OSSIER
PUGLIA EDITORIALE
7
Raffaele Costa
L’INTERVENTO
9
Alfredo Mantovano Angelino Alfano
PRIMO PIANO IN COPERTINA Nicola De Bartolomeo
12
VERSO LE REGIONALI Rocco Palese, Nichi Vendola
18
FEDERALISMO FISCALE Raffaele Fitto
26
GIOVANI E POLITICA Stella Mele
30
MADE IN ITALY Santo Versace
32
L’ARTEFICE DELLA BELLEZZA 36 Giorgio Armani RITRATTI Benedetto XVI
42
L’INCONTRO Maria Pia Fanfani
46
IUS & LEX
ECONOMIA E FINANZA IL RE DEI DIVANI Pasquale Natuzzi
50
CONFINDUSTRIA L’impegno degli industriali
54
AGRICOLTURA E LAVORO NERO 64 Antonio Distaso, Vincenzo Grisorio Pietro Salcuni, Paolo Leccisi
108
TERRORISMO Stefano Dambruoso
116
LEGALITÀ Antonio Laudati
120
CLASS ACTION Antonio Catricalà Carlo Rienzi
74
NORMATIVA GIUSLAVORISTICA Francesco Amendolito
MERCATO DELLA PASTA Marcello Valentini Gian Domenico Auricchio
82
IMPRESA E NORMATIVA Mediazioni
128
GIUSTIZIA E IMPRESA Consulenza preventiva
130
FINANZA Alessandro Azzi Augusto Dell’Erba
88
STRUMENTI Il trust
132
IMMOBILIARE Normativa
134
EDILIZIA E NORMATIVA Bari
136
CONSULENZA Strategie d’impresa Strumenti per l’impresa Imprese responsabili 4 • DOSSIER • PUGLIA 2010
LOTTA AL RACKET Giosuè Marino Ottavio Severo
100
124
Sommario
I FALSI INVALIDI Massimo Navach
138
ENGINEERING L’area jonica
160
RIFLESSIONI La selezione necessaria La mediazione Il domani di Taranto
140
INTERIOR LIVING Vestire gli spazi
164
IL VALORE DELL’ATTO Paolo Piccoli
148
SANITÀ DEFICIT SANITARIO Antonio Leone Luigi D’Ambrosio Lettieri
170
152
ERRORI SANITARI Risarcimenti
178
INFRASTRUTTURE 156 Salvatore Giuffrè, Francesco Mariani Giuseppe Gurgiola
ODONTOIATRIA Implantologia
182
186
ALZHEIMER Terapie innovative
188
ESTETICA Trattamenti
190
ENERGIA E AMBIENTE POLITICHE ENERGETICHE 194 Stefano Saglia, Alessandro Clerici
TERRITORIO TURISMO Franco Chiarello
OFTALMOLOGIA Glaucoma
RINNOVABILI Fotovoltaico
198
REATI AMBIENTALI Giuseppina Chiarello
202
PUGLIA 2010 • DOSSIER • 5
L’INTERVENTO
Vincere la mafia colpendone il patrimonio di Alfredo Mantovano Sottosegretario all'Interno con delega alla Sicurezza
a lotta alla criminalità organizzata è stata una priorità di questo governo sin da subito. A testimoniarlo sono gli importanti risultati ottenuti finora. Un aspetto considerevole di quest’azione riguarda in particolar modo l’impegno volto a incrementare la quantità dei beni sottratti alla criminalità organizzata. Nei primi venti mesi di attività di governo, il valore dei beni sottoposti a sequestro ammonta a 6.894 milioni di euro, con un incremento dell’89% rispetto al periodo precedente; per quanto riguarda, invece, i patrimoni confiscati ci avviciniamo ai 2 miliardi di euro con un incremento di oltre il +300%. Si tratta di risultati ragguardevoli, raggiunti anche grazie a interventi mirati, tesi a rendere più efficace e celere la legislazione in materia, orientando l’azione di governo verso un’ancora maggiore incisività nell’andare a colpire gli interessi patrimoniali e finanziari delle varie organizzazioni mafiose. In quest’ottica, Sarà creato un desk interforze presto sarà creato un che punta a moltiplicare le desk interforze, una che punta a confische di patrimoni illeciti struttura moltiplicare i sequestri attraverso la sinergia tra le e le confische nei conforze di polizia e la Dia fronti di patrimoni illeciti attraverso un’azione di stretta si-
L
c
d
nergia tra le forze di polizia e la Direzione investigativa antimafia. Durante il Consiglio dei ministri tenutosi a Reggio Calabria è stato presentato un nuovo piano antimafia che prevede, tra i vari aspetti, importanti interventi in materia di certificazione antimafia, e la tracciabilità dei flussi finanziari per prevenire le infiltrazioni criminali. Ma, soprattutto, la costituzione di un’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati alle organizzazioni criminali che mira a tagliare considerevolmente le lungaggini che finora hanno scandito i tempi tra il sequestro del bene mafioso, la sua confisca e la nuova destinazione. In questo modo la villa di un boss potrà in breve diventare una nuova stazione dei Carabinieri o una scuola. Attraverso questa Agenzia contiamo di rendere ancora più cospicuo il Fondo unico giustizia, alimentato dai beni confiscati e sequestrati, in modo da assicurare una pronta disponibilità delle risorse da reinvestire nel sistema giustizia. PUGLIA 2010 • DOSSIER • 9
IN COPERTINA
UN IMPEGNO CONDIVISO PER IL RILANCIO I DELLA PUGLIA nnovazione. Perché la Puglia, le sue carte, nella partita dello sviluppo futuro, le gioca principalmente nei settori a elevato tasso tecnologico: l’aerospaziale, la meccanica, l’informatica. Formazione. Perché il patrimonio di un’impresa parte innanzitutto dal capitale di conoscenze e valori acquisiti dalle proprie risorse umane. Internazionalizzazione. Strada maestra, anche se al momento impervia, per chi vuole imboccare una ripresa stabile e duratura. Sono queste le tre linee guida che accompagnano i piani di sviluppo dei 15 distretti produttivi previsti dalla Regione Puglia. Distretti che, come sottolinea il presidente di Confindustria Puglia, Nicola De Bartolomeo, perseguono «la cooperazione tra grandi realtà, piccole e medie imprese, istituzioni e mondo della ricerca». Tre linee guida per aiutare il sistema economico a risollevarsi da una crisi internazionale che ha investito duramente la regione. Nel primo semestre del 2009, infatti, la contrazione del prodotto interno lordo pugliese si è attestata fra il 4,5 e il 5% rispetto allo stesso periodo del 2008. E «anche se le imprese hanno fatto il possibile per mantenere le risorse umane che avevano contribuito a formare direttamente – sottolinea il presidente De Bartolomeo – il tasso di disoccupazione continua a preoccupare». Ma il numero uno degli industriali pugliesi
12 • DOSSIER • PUGLIA 2010
La negativa congiuntura internazionale ha minato gli equilibri socio-economici della Puglia. Vanificando gli investimenti operati dagli imprenditori in termini di ristrutturazione aziendale ed export. Per Nicola De Bartolomeo, presidente di Confindustria Puglia, la ripresa della regione parte dalla sfida dell’innovazione e dai distretti produttivi. Aggregazioni virtuose per ritornare a competere sul mercato globale Francesca Druidi
non intende incoraggiare né tantomeno perseguire una logica del declino. Ben consapevole del ruolo di protagonisti dello sviluppo rivestito dagli industriali, «persone realistiche che agiscono sulla base della realtà che fotografano», De Bartolomeo sollecita un impegno ulteriore, uno sforzo eccezionale e condiviso, dalle istituzioni, dal mondo dell’università, della cultura e della ricerca, dal sistema bancario. Per far recuperare alla Puglia quella funzione trainante che, prima dell’avvento della crisi, esercitava nel Mezzogiorno italiano.
Nicola De Bartolomeo, presidente di Confindustria Puglia
Nicola De Bartolomeo
PUGLIA 2010 • DOSSIER • 13
IN COPERTINA
La strategia di rilancio della regione è legata a un modello di distretto in cui le imprese sono impegnate a “fare rete”. Come si riscrive il futuro di interi comparti chiave del sistema economico pugliese? «I distretti produttivi pugliesi prendono le mosse da uno strumento legislativo alla cui elaborazione è intervenuto attivamente anche il mondo imprenditoriale. I distretti nascono da un attento esame della realtà regionale e si propongono innanzitutto di imboccare la strada della cooperazione, incoraggiando l’aggregazione tra realtà produttive diverse in termini di caratteristiche, dimensioni e specializzazione. Un secondo obiettivo prioritario è proiettare i comparti considerati 14 • DOSSIER • PUGLIA 2010
dai distretti su scala sovra locale, agendo su tre campi di azione: internazionalizzazione, formazione a tutto campo e innovazione. Tre campi nei quali è fondamentale migliorare insieme, creando le condizioni più favorevoli per la ripresa. Condividere lo stesso tavolo – imprenditori con estrazioni e formazioni diverse, università, enti di ricerca, istituzioni – significa fare un salto in avanti notevole. Utilizzando i distretti come piattaforma di crescita, ci prefiggiamo di raggiungere risultati positivi in maniera più rapida». In quali settori emergono i maggiori segnali di ripresa? E quali sono le aspettative per il 2010? «La prospettiva è quella di una ripresa molto lenta e poco apprez-
zabile. Del resto, i danni prodotti dalla crisi sono stati violenti e hanno minato la consistenza delle imprese. Il cammino verso la ripresa resterà faticoso almeno per tutta la prima metà del 2010, ma potrebbe volerci anche più tempo. I fenomeni di crescita andranno perciò al ralenti e saranno riferiti ad alcuni settori piuttosto che al complesso del sistema produttivo regionale. Si escludono innanzitutto i settori tradizionali, ancora alle prese con criticità che vengono da lontano. La Puglia guarda al futuro con settori innovativi: l’aerospaziale, l’informatica, la meccatronica, tutti con buone prospettive di crescita. Si tratta di comparti tecnologicamente evoluti, in grado di ritagliarsi un maggiore spazio sui mercati».
Nicola De Bartolomeo
Mentre per quanto riguarda il settore dell’energia? «Sul fronte delle rinnovabili, si può dire che la regione abbia fino a questo momento compiuto le prove generali. Ha investito, ha proposto, ma non sta ottenendo quanto ci si sarebbe aspettato. Confindustria Puglia ha condiviso la scelta di un potenziamento delle rinnovabili, ma poi di fatto non è stato messo a punto un meccanismo capace di garantire un corretto adempimento delle procedure. Nonostante ciò, l’interesse verso questo settore resta molto forte. Numerose aziende sono nate in funzione di questa prospettiva e altre che già vi operavano, hanno investito in modo considerevole. È un comparto che, ad ogni modo, qualche risultato nel futuro lo potrà assicurare. Occorrerà però fare tesoro degli errori commessi. Un altro punto centrale riguarda i grandi impianti energetici, tra cui il rigassificatore di Brindisi e il progetto di riconversione della centrale nella raffineria dell’Eni a Taranto: vere e proprie note dolenti, sulle quali grava un’altalena tra segnali di disponibilità e posizioni aprioristicamente contrarie che ne frenano la realizzazione. Noi imprenditori riteniamo, invece, che non sia possibile oggi prescindere da certe strutture, che potrebbero garantire risultati immediati ma anche a lungo termine».
Nel consuntivo di fine 2009, lei ha avuto modo di rimarcare la lentezza della Regione nel procedere all’effettiva operatività dei distretti. «Quando sono emersi i primi segnali della congiuntura negativa che avrebbe poi investito il nostro Paese, i principali attori del mondo del lavoro hanno tentato di stimolare e coinvolgere gli enti locali, a cominciare dalla Regione. Ma la macchina politica e amministrativa pugliese si è dimostrata eccessivamente lenta nell’intercettare i fenomeni della società e i meccanismi d’impresa. Troppo tempo è stato impiegato per comprendere la gravità della situazione. Non voglio dire che non sia stato fatto nulla, ma quel periodo perso prima che fossero avviati i
primi interventi in termini di procedure e lavori da mettere in cantiere, lo scontiamo adesso. Non si è registrata una reazione immediata, una risposta adeguata a quelle che erano le preoccupazioni e le istanze presentate dal tessuto imprenditoriale». Cosa allo stato attuale chiederebbe al governo regionale come priorità per la Puglia? «Emerge l’esigenza di organizzare in maniera più la macchina amministrativa della regione, con un miglior coordinamento tra le funzioni e l’azione dei diversi assessorati. Un secondo aspetto, non meno importante, riguarda il funzionamento della pubblica amministrazione nel suo complesso. Non è più tollerabile che un Paese che vuole essere competitivo, PUGLIA 2010 • DOSSIER • 15
IN COPERTINA
debba trascinarsi ancora dietro una intervenuta sul tema del credito.
Dovremmo adeguare la pubblica amministrazione ai contingenti bisogni di sviluppo. Bisogni che necessitano di tempi certi, risorse utilizzate interamente, programmi chiari e condivisi. Senza sprechi e con maggiore equità e attenzione ai differenti contesti sociali
16 • DOSSIER • PUGLIA 2010
macchina amministrativa lenta, obsoleta, spesso lassista, regolata da norme a volte contraddittorie. Dovremmo adeguare la pubblica amministrazione ai contingenti bisogni di sviluppo. Bisogni che necessitano di tempi certi, risorse utilizzate interamente, programmi chiari e condivisi. Senza sprechi e con maggiore equità e attenzione ai differenti contesti sociali. Perché un territorio non può marciare in maniera discontinua». Abi e Confindustria Puglia hanno stabilito di comune accordo strumenti di credito in grado di sostenere le imprese. Come si profila la situazione in regione proprio sul versante dell’erogazione di risorse alle aziende del territorio? «Confindustria Puglia è da subito
Abbiamo anche stabilito un rapporto continuativo con l’Abi. Ma la sostanza rimane che le necessità delle aziende sono notevoli. Anche le banche hanno svolto la loro parte, tentando di sostenere le imprese meritevoli di aiuto, però anche in questo caso sono entrati in gioco meccanismi burocratici e formali adottati in tempi “normali”, quali i parametri di riferimento. Non ci sono state la capacità, la forza, il coraggio di ammettere che a un periodo di straordinarietà come quello che stiamo ancora vivendo, dovevano corrispondere atteggiamenti straordinari. Generalizzare è sempre ingiusto, i comportamenti degli istituti non sono tutti uguali. Ma allo stato attuale i bisogni delle aziende restano superiori agli sforzi e alla disponibilità delle banche».
VERSO LE REGIONALI
Una candidatura a testa alta e senza ombre La gente ha bisogno di un candidato che intenda «la politica come servizio non come convenienza». E Rocco Palese è convinto di incarnare il prototipo di governatore di cui la regione ha bisogno perché i suoi valori sono quelli della «concretezza e del lavoro vero Nike Giurlani
gombriamo il campo da false promesse e bugie». In Puglia è tempo di portare una ventata di cambiamento secondo Rocco Palese, occorre «fare pulizia» dei metodi e degli investimenti che la Giunta di Nichi Vendola ha portato avanti per cinque anni. È giunto il momento di attuare una politica con i cittadini e per i cittadini. Ed è per questo motivo che «i nostri punti di partenza sono l’amore per la Puglia e l’attenzione nei confronti dei pugliesi», dichiara il candidato Pdl alla poltrona della regione. Infatti «mai come oggi è fondamentale poter guardare negli occhi la gente a testa alta e senza ombre». L’obiettivo di Palese è fornire le risposte che i pugliesi da tempo richiedono, e pretendono, riguardo al lavoro, la casa e la sicurezza. Il ministro Raffaele Fitto ha definito la sua candidatura alternativa a una sinistra che, di giorno in giorno, mi sembra scivoli sempre più verso l’estremismo. Quali sono i punti base del suo programma? «Sono espressione di una coalizione molto ampia, di cui il Pdl è la parte principale ma non è l’unico partito. Il programma è in via di definizione e sarà certamente la sintesi delle sensi-
S
18 • DOSSIER • PUGLIA 2010
bilità, delle istanze, dei valori e dell’idea di sviluppo della Puglia che tutti noi abbiamo. Il centrosinistra incarna quasi solo sinistra estrema. Il Pd dopo la “batosta” delle primarie ha dovuto digerire Vendola come candidato, ma senza la minima convinzione e senza entusiasmo, visto che per due mesi aveva cercato di liberarsene. I nostri punti di partenza sono l’amore per la Puglia e l’attenzione nei confronti dei pugliesi. Da un lato bisogna migliorare la qualità della vita delle famiglie e aumentarne la forza sociale ed economica; dall’altro occorre sostenere le imprese e le iniziative volte ad attirare in Puglia nuovi investimenti. Infine, bisogna conferire una maggiore responsabilità all’ente Regione nella gestione e nella spesa dei fondi statali ed europei». Ha dichiarato che la sua vittoria che avrà “un effetto detersivo” sulla Puglia, che cosa intendeva dire? «In questi 5 anni, con tutti gli altri 25 colleghi consiglieri regionali di opposizione, abbiamo denunciato il fatto che la Regione veniva gestita come un’osteria. Lo si evince, purtroppo, dalle decine di inchieste giudiziarie sull’operato della giunta Vendola, sulle quali non abbiamo mai dato e non daremo neanche in cam-
Sopra Rocco Palese, candidato del Pdl alle regionali
pagna elettorale un giudizio, poiché questo compete alla Magistratura. Resta il fatto che la gestione targata Vendola è stata opaca, mirata non ai bisogni della gente, ma al consolidamento del potere e del consenso politico. Occorrerà quindi “fare pulizia” di questi metodi e di queste scelte clientelari».
Rocco Palese
Emergenza rifiuti in Salento. Che cosa non è stato fatto e che cosa bisogna attuare entro breve tempo? «Quello che Vendola ha trovato nel 2005 era un Piano rifiuti approvato, con gare concluse e contratti pronti da firmare, per dare avvio ai cantieri per la costruzione degli impianti di smaltimento pubblici. Entro 11 mesi sarebbero stati in funzione e a fine 2006 saremmo definitivamente usciti da anni di gestione emergenziale. Ma lui ha perso tempo e ha rifatto il piano dicendo un “no” ideologico ai termovalorizzatori anche dove le gare si erano concluse, generando contenziosi tra Regione e aziende, che sono stati pagati dai cittadini. Ha inoltre ipotizzato di portare la raccolta differenziata in Puglia al 55% in 5 anni, ma il risultato è stato che nel 2005 era pari al 9% mentre ora la
Bisogna sostenere gli imprenditori turistici, soprattutto quelli balneari, visto che nella nostra regione ci sono 850 chilometri di coste
media pugliese è del 12%. Solo in questi giorni, dopo quattro anni, si stanno inaugurando i primi impianti programmati da noi e intanto le discariche, quasi tutte private, sono state prorogate e/o ampliate da Vendola e sono diventate più alte dalla Tour Eiffel». Quali sono i provvedimenti che intende prendere per risolvere i problemi a livello di sanità? «Intanto sgombriamo il campo da false promesse e bugie. Nel 2005 Vendola dichiarò che il suo primo atto da presidente della Regione sarebbe stato la revoca del piano Fitto, accusato di essere causa di tutti i mali della sanità pugliese. Cinque anni
dopo, invece, è ancora in vigore lo stesso piano. Inoltre, mentre noi nel 2005 abbiamo lasciato i conti della sanità con 9 milioni di euro di attivo, Vendola oggi li lascia con un miliardo di euro di debiti. Senza contare che ha aumentato le tasse ai cittadini per ben tre anni, le liste d’attesa si sono allungate e i servizi sono peggiorati. La cattiva politica ha gestito la sanità per il proprio tornaconto. La prima cosa che faremo sarà approvare la legge che contiene tutte le proposte che per 4 anni abbiamo avanzato in Giunta e che per 10 volte Vendola e la sinistra ci hanno bocciato in Consiglio. Si tratta in primo luogo dei concorsi per la nomina di diret- PUGLIA 2010 • DOSSIER • 19
VERSO LE REGIONALI
In apertura, la costa pugliese; In questa pagina, la sede della Giunta regionale e l’aeroporto di Bari. Nella pagina seguente, l’interno di un ospedale
tori generali delle Asl, delle commis- litare l’iter di avviamento di nuove fondi europei destinati agli interventi sioni esaminatrici esterne per la nomina di primari, del controllo rigoroso dei conti e della spesa delle Asl che, in questi anni, per ammissione dello stesso Vendola, sono diventate delle slot machine da casinò». In estate il Gargano e il Salento sono mete turistiche molto ambite. Ci sono delle località che andrebbero maggiormente lanciate e quali iniziative di promozione turistica ha in mente? «Di certo non spenderemo mai 6,5 milioni di euro per tre notti bianche che nulla hanno portato come ritorno di immagine e di turisti. Bisogna sostenere gli imprenditori turistici, soprattutto quelli balneari, visto che nella nostra regione ci sono 850 chilometri di coste. Occorre poi faci-
20 • DOSSIER • PUGLIA 2010
imprese e investire in interventi infrastrutturali e in una reale promozione della Puglia in Italia e all’estero». Che cosa intende attuare per il settore agricolo? «È urgentissima una seria e coraggiosa riforma dei Consorzi di bonifica che la sinistra aveva promesso ed ha tentato di fare senza riuscirci, a causa di spaccature profonde nella maggioranza. In questi cinque anni la Regione ha anticipato centinaia di milioni di euro a fondo perduto per pagare le spese dei Consorzi senza che questi rendessero servizi agli agricoltori e a loro volta gli agricoltori hanno pagato cartelle esattoriali senza ricevere quei servizi. Serve poi competenza e coraggio nella gestione dei
strutturali, mentre la giunta Vendola ha paralizzato il piano di sviluppo rurale privando gli agricoltori dei soldi che avrebbero potuto avere in questo momento di gravissima crisi del settore». Lei ha dichiarato che sta stringendo alleanze con le migliaia di cittadini ed elettori che incontra in giro per la Puglia. Quanto conta instaurare un rapporto diretto con gli elettori? «In un momento in cui l’Italia esce brillantemente da una crisi economica, il Mezzogiorno e la Puglia devono recuperare la fiducia nella politica e nelle istituzioni. Mai come oggi è fondamentale poter guardare negli occhi la gente a testa alta e senza ombre. Oggi la gente vuole essere go-
Rocco Palese
I nostri punti di partenza sono l’amore per la Puglia e l’attenzione nei confronti dei pugliesi. Bisogna migliorare la qualità della vita delle famiglie e aumentarne la forza sociale ed economica
vernata da chi lavora davvero 20 ore al giorno e vive la politica come servizio, non come convenienza. Per questo io faccio la mia campagna elettorale in Puglia, per le strade, tra la gente, non sulle tv nazionali. Io posso guardare in faccia i pugliesi perché rappresento la concretezza e il lavoro vero. Vendola deve scappare dalla Puglia perché non ha il coraggio di guardare in faccia i giovani a cui promise senza mai darglielo il salario
sociale e di ammettere che la “sua” sanità è sommersa da debiti». Quali sono le iniziative che i cittadini richiedono con più urgenza? «Certamente il lavoro, la casa, la sicurezza. Il lavoro è un diritto sociale di ogni persona e la Regione ha il dovere di riformare profondamente il settore della formazione professionale che, se modernizzato è uno dei principali canali di avviamento al lavoro. Bisogna inoltre sostenere le Università per garantire ai giovani un sistema educativo e formativo degno di una Regione e di un paese civile». Quali sono i partiti che attualmente la sostengono? «Oltre al Pdl abbiamo altri 13 partiti e movimenti che ci sostengono, tutti di ispirazione cattolica, liberale, riformista. Tra questi ce ne sono alcuni
con numeri anche molto elevati e che alle ultime elezioni hanno superato il 7 e l’8%. Ci sono due progetti alternativi tra cui gli elettori dovranno scegliere il 28 e 29 marzo: da un lato quello di un centrodestra concreto, forte e che pensa ai fatti, che si sta dimostrando capace di governare l’Italia facendo riforme strutturali e risolvendo emergenze gravi. Dall’altro quello di Vendola e della sinistra sempre più estremista condizionata quindi dai veti e dai “no”. Al centro non c’è niente perché il terzo candidato presidente non diventa neanche consigliere regionale in base alla legge vigente. I pugliesi capiranno che la battaglia per il futuro della Puglia è troppo importante per poter disperdere anche un solo voto». PUGLIA 2010 • DOSSIER • 21
VERSO LE REGIONALI
La Puglia di Vendola alla ricerca di alleati «Vorrei si costruisse una coalizione larga, plurale, capace di stringere un compromesso tra culture e interessi sociali differenti». A poche settimane dalle elezioni regionali il presidente uscente Nichi Vendola è alla ricerca di alleati per bissare l’esperienza da governatore e «irrobustire le radici del cambiamento» Concetta S. Gaggiano
on la sua vittoria alle primarie del Partito Democratico, ha messo in imbarazzo le segreterie politiche romane, “costringendole” giocoforza ad accettare la sua candidatura. È così che Nichi Vendola, presidente uscente della Regione Puglia, è tornato in campo e sfiderà il prossimo 27 e 28 marzo Rocco Palese e Adriana Poli Bortone per conquistare la poltrona da governatore regionale. Nei cinque anni trascorsi in Regione i tre obiettivi della sua amministrazione sono stati le politiche giovanili, l’ambiente e l’innovazione. E a sentire Vendola sono stati
C
22 • DOSSIER • PUGLIA 2010
centrati. Ma di questi cinque anni resteranno anche le bufere giudiziarie che hanno travolto la sua giunta, soprattutto su un settore, quello della sanità, che in Puglia occupa una voce consistente del bilancio regionale. Il governatore, però, è pronto a ripartire, continuando il lavoro svolto e puntando su tre questioni «il presidio della democrazia, la questione meridionale e quella morale».
In questi cinque anni qualche errore è stato commesso. Come spazzare via il fantasma di una questione morale che rischia di far allontanare la fiducia dei cittadini? «La moralizzazione della vita pubblica è un banco decisivo della democrazia. La corruzione è furto di diritti e di beni comuni; per noi la legalità deve essere una bussola. Il punto riguarda la traduzione nella
Nichi Vendola
In apertura, Nichi Vendola, attuale governatore della Regione Puglia; a fianco, l’ingresso dell’ospedale Vito Fazzi di Lecce
È chiaro che si può fare molto di più. Io non intendo minimamente presentare un quadro idilliaco della Puglia, la cosa più sciocca che si possa fare in politica è mettere la testa sotto la sabbia
macchina amministrativa della domanda di legalità: significa rinnovare i ranghi della burocrazia pubblica attraverso la selezione dei concorsi. Noi abbiamo bandito i concorsi, i primi, all’insegna della trasparenza, della partecipazione e della cittadinanza attiva». Quello della sanità è sicuramente un’emergenza da affrontare e risolvere subito. Qual è la sua ricetta in
tal senso? «La salute pubblica non è solo ospedali, ma parte innanzitutto dalla qualità della vita e dalla tutela dell’ambiente. In questo ambito abbiamo avviato una vera rivoluzione gentile ancorché contrastata spesso con modi assai rudi. Il lavoro che bisognerà fare è quello di collegare i servizi ospedalieri riqualificati e risanati a una rete di servizi territoriali che possano drenare una parte importante di quella domanda di salute che inappropriatamente talvolta precipita nella rete ospedaliera». Secondo gli ultimi dati, la disoccupazione in regione è del 10,8% e le donne che lavorano solo il 30%. Quali sono le politiche da attuare per risolvere il problema occupazionale? E cosa è stato fatto per sostenere i cittadini rimasti senza lavoro e i cassintegrati? «Occorre rendere più veloci e trasparenti i procedimenti amministrativi, investendo in trasferimento tecnologico e innovazione, organizzando figure inedite di distretti produttivi e dell’innovazione. Dalla meccatronica
alle nanotecnologie, dall’agroalimentare all’aerospazio, fino all’energia, abbiamo provato a ragionare in una logica di sistema. Dobbiamo insistere su questa strada. La strada della qualità e dell’innovazione. Abbiamo messo in piedi la prima e la più grande manovra anticrisi varata in Italia con oltre 508 milioni di euro, superiore anche a quella della Lombardia che, secondo i dati pubblicati dal Sole 24 Ore, è di 355 milioni di euro, con la differenza ulteriore che la manovra lombarda è stata solo annunciata, la nostra è quasi completamente attivata». Altro tema caldo della regione è l’agricoltura, impoverita da lavoro nero e da una crisi strutturale del settore dovuta anche alla concorrenza estera. Cosa fare perché questo settore ritorni a fare da traino per l’economia regionale? «In questi anni abbiamo lavorato per costruire un percorso che possa aiutare il comparto agroalimentare ad affrontare con nuova dignità e ambizione l’attuale crisi del settore. Gli ultimi bandi del Psr pubblicati PUGLIA 2010 • DOSSIER • 23
VERSO LE REGIONALI
a ottobre scorso, hanno messo a di- medioevo, ma anche quello di di- vabili vogliamo anche pensare alla sposizione dell’intero comparto agroalimentare e rurale pugliese, ulteriori 660 milioni di euro, che hanno definitivamente eliminato il rischio di disimpegno della spesa. Il Psr Puglia 2007-2013, approvato solo nel 2008, a oggi ha attivato il 72 % delle misure previste e messo a bando risorse pubbliche per oltre 940 milioni di euro, pari ad oltre il 60% del totale delle somme disponibili sino al 2015. Inoltre, voglio ricordare che la legge varata dalla Regione Puglia per combattere il lavoro nero è oggi considerata in Europa il punto più avanzato e illuminato, che cerca da un lato di difendere i diritti soggettivi dei lavoratori che non possono mai essere ridotti in condizioni da moderno 24 • DOSSIER • PUGLIA 2010
fendere le imprese che devono competere dentro criteri di regolarità». Energia, agroalimentare, turismo sono pilastri dell’economia pugliese. Cosa c’è ancora da fare in questi settori? «È chiaro che si può fare molto di più. Io non intendo minimamente presentare un quadro idilliaco della Puglia, la cosa più sciocca che si possa fare in politica è mettere la testa sotto la sabbia, non vedere i problemi e rimuovere la realtà. Ma chiunque non sia in malafede può osservare che la nostra regione mostra una vitalità e una voglia di riscatto che ne fa sicuramente, in termini di sviluppo e di nuova occupazione, la porzione più vitale del Sud. Oltre alle regole e alle norme per implementare le rinno-
possibilità di realizzare in Puglia la filiera produttiva e tecnologica. Non è un obiettivo velleitario. La Puglia può diventare non soltanto il luogo dove principalmente si istallano impianti, ma anche la sede di produzione componentistica e tecnologica, visto che siamo ancora troppo dipendenti dall’estero. Dobbiamo chiederci perché ciò che è stato possibile in Germania non possa essere possibile qui. I tedeschi hanno maturato una crescita tecnologica e di riconversione nella produzione di energia da fonti rinnovabili che ha permesso una crescita generale del sistema delle imprese e dell’occupazione giovanile. Sono convinto che in Puglia e nel Mezzogiorno si possa seguire la stessa direzione».
Nichi Vendola
Lei continua a ripetere il no convinto alle centrali nucleari, ma allora qual è la sua alternativa per l’indipendenza energetica dell’Italia? «Oggi produciamo 700 MW di energia da fonte eolica e 20 MW da fotovoltaico. Nel settore delle fonti eoliche siamo i primi in Italia. Siamo al terzo posto nella produzione di energia da fotovoltaico e continuiamo a ricevere richieste di autorizzazioni che ci porteranno ad essere tra i siti più importanti del Paese. Ci sono molte domande di investimenti per la produzione di un totale di 20.000 MW dalle rinnovabili. Tutto questo lavoro ci porterà a una crescita del 20% nel mix delle fonti. Ora studiando un progetto innovativo che presenteremo
Occorre rendere più veloci e trasparenti i procedimenti amministrativi, investendo in trasferimento tecnologico e innovazione, organizzando figure inedite di distretti produttivi e dell’innovazione
presto per un piano globale di efficientamento energetico e per forme di autosostentamento energetico di tutti i comuni pugliesi. Chiediamo solo al governo di essere esentati persino dai preliminari di una discussione sul nucleare, perché il nostro no in questo caso non è negoziabile». Con la sua vittoria alle primarie ha dimostrato di potersi candidare anche senza l’appoggio degli apparati interni al partito. Crede di riuscire adesso a unire intorno al
suo nome tutte le diverse anime del Pd? «Qualsiasi vocazione all’autosufficienza è l’anticamera della sconfitta. Vorrei si costruisse una coalizione larga, plurale, capace di stringere un compromesso necessario tra culture e interessi sociali differenti. Un’alleanza col Pd, innanzitutto, e poi con le forze politiche di opposizione alle destre, con l’Idv e con tutte le formazioni a sinistra del Pd. Dobbiamo ritrovare in una trama collettiva il senso dell’agire comune». PUGLIA 2010 • DOSSIER • 25
FEDERALISMO FISCALE
I benefici del federalismo fiscale
l federalismo fiscale «costituisce una vera e propria rivoluzione, prima ancora che nelle regole di finanziamento delle Regioni e degli enti locali, nelle relazioni tra cittadini e amministratori locali». Lo sottolinea il ministro per gli Affari regionali Raffaele Un maggior controllo sull’attività Fitto, secondo il quale la concomi- della pubblica amministrazione induce tanza della responsabilità della «comportamenti efficienti e virtuosi». spesa e del prelievo fiscale «come le esperienze internazionali dimo- Lo assicura il ministro Raffaele Fitto strano che la teoria economica del che nel definire il federalismo fiscale federalismo fiscale» rende possibile «un catalizzatore del cambiamento» ai cittadini «un miglior controllo dell’attività della pubblica ammi- ne illustra le dinamiche e gli effetti nistrazione che, proprio grazie a sulle Regioni. In particolare ciò, è indotta ad assumere com- sulle amministrazioni locali portamenti efficienti e virtuosi». In questo modo, spiega il ministro, Alessandro Cana Province e Comuni «potranno esercitare meglio le funzioni amministrative a essi attribuite dalla Costituzione potendo contare su entrate fiscali autonome adeguate e su un articolato sistema di perequazione che consentirà di venire incontro alle esigenze dei territori con minore capacità fiscale». Il governo non nasconde comunque «le difficoltà che comporta la realizzazione di un processo tanto importante e atteso che non esito a definire storica». Tuttavia, rileva, «è il metodo sin qui seguito, basato sul costante confronto e condivisione con tutto il complesso sistema istituzionale delle Regioni e delle autonomie locali e con il pieno coinvolgimento del Parlamento, a costituire la migliore garanzia di una riforma condivisa e pertanto
I
26 • DOSSIER • PUGLIA 2010
Raffaele Fitto
In apertura, il ministro per gli Affari regionali e le autonomie locali Raffaele Fitto
effettivamente realizzabile». Quali le conseguenze concrete sulla vita dei cittadini all’indomani del varo dei decreti attuativi? «La riforma che il governo sta realizzando prevede una tempistica certa nelle sue scadenze e realistica nella considerazione del tipo di cambiamento che si richiede al sistema. Preoccupazione costante per il governo è stata quella di individuare modalità attuative della riforma che non creino scossoni e problemi per i cittadini, che vedranno gradualmente sostituiti i trasferimenti statali alle Regioni e agli enti locali con entrate tributarie proprie, tutto ciò senza che l’esercizio dei diritti fondamentali e
la necessaria perequazione tra aree forti e aree deboli siano messe a rischio». Le Regioni sono sufficientemente pronte ad accogliere la riforma in senso federalista? «È indubitabile che gli apparati burocratici e amministrativi delle Regioni presentino livelli di efficienza e di adeguatezza differenziati. Particolarmente ardua appare la sfida posta dal cambiamento alle Regioni meridionali ed è per questo che, sin dall’inizio del processo di scrittura della riforma federale, ho posto l’accento sulla necessità per queste di mettere mano, nell’attesa dalla compiuta realizzazione del federalismo fiscale, a quelle che ho definito le riforme di complemento
in sanità, nel trasporto pubblico locale, nell’assistenza e i servizi sociali. Solo in questo modo si potranno giungere all’appuntamento con il federalismo nella migliore forma possibile e liberi da tassi di inefficienza oramai insostenibili». Il testo varato nel maggio 2009 è stato concordato con le Regioni, quali i punti di incontro trovati? «Direi che ogni singolo comma della legge è il frutto di confronto. Ovviamente non tutti sono d’accordo su tutto ma, in qualità di rappresentante del governo e ministro che ha seguito per intero l’iter del provvedimento, sono fiero di dire che il testo approvato dal Parlamento raccoglie i migliori contributi della lunga riflessione teorica e dell’esperienza internazionale e ne fa una sintesi alta nell’interesse del Paese». La riforma del federalismo fiscale ha seguito quella del Titolo V che, essendo stata mal concepita, ha dato il via a numerosi conflitti in termini di competenze. Come ci si muoverà per evitare questo rischio con questa “rivoluzione” federal-fiscale? «L’esplosione del conflitto di competenze tra governo e Regioni, di cui ho perfetta contezza essendo chi, in ogni Consiglio dei ministri, PUGLIA 2010 • DOSSIER • 27
FEDERALISMO FISCALE
ha la responsabilità di proporre di oltre dieci anni e mai comple-
L’evoluzione della cultura politica di un Paese o di un territorio è anche figlia delle condizioni istituzionali e delle regole poste al funzionamento delle istituzioni
28 • DOSSIER • PUGLIA 2010
l’impugnativa delle leggi regionali, affonda le sue radici nella frettolosa modifica del Titolo V della Costituzione realizzata nei tempi supplementari di una legislatura dal governo di centrosinistra dell’epoca. L’articolo 117 della Costituzione fu modificato introducendo una distinzione di funzioni tra Stato e Regioni, nell’ambito delle competenze concorrenti, ha determinato confusione e conflitto istituzionale. Per quanto riguarda la riforma del federalismo fiscale, essa non risolve il problema dell’attribuzione delle competenze legislative tra Stato e Regioni, per questo sarebbe necessaria una modifica costituzionale, ma è esente da questo tipo di problemi e anzi interviene a completamento di una riforma della Costituzione vecchia
tata». La fase dei decreti legislativi è quella più difficile perché si passerà da principi agli atti concreti. Quali sono i passi in tal senso? «La legge delega assegna al governo 24 mesi per il varo di tutti i decreti legislativi di attuazione della riforma. Da maggio a oggi sono trascorsi poco più di otto mesi. Un primo decreto legislativo è stato varato dal Consiglio dei ministri ed è ora sottoposto al normale iter approvativo. Questo riguarda la materia del federalismo demaniale, in altre parole, il trasferimento ai fini della migliore valorizzazione degli immobili del demanio statale a Regioni ed enti locali. Entro novembre di quest’anno gli altri decreti vedranno la luce in modo da rispettare la scadenza della de-
Raffaele Fitto
lega fissata a maggio 2011». Il budget della sanità, oltre che dai fondi statali, dipende anche per una grossa parte dai bilanci regionali. In quest’ottica il federalismo fiscale che incidenza avrà? «La spesa sanitaria costituisce una tra le prime esperienze di finanziamento della spesa secondo un modello che si può definire federale. Un tipo di federalismo che, però, ha ampiamente mostrato i suoi limiti. Già dal 2000 il finanziamento della sanità, materia interamente gestita dalle Regioni, avviene secondo una modalità mista in cui ai trasferimenti statali si aggiunge una quota rilevante di finanziamento autonomo regionale costituito dal gettito dell’Irap. Questa forma di finanziamento ha mostrato evidentissimi limiti e
credo che il sistema prefigurato dal governo nella riforma migliori le cose. In estrema sintesi, la sanità rientra tra le funzioni fondamentali di cui all’articolo 117 della Costituzione e pertanto a questa si applica il grande principio di equità orizzontale stabilito dalla stessa Costituzione, secondo cui le spese sociali da cui dipende l’esercizio di fondamentali diritti di cittadinanza vanno garantite uniformemente a tutti, indipendentemente dal luogo in ciascuno si trova a vivere e a operare. Per la sanità, al pari di assistenza sociale e formazione, vale il principio dell’integrale perequazione della spesa definita in base al concetto di costo standard e di un livello essenziale delle prestazioni uguale su tutto il territorio. Prestazioni analoghe devono avere costi non troppo dissimili a Brescia e
a Casoria, a Palermo e a Milano. Il costo standard diviene così il benchmark contro il quale misurare l’efficienza delle amministrazioni pubbliche locali e costituisce il grimaldello con il quale far definitivamente saltare le tante concrezioni di inefficienze e privilegi accumulatesi in tanti anni». Più volte ha auspicato come, accanto al federalismo fiscale, intervenga anche una “riforma culturale”, soprattutto per il Sud. Come si dovrebbe declinare tale auspicio? «L’evoluzione della cultura politica di un Paese o di un territorio è anche figlia delle condizioni istituzionali e delle regole poste al funzionamento delle istituzioni. Penso al federalismo fiscale come a un catalizzatore del cambiamento capace di accelerare i diffusi agenti del cambiamento che popolano la società meridionale. Ciò che certamente non serve è un atteggiamento rinunciatario o, peggio, di pura rivendicazione territoriale: il federalismo è una riforma di modernità». Quando pensa che si arriverà al varo completo della riforma? «I tempi sono quelli dettati dalla norma, entro maggio 2011 il varo dei decreti legislativi, cinque anni per l’entrata a regime del nuovo assetto della finanza pubblica. Una prospettiva non breve, ma definita». PUGLIA 2010 • DOSSIER • 29
GIOVANI E POLITICA
La politica che vorrei Nuove generazioni e politica. Un rapporto a volte difficile, ma importante. Perché fare politica significa disegnare il futuro. Stella Mele, giovane militante, rivela le aspirazioni e gli obiettivi della sua generazione. Con un occhio di riguardo alla sua provincia, la Bat Alessandro Cana
amore per la verità e per la lealtà, la sete di trasparenza e di legalità, l’umiltà di servire la nostra comunità nell’interesse generale e non per quello particolare, oltre le appartenenze politiche e partitiche». Sono questi i valori «che mancano alla Puglia per imboccare finalmente la via dello sviluppo, negli ultimi cinque anni troppo spesso annunciata, ma mai realmente perseguita». Queste le parole di Stella Mele, giovane militante pugliese che frequentava le mura di una sezione di partito quando ancora frequentava quelle del liceo. «Nella mia esperienza l’impegno politico è coinciso con la passione, con l’idea romantica e sentimentale della politica intesa come spirito di sacrificio e di servizio». E, a distanza di anni, «credo che sia ancora quello spirito a guidare la mia voglia di dare un contributo alla mia regione». Di cosa ha bisogno la Puglia per il suo rilancio? «Occorre un nuovo senso di re-
L’
Nella foto, Stella Mele, segretario provinciale La Destra Bat
30 • DOSSIER • PUGLIA 2010
sponsabilità e un moderno pragmatismo che sia incentrato da un lato sulla battaglia contro il trasformismo dell’attuale classe politica dirigente e dall’altro sulla convinzione che non può esservi una direttrice di sviluppo diversa dalla valorizzazione delle peculiarità dei singoli territori. Il Sud è terra di tradizioni; a volte anche diverse fra una provincia e l’altra di una stessa regione. Non vi può essere un’unica programmazione strategica di sviluppo per esempio fra il Tavoliere delle Puglie e le sue spiagge. Sono necessari progetti articolati, rispettosi delle differenti vocazioni. Solo se la politica lascia la possibilità di assegnare un futuro su cui investire risorse ed energie, il Sud potrà assumere la forma di una scelta cui si lega il proprio destino a quello della propria comunità di appartenenza». E la giovane provincia della Bat? «Questo comprensorio solo fino a quindici anni fa era definito “la Milano del sud” per la vastità della sua zona industriale, che la rendeva una
Stella Mele
Ciò che serve alla nostra politica è l’applicazione seria e rigorosa di un principio di piena meritocrazia, che faccia da prologo a un vero ricambio generazionale
zona fra le più importanti in Italia nel settore del tessile e del calzaturiero. Oggi, gli effetti della globalizzazione e il fenomeno del “dumping” hanno cancellato anche solo il ricordo di quegli anni di prosperità economica. Le potenzialità di quest’area però restano, come per gran parte del territorio pugliese, la vocazione agricola e quella turistica. Sono questi gli unici settori nei quali occorre investire e scommettere. Ci sono state in passato non poche opportunità per farlo, ma si sono rivelate sempre occasioni perdute a causa della negligenza, dell’incapacità e del mancato amore di molte classi dirigenti regionali e locali nei confronti del proprio territorio». È auspicabile un ricambio nella classe politica? «Trovo necessario un ricambio vero della classe politica, che non sia dettato solo da ragioni anagrafiche, ma che al di là dell’età dei candidati possa produrre un esercito di uomini animati solo e soltanto dalle
più nobili motivazioni legate al bene comune. In questo contesto, le giovani leve rappresentano l’incarnazione di un vento di freschezza e di speranza per tornare a dare nuova linfa vitale alla politica vera». Alla Camera su 630 onorevoli, ci sono solo 7 under 30. Sono 67 quelli che hanno tra i 30-39 anni. Non si può diventare senatori con meno di 40 anni. Come invertire la tendenza? «Credo che le cause siano da ricercare principalmente nella carenza di giovani che si prestano seriamente alla politica. Ciò che serve alla nostra politica è l’applicazione seria e rigorosa di un principio di piena meritocrazia, che faccia da prologo a un vero ricambio generazionale, unico strumento in grado di comprendere e governare le dinamiche di una società in costante evoluzione. I cosiddetti over 60 o 70 dovrebbero passare il testimone, mettendo la loro esperienza al servizio dei giovani, facendo loro da supervisori, ma lasciando spazio a chi re-
almente riuscirebbe ad interpretare i disagi delle nuove generazioni, di cui sono protagonisti in prima persona. Se solo si comprendesse questo elementare principio, si capirebbe quanto anche la composizione del Parlamento potrebbe variare». Qual è il livello di credibilità di un under 40 nella pratica di governo e all’interno di un partito? «La credibilità non dipende dall’età anagrafica, tanto che il Parlamento è pieno di politici che pur non essendo giovanissimi non godono di nessuna credibilità, né politica, né personale, né professionale. Lo stesso si può dire di un giovane. Credo, dunque, che l’idea di credibilità risieda soltanto nelle capacità, nella moralità, nella serietà del singolo individuo, al netto della sua esperienza o del suo curriculum politico. Si può, infatti, avere alle spalle un percorso politico ancora breve ma essere credibili dimostrando concretezza e serietà; così come si può vantare una carriera ultradecennale e non esserlo affatto». PUGLIA 2010 • DOSSIER • 31
IL RE DEI DIVANI
Quello stile italiano che arreda il mondo na forma di pubblicità involontaria è arrivata dal gossip internazionale, che ha associato alcuni episodi di vita coniugale della pop star Madonna al nome di uno dei prodotti del gruppo Natuzzi. Una semplice nota di costume, che però testimonia il riconoscimento di cui godono oltreoceano lo stile e il design delle produzioni dell’azienda pugliese, tra i leader mondiali nel settore dei divani in pelle e dell’arredamento. E anche la Fiera internazionale del mobile di Colonia, svoltasi in gennaio, ha confermato l’interesse per la filosofia adottata da Natuzzi, dove all’artigianalità si unisce la costante ricerca di nuove forme espressive e di comfort. Del resto, Pasquale Natuzzi, presidente e amministrazione delegato del Gruppo, è da sempre convinto che «senza l’innovazione non si può apprezzare il benessere». Oggi lo scenario non è però dei più favorevoli. Si combatte ancora per uscire dalla crisi. I risultati del terzo trimestre 2009 registrano un calo delle vendite del 16,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Ma si avvertono i segnali di una ripartenza: il margine industriale, pari a 47,5 milioni di euro, mostra un aumento del 29,5% e l’utile operativo si attesta sui 2,8 milioni di euro, un dato positivo se confrontato con la perdita di 12,3 milioni segnalata nel terzo trimestre 2008. Può indicare i punti chiave del piano di riorganizzazione improntato dal Gruppo per ridurre i costi? E quali sono le prospettive per il 2010? «Il 2009 è stato un anno difficile per l’industria del mobile. Nonostante ciò, il duro lavoro di ristrutturazione e di razionalizzazione interna ha portato i primi risultati positivi, creando le
U
50 • DOSSIER •PUGLIA 2010
Crescita delle vendite e riduzione dei costi. È la politica con la quale il Gruppo Natuzzi, uno dei maggiori player mondiali nel settore dei divani in pelle, sta affrontando la negativa congiuntura economica e la conseguente riduzione dei consumi. Non rinunciando, come sottolinea il suo presidente e ad Pasquale Natuzzi, ad ampliare e diversificare l’offerta Francesca Druidi
Pasquale Natuzzi
Nella pagina a fianco, Pasquale Natuzzi, presidente e amministratore delegato del gruppo Natuzzi. Sopra, il divano modello Surround prodotto da Natuzzi
2,8 mln
UTILE OPERATIVO Ammontare dell’utile operativo del gruppo Natuzzi nel terzo trimestre 2009 rispetto alla perdita operativa di euro 12,3 milioni dello stesso periodo nel 2008
condizioni di competitività per la crescita futura del gruppo Natuzzi. Durante tutto lo scorso anno, abbiamo predisposto numerose iniziative indirizzate alla standardizzazione e all’innovazione di prodotto, al miglioramento del processo di acquisizione delle materie prime e alla riduzione dei tempi di consegna. Le linee guida per il 2010 continueranno a focalizzarsi sulla crescita delle vendite nette e la riduzione dei costi». Quali ritiene siano i fattori che hanno decretato la situazione di crisi del comparto? «Negli ultimi anni abbiamo dovuto far fronte a un mix di elementi negativi. Il primo è stato lo sviluppo, inaspettato e veloce, dei competitor cinesi. Il secondo consiste nella forza dell’euro nei confronti del dollaro: basti pensare al fatto che l’area dollaro rappresentava circa il 50% del nostro mercato. Infine, non possiamo dimenticarci della crisi ancora in atto, che ha provocato un forte calo dei consumi e una crisi immobiliare che, partendo dagli Stati Uniti, ha
investito tutte le altre economie». Quanto l’azienda investe in ricerca e sviluppo per mantenere competitività, investendo su originalità e innovazione? «Abbiamo oltre cento modelli in catalogo. Tra i più innovativi, posso citare il divano Surround che, in versione angolare, consente di ascoltare la musica inserendo l’iPod in una plancia collegata a più speaker. La stessa tecnologia è applicata alla poltrona in pelle Sound. Ma c’è anche l’automazione: su alcune creazioni artigianali è applicato un touch system che, con un semplice passaggio della mano all’esterno del bracciolo, muove lo schienale e il poggiapiedi per la ricerca della posizione ideale. Qui in Natuzzi siamo convinti che senza l’innovazione non si possa apprezzare il benessere». La ricerca di trend e soluzioni personalizzate, il design. Cosa rappresenta oggi la leva strategica nel raggiungimento del profitto aziendale? PUGLIA 2010 • DOSSIER • 51
IL RE DEI DIVANI
Abbiamo deciso di affrontare la profonda crisi economica mettendo al primo posto la responsabilità sociale, salvaguardando l’occupazione nel territorio in cui il Gruppo opera
«Sono tutte leve molto importanti. L’analisi
Sopra, il nuovo Natuzzi store di Seul, aperto lo scorso gennaio
dei trend globali ci permette di anticipare le richieste dei singoli mercati e ispira le scelte creative del nostro Centro Stile di Santeramo in Colle. Un team di lavoro di 120 collaboratori tra designer, specialisti del colore, ingegneri e architetti, lavora quotidianamente per offrire ai nostri clienti soluzioni personalizzate per il total living room: mobili, lampade, tavoli, sedie, tappeti e oggettistica. Abbiamo avuto il coraggio di ampliare l’offerta e i clienti ci seguono».
52 • DOSSIER •PUGLIA 2010
Sono tre i brand del Gruppo: Natuzzi, Italsofa ed Editions. Significa tre target differenti e tre strategie distributive diverse? «Natuzzi è una lifestyle brand completamente made in Italy, in grado di proporre soluzioni d’arredamento per la zona living complete o da personalizzare, grazie a divani, poltrone, complementi d’arredo, accessori e mobili per la sala da pranzo. Nel 2001 abbiamo lanciato Italsofa, che offre divani e poltrone disegnate nel nostro Centro stile in Italia e prodotte negli stabilimenti esteri. Oggi stiamo facendo evolvere Italsofa in un marchio B2C, business to consumer, che si rivolge a una clientela con uno stile di vita moderno, giovane e disinvolto. L’ultima nata è Editions: un brand B2B la cui offerta si contraddistingue per una vasta gamma di mobili imbottiti in diversi stili, con un ottimo rapporto qualità-prezzo. Per quanto riguarda la distribuzione, Natuzzi ha un proprio network retail di oltre 740 punti vendita tra negozi monomarca e gallerie (shop-in-the-shop) nei principali department store del mondo. La strategia distributiva di Italsofa si concentrerà sullo sviluppo di un proprio canale retail con negozi monomarca e gallerie. Attualmente, abbiamo un network di venti punti vendita Italsofa nel mondo». All’interno del processo di internazionalizzazione perseguito da Natuzzi, quale importanza riveste l’apertura del nuovo store di Beirut? «Il nuovo store di Beirut rappresenta un passo importante nel nostro progetto di espansione retail in Medio Oriente. L’entusiasmo che i
Pasquale Natuzzi
consumatori libanesi mostrano verso l’eleganza e lo stile italiano si fondono perfettamente con i nostri valori di marca. Riteniamo che il nostro impegno per la ricerca e l’innovazione potrà conquistare il cuore di coloro che apprezzano la qualità e l’eleganza del made in Italy. Lo store di Beirut, inoltre, sarà il punto di riferimento per la formazione dei nostri partner nell’area Mediorientale. Abbiamo aperto il 2010 inaugurando il primo Natuzzi Store sudcoreano, a Seul. Le prossime aperture sono previste a Singapore, Pechino, Gerusalemme e Caracas». Oltre al Medio Oriente, quali mercati attualmente sono i più dinamici a livello internazionale? «I paesi che risultano per noi strategici nei prossimi anni sono senza dubbio Cina, Brasile e tutta l’America Latina, oltre a India e Russia. Riteniamo che il potenziale dei nostri brand in questi paesi sia davvero alto. L’obiettivo sarà quello di crescere in termini di punti vendita sia
Sopra, la fase di taglio della pelle nella produzione dei divani Natuzzi
740 STORE Numero di negozi monomarca e gallerie che individuano il network retail del Gruppo Natuzzi nei principali department store del mondo
per il brand Natuzzi che per Italsofa». Su quali base occorre, secondo lei, far ripartire il settore? «I fattori che hanno concorso al raggiungimento dei primati del Gruppo Natuzzi sono tanti, fra i quali, l’aver avuto una visione molto chiara del business ed essere stati in grado di anticipare le tendenze e i bisogni dei consumatori. Ma il fattore principale è l’aver scelto di salvaguardare il made in Italy e aver costruito, proprio su questo, la forza dei nostri prodotti che sanno unire in maniera unica qualità, design e comfort. Abbiamo deciso di affrontare la profonda crisi economica in atto in Italia e nel mondo mettendo al primo posto la responsabilità sociale, salvaguardando l’occupazione nel territorio in cui il Gruppo Natuzzi opera. Nella nostra regione abbiamo delle maestranze formate da noi in oltre trent’anni di lavoro e un network di fornitori affidabili. Saranno queste le basi su cui continuare a costruire la nostra storia». PUGLIA 2010 • DOSSIER • 53
CONFINDUSTRIA Progetti unitari, network di imprese, rilancio del made in Italy, formazione manageriale adeguata, cospicui investimenti in ricerca e innovazione, nuove intese tra sistema bancario e tessuto imprenditoriale locale. Questo l’impegno degli industriali pugliesi a sostegno del Sud che cresce
L’impegno degli industriali
Reti d’impresa creatività e scelte condivise «Sinergie tra grande committenza, imprese dell’indotto e soggetti istituzionali locali per lo sviluppo industriale del territorio». Il presidente di Confindustria Taranto Luigi Sportelli interviene sulla necessità di nuove strategie per il futuro delle imprese Renata Gualtieri
Nella foto, il Presidente di Confindustria Taranto Luigi Sportelli
a concertazione rimane sicuramente il metodo migliore per rilanciare sia il sistema industriale sia il tessuto economico più in generale, perché con questo strumento, che Taranto ha sperimentato anche in passato con risultati soddisfacenti, si confrontano esigenze ma anche idee ed energie diversificate, si individuano le priorità di intervento, gli investimenti più opportuni, le opere da completare e quelle da realizzare, gli strumenti più idonei da mettere in campo. La creazione di reti d’impresa è una delle condizioni imprescindibili per il raggiungimento di adeguati livelli di competitività. E in questo senso che Confindustria Taranto si sta ampiamente operando. Quale è lo scenario attuale delle imprese nella provincia di Taranto? «Nonostante qualche timido segnale di ripresa, le aziende continuano a registrare un calo di ordinativi e commesse, con limitato riavvio delle normali attività produttive e rientro parziale delle unità in cassa integrazione. Risulta ancora elevato il numero di aziende che ricorrono agli ammortizzatori sociali, nei limiti delle ore e delle settimane ancora autorizzabili dall’Inps. Occorre, pertanto, fronteggiare le emergenze con interventi programmati prima che i benefici arrivino a scadenza». Quale è il rapporto tra istituti di credito e imprese nel vostro territorio? «Il rapporto segue il trend nazionale. È evidente che le Pmi soffrano di più per la restrizione del credito. I dati più recenti parlano di un buon 35% di imprese che si rivolgono alle banche per sostenere gli investimenti o per tener testa a necessità gestionali. Queste realtà hanno dovuto fronteggiare problemi legati alla limitazione nell’ammontare del credito eroga-
L
PUGLIA 2010 • DOSSIER • 55
CONFINDUSTRIA
bile, all’incremento degli spread, alla richiesta
di maggiori garanzie reali o, addirittura, si sono viste respingere la richiesta di finanziamento». Confindustria Taranto prevede nuove opportunità di collaborazione con le banche del Mezzogiorno per una rapida ripresa degli investimenti? «Oltre alla moratoria sul credito ci sono strumenti che consentono di accedere ai finanziamenti bancari in misura sufficiente e a costi accettabili. Per queste esigenze le nostre imprese possono ricorrere alla confidi regionale, promossa da questa associazione e frutto della fusione tra gli organismi fidi di Bari, Taranto, Lecce e Brindisi. Un’altra importante iniziativa è stata promossa dalla Cassa depositi e prestiti. Le banche possono utilizzare la provvista, pari a 8 milioni di euro, messa a disposizione dalla Cdp per finanziare investimenti ovvero far fronte a esigenze di incremento del capitale circolante. Confindustria Taranto ha inoltre sottoscritto due convenzioni con Unicredit Banca di Roma e Banco di Napoli che consentiranno
56 • DOSSIER •PUGLIA 2010
alle aziende di fruire di servizi utili nel contesto economico attuale». Quali sono le strategie da attuare per sostenere il settore industriale nel difficile riposizionamento competitivo? «È nata la proposta di Confindustria e Cgil, Cisl, Uil di istituire un tavolo politico di programmazione, un momento di sintesi e di coordinamento dell’attività di programmazione di enti e istituzioni del territorio, capace di creare un filo diretto con i governi regionale e nazionale per definire congiuntamente le politiche di sviluppo dell’intera provincia. Il tavolo, ribattezzato Consulta per lo sviluppo si è riunito nei giorni scorsi definendo le prime modalità di attuazione». Quanto conta investire in ricerca e innovazione per lo sviluppo di tutti i settori produttivi e quali sono a oggi le forme di collaborazione concrete per compensare alle debolezze strutturali del territorio? «L’ultima iniziativa di Confindustria Taranto è il progetto Sec, un centro siderurgico di eccellenza che, in stretta sinergia con il distretto
35% RICHIESTE Le imprese che si rivolgono alle banche, secondo i dati più recenti
L’impegno degli industriali
L’ultima iniziativa di Confindustria Taranto è il progetto Sec, un centro siderurgico di eccellenza
della metalmeccanica, mira a ottimizzare le eccellenze di un indotto a forte vocazione siderurgica, che costituisce oggi un fattore territoriale di notevole importanza per il mantenimento degli standard di efficienza produttiva imposti dal mercato internazionale. L’attuazione di sinergie tra grande committenza, imprese dell’indotto e soggetti istituzionali locali è condizione indispensabile per l’avvio di una nuova fase di sviluppo industriale del territorio in cui il ruolo di ciascuno degli attori viene opportunamente valorizzato. Elemento fondante del progetto Sec è la ricerca perché orientata sia allo sviluppo di efficienza degli impianti siderurgici, sia alla messa a punto di prodotti di filiera destinati al libero mercato». Guardando al Sud che cresce, ci sono delle realtà tra le imprese di Taranto che mandano segnali positivi di crescita? «Sono le aziende che sono riuscite ad affrontare la crisi anticipandone in qualche modo gli effetti; quelle tendenzialmente “proiettate” al futuro con la forza dell’innovazione e della diversificazione; quelle che sono riuscite a
riposizionarsi sugli scenari locale e nazionale attraverso un nuovo brand, l’apertura ai mercati esteri e nuove produzioni. È a queste realtà, a volte piccole ma dinamiche, che guardiamo quando parliamo di ripresa; nella sostanza, gran parte della capacità delle nostre imprese di superare la crisi risiede prevalentemente nella creatività e in un grande intuito imprenditoriale maturato sul campo». Quanto è importante creare reti d’impresa per rilanciare il made in Italy e imporsi sui mercati internazionali? «Confindustria Taranto ha aderito, recentemente, a RetImpresa, l’agenzia di Confindustria nata per facilitare i rapporti tra imprese, collegandole in un unico circuito. Un progetto grazie al quale le aziende potranno affrontare più efficacemente i processi di internazionalizzazione e di innovazione industriale attraverso nuove forme di aggregazione, puntando però sulla massima flessibilità e semplicità delle procedure, caratteristiche proprie dei modelli di organizzazione delle Reti»
8 mln EURO
È la cifra messa a disposizione delle banche dalla Cassa Depositi e Prestiti per finanziare investimenti
PUGLIA 2010 • DOSSIER • 57
CONFINDUSTRIA
Progetti comuni per crescere insieme Migliorare l’identità e la visibilità delle imprese, accrescerne l’attrattività e la produttività, sperimentando strategie e integrazioni orizzontali e verticali, in grado di competere sul mercato». È questo il disegno operativo del presidente Pietro Montinari Renata Gualtieri onfindustria Lecce crede molto nell’intento di mettere insieme imprese del Nord e del Sud su progetti unitari. Un forte e sinergico rapporto collaborativo tra imprese e istituti di credito è prioritario perché la ripresa si consolidi. Il credito è uno degli aspetti fondamentali per garantire un’adeguata ripresa, ma occorrerà attivare un lavoro di squadra per eliminare anche i vincoli posti dalla pubblica amministrazione che ostacolano l’attività d’impresa. In questo contesto l’associazione degli industriali leccesi ha fatto molto su più fronti, soprattutto investendo sulla formazione manageriale per assicurare un duraturo successo delle realtà imprenditoriali locali. È necessario un ricambio generazionale nell’economia del Paese e quale è l’offerta formativa sostenuta da Confindustria Lecce per formare i manager del domani altamente qualificati, utile risorsa competitiva per il domani? «Nelle imprese il passaggio generazionale è un momento cruciale perché implica il trasferi-
C
58 • DOSSIER •PUGLIA 2010
mento da una generazione all’altra di un complesso patrimonio di know-how e competenze di gestione, acquisite in anni di esperienza. Con il passaggio sono a rischio anche l’insieme di relazioni con il territorio, nonché numerosi posti di lavoro. Occorre investire in formazione di manager e dirigenti, sia interni alla famiglia, sia, nel caso non ci siano competenze familiari, all’esterno. Confindustria Lecce ha già in passato organizzato corsi di formazione per manager e dirigenti e, tramite il sistema nazionale, con Fondirigenti ha aderito a corsi di aggiornamento per far acquisire competenze di gestione aziendale e delle relazioni interpersonali, indispensabili per assicurare nel tempo il successo dell’impresa». Ci sono segnali incoraggianti per le industrie del distretto leccese e quali sono le aspettative per il 2010? «L’aspettativa è che nella seconda parte del 2010 si manifesti la ripresa. Le imprese “lungimiranti” quelle che sono riuscite a diversificare, nonostante tutto, sia in termini di qualità delle pro-
Nella foto, il presidente di Confindustria Lecce Pietro Montinari
Le imprese che sono riuscite a diversificare in termini di qualità delle produzioni e in termini di mercato mostrano in germe i segnali della ripresa
duzioni sia in termini di mercato sembrano aver accusato meno il colpo della crisi e mostrano in germe i segnali della ripresa. Certo è che i comparti del calzaturiero, della moda e del metalmeccanico legato all’indotto Fiat, sono ancora fortemente penalizzati». Cosa sta facendo Confindustria Lecce per appoggiare lo sviluppo di reti che creino un modello capace di legare innovazione e internazionalizzazione? «Confindustria Lecce ha aderito all’Agenzia confederale per le reti d’impresa, una sfida intrapresa con le organizzazioni sindacali, per definire un modello, sulla base della legge 33/2009, che permetta alle imprese manifatturiere una diversificazione produttiva in rete mantenendo la propria capacità produttiva e di servizi, per affrontare con maggiore efficacia i processi di innovazione e internazionalizzazione. Il modello contribuirà a rafforzare la competitività su tutto il territorio italiano, attraverso la condivisione della conoscenza, l’attuazione dei progetti comuni in materia di ricerca e innovazione, la sinergia e la concentrazione degli sforzi in materia di formazione, la messa in comune di pratiche innovative». Qual è l’impegno concreto per sostenere nuove intese tra il sistema bancario e le imprese per lo sviluppo e l’aumento della redditività delle piccole e medie imprese leccesi? «Tavoli aperti con Abi, a livello nazionale e locale, e con il governo hanno prodotto importanti accordi a sostegno delle imprese. Tra queste vorrei ricordare l’avviso comune siglato con Abi, che prevede tra l’altro la moratoria su mutui e leasing; la convenzione siglata con Intesa SanPaolo,
ratificata a livello locale con Banco di Napoli; la certificazione dei crediti verso la pubblica amministrazione, oggetto di una riunione informativa con le imprese, promossa a Lecce con Mps Leasing e Anci Puglia. Grazie al pressing di Confindustria sul governo sono partiti poi, il rifinanziamento del fondo di garanzia per i prestiti alle piccole e medie imprese, rivolto al consolidamento delle passività a breve e la costituzione del fondo italiano di investimento, destinato a sostenere i processi di aggregazione e patrimonializzazione delle piccole e medie imprese». Il Salento è terra di agricoltura per vocazione e tradizione. Qual è il vostro contributo per sensibilizzare al consumo dei prodotti locali e lanciare il made in Italy sui mercati nazionali e internazionali? «Confindustria Lecce ha già aderito a diverse campagne mediatiche sul consumo di prodotti locali. Il Salento è terra di mare, sole, cultura, turismo e possiede anche una grande varietà di prodotti enogastronomici di sicura qualità. Per non parlare della grande qualità dei manufatti artistici e d’arredo in cartapesta, pietra leccese o terra cotta e della moda. Per favorire una crescita sostenibile del nostro territorio è necessario promuovere il consumo consapevole di prodotti locali, prima ancora di esportarli». PUGLIA 2010 • DOSSIER • 59
AGRICOLTURA E LAVORO NERO
1 MILIARDO
22%
La somma La diffusione recuperata dal del lavoro irregolare Comando regionale nel settore agricolo pugliese della pugliese. Guardia di Finanza Nell’edilizia si nel contrasto al attesta al 16% “sommerso�
158
930
6.251
I controlli effettuati dalle Fiamme Gialle tra il biennio 2008/2009
Evasori scovati dalla Gdf nel corso del biennio 2008/2009
Falsi braccianti agricoli individuati nelle campagne pugliesi dalle forze di polizia
AGRICOLTURA E LAVORO NERO
Lavoro sommerso la piaga da cancellare L’esecutivo ha varato un piano per far emergere l’illecita prestazione di manodopera nelle campagne pugliesi. Due gli elementi decisivi del piano varato per l’onorevole Antonio Distaso: l’invio di 550 ispettori e fissare relazioni con le associazioni di rappresentanza dei datori di lavoro e dei lavoratori e con i loro organismi bilaterali e paritetici Federica Gieri
l via controlli mirati per stanare il lavoro nero al Sud. E in particolare nelle aziende agricole dove, al pari del settore dell’edilizia, più si annida l’illegalità. Giro di vite del governo per fare emergere il lavoro sommerso. «Due sono gli elementi decisivi del piano varato dal governo – osserva Antonio Distaso, parlamentare Pdl alla Camera dei Deputati –. Il primo è di carattere repressivo e riguarderà il controllo massivo che 550 ispettori svolgeranno nelle imprese agricole ed edili di Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. Per quanto riguarda il settore agricolo, in particolare, grande attenzione sarà data al fenomeno della manodopera agricola anche stagionale, oltre che a quello del caporalato». In seconda battuta e «ancora più importante del primo – sottolinea Distaso – è rappresentato dal ruolo che il piano assegna alle relazioni con le associazioni di rappresentanza dei datori di lavoro e dei lavoratori e con i loro organismi bilaterali e paritetici: l’attività di prevenzione è decisiva per il ripristino della legalità ed è l’unica che può sedimentare una cultura alternativa. Pensiamo a quel che è accaduto in Sicilia, ad esempio, con la presa di posizione degli imprenditori nei confronti dell’usura, che ha generato l’azione sinergica del governo
A
64 • DOSSIER • PUGLIA 2010
e di Confindustria relativamente al piano nazionale anti-mafia presentato a Reggio Calabria. Non a caso, le misure anti-lavoro nero sono state prese nel contesto di quel piano». Oltre al piano varato dal governo, ritiene opportuno mettere in campo altri strumenti? «Penso che un’opera d’informazione e di sensibilizzazione, anche in questo campo, sia la più efficace per accompagnare in maniera costruttiva e positiva un’azione molto difficile che ha l’obiettivo di concorrere a estirpare una piaga secolare di molte zone del Sud, che ha radici antiche e consolidate. Il governo, con
Antonio Distaso
Il governo sta facendo la sua parte. Ora dovranno essere le nuove amministrazioni regionali a incardinare un’azione che promuova in maniera seria ed efficace alternative di lavoro legale
A sinistra Antonio Distaso, onorevole Pdl
questo piano – che avrà a disposizione circa due milioni di euro – sta facendo la sua parte. Ora dovranno essere le nuove amministrazioni regionali a incardinare un’azione che promuova in maniera seria ed efficace alternative di lavoro legale a quella parte di popolazione che ancora subisce vessazioni rispetto alla propria dignità». A quali fattori è riconducibile il fenomeno del lavoro nero? «Il fenomeno della povertà, che si è esteso in questi ultimi anni in maniera endemica nel Mezzogiorno, non solo per le conseguenze della crisi economica mondiale incide sullo sfruttamento di chi soffre la disoccupazione, altra ragione strutturale del lavoro nero. A questo si aggiunge, in particolare per quanto riguarda il comparto agricolo, uno scarso ricorso alle regolari procedure di utilizzo di
personale extracomunitario stagionale; mentre, per quanto riguarda il settore edile, si assiste al fenomeno degli appalti illeciti, che usano il lavoro irregolare. Povertà, disoccupazione, uso di manodopera irregolare, appalti illeciti e lavoro nero sono fenomeni che certamente non possono essere governati da chi come la sinistra non ha saputo, in cinque anni di governo in molte regioni meridionali, proporre uno straccio di programma che affrontasse seriamente le questioni, che, proprio perché complesse, impongono scelte e decisioni responsabili, anche dal punto di vista etico». La Puglia è a rischio effetto Rosarno? «Ricordo ancora quando i baresi, nel 1991, accolsero decine di migliaia di donne, uomini e bambini albanesi arrivati nel porto su navi straboccanti di speranze e di umanità. PUGLIA 2010 • DOSSIER • 65
AGRICOLTURA E LAVORO NERO
È giunto il momento di “armarci” di questa responsabilità, per consentire, soprattutto alle nuove generazioni, di vivere in un mondo che conosce e pratica le regole del rispetto e della legalità
Quelle persone si aggrappavano alla vita, così
come non può non fare chi, nel suo paese, vive condizioni di sottosviluppo e di arretratezza. A distanza di vent’anni, mi sento di affermare che nulla ha cambiato l’animo dei pugliesi, in termini di accoglienza. Il razzismo è una categoria che non ci appartiene. Come a tutti gli italiani, però, anche ai pugliesi il governo non può non garantire la sicurezza, che significa, innanzitutto, rispetto per le nostre leggi e convivere con persone di altri Paesi che siano muniti di un regolare permesso di soggiorno e di lavoro. Il problema è di dimensione planetaria, non solo italiana e nel problema c’è anche quello di organizzazioni criminali internazionali, in molti casi in accordo con organizzazioni stanziali, che usano personale umano per i loro profitti». Il tessuto imprenditoriale agricolo pugliese è ‘sano’, contiene in sé gli anticorpi per reagire a questa piaga di illegalità? «Sono convinto che il mondo agricolo pugliese non solo sia sano, ma meriti di costruire un futuro degno della sua grande tradizione e della sua grande operosità nonostante le scelleratezze del governo Vendola anche in questo campo. Infatti, le decisioni della giunta regionale hanno depauperato un patrimonio immenso di sudore e fatica di decine di migliaia di lavoratori agricoli pugliesi, costretti, per mancanza di risorse
66 • DOSSIER • PUGLIA 2010
economiche, e loro malgrado, ad affittare i loro campi per rimpinguare le casse di ditte non italiane delle energie rinnovabili o a usare il lavoro nero». Per arrivare in un futuro, speriamo prossimo, a debellare la piaga del lavoro in nero, è opportuno agire anche sulla leva culturale finalizzandola ad un ‘cambio di mentalità? «La leva culturale positiva è fondamentale e va coltivata. C’è chi ha affermato che la politica altro non è che cultura. È giunto il momento di “armarci” di questa responsabilità, per consentire, soprattutto alle nuove generazioni, di vivere in un mondo che conosce e pratica le regole del rispetto e della legalità».
Il Guardasigilli, Angelino Alfano e il ministro dell’Interno, Roberto Maroni in occasione del varo del piano antimafia a Reggio Calabria
Vincenzo Grisorio
La massima espressione dell’evasione fiscale La Gdf pugliese è in prima fila nella lotta al ‘sommerso’. « Investiamo significative risorse umane e materiali», dichiara il tenente colonnello Vincenzo Grisorio, capo ufficio operazioni del Comando regionale Puglia. Più di un miliardo di euro il nero recuperato a cui fanno da contraltare i lavoratori in nero (4.546) e quelli irregolari (2.856) scoperti Federica Gieri
a sempre è nel mirino delle Fiamme Gialle. In ogni sua forma illegale: nero o irregolare. È il lavoro. «La Guardia di Finanza – sottolinea il tenente colonnello Vincenzo Grisorio, capo ufficio operazioni del Comando regionale Puglia – investe significative risorse umane e materiali nel contrasto a tutto campo all’economia sommersa, nell’altrettanto duplice veste del “sommerso d’azienda” e del “sommerso da lavoro”». Attività di intelligence che, nel biennio 2008-2009, ha inanellato molti successi, non solo stanando quasi mille evasori tra totali e paratotali. Ma anche (e soprattutto) riportando nelle casse dello Stato ben più di un miliardo di euro: 995 milioni di euro di imposte dirette e 402 milioni di euro di Iva. Un bel bottino che fa da contraltare ai lavoratori in nero (4.546) e irregolari (2.856) scoperti. Evasione e nero: due facce della stessa medaglia. «Il “sommerso da lavoro” – osserva l’alto ufficiale - assume connotazioni rilevanti non solo sotto il profilo prettamente fiscale (in ordine alle viola-
D
zioni tributarie e contributive legate all’utilizzo di manodopera irregolare), ma anche dal punto di vista economico. Soprattutto se si pensa che tale comportamento ha l’effetto di creare una distorsione del ‘sistema mercato’, rappresentando una forma di ‘concorrenza’ sleale tra operatori economici regolari e quelli irregolari. Non da ultimo, va poi considerato il vulnus dal punto di vista sociale visto che a fenomeni di lavoro irregolare si accompagnano sovente casi di sfruttamento di manodopera extra-comunitaria». Inevitabile per gli uomini e le donne delle Fiamme Gialle avviare indagini mirate. Fascicoli. Come quello rubricato alla voce Agricoltura. Tra il 2008 e il 2009, la Guardia di Finanza pugliese ha eseguito 158 controlli che non solo hanno fatto emergere 317 lavoratori in nero e ben 1.256 irregolari. Ma hanno spedito davanti al magistrato 181 persone. Per non parlare poi delle truffe scoperte perpetrate da imprese agricole ai danni dell’Inps. Risultato: 6.366 verbali stilati a carico di persone o aziende, 6.251 falsi brac- PUGLIA 2010 • DOSSIER • 67
AGRICOLTURA E LAVORO NERO
Il “sommerso da lavoro” assume connotazioni rilevanti non solo sotto il profilo prettamente fiscale, ma anche dal punto di vista economico
cianti agricoli, più di 8 milioni di euro di con-
tributi omessi e 27 milioni di euro frutto di frodi accertate (indennità di disoccupazione, malattia, maternità etc). Successi cui si aggiungono quelli che riguardano l’utilizzo distorto di fondi pubblici. Ovvero soldi erogati da Ue, Stato, regioni o enti locali per il settore agricolo. Qui, i 38 controlli hanno fruttato circa 20 milioni di contributi incassati in modo indebito e inviato alla Procura 67 nomi. Un impegno costante quello della Gdf pugliese che «ha dedicato rilevanti e qualificate risorse, agli interventi a contrasto» di questi reati. Operazioni «realizzate, peraltro, anche attraverso un maggiore ricorso alla cooperazione e sinergie con gli Enti locali. In tale ottica – ricorda il tenente colonnello Grisorio - è stata sviluppata una convenzione con la Regione Puglia tesa a sviluppare sinergie per contrastare gli illeciti. In particolare, per migliorare i risultati in termini fiscali e individuare posizioni lavorative irregolari e ottenere un effettivo recupero di gettito erariale e contributivo». Ecco perché l’attività della Gdf cerca anche di «favorire l’implementazione del neo costituito sistema info-telematico “Osservatorio regionale sul lavoro non regolare”. E l’utilizzo degli elenchi forniti dalla Regione relativi alle imprese, operanti nel settore dell’agricoltura, fruitrici di benefici pubblici». Lavoro di intelligence, controllo economico del territorio, analisi di rischio delle banche dati e collaborazione istituzionale con gli
68 • DOSSIER • PUGLIA 2010
altri attori della fiscalità sono alcuni dei ferri del mestiere a disposizione delle Fiamme Gialle. E comunque, rileva il capo ufficio operazioni del Comando regionale, «ci stiamo muovendo per rendere ancora più efficaci i servizi di prevenzione, ricerca e repressione dei fenomeni più rilevanti di evasione e di frode fiscale». Entrando nel dettaglio, «ciascun reparto sviluppa un’attività permanente di ricerca informativa, osservazione e analisi dell’evoluzione del sistema economico e finanziario. Nell’ambito del piano straordinario di controlli mirati all’accertamento sintetico dei redditi delle persone fisiche, nel 2009 la Gdf ha realizzato e messo in linea un nuovo software che rende più veloce e puntuale il flusso di notizie concernenti le “ricchezze visibili” rilevate dai reparti territoriali ed aeronavali durante i servizi».
Vincenzo Grisorio
Quanto poi alle analisi di rischio delle banche dati, volte «a contrastare i fenomeni di evasione più diffusi, si incrociano e si estrapolano le risultanze delle banche dati interne ed esterne all’Anagrafe tributaria, risalendo alle tracce lasciate da operazioni economiche in nero». Addirittura «si sono sviluppate analisi di rischio che prendono le mosse dalle migliori prassi operative dei reparti territoriali». Ovvero, raccolta dati e loro analisi puntuale «per risalire alle tracce di evasione e alla platea dei soggetti a rischio». Investigazioni, ma non solo. Un indubbio aiuto alla Gdf viene anche dal fattore cambio mentalità. «La lotta al sommerso d’azienda e al lavoro nero che, per definizione, rappresentano la massima espressione dell’evasione fiscale – rileva il tenente colonnello Grisorio -, può essere efficace-
mente perseguita solo attraverso la “compliance” dei cittadini verso le istituzioni. In tal senso, la Guardia di Finanza sta portando avanti un processo di razionalizzazione, semplificazione, sviluppo tecnologico e ammodernamento volto, tra l’altro, a rafforzare la collaborazione istituzionale con gli altri attori della fiscalità, ai fini di una maggiore funzionalità della filiera dei controlli. In particolare, questo Comando regionale – conclude il capo ufficio operazioni del Comando regionale Puglia-, oltre a sviluppare accordi convenzionali con gli Enti pubblici locali, ha provveduto ad emanare una “Guida operativa in materia di lavoro nero” che correla le leggi che nel tempo hanno regolato la specifica materia, con le migliori prassi investigative poste in essere dai propri reparti». PUGLIA 2010 • DOSSIER • 69
AGRICOLTURA E LAVORO NERO
Riflettori puntati sul lavoro nero Accordi con l’ambasciata italiana in Egitto, protocollo d’intesa con il Ministero degli Affari esteri, contratti siglati con i sindacati. La Coldiretti pugliese, guidata da Pietro Salcuni, imbocca ogni strada possibile per sconfiggere una piaga che incide per il 22% Federica Gieri
on nasconde la polvere sotto il tappeto, Pietro Salcuni, numero uno di Coldiretti Puglia. In regione «il fenomeno del lavoro nero è diffuso soprattutto nei settori dell’agricoltura (con un’incidenza del 22%), dei servizi (17%) e dell’edilizia (16%)». Premesso questo, analizza Salcuni, «si tratta spesso e volentieri di vere e proprie azioni criminose perpetrate nei territori pugliesi, dove la mancanza di legalità mette a rischio una sana convivenza sociale ed economica». Inevitabile quindi che la Coldiretti pugliese non possa e non voglia accettare che, «su un territorio che offre produzioni da primato per il made in Italy agroalimentare, trovino spazio inquietanti fenomeni malavitosi». Va da sé che, «forti di queste considerazioni, alla base del progetto di rigenerazione dell’agricoltura basata sul “patto con il cittadino-consumatore”, la Coldiretti pugliese – avverte il presidente – si è costituita parte civile nei confronti di tutti quei soggetti che hanno deturpato l’immagine della sana imprenditoria agricola pugliese. Per la Coldiretti, da sempre, la qualità del prodotto non può prescindere dalla qualità del lavoro e dalla dignità dell’uomo impegnato in questo lavoro».
N
Piano governo anti lavoro nero: promosso o 70 • DOSSIER • PUGLIA 2010
bocciato?
22%
PERCENTUALE
È la diffusione del lavoro nero soprattutto nel settore agricolo pugliese. A seguire nei servizi tocca quota 17% e nell’edilizia 16%
«Il piano straordinario Sacconi contro il lavoro nero in Calabria, Campania, Puglia e Sicilia è solo un primo passo che speriamo avvenga nella direzione giusta. Non vorremmo che i controlli “a campione” venissero effettuati nelle aziende agricole che hanno scelto un percorso di etica e trasparenza e che non hanno nulla a che fare con il fenomeno del caporalato o con le truffe ai danni dell’Inps attraverso fittizi rapporti di lavoro, attività gestita prevalentemente dalle organizzazioni criminali». Perché il lavoro nero è così diffuso tra i campi?
«Il settore è caratterizzato da rapporti di lavoro di breve periodo e comunque condizionati da-
Pietro Salcuni
La Coldiretti pugliese si è costituita parte civile nei confronti di tutti quei soggetti che hanno deturpato l’immagine della sana imprenditoria agricola pugliese. Per la Coldiretti, da sempre, la qualità del prodotto non può prescindere dalla qualità del lavoro e dalla dignità dell’uomo impegnato in questo lavoro
Nella foto piccola, Pietro Salcuni, presidente regionale di Coldiretti
gli eventi climatici. Per questo Coldiretti Puglia ha espresso, in occasione dell’approvazione della legge regionale sull’emersione del lavoro nero, forti perplessità rispetto alla comunicazione anticipata di assunzione. È di difficile applicazione, se non impossibile, la prevista comunicazione al giorno antecedente a quello dell’effettivo inizio del rapporto di lavoro laddove, invece, sarebbe sufficiente la contestualità della comunicazione dell’assunzione con l’effettivo inizio della prestazione di lavoro. Altro tema cardine è relativo agli indici di congruità affrontato più volte anche a livello nazionale quale elemento utile ad attivare il controllo aziendale e non quale strumento automatico per elevare eventuale sanzione o decurtazione di sovvenzioni. In tale ottica, insieme all’apprezzato concetto della concertazione, per quanto riguarda il mondo agricolo sarebbe opportuno introdurre il principio della territorialità (la contrattazione in agricoltura mantiene il livello provinciale) e della eventuale costruzione di
tali indici da parte degli enti bilaterali, sindacati e datori di lavoro, e non delle istituzioni». In Puglia può accadere ciò che è accaduto a Rosarno?
«È difficile che qui possa ripetersi l’esperienza di Rosarno perché negli ultimi anni sono state avviate numerose iniziative tese ad arginare il fenomeno del lavoro nero, a partire dalla legge regionale in materia di contrasto al lavoro non regolare. Era necessaria una risposta da parte della Puglia per evitare che si confondessero la qualità dei prodotti e il percorso di trasparenza intrapreso dalle imprese agricole con le immagini di criminalità e schiavismo con cui né la vera agricoltura di Capitanata né la vera agricoltura pugliese hanno mai avuto a che fare. Molto efficaci i principi della premialità e l’utilizzo dato al Durc (Documento unico regolarità contributiva) anche in campo agricolo, legandone il rispetto a tutti i sistemi d’investimento agevolato, incentivi e sostegni offerti dalle Istituzioni nazionali e comunitarie PUGLIA 2010 • DOSSIER • 71
AGRICOLTURA E LAVORO NERO
Il sistema dei voucher ha pagato in Puglia il prezzo del noviziato. Oggi è da guardare con interesse l’evoluzione del sistema, a partire dall’estensione del sistema dei buoni per facilitare l’accesso al lavoro agricolo delle casalinghe, oltre a pensionati e studenti
all’agricoltura».
La crisi “favorisce” il lavoro sommerso?
«La crisi può acuire il fenomeno, ma ciò non può e non deve diventare una giustificazione. Del resto le imprese agricole sane e serie non possono subire l’ennesimo danno, oltre al già grave limite alla competitività legato agli alti costi di produzione, compresi quelli degli oneri sociali ancora calcolati su una busta paga presunta e non reale». In Puglia si rileva un limitato ricorso alle regolari procedure di utilizzo di personale extracomunitario stagionale. Questo, nonostante la presenza di alternative regolari sia sul piano contrattuale (voucher) sia su quello di congrue disponibilità di manodopera (flussi stagionali non ancora esauriti). Perché?
«Il sistema dei voucher ha pagato in Puglia il prezzo del noviziato. Avviato in una fase in cui non era ancora stato messo a punto neppure a livello nazionale, non è stato adeguatamente adoperato. Oggi è da guardare con interesse l’evoluzione stessa del sistema, a partire dall’estensione del sistema dei buoni per facilitare l’accesso al lavoro agricolo delle casalinghe, oltre a pensionati e studenti. Il provvedimento offre nuove opportunità di reddito e occupazione a categorie particolarmente deboli e risponde coerentemente alle richieste di semplificazione del lavoro nei campi che può 72 • DOSSIER • PUGLIA 2010
181.166 OCCUPATI A tanto ammonta la forza lavoro nei campi pugliesi secondo i dati Inps del 2008. La maggior parte (50470) è concentrata nella fascia di età 40-49 anni. A seguire (45.009), quella tra 30 e 39 anni
così meglio esprimere le proprie potenzialità in un momento di crisi. Nel provvedimento, infatti, oltre all’estensione del sistema dei voucher, senza destrutturare il mercato del lavoro agricolo, è stata estesa “alla categoria dei parenti e affini di quarto grado” la disciplina contenuta nella legge Biagi in modo che “non costituiscano rapporto di lavoro quelle prestazioni lavorative che si svolgono in un clima di aiuto familiare e che giustamente non devono trovare rigide forme regolatorie perché non ricevono una compensazione salariale”. Sul fronte del lavoro extracomunitario, oltre a registrare annate in cui alla Puglia non è stato assegnato alcun lavoratore extra-comunitario, le imprese agri-
Pietro Salcuni
IL “SOMMERSO” È MINIMO Basta associare all’agricoltura, il lavoro abusivo afferma il presidente di Confagricoltura Puglia Paolo Leccisi. Molto è stato fatto per farlo emergere. A partire dai contratti di riallineamento
«
Lavoro nero? Forse ci saranno ancora delle sacche, ma sono assolutamente minimali. Ormai il lavoro è in “chiaro”». Parole nette quelle pronunciate da Paolo Leccisi (nella foto) che da presidente di Confagricoltura Puglia respinge al mittente l’assioma campi-economia sommersa. «È totalmente sbagliato aggregare sempre e comunque il lavoro nero all’agricoltura – avverte –. Questo era un fenomeno sicuramente molto diffuso, soprattutto in alcune aree come la Capitanata dove non c’era un mercato del lavoro ben organizzato, fino a cinque o sei anni fa, poi è andato sempre più riducendosi. La lotta fatta dagli enti preposti e l’azione di responsabilità condotta dalle organizzazioni sindacali ha dato buoni frutti». Per non parlare dell’impegno profuso da Confagricoltura che, «al fine di fare emergere le aziende che utilizzavano operai in “nero”, negli ultimi anni è riu-
scita a far sottoscrivere contratti di riallineamento per consentire alle stesse imprese di legittimare la paga “di piazza” attraverso la concertazione con le altre parti sociali, prevedendo dei piani per rimodulare nel tempo le paghe verso quelle previste dal contratto nazionale». Ciò non toglie, chiarisce Leccisi che «sicuramente ci saranno ancora fenomeni di questo genere, ma non sono certo la regola: le aziende sanno che i controlli ormai ci sono». Ed è su questo aspetto che il presidente insiste molto, rilevando come «le aziende siano tartassate da questo genere di verifiche che sono perenni e costanti. E molto spesso vanno a finire su formalismi burocratici perché ormai di sostanziale se ne trova sempre di meno». Favorevole al piano anti-lavoro nero voluto dall’esecutivo, Leccisi focalizza l’attenzione su un aspetto: «continuiamo a chiedere e, in questo c’è sintonia con il ministro
cole spesso non possono beneficiare di quest’azione a causa di cavilli burocratici e di farraginose domande di assunzione dei lavoratori extracomunitari». Cosa sta facendo e cosa ha fatto Coldiretti Puglia per arginare questo fenomeno?
«Abbiamo siglato, con i sindacati, i contratti di riallineamento e l’avviso comune sul sommerso perché il nostro obiettivo è quello di rivendicare, per le imprese assuntrici, un deciso abbattimento degli oneri sociali, rendendoli compatibili e sopportabili dal sistema economico meridionale. Abbiamo siglato un accordo con l’Ambasciata italiana in Egitto per l’utilizzo di lavoratori egiziani in provincia di Foggia che,
37.683 AZIENDE È il totale delle imprese che operano in regione in agricoltura secondi i dati 2008 forniti dall’Inps
Sacconi, che tutte le innovazioni devono essere finalizzate a superare l’approccio formale e burocratico dell’ispezione, indirizzandole invece verso un accertamento di omissione di carattere sostanziale. Ancora oggi, infatti, permangono verifiche ispettive improntate alla ricerca di omissioni veniali piuttosto che accertamento violazioni sostanziali».
profittando dell’opportunità occupazionale, beneficiano di formazione specializzata. Proprio per facilitare il rilascio dei visti d’ingresso è stato siglato un protocollo d’intesa, già nel 2003, tra il ministero degli Affari esteri e la Coldiretti presso i consolati italiani di Bucarest e Varsavia, con il quale Coldiretti ha garantito un supporto effettivo presso gli uffici consolari di Bucarest e Timisoara per attività legate al rilascio dei visti, dove tutti hanno goduto del servizio reso: le imprese che hanno visto accorciarsi i tempi di evasione delle pratiche, i lavoratori che hanno avuto modo di lavorare in tempi brevi, le istituzioni pubbliche che hanno accelerato l’iter delle domande». PUGLIA 2010 • DOSSIER • 73
CLASS ACTION
perativa dal primo gennaio del 2010 come nuovo strumento di tutela dei consumatori, la class action si traduce in un’azione legale collettiva per ottenere il risarcimento dei danni procurati a un certo numero di consumatori a causa di un medesimo illecito. I cittadini, quindi, potranno fare causa comune in tribunale per illeciti avvenuti a partire dal 16 agosto 2009. In questo modo un solo giudice, nell’ambito di un solo processo, potrà condannare un’azienda a risarcire più persone alle quali ha provocato un danno. In questo modo, sarà possibile dare maggiore forza al singolo cittadino. La nuova disciplina consente ai consumatori danneggiati a causa di prodotti difettosi o pericolosi, oppure di comportamenti commerciali scorretti o contrari alle norme sulla concorrenza, di unire le proprie forze per ottenere il risarcimento, mentre il ricorso al giudice da parte del singolo individuo potrebbe essere troppo oneroso. Le associazioni dei consumatori hanno espresso più volte serie perplessità su questo nuovo strumento, sia per retroattività limitata agli illeciti avvenuti dopo l’agosto 2009, che di fatto esclude dagli eventuali procedimenti i mega crack del passato come Parmalat o Cirio, sia per il fatto che ci vorrà un periodo di rodaggio visto che nei tribunali non esiste ancora una sezione dedicata a questo tipo di procedimenti. Il presidente dell’Antitrust Antonio Catricalà richiama al buon senso e chiede maggiore accortezza, soprattutto all’inizio. «Il successo della class action è nelle mani delle associazioni di consumatori. È necessario che ne facciano un uso equilibrato e non mediatico».
O
Lei non ha nascosto qualche perplessità sulla normativa che ha introdotto recentemente la class action nell’ordinamento italiano. Quali sono gli aspetti che ritiene perfettibili?
«L’Antitrust si era proposta come “filtro” preventivo sulle azioni per danni derivanti da il74 • DOSSIER •PUGLIA 2010
Azioni collettive strumento di civiltà Anche in Italia arriva la possibilità di intraprendere un’azione legale collettiva. Un unico processo da parte di più persone colpite dalla medesima azienda scorretta. Ma il presidente dell’Antitrust Antonio Catricalà avverte: «Niente iniziative frettolose. Cause solo se fondate» Elena Ricci
Antonio Catricalà
In apertura, Antonio Catricalà, presidente dell’Antitrust
leciti concorrenziali, pratiche commerciali scorrette e, qualora il legislatore ci avesse riconosciuto la competenza, da clausole vessatorie. Governo e Parlamento hanno scelto un modello diverso, attribuendo al giudice civile una discrezionalità estremamente ampia sull’ammissibilità dell’azione. Ne prendiamo atto, ma resto convinto che sarebbe stato preferibile configurare un nostro ruolo attivo almeno nelle materie di nostra competenza. Si sarebbe evitato un inutile sovraffollamento dei tribunali con richieste su questioni estremamente delicate e complesse come i cartelli o gli abusi di posizione dominante. Una nostra pronuncia, se di condanna, avrebbe precostituito un impianto probatorio utile per i ricorrenti e in caso di archiviazione avrebbe comunque costituito un segnale importante sull’infondatezza della richiesta». L’Antitrust ha insistito particolarmente sul mancato effetto retroattivo della legge, considerandolo un suo punto debole. Cosa com-
È necessario che le associazioni dei consumatori utilizzino la class action quando ne esistono davvero i presupposti. Si tratta di uno strumento di civiltà giuridica che non può essere screditato da iniziative frettolose
porta nel dettaglio questo aspetto?
«Più che di retroattività avevo suggerito che la possibilità di esercitare la class action seguisse i termini ordinari della prescrizione dei diritti potenzialmente lesi. In questo modo si crea un doppio regime: se un diritto può ancora essere fatto valere perché non è caduto in prescrizione si potrà esperire il normale iter di risarcimento del danno individuale, ma non si potrà utilizzare l’azione di classe. In questo modo si tagliano fuori dalla nuova procedura vicende che hanno visto le associazioni dei consumatori PUGLIA 2010 • DOSSIER • 75
CLASS ACTION
fortemente impegnate per tutelare risparmiaSe un’azienda in una class action viene assolta, esiste la possibilità che altre associazioni di consumatori possano intentare una nuova causa sulla stessa questione con il rischio di creare un circolo vizioso?
uno strumento di civiltà giuridica che non può essere screditato da iniziative frettolose. Per questo ho apprezzato che, nel caso dell’aumento delle commissioni bancarie per chi va in “rosso”, alcune associazioni abbiano deciso di ricorrere all’arbitro bancario prima di decidere se avviare o meno la class action».
«Il rischio non sussiste perché il legislatore ha appositamente inserito un comma per evitarlo: non sono proponibili ulteriori azioni su identiche questioni che riguardano la stessa azienda».
Lei ha scoraggiato iniziative individuali, consigliando ai cittadini di rivolgersi alle associazioni di consumatori. Quali sono gli aspetti che penalizzano un’azione non guidata dalle associazioni?
Quali precauzioni occorrerà prendere per evitare di intasare i tribunali?
«Perché l’azione possa avere successo occorre costruirla bene: questo significa comunque sobbarcarsi oneri legali, correndo anche il rischio di pagare spese ingenti qualora il giudice dichiari l’inammissibilità. Le associazioni dei consumatori sono invece giuridicamente più attrezzate ad affrontare questioni tanto delicate: non dimentichiamoci che dall’altra parte ci sono gli studi legali delle grandi aziende».
tori e consumatori».
«Credo che il successo della class action sia nelle mani delle associazioni dei consumatori. È necessario che ne facciano un uso equilibrato e non mediatico, che la utilizzino quando ne esistono davvero i presupposti, perché c’è il rischio di soffocare il bambino nella culla. Sarebbe un errore gravissimo: la class action è 76 • DOSSIER •PUGLIA 2010
Carlo Rienzi
È annacquata ma faremo di necessità virtù È il Codacons a dare il via alla prima class action italiana. Sebbene la consideri «inadeguata», il presidente Carlo Rienzi è deciso ad avvalersene. Per tutelare quei consumatori «che per pochi euro non farebbero mai causa individualmente Elena Ricci
Nella foto, l’avvocato Carlo Rienzi, presidente del Codacons
a class action è l’azione collettiva volta a ottenere il risarcimento di un danno. La particolarità di tale azione è che a beneficiare dei risarcimenti non è un singolo individuo ma una pluralità di soggetti tutti allo stesso modo danneggiati dal comportamento di un’impresa o di un ente. Tuttavia, secondo la rilevazione effettuata da Ekma Ricerche su un campione di 500 interviste, solo il 19,4% ha sentito parlare di class action e, di questo soltanto il 35,7% dice di sapere di cosa si tratta. In sostanza, solo un italiano su quattordici è a conoscenza dei segreti dell’azione collettiva risarcitoria, forse per via delle regole alquanto complesse che la regolano. Da più fronti, infatti, giungono esortazioni alla prudenza e alla chiarezza nell’informare i cittadini sulle possibilità offerte da questo strumento. Massima attenzione soprattutto da parte delle associazioni di consumatori che devono saper filtrare le tante richieste e portare avanti quelle che effettivamente ne hanno i requisiti. Intanto è stato proprio il Codacons a presentare la prima class action italiana, notificando due citazioni in tribunale contro due colossi bancari: Unicredit e Intesa Sanpaolo, per le commissioni anomale denunciate dall’Antitrust. In questo modo si apre la strada a migliaia di correntisti intenzionati a far valere i propri diritti contro i due istituti di credito. I numeri sono interessanti. Si parla di circa 25 milioni di cittadini potenzialmente interessati alla class action del Codacons contro le due banche. E firmatario della prima azione collettiva nel nostro Paese è il presidente Carlo Rienzi che sul
L
PUGLIA 2010 • DOSSIER • 77
CLASS ACTION
Nel nostro Paese l’azione collettiva ha una retroattività fortemente limitata, con tempi lunghi e iter burocratici discutibili, e non è previsto il danno punitivo, unico vero incentivo che obbligherebbe le aziende a un maggior rispetto dei consumatori
sito dell’associazione sottolinea come l’azione sia mirata a «disincentivare i colossi economici a fare scorrettezze gravi contro i consumatori che per pochi euro non farebbero mai causa individualmente, anche se la mancanza di forti sanzioni come avviene negli Usa rende questo strumento poco incisivo ed efficace». Quali sono le opportunità e i limiti della class action? «I vantaggi di tale istituto risiedono nella possibilità di far ottenere il riconoscimento dei diritti 78 • DOSSIER •PUGLIA 2010
di un’intera categoria, evitando migliaia di cause individuali e concentrando l’azione in un’unica causa. Purtroppo però la class action italiana risulta “annacquata” e assai distante da quella americana, che ha ispirato numerosi film proprio grazie alla sua efficacia. Nel nostro Paese, infatti, non solo l’azione collettiva ha una retroattività fortemente limitata, sono di fatti esclusi grandi crac come Parmalat, Cirio, Bond Argentina, con tempi lunghi e iter burocratici discutibili, ma addirittura non è previsto il danno punitivo, unico vero incentivo che obbligherebbe le aziende ad un maggior rispetto dei consumatori. Ciò significa che mentre in America un’azienda che ha immesso in commercio un prodotto pericoloso viene condannata ad una forte sanzione, appunto il danno punitivo, per i pericoli fatti correre alla collettività, in Italia ciò non è possibile, e il risarcimento spetta solo a chi realmente ha subito danni da quel prodotto difettoso».
Carlo Rienzi
È stato proprio in Codacons a presentare la prima class action italiana. Lo reputa uno strumento adeguato o a suo avviso necessita di ulteriori migliorie? «La class action italiana è assolutamente inadeguata ma, essendo l’unico strumento che la legge ci mette a disposizione, il Codacons ha deciso di avvalersene intentando le prime cause collettive. Le migliorie da apportare sarebbero molte, e tra queste spicca la necessità di introdurre il danno punitivo ed estenderla in modo totale anche alla pubblica amministrazione, dal momento che allo stato attuale un ente riconosciuto colpevole di aver danneggiato i consumatori non può essere condannato ad alcun risarcimento». Quali sono i costi di un’azione legale collettiva? «Qualora l’azione sia dichiarata inammissibile, il cittadino o l’associazione che ha promosso la class action deve rifondere le spese legali alla controparte in base alle decisioni del giudice. Se
Sopra, il Palazzo di giustizia di Bari
l’azione è promossa da un comitato o da un’associazione e viene dichiarata ammissibile, l’utente può aderire autonomamente o attraverso l’organismo che ha promosso l’azione. In quest’ultimo caso le spese da sostenere possono essere una quota associativa o una percentuale sul risarcimento. Chi propone la class action deve inoltre addossarsi, oltre alle “spese vive” per contributi unificati, notifiche, e via dicendo, anche le spese per la pubblicizzazione dell’azione. Una vera e propria assurdità, a nostro avviso, visto che non può essere scaricato sui cittadini l’onere di pubblicizzare sui mass media azioni di tale portata». Da una parte c’è chi sostiene che un unico procedimento si traduca in un risparmio in termini di costi, impegno e tempi per ottenere giustizia. Dall’altra, c’è chi afferma che la class action prevede costi onerosi per chi l’avvia e difficoltà per le richieste di risarcimento. Dove sta la verità? «Sicuramente se si fosse seguito l’esempio di altri Paesi come l’America o il nord Europa, la class action avrebbe apportato benefici non solo ai consumatori, ma all’intero settore della giustizia italiana, accorciando i tempi, diminuendo le cause e velocizzando gli iter burocratici. Così com’è stata introdotta nel nostro Paese, rischia di risultare onerosa e difficoltosa specie nel caso in cui il giudice decida di non ammettere le istanze di risarcimento presentate. Circostanza che rappresenta un deterrente per molti cittadini intenzionati a far valere i propri diritti, ma che non hanno le possibilità economiche di sostenere un’eventuale sconfitta in tribunale». Secondo quali criteri Codacons si appresta a “filtrare” le richieste di azioni? «Cercheremo di avviare quelle che abbracciano un ampio bacino di utenti, e quelle che presentano più elevati margini di ammissibilità dinanzi ai giudici». PUGLIA 2010 • DOSSIER • 79
MERCATO DELLA PASTA 100 Il numero dei pastifici industriali presenti sul mercato italiano
1,5
1,5 mlndit.
1,5 mlndit.
Consumo interno di pasta per un valore di oltre 2,8 miliardi di euro
Ammontare della produzione di paste alimentari, fresche e secche, nel 2008
Quantità in milioni di tonnellate di pasta esportata dall’Italia nel 2008
mlndit.
Unione Industriale Pastai Italiani
MERCATO DELLA PASTA
In quel piatto mangiano P in troppi
astai ancora nell’occhio del ciclone. Prima la conferma delle multe inflitte dall’Antitrust a 22 imprese del settore e due associazioni di categoria per aver creato un cartello sui prezzi della pasta e poi la convocazione di Mr Prezzi, Roberto Sambuco. «Unipi ha preso atto della sentenza del Tar del Lazio – commenta MarSanzioni, ispezioni, convocazioni. cello Valentini, vicepresidente dell’Unione Non si placano gli animi attorno industriale pastai italiani – nel pieno rispetto alla pasta. Marcello Valentini, delle istituzioni e dunque anche del magistrato amministrativo. Si tratta comunque di vicepresidente dell’Unione industriale un procedimento ancora sub judice dal mopastai italiani, ribatte: «Il mercato mento che l’Unipi, come pure le aziende adeitaliano della pasta si distingue per renti, dispongono degli ulteriori gradi di giudizio previsti dall’ordinamento». L’Unione si un’offerta ricca e trasparente. Dove i dichiara soddisfatta dell’incontro avvenuto il consumatori hanno ampia scelta 19 gennaio scorso con il Garante per la sorFrancesca Druidi veglianza dei prezzi, «dopo aver presentato informazioni che dimostrano che non esiste un problema pasta e che attestano quanto tendenziose e ingiustificate siano state le accuse dei mesi scorsi da parte di associazioni e organizzazioni di categoria». Marcello Valentini invita a considerare la complessità della filiera, così come le varie componenti che concorrono alla formazione del prezzo della pasta e l’estrema concorrenza che contraddistingue il settore. Unipi rifiuta in toto l’ipotesi di un cartello. Quali sono i fattori a cui attribuisce la discrepanza tra i prezzi delle materie prime e quelli finali del prodotto? «L’assunto di estraneità dell’Unipi a comportamenti che abbiano configurato accordi di cartello, trova fondamento anche nel fatto che non è possibile ipotizzare un’intesa laddove esiste un comparto industriale composto da oltre 100 aziende, diverse sia per dimensione che per struttura. A ciò si aggiunga l’ubicazione degli opifici in territori differenti e la necessità di competere su un mercato nazionale che, per la diversità di consumi Sopra, Marcello Valentini, vice presidente dell’Unione Industriale Pastai Italiani tra zone del Nord, Centro e Sud, impone un 84 • DOSSIER •PUGLIA 2010
Marcello Valentini
sistema di prezzi diversificato. Anche il tessuto distributivo varia molto nelle tre aree del Paese. La pasta resta comunque l’alimento più conveniente, con il miglior rapporto qualità/prezzo. Le famiglie italiane possono constatarlo direttamente entrando ogni giorno nei negozi e nei supermercati. Esistono per la pasta prezzi differenziati: il prezzo minimo e quello massimo sono diversi da marca a marca, da zona a zona, da formato a formato e anche da punto vendita a punto vendita. Esiste, quindi, un regime di effettiva concorrenza, nella quale la formazione dei prezzi è libera e vede in competizione non solo le aziende produttrici, ma anche le imprese della grande distribuzione che a volte utilizzano la pasta come prodotto civetta». Perché la riduzione dei prezzi delle materie prime non si traduce sul prezzo al consumo della pasta? «Il prezzo finale non è fissato dalle aziende produttrici, ma è determinato dalla piccola e
grande distribuzione, cioè dall’ultimo anello della filiera alimentare. L’industria della pasta rappresenta solo una parte della lunga e complessa filiera produttiva che include la coltivazione del grano duro, interessando quindi l’agricoltura; lo stoccaggio e la selezione da parte delle cooperative e dei commercianti; la prima lavorazione del grano duro in semola, che avviene nei mulini; la seconda lavorazione della semola in pasta che si realizza nei pastifici, la logistica, la piccola e grande diMULTA stribuzione. Ciò significa che la formazione Ammontare del prezzo finale è condizionata da una plucomplessivo della ralità di attori». sanzione comminata dall’Antitrust, e Esemplificando attraverso dei numeri? dal Tar del «Nel primo semestre del 2008, il costo medio confermata Lazio, a 22 società del grano duro risultava più che triplicato accusate di aver fatto parte del cosiddetto (+220%) rispetto al costo medio del 2005. “cartello della pasta Non risulta che la pasta sia mai stata aumentata di tale percentuale. Di fronte alla diminuzione rilevata oggi del grano duro, si evidenzia un calo medio del prezzo della pasta
12,5 mlm
PUGLIA 2010 • DOSSIER • 85
MERCATO DELLA PASTA
PRATICHE CONTRATTUALI TRASPARENTI Nell’anno della crisi tiene l’industria alimentare italiana. Federalimentare, guidata da Gian Domenico Auricchio, cerca l’intesa con la Gdo. Per razionalizzare i rapporti all’interno della filiera
ben superiore a quello registrato dall’Istat (5%), dovuto alla forte promozionalità effettuata soprattutto a livello della grande distribuzione. Ma, limitarsi al solo raffronto tra il prezzo del grano duro e quello della pasta, senza considerare tutti gli altri fattori che concorrono alla formazione del prezzo al consumo, può rivelarsi esercizio incompleto oltre che fuorviante». Quali aspetti occorre allora valutare? «Considerando che la semola ha costi differenti anche in relazione alla qualità dei grani utilizzati per la molitura, è fondamentale tenere presente fattori quali il lavoro, gli imballaggi, l’energia, i sistemi di controllo e assicurazione della qualità, la manutenzione, gli investimenti, gli oneri finanziari, la gestione del rischio, la commercializzazione, la ricerca, la comunicazione, il trasporto e le differenti scelte sulle strategie commerciali che ciascuna azienda intraprende. Infine, per arrivare al prezzo allo scaffale, bisogna aggiungere i costi e i margini della grande distribuzione e del dettagliante che decidono il prezzo al pubblico. Tutto ciò in un libero mercato che privilegia lo sviluppo della concorrenza e non prevede la formazione di prezzi amministrati». Non sarebbe utile trovare un accordo con gli altri attori della filiera per calmierare i prezzi, offrendo un’iniziativa simile a quella che prevedeva l’acquisto di 1 kg di pane a un euro? «Da parte dei produttori pastai il contenimento del costo della pasta è dimostrato dal raffronto del prezzo del nostro prodotto con l’andamento dell’inflazione nel lungo periodo. Siamo sempre stati aperti al dialogo con tutti gli attori della filiera. Un euro può rappresentare il costo di un pasto per 10 persone. È questo, infatti, il prezzo medio allo 86 • DOSSIER •PUGLIA 2010
N
el 2009 l’alimentare italiano, con 120 miliardi di fatturato, ha reagito meglio degli altri comparti agli effetti della crisi. Il trend produttivo nei primi undici mesi dell’anno, rispetto allo stesso periodo del 2008, ha segnato infatti un -2,1% a fronte di un -18,5% registrato dal totale industria del Paese. Come evidenzia il presidente di Federalimentare, Gian Domenico Auricchio (nella foto), «è prevedibile che il consuntivo di produzione definitivo 2009 possa chiudersi con una variazione negativa ancora più ridotta, pari al -1,8%». Quali sono le prospettive di Federalimentare per il 2010? «La rincorsa degli ultimi mesi lascia ben sperare per l’anno appena iniziato: il 2010 dovrebbe, infatti, vedere il ritorno della produzione alimentare
ai livelli del 2008, vicino ai massimi storici toccati nel 2007. L’export dovrebbe recuperare quasi per intero, nel corso dell’anno, il calo emerso nel 2009, per riprendere poi nel biennio 2011-2012 il trend espansivo che l’ha caratterizzato fino al 2008. Federalimentare pone comunque l’accento sulla necessità di intensificare gli sforzi promozionali all’estero. In generale, occorre sfruttare la crisi per portare a compimento obiettivi di efficienza, competitività e logistica fin qui disattesi, in chiave di sistema nell’area delle Pmi». Si parla ancora di possibili speculazioni sui prezzi di alcuni prodotti chiave dell’industria alimentare italiana. Cosa ne pensa? È possibile rendere più trasparenti i rapporti di filiera?
Marcello Valentini
«Durante la seconda metà del 2007 e per tutta la prima parte del 2008, l’attenzione sui prezzi alimentari è stata molto elevata. Successivamente questa è scemata, con l’esaurirsi del boom delle commodity agricole, anche se il problema di affrancare in prospettiva questi approvvigionamenti strategici dai fenomeni speculativi rimane nella sua interezza. La punta dei prezzi alimentari alla produzione è stata raggiunta nel giugno 2008 con un +13,7% medio rispetto al giugno 2007. Poi è cominciato un rapido rientro. A fine 2009 il trend si è completamente invertito, con tendenziali dei prezzi alla produzione attorno al -4%, a fronte dei paralleli aumenti del +0,5% medio dei prezzi al consumo dell’alimentare lavorato. Federalimentare prosegue intanto la limatura del nuovo protocollo d’intesa con la
Grande distribuzione organizzata. Il nodo per un'intesa a cui si lavora ormai da un anno risiede nello stabilire pratiche contrattuali trasparenti e leali per le piccole come per le grandi aziende». La Puglia in particolare ha mostrato segnali di ripresa. Quali le ragioni di questo trend positivo? «La Puglia nel 2009 è salita sul podio delle tre regioni più performanti del nostro Paese. Ciò è stato possibile grazie alla grande tradizione enogastronomica pugliese, alla capacità degli imprenditori agroalimentari di questa regione e all’exploit di alcuni settori che, anche in un anno difficile come quello da poco terminato, sono stati in grado di mettere a segno un bilancio positivo. Mi riferisco in particolar modo al settore molitorio, al lattiero caseario, al conserviero e ai prodotti della trasformazione ittica».
Limitarsi al solo raffronto tra il prezzo del grano duro e quello della pasta, senza considerare tutti gli altri fattori che concorrono alla formazione del prezzo al consumo, può rivelarsi esercizio incompleto oltre che fuorviante
scaffale di una confezione di 1000 grammi di pasta di semola di grano duro». L’industria dei pastai è preoccupata dalla crescente quota di importazioni di grano duro da paesi extracomunitari? «È noto che usiamo circa il 70-80% di grano italiano in quanto la produzione del Paese non è sufficiente a coprire il fabbisogno complessivo nazionale. Il 20-30%, a seconda delle
annate, del grano duro macinato in Italia è di provenienza estera. Una quota di tali importazioni serve inoltre a gestire la variabilità qualitativa della produzione interna, al fine di assicurare la costanza delle caratteristiche qualitative del prodotto finito. Da tempo immemorabile la buona pasta si fa miscelando anche grani duri stranieri. Le caratteristiche del grano dipendono dalla qualità dei raccolti, altalenanti soprattutto a causa delle condizioni metereologiche piuttosto che per l’area di produzione. La pasta italiana è la più apprezzata al mondo grazie alla cultura di produzione che si fonda innanzitutto su una sapiente scelta della materia prima. Infatti, oltre il 50% della pasta prodotta in Italia finisce all’estero perché ha caratteristiche qualitative costanti e assolutamente superiori alle altre paste». PUGLIA 2010 • DOSSIER • 87
FINANZA
Mutualità e cooperazione In questo periodo di crisi economica, nasce l’esigenza di collaborazione fra le persone e la volontà da parte delle banche, soprattutto quelle più legate alle realtà territoriali locali, di creare strumenti di supporto per imprese e famiglie. Il presidente delle banche cooperative di Puglia e Basilicata Augusto Dell’Erba, illustra l’azione delle Bcc regionali Simona Cantelmi
88 • DOSSIER •PUGLIA 2010
ncora oggi sono molti i giovani che lasciano il Sud per trasferirsi al Nord e all’estero, alla ricerca di maggiori prospettive lavorative. In questo contesto è pertanto un’azione importante da parte delle banche realizzare nuove forme di sostegno, anche per tentare di arginare la “fuga di giovani cervelli”. Numerosi sono i nuovi progetti di piccole imprese. Favorirli e appoggiarli finanziariamente può aiutare anche il rafforzamento economico del Meridione. Ne parla Augusto Dell’Erba, presidente della Federazione delle Banche di Credito Cooperativo di Puglia e Basilicata. Le banche di Credito cooperativo hanno l’importante funzione di mettersi al servizio dello sviluppo del territorio, rispondendo alle necessità economiche e sociali delle comunità locali. Quali sono in questo momento le esigenze maggiori da parte di chi si affida a voi? «La richiesta che viene dai piccoli imprenditori è di profittare dei benefici dei tassi bassi, quindi spesso convertono i vecchi mutui con i nuovi, i cui tassi attualmente sono più bassi. Abbiamo continuato a rilasciare crediti agli imprenditori, però ho l’impressione che questi crediti siano più volti a estinguere vecchie posizioni per aprirne di nuove, allo scopo di godere dei tassi favorevoli del mercato. Poi certamente c’è ancora chi ha fiducia, soprattutto le microimprese familiari, e continua ad aprire attività commerciali o artigianali». Interesse per il locale significa avere attenzione per le piccole e medie imprese del territorio. C’è volontà di mettersi in gioco da parte delle Pmi, anche in questo momento di crisi? «Direi che in questo momento, proprio perché non ci sono aspettative di assunzione da parte di grandi soggetti imprenditoriali, la gente manifesta sempre di più la volontà di mettersi in
A
Augusto Dell’Erba
proprio. Molti ragazzi hanno imparato una professione, studiando e facendo esperienze: a questi sarebbe importante dare una garanzia economica affinché possano realizzare i loro piani». Un vostro principio è quello della “mutualità”, anche secondo l’articolo 45 della Costituzione. In questo momento di difficoltà economiche e sociali, come si declina questo valore? «Direi che più la gente si trova in difficoltà, più si aiuta a vicenda. Le situazioni problematiche esaltano questi valori, che in momenti privi di difficoltà probabilmente sono attenuati. Vista la crisi che ha colpito il nostro sistema economico, sono stati rafforzati i confidi. Le Regioni, in accordo con le associazioni di categoria, hanno favorito il rafforzamento di questi strumenti, proprio perché aiutano sia gli imprenditori sia le banche. La garanzia collettiva,
In apertura, Augusto Dell’Erba, presidente della Federazione delle banche di credito cooperativo di Puglia e Basilicata
che è una forma di mutualità, consente agli imprenditori di godere di tassi più bassi e nello stesso tempo consente alle banche di rilasciare meglio i crediti, perché diminuisce l’assorbimento patrimoniale». I soggetti sono i protagonisti, sia come operatori della Bcc sia come utenti. In che modo? «Sono protagonisti perché sono soci da una parte e dall’altra. I soci dell’associazione agricola o di quella degli artigiani sono le stesse che sono associati della banca, quindi c’è una forma di mutualità, di azione cooperativa collettiva e diffusa e di controllo pubblico delle attività. Io sono presidente di una realtà di più di tremila persone, che mi hanno votato; presento due bilanci l’anno, il bilancio d’esercizio e quello sociale. Così facendo rendo conto agli associati dell’attività che viene svolta». In che modo vi occupate dei giovani, delle loro esigenze e dei loro progetti? PUGLIA 2010 • DOSSIER • 89
FINANZA
29 BCC È il numero degli istituti di Credito cooperativo presenti tra Puglia e Basilicata con 135 sportelli
«I giovani diventano soci della banca e, quindi, accedono ai nostri benefici, con soli duecento euro che, qualora decidessero di uscire, potrebbero riprenderli in qualsiasi momento. Chi decide di fare il commerciante o l’artigiano o l’agricoltore e vuole diventare socio della banca spende solo quella quota, che non viene consumata, ma depositata; quando il socio esce, riprende i soldi che aveva lasciato. Ritengo che questo sia un segnale autentico di apertura. Non è detto che il socio della cooperativa avrà i soldi che chiede, ma certamente avrà una risposta, poiché da noi matura un diritto all’interlocuzione, cosa che non avviene per le altre banche. L’operatore ha il dovere di dare soddisfazione al cliente, anche se piccolo». Siete attenti anche al patrimonio storicoartistico. Avete progetti in corso in questo senso in Puglia? «Ogni banca di credito cooperativo in Puglia ha rapporti significativi con il patrimonio arti90 • DOSSIER •PUGLIA 2010
La garanzia collettiva, che è una forma di mutualità, consente agli imprenditori di godere di tassi più bassi e nello stesso tempo consente alle banche di rilasciare meglio i crediti
stico, che è in gran parte detenuto da enti ecclesiastici. Ogni anno non mancano mai richieste da parte di parrocchie e conventi di interventi per la salvaguardia del loro patrimonio. Magari non ci occupiamo di restaurare il Colosseo, ma ad esempio del rifacimento di una statua in una tal chiesa oppure di un campanile; sono atti ricorrenti, fatti in silenzio, ma non per questo meno significativi. Per esempio stiamo aiutando un monastero di monache benedettine proprio in questo periodo».
FINANZA
Per il territorio Sostegno da parte delle istituzioni e profonda collaborazione di tutti i soggetti locali: è il primo e imprescindibile elemento per dar vita alla Banca del Mezzogiorno. Alessandro Azzi, presidente di Federcasse, Federazione italiana delle banche di credito cooperativo e casse rurali, parla del progetto Simona Cantelmi na banca che lavora nel territorio non può che lavorare per quel territorio e crescere con esso. Le banche di credito cooperativo si propongono proprio questo. È la certezza di Alessandro Azzi di Federcasse, che racconta della nuova Banca del Mezzogiorno, che non dovrà riproporre esperienze già fatte in passato, ma dovrà «focalizzare la propria attività prioritariamente su alcune aree operative come la promozione e canalizzazione dei fondi comunitari in favore delle Pmi e l’innovazione tecnologica». Il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi ha dichiarato che le Bcc e le altre banche locali hanno la capacità di rispondere alle esigenze di finanziamento delle famiglie e di stabilizzare le fonti di finanziamento alle piccole imprese. Qual è il vostro impegno in questo senso, in modo particolare nel Mezzogiorno? «Il riconoscimento del governatore Draghi ha toccato in modo particolare il tema della solidarietà economica, sottolineando i valori del localismo e della prossimità del Credito cooperativo nei confronti delle famiglie e delle imprese. Le Bcc, in quanto banche del territorio e delle comunità locali, sono fondate sulla relazione e sulla reciprocità. In questa logica le centoundici Bcc presenti nel Mezzogiorno, con oltre seicento sportelli, si sono impegnate con grande sollecitudine a fornire ai loro soci e clienti strumenti per affrontare la crisi e soddisfare le necessità più urgenti. Esse agiscono valorizzando ulterior-
U
Nella foto, Alessandro Azzi, presidente di Federcasse
94 • DOSSIER • PUGLIA 2010
Alessandro Azzi
Il riconoscimento del governatore Draghi ha toccato il tema della solidarietà economica, sottolineando i valori del localismo e della prossimità del Credito cooperativo nei confronti delle famiglie e delle imprese
mente quella relationship banking, che ho definito “prossimità intelligente”, tipica delle nostre aziende, intervenendo con una serie di iniziative concrete e tempestive». Le Bcc hanno adottato misure anticrisi per aiutare famiglie e imprese, come la sospensione delle rate di mutuo, agevolazioni per l’accesso al credito, il sostegno alle imprese per il pagamento delle tredicesime. Com’è la situazione ora, soprattutto nel Mezzogiorno? «Le Bcc non hanno mai smesso di svolgere la loro azione creditizia. Oltre a dare ossigeno all’imprenditoria locale, mantenendo costante il flusso dei finanziamenti, hanno stretto, in più contesti territoriali, soprattutto nel Mez-
zogiorno, accordi con enti locali e associazioni di impresa per nuovi plafond di crediti agevolati alle piccole e medie imprese. Un esempio che vorrei citare riguarda il territorio pugliese. Nel giugno scorso è stato siglato un protocollo d’intesa tra Confartigianato Puglia e la Federazione delle Bcc di Puglia e Basilicata, con l’obiettivo di favorire l’accesso al credito e ai servizi finanziari delle imprese artigiane attraverso la rete delle banche locali cooperative. In tale direzione si colloca anche l’adesione del sistema cooperativo all’avviso comune per la sospensione dei debiti delle Pmi, siglato con l’Abi. Un programma di sostegno a livello nazionale che oggi vede coinvolte oltre 100 istituti di credito cooperativo, e riguarda migliaia di lavoratori e le loro famiglie. Inoltre, le Bcc sono state le prime a sottoscrivere iniziative in partnership con le Diocesi locali per la definizione di plafond di microcredito a favore di famiglie in difficoltà, a tassi agevolati. In tal senso risulta tempestiva l’adesione delle Bcc anche al Piano famiglie dell’Abi per la sospensione delle rate del mutuo». Vi state organizzando per costituire la Banca del Mezzogiorno, voluta dal ministro dell’Economia Tremonti. Lei ha dichiarato che si tratta di un’iniziativa che non può essere calata dall’alto e che le comunità locali devono impegnarsi per la riuscita del progetto. Al momento come procedono i lavori in tal senso? PUGLIA 2010 • DOSSIER • 95
«Il progetto della Banca del Mezzogiorno prevede il coinvolgimento della rete delle Banche di credito cooperativo e delle cassi rurali del Sud, nonché del gruppo bancario Iccrea, al fine di costituire un istituto di credito di secondo livello aperto anche ad altri soggetti economici, che possa favorire su basi nuove lo sviluppo di servizi creditizi e finanziari a sostegno delle PMI del Mezzogiorno. Un’iniziativa nella quale le Bcc potranno portare le loro competenze specifiche: su tutte, la capacità di “fare le cose dal basso”, partendo dai territori e con i territori. Ma, a questo proposito, non si possono non considerare i tanti problemi strutturali che caratterizzano l’economia e la società nelle aree del Mezzogiorno. Lo stato deve fare la sua parte, creando le condizioni affinché l’iniziativa si possa effettivamente esprimere in tutte le sue potenzialità. I problemi che ci portiamo dietro da anni potranno risolversi nel tempo, con l’apporto di risorse economiche e soprattutto con la sinergia e partecipazione dell’intera comunità locale». Lo scorso novembre, in occasione dell’assemblea annuale di Federcasse, ha dichiarato che la Banca del Mezzogiorno dovrà essere una realtà nuova e che nel 96 • DOSSIER • PUGLIA 2010
progettarla non si dovranno fare gli errori del passato. Quali azioni, quindi, si effettueranno per raggiungere questo scopo? «La Banca del Mezzogiorno non dovrà, e non potrà, ricalcare esperienze del passato del tutto superate e improponibili nell’attuale scenario concorrenziale, interno ed esterno al Paese. Non sembra realizzabile, infatti, un’iniziativa che duplichi sic et simpliciter la presenza delle molte banche già operanti nel Meridione. La Banca del Mezzogiorno non dovrà essere una banca ordinaria, operante a tutto campo e con una propria rete di sportelli che inevitabilmente si sovrapporrebbe a quelle già esistenti. Penso che la banca debba focalizzare la propria attività su alcune aree operative. In particolare, nella promozione e canalizzazione dei fondi comunitari in favore delle Pmi, dell’innovazione tecnologica e dello sviluppo imprenditoriale del Sud, soprattutto giovanile e femminile; nella fornitura di un supporto all’accesso al credito per le imprese tramite la gestione delle leggi di agevolazione nazionale; in una serie di attività finalizzate a favorire la prestazione di servizi finanziari per lo sviluppo di un’equilibrata e diffusa funzione delle banche presenti e attive sul territorio».
CONSULENZA
La nuova Puglia da tacco a trampolino Una ricchezza che non si limita alla natura e al paesaggio. Ma si estende alla fertilità intellettuale dei suoi operatori economici, mai chiusi alle innovazioni e sempre propensi a nuove occasioni di business. Questa è la Puglia. E oggi a tutto questo deve accompagnarsi una mirata strategia d’impresa. Ne discutiamo con il team di Candalice e Associati
nvestire è un’operazione decisiva per il destino di un’azienda, soprattutto se desidera acquistare un rilievo sostanziale nel contingente quadro economico. Ma l’operazione di investimento, per essere fruttuosa, necessita di un chiaro e analitico progetto di riferimento, in grado di individuare le risorse e i fattori sui quali puntare energie e disponibilità finanziarie, e la metodologia che definisca le scelte gestioAlessia Zacco nali. A proposito gli avvocati Fabio Candalice e Carlo Mercurio, founder partners di Candalice e Associati, avvocati e commercialisti da anni al fianco delle aziende, propongono una ricetta innovativa. Avvocato Candalice, guardando la voIn foto, il team di avvocati e commercialisti di Candalice e Associati, studio professionale stra organizzazione emerge una forte vocon sede a Bari ma attivo in tutto il territorio pugliese e nelle principali città italiane ed europee www.candaliceassociati.it cazione al territorio.
100 • DOSSIER • PUGLIA 2010
I
Strategie d’impresa
❝
È una scelta sempre vincente per le imprese confrontarsi e condividere le soluzioni più adeguate all’efficienza ed efficacia del progetto azienda, a partire dalla gestione dei rapporti con le risorse umane
❞
COMUNICARE È VINCERE L’arma vincente di Candalice e Associati è costituita senza dubbio dalla comunicazione, intesa sia come processo continuo di formazione e aggiornamento di tutti i componenti del team, sia come flusso qualificato di informazioni verso l’esterno. Un ruolo centrale viene assolto dal portale www.candaliceassociati.it, quotidianamente arricchito dalle ultime novità di rilievo per le aziende e da un’ampia rassegna di sentenze dei principali Tribunali pugliesi. Tale risorsa viene curata da uno specifico ufficio stampa interno, diretto da Pasquale Bavaro, giornalista pubblicista e associato dello studio. Particolarmente apprezzata è inoltre la newsletter mensile di Candalice e Associati, indirizzata a migliaia di lettori tra aziende, avvocati e magistrati
«È proprio così. A nostro avviso, infatti, il punto di partenza è costituito dalla consapevolezza delle enormi potenzialità che il territorio pugliese da sempre esprime. Una ricchezza che non si limita alle risorse paesaggistiche, di certo volano prezioso per percorsi di crescita aziendale, ma si estende alla fertilità intellettuale degli operatori economici pugliesi, mai chiusi alle innovazioni e propensi a ricercare nuove occasioni di business. A tutto questo deve accompagnarsi una mirata strategia di medio e lungo periodo, connotata da una costante sinergia tra azienda e mondo professionale». Il riferimento è a metodologie di lavoro di gruppo tra imprenditori e professionisti?
«Certo, confrontarsi e condividere le soluzioni più adeguate all’efficienza ed efficacia del progetto azienda, a partire dalla gestione dei rapporti con le risorse umane, rappresenta una scelta da sempre vincente nel mondo delle imprese. Infatti, l’esperienza nella direzione del personale di Fiat Auto, nei primi anni ’90 con la cosiddetta “fabbrica integrata”, mi ha insegnato a non cercare da solo le risposte ai problemi, ma ad abbracciare e comprendere le esigenze provenienti dagli altri settori aziendali, secondo dinamici flussi di informazione». Avvocato Mercurio, a proposito di dinamismo quale pensa sia il vero segreto nella relazione con le imprese? «Andare incontro alle aziende ed assisterle nelle loro richieste quotidiane. Oggi le imprese devono confrontarsi con una legislazione in continua evoluzione. Il professionista, pertanto, è chiamato ad affiancarsi a esse per affrontare con prontezza le nuove discipline e i conseguenti mutamenti organizzativi, così che una legge possa diventare occasione di sviluppo e perfezionamento della gestione». In tale contesto, che cosa è in grado di offrire il team di Candalice e Associati? «La capillare presenza su tutta la Puglia e nelle principali città italiane ed europee ci consente di essere sempre e dovunque al fianco dei nostri clienti, anche grazie alla collaborazione con tanti prestigiosi studi collegati al nostro network e a precise scelte di innovazione tecnologica». 2010 PUGLIA • DOSSIER • 101
CONSULENZA Strumenti per l’impresa
Come affrontare lo start-up La sottocapitalizzazione dell’impresa non aiuta in un mercato in cui la concorrenza è sempre più forte. Ecco perché, secondo Beniamino Di Cagno, le nuove aziende pugliesi devono prendere dimestichezza con gli strumenti a disposizione per affrontare lo start-up sorpassando la crisi Aldo Mosca
uesta crisi ha rafforzato l’esigenza di creare aziende con basi finanziarie solide, supportate da piani di medio e lungo periodo». Questo il punto di Beniamino Di Cagno, il quale osserva come il tessuto economico locale stia reagendo alle recenti stagioni. In particolare, dall’analisi del commercialista barese, emerge come le prerogative per avviare un’impresa non siano cambiate. Gli imprenditori però, secondo l’esperto, devono porre una maggiore attenzione verso il potenziale delle proprie produzioni e dei servizi offerti. «Non bisogna dimenticare – puntualizza Di Cagno - che l’innovazione è l’obbiettivo dell’attività di ogni impresa di successo. Innovazione significa cambiamento, elemento fondamentale per uscire dalla crisi». In questo contesto, il commercialista, si rivela più importante rispetto al passato? «La mia categoria deve coadiuvare l’imprenditore al fine di valutare la fattibilità dell’iniziativa imprenditoriale. Il commercialista è dunque chiamato a valutare il progetto sia sotto il profilo finanziario, economico e patrimoniale, sia sotto la sua componente organizzativa. Nel mio lavoro non bastano le conoscenze, servono anche strumenti operativi e collegamenti professionali
Q
Beniamino Di Cagno all’interno del suo studio di consulenza aziendale in Bari bdicagn@tin.it
102 • DOSSIER • PUGLIA 2010
interdisciplinari». Come possono fare gli imprenditori per comprendere il potenziale della propria idea e proteggersi il più possibile all’inizio della loro attività? «Devono conoscere il mercato su cui operano al fine di verificare se è possibile usufruire di un vantaggio competitivo. Devono puntare sulla determinazione razionale della dimensione dell’impresa. Gli investimenti in immobilizzazioni, regola di saggia amministrazione, suggerisco di coprirli dal capitale apportato o da prestiti a lungo termine. Inoltre la struttura modulare, se l’attività lo consente, è strategica al fine del contenimento iniziale dell’investimento senza rinunciare alla possibilità di espansione. Fondamentale inoltre è la valutazione della componente personale. Soci, manager e dipendenti devono essere accuratamente selezionati. In questo, l’ausilio di commercialisti e consulenti è determinante». Quali difficoltà emergono, in particolare, tra le aziende nuove della sua regione? «Le difficoltà scaturiscono principalmente dalla sottocapitalizzazione dell’impresa, a dimostrazione di una scarsa attenzione nella fase di start up sull’adeguatezza dell’investimento finanziario e patrimoniale. A questo si collega la concreta difficoltà di accedere a finanziamenti da parte degli istituti di credito».
CONSULENZA Imprese responsabili
itengo estremamente importante, al giorno d’oggi, proporsi come consulenti di supporto organizzativo e strategico per guidare gli operatori economici verso l’acquisizione di nuove conoscenze e consapevolezze finalizzate a poter garantire tanto la crescita aziendale, quanto il miglioramento dell’ambiente in cui viviamo. È importante per esempio promuovere la valorizzazione degli asset intangibili, in quanto l’evoluzione del mercato economico, specialmente quella avvenuta negli ultimi vent’anni, ha radicalmente modificato l’arte del creare e del gestire le realtà imprenditoriali. Oggi le imprese non possono più agire come realtà chiuse ma devono aprire i propri confini per poter operare osmoticamente in un mercato globale in cui il confronto, lo scambio di informazioni e la ricerca di nuove competenze sono l’unica forza per continuare ad operare. In questo scenario economico definito “Knowledge Economy”, la conoscenza rappresenta l’argomento più complesso e interessante della letteratura aziendale per la vastità delle implicazioni e per la sua trasversalità disciplinare. E la strategia d’impresa deve essere focalizzata sulla giusta valorizzazione di quegli asset intangibili che caratterizzano ogni organizzazione. L’importanza delle risorse immateriali nell’ambito del processo di creazione e diffusione di valore e la necessità della loro considerazione nel quadro degli strumenti di comunicazione finanziaria sono ormai ampiamente affermate, tanto a livello accademico, quanto a livello professionale ed aziendale. Parlare di risorse immateriali significa, in realtà, fare riferimento a un complesso di beni molto eterogenei, si fa riferimento al Capitale Intellettuale, al Capitale Relazionale, al Capitale Strutturale e al Capitale Umano, tutte risorse che per ogni organizzazione aziendale hanno delle specifiche peculiarità. Ciò che si avverte in maniera unanime è la mancanza di un’adeguata “struttura consulenziale e informativa” idonea a qualificare, quantificare e comunicare le risorse intangibili così da offrire a tutti i soggetti interessati a vario livello una raffigurazione fedele dello stato e delle potenzialità dell’azienda. Altrettanto importante è la sensibilizzazione culturale del ruolo sociale degli operatori economici. Infatti, la responsabilità sociale non può più essere un optional se si vuole guardare al futuro: un
R
104 • DOSSIER • PUGLIA 2010
Asset intangibili e responsabilità sociale di Martina Paola
La dottoressa Martina Paola si occupa di consulenza e strategia aziendale dal suo studio di Lecce. Si occupa, tra le altre cose, di responsabilità sociale d’impresa e di bilancio sociale nella PA - studiopaolamartina@gmail.com
vantaggio competitivo può essere rappresentato dalla capacità dell’impresa di integrare le politiche di responsabilità sociale nella sua strategia complessiva, privilegiando le azioni che producono contemporaneamente benefici strutturali per l’impresa e per la società. Così le esigenze sociali da soddisfare devono diventare parte integrante della value proposition dell’impresa e si deve rafforzare la consapevolezza relativa alla stretta relazione che intercorre tra azienda e società. Le grandi imprese hanno bisogno di una società sana, perché una società sana dà luogo a una domanda crescente di business, man mano che un maggior numero di bisogni viene soddisfatto e che le aspirazioni crescono: una società sana ha bisogno di imprese di successo.
IUS & LEX TERRORISMO ISLAMICO Stefano Dambruoso chiarisce le strategie della lotta al fondamentalismo jihadista
ANTONIO LAUDATI Il procuratore di Bari svela il volto invisibile della criminalitĂ organizzata
MASSIMO NAVACH Certi invalidi sono vittime di leggi mal applicate. E spesso i media non aiutano
LOTTA AL RACKET
Insieme per combattere il cancro dell’usura La denuncia è il primo passo concreto per combattere il fenomeno dell’usura. Il commissario straordinario antiracket e antiusura Giosuè Marino sta lavorando insieme ad associazioni e movimenti anti estorsione ad iniziative che mirano alla sensibilizzazione degli imprenditori Nicolò Mulas Marcello on la crisi economica è aumentato il rischio usura, ma l’esperienza di questi anni ha dimostrato che il sostegno dello Stato in termini di sicurezza personale e dei beni ha messo al riparo da ritorsioni violente le vittime di estorsione e usura che ne abbiano fatto denuncia e gli interventi finanziari erogati in loro favore, a valere sul Fondo di solidarietà, a ristoro dei danni subiti li hanno messi in condizione di riprendere la propria attività. I risultati dell’azione repressiva condotta da magistratura e forze di polizia, che ha assicurato alla giustizia capi storici, quadri e manovalanza dell’organizzazione mafiosa, ha creato decisamente condizioni più favorevole per la denuncia. Tutto ciò, insieme alla preziosa azione svolta dalle associazioni antiracket e antiusura e dalle associazioni di categoria, ha segnato un reale cambiamento rispetto al passato, i cui momenti più significativi si possono cogliere nella recente decisione di Confindustria di estromettere dall’associazione i propri iscritti che non denuncino le estorsioni subite. Nonché nel movimento Addiopizzo sviluppatosi in Sicilia e in analoghe iniziative avviate in altre regioni, incentrate sulla formula del “consumo critico” che impegna gli stessi consumatori a fare i propri acquisti soltanto presso i commercianti che dichiarino di non aver subìto estorsioni. Il commissario straordinario Antiracket e antiusura Giosuè Marino sottolinea: «C’è un clima nuovo che si riflette anche nell’accresciuto numero di denunce che, seppur ancora contenuto rispetto all’ampiezza dei suddetti fenomeni criminali, costituisce un dato sicuramente importante come segnale di tendenza». La percezione di fenomeni di racket e usura è oggi sicuramente maggiore rispetto a qualche anno fa. Ma l’usura non conosce crisi. Cosa sta cambiando? «Non vi è dubbio che la percezione dei predetti fenomeni criminali sia oggi più diffusa rispetto al passato. Ciò è il risultato di una capillare, tenace azione di sensibilizzazione, da tempo sviluppata anche per impulso dell’Ufficio di cui ho la responsabilità, di imprenditori ed operatori commerciali sulla necessità di
C
108 • DOSSIER • PUGLIA 2010
Nella foto, Giosuè Marino, commissario straordinario Antiracket e antiusura
Giosuè Marino
Le associazioni antiracket e antiusura svolgono egregiamente il ruolo di cerniera tra società e istituzioni a sostegno delle categorie esposte al rischio criminalità
mobilitarsi e far fronte comune per denunciare le pressioni della criminalità. Detto ciò occorre, tuttavia, lavorare ancora di buona lena perché l’azione combinata di istituzioni e società civile riesca a radicare codici di comportamento in grado di innescare un deciso processo di affrancamento dalla criminalità». La reintroduzione della norma che obbliga alla denuncia chi subisce tentativi di estorsione è un modo per arginare questo problema. Quali altre misure sono necessarie? «L’usura è sempre meno reato individuale e sempre più reato associativo diffusamente praticato anche dalle organizzazioni mafiose per finalità di riciclaggio e anche in funzione dell’acquisizione del patrimonio delle vittime insolventi e perché consente, alla stessa criminalità, di intrecciare proficui rapporti con l’economia legale per reinvestire i profitti del crimine in attività lecite. Bisogna assicurare sostegno a tutto campo alle vittime che decidano di denunciare sperimentando, anche a livello normativo, formule mirate al perseguimento di siffatta collaborazione. È questo il caso della norma che ha introdotto l’obbligo per gli imprenditori che siano aggiudicatari di pubblici appalti di denunciare l’estorsione subita pena l’esclusione dall’aggiudicazione». Quali sono i dati sulle istanze di aiuto economico presentate da imprenditori vittime di queste forme di criminalità? «Negli oltre dieci anni di attività la somma complessiva erogata dal Fondo di solidarietà per interventi di sostegno economico alle vittime di racket e usura ammonta a circa 190 milioni di euro. Soltanto nel 2009 sono stati disposti interventi per PUGLIA 2010 • DOSSIER • 109
LOTTA AL RACKET
31.406.154.77 di euro, di cui 16.593.879.06 in favore di vit-
time di estorsione e 14.812.275.71 in favore di vittime di usura. Si tratta di dati che evidenziano l’impegno straordinario dello Stato sul piano della solidarietà, volto a sostenere le vittime dei suddetti reati sia e a spingere in maniera sempre più determinata alla denuncia coloro che ne siano vittime». Per quanto riguarda la situazione pugliese qual è il quadro che emerge dai dati relativi all’usura e al racket in regione? «La Puglia è tra le regioni in cui sono maggiormente diffusi i reati di estorsione e usura. Lo attestano le statistiche di delittuosità, ma anche il numero delle istanze di accesso al Fondo di solidarietà. La regione, infatti, segue Campania, Calabria e Sicilia nella graduatoria relativa alle somme erogate in favore delle vittime di estorsione e usura. Si consideri che nel decorso anno sono stati disposti interventi in favore delle vittime di estorsione per circa 1 milione di euro e per le vittime di usura per oltre 2 milioni di euro. Al di là dei risultati dell’azione di contrasto molto si sta facendo sul piano della sensibilizzazione alla denuncia e il numero significativo di istanze di accesso al Fondo di solidarietà conferma l’efficacia di tale attività». Le associazioni antiracket e antiusura rappresentano oggi più che mai una realtà consolidata. Quale può essere il loro apporto e come pensa di continuare ad interagire loro? «Sicuramente. Le associazioni antiracket e antiusura svolgono egregiamente il ruolo di cerniera tra società ed istituzioni a sostegno delle categorie esposte al rischio criminalità. Esse hanno saputo interpretare e cogliere il disagio di imprenditori non disposti a subire il ricatto malavitoso per convogliarlo in una azione decisa di denuncia sulla base di un forte rapporto di collaborazione con le forze dell’ordine. Per tali ragioni esse costituiscono una componente imprescindibile di quel sistema che vede insieme istituzioni e società civile nel contrasto ai predetti fenomeni criminali, sulla quale occorre puntare nella consapevolezza che attraverso le associazioni antiracket è possibile realizzare quella forma di collaborazione tra Forze di polizia e vittime che è assolutamente determinante per contrastare estorsione ed usura. È questa la ragione per la quale, d’intesa con il sottosegretario Alfredo Mantovano, ho promosso nell’anno in corso il finanziamento con le risorse del Pon Sicurezza di progetti elaborati, oltre che dalle associazioni di categoria, anche dalle associazioni antiracket per la intensificazione dell’attività sul territorio».
110 • DOSSIER • PUGLIA 2010
Ottavio Severo
Uno spettro sulle imprese pugliesi Le mani della criminalità sulle imprese non mollano la presa neanche in periodo di ristrettezze economiche come è stato il 2009. L’usura è un grave problema che riguarda anche la Puglia come spiega Ottavio Severo, presidente regionale di Confesercenti
al quadro che emerge dal XII rapporto Sos Impresa presentato come ogni anno da Confesercenti, la mafia non conosce crisi raggiungendo nel 2009 un fatturato di 135 miliardi. Dalla filiera agroalimentare ai servizi alle imprese e alla persona, dagli appalti alle forniture pubbliche al settore immobiliare e finanziario la presenza criminale si espande e le conseguenze sono ancora pesanti per gli imprenditori: 1.300 reati al giorno, 50 all’ora, quasi uno al minuto. L’usura nel 2009 ha toccato un vero e proprio Nicolò Mulas Marcello boom: oltre 200mila commercianti colpiti con un giro di affari che si aggira intorno ai 20 miliardi di euro. Le denunce di estorsione nel Sud Italia sono quasi esclusivamente legate al pagamento del pizzo, al racket in senso stretto, quindi il reato è con altissima probabilità imputabile a un’organizzazione criminale strutturata che si avvale di una forte intimidazione e agisce in un clima di condizionamento ambientale. I dati sull’andamento dei procedimenti segnalano nel 2008 una contrazione delle denunce pari a circa il 10%, con un segno più solo nelle province di Foggia e Brindisi in Puglia. I primi sei mesi del 2009 non sembrano invertire questa tendenza sebbene il susseguirsi di importanti operazioni antiestorsione e l’arresto di numerosi boss e affiliati. «In Puglia – come spiega Ottavio Severo presidente regionale di Confesercenti – le denunce per estorsione sono state 636 nel 2005, 517 nel 2006, 535 nel 2007 e 515 nel 2008. Il dato del calo delle denunce, è preoccupante, sebbene aumentino le persone denunciate per estorsione: 6.801 nel 2005, 6.696 nel 2006, 7.832 nel 2007, 4.563 nel I semestre del 2008». Qual è il quadro generale della criminalità legata alle attività commerciali in Puglia? Esistono settori maggiormente Sopra, Ottavio Severo, presidente regionale di Confesercenti colpiti rispetto ad altri dalle attività illecite? «Dal Rapporto 2009 di Sos Impresa Confesercenti emerge in Puglia un panorama criminale dominato dall’attività di numerosi gruppi strutturati, alcuni storici e altri più recenti e non strettamente legati alla Sacra corona unita, in grado di estendere la propria attività anche al di fuori del territorio regionale e nazionale. Si delinea una presenza di queste organizzazioni a macchia di leopardo. Sono attivi clan radicati sul territorio ca-
D
PUGLIA 2010 • DOSSIER • 111
LOTTA AL RACKET
ratterizzati da legami familiari, con affiliati sempre più giovani». Queste organizzazioni criminali hanno contatti anche con l’estero? «Le ultime inchieste confermano la cosiddetta quarta mafia, ha un’attitudine a mantenere rapporti privilegiati con le organizzazioni balcaniche e con i mercati dell’Est. Accanto a questi, non mancano le attività criminali classiche, quali l’estorsione e l’usura, di cui è molto difficile rilevarne l’entità a causa dell’esiguità delle denunce». Quali sono i settori che risentono di più del problema usura? «I settori più colpiti, oltre a quelli tradizionali legati ai generi alimentari, sono la ristorazione e il turismo con aumenti registrati anche nelle aree mercatali. Gli ultimi dati rivelano una presenza di usura in Puglia con 17.500 commercianti coinvolti, il 19,2% sul totale degli attivi con un giro d’affari di 1,5 milioni. Nel 2009 sono state condotte 27 operazioni antiusura con il notevole impegno delle forze dell’ordine pugliesi, accanto a 72 arresti e a se indagati. Inoltre appare evidente come l’usura sia un reato crocevia di altri delitti, cui si accompagna normalmente l’estorsione in primo luogo, ma anche le truffe, la gestione di bische clandestine, e comunque del gioco d’azzardo, la prostituzione e lo smercio di stupefacenti». L’usura ha subito un boom nel 2009, complice la crisi economica. Ci sono dati che testimoniano quanto questo problema investe gli esercizi commerciali pugliesi? «La ricostruzione della mappa del pizzo trova una sua conferma indiretta nell’andamento delle denunce per estorsione. Un’operazione da condurre con cautela, essendo l’estorsione, per natura, un reato sommerso e il numero oscuro del non denunciato è più alto laddove l’omertà è più forte. Vale a dire nelle zone di più alta densità mafiosa. L’incidenza delle denunce per estorsione in Puglia è del 9,3% sul totale delle estorsioni in Italia. Il peso sul totale delle quattro regioni a rischio, Puglia, Campania, Calabria, Sicilia, continua a calare rispetto al resto d’Italia, scendendo abbondantemente sotto il 50%. Questo dato riflette la contestuale riduzione delle denunce in Sicilia e in Calabria piuttosto che l’estendersi del pizzo oltre ai tradizionali confini delle regioni cosiddette a rischio». 112 • DOSSIER • PUGLIA 2010
Ottavio Severo
La ricostruzione della mappa del pizzo trova una sua conferma indiretta nell’andamento delle denunce per estorsione. L’incidenza delle denunce in Puglia è del 9,3% sul totale delle estorsioni in Italia
Confesercenti promuove iniziative per sensibilizzare la gente su questo tema? «Le associazioni antiracket, di cui Sos Impresa è stata una delle prime, rappresentano un valido aiuto all’azione di contrasto delle forze dell’ordine e della magistratura, ma soprattutto indicano una strada possibile per vincere la rassegnazione, senza bisogno che i commercianti si trasformino in eroi: unirsi, fare gruppo, spargere nel territorio avamposti di legalità e prevenzione, convincere e testimoniare che denunciare è possibile. È questo il vero obiettivo. Sos Impresa Confesercenti nei suoi 18 anni di ininterrotta attività ha sostenuto ed accompagnato centinaia di imprenditori alla denuncia, nascendo sull’onda della testimonianza di Libero Grassi nel 1991 a Palermo. Nel 2008 Sos Impresa Confesercenti è entrata in contatto con 1.288 utenti, di questi 211 sono stati presi in carico e assistiti». Secondo la vicepresidente della Regione Puglia Loredana Capone, per tutelare il commercio cittadino bisogna puntare sul distretto urbano. Quali sono le iniziative congiunte tra Confesercenti e la Regione in merito a questo tema? «La qualificazione dei centri urbani, delle aree e dei centri storici, promuovendo il commercio urbano ha spinto la Confesercenti pugliese a essere una dei primi promotori della legge sul distretto urbano, che vedono l’Organizzazione impegnata nelle linee di attuazione della legge di concerto con la Regione Puglia e le altre associazioni di categoria coinvolte a livello regionale». PUGLIA 2010 • DOSSIER • 113
LEGALITÀ
L’impresa del male La mafia ha cambiato pelle. Messe da parte le bombe, si muove come un’impresa, seguendo i flussi sommersi del mercato mondiale. Per questo, spiega Antonio Laudati, la lotta dovrà puntare al contrasto patrimoniale. E se il fenomeno è ormai globale, il modello rimane, purtroppo, quello italiano. «Perché è il più arcaico, ma anche il più efficiente» di Daniela Panosetti
a mafia del terzo millennio ha cambiato aspetto. Non è più quella della coppola e lupara, degli agguati sanguinari e intimidatori. Oggi è una vera impresa, con connotazioni e visibilità completamente diverse». Non usa mezzi termini Antonio Laudati, procuratore di Bari, nel tracciare il ritratto della nuova criminalità organizzata, così come emerge dal suo libro Mafia Pulita, scritto insieme a Elio Vietri. Cinque storie vere che raccontano meglio di ogni analisi quella mutazione genetica che negli ultimi decenni ha permesso alla criminalità organizzata di stringere silenziose connivenze con la società civile e, soprattutto, l’economia. «Sparite le bombe e le violenze eclatanti la sua presenza diventa invisibile, dunque anche meno aggredibile – continua il procuratore –. È una mafia che ha trasferito la sua operatività dalla strada e dagli ambienti criminali “puri” ai salotti buoni della finanza e dell’imprenditoria. E che dunque condiziona la società, il mercato e, fatto ben più preoccupante, la nostra democrazia». Negli anni la mafia ha cambiato pelle. In cosa si manifesta questa mutazione?
L
120 • DOSSIER • PUGLIA 2010
Antonio Laudati, procuratore di Bari. In passato ha ricoperto la carica di sostituto procuratore all’antimafia, accanto a Pietro Grasso e di direttore degli Affari penali del ministero della Giustizia
Antonio Laudati
Come ogni impresa globalizzata, la mafia ha imparato a coniugare tradizione e modernizzazione. Resta ancorata al territorio, ma segue il mercato mondiale
«In due aspetti. Il primo è criminologico: le organizzazioni mafiose prediligono, ormai, reati come contrabbando, usura, prostituzione, che rovesciano il tradizionale rapporto aggressore-vittima. È lo stesso mercato, fatto da clienti consenzienti, a richiedere determinati beni e servizi illeciti e il fenomeno criminale diventa sommerso, non appariscente. Il secondo aspetto è tecnico: gli ingenti guadagni ottenuti solo in parte finiscono in altre attività illecite, il resto viene investito in attività legali. I criminali diventano quindi imprenditori, con l’aspetto di manager, uomini d’affari. Ma conservano il metodo mafioso, che rifiuta ogni rischio d’impresa. È questo il nuovo prototipo». È possibile quantificare questo peso economico? «Ogni stima scientifica è necessariamente approssimata. E, tuttavia, esistono diversi studi in materia, come quello condotto dall’università di Pittsburgh per il congresso americano o, in Italia, quellli di Eurispes e Confesercenti. L’ultimo dato per il 2008 è di Confindustria, che stima un fatturato intorno ai 450 miliardi. Di questi, circa 170 vengono dalle attività criminali, tutto il resto riguarda il sommerso, quella che chiamiamo “economia nera” o underground banking, che sfugge del tutto all’imposizione fiscale. Un problema molto serio perché finisce con l’inquinare non solo il mercato, ma anche l’informazione, il sistema bancario, la politica e le istituzioni. In questo modo è la democrazia ad essere a rischio». Quali sono oggi i settori economici in cui è maggiore l’infiltrazione mafiosa? «Tradizionalmente quelli che consentono il subappalto, attività come movimento terra, fornitura di cemento o di inerti, che non consentono una verifica contabile a posteriori. Poi ci sono le attività finanziarie, che consentono quelle che chiamiamo “funzioni di schermo”, ovvero consentono di tra-
PUGLIA 2010 • DOSSIER • 121
A fianco, Wall Street, sede della Borsa americana; in apertura un’immagine tratta dal film Gomorra di Matteo Garrone
sferire danaro e capitali rapidamente schermando l’effettivo titolare e l’effettiva provenienza. Secondo il Wall Street Journal il 70% delle transazioni finanziarie giornaliere di Wall street sono sospette di provenienza illecita. Ma è un fenomeno che ormai riguarda con gradi diversi tutte le borse del mondo». Quali, invece, le aree maggiormente interessate dal fenomeno? «Come ogni impresa globalizzata, la mafia ha imparato a coniugare tradizione e modernizzazione. Resta ancorata al territorio, alla sua cultura e mentalità, ma segue il mercato mondiale, i flussi globali di denaro, insediandosi dove c’è maggiore possibilità di affari. È uno dei motivi per cui Milano all’inizio ne è stata la capitale, ma il discorso vale per tutte le aree competitive, come la Puglia, ad esempio, che in questi anni si è imposta come un motore economico straordinario». Cosa possono fare le leggi per contrastare questa avanzata? «La via più giusta sta nella trasformazione del processo penale e nel graduale passaggio da sanzioni personali, che ormai l’impresa criminale mette in conto annullandone la funzione dissuasiva, a sanzioni patrimoniali e alternative, di tipo alternativa: divieto di contrattare con la Pa, cancellazione dal mercato, scioglimento di società. Il che implica però la possibilità, in questi casi, di processi più brevi e dunque una differenziazione tra il bene libertà, che richiede massime garanzie, e il bene patrimonio, per cui si può pensare, appunto, a procedure più rapide. Solo se riusciremo a dotarci di strumenti legislativi moderni di contrasto patrimoniale e riduzione del processo potremo sconfiggere la mafia “pulita”». 122 • DOSSIER • PUGLIA 2010
NORMATIVA GIUSLAVORISTICA
Le due Italie che lavorano tra tutele e dimenticanze Non accetta l’imprevedibilità delle norme sui rapporti di lavoro. Così come prende le distanze dall’immobilismo che affligge le parti sociali italiane, ostinatamente restie ai cambiamenti. Ecco il mercato del lavoro attraverso gli occhi di una delle voci giuslavoristiche più autorevoli del Mezzogiorno, Francesco Amendolito
iù che una distanza, una vera e propria ferita aperta, quella tra la normativa giuslavoristica e il tessuto economicoproduttivo descritta da Francesco Amendolito. E la sua non è certamente una voce fuori dal coro. Anzi, il noto avvocato di Bari gode oggi di un ulteriore riconoscimento avendo il suo studio associato, Amendolito & Associati, ricevuto il premio Top Legal 2009 come miglior Andrea Moscariello studio italiano dell’anno nel Sud Italia. Un traguardo importante e che fa delle parole del legale pugliese un monito la cui risonanza è tutt’altro che locale. E il grido di allarme lanciato da Amendolito è tanto grave quanto risentito. «La legislazione giuslavoristica italiana, nonostante le recenti riforme, continua a essere caratterizzata da una rigidità contrattuale e da un’inesistente L’avvocato Francesco Amendolito all’interno della Amendolito & Associati a Bari. La struttura vanta oltre venti professionisti flessibilità del lavoro, alle quali si aggiunge un info@amendolitoeassociati.it - www.amendolitoeassociati.it inefficace sistema normativo di ammortizzatori sociali e di formazione professionale per i periodi di non lavoro» afferma l’esperto. Gravi mancanze, quindi, che riguardano anche altri settori strategici. «Molte falle si trovano anche nel diritto sindacale e delle relazioni industriali – spiega Amendolito -. Infatti, oggi, il diritto sindacale è regolato sostanzialmente da principi costituzionali generali e da una legge del 1970, lo Statuto dei Lavoratori». Tra imprese e sindacati, dunque, lei riscontra molte problematiche? «Sinceramente mi chiedo: è legittimo, per esempio, che un sindacato possa essere inadempiente agli obblighi assunti in sede di contrattazione collettiva senza che l’azienda possa vedere tutelati i suoi diritti dinanzi alla magistratura? E ancora, è possibile che il diritto di sciopero, pur considerando il suo rango costituzionale e la sua innegabile importanza, non debba essere rego-
124 • DOSSIER • PUGLIA 2010
P
Francesco Amendolito
lamentato anche per il settore privato così come è avvenuto per il pubblico impiego?». Ma come si spiega simili discrasie? «Quello che so è che si continua, purtroppo, ad assistere a un rilevante scollamento tra l'astratto precetto della norma inderogabile di legge o di contratto collettivo e la realtà economico-produttiva di riferimento». La riforma non basta? «Il diritto del lavoro necessita di essere normato con previsioni e discipline chiare e specifiche che non si prestino facilmente a molteplicità di interpretazioni dottrinarie e giurisprudenziali. E che a monte garantiscano la non imprevedibilità delle conseguenze del rapporto di lavoro, anche a distanza di tempo dalla risoluzione, nell’interesse di entrambe le parti. Ciascuna di esse, pur avendo rispettato il dettato normativo, può trovarsi a distanza di anni di fronte a una declaratoria di illegittimità del rapporto o dell'esecuzione del contratto di lavoro». Questo quadro normativo poco chiaro quali effetti sta avendo sul mercato del lavoro? «Quanto sino ad ora evidenziato è dimostrato dalle impressionanti stime del lavoro nero e irregolare, come pure dal calo delle diverse forme di lavoro a termine (9%), delle collaborazioni
9% IN CALO
Secondo le ultime stime relative ai contratti di lavoro stipulati, su questo dato si attesta il calo relativo alle forme di lavoro a termine. Un effetto, secondo Francesco Amendolito, scaturito da una normativa non più adatta al mercato contemporaneo, che favorisce l’aumento del lavoro nero. A questo dato si aggiungono, rispettivamente, un calo del 12% dei lavori a progetto e del 19% delle collaborazioni occasionali
a progetto (12%), delle collaborazioni occasionali (19%). La causa è in parte dovuta al peso di interdizione delle organizzazioni sindacali che si preoccupano di "sterilizzare" i più recenti interventi di riforma del quadro legale in tema di flessibilità e organizzazione del lavoro, con l'avallo di una giurisprudenza di merito che ha scoraggiato l'utilizzo nella pratica degli istituti contrattuali citati. Lo scollamento tra la norma e la realtà produttiva è dimostrato altresì dall'aumento delle partite Iva. Basti pensare che il 50% delle nuove partite Iva è monocommittente, si tratta cioè di veri e propri "lavoratori dipendenti" con tanto di obblighi tipici del lavoratore subordinato». Per cui è giusto affermare che la crisi occupazionale nasce anche dalla scarsa effettività della normativa di riferimento? «Non solo. Scaturisce anche da una continua e storica inerzia delle parti sociali, restie a misurarsi con un mondo del lavoro che cambia. Un'analisi dei principali contratti collettivi di lavoro, ad esempio, conferma come alcuni istituti centrali rispetto ai temi dell'innovazione organizzativa e della produttività, siano solo marginalmente oggetto di intese collettive. "Di tutti gli errori che si possono imputare al sindacato - scriveva Walter ›› 2010 PUGLIA • DOSSIER • 125
NORMATIVA GIUSLAVORISTICA
❝
Il vero snodo della modernizzazione del diritto del lavoro risiede nella progressiva riduzione dello scompenso che si è determinato tra un'area sovraccarica e un’area vuota di tutele per i lavoratori
››
I MIGLIORI DEL SUD ITALIA Un premio per la prima volta assegnato a uno studio del Sud. Ai Top Legal Awards, evento culmine della stagione legale, lo studio barese Amendolito & Associati si è aggiudicato il premio come miglior studio dell'anno del Sud Italia con la seguente motivazione: "Lo studio barese, conta circa 20 professionisti e si distingue sul mercato legale del Mezzogiorno anzitutto per essere una delle poche realtà specializzate nel giuslavoro. Ma soprattutto rileva l’organizzazione della boutique secondo standard e procedure di qualità nazionale. Completano il quadro, clienti di primaria rilevanza nazionale per i quali lo studio svolge assistenza continuativa in materia di risorse umane, relazioni sindacali e diritto del lavoro". Una nuova partenza, non un punto di arrivo, come spiega l’avvocato Francesco Amendolito: «La consulenza aziendale non può non essere continuamente adeguata all’evoluzione dell’intero mercato economico e del lavoro. In tale ottica, i prossimi progetti saranno relativi al potenziamento delle risorse professionali anche attraverso accordi con consulenti e altre strutture nazionali ed europee. Abbiamo altresì potenziato l'offerta alle aziende riguardo la gestione delle risorse umane in outsorcing. È anche in progetto l’apertura entro il 2012 di due nuove sedi a Roma e Milano».
126 • DOSSIER • PUGLIA 2010
Tobagi - questo ritardo nel capire le trasformazioni sociali è quello che merita maggiore riflessione". Un giudizio che condivido pienamente». Le riforme difficilmente vengono bene accolte dai lavoratori, pensiamo a Biagi e a Treu. Ma siamo dinanzi a valutazioni oggettive o a un atteggiamento culturale persistente? «Una difficoltà di ordine culturale esiste ancora oggi in Italia nell'affrontare il vero snodo della modernizzazione del diritto del lavoro, che non risiede certo nella liberalizzazione del suo mercato, quanto nella progressiva riduzione dello scompenso che si è determinato tra un'area sovraccarica e un’area vuota di tutele per i lavoratori. A mio avviso con le più recenti riforme, lungi dall'avallare un processo di liberalizzazione selvaggia, sono state poste le necessarie premesse per la rimodulazione delle tutele attraverso la codificazione di uno Statuto dei Lavori, e cioè di un corpo di diritti fondamentali teso a superare quel dualismo tra ipertutelati e precari riconducibile a una cattiva e miope distribuzione delle tutele del lavoro. Il problema è che deve cambiare la mentalità delle parti sociali, ancora diffidenti nei confronti della nuova normativa che però non può restare ancorata a vecchi schemi ormai superati di fatto dall'evoluzione storica». Cosa vorrebbe per il futuro? «Il mercato del lavoro deve diventare un mercato del tempo di lavoro, della flessibilità ed elasticità del lavoro, della sua stabilità, nel quale diversi modelli di organizzazione e partecipazione dei lavoratori nell'impresa possono confrontarsi e competere tra loro. E nel quale a ciascuno, dal versante dell'offerta come quello della domanda, sia dato di scegliere quello che più gli conviene».
❞
Francesco Amendolito riceve il premio Top Legal Award 2009 come miglior studio legale del Sud Italia, il primo nella storia di questa storica assegnazione
IMPRESA E NORMATIVA
La conciliazione garantisce una tutela più rapida Urge un cambiamento prima di tutto nella forma mentis degli imprenditori pugliesi. Secondo Enzo Monterisi, la strada per lo sviluppo economico parte anche da un nuovo e più costruttivo utilizzo del supporto legale, anche a fronte di un sistema giustizia strutturalmente poco idoneo ai tempi di chi fa impresa Andrea Moscariello
Sotto, l’avvocato professor Enzo Monterisi all’interno del suo studio di Bari. Nella pagina a fianco, il figlio, l’avvocato Francesco Monterisi, responsabile dei dipartimenti di diritto commerciale, societario, bancario, finanziario e del lavoro - studiolegalemonterisi@gmail.com
128 • DOSSIER • PUGLIA 2010
ue mondi necessariamente connessi, quelli dell’impresa e dell’avvocatura. Specialmente in un quadro economico in cui le aziende, per sopravvivere sul mercato, devono escogitare strategie gestionali e di crescita compatibili con gli strumenti giuridici messi a disposizione dalle normative. «La recente crisi economica non ha cambiato tale dialettica. Ha tuttavia fatto sorgere maggiormente l’esigenza, da parte del mondo imprenditoriale, di ricevere una tutela effettiva ed efficiente da un punto di vista costi - benefici». A parlare è il professor Enzo Monterisi, rappresentante della terza generazione di una delle famiglie di avvocati più antiche e radicate del capoluogo pugliese. Dopo avere celebrato i 100 anni dello studio di famiglia, nato nel lontano 1909, il legale riflette su come nei confronti degli attori economici si stia ridelineando il peso e l’utilità che la classe forense riveste nei confronti della società civile. Un’importanza dettata anche dalla necessità di colmare professionalmente i vuoti istituzionali. La giustizia italiana presenta molti difetti, soprattutto strutturali. Cosa emerge soprattutto? «I ritardi della giustizia italiana, soprattutto civile, infliggono costi elevati alle imprese a causa dei quali, ad esempio, un'azienda coinvolta in una causa per inadempimento contrattuale, preferisce in un terzo dei casi transigere piuttosto che attendere l'esito del giudizio, rinunciando mediamente al 36% della somma dovuta. La sfiducia del mondo imprenditoriale verso il sistema giudiziario emerge sotto un altro aspetto, anche dal recente studio del CENSIS, il quale sottolinea come “il sistema
D
Mediazioni
❝
Auspico una riforma organica e strutturale del sistema giurisdizionale al fine di fornire a tutti gli operatori del mondo economico, ma non solo, una tutela più efficace e rapida
❞
giustizia e le disfunzionalità che lo caratterizzano continuano a rappresentare un pesante costo per il Paese e un ostacolo rispetto ai processi di crescita, sviluppo e modernizzazione”». Cosa dovrebbe fare il legislatore per mutare il quadro? «Auspico una riforma organica e strutturale del sistema giurisdizionale al fine di fornire a tutti gli operatori del mondo economico, ma non solo, una tutela più efficace e rapida». Altra nota dolente, per ciò che concerne le imprese, è il rapporto con il fisco. «L'enorme contenzioso esistente tra Amministrazione finanziaria e imprese, il più delle volte è dovuto a un non corretto esercizio del potere impositivo della P.A. e dal mancato utilizzo, da parte di quest'ultima, dei poteri di riesame e di azione in autotutela. A tal proposito si evidenzia come in circa il 60% dei casi il contenzioso si concluda favorevolmente per il contribuente, sia per conclamati errori pro-
36% PERDITA
Un terzo delle imprese coinvolte in una causa civile per inadempimento contrattuale, preferisce transigere piuttosto che attendere l'esito del giudizio, rinunciando mediamente al 36% della somma dovuta (fonte Relazione Annuale del Governatore della Banca d'Italia)
cedimentali da parte dell’Amministrazione Finanziaria, sia perché quest’ultima insiste sulle proprie posizioni anche in presenza di consolidati contrari arresti giurisprudenziali». E in un simile scenario cosa ha rappresentato il fattore “crisi”? «Si può ben comprendere come il mondo imprenditoriale si trovi in situazioni di difficoltà soprattutto in periodi di congiuntura economia negativa, dove, alle avverse condizioni di mercato, si aggiungono i summenzionati problemi strutturali. Dovere del legale è proporre strumenti giuridici adeguati tali da evitare la fase patologica del rapporto e, ove necessario, tutelare il diritto di difesa dei clienti consigliando anche soluzioni alternative alla tutela giurisdizionale ordinaria e favorendo, ad esempio, il ricorso agli strumenti conciliativi e alle procedure di mediazione quali strumenti fondamentali di risoluzione delle controversie». Ma per questo non occorre anche un cambiamento di carattere “culturale”? «Sotto tale profilo l'imprenditoria pugliese appare ancora troppo ancorata a una visione "ordinaria" della figura del legale, rivolgendosi a quest'ultimo soprattutto nella fase patologica del rapporto e al fine principale di ottenere tutela davanti all'Autorità Giudiziaria. In un'ottica di sviluppo, gli imprenditori dovrebbero vedere nell’avvocato un vero e proprio consulente dell'azione manageriale al quale rivolgersi sin dalla fase iniziale di ciascun rapporto economico. È opportuno che anche qui in Puglia si sviluppino e si diffondano sempre più strumenti conciliativi e di mediazione, capaci di garantire le forti esigenze del mondo imprenditoriale di ricevere tutela certa in tempi rapidi». 2010 PUGLIA • DOSSIER • 129
GIUSTIZIA E IMPRESA Consulenza preventiva
Quando la consulenza è la prima difesa L’attuale crisi economica ha fatto comprendere all’imprenditore che la gestione dell’attività aziendale deve essere innanzitutto lungimirante. In quest’ottica il ricorso alla consulenza legale non può essere l’ultima soluzione. L’opinione dell’avvocato Fabrizio Palmarini Simona Cantelmi
L’avvocato Fabrizio Palmarini nel suo studio di Bari avv.fabrizio.palmarini@legalmail.it
130 • DOSSIER • PUGLIA 2010
ome ormai è tristemente noto, oggi le aziende e gli imprenditori vivono, chi più chi meno, un periodo di difficoltà dovuto alla crisi economica. Nasce pertanto l’esigenza di saper affrontare al meglio i duri colpi e al tempo stesso di valorizzare il proprio lavoro. È fondamentale valutare costi, vantaggi, eventuali perdite e rischi. In quest’ottica di attenzione e lungimiranza un apporto prezioso all’imprenditore può essere fornito dalla consulenza legale. «Una conseguenza tangibile dell’attuale crisi economica è rappresentata dall’aumento di imprese in difficoltà o anche momentaneamente in crisi di liquidità, che devono essere assistite nella definizione di un piano di ristrutturazione o riorganizzazione aziendale. In questi casi si possono affrontare situazioni di grave crisi, risanando le esposizioni debitorie ed evitando il fallimento», spiega l’avvocato Fabrizio Palmarini. Infatti è di fondamentale importanza rivolgersi all’avvocato tempestivamente, quando si possono valutare al meglio tutte le possibilità e impiegare tutti gli strumenti a disposizione. «Talvolta accade, purtroppo, e in particolare in questo momento di difficoltà economica, che si aspetti l’aggravarsi della situazione per rivolgersi all’avvocato, per paura di dover sostenere dei costi ingenti». Invece, anche in ambito legale, la prevenzione è fondamentale. «Pensiamo, ad esempio a tutte quelle aziende che in passato, mal consigliate e totalmente inconsapevoli,
C
hanno sottoscritto i famigerati contratti finanziari SWAP, subendo enormi danni economici che una consulenza legale avrebbe invece potuto evitare. Avere un rapporto di consulenza continua consente, infatti, al professionista di avvertire e risolvere ogni esigenza dell’azienda tempestivamente e con costi più sostenibili. In quest’ottica è necessario fornire una consulenza a 360°, che va dal recupero crediti, alla contrattualistica, alla gestione dei rapporti con gli istituti di credito, al contenzioso vero e proprio». I tempi della giustizia, com’è noto anche grazie al dibattimento di queste settimane, sono molto lunghi. «Il sistema, a causa dei tempi medi di durata del processo civile, divenuti oramai insostenibili, non è in grado di assicurare ai cittadini il soddisfacimento dei loro diritti in tempi accettabili. E a farne le spese sono le imprese che subiscono un danno enorme nell’attesa che una sentenza risolva questioni di vitale importanza». L’avvocato, in questo contesto, svolge il difficile compito di mediare tra l’inefficienza del sistema e l’esigenza di giustizia del cittadinoutente, finendo per rappresentare, molto spesso, una sorta di ammortizzatore sociale. La sua figura negli anni è cambiata radicalmente ed è in continua evoluzione, «e ciò rende necessario un costante aggiornamento per essere in grado di fornire l’assistenza legale che oggi le imprese richiedono negli ambiti più diversi».
STRUMENTI
I vantaggi che derivano F dal Trust Strumento di origine anglosassone, il Trust è arrivato in Italia a metà degli anni ottanta. Ma è soprattutto con la recente crisi che sono emersi i vantaggi derivanti dal suo utilizzo. L’avvocato Francesco Converti, tributarista di Bari, fa luce sui soggetti e le procedure previsti da tale istituto Pierpaolo Marchese
L’avvocato Francesco Converti all’interno del suo studio di Bari. Nella pagina a fianco di nuovo il legale con il suo staff - avv.francescoconverti@pec.ordineavvocati.it
132 • DOSSIER • PUGLIA 2010
ormula relativamente recente per la nostra nazione, il Trust è un istituto sviluppatosi nei Paesi in cui vige la Common law. E mai come in questo momento economico, anche le aziende di casa nostra devono poterlo utilizzare. Ma quanto, gli imprenditori italiani, conoscono uno strumento effettivamente diffusosi solo in seguito alla Legge Finanziaria del 2007? L’Avvocato Francesco Converti, esperto in fiscalità internazionale, ne spiega la struttura e il potenziale. Cosa prevede il Trust? «L’assetto del Trust prevede la presenza di tre soggetti principali: il settlor o disponente, il trustee o gestore e il beneficiario. Il settlor, proprietario originario dei beni da conferire in Trust, trasferisce detti beni al trustee che ne diventa, in forza dell’atto di Trust, formalmente amministratore nonché gestore, con il vincolo di amministrarli nell’interesse di un terzo soggetto indicato preventivamente nell’atto o successivamente individuato. Il settlor è l’unico soggetto che ha il potere di decidere dei beni con atto unilaterale e volontario, mentre il trustee si obbliga a gestire il patrimonio ricevuto osservando le direttive impartite dal disponente nell’atto di Trust. L’elemento caratterizzante di questo istituto è la segregazione della proprietà dei beni conferiti, a fronte del conferimento dei beni in Trust. Il disponente perde a ogni effetto di legge il diritto di proprietà su questi ultimi, dando vita in questo modo a un vero e proprio vincolo di indisponibilità. E proprio in virtù del vincolo di destinazione e separazione dal proprio patrimonio personale il settlor raggiunge l’obiettivo di tutelare i beni conferiti sottraendoli a eventuali future pretese creditorie». Ma qual è il livello di autonomia decisionale del trustee? «Gode di piena autonomia, ma in ogni caso si obbliga a tener conto scrupolosamente di quanto prescritto nel negozio di Trust nell’interesse dei beneficiari, a favore dei quali si realizza una vera e propria aspettativa, che si trasformerà in pieno
Il trust
FINALMENTE IN ITALIA Con la ratifica della Convenzione dell’Aja del luglio 1985, l’Italia ha introdotto nel proprio ordinamento il Trust. Ma nel nostro Paese il suo effettivo sdoganamento è avvenuto solo grazie alla Legge Finanziaria del 2007, con cui per la prima volta nel nostro ordinamento tributario è stata introdotta una normativa specifica che inquadra fiscalmente il Trust. Con le nuove disposizioni viene sancita la soggettività passiva di questo istituto, la cui natura può essere quella di ente commerciale o di tipo non commerciale, e si dispone, inoltre, l’assoggettamento a IRES dei redditi maturati dal trust e che gli stessi debbono essere imputati per trasparenza ai soggetti beneficiari, se individuati.
diritto di proprietà nel momento in cui riceveranno i beni dal trustee. È inoltre prevista la possibilità per il settlor di nominare il protector, o guardiano, un soggetto dotato di potere di veto sull’operato del gestore nonché di quello di revoca o sostituzione. Con la sottoscrizione dell’atto di Trust, il trustee contrae l’obbligazione consistente nel trasferimento finale dei beni ai beneficiari indicati nell’atto istitutivo, pena l’applicazione anche di strumenti di coercizione personale». Perché questo istituto è sempre più utilizzato? «Per via della sua versatilità, soprattutto in vicende la cui risoluzione non appare semplice utilizzando gli strumenti di civil law. Il maggior pregio del Trust è dato dalla chance di smuovere pesanti situazioni di stallo, basti pensare alla ge-
stione di pacchetti azionari evitando la farraginosità dei c.d. patti parasociali o al superamento delle criticità di un passaggio generazionale di aziende o rami di esse». Soprattutto in quali contesti è utile il Trust? «Le possibilità che il Trust offre ai soggetti che lo utilizzano sono davvero innumerevoli e i benefici si percepiscono sia da un punto di vista di tutela del patrimonio conferito, sia sotto il profilo fiscale. Ad esempio acquistare un immobile in completa sicurezza, proteggendosi dall’inadempimento o, peggio ancora, dal fallimento del costruttore, blindando il patrimonio immobiliare assicurandolo ai propri figli libero da pesi ed evitando le lungaggini di un’azione giudiziaria vantata dai presunti creditori. Anche pianificare il passaggio generazionale di un’azienda passando per il Trust, significa non solo ottenere un legittimo risparmio d’imposta in termini di imposizione indiretta, ma anche poter contare su di un terzo soggetto super partes al quale demandare l’attuazione di tutti i vari step, tutelando e rispettando i diritti del coniuge e dei figli senza lederne le legittime pretese successorie». Il che non è poco per un Paese che si regge su piccole imprese a gestione familiare. «Chi meglio del trustee può dirimere le eventuali controversie, spesso insormontabili, che potrebbero insorgere fra gli eredi, facendo ugualmente rispettare le volontà del disponente e preservando i rapporti personali? Anche grazie alle recenti pronunce giurisprudenziali possiamo con certezza parlare di un vero e proprio orientamento consolidato e unanime a sostegno dell’utilizzo e del riconoscimento di questo strumento anche in Italia». Perché è utile rivolgersi a consulenti o avvocati? «Perché occorre farsi assistere da veri professionisti del settore, che siano in grado di valutare gli aspetti civilistici e tributari di ogni singola fase, dalla stesura dell’atto istitutivo fino al trasferimento dei beni, passando per la cruciale scelta del gestore». 2010 PUGLIA • DOSSIER • 133
IMMOBILIARE E NORMATIVA
Il mercato immobiliare I va semplificato
l mercato immobiliare ha risentito pesantemente della crisi economica non solo negli Stati Uniti da dove è partito tutto, ma anche in Italia. Il congelamento del settore ha portato a un incremento innaturale dei prezzi sul limitato mercato esistente. Nel corso del 2009 si è poi registrata una stretta creditizia da parte degli istituti bancari che ha ulteriormente Il mercato degli immobili soffre e occorrono reso difficile la situazione, escludendo dal merinterventi congiunti che coinvolgano cato la fascia della popolazione con un reddito anche il legislatore. Scelte mirate a incentivare insufficiente per le garanzie richieste dalle banche. La città di Bari ha vissuto questo periodo un settore strategico che vive un forte critico soffrendo in maniera particolare dal aumento dei prezzi e che andrebbe snellito punto di vista edilizio. Per uscire da questa fase dal punto di vista normativo. L’avvocato di stallo e dare una spinta all’edilizia «il mercato immobiliare – spiega l’avvocato Francesco AlFrancesco Albenzio spiega in che modo benzio – andrebbe reso più fluido e semplice per Nicolò Mulas Marcello evitarne ulteriori ridimensionamenti». La normativa di riferimento necessita di modifiche da parte del legislatore, anche per quanto riguarda le procedure esecutive? «Preliminarmente, come da proposta di legge già esistente e accantonata, va attribuita agli avvocati la possibilità di procedere a compravendita di L’avvocato Francesco Albenzio all’interno del suo studio legale di Bari con le figlie, avvocati Maria Lucia Albenzio e Roberta Albenzio immobili, almeno fino a un certo valore medio. Le procedure esecutive vanno ulteriormente snellite, mentre per gli sfratti, dovendo tutelare le fasce deboli, occorre un deciso intervento dello Stato a tutela delle stesse, che consenta però alla parte locatrice e creditrice un rapido soddisfacimento delle proprie ragioni». Soprattutto sotto quali aspetti, attualmente, la sua categoria è chiamata a tutelare maggiormente gli attori delle trattative immobiliari? «Normalmente, quale legale di società immobiliari, la tutela viene prestata nei confronti del proprietario del bene che affida l’incarico di vendita. Non è rara però anche la tutela dell’acquirente perché spesso gli interessi coincidono. Problemi catastali, ipotecari, condominiali, locativi, derivanti da servitù, da pattuizioni, da titoli precedenti, o inerenti a mutui e finanziamenti sono quelli più comuni. Non di rado però sorgono al-
134 • DOSSIER • PUGLIA 2010
Bari
GLI INTERMEDIARI DELLA CASA Lo studio legale Albenzio nasce a Bari nel 1955 fondato dall’avvocato Nicola Albenzio, figlio del Notaio Francesco Albenzio e zio dell’avvocato Francesco Albenzio. Uno studio prevalentemente familiare che, da oltre 30 anni, si interessa di attività legali e giudiziarie collegate all’intermediazione immobiliare, avendo assistito e assistendo varie e importanti società immobiliari che operano in Puglia. Fra i clienti si annoverano la Gabetti, la Rubino Immobiliare, Professione Casa, la Remax e la Sirio Immobiliare. A questa attività si unisce anche quella nel campo del diritto di famiglia, quindi non solo separazioni e divorzi, ma anche la collaborazione con il Tribunale dei Minorenni di Bari in materia di adozioni, conflitti tra genitori e figli minori e infine l’attività in ambito di diritto sanitario e diritto internazionale. studioalbenzio1@tin.it
tri problemi inerenti le convenzioni matrimoniali delle parti, eventuali diritti di prelazione, irregolarità urbanistiche, condoni e quant’altro afferente la sfera amministrativa». Proteggersi nelle contrattazioni è fondamentale. Quali sono i punti su cui i suoi assistiti, generalmente, sono poco informati? «Il contenzioso si previene superando tutti i problemi cui prima facevo cenno, ma è altresì basilare l’intervento del legale nella soluzione amichevole e transattiva di ogni punto di contrasto fra le parti: spesso si inseriscono anche problemi personali che si risolvono solo nella veste di consigliere-confidente di una o entrambe le parti. La riforma del Codice di Procedura Civile e nuove modalità per l’accesso alla professione influenzeranno, spero positivamente, l’attività degli avvocati». Cosa si aspetta per il futuro del mercato immobiliare barese, in particolare per ciò che concerne il trend dei prezzi legati agli immobili? «Per quel che concerne il mercato immobiliare barese ora vi è una fase di stabilità. La ripresa però sarà lenta perché sono lunghi i tempi amministrativi e non ci si rende conto che è l’edilizia il motore trainante dell’economia. Purtroppo anche la legge sull’ampliamento delle
case già esistenti è stata in pratica boicottata a livello comunale e resa di scarso interesse. C’è da sperare però che una più accorta politica fiscale non penalizzi eccessivamente i proprietari di immobili, e anzi vi siano migliori incentivi all’acquisto della prima casa e alla locazione ad uso abitazione. Ritengo che il prezzo degli immobili di fascia alta tenderà comunque a salire,come tutti i prodotti di lusso,mentre con l’aumento sul mercato di immobili di medio livello,dovuti alle nuove costruzioni,il prezzo di tali tipologie resterà sostanzialmente invariato e potrebbe verificarsi anche una piccola riduzione nel trend dei prezzi relativi alle unità immobiliari di fascia bassa». Oltre al settore immobiliare, di quali altri settori del diritto si occupa? «Il mio studio dedica almeno un quarto della sua attività al diritto familiare, sia in collegamento con il Tribunale dei Minorenni di Bari, sia sotto l’aspetto delle separazioni e dei divorzi. Ovviamente, ci occupiamo di recupero crediti e, mia figlia l’ avvocato Roberta Albenzio, ha conseguito un master in diritto sanitario, per cui si occupa, anche, di pratiche in questo settore, dove purtroppo i casi di malasanità non mancano, e di diritto internazionale, materia in cui sta conseguendo un dottorato di ricerca». 2010 PUGLIA • DOSSIER • 135
EDILIZIA E NORMATIVA
Al settore edile non servono L individualismi
e imprese, oggi come oggi, hanno profondamente mutato le loro esigenze e la categoria forense deve reagire a un così importante, talvolta traumatico, mutamento. Il punto di partenza è l’organizzazione. Lo sa bene l’avvocato Riccardo Riccardi, dello Studio Legale Associato Riccardi, la cui struttura sta vivendo in A Bari, l’amministrazione in carica prima persona questa nuova impostazione. ha approcciato i problemi dell’edilizia «Ci siamo organizzati in modo tale da cone dell’urbanistica in modo piuttosto sentire alle imprese di ricevere un supporto che spazia dal civile al contenzioso lavoristico, innovativo. Ma un’ulteriore semplificazione sino al diritto amministrativo, rispetto al quale è assolutamente necessaria. Per tutto le problematiche più rilevanti a livello locale il Paese, e soprattutto per una regione come investono il settore dell’edilizia» spiega il legale. Proprio la Puglia, secondo l’esperto, è la Puglia. L’analisi di Riccardo Riccardi uno dei territori maggiormente colpiti dalla Aldo Ricci crisi globale che ha toccato pesantemente imprese di ogni settore, con conseguente aumento delle problematiche legate a ogni branca del diritto. Tra i settori strategici per la città di Bari, vi è quello edile. E su questo si è recentemente discusso, anche in merito al peso che la Pa riveste sui piani di sviluppo paesaggistico e urbanistico. Cosa osserva al momento? «A Bari, l’amministrazione in carica ha approcciato i problemi dell’edilizia e dell’urbanistica in modo piuttosto innovativo. Questo ha comportato per le imprese la necessità di adeguare progettualità e modalità tecnico-giuridiche dei propri interventi al nuovo contesto. La questione è particolarmente importante e delicata perché non è più sufficiente focalizzare l’attenzione sul proprio singolo intervento, ma occorre coordinarsi anche con le altre imprese che operano nella medesima area, per dare organicità e decoro urbanistico all’intera zona interessata. In altri termini, il concetto per le aree di nuova edificazione è quello di evitare l’edificazione di quartieri dormitorio». Lei è favorevole a tale tendenza?
136 • DOSSIER • PUGLIA 2010
Bari
UNA SEMPLIFICAZIONE NECESSARIA Il diritto urbanistico è argomento particolarmente delicato in una regione e in una città che hanno vissuto la nota vicenda giudiziaria dei palazzi di Punta Perotti, dichiarati illegittimi e abusivi e, quindi, abbattuti, senza che nessuno, né in sede penale, né in quella amministrativa, fosse riconosciuto responsabile di violazione di norme o regolamenti. «Si tratta – afferma Riccardo Riccardi di un vero e proprio paradosso giuridico che, non a caso, è finito all’attenzione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che ha già accertato e dichiarato l’illegittimità delle nostre norme nazionali e che si appresta a condannare lo Stato italiano al risarcimento dei danni patiti dalle incolpevoli imprese edili, e non solo». Appare quindi evidente che, come più volte richiesto anche dall’Associazione degli Industriali, la normativa necessita di un profondo ed esteso intervento organico di semplificazione, anche per snellire i tempi dell’iter amministrativo di lottizzazione e concessione. «Questo perché le imprese hanno necessità di programmare in modo sicuro i propri interventi. La lentezza della burocrazia danneggia sempre l’economia, ma nell’attuale momento congiunturale costituisce un peso non più sopportabile».
In apertura, al centro, fondatore dell’omonimo studio legale associato, l’avvocato Lucio Riccardi, con gli avvocati Riccardo e Vittorio Riccardi. In alto, un’altra immagine dello staff con l’Avvocato P. Ursini segreteria@studiolegalericcardi.191.it
«Il mio giudizio è sicuramente positivo, anche perché le imprese locali hanno già dimostrato di sapersi adeguare a tale filosofia, superando il tradizionale individualismo del settore edile e muovendo la propria iniziativa imprenditoriale finalmente in rete fra loro. Abbiamo infatti seguito un ragguardevole numero di importanti aziende, che in modo moderno e innovativo hanno immaginato l’edificazione di un’area estesa con un vero e proprio “master plan” di urbanizzazione affidato allo studio di un architetto spagnolo di fama mondiale che ha lavorato in perfetta sinergia con progettisti
e tecnici del diritto locali. Le nostre imprese locali hanno così dimostrato di saper lavorare bene in gruppo e di saper coniugare i propri interessi economici con quelli più generali, offrendo così una prospettiva di crescita verso una modernità sostenibile e condivisa». L’ambito contrattuale è tra quelli più impegnativi per voi avvocati. Le imprese locali quanta attenzione ripongono agli accordi che stipulano? «Il quadro che osserviamo è a macchia di leopardo. Tradizionalmente gli imprenditori locali prediligono curare la contrattualistica “in house”, credo essenzialmente per esigenze di economicità, che in tal modo vengono sicuramente soddisfatte. Si tratta, tuttavia, di una prassi rischiosa, perché espone maggiormente l’azienda al rischio contenzioso e, non a caso, le statistiche ufficiali parlano di un carico dei nostri Tribunali esponenziale rispetto a quelli del Nord Italia, ove tale prassi è meno diffusa. Va detto, però, che anche qui le cose stanno cambiando, perché, soprattutto le nuove generazioni imprenditoriali, almeno per le questioni non routinarie, prediligono affidare la redazione di contratti a legali esterni, per avere una regolamentazione dei propri interessi “su misura”». Quanti contenziosi, con una maggiore attenzione in fase contrattuale, si potrebbero prevenire? «Verrebbe da rispondere tutti ma, purtroppo, non è così. Di sicuro, però, in presenza di un contratto “su misura”, il rischio contenzioso è normalmente più basso e, in ogni caso, un buon contratto mette maggiormente al riparo da possibili esiti negativi di un eventuale contenzioso giudiziale. Tanto vale, invero, anche per i contratti standard e ripetitivi ove una più attenta progettualità contrattuale mette maggiormente al riparo dal c.d. contenzioso seriale e bagatellare, diffuso anche nella nostra Regione, anche se in misura minore rispetto ad altre aree del Mezzogiorno». 2010 PUGLIA • DOSSIER • 137
I FALSI INVALIDI
Quegli invalidi vittime di leggi I mal applicate
talia, Paese di schiamazzi. Certo, molti gridano a scandali tutt’altro che finti, ma al di là dei soliti qualunquismi, fatti e subiti, gli italiani sanno bene che, spesso, si fa tanto rumore per nulla o, peggio, per sbaglio. E ciò emerge anche dalle parole di Massimo Navach, noto avvocato di Bari, il quale si sofferma su uno dei temi maggiormente discussi: Massimo Navach pone l’accento i falsi invalidi. «Ancora una volta noto come, molti di quelli che crediamo “grandi giornali”, su un problema che tocca tristemente in realtà scrivano cose non esatte e istighino il da vicino migliaia di italiani. Un vero comune lettore ad acclarare un falso giustiziae proprio paradosso in un Paese che, lismo e un ingiustificato plauso verso certe manovre di istituti previdenziali». E così, tra gaper tutelare i suoi cittadini più deboli, bibbi e grandi firme del giornalismo, secondo talvolta finisce per danneggiarli. il legale pugliese si rischia di fare confusione. E i mass media non aiutano Perché questo suo attacco ai media italiani? «I titoli in prima pagina che inneggiano alla Pierpaolo Marchese caccia dei falsi invalidi sono in realtà errati. Intendiamo per falsi invalidi “coloro che pur non avendo alcuna patologia, percepiscono indebitamente un beneficio, quale: un assegno mensile, una pensione o addirittura un’inden-
138 • DOSSIER • PUGLIA 2010
Massimo Navach
L’avvocato Massimo Navach all’interno del suo studio di Bari. Il legale è da anni impegnato per la tutela dei diritti dei disabili, sensibilizzando anche associazioni e Pubbliche amministrazioni navach63@alice.it
❝
nità di accompagnamento”. È noto come in questi mesi siano partite verifiche per stanare i falsi invalidi. A mia memoria, una simile e scellerata manovra attuata negli anni ’90 e promossa dall’allora Ministero del Tesoro si rivelò tutt’altro che proficua, anzi fu disastrosa». Per quali ragioni? «Perché come molte cose fatte “all’italiana”, la stessa si presentava lacunosa e piena di errori interpretativi. Molte persone furono chiamate a visita di verifica e a tante fu revocato il beneficio. Rammento il caso di un’invalida a cui fu revocato l’assegno mensile poiché a seguito di un intervento di cardiochirurgia vi era stato un certo miglioramento della patologia cardiaca. La stessa signora aveva da poco superato i 64 anni e nel frattempo si era ammalata di tumore. Nonostante la grave situazione, alla donna fu revocato il beneficio e in commissione le consigliarono di rifare la domanda. La stessa invalida replicò che a distanza di alcuni giorni avrebbe compiuto 65 anni e che quindi un punteggio del 75 o 100% non le avrebbe restituito il beneficio economico. Inoltre il Ministero intimò alla “falsa invalida” di restituire i ratei indebitamente percepiti. Ora io vorrei chiedere ai lettori se questa persona meriti tale appellativo». Come proseguì la vicenda? «La donna in questione fece ricorso presso il tribunale alla sezione lavoro e, dopo una visita peritale, le fu riconosciuta una percentuale del 100% e con condanna del ministero al pagamento dei ratei sospesi e delle spese processuali.
I titoli dei giornali non equivalgono sempre al vero. Se a un soggetto chiamato a verifica si revoca il beneficio con abbassamento della percentuale, non significa che la persona sia un falso invalido
❞
Da allora molte cose sono cambiate». Speriamo in meglio. «La legge è stata perfezionata, ma la quasi totalità delle revoche effettuate allora furono annullate tramite processi civili con un grosso aggravio di spesa per i contribuenti. I titoli altisonanti di molti giornali non equivalgono quindi sempre al vero. Se a un soggetto chiamato a verifica si revoca il beneficio con abbassamento della percentuale, non significa che la persona sia un falso invalido. Sarebbe opportuno parlare di soggetto invalido sopravalutato. Oltretutto, di esempi di inadeguata valutazione delle Commissioni esaminatrici ne ho migliaia». Ma nessuno reagisce? «Le Associazioni di tutela che hanno il medico di rappresentanza negli stessi Collegi medico-legali dovrebbero impegnarsi alla tutela dei diritti degli invalidi invece di tacere o, peggio ancora, mandare lettere agli stessi per tesserarli presso le loro associazioni che fanno ben poco». 2010 PUGLIA • DOSSIER • 139
RIFLESSIONI
Controllare gli albi, misura drastica L ma necessaria
a professione dell’avvocato è soggetta a continui mutamenti che si basano essenzialmente sugli aggiornamenti normativi che vengono introdotti nell’ordinamento. Ma anche sui cambiamenti della società che inevitabilmente con gli anni vanno a influire sui comportamenti e le abitudini della gente e deCon il passare degli anni il numero terminano di conseguenza anche influenze degli avvocati è aumentato a dismisura sul settore giurisprudenziale. I cambiamenti hanno investito anche le modalità di accesso a causa dell’incremento costante delle lauree alla professione del legale. L’elevato numero in giurisprudenza e di un filtro poco di laureati in Scienze Giuridiche ha congeefficiente, l’esame di abilitazione. L’avvocato stionato l’apparato dell’avvocatura soprattutto nel sud Italia dove chi si laurea in GiuCarmine di Paola fa il punto della situazione risprudenza ha come prospettiva quasi evidenziando una scenario difficile esclusiva la libera professione dell’avvocato soprattutto nel Meridione oppure il posto di lavoro subordinato. Non ci sono chance per occupazioni diverse e alNicolò Mulas Marcello ternative come invece si verifica al Nord dove il laureato ha opzioni diverse di scelta. «L’accesso alla professione che per tanti anni è stato incondizionato, nel senso che gli esami di abilitazione non rappresentavano un filtro – spiega l’avvocato Carmine di Paola - ha L’avvocato Carmine Di Paola con i suoi collaboratori all’interno dello studio di Barletta avvocatodipaola@libero.it consentito di allargare a dismisura il numero degli iscritti e quindi degli esercenti l’attività professionale, con un peggioramento del livello e della qualità delle prestazioni». Com’è cambiato l’accesso alla professione nel corso degli anni rispetto a quando ha cominciato lei? «Quando ho iniziato la professione, nel mio tribunale c’erano una cinquantina di avvocati che esercitavano, oggi ce ne sono migliaia. La situazione è andata progressivamente peggiorando. È un problema che va guardato a monte, nel senso che dalla facoltà di scienze giuridiche arrivano tantissimi laureati, credo che il fenomeno riguardi soprattutto il Meridione, i quali purtroppo non possono che guardare alla libera professione legale se non intendono cercare una alternativa di lavoro dipendente, peraltro oggi
140 • DOSSIER • PUGLIA 2010
La selezione necessaria
❝
Credo che questo sia il momento per bloccare o controllare gli albi. Sia pure come soluzione provvisoria, il numero definito permetterebbe di evitare un deterioramento dei problemi esistenti e un ulteriore svilimento della figura dell’avvocato
❞
estremamente difficile». Cosa pensa della preparazione dei neolaureati in Giurisprudenza? «La gravità della situazione è anche conseguenza del fatto che dall’università si viene fuori con scarsa preparazione, soprattutto specialistica, ed anche in qualche caso nella quasi totale ignoranza delle materia giuridiche. Il livello medio è molto basso e questo ha rappresento una indubbia negativa proiezione sul piano della credibilità della figura dell’avvocato. Tale situazione non è un’esclusiva delle nostre regioni ma un problema generalizzato, che viene risentito un po’ dappertutto. Inoltre bisogna considerare che fino a pochi anni fa l’esame di abilitazione non rappresentava un filtro, era un passaggio ob-
bligato ma tutto sommato superabile da parte di quasi tutti. E’ notorio che la percentuale dei promossi fosse altissima soprattutto nelle sedi meridionali. Così si registravano vere e proprie “migrazioni” di iscritti all’albo dei praticanti, che affrontavano l’esame nei distretti di corte di appello più benevoli dove la percentuale dei promossi era pari all’80-90%». Quali provvedimenti andrebbero presi secondo lei per arginare questo problema? «Credo che questo sia il momento per creare albi a numero definito. Sia pure come soluzione provvisoria, la limitazione delle iscrizioni, magari ai praticanti che abbiano ottenuto le migliori votazioni agli esami di abilitazione, permetterebbe di evitare l’allargamento ulteriore e a dismisura del numero degli esercenti la professione. Più siamo, peggio lavoriamo; è vero che la qualità emerge, che l’avvocato bravo finisce per essere noto e lavorare tanto, però è anche vero che al di sotto di un certo standard qualitativamente elevato, ci sono tantissimi colleghi che si fanno la guerra e cercano di guadagnarsi spazio con tutti i mezzi». Qual è quindi l’azione da fare immediatamente? «Credo ci si debba rendere conto che la selezione va fatta e la credibilità della categoria va recuperata attraverso un esercizio serio e molto rigoroso della professione». Crede ci siano segnali di cambiamento? «Dovrebbe essere varata una riforma ordinamentale della quale si parla da anni. La relativa proposta che è adesso all’attenzione del Parlamento è bipartisan e annovera come primo firmatario l’avvocato Guido Calvi. Tuttavia essa va avanti molto lentamente e non so quando arriverà a conclusione: Ci vorrà forse ancora molto tempo. Un cambiamento è comunque auspicabile, soprattutto perché ci sono ancora tanti avvocati che credono nella loro professione». 2010 PUGLIA • DOSSIER • 141
RIFLESSIONI La mediazione
l CdM ha approvato lo schema di Decreto Legislativo di attuazione della delega conferita dall’articolo 60 della Legge n. 69 del 2009 introducendo nell’ordinamento italiano le norme sulla mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali in materia di condominio, locazione, responsabilità medica, contratti bancari, finanziari ed assicurativi con lo scopo di utilizzare questo strumento al fine di contribuire alla deflazione dei carichi giudiziari esistenti. Quando tra due o più parti insorge una controversia riguardante il loro rapporto contrattuale, queste, anziché rivolgersi a un giudice, possono ricorrere all'intervento di un esperto risolutore. Attenzione però a non confondere tale metodica con la regolamentazione dell’arbitrato. La conciliazione è uno strumento di risoluzione delle controversie assolutamente volontario e non obbligatorio – anche se in molti ritengono ormai che si sia introdotta una forma di "conciliazione obbligatoria economica" – che consiste in una negoziazione gestita dalle stesse parti in lite, facilitata e guidata da un conciliatore. I vantaggi che derivano dallo strumento della conciliazione sono molteplici. Le parti possono infatti raggiungere un accordo che non solo le soddisfi entrambe, ma che le ponga in una situazione patrimonialmente migliore di quella in cui versavano prima dell'inizio della procedura, e che consenta loro di mantenere il rapporto commerciale. Altro importante fattore è la rapidità dei tempi di risoluzione della controversia. Il tempo massimo del procedimento di conciliazione è fissato in 4 mesi, trascorso il quale il processo può iniziare o proseguire. Va detto che la conciliazione interrompe la prescrizione e impedisce, ma una volta sola, la decadenza. Se la conciliazione non riesce, infatti, i due termini ricominciano a decorrere dalla data del deposito del verbale di conciliazione non riuscita o mancata. Il procedimento, poi, non è soggetto ad alcuna formalità ed è protetto da norme che assicurano alle parti l’assoluta riservatezza rispetto alle dichiarazioni e alle informazioni emerse. Tali informazioni, infatti, non saranno utilizzabili in sede processuale, salvo esplicito consenso delle parti. Si tratta, inoltre, di uno strumento piuttosto semplice. Rispetto alla pronuncia del giudice, la conciliazione fornisce l'opportunità di soluzioni svincolate dai limiti della domanda giudiziale. Se le parti raggiungono una soluzione, esse sottoscrivono un accordo che ha valore di contratto. Il verbale
I
142 • DOSSIER • PUGLIA 2010
La conciliazione è la strada più semplice di Giuseppe De Cristofaro
L’avvocato Giuseppe De Cristofaro del Foro di Bari ha fondato nel 2000 lo Studio Legale De Cristofaro & Partners, con una rappresentanza anche a Milano, specializzato nel fornire consulenza ed assistenza nella redazione di contratti e statuti contenenti clausole conciliative al fine di disciplinare, tra le parti, l’espletamento preventivo di una conciliazione e, in caso di fallimento di quest’ultima, di un arbitrato www.studiodecristofaro.it - decristofaro@studiodecristofaro.it
di conciliazione, se positivo, può essere omologato dal presidente del tribunale affinché acquisisca l’efficacia di un titolo esecutivo idoneo a iscrivere ipoteca giudiziale o possa servire per l'esecuzione in forma specifica – ove percorribile – e/o l'espropriazione forzata. Se, invece, non riescono a comporre il conflitto, esse possono abbandonare il procedimento in qualsiasi momento. I costi da sostenere sono notevolmente ridotti. È infatti prevista l'esenzione, se la conciliazione riesce, per tutti gli atti, documenti o provvedimenti del procedimento da qualsiasi imposta, tassa, spesa o diritto. Inoltre, tutte le conciliazioni entro il limite di valore di 51.646 euro sono esenti dall'imposta di registro.
RIFLESSIONI Il domani di Taranto
l comune di Taranto sta uscendo faticosamente dal dissesto dichiarato per un deficit di oltre 1000 milioni di euro. La città è ancora in ginocchio. Disoccupazione, cassa integrazione, povertà delle famiglie sono le conseguenze di una grave crisi economica che si riflette sulla questione casa, sui servizi essenziali quali luce, acqua, gas, sui canoni di locazione. E i servizi sociali, l’assessorato, gli enti di assistenza sono in tilt. L’Inps è assalita da migliaia di cause che mirano a ottenere un misero assegno di invalidità civile. Deve far fronte al più alto contenzioso d’Italia. I giudici della Sezione Lavoro e Previdenza trattano centinaia di ricorsi in ogni udienza. La microcriminalità aumenta di giorno in giorno. Taranto, con circa 200.000 abitanti e un’emigrazione crescente verso le città del Nord, resta una delle più grandi e importanti città del Mezzogiorno di Italia. Ma soffre per la carenza dei collegamenti, per l’inquinamento industriale e per il conseguente aumento delle patologie tumorali. Soffre per la mancanza di una classe industriale soffocata dalla burocrazia. Per il declino della Marina Militare, per la privatizzazione dell’Ilva che ha sostituito l’Italsider, fonte di ricchezza degli anni 70-80. Taranto 2010 è alla ricerca di una nuova identità. Quale? Non più capitale della mitilicoltura, dell’acciaio, del turismo. Taranto è oggi un ibrido senza industria, senza commercio, senza turismo. E, tuttavia, resta una perla da valorizzare. Nel Borgo antico di Taranto Vecchia, chiese, palazzi, vicoli, un porticciolo ben riparato attendono da 50 anni un investitore capace di trasformare la zona in una miniera d’oro. E di fronte, gli isolotti di San Pietro e San Paolo con la rada di Mar Grande, bacino ideale non solo per la base militare, che già ha costruito la sua nuova sede, ma anche per le gare veliche e di motonautica. D’altra parte, il Mar Piccolo non attende che di essere recuperato. Prima che cinesi, africani, slavi e asiatici si accorgano delle straordinarie possibilità che Taranto offre, il Governo dovrebbe imporre un progetto utile per tutti. Il decennio 2010 – 2020 deve essere il tempo del porto più esteso d’Italia, della ricostruzione e riprogettazione di una grande città del futuro. Il Ministro dei Trasporti, Altero Matteoli ha commissariato l’Autority Portuale, nominando l’ottimo Ammiraglio Salvatore Giuffrè. Ora però il Governo deve intervenire per le infrastrutture, i fondali, i collegamenti, le strategie. Il Politecnico di Taranto sforna ingegneri. Ma dopo la laurea,
I
144 • DOSSIER • PUGLIA 2010
Progettiamo la Taranto del futuro di Lello Basile
Lo studio dell’avvocato Lello Basile è a Taranto. Si occupa di diritto civile, penale, diritto del lavoro, della famiglia, previdenziale e recupero crediti. Opera in tutto il sud Italia avv.lellobasile@libero.it
non trovano lavoro in città. Vanno a Milano. Si deve progettare il loro utilizzo a Taranto. Valorizzare le industrie: a Grottaglie c’è l’Alenia, una cattedrale nel deserto? A Taranto c’è ancora l’Ilva. Muoversi intorno a questi due colossi senza ripetere gli errori del passato: è questa la sfida. Taranto infine può contare sul turismo integrato, che sorge sulla costa jonico-salentina e su quella jonico-lucana, dove già c’è un enorme polo alberghiero, a Castellaneta Marina, Riva dei Tessali, con discoteche, spiagge, acque pulite, come quelle di Ginosa Marina, premiate in Italia da Goletta Verde. Può puntare sui suoi impareggiabili prodotti agricoli, vino, olio, agrumi. E valorizzare l’integrazione di agriturismo, con Valle d’Itria e le famose ceramiche di Grottaglie, e mare-turismo, con Gandoli, Pulsano, Campomarino, Villaggio Valentino, Canneto Beach, Yachting Club. Per rivelarsi come una sorprendente realtà che manca altrove.
TURISMO
Per un turismo senza confini Ogni estate la Puglia registra un boom di presenze turistiche molto interessanti. Qual è il segreto? Fornire un’offerta variegata e adatta a tutti i tipi di età e di esigenze. E se i turisti italiani non mancano sono quelli stranieri che vanno conquistati, come sottolinea Franco Chiarello, anche se gli inglesi sono già una realtà significativa
iù di ottocento metri di costa, parchi nazionale, riserve marine, città d’arte e gli inconfondibili trulli. In una parola: Puglia. Ma non è facile descrivere questa lunga e sfaccettata regione in poche parole poiché sono molte le bellezze, le caratteristiche e le suggestioni di questa terra che Nike Giurlani la rendono una delle mete estive più ambite dai turisti. «Tradizionalmente il turismo pugliese è molto balneare, ma negli ultimi anni si sta registrando una grande vivacità anche nell’entroterra» ci spiega Franco Chiarello, commissario dell’Apt di Bari e coordinatore delle Apt di tutta la regione. La strategia che è stata attuata negli ultimi anni è stata quella di creare una sinergia tra la costa e i comuni che rimangono più distanti dal mare. Sono nate così numerose iniziative musicali, artistiche, culturali e enogastronomiche che hanno permesso anche di realizzare un processo di destagionalizzazione molto interessante. Prossima sfida sarà «internazionalizzare Franco Chiarello, commissario dell’Apt di Bari e il turismo». coordinatore delle Apt di tutta la regione La Puglia in estate è una delle mete favorite dai turisti. Sono di più i turisti stra-
152 • DOSSIER • PUGLIA 2010
P
nieri o quelli italiani? «La Puglia ha avuto in questi ultimi anni dei tassi di incremento relativo alle presenze turistiche molto significativi, soprattutto perché sono nettamente superiori alla media nazionale e del Mezzogiorno, nonostante il delicato momento economico che stiamo vivendo. In Puglia continua a esserci una preponderanza di turisti italiani, che è sicuramente un dato importante, ma occorre incentivare anche la presenza degli stranieri perché attualmente la quota è intorno al 15-16 %. Compito primario delle politiche di promozione turistica è quindi internazionalizzare il turismo». Quali sono le strategie di promozione? «Stiamo lavorando su tre assi. Il primo è quello di presentare la Puglia all’interno delle fiere di livello internazionale. In particolare ci stiamo aprendo al mercato russo, che non rappresenta il volume più consistente delle presenze straniere sul territorio, ma che è comunque in crescita, anche grazie al gemellaggio con la città di Bari. Il secondo obiettivo è organizzare delle iniziative in Paesi particolarmente interessanti, come per esem-
Franco Chiarello
A sinistra, una veduta di Alberobello; sotto, Castel del Monte e una masseria in provincia di Taranto Foto Regione Puglia
pio la Gran Bretagna. Molti inglesi infatti hanno acquistato dei trulli nella Valle d’Itria o delle masserie nel Salento. Per questo motivo abbiamo portato avanti una campagna di promozione nei grandi magazzini Harrods e promosso degli incontri con i tour operator inglesi. Recentemente poi la case editrice Lonely Planet ha pubblicato una guida dedicata alla Puglia. Fondamentale è stato poi creare dei voli point to point dagli aeroporti pugliesi verso una ventina di capitali europee». Quali sono le mete estive più ambite? «La Puglia continua ad avere due grandi centri d’interesse nel periodo estivo che sono il
15-16% ARRIVI
È la percentuale di presenze degli stranieri in Puglia
500 MILA
I turisti arrivati a Melpignano la scorsa estate per assistere alla Notte della Taranta
Gargano e il Salento. Molti turisti sono molto affascinati anche dalla Valle d’Itria: Alberobello, Cisternino, Locorotondo. Stiamo registrando negli ultimi anni un notevole incremento di presenze anche in località meno conosciute come il nord del barese, dove si trova un sito Unesco prestigioso: Castel del Monte, con i suoi centri storici attorno a questa città. E poi abbiamo riscontrato un interessante incremento del turismo verde
nei due parchi nazionali della Puglia, quello del Gargano e dell’Alta Murgia, più una ventina di parchi regionali con riserve marine». Il flusso turistico è indirizzato in particolare verso le città d’arte o verso le località balneari? «Tradizionalmente il turismo pugliese è molto balneare, ma negli ultimi anni si sta registrando una grande vivacità anche nell’entroterra. Centri storici, piccoli comuni pro- PUGLIA 2010 • DOSSIER • 153
TURISMO
muovono molto iniziative ar- della nostra regione è la rete tistico culturali che hanno così incrementato la presenza dei turisti nel nostro territorio, permettendo anche un processo di destagionalizzazione significativo. Non solo le famiglie, ma anche i giovani per questo motivo amano molto soggiornare nelle nostre località. Un appuntamento che richiama ogni anno molti turisti è la Notte della Taranta a Melpignano. L’anno scorso sono state registrate 500 mila persone.». Quali sono le strutture ricettive più richieste dai turisti? «La Puglia ha un’offerta ricettiva molto variegata e diffusa. Una caratteristica portante 154 • DOSSIER • PUGLIA 2010
di masserie storiche del Seicento, realtà molto belle anche dal punto di vista architettonico. Non mancano poi agriturismi e B&B nell’entroterra che funziona da elemento aggregante con la costa». Quant’è importante migliorare le infrastrutture della regione per facilitare il raggiungimento delle mete turistiche? «I collegamenti aerei hanno raggiunto dei buoni livelli. Al momento però la Puglia non è stata raggiunta dall’alta velocità, ma il trasporto ferroviario può essere considerato abbastanza efficiente come anche quello stradale. Il pro-
In alto a destra, un porto turistico del Salento; a sinistra, la cattedrale di Trani Foto Regione Puglia
blema sono le infrastrutture interne alla regione che vanno modernizzate, perché, per esempio, le linee ferroviarie locali non sono state ancora messe a sistema. Anche dal punto di vista del turismo nautico occorre apportare dei miglioramenti visto che disponiamo di oltre 800 chilometri di coste. Bisogna puntare ad un ammodernamento dei servizi portuali e quelli relativi all’esigenza del turista come permettere l’utilizzo della banda larga».
Franco Chiarello
UN RICONOSCIMENTO CHE PREMIA LA QUALITÀ La Puglia può vantare la presenza di altre quattro nuove Bandiere arancioni del Touring Club italiano. Si tratta di Alberobello, Cisternino, Orsara di Puglia e Pietramontecorvino, che si aggiungono a quelle già certificate di Alberona e Sant'Agata di Puglia
A
gennaio sono state assegnate quattro nuove bandiere arancioni del TCI ad altrettanti comuni pugliesi. Le località interessate sono Alberobello (Ba), Cisternino (Br), Orsara di Puglia (Fg) e Pietramontecorvino (Fg). Il direttore delle attività associative e territorio del Touring Club Italiano Marco L. Girolami ha spiegato parametri e metodi di assegnazione dell'ambito riconoscimento di qualità. Le quattro nuove Bandiere si aggiungono alle due già certificate in passato, Alberona (Fg) e Sant’Agata di Puglia (Fg) e il riconoscimento ha l’obiettivo di premiare i piccoli comuni dell'entroterra, con popolazione inferiore ai 15mila abitanti, in base a rigorosi parametri turistici e ambientali. Inoltre, è assegnato a località
che riescono a proporre un'offerta turistica di qualità a livello storico, culturale ed ambientale. Per la Puglia il costante aumento delle bandiere arancioni rappresenta un risultato tangibile e fattivo che testimonia l'eccellenza dell'offerta turistica regionale non solo a livello costiero ma anche interno. «Il progetto avviato con il Touring Club Italiano ha una concreta finalità – spiega l’assessore regionale al Turismo Magda Terrevoli – quello di attribuire un marchio di qualità ai co-
Avete già in serbo nuove strategie per la prossima stagione estiva? «Il nostro obiettivo è quello di allungare la stagione turistica offrendo delle proposte interessanti anche al di fuori del periodo estivo. Da novembre abbiamo lanciato il progetto Puglia show time per cui nei primi week end, da novembre fino ad aprile, tutti i teatri saranno aperti gratuitamente ai visitatori con
Il nostro obiettivo è quello di allungare la stagione turistica offrendo delle proposte interessanti anche al di fuori del periodo estivo
muni non costieri che intendono promuovere un turismo responsabile ed evoluto che sia in grado di valorizzare il territorio e le sue identità peculiari, ma soprattutto che rispetti le innumerevoli eccellenze della Puglia. Inoltre, con questo marchio intendiamo garantire al viaggiatore un elevato livello di accoglienza e ospitalità e dare alla sua esperienza di viaggio un valore unico e indimenticabile. Per l’operatore turistico rappresenta un elemento di distinzione simbolo di un servizio di qualità».
rappresentazione musicali o teatrali. Per esempio il primo week end di marzo sarà dedicato al teatro e alla musica al femminile per celebrare la festa della donna. Da alcuni anni promuoviamo anche l’iniziativa Città aperte attraverso la quale apriamo al pubblico siti storico-culturali non sempre visitabile e prolunghiamo la chiusa di quelli più conosciuti fino a mezzanotte, organizzando anche delle manifestazioni interessanti. Partiranno a breve e proseguiranno fino a maggio dei pacchetti turistici che a Bari si chiamano Week end spettacolari in Puglia. Questi includono la visita al teatro Petruzzelli, una visita alla città
sotterranea di Bari e visite con degustazioni a frantoi e cantine. Un fattore chiave che ha infatti portato al successo del turismo pugliese è anche l’importanza che viene conferita al settore enogastronomico». Avete in serbo dei progetti insieme con la Ue? Una parte dei fondi dell’Unione europea riservati allo sviluppo regionale li stiamo utilizzando non solo per le politiche di promozione in Italia e all’estero, ma anche per promuovere il progetto Educational attraverso il quale invitiamo tour operator e giornalisti di tutto il mondo nelle nostre località per far toccare con mano le offerte del nostro territorio. PUGLIA 2010 • DOSSIER • 155
INFRASTRUTTURE
I porti pugliesi nella rete a crisi internazionale ha fortemente condizionato lo sviluppo dei traffici marittimi mondiali e, quindi, anche lo sviluppo dei sistemi portuali. «Lo scalo ionico – spiega il commissario dell’Autorità portuale di Taranto Tommaso Giuffrè – ha vissuto e vive un imprevedibile periodo di difficoltà, soprattutto per quanto concerne il traffico delle merci connesse allo stabilimento siderurgico che si auspica possa terminare proprio nel 2010. È indispensabile che le istituzioni centrali interessate procedano con ogni possibile speditezza al superamento di ogni ostacolo per l’approvazione del nuovo Piano regolatore portuale di Taranto e per la realizzazione di quegli interventi, in particolare quelli connessi al progetto della piastra logistica, che modificheranno in modo sostanziale l’assetto complessivo dello scalo». Il 2009 invece per il porto di Bari è stato l’anno dei record con quasi due milioni di passeggeri. Le chiavi del successo per il presidente dell’Autorità portuale Francesco Mariani risiedono principalmente nella grande attenzione all’efficienza dei servizi che hanno
L
156 • DOSSIER • PUGLIA 2010
visto l’attivazione della nuova area di accoglienza per auto e passeggeri diretti in Albania, Montenegro e Croazia sulla parte esistente della colmata di Marisabella. «Ciò ha consentito degli exploit di traffico notevoli assicurando a passeggeri che da tutta Europa giungono al nostro porto, condizioni dignitose di attesa dell’imbarco». In secondo luogo la ricerca continua della migliore collaborazione istituzionale. «Capitaneria, polizia di dogana e Guardia di Finanza, con il sostegno organizzativo dell’Autorità portuale – continua il Mariani – lavorano in perfetta sinergia assicurando che l’azione di tutela degli interessi pubblici e i controlli istituzionali avvengano ga-
Polifunzionalità e centralità nei traffici. Il commissario dell’Autorità portuale di Taranto Salvatore Giuffrè e il presidente dell’Autorità portuale di Bari Francesco Mariani illustrano le azioni organizzative, manutentive e infrastrutturali, oltre che strategie per lo sviluppo dei porti come elementi trainanti dell’economia pugliese Renata Gualtieri
Porti
Credo a una funzione sociale e culturale dei porti, in grado di creare innovazione, nuove imprese e professionalità. Il porto è un fattore di sviluppo e innovazione
In apertura, il commissario dell’Attività portuale di Taranto Salvatore Giuffrè; in basso, il porto di Bari; sopra, il presidente dell’Autorità portuale di Bari Francesco Mariani
rantendo sempre la fluidità dei traffici». Il traffico merci tradizionali del Porto di Bari registra un + 26%. «Possiamo affermare con soddisfazione – aggiunge il presidente Autorità Portuale Mariani – che il buon momento nel settore delle merci, in controtendenza rispetto alla generalità dei porti, prosegue. Per quanto riguarda il settore delle merci tradizionali, la
chiusura largamente positiva, si attesta su un valore assoluto di un milione e 538mila tonnellate». Anche la collocazione geografica del porto influisce molto sul ruolo di centralità nei traffici di merci e sulla sua importanza a livello internazionale. E il porto di Taranto ha una posizione geografica strategica nel Mediterraneo, baricentrica rispetto alle rotte principali tra Oriente e Occidente. «Come analizzato da un recente studio del Censis – evidenzia il commissario Giuffrè – a oggi non si è ancora in grado di tracciare un profilo attendibile del nuovo
assetto economico mondiale dopo la crisi di questi anni. L’area del Mediterraneo, che interessa particolarmente il porto di Taranto, è quella che ha sempre svolto un ruolo economico e politico di primo piano nelle diverse direttrici di traffico e per la quale ci sono degli elementi che fanno ben sperare in un rinnovato protagonismo. Si tratta di un’area in cui si concentra un’ampia disponibilità di risorse e copre un mercato di notevoli dimensioni. Cambieranno la portualità internazionale e lo shipping e certamente saranno fortemente penalizzati i porti privi di infrastrutture e sistemi logistici ed i porti che non sono inseriti in una rete di porti». Nell’ambito della regione Puglia, che è la naturale piattaforma logistica di alcune grandi direttrici di collegamento, Taranto è già un Porto che dispone di una buona retroportualità, di grandi spazi, di collegamenti intermodali, di strutture di logistica e può considerarsi favorito ed effettuare investimenti mirati per collocarsi in una posizione PUGLIA 2010 • DOSSIER • 157
INFRASTRUTTURE
IL SISTEMA PORTUALE DI BRINDISI andamento del traffico può essere considerato positivo perché si è riusciti a mantenere i livelli dell’anno precedente e ciò in un momento di grande crisi soprattutto in Grecia. Questo è il risultato di una serie di interventi, che ci indica Giuseppe Giurgola, Presidente Autorità Portuale di Brindisi per migliorare i servizi portuali a terra e a mare e assicurando ogni possibile riduzione dei costi. Il porto di Brindisi si pone storicamente, per la sua posizione geografica, come il naturale gate di riferimento per le relazioni con la Grecia, l’area Balcanica, la Turchia e il bacino del Mediterraneo. Attualmente che ruolo strategico svolge? «La felice posizione geografica del Porto di
L’
Brindisi, è stata sino agli anni ’70 determinante per il traffico merci e passeggeri, i rapporti con l’area Balcanica, la Grecia, la Turchia e un patrimonio di conoscenze e di rapporti commerciali consolidati. Il Porto però non ha colto il cambiamento del mercato, l’innovazione tecnologica delle navi e gli interessi del mondo economico del Mediterraneo. Negli ultimi due anni si è lavorato al Piano di riqualificazione e sviluppo del porto di Brindisi che è stato oggetto dell’accordo di programma Stato-Regione con l’inserimento delle varie opere nella Legge obiettivo. Due compagnie di navigazione internazionali garantiranno nel periodo primavera-autunno oltre 50 ormeggi con 4 navi di lunghezza non superiore ai 210 metri. È in fase di progettazione
un grande terminal container per la movimentazione a regime di circa di 3.000.000 di contenitori-anno. Un’associazione temporanea di imprese di assoluto livello sarà gruppo promotore di un project financing». Nel prossimo triennio quali nuove opere di infrastrutturazione potrebbero completare l’assetto di questo scalo portuale e renderlo più fruibile dal punto di vista logistico? «Nel corso del prossimo Comitato Portuale che avrà luogo il 23 febbraio saranno presentate ed illustrate tutte le opere sia in fase di progettazione che di realizzazione e che interessano quasi tutto il porto nella sua estensione territoriale. Sono trenta le opere previste dal Programma Triennale 2010-2012, per un impegno di spesa com-
strategicamente vincente nel una campagna di dragaggi in
Il porto di Taranto ha una posizione geografica strategica nel Mediterraneo, baricentrica rispetto alle rotte principali tra Oriente e Occidente
158 • DOSSIER • PUGLIA 2010
nuovo sistema dei trasporti che verrà fuori dalla crisi. La prospettiva strategica contenuta nel piano operativo triennale 2010- 2012 è che i porti del Levante si confermino volano di sviluppo del territorio. «Il Pot che prevedeva in primo luogo la costituzione del sistema portuale del Levante è stato in gran parte realizzato – precisa il presidente dell’Autorità Portuale del capoluogo –. Tutta l’attività di adeguamento dei servizi e delle infrastrutture, a partire dalla realizzazione della darsena di Ponente, che erano nel Pot, sono stati realizzati, così come primi interventi di manutenzione e adeguamento dei porti di Barletta e Monopoli. L’immediato futuro dovrà vedere soprattutto la realizzazione di
tutti i tre porti, in modo tale da consentire la massima fruizione delle infrastrutture portuali da parte di naviglio di maggiore tonnellaggio. Si dovranno adeguare ulteriormente le strutture dedicate ai passeggeri si per quanto attiene il terminal crociere di Bari che Monopoli. Inoltre si dovranno realizzare, con il contributo delle amministrazioni locali strutture dedicate al diporto in tutti e tre gli scali. Tutto ciò per migliorare la fruizione delle strutture portuali anche da parte dei cittadini oltreché per creare nuove opportunità economiche». Sono ancora a oggi invece necessari investimenti per vedere un progressivo aumento dei livelli di efficienza, qualità, affidabilità e sicurezza del porto
Porti
plessivo di 300 milioni di euro». Il sistema portuale di Brindisi che apporto può dare allo sviluppo del sistema economico del nostro Paese? «Con la realizzazione del Piano di riqualificazione e sviluppo, il porto di Brindisi, porto di ingresso dell’Adriatico di tutto il traffico proveniente dal Canale di Suez, potrà rappresentare il porto HUB di diretto collegamento con i porti della Grecia, della Turchia, dei Balcani e dell’Albania, nonché soprattutto con il porto di Trieste. Ritengo che possa rappresentare per l’Adriatico ciò che Gioia Tauro è per il Tirreno». Quali sono le tipologie di merci più trasportate e qual è l’apporto di nuove tecnologie utilizzate per rendere l’attività portuale più
competitiva rispetto agli altri porti pugliesi? «I porti del sistema portuale pugliese devono essere visti come un porto unico, con la loro sinergia, la loro complementarietà, le loro peculiarità e specializzazioni. Con Taranto si può realizzare un corridoio cerniera per il traffico containerizzato. Con Bari una complementarietà per il traffico crocieristico».
Sopra, il presidente dell’Autorità portuale di Brindisi Giuseppe Giurgola; a destra, il porto di Brindisi
di Taranto. Oltre ai 190 milioni di euro per la piastra logistica si rendono necessari interventi già programmati e finanziati per la maggior parte con i fondi propri dell’Autorità Portuale e in parte con i finanziamenti comunitari. «Mi riferisco in particolare – precisa il commissario Giuffrè – alle attività di dragaggio da effettuarsi per approfondire i fondali fino a 16,50 m della banchina del terminal contenitori al fine di poter consentire l’ormeggio di navi fino a 14.000 Teu. Per tale attività è stato firmato un protocollo d’intesa con il ministero dell’Ambiente, ministero delle
Attività produttive, Provincia, Comune, Regione Puglia e Autorità portuale allo scopo di accelerare le complesse procedure burocratiche. Per tale intervento l’Autorità Portuale ha stanziato ben 40 milioni di euro. Un ulteriore intervento è quello relativo ai collegamenti ferroviari da effettuarsi in porto e nelle immediata retroportualità allo scopo di integrare i collegamenti già esistenti potenziando la modalità ferroviaria in tutto l’ambito portuale. Per tali investimenti nei prossimi giorni verrà sottoscritta specifica convenzione con R.F.I. Francesco Mariani ha in
mente la creazione di un sistema portuale, un network di porti al servizio di un’area vasta, oltre i limiti delle province e della stessa Regione. «I porti, che per loro natura guardano al mondo, non possono essere chiusi entro limiti angusti. Credo nella polifunzionalità, nella funzione logistica, nell’intermodalità, nel turismo e nell’accoglienza. Credo anche a una funzione sociale e culturale dei porti, in grado di creare innovazione, nuove imprese e nuove professioni. Insomma, sono convinto che il porto debba essere un potente fattore di sviluppo e innovazione». PUGLIA 2010 • DOSSIER • 159
ENGINEERING
L’industria jonica reclama una nuova primavera L’area jonica necessita di una vera e propria primavera industriale. Ma per restituire storicità all’engineering pugliese occorre innanzitutto investire sulle idee e ridare valore ai servizi dell’indotto di costruzione. L’analisi dell’ingegnere Giuseppe Colucci
on l’Arsenale, i cantieri navali, la raffineria, gli stabilimenti Ilva e le piattaforme Belleli, con il porto e i depositi costieri, l’area jonica e, in particolare la città di Taranto, racconAdriana Zuccaro tano una straordinaria tradizione industriale ma «per scarsa attenzione da parte di diversi soggetti istituzionali, buona parte di queste realtà è andata persa irrimediabilmente». L’amaro resoconto dell’ingegnere Giuseppe Colucci, impegnato nella proL’ingegnere Giuseppe Colucci, della Colucci Engineering di Taranto, gettazione impiantistica per opera nei settori siderurgico-petrolifero, oil & gas, ingegneria ambientale www.colucciengineering.it il settore industriale, rileva l’inadeguatezza del sistema pugliese, potenzialmente vigoroso ma funzionalmente deficitario. «La noncuranza registratasi negli anni, ha imposto nel tempo una riconversione dell’indotto di costruzione che è divenuto privo di servizi a valore aggiunto, impoverendo l’engineering che è stato ridotto a servizi elementari conto terzi. Si sono perse le radici culturali tecniche in diversi settori e pur volendo riannodare un filo tecnico realizzativo, i presupposti concreti di sviluppo sono problematici». Lentamente con il passare del
160 • DOSSIER • PUGLIA 2010
C
tempo, la capacità di affrontare e risolvere compiutamente le problematiche di sistema, si è spostata verso un approccio più di “appalto”, quindi di servizio, che di investimento sulle idee. E a oggi, questo “trend” non è ancora invertito. Molti investimenti rivolti alle aziende del Sud hanno subito, già all’origine, diversi processi di engineering tali che la fase realizzativa è stata ridotta a un mero “assiemaggio” e “costruzione” di componenti ben definiti. «Da circa vent’anni il mio impegno professionale è rivolto alla progettazione di impianti per l’industria siderurgico-petrolifera, per il settore oil e gas e per la risoluzione di problematiche ambientali attraverso impianti di trattamento acque, fumi e polveri. Ma alcuni quesiti continuano ancora a non trovare risposta: esiste possibilità per il territorio jonico di fare industria? E per quelle esistenti è possibile affiancarsi nella risoluzione di problematiche ambientali?». È in realtà, su tutto il territorio nazionale che le molte aziende come la Colucci Engineering, studiano, approntano e risol-
L’area jonica
❝
Si sono perse le radici culturali tecniche in diversi settori industriali e oggi, pur volendo riannodare un filo tecnico realizzativo, i presupposti concreti di sviluppo appaiono problematici
❞
Le foto in questa pagina, ritraggono fasi tecniche di progetti di impianti industriali realizzati dall’ingegnere Colucci
vono problemi relativi al mondo dell’industria ma all’ombra di grandi nomi e multinazionali che, pur detenendo il know-how dei processi produttivi, sul campo hanno, di fatto, la necessità di rivolgersi a società di engineering per la concreta e corretta realizzazione delle attività. «Ritengo fermamente che una quota significativa degli investimenti possa essere pensata, progettata e realizzata a Taranto grazie alle realtà imprenditoriali, anche piccole, che desiderano contribuire allo sviluppo del proprio territorio – afferma l’ingegnere Colucci –. L’industria è un concetto che va inteso a 360 gradi come risorsa e occasione per tutti i soggetti direttamente o indirettamente interessati: basti pensare a quanti settori
industriali esistono e quanto siano invece pochi quelli presenti e operativi in Puglia». Engineering significa idea, progetto, realizzazione; in tal senso rappresenta infatti la concreta possibilità di individuare un percorso produttivo, giusto e proficuo. «L’aerea jonica ha bisogno di vivere una vera e propria “primavera industriale” che sia capace si creare prospettive serie e credibili per i tanti giovani laureati e diplomati che credono nel lavoro e nell’impegno». Come fare? «Attraverso una legislazione mirata si renderebbe possibile la “rinascita” delle aziende che desiderano avere un proprio marchio e un prodotto su cui puntare. Ma per pervenire a risultati concreti è necessario innanzitutto eliminare burocrazia inutile e spesso ostile alle iniziative in-
dustriali; modificare l’accesso ai finanziamenti pubblici che è ancora una corsa a ostacoli interminabile e che di fatto non premia le nuove iniziative ma consolida le vecchie; dimensionare i tempi di attesa, per il riconoscimento delle validità di un progetto e per l’accesso al credito, perché inconciliabili con i tempi utili di mercato». L’ingegnere Colucci si rivolge soprattutto al mondo politico quando afferma che «occorre rimboccarsi le maniche e rispettare maggiormente chi intende lavorare e produrre per il proprio territorio. Bisogna sostenere chi intende qualificare la filiera engineering-industriale, non per proporre un’alternativa a quanto già presente nel nord del Paese, ma per aggiungere un ulteriore tassello qualificante al sistema Italia». 2010 PUGLIA • DOSSIER • 161
INTERIOR LIVING
Cultura d’impresa per gli spazi da abitare Gli spazi privati rappresentano il luogo ideale del proprio benessere quotidiano. Nell’arredarli è necessario saper offrire le più innovative soluzioni in termini di “prodotto-servizio-struttura”, attraverso una continua ricerca, culturale e imprenditoriale. L’esperienza della società Centro Edile Quartarella Adriana Zuccaro
cegliere gli elementi d’arredo degli spazi da abitare implica l’elezione di forme, colori e materiali che siano in grado di rispondere a esigenze di comfort, funzionalità, design e benessere abitativo. La scelta tocca apici di estremo soggettivismo quando si tenta di individuare l’abito architettonico più adatto agli spazi abitativi, al living intimo. Giochi di specchi, tecnologie di ultima generazione, pavimentazioni ricercate, termoarredi e rivestimenti che a effetti di sobria eleganza alternano moderne bizzarrie: le realtà espositive degli show room della società Centro Edile Quartarella (CEQ), presentano
S
164 • DOSSIER • PUGLIA 2010
innumerevoli esempi di come poter vivere gli spazi più intimi della quotidianità privata, nel rispetto dell’ambiente e in conformità alle più innovative applicazioni materiali e tecnologiche. «Proporre idee inedite e conciliabili al più nuovo concetto di design e di ecocompatibilità, rappresenta la chiave di successo per ogni attività commerciale. Ma soprattutto in un processo di vendita e post-vendita, tale formula necessita di un ambiente espositivo e commerciale sempre all’avanguardia, accogliente e autoreferenziale, che vada a coniugare le esigenze esterne con quelle aziendali». Per Pietro Quartarella, socio e portavoce della
CEQ, azienda attiva ormai da sessant’anni nel mercato pugliese e delle sue regioni limitrofe, «il trinomio “prodottoservizio-struttura” rappresenta l’innovazione continua di una strategia integrata di total quality management attenta anche alla valorizzazione del design nazionale attraverso i principali fornitori del made in Italy e non solo». Preso atto dell’importanza della ricerca di soluzioni costruttive eco-compatibili, la CEQ sta investendo significativamente nel settore della bioarchitettura perché rispondente alle nuove indicazioni socio-ambientali attente a privilegiare la qualità della vita e dell’abitare. Infatti «nel nuovo show room in Altamura, l’attenzione all’eco-ambiente consisterà non solo nella realizzazione della struttura ma anche nell’allestimento di ampi spazi esterni dedicati all’esposizione commerciale e alle rispettive tecniche di montaggio dei prodotti eco-compatibili. Il connubio con la tecnologia sarà
In basso, lo staff direzionale, commerciale e amministrativo del Centro Edile Quartarella di cui le altre immagini illustrano alcuni ambienti espositivi degli show room di Altamura (BA) www.quartarella.it
Vestire gli spazi
❝
Idee inedite e conciliabili al più nuovo concetto di design ecocompatibile, sono la chiave del successo di ogni attività commerciale
realizzato con l’implementazione di un sistema informativo logistico in grado di consentire, sia al personale che alla clientela, la puntuale conoscenza dei prodotti esposti, in termini di qualità, disponibilità e costi, attraverso l’uso di strumenti wireless-mobile». La cultura d’impresa della CEQ, caratterizzata da una costante ricerca e innovazione gestionale, punta su uno stile direzionale attento sia ad una adeguata corporate governance e sia alla formazione e valorizzazione di tutte le sue risorse umane. «Mettiamo in atto tutte quelle politiche di formazione e fidelizzazione dei collaboratori, attuando modelli di
❞
incentivazione basati non solo sui risultati commerciali e reddituali raggiunti, ma anche sulla partecipazione al lavoro di squadra e sulla crescita progressiva in termini di competenza e operatività». Un processo imprenditoriale quindi rivolto alla qualità e all’eccellenza interna ed esterna, che quest’anno, in occasione dell’inaugurazione del nuovo show room, vedrà il conseguimento di un ulteriore successo gestionale, coronando il costante impegno dei soci fondatori, Pietro, Angelantonio e Giuseppe Quartarella, dei loro figli, middle managers già dal 2007, e dell’intero staff aziendale. 2010 PUGLIA • DOSSIER • 165
Servono nuove regole per il sistema regionale
ANTONIO LEONE Il vicepresidente della Camera analizza i buchi del sistema pugliese
LUIGI D’AMBROSIO LETTIERI Le cause del deficit e le strategie da attuare subito per sanare i debiti
DEFICIT SANITARIO
Una gestione sciagurata «Dal 2005 a oggi i debiti contratti dalle Asl pugliesi con i fornitori hanno raggiunto la cifra record di un miliardo di euro che la Regione, naturalmente, non riesce a pagare». È questa la prima analisi sul sistema sanitario regionale fatta dal vicepresidente della Camera Antonio Leone. Che aggiunge: «Occorre recuperare i criteri del rigore abbandonati negli ultimi cinque anni» Isabella Roscioli
a disfatta del sistema sanitario pugliese è sotto gli occhi di tutti. Come si è arrivati a questo punto: clientelismo, infiltrazioni mafiose, politiche errate o inadeguatezza del personale? «Il problema non è soltanto pugliese – dice Antonio Leone (Pdl), vicepresidente della Camera dei deputati – anche se nella nostra regione ha assunto aspetti di eccezionale gravità, soprattutto negli ultimi cinque anni. Del resto, quando la magistratura accende i riflettori sullo scandalo sanità e finisce per ipotizzare reati come corruzione, concussione, falso, truffa, abuso di ufficio e, infine, voto di scambio, in queste ipotesi è possibile contenere tutto, partendo dalle politiche errate fino alle infiltrazioni mafiose. Eppure – prosegue Leone – gli operatori della sanità in Puglia, sono di alto livello e buona preparazione. Il problema, allora, è in chi dirige e organizza. Quindi è la testa che non funziona e qui torna di attualità il discorso sul passo indietro che la politica dovrebbe fare nella scelta dei vertici delle Asl, da sottrarre a logiche che ancora oggi sono di tipo clientelare e correntizio. Vendola il rivoluzionario non si è sottratto a queste logiche, anzi….».
L
Rocco Palese ha ricordato a Vendola che “aveva preso impegni precisi in campagna elettorale nel 2005, l’eliminazione del ticket sui farmaci per tutti i pugliesi”. Ma oggi ci sono 2 milioni e 250mila persone in Puglia che continuano a pagare il ticket dopo cinque anni. Quali gli errori 170 • DOSSIER • PUGLIA 2010
commessi dalla giunta Vendola?
«La giunta Vendola è stata tutta un errore, meglio un disastro. Il governatore uscente, fine creatore di illusioni e pervicace venditore di fumo, ha prodotto il suo capolavoro negativo proprio nel settore della sanità. In campagna elettorale Vendola aveva promesso di tutto: nessun ticket, trasparenza nella gestione, meritocrazia, razionalizzazione della spesa. Lascia con un aumento della spesa sanitaria in Puglia pari
Nella foto, il vicepresidente della Camera dei Deputati Antonio Leone
Antonio Leone
a un +17 per cento che va in parallelo con un peggioramento generale dei servizi e delle prestazioni, lascia la popolazione regionale a pagare ancora onerosi ticket, lascia liste d’attesa lunghe anche due anni per un accertamento importante. Tutto questo mentre un suo assessore alla Sanità, Alberto Tedesco, controllava con società facenti capo a lui e ai figli il 65 per cento del mercato delle protesi fornite in Puglia al servizio sanitario pubblico. Un “piccolo” conflitto di interessi. Intanto il buco della sanità, sempre più largo, è stato colmato dai cittadini pugliesi con l’aumento di Irap, Irpef, benzina, gas metano e Tarsu. Il Piano della salute è stato presentato dopo tre anni e mezzo e non ha cambiato niente, perché i consiglieri del centrosinistra hanno votato contro tutte le promesse elettorali, e cioè la riapertura dei reparti e la riattivazione dei posti-letto in 43 ospedali regionali. Vendola ha solo deciso di non decidere, delegando tutto ai direttori generali delle Asl. Un fallimento totale». Dopo cinque anni il tanto vilipeso “Piano Fitto” sulla sanità è ancora in vigore. In cosa
977.875 EURO Il costo mensile nel prime semestre del 2009 per la gestione del servizio 118
consiste? È uno strumento in grado di riportare la situazione alla normalità?
«La cosa sorprendente è che Vendola, il quale in campagna elettorale aveva definito “sciagurato” il Piano Fitto, non solo lo ha mantenuto in vita, ma in aggiunta ha moltiplicato poltrone, consulenti, sprechi e clientele. Fitto, con il suo assessore al Bilancio Rocco Palese, aveva portato avanti e in porto una grossa battaglia di razionalizzazione della sanità regionale, trasformando 35 dei 66 ospedali in centri di riferimento con tutte le specializzazioni e tagliando 4.500 posti letto su 20.425, con lo scopo finale di far crescere la qualità, rispettando i tetti di spesa. Il 20 gennaio scorso i medici pugliesi riuniti a Bari negli Stati regionali della medicina hanno sancito il totale fallimento del “modelloVendola”, il mancato coinvolgimento della categoria e rivalutato quasi tutti i contenuti del Piano Fitto, in testa la chiusura dei piccoli ospedali, strutturalmente non in grado di assicurare prestazioni adeguate. Conseguenza immediata il turismo sanitario: la Puglia ha il record di cittadini che vanno a curarsi in altre regioni, con ovvia mol- PUGLIA 2010 • DOSSIER • 171
DEFICIT SANITARIO
tiplicazione delle spese, ormai fuori controllo». Quanto inghiotte la sanità del bilancio regionale e quali voci causano più sofferenza?
«Una prima cifra, che a me sembra raccapricciante: dal 2005 a oggi i debiti contratti dalle Asl pugliesi con i fornitori hanno raggiunto la cifra record di un miliardo di euro che la Regione, naturalmente, non riesce a pagare. Per ammissione dell’assessore al Bilancio, Michele Pelillo, non c’è liquidità e intanto volano gli interessi passivi, che fanno lievitare il debito in misura esponenziale. Il buco, insomma, sta diventando un burrone. Al 30 giugno 2008 il deficit dichiarato era pari a 501 milioni di euro, ora è raddoppiato. E pensare che dal precedente governo Fitto, al momento del suo insediamento, Vendola aveva ereditato un avanzo di conto sanitario che al 31 dicembre 2005 era di 9 milioni 34mila euro. Quelli che furono i cardini della campagna elettorale e della vittoria di Vendola, ossia una nuova sanità, trasparenza, partecipazione, rigore di spesa perché “siano bonificate le paludi” come Vendola prometteva, si ritorcono oggi contro chi li aveva contrabbandati». L’assessore regionale alla Sanità, Fiore, vanta di aver firmato 120 delibere di pianificazione o regolamenti, di attività di indirizzo e coordinamento delle Asl. Provvedimenti sufficienti? E soprattutto, non potevano essere emanati prima?
«Proprio l’elevato numero di interventi urgenti (Tommaso Fiore ha sostituito in corsa l’assessore Tedesco, dimessosi precipitosamente e attualmente, sebbene sotto l’ombrello di protezione del Senato, sotto indagine giudiziaria) testimonia il fallimento di tutta la politica sanitaria vendoliana. Nel Piano Regionale della Salute 2008-2010 si legge: “Attualmente le principali criticità sono la mobilità passiva extraregionale, i livelli della spesa farmaceutica complessiva, la spesa per strutture private accreditate, gli incrementi ingiustificati per beni e servizi”. Tutti questi problemi non si risolvono con i pannicelli caldi, come ha fatto Fiore. In aggiunta la Regione, tanto per fare economia, ha deciso di gestire i servizi esterni in proprio, con risultati disastrosi. Uno per tutti il 118, ovvero le chia172 • DOSSIER • PUGLIA 2010
mate di emergenza con ambulanze. Il costomese che a novembre del 2008 era di 344.985 euro, nel primo semestre del 2009 era salito a 977.875 euro mensili, con un incremento del 183 per cento». Cosa occorre per invertire davvero la rotta?
«Occorre recuperare i criteri del rigore abbandonati negli ultimi cinque anni. Gli stessi che il Pdl sta adottando a livello nazionale e che hanno consentito all’Italia di uscire dalla crisi in condizioni migliori e in anticipo rispetto alle altre democrazie europee. Amministrare con serietà non significa compiacere a tutti i costi, ma operare anche scelte scomode. Il Piano Fitto della sanità aveva portato la Puglia al vertice delle regioni con il bilancio in attivo in un settore che assorbe, ovunque in Italia, il 65-70 per cento delle risorse. Ricordo Fitto affrontare anche due infuocati consigli comunali al giorno, in giro per la Puglia, per spiegare le ragioni del suo Piano, scontentando persino sindaci e medici del suo stesso schieramento. Ma la “politica del fare” fa parte del nostro dna, il Partito della Libertà è nato con questa missione. Sono certo che i pugliesi, dopo la sbornia Vendola e la intossicazione da fumo, se ne sono ormai accorti, eccome».
DEFICIT SANITARIO
Puglia: un sistema sanitario malato La commissione parlamentare di inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del servizio sanitario nazionale sta indagando sul sistema sanitario regionale. «Nessuna iniziativa – avverte il senatore Luigi D’Ambrosio Lettieri -, sarà mai risolutiva delle criticità che stanno emergendo se non sapremo introdurre nella gestione della cosa pubblica solidi principi di etica Federica Gieri
l fascicolo è aperto. La commissione parlamentare d’inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del servizio sanitario nazionale sta indagando su un malato grave: la sanità pugliese. «A noi – spiega il senatore Luigi D’Ambrosio Lettieri, componente della commissione d’inchiesta – interessa capire se e in che misura i livelli di efficienza del servizio sanitario siano stati compromessi dall’esercizio di un’azione politica influenzata da interessi privati e se ciò abbia condizionato le scelte gestionali». Una ricerca, peraltro, un po’ in salita perché alla documentazione richiesta «la Regione Puglia risponde con ingiustificato ritardo e in modo incompleto». Una situazione ingarbugliata, insomma, al punto da non escludere che, svolti gli opportuni accertamenti, «la Commissione, nella relazione conclusiva, affidi all’esame dell’Aula alcune proposte per colmare vuoti legislativi. Nessuna iniziativa, in ogni caso – premette il senatore –, sarà mai risolutiva delle criticità che stanno emergendo se non sapremo introdurre nella gestione della cosa pubblica solidi principi di etica». Del resto, non può essere altrimenti te-
I
174 • DOSSIER • PUGLIA 2010
Nella foto, Luigi D’Ambrosio Lettieri, membro della commissione d’inchiesta sull’efficenza del sistema sanitario nazionale
Luigi D’Ambrosio Lettieri
nuto conto che «la risposta del sistema alla domanda di salute della gente è molto carente e la spesa è fuori controllo con deficit da capogiro. Nonostante una classe di operatori di assoluta eccellenza, le strutture ospedaliere sono spesso inadeguate e fatiscenti, i cittadini sono costretti a lunghe e inaccettabili liste d’attesa e il ricorso alle cure fuori dalla nostra regione resta elevato. Oltre alla manifesta incapacità politico-gestionale di chi amministra, vanno considerati gli interrogativi che riguardano il rigore della spesa e la trasparenza degli atti, sempre più inquietanti e tali da autorizzare più di un sospetto sulla liceità dei rapporti tra politici, pubblici amministratori e imprenditori». Quali le cause di questa debacle?
«È possibile che non si tratti solo di incapacità politico-gestionale, potrebbe esserci qualcosa di più complesso, di più grave e allarmante. Mi riferisco al possibile utilizzo delle risorse pubbliche destinate alla sanità e ai primari bisogni assistenziali della gente condizionati da interessi privati. Se poi questi interessi fossero coltivati fuori dalle regole e dalle leggi la situazione sa-
80%
BILANCIO La parte del bilancio della regione Puglia inghiottito dalla sanità regionale
rebbe ancora più preoccupante». E la politica partitica che peso specifico ha in questa partita?
«Quella dell’eccesso di penetrazione della politica nella gestione della sanità è una vecchia e irrisolta questione. La politica deve conservare la responsabilità di scelta e di indirizzo. Per gli aspetti di natura gestionale, invece, ritengo che debba fare un passo indietro, riservandosi il delicato compito della solerte verifica e del controllo di come le scelte programmatiche hanno trovato attuazione. Non v'è dubbio alcuno che il governo Vendola ha consentito una pericolosa intrusione della politica nella sfera gestionale, con conseguente annullamento di ogni necessaria attività di vigilanza». L’assessore alla Sanità, Tommaso Fiore, sforna delibere su delibere, un po’ tardive, non crede?
«Assolutamente, perché adottate alla fine della legislatura, quando i danni ormai sono fatti. L’inefficienza del sistema e le carenze dei controlli hanno prodotto criticità e anomalie che vengono da tempo registrati dalla cronaca e che i cittadini vivono drammaticamente sulla pro- PUGLIA 2010 • DOSSIER • 175
DECIFIT SANITARIO
Le cause di questa debacle? È possibile che non si tratti solo di incapacità politico-gestionale, potrebbe esserci qualcosa di più complesso, di più grave e allarmante
guati e fatiscenti, macchina organizzativa inesistente e nessun rilancio della sanità territoriale. Le promesse fatte ai cittadini sono state sacrificate sull’altare di interessi personali e di una politica clientelare e miope». Cosa occorre per invertire davvero la rotta?
pria pelle».
La sanità inghiotte l’80% del bilancio regionale. Costi esorbitanti, ma scarso livello dei servizi.
«Il sistema sanitario regionale è vecchio e necessita di un ammodernamento radicale. La palla al piede è l’obsoleta rete ospedaliera: piccoli ospedali che hanno il solo scopo di alimentare una microeconomia locale e ospedali di livello provinciale non al passo con lo sviluppo delle tecnologie e con l’efficienza delle prestazioni. I primi a pagare le conseguenze di questo disastro sono i cittadini. Ma non va dimenticato che anche i medici e tutti gli operatori della sanità lavorano in condizioni difficili che mortificano le loro competenze. Come si ricorderà, il riordino della rete ospedaliera approvato dal governo Fitto aveva avviato un processo di ammodernamento del sistema che avrebbe portato efficienza a livello ospedaliero con cospicui risparmi destinati al potenziamento dei servizi territoriali. Siamo al termine della legislatura regionale e, dopo tante contestazioni costruite strumentalmente dalla sinistra di Vendola nella campagna elettorale 2005, quella via virtuosa è stata del tutto abbandonata. Risultato? Ospedali inade176 • DOSSIER • PUGLIA 2010
«Servono robuste iniezioni di competenza, coraggio e onestà intellettuale. Bisogna mettere da parte gli interessi localistici legati alla raccolta del consenso elettorale per riprendere con immediatezza una politica sanitaria seria che affronti i nodi e le criticità». In pratica?
«Va costruita una rete ospedaliera adeguata al territorio, coerente con i moderni modelli sanitari e vanno definiti e adottati standard assistenziali in grado di restituire centralità al paziente-utente e dignità agli operatori sanitari. Da avviare anche una rete territoriale efficiente che al momento quasi non esiste, provveduta di tutte le risorse, specialmente umane, necessarie a far fronte all’assistenza domiciliare, allo sviluppo della medicina e della pediatria del territorio, al rilancio dei consultori e, ancora, al rilancio dei servizi socio-sanitario assistenziali. In questo percorso la politica non può e non deve pensare di essere autonoma e autosufficiente. È necessario un patto con tutti gli attori del sistema che sappia condividere obiettivi da raggiungere e strumenti da utilizzare per il rafforzamento e lo sviluppo del nostro sistema sanitario. Da esso dipende la garanzia di accesso alle cure».
ERRORI SANITARI
Quando a sbagliare è la sanità pubblica L’errore medico? Purtroppo esiste. Ma il cittadino deve sapere che è possibile chiedere, e ottenere, il risarcimento del danno. Come spiega l’avvocato Pietro Frisani, legal manager della Gestione Crediti Pubblici Paolo Tosoni
olto spesso il cittadino è ignaro del fatto che di fronte a un torto subito da un’amministrazione pubblica, sia esso un Comune piuttosto che un’azienda sanitaria, è possibile richiedere e ottenere un risarcimento del danno. Ma è importante sapere che anche di fronte allo Stato i diritti del cittadino possono e devono essere garantiti nella loro pienezza». A parlare è l’avvocato Pietro Frisani, docente di istituzioni di diritto pubblico all’Università di Firenze e legal manager della società Gestione Crediti Pubblici, che da diversi anni si occupa di recupero crediti esclusivamente nei confronti della Pub-
M
L’avvocato Pietro Frisani
178 • DOSSIER • PUGLIA 2010
www.gestionecreditipubblici.com
blica amministrazione. Negli ultimi anni la società si è specializzata proprio nell’assistenza e nella consulenza in caso di danno da errore sanitario. «L’idea di creare la società – racconta l’avvocato – nasce dall’amara constatazione del fatto che la Pubblica amministrazione è il soggetto più insolvente della nazione. Rimborsi di tributi, corrispettivi per appalti di opere pubbliche, corrispettivi di forniture, indennità di esproprio, persino i gratta e vinci! Lo Stato è campione nel non pagare quanto dovuto o, nella migliore delle ipotesi, nel pagare con un ritardo che può variare dai 24 mesi per le forniture ai sette o dieci anni dei rimborsi dei crediti di imposta». Partendo dal motto che “la legge è uguale per tutti: anche per la Pubblica amministrazione”, la GCP dopo aver prestato il suo massimo contributo riducendo a circa sei mesi i tempi di recupero per crediti di forniture e imposte a favore di cittadini e imprese, riuscendo a recuperare oltre 100 milioni di euro, ha proseguito la propria mission nel campo delle azioni di risarcimento del danno per malpractice, dove attualmente sta ottenendo le maggiori gratificazioni. «Per quale motivo lo Stato, notificando una cartella esattoriale “pazza” con tanto di fermo amministrativo del veicolo – commenta veementemente l’avvocato –, non deve rispondere delle conseguenze negative che la propria condotta maldestra ha provocato al cittadino? E allo stesso modo, perché in caso di errore del medico di una struttura sanitaria, non
Risarcimenti
AL FIANCO DEL CITTADINO Dall’eccessiva durata dei processi, all’errore medico sanitario. Ecco i campi dove opera la Gestione Crediti Pubblici Gestione Crediti Pubblici Srl è l’unica società, operativa da diversi anni su tutto il territorio nazionale, che si occupa di gestire crediti ai fini del loro recupero, esclusivamente nei confronti della Pa. Fondata a Firenze, grazie alla competenza acquisita nel tempo e a uno staff di professionisti specializzati, è diventata la società di riferimento per il cittadino nella gestione dei crediti pubblici contro Ministeri, Regioni, Comuni, Province e Aziende Sanitarie. I settori di intervento spaziano dal risarcimento danni per eccessiva durata dei processi, o per responsabilità medico-sanitarie, fino all’indennità per espropriazioni e al recupero crediti per appalti e forniture. Garantendo la massima serietà professionale, la società non chiede alcuna somma a titolo di anticipo, fondo spese o altro, e prevede a titolo di corrispettivo per l’attività svolta il pagamento di una percentuale in base all’importo recuperato e solo quando tali somme sono state effettivamente incassate dal cliente. L’avvocato Pietro Frisani è legal manager della società.
deve essere possibile ottenere il risarcimento del danno subito a causa della negligenza degli operatori?». Proprio con riferimento agli errori medici delle strutture sanitarie pubbliche, lo staff di GCP ha consolidato il proprio obiettivo di garantire al cittadino la massima tutela contro i casi di malpractice. Il principio stesso di tutela dei diritti del cittadino si basa proprio sulla natura del rapporto tra paziente e struttura ospedaliera. «A seguito della richiesta di ricovero o di prestazione medica, – spiega l’avvocato Frisani – si istituisce tra paziente e struttura ospedaliera un rapporto giuridico di natura contrattuale». Una vera e propria obbligazione che comprende, oltre alla principale prestazione di
cure mediche, anche una serie di altri servizi che la struttura è tenuta a fornire: alloggio, ristorazione, sicurezza degli impianti e dei locali in cui si svolgono le attività sanitarie, organizzazione dei turni del personale medico, paramedico e infermieristico, realizzazione di programmi per il buon funzionamento delle attrezzature elettromedicali. «I servizi erogati da un’azienda ospedaliera – continua Pietro Frisani – sono molto più ampi e complessi rispetto a quelli resi dal singolo medico, tenendo conto anche della forma “organizzata” attraverso cui sono gestiti. Ecco perché se tale efficienza organizzativa viene a mancare, indipendentemente da una colpa del singolo medico, la struttura deve essere ritenuta responsabile, con conseguente obbligo per l’azienda ospedaliera di rispondere di tutti i danni causati al paziente». In questo modo, viene riconosciuta una responsabilità autonoma della struttura per violazione di doveri suoi propri. Molto spesso, invece, quello che si cerca di fare in caso di errore, è individuare, mediante il ricorso ad un procedimento penale, la responsabilità del singolo soggetto. «L’azione penale, però – chiarisce l’avvocato Frisani –, spesso non porta alcun frutto pratico, poiché resta difficile individuare con precisione la responsabilità del singolo operatore. Quindi, pur essendosi verificato il danno, spesso si giunge a una pronuncia di assoluzione. Altrettanto spesso poi i tempi lunghissimi dell’azione penale determinano la dichiarazione di prescrizione del reato con l’impossibilità del danneggiato di ottenere il risarcimento». A partire da queste considerazioni, pertanto, e sfruttando quindi la natura contrattuale del rapporto tra ospedale e paziente, la società GCP non agisce in sede penale, ma direttamente in sede civile limitandosi a dimostrare il danno subito dal cliente senza la necessità di individuare le responsabilità del singolo operatore, dal momento che è l’azienda ospedaliera che ne risponde in termini di responsabilità risarcitoria. In questo modo, si ottiene il massimo del risultato senza incorrere nelle conseguenze tipiche dell’azione penale, ovvero l’assoluzione e/o la prescrizione del reato. 2010 PUGLIA • DOSSIER • 179
ODONTOIATRIA
La Nuova Implantologia Rispetto alle pratiche implantologichedentali tradizionali, invasività, tempi e costi sono oggi, ampiamente ridotti. Grazie ai protocolli della Nuova Implantologia, mininvasiva e computer-guidata, il dottor Francesco Ronzulli ha avviato una nuova procedura di ripristino completo o parziale della bocca «senza tagli sulla gengiva, senza punti di sutura, senza dolore o sanguinamento e con rapida ripresa» Adele Conti
ggi, la mancanza di denti o l’utilizzo di una dentiera instabile e antiestetica fanno parte di problematiche risolvibili con l’implantologia, una branca dell’odontoiatria addetta alla sostituzione dei denti mancanti attraverso l’impianto di radici artificiali poste all’interno dell’osso mascellare. Precedentemente il paziente preferiva scartare l’implantologia per paura che si trattasse di una metodica traumatica e optava per sistemi più semplici, se pure meno moderni e non indicati per risolvere il proprio problema dentale. «Ma da oggi non è più così. La Nuova Implantologia permette di risolvere la maggior parte dei casi in maniera minimamente invasiva, senza tagli sulla gengiva, senza punti di sutura, senza dolore, senza sanguinamento e con tempi di ripresa enormemente inferiori rispetto al passato». Grazie ai traguardi raggiunti in 15 anni di pratica medica, ne ha piena certezza il dottor Francesco Ronzulli, odontoiatra di Bari che, in seguito a numerosi studi e continue
O
182 • DOSSIER • PUGLIA 2010
esperienze sul campo, è riuscito a organizzare nei suoi studi di Bari-Carbonara e di Ruvo di Puglia una nuova procedura di ripristino completo o parziale della bocca tramite l’implantologia mininvasiva e l’implantologia computer-guidata. Cosa caratterizza l’approccio iniziale con il paziente implantologico? «Dal momento in cui il paziente arriva in studio si individuano innanzitutto i suoi problemi odontoiatrici e si analizzano le sue personali aspettative. Inizialmente bisogna affrontare la paura che ogni paziente porta con sé nei confronti del dentista e nei confronti dell’implantologia, vista come qualcosa di invasivo, cruento, costoso e con la gravosa eredità del cosiddetto “rigetto”. Proprio la paura del rigetto dell’impianto è quella che allontana maggiormente parecchi potenziali pazienti implantologici. In realtà la possibilità di questo evento è ormai ridotta al 2-3% degli impianti inseriti, e generalmente ciò avviene prima che il lavoro sia completato, per cui vi si può porre
Dottor Ronzulli Francesco Dentista Implantologo in Bari e Ruvo di Puglia www.studioronzulli.it www.studiodentisticodifranco.it
Implantologia
GLI INTERVENTI GUIDATI DI IMPLANTOLOGIA L’implantologia dentale di ultima generazione è senza dubbio la scelta migliore per il benessere del sorriso. A patto che sia praticata da mani esperte. Questa tecnica non richiede interventi ricostruttivi e non comporta rischi per le strutture sensibili. Prima si progetta il “caso” ovvero si posizionano gli impianti (radici artificiali) nel mascellare virtuale sul computer e poi si traduce in realtà il progetto, in un intervento guidato, con estrema precisione, rapidità e in totale sicurezza. Dopo l’acquisizione di tutte le informazioni necessarie con l’utilizzo della Tac, vengono posizionati gli impianti nel mascellare ricostruito attraverso un programma sofisticato denominato Micerium Implant Positionig Sistem (MIPS). Solo quando l’operatore è sicuro della corretta posizione e ha valutato tutti i parametri, si costruisce una mascherina che guiderà la mano del chirurgo nel posizionare gli impianti durante l’intervento reale. I vantaggi per il paziente sono molteplici: non ci sono tagli e non viene scollata la gengiva, non ci sono punti di sutura né sanguinamento, si riduce il tempo della seduta, c’è una maggiore prevedibilità, i costi sono inferiori e si recuperano subito estetica e funzionalità.
L’Implantologia Computer-guidata permette la soluzione di casi complessi, con la tecnica MiniInvasiva, senza rischi e in tempi rapidi, permettendo di tornare alla normale vita di relazione dopo poche ore. Molti casi come quelli in queste foto sono stati effettuati dal dottor Ronzulli a Bari e Ruvo di Puglia
rimedio riposizionando l’impianto perduto o cambiando in corso d’opera il progetto protesico, senza problemi né fisici né economici per il paziente». Esistono ostacoli provenienti dalle patologie extraorali per l’applicazione di impianti dentali? «Bisogna rassicurare una grossa fetta di pazienti affetti da alcune malattie come diabete, ipertensione e malattie cardiache, malattie virali croniche, osteoporosi, e tutti i pazienti anziani: la nuova implantologia, in realtà, è nata per loro. Infatti è molto probabile che i giovani, sani e forti, abbiano tutti o quasi tutti i denti, per cui solo occasionalmente diventano pazienti implantologici. Al contrario, gli anziani che nel tempo, per carie o malattie delle gengive, hanno perso tutti o quasi tutti i denti, per svolgere attività essenziali come parlare e mangiare, hanno il bisogno esclusivo degli impianti attraverso cui potranno riavere una dentatura fissa o almeno un appoggio migliore per la ›› 2010 PUGLIA • DOSSIER • 183
ODONTOIATRIA
❝
Con le nuove tecniche implantologiche oggi adottate, la procedura risulta più celere, con appuntamenti più ravvicinati e con costi di gestione inferiori, che incidono in maniera meno pesante sulle tasche dei pazienti con un risparmio del 20% rispetto alla media
›› dentiera mobile».
❞
Quali i casi più significativi? «Incontriamo pazienti provenienti da tutta la regione che per vari motivi sono stati scoraggiati dai propri dentisti ad affrontare una terapia implantologica: chi per l’età, chi per malattie, chi per fantomatiche carenze di osso. Ma saranno proprio questi i migliori pazienti implantologici che, sottoposti ai moderni protocolli, presto torneranno a sorridere. Lo stesso vale per pazienti che hanno superato e vinto tumori maligni che, dopo tre anni dalla chemioterapia, possono tranquillamente affrontare un intervento di implantologia alla pari di qualsiasi altra persona, perché la nuova implantologia per la sua scarsa invasività, non discrimina nessuno se non per motivi gravi e reali scientificamente accertati, di fronte ai quali si devono scegliere strade alternative». Quali vantaggi comporta l’implantologia mininvasiva? «Posizionando l’impianto nell’osso attraverso la gengiva, senza inciderla con un taglio o uno scollamento, ma soltanto attraversandola con delle frese dello stesso diametro dell’impianto, si provoca un trauma minimo sia per l’osso sottostante che per la gengiva stessa. L’implantologia mininvasiva comporta infatti assenza di dolore durante e dopo l’intervento, minore gonfiore post-operatorio e tempi di guarigione dimezzati rispetto al passato. In alcuni casi particolari, gli impianti appena posizionati possono già servire da pilastro di sostegno per protesi provvisorie fisse o mobili ottenendo il cosiddetto “carico immediato”, tramite il quale il paziente in un paio d’ore ottiene estetica e funzione dentale come se non avesse mai perso 184 • DOSSIER • PUGLIA 2010
i propri denti naturali. Nei casi più gravi e complessi, la metodica della Nuova Implantologia prevede l’utilizzo di tecniche chirurgiche computer-guidate in cui l’implantologia mininvasiva è portata ai massimi livelli della tecnologia medica oggi conosciuta in campo internazionale». In che modo è possibile prevedere i risultati di un intervento implantologico? «L’implantologia computer-guidata è fondata sullo studio preliminare del caso attraverso una Tac Dental-Scan delle mascelle del paziente che viene elaborata da un sofisticato programma denominato Micerium Implant Positionig Sistem (MIPS). Con questo software si ottiene un’elaborazione tridimensionale delle ossa del paziente che permette all’operatore di predeterminare virtualmente tutte le fasi dell’intervento implantologico, dal progetto del caso fino all’esecuzione finale con il posizionamento della protesi. In questo modo l’operatore vede e prevede ogni minimo particolare dell’intervento, individuando quindi la possibilità di errori nella posizione degli impianti e quindi nella costruzione della protesi finale. Tutto questo comporta per l’operatore semplicità di esecuzione, completo controllo di ogni fase, precisione e
Implantologia
Con le procedure della Nuova Implantologia del dottor Ronzulli la posizione degli impianti e delle protesi raggiungono livelli di precisione superiori alle vecchie tecniche riducendo i tempi di attesa (vedi immagine precedente). A sinistra, staff dello Studio Dentistico dottor Francesco Ronzulli e dottoressa Maria Di Franco
quindi maggior predicibilità dei risultati, per il paziente invece significa subire un’implantologia rapida, sicura, precisa, indolore,con un immediato ritorno a una normale vita di relazione dopo poche ore dall’intervento». Qual è la fase successiva al posizionamento degli impianti? «Gli impianti possono essere subito utilizzati per sostenere una protesi fissa o mobile provvisoria, oppure lasciati senza carico, semplicemente immersi nella gengiva, per un massimo di 2-3 mesi, entro i quali si ha la quasi totale sicurezza dell’integrazione ossea. La protesi può essere fissa, costituita da capsule di ceramica cementate direttamente sugli impianti, oppure può essere mobile, ancorata a un numero di impianti inferiori rispetto a quella fissa, e a costi decisamente più bassi. Con le nuove procedure oggi adottate, il lavoro risulta più celere, con appuntamenti più ravvicinati e con costi di gestione inferiori, che incidono in maniera meno pesante sulle tasche dei pazienti con un risparmio del 20% rispetto alla media. In questo modo si tenta anche di arginare l’esodo di pazienti che ricercano questo tipo di interventi in Paesi dell’Europa dell’Est, abbagliati dal risparmio, senza considerare la qualità, l’igiene, la garanzia sui lavori effettuati assicurati invece dai rigidi protocolli
5-8 MESI
È il tempo che devono attendere i pazienti completamente edentuli o i portatori di dentiera per avere una protesi fissa su impianti con le tecniche tradizionali
2-3 ORE
È il tempo che trascorre tra l’ingresso del paziente in studio con la propria protesi e il termine della seduta di implantologia durante la quale gli vengono impiantati i denti fissi
imposti dalle normative italiane». Il suo staff deve essere particolarmente preparato per seguirla durante gli interventi. «Naturalmente il mio staff è composto da tecnici e assistenti alla poltrona altamente specializzati e affiatati. Inoltre mi avvalgo della collaborazione della dottoressa Maria Di Franco, titolare dello studio in Ruvo di Puglia, specializzata anche in ortodonzia, scienza che studia la posizione dei denti. Con la sua consulenza prepariamo al meglio le arcate dentarie a ricevere gli impianti. Per esempio, spostare alcuni denti può essere necessario per creare spazio quando in pazienti giovani i denti non si sono formati per motivi congeniti o ereditari, oppure quando i denti sono stati estratti da molto tempo e lo spazio si è in parte richiuso». Le procedure della Nuova Implantologia da lei attuate sono usufruibili solo nei suoi studi di Bari e Ruvo di Puglia? «Il grande successo di questo moderno approccio all’implantologia dentale a fatto sì che numerosi colleghi di Puglia e Basilicata hanno richiesto la mia consulenza e la mia guida anche nei propri ambulatori, per cui oggi è possibile anche per pazienti residenti in vari Comuni fuori dalla Provincia di Bari usufruire direttamente delle mie prestazioni e dei vantaggi della Nuova Implantologia«. 2010 PUGLIA • DOSSIER • 185
OFTALMOLOGIA
Il killer silenzioso dell’occhio asintomatico e progressivo È considerato insidioso e patologico. E se non diagnosticato in tempo, diviene irreversibile. Il glaucoma è una patologia oculare che può condurre alla cecità. Minaccia infatti la capacità visiva di 500 mila italiani. Mauro Di Pilato, pioniere della chirurgia ambulatoriale in Puglia e del trattamento laser in Italia, descrive le possibili terapie per un efficace contributo alla lotta contro il glaucoma
ubdolo, asintomatico, silenzioso. Minaccia la capacità visiva di 500 mila italiani. Il glaucoma, grave patologia oculare, altera le funzioni del nervo ottico attraverso l’aumento della pressione interna dell’occhio, provoca la progressiva perdita del campo visivo e se non diagnosticata in tempo, conduce alla cecità. «L’arma più efficace contro le patologie glaucomatose è la diagnosi precoce: così, soprattutto se si fa parte di un albero genealogico in cui sono presenti casi di glaucoma, è necessaAdriana Zuccaro rio ricorrere a uno screening diagnostico precoce». Il monito è del dottor Mauro Di Pilato, pioniere della chirurgia ambulatoriale in Puglia, tra i primi in Italia nel trattamento della miopia con laser a eccimeri. L’esperienza del dottor Di Pilato rappresenta anche un contributo alla lotta contro il glaucoma. Quali sono i fattori che inducono alla comparsa del glaucoma? «Pur non conoscendo appieno i meccanismi attraverso cui si sviluppano le patologie glaucomaIn foto, al centro, il dottor Mauro Di Pilato, specialista in oculistica. Svolge l’attività medica tose, la pressione oculare elevata, con consepresso gli studi di Bisceglie e Molfetta dove, insieme ai suoi collaboratori, si occupa guente danno del nervo ottico, rappresenta il di diagnosi e terapia di malattie della retina, chirurgia refrattiva, chirurgia ambulatoriale della cataratta e del glaucoma - maurodipi@tin.it principale fattore di rischio. I valori di riferi-
186 • DOSSIER • PUGLIA 2010
S
Glaucoma
mento sono diversi da quelli relativi alla pressione arteriosa che, in stato normale, sono nell’ordine di 120-70 millimetri di mercurio, quando invece quelli intraoculari sono tra i 10 e i 23 millimetri. Se la pressione arteriosa minima è troppo bassa, il glaucoma è favorito». È possibile avvertire l’alterazione della pressione intraoculare? «In caso di glaucoma ad angolo aperto, di cui si descrivono diverse varietà, il paziente non avverte alcun segnale d’allarme perché questa tipologia patologica è completamente asintomatica. Viceversa, i sintomi sono drammatici in un secondo tipo di glaucoma chiamato ad angolo chiuso: si manifesta con arrossamento, dolore e riduzione improvvisa della capacità visiva e, rispetto al glaucoma ad angolo aperto è percentualmente meno frequente». Su quali fattori si basa la reversibilità della patologia? «La possibilità di combattere e vincere il glaucoma dipende esclusivamente dal tempo che intercorre fra l’insorgenza del fenomeno e l’intervento dell’oculista: se si effettua tempestivamente uno screening diagnostico precoce, si può addirittura tornare alla situazione antecedente grazie all’uso di farmaci e al trattamento laser». In cosa consiste lo screening diagnostico? «Per la diagnosi precoce di glaucoma, il paziente viene sottoposto a una serie di esami la cui ri-
500 mila ITALIANI
È il numero dei pazienti affetti da glaucoma (il 2% della popolazione sopra i 40 anni). Queste cifre sono purtroppo destinate ad aumentare
33% AUMENTO GLAUCOMA Nei prossimi anni ci si aspetta un aumento della malattia dovuto al progressivo invecchiamento della popolazione con conseguenti problemi socio-sanitari
sposta può essere soggettiva quindi variabile, oppure oggettiva, più attendibile. L’esame soggettivo per eccellenza è l’esame della vista, con la quantificazione in decimi oppure linee della capacità visiva; l’altro, è il campo visivo di soglia che viene eseguito con strumenti computerizzati che consentono oltre all’archiviazione anche il confronto con precedenti e successivi». Quali sono gli esami oggettivi? «Innanzitutto la tonometria: è la misurazione della pressione endooculare eseguibile con tecniche sia a contatto dell’occhio che a soffio. Lo spessore corneale viene invece misurato con ultrasuoni e con strumenti a scansione. È poi possibile effettuare la valutazione anatomica dei siti di produzione e deflusso dei liquidi responsabili della pressione oculare visibili, in parte con biomicroscopia e in parte con ultrasuoni ad alta frequenza (UBM), l’immagine fotografica del nervo ottico e la scansione laser del nervo ottico con misurazione delle fibre nervose che lo compongono (RNFL). Altro esame oggettivo è la risposta elettrica a stimolazioni luminose con tecnica elettrofunzionale (PERG-H) che allo stato attuale rappresenta l’esame più sensibile per la diagnosi precoce della malattia». Una volta fatta la diagnosi cosa succede? «Instauriamo la terapia medica attraverso la somministrazione di colliri con l’obiettivo di raggiungere un determinato target pressorio che varia per ciascun individuo. Nei casi in cui l’occhio diventa refrattario ai colliri, interveniamo con il laser. Disponiamo di due metodiche: la trabeculoplastica ALT che pratichiamo dal 1987 con risultati ottimi e la trabeculoplastica SLT». Quando la terapia laser non funziona? «Si procede con l’approccio chirurgico. Creiamo una valvola naturale che favorisce la riduzione della pressione intraoculare oppure impiantiamo microscopiche valvole artificiali; il tutto in regime di day hospital». In definitiva, come si può combattere questa subdola malattia? «Sostanzialmente con una diagnosi precoce e con puntualità nel praticare la terapia. Inoltre è indispensabile un controllo periodico del tono oculare allo scopo di monitorare qualsiasi variazione sensibile dal target pressorio». 2010 PUGLIA • DOSSIER • 187
ALZHEIMER
L’Alzheimer si cura anche L senza farmaci
a demenza è una sindrome che comporta l’alterazione progressiva di alcune funzioni fondamentali, interferendo con gli atti quotidiani della vita. Tra le varie forme di demenza, più di cento, la malattia di Alzheimer (AD) rappresenta circa il 5060% delle patologie che colpiscono gli ultra65enni. «Essa si presenta come un processo Si stima che siano 500mila i casi di Alzheimer degenerativo che colpisce le cellule del cervello oggi in Italia, 18 milioni in tutto il mondo. – spiega il dottor Francesco Badagliacca – con leIl progressivo declino delle funzioni cognitive sioni anatomiche caratterizzate da perdita neuronale, placche senili e grovigli neurofibrillari». e il deterioramento della personalità e della vita Oggi in Europa sono più di sette milioni le perdi relazione possono essere arginati da terapie sone colpite dal morbo di Alzheimer e da altre che non prevedono l’uso di farmaci. patologie correlate e nei prossimi vent’anni si prevede che questo numero raddoppierà come Lo spiega il dottor Francesco Badagliacca conseguenza dell’invecchiamento della popolaLeonardo Testi zione. «Questa malattia non ha confini sociali, economici, etnici o geografici. Non è né infettiva né contagiosa. L’unica certezza è che il principale fattore di rischio è l’età». Quali sono i sintomi principali del morbo di Alzheimer? «È difficile prevedere quali saranno i sintomi e l’ordine nel quale appariranno: all’inizio possono essere così lievi da passare inosservati sia al malato che ai suoi familiari. Il decorso può essere suddiviso in tre fasi. Nella fase iniziale, sono prevalenti i disturbi della memoria, ma possono essere presenti anche disturbi del linguaggio: la persona è ripetitiva nell'esprimersi, tende a perdere gli oggetti, a smarrirsi e a non ritrovare la strada di casa. Possono verificarsi squilibri emotivi, irritabilità, reazioni imprevedibili. Nella fase intermedia, il malato si avvia a una progressiva perdita di autonomia, può avere deliri e allucinazioni e richiede un’assistenza continua. La fase severa è caratterizzata dalla completa perdita dell’autonomia: il malato smette di mangiare, non comunica più, diventa incontinente, è costretto a letto o su una sedia a rotelle. La durata di ogni fase varia da persona a persona e in molti casi una fase può sovrapporsi all’altra. Inoltre, la situazione può cambiare quotidianamente: un
188 • DOSSIER • PUGLIA 2010
Terapie innovative
❝
Tra le terapie non farmacologiche più utilizzate la musicoterapia individuale e di gruppo, la Pet-therapy, la terapia della bambola, o dolly therapy, la terapia della sabbia o sand therapy
In apertura, il dottor Francesco Badagliacca, medico geriatra, Coordinatore Sanitario di R.S.A., che lavora in provincia di Bari. In alto, esempio di Snoezelen room, stanza multisensoriale francobad@libero.it
❞
giorno il malato è molto confuso e il giorno dopo lo è meno. La durata della malattia può variare da 3 a 20 anni». Esistono terapie efficaci? «Purtroppo, fino a oggi la malattia l’Alzheimer non è guaribile, ma ci sono farmaci che possono migliorare alcuni sintomi cognitivi, funzionali e comportamentali. Attualmente, i farmaci più efficaci sono gli inibitori dell’acetilcolinesterasi (donezepil, rivastigmina e la galantamina) che risultano efficaci nelle prime fasi della malattia. Recentemente è stata approvata dall’Autorità Regolatoria Europea (EMEA) la memantina, un farmaco che potrebbe essere impiegato nelle forme moderatamente gravi della malattia. Permangono ancora molti dubbi sull’effettivo ruolo terapeutico di questi farmaci. La ricerca è impegnata nella scoperta di nuovi trattamenti in grado di modificare in maniera consistente la storia naturale della patologia. Per i disturbi del comportamento (BPSD acronimo anglosassone) che comprendono agitazione, aggressività, apatia, vagabondaggio, insonnia, iperfagia o rifiuto di alimentarsi, si assiste a un incremento dell’impiego di terapie non farmacologiche».
Cosa si intende per terapie non farmacologiche? «Sono terapie che si applicano all’area cognitiva, comportamentale e ambientale con efficacia riconosciuta a livello scientifico e con risultati concreti. I disturbi del comportamento, che maggiormente generano stress nella famiglia e aumentano il peso dell’assistenza, non sono provocati unicamente dalla degenerazione cerebrale, ma anche dal modo in cui il malato si adatta alle sue progressive incapacità. Partendo da questa premessa, vengono usate in tutto il mondo terapie di riabilitazione con lo scopo di mantenere il più a lungo possibile le capacità residue del malato e migliorarne la qualità di vita. La cura inizia comunque dal saper ascoltare ed il saper ascoltare è la base di partenza delle terapie non farmacologiche e della relazione d’aiuto». Quali quelle più utilizzate? «Percorsi terapeutici strutturati permettono una regolazione e in alcuni casi un decremento delle terapie farmacologiche. Così si riduce per il paziente il rischio di sovradosaggio di farmaci, che vanno a influire sugli stati depressivi e ansiogeni. Viene inoltre favorita la stimolazione delle residue capacità cognitive dei pazienti, quali i processi della memoria. Le terapie non farmacologiche più utilizzate sono la terapia occupazionale, la stimolazione cognitiva, la Rot (Reality Orientation Therapy) che cerca di mantenere il malato aderente alla realtà che lo circonda, la Validation Therapy che mira a capire i motivi del comportamento del malato, la musicoterapia individuale e di gruppo, la musicoterapia ambientale, la Pet-therapy, la terapia della bambola (o dolly therapy), la sand therapy (terapia della sabbia), gli spazi dedicati come i Giardini sensoriali e la Snoezelen room (stanza multi-sensoriale). Per impiegare al meglio queste terapie, è necessario un approfondito studio della personalità del paziente e del suo vissuto. È fondamentale saper individuare i suoi bisogni fisici, sociali, emotivi e psicologici per aiutarlo a superare le difficoltà». 2010 PUGLIA • DOSSIER • 189
ESTETICA
Quel sottile confine tra estetica e salute Molti trattamenti mirati a migliorare l’aspetto estetico, possono contribuire alla cura di disturbi e patologie cutanee. Soprattutto grazie alle nuove tecnologie. La dottoressa Daniela Rossi illustra i progressi della dermatologia estetica
rattamenti sempre più sofisticati e tecnologie all’avanguardia permettono oggi di intervenire sull’estetica di viso e corpo con risultati soddisfacenti. Oggi, la dermatologia estetica sfrutta tecniche che, per il ringiovanimento del volto, spaziano dai Lucrezia Gennari laser frazionati, alla luce pulsata o IPL, alla terapia fotodinamica o PDT, alla radiofrequenza, quest’ultima efficace non solo per il rassodamento cutaneo del viso, ma anche del corpo. «Per quel che concerne l’estetica del corpo - spiega la In apertura, la dottoressa Daniela Rossi nel suo studio di Bari e, a destra, dottoressa Daniela Rossi, specialista in Dermadurante un trattamento con laser CO2 frazionato - danielarossidr@libero.it tologia e Venereologia - le tecnologie più moderne includono anche la cavitazione, che utilizza un generatore di onde ultrasoniche a bassa frequenza, molto efficaci nel trattamento delle adiposità localizzate, dell’aspetto a “buccia d’arancia” della cellulite, nonché nel rimodellamento corporeo e nel riassorbimento e drenaggio dei liquidi in eccesso». Quali sono i trattamenti più richiesti negli ultimi tempi? «I trattamenti più richiesti sono quelli atti a migliorare l’aspetto del volto, con un effetto “naturale”. Nel quadrante inferiore del volto, mediante filler, iniezioni riempitive di rughe, labbra e zigomi, a base di acido ialuronico, non animale e formulato mediante particolari processi di reticolazione, per aumentarne la durata, e mediante biostimolazioni di acido ialuronico associato o meno ad antiossidanti. Per le rughe del quadrante superiore del volto, il trattamento più richiesto, anche dagli uomini, per il suo effetto non immediato e soprattutto naturale, è rappresentato dalle iniezioni di tossina botulinica». Alcune tecniche permettono anche di curare i segni evidenti di malattie della pelle come vitiligine e psoriasi. Quali sono gli ultimi trat-
190 • DOSSIER • PUGLIA 2010
T
Trattamenti
❝
Molto spesso i trattamenti effettuati per fini estetici inducono sulla pelle un’azione benefica e curativa, nonché preventiva
❞
tamenti relativi a queste patologie e quali risultati si possono ottenere? «Oggi utilizziamo con molta efficacia i raggi UVB a banda stretta, che sono una selezione specifica di raggi UV, molto più superficiali come emissione rispetto agli UVA e a emissione più ristretta rispetto ai tradizionali UVB. I rischi di esposizione sono quindi minimi. La fototerapia con UVB a banda stretta rappresenta quindi un’efficace cura, a lungo termine, per psoriasi e vitiligine, con rare controindicazioni e senza necessità di assumere farmaci per via sistemica. Sulla psoriasi, gli UVB a banda stretta, inducono la riduzione o la remissione delle chiazze e sulla vitiligine il blocco delle aree di depigmentazione e la successiva ripigmentazione». Alcuni trattamenti effettuati a scopi estetici
sono anche in qualche modo curativi o comunque benefici? «Molto spesso i trattamenti effettuati per fini estetici inducono sulla pelle un’azione benefica e curativa, nonché preventiva. Ad esempio l’acido ialuronico iniettato nelle rughe, oltre a riempirle e a indurre un’idratazione profonda, determina anche la stimolazione dei fibroblasti e quindi la produzione di nuovo acido ialuronico e collagene, che va a incrementare quello che si perde con il passare degli anni. La stessa stimolazione viene indotta anche dall’effetto termico prodotto dalla luce pulsata, dai laser e dalla radiofrequenza». Molte delle tecnologie più moderne vengono utilizzate anche per la cura di patologie cutanee? «Sì. La luce pulsata, ad esempio, è una metodica utilizzata anche per il trattamento dell’ipertricosi, della couperose e delle iperpigmentazioni; il laser CO2 frazionato, rappresenta la più moderna tecnologia per il trattamento di cicatrici sia di acne, che post-traumatiche; la tossina botulinica viene utilizzata anche per il trattamento dell’iperidrosi ascellare e palmo-plantare, con riduzione significativa della sudorazione per parecchi mesi; la terapia fotodinamica, utilizzata oggi anche per il ringiovanimento cutaneo, nasce come terapia non invasiva per carcinomi basocellulari e cheratosi, di cui induce la risoluzione non chirurgica, e viene altresì usata con successo nella terapia dell’acne infiammatoria e della rosacea, senza ricorso a farmaci sistemici e quindi senza effetti collaterali». La tecnologia quindi si evolve sempre di più. Quali saranno secondo lei i prossimi ritrovati per quanto riguarda la dermatologia estetica? «Sicuramente trattamenti sempre meno invasivi, innocui e che non inficino la socialità dei pazienti, ma soprattutto che diano un aspetto naturale e abbiano un effetto non solo meramente estetico, ma anche curativo». 2010 PUGLIA • DOSSIER • 191
Parte il decreto sul nucleare ora serve l’intesa sull’individuazione dei siti Il governo approva in via preliminare i criteri per definire l’idoneità potenziale dei territori a ospitare impianti nucleari. «Tutte le procedure sono caratterizzate dalla più scrupolosa attenzione per i profili di carattere ambientale», sottolinea il sottosegretario allo Sviluppo economico con delega all’Energia Stefano Saglia Francesca Druidi 194 • DOSSIER • PUGLIA 2010
n ulteriore passo avanti nel ritorno all’atomo in Italia. Lo ha segnato nel dicembre scorso l’approvazione in via preliminare, da parte del Consiglio dei ministri, dello schema di decreto legislativo che, come evidenzia il sottosegretario allo Sviluppo economico con delega all’Energia Stefano Saglia, «at-
U
traverso la definizione degli iter procedurali e delle competenze dei diversi soggetti, istituzionali e non, stabilisce il framework normativo per consentire il ritorno al nucleare del nostro Paese». Le procedure autorizzative riguardano sia i criteri di localizzazione che la strategia nucleare, oltre all’autorizzazione puntuale per la realizzazione e
Stefano Saglia
l’esercizio di ogni singolo impianto. Il decreto non sancisce una “mappatura” del territorio, ma i requisiti cui dovranno rispondere le proposte dei singoli operatori. «Tra i criteri generali – prosegue Saglia – vi sono le caratteristiche in termini sismici, geofisici e geologici, nonché di accessibilità dell’area, distanza da centri abitati e infrastrutture di trasporto, disponibilità di risorse idriche, valore architettonico e paesaggistico». Come verranno tutelate nello specifico le persone e l’ambiente? «Tutta la procedura di localizzazione degli impianti è caratterizzata, sin dall’inizio, dalla più ampia partecipazione dell’opinione pubblica, attraverso lo svolgimento di una consultazione pubblica, e dalla più scrupolosa attenzione per i profili di carattere ambientale, attestata dall’effettuazione della Valutazione di impatto ambientale. Tra le caratteristiche delineate dello schema di decreto, alla base dei requisiti che l’Agenzia per la sicurezza nucleare dovrà definire nei prossimi mesi, vi sono il rispetto dei più elevati livelli di sicurezza dei siti, la tutela della salute della popolazione e la protezione dell’ambiente, come si può vedere dall’articolo 8 dello schema di decreto legislativo». In che modo le Regioni saranno coinvolte nell’individuazione dei siti e nella realizzazione degli impianti? «Tutte le procedure, anche
preliminari all’identificazione dei siti, sono caratterizzate dalla più ampia partecipazione delle Regioni, degli enti locali e dell’opinione pubblica. Non solo, secondo il decreto, è previsto anche che la Regione interessata esprima la propria intesa per la certificazione dei singoli siti e che presso i territori che abbiano un sito certificato, ossia idoneo per la realizzazione di un impianto nucleare, sia istituito un “Comitato di confronto e trasparenza”, volto a garantire alla popolazione l’informazione, il monitoraggio e il confronto pubblico sulle procedure autorizzative, la realizzazione, l’esercizio e la disattivazione degli impianti nucleari, così come sulle misure di protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione e la salvaguardia dell’ambiente». Come appianare le perplessità delle Regioni che hanno presentato ricorso contro il nucleare, nonostante gli incentivi attribuiti per il 10% alle Province interessate, per il 55% ai Comuni e per il 35% alle amministrazioni limitrofe? «L’informazione continua e il coinvolgimento della Regione nelle fasi decisionali, attraverso lo strumento forte dell’intesa, garantiscono che nessuna scelta sarà effettuata al di sopra e a prescindere dalla volontà delle amministrazioni territoriali, con cui il governo e gli operatori industriali intendono avere un confronto aperto, come del resto avviene
Tra i criteri generali che devono soddisfare le aree destinate a ospitare le centrali, vi sono le caratteristiche in termini sismici, geofisici e geologici, nonché di accessibilità dell’area, distanza da centri abitati e infrastrutture di trasporto, disponibilità di risorse idriche, valore architettonico e paesaggistico
già per tutte le infrastrutture energetiche di rilievo strategico. Gli incentivi economici destinati agli enti locali non il sottosegretario sono un sostituto del con- Sopra, allo Sviluppo economico senso o delle garanzie am- con delega all’Energia Saglia. In bientali, ma un elemento in Stefano apertura, un’immagine più da tenere in considera- della centrale nucleare Latina, in funzione dal zione per assicurare ricadute di1963 al 1987, dal 1999 positive per i territori interes- di proprietà di Sogin sati». Quali sono le principali PUGLIA 2010 • DOSSIER • 195
POLITICHE ENERGETICHE NUCLEARE: MAGGIOR INFORMAZIONE E NORME PIÙ CHIARE Per ridurre la dipendenza energetica dell’Italia dai combustibili fossili, il nucleare rappresenta una soluzione che non può essere rigettata a priori e ideologicamente. Lo spiega Alessandro Clerici, presidente della Federazione delle associazioni scientifiche e tecniche er rendere efficace in Italia un piano nucleare occorrono un’informazione capillare e diffusa e un coacervo di leggi chiare e dettagliate relative a tutto il ciclo di vita del nucleare. Lo sottolinea Alessandro Clerici, presidente di Fast e presidente onorario del Wec Italia, il Consiglio mondiale dell’energia (nella foto). Come si presenta la situazione in Italia rispetto ad altri Paesi? «A seguito dell’abbandono di ogni attività nucleare dopo il referendum del 1987, un piano nucleare in Italia comporta procedure e tempi più lunghi rispetto a paesi che hanno in servizio centrali nucleari nell’ambito di leggi ben collaudate. Dobbiamo, infatti, rendere funzionante una competente e riconosciuta autorità/agenzia e approvare leggi e relativi decreti di dettaglio, che vanno
P
dall’autorizzazione del sito della centrale all’autorizzazione per costruzione ed esercizio e al suo smantellamento a fine vita, oltre ai depositi nazionali di scorie radioattive. I nuovi reattori sono forniti per funzionare 60 anni, si parla quindi di un ciclo di quasi un secolo per una centrale. Il tutto richiede chiare definizioni dei compiti delle varie istituzioni coinvolte e un approccio trasparente e bipartisan». Come valuta l’approccio fino a questo momento adottato dal governo? «Da una parte è forse realistico, tenendo conto della frattura ideologica nel paese sul nucleare, dall’altra abbastanza carente fino a ora per quel che concerne una campagna informativa, non ideologica e capillare, e un orientamento bipartisan. Il decreto legislativo dello scorso 21 dicembre riporta
egregiamente tutte le problematiche che devono essere affrontate per un piano nucleare nel suo lungo ciclo di vita, rimandando come da consuetudine tutta italiana a decreti applicativi di dettaglio, che ci si augura possano essere emessi nei tempi previsti, coinvolgendo le istituzioni nazionali e locali e tutti i principali stakeholder. Esistono chiaramente alcuni punti da definire meglio e affinare». Lei vede nel futuro un’integrazione tra il nucleare e le energie rinnovabili? «Considerando gli sviluppi futuri delle tecnologie e delle legislazioni ambientali, tutte le fonti energetiche debbono essere tenute in adeguata considerazione e nessuna deve essere idolatrata o demonizzata. Nucleare e rinnovabili non sono in antitesi: il nucleare fornisce l’indispensabile energia elettrica di base, programmabile per sopperire con con-
caratteristiche ambientali e tecniche che devono soddisfare le aree destinate a ospitare le centrali? «Lo schema di decreto legislativo approvato in via preliminare prevede che l’Agenzia per la sicurezza nucleare proponga, coerentemente con la strategia nucleare del governo e sulla base di dati tecnicoscientifici predisposti da enti pubblici di ricerca, specifici parametri relativi alle caratteristiche ambientali e tecniche cui devono rispondere le aree del territorio nazionale per essere idonee a ospitare un sito nucleare. La proposta dell’Agenzia sarà, quindi, presentata al ministero dello Sviluppo economico, al ministero dell’Ambiente e al
196 • DOSSIER • PUGLIA 2010
ministero delle Infrastrutture. Il procedimento di definizione e approvazione dei parametri è ispirato alla massima trasparenza e partecipazione, prevedendo la possibilità per tutti i soggetti portatori di interessi, compresi Regioni ed enti locali, di partecipare al procedimento stesso con la formulazione di osservazioni e proposte tecniche di cui sarà data evidenza con la pubblicazione attraverso siti internet». Molti ritengono che la lista dei siti prescelti ricalcherà quella delle vecchie centrali nucleari. Può fare qualche anticipazione al proposito? «Al momento attuale, non è possibile e serio fare alcuna
Stefano Saglia
tinuità alle richieste di industrie e famiglie, mentre le rinnovabili danno energia se c’è vento o sole e necessitano, quindi, di adeguata riserva. Dopo eventuali brevi periodi di incentivi iniziali, le differenti tecnologie guadagneranno la loro quota di mercato in funzione dei loro costi, includendo quelli ambientali». Perché è importante affiancare la realizzazione di centrali di terza generazione con un percorso parallelo di ricerca sulla quarta? «I possibili reattori di quarta generazione avranno il notevole vantaggio di ridurre di circa cento volte il consumo di uranio per produrre la stessa quantità di energia elettrica riducendo della stessa entità le scorie radioattive. Vari progetti sono allo studio con prototipi sperimentali disponibili forse tra oltre un decennio e realizzazioni con taglie commerciali ipotizzabili per il 2040. Se si vogliono realizzare delle centrali nucleari oggi e nel prossimo futuro, esse sono solo quelle della 3° generazione, come quelle in costruzione o considerazione in vari paesi industrializzati tra cui Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Russia, Giappone e in via di industrializzazione come Cina, Corea. Occorre però inquadrare la quarta generazione in un percorso parallelo di ricerca e sviluppo, per non trovarci ancora fra qualche decennio completamente dipendenti da soluzioni tecnologiche sviluppate all’estero».
A sinistra, un particolare della centrale nucleare di Latina di Sogin, un impianto di tecnologia inglese a gas grafite, GCRMagnox. La sua costruzione, da parte dell’Eni, è iniziata nel 1958. Dopo appena quattro anni, nel maggio 1963, prima tra le centrali nucleari italiane, ha iniziato a produrre energia elettrica
anticipazione in merito a possibili siti per le centrali nucleari. Dopo che saranno stati approvati i requisiti per i siti, i soggetti interessati, ossia coloro che vorranno costruire una centrale nucleare, potranno presentare al ministero dello Sviluppo economico e all’Agenzia per la sicurezza nucleare istanza per la certificazione dei siti. Si avvierà così l’iter per la certificazione dei siti, o meglio per la procedura autorizzativa degli impianti, procedura articolata che, secondo il decreto legislativo, prevede diversi step con il coinvolgimento e la partecipazione non solo dei singoli ministeri interessati e dell’Agenzia, ma anche delle Regioni e degli enti locali, non-
ché della Conferenza unificata. Secondo la tempistica dello schema di decreto, la definizione delle caratteristiche dovrebbe essere effettuata entro l’estate del 2010». Quali sono gli step fondamentali che ancora mancano alla costruzione nel 2013 della prima centrale nucleare? «Il primo e prossimo step è l’approvazione dello Statuto per l’Agenzia per la sicurezza nucleare e la nomina dei componenti. Subito dopo, sarà approvato anche il regolamento, affinché l’Agenzia possa iniziare la sua attività. Seguirà l’approvazione definitiva dello schema di decreto legislativo approvato il 22 dicembre 2009. Vi sarà poi la defini-
zione, da un lato, della strategia nucleare del Paese e, dall’altro, quella delle caratteristiche dei siti. Inizieranno, quindi, le procedure di valutazione ambientale sulla strategia e sulle caratteristiche dei singoli siti per arrivare alla presentazione di istanza per la certificazione del sito da parte dell’Agenzia, necessaria per conseguire l’intesa con la regione interessata e con la Conferenza Unificata Stato Regioni. Dopo la certificazione, si avvierà l’istanza per la costruzione e l’esercizio dell’impianto, con la procedura di via, l’istruttoria tecnica dell’Agenzia, che si concluderà con la Conferenza dei servizi e il rilascio dell’Autorizzazione unica». PUGLIA 2010 • DOSSIER • 197
RINNOVABILI
Coltivare il fotovoltaico prospettive e realizzazioni Coniugare la produzione agricola e quella di energia elettrica. Dando un valore aggiunto all’agricoltura. Oggi è possibile grazie alle nuove strutture fotovoltaiche integrate che sorgono direttamente su vigneti e coltivazioni. Ecco le soluzioni sperimentate dall’ingegnere Filippo Intreccio Eugenia Campo di Costa
egli ultimi anni, nel nostro Paese, l’interesse per le tematiche ambientali è notevolmente aumentato. Anche se, nonostante i progressi in questo senso, l’Italia è sicuramente in ritardo rispetto ai Paesi del nord Europa nell’installazione di impianti a risparmio energetico. In Germania già sette anni fa molte abitazioni disponevano di impianti fotovoltaici e in molte aziende agricole si costruivano i primi “parchi fotovoltaici”. «Oggi, grazie al Conto Energia, anche in Italia si sta diffondendo la cultura delle rinnovabili – afferma l’ingegnere Filippo Intreccio, che si occupa soprattutto della progettazione di parchi fotovoltaici -. Tuttavia la burocrazia italiana, da quando si è accorta del business che questi impianti rappresentano, contrariamente a quanto succede all’estero, sta facendo di tutto per frenarne lo sviluppo. Questa è la vera differenza fra l’Italia e gli altri Paesi Europei». E, se in alcuni, gli enti locali incoraggiano la diffusione di impianti fotovoltaici, semplificando le procedure per la loro realizzazione, in Italia non sempre questo succede, anzi «spesso gli enti locali sembrano voler ostacolare iniziative di questo genere». Che cos’è un parco fotovoltaico e in cosa si differenzia dal semplice impianto? «Un impianto fotovoltaico è di modeste dimensioni e serve generalmente a soddisfare le esigenze dell’utenza. Di solito viene costruito
N
L’ingegnere Filippo Intreccio nel suo studio a Mola di Bari. L’ingegnere dal 2001 è specializzato nella progettazione di impianti e parchi fotovoltaici - studid19@ingintreccio.191.it
198 • DOSSIER • PUGLIA 2010
Fotovoltaico
❝
Un parco fotovoltaico viene costruito, fuori dell’abitato, in grandi aree soleggiate e la sua finalità è quella di produrre energia elettrica da fonti rinnovabili per cederla totalmente alla rete del gestore
❞
sui lastrici solari di abitazioni e capannoni industriali. Un parco fotovoltaico, invece, viene costruito, fuori dell’abitato, in grandi aree soleggiate e la sua finalità è quella di produrre energia elettrica da fonti rinnovabili per cederla totalmente alla rete del gestore». A quale potenza può giungere un parco? «La potenza elettrica di un parco fotovoltaico è praticamente illimitata, l’unica limitazione è la superficie. Il parco più grande che ho realizzato, in funzione dal 2008, si trova in provincia di Lecce, ha una potenza di 3,3 MWp ed è composto da moduli in film sottile. Occupa circa 9 ettari di terreno e ad oggi ha prodotto circa 4.950.000 kWh. È stato costruito dalla stessa società italo-tedesca che sta costruendo in Germania una centrale da 40 MWp». Fra i vostri lavori figurano parchi fotovol-
50 KWP
È la potenza del primo impianto fotovoltaico sperimentale costruito nel 2008 dall’ingegner Intreccio su un vigneto. L’impianto ha dato risultati soddisfacenti in termini di produzione di energia e di uva
taici pensati anche in funzione dell’agricoltura. Come si strutturano? «Io e i miei collaboratori ci siamo sempre preoccupati di realizzare parchi che riuscissero a coniugare la produzione agricola con quella fotovoltaica in modo da non sottrarre terreno all’agricoltura. Pertanto, oltre alle serre chiuse, ci siamo sfidati nell’ideazione e nella progettazione di soluzioni poco invasive che riuscissero a convivere con le coltivazioni e a migliorarne la produzione. Insieme ad alcuni ricercatori del CNR di Mola di Bari, abbiamo studiato una struttura fotovoltaica integrata sui vigneti che potesse consentire la coltivazione dell’uva senza pregiudicarne la produzione. Su un vigneto da tavola abbiamo così costruito un impianto sperimentale da 50 kWp che è in esercizio dal 23 dicembre del 2008. Con gli agronomi del CNR di Mola abbiamo inoltre monitorato la produzione dell’area coperta da moduli fotovoltaici per verificare eventuali variazioni sul prodotto rispetto alla parte dello stesso vigneto non coperta dai moduli fotovoltaici». I risultati del monitoraggio sono stati soddisfacenti? «Assolutamente, tant’è che sono stato incaricato di progettare altri tre parchi fotovoltaici da 1 MWp ciascuno su vigneti esistenti, due nelle campagne di Noicattaro in provincia di Bari e uno nelle campagne di Andria nella BAT». Quali sono i vantaggi di questa soluzione? 2010 PUGLIA • DOSSIER • 199
››
RINNOVABILI
›› «Questi particolari parchi fotovoltaici permettono di integrare la produzione agricola con quella di energia elettrica, dando valore aggiunto all’agricoltura ed evitando l’abbandono e la conseguente desertificazione delle campagne. Stiamo realizzando questi progetti per conto di aziende agricole pugliesi che in questo momento, per superare la crisi dell’agricoltura, cercano di investire nel fotovoltaico senza privarsi del terreno che rappresenta la loro principale risorsa. In buona sostanza sulla stessa superficie producono “in alto” energia elettrica pulita e, nel terreno sottostante, i loro prodotti tradizionali». Quali realtà investono maggiormente in parchi fotovoltaici? «In questo momento in Puglia diversi gruppi stranieri stanno investendo nel fotovoltaico, in particolare tedeschi e spagnoli. Nell’ultimo 200 • DOSSIER • PUGLIA 2010
❝
Oggi anche in Italia si sta diffondendo la cultura del fotovoltaico. Tuttavia la burocrazia italiana, da quando si è accorta del business che questi impianti rappresentano, contrariamente a quanto succede all’estero, ne sta frenando lo sviluppo
❞
anno, tuttavia, hanno deciso di scendere in campo anche vari investitori italiani, in particolare banche nazionali e fondi di investimento. La Puglia è fra le tre regioni italiane più idonee a ospitare i parchi e questi rappresentano un’opportunità da non perdere. Data la posizione favorevole del nostro territorio, infatti, si può creare occupazione in un settore in forte espansione in tutto il mondo e grazie ai nuovi investitori si può realmente creare un indotto produttivo e delle eccellenze specifiche nel settore. Burocrazia permettendo».
Un esempio di parco fotovoltaico realizzato in Puglia dall’ingegnere Filippo Intreccio
REATI AMBIENTALI
Nuovi reati, ecco come D tutelarsi I reati ambientali sono punibili penalmente. Anche se, come spiega l’avvocato Giuseppina Chiarello «la normativa in materia è estremamente complessa e in continua evoluzione». E non è facile per il potenziale contravventore riuscire a tutelarsi Carlo Gherardini
202 • DOSSIER • PUGLIA 2010
isastro ambientale, inquinamento, alterazione del patrimonio naturale, della flora e della fauna, traffico illecito di rifiuti, traffico di materiale radioattivo o nucleare. Sono alcuni dei reati introdotti dal disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri nel 2007 recante “disposizioni concernenti i delitti contro l’ambiente”, che ha inserito nel codice penale una serie di delitti dolosi, al fine di contrastare quelli che sono gli attentati al bene ambientale inteso nella sua accezione più ampia. L’introduzione di questo tipo di reati nel codice penale ha significato maggiore riprovazione sociale e consapevolezza dell’impatto dei crimini, che non vengono più considerati “reati minori”, ottenendo di conseguenza una maggiore efficacia dissuasiva. Rientrano in queste disposizioni i delitti ambientali in forma organizzata, le cosiddette ecomafie, e le pene vanno da multe fino a 250 mila euro al carcere fino a un massimo di dieci anni, più le aggravanti. Tuttavia, come afferma l’avvocato Giuseppina Chiarello, specializzata in diritto penale, con particolare orientamento verso i danni arrecati alla pubblica amministrazione e i reati ambientali, «il potenziale contravventore spesso è ingabbiato in una giungla normativa difficile, complessa e in continuo mutamento». In cosa consiste la complessità della normativa in materia ambientale? «I reati ambientali costituiscono da un lato un interessantissimo strumento di approfondimento giuridico delle dinamiche di sviluppo del sistema ambiente, dall’altro la comprensione dei mezzi di tutela del potenziale contravventore che ha a che fare con una normativa estremamente difficile, che cambia continuamente. Basti pensare a tutta l’evoluzione sul concetto di rifiuto, alle pronunce e normazioni comunitarie che oggi costituiscono premessa inevitabile di modifica legislativa. Nell’arco di soli venti anni è stato rivoluzionato l’intero assetto normativo con obblighi di assoggettamento talvolta quasi inattuabili. Questo senza contare le connessioni mafiose nel grande busi-
Giuseppina Chiarello, è stata componente dell’ordine degli avvocati di Trani, delegata della FBE, componente della commissione pari opportunità dell’ordine forense presso il Ministero di Giustizia. Attualmente assessore alle politiche ambientali, contratti e appalti del comune di Trani, è specializzata nel settore penale www.studiolegalechiarello.com avv.chiarello@gmail.com
Giuseppina Chiarello
❝
Nell’arco di soli venti anni, in materia ambientale, è stato rivoluzionato l’intero assetto normativo con obblighi di assoggettamento talvolta quasi inattuabili
ness della gestione del rifiuto per quanto si viva in una regione apparentemente immune da problematiche di ecomafia». I reati ambientali rientrano oggi nell’ambito del diritto penale. Come si deve muovere il legale specializzato in questa branca del diritto? «Il diritto penale ha una dinamicità e direi persino una “umanità” in senso lato che non figura in altri settori del diritto. Oggi l’avvocato penalista resta l’ultimo baluardo di un rapporto personale e personalizzato con l’assistito. I nuovi sistemi quasi a carattere societario degli studi legali, hanno eroso quel rapporto confidenziale e direi
70 REATI
Ambientali al giorno. È il dato contenuto nel Rapporto Ecomafia 2009, redatto come ogni anno da Legambiente
❞
quasi amicale che inevitabilmente si instaurava tra avvocato e cliente, così l’avvocato è una figura astratta con cui il cliente si interfaccia, giacché il suo interlocutore è uno staff di persone che si alternano nella trattazione e risoluzione del problema. In uno studio di avvocati penalisti, invece, il rapporto con il difensore di fiducia è poco filtrato da passaggi di figure intermedie. Resta ancora, per l’avvocato, la necessità di interfacciarsi direttamente con il proprio assistito. E questo rende di conseguenza il lavoro molto meno standardizzato. Naturalmente, come per ogni branca del diritto, occorre che il legale si doti di un continuo aggiornamento e studio sulle normative ambientali, soprattutto quelle europee e di una grande passione per l’ambiente». Lei si occupa anche di reati legati alla P.A. «Lo studio si occupa di diversi settori del diritto penale. Curiamo per esempio con particolare impegno tutte le questioni in materia di reati societari e moltissimo i reati all’interno dei nuclei familiari e sui minori. Tuttavia, come per ogni cosa, si avverte una particolare propensione per alcune problematiche piuttosto che per altre. Nel mio caso tendo a prediligere l’ambito dei reati ai danni della pubblica amministrazione e dei reati ambientali. L’attrazione verso i reati contro la P.A. nasce da una passione personale vero le tematiche e i meccanismi della pubblica amministrazione, che ho acquisito come amministratore pubblico presso il mio comune, avendo fatto il consigliere comunale per diversi anni ed essendo oggi assessore». 2010 PUGLIA • DOSSIER • 203