OSSIER
TOSCANA
EDITORIALE
13
Raffaele Costa
L’INTERVENTO
15
Paolo Piccoli Claudio Siciliotti Maurizio De Tilla
PRIMO PIANO IN COPERTINA Sandro Bondi
20
DISTRETTO LAPIDEO Nicola Lattanzi
80
GESTIONE DEL RISCHIO
116
26
DONNE D’IMPRESA Laura Frati Gucci
84
CONTENZIOSO TRIBUTARIO Criticità
118
I LINGUAGGI DELLA POLITICA Paolo Bonaiuti, Omar Calabrese
RUOLI STRATEGICI
120
VERSO LE REGIONALI Monica Faenzi Enrico Rossi Francesco Bosi
32
FINANZA Aureliano Benedetti
86 VERIFICA SUGLI IMMOBILI Normativa
122
MOBILITÀ SOSTENIBILE Piaggio
90
44
NUOVE TECNOLOGIE Digitale terrestre
124
TERMOMETRO ELETTORALE Alessandra Ghisleri
CLASS ACTION Antonio Catricalà, Carlo Rienzi
96
LA CULTURA LIBERALE Marcello Pera
48
URBANISTICA Il caso Firenze
52
L’ARTEFICE DELLA BELLEZZA Giorgio Armani
56
ECONOMIA E FINANZA NAUTICA Centro Navigo Giancarlo Ragnetti Paolo Vitelli
64
CONFINDUSTRIA L’impegno degli industriali
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10 • DOSSIER • TOSCANA 2010
CONSULENZA Il futuro dell’impresa Gestione d’impresa
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STRUMENTI PER L’IMPRESA
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MERCATO DEL LAVORO La formazione
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IUS & LEX RICICLAGGIO 130 Gaetano Mastropierro, Luigi Giampaolino RIFORMA FORENSE Sergio Paparo
136
MEDIAZIONE Alfredo Iorio
140
Sommario
IL PUNTO Ugo Ruffolo
144
PROCESSO CIVILE Riforme
150
CONSULENZA PREVENTIVA
152
STRAGIUDIZIALE
154
RESPONSABILITÀ DELLA PA
156
CRIMINI TELEMATICI Umberto Rapetto
158
L’ERRORE MEDICO Nino Marazzita
176
TERRITORIO
SANITÀ POLITICHE SANITARIE Roberto Benedetti, Filippo Fossati
166
INFORMAZIONE SANITARIA Antonio Tomassini
172
STRUTTURE DINAMICHE David Fisher
184
SPAZI URBANI Riqualificazione
210
QUALITÀ URBANA Paolo Buzzetti
188
INGEGNERIA Evoluzioni
212
FORMAZIONE Gli atenei toscani
194
ESIGENZE CONTEMPORANEE
214
ESTETICA E FUNZIONE
216
TURISMO IMMOBILIARE Versilia
202
PROGETTAZIONE Nuovi linguaggi
206
EDILIZIA Potenziare i luoghi
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ENERGIA E AMBIENTE REATI AMBIENTALI L’allarme sociale
218
SMALTIMENTO RIFIUTI
220
TOSCANA 2010 • DOSSIER • 11
L’INTERVENTO
L’imparzialità a tutela del cittadino di Paolo Piccoli Presidente del Consiglio nazionale del notariato
l notariato è un’istituzione dello Stato, una magistratura “tra consenzienti” che garantisce sicurezza, efficienza, risparmio, velocità di esecuzione, mediazione giuridica e culturale. Una istituzione essenziale per il Paese, perché con la propria attività assicura tranquillità sociale e sviluppo economico equilibrato. Come giuristi di prossimità sul territorio costituiamo riferimento costante di informazioni e consigli per i cittadini, le famiglie e le imprese. Con i magistrati condividiamo lo spirito etico della regola giuridica: l’imparzialità e la decisione conforme a legge. Siamo dalla parte del cliente, ma in ogni caso sopra le parti. Il notariato è sinonimo per il Paese non soltanto di sicurezza giuridica, ma di efficienza e modernizzazione. Ogni anno, tramite la rete telematica del notariato vengono trasmessi ai pubblici registri 3,5 milioni di atti immobiliari e societari ed effettuate 26,5 milioni di visure. L’intervento dei notai nei procedimenti esecutivi per delega dei giudici ha ridotto i tempi di recupero dei crediti da 6/8 anni a 12/18 mesi. I vantaggi, in termini di efficienza e di risparmi per i cittadini, le imprese e l’economia in generale sono del tutto evidenti e quantificabili in molte centinaia di milioni di euro all’anno. Sosteniamo l’idea che la crescita del Paese debba coniugarsi con il rafforzamento della sicurezza giuridica e che un ab-
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Come giuristi di prossimità costituiamo riferimento costante per i cittadini. Siamo dalla parte del cliente, ma in ogni caso sopra le parti
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bassamento dei controlli che ci sono affidati aprirebbe falle pesanti nel sistema della certezza dei diritti. La pesantissima crisi ha evidenziato tutti i rischi e la criticità legati a una logica degli affari e del mercato volta alla sola massimizzazione del profitto. È tramontato anche un altro mito del mercato, secondo il quale l’individuo è infallibile nell’adottare decisioni corrette nell’arena dei mercati; e ciò non solo per la carenza di informazioni, ma anche per la loro eccessiva complessità. A tutte queste considerazioni il notariato oppone la “rule of law”, il primato della legalità, per tenere a bada lo strapotere degli interessi economici e riaffermare i valori. E lo può fare con la consapevolezza di costituire un punto di equilibrio tra cultura giuridica e moderna analisi economica. Con la consapevolezza che “quanta più certezza legale tanto meno costi transattivi”. Il notariato, dunque, è pronto a fare la propria parte, consapevole di essere parte dello Stato per la delega che gli è conferita e di svolgere, in un sistema di puro mercato, una funzione di garanzia nei confronti dei soggetti più deboli in passaggi fondamentali della vita come l’acquisto della casa e il mutuo. TOSCANA 2010 • DOSSIER • 15
L’INTERVENTO
Un sistema schizofrenico di Claudio Siciliotti Presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili
er il 2010 ci aspettiamo lo stesso fisco del 2009, né più né meno. Di riforme fiscali in questi anni ne sono state fatte persino troppe. Soprattutto dal 1997 in poi, abbiamo assistito a una sorta di bipolarismo fiscale che si caratterizzava per la volontà di ciascun nuovo governo di azzerare quanto fatto dal precedente. Un approccio deleterio che ha progressivamente portato il sistema verso una crescente irrazionalità e asistematicità. Il punto è che una riforma seria non è quella che si traduce in una mera trasformazione di norme, bensì quella che passa attraverso un vero cambiamento dei comportamenti dei cittadini. Inoltre, dovrebbe essere del tutto chiaro che una vera riforma del sistema fiscale, pensata per durare nel tempo, necessita di un ampio consenso trasversale agli schieramenti e nelle forze socio-economiche del Paese. Non su tutto è chiaro, ma almeno sui pilastri fondanti. Altrimenti diventa solo un altro giro di quella giostra impazzita che è ormai diventato il nostro sistema fiscale. Prima di tutto bisognerebbe capire quali sono i messaggi e gli indirizzi che si vogliono dare con la leva fiscale. Se si continua a ragionare essenzialmente in termini di gettito, non si potrà mai pervenire alla costruzione di un sistema fiscale equo. Quanto agli accorpamenti di imposte, l’ultimo esempio è stato quello che ha dato luogo alla nascita dell’Irap, ossia il tributo oggi in assoluto più contestato e iniquo. Il Consiglio che presiedo ha formulato cinque proposte: un riequilibrio tra tassazione sui redditi di lavoro e tassazione sulle rendite patrimoniali; una più di-
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retta correlazione tra consumi e redditi dichiarati; una maggiore trasparenza finanziaria attraverso meccanismi premiali; la sostituzione dell’Irap con altri tributi, laddove ne sia impossibile l’abrogazione; l’introduzione di incentivi seri e a regime per promuovere la capitalizzazione delle imprese. La lotta all’evasione, infine, può giocare un ruolo chiave nel più ampio e fondamentale ambito del rapporto che intercorre tra ogni cittadino e il suo Paese. La chiave, come evidenziato in una delle nostre proposte poc’anzi accennate, sta in una più immediata e diretta correlazione tra quello che il cittadino consuma e ciò che dichiara. La vera lotta all’evasione non passa attraverso strumenti come gli studi di settore, utili senz’altro, ma non decisivi, perché raffrontano i dati del singolo con delle medie statistiche. Essa passa attraverso il sistematico raffronto tra il tenore di vita del contribuente e quello che egli stesso dichiara come proprie entrate. TOSCANA 2010 • DOSSIER • 17
L’INTERVENTO
Una nuova previdenza forense di Maurizio De Tilla Presidente dell’Oua
n questi ultimi tempi sempre più insistentemente si parla della necessità di riformare unitamente alle professioni, il loro sistema previdenziale. Le Casse professionali hanno puntualmente ottemperato alla riforma della loro previdenza allorché hanno provveduto al cambiamento del sistema previdenziale, all’aumento dei contributi e dell’età pensionabile, alla previsione di una pensione integrativa modulare, al consolidamento della solidarietà e ad altre modifiche di grande rilevanza strategica. Va ricordato che dalla privatizzazione, da cui sono trascorsi quindici anni, le Casse hanno compiuto un percorso virtuoso che ha portato all’incremento dei patrimoni e degli attivi di bilancio. Abbiamo più volte posto in evidenza che per effetto dell’autonomia della previdenza privata si è realizzata un’importante contrapposizione al sistema keynesiano; così è sorta una struttura previdenziale affidata alla responsabilità dei gruppi professionali. Per gli enti dei professionisti la scelta di entrare nel settore privato è stata effettuata con profonda convinzione da parte delle rappresentanze
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Il vero problema è che la previdenza privata, che ha già la piena sostenibilità, non assicura in taluni casi l’adeguatezza della prestazione previdenziale che va riposizionata e integrata
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professionali nella consapevolezza che provvedere in autonomia ai propri trattamenti previdenziali costituisca una scelta moderna che consente di pensare alla previdenza professionale non solo in termini di trattamento strettamente pensionistico, ma come tutela dell’età post lavorativa, intesa come tutela sociale della salute e della vecchiaia, in termini di accentuata solidarietà sociale. L’insistenza che viene da talune parti nel segnalare un problema che non c’è, fa sospettare che si tenti ancora una volta di “mettere le mani sui patrimoni delle Casse”, come è stato già fatto in precedenza, ma con scarso successo in quanto le categorie professionali hanno efficacemente reagito a tale ingordigia politica anche sul piano del consenso elettorale. Il vero problema è che la previdenza privata, che ha già la piena sostenibilità, non assicura in taluni casi l’adeguatezza della prestazione previdenziale che va riposizionata e integrata. TOSCANA 2010 • DOSSIER • 19
IN COPERTINA
PIENA LIBERTÀ ALLA CULTURA La rivoluzione al Mibac è cominciata due anni fa con l’ingresso di Sandro Bondi che ha realizzato «una riforma epocale del ministero», istituendo una nuova Direzione generale per la valorizzazione del nostro immenso patrimonio culturale. Come pure di commissariare Pompei, l’area archeologica di Roma e di Ostia antica, gli Uffizi e Brera. E di spalancare le porte ai privati Federica Gieri
20 • DOSSIER • TOSCANA 2010
Sandro Bondi
l suo lavoro in via del Collegio romano affonda le radici su un assioma innegabile. «In Italia – osserva Sandro Bondi alla guida del Mibac, il ministero per i Beni e le Attività culturali –, da Bottai a Gramsci, la cultura è sempre stata vista come lo strumento più importante per ottenere il consenso. Da quando sono ministro ho inteso superare questa concezione, restituendo piena libertà agli uomini di cultura perché la cultura vera non è di destra né di sinistra. Ed è autentica quando è libera e non assoggettata a un disegno politico». Pungente. E disincantato. Al punto che le innovazioni da lui introdotte si sono mosse tutte nella linea di un «Governo che promuove un approccio liberale alla cultura, affiancando alle risorse pubbliche l’iniziativa privata. Dobbiamo favorire in ogni modo la massima partecipazione dei cittadini alla vita culturale del Paese, senza pregiudizi ideologici o approcci elitari. Solo così gli italiani potranno riconoscersi nel proprio patrimonio culturale». Anche perché, supposto che il patrimonio di conoscenze rispecchi l’identità di una nazione, il ritratto che emerge del Bel Paese non è così confortante. «Ho constatato quanto la cultura sia un terreno di scontro – osserva –, riflettendo così le dure contrapposizioni politiche che hanno avvelenato il nostro paese nel ventesimo secolo. Dobbiamo lavorare molto per rendere il nostro patrimonio culturale un potente fattore di coesione sociale. E questo sarà possibile solo grazie a un approccio autenticamente liberale alle politiche culturali». A poco meno di due anni dal suo ingresso al Mibac, è possibile trarre un bilancio? «Il primo passo è stato la realizzazione ❯❯
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di una riforma epocale del ministero. Ho istituito una nuova Direzione generale per la valorizzazione del nostro immenso patrimonio culturale, affidandola a un manager autorevole e capace come Mario Resca. Importante anche la decisione di commissariare Pompei, l’area archeologica di Roma e di Ostia antica, gli Uffizi e Brera. A Pompei, siamo riusciti a risolvere situazioni incancrenite come, ad esempio, la gestione abusiva dell’area di ristoro. Nell’area archeolo-
gica di Roma, invece, è stato possibile sbloccare cantieri aperti da anni e cominciare un intenso programma di riaperture al pubblico. A novembre, è stata restituita ai visitatori Vigna Barberini al Palatino, chiusa da oltre 50 anni, con i suggestivi resti del tempio del Sole di Eliogabalo e la splendida vista sulla valle del Colosseo; a dicembre la passeggiata sulle arcate Severiane al Palatino, un percorso archeologico che attraversa il piano alto del Palazzo Imperiale da decenni non
Sopra, Sandro Bondi con la sua compagna Manuela Repetti in occasione del Festival del Cinema di Venezia; in apertura, una foto degli Uffizi della fotografa tedesca Candida Höfer
TOSCANA 2010 • DOSSIER • 21
IN COPERTINA
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Dobbiamo favorire in ogni modo la massima partecipazione dei cittadini alla vita culturale del Paese, senza pregiudizi ideologici o approcci elitari. Solo così gli italiani potranno riconoscersi nel proprio patrimonio culturale
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Sotto il castello di Piagnaro a Pontremoli, in chiusura le rovine di Pompei
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❯❯ accessibile». Brera e gli Uffizi? «Con il commissariamento di Brera, il governo ha dato un notevole impulso a un progetto di cui si parla da quarant’anni e la cui conclusione sembra ora imminente. Milano avrà un’ampia pinacoteca che accorperà gli spazi dell’Accademia di Belle Arti, destinata a essere ospitata nei locali della caserma di via Mascheroni. La città godrà quindi di uno dei più grandi musei d’Europa, in grado di attrarre visitatori, offrire servizi culturali efficienti e moderni e di essere cardine culturale dell’Expo 2015. Infine, i Grandi Uffizi dovrebbero essere pronti nel 2013. A fine giugno 2010 avranno a disposizione nuovi spazi espositivi, sette sale e un corridoio sull’ala di ponente della galleria sopra le Reali Poste. Sono altresì fiero di ciò che ho fatto per la tutela del paesaggio, a partire dalla complessa questione relativa al veto al parcheggio multipiano del Pincio fino alla decisione di tutelare il paesaggio dell’Agro Romano, impedendo la
cementificazione di un territorio che ancora conserva, nonostante vari fenomeni sparsi di urbanizzazione, un’alta qualità paesaggistica». Tutela e promozione possono essere uno strumento per avvicinare italiani e stranieri alla conoscenza delle nostre ricchezze artistiche? «Promuovere il patrimonio culturale è uno dei compiti assegnati al nuovo direttore generale del ministero, Mario Resca, impegnato in una grande sfida: introdurre un approccio manageriale nella gestione dei musei e dei siti archeologici, dare un nuovo slancio al turismo culturale e riportare l’Italia al primo posto nel contesto internazionale. Il mondo ormai è un luogo aperto e competitivo anche sotto l’aspetto culturale e noi siamo solo una delle tante destinazioni turistiche possibili. Occorre lavorare in tutte le direzioni per divulgare il nostro patrimonio e suscitare interesse per la sua conoscenza. Gli strumenti per raggiungere il maggior numero di potenziali fruitori di cultura sono molti. Alcuni sono più facilmente attuabili, penso a iniziative come il ministero su Facebook, YouTube e Twitter o la possibilità di passeggiare virtualmente tra le meraviglie di Pompei offerta gratuitamente a milioni di utenti in tutto il mondo grazie a un accordo tra il Mibac e Google Italy che stiamo perfezionando in questi giorni. Altri richiedono fondi e tempi di realizzazione maggiori. Mi riferisco alle aperture serali, al prolungamento degli orari, alla traduzione in più lingue dei testi nei musei e alla modernizzazione delle strutture museali. Tutte iniziative alle quali stiamo lavorando con grande impegno». Fare cultura in tempo di ristret-
Sandro Bondi
tezze economiche, non è facile. In più sedi ha sollecitato un cambio del modus di finanziamento. Come centrare questo obiettivo? «Per quanto riguarda le risorse ribadisco l’idea di un maggior coinvolgimento dei privati nella cultura, garantendo la defiscalizzazione degli investimenti. Una strada che abbiamo già cominciato a percorrere nel cinema, con l’introduzione del tax credit e tax shelter a favore dell’industria cinematografica e della distribuzione, e che vorremmo estendere il più possibile ad altri settori della cultura e dello spettacolo. Inoltre, vogliamo evitare di disperdere in mille rivoli le poche risorse disponibili: per questo abbiamo siglato un accordo con l’Associazione fra le Casse di Risparmio Italiane finalizzato al coordinamento degli interventi nella tutela e nella valorizzazione del patrimonio culturale che si è già concretizzato con due protocolli d’intesa che hanno coinvolto alcune regioni:
l’Emilia Romagna e la Toscana con le fondazioni bancarie dei rispettivi territori». In Toscana, questa doppia firma come si articola? «Il protocollo prevede 27 milioni di euro da investire sul territorio per la realizzazione di sette progetti di recupero. Gli ambiti di intervento individuati sono: il nuovo allestimento del Museo archeologico nazionale di Firenze; il piano di recupero e valorizzazione degli ambienti monumentali degli arsenali nell’Istituto degli Innocenti; la totale fruizione dell’area archeologica del Sodo (Cortona); l’adeguamento funzionale del museo delle Statue Stele lunigianesi nel castello del Piagnaro a Pontremoli; il recupero del complesso monumentale degli Arsenali Medicei a Pisa, dove allestire il museo, creare un percorso espositivo sulle navi antiche nonché un Centro per il restauro del legno bagnato. C’è poi il restauro e la destinazione a pubblica fruizione della
villa medicea di Careggi a Firenze, dove la Regione, proprietaria dell’immobile, intende localizzare il costituendo Centro europeo per lo studio del Paesaggio; la valorizzazione delle testimonianze napoleoniche a Portoferraio, sull’isola d’Elba, con interventi conservativi e di riallestimento del Museo napoleonico». Insomma Stato, enti Locali e realtà economiche del territorio lavorano fianco a fianco? «Hanno cominciato per la prima volta un importante dialogo che mette al primo posto il patrimonio culturale. Insieme abbiamo individuato i beni storico-artistici su cui intervenire e insieme concorreremo al reperimento delle risorse economiche necessarie, mirando al recupero di contesti di interesse storico-artistico per restituirli al pubblico e riscoprirne il valore culturale. Beni che potranno costituire anche il fulcro di nuovi circuiti culturali territoriali, permettendo di sperimentare forme innova- ❯❯ TOSCANA 2010 • DOSSIER • 23
IN COPERTINA
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Occorre un maggior coinvolgimento dei privati nella cultura, garantendo la defiscalizzazione degli investimenti
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❯❯ tive di promozione e di progettare nuovi percorsi turistici e itinerari di visita». In quale direzione si muove la riforma delle fondazioni degli enti lirici? «La trasformazione degli enti lirici in fondazioni di diritto privato voluta da Veltroni è fallita. Queste realtà ora assommano il peggio del settore pubblico e di quello privato. Parossistica frammentazione sindacale, scarsa capacità, ad eccezione di alcune realtà, di attrarre risorse, progressiva erosione patrimoniale che ha già portato a cinque commissariamenti. Per assicurare un adeguato contenimento dei costi credo sia necessario riformare il sistema di contrattazione collettiva delle fondazioni liriche, attribuendo a un unico soggetto a livello centrale la rappresentanza dei datori di lavoro. Ritengo inoltre che la riforma debba tenere conto della non omogeneità 24 • DOSSIER • TOSCANA 2010
che si riscontra nel variegato panorama delle fondazioni, anche attraverso il riconoscimento di una particolare autonomia a quelle istituzioni che rivestono connotati peculiari. Senza però che si crei la distinzione tra fondazioni di serie A o di serie B. Al contrario bisogna emanare regolamenti che tengano conto della specificità di ogni fondazione lirica, stabilendo a seconda della tradizione della storia della produttività e del ruolo assunto in Italia e all’estero di ognuna, un livello maggiore o minore di autonomia rispetto ai tradizionali poteri ministeriali. Infine occorre razionalizzare l’intero sistema di finanziamento statale destinato agli organismi dello spettacolo dal vivo, rideterminando i criteri selettivi di assegnazione dei contributi agli organismi dello spettacolo, tenendo conto delle attività svolte e rendicontate dei livelli quantitativi e dell’importanza
culturale della produzione intrapresa, della regolarità gestionale nonché degli indici di affluenza di pubblico». Le campagne di comunicazione, come quella ideata da Mario Resca, sono sufficienti a sensibilizzare gli italiani alla conoscenza del patrimonio nazionale e locale? In un’ottica manageriale, si è rivelata vincente la scelta di nominare un commissario straordinario in una realtà così “delicate” come Pompei? «Le campagne di comunicazione sono fondamentali per riportare il patrimonio culturale italiano al centro del dibattito nazionale. I primi risultati si possono già constatare: nelle festività natalizie i visitatori dei musei e delle aree archeologiche statali sono cresciuti del 6% rispetto all’anno scorso. Una buona e mirata comunicazione è un modo per risvegliare l’orgoglio nazionale e portare gli stessi italiani, che all’estero affollano i musei, verso la cultura di casa propria. Per quanto riguarda Pompei sono i fatti a parlare. L’apertura straordinaria della Domus dei Casti Amanti, scoperta nel 1985 e mai finora visibile al pubblico, ha riscosso molto successo. I posti disponibili sono esauriti in un’ora. Questo è solo un piccolo esempio di come la valorizzazione turistica possa cambiare veste se affidata a persone con competenze manageriali, senza nulla togliere all’insostituibile funzione di tutela del patrimonio svolta dalle soprintendenze».
I LINGUAGGI DELLA POLITICA
La concretezza vince contro C la propaganda
onflitto di interessi. Leggi ad personam. Mancanza di libertà di informazione. Messa a rischio della democrazia. Assenza di adeguate politiche economiche. Questi gli attacchi che, da quindici anni, il centrosinistra sferra al cenUna serie di riforme per migliorare l’intero sistema giustizia. trodestra, in particolare al presidente Una politica economica che sta permettendo al Paese di Silvio Berlusconi. «La sinistra non riagganciare la ripresa. Il sottosegretario Paolo Bonaiuti cambia mai musica» afferma laconicamente il sottosegretario alla prepone l’accento sulla «politica dei fatti e della concretezza» sidenza del Consiglio Paolo Bonadel governo Berlusconi. E l’opposizione? Ha scelto «la strada iuti sottolineando come, dal 1994, dell’insulto e della delegittimazione del premier» il centrosinistra abbia «deciso di aggredire il presidente Berlusconi atAlessandro Cana traverso la demonizzazione e il ribaltamento della realtà». Una realtà costituita «dalla politica del fare», contro la quale Bonaiuti non vede concretezza ma solo «chiacchiere». La stella polare dell’opposizione? «È stato, è e rimane l’antiberlusconismo. Tutti i leader della sinistra che Berlusconi ha puntualmente sconfitto sul piano elettorale – Occhetto, D’Alema, Rutelli, Prodi, Veltroni, Franceschini, ma forse ne dimentico qualcuno – hanno ceduto alla tentazione dell’antiberlusconismo, invece di confrontarsi con l’avversario politico, con le sue proposte e con i suoi programmi». Onorevole Bonaiuti, rispetto a queste accuse ricorrenti della sinistra, qual è la verità dei fatti? «La verità è che la stragrande maggioranza degli italiani ha democraticamente deciso, con il suo voto, di affidare il governo a Berlusconi che rappresenta la politica del fare, la politica dei fatti e della concretezza, contro il teatrino della politica e 26 • DOSSIER • TOSCANA 2010
Paolo Bonaiuti
Nella foto, Paolo Bonaiuti sottosegretario alla presidenza del Consiglio
contro la sinistra dellechiacchiere. La scelta degli elettori è comprensibile, visto che i cittadini chiedono al governo di realizare i programmi presentati prima delle elezioni e sanno bene che il nostro governo manterrà gli impgni. Le accuse della sinistra lasciano nell’opinione pubblica il tempo che trovano. L’opposizioneormai ha smesso di fare politica affidandosi alla propaganda, se non al pettegolezzo». Capitolo giustizia. La sinistra vi attacca su tutta la linea accusandovi di muovervi solo per proteggere il premier. «Non è vero. Governo e maggioranza stanno spingendo una serie di riforme per migliorare l’intero sistema, perché la lentezza della giustizia è un problema che interessa milioni di cittadini. Accanto alla riforma del “processo breve”, vanno ricordate le nuove norme antimafia, le riforme del processo civile, del processo penale, delle intercettazioni, della professione forense, del Consiglio superiore della magistratura oltre al Piano Carceri. Chi parla di leggi ad personam finge di dimenticare che invece è in atto una persecuzione ad personam, tutta ai danni di Silvio Berlusconi. Lo dimostra il fatto che da quando è sceso in politica il presidente Berlusconi ha subito oltre cento procedimenti giudiziari, mentre prima era completamente sconosciuto ai magistrati e alle procure. È una coincidenza?». Parliamo di riforme. La sinistra vi accusa di volerle fare a maggioranza.
«Le riforme si faranno perché il nostro programma, che le prevedeva, è stato votato dalla maggioranza degli elettori e non si può tradire il loro mandato. Noi vorremmo che la sinistra accettasse il confronto. Purtroppo, fin dall’inizio della legislatura, i leader della sinistra che si sono succeduti alla guida del Pd hanno scelto la strada dell’insulto e della delegittimazione del premier. E anche il neosegretario Bersani non accenna a cambiare rotta, anzi guarda ad un recupero di voti alla sua sinistra. La maggioranza dovrà, comunque, andare avanti e approvare quelle riforme di cui il Paese ha assoluto bisogno». Procedere da soli con le riforme non è un rischio? «Anche la sinistra, senza nessun accordo con noi che allora eravamo all’opposizione, ha varato nel 2001, a fine legislatura, quella riforma del Titolo V della Costituzione che poi ha portato ad un’esplosione dei contenziosi tra Stato e Regioni. Come
potrebbe oggi, quella stessa sinistra, contestare il procedere a maggioranza con le riforme? Resta il fatto che questa è un’ipotesi subordinata rispetto alla volontà del presidente Berlusconi che vorrebbe andare avanti in maniera condivisa». Passiamo dalla libertà di informazione che i partiti di opposizione ritengono a rischio. «Nel nostro Paese ci sono 149 testate quotidiane, delle quali 26 ottengono contributi pubblici. Abbiamo circa 1500 periodici, 14 radio nazionali e 1000 locali. Quanto alle tv, abbiamo 10 canali nazionali e 550 canali locali analogici. Le tv satellitari sono 138 e alla fine della digitalizzazione ci saranno circa 3000 canali digitali. Questi numeri dimostrano in tutta evidenza che in Italia è garantito il pluralismo dell’informazione e che la sinistra fa solo propaganda». Per garantire questo pluralismo cosa fa il governo? «Moltissimo. Il Dipartimento per l’informazione e l’editoria nel 2008 ❯❯ TOSCANA 2010 • DOSSIER • 27
I LINGUAGGI DELLA POLITICA
❯❯ ha complessivamente erogato 206 milioni di contributi, dei quali quasi 186 milioni sono finiti nelle casse di 450 giornali su carta. Oltre 21 milioni di euro hanno sostenuto una miriade di testate radiofoniche e televisive locali. Voglio essere ancora più preciso: tra i quotidiani, L’Unità ha ricevuto 6,3 milioni, il Manifesto 4,3 milioni, Europa 3,5 milioni, il Riformista 2,5 milioni. Stiamo parlando di testate ancorate a sinistra. Ci troviamo nella situazione paradossale di un governo che sostiene puntualmente i giornali, tutti i giornali, in buona misura di sinistra, e che poi viene accusato dalla stessa sinistra di minacciare la libertà di informazione: non è un controsenso? Il tentativo di portare la questione in Europa poi, si è rivelato un fallimento: la sinistra che credeva di vincere al Parlamento di Strasburgo è tornata indietro sconfitta. Dopo aver mostrato quale sia il suo spirito di patria». La minoranza accusa il centrodestra di voler imbrigliare la Rai e di volerla danneggiare con lo sciopero del canone. È vero? 28 • DOSSIER • TOSCANA 2010
«Di certo, il centrodestra non ha occupato la Rai. Al contrario i tre telegiornali – Tg1, Tg2 e Tg3 – sono andati a tre professionisti di indiscutibile valore come Augusto Minzolini, Mario Orfeo e Bianca Berlinguer. Intanto va avanti liberamente una serie di talk show che certo non sono sospettabili di simpatie verso il governo. Ha mai visto una puntata di Annozero, di Report o di Parla con me? Per non parlare, appunto, di Ballarò o di Che tempo che fa, che certo non sarebbero mai ascrivibili al centrodestra. La verità è che l’occupazione della Rai da parte della sinistra cominciò negli anni Ottanta, quando c’era Walter Veltroni a capo della propaganda del vecchio Partito comunista italiano. Il punto fondamentale resta quello di inquadrare il compito del servizio pubblico: se - come è evidente – esso deve ottemperare al dovere di informare o se - come qualcuno a sinistra cerca di fare - può essere utilizzato per una propaganda a senso unico, sempre e comunque contro Berlusconi e contro il governo. Purtroppo, la sinistra dimo-
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Tutti i leader della sinistra che Berlusconi ha puntualmente sconfitto sul piano elettorale hanno ceduto alla tentazione dell’antiberlusconismo, invece di confrontarsi con l’avversario politico
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stra di concepire spesso il servizio pubblico come un efficace strumento contro l’avversario politico, considerato più come un nemico che come un avversario vero e proprio». In che consiste per lei la vera libertà di stampa? «Consiste in un’informazione trasparente in cui i fatti vengono presentati in maniera corretta, accompagnati e arricchiti dalle opinioni. Senza che la notizia sia distorta per finalità propagandistiche. Solo in questo modo, i cittadini potranno maturare un giudizio autonomo, elaborato sulla base di fatti concreti, non distorti».
Omar Calabrese
La buona comunicazione parte sempre dalle idee La comunicazione politica italiana ha mostrato in questi anni una crescente litigiosità. Frutto della mediatizzazione del sistema politico. E in particolare del prepotente ingresso del linguaggio specifico della televisione. Non mancano però, secondo il semiologo Omar Calabrese, esempi efficaci di comunicazione. Sia a destra che nel centrosinistra Francesca Druidi
el 1998 usciva Come nella box, saggio nel quale il semiologo Omar Calabrese, attuale docente presso l’Università degli Studi di Siena, analizzava la conflittualità presente nella politica italiana nell’era dei media, in particolar modo nell’era della televisione, puntando l’indice su fenomeni come la personalizzazione della politica, resa evidente da una maggiore attenzione all’immagine dei leader; la spettacolarizzazione della comunicazione politica, caratterizzata da una nuova commistione di informazione e intrattenimento; e l’adozione di una costante negoziazione tra sistema mediatico e politica. Per il semiologo, la comunicazione politica non ha però in questi anni subito sostanziali evoluzioni, ma anzi resta facilmente assimilabile a un match di pugilato. Non si sono riscontrate novità degne di nota riguardo alla comunicazione politica in Italia ri-
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spetto al suo lavoro del 1998? «No, le caratteristiche che presentava allora la comunicazione politica si sono ulteriormente accentuate. Nel frattempo, si sono registrati episodi che hanno tentato di invertire la tendenza: prendendo un esempio da una parte e dall’altra dei due maggiori schieramenti politici, l’ultima campagna elettorale nazionale di Walter Veltroni e l’approccio di Gianfranco Fini. Sono esempi “saggi”, ma minoritari perché nel complesso la comunicazione polemica si è intensificata in maniera ancora più deleteria rispetto allo scenario descritto nel libro». In quali aspetti in particolare Veltroni e Fini hanno tentato di Sopra, Omar Calabrese, scompaginare le carte in tavola? semiologo e docente presso «Per quanto riguarda il primo, l’Università degli Studi di Siena l’idea è stata quella di condurre e orchestrare la campagna elettorale senza mai citare il suo avversario, Berlusconi nella fattispecie, tentando di concentrare l’attenzione ❯❯ TOSCANA 2010 • DOSSIER • 29
I LINGUAGGI DELLA POLITICA
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Si sono registrati episodi che hanno tentato di invertire la tendenza di una comunicazione politica sempre più conflittuale: l’ultima campagna elettorale nazionale di Walter Veltroni e l’approccio di Gianfranco Fini
❯❯ sulle tematiche e i problemi. Purtroppo per Veltroni, la sua linea è stata fortemente penalizzata dal fatto che alcune parti delle due coalizioni, Di Pietro da un lato, la Lega dall’altro, sono riuscite invece ad accentuare il carattere di nicchia del loro elettorato, forzando enormemente il tono della campagna. Anche la sinistra più radicale, trovandosi in qualche maniera accerchiata, ha reagito in modo più duro del solito. Così come i partiti a destra». Per quanto riguarda Fini? «In questo caso, si tratta di un orientamento maggiormente personale e personalizzato alla politica. 30 • DOSSIER • TOSCANA 2010
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Dopo aver sdoganato il proprio partito, all’interno del Polo della Libertà ha cercato di mostrare una credibilità generale che andasse al di là dello schieramento specifico. Nel clima di conflitto che però si è creato, alimentato dalla mediatizzazione della politica, quello di Fini non risulta allo stato attuale un modello vincente». Quali sono i fattori che individua come i principali responsabili dell’odierno scenario della comunicazione politica italiana? «Una forte spettacolarizzazione, una televisizzazione della politica, tale per cui un linguaggio più ac-
ceso viene inteso come anticonvenzionale e, di conseguenza, accentuato. È questione più di forma che di sostanza, ma poi accade che le forme diventino formule, le quali finiscono spesso per tradursi in cattiva sostanza. In secondo luogo, si evidenzia un incitamento al tifo di carattere quasi calcistico, che determina nella comunicazione politica uno spirito da “guerra civile” sviluppato nella più assoluta formalità. Un clima che funziona meglio in televisione in quanto mezzo che tende per sua natura, e soprattutto in questo ambito, ad abbreviare e semplificare. Il carattere dell’estrema semplificazione favorisce l’elemento di rissa, sia pure, lo ribadisco, dai contorni formali». Come valuta la qualità della comunicazione politica italiana? «A volte è buona, altre volte pes-
Omar Calabrese
LE NUOVE FRONTIERE DELLA PARTECIPAZIONE POLITICA
B
sima. Prendendo l’esempio delle campagne elettorali in corso, in Emilia Romagna, i due principali candidati presentano un manifesto elettorale pressoché identico. Se l’elettore non conoscesse la differenza tra le due proposte politiche, non arguirebbe sostanziali diversità, tantomeno sui programmi dell’uno o dell’altro. Anche in Toscana, Enrico Rossi e Monica Faenzi si equivalgono sotto il profilo delle scelte comunicative. Non emergono elementi di innovazione. Il problema oggi è che non si riesce mai a intravedere la sostanza, a causa soprattutto della semplificazione apportata dalla televisione». Quando, invece, la comunicazione politica funziona bene? «Vuol dire che all’interno del programma, che resta comunque il punto di partenza, ci sono due o tre idee portanti che diventano “la” co-
arack Obama viene definito il primo “internet president” per aver saputo improntare, da candidato, una campagna elettorale integrata e capace di abbracciare tutti i media, in particolar modo i social network, attribuendo a piattaforme web come Facebook e Twitter un ruolo centrale nelle attuali strategie comunicative dell’amministrazione. Omar Calabrese resta però perplesso sulla funzione dei social network nella comunicazione politica: «Come emerge proprio dal caso Omaba negli Stati Uniti, in tempi molto rapidi e soprattutto in un periodo di crisi come quello attuale, si può perdere il consenso piuttosto facilmente. Ciò significa che queste tecnologie identificano una modernizzazione, costituiscono un buon supporto per la politica, ma non contengono di per sé alcuna ricetta magica. L’importante è rendere la comunicazione politica una parte effettiva della propria azione. Del resto, il modo in cui un candidato si presenta è già politica». Per il semiologo, niente è pre-deciso dall’innovazione. «Quest’ultima da sola non basta. È fondamentale, invece, sottolineare l’impiego dell’innovazione per affiancare e supportare la e-democracy, ossia il laboratorio di ela-
municazione. Ecco perché la politica è comunicazione e non si tratta di comunicazione a supporto della politica». Comunicazione politica e comunicazione elettorale. Come valuta il regolamento sulla par condicio varato dalla Commissione di vigilanza Rai, che annulla di fatto i talk show politici? «Ritengo che le regole sulla par condicio vadano un po’ riviste e semplificate, in quanto caratterizzate da un eccesso di formalismi da interpretare. Non sono però d’accordo con la proposta di Berlusconi di abolire la par condicio, rego-
borazione delle idee». Come evidenzia Calabrese, l’azione perseguita da Obama, se guardata dal punto di vista di un’innovazione puramente formale, ha ottenuto un risultato di scarso peso e di breve durata: «non per nulla ha perso il consenso in maniera verticale». Le cose cambiano se questa strategia viene letta come la dimostrazione di una nuova forma di partecipazione popolare. «Che Obama intendesse andare in quella direzione è testimoniato dal fatto che alcuni membri della sua task force hanno lavorato molto sulla questione della e-democracy. E qualche movimento più orientato a sinistra nel mondo ha seguito le stesse azioni, riuscendo a vincere le elezioni: in Grecia con Papandreu e in Portogallo».
lando la comunicazione in maniera proporzionale ai voti ricevuti alle urne. Io, al contrario, introdurrei la regola in base alla quale nella comunicazione politica in generale, anche in periodo non elettorale, vi sia parità di tempo concessa a tutti gli schieramenti indipendentemente dai risultati, senza alcun calcolo rispetto al consenso. L’eliminazione di tutte le tribune è un provvedimento che non mi piace, lo reputo ipocrita. Sarebbe preferibile piuttosto una riflessione seria su tutti i talk show, vietando che in essi la politica entri come attore dello spettacolo». TOSCANA 2010 • DOSSIER • 31
VERSO LE REGIONALI
Il coraggio di guardare avanti L
a rivoluzione parte dalla gente. E sono proprio loro gli interlocutori privilegiati di Monica Faenzi, candidata del Pdl alle elezioni regionali di «I toscani non vogliono vivere così». Monica Faenzi marzo. Già assessore di Grosseto e è convinta che solo attraverso un cambiamento sindaco di Castiglione della Pescaia, radicale si possa rilanciare la Regione. Come? rispetto ai suoi avversari ritiene di «Concentrandosi su quelle che sono le vocazioni avere un’arma in più: il pragmatismo. Poche parole e molti fatti. tipiche della Toscana: piccola e media impresa e «Occorre far sentire ai cittadini che distretti industriali» aprendosi inoltre ai mercati siamo vicino a loro e che il nostro stranieri. Innovare mantenendo sempre salde le impegno e il nostro lavoro ha uno scopo preciso: garantire maggiori proprie radici sembra essere la strategia tutele e sicurezze». Azioni mirate e dell’onorevole Faenzi che vede nel turismo progetti concreti, ma soprattutto l’elemento trainante per uscire dalla crisi maggiore attenzione al settore turistico «che è l’unico segmento delNike Giurlani l’economia toscana che è uscito indenne dalla crisi». La sua campagna elettorale è partita da Prato, come mai questa scelta? «La mia campagna elettorale ha voluto prediligere prima di tutto le province. Prato è la città simbolo di una nuova Toscana. È il simbolo della crisi dei distretti economici e di un’immigrazione incontrollata, ma è anche la dimostrazione che tutto è possibile, con l’impegno e la costanza. Occorre far sentire ai cittadini che siamo vicino a loro e che il nostro impegno e il nostro lavoro ha uno scopo preciso: garantire maggiori tutele e sicurezze. Questi problemi interessano tutte le città della Toscana ed è per questo che la nostra battaglia va combattuta su tutto il territorio». Quali saranno i punti princiMonica Faenzi, candidata del Pdl alle elezioni regionali pali del suo programma? «Gli obiettivi primari sono il lavoro e la sicurezza dei cittadini. Inoltre, ci
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Monica Faenzi
adopereremo affinché siano eliminate alcune manifestazioni inutili, come la festa della Toscana o l’assessorato alla pace e al perdono, che rappresentano più che altro operazioni di facciata e certamente non sono in grado di risolvere i problemi reali della gente comune». Quali sono le iniziative che intende perseguire per combattere il problema della disoccupazione? «Far ripartire l’economia. Solo in questo modo potremmo garantire ai cittadini, ma soprattutto ai giovani, posti di lavoro reali e un futuro migliore». Quanto conta creare un legame diretto con i propri elettori? «Tutti i mezzi di comunicazione sono importanti per arrivare ai cittadini, ma quello che ritengo non debba mai venire meno, è il contatto diretto con le persone. Per questo motivo, quando affronto una campagna elettorale, il luogo in cui mi reco sono i mercati cittadini. In queste occasioni ho avuto modo di confrontarmi con le persone comuni per capire le loro esigenze, le loro priorità e i loro desideri». Su quali settori occorre puntare principalmente per rilanciare la regione? «Occorre concentrarsi su quelle che sono le vocazioni tipiche della Toscana: la piccola e media impresa e i distretti industriali. Inoltre, bisogna rafforzare l’export diventando competitivi nel mercato globale. Questi sono gli obiettivi che deve portare a termine un’amministrazione regionale che abbia a cuore il rilancio della Toscana».
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Il turismo, unico segmento dell’economia toscana che è uscito indenne dalla crisi, non è mai stato sufficientemente valorizzato. Manca una cabina di regia
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Quali iniziative sono prioritarie per risolvere la carenza infrastrutturale della regione? «Tutte le infrastrutture regionali devono subire un processo di ammodernamento. Per questo motivo, al Sopra, una spiaggia della Versilia; in basso, operai a lavoro centro del nostro programma, c’è prima di tutto l’intenzione di rafforzare i sistemi aeroportuali e portuali. Firenze ha bisogno con urgenza di una nuova pista di atterraggio e occorre realizzare delle sinergie con l’aeroporto di Pisa affinché il traffico aereo non si indirizzi verso l’aeroporto di Bologna». Enrico Rossi, assessore al diritto alla salute della Regione Toscana e suo attuale sfidante alle elezioni di marzo, traccia un bilancio più che positivo della sanità toscana, ma al contrario, il Pdl da tempo nutre forti perplessità sul suo operato. Per quale motivo? «Gli apparati sanitari, ma in primo luogo i cittadini, sono il nostro ago della bilancia. A Enrico Rossi va il merito di aver realizzato un buon sistema sanitario, in cui però il cittadino non è al primo posto. Un solo ❯❯ TOSCANA 2010 • DOSSIER • 33
VERSO LE REGIONALI
A sinistra, la sala d’attesa di un Cup toscano; in basso, la stazione di Prato
❯❯ esempio: le liste di attesa. Non è ammissibile che un cittadino prima di riuscire a stabilire una data per un esame diagnostico o per un intervento chirurgico debba aspettare anche sei mesi. Mi sembra un chiaro segnale che la sanità non funziona come dovrebbe». Qual è la sua risposta al distretto energetico proposto da Enrico Rossi? «Occorre avvalersi di tutte le fonti di approvvigionamento perché 34 • DOSSIER • TOSCANA 2010
sono tutte indispensabili. Enrico Rossi dovrà rapportarsi con la sinistra radicale, che dimostrerà un comportamento sicuramente pregiudiziale verso la geotermia, l’energia eolica e altre fonti alternative di energia. Al contrario, mi piacerebbe creare un polo che coinvolga diverse risorse energetiche, sempre nel rispetto dell’ambiente, per non continuare a essere dipendenti dai Paesi che estraggono il petrolio e che sono politicamente
instabili». La Toscana è da sempre una meta molto amata dai turisti stranieri e italiani. Quanto secondo lei il turismo può diventare un elemento trainante per il rilancio della Regione? «Il turismo, unico segmento dell’economia toscana che è uscito indenne dalla crisi, non è mai stato sufficientemente valorizzato. Manca una cabina di regia. L’articolo quinto della Costituzione ha assegnato alla Regione una competenza in materia, prettamente esclusiva, ma fino ad ora le amministrazioni che mi hanno preceduto hanno esercitato questo potere in maniera totalmente errata. Fino a questo momento la Regione si è solo limitata a lanciare uno spot pubblicitario con lo slogan “Voglio vivere così”, costato 15 milioni di euro, che non ha prodotto certo un aumento nel numero di presenze, ma semmai ha sortito l’effetto opposto, facendo diminuire i fatturati poiché i toscani non “vogliono vivere così”». Alle spalle ha già due importanti esperienze come assessore di Grosseto e sindaco di Castiglione della Pescaia. Si sente maggiormente preparata rispetto ai suoi avversari? «Rispetto ai miei avversari penso di possedere un elemento in più: il pragmatismo. Non mi piace indugiare troppo sui discorsi politici, più che soffermarmi sulle parole, sono interessata a risolvere i problemi concreti».
VERSO LE REGIONALI
Un’alleanza allargata per cambiare passo Energie rinnovabili, infrastrutture e rilancio industriale. Questi i temi intorno ai quali si gioca l’elezione del nuovo presidente della Regione. Enrico Rossi, candidato della coalizione Toscana Democratica punta alla creazione di un distretto energetico, ma dice no al nucleare
ontinuità o alternanza politica? La Toscana, uno dei baluardi storici della sinistra, a marzo eleggerà il nuovo presidente della Nike Giurlani Regione. La coalizione Toscana Democratica vede in Enrico Rossi l’uomo adatto a ricoprire questo ruolo con un programma che punta a un rinnovamento delle infrastrutture, alla creazione di un distretto energetico e di aree di reindustrializzazione. Ma sono molte le perplessità sollevate dall’opposizione sul nome di Rossi. Infatti, l’attuale assessore alla Sanità secondo il Pdl regionale non può prendere le distanze dall’operato della giunta Martini, che invece di gettare le basi per il rilancio della Regione, ha attuato una politica regressiva. Secondo il centrodestra, mentre l’anno prossimo il Pil nazionale tornerà a crescere, la Toscana dovrà attendere 6/7 anni, senza contare che anche le grandi opere infrastrutturali sono partite grazie al sostanziale intervento del governo, e in particolare modo del ministro Matteoli. Enrico Rossi, dopo aver chiuso in positivo il bilancio sanitario si sente invece pronto a ricoprire il ruolo di presidente e a portare avanti nuove sfide per uscire presto dalla crisi. Sopra, Enrico Rossi candidato della coalizione Toscana Democratica Quali punti principali del voalle prossime elezioni regionali stro programma? «La coalizione Toscana Democra-
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C
Enrico Rossi
tica riunisce insieme diversi partiti che si sono confrontati e hanno condiviso un metodo di lavoro comune. In caso di disaccordi, però, l’ultima parola spetta al candidato presidente. In termini di priorità, occorre sostenere le imprese, il lavoro e il diritto alla casa, far maturare alcuni settori industriali, il turismo e l’agroalimentare e investire in comparti in crescita. Occorre, con urgenza, una semplificazione amministrativa e di attrarre investimenti esterni. Bisogna poi migliorare la governance regionale su infrastrutture, urbanistica, servizi pubblici locali, ricerca e università, patrimonio culturale». Un argomento al quale tiene particolarmente è la creazione di un distretto energetico. Di che
cosa si tratta? «Chi controlla l’energia controlla lo sviluppo economico del futuro. La Toscana può contare su fattori come geotermia, idroelettrico, biomasse, fotovoltaico ed eolico, metanodotti e rigassificatori. Le strutture da convertire lungo la costa non mancano e un polo energetico sarebbe funzionale sia per il fabbisogno locale, che per le industrie, ma anche per i 25-30 milioni di persone del Centro e Nord Italia». Attraverso quali strategie dovrà passare il rilancio economicoindustriale della Toscana? «Ritengo utile proporre aree dedicate alla reindustrializzazione, una cabina di regia per attrarre una nuova generazione d’imprenditori e imprese ad alto valore aggiunto, in
grado di sfruttare il trasferimento tecnologico dalle università della Regione. Inoltre, siccome la crescita dipenderà dalle esportazioni, serve ripensare la promozione estera e garantire i pagamenti degli enti regionali ai fornitori. Intendo poi migliorare tempi e processi autorizzativi nel pubblico e ridurre la spesa corrente regionale dell’1% l’anno. Penso sia altresì importante lanciare progetti strategici per lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi secondo una logica trasversale a molti distretti industriali toscani e finanziabili con il concorso del sistema bancario. La difesa del benessere economico richiede la centralità d’imprese leader, socialmente responsabili». Quali sono le principali carenze a livello infrastrutturale? «La mobilità è un fattore di attrazione e competitività nonché un diritto per i cittadini. Il problema non sono gli aeroporti in sé, ma piuttosto l’offerta di destinazioni e i tempi di accesso dalle città. Poiché il traffico è congestionato sull’asse dell’Arno e in zone densamente abitate, occorre raddoppiare le linee dei treni per trasportare ogni giorno fino a 500 mila persone. Porti, strade e ferrovie devono essere interconnessi in una piattaforma logistica attrattiva». Qual è la sua posizione riguardo al problema dell’immigrazione? «Si tratta di un fenomeno sociale e lavorativo ineludibile che richiede un miglior coordinamento tra tutte le Istituzioni. Dobbiamo contrastare l’illegalità, intervenendo sulle cause, ma anche assicurare diritti e ❯❯ TOSCANA 2010 • DOSSIER • 37
VERSO LE REGIONALI
❯❯ rispetto delle regole. Riguardo agli immigrati irregolari, qualora il governo nazionale chiedesse un Cie in Toscana, ritengo che la collaborazione istituzionale debba essere garantita, discutendo però sulle modalità di attuazione». Alla luce del suo ruolo di assessore alla salute della Regione Toscana, quali sono le principali ca38 • DOSSIER • TOSCANA 2010
renze in questo settore? «I recenti complimenti del ministro Tremonti sulla gestione della sanità toscana, mi sembra parlino da soli. In termini di miglioramenti, il sistema socio-sanitario può favorire meglio la vita attiva delle persone, l’integrazione tra assistenza sanitaria e sociale, il contrasto delle disuguaglianze sociali e la lotta contro ma-
lattie ancora non debellabili». Il pareggio di bilancio a livello sanitario è un aspetto positivo, ma il suo operato è stato più volte criticato dall’opposizione. Quali sono le iniziative che intende prendere per fornire maggiori garanzie ai cittadini? «Ognuno è libero di avere le sue opinioni, ma posso dimostrare che negli ultimi 10 anni ogni settimana si è guadagnato un weekend in più di speranza di vita. In Toscana prendersi cura degli altri non è un business: il sistema sanitario regionale è stato gestito con coraggio chiudendo ospedali piccoli e pericolosi, costruendone altri di nuova generazione e potenziando i servizi territoriali. Per evitare che si verifichino degli errori nelle aziende sanitarie sono attivi sistemi di monitoraggio degli incidenti e figure di “clinical risk manager” per un controllo costante delle modalità di lavoro». Quale sarà la battaglia che ha intenzione di condurre per salvare il polo siderurgico di Piombino? «Innanzitutto propongo un osservatorio regionale di monitoraggio dell’industria. A Piombino occorre vigilare affinché le convenienze finanziarie tra i soggetti economici coinvolti non vadano a sfavore della continuità aziendale e occupazionale. Siamo quasi alla fine del calo di domanda dell’acciaio e non possiamo perdere l’occasione di una nuova fase di sviluppo industriale e occupazionale. Occorre poi una presenza costante delle Istituzioni, in particolare del ministro Scajola, che recentemente ha convocato un tavolo a Roma, senza però partecipare».
VERSO LE REGIONALI
Basta duopolio la svolta è al centro «Il duopolio sinistra-destra sta mostrando segni di cedimento» è per questo motivo che l’onorevole Francesco Bosi, candidato Udc alle prossime elezioni regionali, è convinto che alla Toscana serva un governatore di centro affinché si torni «a respirare un'aria diversa e più fresca». Famiglia, sanità, sistema agroalimentare e semplificazione legislativa saranno le sue prime sfide Nike Giurlani
n’alternativa alla destra e alla sinistra in Toscana c’è e per Francesco Bosi è il centro. Il candidato dell’Udc alle prossime elezioni regionali ritiene che ci sia bisogno di un cambiamento radicale ai vertici della Regione. «Più forza al centro significa rompere uno schema che non fa bene alla politica come servizio e danneggia la Toscana». Se la famiglia è il suo punto di partenza, anche le organizzazioni economiche e sociali ricoprono un ruolo fondamentale. È stato, infatti, sottoscritto un Patto di rappresentanza, attraverso il quale «assumiamo l’impegno di rappresentare in Consiglio regionale le istanze che ci vengono sottoposte, sempre in linea con la nostra impostazione politico-programmatica». Perché secondo lei la Toscana ha bisogno di un governatore di centro? «Il duopolio sinistra-destra spesso si autodifende con un consociativismo dietro il quale manca la necessaria trasparenza, com’è emerso dalle vicende di cui si è occupata la cronaca giudiziaria. La stessa legge elettorale della Toscana
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Francesco Bosi, candidato Udc alle elezioni regionali. Nella pagina accanto, in alto le acciaierie Luchini di Piombino
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Francesco Bosi
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Le acciaierie Luchini hanno un’influenza economica sulla realtà piombinese e toscana e anche su tutta l'Italia. Non dimentichiamoci, infatti, che Piombino è il secondo polo siderurgico nazionale
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che, unica in Italia, ha eliminato il voto di preferenza permettendo così ai partiti di nominare i propri eletti, per esercitare su di loro uno stretto controllo. Noi siamo gli unici che hanno contrastato questa deriva. Più forza al centro significa spezzare questo connubio improprio e rompere uno schema che non fa bene alla politica come servizio e danneggia la Toscana. Vogliamo per la Toscana un clima nuovo, dove si torni a respirare un’aria diversa e più fresca». Quali sono i punti principali su cui verte il suo programma? «Punto di partenza è la famiglia che consideriamo un essenziale presidio sociale. Per tale motivo proponiamo un aiuto alla natalità con un contributo alla nascita di 2.500 euro, sgravi fiscali sulla quota Irpef che percepisce la Regione e un aiuto per gli anziani a carico. In definitiva un quoziente familiare regionale cui partecipino anche gli Enti locali con sgravi fiscali rapportati al carico familiare». Che cosa intende con Patto di rappresentanza? «Si tratta di un patto che sottoscriviamo unilateralmente con le organizzazioni economiche e sociali e attraverso il quale assumiamo l’impegno di rappresentare in Consiglio regionale le istanze che ci vengono sottoposte, sempre in linea con la nostra impostazione politico-programmatica». Lei ha sottolineato l’esigenza di una semplificazione legislativa regionale e di un alleggerimento burocratico. Come pensa di attuare tale proposta? «In Toscana si è ecceduto con la produzione di normative. Cittadini, professionisti e operatori economici sono costretti a lunghi tempi e modi di TOSCANA 2010 • DOSSIER • 41
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VERSO LE REGIONALI
❯❯ elaborazione progettuale. Questo però esami diagnostici non superino i trenta mal si concilia con le esigenze di chi vuole intraprendere ed investire. Occorre fissare tempistiche certe oltre le quali le autorizzazioni si considerino date. Bisogna comunque rivedere tutta la normativa vigente che toglie autonomia agli Enti locali e attribuisce alla Regione compiti in eccesso rispetto alle proprie prerogative». A livello sanitario quali sono le principali carenze? E quali le iniziative più urgenti da portare a termine? «La sanità Toscana si basa su un sistema eccessivamente incentrato sulle strutture pubbliche. Non si monitorizzano più i costi delle prestazioni erogate dalle aziende sanitarie e questo implica il fastidioso fenomeno delle lunghe liste di attesa. Proponiamo che i tempi per gli
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giorni, termine oltre il quale l’utente si può rivolgere altrove con la garanzia di essere rimborsato. Le aziende ospedaliere e i centri universitari devono dedicarsi ad assistenza di alto livello qualitativo senza doversi sobbarcare altri appesantimenti. È necessario giungere progressivamente a un sistema più competitivo, almeno nella diagnostica e nella specialistica, fra pubblico e centri privati accreditati e convenzionati». La Toscana deve attuare importanti opere a livello infrastrutturale. Quali principali interventi? «Le grandi vie di comunicazione, come la Livorno-Civitavecchia e la Fano-Grosseto non possono attendere oltre, come anche la bretella Barberino-Incisa. Fondamentale poi è la realizzazione della
seconda pista dell'aeroporto di Peretola e l'adeguamento portuale di Carrara, Livorno e Piombino/Elba». Un aspetto che le preme particolarmente è la realizzazione di un grande sistema agroalimentare. Quali sono gli aspetti principali? «Nel settore agroalimentare la Toscana ha una grande tradizione di indiscusso prestigio. Occorre definire la tracciabilità della produzione e l’identificazione di origine dei prodotti. Le categorie che rappresentano la produzione tengono molto a questa esigenza. I grandi mercati a dimensione regionale, come il Mercafir, possono improntare la raccolta e la distribuzione dei prodotti anche nei confronti dei maggiori centri commerciali». Pochi giorni fa ha lanciato anche un progetto sicurezza a fare dei giovani che nei weekend frequentano le discoteche. Di che si tratta? «Alla luce delle tante giovani vittime, che perdono la vita al rientro da una serata in discoteca, ho proposto al Comune di Firenze di garantire corse notturne in tramvia e in minibus e tariffe agevolate per i taxi, per invogliare i ragazzi a lasciare a casa i mezzi privati». Quale sarà il suo impegno per salvare le acciaierie Luchini di Piombino? «Insieme con altri parlamentari ci siamo attivati con il Ministero delle Attività Produttive per seguire l'evolversi della situazione poiché le acciaierie Luchini hanno un’influenza economica sulla realtà piombinese e toscana e anche su tutta l'Italia. Non dimentichiamoci, infatti, che Piombino è il secondo polo siderurgico nazionale».
TERMOMETRO ELETTORALE
Concretezza e contenuti per convincere gli elettori Il 28 e 29 marzo 13 regioni italiane eleggeranno i nuovi governatori e le giunte. Per la sondaggista Alessandra Ghisleri, ogni regione vivrà un confronto a sé. Per tutti i candidati sarà fondamentale «la capacità di raccontare ciò che si potrà fare per i cittadini» Francesca Druidi
l mancato rispetto delle promesse fatte, i casi di malgoverno, la perdita di credibilità dovuta a episodi giudiziari poco chiari e trasparenti sono tutti elementi che alimentano il distacco dei cittadini dal mondo politico. Più che gli elettori, sono i politici italiani quindi a considerare le prossime elezioni regionali come un esame del lavoro svolto dal governo centrale. Ne è convinta Alessandra Ghisleri, direttrice di Euromedia Research, società che cura sondaggi politico-elettorali. «Sono le proposte credibili e fattibili in un tempo logico quelle che riusciranno ad attirare maggior-
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Sopra, Alessandra Ghisleri, direttrice di Euromedia Research
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mente l’attenzione degli elettori». Guardando alle imminenti elezioni regionali, si può parlare di caratteristiche vincenti dei candidati che potranno fare la differenza alle urne? «Senza dubbio, le caratteristiche vincenti dal punto di vista dell’impatto emotivo sull’elettorato sono il carisma e la capacità di raccontare ciò che si potrà fare per i cittadini. Caratteristiche identificate come vere e proprie qualità. In contesti come l’Emilia Romagna e la Lombardia, dove Errani e Formigoni hanno governato a lungo, caratteristiche quali funzionalità e capacità di rendere la vita piacevole ai cittadini sono riconosciute come determinanti dalla maggior parte degli elettori di queste regioni». A quali tematiche proposte in campagna elettorale saranno più sensibili gli italiani? «Le tematiche sono quelle che coinvolgono la vita di ciascuno di noi nella quotidianità. Diventa, quindi, importante proporre soluzioni per quei disservizi che si vengono a creare sul territorio, dalla viabilità alla criminalità. Un fattore sicuramente interessante è oggi rappresentato dalla crisi economica, che ha coinvolto molte situazioni anche a livello locale. Per questo, può esercitare il suo peso anche la presentazione di piani di exit strategy dalla congiuntura negativa, in grado di dar vita a una ripresa
Alessandra Ghisleri
che possa assicurare esiti eloquenti. Si tratta di due punti di vista differenti che viaggiano insieme in determinati scenari. Le varie ripartizioni tra competenze comunali, provinciali, regionali e del governo vengono poi spesso confuse dagli elettori, anche se ormai è piuttosto chiaro il ruolo delle regioni sul versante sanità. Un ambito nel quale, soprattutto nelle regioni del Sud, si richiedono interventi risolutivi. C’è poi un altro elemento che non va trascurato». Quale? «I nostri politici ci hanno abituato a proposte di progettualità che, vuoi per cause burocratiche oppure altre motivazioni, non arrivano a una perfetta conclusione così come era stata prospettata durante la campagna elettorale. Ciò ha portato i cittadini a essere sempre più lontani dal credere a una realizzazione concreta di tali progetti. Di conseguenza, sono le proposte credibili e fattibili in un tempo logico quelle che riusciranno ad attirare maggiormente l’attenzione degli elettori».
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Nelle tredici regioni dove si andrà a votare, l’importanza attribuita alla tornata elettorale è buona, ma non equivale all’attesa di un voto politico nazionale. Saranno poi le particolarità di ogni singola regione a fare la differenza
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Quanto gli elettori ritengono cruciale questo appuntamento per la vita del Paese? «Nelle tredici regioni dove si va a votare, l’importanza attribuita alla tornata elettorale è buona, ma non equivale all’attesa di un voto politico nazionale. Gli elettori avranno di fronte a sé contesti differenti che cambiano da regione a regione. È interesse della classe politica trasformare i risultati di queste elezioni in
un test nazionale e, nell’eventualità, poter alzare i toni. Forse perché fino al 2012 non ci saranno più eventi elettorali importanti e questo potrebbe di fatto essere l’unico grande appuntamento “quasi” nazionale. Il quadro di partenza è senza dubbio interessante: su 13 regioni coinvolte, due sono del centrodestra e 11 del centrosinistra. In base ai dati attualmente a disposizione, le regioni del centrodestra dovrebbero essere con- ❯❯ TOSCANA 2010 • DOSSIER • 45
TERMOMETRO ELETTORALE
❯❯ fermate, mentre bisognerà verificare se le situazioni più critiche penderanno a favore del centrodestra, che potrebbe quindi raddoppiare le proprie regioni, oppure del centrosinistra che manterrebbe così il risultato iniziale». Con l’Udc chiamato a fare da ago della bilancia, quali restano dal suo punto di vista le incognite più significative di questa tornata elettorale? «Innanzitutto, sarà necessario leggere il voto sotto il profilo dell’unione tra i consensi dati ai partiti e quelli dati ai candidati. Saranno poi le particolarità di ogni singola regione a fare la differenza. In ciascun caso, si tratta di partite diverse. In Piemonte abbiamo un divertente testa a testa tra il deputato Cota, partito in debito di notorietà, e la governatrice uscente
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Bresso, brava e apprezzata, molto più forte dei partiti che la sostengono. Dall’altro lato, invece, la campagna elettorale di Cota può definirsi una campagna di marchio, di brand, legata alla fattiva politica della Lega, che sta portando i suoi risultati. In Lazio c’è un altro testa a testa suggestivo tra Renata Polverini ed Emma Bonino. In primis, perché è uno scontro tra due donne importanti, che vantano entrambe una carriera interessante, ma possiedono caratteristiche molto diverse. E poi perché, al momento, è uno scontro paritario a livello di partiti: in alcune situazioni prevale di più la candidata del centrodestra, in altre rilevazioni quella del centrosinistra». Cosa sposterà il voto degli elettori? «L’affluenza al voto costituirà un fat-
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Diventa importante proporre soluzioni per quei disservizi che si vengono a creare sul territorio, dalla viabilità alla criminalità. Un altro fattore interessante è rappresentato dalla crisi economica
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tore decisivo. Guardando poi alle campagne nazionali dei politici, il centrosinistra sta chiamando al voto gli elettori sulla scorta di un richiamo teso a mantenere saldo il valore democratico. A sua volta, il centrodestra fa riferimento alla capacità di gestione amministrativa che nelle regioni che guida ha già portato frutti positivi, riproponendo di fatto il “modello governo”. Da una parte i valori, dall’altra la fattività delle situazioni. Naturalmente da questi scontri può nascere un’evoluzione diversa, perché territorialmente a candidati che presentano qualche difficoltà sul fronte della notorietà e che quindi devono ancora emergere, come ad esempio il candidato del Pdl Rocco Palese, si affiancano neo-nascenti astri della politica, quale Nichi Vendola, la cui campagna assume dimensioni pressoché nazionali. La capacità di poter raccontarsi incide molto». Sarà alta l’affluenza degli elettori? «Storicamente, le affluenze alle regionali si muovono attorno al 75%, scendendo in alcune regioni del Sud sotto il 70%, mentre i test politici nazionali per eleggere il governo portano percentuali di affluenza che oscillano tra il 78 e l’80%».
LA CULTURA LIBERALE
Presidenzialismo per la stabilità del Paese È contro il monopolio istituzionale religioso. Ma riconosce nelle comuni radici cristiane una delle fondamenta per riconoscere la cultura e l’identità dell’Unione Europea. In uno scenario dove il liberalismo è in crisi, il senatore Marcello Pera rivendica l’importanza di una riforma presidenzialista Francesca Druidi
a crisi che stiamo oggi attraversando non è, secondo il senatore Marcello Pera, una crisi esclusivamente economica, ma prima di tutto morale e spirituale. Perché in gioco ci sono i valori portanti della nostra cultura e della nostra identità, messi in discussione, tra i vari fattori, anche da una concezione di multiculturismo che rischia di produrre gravi distorsioni, come testimoniano i casi di Rosarno e di via Padova a Milano. Nel saggio Perché dobbiamo dirci cristiani il liberalismo, l’Europa, l’etica, pubblicato nel 2008 da Mondadori, Marcello Pera rifletteva sulle ragioni che motivano il disorientamento attuale della società, parlando della correlazione, sotto il profilo culturale, tra dottrina liberale e religione cristiana. Ed è proprio al futuro del liberalismo che guarda il senatore, il quale lo scorso novembre ha presentato una proposta di riforma
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Marcello Pera, rieletto senatore alle elezioni del 2008 per la XVI legislatura nelle liste del Pdl
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della Costituzione in direzione presidenzialista. Tra i capisaldi della proposta, l’elezione popolare diretta del presidente della Repubblica e del presidente del Consiglio contemporaneamente alla elezione della Camera, durata quadriennale delle legislature, riduzione del venticinque per cento del numero dei parlamentari. Senatore, come si concretizza oggi il pensiero liberale? Si tratta di un modello valoriale in crisi in questo momento in Italia? «Quello del liberalismo è uno strano destino. Ha vinto ampiamente sul piano politico. Dopo la Seconda guerra mondiale e la sconfitta dei totalitarismi e finalmente dopo il crollo del comunismo, i nostri regimi hanno tutti l’impronta liberale, sia politica che economica. Politicamente, considerano la libertà individuale e i diritti dell’individuo come una priorità che lo Stato deve riconoscere e ri-
spettare. Economicamente, tutti ammettono la libera iniziativa fondata sulla proprietà privata e la libera competizione. Ma questa vittoria è mutilata, perché lo Stato liberale non è oggi sorretto da una cultura politica liberale. L’Italia è un caso tipico, e la ex-Forza Italia lo è ancora di più. Che ne è di quel liberalismo che Berlusconi aveva considerato come suo faro al momento della discesa in politica? Mi pare che non ci sia rimasto pressoché nulla e che non ci sia più neanche nessuno a ricordare quegli impegni. Oggi il nostro governo fa la stessa politica di interventismo statalista e paternalista di tutti gli altri governi europei. Il risultato è il debito pubblico alto e la pressione fiscale altissima. Non è un caso che i nostri ministri più popolari e attivi siano di proveniente del vecchio Psi. Se a questo si aggiunge la cultura di Alleanza Nazionale, c’è di che concludere che la
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Politicamente, considerano la libertà individuale e i diritti dell’individuo come una priorità che lo Stato deve riconoscere e rispettare. Economicamente, tutti ammettono la libera iniziativa fondata sulla proprietà privata e la libera competizione
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cultura liberale è oggi la grande assente. Un’occasione mancata». Ha presentato a novembre una proposta di riforma della Costituzione tesa a introdurre il presidenzialismo. In che modo l’adozione di questa forma di governo concorrerebbe al raggiungimento di uno Stato più liberale? «Il presidenzialismo era uno degli impegni di Berlusconi, edizione 1994. Per ragioni diverse, legate alle idee del vecchio Msi, lo era anche di Fini. Oggi non se ne parla quasi più. Perciò ho presentato quel disegno di legge: temo purtroppo di lasciarlo “a memoria futura”, alla polvere dei cassetti del
Senato. Ed è un errore, perché il presidenzialismo è l’unico modo per avere un governo stabile e un regime politico bipolare. Prevede responsabilità precise, trasparenze, controlli e anche un ruolo esaltato del Parlamento, non quello in agonia che oggi sta attraversando. Non solo. Se si va avanti, come sembra si vada avanti, con il federalismo, allora il presidenzialismo è l’antidoto più efficace contro il rischio di disgregazione dell’unità d’Italia. Possibile che fra tanta retorica delle celebrazioni del centocinquantenario, nessuno se ne accorga? Invece, si torna a parlare di riforme e si evocano gli spettri delle “bozze ❯❯ TOSCANA 2010 • DOSSIER • 49
LA CULTURA LIBERALE
❯❯ Violante”, del cancellierato, della “razionalizzazione” del sistema, eccetera. Tutte soluzioni inadeguate, che vengono agitate dalla sinistra e da Fini solo a scopi politici contingenti (la sostituzione di Berlusconi), non pensando a un sistema istituzionale adeguato alla gravità dei problemi». Lei considera il federalismo fiscale uno strumento per rimediare a sprechi e inefficienze del Paese? «In linea di principio, lo è. Ma temo il peggio. E cioè che il federalismo come di fatto verrà realizzato aumenterà le spese e metterà a rischio il bilancio statale. Faccio un esempio. Oggi le Regioni sono in realtà soltanto delle grandi Aziende sanitarie che impiegano a questo scopo più dell’80% del loro bilancio, con l’inevitabile spreco e corruzione che ciò comporta. Si 50 • DOSSIER • TOSCANA 2010
dice: domani saranno più responsabili nella gestione delle loro risorse, e pagheranno se le impiegano male. Replico: se continueranno a fare enormi buchi e i cittadini di una regione cominceranno a protestare, contro chi se la prenderanno? E chi interverrà a ripianare i debiti? Il governo nazionale, mi pare ovvio». Come è possibile affrontare la questione del multiculturalismo nel nostro Paese, pur rispettando le radici cristiane che costituiscono la base della nostra cultura? «Considerando quelle radici come fondamentali. E chiedendo a tutti di rispettare quei princìpi, che sono anche princìpi costituzionali, che da quelle radici discendono. Insomma, non si deve chiedere agli immigrati una conversione religiosa, ma una conversione civile
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Il giorno in cui l’Unione europea rifiutò di riconoscere che il Cristianesimo era fra le sue radici, fu anche il giorno in cui l’Europa rifiutò di riconoscere se stessa come una entità politica unica
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sì: la conversione ai nostri princìpi e valori. Se questo non accade, allora il multiculturalismo produrrà solo ghetti con le conseguenze che già si è cominciato a vedere, a Rosarno come a Parigi, come a Amsterdam o Londra o altrove in Europa. Ma c’è ancora qualcuno che crede a quelle radici cristiane come
Marcello Pera Il senatore Marcelo Pera con Benedetto XVI
fonte di nutrimento? Mi sembra di capire che è più facile essere clericali che cristiani. Il laicismo diffuso è un veleno che paralizza l’azione politica. E produce guasti non solo culturali, ma anche sociali». Per quanto riguarda il rapporto tra Stato e Chiesa, lei ha detto di preferire il modello americano al Concordato italiano. Per quali ragioni? «Perché se si ha a cuore la religione
e ciò che essa può rappresentare per la coesione della società civile, allora è bene che non vi sia alcun monopolio istituzionale religioso. Una società civile che rispetti i comandamenti è meglio di un accordo con lo Stato. Perché una religione col sigillo dello Stato, finanziata dallo Stato, protetta dallo Stato, alla fine diventa un servizio dello Stato o un cliente dello Stato e perde la natura di credo. I concordati, che naturalmente si spiegano in Europa con la sua storia, finiscono col creare l’Iri della fede. Io non ne sento il bisogno». L’Europa sta a suo parere riuscendo a darsi un’anima, al di là delle questioni di natura economica? Quanto il mancato riconoscimento delle comuni radici cristiane dei popoli europei può danneggiare il progetto liberale
dell’Unione stessa? «No, l’Europa sta solo riuscendo a dannarsi l’anima. Non ce la fa a unificarsi politicamente, perché non ce la fa a riconoscersi una propria identità. A mala pena governa la propria economia, come si vede nella crisi presente. Le controspinte nazionali sono ancora all’opera e rinascono i particolarismi. Io credo che la stagione generosa e ottimistica dei grandi Padri sia passata per sempre. Andiamo avanti giorno per giorno, Trattato dopo Trattato. Ma l’Europa, in quanto Unione europea, non è una protagonista sulla scena geopolitica mondiale. Esiste sulla carta. Il giorno in cui rifiutò di riconoscere che il cristianesimo era fra le sue radici, fu anche il giorno in cui l’Europa rifiutò di riconoscere se stessa come un’entità politica unica». TOSCANA 2010 • DOSSIER • 51
URBANISTICA
L’urbanistica gigliata nell’occhio del ciclone Il decadimento della politica è all’origine del ciclone che ha investito l’urbanistica del capoluogo toscano. «Si è perso il valore della politica come servizio alla comunità – osserva il consigliere An-Pdl regionale, Andrea Agresti – e non si percepisce più il confine tra cosa pubblica e cosa privata, tra la buona amministrazione e i favori agli amici»
bufera sull’urbanistica gigliata. Pochi nomi sono sufficienti a richiamare i molti fascicoli aperti dalle procure: Castello, Multiplex e Quadra Progetti Srl (un intreccio tra funzionari dell’Ufficio urbanistica del Comune, professionisti e progettisti, Nera Samoggia con particolare riferimento appunto alla Srl, esponenti politici e istituzionali). Insomma, un’onda anomala che tocca giunte più o meno passate. Andrea Agresti, consigliere An-Pdl «Quello che sta accadendo a Firenze nel Consiglio della Regione Toscana – osserva Andrea Agresti, consigliere An-Pdl nel Consiglio della Regione Toscana – è un fatto molto comune a quello che succede in molte altre grandi città toscane e italiane. C’è un decadimento della politica. Voglio dire: si è perso il valore della politica come servizio alla comunità e non si percepisce più il confine tra cosa pubblica e cosa privata, tra la buona amministrazione e i favori agli amici». Alla luce dei fascicoli aperti dalla Procura, nel Pd si apre una questione morale? «La questione morale è diventata il tema del giorno. C’è un bisogno assoluto di moralizzare la politica non solo in materia urbanistica, ma in generale. Nel Pd devono necessariamente aprire una questione morale dato che sono oramai innumerevoli le indagini delle varie procure che un po’ in tutta la penisola e, in Toscana in particolare, riguardano uomini del Pd. Ormai è caduta l’immagine,
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È
Il caso Firenze
ipocrita e falsa, di “una sinistra di buoni amministratori, incorruttibili, al servizio dei propri cittadini”. In Toscana, dove non si è praticamente mai realizzata l’alternanza politica, oggi prende sempre più forma una sinistra lobbystica e di potere, dedita agli affari come nei casi che hanno investito Firenze e la sua provincia, Mugello in testa». Quali i mali dell’urbanistica gigliata? «Gli stessi che sono propri dell’urbanistica ovunque, ovvero i molti appetiti suscitati dal giro d’affari che vi è connesso». Da un punto di vista urbanistico, Firenze pare essere poco effervescente, perché? «A Firenze la politica della sinistra è ormai da troppo tempo minimale,
più propensa a favorire le speculazioni immobiliari che a dare un volto moderno e funzionale alla città. Un esempio? L’area Castello. Si tratta di una delle ultime aree urbane di Firenze che hanno un certo valore. Firenze è una città internazionale, con un patrimonio d’arte immenso. Per questo meriterebbe che in quell’area alle porte della città si potesse realizzare un’urbanistica di elevata qualità, magari mediante un concorso di idee aperto ai più grandi urbanisti del pianeta. Potrebbe essere, in sostanza, l’area adatta in cui realizzare la Firenze del terzo millennio, una Firenze in grado di reggere, in termini di qualità, il confronto con la Firenze rinascimentale quanto ad appeal, funzionalità, bellezza. Invece nulla: eccoci qui a parlare di specu-
lazioni urbanistiche, di lobbies e di affari. Peccato, purtroppo questa è un’occasione perduta». Qual è la reazione dei cittadini a questa ondata di avvisi di garanzia? «Gli avvisi di garanzia, è bene precisare, non sono condanne. Tuttavia è chiaro che tendono ad alimentare quel senso di sfiducia nella politica che fa ormai parte di molti cittadini. L’elettore si sente tradito, offeso, perde fiducia nei propri rappresentanti nelle istituzioni, e va ad aggiungersi a quella quota di persone che da anni già non va più a votare. Il cittadino a torto finisce per generalizzare, è questo il rischio, il giudizio negativo sull’intera classe politica. Così, si aprono vaste praterie nelle quali possono spaziare gli alfieri TOSCANA 2010 • DOSSIER • 53
URBANISTICA
In Toscana oggi prende sempre più forma una sinistra lobbystica e di potere, dedita agli affari come nei casi che hanno investito Firenze e la sua provincia, Mugello in testa
dell’antipolitica, come girotondini, grillini e quanti altri. Questo complessivamente è un grave danno fatto al Paese, al nostro sistema democratico che si regge per l’appunto sul rapporto di fiducia tra elettori ed eletti. Per questo oggi è più che mai necessario che la politica apra un dibattito vero sulla questione morale, e che si vada verso un codice etico della politica. C’è necessità sin da ora, proprio da questa tornata elettorale, di provvedimenti che escludano dalle liste dei candidati i condannati e le persone in qualche modo compromesse. Bene ha fatto Berlusconi a porre la questione sulle liste del Popolo della Libertà». Guardando anche fuori Firenze, perché l’urbanistica pare essere uno dei settori più permeabili al54 • DOSSIER • TOSCANA 2010
l’illecito, una sorta di tallone d’Achille? «È proprio così, l’urbanistica è un settore delicato ed esposto. Oggi, per invertire questa tendenza, è necessario mettere in atto un’urbanistica partecipata e trasparente nella quale i cittadini, direttamente o mediante le proprie organizzazioni sociali e professionali, possano dare un contributo alla realizzazione dei Piani strutturali e dei Regolamenti urbanistici delle nostre città. In Toscana, purtroppo, nel settore urbanistico ci sono più vincoli burocratici e di controllo politico che altrove. Questo genera una dipendenza esclusiva rispetto a chi amministra il bene comune. Di fatto, si determina un rapporto troppo ravvicinato tra le imprese e la politica».
Per il futuro è possibile ripartire da zero oppure rimarrà sempre un sottofondo melmoso? «Certo che si può ripartire da zero. Guai ad alzare il livello di tolleranza sul malcostume quando si parla di politica. Come? Cambiando le regole e favorendo l’alternanza amministrativa e politica. E questo spetta soprattutto agli elettori nelle cui mani è il potere di scegliere attraverso il voto. Per loro, la prossima occasione sono le elezioni regionali di marzo. Se i toscani saranno pronti a indicare un’inversione di rotta scegliendo il Popolo della Libertà, allora possono star sicuri di avere spazzato via una volta per tutte quel sottofondo melmoso di cui media e magistrati parlano. E questo non solo per ciò che concerne l’urbanistica».
SPECIALE NAUTICA MLD DI EURO
3,8
PROGETTI
427
141.551 PORTI
POSTI BARCA
20.155
Il fatturato della cantieristica navale italiana
Il numero di progetti italiani su un totale di 916
La stima di porti, approdi e punti di ormeggio in Italia
Il numero di posti barca in Toscana
Valorizzare le imprese innovando i servizi L
La nautica ha subito la recessione economica. Una direzione da intraprendere contro la crisi è l’innovazione. Ne parla Sergio Micheli, presidente di Navigo, centro per l’innovazione e lo sviluppo della nautica toscana
Simona Cantelmi
Sopra, una panoramica del porto di Viareggio e del centro Navigo; sotto, a destra, il presidente del centro Sergio Micheli
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a situazione del settore nautico è ancora caratterizzata da un andamento non favorevole del mercato. C’è forse qualche timido segnale di ripresa, ma non tale da suggerire un’inversione di quella congiuntura che si è manifestata nella seconda metà del 2008. Gli effetti della crisi hanno colpito alcune delle condizioni che contribuivano a sostenere lo sviluppo del settore. «Venendo meno le disponibilità finanziarie, il made in Italy in generale e la nautica in particolare ne hanno risentito». Lo sostiene il professor Sergio Micheli, presidente del centro Navigo, che ha sede a Viareggio e si propone di sostenere lo sviluppo delle imprese nautiche della costa toscana. «Il settore si poneva già obiettivi di miglioramento delle sue capacità competitive prima della crisi, poi la recessione ha con-
Centro Navigo A sinistra il consorzio polo tecnologico della Magona a Cecina (Li); sotto, refit di una barca
tribuito a evidenziare le azioni indispensabili per superare le difficoltà: percorrere innovazioni significative circa la natura stessa delle imbarcazioni, l’ecosostenibilità dei componenti, i materiali e la loro leggerezza». Accanto a queste operazioni, occorre potenziare un’area importante, che può fornire un indotto rilevante, cioè il service nautico. «Si tratta della possibilità di fare manutenzione, dell’accoglienza nei porti, del refitting». Proprio in questa direzione, il centro, anche allo scopo di rafforzare il territorio, sostiene la realizzazione di un polo internazionale a Viareggio. «Abbiamo potenziato il settore del refit» spiega Micheli «ed evidenziato come la filiera viareggina e, più in generale, toscana possa trovare in questo tipo di mercato un ulteriore elemento di valorizzazione. Abbiamo quindi analizzato questo mercato in cui, rispetto a circa 4.500 unità da diporto che superano i 24 metri a livello mondiale, oltre la metà circola stabilmente per il Mediterraneo e ha bisogno soprattutto durante i periodi destagionalizzati di ormeggiare e accedere a tutta una serie di servizi». Un’at-
2.815 IMPRESE
Le aziende del settore nautico in Toscana
36 SOCI
Le aziende che fanno parte del Centro Nautico
tività e un impegno, quindi, da svolgere tutto l’anno e non solo durante il periodo estivo e turistico. Inoltre, il centro viareggino ha firmato assieme al gruppo Monte dei Paschi, un accordo per la creazione di un distretto della nautica, anche allo scopo di supportare lo sviluppo delle imprese toscane del settore. «A novembre abbiamo varato il “processo finanziario integrato”, per sostenere, in tutte le esigenze finanziarie e assicurative, le imprese nell’ambito della produzione e gestione di unità da diporto superiori ai 24 metri. Ci proponiamo di supportare l’armatore con necessità di sostegni finanziari, il cantiere incaricato della costruzione e la fornitura che riceve incarico di costruire le componenti dell’imbarcazione». La ricerca è per la nautica un fattore importante di sviluppo: «Abbiamo sviluppato un database di informazioni dettagliate sulle imprese della costa toscana e cercato di focalizzare gli interessi prioritari, su cui far convergere iniziative – continua Micheli –. Su questa base abbiamo avviato progetti, uno su tutti “So main”, presentato a febbraio nell’ambito del Seatec a Carrara e finanziato con i fondi della ricerca e dello sviluppo sperimentale gestiti dal piano della Regione. Con questo cerchiamo di vedere la barca come un insieme di sottosistemi, per facilitare la sua organizzazione e la gestione dei servizi durante il ciclo di vita». Le imprese del territorio, quindi, vengono coinvolte in tale percorso e in tutte le fasi di studio e di lavorazione dei prodotti. «Attraverso il progetto “So main” studiamo materiali innovativi più ecosostenibili e leggeri. Fra questi stiamo sperimentando con il polo tecnologico della Magona l’impiego di fibre di basalto per la costruzione di componenti interni che potrebbero risultare capaci di alleggerire strutturalmente l’imbarcazione e migliorare la resistenza all’incendio». TOSCANA 2010 • DOSSIER • 65
NAUTICA
Potenza ed eleganza solcano i mari Perini Navi, tra i leader degli yacht a vela sopra i 45 metri, da tre anni lavora anche nel settore delle barche a motore, dove cerca conferme coniugando design innovativo e tradizione. Ne parla Giancarlo Ragnetti, amministratore delegato e direttore generale del Gruppo Simona Cantelmi
l mercato dei grandi velieri ha registrato negli ultimi dieci anni una forte crescita. Secondo l’analisi di The Yacht Report per il 2008/2009, la Perini Navi è il principale operatore del settore, con una quota di mercato del 47%. La congiuntura economica sfavorevole ha colpito tutto il settore della nautica, ma l’azienda viareggina sembra aver attutito bene il colpo. Lo conferma l’ingegner Giancarlo Ragnetti: «La situazione generale è ancora critica, anche se qualche segnale di miglioramento c’è. Noi siamo stati abbastanza fortunati, perché l’anno di inizio della crisi ci ha colto con un buon portafoglio ordini». Lo scorso anno il gruppo ha portato a termine tre commesse e il piano di produzione 2009-2013 promette bene. Voi avete due cantieri, a La Spezia e a Viareggio. Gli altri cantieri viareggini hanno risentito molto degli effetti della crisi. Al vostro com’è andata? «A Viareggio costruiamo barche a vela mentre a La Spezia quelle a motore. Abbiamo avuto anche noi un calo della produzione, però siamo riusciti a migliorare l’efficienza e ad abbassare un po’ i costi, per cui diciamo che anche il nostro conto economico per il 2009 sarà
I Giancarlo Ragnetti, amministratore delegato e direttore generale di Perini Navi
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buono, in linea con quello dell’anno precedente, anzi migliore. I cantieri del gruppo lavorano bene, anche se speriamo che dai mesi di settembre e ottobre la situazione migliori, sia per noi sia per altre ditte del settore». Al salone nautico di Abu Dhabi, quest’anno alla seconda edizione, avete presentato i vostri nuovi progetti e il vostro piano di produzione per i prossimi tre anni. «Quest’anno è stata la nostra prima partecipazione al salone con uno stand. Visto che abbiamo iniziato a lavorare da poco al settore delle barche a motore, dovevamo esplorare l’occasione del salone, che per le barche a vela non è molto interessante, ma per le barche a motore potrebbe dare qualche risultato. Ed è anche una possibilità per non lasciare nulla di
In alto, un’immagine della Perini Navi Cup 2009; a sinistra, la barca Gitana
intentato in questo momento di incertezza economica». Qual è il vostro impegno in tema di ricerca e sviluppo? «Noi cerchiamo di mantenere il prodotto aggiornato e di concepire idee sempre nuove. Sia dal punto di vista delle linee sia dei piani velici sia della manovrabilità facciamo un costante lavoro e una continua ricerca. Collaborano con noi le università di Genova e di Pisa, soprattutto per quanto riguarda lo studio dei carichi legati alla parte velica. Un’idea innovativa che abbiamo messo a punto è di riproporre il piano velico di barche lunghe su barche più piccole; speriamo che qualcuno si lasci tentare, perché si tratta di un prodotto nuovo e funzionale».
88 METRI
La lunghezza dell’imbarcazione Maltese Falcon
Avete in programma iniziative riguardanti la formazione? «Abbiamo istituito con il Comitato Leonardo due premi di laurea per l’anno 2009, intitolati “Ripensare il progetto di una nave a vela: nuove soluzioni di spazio e arredo”. Lo scopo era premiare quelle tesi o quegli studi di progetto d’interni di navi a vela di grandi dimensioni, che mostrassero idee innovative nell’utilizzo degli spazi e dei volumi oltre che nell’originalità dell’arredo. Progetti che dimostrassero anche una ricerca accurata di nuovi materiali e un’attenzione nell’utilizzo degli strumenti e delle tecniche di progettazione». Quali sono i vostri nuovi progetti? «Un progetto a cui teniamo molto, che abbiamo presentato anche al salone di Abu Dhabi, è una nuova tipologia di motoryacht, la Picchiotti Vitruvius, realizzata in collaborazione con l’architetto francese Philippe Briand, molto conosciuto come progettista di barche a vela. Picchiotti è il nome storico della tradizione cantieristica viareggina, che abbiamo rilevato negli anni Novanta. Abbiamo in costruzione tre Vitruvius Explorer, TOSCANA 2010 • DOSSIER • 67
NAUTICA
A sinistra, Maltese Falcon; in basso Lady Lauren; sotto gli alberi di Maltese Falcon
11 NAVI
È il piano di produzione 2010-2013 di Perini Navi, 8 a vela e 3 a motore
Noi cerchiamo di mantenere il prodotto aggiornato e di concepire idee sempre nuove. Sia dal punto di vista delle linee sia dei piani velici sia della manovrabilità facciamo un costante lavoro e una continua ricerca
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una di 50, una di 55 e una di 73 metri, per le quali utilizzeremo il marchio Picchiotti; si chiamano “Explorer” perché nascono con la concezione di imbarcazioni su cui esplorare il mondo. Con questo progetto vogliamo unire le due filosofie, quella della barca a vela e quella della barca a motore, anche per creare un progetto innovativo e combattere i tanti competitor». Ogni due anni si svolge la Perini Navi Cup, regata riservata ai velieri del vostro gruppo. Chi partecipa alla gara? «Partecipano tutti gli armatori. I più agguerriti arrivano con equipaggi formati da professionisti provenienti dal mondo delle regate. Le barche che hanno partecipato alla manifestazione sono state realizzate nel cantiere di Viareggio, tranne una a vela costruita a La Spezia e consegnata due anni fa. L’anno scorso la manifestazione ha avuto un successo notevole, a cui hanno partecipato circa venti delle nostre barche, tra grandi e piccole. Ha vinto la Maltese Falcon, la più lunga al mondo. È stato un bel momento di aggregazione e di unione, soprattutto grazie a tutte le persone che ci supportano e che hanno trovato nelle nostre barche un oggetto importante».
NAUTICA
Scommettere sul territorio Una strategia utile è quella di sollecitare la ripresa del mercato stimolando e favorendo idee nuove, realizzando progetti innovativi, che consolidino la produzione. È un modo per affrontare le difficoltà e rafforzarsi. Lo sostiene Paolo Vitelli, presidente del gruppo Azimut Benetti Simona Cantelmi
a situazione economica è ancora debole, ma è iniziata una lenta risalita. I potenziali acquirenti del settore della nautica hanno un atteggiamento prudente, però, rinfrancati da un clima di fiducia nel recupero dell’economia, stanno riacquistando voglia di procurarsi prodotti nuovi. Il gruppo Azimut Benetti, dopo un periodo di difficoltà dei propri cantieri, soprattutto di quello di Viareggio, ha varato un nuovo piano industriale, che punta sul rilancio e lo sviluppo del cantiere viareggino e su investimenti. Nel mese di dicembre dello scorso anno l’azienda ha siglato un accordo con i sindacati, i quali, dopo mesi di proteste, sono rimasti soddisfatti dal piano proposto, che prevede per il cantiere, rinnovamento delle linee e cassa integrazione a rotazione. «Viareggio era e resta un sito produttivo di primaria importanza per il nostro gruppo» afferma il presidente di Azimut Benetti Paolo Vitelli. «Per questo abbiamo voluto investire sulla professionalità, costruita nel tempo, delle persone che lavorano per noi e concentrare proprio qui la progettazione, la prototipia e la produzione di tutte le imbarcazioni superiori ai 75 piedi dei marchi Azimut e Benetti. Questa scelta è legata a un importante piano di investimenti che nel prossimo quadriennio ci ve-
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A sinistra il presidente del gruppo, Paolo Vitelli; in alto, il cantiere Azimut Benetti di Livorno. Nella pagina a fianco, in alto, la barca Magellano 74 running; sotto, Azimut 75
drà impegnati per oltre 20 milioni di euro in ricerca e sviluppo, a cui si aggiungeranno ulteriori risorse legate alla prototipia». Per affrontare la recessione, l’azienda ha studiato nuovi progetti. «La nostra strategia è di incalzare la ripresa del mercato stimolando la voglia di nuovo. Una scelta in netta controtendenza con quella di molti competitor, che hanno scelto invece una politica di sconti a oltranza mirata a eliminare l’invenduto. I clienti ci stanno premiando. Per l’anno nautico in corso
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PROGETTI I progetti del gruppo Azimut Benetti nel 2009
Paolo Vitelli
abbiamo ben dieci nuovi modelli e proprio in Toscana rinnoveremo l’intera linea Benetti Class». La crisi si è abbattuta pesantemente anche sul cantiere del gruppo di Livorno, che nell’ultimo anno e mezzo ha visto dimezzare i propri lavoratori. «Anche a Livorno abbiamo attuato una politica di valorizzazione del territorio mirata a non disperdere specifiche competenze professionali. Inoltre abbiamo potenziato l’attività di refit e repair attraverso il marchio aziendale Lusben. Il polo attivo a Livorno, che opera per ogni tipo di imbarcazione da diporto, grazie alla sua ampia superficie e alle numerose banchine a disposizione, si può considerare una delle aree più attrezzate e competitive a livello internazionale per barche superiori a 45 metri». A gennaio di quest’anno Azimut Benetti ha acquisito Intermarine, il principale cantiere nautico brasiliano, che gestisce il 60% del business nautico del Brasile. «L’obiettivo del gruppo in Brasile è quello di assicurare ai clienti il perdurare della presenza dei suoi brand e dei servizi, indipendentemente dalla formula industriale che si andrà ad adottare. Sul lato commerciale abbiamo rafforzato la nostra presenza con un accordo di dealership con uno dei più grandi operatori, Yacht Brasil, che assicuri il servizio su tutti i punti più importanti della costa».
260 mila MQ
La superficie totale del cantiere di Livorno. Quello di Viareggio è di 6300 metri quadri
Una parte considerevole del fatturato di Azimut Benetti consiste in esportazioni. «L’export rappresenta tutt’oggi una voce importantissima del nostro fatturato» dichiara Vitelli. «Tuttavia negli ultimi mesi i confini geografici del nostro universo di riferimento sono un po’ mutati: l’Europa ha ceduto qualcosa al Sud America, mentre ripartono gli Stati Uniti e crescono i nuovi mercati, tra cui, oltre al già citato Brasile, il Medio Oriente, la Cina e l’Australia». TOSCANA 2010 • DOSSIER • 71
CONFINDUSTRIA Sono varie le iniziative che le associazioni degli industriali toscani stanno portando avanti da anni per promuovere una maggiore consapevolezza in campo ambientale. Lo sviluppo di progetti ecocompatibili come Ecoimpresa di Assindustria Firenze o l’istituzione del Consorzio Siena Energia per le imprese del senese sono alcuni esempi
Antonella Mansi
Timidi segnali di ripresa La crisi non è finita anche se alcuni segnali positivi registrati a fine 2009 fanno ben sperare per quest’anno. Antonella Mansi, presidente di Confindustria Toscana lancia un appello alle banche e ai politici che si insedieranno nella nuova giunta regionale Nicolò Mulas Marcello
Sopra, Antonella Mansi, alla guida di Confindustria Toscana
a speranza per un futuro più roseo per l’economia toscana viene da alcuni segnali di ripresa che si sono verificati negli ultimi tre mesi del 2009. I dati di Unioncamere e Confindustria Toscana recitano che la produzione nel settore manifatturiero da ottobre a dicembre dello scorso anno è cresciuta del 9% rispetto al -20% registrato a metà anno attestandosi su un -11% che però fa ben sperare per il futuro. Il trend discendente quindi sembra essersi fermato e il sistema sembra pronto a ripartire. «La crisi deve restare saldamente al centro di tutte le agende. La fase acuta forse è passata; ma abbiamo davanti un periodo altrettanto delicato, perché è il momento delle scelte strategiche per il futuro che riguardano noi imprese, ma anche tutto il nostro territorio». Con queste parole di timido ottimismo la presidente di Confindustria Toscana Antonella Mansi guarda al futuro con speranza senza dimenticare che serviranno altri sforzi per risollevare il mercato. La diminuzione nella produzione del settore manifatturiero in Toscana ha registrato complessivamente nel 2009 un risultato migliore della media nazionale: -16,5% contro il -17,9% italiano. La presidente di Confindustria non si limita a parlare solo alle imprese, ma coglie l’occasione per lanciare una provocazione ai politici toscani e alle banche. «È un appello alla politica toscana, che non deve dimenticare mai che l'industria manifatturiera è il nostro primo antidoto alla crisi». Rimane critica la situazione delle piccole e medie imprese mentre la grande industria evidenzia una performance positiva. Reggono la farmaceutica e l’alimentare; ancora negativi la meccanica, le calzature e l’elettronica. «La crisi non è ancora finita, non illudiamoci. Il nostro sistema per reagire ha ancora bisogno di un aiuto per l’accesso al credito – sottolinea Antonella Mansi – chiediamo alle istituzioni e alla nuova giunta regionale che si insedierà tra qualche mese di mettere al centro delle politiche le imprese e il lavoro».
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CONFINDUSTRIA
È già cominciata la rivoluzione verde L’importanza del rispetto dell’ambiente costituisce non solo una consapevolezza per il futuro ma anche un modo per incrementare la competitività delle imprese. Assindustria Firenze con il progetto Ecoimpresa da anni mira a una migliore gestione dei sistemi ambientali Nicolò Mulas Marcello
Giovanni Gentile, presidente degli industriali fiorentini
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al 2003 Assindustria Firenze porta avanti come impegno concreto diversi progetti per lo sviluppo economico del tessuto produttivo e del territorio, in un contesto adeguato di servizi, di riordino e potenziamento delle infrastrutture. Questo impegno passa necessariamente anche attraverso le attività di supporto alle imprese per il miglioramento delle prestazioni dei processi anche in campo ambientale. Come sottolinea il presidente di Confindustria Firenze Giovanni Gentile: «Riconosciuta l’importanza etica di fare impresa è fondamentale promuovere e sostenere, a tutti i livelli, politiche indirizzate a premiare chi favorisce uno sviluppo eco-compatibile delle proprie attività, specialmente in un contesto internazionale che vede accresciuti gli impegni per le imprese, chiamate a competere in maniera nuova su mercati globalizzati che impongono regole nuove». Assindustria Firenze ha pertanto coinvolto i suoi associati nel Progetto Ecoimpresa Firenze, nella consapevolezza della necessità di porre attenzione all’ambiente come valore di crescita, proponendo la certificazione ambientale alle imprese come modello competitivo. «A tal fine – continua Gentile – l’Associazione, riconoscendo le diverse anime che la compongono, rappresentate dalle Sezioni Territoriali e Merceologiche, ha inteso proporre dal 2003 un progetto che aiutasse le imprese desiderose di gestire il cambiamento, come valore di riferimento per rispondere alle nuove criticità, promuovendo anche l’incontro tra aziende manifatturiere e dei servizi in maniera tale da accrescere le competenze e le sinergie». Assindustria Firenze nella gestione dell’iniziativa si basa su valori essenziali come
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L’impegno degli industriali
l’ascolto delle necessità delle imprese, la loro partecipazione ai processi di innovazione, l’opportunità del confronto e il rilancio della competitività in un’ottica territoriale coordinata di attività. «Per questo gli intenti, le attività realizzate ma anche i programmi futuri legati al Progetto Ecoimpresa hanno ricevuto l’approvazione della Cciaa di Firenze (lo stesso ha fatto il gruppo Cassa di Risparmio di Firenze) che ha deciso di dare un supporto fattivo all’inizia-
1700 IMPRESE
il numero delle aziende toscane coinvolte nel progetto Ecoimpresa
tiva». Ecoimpresa si pone anche in un quadro di attività a livello internazionale oltre che in quello nazionale e locale che ha come punto focale il valore dell’impresa e l’ambiente proponendo un contributo per una gestione responsabile delle risorse. Nello sviluppo del progetto Ecoimpresa Firenze, Assindustria con il supporto del Comitato tecnico scientifico che comprende la Regione Toscana, la Provincia di Firenze, Arpat, circondario empolese Valdelsa, Vigili del Fuoco, Confindustria nazionale e mondo accademico, ha puntato l’attenzione su alcuni temi fondamentali come la qualità dei servizi erogati nel campo ambientale. Le leggi di mercato, infatti, anche in questo settore, impongono oggi di elevare il rapporto tra committente e fornitore. «Pertanto, Aif ha ritenuto necessario fornire alle imprese che aderiscono al Progetto un supporto operativo e uno strumento di orientamento nella definizione delle proprie politiche di acquisto per riconoscere servizi di qualità». Nello specifico si è mirato a TOSCANA 2010 • DOSSIER • 75
CONFINDUSTRIA TUSCANY TRANSNATIONAL RESTRCTURING NETWORK
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no sguardo all’Europa per fronteggiare la crisi. È questo lo scopo del progetto Tuscany Trasnational Restrcturing Network, finanziato dalla Regione Toscana e orientato a dotare territori, imprese e lavoratori di strumenti innovativi per gestire i processi di adattamento di fronte alla crisi. Riconversioni, ristrutturazioni, processi di adattamento e competitività delle imprese contano esperienze significative in molti paesi dell'Ue. L’iniziativa che coinvolge cinque province della costa toscana tra cui Livorno, Pisa, Lucca, Massa Carrara e Grosseto, si propone di creare un network transnazionale che inserisca le province sopracitate in reti di conoscenze che permettano alle aziende di accrescere le proprie competenze per supportare i sistemi locali. I settori economici individuati sono quello della logistica, cantieristica e riparazioni navali, agricoltura, sostegno, valorizzazione e strumenti per le piccole e medie imprese. Oltre ai quali Livorno e Pisa aggiungono il settore automobilistico e la componentistica auto. Sarà quindi effettuato un processo di ricognizione, valutazione, razionalizzazione e adattamento delle esperienze europee attraverso azioni di mobilità in sei paesi con realtà di interesse (Francia, Svezia, Spagna, Gran Bretagna, Danimarca e Germania). Il progetto ha durata di 18 mesi e un budget di 623.020,00 euro. I temi di approfondimento sono: strategie di riconversione e coordinamento degli strumenti di intervento; azioni di sistema e strutture di sostegno; il ruolo del partenariato nei processi di ristrutturazione; sostegno diretto agli individui.
migliorare il dialogo tra le parti. Da un lato le giuste istanze di assistenza che derivano dalle Pmi associate, dall’altro dal mondo della consulenza, pronto a proporre offerte diversificate. «In tale direzione, nasce una politica dell’Associazione rivolta al riconoscimento di soggetti erogatori di servizio che rispondano a precisi requisiti di carattere tecnico e valoriali che possano rappresentare un riferimento operativo». Nel documento elaborato da Assindustria Firenze che prevede un processo di riconoscimento e l’istituzione di una Carta dei Valori, si punta alla definizione di una soglia di qualità dei servizi che determina sicuramente un vantaggio competitivo anche per il sistema delle aziende del settore terziario. Le aziende che offrono consulenza quindi possono, aderendo al processo di riconoscimento e sottoscrivendo la Carta dei Valori, essere inserite in una main list di riferimento cui potrebbero accedere le aziende che intendono eco-certificarsi. «Per Aif significa avere per le aziende aderenti al Progetto Ecoimpresa Firenze un’as76 • DOSSIER • TOSCANA 2010
È fondamentale promuovere e sostenere, a tutti i livelli, politiche indirizzate a premiare chi favorisce uno sviluppo eco-compatibile
sistenza tangibile nell’implementazione dei Sga facendo incontrare domanda e offerta secondo standard definiti». Infine non manca il contributo informatico nei modelli di gestione ambientale. È stato infatti approntato un tool informatico che offre l’opportunità di semplificare l’approccio all’implementazione dei sistemi di gestione ambientale. Il fine è quello di dimostrare, con il contributo e la partecipazione delle aziende aderenti al progetto Ecoimpresa, come gli strumenti Ict siano a servizio delle varie attività previste, organizzative e specialistiche aziendali, migliorando la competitività d’impresa.
L’impegno degli industriali
Rispettare l’ambiente risparmiando energia Da undici anni sul territorio della provincia di Siena opera un consorzio nato per volontà di Confindustria con lo scopo di supportare le aziende nel minimizzare i costi energetici offrendo una serie di servizi mirati. Cesare Cecchi, presidente di Confindustria Siena stila un bilancio dell’attività fino a oggi Nicolò Mulas Marcello
l consorzio Siena Energia oltre a garantire forniture di energia elettrica a prezzi competitivi, offre una serie di servizi di assistenza che vanno dal check energetico al controllo fatture, alla segnalazione di problemi legati alla distribuzione, tutti elementi particolarmente utili per chi è concentrato sulle molteplici problematiche aziendali. Il Consorzio opera in tutto il territorio della provincia dal 1999 ed è stato tra i primi in Italia ad accedere al mercato libero. In questi anni Siena Energia è cresciuta nella qualità dei servizi offerti e rappresenta oggi per le aziende un valido e competente riferimento per tutte le problematiche energetiche. «Nel rinnovo dei contratti per il 2010, dopo l’esperienza positiva dello scorso anno, - fa sapere Cesare Cecchi, presidente di Confindustria Siena - i consorzi di Siena e di Arezzo hanno emesso un bando unico al fine di trovare sul mercato le condizioni migliori per i propri consorziati, con un volume complessivo di oltre 300 milioni di kWh, aumentando considerevolmente il potere in fase di
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negoziazione». Nella foto, Cesare Come nasce Siena Energia e quali sono le Cecchi, presidente di Confindustria Siena sue finalità? «Nasce per volontà dell’Associazione degli industriali con lo scopo di minimizzare i costi energetici delle aziende socie cogliendo le opportunità offerte dalla liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica. Tra le iniziative più recenti del consorzio, che nel 2010 dovrebbe finalmente prendere il via, c’è l’attività sul mercato del gas metano». Attraverso quali criteri vengono adottati i piani di gestione delle forniture? «I profili delle aziende si differenziano per classe di consumo annuo, tensione di allacciamento e modalità di consumo orario; le offerte sono formulate ad hoc sulla base dei profili di consumo della singola azienda». Oltre a un risparmio energetico c’è anche un vantaggio ambientale. Riducendo i costi e ottimizzando i consumi. È così? «Il rispetto per l’ambiente passa attraverso il risparmio energetico. Una sempre maggiore consapevolezza in materia ambientale e la TOSCANA 2010 • DOSSIER • 77
CONFINDUSTRIA
concreta possibilità di risparmiare sui con- l’efficientamento delle strutture. Oggi peralsumi hanno rafforzato l'interesse verso nuove soluzioni che consentono di migliorare le prestazioni energetiche». In questo entra anche il tema dell’efficientamento energetico delle strutture quindi. «Certamente, il risparmio non può più oggi ricondursi alla semplice problematica sui prezzi ma deve soprattutto orientarsi verso
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tro le tecniche di adeguamento e costruttive permettono riduzioni delle necessità che, se sfruttate, cambiano radicalmente il bilancio energetico portandolo addirittura in positivo sfruttando le opportunità offerte delle rinnovabili. È anche verso questi obiettivi che il consorzio Siena Energia si sta muovendo». Come si pone quindi il consorzio di fronte alla possibilità delle imprese di investire nelle energie rinnovabili? «È un tema di grande interesse che presenta opportunità che le imprese non possono non cogliere e da qui l’attività di monitoraggio che stiamo portando avanti». Dalla nascita del Consorzio qual è il bilancio della vostra attività? «Al 1 gennaio 2009 sono 43 le aziende senesi consorziate con 132 punti di prelievo attivi, per un totale di 150 milioni di kWh. In 10 anni l’attività del Consorzio ha permesso alle aziende senesi di risparmiare oltre 16 milioni di euro».
16 mln
RISPARMIO Il volume complessivo risparmiato dalle imprese senesi consorziate
DISTRETTO LAPIDEO
Marmo di Carrara competitività ed eccellenza «Il blocco è una pietra e senza idea rimane solo un sasso. Può divenire pavimento, rivestimento, opera d’arte me è un materiale che implica creatività, senso costruttivista e progettualità». Così Nicola Lattanzi, presidente del comitato del distretto lapideo Apuoversiliese Renata Gualtieri
nche le torri gemelle di New York risorgeranno col marmo di Carrara, grazie a una commessa vinta dalla Società Apuana Marmi, che fornirà il materiale per questa imponente opera. Successo dunque del distretto apuo-versiliese nel mondo grazie al marmo bianco, il prodotto più famoso del territorio, capace di trainare il settore lapideo della Toscana anche nei momento di crisi economica. Le tecniche di lavorazione sono importanti a tal punto che, in alcuni casi, la pietra si vende più per la capacità di lavorazione che non in ragione della disponibilità del materiale naturale. Nel corso degli anni il distretto lapideo apuoversiliese, però, ha concentrato le proprie attività industriali non solo sull’estrazione e lavorazione del pregiato marmo locale, ma anche su attività di commercializzazione e marketing che hanno reso le aziende carraresi notevolmente competitive sui mercati esteri. Il materiale locale più conosciuto ed esportato è il Bianco di Carrara. Quali flussi di export alimenta e quali sono le destinazioni di mercato? «Il marmo di Carrara viene richiesto da tutto il
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mondo e, negli ultimi anni, particolarmente dalla Cina. Di recente, anche l’area del Nord Africa è cresciuta sia per volumi assorbiti che per valori corrispondenti, e così pure l’Europa dell’Est. Rimangono ovviamente sempre significative anche le aree più tradizionali, ma su questi mercati, più toccati dalle difficoltà economiche generali e particolarmente dell’edilizia, la crisi recente ha fatto soffrire un po’ anche i nostri pregiatissimi materiali, e i nostri qualificati manufatti. La particolare unicità del Bianco di Carrara ha comunque tenuto bene anche nei “venti della crisi” e nelle difficoltà di confrontarsi con una competizione dei paesi “emergenti” sempre più spinta e più agguerrita, da ogni punto di vista». Quali sono i nuovi progetti legati all’inno-
Sopra, Nicola Lattanzi, presidente del comitato del distretto lapideo Apuoversiliese
La particolare unicità del Bianco di Carrara ha tenuto bene anche nei “venti della crisi” e nelle difficoltà di confrontarsi con una competizione dei paesi emergenti sempre più agguerrita
vazione nella lavorazione e produzione, le strategie di sviluppo e le attività di promozione del Comitato? «Il distretto lapideo Apuoversiliese è stato istituito nel 2000, con delibera della Regione Toscana, e concerne l’area compresa tra i comuni di Fivizzano a nord, Pietrasanta a sud, Carrara a ovest e Stazzema e Piazza al Serchio a est. Nel 2003 si è insediato il precedente Comitato di distretto che si è dato un regolamento, avendo a riferimento l’esperienza lucchese del settore cartario. Il distretto è industriale e naturale insieme, in quanto caratterizzato dalla presenza di numerose aziende di escavazione, lavorazione e commercializzazione dei materiali lapidei e dall’esistenza fisica delle cave. La consapevolezza di questo aspetto comporta problematiche più
complesse e il saperle risolvere fa parte del lavoro che svolge il distretto. L’innovazione è soprattutto nelle tecniche di lavorazione della PRODUZIONE pietra naturale. Di fronte a una linea di tenÈ la fabbricazione denza minimal dei progetti di architettura, locale di grezzo in tonnellate nel 2009 l’originalità della pietra sta nella naturale imriferito alla sola Carrara perfezione ed irriproducibilità dei materiali naturali». Come si comprova la tracciabilità del marmo di Carrara, e quali caratteristiche lo rendono unico e riconoscibile? «Il marmo di Carrara è tutelato da un apposito Consorzio che ha come scopo la promozione, la valorizzazione e la cura degli interessi del marmo del distretto di Carrara estratto e lavorato conformemente al disciplinare approvato dal Consorzio stesso in cui vengono prese in
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Il blocco di marmo è una pietra e senza un’idea che ne sappia valorizzare unicità, storicità, bellezza, e funzionalità di applicazione rimane solo un sasso
considerazione sia l’identificazione che la rin- economico di profonde radici storico cultutracciabilità dei blocchi, delle lastre e dei lavorati in marmo di Carrara. Il marmo di Carrara presenta molteplici varietà, ma la più rinomata e che rappresenta il marmo per eccellenza, è quella del Bianco Carrara. Si tratta di un materiale caratterizzato da una grana fine e compatta e da un colore che va dal bianco al grigiastro con venature grigio sfumate. Altre varietà pregiate sono costituite dagli Statuari e dai Calacata che presentano invece un colore di fondo dal bianco puro al beige con venature sfumate o più marcate grigio-giallastre». Il blocco tagliato nei bacini marmiferi viene poi lavorato dalle aziende. In quali tipologie produttive viene trasformato? «Il blocco è una pietra e senza idea rimane solo un sasso. Il blocco può divenire pavimento, rivestimento, opera d’arte e comunque rappresenta un materiale che implica creatività, senso costruttivista e progettualità. Elementi tutti che oggi costituiscono driver di riferimento della competizione aziendale». Quali sono oggi i fattori di competitività del distretto? «Senso costruttivista dei materiali, progettualità e originalità delle applicazioni; elementi che si fondono con la consapevolezza ed il governo 82 • DOSSIER • TOSCANA 2010
rali». La recente crisi economica ha toccato anche il settore lapideo? «Sì, anche se con dovuti distinguo che riguardano le tre fasi della filiera produttiva: aziende di escavazione, aziende di trasformazione dei blocchi in lastre e aziende che operano nel campo dei lavorati finiti. Il comparto che ha risentito maggiormente della crisi è stato quelle della segagione del blocchi, complice anche la contrazione del consumo mondiale di granito. I materiali naturali sembrano invece tenere il mercato». Anche le nuove torri gemelle saranno rivestite con il marmo di Carrara. Questo successo quanto contribuirà alla storia di Carrara già legata alla realizzazione di meravigliosi monumenti in ogni parte del mondo e a consolidare il ruolo di leader mondiale nel settore marmoreo? «Il blocco di marmo è una pietra e senza un’idea che ne sappia valorizzare unicità, storicità, bellezza, e funzionalità di applicazione rimane solo un sasso. Le nuove torri gemelli ricoperte di marmo di Carrara sono insieme motivo di orgoglio e di potenzialità competitiva per tutto il distretto lapideo Apuoversiliese».
FINANZA
Un ruolo strategico sul territorio toscano «Il sistema bancario toscano è tra i più solidi a livello nazionale. Fin dalle sue origini ha garantito lo sviluppo dell’economia locale e nazionale. Non rilevo debolezze ma caratteristiche che rendono peculiari la strategia di intervento delle singole banche nel territorio in cui operano». Così il presidente di Banca Cr Firenze Aureliano Benedetti
uesta città ha visto nascere l’economia moderna e il “fare banca” ed è riconosciuta a livello internazionale per il proprio “saper fare”. Oggi però è necessario realisticamente guardare oltre, pur non dimenticando la propria storia. Firenze ha caratteristiche che la rendono unica, ma ha al tempo stesso problematiche allarmanti che devono essere rapidamente risolte e che la accomunano ad altre città italiane. Ci sono dati che riguardano migliaia di imprese a rischio nell’artigianato Renata Gualtieri in Toscana. Tuttavia anche i settori cosiddetti maturi, come quelli di alcuni distretti toscani, possano avere un futuro, se si riuscirà a valorizzare la qualità che fa la differenza dai concorrenti di altre parti del mondo e che la tradizione artigiana ha salvaguardato tra-
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A sinistra, il presidente di Banca Cr Firenze Aureliano Benedetti
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Aureliano Benedetti
mandando conoscenze esclusive del nostro territorio. «La recente crisi mondiale può essere un’occasione per subito riflettere su cosa fare; la nostra economia ha bisogno di un forte riposizionamento. È indubbio, quindi che dovranno esserci trasformazioni in merito alla dimensione, all’apertura a nuovi mercati, alla ricerca di prodotto». Banca CR Firenze ha il ruolo di sub holding del gruppo Intesa SanPaolo per il Centro Italia. Come questa realtà bancaria diventa punto di riferimento del territorio? «L’ingresso nel gruppo Intesa SanPaolo con il ruolo di sub holding al controllo di dieci banche dell’Italia centrale, ha determinato, per Banca Cr Firenze, il passaggio, con le partecipate, da 600 a 1.000 sportelli concentrati su un territorio che ha caratteristiche economiche e sociali omogenee. È evidente, quindi, l’aumentato ruolo strategico di Banca Cr Firenze in un territorio in cui è forte la vocazione produttiva sia manifatturiera che agro-industriale e di servizi da parte di piccole e medie imprese, dove le istanze territoriali hanno ascolto grazie al modello di Banca dei Territori di Intesa SanPaolo, che garantisce alle banche locali ampi margini decisionali. Noi siamo rimasti la Banca che a Firenze e in Toscana esiste da 180 anni, e oggi, anche con le banche controllate, con la stessa capacità di assistere i clienti, famiglie e imprese e di trovare insieme la soluzione alle loro esigenze, facilitati proprio dall’essere parte determinante di un gruppo nazionale e internazionale». Quali sono attualmente le debolezze strutturali e i punti di forza del sistema bancario toscano? «Il sistema bancario toscano è tra i più solidi a livello nazionale, tanto che fin dalle sue
origini ha garantito lo sviluppo dell’economia locale e nazionale. Non rilevo debolezze, semmai caratteristiche che rendono peculiari la strategia di intervento delle singole banche nel territorio in cui operano. Pensiamo ad esempio al legame fra banche e imprese: mediamente le aziende italiane, e le toscane in particolare, ricorrono, infatti, al finanziamento bancario in misura molto superiore rispetto al resto del mondo. Si potrebbe ravvisare in questo una forza del nostro sistema o TOSCANA 2010 • DOSSIER • 87
FINANZA Nella foto, la nuova sede della Banca Cr di Firenze
un limite di debolezza strutturale dell’im-
presa, fino a identificare un vincolo reciproco nella relazione tra le imprese e le banche, ma non c’è dubbio che il sistema bancario toscano inserito nel sistema nazionale abbia svolto il suo ruolo e garantito la crescita del sistema industriale e del paese in generale. A titolo di esempio, si pensi che il gruppo Intesa SanPaolo concede affidamenti per oltre 500 miliardi di euro, quasi un terzo del Pil nazionale». Quale è il vostro impegno a favore delle piccole e medie imprese? «Nel primo semestre del 2009 l’area controllata da Banca Cr Firenze all’interno del gruppo Intesa SanPaolo, vale a dire Toscana, Umbria e altre zone limitrofe, ha incrementato gli affidamenti alle piccole e medie imprese da 30 a oltre 33 miliardi di euro. Si tratta del 70% del totale dei nostri affidamenti. In una situazione complessa in cui vivono le piccole e medie imprese, non faremo mai mancare credito ad aziende che lo meritano, finanziando ogni progetto che abbia basi concrete, tanto è vero che abbiamo mantenuto il livello di impieghi in una fase in cui la domanda si è fortemente contratta. In questi ultimi mesi abbiamo sottoscritto con tutte le associazioni di categoria del territorio specifiche convenzioni per favorire la liquidità e il rafforzamento patrimoniale delle Pmi. Si tratta di un plafond di circa 1 miliardo di 88 • DOSSIER • TOSCANA 2010
33 mld
AFFIDAMENTI I fidi concessi alle Pmi nel 1° semestre 2009
euro che la nostra direzione regionale mette a disposizione per Toscana e Umbria. Un lavoro a tappeto per stare vicino a famiglie e imprese con grande capacità di ascolto e di intervento ed essere una banca che opera sul territorio insieme ai nostri clienti». Quali sono le operazioni previste a sostegno delle famiglie toscane? «L’istituto ha da mesi definito e sta portando avanti accordi su più tavoli, sia istituzionali che associativi, per garantire il credito al sistema produttivo toscano e sostenere le famiglie di coloro che sono in cassa integrazione o hanno perso il lavoro. Tra i molti interventi, vorrei citare l’anticipo dell’indennità di cassa integrazione, affinché si eviti che i lavoratori restino senza entrate in attesa delle indennità integrative erogate da Inps, o la sospensione della rata del mutuo (fino a sei rate consecutive per tre volte nell’arco di durata del mutuo), dando la possibilità alle famiglie di riprendere fiato in un momento di
Aureliano Benedetti
A oggi noi siamo rimasti la banca che a Firenze e in Toscana esiste da 180 anni, con la stessa capacità di assistere clienti, famiglie e imprese
difficoltà. Un esempio ulteriore di intervento a favore di una politica di sostegno ma anche di sviluppo è l’accordo con la Provincia di Firenze per il progetto Carta “Ila”, destinata a chi è iscritto nelle liste di mobilità, ai disoccupati iscritti ai centri per l’impiego, a chi ha un contratto di lavoro atipico e ai giovani inseriti in un percorso di auto imprenditorialità, che consente di ricevere un contributo economico a chi sostiene costi nel realizzare un progetto formativo che lo aiuti a reintrodursi nel mercato del lavoro». Quali sono le prospettive del sistema bancario ed economico toscano per il 2010? «Credo che saremo sempre più chiamati a lavorare insieme a imprenditori e associazioni per sostenere il ruolo della piccola impresa che, in regioni come la nostra, è e rimarrà determinante per l’economia dell’intero territorio. La piccola impresa ha grandi potenzialità che passano attraverso internazionalizzazione, aper-
500 mld EURO
La cifra in euro degli affidamenti del Gruppo Intesa San Paolo, quasi un terzo del PIL nazionale
tura ai mercati emergenti, innovazione di prodotto e diversificazione. Tuttavia ritengo che le nostre imprese locali debbano affrontare un problema strutturale, quello della capitalizzazione e qui esistono solo poche strade: il ricorso a mezzi propri, e il supporto delle banche. Noi stiamo offrendo iniziative specifiche garantendo un moltiplicatore di capitale alle imprese i cui azionisti investano in proprio o accompagnando processi di integrazione fra piccole e medie imprese. Quest’ultima strada è sempre stata difficile per i nostri imprenditori ma è l’unica che consente di ridurre i costi e ampliare il mercato. Dobbiamo creare questa cultura affinché queste due strade, ricapitalizzazione e aggregazioni, entrino nel Dna delle imprese della Regione». Esiste un modello di sviluppo valido da applicare al mondo bancario toscano? «In Toscana, così come nel resto del Paese, abbiamo realtà bancarie più strutturate insieme a banche di dimensioni minori fortemente legate al proprio territorio. Io credo che ci siano spazi e possibilità di sviluppo per tutti coloro che lavorano bene, con professionalità e correttezza, dando servizi e risposte veramente efficaci e sostegno reale alle richieste che provengono dal tessuto sociale, istituzionale e produttivo. Banca Cr Firenze ha da tempo preso questo impegno e lo sta realizzando; credo che questo sia un modello di sviluppo anche per le altre banche». TOSCANA 2010 • DOSSIER • 89
MOBILITÀ SOSTENIBILE
La rivoluzione verde viaggia su tre ruote È l’ultimo nato in casa Piaggio, l’MP3 Hybrid, il primo con due motori a benzina ed elettrico. Un nuovo scooter il cui “papà” tecnologico è Luca Carmignani, responsabile Innovazione motori e Powertrain del gruppo di Pontedera. «L’evoluzione della tecnologia consentirà sempre più all’utente di non rinunciare alla prestazione, con veicoli contestualmente sempre più eco-compatibili» Nera Samoggia
n principio, fu la Vespa. Era il 1946. Dopo sessant’anni è arrivato l’MP3, lo scooter con due ruote davanti che garantiscono una maggiore stabilità. Neppure una manciata di anni dopo e l’azienda di Pontedera sforna l’MP3 Hybrid, il primo con due motori a benzina ed elettrico. La rivoluzione alla Piaggio viaggia su due e tre ruote. E, ogni volta, segna profondamente lo
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Luca Carmignani, responsabile Innovazione Motori e Powertrain del Gruppo Piaggio in sella all’ Mp3 Hybrid di cui è il ‘papà’ tecnologico
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stile di vita (non solo quello legato alla mobilità) degli italiani. E di chi, Oltralpe, viene contagiato dalle novità. «Il progetto dell’MP3 Hybrid – spiega Luca Carmignani, responsabile Innovazione motori e Powertrain del gruppo Piaggio, nonché orgoglioso papà dell’ultimo nato – nasce come progetto di ricerca, nell’ambito della collaborazione tra il Gruppo e la facoltà di Ingegneria dell’Università di Pisa, frutto quindi della sinergia tra ricerca pubblica e privata. Il progetto del motore ibrido, successivamente gestito in autonomia da Piaggio, sia nella fase di ingegnerizzazione sia in quella di sviluppo prodotto vera e propria, trova la sua applicazione sul modello MP3, con l’obiettivo di coniugare in un solo veicolo la risposta alla mobilità urbana sicura e sostenibile». Una nuova tecnologia che guarda al futuro, ma che affonda le sue radici nel passato al punto che il nome MP3 si rifà ai primi prototipi di scooter realizzati da Piaggio tra il 1943 e il 1945 sulla base dei quali nascerà poi la prima Vespa. E dove MP5 e MP6 stavano per Moto Piaggio 5 e 6. Focalizziamo l’attenzione sull’MP3 Hybrid, che cosa lo rende tecnicamente unico? E soprattutto in una logica sostenibile, emissioni e consumi di quanto sono
Piaggio
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Tecnologie così complesse e sofisticate possono essere “domate” solo a seguito di un’intensa attività di ricerca e innovazione, affiancata da una forte attività di co-design con i fornitori e con la sinergia tra ricerca pubblica e privata
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abbattuti? «MP3 Hybrid è il primo scooter ibrido al mondo con batterie al litio, nonché il primo veicolo con tecnologia ibrida di tipo plug-in: si tratta di una motorizzazione ibrida che si contraddistingue anche per la possibilità di utilizzo nella sola modalità elettrica, elevata autonomia e possibilità di ricarica delle batterie, non solo in frenata, in decelerazione e in marcia, ma anche dalla comune rete elet-
trica, sia in ambito domestico sia dalle colonnine pubbliche. In termini di emissioni e consumi, su un profilo di utilizzo in linea con una percorrenza media giornaliera di circa 30 km (6.000 km/anno), la riduzione di consumi CO2 è dell’ordine del 30% in CONSUMI modalità ibrida e può raggiungere il 50% in È la riduzione dei quella combinata ibrida-elettrica (fino a 60 consumi CO2, su km/l e 40 g/km di CO2)». una percorrenza giornaliera di 30 Fino ad oggi, chi sceglieva di muoversi in Km, in modalità modo ecologicamente corretto, nel riibrida. spetto quindi dell’ambiente, doveva scegliere tra prestazione e ecologia. Sarà così anche nel futuro? «L’evoluzione della tecnologia consentirà sempre più all’utente di non rinunciare alla prestazione, con veicoli contestualmente sempre più eco-compatibili. MP3 Hybrid è già un esempio di veicolo in cui sono congiuntamente raggiunti entrambi gli obiettivi di prestazione ed ecologia: la tecnologia ibrida parallela consente al modello MP3 ❯❯
-30%
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MOBILITÀ SOSTENIBILE
Sotto lo scooter Mp3 Hybrid della Piaggio. Nella pagina accanto, fasi di produzioni all’interno dello stabilimento Piaggio a Pontedera
❯❯ 125 Hybrid, grazie al supporto del motore elettrico, di accelerare come un 250cc, con un aumento di coppia fino all’85%». Come siete riusciti a “piegare” queste tecnologie così sofisticate all’uso comune, trasferendole quindi dal chiuso dei laboratori sulle nostre strade? «Tecnologie così complesse e sofisticate possono essere “domate” solo a seguito di un’intensa attività di ricerca e innovazione, affiancata da una forte attività di co-design con i fornitori e con la sinergia tra ricerca pubblica e privata. A questo si aggiungono nuove collaborazioni, come nel caso del recente accordo fra il gruppo Piaggio ed Enel per lo studio delle esigenze di mobilità e ricarica elettrica così come per la realizzazione di progetti pilota per proporre soluzioni innovative ai clienti». Piaggio da sempre precorre i tempi: Vespa, Sì, Ciao solo per ricordare alcuni esempi scooter o motorini che hanno fatto la storia motorizzata del nostro Paese. Quanto l’innovazione e la ricerca è strategica per il Gruppo? «La ricerca e l’innovazione sono da sempre gli
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La nostra attività di ricerca segue due percorsi paralleli: sviluppo di soluzioni alternative da un lato e ottimizzazione dei sistemi tradizionali dall’altro, al fine di migliorarne l’efficienza, per ridurre emissioni e consumi
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elementi che contraddistinguono il Dna di Piaggio in tutta la sua storia. Piaggio nasce con questo spirito e così continua a crescere fino ai giorni nostri: basti pensare ad esempio allo scooter MP3 che nel 2006 segna una discontinuità nel mercato delle due ruote, introducendo il primo motoveicolo in grado di fornire una concreta risposta alla mobilità urbana sicura; tre anni dopo, nel 2009, con MP3 Hybrid, si completa il mosaico e la mobilità, urbana e sicura, diventa sempre più sostenibile». Il primo è stato l’MP3, a quali nuovi progetti di ricerca per una mobilità “pulita” state lavorando? «In linea con l’evoluzione delle normative internazionali e nell’ottica di sviluppare veicoli sempre più eco-compatibili, l’attività di ricerca segue due percorsi paralleli: sviluppo di soluzioni alternative da un lato e ottimizzazione dei sistemi tradizionali dall’altro, al fine di migliorarne l’efficienza, per ridurre emissioni e consumi. In questo scenario, la ricerca del Gruppo Piaggio continua a muoversi per studiare e migliorare soluzioni che continueranno ad evolversi anche nei prossimi anni: non solo la motorizzazione ibrida di MP3, ma anche quella elettrica di Porter e Ape Calessino, soluzioni bi-fuel (GPL e metano), etc. La continua necessità di riduzione dell’impatto ambientale, per lo più urbano, garantirà una maggior diffusione di veicoli bi-fuel, ibridi ed elettrici, quest’ultimi anche grazie al continuo sviluppo delle batterie al litio, con prestazioni ed affidabilità sempre maggiori, nonché per la presenza di
Piaggio
una infrastruttura di ricarica alla portata di tutti». Per sviluppare queste ricerche, quanto è importante creare sinergie con l’esterno? E soprattutto le nostre università sfornano un know how di buon livello oppure dovete guardare all’estero? «L’attività di ricerca vincente è quella che sfrutta al meglio le sinergie tra vari enti, siano essi legati al mondo universitario sia a quello dell’impresa. Motivazione e gioco di squadra consentono il raggiungimento di obiettivi ritenuti a priori quasi impossibili. L’università italiana si sta lentamente allineando a questo scenario che vede la ricerca pubblica e privata unite per creare una sinergia vincente. Gli ultimi anni vedono da un lato l’uni-
-50% CO2
La riduzione dei consumi CO2 in modalità combinata ibrida-elettrica
versità sempre più presente nelle aziende con tesisti, stagisti e ricercatori, dall’altro le aziende maggiormente presenti in ambito universitario con seminari e corsi di studio interamente gestiti con proprio personale, anche nell’ottica di sviluppare un know-how più allineato alle proprie esigenze». In questo settore, rispetto agli altri Paesi, l’Italia come si colloca? «È ben noto che viviamo in un paese in cui esiste un forte potenziale di risorse con competenze e capacità adeguate a sviluppare attività di ricerca sofisticate e complesse; quello che talvolta manca in Italia è il coraggio di perseguire intuizioni e idee fortemente innovative, ma fortunatamente Piaggio si è sempre contraddistinta per il contrario». TOSCANA 2010 • DOSSIER • 93
Carlo Rienzi
È annacquata ma faremo di necessità virtù È il Codacons a dare il via alla prima class action italiana. Sebbene la consideri «inadeguata», il presidente Carlo Rienzi è deciso ad avvalersene. Per tutelare quei consumatori «che per pochi euro non farebbero mai causa individualmente Elena Ricci
Nella foto, l’avvocato Carlo Rienzi, presidente del Codacons
a class action è l’azione collettiva volta a ottenere il risarcimento di un danno. La particolarità di tale azione è che a beneficiare dei risarcimenti non è un singolo individuo ma una pluralità di soggetti tutti allo stesso modo danneggiati dal comportamento di un’impresa o di un ente. Tuttavia, secondo la rilevazione effettuata da Ekma Ricerche su un campione di 500 interviste, solo il 19,4% ha sentito parlare di class action e, di questo soltanto il 35,7% dice di sapere di cosa si tratta. In sostanza, solo un italiano su quattordici è a conoscenza dei segreti dell’azione collettiva risarcitoria, forse per via delle regole alquanto complesse che la regolano. Da più fronti, infatti, giungono esortazioni alla prudenza e alla chiarezza nell’informare i cittadini sulle possibilità offerte da questo strumento. Massima attenzione soprattutto da parte delle associazioni di consumatori che devono saper filtrare le tante richieste e portare avanti quelle che effettivamente ne hanno i requisiti. Intanto è stato proprio il Codacons a presentare la prima class action italiana, notificando due citazioni in tribunale contro due colossi bancari: Unicredit e Intesa Sanpaolo, per le commissioni anomale denunciate dall’Antitrust. In questo modo si apre la strada a migliaia di correntisti intenzionati a far valere i propri diritti contro i due istituti di credito. I numeri sono interessanti. Si parla di circa 25 milioni di cittadini potenzialmente interessati alla class action del Codacons contro le due banche. E firmatario della prima azione collettiva nel nostro Paese è il presidente Carlo Rienzi che sul
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CLASS ACTION
Nel nostro Paese l’azione collettiva ha una retroattività fortemente limitata, con tempi lunghi e iter burocratici discutibili, e non è previsto il danno punitivo
sito dell’associazione sottolinea come l’azione sia mirata a «disincentivare i colossi economici a fare scorrettezze gravi contro i consumatori che per pochi euro non farebbero mai causa individualmente, anche se la mancanza di forti sanzioni come avviene negli Usa rende questo strumento poco incisivo ed efficace». Quali sono le opportunità e i limiti della class action? «I vantaggi di tale istituto risiedono nella possibilità di far ottenere il riconoscimento dei diritti 100 • DOSSIER • TOSCANA 2010
di un’intera categoria, evitando migliaia di cause individuali e concentrando l’azione in un’unica causa. Purtroppo però la class action italiana risulta “annacquata” e assai distante da quella americana, che ha ispirato numerosi film proprio grazie alla sua efficacia. Nel nostro Paese, infatti, non solo l’azione collettiva ha una retroattività fortemente limitata, sono di fatti esclusi grandi crac come Parmalat, Cirio, Bond Argentina, con tempi lunghi e iter burocratici discutibili, ma addirittura non è previsto il danno punitivo, unico vero incentivo che obbligherebbe le aziende ad un maggior rispetto dei consumatori. Ciò significa che mentre in America un’azienda che ha immesso in commercio un prodotto pericoloso viene condannata ad una forte sanzione, appunto il danno punitivo, per i pericoli fatti correre alla collettività, in Italia ciò non è possibile, e il risarcimento spetta solo a chi realmente ha subito danni da quel prodotto difettoso».
Carlo Rienzi
È stato proprio in Codacons a presentare la prima class action italiana. Lo reputa uno strumento adeguato o a suo avviso necessita di ulteriori migliorie? «La class action italiana è assolutamente inadeguata ma, essendo l’unico strumento che la legge ci mette a disposizione, il Codacons ha deciso di avvalersene intentando le prime cause collettive. Le migliorie da apportare sarebbero molte, e tra queste spicca la necessità di introdurre il danno punitivo ed estenderla in modo totale anche alla pubblica amministrazione, dal momento che allo stato attuale un ente riconosciuto colpevole di aver danneggiato i consumatori non può essere condannato ad alcun risarcimento». Quali sono i costi di un’azione legale collettiva? «Qualora l’azione sia dichiarata inammissibile, il cittadino o l’associazione che ha promosso la class action deve rifondere le spese legali alla controparte in base alle decisioni del giudice. Se
16 agosto 2009 INIZIO La class action italiana, partita dal 1 gennaio 2010, prevede che l’azione collettiva possa essere intentata solo per gli illeciti commessi a partire da questa data
l’azione è promossa da un comitato o da un’associazione e viene dichiarata ammissibile, l’utente può aderire autonomamente o attraverso l’organismo che ha promosso l’azione. In quest’ultimo caso le spese da sostenere possono essere una quota associativa o una percentuale sul risarcimento. Chi propone la class action deve inoltre addossarsi, oltre alle “spese vive” per contributi unificati, notifiche, e via dicendo, anche le spese per la pubblicizzazione dell’azione. Una vera e propria assurdità, a nostro avviso, visto che non può essere scaricato sui cittadini l’onere di pubblicizzare sui mass media azioni di tale portata». Da una parte c’è chi sostiene che un unico procedimento si traduca in un risparmio in termini di costi, impegno e tempi per ottenere giustizia. Dall’altra, c’è chi afferma che la class action prevede costi onerosi per chi l’avvia e difficoltà per le richieste di risarcimento. Dove sta la verità? «Sicuramente se si fosse seguito l’esempio di altri Paesi come l’America o il nord Europa, la class action avrebbe apportato benefici non solo ai consumatori, ma all’intero settore della giustizia italiana, accorciando i tempi, diminuendo le cause e velocizzando gli iter burocratici. Così com’è stata introdotta nel nostro Paese, rischia di risultare onerosa e difficoltosa specie nel caso in cui il giudice decida di non ammettere le istanze di risarcimento presentate. Circostanza che rappresenta un deterrente per molti cittadini intenzionati a far valere i propri diritti, ma che non hanno le possibilità economiche di sostenere un’eventuale sconfitta in tribunale». Secondo quali criteri Codacons si appresta a “filtrare” le richieste di azioni? «Cercheremo di avviare quelle che abbracciano un ampio bacino di utenti, e quelle che presentano più elevati margini di ammissibilità dinanzi ai giudici». TOSCANA 2010 • DOSSIER • 101
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CONSULENZA
Cultura d’impresa in antitesi alla crisi D
all’ambito globale a quello locale. La crisi si è diffusa, scoperchiando i limiti e i difetti delle culture e delle strutture imprenditoriali da un lato Tante le sfide che attendono gli imprenditori. Dai postumi della crisi al difficile rapporto internazionali e, dall’altro, regionali. Ma, in particolare, cosa ha rappresentato questa fase per la con gli istituti di credito. Per questo, regione Toscana? «La crisi economica e finanziacome spiegano Roberto Scialdone ria ha avuto un rilevante impatto sulle imprese loe Annalisa Naldi, l’aiuto cali sotto vari aspetti, economici, finanziari e occupazionali» spiega Roberto Scialdone. L’esperto, del commercialista è divenuto vitale forte della sua esperienza nell’assistere le aziende, Carlo Sergi oltre che nelle revisioni e nei contenziosi tributari e contabili, anche nelle operazioni di finanza straordinaria e di M&A, puntualizza le priorità strategiche dell’economia locale. Anche secondo Annalisa Naldi, la quale assieme a Scialdone gestisce una struttura che raccoglie dottori commercialisti, avvocati e revisori contabili, il momento è critico, ma rappresenta una svolta: «In questo contesto le principali operazioni che mirano al rilancio delle aziende toscane sono finalizzate all’innovazione di processo e di prodotto, alla ricerca di nuovi mercati, alla delocalizzazione di alcune fasi produttive, nonché alla ricerca di sinergie mediante accordi di integrazione orizzontale o verticale, sia di natura economico-commerciale, che a contenuto azionario». Tra le operazioni più delicate, vi sono sicuramente le Merger & Acquisition. Attualmente quali sono i presupposti con cui le imprese devono affrontarle? Roberto Scialdone: «Premesso che un’operazione di M&A rappresenta, comunque, un progetto strategico di rilevante importanza nella vita di un’impresa, sia a conduzione familiare, che manageriale, l’assistenza professionale in questa fase presuppone un’approfondita conoscenza dell’impresa, delle sue dinamiche economiche, finanziarie, di business, nonché degli interessi dei
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Il futuro dell’impresa
In apertura, Roberto Scialdone e Annalisa Naldi all’interno dello studio fiorentino dell’omonima associazione di dottori commercialisti naldi@studionaldiscialdone.com
suoi azionisti. Inoltre, i professionisti incaricati devono avere conoscenze approfondite in ambito societario, contrattuale, tributario e di bilancio, nonché di “tecnica di negoziazione”. È importante, poi, individuare un partner finanziario sicuro e affidabile: infatti, in questo tipo di operazioni il nostro studio ha occasione di cooperare con Mediobanca SpA e Banca Esperia SpA». La regione è ricca di imprese familiari. Questo cosa comporta? Annalisa Naldi: «Le imprese a conduzione familiare presentano, quali principali punti di forza, una buona rapidità decisionale, una visione strategica a lungo termine e un’elevata disponibilità a investire risorse personali nell’azienda. Di contro, le criticità sono rappresentate, principalmente, da un maggior coinvolgimento emotivo, che spinge talvolta all’inserimento nella struttura aziendale di componenti familiari non sempre all’altezza dei ruoli ricoperti e dal passaggio generazionale, che è indubbiamente il momento più delicato e più critico nella vita di questa tipologia di aziende». Dunque è questo il momento in cui si gioca il futuro di un’attività? R.S.: «Negli ultimi anni, il fenomeno del passaggio generazionale ha assunto proporzioni via via crescenti per motivi “naturali”, dal momento che la maggior parte delle imprese familiari italiane sono nate nel corso degli anni sessanta. In questa fase, le criticità più frequenti che rileviamo, sono due: la resistenza dell’imprenditore fondatore a passare il testimone alla generazione successiva e la complessità dei rapporti tra familiari. Il passaggio del testimone comporta, inoltre, la necessità di conciliare le esigenze strettamente
aziendali con quelle relative alla “successione” nel patrimonio familiare. In quest’ottica, il consiglio che sono abituato a dare con i miei colleghi, è quello di pianificare per tempo l’uscita dall’azienda, facendosi affiancare, appunto, da professionisti cui demandare il compito di individuare le soluzioni tecniche più idonee a garantire un passaggio indolore, sia per l’azienda, che per la famiglia stessa». Anche questo evidenzia una palese rivoluzione del ruolo dei dottori commercialisti, sempre più vicini a chi fa impresa. R.S.: «Pensando alla nostra struttura, il dottore commercialista, nella sua duplice veste di consulente d’azienda e di giurista d’impresa, è costantemente al fianco dell’impresa, sia nelle fasi di sviluppo economico, che in quelle di crisi, come l’attuale. Ma è soprattutto in queste ultime che l’intervento da parte nostra si rivela importante, in quanto, oltre al sostegno “psicologico” a favore dell’imprenditore in difficoltà, il nostro principale compito diventa quello di assisterlo e guidarlo nella scelta della miglior strategia per il rilancio aziendale». Cosa vi aspettate dalla nuova generazione di imprenditori toscani? ›› TOSCANA 2010 • DOSSIER • 105
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CONSULENZA
Di nuovo Naldi e Scialdone assieme ad alcuni professionisti interni allo studio. Lo staff è composto, oltre che da sei dottori commercialisti, anche da due avvocati
›› A.N.: «Non c’è dubbio che il contesto econo- efficiente e ottimale da parte dell’imprenditore. mico e finanziario sia radicalmente cambiato, in particolare, nel corso dell’ultimo decennio e, quindi, la nuova generazione di imprenditori deve acquisire una “cultura d’impresa” molto più ampia, una maggiore propensione alla delega nell’ambito di alcune funzioni aziendali, ma soprattutto un’elevata disponibilità all’integrazione con altre imprese, che presuppone, appunto, anche maggiore cultura». Un altro aspetto complicato emerso con forza è il rapporto tra banche e imprese. Nella dialettica tra questi due attori dove sbagliano soprattutto gli imprenditori e come si concretizza il vostro supporto in tal senso? R.S.: «Il rapporto banca-impresa è, indubbiamente, un aspetto essenziale per la vita di un’azienda e non sempre viene gestito in maniera
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La nuova generazione di imprenditori deve acquisire una “cultura d’impresa” molto più ampia e una maggiore propensione alla delega nell’ambito di alcune strategiche funzioni aziendali 106 • DOSSIER • TOSCANA 2010
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Da parte nostra, riteniamo che i presupposti di base per gestire al meglio questa relazione siano essenzialmente due: l’analisi interna dei flussi finanziari e la “trasparenza” nel rapporto con la banca, che è il miglior “investimento” per consolidarlo. In questo senso, quindi, l’apporto del nostro gruppo si concretizza nello stimolare l’imprenditore al monitoraggio continuo dei flussi finanziari e nel prestare assistenza e consulenza nell’analisi finanziaria dei progetti di investimento, nella ricerca degli strumenti e nei partner finanziari più idonei, ivi compresa l’assistenza contrattuale, di bilancio e tributaria ad essa connesse». Quali i vostri progetti per il futuro? A.N.: «Tendiamo, essenzialmente, alla ricerca di una sempre maggiore specializzazione delle nostre competenze nei settori delle operazioni straordinarie, quali fusioni, acquisizioni, quotazioni e M&A in genere, del contenzioso tributario e della consulenza contrattuale e societaria. Riteniamo, inoltre, necessario sviluppare ulteriormente la personalizzazione del servizio a favore dell’imprenditore, anche mediante l’offerta di corsi di formazione “in house”, cuciti su “misura” in relazione alle specifiche esigenze aziendali».
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CONSULENZA
l rapporto consulente-imprese è cambiato nel tempo e ancora più dovrà cambiare in una fase di ripresa economica. Questo perché la domanda delle imprese è mutata. In passato l’assistenza tributaria è stata prevalente. Oggi maggiore attenzione va posta sull’individuazione e soluzione delle problematiche gestionali, attraverso l’elaborazione di budget economico-finanziari di breve-medio periodo e attraverso la ricerca dei finanziamenti orientati all’evoluzione che si intende programmare, al miglioramento del rating, alla ricerca della forma giuridica più consona alla compagine sociale e alle dimensioni aziendali. Remo Desii, fondatore a Empoli di uno studio associato specializzato in consulenza aziendale e tributaria assieme a Paolo Cerboni e al cui interno operano 19 persone, sottolinea che «Attraverso istituti giuridici quali il conferimento di aziende, la fusione, la scissione, la trasformazione e avvalendosi anche di normative fiscali premianti, si intende dare all’imprenditore gli strumenti per meglio gestire l’impresa, consolidarla e proiettarla nel tempo anche al fine di agevolare il passaggio generazionale». Dalla recente crisi quali problematicità sono emerse sul tessuto economico locale? «Occorre premettere che il tessuto delle aziende dell’empolese–valdelsa, è per lo più costituito da piccole e medie imprese. Le stesse tuttavia fanno sistema in un distretto in cui prevale la confezione di abbigliamento, il conciario, le calzature, il vetro, la ceramica e la chimica. Un po’ tutti i settori, ma sopratutto quelli a maggior impiego della mano d’opera, come il vetro e la ceramica, hanno risentito della crisi per la concorrenza di Paesi extra europei con mano d’opera a bassi costi. La presenza, tuttavia, di maestranze e imprenditori qualificati hanno consentito la creazione di aziende di nicchia in grado di crescere in un mercato che rimane ancora molto difficile». Le aziende toscane, ora, interagiscono in maniera differente con i propri commercialisti? «È profondamente cambiato il modo di “fare”
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Verso un’impresa più matura A causa dei continui mutamenti del mercato l’imprenditore necessita di nuovi strumenti di gestione e di normative fiscali premianti. Remo Desii spiega i mezzi a disposizione delle imprese per consolidarsi nel tempo, anche attraverso il passaggio generazionale Nicolò Mulas Marcello
la professione. Nei periodi ante crisi l’imprenditore era più autonomo, sia nei rapporti con gli istituti di credito, sia con clienti e fornitori, che nella soluzione di problemi gestionali. Oggi, causa della crisi e dell’apertura di nuovi mercati, l’imprenditore necessita di una “diversa” consulenza. La ricerca di un equilibrio economicofinanziario, anche per meglio interagire nei rapporti con le banche, la necessità di una programmazione nel breve-medio periodo, ri-
Sotto, Remo Desii all’interno dello studio associato Desii – Cerboni di Empoli. Nella pagina a fianco, Paolo Cerboni p.cerboni@studiodesiicerboni.it r.desii@studiodesiicerboni.it
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Gestione d’impresa
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Abbiamo avvertito una scarsa attenzione delle maggiori banche alle problematiche delle piccole e piccolissime aziende. In una certa misura ciò è stato sopperito dalle banche di credito cooperativo più radicate sul territorio
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chiedono la presenza di un commercialista con particolari specializzazioni». Altro punto critico è il rapporto con gli istituti di credito. Come pensa che possa evolvere l’erogazione dei finanziamenti? «Direi che più che un rallentamento nella concessione degli affidamenti, si avverte fin da ora una maggiore selezione degli stessi. Fino a poco tempo fa abbiamo avvertito una scarsa attenzione delle maggiori banche alle problemati-
che delle piccole e piccolissime aziende. In una certa misura ciò è stato sopperito dalle banche di credito cooperativo più radicate sul territorio. Da un po’ di tempo, terminata la fase di riorganizzazione dei maggiori istituti, si nota la volontà degli stessi “di riprendersi” il territorio. Le aziende da parte loro, attraverso una fase di ristrutturazione, sono in grado di presentarsi con bilanci più trasparenti anche se talvolta presentano un maggior indebitamento e un conto economico più appesantito». Come crede che cambierà il ruolo del professionista nei prossimi anni e come interagirà con le imprese? «Lo studio associato è il futuro della professione economico-aziendale. È nello studio associato e in prospettiva nella collaborazione tra professionisti, che si possono creare quelle specializzazioni in grado di dare all’imprenditore una consulenza globale, dal legale, al tributario, al societario, all’informatica, alla consulenza del lavoro, alla revisione ad altre ancora che verranno. In questa ottica è importante un coordinamento con le associazioni di categoria per la soluzione delle problematiche di ciascun settore, con i consorzi di garanzia per offrire alle aziende meno dotate patrimonialmente, quel supporto necessario per l’ottenimento dei finanziamenti». TOSCANA 2010 • DOSSIER • 109
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STRUMENTI PER L’IMPRESA
l mercato richiede che l’imprenditore oggi sia preparato. Deve essere disposto al cambiamento, a delegare, a far crescere, a consentire che il passaggio generazionale avvenga in modo fluido, senza traumi. Perché in realtà esistono grandi opportunità di crescita, per i giovani imprenditori e il mercato offre un’ampia scelta di strumenti, a cominciare dal coaching. Quest’ultimo potenzia e rende più efficaci le qualità già esistenti nel soggetto (il coachee), in modo da consentirgli di raggiungere un determinato obiettivo. Ricorrere al coaching è utile in tutti quei casi in cui il contesto, sia esso aziendale o di altro tipo, richieda a un individuo, che occupa un certo ruolo, una prestazione più elevata. Pensiamo ad esempio a un direttore vendite che deve acquisire nuovi clienti. Oppure a un manager che gestisce un team e che intende migliorare la qualità dei rapporti interpersonali. Inoltre il coaching è efficace in presenza di fusioni aziendali, nei casi di cambiamento di ruoli, per lo sviluppo della leadership e delle competenze. È utilizzabile a qualsiasi livello aziendale dagli executives ai top managers, ma anche dal piccolo imprenditore che svolge contemporaneamente più ruoli e ha nelle sue sole mani l’intera conduzione dell’impresa. Il coaching può aiutare l’imprenditore nella valutazione del proprio organico ai fini del miglioramento individuale e collettivo. Con l’aiuto del coach, l’imprenditore può valutare gli obiettivi individuali all’interno di quelli aziendali, individuare i punti di maggiore criticità dell’attività e operare scelte strategiche. Al contrario, prendendo iniziative senza considerare l’impatto che queste avranno sull’impresa e sul mercato, l’imprenditore non è in grado di fronteggiare eventuali conseguenze negative, né di sfruttare appieno, economicamente, i risultati positivi. Se si “naviga a vista”, senza una rotta, senza organizzazione, strutturale, economica o finanziaria, è difficile fronteggiare la crisi. Di fronte alla contrazione dei ricavi e alla crescente difficoltà di riscuotere, se manca l’attitudine a pianificare, è facile prendere decisioni all’impronta e sbagliate. Così può avvenire che, senza vedere altre possibilità, si riduca il personale, magari perché è il costo più rilevante,
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Il coaching e le sue applicazioni di Elissa Bandinelli, commercialista ed esperta in coaching d’azienda elissa.bandinelli@ebc-coaching.it elissabandinelli@commercialisti.fi.it
privandosi in così di maestranze qualificate e validissime, oppure che si rinunci a investimenti basilari, in una mal compresa ottica di risparmi. Vedendo magari come panacea il ricorso a un maggior credito. In realtà, invece, il più delle volte la via migliore è un’altra: un’accurata selezione della clientela, un’organizzazione produttiva attenta a tagliare le inefficienze, investimenti calibrati, così come “pianificate e ponderate alleanze”. Ma è necessario che l’imprenditore si faccia aiutare. Per chiedere aiuto è necessario porsi il problema, rendersi conto che esiste e impegnarsi a risolverlo. Se c’è organizzazione l’impresa potrà superare la crisi e sfruttare al meglio la ripresa quando ci sarà.
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MERCATO DEL LAVORO
Formazione, la marcia in più che accelera il mercato Nell’intricato mondo del mercato del lavoro, Alessandro Signorini ritiene fondamentale puntare a una «formazione vera in grado di saper ricollocare i lavoratori disoccupati». Perché gli ammortizzatori sociali hanno garantito la coesione sociale, ma hanno portato «all’innalzamento del salario di riserva e al disincentivo della ricerca del lavoro» Sara Marchegiani
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l mondo del lavoro presenta numerose sfaccettature e il ruolo del consulente del lavoro sta assumendo un’importanza cruciale per quanto concerne la gestione delle risorse umane, la pianificazione previdenziale e la formazione. È di primaria importanza valorizzare quest’ultimo aspetto perché, come sottolinea Alessandro Signorini, Presidente Regionale Ancl Toscana, rappresenta «il fattore fondamentale per il rilancio delle imprese». Questo implica però che venga garantita una formazione seria e qualificata ai lavoratori, in particolare ai disoccupati, «proponendo tirocini formativi finalizzati all’acquisizione di professionalità con possibilità concrete di una successiva assunzione stabile nelle aziende ospitanti». Qual è il ruolo del consulente del lavoro nella nostra società? «Questa professione è nata oltre 55 anni fa e si è sviluppata negli ultimi venti anni, alla luce dei molteplici mutamenti avvenuti sia nel mercato del lavoro che nell’apparato normativo che lo regola. L’area di competenza del consulente spazia in vari campi e va dalla ricerca e selezione del personale all’attività di formazione. Altro aspetto su cui ci concentriamo è l’ottimizzazione dei costi e dei benefici dell’impresa e la valutazione delle competenze. Non bisogna poi dimenticare l’importanza della gestione di tutti gli aspetti contabili, giuridici, assicurativi e previdenziali sia in fase di costituzione che di svolgimento del rapporto di lavoro, anche per quanto concerne i lavoratori extracomunitari. È nostro compito poi seguire le contrattazione individuali e aziendali e la gestione degli esuberi e
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La formazione
Al centro, Alessandro Signorini assieme ai colleghi dell’omonimo studio di consulenza del lavoro. La struttura ha due sedi, a Firenze e a Rufina (FI)
UNA GARANZIA DI EQUILIBRIO PER LE AZIENDE Lo studio Signorini opera nel settore della consulenza del lavoro dal 1950, quando Luciano Signorini ne fu il fondatore. Dal 1985 è subentrato nella guida dello studio, il figlio Alessandro. Attraverso una rapida crescita lo studio è giunto all’attuale struttura che vede coinvolti altri quattro consulenti del lavoro: Bruno Corsi, Manila Bastiani, Alessia Bigi e Fabiola Venturi oltre al personale dipendente e a due praticanti Paolo Vasti e Valentina Signorini che complessivamente formano l’intero staff. Tutti i consulenti sono in possesso di specifiche deleghe di “Agenzia del Lavoro” quali delegati della Fondazione Consulenti per il Lavoro, Agenzia regolarmente riconosciuta dal Ministero del Welfare, per la ricerca, la selezione e il collocamento www.studiosignorinifirenze.it - info@studiosignorinifirenze.it
degli ammortizzatori sociali». Per ciò che concerne il ricorso agli ammortizzatori sociali quale ritiene sarà il trend per il 2010? «Il 2010 è, purtroppo a oggi, l’esatta prosecuzione dell’anno 2009. L’auspicata inversione di tendenza ancora non si è vista. Sarebbe opportuno, per esempio, premiare con incentivi economici i datori di lavoro così detti “virtuosi”, cioè quelli che non hanno proceduto a riduzioni di personale nel 2009. Quindi non solo fronteggiare l’emergenza con aiuti di stato a fondo perduto, ma concedere meriti a chi rie-
sce a fare a meno degli aiuti di Stato». In particolare parlando della Toscana, nei rapporti tra imprese, stato e sindacati, quali problemi stanno emergendo? «Anche in Toscana esiste forte la triangolazione fra le associazioni rappresentanti le imprese, i sindacati e la Regione. Questa è la politica della concertazione e si basa su un sistema di macro politica che deve permettere di individuare linee comuni che sappiano traghettarci alla ripresa economica. In un contesto come quello toscano, basato sulla piccola e sulla piccolissima impresa, con un numero medio di addetti tra i due e i quattro lavoratori, né le associazioni di categoria né i sindacati sono sempre in grado di avere capacità di penetrazione. Per questo motivo ritengo essenziale un rapporto sinergico con i Consulenti del Lavoro i quali andrebbero maggiormente coinvolti nella fase delle scelte poiché la nostra categoria è “proprietaria” delle conoscenze e dei fabbisogni delle aziende e dei dipendenti amministrati». Ritiene che in Italia vi sia, culturalmente e istituzionalmente, una sufficiente conside- ›› TOSCANA 2010 • DOSSIER • 113
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MERCATO DEL LAVORO
›› razione nei confronti della sua categoria? «Le professioni ordinistiche in Italia rappresentano una componente pari al 12,50% del Pil. Questo mi porta a ritenere che ci sia una scarsa considerazione del mondo delle professioni. In questo contesto i consulenti del lavoro godono, oggi come non mai, del sostegno e dell’apprezzamento della politica in modo trasversale, sia per rendere il mercato del lavoro più trasparente ed efficiente, per accompagnare le imprese e i lavoratori nel grande cambiamento che saranno necessariamente costretti a realizzare, ma anche sapendo garantire una sapiente gestione del contenzioso del lavoro contribuendo ad un suo effetto deflativo». Per il rilancio delle aziende uno dei fattori fondamentale è certamente quello delle risorse umane. La crisi ha comportato una valorizzazione di queste ultime? «La valorizzazione delle risorse umane ritengo sia il fattore fondamentale per il rilancio delle imprese, ma per poter far questo è indispensabile che il servizio pubblico, supportato parallelamente dai soggetti privati, riesca a svolgere il ruolo di cerniera nell’erogazione delle politiche occupazionali attive - riqualificazione e inserimento professionale - e passive - i vari sussidi di
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L’attuazione delle politiche attive può essere in grado di garantire una migliore efficienza spingendo i disoccupati a cercare lavoro attraverso il coinvolgimento in attività formative e la spinta alla ricerca di una nuova occupazione
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disoccupazione -. Se l’esperienza degli ammortizzatori sociali, quale espressione delle politiche passive, ha aiutato i lavoratori, le imprese e il Paese a mantenere coesione sociale ha però comportato almeno due risvolti negativi: l’innalzamento del salario di riserva e inoltre il disincentivo alla ricerca del lavoro con la conseguenza di rendere meno probabile in taluni contesti il reinserimento lavorativo in tempi rapidi. L’attuazione delle politiche attive può garantire una migliore efficienza spingendo i disoccupati a cercare lavoro attraverso il coinvolgimento nelle attività formative e verso la ricerca di una nuova occupazione anche se diversa, magari sotto la “minaccia” della perdita del sussidio». Su cosa occorre fare leva per sostenere e rilanciare l’attenzione verso le risorse umane? «Occorre garantire una formazione vera in grado di saper ricollocare i lavoratori disoccupati, proponendo tirocini formativi finalizzati all’acquisizione di professionalità con possibilità concrete di una successiva assunzione stabile nelle aziende ospitanti. Ritengo sia utile far incrociare le offerte occupazionali delle aziende con la disponibilità dei lavoratori, basta pensare che il mondo dell’artigianato denuncia di non avere il 25% delle professionalità che servirebbero. Dunque, chiudiamo con il passato e facciamo formazione vera. Il sistema Italia ne guadagnerà».
L’esterno della nuova sede dello studio Signorini a Firenze
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CONTENZIOSO TRIBUTARIO
Punti critici tra fisco Q e contribuenti Studi di settore e redditometro sono oggetto di discussione tra Amministrazione finanziaria e contribuenti. Esistono però importanti strumenti per risolvere o prevenire il contenzioso tributario. Ne parla il tributarista Romano Marrucci Andrea Moscariello
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uella italiana è una legislazione fiscale tra le più complesse presenti in Europa. Spesso sottoposta a modifiche normative, non sempre coerenti tra loro, oggetto di innumerevoli contenziosi e, secondo molti professionisti, distante dagli obiettivi per cui è nata. Di questo parere è il tributarista Romano Marrucci, che da Lucca analizza l’emergere di alcune preoccupanti criticità. «La questione è oggi ancora più evidente se si considera che dobbiamo confrontarci sempre di più, per effetto della globalizzazione, con gli altri Paesi comunitari ed extracomunitari – spiega il ragioniere -, Paesi nei quali i sistemi fiscali in generale sono sicuramente più semplici e in cui, soprattutto, la pressione fiscale è generalmente più bassa rispetto a quella italiana». Dunque è così forte la distanza tra noi e l’Europa? «Non del tutto. Va detto che la legislazione relativa all’imposta sul valore aggiunto ha origine quasi del tutto dalle direttive europee, recepite poi dai singoli stati comunitari. Proprio dal 1 gennaio 2010 sono entrate in vigore contemporaneamente in tutti gli stati le disposizioni che definiscono i nuovi criteri di “territorialità” per le prestazioni di servizi comunitari ed extracomunitari. Anche la durata dei processi tributari è un altro punto critico: occorrono anni per giungere a una sentenza definitiva nei tre gradi di giudizio previsti dalla legge». In Italia vi è un alto numero di contenziosi tributari. Quali le ragioni? «Il contenzioso è una diretta conseguenza degli accertamenti eseguiti dagli uffici dell’Agenzia delle Entrate. In questi ultimi anni l’Amministrazione finanziaria ha concentrato i propri obiettivi utilizzando gli accertamenti basati sugli “studi di settore” e sugli accertamenti “sintetici”, più conosciuti come “reddi-
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Criticità
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Il legislatore ha introdotto delle disposizioni che hanno come obiettivo dichiarato quello di giungere a un “accordo” in tempi brevi con il contribuente
Nella pagina a fianco, lo staff dello studio tributario Marrucci Romano di Lucca. Da sinistra, il ragionier Lavinia Intaschi, il dottor Federico Marrucci, l’avvocato Giacomo Pierotti, il dottor Giuseppe Giglio e il ragionier Romano Marrucci rmarruc@tin.it studio.marrucci@libero.it
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tometri”. Senza dimenticare, naturalmente, gli accertamenti conseguenti a processi verbali di constatazione elevati dalla Guardia di Finanza e dalla Agenzia delle Entrate, a seguito di accessi presso i contribuenti. Si nota in quest’ultimo periodo un significativo aumento di accertamenti basati sui movimenti finanziari, mi riferisco in particolare al controllo in entrata e in uscita dei conti correnti bancari dei contribuenti o a loro riconducibili. Quindi aumentano (togliere) i ricorsi alle Commissioni Tributarie scaturiscono, in genere, da queste tipologie di accertamenti». Quali strumenti hanno a disposizione i contribuenti per attuare e risolvere eventuali controversie con l’Amministrazione finanziaria? «Da diversi anni il legislatore ha introdotto delle disposizioni che hanno come obiettivo dichiarato quello di giungere a un “accordo” in tempi brevi con il contribuente, così da evitare
il più possibile il ricorso alle Commissioni Tributarie e introitare somme certe. Questo istituto, che va sotto il nome di “accertamento con adesione”, consente al contribuente di ottenere una notevole riduzione delle sanzioni originarie, fino a un ottavo delle sanzioni stesse, oltre a pagamenti rateizzati, così da invogliare il contribuente a definire amichevolmente l’accertamento evitando il ricorso alle Commissioni Tributarie. Queste rappresentano dunque l’ultima carta da giocare quando non si è trovato un accettabile accordo con l’Amministrazione finanziaria». In molti sostengono che il fisco agisca talvolta con un atteggiamento pregiudizievole nei confronti delle aziende. Lei, a tal proposito, cosa osserva? «È noto che i rapporti tra l’Amministrazione finanziaria e i contribuenti non sono mai stati facili. È un retaggio storico che ci portiamo dietro. Negli ultimi tempi, però, si assiste a un serio tentativo dell’ Amministrazione Finanziaria da una parte e delle associazioni di categoria dall’altra, di creare un nuovo tipo di rapporto basato su una maggiore reciproca fiducia. È un processo lento ma che non può arrestarsi». Quali evoluzioni sta vivendo il suo ruolo professionale, anche in seguito alla crisi economica? «Questa fase ha ovviamente interessato anche le attività professionali che operano nel settore fiscale. La crisi delle aziende si ripercuote inevitabilmente sugli studi professionali, quali fornitori di servizi. La ricetta per uscirne non è naturalmente semplice. Come studio sicuramente dobbiamo puntare su una sempre maggiore specializzazione e professionalità, perché questo è quello che i clienti chiedono. Va in questa direzione il fatto che nel nostro studio è stato inserito organicamente di recente anche il team legale dello studio Etruria, per affrontare meglio le nuove sfide ». TOSCANA 2010 • DOSSIER • 119
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RUOLI STRATEGICI
Tributaristi sempre più centrali Un ruolo che rivela, con lo sviluppo del Paese, la sua crescente strategicità. Anche grazie al sempre più marcato impegno formativo sostenuto dall’Istituto Nazionale Tributaristi. Marco Masoni illustra l’evoluzione della categoria dei tributaristi Aldo Mosca
ambia il mercato e, con esso, cambiano le figure professionali maggiormente connesse all’apparato economico e produttivo. E, in un Paese come l’Italia in cui la gestione fiscale e i rapporti con l’Amministrazione finanziaria sono tutt’altro che semplici, anche i tributaristi stanno conoscendo una vera e propria fase di rinascimento. Una sempre maggiore riconoscibilità da parte delle imprese e, più in generale, nella cultura manageriale italiana. Marco Masoni, affermato tributarista di Firenze noto perché affianca importanti società del ramo delle comunicazioni radiotelevisive, oltre che della moda, osserva come «Questo ruolo, oggi, si pone come una figura in concorrenza, sul mercato, agli altri ordini professionali». Dunque un professionista sempre più centrale? «Esatto. In particolar modo, coloro che sono iscritti all’Istituto Nazionale Tributaristi (I.N.T.) hanno l’obbligo di mantenere un’altissima preparazione professionale». Sono cambiati gli standard formativi imposti? «È obbligatorio, al pari degli iscritti agli ordini, partecipare a convegni e seminari, prendere parte a incontri su materie specifiche, aggiornarsi quotidianamente su quotidiani e riviste di settore. A tal proposito è lodevole l’impegno informativo profuso dall’I.N.T. attraverso l’organizzazione diretta di convegni e l’invio quotidiano di newsletter contenti le ultime novità fiscali. A tale proposito il 18 marzo si terrà un convegno a Montecatini Terme (PT), aperto a tutti, sulle novità fiscali 2010».
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Quale funzione rivestono i tributaristi iscritti all’Istituto? «Svolgono tutti la funzione di intermediario fiscale abilitato ai sensi della vigente normativa. Inoltre hanno l’obbligo statutario e deontologico della sottoscrizione di polizza assicurativa e responsabilità civile verso terzi. I Tributaristi che esercitano la professione devono iscriversi obbligatoriamente alla gestione separata Inps». Tra le altre cose, lei è coordinatore interregionale per Toscana ed Emilia Romagna proprio presso l’I.N.T. Quali vantaggi ottengono gli iscritti? «Oltre a quanto già detto, i tributaristi I.N.T. possono usufruire di corsie preferenziali nei rapporti con enti e Amministrazione finanziaria, come ad esempio l’Agenzia delle Entrate. Tra gli ultimi accordi possiamo citare il protocollo d’intesa fra la Direzione Regionale della Toscana e l’Istituto Nazionale Tributaristi, oltre che agli ordini professionali, per l’utilizzo del canale telematico CIVIS. I Tributaristi I.N.T. sono presenti su tutto il territorio nazionale e sono sempre a disposizione per dare informazioni. I professionisti interessati possono rivolgersi all’Istituto contattando la segreteria della Presidenza o contattando i delegati della propria zona».
Marco Masoni, tributarista, esercita a Firenze. È coordinatore interregionale per Toscana ed Emilia Romagna per l’Istituto Nazionale Tributaristi studiomasoni@virgilio.it www.tributaristi-int.it
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VERIFICA SUGLI IMMOBILI
Una “presunzione semplice” per i valori immobilari Cambiano i presupposti di verifica sugli immobili da parte dell’Amministrazione finanziaria. Ma un orientamento interpretativo di questa norma di origine comunitaria non tutela fino in fondo i contribuenti. Come spiegano Andrea Maria Vinattieri e Antonio Meoni Paolo Lucchi
ecependo una recente legge comunitaria, la numero 88 del 7 Luglio 2009, il nostro ordinamento ha modificato sostanzialmente le norme introdotte dal decreto Bersani-Visco, cioè la cosiddetta “presunzione legale”, a favore del fisco a fronte degli accertamenti immobiliari, con la conseguente determinazione del “valore normale”. Ma cosa significa tutto questo per i contribuenti? «In forza di questa presunzione l’Amministrazione finanziaria aveva il potere di accertare un maggior valore tra il corrispettivo dichiarato e il valore normale dell’immobile ceduto, trasferendo sul contribuente l’onere della prova» spiega il ragioniere Andrea Maria Vinattieri, esperto in queste tematiche. E, assieme al suo collega, il dottor Antonio Meoni, osserva come le novità apportate dal recepimento della legge comunitaria abbiano privato l’Amministrazione finanziaria di un potere di accertamento quasi incontrovertibile. «Gli accertamenti dovranno essere basati non più su una “presunzione legale” ma su una “presunzione semplice” – interviene Meoni -. Ciò ha fatto sì che anche il giudice si sia trovato costretto a decidere prudenzialmente sulla fondatezza di presunzioni “gravi, precise e concordanti”». Il fisco può così effettuare l’accertamento sul maggior valore della cessione basandosi solo su presunzioni semplici. E ci si domanda, ovviamente, se il valore di mer-
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cato dell’immobile, rispetto al corrispettivo dichiarato in atto, possa di per sé costituire una presunzione grave, precisa e concordante. «L’aver privato l’Af di questo strumento non ha, di riflesso, posto al sicuro il contribuente in quanto, anche se non condivisibile, ultimamente la giurisprudenza della Suprema Corte ha fornito un orientamento interpretativo, legittimando l’accertamento fondato sul principio del “comportamento antieconomico”» spiega Vinattieri. Quanto dichiarato in atto può essere ravvisato non in linea con criteri oggettivi di economicità. In buona sostanza il contribuente non può vendere a un prezzo inferiore da quello fissato dalla media del mercato immobiliare a prescindere dalla situazione economico-finanziaria del soggetto» prosegue l’esperto. E per Meoni, che pro-
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Normativa
Nella pagina a sinistra, i professionisti dello studio Commerciale Legale Rag. Vinattieri e Dott. Meoni di Prato. Da sinistra, gli avvocati Antonella Fazio e Iacopo Scaffai, il ragionier Andrea Maria Vinattieri, il dottor Antonio Meoni e l’avvocato Cristina Meoni. Lo studio è nato nel 2008 a seguito delle singole esperienze professionali maturate nel corso degli anni antonio.meoni@studiomeoni.com - vinattieri.andrea@studiomeoni.com
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Se si impugna l’avviso di accertamento basato sul valore normale, il fatto potrebbe essere contestato in Commissione Tributaria. Il Giudice non può applicare una normativa nazionale incompatibile sotto il profilo comunitario
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prio con Vinattieri gestisce uno studio che si interfaccia quotidianamente con queste tipologie di problematiche, «questa tesi non è condivisibile poiché in primo luogo, precedentemente all’entrata in vigore del d.l. 203/2006, la giurisprudenza si era espressa con parere negativo affermando che la differenza tra il valore in base alle stime UTE e il valore espresso in atto non era “un elemento sufficiente a giustificare le rettifiche”. E, in secondo luogo, perché non attinenti all’interpretazione della norma abrogatrice recepita con l’adozione della legge comunitaria». Per i due professionisti, dunque, il “valore normale” deve essere considerato un elemento secondario e non di per sé in grado di avvalorare una presunzione che qualifica un occultamento, da parte del contribuente, di imponibile. «Le novità normative,
indebolendo in modo inequivocabile la valenza dell’applicazione sulla base delle tariffe dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare – Omi -, ha contribuito all’emanazione, da parte del direttore dell’Agenzia delle Entrate, di un provvedimento datato 27 luglio 2007 volto a una corretta e uniforme interpretazione del “valore normale”, stabilendo nuovi criteri ai fini della determinazione del “corretto valore”» specifica Vinattieri. I criteri indicati, fondamentalmente, si rifanno all’ammontare del mutuo erogato agli acquirenti, ai prezzi effettivamente praticati nelle compravendite, ai valori che emergono dalle categorie di settore e alle risultanze finanziarie da indagini effettuate dall’Ente accertatore. E parlando dell’entrata in vigore della norma abrogatrice, un articolo della legge comunitaria dispone che l’effetto abrogativo decorra dal 29/07/2009 per gli accertamenti in materia di imposte sui redditi e dal 15/07/2009 per gli accertamenti in materia di Iva. «Il problema nasce se l’applicabilità di tali modifiche potrà essere effettiva anche a contratti di cessione di immobili con data antecedente all’abrogazione. La cosa è contrastante in quanto alla norma abrogatrice dovrebbe essere applicato il principio “tempus regit actum” (l’atto definisce il tempo) e cioè l’irretroattività della legge - Conclude Vinattieri -. L’entrata in vigore della norma abrogatrice non può annullare l’atto impositivo in quanto tutti gli elementi si sono verificati prima della sua entrata in vigore. Il tutto tenendo però in giusta considerazione il fatto che, se il contribuente ha impugnato l’avviso di accertamento basato sul valore normale, il fatto potrebbe essere contestato davanti alla Commissione Tributaria, poiché è noto come il Giudice possa non applicare una normativa nazionale incompatibile sotto il profilo comunitario». TOSCANA 2010 • DOSSIER • 123
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NUOVE TECNOLOGIE
Il digitale incrementa l’offerta televisiva Più di una trentina di canali. Un segnale di qualità e affidabilità superiori. Sono le caratteristiche di una tecnologia che sta rivoluzionando i consumi televisivi. E che interessa già quasi la metà del territorio nazionale. Francesco De Domenico, presidente di Rai Way, fa il punto sull’impatto della transizione dall’analogico al digitale Eugenia Campo di Costa
Nella foto, Francesco De Domenico, Presidente di Rai Way - www.raiway.it
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iù canali, una qualità di visione superiore. Quasi la metà del territorio nazionale si è già convertita al digitale terrestre. La digitalizzazione dell’intero Paese si dovrebbe completare entro il 2012, «ma sembra che si stiano accelerando i tempi, e che sia possibile finire entro il 2011». Lo afferma il professor Francesco De Domenico, presidente di Rai Way, la società che sta curando per la Rai la fase di transizione dall’analogico al digitale su tutto il territorio nazionale. La regione Toscana, insieme alla provincia di Viterbo, sposerà la nuova tecnologia a primavera 2011. In poche settimane avverrà la transizione di tutti i canali, senza più la distinzione tra switch over, cioè lo spegnimento di Raidue e Rete 4, e switch off, lo spegnimento totale del segnale, che fino a oggi ha diviso in due fasi il passaggio al digitale terrestre. «Solo Lombardia e Piemonte orientale avranno ancora la transizione in due stadi, lo switch over, che avverrà nel mese di maggio, e poi lo switch off, tra settembre e ottobre – spiega Francesco De Domenico -. Da ottobre in avanti, per le restanti regioni italiane, il passaggio al digitale terrestre coinvolgerà direttamente tutti i canali (avremo solo lo switch off cioè) e avverrà nel giro di poche settimane». Dovendo fare un bilancio dei territori coperti fino ad oggi, qual è stato finora l’impatto del passaggio dall’analogico al digitale terrestre? «Fino ad oggi il 30 % della popolazione è migrata dall’analogico al digitale. Il dato comprende tre grandi aree metropolitane: Roma, Napoli, Torino e poi Val d’Aosta, Sardegna, Trentino Alto Adige, Lazio, parte del Piemonte, Campania. Ormai la transizione è più che av-
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Digitale terrestre
viata e si può affermare con certezza che il digitale sta avendo un notevolissimo riscontro di pubblico. Rappresenta quasi una nuova giovinezza della TV. La televisione, pur rimanendo il mainstream media per eccellenza, fino all’arrivo del digitale era un mezzo un po’ troppo “tradizionale”. Il digitale ha dato un sapore diverso al mezzo televisivo, lo ha ringiovanito e ha determinato un incremento dell’ascolto». Questo grazie anche a una più ampia offerta di canali. «Sull’analogico sostanzialmente il pubblico si concentrava sugli 8 o 9 canali generalisti, con qualche incursione sulle tv locali. Se però oggi si confronta l’ascolto nelle regioni all digital con quello delle restanti regioni, è evidente che nelle zone all digital l’ascolto è meno polarizzato e le reti generaliste perdono due o tre punti percentuali. Tuttavia, per esempio nel caso della Rai, grazie ai nuovi canali digitali, l’ascolto complessivo del gruppo cresce». Che impatto ha avuto il digitale terrestre sulle pay tv? «Mediaset più che sui nuovi canali free to air in digitale, ha scommesso sinora sulla pay tv, che
45% SHARE
È l’indice di ascolto raggiunto dal gruppo Rai con il passaggio al digitale. I nuovi canali digitali compensano la perdita di ascolto subita dalle tre reti classiche
15,3 MILIONI
Di italiani hanno effettuato la transizione dalla televisione analogica a quella digitale. Le operazioni di digitalizzazione hanno riguardato 6.155 impianti di emittenti televisive nazionali e locali
ha un buon risultato ma non ha grandi numeri. Sky, con il passaggio al digitale terrestre, ha perso ascolti e abbonati. Nelle regioni all digital è evidente che l’ascolto dei canali pay Sky e Fox ha subito una flessione, perché la tv in chiaro da sola offre almeno trenta canali. Il pubblico ha normalmente una capacità massima di diversificazione che va da 15 a 20 canali preferiti, quindi quelli messi a disposizione con il digitale gli bastano. Anche le tv locali sono in difficoltà. Con il digitale sono stati loro assegnati canali aggiuntivi, ma queste emittenti non dispongono dei contenuti adatti a raddoppiare se non a triplicare i programmi». Il passaggio al digitale ha comportato molti disagi? «In un’operazione di questa entità, disservizi e disagi sono inevitabili. I problemi si sono sentiti in particolare a Roma, a causa della situazione caotica e invecchiata di molti impianti di ricezione domestici. A questo si è aggiunto il fatto che diverse case produttrici, nel costruire i televisori IDTV con il decoder incorporato, hanno risparmiato sul decoder, creando ulteriori problemi». TOSCANA 2010 • DOSSIER • 125
IUS & LEX GAETANO MASTROPIERRO L’impegno quotidiano della Guardia di Finanza contro i tentacoli della criminalità organizzata
LA VOCE DELL’ORDINE Sergio Paparo, neoeletto presidente dell’Ordine degli avvocati di Firenze, fa il punto sulla riforma forense
UMBERTO RAPETTO Non servono nuove norme per l’utilizzo del web, ma solo regole etiche certe, alla base di ogni società civile
RICICLAGGIO
L’ impegno quotidiano contro la criminalità I tentacoli delle organizzazioni criminali abbracciano sempre più le realtà territoriali industrializzate dove le attività illecite offrono grandi possibilità di guadagno. Anche in Toscana sono presenti da tempo aggregazioni mafiose italiane e straniere, contro le quali, parola di Gaetano Mastropierro, la Guardia di Finanza è costantemente impegnata Nicolò Mulas Marcello
l dinamismo economico che caratterizza il territorio toscano e la sua particolare collocazione geografica sono i fattori che più di altri hanno fatto sì che aggregazioni criminali italiane e straniere si inserissero nel tessuto sociale della Toscana. Negli ultimi cinquant’anni, infatti, la presenza di personaggi collegati a organizzazioni criminali di stampo mafioso è aumentata nell’ambito della regione Toscana, non solo per effetto delle favorevoli condizioni economiche del territorio ma anche per l’arrivo in molti paesi della regione di persone in “soggiorno obbligato”. Queste, oltre che a mantenere contatti con i luoghi d’origine, hanno intrecciato proprie relazioni con la criminalità locale. La propensione espansionistica delle organizzazioni si ravvisa con la conquista del mercato degli stupefacenti e l’affermarsi delle loro attività in altri settori illeciti, quali quello dell’usura, della ricettazione di beni di provenienza furtiva, del gioco d’azzardo e dello sfruttamento della prostituzione, accumulando enormi capitali illegali che richiedono opportunità di investimento. «Il
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florido tessuto economico e produttivo della Toscana e la sua posizione strategica – sostiene il generale Gaetano Mastropierro, a capo della Guardia di Finanza della provincia di Firenze– hanno offerto e offrono alle cosche malavitose possibilità per il riciclaggio del denaro sporco». Qual è attualmente la situazione della criminalità organizzata in Toscana e in particolare a Firenze? «Oggi l’elemento caratteristico della criminalità organizzata nella realtà toscana è da individuarsi nella contemporanea presenza di soggetti collegati a vario titolo alle cosche mafiose sicule, della ‘ndrangheta calabrese e della camorra campana,
Nella foto, Gaetano Mastropierro comandante provinciale della Gdf di Firenze
Gaetano Mastropierro
con prevalenza di queste ultime. Come peraltro sembrano dimostrare le indagini in corso, sono tutte solitamente costituite da bande di soggetti autoctoni i quali, a seguito di un lungo e complesso processo di interazione, hanno finito per riproporre alcune delle metodologie criminali e dei modelli comportamentali propri delle tradizionali organizzazioni criminali di stampo mafioso. Reati come l’usura, la ricettazione di beni di provenienza furtiva, il gioco d’azzardo e lo sfruttamento della prostituzione, costituiscono il tradizionale metodo di accumulo di enormi capitali illegali che hanno necessità di adeguate opportunità di investimento economico». Quali sono le attuali tecniche più diffuse tra la criminalità organizzata per riciclare il denaro e come si è evoluto nel tempo questo problema? «I criminali che intendono riciclare il denaro affinano continuamente i loro metodi. Accanto all’ala militare e violenta si è sviluppata, progressivamente, una generazione di uomini esperti nel riciclaggio di capitali di illecita provenienza.
È stata riscontrata la presenza, soprattutto in Versilia, di soggetti di etnia russa che hanno investito capitali sui quali si nutrono sospetti
Soggetti, insomma, culturalmente attrezzati per confrontarsi con contesti di più elevato livello. In questo senso operazioni societarie, acquisizioni immobiliari, complessi investimenti finanziari con l’impiego di insospettabili prestanomi, costituiscono le più insidiose tecniche di riciclaggio a cui si può far fronte solo con un’elevatissima formazione e professionalità degli investigatori». La lotta al riciclaggio costituisce una delle più importanti attività della Guardia di Finanza. Attraverso quali canali giungono le informazioni? «Il contrasto al riciclaggio di denaro di prove- TOSCANA 2010 • DOSSIER • 131
RICICLAGGIO
Da tempo ormai anche in Toscana, come nel resto d’Italia, imperversano organizzazioni criminali straniere. La più numerosa è certamente quella cinese
nienza illecita costituisce una delle “mission” del Corpo della Guardia di Finanza. Sono infatti numerose le operazioni portate a termine nello specifico comparto dalle Fiamme Gialle fiorentine. Essenziale e efficace in tutti questi casi è il supporto fornito dalla normativa antiriciclaggio. Attraverso tali canali spesso pervengono “segnalazioni di operazioni sospette” inerenti centinaia di migliaia che non trovano giustificazione e possono essere, pertanto, l’utile input per avviare importanti indagini». Quali operazioni avete concluso nella lotta al riciclaggio di denaro sporco? «Nel 2006 con l’operazione Leopoldo, che ha portato all’arresto di numerosi affiliati fiancheggiatori della Camorra, è stato accertato che la famiglia camorristica dei “Formicola” aveva riciclato i proventi delle proprie attività illecite in alcuni alberghi siti a Montecatini Terme. Nel 2008 l’operazione Dedalo si è conclusa, invece, con l’arresto di 17 persone resesi responsabili di vari reati. L’indagine ha permesso, tra l’altro, di riscontrare che i flussi finanziari derivanti innanzitutto dalla commissione del reato di usura, perpetrata dal sodalizio criminoso, venivano reimpiegati nell’attività economica di un importante concessionario d’auto della Versilia. Nel 2009, inoltre, è stata conclusa l’indagine, denominata Botero, che ha permesso di denunciare all’Autorità Giudiziaria 22 soggetti e di trarne in arresto 8, resisi responsabili, tra gli altri, anche del reato di riciclaggio. In particolare l’indagine ha permesso di riscontrare che il clan camorristico dei “Mazzarella” aveva “ripulito” denaro derivante da traffici illeciti in società e immobili in provincia di Prato».
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PERSONE Denunciate per riciclaggio nell'ambito dell'operazione "Botero" condotta dalla guardia di finanza di Firenze nel 2009
In che modo si inserisce l’attività della Guardia di Finanza nel controllo di infiltrazioni mafiose negli appalti pubblici? «Alla Guardia di Finanza sono attribuiti compiti di prevenzione, ricerca e repressione delle violazioni in materia di risorse e mezzi finanziari pubblici impiegati a fronte di uscite del bilancio pubblico nonché di programmi di pubblica spesa. Tenuto conto delle specifiche competenze e professionalità della Guardia di Finanza, il Corpo assume particolare rilievo atteso che le infiltrazioni della criminalità organizzata nei pubblici appalti e negli interventi economici pubblici sono sempre accompagnate da illeciti riconducibili al contesto penale tributario e societario». Come sono strutturate le unità che si occupano di questo problema? «A livello centrale la Guardia di Finanza partecipa, con un ufficiale in forza allo Scico, il gruppo di lavoro interforze costituito presso la Dia per monitorare gli appalti relativi alle opere strategiche. Invece in ambito locale fornisce il
Gaetano Mastropierro
supporto istituzionale agli Uffici territoriali del governo, ricerca e disamina delle scritture contabili e documenti societari, e all’uopo è incaricato un Ufficiale del Nucleo Polizia Tributaria o del Gico quale responsabile del Corpo in seno ai Gruppi interforze appositamente costituiti». Da una recente ricerca diffusa dalla Regione Toscana è emerso che sono diverse le organizzazioni criminali straniere che operano sul territorio in settori diversi. Da quali paesi provengono e quali traffici svolgono principalmente? «Da tempo ormai anche in Toscana, come nel resto d’Italia, imperversano organizzazioni criminali straniere. La più numerosa è certamente quella cinese, che si è ormai ben radicata nel tessuto sociale, soprattutto nella provincia di Prato, la quale, oltre ad alimentare il flusso di immigrazione clandestina e la manodopera irregolare, è proiettata nello svolgimento di tutte quelle attività sommerse relative all’industria della pelletteria e alla contraffazione dei marchi».
Oltre a quella cinese si sono insediate altre mafie straniere? «È stata riscontrata la presenza, soprattutto in Versilia, di soggetti di etnia russa che hanno investito capitali sui quali si nutrono sospetti riguardo alla loro lecita provenienza. Molto rilevante è poi la presenza di cittadini stranieri di etnia albanese e slava, la maggior parte dei quali priva dei requisiti necessari per una permanenza legale nel nostro Paese. In particolare, è stata ravvisata una sorta di “monopolizzazione”, da parte loro, di reati in materia di sostanze stupefacenti, sfruttamento della prostituzione e di reati contro la persona e contro il patrimonio. Una sempre più consolidata aggregazione di malviventi di origine nigeriana, soprattutto nelle città di Firenze e Prato è dedita, in particolare, alla commercializzazione di sostanze stupefacenti, nonché allo sfruttamento della prostituzione di connazionali. La nutrita schiera di senegalesi, è invece dedita alla vendita, in forma ambulante, di merce contraffatta». TOSCANA 2010 • DOSSIER • 133
RICICLAGGIO
Informazioni condivise sul controllo degli appalti Il presidente dell’ Autorità per la Vigilanza contratti pubblici Luigi Giampaolino, stila un bilancio dell’attività degli ultimi due anni alla luce del nuovo accordo di collaborazione con la Direzione nazionale antimafia Nicolò Mulas Marcello
l procuratore nazionale della direzione nazionale antimafia Piero Grasso e il presidente dell’Avcp Luigi Giampaolino hanno siglato nei giorni scorsi un protocollo d’intesa volto ad assicurare l’accesso e l’uso delle informazioni raccolte nei rispettivi sistemi informativi. L’accordo mira allo scambio di informazioni riguardanti gli appalti pubblici, gli operatori economici e la segnalazione di eventuali manifestazioni illecite. «L’Autorità – ha dichiarato Giampaolino – comunicherà anche alla Dna l’insorgere di presumibili infiltrazioni mafiose e turbative d’asta». Una cooperazione, quella tra Avcp e Dna, che prevede l’acquisizione on-line dei programmi emergenziali e mira a garantire trasparenza nel mercato degli appalti attraverso un continuo interscambio di dati riguardanti i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di cui sono in possesso. La Dna segnalerà il venir meno dei requisiti delle imprese qualificate e della Società Organismo di Attestazione per l’aggiornamento del Casellario Informatico dell’Avcp. «Lo strumento principale – continua Giampaolino – è quello della
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Sopra Luigi Gimpaolino, presidente dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici
80 mld EURO
L’ ammontare complessivo per gli appalti di lavori e servizi e forniture nel corso del 2008
cooperazione applicativa utilizzando il patrimonio informativo dell’Autorità che dispone di dati raccolti sui contratti (procedure di aggiudicazione, criteri di aggiudicazione, operatori economici, subappalti, varianti ecc.) e le informazioni sulle imprese in possesso della Dna non protette da segreto istruttorio». L’attività principale dell’Avcp è quella di monitoraggio dei contratti pubblici. «Nel corso del 2008 sono stati registrati appalti di lavori, servizi e forniture per un ammontare complessivo di circa 80 miliardi di euro. Nei primi 9 mesi del 2009 si sono registrati appalti per un ammontare di circa 60 miliardi di euro. L’analisi dell’andamento degli appalti nel corso del 2009 (primi 9 mesi) rispetto all’analogo periodo del 2008 ha evidenziato l’aspetto anticiclico degli appalti con riferimento alla crisi economica determinatasi nell’ultimo trimestre del 2008 e tutt’ora in corso». L’Autorità ha il compito di vigilare sul rispetto dei principi del Codice dei contratti pubblici, verificando che l’esecuzione dei contratti garantisca la qualità, la tempestività e correttezza, l’efficacia dell’azione amministrativa e
Luigi Giampaolino
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Nei primi 9 mesi del 2009 si sono registrati appalti per un ammontare di circa 60 miliardi di euro. L’efficienza degli investimenti si può migliorare semplificando il quadro normativo attualmente troppo complesso e talvolta farraginoso
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l’economicità e che sia rispettata la trasparenza, la parità di trattamento e la libera concorrenza. In caso di irregolarità l’Avcp trasmette gli atti ed i propri rilievi agli organi competenti e alle autorità giurisdizionali. Se le irregolarità comportano danno per il pubblico erario, gli atti ed i rilievi sono trasmessi alla Procura Generale della Corte dei Conti. «Per alcuni appalti della Regione Toscana (Scuola allievi marescialli dei Carabinieri – Parcheggio di Piazza Ghiberti a Firenze) – spiega Giampaolino – essendosi rilevati dagli atti irregolarità che potevano assumere rilevanza penale, gli stessi sono stati trasmessi alla Procura della Repubblica». Ma come si può aumentare l’efficienza della politica di investimenti della Pa in lavori, servizi e forniture senza rinunciare al valore della trasparenza? «Semplificando il quadro normativo attualmente troppo complesso e talvolta farraginoso. La trasparenza si può conseguire pubblicando tempestivamente tutti i dati sui contratti pubblici e sulle imprese in tempo reale in modo tale che chiunque possa controllare l’azione amministrativa». TOSCANA 2010 • DOSSIER • 135
RIFORMA FORENSE
Una riforma attesa da tempo l 2009 è stato l’anno della proposta di riforma dell’ordinamento forense. Il disegno di legge apporterebbe sostanziali modifiche all’accesso alla professione definendo linee guida ancora più dure soprattutto per i giovani laureati che intendono intraprendere la carriera legale. Nei giorni scorsi il presidente del Senato, Renato Schifani ha ricevuto il presidente del Consiglio nazionale forense Guido Alpa in ordine all’esame del progetto di legge. La calendarizzazione in aula al Senato avverrà subito dopo le elezioni regionali, ma intanto tra gli ordini degli avvocati serpeggiano malumori che sono sfociati anche in proteste e giornate di astensione delle udienze. «L’Ordine degli avvocati di Firenze, - fa sapere il neo-eletto presidente, Sergio Paparo - è stato costantemente informato dal Consiglio sul percorso legislativo e sui contenuti del disegno di legge; è stato anche distribuito mesi fa un questionario largamente compilato dai colleghi che hanno dato indicazioni utilissime e giudizi anche molto severi su molte parti dell’ipotesi di riforma». Siamo vicini a una vera riforma forense? «A novembre dell’anno scorso la commissione Giustizia del Senato ha licenziato un testo di riforma che ancora non è stato calendarizzato per la discussione in aula. Per protestare contro il mancato rispetto degli impegni che a riguardo erano stati presi sia dal ministro
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Sergio Paparo, avvocato del Foro di Firenze, è stato appena eletto presidente dell’Ordine fiorentino per il biennio 2010-2011
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Il progetto di legge dell’ordinamento forense sarà discusso in Senato dopo le elezioni regionali. La riforma propone alcune novità sull’accesso alla professione forense non senza polemiche. Il presidente dell’Ordine degli avvocati di Firenze Sergio Paparo, espone le migliorie che dovrebbero essere inserite nella legge Nicolò Mulas Marcello
della Giustizia che da quasi tutti i rappresentanti dei gruppi parlamentari, l’Organismo unitario dell’avvocatura italiana e tutte le più rappresentative associazioni forensi hanno proclamato una giornata di astensione dalle udienze per il 10 marzo. Sebbene il testo varato dalla Commissione sia da emendare, anche radicalmente, in molte parti, è però grave che ministro e parlamento non avvertano l’esigenza di dare al Paese la riforma dell’ordinamento che disciplina la professione di avvocato». Quale è stata la reazione degli avvocati dell’Ordine di Firenze al testo della riforma? «Il Consiglio dell’Ordine fiorentino è stato, e continua a essere, molto attivo e attento sul punto essendo molti, e assai importanti, gli snodi che o non sono stati affatto affrontati o lo sono stati con interventi del tutto inadeguati. Per sintetizzare, la nostra posizione è che si debba andare a una riforma che sia davvero tale e non una mera riorganizzazione
Sergio Paparo
dell’esistente, guardando ai nostri figli ed ai nostri nipoti che nei prossimi cento anni vorranno provare a fare gli avvocati e, soprattutto, costruendo un sistema che riassegni all’avvocatura, nel nostro Paese, il ruolo che la Costituzione le assegna di garante dell’attuazione dei diritti fondamentali di uguaglianza, azione e difesa previsti dagli articoli 3 e 24 della nostra Carta fondamentale». I giovani che si apprestano a intrapren-
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AVVOCATI il numero degli avvocati del foro di Firenze e provincia
dere questa professione quali difficoltà incontreranno? «Le nuove disposizioni che si vorrebbero introdurre, costruiscono un vero e proprio “percorso a ostacoli” a danno dei giovani laureati, senza però che alla rigidità delle regole faccia seguito una effettiva selezione qualitativa. Il rischio concreto è che finiremo per avere un numero di nuovi avvocati forse inferiore all’attuale, selezionati prevalentemente per censo e con tutti i limiti culturali e formativi attuali. Una riforma coerente dovrebbe introdurre il numero programmato all’accesso alle facoltà di Giurisprudenza e definire forme organiche di raccordo fra le facoltà e gli Ordini degli avvocati per la costruzione di un piano di studi che, almeno nei due anni finali del corso di laurea, preveda insegnamenti “professionalizzanti”». Ritiene giusto che sia stato respinto l’emendamento Casson per un compenso di base ai giovani praticanti? «Già esiste, e da tempo, nel codice deontologico forense l’obbligo di remunerare il praticante avvocato. L’emendamento Casson è equivoco e pericoloso laddove finisce per ipotizzare un rapporto di quasi dipendenza del praticante avvocato che è sostanzialmente in- TOSCANA 2010 • DOSSIER • 137
RIFORMA FORENSE
Una riforma coerente dovrebbe introdurre il numero programmato all’accesso alle facoltà di Giurisprudenza e definire forme organiche di raccordo fra le facoltà e gli Ordini degli avvocati
compatibile con la funzione della pratica forense. La questione è comunque molto importante e dovrebbe essere risolta con un intervento normativo complessivo che riguardi tutti i tirocini professionali, e non solo quello forense, ripensando il sistema fiscale e gli studi di settore; in sostanza vanno incentivati i professionisti che accolgono praticanti nei loro studi e vanno pensate forme di tutela fiscale e previdenziale a favore dei giovani nonché crediti d’onore, come la Regione Toscana ha iniziato a fare con la legge 73/2009 che ha istituito un fondo di rotazione in favore dei giovani professionisti e delle donne». Quella sul “processo breve” è una questione altamente dibattuta. Come si rapporta l’Ordine degli avvocati in merito a questo tema? «Ovviamente la durata celere e ragionevole dei processi è un’esigenza sociale e un obiettivo da perseguire con tutti i mezzi. Siamo contrari a
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interventi di carattere esclusivamente processuale che allo stato non sono compatibili con l’organizzazione complessiva del nostro sistema giudiziario (numero insufficiente di magistrati e di personale ausiliario e risorse del tutto inadeguate)». Tariffe minime e massime. La loro reintroduzione è stata definita un passo indietro rispetto alla liberalizzazione Bersani. È effettivamente così? «Nel disegno di legge varato dal Senato parrebbe esserci la reintroduzione del sistema tariffario obbligatorio, anche se con caratteristiche diverse da quelle vigenti prima degli interventi “liberalizzatori” della riforma Bersani. Non v’è dubbio che le tariffe vanno ripensate, adeguandole ai nuovi sistemi processuali, semplificandole e rendendole più “trasparenti” per evitare abusi, incongruenze e asimmetrie informative a danno dei cittadini; ma altrettanto indubbio è che in giudizio il magistrato deve avere una tariffa di riferimento uguale per tutti e non condizionata da accordi, più o meno iniqui, che le parti abbiano stipulato con i loro avvocati e che nel sistema stragiudiziale deve essere assicurato un minimo compenso che sia dignitoso e non offensivo per il professionista».
MEDIAZIONE
La mediazione rimedia all’offesa Con la riforma della giustizia sono state accresciute le competenze dei giudici di pace, che devono riorganizzare il proprio lavoro per continuare a svolgere correttamente il ruolo di mediatori. Ne parla Alfredo Iorio, giudice di pace di Firenze Simona Cantelmi
Sopra, Alfredo Iorio, giudice di pace coordinatore di Firenze. Nella pagina accanto, lo svolgimento di un’udienza davanti al tribunale amministativo
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on la legge 69 del 18 giugno 2009, sono state introdotte modifiche significative del sistema giustizia. In modo particolare sono aumentate le competenze dei giudici di pace, ad esempio nelle cause relative a beni mobili da 2.500 a 5.000 euro e nelle cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e natanti da 15.000 a 20.000 euro. Il giudice di pace deve proseguire, poi, nella sua funzione di paciere, cercando un accordo fra le parti, senza l’instaurarsi di una causa. L’ampliamento dei compiti previsto dalla riforma può mettere in difficoltà l’organizzazione degli uffici dei giudici di pace, soprattutto a causa della scarsità di personale. Ed è proprio questo il caso di Firenze, secondo il giudice di pace coordinatore Alfredo Iorio. Come è cambiato il vostro ruolo con l’introduzione della legge 69? «A Firenze abbiamo una situazione particolare, poiché il grosso del carico del contenzioso deriva dalle opposizioni alle sanzioni amministrative, che non sono state toccate dalla legge 69 bensì dalla nuova finanziaria del 2010, che le ha assoggettate al pagamento del contributo unificato. C’è stato sicuramente un incremento di lavoro nel 2009, che ha portato a circa trentamila cause civili, però di queste una parte considerevole (circa il 40%) erano appunto opposizioni alle sanzioni amministrative». L’allargamento delle competenze del giudice di pace è stato stabilito anche per razionalizzare i costi della giustizia e snellire il sistema? «Concordo sul fatto che il sistema vada snellito, ma ci sono problemi relativi alla mancanza di personale. Qui a Firenze, ad esempio, l’organico
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Alfredo Iorio
è sottodimensionato e le difficoltà derivano proprio dalla carenza del personale di cancelleria. Infatti, sulla carta il numero di addetti è di circa 30, ma in realtà sono solo 7, perlopiù a causa dei pensionamenti. Ciò comporta tutta una serie di ritardi nella gestione». Qual è invece la situazione dell’organico dei giudici? «Inizialmente sono stati previsti 64 giudici per l’ufficio di Firenze, al momento però siamo 28; Ogni quattro anni, inoltre, vengono rinnovate le nomine attraverso un procedimento complesso che quasi mai riesce a concludersi per tempo. A causa di questi ritardi, quest’anno le unità a disposizione diventeranno 20 per poi tornare in futuro nuovamente a 28». Come viene gestita la mole di lavoro? «A Firenze ci sono tre sezioni civili e una penale. Tramite un sistema informatizzato le cause vengono distribuite in maniera uguale a tutti i giudici e l’assegnazione avviene secondo la macrodivisione tra civile e penale. Il criterio di assegnazione delle cause è automatico, non c’è nessuna ingerenza da parte del coordinatore o di chiunque altro se non nel caso di ricusazione nei confronti del giudice». La Federazione dei magistrati onorari di
tribunale ritiene che la riforma della giustizia renda il sistema meno efficiente e i giudici di pace hanno annunciato forme di protesta. Qual è la sua posizione a riguardo? «Pur non essendo iscritto a nessuna associazione, credo che occorra rimarcare la profonda differenza tra il giudice di pace e il giudice onorario di tribunale, in quanto il giudice di pace, che deriva dal conciliatore, è sempre stato titolare di un autonomo ruolo di udienza, mentre il giudice onorario di tribunale è un supplente del giudice ordinario. Ritengo che questa legge possa generare difficoltà alla nostra autonomia di giudici di pace, perché prevede l’equiparazione dei giudici onorari ai giudici di pace e ci fa divenire supplenti tout court dei giudici di tribunale. Non concordo, poi, con le posizioni sostenute dall’Organismo unitario dell’avvocatura». Qual è la funzione dell’ufficio di mediazione penale istituito presso il giudice di pace a Firenze? «L’ufficio di mediazione, che ha competenze giuridiche di base, ma soprattutto possiede competenze psicologiche, è in grado di far ottenere il giusto risarcimento da chi ne fa richiesta. La mediazione è una modalità stragiu- ❯❯ TOSCANA 2010 • DOSSIER • 141
MEDIAZIONE IL PARERE DELL’OUA SULLA MEDIAZIONE L’Organismo unitario dell’avvocatura italiana si oppone all’approvazione del decreto legislativo sulla mediazione, ritenendo che non ridurrà il contenzioso giudiziario
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biettivo della modifica è la deflazione dei processi e la diffusione della cultura del ricorso a soluzioni alternative. Per il ministro della Giustizia Alfano «la mediazione ha lo scopo di facilitare l’accordo tra le parti tra le quali è insorta una controversia, per evitare che le parti vadano davanti al giudice. Lo scopo di fondo è quello di non mandare tutto e sempre in tribunale». L’Oua, però, non ha accolto favorevolmente l’approvazione del decreto sulla mediazione, esprimendo la propria contrarietà rispetto ad alcuni punti del provvedimento e all’obbligatorietà del ten-
tativo di conciliazione, cioè della composizione della controversia a seguito dello svolgimento della mediazione. Secondo l’Organismo questo strumento, come mezzo per ridurre il carico giudiziario, è un’illusione poiché si potrebbe cadere nel rischio di perdere tempo. L’obbligatorietà del tentativo di conciliazione, cioè, potrebbe sfociare in un posticipare l’inizio dell’azione giudiziaria senza ottenere alcun risultato pratico. Diventerebbe solo un adempimento formale, che ingolferebbe gli uffici e ritarderebbe lo svolgimento delle azioni giudiziarie. Il tentativo di conci-
❯❯ diziale di gestione dei conflitti finalizzata al raggiungimento di un accordo o di una soluzione soddisfacente e condivisa dalle parti». Quindi lavora più dal punto di vista psicologico? «Proprio così. È un organismo fondamentale, quando c’è ovviamente la volontà e possibilità di un concreto riscontro per un’attività di mediazione. Ritengo che sia vero che il giudice di pace si occupi dei reati più semplici, in primis le ingiurie, però da un’ingiuria potrebbe poi sorgere qualcosa di più grave. Se questo strumento, quindi, permette di fermare l’escalation dell’ingiuria ben venga». Quanto influisce in udienza quest’attività di mediazione? «Da metà gennaio di quest’anno, per mancanza di fondi, l’ufficio di mediazione non è più presente in udienza, però continua a operare. Per tutto il 2009 abbiamo avuto la sua presenza in udienza, quindi si valutava caso per caso l’effettiva possibilità di successo di una mediazione. Maggiore era il loro inserimento in udienza maggiore era la percentuale di successo, che si aggirava intorno al 70-80%. Si tratta di un lavoro di concertazione fra le due attività, in cui ognuno mette in campo le proprie competenze». 142 • DOSSIER • TOSCANA 2010
liazione, sempre secondo l’Oua, può avere successo solo se sostenuto da una reale volontà conciliativa di tutte le parti coinvolte e non se svolto solo perché va fatto. Della stessa opinione è il Csm, secondo cui l’aver reso obbligatorio il ricorso alla mediazione non sembra la soluzione migliore per assicurare la diffusione della cultura per la risoluzione alternativa delle controversie. Anche la commissione Giustizia del Senato ha bocciato lo schema legislativo sull’obbligatorietà del previo procedimento di mediazione in numerose materie.
In questo momento quali sono le cause che affronta di più rispetto ad altre? «C’è stato un incremento delle ingiurie, forse anche perché c’è la speranza di ottenere un qualche risarcimento economico con una certa facilità. Si cerca di stimolare l’onore della persona a risarcire in qualche misura il danno fatto anche attraverso una stretta di mano. Poi ci sono tante richieste relative alla sospensione e all’annullamento di sanzioni amministrative».
Sopra, la nuova sede del Tribunale di Firenze
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PROCESSO CIVILE
Verso un concreto snellimento del sistema Se alcune delle riforme imposte al processo civile negli ultimi venti anni hanno effettivamente comportato benefici al sistema e ai cittadini, altre sono state fonte di complicazioni e rallentamenti. L’avvocato Marcello Lastrucci fa un quadro dei cambiamenti attuati fino ad oggi e delle modifiche ancora necessarie Eugenia Campo di Costa
introduzione del Giudice di Pace, l’abolizione del Pretore, l’inserimento del Giudice monocratico, la conciliazione. Sono solo alcune delle riforme che hanno coinvolto il processo civile negli ultimi venti anni. Trasformazioni tese a migliorare il sistema ma che non sempre hanno conseguito gli obiettivi prefissati. «Indubbiamente il Legislatore ha profuso non pochi sforzi per modificare quello che era il testo del Codice di procedura civile vigente fino alla fine degli anni 80 – afferma l’avvocato Marcello Lastrucci, patrocinante in Cassazione - tuttavia solo alcuni di questi interventi hanno portato effettivamente dei benefici all’utente della giustizia. Molti altri hanno invece reso solo più difficoltosa la vita professionale dell’avvocato, senza alcun concreto vantaggio per i cittadini». Basti pensare, ad esempio, all’obbligo di osservare termini sempre più rigorosi per la consegna all’avvocato di documenti o indicazioni, che un tempo potevano essere depositati in un lasso temporale molto più ampio. Tra le riforme del processo civile negli ultimi venti anni, quali hanno avuto secondo lei gli
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L’avvocato Marcello Lastrucci nel suo studio di Prato www.studiolastrucci.it
effetti più positivi sul sistema e sugli utenti della giustizia? «Già la legge 353 del 1990 ha avuto una certa influenza sul sistema e sui cittadini. Questa riforma inserisce per la prima volta la figura del Giudice di Pace con lo scopo di ridurre il lavoro dei Tribunali. Il Giudice di Pace in parte ha assolto il compito che gli era stato riservato dal Legislatore; tuttavia, trattandosi di un giudice onorario e non togato, stante la nuova creazione di tale Ufficio, ha cominciato a funzionare abbastanza bene solo negli ultimi anni, una volta acquisita una maggiore esperienza. Questa piccola riforma ha contribuito ad alleggerire il lavoro dei Tribunali, o meglio delle vecchie Preture». Un organo, la Pretura, a sua volta venuto
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Riforme
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Non si è ancora verificato l’effetto della riforma del 2009. Credo potrà essere positivo laddove effettivamente trovino attuazione gli organi di conciliazione
meno con una successiva riforma. «Nel 1999 la figura del Pretore è stata abolita, decisione che, a mio avviso, non sempre ha comportato ottimi risultati. Le Preture funzionavano molto bene e la loro unificazione con i Tribunali ha favorito un sommarsi di competenze che in alcuni casi ha gravato sullo svolgimento del lavoro. D’altro canto il decreto legislativo 51 del 1998 ha portato l’introduzione del Giudice unico, che ha fatto sì che una gran parte di cause non dovessero essere più decise da un collegio composto da tre membri, bensì direttamente da un Giudice monocratico, con un miglioramento nello smaltimento del lavoro». Da allora si sono susseguiti altri cambiamenti, fino ad arrivare alla riforma del 2009.
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È una delle ultime modifiche apportate in materia di processo civile. Tra le altre direttive, introduce l’applicazione telematica. Un passo in avanti per lo snellimento del sistema
«Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito a molte riforme, alcune inutili, come ad es. il rito societario, poi abrogato nel 2009. Anzi, credo che oggi si stiano pagando le conseguenze, in termini di ingolfamento delle Corti di Appello, con fissazione di prime udienze a due o tre anni per impugnazioni che si sarebbero potute evitare, se ci fossero stati meno errori nelle sentenze. E questi errori spesso sono stati causati proprio dal continuo moltiplicarsi delle norme e dal susseguirsi di costanti modifiche. Naturalmente non si è ancora verificato l’effetto della riforma del 2009. Credo potrà essere positivo laddove effettivamente trovino attuazione gli organi di conciliazione, affinché molte liti possano non arrivare alla sede giudiziale, ma definirsi prima. Se davanti al Giudice giungeranno sempre meno procedimenti, il sistema giustizia ne sarà realmente beneficiato». Quali altre modifiche crede dovrebbero essere attuate? «L’eccessiva limitazione dell’accesso alla giustizia è penalizzante per chi non ha i mezzi o le strutture adatte a stare entro i termini perentori imposti dalla legge. Per esempio, nell’attuale ordinamento, dopo la prima udienza, il giudice assegna ove richiesto dalle parti i termini molto brevi di 30 giorni, più 30 giorni, più ulteriori 20 giorni per precisare le domande, depositare le istanze istruttorie e per integrare le stesse. Limiti temporali davvero severi se si pensa che spesso l’udienza viene poi rinviata di uno o due anni. Solo pochi giudici si stanno attivando per assegnare dei termini temporali più elastici, ma se si segue scrupolosamente la norma, il cittadino, che insieme all’avvocato si è dovuto affrettare per completare la difesa entro 80 giorni, vedrà comunque le udienze rinviate a lungo termine. Penso che questo, per l’utente, rappresenti solo una complicazione. Un altro punto che penso andrebbe modificato riguarda l’ampio numero di tipologie diverse di rito, che andrebbe ridotto. Occorrerebbe ripensare più organicamente la materia e uniformare per quanto possibile i vari tipi di procedimenti esistenti affinché vengano commessi sempre meno errori e il sistema possa snellirsi veramente». TOSCANA 2010 • DOSSIER • 151
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CONSULENZA PREVENTIVA
La consulenza è la prima difesa Evitare il contenzioso. Giocando d’anticipo. Una consulenza legale preventiva è l’unica arma utile a risolvere questioni legali senza che sia necessario il ricorso al tribunale. Anna Lucia Mereu sottolinea l’importanza di ricorrere al legale prima di non avere altra scelta Lucrezia Gennari
uando e perché rivolgersi a un avvocato? Spesso si ritiene opportuno interpellare un legale solo quando questa scelta diventa indifferibile, come nel caso in cui si riceve una citazione dinanzi a un Ufficio Giudiziario, quando i coniugi sono ormai “ai ferri corti” da tempo, quando una piccola impresa non riceve da mesi un pagamento indispensabile per il proseguimento della sua stessa attività, quando i rapporti fra coeredi si sono definitivamente deteriorati, al limite dell’incomunicabilità. «Trovo che oggi l’attività di un legale, almeno nel territorio toscano ove opero, compreso tra Prato, Firenze, Pistoia e comuni nevralgici connessi, costituito quindi in gran parte da piccole e medie imprese, artigiani e privati – afferma l’avvocato Anna Lucia Mereu -, debba essere finalizzata a risolvere ogni genere di controversia “a monte”, possibilmente ancor prima dell’insorgenza del problema vero e proprio e certamente prima del contenzioso giudiziario». Gli Uffici Giudiziari sono intasati, le cause sono lente e di esito talora incerto: l’interesse delle persone e delle aziende è quello di giungere a un risultato in un tempo congruo e a un costo predefinito. Questo può avvenire soltanto se l’utente si rivolge al legale non appena il problema inizia a delinearsi. «Ho improntato la mia azione professionale – continua l’avvocato -, indirizzandola concretamente a fornire non soltanto una consulenza adeguata, ma anche una gestione vera e propria di ogni problematica del soggetto che si rivolge al mio studio, intervenendo personalmente nell’attività che il cliente, in assenza del mio supporto, avrebbe svolto da solo. Ho compreso, infatti, in anni di
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attività sul territorio, che ciò che fa la differenza per ottenere un esito positivo di una qualsiasi questione, in qualunque ambito del diritto privato, è la comprensione iniziale del problema e la scelta delle strategie immediate da adottare, con la cura iniziale di ogni dettaglio che solo un avvocato esperto può fornire». Perché ciò possa avvenire, è, però, indispensabile che il rapporto fra avvocato e cliente sia davvero fiduciario, costante, diretto e immediato. «Credo che il cliente – conclude l’avvocato Mereu - debba sentirsi libero di riferirsi direttamente al legale ogni volta che lo ritenga utile, eliminando qualsiasi sorta di “timore reverenziale” che lo potrebbe portare ad attendere troppo, rischiando che la situazione nel frattempo si evolva in negativo e sfoci necessariamente in un contenzioso».
Nella foto, l’avvocato Anna Lucia Mereu nel suo studio di Prato annaluciamereu@gmail.com
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STRAGIUDIZIALE
Quando la causa non conviene La problematicità delle cause legali non risiede solo nei tempi e nei costi. Per Paolo Cappellini «è fondamentale che l’assistito sia messo a conoscenza di ogni tipo di implicazione, rischi e conseguenze», per non procedere in cause che potrebbero durare anni Alessia Zacco
ome si apprende dai media, il numero delle liti in Italia è enormemente più alto che negli altri Paesi europei. «Noi italiani, litighiamo su un’innumerevole varietà di questioni e siamo sempre pronti a “fare causa” così da contribuire in maniera determinante alla lentezza della giustizia. Spetta al legislatore riformare il meccanismo, ma nell’attesa potremmo cercare di riformare il sistema dal basso, cercando di educare e consigliare i nostri assistiti a rivolgersi al giudice solo quando ciò risulti realmente opportuno perché una lite non solo pesa in termini di tempo ma diviene in fretta un’incombenza economica ed emotiva». Il monito di Paolo Cappellini, avvocato del Foro di Prato, esperto in diritto civile e commerciale, induce a «rivolgersi al legale solo quando serve, quando si necessita un suggerimento preventivo o circostanziale che metta al riparo da eventuali errori e liti future». Nel rapporto con gli assistiti, che siano persone fisiche o società, uno dei principi cardine cui l’avvocato è
C Paolo Cappellini esercita la professione forense nelle province di Prato e Firenze, e in tutta Italia tramite una rete di studi professionali avv.paolocappellini@tiscali.it
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tenuto a incentrare il proprio modus operandi per la tutela e difesa dei loro diritti è infatti l’informazione: «l’assistito deve essere sempre messo a piena e completa conoscenza delle implicazioni che possono derivare dalla particolare situazione che ha determinato l’intervento del legale, e tutto ciò in termini comprensibili». Non bisogna dimenticare che le conseguenze positive o negative della lite ricadono sempre e comunque sul cliente, ed è pertanto fondamentale che questi sia consapevole dei rischi e vantaggi delle scelte che poi prenderà, da solo o con l’aiuto del proprio avvocato. «La consulenza preventiva è quindi uno strumento fondamentale per evitare rischi ed errori poi difficilmente rimediabili: un contratto con clausole non adeguate può creare seri problemi, ma anche nell’attività corrente delle imprese la consulenza preventiva è utile proprio per evitare che un piccolo problema possa trasformarsi in una costosa lite giudiziaria». Naturalmente, però, esistono fattori esterni che condizionano inevitabilmente il comportamento dei soggetti che richiedono assistenza legale, in primis la critica congiuntura che «se ha determinato una generale contrazione dell’attività economica riducendo quindi le occasioni di intervento dell’avvocato – afferma Cappellini –, per altri versi ha provocato l’aumento del numero degli insolventi e l’abbassamento della soglia di pazienza dei clienti nei confronti delle controparti inadempienti, con ciò determinando una pressante richiesta di assistenza legale». Di fatto, però, la soluzione stragiudiziale è sempre preferibile: il contenzioso si chiude in fretta e i clienti possono concentrarsi sulla gestione dei propri affari senza essere distratti da cause che durano anni.
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RESPONSABILITÀ DELLA PA
Pubblica amministrazione cittadini risarciti Alcune recenti pronunce della Cassazione hanno dato la possibilità ai cittadini di vedere riconosciuta la responsabilità della Pubblica amministrazione e ottenere il risarcimento del danno in materia fiscale. Ne parla l’avvocato Giuliano Meconcelli del Foro di Firenze Nicolò Mulas Marcello ambito fiscale e tributario della giurisprudenza si caratterizza per dinamicità in quanto costituisce una materia in continua evoluzione per la necessità dei giudici di dare risposte sempre più adeguate ai contrasti e alle controversie di interpretazione che insorgono di fronte alle novità normative e alla prassi. Da segnalare è la recente sentenza della Cassazione (Cass. 19.1.2010 n. 698) che ha ritenuto che l'amministrazione finanziaria può essere considerata responsabile, e quindi tenuta al risarcimento del danno recato al contribuente, per il mancato o ritardato annullamento di un atto illegittimo, ove tale comportamento abbia arrecato danno al privato. Ovvero se si è riscontrata una violazione dei principi fondamentali dell'ordinamento. «Questa sentenza - spiega l’avvocato Giuliano Meconcelli consolida un certo orientamento teso a scoraggiare il comportamento della P.A. che di fronte a un provvedimento amministrativo illegittimo, invece di eliminarne gli effetti attraverso l’esercizio del potere di autotutela, costringeva il privato ad affrontare ingenti spese legali e di altro genere per proporre ricorso e ottenere per questa via l’annullamento dell’atto, spesso arrivando fino all’ultimo grado di giudizio». Alla luce di questo nuovo indirizzo finalmente il cittadino può, in questi casi tutt’altro che infrequenti, almeno veder riconosciuta la responsabilità della Pa e ottenere a titolo di risarcimento del danno il rimborso delle spese legali e professionali sostenute. Altre sentenze da segnalare sono Cass. Sez. Un.
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18.12.2009 n. 26635-26636-26637 e 26638 che hanno introdotto un nuovo principio in materia di studi di settore circa la valenza della relativa efficacia probatoria. «Secondo le citate sentenze – continua l’avvocato Meconcelli - non si può più arrivare all’accertamento standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o studi di settore senza aver sentito il contribuente in contraddittorio, a pena di nullità, rappresentando essi solo “presunzioni semplici” da confermare sempre con altri elementi che valgano a rafforzare la pretesa del fisco». Vale infine la pena segnalare una novità in materia di riscossione. Equitalia consente la rateizzazione per temporanee crisi economiche familiari. «All'arrivo di una cartella esattoriale il contribuente che si trovi in una situazione di temporanea difficoltà al pagamento in un'unica soluzione, può chiedere la rateazione dei debiti iscritti a ruolo, fino ad un massimo di 72 rate mensili. Per ottenere la rateazione non è più necessario presentare garanzie».
L’avvocato Giuliano Meconcelli nel suo studio di Firenze meconcelli@inwind.it
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CRIMINI TELEMATICI
Azioni contro i pirati del web Non servono «nuove norme» per utilizzare il web, ma solo le «regole di etica», che sono alla base di tutte le società, anche di quelle virtuali. Gli utenti devono capire le potenzialità di internet senza però passare dalla «democrazia digitale» all’anarchia, sottolinea il colonnello Umberto Rapetto Nike Giurlani
nternet: mezzo di comunicazione del futuro o minaccia per gli utenti? Il colonnello Umberto Rapetto è convinto che «il problema non sia internet, ma chi lo utilizza». Manca infatti un’opportuna «cultura della rete». Scuola, famiglia e istituzioni devono iniziare a collaborare per educare o rieducare gli utenti. Occorre prestare sempre molta attenzione quando si naviga nel web perché ovunque si celano insidie e male intenzionati. Casi di «furto d’identità» e di «frodi di identità» sono ormai all’ordine del giorno, ma con questo non bisogna dimenticare che «internet è effettivamente una finestra che si apre sul mondo e che quindi offre infinite possibilità». Lei è stato definito lo sceriffo del Web vista la sua esperienza nel Gat, il Gruppo anticrimine telematico. Come riuscite a stabilire una frode telematica, reti criminali o di pedofili? «Le dinamiche per poter contrastare, sperando di sconfiggere, i fenomeni di crimine tecnologico sono molte. Si passa da un’attività di monitoraggio delle manifestazioni che possono evidenziare un comportamento illegale fino ad arrivare a denunce e a segnalazioni da chi purtroppo è vittima di fenomeni di illegalità. Il monitoraggio che normalmente viene effettuato su internet
I Sopra, il colonnello Umberto Rapetto, capo del Gruppo anticrimine telematico e titolare della cattedra Sicurezza informatica e delle reti alla Link Campus University of Malta di Roma
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deve fare i conti con un primo ostacolo che è quello del non territorio». Cosa intende? «Mentre le operazioni di vigilanza a carattere ordinario sono espletate su una determinata area, internet non ha confini e questo fa sì che molti dei comportamenti illeciti che si sviluppano attraverso la rete non sempre siano facilmente perseguibili perché la loro concretizzazione avviene fuori da uno specifico ambito di competenza e di giurisdizione. I vecchi pilastri che prevedevano una competenza territoriale e l’applicazione di una legge in un determinato Paese vengono meno quando entra in gioco internet perché in questo caso non ci sono confini né barriere a livello geografico. La rete è universale, ha carattere transnazionale e un medesimo comportamento ha una sua manifestazione immediata su tutti i monitor, ma quello che fa la differenza è individuare qual è la posizione fisica di un server da cui si origina una determinata azione illegale. Per esempio tutti i siti che hanno come dominio il .com possono essere dislocati in qualsiasi parte del mondo e questo implica che potrebbe venir meno quella reciprocità di norme in grado di punire un reato». Quali sono le principali insidie che si celano
Umberto Rapetto
Un’offesa via web ha lo stesso peso di una rivolta attraverso la carta stampata, la radio o un megafono, anche se è evidente che internet riesce a raggiungere una platea più ampia
nel mondo web? «Il flagello che si sta abbattendo in maniera consistente è il furto d’identità e le frodi di identità che portano ad agire in nome e per conto di un’altra persona. In questi casi si possono generare operazioni di carattere finanziario che arricchiscono il pirata informatico e creano dei danni economici al malcapitato che ha avuto solo la sfortuna di cadere vittima di un’usurpazione illegittima della propria identità. Questo tipo di reato è particolarmente insidioso perché non è facile da prevenire. È per questo motivo che è importante assumere un atteggiamento sempre molto oculato quando si utilizza la rete e in particolare i social network. Chi utilizza per esempio Facebook non deve fornire troppe informazioni perché possono essere utilizzati in maniera fraudolenta da un male intenzionato». Quali invece le insidie che dovrete affrontare in futuro?
«Non è facile immaginare quello che accadrà in futuro considerata la mutevolezza di internet. È vero però che abbiamo avuto sempre molta fortuna nell’intuire le tendenze del mondo digitale. Adesso per esempio sono in voga i social media, di cui i social network sono forse la fetta maggiormente conosciuta, che costituiscono un terreno particolarmente fertile per il diffondersi di reati. La fortuna è un aspetto importante, ma deve legarsi alla bravura e all’intuito». Di quale operazione è più orgoglioso? «Nel 2001 siamo riusciti a catturare una banda di hacker che era penetrata nei sistemi di tutto il mondo: al Pentagono, alla Nasa, nel sistema informatico del Senato della Repubblica italiana, nella posta elettronica dell’Aeronautica Militare, nella Cnr e nelle Camere di commercio. Questa avventura ci ha portato ad essere la prima compagine di detective informatici che ha ricoperto un ruolo chiave in una sfida a carattere mondiale. Peccato solo che questi giovanissimi hacker, dei quali due minorenni, erano proprio italiani. Siamo riusciti a ricostruire il profilo di questa banda attraverso operazioni di investigazione convenzionali e digitali. E, attraverso l’uso di piccoli trucchi psicologici, abbiamo messo in evidenza chi tra loro aveva la responsabilità di TOSCANA 2010 • DOSSIER • 159
CRIMINI TELEMATICI
certi comportamenti».
In molti ritengono che il web istighi alla violenza e all’aggressività. Secondo lei per evitare questo tipo di rischi occorre stabilire delle norme precise per utilizzare la rete? «Non abbiamo bisogno di nuove norme, quelle che abbiamo sono già sufficienti. L’utilizzo della rete mette solo in evidenza una delle tante sfaccettature del comportamento quotidiano. Un’offesa via web ha lo stesso peso di una rivolta attraverso la carta stampata, la radio o un megafono, anche se è evidente che internet riesce a raggiungere una platea più ampia. Il problema sta nel fatto che le nuove tecnologie nate per scopi scientifici, militari e finanziari improvvisamente sono diventate il nuovo mezzo per portare a termine truffe, azioni di plagio, con un proselitismo verso le fasce maggiormente deboli che si lasciano influenzare e utilizzano questi mezzi per l’istigazione all’odio, alla violenza, alla xenofobia». Le potenzialità della rete e in particolare di internet sono infinite, come renderlo un potere costruttivo e utile per la società? «Occorre attuare un piano di rieducazione dei cittadini. Purtroppo la scuola, la famiglia e le istituzioni non hanno svolto fino a questo momento un buon lavoro. Il problema non è internet, il problema è chi lo utilizza. Internet può essere lo strumento più utile e interessante del mondo purché prima di tutto permetta la condivisione di contenuti. Ma proprio questo aspetto è stato mal recepito da parte degli utenti. È giusto poter godere di una forma di democra-
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zia digitale però questa viene meno nel momento in cui si è convinti che l’assenza di regole coincida con l’anarchia. Internet invece è nata per essere autodisciplinata non per essere preda delle libere iniziative». Dove può essere ricercata la soluzione al diffondersi dell’anarchia? «Occorre applicare sono prima di tutto regole di etica, che di solito invece sono le prime ad essere calpestate. Deve essere garantita la libertà di espressione e vanno invece contrastate le forme di monopolio di opinione. Ma soprattutto l’utilizzo di internet dovrebbe indurre a sviluppare delle azioni positive, costruttive per la società. Per esempio le scuole dovrebbero combattere l’uso sconsiderato che si fa del materiale che è a disposizione in rete. Sempre più spesso gli studenti invece di approfondire certi argomenti tramite il web, realizzano delle tesine o dei lavori di gruppo basati su un puro e semplice atto di copia e incolla. Sarebbe invece interessante che le scuole promuovessero delle ricerche multimediali e le mettessero a disposizione di tutti. Il fenomeno ormai evidente è che c’è una carenza di educazione, le ultime generazioni sono cresciute con l’idea che copiando si può ottenere tutto, senza tenere in considerazione l’importanza che un certo documento, una certa canzone, un certo film ha in sé, in quanto frutto del genio creativo di un altro essere umano». Come si può creare una cultura della rete? «È importante che ci sia una maggiore collaborazione da parte delle scuole e delle istituzioni. Queste ultime è giusto che mettano in guardia gli utenti, ma senza spaventarli eccessivamente. È invece importante sottolineare che l’utilizzo dei sistemi informatici ha notevoli aspetti positivi. Quello che bisogna perseguire non è solo una cultura dell’uso, ma anche una cultura della sicurezza. Internet è effettivamente una finestra che si apre sul mondo e che quindi offre infinite possibilità. Ma non tutti si approcciano a questo strumento con buone intenzioni, quindi occorre tenere gli occhi sempre ben aperti. Essere utenti prudenti vuol dire essere utenti più tutelati. Internet è una risorsa che non va sottovalutata ne usata mai con leggerezza».
Il sistema regionale tra luci e ombre
ROBERTO BENEDETTI I bilanci in pareggio non sono sinonimo di buona sanità, occorre qualità ed efficienza
FILIPPO FOSSATI Bisogna proseguire sulla strada della razionalizzazione della spesa e dell’ottimizzazione delle strutture ospedaliere
NINO MARAZZITA La malasanità si può sconfiggere con una maggiore attenzione al paziente e professionalità da parte del medico
Ferruccio Fazio
La salute della sanità di Ferruccio Fazio
a sanità italiana è strutturata bene, ma non benissimo. Il sistema centralizzato funziona, ma presenta problemi di staticità. Il federalismo fiscale lo renderà più agile. Il problema attuale è quello di una disomogeneità importante, poiché esistono regioni più virtuose e regioni che lo sono meno. La virtuosità va di pari passo con l’economia strutturale. E le aree in cui la sanità funziona meglio sono sempre quelle dove la sanità costa meno. Per quanto riguarda le criticità, penso che si debba ristabilire un percorso territoriale che si amalgami, dal medico di base all’assistenza sul territorio fino all’ospedale. Il che significa andare incontro a un ritorno sul territorio della continuità assistenziale. Questo è il punto più importante da sottolineare dal punto di vista della criticità, insieme al problema delle liste d’attesa. Come punto di forza, possiamo vantarci di possedere un’ottima specialistica, con punte avanzatissime in alcune Regioni. In poche parole, mi sento di affermare che il sistema sanitario italiano è buono e, inoltre, esiste un ottimo rapporto tra meLa virtuosità va dico e paziente. di pari passo In Italia spendiamo quindici miliardi di euro all’anno in con l’economia medicina “difensiva” prestastrutturale. E le aree zioni inappropriate e cioè esein cui la sanità guite al fine di proteggersi da funziona meglio sono eventuali “azioni legali”. Il disull’appropriatezza è sempre quelle dove la scorso fondamentale e noi pensiamo sanità costa meno di migliorarla. Questo vuole dire ridurre le prestazioni non
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necessarie e rendere virtuosi i percorsi diagnostico-assistenziali, con particolare riferimento alle Regioni del Sud del Paese e quelle che lavorano sui piani di rientro. Fondamentale sarà anche la verifica dei manager sulle prestazioni ospedaliere e ambulatoriali, circa i beni e i servizi e sulle attività dei medici e del personale. Per far sì che queste non restino solo parole, abbiamo affidato all’Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, il compito di mettere a punto i meccanismi di controllo assieme alle regioni soprattutto sui risultati di manager e medici. Penso che il federalismo fiscale sarà la ciliegina sulla torta. Sarà la normativa che ci consentirà di mandare a casa quegli amministratori che non riescono a gestire la sanità nelle Regioni. Siamo assolutamente favorevoli alla sua introduzione, e siamo sicuri che porterà all’Italia grandi vantaggi e servirà a migliorare di molto il servizio sanitario a favore dei cittadini. TOSCANA 2010 • DOSSIER • 165
POLITICHE SANITARIE
n auspicio. «Se con le prossime elezioni, i toscani non sceglieranno di cambiare e puntare sul progetto del Pdl, allora si continuerà con una gestione sanitaria che persegue più il controllo politico-amministrativo che non la persona», utente o operatore che sia. Ne è convinto Roberto Benedetti, capogruppo An-Pdl in Regione Toscana, che ha scandagliato a fondo le falle della sanità toscana che da sola assorbe il 70-75% del bilancio regionale, pari a 7 milioni di euro circa. E «rappresenta dunque una vera industria e ciò – rileva il capogruppo – le conferisce un indiscutibile peso strategico nelle scelte politiche del governo regionale». Se confrontato allo sfascio di altre regioni, più o meno commissariate, la Toscana pare un’oasi felice. A quale prezzo? «Certo, qui da un punto di vista contabile nulla da eccepire, ma basta andare poco oltre per rendersi conto che dietro questo successo si nascondono, e nemmeno troppo bene, disfunzioni e disservizi generati proprio dalle necessità di contrazione contabile». Quali gli interventi messi in campo dalla giunta Martini per una sanità “in ordine” che si stanno rivelando inadeguate alle esigenze dei cittadini? «Si tratta di soluzioni basate su un modello della gestione sanitaria autoreferenziale che non mette al centro la persona e la sua libertà di scelta nel percorso terapeutico, bensì il sistema medesimo che in questa maniera si auto-tiene. Perciò poi queste operazioni non sanno rispondere ai bisogni della gente. Un esempio è quello legato ai problemi più strutturali di questa gestione della sanità toscana che si conclude con la mancata realizzazione dei quattro nuovi ospedali previsti e con la creazione, al contrario, di sovrastrutture burocratiche come Sds ed Estav che nulla aggiungono nel servizio al cittadino». Sanità privata convenzionata, pare emergere l’assenza di ogni elemento di programma-
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Un sistema fragile e inefficiente I bilanci a posto della sanità regionale, per il capogruppo An-Pdl in Regione, Roberto Benedetti, non sono sinonimo di servizio efficiente e di qualità. Le falle sono sotto gli occhi di tutti i cittadini. Le soluzioni attuate «si basano su un modello della gestione autoreferenziale», bisogna invece mettere al centro la persona e la sua libertà di scelta nel percorso terapeutico Nera Samoggia
Roberto Benedetti, capogruppo An-Pdl in Regione Toscana
Roberto Benedetti
MALASANITÀ: I CASI IN REGIONE
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n fuoco di fila di casi di malasanità, talvolta vere e proprie tragedie: è quanto i consiglieri regionali del Pdl hanno portato davanti all’assessore toscano al Diritto alla salute Enrico Rossi durante il consiglio regionale straordinario sul tema della sanità nella regione. Eccone alcuni. L’8 dicembre dello scorso anno, un’anziana si presenta al pronto soccorso del policlinico universitario delle Scotte di Siena con un principio di emorragia in atto. Dopo sei ore di vana attesa senza ottenere una visita, l’anziana è tornata a casa con un nulla di fatto. Il giorno dopo è capitata la stessa cosa, nello stesso posto, a una paziente presentatasi con difficoltà respiratorie: anche lei, dopo oltre tre ore di vana attesa al pronto soccorso, è andata via senza essere stata visitata. Andando avanti, proprio all’inizio di quest’anno, in gennaio, un blackout elettrico ha paralizzato l’attività del nuovo ospedale pediatrico Meyer bloccando, tra l’altro, l’operazione chirurgica che era in corso, per fortuna senza conseguenze tragiche. Il 3 febbraio, una bimba prematura nata meno di un mese prima è morta all’ospedale universitario Santa Chiara di Pisa: le contrazioni uterine della madre partoriente erano state diagnosticate come cistite. Sempre il Santa Chiara, all’inizio di quest’anno, è stato protagonista di un errore diagnostico che ha portato alla morte un giovane cardiopatico: si era presentato al pronto soccorso con un infarto in atto, riferendo tra l’altro di avere avuto precedenti simili in famiglia, ma era stato rimandato a casa con una diagnosi di dolori muscolari. Quando il paziente si è ripresentato all’ospedale era ormai troppo tardi. Solo pochi giorni fa, a metà febbraio, presso l’Istituto di prevenzione oncologica di Firenze una paziente è morta a seguito di una colonscopia: le hanno perforato l’intestino. Un paio di giorni prima, sempre a Firenze ma al Cto, una paziente è morta per un’operazione all’ernia del disco. Ma i casi di cattiva sanità e le disfunzioni vengono da lontano. È il 2007 quando, a causa di un errore di laboratorio, tre cittadini subiscono un trapianto di organi infetti e positivi al virus Hiv. Anno 2008: a Livorno, una dipendente del centro di prevenzione oncologica Corat, oggi in arresto, manomette volontariamente per oltre un anno i referti positivi, trasformandoli in negativi. Così, decine e decine di pazienti, ignari di avere un tumore, non hanno avviato le terapie finché è stato troppo tardi. L’assessore Rossi si complimentò con la Asl 6 di Livorno per essersi accorta, dopo un anno, delle manomissioni.
zione. Con quali conseguenze? «Il nodo della mancata integrazione tra pubblico e privato, ormai quasi scomparso in Toscana, è senz’altro tra i più gravi. Basti pensare che in Toscana il settore della sanità privata ammonta al 34% appena del totale, rispetto al 7-7,5% dell’Emilia Romagna. Va spezzata l’impostazione monopolistica del modello sanitario toscano che pone il cittadino nella singolare condizione di essere “liberamente obbligato” a rivolgersi alle strutture pubbliche o private accreditate, sempre scelte dall’alto. Occorre una rivisitazione del sistema che confermi l’essenza pubblica del comparto, ma assicuri l’erogazione delle prestazioni da parte di una pluralità di soggetti anche privati, così da rendere il cittadino libero e consapevole protagonista dei propri percorsi di cura e prevenzione». Quali le grandi incompiute dell’assessore alla Sanità, Enrico Rossi? «Più che di incompiute parlerei di “mal compiute”. Cto di Firenze: per affrontare il problema delle liste d’attesa infinite si è giunti al commissariamento. Cspo di Firenze, un tempo fiore all’occhiello di rilievo internazionale nel campo oncologico: ha un buco di bilancio di oltre 20 milioni di euro, è stato commissariato e trasformato in Ispo, e oggi potremmo essere alla vigilia di un suo smembramento e di un nuovo commissariamento. Pronto soccorso: nonostante l’abnegazione degli operatori sono continuamente ingolfati. E che dire dei ritardi del Cup di Area Vasta, degli Estav ad oggi significativi solo per il loro costo e la sostanziale incapacità, dei 4 nuovi ospedali di Massa, Lucca, Prato e Pistoia ancora al palo di partenza e di strutture sanitarie, se pur minori, abbandonate all’oblio di impegni non mantenuti? Infine, l’oggetto misterioso per i toscani: le Società della Salute, fonti di ulteriore burocratizzazione tra servizi e cittadini costata 2,5 milioni di euro solo per la sperimentazione e oggi totalmente incapaci di risolvere il problema di fondo della sanità in Toscana, quello di un nuovo rapporto ospedale-territorio». Liste di attesa: tempi lunghi? «Lunghissimi, tanto da rappresentare forse la principale disfunzione, per quanto riguarda la chirurgia ma non solo. Qui la soluzione del pro- TOSCANA 2010 • DOSSIER • 167
POLITICHE SANITARIE
Competitività e meritocrazia dovrebbero essere le stelle polari, i cardini per dare concrete risposte ai bisogni sempre più complessi di salute che investono in maniera maggiore le fasce più deboli e più esposte della popolazione
blema è ben più complessa e articolata rispetto all’iniziativa-spot messa in atto dall’assessore Rossi di accorpare in un’unica lista pazienti paganti e non. Questa iniziativa livella le attese di tutti, sì, ma verso il basso. Non porta più qualità nel servizio. Il punto è che una risposta seria non può prescindere da una riorganizzazione dell’intera filiera del percorso assistenziale che, nel caso degli interventi chirurgici, deve comportare l’apertura delle sale operatorie per almeno 12 ore al giorno (dalle 8 alle 20), garantire un numero di posti letto e di personale sanitario e parasanitario congruo alle reali esigenze non solo in termini quantitativi, ma anche qualitativi. E certo i 10 milioni che l’assessore Rossi ha messo a disposizione serviranno a realizzare ben poco di tutto questo». Quali idee per invertire la rotta, tenendo sempre d’occhio i costi? «Competitività e meritocrazia dovrebbero essere le stelle polari, i cardini per dare concrete risposte ai bisogni sempre più complessi di salute che investono in maniera maggiore le fasce più deboli e più esposte della popolazione. Troppo spesso il sistema sanitario toscano ha sviluppato un modello gerarchico-burocratico autoreferenziale in cui gli operatori sanitari sono stati emarginati, stretti tra doveri e poteri, considerati ultimo anello di una catena a cui si attribuivano ogni disfunzione e ogni responsabilità. Al contrario, è tempo di recuperare il loro valore attraverso il riconoscimento del merito come unico criterio per la scelta delle posizioni apicali, così da garantire al cittadino prestazioni qualitativamente efficaci ed efficienti. E qui non è così».
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POLITICHE SANITARIE
La malasanità non abita È in Regione Il consigliere regionale Pd, Filippo Fossati vorrebbe proseguire nella razionalizzazione e nella ricerca di maggiore appropriatezza della rete ospedaliera; umanizzare la sanità; sviluppare la ricerca clinica. Oltre a costruire una rete territoriale di assistenza socio-sanitaria Carla Samoggia
Filippo Fossati è consigliere regionale Pd in Toscana e segretario della commissione Sanità della Regione
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un sistema che funziona, altro che malasanità». Filippo Fossati è consigliere regionale Pd in Toscana, nonché segretario della commissione Sanità della Regione. Conosce quindi a fondo la sanità toscana. Certo i casi della bimba nata prematura e poi morta all’ospedale Santa Chiara oppure della paziente deceduta a seguito di una colonscopia all’Istituto di prevenzione oncologica di Firenze, solo per citare due esempi recenti, non sono da sottovalutare, ma «in ospedale poi qualche volta si muore, anche per errore purtroppo – aggiunge –. L’importante è prevenire e non rassegnarsi, in Toscana abbiamo costruito uno staff che a ogni episodio dubbio analizza cause e responsabilità, accerta se ci sono problemi organizzativi e propone cambiamenti e soluzioni che siano di esempio per il resto del sistema. Unici. Abbiamo scelto la cultura della trasparenza, di parlarne, non di straparlarne a vanvera sui giornali, offendendo operatori che tutti i giorni rischiano di persona trattando la vita dei cittadini». Una visione contrastata dal Pdl che intravede nelle politiche sanitarie della giunta Martini «soluzioni basate su un modello della gestione sanitaria autoreferenziale che non mette al centro la persona». E cita a riprova la nascita di sovrastrutture burocratiche come Sds ed Estav. Due realtà che per Fossati sono, invece, eccellenze. «Su Estav – osserva il consigliere Pd –: avevo 10 centri acquisti, 10 uffici diversi per appalti e concorsi, ora ne ho uno. Tagliata la burocrazia, strappo prezzi più bassi. Sulla Società della Salute: quando torno a casa dall’ospedale mi servono sì cure mediche, ma anche assistenza personale. Prestazioni sanitarie e sociali nello stesso momento. Le une sono della Regione, le altre dei Comuni. Ancora 10 uffici, ancora il tentativo di farne uno solo, per risparmiare, funzionare meglio. Di che parla il Pdl?». Accuse respinte, dunque. È di qualche giorno fa una raccolta di firme per sollecitare le Asl ad applicare la delibera regionale che prevede tempi d'attesa nella prenotazione di interventi chirurgici identici e fissa un rimborso a favore del cittadino qualora l’azienda sanitaria non riesca a garantirli
Filippo Fossati
nel tempo massimo di tre mesi. Un ritardo. «La delibera afferma un principio semplice – sottolinea Fossati –: tempi di attesa uguali per tutti i cittadini, secondo l’urgenza clinica. Chi paga, paga per scegliere il medico, non per accorciare i tempi. Per erogare la prestazione chirurgica entro i tre mesi si accentra la lista d'attesa a livello aziendale, si propongono interventi, se del caso, in altre aziende toscane; se anche così non stiamo nei tempi, si autorizza il rimborso presso il privato. Credo tuttavia che, investendo sulle strutture chirurgiche e incentivando la qualità e la produttività dei nostri reparti, non avremo bisogno di rimborsare nessuno». Insomma, senza alcun dubbio i conti in ordine della sanità regionale possono essere considerati un fiore all’occhiello, ma è inevitabile chiedersi a che prezzo per i cittadini. Soprattutto se, ad esempio, nel Casentino e nella Valtiberina sono stati chiusi punti ospedalieri senza sostituirli con presidi. «In Toscana – chiarisce il consigliere regionale – si chiudono solo presidi ospedalieri inutili o inadeguati. Si investe invece su presidi che possano trattare casistiche ampie e produrre prestazioni qualificate. Si investe poi su una rete territoriale che consenta di intervenire sulle patologie più diffuse senza far ri-
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In Toscana abbiamo costruito uno staff che a ogni episodio dubbio analizza cause e responsabilità, accerta se ci sono, problemi organizzativi e propone cambiamenti e soluzioni che siano di esempio per il resto del sistema
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corso al ricovero ospedaliero. In questo quadro si cerca di fare solo le cose utili, anche negli ospedali dismessi; non si riempiono i contenitori tanto per riempirli». Quanto poi al futuro, Fossati non ha dubbi. «Bisogna proseguire nell’opera di razionalizzazione e ricerca di maggiore appropriatezza nella rete ospedaliera – conclude –. Occorre valutare i risultati, umanizzare, sviluppare la ricerca clinica e il coinvolgimento degli operatori verso obiettivi di qualità. Costruire una rete territoriale di assistenza sanitaria e sociale che consenta ai cittadini di essere presi in carico costantemente da operatori che suggeriscano i migliori comportamenti, le migliori terapie, per mantenere un livello alto di benessere. Guadagnare ancora, per tutti i toscani che nascono, più giorni, più anni, di vita buona». TOSCANA 2010 • DOSSIER • 171
L'ERRORE MEDICO
La malasanità può essere sconfitta Basta leggi superflue. Occorre «focalizzare l’attenzione su quei temi fondamentali all’interno di una società civile» afferma Nino Marazzita. Punto di partenza per combattere la malasanità è che il medico riacquisti «la capacità di elaborare la diagnosi clinica». Per migliorare invece il risultato delle perizie occorre tipicizzare il comportamento del medico in caso di omicidio colposo Nike Giurlani a quando, anni fa, ha contribuito a creare il Tribunale per i delitti del malato, l’avvocato Nino Marazzita ha seguito tantissimi casi di malasanità. L’iter classico di questo tipo di processi prevede prima di tutto la denuncia alle autorità che faranno partire le perizie mediche opportune. «Da quel momento comincia la guerra delle consulenze tra le parti» e la situazione viene spesso aggravata dalla presenza di più medici indagati. Due sono le proposte mosse dall’avvocato affinché pazienti e familiari ricevano effettivamente Giustizia: la tipicizzazione del comportamento del medico in caso di omicidio e scindere in due ambiti differenti, «il ruolo e il comportamento assunto dal medico indagato, da quello della struttura ospedaliera in generale». Da anni si occupa di casi di malasanità. Quali sono le carenze principali di questo settore? «Le carenze sono sia di natura professionale che strutturale. Da una parte i medici non sono sempre in grado di formulare una diagnosi corretta. Mi ricordo che fino a una ventina di anni fa il medico prima di tutto visitava in maniera approfondita un paziente, poi stabiliva la diagnosi e infine cercava la conferma nelle analisi. Ora non è più così. Se da una parte dobbiamo ritenerci soddisfatti dei passi
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L’avvocato Nino Marazzita, esperto di casi di malasanità
Nino Marazzita
Se da una parte dobbiamo ritenerci soddisfatti dei passi avanti che sono stati compiuti a livello di strumentazioni e macchinari, dall’altra parte il medico ha perso la sua capacità di elaborare la diagnosi clinica
avanti che sono stati compiuti a livello di strumentazioni e macchinari, dall’altra parte il medico ha perso la sua capacità di elaborare la diagnosi clinica. Un altro aspetto che va preso poi in considerazione sono le strutture ospedaliere sia pubbliche che private. Quello che ho potuto constatare negli anni è che c’è poca attenzione verso il paziente nella fase post operatoria, che invece è un momento molto delicato nel corso del quale possono sorgere complicazioni e lesioni gravi che in alcuni casi possono portare anche alla morte». Per quale motivo nel corso degli anni ha seguito molte cause di malasanità? «Diversi anni fa insieme a Stefano Rodotà e Faustino Durante abbiamo contribuito a creare il Tribunale per i diritti del malato, su un’idea dei figli di Aldo Moro, conosciuti durante la tragica scomparsa dello statista poiché sono stato il legale di Eleonora Moro e della figlia Maria Fida. Abbiamo formato un’equipe di giovani, ma validi avvocati, medici legali e magistrati grazie ai quali sono state analizzate le varie denunce che ci venivano recapitate. Ne abbiamo ricevute più di quarantamila in pochi anni. La maggior parte erano lamentele sulla cattiva accoglienza che i pazienti ricevevano da parte delle strutture ospedaliere: infermieri maleducati, medici assenti, problemi che nel corso degli anni sono stati in parte risolti. È tramite questa esperienza che ho iniziato a seguire molti casi di malasanità». Qual è l’iter di un processo che riguarda la sanità? «Quando c’è una lesione o peggio la morte di un paziente causata da una mancanza da parte del medico o della struttura ospedaliera, bisogna denunciare il fatto alla Procura, ai carabinieri o alla Polizia di Stato. A questo punto l’autorità giudiziaria inizia a svolgere le prime indagini e quindi a richiedere una consulenza TOSCANA 2010 • DOSSIER • 177
L'ERRORE MEDICO
medico legale. Da quel momento comincia la
guerra delle consulenze tra le parti. A rendere il processo ancora più complesso è che, sempre con maggior frequenza, i medici indagati sono più d’uno e spesso vengono coinvolti anche i dipendenti paramedici. Tra tutte le perizie richieste, sarà giudicata valida quella che riuscirà a stabilire con certezza il nesso di casualità tra la morte o il ferimento del paziente e il comportamento colposo, negligente, superficiale del medico, causato per esempio da un mancato rispetto dei protocolli o in casi peggiori per non essere intervenuto prontamente e adeguatamente nella diagnosi del paziente. L’ultima parola spetta sempre e comunque al giudice che è il peritus peritorum che deve emanare il verdetto definitivo». I pazienti mal curati o i familiari delle vittime riescono di solito a ottenere un giusto risarcimento per tutta la sofferenza che hanno dovuto subire? «Tutti i medici e tutte le strutture ospedaliere, specialmente le Asl, sono assicurate. L’atteggiamento tipico delle assicurazioni è quello di prendere tempo, di non pagare fino a che la condanna non è alle porte. Alla fine, dopo una lunga attesa, arriva il momento della trattativa con le assicurazioni. Le vittime o i loro familiari, di solito per stanchezza, accettano la proposta delle assicurazioni e, per quello che ho potuto riscontrare in questi anni, quasi mai si tratta di un risarcimento adeguato. Da qualche anno la Cassazione, quando riconosce la colpa medica, ha esteso il concetto di danno. Non si limita più al risarcimento del danno morale, ma ha iniziato a identificare anche il danno biologico, psicologico ed anche la perdita di chance come per esempio restare disoccupato anche solo per un certo periodo». Riguardo al tema di malasanità dovreb-
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C’è poca attenzione verso il paziente nella fase post operatoria, che invece è un momento molto delicato nel corso del quale possono sorgere complicazioni e lesioni gravi
bero essere emanate nuove leggi o modificate quelle esistenti per garantire una maggior tutela alle vittime? «Il problema di base in Italia è che abbiamo una legiferazione folle rispetto ad altri Paesi europei come la Gran Bretagna. Quello che ritengo sia utile per la giustizia italiana è che vengano eliminate tutta quella serie di leggi inutili e superflue. Occorre invece focalizzare l’attenzione su quei temi fondamentali all’interno di una società civile. Io avevo riposto molta fiducia nella Commissione parlamentare d’inchiesta sulla malasanità e sui disavanzi sanitari regionali che venne instituita nel 2008. Inizialmente ho avuto fiducia che qualcosa potesse effettivamente cambiare perché mi era sembrato che questa Commissione fosse celere, ma come spesso accade in Italia, a un certo punto anche questa Commissione si è arenata. Eppure sarebbe stata un buon punto di partenza per iniziare a visionare quelle leggi che andrebbero riformate. Nell’ambito comunque della malasanità sono due gli aspetti che secondo me sono cruciali: il primo è che occorre tipicizzare il comportamento del medico in caso di omicidio colposo perché altrimenti si fa riferimento alla norma generica valida anche per altri casi. È invece importante analizzare in maniera approfondita le mancanze di un medico così i periti possono risa-
Nino Marazzita
lire alle cause effettive. L’altro aspetto che andrebbe affrontato è quello che occorre scindere, e analizzare in due ambiti differenti, il ruolo e il comportamento assunto dal medico indagato, da quello della struttura ospedaliera in generale». C’è stato un caso, tra quelli affrontati, che l’ha particolarmente appassionata? «Si tratta di un caso avvenuto ormai alcuni anni fa e più che avermi appassionato direi che mi ha molto sconcertato. Riguardava una signora anziana, una senza tetto, che era stata portata in ospedale perché accusava dei forti dolori. Se fosse stata visitata immediatamente sarebbe stato facile diagnosticare un’ulcera perforata. Infatti, in questi casi, i sintomi sono evidenti: addome rigonfio, tachicardia e forti dolori. Pur essendo abbastanza evidente la gravità della paziente, quest’ultima venne abbandonata per molte ore su un lettino e quando venne soccorsa era troppo tardi. Durante il processo emerse, alla luce delle testimonianze del personale paramedico, che tutti i medici presenti in quel momento si erano rifiutati di curarla per il suo aspetto trascurato». Qual è stato, invece, il caso più complesso? «I casi più complessi sono quelli che vedono indagati più chirurghi contemporaneamente, perché ognuno di loro agisce alla luce degli esiti precedenti sfavorevoli. In queste situazione non è semplice capire quale azione ha scatenato una diagnosi o un intervento sbagliato. Alcuni anni fa ho seguito un processo che riguardava la morte di un paziente nel quale ed erano indagati sette tra i più rinomati chirurghi italiani. Furono tutti assolti per insussistenza di prove, in quanto le varie perizie non era riuscita a tipicizzare quale comportamento aveva creato il danno». TOSCANA 2010 • DOSSIER • 179
ARCHITETTURA
STRUTTURE DINAMICHE
Architettura dinamica arriva la quarta dimensione Gli edifici rompono la loro staticità per trasformarsi in strutture dinamiche, introducendo così «la quarta dimensione: il tempo». La Rotating tower, progettata da David Fisher, è destinata a cambiare lo skyline delle città di tutto il mondo. Una rivoluzione tutta made in Italy Nike Giurlani na nuova era si sta aprendo nel campo dell’architettura. Gli edifici divengono dinamici. Non si tratta di un film di fantascienza, ma di una novità sorprendente che sta sorgendo a Dubai. Il progetto, lanciato da David Fisher, si chiama Rotating tower e sovvertirà tutte le regole dello spazio, rivoluzionando il rapporto tra modernità e ambiente e tra sviluppo e sostenibilità. Inoltre la torre girevole è il primo edificio realizzato in fabbrica, tramite moduli pre-assemblati e questo significa: risparmio d’energia, di tempo e di costi di costruzione. Il dinamismo dell’edificio permette di orientare il proprio spazio secondo i momenti della giornata, in relazione alle stagioni o semplicemente al proprio stato d’animo. Unica, moderna, dinamica, ecosostenibile e rivoluzionaria, in una parola Rotating tower. Presto approderà anche a Roma e «simboleggerà il passaggio dalla
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storia al futuro». Quali sono i vantaggi che derivano dall’architettura dinamica? «L’architettura dinamica, innanzitutto, introduce la quarta dimensione: il tempo. Ogni piano ruota separatamente l’uno dall’altro a 360°, l’edificio quindi cambia forma continuamente, offrendo una nuova visione dello spazio. La Torre Dinamica si fonda su un principio di razionalità ed è il primo edifico ad essere costruito interamente in fab-
brica». L’applicazione di questa tecnologia quale impatto urbanistico ed energetico può suscitare? «La Torre Dinamica è autosufficiente da un punto di vista energico grazie alle turbine eoliche, posizionate tra un piano e l’altro e ai pannelli solari che ricoprono il tetto di ogni piano. La più innovativa tecnologia è stata applicata per garantire il rispetto dell’ambiente e avviare la costruzione della città del futuro, assolutamente
Sopra, l’architetto David Fisher. a destra un render della Rotating Tower di Dubai
Per le immagini tutti i diritti sono riservati all’Architetto David Fisher – Dynamic Architecture
verde». In particolare lei ha dichiarato che l’approccio meccanico consente un notevole risparmio. Di quale entità stiamo parlando? «L’assemblaggio in fabbrica di ogni modulo garantisce innanzitutto il risparmio del tempo nella costruzione in cantiere dello stesso edificio. Ogni piano viene realizzato in una settimana, riducendo quindi i costi di cantiere. L’approccio meccanico consente anche il monitoraggio costante della produzione in fabbrica, eliminando così i tipici errori di cantiere che causano dispendio di tempo e di denaro». Da dove deriva la scelta di realizzare tutto in Italia? «Innanzitutto io sono italiano e sono fiero di esserlo. La produzione italiana rappresenta l’eccellenza nel mondo. La Torre Rotante diventerà il simbolo per eccellenza del made in Italy ed è mia intenzione avvalermi della miglior tecnologia e dei più rinomati prodotti italiani». La Rotating Tower di Dubai sarà solamente la prima di una serie. Le prossime torri verranno realizzate allo stesso modo o cambieranno a seconda dei luoghi? «Ogni Torre avrà delle peculiarità che dipendono dal luogo specifico in cui verrà eretto l’edificio dinamico, in quanto subentrano variabili come il
clima il carico e il vento. In Italia vorrei costruire la prima torre a Roma. L’edificio simboleggerà il passaggio dalla storia al futuro, ma ho in mente di coinvolgere sicuramente Milano, in previsione dell’Expo, e magari anche Firenze». Dubai è colpita da una pesante crisi finanziaria che ha ovviamente travolto il mercato immobiliare. Quale impatto sta avendo sullo sviluppo dei nuovi progetti, in particolare sulla realizzazione della Tower? «In tempi di difficoltà finanziaria sembra che il lusso e
l’unicità del progetto possano prevalere. È una sfida nella sfida e sembra che ci sia una grande richiesta per gli appartamenti in questa torre. Per quanto riguarda il golfo ed in particolar modo Dubai, le infrastrutture eccellenti che già esistono e lo spirito dei locali riusciranno a far fronte alla crisi la crisi». Ultimamente è alimentata la tendenza, in particolare negli Emirati Arabi, a realizzare edifici sempre più alti. Il futuro dell’urbanistica e dell’architettura è rivolto “verso l’alto”? TOSCANA 2010 • DOSSIER • 185
STRUTTURE DINAMICHE
La Torre Rotante diventerà il simbolo per eccellenza del made in Italy ed è mia intenzione avvalermi della miglior tecnologia e dei più rinomati prodotti italiani
«Certo, più si costruisce verso la civiltà contemporanea
In alto altri render della struttura interna e dei servizi che caratterizzeranno la Rotating Tower
l’alto e più terreno si risparmia e quindi maggior spazio viene riservato alle aree verdi. Nello stesso tempo non deve essere l’altezza a rappresentare un primato ma il valore globale dell’architettura». Le civiltà che hanno lasciato un segno culturale e storico significativo sono quelle che, generalmente, lo hanno lasciato anche sotto il punto di vista delle opere architettoniche. Trova che
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stia lasciando un’eredità importante e tangibile anche attraverso l’architettura, al pari dei suoi progressi scientifici, culturali e sociali? «Credo che, nell’era moderna, i progressi raggiunti nel campo della scienza, della cultura non siano egualmente comparabili a quelli raggiunti nel campo dell’architettura. Quest’ultima non ha subito miglioramenti o progressi essenziali dalla co-
struzione delle Piramidi. Ora i migliori architetti si divertono ad inventare forme stupende mentre la fattibilità, la funzionalità e il modo di costruire non rispecchiano la nostra era». Quali sfide ha in serbo per il suo futuro? «Innanzitutto estendere l’industrializzazione dell’edilizia dalla torre girevole alle case residenziali e alle strutture pubbliche e poi, chissà, costruire nello spazio».
QUALITÀ URBANA
È tempo di costruire fondamenta più solide Snellire la macchina burocratica. Favorire l’housing sociale. Garantire la qualità degli immobili. Per il presidente dell’Ance Paolo Buzzetti «è tempo di fatti concreti» per rilanciare il settore delle costruzioni Alessandro Cana
2009 è stato un anno in cui sono stati messi in campo numerosi provvedimenti per il settore delle costruzioni. Da quelli per l’emergenza Abruzzo, alla delibera Cipe per opere e scuole, il Piano casa 2, lo sblocco
l
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dell’housing sociale. «Questi provvedimenti importanti dimostrano che il governo ha ascoltato le nostre richieste» sottolinea il presidente dell’Ance Paolo Buzzetti, il quale evidenzia, però, come «poco di quello che è stato deciso si sta
realmente concretizzando». E questo soprattutto a causa «dei ritardi e delle lentezze della macchina amministrativa e burocratica» che impediscono a tutto il sistema di funzionare, di essere efficiente. «Pensiamo proprio alla delibera Cipe, che già da mesi ha stanziato 1 miliardo per le scuole e 825 milioni per le opere piccole e medie. Purtroppo da quel momento poco o nulla è stato fatto». Il presidente dell’Associazione Nazionale Costruttori Edili ribadisce che «è ora, finalmente, di trasformare le decisioni prese in fatti concreti». Altrimenti il 2010 «rischia di essere un anno peggiore di quello che si è da poco concluso». Cosa preoccupa i costruttori? «Stanno per esaurirsi i portafogli ordini delle imprese, sia nel campo dell’edilizia privata che in quello degli appalti pubblici, molte aziende stanno chiudendo, soprattutto quelle più
A sinistra, Paolo Buzzetti, presidente dell’Associazione nazionale costruttori edili. Nella pagina accanto, un cantiere
Paolo Buzzetti
piccole. Sul piano occupazionale siamo già arrivati a 100mila posti di lavoro in meno. I vincoli del patto di stabilità, che fanno aumentare i tempi di attesa con cui le amministrazioni pubbliche pagano i lavori svolti e il problema del credito, che si sta drasticamente restringendo, non fanno che aggravare una situazione già di per sé molto preoccupante». Nel nostro Paese il fabbisogno di case resta elevato. Come si pone Ance rispetto al piano che vuole dare una risposta alle fasce più deboli della popolazione che hanno difficoltà ad accedere al mercato abitativo? «I nostri dati mostrano che in Italia esiste un fabbisogno non soddisfatto pari a 350.000 alloggi. Gran parte di questa domanda potenziale viene proprio dalle fasce sociali più deboli: giovani coppie, anziani, studenti fuori sede. Per questo l’Ance ha da subito valutato
molto positivamente il piano per l’housing sociale: un piano che mancava nel nostro Paese da almeno 30 anni e che, oltre a consentire di soddisfare il fabbisogno di case in vendita e in affitto, dovrebbe permettere anche la riqualificazione delle aree urbane che versano in stato di degrado. Ma finora, tra discussioni e lentezze tipiche del nostro Paese, anche su questo fronte si è perso almeno un anno di tempo. Noi abbiamo spinto e sollecitato, e continueremo a farlo, affinché si possa finalmente partire, altrimenti il piano non servirà né a contrastare la crisi né a rispondere ai veri bisogni dei cittadini». Mercato immobiliare. Che fotografia emerge dalle analisi Ance? «La fotografia di un’Italia in cui non c’è stata né ci sarà alcuna bolla immobiliare, a differenza di quanto è accaduto in molte parti del mondo con la crisi economica globale. E questo
non solo perché la domanda di case, come abbiamo detto, risulta ancora molto alta, ma anche perché l’indebitamento delle nostre famiglie è di gran lunga inferiore rispetto agli altri Paesi. Nonostante questo, tuttavia, il mercato immobiliare del nostro Paese ha iniziato a rallentare. Il 2009 è stato il terzo anno consecutivo di flessione delle compravendite. TOSCANA 2010 • DOSSIER • 189
QUALITÀ URBANA
Bisogna sfruttare questo momento per fare quelle riforme che l’italia attende da tempo soprattutto nel campo delle infrastrutture e dell’edilizia abitativa
Questo ci preoccupa molto, soprattutto perché le banche stanno fortemente restringendo l’accesso al credito sia per le famiglie che per le imprese. Secondo i nostri dati in quasi tutte le regioni italiane l’erogazione dei mutui alle famiglie ha subito un pesante calo, soprattutto nel Mezzogiorno, addirittura con punte del -43% in Sicilia. Ma non basta: abbiamo calcolato che i mutui erogati nel nostro Paese sono i più cari a livello europeo. Per un finanziamento di 25 anni pari a 150.000 euro le famiglie italiane pagano quasi 16mila euro in più rispetto all’Europa. In altre parole è come se in Italia si pagasse il mutuo per 18 mesi in più. Le difficoltà di accesso al credito non risparmiano le imprese del settore, che denunciano un forte inasprimento delle condizioni contrattuali. In un momento così delicato, per le imprese è difficile cambiare controparte e quindi il più delle volte le aziende de190 • DOSSIER • TOSCANA 2010
vono accettare queste variazioni, essendo molto basso il loro potere contrattuale». Risparmio energetico, sostenibilità ambientale, sicurezza. In che modo la categoria si sta attivando per garantire la qualità degli immobili? «Sicuramente, all’uscita da questa crisi economica, il mercato delle costruzioni avrà dimensioni quantitativamente ridotte rispetto agli anni passati e si fonderà su una maggiore sele-
zione dei prodotti. Ciò che dovrà emergere con forza sarà quindi proprio l'attenzione agli aspetti qualitativi del costruito, e cioè efficienza energetica, sicurezza, sostenibilità ambientale. Cambiare il modo di progettare, costruire, demolire e recuperare edifici all'insegna della qualità diventerà quindi un imperativo per le imprese, che dovranno rendersi maggiormente competitive e allo stesso tempo capaci di determinare benefici in termini di
Sopra, le case ricostruite in Abruzzo subito dopo il sisma che ha colpito il capoluogo nell’aprile del 2009
Paolo Buzzetti
miglioramento della qualità urbana e delle condizioni di vita e di lavoro dei cittadini. D'altra parte, non a caso un grande impegno dell'Ance riguarda i requisiti di qualificazione delle imprese, che devono essere selezionate sulla base della propria reputazione e capacità e non solo su certificati privi di valore. Vorremmo, poi, che questa cultura della qualità e il valore della storia delle imprese venisse acquisita dal mercato privato, per il quale chiediamo
da tempo una vera qualificazione». Può il rilancio del mercato delle costruzioni influire sul rilancio economico del Paese? «Indubbiamente. Ridare ossigeno alle costruzioni, avviando tutti i cantieri possibili, da quelli per le piccole e medie opere agli interventi per l’edilizia scolastica fino ai Piani casa 1 e 2, non solo significa salvaguardare migliaia di imprese e di lavoratori di un settore che ha sempre trainato il Pil del
Paese, ma anche ottenere un importante effetto anticiclico e di rilancio dell’economia. A mio parere siamo a un punto importante di svolta. Abbiamo due possibilità: sfruttare questo momento per fare quelle riforme che l’Italia attende da tempo soprattutto nel campo delle infrastrutture e dell’edilizia abitativa, modernizzando il Paese, oppure tamponare le emergenze, ma senza riuscire a creare le condizioni per tornare a crescere». TOSCANA 2010 • DOSSIER • 191
3.000 6.000
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ARRIVI
DOTTORI
ISCRITTI
LAUREATI
Immatricolazioni ai corsi di laurea triennale e i corsi di laurea specialistica a ciclo unico
I laureati ogni anno all’Università di Siena
Il numero orientativo dell’immatricolazioni all’Università di Firenze
I neo dottori dell’Università di Firenze nel 2008
Gli atenei toscani
Razionalizzare mantenendo la qualità L’università italiana ha bisogno di essere riformata: la razionalizzazione e la riqualificazione dell’offerta formativa sono divenute ormai delle priorità, come sottolineano i rettori delle università di Firenze e Siena, ma nel campo della ricerca i due poli universitari hanno già raggiunto ottimi risultati Nike Giurlani
Sopra, il rettore dell’Università di Firenze Alberto Tesi
università è da sempre al centro del dibattito italiano, tanto più adesso che il ddl del ministro Gelmini apporterà cambiamenti radicali. Fino agli anni Cinquanta erano pochi gli studenti che potevano permettersi di proseguire gli studi. Risultato: numeri contenuti e una qualità decisamente superiore a quella attuale, insegnanti molto esigenti, pochi corsi di studio e ben delineati. Dagli anni Sessanta le porte delle università hanno iniziato ad aprirsi a tutti, ma questa crescita spesso non è stata accompagnata da un buon livello qualitativo, anzi, hanno cominciato a proliferare corsi e discipline, non sempre supportati da programmi rigorosi. Con le riforme Berlinguer e Moratti, inoltre, sono stati istituiti 5.000 corsi di laurea. In questo aggrovigliarsi di corsi, materie e programmi si arriva al 2009 e alla battaglia intrapresa dal ministro Maria Stella Germini di riformare l’università italiana, che rispetto a quelle straniere, ha perso prestigio e fama, basti pensare alle pesanti bocciature ricevute quest’anno dal Times higher education, la classifica delle migliori università del
L’
mondo, in cui nessuna università italiana compare tra i primi 100 posti. Per incontrarne una bisogna scendere fino al 174esimo posto, dove si posiziona quella di Bologna. C’è bisogno di adeguare le università italiane agli standard e alle strutture di tutto il mondo per tornare a essere competitivi. Se i cambiamenti organizzativi risultano ormai indispensabili, sul piano culturale possiamo però vantare numerose eccellenze. «L’ateneo fiorentino – sottolinea il rettore Alberto Tesi – rappresenta, nel contesto nazionale italiano, una delle più grandi organizzazioni per la ricerca e la formazione superiore. A conferma di quest’affermazione stanno i risultati della valutazione del sistema universitario nazionale – alla base della distribuzione su criteri qualitativi di una quota dei finanziamenti ministeriali – che vedono la nostra Università ai primi posti della classifica, ottenendo il 4,3% del contributo totale previsto». Anche chi sta risentendo di una grave sofferenza finanziaria, come l’Università di Siena, «sta lottando con tutte le sue forze» per garantire un buon livello formativo, come spiega il rettore Silvano Focardi. «Pur in questo ❯❯ TOSCANA 2010 • DOSSIER • 195
FORMAZIONE
LA PAROLA AGLI STUDENTI
A
d analizzare la realtà universitaria di Firenze, dal punto di vista degli studenti, è Giovanni Donzelli (nella foto), presidente nazionale Azione universi-
taria e del Fuan di Firenze. «Lo stato attuale dell’università fiorentina è in evoluzione. C’è stato un cambiamento al vertice e speriamo che questo porterà significativi miglioramenti, rimediando agli errori che sono stati registrati in passato». L’offerta formativa «dal punto di vista culturale è molto valida, basti pensare – prosegue Donzelli – che ogni anno i ricercatori dell’ateneo possono vantare numerose pubblicazioni su riviste di grande prestigio scientifico». L’anello debole, come purtroppo in molti altri atenei italiani, sono i professori. «Sempre più spesso gli studenti non riescono a contattare i loro docenti, perché non si fanno mai vedere a lezione o durante gli orari di ricevimento. Senza generalizzare, è evidente che molti professori si occupano di più attività e il titolo accademico finisce per essere solo un surplus da mettere nel biglietto da visita o un motivo di vanto all’interno della società». Gli studenti fuori sede lamentano anche affitti troppo elevati e non tutti sono tutelati da un contratto regolare. Per quanto riguardo la riforma Gelmini, Donzelli non ha dubbi «il ministro deve proseguire con decisione e coraggio sulla strada intrapresa: introduzione del merito nella selezione dell’apparato docente, taglio degli sprechi e razionalizzazione delle risorse. Ovviamente, però, è giusto non far mancare all’Università i finanziamenti di cui avrà bisogno alla luce dei nuovi cambiamenti».
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❯❯ quadro, la nostra capacità di ricerca rimane forte e le statistiche evidenziano ottime performance relative alla capacità di registrare brevetti e alla produzione scientifica, in cui Siena si colloca nelle posizioni di vertice a livello nazionale». L’ateneo fiorentino può invece vantare «il posizionamento, ormai da dieci anni, fra i primi quattro atenei italiani per l’ammontare complessivo dei finanziamenti per i Progetti di ricerca d’interesse nazionale (Prin) e per la partecipazione crescente ai programmi internazionali, in particolar modo quelli dell’Unione europea» prosegue il rettore Tesi. Questi due poli universitari sono quindi in grado di fornire una
buona preparazione ai propri studenti. «Per quanto riguarda la didattica, oltre che la preparazione dei docenti, possiamo mettere in campo la nostra esperienza nell’organizzazione, che si avvantaggia anche di numerosi servizi, gestiti in parte dall’Ateneo stesso e in parte dall’Azienda regionale per il diritto allo studio» come evidenzia il rettore Focardi. Entrambi rettori si sono trovati d’accordo sulla necessità di razionalizzare e di riqualificare l’offerta formativa. «A questo proposito credo sia utile migliorare le relazioni con gli Enti locali territoriali – spiega il rettore Tesi tanto più preziose in un quadro di generale contrazione dei finanziamenti nazionali, anche
Gli atenei toscani
Sotto, il rettore dell’Università di Siena Silvano Focardi
ai fini del trasferimento sul sistema territoriale delle innovazioni generate dalla ricerca, un’attività che è sempre più richiesta alle università e che l’ateneo fiorentino vuole incrementare». Anche il rettore di Siena è sulla stessa lunghezza d’onda e nonostante la crisi finanziaria stanno «lavorando molto soprattutto nell’ambito della ricerca per ampliare i contatti con le imprese e con il territorio, per riuscire a mantenere i risultati raggiunti e anche per ampliare i nostri obiettivi, cercando al contempo di continuare a offrire opportunità ai giovani. In questo senso abbiamo attivato con la Regione Toscana, attraverso finanziamenti europei, sia pro-
getti di ricerca sia numerose borse per i giovani ricercatori, in molti casi tra università e aziende». Durante il corso di studi e nel post laurea viene dato ampio spazio all’incontro tra studenti/neolaureati e il mondo del lavoro. Sia l’Università di Firenze che quella di La nostra capacità di ricerca Siena hanno quindi istituito «il rimane forte e le statistiche Placement Office che è l’ufficio evidenziano ottime performance che rappresenta l’interfaccia tra i giovani laureati e le aziende – nella registrazione di brevetti spiega Focardi – gestendo e at- e nlla produzione scientifica, tivando tutte le procedure re- in cui Siena si colloca in posizioni lative all’inserimento in imdi vertice a livello nazionale prese, enti pubblici e privati, in Italia e all’estero. Inoltre, il Placement Office si occupa della gestione e dell’attivazione di stage in aziende per i tirocini curriculari e per i tirocini di ❯❯
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FORMAZIONE
ALLA NORMALE DI PISA SI PREMIA IL MERITO
L
a Toscana vanta la presenza di uno dei centri di formazione e ricerca tra i più rinomati in Italia: la Scuola Normale Superiore di Pisa. Nata su decreto napoleonico il 18 ottobre 1810, la scuola, come ci spiega il direttore Salvatore Settis (nella foto), «consiste nell’ammissione per solo merito». Direttore, cosa s’intende per Scuola Superiore Universitaria? «Si tratta di un’istituzione che ha una personalità giuridica indipendente votata alla preparazione di studenti meritevoli. Questo è il minimo comune denominatore, ma ci sono notevoli differenze dall’una all’altra delle sei scuole superiori universitarie attualmente riconosciute dal ministero dell’Università e della ricerca. E questo perché il modello della Scuola Normale Superiore, che è di gran lunga il più antico, non è stato mai replicato per intero e si basa sull’ammissione per solo merito, tramite un concorso altamente selettivo, con una doppia
iscrizione degli allievi alla Scuola e all’ateneo cittadino. Viene inoltre garantita la gratuità completa della formazione e della residenzialità, in un percorso di studio caratterizzato da corsi di laurea e dal dottorato di ricerca». A differenza degli altri atenei, i docenti sono molto presenti all’interno della Scuola Normale, vivono a stretto contatto con gli studenti. Quali sono i principali vantaggi? «Nei nostri corsi il rapporto tra docente e allievi è di 1 a 10/12, per cui il professore non solo tiene le lezioni, ma praticamente è un “tutore” dello studente, i corsi hanno una forma seminariale, con momenti di discussione in cui intervengono gli allievi stessi». Qual è il numero degli studenti che trovano lavoro dopo la laurea? «I nostri allievi, in genere, proseguono il percorso di studi con il dottorato di perfezionamento. Il 70% circa trova lavoro nel mondo dell’università e della ricerca, e il 30% in al-
tri contesti come banche, società di consulenza, case editrici e organismi istituzionali». La scuola promuove anche rapporti con le aziende, enti, associazioni durante e nel post laurea? «La Scuola ha istituito nel 2004 un servizio di placement che cura tra l’altro la progettazione e realizzazione di tirocini e percorsi professionalizzanti in enti e aziende, in Italia e all’estero, sia per gli allievi in corso, sia per quelli che hanno concluso gli studi. Questo consente ai normalisti di arricchire il proprio curriculum formativo con esperienze qualificanti, acquisendo una conoscenza diretta del mondo. Inoltre, viene messa in pratica l’efficacia e la trasferibilità del metodo di lavoro acquisito in Normale». Molte sono le iniziative promosse ogni anno dalla Scuola Normale che vanno ad arricchire l’iter classico del percorso di studi. Qualche esempio? «La nostra stagione concertistica. Siamo la
❯❯ orientamento e formazione post laurea, nonché delle procedure relative a stage previsti all’interno di corsi di master, scuole di specializzazione, moduli professionalizzanti, corsi di perfezionamento e/o di aggiornamento». Entrambe hanno poi aderito al «Progetto FIxO, Formazione e innovazione per l’occupazione, il programma promosso e sostenuto dal ministero del Lavoro, della salute e delle politiche sociali – prosegue Focardi – e attuato da Italia lavoro, agenzia tecnica dello stesso Ministero, che si proponeva di favorire lo sviluppo di un efficace modello d’integrazione tra università e sistema produttivo». Oltre a 198 • DOSSIER • TOSCANA 2010
instaurare rapporti finalizzati allo svolgimento di stage in azienda da parte degli studenti, l’ateneo fiorentino partecipa a diverse manifestazione in accordo con la Confindustria di Firenze, la Camera di Commercio e la Provincia di Firenze. È stato inoltre siglato un accordo con Confindustria Firenze per promuovere appositi incontri di orientamento per studenti delle scuole superiori. Anche l’università di Siena ha firmato «un accordo quadro di collaborazione con Confindustria Toscana Sud per rafforzare il legame tra imprenditoria territoriale e università. Circa il 75% dei neolaureati dell’Università di Siena viene
Gli atenei toscani
prima università italiana a organizzare, ormai da 43 anni, un ciclo di concerti di altissimo livello musicale, principalmente classica, ma con appuntamenti che spaziano anche nel Novecento o che risalgono al Medioevo. Poi ci sono “I venerdì del direttore”, una serie di lezioni svolte da personalità di primo piano del mondo della cultura, delle scienze, del giornalismo. Poco tempo fa per esempio Roberto Saviano ha tenuto una conferenza seguitissima sulla criminalità. E con Saviano stiamo preparando, per marzo, un ciclo di 4 lezioni sempre sulla criminalità destinato a 40 studenti. Si tratta di momenti che contribuiscono ad allargare il normale orizzonte di studio di un allievo». Perché uno studente dovrebbe scegliere la Scuola Normale di Pisa? «La Normale è un luogo che non trasmette solo nozioni, ma che insegna un modo di affrontare la conoscenza che è poi applicabile in tutti i contesti. Uno dei normalisti più il-
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ALL’ESTERO Il numero degli studenti dell’Università di Siena che partecipano al progetto Erasmus
553 ERASMUS numero degli studenti dell’Università di Firenze che partecipano al progetto in Erasmus
lustri, Carlo Azeglio Ciampi, spiegò una volta che studiare filologia classica, come fece lui in Normale, e ricoprire il ruolo di governatore della Banca d’Italia e di presidente della Repubblica, come gli capitò nella vita, è esattamente la stessa cosa. Intendeva dire che in tutti i contesti in cui si trovò ad operare applicò sempre il metodo di lavoro ac-
inserito in attività di tirocinio o praticantato in aziende della Toscana e il 30% dei giovani che hanno svolto queste attività sono stati impiegati all’interno delle stesse aziende toscane» conclude Focardi. All’Università di Firenze il tasso di occupazione più alto, pari all’89%, è registrato nella facoltà di Medicina e professioni sanitarie, seguito da Scienze della formazione, con un tasso di occupazione dell’81%. Favorire il lavoro è importante, ma lo è anche incentivare gli scambi tra i Paesi dell’Unione europea e infatti «l’internazionalizzazione è uno degli obiettivi su cui abbiamo lavorato di più negli ultimi anni – spiega
quisito in Normale, cioè la capacità di ragionare su tutti gli aspetti in maniera accurata. Un metodo sempre più importante in una società come quella attuale in cui le realtà cambiano velocemente e le nozioni ricevute in qualsiasi campo hanno un’obsolescenza sempre più rapida, mentre lo spirito critico non invecchia mai».
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L’ateneo fiorentino rappresenta, nel contesto nazionale italiano, una delle più grandi organizzazioni per la ricerca e la formazione superiore. Lo confermano i risultati della valutazione del sistema universitario nazionale in cui l’Università è ai primi posti della classifica
Focardi - ottenendo buoni risultati, anche se occorrerebbe poter fornire un maggiore supporto finanziario agli studenti che scelgono di compiere parte del loro percorso all’estero. Nell’anno 2008/2009 abbiamo avuto 295 studenti in Erasmus, di cui 30 hanno scelto l’Erasmus Placement e 137 la mobilità extra Erasmus per attività di studio e ricerca». I dati
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più recenti dell’Università di Firenze registrano, invece, per l’anno accademico 2008/2009, 553 studenti in uscita verso altre università europee e 1.177 studenti Erasmus in arrivo dall’estero, mentre per quanto riguarda l’Erasmus placement, per l’anno accademico 2008/2009, sono stati 65 gli studenti fiorentini che hanno svolto il tirocinio.
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MERCATO IMMOBILIARE
Seconde case, al mare e di pregio «Il mercato della compravendita non cambierà perché la Versilia rimane un punto di riferimento turistico importante per la sua posizione strategica, e i prezzi, anche in momenti di crisi, riescono a tenere bene». Ivo Rovai, vicepresidente Fiaip Lucca analizza l’andamento del mercato delle seconde case in Versilia Renata Gualtieri
l mercato delle seconde case sta attraversando una fase di rallentamento consistente più o meno in tutta Italia. Le quotazioni hanno fatto registrare una flessione del 7,1% in linea con quella del mer-
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Sopra, Ivo Rovai, vicepresidente Fiaip Lucca
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cato residenziale. Questa contrazione è stata comunque abbastanza generalizzata, per quel che riguarda le diverse regioni e i target di mercato. Si è, infatti, notevolmente ridotta la disponibilità di spesa media per l’acquisto di una seconda casa. In questi ultimi anni, a seguito della crisi mondiale, si è di fatto ristretto il numero delle famiglie interessate all’acquisto della seconda casa. Molti sono i nuclei familiari che, avendo una minor disponibilità di risparmio, a fronte degli effetti negativi sul reddito e sui consumi, hanno utilizzato il risparmio accumulato esclusivamente per sostenere il proprio tenore di vita. «Per queste persone – dichiara Ivo Rovai, vicepresidente della Federazione italiana agenti immobiliari professionali della provincia di Lucca – la combinazione degli effetti della crisi su stipendi e risparmi familiari e il mante-
nimento di un livello dei prezzi immobiliari ancora elevato, anche se oggi in leggero calo, hanno imposto la rinuncia all’acquisto dell’abitazione o per lo meno il suo rinvio a tempi considerati migliori». «Ad acquistare la seconda casa – continua il vicepresidente – sono rimaste le famiglie del ceto medioalto o chi ha ereditato immobili, che poi ha venduto, reinvestendo il capitale nell’acquisto di immobili nella nostra zona, oppure chi ha acquistato grazie al rientro dei capitali dall’estero attraverso lo scudo fiscale». Per il 2010 si prevede un leggero miglioramento per le compravendite a uso residenziale, con particolare attenzione alle aree centrali delle città, mentre nelle zone semicentrali e periferiche il mercato potrebbe mantenersi sostanzialmente stazionario. «La clientela – precisa Rovai – oggi è molto più esigente e cerca un immobile in zone
Versilia
sempre più residenziali e di pregio, quanto più adatto alle proprie possibilità e che sia preferibilmente in ottime condizioni e ben accessoriato. Sono richiesti in numero maggiore appartamenti di taglio medio, tra i 60 e gli 80 mq e, seppure in minor misura la scelta ricade su ville grandi con piscina, villette a schiera o bifamiliari». Le previsioni L’andamento del mercato locale delle compravendite con ogni probabilità non subirà un pericoloso cambiamento perché la Versilia è da sempre un punto di riferimento turistico importante, preferito ad altre località per la
sua posizione strategica e i prezzi che, anche in momenti di crisi, riescono a tenere bene. «Siamo appena agli inizi della prenotazione per la vacanza estiva 2010 ed è difficile capire come andrà
quest’anno. Attualmente – sottolinea – qualche cliente dello scorso anno ha ricon- Sopra, la cittadina Castiglione fermato, ma bisognerà vedere didella Pescaia. nei prossimi mesi come an- Nella pagina drà. Le richieste che ci arri- successiva, Forte dei Marmi vano sono in minima parte per periodi lunghi e se ne registrano molte di più per periodi brevi, fino a un massimo di 15 giorni, con numerose preferenze per appartamenti o villette accessoriate e arredate molto bene, dotate di posto auto, piscina, giardino, grande terrazza vivibile, e situati tutti in una posizione quanto più possibile vicino al mare. Questo per quanto riguarda Viareggio e Lido di Camaiore mentre per Forte dei ❯❯ TOSCANA 2010 • DOSSIER • 203
MERCATO IMMOBILIARE
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La clientela è sempre più esigente e cerca l’immobile in zone residenziali e di pregio, possibilmente in ottime condizioni e ben accessoriato. Sono richiesti soprattutto appartamenti di taglio medio
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PREZZI DI VENDITA 2009 Versilia - Forte dei Marmi Є /mq per un’abitazione in buone condizioni Fronte mare Minimo
12.000 16.000
Massino Zone interne Minimo
7.000
Massino
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12.000
❯❯ Marmi e Marina di Pietrasanta vengono richiesti periodi più lunghi». I prezzi rimangono sostanzialmente gli stessi degli anni passati. Il mercato della Versilia, per la sua disposizione geografica, varia da comune a comune e i valori sono diversi a seconda della posizione, ma nonostante ciò la seconda casa, salvo casi particolari, ha tenuto di fronte alla crisi. «Il calo dei prezzi – precisa Rovai – nel 2009 è risultato di circa il 7%. Ciò è dovuto a una diminuzione della domanda e a una maggior offerta di immobili presente sul mercato, con un numero di compravendite concluse in diminuzione rispetto agli anni passati». Le zone privilegiate rimangono sempre quelle vicino al mare, sulle
colline e nelle città d’arte. «La Fiaip – spiega il vicepresidente – attraverso i suoi associati, ha partecipato a vari eventi sia locali che nazionali e internazionali, come la Bit Milano e il Salone immobiliare di Firenze, al fine di promuovere gli immobili della Versilia per l’acquisto e per la locazione turistica». La Versilia quanto ad andamento del mercato immobiliare può essere paragonata a città come S. Margherita Ligure, Porto Rotondo e Tropea, tutte realtà turistiche dove i prezzi degli immobili risentono poco della fase di stallo dell’economia. Per la fascia immobiliare medio alta poi la crisi è davvero relativa. Quella degli immobili di lusso rimane una tipologia molto apprezzata da clienti stranieri e da molti personaggi dello spettacolo e dello sport. In questo settore la diminuzione delle compravendite è assolutamente molto meno sentita.
Versilia
Il mercato del lusso tiene Quotazioni e andamento delle compravendite delle seconde case nel territorio toscano secondo l’ufficio studi della Gabetti Property Solutions Renata Gualtieri
Porto Santo Stefano, nonostante le quotazioni siano diminuite, si registra uno stallo del numero di compravendite, perché le controfferte dei potenziali acquirenti sono nell’ordine del 15-20%, e vengono spesso declinate dai proprietari. Molto apprezzati sono i casali toscani risalenti agli anni 60 e prima metà degli anni 70. Il segmento di clientela che si indirizza verso Ansedonia e Porto Ercole è decisamente elevato. Le quotazioni fronte mare vanno dagli 8 ai 10 mila euro al mq, mentre nell’interno si va dai 5 ai 7 mila. Ville di 5-6 camere con 12 posti letto si affittano a luglio-agosto a 20 mila euro al mese, ma si possono raggiungere i 35 mila per soluzioni con 8-9 camere, finiture di gran
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qualità e discesa al mare privata. Le zone più rinomate sono Sbarcatello, Poggio Calvello, le Cannelle, Cala Piccola e Cala Grande. Una flessione delle quotazioni si registra anche all’Elba, dove i tempi medi per vendere un immobile, oscillano da 6 a 8 mesi. Chi vuole acquistare una seconda casa è disposto a spendere circa 200 mila euro. Fra le zone più richieste Marina di Campo, Marciana Marina, la Biodola, Procchio e le spiagge di Capoliveri. I top price si raggiungono in zone come la Biodola-Forno, dove per un signorile ristrutturato si spendono fino a 6.000 euro al mq. Gli sconti sul prezzo iniziale sono di solito nell’ordine del 12%. La clientela è soprattutto toscana e settentrionale e fra gli stranieri soprattutto te-
deschi e olandesi. Flessione dei prezzi e dei volumi transati a Cecina, dove si cercano soluzioni indipendenti con giardino. Prezzi elevati a Marina di Castagneto Carducci dove per il signorile ristrutturato si spendono fino a 5.000 euro al mq. I compratori sono in prevalenza fiorentini, senesi e pisani e in misura inferiore lombardi, laziali e piemontesi. A Forte dei Marmi, il mercato è molto esclusivo, è cresciuta l’offerta di ville in vendita, portando a un allungamento dei tempi di vendita e durata delle trattative. Si cerca la particolarità dell’immobile e della posizione. In questo mercato sono presenti anche i russi, pronti a spendere cifre superiori a quelle normali. Si stanno costruendo delle ville bifamiliari a meno di un km dal mare con piscina a cifre dai 3 ai 5 milioni di euro. Secondo Giorgio Lazzaro, amministratore delegato Gabetti Agency e direttore di Santandrea, nuova filiale aperta a Firenze che presidia un’area fondamentale nel panorama degli immobili di pregio, recenti studi e ricerche dimostrano che, in un momento sicuramente non facile, il mercato del lusso ha saputo comunque mantenere valori superiori a quelli degli altri segmenti immobiliari.
2.500 EURO
È il prezzo minimo al mq per la vendita di un’abitazione fronte mare a Capoliveri
3.000 EURO
È il prezzo minimo al mq per la vendita di un’abitazione fronte mare a Marciana Marina
5.000 EURO
È il prezzo minimo al mq per la vendita di un’abitazione fronte mare a Cecina Mare
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PROGETTAZIONE
Storia e paesaggi il doppio vincolo dei progetti moderni Proposte progettuali lontane dall’omologazione dell’esistente. Sempre alla ricerca di linguaggi contemporanei e in costante aggiornamento normativo, gli architetti del Laboratorio Poliziano attuano un integrale ripristino dei valori storici immobiliari Luca Amelia
In alto e nella pagina a fianco in basso, render del complesso dell’ex ospedale San Cristofano di Montepulciano. Nella pagina a fianco in alto, facciata del Resort Poggio alla Sala in Montepulciano; seguono esterno piscina e particolare del soffitto - info@laboratoriopoliziano.com
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l nostro quotidiano si esprime mediante un costante aggiornamento normativo, e una proposta progettuale che, lontano dall’omologazione dell’esistente, ricerca linguaggi contemporanei». È questo il pensiero dell’architetto Doriano Della Giovampaola. L’impronta progettuale del suo studio è da sempre orientata verso un’attività che, partendo dall’elaborazione burocratica, arriva alla direzione lavori passando, anche, attraverso l’arredo urbano. «La parte urbanistica – spiega il socio, l’architetto David Margheriti – è sempre stata importante per gli sviluppi delle fasi progettuali. Piani di recupero e piani particolareggiati hanno sempre avuto una parte rilevante
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Nuovi linguaggi
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L’impostazione sofisticata di Villa Poggio alla Sala, unita a un difficile cambio di destinazione d’uso, in resort, ha comportato la ricerca di una decisa riorganizzazione degli spazi
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nella nostra attività». Con gli anni questo tipo di specializzazione si è sempre più affinata. «Importanti realizzazioni di tipo turistico ricettivo – continua Della Giovampaola – si sono affiancate alla progettazione di beauty farm, ristoranti, negozi e abitazioni di prestigio. Realizzazioni di parchi verdi e piscine in ambiti storici suburbani si sono sommati a interventi di riqualificazione urbana in aree ed edifici dismessi». «Tra i progetti – spiega David Margheriti – spicca quello sulla riqualificazione del complesso dell’ex ospedale San Cristofano di Montepulciano. Il risultato è un edificio dove tutto quello che sembra essere semplice, è il frutto di un lavoro complesso». Ma c’è dell’altro. «Sot-
toposto al doppio vincolo storico-paesistico – puntualizza Della Giovampaola – questo progetto ha rappresentato un banco di prova importante per il contrasto tra l’antico e il moderno». Inoltre, fra i progetti realizzati, figura il recupero del complesso storico di Villa Poggio alla Sala. «Si pone su un piano intermedio tra la riqualificazione urbana e il progetto paesaggistico». L’impostazione sofisticata, unita a un difficile cambio di destinazione d’uso, in resort, ha comportato la ricerca di una decisa riorganizzazione degli spazi. «Abbiamo attuato un integrale ripristino dei valori storici immobiliari e, contemporaneamente, utilizzato nuovi linguaggi nelle parti del Parco e delle zone wellness». TOSCANA 2010 • DOSSIER • 207
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EDILIZIA
Il giusto compromesso tra ingegno e natura Adattare un luogo alle necessità funzionali cui dovrà rispondere, non sempre induce al ricorso di espedienti tecnologici. Un’analisi strutturale, insieme a curiosi stratagemmi offerti dalla natura del luogo, può costituire la chiave per conseguire un’opera ad hoc. L’esperienza di Carlo Succi Adriana Zuccaro
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ono innumerevoli e disparate le strategie operative che, attraverso interventi di ingegneria e architettura, utilizzano le risorse di un ambiente naturale evitando accuratamente che questo venga contaminato dalla contemporanea controtendenza tecnologica. Edificare una struttura da “incastonare” tra i magici paesaggi delle colline Chianti, per l’ingegnere Carlo Succi, esperto del professionismo toscano nel settore dell’edilizia pubblica e privata, significava studiare le potenzialità del luogo e ottimizzarne l’utilizzo per il fine preposto: ad esempio, la realizzazione della nuova cantina per l’azienda agraria dei marchesi Mazzei di Fonterutoli, Castellina in Chianti, Siena, eseguita in stretta collaborazione con lo studio Mazzei architetti. «Durante le prime fasi di costruzione era innanzitutto fondamentale appurare la fattezza del terreno su cui realizzare la fondazione – spiega l’ingegnere Succi –: riscontrata la necessaria compattezza del terreno, sono stati quindi impostati gli elementi che caratterizzano l’intera struttura, ovvero colonne di circa 80 centimetri di diame-
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Potenziare i luoghi
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La cantina Mazzei è sovrastata da un grande piazzale sorretto da colonne equidistanti 12 metri, a loro volta sormontate da una soletta di circa 60 centimetri
tro che al piano interrato si distanziano le une dalle altre di 6 metri, mentre al piano superiore l’interasse è di 12 metri». La cantina vera e propria, destinata allo stivaggio dei tini da uva e dei barriques, è collocata al piano interrato, a circa 15 metri di profondità rispetto alla superficie del terreno: «grazie alla naturale temperatura che la cantina raggiunge, non è stato necessario l’apporto di alcun impianto tecnologico ma, piuttosto, si è ritenuto opportuno evidenziare l’af-
fascinante vena d’acqua che improvvisamente scrosciava dalla parete rocciosa». L’ingegnere Succi, professionalmente attivo già negli anni Cinquanta nella progettazione, costruzione e ristrutturazione di edifici non solo pubblici, durante la realizzazione parietale della cantina Mazzei su indicazione dell’architetto Mazzei, ha quindi utilizzato la curiosa scoperta dell’acqua quale escamotage “estetico”, lasciando la roccia a vista e “ritagliando” la costante cascatella dentro un ri-
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In apertura, panoramica interna della barriccaia della cantina Mazzei. In alto, il piazzale; in basso, un particolare degli interni. La realizzazione della struttura è stata curata dall’ingegnere Carlo Succi in collaborazione con gli ingegneri Caliterna e Romiti dello studio Succi di Firenze www.mazzei.it c.succi@virgilio.it
quadro finestrato alto quanto la parete. La cantina è inoltre sovrastata da un grande piazzale la cui portata di carico è stata debitamente collaudata. «Sorretto dalle colonne equidistanti 12 metri sormontate da una soletta di circa 60 centimetri, il piazzale è stato attraversato da quattro autotreni con rimorchio caricati di sabbia: il risultato quindi, assolutamente ottimale, non ha lasciato dubbi sulla resistenza dell’intera struttura di accesso alla cantina». Tra le altre numerosissime opere realizzate dall’ingegnere Succi nel corso della sua lunga carriera, «la struttura del policlinico Santa Maria Le Scotte di Siena avrebbe dovuto seguire un progetto particolarmente difficile soprattutto per la scarsa compattezza del terreno su cui si interveniva e per l’utilizzo del calcestruzzo, presto risultato inadeguato. Come spesso capita, bisognava quindi studiare una strategia che eliminasse la problematica empasse: l’idea di bagnare dall’alto il calcestruzzo risultò sorprendentemente efficace perché il conglomerato ricominciò a fare presa fino ai limiti richiesti dalla normativa vigente in quegli anni». TOSCANA 2010 • DOSSIER • 209
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SPAZI URBANI
Interpretare il tessuto urbano La realtà urbanistica italiana presenta non poche aree dismesse. E Prato «per la sua caratteristica di essere una “città fabbrica”, possiede enormi potenzialità di conversione di aree industriali dismesse in risorse per i cittadini». L’esperienza di Franco Bertazzini Adriana Zuccaro
Da sinistra, l’architetto Franco Bertazzini e i colleghi: il geometra Manuela Izzo, l’architetto Carmine Di Giorgio e il geometra Daniel Tinti studioarchitettura@bertazzini.it
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on c’è oggetto architettonico che sia libero da contaminazioni esterne, talvolta amalgamanti, altre invece poco conciliatrici. Ricercare l’essenziale equilibrio tra gli elementi spaziali e le funzioni che questi sono chiamati ad assorbire, è compito della coscienza creativa del progettista. «Alla base di qualsiasi progetto, che sia di edilizia residenziale o di ristrutturazione, di recupero o di riqualificazione urbana, l’architetto deve riuscire a conseguire l’armonia tra l’uomo e l’ambiente nel quale vive. Occorrono capacità ideativa e sensibilità artistica ma soprattutto, una profonda passione». Tra identità creativa, bagagli della tradizione e attualità globalizzante, il “fare architettura” di Franco Bertazzini non segue alcun rigido stilema o congettura
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progettuale. «Non esiste un modello predefinito. Cerco di essere un recettore sensibile di qualsiasi stimolo che ricevo da ciò che mi circonda. Leggo e interpreto ciò che un luogo o un oggetto esprime per poi elaborarlo. Per questo, tutto ciò che la cosiddetta “globalizzazione” offre, è per me un’affascinante risorsa di spunti di riflessione sull’architettura: li filtro e li declino in rapporto alle mie radici culturali e alle risposte che di volta in volta devo dare attraverso un progetto». Quando poi l’intervento architettonico diviene fondamentale per la correzione delle incongruenze del tessuto urbano, l’architetto Bertazzini non può fare a meno di rilevare la crescente complessità raggiunta dalle città italiane. «I progetti di riuso di aree o di edifici dismessi, cercano di evolversi con questa realtà. Sia nella fase dell’analisi
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Riqualificazione
In queste pagine, prospetti e panoramica del complesso Abatoni, ex area industriale, di Prato, recuperata su progetto curato dall’architetto Bertazzini
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Ogni preesistenza racconta una storia: occorre non smettere mai di affinare gli strumenti per leggerla approfonditamente e per scriverne una nuova pagina che non stravolga le precedenti
www.matteocolla.it
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preventiva che richiede una sempre maggiore interdisciplinarità di competenze, sia nelle risposte progettuali, innumerevoli e fortemente diversificate». Ogni contesto, ogni preesistenza racconta una storia: «occorre non smettere mai di affinare gli strumenti per leggerla approfonditamente e per scriverne una nuova pagina che non stravolga le precedenti». È questo il principio che ha guidato l’impegno professionale dell’architetto Bertazzini nel recupero dell’area degli Abatoni, uno storico mulino in seguito ampliato per la sistemazione di fabbriche tessili. Il progetto denominato “Cittadella” ha riguardato il risanamento e la riqualificazione urbanistica dell’area industriale dismessa: «Un complesso residenziale “aperto”, nato dal restauro del mulino di epoca medievale, dotato di una piazza di uso pubblico, di una
strada commerciale al suo interno e di un adiacente parco urbano di circa un ettaro che invece di chiudersi alla città dietro la solita delimitazione condominiale diviene un punto di riferimento per l’intero quartiere». Il complesso degli Abatoni rappresenta un esempio delle possibilità di recupero di aree dismesse a Prato che «per la sua caratteristica di essere una “città fabbrica”, possiede enormi potenzialità di conversione di aree industriali dismesse in risorse per i cittadini». Per centrare tale obiettivo però, in linea con l’esperienza dell’architetto Bertazzini, «sarebbe opportuno che le amministrazioni comunali, dato il forte potere contrattuale che possiedono in fase di elaborazione degli strumenti urbanistici, imponessero una maggiore attenzione alla qualità degli spazi pubblici». TOSCANA 2010 • DOSSIER • 211
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INGEGNERIA
La scommessa di un nuovo N dinamismo L’entrata in vigore di nuove normative che hanno modificato alcuni aspetti del settore dell’ingegneria contemporanea ha rappresentato un sostanziale mutamento della figura professionale. L’ingegnere Luciano Marradi spiega come Nicolò Mulas Marcello
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egli ultimi anni l’attività professionale dell’ingegnere ha subito una significativa evoluzione. Si è dovuta confrontare infatti con una serie di novità normative, quali «l’abrogazione dei minimi tariffari, l’equiparazione della professione ad una qualunque attività di servizi, l’obbligo di gara per le commesse pubbliche», che, in linea all’esperienza dell’ingegnere Luciano Marradi, portavoce dello Studio Tecnico Associato Euro Studio Ingegneria, «hanno trasformato in modo radicale il rapporto fra i professionisti e gli altri soggetti del sistema economico». L’articolazione dell’offerta dei servizi di ingegneria ha evidenziato uno spiccato dinamismo soprattutto per quell’area di professionalità legata alle piccole organizzazioni quali, ad esempio, le micro-imprese professionali e gli studi associati. Ciò che però più colpisce dell’evoluzione della professione negli ultimi dieci anni, è la nascita di numerosi e nuovi profili di libera professione. I giovani professionisti appaiono sempre più concentrati sulle nuove frontiere dell’ingegneria, domanda di servizi particolarmente sostenuta nelle aree di forte concentrazione industriale. In altri termini, soprattutto nelle aree dei distretti industriali, compaiono attività professionali non tradizionali in vari settori dell’ingegneria. Si sta di fatto assistendo
a una modifica epocale del settore. L’ingegnere infatti non viene più invocato come il consulente “una tantum” per la realizzazione di specifici progetti, ma viene chiamato come un vero e proprio consulente stabile dell’impresa, come avviene già per altre figure professionali quali l’avvocato e il commercialista. «Questa trasformazione – sostiene l’ingegnere Marradi – può e deve, anche se questo giudizio non è condiviso da una parte di colleghi, trasformarsi in un’occasione di crescita del mondo della professione e fare da traino a una crescita complessiva di tutto il settore dell’edilizia». Il professionista, oltre a mantenere intatte le sue peculiarità di prestatore di opera intellettuale, dovrà trasformarsi in operatore economico capace di creare un valore aggiunto nel processo di produzione. «La creazione di questo valore aggiunto – continua Marradi - passa attraverso la capacità di offrire al committente un servizio integrato che, oltre alla classica attività di progettazione, comprenda anche l’integrazione fra le varie attività specialistiche, una gestione complessiva della commessa che controlli ogni fase con strumenti e procedure tali da garantire l’assoluto rispetto dei costi e dei tempi di realizzazione previsti». Questo tipo di servizio integrato è da sempre venduto dalle grandi multinazionali dell’ingegneria a clienti, altrettanto grandi, in
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Evoluzioni
A sinistra, edificio polifunzionale a Incisa Val d’Arno (FI). Sotto, illustrazioni utilizzate per la progettazione di un polo commerciale a Reggello (FI). In apertura, l’ingegnere Luciano Marradi, dello Studio Tecnico Associato Euro Studio Ingegneria euros@dada.it
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Nelle aree dei distretti industriali, compaiono attività ingegneristiche non tradizionali. Si assiste a una modifica epocale del settore
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grado di pesare il valore aggiunto che hanno acquistato. «Proporre questo tipo di servizio al clientecommittente tipico della piccolamedia struttura professionale non è altrettanto semplice. L’esperienza maturata negli anni ha evidenziato, fra questi operatori, un atteggiamento abbastanza diffuso di scarsa fiducia nel professionista». Questo atteggiamento di diffidenza è stato prodotto anche dal mondo delle professioni, che non sempre è stato in grado di offrire prestazioni adeguate. Casi emblematici a riguardo sono le previsioni di costo iniziali completamente diverse dai consuntivi finali, i tempi anche di svolgimento della prestazione non rispettati, progetti incompleti e non integrati, con costi aggiuntivi in fase di realizzazione. «La scommessa quindi, è di riuscire a dare, e fare accettare, questo tipo di prodotto anche ai clienti delle piccole e medie strutture professionali. L’esperienza ci ha dimostrato che, il periodo di crisi che l’industria delle costruzioni sta attraversando, facilita la vendita di questo prodotto». L’allontanamento dal settore di
tutta una serie di operatori improvvisati e la ricerca della qualità, rendono quindi vincente questo approccio nel rapporto fra il committente e il professionista. «Grazie alla capacità di fornire questo tipo di servizio, negli ultimi anni siamo riusciti a realizzare importanti interventi, con piena soddisfazione nostra e del cliente». È largamente diffusa l’impressione che oggi molti optino per la libera professione, per la consulenza anche in settori non perfettamente ingegneristici e si orientano verso una professionalità che non si limita alle classiche attività di progettazione, spaziando invece, in nuovi settori in cui la professionalità degli ingegneri è molto richiesta quali, la sicurezza e la qualità, ai quali si affiancano le nuove attività legate alle tematiche dell’ambiente in generale e del settore informatico. «Da molti anni, anche prima delle riforme normative sopra richiamate, il nostro studio ha impostato la propria attività cercando di strutturarsi in modo tale da poter offrire un servizio che andava oltre la classica prestazione professionale». TOSCANA 2010 • DOSSIER • 213
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ESIGENZE CONTEMPORANEE
Tradizione e avanguardia L’ecosostenibilità è un principio figlio del Ventesimo secolo. Ma coniugarlo all’antica cultura dell’edilizia rurale è comunque possibile perché, dal progetto alla direzione lavori, per l’architetto Lucia Masini «anche la tradizione può essere avanguardia» Adriana Zuccaro
In foto, l’architetto Lucia Masini, esperta in ristrutturazione edilizia e urbanistica. Il render illustra un suo progetto per un nuovo edificio abitativo a Certaldo (FI) - lucia.masini@tiscali.it
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l connubio che la tradizione architettonica istaura con le esigenze della contemporaneità urbana pone all’opera non solo il progettista e gli operatori addetti all’edificazione, ma diverse e specifiche competenze che dall’ingegneria spaziano fino alla geologia. Per rendere comprensibile il ruolo dell’architetto e dei tecnici che supportano la realizzazione di un’opera, l’architetto Lucia Masini, esperta in ristrutturazione edilizia e urbanistica, in restauro e piani urbanistici attuativi, impegnata anche nel mondo del volontariato e nella politica, si avvale del motto “la luna non brilla se il sole non la illumina”. Come progettista e direttore lavori, l’architetto Masini segue infatti e coordina ogni parte di un progetto partecipando personalmente anche alle fasi di verifica operate da altri professionisti e assumendo quindi il ruolo di project manager. In provincia di Firenze, nella campagna pianeggiante ubicata ai margini del centro urbano di Certaldo, l’architetto Masini dirige il cantiere di un progetto destinato a rappresentare «un piccolo ma importante passo nell’edilizia residenziale civile, nonché un concreto tentativo di stimolare le coscienze verso una diversa cultura del costruire e dell’abi-
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tare protesa al risparmio energetico». Il progetto, ispirato all’architettura spontanea della cultura contadina che bene ha caratterizzato il nostro territorio rurale, è fondato sui principi di ristrutturazione urbanistica e prevede la costruzione di un nuovo edificio abitativo che ospiterà tre alloggi da terra a tetto. «Anche i particolari architettonici, dalle logge al piano terra alla scala esterna, dalla copertura alla gronda in legno e mezzane di cotto, ripropongono elementi recuperati e ispirati alla tradizione rurale toscana». Il valore della luce naturale per una migliore vivibilità degli spazi d’abitazione e un effettivo risparmio energetico è ottenuta mediante le portefinestre che consentono al fruitore dell’alloggio, anche da quote diverse, una percezione e integrazione con l’intorno. «Grazie alle varie tecniche di costruzione e all’annullamento dei ponti termici, l’edificio raggiungerà dei livelli di coibentazione termica superiore ai minimi di legge, gli impianti per la climatizzazione saranno realizzati del tipo ad alta efficienza e sfrutteranno energie rinnovabili. Nell’insieme, involucro edilizio e impianti daranno vita a un fabbricato ecosostenibile dimostrando che anche la tradizione può essere avanguardia».
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ESTETICA E FUNZIONE
Oggetti eco-intelligenti Un consumo più consapevole. Si dovrebbe applicare costantemente, per tutto ciò che utilizziamo durante le nostre giornate. Soprattutto se pensiamo all’acqua, così preziosa e così facilmente sprecata. Una soluzione può arrivare direttamente dal rubinetto Simona Cantelmi
urare un prodotto significa essere attenti alla sua durevolezza, alla pulizia formale e alla perfezione di ogni dettaglio sia funzionale che estetico. Senza dimenticare l’attenzione all’ambiente, che non deve rappresentare solo un concetto astratto, ma oggi deve realmente concretizzarsi nella creazione dell’oggetto. «Il ciclo di produzione di un oggetto deve assolutamente essere rispettoso dell’ambiente e portare a un consumo più consapevole» afferma l’ingegner Fabio Cavallini, amministratore delegato delle Rubinetterie Toscane Ponsi. «Per questo abbiamo creato una nuova linea di rubinetti eco-intelligenti, la Ecopower, con l’intento di far risparmiare acqua ed energia grazie a due tecnologie innovative, due funzionalità fuse in un unico prodotto, per questo due volte più ecologico». Una possibilità in più per risparmiare acqua durante le semplici attività di ogni giorno. «La funzionalità Eco permette di ottimizzare e ridurre il consumo quotidiano grazie a uno speciale “doppio scatto” del miscelatore, che all’apertura presenta una leggera resistenza pari
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al 50% di portata idrica. Questa quantità di acqua rappresenta l’erogazione sufficiente per il normale bisogno quotidiano: si evitano così inutili sprechi, lasciando con un ulteriore gesto volontario la possibilità di rafforzare il getto al 100% per ogni extra prestazione desiderata. La funzionalità Power consente invece, nel gesto abituale di apertura, l’immediato funzionamento del rubinetto “a temperatura ambiente”». Si tratta di un meccanismo semplice e funzionale. «La nuova posizione centrale di Ecopower, con sola rotazione a sinistra del miscelatore, evita la spesso involontaria richiesta di acqua calda in accensione, eliminando così inutili sprechi di energia e riducendo il funzionamento degli impianti termici, da oggi in condizione di avere una maggiore efficienza e una durata più lunga. Spostando volontariamente a sinistra la leva del miscelatore, si comincia quindi a richiedere l’afflusso di acqua calda. Per ogni esigenza specifica è comunque prevista la possibilità di ripristinare la miscelazione tradizionale senza sostituire il rubinetto». Tale progetto ha ottenuto la European Patent
Pending for Design and Technology. «Con questo oggetto, concepito e assemblato anche con l’intento di renderlo durevole ed esteticamente piacevole – conclude l’ingegner Cavallini - abbiamo voluto rispondere concretamente alle nuove esigenze di risparmio e riduzione delle emissioni atmosferiche».
In alto, articolo di Ponsi Rubinetterie. Sotto, l’ingegner Fabio Cavallini info@ponsi.it
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REATI AMBIENTALI
È ora di fermare gli ecofurbi Il settore ambientale può essere turbato da alcuni fenomeni non comuni ad altri ambiti. Quali l’attività di società miste, di cooperative consulenti e smaltitrici e degli “ecofurbi”. Lucia Moggi e Francesco Macrì spiegano i problemi “nascosti” che affliggono il settore dello smaltimento dei rifiuti Carlo Gherardini
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iverse sono le problematiche che affliggono il settore ambientale. Spesso, i piccoli privati che operano nel ramo sono costretti ad affrontare situazioni non comuni in altri ambiti. In particolare, trasportatori e smaltitori, ma anche tecnici liberi professionisti, possono entrare in competizione con le cosiddette “società miste”, pubblico/privato, che operano nel ramo ambientale e che possono permettersi di non preoccuparsi
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di eventuali perdite di bilancio, in quanto potrebbero ripianarle anche con capitali non provenienti esclusivamente dalla specifica gestione dei rifiuti bensì da altri fondi, ad esempio statali. «Questo tipo di realtà è presente anche in Toscana– spiega Lucia Moggi della Moggi Smaltimenti di Pontassieve -. Esistono, inoltre, società miste che hanno come socio privato le associazioni di categoria dei lavoratori e che offrono agli associati pacchetti completi di servizi (buste paga, finanziamenti, consulenza e smaltimento rifiuti, ecc.) e sono autorizzati, così come espressamente, per loro, specificato dalla normativa vigente, a tenere le relative scritture dell’amministrazione dei rifiuti, a differenza di quanto consentito a studi professionali con esperienza ben più convalidata nel tempo». Anche in tali casi, eventuali scarsi rendimenti economici potrebbero essere coperti dai risultati del “pacchetto completo” che può assorbire la perdita di una delle sue diverse componenti. Il regolare andamento del mercato è a volte turbato anche dall’attività in campo ambientale delle cooperative, quali ad
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L’allarme sociale
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Un’inquietante conseguenza del traffico illecito di rifiuti, è l’alto tasso di inquinamento dei terreni che vengono considerati terreni da riutilizzare, magari a fini agricoli
La ditta Moggi Smaltimenti di Pontassieve ha acquisito l’Autorizzazione Integrata Ambientale già nel 2007 www.moggismaltimenti.it
dei trasportatori. «Proprio in base alla loro originaria connotazione – continua il dottor Francesco Macrì, Responsabile Tecnico della ditta, le cooperative non sempre hanno una storica affermazione professionale, tuttavia si trasformano in nuovi consulenti ambientali, attivi sul mercato a volte anche grazie a qualche conoscenza nell’amministrazione locale che “consiglia” queste realtà a chi ne ha bisogno, come ad esempio ai destinatari di ordinanza di bonifica, magari anche grazie a comuni “simpatie”
politiche». L’elevato numero di clienti così acquisiti con facilità permette, a chi già usufruisce di agevolazioni fiscali, di applicare prezzi più bassi rispetto a quelli normalmente praticati dai vari studi tecnici. Potrebbe quindi verificarsi, per assurdo, anche il mancato rispetto dei minimi tariffari imposti dai vari ordini professionali. Spesso accade che la cooperativa consulente e smaltitrice, che dapprima determina la qualità e la quantità di inquinanti presenti in un determinato sito, sia lo stesso soggetto che effettua poi la bonifica del medesimo sito. «Siamo consapevoli che la deontologia professionale è ormai solo un ricordo del passato – incalza Francesco Macrì-, ma sarebbe comunque moralmente corretto, anche oggi, evitare la commistione tra la professione e lo smaltimento dei rifiuti». Un altro problema che investe il settore è rappresentato dai cosiddetti “ecofurbi”, soggetti che hanno già collezionato diverse condanne e che, nonostante tutto, continuano ad operare nell’ambiente gestendo traffici illeciti di rifiuti. «Un’inquietante
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conseguenza del traffico illecito di rifiuti, è che terreni con alto livello d’inquinamento, anche grazie alla complicità di professionisti analisti dalla dubbia onestà, vengono trattati come terreni da riutilizzare, magari a fini agricoli. Nonostante i tantissimi problemi che affliggono il nostro mercato, noi, piccoli e privati, resistiamo. Anzi in un clima di recessione economica generale, anche essendo in circa 20 addetti, abbiamo assunto diverse nuove unità lavorative in controtendenza con l’andamento dell’occupazione». Questo risultato, per la Moggi Smaltimenti, è ancora più importante perché connesso a una politica aziendale gestita a livello familiare ricca di attenzione e interesse verso tutti gli aspetti della società. «L’anno scorso – conclude Lucia Moggi – abbiamo trasformato oltre 10.000 tonnellate di rifiuti in materia prima seconda per le aziende siderurgiche. Inoltre, abbiamo dato nuova vita ai componenti delle varie apparecchiature elettriche ed elettroniche dismesse grazie al nostro impianto, anche se piccolo, destinato al trattamento dei RAEE». TOSCANA 2010 • DOSSIER • 219
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SMALTIMENTO RIFIUTI
La tracciabilità contro l’abusivismo Punire chi pratica abusivismo nel settore dei rifiuti è spesso difficile. Christian Romolini, titolare della ditta di smaltimento rifiuti Romfer Corporation srl spiega come il nuovo sistema di controllo SISTRI può arginare questo problema Nicolò Mulas Marcello
abusivismo nel settore dello smaltimento dei rifiuti è un problema largamente diffuso in tutta la penisola. Nello specifico esistono vere e proprie ditte individuali che operano in questo ambito senza le relative autorizzazioni. Spesso si possono incontrare per strada autocarri fatiscenti che si recano presso officine o carrozzerie in cerca di rottami da ritirare. La legge vieta l’acquisto di rottami senza il relativo formulario che accompagna i rifiuti. Questa pratica oltre a essere illegale arreca un danno alle aziende autorizzate. Basti pensare che nella provincia di Prato e Firenze sono presenti circa una trentina di aziende regolari abilitate al ritiro di rottami. Per esse l’obbligo è quello di rispettare regole molto severe, spese ingenti per l’iscrizione all’albo nazionale gestori di rifiuti e tutto ciò che riguarda le leggi in materia di previdenza sociale. «Gli abusivi – come sostiene Christian Romolini titolare della ditta Romfer Corporation Srl - ricoprono un ruolo dan-
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noso perché sottraggono lavoro per oltre il 70% alle aziende sane. È una piaga sociale che penalizza tutti». I controlli spesso non ci sono o vengono in qualche modo raggirati. «Presto entrerà in vigore anche nella nostra regione il SISTRI (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti), un meccanismo che permetterà di tracciare e individuare in tempo reale tutti i movimenti di qualsiasi rifiuto a partire dal produttore, al trasportatore e infine al destinatario, monitorando il tutto con meccanismi informatici dotati persino di gps applicati su ogni veicolo che seguirà tutta la filiera rifiuti». Il trasportatore scambierà i dati di prelievo del rifiuto dal produttore il quale tramite una chiave usb identificherà trasportatore e destinatario. Una volta arrivato a destinazione il trasportatore inserirà il dispositivo nel proprio sistema per confermare che il trasporto è terminato. «Un servizio che all'inizio potrà sembrare un po’ complicato, specialmente per le piccole imprese, ma sicuramente sarà un intervento radi-
cale che mirerà a combattere radicalmente attività illecite legate al mondo dei rifiuti». Questo servizio costituirà un modo per certificare in maniera ufficiale i passaggi dei rifiuti e renderà più semplici i controlli da parte delle istituzioni. «I controlli spesso vengono fatti agli impianti che nonostante tutto non possono impedire di scaricare i rifiuti agli abusivi in quanto al momento della consegna sono considerati a tutti gli effetti produttori dei loro rifiuti e quindi tutelati dalla legge. Il vero controllo andrebbe fatto per strada attraverso accertamenti incontrovertibili».
La Romfer Corporation srl opera a Firenze e Prato romfercorporationsrl@libero.it
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