Dossier Sicilia 03 2010

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OSSIER

SICILIA EDITORIALE

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ECONOMIA E FINANZA

GIUSTIZIA

VERSO LO SVILUPPO Claudio Scajola

56

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CONFINDUSTRIA L'impegno degli industriali

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TRASPORTI Luigi Gentile Ferrovie Gaetano Mancini

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INDUSTRIA Termini Imerese

Raffaele Costa

L’INTERVENTO Renato Schifani

PRIMO PIANO IN COPERTINA Angelino Alfano

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CONFISCHE Salvino Caputo, Calogero Speziale Alberto Di Pace

24

POLITICA Domenico Nania Gianfranco Miccichè

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ISTRUZIONE Mariastella Gelmini

MISSIONI ALL’ESTERO Ignazio Larussa Federico D’Apuzzo

92

LEGALITÀ 100 Antonio Laudati, Alfredo Mantovano Giuseppe Ajala VITTIME DI MAFIA Mario Saladino

106

74

GIUSTIZIA PENALE Servono cambiamenti

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QUOTAZIONE Paolo Sciumé

78

EMERGENZA CARCERI Fabrizio Cicchitto

110

34

CLASS ACTION Ugo Ruffolo, Carlo Rienzi

82

GIUSTIZIA Maria Elisabetta Alberti Casellati

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BENI CULTURALI Sandro Bondi

36

CULTURA D’IMPRESA Raffaele Gurrieri

86

CAMERE CIVILI Renzo Menoni

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INTERNET Roberto Cassinelli Stefano Marinelli

42

CRONACA GIUDIZIARIA Gioacchino Sbacchi Nico D’Ascola

124

L’INCONTRO Maria Pia Fanfani

48

RITRATTI Benedetto XVI

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Sommario TERRITORIO

FISCO E TRIBUTI La certezza del diritto

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FINANZA I rischi

134

USURA BANCARIA Incoerenze

136

DIRITTO DI FAMIGLIA

140

SINISTRI STRADALI

144

DIRITTI DEI CITTADINI

146

NOTARIATO Paolo Piccoli Vicino al cittadino

148

GUARDIA DI FINANZA Domenico Achille

156

AMBIENTE

ORIZZONTI SICILIANI Piero Guccione

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POLITICHE AMBIENTALI Stefania Prestigiacomo

186

PROGETTI PER L’ITALIA Carmelo Aitala

164

PATRIMONIO D’ITALIA Ilaria Borletti Buitoni

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ARCHITETTURA Evoluzioni Dialogo con l’esistente

170

RINNOVABILI Le opportunità Fotovoltaico

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DIALOGARE CON IL TERRITORIO 174 Fausto Fichera Catalano

SMALITIMENTO RIFIUTI Augusta

200

STRUTTURE INDUSTRIALI Tecniche innovative

176

SALVAGUARDIA AMBIENTALE 202

COSTRUZIONI

178

SERVIZI SPECIALI Trasporto aereo

180

SORVEGLIANZA Vigilanza privata

182

SANITÀ POLITICHE SANITARIE Ferruccio Fazio

208

SANITÀ Massimo Russo Il punto

212

L’ERRORE MEDICO Nino Marazzita

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IN COPERTINA

REGOLE NUOVE PER UNA GIUSTIZIA PIÙ EFFICIENTE Lotta alla mafia, norme anticorruzione, una macchina giudiziaria più snella e moderna. Sono le linee sulle quali il governo sta lavorando per rendere ancora più efficiente quel sistema giustizia su cui «in questi primi venti mesi l’esecutivo ha già lavorato con decisione». È così che dovrebbe essere la giustizia italiana per il ministro Angelino Alfano di Concetta S. Gaggiano

Angelino Alfano, ministro della Giustizia

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Angelino Alfano

P

er non dire del nostro grande obiettivo: il codice delle leggi antimafia». Parte da qui l’idea di riforma del sistema giudiziario del ministro Alfano. Un sistema di regole nuove che rendano il nostro ordinamento efficiente, moderno, e soprattutto, spietato contro la criminalità organizzata. «Il Governo Berlusconi ha varato nei primi venti mesi il più efficace e rilevante pacchetto di norme antimafia dai tempi successivi alle stragi di Capaci e di via D’Amelio», tiene a precisare Alfano. Primo obiettivo, dunque, sconfiggere la piovra che attanaglia la Sicilia e tutto il Sud, ma anche regioni considerate meno a rischio dell’Italia. Paese che, non dimentica il ministro, ha bisogno di una giustizia al passo con i tempi, indipendente e meno polverosa. E per far questo deve adeguare «l’ordinamento giuridico agli standard internazionali, in funzione del mantenimento della nostra credibilità». Partiamo dalle nuove norme anticorruzione. Perché il governo ha sentito l’esigenza di un ddl specifico, il nostro codice era insufficiente? «La lotta alla corruzione non si fa soltanto innalzando le pene, ma attraverso una visione globale che non può prescindere da un maggiore controllo sugli enti locali. Con questi intendimenti, è stato definito un disegno di legge organico e ben articolato che si basa sulla percezione che il disvalore so-

Quanto al processo penale, com’è noto, sono all’esame del Parlamento diversi disegni di legge governativa che hanno il comune denominatore di renderlo più giusto ed equo

ciale della corruzione è più grave rispetto alle sanzioni previste dal codice penale. È questo il quadro al cui interno vengono varate iniziative a medio e lungo termine che rispondono alla domanda di trasparenza e controllo proveniente dai cittadini e alla necessità di adeguare l’ordinamento giuridico agli standard internazionali, in funzione del mantenimento della credibilità del Paese». Agli occhi dei cittadini la Giustizia appare come farraginosa, barocca. Si può lavorare per una sua semplificazione? «Sono già leggi dello Stato numerose norme che, soprattutto nella

materia civile, quella che soffre dei maggiori bizantinismi, hanno lo scopo di rendere più celere lo svolgimento del processo e più funzionale il servizio giustizia da rendere ai cittadini. La riforma del processo civile, il filtro in cassazione, la previsione di termini più rigorosi, idonei a dissuadere l’utilizzo del processo a fini meramente dilatori, sono solo alcuni di questi interventi. Altri istituti come, per esempio, la mediazione civile sono già pronti a partire». Nell’auspicare «le giuste procedure che consentano, fuori da ogni logica punitiva, ma nello stesso tempo lontani da difese SICILIA 2010 • DOSSIER • 19


IN COPERTINA

corporative, di affermare il binomio potere/responsabilità anche nell’esercizio della giurisdizione», in quale direzione intende muoversi il governo? «Anche in questo campo sono oramai diventati legge dello Stato taluni principi finalizzati a rendere più consapevole e responsabile la gestione dei capi degli Uffici giudiziari. È stata prevista una serie di adempimenti ai quali i dirigenti degli uffici sono tenuti per ottenere la riconferma dopo il primo quadriennio di permanenza nella carica. Il Csm, a seguito di un parere congruamente motivato da parte del ministro della Giustizia, sarà chiamato a valutare anche come i magistrati posti al vertice di un Ufficio giudiziario siano stati capaci di mettere in pratica criteri gestionali improntati all’efficienza». Uno dei mali che affligge il nostro sistema giudiziario è l’irragionevole durata dei processi. Quali le best practice da attuare? «Il piano nazionale di diffusione delle migliori pratiche ha raggiunto

nel corso del 2009 circa un centinaio di Uffici giudiziari. Esso ha l’obiettivo di attenuare le differenze di rendimento della giustizia che agisce a macchia di leopardo: oggi, a parità di risorse, alcuni uffici garantiscono livelli di efficienza, quando non di eccellenza, mentre altri producono disservizi. Tali divergenze spesso dipendono da deficit di tipo organizzativo e, talvolta, da una scarsa capacità manageriale e di leadership dei capi degli uffici e in questo senso gli interventi normativi appena citati potranno portare dei risultati straordinari». Dal nuovo reato di stalking ai più recenti provvedimenti anti mafia. Per il 2010 dobbiamo aspettarci una vera riforma del processo penale? «Gli effetti prodotti dall’introduzione, tra i delitti contro la libertà morale, del nuovo reato di atti persecutori, sono stati assolutamente positivi. L’autorità giudiziaria ha accertato nei primi mesi di vigenza della norma 5.153 delitti, con l’arresto di 942 persone. Nel contrasto

alla criminalità di stampo mafioso, il Governo Berlusconi ha varato nei primi venti mesi il più efficace e rilevante pacchetto di norme antimafia dai tempi successivi alle stragi di Capaci e di via D’Amelio. Il pacchetto sicurezza, contiene importanti provvedimenti in materia di misure di prevenzione antimafia, di sequestro e confisca». Quali sono gli aspetti più significativi dell’azione di governo

Il 28 gennaio scorso è stato presentato, nel Consiglio dei ministri tenutosi a Reggio Calabria, il nuovo piano antimafia

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Angelino Alfano

contro la mafia? «Questa legge introduce due nuove figure di reato volte ad arricchire la punibilità delle condotte rilevanti nel sostegno illecito delle associazioni mafiose, tra cui spicca il nuovo art. 391-bis c.p. che punisce l’attività di chiunque consenta a un detenuto sottoposto a particolari restrizioni di comunicare con altri. Ma, soprattutto, la legge 94 del 2009, che fornisce alle forze dell’ordine e alla magistratura strumenti di straordinaria efficacia nell’azione di recupero dei beni frutto delle attività criminali delle associazioni mafiose, ampliando l’ambito di applicazione delle misure di prevenzione. Si prevede che le misure di sicurezza patrimoniali possano essere applicate indipendentemente dalla pericolosità sociale del soggetto: il principio è che si deve colpire il bene in quanto pericoloso in sé. In tema di seque-

stro e confisca, si è proceduto al rafforzamento delle ipotesi della cosiddetta “confisca estesa”, per fare in modo che, disperso il denaro o i beni illecitamente acquisiti, il giudice possa ordinare la confisca per un valore equivalente, incidendo sul patrimonio posseduto dal reo anche per interposta persona. Sono, inoltre, disciplinate finalmente in modo chiaro le modalità di esecuzione dei sequestri preventivi ed è istituito l’albo nazionale degli amministratori giudiziari dei beni sequestrati che garantirà una specifica professionalità nelle gestione dei beni sottratti alla criminalità organizzata in grado di produrre economie legali, assicurando il mantenimento dei posti di lavoro. Quale sarà il ruolo delle forze di polizia? «Le forze di Polizia saranno dotate dei beni mobili registrati sequestrati che potranno essere loro affidati per lo svolgimento dei compiti di istituto. Queste modifiche legislative stanno già producendo risultati straordinari, mai conseguiti

in passato, dei quali le forze dell’Ordine e la Magistratura sono i primi testimoni. Il 28 gennaio scorso, poi, è stato presentato, nel Consiglio dei ministri tenutosi a Reggio Calabria, il nuovo piano antimafia che prevede, tra l’altro, l’adozione di un testo unico delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione; la costituzione di una Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati alle organizzazioni criminali. Inoltre, sono stati previsti interventi in materia di certificazione antimafia, di tracciabilità dei flussi finanziari per prevenire le infiltrazioni criminali nel settore degli appalti pubblici che torneranno utili anche in questa sede ove è già vigile l’attenzione delle istituzioni per intercettare tempestivamente ogni tentativo di infiltrazione della criminalità organizzata nell’ambito dei lavori per la ricostruzione. Quanto al processo penale, com’è noto, sono all’esame del Parlamento diversi disegni di legge governativa che hanno il comune denominatore di rendere più giusto ed equo il proSICILIA 2010 • DOSSIER • 21


IN COPERTINA

Il Csm sarà chiamato a valutare anche come i magistrati posti al vertice di un Ufficio giudiziario siano stati capaci di mettere in pratica criteri gestionali improntati all’efficienza

cesso penale, prestando maggiore parametri della ragionevole durata attenzione alla vittima del reato e cercando di contemperare meglio le giuste esigenze d’investigazione con la tutela della riservatezza dei cittadini terzi all’indagine penale. Per non dire del nostro grande obiettivo: il codice delle leggi antimafia». Prevede tempi lunghi per l’approvazione del processo breve? «Lo scopo irrinunciabile per un governo liberale è anche quello di tutelare il cittadino che assuma la veste di indagato, per il quale è irragionevole pensare che una sentenza che ne affermi infine l’assoluta innocenza sia emessa a decenni di distanza dall’inizio delle indagini che lo hanno riguardato, quando ormai il suo onore e la sua dignità sono stati irrimediabilmente calpestati. Restare dentro i 22 • DOSSIER • SICILIA 2010

di un processo è necessario, quindi, per chi rimane impelagato nelle maglie della giustizia per non scivolare in periodi che possono arrivare, a seconda dei reati, a 10 o 12 anni. Questi non sono, infatti, dei tempi ragionevoli né per le vittime dei reati per sapere se è stato individuato il colpevole, né per i cittadini imputati per sapere se la giustizia italiana li considera colpevoli o innocenti. Senza questa norma in discussione al Parlamento non c’è alcuna garanzia sui tempi dei procedimenti». Intercettazioni: come si garantisce la privacy dei cittadini, evitando degenerazioni, eccessi e abusi, senza ostacolare al tempo stesso il lavoro dei pm? «Il punto di coniugazione di queste fondamentali necessità, costituisce

il punto di arrivo di un moderno Stato di diritto che voglia al contempo tutelare i propri cittadini dalle insidie del crimine senza esporli alla gogna mediatica della diffusione di fatti riservati, peraltro niente affatto utili alle indagini in corso. Il disegno di legge già approvato da un ramo del Parlamento, e adesso al vaglio dell’altro, ha l’intento di giungere al bilanciamento il più giusto possibile di queste esigenze, rappresentando un punto di equilibrio tra le esigenze delle indagini, la tutela delle intercettazioni per i reati di mafia, il diritto alla riservatezza e quello di cronaca». Lodo Alfano bis: a che punto sono i lavori e qual è la sua valenza da punto di vista tecnico e politico? «Il mio punto di vista è chiaro: il cosiddetto Lodo-bis costituzionale varrebbe in ipotesi anche per un presidente del Consiglio che non fosse parlamentare, mentre un presidente del Consiglio parlamentare si gioverebbe di un’altra norma. Ecco perché è allo studio un approdo migliore alla problematica, il più possibile condiviso soprattutto nel caso in cui si dovesse porre mano alla Costituzione. Sotto il profilo della funzionalità del sistema, l’obiettivo è di non sottrarre nessuno alla giustizia e di non sottrarre nessuno al suo giusto processo. Occorre però che nel momento esatto in cui si ribadisce l’autonomia della magistratura, venga riaffermato il principio secondo il quale quanto consegue un’indagine giudiziaria non intacchi l’autonomia e la sovranità del Parlamento».



CONFISCHE

Più mezzi e risorse per i beni confiscati alla mafia Da marzo ha sede a Reggio Calabria l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati alla criminalità organizzata. I deputati dell’Ars Siciliana Salvino Caputo e Calogero Arturo Speziale commentano la scelta del governo e l’opportunità di aprire in Sicilia una sede distaccata Francesca Druidi

È

stata inaugurata il 16 marzo scorso a Reggio Calabria la sede dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Un organismo che, negli obiettivi del governo, mira ad assicurare una più unitaria ed efficace gestione di questo patrimonio, al fine di garantirne un rapido utilizzo, anche tramite uno stabile raccordo con l’autorità giudiziaria e le amministrazioni interessate. Dall’Ars siciliana, intanto, è arrivata una proposta bipartisan, rivolta al prefetto Alberto Di Pace, neo direttore dell’Agenzia, da parte del presidente della commissione Attività produttive Salvino Caputo (Pdl) e del presidente della commissione regionale Antimafia Calogero Arturo Speziale (Pd). La proposta ha come oggetto l’apertura di una sede distaccata dell’Agenzia in Sicilia. Per i due membri dell’Assemblea regionale la scelta sarebbe, però, dovuta ricadere fin da subito sull’Isola. «L’Agenzia è stata realizzata a Reggio Calabria – commenta Salvino Caputo – per la recrudescenza camorristica che si è registrata nei confronti dei magistrati della Procura del tribunale. Ma in Sicilia si rileva il 51% dei beni confiscati alla mafia a livello nazionale». Quasi in concomitanza con l’inau24 • DOSSIER • SICILIA 2010


Salvino Caputo,Xxxxxxx Calogero Xxxxxxxxxxx Speziale

In apertura, dall’alto, Salvino Caputo, presidente della commissione Attività produttive dell’Assemblea regionale siciliana e Calogero Arturo Speziale, presidente della commissione regionale Antimafia dell’Ars. A fianco, la sede dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata di Reggio Calabria

gurazione dell’Agenzia nel capoluogo calabrese, Caputo ha presentato all’Ars un ordine del giorno in tal senso, abbracciando l’iniziativa del sindaco di Corleone relativa all’istituzione di una sede distaccata proprio nel paese del Palermitano. «Corleone è il luogo da dove hanno agito Provenzano, Riina, Bagarella – prosegue Caputo – per questo allocare lì l’Agenzia costituirebbe un segnale simbolico, oltre che concreto, di contrasto alla criminalità organizzata». Il sindaco di Corleone, Nino Iannazzo, vorrebbe ospitare la struttura all’interno della casa di Bernardo Provenzano, sequestrata e ristrutturata con i fondi del ministero dell’Interno. Dal canto suo, Calogero Arturo Speziale non approva le direttive prese dal governo centrale in fatto di lotta alle mafie, «che modificano la logica risarcitoria esistente alla base della normativa antimafia». Tre sono in particolare i punti che lo vedono contrario. Il primo riguarda il Fondo Unico Giustizia, nel quale confluiscono le somme sequestrate alle mafie, ridi-

stribuite per un terzo alle politiche dell’Interno, per un altro terzo a quelle del ministero della Giustizia e, in ultima parte, al risanamento del bilancio dello Stato. «Ritengo, invece, che i soldi della mafia dovrebbero essere restituiti al circuito legale delle zone dove sono stati confiscati per risarcire il territorio della presenza criminale. Secondo elemento, che individua una sensibile modifica culturale, è dato dal fatto che, in base alla norma contenuta nel pacchetto sicurezza, enti locali e Comuni possono costituirsi parte civile nei processi di mafia, ma vedono drasticamente ridotte le loro possibilità di ottenere un risarcimento economico, previsto per le vittime». Un provvedimento che ha, inoltre, l’effetto economico di ridimensionare le risorse passibili di essere investite in progetti di sicurezza e politiche sociali da parte degli enti locali, scoraggiando di fatto la loro costituzione nei processi di mafia. Terzo fattore è la vendita dei beni confiscati, approvata con l’ultima finanziaria del governo. La stessa

Regione Sicilia ospita due assessorati, ai Beni culturali e alle Attività produttive, in immobili sequestrati di Palermo, rispettivamente in via delle Croci e via degli Emiri. «Il paradosso – continua il presidente della commissione regionale Antimafia – è che, in base alle normativa approvata, ora la Regione dovrebbe comprarli dallo Stato». Speziale ha sottoposto il problema di una diversa articolazione dell’impianto relativo alla confisca dei beni, e in generale del quadro normativo così come è andato delineandosi nell’ultimo anno e mezzo, al parlamento nazionale, ai gruppi parlamentari, ai presidenti di Camera e Senato. «Non intendo aprire una competizione con Reggio Calabria, ma la scelta di questa città pare dettata soprattutto da logiche elettorali. Basti pensare che i beni confiscati in Sicilia rappresentano oltre la metà di quelli sottratti alla mafia in tutt’Italia. Il governo per conferire una direzione seria al progetto dell’Agenzia avrebbe dovuto aprire la sede in Sicilia o, in secondo luogo, in Lombardia, visto che si colloca tra le prime regioni in Italia per numero di aziende confiscate o guidate da gestione straordinaria». Le obiezioni di Speziale si concentrano poi sulla scarsa dotazione organica dell’Agenzia, che opera attualmente con trenta persone. Troppo poche, secondo il presidente della commissione regionale Antimafia, per gestire la notevole mole di lavoro esi- SICILIA 2010 • DOSSIER • 25


CONFISCHE

Un’immagine dell’agriturismo ricavato da un immobile di Totò Riina a Corleone, oggi gestito dalla cooperativa Pio La Torre. Nella pagina a fianco, il direttore dell'Agenzia, il prefetto Alberto Di Pace, con il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Scopelliti e il ministro dell’Interno Roberto Maroni all’inaugurazione dell’Agenzia a Reggio Calabria lo scorso 16 marzo

stente a livello nazionale. Salvino Caputo, che è anche componente della Commissione presieduta da Speziale, evidenzia l’importanza, per la neonata struttura, di agire sulla base di determinati presupposti: «L’Agenzia nazionale può funzionare se riesce a dotarsi di strumenti e mezzi adeguati. Altrimenti rischia di presentarsi come una bella realtà, ma solo sulla carta, senza alcuna reale incidenza sulla gestione dei patrimoni confiscati alla mafia. Serve destinare forze di polizia, magistrati e personale tecnico-amministrativo a supporto della struttura, affiancandovi norme che rendano più facile e più rapido l’impiego dei beni confiscati alle cosche mafiose». Il presidente della commissione Attività produttive dell’Ars sottolinea l’esigenza di velocizzare le procedure, avendo a disposizione i mezzi necessari per destinare i beni confiscati: «molti di questi rimangono abban26 • DOSSIER • SICILIA 2010

donati e si deteriorano perché mancano le risorse per recuperarli. È fondamentale individuare subito i soggetti a cui assegnare i beni per evitare che vengano vandalizzati, abbandonati o concessi nella disattenzione istituzionale». Una nota trasmissione televisiva ha di recente denunciato alcune presunte anomalie nell’assegnazione, da parte del Comune di Palermo, di beni confiscati alla mafia ad associazioni con fini di lucro anziché finalità di ordine sociale. Dai servizi televisivi è nato un caso, preso in considerazione anche dalla Procura di Palermo. Come si può superare una problematica di questo tipo? «Occorre maggiore controllo», ribatte Salvino Caputo, che presiede il Consorzio Sviluppo e Legalità di Monreale, organismo pubblico costituito da dieci anni che gestisce beni confiscati alla mafia. «Abbiamo creato una griglia di controllo. Selezioniamo enti e cooperative, evi-

tando assegnazioni di impeto che poi finiscono per generare affari su questi beni». Calogero Arturo Speziale ricorda come la gestione dei beni confiscati abbia rappresentato un momento di grande maturazione civile per la Sicilia. «In un paese come Corleone arrivano centinaia di ragazzi per raccogliere l’uva nelle terre sequestrate. Non conosco il caso di Palermo riportato dalla televisione, quindi non posso esprimere un parere specifico, ma certamente se si riscontrano elementi negativi e storture, questi vanno corretti. Eventuali problemi a mio avviso non giustificano comunque la vendita dei beni confiscati». In ogni caso se, come si è appreso dalle dichiarazioni del ministro Maroni, verranno costituite altre sedi decentrate dell’Agenzia per la gestione dei patrimoni presenti nelle singole regioni, la prospettiva di un’apertura siciliana potrebbe non essere così lontana nel tempo.


Alberto Di Pace

I

l ministro dell’Interno Maroni l’ha definita una giornata da incorniciare. L’avvio all’operatività dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata segna un ulteriore passo in avanti nell’aggressione al potere economico delle mafie. A spiegarne il funzionamento è il direttore dell’organismo, il prefetto Alberto Di Pace. Quali saranno le priorità d’intervento? «L’Agenzia nazionale si pone come soggetto istituzionale che seguirà i beni sottratti alla criminalità organizzata in maniera non frammentaria già dalla fase giudiziaria del sequestro e fino alla destinazione, con poteri di verifica sull’utilizzo dei beni, da parte dei privati e degli enti pubblici, revocando nel caso di mancato o difforme utilizzo del bene rispetto alle finalità indicate il provvedimento di assegnazione». Come l’Agenzia assicurerà una più proficua gestione delle ricchezze sottratte alla criminalità? «L’Agenzia procederà al censimento

Gestire meglio i beni confiscati Un’amministrazione più efficiente di aziende e immobili sequestrati alle mafie. È l’imperativo funzionale dell’Agenzia nazionale diretta dal prefetto Alberto Di Pace Francesca Druidi di tutti i beni sequestrati e confiscati anche mediante l’utilizzo di sistemi informatici. Sono in preparazione i regolamenti di attuazione per dotare l’Agenzia nazionale di risorse strumentali per un ottimale funzionamento e coordinamento delle attività demandatele, al fine di ottimizzare i processi di amministrazione e di gestione». Una nota trasmissione televisiva ha denunciato alcune anomalie nello sfruttamento dei beni confiscati alla mafia nella città di Palermo. Quali sono le criticità che interessano quest’ambito? «Un eventuale anomalo sfruttamento dei beni confiscati riguarda il loro utilizzo nella fase successiva alla destinazione. In particolare, già l’Uffi-

cio del commissario straordinario aveva effettuato un’attività di monitoraggio sull’utilizzo dei beni destinati e consegnati ai Comuni, rilevando il numero di beni immobili utilizzati e non utilizzati. Le criticità riscontrate nella gestione dei beni confiscati riguardano principalmente la presenza di iscrizioni di ipoteche o pignoramenti in atto, occupazione da parte di terzi o prevenuti, procedure giudiziarie in corso ovvero quote indivise». In base ai dati relativi alla metà del 2009, circa la metà dei beni immobili confiscati si trova in Sicilia, così come il 39% delle aziende confiscate. Alcuni politici dell’Ars siciliana hanno richiesto l’apertura di una sede dell’Agenzia anche nell’Isola. La ritiene una proposta fattibile? «La proposta di apertura di una sede dell’Agenzia a Palermo potrebbe essere ipotizzabile, in relazione a particolari esigenze che verranno stabilite con delibera del Consiglio direttivo dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata così come previsto dall’art. 3, comma 4, lett. I, del decreto legge 4 febbraio 2010 n. 4». SICILIA 2010 • DOSSIER • 27


POLITICA

L

o scenario politico siciliano è oggi più che mai caratterizzato da dissidi e contrasti. C’è stato innanzitutto lo strappo nel Pdl, con la “scissione” tra deputati “lealisti” che fanno riferimento ai coordinatori siciliani Giuseppe Castiglione e Domenico Nania, e i cosiddetti “ribelli” vicini a Gianfranco Miccichè, quest’ultimo promotore del Pdl Sicilia, presentato lo scorso novembre a Palazzo dei Normanni. Un progetto politico che si oppone a quella che il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ha definito una “gestione fallimentare” da parte di Castiglione e Nania. Un’accusa che lo stesso Nania, vicepresidente del Senato, respinge però con forza: «L’affermazione di Miccichè non presenta alcuna base e alcun fonda-

Un quadro di governo in evoluzione È piena di incognite l’attuale fase della politica siciliana. Dopo la frattura all’interno del Pdl, sembra profilarsi la nascita del Partito del Sud promossa dal governatore Lombardo e dal sottosegretario Gianfranco Miccichè. Commenta la situazione il co-coordinatore del Pdl in Sicilia Domenico Nania Francesca Druidi

mento, come lui ben sa. Si può giudicare fallimentare un coordinamento nel suo complesso, articolato nelle nomine e nel lavoro dei responsabili provinciali e comunali, nel momento in cui questo risulti effettivamente insediato. Ma è noto

che, proprio a causa della posizione di Miccichè, un coordinamento di fatto in Sicilia non è mai partito». Il co-coordinatore del Pdl nell’Isola rivendica comunque l’impegno profuso: «Con il nostro attivismo e il nostro impegno a 360 gradi, cer-


Domenico Nania, Gianfranco Miccichè

chiamo di mantenere elevata e significativa la nostra presenza politica». Dopo l’esclusione dell’Udc dalla maggioranza l’anno scorso e il rimpasto avvenuto a fine 2009 che ha sancito ufficialmente la rottura con il “Pdl ufficiale”, Lombardo opera di fatto in una giunta di minoranza composta dal Movimento per le Autonomie di cui è leader e dal Pdl Sicilia, dovendo necessariamente confrontarsi con il Pd. E, del resto, l’eventuale alleanza con il Pd rappresenta uno dei nodi maggiormente discussi nel contesto politico siciliano. «In un sistema parlamentare – prosegue Nania – è la maggioranza degli eletti che può far cadere un governo, come è accaduto nel 1994 con Berlusconi e nel 1998 con il “ribaltino” con il quale “è stato mandato a casa” Prodi. Nel sistema a elezione diretta, sono i governatori che possono riuscire a ribaltare la maggioranza. Esattamente come ha fatto Lombardo». L’appunto che il vice-presidente del Senato muove in particolare al governatore è il fatto che abbia chiamato ad amministrare quei partiti che erano scesi in campo contro di lui: «Ha incluso il Partito Democratico che, nella campagna elettorale alla presidenza della Regione, ha presentato un altro candidato, Anna Finocchiaro, e un progetto politico alternativo al centro-destra. Noi abbiamo vinto le elezioni, ma oggi non siamo al governo e, invece, quelli che hanno perso si trovano a governare la Sicilia. Ad esempio, l’attuale assessore regionale all’Istruzione, Mario Centorrino, è

Pensare che la competizione in campo politico possa oggi svolgersi attraverso i partiti dei territori e non per grandi valori, ideali e progettualità, costituisce l’imbarbarimento della politica

Domenico Nania

In alto, Domenico Nania, vicepresidente del Senato e co-coordinatore del Pdl in Sicilia. Sotto, Gianfranco Miccichè, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio con delega al CIPE insieme al governatore Raffaele Lombardo. In apertura, Palazzo dei Normanni, sede dell’Assemblea regionale siciliana

iscritto al Pd e ha ricoperto il ruolo di assessore nella Giunta Genovese, all’epoca coordinatore regionale del Pd, che guidava il Comune di Messina». All’orizzonte è nel frattempo emersa con forza la prospettiva di una rapida formazione del Partito del Sud sull’asse Miccichè-Lombardo. Gianfranco Miccichè lo ha definito come “un partito trasversale, le cui finalità andranno oltre il

divario destra-sinistra, in un’ottica di esclusivo interesse per i cittadini”. «Oggi abbiamo un’occasione storica – ha dichiarato il sottosegretario nel corso del convegno organizzato dall’Mpa all’hotel Villa Igea di Palermo incentrato su “Regioni, riforme e autonomie” –. Non fare il Partito del Sud sarebbe criminale. Per crearlo sono disposto a uscire dal Pdl. Non si può stare con un piede in SICILIA 2010 • DOSSIER • 29


POLITICA

due scarpe. Se il Partito del Sud lo quello del Partito del Sud, che nafacesse il Pdl ne sarei felice, ma già so che non sarà così». Miccichè tiene però a sottolineare come la sua idea di partito non vada assolutamente contro Berlusconi. «Al contrario – ha continuato Miccichè – sono certo che anche Berlusconi si renderà conto della bontà del mio progetto, reso oggi ineluttabile dall’incapacità del Pdl di dettare l’agenda politica per il Mezzogiorno. L’inesistenza di fatto del Pdl, cui fa da imbarazzante contraltare la forte presenza della Lega, ha infatti generato un preoccupante vuoto di rappresentanza politica, di cui a farne le spese è il nostro territorio, sempre più ai margini dell’azione di Governo». Del resto, sono ormai mesi che il sottosegretario pensa al Partito del Sud. «Ma finché ho ritenuto che il Sud fosse congruamente rappresentato e tutelato, non ho avvertito l’impellenza dell’azione». Si tratta di un progetto, 30 • DOSSIER • SICILIA 2010

turalmente incontra l’opposizione di Nania: «Io parlo delle cose che si fanno e non delle cose che si dicono. Il Partito del Sud è storia vecchia, che chi amministra la Sicilia dovrebbe mettere da parte, in quanto richiama in sé una dinamica conflittuale destinata ad avvantaggiare la Lega. Pensare che la competizione in campo politico possa oggi svolgersi attraverso i partiti dei territori e non per grandi valori, ideali e progettualità, costituisce l’imbarbarimento della politica». Stando alle dichiarazioni di Lombardo e Miccichè, il Partito del Sud dovrebbe essere pronto per le prossime elezioni politiche: «Questo è l’importante – conclude Miccichè – per avere un partito che ci metta in condizioni di andare a Roma e contare davvero. Dobbiamo partire col piede giusto e in Sicilia dobbiamo ottenere il 40%. Per ottenere ciò, bisogna che

Oggi abbiamo un’occasione storica. Non fare il Partito del Sud sarebbe criminale. Per crearlo sono disposto a uscire dal Pdl. Non si può stare con un piede in due scarpe. Se il Partito del Sud lo facesse il Pdl ne sarei felice, ma già so che non sarà così

Gianfranco Miccichè

si punti alla qualità, con una classe dirigente straordinaria, fatta di uomini che non si vendano ai poteri romani per amor di carriera e sappiano portare avanti una vera e propria rivoluzione, nell’esclusivo interesse del nostro territorio».



VERSO LO SVILUPPO

La competitività vuole l’innovazione Incentivi ai settori produttivi strategici e sostegno a quelli più in difficoltà. Salvaguardia dell’occupazione e un piano mirato per il Mezzogiorno «per rimuovere gli ostacoli che ne hanno sinora impedito la crescita». Per Claudio Scajola, ministro dello Sviluppo economico, sono questi gli aspetti fondamentali da affrontare e risolvere Concetta S. Gaggiano

L’

aumento insufficiente della produttività e la scarsa competitività del sistema economico. Il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola individua in questi due fattori i difetti strutturali del nostro Paese. Ostacoli che, oltre a impedirne la crescita da più di un decennio, hanno accentuato gli effetti della crisi economica. «Abbiamo affrontato la recessione con

Claudio Scajola, ministro dello Sviluppo economico

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due obiettivi fondamentali: preservare il tessuto imprenditoriale e salvaguardare l’occupazione», spiega il ministro. Che snocciola punto per punto gli interventi del suo ministero a sostegno del sistema economico: dagli incentivi ai settori in difficoltà alle semplificazioni normative, dagli investimenti in settori strategici allo stimolo verso nuove fonti di approvvigionamento energetico, dalla valorizzazione del territorio all’internazionalizzazione delle imprese. «Dobbiamo continuare su questa strada, intervenendo sulle crisi aziendali, garantendo il reddito dei lavoratori e varando interventi selettivi di sostegno ai settori produttivi più in difficoltà». Non senza un occhio di riguardo al Sud «dove le imprese non mancano, ma sono troppo piccole e vanno aiutate a crescere». Anche grazie al piano per il Sud e alla Banca del Mezzogiorno voluti dal governo e che, spiega Scajola, non saranno carrozzoni pronti a inghiottire denaro pubblico, ma «creeranno condizioni più favorevoli per le imprese che vogliono investire e crescere». Quali sono i difetti strutturali del nostro sistema economico su cui lei si è concentrato maggiormente in questi anni? «Da quindici anni, ben prima della crisi, l’Italia cresce a un ritmo inferiore di quello medio europeo. Questo deriva da un aumento insufficiente della produttività delle imprese e dalla scarsa competitività del sistema economico. I fattori che minano la competitività sono numerosi: dalla carenza di infrastrutture alla complicazione della pubblica am-


Claudio Scajola

ministrazione, dall’alto costo dell’energia alla scarsa innovazione, anche a causa della ridotta dimensione delle imprese. In questi venti mesi di governo, nonostante la crisi, abbiamo cercato di intervenire su questi fattori. Uno dei miei primi atti da ministro dello Sviluppo economico è stato l’annuncio della nuova politica energetica che, con l’impulso alle fonti rinnovabili e il ritorno al nucleare, si propone di ridurre il costo dell’energia. Con la Legge sviluppo entrata in vigore a metà agosto abbiamo varato il “contratto di rete d’impresa” che favorisce le aggregazioni tra le imprese e una serie di semplificazioni normative per le aziende. Abbiamo poi affrontato la crisi con due obiettivi fondamentali: preservare il tessuto imprenditoriale e salvaguardare l’occupazione. Abbiamo garantito il credito alle imprese con il Fondo di garanzia, che nel 2009 ha dato risposta a 24 mila aziende, quasi il doppio rispetto al 2008, e abbiamo potenziato la cassa integrazione con 9 miliardi aggiuntivi». È dei giorni scorsi la notizia di un accordo con il ministro Tremonti per una somma di 300 milioni di euro da utilizzare per incentivi ai settori in maggiori difficoltà. Avete già individuato chi

L’innovazione è la chiave del futuro e della competitività. Gli imprenditori italiani non hanno bisogno di consigli dai politici, perché sanno fare benissimo il loro mestiere e stanno già investendo sulla qualità e sull’internazionalizzazione

ne beneficerà? «Abbiamo deciso di incentivare i consumi ecosostenibili in grado di migliorare la qualità della vita e dell’ambiente e alcuni beni industriali che possono aumentare la sicurezza sul lavoro. Abbiamo voluto premiare le imprese che più hanno innovato negli anni scorsi e i settori che hanno maggiormente subito i colpi della crisi. Incentiveremo i motocicli, le cucine componibili e gli elettrodomestici efficienti, i nuovi immobili ad alta efficienza energetica, i motori fuoribordo, gli inverter, i motori industriali ad alta efficienza, i rimorchi e semirimorchi, le macchine agricole e movimento terra, le gru a torre per edilizia. Abbiamo poi previsto sgravi fiscali per l’in- ❯❯ SICILIA 2010 • DOSSIER • 57


© FOTO Luciano Pascali

VERSO LO SVILUPPO

❯❯ novazione nel settore tessile, che possono applicarsi anche alla realizzazione dei campionari e interventi per la cantieristica navale e per le alte tecnologie nell’aeronautica». È partito da poco il Fondo nazionale innovazione, che dispone di una dotazione di circa 60 milioni di euro. Che l’innovazione sia una leva fondamentale su cui puntare è ormai chiaro, ma su quali settori dovranno scommettere gli imprenditori? «L’innovazione è la chiave del futuro e della competitività. Gli imprenditori italiani non hanno bisogno di consigli dai politici, perché sanno fare benissimo il loro mestiere e stanno già investendo sulla qualità e sull’internazionalizzazione, e in particolare nell’innovazione nei settori delle “quattro A” del made in Italy: automazione, abbigliamento, agroalimentare, arredamento. Per ciò che riguarda i fondi stanziati, non c’è soltanto la dotazione del Fondo che, seppure significativa, è solo una parte degli oltre 3 miliardi di euro di risorse pubbliche che stiamo complessivamente mobilitando. Ricordo i 570 milioni destinati ai tre programmi di innovazione industriale su Efficienza energetica, Mobilità sostenibile e il più recente Nuove tecnologie per il made in Italy, per il quale abbiamo selezionato 104 progetti presentati da mille imprese e centri di ricerca. Ricordo i 250 milioni di euro del Fondo di Garanzia per finanziamenti all’innovazione e alle fonti energetiche rinnovabili e la riattivazione della legge 46». La crisi sta colpendo in maniera massiccia l’apparato industriale del Sud. Cosa prevede a tal proposito il Piano per il Mezzogiorno del governo? «L’obiettivo principale del Piano per il Sud è quello di rimuovere gli ostacoli che hanno sinora impedito al Mezzogiorno di crescere come il Centro-Nord, a cominciare dalla piaga della criminalità organizzata che incide su tutte le altre condizioni: una pubblica amministrazione inefficiente, una qualità dei servizi molto scadente, la carenza di infrastrutture, una sanità spesso scandalosa che unisce grandi deficit e servizi insufficienti. Al Sud le imprese non mancano, ma sono troppo piccole e vanno aiutate a crescere. Con la Banca per il Mezzogiorno, che usufruirà de58 • DOSSIER • SICILIA 2010


Claudio Scajola

Termini Imerese deve essere preservato e sviluppato valorizzando la sua vocazione nell’automotive. La Fiat si è dichiarata disponibile a collaborare con il governo per individuare una soluzione

gli sportelli postali e di quelli delle Banche di credito cooperativo, saranno per esempio create condizioni più favorevoli per le imprese che vogliono investire e crescere». In particolare, come ritenete di affrontare la questione di Termini Imerese? Come dare un futuro industriale a questo importante polo produttivo siciliano? «Ho sempre affermato che il polo industriale di Termini Imerese deve essere preservato e sviluppato valorizzando la sua vocazione nell’automotive. La Fiat si è dichiarata disponibile a collaborare con il governo per individuare una soluzione mettendo a disposizione lo stabilimento e partecipando ai nuovi investimenti. Il ministero dello Sviluppo economico sta verificando le manifestazioni di interesse già pervenute, alcune delle quali riguardano il settore automobilistico. Entro marzo vareremo anche un invito internazionale per raccogliere altre proposte di investimento dall’estero».

Il rilancio del nucleare prevede che nel 2013 possa cominciare la costruzione della prima centrale. Resta, però, da sciogliere il nodo dei siti per i quali pochi governatori si sono resi disponibili. Come procederà il governo in questa direzione? «Il governo ha approvato a metà febbraio il decreto sulla localizzazione delle centrali sul quale alcune Regioni, soprattutto per motivi elettoralistici, hanno manifestato contrarietà. Dobbiamo spiegare bene ai cittadini che il nucleare, che è una delle fonti di energia più sicure, è essenziale non solo per ridurre il costo dell’energia, ma anche per combattere l’inquinamento. Negli altri Paesi, che hanno decine di centrali, come Francia e Stati Uniti, non esistono le paure che ci sono da noi. Anzi, le centrali nucleari sono benvenute perché i cittadini sanno che portano con sé sviluppo economico e posti di lavoro di qualità. Ma in Italia gli atteggiamenti dei cittadini stanno già cambiando. E anche le Regioni dovranno tenerne conto». SICILIA 2010 • DOSSIER • 59



IVAN LO BELLO

DAVIDE DURANTE

presidente di Confindustria Sicilia

presidente di Confindustria Trapani

ANTONINO SALERNO presidente di Confindustria Palermo


CONFINDUSTRIA

Non si investe abbastanza sulle rinnovabili «L’energia alternativa è una risorsa da non lasciarsi scappare». Il Presidente di Confindustria Sicilia Ivanhoe Lo Bello apre la strada alle fonti rinnovabili Renata Gualtieri

I

van Lo Bello in occasione di un work shop dedicato all’energia interviene sulle fonti alternative e chiede la fine dell’empasse burocratica. «La Sicilia – commenta il presidente Lo Bello – si trova in una condizione geografica e climatica unica per le fonti rinnovabili. Ma questa è un’occasione che si sta sprecando. Anzi si sta impedendo la crescita di un’industria locale legata alle fonti rinnovabili». Puntare sul settore dell’energia come fattore dello sviluppo della Sicilia comporta la revisione del piano energetico regionale che va allineato agli obiettivi della Ue sulla riduzione delle emissioni di Co2, sul risparmio energetico e sullo sviluppo delle fonti rinnovabili. «La Sicilia – aggiunge – è il territorio a maggiore potenziale per le energie rinnovabili dell’intero panorama europeo. E, vista la crescita dell’industria locale legata a questo settore, stiamo sprecando un’occasione». Attualmente c’è un blocco totale delle autorizzazioni. Si è scelto di non decidere. «Non c’è nessun filtro, nessuna selezione tra imprese serie e meno serie e questo sta impedendo il decollo del comparto delle rinnovabili, che in paesi a meno vocazione, come la Germania, supera per valore aggiunto e per occupati il mercato dell’auto. Non riesco a capire – continua Lo Bello – il perché di tale atteggiamento. C’è una politica legata ad equilibri, schieramenti poco attenti allo svi62 • DOSSIER • SICILIA 2010

luppo delle imprese del territorio, ancora convinta che lo sviluppo passi attraverso l’ingrandimento della dimensione pubblica parassitaria e assistenziale». Accanto alle fonti energetiche, uno dei problemi essenziali della Sicilia è la competitività. «La vera ricchezza e la vera crescita – conclude il presidente di Confindustria – dipendono da imprese che stanno sul mercato rispettando le regole e che sono in grado di fare investimenti. Confidiamo che qualcuno rifletta su questo e inverta la tendenza».

Sopra, Ivan Lo Bello, presidente di Confindustria Sicilia



CONFINDUSTRIA

Tecnologia e formazione due valori per le imprese

D

«Investire in ricerca e innovazione è prioritario, ma assieme a questo bisogna assicurare la presenza di infrastrutture logistiche, porti, aeroporti, autostrade e vie di collegamento adeguate». Il presidente di Confindustria Palermo Antonino Salerno e le esigenze di un territorio in crescita

i fronte alla sfida della globalizzazione l’Italia deve rilanciare la sua economia incrementando la produttività, il tasso di occupazione e le capacità innovative attraverso un sistema che garantisca lo sviluppo delle conoscenze e delle competenze. Ciò richiede un ambiente favorevole sotto molti aspetti. Occorre attrarre talenti, avvicinare i giovani al mondo del lavoro, formare continuamente i lavoratori, stringere la collaborazione tra le imprese e i centri che svolgono ricerca, anche non universitari. Il presidente di Renata Gualtieri Confindustria Palermo Antonino Salerno individua le strategie per assicurare un duraturo successo delle realtà imprenditoriali locali e consentire alle imprese di competere con le altre più sviluppate. Quali sono le strategie da attuare per sostenere il settore industriale nel difficile riposizionamento competitivo? «È assolutamente necessario investire sulla formazione continua che è un’infrastruttura necessaria per lo sviluppo. La ricerca e l’innovazione tecnologica rappresentano un sostegno e un supporto indispensabile per accrescere la competitività delle imprese della provincia di Palermo. Investire su questi aspetti è prioritario, ma assieme a questo bisogna che le infrastrutture logistiche, porti, aeroporti, autostrade, vie di collegamento, siano adeguate alle esigenze di un territorio in crescita. Un programma di grandi opere potrebbe avere sul territorio una ricaduta importante sull’occupazione e sul rilancio di imprese del settore edile e di imprese a esse collegate». Ci sono casi di imprese altamente innovative nella provincia di Palermo? «Nel territorio palermitano esistono realtà imprenditoriali innovative e tecnologicamente avanzate. È il caso ad esempio della Agres, azienda che In apertura Antonino Salerno, presidente di Confindustria Palermo 64 • DOSSIER • SICILIA 2010


L’impegno degli industriali

si occupa della produzione di derivati alimentari. Poi ci sono anche casi significativi di innovazione nel settore delle conserve di pesce, tra le aziende che si occupano di packaging, le imprese del settore metalmeccanico, e della cantieristica». Sono previste attività formative di Confindustria Palermo per formare i manager del futuro? «Esiste uno sportello dell’Università Luiss presso la sede di Confindustria Palermo, per avvicinare i giovani al mondo delle imprese. L’obiettivo prioritario è quello di assicurare che le scelte dei giovani siano orientate verso le reali esigenze del mondo del lavoro e della produzione con la prospettiva di limitare, quanto più possibile, la fuga dei cervelli. Perché un territorio senza cervelli è un territorio senza cultura e dunque senza futuro». Quali sono le iniziative per favorire i giovani che riescano ad avere delle idee imprenditoriali innovative, originali e generatrici di valore per l'economia del territorio? «Da una preziosissima collaborazione con l’Università di Palermo viene fuori start cup, un

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SETTORI Metalmeccanica, Ict, agroalimentare, manifattura e servizi aziendali sono i settori principali delle imprese associate a Confindustria Palermo

concorso per le idee di impresa innovative che favorisce gli spin off dell’università di Palermo». Quali sono le saranno le strategie concrete di investimento sul territorio palermitano nel 2010? «Sicuramente il programma di sviluppo del water front di Palermo, la definizione di un progetto definitivo legato alla mobilità, il piano strategico territoriale di Palermo, il sostegno alle imprese che hanno dimostrato negli ultimi anni la capacità di superare un momento di crisi globale e che rappresentano il reale zoccolo duro dell’economia locale». A supporto del processo di internazionalizzazione delle imprese qual è il vostro supporto? «Uno dei nostro obiettivo principali è proprio lo sviluppo dell’internazionalizzazione. L’attività svolta dall’associazione di Palermo in questo senso è orientata soprattutto alla collaborazione con tutta la sponda nordafricana che per la nostra Isola rappresenta una grande opportunità di sviluppo e di crescita in un mercato vivacissimo e rivolto a una costante crescita in tutti i settori, dall’agroalimentare al turismo». SICILIA 2010 • DOSSIER • 65


CONFINDUSTRIA

Burocrazia nemica delle imprese «Una serie di proposte da portare sul tavolo regionale per uno snellimento burocratico che riguarderà i diversi settori della pubblica amministrazione». Davide Durante, presidente di Confindustria Trapani riflette sulle difficoltà che si trovano ad affrontare gli imprenditori locali Renata Gualtieri

Nella foto, il presidente di Confindustria Trapani Davide Durante

N

el Meridione, a seguito della riforma del governo, diventa senza dubbio migliore la considerazione della Pubblica amministrazione, ma comunque per gli industriali del Sud la burocrazia rimane un forte ostacolo per nuovi, interessanti scenari di sviluppo. Secondo gli imprenditori siciliani le spese burocratiche hanno un’incidenza del 26,9% sulle uscite. Tra le principali difficoltà con cui un imprenditore deve fare i conti sono i tempi di attesa eccessivi 71,3% del campione, la scarsa organizzazione degli uffici 55,3% , la diffusione di logiche clientelari 37,2%. Lo rivela un’indagine del Comitato del Mezzogiorno di Confindustria. La burocrazia rappresenta un grande ostacolo allo sviluppo delle imprese. Spesso usa gli stessi metodi della mafia moderna: far passare come “favore” ciò che, invece, è un diritto di cittadini ed imprese che pagano le tasse. «Ribellarsi a questo sistema – dichiara Davide Durante, presidente di Confindustria Trapani – è una manifesta-

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zione di coerenza. Già da qualche anno Confindustria ha deciso di dare una svolta prendendo forte posizione contro qualsiasi fenomeno di condizionamento della democrazia economica. Oggi più che mai sarà necessario concentrarsi sul condizionamento operato da quegli amministratori e burocrati, per fortuna non tutti, che, sfruttando la confusione del ginepraio normativo, assumono un potere talvolta condizionante». Confindustria Trapani sta preparando una serie di proposte da portare sul tavolo regionale per uno snellimento burocratico che riguarderà i diversi settori della pubblica amministrazione. Per far questo si avvarrà del contributo che tutti gli imprenditori vorranno dare e che sarà frutto dell’esperienza di ognuno. «Una serie di riforme che partano dal basso e che vengano condivise dalla politica è il metodo che si vuole seguire per ottenere i migliori risultati», conclude Durante. Snellimento burocratico dunque per non disincentivare lo sviluppo imprenditoriale della Sicilia.



TRASPORTI

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iamo un’isola, anzi un arcipelago, e siamo al centro del mediterraneo». Un luogo, quindi, strategico, come mette in rilievo l’assessore regionale alle Infrastrutture e alla mobilità, Luigi Gentile, che, però, per non cadere nel rischio dell’isolamento, rispetto al resto d’Italia, deve attuare importanti opere infrastrutturali. Le idee ci sono, i progetti anche. Ora è tempo di mettersi all’opera, dando spazio anche a opere di riqualificazione dell’assetto urbano. Questo l’obiettivo dell’Asse VI sullo sviluppo urbano sostenibile. «Vi è una forte attesa di rilancio dello sviluppo economico sia delle grandi città che dei centri di minore dimensione, che con le loro risorse naturali e culturali possono attrarre e innovare l’intera Regione siciliana rendendola altamente competitiva», chiarisce l’assessore. Quali sono i progetti più urgenti a livello infrastrutturale che servono alla Sicilia? «Le infrastrutture costituiscono una delle priorità del governo. Le azioni ritenute più urgenti sono: l’anello autostradale perimetrale a completamento dell’autostrada Siracusa-Gela; il collegamento dell’autostrada Mazara del Vallo-Trapani; l’ammodernamento Gela-Castelvetrano; gli itinerari Agrigento-Caltanissetta, RagusaCatania e la bretella dell’aeroporto di Comiso; l’itinerario S.Stefano di Camastra-Gela; la messa in sicurezza e l’ammodernamento della linea Agrigento-Palermo e Gela-Catania; infine, la strada a scorrimento veloce Licodia EubeaLibertina. E inoltre, altrettanto rilevanti sono le tangenziali di Palermo, di Catania, di Agrigento e di Gela. A quanto precede si accompagna l’opera manutentiva della Palermo-Catania, della Palermo-Trapani, della 68 • DOSSIER • SICILIA 2010

Verso una regione sostenibile «La riqualificazione delle aree urbane risponde all’esigenza di rendere vivibile la “Città”». È uno dei prossimi obiettivi messi in luce dall’assessore Luigi Gentile. E poi al via i lavori per migliorare le infrastrutture della regione Nike Giurlani

Palermo-Messina, della Messina-Catania, della Palermo-Trapani, della Palermo-Mazara. Naturalmente, per il corridoio 1 Berlino-Palermo, sarà il Ponte sullo stretto di Messina a dare un valore aggiunto al sistema». Come mai avete deciso di puntare alla conquista dei traghetti della Tirrenia? «Siamo un’isola, anzi un arcipelago, e siamo al centro del mediterraneo. C’è l’impegno di un importante progetto di infrastrutturazione logistica che vuole raccogliere la sfida, alle porte dell’apertura del libero scambio, di dare un sostegno seppur minoritario ad un progetto di rilancio di una importante compagnia di navigazione che potrà garantire – con la gestione dei privati – un più elevato standard di qualità. Ma rappresenta anche un’offerta compatibile con le esigenze di mobilità degli abitanti delle piccole isole e con la necessità di spostare sulle autostrade del mare la percentuale più elevata di traffico merci da e per la Sicilia». La stazione di Milazzo ha dovuto far fronte a numerosi disagi, quali pensa possano essere le soluzioni per migliorare la vita dei pendolari?

In apertura, l’assessore regionale alle Infrastrutture e alla mobilità, Luigi Gentile


Luigi Gentile

«Le criticità riguardano la dislocazione della stazione che, data la sua lontananza dal centro città e dal porto, provoca notevoli difficoltà ai pendolari e la carenza di strutture di accoglienza. L’obiettivo, è quello individuare, con l’amministrazione locale, una risposta rapida attraverso, ad esempio, la creazione di un servizio navetta o di taxi e di un servizio di vendita dei biglietti anche in orario più esteso, rispetto a quello attualmente effettuato dalla biglietteria delle ferrovie. L’Autorità portuale, inoltre, ha indetto una selezione pubblica per la concessione del terminal portuale ed entro brevissimo termine potrà procedere all’assegnazione dell’area». Quali saranno le conseguenze della soppressione dei treni espressi 834 e 823 che collegavano Agrigento a Milano? «Il servizio pubblico espletato da Trenitalia, con contributo dello Stato, non può basarsi esclusivamente su aspetti prettamente remunerativi, dovendo tener conto anche di quelle aree geografiche del Paese che, non solo sono prive del sistema di alta velocità, ma hanno anche un sistema ferroviario datato e non in linea con le esigenze di mobilità dei tempi moderni. Pur

360 mln EURO

Le risorse finanziarie che l’Assessorato intende investire in stretta collaborazione con gli enti locali del territorio

non potendo parlarsi di soppressione ma di limitazione di percorso (in quanto i treni espressi 834 e 823 finiscono la loro marcia a Roma), è innegabile il disagio che ne consegue per l’utenza, la quale, dovendo raggiungere i centri del nord Italia, dovrà sobbarcarsi a faticosi trasbordi nella stazione di Roma per il proseguimento dei viaggi. Il governo sta avviando i necessari confronti per giungere ad una soluzione della vicenda, tenendo anche conto del miglioramento apportato dal sistema di alta velocità da Napoli verso il nord Italia». Qual è la posizione della Regione al riguardo? «La Regione intende avvalersi delle prerogative statutarie in materia che le attribuiscono un potere consultivo ai sensi degli articoli 8 e 9 del D.P.R. 17 dicembre 1953, n. 113 che contemplano espressamente l’obbligo delle imprese nazionali di trasporti di acquisire un parere preventivo della Regione ogni qualvolta si debbano adottare provvedimenti di modifica dei collegamenti di lunga percorrenza». Che cosa di aspetta dall’Asse VI sullo sviluppo urbano sostenibile? «La riqualificazione delle aree urbane risponde all’esigenza di rendere vivibile la “Città”. Consentire al cittadino di potere fruire di servizi, di infrastrutture e di spazi idonei, costituisce un elemento rilevante che non può prescindere dal parallelo e contestuale sviluppo urbano, sociale e ambientale del territorio. Con l’attuazione dell’Asse 6, il governo regionale, e in particolare l’assessorato Infrastrutture e mobilità, fa una forte scommessa con il territorio, in quanto, disponendo di risorse finanziarie di circa 360 milioni di euro, pari al 50% di quelle destinate all'intero Asse, le intende impegnare in stretta collaborazione con gli enti locali beneficiari. Vi è una forte attesa di rilancio dello sviluppo economico sia delle grandi città che dei centri di minore dimensione, che con le loro risorse naturali e culturali possono attrarre e innovare l’intera regione rendendola altamente competitiva». SICILIA 2010 • DOSSIER • 69


TRASPORTI

Trenitalia investe sulla rete siciliana «Introduzione del memorario, velocizzazione dei collegamenti ferroviari con una serie di interventi, anche infrastrutturali, ottimizzazione dello sfruttamento dell’infrastruttura attuale e futura. È l’offerta delle Ferrovie dello Stato Nike Giurlani

P

er Trenitalia, come per tutte le principali imprese ferroviarie europee, si è reso necessario, nel settore merci, «un importante processo di razionalizzazione industriale con l’obiettivo di una maggiore efficienza e specializzazione dei servizi, sulla base delle reali esigenze e dimensioni del mercato e anche alla luce della difficile congiuntura economica che ha fatto decrescere, in tutta Europa, la domanda» come sottolinea

Ferrovie dello Stato. Questa necessità è emersa soprattutto per il traffico a “carro singolo”, «che ha costi oggettivamente gravosi e per il quale si sta definendo una nuova struttura d’offerta» prosegue Trenitalia. Questa nuova organizzazione prevede, per quanto riguarda il Sud «una coerente e adeguata terminalizzazione su gomma con l’attestamento dei treni su alcune piattaforme logistiche dalle quali saranno offerte soluzioni alternative per la presa/riconsegna della merce nelle località di origine/destinazione». I treni in Sicilia sono una realtà importante anche per il popolo dei pendolari. «Nei giorni feriali, sui treni regionali, vengono trasportati 40 mila viaggiatori e la quota del trasporto pubblico coperta dai treni è del 20 per cento» spiegano le Ferrovie. Con l’orario ferroviario, entrato in vigore il 13 dicembre 2009, è stato avviato, nell’ambito del contratto di servizio in via di sottoscrizione con la Regione siciliana, «il progetto di velocizzazione e cadenzamento dell’offerta ferroviaria della Sicilia». Tale progetto, «prevede la progressiva intensificazione dell’offerta, l’introduzione del memorario (tutti i treni partiranno sempre al medesimo minuto di ogni ora dalle località

40 mila

PASSEGGERI Sono i viaggiatori che vengono trasportati sui treni regionali nei giorni feriali


Ferrovie

TRASPORTO SU GOMMA: UN MERCATO INSTABILE

L

c

Processo di riordino delle linee ferroviarie per migliorare la qualità, la quantità, la regolarità e l’efficienza del servizio ferroviario siciliano

d

principali), e la velocizzazione dei collegamenti ferroviari attraverso una serie di interventi, anche infrastrutturali, con l’ottimizzazione dello sfruttamento dell’infrastruttura attuale e futura». Le relazioni oggi interessate dal riordino sono «la linea Palermo-Messina, Palermo-Agrigento e Caltanissetta-Roccapalumba, interessate da miglioramenti infrastrutturali, che si aggiungono alle relazioni Palermo-Punta Raisi e Palermo-Termini Imerese, già cadenzate, e che vedranno a regime l’intensificazione e il completamento del memorario con l’introduzione di diverse nuove coppie di treni sulle linee anzidette». Tale processo di riordino riguarderà, prossimamente, anche le altre linee ferroviarie della Sicilia con l’obiettivo di migliorare la qualità, la quantità, la regolarità e l’efficienza del servizio ferroviario siciliano. Ma il territo-

a situazione in Sicilia, a livello di trasporto su gomma, «risente di una mancanza di investimenti nelle infrastrutture che potrebbero apportare vantaggi significativi in fase di razionalizzazione dei costi di produzione del servizio», fa presente Angelo Di Martino, a capo della Comer Sud, specializzata in logistica. «A questo, ultimamente, si aggiungono norme più restrittive per la circolazione nei centri storici, senza, però, un’adeguata politica integrata e alternativa del trasporto – prosegue Di Martino –, generando extra costi che alla fine oltre che gravare sulle singole aziende si riversano sul consumatore finale». Il problema principale è che il mercato dei trasporti, negli ultimi anni è diventato più instabile e difficile da comprendere, caratterizzato da «segnali di “schizofrenia”, intervallati da periodi di stasi che lascia poca serenità agli investimenti in ricerca e sviluppo di nuovi servizi e/o rinnovo impianti. Questo porta alla necessità di ridimensionare l’offerta, in quanto probabilmente eccedente la domanda, e, quindi, le rate di nolo precipitano vertiginosamente». Inevitabile potenziare i rapporti con l’estero ed è stato registrato «un risveglio dei paesi dell’Est che mostrano un discreto interesse. I mercati principali sono quelli del nord Europa, ma la Cina conquista sempre più fette nel commercio siciliano», prosegue Di Martino. Anche il settore del trasporto su gomma, ha registrato negli ultimi due anni una difficile congiuntura economica che ha causato «il blocco totale degli investimenti e carenze di prospettive positive e di rilancio. Per non parlare dell’eccesso di offerta sulla domanda e il crollo dei flussi. E, infine, l’uscita di scena dei settori legati all’industria dell’automotive», sottolinea. Servono nuove politiche di rilancio perché «ci sono dei gap strutturali che vanno colmati, ma senza una politica di accompagnamento che segue e indirizza lo sviluppo sarà difficile investire in Sicilia. È ancora altissimo il costo della burocrazia e c’è poca attenzione a chi vuole investire, bisogna creare l’interesse e la cultura a favorire insediamenti produttivi», conclude Di Martino.

rio della Sicilia è interessato da un intenso programma di potenziamento infrastrutturale e tecnologico. Rete Ferroviaria Italiana, del gruppo FS, è impegnata in numerosi progetti, oggi a diversi stadi di avanzamento, destinati ad aumentare e migliorare la capacità e la funzionalità della rete nella regione. Le opere attualmente in corso sono «il raddoppio del passante di Palermo, il raddoppio delle linee Palermo-Messina e Messina-Catania e la velocizzazione della linea Palermo-Agrigento» conclude Trenitalia. SICILIA 2010 • DOSSIER • 71


TRASPORTI

Catania fa volare i siciliani «Sforzo quotidiano verso qualità ed efficienza del servizio all’utenza, ricerca della migliore configurazione organizzativa, controllo dei parametri di qualità e investimento in infrastrutture». Così Gaetano Mancini, presidente della Sac, società di gestione dell’aeroporto di Catania Renata Gualtieri

L

’aeroporto di Catania, grazie alla sua posizione geografica, ha un bacino d’utenza che comprende oltre il 60% dei residenti in regione. Catania è al centro dei principali poli turistici siciliani che ruotano attorno a Taormina, l’Etna, le isole Eolie, Siracusa e, da qualche anno, anche la provincia di Ragusa. Questo territorio rappresenta, insieme all’area di Siracusa e Ragusa il principale polo dell’economia siciliana in termini di presenza imprenditoriale: è qui che si produce la maggior parte del Pil regionale. L’insieme di queste condizioni, genera i 6 milioni di passeggeri che transitano ogni anno con un trend in crescita. Interviene Gaetano Mancini, presidente della Sac, società di gestione dell’aeroporto di Catania, che fa “volare” i siciliani di 7 province su 9: Catania, Siracusa, Ragusa, Messina, Enna, Caltanissetta e parte di Agrigento. I recenti dati di quanti passeggeri parlano? Il settore ha risentito della crisi economica? «Nel 2009, anno di crisi economica che ha col-

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pito significativamente il comparto del trasporto aereo, è stata registrata a Catania una flessione di 1,9 punti percentuali. Un risultato, comunque, migliore rispetto al dato consolidato del settore aeroportuale italiano che ha segnato un calo del 2,6%, e ancora migliore se il confronto avviene con gli scali comparabili a quello di Catania per tipologia e traffico, che hanno complessivamente registrato un calo del 3,8%. Sul risultato hanno pesato anche le difficoltà di diverse compagnie aeree e tour operator. I dati dell’ultimo quadrimestre ci inducono a essere ottimisti alla luce dell’incremento del traffico di circa il 6% rispetto al 2008 QUOTE . Quale è l’indotto lavorativo dell’aeroporto e quale ricaduta ha sull’economia regionale? «A oggi il gruppo Sac, direttamente e attraverso le controllate e partecipate Sac Service e Saga, conta su oltre 800 dipendenti, mentre l’indotto si concretizza in oltre 2.000 lavoratori impiegati in aziende o strutture collegate all’Aeroporto. Numeri come questi danno la misura dell’im-

foto ph. Carobene

In apertura, Gaetano Mancini, presidente della Sac, società di gestione dell’aeroporto di Catania. Nella pagina a fianco, l’aeroporto Fontanarossa di Catania


Gaetano Mancini

NUOVE PROSPETTIVE PER IL PORTO DI AUGUSTA

I

TRAFFICO PASSEGGERI AEROPORTO "FONTANAROSSA" CATANIA MESE DI FEBBRAIO

2010

2009

VARIAZIONE

PAX COMMERCIALE CHARTER

352.831

321.923

9,60

PAX COMMERCIALE LINEA

2.344

1.726

35,81

TOTALE PAX COMMERCIALI

355.175

323.649

9,74

TOTALE

355.279

323.777

9,73

portanza del polo aeroportuale catanese e dei suoi riflessi per l’economia del territorio di tutta la Sicilia Orientale». Sono previste strategie concrete di investimento sull’Aeroporto di Catania e su quali aree si concentreranno? «Il Piano industriale di Sac prevede entro il 2012, investimenti per circa 100 milioni di euro. Saranno effettuati importanti interventi sulle infrastrutture di volo, nuovi parcheggi auto e la ristrutturazione della vecchia aerostazione “Morandi” destinata a divenire modulo di riferimento per le compagnie low cost. È allo studio l’ipotesi di interrare il tratto ferroviario che lambisce lo scalo per poter allungare la pista e aprire al traffico dei voli intercontinentali: da Catania collegamenti diretti per New York o Nuova Delhi senza fare scali intermedi in Europa. Inoltre si sta verificando la possibilità di interconnettere la ferrovia all’aeroporto attraverso una stazione ferroviaria di rettamente collegata all’aerostazione».

l porto di Augusta vede la presenza di una importante base militare, della più grande concentrazione dell’industria petrolchimica e energetica della nazione e di un nascente porto commerciale. Il traffico delle merci è pertanto molto elevato: «Nel 2009 – spiega il presidente dell’Autorità portuale Aldo Garozzo – sono passate per il porto 26 milioni di tonnellate di merci liquide e circa 1 milione di tonnellate di merci solide». Attualmente, sono nella fase finale di progettazione i lavori per l’ampliamento delle banchine merci e l’aumento dei piazzali per oltre 300.000 metri quadri. «Da qualche mese – continua Garozzo – è stato affidato l’incarico per redigere il nuovo piano regolatore del porto che tiene conto delle esigenze dei Comuni che si affacciano sulla Rada». Inoltre, «l’autorità portuale – conclude il presidente – ha allo studio il miglioramento di servizi, servendosi di altre strutture quale l’autoporto di Melilli, l’aeroporto di Catania e Comiso per favorire processi d’integrazione con i traffici e le economie delle città vicine».

Quali sono le destinazioni più scelte dai vostri passeggeri? È previsto un lancio di nuove destinazioni? «Fontanarossa è collegato ogni giorno con la quasi totalità dei principali aeroporti italiani ma anche con numerose capitali europee. I charter offrono le classiche mete del Mediterraneo e del Nord Africa. In Italia, in cima alla lista delle preferenze dei passeggeri si trovano Roma Fiumicino, Milano Linate e Milano Malpensa, oltre a Bologna, Torino, Venezia e Verona. Le principali destinazioni internazionali, invece, sono: Londra, Monaco, Parigi, Dusseldorf, Malta, Dublino. L’estate 2010 vedrà l’ingresso di voli di linea con Francoforte e Praga. Mentre è rilevante l’incremento delle frequenze dei voli da parte di vettori già presenti che confermano la volontà di investire su Catania. A ciò si aggiungano gli effetti che si realizzeranno con il compiuto avviamento del polo aeroportuale della Sicilia orientale, che vedrà la luce con l’avvio operativo dell’aeroporto di Comiso». SICILIA 2010 • DOSSIER • 73


INDUSTRIA

Tutte le ipotesi sono ancora aperte I tavoli tecnici sulla fabbrica Fiat di Termini Imerese si susseguono e le ipotesi di riconversione vengono attentamente vagliate dal Governo. Il prossimo incontro è previsto per il 13 aprile mentre la Fiat punta sullo stabilimento di Pomigliano d’Arco Nicolò Mulas Marcello

N

ove sono le proposte per la riconversione dello stabilimento Fiat di Termini Imerese, di cui quattro riguarderebbero il settore auto. Sul futuro della fabbrica siciliana la partita non è ancora chiusa e l’interesse è nazionale dato che in ballo ci sono le sorti di oltre 2.200 operai. A gennaio l’amministratore delegato Fiat Sergio Marchionne era stato chiaro: «La chiusura è irreversibile. Lo stabilimento non è in grado di competere». Da allora sono stati convocati tavoli di discussione per trovare una soluzione. È del 5 marzo scorso l’ultima riunione al ministero dello Sviluppo economico tra governo, azienda e parti sociali sul destino dello stabilimento siciliano. Dal governo arriva la disponibilità a destinare 100 milioni di euro, ai quali se ne aggiungono 350 milioni da parte della Regione Sicilia, per interventi alle infrastrutture e ai servizi per il territorio. Il tavolo sarà riaggiornato il prossimo 13 aprile per fare il punto sulle proposte rimaste in lizza. Il ministero ha comunicato inoltre che è stata avviata una gara internazionale per manifestazione di interesse. «A livello globale la nostra industria ha la capacità di produrre circa 94 milioni di auto all’anno, circa 30 milioni in più di quante se ne vendono» ha detto Mar74 • DOSSIER • SICILIA 2010

chionne. «Un terzo di questo eccesso di capacità si trova in Europa, dove il settore automobilistico resta virtualmente l’unico settore a non aver ancora razionalizzato la produzione. L’Europa lo scorso anno ha utilizzato il 75% della propria capacità, un numero che potrebbe scendere al 65% quest’anno. La ragione è semplice – ha spiegato l’amministratore delegato Fiat – i produttori europei semplicemente non chiudono gli impianti. E questo perché ricevono spesso fondi per non farlo. L’ultima volta che un impianto in Germania è stato chiuso, la seconda guerra mondiale doveva ancora iniziare». Il ministro Scajola ha riferito che «nei mesi di aprile e maggio, il governo si confronterà con la Fiat sui

Sotto, il ministro Scajola con l’ad di Fiat Sergio Marchionne


Termini Imerese

100 MILIONI

La disponibilità in euro che il governo destinerà agli interventi a infrastrutture e servizi sul territorio di Termini Imerese

singoli piani industriali di tutti gli impianti in Italia» e riguardo Termini Imerese ha dichiarato: «Subiamo il sacrificio della chiusura che cercheremo di modificare in un’opportunità e cioè convertire Termini Imerese in un polo industriale di eccellenza». Fiat sembra voler puntare su Pomigliano. «Nella fabbrica napoletana – ha annunciato Scajola – verrà trasferita la produzione della Panda che oggi avviene in Polonia. C’è quindi un’inversione di tendenza che ci porta a ritenere che a Pomigliano ci sarà un futuro di crescita». Non ci sono ancora previsioni su tempi e risorse, ma il ministro ha ribadito «la determinazione del governo e del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, affinché il Sud abbia un futuro di crescita anche nel settore industriale». Inoltre, non ci saranno incentivi per il settore auto: «Intendiamo

A livello globale la nostra industria ha la capacità di produrre circa 94 milioni di auto all’anno, 30 milioni in più di quante se ne vendono

tornare alla normalità, non drogare il mercato. Con quelle che sono le risorse disponibili, daremo limitati incentivi a quei settori industriali italiani dove c'è maggiore sofferenza per aiutare la ripresa dei consumi». I sindacati dei metalmeccanici sulla questione Termini Imerese temono un nulla di fatto e preparano una mobilitazione nazionale prima del 21 aprile, data in cui Marchionne presenterà il piano industriale del gruppo. Il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, non condivide, però, l’ipotesi di mettere in campo un 2010 SICILIA • DOSSIER • 75


INDUSTRIA

Stiamo cogliendo le opportunità possibili, compresa la disponibilità della Fiat a cedere lo stabilimento e anche a poter eventualmente intervenire su qualche progetto

nuovo sciopero a sostegno della vertenza

Fiat dichiarando che «mentre c’è crisi, c’è qualche difficoltà a fare sciopero. Mi sembra più serio lavorare per iniziative forti di protesta per capire cosa vogliono fare». Bonanni ha sottolineato la necessità di trovare presto una soluzione allo stabilimento di Termini Imerese, che secondo i piani aziendali dovrebbe cessare la produzione della Lancia Ypsilon e essere chiuso entro la fine del 2011. «Per Termini abbiamo altri due anni di tempo – ha detto – ma dobbiamo fare presto, non possiamo arrivarci senza una proposta. Mi pare importante che ci possano essere aziende interessate anche riconducibili all'auto. Vogliamo sapere quali sono le aziende, cosa garantiscono, e cosa garantiscono la Fiat, la Regione siciliana e il governo». E dal canto suo l’esecutivo cerca di non lasciare intentata nessuna strada. «È un percorso che stiamo portando avanti con il tempo necessario per esaminare tutte le offerte che sono pervenute e su altre che ci auguriamo pervengano» fa sapere il ministro Scajola. «Abbiamo tempo perché la produzione a Termini Imerese proseguirà ancora per tutto il 2011. Ci auguriamo tra l’altro che i prodotti che sono oggi fabbricati a Ter76 • DOSSIER • SICILIA 2010

1,75 MILIONI

La stima del numero di auto che verranno vendute nel corso del 2010 in Italia

mini Imerese, avendo successo, possano far crescere la produttività. Nel frattempo – ha poi concluso Scajola – stiamo cogliendo le opportunità possibili, compresa la disponibilità della Fiat a cedere lo stabilimento e anche a poter eventualmente intervenire su qualche progetto». Infine, uno stimolo alla speranza per il settore dell’auto che è in piena crisi: secondo Marchionne il mercato si riprenderà nel 2013, ci vorranno circa 3 o 4 anni perché si possa normalizzare il settore. Ma la crisi sembra passata, ora va solo gestita. Il manager ricorda anche che il mercato italiano senza gli incentivi si attesterà intorno agli 1,75 milioni di unità vendute nel 2010.




LOTTA ALLA CRIMINALITĂ€ Il volto invisibile della criminalitĂ organizzata e le misure del governo per smascherarlo

RENZO MENONI La giustizia civile italiana necessita di riforme condivise per una ragionevole durata del processo

GIOACCHINO SBACCHI Il mistero della scomparsa della piccola Denise Pipitone a poche settimane dalla riapertura del processo


MISSIONI ALL’ESTERO

Più sicurezza ed efficienza per i contingenti italiani L’operazione White Crane ad Haiti e l’invio di altri mille uomini in Afghanistan dal prossimo semestre sono alcuni dei provvedimenti contenuti nel decreto che proroga le missioni internazionali italiane. Il ministro della difesa Ignazio La Russa ne delinea contenuti e finalità Francesca Druidi

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Ignazio La Russa

C

on il via libera della Camera dei deputati il 3 marzo scorso è stato approvato il decreto legge di proroga delle missioni internazionali per il 2010. Tra personale militare e delle forze di polizia sono 8.619 le unità impegnate in Afghanistan, Libano, Iraq, Pakistan, Sudan, Somalia e nei Balcani. Per il ministro della Difesa Ignazio La Russa era fondamentale raggiungere la sostanziale unanimità intorno ai decreti che rifinanziavano le missioni, rimandando per questo motivo anche la spinosa questione della mini-naya, portatrice di polemiche, ma non rinuncia ancora una volta a rimarcare il grande riconoscimento che da più parti viene attribuito ai soldati italiani. «Mi fa piacere citare – afferma il ministro – le parole di Lady Catherine Ashton, alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza europea, che ha sottolineato come “il metodo italiano, di collaborazione tra strutture civili e militari, rappresenta l’esempio da seguire per fornire una risposta efficace e tempestiva alle emergenze”». All’interno della missione internazionale in Afghanistan, quale bilancio può trarre fino a questo momento del ruolo svolto dai militari italiani? «Il bilancio è sicuramente positivo, con riconoscimenti che ci giungono da molte parti: quello più importante è quello della popolazione afgana per il nostro atteggiamento e per la ricostruzione che stiamo portando avanti. Poi c’è quello della comunità internazionale e dei paesi alleati e amici, che condividono con i nostri militari l’impegno in Afghanistan e ne apprezzano la professionalità. Un esempio su tutti è rappresentato dagli istruttori dell’Arma dei Carabinieri che stanno facendo un gran lavoro nella formazione della nuova Polizia afgana». Quali sono gli obiettivi prioritari in questa fase della missione e nell’immediato futuro? «Gli obiettivi rimangono sempre gli stessi: fare in modo che le istituzioni afgane possano assumersi la responsabilità e la gestione della sicurezza e del

Ignazio La Russa, ministro della Difesa, dal 2009 è coordinatore nazionale del Pdl

I nostri militari meritano rispetto e riconoscenza per il lavoro quotidiano che in patria e all’estero compiono senza clamore

governo del Paese. L’obiettivo è restituire l’Afghanistan agli afgani. Il 2010 sarà un anno fondamentale in questo cammino e l’Italia, come altre nazioni, ha deciso di contribuire al nuovo approccio deciso dall’Alleanza, inviando ulteriori 1.000 uomini che inizieranno a schierarsi ad Herat a partire dal secondo semestre di questo anno. Una rinforzata presenza consentirà un migliore controllo del territorio e una maggiore capacità di contrastare, insieme alle forze di sicurezza afgane, l’attività degli insorgenti. È stato ribadito più volte che nessuno di noi, partner della comunità internazionale, è in Afghanistan per restarci. Stiamo lavorando insieme, questa è una delle chiavi politiche, sia in Afghanistan, sia fuori dall’Afghanistan, per creare, oggi, le condizioni iniziali che permettano il trasferimento progressivo delle responsabilità al governo di Kabul». 2010 SICILIA • DOSSIER • 93


MISSIONI ALL’ESTERO

Sulla base del decreto di finanziamento delle missioni internazionali, come valuta la spesa italiana destinata alle Forze Armate? «La Difesa non è esente dai sacrifici dovuti all’attuale congiuntura economica a seguito della crisi internazionale, ma ciò che ho sempre ribadito come ministro della Difesa, con il pieno supporto del governo e del Parlamento, che ha votato il decreto all’unanimità, è che sarebbero state assicurate tutte le necessarie risorse per garantire e per incrementare la sicurezza del personale e l’efficacia dei contingenti nazionali impegnati nelle missioni internazionali. Ritengo che le risorse assegnate siano appena sufficienti a far fronte ai crescenti oneri che l’impegno militare per la sicurezza comporta. È necessario, quindi, procedere con determinazione sulla strada della razionalizzazione, gravitando contemporaneamente, con le risorse disponibili, sull’assolvimento delle funzioni e dei compiti prioritari per le Forze Armate». In che cosa consisteranno nello specifico le missioni dei soldati italiani ad Haiti? «Il governo italiano ha deciso di inviare un contingente militare interforze per concorrere, in coordinamento con la Protezione Civile, alle attività di soccorso e di ricostruzione intraprese dalla comunità internazionale a favore delle popolazioni delle zone colpite dal sisma». L’operazione si chiama “White Crane”. «Sì, il dispositivo nazionale interforze è composto da quasi ottocento militari ed è stato strutturato su una task force “Genio” dell’Esercito, con mezzi ruotati e cingolati per il movimento terra, autoribaltabili, autogru e personale sanitario; la portaerei Cavour della Marina Militare con personale destinato alla Force Protection, 6 elicotteri 94 • DOSSIER • SICILIA 2010


Ignazio La Russa

È necessario procedere con determinazione sulla strada della razionalizzazione, gravitando con le risorse disponibili sull’assolvimento delle funzioni e dei compiti prioritari per le Forze armate

medi con capacità di trasporto di uomini e con una zona ospedaliera di 400 metri quadrati in cui operano 37 sanitari tra medici e paramedici, anche delle Forze armate brasiliane, appartenenti a tutte le Forze armate con attrezzature medicali all’avanguardia. Sono, inoltre, presenti militari dell’Aeronautica e dell’Arma dei Carabinieri rispettivamente, con compiti di coordinamento delle attività aeree, di assistenza sanitaria e di polizia militare». Come si articolerà il contributo dei carabinieri? «Lo scorso 19 febbraio, in aggiunta al contingente già presente, il governo ha deciso di inviare 130 carabinieri con il compito di assistere il governo locale nell’ambito della missione delle Nazioni unite denominata United Nations Stabilization Mission in Haiti, incaricata, tra l’altro, di ristrutturare la polizia nazionale e di mantenere l’ordine nel paese». In generale quanto è riconosciuto il valore del contributo fornito dai soldati italiani nei teatri di guerra ed emergenze internazionali? «In aggiunta a quanto già detto, mi fa piacere citare le parole di Lady Catherine Ashton, alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza europea, che ha sottolineato come “il metodo italiano, di collaborazione tra strutture civili e militari, rappresenta l’esempio da seguire per fornire una risposta efficace e tempestiva alle emergenze”». Lei stesso ha ritirato l’emendamento relativo alla mini-naja. Il progetto verrà accantonato oppure sarà riproposto? «Il progetto della cosiddetta “mini-naja” sarà realtà entro il 2010. Ho voluto assolutamente evitare che una vicenda come questa, oggetto di una

strumentalizzazione politica che non ha alcuna ragione di essere, né nei contenuti né nella forma, potesse intaccare quello che è un bene prezioso: la sostanziale unanimità intorno ai decreti che rifinanziavano le missioni internazionali». Cosa prevede, nello specifico? «Il Consiglio dei ministri ha approvato un disegno di legge che prevede, in via sperimentale per un triennio, l’organizzazione di corsi di formazione a carattere teorico-pratico e di durata non superiore a tre settimane, riservati ai giovani presso reparti delle Forze armate, con l’obiettivo di fornire le conoscenze di base circa il dovere costituzionale di difesa dello Stato e sulle attività prioritarie svolte dalle Forze armate: missioni internazionali di pace e contrasto al terrorismo, concorso a salvaguardia di libere istituzioni, circostanze di calamità pubbliche». Qual è l’obiettivo che s’intende perseguire? «Siamo assolutamente convinti che, in una società in cui tutti rilevano una carenza di valori morali, sia utile dare un’opportunità importante a dei giovani che vogliano, senza intraprendere la vita militare in forma professionale, abbeverarsi ai valori della Nazione, della Patria, della rettitudine; i valori che contraddistinguono le Forze armate e da esse promanano. Ritengo, infine, che offrire ai giovani l’opportunità di conoscere questa realtà sia giusto e opportuno. I nostri militari meritano rispetto e riconoscenza per il lavoro quotidiano che in patria e all’estero compiono senza clamore. Ne sono ben consce le popolazioni straniere che li hanno accanto nella costruzione di una società più libera e lo sanno i cittadini italiani che, in ogni occasione di difficoltà o emergenza, possono contare sulla professionalità di tutte le nostre Forze armate». 2010 SICILIA • DOSSIER • 95


LEGALITÀ

L’impresa del male La mafia ha cambiato pelle. Messe da parte le bombe, si muove come un’impresa, seguendo i flussi sommersi del mercato mondiale. Per questo, spiega Antonio Laudati, la lotta dovrà puntare al contrasto patrimoniale. E se il fenomeno è ormai globale, il modello rimane, purtroppo, quello italiano. «Perché è il più arcaico, ma anche il più efficiente» di Daniela Panosetti

L

a mafia del terzo millennio ha cambiato aspetto. Non è più quella della coppola e lupara, degli agguati sanguinari e intimidatori. Oggi è una vera impresa, con connotazioni e visibilità completamente diverse». Non usa mezzi termini Antonio Laudati, procuratore di Bari, nel tracciare il ritratto della nuova criminalità organizzata, così come emerge dal suo libro Mafia Pulita, scritto insieme a Elio Vietri. Cinque storie vere che raccontano meglio di ogni analisi quella mutazione genetica che negli ultimi decenni ha permesso alla criminalità organizzata di stringere silenziose connivenze con la società civile e, soprattutto, l’economia. «Sparite le bombe e le violenze eclatanti la sua presenza diventa invisibile, dunque anche meno aggredibile – continua il procuratore –. È una mafia che ha trasferito la sua operatività dalla strada e

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dagli ambienti criminali “puri” ai salotti buoni della finanza e dell’imprenditoria. E che dunque condiziona la società, il mercato e, fatto ben più preoccupante, la nostra democrazia». Negli anni la mafia ha cambiato pelle. In cosa si manifesta questa mutazione? «In due aspetti. Il primo è criminologico: le organizzazioni mafiose prediligono, ormai, reati come contrabbando, usura, prostituzione, che rovesciano il tradizionale rapporto aggressore-vittima. È lo stesso mercato, fatto da clienti consenzienti, a richiedere determinati beni e servizi illeciti e


Antonio Laudati

Antonio Laudati, procuratore di Bari. In passato ha ricoperto la carica di sostituto procuratore all’antimafia, accanto a Pietro Grasso e di direttore degli Affari penali del ministero della Giustizia

il fenomeno criminale diventa sommerso, non appariscente. Il secondo aspetto è tecnico: gli ingenti guadagni ottenuti solo in parte finiscono in altre attività illecite, il resto viene investito in attività legali. I criminali diventano quindi imprenditori, con l’aspetto di manager, uomini d’affari. Ma conservano il metodo mafioso, che rifiuta ogni rischio d’impresa. È questo il nuovo prototipo». È possibile quantificare questo peso economico? «Ogni stima scientifica è necessariamente approssimata. E, tuttavia, esistono diversi

studi in materia, come quello condotto dall’università di Pittsburgh per il congresso americano o, in Italia, quellli di Eurispes e Confesercenti. L’ultimo dato per il 2008 è di Confindustria, che stima un fatturato intorno ai 450 miliardi. Di questi, circa 170 vengono dalle attività criminali, tutto il resto riguarda il sommerso, quella che chiamiamo “economia nera” o underground banking, che sfugge del tutto all’imposizione fiscale. Un problema molto serio perché finisce con l’inquinare non solo il mercato, ma anche l’informazione, il sistema bancario, la politica e le istituzioni. In questo modo è la democrazia ad essere a rischio». Quali sono oggi i settori economici in cui è maggiore l’infiltrazione mafiosa? ❯❯

SICILIA 2010 • DOSSIER • 101


LEGALITÀ

A fianco, Wall Street, sede della Borsa americana; in apertura un’immagine tratta dal film Gomorra di Matteo Garrone

Come ogni impresa globalizzata, la mafia ha imparato a coniugare tradizione e modernizzazione. Resta ancorata al territorio, ma segue il mercato mondiale

❯❯ «Tradizionalmente quelli che consentono il subappalto, attività come movimento terra, fornitura di cemento o di inerti, che non consentono una verifica contabile a posteriori. Poi ci sono le attività finanziarie, che consentono quelle che chiamiamo “funzioni di schermo”, ovvero consentono di trasferire danaro e capitali rapidamente schermando l’effettivo titolare e l’effettiva provenienza. Secondo il Wall Street Journal il 70% delle transazioni finanziarie giornaliere di Wall street sono sospette di provenienza illecita. Ma è un fenomeno che ormai riguarda con gradi diversi tutte le borse del mondo». Quali, invece, le aree maggior102 • DOSSIER • SICILIA 2010

mente interessate dal fenomeno? «Come ogni impresa globalizzata, la mafia ha imparato a coniugare tradizione e modernizzazione. Resta ancorata al territorio, alla sua cultura e mentalità, ma segue il mercato mondiale, i flussi globali di denaro, insediandosi dove c’è maggiore possibilità di affari. È uno dei motivi per cui Milano all’inizio ne è stata la capitale, ma il discorso vale per tutte le aree competitive, come la Puglia, ad esempio, che in questi anni si è imposta come un motore economico straordinario». Cosa possono fare le leggi per contrastare questa avanzata? «La via più giusta sta nella trasformazione del processo penale e nel graduale passaggio da sanzioni personali, che ormai l’impresa criminale mette in conto annullandone la funzione dissuasiva, a sanzioni patrimoniali e alternative, di tipo alternativa: divieto di contrattare con la Pa, cancellazione dal mercato, scioglimento di società. Il che implica però la possibilità, in questi casi, di processi più brevi e dunque una differenziazione tra il bene libertà, che richiede massime garanzie, e il bene patrimonio, per cui si può pensare, appunto, a procedure più rapide. Solo se riusciremo a dotarci di strumenti legislativi moderni di contrasto patrimoniale e riduzione del processo potremo sconfiggere la mafia “pulita”».


Alfredo Mantovano

Vincere la mafia colpendone il patrimonio di Alfredo Mantovano Sottosegretario all'Interno con delega alla Sicurezza

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a lotta alla criminalità organizzata è stata una priorità di questo governo sin da subito. A testimoniarlo sono gli importanti risultati ottenuti finora. Un aspetto considerevole di quest’azione riguarda in particolar modo l’impegno volto a incrementare la quantità dei beni sottratti alla criminalità organizzata. Nei primi venti mesi di attività di governo, il valore dei beni sottoposti a sequestro ammonta a 6.894 milioni di euro, con un incremento dell’89% rispetto al periodo precedente; per quanto riguarda, invece, i patrimoni confiscati ci avviciniamo ai 2 miliardi di euro con un incremento di oltre il +300%. Si tratta di risultati ragguardevoli, raggiunti anche grazie a interventi mirati, tesi a rendere più efficace e celere la legislazione in materia, orientando l’azione di governo verso un’ancora maggiore incisività nell’andare a colpire gli interessi patrimoniali e finanziari delle varie organizzazioni mafiose. In quest’ottica, Sarà creato un desk interforze presto sarà creato un che punta a moltiplicare le desk interforze, una che punta a confische di patrimoni illeciti struttura moltiplicare i sequestri attraverso la sinergia tra le e le confische nei conforze di polizia e la Dia fronti di patrimoni illeciti attraverso un’azione di stretta si-

nergia tra le forze di polizia e la Direzione investigativa antimafia. Durante il Consiglio dei ministri tenutosi a Reggio Calabria è stato presentato un nuovo piano antimafia che prevede, tra i vari aspetti, importanti interventi in materia di certificazione antimafia, e la tracciabilità dei flussi finanziari per prevenire le infiltrazioni criminali. Ma, soprattutto, la costituzione di un’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati alle organizzazioni criminali che mira a tagliare considerevolmente le lungaggini che finora hanno scandito i tempi tra il sequestro del bene mafioso, la sua confisca e la nuova destinazione. In questo modo la villa di un boss potrà in breve diventare una nuova stazione dei Carabinieri o una scuola. Attraverso questa Agenzia contiamo di rendere ancora più cospicuo il Fondo unico giustizia, alimentato dai beni confiscati e sequestrati, in modo da assicurare una pronta disponibilità delle risorse da reinvestire nel sistema giustizia. SICILIA 2010 • DOSSIER • 103


LEGALITÀ

La piovra oggi non è H più tabù

a lavorato per dieci anni al fianco di Giovanni Falcone. È stato uno dei magistrati protagonisti di quella stagione irripetibile che ha permesso di minare la mafia alle radici, rivelandone al tempo stesso le ramificazioni. Un protagonista che, al pari dei suoi colleghi del pool antimafia della magistratura palermitana, I siciliani sono cambiati e hanno doveva restare invisibile. Un’invisibilità resa neimparato a conoscere e contrastare cessaria da motivi di sicurezza, ma che non bala mafia. Una mafia che però sta stò a evitare il sacrificio di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. A diciassette anni di distanza, cambiando e non va sottovalutata. Giuseppe Ayala, che dei due magistrati palerNe è convinto Giuseppe Ayala, uno mitani era non solo collega, ma anche amico, dei nomi storici di quel pool guarda con fiducia al presente della sua Isola. Un presente in cui le giovani generazioni hanno antimafia palermitano che ha dato acquisito consapevolezza sociale e conoscenza inizio a una nuova stagione del fenomeno, combattendolo con gesti e atdi Giorgio Marotta teggiamenti concreti. «Penso ai giovani del volontariato impegnati in “Addio Pizzo” – conferma Ayala – oltre che ai molti imprenditori siciliani che oggi si rifiutano di pagare il pizzo. Non voglio enfatizzare questi segnali positivi, ma neppure svilirli. Si parla spesso dell’eredità lasciata da Falcone, Borsellino o Libero Grassi ed è giusto. Ma non parliamo solo dell’eredità dei morti, ma anche di quello che oggi stanno facendo i vivi». Individua un momento preciso in cui questo cambiamento della società siciliana nei confronti della mafia ha cominciato a manifestarsi? «In Sicilia, tutto è cambiato dopo la sentenza del maxiprocesso nel dicembre dell’87, che non solo chiarì le responsabilità di quel gran numero di imputati, ma soprattutto definì esattamente che cos’è la mafia, spiegandone tutti gli aspetti. Da allora cominciò una nuova stagione. Ritengo il maxiprocesso uno spartiacque fondamentale. Poi, certo, ci fu la stagione degli attentati del 92 che ha contribuito a cambiare l’opinione del grande pubblico. Ricordo come in passato la mafia non si dovesse neppure nominare. E quando qualcuno, nelle campagne si-


Giuseppe Ayala

Giuseppe Ayala ha fatto parte del pool antimafia assieme a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Dopo essere entrato in politica nel 1992, dal 2007 è tornato a fare il magistrato. Oggi è presidente della prima sezione della Corte d’Appello di L’Aquila. Qui sopra, con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

ciliane parlava di mafia, prima si accertava che porte e finestre di casa fossero ben chiuse. Oggi, per fortuna, la mafia non è più innominabile». Crede che gli arresti eccellenti di Riina e Provenzano rappresentino una vittoria reale contro il fenomeno mafioso? «I grandi arresti sono una grande vittoria dello Stato. Una cosa è pensare a Totò Riina e a Bernardo Provenzano in carcere e sottoposti al 41bis, un’altra è immaginarli ancora liberi e latitanti che dirigono l’organizzazione mafiosa. Certo, non si può nascondere il fatto che per arrivare a questa vittoria sono occorsi 42 anni, quelli necessari per catturare Provenzano. Ciò che conta è che questo risultato sia stato raggiunto. Personalmente, però, non penso che questi arresti possano rappresentare un indebolimento della mafia. La mafia è un fenomeno antico, ma che ha una grande capacità di adattarsi ai cambiamenti della società e della politica e ha anche una grande capacità di trovare al proprio interno energie rinnovatrici. Gli arresti di Riina e Provenzano non sono stati una decapitazione: io sono sicuro che oggi qualcun altro ha preso il loro posto e dirige l’organizzazione». La mafia è un fenomeno che ha assunto nuove forme?

«Oggi la mafia va sempre più imborghesendosi. Il vertice dell’organizzazione è passato dal contadino di Corleone che era Provenzano a una persona che ha studiato, veste abiti su misura e occupa posti e ruoli di rilievo nella società. Basti pensare a vicende come quella di un noto primario di chirurgia palermitano che si è scoperto essere anche il capo della famiglia mafiosa dei Brancaccio. E siccome ho smesso di credere ai casi unici quando ero in quinta elementare, questo e altri casi mi fanno pensare che la mafia si sia imborghesita. Perciò penso che il successore di Provenzano non sia un altro contadino corleonese, anzi tutt’altro». Falcone sosteneva che, come tutti i fatti umani, anche la mafia avrà una fine. Quando e come si arriverà alla fine di Cosa Nostra? «A Giovanni Falcone sono stato molto vicino per dieci anni e l’ho conosciuto molto bene, ma so che non era il quinto Evangelista. Quindi anche Falcone può aver detto qualcosa d’inesatto, ma ha detto moltissime cose giuste. Il mio problema non è tanto di non essere sicuro del fatto che un giorno ci libereremo della mafia, il mio è piuttosto un problema egoistico: io infatti in quel momento ci vorrei essere, ma temo che non vivrò abbastanza a lungo per poterlo fare. Questo perché sconfiggere la mafia non è un’operazione di breve, ma di mediolungo termine. Ci arriveremo, ma occorrerà tempo e, in questo sono totalmente d’accordo con Falcone, perché ci sono segnali importanti che conducono in questa direzione». Tornerebbe a fare il magistrato in Sicilia? «Sono contro la logica degli uomini per tutte le stagioni. Ritengo che ogni stagione abbia i suoi uomini e io sono soddisfatto di quello che ho fatto. Bisogna cercare di non disperdere le competenze, ma di trasmetterle ai giovani che sostituiscono i vecchi nel periodo di compresenza in cui ci si ritrova a lavorare assieme. Tutto questo per continuare a combattere efficacemente la mafia». SICILIA 2010 • DOSSIER • 105




CAMERE CIVILI

U

no dei mali che più compromettono lo stato di salute della giustizia civile in Italia è il proliferare dei modelli processuali. Lo evidenzia Renzo Menoni, presidente dell’Unione nazionale delle Camere civili (Uncc), un organo che da sempre si propone di raggiungere la semplificazione dei riti. Se la legge n. 69/2009 può costituire per certi versi un passo in avanti verso questa direzione, almeno nelle intenzioni, comprendendo norme per la riduzione dei procedimenti civili, l’introduzione del processo sommario viene salutata da Renzo Menoni con grandi perplessità, in virtù della forte discrezionalità che tale strumento veicola con sé. Come l’Uncc valuta la riforma del processo civile? «Nell’ultimo ventennio il legislatore si è letteralmente “sbizzarrito” in continui interventi di modifica del processo civile. I risultati sono stati disastrosi tanto che, come emerge dai dati resi noti annualmente in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, la situazione si è andata aggravando in maniera progressiva, sia sotto il profilo dell’ormai inaccettabile durata dei tempi processuali, sia sotto il profilo qualitativo». Può farci un esempio di questo fenomeno? «È emblematico il caso della “trionfale” introduzione, nel 2005, del cosiddetto processo societario. Processo che, nelle dichiarazioni del tempo, sarebbe dovuto diventare il modello processuale ordinario e che, invece, è così miseramente fallito da essere stato soppresso, a distanza di soli quattro anni con la Legge n. 69 del 18 giugno 2009. Il primo punto fermo consiste nel fatto che qualsiasi intervento parziale ed emergenziale è destinato non solo a fallire, ma ad aggravare la situazione. Pure la politica si ostina a imboccare tale strada e anche la suddetta legge, pur contenendo alcune modifiche condivisibili, persegue la logica del-

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Un processo più rapido e giusto La giustizia civile italiana necessita di una riforma condivisa. Che, secondo Renzo Menoni, presidente dell’Unione nazionale delle Camere civili, affianchi a una ragionevole durata del processo anche l’indispensabile qualità del procedimento stesso Francesca Druidi

Sopra, Renzo Menoni, presidente dell’Unione nazionale delle Camere civili, costituita a Roma l’11 febbraio 1989 con lo scopo di coordinare l’attività delle Camere Civili presenti sul territorio


Renzo Menoni

Il giusto processo può sussistere solo dove a tempi accettabili si accompagni un’accettabile qualità del processo medesimo, rispettosa dei diritti del cittadino

l’intervento estemporaneo e asistematico. Certo, l’Unione nazionale delle Camere civili, che da anni ha posto fra i suoi obiettivi primari la semplificazione dei riti nella prospettiva della loro unificazione, non può che vedere con favore che il legislatore abbia finalmente recepito questo fondamentale principio. Malgrado ciò, la novella legislativa suscita notevoli perplessità. Particolarmente grave è l’introduzione del processo sommario». Perché l’Unione è contraria alla sommarizzazione del processo? «In primo luogo perché contraddittoriamente alla lodevole dichiarazione di ridurre i modelli processuali, si introduce un nuovo rito. Ma al

di là di questo, il processo sommario, come è stato rilevato in modo autorevole da Proto Pisani, non potrebbe non significare una perdita secca in punto di garanzie. L’assoluta inaccettabilità degli attuali tempi processuali non può trovare soluzione in un processo completamente deformalizzato e, quindi, necessariamente “autoritario”, in quanto rimesso alla mera discrezionalità, che in alcuni casi rischia di sconfinare nell’arbitrio, del giudice nella conduzione e nella stessa determinazione delle modalità di svolgimento del giudizio». Qual è il requisito fondamentale che un procedimento deve rispettare? «Il processo deve rispettare le garanzie processuali delle parti che, sole, possono permettere di ottenere giustizia. In altri termini il “giusto processo”, di cui agli articoli 111 della Costituzione e 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, può sussistere solo dove a tempi accettabili si accompagni un’accettabile qualità del processo medesimo, rispettosa dei diritti del cittadino. Ma vi è di più. Come è stato auto- SICILIA 2010 • DOSSIER • 121


CAMERE CIVILI

È importante rendere fattiva una maggiore collaborazione fra avvocatura e magistratura adottando prassi condivise

revolmente rilevato, il processo sommario non

avrebbe neppure l’effetto di realizzare un processo che fosse sì meno garantista, ma almeno di durata ragionevole. Se, infatti, questo dovesse assurgere a modello “ordinario”, appare inevitabile che nell’arco di breve tempo anche i nuovi processi sommari inizierebbero a subire rinvii, così come accade oggi con i cosiddetti processi ordinari. È significativo, a questo proposito, che il legislatore, non abbia fissato al giudice alcun termine massimo per l’udienza di comparizione delle parti, così che tale prima udienza potrebbe essere fissata anche dopo molti mesi o addirittura anni». Come migliorare in modo concreto la giustizia civile? «Nell’immediato, è importante rendere fattiva una maggiore collaborazione fra avvocatura e magistratura con l’adozione di prassi condivise. Alcuni uffici giudiziari, l’esempio più noto è quello del Tribunale di Torino, grazie alla collaborazione fra avvocatura e magistratura e all’applicazione di prassi virtuose condivise, sono riusciti a rispettare i tempi

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previsti come “ragionevoli” dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, senza sacrificare le garanzie difensive e la qualità del processo. Confermando il fatto che, già ora, con l’attuale ordinamento e le risorse esistenti, è possibile ottenere risultati accettabili. Altre questioni da risolvere a breve termine sono la copertura dei posti previsti in organico non solo per i magistrati, ma anche per i cancellieri e per tutto il personale ausiliario e il recupero alla funzioni giurisdizionali di tutti i magistrati distaccati presso ministeri e Pubblica amministrazione. Altrettanto importante è un severo controllo sull’operosità degli uffici giudiziari, con conseguente riforma del Csm e del procedimento disciplinare. Non vanno, infine, trascurati, altri aspetti». Quali? «Il rafforzamento della condanna per lite temeraria e la segnalazione ai Consigli dell’Ordine, per l’adozione degli eventuali provvedimenti di competenza, delle sentenze che contengano tali condanne. Fondamentale è poi l’immediata approvazione della riforma dell’ordinamento forense, con particolare riguardo alla normativa per l’accesso, allo scopo di porre fine all’abnorme aumento del numero degli avvocati, per una maggiore qualificazione della medesima avvocatura, nell’interesse primario del cittadino-cliente. Guardando in prospettiva, non si può non indicare come prioritaria una riforma organica del processo civile, che porti a una reale semplificazione dei modelli processuali, in direzione della loro unificazione, alla quale va affiancata una revisione delle circoscrizioni giudiziarie, per una più razionale distribuzione sul territorio dei magistrati e del personale ausiliario».



CRONACA GIUDIZIARIA

Equilibrio tragaranzie e indagini

C

ogne, Erba, Garlasco, Perugia per citarne alcuni. Sono i processi mediatici su cui si concentra la curiosità della cronaca e l’interesse pubblico tenuto conto dell’alto fattore di gravità dei reati che li contraddistinguono. «Non vi è dubbio che la diffusione di notizie non definibili come autentiche “prove”, in quanto non ancora passate attraverso l’indispensabile filtro del dibattimento, faccia emergere una verità solo parziale, che può cagionare danni irreparabili al processo penale e, in particolare, una sorta di precostituzione di responsabilità, dettata da interessi di parte o comunque da mere spinte irrazionali». Così Nico d’Ascola, legale di Olindo Romano nel processo per la strage di Erba, divenuto da caso giudiziario a caso mediatico. Processi mediatici. Solo ingiustificata spettacolarizzazione dei processi o rispetto del requisito della verità della cronaca? «La spettacolarizzazione del processo penale costituisce uno degli aspetti più drammatici della nostra società. Infatti, l’irrinunciabile diritto a una corretta informazione, che pure la diffusione mediatica delle vicende processuali dovrebbe soddisfare, viene privato di contenuti da quelle cronache giornalistiche troppo spesso orientate a carpire la morbosa curiosità della opinione pubblica, che è particolarmente viva nella immediatezza della verificazione dei fatti. Momento, questo, che frequentemente coincide con lo svolgimento delle indagini preliminari, di per sé governate da un’inevitabile incompletezza conoscitiva, in quanto unilateralmente preposte alla

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Il processo penale dovrebbe irrinunciabilmente svolgere la funzione di autentico punto di equilibrio tra le esigenze investigative e le garanzie per l’imputato». L’avvocato Nico D’Ascola, interviene sul sempre più frequente rischio di spettacolarizzazione e la garanzia di riservatezza in un processo Renata Gualtieri

raccolta da parte della pubblica accusa di elementi utili alla ricostruzione dei fatti e all’accertamento della responsabilità. Tali elementi, infatti, solo nella successiva fase del dibattimento potranno, nel contraddittorio delle parti, assurgere eventualmente al rango di prove. Le sole davvero meritevoli di intervenire nella formazione del convincimento del giudice e, quindi, dell’opinione pubblica». Oggi quanto e da quali norme è tutelato il diritto alla riservatezza in un processo? «Il diritto alla riservatezza è tutelato esclusivamente nella fase “procedimentale”, ossia durante l’espletamento delle indagini preliminari, coperte dal segreto istruttorio in virtù dell’espressa previsione in tal senso contenuta nel codice di rito penale. Infatti, l’art. 329 del Codice di procedura penale dispone che gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria sono coperti dal segreto fino alla conclusione delle indagini preliminari, salvo il caso in cui gli atti della indagine siano depositati. In questo ultimo caso infatti, la cessazione del segreto tra le parti equivale a cessazione del segreto all’esterno. Ne consegue che nella fase suc-


Nico D’Ascola

La spettacolarizzazione del processo penale costituisce uno degli aspetti più drammatici della nostra società

In apertura, l’avvocato Nico D’Ascola; nella foto grande, un’immagine tratta da Studio Aperto del processo per la strage di Erba; sopra, Olindo Romano e Rosa Bazzi

cessiva, quella propriamente “processuale”, la menzionata garanzia di riservatezza cede il passo a una totale discovery, ossia a una completa disponibilità e conoscibilità di tutte le emergenze processuali. A maggior ragione, dunque, si comprenderà il senso delle mie critiche in merito al rischio che dietro la suadente etichetta formale del diritto di cronaca si celi, in realtà, l’inconfessabile obiettivo di una celebrazione mediatica del processo a costo di una violazione del segreto istruttorio». Durante il processo di Erba, quanto è stata importante la scelta di riavvicinare i coniugi per il suo lavoro di difesa in vista del processo di appello del 18 marzo prossimo? «L’allontanamento di Olindo Romano dal carcere nel quale si trovava detenuto insieme alla moglie Rosa Bazzi è stato disposto senza il supporto di una adeguata motivazione, a fronte di una condotta carceraria irreprensibile di entrambi e, per di più, con il parere contrario di educatori e psicologi e mentre era in corso un apposito programma terapeutico volto anche a contenere l’eventuale rischio suicidario. Tale circostanza, se riguardata anche alla luce del singolarissimo rapporto, il quale rimanda al patologico, che avvince i due coniugi e del quale hanno dato atto persino gli stessi giudici di primo grado nella sentenza di condanna, si disvela di portata dirompente per la psiche, già comprensibilmente provata, dei miei assistiti». Nel corso del primo grado di giudizio è stata rigettata la richiesta di perizia psichiatrica volta a verificare la sussistenza della capacità di intendere e volere dei coniugi. Come ritiene questa scelta? «Doppiamente censurabile, non solo perché non era presente agli atti un’autentica consulenza psichiatrica, ma erano per di più emersi elementi idonei a suffragare l’ipotesi di sussistenza di un disturbo mentale che avvince entrambi i coniugi, proprio in ragione del rapporto strettissimo che li unisce. Rapporto, questo, che un’equipe di psichiatri forensi, guidata dal professor Bogetto dell’Università di Torino, appositamente incaricata dalla difesa di esprimere considerazioni sul punto, ha ritenuto potrebbe essere indicativo di un’esasperata dipendenza reciproca, reputata SICILIA 2010 • DOSSIER • 129


CRONACA GIUDIZIARIA

compatibile con i tratti del “disturbo delirante”

in capo alla sig.ra Bazzi e di una “psicosi indotta” per il marito Olindo Romano. Disturbi, questi, prospettati come meritevoli di adeguato approfondimento peritale». Le intercettazioni rimangono un buono strumento di indagini e quali ripercussioni hanno sull’iter di un processo e sul lavoro dei giudici? «Non vi è dubbio che le intercettazioni costituiscano un fondamentale mezzo di ricerca della prova, di indispensabile ausilio per le esigenze investigative che se seriamente intese, dovrebbero imporre per un verso condizioni di riservatezza estrema e, per altro verso, una rigorosa regolamentazione dei limiti di operatività dei mezzi a disposizione della pubblica accusa. Ciò al fine di scongiurare il rischio di incontrollate fughe di notizie foriere di inquinamenti probatori irreparabili, la scellerata diffusione di fatti personali nonché uno sbilanciamento ingiustificato in favore dei poteri attribuiti agli organi inquirenti. In questo senso esprimo, la mia condivisione rispetto alle recenti iniziative legislative volte a regolamentare l’impiego delle intercettazioni, in quanto rivolte a disciplinare una materia frequentemente contrassegnata da abusi e violazioni di diritti e libertà fondamentali. Al contrario, la richiesta di quella parte dell’opinione pubblica volta a legittimare un ampliamento ulteriore dei poteri della pubblica accusa rischierebbe di allontanare ulteriormente il processo penale dalla funzione, che esso dovrebbe irrinunciabilmente svolgere, di autentico punto di equilibrio tra le esigenze investigative e le garanzie per l’imputato». Il sovraffollamento carcerario oggi ha assunto i contorni di un autentico problema sociale. Quali i rimedi? «Meriterebbe di essere integralmente rivisitato l’attuale arsenale sanzionatorio, in quanto incentrato sulla sola pena detentiva, laddove invece misure sanzionatorie alternative a quest’ultima, ma egualmente idonee a limitare la libertà personale – come la imposizione di lavori di pubblica utilità ovvero l’obbligo di permanenza in casa nei giorni del sabato e della domenica – potrebbero oggi garantire un più elevato standard di efficienza del sistema, se riferite – ovviamente – 130 • DOSSIER • SICILIA 2010

Nella fase processuale la garanzia di riservatezza cede il passo a una totale discovery, completa disponibilità di tutte le emergenze processuali

ai reati meno gravi. Nella stessa ottica andrebbero, altresì, espunte dal sistema le pene pecuniarie che altro non sono se non il riflesso di illeciti il cui disvalore è troppo modesto per meritare una risposta sanzionatoria di tipo penale, la quale per definizione dovrebbe ispirarsi alla logica della extrema ratio. Ne dovrebbe conseguire un complessivo sfoltimento dell’attuale pletorico catalogo di reati, mediante il trasferimento di quelli bagatellari al diritto amministrativo punitivo». Il 2010 è l’anno delle riforme della giustizia. Quale riforma ritiene ancora indispensabile per la giustizia penale? «Ritengo sia necessario operare un complessivo intervento riformistico capace di guardare congiuntamente al diritto penale sostanziale e al diritto penale processuale, in quanto avvinti da un nesso funzionale troppo spesso trascurato nel dibattito legislativo. In particolare stimo improcrastinabile una riforma del codice penale il quale, malgrado il raffinato tecnicismo che lo contraddistingue, è ormai troppo vetusto per rispondere alle esigenze della società attuale».



FINANZA

L’oscura fragilità del mondo O finanziario È anche grazie alla categoria forense che oggi, milioni di risparmiatori, hanno ottenuto una rivalsa nei confronti di un mondo finanziario spietato. L’avvocato Gino Bosco, però, richiama l’attenzione verso i rischi connessi ad alcune nuove formule giurisprudenziali Andrea Moscariello

L’avvocato Gino Bosco all’interno del suo studio di Trapani. Nella pagina a fianco, l’avvocato viene intervistato a Londra dopo avere preso parte all’assemblea che ha costretto la Cirio all’amministrazione straordinaria - avvginobosco@tiscali.it

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ccorre che le banche centrali assieme agli organismi di controllo dei mercati finanziari, cerchino sistemi di tutela del mercato più stringenti onde evitare eccessi di bolle speculative a danno dei risparmiatori». Ecco, dunque, il monito dell’avvocato Biagio Bosco, da tutti conosciuto come Gino. Un’osservazione la sua, sempre più diffusa, e che emerge anche in seguito ad alcune importanti battaglie perseguite, in passato, dal noto legale trapanese. Basti ricordare che, nel 2003, l’avvocato fu l’unico a presentare un’istanza di fallimento contro la Cirio presso il Tribunale di Roma. Il caso dei Bond emessi dalla Cirio ha sicuramente segnato la sua carriera. «Nel 2003 il sistema normativo vigente in Italia era assai lacunoso rispetto a quello statunitense. I bond come quelli emessi in Lussemburgo dalla Cirio, con una riserva di giurisdizione inglese e non italiana, non potevano circolare in nessun caso all’interno degli Usa. In Italia erano riservati solo a investitori istituzionali ma, pur senza l’autorizzazione della Consob, sono stati venduti dalle banche a migliaia di risparmiatori, in molti casi in grave conflitto d’interessi. Presentai nel marzo 2003 l’unica istanza di fallimento contro la Cirio al Tribunale di Roma e, nelle more del giudizio, la Cirio cercò di evitare la bancarotta, ormai conclamata dal default dei bond, convocando a Londra le assemblee degli obbligazionisti per deliberare le conversioni dei bond in azioni della società. Il debito sarebbe divenuto così capitale sociale». E quali risultati ottenne nel Regno Unito? «A Londra, con altri avvocati in rappresentanza di obbligazionisti, e contro le banche presenti, riuscimmo a far bocciare la conversione proposta, col risultato dell’inevitabile apertura dell’amministrazione straordinaria della Cirio e la contestazione del reato di bancarotta fraudolenta ai vertici della società e di alcune banche per l’ipotesi del concorso in detto reato. Il procedimento penale è ancora pendente e, se vi sarà sentenza di condanna per alcuni banchieri imputati, si aprirà un’ulteriore possibilità di ristoro patrimoniale per i risparmiatori contro le


I rischi

banche coinvolte». Con questo episodio si è messo in luce un lato, si può dire, inquietante, del mondo bancario. «È emerso all’epoca che il sistema bancario, dopo aver scaricato sui risparmiatori gran parte dei bond, ha mostrato i muscoli a propria protezione contro le iniziative dei risparmiatori volte a ottenere il risarcimento per i danni ingiustamente subiti, riuscendo anche a far bloccare per parecchio tempo i tentativi di legislazione della class action. Si sa bene che in Italia le banche e le assicurazioni costituiscono lobbies molto forti. I diversi tribunali italiani, comunque, di fronte all’assoluta novità del contenzioso proposto, hanno prontamente inquadrato le problematiche giuridiche e le irregolarità connesse alla vendita dei detti bond da parte del sistema bancario. E deve registrarsi nel corso degli anni una giurisprudenza pressoché costante che ha reso le giuste ragioni risarcitorie ai risparmiatori italiani». La sua categoria quanto si sta rivelando utile a tutela dei risparmiatori? «L’aiuto professionale degli avvocati è certamente utile per la garanzia di adeguata conoscenza delle leggi settoriali che una buona parte della categoria può avere. Mi preoccupano un po’ alcune iniziative assunte da neonate associazioni in difesa dei risparmiatori e consumatori, poiché paiono volte maggiormente ad acquisire pacchetti di clientela a basso costo piuttosto che a offrire seria competenza professionale. L’avvento della class action potrà essere certamente utile laddove l’iniziativa verrà affidata dai risparmiatori alla comprovata esperienza di professionisti abilitati». Dalla crisi cosa possiamo dire di avere imparato? «L’ultima crisi internazionale ha mostrato la fragilità economica del mondo occidentale, che è sembrato molto più interessato allo sviluppo sfrenato della leva finanziaria a discapito della produzione reale. Manager assai spregiudicati, i quali non hanno idea di cosa sia il bene comune, hanno fatto di tutto pur di mantenere la legittimazione del proprio ruolo, dando immediata e continua soddisfazione a sé stessi e agli azionisti con le trimestrali societarie,

Mi preoccupano alcune iniziative assunte da associazioni in difesa dei risparmiatori, poiché paiono volte ad acquisire clienti piuttosto che a offrire seria competenza

proiettano le imprese e le banche a una politica d’investimenti speculativi a breve termine e non seriamente industriali. Con grave danno, come si è visto, per l’economia, il mercato e soprattutto per i risparmiatori». A livello processuale, siamo alla soglia di importanti novità per ciò che concerne la conciliazione obbligatoria. «Tra pochi mesi diverrà condizione di procedibilità dell’azione da proporre in giudizio, in quasi tutti i campi del contenzioso civile e commerciale. Stanno sorgendo in tutta Italia organismi di conciliazione, promossi da enti privati o pubblici, tra cui i Consigli dell’Ordine degli Avvocati. Il cittadino potrà quindi scegliere l’organismo che dia garanzie di maggior serietà e competenza professionale nell’esperire il tentativo di conciliazione obbligatorio». Qual è il suo giudizio in merito? «È un sistema che certamente costituirà un filtro alla crescita esponenziale dei processi civili degli ultimi anni e che potrà quindi contribuire ad alleggerire il sistema della giustizia civile, assai intasato. Poiché l’innovazione introdotta costituisce un nuovo aspetto di “giustizia a pagamento”, il rischio è quello cui ho già accennato, ossia che a muovere l’iniziativa sia uno spirito meramente economico di business services, e non quello effettivamente conciliativo».

SICILIA 2010 • DOSSIER • 135


USURA BANCARIA

Non solo a Palermo l’usura bancaria rincara la crisi Il sistema fiscale-tributario italiano mette in fuga molte delle sue risorse imprenditoriali. Così come il fenomeno di usura bancaria. Le normative a riguardo risentono di un’incoerente applicazione. L’analisi di José Libero Bonomo e Lea Domenica Lucchese Adriana Zuccaro

governi hanno dato alla finanza soldi per salvarsi, la finanza usa ora questi soldi per speculare contro i governi stessi”. Con questa affermazione il ministro Giulio Tremonti ha chiuso un recente annuncio sulla necessità assoluta di una riforma fiscale, che sia concreta, oculata e lungimirante. «Prescindendo da qualsiasi ideologia o idea politica, il mondo dell’impresa – e dell’attività economica in genere – auspica una profonda riforma fiscale e tributaria che sia da volano alla capacità di sviluppo che può essere profusa dagli imprenditori, dagli operai, dai commercianti, dai professionisti italiani che spesso si scontrano con uno Stato avvertito quale nemico». Attraverso le più disparate richieste di assistenza legale che inondano le proprie scrivanie, gli avvocati José Libero Bonomo e Lea Domenica Lucchese, civilisti esperti in diritto fiscale, tributario e commerciale, danno voce a quel comune bisogno di cambiamento. La farraginosità del sistema giuridico italiano è un dato di fatto riverso sui diritti

I

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Così come l’attacco, anche la difesa necessita di una certa dose di vigore proprio per scoraggiare ingiuste aggressioni e per ridare serenità, soprattutto in una terra difficile e meravigliosa come la Sicilia

civili dei cittadini. Che impulso manca per non soffrirne? L.D.L.: «Molto spesso il diritto di difesa è messo in secondo piano perché lo strumento di tutela è, nella maggioranza dei casi, eccessivamente gravoso in termini economici, temporali o anche solo procedimentali. In tal modo, si finisce con lo svilire le proprie legittime ragioni per timore di affrontare qualcosa che non si conosce o che non si comprende sino in fondo. Tuttavia, così come l’attacco, anche la difesa necessita di una certa dose di vigore proprio per scoraggiare ingiuste aggressioni e per ridare serenità, soprattutto in una terra difficile e meravigliosa come


Incoerenze

In foto, gli avvocati José Libero Bonomo e Lea Domenica Lucchese, civilisti esperti in diritto fiscale, tributario e commerciale nel loro studio legale di Alcamo (TP) - studiolegalebonomo@tiscali.it

la Sicilia. Non bisogna mai dare nulla per scontato ma mettersi in gioco perché, anche se poche e non facilmente individuabili, le occasioni esistono e sono alla portata di tutti». Ma è possibile riuscire a “mettersi in gioco” in casi di usura bancaria? J.L.B.: «La legge oggi dispone sul tavolo “carte” piuttosto controverse. Di fatto, la problematica relativa all’usura bancaria trova la sua prima e significativa regolazione con l’introduzione della legge n. 108/1996 la cui importanza risiede, soprattutto, nel criterio oggettivo di definizione di usurarietà del tasso, stabilendo che trimestralmente vengano rilevati i tassi medi applicati dal sistema bancario alle categorie omogenee di credito – apertura di credito in conto corrente superiore o inferiore a 5 mila euro, contratti di mutuo, leasing, factoring, eccetera – operate sia da aziende bancarie sia da istituti finanziari. Una volta rilevato il tasso medio, la legge stabilisce che la soglia c.d. usuraria, che non può essere superata, è pari al tasso rilevato aumentato del suo 50%. Questa scelta legislativa ha

sgomberato ogni dubbio sulle varie interpretazione dogmatiche sul concetto di usura, anche se ha lasciato dubbi in ordine alla sua applicazione nel campo della pratica usuraria svolta da soggetti privati poiché la normativa non positivizza per essi lo stesso criterio». Dove si insinuano le complessità legislative in materia d’usura bancaria? J.L.B.: «Per determinare se un tasso applicato sia, o meno, superiore alla soglia usuraria, la problematica più interessante risiede nelle modalità di calcolo del tasso di interesse, spesso disattesa. Invero, anche in questo caso non dovrebbero esserci dubbi poiché la tabella metodologica, e in particolare le note fornite dalla Banca d’Italia, specificano la formula da applicare. Se applicata correttamente la formula, il tasso applicato ai rapporti è risultato essere, nell’80% dei casi da noi trattati, superiore alla soglia usuraria. Il superamento del tasso ha effetti sia sul profilo penale (integrando ipotesi di reato) sia sul profilo civilistico. Il citato art. 1815 cod. civ. stabilisce che, in ipotesi di tasso usurario, al mutuo non va applicato alcun interesse, neppure quello legale. La normativa citata riserva alle vittime dell’usura dei benefici quali l’accesso al fondo delle vittime dell’usura, la sospensione delle procedure esecutive avanti il Tribunale, la sospensione della riscossione esattoriale». Tra quali alternative possono scegliere i cittadini che necessitano l’ausilio di istituti di credito per non cadere vittima di usura bancaria? J.L.B.: «Dopo le prime tese battaglie processuali, il sistema bancario si è sempre più reso conto della portata della normativa antiusura e ha ridimensionato la propria posizione, anche se si continua ancora a discutere su parecchi aspetti quali, ad esempio, i giorni di valuta, le commissioni di massimo sco- ›› SICILIA 2010 • DOSSIER • 137


USURA BANCARIA

Qui, lo staff di professionisti legali dello studio Bonomo e Lucchese

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perto, le spese accessorie. La realtà che sempre più andiamo rilevando tra i nostri assistiti è data dalla tendenza di circondarsi di consulenti specifici nel settore finanziario, di matematica finanziaria e di avvocati specializzati nel settore, che coadiuvano il cliente nella fase precontrattuale e contrattuale, per poi creare una sorta di pool che esamina mensilmente gli estratti conto e i vari movimenti, richiamando immediatamente il partner bancario sulle condizioni applicate». Quanto ha inciso la critica congiuntura economica nella richiesta di assistenza legale in materia fiscale e tributaria? L.D.L.: «L’imprenditore alle prese con il fenomeno “crisi” si scontra, da un lato, con la concorrenza feroce delle imprese degli altri Stati agevolati da un sistema fiscale-tributario di favore che rende sempre più competitivi i loro prodotti e, dall’altro lato, con il sistema fiscale italiano obsoleto e macchinoso che invoca l’intervento professionale di esperti così da dirigere e orientare l’imprenditore. È da rilevare che quasi la totalità dei

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Ormai da anni, la maggior parte degli attori economici auspicano una riforma del sistema fiscale che si ispiri al modello americano reputato il più idoneo a supportare lo sviluppo del sistema economico

nostri assistiti auspicano, ormai da anni, una riforma del sistema fiscale che si ispiri al modello americano reputato il più idoneo a supportare lo sviluppo del sistema economico. Dal punto di vista della scienza giuridica, l’attenzione dello studio si è incentrato soprattutto sul meccanismo di esazione posto in essere dagli agenti di riscossione, rilevandone gli aspetti negativi e gli errori. In particolare, si è verificato, soprattutto in passato, il mancato rispetto dell’art. 25 del d.P.R. n. 602/73 nella parte in cui prevede la “decadenza” dall’azione di recupero se non vengono rispettati i termini tra la data della consegna del ruolo


Incoerenze

NECESSITÀ DI INFORMATIZZAZIONE Tra giurisprudenza e finanza, la realtà che sempre più si rileva è data dalla tendenza degli attori del mondo economico, di circondarsi di consulenti specifici nel settore finanziario. Nel tentativo di massimizzare tale assistenza, lo studio legale Bonomo e Lucchese, unitamente a uno studio di commercialisti e a operatori del campo informatico, è impegnato alla realizzazione di un programma che monitorizzi quotidianamente le operazioni bancarie e segnali ogni anomalia. L’informatizzazione permetterà una migliore gestione finanziaria delle risorse dell’imprenditore e una maggiore collaborazione con il sistema bancario che, alla fine, premia i soggetti più all’avanguardia e più preparati, dimostrandosi più duttile a chi sa far valere i propri diritti.

e la data di notifica della cartella esattoriale. Invocando tale principio e collegandolo all’art. 615 c.p.c. – c.d. opposizione all’esecuzione –, sono state ottenute centinaia di sentenze che hanno annullato migliaia di cartelle. Il contribuente ha, quindi, un diritto di certezza in ordine alla celerità dell’azione di recupero, altrimenti l’attività può essere paralizzata e resa nulla». Quali le più frequenti casistiche di tutela del diritto commerciale? L.D.L.: «Sempre più importante e fondamentale diventa l’esigenza di tutelare il proprio patrimonio e di metterlo al riparo da

eventi imprevisti e devastanti. Purtroppo, oggi, l’aggressività, da un lato, degli strumenti consegnati sia al sistema bancario (segnalazione alla centrale rischi) sia agli enti di riscossione (fermo amministrativo, ipoteche, pignoramenti) e, dall’altro lato, la tardività della risposta della giustizia, impongono il ricorso a strumenti di segregazione patrimoniale che consentano non tanto la sottrazione alle legittime aspettative del creditore (si ricordi che basterebbe istaurare una azione revocatoria per rendere inefficace qualsiasi atto di disposizione), ma che consentano la gestione sicura del proprio patrimonio sino all’esaurimento del procedimento incoato». Ad esempio? J.L.B.: «Nei rapporti bancari, il cliente si vede spesso costretto a dover pagare l’intera esposizione con riserva di ripetere l’indebito pur di non trovarsi segnalato alla centrale rischi (anche se oggi la giurisprudenza si sta modificando) per poi attendere l’esito del processo. Ad oggi, siamo in attesa di due pronunce del Tribunale di Palermo nelle quali il cliente ha pagato ed estinto un rapporto di conto corrente. In tali giudizi, il consulente nominano dal giudice ha stabilito che esiste un credito a favore del correntista di circa 300 mila euro in un caso, e di circa 120 mila euro nell’altro caso. Se tali cifre fossero state valutate con procedimenti celeri e certi, il cliente non avrebbe subito il danno di dover pagare tale cifra non dovuta e avrebbe potuto impiegare la stessa somma per lo sviluppo e il rilancio della propria impresa. In questi termini, la lentezza della giustizia, la mancata collaborazione del sistema bancario e l’avversità della macchina statale incidono enormemente sulla efficienza di un sistema economico fondamentalmente sano e forte. Occupandoci anche di diritto internazionale notiamo le differenze che esistono tra fare impresa in Italia e fare impresa nel mondo». SICILIA 2010 • DOSSIER • 139


GUARDIA DI FINANZA

Uno preciso controllo del territorio

R

L’impegno della Guardia di Finanza in Sicilia è improntato su più fronti. La lotta all’usura riveste un ruolo importante come illustra il generale di divisione Domenico Achille, comandante regionale della regione della Guardia di Finanza

ecentemente la Guardia di Finanza ha concluso un’operazione nel catanese che ha portato a una decina di ordinanze di custodia cautelare nei confronti di persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata all’usura e alle estorsioni. L’attenzione dei comparti siciliani verso questo problema è molto alta e ha portato alla conclusione di varie opera- Nicolò Mulas Marcello zioni sia l’anno scorso sia nei primi mesi di quest’anno. Come sottolinea il generale Domenico Achille, comandante regionale della Guardia di Finanza: «Nel solo 2009 e nei primi mesi di quest’anno le operazioni effettuate si sono conIl generale di divisione Domenico Achille, comandante regionale cretizzate in 35 interventi nei confronti di 66 della Guardia di Finanza soggetti che sono stati denunciati all’autorità giudiziaria, e 18 di questi sono stati tratti in arresto». Come si articola il vostro impegno in merito a questo reato? «Quello che posso dire come responsabile del coordinamento delle attività dei reparti sul territorio della Sicilia è che la collettività in relazione a questo problema si rivolge con fiducia alla Guardia di Finanza. Ci siamo riusciti anche attraverso i quotidiani contatti con le organizzazioni anti racket e anti usura, e con gli stessi contribuenti che guardano con fiducia a noi come organo capace di indagare in mezzo ai bilanci e alle documentazioni bancarie, come un organo in grado di smantellare e combattere adeguatamente questo fenomeno». Nello specifico l’operazione catanese come si è sviluppata? «L’operazione di Catania si è sviluppata per molto tempo con il coordinamento della procura e della direzione distrettuale antimafia e ha comportato una serie di investigazioni molto meticolose, supportate anche da intercettazioni tele156 • DOSSIER • SICILIA 2010


Domenico Achille

È nostro compito fare analisi di rischio e intervenire, andando a individuare quelli che sono i canali di rifornimento dei singoli venditori di merce contraffatta

20 mln EURO

Il valore in euro dei beni sequestrati durante l’operazione anti-usura conclusa recentemente a Catania

foniche e ambientali. Essa ha consentito di smantellare quell’organizzazione giungendo all’esecuzione di ordinanze nei confronti di 21 soggetti che sono stati tratti in arresto. L’attività ha comportato anche l’esecuzione di una serie di complessi e articolati accertamenti patrimoniali nei confronti di tutti gli indagati. Sono state prese in esame le posizioni di oltre 130 persone che hanno poi consentito anche di pervenire al sequestro del frutto delle attività illecite commerciali, di immobili e di automezzi per un valore di oltre 20 milioni di euro». La vostra attività riguardo al problema dell’usura è quindi capillare sul territorio. «Questa è solo una delle operazioni sicuramente importanti, ma che si colloca in una serie di attività che vengono sistematicamente portate avanti su tutto il territorio della Sicilia e che i miei reparti, che operano variamente sul territorio regionale, hanno accertato e rapportato agli organi giudiziari. Nel solo 2009 e nei primi mesi di quest’anno le operazioni effettuate sono 35 interventi nei confronti di 66 soggetti che sono stati denunciati all’autorità giudiziaria, e 18

di questi sono stati tratti in arresto. E riguardano tutto il territorio. Questo è un reato particolarmente odioso e difficile da scoprire se non c’è poi la convinzione da parte della vittima che subisce quella forte soggezione psicologica da parte dell’usuraio a far conoscere la propria posizione di sudditanza non solo materiale, ma anche e soprattutto psicologica». In materia di contraffazione recentemente avete sequestrato oltre 500 mila capi di abbigliamento falsi, e denunciato due commercianti cinesi. Qual è l’entità di questo problema in Sicilia? «Questo sequestro altro non è che l’ultima delle operazioni in ordine di tempo, portata a compimento proprio nei giorni scorsi da un reparto del Catanese, replicata qualche giorno dopo da un’altra altrettanto importante operazione di altri 500 mila capi contraffatti, recuperati sempre nella provincia di Catania, che si sono aggiunti a quasi un milione di pezzi sequestrati a Palermo qualche giorno fa. Esistono delle comunità di etnia cinese che gestiscono questi traffici e una di queste è insediata a Catania. I prodotti contraffatti vengono poi distribuiti attraverso una rete capillare di venditori. Nel 2009 e nei primi mesi di quest’anno noi abbiamo sequestrato oltre 3 milioni di articoli per un valore che supera i 13 milioni di euro. Si tratta ovviamente dei prodotti più vari da quelli destinati ai bambini fino alle borse, accessori per la telefonia e altre tipologie merceologiche». In cosa consiste l’ attività di prevenzione, ricerca e repressione delle violazioni in materia di marchi, brevetti e diritti d'autore in cui il Corpo della Guardia di Finanza è impegnato quotidianamente? «Nella nostra attività di organo di polizia economica e finanziaria, abbiamo sviluppato una SICILIA 2010 • DOSSIER • 157


GUARDIA DI FINANZA

Nel 2009 e nei primi mesi di quest’anno abbiamo sequestrato oltre 3 milioni di articoli per un valore che supera i 13 milioni di euro

particolare versatilità nel guardare i conti, nel percorrere i flussi commerciali, nel fare le analisi di rischio dei prodotti dei container che vengono importati da determinati paesi e che raggiungono il nostro paese. È quindi nostro compito fare analisi di rischio e intervenire, non nei confronti del singolo venditore della borsetta contraffatta o degli occhiali, quanto piuttosto a monte andando a individuare quelli che sono i canali di rifornimento e soprattutto lì dove è presente la criminalità organizzata. Determinate organizzazioni criminali che operano e cercano di imporre la loro legge in determinate aree chiaramente pongono noi nelle condizioni avere una maggiore attenzione nei confronti sia dell’area sia del fenomeno sia delle organizzazioni criminali». Nei mesi scorsi lei ha firmato un protocollo d’intesa con l’assessore Mario Centorrino ai fini del coordinamento dei controlli e dello scambio di informazioni in materia di finanziamenti dei fondi strutturali comunitari. In 158 • DOSSIER • SICILIA 2010

cosa consiste? «Le funzioni di polizia economica e finanziaria e le funzioni di polizia comunitaria che ci viene espressamente riconosciuta dalla normativa nazionale comunitaria ci consente di volgere la nostra attenzione in maniera particolare alle spese che sono poste a carico del bilancio nazionale, dell’unione europea o delle corrispondenti strutture territoriali, regioni e enti locali. Questi enti normalmente partecipano ai finanziamenti cosiddetti comunitari con quote di cofinanziamento. Nel tempo a livello nazionale sono stati sviluppati specifici controlli. Esistono controlli anteriori all’erogazione, quelli in itinere e quelli ex post. Noi eseguiamo verifiche in itinere e ex post, per accertare che quelle provvidenze siano state effettivamente spese nella direzione giusta. Questo tipo di attività noi la sviluppiamo sia negli aiuti all’agricoltura sia a finanziamenti con finalità strutturale. Questo protocollo d’intesa non riguarderà solo i fondi comunitari ma tutti i fondi che verranno gestiti dalla regione».



ORIZZONTI SICILIANI

Pensieri dipinti tra la terra e il mare Il mare in lontananza, sovrastato da un cielo sconfinato». Questo il paesaggio degli Iblei che Piero Guccione predilige. Un viaggio alla scoperta della Sicilia del Sud Est, soffermandoci sulle luci, i colori e le atmosfere di questa terra magica che per l'artista è un'inesauribile fonte d’ispirazione Nike Giurlani

I

n questo viaggio alla scoperta della Sicilia non vogliamo avvalerci delle tradizionali guide turistiche, ma di una guida autoctona. La Sicilia che si rivelerà ai nostri occhi sarà quella che ha ispirato le opere di Piero Guccione. L’artista siciliano, definito dalla critica il pittore “delle linee della terra e del mare”, che è nato nella suggestiva città di Scicli, uno dei centri del barocco ibleo della Val di Noto. Da sempre trae dalla sua terra la linfa vitale per alimentare le sue opere e la sua arte sarà quindi la nostra rosa dei venti e ci orienterà in un percorso volto a scoprire le eccellenze e le caratteristiche di questa regione e in particolare del territorio degli Iblei. Quale tra le sue opere rappresenta meglio la luce, i colori e le suggestioni della Sicilia? «Non saprei indicarne una in particolare. Tutte le mie opere sono ispirate alla Sicilia, alla mia Sicilia. Nelle mie opere in particolare c’è la terra dove sono 160 • DOSSIER • SICILIA 2010

nato, quella che vedo guardando fuori dalla finestra del mio studio: il mare in lontananza, sovrastato da un cielo sconfinato». In quale momento della giornata preferisce dipingere? «Ho sempre privilegiato le ore della mattina come risolutive per la luce, ma la pittura è un lavoro lento, che si estende nell’arco dell’intera giornata. Rea-

Sopra, l’artista Piero Guccione nel suo studio

lizzare un’idea, un progetto implica che non ci possa essere un tempo stabilito, bisogna lasciare che il quadro si sviluppi e che venga elaborato anche psicologicamente. La luce che più mi affascina è quella mattutina o quella meridiana, quando la luce diventa più intensa, non ho mai dipinto tramonti». In occasione di una sua mostra a Roma Vittorio Sgarbi


Piero Guccione

ha definito l’azzurro dei suoi quadri come “l’idea stessa di un pensiero assoluto”, i suoi quadri sono “pensieri dipinti”. Quanto ha influito secondo lei avere a disposizione davanti ai suoi occhi l’azzurro del mare e del cielo della sua Sicilia? In quali punti della sua Regione o della sua città il cielo, se possibile, è ancora più bello? «Tutto il territorio degli Iblei ha sicuramente un fascino straordinario e rappresenta per me un’inesauribile fonte di ispirazione. In particolare il territorio di Modica, in provincia di Ragusa, dove vivo. Qui posso osservare e scrutare ogni momento del giorno le infinite variazioni della natura e lasciare che la magia di questi luoghi mi parli e mi ispiri». Lei prende spesso a riferimento le opere dell’artista tedesco Caspar David Friedrich e la sua arte volta alla ricerca del “sublime”. Quale luogo della Sicilia definirebbe sublime? «In Sicilia in qualunque luogo si può raggiungere il sublime. Ogni angolo, ogni strada, ogni paesaggio sfiora il sublime, ma questo stato d’animo è soggettivo a seconda del potere evocativo che l’individuo riesce a ricreare con quei luoghi. Il sublime si ricrea nel momento in cui l’individuo riesce ad amplificare la bellezza di ciò che lo circonda. Ecco, questo è quello che io cerco di fare ogni volta

che mi pongo a contatto con la natura». L’orizzonte: linea immaginaria, rarefatta, ma che inevitabilmente ci affascina e ci ammalia. Dove ha ammirato il tramonto più bello? «Indimenticabile il tramonto che ho visto a San Vito Lo Capo nella Sicilia occidentale, fra Trapani e Palermo. In questo antico borgo marinaro che conserva intatta la forte impronta araba c’è un insenatura molto suggestiva». Che cosa rappresenta per lei Scicli la città che Vittorini ne “Le Città del mondo” scrisse “Forse è la più bella di tutte le città del mondo”? «Scicli è una città intensa, armoniosa, grazie al caldo colore della sua pietra che mette in risalto le splendide opere barocche. Tutta questa zona è infatti resa ancora più suggestiva dall’arte barocca, caratterizzata da tonalità più chiare rispetto quelle di Catania. Scicli è infatti uno dei centri del barocco ibleo della Val di Noto e si caratterizza per questo colore chiaro, ma intenso come quello del miele che viene maggiormente valorizzato dalla luce del sole. Scicli ha un fascino tutto suo che si può scoprire solo percorrendo le sue strade, visitando le sue chiese, ammirando la sua arte». C’è un luogo al quale è particolarmente legato e perché? E uno nel quale si è trovato particolarmente ispirato?

PARCO IBLEI ALLA SCOPERTA DELLA NATURA Da tempo si parla di creare un parco naturale tra le province di Siracusa, Ragusa e in una piccola parte di Catania. Il territorio è costituito da altopiani calcarei e da cave, entro le quali scorrono acque di fiumi, torrenti e ruscelli naturali. Una delle caratteristiche principali è la straordinaria biodiversità della flora e della fauna selvatica. L'intento è di far sì che i beni culturali e naturalistici rinascano a nuova vita come luoghi di ricerca scientifica, ma anche per circuiti turistici e di turismo eco-compatibile.

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ORIZZONTI SICILIANI

SCICLI: TRA LA TERRA E IL MARE

S

cicli si estende su una larga pianura incastonata all'interno di tre valli strette e incassate dette Cave (le valli di Modica, di Santa Maria La Nova, e di San Bartolomeo. Il nome Scicli si pensa che derivi da ?iclis, uno degli appellativi utilizzati per indicare i Siculi, i famosi popoli del mare che gli egiziani chiamavano Sheklesh. Dal 2002 la città è entrata nella World Heritage List dell'Unesco. Scicli è uno dei centri del barocco ibleo della Val di Noto e tra le sue principali bellezze annovera il palazzo Beneventano, il Palazzo Fava e il Palazzo Spadaro.

«Il mare di fronte al piccolo end in Sicilia per assaporare i zazione sulla scomparsa delpaese di Sampieri e la scogliera di Punto Corva che si trovano nel litorale non lontano da dove risiedo. Qui mi sono ritrovato spesso per prendere appunti e sviluppare idee per i miei lavori. Non dipingo sul posto, ma mi piace molto osservare i luoghi, recarmi quotidianamente nel paesaggio che mi ha ispirato per studiarlo, indagarlo, per coglierne ogni tratto. Poi mano a mano ogni tassello va al suo posto. La mia è una pittura molto lenta, che nasce gradatamente, posso metterci due mesi come due anni». Se dei suoi amici decidessero di trascorrere un week 162 • DOSSIER • SICILIA 2010

sapori, gli odori e i colori di questa terra quale località consiglierebbe? «La provincia Iblea nella sua vastità è estremamente variegata per culture, colture, paesaggi sia collinari che marini. E poi per i sapori. La nostra arte culinaria si caratterizza in particolare per piatti a base di legumi come le fave. Molto buoni sono anche i ravioli di ricotta con il sugo al pomodoro o di carne». Da sempre si è dimostrato molto sensibile alla tutela dell’ambiente, in particolare nel preservare la natura che da secoli caratterizza la Sicilia. In passato ha portato avanti una campagna di sensibiliz-

l’albero dei carrubi, che è poi diventato la musa ispiratrice di una serie di pastelli “Immagini e riflessioni intorno ad un albero che muore”. Ci sono parchi dove è possibile ancora immergersi nella natura per fuggire da smog e caos? «Purtroppo qui, come in Italia, specie nel Meridione, la natura è stata a lungo oltraggiata. Da qualche tempo però sembra che la situazione stia cambiando. Nel nostro territorio sorgerà infatti il parco degli Iblei per tutelare e proteggere la bellezza e l’integrità della natura che caratterizza la nostra isola da secoli».

Sopra, una veduta di Modica



PROGETTI PER L’ITALIA

Quei progetti ambiziosi, N oggi come ieri Ripercorrendo la vita professionale di Carmelo Aitala riemergono importanti fasi della storia industriale del nostro Paese. Dall’apice del boom economico al dramma del terremoto campano del 1980. Il noto personaggio si racconta porgendo lo sguardo al futuro dei suoi progetti Carlo Sergi

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on ha mai avuto paura di osare, Carmelo Aitala. Un ragioniere, un imprenditore, un protagonista dell’economia siciliana, ma non solo. Un esempio di quella generazione che, a cavallo del boom economico, ha saputo cogliere quel sapore di sfida che il mercato e il sogno italiano si trascinavano. Molte le tappe della sua carriera, dagli anni della Scev di Catania, subito dopo il diploma, a quelli in cui, per la stessa azienda, ricoprendo l’incarico di responsabile della produzione e commerciale portò il fatturato dai 60 milioni di lire del 1961 ai 2,5 miliardi del 1973. Nel mentre, un unico filo conduttore, la progettazione. «Importai per primo in Sicilia il brevetto di precompressione, poi concesso alla Scev dalla società Tecnicavi, diretta dall’ingegner Ernesto Segre – ricorda Aitala -. Grazie a questo ho potuto, in quegli anni, intrattenere rapporti di consulenza e di fornitura con le maggiori imprese operanti in Sicilia e in Calabria, in particolare per l’esecuzione di travi da ponte e grandi strutture, come, ad esempio, i viadotti dell’autostrada Catania-Palermo, per la CataniaMessina, e per la Messina-Palermo». Contemporaneamente si dedicò alla consulenza progettuale e all’esecuzione di manufatti prefabbricati con applicazione in campo industriale e civile. Per poi, nel 1970, divenire dirigente all’età di 34 anni. Un

Il ragionier Carmelo Aitala, presidente della Imea Prefabbricati Spa di Catania


Carmelo Aitala

cosa inusuale, specie per l’epoca, tanto che si può affermare il fatto che Carmelo Aitala fu annoverato tra i più giovani dirigenti dell’Italia meridionale. «Le esperienze e i contatti maturati con le grandi imprese di allora, con la capacità dimostrata nella risoluzione e nell’organizzazione e nella direzione, mi condussero a ritenere giunto il momento per una svolta, tanto da decidere di rassegnare le dimissioni dall’azienda che mi aveva dato i natali professionali, e intraprendere una nuova e ben più impegnativa esperienza nel campo sia dell’industrializzazione che della prefabbricazione di manufatti per la costruzione». E colpisce, nei ricordi di Carmelo Aitala, il riemergere di una classe ingegneristica del Sud Italia che, contrariamente ai tanti ostacoli

e ai problemi che tutti conosciamo, credevano, e credono, in un Mezzogiorno dall’enorme potenziale. All’epoca le fecero molte offerte. Immagino non fu facile scegliere su cosa orientarsi. «Scelsi di lavorare per il gruppo F.lli Costanzo, in quando mi garantiva la possibilità di realizzare in breve tempo un nuovo e grande stabilimento di prefabbricazione, denominato Proter, alimentato dal “pacchetto di grandi lavori pubblici e privati” che le imprese del gruppo conducevano in quel periodo, tanto da raggiungere il numero di 4000 operai assunti e operanti tra cantieri e stabilimenti». Riuscirebbe a scegliere, tra le tante opere realizzate, quelle che più hanno segnato la sua carriera?

15 mln

PRODUZIONE Questo il risultato raggiunto dalla Imea Prefabbricati nell’ultimo triennio. Un dato significativo se si considera, da un lato, la crisi economica e, dall’altro, che tale cifra è pari a circa 30 volte il fatturato relativo all’inizio della gestione Aitala

«I ricordi sono molteplici. Certo, l’aver realizzato uno stabilimento di produzione di prefabbricati industriali che divenne leader in Sicilia, basti ricordare il potenziale produttivo pari a circa 240 mc di calcestruzzo prodotto e utilizzato per i manufatti prefabbricati, fu per me una delle più grandi soddisfazioni. Ricordo tutte le innovazioni tecnologiche introdotte nel campo dell’edilizia civile con il sistema a Tunnel con elementi prefabbricati annessi. Tra tutti, comunque quello che mi contraddistingue e che mi viene riconosciuto come tale fu l’ideazione del sistema di sollevamento della campata di un viadotto costituito da una travata metallica, lunga 500 metri e dal peso di 3000 tonnellate. Questa venne sollevata all’altezza di varo posta a 158 metri rispetto al fiume Irminio, nei pressi di Modica, a completamento della Modica-Ragusa». Fu un record. «I giornali di allora riportarono a pieno titolo il sollevamento del viadotto più alto d’Europa, grazie a una trovata da ragioniere, appunto denominato “il marchingegno del ragioniere”. Progettista e calcolista di questa opera fu l’indimenticabile ingegner Riccardo Morandi, di cui detengo una lettera personale di stima e ringraziamento per la mia geniale intuizione, così come conservo con affetto e soddisfazione la lettera dell’ingegner Petruzzi, che insieme a D’Italia mi scrissero “Ciò ›› SICILIA 2010 • DOSSIER • 165


PROGETTI PER L’ITALIA

›› che colpisce è la quota di elevazione del viadotto, raggiunta solo in virtù dell’ormai noto “marchingegno del ragioniere”». Ricordando i suoi lavori, per molti versi, si ripercorrono alcune tappe dello sviluppo italiano dello scorso secolo. «Conservo così tanti ricordi. Come ad esempio la prefabbricazione delle strutture dell’aeroporto di Trapani - Birgi, la costruzione degli edifici residenziali del quartiere di Prima Porta a Roma, le gare per gli appalti degli stadi di Milano e di Roma per i mondiali del ’90, per l’aeroporto di Bologna. Ma dopo aver raggiunto gli obbiettivi di cui ho già parlato, sentivo in me il desiderio di cambiare e misurarmi in altre esperienze. Proprio quando stavo per dare le dimissioni dal gruppo Costanzo, siamo nell’autunno del 1980, avvenne ciò che per ben vent’anni ha determinato il mio destino di uomo e professionale». Si riferisce al sisma? «All’indomani del drammatico terremoto in Campania, quando l’allora ex-ministro Zamberletti 166 • DOSSIER •SICILIA 2010

UN FUTURO DI SICUREZZA ED ENERGIA Negli anni, Imea ha operato affiancando all’attività di produzione industriale di manufatti, anche quella di costruzione. «Oltre al completamento di importanti commesse, stiamo operando sui prototipi di nuove strutture avanzate che riguardano sia l’edilizia del settore industriale che quella civile, con particolare cura per l’applicazione delle nuove norme antisismiche, sul contenimento energetico – spiega il presidente di Imea -. Stiamo sviluppando in particolare l’uso di isolatori sismici per la realizzazione delle fondazioni, oltre alla adozione di pannelli di tamponamento esterni e interni del tipo a taglio termico». Inoltre, per l’edilizia civile, il gruppo ha realizzato prototipi di strutture prefabbricate in c.a.v. e c.a.p. con utilizzo di tramezzi e tamponamenti alleggeriti ma di alte prestazioni in campo energetico che, per la loro flessibilità, garantiscono l’ottimizzazione nella realizzazione degli impianti. «Nel futuro prevediamo di ampliare la produzione nel nostro nuovo stabilimento – conclude Carmelo Aitala -, con la proposta di un nuovo tipo di struttura adatta alle costruzioni civili, e basata su nuovi criteri antisismici e innovative metodologie di contenimento energetico». www.imea.it

assunse l’onere di commissario per i primi interventi e per la ricostruzione delle aree terremotate, venni invitato dal Cavaliere del Lavoro Carmelo Costanzo e da suo fratello Gino a rappresentare il “gruppo”. Così mi recai a Napoli. Ricordo, di quel periodo, come dopo alcuni giorni sulla gazzetta ufficiale venne pubblicato il bando per la gara di prequalificazione per l’affidamento di lavori in concessione e, tra le maggiori imprese nazionali, chiesi e ottenni la qualifica per conto dell’impresa F.lli Costanzo, da me rappresentata nell’esecuzione dei lavori. Ottenuta la

stessa partecipai alla costituzione di consorzi in ambito regionale e comunale, raggruppando l’azienda con le imprese Zecchina, Maggiò, Borselli e Pisani, e con quella del mio amico e Cavaliere del Lavoro Eugenio Bontempo». Per quanto tempo rimase a Napoli? «La mia permanenza a Napoli durò per venti anni e mi permise, come presidente dei consorzi, di realizzare numerose opere. Tra queste, ricordo, 1450 alloggi nei comparti di Secondigliano e Afragola, alcuni tratti dell’asse mediano Acerra/Fratta-

In alto, lo staff della società Imea. Al suo interno vi lavorano 65 persone. L’immagine è stata scattata per Carmelo Aitala, cui è stata inviata durante il suo periodo di malattia con l’augurio di una pronta guarigione


Carmelo Aitala

I giornali riportarono il sollevamento del viadotto più alto d’Europa, che si realizzò grazie a una mia idea che venne denominata “il marchingegno del ragioniere” maggiore e la realizzazione delle tre aree industriali di Tito e Vigiano, Buccino e parte di Lioni. La permanenza in Campania mi ha lasciato un ricordo indelebile per la fattività e l’operosità dei collaboratori e delle maestranze, che hanno permesso la realizzazione di queste grandi opere, tra l’altro con il pieno rispetto dei tempi di ultimazione e consegna». Dopo molti anni in Campania e nel resto d’Italia, ha scelto di tornare a lavorare in Sicilia. Cosa l’ha spinto a tornare in questa terra? «A causa dell’età e avendo comunque quasi ultimato il com-

pito di portare a compimento i lavori in Campania, decisi di rassegnare le dimissioni da presidente dei consorzi. Proprio in quel periodo l’economia catanese veniva interessata dalla crisi delle maggiori imprese. Gruppi come la F.lli Costanzo, F.lli Rendo, l’impresa Graci, venivano a essere dichiarati insolventi e quindi ammessi alla legge Prodi. Tra i commissari nominati dal ministero dell’industria, alcuni mi chiesero di prestare la mia collaborazione, ove fosse necessario, per dare continuità ai cantieri o effettuarne la chiusura. Fu in questo periodo che, per la prima

struttura commissariale, seguii in particolare le riunioni che si tennero a Milano, dirette da Franco Carraro, per “l’alta velocità”, la tratta Milano-Torino. Con la seconda struttura commissariale, presieduta dal compianto prefetto Raffaele Santoro, di cui ricordo con affetto la personalità e la simpatia, mi occupai del completamento e del collaudo di alcuni cantieri, dislocati nel territorio nazionale». E a questo punto iniziò il suo lavoro all’interno dell’Imea Prefabbricati. «Quando ne acquisii la quota di maggioranza, lo stato del suo stabilimento non consentiva valori della produzione di manufatti prefabbricati in c.a.v. e c.a.p., di molto superiori al miliardo di vecchie lire. Al mio ingresso, proSICILIA 2010 • DOSSIER • 167

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PROGETTI PER L’ITALIA

La permanenza in Campania mi ha lasciato un ricordo indelebile per l’operosità dei collaboratori e delle maestranze, che hanno permesso la realizzazione di grandi opere

›› grammai immediatamente un riodo attraverso altre imprese da piano di ammodernamento e valorizzazione dell’impianto e delle professionalità, dettando le modalità di trasformazione che nel volgere di un quinquennio hanno consentito all’Imea di quintuplicare il fatturato portandolo fino a 5 miliardi di lire. Con l’avvento della moneta unica europea, e con il contestuale ammodernamento dell’impianto, sono riuscito a far sì che l’Imea Prefabbricati entrasse nella rete di programmazione industriale di Catania e provincia, incrementando ulteriormente il valore della produzione che, ben oltre le previsioni, ha raggiunto nel triennio 2006-2008 punte di 15 milioni di euro circa, pari a circa 30 volte il fatturato iniziale. Chiaramente è corrisposto nel tempo anche un incremento occupazionale, che ha portato i quadri delle maestranze e degli impiegati tecnico–amministrativi, dal numero iniziale di circa 9 unità, agli attuali 65 addetti, con punte dovute all’indotto di circa 220 unità. Gli investimenti e gli ammodernamenti continui nelle linee di produzione, oltre a elevare il livello di qualità dei manufatti, hanno comportato la necessità di provvedere alla realizzazione di un nuovo stabilimento, denominato Imea 2, in corso di collaudo per poterne avviare l’attività. Nello stesso pe168 • DOSSIER •SICILIA 2010

me guidate ed operanti nel campo dell’industria delle costruzioni industriali e civili ho raggiunto un valore complessivo della produzione superiore ai 50 milioni di euro». Molti suoi colleghi lamentano le problematicità che nascono operando in Sicilia. Lei quali vantaggi e quali svantaggi riscontra nel lavorare in questa regione? «È indubbio che operare in casa propria significa avere vantaggi e agevolazioni dovuti alla fitta rete di conoscenze maturate negli anni. Gli svantaggi che oggi riscontriamo nella provincia di Catania, invece, sono dovuti alla particolare situazione economica europea e nazionale, che influisce localmente, creando un clima di sfiducia negli imprenditori, che richiedono un maggiore sostegno dalle istituzioni e dal mondo finanziario e creditizio, per intraprendere nuove attività su di un territorio che comunque conserva e detiene una posizione unica e invidiabile rispetto al panorama nazionale e internazionale». Quale impatto ha avuto la crisi sulla vostra attività? «Purtroppo la grave crisi economica internazionale ha coinciso con alcuni miei problemi personali. A causa della malattia mi sono dovuto assentare a lungo, ma l’apporto e la presenza dei

miei figli, Francesco per la parte tecnica e Alessandro per la parte amministrativa e finanziaria, hanno fatto sì che l’azienda superasse indenne la difficile congiuntura economica. L’attività e le scelte operate nel corso degli anni oggi ci premiamo e, seppure in un momento così complesso e delicato per i motivi a tutti noti, il nostro stabilimento e i cantieri sono in piena attività, pur al prezzo di maggiori sacrifici e impegno personale. I responsabili di settore e le maestranze collaborano a mantenere i livelli di produzione, di redditività e, quindi, di occupazione». Quanta attenzione riponete,

Nella immagini alcune delle opere realizzate dalla Imea Prefabbricati Spa


Carmelo Aitala

oggi, all’impatto ambientale che i vostri lavori hanno sul territorio in cui si inseriscono? «Ambiente e sicurezza sono principi fondamentali che noi curiamo insieme a tutti i nostri collaboratori, cercando di rispettare le leggi e le norme vigenti. La Imea Prefabbricati ha ottenuto tutte le certificazioni necessarie e previste per la propria attività come la ISO 9000, la ISO 14000, e la marcatura CE, oltre che la verifica di resistenza al fuoco dei propri manufatti». Quali saranno, a suo parere, le evoluzioni più interessanti che riguarderanno il vostro ambito di intervento? «Imea intende mantenere la sua presenza negli ambiti di attività attuali, estendendo la propria influenza commerciale anche alla Sicilia occidentale, dove a breve si darà inizio a nuove e importanti cantierizzazioni. Inoltre ci si prefigge di ricercare nuovi mercati nei paesi del bacino del Mediterraneo e del Nord Africa. Pertanto stiamo elaborando alcuni progetti relativi a impianti industriali “chiavi in mano” da poter offrire ai paesi in via sviluppo, e per alcuni sono in corso già i contatti preliminari. Sono, come tutto il mio staff, sempre innamorato del lavoro e fiducioso in un futuro migliore che consenta di vivere una vita serena per i miei familiari, i miei collaboratori, gli operai tutti, compresi gli indotti, e le loro famiglie. Dio ci protegga sempre». SICILIA 2010 • DOSSIER • 169


ARCHITETTURA

Percorsi di storia C e know-how d’avanguardia

oncerti di profumi, colori soleggiati e tangibili ricordi di storiche civiltà ancora impresse. Per le strade della Sicilia, le architetture creano l’eco di uno straordinario passato, evocandone le antiche culture. Oggi però, impotenti dinnanzi alla forza che la natura imprime sul territorio, «l’architettura ha il compito di evolvere Storici, imponenti, a rischio sismico. Gli spazi le civiltà, ha diritto a stimolare architettonici subiscono non poche sfide della natura. il senso civico dei cittadini e ad assecondare lo stile alla funOccorre quindi preservarli. Dalla Sicilia all’Abruzzo, zione». Ne ha piena coscienza l’esperienza di Marco Niciforo Marco Niciforo, poliedrico arAdriana Zuccaro chitetto di Augusta le cui più prestigiose ultime fatiche sono la riqualificazione della Villa Comunale di Augusta ed il recupero di un complesso abitativo di oltre cento unità immobiliari distrutto durante il terremoto dello scorso 6 Aprile a L’Aquila. «L’esperienza conseguita grazie al lavoro svolto sui numerosi progetti di recupero del patrimonio edilizio 170 • DOSSIER •SICILIA 2010


Evoluzioni

In queste pagine, render del progetto di riqualificazione della Villa Comunale di Augusta curato dall’architetto Marco Niciforo www.architettomarconiciforo.it studioniciforo@tin.it

Oggi, complice l’incapacità di cambiare l’inerzia dell’economia del territorio, la Sicilia esporta know-how d’avanguardia

danneggiato dagli eventi sismici del 1990 della Sicilia orientale, ha consentito a me e a tanti altri colleghi, di acquisire un’alta specializzazione nel settore». Oggi queste esperienze sono state esportate in Abruzzo e forse complice l’incapacità di cambiare l’inerzia dell’economia del territorio, la Sicilia esporta know-how d’avanguardia – afferma Niciforo –. Inoltre questa terra non è ancora pronta per consegnare all’architettura moderna il ruolo che merita, forse perché prigionieri dell’immenso patrimonio architettonico che possediamo e che abbiamo il dovere di conservare. Ma non dovremmo più concedere alle storiche ricchezze, di distoglierci dalla pianificazione di opere nuove». Così la storia torna sempre nei progetti che l’architetto Niciforo ruba alla dimenticanza. Come quello di riqualificazione della villa comunale di Augusta: «il tema progettuale domi-

nante è la razionalizzazione degli spazi attraverso l’individuazione delle aree carrabili, pedonali, a verde, concepite per interagire con armonia senza sovrapposizioni ma – confida Niciforo – l’importanza che assegno a quest’opera è massima perché comprendo cosa significa riqualificare uno spazio urbano di considerevole pregio storico, culturale e paesaggistico». Nell’immaginario di ogni cittadino augustano, i giardini pubblici rappresentano il ricordo dei primi calci a un pallone, delle serate al cinema all’aperto: «ridare alla mia terra quegli spazi, è una grande responsabilità e dovere. A lavori ultimati si potrà davvero pensare di aver fatto un grande passo in avanti per il rilancio del centro storico della città. A quel punto la pubblica amministrazione avrà reso il giusto servizio ai cittadini, il resto dovranno farlo i privati». SICILIA 2010 • DOSSIER • 171


ARCHITETTURA

L’aggregazione merita uno spazio maggiore Spesso nei centri urbani l’importanza degli spazi vuoti viene dimenticata. Le esigenze dettate dalla frenesia della società fanno dimenticare l’autenticità delle progettazioni di un tempo. Nunzio Epaminonda illustra un importante progetto di riqualificazione

n molte città italiane quando insorge la volontà di inserire nuove urbanizzazioni in contesti di degrado consolidato, si ricorre allo sventramento di ampie porzioni Nicola Rossi di tessuto urbano per la successiva riedificazione e riprogettazione del restante fronte edificato. Il moderno progettista ha cambiato la concezione di centro urbano adeguandosi alle esigenze del dinamismo della società. Ma non tutti gli architetti e i progettisti sono d’accordo. Questo vale soprattutto tra gli operatori del settore che lavorano nella provincia, dove il contesto urbano è quello di piccoli centri, dove vanno salvaguardate le tradizioni urbanistiche e dove anche i ritmi di vita consentono una gestione del territorio più a misura d’uomo, lontano dalla frenesia delle grandi città. «Noi crediamo, con l’umiltà di giovani progettisti di provincia – sottolinea l’ingegner Nunzio Epaminonda - che sia utile prevedere (e non progettare) un vuoto. Vuoto come espressione di libertà, creativo, privo di una funzione precostituita, affinché possa avere tutte quelle funzionalità generate spontaneamente dalle persone e dalle culture in cui si colloca».

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I


Dialogo con l’esistente

In queste pagine, render del progetto di riqualificazione del centro abitato di Fiumefreddo di Sicilia curato dagli ingegneri Nunzio Epaminonda e Giovanni Forzisi di Giarre (CT) ezioepaminonda@yahoo.it

Nel centro abitato di Fiumefreddo di Sicilia, l’analisi delle infrastrutture disponibili nell’area di influenza progettuale ha evidenziato una forte carenza di spazi verdi e ricreativi

In quest’ottica si colloca il progetto di riqualificazione urbana del centro abitato di Fiumefreddo di Sicilia. In cosa consiste questo progetto? «L’intervento proposto si inserisce in una vasta area, allo stato attuale per lo più libera da interventi edilizi, posta a ridosso di una delle parti più antiche del centro abitato di Fiumefreddo di Sicilia. Va subito precisato che il contesto urbano limitrofo è allo stato attuale fortemente degradato e per il fiorire, negli anni passati, di ampliamenti e costruzioni espressioni della cosiddetta “architettura spontanea” e per sostituzione di edifici più antichi con costruzioni di nuova concezione. L’analisi delle infrastrutture disponibili nell’area di influenza delle opere di progetto ha evidenziato una forte carenza di spazi ricreativi e relazionali e una quasi inesistenza di aree verdi». Quali sono gli interventi previsti? «La parte centrale dell’area di

intervento, di forma grossomodo rettangolare fortemente allungata, è stata pensata come un ampio spazio centrale assolutamente libero, delimitato da un camminamento e da siepi, e contenuto da due poli apposti di attività. A nord, in corrispondenza all’accesso principale all’area, a ridosso di una quinta forata, sfondo e separazione visiva dall’intorno, si trova un’area su due livelli, piantumata e ombrosa nella parte sottostante e soleggiata e ariosa nella parte sovrastante, dove sarà possibile sostare, leggere o prendere una consumazione dall’annesso chiosco, motore e custode dell’attività quotidiana di questo polo». Quale sarà la destinazione del progetto? «Occasionalmente, esattamente come avveniva nelle piazze di una volta, questo spazio potrà anche accogliere il pubblico degli eventi proposti sul palco (circa 1000 seduti o 4000 in piedi), delle mostre, delle sagre, dei mercatini o, in concomitanza di situazioni particolari, essere usato come posteggio o infine diventare temporaneamente uno spazio di raccolta al servizio della protezione civile». SICILIA 2010 • DOSSIER • 173




POLITICHE AMBIENTALI

Per salvaguardare la natura che ci circonda Dalle iniziative promosse dal ministero dell’Ambiente ai piccoli gesti quotidiani. Ecco le direttive del ministro Stefania Prestigiacomo. Sui cambiamenti climatici, però, «l’Europa deve essere in grado di individuare nuove soluzioni che ci consentano di superare l’impasse che si è registrato a Copenhagen» Nike Giurlani

B

asta con gli «ecoideologismi del passato». La strategia del ministro Stefania Prestigiacomo è stata quella di trasformare «l’ambiente in un motore di sviluppo». In questo modo, oltre a far fronte alla crisi, è stata registrata una maggior sensibilità da parte dei cittadini e delle industrie alle tematiche ambientali. L’Italia deve far fronte alle problematiche dell’effetto serra,

ma deve, in primo luogo, «ridurre la dipendenza da combustibili fossili che non sono inesauribili e che, quindi, in prospettiva costeranno sempre di più». Ma, soprattutto, per aiutare veramente l’ambiente basterebbero «alcuni piccoli gesti che se fatti, non costerebbero quasi nulla in termini di fatica e d’impegno», ma ci darebbero tanto in termini di salute e vivibilità. Quali sono le linee guida

per il piano nazionale d’intervento contro lo smog? «Il problema smog non si risolve con provvedimenti locali e non si risolve in un giorno. Ci vogliono azioni coordinate sul territorio e interventi strutturali di medio termine. Appare evidente che, le misure fin qui assunte a livello locale, che pure in alcuni casi hanno avuto risultati incoraggianti, non sono sufficienti alla tutela di due beni primari della collettività: la salute e l’ambiente. Se vogliamo responsabilmente fronteggiare i rischi che le polveri sottili causano nei nostri bambini, ma anche in noi adulti e negli anziani, se vogliamo che le nostre città tornino vivibili, dobbiamo agire con incisività, in maniera coordinata, attaccando le fonti dell’inquinamento che sono note. Questi interventi sono oggetto del Piano Nazionale Anti-Smog che sarà presentato in questi giorni e che abbiamo

In apertura, il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo


Stefania Prestigiacomo

Promuovere la realizzazione di piste ciclabili che sono l’infrastruttura necessaria per rendere pienamente fruibile la bicicletta nelle nostre città già illustrato preliminarmente al commissario europeo per l’ambiente e al presidente dell’Anci Sergio Chiamparino riscontrando ampie convergenze fra quanto predisposto dal governo e le esigenze avanzate dai Comuni». Quali gli obiettivi? «In sostanza, si punta a sostituire progressivamente, o almeno dotare dei filtri antiparticolato, i mezzi pesanti, pubblici e privati, inquinanti che sono i maggiori responsa-

bili della quota di PM10 derivante dal settore trasporti. È necessario, inoltre, varare un piano per la sostituzione in tempi medi delle caldaie da riscaldamento molto inquinanti. Occorre infine che l’agricoltura e l’industria intervengano in quei processi produttivi che causano l’emissione di sostanze inquinanti e dannose per la salute, adottando tecnologie in grado di ridurre le polveri sottili immesse nell’atmosfera».

Come incentivare gli italiani a spostarsi con i mezzi pubblici? Quali le principali iniziative per ammodernare il parco macchine degli autobus? «Le iniziative per spronare gli italiani a usufruire dei mezzi pubblici solitamente sono prese dai singoli comuni. Tra le iniziative del ministero, invece, c’è l’istituzione della Giornata nazionale della bicicletta, che si terrà il 9 maggio prossimo. Abbiamo coinvolto sindaci, l’Anci e le Regioni, affinché sia favorita la mobilità in bicicletta, il mezzo più ecologico e salutare. In questa direzione ci siamo mossi anche per promuovere la realizza- SICILIA 2010 • DOSSIER • 187


POLITICHE AMBIENTALI

zione di piste ciclabili che sono l’infrastruttura necessaria per rendere pienamente fruibile la bicicletta nelle nostre città. Riguardo l’ammodernamento dei mezzi di trasporto pubblico è allo studio una giusta formula d’incentivi per la rottamazione dei vecchi autobus». L’Italia, rispetto a Francia e Germania, per non parlare dei Paesi scandinavi, è meno sensibile alle questioni ambientali. Lei è d’accordo? «Non sono d’accordo. Il nostro Paese ha fatto passi da gigante in fatto di sensibilità alle tematiche ambientali e numerose indagini in questo senso confortano la mia convinzione. Da quando sono responsabile del ministero dell’Ambiente, per esempio, ho notato una forte crescita della sensibilità ambientale sia da parte dei cittadini sia da parte delle imprese in termini di accordi di programma, accordi volontari, buone pratiche ambientali, maggiore trasparenza». Ciclicamente vengono lanciate notizie allarmanti da parte di qualche scienziato sui gravi rischi causati dai cambiamenti climatici e dal surriscaldamento del pianeta. Allarmismo infondato o veritiero? «Non mi entusiasma la disputa fra allarmisti e negazionisti sul riscaldamento globale. Credo peraltro sia sotto gli occhi di tutti il moltiplicarsi di eventi 188 • DOSSIER • SICILIA 2010

estremi, come alluvioni, uragani, prolungate siccità. L’Italia ha poi, a prescindere dalle problematiche dell’effetto serra, l’esigenza di ridurre la dipendenza da combustibili fossili che non sono inesauribili e che, quindi, in prospettiva costeranno sempre di più. Le politiche di sostegno e promozione delle fonti rinnovabili per il risparmio energetico e l’opzione di ritorno al nucleare sono scelte obbligate di natura energetica oltre che ambientale. C’è l’esigenza di un’assunzione di consapevolezza collettiva che deve riguardare anche gli stili di vita e i consumi. Ogni cittadino ha la sua responsabilità, che può giocare anche attraverso alcuni piccoli gesti che se fatti, non costerebbero quasi nulla in termini di fatica e d’impegno».

Per esempio? «Dalla riduzione dei consumi per l’illuminazione al risparmio dell’acqua, dal risparmio del gas per il riscaldamento a mantenere una velocità costante in auto. E poi, non lasciare rifiuti o cartacce in strada, nei parchi o luoghi comuni e se possibile utilizzare i mezzi pubblici o spostarsi in bicicletta». Quali sono le iniziative che il ministero sta portando avanti a tutela del territorio? E per quanto riguarda le acque, le biodiversità marine e le coste? «Abbiamo approvato norme per la definizione del piano straordinario sul dissesto idrogeologico. Stiamo individuando gli interventi prioritari nelle zone a più alto rischio e si sono definite le modalità di finanziamento con

Sopra, un’istallazione a Copenhagen durante la conferenza dei ministri dell’ambiente


Stefania Prestigiacomo

accordi con gli enti locali, nell’ambito delle somme già stanziate e a disposizione del ministero dell’Ambiente. Siamo quindi in grado di procedere alla nomina dei commissari che dovranno assicurare la realizzazione delle opere in tempi certi con procedure pienamente trasparenti. Un occhio di riguardo alle biodiversità marine. La difesa è fonda-

mentale per la lotta ai cambiamenti climatici, per la sicurezza alimentare e per mantenere quell’equilibrio su cui si basa tutto il sistema animale e vegetale. L’Italia si è spesa per l’approvazione della Carta di Siracusa sulla biodiversità, che impegna i 20 paesi più industrializzati del mondo a un nuovo e più incisivo impegno». Come è possibile dialogare con quei Paesi emergenti che non si sono allineati alle direttive mondiali riguardo al clima? Perché la conferenza sul clima di Copenhagen è apparsa come un fallimento? «Sui cambiamenti climatici, l’Europa deve essere in grado di individuare nuove soluzioni che ci consentano di superare l’impasse che si è registrato a Copenhagen, confermando l’obiettivo condiviso di conte-

nere l’incremento della temperatura globale entro i 2 gradi centigradi. Dopo Copenhagen il processo negoziale si è ulteriormente complicato e non si leggono segnali positivi né dagli Usa, né dai paesi in via di sviluppo come Cina, India, Brasile e Sud Africa. In questa situazione dovremmo chiederci se la continuazione dei negoziati impostati sulla prosecuzione dell’Accordo di Kyoto e la costruzione di un accordo non vincolante per tutti gli altri paesi sia destinata al successo, o se invece rischia di riproporre gli stessi problemi». Quali sono gli obiettivi che spera di portare a termine alla fine del suo mandato? «Credo, intanto, di aver portato avanti una politica dell’ambiente finalmente concreta e lontana dagli eco-ideologismi del passato. È infatti una strategia chiara e coerente quella che il mio ministero sta delineando per affrontare la crisi, coniugando ambiente e sviluppo, anzi, trasformando l’ambiente in un motore di sviluppo. L’obiettivo finale che mi prefiggo è quello di sostenere l’economia, i posti di lavoro e quindi i redditi delle famiglie, attraverso misure capaci di migliorare incisivamente anche il nostro bilancio energetico e ambientale, in grado di arricchire il modello di sviluppo del paese di tecnologie, professionalità e valori essenziali per un domani eco-sostenibile». SICILIA 2010 • DOSSIER • 189


Insieme per salvare l’ambiente P

Dal primo gennaio il Fai è guidato da Ilaria Borletti Buitoni. Un grande senso manageriale abbinato a una forte impronta di solidarietà sociale e senso del dovere civico. L’obiettivo? «Portare il Fai verso traguardi superiori e più alti». Con la stessa passione e l’impegno che hanno caratterizzato l’attività della fondazione fino a oggi

Francesca Druidi

190 • DOSSIER • SICILIA 2010

assaggio di testimone al vertice del Fai, il Fondo per l’ambiente italiano. La “storica” presidente e fondatrice Giulia Maria Mozzoni Crespi ha voluto che a partire da gennaio a prendere le redini della fondazione sia Ilaria Borletti Buitoni, già nel consiglio di amministrazione della fondazione dal 2008 e presidente regionale per l’Umbria dal 2007. Nata a Milano, laureata in Scienze politiche, Ilaria Borletti Buitoni è esponente di una storica famiglia dell’imprenditoria lombarda, donna contraddistinta da un concreto impegno civile, avendo

alternato la sua attività tra il mondo dell’impresa e quello del volontariato, soprattutto in Africa dove con l’Amref si dedica al sostegno e alla promozione di attività culturali. «Sono pronta a impegnarmi per portare avanti l’impegno e la dedizione della fondatrice – assicura – e per metterci anche qualcosa di mio. L’attitudine manageriale». Il 2010 per il Fai è iniziato, dunque, con un nuovo presidente. Ma l’obiettivo resta il medesimo. «Sensibilizzare alla difesa dell’ambiente la gente comune ma, soprattutto, le istituzioni». Quando e come nasce il suo interesse per l’ambiente


Ilaria Borletti Buitoni

e la sua attività nel Fai? «Conosco il Fai da trent’anni. Praticamente da quando è stato fondato, credo di essere stata tra i primi sostenitori. Tuttavia, il mio interesse “attivo” è nato da due anni a questa parte, da quando cioè mi è stato proposto di occuparmi della delegazione regionale dell’Umbria; proprio sul campo mi sono accorta di che opera straordinaria si potesse fare anche in una regione che, sebbene non nota per essere stata vittima di una cementificazione selvaggia, era però stata oggetto di forti attacchi all’ambiente. Così ho iniziato ad appassionarmi alla “macchina Fai”, al suo funzionamento. E da lì, il mio impegno diretto, perfezionato dall’idea della presidente Giulia Maria Mozzoni Crespi di propormi per la sua successione, un argomento cui stava pensando da molto tempo». Quale eredità ha raccolto dalla “storica” presidente Giulia Maria Mozzoni Crespi? «Un patrimonio di enorme impegno civile, di passione e di dedizione. È sicuramente l’eredità più importante e quella che dobbiamo impegnarci a conservare. Penso che poche persone avrebbero potuto dedicarsi a questa causa con la stessa dedizione e, soprattutto, con la stessa costanza. Un impegno che dura da ben trentacinque anni. Quindi i principi che hanno ispirato la nascita del Fai e

l’azione della presidente fino ad oggi, sono un patrimonio intoccabile della nostra fondazione. A questo patrimonio, cercherò di applicare alcune competenze più strettamente “manageriali” che nascono dalla mia esperienza nella associazioni non profit». È ancora difficile sensibilizzare la gente comune e le istituzioni sul concetto di tutela ambientale? «La gente comune è molto più avanti delle istituzioni. Mi accorgo che le persone hanno voglia di proteggere l’ambiente perché finalmente si è fatta strada l’idea che l’ambiente non è un concetto “astratto”, ma un patrimonio culturale del Paese, quindi di tutti. Credo stia lentamente diffondendosi questa sensibilità e credo anche che le istituzioni siano in ritardo». Depenalizzazione dei reati ambientali, le cartolarizzazioni, gli incentivi fiscali per l’edilizia, i condoni. In che misura hanno danneggiato il nostro Paese dal punto di vista ambientale? «Enormemente. Perché se è lo Stato ad allentare per primo la tensione e l’attenzione su quella che è la vera ricchezza del nostro Paese, il nostro patrimonio culturale, allora è un pessimo segno. In particolare, mi riferisco a queste nuove norme che permettono l’ampliamento delle case, perché a mio avviso non si è mai davvero misurato

Le persone hanno voglia proteggere l’ambiente perché finalmente si è fatta strada l’idea che l’ambiente non è un concetto “astratto”, ma un patrimonio culturale del Paese, quindi di tutti

quello che sarà il vero impatto che queste norme avranno sull’ambiente. E non sto parlando solamente dei beni protetti e delle città d’arte. Il mio è un discorso più ampio e riguarda il tessuto che verrà completamente Sopra, la nuova stravolto, non solo dal punto presidente del Fondo di vista estetico ma anche so- per l’Ambiente italiano Ilaria Borletti Buitoni. stanziale. Penso che l’atteg- In apertura, la Valle giamento dello Stato negli ul- dei templi di Agrigento timi anni non sia né educativo né propositivo, e men che meno in linea con quello che avviene negli altri ❯❯ SICILIA 2010 • DOSSIER • 191


PATRIMONIO D’ITALIA

DEDIZIONE STORICA

E

rede di una dinastia di imprenditori tessili, Giulia Maria Mozzoni Crespi è tra gli ultimi esponenti della grande borghesia lombarda. Negli anni in cui al vertice del Corriere della Sera era la prima dama dell’editoria nazionale, Indro Montanelli la chiamò “Zarina”, per il suo carattere forte e risoluto da vera imperatrice della carta stampata. Il 28 aprile del 1975, con Renato Bazzoni, Alberto Predieri e Franco Russoli la Zarina firma l’atto costitutivo e lo statuto del Fai. Una realtà nata con lo scopo di promuovere in concreto una cultura di rispetto della natura, dell’arte, della storia e delle tradizioni d’Italia e tutelare un patrimonio che è parte fondamentale delle nostre radici e della nostra identità. Per ben 35 anni Giulia Maria Mozzoni Crespi è in prima linea e con immutata energia continua a battersi per lo sviluppo sostenibile, la difesa dell’ambiente, del paesaggio, la salvaguardia dei beni culturali. Carattere e determinazione sono nel suo dna. Grazie anche a queste armi il Fai tutela oltre 25 beni artistico-architettonici e ha contribuito a far conoscere a milioni di persone migliaia di monumenti straordinari, molti dei quali solitamente chiusi. Giulia Maria Mozzoni Crespi non abbandonerà tutto questo. «Continuerò a occuparmi di ambiente» assicura.

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❯❯ Paesi europei, dove ormai la tutela dell’ambiente è un argomento politico di primaria importanza». Da un’indagine da voi realizzata in collaborazione con lo Iulm di Milano risulta che i giovani hanno grande attenzione per l’ambiente e poca fiducia nelle istituzioni. Quali misure auspicate dal governo? «Sicuramente auspichiamo un forte rafforzamento delle Soprintendenze che oggi sono quelle deputate alla tutela dei Beni culturali e che hanno un problema cronico di mancanza di mezzi. E non è semplice cooperare nell’ambito della tutela se non si hanno i mezzi, le risorse e gli strumenti per poterlo fare. Quindi il rafforzamento delle soprintendenze sarebbe da parte dello Stato un segnale forte nella direzione della tutela. Poi, naturalmente, chiediamo che non si facciano troppi condoni, soprattutto quando il condono è un vero e proprio “perdono” a chi ha fatto opere abusive: questo atteggiamento crea dei precedenti che possono avere conseguenze devastanti». Durante il vertice mondiale sull’alimentazione alla Fao, il Papa ha affermato che la tutela ambientale è strettamente legata allo sviluppo. Lo sviluppo economico è compatibile con la tutela del nostro patrimonio? «Il nostro Paese dispone di una risorsa strepitosa che è data dal turismo. Un turismo

che deve imparare ad essere sempre più qualificato e attento. Anche perché ci sarà un motivo se tutto il mondo viene in Italia perché lo considera il Paese più bello del mondo, perché dispone del 60 per cento del patrimonio artistico mondiale. Dunque non bisogna essere particolarmente lungimiranti per comprendere che in un momento in cui la produzione di servizi, la produzione di materie e quella di manufatti sono in crisi, noi abbiamo la fortuna di avere a disposizione una straordinaria opportunità di sviluppare interi mondi nella direzione di un turismo consapevole. Il che si tradurrebbe immediatamente in termini economici, di occupazione. A vantaggio di tutta l’economia del sistema Paese. Ma nessuno verrà più in Italia se noi persisteremo con questo atteggiamento completamente folle di distruggere il nostro patrimonio». Da dove può venire un maggiore impulso alla tutela del patrimonio? «È bene che a un certo punto gli italiani si rendano conto che la vera spinta per la tutela del patrimonio deve venire dalla gente. La gente deve chiedere alle proprie istituzioni di muoversi affinché i propri tesori, la propria identità, il proprio ambiente venga tutelato. Se questo avviene, l’ambiente inizia a diventare un argomento di interesse politico e le istituzioni seguono».



RINNOVABILI

Green economy non è solo P business Non sono generiche attività di profitto. Produrre energia da fonti rinnovabili implica la partecipazione alla tutela del nostro pianeta. Ne spiega i dettagli Massimo Spada, portavoce della AMS Engineering Adriana Zuccaro

In foto, l’ingegnere Massimo Spada della AMS Engineering di Siracusa www.amseng.it

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orre l’ingegneria al servizio della collettività dovrebbe condurre l’essere umano a compiere scelte ponderate per lo sfruttamento del territorio nel rispetto dell’ambiente, quindi preservare la sua incolumità dai danni che potrebbero derivare ad esempio dal rischio idrogeologico e garantire la salute del pianeta, indirizzando verso un migliore utilizzo delle risorse naturali. «Sarebbe da ipocriti affermare che la green economy non sia il business del momento: ma conciliare il business con i benefici che questa attività apporta all’ambiente è di sicuro l’aspetto più gratificante del nostro lavoro». L’incipit di Massimo Spada, portavoce della AMS di Siracusa, società attiva nel settore della progettazione, della consulenza e nell’erogazione dei servizi connessi alle attività di engineering, mira a definire l’importanza dell’utilizzo consapevole delle risorse naturali, unica possibilità di migliorare l’ambiente e consegnarne i risultati alle generazioni future. Energia. È la forza da cui dipende il sostentamento di risorse umane e tecnologiche. Ma cosa è cambiato nel corso degli ultimi decenni nell’ambito della progettazione ingegneristica per la produzione e l’utilizzo dell’energia intesa in senso globale? «Oggi il fabbisogno di energia globale è di circa 10 trilioni di watt all’anno, in gran parte proveniente dallo sfruttamento di pe-

trolio, di carbone e del nucleare. Negli ultimi decenni si sta finalmente diffondendo la consapevolezza che queste tecniche di produzione di energia, non soltanto si affidano a fonti esauribili, ma provocano gravi danni al pianeta, a causa delle emissioni nocive in atmosfera e delle conseguenze che le stesse hanno sul clima. Questa consapevolezza ha finalmente indotto l’essere umano a volgere lo sguardo verso i progressi fatti dall’ingegneria nella ricerca di fonti di energia alternative, pulite, a basso costo e inesauribili. La sensibilizzazione degli Stati a promuovere la ricerca ha consentito alla progettazione ingegneristica di sviluppare le nuove tecnologie, fino a qualche decennio a dietro relegate al livello di intuizione di alcuni scienziati, limitate all’iniziativa di pochi filantropi e costrette nell’esiguità degli investimenti». Fotovoltaico. In Italia, l’approccio a tale sistema energe-


Le opportunità

tico ha provocato un boom in molti settori. Cosa è successo dietro le quinte? «La tecnologia fotovoltaica non può essere considerata recente se si pensa che gran parte dei satelliti in orbita da anni intorno al nostro pianeta sono alimentati da energia prodotta dal Sole. Ciò che invece ha consentito una rapida diffusione e commercializzazione di impianti fotovoltaici è la nuova politica di incentivazione degli Stati dopo il protocollo di Kyoto. In Italia la norma, meglio conosciuta come “Conto Energia”, nella sua seconda edizione del 2007, consente al citta-

dino di diventare un produttore di energia elettrica, e come tale, di beneficiare degli incentivi statali che ripagano l’investimento e garantiscono una rendita ventennale. Si pone ovviamente la necessità di avere a disposizione spazio a sufficienza per l’installazione dell’impianto, 25-30 mq per un impianto da 3 kWp (taglia media) su un tetto spiovente, 4045 mq su una terrazza, nonostante, grazie alla produzione di pannelli sempre più performanti, si assista oggi a una riduzione sensibile degli spazi necessari». Come si traduce però il consumo domestico di energia in

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MEGAWATT È la potenza che può riuscire a produrre un solo aerogeneratore. Se per l’installazione di 1 mW di fotovoltaico occorrono non meno di 2 ettari di terreno, con un rapporto di costi di 1 a 3, si può ben comprendere quanto l’eolico sia conveniente

termini economi? «La normativa sul “Nuovo Conto Energia” consente di lavorare proprio sui consumi del cittadino. Attraverso il cosiddetto “scambio sul posto” il dimensionamento dell’impianto fotovoltaico residenziale o al servizio di un’azienda è effettuato proprio sui consumi di energia. Al fine di migliorare il rapporto costi/benefici si installa un impianto della potenza necessaria a compensare il consumo di energia elettrica del nucleo familiare o dell’azienda. Purtroppo la scarsa informazione sul funzionamento degli impianti fotovoltaici induce spesso il cittadino a confonderli con i cosiddetti impianti solari termici, i quali hanno come unico scopo quello di produrre acqua calda». In base a quale principio i raggi solari si trasformano in energia attraverso i pannelli? «Un impianto fotovoltaico produce energia elettrica, immettendola, previa contabilizzazione attraverso un contatore, direttamente sulla rete elettrica. Il materiale principale costituente un pannello fotovoltaico è il silicio, un semiconduttore che “eccitato” dalla radiazione solare ha la capacità di generare corrente elettrica. Continueremo a utilizzare i termosifoni per riscaldare le nostre case? Certo, ma l’energia utilizzata per riscaldare l’acqua che circola all’interno del termosifone, sarà prodotta, non più da carbone o gasolio, responsabili di gravi emissioni nocive di CO2 in at- ›› SICILIA 2010 • DOSSIER • 195


›› mosfera, ma da una fonte pulita portare il trauma che da esso ne e rinnovabile come la radiazione solare». Eolico. In Italia, si ha timore che le pale possano usurpare il territorio dalle ricchezze paesaggistiche. Quali ragioni può addurre per contraddire tale tendenza? «Premetto che sono un grande sostenitore della necessità di proteggere le bellezze naturali e il fascino del territorio. Spesso però rifletto sulla diversa predisposizione d’animo con la quale l’essere umano si è nel tempo approcciato ad altri “strumenti infernali”, figli della tecnologia del tempo: i mulini a vento. È indubbio che per l’uomo del XXI secolo il mulino a vento sia una struttura che si integra perfettamente con il paesaggio, anzi spesso ne determina il fascino diversamente dall’aerogeneratore, dalla pala eolica, che invece lo usurperebbero. Credo che si tratti della naturale difficoltà dell’essere umano ad accettare il cambiamento e sop196 • DOSSIER •SICILIA 2010

deriva. E pertanto per l’accettazione della modifica del paesaggio, dello skyline, forse dovremo attendere qualche decennio: gli abitanti dell’Europa centrale e del Nord Europa ci hanno già fatto l’abitudine». Quali sono le ultime innovazioni ingegneristiche in campo eolico? «L’energia derivante dall’utilizzo dal vento è oggi la più economica tra quelle prodotte dalle fonti alternative, in termini di costo per watt. Un unico aerogeneratore può infatti produrre da 1,5 a 5 mW di potenza. Se si immagina che per l’installazione di 1 mW di fotovoltaico occorrono non meno di 2 ettari di terreno, con un rapporto di costi di 1 a 3, si può ben comprendere quanto sia conveniente. L’innovazione in questo settore tende a realizzare macchine sempre più performanti che producano sempre più energia, in tutte le condizioni di vento e con meno impatto acustico sul territorio

A differenza dell’energia prodotta da un impianto fotovoltaico o eolico, un impianto geotermico produce 24 ore al giorno, senza soluzione di continuità e ha come unico “prodotto di scarto” l’acqua calda


Le opportunità

In queste pagine, lo staff di professionisti della AMS a lavoro e esempi di impianto eolico e pannelli fotovoltaici

circostante. Oggi l’eolico è più a portata di mano del piccolo consumatore, attraverso l’installazione di impianti quali il mini e il micro eolico». Geotermia. Quali sono i presupposti necessari per poter installare un impianto geotermico e come funziona? «Il funzionamento di un impianto geotermico è ottenuto dall’emissione di vapore acqueo che, spingendo i rotori di una turbina, consente la produzione di energia

elettrica: un impianto pulito al 100%. Il vapore acqueo si produce laddove l’acqua, nelle viscere della Terra, entra in contatto con la roccia riscaldata dal magma. Queste condizioni si determinano soltanto in alcune zone della crosta terrestre, spesso in prossimità di faglie. Occorre un’intensa e costosa attività di perforazione profonda, attraverso la realizzazione di pozzi per l’individuazione del flusso di vapore, ma il risultato è di gran lunga su-

periore ai costi sostenuti per la realizzazione dell’impianto. A differenza dell’energia prodotta da un impianto fotovoltaico (produzione diurna, in presenza del Sole) o da un impianto eolico (presenza di vento), un impianto geotermico produce 24 ore al giorno, senza soluzione di continuità e ha come unico “prodotto di scarto” l’acqua calda». Qual è il resoconto che può fare della situazione in cui vive la regione Sicilia e, in particolare, la città di Siracusa? «La Sicilia produce una grande quantità di energia, superiore al suo fabbisogno, e grazie alla favorevole posizione geografica e alla condizione climatica e ambientale, sono numerose le iniziative per la costruzione di impianti di produzione di energia derivante da fonti rinnovabili. Le difficoltà incontrate derivano, soprattutto per i grandi impianti, dall’entità degli investimenti, non sempre alla portata degli imprenditori siciliani, per i piccoli impianti, dallo scetticismo dei cittadini di fronte a una campagna di informazione non sempre corretta e spesso ambigua. La città di Siracusa, oltre a scontare lo scetticismo dei suoi abitanti, spesso disinformati, paga lo scotto dei numerosi vincoli ambientali e paesaggistici, derivanti dall’unicità del territorio, ma che spesso è anche la causa di lungaggini amministrative per l’ottenimento dei permessi». SICILIA 2010 • DOSSIER • 197



Il sistema regionale tra ricerca e qualità

FERRUCCIO FAZIO Appropriatezza, integrazione e qualità. Gli obiettivi futuri del sistema sanitario nazionale

MASSIMO RUSSO Abbattuto il pesante deficit, all’orizzonte della sanità regionale c’è una nuova rete ospedaliera e maggiori servizi

NINO MARAZZITA La malasanità si sconfigge con maggiore attenzione al paziente e professionalità


SANITÀ

Un cambiamento faticoso

N

eppure un anno fa la sanità siciliana era in profondo rosso. Con un buco a nove zeri. Ora, stando a quanto afferma l’assessore regionale, il deficit si è assestato sui 280 milioni di euro che, di fatto, rappresentano lo “squilibrio programmato” previsto dal Piano di rientro siglato con il governo nel 2007. Massimo Russo che non è un tecnico, bensì un magistrato proveniente dall’Antimafia, dalla sua esperienza precedente ha portato «il metodo di lavoro e il rispetto delle regole. Solo così potremo veramente risanare la sanità e dare segnali di una vera e propria rivoluzione culturale di cui la Sicilia ha bisogno». Il drastico abbattimento del passivo: bacchetta magica o duro lavoro? «Solo duro lavoro, portato avanti con un’adeguata metodologia e nel pieno rispetto delle regole al cui interno c’è sempre la sintesi del bene comune. Il mandato, assegnatomi nel giugno 2008 dal presidente della Regione, Raffaele Lombardo, era chiaro: bisognava riportare ordine in un settore che faceva acqua da tutte le parti e che aveva prodotto un deficit mostruoso. Abbiamo riorganizzato l’assessorato, facendo una fotografia della delicata situazione sanitaria della Sicilia e siamo intervenuti sulla base delle indicazioni del Piano di rientro, grazie alla collaborazione dell’Agenas, l’Agenzia ministeriale per i servizi sanitari alle Regioni, e con un lavoro minuzioso e rigoroso di tutto lo staff. I risultati sono sotto gli occhi di tutti, sia in termini di risorse recuperate, circa 700 milioni di euro in appena 18 mesi, sia di organizzazione e qualità. C’è ancora tanto da fare, ma siamo su una strada dalla quale non è più possibile tornare indietro». A pagare questo deficit sono stati, in buona parte, i siciliani che si sono visti aumentare ai livelli massimi l’addizionale Irpef e l’Irap. Ora che il disavanzo è contenuto, pensate a 212 • DOSSIER • SICILIA 2010

In poco più di un anno Massimo Russo, assessore regionale alla Sanità afferma di aver rivoluzionato il sistema sanitario, abbattendo il deficit di 700 milioni di euro;sbloccando risorse “fermate” da Roma a causa del dissesto amministrativo e varando una nuova rete ospedaliera e ampliato i servizi. E in vista c’è il calo delle tasse Elena Ricci

un ritocco verso il basso delle due aliquote? «Ridurremo le tasse dal prossimo anno, ho fatto una promessa e la manterrò. Non è accettabile che i cittadini siano costretti a pagare di tasca loro per gli errori gestionali di chi ha amministrato la sanità con denaro pubblico. In Sicilia sono state applicate le aliquote massime per Irap e Irpef proprio per finanziare il debito». In virtù di questo risanamento, il ministero della Salute ha cominciato a sbloccare ingenti somme trattenute per inadempienze amministrative passate. Dove le investirete? «Si trattava di oltre un miliardo e duecento milioni di euro. Già abbiamo “recuperato” circa 650 milioni di euro con i quali potremo meglio riorganizzare la sanità siciliana, rendendo più sicure e più capillari le prestazioni sanitarie da ero-

Sopra, l’assessore alla Sanità della Regione Sicilia, Massimo Russo


Massimo Russo

700 mln EURO

È il risparmio ottenuto, in appena 18 mesi, dall’assessore alla Sanità che ha ridotto il deficit da 1 miliardo di euro a 280 milioni di euro

gare in tutta l’isola: le altre somme saranno sbloccate a breve. Questo è uno dei tanti effetti del nostro comportamento virtuoso, ma già in precedenza il Ministero aveva autorizzato l’accensione di un mutuo di 2 miliardi e 700 milioni con cui abbiamo pagato i debiti pregressi, rimettendo in moto l’economia sanitaria». Come sta valutando Roma il vostro operato? «Abbiamo evitato il commissariamento che sembrava inevitabile: già questo è un primo dato di fatto. Ma ogni settimana che passa mi accorgo che sta crescendo la stima e la considerazione nei confronti della Sicilia che sta dimostrando, con i fatti e non con le chiacchiere, di voler raggiungere i migliori standard nazionali attraverso il rispetto degli accordi e delle regole. Lo abbiamo fatto anche quando siamo stati costretti ad assumere decisioni impopolari. Una simile manovra di risanamento e riorganizzazione ha inevitabilmente toccato grossi interessi politici ed economici che siamo riusciti a fronteggiare grazie alla rigorosa politica imposta dal presidente Lombardo». A marzo 2009 è stata approvata la riforma gestionale del sistema sanitario regionale che,

di fatto, è operativa da settembre. Quali i filoni di intervento? «Una riforma epocale che può essere riassunta in cinque parole: programmazione, obiettivi, controlli, responsabilità, sanzioni. Fino ad ora si era speso troppo, a fronte di una qualità dei servizi insufficiente. Adesso dobbiamo rapidamente invertire la rotta. Oltre al taglio delle aziende sanitarie (da 29 a 17), abbiamo istituito nuovi distretti ospedalieri e imposto criteri rigorosi per la scelta dei manager. E’ stata avviata la riorganizzazione che ha permesso di ridurre gli indici di ospedalizzazione dal 248 al 195 per mille, stiamo potenziando i servizi territoriali con l’istituzione di Pta (presidi territoriali di assistenza) e riorganizzando il servizio di emergenza-urgenza 118 con una nuova società a controllo interamente pubblico. Per i cittadini, insomma, più servizi, più qualità, più efficienza e più economicità». Avete appena varato la nuova rete ospedaliera. Quali novità? «È cambiata la metodologia di lavoro. Abbiamo guardato al fabbisogno, tenendo conto degli indici di occupazione e inappropriatezza, eliminando inutili duplicazioni e riducendo ben 79 unità operative complesse. Tra pubblico e pri- SICILIA 2010 • DOSSIER • 213


SANITÀ

Ridurremo le tasse dal prossimo anno, ho fatto una promessa e la manterrò. Non è accettabile che i cittadini siano costretti a pagare di tasca loro per gli errori gestionali di chi ha amministrato la sanità con denaro pubblico

vato, tra acuti, lungodegenza e riabilitazione avremo 19.500 posti letto, ipotizzando un’ulteriore economia di circa 100 milioni di euro all’anno. L’organizzazione della nuova rete punta sulla piena integrazione tra grandi ospedali di riferimento (hub) presenti nelle aree metropolitane e nei capoluoghi di provincia e i piccoli ospedali dei centri periferici: tutte le province avranno garantite le funzioni basilari di medicina e chirurgia, mentre le alte specializzazioni saranno allocate nei grandi ospedali di riferimento. L’Agenas, nella sua relazione, scrive che “sono superate le principali criticità rilevate”, che la riorganizzazione “risulta coerente con le indicazioni del Piano di rientro” ed è “rispondente ai parametri del Patto per la Salute con riferimento alle percentuali di posti letto rispetto

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alla popolazione”. Un bel risultato che spegnerà sul nascere le stucchevoli e spesso strumentali polemiche di chi cerca di impedire il rinnovamento». Sul fronte della sanità privata avete portato avanti numerosi provvedimenti: c’è chi vi accusa di avere favorito le cliniche private, chi di penalizzare la specialistica ambulatoriale esterna. Come stanno le cose? «Il settore privato, che in Sicilia incide meno che nella media nazionale, rappresenta un’utile risorsa del sistema sanitario. Tutti i provvedimenti sono stati adottati sulla base di criteri e parametri oggettivi. Abbiamo assegnato i budget alle singole branche secondo quanto indicato dal Piano di rientro, anche le cliniche private hanno visto ridursi notevolmente l’aggregato di spesa a loro riservato. Non abbiamo favorito nessuno, ci siamo soltanto preoccupati di dare regole certe e condivise in un settore dove in passato c’era stata poca chiarezza. Ora sappiamo qual è il fabbisogno, cosa può e deve garantire il settore pubblico, cosa possono dare i privati. Adesso bisogna lavorare sulla qualità, premiando gli imprenditori della sanità che investono in strutture, apparecchiature e personale: per far questo stiamo creando delle vere e proprie classi di merito».



SANITÀ

Luci e ombre del sistema sanitario

S

e non è una bocciatura, ci si avvicina molto. Di certo è una critica. «Il governo contesta alla Regione il ritardo con cui si sta procedendo alla riorganizzazione dei servizi ospedalieri – evidenzia Giuseppe Castiglione, coordinatore regionale Pdl – . Non solo l’assessorato è in ritardo, ma il lavoro che sta elaborando determinerà la fine di quanto di buono erogava la sanità siciliana». Lentezze si registrano anche «sulla riorganizzazione dei servizi territoriali e sulla mancata chiarezza nella proposta di risistemazione del sistema emergenza-urgenza». Parole pesanti il cui fondamento, per il coordinatore del Pdl, poggia su dati concreti. Un esempio. «Nelle linee guida – spiega Castiglione –, si prevede che una struttura complessa di medicina o ancor peggio di chirurgia da 16 o 24 posti letto venga gestita con un primario e quattro aiuti. Questo non garantisce qualità nei servizi per impossibilità di organizzare l’attività assistenziale». La causa? «L’organico carente. Chi, infatti, ha formulato una norma così irrazionale non ha esperienza in organizzazione aziendale ospedaliera. Basti pensare che un medico è indispensabile per il turno ore 8-ore 14, un altro per il 14-20, un altro 20-08, l’indomani chi sarà presente in corsia o in sala operatoria?». Spo216 • DOSSIER • SICILIA 2010

Molto c’è ancora da fare per mettere a regime il sistema sanitario siculo. Ma il Pdl, con il suo coordinatore regionale Giuseppe Castiglione, critica duramente la riforma varata dalla giunta Lombardo. Più possibilista, invece, il vicepresidente all’Assemblea regionale siciliana in quota al Pd, Roberto De Benedictis Giacinta Boccoli

stando poi l’attenzione sul bilancio, per Castiglione, «la Regione sta riducendo il disavanzo, imponendo contrazioni alla voce beni e servizi. Un capitolo che non può e non deve più subire abbattimenti perché già dal 2007 è stato oggetto di riduzioni, infatti già per quell’anno doveva attestarsi alla spesa del 2005 meno il 3% (peraltro questo capitolo di spesa contiene anche le risorse per l’acquisto dei farmaci antitumorali). I tagli vanno fatti altrove». Che conseguenze ha la pesante potatura? «Che – ricorda il coordinatore del Pdl – non si può più operare perché non si acquistano i materiali indispensabili a eseguire l’intervento chirurgico». Con il decreto varato dall’assessore Russo si concretizza un immediato taglio di posti letto negli ospedali e si “promette” l’attivazione, di qualche migliaio, di posti letto di riabilitazione e lungodegenza. Anche in questo caso è stato fatto un grave errore: occorreva attivare prima i posti letto di riabilitazione-lungodegenza e solo dopo tagliare i posti letto degli ospedali,perché fino ad oggi risultano essere iperoccupati, per la loro funzione di supplenza. Più morbido il Pd all’Assemblea regionale siciliana che, per voce del suo vicepresidente, nonché componente della commissione Sanità, Ro-

In alto a sinistra, Giuseppe Castiglione, coordinatore regionale Pdl; in basso, Roberto De Benedictis (Pd) vicepresidente dell’Assemblea regionale siciliana e componente della commissione Sanità


Il punto

berto De Benedictis, sulla riforma dà un sostanziale semaforo verde. «Questa legge regionale – afferma il deputato regionale – è stata approvata nel 2009 durante lo svolgimento del cosiddetto Piano di rientro (sottoscritto con lo Stato nel 2007, ndr). Per noi, il Piano poteva essere un’opportunità per la sanità in Sicilia, se si fosse riusciti a coniugare i tagli alla spesa, inevitabili, con la riorganizzazione del sistema. E credo che la legge abbia aderito bene a quest’obiettivo. Il cuore è potenziare i servizi territoriali per ridurre l’ospedalizzazione che qui vanta tassi alti con elevati indici di inappropriatezza, pur in presenza di una rilevante mobilità esterna». Compiendo poi una sorta di prima valutazione, per De Benedictis, «i tagli sono stati avviati, pur tra mille difficoltà. Il disavanzo di gestione, cioè la maggiore spesa rispetto a quella preventivata, era di 858 milioni di euro nel 2006, è stato ricondotto a 271 nel 2009, con previsione di azzeramento entro il 2010». Ciò su cui, invece, si deve lavorare è la «nuova costruzione» della macchina, i cui risultati «i cittadini aspettano ancora di toccare con mano». Analizzando voce per voce, nel caso del personale sanitario, Castiglione imputa «all’as-

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PER MILLE è il tasso di ospedalizzazione nel 2006 in regione. Nel 2009, si è attestato sul 195 per mille

sessore alla Sanità di affermare che in Sicilia vi sono troppi medici che operano nel Servizio sanitario regionale. Il fatto è che non distingue tra operatori degli ospedali e del territorio, così facendo si penalizzano gli ospedali, quindi i pazienti. Perché, al contrario, è proprio nelle strutture ospedaliere che si registrano gravi insufficienze. L’assessore, invece – stigmatizza il coordinatore – fa di tutta l’erba fa un fascio e blocca le assunzioni. Così le carenze d’organico degli ospedali non vengono colmate». Quanto poi al tasso di ospedalizzazione, analizza De Benedictis, «nel 2006 era del 247 per mille a fronte del dato nazionale del 208 per mille. Nel 2009, in Sicilia si è registrato un valore di 195 per mille, coerentemente con la riduzione registratasi in quasi tutte le regioni italiane e confermando, almeno in questo parametro, una significativa diminuzione di quella quota di spesa generata da ricoveri ospedalieri non sempre necessari». Certo è, prosegue il deputato regionale del Pd, che molto resta ancora da fare per «ridurre gli squilibri fra territori. È uno dei nostri punti fermi ed è positivo che siamo riusciti a farne uno dei cardini della nuova legge. La vera possibilità di riequilibrio passa per l’offerta di assistenza territoriale sia perché deve, in parte, sostituire quella ospedaliera sia perché la regione ne è largamente sprovvista». Perplessità Castiglione le rileva anche per la sanità privata convenzionata. «I tagli qui sono rimasti invariati dal 2008 al 2009 e, all’interno di uno stanziamento di 56 milioni di euro, le cliniche più grandi non hanno visto ridursi il proprio budget. La Regione ha deliberato un taglio di 553 posti letto per le cliniche private, ma il taglio è stato congelato. La riconversione dei posti letto (da ricoveri per acuti a lungodegenza) è stata rinviata, solo per le cliniche, al 2010. Oltretutto, in autunno, è stato esteso alle strutture private la possibilità di effettuare prestazioni di screening e prevenzione oncologica (25,5 milioni di euro)». Inoltre, «nell’ultimo biennio, dopo i tagli dei posti letto, ben 639 pazienti hanno abbandonato il pubblico per il privato». SICILIA 2010 • DOSSIER • 217


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