddetta parte debole del processo, ma nello stesso tempo deve essere vagliato con criteri oggettivi e scientifici l’operato del medico, per valutarne eventuali responsabilità». Come si inquadra dal punto di vista legale la responsabilità professionale del medico? «Semplificando, possiamo affermare che la Giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione

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Andrea Protaso Rivolta

inquadra la responsabilità professionale del medico ospedaliero nell’ambito della responsabilità contrattuale civilistica, con conseguente attribuzione al professionista medesimo, e all’Azienda Ospedaliera di cui è dipendente, dell’onere di provare il corretto adempimento della prestazione richiesta. Nel contempo, tuttavia, attribuisce al paziente l’onere di provare il nesso di causalità tra la condotta, eventualmente inadeguata, del medico e l’evento lesivo. Quest’ultimo principio deve essere tutelato, perché, al contrario, ci troveremmo in una condizione per la quale qualunque esito infausto di una terapia sanitaria produrrebbe la legittimazione di un diritto risarcitorio». Quali i rischi potenziali? «La potenziale e progressiva paralisi dell’Assistenza Sanitaria. Le Aziende Ospedaliere erogatrici del servizio, si troverebbero a sopportare ri-

Oggi, gli operatori del settore sanitario affrontano sfide diagnostiche e terapeutiche di complessità infinitamente superiori rispetto al recente passato

schi non più tutelabili dalle Compagnie Assicurative, se non a prezzo di premi difficilmente sostenibili, con danno del Sistema Sanitario Nazionale. I medici si vedrebbero poi, inevitabilmente, orientati ad astenersi da prestazioni sanitarie, soggette a rischio di insuccesso, sia pure potenzialmente utili per il paziente». Come si può rimediare? «In presenza di eventi di “malpractice medica”, è doverosa una risposta risarcitoria, ma l’operato del medico deve essere valutato secondo le regole dell’arte medica. Il Ministero della Salute già offre delle linee guida, sulle quali le Aziende Ospedaliere più diligenti redigono protocolli operativi: questa strada deve essere perseguita con convinzione, per disporre di un efficace strumento di valutazione a disposizione del magistrato investito della causa. Per lo stesso motivo le cartelle cliniche devono essere redatte secondo criteri uniformi e in maniera oggettivamente intellegibile. D’altra parte però deve essere rivalutato lo strumento della dichiarazione di consenso informato. Laddove i rischi connessi alla terapia cui si sottopone siano preventivamente e consapevolmente accettati dal paziente, si deve accettare l’ipotesi che l’evento infausto si possa verificare, senza che ciò debba costituire colpa dell’operatore sanitario. Gli sforzi delle Aziende Ospedaliere di fornire un’accurata informazione preventiva sono frustrati dall’orientamento della Giurisprudenza di Merito che tende a ignorare la preventiva assunzione di rischio da parte del paziente e a delegare, automaticamente, la risoluzione delle vertenze ai consulenti tecnici deputati alla quantificazione del danno». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 319


VITTIME DELLA STRADA

Fondo vittime della strada: indennità o risarcimento? compito del Ministero dello Sviluppo Economico vigilare sul Fondo di Garanzia per le vittime della strada, istituito con la legge 990 del 1969, in seguito abrogata con l’entrata in vigore del Codice delle Assicurazioni Private. Ad amministrarlo, invece, è la Consap, la Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici Spa. Si tratta di un fondo che certamente interessa, da vicino, milioni di cittadini, assolvendo lo scopo di provvedere al risarcimento di danni provocati da più cause. Ma in Italia, si sa, le leggi sono mutevoli, e questo vale anche per il diritto assicurativo. A fare il punto su obiettivi e presupposti del fondo, è uno dei maggiori esperti in materia, l’avvocato Carlo Cioppa di Milano. Consap amministra il fondo ma, in concreto, chi lo controlla? «Consap si avvale dell’assistenza di un apposito Comitato, con al vertice il Presidente

È

In apertura, l’avvocato Carlo Cioppa

studiolegale@studiolegalecioppa.com

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Un excursus sui presupposti giuridici e sulle sentenze relative al Fondo di Garanzia per le vittime della strada. A proporlo, l’avvocato Carlo Cioppa, che si sofferma a riflettere su un dubbio “dottrinale” Filippo Belli

della società o, in sua vece, il suo Amministratore Delegato, composto da rappresentanti del Ministero per lo sviluppo economico, dell’economia e delle finanze, della Consap stessa, dell’Isvap, delle imprese di assicurazione e dei consumatori». Il risarcimento è previsto per quali tipologie di danni? «Intanto per quelli causati da veicoli o natanti non identificati, per soli danni alla persona. A tal proposito, dal 24 novembre 2007, a seguito del decreto legislativo 198, il risarcimento è dovuto anche per i danni alle cose, con una franchigia di 500 euro, in caso di danni gravi alla persona. Il risarcimento è previsto inoltre se il danno è provocato da soggetti non assicurati, sia nei confronti della persona che delle cose, da quelli assicurati con imprese poste in liquidazione coatta amministrativa e da veicoli posti in circolazione contro la volontà del proprietario». A seguito del decreto cui ha accennato, il 198 del 2007, sono quindi aumentati i casi in cui è previsto il risarcimento? «Vero. Infatti, ora, il risarcimento avviene anche se i sinistri sono causati da veicoli spediti nel territorio della Repubblica Italiana da un altro Stato, appartenente allo spazio economico europeo, avvenuti nel periodo intercorrente dalla data di accettazione della consegna del veicolo e lo scadere del termine di 30 giorni. E si ri-


Carlo Cioppa

sarcisce anche se l’incidente è causato da veicoli esteri con targa non corrispondente o non più corrispondente allo stesso veicolo. In questi casi, l'intervento del Fondo è limitato al massimale di legge vigente al momento del sinistro che, al dicembre 2009, si attesta sui 2,5 milion di euro per danni alla persona e 500mila euro per i danni a cose». Quando si può proporre un’azione per risarcimento danni rivolgendosi al Fondo? «Solo dopo che siano trascorsi 60 giorni dal momento in cui il danneggiato richiede all'impresa designata, individuata in base al luogo di accadimento del sinistro, e alla Consap, il risarcimento del danno. Ovvero nel termine di 180 giorni nel caso di sinistri causati da veicoli o natanti assicurati presso una compagnia assicurativa in stato di liquidazione coatta amministrativa. In etrambi i casi la richiesta risarcitoria deve essere inviata alla sede legale del destinatario a mezzo raccomandata. L'istruttoria e la liquidazione dei danni per i sinistri è quindi, per legge, di esclusiva competenza dell'impresa designata, alla quale va inviata la richiesta di risarcimento dei danni per l'aper-

tura della pratica e nei cui confronti, in caso di mancata definizione transattiva, deve essere esercitata l'eventuale azione giudiziaria». Da cosa è costituito il Fondo? «Il patrimonio con cui il Fondo provvede al risarcimento dei danni è costituito dal contributo, determinato dal Ministero delle attività produttive, che ogni anno le imprese, autorizzate all'esercizio dell'assicurazione per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli, sono tenute a versare alla Consap». Perché, sia nel mondo forense, sia nei palazzi della giustizia, si discute in maniera così accesa su questo punto? «In relazione alla natura giuridica dell'istituto, poiché il legislatore del 1969 non ne ha elaborato una specifica definizione, si è sviluppato un vivace dibattito dottrinale. Anche il nuovo Codice delle Assicurazioni, non avendo introdotto sul tema novum normativi, consente di riproporre in modo inalterato le discussioni e soluzioni adottate in passato dalla dottrina, nonché dalla giurisprudenza in ordine alla natura del Fondo. Costituisce un punto comune delle varie teorie emerse, sostenuto dalla prevalente ›› LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 321


VITTIME DELLA STRADA

›› giurisprudenza di legittimità, inquadrare il dalla Cassazione Civile con una sentenza del

Sopra, lo staff dello studio legale Cioppa di Milano

Fondo quale patrimonio autonomo, privo di personalità giuridica e sottoposto alla gestione della Consap». Questo concetto, in parole povere, cosa sostiene? «Che appare giuridicamente corretto ritenere la Consap come il soggetto cui spetta la gestione del Fondo. Ripeto, quest’ultimo è formato da tutti i contributi versati dalle imprese assicuratrici ed è “vincolato”, in quanto destinato al risarcimento dei danni specificamente individuati dalla norma in commento». Un altro punto, per così dire, critico, è quello relativo all’accertamento in ordine alla natura della prestazione erogata dal Fondo. Si discute, in pratica se la sua natura è indennitaria o risarcitoria. «Si potrebbe propendere per la natura indennitaria della prestazione erogata dal Fondo. Tuttavia, per orientamento giurisprudenziale prevalente, occorre orientarsi sulla sua natura risarcitoria Tale statuizione è stata infatti ribadita

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2009, relativa alla causa promossa dalla vittima di un sinistro stradale causato da un veicolo privo di copertura assicurativa». Cosa accadde in questo episodio? «Il danneggiato, sull'erroneo presupposto dell'esistenza di un rapporto di solidarietà passiva tra il Fondo di garanzia e il responsabile del danno, aveva inoltrato atto interruttivo del termine biennale di prescrizione solamente all'impresa assicurativa designata dal Fondo. La Corte escludeva l'esistenza del rapporto solidale, chiarendo che l'obbligazione del Fondo ha natura risarcitoria e non indennitaria e che detta obbligazione va a sostituire quella del responsabile». In conclusione? «L'atto interruttivo della prescrizione dell'azione inviato al solo Fondo è privo di valore nei confronti del danneggiante ai fini dell'interruzione della prescrizione medesima. La pronuncia della cassazione ha confermato quanto stabilito nelle sentenze 2963 del 2002 e 12671 del 2000».



NUOVE TECNOLOGIE

Una rete per la sanità lombarda Semplificazione, dematerializzazione, efficienza ed efficacia. Sono le parole chiave che per Carlo Lucchina, direttore generale Sanità della Regione Lombardia, descrivono il sistema informativo socio-sanitario regionale Michela Evangelisti

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n sistema che ha permesso di collegare in rete, con una copertura ormai del 100%, 9.900.000 cittadini, 7.800 medici di medicina generale e pediatri di famiglia, 2.600 farmacie, 150mila operatori socio-sanitari, 35 aziende ospedaliere, 15 Asl, più di 2.500 enti erogatori privati accreditati. Sono questi i numeri del Siss, il sistema informativo socio-sanitario attivo in Lombardia, il cui obiettivo primario è la miglior cura del paziente. A che stadio di realizzazione si trova il sistema? «La sanità, a tutti i livelli istituzionali, si sta muovendo verso protocolli di comunicazione condivisi entro lo schema organizzativo della “rete”, che consente agli operatori di consultare e scambiare informazioni per la diagnosi e la cura dei pazienti. La risposta in Lombardia a quest’esigenza è ormai da molti anni il Siss. La sua punta di diamante è il fascicolo sanitario elettronico: il Fse si basa su un database virtuale che rende disponibile (previo l’indispensabile rilascio del consenso al trattamento dei dati da parte del cittadino) ai medici, agli operatori socio-sanitari autorizzati e al singolo assistito, nel pieno rispetto della sicurezza e della privacy, una visione integrata e contestualizzata della storia sanitaria del paziente. In Lombardia oggi ci sono già 5,8 milioni di Fse attivi, contenenti circa 75 milioni di prescrizioni e oltre 14 milioni di documenti clinici elettronici, pubblicati annualmente con firma digitale e, quindi, con piena validità legale. Il fascicolo permette la condivisione di tali documenti e, a supporto dei do328 • DOSSIER • LOMBARDIA 2010

cumenti di refertazione, rende disponibili anche le prescrizioni diagnostiche e farmaceutiche e i dati delle vaccinazioni. Al suo interno sono integrate anche diverse reti di patologia, dei “reparti virtuali” in cui specialisti della stessa patologia possono accedere nello stesso momento ai dati clinici del paziente». Quali sono i prossimi obiettivi da raggiungere? «Questo strumento dispone già dei servizi per la pubblicazione del “patient summary”, attualmente in sperimentazione a Pavia. Si tratta di un documento di sintesi che raccoglie i dati essenziali della storia clinica del paziente, compilato e aggiornato dal medico di medicina generale e particolarmente utile in caso d’emergenza. Molte attività riguarderanno poi lo sviluppo dell’e-prescription, oggi in sperimentazione presso Vimercate, per il passaggio dalla prescrizione cartacea (ricetta rossa) a quella elettronica. Ciò porterà con sé molteplici vantaggi, per l’amministrazione (riduzione dei costi e dematerializzazione dei processi), per gli operatori sanitari (riduzione di errori e contestazioni), e per i cittadini, in termini di semplificazione dei percorsi amministrativi. Patient summary ed e-prescription rappresentano obiettivi di primo piano anche a livello internazionale, come dimostra il progetto europeo epSOS, che coinvolge 27 enti in rappresentanza di tutti i Paesi dell’Unione europea. Il principale obiettivo del progetto è la costruzione di un fra-

Carlo Lucchina, direttore generale Sanità della Regione Lombardia


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mework informatico transnazionale, attraverso il quale sia possibile lo scambio in modalità protetta di informazioni cliniche». Da poche settimane si è svolto l’evento “L’eHealth in Lombardia – L’esperienza del sistema informativo socio-sanitario”. Quali aspetti sono emersi sul funzionamento del sistema? «Si è verificato che il Siss è ormai una realtà affermata e diffusa in tutta la regione ed è pronto per affrontare le prossime sfide organizzative. Si è rilevato, per stessa ammissione degli operatori coinvolti, che il Siss ha portato a una diffusione dell’informatizzazione in tutte le aziende sanitarie e presso gli operatori sanitari, accelerando grandemente l’innovazione dei processi con vantaggi visibili. Esiste ora un’infrastruttura solida e completamente idonea per sostenere la dematerializzazione totale dei documenti sanitari che è il prossimo obiettivo. Infine si è rammentato

l’importante intervento sui sistemi informativi delle aziende sanitarie (un piano di oltre 100 milioni di euro) che è stato essenziale: è impossibile infatti parlare di Fse senza che le aziende sanitarie abbiano costruito le basi dati cliniche al proprio interno». Ci sono criticità alle quali far fronte? «Le criticità sono rappresentate essenzialmente dal non sufficiente coinvolgimento dei clinici (soprattutto negli ospedali), dove vi sono stati ritardi, e che quindi sarà da rafforzare, e dalla comunicazione verso i cittadini che è continuamente da riproporre e adeguare ai nuovi servizi e ai diversi target». Cosa consente il Siss nella pratica agli operatori socio sanitari della regione? Quali vantaggi ha portato e sta portando nella direzione di un’accelerazione e di una migliore gestione dei servizi? «Nonostante le difficoltà implicite e inevitabili nel progettare, realizzare e avviare un meccanismo di tale portata, i benefici che il Siss sta portando alla sanità lombarda si stanno già toccando con mano: raccogliere i dati, organizzandoli e rendendoli disponibili in funzione della domanda, permette fin d’ora di migliorare la qualità dei processi di diagnosi e cura, di governare l’intero sistema in maniera coordinata e armonizzata, di semplificare i rapporti del cittadino con la pubblica amministrazione, di aumentare l'efficienza degli operatori». Come avviene l’accesso al sistema per i cittadini e quali benefici porta agli utenti? «Parte rilevante dei servizi messi a disposizione dal Siss è volta a semplificare il rapporto fra il cittadino e le strutture dell’offerta sanitaria. In particolare, il Siss rende disponibili una serie di servizi con la finalità di migliorare i servizi sanitari e di ridurre al minimo – ossia alle sole fasi strettamente sanitarie – il numero di contatti del cittadino con le strutture nonché il tempo stesso necessario all’espletamento degli adempimenti amministrativi correlati. I cittadini possono utilizzare la carta regionale dei servizi - valida come tessera sanitaria, tesserino di codice fiscale, carta nazionale dei servizi e tessera europea di assicurazione malattia - per accedere ai servizi on line resi disponibili dal Siss». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 329




NUOVE TECNOLOGIE

Luci e ombre della digitalizzazione «L’evoluzione della sanità in rete è da tempo al centro di numerose iniziative a tutti i livelli istituzionali del nostro Paese» assicura Rossana Ugenti. Anche perchè si rivela un ottimo strumento per bilanciare la qualità dell’assistenza sanitaria con le risorse disponibili Michela Evangelisti

N Rossana Ugenti, direttore generale del Sistema Informativo presso il ministero della Salute

el nostro Paese il processo di digitalizzazione del comparto sanitario sta procedendo in modo abbastanza disomogeneo. A fronte di alcune realtà che rappresentano dei veri e propri casi di eccellenza, prevalentemente situate al centro-nord, se ne osservano infatti altre che presentano dei sensibili margini di miglioramento, prevalentemente localizzate al centro-sud. Tuttavia si riscontra, seppure con un diverso grado di intensità, una disomogeneità anche in ambiti territoriali limitrofi, così come tra aziende ospedaliere che distano tra loro anche solo pochi chilometri. «Il livello di attuazione della strategia nazionale di eHealth presenta, nel nostro Paese, luci ed ombre – spiega Rossana Ugenti, direttore generale del sistema informativo presso il ministero della Salute –. Basta dare un’occhiata ai dati per comprendere la necessità di procedere con sempre maggiore vigore nel percorso di promozione e sviluppo della sanità in rete a livello nazionale, nell’ambito di un’azione di coordinamento con le Regioni e con tutti i portatori di interesse». L’organizzazione della sanità italiana è orientata su un modello federale, imperniato sul ruolo centrale delle amministrazioni regionali, le quali sono chiamate a interagire in contesti sovraordinati (nazionale, europeo, internazionale). Quanto lo schema della rete

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e l’informatizzazione hanno facilitato questa interazione? «L’evoluzione della sanità in rete è da tempo al centro di numerose iniziative a tutti i livelli istituzionali del nostro Paese, anche in considerazione della necessità sempre più stringente di bilanciare la qualità dell’assistenza sanitaria prestata con le risorse disponibili. Ciò rende oltremodo necessaria la definizione di modalità innovative di erogazione dei servizi sanitari, per le quali l’utilizzo delle nuove tecnologie costituisce un importante fattore abilitante. L’eHealth, ovvero l’applicazione dell’Ict in sanità, consente di accrescere l’efficienza, la qualità e la sicurezza del settore sanitario, assicurare migliori e più efficaci servizi sanitari, limitando sprechi e inefficienze. Anche l’Unione europea ha da tempo posto la sua attenzione sullo sviluppo delle tecnologie Ict nel settore della sanità, spingendo peraltro gli Stati membri ad adottare gli interventi necessari per rimuovere gli ostacoli all’attuazione e allo sviluppo dell’eHealth. Il ministero della Salute già da tempo è promotore di molteplici interventi volti allo sviluppo dell’eHealth. Tali interventi si collocano nell’ambito della cornice strategica definita dal Nsis e, in prima istanza, lungo le seguenti linee prioritarie: prenotazione on line, fascicolo sanitario elettronico, dematerializzazione della documentazione sanitaria e telemedicina».


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Quali sono le principali criticità ancora presenti e quali i principali vantaggi che la sanità ha tratto dall’introduzione delle nuove tecnologie? «Condizioni fondamentali e abilitanti alla corretta realizzazione della sanità in rete, a tutti i livelli del Ssn, sono rinvenibili nella disponibilità di: strumenti che consentano l’identificazione certa ed univoca, opportunamente anonimizzata, degli assistiti attraverso una chiave unica atta a ricondurre ciascun evento sanitario al cittadino che interagisce con il Ssn; sistemi informativi clinici e diagnostici in grado di produrre referti secondo formati standard; infrastrutture che garantiscano l’accesso sicuro in rete ai dati informatizzati da parte degli operatori autorizzati e dei cittadini; l’integrazione tra i sistemi informativi regionali e i sistemi locali. Sono pertanto in corso da parte del ministero della Salute approfondimenti allo scopo di superare i suddetti aspetti e consentire la promozione e lo sviluppo di una strategia complessiva per la sa-

L’eHealth, ovvero l’applicazione dell’Ict in sanità, consente di accrescere l’efficienza, la qualità e la sicurezza del settore sanitario, assicurare migliori e più efficaci servizi sanitari, limitando sprechi ed inefficienze

nità in rete a livello nazionale. Quanto ai vantaggi la sanità in rete è finalizzata a migliorare e ottimizzare la modalità di erogazione dell'assistenza sanitaria, attraverso l’utilizzo pervasivo delle tecnologie informatiche e telematiche. In particolare, la sanità in rete può contribuire a migliorare la qualità di vita dei cittadini, permettendo di essere assistiti a domicilio, o comunque il più possibile vicino alla propria abitazione, e facilitando l’assistenza nelle aree geografiche più remote o in situazioni disagiate».

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NUOVE TECNOLOGIE

Quali sono le zone d’Italia nelle quali il si-

stema informativo informatico funziona meglio e quelle nelle quali invece bisognerebbe intervenire con un potenziamento? «In base alla ricognizione condotta dal ministero nel secondo semestre del 2008, attraverso un questionario inviato alle Regioni e alle Province autonome, risulta che la realizzazione dei sistemi informativi regionali sta procedendo con apprezzabile dinamismo, con iniziative progettuali importanti sostanzialmente attive in tutte le regioni italiane. La situazione sul territorio nazionale risulta altresì fortemente differenziata, non solo in termini di maturità dei sistemi informativi regionali, ma anche in riferimento alle soluzioni applicative adottate, ai modelli architetturali, agli standard semantici, alle modalità di utilizzo dei sistemi stessi. Questo è

LA SALUTE PASSA DA UNA CARD ELETTRONICA Un sistema federato, che mette in rete la sanità lombarda nel massimo rispetto della privacy e della sicurezza. Luigi Pellegrini racconta progettazione e implementazione del Siss a mission di Lombardia Informatica consiste nell’utilizzare le tecnologie informatiche al fine di innovare i servizi e incrementare la produttività del sistema regionale, per migliorare così la qualità della vita dei cittadini e la competitività delle imprese lombarde. Regione Lombardia ha affidato alla Società l’insieme degli interventi di sviluppo, gestione e diffusione relativi al Sistema informativo socio sanitario, che, spiega Luigi Pellegrini (a destra, nella foto), «supporta i processi clinici e amministrativi della sanità e socio sanità lombarda raccogliendo dati, organizzandoli e rendendoli disponibili in funzione della domanda». Quali sono a livello operativo le principali funzioni del Sistema informativo socio sanitario? Che servizi offre a cittadini e operatori?

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«Il Sistema innanzitutto migliora la qualità dei processi di diagnosi e cura, semplifica i rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione, riducendo i tempi di accesso ed eliminando, ove possibile, le code, e aumenta l’efficienza degli operatori, attraverso la firma digitale e i processi di dematerializzazione. Consente l’applicazione del principio di libera scelta, dando al cittadino la possibilità di scegliere dove effettuare la propria visita e come poter ritirare il referto, e infine, monitorando costantemente il livello di spesa, permette alla direzione generale sanità di operare gli aggiustamenti del caso per far fronte agli obblighi di pareggio di bilancio». Quali linee guida avete seguito nella progettazione? «A livello organizzativo abbiamo voluto


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Rossana Ugenti

La realizzazione dei sistemi informativi regionali sta procedendo con apprezzabile dinamismo, con iniziative progettuali importanti in tutte le regioni italiane

conseguenza delle diverse modalità di utilizzo dell’innovazione tecnologica nei contesti regionali, con differenti modelli organizzativi implementati nei Ssr, oltre che frutto di una differenziata capacità di investimento». Focalizzando l’attenzione sulla Lombardia, cosa ne pensa del sistema Siss? Costituisce un buon modello di sistema informativo socio sanitario al quale anche altre regioni do-

dare vita a un sistema non invasivo ma federato, basato sull’integrazione dei diversi sistemi degli attori coinvolti. A livello tecnico abbiamo agito nel massimo rispetto della privacy e della sicurezza, in conformità agli standard in ambito sanitario, e progettando il sistema secondo un modello architetturale che consentisse sia una scalabilità verticale (ovvero fosse in grado di reggere volumi sempre crescenti di transazioni) sia orizzontale, ovvero capace di accogliere sempre nuove funzionalità. Altro aspetto importante del nostro lavoro è l’emissione delle linee guida, che spiegano come devono essere sviluppati e aggiornati i sistemi informativi delle aziende sanitarie in modo che possano più facilmente integrarsi col Siss, che vengono recepite dalle software house che collaborano con la sanità. Grazie a una forte partnership con fornitori qualificati, loro recepiscono le nostre linee guida e noi riceviamo eventuali suggerimenti che possono diventare elemento caratterizzante dell’evoluzione del Siss».

vrebbero guardare? «A metà degli anni 90, contemporaneamente alla riforma della sanità lombarda, la Regione ha intrapreso un percorso di riorganizzazione dell’intero sistema informativo regionale, dando priorità alla ristrutturazione delle anagrafiche di riferimento e all’istituzione dei flussi di base, per giungere nel 2004 all’avvio dell’implementazione del Siss. Il sistema informativo socio sanitario della Regione è un sistema informativo all’avanguardia, nel quale si possono riscontrare quelle funzionalità e informazioni che ho sopra ricordato come necessarie per la promozione e lo sviluppo della sanità in rete, e può rappresentare un modello di riferimento anche per altre realtà regionali, svolgendo al contempo un ruolo di stimolo e sostegno al percorso di cambiamento intrapreso dal ministero».

Quali saranno i prossimi step nell’ampliamento del sistema? «A livello di diffusione abbiamo terminato l’integrazione dell’ambito pubblico e stiamo procedendo all’integrazione delle aziende sanitarie private: siamo arrivati a circa un 30-40%, speriamo di concludere il processo entro il 2011». Una novità importante introdotta dal Siss è il fascicolo sanitario elettronico. Quali vantaggi porta nella gestione sanitaria? «Il fascicolo, che viene creato nel momento in cui il cittadino dà il consenso al trattamento dei suoi dati, avvicina il cittadino alla pubblica amministrazione, riducendo le code e gli spostamenti. Consente all’operatore sanitario di accedere a tutta la situazione sanitaria dell’utente, e anche per il cittadino i vantaggi sono molteplici: ad esempio, dopo aver effettuato un esame, può visionare il referto senza bisogno di tornare fisicamente all’azienda ospedaliera per ritirarlo, sul suo computer di casa o nell’ambulatorio del medico di base. Una delle prossime evoluzioni

previste per il fascicolo sanitario riguarda la possibilità per il cittadino non solo di leggerlo ma di poterlo attivamente aggiornare, ad esempio con dati riguardanti visite effettuate fuori regione o fuori Italia». La carta regionale dei servizi è già stata distribuita in tutta la Regione. Quali opportunità offre ai cittadini in campo sanitario? «Le Crs circolanti sono ormai circa 9,9 milioni e sono state distribuite gratuitamente dalla Regione a tutti i cittadini assistiti dal Sistema sanitario regionale. Permettono di accedere a tutti i servizi del Siss, ad esempio di visionare i propri dati anagrafici, di scegliere o revocare il medico, di prenotare esami e visite specialistiche. Inoltre, grazie alla recentissima attivazione di una nuova funzionalità, è oggi possibile pagare on line i ticket sanitari nei 23 poliambulatori della città di Milano e negli ospedali Buzzi, Cto, Sesto San Giovanni e Bassini di Cinisello Balsamo. Un servizio sperimentale destinato a essere diffuso su tutto il territorio regionale».

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DISTURBI DELL’UDITO E DEL SONNO

Acufene, russamento, apnee notturne Sintomi da non sottovalutare Soffrire di acufene e di apnee ostruttive notturne può incidere sulla qualità della vita. Come spiega Fiorenzo Bertoletti, occorre rivolgersi a un centro multidisciplinare che gestisca questi disturbi sia dal punto di vista diagnostico che terapeutico Miriam Casati

ontinui e fastidiosi fischi, ronzii e pulsazioni nella testa o nell’orecchio, che non derivano da una sorgente esterna. Spiegati nell’antichità con la presenza di entità misteriose, correnti aeree o insetti, si tratta in realtà dei sintomi dell’acufene, un disturbo dell’udito con cui, come spiega Fiorenzo Bertoletti, responsabile di otorinolaringoiatria della Casa di cura polispecialistica Pederzoli, il 40% della popolazione italiana ha avuto almeno una volta a che fare. «L’insorgere dell’acufene – spiega Bertoletti – è più frequente sopra i 50 anni, pur essendo presente anche nei bambini, e colpisce in egual misura uomini e donne». L’acufene può essere accompagnato da disturbi extra-uditivi? «Certamente, da disturbi emozionali, quali rabbia, tensione, irritabilità; disturbi cognitivi, che incidono su memoria e concentrazione; da alterazione della percezione del suono e disturbi del sonno». Qual è il percorso diagnostico? «Si inizia con un’accurata storia clinica, da cui si evidenziano i fattori di rischio: lavorazioni rumorose, assunzione di particolari farmaci, malattie come diabete, intolleranze alimentari o alterazioni dell’articolazione temporo-mandibolare, fumo, eccesso di caffeina. Si cercano le possibili relazioni fra la

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comparsa del sintomo e la storia del paziente». Esiste una terapia efficace? «Bisogna considerare che, trattandosi nella stragrande maggioranza dei casi di un sintomo soggettivo, dalla forte componente emotiva, i vari risultati non sono, purtroppo, spesso paragonabili sul piano statistico. Un aiuto reale lo offre la T.R.T. (Tinnitus-Retraining-Therapy): questa terapia, parte da un modello neurofisiologico che, indipendentemente dalla causa iniziale, cerca di interrompere il circuito perverso che identifica il rumore come un segnale di pericolo, riportandolo, dopo un addestramento che dura dai 12 ai 15 mesi, a una nuova classificazione. A questa si affianca la terapia del suono, che punta a mantenere il paziente

Fiorenzo Bertoletti è responsabile di otorinolaringoiatria della Casa di cura polispecialistica Pederzoli di Peschiera del Garda (VR). Consulente al Centro Diagnostico Italiano e all’Istituto Stomatologico Italiano di Milano fiorenzobertoletti@libero.it


Fiorenzo Bertoletti

sempre in presenza di suoni, evitando il silenzio, tramite l’uso di particolari protesi che possono associarsi al recupero della perdita uditiva». Altre opzioni terapeutiche? «Oltre alla stimolazione elettrica (TENS), e quella magnetica trans-cranica (rT.M.S.) sono consigliate, tecniche di rilassamento e, con grande cautela, l’assunzione di farmaci. La chirurgia si applica quasi esclusivamente nel caso di neurinoma, o di conflitto neurovascolare. È importante, infine, impostare una dieta che riduca sale, latte e formaggi, soprattutto se stagionati, glutammato, aspartame, carni allevate in batteria, cioccolato, caffè e alcol». Un altro disturbo molto diffuso è l’apnea ostruttiva notturna, l’interruzione del respiro totale o parziale (ipoapnee) durante il sonno, legato a un’ostruzione o al collassamento di strutture presenti nella faringe e nella laringe. La manifestazione più evidente di questo disturbo è la stanchezza diurna;il russare è legato a fenomeni vibratori, è molto diffuso e non deve essere sottovalutato. Si individuano ulteriori sintomi? «Le ostruzioni del respiro portano a una frammentazione della normale architettura del sonno, che può esprimersi in sintomi, isolati o associati, quali stanchezza diurna, sonnolenza nel compiere azioni non impegnative come guidare l’auto, interruzione del respiro durante il sonno, il risveglio per senso di soffocamento, mal di gola, mal di testa mattutino». Cosa consiglia a chi soffre di questo problema? «Rivolgersi a centri specializzati nella diagnosi e nella terapia. Dopo aver escluso anomalie anatomiche, si procederà con uno studio del

È fondamentale personalizzare il più possibile la terapia attraverso una diagnosi multidisciplinare

sonno, a domicilio del paziente o in ospedale». La terapia è uguale per tutti i pazienti? «Tutto il percorso diagnostico conduce a personalizzare il più possibile la terapia, che comprende la chirurgica mini-invasiva in day hospital, sfruttando tecnologie laser, radio frequenze, inserimento di protesi in dacron nel palato molle, per ottenere un indurimento delle strutture e, quindi, una diminuzione della capacità di vibrare e collassare. La terapia non chirurgica, tra cui la C.P.A.P. (Continuous, Positive, Airway, Pressure), si avvale di metodiche che sfruttano la capacità di un compressore di generare una colonna di aria che, nella faringe e nella laringe, impedisce il collassamento delle strutture. Altra terapia non chirurgica consiste nel posizionamento di apparecchi ortodontici per far avanzare la mandibola durante la notte, con il conseguente avanzamento della base della lingua, solidale con la mandibola. Anche in questo caso, è fondamentale agire al contempo anche sullo stile di vita, praticando attività fisica, controllando l’alimentazione, abolendo il fumo e mantenendo una corretta igiene della camera da letto». LOMBARDIA 2010 • DOSSIER • 339




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