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OSSIER VENETO EDITORIALE ..............................................13

ECONOMIA E FINANZA

IL COMPARTO IT...............................128 Software House

OCCUPAZIONE......................................56 Stefano Scarpetta Elena Donazzan

PRODUZIONI INDUSTRIALI .........132 Automazione

Raffaele Costa

L’INTERVENTO.........................................15 Luca Zaia Andrea Tomat Maurizio De Tilla

PRIMO PIANO IN COPERTINA......................................20 Maurizio Sacconi IL RILANCIO DELLA LAGUNA.........26 Matteo Zoppas Giorgio Orsoni Vittorio Sgarbi Marco Muller Pierre Cardin SEMPLIFICAZIONE............................40 Roberto Calderoli LA RIFORMA DEGLI ATENEI .........44 Il decreto Gelmini Carlo Carraro Luigi Frati, Ezio Pelizzetti L’INCONTRO.........................................50 Sandro Bondi

IL COMPARTO ELETTRICO............136 Ricerca e innovazione

IL DIGITALE TERRESTRE ...............70 Francesco De Domenico

IL COMPARTO MANIFATTURIERO ...........................138

ANTITRUST ...........................................74 Antonio Catricalà

EVOLUZIONI NELLA MECCANICA ........................140 Paolo Zanchetta

CONFINDUSTRIA ................................79 Luca Cielo Roberto Zuccato Andrea Bolla EXPORT ..................................................88 Giancarlo Galan GRANDE DISTRIBUZIONE..............92 Lo scenario regionale Despar, Coin DIRITTO D’AUTORE.........................100 Giorgio Assumma INTERNAZIONALIZZAZIONE .......104 Giorgio Spanio VERSO L’ESTERO.............................108 Marco Padovan PROGETTAZIONE AZIENDALE ....112 Investimenti SISTEMI DI GESTIONE ....................114 FINANZA ................................................116 Investimenti INTERMEDIAZIONI FINANZIARIE .118 RECUPERO CREDITI .......................120 IL POTENZIALE DELLA DOMOTICA ...........................122 Paolo Zanchetta

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IMPIANTI DI REFRIGERAZIONE .134 Nuove tecnologie

MERCATO TELEVISIVO ...................62 Marino Zorzato, Corrado Calabrò Francesco Pira Giancarlo Gentilini Thomas Panto

CARPENTERIA LEGGERA .............142

GIUSTIZIA DIFESA...................................................144 Ignazio La Russa RIFORME ..............................................150 Nicolò Ghedini


Sommario CATEGORIE GIURIDICHE ..............154 Il danno esistenziale CONTRAFFAZIONE ..........................158 Walter Cretella Lombardo Ennio Mario Sodano Marialuisa Coppola Massimo Zanon, Danilo De Nardi EMERGENZA CARCERI....................172 Maria Elisabetta Alberti Casellati DIRITTO DEL LAVORO....................176 Franco Toffoletto

TERRITORIO

AMBIENTE

LE IMPRESE E LA 626 ...................180

TURISMO .....................................192 Marino Finozzi Marco Michielli

INDUSTRIA ENERGETICA..............224 Stefania Prestigiacomo Pasquale De Vita Guido Bortoni Alessandro Ortis Livio Vido Giovanni Principi

PROFESSIONE FORENSE.............182 Lorenzo Locatelli, Bruno Piazzolla IL PROCESSO TRIBUTARIO.........186 Snellire il sistema IL SETTORE IMMOBILIARE ..........188 SEPARAZIONI E DIVORZI .............190

INFRASTRUTTURE ....................200 Leonardo Muraro Antonio Prade, Luigi Spagnolli Alberto Scotti TRASPORTI STRADALI ..............210 Allestimenti sicuri STRUTTURE INDUSTRIALI .......212 Il potenziale dell’acciaio IL MERCATO IMMOBILIARE.......216 ELEMENTI ARCHITETTONICI.....218 Comporre i volumi BUILDING E HOME AUTOMATION.............................222

RINNOVABILI.....................................244 Marco Baraldo IL TRATTAMENTO DEI RAEE .....248 Nuove normative

SANITÀ POLITICHE SANITARIE..............252 Ferruccio Fazio CORSIE D’ECCELLENZA ...........258 Pier Carlo Muzzio Adriano Cestrone Giorgio Palù ASSISTENZA OSPEDALIERA ....266 Razionalizzazione SICUREZZA E SALUTE DEI DIPENDENTI........................268 Nuove normative PATOLOGIE DIFFUSE ................270 L’importanza della prevenzione

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Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx L’INTERVENTO

Federalismo fiscale ormai una certezza Luca Zaia Presidente della Regione Veneto

N

on c’è dubbio, abbiamo l’occasione di compiere una svolta decisiva. Abbiamo l’occasione di realizzare quel progetto di riforme che i cittadini ci chiedono e per il quale ci hanno votati. Che anche i presidenti delle Regioni del Mezzogiorno abbiano espresso, in questi giorni, la convinzione che il federalismo sia ormai un passo ineludibile, non può che essere motivo di soddisfazione per chi, come noi, il cammino federale lo ha intrapreso da subito. Noi, per parte nostra, sappiamo da sempre ciò che vogliamo. Vogliamo costruire un futuro in cui non si perpetui quella sperequazione assurda che ha portato per decenni a far poggiare sulle spalle di pochi la spesa di un paese intero. Nel frattempo, si allargavano i buchi nella sanità di alcuni territori, dove poi magari ci sono tuttora ospedali che contano venti posti letto e duecento dipendenti. E a noi, che abbiamo sempre tenuto i conti in ordine, si è continuato a chiedere di aprire i cordoni della borsa senza avere poi nulla in cambio. Ora, possiamo cambiare rotta nella sanità con una ridefinizione del sistema che sia basato sui costi e i fabbisogni standard, un principio profondamente federalista. Si apre, finalmente, la possibilità di un impegno comune su questo fronte. Si comincia a capire che per adeguarsi alla modernità, perché si possa diventare davvero comunità, bisogna pensarsi come una famiglia: mettere insieme tutto, condividere ogni cosa. Non è possibile che, in nome di una presunta solidarietà, qualcuno poi scappi via con la cassa. Attenzione, però. Se il federalismo è indispensabile

per il bene del paese, tutti, nessuno escluso, dobbiamo impegnarci perché sia approvato in via definitiva dal Parlamento. Da quel momento ogni Regione potrà chiedere il grado di autonomia che è in grado di gestire, come diceva Einaudi, assumendosi davanti ai cittadini la responsabilità delle proprie scelte. Il Veneto è già pronto, e intende chiedere il massimo di autonomia possibile. Un Veneto autonomo in un’Italia federale. Lo ha detto, più volte, anche il presidente Napolitano: il federalismo, a questo punto, è una necessità. E le riforme sono una responsabilità morale che la politica ha verso il popolo. Per consentire un progetto che sia davvero comune e lungimirante e per spegnere qualsiasi fonte di tensione nel paese. Qui, però, non si tratta solo di ridisegnare una nuova gestione delle risorse finanziare. Certo, quello è l’indispensabile punto di partenza, ma quello federale è un progetto diverso di costruzione dell’unità del paese che ha avuto padri nobilissimi, e che dopo essere stato soverchiato dalle scelte centralistiche, ritorna, oggi, come alternativa reale per ridare slancio all’Italia e consentire a tutti i territori di riscattarsi e di crescere. Come ha detto Cattaneo, il federalismo l’unica possibil teorica della libertà. Oggi, quest’ideale è un po’ più vicino. VENETO 2010 • DOSSIER • 15



L’INTERVENTO

Modernizzazione e sostegno alle imprese Andrea Tomat Presidente di Confindustria Veneto

L

a crisi economica ha generato profondi cambiamenti, anche di scenario, con la rapida crescita di ruolo delle nuove economie - cinesi e indiane soprattutto - mentre è sempre più urgente il rafforzamento dei fattori competitivi del territorio veneto, connotato da una forte vocazione manifatturiera. Se da un lato siamo di fronte a un innegabilmente momento di difficoltà per le nostre imprese, dall’altro dobbiamo cogliere la grande opportunità di cambiamento. Il Veneto sta rispondendo meglio di altre realtà a questa sfida e ciò è dovuto soprattutto al Dna dei piccoli e medi imprenditori, da sempre pronti a rimodellare i propri paradigmi competitivi alla luce delle nuove situazioni. Le banche e il sistema creditizio sono per gli imprenditori un partner irrinunciabile per la definizione di nuove strategie di sviluppo, ma anche la condicio sine qua non per la vita quotidiana di un’azienda. Dobbiamo far capire al mondo bancario quali sono le reali necessità di chi fa impresa. Plaudo al comportamento delle Banche popolari e di Credito cooperativo, che si sono confrontate con le dinamiche locali e le hanno sostenute in un momento di grande difficoltà, ma queste rappresentano solo il 30-40% dell’offerta di credito del territorio. Dobbiamo pesare di più nel restante 6070%, avere maggior peso presso i grandi istituti. Le imprese devono tornare a essere al centro del dibattito su crescita e sviluppo, perché sono un bene comune, il centro di produzione e distribuzione della ricchezza. La regione gode di una favorevole collocazione geografica che va privilegiata - un’area di potenziale snodo tra la vecchia Europa e i Paesi dell’Est fino alla Russia e oltre - per raggiungere le aree emergenti destinate a segnare lo sviluppo e la crescita del prossimo de-

cennio. Per conseguire questo risultato è necessario completare il processo di modernizzazione delle infrastrutture già in corso e ampliarlo. Noi abbiamo una “visione d’area”, che vede al centro Venezia città metropolitana che sia connessa col resto del territorio attraverso sistemi interscambiabili e coordinati. Imprescindibile, poi, è risolvere il problema dell’approvvigionamento energetico e creare un rapporto virtuoso tra enti locali e territorio. Ogni iniziativa volta a diversificare le fonti di approvvigionamento al fine di non dover dipendere in termini quantitativi e qualitativi da pochi produttori (oltretutto esteri) non può che essere ben accetta. Inoltre, c’è da considerare quanto la costruzione di centrali nucleari sia un volano per l’economia del Paese. La Regione è chiamata a compiere scelte strategiche valutando, senza pregiudiziali, la salvaguardia del proprio equilibrio ambientale, ma anche le effettive necessità del territorio. Il Veneto deve rimanere un’area attrattiva e turistica, che si pone come obiettivo il primato della qualità della vita e l’ecosostenibilità. Per questo anche i termovalorizzatori sono un’opera imprescindibile, in grado di aiutare le imprese a soddisfare il proprio fabbisogno energetico e capace di liberarci dall’incubo delle discariche, dannose per l’ambiente, il paesaggio e la salute. VENETO 2010 • DOSSIER • 17


IN COPERTINA

VERSO IL NUOVO STATUTO DEI LAVORI L’accordo Fiat per Pomigliano e il Piano triennale per il lavoro hanno trasformato l’estate appena trascorsa in una stagione calda sul fronte delle relazioni industriali. «Una svolta come per la scala mobile», sottolinea il ministro del Lavoro e delle politiche sociali Maurizio Sacconi, che traccia le linee guida del Piano Francesca Druidi

V

iviamo in un mo- tore, mirando alla ripresa e a «pro- l’attività di governo, si ispira a quella mento storico carat- durre lavori di qualità», non dimen- che io chiamo “antropologia positerizzato dall’incer- ticando mai l’obiettivo primario tiva” che vuol dire innanzitutto avere tezza e dalla della stabilità della finanza pubblica. fiducia nella persona e nelle sue prodiscontinuità. I proIl ministero ha sviluppato il iezioni relazionali, dalla famiglia alle cessi di globalizzazione e il deflagrare Piano triennale del lavoro. Quali imprese ai corpi intermedi, e nella della crisi economica internazionale le sue premesse? sua attitudine a potenziare l’autostanno sollecitando un incessante «Il Piano triennale per il lavoro, noma capacità dell’altro. L’esatto opaggiustamento, nonché aggiorna- come l’Agenda bioetica presentata posto di quell’antropologia negativa mento, delle categorie interpretative con i colleghi Fazio e Roccella e tutta basata sul presupposto hobbesiano della realtà e dei modelli di dell’homo homini lufunzionamento economico, pus e, quindi, sulla malOggi i lavori sono “tanti” ed è così come delle relazioni sofidenza verso la persona ciali e, non ultimo, indue la sua attitudine verso doveroso proteggere, oltre che i striali. Le nuove sfide comaltri. Quel presuplavoratori dipendenti, anche quelli gli petitive a livello mondiale posto sul quale è stato indipendenti caratterizzati da richiedono il definitivo costruito il Leviatano, completamento di questo lo Stato pesante e invadebolezza socio-economica percorso. sivo che conosciamo e Approvato il 30 luglio che vogliamo camscorso dal Consiglio dei mibiare». nistri, il Piano triennale per Quali scelte imil lavoro elaborato dal miniplica l’antropologia stro Maurizio Sacconi, è positiva di cui parla? stato inviato alle parti so«La prima è quella relaciali con l’obiettivo di costitiva alla promozione del tuire la base per un convalore, anche econofronto. Confronto che mico, della vita dal conservirà a formulare ipotesi cepimento alla morte condivise di riforma del setnaturale. Il riconosci-

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IN COPERTINA

Una delle linee del Piano è l’occupabilità attraverso lo sviluppo delle competenze richieste dal mercato del lavoro, con particolare attenzione ai giovani e alle donne

mento, anche empirico,

della ricchezza e dell’unicità della persona consente di individuarne l’attitudine alla socialità. E ciò conduce ad assegnare alla famiglia e a tutti i corpi intermedi il giusto rilievo per la coesione della società. Ciò comporta la realizzazione diffusa della pratica del principio di sussidiarietà secondo il quale lo Stato, le amministrazioni pubbliche centrali e locali, operano per sollecitare il libero gioco delle aggregazioni sociali. E ancor più nelle nuove condizioni prodotte dalla crisi, la crescita deve essere sostenuta non tanto dalla leva della spesa pubblica quanto dalla vitalità delle persone, delle famiglie, delle imprese, e delle loro forme associative. Si tratta, insomma, di stimolare una sorta di rivoluzione nella tradizione quale risultato di comportamenti istituzionali, politici e sociali coerenti con la visione di “meno Stato, più società”. È comunque la collaborazione tra governo e popolo, tra istituzioni e corpi intermedi, la fonte fondamentale dello sviluppo economico e civile del Paese». Tutto questo come si traduce nel Piano triennale? Che cosa vuol dire “liberare il lavoro per liberare

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i lavori”? «Liberare il lavoro significa esattamente liberare i lavori. Vale a dire, incoraggiare nelle imprese l’attitudine ad assumere e a produrre lavori di qualità. A cogliere ogni opportunità di crescita, ancorché incerta. A realizzare, attraverso il metodo della sussidiarietà orizzontale e verticale, e quindi il flessibile incontro tra le parti sociali nei luoghi più prossimi ai rapporti di lavoro, le condizioni per more jobs, better jobs». Attraverso quali vie? «Fondamentalmente tramite tre grandi linee di azione: l’emersione dell’economia informale e un’efficace azione di contrasto dei lavori totalmente irregolari; la maggiore produttività del lavoro attraverso l’adattamento reciproco delle esi-

genze di lavoratori e imprese nella contrattazione di prossimità, le forme bilaterali di indirizzo e gestione dei servizi al lavoro, l’incremento delle retribuzioni collegato a risultati e utili dell’impresa; in terzo luogo, l’occupabilità delle persone attraverso lo sviluppo delle competenze richieste dal mercato del lavoro, con particolare attenzione ai giovani e alle donne». In che modo il Piano anticipa e


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Maurizio Sacconi

In apertura, nella pagina precedente, il ministro del Lavoro e delle politiche sociali Maurizio Sacconi; a sinistra, Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat

prepara il terreno al nuovo Statuto dei lavori? «Il Piano triennale contiene senz’altro le prime indicazioni, ma l’importante, ai fini del passaggio dallo Statuto dei lavoratori allo Statuto dei lavori, è capirne l’idea ispiratrice. Vogliamo far rivivere lo Statuto dei lavoratori nella realtà che cambia. Una parte del nuovo Statuto, attinente ai diritti fondamentali della persona e del lavoro, deve restare ferma come norma inderogabile di legge. Un’altra parte, attraverso la contrattazione collettiva, si adeguerà meglio alle diverse condizioni e situazioni, così da rendere più efficaci quelle tutele. Il vecchio Statuto, che pure quarant’anni fa noi riformisti vivemmo come una grande conquista, è stato costruito per un’Italia che oggi non c’è più e per un’economia fordista, della grande fabbrica e delle produzioni seriali. Oggi i lavori sono “tanti” ed è doveroso proteggere, oltre che i lavoratori dipendenti, anche quelli indipendenti caratterizzati da debo-

lezza socio-economica». Quali strumenti offre il Codice della partecipazione? «Il codice raccoglie la normativa comunitaria e nazionale, i disegni di legge, gli accordi sindacali, le buone pratiche realizzate in materia di partecipazione dei lavoratori ai risultati e agli utili delle imprese. Esso rappresenta peraltro la base di partenza per eventuali sviluppi legislativi e contrattuali relativi al tema». L’accordo di Pomigliano è una svolta storica nelle relazioni industriali italiane o una sorta di ultimatum a senso unico per i lavoratori? «Quell’accordo rappresenta senza dubbio una svolta, come a suo tempo avvenne per la scala mobile. Il referendum di giugno 2010, così come quello per l’accordo di San Valentino del 1985, ha chiesto ai lavoratori di dare il proprio consenso a scelte difficili. Allora si chiedeva se volessero rinunciare, attraverso il congelamento dei punti di scala mobile, a 300 mila lire in più all’anno. E i lavoratori, per fortuna, vi rinun-

ciarono. A Pomigliano si è chiesto loro se fossero disposti ad accettare una riorganizzazione della vita in cambio di un rilancio dello stabilimento. E anche questa volta i lavoratori hanno scelto con lungimiranza». Segna una svolta in quanto potrebbero verificarsi accordi simili oppure rimarrà un caso isolato? «Segna una svolta nel metodo più che nei contenuti, che dipendono in larga misura dalle singole realtà aziendali e locali. Ma il caso Pomigliano è innovativo nel metodo e resterà come una pietra miliare nelle relazioni industriali. Perché, con esso, le parti hanno scelto di assumere a baricentro delle loro relazioni il livello aziendale. Più in generale, Pomigliano è un simbolo evidente del “meno Stato, più società”. Un tempo la Fiat investiva nel Mezzogiorno se incoraggiata da incentivi pubblici. Oggi non chiede incentivi allo Stato, ma cerca nella stessa comunità dei lavoratori la convenienza a realizzare l’investimento. Come diceva Marco Biagi, “non c’è incentivo finanziario che possa com- VENETO 2010 • DOSSIER • 23


IN COPERTINA

Un popolo che viene dall’antica tradizione di una straordinaria esperienza politica come quella della Serenissima, che ha rinnovato nel tempo la sua attitudine alle relazioni globali

pensare un disincentivo regolatorio

da norme o da contratti”. Solo i lavoratori e le loro organizzazioni possono determinare quella produttività che garantisce il ritorno dell’investimento». Che cosa farete per sostenere la realizzazione dell’investimento? «Con l’accordo, che prevede turni di notte e straordinari, un operaio di terzo livello finirà per percepirà mediamente circa 3.200 euro lordi in più l’anno. Ora, proprio grazie alla detassazione del salario di produttività introdotta dal governo, con un’aliquota secca al 10 per cento, finiranno quasi tutti nelle tasche dei lavoratori». Lei è autore, insieme a Gianni De Michelis, di Dialogo a Nord Est. Nel libro sostiene, tra l’altro, che un futuro ambizioso “potrà essere costruito solo dai popoli e non dalle elite ciniche e indifferenti”. Quali sono queste oligarchie e che cosa occorre fare per contrastarle? «Si tratta di quegli interessi particolari espressi da tecnocrazie e gruppi di interesse che sono legittimi quando rappresentano in modo trasparente una ragione di parte, ma non lo sono quando hanno la pretesa di imporla come interesse generale, di sostituirsi o di condizionare la volontà popolare. Gruppi contro i

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quali è oggi indispensabile riaffermare il primato della politica, e con esso della volontà popolare». Il Nordest, terra di contraddizioni. Del cattolicesimo che guarda a sinistra, della forte vocazione imprenditoriale, delle spinte autonomiste. A lungo ha costituito un modello. Lo è ancora? «Il Nordest è innanzitutto collocato in una posizione che lo rende piastra logistica naturale dell’intera Unione europea, nelle due direzioni del possibile sviluppo futuro dell’Europa, quella orientale e quella mediterranea. Un popolo che viene dall’antica tradizione di una straordinaria esperienza politica come quella della Serenissima, che ha rinnovato nel tempo la sua attitudine alle relazioni globali. Ha profonde radici cristiane che lo aiutano all’incontro, perché l’incontro è sempre figlio di una robusta identità. Quindi il Nordest è

una terra che può dare molto all’intero Paese e all’intera Europa». In quale direzione deve, dunque, guardare? «Dobbiamo pensare a una nuova stagione di crescita e sviluppo in cui il Nordest si ponga come interlocutore con la Russia a est e con il Nord Africa nel Mediterraneo. Cina, India e Brasile sono, infatti, tre mercati emergenti e il Mediterraneo può diventare il quarto. Quindi, il Nordest non può chiudersi in se stesso. Abbiamo di fronte a noi la possibilità di prendere il treno dei grandi cambiamenti, e qui deve intervenire la politica. Serve un Veneto forte, che corra assieme a una leadership politica altrettanto forte perché non succeda, come negli anni Novanta, che dopo la caduta del muro non siamo stati in grado di recepire i mutamenti. Questa seconda chance non possiamo lasciarcela sfuggire».



IL RILANCIO DELLA LAGUNA

Innovazione a tutto tondo per rilanciare le aziende Agevolare la crescita professionale dei giovani imprenditori, attraverso la formazione e l’assegnazione di supporti che non si trovano all’interno di ogni singola realtà d’impresa. È l’obiettivo del gruppo GI di Confindustria Venezia presieduto da Matteo Zoppas Francesca Druidi

«I

nnovare oggi significa uscire dagli schemi, pensare in modo diverso. Solo in questo modo potremo differenziarci dagli altri e dire di aver innovato veramente». Così si è espresso Matteo Zoppas, presidente dei Giovani di Confindustria Venezia, in occasione dell’Assemblea generale dei giovani imprenditori veneziani, tenutasi lo scorso 15 settembre nel padiglione Antares del Vega. L’innovazione ha un costo, economico, organizzativo e psicologico, ma identifica anche una delle leve maggiormente strategiche per il futuro di una realtà produttiva. “Innovare fuori dagli schemi” è stato il titolo dell’Assemblea dei giovani imprenditori locali. Come si concretizza questo orizzonte? «Significa non focalizzarsi su procedure e pratiche ormai consolidate per innovare in azienda. Significa mettere in discussione tutta la filiera aziendale per trovare dei migliora-

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menti in tutto ciò che si è sempre stati convinti di fare al meglio. Il vero progresso lo si insegue con l’innovazione strategica, quella radicale, e ne hanno bisogno sia le aziende grandi che quelle piccole, soprattutto in questo periodo dove c’è necessità di imprimere uno slancio». Molte imprese però non riescono a investirvi in modo sufficiente. «Non è vero però che l’innovazione la praticano solo le grandi imprese

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L’innovazione non è tanto un problema di risorse ma è, prima di tutto, un problema di atteggiamento mentale, è un modo per approcciare i problemi

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In alto a destra, Matteo Zoppas, presidente del gruppo Giovani imprenditori di Confindustria Venezia e consigliere di amministrazione di Acqua minerale San Benedetto


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Matteo Zoppas

che hanno la possibilità di avviare reparti di ricerca o di affidare studi alle università. L’innovazione non è tanto un problema di risorse ma è, prima di tutto, un problema di atteggiamento mentale, è un modo per approcciare i problemi. E se noi imprenditori non ce ne appropriamo, non saremo nemmeno in grado di indurlo nei nostri collaboratori. I Giovani imprenditori, inoltre, marcano una forte resistenza al cambiamento. Nel passaggio generazionale, infatti, la loro creatività viene spesso smorzata dall’atteggiamento diffidente dei genitori e questo costituisce una perdita di opportunità di sviluppo per l’impresa. L’aspetto importante consiste nel non escludere tutte le possibilità solo perché ritenute fuori dagli schemi». Quanto i giovani possono aiutare le imprese a superare il difficile momento economico? «I giovani hanno il grande vantaggio di non essere frenati da pregiudizi generici o da esperienze passate. Possono aprire gli occhi ai meno giovani, ma questo deve sempre risultare un gioco di squadra: ci vuole prudenza, ma serve anche un elemento provocatore. Se la nostra azienda si trova in difficoltà, le cause possono essere esogene oppure endogene. Nel primo caso, i giovani che, per definizione, sono più creativi, possono aiutare a innovare diversificando, trovando in mercati o prodotti alternativi spazi di crescita e opportunità. Nel secondo caso, invece, devono fungere da elemento di “disturbo innovativo” per rompere gli schemi che a volte possono essere alla base della contingenza». Quali sono i suoi obiettivi in

qualità di presidente dei giovani di Confindustria Venezia per lo sviluppo della città? «Il nostro impegno è rivolto all’agevolazione della crescita professionale dei giovani imprenditori, fornendo loro i supporti che normalmente non si trovano all’interno di ogni singola realtà d’impresa. Il contributo offerto allo sviluppo della città diventa, quindi, conseguenza diretta del raggiungimento della nostra missione. Il nostro contributo va sia al miglior funzionamento delle attività economiche all’interno dei confini cittadini che all’agevolazione e alla facilitazione della creazione di network d’imprenditori. La vicinanza tra i giovani imprenditori scaturisce spesso nuove idee e nuove opportunità, che indubbiamente concorrono all’incremento dell’economia veneziana». In che modo si può essere un gruppo di riferimento nella vita socio-economica del territorio? «Non diamo per scontato il fatto che l’istituzione sia automaticamente considerata un riferimento. L’autorità differisce dall’autorevolezza, che ci dobbiamo guadagnare sul campo. Dobbiamo meritare nei fatti ciò che rappresentiamo. Oggi il gruppo Giovani imprenditori veneziano sta cambiando marcia. Abbiamo deciso un riposizionamento legato al contesto congiunturale di questo periodo: oggi è bene dare agli associati più momenti di formazione e crescita, oltre che una mediazione con istituzioni politiche e istituti creditizi per chi avesse

bisogno di aiuti particolari, dato il momento buio che il sistema sta vivendo». Quali sono i progetti del movimento sui versanti formazione e lavoro? «La nostra popolazione di associati è mediamente caratterizzata da aziende di circa 30-40 dipendenti con un fatturato medio-basso rispetto ai colossi aziendali che normalmente siamo portati a pensare. Abbiamo in cantiere, insieme al Cuoa di Vicenza e al Sive Formazione, un mini corso paragonabile a un ristretto master in direzione aziendale, che offra ai giovani imprenditori la possibilità di approcciare gli strumenti che consentono una massimizzazione dei risultati nel breve termine. Una sorta di bignami di pronto soccorso d’impresa. Sottolineando comunque la giusta attenzione da porre, in quanto risultati a breve termine possono spesso andare a scapito della stabilità di lungo respiro». VENETO 2010 • DOSSIER • 27


IL RILANCIO DELLA LAGUNA

Una città pronta a cogliere le sfide del presente Mestre. Lido. Marghera. Il nuovo volto di Venezia sta prendendo forma. Casa, trasporti, nautica e urbanistica sono alcune delle leve prese in esame dal primo cittadino Giorgio Orsoni per il futuro assetto della città Francesca Druidi

L’

ultimo riconoscimento proviene dei lettori della rivista di viaggi Traveller, pubblicazione di riferimento per i viaggiatori anglosassoni, che hanno votato Venezia e il suo territorio come destinazione turistica preferita, preferendola a località come New York, Parigi e Roma. I visitatori inglesi o americani non sono di certo gli unici ad apprezzare la Serenissima e quanto di storico, artistico e scenografico sa offrire questa città. Del resto, il turismo è un caposaldo del-

l’economia veneziana, ma anche questo settore veicola con sé diversi aspetti negativi. L’altra faccia della medaglia è, infatti, rappresentata da un turismo non sempre attento e rispettoso. Per questo, durante l’estate è stata intensificata l’azione di vigilanza nell’area di San Marco, per prevenire e reprimere gli atteggiamenti di quei turisti che spesso e volentieri bivaccano, violando le elementari regole del decoro e contribuendo all’abbruttimento di un patrimonio nazionale e non solo. «Venezia è una

Il sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni

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città unica e particolare, che vive tra la terraferma e la laguna. Con differenti modalità di approccio ai problemi della contemporaneità», afferma il suo sindaco Giorgio Orsoni. Temi come quelli della residenza, dell’accoglienza, di un turismo maggiormente qualificato, unito alla mobilità, alle infrastrutture e agli interventi di riqualificazione urbanistica sono ormai imprescindibili per iniziare a delineare una rinnovata dimensione per il capoluogo di regione. Si tratta di questioni che, in un territorio come quello di Venezia, vanno affrontati con ancora più attenzione e perizia che altrove. Il suo obiettivo è rendere Venezia una metropoli moderna. Quali i passaggi che ritiene più decisivi per raggiungere tale obiettivo? «Serve mettere decisamente mano al tema dei trasporti, attraverso il completamento del tram, già avviato, e a quello dell’accesso dalla terraferma alla città d’acqua con la metropolitana sublagunare, sulla quale si sta lavorando. Per essere una


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Giorgio Orsoni

Venezia ha un problema derivante dall’eccesso di turismo. E questa è una criticità che va affrontata con misure repressive, ma anche cercando di educare il turista

metropoli moderna deve essere abitata anche da giovani: stiamo affrontando la questione della residenza, soprattutto quella studentesca. Venezia possiede istituzioni culturali di alto livello, ma purtroppo non ha sviluppato, almeno finora, un’adeguata capacità di accoglienza per questo tipo di utenza, che tende a sottrarre spazi alla residenza ordinaria. L’obiettivo è quello di creare studentati, strutture dedicate alla residenza studentesca, in modo da fornire anche un importante sostegno al recupero della residenzialità ordinaria». Si discute del nuovo volto del Lido, oggetto di numerosi interventi, dal nuovo Palazzo del Cinema al progetto di potenziamento dei servizi sanitari che solo in ultima istanza potrebbe includere l’eventuale abbattimento del Monoblocco. Quali altri progetti di riqualificazione sono in programma a breve ter-

mine a Venezia? «Innanzitutto, occorre intervenire su Piazzale Roma, la porta storica di Venezia. Anche se, sul lungo periodo, si può pensare a un assetto definitivo del piazzale, va subito in qualche modo ripreso e riqualificato. Occorre, inoltre, dar seguito all’ampio progetto di ristrutturazione del centro di Mestre, creando questo famoso percorso della cultura che riprendendo il Candiani, l’intervento su M9 e Villa Erizzo con la biblioteca prosegue verso via Piave includendo anche l’area delle Lavanderie. Poi c’è il tema della nautica. Intendo, infatti, avviare un programma di realizzazione di darsene nella città d’acqua. Infine, la riqualificazione di Marghera, con un recupero per le esigenze della città di quella che viene tradizionalmente chiamata la prima area industriale, generando una sorta di nuovo lembo di Venezia affacciato sull’acqua».

Parlando appunto di Marghera, quali i prossimi step, dopo la convocazione del tavolo di coordinamento con Regione e Provincia? «Si dovrà ragionare sul nuovo progetto lanciato dal presidente del porto relativo alla piattaforma offshore sia per il traffico petrolifero che dei container. Un tema di grande rilevanza, così come lo è il recupero delle aree oggi dismesse a nuove funzioni produttive e, quindi, non solo alla logistica ma anche a nuovi insediamenti di carattere industriale». È stata improntata una task force anti bivacchi a San Marco. Molti non la ritengono una misura sufficiente e vorrebbero estenderla anche ad altre zone della città. Esiste un problema degrado a Venezia in alcune aree, ad esempio a Mestre? «Il tema del degrado nei centri storici più o meno tradizionali si ri- VENETO 2010 • DOSSIER • 29


IL RILANCIO DELLA LAGUNA

Il recupero di Marghera dovrà generare una sorta di nuovo lembo di Venezia affacciato sull’acqua

propone in tutte le città. A Venezia marciana? questa problematica si avverte meno, perché Venezia in realtà identifica una situazione urbana piuttosto anomala, in quanto è essenzialmente tutto il perimetro cittadino a poter essere definito un centro storico. Si può discutere sui numeri della popolazione veneziana, ma non parlerei di degrado. Venezia, semmai, ha un problema derivante dall’eccesso di turismo. E questa è una criticità che va affrontata con misure repressive, ma anche cercando di educare il turista. Per quanto riguarda Mestre, il centro effettivamente negli ultimi tempi si è un po’ depauperato di attività, anche commerciali, dando quindi un’impressione di minore dinamicità. Per questo, è importante riportare nel centro di Mestre attività che possono renderla maggiormente fruibile». Non pensa, quindi, di intensificare il provvedimento, applicandolo in altre aree oltre a quella

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«La task force serve a San Marco perché lì si registra l’eccesso di turismo. Se i flussi turistici veneziani fossero spalmati, distribuiti maggiormente su tutta la città, probabilmente non vi sarebbe nemmeno bisogno di improntare queste misure». È piuttosto recente l’approvazione del nuovo piano strategico riguardante il Casinò, presentato dall’amministratore delegato Vittorio Ravà. Un piano il cui scopo è duplice: ridurre i costi e mirare al rilancio. Quanto risulterà determinante? «Lo ritengo un passaggio indispensabile, visto che il trend dell’attività del Casinò è cambiato moltissimo negli ultimi anni, vuoi per la crisi economica generale, vuoi per i diversi gusti espressi dalla clientela e l’apertura di altre strutture di gioco. È diventata un’esigenza improrogabile, quindi, realizzare un piano industriale del Casinò, af-

frontando il suo andamento con grande realismo, sapendo di non poter contare su proventi che non sarebbero entrati. Questo è stato fatto anche per evitare di mettere poi mano al portafoglio del Comune per ripianare i debiti del Casinò». Su quali turismi, nello specifico, si concentrerà l’azione della giunta e con quali strategie? «È chiaro che il turismo sul quale deve puntare Venezia è quello culturale, insieme a quello della nautica da diporto. È una risorsa, quest’ultima, che Venezia fino ad oggi ha eccessivamente snobbato, mentre invece esiste una forte richiesta in questo senso. Sul fronte della cultura, in particolare, credo che si debba procedere, come sottolineavo all’inizio, nella creazione di studentati, di luoghi per accogliere persone che vengono in città per motivi di studio e di ricerca. Un’idea che sto portando avanti e che mi piacerebbe concretizzare è, inoltre, l’organizzazione di un grande festival della musica operistica da parte della Fenice, che rievochi prestigiosi appuntamenti europei come quello di Salisburgo, in grado di attrarre in città un turismo molto più qualificato».



IL RILANCIO DELLA LAGUNA

La mia Biennale? Sarà titanica Il suo segno comunque a Venezia lo ha già lasciato. Aprendo alla città le porte di Palazzo Grimani con tre delle più celebri opere del Giorgione. Vittorio Sgarbi, impegnato come soprintendente per il polo museale veneziano, commenta scenari presenti e futuri dell’arte e della cultura nella città lagunare Leonardo Testi

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rima, la Corte dei Conti ha dichiarato illegittima la nomina di Vittorio Sgarbi a sovraintendente per il polo museale veneziano. Poi, però, la fiducia al critico ferrarese è stata confermata dal ministro dei Beni culturali, Sandro Bondi, che sta procedendo alla regolarizzazione del suo incarico sul piano della legittimità formale. Se non ci saranno ulteriori scossoni, Vittorio Sgarbi potrà di fatto continuare il suo lavoro. È stato, del resto, il celebre critico a rendere Palazzo Grimani uno spazio espositivo aperto tutti i giorni al pubblico. Quali sono i suoi obiettivi per il Polo museo veneziano? «Si tratta di assecondare una corrente favorevole che ha condotto a un’imponente riabilitazione delle Gallerie dell’Accademia, le quali sono state in fase di restauro per cinque-sei anni. Se fossi arrivato stagioni fa, mi sarei trovato nella pur significativa ma poco soddisfacente condizione di vedere un’opera in iti32 • DOSSIER • VENETO 2010

nere senza goderne la conclusione. Così apprezzo la conclusione, senza aver vissuto l’itinere perché alla fine dell’anno ci verrà consegnata l’Accademia. Anche Palazzo Grimani era restaurato, ma di fatto chiuso al grande pubblico. Si tratta di progetti arrivati alla fase terminale o addirittura conclusi, ma la mia funzione, considerando anche il mio temperamento, è quella di accelerare questi processi. Impossibile poi non pensare al completamento definitivo dell’Accademia entro la Biennale d’Arte del 2011, nello specifico il 3 giugno». Una sua valutazione sugli ultimi appuntamenti della Biennale? «Una Biennale di Architettura non c’è stata, assomigliava più a una Biennale d’Arte: non si trattava di progetti, ma di architetti che sapendo di non poter costruire hanno fatto dei giochi, dei divertimenti. Per quanto ri-

guarda il cinema, la Mostra è stata ben stigmatizzata da Bondi, nonostante le polemiche, perché non è possibile che un presidente di giuria per fare uno sberleffo si permetta di far vincere un film capitalistico e tutt’altro che meritevole, che poteva essere un cortometraggio di un quarto d’ora. Un’altra giuria, com-


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Vittorio Sgarbi

Nella foto grande, il Padiglione Italia curato da Luca Molinari per l’ultima Biennale Architettura; a sinistra, Palazzo Grimani a Venezia; sotto, Vittorio Sgarbi

una riunione al Ministero per coordinare questa vasta impresa, che rappresenterà l’arte italiana attraverso circa 1000 artisti. Il che non vuol dire che sono pochi o troppi. Sono 50 artisti per venti regioni. Se li divide in pittori, scultori, ceramisti, designer, posta da spettatori liberi e non asse- video-artisti e fotografi, si tratta per condanti gli ordini di scuderia, ogni categoria di 5-6 nomi per reavrebbe fatto meglio. La Mostra è gione. Io credo che l’Italia li abbia stata tutto sommato inferiore a espressi e debbano essere documenquello che poteva essere». tati nell’arco dell’ultimo decennio. Lei è il curatore del Padiglione È, in questo senso, un impegno imItalia della Biennale di arti visive portante. Luca Molinari, curatore del 2011. Cosa può anticipare? del Padiglione Italia alla 12ma Mo«Sarà titanica, con un Padiglione stra internazionale di Architettura, ha mostrato grande impegno nel rileggere quanto fatto in Italia dal 1990 a oggi in questo campo. Non Il Padiglione Italia per la a caso, il Padiglione Italia Biennale d’Arte di Venezia era l’unico serio del novero, sarà un’esperienza perché si mostravano proabbastanza forte getti. Progetti che potevano non piacere, ma ad ogni modo presenti. Guardando a questo lavoro, io estendo Italia “in tutto il mondo”, dove gli il raggio d’azione rispetto alla creaartisti non esporranno solo a Vene- tività, per cui il Padiglione Italia per zia ma in tutte le regioni d’Italia nei la Biennale d’Arte di Venezia sarà capoluoghi di regione, da Milano a un’esperienza abbastanza forte. PoPalermo, e poi in tutti gli istituti di trebbero essere 1000 artisti che non cultura all’estero. È prevista a breve piaceranno. Ma, come penso da

sempre, nella quantità c’è sempre la qualità». Se ne è discusso tanto anche a Venezia. Tra arte e sponsor, dov’è la ragione? «Gli sponsor? Cosa giusta però non necessaria. Se invece di affittare a 28 mila euro gli spazi dell’Accademia, forzati a una pubblicità qualsiasi, pubblicizzassi la Mostra di Giorgione, probabilmente non prenderei 28 mila euro di pubblicità, ma di biglietti. Si potrebbe immaginare, a Bologna come a Venezia, di utilizzare gli spazi per pubblicità istituzionali rispetto alla promozione dei luoghi. È evidente che di fronte a cifre molto alte per periodi lunghi, si può riconoscere il rapporto costibenefici in senso favorevole. Non è detto però che, se non è conveniente il rapporto di concessione, non si possa trovare un modo per rinunciare alle pubblicità e garantirsi uno spazio istituzionale per attività che debbano essere incrementate: ad esempio cultura, teatro, mostre d’arte. È una valutazione che va fatta in relazione a quanto una città riesce a produrre. Se una città non ha nulla da pubblicizzare, il vantaggio non esiste. È una materia che merita un approfondimento, assumendo un atteggiamento “laico”, non rigido». VENETO 2010 • DOSSIER • 33


IL RILANCIO DELLA LAGUNA

Lo sguardo attento della Mostra sul cinema contemporaneo

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a 67ma edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia è andata in porto. Nonostante i nubifragi abbattutisi sul Lido e nonostante il cratere che attende nostalgicamente la costruzione del nuovo Palazzo del Cinema, annebbiando l’orizzonte di spettatori, curiosi e addetti ai lavori. È stato un festival a ridotto, se non ridottissimo, tasso di divismo, probabilmente non vi è stato il film capolavoro, ma il livello medio dei film è stato buono. Certo, Venezia non è Venezia se non mancano le polemiche: la scelta della giuria presieduta da Quentin Tarantino di premiare Somewhere di Sofia Coppola, sua ex fidanzata, con il Leone d’Oro ha fatto storcere il naso a molti; lo stesso direttore della Mostra, Marco Müller, non ha risparmiato frecciate alla stampa “ufficiale” dei quotidiani e anche il caso Bondi, che promette di intervenire nelle nomine della giuria del prossimo festival, non aiuta a rasserenare gli animi. Se è chiaro a tutti che la Mostra debba aggiornare spazi e strutture, nel frattempo il presidente della Biennale, Paolo Baratta, e Marco Müller possono essere soddisfatti dei circa 36mila biglietti venduti durante questa edizione, con un aumento del 13% rispetto all’anno scorso. Crescono gli acquisti via internet e anche gli accreditati a pagamento: soprattutto giovani, che

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La 67ma edizione del festival cinematografico più antico del mondo ha voluto essere, nelle intenzioni del suo direttore Marco Müller, “spirito del suo tempo”. Nell’attesa che il nuovo Palazzo del Cinema divenga per Venezia nuova linfa vitale Francesca Druidi

rappresentano il futuro del festival, anche sul versante della critica cinematografica. E mentre The Town, seconda pellicola da regista di Ben Affleck presentata al Lido fuori concorso, debutta al primo posto del box office statunitense, il direttore Müller sottolinea ancora una volta come la Mostra di Venezia sia «per chi fa i film, per chi li fa circolare e chi li fa vedere». Quale funzione culturale, istituzionale ma anche economica assume oggi la Mostra di Venezia? «La Mostra può prolungare la vita di un film, al di là di ogni previsione di marketing. Negli ultimi anni ha confermato di essere un banco di prova per capire quanto in profondità possano arrivare alcune opere. L’esempio più clamoroso è The Hurt Locker, il film di Kathryn Bigelow che ha stravinto l’ultima edizione degli Oscar. Quando

l’abbiamo selezionato per Venezia, nel 2008, interessava a pochi, non aveva ancora un distributore americano. I dieci minuti di standing ovation a Venezia hanno creato le condizioni perché al festival di Toronto, che rappresenta il vero mercato per i film della Mostra (svolgendosi pochi giorni dopo, ndr), se lo litigassero. La Mostra, inoltre, non può che rispondere a una contingenza, anche finanziaria, insistendo su una gamma di modi diversissimi di produzione che sfruttano con la massima inventività quanto c’è a disposizione. I documentari di Salvatores, Pannone e Tornatore presentati a Venezia sono esempi di un impiego, incredibilmente creativo, del materiale d’archivio, capaci di generare una narratività dal piglio più romanzesco di un film convenzionale di fiction». Quali aspettative circondano il nuovo palazzo del Cinema che sarà completato nel 2011? Renderà la manifestazione m a g g i o rm e n t e


XxxxxxxMarco Xxxxxxxxxxx Müller

Italiani esclusi dai premi: il ministro contro il festival

Con il crescente successo delle ultime edizioni della Mostra, abbiamo bisogno di un auditorium su misura

competitiva e idonea alle istanze del mercato cinematografico attuale? «Con il crescente successo delle ultime edizioni della Mostra, abbiamo bisogno di un auditorium su misura per queste esigenze. Tutte le questioni, invece, legate a un orizzonte di mercato vanno spostate molto in là. Il festival di Toronto funziona come una vetrina di mercato giusta per i film di Venezia e la nostra programmazione ha dovuto tener conto di questo: nei primi giorni del festival sono presentate opere che a Toronto riveleranno appieno un valore di mercato diverso da quello che ci si aspettava». La 67esima edizione del Festival ha dato ampio spazio al cinema italiano, con quattro lungometraggi in concorso e una retrospettiva sul cinema comico italiano. Dal suo privilegiato osservatorio, come sta andando il cinema nostrano? «Il cinema italiano in questo momento non si trova in una situazione di surplace, ma è in una fase di rivisitazione continua. Natural-

Non è stata accolta all’unanimità la vittoria della figlia d’arte Sofia Coppola e del suo Somewhere all’ultimo Festival di Venezia. Tenero con la Mostra non è neppure il ministro della Cultura Sandro Bondi (nella foto), che fa pesare come macigni i milioni di investimento profusi nella rassegna lagunare. Che per Bondi promette, ma non mantiene. «I risultati del festival costringono tutti ad aprire gli occhi e a fare autocritica», ha dichiarato il ministro a Panorama. I quattro lungometraggi italiani in concorso sono, infatti, rimasti esclusi dai premi. Le scelte di Marco Müller sono perciò oggetto di critica. Il direttore è definito dal ministro della Cultura come un allenatore di calcio «innamorato dei propri schemi fino al punto di non privilegiare i talenti e le novità che sono sotto gli occhi di tutti». Anche il presidente di giuria, Quentin Tarantino, non viene risparmiato: «Tarantino è espressione di una cultura elitaria, relativista e snobistica. E la sua visione influenza i suoi giudizi critici». Tali considerazioni aprono a un inedito scenario: «Siccome i finanziamenti sono dello Stato, d’ora in poi intendo mettere becco anche nella scelta dei membri della giuria del Festival di Venezia». Minaccia o provocazione?

mente, ha bisogno del sostegno finanziario necessario a compiere alcuni balzi in avanti. Certo, sappiamo bene che questo sostegno può venire anche dall’industria privata. L’ultima volta che un film italiano, nel suo concetto di base, ha dimostrato come l’industria possa regalare il sogno dell’arte è stato con Baaria di Tornatore, progetto il cui colpo d’avvio risale ormai a più di tre anni fa. Sarebbe bello poter constatare la possibilità di mettere in cantiere altre pellicole che mirino così in alto». Venezia sta a suo parere recuperando quel ruolo che aveva un po’ perso nel recente passato di palcoscenico culturale a livello internazionale? «È soprattutto la Biennale che sta recuperando fieramente il suo ruolo di laboratorio permanente per tutte le arti e di questo ab-

biamo cercato di rendere conto alla Mostra, ridefinendo completamente la nostra linea di programma della sezione Orizzonti e insistendo sulla fluidità del cinema contemporaneo, senza più fare distinzioni tra il tradizionale supporto di celluloide e i nuovi orizzonti dell’elettronico-digitale». VENETO 2010 • DOSSIER • 35


IL RILANCIO DELLA LAGUNA

Portare la moda a Venezia Un esteta appassionato e instancabile, Pierre Cardin. Ma, soprattutto, un amante e un estimatore della sua terra, il Veneto. Il suo sogno? Trasformare Venezia nella città della moda Nike Giurlani

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n amore per l’arte a 360 gradi quello di Pierre Cardin, che è stato capace di applicare il suo nome e il suo stile in moltissimi campi. Pur essendo conosciuto in tutto il mondo ha un debole per l’Italia e per la sua terra d’origine «alle quali mi sento tuttora legatissimo». Il Veneto e, Venezia in particolare, ricorrono spesso nella sua vita. Quando si trova in laguna risiede nello storico palazzo appartenuto in passato a Giacomo Casanova. E, inoltre, proprio qui vorrebbe far sorgere il Palazzo della Luce, in quanto questo luogo rappresenta la location ottimale per ospitare una città della moda. Se ripercorre la sua storia non può dimenticarsi degli anni della gavetta e di quando ha mosso i primi passi nel mondo della moda. E, proprio per questo motivo, ora vive come una “missione” il suo sostegno ai giovani talenti. Lei ha esteso il suo mecenatismo dalla Francia alla Cina, senza dimenticare certo l’Italia e in particolare la sua terra. Come nasce questa passione? «Dal fatto che so perfettamente quanto sia difficile, per chi ha un talento artistico, poter emergere e farsi conoscere e apprezzare dal pubblico: se era già difficile all’epoca in cui avevo io vent’anni (quando volevo fare il ballerino), lo è ancor più og-

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gigiorno. Io a suo tempo sono stato fortunato e pertanto ritengo sia eticamente doveroso offrire delle opportunità anche agli altri: io lo faccio da sempre, senza tanto clamore o pubblicità». Lei ha dichiarato che è sempre alla ricerca di nuovi artisti. Quali le principali iniziative per sostenere i giovani talenti? Come riesce a individuare gli studenti più meritevoli? «Il mio sostegno si traduce anzitutto nella messa a disposizione, a Parigi, di grandi spazi all’interno dei quali possano esprimere la loro creatività: dopodichè, se ritengo che abbiano talento, provvedo a favorire i contatti - sul piano internazionale - con le persone “giuste”. Quanto alla selezione dei meritevoli posso dire che essa avviene in vari modi: la più recente è avvenuta a Venezia, presso la mia residenza, quando, sulla base di rigidi criteri di merito curriculare, e non certo di raccomandazioni, è stato scelto il cast di cantanti e ballerini per la commedia musicale dedicata a Giacomo Casanova, il cui autore è un giovane padovano Daniele Martini. In tale circostanza sono state vagliate da mio nipote Rodrigo più di mille domande di parte-

A destra, lo stilista Pierre Cardin; sotto, un render del progetto Palazzo della Luce pubblicato sulla gazzetta dell’Accademia delle Belle Arti di Francia


Pierre Cardin

cipazione provenienti da tutta Italia». Quest’anno il protagonista è stato Casanova, l’anno scorso Marco Polo. Come sono nate queste commedie musicali? «Prima di tutto devo confessare che nutro un debole per l’Italia e per la mia terra d’origine, alle quali mi sento tuttora legatissimo: e di ciò ho avuto modo di parlare qualche settimana anche con il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, durante un intenso colloquio privato di cui conserverò uno splendido ricordo. Ho poi deciso di dedicare uno spettacolo a Marco Polo e un altro a Giacomo Casanova, anzitutto perchè sono stati due grandissimi personaggi vene-

La location ottimale per ospitare una città della moda non può che essere un grande palazzo scultura

ziani per le cui gesta sono tuttora noti a livello internazionale: inoltre, a Casanova sono personalmente legato in modo particolare anche perché da circa trent’anni ho la fortuna di abitare, quando sono in Italia, in quello che fu il suo palazzo veneziano». Il suo sogno di trasformare Venezia in una città della moda è sempre una delle sue priorità? E per quanto riguarda il progetto di realizzare il Palazzo della luce? «Sì, lo è senz’altro, perché ritengo

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XXXXXXXXXXXXXXXXX IL RILANCIO DELLA LAGUNA

Sulla base di rigidi criteri di merito curriculare, è stato scelto il cast per la commedia dedicata a Casanova

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che Venezia, per ciò che è stata e per ciò che rappresenta nel mondo, sia il luogo ideale per realizzarla e reputo, inoltre, che la location ottimale per ospitare una città della moda non possa che essere un grande palazzo scultura, o meglio una sorta di ‘scultura utilitaria’. Si tratterebbe di una costruzione a dir poco originale, che sinora non si è vista in alcun angolo del pianeta». Qualche altro sogno nel cassetto per far conoscere il Veneto in tutto il mondo? «Il progetto del Palazzo della Luce, se venisse attuato, richiederebbe diversi anni per poter essere concretizzato: e data la mia età forse è meglio che mi concentri solo su di esso. Ma non me la sento, tuttavia, di escludere altre iniziative: le idee e la voglia di fare ancora non mi mancano».



SEMPLIFICAZIONE

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all’inizio della legislatura il ministero della Semplificazione normativa ha operato diversi interventi. Tra i più recenti c’è stata l’eliminazione di 375.000 atti normativi con l’intento di rendere più snello il nostro ordinamento e una serie di provvedimenti per favorire le attività produttive. Il ministro Roberto Calderoli assicura: «Siamo molto impegnati anche sul fronte della riduzione degli sprechi e dei costi della pubblica amministrazione affinché le risorse siano utilizzate per fornire servizi più efficienti ai cittadini». A che punto è l’agenda di governo? «Nel corso di questi primi due anni di legislatura abbiamo ottenuto notevoli risultati in termini di semplificazione e riduzione di oneri a carico dei cittadini e delle imprese. Il nostro lavoro non può che continuare e svilupparsi nella stessa direzione. Il 9 giugno è stato approvato dalla Camera dei Deputati, per andare ora all’esame del Senato, il disegno di legge in materia di semplificazione che introduce rilevanti misure a favore di cittadini e imprese nei rapporti con la Pubblica amministrazione. Tra le misure previste alcune delle più importanti riguardano la semplificazione della tenuta dei libri sociali, la semplificazione degli adempimenti a carico dei gestori delle strutture ricettive, lo snellimento del sistema di tenuta delle cartelle cliniche, la semplificazione 40 • DOSSIER • VENETO 2010

Interventi decisi e norme più chiare Semplificare vuol dire introdurre elementi di chiarezza nell’ordinamento, snellire la quantità delle leggi ma anche contribuire alla qualità della regolamentazione e allo sviluppo del Paese. Il ministro Roberto Calderoli spiega come il governo è impegnato su questo fronte Nicolò Mulas Marcello

in materia di pontili e imbarcazioni da diporto, la semplificazione per la cessione o locazione di fabbricati, nonché significative misure in materia di farmaci». Quali sono gli effetti del decreto incentivi? «Con il decreto incentivi abbiamo liberalizzato tutta una serie di piccole attività edilizie che non sono più soggette nemmeno a Dia e, con la manovra finanziaria, semplificato e reso più efficace la conferenza di servizi, nonché le procedure per l’installazione di impianti di metano, al fine di promuovere l’utilizzo degli autoveicoli alimentati con tale combustibile. Ciò consentirà non solo di ridurre i danni da inquinamento ambientale, ma anche di ottenere un significativo risparmio economico». Per quanto riguarda le attività produttive? «Notevole e rivoluzionaria è la riforma dello sportello unico per le attività produttive, approvata dal Consiglio dei ministri del 10 giugno scorso, che finalmente, dopo

Roberto Calderoli, ministro per la Semplificazione normativa

anni di soli annunci, renderà concreto e reale l’avvio dell’attività di impresa in un giorno. Per le iniziative economiche più semplici, che costituiscono comunque nel nostro Paese la maggior parte delle iniziative, sarà sufficiente il solo invio dell’istanza allo sportello unico per cominciare l’attività. Stiamo lavorando sullo Sportello unico per l’estero che consentirà alle imprese nazionali interessate a


Roberto Calderoli

10 mila ATTI

Le leggi vigenti ora nel nostro ordinamento

commercializzare i propri prodotti in paesi esteri di interfacciarsi con un unico referente presso le ambasciate italiane all’estero. Siamo molto impegnati sul fronte della riduzione degli sprechi e dei costi della pubblica amministrazione affinché le risorse siano utilizzate per fornire servizi più efficienti ai cittadini». Riguardo al federalismo fiscale, quello demaniale è stato il primo passo. Quali saranno le prossime tappe? «Come ho avuto già modo di affermare, la manovra economica crea i presupposti per l’attuazione del federalismo fiscale. È per questo che posso dire che siamo pronti e che già da questo mese, oltre al decreto legislativo sull’autonomia impositiva degli enti locali, porteremo in Consiglio dei ministri an-

Sono in corso di realizzazione numerose iniziative di codificazione in materia di turismo, di sport, di pari opportunità e famiglia, di protezione civile e affari esteri

che quello sui costi e sui fabbisogni standard». Lei ha eliminato 375.000 atti normativi dal nostro ordinamento, ma cosa c’è ancora da fare per avere dei codici snelli e comprensibili? «Dopo aver ridotto il numero delle leggi, attraverso importanti interventi di abrogazione espressa stiamo proseguendo con l’attività di riordino normativo, per conferire coerenza sistematica all’ordinamento, eliminando contraddizioni e duplicazioni e introducendo, contemporaneamente, significative semplificazioni per ridurre gli oneri a carico di cittadini ed imprese. La predisposizione di codici di settore è un’ope-

razione fondamentale per razionalizzare la normativa in vigore e per rendere più semplice la conoscenza delle leggi da parte dei cittadini e degli operatori. La fase di riordino e codificazione è già stata avviata. Infatti sono stati realizzati due codici molto importanti: il Codice dell’ordinamento militare e il Codice dell’attività agricola che hanno prodotto l’abrogazione di centinaia di leggi ora raccolte in un solo codice di settore. In definitiva, da oltre 50.000 leggi vigenti anteriori e posteriori al 1970, per effetto degli interventi abrogativi realizzati le leggi oggi vigenti sono poco più di 10.000. Sono in corso di realizzazione numerose iniziative di codificazione quali, ad esempio, in ma- VENETO 2010 • DOSSIER • 41


SEMPLIFICAZIONE

Il contrasto all’evasione fiscale è uno degli obiettivi prioritari del Governo come dimostrano i risultati ottenuti in questi primi due anni di legislatura

teria di turismo, di sport, di pari uno degli obiettivi prioritari del diminuzione del 10% sul trattaopportunità e famiglia, di protezione civile e affari esteri. Tale attività di riordino normativo vedrà impegnato il Governo fino al dicembre 2011». Evasione fiscale. Quale apporto dà il suo ministero in termini di semplificazione normativa? «Il contrasto all’evasione fiscale è

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governo come dimostrano i risultati ottenuti in questi primi due anni di legislatura. Il contributo della semplificazione si muove nell’ottica di rendere più chiara, snella e comprensibile la disciplina fiscale, riducendo gli adempimenti inutili e semplificando il rapporto dei contribuenti con il fisco». Lei ha invocato tagli agli stipendi per Parlamento, Authority, Manager e Rai. In concreto cosa farà il governo? «La manovra finanziaria introduce notevoli riduzioni del costo degli apparati politici e amministrativi prevedendo una

mento economico complessivo dei ministri e dei sottosegretari di Stato che non siano membri del Parlamento nazionale, nonché dei compensi, indennità e retribuzioni del personale pubblico. Quanto alla Rai, il Consiglio dei ministri ha approvato un emendamento mio e del ministro Bossi che prevede interventi di contenimento della spesa relativa al personale della Rai fino al 2013: in primo luogo l’ammontare complessivo della spesa per il personale non dipendente, a decorrere dal gennaio 2011, è ridotto almeno del 20%, in secondo luogo la spesa complessiva annuale per il personale non dovrà eccedere il 25% dei costi operativi complessivi annuali».



LA RIFORMA DEGLI ATENEI

L’università di Venezia guarda avanti Tante le novità previste all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Priorità: «lo studio dell’inglese», sottolinea il rettore Carlo Carraro Nike Giurlani

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nno accademico 20102011. Tante le novità anche all’Univesità Ca’ Foscari di Venezia. «Abbiamo un percorso quinquennale in inglese in tutte le facoltà, dall’economia, alle lettere, alle relazioni internazionali, alle scienze ambientali» sottolinea il rettore Carlo Carraro (nella foto). Previsti, inoltre, «nuovi laboratori culturali, per insegnare a fare arte e cultura e non solo per studiarne la storia, come nella tradizione accademica italiana». L’università si trasforma così anche in produttrice di musica, teatro, cinema e mostre. «Ab-

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biamo, infine, un laboratorio, MAClab, per imparare a gestire gli eventi culturali». Ma non solo. «Sono stati stipulati degli accordi con gli altri atenei veneti, come il corso in scienza delle religioni e il dottorato in storia dell’arte e potenziato la ricerca e la formazione nel campo dell’innovazione strategica e della gestione dell’ambiente» mette in luce il rettore. Quali le facoltà che hanno raggiunto maggiori immatricolazioni? «La Facoltà di lingue e letterature straniere e quella di Economia sono quelle con il maggior nu-

mero d’immatricolazioni. In particolare, i nostri corsi di lingue orientali, associati ad una formazione di management, sono molto richiesti». La ricetta per affrontare i tagli previsti per le università si chiama federalismo universitario? «Sull’esempio della provincia di Trento, la Regione potrà gestire direttamente le risorse finanziarie destinate alle università e avrà, quindi, autonomia nel definire i criteri di ripartizione e potrà essere promotrice di accordi tra le università per una più efficiente gestione delle risorse. Ci sarà un più stretto coordinamento a livello regionale, maggior specializzazione dei vari atenei e più alta visibilità internazionale attraverso strategie


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Luigi Frati

INVESTIRE SULLA RICERCA PER TORNARE A CRESCERE Annoverata tra i 200 atenei migliori al mondo, dal Qs World University Ranking, l’Università La Sapienza di Roma è pronta a combattere e a lottare per crescere e migliorarsi. Prossimo passo: «mettere mano alla didattica», sottolinea il rettore Luigi Frati a Qs World University Ranking, prestigiosa graduatoria internazionale, ha stabilito che l'università La Sapienza di Roma è tra i primi 200 atenei migliori al mondo. Un risultato ancora più importante se si tiene presente che «La Sapienza è riuscita a scalare 15 posizioni in un solo anno» tiene a precisare il Magnifico rettore, Luigi Frati (nella foto). «È il risultato del nostro impegno: ci siamo concentrati sulla riorganizzazione dei dipartimenti e delle facoltà migliorando la nostra reputazione a livello internazionale e ottenendo più citazioni nelle riviste scientifiche, uno dei criteri d’elaborazione della classifica». Il nuovo assetto della ricerca è stato, quindi, premiato, tanto più se tiene conto che «in un paese come l’Italia, che investe l’1% del Pil nella ricerca contro il 3% di Francia e Germania, questo è davvero un ottimo successo». Un traguardo importante per il famoso Ateneo romano. «La Qs World University Ranking dimostra che la nostra strategia è vincente e, – continua – il prossimo passo è quello di mettere mano alla didattica». Le graduatorie internazionali, inoltre, «premiano la Sapienza malgrado il taglio di risorse pubbliche, perché nella classifica Miur non figuriamo tra gli Atenei virtuosi, ma speriamo in una revisione dei criteri ministeriali» conclude il rettore. Che cosa prevede l’offerta formativa per il prossimo anno accademico? Quali al momento le facoltà più quotate? «Un’offerta formativa ampia e diversificata. Per l’anno accademico 2010-2011 gli studenti che vorranno iscriversi alla Sapienza potranno sce-

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di marketing mirate». Maggiore attenzione alla sostenibilità ambientale con il master universitario di secondo livello “Caratterizzazione e risanamento dei siti contaminati”. Quali gli obiettivi? «Questo master intende rispondere all’esigenza di un settore in forte evoluzione che richiede figure professionali altamente qualificate, capaci di rispondere alle urgenze ambientali del territorio e gestire le problematiche multidisciplinari legate al recupero dei siti contaminati, in linea con i nuovi orientamenti normativi, le tecnologie più innovative e vantaggiose. Il Dipartimento di Scienze Ambien-

gliere tra 218 corsi di studio, corrispondenti a lauree (89), lauree magistrali (116) e lauree a ciclo unico (13) e tra 298 master di I e II livello. A questi vanno aggiunti 91 corsi dell’area sanitaria per le lauree triennali e 11 per le lauree specialistiche biennali. Abbiamo inoltre razionalizzato una serie di corsi, puntando anche sulla loro spendibilità nel mondo del lavoro». Quali sono le Facoltà che garantiscono di trovare più facilmente un lavoro? «Consiglio alle future matricole di scegliere il corso per il quale si sentono portati. La forza di volontà e la passione per una disciplina costituiscono la spinta necessaria per intraprendere qualsiasi professione. Comunque, i dati sull’occupabilità dei laureati sono pubblici, elaborati ogni anno dal consorzio universitario Alma Laurea». Quali iniziative sono previste per collaborazione e scambi tra le università internazionali? «La Sapienza promuove ogni anno la stipula di nuovi Accordi bilaterali (di Collaborazione e cooperazione culturale e scientifica) per lo scambio di conoscenze scientifiche tra docenti universitari di tutto il mondo. Tra le attività in costante incremento vi sono l’accoglienza di professori visitatori, la promozione d’iniziative a sostegno del processo d’internazionalizzazione del sistema universitario, la promozione, il coordinamento e il monitoraggio delle iniziative a favore degli scambi internazionali di docenti e ricercatori in attuazione di programmi e accordi governativi e delle azioni integrate di ricerca internazionale finanziate da organismi nazionali. Iniziative speciali, inoltre, comprese borse di studio, sono state messe in atto per attrarre gli studenti stranieri».

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LA RIFORMA DEGLI ATENEI

TORINO PUNTA SULLA QUALITÀ Aumentano gli iscritti, provenienti anche da altri Paesi. Il segreto? «Buona programmazione e ottimizzazione delle risorse», come spiega il rettore Ezio Pelizzetti alle classifiche stilate recentemente dal Censis, le università del Piemonte sono tra le migliori in Italia. Per raggiungere questi risultati occorre «una buona programmazione e l’ottimizzazione delle risorse sia a livello didattico che della ricerca» mette in rilievo il Magnifico rettore dell’Università di Torino, Ezio Pelizzetti (nella foto). Ma certi risultati si ottengono certamente se alla base «c’è un’amministrazione seria ed oculata e alle spalle una programmazione almeno decennale. Nel 2000, infatti, abbiamo attuato un piano organico, attraverso il quale, è stato selezionato personale docente e tecnico-amministrativo altamente qualificato, perchè è con il capitale umano che si fa la differenza». Ma anche grazie a importanti progetti come, per esempio, la Città della salute e della scienza. Una realtà fortemente voluta dall’Università di Torino e dalla Regione. «L’Università giocherà un ruolo determinante dal punto di vista della formazione e della ricerca, non solo strettamente medica, ma anche connessa ad altri settori come la biologia, le biotecnologie, la chimica e l’informatica» rileva il rettore che intende anche coinvolgere le aziende del territorio al fine di creare prospettive occupazionali per i futuri ricercatori. Ma se i lavori per la Città della salute e della scienza partiranno nel 2012, importanti novità sono già in atto. «Prima di tutto c’è stato un adeguamento alla legge 270 che ha comportato una razionalizzazione di alcuni corsi. E poi c’è l’iniziativa, lanciata l’anno scorso, della Scuola Superiore dell’Università di Torino che rappresenta

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una possibilità in più di perfezionamento, per studenti delle lauree triennali e magistrali» spiega il rettore. E mentre si sta avvicinando la chiusura delle immatricolazioni l’Università di Torino ha già registrato alcuni successi. Infatti, «sono aumentati gli iscritti ai test per i numeri programmati e tra coloro che si sono già immatricolati, emerge che il 25 % sono studenti non residenti in Piemonte e, addirittura 500, è il numero di neodiplomati fuori dall’Italia». Scegliere la facoltà più adatta alle proprie attitudini non è certo facile ed è per questo che sono previste attività di orientamento pre laurea, ma anche dei percorsi post laurea in modo da accompagnare gli studenti nel loro ingresso nel mondo del lavoro. A tale scopo è stato creato un servizio di job placement. «Nel 2009 abbiamo promosso 6.000 tirocini e stage presso le aziende del territorio e all’interno della pubblica amministrazione. A distanza di un anno il tasso d’occupazione dei nostri laureati è nettamente superiore rispetto alla media italiana» conclude il rettore.

tali è il promotore di questo master che ha realizzato in collaborazione con Confindustria Venezia, Vega-Parco Scientifico Tecnologico di Venezia, STA S.r.l. – Servizi Tecnologici Ambientali di Venezia e Assoreca (Associazione tra le Società di Consulenza e di Servizi per l’Ambiente, la Sicurezza e la Responsabilità Sociale)». Quali le iniziative promosse tra Università e la Biennale di architettura? «È stato appena firmato un accordo che darà agli studenti la possibilità di partecipare gratuitamente a visite guidate e conferenze negli spazi della Biennale. Ma collaboriamo anche nel campo del teatro e contiamo di sviluppare nuove collaborazioni nel cinema e nella musica».



Economia in ripresa, l’occupazione attende I dati Ocse mostrano una situazione stabile nei livelli occupazionali dei vari paesi, Italia compresa. Anche se qui, come spiega Stefano Scarpetta, vicedirettore del centro di ricerca Ocse sull’occupazione, «il numero di ore lavorate è precipitato» Riccardo Casini

«L’

economia mondiale sta uscendo dalla peggiore crisi finanziaria ed economica degli ultimi cinquant’anni»: inizia così l’ultimo rapporto Ocse, “Prospettive sull’occupazione”. Salvo poi precisare immediatamente che «curare le ferite del mercato del lavoro richiederà tempo e una forte volontà politica». Insomma, la ripresa che si inizia a intravedere in alcuni Paesi non comporterà automaticamente un rilancio del livello occupazionale. Nel frattempo, secondo gli ultimi rilevamenti, la disoccupazione nell’area Ocse è scesa all’8,5%. Il dato italiano (8,4%) è in linea. Stefano Scarpetta, vicedirettore del centro di ricerca Ocse sull’occupazione e gli affari sociali, spiega però in cosa differisce la situazione del nostro Paese. «L'impatto della crisi economica globale sul mercato del lavoro – chiarisce – ha assunto aspetti diversi nei vari Paesi. In Italia, il tasso di disoccupazione è aumentato meno della media Ocse, ma partiva da un tasso più elevato della

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media. Al contrario di molti Paesi Ocse, la disoccupazione da noi è aumentata soprattutto nell’ultimo anno. Una differenza importante dell’aggiustamento sul mercato del lavoro italiano rispetto a quello di altri Paesi Ocse è la fuoriuscita dal mercato del lavoro di persone in età lavorativa. La proporzione della popolazione in età lavorativa occupata si è ridotta di 1,8 punti percentuali dall’ultimo trimestre del 2007 e si situa attualmente al 57,3%, la più bassa dei paesi Ocse dopo Turchia, Ungheria e Messico. Inoltre, il declino dell’occupazione e la crescita della disoccupazione sarebbero stati molto peggiori se il numero di ore lavorate non fosse precipitato (-2,7%), due volte di più della contrazione dell’area Ocse nel suo complesso. Infine, l’occupazione a tempo parziale è cresciuta di circa il 10% nell’ultimo anno, in gran parte dovuto al fatto che molti lavoratori sono stati costretti ad accettare il part-time a causa della mancanza di offerte a tempo pieno. Questo aumento si viene ad aggiungere alla quota di lavoratori a tempo parziale involontari che, superiore al 4%, già prima della crisi, era una delle più grandi fra i paesi Ocse».


Quali sono in Italia i settori più colpiti dalla disoccupazione? E negli altri Paesi Ocse? «Come in molti altri Paesi i giovani sono i più colpiti dalla disoccupazione. Nel secondo trimestre del 2010 il tasso di disoccupazione tra i giovani dai 15 ai 24 anni era del 28,9% in Italia contro una media Ocse del 18,9%. I lavoratori con contratti atipici, tra cui molti giovani, sono stati fortemente penalizzati. L’Ocse ha condotto uno studio approfondito sulla disoccupazione giovanile nei paesi membri e sulle politiche per promuovere una transizione rapida dalla scuola al mercato del lavoro. I ministri dell’Ocse si sono riuniti in questi giorni per parlare delle politiche per i giovani in una riunione a Oslo patrocinata dal ministero del Lavoro norvegese». In generale affermate che “l’Italia è tuttora caratterizzata da un ordinamento del mercato del lavoro piuttosto rigido e da una mobilità del lavoro limitata”. Quali

misure occorrerebbero per sbloccare questa situazione? «Il mercato del lavoro italiano è caratterizzato da un forte dualismo: una parte dell’occupazione ha contratti temporanei o atipici, inclusi i collaboratori coordinati e continuativi Nella pagina accanto, e occasionali, mentre una parte gode di mag- Stefano Scarpetta, giore garanzia del posto di lavoro e prote- vicedirettore del centro zione sociale. Buona parte della flessibilità di ricerca Ocse su occupazione del mercato del lavoro che è necessaria in e affari sociali un’economia come la nostra, fortemente integrata in quella mondiale, è subita dai lavoratori atipici che sono anche quelli meno protetti dagli ammortizzatori sociali. In generale, le politiche per incentivare l’occupazione sono in primo luogo quelle che promuovono una crescita sostenuta e sostenibile della nostra economia. Ciò richiede sforzi ulteriori per promuovere un quadro regolamentare nel settore dei beni e servizi che promuova la concorrenza e la crescita delle imprese più produttive e dinamiche, così come l’investimento in ricerca e sviluppo». Si tratta di provvedimenti applicabili nella situazione italiana? Le politiche per incentivare «L’Italia, come detto, presenta un orl’occupazione sono in primo dinamento del mercato del lavoro luogo quelle che promuovono una piuttosto rigido e una mobilità limitata: se questa caratteristica del mercrescita sostenuta e sostenibile cato del lavoro italiano ha contribuito della nostra economia inizialmente a moderare gli effetti della crisi sull’occupazione perma- UU

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VENETO 2010 • DOSSIER • 57


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La crescita per il momento è troppo contenuta per poter intaccare in maniera significativa la disoccupazione. Bisognerà attendere il 2011 per vedere un miglioramento

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UU nente, essa ha d’altro canto concentrato le perdite occupazionali sui contratti temporanei e, nella fase di ripresa, è probabile che rallenti il recupero occupazionale e ostacoli la crescita della produttività. Per promuovere la produttività e una più ampia creazione di posti di lavoro, sarebbe necessaria una riforma dei contratti di lavoro, tale da rendere più efficace la riallocazione dei lavoratori nella fase di ripresa. Tuttavia, una tale strategia di riforma potrebbe generare una maggiore mobilità subita per alcuni lavoratori con contratti permanenti e si dovrebbe quindi coniugare con ulteriori sforzi nelle politiche del welfare volti a rafforzare il sostegno di reddito per i disoccupati, anche se condizionato alla disponibilità ad accettare offerte di lavoro, accompagnato da un efficace sostegno al reimpiego e compatibilmente con la necessità di preservare la sostenibilità dei conti pubblici». 58 • DOSSIER • VENETO 2010

Quando è possibile attendersi una ripresa in questo senso? «Secondo le previsioni Ocse, la crescita per il momento è troppo contenuta per poter intaccare in maniera significativa la disoccupazione. Bisognerà probabilmente attendere il 2011 per vedere un miglioramento significativo dell’occupazione». L’Italia occupa il penultimo posto nel campo dell’occupazione femminile tra i Paesi Ocse con il 46,4%. In che modo è possibile bilanciare questo dato con quello ITALIA maschile? «Questo è un tema molto complesso: occorre La percentuale di disoccupazione facilitare l’accesso delle donne al mercato del in Italia a luglio, lavoro aiutandole a conciliare responsabilità inferiore a Francia (10%) e Spagna domestiche con un’attività professionale, ma (20,3%), ma anche combattere forme di discriminazione superiore alla Germania (6,9%) che ancora esistono e che non solo rendono più difficile l’accesso delle donne al lavoro ma anche e soprattutto le penalizzano nella carriera. Alcuni Paesi Ocse hanno ottenuto risultati importanti rafforzando l’offerta di asili nido, offrendo strutture di supporto per gli DISOCCUPATI anziani, favorendo orari di lavoro flessibili e Le persone senza applicando in maniera capillare le norme conlavoro nei paesi tro la discriminazione. L’Italia ha sicuramente Ocse a luglio 2010, 13,4 milioni in più fatto progressi in questi ambiti ma la strada è rispetto al 2008 ancora lunga».

8,4

45,5 mln



OCCUPAZIONE

Servizi alla persona e green economy per uscire dalla crisi In Veneto la disoccupazione è più contenuta rispetto alla media nazionale, ma le aziende continuano ad aprire procedure di crisi. Il tessuto della piccola impresa si sta sfaldando? Secondo l’assessore regionale al Lavoro, Elena Donazzan, è solo una ristrutturazione Riccardo Casini

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nche nel produttivo Nordest l’uscita dalla crisi è lontana: lo dimostrano i dati dell’ultimo report della Direzione regionale lavoro, secondo cui da gennaio a luglio 2010 le imprese venete ad aver aperto una procedura di crisi sono state 954 (212 in più rispetto allo stesso periodo del 2009), per un totale di quasi 20 mila lavoratori coinvolti. Di queste imprese, il 59% conta meno di 50 dipendenti. Tra i settori più colpiti spicca il metalmeccanico, con 393 aziende coinvolte. E anche per quanto riguarda le procedure concluse, nei primi 8 mesi del 2010 i dati risultano superiori al 2009: 863 verbali di conclusione relativi a quasi 27mila lavoratori contro 697 per poco più di 26mila lavoratori nell’anno precedente. Insomma, il saldo occupazionale resta negativo (41 mila posti di lavoro in meno da luglio 2009 a giugno 2010), ma comunque inferiore rispetto ai 12 mesi precedenti (meno 53

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mila): qualche elemento positivo sembra esserci, come sottolinea Elena Donazzan, assessore regionale al Lavoro. «Dopo il tracollo del 2009, in particolare in termini di export (-22%), oggi si registra una timida ripresa, che però non ha ancora agganciato l’occupazione. Dopo aver assunto lavoratori poco qualificati, anche stranieri, rivelatisi poi i primi a perdere il lavoro, le imprese si stanno ristrutturando. Quantitativamente non torneremo ai livelli occupazionali registrati prima della crisi, ma credo che questa possa portare a una significativa riqualificazione». Secondo l’Ocse in Italia la cassa integrazione ha permesso di mantenere un livello occupazionale più alto. In futuro quale dovrà essere il ruolo degli ammortizzatori sociali? «Premesso che in Veneto la cassa integrazione in deroga ha rappresentato una benedizione per le aziende sotto i 15 dipendenti, ovvero buona parte del tessuto produttivo regionale, credo

Sopra, Elena Donazzan, assessore regionale al Lavoro


Xxxxxxx Elena Xxxxxxxxxxx Donazzan

che gli ammortizzatori non vadano tenuti in vita fino all’ultimo giorno utile». Quali allora le ricette per uscire dalla crisi? «Innanzitutto occorre migliorare la verifica del fabbisogno occupazionale: sono le imprese a dover comunicare di cosa, o meglio di chi hanno bisogno, e in questo dovranno assumere un ruolo importante associazioni di categoria, distretti e consorzi. Inoltre, serve una certificazione dei mestieri che non si basi ciecamente su formazione e titoli erogati: anche in questo caso dovrà essere chi fa quel mestiere, ovvero le aziende, a certificare le capacità del lavoratore. Infine, bisogna puntare sui nuovi settori, tutelando la vocazione produttiva della nostra realtà».

Quali comparti hanno accusato maggiormente la crisi? Da dove invece si deve ripartire? «La crisi è stata trasversale, al punto che singole aziende dello stesso settore hanno fatto registrare comportamenti diversi. Possiamo dire che ha retto meglio chi in passato ha investito maggiormente in termini di risorse umane, di alta formazione e di ricerca. Per quanto riguarda il futuro, saranno tre i settori strategici. Primo, il

made in Italy, che va difeso anche in sede europea. Secondo, i servizi alla persona, un’occasione di lavoro soprattutto per le donne, tradizionalmente gestita da noi ma di recente appaltata a masse di stranieri poco qualificati. Infine, i settori innovativi come quelli legati alla green economy».

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I giovani? In Italia abbiamo una gerontocrazia che si autoalimenta anche perché non c’è nessuno che la disturba

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21 mila MOBILITÀ Gli inserimenti in liste di mobilità in Veneto nel periodo gennaio – agosto 2010 (fonte: Veneto lavoro)

5,6

DISOCCUPATI

Dalla settima edizione dell’Osservatorio sull’occupazione italiana nella piccola impresa veneta, realizzato dalla Fondazione Leone Moressa, emerge che in regione negli under 34 il tasso di disoccupazione è al 7,6% contro il 3,4% della popolazione adulta. Come è possibile intervenire per favorire l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro? «Va detto che, scegliendo di mantenere lavoratori più anziani, le aziende hanno dato valore all’esperienza e mostrato un forte senso di responsabilità, dal momento che gli adulti hanno spesso maggiori problemi sociali e sono difficilmente ricollocabili. Nelle nuove generazioni c’è, invece, una forte mancanza di consapevolezza riguardo alle proprie capacità: in Italia abbiamo una gerontocrazia che si autoalimenta anche perché non c’è nessuno che la disturba. Non è un problema di opportunità, semmai di merito: non è una legge sul lavoro che permette di trovarlo, anche se il mio compito resta ovviamente quello di liberare opportunità e di stimolare ricerca e apprendistato per quella che dovrebbe già essere la classe dirigente del Paese».

La percentuale di disoccupazione in Veneto, inferiore a quella nazionale (8,4%) ma superiore al minimo storico registrato in regione nel terzo trimestre 2008 (2,9%)

7,1

GIOVANI La percentuale dei giovani veneti occupati con un contratto a tempo indeterminato (fonte: Fondazione Leone Moressa)

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MERCATO TELEVISIVO

Si accende la protesta Le emittenti televisive locali sono «un importante momento di democrazia territoriale, per questo siamo al loro fianco in questa battaglia per la sopravvivenza», sostiene il vicepresidente e assessore regionale, Marino Zorzato. Proprio per questo motivo la Giunta si è costituita in giudizio nel ricorso contro il provvedimento dell’Agcom Nike Giurlani

I In basso, Marino Zorzato, vicepresidente del Veneto

l piano nazionale di assegnazione delle frequenze digitali (Pnaf ), approvato lo scorso 15 giugno 2010, dall’Autorità garante nelle comunicazioni, penalizza le emittenti venete e friulane perché, delle tredici frequenze assegnate alle televisioni locali, quelle riservate al Nordest coincidono con quelle che in sede internazionale sono state assegnate alla Slovenia e alla Croazia. «Alcune delle nostre emittenti locali potrebbero subire l’effetto di questa sovrapposizione, con inevitabili danni alla programmazione e alla visibilità», sottolinea Marino Zorzato, vicepresidente e assessore regionale. «Il piano, tra l’altro, è stato approvato dall’Agcom senza il parere dei tavoli tecnici regionali». Che ruolo ricoprono questi tavoli? «Secondo quanto indicato dalla legge, al fine di garantire il massimo pluralismo e di favorire un uso efficiente ed effettivo delle frequenze, la pianificazione di dettaglio avverrà proprio attraverso la convocazione di questi “tavoli tecnici” regionali, anche per assicurare continuità a

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quanto avvenuto nelle regioni che hanno già effettuato il passaggio al digitale terrestre. Il provvedimento sarà dunque completato nei suoi aspetti attuativi via via che i tavoli tecnici relativi alle aree ancora da digitalizzare avranno concluso il loro lavoro. Sono fiducioso che, compiuta questa fase, anche le nostre emittenti abbiano diritto a un’assegnazione di frequenze adeguata. Del resto, lo spostamento dello switch off nel Veneto, come in altre regioni, dal 21 ottobre al 27 novembre, e forse la data non è ancora definitiva, deriva anche all’esigenza di completare il lavoro dei tavoli tecnici regionali. Questo significa che la contrattazione, sotto il profilo


Marino Zorzato

Il Veneto è una delle realtà più vivaci sotto il profilo dell’emittenza radiotelevisiva

12 giugno 2010 Approvato il piano nazionale di assegnazione delle frequenze digitali (Pnaf), da parte dell’Autorità garante nelle comunicazioni

27 luglio 2010 La Giunta regionale del Veneto ha preso formalmente posizione a difesa dell’emittenza privata veneta

dell’assegnazione delle frequenze, non è ancora finita». La Giunta regionale si è costituita in giudizio nel ricorso proposto da tre emittenti televisive locali contro il provvedimento con cui l’Autorità garante nelle comunicazioni ha approvato il piano di riparto delle frequenze per la diffusione del segnale televisivo sul digitale terrestre. Quali le prossime battaglie? «Su mia proposta, la Giunta ha preso formalmente posizione a difesa dell’emittenza privata veneta ed ha approvato, con deliberazione del 27 luglio scorso, la costituzione in giudizio della Regione stessa, con ricorso “ad

adiuvandum” a sostegno del ricorso presentato al Tar Lazio dall’emittente private venete. Speriamo che con il ricorso presentato dalle emittenti la situazione sia ricondotta su un piano d’equità. Diversamente valuteremo con i nostri uffici legali quali altre azioni potranno essere intraprese per ottenere questo risultato». Quali iniziative la Regione sta portando avanti per sostenere le emittenti televisive locali? «La difesa delle emittenti televisive locali è una questione che è stata posta sul piano politico e istituzionale. La volontà è quella di mettere in atto tutto quello che è in nostro potere per difendere e sostenere le antenne di una democrazia reale. Su questa battaglia, civile e culturale, c’è una condivisione trasversale agli schieramenti politici. A questo vanno aggiunte tutte quelle iniziative che in qualche modo sono finalizzate a facilitare la presenza e il lavoro delle emittenti televisive nella loro attività informativa e di comuni cazione». VENETO 2010 • DOSSIER • 63


MERCATO TELEVISIVO Il presidente Zaia ha sottolineato che le difficoltà che incontrano le emittenti sono lesive della democrazia. Come mai in Veneto le emittenti locali ricoprono un ruolo così importante? «Il Veneto è una delle realtà più vivaci sotto il profilo dell’emittenza radiotelevisiva. Quest’ultime hanno una diffusione piuttosto capillare e sono quindi in grado di dar voce alle esigenze e alle problematiche che emergono dai diversi territori di riferimento. In tal modo anche la politica ha maggiori opportunità di riscontro e di confronto su temi che interessano la comunità veneta e questo non può che alimentare positivamente la democrazia. Siamo convinti che le emittenti televisive locali siano un importante momento di democrazia territoriale, per questo siamo al loro fianco in questa battaglia per la sopravvivenza».

DIGITALE TERRESTRE: UN PASSAGGIO NECESSARIO «Un passaggio obbligato che consente un’oggettivazione del pluralismo». Lo sostiene Corrado Calabrò, presidente dell’Autorità per le garanzie delle comunicazioni tempi dello switch off, a differenza di quanto precedentemente annunciato si sono allungati, ma il risultato non cambia, il passaggio al digitale terrestre avverrà entro pochi mesi. «C’è stato solo un breve rinvio al secondo semestre di quest’anno per quanto riguarda la Lombardia e il Nord, dovuto anche alle elezioni regionali e ai mondiali di calcio», spiega Corrado Calabrò presidente dell’Autorità per le garanzie delle comunicazioni. «È un piccolo differimento tollerabile che non sposta il programma complessivo e i traguardi che ci si è prefissi. Si tratta di un passaggio obbligato e consente un’oggettivazione del pluralismo». Profondi cambiamenti sono quindi nell’aria. «Mediaset e Rai ridurranno

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Corrado Calabrò, presidente dell’Autorità per le garanzie delle comunicazioni

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le loro reti da cinque a quattro, Telecom Italia da quattro a tre e i piccoli operatori manterranno quelle che hanno». Ma non finisce qui. «Avremo cinque nuove reti multiplex che verranno messe in competizione con un beauty contest. Solo per due di queste potranno competere Rai e Mediaset e quindi ci sarà spazio per nuove entranti» sottolinea il presidente dell’Autorità per le garanzie delle comunicazioni. «In più se una delle due si aggiudicherà una rete sarà costretta a cedere il 40% della capacità trasmissiva di tale multiplex». L’Italia ha un numero di reti locali «di gran lunga superiore agli altri paesi, questo a conferma che è una realtà viva» conclude Corrado Calabrò.


Francesco Pira

Le nuove frontiere della comunicazione

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ent’anni dopo la legge Mammì, il mondo delle televisioni sta subendo un’altra epocale svolta: il passaggio al digitale. Le decisioni attuate, però, dall’Autorità garante nelle comunicazioni, per quanto concerne il piano nazionale di assegnazione delle frequenze, hanno suscitato molto clamore. A uscirne particolarmente penalizzate sarebbero, infatti, le tv locali, ma mai come in questo caso si sono levate voci di sostegno sia da parte degli utenti che dalle autorità locali. «La causa della situazione attuale deriva dalla legge Mammì che ho portato a una sopravvalutazione di certe televisioni locali, le quali hanno ottenuto la concessione, pur non avendo i requisiti adeguati e non essendo in grado di garantire uno standard informativo di qualità», chiarisce Francesco Pira, sociologo ed esperto di processi culturali e comunicativi. Per quanto riguardo il Veneto, però, «siamo di fronte a una rete televisiva locale di alta qualità come, in generale, in tutto il Nordest». Se, però, queste realtà venissero private delle frequenze e quindi della giusta visibilità «verrebbe meno un’importante possibilità di confronto», sottolinea Pira. Sulla base delle ricerche portate avanti negli anni dalla sociologia e dalla comunicazione di massa, in altri Paesi di grande espansione come l’America «l’avvento del satellite ha messo in crisi le tv e i giornali nazionali, mentre le realtà locali hanno retto meglio e anzi, l’informazione locale si è dimostrata prioritaria e fondamentale». Nelle tv locali i programmi che funzionano in maniera più incisiva sono «quelli d’informazione, i telegiornali e gli approfondimenti. Tutto il resto, a parte lo sport, non può competere con le emittenti nazionali». Certamente, però, «rappresentano un punto fermo

Dalla legge Mammì all’avvento del digitale. Quale sarà il futuro delle televisioni? Ecco il punto di vista del professor Francesco Pira, sociologo ed esperto di processi culturali e comunicativi Nike Giurlani

per molti telespettatori, perchè vengono fornite importanti informazioni di pubblica utilità» rileva il professore. Al momento la data del passaggio al digitale è slittata di qualche mese fornendo così la possibilità ai soggetti in gioco di poter ridiscutere e pianificare una nuova ridistribuzione delle frequenze. «Ritengo che le tv locali per continuare a garantire ai propri spettatori la stessa presenza sul territorio vanno ripensate anche alla luce dei nuovi mezzi di comunicazione» rimarca Pira. Bisogna, infatti, che le varie piattaforme informative si integrino tra di loro. «Viviamo in un momento storico nel quale sui nostri telefoni cellulari riceviamo notizie in tempo reale e dai nostri computer possiamo vedere le immagini televisive». I media stanno cambiando e non si può rimanere indietro. Il problema, però, nel caso delle emittenti televisive non riguarda solo il discorso delle frequenze, ma anche quello degli alti costi di produzione che rendono difficile la sopravvivenza per molte di esse. Ma Pira non ha dubbi, per poter guardare al futuro «occorre ripensare i rapporti tra i media e le varie piattaforme, solo così si potranno registrare dei successi».

In basso, Francesco Pira, sociologo ed esperto di processi culturali e comunicativi


MERCATO TELEVISIVO

Difendere le tv locali per sostenere il federalismo

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e tv locali rappresentano le voci genuine dell’informazione del nostro Paese». Ne è convinto il vicesindaco di Treviso Giancarlo Gentilini, promotore di una campagna a sostegno di queste realtà minacciate dal piano nazionale di ripartizione delle frequenze, approvato dall’Autorità garante nelle comunicazioni. Come si spiega questo moto di protesta unanime? «Sempre più spesso i telespettatori si affidano all’informazione locale, preferendola a quella nazionale, in quanto quest’ultima, viene percepita troppo distante e poco radicata alle realtà e alle problematiche territoriali». Niente, però, è perduto. Ci sono ancora margini di speranza per garantire la sopravvivenza delle emittenti televisive locali. Se davvero passerà il piano d’assegnazione delle frequenze televisive pubblicato dall’Agcom, quali saranno le conseguenze? «Assisteremo alla negazione del federalismo fiscale. Le tv locali sono una realtà forte e presente nel territorio. Grazie al loro operato è possibile attirare l’attenzione delle tv nazionali. Limitare la loro visibilità significherebbe portare avanti un attentato alla libertà d’espressione. Per questo motivo ho reso nota la mia posizione e ho già avuto modo di confrontarmi con la Lega Nord affinché mobiliti tutte le sue forze per opporsi a questo provvedimento. Ogni regione ha le proprie caratteristiche e le tv locali rappresentano un prezioso aiuto anche per la gestione politica, economica e finanziaria delle varie amministrazioni. Inoltre, comporterebbe un disastro occupazionale molto grave. Va ricordato che le emittenti televisive locali danno lavoro a molti veneti. Parliamo, infatti, di un significativo numero di lavoratori, tra giornalisti e tecnici del settore, e di

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Un attentato al federalismo. Questo, per il vicesindaco di Treviso, Giancarlo Gentilini, il piano nazionale di ripartizione delle frequenze dell’Agcom. «Non si può spegnere il fuoco, genuino e vitale, della comunicazione locale» Nike Giurlani

apparecchiature particolarmente costose che rappresentano la linfa vitale per alcune nostre industrie. Si tratterebbe di un disastro epocale». Al momento lo switch off è stato posticipato. Un primo passo avanti? «Questo dietrofront rappresenta un importante passo in avanti per la nostra battaglia. Le autorità competenti devono avere compreso il grido di dolore che si è levato da parte di tutte le regioni italiane perchè le tv locali rappresentano le voci genuine dell’informazione del nostro Paese». Che rapporto c’è tra territorio e tv locali?

Sopra, il vicesindaco di Treviso, Giancarlo Gentilini


Giancarlo Gentilini

Il locale serve da megafono per attirare l’attenzione delle televisioni nazionali che raramente portano avanti progetti a livello territoriale

«Sempre più spesso i telespettatori si affidano all’informazione locale, preferendola a quella nazionale, percepita come troppo distante e poco radicata alle realtà e alle problematiche territoriali. Al contrario, invece, c’è molta simbiosi tra territorio e tv locali, rapporto che viene meno quando si passa su una scala nazionale. Questo tipo di tv “volano troppo alto”, non vivono il territorio e se ne interessano solo saltuariamente per fatti di cronaca nera o per qualche scoop. Più volte, anche nei passati governi, mi sono fatto portavoce di un’importante esigenza: abolire il canone Rai, perchè non ritengo giusto che i nostri denari vadano a ingrassare le casse delle televisioni nazionali a scapito di quelle locali, gravate da pesanti

costi, ma sempre in prima fila per garantire un’informazione di qualità. Le tv nazionali possono contare su importanti finanziamenti che molto spesso vengono sperperati. Basta paragonare i compensi di una tv locale con una nazionale per capire che gap economico ci sia». Più in particolare, che legame c’è tra politica e i media locali? «Le tv locali dedicano ampio spazio all’approfondimento politico e i telespetattori apprezzano molto i momenti d’incontro tra i rappresentanti del Veneto eletti al Parlamento che tornano nel loro territorio e fanno il punto della situazione sui progetti già realizzati e quelli che hanno intenzione di portare avanti, quali sono stati i risultati perseguiti, quali le criticità o gli ostacoli. È importante mantenere sempre vivo questo scambio così le problematiche possono essere seguite e tenute sottocontrollo. Impossibile, invece, proiettare questo rapporto su un piano nazionale». In una società sempre più globalizzata, questo attaccamento al locale non crede che possa chiudere gli utenti in un atmosfera un po’ provinciale? «Il locale serve da megafono per attirare l’attenzione delle televisioni nazionali che raramente portano avanti progetti a livello territoriale. Non si può spegnere il fuoco, genuino e vitale, della comunicazione locale. Sono convinto che il moto di protesta che è già in atto avrà esito positivo». VENETO 2010 • DOSSIER • 67


MERCATO TELEVISIVO

Le emittenti locali una grande famiglia Sì al digitale terrestre, ma rispettando le istanze e le denunce d’illegittimità portate avanti dalle emittenti televisive locali, come si evince dalle parole di Thomas Panto, editore di Antenna Tre Nike Giurlani

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In basso, Thomas Panto, editore di Antenna Tre; a destra, alcuni programmi dell’emittente televisiva locale

a una ricerca effettuata dalla Swg, più del 50 per cento dei telespettatori veneti guarda abitualmente le emittenti locali perchè ritenute più credibili e serie dei network nazionali. La più conosciuta e seguita è Antenna Tre. «Un successo che è andato crescendo e ha portato anche a un progressivo ampliamento delle redazioni e a un’estensione del territorio d’interesse, allargandosi a tutto il territorio del Nordest» esordisce Thomas Panto, figlio di Giorgio, che nel 1996 acquisì la rete televisiva Antenna Tre Nordest e successivamente Telealto Veneto e Telenordest, costituendo un network triveneto dell’informazione locale nell’ambito delle televisioni private. «Merito della professionalità della squadra che si è creata negli anni e della qualità dei servizi realizzati», ribadisce l’editore. Risultati importanti che hanno ottenuto una sempre maggiore attenzione e partecipazione da parte dei telespettatori. «Il nostro core business si è sempre basato, e sempre si baserà, su un’informazione a servizio del territorio». In questo momento Antenna Tre può contare su «sette redazioni e un centinaio di persone che lavorano all’interno della nostra squadra – continua l’editore – e possiamo

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garantire ai nostri spettatori una programmazione dedicata per il 90% all’informazione e all’approfondimento delle tematiche del Nordest». Molti in Italia lamentano una crisi dell’informazione che tende a un appiattimento verso modelli mutuati dall’esterno. Che ruolo stanno giocando e dovrebbero continuare a perseguire le tv locali in questa partita? «Per noi rappresenta un aspetto prioritario portare avanti un contatto diretto con i nostri spettatori, attraverso servizi di approfondimento su tematiche reali del territorio, che interessano la gente che vive e abita il Nordest. Siamo molto presenti anche fisicamente, facciamo molte esterne, organizziamo le dirette dalle piazze, siamo vicini ai telespettatori e spesso sono proprio loro a fornirci spunti d’indagine. Al riguardo, infatti, abbiamo creato delle rubriche, dove diamo voce alle esigenze del cittadino. Penso che questo canale bidirezionale che si è aperto sia la chiave di successo e di differenziazione rispetto all’informazione diffusa in questo momento». Quale sarà il destino di Antenna Tre se verrà approvato il piano di riparto delle frequenze


Thomas Panto

Portiamo avanti un contatto diretto con i nostri spettatori attraverso servizi di approfondimento su tematiche reali del territorio

per la diffusione del segnale televisivo sul digitale terrestre? «Io ritengo che l’avvento del digitale sia un aspetto importante per il futuro della nostra società e mi piace definirmi uno dei principali fautori di questa svolta. Rappresenta una tecnologia avanzata, quindi migliore, e permette di avere un segnale più nitido. Da due anni stiamo investendo molto nella rete, nella qualità del segnale e anche in progetti dedicati al digitale terrestre, il problema è che a luglio l’Agcom aveva previsto un piano che rapinava le emittenti locali di alcune frequenze per regalarle ingiustificatamente alle emittenti nazionali. Ovviamente ci siamo subito mobilitati affinché questo provvedimento non venisse attuato e oggi stiamo registrando i primi risultati positivi perché, di fatto, c’è stata un dietrofront. Il passaggio al digitale è stato posticipato a fine novembre, si tratta di una proroga importante che permette di riconsiderare il piano delle frequenze alla luce delle nostre istanze e delle nostre denunce d’illegittimità. Mi auguro che il passaggio al digitale avvenga il prima possibile rispettando però le esigenze delle reti televisivi locali come la nostra». Che importanza rivestirà nel futuro dei media il passaggio al digitale e lo sviluppo d’internet? «Credo molto nella rivoluzione digitale e nell’integrazione delle varie piattaforme media. Come gruppo televisivo stiamo migrando anche su internet e l’avvicinamento di questi due mondi rappresenterà la vera strategia vincente del futuro. In questo momento trasmettiamo in streaming quello che viene mandato in onda, ma entro breve lanceremo un nuovo sito molto articolato con la possibilità di selezionare diversi contenuti». VENETO 2010 • DOSSIER • 69



LUCA CIELO ROBERTO ZUCCATO ANDREA BOLLA

Presidente della Piccola Industria del Veneto Presidente di Confindustria Vicenza Presidente di Confindustria Verona


CONFINDUSTRIA

Innovazione, la strada per la crescita Essere pronti per affrontare al meglio la ripresa. È la missione degli industriali veneti, che grazie a capacità di adattamento e di innovazione, sono in prima linea per cogliere i primi frutti di un’annunciata crescita economica. Il punto di Luca Cielo, presidente della Piccola Industria del Veneto Ezio Petrillo

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inamismo, flessibilità, digitalizzazione. Sono molte le sfide che attendono al varco il Veneto. Le nuove tecnologie, la connettività e le infrastrutture digitali rappresentano gli obiettivi futuri delle imprese venete. Questo macrocosmo di piccole e medie aziende, struttura portante all’economia del territorio, sta vivendo la crisi reinventandosi, cercando i mercati in via di sviluppo, adattandosi. Le strategie future per la crescita e lo sviluppo nelle parole di Luca Cielo. Nell’uso quotidiano di internet e nella diffusione del broadband nelle imprese il Veneto è sotto la media italiana. Per ovviare a tale gap è stato presentato il progetto Veneto digitale. In cosa consiste? «Un futuro digitale al servizio delle imprese e dei cittadini per la competitività del sistema industriale veneto e per una migliore qualità della vita dei cittadini è il tema del progetto “Veneto digitale”. Competitività delle imprese, ammodernamento delle pubbliche amministrazioni e migliore qualità dei servizi sono gli obiettivi che si vuole perseguire con questo progetto. È certo ormai che la ripresa economica si giocherà anche con il potenziamento delle infrastrutture digitali; i paesi più avanzati lo stanno già facendo. L’integrazione tra produzioni manifatturiere e

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imprese Ict, può aiutare il nostro sistema a evolvere in direzioni nuove e moderne. Gli investimenti sulla connettività rappresentano un prerequisito fondamentale alla capacità di erogare servizi a elevato livello sia ai cittadini che alle imprese». A cosa è dovuto questo ritardo? «La banda larga da tema per specialisti è diventata un importante argomento di dibattito politico. Il rischio è che il nostro Paese resti arretrato in un’infrastruttura fondamentale per la competitività delle nostre imprese. Nell’uso quotidiano di internet e nella diffusione del broadband nelle imprese, il Veneto è ancora sotto la media italiana. Lo stato attuale della diffusione di connettività è, infatti, una copertura a macchia di leopardo: fuori dai centri e dalle zone industriali operano aziende dove il servizio Adsl non arriva, perché non ci sono le condizioni di convenienza economica per l’adeguamento della rete. Nel nostro Paese ma anche nella nostra Regione, in passato sulla banda larga è mancata una regia di coordinamento, tanto che ancora oggi non abbiamo a disposizione una mappatura esatta delle infrastrutture presenti sul nostro territorio. La rete è un servizio universale: pertanto laddove il mercato non è ancora riuscito a interve-

Luca Cielo, vicepresidente di Confindustria Veneto e presidente della Piccola Industria del Veneto


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Luca Cielo

Il Veneto protagonista della mobilità del domani Con la caduta del muro di Berlino e con l’entrata nell’Unione europea dei Paesi dell’Est si è innescato un processo di integrazione economica di valenza epocale, destinato nelle prospettive economiche ad allargarsi fino alla Russia da un lato e alla Turchia dall’altro, che ha prodotto una grande crescita nei volumi di traffici internazionali. Confindustria Veneto è spesso intervenuta sul problema dell’alta velocità a Est di Milano, in tempi meno recenti è stata sostenitrice del Passante di Mestre, così come del progetto di realizzazione della terza corsia dell’autostrada Venezia-Trieste, ritenendole opere prioritarie per la gestione del flusso di traffici di merci nel nostro Paese. La crisi economica ha rallentato questa tendenza di crescita, ma non ci sono dubbi che, in una prospettiva di breve-medio termine, le infrastrutture del Nordest torneranno a essere intasate da traffici di transito, soprattutto merci.

nire, il pubblico dovrà arrivare a realizzare in tempi brevi la copertura». Entrando nel dettaglio del quadro economico della Regione. Quali sono stati gli effetti della crisi sui livelli di occupazione in Veneto? «Il dato sull’occupazione veneta purtroppo continua a essere negativo. Proiettando le tendenze in corso è possibile prevedere che per almeno un altro anno non ci sarà un’inversione di tendenza, con un’ulteriore contrazione dei livelli complessivi di impiego. La crisi aveva colpito inizialmente solo l’industria manifatturiera e delle costruzioni; qualche settore del terziario inizia a essere coinvolto, in particolare il commercio. Tuttavia la percentuale di disoccupazione rimane largamente sotto la media nazionale». Dopo i dati economici dei primi mesi del 2010, è possibile fare delle previsioni in vista del nuovo anno? «La fase economica che stiamo attraversando continua a essere complessa soprattutto per le piccole e medie imprese. A livello veneto si sta evidenziando una stabilizzazione; c’è sicuramente un netto miglioramento e una moderata ripresa rispetto allo scorso anno, momento in cui le nostre aziende sono state colpite dalla fase più acuta della crisi. Le piccole imprese non

-1,5%

PRODUZIONE Sono i dati relativi alla produzione industriale in Veneto nel primo trimestre del 2010

31,6% EXPORT

Sono i dati relativi alle esportazioni nel primo trimestre del 2010

sono rimaste ferme, hanno reagito reinventandosi, cercando nuovi mercati, adattandosi ai nuovi stimoli che si sono venuti a creare». Quale sarà l’impatto del federalismo fiscale sulle imprese venete? «I molti cambiamenti istituzionali e le nuove sfide che dovremo affrontare in futuro rendono indispensabile un miglioramento dell’efficienza nel settore pubblico. Molte di queste battaglie potranno essere affrontate meglio a livello locale. Quasi tutti i grandi Paesi europei hanno decentrato a partire dai primi anni 90, da noi è più necessario che altrove. Il federalismo fiscale è lo strumento giusto per raggiungere questi obiettivi, ma a certe condizioni: un’attribuzione appropriata di competenze e risorse e un governo centrale forte che sappia coordinare i vari livelli e che sia efficiente sui controlli». VENETO 2010 • DOSSIER • 81


CONFINDUSTRIA

Le carte per la ripresa Esportazioni e nuove tecnologie. Sono queste le leve su cui deve puntare l’economia vicentina per la ripresa. I dati sull’occupazione fanno registrare segnali incoraggianti. Il quadro del presidente degli industriali locali Roberto Zuccato Ezio Petrillo

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a un lato produzioni che stanno soffrendo, dall’altro il grande momento dell’export che tiene su l’economia. Questa è la fotografia più fedele che ritrae l’economia vicentina. Forti investimenti sulle nuove tecnologie e sulle infrastrutture, devono essere l’ago della bilancia per far pendere i dati relativi all’andamento economico nella provincia veneta sotto un segno positivo. A parlare è Roberto Zuccato, presidente di Confindustria Vicenza. Qual è la struttura economica su cui si basa la provincia di Vicenza? «I punti di forza dell’economia vicentina sono anzitutto una forte vocazione internazionale, unita a una grande predisposizione a cercare nuovi mercati. Oltre a ciò, e grazie anche e soprattutto a una peculiarità tipica del nostro territorio, vi è una forte flessibilità e adattabilità produttiva delle aziende. Tutto ciò, unito a una grande spinta verso l’innovazione e la sperimentazione tecnologica per alcuni settori in particolare, come la meccanica, fa del vicentino una delle aree a maggiore industrializzazione d’Europa».

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Può descriverci una fotografia relativa alla situazione occupazionale delle imprese sul territorio vicentino? «La ripresa continua, ma è molto lenta. I dati sono incoraggianti, ma non ancora del tutto positivi. Ci sono settori che stanno soffrendo, come l’orafo e la concia, ma anche produzioni ad alto contenuto tecnologico che stanno andando bene. Segnali di ripresa provengono dall’export, dati positivi riflettono la capacità che stanno dimostrando le aziende del territorio vicentino nell’intercettare la domanda dei Paesi emergenti. La provincia di Vicenza al momento soffre più di altre realtà, in quanto vanta record negativi per quanto riguarda cassa integrazione e mobilità. Secondo le ultime elaborazioni, le assunzioni nel primo semestre dell’anno sono cresciute dell’11%, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, ma tardano a essere offerti contratti a tempo indeterminato». Quali sono le prospettive e i progetti futuri per il rilancio dell’economia in provincia? «Ci vorrà del tempo perché si torni ai livelli precrisi, e proprio per questo occorre investire in una direzione principale: la formazione, ovvero scuola e università. È necessario che le istituzioni facciano la loro parte, finanziando con molta più convinzione l’attività di ricerca e sviluppo del capitale umano. L’importante processo di cambiamento in corso offre grandi opportunità connesse al settore dello sviluppo sostenibile e della tutela ambientale, dai biomateriali alle fonti di energia rinnovabili, individuando nella green economy una delle aree strategiche di sviluppo dell’industria europea per il prossimo futuro».

Roberto Zuccato, presidente di Confindustria Vicenza



CONFINDUSTRIA

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anifatturiero, alimentare, turismo, trasporti. Sono molteplici i punti di forza della provincia di Verona. A volte, tale potenziale, però, non è supportato al meglio dalle istituzioni, come accade nel caso dei giovani imprenditori, attratti quasi antropologicamente dalla cultura d’impresa, senza ricevere, per contraltare, stimoli adeguati che possono supportare idee innovative. Andrea Bolla, presidente di Confindustria Verona, analizza le necessità del territorio. La città di Verona è posta lungo la direttrice Nord-Sud, risultando un importante snodo logistico tra l’Italia e paesi come Austria e Germania. Questa opportunità è supportata a dovere da infrastrutture adeguate? «La situazione infrastrutturale di Verona è tra le migliori del Paese. La città scaligera ha il migliore interporto d’Europa, un aeroporto internazionale in cui gli industriali credono molto come volano di sviluppo, tanto che proprio all’aeroporto abbiamo voluto organizzare la nostra assemblea annuale. Gli indicatori infrastrutturali 2009 pongono Verona sopra il resto del Paese, con un indice di 116 su 100 dell’Italia e 110 del Veneto. Ma questo non basta perché le infrastrutture sono per un territorio come quello di Verona un fattore di sviluppo determinante. Tale aspetto non vale solo per Verona ma per il Nordest e per il Paese. Si pensi cosa sarebbe avere un polo logistico nel cuore del nord Italia collegato ai due mari, Tirreno e Adriatico. Un sogno che si può raggiungere. L’alta velocità fino a Venezia è un obiettivo primario, senza perdere tempo. Ogni giorno perso è un danno economico irrecuperabile». Quali gli aspetti caratteristici dell’economia veronese? «Verona ha una forte energia imprenditoriale. Tra le nostre imprese ci sono leader mondiali nei loro mercati. Sono veronesi 30 dei marchi italiani più famosi. La nostra attrattività ci rende sede privilegiata di molte imprese estere che portano com84 • DOSSIER • VENETO 2010

Lo snodo chiave dello sviluppo La provincia di Verona possiede intrinsecamente tutte le carte per fungere da volano di sviluppo dell’economia del Nordest. L’analisi di Andrea Bolla Ezio Petrillo

petenze, diversificazione, apertura internazionale. Le nostre imprese sono anche mediamente più grandi di quelle tipiche del Nordest con un vantaggio in termini di solidità del settore produttivo che serve molto anche alle piccole imprese. La peculiarità della produzione veronese è che appartiene a tutti i settori: alimentare, metalmeccanico, della moda, servizi, turismo. Questa composizione è talmente bilanciata che nel momento peggiore della crisi, la città veneta ha retto meglio delle altre provincie grazie proprio alla presenza di settori anticiclici che hanno ammortizzato le difficoltà di altri. Verona è anche un laboratorio importante di nuove esperienze, con dieci distretti operativi fino alle più recenti reti d'impresa». Ci sono progetti in cantiere per un maggiore sviluppo dell’economia del veronese? «Credo che Verona abbia davvero molte potenzialità. Adesso, dopo il momento difficile che abbiamo attraversato, dobbiamo soprattutto essere coraggiosi. Gli imprenditori stanno facendo la loro parte ripartendo con forte determinazione negli investimenti e nelle loro attività. Ma le aziende non possono fare tutto da sole. Lo hanno sempre fatto ma questa

116/100 INDICE Gli indicatori delle infrastrutture hanno posto Verona, nel 2009, sopra la media italiana con un valore di 116

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DISTRETTI È il numero dei distretti economici operativi nella sola provincia di Verona


XxxxxxxAndrea Xxxxxxxxxxx Bolla

c

La peculiarità della produzione veronese è quella di abbracciare tutti i settori: l’alimentare, il metalmeccanico, la moda, i servizi, il turismo

d

volta occorre più coraggio da parte di tutti, sia da parte della politica, che delle istituzioni. La crisi ha spazzato via tante certezze. Chi ha la responsabilità di governo, a tutti i livelli, deve infondere fiducia partendo dal fare. Non sono le parole che rassicurano, ma i fatti». Quali gli aspetti su cui ancora lavorare? «Ce ne sono molti. Per Verona penso a un rafforzamento della sua vocazione infrastrutturale, a un progetto industriale del turismo, alla realizzazione di un esperimento di pubblica amministrazione efficiente, a una rete digitale diffusa e capillare. Sono tutte opzioni strategiche che potrebbero fare la differenza. Sono molte le idee che si possono realizzare». I giovani e l’economia. Quali sono gli in-

Nella pagina accanto, Andrea Bolla, presidente di Confindustria Verona; in alto, l’aeroporto di Verona e l’interporto della città scaligera

centivi per gli under 30 che decidono di aprire un’attività e di contribuire, così, allo sviluppo? «I giovani sono troppo trascurarti dalla nostra società. Abbiamo svolto un’indagine con l’istituto Ipsos per poter delineare la percezione che i veronesi hanno di Verona. Ebbene i più orientati alla cultura aziendale sono i giovani. Chiedono meritocrazia e attenzione al talento. Credono che questo sia possibile nelle aziende più che altrove. In quest’ottica gli under 30 sono i nostri maggior alleati nello sviluppo. Se credono in questi valori abbiamo il dovere di aiutarli, ma non basta pensare solo di incentivarli dal punto di vista economico. Bisogna lavorare da tempo alla selezione di idee imprenditoriali innovative insieme a dei finanziatori coraggiosi. Ma il supporto ai giovani parte anche da più lontano, ossia dal nostro sincero desiderio di affidargli delle responsabilità, di dargli fiducia. Questo aspetto è ancora carente in una società in cui si privilegia la tutela di quello che c'è e non lo stimolo a cambiare. Di questo hanno bisogno i nostri giovani, essere affiancati nel guardare al futuro». VENETO 2010 • DOSSIER • 85




EXPORT

Il successo è innovazione e tradizione P

«I risultati positivi incoraggianti dell’export in molte regioni del nostro Paese, per i primi mesi del 2010, fanno ipotizzare il consolidarsi di un trend favorevole anche nel medio periodo». A fare il punto è il ministro Giancarlo Galan Renata Gualtieri

Sotto, il ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, Giancarlo Galan

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iemonte, Campania e Puglia sono le regioni ad aver fatto registrare nel 2009 le migliori performance sul fronte dell’export alimentare. A fare da traino sono stati innanzitutto due settori di prima trasformazione, il molitorio per il Piemonte e il conserviero vegetale per la Campania con ampie capacità espansive sui mercati esteri, grazie anche alla qualità dei prodotti, mentre la Puglia sta puntando sull’intrinseca qualità dei prodotti esportati, come il vino e l’olio a marchio Dop. «A contribuire al successo nell’export in queste regioni – precisa il ministro Giancarlo Galan – è stata anche la lungimiranza di molti imprenditori che hanno saputo investire sull’internazionalizzazione e l’aumento del valore aggiunto dei prodotti. Sono importanti, inoltre, le politiche di accompagnamento nei confronti delle imprese e dei distretti sui mercati esteri. Molto dipenderà da alcune variabili, come l’andamento dell’euro rispetto al dollaro e le quotazioni del petrolio che, in caso favorevole, potrebbero diventare un ulteriore incentivo per le nostre esportazioni nei Paesi del Nord America e di quelli emergenti asiatici e sudamericani». Ricerca e sperimentazione. Se n’è parlato, a fine giugno, nella riunione dei ministri esteri dell’agricoltura a Lussemburgo. Sono queste le priorità, per avere prodotti di qualità e guardare all'estero? «Il successo del nostro patrimonio agroalimentare di eccellenza è dovuto alla sapienza di aver coniugato la nostra tradizione migliore con l’innovazione tecnologica. Un’agricoltura di qualità, infatti, non può prescindere da una seria e approfondita formazione professionale, in grado di preparare giovani appassionati e innamorati della terra. Per questo dobbiamo incentivare e sostenere la ricerca, nella misura in cui ci restituisce coltivazioni e prodotti migliori. Accanto a questo, però, dobbiamo valorizzare la specificità e originalità dei prodotti italiani, tutelando e promuo-


Giancarlo Galan

60 mld PERDITA

vendo le nostre Dop, le Igp e le Stg, che rappresentano la nostra carta vincente sui mercati internazionali. Questo significa anche garantire la tracciabilità e la trasparenza di informazioni, che sono una forma di tutela non solo per i consumatori ma anche per i produttori». Quanto perde l’Italia nel mondo in fatto di export alimentare a causa del cosiddetto italian sounding, ovvero prodotti con nomi italiani, ma fatti un po’ ovunque che occupano gli spazi di quelli originali sui mercati internazionali? «Il fenomeno della contraffazione e imitazione dei prodotti italiani sui mercati extraeuropei ri-

È la cifra che ogni anno il nostro Paese rischia di perdere a causa dell’italian sounding

2,4 mld PAC

La cifra in euro proveniente dall’Ue che, se erogata, costituirebbe un importante flusso finanziario per i produttori agricoli

guarda soprattutto gli Stati Uniti e i Paesi emergenti, come Russia e Sud America. A livello internazionale, è necessario riprendere la strada del riconoscimento e della valorizzazione del made in Italy. L’Italia dovrà farsi promotrice di un forte impegno negoziale, condiviso in sede europea, finalizzato a sostenere il pieno riconoscimento della tutela dei marchi e delle produzioni ad indicazione geografica. Negli ultimi mesi, abbiamo registrato a livello internazionale i marchi di quasi cento prodotti Dop e Igp nazionali. Il nostro sistema di controlli, comunque, funziona e bene. Il passo ulteriore sarà quello di potenziarlo ulteriormente, coordinando il lavoro in sinergia di tutti i nostri organi di controllo. Dobbiamo fare in modo che l’intero comparto agroalimentare possa affermarsi positivamente nel nome della qualità, della trasparenza e di una internazionalizzazione, senza subire i danni gravissimi causati da imitazioni e contraffazioni dei nostri prodotti, da agromafie, che sono vere e proprie forme di criminalità». Il ministero della Salute esprime cautela sulle biotecnologie. Riprenderà l’attività dei laboratori e si faranno gli opportuni test in campo o si lascerà il monopolio della ricerca sui prodotti alimentari a Francia, Spagna e Israele? «Sono entrato a far parte di un governo che sulla questione Ogm ha già preso una serie di decisioni, l’ultima è il decreto interministeriale di stop alla coltivazione di un mais geneticamente modificato. Non intendo per coerenza e lealtà, mettere in discussione questa posizione. Servono, però, delle regole e dei paletti. Ho chiesto alla Conferenza Stato Regioni di procedere nel più breve tempo possibile, come ci chiede l’Unione europea, non solo riguardo alla coesistenza, ma anche per l’approvazione dei protocolli di sperimentazione, così da poter contare su strumenti sia tecnici che giuridici per disciplinare la materia. Dobbiamo però anche rispettare rigorosamente le leggi, che vietano espressamente coltivazioni Ogm». VENETO 2010 • DOSSIER • 89


EXPORT

In che modo la legge sull’etichettatura può essere uno strumento indispensabile per tutelare la salute dei nostri concittadini e i nostri prodotti? «M’impegnerò perché la legge sull’etichettatura, da tempo al vaglio della Camera, sia approvata al più presto. Ma credo che una forte azione dell’Italia, indirizzata alla repressione delle frodi, che si compiono a nostro danno in diversi paesi europei, sia urgentissima e più che necessaria. Occorre verificare al più presto se si può fare di più e meglio a Bruxelles e dintorni, per estirpare la malapianta di chi falsifica tutte le eccellenze del made in Italy in campo alimentare». Ha lanciato un appello alle Regioni affinché utilizzino al più presto, e nel miglior modo possibile, i fondi che sono stati messi a disposizione degli agricoltori dall’Unione europea e dallo Stato italiano attraverso i programmi di sviluppo rurale. Cosa si può fare per evitare il disimpegno dei fondi assegnati in che modo l’utilizzo di queste ri-

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sorse può costituire una straordinaria occasione per migliorare le aziende al Sud e renderle più competitive sui mercati? «Nonostante rimangano ancora dei ritardi negli impegni e nelle spese da parte di alcune Regioni, negli ultimi mesi, siamo riusciti a fare dei significativi passi in avanti nella spesa dei Programmi di sviluppo rurale, che ammonta a 169 milioni di euro. Ora, ci aspettiamo risposte simili anche dalle altre Regioni che sono ancora in ritardo. Il mio appello alle Regioni è a cogliere una straordinaria occasione per migliorare le loro aziende e renderle più competitive, migliorandone la filiera produttiva e le infrastrutture. Dobbiamo, inoltre, anticipare le erogazioni dei pagamenti Pac da dicembre al 16 ottobre, come hanno richiesto formalmente Francia e Spagna alla Commissione Europea. Si tratta di circa 2,4 miliardi di euro provenienti dall’Ue che, se erogati, con un mese e mezzo di anticipo, costituirebbero un importante flusso finanziario per i produttori agricoli».



GRANDE DISTRIBUZIONE

Le potenzialità della Gdo La grande distribuzione organizzata del Veneto sarà

I

n un periodo contraddistinto dalla il traino assieme alle esportazioni per una ripresa contrazione dei consumi, anche la grande distribuzione organizzata ha economica più rapida nei prossimi mesi. Le previsioni risentito di questa situazione seppur di Unioncamere segnalano una possibile inversione in maniera meno rilevante rispetto ai piccoli negozi. Nel primo trimestre 2010, sulla base di tendenza nel commercio al dettaglio dell’indagine VenetoCongiuntura, le venNicolò Mulas Marcello dite al dettaglio hanno registrato una lieve diminuzione del -0,5% rispetto allo stesso periodo del 2009. Nonostante il bilancio non sia ancora positivo, i consumi hanno evidenziato la contrazione meno marcata dal secondo trimestre 2008, il primo con segno negativo. Questo segno negativo dei consumi a livello tendenziale è determinato dai prodotti non alimentari (-2,9%) che hanno segnato però risultati migliori rispetto all’ultimo trimestre 2009 (-3,9%). Sotto il profilo dimensionale del fatturato non si registrano significative differenze: la contrazione nelle piccole strutture di vendita (-0,6%) è lievemente maggiore rispetto a quella della grande distribuzione (-0,4%). «Permane il segno meno nel commercio al dettaglio – commenta Federico Tessari, presidente Unioncamere del VeQuest’anno neto – ma gli ultimi i consumi nel dati segnalano una mercato interno possibile inversione dovrebbero di tendenza. Quest’anno i consumi assestarsi per nel mercato interno ripartire con più dovrebbero assestarsi vigore nel prossimo per ripartire con più vigore nel prossimo». L’andamento dei principali indicatori congiunturali del commercio al dettaglio per quanto riguarda la grande distribuzione in Veneto rivela una leggera flessione rispetto allo stesso periodo dello scorso anno,

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LoXxxxxxx scenario Xxxxxxxxxxx regionale Xxxxxx Xxxxxxx

oltre che nel fatturato come abbiamo già visto, anche nei prezzi di vendita (-0,8%), negli ordinativi dai fornitori (-2,1%) e un più sostanziale calo dell’occupazione che si attesta al -3,7%. Migliora però il clima di fiducia degli imprenditori sebbene evidenzino ancora prospettive incerte. Per quanto riguarda le vendite, il saldo tra chi prevede un aumento e chi una diminuzione è risultato pari al -13,8% a fronte del -33,5% del trimestre scorso. Migliorano anche le previsioni sugli ordinativi e sull’occupazione che hanno registrato rispettivamente un -

3 1 -1 -3

4 3 2 1 -1 -2

16% e un -5,2%. «Il vento sembra cambiato e, pur rimanendo ancora negativa – continua Tessari – la percezione delle nostre aziende è in netto miglioramento. Compresa la previsione di una crescita dell’occupazione. Quest’ultimo è un indicatore molto importante perché segnala che molte aziende hanno agganciato la ripresa economica e stanno pensando di allargare la loro base occupazionale». Dal punto di vista del Pil regionale, la grande distribuzione organizzata veneta riveste una sostanziosa fetta del mercato e proprio in questo settore e VOLUMI VENDITA NELLA GDO: IPER E SUPER nelle esportazioni sono ripo1 ste le speranze per una più Dati bimestrali, variazioni % tendenziali NORDEST ITALIA rapida uscita dalla crisi. «Nei prossimi mesi, se non vi saranno impreviste speculazioni finanziarie globali, il Veneto sarà in grado di ripartire perché presenta performance ancora positive e superiori alla media delle altre regioni italiane e degli alII 09 III IV V VI 10 II tri Paesi – conclude Tessari – . Mi riferisco alle COSTO DELLA SPESA NELLA GDO: IPER E SUPER esportazioni, il cui saldo NORDEST ITALIA Dati bimestrali, variazioni % tendenziali 1 commerciale è in attivo per 8,6 miliardi, e il Pil è pari a quasi 144 miliardi di euro. Entrambi gli indicatori dimostrano la solidità e la forza della nostra economia. Analizzando lo studio “Oltre il Pil”, promosso da Unioncamere del Veneto e Camera di Commercio di Venezia, che misura i fenomeni da un punto di vista macroeconomico attraverso otto diversi II 09 III IV V VI 10 II indicatori che dimostrano come l’integrazione dei ter1 Le statistiche sono riferite all'aggregato merceologico del Largo Consumo Confezionato ritori serva a generare nuova crescita, emerge che il VeCENTRO: Toscana, Lazio, Umbria, Marche neto è uno dei territori più idonei per uscire per primo e Fonte: Elaborazioni Centro Studi Unioncamere-REF su dati Indagini di Mercato e Unioncamere stabilmente dalla crisi». VENETO 2010 • DOSSIER • 93


GRANDE DISTRIBUZIONE

Un piano di sviluppo vincente e conveniente Un forte legame con il territorio che si concretizza nell’impiego di dipendenti della zona e di fornitori di prodotti freschi locali. Questo è uno dei punti forza di Despar gestita nel Nordest da Aspiag Service. Paul Klotz illustra la politica del gruppo Nicolò Mulas Marcello

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quanto riguarda i punti vendita che vengono aperti». Come è strutturato il gruppo nell’area? Quanti sono i punti vendita e in particolare in Veneto? «Il gruppo ha la sede legale a Bolzano, la sede amministrativa a Mestrino, vicino a Padova e poi un’altra a Udine. Abbiamo quindi 3 piattaforme: Bolzano, Padova e Udine. Abbiamo oltre 600 punti vendita di cui quasi 200 punti di proprietà e oltre 400 supermercati tra quelli in franchising e quelli gestiti dai proprietari. Come società siamo figlia della Spar Austria, con 6.300 dipendenti e un fatturato di poco più di un miliardo e mezzo. Questo dato è si riferisce al 2009». Quali sono i punti di forza su cui ha puntato Aspiag per raggiungere questi risultati in tredici anni di attività nel Nordest? «Despar Italia è composta da 10 aziende

In alto, l’Interspar di Vigonza; qui sotto, Paul Klotz, amministratore delegato Aspiag Service

Foto di A.Azzolin - BigBend Srl

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na delle più importanti catene di grande distribuzione organizzata nel settore dei supermercati nel Nordest è Despar Italia. Il gruppo è composto da dieci aziende autonome che gestiscono i supermercati localmente. In tredici anni di attività nel Nordest, il gruppo Aspiag ha rinnovato l'immagine e la struttura Despar agendo su due leve fondamentali: da un lato il forte radicamento nella realtà locale, che rappresenta l'eredità più cospicua del marchio, e dall'altra lo stretto rapporto che lega Aspiag alla casa madre, Spar Austria. Il report annuale del gruppo, per quanto riguarda il 2009, evidenzia un trend positivo con un incremento del 3,3% del fatturato consolidato, 22 nuove aperture, 4 importanti ristrutturazioni di punti vendita e una crescita del numero di collaboratori che ha raggiunto circa le 6200 unità. «Noi abbiamo come obiettivo quello di essere sempre i primi a proporre le novità - sottolinea Paul Klotz, amministratore delegato di Aspiag Service - non solo sui prodotti che si trovano sugli scaffali, ma anche per


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Paul Klotz

Foto di A.Azzolin - BigBend Srl

UNA VINCENTE IDEA DI BUSINESS

Abbiamo sempre preferito avere dipendenti del paese dove operiamo e i fornitori di prodotti freschi della zona. Puntiamo sulla località

autonome che hanno la sede a Casalecchio di Reno, e noi come Aspiag Service siamo solo 1 di questi qui. Abbiamo sempre puntato sul territorio che conosciamo e abbiamo sempre fatto quello che ci riesce meglio, ovvero gestire supermercati. Non ci siamo mai diversificati in altri settori, siamo sempre rimasti fedeli alla nostra professione, e abbiamo già a fine anni 90 individuato dei modelli di punti di vendita da sviluppare e ingrandire da 500

Con l’acquisizione del marchio Upim, il gruppo Coin-Oviesse consolida la sua leadership nel settore abbigliamento, confermando il trend positivo dello scorso anno ondato nel 1916 da Vittorio Coin, il gruppo veneto della grande distribuzione organizzata specializzato in abbigliamento, accessori e oggettistica ha rappresentato lo spirito proveniente dal mondo dei traffici e dei commerci veneziani ed è tuttora animato dai medesimi principi e dallo stesso spirito mercantile. Il gruppo negli anni è cresciuto, aprendo punti vendita su tutto il territorio nazionale e anche all’estero. Nel 1999 Coin si è quotato in Borsa e, attraverso politiche di innovazione, ha raggiunto risultati rilevanti sul piano del fatturato fino a raggiungere 1.257,6 milioni di euro nel 2009. Stefano Beraldo, amministratore delegato del Gruppo, fa sapere che «lo scorso anno è stato molto importante per il gruppo Coin, un anno di sfide e nuove realizzazioni. Abbiamo impresso un’accelerazione al nostro modello di business e grazie alle nuove formule di Coin e Ovs, alla costante attenzione ai processi aziendali e all’allargamento del network dei negozi, abbiamo ottenuto risultati finanziari e operativi, pur nel corso di un periodo caratterizzato da una generalizzata, grave contrazione dei consumi». Nel mese di gennaio di quest’anno, al gruppo Coin-Oviesse si è aggiunto anche Upim. Dalla fusione tra i due marchi di catene di abbigliamento low cost è nato una nuova realtà della grande distribuzione non alimentare: una rete di quasi 500 punti vendita diretti e circa 288 negozi in franchising in Italia, oltre a 77 punti vendita all'estero, per un giro d’affari totale che può essere stimato in oltre 1,6 miliardi di euro. «Il concetto di work in progress guida la mia idea di business – continua Beraldo – un cantiere

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di lavori sempre aperto, che non si ferma a riposare sui successi ottenuti ma si interroga su come si può migliorare, progredire e crescere». Sia pur in presenza di un mercato caratte-

rizzato da un trend negativo, la progressiva implementazione di questa strategia di sviluppo ha consentito al gruppo di contrastare le dinamiche esterne e di chiudere questo esercizio con risultati soddisfacenti. Il trend positivo continua anche nel primo trimestre 2010 in cui le vendite nette sotto insegna si sono attestate a 384,6 milioni di euro, in crescita del 41,9% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. «I conti vanno bene sia per Coin sia per Upim sia per Oviesse. Le trasformazioni stanno andando benissimo e il bilancio 2010, a meno di eventi straordinari, sarà molto buono. L’andamento è migliore del budget». Beraldo conclude poi con una previsione: «per quanto riguarda il 2011, sarà un anno ancora migliore del 2010 perché tutte le trasformazioni saranno a regime».

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GRANDE DISTRIBUZIONE

Foto di A.Azzolin - BigBend Srl

metri fino a 5.000 metri. Non abbiamo mai

609 SUPERMERCATI

Il numero dei punti vendita con marchio Despar attivi nel Nord Est nel 2009

8428 DIPENDENTI Il numero di collaboratori dell’organizzazione Despar tra filiali e dettaglianti associati

fatto grandi ipermercati, discount o cash and carry. Negli ultimi anni avere questa visione, questa idea molto chiara, ha pagato moltissimo. Forse ha dipeso il fattore della fortuna, o forse la gente che ha creduto in noi, insomma un mix di tutto». I dati del Gruppo, a chiusura del 2009, esprimono una tendenza positiva, con un apprezzabile incremento nei fatturati rispetto al 2008. Quali sono state le politiche del gruppo in un periodo di crisi economica? «Puntare ovviamente sull’abbassamento dei prezzi, sulle offerte, e sulla convenienza e poi anche sull’innovazione: noi abbiamo come obiettivo quello di essere sempre i primi a proporre le novità, non solo sui prodotti che si trovano sugli scaffali, ma anche per i punti vendita che vengono aperti. Vogliamo essere innovativi, all’avanguardia nella tecnologia e nel risparmio energetico; essere sempre i primi sul mercato qui nel Nordest, i primi a proporre delle novità o delle innovazioni».

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Despar express a Treviso stazione

Come si concretizza il legame con il territorio da parte di Despar? «Nei punti di vendita che sono sul territorio, i dipendenti sono della zona: ad esempio se abbiamo un punto vendita a San Candido i dipendenti sono di San Candido. Dove possibile ci forniamo anche da fornitori locali. Abbiamo sempre preferito avere dipendenti del paese dove operiamo e i fornitori di prodotti freschi della zona. Puntiamo sicuramente sulla località». Quali sono le prospettive per il futuro per Despar Italia? «Le prospettive per i supermercati sono sempre “o cresci o esci dal mercato”; per chi smette di ampliare punti vendita esistenti, o per chi smette di aprire nuovi punti vendita, prima o dopo il suo destino sarà uscire dal mercato, quindi noi continuiamo ad aprire e rinnovare le strutture esistenti, così come anche innovare l’assortimento e l’uso delle nuove tecnologie. Questa è la nostra vocazione e cerchiamo di mantenerla sempre».





INTERNAZIONALIZZAZIONE

Verso un’impresa sempre più internazionale Giorgio Spanio non vuole più sentir parlare semplicemente di “delocalizzazione”, bensì di una svolta della nostra impresa che la prepari alla conquista del mercato globale. Trasformando gli schemi produttivi Andrea Moscariello

i discute di industria, imprese e delocalizzazione. Cambiano, però, i termini del dialogo. Se prima la prospettiva di sviluppo era l’elemento cardine del confronto tra aziende e mercato globale, oggi si inserisce la necessità di regolare la cosiddetta “fuga” verso i paesi a basso costo, per garantire un mantenimento del tessuto produttivo interno, al fine di non acuire una crisi del mercato del lavoro già molto importante. Esemplificativi della situazione in cui ci si sta muovendo sono stati alcuni interventi avvenuti all’interno del recente Meeting di Comunione e Liberazione a Rimini in cui, se da un lato Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat, ha sottolineato il coraggio, da parte dell’azienda automobilistica, di continuare a investire in Italia, dall’altro il commissario europeo all’industria, Antonio Tajani, ha dichiarato che «occorre eviL’avvocato Giorgio Spanio giorgio.spanio@studiopirola.com tare la delocalizzazione al di fuori del-

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l’Europa». Ma è possibile attuare quella che appare essere una vera e propria inversione di marcia su un’economia che, nonostante la crisi, ha assunto oramai l’aspetto transnazionale figlio del boom globale esploso soprattutto negli anni Novanta? A osservare il quadro è anche l’avvocato Giorgio Spanio, a stretto contatto con numerose imprese italiane. In particolare, il noto legale, partner dello studio Pirola Pennuto Zei & Associati, si confronta con le aziende del Nord Est, vale a dire quelle più propense a guardarsi intorno, inteso ovviamente oltre confine. Ma sono altre le priorità su cui, secondo Spanio, occorre concentrarsi. «Precisato che nel Nord Est del nostro Paese vi sono molte delle circa 500 mila imprese italiane con meno di 20 addetti, le difficoltà maggiori che queste aziende incontrano riguardano i “tagli” negli ordinativi, a causa della caduta della domanda, le tasse e le dilazioni nei pagamenti».


Giorgio Spanio

L’aver reso più flessibile la filiera produttiva ha consentito indirettamente agli imprenditori di difendersi in parte dal fenomeno della contraffazione

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A suo parere dal punto di vista normativo cosa si può fare? «A tal proposito tanto si è fatto in Europa, oltre che in Italia. Ma è la crisi della Giustizia nel nostro Paese che spesso impedisce situazioni ottimali al pari di quelle che si registrano a Nord delle Alpi. Di chi sia la colpa alla gente poco importa; quello che interessa a tutti è che i processi siano più veloci e che i ‘furbi’ non possano trovare aiuto nella lentezza dei giudizi». Quali sono i Paesi su cui occorre riporre le maggiori premure e che rappresentano le aree geografiche più “rischiose” su cui investire? «Certamente vi sono aree geografiche rischiose, penso alla Russia, per esempio. Ma del resto l’Europa, dopo il crollo dei regimi socialisti, è cresciuta soprattutto verso Est». In molti credono valga la pena di rischiare? «Gli imprenditori sono attratti dai bassi salari oltre che dalla maggiore deregolamentazione del mercato del lavoro, nonostante i pericoli che anche in quei paesi si possono incontrare. In Italia non è tuttavia facile fare impresa, vieppiù in questo momento storico nel quale, accanto alla crisi del mercato, abbiamo anche più di qualche problema interno». La crisi quanto ha inciso nelle politiche di delocalizzazione delle imprese venete? «Come ho già detto, la crisi sta mettendo in discussione lo schema produttivo di qualche anno fa, essendo richiesta oggi una maggiore prossimità tra impresa capofila e subforni-

99,5 PERCENTUALE PICCOLE IMPRESE Questa la cifra percentuale sul totale delle imprese italiane, relative alle attività con meno di 50 addetti

-66 mila IMPRENDITORI Questo il calo dal 2002 relativo ai nuovi imprenditori. Il Veneto, battuto solo dall’Emilia Romagna, registra il tasso più basso di imprenditori under 30 (dati: Confcommercio)

tori. Non vorrei più quindi sentir parlare di delocalizzazione bensì, per essere veramente pronti alla svolta rappresentata dalla globalizzazione, di internazionalizzazione dell’impresa, al fine di evitare che i paesi asiatici si impongano definitivamente come centro produttivo del mondo». Al di fuori dell’Unione Europea aumentano i rischi di tutela del patrimonio industriale. Sono molti i problemi insorti soprattutto in paesi come la Cina, dove la contraffazione è un fenomeno diffusissimo. Quali strumenti hanno a disposizione gli imprenditori italiani per proteggere concretamente il loro know how all’estero? «L’aver dovuto rendere più flessibile, nonché accorciare, la filiera produttiva, per rispondere più rapidamente alle esigenze del mercato, riducendo altresì i tempi di produzione, ha consentito indirettamente agli imprenditori di difendersi un po’ dal fenomeno della contraffazione, visto che l’Autorità Giudiziaria, sia ›› VENETO 2010 • DOSSIER • 105


INTERNAZIONALIZZAZIONE

›› italiana che mondiale, spesso non è in grado di tutelare marchi, brevetti e know how. Questo a causa della mancanza di snellezza e rapidità. Ci sarebbero quindi gli strumenti di prevenzione della contraffazione, ma è il sistema giustizia sul quale si deve intervenire. Anche la Consulta ha rilevato che la disposizione che estendeva il rito societario alla tutela dei diritti della proprietà industriale era costituzionalmente illegittima». Nella definizione e redazione di un contratto per la delocalizzazione di un’unità

produttiva, oltre che per la distribuzione e la vendita di un prodotto all’estero, quali errori vanno assolutamente evitati? «Non vi è dubbio che quando si va a operare in un paese straniero sarebbe opportuno farsi assistere da professionisti esperti, onde evitare errori o problematiche future che potrebbero rivelarsi estremamente significative e di notevole impatto per l’azienda. La crisi delle piccole e piccolissime imprese italiane tuttavia frena l’investimento nella consulenza. E così siamo testimoni di una classe imprenditoriale sempre più costretta al “fai da te” che in passato ha funzionato, ma che oggi è troppo pericoloso, soprattutto quando la crisi è così presente nel Mondo». E chi potrebbe aiutare i piccoli imprenditori? Non vorrei più sentir parlare «In questi casi lo Stato e le associazioni di cadi delocalizzazione bensì, tegoria dovrebbero venire in soccorso alle per essere veramente pronti aziende, allo scopo di aiutare, nel nuovo contesto della globalizzazione, le strategie di rialla svolta, di internazionalizzazione posizionamento di processo e di prodotto, dell’impresa italiana nel mondo oggi assolutamente necessarie per cercare di superare la più grave crisi economica dal secondo dopoguerra. Invece, l’imprenditore italiano è per lo più solo quando si tratta di esplorare nuovi mercati o di cercare di proporre i propri prodotti». Mentre per quanto riguarda l’aspetto legislativo su quali punti del nostro diritto industriale si potrebbero attuare modifiche costruttive e più adeguate al mercato contemporaneo? «Così come gli imprenditori, per competere sul mercato globale e per far fronte alla crisi, devono investire nelle nuove tecnologie e in progetti di ricerca e sviluppo, anche il legislatore deve fare la sua parte affinché i soldi non vengano buttati a causa di inadeguati strumenti di protezione della proprietà industriale. Penso, ad esempio, che si dovrebbe fare molto di più, di quel che si è peraltro già fatto, in tema di criteri di quantificazione del danno risarcibile, confrontando la Direttiva 48 del 2004 della CE. Forse ci si potrebbe anche impegnare sull’argomento dei rimedi ini-

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Giorgio Spanio

ANCHE LE LAW FIRM PUNTANO AL RILANCIO La ripresa è un obiettivo che le imprese italiane non dovrebbero perseguire del tutto autonomamente. Parte anche dalle categorie professionali l’input necessario per il risanamento del nostro tessuto economico. L’esempio dello studio Pirola Zei Pennuto & Associati

i fa sempre più largo l’idea che il professionista debba stare al fianco dell’imprenditore non solo nei momenti patologici, ma anche nelle fasi di studio della tattica e della strategia migliore per raggiungere i risultati avuti di mira. Ancor più ciò deve verificarsi nei momenti di crisi, quando l’imprenditore ha molto bisogno di aiuto, non solo finanziario» spiega l’avvocato Giorgio Spanio, partner dello studio Pirola Pennuto Zei & Associati, una della law firm maggiormente riconosciute del Nord Italia, specie per ciò che concerne la consulenza alle imprese, dall’ambito fiscale fino all’universo finanziario e delle operazioni straordinarie, dalle privatizzazioni all’M&A. Un ambito in cui, secondo l’avvocato Spanio, «il modello anglosassone ha fatto scuola, pur venendo applicato in Italia con maggior

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bitori». In quali termini? «Per quanto rapida possa essere la reazione, questi arrivano quasi sempre tardi, soprattutto a causa dell’obbligo di proporre al giudice l’intero quadro di ragioni e mezzi istruttori relativi al quantum ancora prima della decisone circa la somma dovuta. Per non parlare poi della necessità di accedere alle scritture contabili del contraffattore, senza le quali risulta a dir poco arduo applicare la regola sulla restituzione degli utili». Quali aspettative ripone sul futuro della nostra economia? «La crisi è uno degli elementi che rende ancor più evidente lo stato di difficoltà in cui versa il nostro Paese. C’è bisogno di riforme nonché di scelte strategiche condivise e da mettere subito in atto. Il quadro politico in cui ci troviamo a operare non è però dei migliori, in quanto ci sono troppi conflitti sia a destra che a sinistra. E l’Italia risulta, malgrado l’indub-

flessibilità rispetto ad altri paesi del mondo come, ad esempio, gli Stati Uniti». Nonostante un panorama legale inflazionato e ovviamente sensibile agli umori del mercato, la struttura in cui esercita Spanio non ha subito contraccolpi. «Sia nel 2009 che nei primi sei mesi dell’anno corrente l’attività dello studio non ha per fortuna risentito della crisi. Forse anche perché siamo stati, con tutti i miei soci, molto vicini agli imprenditori - nel nostro Paese e all’estero - e li abbiamo aiutati a trovare nuovi modi per valorizzare quel grande serbatoio di risorse umane che c’è in Italia». Tuttavia, secondo il professionista, «nel 2011 si dovrà cercare di fare di più e meglio, in modo da poter dare un piccolo contributo al rilancio del nostro Paese, in un giusto equilibrio tra innovazione e tradizione».

bia capacità dei nostri imprenditori, incapace di reagire compiutamente alla svolta rappresentata dalla globalizzazione di cui parlavo prima. Un esempio lampante della situazione in essere viene dalla vicenda delle Province: tutti sembravano d’accordo sull’abolirle, ma nulla è, come sappiamo, cambiato. La verità è che le ragioni della crisi vanno soprattutto ricercate nell’incapacità dei paesi di adottare norme e regole utili a funzionare meglio, in maniera più trasparente ed economica. Se saremo capaci di fare ciò il futuro sarà sicuramente meno a tinte fosche». VENETO 2010 • DOSSIER • 107


VERSO L’ESTERO

India, non solo manodopera ma know how e ricerca Il supporto necessario per investire in un mercato competitivo e consolidato come quello indiano. Continue modifiche relative alle normative in materia fiscale, non rendono semplice il lavoro degli imprenditori italiani. Il punto di Marco Padovan Ezio Petrillo

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n mercato maturo e pienamente sviluppato. Stiamo parlando dell’India, che negli ultimi dieci anni, ha vissuto una fase di crescita notevole portando il Paese a recitare non più una parte da comprimario nell’economia mondiale, ma da protagonista affermato. Le nostre imprese che decidono di puntare verso Oriente, si trovano di fronte a una realtà distante dalla nostra dal punto di vista culturale, legale e fiscale. L’India è uno dei principali mercati mondiali emergenti. Cosa spinge gli imprenditori italiani a delocalizzare in questo Paese? «Con una battuta potremmo dire che l’India è un mercato non più emergente, ma ben emerso. E così va considerato per non sbagliare la prospettiva. Questo Paese ha raggiunto da tempo un alto grado di specializzazione tecnologica e scientifica nel settore industriale e in quello dei servizi ad alta tecnologia. Information technology, biotecnologie, farmaceutica hanno raggiunto livelli di avanguardia mondiale. Andare in India non vuol dire banalmente approfittare del costo contenuto della manodopera, ma significa soprattutto avere accesso a notevoli competenze professionali e tecniche nella fase produttiva, e a mercati di consumo nella fase della commercializzazione. Quello indiano è un mercato dei capitali maturo, svi-

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luppato, dinamico e stabile. In sostanza, chi investe in India non lo fa più perché vuole produrre qualcosa da reimportare in Italia per rivenderlo, ma spera di ritagliarsi un ruolo in quel mercato non come un “colonizzatore”, ma come un “immigrato”. Questa è l’immagine più corretta per definire i nuovi flussi di investimento diretti all’estero. I mercati indiani sono dinamici, a differenza del nostro che è per lo più statico. Dal lato indiano si fanno notevoli sforzi per offrire sistematicità e trasparenza al quadro regolamentare e normativo al fine di incentivare gli investimenti stranieri come, ad esempio, la promozione dei Foreign Direct Investments, che costituisce parte integrante della politica economica indiana». Quali sono le aree di intervento e in cosa consiste nella pratica il supporto legale alle aziende italiane che scelgono di investire in India? «Quando un’impresa decide di affacciarsi verso una realtà come l’India, che ha una dimensione gigantesca rispetto alla nostra e che è anche abbastanza lontana dalla nostra cultura, ha bisogno di sostegno notevole. Quindi ci troviamo ad aiutarle già con i primi rudimenti di diritto commerciale e societario fino alla negoziazione e alla redazione della contrattualistica, all’assistenza nella costituzione delle diverse forme di società commerciale o di joint venture, nella realizzazione di operazioni di acquisizione, fusione e scissione quando l’investimento diventa importante. Allo stesso


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Nella mentalità indiana la gestione amministrativa e contabile è attività molto meno importante di quanto lo sia per la nostra

tempo, è richiesta assistenza in materia bancaria e finanziaria anche sotto il profilo del contenzioso, di frequente rilievo anche in materia di violazioni in tema di diritto industriale. Si tenga presente che il sistema legale indiano è più farraginoso del nostro e un’assistenza attenta è necessaria, nonostante gli interventi legislativi in corso in questi ultimi tempi, per far sì che la scelta di investimento sia coronata da successo e non si areni in una palude burocratica. Se poi ci si confronta sul terreno del contenzioso, civile o amministrativo, occorre fare i conti con un sistema giudiziario di stampo anglosassone, che, però, ancora non si è adeguato al passo dell’economia». Quali sono gli elementi del diritto indiano ancora da migliorare a suo avviso? «Le materie societarie e fiscali, di chiaro interesse per l’investitore straniero presentano ancora degli aspetti da migliorare. Il diritto societario indiano esige una sistematizzazione aggiornata: la disciplina è attualmente contenuta nell’ormai ri-

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salente Companies Act del 1956. La normativa A sinistra, Marco Padovan, fiscale è oggetto di continua evoluzione con ri- fondatore dello studio ferimento sia alle imposte indirette che dirette. legale internazionale Il 27 agosto scorso è stato approvato dal Con- Padovan siglio dei ministri, il codice delle imposte dirette, ora in attesa di adozione da parte del Parlamento. Stabilità e razionalizzazione del sistema della tassazione diretta possono rappresentare un forte incentivo a favore degli investitori istituzionali stranieri. Nel sistema della tassazione indiretta l’introduzione dell’Iva ha rappresentato la riforma fiscale più significativa a livello centrale, pur riflettendo una dialettica di diverse esigenze, quali l’uniformità regolamentare a livello centrale e, nel contempo, la flessibilità in ragione dell’autonomia dei singoli Stati. È attualmente è in via di adozione un testo unico sulla tassazione uniforme di beni e servizi (Goods and services tax). Un altro intervento di sicuro necessario è quello sull’apparato giudiziario, che ha bisogno di investimenti per la specializzazione della magistratura e per l’ac- UU VENETO 2010 • DOSSIER • 109


VERSO L’ESTERO

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Le imprese chiedono supporto in materia bancaria sotto il profilo del contenzioso, di frequente rilievo in materia di violazioni in tema di diritto industriale

UU cesso alla giustizia. Per non parlare del sistema penale, che per fortuna interessa poco gli investitori italiani, ma che richiede nondimeno una radicale riforma» La fiscalità in India. Quali le differenze sostanziali con l’Italia? «Sia l’Italia che l’India sono due Stati a fiscalità ordinaria e certo non preferenziale. L’India non è un paradiso fiscale e non ambisce a esserlo. Di conseguenza non vi sono differenze strutturali importanti. Le differenze ravvisabili sono la diversa forma dello Stato, federale in India e unitaria in Italia, per cui l’autorità impositiva è condivisa tra lo Stato centrale e i singoli stati, che possono creare “microambienti” più o meno favorevoli all’impresa ovvero di natura “culturale”. Nella mentalità indiana la gestione amministrativa e contabile è attività molto meno importante di quanto lo sia per la nostra, per cui la qualità della reportistica contabile e fiscale è, di media, molto bassa. Le imprese italiane che fanno affari in India risentono fortemente di questo problema. 110 • DOSSIER • VENETO 2010

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Una differenza non strutturale, ma che ha avuto notevoli implicazioni pratiche, è la recente modifica dell’Income tax act del 1961. Al fine di recepire la legge finanziaria del 2009, è stato introdotto l’obbligo, a far data dal 1 aprile 2010, per le persone fisiche e giuridiche che percepiscono da una entità indiana un importo soggetto a ritenuta d’acconto, di presentare istanza e ottenere dal ministero delle Finanze un Permanent account number (Pan). La responsabilità dell’ottenimento del Pan incombe sul soggetto straniero; in mancanza di questo, dal 1 aprile 2010, la ritenuta che il soggetto indiano applicherà sarà maggiorata rispetto a quella applicabile in caso vi sia il Pan». Qual è la legge vigente che disciplina la situazione delle imprese in crisi in India? «La materia, attualmente regolata da una normativa specifica contenuta nella legge sulla crisi delle imprese industriali del 1985, è destinata a essere razionalizzata e disciplinata in forma sistematica dalla riforma del diritto societario».



PROGETTAZIONE AZIENDALE

La paura è il nemico di chi punta alla ripresa L’aspetto psicologico influisce sulle politiche di investimento e progettazione aziendale. Ma, come sostiene Luca Santi, gli imprenditori veneti non devono scoraggiarsi. Anzi, sono oggi chiamati a risollevare un territorio che sta già dimostrando segni di ripresa Fabio Margozzi

uca Santi punta il dito contro chi, negli anni, ha sottovalutato la recessione. E lo fa osservando il territorio che da anni segue professionalmente, il veronese. Una crisi dalle premesse trascurate, secondo il commercialista, che ha portato a una riduzione, seppure al momento accettabile, di fatturato da parte delle Pmi locali, seppure al momento accettabile. «Alcuni settori, però, sono rimasti colpiti pesantemente». Chi ha retto meglio in Veneto? «Alcuni ambiti economici hanno sentito meno l’impatto della situazione che si è creata negli ultimi anni. Penso al turismo, che ha sostanzialmente tenuto, e alle esportazioni, industria di trasformazione alimentare in primis. E parliamo di categorie che hanno subito più contraccolpi dal brusco variare dell’euro piuttosto che dalla crisi stessa. In generale è successo tutto troppo in fretta e in maniera imprevedibile, situazione che non ha consentito alle piccole e alle micro imprese di prepararsi adeguatamente alle logiche contromisure aziendali». Quali sono state le conseguenze più significative per la provincia di Verona? «Ora come ora, perso complessivamente qual-

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che punto percentuale di Pil, che non è certo un dramma, si sta verificando o si è verificata la cosiddetta stasi psicologica. Insomma, la paura di ritornare a scommettere sul futuro. Molti imprenditori importanti si sono fermati e hanno sospeso progetti e situazioni che sicuramente avrebbero dato corso alla programmazione presente e futura dell’azienda stessa. Comunque, al di là di qualche sana revisione, non credo che il nostro tessuto subirà crolli ulteriori, anche perché mi pare che la crisi abbia dato maggior consapevolezza sulla necessità di fare squadra contro le inefficienze e gli sprechi. La necessità di ritornare ad avere voglia di "intraprendere" è secondo me il problema principale». A cosa si riferisce soprattutto? «Non si tratta di scommettere sulla ripresa, che prima o poi verrà, in questo senso i cicli economici sono maestri, ma si tratta di lavorare sulla volontà di cambiare le storture che da questa crisi sono apparse più evidenti. Tra cui naturalmente l´eccessivo peso della burocrazia e dell’apparato politico che ingessa e inquina ogni tipo di scelta economica. Fortunatamente già alcuni settori si sono mostrati reattivi, anche se, come è noto, una rondine non fa primavera.

Il dottor Luca Santi esercita a Castelnuovo del Garda e a Bovolone (VR) luca.santi@studiosanti.it


Investimenti

“Leggere” il mercato Noi italiani abbiamo la fortuna di aver sottoscritto in proprio il debito pubblico; per cui le nostre risorse sono, come nazione, alla nostra portata e non dobbiamo subire più di tanto le politiche economiche degli altri Paesi. In più la produttività delle nostre imprese è altissima, tra le prime al mondo, ma per rimanere al vertice dovremo capire e risolvere i nostri problemi strutturali che disperdono il nostro prodotto interno in mille sacche di inefficienza e burocrazia». Ci sono degli interventi auspicabili in ma-

Non si tratta di scommettere sulla ripresa, ma di lavorare sulla volontà di cambiare le storture che da questa crisi sono apparse più evidenti

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teria fiscale, da parte delle Istituzioni, per accelerare la ripresa? «Un alleggerimento della prelievo fiscale sui redditi è necessario. L´Irap va rimodulata, o addirittura abrogata, le transazioni finanziarie vanno rese più trasparenti e regolamentate con più INVESTIMENTI giudizio. Poche carte e molta responsabilità. Lo LORDI sblocco dei pagamenti pubblici che va attuato al Secondo gli ultimi più presto, la rimodulazione del patto di stabidati Confindustria , aumentano, seppur lità e l’utilizzo delle risorse che l’Europa e lo di poco, gli Stato Italiano mettono a disposizione per proinvestimenti fissi lordi nel 2010. getti importanti, sono passi fondamentali che Anche l’export devono essere prontamente avviati. Senza disegna un aumento per il 2010 pari menticare poi il nostro sistema bancario, imal +7,4% ballato, ma tra i più efficienti al mondo che va governato con maggior rigore. Il federalismo europeo e regionale è la prima delle risposte da dare se si vuole rendere credibile la coesione PREVISTI nazionale e la volontà di recuperare l´evasione». Questa, invece, la percentuale Come si concilia la necessità di recuperare di aumento sugli il “sommerso” e di combattere l´evasione, investimenti previsti per il 2011. Sempre con una pressione fiscale elevata e la conper il prossimo anno, temporanea crisi economica? si prevede un aumento del 4,5% «La crisi economica, se si vuole, non è altro dell’import che uno stato febbrile acuto che si è instaurato

«Un microeconomista dedicato al tessuto locale. In questa maniera Luca Santi dipinge il compito del suo ruolo professionale. Il commercialista quindi, è chiamato a «studiare la realtà sociale dovendo compiere una missione in un ambito operativo di collegamento e di coordinamento tra le leggi da applicare e i paletti imposti dal mercato globale». Operatività combinate che per il professionista di Verona «assicurano da un lato la protezione del patto sociale e, dall´altro, le risorse per dare linfa alla società italiana». In tal modo l’imprenditore, grazie all’intervento dell’esperto, potrà concentrarsi maggiormente sulla propria attività, allargando la sua visione economica e giuridica sul contesto in cui opera e, contemporaneamente, riuscirà ad assolvere gli obblighi formali di cui l’impresa è oberata. «Noi commercialisti dobbiamo attivarci per leggere i segnali del mercato aiutando le imprese a cercare soluzioni innovative. Ma il nostro è un ruolo che avrà ancora grande spazio soltanto se non verrà anch’esso cannibalizzato dalla burocrazia e dalle sovrastrutture, che impongono sempre di essere guida e censore».

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su di una preesistente patologia cronica. Dobbiamo ridurre la febbre aiutando le imprese a ritornare competitive nel mercato globale, magari con un po’ di sano realismo protezionistico, ma dobbiamo ricordarci che le patologie preesistenti si combattono con un progetto di lungo periodo, non con slogan. E gli attori economici devono assumersi le loro responsabilità, a cominciare da tutti quei capitani di impresa che vivono i loro affari protetti e garantiti da leggi e da monopoli, che in un mondo globale non hanno più senso». VENETO 2010 • DOSSIER • 113


FINANZA

I nuovi equilibri del mercato finanziario Spariscono dalla scena molti operatori che, negli anni dell’euforia di mercato, si sono proposti, senza scrupoli, come intermediari finanziari. Ecco perché, secondo Riccardo Baggio, la crisi e i nuovi meccanismi di rating non lasciano più scampo ai professionisti “improvvisati” Andrea Moscariello

ono sempre più pesanti gli interventi che organi di vigilanza come Banca d’Italia pongono affinché si giunga a una regolamentazione serrata e inequivocabile del mercato della mediazione finanziaria. Secondo RiccardoBaggio, a capo della società Fineuro, «il sistema attualmente sta evolvendo in modo molto rapido e nervoso a causa delle peggiorate prospettive economiche globali e dell'incertezza che ora come ora attanaglia nel suo complesso il settore creditizio». Non è semplice, secondo l'intermediario finanziario, giungere a una realtà più trasparente e certa per gli imprenditori. Non solo, Baggio dichiara che «tutto questo comporterà nel brevissimo periodo una radicale epurazione degli operatori finanziari a favore di quei player che si sono distinti per professionalità, trasparenza e capacità imprenditoriale, divenendo privilegiati interlocutori per le istituzioni creditizie e finanziarie che hanno saputo gestire il contraccolpo della crisi».

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Riccardo Baggio della Fineuro info@fineurosrl.it

Anche nel suo settore, quindi, la crisi comporta un filtraggio, lasciando sul campo solo i migliori professionisti e le practice più sicure? «L'evoluzione del mercato vira verso una minore polverizzazione della professione colpendo soprattutto quella miriade di piccoli intermediari e mediatori nati sulla scia dell'euforia che ha caratterizzato gli ultimi anni, anche a causa di un'incontrollata gestione dell'accesso alla professione. La dinamica prospettica dunque prevede una concentrazione delle attività su strutture collegate a soci istituzionali, in grado di sopportare la maggior pressione competitiva e i margini operativi ridotti». L’Italia, rispetto agli altri paesi occidentali, presenta un tasso più basso di indebitamento finanziario, soprattutto tra i privati. «In realtà questa osservazione va argomentata


Investimenti

e inquadrata in un'ottica di più ampio respiro in quanto descrive in modo alquanto distorto la realtà del sistema Italia. Ora, è pur vero che a livello meramente statistico l'indebitamento medio è ben al di sotto delle soglie degli altri paesi occidentali, ma questo perché l'italiano tipo ha una tendenziale avversione all'indebitamento se non per scopi abitativi. Ciò fa sì che una consistente fetta di popolazione non ricorra abitualmente all'utilizzo di strumenti finanziari per supportare consumi e investimenti, riducendo di fatto il paniere rappresentativo dei fruitori di tali servizi». Dunque la realtà che osserva non è così stabile come alcuni dati rivelano?

Fiducia e investimenti «Oggi i cittadini italiani vivono un momento di incertezza e di repulsione verso le possibilità di investimento, dovuto a molteplici ragioni di natura congiunturale e culturale - osserva Riccardo Baggio -. La pesante crisi economica e di conseguenza occupazionale ha portato a una contrazione del potere di acquisto, acuita dalla percezione di un peggioramento della precaria situazione strutturale». Un pessimismo diffuso che, secondo l’esperto, ha contribuito al crollo della fiducia dei consumatori e investitori nei confronti del sistema finanziario. «Per far fronte a una situazione di difficile lettura diminuisce pesantemente la propensione al rischio dell'investitore non istituzionale, con una conseguente crescita del risparmio prudenziale. Teniamo ben presente che storicamente l'Italia è sempre stata un Paese refrattario alla logica del rischio finanziario. Questo a causa di un retaggio culturale di matrice cattolica, oggi pressoché scomparente, più propenso al risparmio che all'indebitamento».

«Se analizziamo i dati nell’ottica appena accennata si evince che per quanto riguarda il campione di riferimento l'indice di indebitamento è di gran lunga più pesante e significativo. Oggi, a causa dei mutati criteri di valutazione del rischio, l'utilizzatore medio di strumenti creditizi risulta pertanto essere scarsamente affidabile, causando una pesante contrazione dell'offerta e, conseguentemente, dell'erogazione. Questa situazione ha portato a una continua e inesorabile crescita degli indicatori di default che monitorano il mercato e registrano un esponenziale aumento dell'insolvenza media del privato cittadino». Quali sono le sue previsioni per i prossimi mesi sul mercato italiano ed europeo? «Il mercato necessita di trovare un nuovo equilibrio basato sul risparmio e sulla capacità di fare impresa. Anche in virtù dei criteri di Basilea 3 le aziende dovranno rafforzarsi patrimonialmente e gestire al meglio i flussi finanziari. Questo comporterà la scomparsa dalla scena economica di tutti quei soggetti che negli anni non hanno saputo fare mercato in modo etico, premiando così chi ha agito in maniera virtuosa e corretta». A suo parere la crisi, intesa anche come processo trasformativo, comporta nuove opportunità di sviluppo, una volta superata la fase maggiormente critica? «Una situazione difficile come quella che stiamo vivendo offre a mio parere importanti opportunità di sviluppo strategico per quanto riguarda gli operatori più qualificati, i quali sono in grado di potenziare la capacità commerciale di penetrazione territoriale per raggiungere quella clientela, sia privata che aziendale, di più elevato standard qualitativo e minore esposizione complessiva. Oggi più che mai la filiera distributiva deve essere assolutamente identificabile e capace di intercettare investitori che corrispondano ai requisiti di merito creditizio necessari per una corretta assunzione del rischio. Gli intermediari che avranno la forza di adattarsi alle nuove esigenze di mercato saranno a mio avviso assolutamente gratificati dalle nuove prospettive in essere». VENETO 2010 • DOSSIER • 117


IL POTENZIALE DELLA DOMOTICA

Una "cultura domotica" nello sviluppo dell'IT Diversificare, puntare allo sviluppo tecnologico, garantire l'unicità del prodotto. Il distretto IT del Veneto ha queste armi a disposizione contro il dilagare dei marchi low cost provenienti soprattutto dalla Cina. Ecco la filosofia di Paolo Zanchetta, patron di Troll System Alessandro Moretti

a diversificazione produttiva sta salvando alcune delle realtà più interessanti del tessuto imprenditoriale nazionale. La capacità, tipica degli italiani, di reinventarsi proponendosi attraverso formule nuove, capaci di attirare un mercato sicuramente più frazionato, ma comunque appetibile, è il perno della ripresa per le aziende di medie dimensioni. E in questo il settore dell’elettronica è un esempio portante. Il Veneto, assieme a poche altre regioni del Nord, sta comprendendo il potenziale di sviluppo di un comparto probabilmente sottovalutato fino a non molti anni fa. Non è un caso, infatti, se alcune delle Paolo Zanchetta, aziende simbolo di titolare della questa nuova era ecoTroll System nomica all’insegna

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della produzione tecnologica siano partite da zero. E si rimane colpiti, in periodo di crisi, nel parlare con imprenditori come Paolo Zanchetta. «Attualmente osservo una vera e propria “processione” di banche che chiedono appuntamento per trovare la possibilità di lavorare con noi. Finché sono loro ad inseguirci, direi che le cose vanno bene». Il fondatore della Troll System di Cerea, nel veronese, offre dunque un esempio sicuramente in controtendenza, considerando le attuali politiche di concessione del credito attuate dagli istituti principali. Perito elettronico, nato in una famiglia distante dall’universo del business, Zanchetta è il classico esempio del self made man. Insomma, uno che si è fatto da solo e che, dopo 15 anni di impegni, e di sacrifici, oggi può vantare una delle aziende traino per l'innovazione del Nord Est italiano. Elettronica, domotica, automazioni industriali, informatica, telecomunicazioni e refrigerazione. Oggi Troll System ricopre una significativa gamma di produzioni e collabora, tra le altre, con la ST Microelectronics per lo sviluppo di nuove tecnologie e realizza un’applicazione per un marchio come Fujitsu nel campo del digital signage. In che modo la diversificazione vi ha sostenuto nel difficilissimo 2009? «L’anno scorso si è toccato il punto più basso. Ma lavorare con molteplici realtà industriali, nei più disparati campi, ha fatto sì che il contraccolpo sia


Paolo Zanchetta

Sopra, uno scorcio dell’impianto a pavimento della sede di Cerea (Vr). L’accoppiamento con isolamenti dell’intero edificio ha portato lo stesso ad avere un coefficiente di dispersione termica rientrante nella classe A. Prova della sensibilità ambientale dell’azienda, già certificata ISO14001 e 9000

duzione quello che riteniamo ragionevole. Purtroppo l’incertezza dei mercati e fa sì che tutti lavorino senza programmi, richiedendo i pezzi solo secondo gli ordinativi ricevuti». Questa situazione vi ha portato a rivedere il vostro modo di produrre? «Negli anni scorsi abbiamo realizzato una doppia linea di montaggio automatizzata, che rende possibile tanto la produzione di migliaia di pezzi quanto del singolo, senza subire contraccolpi. Questo ci rende estremamente flessibili e capaci di modificare la produzione con tempi di reazione pari a zero. Le linee sono costate circa 2 mistato limitato. Nel 2009 il calo di fatturato ri- lioni di euro ma devo dire che si è trattato di un spetto al 2008 è stato solo del 19,7%. E visto l’an- investimento oculato». damento generale del settore, direi che non ho Come si è evoluto, in questi ultimi anni, il áá motivo per lamentarmi più del dovuto. Aziende molto più titolate della Troll hanno perso il 30, il 40 se non addirittura il 50 %, di incasso, menNel 2009 si è toccato tre noi non abbiamo fatto un giorno di cassa integrazione, non abbiamo licenziato nessuno». il punto più basso. Ma lavorare Cosa prevede, invece, il piano industriale con molteplici realtà industriali, per i prossimi mesi? nei più disparati campi, ha fatto «Il piano industriale non si può redigere. I clienti sì che il contraccolpo vivono alla giornata e non hanno visibilità a medio o lungo termine. Per questo ci basiamo sullo sia stato limitato storico dei singoli committenti mettendo in pro-

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IL POTENZIALE DELLA DOMOTICA

-2,5 PERCENTUALE MERCATO IT Questa la perdita relativa ai primi sei mesi del 2010 per il settore IT (dati: Assinform – Confindustria)

+12,9 PERCENTUALE PC E SERVER È significativo, però, l’aumento della domanda di Pc portatili e server da parte delle imprese. Un aumento di 400 mila unità assorbite per l’80% da aziende (dati: Assinform – Confindustria)

áá vostro mercato di riferimento? «I mercati cui ci rivolgiamo chiedono sempre più sofisticazione abbinata alla semplicità d’uso. Paradossalmente vorrebbero tutti delle Ferrari sempre più potenti con la facilità di guida di una bicicletta, e talvolta ciò è impossibile. È anche vero che la sempre maggiore potenza dei microcontrollori offre prestazioni fino a qualche anno fa impensabili. L’esempio più lampante è l’iPhone di Apple: un mostro di potenza abbinato a una disarmante semplicità d’uso. A Parigi, in Ottobre, presenteremo per un cliente un’applicazione di un monitor 42’’ su una macchina che sarà proprio la massima espressione di questa filosofia, applicata però alle macchine per la vendita automatica. Del resto la tecnologia è la nostra salvezza. Se dovessimo creare e produrre cose banali, semplici, a basso contenuto innovativo

Alcune immagini dai laboratori Troll e, in basso a destra, una riunione del suo direttivo

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non avremmo scampo: la concorrenza cinese ci massacrerebbe in un attimo». Lei non teme la concorrenza? «No, se questa è leale e a pari condizioni. Nel nostro mondo ci sono realtà di tutto rispetto, che ritengo superiori a noi e con cui sono onorato di competere e accetto di perdere, ma ci si trova anche davanti a faccendieri senza scrupoli che combinano danni spaventosi solo perché si improvvisano costruttori. Poi scopriamo che vendono prodotti realizzati nel Far East senza regole né garanzie. A queste condizioni come possiamo essere competitivi?». Gli acquirenti, anche con la crisi, conti-

Il settore della domotica ha potenzialità enormi, ma il suo utilizzo è ancora limitato

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nuano a prestare più attenzione alla qualità rispetto al prezzo? «Grazie al cielo qualche cliente non guarda solo al singolo costo ma al bilancio globale dell’anno di fornitura. Così si scopre che la somma dei costi e delle garanzie di produzione, divisi per il numero effettivo di entità vendute, genera un costo prounità nettamente superiore rispetto a molti competitor low cost. Purtroppo, però, troppo spesso ci si ferma alla cifra scritta nell’offerta, e si perdono occasioni preziose». Quali strategie ritiene debbano essere attuate per puntare a una ripresa del comparto, accelerando lo sviluppo e stimolando gli investimenti? «La crisi è nata dalle banche,


Paolo Zanchetta

che sono le uniche a non averla sofferta. Le aziende sono state tartassate dagli aumenti degli spread e dei costi delle operazioni. In pratica, quello che le banche hanno perso da una parte, l’hanno ripreso dall’altra. Le strategie non ci sono in un mercato che non esiste: stiamo andando sempre più verso una realtà che assomiglia al bazar di Istanbul. Oggi non c’è liquidità, e non c’è nessuno che immobilizza i capitali: di conseguenza bisogna sperare di avere quel che serve quando serve. Ci si rivolge al famoso metodo

Formazione da rivalutare La Troll, grazie alla collaborazione con ST Microelectronics, ha sviluppato un alimentatore switching con prestazioni nettamente superiori agli standard in commercio. Una novità che, secondo il titolare, Paolo Zanchetta, «ci porrà in grado di battere la concorrenza cinese». Sono oltre 3000 gli alimentatori prodotti ogni mese dall'azienda. Un prodotto che si basa su una tecnologia completamente innovativa, che ha annullato i costi di manodopera fino a ieri indispensabili. Questa rivoluzione, però, non deve certo sminuire la risorsa umana. La ricerca e lo sviluppo tecnologico non progredirebbero senza una valida generazione di tecnici e ingegneri. Purtroppo, però Zanchetta osserva come dal mondo formativo non giungano grossi sostegni. «Le università italiane sfornano ingegneri che hanno culture basate su tecnologie vecchie. Quando un neo laureato si presenta in azienda si rende conto che quanto ha studiato all’università è solo la base: da lì a diventare un buon progettista servono di solito due o tre anni. Il mondo delle tecnologie elettroniche evolve alla velocità della luce, e noi stessi per stare al passo dobbiamo faticare. Le università sono un mondo a parte che dovrebbe interagire con i costruttori, creando dei corsi di laurea affiancati ai laboratori di sviluppo».

“Toyota” di cui sono un grandissimo estimatore e, nel mio piccolo, realizzatore: le linee della mia azienda sono progettate proprio per questo scopo». Comunque, la mancanza di liquidità crea un circolo vizioso, a prescindere dai metodi adottati. «Oggi, per effetto delle strette alle linee di credito delle banche, le aziende faticano sempre più a far quadrare i conti. Noi abbiamo grosse sofferenze in arretrato di clienti che avrebbero i titoli da scontare in banca, ma non hanno la linea di credito che glielo permetta. In questo modo la ditta si trova strangolata e non onora i propri pagamenti, perdendo ulteriormente credibilità nei confronti delle banche stesse. Queste ultime triplicando gli spread, aumentando i tassi e ridu- áá VENETO 2010 • DOSSIER • 125


IL POTENZIALE DELLA DOMOTICA

áá cendo i crediti non hanno rischiato nulla. Mentre invece l’imprenditore paga le conseguenze di tutto questo, senza però avere la possibilità di garantirsi alcunché. Ma ciò fa parte del rischio imprenditoriale». Quali nuovi ambiti si stanno rivelando interessati a investire in tecnologia? «Direi che tutti investono in tecnologia, e quest’ultima a sua volta spinge gli investimenti. La tecnologia più sofisticata trova oggi applicazione anche nelle più semplici apparecchiature, a costi sempre più bassi. Il mercato offre molteplici apparecchiature che fino a ieri erano per pochi, dati i costi, mentre oggi sono alla portata di tutti». In particolare il settore della domotica quale potenziale riveste? «A mio parere ha potenzialità enormi, ma il suo utilizzo è ancora limitato. Nelle pubblicità e nei siti del settore vedo molti gadget simpatici, ma dalla scarsa utilità pratica. Ci sono funzionalità, come ad esempio il controllo energetico della casa, che non si toccano con mano pur producendo vantaggi enormi, sia in termini di costi che di benefici. Purtroppo si tende a evidenziare

quello che “si vede”, come lo schiacciare un tasto per avere le luci soffuse in salotto, trascurando che nel contempo il sistema gestisce la caldaia di casa ottimizzando i consumi e le conseguenti emissioni. Quello che manca è la cultura domotica. Trovo riduttivo avere un sistema del genere per spegnere due luci. Se le persone fossero sensibilizzate al fatto che il maggior costo all’installazione viene recuperato in tempi brevi offrendo prestazioni utilissime, probabilmente ci sarebbe una maggior diffusione di questa tecnologia». Quali saranno le altre novità tecnologiche capaci di garantirvi i più significativi sviluppi? «Fondamentalmente sarà la crescita del livello dei microcontrollori, che negli ultimi anni hanno decuplicato la potenza e dimezzato i costi. Inoltre, l’avvento dell’illuminazione a led ha segnato un altro passo avanti enorme: già oggi le auto-

L’esplosione dei touch control, quindi schermi del computer e telefonini in primis, ha segnato una svolta epocale

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Lo staff della Troll System alla fiera di Monaco www.trollsystem.com

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Paolo Zanchetta

vetture hanno le luci posteriori a led, nei prossimi anni arriveranno anche i fari anteriori con questa tecnologia, e fino a dieci anni fa nessuno avrebbe scommesso un centesimo su questo. Infine, l’esplosione dei touch control, quindi schermi del computer e telefonini in primis, hanno segnato una svolta epocale. Non più tasti da schiacciare in successione secondo precise sequenze, oggi il menù interattivo segue l’utente passo passo e lo guida al risultato voluto». La sua azienda tende a seguire un singolo nominativo per settore merceologico. Ciò cosa comporta? «Il vantaggio più evidente è che il cliente si sente protetto e si affida a noi, sapendo che non serviremo alcun concorrente e che non potrà verificarsi una fuga di informazioni. Inoltre potrà beneficiare di esperienze fatte in altri campi che possono essere trasferite senza problemi. Lo svantaggio è ovviamente economico. Le realtà che si rivolgono, al contrario nostro, a un solo settore specifico, una volta creato un prodotto per un cliente potrà poi proporlo anche al successivo modificandolo in piccole parti. In tal caso il costo di sviluppo è totale per la prima realizzazione e parziale per le successive. Una differenza abissale rispetto a chi, come Troll, crea ogni volta un progetto da zero. D’altro canto, però, creare ogni volta un progetto nuovo arricchisce i tecnici della capacità di essere elastici, reattivi e con sempre più esperienza».

La scelta della qualità, anziché della quantità, trova possa essere un punto a favore del mercato IT interno nel confronto con i produttori stranieri? «Assolutamente sì. E in questo è fondamentale la scelta dei clienti con cui lavorare. Chi mi giudica solo da una offerta, senza chiedere il perché di certi costi, non mi interessa, poiché è un mercenario che oggi compra da me, ma so già per certo che ogni ordine potrebbe essere l’ultimo». Capita, però, che gli uffici acquisti richiedano una riduzione dei costi. «Certo, ed è una cosa più che lecita e ragionevole. Talvolta però è possibile solo a determinate condizioni, come lotti maggiori di produzione, impegni di magazzino, consegne scaglionate precise e non differibili. Detta riduzione a fronte dei citati impegni può generare un ritocco di pochissimo, forse qualche punto percentuale. D’altro canto, se oggi faccio un’offerta e dopo un anno, a parità di prodotto, accetto una riduzione del 10% c’è qualcosa che non va. Personalmente quando sono io a comprare dai miei fornitori non tollero un atteggiamento del genere. Il prezzo deriva da ben precise considerazioni, e la riduzione ingiustificata del prezzo, a fronte del quale comunque deve rimanere un margine ragionevole, dimostra solo che quello pagato fino a ieri era un prezzo folle. Per cui accetto la riduzione ma contemporaneamente mi adopero per cambiare fornitore». VENETO 2010 • DOSSIER • 127


IL COMPARTO IT

Quel ponte È tra software e imprese

nella specializzazione che uno dei casi esemplari dell’imprenditoria IT ha trovato il percorso idoneo attraverso cui raggiungere l’affermazione nell’ambito della grande distribuzione dei software gestionali per aziende. Ma anche nella collaborazione con un’importante realtà straniera. Una metodica di sviluppo del know how e dell’eccellenza italiana che non porta alla cosiddetta “fuga” delle eccellenze, ma che, al contrario, le stimola, le forma, inserendole in una rete collaborativa italiana ed europea. «La specializzazione è certamente un aggregato di opportunità commerciali e scelte professionali» spiega Daniele Granzotto, fondatore Le migliori risorse del comparto IT della Gds di Treviso, azienda giunta ormai al suo primo decennale. L’ormai nota software house e società di consulenza si vanno coltivate, formate e tenute prepara oggi a mettere in atto uno schema evolutivo nato anben strette. A sostenerlo è Daniele che come risposta alla crisi del settore. «Puntiamo all’apertura una filiale a Genova entro la fine del 2010. L’obiettivo è Granzotto, creatore della società di quello di seguire al meglio i clienti del Nord Ovest. L’ampliaGDS, che si prepara a espandere mento dell’attuale sede di Marcon e la partnership con la porverso Ovest una delle software toghese IS.RETAIL Lda, produttrice di software per il Warehouse Managament, oltre che forti investimenti nell’IT, sono house più promettenti un buon veicolo per la strutturazione che ci siamo prefissati». del panorama tecnologico italiano Voi operate su una piattaforma specifica, la SAP R/3. Per chi non è esperto del settore, perché è così importante la Paolo Lucchi scelta di una piattaforma per una software house? «Perché dobbiamo poter lavorare creando, nello specifico, ciò che ogni singolo committente richiede. È una questione di flessibilità. Tutti gli strumenti che utilizziamo sono perfezionabili e la piattaforma R/3 non si sottrae a tali considerazioni. È un bell’impianto, modulare e fortemente parametrizzabile, ma non di rado, per trovare la soDaniele Granzotto, luzione più adeguata, si deve ricorrere ad attititolare della GDS vità di sviluppo». www.gidiesse.it info@gidiesse.it In cosa consistono queste attività? «La parte di sviluppo è la più delicata. Ciò perché si inserisce il software in una piattaforma utilizzando flussi preesistenti creati da terzi. Si devono mettere assieme più ingredienti ad alta professionalità nel momento in cui si installa un plugin. Si deve conoscere nel dettaglio il flusso già in essere nel quale si interviene in modo da sfruttarne al massimo le potenzialità. Il progetto deve essere disegnato seguendo gli schemi esistenti e gli sviluppi devono essere il più possibile modulari. Si può obiettare che sono ovvietà, però ho verificato che spesso, in altri gruppi di lavoro, tali protocolli venivano disattesi». Lei ha sempre dichiarato di seguire, pur lavorando in ambito tecnologico, i dettami tradizionali del fare impresa. Per quali ragioni? 128 • DOSSIER • VENETO 2010


Software House

PERCHÉ SCEGLIERE UN SOFTWARE “VICINO” Daniele Granzotto sostiene che le nostre imprese dovrebbero affidarsi a un consulente italiano anziché a una società straniera. «Il software è solo uno strumento. La vera differenza sta nella capacità di “fare da ponte”, adattandolo alla singola azienda».

«La nostra è una sorta di attività artigianale con protocolli ben precisi i quali riguardano soprattutto la formazione del personale. Da parte della alle cure di uno specialista che, oltre a parlare on è certamente sufficiente tradurre o GDS non c’è la volontà di imla stessa lingua, si dimostri in grado di localizzare un software per adattarlo alle mettere subito nel mercato singole realtà geografiche. «Osservando conoscere da vicino la realtà in cui è richiesto il una risorsa se non quando soltanto le popolazioni dei Paesi mediterranei suo intervento. I vantaggi, come afferma il consulente, sono sufficientemente formata. In- ci si accorge che non si comportano allo molteplici: «Intanto diminuisce la necessità di somma, regole antiche per stesso modo degli anglosassoni, dei burocrazia che si deve sempre introdurre in un nuovi mestieri. Si fa bottega. nordeuropei o dei sudamericani» spiega il titolare della GDS Daniele Granzotto. «Il tipo di progetto per controllare i "rischi malintesi". Poi I nuovi tecnici hanno un tuaumenta lo scambio di idee concrete dal quale imprese a cui ci rivolgiamo non cerca un tor che li affianca e che persoftware, ma una soluzione. Si presentano con scaturiscono nuove soluzioni e, soprattutto si mette loro di imparare in una problematica, come potrebbe essere, ad migliora l’accompagnamento del progetto e, di breve tempo, seguendo uno esempio, la necessità di aumentare la conseguenza, dell’assistenza che segue». La schema di lavoro consolidato. produttività, di rispondere a requisiti legali o di vera differenza fra un consulente o un partner informatico bravo rispetto ad uno mediocre, Ciò rappresenta sicuramente gestire nuovi processi, e cercano chi possa dunque, sta proprio nella capacità di fare da un costo, in quanto la prepa- aiutarli a risolverla». Ecco perché, per ponte fra il committente e lo strumento. razione di un tecnico con re- un’azienda, è fondamentale potersi affidare quisiti minimi richiede anche un anno di affiancamento, ma tant’è se si vuole mantenere uno standard e un approccio prattutto grazie al nostro sito web. È fondadi alto livello». mentale muoversi in tale direzione. Una cataQual è la sua strategia per affermarsi su logazione delle plugin realizzate permette proun mercato sempre più inflazionato? getti più celeri e con costi contenuti per chi le «Lavoro da sempre seguendo una logica di commissiona. È un’attività doverosa per progetto piuttosto che di body rental. I lavori un’azienda come la nostra, a maggior ragione realizzati e le esperienze acquisite negli anni se inserita nel contesto del Nord Est, terra rappresentano un capitale di conoscenze che delle Pmi». deve essere standardizzato e catalogato, soCosa si aspetta per il futuro del segmento áá

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IL COMPARTO IT

áá software e retail? «Cautela. Gli investimenti vengono fatti a budget, solo se utili o necessari. Di riflesso una società come la GDS ha due atteggiamenti da seguire che si evolvono in parallelo. Nel medio periodo occorre una maggiore flessibilità nel cogliere le opportunità che vengono proposte o che si intravedono nel mercato. Nel lungo periodo, invece, si seguono comunque i programmi di evoluzione societaria che ci siamo prefissati e che sono pluriennali. Il tutto sostenuto da un’attenta gestione finanziaria. Si segue una visione di sviluppo a prescindere dalla situazione recessiva attuale. Siamo un’azienda che non è esposta con le banche e lavora con denari propri, perché da sempre prediligo uno scenario con soci “poveri” e azienda prospera». Su quali aree italiane prevede i maggiori investimenti? «Operiamo principalmente nel Nord Ovest. Dopo nove anni di attività, benché l’IT e la trasmissione dati permetta oramai di poter lavorare a distanza, una filiale di supporto sul territorio è doverosa. Per questo l’apertura 130 • DOSSIER • VENETO 2010

La specializzazione rappresenta un aggregato di opportunità commerciali e scelte professionali

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della sede di Genova. Ad ogni modo, nei nostri piani di sviluppo rientra anche il potenziamento dei canali commerciali del Nord Est, fino ad ora mai sfruttati a pieno». La sua conquista del mercato italiano, però, passa anche dalla collaborazione straniera. «Vero. Abbiamo infatti avviato un rapporto di cooperazione con la IS.RETAIL Lda di Lisbona, che ha tra i soci fondatori un veneto, Leopoldo Donati. Questa società ha realizzato un ottimo software, il WPMS, ottimo per la gestione fisica del magazzino, già operativo da diversi anni su clienti portoghesi e interfacciato con la piattaforma Sap R/3. Attualmente siamo noi a distribuirlo in esclusiva per l’Italia e devo dire che il software si è dimostrato migliorativo una volta applicato alla nostra piattaforma».



PRODUZIONI INDUSTRIALI

La crescita passa per le nuove tecnologie L’innovazione è la sola strada percorribile per uscire dal pantano della crisi. L’automazione robotica delle produzioni industriali rappresenta il tragitto più veloce in direzione dello sviluppo. La filosofia di Tsr Ezio Petrillo

a tecnologia al servizio dell’innovazione e dello sviluppo economico. Riuscire a ridurre le tempistiche per le produzioni industriali, nell’attuale mercato competitivo e globale, rappresenta una sfida non da poco. Automatizzare il ciclo produttivo, al giorno d’oggi, diventa quasi indispensabile per poter vincere le sfide dell’economia del domani. «La nostra filosofia consiste nel fornire soluzioni create ad hoc per le esigenze del committente». A parlare è Raffaele Carli, dell’azienda TSR. «La costruzione di macchine speciali e impianti dedicati – specifica Carli -, implica in maniera assoluta l’uso continuo di nuove tecnologie e materiali. Per soddisfare questa esigenza, TSR è dotata di una struttura tecnico-costruttiva proiettata al futuro, che considera ogni nuova commessa, una sfida e uno stimolo al miglioramento. I vari settori nei quali operiamo permettono di traslare ricerca e esperienza da un comparto all’altro con risultati molto positivi. La robotica applicata ne è un esempio. L’utilizzo di isole robotizzate di saldatura e manipolazione, nel settore del mobile metallico, in quello degli elettrodomestici, nella saldatura di porte blindate e costruzioni in filo metallico, oltre a essere multi prodotto e a utilizzare programmi di lavoro parametrici, permettono di ottenere una riduzione drastica dei tempi di program-

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In alto a destra alcuni innovativi macchinari utilizzati dalla ditta Tsr, per la lavorazione conto terzi info@tsritalia.it www.tsritalia.it

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Impianti con lavorazioni multiple di assemblaggio consentono di ottenere prodotti finiti senza passaggio a fasi di magazzinaggio intermedie

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mazione e un cambio prodotto che richiede solo pochi minuti. C’è da dire inoltre che impianti e macchine con lavorazioni multiple di assemblaggio, saldatura, deformazione meccanica o piegatura consentono di ottenere prodotti finiti senza passaggio a fasi di magazzinaggio intermedie notoriamente molto costose». Scendendo più nel dettaglio del tipo di tecnologia utilizzata, Carli spiega come «Mobili metallici smontabili, assemblati con impianti di saldatura cartesiani CART-2/4 assi CN che utilizzano la tecnologia di saldatura in “media frequenza” permettono una finitura superficiale ottimale e assorbimenti energetici molto


Automazione

ridotti rispetto ai sistemi tradizionali a 50 Hz. La lavorazione dei vari componenti si ottiene con il solo cambio del programma e il settaggio delle attrezzature permettendo di usare le macchine come “centri di lavoro per saldatura a resi-

stenza”». L’economia del Triveneto, strutturalmente, si poggia sulle attività di quelle aziende che lavorano per conto terzi. In tale quadro, la recessione ha penalizzato non poco questo settore. «La nostra è una terra prevalentemente di trasformazione con una presenza nel settore della subfornitura a 360 gradi. In questo contesto esistono una miriade di piccole-medie aziende che come TSR sono il tessuto vitale della Regione. Purtroppo dobbiamo riconoscere che l’attuale crisi di mercato ha penalizzato molto questo comparto anche se lo spirito innovativo e la dedizione al lavoro sono riusciti a prevalere sul pessimismo. Nuovi investimenti su tecnologie

innovative e la scoperta di mercati finora inesplorati hanno permesso di sopravvivere e guardare con speranza e ottimismo al futuro». Nello specifico, la crisi economia nel settore, si è sentita indirettamente. «Nel nostro comparto - sottolinea Carli - la crisi si è evidenziata con l’effetto “onda Lunga”. Abbiamo avuto un 2008 abbastanza positivo per le commesse acquisite precedentemente, un 2009 critico e un 2010 che non vede ancora i miglioramenti che sono presenti in altri settori. Purtroppo nella situazione attuale le aziende manifatturiere non riescono a dirottare finanziamenti su nuove linee o impianti produttivi, perché devono saturare il parco macchine esistenti con la richiesta ridotta del mercato. Questo provoca un rallentamento degli ordinativi di nuove attrezzature di produzione in attesa di una ripresa più convincente del mercato. Così l’effetto “onda lunga” si è molto sentito, passando da mancanza di commesse, a periodi di superproduzione per rispettare le consegne di ordinativi dell’ultimo secondo e che seguono la legge del “pronti subito”». Il futuro dell’economia veneta, per riuscire ad emergere dal pantano dell’ultimo biennio, dovrà passare necessariamente attraverso degli snodi chiave. «La nostra Regione – spiega Carli - sicuramente ha la capacità di cogliere le sollecitazioni del mercato. Oggi bisogna guardare oltreconfine dove i mercati emergenti danno spazio e opportunità. A nostro avviso una politica di aggregazione fra aziende sicuramente potrebbe aiutare ad affrontare questa nuova realtà e a ottimizzare le risorse».

1988

FONDAZIONE È l’anno di fondazione dell’azienda Tsr

60%

IMPRENDITORI È la percentuale relativa al numero di imprenditori veneti che si dichiara ottimista in merito a una ripresa dell’economia entro il 2012

VENETO 2010 • DOSSIER • 133


IMPIANTI DI REFRIGERAZIONE

alla qualità non si può prescindere. È l’imperativo categorico di chi opera nel settore della refrigerazione nella ristorazione professionale. Affidabilità, impegno, professionalità, orientamento al miglioramento, sono tra le carte vincenti per potersi imporre ad alti livelli in questo comparto, che, nell’ultimo periodo, non ha goduto del supporto necessario delle istituzioni. Puntare su ricerca e innovazione, sviluppare nuove categorie di prodotti, devono essere i capisaldi per uscire dal periodo nero dalla recessione. «Riteniamo che lo sviluppo sia uno strumento necessario per risultare vincenti nelle competizioni sul mercato». A parlare è Amelio Facco, direttore generale di Afinox.

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La qualità del prodotto tecnologico Formazione, comunicazione e informazione. Il comparto della refrigerazione commerciale vive una fase di recessione a cui è necessario reagire con dei punti fermi. La filosofia di Amelio Facco Ezio Petrillo

AFFIDABILITÀ E INNOVAZIONE

«La nostra mission è costruire e mantenere con i clienti un vantaggio competitivo duraturo, fondato sulla capacità di rispondere alla domanda del mercato con prodotti affidabili, un supporto competente e soluzioni innovative». Come molte altre aziende nel settore anche la Afinox ha dovuto confrontarsi con la recessione. «L’azienda ha vissuto il periodo di crisi cercando di sviluppare nuovi prodotti e rinnovando l’immagine di quelli già esistenti – specifica Facco -. Questo ci ha permesso, grazie anche alla Fiera HOST2009 di suscitare l’interesse 134 • DOSSIER • VENETO 2010

Il direttore generale Amelio Facco con i collaboratori della Afinox facco.amelio@afinox.com


Nuove tecnologie

L’INNOVAZIONE COME MISSIONE anche dei clienti più pessimisti». IL CONTROLLO QUALITÀ

La ricerca tecnologica è uno dei pilastri dell’azienda veneta, leader nella refrigerazione del settore Ho.Re.Ca

Perché anche in tempi di crisi, la qualità deve a ricerca tecnologica è uno dei a nuove sfide e competizioni. essere un valore dal quale non si può prescinConoscenza e tecnologia sono pilastri dell’azienda veneta, dere. «Il controllo qualità dei prodotti deve esstrumenti base per una vincente leader nella refrigerazione del sere un “plus” perché il nostro mercato ultimapresenza sul mercato, per settore Ho.Re.Ca. mente è molto inflazionato di prodotti a basso costruire il domani pensandolo fin Era il 1980 quando Afinox da oggi. Formazione, muoveva con entusiasmo i primi prezzo e quindi con scarse prestazioni tecnicomunicazione ed informazione: passi. Oggi, con la costante che. Il nostro controllo qualità parte dalla fase questi i pilastri sui quali Afinox ricerca di soluzioni sempre più di progettazione fino alla spedizione del proinnovative, con processi produttivi poggia la propria filosofia dotto finito, quindi controllo in accettazione sempre più efficienti, con standard aziendale che vede tutti protagonisti: collaboratori interni, qualitativi sempre più alti, con la materiale, in produzione e in spedizione. Tutti diffusione cultura aziendale rivolta referenti esterni, clienti e utenti i prodotti vengono collaudati con un efficace al miglioramento, si scopre pronta finali. test elettrico e di funzionamento che dura 2 ore e tutti i dati vengono archiviati nel database. Punta di diamante è il collaudo delle unità refrigeranti le nefici del settore degli elettrodomestici, ad quali vengono caricate di elio, e grazie a uno speciale stru- esempio. «Questo aspetto ci penalizza non mento si riescono a rilevare anche le micro perdite presenti poco – precisa Facco -. Inoltre è da sottolinell’impianto. Questo per garantire una maggiore affidabi- neare il fatto che, a parte pochi Paesi europei, lità». Per riuscire a imporsi sulla concorrenza, l’assistenza non ci sono nemmeno agevolazioni da parte post-vendita deve rappresentare un punto di forza. «Ab- per spingere l’acquirente verso prodotti a biamo un ufficio dedicato alla post-vendita che, assieme agli basso consumo. L’obiettivo di Afinox è, inarea manager, fornisce un supporto tecnico e commerciale. fatti, proprio quello di arrivare a una classifiSe la richiesta di assistenza viene posta direttamente dal- cazione energetica simile a quella del domel’utente finale siamo in grado di segnalare il nostro rivendi- stico, in modo da poter offrire vantaggi tore autorizzato più vicino che ha un service preparato». concreti e far emergere quei competitors che investono in ricerca e sviluppo. I consumi LA SITUAZIONE DEL COMPARTO energetici, inoltre, hanno margini di miglioIl comparto della refrigerazione e delle attrezzature per la ri- ramento sia nella conservazione che nell’abstorazione non gode, a livello istituzionale, degli stessi be- battimento».

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IL COMPARTO ELETTRICO

Elettrotecnica per l’industria Stringere una partnership solida e affidabile con una grande realtà di livello internazionale, è garanzia di crescita economica. Impegno, ricerca e innovazione devono essere le regole basilari per superare la crisi. L’esperienza di Marco e Mario Bellini Ezio Petrillo

uando l’alleanza con un grande marchio diventa strategica per la crescita di un’azienda. Guadagnarsi la fiducia dei distributori, degli installatori e porsi degli obiettivi a breve e medio termine rappresentano i punti chiave per garantirsi un’importante fetta di mercato. Fidelizzare i clienti, innovarsi, investire nelle nuove tecnologie sono il surplus per quelle realtà che vogliono imporsi ad alti livelli. Ne discutiamo con Marco Bellini, responsabile commerciale, e Mario Bellini, responsabile marketing e organizzazione della società Elettra, distributrice esclusiva per l’Italia della gamma di prodotti per bassa tensione AEG. Nel vostro settore quanto è importante garantire un costante servizio di consulenza rivolto alla clientela? M.B. «Crediamo che per andare avanti in un mercato non semplice come l’attuale si debbano sempre più intraprendere strategie di massima fidelizzazione del cliente. Tra queste si colloca perfettamente la nostra organizzazione strutturale che, dopo aver seguito con la massima attenzione e capillarità le diverse fasi di vendita delle apparecchiature elettriche, segue da vicino, con un mirato servizio di customer service, tutti i clienti nelle diverse regioni d’Italia». Come è strutturata la rete di vendita? M.B. «Abbiamo formato area manager, alla nostra dipendenza diretta, nelle regioni di importanza strategica i quali coordinano una rete di agenzie organizzate con personale di vendita specializzato che conosce a fondo il settore della bassa tensione

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136 • DOSSIER • VENETO 2010

e tutta l’offerta tipologica AEG da noi commercializzata. Attualmente sono circa venti le realtà con cui lavoriamo in stretta sinergia per raggiungere gli obiettivi di vendita prefissati». Quale tipologia di prodotti vi richiedono maggiormente i distributori e che tipo di servizio bisogna garantire allo stesso grossista? M.B. «I distributori che si occupano prevalentemente dell’area civile, quindi del residenziale, puntano la loro attenzione soprattutto sui nuovi modelli di quadri elettrici, sugli interruttori automatici fino a 250A, sugli interruttori differenziali e sui componenti modulari; mentre i grossisti che lavorano nell’ambito dell’industria, area che per altro sta soffrendo abbastanza pesantemente la crisi, richiedono le proposte legate all’automazione per bordo macchina, quali contattori, relè termici, salvamotori, pulsanteria, temporizzatori e avviatori statici. È indispensa-

L’ingegner Bellini al centro e, ai lati, Marco Bellini, responsabile commerciale, e Mario Bellini, responsabile marketing e organizzazione della società Elettra info@aegelettra.it


Ricerca e innovazione

Una partnership esclusiva Elettra ha cominciato la propria attività nel 1976 grazie all’iniziativa imprenditoriale dell’ingegner Gastone Bellini, che intravedeva un interessante sviluppo nell’area della commercializzazione di prodotti elettrotecnici per il mondo industriale. Il buon andamento iniziale in termini di fatturato e di interesse da parte degli addetti ai lavori confermava la sua scelta e successivamente, nel 1990, Elettra è diventata partner ufficiale ed esclusivo per l’Italia di AEG Niederspannungstechnick, per la distribuzione e vendita delle apparecchiature di bassa tensione prodotte dalla stessa azienda tedesca. La voglia di raggiungere traguardi sempre più importanti, l’intraprendenza, la conoscenza approfondita di un settore che si stava fortemente sviluppando e il supporto delle fabbriche AEG, hanno permesso a Elettra di consolidare la propria posizione nel mercato italiano delle apparecchiature elettriche nel settore civile e, soprattutto, in quello industriale.

Per andare avanti in un mercato non semplice come l’attuale si devono intraprendere strategie di massima fidelizzazione

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bile, inoltre, effettuare in tempi estremamente brevi le consegne, al fine di agevolare il più possibile nel suo lavoro il nostro interlocutore e conseguentemente il suo cliente, cioè l’installatore». Quali formule bisogna utilizzare per assicurare alla clientela un’adeguata formazione e informazione? M.B. «Organizziamo sistematicamente incontri sia per la categoria professionale degli installatori che per quella degli operatori del settore elettrico su suggerimento della forza vendita che cerca giustamente di coinvolgere il più possibile i propri interlocutori. Per quanto concerne l’informazione riguardante le novità di prodotto AEG, soprattutto se ci sono delle innovazioni importanti, cerchiamo di trasferire il maggior numero di notizie e dati tecnici agli agenti anche con riu-

nioni nella nostra Sede o nei centri di regione». Alla fine del terzo trimestre del 2010, come giudica l’andamento del mercato? M.B. «Il 2009 è stato un anno difficile per tutti, ma è proprio in questi periodi che bisogna trovare nuove possibilità e soluzioni per migliorare la propria proposta. Nel 2010 siamo riusciti ad invertire la rotta drasticamente, attraverso investimenti importanti in settori nuovi che AEG ci ha messo a disposizione, quali ad esempio il fotovoltaico. Queste operazioni ci stanno dando grosse soddisfazioni sia in termini di fatturato che in acquisizione di nuovi clienti. Contemporaneamente il trend dei nostri prodotti tradizionali è in costante ascesa e questo ci permette di guardare al futuro con ottimismo; stimiamo infatti di chiudere il 2010 con un incremento di fatturato a doppia cifra».

1990 AEG

È l’anno in cui Elettra diviene partner ufficiale ed esclusivo per l’Italia di AEG Niederspannungste chnick

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RIFORME

La rivoluzione del sistema giudiziario

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endere più efficiente il sistema giudiziario italiano è una delle priorità del programma di governo. Tra le riforme più importanti dell’esecutivo, quella della giustizia riveste un ruolo cardine e seppur tra polemiche e accesi dibattiti procede sulla road map decisa dal ministro Alfano. Dopo aver varato importanti misure che riguardano il processo civile, introducendo ad esempio l’informatizzazione degli uffici giudiziari e delle cancellerie, il governo è ora impegnato nella difficile riforma dell’ambito penale. Processo breve e ddl sulle intercettazioni sono solo alcuni dei provvedimenti teatro di scontro tra maggioranza e opposizione, ma sull’urgenza della riforma di un sistema giudiziario ormai al collasso il consenso è unanime. «Questo governo – afferma l’onorevole Niccolò Ghedini – ha già varato parecchie riforme pur essendoci stato nel corso di quest’anno un forte impegno per far fronte alla crisi economica a causa della quale si sono dovute posporre alcune attività legislative. Il processo civile aveva urgenze ben maggiori rispetto alla riforma costituzionale, quindi credo che sia stato giusto tenere le attuali scansioni temporali». Tra le novità proposte c’è anche quella della separazione delle carriere: «Da un punto di vista pratico – continua Ghedini – si esalterebbe la terzietà del giudice e al contempo l’indipendenza del pubblico ministero, che avrebbe una maggior indipendenza dal giudice stesso; credo che questo sarebbe un passaggio molto importante per la garanzia dei nostri cittadini e dal punti di vista politico si riuscirebbe a raggiungere un risultato di completezza tra l’articolo 111 del 99, cioè quello relativo al giu150 • DOSSIER • VENETO 2010

Una vera e propria trasformazione dell’universo giustizia è quella che l’esecutivo sta cercando di attuare per rendere più efficiente un sistema ormai al collasso. Niccolò Ghedini sostiene le riforme augurandosi che vengano attuate in tempi brevi Nicolò Mulas Marcello


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Niccolò Ghedini

cesso breve è finalizzata all’implementazione delle risorse a nostra disposizione dei tribunali. Orientato proprio ad arrivare al risultato di una maggiore celerità della giustizia. Scorrendo i punti della riforma è previsto inoltre l’ampliamento dei poteri della polizia giudiziaria che, sola, potrà prendere cognizione delle notizie di reato, godendo di maggiore autonomia nello svolgimento delle indagini anche al di fuori delle direttive impartite dai pm. Mentre questi ultimi dovranno accontentarsi delle notizie fornite loro dalla polizia giudiziaria operante e i magistrati vedranno ridotti i loro poteri di impulso o di iniziativa anche nell’emettere provvedimenti cautelari. Inoltre è stato introdotto un controllo sulla produttività cui sono sottoposti tutti i magistrati con rapporti trimestrali e sanzioni disciplinari. Sono stati forniti al cittadino degli strumenti di garanzia nei confronti del giudice: criteri più certi per individuare quello territorialmente più competente e maggiori possibilità di astensioni e ricusazioni, anche nel caso in cui i giudici esprimono pareri fuori dell’esercizio delle funzioni giudiziarie e che non siano pertanto imparziali. Da non trascurare è, sempre a vantaggio del cittadino, il divieto per i tribunali di usare e il conseguente obbligo di distruggere tutti quegli atti che non costiIl governo ha già tuiscono notizia di reato e varato parecchie che andrebbero altrimenti riforme pur essendoci a costituire dei veri e propri archivi di informazioni stato nel corso di sto processo, in combinato con private non giustificabili. quest’anno un forte gli articoli 24 e 3 della Costitu«Spero che nei cinque impegno per far fronte zione, i quali sono dettami di parpunti programmatici che alla crisi economica ticolare valore in quanto voluti dai Silvio Berlusconi sottopadri costituenti». porrà al voto del ParlaAttualmente il governo sta stumento ci sia la grande ridiando modifiche per rendere forma costituzionale della condivisibile il testo di legge sul giustizia, di cui abbiamo processo breve. Il provvedimento vuol dare una Nella pagina accanto, veramente bisogno», così Ghedini si augura risposta a quelle lungaggini processuali note a l’onorevole Niccolò che il tema giustizia torni presto tra le prioGhedini; sopra, la tutti e che anche l’Europa ci contesta attraverso Camera dei deputati rità auspicando che «ci sia una magistratura sanzioni salate (34 milioni di euro solo nel che torni nell’alveo dei suoi poteri, che giu2009). In Italia abbiamo quasi 10 milioni di fadichi sì la politica, ma anche che la politica scicoli pendenti nei Tribunali. La ratio del prosia libera di svolgere il suo mandato».

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CATEGORIE GIURIDICHE

La sfuggevole natura del danno esistenziale F Le categorie giuridiche aprono sempre un ventaglio di interrogativi, su cui è bene riflettere con la giusta lucidità. L’avvocato Patrizia Longo esamina il peso specifico del danno esistenziale. Che, troppo spesso, viene valutato con leggerezza Luciana Fante

L’avvocato Patrizia Longo info@studiolegalelongo.it

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igura controversa e recente, il danno esistenziale circoscrive un campo vastissimo e sfuggente: quello della lesione di diritti o interessi costituzionalmente protetti. Per gli esperti in materia si tratta di un’invenzione giuridica che va a colmare i “vuoti” lasciati dal danno biologico e morale. Ma la legge, si sa, ha dei confini non sempre netti. Meglio fare chiarezza. Tanto per cominciare l’avvocato Patrizia Longo suggerisce di partire da un fondamentale distinguo: «Il danno esistenziale si differenzia dalle altre due voci di danno non patrimoniale perché l’indennizzo sarebbe accordato in ragione della protezione delle esplicazioni esteriori della vita del soggetto, per esempio la vita di relazione intesa in senso lato. A differenza del danno esistenziale, infatti, e le altre figure di danno non patrimoniale sono caratterizzate da un'alterazione della sfera personalissima dell'individuo». Qual è il campo d’azione del danno esistenziale e quale sfera giuridica investe il suo risarcimento? «Siamo nel problematico ambito della relazione del soggetto. Il risarcimento riguarda l’insieme di lesioni che colpiscono l'individuo in tutta la sua complessità istituzionale. In altre parole, si vanno a tutelare le conseguenze negative cagionate da un fatto illecito, anche nei luoghi dove il singolo si fa persona: nella famiglia e nelle formazioni sociali, sul lavoro, nell'ambiente naturale e sociale in cui opera. L'elaborazione concettuale e l’applicazione del danno esistenziale tendono al riconoscimento dell'integrale ristoro dei danni alla persona. Dunque, quella del danno esistenziale è la categoria più ampia tra le voci di danno non patrimoniale. Ed è anche la più difficile da delimitare perché porta in sé il germe della residualità. Di conseguenza è la più capace di violare il limite della tassonomia imposto dall'art. 2059 del Codice civile; è la più fragile perché, per ricondurre l'evento lesivo a una norma che protegga l'interesse leso, l’interprete, cioè il giudice, è chiamato a un’operazione ermeneutica complessa, che tenga conto non solo del dato positivo della norma costituzionale, ma anche dell’evoluzione dell'intero ordinamento». A quali esigenze risponde l’istituzione del danno esisten-


Il danno esistenziale

ziale? «Il danno esistenziale è il punto di massima estensione della tutela offerta dall’articolo 2059 del Codice civile, prima di sforare nella completa atipicità e, dunque, nel non risarcibile. La nascita e lo sviluppo della figura dei danni esistenziali rispondono all'esigenza di arrivare a una tutela complessiva della persona che, secondo i principi generali dal neminem laedare e della tutela minima dei diritti inviolabili, dovrebbe consentire al soggetto di essere ristorato per ogni lesione ingiusta. Indipendentemente dai limiti imposti dall’articolo 2059». Nel danno esistenziale “fare” ed “essere” della vittima sono strettamente correlate. È corretto dire che la psiche sia entrata nel territorio della giurisprudenza? «Sì. Chi subisce il danno si trova a non poter più fare le stesse cose di prima. Nel migliore dei casi sarà costretto a farne altre, tendenzialmente meno belle. Siamo quindi nel territorio della psiche, più che dalla tecnica giuridica. Quest’ultima è solo “la foglia di fico dietro la quale nascondere le emozioni e la cultura dei singoli giuristi, i quali raccontano se stessi, lanciando messaggi nella bottiglia”. La nostra giurisprudenza ha a oggi riconosciuto la risarcibilità del danno esistenziale. Va segnalato che talvolta la Suprema Corte ha dubitato della stessa configurabilità autonoma di una nozione di danno esistenziale». Le Sezioni Unite, con una sentenza dell’11 novembre 2008, hanno decretato la morte del danno esistenziale quale voce autonoma di danno. Quali sono le questioni di maggiore rilevanza risolte nel provvedimento citato? «Per prima cosa viene ricondotto nell'ambito dell'articolo 2059 del Codice civile, il danno da lesione del diritto inviolabile alla salute, denominato danno biologico. In se-

Il risarcimento del danno esistenziale riguarda l’insieme di lesioni che colpiscono l'individuo in tutta la sua complessità istituzionale

condo luogo, viene definitivamente superata la limitazione della tradizionale figura del cosiddetto danno morale soggettivo transeunte. Fuori dai casi determinati dalla legge, è data tutela risarcitoria al danno non patrimoniale solo se sia accertata la lesione di un diritto inviolabile della persona: deve sussistere una ingiustizia costituzionalmente qualificata». In che senso il danno esistenziale ha contribuito a depatrimonializzare il diritto? «È da tempo caduta la pregiudiziale ideologica che individuava nel reddito il parametro di valutazione del danno, e si è percorsa la strada verso la depatrimonializzazione del diritto finalizzata alla concretizzazione di un di- ››

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CATEGORIE GIURIDICHE

La sentenza ›› ritto comune costituzionale, fondato sulla pari dignità tra gli uomini e sul rispetto del sano e libero sviluppo della personalità. È forte la sensazione che l’“esistenzialismo” sia prosperato particolarmente per l’insufficienza e l’inadeguatezza delle categorie tradizionali. La Corte di Cassazione ha di recente riconosciuto una lata estensione della nozione di danno non patrimoniale, inteso come danno da lesione di valori inerenti alla persona, e non più soltanto come danno morale soggettivo. E la Corte Costituzionale, muovendo dalla sempre più avvertita esigenza di garantire l'integrale riparazione del danno ingiustamente subito nei valori propri della persona ha affermato che alla risarcibilità del danno non patrimoniale non osta il mancato positivo accertamento della colpa dell'autore». All’interno del danno patrimoniale, la categoria del danno esistenziale può considerarsi autonoma? «Sulla possibilità di configurare il danno esistenziale come categoria autonoma e autonomamente risarcibile di danno non patrimoniale numerosi e recenti interventi della Cassazione hanno posto seri dubbi. Nella ricostruzione delle Sezioni Unite, infatti, appare chiaro l’intento di semplificare il sistema di risarcimento del danno a due sole macrocategorie: il danno patrimoniale e il danno non

La Corte di Cassazione ha riconosciuto un’estensione della nozione di danno non patrimoniale, inteso come danno da lesione di valori inerenti alla persona

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Di particolare rilievo è la sentenza del Tribunale di Padova, che conclude un procedimento estremamente complicato avente a oggetto un argomento delicato in tema di risarcimento del danno esistenziale. La sentenza è innovativa non solo per le argomentazioni e i principi discussi, ma in quanto redatta nella forma prevista dell’art. 132 n. 4 c.p.c. Nella motivazione si legge testualmente: «L’autore ha ammesso il proposito, espresso già prima delle nozze, di non volere figli. Per tale motivo ha ora convenuto in giudizio la moglie chiedendo che venga condannata al risarcimento del danno esistenziale indicato in euro 60.000,00. (…) Il rispetto della dignità e della personalità, nella sua interezza di ogni componente del nucleo familiare assume il connotato di un diritto indi violabile, la cui lesione da parte di altro componente della famiglia costituisce il presupposto logico della responsabilità civile».

patrimoniale. L’interpretazione della Suprema Corte, dunque, vorrebbe configurare il danno esistenziale come una delle voci in cui è possibile declinare il danno non patrimoniale, senza il riconoscimento della natura di categoria autonoma di danno. Dal punto di vista pratico, una simile impostazione consente al giudice di determinare il danno non patrimoniale in maniera complessiva (e omnicomprensiva), con una analoga liquidazione unica, a ristoro totale delle lesioni morali, biologiche o esistenziali. Il rischio è quello di una minor attenzione, in sede di giudizio, alle specifiche esigenze di tutela delle singole voci di danno, con la conseguenza di un ristoro non sempre congruo».



EMERGENZA CARCERI

L’impegno per un carcere che sia più umano Una popolazione carceraria di 67 mila persone a fronte di una capienza regolamentare di 45 mila unità. Queste le cifre di un dramma che sembra endemico alla storia italiana. Il sottosegretario al ministero della Giustizia, Maria Elisabetta Alberti Casellati, commenta i dati e spiega i piani del ministero Luca Boccaletti

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ono nella memoria di ciascuno di noi le notizie di cronaca che con cadenza settimanale, se non giornaliera, parlano di suicidi negli istituti di pena italiani. Una realtà dura quella del carcere, aggravata da un sovraffollamento che produce nei detenuti condizioni di alienazione e disagio psicologico devastanti e che mina la possibilità di un reinserimento sociale. Nel passato, anche recente, ogni qualvolta il numero dei detenuti diventava oggettivamente ingestibile, si preferiva un’amnistia o un indulto generale (ben 30 negli ultimi 60 anni) invece di affrontare concretamente un problema divenuto dramma costante. È per questi motivi che Maria Elisabetta Alberti Casellati, sottosegretario alla Giustizia con delega all’edilizia carceraria, si trova infatti ad affrontare e risolvere il sovraffollamento cronico negli istituti di pena italiani. Il recente piano varato dal governo prevede una riforma strutturale del settore con un investimento di 600 milioni di euro per aumentare la ricettività dei 360 istituti di pena, potenziare gli effettivi di polizia penitenziaria e, contestualmente, ripristinare quelle condizioni minime di umanità che spettano a qualunque persona.

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Quali sono i numeri dell’emergenza carceri in Italia? «Oggi i detenuti sono poco più di 68 mila su una capienza regolamentare di 44.608 posti e una tollerabilità stimata in 67mila unità. Le cifre parlano chiaro: ci troviamo di fronte a una situazione di sovraffollamento della popolazione carceraria che provoca un grave disagio personale e sociale, tant’è che abbiamo dichiarato lo stato di emergenza.

Sopra, Maria Elisabetta Alberti Casellati


Maria Elisabetta Alberti Casellati

Anche in Veneto la situazione è allarmante, aggravata dalla presenza di una percentuale rilevante di stranieri di svariate etnie, che è di gran lunga superiore alla media nazionale

Bisogna rilevare, però, che la crescita annuale degli ingressi in carcere si è ridotta rispetto al 2008, del 17% nel 2009 e, dato numericamente ancora più significativo, del 62% con riferimento al maggio del 2010. Dati che confortano, ma che non fanno abbassare l’attenzione, che resta massima. Misure come l’indulto che negli ultimi 60 anni sono state adottate per svuotare le carceri nonostante il valore morale che può essergli attribuito, quale precipitato istituzionale di una virtù come la clemenza - non sono oggi socialmente accettate e non sono perciò ripetibili. Urgono perciò risposte precise, efficaci e non dilazionabili». Quali misure intende adottare il governo? «Il governo ha varato un piano strutturale che poggia su tre pilastri fondamentali: gli interventi di edilizia penitenziaria per la costruzione, in prima battuta, di 47 nuovi padiglioni e successivamente di 8 nuovi istituti; gli interventi normativi che introducono la

600 mln FONDI

L’investimento per migliorare l’edilizia carceraria contenuta nel recente piano varato dal governo

360 STRUTTURE Gli istituti di pena presenti sul territorio italiano

possibilità della detenzione domiciliare per chi deve scontare solo un anno di pena residua; l’assunzione di 2.000 nuovi agenti di Polizia penitenziaria, per cercare di ridurre i tanti disagi del personale che quotidianamente si adopera con sacrificio per l’assistenza dei detenuti. Stiamo poi attuando accordi bilaterali con vari Stati per far sì che gli stranieri scontino la pena nel loro Paese d’origine». Come giudica la situazione carceraria in Veneto? «Anche in Veneto la situazione è allarmante, aggravata dalla presenza di una percentuale rilevante di stranieri (58%) di svariate etnie, che è di gran lunga superiore alla media nazionale pari al 37%. Ciò rende assai difficile l’organizzazione dei servizi carcerari. Ed è per questo che alla regione è stata attribuita un’attenzione particolare. Sono previsti, infatti, stanziamenti per la costruzione di un nuovo istituto nella città di Venezia e per i lavori di ristrutturazione alla Casa circonda- VENETO 2010 • DOSSIER • 173


EMERGENZA CARCERI

La certezza della pena e l’espiazione degli errori sono elementi cruciali per la tenuta di una società, ma la privazione della libertà non è fine a se stessa perché funzionale alla rieducazione

riale di Vicenza. Inoltre, per quanto riguarda «In Veneto ci sono esempi eccellenti di carceri la Casa circondariale di Padova, la novità è il finanziamento di circa 2 milioni di euro per completare nei prossimi mesi i lavori di adeguamento dei cortili di passaggio, delle cucine e delle zone trattamentali connessi all’attivazione delle sezioni in fase di ristrutturazione. Ciò consentirà l’apertura della nuova palazzina che diversamente avrebbe rappresentato un’incompiuta inutilizzabile». Esistono delle concrete possibilità per un reinserimento in società al termine del carcere? «È giusto che il detenuto saldi il suo debito nei confronti dello Stato e delle vittime del reato; è importante però che lo stesso sia messo nelle condizioni di non tornare a delinquere una volta lasciato il carcere. La certezza della pena e l’espiazione degli errori sono elementi cruciali per la tenuta di una società, ma la privazione della libertà non è fine a se stessa perché funzionale alla rieducazione. Questa è la missione di uno Stato moderno, questo è ciò che contraddistingue una nazione civile. La riabilitazione è un percorso complesso che comprende gli aspetti del lavoro, della cultura e della formazione». In Veneto ci sono strutture che garantiscono concretamente questo percorso?

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dove si preparano i detenuti al reinserimento nella società. A Padova un’importante sinergia si è realizzata tra l’istituto di pena e le industrie che operano sul territorio nel settore delle valige, dei gioielli e delle biciclette. Vi è poi una nota pasticceria che ha guadagnato riconoscimenti nazionali per la qualità dei dolciumi lavorati dai detenuti. A Venezia, dove sono stata di recente, le detenute, oltre a dedicarsi al laboratorio di cosmesi, coltivano i prodotti della terra che vengono venduti all’esterno, stabilendo così un filo ideale con la comunità locale. Non si deve però trascurare la sfera dell’affettività. Interrompere il flusso dei rapporti significa separare l’individuo dalla sua stessa storia personale. È questa una mia riflessione, non un progetto governativo. Io credo che sia necessario permettere ai carcerati di mantenere un’affettività normale e completa, incentivando incontri tra i detenuti e le loro mogli. E questo sulla base di esperienze messe in atto in molti paesi d’Europa. Ci sono studi, del resto, che hanno rilevato come nelle carceri europee in cui il sistema prevede che il detenuto abbia la possibilità di vedere la moglie e proseguire con lei un rapporto “quasi normale” il numero dei suicidi si abbassa sensibilmente».



LE IMPRESE E LA 626

Sicurezza sul lavoro Serve una visione strategica Prevenzione e organizzazione sono le parole chiave per garantire la sicurezza sul lavoro. Dal Decreto legislativo 626 al Testo Unico della Sicurezza, uno sguardo alle misure adottate e ancora da adottare dalle aziende venete Belinda Pagano

l tema della sicurezza e salute nei luoghi di lavoro è da tempo tornato prepotentemente al centro dell’attenzione, vuoi a causa di una serie di eventi particolarmente tragici di cui si sono occupate le cronache, vuoi perché il legislatore negli ultimi tre anni ha dedicato a questa disciplina numerosi interventi, tra i quali spicca l’emanazione del Decreto Legislativo n. 81/2008 (il cosiddetto Testo Unico della Sicurezza del lavoro). Ma qual è la situazione delle imprese del Veneto di fronte a questi temi? Lo abbiamo chiesto agli avvocati Lucia Casella e Giovanni Scudier, soci fondatori dello studio legale Casella e Scudier di Padova, che da lungo tempo si occupano del mondo delle imprese, delle professioni e degli enti pubblici. Molto è stato fatto ma ci sono ancora diversi passi da compiere per garantire

I Gli avvocati Lucia Casella e Giovanni Scudier nel loro studio di Padova www.casellascudier.it

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completa sicurezza sul posto di lavoro. Cosa devono aspettarsi le imprese venete nel prossimo futuro? LUCIA CASELLA «Senza dubbio l’ultimo decennio ha segnato una vera e propria svolta. Il decreto 626 del 1994 e il sistema incentrato sulla valutazione dei rischi hanno modificato profondamente la situazione. Il precedente approccio, che si concentrava sulla parte tecnica della prevenzione secondo le regole degli anni cinquanta, non è stato certo abbandonato, ma è stato inserito all’interno di un contesto completamente diverso e più attuale; è stata valorizzata la parte organizzativa, con l’introduzione di nuove figure (il Responsabile del Servizio di Prevenzione, il Medico Competente, il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, e così via) e il documento di valutazione dei rischi ha portato ad una visione globale della questione come materia aziendale a tutto campo». Se si guarda allo stato attuale, a che punto sono le grandi aziende del Veneto?


«Sicuramente c’è una grande attenzione al tema e sono oramai poche le imprese che non sono in linea con il sistema di valutazione dei rischi». Questo per quanto riguarda le grandi imprese. E per quanto concerne invece piccole e medie imprese? G.S. «Ad oggi mancano alcuni strumenti, particolarmente attesi in una realtà come quella veneta, ad esempio per quanto riguarda le procedure standardizzate di valutazione dei rischi nei confronti di questo tipo di imprese». Da un punto di vista generale, il quadro regionale dunque è positivo? G.S. «Dal punto di vista strettamente prevenzionale sì, e così pure per quanto riguarda gli aspetti organizzativi: i ruoli previsti dal Decreto 626 e ora dal Decreto 81 sono presenti in quasi tutte le realtà; semmai, va rafforzata una visione strategica che concepisca gli adempimenti come elemento integrante dei sistemi aziendali». Il lavoro di prevenzione per garantire sicurezza è ottimo, ma cosa si potrebbe fare per migliorare ancora? L.C. «La risposta è nella normativa, che già è entrata in una nuova fase con l’introduzione tre anni fa della responsabilità amministrativa delle società (la cosiddetta 231) Bisogna ricondurre anche in caso di infortututti gli adempimenti nio sul lavoro. Il futuro all’interno di un sistema prossimo per le imprese già qui, ed è rappresenaziendale di gestione ètato dai modelli organizdella sicurezza, che zativi e di gestione, necombini gli aspetti cessari per ottenere tecnici, quelli medici efficacia esimente di responsabilità. Si e quelli giuridici quella tratta in sostanza di ricondurre tutti gli adempimenti all’interno di un vero e proprio sistema aziendale di gestione della sicurezza, che combini assieme gli aspetti tecnici, quelli medici e quelli giuridici, prevedendo esplicitamente i ruoli di ciascuno, procedure e sistemi di controllo, meccanismi disciplinari». GIOVANNI SCUDIER

La normativa è dunque un punto di partenza sul quale sviluppare un modello organizzativo di sicurezza. G.S. «Naturalmente il modello presuppone che gli obblighi a monte siano stati adempiuti, altrimenti è soltanto un inutile formalismo privo di efficacia; ma se l’azienda ha già una buona situazione di base, il modello non soltanto protegge la società dalle pesanti sanzioni della responsabilità amministrativa, ma diventa anche uno strumento formidabile di ulteriore innalzamento dei livelli di tutela dei lavoratori e di organizzazione dei processi aziendali, e quindi un investimento sotto ogni profilo». Il lavoro da svolgere è ancora tanto. Quali suggerimenti dare per migliorare la situazione all’interno delle singole aziende? G.S. «Considerare l’adozione del modello organizzativo non come un mero adempimento formale al solo scopo di inseguire un esonero di responsabilità (che in questo caso rischia addirittura di non arrivare) ma come un’opportunità per definire al meglio ruoli e procedure aziendali, deleghe e funzioni. Non a caso, nella predisposizione del modello vengono coinvolti tutti i ruoli dell’azienda, non soltanto quelli tecnici ma anche chi si occupa delle risorse umane, della formazione, degli aspetti amministrativi; così migliora l’efficienza dell’azienda e al tempo stesso si protegge la società dalla responsabilità amministrativa». VENETO 2010 • DOSSIER • 181


PROFESSIONE FORENSE

Un’antica tradizione un modello vincente Molti nomi eccellenti e uno scenario professionale aperto ai nuovi mercati, ma anche alle istanze del territorio. Tutto questo fa del Foro di Padova il più importante del Triveneto. Lo spiega Lorenzo Locatelli Agata Bandini

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riveneto, terra di imprenditori e fiore all’occhiello del sistema produttivo italiano. Ma anche terra di grandi giuristi e centro di un’attività legale vivace e di altissimo livello. Due aspetti che, evidentemente, sono complementari. È indubbio, infatti, che la presenza di quel tessuto di Pmi che ha reso emblematico il modello Nordest abbia funzionato da formidabile humus per una tale fioritura di eccellenze forensi sul territorio. A partire da Padova, il cui Foro conta il maggior numero di iscritti dell’intera area del Triveneto. «Padova è una città particolare – spiega Lorenzo Locatelli, presidente dell’ordine forense locale – che guarda ai centri maggiori, ma ancora riposa su caratteristiche legate alla tradizione, per quanto riguarda l’approccio alla tutela legale. La media imprenditoria, fulcro del sistema economico della zona, si rivolge volentieri a uno studio legale che si dimostri non distante dalle proprie dimen182 • DOSSIER • VENETO 2010

A sinistra, Lorenzo Locatelli, presidente dell’Ordine degli avvocati di Padova

sioni». A questo si aggiunge senza dubbio la garanzia rappresentata dalla presenza di una forte tradizione giuridica cittadina, che per molti clienti rappresenta un vantaggio considerevole rispetto al modello delle multinazionali del diritto. Boutique legali e law firm. Qual è il modello vincente sul territorio? «Non esistono solo boutique legali e law firm, quantomeno intese nel senso anglosassone. Mi sembra invece si stia diffondendo uno studio in-


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Lorenzo Locatelli

Un’avvocatura che risolva le disfunzioni del sistema D

a più parti, gli organi dell’avvocatura invocano a gran voce che si faccia chiarezza sul settore. Infatti, il sistema forense necessita di cambiamenti e la riforma del settore, non ancora approvata, potrebbe essere una soluzione o quantomeno un passo in avanti. Le questioni da risolvere sono varie, dall’accesso alla professione alla carenza di personale di cancelleria. Per Bruno Piazzola (nella foto), presidente dell’Ordine avvocati di Verona, le difficoltà nella sua città sono molte. «Certamente tra le più gravi citerei la carenza di magistrati, di personale amministrativo, di ufficiali giudiziari. Problemi di funzionamento della sezione distaccata di Soave. Difficoltà legate al funzionamento della Corte d’Appello di Venezia, dove un processo civile, di appena due udienze, dura mediamente cinque o sei anni. Da molto tempo rivendichiamo, senza successo, la costituzione di una Corte d’Appello a Verona». È necessario, quindi, per gli avvocati veronesi un riassetto generale del sistema giustizia. «Senza entrare nei particolari della legge in discussione, ritengo la riforma forense una vera urgente necessità. I punti di criticità - e mi limito a citare l’accesso, la formazione, l’organizzazione degli studi e l’aspetto disciplinare - devono essere rivisti e regolati in modo da consentire agli avvocati l’acquisizione di una professionalità più adeguata alle esigenze di una società così radicalmente modificata negli ultimi anni, e un’efficace ed effettiva tutela dei diritti dei cittadini». Un aspetto condiviso del progetto di riforma è la formazione dei giovani che si avviano alla carriera. «In particolare, vorrei citare l’attuazione di iniziative che mirino a un maggior inserimento dei giovani nel lavoro, mediante corsi di formazione e la stipula di protocolli con studi legali e uffici. A Verona abbiamo firmato un protocollo d’intesa che dovrebbe inserirsi in un progetto più ampio di formazione comune tra avvocati e magistrati». È utile fornire a giovani che si apprestano alla professione sia solide basi sia gli strumenti per accrescere costantemente le proprie conoscenze e tenere la mente aperta alle novità. «Il sostegno ai giovani avvocati è uno dei nostri obiettivi primari. Oltre alle iniziative del Consiglio nazionale forense, riteniamo utili iniziative in sede locale, più facilmente accessibili, senza dimenticare però la necessità che i giovani si aprano a conoscenze comunitarie. Stiamo pensando al riguardo a borse di studio per stage all’estero».

termedio, che boutique non è, ma non raggiunge nemmeno i livelli di una law firm, e che presuppone un’organizzazione interna e un investimento di livello elevato. Il problema dei costi credo induca molti a riunire le forze in un unico sistema ma questo non significa che, automaticamente, si sia in presenza di un’organizzazione tra professionisti quanto, piuttosto, di un raggruppamento di professionisti, che è cosa diversa».

La città di Padova può vantare una storia importante dal punto di vista legale. Quali sono i suoi punti di forza? «Il merito è in gran parte della grande tradizione universitaria. Il motto stesso dell’Università, Universa Universis Patavina Libertas, evidenzia la particolare libertà di pensiero che caratterizzava e, tuttora caratterizza, l’ambiente non solo universitario ma anche forense. Mi piace ricordare che Padova fu l’unica sede in Italia, dopo la con- VENETO 2010 • DOSSIER • 183


PROFESSIONE FORENSE

troriforma, a restare aperta a studenti e docenti

protestanti. E credo che di questa vocazione liberale e laica sia rimasto molto nella pratica e nella cultura forense locale». Quali sono invece le principali criticità in questo scenario? «È indubbio che con l’arrivo degli studi stranieri, le fette di mercato si conquistano con il marketing. Ma per un uso corretto ed efficace della comunicazione in ambito legale occorre ancora compiere alcuni passi. Prima di tutto puntare sulla specializzazione, che sta alla base della professionalità e permette di imprimere il proprio nome in un particolare mercato. Il problema, poi, è mantenere quanto si è conquistato. Il rapporto con le grandi aziende, ad esempio, non è semplice e le loro pretese sono assai problematiche da soddisfare senza un’organizzazione complessa». Non solo gli studi di “provincia”, ma anche

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le big firm operano sul mid market, guardando dunque a clienti e operazioni di taglio medio. Qual è la realtà di Padova? «Sappiamo benissimo che le big firm non lavorano solo con “big client” come sembravano promettere al loro arrivo. Il cliente piccolo o medio è ben accetto ovunque, le assicuro. Soprattutto in un mercato come quello padovano, in cui i buoni avvocati e la concorrenza non mancano di certo». Dal punto di vista formativo, l’offerta di Padova appare adeguata ai cambiamenti dello scenario sociale e culturale? «Direi che sotto questo aspetto possiamo dirci soddisfatti. Lo scorso anno, con l’aiuto sempre presente delle associazioni locali, particolarmente vivaci, il Consiglio ha organizzato circa numerosi eventi formativi gratuiti: due eventi la settimana, se si escludono i periodi feriali. Non è poco per questa città».



IL PROCESSO TRIBUTARIO

Più cooperazione nel sistema tributario I

L’introduzione del giudice monocratico non può rappresentare la panacea di tutte le problematiche del processo tributario. L’analisi dell’avvocato Gianfranco Vignola Adriana Zuccaro

L’avvocato Gianfranco Vignola è civilista che si occupa di diritto tributario. Nell’altra foto è insieme ai professionisti che collaborano presso lo studio legale Vignola di Verona www.studiovignola.it

l tono dei rapporti tra fisco e contribuenti diviene sempre più acceso. Così a fronte dell’obbligo del pagamento delle tasse, «tutti gli attori concorrenti alla formazione e all’evoluzione della fattispecie tributaria – amministrazione, giudici e avvocati – dovrebbero cooperare di più per stabilire il giusto equilibrio nel rapporto tra Stato e cittadini». L’incipit dell’avvocato Gianfranco Vignola, civilista che si occupa soprattutto della materia del diritto tributario, bancario e immobiliare, annuncia un attento resoconto sui pregi e difetti della giustizia tributaria perché se pure complessivamente efficiente «necessita dell’adozione di accorgimenti per un adeguamento del sistema processuale rispetto alla evoluzione del diritto tributario». Su quale aspetto bisognerebbe intervenire per migliorare il sistema tributario italiano? «L’andamento dell’intero apparato della giustizia tributaria è sostanzialmente positivo. Lo confermano il funzionamento e la tempistica dei procedimenti tributari che, rispetto a una qualunque giacenza media dei giudizi ordinari civili, risultano decisamente più efficaci. I pregi del sistema processuale tributario, determinati dalla centralità della discussione orale e dalla concentrazione in un’unica udienza fissata con una tempistica non elevata, rendono efficace la macchina organizzativa nel suo complesso ma non eliminano l’assoluta necessità dell’adozione di accorgimenti per un adeguamento del sistema processuale rispetto all’evoluzione del diritto tributario sostanziale. Si avverte quindi l’esigenza di una maggiore efficienza del processo sia con riguardo alla necessaria istruttoria, più ampia, delle vertenze incardinate, sia in riferimento a una tutela cautelare capace di rispondere all’intrinseco carattere “invasivo” della fattispecie tributaria». L’introduzione del giudice tributario monocratico potrebbe snellire l’attuale peso dei contenziosi? «Con la trasformazione degli attuali giudici


Snellire il sistema

TUTELIAMO I PATRIMONI laici in magistrati tributari togati, l’introduzione Non sono rare le connessioni riscontrabili tra la del giudice tributario monocratico permetterebbe giustizia tributaria e il mondo del diritto immobiliare. forse una maggiore efficienza e celerità del siL’avvocato Gianfranco Vignola spiega le principali stema ma non rappresenterebbe la panacea di tutte le problematiche del processo tributario. Un aspetto di forse più facile applicazione sal diritto immobiliare ha da sempre rappresentato uno degli ambiti in cui gli effetti della giustizia tributaria si sono maggiormente riflessi, e rebbe invece l’informatizzazione dell’intero prociò, sia per la “fisicità” del diritto stesso, sia per la rilevanza dei rapporti cesso. Diverse e numerose sarebbero le agevolaeconomici che normalmente vedono coinvolti, appunto, gli immobili zioni – consultazione del fascicolo processuale oggetto di transazione. Le transazioni immobiliari, infatti, da parte dell’intero collegio giudicante e difesa rappresentano da un lato la realizzazione di un fenomeno impositivo, sino al giorno di trattazione dell’udienza, semdall’altro patrimonio su cui le ragioni creditorie dell’amministrazione plificazione delle attività di cancelleria quale definanziaria possono trovare soddisfazione. Al di là delle questioni posito di atti, biglietti di cancelleria, comunicadevolute all’attenzione dei magistrati tributari, i cui esiti zione di avvenuto deposito – e conseguente la necessariamente coinvolgono il patrimonio immobiliare del contribuente, le vertenze di cui spesso risultano investiti questi ultimi, liberazione di risorse da destinare ad altro». hanno per oggetto l’adozione di misure cautelari di tipo reale, richieste Centoventi sono i miliardi di euro sfuggiti al dall’amministrazione finanziaria o dal concessionario. Di qui l’assoluta fisco ogni anno. Come combattere l’evasione finecessità di trovare una corretta disciplina in un momento antecedente scale? l’evoluzione della fattispecie in senso patologico, ovvero di individuare «La lotta all’evasione deve rappresentare uno dei pilegittimi strumenti a tutela del patrimonio stesso». lastri su cui si fonda sia l’azione di governo che la priorità degli organi di giustizia tributaria. A tale assoluto principio, deve peraltro fare da contrappeso, un processo di produrre analoghi scritti difensivi. Occorre equo e capace di individuare le ragioni del contribuente così da l’introduzione alla tutela cautelare anche nel sedistinguere il vero evasore da colui il quale, per diversi e molte- condo grado di giudizio e lo snellimento delle plici motivi, finisce nelle “ruote” della giustizia tributaria. Proprio procedure di esecuzione forzata di sentenze o dalla necessità di individuare i veri colpevoli, sorge l’esigenza, af- statuizioni che stabiliscano il diritto per il confinché il processo tributario si caratterizzi per una piena attuazione tribuente al rimborso. Vi è di fatto una dispadel diritto del contribuente al contraddittorio, di un amplia- rità di trattamento tra la tutela delle ragioni mento dei mezzi di prova utilizzabili dalle parti del processo». creditorie dall’amministrazione finanziaria tuPerché? telate da Equitalia, e le aspettative del contri«Ad oggi è evidente la sperequazione tra le testimonianze rac- buente, per le proprie ragioni, relativamente colte dagli organi verificatori e l’impossibilità per il contribuente non tutelate».

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VENETO 2010 • DOSSIER • 187


TURISMO

Un’offerta a 360 gradi per battere la crisi Il turismo rappresenta il settore trainante dell’economia veneta. Tra percorsi nel gusto, progetti sostenibili e riconoscimenti da parte dell’Unesco, l’assessore regionale al Turismo Marino Finozzi svela con orgoglio la ricetta di un sistema che non vacilla Michela Evangelisti

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Marino Finozzi, assessore al Turismo e al commercio estero della regione Veneto

l sistema turistico veneto ha saputo reagire alla critica situazione congiunturale e alle difficoltà internazionali. A puntellarlo da un lato le straordinarie ricchezze naturali e artistiche attorno alle quali ha la fortuna di organizzarsi, dall’altro la capacità delle realtà locali di fare sistema. Dal gioco di squadra tra pubblico e privato, dalla creatività per proporre progettualità coor-

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dinate e mettere in rete imprese e servizi, è scaturita la forza per superare uniti il periodo di crisi e sbaragliare, ancora una volta, la concorrenza. Il Veneto è la prima regione italiana in termini di presenze turistiche. Quali sono i punti di forza che hanno portato a questi risultati? «Nessuna regione in Italia può vantare come il Veneto un’offerta turistica a 360 gradi. Abbiamo spiagge, montagna per l’estate e per l’inverno, il lago di Garda e un bacino termale di prim’ordine come quello di Abano e Montegrotto. Ogni anno questa offerta viene premiata da turisti che trascorrono nella nostra regione oltre 60.000 notti (il 16% del totale nazionale). Con questi numeri, il turismo rappresenta un segmento importantissimo dell’economia veneta e fa da traino a tanti altri comparti del terziario. La nostra regione persegue da tempo strategie di valorizzazione dei

prodotti tipici basate su percorsi enogastronomici. Abbiamo creato associazioni tra soggetti pubblici e privati, tra cui le aziende agricole e agrituristiche, cantine ed enoteche, alberghi, ristoranti e imprese artigiane, enti e associazioni locali. Le vie dei prodotti tipici corrono su percorsi segnalati, che toccano aree e luoghi di produzione e che offrono ai turisti l’opportunità di conoscere le risorse culturali e naturalistiche del territorio che attraversano. Ne sono state già riconosciute 19. Solo la Toscana, nel resto d’Italia, è arrivata a questa cifra». La Giunta regionale ha adottato da pochi mesi il piano regionale di sviluppo del turismo sostenibile e competitivo. Quali le linee guida e le strategie messe in campo? «La promozione del turismo sostenibile, responsabile e di qualità, è una delle principali azioni previste nella recente


Xxxxxxx Marino Xxxxxxxxxxx Finozzi

Numero indice (*) delle presenze di turisti per comprensorio (anno base = 2000). Veneto - Anni 2000:2009 Mare Montagna

Città d’arte Terme

Lago

150 140

133,9

130 120

118,1

110

106,5

100 90 80

89,7 83,4 2000

01

02

03

04

05

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07

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2009

(*) Numero indice = (presenze anno t/presenze anno base) x100 Fonte: Elaborazioni Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Regionale su dati Istat - Regione Veneto

L’IMPEGNO DEL FONDO AMBIENTE ITALIANO PER IL VENETO Villa dei Vescovi riaprirà a breve le porte al pubblico grazie all’intervento del Fai. E nella presidente della fondazione, Ilaria Borletti Buitoni, l’atmosfera veneziana trova una protettrice determinata estaurare, riaprire al pubblico e proteggere gli splendidi gioielli d’arte e natura del nostro Paese. Questa, da ormai 35 anni, la primaria missione del Fai, Fondo ambiente italiano. Ma fondamentale per la fondazione è anche l’attività di osservatorio per l’ambiente e il paesaggio: facendosi portavoce degli interessi e delle istanze della società civile, il Fai vigila sulle emergenze territoriali, e interviene con tutti gli strumenti a sua disposizione a difesa dei beni minacciati. «L’intervento più importante attualmente in corso in Veneto è il restauro di Villa dei Vescovi a Padova, uno dei più begli esempi di architettura veneta – spiega la

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presidente del Fai, Ilaria Borletti Buitoni –. I delicati lavori sono iniziati da ormai più di 5 anni e l’inaugurazione è prevista per l’autunno 2011. La villa sarà aperta al pubblico per le visite e ospiterà eventi selezionati, in particolare a carattere musicale. Il più grosso contributo per il restauro è venuto dalla fondazione Cassa di risparmio di Padova e Rovigo, e, in misura minore, abbiamo ricevuto il sostegno anche di sponsor e aziende». Come è orgogliosa dell’opera di recupero di Villa dei Vescovi, così Ilaria Borletti Buitoni è indignata per l’attuale situazione in cui versano campi e calli di Venezia, a suo parere deturpati da messaggi pubblicitari che ne snaturano l’atmosfera.

«Venezia è la città più straordinaria del mondo. Che l’unico modo per finanziare il restauro dei suoi palazzi sia vendere enormi spazi pubblicitari agli sponsor, seppure selezionati, mi sembra una scelta alquanto opinabile – attacca la presidente –. Ritengo opportuno prendere in considerazione altre forme di finanziamento che non sviliscano la città. Ad esempio quella di chiedere un piccolo contributo a tutti i visitatori mi sembra una proposta molto più ragionevole».

In alto, Ilaria Borletti Buitoni, presidente del FAI

VENETO 2010 • DOSSIER • 193


TURISMO

comunicazione della Commissione europea riguardante il nuovo quadro politico per il turismo europeo. Per questo ho firmato con il vicepresidente della Commissione europea con delega al Turismo, Antonio Tajani, un protocollo d’intesa che farà del Veneto la regione pilota per le politiche europee in tema di turismo sostenibile. Sostenibilità del turismo vuol dire preservare il territorio, con le sue fragilità, utilizzando responsabilmente le risorse naturali, considerando l’impatto ambientale delle attività, impiegando energie pulite, proteggendo il patrimonio e salvaguardando l’integrità naturale e culturale delle destinazioni turistiche, nonché la qualità e la durata dei posti di lavoro creati». Nel 2009 il turismo regionale ha subito una lieve flessione ma comunque il mercato ha retto alla crisi. Quale peso ha avuto l’afflusso di turisti stranieri in questa contingenza? «Il turismo veneto è caratterizzato da una forte componente straniera (59,4%), la cui presenza è aumentata dello 0,6%, a fronte di una diminuzione degli arrivi dell’1,8%. Ciò indica che nel 2009 sono arrivati meno turisti stranieri del 2008, ma hanno trascorso una vacanza mediamente più lunga. Tali incrementi hanno parzialmente compensato la diminuzione delle presenze di nostri connazionali (-1,6%), accompagnata da una riduzione, seppur più lieve, degli arrivi (-0,5%). I turisti tradi194 • DOSSIER • VENETO 2010

zionalmente più affezionati alla variegata offerta della nostra regione, tedeschi e austriaci, risultano nel 2009 notevolmente aumentati, sia nel numero che nei pernottamenti. Anche olandesi, svizzeri, cechi e belgi hanno manifestato un interesse crescente per il soggiorno in Veneto. Si nota invece un forte calo di turisti sia inglesi (-21,4%) che americani (-9,8%), che hanno subito più pesantemente gli effetti della crisi economica globale. Sul fronte italiano, i

turismo termale? «Abbiamo appena presentato un piano per il rilancio delle terme di Abano e Montegrotto. Con un investimento del valore di un milione e trecentomila euro - di cui 800 mila di finanziamento regionale - abbiamo deciso di puntare su un settore che negli ultimi anni ha faticato a reagire ai mutamenti delle politiche di rimborsi delle prestazioni e delle abitudini dei vacanzieri. L’obiettivo è la trasformazione da complesso medico-curativo

La tutela della montagna: le Regole d’Ampezzo In molte località europee sopravvivono delle proprietà collettive. A Cortina sono le Regole d'Ampezzo: qui boschi e pascoli sono da secoli proprietà collettiva della comunità originaria. Inizialmente le Regole erano due, Ambrizola – Falzarego e Larieto, oggi sono undici e, da circa vent'anni, sono unite in comunanza. I regolieri sono i capifamiglia discendenti dall'antico ceppo ampezzano, che amministrano il patrimonio comunitario secondo i Laudi, le antiche leggi approvate dall'assemblea costituita dai capifamiglia. Le Regole gestiscono oggi circa 16.000 ettari di bosco, con taglio e vendita del legname e selvicoltura naturalistica del patrimonio forestale. Alcune malghe sono ancora utilizzate per il pascolo del bestiame. Ma tra le finalità delle Regole vi sono anche la conservazione e la promozione della lingua, della cultura e delle tradizioni ampezzane e, dal 1990, le Regole gestiscono il parco naturale delle Dolomiti d'Ampezzo.

veneti continuano a essere assidui frequentatori di località turistiche della propria regione». Nel 2009 il mare, le città d’arte e i laghi hanno battuto di gran lunga montagne e terme: cosa state facendo per rilanciare il

in sistema che offra benessere in senso lato, in grado di attrarre anche una nuova clientela di turisti italiani giovani alla ricerca di una rigenerazione sia fisica che mentale. Il progetto prevede tre linee d’intervento: iniziative di valorizzazione, comunicazione e pro-

3,9 mld EURO

La spesa dei viaggiatori stranieri nel Veneto nel 2009

14% CONSUMI

La percentuale dei consumi interni regionali rappresentata in Veneto dal turismo


Xxxxxxx Marino Xxxxxxxxxxx Finozzi

mozione del prodotto fangoterapico delle terme Euganee; iniziative di formazione, valorizzazione e sviluppo delle attività complementari al termalismo, per il riposizionamento della destinazione e l’integrazione con le tipicità culturali, naturali ed enogastronomiche del territorio; azioni a favore delle imprese e delle attività economiche, per la qualificazione e sostenibilità delle attività termali». Parliamo infine delle Dolomiti, che si sono aggiunte

volta in Italia enti tra loro molto diversi. La firma per la costituzione della fondazione è avvenuta un anno dopo l’iscrizione delle Dolomiti nella lista del Patrimonio dell’umanità Unesco. La convenzione è stata firmata dalle Regioni del Veneto e del Friuli Venezia Giulia, assieme alle Province di Belluno, Bolzano, Trento, Udine e Pordenone, ed è già operativa con un proprio consiglio di amministrazione. Un anno è stato un tempo non breve, ma necessa-

collaborazioni con le istituzioni internazionali, comunitarie, nazionali, regionali e locali. Infine sono convinto che vada rilanciato anche il ruolo delle comunità montane, non più come enti preposti solo alle politiche agro-pastorali, ma anche come importante punto di riferimento nel campo sociale e turistico. Le Dolomiti sono considerate tra i più bei paesaggi montani del mondo: una bellezza che deriva dallo straordinario contrasto tra le linee morbide

nel 2009 a Venezia, Verona, l’orto botanico di Padova, Vicenza e le ville palladiane, luoghi veneti già insigniti del riconoscimento Unesco. A che punto sono le attività della fondazione Dolomiti? «La fondazione Dolomiti Unesco riunisce per la prima

rio per trovare un valido equilibrio tra enti tanto diversi tra loro. La fondazione ora, al di là delle diversità geografiche e delle divisioni amministrative, si occuperà unitariamente della tutela delle Dolomiti e della loro promozione del mondo. Dovrà inoltre cercare

delle praterie e l’improvviso sviluppo verticale delle cime, dalle forme scolpite e inconfondibili. È nostro dovere pensare a uno sviluppo che non si scontri con la conservazione, a un turismo che sappia e possa apprezzare lo spirito della montagna». VENETO 2010 • DOSSIER • 195


Un territorio più curato per rimettere in moto il turismo Gli imprenditori alberghieri si rimboccano le maniche per il rilancio e dalle Dolomiti si aspettano di più. A rappresentarli il presidente di Confturismo e Federalbeghi Veneto, Marco Michielli Michela Evangelisti

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endere il Veneto una terra sempre più ospitale, migliorando le infrastrutture, rendendo più agili i trasporti, portando a zero il degrado. Una politica che si prenda a cuore la cura del territorio a trecentosessanta gradi è il necessario trampolino per il rilancio delle strutture ricettive del Veneto. L’attenzione delle istituzioni verso le esigenze degli imprenditori del settore poi, nella difficile contingenza, risulta fondamentale. La Regione Veneto risponde all’appello, e con una delibera a favore degli albergatori ottiene il plauso della categoria. Come è andata la stagione estiva nelle strutture ricettive della regione? 196 • DOSSIER • VENETO 2010

«Le località di mare hanno registrato un leggero calo sui numeri, ma più accentuato sui fatturati, che sono quelli che contano. La situazione è analoga sul lago di Garda, dove come un po’ in tutte le località - il periodo di permanenza dei turisti si è ridotto rispetto agli anni passati. Nonostante le Dolomiti, che per oltre il 70% risiedono in Veneto, siano state decretate dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità, non hanno fatto registrare le performance sperate; anzi, diciamo pure che la stagione è andata male. Oltre che nella provincia di Belluno, anche in quelle di Vicenza e Verona le località montane hanno registrato un calo evidente di arrivi e presenze. Complici la crisi economica da un lato e le

A sinistra, il presidente di Confturismo e Federalbeghi Veneto, Marco Michielli


Marco Michielli

condizioni meteorologiche sfavorevoli dall’altro. Una nota positiva viene invece da Auronzo di Cadore che, dal 10 al 30 luglio, ha ospitato la compagine della Lazio per il ritiro estivo che si ripete ormai da qualche anno, facendo da volano all’immagine di questa suggestiva località. Si tratta comunque, com’è intuibile, di un periodo troppo breve perché si possa pensare di pareggiare il conto con una stagione a dir poco inclemente». Cosa fare dunque per rilanciare le località montane più in difficoltà? «Da oltre un anno Federalberghi Veneto, attraverso i presidenti di Belluno e Cortina, sta sensibilizzando le istituzioni locali, la Regione e anche il governo, perché guardino a quest’area come a una grande risorsa paesaggistica unica al mondo, con grandi possibilità di sviluppo anche in seguito al riconoscimento dell’Unesco. A dispetto della sua bellezza, la montagna veneta è penalizzata anche da circostanze geografiche: la provincia di Belluno è incuneata tra quelle di Trento e Bolzano, che da anni beneficiano di ingenti risorse pubbliche, mettendo in atto di fatto un meccanismo di concorrenza che si gioca ad armi impari». Quali dati arrivano invece dalle strutture ricettive delle località d’arte? «Le città d’arte hanno avuto esiti altalenanti, ma il dato di fondo è che sono state massacrate dalla presenza troppo vasta di alberghi nuovi. Venezia ha registrato un miglioramento

sul fronte numeri, risultato positivo compromesso, però, da fatturati in calo. I costi fissi che aumentano e i prezzi che, in ragione della crisi, gli operatori cercano di tenere bloccati, sortiscono gli stessi effetti ovunque, terme comprese: ad Abano-Montegrotto, a fronte di arrivi in linea con l’estate 2009, si registrano fatturati più risicati. In un settore impegnato nella ricerca di nuove strategie per risollevarsi da un ormai lungo periodo di crisi (ad Abano quest’anno più di un albergo ha chiuso i battenti), c’è da segnalare il ritorno dei turisti italiani. Peggio è andata a Recoaro, dove arrivi e presenze sono in calo costante da una decina d’anni». Dagli ultimi dati emerge che gli alberghi di alta categoria hanno resistito meIMPRESE glio alla crisi. Il numero Per quale modelle strutture rappresentate in tivo? Come si Veneto da spiega invece Confturismo

17 mila

la crescita inarrestabile di agriturismi e campeggi? «Il successo degli alberghi di alta categoria è una tendenza irreversibile dovuta alle aumentate esigenze della clientela. Il dato però va letto come domanda di maggior qualità complessiva, quindi anche una struttura a 2 o 3 stelle che offra quanto richiesto non è e non sarà mai fuori mercato. Per quanto riguarda i campeggi, i turisti li prediligono perché si sono ormai convertiti in villaggi turistici con tutte le offerte proprie di questi a livello internazionale. L’agriturismo, infine, è una moda non passeggera. Ma attenzione a distinguere tra agriturismi veri e finti ristoranti, che approfittano dello scarso o nullo controllo per fare concorrenza sleale ai ristoranti e agli stessi agriturismi autentici». Quali strategie adotterete per attrarre sempre maggiori turisti nelle vostre strutture ricettive, in particolare in quelle montane e termali, che sono a oggi più deboli? «La nostra posizione è nota: l’ul-

2600 ALBERGHI Sono le strutture ricettive associate a Federalberghi Veneto

60,5 mln

TURISTI

Il numero complessivo di vacanzieri presenti ogni anno in Veneto

VENETO 2010 • DOSSIER • 197


TURISMO

Lo sviluppo del turismo congressuale è ora possibile, ma passa obbligatoriamente attraverso le infrastrutture e i trasporti, la logistica e l’organizzazione

tima scelta del turista è il ricet- ghiero? Quali vantaggi trarrà mondo chiude a fronte di una tivo. Prima viene l’appeal del paese, della regione e della località. Pertanto chiediamo un territorio, tutto, più curato e infrastrutturato, con viabilità e trasporti adeguati, maggior attenzione alle zone di degrado e, complessivamente, una terra più ospitale. In fondo è esattamente quello che richiedono i veneti per una migliore qualità della loro vita. Solo da questa base si può concepire un rilancio del nostro settore che soffre, come e più degli altri, la concorrenza globale e non può, strutturalmente, delocalizzare». Turismo congressuale e legato al business: quanto influisce sul fatturato alber198 • DOSSIER • VENETO 2010

dalla delibera della Giunta regionale che consente agli alberghi aperture flessibili contro la crisi? «Il turismo legato al business influisce ancora troppo poco sul fatturato alberghiero. Il suo sviluppo è ora possibile, ma passa obbligatoriamente sempre per le infrastrutture e i trasporti, la logistica e l’organizzazione. La legge indicata è relativa agli alberghi business in località non turistiche, strutture che per loro vocazione ospitano dal lunedì al venerdì, mente il sabato e domenica non hanno ragione di tenere aperto in mancanza di domanda: nessun imprenditore al

richiesta di servizi. Per analogia è la stessa possibilità data all'albergo situato al mare o in montagna di aprire stagionalmente. Non avrebbe alcun senso obbligare l'albergo al mare a tenere aperto da novembre ad aprile. In Austria e in Germania di frequente gli alberghi, specie quelli di piccole e medie dimensioni, adottano il ruhetag, il giorno di riposo. Come avviene per negozi, bar, ristoranti: sia i loro che i nostri. Tali alberghi hanno la facoltà di chiudere uno o più giorni alla settimana. Dallo scorso giugno questo è possibile anche nel Veneto. Un provvedimento che ci mette in linea con l’Europa».



INFRASTRUTTURE

L’ autostrada che porta a Monaco «Mi auguro che si possa proseguire spediti per superare tutte le questioni a livello nazionale e internazionale, forti anche del supporto della regione Veneto che ha deliberato, con altri soci, di prorogare la durata sociale dell'Alemagna Spa». Le attese di Leonardo Muraro, presidente della Provincia di Treviso Renata Gualtieri

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Sotto, Leonardo Muraro, presidente di Alemagna, della Provincia di Treviso e dell’Unione delle Province venete; nelle pagine seguenti, Venezia e Monaco

eriodicamente si ritorna a parlare dell’autostrada Alemagna, vale a dire il prolungamento dell’attuale A27 che dovrebbe collegare Venezia fino all’Austria e Monaco di Baviera. La Società per l’Autostrada Alemagna nasce nel lontano 22 dicembre 1960 proprio con questo obiettivo. «A suo tempo – dichiara Leonardo Muraro, presidente della Provincia di Treviso e dell’Alemagna Spa – ho combattuto per mantenere in vita questa società, composta da un azionariato fatto di istituzioni ed enti locali veneti e friulani, in particolare trevigiani, bellunesi e veneziani, i cui membri non percepiscono alcun compenso, è bene ricordarlo di questi tempi, in quanto fermamente convinto che andava messo a frutto lo straordinario patri-

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monio detenuto da tale Società che non è tanto il suo capitale sociale, ma piuttosto il suo ampio e diffuso azionariato, elemento di cruciale importanza per esprimere una governance secondo un modello reticolare partecipativo. Ora, mi batterò per far sì che l’A27 abbia la sua prosecuzione direttamente a nord. Lo dico da presidente dell’Alemagna, da presidente della Provincia di Treviso ma anche da presidente dell’Unione delle Province venete. Il capitale sociale dell’Alemagna è di 312 mila euro, la quota della Provincia di Treviso è del 4,12%. La Provincia di Venezia, con la precedente amministrazione, aveva pensato di uscire dal Cda, ma la presidente Zaccariotto ci ha ripensato perché ha capito l’importanza dell’infrastruttura. E anche l’amministrazione provinciale di Belluno, col presidente Bottacin, ha condiviso la stra-

tegia di rilancio della Venezia-Monaco conducendo, a fine 2009, anche l’Associazione degli industriali bellunesi a entrare nella società autostradale». Quanto e perché è importante il progetto per il suo Territorio? «In Provincia di Treviso abbiamo 98 mila aziende, sono oltre 19 mila quelle attive nel territorio bellunese, in particolare nell’occhialeria e nel metalmeccanico, 29 mila il Pil pro capite nel 2008. A livello turistico, degli arrivi del 2008 diretti alle zone di Jesolo, Eraclea e Cavallino, il 64% proviene da stati esteri come Austria, Belgio, Lussemburgo, Danimarca, Francia, Germania, Paesi Bassi, Paesi Scandinavi e in generale dai Paesi europei centroorientali, mentre il 36% dall’Italia. I potenziali fruitori dell’Alemagna a scopo turistico sono circa 1 milione (dati 2008, Regione Veneto,


Leonardo Muraro

ndr), passeggeri che frequentano, ovviamente, anche il trevigiano e il bellunese. Ed è forse superfluo ricordare che quella turistica è una delle prime industrie del Veneto. Non a caso la spesa turistica sul totale dei consumi interni regionali pesa con un bel 14%. È dimostrato inoltre che gli investimenti in infrastrutture fatti al Nord contribuiscono all’aumento del Pil pro capite molto di più degli stessi al Sud. Per andare incontro agli interessi non solo di quell’area geografica ricca di imprese, ma in generale della Regione e di tutti i cittadini veneti, è allora necessario prolungare l’A27. Ricordiamoci che il nostro territorio, interessato dal Pas-

sante di Mestre e quindi dal corridoio V Kiev-Lisbona, è un punto nevralgico della viabilità europea. È quindi necessario un collegamento verso nord». Quali sono gli ostacoli da superare a livello locale? «La nostra gente vuole l’Alemagna. Abbiamo realizzato nel 2003 una raccolta di firme per chiedere la realizzazione della Venezia-Monaco e abbiamo ottenuto oltre 30.000 sottoscrizioni dalle attività produttive, delle quali ben 10.588 dalla Germania, specie di gelatieri. Questo dato dimostra proprio la volontà popolare. Con le Province di Venezia e Belluno abbiamo stipulato un accordo per la promozione dell’area del

30 mila

SOTTOSCRIZIONI Sono quelle arrivate dalle attività produttive in una raccolta firme realizzata nel 2003 per chiedere la realizzazione della Venezia-Monaco

+64% TURISTI

È la percentuale degli arrivi del 2008 diretti alle zone di Jesolo, Eraclea e Cavallino, che proviene da stati esteri per lo più da Austria, Belgio, Lussemburgo, Danimarca, Francia, Germania, Paesi Bassi, Paesi scandinavi e in generali paesi europei centro-orientali

Piave, denominato “Piave Tvb”, all’interno del quale si ritiene strategico il prolungamento dell’A27 fino in Germania. Come presidente delle Province venete ho incontrato il mio corrispettivo friulano, Antonini, e anche lui ha dato il suo parere favorevole, specie in vista dell’apertura dell’A28 che collegherà direttamente i nostri territori. Le uniche perplessità le ha dimostrate la Provincia di Bolzano. Probabilmente, l’autonomia alla quale sono abituati, non fa soffrire le loro aziende come le nostre. Le quali chiedono invece a gran voce il federalismo». Il tracciato passa per alcuni paesi europei. C’è qualche veto? VENETO 2010 • DOSSIER • 201


INFRASTRUTTURE

Le nostre aziende e i cittadini meritano un sistema di infrastrutture che riduca le distanze a livello europeo

«Al momento quello dell’Au- zare attentamente i flussi di stria. Gli austriaci intendono far valere la cosiddetta Convenzione delle Alpi per bloccare qualsiasi forma di collegamento stradale che attraversi le Alpi. Anche se, è bene ricordarlo, il governo italiano non ha ancora ratificato il Protocollo Trasporti contenuto in tale Convenzione. Essa, però, non vieta in assoluto la costruzione di nuove autostrade nelle regioni alpine, ma richiede di analiz-

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traffico. La Germania, invece, in origine era stata addirittura la prima a spingere per il completamento dell’Autostrada Alemagna, proponendo persino di farsi completamente carico del finanziamento dell’opera». Per il presidente Zaia l’autostrada “aprirebbe a tutto il Veneto una finestra sul mondo”. Concretamente che tipo di aiuto si aspetta dalla Regione?

«Il presidente del Veneto dimostra come sempre la sua grande determinazione e volontà nel realizzare progetti importanti per la nostra Regione. Come Provincia di Treviso, abbiamo sempre creduto nel rilancio della società. Mi auguro allora che si possa proseguire spediti per superare tutte le questioni, sia a livello nazionale che internazionale, forti anche del supporto della Regione Veneto che ha deliberato, assieme agli altri soci, di prorogare la durata sociale della società Alemagna. La Regione, in particolare, potrebbe dare un segnale forte, finanziando la progettazione dell’opera infrastrutturale, dando poi così il via al passo successivo. Le nostre aziende e i nostri cittadini meritano un sistema di infrastrutture adeguato che riduca le distanze soprattutto a livello europeo, a cominciare dalla Germania. Per quanto concerne il rapporto con l’Austria, invece, ho già incaricato gli europarlamentari trevigiani Scottà e Cancian perché discutano della questione con i loro colleghi austriaci e arrivino a un accordo».



INFRASTRUTTURE

Una terra di cerniera tra nord e sud Europa «Sia il turismo che l’industria nel suo complesso non potrà che trarne benefici da un collegamento diretto e un flusso veicolare moderno ed efficiente». Il parere di Antonio Prade, sindaco di Belluno sulla realizzazione dell’autostrada Alemagna Renata Gualtieri

L Sotto, Antonio Prade, sindaco di Belluno; nella pagina a fianco, dall’alto un’immagine di Bolzano e sotto una di Belluno

a questione dell’autostrada è oramai un tema storico del territorio bellunese e va assolutamente affrontata perché riuscirà in maniera definitiva a sottrarre l’area interessata da un contesto di comunicazioni imperfette. Il Bellunese ha bisogno di un collegamento forte con le aree del centro Europa. Dunque questa è un’occasione importante da sfruttare perché tutto il territorio, nel suo rappresentante politico e non solo, sappia lavorare in maniera davvero molto forte». Antonio Prade, sindaco di Belluno, si fa portavoce «di chi è realmente convinto che l’autostrada Alemagna sia un’occasione da non lasciarsi sfuggire». Quali vantaggi prevede per il turismo bellunese e il sistema produttivo? «Se pensiamo agli scenari dei flussi turistici dei prossimi dieci anni, vediamo che, mentre il turismo tradizionale mantiene i propri livelli o tendenzialmente diminuisce, avranno grande sviluppo i mercati turistici nei confronti del centro e dell’est Europa. Da questo punto di vista va da sé che un collegamento diretto è fondamentale. Anche l’economia stessa dei trasporti non potrà che beneficiarne perché noi oggi abbiamo una circolazione delle

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merci che percorre le nostre strade provinciali con tempi troppo lunghi e ovviamente su strade che non sono state pensate per questo tipo di trasporto. Quindi sia il turismo che l’industria nel suo complesso non potrà che trarre benefici da un flusso veicolare moderno ed efficiente. Poi abbiamo una rete autostradale che, al di là di qualche intervento fatto negli ultimi dieci anni, è sostanzialmente la rete stradale del secolo scorso». Alcuni sostengono che il problema si può affrontare diversamente, ad esempio adeguando la rete ferroviaria come traffico e tollerabilità acustica e agevolando il turismo con un’agile metropolitana di montagna. Cosa pensa di questa soluzione? «Le due cose non si escludono. La metropolitana di montagna è una struttura che serve alla circolazione interna di questa provincia; l’autostrada invece soddisfa un’esigenza molto diversa che è il collegamento con il nord e il centro Europa. La tollerabilità acustica e


Antonio Prade, Luigi Spagnolli

Oggi fare nuove strade nelle Alpi è sbagliato autostrada Alemagna dovrebbe attraversare le Dolomiti, entrate a far parte del patrimonio Unesco. L’arteria, secondo il disegno di legge presentato per la quarta volta dal senatore Piergiorgio Sttiffoni della Lega nord, verrebbe costruita quasi totalmente in galleria, senza impatto per il paesaggio. Luigi Spagnolli (nella foto), sindaco di Bolzano esprime il suo parere contrario al progetto. Lo sfondamento verso Nord dell’A27 è un sogno da realizzare o da accantonare? «Oggi fare nuove strade nelle Alpi è sbagliato, come dimostrano tutte le analisi serie che si basano su interessi generali e non di parte». Finanziariamente la spesa è sostenibile? «È un progetto che non si deve realizzare a prescindere dalla sostenibilità finanziaria della spesa». Sono più i favorevoli o i contrari? «Se la Convenzione della Alpi, accordo internazionale, non lo prevede, è evidente che sono di più i contrari. Non per opinione, ma per scelta strategica». Cosa propone in alternativa per rendere fluida la viabilità dolomitica ai turisti e alle imprese? «Investire sulla rotaia e limitare l’uso dell’auto privata alle tratte principali, obbligando i turisti a usare mezzi pubblici e facendo pagare l’uso delle strade di montagna».

L’

l’attenzione ambientale in senso stretto non sono comunque questioni in discussione». Se i lavori non proseguiranno all’estero perché l’Austria e la Germania sono contrarie, a cosa servirà la nuova autostrada? «Innanzitutto dobbiamo far arrivare l’autostrada, che è già in buona parte finanziata, fino a Macchietto, quindi da Longarone deve proseguire per una quindicina di chilometri per arrivare alle porte del Cadore. Adempirà a una parte della sua funzione sperando che in futuro possa servire anche al resto e cioè a collegare in maniera sempre più celere e moderna il bellunese con la sua pianura. Il problema del Bellunese è stato storicamente l’essere una terra di cerniera tra la montagna e la pianura, tra il nord e il sud d’Europa. È chiaro che un’autostrada non potrà che confermare questa funzione storica della nostra terra». VENETO 2010 • DOSSIER • 205


INFRASTRUTTURE

Progettare la complessità Cosa vuole dire realizzare grandi infrastrutture in Italia? Gestire la complessità, integrare le diverse forze in campo e confrontarsi con l’opinione pubblica. La visione di Alberto Scotti, presidente di Technital Ezio Petrillo

lla ricerca delle ragioni di un ritardo ancora da colmare. Tutti sappiamo quanto sia difficile in Italia realizzare una grande infrastruttura. Ogni giorno si leggono servizi riguardanti opere che non decollano e altre che si interrompono. Questo vale per qualsiasi infrastruttura pubblica: una strada, una ferrovia, un porto, un aeroporto, un’opera idraulica, una sistemazione ambientale. Vale per amministrazioni centrali e per quelle periferiche. Per quelle efficienti e per quelle meno. Approfondiamo con Alberto Scotti Presidente di Technital, una tra le più quotate società di ingegneria in Italia, anche con ampia esperienza a livello internazionale, questo aspetto, cercando di capire se situazioni simili esistono anche all’estero. «A tal proposito – risponde Scotti - si è abituati a ripetere che la colpa è dell’inefficienza dell’apparato pubblico. Questa affermazione, in alcuni casi è vera, ma non giustifica una situazione critica generaliz-

A

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zata. Naturalmente concorrono molti altri motivi, che è importante conoscere per eliminare, o almeno contenere, gli effetti indesiderati».

si è “limitato” ad assicurare la stabilità dell’opera. Non poco, quando ancora mancava il supporto dei computer. L’università preparava gli ingegneri per questo e le amL’OPERA NON È SOLO ministrazioni appaltanti conUNA STRUTTURA DA trollavano questi aspetti. DIMENSIONARE L’opinione pubblica non parPer tanti anni, il progettista tecipava in alcun modo alla

In alto l’ingegner Alberto Scotti a.scotti@technital.inet.it Sopra le autostrade siciliane, a destra un ponte dell’Alta Velocità Mi-Bo e il Mose di Venezia. Nella pagina successiva, i terminali contenitori, lo svincolo per la fiera di Milano e una piattaforma per lo scarico di petrolio


Criticità

realizzazione di nuove infrastrutture. Sembra un mondo di altri tempi, ma tutto questo era la normalità solo 2030 anni fa e avveniva attraverso modi di operare consolidati negli anni che stentano ancora oggi ad essere superati. Il progetto di una struttura che sia stabile ed efficiente oggi non basta più. Le capacità del progettista di dare queste assicurazioni vengono date per scontate, ma, da sole non sono garanzia di un percorso semplice e rapido. È un condizione necessaria ma non sufficiente. La nostra società, ad esempio, ha progettato uno dei più complessi e difficili interventi a livello mondiale, le opere mobili per la difesa di Venezia. Un progetto ambizioso, unico e innovativo, che abbiamo saputo ideare, studiare e progettare. Eppure, questa capacità tecnica, da sola, non sarebbe stata sufficiente per ottenere tutte le approvazioni e per realizzare l’opera. Il nostro sforzo per studiare e dimensionare l’opera ha rappresentato solo una parte del lavoro che abbiamo dovuto svolgere. E’ stato anche necessario affrontare questioni ambientali,

paesaggistiche, sociali, culturali e finanziarie, divulgare al mondo scientifico, ai portatori di interesse e all’opinione pubblica». E tali esigenze si incontrano anche nella realizzazione di opere più consuete. «Ho riscontrato una situazione simile anche in altri progetti decisamente più tradizionali – chiarisce Scotti - nel campo delle infrastrutture di trasporto come strade, ferrovie, porti o aeroporti, in cui Technital è stata coinvolta. Anche per queste infrastrutture, l’ingegneria classica, quella fatta di calcoli e disegni, da sola, non è stata sufficiente per portare a compimento l’iniziativa. E’ sempre stato

11 mld MILIARDI

Sono i fondi stanziati dal Cipe per realizzare e ammodernare le infrastrutture nel nostro Paese

62%

IN CORSO

È la percentuale di lavori ancora da terminare presenti sul nostro territorio rispetto alle opere avviate

necessario un approccio simile a quello adottato per Venezia, divenuto ormai uno standard per la società». IL PROGETTO: UNO STRUMENTO PER AFFRONTARE LA COMPLESSITÀ Gli ingredienti per ridurre il rischio di intoppi nello svi- áá VENETO 2010 • DOSSIER • 207


INFRASTRUTTURE

áá luppo di un progetto, sono diversi e si devono integrare tra loro in maniera armonica. Il principale, è proprio rappresentato dalla capacità di affrontare ogni progetto in modo integrato per tenere conto della realtà in cui l’opera si colloca: complessa e spesso variabile nel tempo. Si 208 • DOSSIER • VENETO 2010

tratta oggi di saper gestire la complessità. Da parte dei progettisti, ma anche da parte delle amministrazioni appaltanti in modo da saper affrontare una opinione pubblica in genere preparata che vuole capire, che vuole intervenire nel processo decisionale. È indispensabile saper

affrontare questioni che implicano il coinvolgimento di numerosi specialisti con mentalità e linguaggio diversi, e soprattutto saperle integrare l’una all’altra senza mai dare per scontato un ordine di priorità. Accade sempre più spesso che debbano lavorare insieme diverse figure come strutturisti, geotecnici, geologi, idraulici, idrologi, meteorologi, fisici, chimici, biologi, architetti, paesaggisti, urbanisti, esperti dei materiali e modellisti fisici e matematici. Ma non solo: anche sociologi, economisti ed esperti nella finanza. Questi ultimi sono sempre più importanti in una fase di contrazione dei finanziamenti pubblici per infrastrutture che vede il privato coinvolto in iniziative con ritorni economici traslati


Criticità

La divulgazione va affrontata con il massimo impegno anche da parte di chi, come tecnico, non è abituato a tenere conto di controparti mosse da sensibilità, tradizioni, interessi sociali, molto lontani dall’ingegneria

nel tempo. Il lavoro unitario di un numero così elevato di esperti non è mai scontato e va ottenuto con l’abitudine a lavorare insieme, con la stima reciproca e attraverso un coordinamento che dia spazio a ciascuno Si deve accettare che il percorso necessario per realizzare un’opera possa variare caso per caso e debba essere individuato, mettendo a frutto competenza ed esperienza. In sostanza non esistono regole fisse per ottenere il risultato. IL PROGETTO E L’AMBIENTE Una componente che è diventata ormai parte rilevante di questa complessità è il rispetto dell’ambiente. Perché non sia un luogo comune, perché non sia soltanto una

moda, è indispensabile progettare nell’intero ecosistema come faremmo per una nostra proprietà. Progetti affrontati con questo spirito, al di là dei percorsi dettati da numerosi leggi e norme, spesso anche difficili da applicare, hanno generalmente maggiore facilità di approvazione. Tanti anni fa poteva accadere che anche gli amministratori pubblici considerassero troppo oneroso avere un occhio attento all’ambiente. Oggi è vero il contrario». Inoltre nelle fasi di progettazione di una grande opera, spesso si tende a considerare il parere dell’opinione pubblica come un peso. «E le maggiori polemiche sorgono – chiarisce Scotti - quando i cittadini non vengono coinvolti sin

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dalle prime fasi di sviluppo del progetto. Cercare di convincere una controparte della bontà di certe scelte, una volta che le scelte sono già state fatte, è sempre un’impresa difficile. Non si tratta però solo di convincere. Attraverso un dialogo nelle fasi iniziali il progettista può ampliare il proprio punto di vista e può ricevere spunti a cui non aveva pensato». Forse per questo è quanto mai importante l’aspetto della comunicazione. «La divulgazione va affrontata con il massimo impegno e anche con tanto esercizio da parte di chi, come tecnico, non è abituato a tenere conto di controparti mosse da sensibilità, tradizioni, interessi sociali, cultura, molto lontani dall’ingegneria». VENETO 2010 • DOSSIER • 209


TRASPORTI STRADALI

Il trasporto in sicurezza L’incremento della domanda, l’avvento delle nuove tecnologie, la globalizzazione dei mercati e la conseguente complessità portata dalla concorrenza amplificata hanno spinto l’industria del trasporto stradale a crescere. L’esperienza dell’azienda Isi spa

ietro le quinte della florida economia del NordEst agiscono tutta una serie di imprese che basano il loro successo sulla produzione conto terzi. L’incremento della varietà e della domanda nel mercato e l’avvento delle nuove tecnologie hanno spinto l’industria del trasporto stradale a crescere. Ogni Ugo Guidi giorno lungo le strade della Regione transitano centinaia di autotrasportatori che affidano la loro sicurezza ad aziende che si occupano di costruire, montare e progettare allestimenti per ribaltabili. Nella pagina a fianco, uno dei ribaltabili, progettati dall’azienda I.s.i. spa che «La cura nella scelta dei mateopera da decenni nel comparto allestimenti per ribaltabili riali sia da costruzione che di www.isispa.it componentistica e impiantistica

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al fine di offrire un prodotto altamente stabile e affidabile nel tempo deve essere la linea guida per chi opera nel nostro settore». A parlare è Nuccia Zen, sales manager dell’azienda Isi spa. «Per garantire la massima affidabilità e sicurezza vengono utilizzate solo lamiere in acciaio antiusura della migliore e più qualificata produzione europea, ad elevata resistenza, con caratteristiche chimiche e meccaniche certificate dal fornitore con precisa documentazione rilasciata al momento dell’acquisto e trasmessa alla clientela con il prodotto di riferimento». A differenza di molte altre imprese, che, in tempi di crisi, delocalizzano magari in Paesi in via di sviluppo, la scelta di Isi è controcorrente, legata a esigenze di maggiore efficienza, specie per quel che riguarda l’indotto. Come specifica la Zen «anche la produzione è localizzata in Italia, presso il nostro sito produttivo, perché crediamo molto nella zona geografica in cui operiamo, il Veneto, terra che si dimostra ancora oggi produttiva e generosa e quindi in grado di offrire anche un indotto efficiente». Diversificare quanto più possibile la produzione, inoltre, rappresenta un ulteriore punto di forza necessario per resistere all’impatto con la crisi. «La gamma di prodotti offerti dalla nostra azienda è quanto più variegata possibile – specifica la


Allestimenti sicuri

Obiettivo qualità Offrire soluzioni tecniche su misura deve essere l’impegno principale per questo tipo di imprese. La I.S.I. costruisce da oltre 45 anni allestimenti ribaltabili per qualsiasi tipo e marca di veicolo. Sul mercato, la I.S.I. è considerata un’azienda leader sia per le soluzioni tecniche adottate che per la possibilità di mettere a disposizione della clientela la propria competenza e professionalità nell’eseguire personalizzazioni su specifiche esigenze. Qualità, servizio, affidabilità e sicurezza rappresentano quindi precisi obiettivi dell’azienda tali da garantire l’uso del mezzo anche in luoghi disagiati. Sin dalle sue origini I.S.I. ha sempre prestato particolare attenzione alla sicurezza dei propri prodotti adeguandoli costantemente alle normative vigenti e direttive europee.

Zen -. Comprende ribaltabili per veicoli leggeri, di media capacità, mezzi d’opera tra cui il ben noto trilaterale “Semiroccia” e altri modelli di tipo a scarico posteriore dal più leggero a sezione semicircolare noto come “New Bottom”, al medio pesante a sezione poligonale denominato “Wies” alla cassa roccia per eccellenza denominata “Wies Roccia”. A tutta la produzione è possibile poi applicare, a richiesta, dei sistemi di apertura idraulica delle sponde, studiati per un più semplice e razionale utilizzo del ribaltabile». Tra questi figurano l’“Hydropost W/B”, caratterizzato da

un’apertura idraulica sponda posteriore con fulcro in posizione rialzata per un’apertura completa della sponda. «Il sistema a doppio effetto, di apertura e chiusura idrauliche, è studiato per consentire il funzionamento indipendente dei ganci automatici. Ciò garantisce un elevato livello di sicurezza contro l’apertura accidentale. Da non trascurare l’“Elefant” un brevetto ISI che permette l’apertura delle sponde laterali con una rotazione di 180° verso il basso, il tutto mantenendo l’usuale apertura meccanica sotto-sopra. Ciò consente di caricare e

Per garantire la massima affidabilità e sicurezza vengono utilizzate solo lamiere in acciaio antiusura della migliore e più qualificata produzione europea, ad elevata resistenza

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scaricare in modo agevole materiale posto su bancali con l’ausilio di carrelli elevatori o mezzi similari. Questo accessorio si presta molto bene anche al trasporto di blocchi di marmo in quanto facilita di molto il carico e lo scarico di tali massi». In sostanza per farsi trovare pronti alla ripresa economica prevista, bisogna essere «sempre attenti a livello progettuale al miglioramento dei prodotti ed è di fondamentale importanza il feedback che arriva dai clienti. Ciò ci ha permesso, ad esempio, di ottimizzare il cosiddetto “Intercambiabile R30 oppure R40”, un’attrezzatura scarrabile in linea con le nuove esigenze di mercato che ci vengono sottoposte. Con un solo autoveicolo il cliente può avere molteplici sovrastrutture da poter installare, in funzione del lavoro, con conseguente diminuzione dei costi gestione». VENETO 2010 • DOSSIER • 211


STRUTTURE INDUSTRIALI

Le virtù dell’acciaio Da metafora di forza interiore a struttura permanente del nostro habitat quotidiano. La parabola dell’acciaio, al di là del gioco di rimandi, sta prendendo sempre più piede. L’amministratore delegato di Wellco Spa, Rino Anselmi, ci racconta perché Paola Maruzzi

Alcune realizzazioni della ditta Wellco

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www.welco.it

n cantiere intelligente, dove la libertà espressiva riesce a coniugarsi con la sostenibilità ambientale: questa, in sintesi, l’aspirazione di qualsiasi progettista. «Fare, costruire: azioni transitive, che si portano a compimento solo con un “oggetto” d’eccezione». Lo sottoscrive Rino Anselmi, titolare di Wellco Spa, società d’ingegneria che dal 1976 realizza strutture industriali, sia in Italia che all’estero. «Nel campo edilizio, per raggiungere un ottimo risultato finale, bisogna partire dalla scelta dei materiali. Certa di correre al passo coi tempi e fedele alle aspettative dei committenti, la nostra azienda si è affidata all’acciaio. E alle sue innumerevoli prestazioni, che riescono a coprire un vasto raggio d’azione: dal settore dell’industria manifatturiera a quello petrolifero, dal petrolchimico all’energia, per finire con il comparto degli edifici a uso civile». È una questione di chimica o, se si vuole, di combinazioni alchemiche: l’acciaio è “virtuoso”. Perché si sposa bene con il vetro e, quindi, con la possibilità di giocare con la luminosità, consentendo così un notevole risparmio energetico. Perché forgia profili snelli, non perdendo mai di vista il gusto estetico. Perché non ha limiti architettonici e resiste nel tempo.

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E, ultima della lista, la caratteristica più importante: l’acciaio è riciclabile. L’ingegneria del futuro osserva a trecentosessanta gradi e dà valore a tutto. E allora diventano importanti i dettagli così come le macrostrutture, l’efficienza e la filosofia che ci sta dietro. Le leggi fisiche e la leggerezza dell’estro. Oppure, per dirla in altre parole, «creatività, funzionalità e spirito ecologico: ecco i tre capisaldi del nostro knowhow progettuale. Questo ci ha permesso di continuare a crescere nonostante la crisi internazionale dei mercati». La strategia vincente? «Soluzioni chiavi in mano, un vero punto di forza. In pratica il cliente fornisce un progetto di massima e la nostra equipe si impegna a portarlo a termine. Seguiamo e supervisioniamo tutte le fasi, dall’analisi preliminare alla progettazione e realizzazione». Quella della Wellco è una storia in ascesa. Un’espansione confermata, tanto per fare un esempio, da una delle ultime forniture: 2.500 tons di acciaio per un impianto di Cristallizzatore in Cile, sopravissuto alle tremende scosse sismiche che hanno colpito recentemente quelle zone. Meritevoli sono anche le commesse nel settore dell’energia, di cui ricordiamo le centrali a ciclo combinato di Termoli e Ferrara. Recentemente la Wellco si è impegnata nella realizzazione


Il potenziale dell’acciaio

L’acciaio è “virtuoso”, perché si sposa bene con il vetro e con la possibilità di giocare con la luminosità, consentendo un notevole risparmio energetico

di un Power Generation Building per conto di un’importante multinazionale americana. Degno di nota è il progetto sull’isola Sakhalin, in Russia, situata nell’Oceano Pacifico, a Nord del Giappone. Si tratta di una zona ricca di giacimenti di petrolio e gas. «Qui ci siamo trovati a lavorare in condizioni ambientali e atmosferiche difficili, a causa dell’alto rischio sismico, delle precipitazioni nevose e delle temperature, che possono sfiorare i meno quaranta gradi. Durante la fase progettuale è stato necessario studiare il tipo più adatto di acciaio da utilizzare, che deve essere necessariamente duttile. Altra caratteristica importante nello sviluppo del progetto è stata la compattezza dimensionale del-

l’edifico stesso: l’interfaccia tra la struttura portante e l’equipment di processo è stata finalizzata nell’avere la massima efficienza nel minor spazio possibile limitando così i costi del trasporto del materiale, della movimentazione, del montaggio e della futura manutenzione». Wellco non è nuova a questi progetti, ha già infatti realizzato per conto di Enea - la base per ricerche scientifiche in Antartide. Un successo, dunque, che riesce a valicare i confini nazionali e naturali. E che deve molto alla struttura organizzativa, il cui cuore è il Consiglio d’amministrazione, costituito da Bruno Dal Fabbro, direttore commerciale, e Marco Schiavon, direttore tecnico. Ma non si può prescindere dalla com-

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CRESCITA PERCENTUALE La crescita, nei primi mesi del 2010, della produzione italiana dell’acciaio

115 mln ACCIAIO

Le tonnellate d’acciaio prodotte, a livello globale, nel mese di luglio 2010. Una quantità leggermente inferiore rispetto alla media degli altri anni

petenza interdisciplinare dell’intero team, dai metodi adottati e dagli strumenti operativi. A tal proposito Rino Anselmi ci tiene a sottolineare: «Vantiamo anche una collaborazione con l’Università di Padova, grazie alla quale abbiamo perfezionati i modelli teorici, approdando a un sistema di progettazione informatico moderno ed efficiente». Evidentemente alla Wellco c’è spazio anche per la ricerca e la sperimentazione. In un territorio così fertile, ricco di iniziative e passione, nasce la progettazione di porte ed edifici Blast, in linea con la Normativa americana Asce. «Progettare edifici blast significa accettare che durante un’esplosione il materiale possa entrare in campo elasto-plastico, controllando che le deformazioni ultime rientrino in un range accettabile. Occorre una maggiore cautela nella progettazione blast delle porte, per le quali, dopo l’esplosione dall’esterno, deve essere garantito un comportamento elastico del materiale, che assicuri l’apertura delle porte stesse, agevoli le operazioni di soccorso e la fuoriuscita del personale in assoluta sicurezza». VENETO 2010 • DOSSIER • 213




ELEMENTI ARCHITETTONICI

La tradizione del contemporaneo el panorama contemporaneo l’architettura deve confrontarsi con molte aspettative e altrettanti vincoli. «Le risposte che l’architetto può offrire, attingono sicuramente al patrimonio storico stratificato nel tempo ma non possono prescindere, soprattutto nell’affrontare i temi Adriana Zuccaro della nuova edificazione, dalla conoscenza della cosiddetta “tradizione del moderno”, nonché dalle esperienze dei grandi maestri del ‘900 in ambito internazionale, che continua a stimolare nuove ricerche e nuove direzioni». Conoscenza ed esperienza sono gli imprescindibili capisaldi della filosofia progettuale dello studio degli architetti Gianfranco Bordin e Paola Pozzobon di Caerano San Marco, nel trevigiano, secondo cui «l’opera progettuale dovrebbe riassumere lo spirito del luogo, la

In ogni progetto, insieme alla composizione dei volumi e all’uso della luce, i materiali costituiscono l’essenza dell’architettura e ne interpretano la funzione. La visione di Gianfranco Bordin e Paola Pozzobon

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grande tradizione costruttiva, la capacità di prefigurare il nuovo e il rapporto interno/esterno in una sintesi che è molto difficile da raggiungere e che deve sempre testimoniare l’epoca in cui si vive». ARCHITETTURA PER L’UOMO

Se pure consapevoli che l’architettura non è in grado da sola di risolvere i problemi complessi della contemporaneità, «pensiamo che sia un’attività che riassume con grande concretezza capacità e conoscenze e che quindi le spetti un posto d’onore tra le arti. A noi piace immaginare di poter contribuire a migliorare la vita delle persone che abitano i nostri edifici, e che questi siano in grado di “ospitare” le loro vite, arricchendole nel tempo di emozioni e sensazioni». Già nel 1958 Alvar Aalto affermava “la vera architettura esiste solo quando pone al centro


Comporre i volumi

Anche un materiale antico come il legno può dare risultati molto innovativi e interessanti, sia da un punto di vista estetico che prestazionale

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l’uomo” e più di recente, per Peter Zumthor “la buona architettura è intesa per ospitare l’uomo, e lasciarlo abitare in essa esperendola”. «Nella società si è verificato un cambio di visuale che rivaluta l’uomo con i suoi bisogni e le sue aspirazioni: vi è la nuova consapevolezza che solo attraverso il rispetto dell’ambiente e l’attenzione alla persona si possa procedere verso un reale progresso della società – afferma l’architetto Bordin –. In tal senso, anche la progettazione di spazi abitativi e lavorativi è sempre più orientata all’uso di materiali salubri, all’impiego di tecnologie volte al risparmio energetico e al raggiungimento di un maggior benessere generale. A questo concorrono – interviene l’architetto Pozzobon – anche l’uso corretto del colore, della luce naturale e artificiale e le nuove possibilità deri-

vanti dall’impiantistica attuale come la geotermia e la domotica. Determinante infine è la considerazione che anche lo spazio esterno, pubblico o privato che sia, vada disegnato ed integrato nel progetto».

presenti nell’area trevigiana, e In apertura, gli architetti con la progettazione ex-novo, Paola Pozzobon e Gianfranco Bordin sperimentando soluzioni e tec- e, sotto, fabbricato nologie innovative. artigianale e direzionale Ma sull’efficacia strutturale così ad Asolo per Design&Develop di cui come sulla resa estetica di un qui sopra, particolare oggetto architettonico, quanto interno. In alto, complesso residenziale incide la scelta dei materiali? a Mercato Vecchio VECCHI MATERIALI, «In ogni progetto, che sia un di Montebelluna NUOVI UTILIZZI restauro, un nuovo edificio o Gianfranco Bordin e Paola Poz- un interior design, i materiali zobon svolgono prevalente- costituiscono, insieme alla commente attività in ambito resi- posizione dei volumi e all’uso denziale, confrontandosi con il della luce, l’essenza stessa delrecupero delle tipologie rurali l’architettura. Pertanto a essi va áá VENETO 2010 • DOSSIER • 219


Nell’agriturismo Bosco del Falco è stata utilizzata una struttura prefabbricata in legno massiccio, rivestita in doghe di larice, per ricavare i nuovi servizi

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áá data evidenza per quello che precisa Pozzobon –, come l’ac- sinonimi di buona architet-

Sopra panoramica esterna e, sotto, particolare servizi dell’agriturismo Bosco del Falco a Volpago del M. curato dallo studio Bordin e Pozzobon di Caerano di S.M. (Treviso) www.bordinpozzobon.eu

rappresentano, struttura o finiture e rivestimenti, in tutta la loro espressività» spiega Bordin. «Per noi buon materiale è quello che assicura nel tempo le sue qualità tecnologiche ed estetiche e che non è frutto di una moda effimera, e quindi la pietra nelle sue varianti, il legno, il ferro, il vetro e tutto quanto ci deriva dalla tradizione artigianale. Ma siamo anche disponibili a sperimentare il nuovo –

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ciaio Cor-Ten nel fabbricato direzionale e artigianale ad Asolo, o i pannelli in legno stratificato e trattato nel complesso residenziale a Mercato Vecchio, o il cemento levigato e le lastre in zinco-titanio per altre realizzazioni». Il giusto equilibrio può nascere allora dall’accostamento materico e cromatico, dal porsi obiettivi di coerenza e sobrietà. Fuori dall’artigianalità che ha caratterizzato secoli di storia dell’arte, l’architettura contemporanea, specie quella delle “archistar”, si avvale spesso di materiali e tecniche frutto di ricerche sempre più spinte, dove l’industrializzazione del cantiere prevale nettamente sulla tradizione artigianale, che hanno come scopo principale di stupire il grande pubblico. «Ma smaterializzazione dell’edificio, trasparenza, fluidità, leggerezza strutturale, effetti scenografici, non sono sempre

tura. Nella nostra recente esperienza abbiamo potuto verificare che anche un materiale antico come il legno può dare risultati molto innovativi e interessanti, sia da un punto di vista estetico che prestazionale, unendo i concetti di prefabbricazione con la sapienza artigianale di chi il legno lo conosce e lo usa da sempre – racconta Bordin –: nell’agriturismo “Bosco del Falco” infatti abbiamo utilizzato una struttura prefabbricata in legno massiccio, completamente rivestita in doghe di larice, per ricavare i nuovi servizi, ottenendo rapidità di realizzazione, costi controllati, qualità estetica e sostenibilità del processo produttivo. L’artigianalità, la sapienza costruttiva, sono sempre necessarie quando il progetto si traduce in costruito – conclude Pozzobon: questo è il vero senso dell’architettura, il suo essere concreta».



INDUSTRIA ENERGETICA

I

l valore sociale dell’industria energetica italiana si può quantificare in 230 miliardi di euro di fatturato, 118 mila addetti e investimenti sul territorio per almeno 16 miliardi di euro l’anno. «Fare energia in Italia – spiega Pasquale De Vita, presidente di Confindustria Energia - significa dare risposte concrete a milioni di persone che ogni giorno la utilizzano nelle sue varie forme e per scopi diversi». L’indotto economico generato dal settore energetico in Italia è rilevante. Mancano però politiche di medio e lungo termine. Come si sta muovendo Confindustria Energia? «Confindustria Energia è nata non solo con l’obiettivo di rappresentare unitariamente il variegato mondo dell’energia, ma anche di sensibilizzare opinione pubblica e istituzioni sul ruolo e il valore che esso ha, spiegando cosa c’è dietro e le enormi difficoltà che si incontrano. In questi primi anni di attività abbiamo già promosso diverse iniziative in questo senso e l’ultima in ordine di tempo è un interessante studio affidato al Censis che approfondisce appunto il valore non solo economico, ma anche sociale del comparto energetico. Certo mancano politiche di medio lungo periodo ma non certo per colpa delle aziende che, anzi, da tempo chiedono più certezza legislativa e indirizzi normativi chiari che, 228 • DOSSIER • VENETO 2010

Politiche più chiare per l’energia di domani Il fatturato del settore energetico in Italia conferma l’importanza dell’intero comparto che però risente della mancanza di indirizzi normativi chiari e di politiche che incentivino gli investimenti. Il punto di Pasquale De Vita Nicolò Mulas Marcello però, non possono essere ripensati a ogni cambio di legislatura. Ci sono infatti alcune questioni di fondo da risolvere, come evidenziato dallo stesso studio del Censis, per evitare un rischio potenziale di blocco degli investimenti e di impoverimento tecnologico, di competenze e capacità. E ciò interessa tutte le fonti, tradizionali e non. L’Italia non può permettersi di abdicare al suo ruolo e divenire un semplice importatore di prodotti e tecnologie, anzi deve assumere la leadership in questo campo. Abbiamo le capacità e le competenze. Anche perché si tratta un settore che ha la responsabilità di assicurare al Paese la copertura di consumi attesi comunque in crescita, sempre più esigenti sia sul piano della qualità che ambientale». Qual è il futuro dell’eolico in Italia? «La produzione di energia elettrica da fonte eolica nel mondo, prima ancora che in Europa, sta vedendo da oltre un decennio percentuali di crescita molto significative. Gli obiettivi nazio-


Pasquale De Vita

Pasquale De Vita, presidente di Confindustria Energia e presidente dell’Unione petrolifera italiana

Una riduzione della burocrazia potrebbe far recuperare efficienza e risparmiare costi e sprechi a beneficio del sistema Paese

nali, peraltro fissati in ottemperanza a obblighi comunitari, sono molto ambiziosi e prevedono circa 13.000 MW di eolico al 2020 (oggi siamo a 5.000 MW). Uno sviluppo che però, come spesso accade in situazioni di successo, rischia di creare aree poco trasparenti ed è per questo che abbiamo aderito al Protocollo sulla legalità. In questo modo le aziende garantiscono il rispetto delle più serie e stringenti pratiche a tutela e rispetto della legge». Energia eolica e solare sono ancora poco sviluppate in Italia. Il problema sono i costi o è scarsa coscienza? «L’Italia è più avanti rispetto ad altri paesi, anche se si potrebbe fare di più. Si dovrebbe soprattutto cercare di dare stabilità e

certezze al quadro normativo e alle procedure autorizzative, che qui sono tra le più lunghe e farraginose d’Europa. Una riduzione della burocrazia, affiancata alle dovute tutele paesaggistiche, potrebbe far recuperare efficienza e conseguentemente risparmiare costi e sprechi con beneficio complessivo per il sistema Paese. Per quanto riguarda la coscienza ambientale, penso che molto potrebbe essere fatto con una comunicazione che possa finalmente contribuire a sfatare i falsi miti in materia di energia. Come accennato, Confindustria Energia è impegnata per far sì che l’opinione pubblica possa sempre avere una corretta informazione su materie tanto delicate».

La domanda energetica italiana necessita veramente dell’opzione nucleare? «Non è un problema di necessità ai fini della copertura della domanda energetica. Piuttosto di sicurezza. C’è poi un vantaggio ambientale in termini di emissioni. È però certo che da solo non basterà e pertanto servirà il contributo di tutte le altre, petrolio e carbone compresi, ma anche di uno sforzo intelligente per rendere l’uso dell’energia più efficiente». Nel 2009 gli italiani hanno speso 176 euro in più per la benzina. La convinzione generale che il prezzo dei carburanti non segue perfettamente quello del petrolio può essere considerata uno slogan? «Le posso assicurare che nel 2009 il prezzo della benzina si è mosso in linea con quello dei mercati internazionali dei prodotti raffinati e lo stesso si può dire per questi primi mesi del 2010. Trovo veramente incomprensibile che si continui a porre la domanda in questi termini. Abbiamo provato in tutte le sedi istituzionali e non, con studi e analisi rigorose, che non ci sono anomalie di sorta. Siamo andati perfino al Consiglio nazionale consumatori e utenti presso il ministero dello Sviluppo economico, dal quale attendiamo ancora che ci smentiscano con dati altrettanto oggettivi. La realtà è che, al di degli slogan, i nostri prezzi seguono le stesse dinamiche degli altri paesi europei. Anzi, su alcune migliaia di impianti sono anche inferiori a quelli europei, ma di questo non se ne parla». VENETO 2010 • DOSSIER • 229


XXXXXXXXXXXXXXXXX INDUSTRIA ENERGETICA

Idrogeno, alto rendimento e basse emissioni «Dobbiamo investire sull’innovazione in modo da migliorare le tecnologie esistenti, abbassarne i costi di generazione e incrementarne l’efficienza». Lo afferma Livio Vido, direttore della divisione Ingegneria e innovazione di Enel Renata Gualtieri

G Sotto, Livio Vido, direttore della divisione Ingegneria e innovazione di Enel; nella pagina seguente in alto, la centrale energetica Diamante; in basso, la centrale a idrogeno di Fusina

ià dagli anni Novanta la ricerca Enel lavora sull’idrogeno studiando la tecnologia di gassificazione del carbone per la sua produzione. La società ha poi lanciato un programma più ampio di ricerca e dimostrazione, muovendosi su più fronti per raggiungere questi obiettivi: acquisire know how sulla produzione e sull’impiego di idrogeno in impianti di dimensione industriale; svilup-

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pare soluzioni innovative per lo stoccaggio dell’idrogeno; sperimentare soluzioni basate sul vettore idrogeno per la generazione distribuita di energia ad alta efficienza e basse emissioni; espandere tecnologie per la produzione dell’idrogeno da fonti rinnovabili come il solare o l’eolico. Queste ricerche hanno già portato allo sviluppo di alcune applicazioni per la produzione di idrogeno da fonti rinnovabili. «Ne è un esempio il “Diamante”, la centrale energetica di nuova generazione progettata e realizzata della Ricerca Enel insieme all’Università di Pisa, basata sull’impiego dell’energia solare: l’energia in eccesso, prodotta durante il giorno dai pannelli fotovoltaici dell’impianto, viene immagazzinata sotto forma di idrogeno, per essere utilizzata di notte grazie a una cella a combustibile che trasforma l’energia chimica contenuta nell’idrogeno in energia elettrica. Enel infine coordina il progetto Hydro-

store, per lo sviluppo di sistemi innovativi ad alta efficienza per lo stoccaggio dell’idrogeno prodotto da fonti rinnovabili». Livio Vido, direttore della divisione Ingegneria e innovazione di Enel, illustra le strategie e i particolari investimenti che il Gruppo ha previsto per perfezionare le tecnologie necessarie per agevolare la produzione, il trasporto, l’accumulo e l’utilizzo di idrogeno. Che interesse può avere per l’Italia e per l’ambiente la disponibilità di un vettore energetico come l’idrogeno? «L’idrogeno è sicuramente un vettore energetico ricco di potenzialità. Con questo elemento è infatti possibile generare energia senza produrre Co2, il gas che è il principale responsabile dell’effetto serra. Per produrre elettricità, l’idrogeno può essere sia bruciato in turbine industriali, come si fa normalmente con il gas, sia impiegato nelle celle a combustibile, dispositivi che permettono di ottenere elettricità dal-


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Livio Vido

Diamante è la centrale energetica progettata e realizzata dalla Ricerca Enel e l’Università di Pisa basata sull’impiego dell’energia solare

l’idrogeno attraverso un processo chimico, senza combustione. In entrambi i casi non si ha nessuna emissione di anidride carbonica. L’idrogeno inoltre, una volta generato, può essere immagazzinato. Per questo è considerato una soluzione efficace per stoccare l’energia elettrica, anche in grandi quantità. L’energia elettrica può essere infatti utilizzata per produrre l’idrogeno e quindi immagazzinata in questa forma per poi essere utilizzata in un secondo momento. Potrebbe, infine, essere utilizzato per il trasporto urbano». Quanto occorre continuare a investire nella ricerca e nello sviluppo delle fonti

rinnovabili? «L’incremento del ruolo delle energie rinnovabili nel mix produttivo italiano e mondiale è fondamentale per risolvere i problemi ambientali legati alla generazione di energia. Per produrre più energia da fonti rinnovabili, però, queste devono essere competitive con la generazione da fonti convenzionali, come il gas, il carbone o il nucleare. Per raggiungere questo obiettivo, dobbiamo investire sull’innovazione in modo da migliorare le tecnologie esistenti, abbassarne i costi di generazione e incrementarne l’efficienza». Sono in corso di sperimentazione soluzioni innovative VENETO 2010 • DOSSIER • 239


INDUSTRIA ENERGETICA XXXXXXXXXXXXXXXXX

L’impianto dimostrativo di Fusina è il primo e unico esempio al mondo nel suo genere, un’esperienza che pone l’Italia all’avanguardia nello sviluppo di soluzioni di sistemi evoluti per l’uso dell’idrogeno

per migliorare il rendimento Enel in collaborazione con stretto dell’idrogeno nato a

In alto, l’inaugurazione della centrale a idrogeno di Fusina

e abbassare i costi nell’utilizzo dell’idrogeno come combustibile per la generazione di energia elettrica e per il trasporto? «Attualmente è in corso la sperimentazione presso l’impianto Enel di Fusina, vicino la città di Venezia, che abbiamo realizzato lo scorso anno. L’impianto, un ciclo combinato della capacità di 16 mw, è stato realizzato presso una centrale a carbone di Enel ed è alimentato con l’idrogeno disponibile nell’area industriale di Marghera. L’impianto consiste in un ciclo combinato in cui un turbogas viene alimentato con idrogeno per produrre energia elettrica e calore. Il turbogas è equipaggiato con una camera di combustione di nuova concezione, appositamente sviluppata da

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General Electric, per essere alimentata con idrogeno, avere un alto rendimento e generare al contempo bassissime emissioni di ossidi di azoto (Nox)». Perché si è scelta questa sede per la sperimentazione, quanta energia è in grado di produrre e quale opportunità rappresenta per il territorio? «La scelta di Fusina, vicino Venezia, come sede della sperimentazione è dovuta alla presenza in loco della centrale termoelettrica a carbone Andrea Palladio e del vicino polo petrolchimico di Marghera. A Marghera viene già oggi prodotto idrogeno in consistente quantità, come sottoprodotto di processi industriali. La realizzazione dell’impianto ricade inoltre nell’ambito delle attività di “Hydrogen Park”, di-

Porto Marghera, con il supporto di Regione Veneto e ministero dell’Ambiente, per sfruttare le risorse, le opportunità e il know how tecnicoscientifico storicamente presente nella zona per creare il più grande parco sperimentale al mondo per la realizzazione “in scala” di un’economia basata sull’idrogeno. L’impianto dimostrativo di Fusina è il primo e unico esempio al mondo nel suo genere, un’esperienza che pone l’Italia all’avanguardia nello sviluppo di soluzioni di sistemi evoluti per l’uso dell’idrogeno. Con i suoi 16 mw, il sistema è in grado di produrre energia pari al consumo medio annuo di una cittadina di 20 mila abitanti, circa 60 milioni di kilowattora l’anno, senza emissioni di Co2».


Xxxxxxx Giovanni Xxxxxxxxxxx Principi

In Italia sono prioritari progetti di ricerca e sviluppo «L'idrogeno non è una panacea, ma è considerato la pietra angolare ancora mancante dell'edificio dell'energia sostenibile». Il parere di Giovanni Principi, professore settore materiali, dipartimento di Ingegneria meccanica dell’Università di Padova Renata Gualtieri

L’

utilizzo dell'idrogeno, quale vettore energetico, è individuato come uno dei temi di sviluppo prioritari nel medio e lungo termine nell'ambito delle strategie di sviluppo sostenibile dell’Unione europea. Questo tema non riguarda solo l’Europa, ma l’intero pianeta. Attualmente gran parte dell’energia che consumiamo proviene dai combustibili fossili le cui riserve, create da madre natura nel corso di ere geologiche, non sono infinite. La produzione mondiale di petrolio sta raggiungendo un valore di picco per poi inesorabilmente e progressivamente diminuire. «Questo andamento – sottolinea Giovanni Principi professore settore materiali, dipartimento di Ingegneria meccanica dell’Università di Padova – sarà seguito nel giro di alcuni anni dal gas naturale e dal carbone ed è certamente un fatto positivo per l'ambiente ma negativo per l’economia. Se, infatti, non si provvederà in tempo a sviluppare fonti ener-

getiche alternative si creerà un gap incolmabile fra la domanda e l'offerta di energia con conseguenze economiche, sociali e politiche imprevedibili e probabilmente drammatiche». Le alternative ai combustibili fossili sono il solare (termodinamico e fotovoltaico), le biomasse, il vento, le maree, le correnti marine, l’idroelettrico e il geotermico. Queste fonti possono essere convertite in energia elettrica, ma hanno quasi tutte una natura discontinua. Inoltre, nessuna di esse può essere utilizzata direttamente in loco, in particolare nei veicoli, come un combustibile. «Dovremo quindi produrre il combustibile più idoneo per l’era post-combustibili fossili. L’idrogeno, pur non costituendo una fonte bensì un vettore energetico, è adatto ad alimentare celle a combustibile per generare elettricità in modo continuo, mentre i normali accumulatori elettrici dopo un po’ si esauriscono. Uno sviluppo sostenibile sarà quindi coniugato con l’avvento dell’economia basata sull’idro-

geno, un passaggio che richiederà alcuni decenni durante i quali ci sarà una rincorsa in ricerca e innovazione per il perfezionamento delle relative tecnologie. L’Ue sarà uno degli attori principali. Non ci si deve comunque illudere che l'utilizzo dell’idrogeno diventi una realtà diffusa in tempi brevi, ma è necessario attuare da subito strategie di sviluppo lungimiranti sostenendo ricerca e innovazione tecnologica». Quali i tempi e le problematiche ancora da risolvere legati all’uso dell’idrogeno? «Premetto che l’idrogeno non è una panacea, ma è considerato la pietra angolare ancora mancante dell’edificio dell’energia sostenibile. Sarà grazie all’uso dell’idrogeno come vettore energetico che le fonti energetiche alternative potranno assumere un ruolo crescente. Le tecnologie necessarie si trovano in diversi gradi di maturazione e ci vorrà tempo per un significativo sviluppo, che richiederà un

Sotto, Giovanni Principi, professore settore materiali, dipartimento di Ingegneria meccanica dell’Università di Padova

VENETO 2010 • DOSSIER • 241


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grandissimo impegno nella ricerca di materiali, dispositivi di laboratorio e impianti pilota per arrivare ad una industrializzazione e commercializzaRISORSE zione su larga scala. I problemi È la cifra in euro da risolvere riguardano princistimata palmente produzione, distribudall’Associazione nazionale idrogeno e zione e stoccaggio dell'idrogeno celle a combustione e perfezionamento delle celle a per progetti di ricerca e di sviluppo combustibile». da svolgersi nei Quali importanti progetti prossimi 10 anni di ricerca, sviluppo, sperimentazione e trasferimento tecnologico sul sistema idrogeno sono attualmente attivi? INVESTIMENTI «Vi sono innumerevoli progetti in corso a livello regionale e naÈ la cifra in euro zionale. Per la produzione delall’anno che la Germania con il l’idrogeno, oggi prevalenteProgramma nazionale mente ottenuto dal gas naturale sull’idrogeno e celle a combustibile avviato con un particolare processo nel 2007 prevede per chiamato reforming, si stanno gli investimenti per la ricerca e l’innovazione studiando varie altre possibilità: per 10 anni gassificazione del carbone, catturando e confinando l’anidride carbonica co-prodotta, elettrolisi dell’acqua con l’uso diretto di elettricità da fonti rinnovabili, oppure, opzione condizionata dall’accettazione della società, le alte temperature di centrali nucleari per la termolisi dell’acqua, oppure ancora processi biologici di certe alghe. Purtroppo l’idrogeno non esiste libero in natura, ma lo troviamo legato al carbonio nei combustibili fossili e all'ossigeno nell’acqua, per cui per produrlo è necessario spendere energia che poi sarà restituita in un successivo processo di ossidazione. Lo stoccaggio è un grosso problema, soprattutto per le applicazioni veicolari che necessitano di serbatoi di dimensioni e peso ridotti, per cui si stanno speri-

486 mln

50 mln

242 • DOSSIER • VENETO 2010

Il gruppo di ricerca dell’Università di Padova si occupa di studiare materiali innovativi per lo stoccaggio

mentando bombole ad altissima pressione e, in alternativa, materiali come gli idruri metallici capaci di assorbire e rilasciare l'idrogeno in condizioni operative intrinsecamente sicure. Il gruppo di ricerca dell’Università di Padova si occupa appunto di studiare materiali innovativi per lo stoccaggio. Le celle a combustibile sono attualmente ancora molto costose e di limitata durabilità, per cui molti laboratori sono impegnati a sperimentare nuovi materiali per i costituenti più delicati come ad esempio le membrane». I principali Paesi industrializzati nel mondo, in partico-

lare Stati Uniti, Giappone, Unione Europea hanno tutti programmi di ricerca e sviluppo in corso. Cosa ne pensa? «Industriali e politici dei principali Paesi industrializzati hanno capito che la conversione dalle fonti energetiche fossili a quelle rinnovabili e il contestuale avvento dell’economia dell’idrogeno costituiranno un’irripetibile opportunità di sviluppo. In particolare, limitandoci a paesi europei e all’idrogeno, la Germania con il Programma nazionale sull’idrogeno e celle a combustibile avviato nel 2007 prevede un in-


Xxxxxxx Giovanni Xxxxxxxxxxx Principi

vestimento per la ricerca e l’innovazione pari a 50 milioni di euro all’anno per 10 anni, mentre la Francia ha lanciato il Clean Vehicle Plan con un finanziamento medio di 40 milioni all’anno. Nell’ambito del VII Programma Quadro Europeo è stata varata nel 2007 un’iniziativa su idrogeno e celle a combustibile (JTI on FC and Hydrogen, con un finanziamento complessivo di 480 milioni di euro) che intende accelerare lo sviluppo di tali tecnologie per la loro commercializzazione a partire dal 2015». Qual è invece la situazione in Italia?

In alto, a sinistra, il laboratorio del Gruppo Idrogeno dell’Università di Padova; a destra, un’immagine tratta dal sito dell’americano National Renewable Energy Laboratory che illustra tre diverse celle a combustibile

«In Italia vi sono poche e scoordinate attività perché l’industria e la ricerca non hanno ancora ricevuto il sostegno atteso per affrontare sistematicamente lo sviluppo delle tecnologie connesse e acquisire le competenze necessarie per accrescere la propria competitività nel settore. L’Associazione nazionale idrogeno e celle a combustibile, del cui consiglio direttivo faccio parte, ha elaborato una bozza di Piattaforma nazionale con l’ipotesi di progetti prioritari di ricerca e sviluppo (produzione, distribuzione e accumulo di idrogeno, generazione stazionaria di energia elettrica, che l'idrogeno non è una panacea, ma è considerato la pietra an-

stato inviato ai ministri della Ricerca, dei Trasporti, dell’Ambiente e dello Sviluppo economico, dai quali si attende risposta». L’impianto industriale Enel di Fusina alimentato a idrogeno è il primo nel mondo. Qual è l’importanza per il nostro Paese di questo primato? «Si tratta di un impianto sperimentale che fornisce, utilizzando l’idrogeno come sottoprodotto di un vicino impianto dell’Eni, un centesimo della potenza dell’adiacente centrale a carbone dell’Enel. Quell’idrogeno, che andrebbe altrimenti disperso, non costa niente, e viene utilizzato per produrre un po’ di energia senza inquinare.

golare ancora mancante dell'edificio dell'energia sostenibile. trasporti, primi mercati, attività trasversali), da svolgersi nei prossimi dieci anni, che richiederebbero risorse stimate in 486 milioni di euro. Il documento è stato accolto favorevolmente in ambiente confindustriale ed è

A mio avviso questo è importante come messaggio di ciò che è possibile fare anche su scala più ampia affinando le tecnologie di cui già oggi anche in Italia si dispone. Potrebbe essere fuorviante, invece, dare l’impressione che tutto già funziona alla perfezione». VENETO 2010 • DOSSIER • 243


RINNOVABILI

Padova leader nel testing dei pannelli Quasi il 40% dei pannelli fotovoltaici prodotti nel mondo vengono testati a Padova. Marco Baraldo, product manager della Tüv InterCert, spiega perché, in questo ambito, i paesi stranieri si rivolgono al Veneto Aldo Mosca

l Veneto è oramai riconosciuto come una delle regioni leader nella produzione dei pannelli fotovoltaici. Pochi, però, conoscono l’indotto e le attività relative che il settore comporta. Tra queste, l’attività di testing e certificazione rappresenta un tassello fondamentale. Garantire l’alto livello della produzione è evidentemente il perno necessario per sviluppare un mercato che non deve basarsi solo sulla quantità, come avviene in molti paesi stranieri, ma anche sulla qualità. Non a caso in Veneto si trova la sede del Tüv InterCert GmbH, ente tedesco leader nella certificazione dei pannelli fotovoltaici. Così, dai suoi uffici di Padova vengono gestite attività per clienti dislocati in tutto il mondo. A parlarne è l’ingegner Marco Baraldo, product mana-

I

L’ingegner Marco Baraldo, product manager per la Tüv InterCert mbaraldo@tuv-intercert.org

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ger a capo del settore fotovoltaico del TÜV Intercert GmbH, realtà che da anni opera nel settore della certificazione dei pannelli fotovoltaici. Come mai il TÜV Intercert ha scelto di operare, per l’Italia, in Veneto? «In realtà ha anche altre sedi italiane, tra cui Milano e Reggio Emilia. A Padova, però, ha scelto di aprire una struttura che si concentra quasi esclusivamente sul fotovoltaico. Ciò è dovuto al fatto che il laboratorio di prova per il testing si trova in questa città e che, inizialmente, le attività erano concentrate soprattutto in Veneto. Fino a non molti anni fa la maggior parte delle aziende produttrici di panelli fotovoltaici erano concentrate nel padovano, con la sola esclusione di Eni e di alcuni loro fornitori. È stato quindi naturale lo sviluppo delle attività in

Veneto, una regione da sempre molto sensibile a queste tematiche». Dunque un territorio ai vertici del comparto? «Sicuramente lo è per le attività di produzione, intese non solo come costruzione dei pannelli, ma anche di macchine per l’assemblaggio. Consideriamo che in Veneto ci sono i migliori produttori di linee per assemblaggio di pannelli fotovoltaici, i quali sono riconosciuti non soltanto a livello nazionale. Buona parte dei pannelli prodotti nel mondo sono realizzati con tecnologie venete». Eppure c'è chi sostiene che in realtà l'Italia, in questo settore, dipenda eccessivamente dalla Germania e dalla sua produzione. In altre parole, che i tedeschi forniscono i materiali e le strutture mentre gli italiani, alla fine, fanno solo i


Il potenziale fotovoltaico

Sul futuro del nostro segmento di mercato c’è incertezza. Fortunatamente, però, il nostro Paese può ora contare su un grosso fattore di stabilità: il Conto Energia

carpentieri. «Non sono assolutamente d’accordo con chi sostiene questa tesi. In Italia ormai la filiera del fotovoltaico è quasi completa: abbiamo produttori di celle, di macchine, di Backsheet, che sono le parti in materiale plastico per il modulo, la COVEME s.p.a ad esempio che è leader di settore, e produttori di linee di costruzione moduli. A oggi si potrebbe dire che è possibile fare un modulo al 100% italiano». Anche sull’attività di testing il nostro Paese si sta rivelando apripista. «L’Italia è stata tra i primi paesi a richiedere esplicitamente il certificato secondo la IEC 61215 per poter accedere al “Conto energia” . Inoltre siamo stati i primi ad avere un ente come il GSE, che controlla questo tipo di certificazione.

3 mesi TEST Questo il tempo richiesto dall’ufficio tedesco della Tüv InterCert per testare ed emettere il certificato di qualità. Nel 2006, quando in Italia ci si poteva rivolgere solo a 5 enti, si richiedevano dagli 8 ai 15 mesi

Nel 2006 gli enti che potevano fare questa attività, però, erano soltanto cinque, con tempistiche per i test che andavano dagli 8 ai 15 mesi. Ci si può dunque immaginare il livello di difficoltà per un produttore che ha fatto investimenti in macchine e materiali, ma che poi deve attendere un tempo così dilatato prima di poter installare i moduli». La situazione si è evoluta? «Nel 2007 abbiamo iniziato le attività di certificazione permettendo così a molti produttori di entrare nel mercato, perché il nostro tempo di test ed di emissione del certificato, che avviene dall’ufficio centrale tedesco, è di soli 3 mesi. A oggi il 38% dei pannelli prodotti in tutto il mondo, dall’Europa all’Asia fino agli Stati Uniti, sono stati testati a Padova». In quali termini la certifica-

zione IEC rappresenta garanzia per l’utente finale? «Al di là che rappresenta ormai in tutto il mondo un requisito cogente, sicuramente il fatto che il pannello venga certificato aumenta sensibilmente le probabilità che non ci siano problemi una volta realizzato l’impianto. Diciamo però che è una condizione necessaria ma non sufficiente. A tal proposito, infatti, eseguiamo anche altre attività che permettono di aumentare l’affidabilità della produzione, a partire dalle ispezioni in fabbrica. Inoltre eseguiamo la qualifica dei lotti, con ispettori che verificano i prodotti in loco, ed eseguiamo attività di test parziali sui prodotti prima di installarli. Sempre più di frequente i grandi impianti ci consultano per ricavare una valutazione tecnica». Quali sono le sue previsioni ›› VENETO 2010 • DOSSIER • 245


RINNOVABILI

Meriti di eccellenza Una fetta di mercato sensibile alla crisi, ma sicuramente forte della propensione, sempre più marcata, al risparmio energetico. Il mondo molto probabilmente ancora non si rende conto del reale impatto che la produzione di energia alternativa potrebbe avere. Si tratta di un indotto economico, ambientale e occupazionale. E Marco Baraldo, con la TÜV InterCert GmbH , spiega come in questo ambito il futuro si garantisca in primis formando una generazione di tecnici esperti e all’avanguardia: «Il successo della nostra attività nasce, oltre che dal contributo dei nostri investitori, anche dalla preparazione di chi lavora nel gruppo». Formazione, ma anche ricerca. «Abbiamo testato tecnologie emergenti, di produttori sia Italiani che esteri. Tutto questo ci permette di essere costantemente proiettati al futuro ». Ma ci sono soprattutto due persone verso cui Baraldo esprime riconoscenza: «L’ingegner Luca Secco, della ex. SE Project, persona di altissimo spessore tecnico oltre che umano, e l’ingegner Roberto Bolzonaro, a capo del laboratorio di test, la cui preparazione tecnica e le cui idee di ottimizzazione per nuovi processi di testing hanno reso la nostra realtà un riferimento per il mondo».

›› sul mercato di riferimento? «Dal punto di vista della produzione e dell’installazione di pannelli, se guardiamo ai dati odierni, è in forte crescita. Ciò nonostante il quadro appare comunque instabile. In realtà il mercato è mutevole, causa l’incertezza sul futuro, sia per l’Italia, sia per la Germania. Fortunatamente ora nel nostro Paese possiamo contare su un grosso punto di stabilità, il conto energia». Gli investimenti sul fotovoltaico derivano più da privati cittadini o da imprese? 246 • DOSSIER • VENETO 2010

«Per quanto riguarda la realizzazione degli impianti direi che il mercato si muove su entrambi i fronti. Il privato ha aumentato di molto la sensibilità sui temi delle energie rinnovabili, basta pensare a ciò che ha sollevato il caso della BP, ed è attirato dal risparmio. Al tempo stesso anche l’industria vede nel settore una buona opportunità di guadagno». Quali sono gli sviluppi tecnologici più significativi che possiamo aspettarci per il prossimo anno? «Sicuramente un incremento

dell’efficienza dei moduli. Sia per il film sottile che per il silicio cristallino in questi ultimi anni l’efficienza è aumentata e i produttori continuano a lavorare su questo versante con molto impegno. Inoltre sempre più si sta sviluppando il solare a concentrazione, che fortunatamente da quest’anno, con il nuovo “conto energia”, potrà godere delle tariffe incentivanti. Il governo attuale ha mantenuto fede anche in questo caso alle promesse». Di quali strumenti e sostegni necessitate, da parte di istituzioni e associazioni di categoria, per far valere sempre di più le certificazioni? «Con la certificazione è aumentato di molto l’affidabilità del prodotto. Il successivo passo che si potrebbe compiere è quello di rendere obbligatoria la verifica di produzione in fabbrica. Al momento i nostri clienti, oltre ad avere una certificazione di prodotto, possono ottenere anche una qualifica della attività di produzione, cosa che non viene fatta da alcuni altri enti di certificazione. Le aziende che seguiamo, al di là di adempiere a una richiesta della normativa, possono vantare un marchio di qualità che aiuta sicuramente a penetrare il mercato in quanto riconosciuto dell’end user ma anche da banche e società finanziarie, riuscendo così ad accedere ai fondi per realizzare grandi impianti».



IL TRATTAMENTO DEI RAEE

Lo smaltimento dei rifiuti elettronici È recente l’obbligo per i distributori di apparecchi elettronici di ritirare i vecchi prodotti e occuparsi del loro smaltimento. Un punto di svolta importante in un settore che, complice la dilagante attenzione all’ambiente, vuole continuare a crescere. Il punto di Fabio Cavinato Eugenia Campo di Costa

Sotto, Fabio Cavinato della Sira di Fossò (VE). Nella pagina accanto, in alto una fase dello smaltimento, sotto il nuovo impianto per il trattamento di r2 e r4. A destra il nuovo combustore www.sirasrl.eu

al 18 giugno 2010, con l’entrata in vigore del decreto ministeriale 65 dell’8 marzo 2010, detto “decreto semplificazioni” o “uno contro uno”, i distributori di apparecchiature elettriche ed elettroniche sono obbligati a ritirare i vecchi apparecchi e a occuparsi direttamente del relativo smaltimento. Un decreto che semplifica le procedure e che, secondo Fabio Cavinato, titolare di Sira, Sistemi Integrati di Recupero Ambientale «sancisce un passaggio molto importante e sicuramente darà una svolta in termini di quantità di materiale recuperato». Su

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questi presupposti, quindi, ci sarà modo di incrementare notevolmente le quote di recupero sul territorio e l’Italia, che oggi è fanalino di coda nell’ambito dello smaltimento dei rifiuti elettrici ed elettronici, Raee, potrà avvicinarsi ai paesi europei eccellenti in questo ramo: Svezia, Norvegia e Svizzera. Quanto conta, nello smaltimento dei Raee, la raccolta differenziata? «Se si vuole perseguire l’obiettivo del massimo recupero, la raccolta differenziata è indubbiamente indispensabile. Tuttavia, soprattutto al Sud, l’Italia è ancora lontana dall’implementazione di un sistema efficiente. Infatti, se al Nord si è arrivati a una raccolta differenziata dei Raee che supera i 4 kg procapite, al Sud si è appena all’1,5 kg procapite. Questi dati comunque non sono imputabili esclusivamente alla raccolta differenziata, ma anche alla mancanza di una mentalità fi-

nalizzata al riciclo. È noto infatti che anche molti rifiuti di questo tipo vengono abbandonati». Di recente, Sira ha investito in un nuovo impianto Raee e un nuovo impianto combustore, quali performance permettono di ottenere? «Quest’anno abbiamo destinato più di un milione di euro alla realizzazione di nuovi impianti e a un nuovo know how. Ogni anno vengono investite in azienda ingenti risorse, con lo scopo di ottenere sempre i migliori risultati e il massimo rispetto dell’ambiente. Il nuovo combustore, a mio avviso la migliore tecnologia presente sul mercato europeo, ci consente di migliorare e massimizzare il recupero dei gas ozono lesivi e non, presenti nei frigoriferi, distruggendoli immediatamente con la massima sicurezza. Il


Nuove normative

Il nuovo impianto per il trattamento dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, permetterà di ottimizzare i recuperi di materia prima

nuovo impianto per il trattamento di r2 (lavatrici, lavastoviglie) e di r4 (piccole appaKG PROCAPITE recchiature, information È il range in cui si technology), ci permetterà ininserisce la vece di migliorare le lavoraproduzione media di Raee in Europa zioni ottimizzando i recuperi (Fonte: di materia prima. Inoltre, la Commissione europea) notevole capacità produttiva dell’impianto permette di ottenere un notevole risparmio KG PROCAPITE economico e un incremento delle quantità di rifiuti in inÈ il quantitativo di Raee raccolti gresso che vengono lavorati aual Nord tramite tomaticamente». raccolta differenziata. Cresce l’attenzione generale Al Sud il dato all’impatto ambientale e alla scende a 1, 5 kg procapite sicurezza. Come si ripercuotono queste tendenze sul vostro mercato? «Elementi fondanti la nostra attività sono il massimo rispetto per l’ambiente e la sicurezza dei nostri lavoratori. Un sistema di

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controllo, con ingegneri delegati al monitoraggio di tutto il processo di smaltimento, fa sì che questi due punti chiave siano garantiti. Inoltre, manteniamo continuamente rapporti con gli stakeholder istituzionali: regione, provincia, comune, usl, arpav, vvff, al fine di soddisfare anche le loro esigenze. Tuttavia non sempre è facile dialogare con le istituzioni, spesso più legate ad aspetti burocratici che effettivamente operativi». Cioè? «Purtroppo stiamo riscontrando molte difficoltà nel confrontarci con gli organi di controllo. Spesso il pubblico non riesce a stare al passo con le evoluzioni e con lo sviluppo continuo in termini di massimo recupero delle realtà private. Per fare un esempio, siamo riusciti a recuperare

rifiuti che potrebbero essere trasformati in materia prima, ma i vari funzionari pubblici non ci permettono di procedere, perché dobbiamo sottostare a schemi datati. E ancora non si fa niente per modificare le direttive ormai obsolete». Come vede il futuro del vostro settore? «Sono ottimista. La crisi non ha intaccato il nostro mercato, la Sira continua il trend di crescita intrapreso, grazie anche agli obblighi di legge e alla cultura del recupero e del riciclaggio che si sta diffondendo sempre di più. Inoltre abbiamo acquisito commesse in mercati esteri, Slovenia e Malta. Le quantità di rifiuti immesse sul mercato sono in crescita e questo comporta sicuramente anche un fine vita positivo». VENETO 2010 • DOSSIER • 249




CORSIE D’ECCELLENZA

Anche la lotta ai tumori nel polo della salute Da quattro anni attivo nella ricerca e prevenzione, l’Istituto oncologico veneto è in prima fila nella realizzazione della nuova struttura a Padova, «necessaria ma ostacolata dalla congiuntura economica». Il punto del direttore generale Pier Carlo Muzzio Riccardo Casini

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ra le realtà che stanno contribuendo alla creazione del nuovo polo sanitario di Padova figura anche il primo istituto del Veneto specificatamente destinato alla prevenzione, diagnosi e cura dei tumori e alla ricerca sul cancro: si tratta dell’Istituto oncologico veneto, che dal 2006 fornisce assistenza ai malati neoplastici e svolge nello stesso tempo ricerca biomedica. Dai dati diffusi dall’istituto stesso, ogni giorno vengono irradiati mediamente 150 pazienti per un totale di circa 50mila sedute annue. Il direttore generale della struttura, Pier Carlo Muzzio, illustra lo stato della ricerca e le prospettive future dell’istituto. «Lo Iov è nato 4 anni fa per precisa volontà della Regione e del ministero della Salute, e occupa attualmente circa 500 tra dipendenti e ricercatori. Nell’arco del 2009 sono stati eseguiti più di 2 mila interventi e più di 300 mila prestazioni specialistiche. Un dato significativo è che, pur essendo una struttura pubblica, fin dal primo anno ha sempre presentato bilanci in equilibrio o in utile. Altro dato significativo è stato il successo delle adesioni dei cittadini alla raccolta del 5 per mille, che fin dall’inizio ha collocato lo Iov al decimo posto tra le istituzioni della ricerca sanitaria. Le principali linee di ricerca sono rappresentate dalle identificazioni delle alterazioni genetiche nelle neoplasie, dallo studio sui tumori eredo-familiari (è attivo infatti il Family cancer clinic), dall’immunolo-

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gia dei tumori e lo studio dei virus oncogeni». Quali sono gli ambiti nei quali si registra il maggior numero di degenti? «L’afflusso principale dei pazienti è dovuto non solo ai cosiddetti “big killers” (colon, polmone, mammella), ma in particolare dai pazienti con melanomi e sarcomi: esiste infatti allo Iov un centro di riferimento regionale su questa patologia. Inoltre, sono molti i pazienti con patologia esofagea oltre che quelli affetti dai cosiddetti tumori rari». Qual è al momento lo stato della ricerca nella prevenzione e cura dei tumori? Negli ultimi anni in quali campi si sono compiuti i passi avanti più importanti?

Sotto, il direttore generale dello Iov, Pier Carlo Muzzio


Pier Carlo Muzzio

La tradizione medica e i cittadini veneti devono avere una struttura di riferimento importante per l’assistenza, la ricerca e la formazione dei futuri medici

«Lo stato della ricerca è in una fase molto promettente per quanto riguarda sia le prospettive di interventi legati al progresso della genetica e della genomica, sia all’uso dei cosiddetti farmaci intelligenti per terapie personalizzate: non esiste infatti il tumore, ma quel tumore di quella persona con caratteristiche ben specifiche. Importanti e molto promettenti sono anche le innovazioni in atto nelle tecniche radioterapiche». La realizzazione del cosiddetto “polo della salute” a Padova vi vede in prima fila. Quale potrà essere il ruolo dello Iov al suo interno? «Più che di un ruolo parlerei di una funzione del nostro istituto, non solo di assistenza ma di attrazione e innovazione della ricerca oncologica. È da sottolineare come il punto di forza del nostro istituto sia stato e sia l’essere strettamente integrato e contiguo al complesso ospe-

daliero-universitario di Padova, formandone praticamente un tutt’uno, a differenza anche di altri più antichi e prestigiosi istituti dei tumori nazionali. Per quanto riguarda il nuovo ospedale, lo ritengo assolutamente necessario, ma è chiaro che l’attuale congiuntura economica costituisce un ostacolo. Pertanto, più che la teoria del tutto o del nulla, ritengo si potrebbe procedere per tappe successive, iniziando con la costruzione del blocco materno-infantile, che consentirebbe un doppio vantaggio: uno, di realizzare il centro di riferimento pediatrico per tutta la regione creando una struttura analoga a tante altre città come Trieste, Milano, Genova o Firenze; due, si libererebbero ampi spazi all’interno dell’attuale complesso ospedaliero tali da consentire di operare più agevolmente gli interventi necessari per i prossimi anni. A quel punto lo Iov potrà essere uno dei blocchi realizzati successivamente». Attualmente offrite 121 posti letto ordinari e 42 day hospital. Potranno aumentare con la creazione del nuovo polo? Quali prospettive può offrire la sua nascita allo Iov? «Non credo sia necessario aumentare il numero dei posti letto, ma sarà sicuramente necessario aumentare i servizi. E la riorganizzazione, anche logistica, non potrà che agevolare le prestazioni, soprattutto quelle ambulatoriali, che nei prossimi anni saranno quelle che avranno l’incremento maggiore. Ritengo che la tradizione medica padovana e veneta da un lato e i cittadini della nostra regione dall’altro, debbano avere una struttura di riferimento importante per l’assistenza, la ricerca e la formazione dei futuri medici, e ciò non può che significare di pensare e lavorare anche per realizzare un nuovo modello di polo della salute». VENETO 2010 • DOSSIER • 259


CORSIE D’ECCELLENZA

Medicina translazionale per il futuro campus

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adova rappresenta già un centro medico riconosciuto sia livello nazionale che internazionale», sottolinea Giorgio Palù. E, per questo motivo, molto probabilmente, proprio in questa città sorgerà il polo medico più importante della regione. Un polo che il preside preferisce chiamare un “campus di medicina accademica e biomedica”, caratterizzato da tecnologie altamente avanzate. Non solo formazione ai futuri medici, ma anche tanti progetti di ricerca, da condividere con le principali università del mondo e, naturalmente assistenza specialistica. L’obiettivo? «Poter, finalmente, adottare una medicina condotta dal laboratorio al letto del paziente, la cosiddetta medicina translazionale», precisa Giorgio Palù. Che cosa rappresenterebbe per la facoltà di medicina la realizzazione di questa struttura? Quali le caratteristiche? «L’Università di Padova e, in particolare la facoltà di medicina, a marzo ha firmato una lettera di intenti, che voleva essere un importante passo in avanti per vedere sorgere presto, quello che noi abbiamo definito un campus di medicina accademica e biomedica. I presupposti di questo nuovo ospedale dovrebbero, quindi, seguire i principi che caratterizzano i nuovi campus accademici dove si porta avanti contemporaneamente attività di ricerca, di didattica e assistenza specialistica. Il nostro obiettivo è quello di dotare il campus di una strumentazione altamente specializzata e di una piattaforma tecnologica all’avanguardia, sotto l’aspetto delle nanobiotecnologie, del ciclotrone, dei radiofarmaci, della transgenesi, della proteomica, della genomica, della postgenomica e, ovviamente, anche per quello che concerne le strutture di degenza». Quale sarà l’obiettivo primario di questo 262 • DOSSIER • VENETO 2010

Un polo di medicina accademica e biomedica. Questa la realtà che, da qui a dieci anni, potrebbe sorgere a Padova. Un polo ospedaliero fondamentale per la regione, ma anche un punto di riferimento per le strutture nazionali e internazionali. Lo spiega Giorgio Palù, preside della facoltà di Medicina e Chirurgia Nike Giurlani

campus? «Poter finalmente adottare una medicina condotta dal laboratorio al letto del paziente, la cosiddetta medicina translazionale. Attualmente è già in costruzione una “good manufacturing practice” per realizzare, secondo la farmacopea europea, i nuovi farmaci e le nuove terapie molecolari. Oltre queste facilities, però, è prevista anche la realizzazione di un bioparco. Se è vero che il mondo della sanità genera costi molto elevati, sia per i bilanci regionali che per quelli nazionali, è pur vero che grazie alle nuove tec-


Giorgio Palù

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Il nostro obiettivo è quello di dotare il campus di una strumentazione altamente specializzata e di una piattaforma tecnologica all’avanguardia

Giorgio Palù, preside della facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università di Padova

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nologie siamo in grado di dare vita a nuove realtà d’impresa basate, per esempio, sull’high tech. La biotecnologia è la realtà del futuro. Basti pensare che i farmaci sono già biotecnologici per il 40-50% e la diagnostica è basata sul nanodevices. Il modo di fare medicina sta cambiando e bisogna prenderne atto, adeguando anche le strutture». Perchè questo campus dovrebbe sorgere a Padova? «Quello che noi auspichiamo è una sede adeguata, in grado di inserirsi in una rete di comunicazione avanzata. Padova già nel 1222 è stata sede di una scuola medica - ancora prima che sorgessero gli ospedali, nati solo nel Medioevo - e ancora oggi può vantare una riconosciuta fama nazionale e internazionale. Nelle classifiche del Censis la facoltà medica di Padova

è la prima in Italia per parametri scientifici, per pubblicazioni e per rapporti internazionali». Se dovesse sorgere questo importante polo ospedaliero quali i rapporti con le università straniere a livello di ricerca? «Sicuramente verrebbero incentivati nuovi protocolli, ma già oggi possiamo vantare molte collaborazioni con le più importanti università del mondo da Harvard a Stanford, fino alla Columbia, ma anche con i principali atenei europei, con molti dei quali, tra l’altro, sono già stati attivati dei dottorati di ricerca condivisi. Non bisogna, infatti, dimenticare che Padova è da sempre il baricentro della cultura medica per tutta l’Europa dell’est, e non solo». Quali saranno i tempi di realizzazione? «Si parla di dieci anni, in quanto va identificata precisamente la sede, bisogna trasferire le attuali cliniche e gli attuali laboratori di ricerca. L’ideale per noi sarebbe, però, che in questo lasso di tempo venissero riadattate le strutture assistenziali, in modo da essere in grado di competere con i tempi. Già da adesso è volontà dell’azienda ospedaliera realizzare un piccolo campo di ricerca biomedica, che si dimostrerà molto importante per le ricerche». VENETO 2010 • DOSSIER • 263




ASSISTENZA OSPEDALIERA

Il regime assistenziale della moderna day surgery a chirurgia in questi ultimi anni ha compiuto una svolta molto importante dando luogo a un regime assistenziale alternativo al ricovero ordinario, noto come “day surgery”. Tale svolta ha avuto la sua ragione nel processo di razionalizzazione dell’assistenza ospedaliera. «Il regime di ricovero diurno consente, infatti, di garantire adeguati livelli qualitativi di assistenza contribuendo al miglioramento complessivo dell’efficienza operativa degli ospedali nonché al miglioramento qualitativo e all’umanizzazione della cura». Il dottor Giancarlo Bisetto, specialista in chirurgia vascolare e soprattutto, in chirurgia delle varici, spiega l’importanza della moderna day surgery di cui la Casa di Cura Giovanni XXIII è divenuta punto di riferimento per l’utenza di Monastier di Treviso e non solo. «Le ragioni che hanno portato alla day surgery ad affermarsi nel mondo ospedaliero sono legate innanzitutto alla possibilità di attuare, mediante un’adeguata selezione dei pazienti e una specifica organizzazione, un modello di assistenza chi-

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Molti interventi chirurgici che un tempo implicavano la degenza ospedaliera, oggi possono eseguirsi in day surgery soprattutto grazie a un processo di razionalizzazione dell’assistenza ospedaliera. È quanto accade alla Casa di Cura Giovanni XXIII di Monastier di Treviso Adriana Zuccaro

rurgica di pari efficienza rispetto a quella tradizionale». Il nuovo modello assistenziale esperito alla Giovanni XXIII, oltre a condurre a una progressiva riduzione delle liste d’attesa, riesce a veicolare un concreto sostegno ai pazienti e loro famiglie soprattutto sotto il punto di vista psicologico e sociale. «A seguito del contenimento del numero dei ricoveri per le patologie minori, grazie al day surgery siamo in grado di erogare un’assistenza migliore ai pazienti affetti da patologie chirurgiche più impegnative e di razionalizzare, e in molti casi ridurre, i tempi dell’assistenza chirurgica» spiega Bisetto. Il tempo di contatto tra il chirurgo e il paziente è quindi molto più breve ma più intenso del consueto. Quali strategie gestionali occorrono per il buon funzionamento di un reparto di day surgery? «Tutto deve essere pianificato e realizzato con estrema cura in modo da ottenere un totale “controllo del processo”. In particolare, l’informazione deve essere globale, corretta, approfondita, semplice ed estesa anche ai familiari. Per conse-

In apertura, il dottor Bisetto, responsabile della Casa di Cura Giovanni XXIII di Monaster di Treviso. In alto, un esterno della struttura. Nella pagina a fianco, dall’alto, i dottori Busolin e Piazzolla, e in basso, il dottor di Toma con la Tac Somatom definition as 128 slide www.giovanni23.it


Razionalizzazione

DIGITALE IN RADIOLOGIA VERSIONE DAY SURGERY

«L’avvento del digitale in radiologia, oltre a ridurre anche sensibilmente la dose erogata, ha migliorato l’efficienza dei servizi non solo nel rapporto con l’utenza esterna ambulatoriale ma soprattutto con i pazienti ricoverati o in regime di semiricovero». Infatti, spiega il dottor Francesco di Toma, responsabile della radiologia presso la Casa di Cura Giovanni XXIII, «la possibilità di registrare tutte le immagini acquisite in un unico archivio digitale (PACS) consente a chirurghi e anestesisti di poter consultare i risultati degli esami in tempo reale, permettendo una loro

visualizzazione direttamente in ambulatorio o in sala operatoria». L’uso di sequenze particolari in risonanza magnetica, Native, permette di effettuare studi angiografici a pazienti vasculopatici senza necessità di iniettare contrasto endovenoso, elimina il rischio di reazioni allergiche e consente di evitare il cateterismo dei vasi arteriosi, permettendo l’esecuzione ambulatoriale per prestazioni un tempo espletabili solo in regime di ricovero. «L’obiettivo per il futuro consiste ora nel perfezionare sempre di più l’attività nella day surgery, attuando, dove possibile, le tecniche meno invasive, più efficaci, sicure, gradite al paziente così da consentire il più rapido e sereno ritorno alla vita sociale e lavorativa».

guire questi risultati sono necessari un lavoro di squadra e un costante aggiornamento del personale medico e infermieristico creando così un’organizzazione di rilievo e standard opportuni dalla fase preoperatoria a quella chirurgica e infine, non ultimo, al post-dimissione». Come tipologia organizzativa, la day surgery di Monastier è di fatto un’unità operativa autonoma di degenza multidisciplinare nella quale confluiscono attività chirurgiche di diverse unità funzionali. «Anche interventi ritenuti più complessi possono rientrare nell’ambito della day surgery», afferma il dottor Roberto Busolin, responsabile chirurgia generale della Giovanni XXII, cosicché «in campo oncologico il trattamento del tumore mammario soprattutto se in fase iniziale può essere gestito in ricovero giornaliero consentendo un pronto recupero fisico e un limitato impatto psicologico – spiega Busolin –. Indispensabile per una corretta gestione di tale patologia è la collaborazione dei servizi di anestesia, radiologia, medicina nucleare, e anatomia patologica perché contribuiscono con la loro disponibilità e una necessaria dose di elasticità di programmazione, al completo realizzo dei principi della day surgery». VENETO 2010 • DOSSIER • 267


SICUREZZA E SALUTE DEI DIPENDENTI

Contro lo stress da lavoro La parola “stress” è spesso associata all’ambito lavorativo, perché è qui che trascorriamo più tempo nell’arco della giornata. Compito del datore di lavoro è anche quello di garantire una buona e quindi sana organizzazione all’interno dell’ambiente di lavoro, in modo da ridurre al minimo le situazioni stressogene. L’analisi del medico del lavoro dottor Daniele Caretta Simona Cantelmi

l primo Gennaio 2011 entrerà definitivamente in vigore, grazie all’art. 28 DL 81/2008 del 3 Aprile 2008, l’obbligo da parte dei datori di lavoro di valutare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei dipendenti negli ambienti di lavoro, anche i rischi collegati allo stress lavoro-correlato. «Come per il rumore, le vibrazioni e altri rischi, la legge impegna il datore di lavoro ad analizzare, all’interno della propria organizzazione, quelle situazioni potenzialmente in grado di favorire condizioni stressanti per il lavoratore» spiega il dottor Daniele Caretta. «A volte si osservano aziende con un elevato ricambio di personale, ben oltre a quello fisiologico, o elevate incidenze di infortuni. Spesso dietro a questi dati obbiettivi e incontestabili si nascondono situazioni di malessere, di rapporti umani tesi o addirittura di aperti conflitti. Se ci si siede e si prende il tempo di analizzare tali problemi, si scopre quanto semplici possono essere le cause e quindi le soluzioni. In realtà questo, per molte aziende, non

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è solo un obbligo di legge, perché il datore di lavoro ha tutto l’interesse a far sì che i propri dipendenti non siano stressati per motivi derivanti dal modo di lavorare all’interno della propria organizzazione». In ambito legislativo negli ultimi anni si erano già fatti alcuni importanti progressi. «Già con l’Accordo Europeo sullo stress sul lavoro dell’8/10/2004, gli stati membri hanno deciso che “considerare e risolvere il problema dello stress sul lavoro implica una maggiore efficienza e un deciso miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza sul lavoro, con conseguenti benefici economici e sociali per le aziende, i lavoratori e la società nel suo insieme”». Il termine stress è entrato nella nostra quotidianità. «Si tratta di una parola che, per quanto utilizzata in situazioni molto diverse tra loro – prosegue il dottor


Nuove normative

Al di là dell’obbligo di legge, il datore di lavoro ha tutto l’interesse a far sì che i propri dipendenti non siano “stressati” dal lavoro

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Il medico del lavoro Daniele Caretta di Verona, medico competente da oltre 20 anni, esperto di ergonomia, in continua formazione in ambito psicologico, collabora con diverse tipologie di aziende e si occupa della valutazione dello stress lavoro-correlato www.dottorcaretta.it info@dottorcaretta.it

Caretta - evoca una sensazione inconfondibile di disagio soggettivo. Una qualsiasi esperienza sgradita, se prolungata nel tempo, provoca, alla fine, un esaurimento delle capacità del soggetto interessato di affrontare tale situazione. Questo esaurimento può manifestarsi sia a livello psicologico sia a livello somatico». Tre sono gli elementi principali dello stress. Il primo è il soggetto, «e, poiché ogni individuo è diverso dall’altro, è la variabile più difficile da considerare», il secondo è il fattore stressogeno, altrettanto relativo, infatti «non per tutti una situazione può essere allo stesso modo spiacevole, anzi può dare origine anche a una sensazione del tutto opposta» e il terzo è il fattore tempo (presenza quotidiana di piccoli fattori stressanti favoriscono l’esaurimento delle risorse). Ognuno dei tre fattori, quindi, può essere estremamente variabile. Si tratta di una valutazione difficile che richiede competenza ed esperienza. «Il soggetto è quello che maggiormente può trovare soluzioni a una situazione stressante, sulla base di alcune caratteristiche e capacità che può possedere. Possiamo chiamarle, per rendere l’idea, risorse personali. Nel linguaggio scientifico gli anglosassoni hanno coniato un termine ben preciso per esprimere questa capacità: il “coping”. «L’attivazione di queste risorse, atte a dare una risposta efficace a un problema che ci

disturba, è ritenuta, pur stressante, fisiologicamente normale: viene chiamato “eustress”, cioè stress positivo. I potenziali agenti stressogeni possono essere i più diversi, ma «considerando semplicemente che l’individuo trascorre buona parte della giornata nei luoghi di lavoro – prosegue il dottor Caretta - è naturale che, in questo ambiente, vi sia una buona probabilità di incontrare situazioni percepite dal soggetto stesso come stressanti». «Oltre a quegli eventi come la perdita del lavoro, uno stato di disoccupazione, ma anche il pensionamento o una retrocessione, notoriamente in grado di destabilizzare un equilibrio di una persona per la loro grande portata emotiva al punto che i disturbi che ne possono originare sono stati definiti “stress post-traumatico”, nel lavoro quotidiano vi sono mille piccole occasioni di stress. Scarsa chiarezza dei propri compiti lavorativi, difficoltà di comprendere le informazioni o di comunicarle, incomprensioni con i superiori o collaboratori e molte altre situazioni possono mettere in difficoltà il lavoratore. Questo può quindi porre in atto reazioni di fuga dall’organizzazione, riducendo la propria collaborazione e condivisione degli obbiettivi aziendali. Questa condizione, se non riconosciuta e modificata, diventerà, prima o poi, un elemento di disturbo per tutta l’organizzazione. VENETO 2010 • DOSSIER • 269


PATOLOGIE DIFFUSE

Cinquantenni a rischio Tra le patologie che affliggono maggiormente la popolazione, le emorroidi risultano ai primi posti. Curare lo stile di vita, e alimentarsi in modo sano e corretto, possono aiutare la prevenzione. Scopriamo le tecniche più efficaci di intervento La parola a Remo Andreoli

Remo Andreoli, medico chirurgo specializzato in gastroenterologia ed endoscopia digestiva remoandreoli@libero.it

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ono in molti a soffrirne, ma pochi ne parlano. Parliamo delle emorroidi, una patologia che affligge oltre il 50% della popolazione maschile sopra i cinquant’anni. Sono le donne in gravidanza, in misura minore ma comunque importanti, gli altri soggetti a rischio per questo tipo di malattia. Prestare attenzione all’alimentazione e allo stile di vita può aiutare a prevenire l’insorgere della patologia. Ne parliamo con il dottor Remo Andreoli, medico chirurgo specialista in gastroenterologia. Quali sono i fattori principali, ritenuti responsabili delle emorroidi? «Una cattiva alimentazione e una disordinata abitudine nelGuido Siniscalchi l'evacuazione sono le principali cause che determinano le emorroidi. Cibi piccanti, alcol e scarse fibre vegetali determinano un'azione negativa sulla circolazione del canale anale e del retto terminale. L'evacuazione forzata, irregolare e scarsa, come si osserva nella stipsi, costituisce l'altro fattore principale della crisi emorroidaria. Altre cause possono essere la gravidanza e il parto. La prolungata stazione eretta o seduta e gli sforzi continui, lavoro o esercizi fisici sportivi, contribuiscono a spingere fuori i cuscinetti emorroidari». Ci sono delle fasce di età a rischio che maggiormente incorrono in tale patologia? «La metà della popolazione ultracinquantenne è affetta da questa patologia, con una certa prevalenza per il sesso maschile. Il 30% delle donne in gravidanza soffre di questi problemi. Ci sono casi di familiarità ove si osserva che persone anche più giovani, 20 e 30 anni, hanno emorroidi di grado elevato. Ho curato due fratelli di 30 anni completamente vegetariani con emorroidi spaventose». Come si manifestano le emorroidi e quali sono le terapie più efficaci per curarle? «Emorroide in greco vuol dire sangue che scorre. Quindi il primo sintomo è il sanguinamento più o meno frequente e più o meno imponente. In certi casi poi, nelle emorroidi di terzo grado e più, si ha il prolasso. La tecnica per curarle non asporta le emorroidi, ma interrompe il flusso dell'arteria emorroidaria superiore, che porta l'80% del sangue che le nutre. Si introduce nel retto una sonda Doppler, a ultrasuoni, che individua il "battito" dell'arteria e, una volta individuata, si introduce la fi-

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L’importanza della prevenzione

bra laser che, a contatto con il vaso, provvede a fotocoagularlo, interrompendo quindi il flusso sanguigno. Il tutto avviene in una zona priva di recettori dolorosi, quindi l’applicazione e il decorso postoperatorio risulta indolore. Di solito non si usa nemmeno l'anestesia locale e, se si usa, serve ad introdurre l’anuscopio senza provocare disagio. Si applicano 5 "spot" luminosi di un secondo su ogni vaso individuato, per un massimo di 6-7 applicazioni. Tutto in una sola seduta ambulatoriale della durata di 15 minuti. Dopo il paziente torna a casa o alle sue attività escluse quelle sportive intense. Il risultato è quasi immediato. La guarigione delle escare si verifica dopo 20-30 giorni». A cosa è dovuto il prolasso rettale e quali sono gli interventi necessari che vengono effettuati? «Il prolasso rettale consiste nella perdita di tonicità della struttura del retto terminale, con la conseguente discesa verso l'esterno di vasi e mucosa rettale. Le cause sono molteplici. Nelle donne pluripare (con più gravidanze), dopo parti difficoltosi, nella stipsi cronica si ha una forzatura delle strutture anorettali con il loro susseguente sfiancamento. Nella donna si verifica spesso che la spinta avvenga verso la vagina producendo così il rettocele. Come avviene con le ernie inguinali, a La metà della poco servono le terapie popolazione medico-conservative. ultracinquantenne Occorre operare. Ora ci è affetta da questa sono presidi moderni che consentono interpatologia, con una poco dolorosi e certa prevalenza per venti minimamente invaliil sesso maschile. danti. L'intervento si E anche il 30% prefigge di rimuovere il retto prolassato e di ridelle donne in pristinare la continuità gravidanza soffre anatomica. Si usa una di questi problemi suturatrice meccanica che taglia e cuce con-

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temporaneamente. Un breve ricovero di un paio di giorni e poi a casa. La ripresa lavorativa può avvenire dopo una settimana, se non ci sono sforzi eccessivi». Cosa consiglia a chi soffre di questa patologia? «La patologia ano-rettale è abbastanza complessa e bisogna studiare ogni singolo caso attentamente. Le soluzioni sono diverse e molto valide. La medicina non è una scienza esatta, ma si evolve in continuazione. Per oltre un secolo si è operata l'ulcera duodenale chirurgicamente, poi 30 anni fa la Ranitidina ha definitivamente fatto abbandonare la terapia chirurgica. Oggi ci sono a disposizione tecniche moderne adatte ad ogni caso. Bisogna che le persone affette da emorroidi o da prolasso si rechino da professionisti specializzati e competenti per una diagnosi corretta e una terapia adeguata. Non solo per una buona guarigione con il minimo disagio, ma anche per scongiurare, malattie ben più gravi delle emorroidi o del prolasso». VENETO 2010 • DOSSIER • 271


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