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NUOVI STRATEGHI

LA NUOVA ERA DELLA CONSULENZA In un’epoca di cambiamento, anche il mondo della consulenza si evolve. Pensare al lavoro e stare vicini alle imprese è un must. «Perché solo quando le imprese ripartiranno, ripartirà anche la consulenza». Parola di Giorgio Spanio Sarah Sagripanti

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Giorgio Spanio

n esploratore sul mercato, in grado di captare opportunità di business che fanno fare il salto di qualità alle imprese o ne rafforzano la presenza sul mercato, ma anche un professionista di fiducia, che non abbandona l’impresa nel momento del bisogno, cercando di indirizzarla verso la scelta migliore quando le cose non vanno poi tanto bene. Questo è l’avvocato d’affari, il consulente sempre più indispensabile alle imprese. E questo è Giorgio Spanio, socio fondatore dello studio Pirola Pennuto Zei & Associati, uno dei più importanti d’Italia. Nel corso della sua carriera ha seguito numerose operazioni straordinarie, al fianco di importanti realtà industriali e creditizie. Come quando, racconta, riuscì a «comprare e vendere un’azienda nello spazio di quarantotto ore». Un vero affare per il suo cliente e una grande soddisfazione professionale per lui. Anche oggi che la crisi mondiale ha ridimensionato le aspettative delle imprese sul mercato, imponendo a molte una ristrutturazione indispensabile se vogliono sopravvivere – «in questo periodo sto seguendo tre aziende che devono essere accompagnate verso la procedura di concordato preventivo», confessa – Giorgio Spanio non perde l’entusiasmo per il suo lavoro. Al contrario, con la fiducia di chi è consapevole del valore aggiunto che può offrire, è convinto che sia questo il momento giusto per stare al fianco degli imprenditori. «Perché l’imprenditore è come un amico, che non va mai abbando-

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Giorgio Spanio, avvocato specializzato in diritto contrattuale e societario, M&A e diritto sportivo. È socio fondatore dello studio Pirola Pennuto Zei & Associati

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NUOVI STRATEGHI

nato, viepiù nel momento del bisogno». per affrontare il mercato. A patto che

Soprattutto in questo momento, il compito precipuo per un consulente è stare al fianco delle imprese, aiutandole a venir fuori dalle secche in cui si sono impigliate

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Secondo la sua esperienza, quali sono le aziende che riusciranno a emergere da questo momento di difficoltà? «Sopravvivranno quelle aziende che, prima di tutto, hanno un business valido, che magari ha solo bisogno di essere riorganizzato, ma che nei suoi fondamentali funziona. E poi riusciranno a resistere le imprese capitalizzate o che dispongono di patrimonio, perché per ristrutturare c’è bisogno di denaro. Denaro che può venire dalle banche o dalla cessione del patrimonio aziendale ad investitori». Si è parlato molto di stretta creditizia delle banche nei confronti delle imprese. Lei cosa ne pensa? «Sicuramente una volta le banche assumevano un margine di rischio superiore ed erano più propense a investire sulla clientela. Salvo qualche eccezione, oggi invece la preoccupazione è accertare che l’impresa dia sufficienti garanzie di restituzione del capitale, oltre che degli interessi. Le banche hanno paura a incrementare le fonti di rischio, perché temono che il 2009 sia un anno ancora complicato». Sotto questo punto di vista, come stanno reagendo le imprese venete, rispetto ad altri territori? «Il Veneto ha un numero di aziende molto elevato e ovviamente il contraccolpo sul territorio è stato importante. Per quanto bravi siano gli imprenditori del Nord Est, e lo sono veramente, una crisi di queste dimensioni non se l’aspettavano. Però non dimentichiamo che nel 2001, quando si è passati dalla lira all’euro, dopo un paio d’anni in cui sono stati disorientati, gli imprenditori hanno saputo immediatamente riorganizzarsi per far fronte a quella rivoluzione copernicana e nel 2003-2004 sono ripartiti alla grande. Probabilmente oggi, ancora una volta, molte aziende sapranno riorganizzarsi e ristrutturare il loro business

quest’ultimo trovi presto una nuova spinta, anche da parte dei governi». Tra le aziende italiane sembra diffusa la propensione a chiedere l’intervento di un consulente solo nel momento del bisogno, quando la situazione è ormai compromessa. Manca una visione strategica più compiuta? «In Italia è difficile che il consulente venga sentito dall’imprenditore nei tempi e nei modi giusti rispetto al problema che deve affrontare. Però questo approccio sta lentamente cambiando, sulla scia di costumi già da tempo consolidati nei Paesi anglosassoni». Come è cambiato, alla luce della crisi, il rapporto tra consulente e imprenditore? «Soprattutto in questo momento il compito precipuo per un consulente è stare al fianco delle imprese, con le quali per anni in passato ha stabilito un rapporto


Giorgio Spanio

FUSIONI E ACQUISIZIONI Giorgio Spanio ha seguito importanti operazioni strategiche. Su un mercato, quello padovano, che si conferma punto di riferimento finanziario per il Triveneto

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fiduciario, per aiutarle a venir fuori dalle secche in cui si sono impigliate. L’advisor non può sottrarsi alla lotta nei momenti difficili. Deve essere lui il primo ad andare incontro alle mutate esigenze delle aziende». Come si traduce questo in termini pratici? «Credo che in questo momento non si debba guardare all’aspetto economico, ma al lavoro. Rimanendo a fianco del-

l’impresa in questa situazione di crisi il professionista sta facendo un investimento per il futuro. Perché quando il mercato ripartirà l’imprenditore saprà dare quelle soddisfazioni, anche di carattere economico, che oggi, per motivi che esulano dalla sua volontà, non può dare. Il consulente deve investire sul cliente, anche aiutandolo circa gli oneri di consulenza, come a sua volta l’imprenditore investe sul professionista. Quando il mio studio aprì nel Triveneto iniziammo a proporre un nuovo modo di impostare il rapporto di consulenza. Molti non lo conoscevano e quindi anche le imprese, in un certo senso, hanno investito su di noi, partendo dal presupposto che potevano avere qualcosa in più o di diverso rispetto al passato. Oggi sarebbe ingiusto da parte nostra abbandonare quegli stessi imprenditori perché in difficoltà». Quali sono le qualità per fare questo lavoro? «Tanta abnegazione e spirito di sacrificio. Quando si fa consulenza a un determinato livello si deve rinunciare quasi del tutto ai propri spazi personali. Una volta l’avvocato stava nel suo studio e riceveva il cliente che aveva un problema da risolvere. Oggi siamo diventati dei professionisti con la valigia, sempre pronti a intervenire e ad assistere ovunque il cliente». L’università italiana dà una preparazione adeguata per formare profes-

ra le ultime operazioni seguite, Giorgio Spanio ha assistito la società Compometal Srl, nell’acquisizione del ramo d’azienda della Fondver (impianti, macchinari e 205 dipendenti), società controllata al 100% dal Gruppo Biasi e operativa nel settore della fusione di caldaie a radiatori in ghisa destinate al mercato dell’edilizia. Più di recente, l’avvocato si è occupato, insieme al collega Davide Rubino, dell’acquisizione da parte del gruppo italiano Iniziative Generali ’96 Spa di una quota rilevante della società Kolonel d.d. di Maribor (Slovenia), che occupa circa 22mila dipendenti e ha un giro d’affari complessivo di 3,3 miliardi di euro.

sionisti che reggano il confronto anche a livelli internazionali? «I professori delle nostre università sono bravi e offrono una preparazione molto ampia ai loro allievi. Da questo punto di vista, un professionista italiano è più completo rispetto ai colleghi, per esempio, anglosassoni. Ricordo quando trattai un importante contratto per conto di un soggetto italiano la cui controparte era una multinazionale americana. Mentre io rappresentavo il cliente da solo, dall’altra parte del tavolo mi ritrovai cinque avvocati, ognuno competente per poche clausole del contratto. È la specializzazione portata all’eccesso e io su questo non sono d’accordo, perché un professionista deve saper fare un contratto, ma anche seguire la fase patologica di quest’ultimo». VENETO 2009 • DOSSIER • 19


L’INCONTRO

In politica scelgo il lavoro non l’apparenza Da qualche mese alla guida della Provincia di Venezia, Francesca Zaccariotto da subito si è messa al lavoro per affrontare i tanti temi all’ordine del giorno del suo nuovo mandato. Con un obiettivo: “fare sintesi” tra le varie istanze dei diversi Comuni. E una certezza: evitare la «tela di Penelope» Federica Gieri

avorare affinché lavoratori e imprese siano pronti a ripartire quando l’economia riprenderà» è la priorità. Ma i dossier sul tavolo di Francesca Zaccariotto, presidente (da una manciata di mesi) della Provincia di Venezia, sono tanti. Da Porto Marghera alle infrastrutture. Dal turismo alle eccellenze «troppo spesso trascurate» da valorizzare. La sua cifra è un verbo: lavorare. «Il nostro modo di amministrare – spiega – è fondato sui fatti». Quello del centrosinistra su «ideologie e parole». Il suo arrivo nella roccaforte rossa di palazzo Ca’ Corner ha suscitato clamore. Una svolta. Anche perché della Lega Nord. Il ministro delle Politiche agricole, Luca Zaia, l’ha paragonata alla Lady di ferro inglese, ma lei si schermisce: «Ringrazio della gentilezza, ma il paragone è eccessivo. Sono sindaco di un comune di 40mila abitanti (San Donà di Piave, ndr) e presidente della Provincia, ma la Thatcher è stata per un decennio premier di uno dei più importanti Paesi al mondo». Conscia del peso della sua affermazione,

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Dallo scorso giugno Francesca Zaccariotto è presidente della Provincia di Venezia

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tuttavia, non eccede. Al suo insediamento, promette: «Non si vuole far la tela di Penelope, distruggendo ciò che di buono è stato costruito». Pragmatismo in Laguna, ma equilibrato. «Troppo spesso – chiarisce con una stoccata a sinistra – le amministrazioni accantonano ciò che le altre hanno fatto, ritenendosi uniche portatrici di soluzioni miracolose. È uno dei mali della politica, soprattutto dei partiti di sinistra che coltivano l’idea che solo loro siano onesti,


Francesca Zaccariotto

Tratteremo con ogni Comune, dal più piccolo al più grande, realizzando una sintesi di tutte le potenzialità. In Italia ci sono mille campanili, ma se nessuno si preoccupa di fare sintesi, salviamo le nostre particolarità senza diventare massa critica

intelligenti e culturalmente superiori. La somma di queste stupidità è stata che, ad ogni alternanza, la sinistra si è dedicata anima e corpo a cancellare quanto fatto in precedenza da altri. Per quanto mi riguarda, valuterò quali scelte si sono tradotte in reali benefici per la comunità. Quanto, invece, soddisfa solo interessi di parte o alimenta spese ingiustificate verrà gettato… in Canal Grande». Suo vicino di casa è il sindaco Cacciari, che ha salutato il suo arrivo, dicendo “Nei rapporti istituzionali tra Provincia e Comune non cambierà assolutamente niente”. «Mi pare più una battuta che una riflessione attenta rispetto al panorama politico nuovo prodotto con la nostra vittoria. Provi a riformulargli la domanda tra qualche mese e vedremo se sarà della stessa opinione». Come sarà la Provincia targata Zaccariotto? «Tratteremo con ogni Comune, dal più piccolo al più grande, realizzando una sintesi di tutte le potenzialità. In Italia ci sono mille campanili, ma se nessuno

si preoccupa di fare sintesi, salviamo le nostre particolarità senza diventare massa critica. Così si sperperano risorse in mille rivoli». In tema di campanili, ha mantenuto l’incarico di sindaco di San Donà. Riuscirà a gestire due poltrone così complesse? «Non sono ruoli impossibili da esercitare contestualmente, oltretutto sono complementari. Più si sale nella “scala” degli enti, minore è il contatto con i cittadini. Non è un bene: la politica diventa “Palazzo”. Il ruolo di sindaco mi permetterà di avere diretti riferimenti con il territorio, oltre a mantenere un contatto paritario con gli altri sindaci. Da presidente, farò sintesi del lavoro di base». Un doppio impegno molto intenso. «Non ho timori. Spesso tanti politici passano le giornate inseguendo questa o quella intervista secondo la logica “dell’apparire per esistere”. Compito di un politico è, invece, di lavorare, dare risposte ai cittadini. Mi creda, se si lavora il tempo che abbiamo è sufficiente». Quali saranno le priorità del suo mandato? «Ora le detta l’economia. C’è una crisi profonda che sta producendo effetti maggiormente negativi perché mina le sicurezze e modifica i comportamenti. Posto che ogni crisi per quanto grave avrà fine, il problema principale è lavorare affinché lavoratori e imprese siano pronti a ripartire quando l’economia riprenderà. Se c’è lavoro, c’è ricchezza. E se c’è ricchezza, c’è la possibilità d’investire nei settori che elevano la qualità della vita. Dalle infrastrutture all’ambiente, dalla scuola e al sociale, al turismo, su cui intraprenderò un’azione politica nuova di sviluppo». Quali soluzioni metterà in campo per aiutare le famiglie e le aziende? «Non c’è una ricetta. La sensazione è che si stia navigando a vista. Le istituzioni devono svolgere una funzione di salvataggio. Una cosa si dovrebbe però VENETO 2009 • DOSSIER • 25


L’INCONTRO

fare da subito: riportare un po’ di mo- zati: un porto che potrebbe tornare ad

Spesso tanti politici passano le giornate inseguendo questa o quella intervista secondo la logica “dell’apparire per esistere”. Compito di un politico è, invece, di lavorare, dare risposte ai cittadini

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rale, tagliando stipendi e benefit milionari e diminuendo in fretta i costi della politica». Porto Marghera. Quali le necessità? «È dal 1992 che si discute della sua crisi. Dopo 18 anni, le conclusioni sono: la politica ha solo parlato senza produrre nulla; i lavoratori hanno manifestato, ma sono rimasti a casa. Il problema non è quindi la crisi della singola azienda, ma cosa dovrà essere Porto Marghera tra vent’anni. Solo questa risposta ci permetterà di progettare dismissioni, nuovi insediamenti e soprattutto di evitare ai lavoratori di vivere in un quotidiano stato di precarietà. Per questo ci muoveremo per trovare le soluzioni migliori per le imprese, ora in difficoltà, e per coinvolgere Stato e Regione nella definizione delle scelte di medio e lungo periodo della Porto Marghera che verrà». Infrastrutture: quali interventi in cantiere? «Abbiamo una collocazione strategica e disponiamo di punti di forza a lungo trascurati o meglio non bene valoriz-

essere uno dei più importanti d’Europa, un aeroporto che è il terzo in Italia, la collocazione sul Corridoio 5. Lavoreremo per far sì che Regione e Stato definiscano, e calendarizzino, gli interventi necessari affinché i punti di forza possano diventare altrettanti motori dello sviluppo del Nord Est». Dopo le spine, le eccellenze. Quali sono? «La nostra provincia è tutta un’eccellenza: architettonica, storica, culturale e ambientale. La natura ci ha dato troppo e questo troppo spesso lo si è trascurato. Compito nostro e delle generazioni future sarà di recuperare il tempo perduto e lavorare affinché le eccellenze diventino la fonte principale delle opportunità per i cittadini». Come immagina tra cinque anni la “sua” provincia? «Ciò che avremo voluto che sia e in ragione dell’impegno che avremo profuso. I cittadini ci giudicheranno e lo faranno alla luce di ciò che vedranno e non più in base a chiacchiere o appartenenze».



QUALITÀ ITALIA

Il futuro dell’agricoltura passa dai giovani In controtendenza con la congiuntura economica, il Pil relativo al comparto agricolo si dimostra tenace. Il ministro Luca Zaia non ha dubbi. «Il settore può fare da traino all’economia». Ma occorre investire in innovazione, qualità e aggregazione. E sostenere i giovani che vogliono tornare alla terra Giusi Brega

na forte politica di razionalizzazione ha modificato radicalmente l’agricoltura veneta, rendendola tra le più produttive del Paese. Con i suoi circa 500 prodotti tipici, il Veneto è, infatti, tra i grandi leader dell’agroalimentare di qualità in Italia. Ma è necessario l’impegno di tutti affinché si continui a dedicare la massima attenzione a questo «comparto strategico dell’economia nazionale». Ciò significa portarlo a sistema rispetto ad altri settori economici, rendendo più proficuo il confronto fra il mondo agricolo e le istituzioni. In quest’ottica, il ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali Luca Zaia si è attivato per ridare al settore «il ruolo che merita» per permettergli di «svolgere una funzione di primo piano nell’economia». Un mondo agricolo «forte e competitivo» in grado di dare «un contributo determinante allo sviluppo». Ministro, quali sono i maggiori problemi che si trova ad affrontare il comparto e quali le linee strategiche da seguire per superarli?

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Luca Zaia, ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali


Luca Zaia

«La crisi finanziaria ci ha permesso di riportare al centro del dibattito i valori dell’agricoltura e dell’economia reale, dimostrando che il primo settore può fare da traino, in un momento in cui l’unico Pil in controtendenza è proprio quello agricolo. Siamo in prima linea per garantire la sicurezza alimentare ai nostri cittadini, con la lotta alle frodi e sofisticazioni, che ci ha visto intensificare il nostro sistema di controlli, promuovendo una sinergia tra le diverse forze dell’ordine. Ci siamo battuti in sede europea per portare a casa oltre 4 miliardi e 300 milioni di euro da investire in innovazione, qualità e aggregazione e in sostegno ai giovani che vogliono tornare alla terra». A questo proposito, sembra che i giovani abbiano voglia di tornare a lavorare la terra. «Stiamo assistendo a un cambiamento culturale: prima si diventava agricoltore per tradizione familiare, ereditando un pezzo di terra. Ora si sceglie questa professione, con maggiore consapevolezza e preparazione, con anni di studio alle spalle, e magari anche una laurea. Certo, rimangono grosse dif-

ficoltà, prima fra tutte l’eccessivo costo dei terreni. Il nostro compito è quello di sostenere l’imprenditoria giovanile con tutti gli strumenti a nostra disposizione. Abbiamo previsto, ad esempio, premi per le quindici migliori esperienze imprenditoriali giovanili in agricoltura, aiuti per i progetti migliori di ricerca da parte di piccole e medie imprese condotte da giovani imprenditori agricoli, borse di studio per giovani agricoltori che frequentino master universitari. Dobbiamo rassicurare le nuove generazioni che la terra oltre che costituire un’opportunità può offrire un futuro e anche molte soddisfazioni». Quali sono i prossimi punti della sua agenda? «Da quando sono al governo tutti i nostri sforzi sono concentrati a difendere il made in Italy. Sono convinto che la strada delle denominazioni sia quella migliore per difendere i nostri prodotti di qualità. Ma dobbiamo legare sempre più i nostri prodotti al territorio, salvaguardandone la loro specificità: la ricchezza delle tipologie costituisce il punto di forza della nostra economia. Un altro obiettivo è il confronto con il mercato, contribuendo alla creazione di una filiera tutta italiana. Nello stesso tempo siamo impegnati ad accorciarla, riducendo i passaggi, questo permetterà anche di contenere i prezzi al consumo». Tutelare i consumatori e produttori. Quali sono in concreto le iniziative in tal senso? «Mettiamo al primo posto la salute dei nostri cittadini, che significa poter scegliere prodotti rico-

80.476 UNITÀ

Il numero di imprese agricole attive iscritte al Registro delle imprese della Cciaa del Veneto

27,6 % EXPORT Il valore delle esportazioni di uva da vino coltivata in Veneto rispetto al totale nazionale

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QUALITÀ ITALIA

noscibili, con informazioni trasparenti. Per questo ci siamo battuti per varare il disegno di legge per il rilancio della competitività del settore agroalimentare, che prevede proprio l’obbligatorietà dell’origine in etichetta. È importante educare i consumatori a scegliere prodotti di qualità, legati al territorio e alla stagione. E questa operazione deve iniziare dalle scuole, coinvolgendo ragazzi e genitori. Stiamo promuovendo diversi progetti per distribuire frutta e verdura fresche di stagione nelle mense scolastiche, che stanno riscuotendo parecchio successo. Grazie al nostro impegno, l’Europa ha aumentato le risorse destinate all’Italia per attuare questo programma, da 9 milioni e mezzo di euro a oltre 15». Difesa dell’identità del territorio. Lei ha esortato gli italiani a consumare i prodotti del nostro Paese e di stagione. Come è stato accolto questo invito? «Gli italiani hanno aderito numerosi a questo invito. Hanno capito che i prodotti italiani non solo sono più buoni, ma anche più genuini e sicuri, perché sono immediatamente rintracciabili. Stiamo incentivando il consumo di prossimità, promuovendo i prodotti a chilometri zero e di stagione, che sono un grande aiuto per l’agricoltura locale permettendo nel contempo di tagliare sui prezzi finali. Abbiamo 4.500 produzioni tipiche e 178 prodotti di qualità che ci pongono al primo posto in Europa. Il valore aggiunto del nostro made in Italy è proprio la qualità, che ha reso unico il nostro patrimonio agroalimentare nel mondo». Insieme a Bossi e Tremonti sta portando avanti un progetto in tal senso. Come procede? «Siamo impegnati a varare in tempi brevi una riforma che dia terreni demaniali ai giovani agricoltori. Recupereremo terreni coltivabili che giacciono inutilizzati. Dobbiamo superare il gap costituito dai prezzi della terra, per consentire ai ragazzi che hanno la passione e le competenze necessarie di poter svolgere questo mestiere. Chi ama la terra e la conosce deve avere l’opportunità di avviare la propria azienda agricola. Recuperando questa terra riusciremo non solo ad aumentare la competitività della nostra agricoltura ma anche migliorare e qualificare il comparto occupazionale». 62 • DOSSIER • VENETO 2009



UNIONCAMERE

Imprese e infrastrutture motori del Veneto L’indagine Veneto Congiuntura del secondo trimestre 2009, pur confermando il segno negativo per tutti gli indicatori economici, lascia intravedere i primi segnali positivi. Il compito di Unioncamere Veneto, come assicura il presidente Federico Tessari, sarà quello di continuare a sostenere le imprese, assicurando la continuità dei flussi di credito e investendo nell’innovazione. Federico Massari

el secondo trimestre 2009 la produzione industriale, in Veneto, ha registrato una flessione del -19,5% rispetto al secondo trimestre 2008. Nel confronto con il trimestre precedente il livello produttivo ha evidenziato una lieve diminuzione del 1,6%. Secondo il parere del presidente di Unioncamere Veneto, Federico Tessari, le cause che hanno portato a questa flessione sono da ricercarsi esclusivamente nella grave crisi globale che ha colpito non solo il Veneto, ma tutto il sistema economico mondiale. «Il Veneto ha registrato un pesante rallentamento – spiega il presidente –. Credo però, che il periodo peggiore sia ormai alle spalle. Nei prossimi mesi dovremmo registrare un recupero». A questo punto non resta che vedere se questo recupero sarà veloce e generalizzato, oppure lento e

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differenziato fra i diversi settori produttivi. Ma c’è di più. Aggiunge Federico Tessari: «Le imprese venete stanno ancora attraversando un duro processo di selezione, di riorganizzazione e riqualificazione per essere pronte a ripartire, al termine della fase recessiva». Quali saranno nella regione Veneto i settori che pagheranno dazio a causa della recessione? «Tutti i settori hanno sofferto la crisi e non si possono fare distinzioni, ma l’importante è vedere la

Federico Tessari, presidente di Unioncamere Veneto


Federico Tessari

-12,9 % PREVISIONI Migliorano le previsioni degli imprenditori per i prossimi sei mesi. Per la produzione il saldo tra chi prevede un aumento e chi un calo è pari a -12,9%, a fronte del -27,6% del trimestre precedente

fine del tunnel. Sono moderatamente ottimista perché, una volta assorbito l’impatto negativo, già nei primi mesi del 2010 si evidenzieranno alcuni spiragli di ripresa, anche se questa sarà lenta e non riguarderà tutti i settori. Non c’è dubbio che, con una flessione del 19,5%, la produzione industriale sia l’indicatore più in affanno. Tuttavia le aspettative degli imprenditori per i prossimi mesi sono tendenzialmente positive, soprattutto per le microimprese che costituiscono la quasi totalità delle imperse venete». In un momento in cui la crisi dei mercati internazionali minaccia l’economia reale e le imprese avvertono difficoltà nell’accesso al credito, i territori devono reagire. Come far fronte a questo disagio per rimanere al fianco delle imprese? «Un ruolo cruciale è proprio quello svolto dalle banche. Gli istituti di credito devono valorizzare il loro radicamento nel territorio e, per farlo, devono venire incontro alle esigenze delle piccole e medie imprese. La situazione, rispetto alla fine del 2008 e ai primi mesi del 2009, fortunatamente è migliorata. Su scala nazionale abbiamo accolto con favore l’accordo per fare slittare di un anno il pagamento della quota capitale delle rate sui mutui e sui leasing mutui. Su scala regionale un plauso va

invece all’intesa siglata da Regione Veneto, Abi e banche di Credito cooperativo a sostegno del credito alle aziende, perché è giusto finanziare o agevolare i progetti industriali più meritevoli e fattibili. Infine, per quanto ci riguarda, Unioncamere del Veneto e le Camere di commercio hanno sempre fatto la loro parte per sostenere il sistema economico locale, hanno erogato negli ultimi dodici mesi almeno sette milioni di euro aumentando la dotazione dei fondi del capitolo del credito da destinare ai Consorzi di garanzia fidi». Come supportate il tessuto produttivo in materia di internazionalizzazione e per rilanciare l’export? «L’export è uno dei principali motori dell’economia veneta e, con oltre un terzo del totale, offre il maggior contributo alla formazione del Pil regionale. Il Veneto secondo gli ultimi dati disponibili, è al secondo posto fra le regioni italiane con oltre 145 miliardi di euro. Nel 2008 il Veneto ha registrato 51 miliardi di esportazioni e, proprio l’export sarà uno dei punti di forza della ripresa. Su questo fronte sono particolarmente attivi il Centro estero Veneto delle Camere di commercio, che promuove missioni internazionali per creare business e relazioni fra imprese venete e Paesi stranieri, e l’Eurosportello di Unioncamere del Veneto che accom-

-19,5% PRODUZIONE

La flessione della produzione industriale, rispetto al secondo trimestre 2008, stabilizzatasi sulla variazione negativa dei primi tre mesi dell’anno Fonte: Unioncamere, indagine VenetoCongiuntura, II trimestre 2009

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UNIONCAMERE

Sono moderatamente ottimista perché, una volta assorbito l’impatto negativo, già nei primi mesi del 2010 si evidenzieranno alcuni spiragli di ripresa, anche se questa sarà lenta e non riguarderà tutti i settori

pagna le imprese nella partecipazione ai programmi però, rimane la capacità di innovazione, la loro comunitari e ai relativi finanziamenti. Per beneficiare dei fondi europei a gestione diretta, oltre a progetti di qualità, serve infatti un soggetto veneto in grado di competere a livello internazionale e di vincere i progetti della Commissione europea». Quali sono attualmente i punti di forza dell’economia veneta e quali, invece, quelli di debolezza? «Ci sono almeno tre punti di forza. Innanzitutto l’internazionalizzazione del sistema produttivo. Il principale mercato di riferimento resterà la Germania, ma il Veneto dovrà essere pronto ad “aggredire” i mercati della nuova Europa, quelli più vicini e che possiamo presidiare meglio. Grande attenzione dovrà poi essere rivolta alla Federazione russa, il vero nuovo mercato di espansione per il manifatturiero. La forza principale delle imprese venete,

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creatività e la flessibilità. Sono le qualità che hanno portato il Veneto ai vertici mondiali di benessere e saranno le leve che ci permetteranno di uscire più forti da questa congiuntura negativa. Guardando alle criticità, le imprese venete scontano gli ancora ridotti investimenti in infrastrutture. Il nuovo Passante è solo il primo passo, ma resta incompiuta la realizzazione del Corridoio 5, la Pedemontana. Una regione manifatturiera come la nostra necessita di strade, autostrade e collegamenti efficienti anche di tipo immateriale, con un terziario avanzato. Un altro sensibile punto di debolezza riguarda i disservizi prodotti da una scarsa semplificazione burocratica. Ci attendiamo una burocrazia che diventi fattore di promozione per quelle imprese che hanno potenzialità di crescita, e capacità di reggere la sfida dei mercati».



CONFINDUSTRIA MALGRADO LA CRISI, IL VENETO STA DANDO PROVA DI SOSTANZIALE TENUTA. DA VERONA GIUNGONO SEGNALI DI MODERATO SOLLIEVO. VICENZA DEVE LA SUA COMPETITIVITÀ CHE LA INCORONA TRA LE PRIME PROVINCE ESPORTATRICI, ALL’INTERNAZIONALIZZAZIONE. PADOVA INVESTE SULLA GREEN ECONOMY COME FATTORE STRATEGICO DI SVILUPPO, MENTRE VENEZIA, CON I CALZATURIFICI DELLA RIVIERA DEL BRENTA, CONIUGA LA MINORE DIMENSIONE CON IL SAPER FARE MASSA CRITICA.


La voce degli industriali

Nella città dell’Arena più dinamismo e voglia di ripresa Oggi le aspettative per le aziende sono meno pessimistiche. E quasi la metà degli imprenditori è pronta a investire sul futuro. Quello di Verona è un territorio che guarda al rilancio, come spiega il presidente della Confindustria locale, Andrea Bolla Nera Samoggia

nche se è presto per affermare che la crisi è superata e la recessione è alle spalle, dalle imprese veronesi giungono segnali di moderato sollievo, e oggi le aspettative appaiono meno pessimistiche che nel recente passato. Lo rilevano i dati congiunturali di Confindustria Verona a consuntivo del secondo trimestre del 2009 e con le anticipazioni sul terzo. Le rilevazioni sul periodo aprile-giugno confermano i primi segnali di una cauta ripresa, o almeno di un rallentamento della fase recessiva più acuta. Rispetto al secondo trimestre 2008, la produzione segna un -10,4%, mentre tra gennaio e marzo registrava un ben più pesante 12,3%. Un’inversione di tendenza che avvalora le timide attese di recupero e conferma la solidità del sistema Verona, che nel confronto con il Veneto mostra un miglior dinamismo. «Il tessuto imprenditoriale veronese – commenta il presidente di Confindustria Verona Andrea Bolla – ha dimostrato come la varietà dei settori merceologici e la presenza di un alto numero di piccole e medie aziende consenta di affrontare i mercati nonostante la difficile fase congiunturale, mantenendo uno spazio di manovra, sia pure ristretto, e riuscendo a sostenere il territorio». Migliora anche l’andamento degli ordini, che dopo aver fermato la discesa a un -10,9% nel primo trimestre 2009 sono risaliti al -8,9% di aprile-giugno, mentre la media veneta si è fermata a un 16,8%. Qualche spiraglio anche sul fronte occupazione, che segna un calo del 2,4% sul 2008 ma dovrebbe migliorare nel terzo trimestre. Le aziende hanno utilizzato più cassa integrazione,

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Andrea Bolla, presidente di Confindustria Verona

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CONFINDUSTRIA I NUMERI DI VERONA Aziende registrate nel 2009 Percentuale di piccole e medie imprese Disoccupazione nel 2008 Esportazioni nel 2008 Importazioni nel 2008 Pil pro-capite nel 2008 Posizione in Italia

99.463 73,5% 3,8% 8,3 miliardi 11,9 miliardi 31.289 euro 15a

CONFINDUSTRIA VERONA 1542 aziende associate (+78% in 4 anni) con 62127 dipendenti Manifatturiere 58% Servizi 42% Il 75% ha meno di 50 addetti

ma Verona, rispetto al dato veneto, è tra le aree

che si sono fermate per meno ore. Per il terzo trimestre Confindustria Verona prevede che la lenta risalita possa proseguire: la produzione segnerà ancora un -6,5%, ma anche in questo caso la città farà meglio del Veneto, fermo al -13,8% della produzione. Aumentano le aziende che dichiarano un livello di liquidità normale, con il 47% che ritiene di poter investire nei prossimi 12 mesi. «Nonostante le severe prove e le difficoltà che le aziende stanno affrontando, combattendo ogni giorno contro una crisi profonda e globale, gli imprenditori dimostrano la volontà e la capacità di guardare avanti – aggiunge il presidente Bolla –. La loro determinazione non è mai venuta meno e Confindustria Verona farà come sempre la sua parte, rimanendo al loro fianco con sostegni concreti e proposte innovative per superare gli ostacoli e ripartire». Cresciuta fino a confermarsi un territorio di eccellenza nel panorama nazionale, Verona si è dimostrata in grado di difendere la posizione sui mercati. Anche se il terziario si sta sviluppando, il manifatturiero mantiene un forte peso e genera quasi un terzo del valore aggiunto del territorio. La collocazione geografica ha favorito lo sviluppo del polo logistico, incrementando l’interscambio con l’estero. I principali comparti sono agricoltura e alimentare, vino, chimica-farmaceu-

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tica, meccanica, marmo, carta-grafica e abbigliamento. Confindustria Verona, costituita nel 1945, riunisce le aziende attive in provincia e appartenenti ai vari settori manifatturieri e al terziario: un sistema industriale che riunisce 1542 aziende con oltre 62mila dipendenti. Il ruolo di Confindustria Verona, in un mercato in rapida evoluzione che esige la massima competitività, è rafforzare la ricerca e l’innovazione, migliorando le condizioni in cui operano le imprese, portando il sistema locale a livelli di eccellenza nei progetti e nei metodi.


La voce degli industriali

Vicenza international l’export “intelligente” «L’internazionalizzazione è ineluttabile, ma va assistita». Per questo, secondo Roberto Ditri, vicepresidente degli industriali vicentini, occorre verificare le potenzialità di un mercato e presentarsi in maniera opportuna, sfruttando il valore aggiunto del made in Italy Nera Samoggia

Roberto Ditri, vicepresidente di Confindustria Vicenza con delega all’internazionalizzazione

ompetitive perché sanno guardare oltre confine. «Uno dei fattori vincenti dell’industria vicentina è l’internazionalizzazione, che ci rende tra le prime, se non la prima, provincia esportatrice italiana. I fatti lo dimostrano, soprattutto nell’attuale congiuntura». Forte è, quindi, per Roberto Ditri, numero due di Confindustria Vicenza con delega all’internazionalizzazione, la vocazione all’export del territorio. «È un processo ineluttabile che, però, va assistito». Come è avvenuto per il consorzio di un gruppo di Pmi a Samorin, in Slovacchia? «Questo è un esempio delle nostre tante attività. Il nostro obiettivo è fornire soluzioni chiavi in mano, allestendo e urbanizzando un sito e preoccupandoci di risolvere a monte tutte le problematiche legali e burocratiche che le Pmi affrontano quando investono all’estero». Come si riorganizzano i processi industriali in chiave internazionale? «Il manifatturiero vicentino si è sviluppato attorno a piccole imprese, per lo più a gestione familiare, in grado di affrontare la globalizzazione con coraggio e inventiva. Doti che non sempre bastano, soprattutto quando si affrontano competitor con privilegi quali il costo del lavoro molto più basso o le agevolazioni pubbliche, che derivano dalla mancata armonizzazione delle regole. Oggi non si può più improvvisare, occorre verificare le potenzialità di un mercato e presentarsi in maniera opportuna, sfruttando il made in Italy, che è ancora un importante valore aggiunto».

C

Quali sono le richieste di chi opera all’estero? «Le nostre imprese cercano un interlocutore credibile. Il ruolo di Confindustria è duplice: di supporto e di stimolo. Quando verifichiamo l’esistenza di un’esigenza condivisa organizziamo iniziative mirate, alla cui partecipazione stimoliamo anche le industrie che potrebbero trarne giovamento. E poi c’è l’attività di networking che aiuta a trarre spunti da esperienze altrui. Il servizio estero è a disposizione delle aziende per le più svariate esigenze del business internazionale. Questo servizio è ancora più essenziale nella situazione congiunturale corrente». Come pensate di promuovere l’internazionalizzazione? E verso quali mercati? «Intanto abbiamo rafforzato il coordinamento tra gli enti a supporto, evitando inutili doppioni. All’estero dobbiamo presentarci uniti, come “sistema Italia”. Operiamo in prima persona come Confindustria Vicenza e Confindustria Veneto. Diamo un supporto concreto alla compagine nazionale nelle missioni di sistema, con Ice e Abi, per la promozione del made in Italy in accordo con le azioni del governo. Coordiniamo l’area internazionale del Club dei 15, un tavolo di lavoro nazionale dove prevale il settore manifatturiero. Dopo attente valutazioni abbiamo individuato nel Sud Est asiatico, nel continente sub-sahariano, nell’area mediterranea, dal Nord Africa al Medio Oriente, e nella Russia i mercati più promettenti e su questi ci stiamo concentrando, ottenendo riscontri molto favorevoli». VENETO 2009 • DOSSIER • 79


CONFINDUSTRIA

Dall’energia all’ambiente le aziende padovane scelgono un nuovo sviluppo Efficienza energetica, fonti rinnovabili, tecnologie ecocompatibili e modelli avanzati di organizzazione. Sono le strade maestre per nuove traiettorie di sviluppo. Il sistema Padova punta sul business verde, nel segno dell’innovazione. Francesco Peghin, alla guida degli industriali, illustra tutte le opportunità di questo settore Nera Samoggia

uarda lontano, al dopo crisi, Francesco Peghin, presidente di Confindustria Padova, che nella green economy vede un fattore strategico di sviluppo, un’arma per battere l’attuale congiuntura sfavorevole. «Questi periodi sono sempre stati occasione di innovazione. Le imprese sanno guardare avanti e vedere opportunità anche nelle peggiori difficoltà». Vale anche per l’industria padovana? «Sì, continua a reagire in modo sorprendente, nonostante la recessione sia lontana dal capolinea. Le prospettive sono di un autunno freddo e una ripresa rinviata al 2010. Nel secondo trimestre dell’anno, è rallentata la caduta dei principali indicatori, ma si è stabilizzata su livelli molto bassi, con la produzione in calo per due imprese su tre. Siamo consapevoli che la traversata sarà lunga e selettiva. Eppure il 62,1% conferma gli investimenti nei prossimi dodici mesi per innovare nel segno dell’ambiente, della qualità e dell’organizzazione del lavoro efficiente». Il business verde è la chiave di un nuovo mo-

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11%

RISPARMIO Il risparmio medio conseguito nel 2008 da Padova Energia per le 260 aziende mandanti

62,1% AZIENDE

La percentuale di imprese che confermano gli investimenti nei prossimi dodici mesi in tema di ambiente, qualità e organizzazione del lavoro

dello di sviluppo? «Sostenibilità ambientale, tecnologie ecocompatibili, fonti rinnovabili, efficienza energetica sono leve di una nuova economia proiettata già oltre la crisi e che a Padova sta crescendo con numerosi casi di successo. Nella nostra provincia esiste un dinamismo naturale nei settori del business “verde”. Delle duemila imprese censite dal Metas, il metadistretto regionale per lo sviluppo sostenibile (40mila addetti e 21 miliardi di euro), 320 sono padovane. Un serbatoio di nuova imprenditorialità fatto di aziende che operano nella progettazione e controllo ambientale, nella produzione di energia, bioedilizia, ma anche trasversali a più settori che nella performance ambientale hanno la cifra distintiva». Come sostenere questo laboratorio?


La voce degli industriali

AGGREGAZIONI DI FILIERA PER COMPETERE Alta gamma, distretti e nuovi mercati asiatici. Queste le priorità per le aziende calzaturiere della Riviera del Brenta, secondo il loro presidente Giuseppe Baiardo

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ssere piccole o medie aziende che operano su scala globale ci sta permettendo di tenere le posizioni sui mercati anche in questo momento difficile». Giuseppe Baiardo (nella foto), presidente dell’Associazione calzaturifici Riviera del Brenta (Acrib), che rappresenta il settore presso Unindustria Padova, Unindustria Venezia e Assindustria Vicenza, spiega così la possibilità di programmare, per l’immediato futuro, più formazione, maggiore innovazione di prodotto e di processo e un ulteriore sviluppo della presenza capillare sui mercati, anche attraverso reti distributive in qualche modo riconducibili alle aziende. Usciti dalla crisi degli anni 90, grazie «a una politica industriale condivisa con i sindacati», i calzaturifici della Rivera del Brenta sono riusciti a «mettere insieme i vantaggi della minore dimensione con quelli della massa critica», che agisce a livello globale. In Veneto, oltretutto, osserva Baiardo, «abbiamo una legge sui distretti che è la più avanzata d’Italia. Se a questa aggiungiamo i

In apertura, Francesco Peghin, presidente di Confindustria Padova

provvedimenti in materia di “aggregazioni di filiera” e le politiche che favoriscono la nascita di “metadistretti”, possiamo dichiararci ampiamente soddisfatti per gli strumenti a nostra disposizione». Inevitabile, tuttavia, ipotizzare un altro cambiamento. «Abbiamo già avviato il processo – continua –. Stiamo lavorando alla sostituzione della parola “lusso” con “alta gamma”, riferita alla collocazione sul mercato dei nostri prodotti. È un concetto meno elitario che allarga la fascia di consumatori». E, comunque, ammette, «è impensabile per noi sfidare India e Cina. Dobbiamo guardare a queste e a tante altre nazioni come a dei mercati nei quali vendere i nostri prodotti di alta gamma e dai quali acquistare produzioni di minor valore».

«Confindustria Padova è impegnata al fianco delle imprese con iniziative indispensabili per rilanciare le attività e imboccare strade nuove, non precostituite. Abbiamo promosso il gruppo efficienza energetica, un team di lavoro interaziendale per diffondere la cultura della sostenibilità ambientale e dell’innovazione nel tessuto imprenditoriale del territorio. È la prima esperienza in Veneto, tra le prime in Italia, a cui hanno aderito oltre 50 aziende attive nello studio, sviluppo e produzione di tecnologie per la diffusione di fonti energetiche alternative».

Quanto pesa l’efficienza energetica come leva di competitività? «È fondamentale. Nel settore energetico scontiamo ritardi inaccettabili per una forte dipendenza da petrolio, gas e combustibili e poca concorrenza nel mercato elettrico. A Padova, come nel resto d’Italia, le imprese sono penalizzate da un prezzo dell’energia superiore del 35% alla media europea. Per aiutare le imprese a ottimizzare i costi energetici opera Padova Energia, il consorzio di acquisto di Confindustria Padova, che nel 2008 ha conseguito, per le 260 aziende mandanti, un risparmio medio dell’11% sulla bolletta elettrica, portando il risparmio a 41 milioni di euro dal 2000 a oggi. Accanto a questo impegno, un obiettivo da perseguire con determinazione è il contenimento dei consumi di energia con politiche di risparmio ed efficienza energetica. Molte aziende padovane stanno già realizzando investimenti in questo senso, con esempi all’avanguardia di “fabbrica intelligente”». Una sfida strategica per il vostro futuro. «Gli interventi per un uso razionale dell’energia, oltre a generare risparmi per le imprese, sono un’importante opportunità di qualificazione della politica territoriale per sensibilizzare operatori pubblici e privati sui temi della sostenibilità ambientale e urbana, ovvero della qualità della vita, anche lavorativa. Con i nostri progetti, come “green park” sulla rigenerazione delle aree industriali, vogliamo far emergere le best practice imprenditoriali e valorizzare gli innovatori. L’obiettivo è attivare un circuito virtuoso sul piano della formazione, del confronto con il mondo dell’università e della ricerca, promuovere azioni di marketing territoriale su modelli di business orientati allo sviluppo responsabile». VENETO 2009 • DOSSIER • 81


MADE IN ITALY

Avere le idee non basta. Occorre gestirle e tutelarle nel mondo Da quell’intuizione sulle montagne del Nevada, ai megastore nelle piazze più ricercate. Il filo che lega Geox al successo sta tutto nell’idea che Mario Moretti Polegato ha avuto la prontezza di brevettare. «È stata la nostra fortuna». Secondo l’inventore della scarpa che respira, solo in questo modo si può proteggere l’italianità di un prodotto Concetta S. Gaggiano

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e idee si valorizzano spiegando a tutti il significato della parola innovare. Il termine è la composizione di tre elementi: creare o modificare qualcosa, registrare le proprie idee e sperimentare la validità del progetto. A dirlo è Mario Moretti Polegato, fondatore e presidente di Geox, per tutti “la scarpa che respira”. Già, il problema è che sperimentare richiede elevate risorse economiche, che spesso i piccoli imprenditori non hanno a disposizione. «Certo, ma presso le università italiane ci sono centri di ricerca che dispongono di laboratori in cui è possibile sperimentare le idee – spiega Moretti Polegato – quindi attraverso il mix di tre elementi si trasforma un’idea in un progetto». Sessantotto Paesi in cui il marchio è presente, 11mila clienti multimarca, mille store monomarca, azienda calzaturiera numero uno in Italia e seconda al mondo. Sono questi i numeri che mister Geox può vantare a sostegno della propria tesi: «noi per esempio abbiamo costruito il nostro successo non come produttori di scarpe, ma in quanto inventori di suole di gomma che respirano, abbinate all’italian style». Il punto centrale, però, per Moretti Polegato è un altro: la necessità per ogni azienda di difendere la proprietà intellettuale. «Registrare le proprie idee è fondamentale per un’azienda che opera sul mercato e in Italia questo concetto non è ancora passato del tutto. Ad esempio tutti ci conoscono come la patria del caffè, peccato, però, che sia una catena americana come Starbucks ad aver aperto 11mila coffe shop in tutto il mondo». Su quali punti di forza può far leva il sistema moda italiano per vincere le sfide imposte dalla

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MADE IN ITALY

concorrenza straniera?

«La rivoluzione che il mondo ha subito sta dettando alle imprese regole diverse da quelle che esistevano prima. Oggi per affrontare i mercati occorrono delle attenzioni diverse da quelle di qualche anno fa. Dovremmo renderci conto che noi viviamo in un Paese ricco, dove il reddito procapite è tale da non permetterci di entrare in concorrenza con molti Paesi il cui il costo del lavoro è nettamente inferiore. Quindi, per rimanere e rilanciarsi sul mercato, le imprese devono realizzare prodotti innovativi ed esclusivi. Questo vale tanto per la moda quanto per tutto il sistema». Come si conciliano l’alta spesa per ricerca e innovazione con le necessità per un imprenditore di diminuire i costi? «La ricerca si divide in tre fasi: di prodotto, di innovazione e di sperimentazione, sia a livello di laboratorio che di mercato. Tutto ciò diventa troppo oneroso per un piccolo imprenditore, che avrebbe bisogno dell’intervento dello Stato. Chi ha una responsabilità istituzionale in questo Paese dovrebbe essere cosciente della forza della ricerca e spingere sull’innovazione». Quali attori dovrebbero essere coinvolti in questo modello innovativo d’impresa? «Questo nuovo modello di business coinvolge per prima la scuola. Oggi gli istituti tecnici e le università formano ragazzi con una preparazione economica che poco ha a che fare con il mercato. Bisogna capire che l’operaio del futuro non sarà più solo l’addetto alla catena di montaggio, ma il conduttore che, per far funzionare le apparecchiature, deve avere una base di elettronica e di inglese. Questa, a mio avviso, è l’unica formula per poter vincere la crisi». Quale significato assume il concetto di made in Italy oggi? «Gli artigiani italiani hanno fatto onore al nostro Paese esportando ottima stoffa, colori di qualità e eccellente design. Per il futuro la moda deve far tesoro del know how accumulato negli anni attraverso la registrazione delle idee, in modo da evitare che ci sia sempre il cinese di turno che co-

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Mario Moretti Polegato, presidente e fondatore di Geox

pia e vende a buon mercato la nostra creatività. Da una parte bisogna rendersi conto che il sistema futuro di business è cambiato, dall’altro bisogna capire che noi italiani abbiamo la grossa potenzialità di creare in tutti i campi, una potenzialità che però va gestita meglio e valorizzata di più. Ci manca la cultura di gestire le idee. Geox non è solo un’azienda di successo per noi, ma è un vanto per il sistema Italia e il nostro modello di business può essere da esempio per molte aziende». Maggiore attenzione al prodotto, ai costi e agli investimenti, senza tuttavia rinunciare alla


Mario Moretti Polegato

482,9 MLN EURO

I ricavi consolidati del gruppo Geox nel primo semestre 2009, in crescita del +4% rispetto allo stesso periodo del 2008

997 NEGOZI

Il numero dei Geox Shops nel mondo al 30 giugno 2009. Nel corso dei primi sei mesi dell’anno, sono stati aperti 70 nuovi punti vendita e ne sono stati chiusi 13. Fra le nuove aperture: Trieste, Napoli, Dubai e Montreal

crescita verso i Paesi emergenti, considerati ancora l’Eldorado. Qual è il Paese che attualmente ha maggiore appeal agli occhi degli imprenditori italiani? «Mentre prima il commercio e la distribuzione erano diversi a seconda del Paese, oggi si fa business allo stesso modo in tutto il mondo. La situazione economica odierna è difficile per tutti, ma penalizza in diverse forme i vari Paesi. Ce ne sono alcuni in cui la crisi ha inciso di più, come Russia, Stati Uniti, i Paesi dell’Est e la Spagna. Invece, c’è chi ha resistito abbastanza bene, e tra questi fortunatamente anche il mercato nazionale italiano». Il sistema moda sta attraversando una fase di ripensamento della strategia di comunicazione, per tener conto dei nuovi mercati in cui si stanno gradualmente spostando le aziende, ma anche delle trasformazioni dei media. È così anche per Geox? «La comunicazione è uno degli elementi importanti per far conoscere il prodotto e comunicare la propria idea. Oggi le aziende sono costrette a ridurre gli strumenti pubblicitari, anche per salvare i bilanci. Ciò può essere solo in parte giu-

stificato, ma io penso che non sia la sola maniera per salvarsi. Geox ha parzialmente ridotto l’investimento, ma ha anche usufruito di un minor costo della pubblicità pari al 30%: quindi con un investimento inferiore abbiamo ottenuto lo stesso risultato». Perché ha deciso di acquistare Diadora e quali strategie, sotto il profilo industriale e finanziario, ha in mente per questo marchio storico italiano? «La Diadora è stata un’operazione difficile e impegnativa, fatta attraverso la finanziaria di famiglia e non tramite la società quotata in Borsa, per non mettere a repentaglio il denaro dei nostri investitori. Detto questo, il mercato è molto asettico e ci sono dei player stranieri talmente forti che è difficile anche pensare di poterli attaccare. D’altro canto Diadora rappresenta il simbolo dello sport per noi italiani e con questa operazione vorrei riportare il marchio a essere simbolo dell’italianità nello sport. Se ci riuscirò, sarà non solo un vantaggio per noi, ma anche per il distretto dello sport system di Montebelluna, che potrà così usufruire di un’immagine fresca, nuova e magari che faccia da guida ad altre società del settore». VENETO 2009 • DOSSIER • 87


DINASTIE IMPRENDITORIALI

Giovani al comando ma sulla rotta tracciata dai padri Non un semplice passaggio generazionale, ma un rapporto più profondo e complesso, fatto di continui stimoli e insegnamenti. Matteo Zoppas, consigliere delegato di San Benedetto Spa, traccia il quadro familiare e societario di una delle più note dinastie industriali del nostro Paese Alma Santilli

da decenni un nome “storico” dell’industria italiana. E anche dopo la cessione della casa madre, il marchio Zoppas non ha esitato a cambiare pelle e reinventarsi. Raddoppiando i fronti d’azione, addirittura, dal business della meccanica a quello delle acque minerali. Ma non si parli di passaggio generazionale, per la nota famiglia di Conegliano. «Mio padre Gianfranco e il fratello Enrico, a capo dei due gruppi di famiglia, sono ancora ottimi capitani d’impresa», sottolinea infatti Matteo Zoppas, consigliere delegato di Acqua Minerale San Benedetto Spa, una delle due holding. «E – aggiunge – da loro possiamo solo continuare a imparare». Zoppas Industries e San Benedetto Spa. Sono le due holding attualmente gestite dalla famiglia. Come è maturata questa scelta di differenziazione? «È stata un’evoluzione naturale delle due attività sulle quali hanno creduto in passato i componenti che ancora oggi formano l’azionariato di entrambi i gruppi. Zoppas Industries deriva dalle attività collegate alla Zoppas Elettrodomestici rimaste dopo la loro vendita e amministrate da Gianfranco Zoppas con l’aiuto di mio fratello Federico. Acqua Mi-

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Nella foto, da sinistra Matteo Zoppas e Tullio Versace, consiglieri delegati di Acqua Minerale San Benedetto Spa, ed Enrico Zoppas, presidente del Gruppo


Zoppas

nerale San Benedetto, rilevata in un momento di difficoltà dell’azienda dalla famiglia negli anni , è stata una scommessa vincente per la gestione di Enrico Zoppas, ora affiancato dal nuovo amministratore Pierluigi Tosato e dai due nipoti, Tullio Versace ed io». Quali sfide ha comportato affrontare un campo così diverso dal core business “storico” della Zoppas? «Insieme a mio cugino Tullio siamo impegnati nel-

l’esprimere al massimo le nostre capacità, ma soprattutto nel conquistarci il riconoscimento di quell’autorevolezza necessaria per avere il consenso. Non solo da parte degli azionisti e di chi oggi occupa i vertici, ma anche dei collaboratori, che sono il vero cuore dell’azienda. È questa la vera sfida: trovare e creare la giusta armonia con i propri colleghi è un requisito necessario per un gioco di squadra vincente». Ci sono differenze, in base alla sua esperienza, tra management “giovane” e tradizionale? «Esperienza e vissuto sono concetti molto vicini. Il management tradizionale ha avuto modo di vivere molte situazioni che in un’azienda sono cicliche e ripetitive. Evoluzioni di rapporti interni ed esterni, trattative con clienti e fornitori, cicli di prodotti, successi e insuccessi, gestioni del personale. Da persona “giovane” è come percorrere una strada per la prima volta e poter solo immaginare dove porta. Chi l’ha già percorsa saprà dove sta andando con maggiore sicurezza e serenità, mentre chi l’ha percorsa più volte saprà anche quali incognite possono presentarsi e magari anche come anticiparle e risolverle. Le persone esperte possono vedere più in là». Come è stato gestito all’interno della famiglia il passaggio generazionale? «Non parlerei di un vero e proprio passaggio generazionale. La nostra preparazione didattica e la seppure breve esperienza di gestione ci permette senza dubbio una certa tranquillità su alcuni dettagli operativi, ed è su questo piano che oggi dobbiamo impegnarci, con obiettivi e compiti definiti. Ma la maturità e la competenza decennale di mio padre e di mio zio si traduce in qualcosa di più: una geniale visione d’insieme, tanto delle problematiche quanto delle soluzioni, soprattutto per quanto riguarda situazioni straordinarie e strategiche. Il passaggio generazionale è argomento “tabù”, ma sono convinto che debba esserci solo se le competenze e la fiducia degli azionisti lo consentono». Qual è il più importante insegnamento “imprenditoriale” che suo padre le ha dato? «Mio padre ha sempre esercitato su di me la giusta pressione. In quest’ottica ha messo in discussione quanto di positivo e negativo ho fatto. Mi ha anche abituato a non accontentarmi mai e trovare soluzioni sempre migliori ai problemi».

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MILIONI La quantità di pezzi prodotti giornalmente dalla San Benedetto Spa in Italia. 5 gli stabilimenti nel nostro Paese, dislocati tra Veneto, Piemonte, Lazio e Abruzzo

80 PAESI

Il raggio di attività produttiva e commerciale della holding, che conta 2.300 dipendenti e che nel corso del 2008 ha prodotto un fatturato di 837 milioni di euro

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FINANZA

Il doppio volto del sistema finanziario tra mercato e parastato La maggiore causa che ha determinato la crisi della finanza internazionale è stato il comportamento deviante dei manager. Che ha pesato molto di più dell’assenza di controlli e di regole di vigilanza. A sostenerlo in un suo recente libro è Roberto Ruozi, ex rettore dell’Università Bocconi di Milano e presidente di Mediolanum Marilena Spataro

quasi un anno dalla crisi dei mercati finanziari che si è sviluppata negli Stati Uniti d’America estendendosi in tutto il mondo, non è ancora dato sapere esattamente quali saranno gli esiti di quanto accaduto sia rispetto al sistema finanziario internazionale sia, soprattutto, rispetto all’economia reale. In questo ambito appare ormai necessario individuare piani concreti di rilancio per il futuro; al momento, infatti, pochi e timidi sono i segnali di ripresa che arrivano dal mondo dell’impresa. E intanto, mentre la politica mondiale si è attivata per dar vita a nuove regole nel campo della finanza, gli economisti di tutto il mondo sono alle prese con l’analisi delle cause del terremoto finanziario verificatosi lo scorso anno e l’individuazione di meccanismi di difesa per il futuro. Quello che ormai, però, appare chiaro a tutti e su cui tutti sembrano concordare, siano essi esperti di economia o comuni cittadini, è che nulla ritornerà esattamente come prima della crisi. Tra le pubblicazioni di studiosi dedicate all’argomento, di particolare interesse è il saggio Viaggio nel mercato finanziario con Dr. Jekyll e Mr. Hyde, dove l’autore Roberto Ruozi, ex docente di Economia ed

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Roberto Ruozi

108 MILIONI

È l’utile netto dell’ultimo semestre registrato da Mediolanum Spa con un incremento del 53% rispetto al risultato dello stesso periodo dell’anno scorso

ex rettore dell’Università Bocconi di Milano, in un itinerario immaginario nel tempo arriva alla data fatidica del 25 ottobre 2008, che coincide con il crollo delle borse internazionali. Quale il bene e quale il male del mondo economico finanziario di oggi e quale di quello di domani? «Nella mia interpretazione, il bene corrisponde a una struttura di mercato competitiva e il male a un intervento statale a largo raggio. Fino all’estate del 2007 tutto faceva presumere che il mercato prevalesse nettamente sull’interventismo statale, la crisi ha, però, quasi ribaltato la situazione e abbiamo assistito al prevalere del para-Stato rispetto a un mercato che aveva manifestato gravi carenze, alle quali non era in grado di rimediare da solo. Ora siamo alla terza fase e proprio in queste settimane si ha notizia che in America alcune

banche cominciano a restituire allo Stato il denaro dei fidi che questo aveva iniettato per salvarle dal fallimento, e notizie analoghe arrivano da altri Paesi; sembra, perciò, si stia ricreando una situazione che in qualche modo fa sperare nel ritorno del mercato sul para-Stato». Quale è l’insegnamento che si deve trarre dalla recente crisi finanziaria? «Innanzitutto bisogna precisare che su questa crisi ci sono opinioni contrastanti; c’è chi pensa che nel determinarla abbia avuto importanza la carenza delle norme di vigilanza, dei controlli e delle regole, e chi pensa che determinante sia stato invece il comportamento dei manager. Io sono profondamente convinto che al riguardo siano molto più importanti i comportamenti di questi ultimi che le regole, le quali, per quanto stringenti e valide, in presenza di comportamenti

Roberto Ruozi è stato rettore della Bocconi dal 1995 al 2000 e professore ordinario di Economia degli intermediari finanziari fino al 2002. Attualmente è presidente di Mediolanum Spa e del Touring Club. È autore di parecchi saggi di economia, tra cui l’ultimo, di recente pubblicazione è Viaggio nel mercato finanziario con Dr. Jekyll e Mr. Hyde

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FINANZA

devianti riusciranno sempre a essere bypassate, ed è quanto fino a ora accaduto. Più che introdurre soltanto nuove e stringenti regole globali, rispetto alle quali in pochi giorni si possono trovare gli inganni per aggirarle, ritengo sia preferibile agire sui comportamenti. Ed è qui che subentra il terzo elemento della questione, che è appunto quello della remunerazione dei manager, quello che poi di fatto ha turbato il mercato americano soprattutto in questi ultimi due anni». Dopo questa crisi, quale aspetto del sistema economico e del pensiero liberista si possono considerare definitivamente tramontati? «Ritengo che il mondo dell’economia reale uscirà profondamente modificato: i più forti saranno rafforzati, mentre i più deboli spariranno dal mercato. Ed è quanto ci si aspetta anche in Italia, dove entro ottobre ci dovrebbe essere in tal senso la resa dei conti finale. In finanza credo che le cose siano meno evidenti poiché, anche grazie ai contributi massicci forniti dallo Stato alle banche, dal mercato non è uscito nessuno a parte la Lehman Brothers. Magari ci sarà una revisione dell’attività delle banche con una maggiore differenziazione, ma non credo che ci saranno grandi rivoluzioni al momento. Si tratterà di una pausa di riflessione nell’attesa di qualcosa che ancora non vediamo bene e che vedremo solo tra qualche anno». Come mai secondo lei in Italia il sistema bancario ha risentito delle difficoltà del mercato finanziario in misura minore rispetto agli altri Paesi? «Innanzitutto c’è da precisare che anche da noi l’intervento statale non è stato indifferente. Basta pensare come ad esempio Mps, Banca Intesa, Unicredit, Banca popolare di Milano e Credito 114 • DOSSIER • VENETO 2009


Roberto Ruozi

valtellinese, hanno chiesto e ottenuto interventi statali per parecchi miliardi di euro, quindi anche da noi lo Stato è in qualche modo dovuto intervenire. Credo che sia anche stato giusto farlo, perché diversamente l’attività competitiva delle banche italiane sarebbe stata influenzata negativamente rispetto a quella delle banche straniere le quali hanno beneficiato di consistenti interventi statali. È anche vero, però, che il nostro sistema bancario non è stato toccato profondamente dalla crisi in quanto i nostri istituti di credito non si erano avventurati in attività tali da comportare grossi rischi. Ma il problema cruciale delle nostre banche è quello della crisi dell’economia reale che sta dando luogo a un aumento di sofferenze bancarie e a parecchi fallimenti aziendali, per cui non possiamo ancora sapere quale sarà il bilancio delle perdite sui crediti. Comunque questo dato non dovrebbe essere drammatico: ritengo, infatti, che gli attuali bilanci bancari siano tali da riuscire ad assorbire anche questo fenomeno». Lei è presidente del gruppo finanziario Mediolanum che, in controtendenza con la crisi, ha in questo ultimo semestre incrementato

considerevolmente gli utili. Come si spiega questo dato? «Mediolanum è una struttura unica nel panorama finanziario italiano. Innanzitutto non fa credito alle imprese, per cui qui non esiste l’elemento di massima debolezza del sistema bancario italiano; in secondo luogo ha messo in atto una politica in controtendenza, molto aggressiva, sia negli investimenti pubblicitari che nell’innovazione finanziaria, conquistando fette di mercato proprio nel momento in cui altri si stavano ritirando o si muovevano in modo negativo. In definitiva Mediolanum è in controtendenza in termini strutturali, infatti costituisce un unicum nell’ambito del sistema finanziario italiano; è una realtà giovane, quindi se da una parte non ha la forza delle banche tradizionali, dall’altra non ha, però, il peso del passato. In primo luogo non ha il peso organizzativo di una banca che mediamente è dato dagli sportelli e ha una struttura elastica basata sui promotori finanziari, in secondo luogo è una banca che ha sempre puntato sugli aspetti del marketing e sugli aspetti commerciali. Il suo fondatore Ennio Doris è un venditore nato, che sa interpretare i bisogni dei clienti e li soddisfa in un’ottica di lungo termine. Molte acquisizioni, infatti, mentre per i primi anni non danno vita a guadagni, nel lungo termine si rivelano favorevoli in termine di utili. Credo che il modello Mediolanum sia difficilmente replicabile avendo una sua specificità di nicchia che consiste prevalentemente nella raccolta di risparmi e nella gestione di patrimoni con solo alcuni servizi collaterali. Il sistema bancario per il buon funzionamento dell’economia ha bisogno, però, anche di strutture di tipo tradizionale». VENETO 2009 • DOSSIER • 115


TRADIZIONI LEGALI

Terra di giuristi e avvocati dalla boutique legale allo studio internazionale Una lunga tradizione giuridica, molti “nomi eccellenti” e uno scenario professionale vivace e articolato. Aperto ai nuovi mercati, ma anche alla voce del territorio. Tutto questo fa del Foro di Padova il più importante del Triveneto. La parola a Lorenzo Locatelli, presidente dell’Ordine forense locale Agata Bandini

riveneto, terra di imprenditori e fiore all’occhiello del sistema produttivo italiano. Ma anche terra di grandi giuristi e centro di un’attività legale vivace e di altissimo livello. Due aspetti che, evidentemente, vanno letti in collegamento. È indubbio, infatti, che la presenza di quel tessuto di Pmi che ha reso emblematico il modello Nord Est abbia funzionato da formidabile humus per una tale fioritura di eccellenze forensi sul territorio. A partire da Padova, il cui Foro conta il maggior numero di iscritti dell’intera area del Triveneto. «Padova è una città particolare – spiega Lorenzo Locatelli presidente dell’ordine forense locale – che guarda ai centri maggiori ma ancora riposa su caratteristiche legate alla tradizione, per quanto riguarda l’approccio alla tutela legale. La media imprenditoria, fulcro del sistema economico della zona, si rivolge volentieri a uno studio legale che si dimostri non

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distante dalle proprie dimensioni». A questo si aggiunge senza dubbio la garanzia rappresentata dalla presenza di una forte tradizione giuridica cittadina, che per molti clienti rappresenta un vantaggio considerevole rispetto al modello delle multinazionali del diritto. «Il passato incide molto su Padova – conferma Locatelli –. L’università negli ultimi anni si è proposta in una chiave più moderna e orientata nello spazio e nel tempo. Personalmente – aggiunge – sono certo che la media di preparazione degli avvocati di Padova sia tra le più alte

Lorenzo Locatelli, presidente dell’Ordine degli avvocati di Padova


Foro di Padova

d’Europa e non è solo un fatto di provenienza qualificata per quanto riguarda gli studi, ma anche del metodo tradizionalmente seguito nell’ambito professionale. La difficoltà, oggi, è mantenere questo metodo con i numeri che circolano». La città di Padova può vantare una storia importante dal punto di vista legale. Quali sono stati i punti di forza della giurisprudenza cittadina? «Giurisprudenza e dottrina del diritto a Padova hanno avuto vita prolifica. Il merito è in gran parte

UN NODO STRATEGICO PER IL MID MARKET Sono quattro le principali “piazze” strategiche per il mercato legale in Italia: l’asse Milano-Roma, prima di tutto. Seguono Torino, Bologna e Padova. La città veneta, in particolare, negli ultimi anni si è imposta come un centro forense estremamente vitale, vera e propria fucina di menti giuridiche di prim’ordine – da Niccolò Ghedini a Piero Longo – nonché scenario di azione di alcune delle più influenti firme legali italiane nel segmento del mid market – un nome per tutte, lo Studio Pirola Agnoli Bernardi e Associati, leader nell’assistenza finanziaria e societaria, undici sedi in Italia e una spiccata vocazione internazionale.

Senza contare poi la presenza di un’università tra le più prestigiose del Paese, che ha proprio nella facoltà di Giurisprudenza uno dei suoi fiori all’occhiello. Tutto questo, insieme alla vocazione produttiva esemplare del Triveneto e all’eccellenza del suo tessuto imprenditoriale, ha prodotto uno scenario professionale del tutto peculiare, dove le potenzialità aperte dall’espandersi del mid market hanno attratto con la stessa forza studi di medie dimensioni e grandi firme nazionali e internazionali. Mostrando come, anche nel settore legale, la formula del “pensare globale e agire locale” può essere vincente.

della grande tradizione universitaria, e lo dice uno che è di scuola felsinea, e dell’aria di indipendenza e innovazione che si è sempre respirata. Il motto stesso dell’Università, Universa Universis Patavina Libertas, evidenzia la particolare libertà di pensiero che caratterizzava e tuttora caratterizza l’ambiente non solo universitario ma anche forense. Mi piace ricordare che Padova fu l’unica sede in Italia, dopo la controriforma, a restare aperta a studenti e docenti protestanti. E credo che di questa vocazione liberale e laica sia rimasto molto nella pratica e nella cultura forense locale». Quali sono invece le principali criticità in questo scenario? «È indubbio che con l’arrivo degli studi stranieri, le fette di mercato si conquistano con il marketing. Ma per un uso corretto ed efficace della comunicazione in ambito legale occorre ancora compiere alcuni passi. Prima di tutto puntare sulla specializzazione, che sta alla base della professionalità e permette di imprimere il proprio nome in un particolare mercato. Il problema, poi, è mantenere quanto si è conquistato. Il rapporto con le grandi aziende, ad esempio, non è semplice e le loro pretese sono assai problematiche da soddisfare senza un’organizzazione complessa. Occorre allora capire che i clienti esigono sempre di più e vogliono studi legali che viaggiano alla loro stessa andatura». Boutique legali e law firm. Qual è il modello vincente sul territorio? «Non esistono solo boutique legali e law firm, VENETO 2009 • DOSSIER • 153


TRADIZIONI LEGALI

quantomeno intese nel senso anglosassone. Mi

sembra invece si stia diffondendo uno studio intermedio, che boutique non è, ma non raggiunge nemmeno i livelli di una law firm, e che presuppone un’organizzazione interna e un investimento di livello elevato. Il problema dei costi credo induca molti a riunire le forze in un unico sistema ma que-

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sto non significa che, automaticamente, si sia in presenza di un’organizzazione tra professionisti quanto, piuttosto, di un raggruppamento di professionisti, che è cosa diversa». Non solo gli studi di “provincia”, ma anche le big firm operano sul mid market, guardando dunque a clienti e operazioni di taglio medio. Qual è la realtà di Padova? «Sappiamo benissimo che le big firm non lavorano solo con big clients come sembravano promettere al loro arrivo. Il cliente piccolo o medio è ben accetto ovunque, le assicuro. Soprattutto in un mercato come quello padovano, in cui i buoni avvocati e la concorrenza non mancano di certo». All’evoluzione dell’offerta di servizi legali corrisponde anche un’evoluzione nella domanda sul territorio? «L’assistito è sempre più severo e oggi ha l’esigenza, assolutamente corretta, di voler esser cosciente e informato di quanto decide il professionista e delle possibili conseguenze». Dal punto di vista formativo, l’offerta di Padova appare adeguata ai cambiamenti dello scenario sociale e culturale? «Direi che sotto questo aspetto possiamo dirci soddisfatti. Lo scorso anno, con l’aiuto sempre presente delle associazioni locali, particolarmente vivaci, il Consiglio ha organizzato circa 80 eventi formativi gratuiti: due eventi la settimana, se si escludono i periodi feriali. Non è poco per questa città. Se, poi, vogliamo discutere del metodo che oggi impone la legge, forse è troppo generico e ancora poco produttivo: occorreva, però, assolutamente iniziare». Privatizzazioni, internazionalizzazione e private equity hanno creato le condizioni per offrire procedure standard e pacchetti completi, in linea con il modello anglosassone di consulenza legale, impensabile fino a pochi anni fa nel nostro Paese. Non crede che questo sistema possa appannare la grande tradizione italiana? «Dipende da cosa si intende per “pacchetto completo”. Io dico che alla base di una procedura standard ci sono anni di sperimentazioni e studi e non credo che sul punto vi siano tutte queste grandi differenze tra Paesi anglosassoni e latini».



PROCESSO TELEMATICO

Una rivoluzione tecnologica per contrastare i tempi della giustizia lumaca Parte dalla corte d’appello. Ma l’obiettivo è di diffondere il metodo della digitalizzazione e dell’introduzione della telematica a tutto il sistema giudiziario del Veneto. Protagonista dell’iniziativa è il presidente della Corte d’appello Manuela Romei Pasetti Marilena Spataro

a qualche mese è stato firmato dalla corte d’appello di Venezia con i ministeri dell’Innovazione e della Giustizia un importante protocollo d’intesa che avvia un progetto pilota nel campo della telematizzazione e digitalizzazione dei servizi della giustizia civile. A intraprendere coraggiosamente il dialogo con i ministri Brunetta e Alfano, riuscendo rapidamente ad arrivare alla firma del protocollo, è stato il presidente della corte d’appello della Serenissima, Manuela Romei Pasetti. «Appena giunta a Venezia da Milano – racconta la presidente –, mi sono resa conto che tutto il distretto della regione, con i suoi otto tribunali, versava in una situazione di estrema difficoltà a causa dell’esistenza di un numero enorme di procedimenti arretrati sia nel civile che nel penale. È a questo punto che mi sono decisa a prendere contatto con il ministro Brunetta presentando i dati di rilevamento dell’arretrato delle cause del Veneto. Parlando con lui ho capito che per far fronte a questa situazione occorreva estendere la politica di digitalizzazione avviata nella Pubblica amministrazione anche ai servizi della giustizia». Qual è il meccanismo attraverso cui funzionerà questo sistema e quali saranno i tempi per attivarne i servizi? «Funzionerà in senso inverso rispetto al solito. Infatti nelle varie sperimentazioni si è partiti sempre dalla digitalizzazione del processo di primo grado, che però ha il limite di non coinvol-

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Manuela Romei Pasetti è presidente della corte d’appello di Venezia

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Manuela Romei Pasetti

gere l’intero sistema. Noi invece siamo partiti dalla corte d’appello in quanto così facendo si coinvolgono tutti i magistrati e gli uffici del distretto e i relativi ordini professionali che nell’insieme rappresentano appunto le tre teste di questo progetto. Il primo passaggio del progetto è di entrare a far parte del sistema con cui si registrano le cause civili in corte di appello attraverso un sistema nazionale. Poi c’è quello che prevede che tutte le comunicazioni all’interno dei processi civili vengano fatte agli avvocati per via digitale e non più attraverso gli ufficiali giudiziari; il terzo passaggio comporterà che tutte le cause civili che vengono impugnate verranno digitalizzate e trasmesse alla corte di appello per via telematica. Ultima fase sarà quella di digitalizzare tutti i fascicoli dei procedimenti civili nei tribunali del distretto. Alla fine di questo percorso avremo una struttura telematica di tutti i processi civili del Veneto. Quanto ai tempi per attivare questi servizi, avendo noi sottoscritto due protocolli uno per le comunicazioni all’interno del processo di appello, l’altro sulla digitalizzazione dei fascicoli processuali di primo e di secondo grado, sarà necessario seguire un iter non semplicissimo. Comunque, se i ministeri ci mettono a disposizione tutto il necessario, in un anno si dovrebbe arrivare a trasmettere le comunicazioni per via digitale e anche a digitalizzare i fascicoli impugnati davanti alla corte d’appello». Quali sono gli attuali tempi della giustizia in Veneto e quanto la digitalizzazione potrebbe accorciarli? «Relativamente ai tempi, posso dire che oggi presso la corte di appello di Venezia tra procedure di contenzioso e procedure ordinarie pendono oltre diciassettemila procedimenti e nei vari tribunali ne pendono circa ventiduemila. Rispetto alla riduzione dei tempi, la digitalizzazione della comunicazione porterà di certo a un risparmio di tempo e a una maggiore certezza della trasmissione degli atti; si sa, infatti, come spesso i motivi per cui vengono impugnate le cause, o avvengono i rinvii di queste, sono i difetti di notifica. Sia l’attivazione dell’archivio telematico che della gestione dei ruoli velocizzerà il tutto, eliminando l’antidiluviano metodo della consegna brevi manu dei fascicoli dal tribunale alla corte d’appello o anche, per esempio, il dover cercare gli atti magari di un procedimento di tre anni fa sfogliando materialmente tra le carte». L’adozione del sistema telematico comporterà anche una riduzione dei costi della giustizia? «Non sono in grado di quantificare il risparmio, ma di certo corrisponderà al tempo che il personale di cancelleria risparmierà relativamente alla comunicazione degli atti fatta manualmente e che coincide con circa quattro, cinque ore di lavoro al giorno. Visto che da noi il personaleè sottodimensionato del trenta per cento, è evidente che il lavoro risparmiato sarà impiegato a copertura di questa percentuale».

Rispetto alla riduzione dei tempi la digitalizzazione della comunicazione porterà a un risparmio di tempo e a una maggiore certezza della trasmissione degli atti

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NOTARIATO

Tra laguna e terraferma. Uno scenario unico anche per la professione Un contesto logistico e sociale del tutto particolare. E una tendenza, per i notai, ad allargare l’attività dal capoluogo al resto della provincia. Venezia è una città unica, anche per la professione notarile. La parola al presidente del Consiglio locale, Carlo Bordieri Paolo Nobilio

Carlo Bordieri, notaio dal 1970, esercita a Jesolo (Ve) dal 1977. È presidente del Consiglio notarile di Venezia

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l ruolo del notaio è strettamente legato al territorio. Ed è normale che quando il territorio in questione è quello, particolarissimo, di Venezia, anche la professione ne risenta, nel bene e nel male. «La situazione di Venezia è, ovviamente, peculiare, soprattutto dal punto di vista logistico – spiega Carlo Bordieri, presidente del Consiglio notarile locale –. Tanto che, a differenza degli altri distretti dove i notai tendono ad aprire uffici secondari nel capoluogo, qui sono i notai del capoluogo che finiscono con esercitare anche nella terraferma». Proprio da questa tendenza all’allargamento del campo d’azione nasce l’iniziativa “Prima parlane con il notaio”. «Realizzata in collaborazione con la Provincia, che ha accolto con entusiasmo la nostra proposta – racconta Bordieri –, è la prima iniziativa che coinvolge l’intero distretto: non solo Venezia, ma anche Chioggia, Dolo, Mestre e Portogruaro». Il tutto, con un chiaro obiettivo: rendere sempre più effettivo e immediato il legame fondamentale tra notaio e cittadino. Da un anno è attivo il sito web del Consiglio di Venezia. Quali servizi ospita? «Si tratta di un vero e proprio sportello telematico per fornire informazioni a cittadini, imprese e istituzioni sulle novità normative e interpretative, soprattutto in materia fiscale, creditizia e societaria, oltre che su argomenti di interesse comune. È possibile, inoltre, scaricare l’elenco dei documenti per lo svolgimento degli atti più frequenti, come pratiche successorie, di compravendita, costituzione di società. E devo dire, stando al numero di visitatori, che la risposta degli utenti è stata sinora molto buona». Cosa prevede nel dettaglio l’iniziativa “Prima parlane al notaio”? «Una volta al mese, nelle sedi interessate, due notai del distretto offrono ai cittadini consulenza nelle diverse materie di competenza notarile, soprattutto compravendita e successioni. Solo nella prima giornata, quasi 50 cittadini si sono avvalsi del servizio, ma anche per i notai che vi hanno partecipato l’esperienza è stata molto positiva, per il grado di soddisfazione dimostrato dagli utenti e il rapporto cordiale che si è instaurato. L’auspicio ora è che questi non abbiano remore e si rivolgano direttamente ai notai anche nei loro studi, per ot-

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Carlo Bordieri

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Una volta al mese, nelle sedi interessate, due notai del distretto offrono ai cittadini consulenza nelle diverse materie di competenza notarile, soprattutto compravendita e successioni

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tenere le stesse informazioni, se non più dettagliate, attraverso una consulenza personalizzata e mirata alle proprie esigenze». Quanto incide la particolare situazione di Venezia sulla professione? «Ovviamente la conformazione lagunare comporta una serie di problemi altrove sconosciuti, ad esempio nell’assistenza a domicilio a persone inferme o anziane, talora ospiti di istituti dislocati in qualche isola. D’altra parte, però, qui non esiste l’ansia del parcheggio o dei tempi di spostamento, dato che ci si muove a piedi. Per il resto, Venezia ha un tasso di popolazione anziana tra i più alti d’Italia e i residenti diminuiscono sensibilmente di anno in anno. Il volume di affari, quindi, non è così alto. Non a caso 7 degli 8 notai attualmente attivi in città sono veneziani “doc”, mentre quelli di nuova nomina normalmente rimangono in sede il tempo necessario per ottenere un trasferimento». Quali effetti positivi e negativi potrebbe avere una più ampia liberalizzazione dell’attività notarile? «È comprensibile che imprese e cittadini richiedano costi minori e semplificazioni. Bisogna ricordare, però, che quando incide su sicurezza e legalità, la semplificazione rischia di essere apparente. Perché finisce per generare costi successivi di gran lunga superiori alle attese. Peraltro, nell’acquisto della casa, che rappresenta spesso il principale investimento di una vita, il costo del notaio incide solo per lo 0,5-1% del valore dell’immobile a fronte della garanzia, tra l’altro, di aver acquistato dal vero proprietario un bene libero da ipoteche». VENETO 2009 • DOSSIER • 171


NOTARIATO

Un valore fondato sul senso di appartenenza Accanto al cittadino e alle imprese. In senso non solo ideale, ma effettivo. La funzione sociale che il notariato riveste da secoli si fonda su uno stretto legame col territorio. La parola al notaio Michele Colasanto, che spiega perchè questa capacità di ascolto è importante. Per la professione come per la comunità Daniela Panosetti

Michele Colasanto esercita come notaio dal 1978 nella sede di Arzignano, in provincia di Vicenza. Nella pagina seguente, il notaio Colasanto all’interno dello studio insieme alle sue collaboratrici

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rima che operatore economico o del diritto, il notaio deve essere operatore culturale, nel senso che solo attraverso la simbiosi con gli utenti del servizio può rendere quest’ultimo soddisfacente». Michele Colasanto, notaio ad Arzignano, in provincia di Vicenza, non ha dubbi: ciò che rende la funzione notarile essenziale per l’interesse della comunità è soprattutto la sua costitutiva “vicinanza” al territorio, ai cittadini così come alle imprese. «Una vicinanza – spiega – che si traduce prima di tutto nella conoscenza approfondita della realtà economico-sociale in cui ciascun notaio agisce» e che per questo gli permette di “intercettare”, talora anche prima e meglio di altri osservatori pubblici, le dinamiche positive e negative che di volta in volta percorrono il territorio. Per questo, aggiunge, «è determinante che il notaio risieda se non proprio nel Comune ove ha la sede, o quanto meno negli immediati dintorni, in modo da poter partecipare attivamente all’attività sociale, culturale, associativa e, se si vuole, anche politica della collettività per la quale opera». Quali sono i servizi che più frequentemente vengono richiesti al notaio, considerando il particolare tessuto socio-economico della provincia di Vicenza? «Oltre alle tradizionali attività riguardanti il settore immobiliare e societario, oggi al notaio si richiede sempre più un’attività di “consulenza globale”: il che significa non solo la capacità di risolvere un singolo problema, ma di inquadrare la prestazione richiesta in un più ampio contesto normativo. Occorre tener presente che, nell’attuale momento storico, le norme giuridiche civilistiche si intrecciano sempre più con altre norme, prevalentemente fiscali, ma sovente anche di altra natura, per cui la consulenza richiesta è quasi sempre estesa alla valutazione degli effetti che le

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Vicino al territorio

singole operazioni possono produrre nei campi giuridici contigui». Il Nord Est è da anni il simbolo dell’Italia più produttiva e intraprendente. Dal suo punto di osservazione, come hanno reagito le imprese locali alla crisi attuale? «La reazione del sistema alla crisi non è stata, a mio avviso, sempre proficua e lineare. Sovente la globalizzazione dei mercati è stata inquadrata solo nell’aspetto favorevole di riduzione dei costi e ampliamento dei mercati, senza tuttavia tener conto che la rapida circolazione delle idee e dei progetti, favorita anche dalle nuove tecnologie, godeva di altrettanta possibilità di essere sfruttata e copiata da terzi. Fortunatamente, l’accumulo di risorse, conoscenze e capacità operative degli anni più remoti ha consentito di reagire alla crisi con sufficiente operatività alternativa, nella speranza di imbattersi in nuovi corsi favorevoli dell’economia». La difficile congiuntura ha influito sul tipo di prestazioni e di consulenze richieste al notaio? «Direi che ha incrementato, in epoca più recente, la richiesta di prestazioni rivolte alla legittima tutela dei patrimoni personali rispetto ai rischi derivanti dall’attività imprenditoriale, laddove sovente vengono richieste garanzie al servizio dell’attività d’impresa. In concreto, tale domanda ha portato

Le nostre norme deontologiche rispondono a ben guardare a criteri di buon senso, ma poiché ci sono imposte in maniera categorica, accompagnate da sanzioni severissime, i cittadini possono dormire sonni tranquilli: il notariato, come istituzione e corporazione, morale e professionale, sarà sempre al loro fianco

a proporre all’utenza forme contrattuali in precedenza sconosciute al nostro sistema, quali la costituzione di beni in trust, l’istituzione di fondi patrimoniali e di particolari destinazioni negoziali di beni. Si badi che queste nuove forme di segregazione di beni personali dell’imprenditore non hanno nulla di illecito; anzi, proprio il fatto che la loro creazione è assistita da adeguate forme di pubblicità, consente ai cittadini di rapportarsi in maniera nuova e più moderna nei confronti dei creditori, degli istituti bancari e dei terzi in genere». In che modo l’attività notarile può contribuire a superare al meglio questo momento di crisi? «La risposta a questa domanda non può che essere

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NOTARIATO

Il notaio deve sempre coltivare il contatto personale col cliente, poiché solo in tal modo è possibile individuare schemi contrattuali e soluzioni pratiche pienamente conformi agli intenti di chi ne richiede la prestazione

univoca. Solo il costante aggiornamento, la for-

mazione permanente, lo scambio delle idee fra tutti gli operatori del diritto, possono contribuire alla formazione di una categoria professionale che, assicurando la certezza dei rapporti giuridici e un livello elevato di controllo della legalità, possa mettere a disposizione dei cittadini un prodotto giuridico ad alto valore aggiunto, capace di assicurare al singolo atto notarile la valenza di “bene pubblico”, di documento redatto nell’interesse di singoli, ma posto a presidio degli interessi dell’intera collettività». Interpretare le volontà dell’assistito è sempre difficile. Quale materia tra quelle di competenza notarile comporta le maggiori difficoltà sotto questo aspetto? «Il notaio, come richiesto dalla legge e dalle norme deontologiche, pur servendosi di validi collaboratori, deve sempre coltivare il contatto personale con l’assistito, poiché solo in tal modo è possibile individuare schemi contrattuali e solu-

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zioni pratiche pienamente conformi agli intenti di chi richiede la prestazione notarile. Ciò premesso, ritengo che le difficoltà operative maggiori riguardino il campo del diritto societario per due ordini di motivi: in primo luogo la recente riforma della materia, risalente al 2003, non ha ancora portato al consolidamento di indirizzi dottrinali e giurisprudenziali che possano guidare l’operatore del diritto con un grado elevato di sicurezza; in secondo luogo occorre considerare che, da sempre, il diritto commerciale è una branca particolarmente difficile da far propria, in quanto, pur inquadrata nel contesto normativo del codice civile, risponde a logiche e principi propri e totalmente autonomi». In Veneto c’è un’altissima percentuale di imprese a gestione familiare. Quali sono attualmente gli strumenti giuridici a disposizione per gestire al meglio il passaggio generazionale? «In epoca piuttosto recente il codice civile è stato arricchito della normativa sui patti di famiglia, che

Nella foto, ancora il notaio ritratto in giardino con lo staff al completo. Lo studio Colasanto appartiene al distretto notarile di Vicenza e Bassano del Grappa mcolasanto2@notariato.it


Vicino al territorio

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Il numero di notai (263 uomini, 81 le donne) che attualmente esercitano sul territorio del Veneto, pari a circa il 15,3% dei notai presenti nell’area del Nord Italia (fonte: Consiglio nazionale del Notariato, novembre 2008)

avrebbe dovuto agevolare il passaggio generazionale nell’impresa. Purtroppo le norme si sono rivelate di difficile interpretazione e in molti casi scarsamente coordinabili con la normativa fiscale, tal che, alla data odierna, pochissime operazioni sono state perfezionate utilizzando il nuovo schema contrattuale proposto dal legislatore. Se a questo contesto si aggiunge la considerazione sociologica sulla tradizionale difficoltà dell’imprenditore del Nord Est di mollare anche in tarda età le redini dell’impresa, è auspicabile un nuovo intervento del legislatore che possa in concreto favorire un maggior ricorso a questo strumento, anche perchè va rammentato che l’adozione di quelle norme è stata più volte sollecitata anche in ambito comunitario». In che modo è possibile conciliare il requisito di terzietà e imparzialità con l’esigenza di partecipare personalmente alla situazione e agli interessi del singolo cliente? «La risposta al quesito, sembra strano, può essere

rinvenuta attraverso un’attenta lettura della legge notarile, che, sia pure attraverso numerose modificazioni e integrazioni, risale al 1913. Il legislatore dell’epoca correttamente individuava alcuni canoni dell’attività notarile da ritenersi ancor oggi validi. Si pensi ai numerosi doveri di correttezza imposti al notaio nella vita pubblica e privata e nei rapporti con i colleghi e con le istituzioni, alla sostanziale incompatibilità della funzione notarile con quasi tutte le altre professioni e attività, al dovere di astenersi in presenza di un interesse personale del notaio e dei suoi familiari. Se si fa mente locale, quel “nocciolo duro” di norme ora citato risponde ad elementari criteri di buon senso, ma poiché per i notai sono imposte in maniera categorica e accompagnate da sanzioni severissime che arrivano fino alla destituzione, i cittadini e i consumatori possono dormire sonni tranquilli: il notariato, come istituzione e come corporazione di soggetti di alta affidabilità, morale e professionale, sarà sempre al loro fianco». VENETO 2009 • DOSSIER • 175


NOTARIATO

La doppia anima del notariato tra imparzialità, indipendenza e funzione garantista Una professione che fa della certezza giuridica il proprio obiettivo primario, la propria vocazione. Il notaio Francesco De Stefano spiega perchè la categoria va tutelata e valorizzata. Insieme ai principi che rappresenta Alma Santilli i sente parlare molto spesso, di questi tempi, di riforma delle professioni e di liberalizzazione dell’accesso, in nome di una presunta modernizzazione del Paese. È fin troppo ovvio che una legge quadro debba essere pensata. Ma bisogna abbandonare l'idea di stravolgere il sistema, di abolire il notariato». Sono chiare, e senza dubbio motivate, le idee del notaio Francesco De Stefano sul valore e l’importanza della sua professione. Una professione che fa della certezza giuridica e della sicurezza del diritto il proprio obiettivo primario, la propria vocazione. E che non può subire ridimensionamenti significativi senza che venga pericolosamente intaccata quella funzione di garanzia preventiva che da secoli la caratterizza. A tutto vantaggio della collettività e dei suoi equilibri economici e sociali. Pubblico ufficiale e libero professionista: come incidono questi due aspetti sull’attività notarile e come si riesce a bilanciarli? «Il notaio è un libero professionista che con propri mezzi, preparazione e specifiche responsabilità esercita una pubblica funzione, volta a garantire la certezza e la sicurezza dei traffici giuridici. Non a caso, ogni atto notarile è destinato a essere reso pub-

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Sopra, il notaio Francesco De Stefano. Originario di Avellino, esercita dal 2000 nella sede di Schio, in provincia di Vicenza. Nell’altra pagina il notaio con le collaboratrici dello studio, che ha sede nella Zona industriale, all’interno del centro direzionale che ospita, tra l’altro, la Camera di commercio e l’Associazione degli Industriali di Schio-Thiene

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Garanzia per il cittadino

blico, secondo diverse modalità. Tra i due ruoli tuttavia non c’è contraddizione: pubblico ufficiale, infatti, non è sinonimo di dipendente pubblico, come spesso si pensa. Non si tratta quindi tanto di bilanciare i due aspetti, quanto di farli convivere. Questo binomio, infatti, esprime alla perfezione quella che è la “doppia anima” del notariato». In che modo si manifesta soprattutto la funzione di garante del notaio? «Prima di redigere un atto, il notaio compie una serie di indagini approfondite, che risalgono indietro nel tempo per un periodo di almeno vent’anni, allo scopo di accertare l’inesistenza di eventuali gravami sul diritto oggetto del contratto, verificando dunque l’effettiva e piena titolarità di tale diritto da parte del disponente. Stessa garanzia viene assicurata alle banche, ove si tratti di costituire un’ipoteca a garanzia di finanziamento. In ambito societario, poi, sia in sede di costituzione, sia di modifiche statutarie e operazioni straordinarie, sia ancora in caso di trasferimento di partecipazioni, l’intervento del notaio garantisce la conformità alle disposizioni di legge, la regolarità delle operazioni, il rispetto delle maggioranze, la titolarità dei diritti. Garanzia per il privato, garanzia per le banche, garanzia per le società e i soci: direi garanzia per il sistema». Più notaio, meno giudice: come commenta questa celebre massima di Carnelutti? «La massima si riferisce a un aspetto fondamentale del nostro ruolo, quello antiprocessuale. Più la con-

Più la contrattazione tra le parti è affidata ai notai, minori saranno le occasioni di ricorrere al giudice per dirimere una controversia. Verificando in via preliminare la compatibilità dell’operazione che si sta compiendo con le norme dell’ordinamento, il notaio svolge di fatto una funzione di giudice preventivo

trattazione è affidata ai notai, infatti, minori saranno le occasioni di ricorrere al giudice per dirimere una controversia. Verificando in via preliminare la compatibilità dell’operazione che si sta per compiere con le norme dell’ordinamento, il notaio svolge di fatto una funzione di giudice preventivo. Basti pensare che in Italia la percentuale di contenzioso nei contratti redatti da notai è praticamente inesistente, al contrario di quanto avviene nei sistemi di Common law dove raggiunge il 70% e dove, ad esempio, per garantire l’acquisto di una casa è necessario stipulare una polizza assicurativa, con costi almeno dieci volte maggiori di quelli di una prestazione notarile. L’assenza di controlli, inoltre, aumenta il rischio di frodi ipotecarie e di mutui subprime, con le conseguenze che ormai tutto il mondo ha sperimentato. La presenza del notaio si traduce dunque non solo in un risparmio economico per il singolo, ma anche in una garanzia di tranquillità e stabilità

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NOTARIATO

per la collettività nel complesso. E non è poco».

Come si traduce il requisito di terzietà da un punto di vista deontologico? «Il notaio deve comportarsi in maniera assolutamente imparziale e indipendente, cercando di raggiungere il punto di equilibrio tra gli interessi contrapposti delle parti, anche se è stato incaricato da una di esse, che di regola corrisponderà il compenso per la prestazione. Spesso mi capita di redigere atti per conto di amici e io rassicuro le controparti che, per loro, la migliore garanzia di imparzialità è proprio il rapporto di amicizia con il loro contraente. Il notaio non può “tifare”, prendere le parti di uno dei due clienti: se il regolamento di interessi fosse sbilanciato a favore di uno, questi proprio sarebbe esposto a un’azione giudiziale per ottenere l’invalidità del contratto, o il risarcimento del danno, o la riduzione del prezzo. Imparzialità, equilibrio, rispetto delle regole, portano a un unico risultato: certezza e stabilità del diritto». Su quali materie e problematiche la fase precontrattuale risulta più delicata? «È sempre un passaggio delicato, per il quale è fortemente consigliabile cercare la consulenza, di regola gratuita, di un notaio, il quale indaga la volontà delle parti ed esamina i documenti alla scopo di cercare la soluzione giuridicamente più adeguata alla situazione, anche e soprattutto sotto il profilo fiscale. Capita spesso ad esempio che un genitore si ostini a diseredare uno dei figli. Sta al notaio, in questi casi, farlo riflettere su tutte le possibili conseguenze, a partire dalla probabile impugnazione dell’atto. Si tratta, anche qui, di tenere fede a quella funzione antiprocessuale di cui parlavo poc’anzi, convincendo il cliente a optare per una soluzione differente, di fatto disinnescando una “miccia” che può, in futuro, sfociare in un contenzioso». A cosa bisogna porre più attenzione, invece, quando si tratta di acquistare un immobile? «Di fronte a una compravendita immobiliare è importante rivolgersi a un notaio prima della sottoscrizione del preliminare, meglio ancora in fase di trattativa, per scongiurare il rischio che l’immobile

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non sia realmente libero da ipoteche o pignoramenti e che non sia regolare dal punto di vista urbanistico. La trascrizione del preliminare “notarile”, infatti, rende l’immobile, per così dire, impermeabile alle vicende negative che dovessero verificarsi. E, considerato l’indubbio vantaggio che ne trae l’acquirente, il costo del preliminare, peraltro non rilevante, si tramuta in un beneficio per il cliente. Ancora. Nel caso di acquisto di un immobile in costruzione, l’intervento del notaio può servire, oltre che ad approntare tutte le garanzie del caso, anche ad attuare il rispetto delle recenti norme a tutela degli acquirenti di tali immobili». A quali norme pensa, più nel dettaglio? «Penso, ad esempio, alla fideiussione a garanzia dell’eventuale restituzione delle somme versate a titolo di caparre e acconti, alla polizza indennitaria “po-

Nelle foto, interni dello studio e, nell’altra pagina, l’esterno del centro direzionale che ne ospita la sede info@notaiodestefano.it


Garanzia per il cittadino

UN TERRITORIO VITALE «Sono nato e cresciuto in Campania e nella professione ho seguito le orme di mio padre, anche lui notaio. Ma pur avendo la possibilità di rimanere nella mia zona di origine ho preferito spostarmi in Veneto, proprio per operare in ambito societario, materia che mi ha sempre interessato moltissimo». Non è un caso, dunque, se Francesco De Stefano, quando nel 2000 si è trattato di scegliere tra le varie sedi notarili messe a concorso, abbia pensato a Schio. «Oltre a ospitare la sede staccata del tribunale – spiega – la cittadina

può infatti contare su una pianificazione territoriale sapientemente organizzata, sulla presenza di diversi uffici locali, dall’Agenzia delle entrate all’Agenzia del territorio e la Camera di commercio». La zona industriale dove è collocato lo studio, inoltre è, «realizzata con particolare attenzione al verde e alla viabilità e con una forte concentrazione di aziende e attività commerciali». Vantaggi, questi, che fanno di Schio un punto di riferimento importante per l’Alto Vicentino, un polo di attrazione per le diverse attività presenti sul territorio.

stuma” per il risarcimento dei danni subiti per vizi della cosa, alla necessaria liberazione da ipoteche non frazionate che gravano l’intero fabbricato di cui fa parte l’unità oggetto di contratto. A me risulta che l’applicazione di tali norme sia molto spesso considerata un optional e non un obbligo, e credo che l’acquirente si trovi spesso in una condizione di debolezza che non gli consente di pretendere il rilascio della fideiussione, anche perché credo che il costo venga fatto ricadere sull’acquirente stesso. Ebbene, se il preliminare fosse “notarile”, tale filtro impedirebbe la disapplicazione della normativa». Qual è la sua opinione sulle proposte di riforma delle professioni? «Certamente una riforma va considerata. Bisogna però stare molto attenti a che le regole dell’economia, del mercato, non prevalgano su quelle del diritto. Il notariato ha storicamente avuto questo ruolo di controllo e di rispetto delle regole, della legalità. L’esperienza dei Paesi in cui il notaio non esiste ci dovrebbe far riflettere. Non è che in questi Paesi i costi non esistano: nelle compravendite immobiliari, infatti, il costo della parcella del notaio è notevolmente superato da quello della title insurance, obbligatoria, che peraltro copre, in caso di sinistro, solo il valore al momento dell’acquisto, senza tener conto della rivalutazione dell’immobile, per cui difficilmente si potrà riacquistare una casa equivalente». Cosa pensa delle liberalizzazioni specifiche che finora hanno interessato la categoria? «Credo che debbano essere valutate con cautela. Nel caso ad esempio dell’abolizione dell’obbligo di autentica notarile per i trasferimenti di proprietà degli autoveicoli, la semplificazione non ha certo ridotto i costi per l’utenza, ma semmai aumentato i rischi di acquisto da soggetti, per i quali non viene verificato il regime patrimoniale tra coniugi, la capacità di agire e così via. Speriamo solo che il modello che si vorrà seguire non sia quello anglo-americano, che ha sottratto il controllo dei trasferimenti immobiliari ai solicitors, determinando di fatto il crollo della legalità». VENETO 2009 • DOSSIER • 185


RIFLESSIONI

Emozioni semplici, al di sopra di complicate teorie è una profonda somiglianza tra l’architettura e la musica, così immateriale l’una, quanto materiale l’altra. Nella musica come nell’architettura si trova la stessa voglia di precisione, di ordine matematico, geometrico, le stesse certezze, magari la stessa disubbidienza. L’architettura è un’arte di frontiera. Solo se si accetta la sfida di farsi contaminare, di farsi costantemente provocare da tutto ciò che è vero, ha ragione di essere. Altrimenti rimane un’arte da salotto, accademia. «Ogni progetto è una sfida», spiega Mario Mazzer. «Cerco di interpretare al

C’ A destra, l’architetto Mario Mazzer che ha iniziato lavorando a Milano con maestri come Achille Castiglioni e Marco Zanuso mario@mariomazzer.it

230 • DOSSIER • VENETO 2009

meglio i bisogni del committente, traducendoli in spazi sempre unici nei quali vivere bene. Il filo conduttore che lega il mio lavoro è la capacità di entrare nel dettaglio e di capire a fondo le potenzialità dei materiali. Sono convinto che una buona architettura influenzi ciò che ci circonda, di conseguenza la qualità della vita», afferma Mazzer. Qual è il pensiero che guida il suo lavoro? E come si inserisce nel panorama dell’architettura e del design? «Il grande architetto americano Philip Johnson pose il quesito: “È possibile trovare soddisfazione in piaceri visivi non complicati da

Un dialogo tra ambiente e opera da realizzare. Tra estetica e vivibilità degli spazi e un’intensa attività progettuale in Italia e all’estero. Con l’uomo al centro del progetto. La riflessione di Mario Mazzer sul valore dell’architettura Ludovica Cento


Il valore dell’architettura

teorie?”. Come architetto e designer credo sia difficile operare nell’estetica senza una linea filosofica e il mio valore stilistico non va ricercato in rigide definizioni teoriche. Nei miei lavori si sente la storia, il movimento moderno, L. Kahn, la scuola milanese del dopoguerra, C. Eames. La coerenza stilistica del mio lavoro è data dall’utilizzo di alcuni principi fissi, presenti già nella prima fase della progettazione». Quali sono questi principi? «Il primo è la ricerca della soluzione che risolva e non stupisca. Un altro punto è il contesto, l’attenzione alle relazioni con il territorio. I nuovi edifici devono essere in perfetta armonia con l’ambiente che li circonda, senza falsificazioni ma con soluzioni e materiali che li esaltino. Nel progettare uso il gioco del contrappunto tra i pieni e i vuoti. Negli edifici dove le vetrate determinano l’architettura, c’è sempre un volume pieno che si contrappone, il gioco della sottrazione raffina la struttura e prevale il senso della

Il progetto è caratterizzato da due parallelepipedi intersecati tra loro. La distribuzione planimetrica tiene conto dei suggerimenti del Feng-shui e usa l’elemento acqua per equilibrare le forze

misura e delle proporzioni». E il design? «È certamente all’interno del sistema casa che va ricercata la mia gestaltung nel design. Provengo dall’architettura e di questa mi nutro. Ho una propensione verso il settore del mobile perché si rapporta alla scatola architettonica, anche se oggi il mio campo d’azione si estende per sperimentare, con atteggiamento vivace e curioso, nuove estetiche in altri campi. Sono alla continua ricerca del design semplice ed

››

Nella pagina a sinistra e a in alto il progetto realizzato del Centro direzionale Homes a Pieve di Soligo. Al centro il render del progetto realizzato in India. Sopra render del Centro moda a Krasnodar (RU)

VENETO 2009 • DOSSIER • 231


RIFLESSIONI

›› emozionale».

Lei un designer molto conosciuto, il suo nome compare nell’Enciclopedia del design del museo d’arte moderna di New York, il Moma. «Progetto e disegno da molti anni per le più importanti aziende italiane dell’arredo. Ho guidato artisticamente dalla nascita aziende che oggi sono un preciso riferimento per il design». Quali sono le caratteristiche della sua ultima realizzazione? «È un centro direzionale per cinque aziende nel settore del mobile e sorge a Pieve di Soligo. La committenza ha chiesto un edificio funzionale e capace di esprimere la forte identità del gruppo. Il progetto è caratterizzato da due parallelepipedi intersecati tra loro, non ortogonalmente per esprimere una maggiore dialettica spaziale. La distribuzione planimetrica tiene conto dei suggerimenti del Feng-shui e usa l’elemento acqua per equilibrare le forze. Il visitatore è accompagnato da un velo d’acqua che scorre fino al-

232 • DOSSIER • VENETO 2009

l’ingresso dello showroom posto a un livello interrato di sei metri. È un edificio che adotta le migliori tecnologie di isolamento termico, acustico e di qualità dell’ambiente di lavoro». Cosa ha realizzato all’estero? «In Siberia sto progettando un centro per l’intrattenimento, a Krasnodar un edificio di dieci piani di cui tre dedicati alla moda e al design. In Polonia stiamo definendo un centro commerciale. In India ho realiz-

zato alcuni showroom e ora sto lavorando a un grande head quarter. Quest’ultimo progetto, molto attento al contesto territoriale, ha tre lati rivestiti di pietra locale, mentre a est si apre come un geodo in un gioco di rientranze di vetri. Una soluzione che nasce dall’applicazione del Vastu, l’antica scienza Indu dell’abitare. In Slovenia, a Capodistria, sta per iniziare la costruzione sul lungomare di un centro per l’intrattenimento».

Ristrutturazione di una casa a Cortina con l’utilizzo di materiali e lavorazioni tradizionali. Tutte le parti di legno provengono da un vecchio maso altoatesino. Sopra il centro di intrattenimento a Capodistria (Slovenia) con la piscina al primo piano



POLITICHE ENERGETICHE

Una regione che sceglie maggiore autonomia sul versante energetico L’indipendenza dalle importazioni è uno degli obiettivi prioritari per il presidente della Regione Giancarlo Galan. Dal primo rigassificatore offshore in Italia all’apertura verso il nucleare, il Veneto si dimostra ancora una volta all’avanguardia per la gestione delle risorse energetiche. Un territorio capace di assumersi le proprie responsabilità Francesca Druidi he il Veneto sia una straordinaria eccellenza lo sostengo ormai da parecchio tempo, sebbene corvi e gufi, pur di contraddirmi, descrivano spesso una regione che nella realtà non esiste». Con queste parole il presidente del Veneto Giancarlo Galan evidenzia il dinamismo del territorio che governa ormai da tre mandati, commentando nel luglio scorso il Rapporto statistico 2009 Il Veneto si racconta, il Veneto si confronta dedicato al tema della mobilità. Un dinamismo che interessa anche il campo energetico. È datato 10 agosto l’arrivo della prima nave di gas naturale liquefatto (Gnl) al terminale di rigassificazione Adriatic Lng, situato nel Nord Adriatico, al largo di Porto Levante, in provincia di Rovigo. Un passo in avanti verso l’auto-

C

248 • DOSSIER • VENETO 2009

sufficienza energetica dell’Italia, e soprattutto un’evidente dimostrazione della cultura del fare veneta, i cui effetti positivi ricadranno sui cittadini ma anche sulle imprese della regione e, in generale, del Nordest. «Il rigassificatore, che tanto cocciutamente abbiamo voluto, inizierà a distribuire per il bene della nostra economia, nel più assoluto rispetto dell’ambiente e della sicurezza», afferma Galan nel definire il 10 agosto un giorno da segnare in bianco, il colore della festa. «Sono queste le notizie che dovrebbero essere riprese a tutta pagina dai nostri giornali, sono queste le notizie che i telegiornali dovrebbero dare con grande risalto. Tutto ciò accade nel Veneto che sta realizzando il Mose, che ha costruito il Passante di Mestre e che ora, grazie al rigassificatore, distribuirà energia pulita all’area più produttiva del

Sopra, il presidente della Regione Veneto Giancarlo Galan. A fianco, una mappa in cui si segnalano Chioggia, ipotetica sede nuclearizzata, e Porto Tolle, dove è situata la centrale termoelettrica


Foto ENEL

Foto ENEL

Giancarlo Galan

CHIOGGIA

PORTO TOLLE

nostro Paese». E proprio in occasione della presentazione ufficiale del rigassificatore, il 20 settembre 2008, Galan aveva chiesto direttamente al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi la possibilità di attribuire al Veneto il gettito aggiuntivo per accise e Iva derivante dai quantitativi di gas commercializzati, grazie all’impianto installato in Alto Adriatico. Un appello accolto lo scorso maggio, con l’approvazione da parte del Senato di una norma che prevede la diminuzione delle accise sui carburanti per i cittadini veneti. Del resto, per il governatore del Veneto, il fattivo contributo della Regione alla risoluzione delle criticità italiane in ambito energetico meritava una qualche forma di ritorno. «I nostri esperti – aveva dichiarato Galan nel settembre 2008 – hanno stimato che l’introito relativo alle accise che VENETO 2009 • DOSSIER • 249


POLITICHE ENERGETICHE

Già a suo tempo ho dichiarato la non contrarietà del Veneto al nucleare, ma servono ricerche, criteri, modalità di realizzazione

ogni anno verrà messo a sistema

dal rigassificatore, potrebbe essere valutato tra i 350 e i 500 milioni di euro». Si delinea in questo modo un concreto esempio di federalismo energetico, che potrebbe trainare anche le altre Regioni incoraggiandole a superare le incertezze e a intraprendere quel processo di ammodernamento infrastrutturale teso a garantire l’autonomia energetica del territorio. Risale all’estate anche il parere favorevole, sebbene con alcune prescrizioni, della Commissione regionale Via (valutazione impatto ambientale) al progetto di riconversione a carbone della centrale termoelettrica Enel a olio combustile, situata a Porto Tolle in provincia di Rovigo. «Sono soddisfatto di quanto deciso – ha osservato Galan – e proprio per questo

250 • DOSSIER • VENETO 2009

Sopra, un esempio di centrale nucleare, localizzata a Temelin in Repubblica Ceca, non lontano dal confine austriaco. Sono circa 200 le centrali nucleari nel vecchio Continente

desidero sottolineare il merito di una Regione che si assume le proprie responsabilità su questioni decisive, sia dal punto di vista economico e sociale che ambientale». Con l’entrata in vigore il 15 agosto della legge Sviluppo, il nucleare torna a essere uno scenario quanto mai reale per il sistema energetico italiano. Anche in questa occasione, il presidente del Veneto non si è tirato indietro di fronte alla possibilità di accogliere, all’interno dei confini regionali, uno dei nuovi impianti di produzione di energia nucleare. «Il Veneto non è komeinista e non ha una posizione preconcettualmente contraria al nucleare, ma dove eventualmente collocarlo e come me lo devono dire e motivare i tecnici», così si pronunciava Galan il 10 luglio, all’indomani dell’approvazione

del disegno di legge. Come ha avuto modo di dichiarare alla stampa, per il presidente si tratta di un “sì politico” in attesa che gli esperti si pronuncino in maniera più approfondita. «Già a suo tempo ho dichiarato la non contrarietà del Veneto al nucleare – ha ribadito – ma servono ricerche, criteri, modalità di realizzazione». Entro sei mesi dalla promulgazione della legge, sarà disciplinata la mappa dei siti da adibire alla produzione, allo stoccaggio e al deposito di energia nucleare. Nel frattempo, circolano a livello ufficioso i primi nomi delle potenziali sedi. Per il Veneto, ricorre con frequenza il riferimento a Chioggia. Citata dallo stesso Galan anche Porto Tolle, dove però si trova già la centrale soggetta all’operazione di conversione.


Rigassificatore di Porto Levante

Da qui passa la nuova via per l’importazione del gas Il 10 agosto scorso è approdata la prima nave al rigassificatore di Porto Levante. Un impianto unico al mondo che, realizzato da Terminale Gnl Adriatico, aumenterà la capacità di importazione del gas naturale liquefatto in Italia. Diversificando le fonti di importazione energetiche del Paese Francesca Druidi

l gas si appresta a diventare la fonte dominante nel soddisfacimento del fabbisogno energetico nazionale. Resta, tuttavia, da arginare la forte dipendenza dell’Italia rispetto a un’offerta dominata da pochi Paesi produttori. Le criticità sorte dal contenzioso tra Russia e Ucraina, che ha portato all’inizio del 2009 al blocco totale delle forniture verso l’Europa tramite il paese guidato da Viktor Iushenko, suggeriscono alcune delle problematiche derivanti da una scarsa autonomia energetica. Una risposta concreta arriva allora dalla diversificazione, sia delle aree di approvvigionamento del gas che delle fonti di energia. Un contributo, in questo senso, può essere fornito dal potenziamento delle infrastrutture di importazione, quali rigassificatori e gasdotti, necessari anche per aumentare la sicurezza degli approvvigionamenti. Per questo, l’impianto di rigassificazione di Terminale Gnl Adriatico, società partecipata al 45% da Qatar Terminal

I

Limited, un’affiliata di Qatar Petroleum, al 45% da ExxonMobil Italiana Gas e al 10% da Edison, rappresenta un asset strategico per il sistema energetico italiano. Partito il 30 agosto 2008 dal bacino di Algeciras, in Spagna, dove è stato costruito, l’innovativo impianto è giunto a destinazione a settembre dello scorso

anno nel Nord Adriatico, al largo di Porto Levante, in provincia di Rovigo. Si tratta del primo impianto al mondo offshore Gbs (gravity based structure) in cemento armato per la ricezione, lo stoccaggio e la rigassificazione del gas naturale liquefatto (Gnl), capace a pieno regime di immettere sul mercato

Sopra, il rigassificatore di Terminale Gnl Adriatico al largo di Porto Levante (Ro). Progettato attorno a un’ampia struttura di cemento, il terminale poggia sul fondo marino a una profondità di circa 29 metri

VENETO 2009 • DOSSIER • 251


POLITICHE ENERGETICHE

DATI TECNICI 375 metri - La lunghezza complessiva dell’impianto 115 metri - L’altezza del terminale 18 metri slm - La posizione del ponte principale 250mila m3 - La capacità dei due serbatoi per il Gnl

italiano fino a 8 miliardi di me-

tri cubi di gas all’anno, pari al 10% della domanda nazionale. Dopo un decennale iter di ottenimento delle autorizzazioni, tra cui le valutazioni di impatto ambientale volte ad accertare il rispetto dei requisiti di tutela dell’ambiente, l’arrivo, il 10 agosto scorso, della prima nave di Gnl, la Dukhan, segna un’ulteriore e decisiva tappa verso la piena operatività del terminale.

COME FUNZIONA Il trasporto del Gnl su speciali navi metaniere è consentito dal processo di liquefazione, con il quale il gas passa dallo stato gassoso a quello liquido mediante un processo di abbassamento della temperatura (-162°), che ne riduce le dimensioni in termini di volume di 600 volte. Questa tecnologia rende accessibili i giacimenti di gas situati in regioni del mondo spesso remote e raggiungibili solo a costi proibitivi. Dentro al terminale di cemento di Porto Levante sono collocati due serbatoi di acciaio per il Gnl, ognuno dalla capacità di 125mila metri cubi, mentre sulla sommità si trovano l’impianto di rigassificazione e gli alloggi per i lavoratori. Le strutture per l’ormeggio e lo scarico sono progettate e testate per ricevere in sicurezza navi di 252 • DOSSIER • VENETO 2009

Sopra, l’arrivo il 10 agosto scorso di Dukhan, la prima nave di gas naturale liquefatto (Gnl) al terminale di rigassificazione di Porto Levante. Per il terminale sono state costruite cinque navi pronte a coprire la rotta per il mare Adriatico

diversa stazza. Il gas liquefatto viene trasferito, tramite appositi bracci di scarico, dalla nave alle tubazioni che lo condurranno ai serbatoi del terminale, per raffreddarli alla temperatura necessaria per lo stoccaggio e la successiva rigassificazione. Completato il raffreddamento, è attraverso due metanodotti che la struttura si collega alla rete

nazionale di distribuzione del gas. Il primo, di proprietà di Terminale Gnl Adriatico che lo ha realizzato, dal rigassificatore percorre 15 chilometri di mare e altri 25 sulla terraferma fino alla cabina di misura di Cavarzere, in provincia di Venezia. Da qui, un altro metanodotto, questa volta di proprietà di Edison, condurrà il gas alla rete nazio-


Rigassificatore di Porto Levante

Il gas si appresta a diventare la fonte dominante nel soddisfacimento del fabbisogno energetico nazionale. Resta, tuttavia, da arginare la forte dipendenza dell’Italia rispetto a un’offerta dominata da pochi Paesi produttori

nale, vicino a Minerbio, in provincia di Bologna, dopo 84 chilometri. Lontano dai centri abitati, la struttura è competitiva anche sul fronte della sicurezza: massima attenzione è stata posta al monitoraggio del funzionamento, nel rispetto delle procedure e delle normative vigenti. Del resto, nei primi 45 anni di trasporto del Gnl, con oltre 100 milioni di miglia percorse, nessun grave episodio si è mai verificato. La capacità del terminale verrà utilizzata nei prossimi 25 anni da Edison per l’80%, con l’obiettivo di rigassificare il Gnl importato dal giacimento North Field, in Qatar, in base all’accordo di fornitura siglato con la società RasGas II. Del rimanente 20% disponibile per altri operatori, il 12% è già stato assegnato secondo le procedure definite dal ministero per lo Sviluppo economico e dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas a British Petroleum per 10 anni a partire dall’anno termico 2009-2010. Circa il 25% dei trasporti internazionali di gas fa riferimento al Gnl, mentre in Italia quest’ultimo costituisce circa il 5% dei volumi importati di gas. Oggi, grazie al terminale nell’Alto Adriatico, il mercato nazionale del gas è finalmente a una svolta. VENETO 2009 • DOSSIER • 253


POLITICHE ENERGETICHE

Quel giusto mix contro la dipendenza da gas e petrolio Diversificare le fonti di approvvigionamento. Promuovendo concorrenza, infrastrutture e un uso razionale delle risorse. La soluzione del presidente dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, Alessandro Ortis, per un sistema energetico italiano più competitivo ed efficiente Francesca Druidi

a uno dei fattori dell’attuale congiuntura negativa internazionale, il settore dell’energia può diventare leva strategica per il superamento della crisi e per il rilancio economico-sociale. È questo l’auspicio dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, ribadito nel corso della presentazione, lo scorso luglio, della relazione annuale sullo stato dei servizi e dell’attività svolta. Restano però molte le criticità da affrontare, dall’eccessiva dipendenza del sistema energetico nazionale dalle importazioni (85%) e dagli idrocarburi (più del 70%, petrolio e gas) alla liberalizzazione, ancora da completare, del mercato del gas, aspetto che incide ancora pesantemente sulla spesa per

D

254 • DOSSIER • VENETO 2009

l’energia di imprese e famiglie. Il ddl Sviluppo promulgato dall’esecutivo apre nuovi importanti orizzonti con la reintroduzione del nucleare. «Da parte di governo e Parlamento – afferma Alessandro Ortis, presidente dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas – si evidenzia una particolare attenzione alle tematiche dell’energia. Siamo pronti ad accompagnare le decisioni che verranno prese a livello politico-istituzionale con gli eventuali provvedimenti di nostra competenza». Tenendo sempre ben presenti due obiettivi centrali: la promozione della concorrenza e la tutela del consumatore. Dall’inizio dell’anno a oggi, il prezzo per l’energia elettrica è sceso dell’8%, quello del gas del 15,4%. Può fare una pre-


Alessandro Ortis

In alto a sinistra, Alessandro Ortis, presidente dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas dal dicembre 2003. Nel suo curriculum, ruoli dirigenziali in aziende pubbliche e private. In passato ha presieduto il gruppo di esperti per il settore elettrico dell’Agenzia internazionale dell’energia

visione sull’andamento per il resto del 2009? «Questa sensibile e positiva diminuzione è dovuta alla forte discesa dei prezzi petroliferi nei mesi passati, rispetto ai record del 2008. Le nostre bollette sono ancora fortemente condizionate dal costo del barile e

fare ipotesi sul loro andamento significherebbe azzardare previsioni sui prezzi futuri del barile stesso. Limitandoci, tuttavia, a una stima per quest’anno, pur in presenza di una ripresa delle quotazioni del greggio, la spesa totale 2009 delle famiglie italiane per elettricità e gas re-

sterà inferiore rispetto al 2008». L’Italia risente della volatilità dei prezzi petroliferi su quelli finali di elettricità e gas. Come si possono attenuare gli effetti delle forti escursioni delle quotazioni petrolifere? «L’Autorità ha introdotto particolari meccanismi ammortizzatori per l’aggiornamento dei prezzi di riferimento per famiglie e aziende minori. Meccanismi che contribuiscono a smorzare e diluire nel tempo l’impatto delle forti escursioni, verso l’alto o verso il basso, del greggio. È però importante arrivare a un mix di copertura meno petrolio-dipendente. Infatti, in assenza di nucleare e con uno scarso utilizzo di carbone e fonti rinnovabili convenienti, le bollette italiane continuano a essere particolarmente esposte al mercato internazionale di petrolio e gas. Nel frattempo, una crescente concorrenza nel settore dell’energia elettrica sta producendo i primi benefici per i consumatori, in termini di qualità del servizio e di pressione sui prezzi finali. Così non è ancora nel settore del gas». Quali sono i maggiori ostacoli a una definitiva liberalizzazione del mercato del gas? «Il principale è legato all’insuf- VENETO 2009 • DOSSIER • 255


POLITICHE ENERGETICHE

CI VUOLE ENERGIA PER LO SVILUPPO

Settore gas: alcuni dati

Basta con la dipendenza energetica dall’estero, si riapre la strada al nucleare, con impianti moderni e tecnologie sicure. Per rilanciare la competitività del Paese di Maurizio Lupi*

Fonte: Relazione annuale sullo stato dei servizi e sull’attività svolta dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas Imposte

Stoccaggio 1,4%

37,8% Costi infrastrutture

Trasporto 4,8%

16,4%

Costo materia prima

37,1% Commercializzazione al dettaglio

3,9%

Distribuzione 10,1%

Commercializzazione all’ingrosso

4,9% Fonte: Ministero dello sviluppo economico

Importazione lorde di gas nel 2008 secondo la provenienza Algeria

33,8%

Altri

4,1% Norvegia

6,9%

Russia

32,0% Libia

12,8%

Paesi Bassi

10,4%

V

ogliamo giocare la scommessa del nucleare pulito, di nuova generazione. Un nucleare molto più sicuro, che ci permetta di vincere la sfida di una minore dipendenza energetica e di una concorrenzialità sui costi per dare sviluppo alle nostre imprese. E parallelamente continuare la sfida sulle fonti rinnovabili. A chi afferma che la scelta del nucleare è sorpassata, visto che si sta puntando sulle fonti di energia rinnovabili rispondo che i Paesi che si stanno attivando in questo senso, partendo da una produzione di energia nucleare molto forte, stanno giocando una partita ad integrare, non a eliminare. Le fonti rinnovabili, da sole, non sono in grado di esaurire le necessità di energia di un Paese come il nostro. Stiamo ancora pagando un conto energetico salatissimo per aver rinunciato al nucleare sull’onda dell’emotività scaturita dopo i drammatici fatti di Chernobyl. Con la scelta di allora non abbiamo eliminato il “pericolo” del nucleare, visto che siamo circondati da Paesi che hanno centrali nucleari attive, come per esempio la Francia. Con l’emotività e l’ideologia non si danno risposte ai bisogni dell’Italia. Per quanto riguarda la scelta dei siti dove verranno realizzate le centrali, si continuano ad agitare fantasmi e paure per strumentalizzare, ai fini dell’acquisizione di un consenso, temi che invece dovrebbero essere affrontati insieme, vista l’importanza strategica per lo sviluppo. Per la creazione delle centrali nucleari si procederà come per le grandi infrastrutture e le grandi opere. Il coinvolgimento degli enti locali e dei cittadini ci dovrà essere e ci sarà.

ficiente sviluppo delle infra- strutture di trasporto e quasi strutture: attivare nuovi gasdotti di importazione, rigassificatori e stoccaggi, potrebbe garantire un’offerta più abbondante, più diversificata e a prezzi più concorrenziali, assicurando anche una maggiore sicurezza delle forniture. Un altro ostacolo è costituito dal ruolo ancora troppo dominante dell’Eni, che controlla anche il monopolio tecnico delle infra-

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tutti gli stoccaggi». Il bonus elettrico e il bonus gas alleggeriranno le bollette dei cittadini più bisognosi. Si tratta di un passo in avanti verso una concreta equità redistributiva per gli oneri di sistema presenti? «Il bonus elettrico, attivato lo scorso gennaio, e il bonus gas, disponibile dal prossimo novembre, garantiscono alle fami-

*vicepresidente della Camera e membro della Commissione ambiente


Alessandro Ortis

glie a basso reddito riduzioni in bolletta, in una logica di solidarietà fra consumatori. Altra cosa sono gli “oneri di sistema”, voci di costo fissate per legge, che vengono pagate da tutti i consumatori con un prelievo di tipo parafiscale, peraltro ulteriormente gravato dall’Iva. L’Autorità auspica un riflessione sulla possibilità di trasferire tali oneri, in tutto o in parte, a carico della più equa fiscalità generale. I consumi di energia elettrica, infatti, non sono proporzionali al reddito: una famiglia a basso reddito con alti consumi sta contribuendo agli oneri di sistema più di un single benestante. Allo stesso modo, un’impresa ad alti consumi elettrici, ma con modesti utili, contribuisce più di un’impresa con utili elevati e bassi consumi». Nel 2008 si è registrata una forte crescita delle fonti rinnovabili, che hanno segnato un +18,5%, non solo per la maggiore produzione idroelettrica, ma anche per l’aumento produttivo delle altre, in particolare l’eolico (+60% circa). Come garantire ulteriore impulso a queste fonti? «Dare ulteriore slancio a uno sviluppo efficiente delle fonti rinnovabili è una sfida cui non possiamo sottrarci, per vantaggi in termini di sicurezza, diversificazione energetica e tutela ambientale. L’Autorità ha assunto da tempo precise ini-

Bilancio dell’energia in Italia nel 2007 e nel 2008

Produzione

Solidi

Gas

Petrolio

Rinnovabili

Energia elettrica

Totale

0,56

8,01 63,42

5,86 101,62

13,55 0,73

0,00 9,46

27,98 191,98

Importazione 16,76

Fonte: elaborazione Aeeg su dati provvisori Ministero dello sviluppo economico e Terra

ziative in questa direzione anche attraverso specifiche soluzioni normative e incentivi allo sviluppo delle reti, smart grids (reti intelligenti, ndr) comprese. Tuttavia, si segnala anche l’opportunità di un riassetto e di una valutazione di sostenibilità degli attuali meccanismi di incentivazione, che nel prossimo futuro potrebbero avere un sensibile impatto economico sulle bollette». Quali nodi rimangono da sciogliere nel mercato energetico italiano? «La spesa media di una famiglia è costituita per il 70% da gas e per il 30% da energia elettrica, a sua volta prodotta per circa il 55% utilizzando gas. Perciò i primi nodi, almeno per il breve-medio termine, restano

l’economicità e la sicurezza delle forniture di gas, nonché lo sviluppo delle infrastrutture energetiche interne e per le importazioni, quali elettrodotti, reti di distribuzione, gasdotti, stoccaggi gas, rigassificatori. Di base e per il medio-lungo termine, permane la necessità di renderci meno petrolio e gas dipendenti, secondo scelte di politica energetica e diversificazioni del mix di coperture già all’attenzione di governo e Parlamento. Infine, non dobbiamo dimenticare la componente energetica più virtuosa, dove contano anche i nostri personali comportamenti: l’uso intelligente ed efficiente dell’energia, vale a dire risparmio energetico senza difficili privazioni». VENETO 2009 • DOSSIER • 257


POLITICHE ENERGETICHE

Più trasparenza per riequilibrare il mercato dell’energia Si rende oggi necessario un modello di sviluppo energetico post crisi. Un modello che in Italia deve misurarsi con i cronici problemi del Paese. Dall’eccessiva dipendenza dall’estero a un quadro normativo frammentato sul fronte delle competenze. Lo spiega Pasquale De Vita, presidente di Confindustria energia e di Unione petrolifera Francesca Druidi

l periodo estivo ha fatto registrare un nuovo aumento dei prezzi dei carburanti e, come di consueto, non sono mancate le polemiche da parte delle associazioni dei consumatori. Il 6 agosto scorso è stato poi convocato dal ministro dello Sviluppo economico Scajola un incontro con i rappresentanti dell’industria petrolifera per verificare l’andamento dei prezzi. L’Unione petrolifera si è difesa, giustificando il rincaro con le attese di ripresa dell’economia mondiale, in particolare di quella americana, che hanno spinto verso l’alto le quotazioni del petrolio e dei prodotti raffinati quali benzina e gasolio scambiati sulle piazze internazionali, tornati al centro della speculazione finanziaria. L’industria petrolifera ha, inoltre, rigettato l’ac-

I

258 • DOSSIER • VENETO 2009

cusa di attuare comportamenti lesivi della concorrenza, a fronte anche del recente impegno assunto dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas nel monitoraggio dei prezzi e dei conti economici delle società petrolifere. Ad alterare ancora una volta gli equilibri del mercato energetico, e non solo, è la volatilità dei prezzi petroliferi. Pasquale De Vita, presidente di Confindustria energia e di Unione petrolifera, alla luce di queste costanti criticità prova a delineare i possibili scenari futuri del sistema petrolifero ed energetico. Presidente, quali sono le più significative criticità dell’attuale quadro petrolifero? «Gli ultimi dodici mesi sono stati decisamente difficili. Siamo ancora nel mezzo di una recessione mondiale, che non sappiamo


Pasquale De Vita

bene quando finirà. A livello internazionale mi sembra che i problemi di oggi siano gli stessi di ieri, solamente amplificati. Dal punto di vista geopolitico, non mi pare si segnalino grossi mutamenti, considerato che l’offerta di petrolio è tornata saldamente nelle mani dell’Opec, che ha recuperato il proprio potere di controllo sui prezzi. Il calo della domanda ha messo particolarmente in difficoltà il sistema della raffinazione, che si trova oggi di fronte a un pericoloso eccesso di offerta che potrebbe preludere a un più vasto riposizionamento dell’intero settore. Quanto al funzionamento dei mercati, è evidente che qualcosa non va. Ciò che colpisce e preoccupa di più è l’estrema volatilità delle quotazioni del petrolio e dei prodotti raffinati che sten-

PREZZI BENZINA SENZA PIOMBO Si comparano i prezzi correnti al consumo (euro al litro) della benzina senza piombo nel mese di giugno 2002, 2008 e 2009

1,512 1,061

1,295

Elaborazione UP su rilevazioni settimanali del Ministero Sviluppo Economico

Nella pagina a fianco, Pasquale De Vita, presidente di Unione petrolifera e di Confindustria energia

tano a trovare un loro punto di equilibrio, utile e necessario per garantire gli investimenti urgenti. Un’esigenza sentita sia dai Paesi consumatori che da quelli produttori, della quale si continua a parlare nei consessi internazionali e che può senz’altro essere auspicabile, ma che credo

sia di difficile implementazione. È, infatti, oggettivamente difficile trovare soluzioni condivise che permettano di isolare la speculazione finanziaria che tanto peso esercita sulle dinamiche reali». Guardando nello specifico all’Italia, quali problemi evidenzia? «Siamo uno dei Paesi più esposti, considerata la nostra elevata dipendenza energetica dall’estero che, nel 2008, si è leggermente ridotta solo per la contrazione dei consumi. Le risorse nazionali non sono adeguatamente sfruttate, mentre esse potrebbero contribuire a ridurre sensibilmente la spesa per l’approvvigionamento energetico. Spesso l’ingente mole di risorse messe in campo dalle aziende non trovano sbocco a causa dei mille ostacoli di natura VENETO 2009 • DOSSIER • 259


POLITICHE ENERGETICHE

legislativa e amministrativa che prodotti petroliferi proseguirà la un qualsiasi intervento industriale incontra nel nostro Paese. Rimane il problema di un quadro normativo frammentato dal lato delle competenze». Come evitare che il cittadino subisca il continuo oscillare dei prezzi dei prodotti petroliferi? «Non penso esistano molti strumenti per limitarlo, a meno di non tornare ai prezzi amministrati, con tutte le conseguenze negative già sperimentate. I giochi si fanno in un altro luogo e chi opera sul mercato nazionale ha ben poche “armi” a sua disposizione. Non bisogna dimenticare che il margine di manovra delle compagnie è meno del 10% del prezzo finale. Pochi centesimi su cui spesso si scatenano vere e proprie guerre di religione mentre, come ha rilevato qualche attento osservatore, il “bottino è altrove”». Quali prospettive individua per i prodotti petroliferi in termini di domanda e capacità produttiva? «In base alle previsioni dell’Up, nei prossimi anni la domanda di

graduale contrazione iniziata nel 2009. Sarà necessario contenere i consumi nel lungo termine per soddisfare gli obiettivi europei al 2020 (il cosiddetto pacchetto “2020-20”, ndr) che altrimenti non sarebbero raggiunti. Ciò avrà una profonda incidenza sul peso delle diverse fonti e sulla struttura dell’industria petrolifera. A risentirne maggiormente sarà la raffinazione, data la diversa composizione del barile rispetto all’attuale assetto impiantistico». Qual è l’attuale contributo del gas naturale al soddisfacimento del fabbisogno energetico nazionale? «Il gas nel giro di pochi anni diventerà la principale fonte di energia. Si tratta però di una fonte che presenta gli stessi problemi “politici” del petrolio, poiché anch’essa è nelle mani di pochi Paesi. In più, essendo fortemente legata al tubo, è meno flessibile nel trasporto, a meno che non la si trasformi in Gnl». Il potenziamento degli impianti di importazione sta compiendo dei passi in avanti nel

Il consumo di energia in Italia (Milioni di tep) Combustibili solidi Gas naturale Importazioni nette di energia elettrica Petrolio (°) Fonti rinnovabili Totale

2007

2008 (*)

Variazione % 2008 vs. 2007

Peso sul totale 2008

17,2 70,0 10,2 82,5 14,3 194,2

17,0 70,0 8,7 79,4 17,0 192,1

-1,5 % 0 -14,5 % -3,7 % +18,5 % -1,1 %

8,8 % 36,5 % 4,5 % 41,4 % 8,8 % 100,0 %

(*) dati provvisori; (°) I valori successivi al 1997 includono l’Orimulsion impiegato per produzione di elettricita. Dal 1998 e cambiata metodologia di rilevazione delle importazioni di coke di petrolio Fonte: Ministero dello Sviluppo Economico

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Pasquale De Vita

Il calo della domanda di prodotti petroliferi ha messo in difficoltà il sistema della raffinazione, che si trova oggi di fronte a un pericoloso eccesso di offerta che potrebbe preludere a un più vasto riposizionamento dell’intero settore

nostro Paese? «Dal punto di vista infrastrutturale, si sta provando a fare qualcosa. Le difficoltà sono però molte in virtù della lentezza e della complessità del processo autorizzativo, che spesso rende problematico il rispetto del piano di investimento con un aumento abnorme dei costi». Il Veneto si dimostra all’avanguardia con il primo rigassificatore offshore. Come

procedono le altre regioni? «Si configurano numerosi progetti presentati dalle aziende e su alcuni c’è già stato un sostanziale via libera. Resta il nodo delle autorizzazioni, che per il rigassificatore di Rovigo ha significato oltre 12 anni di battaglie». La legge Sviluppo prevede l’inasprimento della Robin tax e l’avvio del nucleare. Come valuta questi provvedimenti? «L’Unione petrolifera ritiene la

Robin tax una misura ingiusta e discriminante che non aveva ragione di essere nel momento in cui venne introdotta e tanto meno oggi, considerando i compiti di vigilanza e controllo attribuiti all’Autorità per l’energia elettrica e il gas, che si configurano come un vero e proprio controllo di prezzi non regolati come luce e gas, ma liberi dal 1994. Un appello rimasto inascoltato: con il ddl approvato l’addizionale è stata portata dal 5,5% al 6,5% per finanziare l’editoria. Insomma, dal settore petrolifero si attinge per le più svariate esigenze. Quanto al nucleare, rappresenta sicuramente un’opzione di cui però si dovranno valutare i reali costi». VENETO 2009 • DOSSIER • 261


POLITICHE ENERGETICHE

Sole, vento e acqua Verona si apre alle rinnovabili Il presidente di Agsm Gian Paolo Sardos Albertini illustra i progetti e le ambizioni energetiche della città di Verona, che si appresta a diventare un punto di riferimento italiano ed europeo per lo sviluppo e l’applicazione delle fonti rinnovabili Andrea Moscariello

vincolarsi dalla dipendenza del petrolio, concepire una nuova “urbe” efficiente e al tempo stesso compatibile con la salute dell’uomo e dell’ambiente. Quella dell’energia rinnovabile rappresenta forse la più grande sfida della realtà globale. Non è un caso se i veri protagonisti, i pionieri di questa rivoluzione, non possono essere i soli acquirenti e rivenditori di energia. Sono i produttori a fare la differenza. La realtà veronese rappresenta una punta d’eccellenza contando su una società, Agsm spa di Verona che possiede un importante bacino di impianti produttori di energia, anche e soprattutto rinnovabile. Ma non basta “creare”, occorre infatti sapere applicare alle città e alle sue infrastrutture le tecnologie e i

S

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progetti capaci di canalizzare, sfruttare e rigenerare tali fonti. Ed è su queste prerogative che lo scorso luglio sono iniziati i lavori per dotare il tetto dello stadio di Verona, il Bentegodi, con una copertura interamente formata da pannelli fotovoltaici. «Sarà il più grande impianto sportivo fotovoltaico d’Italia, se non addirittura d’Europa» afferma Gian Paolo Sardos Albertini, presidente di Agsm. Un progetto che rientra in una decisa politica aziendale che mira a realizzare uno sviluppo sempre più importante del settore “rinnovabili”. Un investimento di circa 4,5 milioni di euro interamente a carico di Agsm, che attutirà la spesa grazie agli incentivi statali e all’energia che i pannelli produrranno nell’arco di venti anni. Un’ambizione a lungo termine


Agsm

che vede coinvolte le pubbliche amministrazioni così come società internazionali. Ma, secondo Sardos Albertini, siamo soltanto all’inizio del percorso e sono ancora tanti gli step da affrontare, dall’Italia alla Comunità europea.

Quello dello stadio Bentegodi è forse una delle opere più ambiziose mai realizzate da Agsm. Come è nata l’idea di creare un nuovo tetto fotovoltaico? «Tutto nasce dal Comune di Verona. Ormai si era raggiunto il termine per cui andava sostituito il tetto dello stadio, altrimenti sarebbero scaduti i certificati di agibilità. L’investimento sarebbe costato alla città circa un milione

di euro. A quel punto siamo intervenuti noi con la volontà di trovare un accordo con il Comune. E si è aperta una grande opportunità. Creando un tetto integrato con un pannello fotovoltaico, interamente impermeabile, in un periodo di venti anni ripagheremo l’investimento e otterremo anche una determinata percentuale di utili. In questo modo il Comune risparmia e si ritrova un impianto che produrrà energia elettrica sufficiente per 350 famiglie». Quali soggetti verranno coinvolti nel progetto? «Abbiamo individuato due partner. Il primo è un’azienda tedesca di primaria importanza, il secondo è un’azienda veronese che ha brevettato un sistema di copertura completamente impermeabile, in grado di accogliere e fissare i pannelli fotovoltaici senza l’ausilio di viti, rivetti o altro. In particolare la partnership tedesca è molto importante perché aiuta Agsm a sviluppare il

In apertura, G. P. Sardos Albertini, presidente della società multiutility Agsm. L’azienda ha vinto il premio “Discerno Plus” per la responsabilità sociale d’impresa

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POLITICHE ENERGETICHE

settore delle rinnovabili».

In tema di ambiente ed energia, l’ultimo G8 ha posto degli obiettivi ancora più ambiziosi di Kyoto. Come giudica l’operato della politica internazionale? «A Kyoto si è previsto, per il 2020, di ridurre del 20 per cento le emissioni di Co2 nell’atmosfera e di far sì che il 20 per cento della produzione di energia elettrica derivi da fonti rinnovabili. Al G8 hanno addirittura previsto, per il 2050, di raggiungere la quota del 50 per cento di energia prodotta dalle rinnovabili. Sono obiettivi giusti e importanti ma, per prima cosa, servono un impegno e una visione differente da parte della Comunità europea». Dunque dalla CE si aspettano sforzi differenti rispetto al passato? «Esistono molti incentivi a livello europeo per quanto concerne le energie rinnovabili. Ciò che personalmente sento di dover criticare alla CE è il fatto di non avere mai attuato una politica europea dell’energia. Ogni regione del continente dovrebbe potersi concentrare sulle fonti rinnovabili più consone alla propria conformazione geo-climatica. Quindi, sarebbe perfetto sviluppare l’eolico nei Paesi nordici, come la Svezia o l’Inghilterra, in cui c’è abbondanza di vento, il fotovoltaico andrebbe cercato nei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, dove c’è il sole per la maggior parte dell’anno. E le centrali nucleari andrebbero

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distribuite solamente nelle aree a bassa densità di popolazione, come ad esempio l’Ucraina». A proposito di questo, non teme che il rinato interesse verso il nucleare possa distogliere l’attenzione, da parte degli investitori, verso le energie rinnovabili? «Il nucleare, oggi, è sicuramente una scelta che ci consente di non essere più dipendenti dal petrolio e dal gas, ma che non dovrebbe impedire lo sviluppo del settore delle rinnovabili. Bisogna anche considerare il fatto che la realizzazione di una centrale nucleare può essere affidata solo a società con capitali di dimensioni enormi. Invece, la scelta delle rinnovabili può essere compiuta da società più dimensionate». Mentre la crisi economica in che modo incide sul mercato

Il nucleare, oggi, è sicuramente una scelta che ci consente di non essere più dipendenti dal petrolio e dal gas, ma che non dovrebbe impedire lo sviluppo del settore delle rinnovabili


Agsm

50 Sono i milioni di euro investiti negli ultimi 12 mesi da Agsm nel settore energetico

13mila Sono i pannelli fotovoltaici che copriranno lo stadio Bentegodi di Verona

2050 È il termine fissato dal G8 in cui il 50% dell’energia mondiale dovrà giungere da fonti rinnovabili

energetico? «Si assiste a un calo della domanda e, di conseguenza, a un calo dei prezzi, in particolare dell’energia elettrica. Al punto che le aziende che non possiedono impianti incentivati dallo Stato hanno convenienza a chiuderli per poi andare a comprare l’energia direttamente in borsa. Per quanto riguarda le rinnovabili, gli investimenti si regolano sugli incentivi pubblici, che sono finalizzati a favorire la ripresa economica. Costruendo impianti si fanno lavorare le imprese e si creano occasioni di lavoro per i cittadini». Cosa è previsto per il futuro di Agsm? «L’anno scorso abbiamo effettuato investimenti nel settore pari a circa 50 milioni di euro. Intendiamo mantenere questo trend

A fianco, in alto, Sardos Albertini all’inaugurazione dei lavori per il nuovo tetto fotovoltaico dello stadio Bentegodi di Verona alla presenza, tra gli altri, del sindaco Flavio Tosi e dell’assessore allo Sport Federico Sboarina. Più in basso, una panoramica dello stadio

anche nei prossimi anni. Inoltre, cercheremo nuovi territori strategici. Ci stiamo muovendo in Montenegro, perché lo riteniamo un Paese molto serio e attendibile, sicuramente rappresenta l’area balcanica più sicura in cui attuare progetti e investimenti energetici. Vorremmo poterci muovere maggiormente e con più rapidità anche in Italia, ma

purtroppo il nostro è un Paese in cui la burocrazia è troppo lunga. Ogni regione ha una sua legislazione in materia. Per questo il governo sta cercando di trovare un accordo per imporre delle linee guida comuni». E per quanto riguarda l’area veronese? «Agsm intende procedere alla copertura dello stadio in cui gioca il Bardolino, squadra di calcio femminile campione d’Italia. Sarà un’operazione simile a quella del Bentegodi. Contemporaneamente il Comune ci darà in affitto, gratuitamente, diverse scuole su cui posare pannelli fotovoltaici. In ambito idroelettrico, invece, stiamo realizzando sul fiume Adige, in compartecipazione con un’altra società, una nuova centrale da 4 Megawatt nel comune di Belfiore». VENETO 2009 • DOSSIER • 265


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