OSSIER PUGLIA EDITORIALE ............................................ 12
ECONOMIA E FINANZA
AMBIENTE
SVILUPPO ECONOMICO................. 46 Piero Montinari Vincenzo Acquafredda CREDITO E IMPRESE....................... 50 Raffaele Avantaggiato
FOCUS ENERGIA.............................. 122 Stefania Prestigiacomo Piero Gnudi Stefano Saglia, Giovanni Lelli Chicco Testa Umberto Veronesi
FIERA DEL LEVANTE ....................... 58 Cosimo Lacirignola Michele Emiliano
FOTOVOLTAICO................................ 138 Lorenzo Nicastro Guido Stratta
EXPORT ................................................. 64 Enrico Giovannini Umberto Vattani Loredana Capone Domenico Menniti Paolo Perrone
IMPRENDITORI DELL’ANNO ..... 144 Filippo Intreccio Riccardo Diamante
Raffaele Costa
L’INTERVENTO.........................................15 Diana Bracco Franco Patroni LA REGIONE IN CIFRE ..................... 20 L’economia pugliese
PRIMO PIANO IN COPERTINA .................................... 22 Raffaele Fitto LAVORO ................................................. 28 Maurizio Sacconi Franco Toffoletto IL MODELLO FIAT ............................ 32 Sergio Marchionne PLURALISMO ..................................... 38 Maurizio Gasparri POLITICA .............................................. 40 Assunta Almirante L’INCONTRO ....................................... 42 Bruno Vespa
CONFINDUSTRIA .............................. 82 Giuseppe Di Carlo Alessandro Laterza Luigi Sportelli IMPRENDITORI DELL’ANNO ....... 90 Vito Totorizzo Corrado Murari Antonio e Roberto Rizzelli Antonio Mileti Giacomo Rutigliano Onofrio Spagnoletti Zeuli Michele Casulli Domenico Maselli Augusto Romano Giuseppe Tatarella IL COMPARTO TESSILE .............. 110 Angelo Sgobba Antonio Massacri CREDITO AL CONSUMO .............. 114 Salvatore Scardia CONSULENZA ................................... 116 Maddalena Milone FASANO................................................. 118 Antonio Scianaro CRISPIANO ......................................... 120 Stefano Liuzzi
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INQUINAMENTO ............................... 150 Ippazio Stefano Gianluigi De Gennaro
Sommario TERRITORIO
GIUSTIZIA
MERCATO IMMOBILIARE............. 154 Salvatore Matarrese
LEGALITÀ ............................................ 180 Alfredo Mantovano Pietro Grasso Antonio Laudati Carlo Schilardi Mario Morcone Nicola Fratoianni Luigi Vitali
IMPRENDITORI DELL’ANNO ...... 158 Giorgio De Donatis Michele Marraffa LOGISTICA ........................................ 162 Vincenzo Caffio URBANISTICA .................................. 164 Nicola Ferdinando e Michele Fuzio EDILIZIA RURALE ........................... 166 Raffaele Centonze LAVORARE LA PIETRA ............... 168 Massimo Fumarola RICERCA E INNOVAZIONE .......... 170 Giuseppe Acierno Domenico Favuzzi TURISMO RELIGIOSO .....................176 Silvia Godelli Federico Massimo Ceschin
SEMPLIFICAZIONE BUROCRATICA ................................ 206 Francesco Giardino RIFORME ............................................. 210 Niccolò Ghedini IL RUOLO DEL PENALISTA ......... 212 Franco Coppi I GRANDI PROCESSI ...................... 214 Gioacchino Sbacchi DIRITTO FALLIMENTARE............. 216 Carlo Federico Grosso VIGILANZA DEL SETTORE PUBBLICO .......... 218 Natale Clemente INVALIDITÀ CIVILE ....................... 220 Francesco Ricci TUTELA AMBIENTALE ................ 222 Paolo Colavecchio STALKING ......................................... 224 Giovanni Francesco Massaro EDITORIALE ...................................... 226 Lello Basile
SANITÀ RIORDINO OSPEDALIERO .......... 228 Il piano regionale Maurizio Friolo CHIRURGIA MININVASIVA ........ 232 Giuseppe Mario Ludovico IMPLANTOLOGIA ............................ 234 Francesco Ronzulli GENIUS LOCI .................................... 236 Michele Mirabella
PUGLIA 2011 • DOSSIER • 11
EDITORIALE
Momento difficile: superabile? Forse. Più peso ai cittadini
di Raffaele Costa Direttore
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l momento è difficile. Lo dichiarano tutti gli esponenti del Governo e quelli dell’opposizione; lo dichiarano i cittadini siano essi dipendenti pubblici o privati ovvero imprenditori. I rimedi possibili sono diversi e hanno tutti un obiettivo: quello di far uscire il Paese dalla crisi. È pur vero che anche fuori dall’Italia le cose non vanno generalmente bene e, anzi, in molti paesi le cose vanno peggio rispetto alla nostra Italia. Due nodi sostanziali: politica ed economia. Per quanto riguarda il primo punto lo stesso è sotto gli occhi di tutti: non esistono quasi intermediari tra esponenti della politica e cittadini. I politici fanno il loro cammino dettato da motivazioni, anche abbastanza valide, ma non sono l’espressione dei semplici cittadini né degli imprenditori ovvero, più in generale, di coloro che hanno la capacità di incidere sull’opinione pubblica rappresentando interessi generali. Per quanto riguarda l’economia non si può non rilevare come ci si trovi di fronte a un momento non positivo che può essere definito generalizzato. Alle porte degl’imprenditori, come dei politici e degli amministratori, bussano quotidianamente persone che auspicano di trovare lavoro ovvero di migliorare la precaria situazione insoddisfacente. Definire di aperta crisi la situazione sarebbe esagerato: 12 • DOSSIER • PUGLIA 2011
non c’è dubbio però che ci troviamo dinanzi a un momento difficile e addirittura pericoloso. Qual è l’aspetto peggiore del momento? A nostro giudizio si tratta del rapporto fra mondo politico e cittadini: diciamo questa cosa senza voler criticare Berlusconi o esponenti della maggioranza o dell’opposizione. Quale può essere lo strumento per avviare una ripresa seria ed efficace? Unire le forze per la piena ripresa. Come in tanti altri casi della vita, sociale o personale, occorre cercare di unire le forze nell’intento di rafforzare gli strumenti, umani e giuridici, capaci di consentire una piena ripresa delle attività singole ovvero complessive ottenendo, come auspicata conseguenza, la crescita e lo sviluppo del corpo sociale nel suo complesso. C’è, ovviamente, da chiederci quale potrebbe essere lo strumento, valido e capace, di condurre a risultati costruttivi, funzionali, relativamente al complesso dei problemi che condizionano la società non solo per quanto riguarda l’aspetto meramente economico. Il risultato del nostro approfondimento ci porta a dire che gli unici strumenti significativi e utili - oggi mancanti - sono o potrebbero essere le forze politiche espressione delle diverse aree. Fino a qualche anno fa quasi (poco più di un decennio) i partiti, i sindacati, le confederazioni, i gruppi consigliari, i sindaci, i gruppi parlamentari avevano
Raffaele Costa
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I politici fanno il loro cammino dettato da motivazioni, anche abbastanza valide, ma non sono l’espressione dei semplici cittadini né degli imprenditori
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un punto di riferimento: i cittadini. Oggi non è più così. Emergono, soprattutto a livello centrale ma anche nel corpo del paese e cioè a livello locale, più le persone singole che non le diverse associazioni espressione sovente di centinaia di migliaia di persone divise fra loro dai modi di pensare su argomenti di rilievo. Le dichiarazioni soprattutto di un parlamentare, ma sovente anche di un assessore provinciale e di consiglieri comunali, prevalgono su scelte completamente diverse, divergenti rilasciate a nome di migliaia di persone. Ed i partiti? Da rinnovare al di là dei personalismi. Dire che non esistono più i partiti sarebbe un eccesso: dire politicamente parlando, che abbiano un peso sarebbe una grossa bugia.
Stupisce che l’argomento non solo non sia stato affrontato ma venga superato, quasi quotidianamente, spesso da singoli interessati a fare delle proprie parole una specie di verbale se non una sorta di vangelo. Come reagire a questa situazione che di meritevole non ha molto? è difficile da dirsi. Prima di tutto dovremmo sviluppare un’azione volta a far rivivere (starei per dire risuscitare) i partiti che però non possono essere espressione di sé stessi o del passato: occorre attivare movimenti, anzi una serie di espressioni, prima di tutto culturali, ma anche capaci di comportare effetti pratici sufficientemente legati ai problemi individuali e collettivi. Il tutto con rispetto nei confronti della cultura ma prima ancora dei diritti individuali che possono essere espressione delle necessità dei soggetti singoli, ma anche delle esigenze (non solo economiche) delle famiglie, dell’economia locale, dell’economia generalizzata, dei bisogni dei giovani e degli anziani, delle donne particolarmente, del mondo del lavoro, della scienza, della cultura. Com’è già avvenuto nel passato un’influenza sarà consentita: creare condizioni particolari per i più poveri augurandoci che emergano criteri più idonei, rispetto al passato, a riconoscere i diritti dei più deboli. PUGLIA 2011 • DOSSIER • 13
L’INTERVENTO
Usura e lavoro nero, i punti deboli regionali di Franco Patroni Comandante regionale della Guardia di Finanza
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all’analisi delle più significative criticità, occorre evidenziare come in Puglia l’incidenza del sommerso da lavoro e del caporalato in taluni territori rimane decisamente significativa. In particolare, in alcune province della Puglia, specie quella foggiana, si evidenzia un peculiare fenomeno, ovvero quello dei “falsi braccianti agricoli” che si concretizza in rilevanti truffe previdenziali e contributive. In regione, il fenomeno dell’impiego di immigrati clandestini quali lavoratori in nero è tenuto particolarmente in considerazione, con l’esecuzione di specifici servizi, quotidianamente assicurati, non solo a fini repressivi, ma anche preventivi per scongiurare in ogni modo l’odiosa forma di sfruttamento perpetrata verso gli immigrati. Peraltro, e proprio nei settori più a rischio, tra cui quello agricolo citato, è in corso una specifica, coordinata e capillare attività di contrasto dei fenomeni di illegalità e di sfruttamento del lavoro irregolare, ivi compreso lo sfruttamento degli immigrati clandestini, in stretto raccordo con altri attori Istituzionali, nell’ambito del Piano straordinario di contrasto al lavoro nero e irregolare nei settori dell’agricoltura e dell’edilizia, disposto dal Comando generale della Guardia di Finanza e che riguarda le regioni del Mezzogiorno. Di pari passo, l’azione di contrasto al fenomeno dell’usura è stata potenziata e migliorata, con l’introdu-
zione di importanti modifiche normative predisposte dal Legislatore con i cosiddetti “Pacchetti Sicurezza” del 2008 e del 2009. Il fenomeno criminale interessa, in modo trasversale, sia le famiglie dei privati consumatori, sia le aziende. Sono state eseguite importantissime operazioni che hanno consentito di smantellare radicate e pericolose organizzazioni criminali. Un altro importante fronte su cui è impegnata la Guardia di Finanza è quello della lotta alla contraffazione, un fenomeno di estrema rilevanza, con gravi ripercussioni sull’intero sistema economico e imprenditoriale, regionale e nazionale. Gran parte della produzione mondiale di contraffazioni proviene dal sud-est asiatico, ed è destinata principalmente ai mercati dei paesi dell’Unione europea. Assolutamente non trascurabile è il grave pericolo per la salute e la sicurezza del consumatore finale, poiché i prodotti contraffatti sono fabbricati solitamente nel più completo sprezzo delle norme a tutela della salute e sicurezza. Soprattutto prodotti alimentari e cosmetici. Quotidiana e sistematica è l’attività condotta, oltre che su strada anche presso i porti e gli aeroporti della regione. Qui vengono pressoché sistematicamente intercettati, a mezzo container, ingenti carichi di prodotti illegali, provenienti in specie dal sud-est asiatico. Si pensi che nel periodo 2009-2010, sono stati sequestrati complessivamente oltre 17 milioni di prodotti contraffatti pirata ovvero non conformi agli standard di sicurezza. PUGLIA 2011 • DOSSIER • 17
LA REGIONE IN CIFRE
Le eccellenze pugliesi Capitani d’industria che si sono distinti nel 2010 in Puglia per le performance delle loro aziende. Successi dovuti a strategie imprenditoriali che hanno avuto il merito di contrastare in maniera efficace gli effetti della difficile congiuntura economica. Dossier intende dare a questi imprenditori il giusto risalto Nicolò Mulas Marcello
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uello appena concluso è un anno che evidenzia una fase di ripresa dagli effetti prodotti dalla difficile congiuntura economica che, in questi ultimi anni, non hanno risparmiato le imprese pugliesi. Dossier Puglia ha voluto individuare gli imprenditori più virtuosi che si sono distinti nel 2010. Le sezioni della rivista si aprono con quelli che sono “gli imprenditori dell’anno”, selezionati sulla base di parametri che vanno dalla propensione all’investimento all’internazionalizzazione, dalla ricerca e innovazione al legame con il territorio, dalla riorganizzazione aziendale all’affermazione del brand. L’obiettivo della rivista è quello di scattare una fotografia della situazione economica della Puglia attraverso gli occhi degli addetti ai lavori e di tastare il polso dell’imprenditoria regionale, evidenziando le scelte che si sono rivelate vincenti. Elementi che hanno permesso, attraverso politiche mirate, di incrementare le prestazioni aziendali. Dall’indagine presentata dal Centro studi e ricerche per il Mezzogiorno emerge che in Puglia, nel terzo trimestre del 2010, la lieve tendenza al rialzo del clima economico manifestatasi nei quattro trimestri precedenti ha subìto una battuta d'arresto: l'indicatore è passato, infatti, da 95,3 a 93,4. Tale andamento risulta essere, peraltro, in linea con l'andamento al ribasso registrato nella ripartizione Mezzogiorno.
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Secondo i dati Istat, aggiornati al mese di ottobre, però il fatturato delle imprese pugliesi è aumentato dello 0,4 per cento sul mercato interno e del 2,4 per cento su quello estero; gli ordinativi nazionali hanno registrato una diminuzione dell'1,2 per cento e quelli esteri una crescita del 2,3 per cento. Nel confronto del trimestre agosto-ottobre con i tre mesi immediatamente precedenti (maggio-luglio) le variazioni congiunturali sono state pari a più 2,6 per cento per il fatturato e a più 4,1 per cento per gli ordinativi. L'indice del fatturato ha segnato fino a ottobre le variazioni positive più ampie nei settori della metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (più 26,9 per cento), della fabbricazione di macchinari e attrezzature (più 21,8 per cento), delle fabbricazioni di prodotti chimici e delle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (più 19,8 per cento in entrambi i casi); una flessione si è rilevata nella produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (meno 4,7 per cento). Per quanto riguarda l’export, infine, la Puglia risulta la più competitiva d'Italia con ben 8 punti di distacco sulla media nazionale: le esportazioni sono cresciute nel 2010 del 22,8%, contro il 14% italiano. Le aziende regionali stanno sostanzialmente cercando di fronteggiare l’uscita dalla crisi con una riorganizzazione produttiva e commerciale, confidando di poter essere in grado di affrontare i nuovi scenari economici.
IN COPERTINA
Raffaele Fitto, ministro per i Rapporti con le Regioni e la coesione territoriale
OTTO PRIORITÀ PER UNO SVILUPPO ARMONICO Dopo il via libera del Consiglio dei ministri, il 2011 vedrà l’avvio degli interventi previsti dal Piano nazionale per il Sud, a partire dai finanziamenti alle infrastrutture. Ne parla il suo principale promotore, il ministro per i Rapporti con le Regioni, Raffaele Fitto Riccardo Casini
S
ono otto le priorità individuate dal Piano nazionale per il Sud approvato all’unanimità dal Consiglio dei ministri lo scorso mese di novembre: un piano fortemente voluto dal ministro per i Rapporti con le Regioni, Raffaele Fitto, e che indica in istruzione, infrastrutture, innovazione, legalità, giustizia, efficienza della pubblica amministrazione, Banca del Mezzogiorno e sostegno alle imprese le linee di intervento di una politica di coesione che punti a uno «sviluppo armonioso» del Paese. Ed è proprio il ministro Fitto a spiegare quale sarà ora l’iter che porterà all’attuazione del piano. «A dicembre – spiega – abbiamo raggiunto l’intesa con le Regioni sui criteri di riprogrammazione delle risorse
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nazionali e comunitarie che finanziano il piano e avviato insieme al ministero delle Infrastrutture e dei trasporti un serrato confronto con Anas e Rfi per la realizzazione delle grandi infrastrutture stradali e ferroviere indicate nel piano. Per tutti gli altri ambiti di intervento previsti procederemo d’intesa tra i ministeri responsabili e le amministrazioni regionali per giungere alla sottoscrizione dei contratti istituzionali di sviluppo, nei quali sancire con precisione opere, finanziamenti, responsabilità di ciascuna parte in causa e poteri di sostituzione nei casi di inadempienza. È finita l’epoca della fuga dalle responsabilità e delle grandi incompiute. Entro l’inizio di febbraio saremo in grado di arrivare al finanziamento delle prime grandi infrastrutture ferroviarie e stradali secondo
questo nuovo metodo». In che modo è possibile ora superare decenni di problemi e ritardi nella realizzazione e nel completamento di grandi opere, come la Salerno-Reggio Calabria? «Il nostro paese nel suo complesso presenta condizioni avverse alla programmazione e alla realizzazione di grandi opere. Esiste un problema generalizzato di farraginosità delle procedure amministrative e concertative che prolungano oltre ogni ragionevole termine le operazioni. A ciò, nel Mezzogiorno, si sommano ulteriori fattori di criticità connessi alla qualità dell’azione amministrativa dei governi locali e, in alcune aree, alle interferenze della criminalità. Serve, dunque, un intervento di drastica semplificazione e di responsabilizzazione di quanti sono coinvolti nelle
IN COPERTINA
fasi di realizzazione delle opere. Il governo ha allo studio un provvedimento che mira a definire tempi certi per la conclusione dell’iter approvativo di un’opera e a porre un freno alla crescita, ormai fuori controllo, delle compensazioni richieste dagli enti locali, spesso con una dose inaccettabile di opportunismo. Un fenomeno questo che fa lievitare enormemente i costi di realizzazione. Per quanto riguarda specificatamente il Piano per il Sud, come accennavo, abbiamo pensato a un nuovo strumento di attuazione della programmazione, il contratto istituzionale di sviluppo, che sancisce obblighi tra le parti contraenti alla stregua di quanto avviene tra parti private». Come evitare invece che la criminalità organizzata possa infiltrarsi nei lavori correlati a queste grandi opere? «Nelle grandi come nelle piccole opere il pericolo dell’infiltrazione criminale deve essere combattuto con tutte le armi di cui lo Stato dispone. Sotto questo profilo sono stati compiuti importanti passi in avanti nel corso di questa legislatura. Il piano, comunque, prevede il rafforzamento degli interventi per la sicurezza degli appalti pubblici, attraverso la promozione e attuazione dell’integrazione dei sistemi informativi operanti presso le Prefetture nei settori degli appalti, delle grandi opere e delle certificazioni antimafia, al fine di mettere a punto un’unica piattaforma dalla quale accedere a tutte le informazioni utili relative alle procedure di appalto e ai soggetti partecipanti». Sul tema dell’ambiente, esiste una soluzione definitiva al problema dello smaltimento dei rifiuti? È possibile ipotizzare un Mezzogiorno autosufficiente in materia? 24 • DOSSIER • PUGLIA 2011
«Trovo che l’emergenza rifiuti in molte aree del Mezzogiorno sia l’emblema di tutte le insufficienze di certa classe politica e amministrativa meridionale. L’incapacità di provvedere da soli allo smaltimento dei propri rifiuti costituisce la cifra caratterizzante di una comunità che ha perduto il senso della responsabilità e quello più profondo dell’autonomia. Sono questi due mali che pervadono più complessivamente il Mezzogiorno e contro i quali muove la logica ispiratrice del Piano nazionale per il Sud, che è poi la stessa del federalismo fiscale: più autonomia, più trasparenza nei confronti dei cittadini, più re-
sponsabilità». In che modo è necessario operare per migliorare la competitività delle imprese? «Questo aspetto dipende da una pluralità di fattori, la gran parte dei quali è legata alle scelte e alla qualità dell’imprenditore. L’illusione della politica di poter sostenere la competitività attraverso forme diffuse di incentivi finanziari è rimasta tale. Il piano si pone l’obiettivo di incidere direttamente e in maniera misurabile su alcune variabili di contesto da cui dipende la produttività, come infrastrutture, beni pubblici e qualità del capitale umano da migliorare me-
Il governo ha allo studio un provvedimento che mira a definire tempi certi per la conclusione dell’iter approvativo di un’opera e a porre un freno alla crescita delle compensazioni richieste dagli enti locali
XxxxxxxRaffaele Xxxxxxxxxxx Fitto
diante interventi nella scuola e nel sistema della formazione. A ciò si aggiungono gli interventi sul sistema della sicurezza-legalità che costituisce una fonte di grandi diseconomie esterne per le imprese, sull’accesso al credito mediante l’avvio dell’operatività della Banca del Mezzogiorno e sul riordino e semplificazione del sistema degli incentivi. Di grande interesse per le imprese meridionali potrà risultare poi il programma di qualificazione e di avvio al lavoro per giovani con un basso livello di qualifica in
percorsi di apprendistato, finalizzato al conseguimento di un titolo di studio tecnico o professionale di livello secondario in attuazione degli orientamenti del governo per la riforma del sistema della formazione professionale». Disoccupazione e lavoro sommerso sono altre due questioni annose e diffuse nel Mezzogiorno. Quali interventi vanno messi in campo per contrastarle? «La disoccupazione si combatte creando sviluppo. Il Mezzogiorno ha
ancora grandi potenzialità inespresse che costituiscono potenziali bacini occupazionali, ma è evidente che non può esserci sviluppo e occupazione senza favorire una crescita dimensionale delle imprese meridionali che incontrano, invece, ostacoli molto forti legati anche ai costi unitari aggiuntivi e all’incertezza del contesto. E le parole chiave che declinano la riforma degli incentivi per le imprese del Mezzogiorno sono innanzitutto semplificazione, concentrazione e flessibilità nella definizione degli strumenti d’intervento. Il piano prevede, infatti, due capitoli d’intervento per le imprese: da un lato gli incentivi, che saranno automatici, semplificati e concentrati, finalizzati alla crescita dimensionale, operando in particolare sui crediti d’imposta e sulla fiscalità di vantaggio; dall’altro la nascita di un “Fondo Jeremie Mezzogiorno”, uno strumento gestito dalla Banca del Mezzogiorno a disposizione delle piccole e medie imprese che utilizzi i fondi strutturali europei e che operi come fondo rotativo per sostenere il credito agevolato, il capitale di rischio e le garanzie». E per quanto riguarda il sommerso? «Permettere alle imprese meridionali, costrette a destreggiarsi tra le pieghe della crisi economica più profonda dal dopoguerra, di poter contare su risorse certe significherà riuscire a ridurre la quantità di lavoro sommerso, uno dei macigni più pesanti sulla nostra economia. Stando a una recente indagine Visa, nel nostro Paese il sommerso pesa infatti per oltre il 22% del Pil e vale 335 miliardi di euro». Che ruolo concreto potrà avere per il Sud il varo definitivo della riPUGLIA 2011 • DOSSIER • 25
IN COPERTINA
forma federalista con l’approvazione dei decreti legge ancora mancanti? «Il Piano per il Sud e il federalismo fiscale sono due facce della stessa medaglia, l’uno è condizione facilitante per la realizzazione dell’altro. Gli interventi del Piano servono a realizzare le condizioni che rendono possibile il passaggio ai costi standard e la perequazione infrastrutturale; la responsabilizzazione delle amministrazioni
Mezzogiorno di quanto non accada effettivamente oggi. Il disegno che il nostro federalismo attua, infatti, è basato non già come si vuol far pensare sul principio egoistico che vuole che le risorse tributarie siano spese lì dove sono riscosse, ma piuttosto su quello secondo il quale la spesa pubblica deve essere localmente determinata sulla base di criteri di efficienza e di costo standard per funzione svolta».
Solo annunci? È la critica superficiale di chi rifiuta il confronto sul merito delle questioni
regionali e locali indotta dal federalismo è a sua volta precondizione per una maggiore efficacia e migliore qualità degli interventi che il Piano intende realizzare». Non vi è il rischio, invece, di aumentare il divario con il resto del paese? «Occorre sgombrare il campo dalla propaganda che mira essenzialmente a conservare lo status quo e che agita lo spettro di gravi e insanabili sperequazioni introdotte dal federalismo. Così non è: le tutele fornite dagli strumenti di perequazione previsti nella legge sono per molti versi ancor più favorevoli al 26 • DOSSIER • PUGLIA 2011
Quali garanzie ha ricevuto da parte del presidente Berlusconi e dal ministro dell’Economia sull’attuabilità del piano? Lei ha parlato di 100 miliardi di euro di risorse complessive: da dove proverranno i fondi necessari? «Il piano costituisce, com'è noto, uno dei cinque punti programmatici sui quali il governo ha ottenuto il rinnovo della fiducia in Parlamento, e come tale esso coinvolge l’intero esecutivo e impegna tutti alla sua realizzazione. L’impegno del presidente Berlusconi nei confronti del Sud è pieno e convinto. Quanto alle risorse mi lasci dire
che non esiste un problema di insufficienza dei fondi. Al contrario, con grande onestà politica, occorre dire che insufficienti sino a ora si sono dimostrate la qualità degli interventi programmati e la capacità di realizzazione. I fondi che copriranno il fabbisogno finanziario del piano sono quelli del Quadro strategico nazionale 2007-2013, cui si aggiungono le risorse che abbiamo recuperato, con la delibera Cipe del luglio scorso, su vecchie programmazioni non ancora spese. Tanto la programmazione quanto l’attuazione del piano sono svolte in stretta sintonia e coordinamento con il ministro Tremonti». Come risponde alle critiche dell’opposizione secondo cui il piano non prevede strategie concrete di sviluppo ma solo “annunci”? «Questa è la critica superficiale di chi rifiuta il confronto sul merito delle questioni. Vorrei far rilevare che, a partire dall’assunzione diretta della responsabilità delle politiche di coesione da parte del presidente Berlusconi, il governo ha finora tenuto una tabella di marcia serrata, rispettando le scadenze indicate. Dicemmo che entro l’estate avremmo avviato la ricognizione delle risorse nazionali e comunitarie delle precedenti programmazioni, ed è stato fatto a luglio. Avevamo poi assunto l’impegno di varare il piano entro l’autunno, e anche questo è stato fatto inserendo, tra l’altro, due ulteriori provvedimenti in attuazione del federalismo fiscale. Abbiamo, infine, concordato con le Regioni i criteri per la riprogrammazione, ed entro febbraio giungeremo alla sottoscrizione dei primi contratti istituzionali di sviluppo. Non mi pare si tratti solo di annunci».
SVILUPPO ECONOMICO
Segnali di ripresa per le imprese pugliesi La Puglia deve agganciare all’estero la ripresa, indirizzare i fondi statali su pochi asset strategici, combattere la disoccupazione creando ricchezza. A partire dal Piano nazionale per il Sud, le riflessioni di Piero Montinari Michela Evangelisti 46 • DOSSIER • PUGLIA 2011
Piero Montinari
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romuovere la crescita dimensionale delle aziende del Sud, per arrivare a ridurre il divario che ancora separa il Nord Italia dal Mezzogiorno. In questa direzione va un preciso programma contenuto nel Piano nazionale per il Sud, varato dal Consiglio dei ministri il 26 novembre scorso. Gli obiettivi prioritari attorno ai quali si concentrano gli interventi e le risorse sono il miglioramento delle infrastrutture, il supporto a ricerca e innovazione, la riforma di istruzione e formazione, l’affermazione di sicurezza e legalità. Dalle ultime analisi economiche la Puglia risulta un passo avanti rispetto alle altre regioni meridionali, con risultati positivi che provengono soprattutto dal settore dell’export, nel quale la Puglia oggi risulta la regione più competitiva d’Italia, con ben 8 punti di distacco sulla media nazionale. «Questi dati sono la conferma che si comincia a intravedere qualche segnale di ripresa e le aziende lo stanno cogliendo; quelle che hanno reagito alla crisi rimboccandosi le maniche, riconcentrandosi sui propri clienti, sui propri prodotti, investendo in innovazione e in ricerca, cominciano a raccogliere i frutti del loro impegno – puntualizza il presidente di Confindustria Puglia, Piero Montinari –. I dati incoraggianti sull’export pugliese esprimono il dinamismo della nostra classe imprenditoriale, che sta cercando di andare a intercettare le occasioni là dove si presentano». Volendo scattare una fotografia del tessuto imprenditoriale pugliese allo stato attuale, quali criticità emergerebbero? «La criticità principale - ma questo vale meno per la Puglia che per il resto del Sud - è che c’è ancora troppa intermediazione pubblica nella creazione della ricchezza. Se la spesa pubblica è il 50% del Pil vuol dire che il 50% della richiesta è intermediata dalla politica. Questo determina dei sistemi chiusi, poco aperti alla concorrenza, all’innovazione e alla competizione: è un meccanismo che ci ha consentito di uscire un po’ più “tutelati” dalla crisi, ma se vogliamo agganciare la ripresa dobbiamo navigare in mare aperto». Quali sono invece i suoi punti di forza?
«I centri d’eccellenza dei diversi comparti, che stanno ripartendo; penso alla meccanica, al turismo, ai settori innovativi - come le biotecnologie - alla chimica, in netta ripresa e all’Ilva, che ha un’influenza non secondaria sui dati economici e si sta riassestando sui volumi precedenti alla crisi. Il tessile, l’abbigliamento e il calzaturiero, invece, hanno accusato maggiormente il colpo, si tratta di settori che hanno subìto una consistente contrazione ed espulsione sia di aziende che di lavoratori; ora stanno completando una fase di riposiziona-
Le aziende che hanno reagito alla crisi riconcentrandosi sui propri prodotti e investendo in innovazione, cominciano a raccogliere i frutti
mento, orientandosi su fasce alte di produ- In apertura, Piero Montinari, zione, puntando sul design e sull’unicità del presidente di made in Italy». Confindustria Puglia Quali previsioni può formulare per il 2011 appena iniziato? «Sono convinto che i segnali di ripresa verranno consolidati. Dobbiamo agganciare all’estero la ripresa - e le nostre imprese stanno già andando in questa direzione - e soprattutto lavorare molto di più per fare in modo che il nostro territorio sia punto di attrazione per gli investimenti esterni». PUGLIA 2011 • DOSSIER • 47
SVILUPPO ECONOMICO
Il Piano nazionale per il Sud prevede una serie precisa di interventi finalizzati alla crescita delle dimensioni delle aziende del Mezzogiorno. Di quali la Puglia ha più bisogno? «La regione ha bisogno di tutti questi interventi, che garantiscono delle condizioni essenziali per lo sviluppo dell’economia. C’è da fare tantissimo sul tema delle infrastrutture, in particolare sull’utilizzo dell’enorme massa di fondi strutturali e fondi Fas. Nonostante le aree Obiettivo 1 con l’agenda 2000 abbiano avuto 60 miliardi di euro circa a disposizione, siamo riusciti a peggiorare tutti i dati macroeconomici: nel 2000 il Pil cresceva del 2,3%, a fine programmazione, nel 2003, cresceva dell’1,22 circa, e la disoccupazione è aumentata. Abbiamo investito 50 miliardi di euro finanziando circa 230mila interventi. Ora abbiamo 100 miliardi a disposizione ed è necessario concentrare la spesa in interventi orientati su pochi asset strategici e su opere con valenza ultraregionale, che diano una prospet48 • DOSSIER • PUGLIA 2011
Se vogliamo creare sviluppo dobbiamo riuscire ad abbattere il costo per unità di prodotto: deve essere più conveniente venire a produrre in Puglia
tiva di sviluppo più ampia. Gli enti locali devono fare la loro parte, cercando di avviare tutti quegli interventi immediatamente cantierabili, che non hanno bisogno di iter approvativi lunghi e che creano un percorso di crescita e sviluppo subitaneo, ad esempio le manutenzioni ordinarie. Per quanto riguarda poi le grandi opere strategiche, stiamo andando nella direzione che Confindustria ha sempre chiesto, ovvero quella di avere una cabina di regia a livello nazionale con poteri sostitutivi nel caso il tempo dovesse passare inutilmente». E per quanto riguarda il sostegno all’innovazione? «Abbiamo bisogno di molta innovazione, di processo, di prodotto e anche organizzativa, da portare avanti con velocità ed efficacia e da
Piero Montinari
supportare con incentivi automatici». Il piano prevede anche una riforma degli incentivi per le imprese nel Mezzogiorno, nel segno della semplificazione. Come è necessario intervenire in tal senso in Puglia per favorire realmente la crescita dimensionale delle imprese? «Da tempo sto cercando di portare avanti una rivoluzione culturale: i sistemi di incentivi alle imprese non devono abbattere il costo d’investimento, questo è un errore che abbiamo pagato a caro prezzo. Se vogliamo creare sviluppo in Puglia dobbiamo riuscire ad abbattere il costo per unità di prodotto. Cioè deve essere strutturalmente più conveniente venire a produrre in Puglia. Se gli incentivi abbattono solo il costo d’investimento, quando l’effetto dell’incentivo finisce le aziende se ne vanno, perché si scontrano con i problemi legati alla contingenza di produrre al Sud senza nessuna convenienza, e si apre la strada a tutta una serie di speculazioni alle quali abbiamo, purtroppo, più volte assistito». Infine il piano si prefigge di far fronte a
una condizione occupazionale che al Sud permane più grave rispetto al Nord, lottando contro disoccupazione e lavoro sommerso. Quali strategie seguire? «C’è un’economia sommersa che non ci possiamo permettere, perché fa concorrenza sleale a chi le leggi le vuole rispettare. Ma per far crescere l’occupazione abbiamo bisogno di porre al centro dell’attenzione l’impresa: la storia dimostra che è sbagliato porsi il problema dell’occupazione a prescindere dall’impresa. Dobbiamo chiederci: come mettere le imprese nelle condizioni di fare quello che è il loro mestiere, ovvero creare ricchezza? Come semplificare loro la vita e renderle competitive? Una volta creata ricchezza potremo porci il problema di come ridistribuirla». PUGLIA 2011 • DOSSIER • 49
CREDITO E IMPRESE
L’impegno delle banche per lo sviluppo La costituzione di una banca dedicata al Mezzogiorno. Questo uno degli interventi previsti dal piano nazionale per il Sud per favorire la crescita delle imprese. Con Raffaele Avantaggiato facciamo il punto del rapporto tra banche e territorio in Puglia Michela Evangelisti
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Raffaele Avantaggiato, presidente Abi Puglia
i fronte a un’economia che mostra qualche timido segnale di risveglio e viene dinamizzata da nuovi settori in ascesa, le banche ribadiscono il proprio sostegno alle imprese, per contribuire alla definizione di condizioni utili a superare definitivamente la crisi e agganciare la ripresa. «Questa volontà è dimostrata dalle numerose iniziative messe in campo – illustra Raffaele Avantaggiato, presidente di Abi Puglia –, prima fra tutte, l’Avviso comune per la sospensione dei debiti delle pmi, grazie al quale le piccole e medie imprese in Italia hanno potuto contare su circa 13miliardi in più di liquidità. Ora, in vista della scadenza della moratoria prevista per fine gennaio, insieme al ministro dell'Economia, a Confindustria e alle altre rappresentanze d’impresa, Abi sta lavorando per stabilire nuovi accordi per il rilancio». Dal vostro osservatorio, che fotografia potete scattare dello stato di salute delle imprese sul territorio? L’economia pugliese sta dando segnali di ripresa? «Le situazioni più critiche, registrate nei settori legno-arredo, salotto, tessile-abbigliamento-
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calzature, meccanica, sembrano essersi stabilizzate, ma non sono evidenti decisi segnali di inversione del ciclo. Qualche timida spia positiva arriva dal fronte delle esportazioni, soprattutto con riferimento al settore agroalimentare e alla siderurgia (polo di Taranto), ma siamo ancora notevolmente lontani dalla produzione del periodo pre-crisi. Discretamente positivo è il bilancio del settore turistico alberghiero; fondamentalmente ancora fermo è invece l’importante comparto dell’edilizia. In notevole espansione risulta quello delle energie alternative - soprattutto fotovoltaico ed eolico - sostenuto dalla politica degli incentivi. Per quanto riguarda gli impieghi all’economia, la dinamica continua a mantenersi superiore alla media paese, poiché in Puglia (dati ad ottobre 2010) il totale degli impieghi si attesta al +6.4% (Italia +4.2%); in particolare gli impieghi alle imprese si assestano su un +5.2% (Italia +0.8%). Le sofferenze invece risultano essere più contenute: +26.5% rispetto a una media Italia del +31.4%».
XxxxxxxAvantaggiato Xxxxxxxxxxx Raffaele
La nascita di un nuovo istituto di credito va salutata positivamente, nel presupposto che accresca la concorrenza
In che misura le imprese dei vari settori produttivi locali ricorrono al sistema creditizio e quali sono le modalità di finanziamento più richieste? «Il ricorso al credito bancario assume spesso, nei nostri territori, la funzione di supplenza del capitale di rischio a causa della sottocapitalizzazione strutturale della nostra piccola e media impresa. L’operatività degli ultimi due anni è stata fortemente caratterizzata dal ricorso al consolidamento e alla ristrutturazione delle situazioni debitorie, con trasformazione del debito a breve in debito a medio/lungo termine. È fondamentalmente statico, quando non negativo, l’andamento del credito commerciale; permane rara la richiesta di credito per investimenti salvo il settore della produzione di energia, per il quale si fa comunque largo ricorso al leasing».
Le condizioni di contesto del Sud rendono difficoltoso l’accesso al credito anche delle imprese meritevoli, soprattutto quelle di piccola e media dimensione. Quali sono i principali problemi che le imprese locali incontrano nella richiesta di credito alle banche? «Nel Sud, come altrove, le imprese bancarie lavorano al fianco delle imprese con l’obiettivo comune della crescita e dello sviluppo. Le eccellenze e la rinnovata vitalità imprenditoriale di diverse aree del Mezzogiorno dicono che questa collaborazione sta dando i suoi frutti. E le banche fanno la loro parte. Ci sono tuttavia una serie di cause strutturali su cui bisogna intervenire per supportare lo sviluppo del Mezzogiorno, come la lunghezza delle procedure esecutive. Per questo Abi ha insistito perché si arrivasse a una riforma della legge fallimentare che potesse tradursi anche in un minor costo del denaro, specie per le imprese più rischiose. Inoltre, la rischiosità delle imprese che operano nel Mezzogiorno è più alta rispetto al resto del Paese. Il maggior costo del credito va collegato poi alla frammentazione dei rapporti finanziari che consegue alla polverizzazione del tessuto produttivo nelle regioni meridionali, condizione che genera un aumento dei costi di valutazione e gestione del rischio. Infine, il maggior costo del credito nel Mezzogiorno è riconducibile alla diversa composizione della clientela bancaria rispetto al Centro-Nord: al sud, infatti, è maggiore la presenza di imprese di piccole dimensioni e dunque mediamente più rischiose». Il piano per il Sud prevede la costituzione di una banca di sviluppo regionale dedicata PUGLIA 2011 • DOSSIER • 51
CREDITO E IMPRESE
al Mezzogiorno. Il suo ruolo sarà incisivo nell’ottica di uno sviluppo della rete delle imprese locali? «La creazione della Banca del Mezzogiorno, stando alle dichiarazioni d’intenti, mira a sostenere le iniziative imprenditoriali maggiormente meritevoli di credito, incidendo sui costi di approvvigionamento delle risorse finanziarie necessarie agli investimenti, nonché a canalizzare il risparmio verso iniziative economiche che creano occupazione nel Mezzogiorno. La nascita di un nuovo istituto di credito va salutata positivamente, nel presupposto che accresca la concorrenza e operi secondo i criteri di mercato e su un piano di gioco livellato. Più in generale, comunque, l’industria bancaria nazionale è già fortemente radicata nel meridione, dove opera con spirito imprenditoriale e grande vicinanza al territorio, sia attraverso le banche locali sia attraverso i grandi gruppi che - nati da aggregazioni di realtà spesso territoriali - hanno nel loro dna la vocazione alla relazione forte, duratura e multifunzionale con il cliente». 52 • DOSSIER • PUGLIA 2011
Nel Sud, come altrove, le imprese bancarie lavorano al fianco delle imprese con l’obiettivo comune della crescita
La Banca del Mezzogiorno potrà anche ambire a gestire, secondo gli attuali indirizzi comunitari, il fondo rotativo “Jeremie” per il Mezzogiorno, volto a sostenere credito agevolato, capitale di rischio e garanzie. Sarà a suo parere uno strumento efficace per la crescita delle imprese? «Non ho motivo di dubitare che la Banca del Mezzogiorno possa essere, anche attraverso la gestione di specifici strumenti comunitari, il motore di una nuova fase di sviluppo dell’economia del Mezzogiorno. Naturalmente tutte le ipotesi di funzionamento e le dichiarazioni programmatiche devono passare il vaglio della prova dei fatti. Solo quando il progetto sarà concretamente realizzato potremo esprimere valutazioni più appropriate, dando comunque per acquisita - quando e se ci verrà richiesta - la massima disponibilità e collaborazione di tutto il sistema bancario nell’interesse del Paese».
SVILUPPO ECONOMICO
Sicurezza e legalità sono le basi della crescita Dall’analisi dell’avvocato Vincenzo Acquafredda emerge una netta dicotomia tra le aziende pugliesi: per alcune la crisi economica è stata fatale, per altre ha generato un vero effetto “virtuoso”, determinando una gestione più oculata dell’attività Michela Evangelisti
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L’avvocato Vincenzo Acquafredda dello studio legale Trevisan & Cuonzo
o studio legale Trevisan & Cuonzo, che ha a Bari una delle sue sedi, offre consulenza e assistenza a una clientela costituita da società multinazionali, pmi, organizzazioni no-profit e singoli individui operanti in tutti i settori dell’industria. Il loro punto di vista rappresenta, quindi, un osservatorio privilegiato sull’attuale stato di salute dell’imprenditoria pugliese. «La crisi economica globale certamente non ha risparmiato le aziende pugliesi, costrette a subire forti riduzioni sia in termini di disponibilità finanziaria che di output produttivo – spiega l’avvocato Vincenzo Acquafredda –. Tuttavia le conseguenze che la crisi generale ha determinato, e ancora oggi determina, sulle imprese sono molto eterogenee tra loro: si passa paradossalmente da situazioni di fortissima crisi, che spesso costringono anche a mettere in liquidazione le società coinvolte, a situazioni in cui la stessa crisi economica genera un effetto “virtuoso”, riuscendo a determinare una più
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attenta e oculata gestione dell’attività di impresa». In ogni caso, secondo l’avvocato, ciò che si percepisce è la diffusa risolutezza degli imprenditori pugliesi a lasciarsi alle spalle la crisi e a ripartire. «Il primario obiettivo che si pongono per la crescita è l’innovazione di processo e di prodotto, puntando su elevati standard qualitativi». A quali cause è da attribuire l’arretratezza che ancora oggi caratterizza le aziende del Sud se messe a confronto con quelle settentrionali? Di che cosa avrebbero bisogno per compiere il definitivo salto verso lo sviluppo? «Non parlerei di arretratezza delle aziende meridionali rispetto a quelle del Nord del Paese. Semmai si tratta di un diverso sistema d’impresa. Al Sud, infatti, esistono diverse realtà imprenditoriali che, pur essendo più all’avanguardia dei propri competitor del Nord, sono costrette a subire il divario esistente tra Nord e Sud proprio a causa di diversi e concomitanti fattori quali, ad esempio, la mancanza di infrastrutture necessarie allo sviluppo commerciale, una più oppressiva presenza della criminalità organizzata e la mancanza di rilevanti programmi di sviluppo. Al fine di un decisivo passo in avanti verso nuovi piani di sviluppo, le imprese del Sud dovrebbero puntare a migliorare la qualità dei propri
XxxxxxxAcquafredda Xxxxxxxxxxx Vincenzo
prodotti attraverso processi produttivi e tecnologici più avanzati, innovando le forme distributive e sviluppando attività di aggregazione con partner strategici». Nell’ambito di operazioni di fusione e acquisizione, ristrutturazioni societarie e realizzazione di alleanze strategiche, avete ultimamente realizzato qualche intervento particolarmente importante ed esemplificativo della situazione pugliese? «Come detto, la crisi economica ha determinato effetti diversi sulle imprese che, a seconda dei casi, hanno reagito in maniera differente: alcune non sono riuscite a reggere il peso della grave crisi econonomica, altre, invece, quasi traendo beneficio dal momento critico, hanno saputo essere comunque performanti, compiendo addirittura ulteriori e importanti investimenti per il loro sviluppo economico. Espressione di questa evidente dicotomia sono due operazioni recentemente seguite dal nostro studio legale. La prima è relativa alla gestione di
una grave crisi economico-finanziaria che ha interessato una delle più rappresentative aziende pugliesi del comparto della meccanica e in cui il nostro studio è impegnato nell’attività di ripianamento del debito e riorganizzazione societaria. La seconda operazione, rappresentativa invece di un effetto “virtuoso” della crisi, ha riguardato la consulenza e assistenza fornita ad un’importante azienda pugliese attiva nel settore del tessile/abbigliamento nell’acquisizione di una quota societaria di una nota azienda proprietaria di un marchio altrettanto noto nel settore della moda». Il Piano per il Sud prevede interventi finalizzati a migliorare le condizioni di sicurezza e legalità, in modo da rendere l’ambiente economico più attrattivo per gli investimenti. Quanto problematiche di questo genere influiscono sullo sviluppo delle aziende in Puglia? «Rischiano di influire moltissimo sullo sviluppo delle aziende in Puglia e, più in ge-
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SVILUPPO ECONOMICO
nerale, sullo sviluppo economico dell’in-
tera regione. Con un esempio cercherò di dare in qualche modo la misura di quanto sia avvertito, anche tra gli investitori internazionali, il problema della sicurezza e della legalità degli ambienti economici in cui si decide di investire. Il nostro studio si occupa, tra l’altro, di diritto dell’energia, con particolare riferimento alle fonti rinnovabili, e recentemente ha fornito consulenza a un gruppo di investitori israeliani interessati ad acquisire una serie di impianti fotovoltaici per una potenza complessiva di circa 6 Mw. Tra le attività preliminari che questo gruppo di investitori ci ha richiesto vi è stata proprio la redazione di un criminal report idoneo a rappresentare all’investitore estero la generale situazione della criminalità locale e i conseguenti rischi connessi all’investimento». Quali sono i contrasti tra banche e imprese nella gestione del credito? Quando e in che modo siete chiamati a intervenire? «I “contrasti” sono rappresentati essenzialmente dalla necessità per le banche di ri-
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Le imprese del Sud dovrebbero migliorare la qualità dei propri prodotti, innovare le forme distributive e sviluppare attività di aggregazione con partner strategici
spettare i vincoli dettati dalle norme di Basilea (attribuzione rating interno alla controparte) e da criteri di valutazione del merito creditizio che troppo spesso guardano più alle garanzie prestate che ai piani di sviluppo d’impresa. Inoltre le banche sono restie a finanziare la fase di start up dell’impresa, privilegiando lo sviluppo di relazioni caratterizzate da una gestione del rischio più rassicurante. Al di là delle questioni legali determinate dalla gestione ordinaria dei rapporti tra banche e imprese, margini di operatività per gli studi legali possono nascere in relazione alla strutturazione di operazioni complesse (ad esempio project fincancing e partenariato pubblico privato) per le quali diventa essenziale la corretta definizione di rapporti giuridici e contrattuali».
FIERA DEL LEVANTE
Fiera in rosso Quale sarà il futuro della Fiera del Levante? Preso atto del bilancio negativo 2009 e della delicata congiuntura economica, è tempo di pensare a nuove strategie per rilanciare il comparto come fa presente Cosimo Lacirignola, presidente dell’Ente Nike Giurlani
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Cosimo Lacirignola, presidente della Fiera del Levante
ei giorni scorsi sono stati resi noti i dati di bilancio della Fiera del Levante, che ha chiuso il 2009 con un passivo di 4,7 milioni, poco meno della metà del fatturato. Un dato che inevitabilmente fa riflettere, anche se Cosimo Lacirignola, presidente dell’ente fieristico, contiene gli allarmismi. «In realtà, depurando i dati di bilancio dagli interventi straordinari - tutti connessi alla rigorosa osservanza della normativa vigente, dei criteri di prudenza e dei principi di revisione contabile - il risultato d’esercizio registrerebbe nel 2009 un perdita di soli 740mila euro». Se si va ad
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analizzare le cause di tale situazione, il responsabile dell’ente espositivo, rileva che tale risultato negativo «risente inevitabilmente della crisi congiunturale che ha colpito le economie dell’intero pianeta, ma anche di una serie d’elementi di natura strutturale e organizzativa». A cosa si riferisce in particolare? «L’accantonamento di fondi per far fronte prudenzialmente a esborsi relativi a contenziosi per rivendicazioni da parte del personale (peraltro le posizioni conflittuali sono notevolmente diminuite, passando da 47 ereditate nel 2007 a 18 dell’ultimo periodo) e le spese per la definizione di contenziosi con il personale e per la riorganizzazione degli uffici. Non bisogna, infine, dimenticare i costi sostenuti per la demolizione di due padiglioni che hanno lasciato spazio al cantiere per la realizzazione del nuovo padiglione modulare e avveniristico, i cui lavori sono ripartiti celermente dopo il rogo al tetto e il dissequestro deciso dalla magistratura». Lei ha dichiarato che il nuovo bilancio di previsione «è figlio di una situazione congiunturale critica. Il nostro ente ha affron-
Xxxxxxx CosimoXxxxxxxxxxx Lacirignola
La sfida più importante del 2011 riguarda l’imminente apertura del nuovo padiglione modulare di oltre 18mila metri quadri
tato questo momento difficile modificando risorse e strumenti». Quali, quindi, i cambiamenti introdotti? «I cambiamenti tengono conto del ribaltamento dell’asset geo-economico e della composizione di un nuovo scacchiere internazionale in cui il Mediterraneo, un’area ad alta crescita che sta risucchiando capitali dal mondo intero, ha riacquistato la centralità del passato. In questo contesto, la Fiera del Le-
vante costituisce uno strumento anticiclico ri- In alto, il render spetto alla crisi globale al punto che le aziende, del nuovo padiglione; a sinistra, una veduta anche in questo periodo, non hanno rinun- interna della Fiera ciato a prendervi parte. Merito della nostra in- del Levante vidiabile posizione geografica e dell’imprescindibile ruolo di riferimento dell’ente nel favorire il processo d’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese». In che modo? «Attraverso forme di partenariato con i Paesi che condividono il nostro stesso mare e con altre emergenti realtà estere; attraverso la presentazione di prodotti non in quanto tali ma anche per ciò che rappresentano (saperi, sapori e valori); con il trasferimento di know how e tecnologie moderne, di concetti antichi e inamovibili come, ad esempio, la dieta mediterranea. Solo così la crisi può diventare un lontano ricordo e lasciare spazio a una nuova e proficua stagione delle opportunità produttive». Quali le strategie per ridare lustro al comparto fieristico? «Siamo in una fase particolarmente delicata per PUGLIA 2011 • DOSSIER • 59
FIERA DEL LEVANTE
Abbiamo previsto un calendario di manifestazioni capaci di favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta e di valorizzare i comparti strategici del tessuto produttivo
il futuro delle fiere e dell’economia globale. ranno introdotte che ricadute avranno sul
L’ingresso monumentale della Fiera del Levante
Non bisogna, però, dimenticare un dato estremamente incoraggiante: tre imprese italiane su quattro considerano la fiera uno strumento fondamentale per il loro sviluppo aziendale. Numeri che pongono il nostro sistema fieristico ai vertici mondiali, secondo solo alla Germania. La mia recente nomina nel consiglio direttivo dell’associazione Espositori e fiere italiane mi consentirà di studiare assieme agli altri associati nuove strategie per rilanciare il comparto, partendo dai punti di forza. A iniziare dalla leadership del sistema fieristico nazionale nei comparti merceologici che rappresentano il made in Italy: mi riferisco alla moda, all’industria agroalimentare, al comparto legato all’abitare-costruire e alle tecnologie meccaniche e anche a un settore che definirei “trasversale”, ossia quello legato alla salute e all’ambiente. Temi che stanno molto a cuore al pubblico e per i quali è per fortuna in aumento la sensibilità da parte d’imprese, istituzioni e società civile». Le misure che ver-
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personale? «È in programma una riduzione dei costi per il personale che porterà al pensionamento di 1,5 unità e alla riduzione degli straordinari e delle assunzioni di collaboratori occasionali durante le manifestazioni. Ogni eventuale altra misura sarà valutata e concordata con i soci fondatori della Fiera». Che cosa si aspetta da questo nuovo anno? «La sfida più importante riguarda l’imminente apertura del nuovo padiglione modulare di oltre 18mila metri quadri. L’intero territorio potrà contare così su una struttura avveniristica, rispettosa dell’ambiente e capace di ospitare contemporaneamente più eventi. Inoltre, abbiamo previsto un calendario di manifestazioni capaci di favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta ma anche di valorizzare i comparti strategici del tessuto produttivo pugliese. A conferma di format vincenti quali la Campionaria di settembre ed Expolevante, si affiancheranno rassegne specializzate come Agrilevante (sempre più imprescindibile punto di riferimento per la filiera agricola del Mediterraneo), Smau Business, Ekologia 2011Energia e futuro, Levante Prof (dedicato alla panificazione), Made in Med Prof (la prima edizione della fiera nazionale dell’alimentazione), Sma (il Salone Mediterraneo dell’Acqua), Promessi Sposi e Salone dello Studente. Solo in questo modo si possono intercettare le nuove opportunità di mercato e rilanciare l’economia».
Michele Emiliano
Carlo Cofano/Iesseppi
La gestione della fiera va privatizzata «Un luogo di efficienza e gestione manageriale collegato alla realtà produttiva della regione». È la Fiera del Levante nella visione del sindaco di Bari, Michele Emiliano Nike Giurlani
Il sindaco di Bari, Michele Emiliano
L’
ente fieristico barese ha chiuso il 2009 in passivo. Dal punto di vista del mercato, il comparto delle fiere rispecchia senz’altro un generale clima di sfiducia dell’economia mondiale. Il primo cittadino di Bari, Michele Emiliano, si interroga su quali siano le cause di questa situazione, anche se, commenta, «la gestione dell’Ente è nelle mani della Regione che ha nominato il presidente». Privatizzazione, applicazione di leggi già esistenti e una corretta gestione manageriale sono le linee guida per far ritornare in auge la manifestazione fieristica più importante del Mediterraneo e simbolo della cultura di un’intera città. Quali sono le strategie e le iniziative che il Comune di Bari ha in serbo per rilanciare il comparto fieristico? «Occorre privatizzare subito la gestione come previsto dalla legge regionale ancora inapplicata». Cosa prevede questa legge? «La legge prevede la costituzione di una Spa che assuma la gestione della Fiera, separando il patrimonio immobiliare che rimane inte-
stato a Comune, Provincia e Camera di Commercio». Come mai non è stata ancora applicata? «Non è stata ancora applicata per ragioni che attengono agli indirizzi conferiti dalla Regione Puglia al presidente da quest’ultima nominato». Di che cosa ha bisogna la Fiera del Levante per crescere e migliorarsi? «Smettere di essere un carrozzone politico e diventare un luogo di efficienza e gestione manageriale collegato strettamente alla realtà produttiva della regione». Qual è l’auspicio per il nuovo anno? «L’immediata applicazione della legge regionale, alla quale ho dato il mio contributo tre anni fa, che deve portare alla gestione autonoma e privatizzata della Fiera, come già avviene in tutta Italia». Ci sono dei modelli gestionali in Italia a livello fieristico ai quali bisognerebbe che si ispirasse anche la Fiera del Levante? Se sì, quali? «Si potrebbero scegliere come prototipi di una gestione vincente la Fiera di Milano e quella di Roma». PUGLIA 2011 • DOSSIER • 61
EXPORT
Esportazioni in recupero ma la concorrenza aumenta Enrico Giovannini, presidente dell’Istat, vede nella ripresa delle economie europee il fattore alla base della crescita del commercio estero Riccardo Casini
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Sotto, Enrico Giovannini, presidente dell’Istat
a una parte il calo della produzione industriale (-0,1% a ottobre nei confronti del mese precedente), dall’altra l’aumento delle esportazioni (+17,6% a ottobre rispetto a un anno prima). È uno scenario a due volti quello disegnato dagli ultimi rilevamenti Istat: l’ultimo rapporto sul commercio estero, in particolare, registra incrementi più sostenuti sul mercato extracomunitario (+21,9%) rispetto a quello interno all’Unione europea (+14,5%), con le importazioni che mostrano un incremento ancora superiore (22,5%). A ottobre il disavanzo commerciale risultava quindi pari a 2 miliardi di euro, un valore più che triplo rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Secondo Enrico Giovannini, presidente Istat, «nel corso della crisi le esportazioni hanno subito un calo eccezionalmente ampio, nell’ordine del 34% tra l’aprile 2008 e l’agosto 2009, al netto dei fattori stagionali. Successivamente le esportazioni verso i mercati extra Ue hanno mostrato un dinamismo maggiore. Il risultato intra-Ue di settembre è stato influenzato dall’esportazione di una nave da crociera verso il Regno Unito. D’altro canto, la ripresa delle economie europee, pur se iniziata con ritardo, è di particolare rilievo per il nostro Paese, conside-
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rando che il mercato comunitario assorbe poco meno del 60% delle nostre esportazioni». Quali sono i mercati più ricettivi nei confronti dei prodotti italiani? «I due principali mercati di sbocco sono la Germania e la Francia, con quote rispettivamente pari al 12,7 e all’11,6% del nostro export totale di beni. Seguono a grande distanza, con quote del 5-6%, gli Stati Uniti, la Spagna e l’aggregato dei Paesi Opec. In termini di dinamismo, si segnalano, invece, i mercati emergenti di Turchia, Cina e America Latina, sui quali nei primi nove mesi dell’anno le esportazioni italiane hanno segnato progressi compresi tra il 30 e il 50%». Quale situazione è lecito ipotizzare per il 2011? La crescita dell'export troverà continuità? «L’andamento attuale delle esportazioni è particolarmente vivace, ma le previsioni del Fmi dell’ottobre scorso indicano una tendenza alla moderazione dei ritmi degli scambi internazionali per il 2011. Ricordo, d’altro canto, che il dinamismo attuale dell’export corrisponde a una fase di recupero, non di vera e propria espansione: il valore di settembre, infatti, è simile a quello dell’ottobre del 2006 e di oltre il 15% inferiore rispetto al massimo raggiunto nella primavera 2008». Quali sono i settori produttivi che trainano le esportazioni? «Nel corso dei primi nove mesi dell’anno, i maggiori contributi alla crescita delle esporta-
Enrico Giovannini
zioni in valore sono venuti dai settori della metallurgia e dei prodotti in metallo (+19,3%) e della raffinazione petrolifera (+56,6%), grazie anche al recupero dei corsi dell’energia, dal settore chimico (+28,2%) e da quello dei mezzi di trasporto (+16,5%). Positiva, ma meno brillante, è stata invece la performance nei due poli di specializzazione per eccellenza, rappresentati dall’industria dei beni capitali e dalla filiera del tessile-abbigliamentocalzature». Quali sono invece le regioni più dinamiche? «Nella prima parte dell’anno si segnalano quelle insulari (+49,2%), dove l’export è stato trainato dalle produzioni energetiche, seguite da Puglia, Lazio, Trentino, Campania e Abruzzo, con variazioni prossime o superiori al 20% su base annua. Nel commentare le dinamiche territoriali, va però considerato che oltre il 60% delle esportazioni origina da sole quattro regioni, ovvero Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Piemonte, nessuna delle quali (a eccezione del Piemonte) ha segnato tassi di crescita superiori alla media nazionale». Quali Paesi rappresentano invece il pericolo maggiore in termini di concorrenza sui mercati? Le realtà emergenti come l’India possono rappresentare anche nel prossimo futuro una reale insidia?
«L’Italia ha subito più di altre economie europee la concorrenza dei Paesi emergenti sui propri mercati di sbocco, in ragione di una specializzazione commerciale nei settori “tradizionali” a tecnologia medio - bassa. Questa tendenza è destinata a proseguire e rafforzarsi negli anni futuri, estendendosi anche ad altre produzioni. La risposta più efficace è la ricollocazione verso aree di mercato dove la concorrenza di prezzo sia meno rilevante. In Italia si è determinata una sensibile perdita di quote e una drastica selezione delle imprese industriali in questi settori; il sistema ha risposto con una strategia molto accentuata di collocamento nelle fasce più alte di mercato e la parallela delocalizzazione delle attività a maggior intensità di lavoro». Quali conseguenze implica quest’ultimo fenomeno? «La delocalizzazione, naturalmente, sta portando i flussi che originano da imprese a controllo italiano al di fuori delle statistiche sul commercio estero: basti pensare che nella sola filiera del tessile-abbigliamento-calzature gli addetti esteri sono oltre 150mila. Con maggior lentezza è emerso anche un mutamento strutturale delle esportazioni, segnato dalla capacità di intercettare la domanda emergente in alcuni ambiti di specializzazione, quali le produzioni alimentari, le cui esportazioni non hanno risentito della crisi». PUGLIA 2011 • DOSSIER • 65
EXPORT
L’inossidabile fascino dei prodotti italiani
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econdo gli ultimi dati Istat, a ottobre 2010 le esportazioni italiane sono aumentate del 17,6% rispetto allo stesso mese del 2009. Nei primi dieci mesi dell’anno, rispetto al corrispondente periodo del 2009, l’aumento è invece del 14,7%, con una dinamica più vivace per i paesi extra Ue (+15,9%) rispetto a quelli comunitari (+13,8%). Un aumento che, confrontato con lo stesso periodo del 2009, è determinato più da una crescita dei volumi (+8,6%) che non dei valori medi unitari (+5,6%). Nel complesso si tratta indubbiamente di dati positivi, che vanno però letti con tutte le precauzioni del caso, come precisa l’ambasciatore Umberto Vattani, presidente dell’Istituto nazionale per il commercio estero. «Le esportazioni italiane – spiega – mostrano chiari segni di ripresa. Certo, stiamo recupe-
Umberto Vattani, presidente dell’Istituto nazionale per il commercio estero
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Per Umberto Vattani, presidente dell’Ice, è necessario «agganciare le economie emergenti puntando a consolidare l’immagine del Paese nelle culture più lontane» Riccardo Casini rando dopo una difficilissima fase congiunturale. Ma tutti i numeri a nostra disposizione ci confortano sulla capacità delle nostre imprese di rafforzare le loro posizioni sui mercati internazionali. La flessione delle vendite nel 2009 ha colpito le imprese più grandi con maggiori capacità esportative, ma già ora assistiamo a un miglioramento che tende nuovamente a premiare le imprese di maggiore dimensione, con una presenza più radicata sui mercati esteri». Qual è il profilo medio delle aziende esportatrici? «Un ruolo particolarmente importante lo stanno svolgendo le medie imprese, ovvero quel “quarto capitalismo” industriale che ha accresciuto il suo contributo alle esportazioni totali lungo tutto l’ultimo decennio. Quanto alle imprese di minori dimensioni che caratterizzano da sempre il tessuto industriale italiano emergono ancora problemi di competitività su cui è necessario intervenire nei prossimi anni». Quali settori produttivi prevalgono? «La meccanica, i beni del sistema moda, quelli dell’agroalimentare e del sistema casa rappresentano le “4 A” del made in Italy. Il 50% delle esportazioni italiane all’estero continua a essere rappresentato da questi settori fondamentali. Tra questi, la meccanica costituisce l’industria più importante in termini di peso, con una quota del
Umberto Vattani
La meccanica, i beni del sistema moda, quelli dell’agroalimentare e del sistema casa rappresentano le “4 A” del made in Italy
20% sull’export complessivo delle vendite nazionali». Quali sono in questo particolare momento le principali esigenze delle nuove pmi che si affacciano sul mercato estero? «In questo frangente di grande discontinuità rispetto al passato, le Pmi vanno accompagnate alla scoperta di nuovi mercati come quello cinese, russo e indiano, oltre a quelli dell’America Latina. Sono mercati più distanti, difficili da interpretare, comportano rischi maggiori, richiedono grande continuità d’intervento. Compito dell’Ice è quello di spiegare agli imprenditori le opportunità che si presentano in queste nuove aree di sviluppo, di allacciare relazioni con gli operatori sul posto, costruire appoggi presso le autorità locali e fornire un chiaro sostegno alle aziende nella ricerca di canali distributivi». Quali tra i servizi offerti dall’Istituto per
il commercio estero sono maggiormente richiesti? «I funzionari dell’Istituto hanno una profonda conoscenza dei mercati internazionali. In anni di lavoro sul campo hanno accumulato competenze nei principali settori di riferimento, conoscono gli operatori più importanti e sanno valutare le opportunità offerte dal mercato. L’Ice fornisce ogni anno circa 22mila servizi di consulenza a oltre 15mila imprese. Tra i servizi più richiesti la “Ricerca clienti e partner esteri” che permette di individuare dei partner commerciali locali interessati a rappresentare o distribuire il prodotto o il servizio italiano. Sono anche frequenti le richieste per l’organizzazione di eventi promozionali e fiere, per incontri di affari e nominativi d’importatori». Il made in Italy gode comunque di grandissima fama all’estero. Quali paesi si dimostrano più ricettivi? Su quali occorrerebbe invece puntare maggiormente? «Il richiamo del prodotto italiano rimane molto forte perché evoca la lunga tradizione artigianale e industriale italiana. È sinonimo di cura dei dettagli e di qualità: dobbiamo preservare quest’immagine difendendo l’autenticità dei nostri prodotti. Per quanto riguarda i paesi più ricettivi, le nostre PUGLIA 2011 • DOSSIER • 69
EXPORT
esportazioni continuano a essere orientate porta con sé. Al contrario abbiamo registrato un principalmente verso i paesi Ue e quelli dell’Europa orientale. Per ora, ai primi posti della graduatoria compaiono Germania, Francia e Stati Uniti; per incontrare il principale paese emergente, la Cina, bisogna scendere fino all’ottava posizione». Come si spiega questo dato? «È naturale che i mercati più vicini e sicuri continuino a essere la meta preferita delle nostre imprese, questo discorso vale anche quando si esaminano gli investimenti diretti esteri. Ma, come mette in evidenza il Rapporto dell’Ice presentato nel luglio scorso, entro il 2015 è proprio nei mercati emergenti che saranno principalmente concentrati i consumatori che raggiungeranno, per la prima volta, un reddito superiore ai 30mila dollari. Si tratta soprattutto di Cina, India, Brasile e Messico, paesi in cui la crescita di un’ampia classe media rappresenterà nuove e importanti opportunità per le nostre imprese». Quali politiche dovrebbe seguire l’Italia? Quale dovrà essere in futuro il ruolo dei dazi? «In generale i paesi del G20 non hanno ceduto alle pressioni protezionistiche che ogni crisi
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aumento delle misure volte a rilanciare il commercio. L’Italia deve assolutamente agganciare le economie emergenti, puntando a consolidare l’immagine del Paese in queste culture lontane, a rafforzare le collaborazioni industriali e a individuare i canali di distribuzione più promettenti». Quanto può influire sulla tutela dei nostri prodotti l’approvazione di un brevetto europeo in tre lingue, da cui verrebbe escluso l’italiano? Si tratta di una questione esclusivamente politica o sono realmente ipotizzabili danni economici per le imprese italiane? «Non possiamo essere contenti del fatto che l’italiano non consenta - come tale - di brevettare innovazioni tecnologiche a livello europeo. Anche perché l’utilizzo forzato di altre lingue impone alle aziende costi supplementari e rende più difficile la conoscenza di quanto accade nel campo dell’innovazione tecnologica e della proprietà intellettuale. Rimane tuttavia il fatto che il brevetto europeo costituisce un traguardo positivo che rafforzerà la nostra competitività, la nostra capacità di difendere il know how italiano nel mondo».
EXPORT
È la Puglia la regione più competitiva d’Italia
L’
esito di una recente ricerca curata da Unicredit conferma che non esiste un Sud parassita che vive alle spalle del Nord. Anzi, se quest’ultimo è ricco lo deve alla sua capacità di esportare verso le regioni meridionali. Per anni il Mezzogiorno ha prodotto per aziende del Nord e molti economisti ritenevano che questo dovesse essere il circuito giusto. «Noi pensiamo invece – commenta Loredana Capone, vicepresidente della Regione Puglia – che le aziende meridionali siano ben capaci di produrre ed esportare». Non più, dunque, un Sud suddito che produce per le imprese settentrionali che, non solo non riconoscono questo contributo, ma addirittura permettono alla politica dei loro territori di vantare quel valore aggiunto come un credito verso l’Italia meridionale. Per anni molti imprenditori locali non hanno avuto consapevolezza della loro capacità, della propria creatività e del proprio merito. Oggi invece questa consapevolezza cresce e i risultati sembrano dare loro ragione. Vola l’export in Puglia. Quali i motivi di questo successo e le mosse vincenti in fase di programmazione e attuazione nel lavoro del governo regionale? «La regione in questi ultimi anni sta investendo moltissimo sulla competitività delle imprese e per far questo ha attivato due binari di lavoro. I distretti produttivi ser72 • DOSSIER • PUGLIA 2011
«Bisogna investire sull’efficienza del proprio prodotto, sul design, quindi sulla creatività e sulla qualità». La vicepresidente della Regione Puglia, Loredana Capone, spiega perché le imprese oggi esportano e diventano competitive Renata Gualtieri
vono a mettere in rete le imprese, aggregarle e farle ragionare di una politica industriale comune. L’aggregazione comporta per i distretti tecnologici la capacità di lavorare insieme a imprese, università e centri di ricerca. In questo modo le imprese rafforzano la loro capacità di innovazione. Contemporaneamente, sull’altro binario, la Regione ha investito sia sulla ricerca e l’innovazione interna alle imprese. La Puglia ha fatto dei bandi di ricerca specifici per le piccole imprese agendo sulle loro capacità di innovarsi e ha finanziato molti progetti di ricerca. Dall’altra parte ha fatto sì, attraverso borse di studio per 25 milioni di euro, che i ricercatori pugliesi che lavoravano all’estero tornassero nella loro terra, in maniera tale da garantire alle imprese personale specializzato reperibile sul territorio. Ha investito altresì nei pacchetti integrati di agevolazione e nei contratti di programma che riguardano le imprese e così ha aiutato un intero sistema economico a credere che si può uscire dalla crisi e diventare competitivi se si investe sul miglioramento della qualità dei prodotti e dei processi e sulla capacità di essere più innovativi». Occorre puntare sui settori tradizionali o sostenere lo sviluppo dei comparti più
A sinistra, Loredana Capone, vicepresidente della Regione
Loredana Capone
+90% ICT Crescita esportazioni nel settore dell’informatica nei primi nove mesi del 2010
mln
BORSE DI STUDIO
Finanziamenti per far rientrare in regione i ricercatori pugliesi trasferitisi in altre parti del mondo e garantire alle imprese personale specializzato
innovativi per confermare i buoni risultati raggiunti dall’economia pugliese? «Entrambi. Noi abbiamo puntato a sostenere la ricerca nei settori dell’informatica, della meccatronica, dell’aerospazio o dell’energia, che sono i settori più innovativi, portando la Puglia è essere tra le regioni più competitive in Italia. Nel settore dell’informatica le esportazioni crescono del 90%. Questo perché è un campo certamente innovativo e perché il settore dell’informatica si è ben relazionato con la Regione e si vedranno risultati ancora migliori nel prossimo periodo. Allo Smau, a febbraio, faremo una conferenza stampa in cui illustreremo i nostri passi. Al contempo abbiamo investito nei settori più tradizionali, moda e agroalimentare, panifici e pastifici. I risultati ci dicono che sono che tutti i panifici e pastifici di Puglia hanno presentato progetti di ricerca e di innovazione tecnologica per milioni di euro e oggi esportano
Abbiamo puntato a sostenere la ricerca nei settori più innovativi come quello dell’informatica o della meccatronica
prodotti assolutamente tradizionali ma, al contempo, innovativi sui metodi di confezionamento e senza dubbio più competitivi. Il segreto della capacità di resistere alla crisi di questi settori e di uscirne più rafforzati è proprio investire in ricerca e innovazione». Quali i provvedimenti del governo regionale per garantire lo sviluppo delle imprese della regione? «È necessario prima di tutto connettere la formazione alle imprese e su questo stiamo lavorando moltissimo in questi ultimi mesi perché riteniamo che bisogna potenziare la formazione per aumentare l’occupazione ed evitare la fuga dei cervelli. Bisogna connettere la formazione che si realizza con i bisogni dell’impresa perché per anni si sono utilizzati soprattutto gli enti di formazione come soggetti promotori di formazione. In questo modo spesso si sono formati sia a livello superiore sia a livello di eccellenza persone che poi non hanno trovato occupazione in Puglia. Occorre sempre di più invece connettere la formazione, anche quella di eccellenza, con i bisogni delle nostre imprese in maniera tale da far crescere le imprese che possono rafforzarsi proprio perché hanno investito in ricerca e innovazione e contemporaneamente PUGLIA 2011 • DOSSIER • 73
EXPORT
Tutti i panifici e pastifici pugliesi hanno presentato progetti di ricerca e di innovazione tecnologica per milioni di euro
formare i giovani per dare loro una concreta
possibilità occupazionale. Per fare il piano di formazione della Regione Puglia abbiamo chiesto all’Osservatorio dei distretti di produrre i loro bisogni formativi e proprio su questi noi costruiremo i nostri piani di formazione. Di queste esigenze terremo conto anche ai fini della ricerca e dell’innovazione come in un circuito virtuoso». Ci sono altri obiettivi strategici? «Occorre far diventare la Puglia attrattrice di investimenti potenziando le proprie aree in-
+16,1% TESSILE Crescita esportazioni nei primi nove mesi del 2010 per i prodotti tessili e l’abbigliamento
74 • DOSSIER • PUGLIA 2011
dustriali e artigianali e rafforzandole nei servizi, perciò abbiamo già investito 60 milioni di euro e ne investiremo altri 60. Così di riducono i costi delle imprese e aumentano i servizi a loro disposizione, da quelli virtuali a quelli fisici. Altro obiettivo è quello di garantire l’internazionalizzazione delle nostre imprese, fattore che si connette anche all’aggregazione. Questo significa che le imprese devono lavorare in rete e in alcuni casi anche con soggetti terzi che provengono dai territori del nord perché si possono scambiare servizi e prodotti e questo non si può far altro che trarre giovamento». L’internazionalizzazione è una delle ricette per uscire dalla crisi. Quali le strategie future per implementare questo settore? «Stiamo lavorando su un programma regionale di internazionalizzazione che non punti solo alle fiere. Talvolta servono scambi di aziende leader che portano con sé piccole aziende dell’indotto. Ad esempio nel campo dell’informatica ci sono delle fiere importanti, però le aziende del settore per internazionalizzarsi hanno bisogno anche di altri momenti straordinari di crescita che sono quelli in cui incontrano imprese di vari territori e programmano insieme. Oggi per promuovere internazionalizzazione bisogna adottare una serie di strumenti che vanno dalla formazione degli imprenditori, su cui stiamo investendo molto, a una serie di iniziative specifiche per i vari settori tra operatori internazionali di eccellenza».
Domenico Menniti
Quel Sud dinamico e vincente
C
ontinua a crescere l’export della Puglia, fino al 22,6% in più rispetto ai primi nove mesi del 2009. I dati relativi allo stesso periodo del 2010 infatti fotografano una realtà economica che, pur in presenza di una situazione generale di crisi, riesce a conservare aspetti di dinamicità interessanti. Le ragioni dei positivi risultati conseguiti sono individuabili nello spostamento della produzione, soprattutto di quella agricola, su segmenti più sofisticati e redditizi. «Questo – commenta il sindaco di Brindisi Domenico Menniti – vale per la qualità dei prodotti, ma pure per la gestione diretta delle fasi successive, sino alla commercializzazione». È il caso del vino, che, ad esempio, ha fatto registrare sul fronte delle esportazioni, nel mercato interno e in quello internazionale, un balzo in avanti di significative proporzioni. Quali i settori che registrano le migliori performance sul fronte dell’export tra le imprese brindisine? «Il settore agricolo e, in particolare per i comparti vitivinicolo e oleario, il successo è il premio alle nuove generazioni di imprenditori, che hanno superato il limite della produzione cosiddetta di base. Ora il valore aggiunto non è più ceduto alle società del nord del paese e le cooperative sono attive anche sul piano dell’imbottigliamento e della commercializzazione diretta. Il fenomeno è stato molto sostenuto da istituti pubblici e associazioni di categoria che hanno curato il potenziamento dei servizi. Sul territorio è presente anche l’industria, particolarmente attiva nei comparti della chimica e dell’aeronautica, che presenta l’indice più alto nella produzione del reddito. Per restare alla chimica, merita segnalazione il fatto che lo stabilimento Eni di Brindisi è fra i due-tre che producono in Italia un saldo attivo nella gestione degli impianti petrolchimici».
«Per Brindisi la scelta di fondo è di non restare legata al vecchio schema della monocultura e non identificare lo sviluppo esclusivamente con le ciminiere dell’industria». Lo rivela il sindaco Domenico Menniti Renata Gualtieri
Quali i comparti sui quali occorre ancora investire per aumentare la competitività e incrementare le esportazioni? «Brindisi ormai è una città post-industriale, che produce anche beni immateriali e servizi. Deve perciò orientare gli investimenti verso il potenziamento della mobilità. Ora la città è collegata Il sindaco di Brindisi, Domenico Menniti al resto del paese e dell’Europa da un’efficientissima rete di trasporto aereo (i dati relativi all’anno appena trascorso sono clamorosi: un milione e seicentomila passeggeri con un incremento del 47 per cento rispetto all’analogo periodo precedente). Però c’è necessità di recuperare la funzione commerciale e turistica del porto. I collegamenti stradali e ferroviari richiedono anch’essi interventi migliorativi. Si tratta in questo caso di “esportare l’immagine” della città, operazione dalla quale % è lecito aspettarsi - in caso di successo - un riEXPORT torno economico rilevante». Quale sarà l’impegno dell’amministraÈ la crescita delle esportazioni zione comunale per rafforzare i settori traregistrata nei primi dizionali e sostenere lo sviluppo dei comnove mesi del 2010 rispetto allo stesso parti produttivi più innovativi? periodo dell’anno «La pubblica amministrazione non può e non precedente deve svolgere attività diretta di gestione economica; il suo compito è creare le condizioni
+22,6
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EXPORT
È necessario recuperare la funzione commerciale e turistica del porto per “esportare l’immagine” della città
perchè l’economia possa liberamente svolgersi.
Il primo impegno perciò è quello di liberare il territorio da presenze (divenute in verità marginali) della criminalità organizzata. Per quanto riguarda il turismo va perfezionato e reso economicamente competitivo il sistema dei servizi, perché la concorrenza è alta e non è più sufficiente l’offerta che punta solo sulle bellezze naturali. Brindisi ha assunto un ruolo trainante in tutta l’area meridionale per l’offerta culturale e ciò le ha consentito di proporre la propria candidatura a capitale della cultura europea per il 2019, quando sarà l’Italia a ospitare l’evento. A sostegno del settore agricolo l’amministrazione incrementerà l’attività per la promozione dei prodotti locali (vino, olio, ortofrutta) e per potenziare la capacità di esportazione del vino, che può essere assunto a prodotto simbolo del nostro territorio. L’industria, infine, vede operativi settori (chimica e aeronautica soprattutto) che vanno potenziati e sviluppati su segmenti più avanzati». Quali le previsioni per i prossimi mesi e le strategie per conquistare una posizione di prestigio in un sistema politico-economico globale? «Immaginiamo che la tradizionale divisione del paese fra sud e nord abbia subito trasformazioni profonde. Riflettendo su una vecchia 76 • DOSSIER • PUGLIA 2011
tesi rappresentata un po’ di anni fa dallo scrittore ed economista Geminello Alvi, osserviamo che è diventata più attuale (ed economicamente più di prospettiva) la suddivisione fra due sistemi territoriali, economici, sociali, culturali, disegnati seguendo i versanti dei mari Tirreno e Adriatico, divisi dalla catena appenninica. Il primo è il cosiddetto versante delle capitali (Torino, Roma, Napoli); il secondo quello delle città marinare (Venezia, Ancona, Bari e Brindisi) protese verso rapporti - in parte già attivi e suscettibili di grandi sviluppi - con i Balcani e con l’Oriente. In questa prospettiva i porti sono strategici e Brindisi sta creando le condizioni per svolgere un ruolo determinante: il nostro è stato inserito tra i 53 porti del sistema Europa, è entrato nel novero di quelli che possono avvalersi delle procedure previste dalla “legge obiettivo”, ed è, insieme a Bari, capolinea del Corridoio 8. È la grande partita globale che, nell’Unione europea a 27 paesi, il Sud dell’Italia può giocare. E noi ci stiamo attrezzando per una partecipazione competitiva e vincente».
Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Paolo Perrone
A
lla luce dei dati dell’ultima rilevazione Istat, l’export pugliese si colloca molto al di sopra della media italiana (+14,3%) e supera l’Italia nord-occidentale (+12,7%), l’Italia nordorientale (+13,9%), l’Italia centrale (+16.4%) e l’Italia meridionale (+15,6%). «Certamente l’aver puntato sulle eccellenze produttive – commenta il sindaco di Lecce Paolo Perrone – rappresenta una via capace di sostenere i vari settori economici pugliesi». Sulla base di questo trend positivo, occorre rivelare che i settori che hanno registrato un maggiore incremento nelle esportazioni nei primi nove mesi del 2010 rispetto allo stesso periodo del 2009 sono quelli legati ai prodotti dell’agricoltura (+ 38% ), il comparto manifatturiero (+22,8%), quello pelle e calzaturiero in generale (+24,3%), tessile (+13,2%) e dell’abbigliamento (+5,1%). Anche i prodotti chimici hanno fatto registrare un notevole incremento con un +63% come quelli del settore della metallurgia (+44,5%) e dei macchinari in genere (+20,9%).
Un grande dinamismo imprenditoriale Qualità, creatività e innovazione dei propri prodotti. Sono questi i tre aspetti, capaci di far vincere al capoluogo salentino la sfida posta dai mercati globali. L’analisi del sindaco, Paolo Perrone Renata Gualtieri
Il sindaco di Lecce, Paolo Perrone
La ripresa si è registrata in quasi tutti i settori e, in particolare, in quelli del tessile e del mobile, ma vanno benissimo anche i prodotti petroliferi e dell’industria chimica, l’agroalimentare, i computer e la meccanica. I dati che arrivano dalle imprese leccesi confermano questo quadro della situazione? «Il sistema economico della provincia di Lecce ha fatto registrare in generale una timida ripresa, con un incremento delle esportazioni del 2,9 %. Il settore che si è particolarmente distinto è stato quello legato ai prodotti dell’agricoltura (+21,8%), mentre il comparto manifatturiero ha fatto segnare un 2,2%. Segnali di grande dinamismo imprenditoriale che vedono protagoniste le piccole e piccolissime aziende attive sul territorio provinciale». Quali sono le imprese locali che oggi possono costituire una valore aggiunto e competere sui mercati esteri? «Soprattutto quelle attività che hanno puntato sulla qualità, sulla creatività e sull’innovazione dei propri prodotti: tre caratteri capaci di vincere la sfida posta dai mercati globali, dando vita a prodotti unici e difficilmente imitabili, sia per design che per l’utilizzo di materie prime di grande pregio». Tra progetti da portare a termine e traguardi ambiziosi da perseguire, come immagina il futuro della sua città? «Lecce è divenuta negli ultimi anni, grazie a PUGLIA 2011 • DOSSIER • 77
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una felice sinergia tra enti e privati, una delle
capitali mondiali del turismo e della qualità della vita, come attestato lo scorso anno dalla guida Best Travel di Lonely Planet, e già questo basta a rendermi orgoglioso e ottimista sul futuro della mia città. Certo, i tempi non sono tra i più facili, e le risorse comunitarie che abbondavano negli scorsi anni a tutto vantaggio delle realtà urbane del Sud sono state dirottate purtroppo verso altri paesi dell’Unione europea, come sappiamo. Ci auguriamo, però, di raccogliere presto i frutti di molteplici progetti messi in cantiere in questi anni per valorizzare ulteriormente il look di Lecce, città fiera del proprio passato ma proiettata nel futuro». Su quali comparti occorre investire perché Lecce, approfittando della sua centralità geografica, sia all’altezza delle dinamiche internazionali dell’Europa e del Mediterraneo e abbia un ruolo centrale nei processi di sviluppo del Sud? 78 • DOSSIER • PUGLIA 2011
51 % ABBIGLIAMENTO Incremento nelle esportazioni dell’abbigliamento nei primi 9 mesi del 2010 rispetto allo stesso periodo del 2009
24,3 % CALZATURE Incremento nelle esportazioni del comparto pelle e calzaturiero nei primi 9 mesi del 2010 rispetto allo stesso periodo del 2009
«Occorre valorizzare e promuovere i caratteri distintivi della nostra realtà cittadina: turismo ed attività legate alle nostre eccellenze enogastronomiche. Due comparti che negli ultimi anni hanno permesso alla città di Lecce di distinguersi a livello nazionale ed internazionale, conquistando importanti posizioni e riconoscimenti. Inoltre è necessario continuare ad investire nell’innovazione e nella ricerca in considerazione soprattutto del fatto che l’Università del Salento rappresenta, ormai da anni, un centro di eccellenza a livello internazionale».
GIUSEPPE DI CARLO Presidente di Confindustria Foggia
ALESSANDRO LATERZA Presidente di Confindustria Bari-Bat
LUIGI SPORTELLI Presidente di Confindustria Taranto
CONFINDUSTRIA
Bari chiede più infrastrutture Risanare le periferie industriali degradate e colmare il gap infrastrutturale per mettere al centro la forza magnetica dell’area industriale Bari-Modugno. Un distretto che per Alessandro Laterza è ancora in grado di attrarre nuovi investimenti Paola Maruzzi
«I
l malcontento è il primo passo verso il progresso». Citando Oscar Wilde, il numero uno di Confindustria Bari-Bat, Alessandro Laterza, sigla la curiosa iniziativa che ha portato gli imprenditori locali a rimboccarsi le maniche e ad affacciarsi, letteralmente, sul territorio. Risultato di questa inedita escursione è un racconto per immagini, un doppio reportage - video e fotografico - che mette a nudo il degrado pubblico e infrastrutturale della “terra desolata”: così viene ironicamente chiamata l’area industriale di BariModugno. L’idea è quella di tessere un dialogo con le istituzioni, trovare la strategia giusta per riscattare l’immagine di un’imprenditoria produttiva ed efficiente. La denuncia si fa, quindi, costruttiva e diventa pretesto per mettere in luce le nicchie di piccole e medie imprese che fanno di Bari e provincia un polo in movimento. Al Sud si può ancora investire, nonostante la crisi, malgrado a volte la gestione della cosa pubblica sia farraginosa. Degrado pubblico da una parte e sviluppo privato dall’altra. Nell’area industriale BariModugno è così forte il divario? «Il quadro è chiaro. All’ordine del giorno ci sono problemi relativi alle scarse condizioni igieniche, rifiuti lasciati ai margini delle strade, discariche abusive, sterpaglie soggette al pericolo d’incen82 • DOSSIER • PUGLIA 2011
dio. Secondo aspetto è la manutenzione del manto stradale, che presenta condizioni di scarsa sicurezza. Carente è anche l’illuminazione dell’intera area. Dall’altra parte però abbiamo industrie competitive, che all'interno dei loro stabilimenti vantano reparti con tecnologie avanzate. È un gap che va colmato». A parte la recente iniziativa di denuncia, come vi state muovendo per migliorare le cose? «Abbiamo aperto una finestra di dialogo con il consorzio Asi, che dovrebbe coordinare l’area. Poi facciamo appello ai Comuni di riferimento: Bari, Modugno, Molfetta, Bitonto e Giovinazzo. Gran parte dei problemi non sono frutto di semplici disattenzioni, ma dipendono da servizi inadempiuti. Tuttavia, già prima dell’inizio di questa campagna, abbiamo ricevuto riscontri positivi da parte delle amministrazioni. Questo fa capire quanto il problema sia più grande e complesso: l’attenzione c’è, ma mancano le risorse economiche per rendere concrete le aspirazioni. Naturalmente come Confindustria con-
Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Alessandro Laterza
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La Bari-Modugno sperimenterà un progetto pilota legato alla banda larga. L’obiettivo è dotare la zona di una rete di comunicazione avanzata
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tinueremo a sollevare la questione finché non vedremo risultati stabili». Disporre di una zona industriale efficiente è indubbiamente un buon biglietto da visita. Ma cos’altro fate per incentivare gli investimenti? «Partiamo dal fatto che la nostra è un’area fortemente capace di attrarre nuovi investimenti. Lo dimostrano alcune eccellenze, tra cui spiccano il settore della componentistica auto e, in generale, quello della meccanica. Recentemente sta crescendo la filiera dell’informatica, intesa soprattutto come sviluppo di servizi per la pubblica amministrazione. Degna di nota è poi la tradizionale industria agroalimentare. Insomma, le potenzialità ci sono. Tra le priorità da portare a termine, stiamo lavorando per tradurre in realtà i vantaggi delle moderne infrastrutture immateriali. Con-
findustria nazionale ha infatti inserito la Bari-Modugno tra le dieci aree distrettuali che sperimenteranno un progetto pilota legato alla banda larga. L’obiettivo è dotare la zona di una rete di comunicazione avanzata». Al di là delle emergenze economiche che hanno messo a dura prova l’assetto industriale del Sud, ci sono nuove forme di investimento? «Anche se realisticamente bisogna riconoscere che il 2011 sarà un anno di riassestamento generale, in cantiere qualcosa si muove. E non solo da parte degli imprenditori locali. A Bari, infatti, è forte la presenza tedesca. Altrettanto importante è l'insediamento di una casa farmaceutica svizzera. In programma c’è poi l'interessante progetto di sviluppo promosso a Bari dal’azienda Nuovo Pignone (General Electric) e che inevitabilmente va a coinvolgere una serie di piccole e medie imprese locali. Segno che, nonostante alcune contingenze sfavorevoli, lo zoccolo duro di Bari e provincia è pronta a parare i colpi della crisi. In questo, un sostegno concreto dovrebbe arrivare dalle politiche nazionali e regionali, che invece languono».
Sopra, Alessandro Laterza, presidente di Confindustria Bari
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CONFINDUSTRIA
La grinta della Capitanata oltre gli immobilismi Il bilancio sul 2010 di Giuseppe Di Carlo conferma la tenuta dell’agroindustria, fiore all’occhiello della Capitanata. Ma per rilanciare l’economia tout court bisogna ammodernare le infrastrutture, dall’aeroporto Gino Lisa al porto di Manfredonia Paola Maruzzi
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Giuseppe Di Carlo, presidente di Confindustria Foggia
iuseppe Di Carlo, presidente di Confindustria Foggia, passa in rassegna lo zoccolo duro dell’imprenditoria della Capitanata. Se da una parte il campo sperimentale della green economy riconosce Foggia come una delle provincie più virtuose, dall’altra il tradizionale settore agroalimentare si tiene stabile. Tra la rosa di prodotti esportati in tutta Europa, la filiera dei pelati prende ora nuova forza da un recente e grande insediamento industriale. «Un esempio di investimento che scommette sul made in Foggia, che vuole ripartire a dispetto di alcune fragilità infrastrutturali». Recentemente ha destato qualche polemica il neologismo coniato da Niki Vendola, che ha parlato di “foggianesimo” come sinonimo di vittimismo. Al di là delle semplificazioni, qual è, in un periodo così delicato, il temperamento degli industriali dalla Capitanata? «Per descrivere il leitmotiv dell’imprenditoria foggiana parlerei di rassegnazione, cosa che è ben diversa dal vittimismo chiamato in causa da Vendola. Foggia,
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una delle provincie più grandi d’Italia, ha delle enormi potenzialità di sviluppo, ma mancano gli strumenti per portale a termine. Manca anche una rappresentanza politica che faccia le nostre veci: abbiamo un solo assessore regionale». Da dove arrivano i segnali positivi? «Il 2010 è stato un anno difficile sotto molti punti di vista. Non so dire quanto bisogna andare indietro nel tempo per trovare una situazione analoga. Eppure non mancano segnali incoraggianti che aiutano a sperare. Al di là dell’edilizia che rimane trainante, c’è un insieme incalzante di realtà, sia emergenti che tradizionali. La green economy è stata una bella sorpresa. In Puglia siamo in assoluto la provincia che produce più rinnovabili e, alla luce delle nuove linee guida regionali, le imprese interessate si stanno già preparando a investire in questa direzione, nel rispetto dei vincoli legislativi che tutelano il territorio. Altra nicchia di qualità è l’agroindustria. I nostri prodotti, gli ortaggi per esempio, vengono esportati in tutta Europa. Inoltre, vantiamo la prima industria europea produttrice di pelati, che si è insediata nel 2010. Un investimento che sta dando i suoi frutti, a dispetto del periodo critico».
Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Giuseppe Di Carlo
c Quali, dunque, gli ambiti strategici su cui continuare a lavorare per rilanciare la competitività locale? «Sulla ripresa gravano i problemi legati alle infrastrutture, una “zavorra” che ostacola il salto di qualità. Pensiamo, ad esempio, all’indotto del turismo, che sfiora il 60 per cento dei movimenti regionali. Sulla costa del Gargano c’è una bacino di utenza di centomila posti letto. Un’opportunità di sviluppo che fatica a essere colta se manca un sistema aeroportuale in cui possano decollare i voli charter. Le piste esistente sono talmente corte che non permette l'atterraggio di veicoli grandi. Dopo aver promosso un convegno che ha coinvolto tutti gli attori istituzionali chiamati in causa, stiamo raccogliendo le sottoscrizioni degli industriali affinché si passi ai fatti. Parlare di propositi infrastrutturali significa ricordare la battaglia portata avanti con caparbietà dalla nostra Confindustria e che condurrà finalmente alla costruzione di un casello autostra-
L’agroalimentare è una nicchia di qualità. Nei nostri distretti “fioriscono” prodotti esportati in tutta Europa. Vantiamo la prima industria europea produttrice di pelati
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dale a servizio dell’aera industriale di Foggia sud. A completare il quadro, puntiamo anche sul porto di Manfredonia, su cui sarebbe necessario una serie di interventi per renderlo idoneo al traffico merci». Qual è il giudizio degli imprenditori foggiani sul piano per il Sud proposto dal Governo? «Ritengo che non si possono immaginare investimenti a pioggia. A chi decide di investire al Sud deve essere data la possibilità del recupero delle imposte. A mio avviso una soluzione intelligente potrebbe essere la costituzione di zone franche. In questo modo gli imprenditori avrebbero la possibilità di reinvestire gli utili, creando le condizioni di uno sviluppo duraturo. Non siamo più disposti ad accogliere avventurieri che investono e che, nel giro di qualche anno, spariscono».
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CONFINDUSTRIA
Le basi per un futuro più solido Assetto economico stagnante e attesa che si sblocchino alcuni passaggi chiave per la ripresa del territorio. Prospettando una Taranto rinnovata, Luigi Sportelli parla di un futuro abitabile da nuove forme d’impresa Paola Maruzzi
«I Luigi Sportelli, presidente di Confindustria Taranto
segnali di ripresa che si intravedono nel Nordest fanno fatica a passare nel Meridione. Gli effetti della crisi sono arrivati in ritardo, ma si stanno abbattendo in maniera drammatica sul territorio, facendo precipitare i dati sull’occupazione». Con queste parole Luigi Sportelli, presidente di Confindustria Taranto, tocca le corde dell’economia locale. Una lucida analisi che, al tempo stesso, valuta con slancio ottimistico i punti di forza: le committenze dell’Ilva, l’avvio dell’altoforno numero 4, la futura inaugurazione della piattaforma logistica e la speranza che vengano sbloccati gli investimenti della nuova centrale Eni, progetto il cui giro d’affari supera i 300 milioni di euro. Partiamo da un quadro sulla situazione attuale inerente alla crisi occupazionale. «Secondo i dati Inps, il ricorso alla cassa integrazione straordinaria ha registrato, fra il biennio 2008-2009 e l’anno appena conclusosi, un’impennata di proporzioni straordinarie. Parliamo di un monte ore che è passato da 2.032.281 di due anni fa
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(con un incremento di poco più di un milione di ore nell’anno successivo) a 17.427.114 ore dell’anno in corso. Diminuisce, invece, il “monte” relativo alla Cig, la cassa integrazione ordinaria, già largamente utilizzata. I numeri testimoniano il forte stato di sofferenza delle nostre imprese. L’utilizzo spropositato degli ammortizzatori sociali è infatti sintomatico di una crisi che non ha precedenti e sposta l’attenzione sulle scadenze imminenti della stessa Cassa, che inevitabilmente metteranno le aziende di fronte a decisioni difficili: licenziamenti, trasformazioni, chiusure». Confindustria Taranto sta stringendo rapporti sempre più fluidi e collaborativi con i sindacati, portando avanti la Consulta per lo sviluppo. «Il documento sottoscritto nei mesi scorsi con i sindacati, oltre a sancire un rapporto di grande collaborazione con Cgil, Cisl e Uil, parte da un’analisi obiettiva della realtà, delle potenzialità e delle criticità del territorio.
Luigi Sportelli
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Grazie al riconoscimento di tre distretti produttivi, quello dell’ambiente, della logistica e della moda, il territorio tarantino si fa più appetibile per nuovi investimenti
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Oltre che stilare una lista delle priorità più urgenti per il territorio, è da sottolineare che la nostra associazione ha lanciato la proposta di un Tavolo politico di programmazione da tenere presso la Provincia di Taranto e che mira ad affrontare, attraverso specifiche iniziative, la crisi contingente. Ebbene quella proposta, lo ricordiamo, è stata recepita pienamente dalla Provincia e dagli altri partner istituzionali fino a costituire la Consulta per lo sviluppo, il tavolo di consultazione permanente che ancora oggi dibatte sulle progettualità e, quindi, sulle sorti del territorio». Alla luce di questo legame con i sindacati, Confindustria Taranto si è opposta al referendum sulla chiusura dell’Ilva, facendo ricorso al Tar. «La chiusura di un colosso industriale di tale
portata provocherebbe una pesante ricaduta sul territorio. È utile ricordare che l’Ilva è uno stabilimento altamente produttivo, capace di condizionare favorevolmente l’export pugliese. Il Pil della provincia è fatto per il 75 dalle risorse che l’Ilva mette in rete. Poi c’è un ulteriore aspetto che andrebbe sfatato. Mi riferisco alla scelta demagogica di usare la tematica dell’inquinamento come pretesto per la chiusura. Le questioni ambientali vanno affrontate con precisione scientifica, scansando i luoghi comuni. Negli ultimi decenni Taranto è stata percepita come una delle città italiane meno vivibili a causa dell’inquinamento e questo ha inciso sull’attrattiva imprenditoriale. E invece l’ultimo rapporto dell’Ilva sulla sicurezza del lavoro non dipinge un quadro così drammatico». Può dirsi concluso l’iter di riconoscimento dei distretti tarantini. Ora cosa vi aspetta? «La conclusione dell’iter costituzionale dà l’avvio alla fase operativa. L’azione, che ha visto il coordinamento da parte del nostro sistema confindustriale in sinergia con il mondo dell’associazionismo di categoria e sindacale, delle istituzioni e del mondo delle università a livello regionale, ha portato alla realizzazione di ben 16 distretti produttivi con il pieno coinvolgimento di alcune migliaia d’imprese, localizzate su tutto il territorio pugliese. Il risultato più diretto si è avuto con il definitivo riconoscimento da parte dell’amministrazione regionale di tre distretti produttivi nei settori dell’ambiente, della logistica e della moda, potenzialmente forti e “spendibili” per l’economia del nostro territorio». PUGLIA 2011 • DOSSIER • 87
IMPRENDITORI DELL’ANNO
Si consolida la ripresa del gruppo Spamat
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a crescita dei flussi di importazione dai nostri porti ha sostenuto la ripresa del Gruppo Spamat, che comprende anche la Istop Snc. La società di Molfetta, gestita dalla famiglia Totorizzo e dal gruppo Strammiello, negli ultimi anni ha continuato a investire e potenziare l’offerta di servizi. Shipping, consulenza navale, trasporto merci e persone a livello nazionale e internazionale, logistica e movimentazione sono alcuni degli ambiti che vedono impegnata la realtà guidata dal capitano Vito Totorizzo, che ha saputo portare la Spamat al centro degli scambi e dello sviluppo economico dell’area Adriaticomediterranea partendo dal porto di Bari. Nel 2007 la società ha superato la soglia del milione di tonnellate manipolate. Attualmente l’obiettivo del gruppo è il raggiungimento di 1,5 milioni di tonnellate manipolate annualmente entro il 2015. Recentemente, Spamat ha acquisito, tra la propria clientela, anche la società MSC S.A. di Ginevra in quanto, a partire dal mese di dicembre 2010, è stato istituito un servizio feeder con navi da 2 mila TEUs tra Gioia Tauro, Bari e Durazzo. «In questo modo riusciamo a servire, attraverso l’hub di Gioia Tauro, sia il vivace mercato pugliese, lucano e molisano, tramite lo scalo di Bari, sia i paesi balcanici attraverso quello di Durazzo». A fronte di un fatturato del gruppo stimato sui 6 milioni di euro nel 2009, nel 2010 si prevede un fatturato globale di circa 8 milioni. «Per il 2011 intendiamo consolidarci ulteriormente, in particolare puntando all’atti90 • DOSSIER • PUGLIA 2011
La partnership con la ginevrina MSC orienta la società di shipping guidata dal capitano Vito Totorizzo verso nuovi obiettivi. Una crescita che procede di pari passo con l’affermazione del porto di Bari come centro logistico del Mediterraneo Pierpaolo Marchese
vità di sbarco e imbarco dei contenitori nella nostra regione che, per troppo tempo, è stata trascurata dai grandi vettori - spiega il capitano -. Oggi poter contare su un cliente come MSC fa ben sperare in un futuro sempre più consolidato. Ci auguriamo di poter iniziare le trattative per l'ulteriore ammodernamento del nostro parco mezzi, acquistando una gru di grande portata, semovente, da 120 tonnellate, e un nuovo reach stacker da 45 tonnellate». Un investimento, quello nei piani di Totorizzo, dell’ordine di 3 milioni di euro, realizzabile, secondo l’imprenditore, grazie al sostegno del mondo bancario ma non delle istituzioni. «Le banche, sino ad oggi, hanno sempre appoggiato le nostre iniziative. Non mi aspetto invece nessun aiuto dalla Regione Puglia, che nonostante sbandieri iniziative in favore dell'industria, ha fatto ben poco». Ma al di là delle polemiche sui finanziamenti pubblici, l’economia pugliese pare stia comunque ritrovando nel suo capoluogo tutti quei vantaggi che derivano, in primis, dalla sua posizione strategica. «Bari ha grandi potenzialità ancora ine-
Alcuni mezzi del gruppo Spamat presenti nel porto di Bari e il capitano Vito Totorizzo spamat@spamat.it
Vito Totorizzo
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Bari ha una posizione invidiabile, ma per il suo porto è indispensabile la creazione di una strada camionale porto-tangenziale e il completamento dei lavori nell’area Marisabella
1,5 Mln EURO
È questo l’obiettivo che il gruppo Spamat si prefigge di raggiungere entro il 2015 relativamente alle tonnellate di merci manipolate annualmente
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spresse. E affinché tali potenzialità possano realizzarsi, il suo porto necessita di nuove infrastrutture, a partire dalla sopraelevata camionale. Questa consentirebbe ai Tir di utilizzare un varco esclusivo indirizzandoli direttamente alla tangenziale, senza attraversare la città e senza dover attendere l'uscita dal porto insieme agli altri autoveicoli» sostiene Totorizzo. Basti pensare che nel porto barese, annualmente, sbarcano 3 milioni di merci alla rinfusa trasportate da 100mila autotreni, che si aggiungono ai 200mila Tir sbarcati dai traghetti. «Per questo è indispensabile la creazione di una strada camionale porto-tangenziale. Inoltre bisogna, una volta per tutte, completare l’area Marisabella, “la grande incompiuta”, che da oltre 30 anni determina, negativamente, il decollo del porto. Una superficie di 400mila metri quadrati con adeguate banchine renderebbe com-
petitivo il porto – afferma il vertice del Gruppo Spamat -. Ebbene, a Bari questo non è ancora avvenuto, anche se gli sforzi dell'Autorità Portuale del Levante sembra si stiano concludendo positivamente. E di questo bisogna darne grande merito all'attuale dirigenza». Una volta completate queste opere, secondo Totorizzo, il porto di Bari assumerebbe la veste che più gli compete di scalo privilegiato per il Mediterraneo, il Nord Africa e il Medio Oriente. «Bari ha una condizione logistica invidiabile – conclude l’imprenditore barese -. Un buon porto, un eccellente aeroporto, un’importante linea ferroviaria adriatica, un grande interporto. Se a questo si aggiunge l'importanza commerciale di Bari e della sua provincia con un sistema stradale di prim'ordine, si può ben ipotizzare un roseo futuro per tutte le iniziative industriali di quest’area». PUGLIA 2011 • DOSSIER • 91
IMPRENDITORI DELL’ANNO
Verso un mercato “ready to eat” Le esigenze dei consumatori si evolvono. E per tenere il mercato bisogna stare al passo. Puntando sulla qualità dei prodotti alimentari ma anche su nuove soluzioni di packaging. L’esperienza della società barese Bontà di Puglia Eugenia Campo di Costa
U
na produzione strettamente legata al territorio. Appartenente a quella cucina tipica italiana e pugliese che, con ingredienti semplici e naturali, rientra negli invitanti “piatti della dieta mediterranea”. Sono i prodotti della società Bontà di Puglia di Bari: lupini, olive, pomodori sia secchi sia in olio, capperi e conserve vegetali che l’azienda raccoglie, seleziona, trasforma, confeziona e commercializza sul mercato nazionale e internazionale, sia con il marchio proprio “Bontà di Puglia” che con diversi marchi privati.
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«Abbiamo un portfolio clienti di circa 500 aziende di diverse categorie commerciali quali operatori del settore ortofrutticolo nazionale, grossisti alimentari, cash and carry, e importanti gruppi della grande distribuzione organizzata come: Carrefour, GS, Dì per Dì, Iperstore, Auchan, Sma, Billa AG, Conad, Coop, Esselunga, Penny Market, Lidl International e Gruppo Pam» afferma Giacomo Rutigliano, titolare dell’azienda. «A questi – continua - si aggiunge una rilevante presenza nei mercati internazionali della distribuzione privata e distribuzione organizzata, principalmente in Usa, Canada, Germania, Inghilterra, Olanda, Belgio e Australia». I dati degli ultimi anni confermano un trend di crescita del fatturato aziendale. «La società Bontà di Puglia è nata nel 1985 e negli ultimi sette anni ha consolidato la sua posizione sul mercato garantendo un trend di crescita media annuale del 20% e sviluppando un fatturato che ad oggi sfiora i 14 milioni di euro. Le vendite ai clienti esteri influiscono circa sul 50% del fatturato». Risultati positivi, a dispetto della crisi. Quanto è stato coinvolto il vostro settore dalla recessione? «Il settore in generale sta risentendo della crisi perché le olive e i sottoli non fanno certo parte dei bisogni primari della spesa quotidiana. Noi cerchiamo quotidianamente di presen-
Giacomo Rutigliano
tare e offrire ai consumatori prodotti che soddisfino le loro esigenze e le loro aspettative offrendo il massimo della qualità e cercando di creare un percorso comune con il distributore. Crediamo che per fidelizzare il consumatore sia necessario instaurare una vera e propria partnership ed è per questo che non crediamo alle iniziative spot massificate con prezzi di richiamo e con turnover frequenti di fornitori e marchi». Quali sono le caratteristiche peculiari della vostra produzione? «Lavoriamo tutti i prodotti dal fresco, li prepariamo e li produciamo su commessa, garantendo in questo modo la totale fragranza e freschezza, nonché la shelf life del prodotto stesso. Siamo specializzati nella lavorazione di prodotti esclusivamente italiani, inoltre, producendo “su commessa” e grazie ai nostri processi di lavorazione, riusciamo ad elaborare per i clienti che lo richiedono ricette personalizzate che permettono a noi e al distributore di adattare i prodotti ai gusti e alle attese dei consumatori locali, differenziandoli così dai prodotti standard». Quali sono le ultime tendenze del settore food e quanto favoriscono i vostri prodotti? «Le ultime tendenze del settore food sono essenzialmente rivolte verso un mercato “ready to eat” che abbia però tutte le garanzie di qualità, origine, nutrizionali e di servizio ricercate
e attese. Per questo motivo, oltre a presentare già al consumo i nostri prodotti in diverse confezioni e vari formati, stiamo studiando insieme ad aziende specializzate nella ricerca e sviluppo nuovi packaging, nuove soluzioni e nuove confezioni tali da soddisfare ogni esigenza del consumatore, in modo da continuare a offrire proposte innovative». Quali i vostri obiettivi per il futuro? «Innanzitutto consolidare la crescita avuta nell’ultimo biennio, implementare la presenza su alcuni mercati esteri e continuare il processo di razionalizzazione dei clienti proseguendo nella
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Bontà di Puglia distribuisce i suoi prodotti anche a importanti gruppi della Grande Distribuzione Organizzata www.charliebrown.it
Le ultime tendenze del settore food sono essenzialmente rivolte verso un mercato “ready to eat” che abbia però tutte le garanzie di qualità, origine, nutrizionali e di servizio ricercate e attese
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direzione commerciale segnata. Particolare attenzione, inoltre, sarà rivolta anche alla crescita del co-packing, ambito in cui sono previsti importanti investimenti in linee di produzione altamente automatizzate in grado di poter soddisfare le tempistiche di riassortimento e le economie richieste dai distributori mandanti nel rispetto dei capitolati convenuti».
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IMPRENDITORI DELL’ANNO
Prospettive nel settore della lavanderia industriale
L’
attuale congiuntura economica richiede da un lato di evitare gli sprechi e dall’altro di ridurre i costi. Avere un partner che individui le linee guida per economizzare è senz’altro un aspetto positivo, specie in ambito pubblico. Secondo Domenico Maselli, amministratore unico della Lim, società di lavanderia industriale di Acquaviva delle Fonti presente anche in importanti realtà ospedaliere, «se le stesse linee guida fossero applicate nella sanità pubblica, si otterrebbero notevoli risparmi economici, sino al 50% dei costi attualmente sostenuti». La Lim offre servizi di fornitura e lavaggio della biancheria in genere nonché di fornitura, manutenzione, gestione e controllo degli indumenti da lavoro e D.P.I. previsti nella nuova normativa sulla sicurezza. È inoltre in grado di fornire proposte e suggerimenti al fine di conseguire importanti risparmi economici per i servizi di lavanolo, nel pieno rispetto della qualità e dell’efficienza. Quali criticità incontra soprattutto la Lim nel settore sanità? «La Lim avrebbe una potenzialità produttiva ca-
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Ridurre i costi ed evitare gli sprechi. In tempi di crisi le imprese possono risparmiare anche sui servizi di lavanderia. Ma nell’ambito della sanità pubblica pugliese, si riscontrano ancora non poche difficoltà. Il punto di Domenico Maselli Carlo Gherardini
pace di coprire le esigenze della sanità pubblica, ma in Puglia vige un sistema di prevaricazione alla partecipazione delle gare pubbliche, fondata su requisiti di pre-qualificazione così restrittivi da ostacolare la partecipazione alle gare, impedendo, di fatto, una verifica sul campo della competitività nel rapporto qualità/prezzo. Uno dei requisiti fondamentali è l’aver servito un cliente con almeno 860-1000 posti letto. In un periodo dove si riduce il fabbisogno dei posti letto per la necessità di deospedalizzare, tale requisito appare antitetico, con la conseguenza che il mercato regionale pugliese viene monopolizzato sempre dalle stesse due o tre aziende, che probabilmente formano cartello tra loro e si spartiscono il mercato del lavanolo delle Asl pugliesi a prezzi e qualità incomparabili con i costi che sopportano le cliniche della sanità privata». Come si potrebbe fronteggiare questa situazione? «Gli amministratori delle strutture sanitarie pubbliche dovrebbero mettere in atto meccanismi di controllo gestionale che verifichino costantemente la fornitura di beni e servizi resi al S.S.N., creando un circolo virtuoso di economia del territorio. In questo particolare mo-
Domenico Maselli della Lim Srl. Nelle altre immagini, alcune fasi di lavorazioni e l’esterno dell’azienda
Domenico Maselli
INDOSSARE LA SICUREZZA L
a Lim Srl svolge l’attività di lavanderia industriale e si occupa inoltre, con la divisione “SaferTech”, della fornitura, manutenzione, gestione e controllo degli indumenti da lavoro e D.P.I., come previsto nella nuova normativa sulla sicurezza (d.lgs.n.81/2008). Lo stabilimento, sito nella zona industriale di Acquaviva delle Fonti (BA), si estende su di una superficie di oltre 3000 mq. Negli anni la società ha acquisito competenza e professionalità nel settore sanitario, comunitario, alberghiero e industriale grazie a una tradizione familiare che le ha consentito di costituire le fondamenta per la crescita e la maturità aziendale. L’organizzazione della Lim integra risorse produttive e umane altamente qualificate; i processi produttivi sono supportati da macchinari e attrezzature tecnologicamente avanzati, conformi alle norme comunitarie in materia di igiene, sicurezza e tutela ambientale. A garanzia di tutti i servizi offerti dal 1999 la Lim è certificata alla norma UNI EN ISO 9001:2008. www.limsrl.it
mento, in cui la globalizzazione sta producendo notevoli squilibri ai sistemi economici, spostando flussi finanziari da una nazione all’altra, andrebbe riscoperto un “sano egoismo territoriale”, che ci induca a pensare e ad agire per il bene del nostro territorio. Inoltre, lo sforzo degli operatori economici dovrebbe orientarsi verso una reciproca condivisione di politiche finalizzate a evitare sprechi e inutili costi per la collettività. Nei servizi di lavanolo ciò è possibile solo grazie alla buona volontà di coloro che intendono governare la sanità con appropriatezza e ragionevolezza». L’attività di Lim si dirama nei settori sanitario, comunitario, alberghiero e industriale, con particolare attenzione alla sicurezza. Quali gli ultimi progressi attuati dall’azienda in tal senso? «Abbiamo costituito una divisione denominata “SaferTech” dedicata alla fornitura, manutenzione, gestione e controllo degli indumenti da lavoro e dei dispositivi di protezione individuale (D.P.I.). Il servizio “SaferTech” è articolato in
modo tale che ogni dipendente riceva i propri indumenti personalizzati e dotati di microchip. Questi sono in grado di fornire informazioni dettagliate per il loro controllo e la loro gestione. Gli indumenti puliti vengono ritirati da ogni dipendente nei personali armadietti a scomparto. Con cadenza periodica gli indumenti vengono ricondizionati e controllati. Quelli ad alta visibilità, in particolare, vengono sottoposti ai controlli previsti dalla norma UNI EN 471. Viene quindi rilasciato un report con i risultati della rilevazione effettuata in modo da garantire al datore di lavoro e al lavoratore la conformità alla norma di riferimento». PUGLIA 2011 • DOSSIER • 105
FASANO
Interventi mirati per il rilancio del territorio
S
anità, turismo, cultura. Questi i perni principali su cui Antonio Scianaro, vicesindaco di Fasano e vicecapogruppo consiliare presso la Provincia di Brindisi, punta per il rilancio del territorio locale. Secondo il componente del coordinamento regionale pugliese del Pdl, «L’impegno è certamente gravoso se si considera l’attività politico-istituzionale come spirito di servizio. Del resto, la mia discesa in campo, sin dal 2002, è stata proprio motivata dalla forte determinazione a mettere a disposizione della mia città, e del territorio regionale più in generale, l’impegno e la costanza necessari a creare occasioni di sviluppo e opportunità per tutti». Relativamente al territorio, quali sono i nodi su cui occorrerà investire per favorire uno sviluppo concreto? «Senza dubbio il turismo rappresenta per Fasano,
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Secondo Antonio Scianaro, la cultura è il traino per rilanciare il turismo, voce principale dell’economia locale. Ma, oltre a questo, sono molti i fronti su cui sarà impegnato l’attuale vicesindaco di Fasano, a partire dalla sanità Paolo Lucchi
come per tutta la Puglia, il volano principale dell’economia. In questo senso abbiamo programmato interventi mirati, cercando di cogliere tutte le opportunità rivenienti dalla programmazione compartecipata e finalizzata all’accesso a fondi europei specifici. In una situazione contingente generale di crisi è necessario fare sistema e non rinchiudersi in sterili quanto vuoti campanilismi, tenendo comunque ben salda la barra del rispetto dell’ambiente, anche sul versante delle energie rinnovabili. Pensiamo ad esempio al fotovoltaico e all’eolico». In questo discorso s’inserisce anche il progetto sul porto di Savelletri? «Sicuramente. Approfittando di una particolare disposizione prevista nella programmazione dell’“Area Vasta” abbiamo optato per una progettazione che metta in sicurezza la struttura portuale. È da anni che gli addetti al settore lamentano la mancanza di condizioni minime di sicurezza del porto. Sono decine le famiglie che vivono del prodotto del pescato. Cittadini costretti a sborsare fior di quattrini per attraccare le proprie imbarcazioni in porti vicini al nostro. È per questo che non appena la commissione regionale “Via” - Valutazione d’impatto ambientale - rilascerà il parere di competenza, appalteremo
In apertura, Antonio Scianaro. Sopra, da sinistra, l’area archeologica di Egnazia e il Porto di Savelletri
Antonio Scianaro
i lavori previsti. È giusto che i nostri pescatori e i diportisti attualmente presenti possano fruire di un’adeguata e sicura struttura portuale». Da vicesindaco con delega alla cultura ha puntato molto sulla collaborazione attiva con associazioni culturali locali. Fasano è oggi considerata una sorta di polo culturale in tutta la regione. «La cultura è crescita, ricchezza, creatività: è per questo che ricerco la collaborazione con le associazioni di settore. Ma la cultura è anche una strategia turistica. Penso ad Egnazia, la più vasta area archeologica della Puglia che abbiamo la fortuna di annoverare tra i nostri beni culturali e che richiama turisti e studiosi da tutto il mondo. Sul parco archeologico stiamo approntando progetti volti a migliorarne l’immagine e la stessa fruizione, grazie alle risorse comunitarie, nazionali e regionali intercettate. Poi c’è tutto il discorso sulla formazione, che è altrettanto strategico per lo sviluppo di Fasano e della Puglia». Sempre a Fasano esiste una struttura come il Ciasu, Centro internazionale alti studi universitari, che però ancora non decolla. Come fare per sostenerlo? «Il Ciasu dovrà diventare un contenitore culturale di livello e, per questo, occorre che tutte le
istituzioni facciano la propria parte. A tal proposito sono stati investiti della questione il senatore Quagliariello e il sottosegretario all’Istruzione, Viceconte, i quali mi hanno garantito il loro interesse». Anche la sanità è un tema cruciale, critico, per la Puglia. Lei se ne è molto occupato nelle diverse sedi istituzionali in cui ha lavorato. «Sì, la sanità è un punto assolutamente cruciale sul quale la Regione Puglia ha dato risposte che fanno discutere. A mio parere basta guardare le ultime decisioni assunte dalla giunta regionale per capire che il governo Vendola amministra contro i pugliesi, anche quelli delle cosiddette “fasce deboli”, che pure un governo di sinistra dovrebbe tenere a cuore». Si riferisce all’introduzione dei ticket sanitari? «Certamente. Ma non solo. Mi riferisco anche alla stangata di fine anno predisposta dalla Regione con l’aumento della tariffa dell’acqua che, in due anni, ha fatto un balzo del 17,5%, mentre in tutta Italia la tariffa scende, all’aumento dell’imposta sulla benzina di 2,6 centesimi al litro e, infine, alla decisione di far pagare a tutti un euro per ogni prescrizione di farmaci, persino a chi è affetto da malattie croniche. Tutte scelte discutibili». La Puglia vedrà presto anche una riduzione di posti letto negli ospedali. «Tagli netti, direi, che mi auguro non finiscano per ripercuotersi sugli stessi servizi offerti ai cittadini. La salute è un diritto sancito dalla Costituzione, non si può predisporre un Piano di riordino in maniera esclusivamente ragionieristica». PUGLIA 2011 • DOSSIER • 119
FOCUS ENERGIA
Ripartiamo dal nucleare
«P
er il rilancio del nucleare, la tecnologia che adotteremo sarà di terza generazione, che ha risolto tutti i problemi di sicurezza rispetto a Chernobyl che fu, è bene ricordarlo, un esperimento militare» mette in evidenza Stefano Saglia, sottosegretario allo Sviluppo economico con delega all’Energia. Sicurezza, raggiungimento degli obiettivi comunitari, rilancio economico e occupazionale: questi gli obiettivi perseguibili grazie all’energia nucleare, tiene a precisare il sottosegretario. Inoltre, comunicare e informare sarà la ricetta del governo «per superare i pregiudizi e le paure sul nucleare». Dialogo prima di tutto, quindi, anche per quanto riguarderà la scelta dei siti. «Non costruiremo mai nessuna centrale senza concertazione e dialogo con le parti interessate e in particolare con le Regioni», conclude Saglia. Ad ottobre sono stati riavviati due reattori dell’Enea. Che significato riveste questa iniziativa? «Il riavvio dei due reattori Enea è un primo passo delle prove in sicurezza per il ritorno al nucleare in Italia, che si avvarrà di una tecnologia collaudata da decenni
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L’energia nucleare non è una minaccia, ma una fonte importante di sviluppo che «ridurrebbe la dipendenza dell’Italia dagli idrocarburi che importiamo da Paesi politicamente instabili». Il punto del sottosegretario Stefano Saglia Silvia Costa
Sotto, Stefano Saglia, sottosegretario allo Sviluppo economico con delega all’Energia
in cui il nostro Paese ha avuto il primato fino alla fine degli anni 80. Inoltre, questo tipo di energia sta vivendo oggi una rinascita a livello globale con un trend di crescita positivo: stiamo tornando ai livelli della prima corsa al nucleare». Quali i vantaggi connessi all’introduzione del nu-
Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Stefano Saglia
Centrali, cominciamo a scaldare i motori «La centrale nucleare va pensata come un’infrastruttura che contribuisce alla crescita e alla competitività del sistema Paese» spiega Giovanni Lelli, commissario dell’Agenzia Enea l ritorno al nucleare è fondamentale per il nostro Paese? L’ingegnere Giovanni Lelli (nella foto), commissario dell’agenzia Enea, non ha dubbi, la risposta è sì. «Prima di tutto perchè essendo il nucleare più competitivo nella produzione d’energia elettrica, rispetto ai combustibili fossili, ed essendo anche meno costoso, permette di avere energia elettrica a costi inferiori, consentendo al nostro sistema Paese, impresa e cittadini, di pagare meno l’energia elettrica e quindi di competere di più sui mercati». Inoltre, va tenuto presente, che l’Italia ha sottoscritto degli impegni internazionali «per l’abbattimento della CO2 e sicuramente il nucleare risponde pienamente al problema posto perchè nel produrre energia elettrica non emette anidride carbonica». Infine rappresenterebbe l’occasione di rilanciare l’industria termoelettromeccanica del Paese, in quanto «dall’evento di Chernobyl questo settore ha puntato più che altro sull’esportazione, mentre grazie al ritorno del nucleare in Italia si tornerebbe a potenziare anche il nostro mercato interno» mette in luce il commissario. In questa ottica, l’Enea potrà «aiutare l’industria a qualificarsi per realizzare componenti e sistemi da poter utilizzare nelle centrali», ma anche a livello di formazione il suo contributo sarà importante. «Metteremo a disposizione dell’università i nostri impianti sperimentali per rendere i futuri ingegneri all’altezza del ruolo che andranno a svolgere». Infine, spiega l’ingegnere Lelli «affiancheremo l’Agenzia di sicurezza del nucleare nella valutazione dei progetti, attraverso adeguati strumenti di analisi, come i codici di calcolo». Una volta accertata l’affidabilità degli impianti occorrerà affrontare il problema dello smaltimento delle scorie prodotte dalle centrali che avverrà seguendo i metodi già sperimentati in tutto il mondo. Le scorie si dividono in tre categorie e le ultime sono quelle che decadono in tempi lunghissimi. «In realtà, opportunamente trattate, quest’ultime occupano dei volumi piccolissimi ed è per questo motivo che possono essere conservate nelle centrali che li hanno generati». Altra soluzione illustrata da Lelli è quella dei depositi superficiali, «presenti in tutto il mondo, nell’attesa che ci si doti di un sito definitivo dove collocare queste scorie a lunghissimo tempo di decadimento». Un esempio? «La Svezia ha recentemente scelto il sito per il deposito geologico, che per caratteristiche geomorfologiche risulta affidabilissimo; tuttavia, ricerca e sviluppo si muovono nella direzione di migliorare lo smaltimento delle scorie e nel futuro si arriverà a bruciare i rifiuti radioattivi all’interno dei reattori stessi perchè in questo modo si ridurrà notevolmente la loro radioattività» conclude il commissario.
I
cleare per il nostro Paese? «Il nucleare si avvale di una tecnologia a zero emissioni d’anidride carbonica e contribuirebbe, in combinazione con le rinnovabili, al conseguimento degli obiettivi comunitari vincolanti. Inoltre, favorirebbe la messa in sicurezza dell’approvvigionamento energetico in quanto ridurrebbe la dipendenza dell’Italia dagli idrocarburi che importiamo da Paesi politicamente instabili. Infine, rappresenta un’opportunità industriale e occupazionale poiché favorirebbe investimenti, posti di lavoro e crescita economica». Sono già stati scelti i punti d’insediamento degli impianti? «Gli operatori interessati di volta in volta identificano il sito in cui costruire un’eventuale centrale. La proposta viene analizzata dall’Agenzia per la sicurezza nucleare che valuta la scelta del sito secondo criteri ben definiti. PUGLIA 2011 • DOSSIER • 131
FOCUS ENERGIA
Il riavvio dei due reattori Enea è un primo passo delle prove in sicurezza per il ritorno al nucleare in Italia, che si avvarrà di una tecnologia collaudata da decenni in cui il nostro Paese ha avuto il primato fino alla fine degli anni 80
Nel caso in cui il sito risul-
In alto, il reattore Tapiro e il reattore Triga del Centro ricerche Casaccia Enea
tasse idoneo per l’Agenzia, inizierebbe un dialogo con gli enti locali e con la popolazione. Non costruiremo mai nessuna centrale senza concertazione e dialogo con le parti interessate e in particolare con le Regioni». La tecnologia adottata sarà quella di terza generazione. Quali gli standard di sicurezza introdotti rispetto al passato? «Per il rilancio del nucleare, la tecnologia che adotteremo sarà di terza generazione, che ha risolto tutti i problemi di sicurezza rispetto a Chernobyl che fu, è bene ricordarlo, un esperimento militare.
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Questo, tra l’altro, fu l’unico incidente con vittime accaduto nel mondo in oltre 50 anni e fu causato da gravi inadempienze. Attualmente, nel mondo, ci sono 436 impianti in esercizio in 30 Paesi e 56 reattori in costruzione in 14 Paesi. Molti in territori limitrofi al nostro. Infine anche i nuovi depositi hanno elevati standard di sicurezza: basti pensare che il contenitore riesce a resistere all’impatto con un boeing 747». Quali iniziative il governo intende portare avanti affinchè il nucleare non venga più visto come una minaccia, ma come un’occasione di crescita economica per il Paese? «Comunicare e informare è la ricetta del governo per superare i pregiudizi e le paure sul nucleare. Crediamo nella trasparenza e nel coinvolgimento della popolazione. Ab-
biamo previsto, infatti, una campagna d’informazione, che verrà concordata da una pluralità di ministeri e soggetti e che dovrà essere approvata nei tre mesi successivi all’emanazione definitiva dello schema di decreto sul nucleare». Lei ha dichiarato che grazie al nucleare saremo in grado di rispettare gli impegni presi con il protocollo di Kyoto e di migliorare e rendere più efficiente il mix energetico del Paese. In che modo? «L’energia nucleare non produce emissioni d’anidride carbonica e quindi contribuisce a rispettare gli impegni presi a Kyoto. Inoltre in combinazione con le energie rinnovabili, contribuirebbe al raggiungimento di un mix equilibrato d’energia pulita che riduce la dipendenza dagli idrocarburi».
FOTOVOLTAICO
Un patto con Enel per “solarizzare” la Puglia La Puglia detiene il primato italiano della diffusione di impianti fotovoltaici ed eolici. E, considerati gli ultimi accordi in ordine di tempo, la Regione intende spingere ancora di più in questa direzione. Il punto dell’assessore Lorenzo Nicastro Michela Evangelisti
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nergia pulita a costo zero. Per la Puglia il traguardo sembra essere vicino. Il presidente Nichi Vendola ha firmato a dicembre il protocollo d’intesa tra Regione ed Enel.si per promuovere la solarizzazione dei tetti di tutta la Puglia, definendo l’intesa «una sperimentazione che non ha precedenti in Italia». Inoltre, più in generale, la Giunta regionale ha emanato di recente le
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proprie linee guida al fine di recepire le direttive nazionali riguardanti la realizzazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Quanto peso hanno attualmente le fonti rinnovabili nella produzione energetica regionale? «La Puglia rientra fra le poche regioni italiane (circa un terzo) che hanno provveduto ad adeguare il proprio quadro normativo entro i termini previsti dalle linee guida nazionali sulla realizzazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Inoltre, si tratta dell’unica regione ad aver disciplinato tutte le principali fonti rinnovabili, per quanto un maggiore approfondimento sia stato inevitabilmente riservato agli impianti fotovoltaici ed eolici. È noto, infatti, che la Puglia detiene il primato della diffusione di impianti alimentati da entrambe le fonti: i più recenti
dati mostrano che per potenza installata totale gli impianti fotovoltaici sfiorano i 500 MW (circa un quinto del totale nazionale), mentre quelli eolici si attestano intorno ai 1200 MW, arrivando a costituire quasi un quarto della capacità produttiva nazionale. In termini di progressi sulla strada del conseguimento degli obiettivi di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, e fatta salva la necessità di attendere la definizione a livello nazionale sia delle quote minime spettanti a ciascuna regione (il cosiddetto burden sharing) sia dei criteri tecnici di calcolo, la Puglia si attestava già a fine 2009 (e dunque prima dell’ulteriore esplosione nella diffusione di impianti fotovoltaici osservata nel corso del 2010) intorno al 16% rispetto ai consumi elettrici regionali, a fronte di un obiettivo nazionale (dunque non già differenziato per regione) di circa il 26%».
Lorenzo Nicastro, assessore regionale all’Ambiente
Lorenzo Nicastro
La diffusione del fotovoltaico in Puglia sarà accompagnata da forme di supporto alle aziende pugliesi che investono in ricerca e dal coinvolgimento delle eccellenze universitarie che già operano nel settore? «La Puglia mira a svolgere un ruolo importante nella promozione dell’intera filiera produttiva delle energie rinnovabili, come testimonia la costituzione del distretto produttivo pugliese delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica “La Nuova Ener-
gia”, nato nel contesto delle innovative politiche di sviluppo introdotte dalla LR 23/2007. Inoltre, la nostra regione è capofila del programma operativo interregionale “Energie Rinnovabili e Risparmio Energetico” 2007-2013, che prevede la partecipazione delle 4 regioni associate all’obiettivo convergenza nell’ambito delle politiche strutturali comunitarie». Quali sono gli aspetti più innovativi e incisivi dell’accordo firmato da Regione Puglia con Enel.si e Beghelli? Crede che la Puglia possa fare da apripista in questo senso a livello nazionale? «Il valore primario delle iniziative è stato quello di sottolineare l’importanza della diffusione di impianti fotovoltaici realizzati su edifici, e in questo senso il coinvolgimento di due importanti realtà industriali in campo nazionale è funzionale all’obiettivo di affermare la preferibilità, in termini di compatibilità ambientale e paesaggistica, di questo tipo di impianti. Non dobbiamo dimenticare che la rapida e tumultuosa crescita dei grandi impianti fotovoltaici industriali, specie se ubicati in zone agricole, ha destato preoccupazioni rilanciate da diversi enti locali pugliesi. Quanto la questione sia rilevante è dimostrato dal com-
portamento dello stesso governo nazionale, il quale si appresta a porre importanti limitazioni in termini di dimensione assoluta degli impianti al suolo in zone agricole e di rapporto di utilizzo del suolo, nell’ambito del recepimento della nuova direttiva comunitaria sulla promozione delle fonti rinnovabili». Geatecno, azienda pugliese, si è rivolta alla Regione criticando accordi di questo tipo, che a suo parere non producono ricchezza a vantaggio del territorio e dei singoli cittadini e alimentano le speculazioni finanziarie. «È fondamentale sottolineare che i protocolli non vanno in alcun modo intesi in senso preclusivo dell’attività di tutte le altre imprese, con particolare riguardo al sistema locale e delle piccole e medie imprese, la cui importanza è stata ripetutamente colta nell’azione legislativa e amministrativa della Regione. Riteniamo piuttosto che l’intera filiera delle rinnovabili possa beneficiare dell’impulso derivante da queste iniziative, varate al solo scopo di rendere ulteriormente familiari ai cittadini gli impianti fotovoltaici di minore taglia, attraverso ipotesi di minimizzazione o azzeramento dei costi di installazione, pratica che peraltro si poteva già riscontrare nel mercato». PUGLIA 2011 • DOSSIER • 139
FOTOVOLTAICO
Il risparmio che rispetta l’ambiente Il patto per il fotovoltaico apre in Puglia nuovi scenari per la produzione di energia a impatto zero. Guido Stratta illustra modalità di installazione e benefici in bolletta messi da Enel.si a disposizione di cittadini e imprese Michela Evangelisti
I Guido Stratta, responsabile Enel.si
n base all’intesa siglata tra la Regione Puglia ed Enel.si sono due le opzioni tra le quali i cittadini e le imprese pugliesi possono scegliere per l’installazione di un impianto fotovoltaico. Una è certamente la più innovativa, perché offre ai privati che mettono a disposizione il proprio tetto o lastrico solare la
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possibilità di avere “gratis” un impianto fotovoltaico e di utilizzare l’energia prodotta per i propri consumi, con conseguenti benefici in bolletta. Si occupa di tutto l’affiliato Enel.si, che si farà carico del costo di realizzazione, della manutenzione e della gestione dell’impianto e ne sarà proprietario per vent’anni, periodo di durata dell’erogazione degli incentivi del Conto energia. Dopo i vent’anni, senza ulteriori formalità, l’impianto passerà gratuitamente al proprietario dell’immobile. La seconda opzione prevede, invece, da subito la piena proprietà dell’impianto per il
proprietario dell’immobile, con la realizzazione in proprio dell’investimento. «I cittadini che sceglieranno questa soluzione, oltre a beneficiare dell’energia prodotta dall’impianto e degli incentivi del Conto energia erogati dal Gestore dei servizi energetici – spiega il responsabile Enel.si, Guido Stratta – potranno comunque avvalersi di un’offerta Enel.si “all inclusive”, basata su prezzi di realizzazione competitivi, che prevede anche la possibilità di finanziamento del progetto con una formula di credito al consumo fino a 120 mesi». Quale sarà a suo parere
Guido Stratta
Gli impianti fotovoltaici su tetto costituiscono la soluzione ottimale per la produzione di energia a zero emissioni in un Paese come l’Italia che non dispone di grandi spazi
l’impatto del progetto in regione? «Una prima ricognizione effettuata dalla Regione Puglia parla di almeno 50.000 superfici tetti di edifici - nella regione utilizzabili per installare pannelli fotovoltaici, per un totale di almeno 150 MW (con ipotesi di 3 kW per tetto), capaci di produrre 210.000 MWh in un anno. Cioè il fabbisogno annuale di circa 70.000 famiglie, con emissioni di CO2 evitate per 147mila tonnellate l’anno. Un giro d’affari quindi di circa 675 milioni di euro; il cittadino che presta la superficie risparmia in media circa 700 euro l’anno sulla bolletta. Considerando in-
stallazioni di impianti da 3 kW, il contributo Conto energia per ogni MW installato è pari all’incirca a 600mila euro/anno, da cui scaturiranno i ritorni per gli installatori che effettueranno l’investimento, realizzando l’installazione dell’impianto e la relativa manutenzione». Quanta energia consente di produrre un pannello di ultima generazione e, quindi, quanto risparmio porta con sé? «In linea di massima, un impianto di 1 chilowatt di picco di pannelli solari (parliamo di 4-5 pannelli per circa 7 metri quadrati di superficie) è in grado di produrre da 1.100 a 1.500 kWh l’anno di energia
elettrica, a seconda della collocazione geografica (circa 1.400 kWh per la Puglia). Si può assumere come parametro di riferimento il dato seguente: un impianto da 1 kWp posizionato in Italia centrale è in grado di contribuire a coprire circa il 40% dei consumi elettrici di una famiglia. Prendendo come esempio un impianto da 3 kWp installato sul tetto, si possono considerare ricavi da incentivi del conto energia pari a 0,40 euro per kWh prodotto e tener conto di un beneficio da meccanismo di scambio sul posto (un risparmio sulla bolletta elettrica per l’energia prodotta e autoconsumata pari a 0,17 euro per kWh prodotto e ricavi per l’energia immessa pari a circa 0,13 euro/kWh). L’investimento, intorno ai 14 mila euro in questo caso, potrà essere ammortizzato nell’arco di un periodo che va da un minimo di 6 anni, se l’impianto è situato al Sud, a un massimo di 9 se collocato al Nord». Come vi siete mossi per favorire il finanziamento delle installazioni? «Abbiamo firmato accordi con Intesa San Paolo, il gruppo Monte dei Paschi di Siena, la PUGLIA 2011 • DOSSIER • 141
FOTOVOLTAICO
L’installazione dei pannelli consentirà un risparmio sulla bolletta elettrica per l’energia prodotta e autoconsumata pari a 0,17 euro per kWh
Banca Popolare di Sondrio, la
Banca Popolare di Milano, Prestitempo (Deutsche Bank) e Ubi Banca, che consentono alle imprese e alle famiglie di accedere a finanziamenti agevolati per l’acquisto e l’installazione degli impianti. A questi accordi si è recentemente aggiunta un’intesa con Bancoposta che, per il momento, ha carattere sperimentale, essendo l’offerta indirizzata a un target selezionato di clienti Bancoposta. Sul fronte assicurativo, in collaborazione con Rsa e Ina, offriamo anche soluzioni assicurative “all risk” a condizioni particolarmente vantaggiose». Un pannello fotovoltaico ha una durata di 25/30 anni. Perde efficienza nel tempo? Anche il suo smaltimento è a impatto ambientale zero? «I moderni pannelli fotovoltaici presentano perdite d’efficienza contenute. I produttori garantiscono un decadimento delle prestazioni non superiore al 20% nell’arco di vita utile del modulo. In realtà i dati prove-
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nienti dalle installazioni di 2025 anni fa ci fanno attendere un comportamento migliore, con riduzioni d’efficienza dell’ordine del 10%. Lo smaltimento dei moduli poi non è un problema. Non contengono, infatti, sostanze pericolose e possono essere facilmente riciclati separandone le principali componenti: il vetro, il silicio, i materiali plastici. In Europa è attiva l’associazione dei produttori PVCycle, che garantisce gratuitamente la raccolta e lo smaltimento. Enel.si fa parte del circuito PVCycle con un punto di raccolta dedicato». Che fotografia può scattare della situazione delle rinnovabili oggi in Italia? «Enel Green Power, con Enel.si, crede molto nel potenziale del solare e nella generazione distribuita. In particolare, gli impianti fotovoltaici su tetto, che sfruttano superfici altrimenti inutilizzate, costituiscono la soluzione ottimale per la produzione di energia a zero emissioni in un Paese
come l’Italia, densamente popolato, che non dispone di grandi spazi. E i numeri ci danno ragione. Ad oggi, sono stati realizzati in Italia circa 130mila impianti, la maggior parte dei quali non supera il megawatt di potenza: Enel.si con i suoi 560 franchisee ha curato sinora l’installazione di circa 200 MW di impianti fotovoltaici per famiglie e imprese. La nostra offerta si è recentemente arricchita con un pacchetto chiavi in mano per la realizzazione di impianti minieolici. Si tratta di piccoli generatori eolici che vanno da 1 a 200 kW, che possono alimentare una casa, un agriturismo, ma anche piccole stazioni meteo, o addirittura imbarcazioni. Anche in questo caso, è previsto un pacchetto di agevolazioni finanziarie per la realizzazione dell’impianto: tutti gli interessati possono richiedere un finanziamento che copre anche fino al 100% del costo dell’impianto, a condizioni interessanti».
IMPRENDITORI DELL’ANNO
L’energia democratica Grazie al sole, il potenziale della Puglia in un’ottica di sviluppo, concreto, delle energie rinnovabili è immenso. A parlarne è Filippo Intreccio, creatore di numerosi parchi fotovoltaici Aldo Mosca
N
on è da sottovalutare il deficit che l’Italia ha nei confronti delle principali nazioni europee relativamente allo sviluppo delle energie rinnovabili. Se entro il 2012 il nostro paese non rispetterà i parametri di Kyoto, infatti, dovrà corrispondere all’Unione europea una sanzione pari a circa 1 miliardo e mezzo di euro. L’obiettivo? Ridurre del 15% le emissioni di ossido di carbonio. E nel percorso che, ci si augura, porterà l’Italia a questo risultato virtuoso, la Puglia potrebbe rivestire un ruolo estremamente strategico. A sostenerlo è anche Filippo Intreccio, affermato ingegnere barese noto per essere tra i principali progettisti di parchi fotovoltaici in regione, ma non solo. «La Puglia – spiega l’ingegner Intreccio -, grazie alla sua posizione geografica può giocare un ruolo molto importante nello sviluppo delle rinnovabili. Non bisogna perdere questa occa144 • DOSSIER • PUGLIA 2011
L’ingegnere Filippo Intreccio e, nelle altre immagini, un parco fotovoltaico realizzato rivalorizzando aree agricole, di coltivazione e un parco realizzato su un’area di parcheggio studid19@ingintreccio.191.it
sione per favorire, nella nostra regione, un indotto produttivo che possa creare occupazione e specializzazione su un settore in così forte espansione a livello globale». Dunque la Puglia è avanti rispetto ad altre regioni italiane? «Nel nostro territorio, secondo i dati di inizio gennaio, risultano in esercizio 8.389 impianti per una potenza complessiva di 477,80 MW (fonte GSE – Gestore Servizi Energetici). Di contro, la Lombardia ne conta
19.459 per una potenza di 259,70 MW. Il Veneto, che ne ha 15.355 raggiungendo una potenza complessiva di 249,10 MW. Il dato conferma, quindi, il ruolo decisivo dell’area pugliese nella sfida delle rinnovabili». Lei è da anni uno dei principali artefici dello sviluppo delle rinnovabili in questa regione. Cosa ha realizzato, in particolare, nel corso del 2010? «Quello che si è appena concluso è stato l’anno dei parchi fotovoltaici da 1MWp. Ne
Filippo Intreccio
Il sole è il petrolio di questa regione. Se i nostri politici riusciranno a capire questo concetto in Puglia nascerà un vero e proprio distretto delle rinnovabili
95% RICICLO Secondo una ricerca dell’Università degli studi di Bari, un parco fotovoltaico, se accuratamente progettato, alla fine del proprio ciclo di vita è riciclabile al 95%
8.389 IMPIANTI Secondo i dati della GSE, sul territorio pugliese risultano in esercizio 8.389 impianti per una potenza complessiva di 477,80 MW
ho realizzati diversi in Puglia, ma anche fuori regione. Tra questi anche uno a Ortucchio, in provincia de L’Aquila, altri cinque nelle Marche, in provincia di Macerata, e un altro in Lombardia, nel cremonese. Ma il più significativo è senza ombra di dubbio quello realizzato a Conversano, in provincia di Bari». Per quali ragioni? «A Conversano abbiamo trasformato un terreno improduttivo e incolto di 3 ettari, destinato alla desertificazione, in un frutteto fotovoltaico. Qui, nella parte sovrastante si produce energia elettrica pulita. In quella sottostante, invece, si produrrà frutta pregiata, tra cui le ci-
liegie, che rappresentano una tipica coltura locale. La struttura è stata appositamente studiata in modo tale da poter reggere l’impianto di irrigazione e le reti antigrandine». Per il 2011, invece, la sua attività si orienterà particolarmente sulla realizzazione di parchi fotovoltaici da inserire all’interno di parcheggi. Quali i vantaggi di questa soluzione? «Sulle grandi aree a parcheggio, specie quelle dei centri commerciali, abbiamo studiato delle soluzioni molto eleganti che conferiscono all’area una connotazione urbanistica gradevole e armoniosa con l’edilizia circostante, modulata in
modo da permettere alla struttura una funzione polivalente. In buona sostanza abbiamo perfezionato il modello sperimentale del 2008 già realizzato a Lecce, al centro commerciale di City Moda, ove il parcheggio è concepito in modo tale da potersi trasformare, all’occasione, in spazio per sfilate di moda e manifestazioni di vario genere». Certamente quella di attrezzare le aree per il parcheggio, rendendole energeticamente produttive, è un’idea ottimale. Sulle aree agricole, invece, non si rischia di sottrarre terreno al settore primario? «Coniugare ambiente e territorio è la nostra sfida. Con i PUGLIA 2011 • DOSSIER • 145
IMPRENDITORI DELL’ANNO
miei collaboratori mi sono
sempre impegnato per trovare soluzioni che consentano di produrre energia elettrica da fonte fotovoltaica senza sottrarre terreno all’agricoltura. Sono ormai noti in tutta Italia i vigneti e le serre fotovoltaiche che ho realizzato negli anni scorsi. Anche per gli impianti a terra abbiamo studiato soluzioni “reversibili”». Si spieghi meglio. «Mi riferisco a soluzioni non invasive, che non modificano l’assetto del territorio e restituiscono, al termine dei 25 anni, l’area all’agricoltura. Abbiamo provato, tramite uno studio effettuato con l’Università degli Studi di Bari, frutto di una tesi di un laureando in ingegneria, che se appositamente progettato un parco fotovoltaico di 1 MW alla fine del proprio ciclo di vita è riciclabile al 95%».
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Su cosa, secondo lei, occorre fare leva per favorire lo sviluppo e l’utilizzo dell’energia alternativa, pulita? «Principalmente sulla cultura. La gente deve capire che bisogna liberarsi il prima possibile dalla tirannia del petrolio. Si fanno le battaglie per evitare la discarica nel proprio territorio e non ci accorgiamo che quando accendiamo la lampadina di casa emettiamo dell’ossido di carbonio nell’atmosfera. Ognuno di noi ha il dovere di produrre energia elettrica pulita almeno per il proprio fabbisogno». Questo è senz’altro nobile, ma anche molto costoso. «Vero. Oggi produrre energia elettrica da fonte rinno-
vabile è ancora costoso, ma lo è molto meno rispetto a 5 anni fa e il dato continuerà a diminuire. Tra qualche anno il prezzo sarà calato sostanzialmente. Si prevede, infatti, che nel 2013 si raggiungerà la “grid parity”, cioè il punto in cui produrre energia elettrica da fonte rinnovabile costerà tanto quanto produrre energia elettrica con il petrolio». E in questo processo la Puglia potrebbe fungere da guida per il resto d’Italia? «Il sole è il petrolio di questa regione. Se i nostri politici riusciranno a capire questo concetto e ci lasceranno sviluppare gli impianti senza creare inutili lacci burocratici, in Puglia nascerà un vero e proprio distretto delle rinnovabili e si potranno for-
A sinistra, Filippo Intreccio a fianco di un impianto realizzato di recente
Filippo Intreccio
mare le eccellenze professionali da rivolgere al settore su scala nazionale». Pare di capire che la burocrazia rappresenti il maggiore ostacolo. «Purtroppo ci fanno seguire tantissime carte, talvolta inutili, a discapito della qualità del lavoro e del tempo».
Le famiglie, i singoli privati, spesso sono restii a investire su un impianto da montare sulla propria abitazione. «Quella fotovoltaica è un’energia realmente democratica. Chiunque può produrla e la gestione di un impianto domestico è abbastanza facile. Il sole, anche se in maniera differente, tocca tutto il pianeta. I tedeschi, che ne hanno poco, l’hanno capito 10 anni fa. Adesso lo stanno capendo anche gli italiani. Purtroppo, ripeto, da noi questa cultura è frenata dalla burocrazia. In Italia, a differenza che negli altri paesi europei, si tende a complicare la vita a quel cittadino che intende realizzare un impianto sulla propria
abitazione. Un bel paradosso». Oltre a quelle agricole, soprattutto quali aree del territorio pugliese potrebbero essere rivalorizzate e riutilizzate tramite un intervento fotovoltaico? «Sicuramente le cave e le discariche. A tal proposito con un gruppo italiano stiamo ultimando una centrale da 4 MW proprio su una ex discarica. Abbiamo conferito dignità etica a un’area altrimenti inutilizzabile e desertica». Attualmente chi investe, soprattutto, sui parchi fotovoltaici? «Fondi di investimento e banche. Negli anni scorsi si sono affacciati in Puglia diversi investitori europei, in particolare tedeschi e spagnoli, ma in quest’ultimo anno la maggior parte degli impianti che ho costruito sono di proprietà di un gruppo italiano quotato in borsa». Dunque se il mondo istituzionale è farraginoso, quello finanziario si sta rivelando più interessato alle energie pulite? «La Finanza nostrana ha incominciato finalmente a credere nelle rinnovabili e a investire sul settore. Tutto questo porterà sicuramente benefici, sviluppo e nuovi sbocchi occupazionali». PUGLIA 2011 • DOSSIER • 147
INQUINAMENTO
La difesa della salute è una priorità Combattere l’inquinamento ambientale a Taranto è un diritto dei cittadini e un dovere verso l’ambiente. Questo l’obiettivo del sindaco Ippazio Stefàno che da tempo è in prima fila nella difesa della salute dei cittadini Nike Giurlani
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uando si parla d’inquinamento ambientale e di polveri sottili, diventa inevitabile parlare della città di Taranto, importante centro industriale del sud Italia, dove oltre alla sede dell’Ilva è presente anche la raffineria dell’Eni e un cementificio. Da più parti si sono levati movimenti di protesta affinché ve-
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nisse tutelato il diritto alla salute in quanto i livelli di inquinamento dell’aria negli anni passati si sono rilevati molto preoccupanti. Lo stesso sindaco Ippazio Stefàno, anche medico specializzato in medicina del lavoro, già nel 1970 nella sua tesi di laurea affrontava il problema dell’aumento delle neoplasie polmonari nelle città industrializzate e, in particolare, registrava a Taranto un rialzo dallo 0,9 all’1,5% dei casi, con un incremento notevole in prossimità degli impianti dell’Ilva. Quali sono le patologie connesse all’inquinamento atmosferico? «Se viene riscontrata la presenza di amianto allora parliamo di mesotelioma pleorico e purtroppo al momento non ci sono possibilità di cura. Per quanto riguarda i tumori polmonari, invece, grazie alla tac spirale e a una diagnosi precoce, c’è la possibilità di una riduzione del 50%. Negli anni sono au-
mentati anche i casi di broncodisplasia ostruttiva, e nel nostro territorio vi sono più di mille persone che sono costrette a vivere attaccate alla bombola, senza contare l’incremento dei casi d’asma, tipici ormai delle città industrializzate. Con il tempo sono aumentate anche le bronchiti, le broncopolmoniti e le tracheidi. Le patologie connesse alla diossina sono invece di origine endocrinea e tiroidea. La presenza degli idrocarburi, infine, porta alla presenza delle leucemie e dei linfomi». Quali sono i primi risultati che sono stati raggiunti? «Grazie all’installazione degli impianti ad urea, la diossina in questa città è passata dai 20 nanogrammi del passato all’1 dell’anno scorso, fino ad arrivare a 0,4 nanogrammi nel mese di dicembre, un livello molto importante per chi è attento alle problematiche ambientali. Per quanto riguarda le polveri sottili, attraverso l’introduzione degli im-
Il sindaco di Taranto, Ippazio Stefàno
Ippazio Stefàno
Ho sottoposto al ministero l’idea di promuovere controlli e indagini per operare in un clima di trasparenza assoluta
pianti di polverizzazione, l’Arpa ha riscontrato che non siamo in presenza di livelli allarmanti. L’aspetto che invece
ci preoccupa è la presenza di benzopirene che, anziché essere di 1 nanogrammo, è arrivato a 1,3». Quali le iniziative messe in campo? «Mesi fa ho presentato un’ordinanza e promosso degli incontri in Regione, che è l’organo di controllo insieme alla Provincia e all’Arpa chiamato a rispondere in merito alle tematiche ambientali. La Regione ci ha garantito che sarà profuso un ulteriore impegno per diminuire anche quest’ultimo valore che al momento si attesta sopra la norma, attraverso l’installazione di nuove centraline, anche all’interno delle industrie stesse, al fine di controllare che ogni attività avvenga nel rispetto delle norme ambientali». Sotto quali aspetti c’è ancora da fare? «Il nostro territorio è carente dal punto di vista della boni-
fica, che non è mai stata effettuata nonostante Taranto abbia alle spalle 40 anni di tradizione siderurgica. Al riguardo, ho scritto al direttore dell’Asl e alla Regione chiedendo il registro tumori e anche l’istituzione del registro dei tumori infantili che, al momento, non esiste in Italia. Tale richiesta è stata poi presentata, insieme al professor Giuseppe Matera, anche al ministro della Salute. Inoltre, per creare un clima di fiducia e di certezza tra i cittadini, ho sottoposto al ministero l’idea di promuovere non solo dei controlli da parte dell’Arpa, ma anche indagini da parte del Cnr. Non certo per sfiducia nei confronti dell’Arpa, ma per tranquillizzare la popolazione e operare in un clima di trasparenza assoluta». Come valuta, quindi, la situazione al momento?
PUGLIA 2011 • DOSSIER • 151
INQUINAMENTO
Il rischio viene dal deserto Le sabbie del Sahara possono contribuire a aumentare i livelli di concentrazione del Pm10 in Puglia. Lo spiega Gianluigi De Gennaro di Lenviros on solo emissioni locali: basso Mediterraneo e Puglia rischiano sanzioni europee in tema di polveri sottili anche per apporti esterni. Questo a causa del parametro preso a riferimento per le rilevazioni in sede comunitaria, che non è la pericolosità, bensì il peso delle polveri. E questo, come spiega Gianluigi De Gennaro (nella foto), direttore tecnico scientifico di Lenviros, uno spin-off dell’Università di Bari nato per la progettazione e lo sviluppo di soluzioni sostenibili, significa «maggiore probabilità di superare il livello limite per le Pm10 anche quando i contributi delle emissioni locali fossero tali da determinare concentrazioni al di sotto del limite stesso. Infatti, al contributo locale, si possono addizionare apporti cosiddetti transfrontalieri, fenomeni frequenti nelle regioni del basso Mediterraneo in relazione alle caratteristiche meteoclimatiche di quest’area. Sabbie del Sahara in particolare, ma anche intrusioni di masse d’aria provenienti dal nord est dell’Europa possono contribuire a incrementare notevolmente i livelli di concentrazione del Pm10. La normativa europea consente di sottrarre detti contributi se si riesce a dimostrarne scientificamente la
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provenienza». Quali i principali rischi per l’ambiente e per le popolazioni? «Considerate le caratteristiche chimiche delle polveri sahariane possiamo affermare che tali fenomeni non contribuiscono in maniera rilevante alla tossicità dell'aria che respiriamo. Gli altri contributi transfrontalieri sono oggetto di attento studio. Al momento la tossicità del particolato atmosferico è determinata dalle particelle prodotte dalle sorgenti locali: il traffico autoveicolare, il riscaldamento domestico - soprattutto quello che utilizza biomasse, legna - e le attività industriali». Come combattere questo fenomeno? «Prima di tutto occorre studiare e comprendere i fenomeni, che spesso hanno specificità geografiche: questo risulta importante per evitare generalizzazioni. Ma questo non può bastare. Qualcuno pensa che intensificando le attività di monitoraggio si possano risolvere i problemi. In realtà al percorso conoscitivo devono seguire azioni concrete e progetti efficaci di risanamento. Questi per le aziende significano scelta delle tecnologie a più basso impatto, ma anche
sostenibilità dei processi. Non possiamo immettere in atmosfera sostanze pericolose più velocemente di quanto questa non sia in grado di disperderle. Per il traffico occorre elaborare progetti davvero sostenibili della mobilità. Dico davvero sostenibili perché anche la sostenibilità va quantificata, non basta affidarsi a mode o dogmatismi. Per il riscaldamento bisogna lavorare sulla comunicazione alla popolazione per creare consapevolezza e per mutare gli stili di vita». In base alle rilevazioni sul territorio, quali sono le aree della Puglia più a rischio d’inquinamento da polveri sottili? «Per le caratteristiche chimiche e tossicologiche delle polveri che abbiamo campionato, senza dubbio l’area industriale di Taranto. Non bisogna però abbassare la guardia sulle altre aree industriali, sull’inquinamento da traffico e la combustione diffusa di biomasse in alcune aree».
«Recentemente mi sono con- terra, infatti, tanto maltrat- temente la situazione». frontato con il direttore generale dell’Asl, al quale ho richiesto un aggiornamento sulla presenza di nuove patologie o sull’eventuale aumento di casi tumorali, ma per fortuna ho ricevuto una risposta negativa. Questa 152 • DOSSIER • PUGLIA 2011
tata dagli uomini, è protetta dal cielo. La presenza dei venti ne ha limitato i danni che potevano essere molto più gravi. Con questo non voglio certo dire che bisogna affidarsi al fato, anzi, è nostra intenzione monitorare costan-
Quali aspettative per il futuro? «Confidiamo molto nella presenza di queste nuove centraline situate all’interno delle industrie, in modo da poter monitorare il rispetto delle normative ambientali».
MERCATO IMMOBILIARE
Puntare sulle infrastrutture per superare la crisi Nonostante i dati incoraggianti dell’Agenzia del territorio, i costruttori pugliesi lamentano una situazione di stallo. Per Salvatore Matarrese, presidente Ance Puglia, «urge sbloccare i fondi comunitari per ripartire» Riccardo Casini
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Salvatore Matarrese, presidente di Ance Puglia
n incremento del 6,6% nel primo semestre 2010 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente: è questo il dato che, secondo l’Agenzia del territorio, testimonia come il mercato immobiliare in Puglia stia crescendo in maniera superiore al resto del Paese (4,2% il dato complessivo), almeno a livello di transazioni normalizzate. Ma dai costruttori arriva cautela, per non dire diffidenza, nei confronti di questi numeri. «I dati dell’Agenzia del territorio – spiega Salvatore Matarrese, presidente Ance Puglia – si riferiscono a transazioni che non offrono una percezione significativa e complessiva del mercato immobiliare e delle costruzioni nella nostra regione. I dati Ance e Cresme evidenziano invece negli ultimi cinque anni un forte calo degli investimenti, una continua decrescita del comparto delle costruzioni e un mercato immobiliare sostanzialmente fermo.
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Questi dati sono confermati dalla crescita della disoccupazione e dall’aumento delle aziende che chiudono l’attività soprattutto nell’ultimo anno. E’ difficile pensare, in questo momento di crisi economico finanziaria, a un mercato immobiliare in crescita quando le famiglie con reddito medio difficilmente arrivano a fine mese. E un’indagine Ance ha rilevato che in Italia il costo dei mutui è mediamente superiore di 9mila euro rispetto agli altri paesi europei: questo sicuramente incide sul potere di
acquisto delle famiglie e non aiuta la ripresa del settore». Sempre per l’Agenzia del territorio, Brindisi è sia la provincia che la città dove maggiore è l’incremento delle transazioni (+15,5% e +25,5%). Come va letto questo dato? «Il dato che riguarda la provincia di Brindisi è evidentemente dovuto al compimento delle transazioni immobiliari relative a costruzioni iniziate anni fa il cui iter contrattuale e amministrativo si è probabilmente concluso solo nel 2010.
Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Salvatore Matarrese
NUMERO TRANSAZIONI NORMALIZZATE, QUOTAZIONI MEDIE E VARIAZIONI % - PROVINCE PROVINCE
NTN I SEM 2010
VAR % NTN I SEM 2010 I SEM 2009
QUOTA % NTN ITALIA
QUOTAZIONE I SEM 2010 €/MQ
VAR % QUOTAZIONE I SEM 2010 II SEM 2009
N. INDICE QUOTAZIONI I SEM 2010 (BASE = I SEM 2004)
Bari
7.629
7,2%
2,43%
1.377
0,5%
148,2
Brindisi
1.866
15,5%
0,60%
978
0,0%
157,8
Foggia
3.040
- 1,7%
0,97%
1.129
0,4%
138,7
Lecce
3.752
11,3%
1,20%
823
0,8%
137,2
Taranto
2.761
3,2%
0,88%
919
1,0%
166,7
Puglia
19.048
6,6%
6,08%
1.104
0,5%
147,3
Italia
313.322
4,2%
100,00%
1.574
0,0%
128,7
Fonte Osservatorio del mercato immobiliare - Agenzia del territorio
La verità è che la provincia di Brindisi, forse più delle altre, vive la crisi del settore edilizio e di quello industriale che caratterizza la propria economia territoriale. Non vi è alcun presupposto per ritenere la provincia di Brindisi in controtendenza rispetto all’andamento regionale del settore». Qual è allora la percezione di Ance Puglia sul mercato immobiliare regionale? «Stiamo vivendo una crisi che non ha precedenti e che colpisce più duramente il Sud, caratterizzato da un contesto economico e sociale più debole sul quale non vi è mai stata una politica efficace di recupero e riallineamento al resto del Paese. Nell’ultimo anno, solo in Puglia, hanno chiuso 1.500 imprese e sono stati persi 20mila posti di lavoro. Sono questi i primi effetti di una politica di riduzione degli investimenti nel settore, di una sostanziale sfiducia nella sua capacità antici-
clica di contrastare la crisi coinvolgendo nella propria attività ben 15 settori industriali e una considerevole manodopera. Non a caso, in molti Paesi negli ultimi tre anni si è puntato sugli investimenti in infrastrutture per superare la crisi, mentre in Italia constatiamo che a crescere è solo la spesa corrente dello Stato». Quali sono a questo punto i vostri auspici per il 2011? «Ci auguriamo che nel 2011 si ritorni a investire nel settore, a partire dall’impiego dei fondi comunitari della programmazione 2007-2013, a oggi colpevolmente bloccati. Se questi fondi fossero stati utilizzati nei tempi previsti, in Puglia non avremmo la situazione attuale e avremmo potuto conservare quell’occupazione che è il know how e la storia delle imprese». A fine dicembre, però, il Cipe ha stanziato 413 milioni di euro per interventi medio-piccoli nelle regioni del Sud, di cui 72,8 in Pu-
glia. «Il Cipe ha finanziato alla fine dello scorso anno alcune opere come la piastra logistica del porto di Taranto con circa 34 milioni di euro e la rete ferroviaria Bari - Martina Franca Taranto con quasi 30 milioni. Sono opere che da decine di anni attendono i finanziamenti, pur avendo una strategica rilevanza per l’economia della Puglia nella quale sono programmate anche altre opere infrastrutturali di particolare rilevanza come il nodo ferroviario di Bari, il potenziamento dei porti e degli aeroporti di Bari e Brindisi e opere stradali di interesse regionale. Tali opere, se attuate tempestivamente, potranno consentire alla nostra regione di superare la crisi, dare un’efficace risposta alla disoccupazione e soprattutto riavviare un processo di sviluppo economico che non può prescindere dalle infrastrutture». Quali sono allora le richieste di Ance Puglia al governo PUGLIA 2011 • DOSSIER • 155
MERCATO IMMOBILIARE
TARANTO 14%
BARI 40% LECCE 20%
DISTRIBUZIONE NUMERO DI TRANSAZIONI NORMALIZZATE I SEMESTRE 2010 PER PROVINCIA
nazionale? «Chiediamo di avviare al più presto una politica di investimenti nel settore delle costruzioni e di consentire il pagamento alle imprese da parte delle pubbliche amministrazioni i cui ritardi, anche fino a sei mesi, non sono più accettabili. Chiediamo di rimodulare i fondi europei 2000-2006 non ancora utilizzati, da destinare a opere strategiche per la crescita dei territori, e che siano spese con immediatezza le risorse previste nella programmazione comunitaria 2007-2013. In merito chiediamo al governo regionale una ricognizione per verificare l’esistenza di progetti esecutivi per le opere programmate e quindi le effettive condizioni di spesa in tempi brevi. Spendere le risorse disponibili significa dare occupazione e lavoro alle tante imprese che stanno attraversando un periodo estremamente critico sia a livello economico che finanziario».
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FOGGIA 16%
In che modo possono intervenire invece gli enti locali? «Per consentire la spesa delle risorse comunitarie a livello regionale, pari a circa 3 miliardi di euro per la sola Puglia, l’Ance ha richiesto l’approvazione di uno specifico emendamento alla Legge di stabilità 2011 che consenta di “nettizzare” i fondi europei escludendo dai vincoli del Patto di stabilità le spese di cofinanziamento statale e regionale dei fondi. Ai Comuni, infine, chiediamo di dare attuazione alla legge regionale di rigenerazione urbana avviando i relativi programmi che consentono interventi di interesse pubblico e privato, così come di recepire nei Regolamenti comunali gli incentivi previsti per l’edilizia sostenibile». Quale dev’essere in proposito il ruolo del distretto produttivo dell’edilizia sostenibile della Puglia, da lei presieduto? «Il distretto costituisce una
BRINDISI 10%
delle prime realtà di questo tipo a livello nazionale, ed è un’aggregazione di attori pubblici e privati nata con l’obiettivo di diffondere sul territorio un nuovo modo di costruire finalizzato a realizzare un prodotto edilizio di maggiore qualità e prestazioni che migliori il benessere abitativo e ottimizzi l’utilizzo delle risorse ambientali. Ha una particolare valenza perché favorirà l’innovazione di processo e di prodotto in un settore tradizionalmente maturo come quello edilizio. Il distretto vuole diventare un sistema nel quale reti di imprese dell’intera filiera delle costruzioni, centri di ricerca e di formazione collaborano per aprire nuovi scenari di mercato e creare nuove opportunità di lavoro per le aziende edili e per il settore immobiliare. D’altra parte parliamo di un mercato che, secondo le stime dell’Enea, potrebbe toccare in Puglia nel 2019 gli 8 miliardi di euro».
IMPRENDITORI DELL’ANNO
Bari, capitale della logistica
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on ha mai smesso di investire, continuando a crescere sensibilmente, la società Marraffa di Martina Franca. Il gruppo, tra i leader nel settore della fornitura di trasporti eccezionali, della movimentazione e del sollevamento tramite gru, ha di recente compiuto il traguardo dei trent’anni di attività, consolidandosi tanto sull’ambito italiano quanto su quello europeo. «Il 2010 è andato meglio dell’anno precedente – dichiara il suo fondatore Michele Marraffa -. Il fatturato
Michele Marraffa, fondatore e amministratore della Marraffa Srl www.marraffa.it
160 • DOSSIER • PUGLIA 2011
Sono ambiziosi i progetti per il futuro della società Marraffa, che dal nuovo centro logistico del capoluogo pugliese punta sempre più ad affermarsi sul settore dei trasporti pesanti eccezionali Andrea Moscariello
è aumentato del 30% dal 2009 e del 10% rispetto a quello del 2008». Segno che, nonostante la crisi dei mercati internazionali, l’efficienza e l’elevata disponibilità di mezzi avanzati attraggono comunque il mondo della grande industria. E proprio a quest’ultimo si rivolge principalmente il futuro della Marraffa. La società, infatti, è sempre più orientata al trasporto eccezionale pesante e, dal punto di vista logistico, punta ad aumentare il proprio mercato di riferimento grazie al nuovo centro aperto nella zona industriale di Bari. «Essere presenti anche nel capoluogo della regione per noi è fondamentale – prosegue Michele Marraffa -. Significa anzitutto essere più vicini ai nostri principali committenti e, in secondo luogo, poter usufruire più facilmente di infrastrutture come il porto e l’autostrada». Dunque Bari come fonte dei vostri prossimi sviluppi? «Esattamente. Il capoluogo
sarà sempre più al centro di nuove iniziative industriali che, di riflesso, coinvolgeranno anche le nostre attività. In particolare, subentrando nell’ambito dei grandi trasporti eccezionali, ci poniamo sempre più come par-
Michele Marraffa
LE TAPPE L
a Marraffa nasce nel 1977 come azienda individuale. Nel 2001 si trasforma in Srl. Nel 1987 acquista il suo primo autocarro con gru, specializzandosi nel carico e scarico di materiale edile, acquistando nel tempo nuovi mezzi attrezzati allo scopo. Nel tempo continua a diversificare i settori lavorativi per cercare di offrire maggiori servizi investendo in attrezzature adatte alla movimentazione di ogni genere. Nel 1995 si affaccia sul mercato industriale e muove i primi passi verso i trasporti eccezionali. Nel 2000 l’azienda decide di potenziare il settore della movimentazione e del sollevamento acquistando la prima autogru da 120 ton.
+30% FATTURATO La Marraffa ha registrato questo incremento rispetto al fatturato del 2009
tner di importantissime realtà industriali. Teniamo presente che i porti di Bari e Taranto sono attualmente quelli più strategici per il trasporto dei materiali verso i paesi in via di sviluppo dell’area mediterranea».
Su quali progetti si concentrano, concretamente, i vostri investimenti? «Dal 2008 a oggi abbiamo investito risorse finanziarie e professionali nell’ampliamento dei nostri settori di competenza, quindi i trasporti e il sollevamento di cose e persone. Abbiamo acquistato 2 autogru, 6 motrici e 4 semirimorchi per trasporti eccezionali. Inoltre abbiamo una piattaforma aerea di 103 metri di altezza. Gli investimenti, poi, si rivolgono alla differenziazione del servizio. Di recente abbiamo acquisito 18 assi modulari no-driven con varie tipologie di assemblaggio per utilizzi specifici in campo industriale ed eolico, oltre che altri 18 assi self-driven per il trasporto di carichi pesanti. Il sistema di trasmissione idrostatica assicura una guida regolabile continua e senza scosse, anche nelle condizioni più difficili». I veicoli self-driven soprattutto a quali settori si rivolgono? «Principalmente all’off-
shore, nonché alle centrali elettriche e per l’impiantistica. Questi possono muoversi sia in senso longitudinale che laterale. Inoltre non sono utilizzati solo per il trasporto, bensì anche per posizionare carichi grandi e pesanti». Dal suo punto di osservazione cosa rappresenta la crisi che stiamo vivendo? «Quella che la nostra economia ha vissuto è una paralisi partita principalmente dal mondo bancario. A subirne le conseguenze, quelle vere, sono state le attività produttive e le famiglie. L’Italia, però, sa difendersi». Quali sono, secondo lei, i nostri punti di forza? «La nostra industria possiede un know how tale da salvarci su un mercato pieno di realtà che propongono manodopera a basso costo. È chiaro che paesi come Cina e India hanno ribaltato la situazione, ma nonostante il ribasso dei prezzi la qualità italiana rappresenta ancora un valore aggiunto che il mondo ci richiede». PUGLIA 2011 • DOSSIER • 161
URBANISTICA
Nel futuro dell’Urbe
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L’architetto Nicola Ferdinando Fuzio e l’ingegnere Michele Fuzio info@studiofuzio.it www.studiofuzio.it
n occasione delle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia, è avvenuta la ristrutturazione architettonica e impiantistica per incrementare la produttività teatrale dello storico Teatro di San Carlo di Napoli. A coordinarne le progettazioni definitiva ed esecutiva, congiuntamente ad altri professionisti del settore, è stato lo Studio Associato Fuzio, tra i più affermati a Bari in ambito architettonico e urbanistico. Un’assegnazione avvenuta anche grazie ai meriti raggiunti dallo staff del professor Giovanni Fuzio, che assieme ai suoi associati, l’ingegnere Michele Fuzio, e l’architetto Nicola Ferdinando Fuzio, sono da anni protagonisti nelle opere di rivalorizzazione del territorio pugliese. Qual è stato l’investimento relativo al restauro del San Carlo? Michele Fuzio: «Oltre 55 milioni di euro. I lavori sono stati realizzati in due semestri tra il 2008 e il 2009 e in un trimestre
164 • DOSSIER • PUGLIA 2011
Dal restauro del San Carlo di Napoli alla realizzazione di piani urbanistici, lo Studio Associato Fuzio punta alla “rigenerazione” del territorio urbano esistente Carlo Sergi
nel 2010, per un totale di 464 giorni». Quali criticità avete affrontato durante le fasi di ristrutturazione? M.F. : «Il fattore tempo. Progettare i lavori di restauro di un monumento di importanza mondiale, nei tempi messi a disposizione dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, è stato possibile solo grazie al know how e all’organizzazione che caratterizzano la nostra struttura da oramai 50 anni di attività professionale». L’urbanistica è un tema centrale per la valorizzazione del territorio. Soprattutto quali aspetti necessitano di maggiore attenzione da parte delle amministrazioni locali?
Nicola F. Fuzio: «Nell’ultimo decennio la Regione Puglia ha avviato una fase di rivisitazione della normativa di riferimento per la formazione degli strumenti di governo del territorio. Di conseguenza diversi enti hanno avviato la formazione dei nuovi Piani Urbanistici Generali. Il nostro studio è impegnato nella redazione di diversi piani comunali, in tutte le provincie pugliesi. I piani “di tradizione”, quelli redatti nei decenni passati, avevano quale matrice comune l’espansione, ovvero la previsione di nuove aree da trasformare e da insediare». Mentre il trend attuale è mutato? N.F.F.: «Il fronte comune verso cui si sta muovendo la nuova
Nicola F. e Michele Fuzio
Nelle immagini, fasi di restauro del Teatro San Carlo di Napoli. In basso, particolare di un Piano Urbanistico redatto dallo Studio Associato Fuzio di Bari.
urbanistica, anche in conseguenza al cambiamento dei presupposti su cui si progettavano i piani, quali ad esempio la crescita demografica, è il risparmio di territorio. Dunque non più aree agricole da trasformare ma la riqualificazione o la rigenerazione dell’esistente». Soprattutto quali elementi del territorio oggi vanno rivalorizzati? N.F.F.: «Un territorio ricco di storia, di arte, di cultura quale quello pugliese deve essere salvaguardato, ma allo stesso tempo “utilizzato”. La tutela fine a se stessa ha prodotto molti fallimenti. I centri storici delle nostre città e gli splendidi territori aperti della Puglia non vanno “musealizzati”, ma tutelati e valorizzati, custoditi per le future generazioni e resi utilizzabili per le attuali. È un
compito difficile di cui l’urbanistica e la pianificazione territoriale devono farsi carico». In ambito urbanistico quali sono stati i vostri lavori maggiormente significativi? N.F.F.: «Sicuramente il Piano Urbanistico Territoriale Tematico/paesaggio della Regione Puglia, redatto assieme ad altri
consulenti, che è stato negli ultimi dieci anni il riferimento per le trasformazioni territoriali nella Regione. Ogni piano, comunque, è di per sé significativo. Quando si ha la responsabilità di “pensare” il futuro di una città e di conseguenza di chi abiterà quel territorio, è doveroso progettare il miglior piano possibile». Attualmente su cosa state lavorando? N.F.F.: «Il Piano Urbanistico Generale del Comune di Trani è stato approvato nel 2009 e sicuramente ha rappresentato una bella sfida. Fra gli altri comuni medio grandi di cui stiamo seguendo i piani, ci sono anche Gioia del Colle, Canosa di Puglia e Barletta». PUGLIA 2011 • DOSSIER • 165
LAVORARE LA PIETRA
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ell’epoca dello sfoggio di titoli e di conoscenze certificate, il marmo conserva ancora il gusto “indisciplinato” delle antiche maestranze. Non ci sono, infatti, scuole o accademie che insegnino come forgiarlo. Diciamo pure che vive grazie a una certa spontaneità e a questa deve la sua verve creativa, perennemente in movimento. Il tocco artigiano si compie laddove esiste da millenni: nelle botteghe, nell’esperienza tramandata di generazione in generazione, nel tempo sospeso della polvere bianca, nella fatica leggera e minuziosa dello scalpello. «Bisogna avere voglia di sporcarsi le mani per imparare a lavorare la pietra» spiega Massimo Fumarola della Ruggiero Marmi, oggi incalzante realtà imprenditoriale, tra le principali aziende del settore nell’area mediterranea. «La vita in marmeria non è accomodante. Così diventa, involontariamente, una palestra per pochi eletti. Il punto è che i giovani d’oggi non sembrano esserne attratti. Snobbano i cosiddetti mestieri faticosi, voltando le spalle a importanti opportunità di business». Una perdita che non sembra aver sfiorato lo stabilimento della Ruggiero Marmi, che recentemente si è addirittura ampliato, ricoprendo una 168 • DOSSIER • PUGLIA 2011
L’eleganza dei marmi bianchi Dalle latitudini pugliesi, la pietra di Trani si riscopre come componente d’arredo versatile e universale. Così dopo Milano, si punta agli Emirati Arabi. Massimo Fumarola della Ruggiero Marmi racconta l’impresa evoluta che poggia ancora sulla mano esperta dell’artigiano Paola Maruzzi
superficie di 5000 mq, dotandosi di un ampio magazzino coperto e di un importante show room. Segno inequivocabile che gli affari vanno bene. «Dalle latitudini pugliesi di Locorotondo, dove l’azienda è nata negli anni Sessanta, i nostri prodotti hanno raggiunto la mecca del design italiano, Milano appunto. È accaduto perché la lavorazione della pietra di Trani, che coinvolge buona parte della nostra attività, permette di giocare su un ottimo rapporto qualitàprezzo. E poi, grazie alla sua naturale colorazione, si lascia abbinare facilmente con altri materiali, suggerendo accostamenti e soluzioni che fanno gola agli architetti d’interni e non solo». Mentre si consolidano le piazze italiane, il know how pugliese si prepara a debuttare anche negli Emirati Arabi, dove il titolare della Ruggiero Marmi è parte attiva in una cordata di general
trading, impegnata nella commercializzazione di diversi materiali. Un progetto che porterà come ovvia conseguenza il potenziamento del personale impiegato. Dopo aver passato in rassegna la rigorosa ripartizione dei compiti e delle tecniche, «dalla fresatura, affidata alle mani più esperte, alla rifinitura di cui si occupano gli addetti ai
Sopra, artigiano al lavoro. Nella pagina a fianco, sala del ristorante Relais Histò di Taranto, arredata con il marmo di Trani www.ruggieromarmi.it
Massimo Fumarola
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La lavorazione della pietra di Trani, che coinvolge buona parte della nostra attività, permette di giocare su un ottimo rapporto qualità-prezzo
d
banchi», è allo show room che bisogna approdare per avere una panoramica a tutto tondo. Qui il personale tecnico guida attraverso il ventaglio di offerte. Se il bianco avorio della pietra di Trani fa da leitmotiv, non passano inosservati le pietre granitiche, gli alabastri e i materiali compositi. «Se la predominanza delle materie prime è pugliese, molte altre materie prime provengono da tutto il mondo. Insieme alle merci anche i gu-
sti si fanno globali. Con l’uso di internet, infatti, si sono moltiplicate le finestre sul mondo. Spesso capita che il committente ci faccia delle richieste specifiche dopo aver avuto modo di ammirare la bellezza di una data pietra esposta nella vetrina virtuale del web». Ma, trascurando per un attimo la cornice “finita” della Ruggiero Marmi e tornando nel vivo dei processi lavorativi, a cosa è dovuta la voglia
di scommettere su una filiera che affonda la sue origini in un passato decisamente protoindustriale? «La costante innovazione tecnica e dei processi produttivi non ci hanno mai fatto perdere di vista la qualità dei materiali, l’accuratezza e la finezza delle lavorazioni. La nostra forza sta nell’aver puntato su nuovi macchinari a controllo numerico, che si vanno ad armonizzare con l’esperienza dei nostri artigiani». Se la manualità e la possibilità di forgiare pezzi su misura sono un po’ il marchio di fabbrica, non si prescinde dal supporto di nuove tecnologie, senza le quali non si sarebbero raggiunti tali risultati. Qualche esempio? «Nel palmares dei migliori lavori eseguiti spiccano le forniture per alberghi, ristoranti, centri benessere, residenze di pregio e recupero di edifici storici. Vanto della nostra produzione è la fornitura ormai copiosa di rivestimenti, pavimenti e affini in pietra di Trani con finitura sweet sand, elegante ed esclusiva, idonea per ogni ambiente ed esigenza. Ultima, ma non meno importante, è la nostra nuova linea di prodotti RM Design, con la quale proponiamo oggettistica di ogni tipo realizzata in marmo e pietra, accessori vari, pareti d’arredo e ogni idea tramutabile in marmo». PUGLIA 2011 • DOSSIER • 169
RICERCA E INNOVAZIONE
Dallo spazio al mercato globale Il distretto aerospaziale pugliese è «un valore aggiunto al sistema economico» della regione, spiega il presidente Giuseppe Acierno. Le sfide del 2011? «Fornire una solida gamba specializzata in R&S e alta formazione a tutto il settore» Nike Giurlani
«L’
aerospazio è sicuramente una delle leve della competitività su scala globale della Puglia – rileva il presidente del distretto Giuseppe Acierno – che, grazie a un significativo volume d’esportazioni, rafforza la bilancia dei pagamenti regionali, oltre che sostenere il volume e la composizione del Pil e i processi d’internazionalizzazione delle imprese». Ma non solo. Rappresenta anche «uno dei settori che fornisce un elevatissimo valore aggiunto al sistema economico perché sviluppa prodotti che, in virtù della loro complessità, utilizzano o partecipano direttamente allo sviluppo delle tecnologie chiave che discendono
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dai settori dell’energia, della sicurezza e dello spazio». Questo significa ricadute trasversali su molte delle altre attività economiche a più bassa intensità tecnologica. Quante le aziende che aderiscono al distretto? Quali le tipologie? «Il numero d’imprese aderenti è cresciuto fino a superare le 50 unità. Aderiscono al distretto grandi imprese che hanno un’unità locale in Puglia, quasi tutte facente parti del gruppo Finmeccanica, e pmi che hanno una considerevole quota del proprio fatturato, o spesso in maniera esclusiva, riveniente dal settore aerospaziale. Per quanto in Puglia vi siano imprese che sui segmenti dell’ala fissa, dell’ala rotante, della motoristica e dei sistemi di difesa e sicurezza, la concentrazione principale è sulla costruzione di strutture aeronautiche». Quali i vantaggi per le pmi che ne fanno parte? «Le politiche del distretto determinano sicuramente benefici per le imprese aeronautiche in termini di rafforzamento della propria competitività; anche realtà appartenenti ad altri settori tro-
vano nelle tecnologie aeronautiche una fonte di crescita tecnologica. Risiede in ciò il forte commitment della regione Puglia nel sostenere il distretto e i suoi programmi di sviluppo». Quali obiettivi animano questa realtà? «In questi anni il distretto ha costruito la rete, definito la sua strategia e iniziato a puntare sulla crescita del livello di conoscenza, innovazione, fiducia e cooperazione dei suoi aderenti; elementi essenziali per la sua competitività. Sulla base di questo semplice ma efficace principio si è sviluppata la strategia del distretto che ha fatto del “bisogno del cambiamento” il suo presupposto culturale e strategico, per confrontarsi in un contesto globale che muove verso l'economia della conoscenza. Se oggi la produzione si snoda su di un network mondiale e se la filiera si compone di partner sparsi in diverse aree del mondo, allora i territori divengono reti di relazioni, sistemi integrati, organismi chiave nella capacità di competere nel nuovo paradigma. Cultura industriale, strutture produttive, competenze in
A sinistra, il presidente del distretto aerospaziale pugliese, Giuseppe Acierno
Giuseppe Acierno
Nelle immagini l’interno degli stabilimenti Alenia di Foggia
R&D, capitale umano, strumenti di politica industriale, tutti questi concorrono e cooperano per creare e rafforzare una specializzazione sul territorio pugliese da spendere su scala globale». Quali le sinergie a livello internazionale? «Sinergie da un lato e progetti dall’altro. Abbiamo oramai consolidato presenza e funzione nell’Eacp, l’European aerospace cluster programme, ovvero la rete europea dei cluster. In tale ambito abbiamo avviato progetti a valere su strumenti comunitari e soprattutto concorriamo a rafforzare ruolo e visibilità dell’Eacp per proporre alle istituzioni comunitarie politiche più robuste a sostegno del cluster aerospaziale. Abbiamo dato continuità alla collaborazione con il distretto di Montreal e ci apprestiamo ad intensificare i rapporti con gli Usa. Quest’anno poi abbiamo deciso
di avviare primi scambi e contatti con Russia e Brasile. Nel settore spaziale abbiamo recentemente avviato i primi incontri con imprese cinesi. Evidenzierei ancora la robusta e continua attività di promozione all’estero delle pmi tramite una serie di business convention che ogni hanno si realizzano grazie alla regione Puglia attraverso il programma Sprint». Progetti futuri? «Innanzitutto siamo al lavoro per la presentazione di uno studio di fattibilità per la creazione di un distretto tecnologico aerospaziale specializzato su alcune specifiche tecnologie. È un obiettivo
primario, anzi direi esiziale quello di fornire una solida gamba specializzata in R&S e alta formazione al settore aerospaziale. Oramai siamo prossimi anche a questo risultato al quale lavoriamo da almeno due anni. Siamo fortemente impegnati a continuare la politica d’attrazione di nuovi investimenti e abbiamo situazioni aperte con quattro differenti imprese che, se pur in progress, ci fanno essere ottimisti anche per il 2011. Infine, vorremmo che il 2011 sia l’anno del posizionamento su una rete lunga, quella europea, consci che quella è la nostra collocazione naturale». PUGLIA 2011 • DOSSIER • 171
RICERCA E INNOVAZIONE
La tecnologia pugliese che piace all’estero Coinvolgere molte delle pmi del territorio e creare nuovi contatti con le realtà nazionali e internazionali. È la forza del distretto aerospaziale, per Domenico Favuzzi, presidente della sezione Servizi innovativi di Confindustria Bari e Bat Nike Giurlani
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Domenico Favuzzi, presidente della sezione Servizi innovativi e Comunicazione di Confindustria Bari e Bat
l distretto aerospaziale pugliese rappresenta un importante veicolo di sviluppo non solo per le aziende legate all’aeronautica, ma anche per numerose pmi appartenenti al settore terziario, come spiega Domenico Favuzzi, presidente della sezione Servizi innovativi di Confindustria Bari e Bat. Tale realtà è vissuta direttamente da Domenico Favuzzi anche in qualità di presidente e ammi-
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nistratore delegato di Exprivia, azienda leader del mercato It e quotata al segmento Star di Borsa italiana, che ha in corso interessanti collaborazioni con il settore. L’obiettivo del nuovo anno è anzi quello di ampliare le collaborazioni, al fine di aprirsi ai nuovi mercati al centro dell’azione del distretto. Quali sono stati gli aspetti positivi introdotti dal distretto aerospaziale per il settore terziario? «Questo distretto, tra quelli costituiti in Puglia, ha raggiunto significativi risultati perchè al suo interno può contare sulla presenza di importanti imprese nazionali e internazionali, su di un sistema di investimenti realizzati sul territorio, nonché su significative commesse a livello internazionale. Inizialmente il settore si è sviluppato soprattutto dal punto di vista aeronautico e questo ha comportato un rafforzamento di tutte imprese locali focalizzate nella manutenzione dei velivoli o nella produzione di compo-
nenti dei veicoli. In un secondo tempo, però, sono state coinvolte anche le imprese sub-fornitrici. Quando, successivamente, si è sviluppato anche il comparto aerospaziale, importante è stato il contributo di aziende del settore terziario, anche di dimensioni più piccole, ma che operavano a livello internazionale». Quali i vantaggi? «In questo modo è stata offerta alle aziende locali la possibilità di rafforzare la loro presenza sia in ambito nazionale che europeo. Proprio recentemente, per esempio, sono state stipulate delle convenzioni tra le aziende del distretto e l’Agenzia spaziale italiana. In questo modo le pmi possono accre-
Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Domenico Favuzzi
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Il distretto aerospaziale ha raggiunto significativi risultati perchè al suo interno può contare sulla presenza di importanti imprese nazionali e internazionali
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focalizzata sull’informatica abbiamo portato avanti importanti progetti soprattutto con il distretto dell’informatica che è nato poco dopo quello aerospaziale. Exprivia ha, però,
scere il loro know-how e instaurare contatti a livello europeo e mondiale. Certamente la difficile congiuntura economica degli ultimi anni ha limitato lo sviluppo delle aziende coinvolte anche se, rispetto ad altri ambiti, il settore aerospaziale ha retto meglio i contraccolpi della crisi, perchè lavora su filoni e investimenti a livello mondiale che sono anticiclici e risentono meno degli andamenti dei mercati». Si sono aperte nuove figure e opportunità professionali? «Le evoluzioni delle aziende all’interno del distretto hanno incrementato l’utilizzo di figure professionali specializzate, ma ovviamente in questo delicato momento economico le op-
portunità di lavoro sono un po’ limitate. Ciò che è importante sottolineare è che le figure professionali già presenti all’interno delle aziende richiedono un processo di formazione continua ai fini dell’aggiornamento e dell’affinamento delle professionalità, che deve andare di pari passo con lo sviluppo e l’innovazione delle aziende». Quali sono i legami tra Exprivia e il distretto aerospaziale? «Essendo una realtà industriale
inoltrato domanda per entrare a far parte del distretto aerospaziale, perchè abbiamo come obiettivo quello di aprirci ai contesti internazionali. La sede romana di Exprivia, in realtà, già da tempo lavora con i settori della difesa e dell’aerospazio, anche in collaborazione con Finmeccanica, in particolare nella realizzazione di software di comando e controllo con cui vengono realizzate le funzioni basilari dei veicoli». PUGLIA 2011 • DOSSIER • 173
TURISMO RELIGIOSO
Il turismo pugliese guarda ai pellegrinaggi Unire il territorio pugliese con un’offerta turistica integrata, capace di affiancare al segmento del turismo religioso quello culturale, naturalistico ed enogastronomico. È l’obiettivo dell’assessore regionale al Turismo Silvia Godelli Francesca Druidi
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l cammino di Santiago e la Via Francigena rappresentano le più importanti direttrici di pellegrinaggio dell’Occidente europeo e, fin dalla loro origine, identificano un fondamentale veicolo di comunicazione e di scambio culturale ed economico. Per questo, il progetto “I cammini d’Europa”, indirizzato a sostenere lo sviluppo di regioni e territori toccati dai principali itinerari culturali che attraversano il continente europeo, può costituire nel prossimo futuro un orizzonte di crescita strategico per il turismo religioso pugliese, come del resto evidenzia Silvia Godelli, assessore regionale al Turismo. Quale importanza assume il turismo religioso in Puglia rispetto al complesso del settore? «Il turismo religioso e spirituale è un segmento significativo del turismo pugliese. La Puglia è luogo simbolico per la cristianità: terra di transito verso la Terra Santa, porta an176 • DOSSIER • PUGLIA 2011
cora le tracce visibili degli antichi cammini medievali, e questi percorsi si snodano attraverso terre suggestive, monti e borghi che degradano verso il mare. Sono oggi di particolare rilievo alcune mete dei pellegrini che, dall’Italia e dall’Est dell’Europa, ma anche da altri paesi, giungono ai grandi templi di San Giovanni Rotondo per pregare San Pio, di Monte Sant’Angelo, storico luogo di culto dell’Arcangelo San Michele, e di San Nicola a Bari, per ricercare nella splendida basilica romanica il senso di un sentimento religioso che abbraccia anche l’est e il nord dell’Europa. I grandi numeri delle affluenze sono soprat-
tutto localizzati nel Foggiano e a Bari, ma l’intera regione è punteggiata da mete religiose, dalla basilica dei Martiri di Otranto ai riti pasquali di Taranto, con una indissolubile fusione tra religiosità e cultura, architetture e natura, tradizioni antichissime e moderna aspirazione alla spiritualità». Al posto di Aurea si è tenuta lo scorso novembre la BitRel, Borsa internazionale del turismo religioso, dei pellegrinaggi e dei cammini. Quali sono state le principali istanze emerse? Come si articolerà quest’evento nel prossimo futuro? «L’esperienza della BitRel è stata emozionante: nata sulla spinta della coesione tra tutte le Amministrazioni territoriali, la Regione, la Provincia di Foggia, i Comuni della Daunia, la Camera di Commercio, il Parco del Gargano, la Fiera di Foggia, la manifestazione ha incontrato di slancio anche l’Opera Romana Pellegrinaggi, coinvolgendo un elevato numero di operatori, pro-
In basso a sinistra, Silvia Godelli, assessore al Mediterraneo, cultura e turismo della Regione Puglia
Silvia Godelli
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Il turismo religioso e spirituale è un segmento significativo dell’intero settore. La Puglia è luogo simbolico per la cristianità
venienti in buona parte dall’estero. Un esperimento che si è trasformato in successo, in una formula innovativa che affonda le sue ragioni nel territorio e coniuga diverse tipologie di offerta, allineando accanto al tradizionale turismo religioso anche quello spirituale, culturale, naturalistico e, non ultimo, enogastronomico.
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Naturalmente continueremo e fin da ora, tirato il bilancio della prima edizione, ci accingiamo a lanciare la prossima e le altre che verranno». Oltre a San Giovanni Rotondo su quali zone e iniziative occorre puntare in particolare? Cosa serve nel concreto per incrementare questa tipologia di turismo?
«Il territorio di elezione, come dicevo, è rappresentato dal connubio tra Gargano e monti Dauni, oltre alla città di Bari. Ma intendiamo lanciare anche, al più presto, il tema dei “Cammini”: un turismo slow culturale e spirituale che attraverserà in lunghezza l’intera regione, potrà collegarsi con i percorsi della Campania e del Molise, e condurrà verso l’estremo sud della Puglia, il Salento». Quali iniziative la Regione sta mettendo in campo, di concerto con gli enti territoriali locali, per sostenere questa forma di turismo? «Vogliamo stringere un’alleanza solida con le amministrazioni locali. Così come è avvenuto per la BitRel, altrettanto faremo sull’intero territorio, puntando all’integrazione dell’offerta regionale in un sistema turistico che mantenga il suo carattere unitario e, al contempo, esalti la ricchezza delle differenze, delle specificità e del fascino di ciascuno dei nostri multipli, bellissimi, territori».
Sopra, la chiesa di San Giovanni Rotondo; sotto, la nuova cripta d’oro di San Pio
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TURISMO RELIGIOSO
Una nuova formula per potenziare il segmento religioso
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uarantatre buyer provenienti da 16 Paesi e 65 seller registrati a fronte di una partecipazione reale di centinaia di operatori, con un ottimo riscontro sul fronte della customer satisfaction rilevata da TTG Italia. Sono alcuni dei numeri che hanno caratterizzato la Borsa Internazionale del Turismo Religioso e dei Cammini dello Spirito (BitRel), che si è svolta dal 26 al 28 novembre 2010 dopo sei edizioni di diversa matrice organizzativa. Come spiega Federico Massimo Ceschin, estensore del progetto BitRel ed esperto di marketing dei territori e sviluppo delle comunità locali, «si è giunti a realizzare un progetto che non fosse una semplice
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L’esperienza della Borsa Internazionale del Turismo Religioso e dei Cammini dello Spirito fa da apripista a una nuova visione della promozione turistica pugliese. A tirare un bilancio è il redattore del progetto Federico Massimo Ceschin Francesca Druidi
data sul calendario, rimbalzata di anno in anno, ma un vero e proprio modello in grado di porsi come volano dell’economia territoriale, inserito in un contesto di posizionamento strategico, capace di contribuire a lasciare un segno positivo sul territorio». Quali sono gli elementi di maggiore novità dell’edizione 2010 della BitRel e quali le prospettive per il futuro? «Dal punto di vista organizzativo, meno spazi espositivi e meno staticità con l’adozione di una formula itinerante che ha attraversato l’intero territorio provinciale, rincorrendo non soltanto le situazioni più esaltanti da un punto di vista devozionale, ma anche le eccellenze territoriali, sotto diversi profili, non ultimo quello enogastronomico. Non solo incrocio tra offerta territoriale e domanda internazionale, BitRel ha voluto essere uno spazio di incontro e di confronto: la grande spiritualità e il profondo senso religioso della po-
polazione residente, che si manifestano ancora straordinariamente vivi nelle tradizioni e nei riti popolari che ne caratterizzano l’identità, non impediscono alla Puglia di essere anche una terra crocevia di culture, di pellegrinaggi millenari, di aperture, di insediamenti islamici e di comunità ebraiche. I numeri e le analisi di soddisfazione hanno dato ragione a questa formula, che nelle prossime edizioni potrebbe crescere e rafforzarsi. Soprattutto in forza della proposta “Bitrel 365”, che mira a sottrarre definitivamente l’evento al calendario per restituirlo al territorio come strumento quotidiano di lavoro e come modello di sviluppo». Quali sono i punti di forza del turismo religioso pugliese? «Il territorio della provincia di Foggia e quello dell’intera Puglia sono costellati da santuari e testimonianze religiose di grandissimo interesse. Più ancora, sono intrisi di una pro-
Federico Massimo Ceschin, estensore del progetto BitRel ed esperto di marketing dei territori e sviluppo delle comunità locali
Federico Massimo Ceschin
Immagini della Borsa Internazionale del Turismo Religioso e dei Cammini dello Spirito (BitRel), che si è svolta dal 26 al 28 novembre 2010
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Non solo incrocio tra offerta territoriale e domanda internazionale, BitRel ha voluto essere uno spazio di incontro e confronto fonda spiritualità che ha attraversato i tempi senza perdere vigore e che, quindi, oltre a lasciare un immenso patrimonio di eremi, conventi, monasteri, chiese rupestri, grotte, basiliche e cattedrali, è ancora molto presente nei riti e nella vita quotidiana delle comunità locali. Per questo, il turismo religioso in Puglia, diversamente da altre destinazioni, non si declina come una semplice visita a un santuario, né si tratta di un turismo che si risolve in poche ore. È partecipazione reale alla vita di una comunità, una sorta di “cittadinanza temporanea”. È devozione autentica. Si tratta di un fenomeno diffuso, che integra il segmento religioso ad altri segmenti, anche grazie all’azione congiunta dell’assessorato al Turismo guidato da Silvia Godelli con quello al territorio e ai Beni Culturali di
Angela Barbanente, di difficile interpretazione e misurazione». Quali elementi, invece, vanno migliorati? «Forti anche sul piano dell’ospitalità, in Puglia vanno certamente migliorati tutti gli aspetti dell’informazione e dell’accoglienza. Mancano molti dei servizi a valore aggiunto che potrebbero trasformare una meta turistica, pur matura, in una “destinazione”. E che nel compiersi tradurrebbero le migliori ipotesi di sviluppo locale diffuso, durevole, integrato e sostenibile che oggi sono le fondamenta della responsabilità cui sono chiamati tutti coloro i quali si occupano di politiche pubbliche e di crescita dei sistemi economici territoriali». Come sviluppare in Puglia il tema dei Cammini d’Europa, volontà espressa dall’assessore regionale Godelli?
«Ritengo che l’assessore Godelli abbia idee chiare, energie e competenze per valorizzare al meglio la grande opportunità rappresentata dai Cammini d’Europa. Il mio auspicio è che il grande successo di Bitrel, in particolare per l’attenzione suscitata negli operatori commerciali da un lato e in Opera Romana Pellegrinaggi dall’altro, possa offrirsi come contributo ad ampia strategia, a una visione generale che sappia integrare gli itinerari e i cammini dell’intero Mezzogiorno con l’Europa e con i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Ritengo che non vada ricercata tanto la competitività del segmento o del comparto, né del territorio, quanto le sinergie e le modalità cooperative per unire, per integrare. Configurando un prodotto turistico ad alta intensità esperienziale ed emozionale».
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LEGALITÀ
Un impegno unitario nella lotta alla mafia Foto Saverio De Giglio
«La maggiore e migliore collaborazione sul piano investigativo porterà beneficio alle inchieste gestite dalle singole procure». Anche nel contrasto alle cosche. A sostenerlo è il procuratore capo di Bari Antonio Laudati Francesca Druidi
U
na maxi operazione antimafia, eseguita dalla Squadra mobile di Bari, ha caratterizzato gli ultimi mesi del 2010. In una sola operazione anticrimine sono stati, infatti, arrestati circa 100 pregiudicati affiliati a due clan avversi, Di Cosola e Stramaglia. «Un’attività investigativa unica nel suo genere – sottolinea il procuratore capo di Bari, Antonio Laudati – che non ha sgominato un solo clan, ma due organizzazioni malavitose che si facevano la guerra per il controllo di alcuni quartieri di Bari e diversi centri dell’hinterland a colpi di pistola». Quali sono stati i passi più significativi sferrati nel 2010 alla mafia “barese-foggiana”? «Sono stati i numerosissimi sequestri di patrimoni: soldi, aziende, ville, case, terreni, auto di lusso, cavalli, agenzie da gioco, supermercati. Beni tolti alla malavita organizzata e, lì dove possibile, riutilizzati a scopi civili o al servizio della giustizia. Le faccio un esempio: oggi alcuni magistrati della Procura di Bari, io per primo, viaggiamo su auto tolte ai mafiosi. L’archivio giudiziario e la Polizia presto troveranno posto in alcuni immobili tolti alla malavita organizzata». In base all’esperienza che ha maturato in questi anni come magistrato antimafia, in modo particolare alla Dna, come si può
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sconfiggere la criminalità organizzata? «Più degli arresti possono i sequestri dei beni dei boss. Se li priviamo della loro ricchezza li avremo anche privati della loro forza delinquenziale. È chiaro che poi l’incessante impegno di tutti coloro che lavorano nel mio e per il mio ufficio, comprese le forze dell’ordine, devono scontrarsi con problematiche rilevanti». Ad esempio? «Quella più rilevante per la Procura di Bari è la carenza di organico, che ho avuto modo di denunciare anche l’agosto scorso. La mia Procura è decisamente sotto organico rispetto alle esigenze di un Distretto come quello di Bari che, nel 2010, ha fatto registrare ben 55 omicidi. In questo possiamo “vantarci” di un triste primato: siamo i primi nel Meridione per numero di morti. Certo, per quanto riguarda la stragrande maggioranza degli omicidi abbiamo assicurato alla giustizia il responsabile, con solo 28 magistrati in organico. Ma siamo anche il Distretto giudiziario che sul piano dei sequestri preventivi è fra i primi in Italia». In un contesto in cui le dinamiche sono sempre meno locali, ma mostrano ramificazioni che si estendono ben oltre i confini regionali, come si può potenziare la lotta a queste forme di organizzazioni mafiose? «Con una maggiore sinergia fra le Procure interessate, cosa che in parte già avviene. Del resto, io stesso mi sono fatto promotore della
Sopra, Antonio Laudati, procuratore capo di Bari
Antonio Laudati
creazione di una rete di “Procure Distrettuali” per quello che concerne i modelli di organizzazione degli uffici giudiziari. A fine ottobre, a Bari, abbiamo tenuto un convegno di grande eco nazionale che ha portato nel capoluogo pugliese molti miei colleghi proprio per confrontarci sui metodi di lavoro». Con quale obiettivo? «Una maggiore e migliore collaborazione anche sul piano investigativo porterebbe beneficio alle singole inchieste gestite dalle singole procure. Del resto, in un’epoca di globalizzazione sarebbe un errore pensare che le organizzazioni criminali non si siano attrezzate adeguatamente al mercato per gestire i loro traffici illeciti. Quelle baresi, poi, sono avvantaggiate dalla posizione geografica della regione, considerata la “porta d’Oriente”. Ed è proprio con le mafie dell’Est, soprattutto quella russa, ma anche cinese, che noi riscontriamo le più “proficue” collaborazioni. Di fronte a questi fenomeni criminali che travalicano non solo i confini regionali, ma quelli nazionali, le Procure non possono essere “custodi gelosi” dei propri fascicoli, delle proprie inchieste. Il confronto e lo scambio con gli altri uffici giudiziari non sono utili, ma indispensabili. Ciò che serve è una visione più europea della lotta alla mafia,
che non è solo quella italiana. Ecco, credo che su questo piano siamo più in ritardo rispetto all’evoluzione stessa del fenomeno mafioso». Cosa differenzia oggi la criminalità organizzata pugliese dalle altre mafie? «Intanto la storia. La mafia siciliana, la camorra e l’ndrangheta sono organizzazioni criminali con una “storia” di lunghissimi anni, quella pugliese no: è una mafia, per così dire, “giovane”. Non ha neppure un nome che la individua come unica organizzazione criminale, anche perché non lo è. La criminalità pugliese non è governata da un solo vertice: non c’è la Cupola, non c’è solo un boss. Si struttura in maniera clanistica: più cellule criminali che si sono divise Bari e la sua provincia. Clan emergenti e clan storici che spesso giungono a un accordo per la spartizione del territorio e delle attività delin- Sotto, un’immagine del blitz antimafia avvenuto a novembre scorso; a fianco, Giovanni e Martino Piscopo, imprenditori turistici di Vieste uccisi e ritrovati a fine novembre
Un’attività investigativa unica nel suo genere che ha sgominato due organizzazioni malavitose
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LEGALITÀ
quenziali e che tendono a non “espandersi” in
zone già occupate. Lì dove decidessero di farlo, l’uso delle armi diventa uno dei modi più efficaci per risolvere le controversie». Quali sono le zone più calde sotto questo aspetto? «Alcuni quartieri periferici e Comuni a ridosso di Bari, ma anche Altamura e Bitonto. È qui che nel 2010 si sono verificati la maggior parte dei delitti di “mafia”, ma si tratta quasi sempre di due clan “locali” in contrasto fra loro. Diverso è il discorso per la mafia del Gargano. Qui le caratteristiche che si riscontrano sono più simili a quelle delle mafie classiche: famiglie come quella dei Libergolis di Monte Sant’Angelo o dei Romito di Manfredonia o dei Notarangelo di Vieste non sono solo in grado di controllare il territorio, ma sono state capaci, nel corso di questi anni, anche di creare un clima di omertà nel quale agire indisturbati. Lo dimostrano i due duplici omicidi avvenuti sul finire dello scorso anno a Vieste e a Cagnano Varano. Nel primo sono stati uccisi due fratelli, nel secondo padre e figlio: in entrambi i casi nessuno ha visto e nessuno sa. Nel Barese tutto questo non è ancora avvenuto, fortunatamente. Nel senso che la società sana non è impermeata di comportamenti mafiosi: la gente non è omertosa e non gira lo sguardo dall’altra parte. Almeno la stragrande maggioranza dei baresi è molto sensibile agli appelli che come Procura rivolgiamo». Come valuta l’attuale stato di contrasto ai fenomeni di illegalità, quali usura ed estorsione, che maggiormente caratterizzano il territorio del barese? «La Procura di Bari è chiaramente impegnata
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Il nostro impegno sarebbe ben poca cosa se non ci fosse alla base il coraggio della denuncia delle vittime dell’usura
in prima linea contro reati, quali l’usura e l’estorsione, che proprio per il perdurare della crisi finanziaria tendono a fare molte più vittime che in passato. La criminalità organizzata tende a “reinvestire” i proventi illeciti derivanti dalle estorsioni e dal traffico delle sostanze stupefacenti proprio prestando soldi a tassi usurai. A Bari, poi, abbiamo sgominato un’organizzazione malavitosa, gestita da un pericoloso clan del quartiere Japigia, i Parisi, che dell’usura aveva fatto non solo il suo business principale, ma gestiva l’attività illecita in maniera imprenditoriale che potremmo definire moderna». In che senso? «Gli usurai concedevano alle proprie vittime dilazioni o sconti sulle rate mensili se queste presentavano all’organizzazione persone in stato di bisogno che, a loro volta, diventavano usurati. Insomma, presentavi un amico e ricevevi dei benefit. Il più delle volte si trattava di negozianti, piccoli imprenditori, artigiani. Ma il clan pescava le proprie vittime anche fra i “malati delle carte”, giocatori ai quali offriva viaggi all inclusive oltre l’Adriatico, nei Casinò del Montenegro, con lo scopo di prestare loro denaro ad usura all’occorrenza, cosa che accadeva puntualmente. Insomma, è un’industria illegale che si modernizza, che studia sistemi nuovi per far cadere nelle proprie trappole sempre più vittime. Ma l’aver arrestato quest’associazione è la dimostrazione che la magistratura e le forze dell’ordine baresi sono in grado di fronteggiare il fenomeno. Ma il nostro impegno sarebbe ben poca cosa se non ci fosse alla base il coraggio della denuncia delle vittime dell’usura e dell’estorsione. Nel distretto di Bari è a loro, a coloro che io definisco le “sentinelle della legalità”, che va il merito dei risultati ottenuti sul piano del contrasto a fenomeni quali l’usura e il racket».
L’azione repressiva non basta
M
antenere costante e pressante la lotta alla criminalità organizzata diventa imprescindibile in un contesto, come quello pugliese, che si presenta a macchia di leopardo per quanto riguarda la penetrazione delle ramificazioni mafiose. «L’iniziativa di contrasto al crimine organizzato si sviluppa su più livelli – spiega il prefetto di Bari Carlo Schilardi –. Insieme all’attività giudiziaria, divenuta sempre più incisiva, come testimoniano le numerose operazioni contro le famiglie e i gruppi organizzati, è stata impressa una forte accelerazione all’azione di prevenzione rivolta ad aggredire i patrimoni accumulati dalle organizzazioni, che rappresenta uno strumento efficace e moderno per contrastare il grande crimine». Come evidenzia il prefetto, il tavolo di coordinamento, promosso dal ministro dell’Interno alla fine del 2009, ha
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Per contrastare l’illegalità servono una fattiva collaborazione con gli enti locali e interventi di prevenzione rivolti ad aggredire i patrimoni accumulati dalle organizzazioni mafiose. Lo spiega il prefetto di Bari Carlo Schilardi Francesca Druidi dato un grande impulso in questa direzione, producendo in poco più di un anno sequestri di beni immobili e altri proventi illeciti per un valore stimato, solo per la provincia di Bari, in oltre 250 milioni di euro. Altri risultati positivi raggiunti? «Attraverso il lavoro del desk interforze, è stato possibile censire in maniera più compiuta gli affiliati alle cosche baresi e foggiane, nei cui confronti si è accentuata l’attenzione delle forze di polizia e degli investigatori con lo scopo di prevenire l’attività criminale. L’impegno su Bari e Foggia è correlato alla presenza nel Foggiano, e nel Gargano in particolare, di organizzazioni criminali radicate e pericolose, molto simili a quelle campane. Nel Barese, invece, caratteriz-
A sinistra, Carlo Schilardi; in apertura, la Prefettura di Bari
Crescono le denunce grazie ai benefici di legge a ristoro dei danni subiti dagli imprenditori e al proliferare di associazioni antiracket anche con l’impulso delle Prefetture
zato da un diffuso benessere e sviluppo economico, le bande sono molto localizzate e confliggenti, e ciò le rende maggiormente permeabili all’azione di contrasto. Nel resto del territorio pugliese si segnalano criticità nell’area di Francavilla Fontana e di Mesagne, dove ebbe origine la Sacra Corona Unita, e in alcune parti del Salento quali Surbo, Campi Salentina, Monteroni e Taurisano». Quali settori risultano maggiormente a rischio per le infiltrazioni della criminalità organizzata? «Le evidenze giudiziarie danno prova di una criminalità con una spiccata “capacità d’impresa” e che utilizza il denaro rastrellato anche nell’economia legale, con la connivenza di colletti bianchi e di professionisti, esperti in investimenti, acquisti e creazioni di società e imprese. Sono in corso indagini nel settore delle aste giudiziarie per verificare l’interesse della criminalità nell’acquisizione di terreni agricoli da destinare all’installazione, da parte di società prestanome, di sistemi di energia alternativa. In generale, è grande l’attenzione sui possibili tentativi di infiltrazione delle organizzazioni
criminali nel business dell’eolico e del solare, profittando dei benefici previsti in favore di chi opera nel settore delle energie rinnovabili, ma anche nel settore dei rifiuti, la cui raccolta e trattamento non sono quasi mai gestiti direttamente dagli enti locali, ma sono affidati ad aziende private, che talvolta operano in regimi monopolistici e la cui reale titolarità desta serie perplessità». Oltre alla criminalità organizzata, quali criticità deve oggi affrontare il territorio? «Il traffico e lo spaccio di sostanze stupefacenti, l’estorsione e l’usura rappresentano le principali fonti di approvvigionamento della criminalità organizzata pugliese. La scarsa propensione alla denuncia delle vittime di estorsione e usura lascia sommersa la reale entità dei fenomeni. Negli ultimi anni, crescono le denunce grazie ai benefici di legge introdotti a ristoro dei danni subiti dagli imprenditori interessati e al proliferare di associazioni antiracket anche con l’impulso delle prefetture. Lo spaccio viene favorito dal diffuso consumo di droga che riguarda tutti gli strati sociali e, purtroppo, vede abbassarsi sempre più l’età dei consumatori. Le rapine,
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LEGALITÀ
È grande l’attenzione sui possibili tentativi di infiltrazione nel business dell’eolico e del solare
sebbene in diminuzione grazie alla vigilanza e
al contrasto delle forze di polizia, destano preoccupazione per le modalità di azione con cui vengono perpetrate in pieno giorno e nei luoghi maggiormente frequentati (supermercati, farmacie, tabaccherie) e per il fatto che spesso vedono come autori dei minorenni, perciò non punibili. Gli immigrati concorrono alle attività criminose specie nella cogestione della prostituzione di colore, nel traffico della droga con i Balcani e nella minuta distribuzione. Negli ultimi anni, si è molto diffuso il furto di materiale elettrico e di rame con pregiudizio dei sevizi pubblici e con il coinvolgimento di cittadini rumeni, subito espulsi, quando individuati». Quali risposte devono fornire le istituzioni, le forze di polizia e la magistratura in materia di sicurezza e cultura della legalità? «Il contrasto alla criminalità deve continuare a essere incessante e deve poter contare sulla
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possibilità di risposte tempestive da parte dell’apparato giudiziario, cui vanno fornite le necessarie risorse, ma anche sulla certezza della pena che assicuri il regime detentivo dei soggetti pericolosi. In Puglia le due Dda operano con riconosciuto vigore e con le opportune priorità, in collaborazione con le altre Procure ordinarie. È evidente che la risposta in termini repressivi non basta, se non è accompagnata da una sinergica e concreta collaborazione da parte degli enti locali che devono implementare l’attività della Polizia municipale e investire in sicurezza con la pubblica illuminazione, la video sorveglianza funzionante e i servizi. Sotto questo profilo, a Bari è interessante il recupero del Quartiere S. Paolo, con l’insediamento di scuole, di strutture di polizia e giudiziarie, di uffici pubblici e ospedali, di un moderno centro direzionale, di piscine, di centri di aggregazione sociale». Come si dovrebbe declinare la partecipazione dei cittadini? «Fondamentale per il miglioramento degli standard di sicurezza è l’apporto dei cittadini e delle categorie imprenditoriali, attraverso denunce e segnalazioni alle forze di polizia. Occorre che il cittadino acquisisca la consapevolezza di questo ruolo e si senta parte di un complessivo impegno di diffusione della cultura della legalità, traendo esempi costruttivi da un apparato pubblico elettivo e burocratico credibile, collaborativo e meno conflittuale ai diversi livelli».
LEGALITÀ
Beni sequestrati, bilancio positivo
S
ono 11.152 i beni definitivamente confiscati alle organizzazioni criminali al 1 novembre 2010, come segnala l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità. È la Sicilia, in base ai dati relativi alla distribuzione geografica, a dominare la classifica per regione con il 44,57% dei beni, seguita da Campania (15,06%), Calabria (13,85%) e Lombardia (8,58%). In Puglia la percentuale si attesta all’8,12; qui il maggiore numero di beni tolti alla criminalità locale è a Bari e provincia: 342 tra immobili e aziende, segue la provincia di Brindisi con 242 unità. «Una delle linee prioritarie sulle quali ci stiamo impegnando – ha spiegato il prefetto Morcone – è la creazione di una rete. Autorità giudiziaria, Prefetti, Demanio, Università, associazioni di categoria, Abi, fondazioni bancarie, terzo settore, Libera e governo del territorio sono la rete per creare quel lavoro comune e quelle sinergie necessarie per il contrasto alle mafie e per la restituzione al territorio dei beni sottratti alla criminalità organizzata, così da ricostruire quel
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L’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata rappresenta «un punto unico di coordinamento e di decisione a livello nazionale». Lo spiega il prefetto Mario Morcone, illustrando obiettivi e orizzonti di sviluppo della struttura Francesca Druidi
tessuto connettivo di legalità. Un percorso difficile e non privo di ostacoli, ma che ci sprona a fare sempre di più» continua il prefetto. L’agenzia nazionale sta ottenendo risultati importanti. Qual è l’aspetto maggiormente innovativo che sta mettendo in campo? «L’Agenzia identifica finalmente un punto unico di coordinamento e di decisione a livello nazionale. Ha una visione ad ampio raggio e non si limita alla semplice destinazione di un bene, ma si occupa delle attività di monitoraggio e programmazione di quanto deve fare. E lo vuole fare - e questo costituisce il secondo punto di forza della struttura, sempre
Sotto, il Parco dei Templari di Altamura
Mario Morcone
BENI CONFISCATI PUGLIA
Bari Barletta-Andria-Trani
Brindisi
Foggia
Lecce
Taranto
Immobili in gestione
56
0
13
27
19
18
Immobili destinati consegnati
215
0
186
38
71
61
Immobili destinati non consegnati
13
0
20
15
4
15
Immobili usciti dalla gestione
14
0
8
2
9
2
Aziende
44
0
15
2
26
13
Totale
342
0
242
84
129
109
Fonte: Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Dati aggiornati al 01-11-2010
se saremo capaci di farlo - insieme ai diversi livelli di governo: Regioni, Province e Comuni, in un forte rapporto di collaborazione con l’Autorità giudiziaria. Si tratta di tessere una vera e propria rete di collaborazione finalizzata a restituire ai territori la ricchezza sottratta loro in maniera illegale e illecita». Restano molte le difficoltà che l’Agenzia deve affrontare, in primis l’insufficiente disponibilità di uomini. L’obiettivo della struttura è comunque quello di crescere, anche numericamente, e di radicarsi nei diversi territori, come dimostra l’annunciata apertura nel 2011 di alcune sedi secondarie? «Abbiamo già deliberato, il 25 novembre scorso, l’istituzione delle sedi dell’Agenzia a Napoli, Palermo e Milano. L’obiettivo è quello di attrezzarle e renderle operative nell’arco di un paio di mesi. Per quanto riguarda, invece, il personale impiegato, il decreto legge in discussione alla Camera dei Deputati per la sua approvazione contiene due novità». Quali nello specifico? «La prima consiste nella possibilità di autofinanziamento dell’Agenzia che, attraverso le
opportune procedure di garanzia - tra cui l’autorizzazione del ministero dell’Interno - potrà mettere a reddito gli immobili, riuscendo così a potenziarsi. La seconda novità è lo stanziamento per le attività dell’Agenzia di 2 milioni di euro per il 2011, aggiuntivi al nostro bilancio ordinario, e di 4 milioni per il 2012. Questo dovrebbe permetterci di crescere e di rafforzarci, da qui la decisione di avviare le sedi secondarie». Sopra, il prefetto La Provincia di Palermo ha proposto una Marco Morcone, dell’Agenzia modifica della normativa sui beni sequestrati, direttore nazionale per i beni tra cui la possibilità di destinare una parte del sequestrati e confiscati Fondo, costituito con le somme sequestrate alla criminalità; a destra, alla mafia, alle associazioni, alle onlus e alle beni sequestrati cooperative che gestiscono i beni confiscati. al boss brindisino Ciro Cannone Lei cosa ne pensa? «In realtà, non ho alcun ruolo in questo. I fondi sequestrati e poi confiscati vengono assegnati direttamente a Equitalia giustizia, e quindi al Fug (Fondo unico giustizia), che li utilizza per finanziare il ministero della Giustizia, la magistratura, l’Autorità giudiziaria e le forze dell’ordine. Impiegare una parte, seppur minima, di questo fondo è al momento un po’ difficile, in PUGLIA 2011 • DOSSIER • 199
LEGALITÀ
Sopra, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Gianni Letta, il prefetto Morcone, il ministro dell’Interno Maroni, il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso e il ministro della Giustizia Alfano all’inaugurazione, il 15 agosto scorso, della Bottega dei sapori, realizzata in una delle case confiscate alla famiglia del boss Bernardo Provenzano
un’ottica di suddivisione delle risorse che risultano sem- cando dei momenti di transazione possibili e sopportapre inferiori alle necessità rivendicate dai soggetti coinvolti. Capisco il fascino della proposta, ma si tratta di una questione senza dubbio complicata. Basti pensare alla polemica, riproposta più volte anche dalla stampa, che riguarda le forze di polizia o la magistratura e le loro fondate richieste di risorse. Sul fronte dei beni, dei terreni e delle abitazioni gestiti dall’Agenzia si può fare molto, anche di più di quello che stiamo già facendo, tramite un’attenta azione di monitoraggio e di redistruzione di beni assegnati ma utilizzati con la dovuta efficacia». A questo proposito un’indagine della Corte dei Conti ha rilevato che il 52,6% dei beni confiscati restano inutilizzati. Può indicare le criticità che ancora persistono? «Le criticità sono di diversi tipi. Alcune dipendono dalla difficoltà di una decisione giudiziaria ineccepibile ma complessa sotto il profilo della sua applicazione, ad esempio il sequestro e la confisca per quote: quando viene confiscato il 50% di un’abitazione diventa difficile gestire la situazione, soprattutto se l’altro 50% appartiene a un congiunto della persona a cui la casa è stata sequestrata. Altra criticità è rappresentata dalle ipoteche. Bisogna oggi ridiscutere tutto questo con le banche, cer-
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bili. In difficoltà si trovano poi molti Comuni sul fronte dell’utilizzo dei beni. In alcuni casi, gli enti hanno effettivamente in mano un numero così alto di immobili o terreni da avere problemi nell’assegnarli tutti. Spesso sono i paesi più piccoli a incontrare i maggiori ostacoli, proprio perché si tratta di ambiente circoscritti e magari inquinati». Quali misure si dovrebbero, a suo avviso, adottare per ovviare a queste problematiche? «In questo senso, stiamo avviando un accordo con alcuni sindaci, che ritengo estendibile a tutti i primi cittadini del Paese, sul monitoraggio delle situazioni più complesse per cercare di arrivare a una loro definizione: mutare la destinazione di un bene o assegnare quel bene in modo diretto. Se ciò non dovesse succedere, disponiamo comunque di strumenti contenuti nella legge: ci riprendiamo il bene o inviamo un commissario ad acta. Fino ad oggi, non ho mai optato per quest’ultima scelta, perché mi sembrava fuori luogo e arrogante, dal momento che l’Agenzia è avviata da pochi mesi. Man mano che si scava a fondo nei problemi, cercheremo con i sindaci una corretta soluzione fin dove sarà possibile. Se si procederà oltre, interverremo direttamente».
LEGALITÀ
Serve un sistema virtuoso contro l’illegalità Rendere più fluido ed efficace il meccanismo di gestione, di trasferimento agli enti locali e poi di valorizzazione sociale dei beni confiscati alla mafia. È una delle priorità della Regione Puglia, come illustra l’assessore Nicola Fratoianni Francesca Druidi
Nicola Fratoianni, assessore alle Politiche giovanilie alla gestione dei beni confiscati della Regione Puglia
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V
entuno progetti presentati entro il 18 giugno 2010 e i primi 4 finanziati entro la fine dello stesso mese. Sono stati i primi risultati dell’iniziativa “Libera il bene”, promossa dalla Regione Puglia e finalizzata ad aiutare, tramite bando pubblico, gli enti locali pugliesi destinatari di beni confiscati alla criminalità organizzata ad affrontare le spese per la ristrutturazione e la riconversione di questi beni a scopi sociali, economici e di tutela ambientale. Già partiti sono i progetti dei Comuni di Lecce, Cerignola, Ugento e Taurisano mentre, come evidenzia Nicola Fratoianni, assessore regionale alle Politiche giovanili e alla trasparenza, «con una delibera del 30 novembre, abbiamo ammesso a finanziamento altri tre progetti tra quelli candidati, presentati dei Comuni di Sannicandro di Bari, Trani e Andria». La stessa disposizione, sottolinea Fratoianni, ha approvato un elenco di progetti non ammissibili per vizi formali o perché valutati con un punteggio inferiore alla soglia minima utile per il finanziamento. Come proseguirà il progetto “Libera il bene”? «Trattandosi di un bando a sportello, rispetto al quale fino all’esaurimento delle risorse si procede con la valutazione dei progetti da parte della commissione, seguiranno altri finanziamenti. Vedremo quante ulteriori iniziative riusciremo a coprire. Si tratta, infatti, di un investimento importante che va dai 600 ai 750mila euro erogabili per ogni singola proposta progettuale. Il finanziamento complessivo era dell’ordine di circa 8 milioni di euro e, quindi, ci stiamo avvicinando al limite delle risorse stanziate grazie al Programma Fesr 2007-2013. “Libera il
Nicola Fratoianni
Occorre reperire le risorse affinché i beni confiscati siano non solo sottratti al controllo malavitoso, ma anche restituiti al territorio
Sopra, un’immagine del Centro polifunzionale Fontanelle, bene confiscato alla mafia nel Comune di Ugento; sotto, il Comune di Taurisano
eni
bene” è un progetto innovativo in ambito italiano, unico caso in cui l’amministrazione regionale abbia lavorato all’attivazione di una vera e propria linea di finanziamento su questo fronte. Il problema della gestione dei beni confiscati, del resto, consiste nel reperire le risorse affinché questi beni siano non solo effettivamente sottratti -dal punto di vista legale- al controllo malavitoso, ma anche restituiti al territorio nella loro funzionalità. Il rischio, altrimenti, è quello che si determini un effetto boomerang». Sono in programma da parte della Regione ulteriori iniziative sul versante del recupero, della riconversione e del riuso dei beni confiscati alla criminalità organizzata?
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PROGETTI Numero di iniziative finanziate fino ad ora nell’ambito del programma “Libera il bene” della Regione Puglia
«Abbiamo innanzitutto attuato questa sperimentazione in collaborazione con il sistema delle associazioni antimafia, in particolare Libera, che ha costruito e accompagnato la realizzazione del progetto. Stiamo, inoltre, lavorando alla predisposizione di una legge regionale che istituisca un’agenzia pugliese, la quale però non si occupi esclusivamente di beni confiscati alla criminalità organizzata, considerando la presenza dell’Agenzia nazionale già preposta a questo scopo. L’obiettivo dell’amministrazione regionale è costruire elementi di sinergia con la struttura nazionale per rendere più fluido ed efficace il meccanismo di gestione, di trasferimento agli enti locali e poi di valorizzazione sociale dei beni confiscati alla mafia». Quali finalità avrà nello specifico quest’agenzia regionale? «L’agenzia a cui stiamo lavorando si ripromette di svolgere una serie di funzioni, tra cui anche l’ottimizzazione della gestione dei beni sequestrati in relazione con l’Agenzia PUGLIA 2011 • DOSSIER • 203
LEGALITÀ
nazionale, stabilendo nel complesso legami
con la rete delle associazioni e del sistema giustizia della regione. S’intende costruire un’azione a 360 gradi di promozione della cultura della legalità e di contrasto all’illegalità in rapporto con il territorio, le scuole, gli enti locali, le imprese. Sarebbe il primo caso in Italia di un’agenzia per la legalità e la giustizia capace di assolvere una serie di compiti, ovviamente nel rispetto delle competenze che ogni livello istituzionale riveste. Come tutti
mila RISORSE
Contributo massimo erogabile per ciascuna proposta progettuale nell’ambito dell’iniziativa “Libera il bene”
Più controlli per frenare le infiltrazioni mafiose A
l 2 dicembre 2010 erano 11.195 i beni definitivamente confiscati dall’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, di cui 922 in Puglia. «Credo che in regione la situazione sia, su questo fronte, complessivamente sotto controllo e adeguatamente presidiata dalle forze dell’ordine così come dalla magistratura», commenta Luigi Vitali (nella foto), deputato pugliese del Pdl e componente della II commissione permanente Giustizia. Il quadro in regione, come sottolinea Vitali, non è però omogeneo: «nel Foggiano lo scenario è più preoccupante in quanto si verifica - nonostante l’impegno - una maggiore difficoltà di penetrazione nel tessuto criminale da parte degli inquirenti rispetto al Barese e alle zone di Taranto, Brindisi e Lecce. A incidere è anche la particolare forma che assume la criminalità organizzata in questo territorio». Per Vitali la priorità resta un’efficace contrasto alla criminalità organizzata in grado di assicurare risultati rapidi ed evidenti nel sequestro e nella confisca dei beni. «In Puglia ci sono, grazie all’attività dei magistrati, delle prefetture e dell’Agenzia nazionale istituita dal governo. La Regione e le amministrazioni locali, non solo pugliesi, devono creare centri di controllo tesi a monitorare i grandi appalti e le grandi commesse dove si possono annidare gli interessi della criminalità organizzata, che oggi non si identifica solo con racket, droga e usura, ma anche con attività legali e d’impresa. A sviluppare la normativa antimafia e l’attività volta ad assicurare i beni confiscati alla collettività è lo Stato». E Vitali rimarca i risultati ottenuti dal governo in questi settori, «universalmente definiti come i migliori degli ultimi 30 anni, in termini di numero di latitanti assicurati alla giustizia e di beni confiscati e sequestrati. L’ultima normativa sugli appalti risulta ancora più incisiva e prevede tutta una serie di norme sulla tracciabilità dei pagamenti da parte delle Pa e delle committenze, che renderanno più labile il rischio di infiltrazioni mafiose». 204 • DOSSIER • PUGLIA 2011
gli operatori della giustizia sanno bene -a cominciare dai magistrati, ma anche chi sul piano sociale e politico lavora nel contrasto alle mafie- il territorio identifica uno spazio complesso, abitato da attori diversi. Per questo motivo, la costruzione di elementi di sinergia che mettano in relazione il contrasto repressivo e giudiziario con quello sociale e culturale, di concerto con l’azione amministrativa, come vorrebbe mettere in atto l’agenzia regionale, potrebbe rappresentare uno strumento molto importante». Quale sarà l’iter per la realizzazione dell’organismo? «La legge è quasi pronta, siamo avanti con la stesura. Sto svolgendo un lavoro di partenariato, di confronto partecipato con i soggetti coinvolti che si può dire a buon punto. Mi auguro all’inizio di febbraio di ottenere l’approvazione in giunta della legge e passare alla fase di discussione in consiglio regionale per l’attivazione. Già nel bilancio di previsione 2011, approvato il 28 dicembre in consiglio regionale, abbiamo attivato una voce specifica per l’istituzione dell’agenzia. Ciò ci permetterebbe, una volta approvata la legge, di avere nell’immediato la possibilità di dare concretezza al progetto. L’idea è utilizzare una parte importante delle risorse che vengono recuperate dal sistema della giustizia per reinvestirle in attività di implementazione del contrasto all’illegalità. La Procura di Bari ha, ad esempio, recuperato risorse in una maxi-inchiesta che riguarda una farma-truffa ai danni della Regione. Un’altra iniziativa è il Progetto Aurora di sostegno all’informatizzazione del fascicolo giudiziario promosso e finanziato dalla Regione in rapporto con le procure e i tribunali pugliesi. Nel rispetto delle diverse competenze e nell’ottica di una sinergia virtuosa, l’obiettivo è quello di rendere l’ente locale un soggetto di implementazione delle politiche della giustizia nell’accezione più larga, in termini di sostegno all’apparato e, in generale, di sviluppo del contrasto sociale, culturale e politico alla criminalità organizzata».
SEMPLIFICAZIONE BUROCRATICA
Una scossa per la giustizia Francesco Giardino, presidente del Tribunale di Brindisi, commenta le linee guida sulla giustizia del Piano per il Sud del ministro Fitto: «Plaudo all’iniziativa, giusto porre l’accento sul versante civile» Riccardo Casini
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ra le priorità strategiche previste dal Piano per il Sud, presentato dal ministero per i Rapporti con le Regioni e approvato a fine novembre dal Consiglio dei ministri, non poteva non figurare anche un intervento sulla giustizia: «la certezza dei diritti e delle regole», così viene definita nel piano, realizzabile attraverso una riforma del sistema attuale, soprattutto nella parte relativa alla giustizia civile, dove maggiori sono i punti critici. In attesa di conoscerne gli sviluppi attuativi, il piano ha ricevuto intanto diversi consensi. Uno importante, anche se condizionato, è quello che arriva da chi sul territorio opera quotidianamente, come Francesco Giardino, presidente del Tribunale di Brindisi, che dice di non poter che «plaudire» all’iniziativa del ministro Fitto, dal momento che «pone l’accento sui profili relativi alla giustizia civile, spesso relegata a livello politico al ruolo di Cenerentola in favore del versante penale». Ma le linee di intervento individuate risolverebbero i problemi attuali? Secondo Giardino, le criticità registrate dal Tribunale di Brindisi non sono diverse da quelle di altre strutture del Mezzogiorno. «Prima tra tutte, l’assoluta inadeguatezza a livello numerico del personale amministrativo: questo perché – spiega – da oltre dieci anni il ministero della Giustizia non assume nuove figure, non assicurando quindi il giusto turn-over salvo casi episodici». In secondo luogo, prosegue Giardino, «in ambito civile il problema è legato anche al sovradimensionamento della classe forense, con un rapporto tra abitanti e avvocati sperequato rispetto 206 • DOSSIER • PUGLIA 2011
al Nord e, ancora di più, agli altri Stati dell’Unione europea. C’è di conseguenza una quota della domanda di giustizia civile che non risponde alle necessità degli utenti, e questo è un problema avvertito soprattutto dalla stessa classe forense». Per risolverlo, secondo Giardino, è necessario risalire alle politiche in ambito universitario. «In Puglia abbiamo 4 facoltà di Giurisprudenza per 6 province: se da una parte questo consente un maggior risparmio alle famiglie degli studenti, dall’altra si offre un invito a molti giovani che poi difficilmente troveranno uno
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Occorrono le risorse per avviare le riforme ma anche quelle per farle funzionare, evitando di ricadere in un errore storico
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sbocco professionale». Il terzo, ma non meno importante, punto critico si trova «sul piano del diritto sostanziale: servono leggi quadro e normative chiare, non alluvionali come quelle sul mondo del lavoro. Ed è proprio a questo aspetto che fa riferimento il Piano per il Sud quando parla di “certezza contrattuale”». Lo stesso documento del ministro Fitto indica poi come cause principali del ritardo del Mezzogiorno l’elevato «indice di litigiosità», la maggior durata dei procedimenti e la quantità di procedimenti pendenti: Giardino conferma, anche se
«sulla litigiosità il divario tra Nord e Sud non è così netto, credo che la situazione sia piuttosto a macchia di leopardo. Ma è vero che qui si sommano le conflittualità tipiche delle realtà più avanzate a quelle delle società meno sviluppate, come dimostrano le molte controversie tra piccoli proprietari agricoli. Ma questo, e parlo per esperienza personale, avviene anche in certe zone montane del Nord Italia». A livello di soluzioni, il piano individua alcune linee di intervento (smaltimento dei procedimenti pendenti, accelerazione della riforma sull’obbligo di procedure conciliatorie e aumento della qualità dell’offerta attraverso pratiche di benchmarking) sulle quali Giardino è categorico: «Qualsiasi azione che ci faccia uscire dalla situazione attuale è ben accetta, ma non bisogna dimenticare che tutte queste ipotesi di riforma hanno un costo. E non tenere in considerazione questo aspetto significa condannarle da subito all’inattuabilità. Occorrono insomma le risorse per avviarle ma anche quelle per farle funzionare, evitando così di ricadere in un errore storico del Paese, quello di dare il via a processi di innovazione salvo poi interromperli per il concomitante venir meno delle risorse». Facile in questo senso leggere un riferimento alla recente polemica sui tagli ai servizi informatici, definito da Giardino «un problema in via di superamento, anche se per reperire i fondi si sono andati a modificare altri capitoli di bilancio». «Miglioramento tecnologico», «digitalizzazione dei documenti» e «processo civile telematico» d’altra parte sono obiettivi dichiarati del Piano, ma per Giardino «occorrerà trovare le risorse necessarie a fornire uffici e avvocati dei sistemi informatici adeguati, e in seguito a manutenerli e sostituirli una volta divenuti obsoleti. Di certo – conclude – se questa riforma si concretizzasse, sarebbe una scossa positiva, un colpo di frusta in avanti decisivo per il nostro sistema della giustizia». PUGLIA 2011 • DOSSIER • 207
IL RUOLO DEL PENALISTA
La passione della giustizia Ha assunto la difesa di imputati eccellenti così come di manager, imprenditori o semplici cittadini. Con una convinzione: «Ciò che mi conquista dell’avvocatura – spiega Franco Coppi – è la possibilità di contrastare un’ipotesi accusatoria per contribuire a evitare che un’ingiustizia possa essere consumata» di Gloria Baldini
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Professor Franco Coppi
n’avvocatura “artigianale”, quasi in bianco e nero, fatta sulle carte. Una filosofia che si respira già entrando nel suo studio, condiviso con pochi e fidati collaboratori. «Mi piace poter seguire i processi dalla prima all’ultima battuta – ammette Franco Coppi – e confrontarmi alla pari con i collaboratori, ai quali chiedo soltanto preparazione, passione e spirito di sacrificio». E questo metodo di lavoro si traduce anche in un modo d’essere. Tutt’altro che verboso, il noto penalista italiano fa suo uno stile essenziale, stringato. è chiaro, arriva sempre dritto al punto. Forse perché è abituato a dividere la sua professione tra le aule dei tribunali e quelle dell’università. Ad arringare e, al contempo, a spiegare. Due facce di una stessa professione. «Una lezione ben riuscita, un allievo che elabora una buona tesi o vince un concorso universitario – assi-
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cura – sono grandi soddisfazioni. Pari a quelle che si possono provare quando, sapendo di aver combattuto una giusta battaglia, si ha la consapevolezza di aver contribuito all’affermazione della verità e della giustizia». Professor Coppi, la docenza universitaria quanto è importante nella sua vita? «Il rapporto con gli studenti è ricco di un particolare significato umano. Esso obbliga il docente a rinnovarsi continuamente e a mettersi in discussione e lo aiuta a sentirsi coetaneo dei propri allievi. È questo forse il profilo più significativo dell’esperienza universitaria». In cosa sono diversi gli studenti di oggi da quello che era lei? «Nei miei allievi vedo le stesse speranze, preoccupazioni e timori che avevo anch’io quando frequentavo l’università. Forse il livello della preparazione di base, fatte le debite eccezioni, oggi è meno ricco di quello di un tempo; questo rende più difficile e meno proficuo il rapporto tra docente e studenti». Lei ha raccontato di avere intrapreso l’avventura forense “tanto per fare qualcosa”. A parte la scelta fortunata, cosa l’ha conquistata e cosa la continua a conquistare della professione? «La possibilità di rifiutare tesi preconcette e di contrastare un’ipotesi accusatoria, esaltando anche il particolare più piccolo, in favore dell’imputato per contribuire a evitare che un’ingiustizia possa essere consumata». A proposito di ingiustizie, spesso per poter contare su di una buona difesa, serve molto denaro. Questo significa che la legge
Franco Coppi
funziona meglio per chi è ricco? «Una difesa efficiente in un processo di media complessità costa indubbiamente parecchio e non c’è dubbio che chi ha maggiori disponibilità economiche può sostenerne meglio il peso. Vale la pena di aggiungere che non sempre gli onorari del difensore costituiscono la voce più cara». Dalla politica all’alta finanza, nella sua carriera ha avuto spesso a che fare con i cosiddetti poteri forti. Ma quali sono le loro maggiori debolezze? «L’incapacità, specialmente nei momenti più delicati e nei quali maggiormente si sente la necessità di assumere responsabilità, di respingere soluzioni demagogiche, di rispondere “no” a richieste farneticanti e di assumere decisioni anche impopolari nell’interesse generale, mettendo da parte quello personale o della propria parte». Lei ha seguito tanti processi celebri che hanno fatto storia. Che Italia le hanno restituito? «Nella misura in cui è lecito generalizzare, lo spaccato che emerge, specialmente nei processi in materia di criminalità economica e dei colletti bianchi, è quello di un Paese nel quale
la corruzione è molto praticata, i furbi e gli improvvisatori hanno rapidi successi, e altrettanto rapide cadute devastanti per la collettività, per l’efficienza degli apparati pubblici e per le loro capacità di vigilanza, controllo e intervento piuttosto limitate». C’è un caso, una difesa, che nel passato le sarebbe piaciuto assumere? «Ne ricordo qualcuno, ma sono stati trattati da avvocati così grandi da farmi passare qualsiasi voglia». Quanto è importante il rapporto umano con l’assistito? «Non è necessario un particolare feeling con l’assistito. L’importante è che non sia del tutto antipatico e che soprattutto sia corretto nei confronti del proprio legale e consapevole dei limiti che lo stesso suo difensore deve osservare nell’esercizio della difesa». In due casi eccellenti ha rinunciato alla difesa. Cosa viene a mancare quando questo accade? «Le ragioni per le quali si rinuncia alla difesa possono essere le più varie. In genere può intervenire una divergenza di opinioni sulla linea di difesa da seguire e in questo caso deve prevalere la volontà dell’assistito». PUGLIA 2011 • DOSSIER • 213
GRANDI PROCESSI
Il mio ideale di libertà
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processi mediatici. Quelli che dalle aule di tribunale passano senza possibilità di appello alle corti televisive. Ma quali e quante sono state le stagioni dei grandi processi, in Italia? E chi sarebbe in grado di ricordarne qualcosa al di là di condanne, opinioni e assoluzioni consegnate alla memoria collettiva attraverso pezzi di cronaca? Non si tratta degli infiniti dibattimenti condotti fuori dalle aule di giustizia, ma delle pretese disquisizioni sulla giustizia stessa. Magari, sulle sue forme processuali. Prova a farlo Gioacchino Sbacchi, penalista palermitano con una lunga carriera in processi eccellenti. Come si è formato in lei il concetto di giustizia? «Io non ho una tradizione familiare nell’avvocatura. Mio padre era un commerciante che ha allevato quattro figli, insegnandomi il lavoro e la dedizione assoluta. Mi ha dato una scala di valori, sui quali ho costruito con entusiasmo giovanile il mito dell’uomo libero che tutela con ogni mezzo l’ideale di libertà di cui è portatore. E l’ho identificato con la figura dell’avvocato. Io non ho mai pensato di fare il magistrato. Attraverso l’ammirazione per le figure di incomparabili professionisti del secolo scorso, il mio entusiasmo ha continuato ad alimentarsi. Penso a Francesco Carnelutti e ad Alfredo De Marsico, impareg-
Ha avuto importanti maestri dai quali ha imparato i fondamenti della professione. Rigore e severità verso se stessi. Le riflessioni di un grande avvocato: Gioacchino Sbacchi di Antonella Girardi
giabili personaggi che hanno onorato l’avvocatura in Italia, scrivendone la storia. Ecco, così è nata l’idealità giovanile del sistema di giustizia, coltivata attraverso le letture e lo studio universitario. Ma, già dal secondo anno di università, la teoria si è congiunta alla pratica: sono entrato nello Studio di Paolo Seminara, che posso considerare il mio maestro, per confrontarmi il prima possibile con la realtà». Quali sono state le difficoltà che ha incontrato nel lavorare a Palermo? «Lo studio delle carte è alla base di tutto, a inizio o a fine carriera, a Palermo come a Torino. Bisogna leggerle, dalla prima all’ultima. Quando ho iniziato, l’avvocato stava in cancelleria e schizzava appunti personali, apprendendo nell’immediato tutte le fasi del processo con le relative mancanze e storture. Il mio maestro mi ha insegnato a essere come lui: uno studioso rigoroso ed estremamente severo con se stesso. Sono arrivato così al mio primo processo». Fino a che punto pensa possano spingersi le indagini dell’avvocato? «Le indagini difensive passano spesso attraverso i consulenti, in caso di necessità bisognerebbe quindi assicurarsi livelli di consulenza altissimi. L’imputato lo può sempre sostenere questo sforzo economico? Non si può guardare alle indagini difensive come al toccasana, il pubblico ministero dispone di mezzi smisurati e può assicurarsi immediatezza di risposte a qualsiasi livello di qualità. Pensiamo poi che se il pm convoca una persona informata sui fatti, questa è obbligata a rispondere, mentre può rifiutarsi di farlo nei confronti dell’avvocato. Nella pratica, non c’è comunque condizione di parità tra le parti. Io penso che il si-
A sinistra, l’avvocato Gioacchino Sbacchi
Gioacchino Sbacchi
stema giudiziario presenti delle distorsioni. Un’indagine preliminare, per come è congegnata oggi, è la visione particolare del pm: una raccolta di carte che segue un determinato percorso, il quale di sovente si traduce in una richiesta di provvedimenti cautelari. Credo che occorra intervenire proprio sull’indagine preliminare, perché si assicuri la difesa al di là di quelli che sono gli atti cosiddetti assistiti, i soli a cui può partecipare il difensore. Il pm può svolgere fino a due anni di indagini, senza che nessuno sappia niente e può chiedere l’arresto a seguito di un’attività svolta nel segreto più assoluto». Lei cosa modificherebbe? «Se il pm conduce alcune indagini rispetto alle quali il giudice non conosce nulla o quasi, sarei dell’opinione che non sia il Gip a dover emettere il provvedimento cautelare, sommerso all’improvviso da un oceano di carte da vagliare in tempi brevi. Situazione ardua per effettuare un controllo a tutela del cittadino, spesso accusato di reati gravissimi che postulano interventi immediati. I Gip sono oltretutto in rapporto numerico
di inferiorità, a Palermo sono una decina a fronte di più di settanta magistrati. È mia opinione che la materia della custodia cautelare debba essere riformata. Il provvedimento di restrizione della libertà a garanzia del cittadino indagato dovrebbe essere sottratto al Gip e affidato a un tribunale diverso da quello del riesame, cioè un organo collegiale non condizionato dalle tempistiche». E quali riforme proporrebbe? «Penso che sia necessaria una riforma per temperare i poteri assoluti del pm e che vada anche rivisitata la materia delle prove. Nell’ordinamento processuale è stata introdotta una sorta di prova legale in materia di dichiarazioni rese da coimputati, collaboratori di giustizia nella quasi totalità dei casi. Questa si presta a valutazioni soggettive e illiberali con quanto ne consegue sul piano della giustizia sostanziale. Comunque è proprio tutta la strutturazione del processo penale che andrebbe rivista. Posso dire che il processo Contrada è stato proprio la somma algebrica delle peggiori deformazioni processuali. Se si creano regole di valutazione della prova per cui basta la somma di dichiarazioni inutili, inconsistenti, per determinare la colpevolezza di un cittadino, è chiaro che si possa soccombere. Penso che sia anche necessario dare attuazione ai principi fissati dall’articolo 111 della Costituzione, dalla tutela del contraddittorio alla garanzia del diritto alla prova, fino all’effettivo esercizio del diritto di difesa e della parità delle parti. Tutto questo è però rimasto lettera morta». PUGLIA 2011 • DOSSIER • 215
DIRITTO FALLIMENTARE
La responsabilità della persona giuridica La crisi del principio “societas delinquere non potest”. L’avvocato Carlo Federico Grosso illustra come progressivamente si è evoluta la dottrina penalistica in questo ambito Nike Giurlani
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esponsabilità delle persone giuridiche: com’è cambiata la dottrina penalistica. «All’inizio, nel 2001, i reati previsti agli effetti della responsabilità delle persone giuridiche erano pochi, ma con successive integrazioni legislative il loro numero è stato molto ampliato», spiega l’avvocato Carlo Federico Grosso. Si va dalla truffa a danno dello Stato ai delitti informatici, dal trattamento illecito dei dati ai delitti di criminalità organizzata, da quelli di concussione e corruzione fino a taluni delitti contro l’industria e il commercio, ai reati societari e numerosi altri. «L’arco della possibile responsabilità delle società è pertanto L’avvocato Carlo Federico Grosso in alto, un momento del processo Parmalat
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ampia ed esaustiva» rileva l’avvocato. Tra i processi più noti per quanto concerne la responsabilità delle persone giuridiche, Grosso menziona due casi ai quali ha partecipato personalmente in qualità di difensore di una delle parti: Parmalat e il processo contro alcune banche per truffa al Comune di Milano. Il nostro diritto positivo basato sul principio “societas delinquere non potest” esclude che si possa configurare una responsabilità penale in capo alle persone giuridiche. A cosa è dovuto lo sgretolamento di questo principio? «Il principio “societas delinquere non potest” ha costituito per decenni un pilastro della scienza giuridica penalistica. A partire dagli anni 80 e 90 del Novecento, ha cominciato tuttavia a essere messo in discussione dalla dottrina penalistica, a cominciare da un celebre scritto del professore Franco Bricola. Progressivamente è emerso, come dominante, l’orientamento opposto, e cioè il presupposto che fosse opportuno colpire direttamente, anche sul terreno penale, e ovviamente con sanzioni penali confacenti di natura pecu-
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Nell’ordinamento italiano la responsabilità delle persone giuridiche è stata configurata come responsabilità amministrativa da reato
niaria o interdittiva, le condotte illecite societarie riconducibili a carenza di un’adeguata organizzazione di prevenzione dal crimine». Com’è disciplinata la responsabilità delle persone giuridiche nell’ordinamento italiano? Quali sono i presupposti per l’attribuzione della responsabilità? «Nell’ordinamento italiano la responsabilità delle persone giuridiche è stata configurata come “responsabilità amministrativa da reato”, e non come “responsabilità penale”. In ogni caso, competente a giudicare è il giudice penale in un processo che ha le caratteristiche del processo penale (codice di procedura penale, con le modificazioni specificamente previste dal decreto legislativo 231/2001). Presupposto per l’attribuzione di responsabilità amministrativa da reato alle società è che sia stato commesso uno dei reati specificamente previsti dalla legge agli effetti di tale tipo di responsabilità, e che non sia stato adottato, ed efficacemente attuato, un modello d’organizzazione adeguato a prevenire i reati».
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Quali sono i reati per i quali le persone giuridiche sono chiamate a rispondere? Quali altri reati andrebbero inseriti? «All’inizio, nel 2001, i reati previsti agli effetti della responsabilità delle persone giuridiche erano pochi, ma con successive integrazioni legislative il loro numero è stato molto ampliato. Oggi le società possono rispondere di truffa in danno dello Stato e reati simili, di delitti informatici e di trattamento illecito di dati, di delitti di criminalità organizzata, di concussione e corruzione, di falsità in monete, di taluni delitti contro l’industria e il commercio, di reati societari, di delitti con finalità di terrorismo o d’eversione, di numerosi delitti contro la personalità individuale, dei cosiddetti abusi di mercato, d’omicidio e di lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro e della tutela della salute. L’arco della possibile responsabilità delle società è pertanto ampia ed esaustiva». Quali sono gli espedienti che possono trovare le aziende al fine di essere esentati dalle responsabilità? «Le società sono comunque esenti da responsabilità se, come ho già accennato, hanno adottato e attuato un modello d’organizzazione, di gestione e di controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi». Quali sono i casi più noti per quanto concerne la responsabilità penale delle persone giuridiche? «Con riferimento a processi ai quali ho partecipato personalmente in qualità di difensore di una delle parti, posso ricordare i processi Parmalat per aggiotaggio celebrati, o in corso di celebrazione, davanti alle sezioni I e II del Tribunale di Milano e il processo contro alcune banche per truffa al Comune di Milano, che è in corso di celebrazione anch’esso davanti alla sezione IV dello stesso tribunale». PUGLIA 2011 • DOSSIER • 217
VIGILANZA DEL SETTORE PUBBLICO
Maggior vigilanza sulla pubblica amministrazione È per molti versi discutibile il percorso normativo che ha modificato, negli ultimi vent’anni, il sistema di vigilanza sull’operato del settore pubblico. A parlarne è l’avvocato Natale Clemente Filippo Belli
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merge la necessità di ripristinare i sistemi di vigilanza rivolti all’azione della Pubblica amministrazione. Una richiesta che giunge tanto dal mondo economico, quanto da quello giudiziario e forense. A parlarne è l’avvocato cassazionista Natale Clemente, noto legale del foro barese, il quale spiega come la vigilanza e i controlli sull'azione amministrativa abbiano subito una notevole trasformazione nell'ultimo ventennio. «Da un sistema di controlli preventivi si è passati a sistemi di controllo successivi, spesso “autoreferenziati” – spiega Natale Clemente -. Nel controllo preventivo un soggetto “terzo” valuta l’atto,
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che non diviene efficace se non dopo il controllo positivo. Si tratta di un rimedio strutturalmente idoneo a prevenire, o comunque ridimensionare, azioni illegittime». La previsione di organi deputati al controllo preventivo sugli atti degli enti locali era previsto nell'articolo 130 della Costituzione. «Questo articolo era fondamentale. Faceva sì che gli atti venissero predisposti con cura, ricevendo eventuali correttivi all'esito dell'attività dell’organo di controllo. Si assicurava, in tal modo, un apprezzabile margine di correttezza dell'azione amministrativa nell'interesse generale». Come mai, allora, oggi la situazione è mutata? «Negli anni Novanta è iniziato un percorso graduale e costante di affievolimento dei controlli preventivi, sino alla loro abrogazione, dettata dalla Legge Costituzionale 3 del 2001, di rimozione dell'articolo 130 della Costituzione. Anche i controlli interni “complementari” a quelli preventivi sono stati progressivamente rimossi». Dunque sono cambiati anche i ruoli di chi è chiamato a vigilare sull’azione della Pa? «Emblematica è stata la trasformazione dei compiti del Segretario dell’Ente, il quale ha visto perdere il suo ruolo di responsabile dell'istruttoria e dell'esecutività delle delibera-
Natale Clemente
Natale Clemente, seduto, e da sinistra, gli avvocati Innocente Cataldi, M. Filomena Buccolieri, Antonella Iacobellis e Luca Clemente natale.clemente@tin.it
zioni degli organi collegiali degli enti. Inoltre, si è persa anche la sua autonomia rispetto all'organo politico che lo nomina, in particolare connessa all’istituzione dell’Albo dei Segretari. Quest’ultimo, tra l’altro, è gestito da un'agenzia autonoma, datrice di lavoro, il cui Consiglio di Amministrazione è partecipato anche dalla componente politica che lo nomina. Paradossalmente, tutto ciò è avvenuto quando il sistema dei controlli preventivi sugli atti amministrativi si rendeva ancor più necessario». A cosa si riferisce? «Alla naturale componente giuridica presente in ogni atto amministrativo. La realizzazione di un atto, oggi, richiede una marcata competenza giuridica, legata ovviamente alla costante evoluzione normativa. In Italia abbiamo conferito poteri immensi a funzionari che, seppur preparati “tecnicamente”, non possono avere, per formazione ed esperienza, conoscenze sufficienti della materia giuridica, specie relativamente alle normative europee». Questo cosa comporta? «Il risultato è che si presta il fianco ad atti amministrativi di scarsa qualità e, di conseguenza, a episodi di mala gestio sempre più frequenti. Si è diffusa una considerazione dell’esercizio del potere come la manifestazione e la sintesi di rapporti di forza avulsi dalla funzione tipica dell’atto. E quando l’attività involge interessi privati, al danno “erariale” si aggiunge la beffa subita dal cittadino, il quale si ritrova costretto a rivolgersi alla giustizia amministrativa e penale per riparare al danno». Eppure in questi ultimi anni si sono creati nuovi istituti proprio rivolti alla verifica della correttezza degli atti, pensiamo solo all’Autority. «È vero, ma questi istituti non sono stati in grado di colmare il vuoto. Sono tutti organi
PER IL TERRITORIO N atale Clemente è noto, nell’ambito del diritto amministrativo e dell’attività negoziale, per aver prestato consulenza legale su grandi opere, anche strategiche di rilevanza nazionale, in particolare per gli aspetti urbanistici, ambientali e di concreta realizzazione. In questo ambito – spiega Clemente Occorre una costante attenzione ai rapporti fra procedimenti amministrativi e interessi in essi coinvolti e il loro raccordo». Anche per questo il legale di Bari conosce da vicino il mondo degli Enti e della Pubblica amministrazione. Attualmente, dal suo studio del capoluogo di Bari, ha creato uno staff di cui fanno parte anche gli avvocati Luca Clemente, Antonella Iacobellis, M. Filomena Buccolieri, Innocente Cataldi, e i dottori Maria Giovanna Fortunato e Daniele Ventura.
privi del connotato della prevenzione e dall’ambito di competenza circoscritto. E poiché il controllo preventivo riduceva i margini di errori e di abuso del potere, la sua cancellazione causa dei fenomeni degenerativi». Quale soluzione propone? «Mi auguro, vista la situazione, che il Legislatore riconsideri la possibilità di istituire autorità terze deputate all’espletamento di funzioni di controllo preventivo di legittimità. E ciò deve avvenire su tutti gli atti amministrativi, con procedimenti “aperti” alla partecipazione. Ma soprattutto occorre risvegliare l’interesse dei cittadini. Abbiamo diritto a una Pubblica amministrazione che agisca secondo i principi di giustizia, efficienza, economicità e trasparenza. Da questo ne trarremmo tutti un sicuro giovamento». PUGLIA 2011 • DOSSIER • 219
RIORDINO OSPEDALIERO
Problemi per il riassetto sanitario pugliese
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l piano di rientro dal deficit sanitario della Regione Puglia - l’accordo è stato siglato con il governo lo scorso novembre - prevede l’avvio di un processo di riqualificazione e di riorganizzazione del servizio sanitario pugliese e il riordino della sua rete ospedaliera. Il regolamento per il piano di riordino ospedaliero è stato approvato a dicembre dalla Giunta regionale, ed è finalizzato, si legge all’articolo 1, al miglioramento della qualità, all’appropriatezza dell’offerta ospedaliera e al contenimento della relativa spesa, ottenuto riducendo i ricoveri (la Puglia risulta oggi come una delle regioni con il maggior numero di ricoveri inappropriati) e, contestualmente, i costi strutturali sostenuti per l’assistenza ospedaliera. Per centrare questo obiettivo il regolamento prevede l’adozione di quattro fondamentali misure: la riduzione dei posti letto per acuti; la disattivazione di stabilimenti ospedalieri con un numero di posti letto inferiore a 70, ovvero con meno di tre unità operative per acuti o sulla base dei dati complessivi di attività e del grado percentuale di utilizzo della struttura da parte dei cittadini residenti nel comune in cui insiste la struttura; la riconversione di alcuni degli stabilimenti ospedalieri disattivati in strutture sanitarie territoriali, sulla base del fabbisogno assistenziale del territorio nonché delle risorse a disposizione e dell’attività prevalente dello stabilimento interessato; accorpamenti e disattivazioni di unità operative all’interno di stabilimenti ospedalieri non ricompresi nei precedenti gruppi, tenendo conto di eventuali gravi carenze di organico, del tasso di occupazione medio registrato nell’ultimo triennio, del 228 • DOSSIER • PUGLIA 2011
Riduzione dei posti letto, disattivazione e riconversione di numerose strutture. Sono queste le prime azioni intraprese in Puglia dopo l’approvazione del regolamento regionale di riordino della rete ospedaliera. E le proteste non si sono fatte attendere Michela Evangelisti
grado di inappropriatezza delle prestazioni erogate nell’ultimo triennio. Tra le azioni intraprese immediatamente dopo l’approvazione del regolamento, la riduzione di 1.513 posti letto, operata con prevalente riferimento ai posti letto pubblici, che consente il pieno rispetto dello standard di 4 posti letto per mille abitanti previsto dall’intesa Stato-Regioni del 3 dicembre 2009, attestandosi il numero effettivo di posti letto sul valore di 3,50 per mille abitanti. In secondo luogo, la disattivazione di 15 stabilimenti ospedalieri (quelli di Ruvo di Puglia, Bitonto, Santeramo in Colle, Minervino Murge, Spinazzola, Cisternino, Ceglie Messapica, Monte Sant’Angelo, Torremaggiore, San Marco in Lamis, Gagliano del Capo, Maglie, Poggiardo, Massafra e Mottola) e la riconversione degli stabilimenti ospedalieri di Rutigliano e Noci (covertiti in strutture extra-ospedaliere di riabilitazione) e di Campi Salentina (trasformato in presidio territoriale per la gestione delle cronicità). I territori interessati dalla disattivazione degli stabilimenti ospedalieri saranno oggetto - specifica il regolamento - di processi di potenziamento e riqualificazione delle attività assistenziali territoriali alternative al ricovero, quali assistenza domiciliare,
Il piano regionale
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Tra le azioni intraprese immediatamente dopo l’approvazione del regolamento, la riduzione di 1.513 posti letto, operata con prevalente riferimento ai posti letto pubblici
assistenza specialistica ambulatoriale, assistenza residenziale e semiresidenziale, riorganizzazione della medicina di gruppo. Ma questo non ha rassicurato i cittadini residenti nelle zone interessate dai provvedimenti di riordino, che hanno fatto sentire la propria voce contro quella che, a loro parere, è una manovra che non rispetta il diritto alla salute dei cittadini e i criteri di qualità e appropriatezza. Una delle ultime proteste (e forse la più provocatoria) è quella dei cittadini di Spinazzola, guidati dal sindaco Carlo Scelsi. La città non si rassegna alla decisione della Re-
gione di chiudere l’ospedale e lancia un referendum per chiedere l’annessione alla Basilicata. «La nostra — precisa Scelsi — non è una battaglia di campanile, ma di civiltà. Il piano di riordino ci penalizza ingiustamente, perché prevede la trasformazione delle due strutture, la nostra e quella di Minervino, in altrettante residenze sanitarie assistite». Passasse questa soluzione, gli abitanti di Spinazzola dovrebbero far capo all’ospedale di Canosa. «Anche per questo è però prevista progressiva chiusura — avverte il sindaco —. Siamo destinati ad andare ad Andria, a 50 chilometri da qui». PUGLIA 2011 • DOSSIER • 229
RIORDINO OSPEDALIERO
Un piano che trascura le esigenze del malato Un intervento deciso senza coinvolgere i cittadini, ignorando le loro reali necessità. Questo, secondo il consigliere regionale Maurizio Friolo, il nervo scoperto del piano di riordino della rete ospedaliera Michela Evangelisti
I Maurizio Friolo, consigliere del Popolo della libertà e vicepresidente della commissione consigliare Assistenza sanitaria e servizi sociali
l piano per il riordino della rete ospedaliera pugliese ha sollevato parecchie polemiche, in particolare in quei comuni che si vedranno privati del proprio ospedale. Proteste fondate secondo Maurizio Friolo, consigliere del Popolo della libertà e vicepresidente della commissione consigliare Assistenza sanitaria e servizi sociali, in quanto le decisioni sono state prese dalla Giunta senza il coinvolgimento dei cittadini, le cui esigenze devono essere messe al centro di ogni provvedimento che tocca il loro diritto alla salute. Quali sono le principali criticità legate al piano di riordino della rete ospedaliera pugliese? «La Puglia si trova oggi a rideterminare la sua rete ospedaliera perché la sanità in questi anni è stata in enorme crisi, con i pesanti scandali che tutti conosciamo. Mentre altre regioni, come la Campania o la Calabria, hanno richiesto il piano di rientro nel 2008, la Puglia non l’ha fatto, perché aveva la campagna elettorale in corso, e
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intanto i debiti aumentavano. Presentato finalmente il piano di rientro, sono stati decisi autonomamente dalla Giunta dei tagli importanti in sanità, senza che vi sia stato nemmeno uno studio epidemiologico per comprendere quali necessità fossero primarie rispetto ad altre. La scelta è stata quella di tagliare 1513 posti letto senza una logica, andando a creare così dei disservizi davvero importanti. Spesso gli ospedali vengono strumentalizzati, c’è campanilismo, ognuno cerca di difendere la propria struttura, però ritengo che sia comunque buona prassi ascoltare le esigenze del territorio. Penso, ed è quello che fino a poco tempo fa sosteneva anche il centro sinistra, che i risparmi ci devono essere, soprattutto in determinati settori, però al centro della sanità devono essere poste le esigenze dell’ammalato». Invece quali criteri sono stati seguiti per l’elaborazione del piano? «Il criterio adottato dalla Giunta è stato quello di intervenire con chiusure e riconversioni su quegli ospedali che non raggiungono i 70 posti letto o le 3 unità operative per acuti. Non si è tenuto però conto che spesso tali ospedali sono allocati in posizioni strategiche e, al di là delle distanze sulla carta, ci sono aree, ad esempio il Gargano, dove per percorrere pochi chilometri si impiegano parecchi minuti, preziosi in caso di emergenza. In sostanza si segue solo la logica del ri-
Maurizio Friolo
c sparmio, anche se poi non è prevista nemmeno una norma per contenere le spese inutili per acquisti ingiustificati di beni e servizi (come tanti macchinari per tac e risonanze magnetiche che poi non possono essere messi in funzione per mancanza di medici). La spesa va razionalizzata, ma dove ce n’è realmente bisogno». Non sono mancate le proteste dei cittadini: sono fondate? «Sono fondate perché non sono state coinvolte le popolazioni. Lo stesso Partito Democratico sui giornali locali contesta quotidianamente il metodo con il quale sono state decise le chiusure, perché è mancata la condivisione. La cosa più grave è accaduta poi con l’approvazione della legge di bilancio, dove si prevede che il piano di riordino della rete non venga discusso in Consiglio: approvato dalla Giunta passerà dalla commissione sanità, dove verrà espresso un parere consultivo, quindi non vincolante. Mancherà dunque un vero dibattito democratico. Anche se l’assessore ha garantito che piccoli ritocchi saranno possibili». Quali saranno le modifiche che la com-
Ci opporremo ai tagli a casaccio e insisteremo perché venga offerta almeno una superspecialità per provincia, per qualificare la sanità ed evitare mobilità extraregionali
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missione andrà quindi a chiedere? «Per quanto riguarda la psichiatria, chiederemo il rispetto della legge nazionale e regionale, che prevede l’impossibilità di mantenere attivi reparti con più di 15 posti letto. Poi ci opporremo ai tagli decisi a casaccio, laddove c’è la reale necessità di andare a curare determinate patologie, e insisteremo perché venga offerta almeno una super specialità per provincia, al duplice scopo di qualificare la sanità ed evitare le costose mobilità extraregionali. Ad esempio all’ospedale Perrino di Brindisi vengono tagliati 144 posti letto, non viene data la chirurgia toracica, come era previsto, e in compenso ci saranno 52 posti letto di geriatria: ritengo che un ospedale di eccellenza non possa essere un cronicario. In sostanza vogliamo che siano rispettati i Lea - livelli essenziali di assistenza – previsti dalla legge». PUGLIA 2011 • DOSSIER • 231
CHIRURGIA MININVASIVA
Chirurgia robotica, il futuro dell’urologia
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In apertura, il dottor Giuseppe Mario Ludovico, direttore del Centro di Chirurgia Robotica, Laparoscopica e Mininvasiva e della Struttura Complessa di Urologia, presso l’Ospedale Generale Regionale “F: Miulli” di Acquaviva delle Fonti
aliforniano, alto due metri e con quattro bracci meccanici dotati di decine di strumenti intercambiabili. Si chiama Da Vinci ed è l’ultima frontiera del sistema robotico nelle tecniche della chirurgia mininvasiva. È un robot capace, grazie alle sonde e ai ferri di cui dispone, di penetrare attraverso fori minuscoli per compiere operazioni di altissima precisione. Il chirurgo si siede a pochi metri dal robot e lo manovra attraverso una consolle costituita da un visore tridimensionale e da due sorte di joystick. Muove le dita e il movimento viene trasferito fedelmente allo strumento chirurgico che si muove con una precisione impensabile in chirurgia a cielo aperto. «Il robot deriva dal tentativo della Nasa di progettare, all’inizio degli anni ’80, un chirurgo non umano, capace di salvare le vite dei militari che cadono sul campo di battaglia» spiega il dottor Giuseppe Mario Ludovico. «Il progetto fallì ma da allora nacquero altri automi antenati del Da Vinci». Il robot è stato ideato e realizzato dalla Intuitive Surgical, azienda della Silicon Valley, che nel 2000 ha ottenuto la prima autorizzazione della FDA (Food and Drug Administration) e in tre anni è diventata monopolista a livello planetario. Attualmente nel mondo ci sono circa 1.000 Da Vinci in 90 paesi ma è l’Italia il secondo paese, dopo gli Usa, per numero di robot. Quali vantaggi comporta l’uso del Robot Da Vinci? «I vantaggi sono considerevoli: ridotte perdite ematiche, con minor necessità di trasfusioni, minor dolore postoperatorio e una più rapida ripresa alla vita quotidiana. Il robot è, soprattutto, l’evoluzione e il superamento dei limiti della laparoscopia dove il chirurgo opera tramite strumenti lunghi una trentina di centime-
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L’ultima frontiera della chirurgia mininvasiva è un sistema robotico. Divenuto metodologia di riferimento per il trattamento delle patologie urologiche. Giuseppe Mario Ludovico presenta il robot Da Vinci Lucrezia Gennari
tri, che amplificano il naturale tremore, e può avere una visione solo bidimensionale. Il robot ovviamente elimina il tremore e conferisce una visuale molto più completa, ingrandita. Inoltre può compiere fino a sette movimenti (con la laparoscopia ne erano possibili solo quattro), e si avvale di bracci meccanici che montano gli strumenti chirurgici, permettendo di arrivare laddove spesso il chirurgo si deve fermare. Il professionista, comunque, controlla ogni gesto da una consolle, in una visuale tridimensionale. Caratteristiche, queste, indispensabili soprattutto nella fase anatomica con il rispetto delle strutture anatomiche e nei tempi chirurgici ricostruttivi degli interventi».
Giuseppe Mario Ludovico
A destra, il robot Da Vinci. Sotto, il dottor Ludovico mentre manovra il robot giuseppeludovico@hotmail.com
Pensa che l’introduzione della robotica segni una “nuova era” della chirurgia? «La robotica non è solo una nuova tecnologia, ma una diversa interazione con il paziente: da analogica a digitale. Da questa direzione non si torna indietro, è il futuro. Non occorre discutere se la robotica sia giusta o meno, bensì pensare a come gestirla. Questo comporta anche la necessità di cambiare il modo di intendere gli ospedali. Migliori tecnologie a un prezzo possibile, con professionisti che le sappiano usare al meglio. La chirurgia robotica rappresenta una tecnologia sanitaria di grande interesse e potenzialità che merita una particolare attenzione, non soltanto nella cerchia dei professionisti, ma anche in coloro che, ai vari livelli di responsabilità delle organizzazioni sanitarie, sono chiamati a confrontarsi con le problematiche delle innovazioni tecnologiche nei contesti clinici». La presenza ad Acquaviva del robot Da Vinci a quattro bracci ha conferito all’Ospedale Miulli un ruolo di centro guida a livello nazionale, per la chirurgia mininvasiva, consentendo a molti pazienti di fruire dell’elevata tecnologia del sistema, diventando in breve tempo un elemento di riferimento per pazienti affetti da varie patologie urologiche. «Il robot definisce un sistema di informazioni per il chirurgo inimmaginabile sia nelle fasi demolitive che ricostruttive, contemplando una precisione anatomica non confrontabile con altre tecniche, e garantisce un minor danno tissutale con precoce ritorno alle proprie attività. La casistica chirurgica, presso il Centro di Chirurgia Robotica, Laparoscopica e Mininvasiva dell’Ospedale “F. Miulli” di Acquaviva delle Fonti, comprende ormai più di 500 interventi di chirurgia oncologica (prostata, vescica,
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Il robot definisce un sistema di informazioni per il chirurgo inimmaginabile sia nelle fasi demolitive che ricostruttive, contemplando una precisione anatomica non confrontabile con altre tecniche
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rene) e di chirurgia ricostruttiva (pieloplastiche, colposacropessie, adenomectomie prostatiche) con innumerevoli vantaggi sia clinici che economici in termini di degenza e di precoce ripresa delle attività lavorative. Il Sistema Da Vinci rappresenta il futuro della Chirurgia Urologica Oncologica non soltanto con la Prostatectomia Radicale Robotica, che è diventata ormai il trattamento di scelta per il trattamento del cancro prostatico, soprattutto nei pazienti giovani, ma in tutti quegli interventi dove siano necessarie ricostruzioni e suture complesse. Trovo che l’avvento di questa tecnologia obblighi gli operatori sanitari a rivedere molti concetti vetusti e anacronistici sulla gestione della sanità e ad un maggiore impegno nella gestione clinica e terapeutica». PUGLIA 2011 • DOSSIER • 233
IMPLANTOLOGIA
I vantaggi della tecnica All on Four Poche mosse, disagio ridotto e costi contenuti. Così l’innovativo sistema All on Four si adatta anche ai casi limite. Il dottor Francesco Ronzulli, pioniere del nuovo sistema di implantologia dentale, parla dei suoi benefici e dell’importanza di fare dell’odontoiatria una scienza in continuo aggiornamento Paola Maruzzi
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e immagini patinate che reclamizzano prodotti per l’igiene orale lo rappresentano in tutte le salse: smagliante, a trentadue denti, perennemente giovane e fresco. Ma al di là della finzione pubblicitaria esiste davvero la possibilità di ottenere un sorriso perfetto? Per rispondere bisogna scomodare il punto di vista dei professionisti del settore. Lo spiega meglio Francesco Ronzulli che si concede uno slancio possibilistico soffermandosi sulle nuove tecniche di implantologia. «Qualche speranza di passare dalle promesse alla pratica, quindi
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di avere nuovamente una bocca sana e bella, ce le dà il sistema All on Four che, in poche ore e in una sola seduta, consente il posizionamento di un’intera arcata dentaria fissa, sfruttando l’appoggio su quattro impianti. Di qui il nome: “tutto su quattro”, appunto. Una soluzione sorprendente, valida persino in presenza di deficit osseo». Grazie alla caparbietà del professionista barese Francesco Ronzulli, che opera nel suo ambulatorio di Bari-Carbonara e a Ruvo di Puglia, presso lo studio della dottoressa Maria Di Franco, la moderna procedura ha così varcato i confini del Sud Italia. Per il panorama odontoiatrico pugliese la All on Four appare come una novità, da chi ha appreso questa tecnica? «In effetti l’input va cercato altrove, fuori dai confini regionali. Ho frequento assiduamente la clinica del dottor Riccardo Benzi a Vigevano, in provincia di Pavia. Questi a sua volta è allievo e collega del portoghese Malò, che per primo mise a punto questa tecnica una decina di anni fa, suscitando un interesse mondiale». Il vantaggio della “tutto su quattro” sta nell’adattarsi anche in circostanze estreme, cioè dove manca il supporto osseo. «Esatto. L’incessante ricerca scientifica, abbinata alla profonda conoscenza dei materiali e dei metodi, rendono questi nuovi interventi
Il dottor Francesco Ronzulli e la dottoressa Maria Di Franco operano presso i centri di implantologia a Bari e Ruvo di Puglia www.studioronzulli.it
Francesco Ronzulli
particolarmente indicati per coloro che soffrono di edentulismo (mancanza di denti totale o parziale), per i portatori di protesi mobile e per i pazienti con denti totalmente compromessi e non recuperabili in altro modo. In definitiva è l’ultima occasione per chi desidera una dentatura fissa ed esteticamente perfetta, possibile anche laddove la maggior parte dei dentisti ha erroneamente escluso l’intervento». Addentriamoci nei dettagli tecnici. Come si procede? «Il trattamento prevede il posizionamento di quattro modernissimi impianti di nuova generazione, prodotti dall’azienda brasiliana Neodent, in posizioni strategiche secondo le lineeguida fornite dal dottor Malò. Tali impianti consentono di sostenere immediatamente la protesi provvisoria fissa, poiché sono posizionati lungo linee di forza dell’osso mascellare, in zone più resistenti e sane rispetto all’osso che in precedenza sosteneva i denti, spesso inadatto o danneggiato a causa di infezioni». Dal punto di vista del paziente qual è il vantaggio? «Tutte le fasi dell’intervento si svolgono ambulatorialmente in anestesia locale. Il paziente arriva in studio la mattina con la sua dentiera mobile o con i suoi pochi denti malandati, e torna a casa nel pomeriggio con un provvisorio fisso, pronto a sorridere e, soprattutto, a masticare. Dopo circa tre mesi, a guarigione ottenuta, viene montata una smagliante dentatura fissa definitiva». Quindi è alla portata di tutti? «Proprio così. Questa tecnica permette di re-
cuperare i cosiddetti casi limite. Allo stesso tempo riduce al minimo il trauma dell’intervento, preservando il benessere psico-fisico del paziente. Infatti spesso con la vecchia strategia che si affidava a pochi denti rimasti per ripristinare la salute dell’intera bocca, si rischiava di dover ripetere a breve tutto il lavoro, sottoponendo il soggetto a uno stress estenuante, oltre che determinare un dispendio economico».
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La tecnica All on Four permette di recuperare i cosiddetti casi limite. Allo stesso tempo riduce al minimo il trauma dell’intervento
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Questo permette di concludere che anche l’odontoiatria “provinciale” deve saper guardare ai successi internazionali. «Quando tecnologia, esperienza chirurgica e voglia di offrire al pubblico ciò che di meglio la scienza medica è capace di esprimere a livello nazionale e internazionale, anche le piccole realtà locali, come quelle in cui opero, diventano delle eccellenze. Oggi un paziente che desidera essere curato con le terapie più moderne ed efficaci, poco tempo fa appannaggio del Nord Italia, può farlo tranquillamente senza spostarsi dalla propria regione». PUGLIA 2011 • DOSSIER • 235
Michele Mirabella
La Puglia è il mio palco Bitonto e il borgo di Santo Spirito sono i luoghi dell’infanzia. Bari è quello della formazione e della realizzazione professionale. Tra il ricordo dell’Adriatico e quello legato ai teatri del capoluogo, Michele Mirabella racconta le mete dell’anima Francesca Druidi
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i sono sogni nella vita che paiono lontani, quasi irraggiungibili. Tra questi, si può senz’altro annoverare quello di riuscire a sfatare l’antipatico detto secondo cui “nessuno è profeta in patria”. Riuscire, infatti, a realizzare qualcosa di importante nella propria città, nella propria zona di appartenenza, non è una missione da poco. Ed è la sfida che attende Michele Mirabella, docente, regista teatrale nonché conduttore televisivo, amato dal pubblico che lo segue da anni con “Elisir” e oggi con la nuova trasmissione “Apprescindere”. Il 6 dicembre scorso ha diretto il dittico “Il Tabarro” di Giacomo Puccini e “Cavalleria rusticana” di Pietro Mascagni, chiamato a inaugurare la nuova stagione d’opera al teatro Petruzzelli di Bari. Non un luogo qualunque, come sottolinea lo stesso Mirabella: «Dirigere nel teatro che da bambino guardavo alla stregua di un tempio, che ho visto bruciare e poi essere ricostruito - io stesso ho collaborato per farlo ricostruire - rappresenta una grande soddisfazione». Non è un’emozione da poco, insomma. «Sono molto contento di questa chance che ho e, ribadisco, sono felice fino alla com-
mozione di inaugurare con la mia firma la stagione lirica del Petruzzelli». Nato a Bitonto, il professore della televisione italiana, come è stato più volte soprannominato, oltre alla passione che lo lega al teatro, ripercorre altri ricordi e fotografie del suo passato e del suo presente in Puglia, sempre con elegante ironia. Quali sono i paesaggi che maggiormente la legano a Bari? «Senz’altro sono legato ai cinema, ma soprattutto ai teatri di Bari, il Piccinni, il Kursaal e il Petruzzelli, dove ho vissuto il mio apprendistato artistico e professionale. Ma il luogo che più mi attrae di Bari è Bitonto, il paese nel quale sono nato. A dire il vero, mi piace tutta la provincia del capoluogo pugliese». Vi sono sensazioni che lei associa in maniera indelebile alla sua città natale? «Sento ancora in modo vivido gli odori e i profumi e ricordo bene la natura della mia infanzia. A stagliarsi nitidamente nei miei pensieri è poi il borgo di Santo Spirito, che si trova a undici chilometri da Bari, dove possiedo ancora quattro mura e un pezzo di prato. È davvero un borgo di mare meraviglioso, lo amo molto, an- PUGLIA 2011 • DOSSIER • 237
GENIUS LOCI
che perché vi ho trascorso tutte le estati dell’in-
fanzia. L’infanzia del favonio, del föhn, del vento caldo dell’estate. Rammento quando, verso le 2 del pomeriggio, si sollevava questa specie di alito bollente, secco, che poi diventava umido e sciroccaccio. Per questo mi piace. L’aria era, inoltre, intrisa di questo odore di salmastro delle alghe, del mare, dell’Adriatico, così brutale quando vuole, come sa essere solo un vero mare». Quali sono gli angoli, gli scenari, di Bari che consiglierebbe a chi non ha mai visitato la città? «Sicuramente lo stupendo Corso Vittorio Emanuele, lungo, arcigno e dolce allo stesso tempo. E poi Borgo Antico che identifica la radice, la semenza, da cui nascono la città moderna e il Borgo Murattiano. Volendo ci si può avventurare nel Borgo Murattiano, dove credo si concentri la più grande esibizione di negozi moderni d’Europa». Particolare sarà anche il rapporto con l’Università di Bari, che l’ha vista prima nei panni
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In apertura, Michele Mirabella; in alto, Menhir a Palombaio, frazione di Bitonto; nella pagina a fianco, il lungomare di Bari Foto: Viaggiare in Puglia (Assessorato al Mediterraneo, Cultura e Turismo della Regione Puglia)
di studente e successivamente nel ruolo di docente. «Sì, non può che essere tale. Tutta la vita universitaria è bella o almeno era bella, non ho certezze su come possa profilarsi allo stato attuale vista da uno studente. Di certo, io e i miei coetanei venivamo da un liceo come si deve. Eravamo felici di esserci emancipati dalla routine scolastica ed entusiasti della novità. Si sta parlando dei momenti più belli della nostra vita, però non lo sapevamo, non ne avevamo la contezza o la percezione». Tornando al teatro, è forse banale affermare come il suo legame con il teatro Petruzzelli sia decisamente ben solido. «Il 6 dicembre ho debuttato con il dittico di opere liriche “Cavalleria rusticana” e “Il Tabarro”
Michele Mirabella
Dirigere nel teatro che da bambino guardavo alla stregua di un tempio, che ho visto bruciare e poi essere ricostruito, rappresenta una grande soddisfazione
che ho diretto in occasione dell’inaugurazione della stagione del Petruzzelli, coronando il sogno della mia vita. L’ho già fatto con “Il Barbiere di Siviglia” il 24 settembre scorso ed è stato memorabile. Dirigere nel teatro che da bambino guardavo alla stregua di un tempio, che ho visto bruciare e poi essere ricostruito - io stesso ho collaborato per farlo ricostruire - rappresenta una grande soddisfazione. Non è un sogno da poco quello che si sta avverando. Sono molto contento di questa chance che ho e, ribadisco, sono felice fino alla commozione di inaugurare con la mia firma la stagione lirica del Petruzzelli. Credo
molto in questo genere di segnali e di emozioni. Provo forti queste sensazioni». Se dovesse fare riferimento a un piatto che ama e che apprezza della tradizione gastronomica della sua zona, cosa sceglierebbe? «È stata appena promossa sul campo la dieta mediterranea come patrimonio dell’umanità. E la Puglia ha una gran parte di merito in questo senso. La cucina mediterranea, e pugliese in particolare, è sontuosa di cose povere. Innanzitutto di grandi verdure: peperoni, sedani, finocchi, cicorie, lattughe, cardi, carciofi e sublimi cime di rape, oltre alle meravigliose fave. Io celebro in particolar modo il magnifico olio extravergine d’oliva della Puglia, soprattutto della zona di Bari, e segnatamente, di Bitonto». Può indicarmi un locale, un ristorante, in cui è solito recarsi? «Sono due. Frequento la celeberrima “La Pignata” e il ristorante-trattoria-pizzeria che, fin da quando eravamo ragazzi, ha ospitato i nostri frugali conviti, ossia la gloriosa Taverna Verde». PUGLIA 2011 • DOSSIER • 239