DossVenezia122011

OSSIER VENEZIA L’INTERVENTO ......................................13 Giancarlo Galan Andrea Tomat

PRIMO PIANO FOCUS VENEZIA...................................16 Luigi Brugnaro Roberto Magliocco Antonio Paruzzolo Roberto Panciera Michele Zuin Francesca Zaccariotto Lino Gottardello IL PUNTO ................................................34 Luca Zaia UNITÀ D’ITALIA ....................................38 Giorgio Napolitano Pietrangelo Buttafuoco Marcello Veneziani VERSO LE AMMINISTRATIVE.........46 Alberto Giorgetti Rosanna Filippin

ECONOMIA E FINANZA ISTITUZIONI EUROPEE .....................52 Mario Draghi L’ECONOMIA VENETA .......................56 Alessandro Bianchi MERCATI ESTERI ................................60 Ferruccio Dardanello Andrea Bolla Gian Domenico Cappellaro Antonio Favrin Giannino Marzotto Mario Moretti Polegato Vincenzo Consoli IMPRENDITORI DELL’ANNO ...........76 Giancarlo Ballin Emanuele Sala Nicola Cagnin Gianluca Baldini Alberto ed Ennio Prase Renzo Tronco Walter e Alberto Korcz e Luigi Moro Alessandro Tosatto Adriano Fracasso Maurizio Lorenzon Remo Crosato GESTIONALI PER L’IMPRESA ......106 Gino Remor TECNOLOGIE PER L’AUTOMOTIVE.........................108 Fabio De Angelis IL SETTORE TESSILE........................112 Otello Zecchin Mauro D’Este

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MADE IN ITALY ....................................116 Mauro Zampieri Roberto Ciotti ed Elena Voltolina PRODOTTI ALIMENTARI.................122 Graziano Bertuzzo e David Mandolin Giovanni Cattel Andrea Bertolini Silvestro Semenzato ENOLOGIA ............................................130 Andrea Gasparini

Sommario AMBIENTE ED ENERGIA

TERRITORIO

GIUSTIZIA

RISCHIO IDROGEOLOGICO............134 Daniele Stival Perla Stancari

INFRASTRUTTURE............................146 Renato Chisso

EVASIONE FISCALE..........................198 Giovanni Achille Sanzò Roberto Dal Negro Massimo Zanon Marcello Ravaioli

RISORSE IDRICHE ...........................140 Pier Alessandro Mazzoni ACQUA POTABILE.............................142 Maurizio Malizia

LOGISTICA E TRASPORTI..............150 Lorenzo Zanatta Arduino Bortoluzzi Marcello Panettoni MERCATO IMMOBILIARE ..............158 Luigi Schiavo Luca Segalin EDILIZIA.................................................162 Gianni Cassandro Dorino Pontello Francesco Rigoni Aldo Svander Emanuela Pege e Mendes Migotto MATERIALI PER L’EDILIZIA ...........172 Marco Lazzaro Mario Franco LAVORI MARITTIMI ..........................176 Francesco Gregolin IMMOBILIARE......................................178 Vanni Basso TURISMO...............................................182 Flavia Maria Coccia Paolo Rubini

SICUREZZA SUL LAVORO ............206 Elda Ferrari Franca Porto RESPONSABILITÀ DEGLI ENTI...........................................212 Ballarino, Giacomazzi, Cassamagnaghi e Bermone

SANITÀ MERCATO DEI FARMACI ................216 Massimo Scaccabarozzi Silvio Garattini Sergio Pecorelli Celso Giacomo Pancino TOSSICODIPENDENZE...................230 Giovanni Serpelloni RICERCA SCIENTIFICA ..................235 Umberto Veronesi Franco Mandelli

MAESTRI VETRAI...............................186 Giancarlo Chimento Adriano Berengo IL VETRO ARTISTICO .......................192 Bruno Gerardon

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 11

Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx L’INTERVENTO

La svolta necessaria, dalla difesa all’azione di Andrea Tomat Presidente di Confindustria Veneto

a classe politica, nazionale e locale, deve porsi come obiettivo prioritario il sostegno alla crescita e all’iniziativa imprenditoriale con tutti gli strumenti possibili: in ambito finanziario, fiscale, amministrativo, infrastrutturale, energetico. Accanto a ciò va avviata una reale semplificazione della burocrazia che imprigiona le imprese. C’è soprattutto bisogno di certezza sulla realizzabilità degli investimenti. Sulle pmi venete, e non solo, pesano ancora l’indebitamento rispetto al fatturato e al capitale di rischio, una maggiore incidenza dei debiti a breve e una propensione alla capitalizzazione ancora insufficiente. Crescere impone alle aziende di investire in innovazione e internazionalizzazione, e questo richiede trasformazioni dimensionali, maggiore capacità d’integrazione e una gestione finanziaria più evoluta e strutturata.

Siamo cresciuti nelle esportazioni, sommando i rischi di una ripresa stentata con quelli degli investimenti su nuovi mercati. Per mantenere la crescita è ora necessario continuare a puntare su fattori strategici e competitivi quali: ricerca, innovazione, investimenti su nuovi

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prodotti, processi di formazione e progetti di filiera.

Allo stesso tempo, con la Regione Veneto e il sistema camerale, stiamo lavorando per facilitare le aggregazioni di imprese rispetto a progetti di sviluppo delle attività all’estero, proprio per consentire anche ai più piccoli di seguire questa strada.

Lo scenario futuro non appare ancora sufficientemente stabile da garantire una significativa ripresa dell’economia regionale. La fase d’assestamento iniziata alla fine del 2009 non ha prodotto un rilancio incisivo dell’attività produttiva e sul piano occupazionale rimane remota la prospettiva di una nuova fase di crescita. È necessario passare da una fase difensiva a una attiva.

Servono decisioni e politiche dirette a sostenere la crescita, a inserire il territorio nei nuovi centri della crescita e dello sviluppo mondiali. Servono soprattutto orientamenti consapevoli che le risorse pubbliche utilizzabili saranno in continua, rapida diminuzione. Massima attenzione andrà riservata alle riforme a costo zero, alla ricerca di competitività e concorrenza, al controllo della spesa pubblica e al miglioramento della produttività degli apparati pubblici.

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Un manifesto per lo sviluppo La priorità per Luigi Brugnaro, presidente di Confindustria Venezia, è ristabilire condizioni di competitività con riforme e azioni concrete, nell’ottica del bene comune. Perché ora «quello che conta è riprendere a camminare velocemente» Michela Evangelisti

ia le Province e largo alla città metropolitana che, mettendo in rete Venezia, Padova e Treviso, coniugherà gli interessi di 2 milioni e mezzo di abitanti. Questo, in sintesi, il senso del manifesto voluto da Confindustria e sottoscritto dagli imprenditori e dai professionisti dell’area metropolitana veneziana. Il progetto, recita il documento, mira a “costruire insieme una città in cui si realizzino e con-

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vergano dinamicità dell’economia, qualità della vita, sostenibilità dell’ambiente, rispetto della legalità, sicurezza dei cittadini e vivacità della società civile”. Il presupposto di partenza è che le province di Venezia, Padova e Treviso già rappresentano un’area in assoluto tra le più dinamiche e produttive del Paese, con complementarietà di vocazioni economico-produttive e performance paragonabili a quelle delle grandi capitali continentali.

Tra gli intenti espressi nel manifesto c’è la necessità di abbattere doppioni e carrozzoni, semplificare gli strumenti di crescita e sviluppo, premiare le eccellenze e fare economie di scala nel rispetto dell’ambiente per dare lavoro e occupazione, attraendo anche investimenti dall’estero.

Presidente, quali sono le priorità individuate nelle vostre proposte?

«Abbiamo pensato di partire dal la-

Luigi Brugnaro

Venezia deve tornare a essere un grande hub per il traffico merci

voro e dalla costruzione della ricchezza. Da troppo tempo in Italia assistiamo a una deriva di ragionamenti sulla sua ridistribuzione, argomento che non mi appassiona.

Lasciamo alla politica il compito di trovare le giuste mediazioni: ciò che noi imprenditori dobbiamo fare è costruire ricchezza. Le imprese sono l’asset strategico in un Paese dove l’unica materia prima a nostra disposizione è l’uomo. Dobbiamo far sì che il territorio veneziano diventi competitivo a livello mondiale e delineare un quadro d’insieme nel quale le imprese liberamente possano muoversi e trovare terreno fertile per apportare i propri investi-

Luigi Brugnaro, presidente di Confindustria Venezia

menti e le proprie energie. È evidente che per sostenere un progetto di città metropolitana serve una profonda condivisione sociale; abbiamo pensato di iniziare dai giovani, dalle associazioni di categoria e dagli ordini professionali. Ovviamente il prossimo passo sarà quello di condividere il nostro progetto anche con i rappresentanti sindacali: dovremo fare in modo che il mondo del lavoro sottoscriva, se non questo manifesto, altri approfondimenti che dovranno necessariamente seguire».

Quali sarebbero i primi concreti vantaggi di una città metropolitana?

«Innanzitutto una razionalizzazione incredibile dei costi e una maggiore efficienza nella gestione dei servizi pubblici. Inoltre, sarebbero enormi i vantaggi sul fronte della gestione dei circa 20 milioni di turisti che ogni anno arrivano da tutto il mondo: se riuscissimo a coordinarci meglio non solo offriremmo loro servizi più efficienti in un ambiente eccezionale, ma potremmo trovare nei turisti degli straordinari ambasciatori e testimonial dei nostri prodotti».

Per realizzare questi progetti occorrono, però, grandi infrastrutture.

«A Venezia abbiamo una delle più grandi opere di ingegneria per la salvaguardia ambientale al mondo, il Mose, che crediamo sarà una delle più visitate durante l’Expo di Milano. È stato realizzato il passante di Mestre, in grado di conciliare la velocità con la sensibilità verso una zona altamente urbanizzata. Abbiamo il terzo aeroporto di Italia, che sta mietendo successi continui, che si è aggregato a Treviso con un’opera meritoria di organizzazione, e un porto che da poco ha lanciato un progetto da noi sostenuto apertamente, quello del terminal off shore, grazie al quale Venezia potrà tornare a essere un grande hub per il traffico merci.

Stiamo lavorando, infine, affinché la città possa incrociare il Corridoio 5 e l’alta velocità ferroviaria e tornare a essere un nodo importante per l’ingresso delle merci in Europa.

Questa è la nostra idea di città me- VENEZIA 2011 • DOSSIER • 17

FOCUS VENEZIA

tropolitana e perché si realizzi nei tempi più rapidi possibili occorre la partecipazione popolare: dobbiamo spiegare ai ragazzi e alle famiglie che questi grandi disegni logistici e infrastrutturali sono utili a ognuno di loro».

Intanto, però, il terzo trimestre 2011 ha fatto registrare nella provincia di Venezia una nuova fase di flessione: solo il 26,9% delle imprese ha segnato una crescita della produzione.

«Quando si parla di “zero virgola” i dati sono scarsamente significativi rispetto alla crescita o decrescita; possiamo dire che c’è un momento di fermo dell’economia, però sempre con numeri importanti: si può vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Sono convinto che questo Paese possa dare molto: a Venezia tra gli imprenditori si respira voglia di ricominciare a correre, di aggredire i mercati. Tra le aziende che funzionano ravviso grande partecipazione sia alla nostra vita associativa sia alle dinamiche internazionali. La nostra provincia questo mese ha registrato un +35% dell’export, un dato che non tutti

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possono vantare».

A proposito di internazionalizzazione, avete organizzato una missione imprenditoriale e istituzionale a Tokyo a settembre, per porre le basi di un rapporto stretto con il mondo imprenditoriale nipponico.

«Più che di una missione parlerei di un viaggio che è servito a ravvivare relazioni sempre aperte nella storia di Venezia. I giapponesi amano la nostra città: ci accomuna un tessuto produttivo molto simile, fatto di piccole e medie imprese, e l’amore per la cultura e l’arte dei nipponici trova a Venezia una ri-

sposta straordinaria. Gli incontri di settembre sono già sfociati nella sottoscrizione di alcuni contratti, ma è soprattutto interessante l’idea di un percorso nel quale Venezia si riappropria della capacità, frutto della sua storia, di relazionarsi con il mondo, per poi mettere questa abilità a disposizione dell’intero Paese.

Il fatto che Venezia sia riconosciuta come grande soggetto ci consente di allacciare con più facilità rapporti utili a lanciare nei mercati stranieri i nostri prodotti; la qualità e la cultura diventano elementi di distinzione e a quel punto non ci fanno più paura i prezzi bassi proposti dai competitors a livello mondiale. Vogliamo replicare questo percorso a Mosca, a Berlino, a New York, in Brasile. In Cina siamo già stati l’anno scorso e abbiamo ottimi contatti con Shanghai e Pechino».

Ha sottolineato che sarebbe interessante proiettare il forte senso civico dimostrato da molti imprenditori acquistando pacchetti di buoni del Tesoro poliennali anche in chiave territoriale: a quali strategie per lo sviluppo del territorio pensa?

Luigi Brugnaro Xxxxx cxpknefv

A Venezia abbiamo una delle più grandi opere di ingegneria per la salvaguardia ambientale al mondo, il Mose, che crediamo sarà una delle più visitate durante l’Expo 2015

«Innanzitutto penso ai fondi pensione e alla necessità che una parte di essi vengano indirizzati verso lo stesso territorio in cui si generano.

Se vanno soltanto sul mercato finanziario all’asta al migliore offerente, il rischio vero è che il lavoratore finisca per finanziare l’azienda estera che fa concorrenza proprio all’impresa in cui lavora. Un altro aspetto a mio parere fondamentale è che la finanza buona, fatta dai risparmi delle nostre famiglie, dovrebbe essere orientata verso casi di successo, magari verso brevetti e ricerche di giovani che nascono e operano sul territorio, anche attraverso un ruolo fattivo e operativo delle associazioni di categoria e del mondo della rappresentanza. Si

tratterebbe di una leva finanziaria assolutamente strategica per garantire la nascita di nuove imprese e il rafforzamento patrimoniale di quelle esistenti».

Segnali negativi arrivano anche dal fronte occupazionale; lei, come presidente di Umana, ha il polso della situazione a più livelli.

Quali sono i nodi da sciogliere?

«Occorre partire da un concetto che mi pare sia ancora poco chiaro: i posti di lavoro non si creano per decreto ma favorendo lo sviluppo e la competitività del territorio, alimentando le aziende con nuovi ordinativi, favorendo la nascita di nuove imprese, attirando investimenti. Va poi chiarita la differenza tra flessibilità buona e cattiva, che

sfocia in precarietà; la seconda coincide generalmente con l’abuso di uno strumento che andrebbe utilizzato in maniera controllata e puntuale: penso ai contratti di lavoro a progetto o a chiamata. È ovvio che oggi la flessibilità deve essere insita in tutti noi: dobbiamo continuare a studiare, a vedere nella crisi una possibilità di rinascita, nella consapevolezza che il nostro futuro non sarà garantito a vita. Oggi le aziende che registrano buone performance sono quelle che investono nelle risorse umane e che usano la flessibilità buona, quella contrattata con le parti sociali, che poi si trasforma in lavoro a tempo indeterminato, in progetti di vita e carriera veloci e di successo».

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FOCUS VENEZIA

Qualità e fidelizzazione Il commercio al dettaglio è forte di un’offerta basata sulla persona e non sui numeri.

«Ma raddoppiare le domeniche di apertura – dice Roberto Magliocco, presidente di Confcommercio Ascom Venezia - è un costo che non è in grado di sostenere» Michela Evangelisti

ono giorni cruciali per il futuro del commercio veneto. È stato infatti presentato in commissione Attività produttive il nuovo disegno di legge in materia di orario delle attività commerciali che propone, in via sperimentale, venti aperture domenicali all’anno oltre alle tradizionali quattro del mese di dicembre. La commissione sta organizzando in queste settimane delle audizioni alle quali sono invitati i rappresentanti delle organizzazioni del commercio, sindacali e dei consumatori. «In centro storico a Venezia, in quanto città d’arte e a economia prevalentemente turistica, il commerciante può decidere autonomamente sia riguardo agli orari di apertura e chiusura che riguardo all’obbligo di chiusura festiva e infrasettimanale – commenta il presidente di Confcommercio Ascom Venezia, Roberto Magliocco –. Premesso questo, riteniamo che per i territori dove l’offerta è rivolta prevalentemente al residente, raddoppiare, come previsto dal disegno di legge regionale, le aperture domenicali e prolungare l’orario comporterebbe un aumento dei costi non supportato da un adeguato ritorno economico, che il

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commercio al dettaglio non è in grado di sostenere, soprattutto in una situazione di stagnazione dei consumi come quella attuale».

In Veneto il commercio è il primo dei settori produttivi del terziario: nel 2010 il numero di imprese attive commerciali era il 43,1% delle imprese dei servizi e il 23% di tutte le attività produttive venete e, nel complesso, il commercio al dettaglio è cre-

sciuto di quasi un punto percentuale rispetto all’anno precedente. Come commenta l’andamento del 2011?

«Nei primi mesi è stato altalenante, destando forte preoccupazione negli operatori. Mentre, per quanto riguarda la chiusura del 2011, possiamo dire che tendenzialmente il trend è positivo rispetto all’anno precedente».

Come si sono difesi in questo

Roberto Magliocco, presidente Confcommercio Ascom Venezia

Roberto Magliocco

Simbolo del made in italy e crocevia di culture Il Caffé Florian combatte la crisi dei consumi puntando su qualità, strategie di immagine e internazionalizzazione. Il punto dell’amministratore delegato, Marco Paolini momento di generale crisi i negozi storici veneziani?

«Si sono difesi diversificando l’offerta e aumentando le aperture».

Quali misure correttive sono a suo parere più urgenti per rilanciare i consumi, anche a fronte del recente aumento dell’Iva? «Per arginare la situazione di crisi e rilanciare i consumi riteniamo necessario introdurre misure di riequilibrio della pressione fiscale nei confronti delle imprese e dei lavoratori, insieme a una maggiore flessibilità del mercato del lavoro».

Quali iniziative Ascom porta avanti a sostegno dei commercianti?

«Siamo impegnati principalmente su due fronti: la promozione della formazione continua e l’accesso al credito agevolato, attraverso l’azione dei consorzi fidi del sistema Confcommercio».

Si è discusso negli ultimi mesi a Venezia della massiccia diffusione dei discount e dei danni che stanno causando alle attività commerciali: Confcommercio ha auspicato una nuova legge regionale che tuteli il principio della qualità?

«Il commercio al dettaglio deve puntare sulla qualità e sulla specializzazione, sia nei prodotti of-

l Florian di piazza San Marco a Venezia è il più antico Caffé al mondo. Fondato nel 1720, è diventato da subito luogo di incontro e confronto di una città crocevia di molteplici culture. «Dall’acquisizione nell’aprile del 2009 i risultati delle vendite sono stati in ascesa, più moderata nel 2010, più consistente nell’anno in corso – commenta l’amministratore delegato, Marco Paolini –. Notoriamente per il Caffé Florian gli anni della Biennale di Arte contemporanea sono i migliori. Nel 2011, inoltre, le tensioni politiche e sociali in alcune destinazioni turistiche dell’Est del mondo e nordafricane hanno comunque canalizzato un maggior flusso turistico in Italia e in Europa in generale, e questo ha sicuramente attenuato l’impatto della crisi economica e finanziaria in atto».

Con quali strategie il Caffé ha risposto

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alla recente fase di calo dei consumi?

«Intensificando gli investimenti tesi al miglioramento della qualità della nostra offerta e continuando a sostenere una strategia di immagine e di comunicazione costante – risponde l’ad -. Inoltre cerchiamo di perseguire, compatibilmente con le opportunità di qualità che ricerchiamo, l’obiettivo di sviluppo del Florian nel mondo.

Attualmente abbiamo oltre a Venezia, Firenze, Roma (all’interno del Ministero degli Esteri), Londra (al terzo piano di Harrods) Dubai e Abu Dhabi. Nel 2012 sono previste due ulteriori aperture in fase di perfezionamento».

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 21

FOCUS VENEZIA

Pietre preziose, nuova forma di investimento

a gioielleria Missiaglia, fondata da Angelo Missiaglia nel 1846, con i suoi oltre 160 anni di vita è una delle gioiellerie più antiche di Venezia ed è rimasta sempre proprietà della stessa famiglia.

«Negli ultimi anni sono diminuiti i clienti italiani – spiega la titolare, Caterina Croze – e i prodotti di fascia media hanno perso il loro appeal.

Piuttosto vendiamo pietre preziose, viste quasi come una forma di investimento in tempi di incertezza delle finanze e del mercato immobiliare». La flessione di clienti europei e americani è stata

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bilanciata da un aumento dell’interesse da parte degli asiatici, che prediligono l’acquisto di orologi di alta gamma. Dal turismo “di massa” e mordi e fuggi che ultimamente riempie la città, un negozio come quello di Caterina Croze, ovviamente, trae pochi vantaggi. «Occorrerebbe gestire i flussi con una maggiore coordinazione e organizzare eventi collaterali a quelli più noti ma ugualmente interessanti, per spalmare i turisti su diversi periodi e diverse zone della città» propone. E conclude con un appello all’amministrazione cittadina: «Sono già troppi i negozi che propongono maschere e vetro di bassissimo livello. Bisogna incentivare le attività tradizionali e chi propone artigianato vero, attraverso una politica giocata sulle licenze e le categorie merceologiche».

ferti sia nell’accoglienza e nel servizio rivolto al cliente. In ultima analisi si deve puntare sulla fidelizzazione della clientela, sapendo che solo il dettaglio può ancora garantire un’offerta su misura studiata e proposta sulla persona e non sui numeri».

Infine per il Veneto il turismo resta un baluardo inossidabile: gli ultimi dati sui flussi della provincia di Venezia evidenziano una situazione favorevole sia per le presenze che per gli arrivi. Una boccata d’ossigeno per il commercio?

«I dati positivi si riscontrano soprattutto nelle zone balneari e nelle città d’arte. Nelle restanti aree della provincia i dati, purtroppo, sono senza dubbio meno confortanti».

FOCUS VENEZIA

Bilanciare il tessuto produttivo veneziano La degenerazione, numerica e qualitativa, del turismo rischia di mangiare la città e di soffocare ogni altra attività. «Occorre intervenire subito» avverte l’assessore comunale Antonio Paruzzolo. E fuori dal centro storico la priorità è reindustrializzare Marghera Michela Evangelisti

e Venezia è una città che in questo momento sta soffrendo meno di altre, è perché trova nel turismo una fonte apparentemente inesauribile di risorse. Ma l’assessore comunale alle Attività produttive, Antonio Paruzzolo, mette in guardia: «I conti si fanno sempre su ricavi e costi, cercando di aumentare i primi diminuendo i secondi. Si tende a non pensare alle esternalità: il consumo della città, la sua vivibilità, la sua ca-

pacità di continuare a proporsi come luogo unico e irripetibile». Il rischio, insomma, è che Venezia soffra più di quello che sta guadagnando. «C’è una sperequazione notevole tra i percettori di reddito da attività turistiche e la città – incalza Paruzzolo –.

La ricchezza che il turismo genera non si trasferisce alla città, anzi, il turismo rischia di portare povertà alla città e ricchezza solo ad alcune selezionate categorie». La soluzione al problema è certamente complessa e poco governabile dall’interno: i turisti vogliono visitare Venezia, e nessuno può né deve pensare di impedirglielo.

Quali strade si possono, dunque, percorrere?

«Innanzitutto occorre orientare i flussi turistici su percorsi che vadano oltre la basilica di San Marco e il ponte di Rialto, creando, ad esempio, pacchetti che comprendano tappe “classiche” e meno note insieme. Le nuove tecnologie in questo possono e debbono rivestire un ruolo fondamentale. L’importante è agire in fretta: l’indecisione su MarAntonio Paruzzolo, assessore comunale alle Attività produttive

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ghera, protrattasi per un ventennio, alla fine è sfociata nella desertificazione industriale. Non facciamo con il turismo lo stesso errore».

La giunta comunale si sta già muovendo in questa direzione?

«Abbiamo cominciato a differenziare le tariffe e a incentivare economicamente chi decide di venire nei periodi meno frequentati; anche se oggi, a dire il vero, è difficile definire quali siano. Dobbiamo fare molta informazione e comunicazione: gestire il turismo è impossibile, ma è possibile creare le condizioni affinché si gestisca da solo».

Andando oltre il turismo, qual è al momento la priorità per il tessuto produttivo locale?

«Uscendo dal centro storico, la priorità delle priorità è reindustrializzare Marghera. Qualunque territorio deve avere dei campioni. Mille piccole attività si rassodano intorno a un’attività chioccia: se non lo fanno, rischiano di essere spazzate via al primo stormir di fronde. Questo territorio per molti anni si è sviluppato attraverso alla relazione con un polo molto importante che creava indotto: ora tutta la filiera si è molto

Antonio Paruzzolo

indebolita e tante attività, che non hanno potuto diversificare, rafforzarsi o andare all’estero, sono addirittura sparite. Non possiamo perdere la capacità industriale del territorio, ovviamente riformata e rivista: le attività che andavano bene 50 anni fa ora non funzionano più.

Ma ci sono tanti esempi di successo nel mondo di siti in declino richiamati all’industria attraverso sistemi di trasformazione».

E tornando nel centro storico?

«Si ritorna al problema del turismo: se una rendita di posizione prevale nettamente su tutte le attività economiche che si possono mettere in piedi, occorre ribilanciare. Non si

può ovviamente tirare verso il basso la rendita di posizione e giocarsi un asset strategico: bisogna, quindi, stimolare le altre attività. Stiamo portando avanti una politica di individuazione delle piccole attività industriali e artigianali compatibili con il tessuto ambientale ed economico del centro storico per cercare di agevolarne le condizioni, dal punto di vista urbanistico ed edilizio e da quello dei pochi incentivi che possiamo mettere in campo. Per troppi anni è convenuto chiudere l’attività fabbrile per aprire un negozio di generi turistici».

Qualche cambiamento è già in corso?

«Per fortuna queste attività arrivano da sole a un punto di saturazione oltre il quale non conviene più andare.

Quando vedo che il Cà Corner della regina non si trasforma in un albergo ma nella sede della fondazione Prada, penso che nei prossimi anni faremo un po’ meno fatica a trattenere le attività d’eccellenza: dovremo cavalcare un’onda che è già partita».

Oggi più che mai, ristagnando il mercato interno, è fondamentale la predisposizione delle aziende all’internazionalizzazione. Come si collocano in questo senso le attività produttive veneziane?

«Sono convinto che le imprese italiane debbano internazionalizzarsi a più non posso: oggi un’industria non globale è molto più debole, aggredibile e difficilmente gestibile.

Credo però che sul nostro territorio la battaglia dell’internazionalizza- VENEZIA 2011 • DOSSIER • 25

FOCUS VENEZIA

Difendere la vivibilità della città Destagionalizzare, creare nuovi accessi alla città e attirare con eventi ad hoc un turismo di qualità. Le proposte dell’assessore Roberto Panciera l mese di agosto, secondo l’elaborazione dell’assessorato al Turismo su dati Apt, è senz’altro la conferma dell’eccezionale andamento positivo del 2011: il dato mensile registra un +11% di arrivi e un +10,6% di presenze; il periodo gennaio-agosto si chiude complessivamente con un +15,1% di arrivi e un +12,2% di presenze. La permanenza media complessiva del periodo gennaio-agosto si consolida a 2,26 giorni, diminuendo di un trascurabile 0,06% rispetto all’anno precedente. Sempre in crescita il settore alberghiero (+15,1% di arrivi e +13% di presenze), come pure l’extra-alberghiero (+14,8% di arrivi e +9,9% di presenze). Aumentano decisamente gli stranieri (arrivi +17%; presenze +14,7%), ma anche gli italiani, sebbene in maniera più contenuta. «Gli ultimi dati, anche se provvisori, sono altamente positivi, e confermati dall’ottima percezione registrata in città – commenta l’assessore al Turismo, Roberto

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Panciera –. Certo flussi così intensi creano qualche difficoltà nelle ore di punta, dalle 11 alle 16, con i mezzi pubblici sottoposti a grandi pressioni, e il tema della sostenibilità del Canal Grande deve essere sempre presente alla nostra attenzione». Una delle strade che l’amministrazione sta percorrendo per difendere la vivibilità della città e tutelare l’ambiente è quella di promuovere il turismo nei mesi invernali, «tra l’altro ultimamente molto più miti di un tempo – prosegue l’assessore –. Abbiamo destagionalizzato anche la tassa di soggiorno, che in inverno è inferiore del 50%, e stiamo intervenendo per redistribuire gli ingressi dei bus e dei lancioni turistici. Per intercettare il turismo di qualità occorre puntare su eventi meno “di massa” e, per proteggere il centro storico, utilizzare sempre meno Piazza San Marco come location di appuntamenti ad alta affluenza».

zione sia molto difficile da vincere, per due semplici motivi fisiologici.

Per globalizzarsi servono due prerequisiti, in primis le dimensioni. Le nostre sono aziende medio piccole: se hanno la cultura manca loro la finanza e viceversa. Chi internazionalizza, poi, di solito non ha una rendita di posizione, condizione che porta a chiudere agli altri più che ad aprire a se stessi. Le nostre aziende hanno un mercato interno che consente loro di sopravvivere e anche di vivere bene. Detto questo, noi ci proviamo: nei bandi chi fa progetti in Europa e crea reti con aziende straniere ha più punteggio. Non è però il primo elemento da considerare per aiutare il nostro territorio».

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Michele Zuin

Sublagunare, una possibile soluzione La mobilità rimane uno dei fattori più penalizzanti per lo sviluppo economico di Venezia, una città da difendere ma anche da mantenere viva. L’analisi e le proposte del capogruppo del Popolo della Libertà in consiglio comunale, Michele Zuin Michela Evangelisti

on vuole essere polemico, Michele Zuin, ma quando si parla di iniziative a sostegno delle imprese locali il giudizio è netto. «Affrontiamo uno dei maggiori problemi legati a questa giunta e anche a quelle precedenti: si è fatto poco o nulla per affiancare le attività produttive o per promuoverne di nuove» sostiene il capogruppo Pdl in consiglio comunale. E punta il dito in particolare contro la burocrazia e i troppi limiti posti dall’amministrazione.

«Manca una politica di ampio respiro, che non vuol dire deregulation – rilancia –. Bisogna sempre difendere una città fragile come Venezia, ma non si può nemmeno bloccare tutto. In tante altre città italiane o europee lo sviluppo è passato attraverso linee d’azione che premiano le novità e attirano gli investitori esterni».

Quali sono al momento i nodi più critici?

«La contrazione della domanda di beni e servizi si fa sentire in tutti quei settori non direttamente legati al turismo. Quest’ultimo è sicuramente il comparto trainante della nostra economia, e fortunatamente i dati del 2011 fanno ben sperare per il futuro. I problemi delle atti-

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vità produttive veneziane sono diversi e legati principalmente penso ad esempio al settore del vetro di Murano - ai costi sempre più alti per produrre in loco, dal reperimento delle materie prime ai trasporti della merce. Molti imprenditori hanno iniziato a delocalizzare sulla terraferma le produzioni e così si vanno perdendo le specificità dell’economia cittadina.

Il problema della mobilità e dei trasporti è comunque uno dei fattori più penalizzanti per lo sviluppo economico della città».

Come rafforzare gli ottimi risultati registrati dal turismo negli ultimi mesi?

«Con una politica di gestione dei

Michele Zuin, capogruppo PdL in consiglio comunale

flussi, ad esempio. Da decenni tutti si riempiono la bocca con questo concetto, ma finora non è stato fatto ancora nulla. A Venezia ci sono posti interessantissimi da visitare, ma sono fuori dai tradizionali percorsi; tutto si concentra sulle “attrazioni” più conosciute perché l’accesso alla città avviene attraverso le solite “porte”. Io sostengo da sempre che all’assessorato al turismo del Comune di Venezia serve un tecnico vero e proprio, che sappia sfruttare al massimo le potenzialità della città». È stato presentato il documento di candidatura di Venezia a capitale europea della cultura: la città sa far fruttare al meglio il suo patrimonio sotto il profilo del legame tra economia e cultura?

«Non molto. Ad esempio non c’è abbastanza coordinamento tra eventi culturali e turismo. Basta vedere cosa accade ogni settembre, quando nelle prime due settimane si addensano talmente tanti eventi che non si ha materialmente il tempo di assistere a tutti neppure volendo: la Mostra internazionale del cinema di Venezia, la regata storica, il Premio Campiello, quest’anno anche la Biennale d’arte.

Bisognerebbe spalmare gli eventi culturali durante tutto l’anno, in VENEZIA 2011 • DOSSIER • 27

XXXXXXXXXXX FOCUS VENEZIA

modo da rendere appetibile la città sempre, senza avere periodi nei quali diventa difficile, e di conseguenza costoso, trovare una stanza.

Questo è solo uno dei tanti aspetti in cui la cultura si intreccia con l’economia di una città e può chiaramente fare da traino».

Ha accennato al problema della mobilità e dei trasporti. Quali interventi andrebbero accelerati?

«Bisogna coniugare il rispetto per una città fragile, che deve essere difesa, ad esempio, dal moto ondoso delle imbarcazioni, all’esigenza di non trasformare il centro storico in una città museo. La sublagunare potrebbe essere la vera soluzione, ma l’attuale amministrazione non sembra crederci molto, anche perché continua a fossilizzarsi solo su un tratto, quello che parte dall’aeroporto per 28 • DOSSIER • VENEZIA 2011

raggiungere la città, e non su un sistema completo che dovrebbe raggiungere anche il Lido, formando un anello intorno alla città stessa.

Solo così, tra l’altro, l’infrastruttura potrebbe reggere dal punto di vista dei costi di realizzazione. La sublagunare risolverebbe i problemi della mobilità e darebbe la possibilità di aumentare le porte d’accesso alla città di cui parlavo prima. Per la terraferma, la realizzazione del passante autostradale da parte della Regione Veneto ha sicuramente risolto non poche difficoltà. Siamo molto indietro invece con il “tram”, che finora ha portato solo disagi e che comunque non riesce e non riuscirà a eliminare gli autobus pubblici, perché le linee sono insufficienti».

Venezia sta attraversando un momento difficile sotto il profilo del-

l’occupazione. Quali scenari si prospettano?

«La situazione di Porto Marghera è la più delicata ed è paragonabile a quella di molte altre realtà industriali sul territorio nazionale: il Comune può solo co-pilotare eventuali riconversioni, ma le decisioni vengono prese altrove. Detto ciò, l’amministrazione comunale deve e può creare alternative, anche per l’occupazione, aiutando il processo di sviluppo di settori diversi dalla chimica, e in questi anni si è cominciato a intravedere qualcosa.

Vorrei ricordare che Porto Marghera è una delle zone più interessanti per il futuro economico dell’Italia. Occorre un forte coordinamento tra Stato, Regione e Comune. E qui il Comune si gioca tutta la sua credibilità nel porsi quale soggetto propositore».

FOCUS VENEZIA

L’importanza di azioni condivise No all’assistenzialismo. Per far fronte all’emergenza occupazione, secondo la presidente della Provincia Francesca Zaccariotto, occorre riqualificare i lavoratori espulsi dal mercato.

E imparare a «ragionare come lobby territoriale» Michela Evangelisti

olo attraverso la sinergia tra le varie forze politiche, sindacali e industriali del territorio possiamo dare un impulso positivo al mercato occupazionale». Così la presidente della Provincia di Venezia, Francesca Zaccariotto, commenta una situazione particolarmente difficile. I numeri parlano chiaro: 13mila i senza lavoro e un tasso di disoccupazione che sfiora il 10%, avvicinandosi al 13% del nostro meridione. Negli ultimi mesi la Provincia si è fatta promotrice di diversi tavoli di discussione, con l’obiettivo di progettare alternative che, pur puntando alla difesa dell’occupazione, si muovano su un piano di rispetto dell’ambiente e sostenibilità. «Alla logica della contrapposizione abbiamo sempre cercato di rispondere con il dialogo e la concertazione – precisa Zaccariotto –, che possono dare prospettive di sviluppo concreto al nostro territorio».

Come si è arrivati a questa emergenza?

«Premesso che questa “emergenza” nasce e si sviluppa in un contesto generale, è indubbio che bisogna fare una distinzione tra crisi lo-

«S

30 • DOSSIER • VENEZIA 2011

Francesca Zaccariotto, presidente della Provincia di Venezia

cale, come effetto di un fenomeno globale che vede le sue cause nel cattivo andamento dell’economia, e crisi gestibile attraverso adeguate politiche economiche a livello nazionale. Penso, in particolare, al settore manifatturiero, che vede la presenza di grandi aziende a partecipazione statale. La Provincia si è più volte fatta promototrice di azioni condivise con le varie istituzioni e gli attori sociali, per portare all’attenzione del ministero strategie per la difesa dell’occupazione nel territorio».

Tra il 2009 e il 2011 la Provincia ha investito circa 500 mila euro a favore dell’occupazione. Quali progetti si sono rivelati più effi-

caci? Quali piani metterete in campo di qui in avanti?

«Nel biennio 2009/2010 abbiamo cercato di far fronte a una situazione di emergenza in un territorio a forte vocazione industriale. Le nostre azioni si sono rivolte in via prioritaria alle lavoratrici e ai lavoratori espulsi dalle grandi industrie. Sono stati realizzati progetti di pubblica utilità e si è dato nuovo impulso ai lavori socialmente utili. Inoltre, abbiamo finanziato iniziative interne alle aziende, per riqualificare il personale, attraverso azioni di formazione dedicate. In un caso specifico, quello della Vinyls, considerati i problemi di sicurezza

Francesca Zaccariotto Xxxxx cxpknefv

Alla logica della contrapposizione abbiamo sempre cercato di rispondere con il dialogo e la concertazione

ambientale che potevano derivare dalla chiusura degli impianti, abbiamo concesso un contributo straordinario. In linea generale, le politiche attive che intendiamo realizzare cercano di seguire una logica che rifiuta l’assistenzialismo e si concentra sulla riqualificazione reale dei lavoratori e delle lavoratrici espulsi dal mercato. Come dice un famoso proverbio: meglio insegnare a pescare che regalare un pesce».

Come ha sottolineato, la Provincia non può affrontare singolarmente quello che sta avvenendo, ma occorre una volontà coesa e di squadra. Cosa vi aspettate dal

nuovo governo?

«Il riconoscimento di Marghera come area di crisi complessa, la partecipazione a un piano di investimento industriale, facendo squadra con tutti i soggetti istituzionali interessati, enti locali, sindacati e imprese».

A destare molta preoccupazione è senza dubbio il sito industriale di Porto Marghera.

Quali scenari si prospettano a suo parere per l’area? Quali sono, al momento, oltre a Marghera, le situazioni più critiche?

«Stiamo vivendo una fase di grandi cambiamenti e molteplici sono gli aspetti di cui è necessario tener

conto, in primis l’andamento del mercato e le scelte politiche del nuovo governo, fattori importanti in una zona, come la nostra, che vede la forte presenza di aziende a partecipazione statale e del relativo indotto. Difficile quindi, in questo contesto, poter prevedere scenari certi, soprattutto se ci si limita a guardare la questione solo in un’ottica locale. Sicuramente tutti gli sforzi fin qui compiuti hanno l’obiettivo di richiamare l’attenzione delle istituzioni nazionali su Porto Marghera e sulle altre aree che presentano criticità, come il Polo di Tessera e la Riviera. Bisogna ragionare come lobby territoriale, anteponendo alla logica della sterile difesa dei singoli interessi quella della promozione dell’interesse generale di preservare e rilanciare da un punto di vista occupazionale il nostro territorio».

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 31

FOCUS VENEZIA

Un rilancio necessario Alcune aziende del territorio non riusciranno a superare la crisi. «Per garantire l’occupazione – avverte Lino Gottardello, segretario generale Cisl Venezia – occorre attrarre imprenditori e investimenti» Michela Evangelisti

l più recenti dati sulla situazione dell’occupazione nella provincia di Venezia non sono incoraggianti e il prezzo più alto lo pagano, ancora una volta, i giovani. Il ricorso alla cassa integrazione aziendale nei primi nove mesi del 2011 ha registrato un incremento del 6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, in controtendenza rispetto al dato

I

complessivo del Veneto. Tra dicembre 2008 e dicembre 2010 il numero totale di occupati è sceso di 6.000 unità, con una perdita di 14.000 posti nell’industria e un aumento di 2.000 occupati in agricoltura e di 6.000 nei servizi. «Oltre a una questione quantitativa esiste un problema qualitativo – spiega Lino Gottardello –. Il passaggio da un’industria chimica o

metalmeccanica a un’azienda nel settore dei servizi o a una piccola impresa artigianale spesso non garantisce né la valorizzazione della professionalità acquisita, né il reddito precedente». In questo quadro a preoccupare il segretario generale di Cisl Venezia sono le decisioni comunicate da Alenia e l’incertezza sul piano industriale di Fincantieri ma, soprattutto, la politica dell’Eni,

Lino Gottardello Xxxxx cxpknefv

«che ormai da molti anni prosegue nel suo disimpegno da Porto Marghera. L’eventuale scelta di chiudere l’attività di raffinazione non solo colpirebbe i 350 lavoratori diretti e gli altri 500 dell’indotto, ma avrebbe un impatto negativo fortissimo su tutta l’attività del porto di Venezia, in quanto i prodotti petroliferi incidono per il 30% dei transiti merci».

Quali scenari si prospettano, dunque, per quell’area?

«La crisi di Porto Marghera, che si può sinteticamente descrivere con il fatto che dai 33.00 occupati del 1965 si è scesi ai 14.000 del 2009, ha reso libere aree molto vaste, vincolate ad attività industriale, e potrebbe essere l’occasione per ridisegnare lo stabilimento e dotarlo di quelle innovazioni in grado di garantirgli un vantaggio competitivo spendibile per molti anni. A nostro modo di vedere, Eni, Finmeccanica e Fincantieri possono e devono avere un ruolo importante nella reindustrializzazione del Paese e di Porto Marghera, poiché sono tra le poche grandi realtà industriali del Paese, ed è evidente che, sia a livello nazionale, ma soprattutto qui a Porto Marghera, non ci sono realtà industriali alternative. Questo dovrebbe far riflettere anche in relazione alle decisioni di politica economica del governo, e portare a escludere da subito la possibilità di fare cassa con la loro cessione».

Quali sono i nodi centrali che l’azione congiunta tra istituzioni e parti sociali deve proporsi di risolvere, oltre a fermare il disimpegno delle principali aziende presenti sul territorio?

«Occorre in primis rilanciare il

Lino Gottardello, segretario generale di Cisl Venezia

porto di Venezia, con il completamento dei lavori del Mose e la realizzazione del porto off shore, dotandolo di un’area per la logistica di dimensioni adeguate; in secondo luogo, bisogna collegare l’aeroporto Marco Polo di Venezia con l’alta velocità, realizzando la nuova stazione della Tav nel Quadrante Tessera, e ottenere procedure meno costose e tempi stretti e certi per l’iter autorizzativo delle bonifiche di Porto Marghera. Una delle ipotesi è quella di costituire una società pubblico-privata per la presa in carico delle aree inutilizzate e la loro collocazione sul mercato per attività coerenti con la loro destinazione d’uso».

Quali sono, oltre a Porto Marghera, le situazioni ad oggi più critiche?

«Oltre all’incertezza sul futuro delle aziende Eni, Finmeccanica e Fincantieri a preoccupare sono la crisi della Pansac, con tre stabilimenti in provincia di Venezia, della Sacaim, delle vetrerie di Murano e della stessa Alcoa. Mentre nel resto della provincia

continuano a destare preoccupazione la Speedline, l’Aprilia, il Linificio.

Nella sostanza, quindi, molte tra le imprese maggiori sono in difficoltà e avrebbero bisogno di investimenti e rilancio per poter garantire l’attuale occupazione e per riassorbire almeno in parte i disoccupati del territorio.

Ma per il futuro, per garantire l’occupazione, non si potrà contare solo sulle aziende oggi rimaste, alcune delle quali non ce la faranno a superare la crisi, e sarà quindi necessario creare le condizioni per attrarre nuovi imprenditori e investimenti».

Le premesse ci sono?

«Direi di sì. Venezia è al centro dei principali corridoi di trasporto europei e dell’area metropolitana più dinamica del Veneto, ricompresa tra le province di Venezia, Padova e Treviso. Inoltre, in provincia di Venezia sono disponibili tre grandi aree di assoluto valore quali appunto: le aree dismesse di Porto Marghera, il Quadrante Tessera e Veneto City. Aree facilmente raggiungibili via autostrada, ferrovia e via acqua».

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 33

IL PUNTO

Federalismo e lotta agli sprechi, consenso bipartisan sullo statuto Il presidente della Regione Luca Zaia plaude all’approvazione di «una carta fondamentale che regolamenta la vita di tutte le istituzioni presenti sul territorio». E aggiunge: «Ci siamo assunti l’impegno a ridurre i costi della politica, a partire da consiglieri e assessori» Riccardo Casini

«D

opo quarant’anni, finalmente il Veneto ha una carta fondamentale che regolamenta la vita di tutte le istituzioni presenti sul territorio e definisce diritti e doveri di cittadini e amministratori». Così il presidente Luca Zaia accoglie il nuovo Statuto del Veneto, approvato all’unanimità dal consiglio regionale lo scorso 18 ottobre. «Con questa dicitura – precisa Zaia – si sancisce peraltro il principio secondo il

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quale il Veneto preesiste rispetto alla figura istituzionale “Regione”, che si mette quindi al servizio di ciò che la precede e ne sostanzia l’esistenza. È stato inoltre rispettato quel “prima il Veneto” che non è uno slogan o un atteggiamento di chiusura: nella Carta è contenuto il riconoscimento chiaro che bisogna operare a favore di tutti coloro che vivono e lavorano in questa terra, che in essa hanno investito e che con essa hanno deciso di instaurare un rapporto speciale e unico».

Quali sono gli altri punti fondanti dello statuto? In che modo è stato possibile raggiungere il consenso da parte di tutte le forze politiche?

«Sicuramente uno è il principio in base al quale Regione e contribuente sono sullo stesso piano: il contribuente ha diritto di essere percepito dall’istituzione come il proprio punto di riferimento, titolato di buona fede fino a prova contraria. E ancora, il senso di responsabilità nell’amministrazione della cosa pubblica: la Regione non può sprecare denaro pubblico e s'impegna al pareggio di bilancio. Inoltre, in un momento delicato e difficile come questo, nello statuto ci siamo assunti anche l’impegno a ridurre i costi della politica, a partire da un taglio complessivo di consiglieri e assessori. Ma sarà solo la prima di una serie di misure antisprechi che abbiamo voluto tutti assieme: c’è stata la volontà consensuale di arrivare a una soluzione, ed è questa ferma volontà che ci ha consentito questo risultato che va oltre gli interessi di parte».

In che modo il nuovo statuto

Luca Zaia

Luca Zaia, presidente della Regione Veneto

Su Porto Marghera è vitale che le rassicurazioni ottenute dal governo Berlusconi vengano riconfermate

consentirà al Veneto di proseguire nel proprio cammino verso federalismo e autoregolamentazione?

«Nell’articolo 3 della prima parte è scritta nero su bianco la vocazione profondamente federalista della Regione, una vocazione che nasce dai Comuni e dalle Province e che lascia spazio alla libera iniziativa delle persone, singole o associate.

Nel capo II del titolo primo della Carta, poi, si entra nel dettaglio della questione, con una descrizione analitica dell’organizzazione federalista del Veneto, inteso come territorio che si dà istituzioni che partono dal basso e che si autoregolamentano, nella più bella accezione einaudiana. Ma uno degli aspetti più interessanti è che la Regione si autolimita nell’esercizio del proprio potere, allontanandosi così decisamente dal centralismo

regionalista. Nello statuto si legge tra l’altro che la Regione assicurerà le risorse strumentali e il personale necessario alle autonomie locali per esercitare le funzioni loro attribuite: è il federalismo “made in Veneto”, con il quale si punta a valorizzare l’efficienza».

Sul futuro della raffineria Eni di Porto Marghera aveva invece chiesto e ottenuto dal governo un incontro, dedicato in primis ai problemi occupazionali. Come intendete procedere ora?

«L’incontro, svoltosi il 25 ottobre scorso al tavolo del governo tra istituzioni, sindacati ed Eni, ha dato buoni risultati: il governo Berlusconi si è fatto garante di punti essenziali che riguardano Porto Marghera, la sua vocazione industriale e i posti di lavoro, e in quell’occasione si è dimostrata la ferma vo-

lontà di procedere a una cassa integrazione a stipendio pieno, di riaprire al termine di questo periodo gli impianti e di garantire anche dopo il 2014 investimenti strategici dell’Eni a Porto Marghera. L’amministratore delegato dell’Eni Paolo Scaroni, peraltro, si è espresso in modo assolutamente positivo in favore di Porto Marghera, e questo è sicuramente di buon augurio. Certo, ora lo scenario politico è cambiato. Bisogna dunque fare in modo che quelle rassicurazioni ottenute dal precedente governo vengano riconfermate: è assolutamente vitale per il territorio, ma è importante per tutto il Paese, di cui Marghera costituisce un polo strategico».

Al buono stato dell’economia regionale sta contribuendo indubbiamente il turismo, che continua VENEZIA 2011 • DOSSIER • 35

IL PUNTO

Vogliamo continuare a qualificare l’offerta, perché il trend è per un turismo sempre più di qualità

a registrare ottime performance: l’avvio dell’iter che porterà alla ganizzazione della medicina terriquesto soprattutto grazie agli stranieri, mentre i pernottamenti dei turisti italiani risultano in lieve calo. Come spiega questa divergenza nei dati?

«Il motivo è sicuramente da ricondurre all’attuale situazione di crisi, per cui gli italiani hanno limitato la durata delle ferie. E c’è anche da tenere conto del fatto che gli italiani hanno una spiccata tendenza al risparmio. Ma la nostra è un’offerta completa, al cui interno le città d’arte vedono crescere le presenze di oltre l’11%, mentre si confermano i risultati positivi delle spiagge e del lago.

L’intenzione è di continuare a qualificare l’offerta, perché il trend è per un turismo sempre più di qualità. E stiamo promuovendo anche pacchetti che si riferiscono a un turismo meno noto, e per questo considerato genericamente minore, anche se di altissima valenza paesaggistica, culturale ed enogastronomica, come quello della pedemontana veneta. A questo si aggiungono proposte più specializzate e particolari, come l’ippoturismo o il turismo in bicicletta, e quello sportivo, ad esempio legato al golf».

Recentemente ha annunciato 36 • DOSSIER • VENEZIA 2011

realizzazione del nuovo ospedale di Padova. In che direzione va questa decisione?

«L’iter per la realizzazione del nuovo ospedale di Padova è partito con l’attivazione del tavolo tecnico con tutte le istituzioni coinvolte.

Quanto prima ne scaturirà un accordo di programma che conterrà le indicazioni necessarie: l’area dove sorgerà, i costi, il crono-programma dell’opera e le modalità di finanziamento. Sarà un Policlinico universitario moderno e proiettato in Europa, dotato di 970 posti letto, con tutte le possibili eccellenze tecnologiche e professionali, un costo preventivabile di circa 650 milioni di euro e con tempi di realizzazione che mi auguro si attestino a 5, massimo 6 anni. Sarà anche una risposta competitiva all’apertura delle frontiere sanitarie europee che, tra il 2013 e il 2014, consentirà a ogni cittadino comunitario di andarsi a curare dove meglio crede».

Come procede in questo senso l’attuazione del Piano sociosanitario regionale, tra razionalizzazione della rete ospedaliera e rior-

toriale?

«Il documento è ora all’attenzione della Quinta commissione del consiglio per la definitiva approvazione, che mi auguro possa arrivare entro l’anno o poco più. È un piano fortemente innovativo, che ci consentirà di mantenere quella leadership sanitaria nazionale che da più parti ci viene riconosciuta. Razionalizzeremo la rete ospedaliera creando vari punti di eccellenza, ovvero le due Aziende ospedaliere universitarie di Padova e Verona e i sette ospedali capoluogo di provincia, supportati da una rete di ospedali di secondo livello, tarati su una popolazione servita di circa 200mila abitanti. A questo affianchiamo un grande sforzo di potenziamento della medicina territoriale, rafforzando il rapporto ospedale-territorio, valorizzando la figura del medico di medicina generale e creando le condizioni perché il cittadino trovi vicino a casa l’assistenza di cui necessita ma che non compete all’ospedale per acuti: penso ad esempio ai gruppi di medicina integrata, che garantiranno al cittadino la costante disponibilità di un medico di base».

UNITÀ D’ITALIA

La mancata pacificazione Il rammarico dello scrittore Pietrangelo Buttafuoco: «All’interno dei 150 anni c’è un periodo che non può essere considerato solamente una parentesi da dimenticare.

E non mi riferisco solo al fascismo, ma alla monarchia nel suo complesso» Riccardo Casini

osa lasciano queste celebrazioni? C’è un’eredità, non solo culturale, che il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia consegna alle generazioni future? Secondo Pietrangelo Buttafuoco, scrittore ma anche membro del Comitato dei garanti, in questi mesi «il sentimento di identità nazionale ha raggiunto livelli elevatissimi», anche se l’Italia resta un paese dove la «dimestichezza con la memoria storica» resta «scarsa». Ma il primo pensiero va all’attualità.

«Penso – dice – che la conclusione dei festeggiamenti abbia coinciso con una situazione del tutto particolare: sulla scena politica si è assistito a un vero e proprio rovesciamento di regime, un cambio che ha chiari referenti sovranazionali, a loro volta espressione di una volontà che non coincide con quella popolare. Sicuramente è un momento su cui gli storici futuri avranno di che riflettere, con la politica esautorata dal proprio ruolo e un passaggio delicato, oserei dire chirurgico, che ha portato all’insediamento di un governo che non ha il crisma popolare».

Torniamo però alle celebrazioni.

Crede che questi mesi abbiano contribuito a rafforzare un sentimento di identità nazionale negli

C

42 • DOSSIER • VENEZIA 2011

Pietrangelo Buttafuoco, membro del Comitato dei garanti per il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia

italiani?

«Credo che il sentimento abbia raggiunto livelli elevatissimi, un dato onestamente insperato: qualche anno fa era difficile immaginare quale sarebbe potuta essere la reazione anche solo al cospetto del Tricolore, mentre oggi ci troviamo a declamare un risultato eccezionale, con gli italiani che si sono ritrovati, appunto, italiani».

Di chi sono i meriti per questo risultato?

«Gran parte del merito va attribuito all’ex presidente Carlo Azeglio Ciampi, che ci ha creduto più di tutti e ha saputo infondere questo sentimento anche a dispetto della

pigrizia dei politici. Dopo Craxi, è stato lui a saper meglio veicolare i miti italiani, da Garibaldi in poi».

Ha invece qualche rimpianto?

Alcuni aspetti potevano essere meglio sviluppati o trattati?

«In generale è venuto a mancare un senso di pacificazione, visto che all’interno dei 150 anni c’è un periodo che non può essere considerato solamente una parentesi da dimenticare.

E non mi riferisco solo al Ventennio fascista, ma anche alla monarchia nel suo complesso: nelle celebrazioni mancavano infatti le bandiere sabaude, nonostante la storia dei 150 anni sia iniziata proprio con un re.

Altrove, invece, non ci si vergogna in

Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Pietrangelo Buttafuoco

Ora anche alle manifestazioni della sinistra è apparso il Tricolore: una prova indubbia del successo ottenuto da Ciampi

questo senso: penso all’Inghilterra o, in particolare alla Russia, dove nonostante la Rivoluzione e gli eventi tragici che ne sono conseguiti, oggi c’è un orgoglio per la propria storia a prescindere da odi e divisioni. E nelle celebrazioni, senza che nessuno sia turbato per questo, convivono pacificamente le bandiere degli zar, dell’Unione sovietica e della nuova Russia, con quest’ultima che tra l’altro coincide proprio con la prima».

In Italia sarebbe così impensabile?

«La memoria non può essere abbellita, ognuno ha la propria storia e lì ci si incontra. Purtroppo in Italia c’è ancora un cascame che è l’odio della guerra civile, dal quale non siamo ancora riusciti a venir fuori. Dobbiamo pensare invece che la parola “Italia” è più antica persino dei 150 anni, e comprende anche personaggi come Virgilio o Dante; anzi, per celebrarla degnamente sarebbe sufficiente un picchetto d’onore davanti alla loro tomba. C’è infatti un le-

game remoto che ha portato a questa parola; una parola che non è un’idea miserrima da rinchiudere in un’operazione che accontenti una certa oligarchia».

Dicevamo però che le celebrazioni hanno contribuito a rafforzare l’identità nazionale.

«Sì, ma celebrazioni escluse, il sentimento è ancora in nuce, non è esploso come altrove. Altri popoli hanno un senso di identità che si manifesta anche in forma di cerimonie: è impensabile ad esempio che gli inglesi dimentichino l’eco di battaglie epiche che hanno forgiato la loro storia. Noi, invece, abbiamo una scarsa dimestichezza con la memoria storica: per dirne una, è vergognoso che il 21 aprile, data della fondazione di Roma, non venga celebrato».

Cosa resterà ora di questi festeggiamenti?

«In occasione del Centenario dell’Unità d’Italia, nel 1961, venne rappresentato uno spettacolo musicale,

“Rinaldo in campo”, con interpreti come Domenico Modugno, Delia Scala, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, e che raccontava la storia di un brigante che si unisce alle Camicie rosse di Garibaldi. Uno spettacolo che, anche attraverso canzoni come “Tre somari e tre briganti”, ha rappresentato un filo tenue che è arrivato fino a noi. Quest’anno non si è avuto un fenomeno analogo, in favore invece di uno sforzo ulteriore in termini di contenuti e ricerca storiografica. Cosa resterà allora? Indubbiamente il grande impegno, premiato, di Carlo Azeglio Ciampi, grazie al quale una tra le parole più desuete e aborrite, ovvero “patria”, è stata rimessa in circolazione nel linguaggio. Una parola che oggi torna a rappresentare un elemento di unione, dopo che per troppo tempo parte degli italiani non vi si è riconosciuta. Ora invece anche alle manifestazioni della sinistra è apparso il Tricolore: una prova indubbia del successo ottenuto da Ciampi».

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 43

UNITÀ D’ITALIA

Una nazione culturale Secondo Marcello Veneziani «questo carattere può essere un punto di partenza per ritrovare la sobria fierezza di sentirsi italiani. Le celebrazioni? Partecipate e condivise» Riccardo Casini

obrie, partecipate, condivise»: così Marcello Veneziani, giornalista e membro del Comitato dei garanti per il 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia, definisce le celebrazioni concluse lo scorso 4 novembre con la Festa delle forze armate. Celebrazioni che hanno interessato l’intero Paese, coinvolgendo la popolazione, tornata così a riscoprire la propria «italianità»: un elemento, quest’ultimo, che per Veneziani costituisce l’unica «eredità positiva» di questo 2011. «Complessivamente – spiega – credo che il bilancio non sia negativo. Si potevano temere il gelo e l'indifferenza, polemiche e proteste, retorica stucchevole e strumentalizzazioni; invece tutto sommato dal 17 marzo in poi le celebrazioni mi sono apparse sobrie, partecipate, condivise».

Pochi giorni dopo l’inizio dei festeggiamenti aveva denunciato la rimozione del fascismo “dalla memoria dei 150 anni” e “dal nostro immaginario collettivo”.

Crede che anche il ricordo del Ventennio andasse inserito? In che modo?

«Se in quell’intervento sostenevo da una parte l'assenza del ventennio fascista nel ricordo dei nostri 150 anni d'Italia, dall'altra dicevo che è meglio il silenzio come disarmo bi-

«S

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laterale piuttosto che la solita, imbolsita retorica della demonizzazione e la celebrazione acritica della Resistenza».

Lei ha scritto anche che “l’Italia sorge come nazione culturale”. In che modo questo elemento ha contribuito a cementare l’unità del Il giornalista e scrittore Marcello Veneziani Paese? È in grado di farlo ancora oggi?

«Se c’è un tratto nobile della nostra mentale, rendono ancora più necesconvinzione di essere diversi, spe- sario ripartire dalla comune apparciali e unici, lo dobbiamo proprio tenenza a un paese chiamato Italia». al carattere di nazione culturale, Nell’anno dei festeggiamenti con il record mondiale dei beni ar- sono state avviate o portate a tertistici e culturali, con la nascita del- mine anche diverse opere di rel’Italia più dalla lingua e dalla let- stauro in tutto il Paese. Quale teratura, dalla poesia civile e dalla eredità lascia in questo senso il storia, che dalla politica, dalle 2011 al Paese? guerre o dagli assetti amministra- «Sicuramente le grandi opere retivi. Credo che quel carattere di na- staurate quest’anno sono una perzione culturale pesi ancora oggi e centuale irrisoria rispetto a quelle possa essere un punto di partenza che restano ancora da restaurare, o per ritrovare la sobria fierezza di perlomeno da impedire che crolsentirsi italiani». lino o si deteriorino definitivaQual è stata nel 2011 l’impor- mente. Insomma, il 2011 lascia una tanza di questa ricorrenza? Quale sola eredità positiva in mezzo a un contributo può dare il ricordo dei mare di guai: la riscoperta, labile e 150 anni di storia e del sacrificio precaria, ma comunque non tradi molti alle attuali generazioni? scurabile, dell’italianità, che va ben «La ricorrenza è importante in sé oltre gli angusti confini della nacome il ricordo di un evento deci- scita dello Stato unitario. Tanti, sivo per il nostro Paese, ma diventa fino a ieri refrattari, si sono ritrovati più importante oggi che lo sfascismo a pensare l’Italia e a ripensarsi come nazionale, dal remar contro all’irre- italiani. Un piccolo dato positivo, sponsabilità, dal secessionismo pa- confortante in un quadro di scondano alle forme di emigrazione forto generale».

VERSO LE AMMINISTRATIVE

Alle urne saprà imporsi chi ha ben governato il territorio Le elezioni amministrative sono soprattutto legate a istanze dettate dalle condizioni del territorio. A illustrarne, in maniera necessariamente provvisoria, le dinamiche è Alberto Giorgetti, coordinatore regionale Pdl Veneto Leonardo Testi

elluno e Verona sono tra i comuni veneti chiamati alle urne per le elezioni amministrative del 2012.

Alberto Giorgetti, coordinatore del Pdl regionale, prova a tratteggiare un quadro dei possibili scenari, nonostante le incognite che pesano sulle alleanze e l’incerta situazione politica nazionale.

Quali temi caratterizzeranno il confronto elettorale?

«L’elemento fondamentale sarà il tentativo di tenere l’alleanza PdlLega, per noi questo asse è prioritario. Poi molto dipenderà dagli equilibri locali: le campagne amministrative, in particolar modo in questi ultimi anni, si sono legate in maniera strutturale al territorio e, di conseguenza, ai temi locali.

Tra i punti che tradizionalmente sono di interesse per il Veneto, vanno segnalati le infrastrutture, il lavoro, la capacità di attrarre investimenti e di sostenere lo sviluppo, oltre alle risorse ottenute dagli enti per far fronte alle esigenze della

B

46 • DOSSIER • VENEZIA 2011

Alberto Giorgetti

collettività». È stata fissata la data nella quale si terranno i congressi del Pdl? In che misura incideranno sull’appuntamento elettorale del 2012?

«No, non ancora, vi sarà comunque una data unica per tutti i congressi a livello nazionale. Per quanto riguarda l’aspetto degli equilibri, sicuramente i congressi esercitano un potenziale sulla scelta dei candidati, anche se a livello statutario compete ai segretari regionali definire gli accordi e le alleanze, oltre alla selezione definitiva dei candidati per l’elezione nei comuni capoluogo e nelle Province.

Ci sarà un’operazione congiunta, ma è evidente che nella scelta degli eventuali candidati sindaci da proporre e nella stesura dei programmi, i congressi locali risultano assolutamente importanti».

Il risultato positivo della campagna di tesseramento del Pdl in Veneto la rende ottimista sull’esito delle urne?

Dal punto di vista delle trattative, Belluno identifica la piazza più ostica

«Avevo, fin da subito, percepito una buona motivazione sul fronte delle adesioni. Le condizioni, del resto, c’erano: in Veneto il Pdl ha sempre garantito buoni numeri.

Per questo, non avevo dubbi sul fatto che ci sarebbe stata una campagna di adesione soddisfacente».

Il sindaco di Verona Flavio Tosi vorrebbe fortemente presentare la sua lista.

«Sarà il congresso a decidere in modo definitivo. Ma, in linea generale, si ritiene che nelle realtà forti non abbia senso presentare liste aggiuntive. Nel caso specifico, Tosi è già una figura dotata di forte

personalità e, insieme ai due partiti della coalizione, determinano un assetto che per noi è più che sufficiente. Una lista del sindaco rischierebbe in qualche modo di “drogare” il risultato della competizione elettorale, personalizzandola in modo eccessivo. Ci confronteremo, ma questa è la nostra proposta».

Dopo la crisi che ha colpito la Provincia di Belluno, con le dimissioni del presidente Bottacin, c’è chi giudica inevitabile la scelta di una corsa in solitaria Pdl-Lega alle elezioni amministrative.

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 47

XXXXXXXXXXX VERSO LE AMMINISTRATIVE

L’elemento fondamentale del confronto elettorale sarà il tentativo di tenere l’alleanza Pdl-Lega, per noi questo asse è prioritario

«Penso che sarebbe folle trasferire stata la stella polare la crisi di Belluno a livello regionale, perché ogni amministrazione ha una storia a sé. Inoltre, Belluno presenta caratteristiche territoriali particolari. Il candidato del centrodestra potrà essere sostenuto da liste di carattere locale attente alle problematiche, assolutamente specifiche, della zona e che potranno trovare nel Pdl un’adeguata spalla rispetto a tali criticità. Credo che a Belluno ci si presenterà con un’alleanza più ampia, derivante anche da una competizione elettorale che si è sempre rivelata dura tra centrosinistra e centrodestra, con una distanza più rischiosa che in altri contesti. Servirà, dunque, uno schema più articolato e con più liste».

Quali le altre realtà che ritiene ostiche?

«Dal punto di vista delle trattative, Belluno - per la recente vicenda Bottacin - è quella più ostica. Sono però fiducioso del fatto che si riesca a raggiungere un accordo. La buona amministrazione è sempre 48 • DOSSIER • VENEZIA 2011

dell’attività del centrodestra in Veneto e, dopo questi anni di governo, ritengo che questa debba restare come punto di riferimento. Non penso incideranno altre dinamiche.

Dovremo valutare caso per caso, ma a mio avviso la tenuta dell’alleanza in questi mesi - dal punto di vista amministrativo - si è rafforzata e non indebolita.

Sono ottimista sul fatto che si riesca a trovare un accordo in tutti i Comuni più importanti sopra i 15mila abitanti e per questo obiettivo lavoreremo».

Teme, nel complesso, l’alleanza tra Udc, Terzo Polo e Pd? «Non la temo perché il Veneto è sempre stato chiaramente bipolare, non sarà la sommatoria di liste e transfughi a risolvere i problemi di

carattere locale. Là dove si è bene amministrato si vince, è in caso contrario che si riscontrano le maggiori difficoltà. Non basta costruire una teorica alleanza, che può avere un voto d’opinione più chiaro su scenari politici nazionali, perché a livello locale questa viene annullata da candidature, uomini e programmi».

Rosanna Filippin

Una partita aperta da giocarsi sui territori e dimissioni del Governo Berlusconi hanno inevitabilmente scompaginato gli equilibri anche per quanto riguarda le prossime elezioni amministrative previste per il 2012 in Veneto. Molti restano gli interrogativi da sciogliere attorno alle possibili alleanze, primo fra tutti il ruolo che giocherà la Lega.

Il segretario regionale del Partito Democratico, Rosanna Filippin, è però al momento sicura di una linea guida in particolare: «Oggi dobbiamo pensare ai temi dei territori», nell’attesa che nuove istanze politiche possano emergere e prendere forma per fare della regione un laboratorio «di sperimentazione».

Attorno a quali punti focali ruoteranno le campagne eletto-

L

«I futuri amministratori prenderanno le redini di città e province sulle macerie del falso federalismo». Il segretario regionale del Partito Democratico, Rosanna Filippin, parte da questa considerazione per commentare i possibili scenari delle elezioni comunali 2012 Francesca Druidi

rali dei candidati alle elezioni amministrative del 2012?

«Le elezioni amministrative devono avere al centro i territori. Si sceglie una persona, non solo un partito o uno schieramento. Per questo, come Partito Democratico abbiamo deciso di affidarci ovunque possibile a primarie di coalizione per la scelta dei candidati.

Perché in un paese dove la legge elettorale trasforma gli eletti in nominati delle segreterie romane, è fondamentale rimettere la palla della scelta nelle mani dei cittadini. Il nodo vero è che i futuri amministratori prenderanno le re-

Rosanna Filippin, segretario regionale del Partito Democratico

dini di città e province sulle macerie del falso federalismo. Nei suoi tre anni di vita, il governo di Bossi e Berlusconi ha bruciato qualsiasi attesa di riforma fiscale e di reale decentramento. Il federalismo fiscale è vanificato dai tagli lineari ai trasferimenti e dalle norme assurde del Patto di stabilità. Così chi governa nei territori ha sempre meno margini di azione».

Vede possibili, nel complesso, alleanze tra Pd e Udc o Terzo Polo?

«Sicuramente questa è una possibilità, che del resto abbiamo già realizzato in altre tornate amministrative. Pd e Udc governano assieme, ad esempio, a Venezia. La differenza però la possono fare solo i candidati e i loro programmi di governo, specialmente sui territori.

In generale, credo che la fine del Governo Berlusconi metta all’ordine del giorno il tema di un’alleanza tra riformisti e moderati, necessaria per battere il populismo. Il Veneto, in questo senso, potrebbe diventare un territorio di sperimentazione. Oggi dobbiamo pensare ai temi dei territori, ma un domani l’esperienza potrebbe diventare utile a livello nazionale».

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 49

XXXXXXXXXXX VERSO LE AMMINISTRATIVE

Un’alleanza tra Pd e Udc o Terzo Polo è sicuramente una possibilità. Pd e Udc governano assieme a Venezia

L’incrinarsi dell’alleanza tra Pdl e Lega quali scenari apre per l’esito delle urne?

«Credo che la Lega sarà tentata dal ritorno alla propaganda. I risultati sul suo tema bandiera, cioè il federalismo, sono stati magri e deludenti. Non è un caso che adesso abbiano ripescato persino quel teatrino dell’assurdo che è il Parlamento della Padania o che i leader leghisti riparlino di secessione.

Però mi fanno un po’ pena. Gian Paolo Gobbo dice che la Lega farà scatenare la rivolta se il governo aumenterà le tasse al Nord. Ma come mai quando era Berlusconi a farlo sono stati zitti e muti? È inutile alzare la voce adesso che i buoi

50 • DOSSIER • VENEZIA 2011

sono già scappati fuori dalla stalla.

Avallare in silenzio le scelte quando si è al governo e protestare solo quando si è persa la carega, è troppo comodo. È un atto di vigliaccheria e di furbizia, che però non credo ingannerà gli elettori».

Saranno tre i partecipanti alle primarie che il 4 dicembre si sfidano per la candidatura a sindaco nel centrosinistra: Michele Bertucco, sostenuto da Pd, Sel, Federazione della sinistra e Psi, il deputato Antonio Borghesi, sostenuto dall’Idv, e il docente universitario Mario Allegri, indipendente, la cui candidatura è stata presentata da 1.200 firme.

Cosa ritiene servirebbe per riuscire a scalfire la leadership del sindaco in carica? Quali Comuni, in generale, vede più favorevoli?

«La partita è aperta ovunque. E anche a Verona lo è più di quanto non si creda. Io credo che ai cittadini interessi avere un sindaco che lavora a tempo pieno per la loro città. I sindaci che usano il loro ruolo istituzionale come

strumento per promuovere ambizioni personali, fanno del male alla loro città. Credo che a Verona peserà anche negativamente, per Tosi, la rottura nazionale tra Lega e Pdl. Ma soprattutto contano i risultati nel governo della città, che sono stati magri, anche grazie ai tagli forsennati che, in barba a ogni federalismo degno di chiamarsi tale, hanno punito soprattutto i comuni».

Il risultato positivo della campagna di tesseramento del Pdl in Veneto inciderà in qualche modo sulla risposta delle urne?

«Ho rispetto per tutte le forme di partecipazione politica. Ma l’exploit delle tessere del Pdl non mi pare un segnale di novità. Credo che un partito in cui non si è mai celebrato un vero congresso, con il declino di Silvio Berlusconi veda esplodere correnti e fazioni. Che si preparano ai congressi come avveniva nei partiti della Prima Repubblica: accumulando pacchetti di tessere. Però lo considero un’anteprima delle possibili tensioni future, più che una prova di vitalità».

ISTITUZIONI EUROPEE

Draghi a difesa dell’euro Mario Draghi non ha tutti quei “difetti” che gli stranieri attribuiscono agli italiani. È da poche settimane presidente della Banca centrale europea. Deve difendere l’euro nel momento in cui il vecchio continente attraversa la peggior crisi finanziaria dal dopoguerra.

Giancarlo Mazzuca

a buon italiano non è il massimo sentirselo dire, ma negli Stati Uniti Mario Draghi, per gli amici Supermario, nuovo presidente della Banca centrale europea, non è chiamato “the italian”, ma “the unitalian”. Nel senso che, pur essendo “romanaccio de Roma”, non ha tutti i difetti e le debolezze che gli stranieri ci attribuiscono. Insomma, è un italiano atipico e, forse, proprio per questo è riuscito a spiccare il volo per Francoforte dove siede sulla poltrona prima occupata da JeanClaude Trichet. Così va il mondo, ma l’importante è che, finalmente, ci sia la bandierina bianco-rossoverde nella sala dei bottoni dell’Europa delle monete, anzi della moneta unica. Un grandissimo riconoscimento che, da almeno quindici anni, attendevamo perché non eravamo più stati al “top” dai tempi in cui Romano Prodi, gioco di parole a parte, approdò alla guida della Commissione Ue di Bruxelles.

Certo, a leggere il curriculum dell’inquilino di Eurotower, verrebbe da dire che non ci voleva certo una cartomante per pronosticargli una carriera folgorante: lo lasciavano prevedere le varie tappe della sua vita e, in tal senso, concordo con

D

52 • DOSSIER • VENEZIA 2011

quanto detto da un altro americano che ha paragonato Draghi a Bill Bradley, capace di primeggiare sia nello sport (campione di basket anche in Italia) sia in politica.

Dopo la laurea in economia alla Sapienza di Roma (relatore il professor Federico Caffé, quello che è poi scomparso nel nulla), eccolo studiare a Boston al Massachusetts Institute of Technology, il mitico Mit, con il premio Nobel Franco Modigliani che ho avuto la fortuna di intervistare due volte e che mi parlava già entusiasticamente (eravamo negli anni Novanta) di Supermario: cotanto nome... del resto, anche chi aveva studiato con lui dai gesuiti di Roma (è il caso di Luigi Abete, attuale presidente della Bnl), ha un ricordo eccellente di quel giovane liceale che, forse, proprio dai seguaci di Loyola ha adottato quel fare cardinalizio e riservato che l’ha sempre contraddistinto.

Dopo qualche esperienza da professore universitario, Supermario si scopre molto operativo e mette subito il cappello, dal 1984 al 1990, alla Banca Mondiale come direttore esecutivo. È davvero uomo dalle mille esperienze e riesce a intervallare lavori all’estero, come responsabile di organismi internazionali, ad attività in Italia,

ovviamente sempre al vertice. E così, proprio in quegli anni Novanta, tiene le redini, assieme a quel “sottile” stratega di Giuliano Amato, delle privatizzazioni nel Belpaese: lo ricordo a bordo del panfilo Britannia, il panfilo della regina Elisabetta, intento a convincere i banchieri di mezzo mondo, tra un breakfast e un tè delle cinque, sulla bontà degli acquisti di pezzi di società italiane. E dopo? Eccolo di nuovo finanziere “globetrotter”, come vicepresidente della Goldman Sachs, e nel 2005, il ritorno in patria - quel ritorno che sembrava definitivo ma non lo era - a reggere le sorti di Palazzo Koch in un momento molto tempestoso per le sorti dell’istituto centrale coinvolto nella vicenda Unipol-Fazio che si è conclusa con la condanna dell’ex governatore.

Corsi e ricorsi: nel 2011 è l’ora della Bce. E quando finirà a Francoforte, tra tanti anni, magari ce lo ritroveremo in Italia per un posto di grandissima responsabilità al governo: con Draghi non ci si stanca mai...

Peccato solo che lo sbarco alla banca europea sia stato, in qualche modo, ostacolato dalla resistenza di Lorenzo Bini Smaghi, che avrebbe

Mario Draghi

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 53

ISTITUZIONI EUROPEE XXXXXXXXXXX

dovuto lasciare subito il suo posto a Il compito che attende Supermario una crisi finanziaria che sta scuofavore di un francese, secondo l’accordo raggiunto da Berlusconi con Sarkozy, ma che, fino all’ultimo, ha fatto le bizze: solo dopo un lungo braccio di ferro si è dimesso poche settimane fa. Quella che sembrava una fumata bianca al primo turno ha rischiato, così, di trasformare il governatore nell’eminenza che entra papa in conclave e ne esce da cardinale. E non certo per colpa sua. Eppure, persino i tedeschi - la Bild aveva sparato un titolo a effetto sul nostro candidato: “Mamma mia, per ogni italiano l’inflazione è un fatto naturale come il sugo sulla pasta” - hanno dato il loro “imprimatur” definendolo, alla fine, un “romano prussiano”.

54 • DOSSIER • VENEZIA 2011

è proibitivo. Non basta la salute cagionevole di Atene, sull’orlo del “default”, e di tutti i Paesi “maiali” (i cosiddetti Pigs: Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna) che versano in cattive condizioni finanziarie. Il rischio è, infatti, che il contagio si diffonda a tutto il vecchio continente, a cominciare proprio dal Belgio e dall’Italia. A quel punto, tenere in rotta la nave europea in mezzo alla tempesta sarebbe davvero un’impresa da draghi così come la difesa a oltranza dell’euro. Insomma, l’eredità che prenderà in consegna il terzo presidente della Bce (dopo l’olandese Duisemberg e il francese Trichet), è particolarmente gravosa, dopo

tendo da tre anni il mondo industrializzato, con pesanti ripercussioni sulle banche e sull’erario degli stessi Stati.

Quale sarà la ricetta di Draghi all’Eurotower? Sarà la stessa che ha adottato per sei anni a Palazzo Koch: innanzitutto, verrà richiesto ai partner un grande rigore finanziario per fermare il pozzo di San Patrizio dei conti pubblici. Ma il nuovo numero uno di Francoforte è anche consapevole che, senza una ripresa economica adeguata, l’Europa resterà schiacciata tra gli Stati Uniti, sia pure malconci, di Obama e i nuovi colossi (Cina e India) che si sono affacciati sullo scenario mondiale.

Draghi assomiglia, dunque, a un viandante che cammina su uno strettissimo e impervio sentiero tra due strapiombi: da una parte la voragine del debito pubblico, dall’altra il burrone della recessione.

Ma Draghi ha anche un cuore.

Qualche anno fa, appena nominato governatore, partecipò, a Milano, al premio giornalistico “È Group” di Giancarlo Aneri: aveva vinto Francesco Giavazzi e lui volle fargli una sorpresa sostenendo che l’amico «era uno dei pochi che sapeva spiegare l’economia alla gente che vuole capire le cose». A colazione, aveva di fronte Antonio Ricci, quello di “Striscia la notizia”, e confessò candidamente che era un suo ammiratore. Chissà se, a Francoforte, avrà ancora tempo per vedere, alla sera, la trasmissione...

L’ECONOMIA VENETA

Ridare fiducia agli imprenditori «Occorre disegnare una cornice in cui si possa inserire la ripresa». Il neo presidente di Unioncamere Veneto, Alessandro Bianchi, illustra le priorità per il prossimo biennio, a partire da innovazione e internazionalizzazione Michela Evangelisti

l turismo si conferma sempre più voce trainante dell’economia veneta. «Se quest’anno i flussi prima diretti verso il Nord Africa hanno fatto rotta sulla nostra regione generando numeri molto interessanti, ora occorre pensare a come mantenere questi livelli» osserva il presidente di Unioncamere, Alessandro Bianchi, che proprio nelle scorse settimane ha affrontato in più occasioni l’argomento con il governatore Zaia. Le strategie individuate sono chiare: spingere soprattutto sul patrimonio culturale di cui il territorio è ricco, incrementare le relazioni con il resto del mondo, coordinare le attività dirette a livello provinciale tramite un lavoro di sintesi e razionalizzazione.

Non sono altrettanto esaltanti i numeri dell’export e della produzione industriale, ma Bianchi lancia un messaggio di fiducia: «I dati sono dati, servono a generare idee e strategie, ma in un momento di difficoltà come questo non devono creare al-

I

56 • DOSSIER • VENEZIA 2011

larmismo né essere interpretati in maniera restrittiva. Voglio sia chiaro che come sistema delle Camere di Commercio siamo a disposizione delle imprese per dare loro un concreto sostegno».

Quali sono, dunque, questi dati da prendere con cautela?

«Nel terzo trimestre 2011, sulla base dell’indagine Veneto Congiuntura, la produzione industriale ha registrato una crescita del 2% rispetto allo stesso periodo del 2010, ma nel confronto con il trimestre precedente si è registrata una contrazione del 5,1%, con un grado di utilizzo degli impianti che è passato dal 74,9% al 72,9%. Hanno segnato una leggera flessione le performance del tessile, abbigliamento e calzature (-0,2%), del legno e mobile (-1,2%), e un calo più accentuato quelle del marmo, del vetro, della ceramica e degli altri minerali non metalliferi (-3,8%).

Alessandro Bianchi

Per mantenere i flussi turistici di quest’anno occorre spingere soprattutto sul patrimonio culturale di cui il territorio è ricco

È invece prossima alla stagnazione la produzione per metalli e prodotti in metallo (+1,5%), carta e stampa (+0,4%) e altre industrie manifatturiere (+0,3%)».

Cosa dobbiamo aspettarci?

«Il sentiment dei nostri imprenditori dice che non ci discosteremo da questi numeri, ma molto dipende da come evolverà la situazione politica, che avrà ricadute importanti sul sistema bancario e, di conseguenza, anche sulle imprese. I dati che avevamo consuntivato fino al mese di agosto erano positivi per quanto riguarda le esportazioni, il livello di utilizzo della cassa integrazione e il carico degli ordini. Tra agosto e settembre la situazione ha raggiunto livelli drammatici e, se

non ci sono state variazioni A sinistra, sostanziali, significa che l’eco- Alessandro Bianchi, presidente di nomia reale sta tenendo. Oc- Unioncamere Veneto corre quindi un minimo di ottimismo. La colonna portante del sistema produttivo italiano e mondiale sono le imprese familiari: se continueranno a spingere o a tirare verremo fuori anche da questo momento». È chiaro che prossimamente l’economia regionale continuerà a dipendere dall’export, con esiti non scontati. Quali sfide attendono le imprese?

«Nel rapporto Veneto Internazionale le stime per l’export 2011 sono previste al rialzo del 2,9%, mentre le importazioni dovrebbero salire dello 0,4%. Sbilanciandoci nelle previsioni, il centro studi ha calcolato anche quelle per il 2012: il tasso di crescita delle esportazioni si fermerà al 3,3%, quello delle importazioni VENEZIA 2011 • DOSSIER • 57

L’ECONOMIA VENETA

La situazione occupazionale mostra ancora difficoltà e i riflessi del rallentamento sono evidenti

all’1,2%. Per quanto riguarda i tassi effettivi al primo semestre 2011 risultano confermati i trend, con una crescita piuttosto massiccia dei flussi con la Cina. Il nostro obiettivo è aggredire con più forza i Paesi Brics, mantenere le posizioni sui principali partner europei (la Germania è il nostro primo partner commerciale, pesa sull’export complessivo per il 13,5%) e consolidare la presenza in Nord America».

Da poche settimane ha preso le redini del sistema camerale veneto: quali saranno le sue priorità per il prossimo biennio?

«La sfida è sostenere le imprese, ridare fiducia ai nostri imprenditori che sono sempre più pessimisti sull’evoluzione della congiuntura e portare avanti con decisione le loro istanze. Sosterremo l’economia attraverso bandi per l’innovazione e l’internazionalizzazione, leve fondamentali per il rilancio, e favoriremo l’aggregazione tra le aziende. Interverremo poi con contributi importanti a favore dei Confidi, per aiutare le imprese a superare la crisi di liquidità e la stretta creditizia. Infine intendiamo finanziare le aziende che vogliono investire 58 • DOSSIER • VENEZIA 2011

sull’utilizzo o il collegamento alla banda larga».

La sua presidenza inaugura un nuovo sistema di governance in un momento di difficoltà per le imprese venete.

«Abbiamo modificato lo statuto, prevedendo un sistema di rotazione più frequente della presidenza e della giunta camerale; ora si pone il tema di come organizzare Unioncamere per rispondere a queste rinnovate esigenze. Da qui il principio dell’introduzione di deleghe, che vengono affidate ai singoli presidenti camerali per determinati settori di intervento; crediamo che in questo modo si possa generare un miglioramento dell’attività con maggior efficacia nelle relazioni con le imprese e con le amministrazioni regionali, nostri stakeholder».

Quali sono gli interventi più urgenti a livello di dotazioni infrastrutturali?

«Ogni provincia ha le sue esigenze; per la regione credo che l’avvio della pedemontana sia un segnale estremamente positivo. Rimane aperto il tema dell’alta velocità, tassello fondamentale per il nostro sviluppo, sul quale recrimino da anni.

Abbiamo sempre riposato sulle speranze che fosse Trenitalia a fare l’investimento, in realtà il governo avrebbe dovuto approfittare dell’Expo 2015 per trovare le risorse eccezionali necessarie a portare a compimento quest’opera. Ritengo positivi, quindi, i tentativi di associazioni di categoria e istituti bancari di studiare processi di aggregazione attraverso il project financing».

Infine, il tema dell’occupazione: in Veneto la domanda di lavoro è crollata.

«La situazione occupazionale mostra ancora difficoltà e i riflessi del rallentamento sono evidenti. Le 9mila assunzioni programmate per gli ultimi tre mesi del 2011 corrispondono a un tasso di entrata pari a circa 7,5 assunzioni ogni 1.000 dipendenti, quota che colloca il Veneto sotto la media del Nordest (8,9) e nazionale (7,9) e in posizione intermedia (undicesima) tra le 20 regioni italiane. Serve con forza sostenere le nostre imprese a investire in capitale umano e in formazione, al fine di mantenere la competitività sui mercati interni ed esteri. Comunque c’è sempre una tendenza ad assumere, e questo trend va letto positivamente».

THE PUTRID INNOVAZIONE XXXXXXXXXXX MERCATI ESTERI

Rivoluzionare le strategie Nuovi modi di fare impresa stanno caratterizzando il tessuto imprenditoriale veronese che cerca di reagire alla crisi economica. Andrea Bolla spiega quali sono le trasformazioni che stanno attuando le imprese locali Nicolò Mulas Marcello

e l’internazionalizzazione costituisce un desiderio di molte imprese, ma le dimensioni e la patrimonializzazione delle aziende spesso non lo consentono, la soluzione per competere sul mercato globale è quella di fare rete. Nel Veronese questo modo di fare impresa su larga scala ha portato molti frutti e sta coinvolgendo sempre più realtà. «A Verona, dalla loro istituzione – spiega Andrea Bolla, presidente di Confindustria – abbiamo già visto nascere 7 contratti di rete e altri sono in via di definizione».

Come si rapportano le imprese veronesi al mercato estero?

«La propensione all’export del sistema produttivo locale è molto alta, Verona è la decima provincia italiana per valore delle esportazioni. Tuttavia il momento è complicato. Alla contrazione della domanda interna si aggiunge la situazione dei mercati europei, tradizionali per le nostre esportazioni, che non sono sostenuti da aspettative positive, a esclusione della Germania, partner consolidato e ancora una volta locomotiva dell’aera euro. È chiaro che per mantenere i livelli di performance adeguati alla nostra produzione si devono cercare nuove opportunità di business nei Paesi in cui la crescita ha ritmi maggiori. Questo vuol dire rivoluzionare le strategie di export,

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62 • DOSSIER • VENEZIA 2011

gli strumenti di approccio ai mercati e spesso anche i prodotti. È nelle aree lontane che si concentrerà la crescita della domanda. Nel 2016, fra meno di 5 anni, ci saranno 188 milioni di nuovi ricchi in più rispetto al 2010, di cui un terzo sarà cinese e il 13% indiano, ma la classe benestante si allargherà anche in paesi geograficamente più vicini all’Italia, come Russia e Turchia, e culturalmente affini, come l’Argentina. Si calcola che, sempre nel 2016, le importazioni dal mondo emergente di prodotti di qualità aumenteranno di oltre il 50%.

Si tratta di una grande opportunità per le nostre imprese che non possono e non hanno intenzione di perdere».

La crisi economica ha modificato in qualche modo l’attitudine delle aziende veronesi su questo fronte?

«Certamente sono in atto molti cambiamenti, anche profondi. In particolare è emerso evidente che la dimensione e la patrimonializzazione sono due variabili sensibili per reggere il nuovo assetto dei mercati. Le nostre aziende si stanno attrezzando su questi fronti soprattutto lavorando insieme, dai distretti alle reti d’impresa. Seppur le nostre imprese abbiano una dimensione media maggiore rispetto alle altre del Veneto, hanno imboccato con determinazione la strada della collaborazione. A

Sopra, Andrea Bolla, presidente di Confindustria Verona

Andrea Bolla

Verona, dalla loro istituzione, abbiamo già visto nascere 7 contratti di rete e altri sono in via di definizione. Come associazione di imprenditori stiamo supportando questa scelta in vari modi e su vari fronti: dalla consulenza alla ricerca di interessi trasversali tra le aziende, ma anche sul fronte della soluzione di alcuni aspetti giuridici, economici e finanziari: abbiamo istituito un tavolo di lavoro con l’Università di Verona e i rappresentanti di alcune banche. Le aziende ci mettono l’intuito, noi cerchiamo di supportarle tecnicamente».

Per quanto riguarda Confindustria qual è il vostro ruolo nel percorso di internazionalizzazione delle imprese del territorio?

«Ci stiamo muovendo su più fronti. Le aziende hanno interessi specifici diversi e per mercati diversi, quindi oggi più che mai dobbiamo customizzare il nostro servizio. Organizziamo incontri “one to one” con professionisti di mercati e paesi esteri riuscendo a coprire direttamente o indirettamente quasi tutti gli Stati. Abbiamo costituito il consorzio Coverfil, che accompagna le imprese nella sottoscrizione dei contratti di rete, nella de-

finizione degli obiettivi e nelle stesura del contratto. Abbiamo uno sportello di Sace proprio presso la nostra sede, che rappresenta l’unica esperienza nel Nordest di partenship sul territorio con Confindustria. In 3 mesi di attività è raddoppiato l’utilizzo delle opportunità Sace e noi aiutiamo le aziende ad accedervi: dalla redazione contrattuale secondo le normative internazionali applicabili alla verifica della documentazione internazionale per i pagamenti, la trattativa con le banche e la predisposizione dei piani di rientro del debito».

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Si calcola che, nel 2016, le importazioni dal mondo emergente di prodotti di qualità aumenteranno di oltre il 50%

Quali sono le prospettive per il futuro dell’economia veronese?

«Difficile parlare di prospettive definite. Rimane il fatto che convivono nel nostro territorio settori ciclici accanto a settori anticiclici, che garantiscono una diversa reattività al mercato. Così come vantiamo la presenza, accanto a imprese familiari - non necessariamente piccole imprese - di gruppi multinazionali importanti: Verona è la seconda città italiana per attrattività di investimenti esteri con 95 aziende a capitale estero residenti nel territorio. Questo consente “in media” una tenuta discreta del tessuto economico. Ma è lo spirito imprenditoriale di un territorio sano e laborioso che non molla la vera carta anti-crisi. Ho visto in questi due anni, davanti a serie difficoltà, colleghi impegnati con le proprie risorse per salvaguardare l’occupazione nelle aziende.

Credo che il capitalismo familiare di cui il Nordest è ricco stia dimostrando in questo momento tutta la sua energia e la sua empatia con il territorio. Una risorsa immateriale che oggi può fare la differenza».

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VENEZIA 2011 • DOSSIER • 63

MERCATI ESTERI INNOVAZIONE XXXXXXXXXXX

Alta predisposizione all’export Le imprese bellunesi, nonostante la crisi, non hanno perso la loro vocazione all’export. Gian Domenico Cappellaro spiega come sono cambiate le abitudini degli imprenditori Nicolò Mulas Marcello

l mercato globale è diventato sempre più articolato e complesso, ma le imprese bellunesi hanno retto meglio di altre l’impatto della crisi economica sui mercati esteri. Anche la solida tradizione imprenditoriale locale però deve fare i conti con i problemi dell’accesso al credito: «Le piccole e medie imprese – spiega Gian Domenico Cappellaro, numero uno degli imprenditori di Belluno – continuano poi a registrare difficoltà nei confronti del sistema bancario: la loro richiesta di credito aumenta mentre l’offerta si fa più selettiva. A questo fine Confindustria, sia a livello nazionale che regionale, ha avviato accordi con i maggiori istituti di credito al fine di facilitare l’accesso ai finanziamenti».

Parliamo di internazionalizzazione. Qual è l’attitudine al commercio estero da parte delle imprese bellunesi?

«La provincia di Belluno conta tante piccole e medie imprese, capaci di competere a livello mondiale, anche nei settori più tecnologicamente avanzati. L’indice di propensione all’export dell’economia bellunese nel 2010 è risultato pari al 43,3%, valore nettamente superiore a quello medio veneto (34,6%) e nazionale (24,3%). Siamo anche la patria di uno dei distretti industriali più conosciuti e ammirati a livello internazionale: quello dell’occhialeria, le cui esportazioni rappresentano,

I Gian Domenico Cappellaro, presidente di Confindustria Belluno

64 • DOSSIER • VENEZIA 2011

in valore, oltre il 60% del totale provinciale.

Gli imprenditori bellunesi hanno saputo col tempo trasformare una fortissima vocazione all’export in un reale processo di internazionalizzazione. Senza contare il fatto che oggi essere presenti sui mercati esteri, soprattutto quelli emergenti, è una delle poche strade per sopravvivere a questa durissima crisi. Purtroppo le nostre pmi scontano ancora il gap delle infrastrutture immateriali. Solo recentemente sono stati sbloccati i primi finanziamenti a favore della banda larga. Ora più che mai il digitale rappresenta un reale strumento per agganciare la ripresa, un moltiplicatore del potenziale produttivo e creativo».

La crisi economica ha modificato le abitudini delle aziende bellunesi a rapportarsi con i mercati esteri?

«La vocazione all’internazionalizzazione è nel nostro dna. Certamente il quadro competitivo si è fatto più articolato e complesso, ma le produzioni bellunesi hanno retto meglio di altre l’impatto della crisi nella loro capacità di penetrazione sui mercati internazionali: nel 2009 l’export provinciale è calato del 17,1%, a fronte di più elevate contrazioni accusate sia a livello regionale (21,5%) che nazionale (20,9%). E già nel 2010 la ripresa delle esportazioni è stata più intensa a Belluno (+19,7%) che nel resto del Paese (+16,2% in Veneto,

Gian Domenico UmpteenCappellaro almost ira

+15,8% in Italia). Sicuramente l’economia globalizzata ha reso più evidente a tutti che la consapevolezza che il modello di piccolissima impresa autonoma e autosufficiente che ha connotato con grande successo la storia imprenditoriale del Nordest, non è più realistica. Nuove opportunità nascono con l’aggregazione di imprese, di competenze, creando network flessibili ed elaborando strategie di filiera condivise».

Per quanto riguarda Confindustria, qual è il vostro ruolo nel percorso di internazionalizzazione delle imprese del territorio?

«Mettiamo in campo tutta una serie di iniziative utili per agevolare la penetrazione delle nostre aziende nei mercati esteri: dal coordinamento di partecipazioni collettive a fiere in tutto il mondo (spesso affiancate dal sostegno di contributi pubblici che andiamo a intercettare) alla pianificazione e gestione di missioni commerciali, con incontri “b2b”, nei continenti e nei Paesi di maggiore interesse; dalla realizzazione di “schede Paese” per la migliore comprensione dei relativi mercati, all’organizzazione di innumerevoli incontri e contatti con esperti commerciali, legali, doganali, finanziari e con ogni altro operatore specializzato nelle diverse problematiche che le aziende associate incontrano nel loro rapportarsi con i mercati internazionali. Ma non basta, oltre a ciò stiamo organizzando una serie di incontri per raccogliere istanze, idee e proposte dai nostri associati. Dai primi appuntamenti risulta chiara la necessità di sviluppare la propensione alla concentrazione. Il rischio che vogliamo evitare è quello che una piccola impresa finisca dentro strutture troppo burocratizzate e poco flessibili. Per questo è necessario mettere ordine e razionalizzare il sistema promozionale italiano all'estero».

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La struttura produttiva bellunese è dinamica, ma dobbiamo muoverci verso una crescita dimensionale delle nostre produzioni

Quali sono le prospettive per il futuro dell’economia bellunese?

«La situazione è ancora estremamente incerta.

Contrazione dei mercati (soprattutto quello domestico), inefficienza e bassissima competitività nel confronto internazionale del sistema pubblico e delle reti infrastrutturali rimangono i principali problemi che in questo momento penalizzano le imprese. La struttura produttiva bellunese è dinamica, ma dobbiamo muoverci verso una crescita dimensionale delle nostre produzioni, perché ristrutturandosi è più facile fare ricerca e innovazione e divenire globali.

Inoltre, le ultime rilevazioni congiunturali disegnano una trasformazione del tessuto produttivo che senza perdere di vista il manifatturiero si sta orientando verso un maggior sviluppo del terziario avanzato. Le aziende hanno bisogno di servizi nuovi e flessibili: professionisti dell’import/export, di diritto internazionale, di reti digitali nonché di esperti di piattaforme mobili di lavoro che rappresentano oggi un importante strumento competitivo per le piccole imprese».

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FIVE TRAILERS MERCATI ESTERI

66 • DOSSIER • VENEZIA 2011

Antonio Favrin

Il modello dell’impresa-rete Il Gruppo Marzotto esporta circa il 70% del suo prodotto. «I mercati esteri – spiega l’amministratore delegato, Antonio Favrin – rappresentano per noi importanti sbocchi per i prodotti di fascia alta» Viola Leone

l Gruppo Marzotto ha alle spalle una lunga storia di successo, che affonda le radici nel 1836, con la nascita del Lanificio Luigi Marzotto & figli. Ma è negli anni 80 che rivoluziona la propria fisionomia, intraprendendo un processo di acquisizioni in Italia, di internazionalizzazione e di identificazione in marchi di alto valore.

«Oggi il Gruppo sta vivendo un momento di rifocalizzazione rispetto al suo core business storico che è il tessile. Viaggiamo su un fatturato consolidato che è pari a 350/400 milioni di euro e che arriva a 500 milioni di euro se si considera anche la quota di Ratti Spa e di Filivivi Srl, che non vengono consolidate – commenta l’amministratore delegato, Antonio Favrin –. Per fronteggiare la delicata congiuntura economica abbiamo puntato sulla pluralità dell’offerta, sull’integrazione industriale e sul sistema dell’impresa-rete».

Il Gruppo, infatti, è strutturato come un network di aziende unico nel panorama tessile mondiale che, attraverso marchi di prestigio, detiene una posizione di rilievo per ricerca, innovazione, qualità e volumi, sia nel mercato mondiale dei filati che in quello dei tessuti. Come si concretizza il vostro modello d’impresa e in che modo si è rivelato vincente?

«Questo modello si concretizza attraverso lo sfruttamento delle opportunità di acquisto tra le diverse aree di business, una forte identità dei brand, molte sinergie industriali e con altri partner».

Oggi più che mai, ristagnando il mercato

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interno, i risultati di un’azienda si misurano Antonio Favrin, in base alla sua predisposizione all’export: amministratore delegato del Gruppo come si colloca in questa prospettiva il Marzotto Gruppo?

«Il Gruppo Marzotto esporta circa il 70% del suo prodotto; il restante 30% va al mercato italiano, ma si rivolge per lo più a clienti italiani che a loro volta esportano in misura rilevante, basti pensare ai grandi marchi della moda».

Quali sono i mercati per voi più ricettivi e sui quali state puntando? Come è cambiato negli ultimi anni il vostro rapporto con i mercati esteri?

«Il mercato più ricettivo per noi rimane ancora l’Europa nel suo complesso, ma stiamo VENEZIA 2011 • DOSSIER • 67

MERCATI ESTERI

Intelligenza creativa e sensibilità sociale ato a Valdagno nel 1928, il conte Giannino Marzotto ha praticato molte discipline sportive, ma i risultati più noti ci sono le due vittorie nella Mille Miglia, al volante della Ferrari. Fino al 1969 al vertice dell’azienda di famiglia, ne ha poi seguito assieme ai fratelli varie iniziative, sino a dedicarsi in questi ultimi anni prevalentemente agli hobby sportivi e al mecenatismo. Oggi è presidente dell’associazione Progetto Marzotto, fondata in memoria del conte Gaetano Marzotto. L’associazione ha tra i suoi obiettivi ricercare, soprattutto tra le giovani generazioni, quanti si propongono di tradurre idee innovative in azione concreta e si distinguono per coraggio e intelligenza, fornendo loro un supporto anche economico.

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Il gruppo ha una lunga storia e di una parte lei è testimone: quali sono le principali trasformazioni alle quali ha assistito?

«Quelle dovute agli anni e alle condizioni del Paese. Ai tempi delle mie decisioni si doveva sopravvivere all’impresa di Stato, che agiva fuori da ogni regola di concorrenza, e voleva prevalere con ogni mezzo. Per far questo si doveva puntare sull’intelligenza creativa e sull’efficienza industriale».

Quanto è forte e come si declina il rapporto dell’azienda con il territorio sul quale opera?

«Il territorio si è fortemente diversificato nell’oltre mezzo secolo trascorso da quando cominciai a lavorare con mio padre. La capacità di resistere alle “burrasche” e la sensibilità sociale che atavicamente si riconosce alla Marzotto in tutti questi anni hanno avuto il sopravvento. Oggi basta conoscere - e apprezzare - le condizioni di lavoro in azienda: quasi il 100% di contratti a tempo indeterminato, contratti regolari e rispettati, mercato libero e mondiale. Come è sempre stato».

Lei è uno sportivo e amante delle auto: come si lega questa sua passione con l’attività del gruppo?

«La mia passione ha due legami con Marzotto, uno risale a prima che incominciassi le mie poche gare, l’altro, fortissimo, mi è rimasto dopo. Il primo coincide con il sangue che ho ereditato da mio padre e con i mezzi provenienti dal lavoro, il secondo con l’abitudine e la voglia personale di competizione che mi hanno fatto poi correre tutta la vita: anche senza automobile e anche senza ... l’autista!».

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sempre più puntando ai nuovi mercati emergenti come la Cina, il Sud America e l’India.

I mercati esteri rappresentano per noi importanti fonti di sbocco per i prodotti di fascia alta. Anche mercati che una volta erano marginali ora stanno diventando sempre più rilevanti e quindi vengono presidiati maggiormente».

Il nostro Paese cresce poco: quali sono a suo parere le ricette più efficaci per sostenere le imprese?

«Innanzitutto occorre rendere più semplice e stimolante l’inserimento dei giovani a tutti i livelli nelle aziende, ridurre la tassazione iniqua su chi crea posti di lavoro, allineare i costi dei servizi, a cominciare da quello dell’energia a livello europeo, e proteggere e investire sull’industria manifatturiera e il turismo, gli unici veri produttori di ricchezza per il Paese».

MERCATI ESTERI

Soddisfare un mercato esigente In periodo di crisi, puntare sull’innovazione può costituire un’ occasione di rilancio, ma non tutte le imprese ne hanno le possibilità. Mario Moretti Polegato indica la ricetta per imporsi sul mercato Nicolò Mulas Marcello

a creatività di cui sono capaci gli italiani, se ben supportata, può rappresentare un’arma vincente contro la crisi economica: «Ritengo che di fronte alla crisi – spiega Mario Moretti Polegato, presidente di Geox – le imprese italiane siano quelle che hanno reagito meglio grazie alla creatività e al dinamismo con cui da sempre si contraddistinguono nei mercati internazionali».

Geox è un gruppo che produce e vende in tutto il mondo pur mantenendo il principale mercato in Italia. Il nostro paese però cresce poco rispetto all’Europa. Cosa occorre fare per ottenere un maggiore sviluppo del paese?

«Oggi i grandi numeri si fanno con la ricerca e l’innovazione. Geox investe ogni anno circa il 3% del fatturato in ricerca e sviluppo. Sono oltre 50 le innovazioni, di prodotto o di processo, che abbiamo brevettato, ma ci sono anche molte altre nuove tecnologie nel cassetto, pronte a essere immesse nel mercato nel momento opportuno.

Per innovare, però, bisogna compiere tre passaggi fondamentali. Il primo è creare qualcosa di

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Mario Moretti Polegato, presidente di Geox

70 • DOSSIER • VENEZIA 2011

nuovo o modificare un prodotto esistente: noi ad esempio non abbiamo inventato le calzature, bensì le abbiamo modificate. Successivamente bisogna ottenere la proprietà intellettuale su quanto creato. E infine, siccome non è detto che un progetto funzioni, è indispensabile collaborare con le università, testando il prodotto nei centri di ricerca. Il brevetto è indispensabile anche per competere nei paesi della concorrenza low cost come ad esempio la Cina».

In un momento di crisi come questo quali armi devono usare gli imprenditori per non soccombere? L’internazionalizzazione è una possibile soluzione?

«Innanzi tutto bisogna sempre avere bene a mente che il made in Italy è un brand riconosciuto e rinomato a livello mondiale. È garanzia di qualità e conferisce al prodotto un’enorme valore aggiunto. L’imprenditore, però, non può andare sempre da solo all’estero in cerca di nuove opportunità ed ha bisogno di un sistema paese forte, di un governo che sia da sostegno a livello internazionale. Un po’ come ha fatto la Germania, che ha raccolto grosse commesse in termini di infrastrutture in Cina per poi redistribuirle tra le proprie aziende.

Sono certo che Mario Monti e la sua squadra riusciranno a dare al mondo dell’impresa tutto il sostegno di cui ha bisogno in questo momento, poiché l’internazionalizzazione è sicuramente indispensabile, tanto per la piccola quanto per la media e la grande impresa. Per riuscirci, però, è necessario non solo rompere gli schemi esistenti, bensì è opportuno crearne proprio di nuovi. Con Geox, ad esempio, abbiamo preso due mondi che una volta erano perfettamente distinti tra loro, quelli della moda e della tecnologia, e li abbiamo fusi in un

Mario Moretti Polegato

unico universo, realizzando dei prodotti innovativi e applicando la tecnologia al prêt-àporter».

Come è cambiata l’attitudine delle aziende venete a rapportarsi con i mercati esteri?

«Lo scenario sta subendo un profondo cambiamento, però, per la maggior parte delle piccole e medie imprese, internazionalizzare significa semplicemente interfacciarsi con uno o due paesi europei. Bisogna quindi adottare un business model che sia in grado di superare questi confini e per farlo è necessario che l’impresa famigliare lasci il posto a quella manageriale. Senza figure altamente specializzate e preposte a questo cambiamento, non sarà mai possibile trascendere i limiti che risiedono in quel tipo di impresa che gli americani definiscono “Mama’s and Papa’s operation”. Difficilmente l’imprenditore vecchio stampo potrà avere le capacità per gestire da solo l’internazionalizzazione della propria azienda e non è detto che i figli siano sufficienti a colmare le sue lacune, a cui invece potrebbero assolvere dei manager preparati».

Per quanto riguarda Geox, quali sono attualmente i mercati esteri più ricettivi?

«Dopo l’Italia, Spagna e Germania rappresentano due tra i nostri principali mercati. Stiamo crescendo velocemente in tutta l’area europea e il nostro principale impegno sarà di rafforzare ulteriormente questi mercati. Parlando invece di mercati emergenti, stiamo portando avanti

delle strategie mirate a seconda dell’area. Sette anni fa, ad esempio, siamo andati in Cina a depositare i nostri brevetti e ci sono stati riconosciuti solo dopo quattro anni, da quel momento però siamo tornati in Cina e nel giro di tre anni abbiamo aperto oltre 200 strutture tra shop in shop e Geox Shop. Il nostro primo obiettivo sarà replicare in altri paesi europei lo stesso modello che ci ha permesso di raggiungere la leadership in Italia, ma nel giro di qualche anno puntiamo anche a diventare leader nei mercati in cui siamo appena approdati, come Usa, UK, Russia, Giappone. Per dare qualche numero, nei primi nove mesi del 2011 abbiamo riportato fatturati in crescita in Italia (+7%), Europa (+1,5%), Cina e Hong Kong (+22%), Est Europa (+40%), Russia (+57%), a conferma che la forza del brand ha retto molto bene nonostante la crisi».

La crescita della globalizzazione costringerà secondo lei le piccole imprese familiari a quotarsi per sostenere progetti di crescita e di internazionalizzazione?

«La quotazione è un momento importante nella vita di una azienda, e rappresenta sicuramente una grossa opportunità poiché favorisce appunto l’internazionalizzazione. La quotazione apre una finestra sul mondo e gli investitori internazionali hanno così modo di conoscere il tuo progetto e, se ci crederanno, di investire. Nel caso di Geox si è rivelata una scelta estremamente vincente».

200 STRUTTURE Il numero di negozi che Geox ha aperto in Cina in tre anni

3%

FATTURATO L’ammontare delle risorse che Geox investe in ricerca e sviluppo

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 71

MERCATI ESTERI

Una forte spinta all’economia La crisi economica non molla ma in Veneto sono molte le imprese che hanno puntato sull’internazionalizzazione per affrontare di petto la congiuntura negativa. Vincenzo Consoli spiega la situazione regionale Nicolò Mulas Marcello

economia veneta è sempre stata caratterizzata da una forte propensione all’internazionalizzazione e alla scoperta dei mercati esteri. La qualità della produzione, lo spirito imprenditoriale e le capacità commerciali hanno contribuito fortemente allo sviluppo del made in Italy nel mondo proprio grazie alla forte spinta veneta. «Vince chi è strutturato, chi si innova – spiega Vincenzo Consoli, amministratore delegato di Veneto Banca – e chi fa di tutto per migliorare il livello di competitività».

Qual è la propensione all’internazionalizzazione e al commercio estero delle imprese venete attualmente?

«Le imprese venete hanno sempre avuto una forte propensione all’apertura internazionale, nonostante la dimensione prevalente, quella delle piccole e medie realtà, rappresenti uno dei fattori discriminanti per l’ingresso nel mercato estero. L’internazionalizzazione, infatti, è un processo che prevede una strategia ampia e articolata. È chiaro che sono soprattutto le imprese di più grandi dimensioni a poter abbracciare un’ottica di questo tipo.

Tuttavia oggi il Veneto, pur nel difficile momento congiunturale, si conferma tra le prime regioni italiane per valore delle esportazioni, che toccano il 31,4% del Pil. Il commercio estero nel primo semestre 2011 è cre-

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Vincenzo Consoli

Vincenzo Consoli, amministratore delegato di Veneto Banca

31,4% PIL La percentuale di Pil regionale rappresentata dalle esportazioni venete

+14%

COMMERCIO ESTERO L’incremento dell’export in Veneto nel primo semestre 2011 rispetto allo stesso periodo del 2010

sciuto del 14% rispetto ai primi sei mesi del 2010. Nel secondo trimestre il valore delle esportazioni è tornato sui massimi livelli precrisi, pur subendo, nei tempi recentissimi, un rallentamento a causa delle turbolenze dei mercati. Nel complesso, però, sono dati incoraggianti, che assumono, tanto più in questo periodo, un valore ancora maggiore: testimoniano spirito di rinnovamento, tenacia, unione e competitività delle imprese di questa regione».

La crisi economica ha modificato in qualche modo l’attitudine delle aziende venete a rapportarsi con i mercati esteri?

«Il Veneto è una regione aperta, gli effetti della crisi si sono sentiti immediatamente e in maniera decisa. Il calo del commercio internazionale, infatti, è stato un canale di trasmissione immediato. La contrazione delle esportazioni e delle importazioni, nel 2009, è stata di oltre 20 punti percentuali. Da dicembre 2007, abbiamo assistito a livello regionale - per ben 20 mesi - a una flessione dell’export, quantificabile in un -26%. Dal 2010 fino a giugno 2011, pur rallentando nell’ultimo semestre, il trend è stato positivo. Le aziende di grandi dimensioni hanno compensato la debolezza della domanda interna espandendo il commercio con l’estero: la quota delle espor-

tazioni sul fatturato è passata dal 62% del primo trimestre del 2010 al 67% dello stesso periodo del 2011, un valore simile a quello pre-crisi. Qui però emerge nuovamente il nodo cruciale della questione internazionalizzazione, che ho già sollevato: vince chi è strutturato, chi si innova e chi fa di tutto per migliorare il livello di competitività».

Qual è il ruolo di Veneto Banca nel percorso di internazionalizzazione delle imprese del territorio?

«Siamo stati tra i primi a capire l’importanza che la delocalizzazione stava assumendo per i nostri imprenditori, accompagnandoli nell’Est Europa con il supporto di Banca Italo Romena in primis e il successivo arrivo in Moldavia, Croazia e Albania. Il nostro servizio alle imprese, principali interlocutrici del Gruppo, è cresciuto assieme alle loro esigenze: ci siamo specializzati nella consulenza sia a coloro che già operano nel mercato internazionale, sia a coloro che intendono aprirsi al commercio con l’estero. Offriamo assistenza professionale attraverso la partecipata Sintesi 2000, con uffici a Hong Kong e Shangai, e grazie ai servizi “My export friend” e “My international friend”, portali che assistono e facilitano l’attività con le controparti estere, sia a livello informativo sia con servizi e prodotti specifici».

Quali sono le prospettive per il futuro dell’economia veneta?

«Le nostre imprese hanno sofferto e, nonostante i dati incoraggianti, ci sono molte realtà che soffrono ancora. Io continuo però ad essere positivo: i nostri imprenditori in questi decenni hanno dimostrato una creatività e una capacità di tenuta straordinarie. Questa regione è ricca di eccellenze, dinamica e in continuo rinnovamento. È su questi fattori e su queste specificità che occorre puntare per affrontare con forza un mercato sempre più globale. Come è emerso più volte, inoltre, la dimensione aziendale ridotta è spesso un fattore di criticità: occorre fare squadra per unire le forze e da questo punto di vista, fortunatamente, si vedono sempre più spesso segnali di apertura delle nostre imprese».

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Nuove opportunità nell’impiantistica L’impiantistica veneziana guarda al futuro, puntando sulla diversificazione produttiva e su un costante aggiornamento non soltanto tecnologico, ma anche delle risorse umane. La situazione del settore illustrata da Giancarlo Ballin Guido Puopolo

l mondo dell’impiantistica, nonostante una congiuntura economica ancora lontana dalla stabilizzazione, sembra mostrare timidi segnali di ripresa. A trarre beneficio da questa situazione sono soprattutto quelle aziende che, con una certa lungimiranza, hanno attuato in questi anni una seria politica di innovazione, che affiancata a una strategia di diversificazione dell’attività ha permesso loro di superare senza particolari contraccolpi le conseguenze della recente crisi internazionale. La conferma arriva da Giancarlo Ballin, uno dei titolari della BG Impianti Srl, azienda di Fiesso d’Artico, in provincia di Venezia, fondata nel 1980 e specializzata nella progettazione, installazione e manutenzione di impianti elettrici: «Sicuramente la crisi ha inciso anche sul nostro comparto produttivo, ma al di là di una breve parentesi negativa fatta registrare nei primi mesi del 2009, in questi anni abbiamo consolidato la nostra posizione sul mercato, tanto che nell’ultimo periodo siamo anche riusciti ad aumentare il nostro fatturato».

Al raggiungimento di questi significativi risultati ha contribuito senza dubbio proprio

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La BG Impianti ha la sua sede a Fiesso d’Artico, in provincia di Venezia www.bgimpianti.com

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l’opera di diversificazione produttiva portata avanti dall’azienda, come sottolinea lo stesso Ballin: «Se inizialmente abbiamo concentrato i nostri sforzi nel campo degli impianti elettrici, civili e industriali, delle automazioni e dei sistemi di sicurezza, col tempo abbiamo ampliato la gamma dei servizi offerti, che oggi comprendono anche la progettazione e installazione di impianti tecnologici, sistemi di telecomunicazioni e di video sorveglianza, oltre che di impianti fotovoltaici. Proprio l’installazione dei pannelli fotovoltaici, grazie anche al boom delle fonti rinnovabili, ha rappresentato una risorsa fondamentale per l’azienda durante tutto il 2010, anche se adesso questa spinta si sta pian piano esaurendo e la nostra attività si sta riposizionando verso i settori a noi più tradizionali». In questi anni l’azienda è riuscita a guadagnarsi il rispetto e la fiducia del mercato, anche in virtù della capacità di offrire un servizio completo, pensato per rispondere ai più moderni standard di qualità e affidabilità: «I nostri impianti sono realizzati a regola d’arte, con l’obiettivo di soddisfare anche le esigenze più particolari. Operiamo al fianco di moltissime aziende presenti sul territorio, che attualmente rappresentano circa l’80 per cento del nostro fatturato, e con le quali lavoriamo ormai in simbiosi. Questo ci permette quindi di non

Giancarlo Ballin

crescente necessità di specializzazione del nostro lavoro – sottolinea Ballin -, abbiamo investito importanti risorse per assicurare ai nostri collaboratori assistenza e supporto tecnico, attraverso l’organizzazione periodica di corsi e seminari. Questo è un passaggio necessario, anche perché, pur essendo la scuola un’istituzione in grado di fornire agli studenti importanti basi teoriche, da un punto di vista pratico, i ragazzi hanno necessariamente bisogno dell’esperienza “sul campo” per poter apprendere un mestiere così delicato come quello dell’impiantista». Per

avere la necessità di andare alla ricerca di nuovi partner, preferendo invece rafforzare proprio il rapporto con quelle realtà con le quali già collaboriamo. Chi si rivolge a noi lo fa perché sa di avere la possibilità di rapportarsi con un unico interlocutore, in grado di fornire un supporto costante, che va dalla fase progettuale a quella manutentiva, con un’ottimizzazione dei tempi e un notevole risparmio anche da un punto di vista economico». Un’attività, quella dell’impresa veneziana, in cui il fattore umano e la capacità degli operatori svolge ancora un ruolo fondamentale. Proprio in quest’ottica l’azienda presta molta attenzione alla formazione e al continuo aggiornamento dei suoi dipendenti: «Vista la

il futuro, quindi, pur all’interno di una situazione generale che ancora stenta a delinearsi chiaramente, BG Impianti sembra essersi comunque garantita una certa tranquillità: «Fare programmi a lungo termine chiaramente è molto difficile per chiunque – conclude Ballin . Tuttavia per quel che ci riguarda abbiamo in essere contratti e commesse che ci impegneranno per i prossimi due anni, tanto che nell’ultimo periodo, in controtendenza rispetto a quanto fatto da moltissime imprese che sono state costrette a ridurre il personale, per far fronte all’ingente mole di lavoro abbiamo provveduto ad ampliare il nostro organico, assumendo quattro nuovi dipendenti».

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L’impiantistica veneziana punta allo sviluppo Continua la serie di investimenti che la provincia di Venezia sta destinando allo sviluppo industriale della zona. A trascinare le operazioni e il mercato locale è il settore dell’impiantistica con le sue grandi potenzialità. Il punto di Emanuele Sala Emanuela Caruso rmai da quasi due anni, gli enti pubblici e i sindacati veneziani stanno sviluppando e mettendo in pratica nuove idee e soluzioni per riuscire a creare un polo industriale e logistico tra Porto Marghera e Padova. L’obiettivo di fondo è quello di bonificare l’area in modo da rendere disponibili ai tanti investitori interessati centinaia di ettari che formano una delle zone industriali tra le più attrezzate al mondo, ma anche quello di realizzare un centro logistico capace di servire tutte le imprese venete, in particolare aiutandole durante i processi di internazionalizzazione.

L’importanza del progetto non è condivisa solo da Province, Comuni e sindacati, ma anche da alcune aziende del territorio. È il caso del Gruppo Novello, società sita a Pianiga e specializzata nel-

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l’impiantistica elettrostrumentale. «La nostra vision aziendale – commenta Emanuele Sala, titolare dell’attività – prevede di arricchire il polo tra Porto Marghera e Padova facendo diventare il Gruppo un punto di riferimento nell’impiantistica elettrica e strumentale, così da realizzare impianti sempre più complessi e maggiormente utili a tutte le altre imprese del polo».

L’azienda, che opera da quasi cinquant’anni, nello specifico si occupa della progettazione, costruzione e manutenzione elettrostrumentale e della protezione catodica. «Serviamo i più svariati settori, da quello siderurgico al petrolchimico e petrolifero, dal quello chimico e farmaceutico all’ecologico; coprendo anche il mercato marittimo navale, l’energetico e il pipeline per trasporto oil e gas. Infine, abbiamo le compe-

Emanuele Sala

tenze per intervenire su impianti del settore tessile, alimentare e della ricerca, sia per aziende onshore che per le off-shore». Durante il periodo di gestione familiare della società, il raggio d’azione del Gruppo Novello, composto da cinque imprese, è rimasto confinato nel Nord Est d’Italia, ma con il passaggio a una gestione, organizzazione e direzione più tipicamente industriali, l’espansione verso nuove zone nazionali e soprattutto verso l’estero è stata immediata. «Siamo riusciti a portare la nostra azienda nel resto d’Italia e in alcuni importanti paesi internazionali – continua Emanuele Sala – grazie a una costante attenzione rivolta verso la crescita qualitativa, più che quantitativa, del nostro servizio, la serietà e professionalità del nostro staff, e la capacità di soddisfare sempre e in ogni modo le richieste e le esigenze dei clienti, con i quali intrecciamo proficue collaborazioni. A livello internazionale siamo presenti nei mercati del Medio Oriente e dell’Africa Centrale, ma un’ulteriore filiale è in fase di apertura in Algeria, con il preciso scopo di far fronte a nuovi progetti destinati all’Algeria e alla Tunisia».

L’esser sempre “in pari” con le normative e le certificazioni europee ha rappresentato un ulteriore passo volto a raggiungere il successo. «Siamo risultati idonei alla certificazione Uni En Iso 9001 relativa alla norme qualitative di gestione; all’Ohsas 18001, inerente alla sicurezza e alla salute degli operatori nei luoghi di lavoro; ed è in approvazione la nostra richiesta di conformità al Modello Organizzativo 231». Potendo, poi, contare su una grande flessibilità operativa e sulle qualificate competenze del personale impiegato, formato da oltre 200 unità per ogni società facente parte del Gruppo, l’azienda oggi rappresenta una realtà produttiva in grado di fornire soluzioni sempre più complete e adeguate. «Alla nostra gamma di servizi, tra cui progettazione, montaggio e manutenzione, abbiamo aggiunto l’assistenza all’avviamento di componenti e di impianti, compresi quelli di ampie dimensioni e di notevole complessità tecnologica». Ben chiari sono, infine, anche i progetti e le prospettive future del Gruppo Novello, che ha intenzione di ampliare ulteriormente la propria attività e in-

fluenza. «Ciò a cui l’impresa auspica per i prossimi anni a venire – spiega ancora Emanuele Sala – è una continua crescita, al fine di poter garantire servizi e interventi sempre migliori sia a livello nazionale che estero, con una particolare attenzione per quegli Stati che necessitano di un forte miglioramento impiantistico e industriale.

Inoltre, insieme a tutte le altre realtà aziendali della nostra zona e più in generale del mercato, ci auguriamo di poter contribuire alla ripresa e al ritorno ai vecchi splendori dell’economia italiana».

Novello Srl ha sede a Pianiga (Ve) www.grupponovello.it

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

La sostenibilità conviene artendo dall’indotto di un settore industriale a elevato impatto ambientale è possibile trasformarsi diventando partner di chi, rispettoso della legislazione e delle esigenze in materia di sostenibilità, rispetto per l’ambiente e risparmio energetico, vuole porsi in maniera positiva rispetto a queste tematiche, trasformandole in un’opportunità di crescita. È questo il percorso compiuto dalla Cometal, società che da molti anni si occupa di manutenzioni meccaniche nel comprensorio di Venezia, di cui Nicola Cagnin è vicepresidente.

In che modo le incombenze in materia ambientale possono diventare un’opportunità anche economica per le aziende?

«Negli ultimi anni si è assistito a una crescita dell’attenzione e della sensibilità della pubblica opinione in materia di sviluppo sostenibile e di conseguenza sono aumentate le pressioni sul settore industriale per l’adozione di metodologie di produzione più rispettose e attente ai temi della sostenibilità ambientale. Un imprenditore potrebbe pensare che la tutela dell’ambiente comporti un notevole costo per l’impresa, ma questa considerazione non tiene conto dell’analisi delle opportunità derivanti dal rapporto fra costi e benefici. Numerosi infatti sono i vantaggi per l’impresa: un considerevole ritorno economico nell’aumento di efficienza dei processi, un notevole rafforzamento del brand aziendale, maggiore capacità contrattuale nei confronti di fornitori e clienti, una facilitazione nelle transazioni di proprietà e un miglioramento nei rapporti interni ed esterni dell’impresa. In questo contesto Cometal si è inserita ormai da

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Nicola Cagnin, vicepresidente della Cometal di Campagna Lupia (VE) www.cometalgroup.com

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L’attenzione alle tematiche ambientali viene spesso vista come un obbligo.

Oggi però può diventare un’opportunità se affrontata con l’approccio corretto e la dovuta e certificata preparazione, come suggerisce Nicola Cagnin Amedeo Longhi

molti anni per fornire delle soluzioni che consentano al tempo stesso di rispettare i vincoli legislativi in materia ambientale e di conseguire un ragguardevole risparmio energetico e un maggiore sfruttamento degli impianti produttivi».

Come si è sviluppata dal punto di vista tecnologico e commerciale l’azienda dalla sua nascita a oggi?

«Cometal è nata agli inizi degli anni Settanta come società di servizi e di manutenzioni, nell’ambito dell’indotto creato dall’area industriale di Porto Marghera e soprattutto del polo petrolchimico. Con il progressivo smantellamento di tale settore produttivo, l’azienda ha saputo differenziarsi e puntare anche su altre realtà, come il comparto energetico e quello ambientale. Dal punto di vista tecnologico si è deciso di dare la priorità alle lavorazioni di carpenteria pesante e medio-pesante e su costruzioni in settori di nicchia».

Di che tipo di certificazioni siete dotati e quale importanza rivestono per la vostra attività?

«Il miglioramento continuo e la costante ricerca della soluzione ottimale per le esigenze del cliente sono alla base dello sviluppo nel settore della qualità, che ci ha portati nel tempo a con-

Nicola Cagnin

Si può pensare che la tutela dell’ambiente comporti un costo per l’impresa, ma questa considerazione non tiene conto dell’analisi delle opportunità derivanti dal rapporto fra costi e benefici

seguire le certificazioni Iso 9001 e 3834, la qualifica di Centro di Trasformazione rilasciato dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici , oltre alle Soa Os18 e Os14. Tutto ciò conferma la bontà delle scelte aziendali e ci stimola a proseguire su questa strada».

Un aspetto importante è rappresentato anche dalla formazione del personale.

«Tutti vengono costantemente aggiornati nelle loro competenze per migliorarne capacità e professionalità. Tutti i saldatori sono qualificati secondo le norme Uni per i procedimenti a Tig, a elettrodo e ad arco sommerso, mentre i tecnici e i responsabili di cantiere vengono continuamente aggiornati sulle nuove modalità di intervento in questo settore. Ogni operatore è in grado di intervenire su impianti in marcia o in fermata programmata e straordinaria, in attività di revamping e repowering, con prefabbricazione e montaggio di tubazioni in acciaio al carbonio, acciaio leggermente legato, legato

e acciaio inox, caldarerie e carpenterie medie e pesanti, serbatoi di stoccaggio per prodotti petrolchimici, edili e per l’alimentazione, apparecchiature e macchinari».

Quali sono i settori industriali in cui lavorate di più?

«I settori industriali nei quali prestiamo maggiormente la nostra opera sono quello delle manutenzioni programmate di impianti industriali e petrolchimici e quello degli impianti di abbattimento fumi per termovalorizzatori; l’industria siderurgica, del vetro e del cemento; gli impianti di raffreddamento acque per l’industri siderurgica, gli impianti di caldareria per termovalorizzatori e quelli per la produzione di energia elettrica».

All’interno della struttura del gruppo, che ruolo hanno Cimec e Coseind?

«Cimec si occupa della trasformazioni di grigliati elettrosaldati per recinzioni civili e industriali, passerelle e piani di camminamento, scale antincendio e di servizio.

Coseind si occupa invece di servizi dedicati al settore civile ed è nata per completare l’offerta di Cometal e Cimec anche dal punto di vista edile e civile».

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Chi non cede alla delocalizzazione Produrre per partner esteri mantenendo le radici nel territorio. La sfida posta dalla concorrenza internazionale nel settore dei cablaggi elettrici può essere vinta attraverso la flessibilità e la costruzione di solide partnership. La parola a Gianluca Baldini Valerio Germanico

l confronto con il mercato internazionale, le sue regole e le sue dinamiche, spinge le aziende a considerare inevitabile la delocalizzazione produttiva. Nonostante ciò restare in Italia è ancora una scelta praticabile, se si riesce ad attingere alle qualità della propria realtà. «Il nostro è un territorio che in passato ha dato molto al settore tessile e a quello delle confezioni. Sebbene i nostri siano prodotti diversissimi, siamo riusciti ad attingere alle professionalità e alle competenze che si trovavano già al nostro fianco. Perché per il nostro lavoro, il passaggio da una macchina per cucire a un’aggraffatrice di connettori Faston è più breve di quanto si possa pensare». A parlare è Gianluca Baldini, titolare di Pegaso, azienda specializzata

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nella produzione di cablaggi elettrici. «Siamo partner di aziende di vari settori industriali: elettromeccanico, elettronico, per i produttori di circuiti stampati, di elettrodomestici e nel settore auto con l’after market. I nostri punti di riferimento oltre al mercato italiano sono soprattutto all’estero, sia in Europa, che negli Stati Uniti e in Brasile».

Perché sul vostro logo compare la dicitura “made in Pegaso”?

«Riconoscibilità e affidabilità sono elementi fondamentali sul mercato contemporaneo.

Gianluca Baldini, titolare della Pegaso Srl, Pontelongo (PD) www.pegasocablaggi.it

Gianluca Baldini

Individuare qual è il momento giusto per acquistare è fondamentale, in quanto normalmente l’approvvigionamento di materia prima incide per il 70% sul costo del prodotto

Da sempre crediamo nel valore aggiunto che viene a crearsi dietro a un’azienda che lavora per raggiungere il maggior grado di soddisfazione del cliente».

Lavorando a livello globale, come vi rapportate con l’agguerrita concorrenza internazionale?

«Ciò che ci ha permesso di tenere testa ai nostri competitor – soprattutto a quelli che producono nei Paesi dell’Est – e di non cedere alla delocalizzazione, sono state l’automazione, la flessibilità e quindi la disponibilità e la capacità a produrre sia in piccoli lotti che per grossi ordini. Un aspetto importante è anche il rapporto di fiducia che abbiamo instaurato con i nostri fornitori, dato che, come è evidente, l’elemento strategico della produzione è la materia prima. Questo rapporto di reciprocità ci ha permesso di impostare una pianificazione delle consegne, oltre che mensile, anche settimanale».

Quali sono attualmente le variabili che maggiormente incidono sulla pianificazione?

«Le dinamiche di mercato mutano continuamente per il lancio di nuovi prodotti, che si sovrappongono ai picchi di richiesta dovuti alla stagionalità produttiva di molti nostri clienti. La velocità di reazione è quindi fondamentale. Tut-

7,4 mln EURO

Fatturato relativo alla chiusura di bilancio 2010 di Pegaso Srl

tavia, non è possibile lavorare costantemente in accelerazione, quindi cerchiamo il più possibile di stabilire rapporti di partnership. In questo modo possiamo avere una chiara visione delle necessità del cliente e anticipare le sue attese e di procedere con maggiore tranquillità».

Oltre alla creazione di rapporti solidi con alcuni partner, quali sono le strategie per il mercato “libero”?

«La strategia inizia già nella fase di acquisto della materia prima. In un periodo in cui i mercati sono dominati dalla speculazione, individuare qual è il momento giusto per acquistare è fondamentale, in quanto normalmente l’approvvigionamento di materia prima incide per il 70% sul costo del prodotto. Il restante è costo di manodopera. Questa, insieme alla qualità della materia prima, determina il successo del prodotto».

Quali sono stati i più recenti investimenti volti al miglioramento dei processi produttivi o dei prodotti?

«Abbiamo investito in attrezzature che ci hanno dato una spinta importante in termini di competitività. La necessità

IMPRENDITORI DELL’ANNO

di soddisfare le esigenze dei partner stranieri anche con prodotti nuovi, ci ha portato a investire in attrezzature automatiche, ma anche in attrezzature custom prodotte su misura. Per esempio, un nostro partner ci invia un componente comprato in Asia, al quale noi, con un’attrezzatura dedicata, applichiamo dei cavi.

Successivamente il prodotto viene spedito in uno stabilimento in Messico, dove continua la lavorazione. Dunque noi dobbiamo essere in grado di inserirci in questa produzione “spezzettata”. Per gli aspetti organizzativi, ci siamo dotati di un nuovo software gestionale, che ci permette di avere sotto controllo materie prime, produzione e ordini. Abbiamo anche razionalizzato il magazzino, introducendo la gestione a codici a barre. Traguardi importanti sono state le certificazioni Iso 9001 e la certificazione UL Wire Processed. Quest’ultima ci permette la lavorazione dei cavi per il mercato americano».

Avente anche investito per un impianto maggiormente sostenibile?

«Abbiamo installato un impianto fotovoltaico da 100 kW in azienda. Questo ci ha permesso di ridurre le emissioni di anidride carbonica di ben 50 tonnellate e di risparmiare 20 tonnellate di gasolio. Ma ci siamo spinti anche verso una maggiore ottimizzazione delle materie prime, grazie all’acquisto di una pressa compattatrice che ci permette la separazione e il riciclo di 7 tonnellate di cartone e 10 tonnellate

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Abbiamo installato un impianto fotovoltaico da 100 kW in azienda.

Questo ci ha permesso di ridurre le emissioni di anidride carbonica di ben 50 tonnellate e di risparmiare 20 tonnellate di gasolio

di polipropilene l’anno».

Quanto è importante per voi, oltre che il rapporto con l’estero, quello con il vostro territorio?

«Le basi del nostro successo partono proprio dal territorio in cui siamo cresciuti e stiamo crescendo. Nascere, crescere e operare in Italia certamente non è facile. Inutile elencare cosa non funziona, cosa bisognerebbe cambiare, molto è già stato detto, mentre pochissimo è stato fatto.

Preferiamo in questo momento pensare a operare con quello che di buono già esiste».

Quali prospettive riponete sul futuro del settore e quali le principali sfide che attendono la vostra impresa?

«Gli obiettivi che ci proponiamo per il futuro, in questo momento di crisi del mercato, sono il consolidamento del rapporto con i nostri partner – sia quelli a valle sia quelli a monte del nostro processo produttivo –, il raggiungimento della massima flessibilità e snellezza della struttura, in modo che possa reagire con prontezza ai cambiamenti del mercato, che oggi si presenta particolarmente turbolento e in evoluzione».

I vantaggi dell’Audio Networking Stazione centrale Milano

opo il passaggio dall’analogico al digitale e la scoperta del Cd e della musica liquida, la più grande evoluzione del settore dell’audio è stata l’Audio networking, le cui caratteristiche sono spiegabili in modo chiaro solo facendo un piccolo passo indietro, fino al momento dell’avvento dei Pc. Sì, perché con l’introduzione dei computer nelle abitazioni e negli uffici si è diffuso il network ethernet, una serie di cavi disposti su una dorsale di comunicazione tramite cui i dati e le informazioni vengono veicolati su un’unica “strada” in grado di collegare qualsiasi sistema, dai Pc alle luci ai termosifoni. Proprio a questo punto entra in gioco l’Audio Networking, con cui invece di aggiungere ulteriori cavi per il sistema di amplificazione, vengono utilizzati quelli già esistenti per trasmettere anche i segnali audio, che convertiti da analogici a digitali, vengono iniettati dentro

D

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Da sempre il mondo dell’audio è stato teatro di enormi rivoluzioni, che ne hanno cambiato gli hardware, i software e i metodi di trasmissione dei segnali acustici. Alberto ed Ennio Prase presentano l’Audio Networking, la grande innovazione degli ultimi anni Emanuela Caruso

la rete ethernet.

La prima azienda a presentare al mercato, 15 anni fa, l’Audio Networking è stata la Prase Engineering, società che da system integrator si è trasformata in distributore di prodotti audio per l’ambito professionale. «Il vantaggio dell’Audio Networking – spiega Alberto Prase, titolare insieme al fratello Ennio dell’attività – è quello di poter estrarre l’audio in qualsiasi ambiente, poiché l’ethernet è presente in maniera capillare in ogni stanza di un edificio». Questo sistema di diffusione dell’audio si è rivelato ottimale in alcuni particolari settori, come ad esempio quello dei trasporti e dell’intrattenimento. «Abbiamo portato l’Audio Networking negli aeroporti e nelle stazioni delle più importanti città d’Italia, dalla Stazione Centrale di Milano alla Termini di Roma,

In foto, Alberto ed Ennio Prase della Prase Engineering di Noventa di Piave (VE). Nelle altre immagini, luoghi d’applicazione dei sistemi audio distribuiti dalla Prase www.prase.it

Alberto ed Ennio Prase

Duomo di Firenze

Palavela di Torino, Olimpiadi 2006

dalla Stazione Porta Susa di Torino alla Centrale di Bologna. Inoltre, questo sistema è perfetto per i teatri, perché permette di attivare non solo i segnali audio per il proscenio e la sala, ma anche quelli per i camerini e per i sistemi di emergenza, che oggi per legge devono disporre di altoparlanti audio. Tra i teatri in cui siamo intervenuti possiamo ricordare il Petruzzelli, la Scala e il Teatro San Carlo, dove per necessità abbiamo dovuto integrare gli altoparlanti all’intonaco e inserirli nel muro con una tecnologia molto innovativa».

Quello dell’audio è un settore in continuo movimento e che di certo non ha esaurito il suo potenziale rivoluzionario. Proprio in questo senso la Prase Engineering presenterà all’inizio del 2012 la nuova frontiera del mercato. «Immetteremo sul commercio dei nuovi protocolli che andranno a eliminare l’unico problema dell’Audio Networking, ovvero la latenza, il tempo impiegato quando si processano i segnali – spiega ancora Alberto Prase –. Questi protocolli consentiranno infatti di trasmettere centinaia di canali a latenza zero, passando audio e video contemporaneamente». La Prase Engineering, sita a Noventa di Piave, è diventata leader di settore grazie alle due principali attività, che l’hanno fatta conoscere in tutto il mondo per la qualità e la competenza dei suoi servizi e prodotti. «Oggi siamo distributori esclusivi in Italia di 32 aziende sparse in tutto il mondo – commenta Ennio Prase – e i prodotti che commercializziamo provengono in particolare

da Stati Uniti ed Estremo Oriente. Disponiamo di una fitta rete di vendita che ci consente di avere in ogni regione un agente, il cui compito è promuovere i nostri prodotti. Ma non contenti di quest’unico business, ci siamo anche specializzati nella reingegnerizzazione degli articoli. Ciò significa che se una cassa acustica, un microfono o amplificatore presi da soli valgono poco, uniti invece in un progetto ben studiato creano un impianto. In definitiva, aiutiamo il cliente a sviluppare un progetto e a creare il proprio impianto».

Occupandosi solo di sistemi audio professionali e di un elemento difficile da controllare a causa della sua bassa velocità di movimento, circa 300 metri al secondo, che lo rende soggetto a variazioni dovute all’umidità e alla temperatura dell’aria, la Prase Engineering ha dovuto adottare le strumentazioni con cui impedire eventuali inceppi di funzionamento durante gli eventi di cui si occupa. «Grazie a computer molto veloci e a processori digitali – continua Ennio Prase – possiamo analizzare dal punto di vista acustico un ambiente e posizionare virtualmente i diffusori per sapere in anticipo che tipo di risultato si otterrà. All’ottima riuscita di un impianto audio collaborano anche l’esperienza e la qualità degli strumenti, motivo per cui all’interno della Prase si è sviluppata la InOut, un ramo aziendale che si occupa di costruire ed esportare in 18 paesi determinate tecnologie avanguardiste».

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Votati all’export I mercati esteri richiedono con insistenza macchinari e attrezzature per infrastrutture e fondazioni speciali progettate e realizzate in Italia, in particolar modo in Veneto e a Venezia. Renzo Tronco spiega come la NCB cerca di soddisfare le esigenze di tali mercati Emanuela Caruso

osì come mostrano una netta diminuzione dell’import, i dati trimestrali dell’Istat sulle importazioni ed esportazioni italiane del 2011 segnano però anche un notevole incremento dell’export, che nel trimestre luglio-settembre ha visto una crescita del + 1,7%, destinata ad aumentare anche negli ultimi mesi dell’anno e nei primi del 2012. A trainare in positivo il mercato delle esportazioni sono soprattutto i Paesi esterni all’Unione Europea, mentre tra le regioni italiane che attuano un’intensa politica di export fanno capolino quelle del Nord Est d’Italia, in primis il Veneto, le cui vendite estere di macchinari e attrezzature hanno toccato il + 25,7%. Lo sa bene la società NCB di Torre di Mosto, in provincia di Venezia, specializzata nella progettazione e costruzione di macchine per fondazioni speciali e applicazioni ferroviarie. «Avendo clienti sparsi in tutto il mondo – commenta Renzo Tronco, fondatore e legale

C

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rappresentante dell’azienda –, le esportazioni dei nostri prodotti incidono sul fatturato del 75-85%. All’inizio dell’attività i principali mercati di sbocco sono stati Hong Kong, Singapore, Thailandia e Malesia, e ancora Indonesia, Korea del Sud e Taiwan; poi con la crisi del Far East scoppiata nel 1996, ci siamo immessi con più forza anche nei mercati europei, tra cui quelli di Inghilterra, Spagna, Portogallo, Polonia e Svizzera. Oggi, copriamo inoltre alcuni paesi dell’America del Sud, del Medio Oriente, in particolare Emirati Arabi e Suadi Arabia nonché Singapore in Estremo Oriente».

Ma per una realtà produttrice come quella della Ncb, come è possibile progettare un macchinario che sia effettivamente necessario ai mercati di così tanti e diversi Paesi? «Cercare di proporre ai clienti soluzioni progettuali adeguate alle specifiche esigenze di cantiere è l’aspetto chiave del nostro lavoro e a tal fine l’attività dell’impresa si articola in due modi dif-

Renzo Tronco

Per essere certi di soddisfare le effettive richieste dei nostri interlocutori compiamo studi approfonditi di mercato e offriamo prodotti personalizzati

La NCB International ha sede a Torre di Mosto (VE) www.ncbinternational.net

ferenti. Uno prevede lo studio dei mercati, e un team apposito si occupa di analizzare quale tipo di attrezzatura sia più idonea per una determinata area del mondo, nella quale si stiano sviluppando infrastrutture rilevanti. Una volta conclusa l’analisi, si inviano al partner in loco le informazioni tecniche di massima, i disegni e i calcoli che verranno sottoposti ai potenziali utenti; si procede poi con la messa a punto dell’attrezzatura e la conclusione del contratto. Il secondo modo, invece, è quello che si attua quando un cliente o un agente si rivolgono alla NCB e prevede la costruzione e fornitura di macchinari standard o personalizzati». Oltre alla realizzazione del prodotto, l’azienda assicura all’utenza anche un’ampia serie di servizi aggiuntivi. «Ai nostri interlocutori, operanti nei settori delle fonda-

zioni speciali, ponti, metro e consolidamento, così come negli studi di ingegneria e geologia e nell’ambito delle opere pubbliche, offriamo efficiente assistenza in fase di installazione e collaudo, interventi di manutenzione programmata e un eccellente servizio post-vendita».

Tutte le attività svolte dalla NCB hanno un unico comune denominatore, ovvero la tecnologia, che distingue l’impresa per innovazione e progresso. «I macchinari più innovativi costruiti di recente dal nostro staff tecnico sono la perforatrice per gallerie, che dispone sia di un doppio comando idraulico sia di un comando remoto wireless e che è destinata al mercato svizzero, e il rotator-morsa gira colonne a 360°, adatto all’esecuzione di pali di grande diametro ed elevata profondità». A confermare la qualità dei macchinari prodotti dalla NCB ci pensano la soddisfazione e la continua richiesta dei clienti e le rigide regole seguite in azienda in fase di realizzazione. «Per essere in grado di garantire la qualità assoluta dei nostri macchinari, ci assicuriamo che durante la progettazione vengano rispettati i coefficienti di sicurezza previsti dalle normative che regolano il settore; che i componenti e i materiali di base siano certificati e di qualità; che qualsiasi lavorazione, da quelle meccaniche alle saldature ai circuiti idraulici ed elettrici, siano sottoposti a controlli accurati; e infine che il prodotto finale venga testato prima dell’immissione sul mercato o della consegna all’utente». La NCB, che per quest’anno prevede un fatturato di 6 milioni di euro, si sta anche concentrando sui progetti futuri, cioè «sulla messa a punto delle macchine già costruite e su un paio di idee relative a impianti per fanghi bentonitici e a lavori di consolidamento senza asporto di terreno, i deep soil mixing».

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La verniciatura alla prova della sostenibilità Una tecnica per la verniciatura dei tubi a sezione circolare destinati all’ambito civile e industriale che rispetta l’uomo e l’ambiente. Oltre a garantire una lavorazione più efficace. I fratelli Walter e Alberto Korcz spiegano qual è l’investimento che ha portato allo sviluppo di questo prodotto Manlio Teodoro una delle realtà leader nel commercio di prodotti siderurgici. La Castellan Maria Spa, dalla sua sede di San Donà di Piave, si è imposta nel commercio di tubi in acciaio utilizzabili per differenti impieghi.

L’azienda opera sia nel contesto nazionale che in quello europeo, forte della sua vasta gamma di articoli. Fattore, quest’ultimo, che ha contribuito a renderla sempre più competitiva sulla scena internazionale. La svolta fondamentale è avvenuta nel 2003, anno in cui l’azienda ha ampliato la propria attività realizzando un moderno impianto di verniciatura dal marchio “GK Color”.

Fortissima la tradizione imprenditoriale tramandata dai due fondatori, Adalbert Korcz e la moglie Maria Castellan, dalla quale prende il nome l’impresa. I due iniziarono l’attività nel 1948 commerciando prodotti siderurgici in genere,

È

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per poi evolvere l’offerta aprendosi alla vendita di tubi in acciaio a sezione circolare. Negli anni sono stati compiuti passi da gigante. Oggi l'azienda occupa una superficie di 102mila mq di cui 24mila coperti, dove vi è una vasta gamma di prodotti destinati alla vendita e l'impianto di verniciatura “GK Color”, nato per soddisfare maggiormente le richieste del mercato della termoidraulica e dell'impiantistica. Attualmente, alla guida di questo punto di riferimento per il settore, troviamo i figli dei fondatori, Walter e Alberto Korcz, coadiuvati dal direttore commerciale Luigi Moro.

Nonostante la crisi abbia inciso profondamente anche sul settore della siderurgia, la vostra azienda in questi anni è riuscita a consolidare la sua posizione sul mercato. Quali sono state le peculiarità che vi hanno per-

Walter e Alberto Korcz e Luigi Moro

Alberto e Walter Korcz, amministratori , e Luigi Moro, direttore commerciale della Castellan Maria & C. Spa di San Donà di Piave (VE)

I tubi a marchio GK Color sono privi di sostanze nocive per l’ambiente e la salute degli utilizzatori

I fondatori dell’azienda, Adalbert Korcz e la moglie Maria Castellan www.castellanmariaspa.it

messo di ottenere questi risultati?

WALTER KORCZ: «In primo luogo, la serietà che contraddistingue l’azienda fin dalla sua fondazione rappresenta un’assoluta sicurezza per i nostri partner, che sanno sempre di poter contare su professionisti preparati e qualificati.

In questo risulta fondamentale l’insegnamento dei nostri genitori. Chiaramente, l’aggravarsi della crisi ha inciso anche sulla nostra attività e per far fronte a questa congiuntura economica abbiamo provveduto ad attuare nuove strategie aziendali. Questa ci ha portato ad ampliare il nostro raggio d’azione, tanto che oggi siamo presenti non solo sul territorio italiano, ma anche all’estero. Una scelta vincente, visto che il nostro fatturato è aumentato fino ad oggi del 25% rispetto allo scorso anno».

Quali sono i vostri principali mercati di riferimento?

ALBERTO KORCZ: «Per il momento l’Italia

costituisce ancora il nostro riferimento principale, anche perché, nonostante molte aziende siano ancora costrette a fare i conti con la crisi, il settore dell’impiantistica industriale sembra fornire incoraggianti segnali di ripresa. Attualmente l’export rappresenta invece una percentuale molto limitata del nostro business, ma siamo convinti che nel prossimo futuro la presenza su mercati diversificati, anche da un punto di vista geografico, potrà regalarci importanti soddisfazioni».

Che ruolo ricoprono, per voi, gli investimenti in ricerca e sviluppo?

LUIGI MORO: «Una seria e strutturata politica di innovazione è fondamentale per riuscire a rimanere al passo coi tempi, e soddisfare le richieste di un mercato in continua evoluzione. Da parte nostra cerchiamo di aggiornare costantemente le attrezzature di cui disponiamo, per offrire sempre un servizio all’altezza delle aspettative».

Proprio in questo ambito l’azienda ha dato vita a un innovativo progetto. In cosa consiste nello specifico?

W.K: «Abbiamo ampliato la nostra attività, avviando un nuovo progetto, GK Color, per fornire agli utilizzatori tubi di acciaio già verniciati e utilizzabili in diversi ambiti. Il moderno impianto di verniciatura utilizza esclusivamente ver- VENEZIA 2011 • DOSSIER • 91

IMPRENDITORI DELL’ANNO

Evoluzione GK Il nuovo progetto GK Color è in grado di fornire all’utilizzatore tubi in acciaio verniciati. Si tratta di un prodotto pronto al montaggio già conforme alla normativa che prevede l’identificazione del fluido convogliato tramite la colorazione della tubazione, evitando al contempo agli installatori l’onere di costose verniciature. Normalmente sono disponibili tubi per impieghi generici verniciati in due tinte standard. Il prodotto base è realizzato a mano unica con la possibilità, se richiesto, di un’applicazione a due o più mani. Il prodotto a finire, utilizzato per la formazione del film superficiale, è di natura poliestere-melamminica termoindurente ad alto solido, esente da composti tossico-nocivi o dannosi per l’ambiente. In particolare si contraddistingue, oltre che per l’ottima resistenza all’aggressione degli agenti atmosferici, anche per l’assoluta garanzia di aderenza e resistenza all’abrasione, della totale assenza nel tempo di “sfarinatura” e variazioni cromatiche e dall’essere privo di sostanze nocive per l’ambiente e la salute degli utilizzatori. La produzione del tubo GK Color è completamente automatizzata. L’intervento dell’operatore è limitato al carico dei fasci di tubi, alle regolazioni e ai controlli qualitativi ed allo scarico del prodotto finito. Il tubo viene sabbiato esternamente in linea con grado di finitura SA 2,5 utilizzando graniglia sferica, così da garantire la perfetta adesione della pittura e la bassa scabrosità della superficie esterna protetta, rendendola morbida al tatto. Dopo la verniciatura, viene controllato lo spessore del film di ricoprimento e successivamente, il tubo viene marcato secondo le specifiche richieste. Il tubo può essere tagliato, forato, filettato e piegato a freddo senza che il rivestimento subisca deterioramenti significativi. Il ripristino del film avviene con una semplice spazzolatura della zona interessata fino alla completa rimozione dei residui di bruciatura, eventuale carteggio e spruzzatura finale di ripristino con l’apposito prodotto GK color disponibile in barattolo o bomboletta spray.

nici a base idrosolubile, melaminica, termoindu- barattolo o bomboletta spray. Inoltre, quando il rente ad alto solito. I tubi così verniciati, contraddistinti dal marchio GK Color, si caratterizzano – oltre che per la resistenza all’aggressione degli agenti atmosferici – per l’ottima aderenza e resistenza all’abrasione del rivestimento, per la totale assenza nel tempo di “sfarinatura” e variazioni cromatiche e per essere privi di sostanze nocive per l’ambiente e la salute degli utilizzatori, evitando al contempo agli installatori l’onere di costose verniciature».

Quali sono le caratteristiche tecniche più importanti del tubo GK Color?

A.K: «Dal punto di vista dell’utilizzatore che lo lavora, il tubo può essere tagliato, forato, filettato e piegato a freddo senza che il rivestimento colorato subisca deterioramenti significativi. Mentre, le lavorazioni a caldo, come il taglio a cannello e i vari tipi di saldatura, comportano la bruciatura del rivestimento limitata a circa 20-30 millimetri dal punto di intervento. Il ripristino del film avviene con una semplice spazzolatura della zona interessata, fino alla completa rimozione dei residui di bruciatura e spruzzatura di ripristino con un apposito prodotto GK color, disponibile in 92 • DOSSIER • VENEZIA 2011

prodotto non è più utilizzabile, può essere recuperato, inviandolo ai centri di raccolta di materiale ferroso, come se fosse un normale tubo grezzo».

L’azienda pone grande attenzione anche alla valorizzazione delle risorse umane. Quale valore aggiunto deriva da una politica di questo tipo?

W.K: «Le persone che lavorano all’interno dell’azienda sono il nostro vero patrimonio. In questi anni, operando in controtendenza rispetto a quanto fatto da moltissime realtà imprenditoriali costrette a ridurre i costi del personale per riuscire a sopravvivere, siamo infatti riusciti a salvaguardare tutti i nostri posti di lavoro, provvedendo contemporaneamente all’assunzione di nuovo personale. Siamo convinti che il lavoro di squadra e il coinvolgimento di tutti i collaboratori nello svolgimento delle attività aziendali non possano fare altro che giovare alla società. Per questo cerchiamo di garantire sempre massima disponibilità e attenzione verso le esigenze dei lavoratori, che con grande dedizione e professionalità quotidianamente contribuiscono alla crescita dell’azienda».

Per la sicurezza stradale e di cantiere Diversificazione produttiva e internazionalizzazione, sono questi gli ingredienti per battere la crisi.

Lo spiega Adriano Fracasso, che con la sua azienda produce ed esporta soluzioni per la sicurezza stradale e di cantiere Guido Puopolo

a sicurezza come obiettivo da perseguire, attraverso la competenza tecnica e un’accurata politica di innovazione tecnologica. È partendo da questi presupposti che ha avuto inizio, nei primi anni Cinquanta, l’attività della Fracasso Spa, azienda di Fiesso d’Artico divenuta, nel corso del tempo, una delle realtà leader a livello internazionale nel settore della sicurezza stradale e di cantiere, come racconta il suo attuale presidente, Adriano Fracasso. «Barriere stradali, antirumore e barriere integrate, pur affiancate anche da prodotti diversificati, rappresentano ancora il core business dell’azienda, che da sempre opera per cercare di ridurre al minimo le conseguenze prodotte dagli incidenti che troppo spesso si verificano sulle nostre strade».

Oggi l’azienda è dotata di una struttura complessa, che le permette di operare in diversi settori. Che tipo di strategie organizzative

L

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avete adottato per riuscire a soddisfare le esigenze di una committenza sempre più variegata?

«La diversificazione, sia produttiva che di mercato, ha rappresentato per noi una scelta vincente.

Chiaramente questa politica richiede competenze specifiche per ogni settore di interesse e soprattutto un’organizzazione capillare, che permetta di ottimizzare e massimizzare modi e tempi di produzione. Proprio per rispondere a queste esigenze il gruppo è oggi strutturato in quattro distinte Business Unit».

Quali sono, nello specifico, queste unità?

«La Divisione Edilizia Stradale, come si può evincere dal nome, si occupa di infrastrutture stradali, attraverso la costruzione di

Adriano Fracasso, presidente della Fracasso Spa di Fiesso d’Artico (VE) www.fracasso.it

Adriano Fracasso

Oltre che nell’edilizia stradale, stiamo registrando buone performance anche nello stoccaggio dei cereali e delle strutture in carpenteria metallica

guardrails, pannelli fonoassorbenti, condotte metalliche e parapetti. Abbiamo poi un’unità specializzata nella progettazione, vendita e noleggio di ponteggi metallici per la costruzione e il restauro di edifici, e una terza divisione impegnata nella progettazione e vendita di sistemi per lo stoccaggio di cereali. La più recente Steel Equipment Division, infine, è impegnata nella progettazione, realizzazione e installazione di edifici civili e industriali, ponti e impianti per il settore chimico e petrolchimico, senza dimenticare la fornitura e installazione di strutture per impianti fotovoltaici».

La tecnologia e, in generale, l’evoluzione del settore, hanno spinto l’azienda, oltre a una diversificazione della linea produttiva, a una sempre maggiore flessibilità. Cosa ha rappresentato questa variabile, anche dinanzi alla crisi internazionale?

«La costante necessità di efficienza e competitività sul versante dei costi e delle attività di manifattura, hanno portato il management aziendale a

puntare con decisione sull’implementazione dei processi di efficientamento delle attività di produzione e di distribuzione, un obiettivo da perseguire anche attraverso l’automazione dei processi di fabbricazione e la razionalizzazione delle unità di sourcing produttivo».

Quali produzioni attualmente vi stanno garantendo le migliori performance di business?

«Come accennato in precedenza, il nostro mercato principale è ancora rappresentato dal settore dell’edilizia stradale, anche se ultimamente stiamo registrando soddisfacenti performance anche nel settore dello stoccaggio dei cereali e delle strutture in carpenteria metallica. Il settore dei ponteggi metallici patisce invece la difficile congiuntura legata alla forte contrazione dell’attività edile, soprattutto nel segmento della vendita. Questo calo, però, è stato più che compensato dalla crescita fatta registrare nel settore del noleggio, sempre più apprezzato da tutti quei committenti che sono soliti adottare il modello del “pay per use”».

Crede che in futuro potrete ampliare ulteriormente la vostra attività?

«Al momento siamo presenti nei principali mercati di nostro interesse, pertanto non si intravedono nuovi target da “aggredire” nel breve periodo. Sono comunque allo studio nuove soluzioni di prodotto e nuove tecnologie volte a soddisfare, nel futuro prossimo, alcuni needs che la rete commerciale ha evidenziato come potenziali aree di crescita. In questo processo la Divisione ricerca e sviluppo sta giocando un ruolo fondamentale, fornendo un supporto decisivo ai processi di innovazione aziendale».

A questo proposito, quanto investite in ricerca, innovazione e sviluppo e quali novità tecnologiche possiamo aspettarci nel futuro del vostro settore e, nello specifico, della vostra attività aziendale?

«Mediamente il Gruppo Fracasso investe circa il 3 per cento del proprio fatturato globale in attività di ricerca e sviluppo. Gli investimenti riguardano tutte le attività delle quattro Divisioni, anche se la Divisione Edilizia Stradale assorbe ancora la maggior parte delle risorse, in quanto le attività di crash test e di prove al vero sono fondamentali per garantire sempre prodotti capaci di VENEZIA 2011 • DOSSIER • 97

50% EXPORT

È la quota di fatturato proveniente dai mercati esteri

offrire il massimo della sicurezza».

Recentemente anche il fotovoltaico è entrato a far parte della vostra realtà produttiva.

Quali riscontri state ottenendo da questo settore?

«Le strutture per gli impianti fotovoltaici sono molto affini alle produzioni standard di Fracasso, pertanto è stato abbastanza logico approcciare questo settore che ha vissuto un vero e proprio boom negli ultimi due anni, anche se le vicende legate ai vari conti energia e la mutevole legislazione riguardante questo settore, non consentono ancora di effettuare previsioni a lungo termine».

Oggi Fracasso è una realtà molto attiva anche sui mercati esteri. Quali sono, in questo senso, i Paesi che investono maggiormente sulle vostre produzioni?

«L’internazionalizzazione rappresenta sicuramente una delle chiavi del nostro successo, tanto che attualmente quasi il 50 per cento del nostro fatturato proviene dall’export. Ovviamente questo processo di sviluppo ha comportato la creazione di subsidiaries estere, sia di carattere produttivo che commerciale, che permettono all’azienda di essere costantemente al fianco dei propri partner, allo scopo di fornire non solamente prodotti, ma anche e soprattutto soluzioni a qualsiasi tipo di problema. Attualmente siamo presenti sui mercati europei e asiatici, dove stiamo registrando interessanti prospettive di crescita».

Quali aspettative riponete invece sul mercato interno?

«La difficile situazione generale, abbinata a un al-

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trettanto complesso momento di incertezza politica ed economica, che ha prodotto un drastico taglio degli investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture e delle costruzioni, rappresenta sicuramente una preoccupazione per le aziende che operano in questo settore. Si può pertanto ipotizzare che nel periodo 2012 – 2013 il mercato domestico non consentirà di incrementare più di tanto il volume d’affari per il Gruppo, e che le dinamiche legate al credit crunch influenzeranno negativamente l’acquisizione di lavori sul territorio nazionale».

Per concludere, quali saranno i principali obiettivi per il futuro della società?

«Nel 2010 il nostro bilancio consolidato si è attestato intorno ai 110 milioni di euro, un risultato assolutamente positivo. Per il futuro intendiamo lavorare per il rafforzamento della struttura multinazionale, con un allargamento dei mercati serviti e un’ulteriore differenziazione dei nostri committenti. L’attenzione nei confronti dei Paesi emergenti e delle aree a maggior potenziale di crescita sta caratterizzando la politica aziendale, e crediamo che, già nel prossimo biennio, saremo in grado di raccogliere i frutti di questo lavoro».

IMPRENDITORI DELL’ANNO

Microcapsule innovative In campo zootecnico un reparto di ricerca e sviluppo eterogeneo nelle sue competenze e proiettato verso le esigenze future degli utenti è l’arma vincente per realizzare tecniche innovative.

Ne parliamo con Maurizio Lorenzon Emanuela Caruso

introduzione nel mercato zootecnico di prodotti incapsulati ha rappresentato, nell’ultimo periodo, una delle tappe evolutive più importanti di questo specifico settore. Con la tecnica della microincapsulazione si è finalmente riusciti a ricoprire piccole particelle di sostanze solide o liquide con una matrice protettiva in grado di migliorare la qualità di premiscele e mangimi destinati agli animali, andando così a salvaguardarne la vita e la nutrizione.

I grandi vantaggi apportati dall’utilizzo di prodotti microincapsulati si riscontrano non solo a livello di riduzione della degradazione, le capsule permettono infatti di stabilizzare differenti principi attivi contro i numerosi fenomeni di degradazione causati da agenti atmosferici, pressione, temperatura e interazioni negative che possono occorrere tra le diverse sostanze attive, ma anche nella capacità di questa tecnica di trasformare un liquido in una polvere scorrevole, uniforme e dosabile e miscelabile con estrema facilità. A fronte di questi innumerevoli punti a favore della microincapsulazione, alcune aziende hanno fatto di questa lavorazione, il fulcro della loro attività. È il caso della società Sila di Noale, in provincia di Venezia. «A convincerci del potenziale di questa tecnica – commenta Maurizio Loren-

L’ Sila Srl ha la sua sede a Noale (VE) www.silaonline.com

100 • DOSSIER • VENEZIA 2011

zon, titolare della Sila – è stata la credenza di poter aumentare gli effetti dei principi attivi presenti negli alimenti attraverso il processamento di matrici specifiche per ogni sostanza in grado di resistere ai vari processi di degradazione».

Alla base dell’operato dell’azienda possiamo identificare l’obiettivo di sviluppare e migliorare l’alimentazione animale e la nutrizione a scopo terapeutico, cercando di soddisfare le esigenze presenti dei clienti del settore con prodotti ad hoc e quelle future del mercato. «Il nostro bacino d’utenza è formato dalle industrie integratoristica e mangimistica sia italiane che

Maurizio Lorenzon

L’obiettivo principale dell’attività svolta alla Sila è quello di migliorare l’alimentazione animale e incrementare la nutrizione a scopo terapeutico

estere, per loro realizziamo e commercializziamo additivi e premiscele, microincapsulati, ma anche microgranulari, specificamente studiati a seconda delle varie specie animali».

La volontà di specializzarsi all’interno di un settore particolare come quello zootecnico è nata dalla passione per la ricerca in concerto con le diverse competenze di tutto lo staff aziendale e con quelle del titolare sul campo. «I vari titoli di studio in scienze alimentari, veterinarie e chimiche, uniti alla nostra conoscenza approfondita dei principi attivi, del loro impiego ed effetto a livello alimentare così come dei vari feedback restituiti, ci consentono di amare il nostro lavoro motivandoci nello studio e nella realizzazione di prodotti di elevata qualità e innovazione ». E la ricerca continua di qualità, affidabilità e soprattutto di innovazione è il cuore dell’attività svolta dal laboratorio di ricerca e sviluppo interno all’azienda.

«Il laboratorio R&D, interno alla Sila, non solo si occupa di verificare e garantire l’assoluta qualità e la completa sicurezza dei nostri man-

gimi e premiscele attraverso sofisticati studi di stabilità, per esempio alcuni in vivo sugli aminoacidi o sugli acidificanti oppure di migliorare formulazioni già esistenti ma si concentra anche, e in modo particolare, sullo sviluppo di processi e sistemi altamente tecnologici per amplificare gli effetti dell’alimentazione sulla salute». È stata la caparbietà nel cercare nuove soluzioni da proporre a un settore esigente a far scoprire i benefici effetti delle particelle microincapsulate, ed è ancora la stessa volontà di innovazione che oggi permette alla Sila di condurre studi e ricerche incentrati sugli acidi grassi a corta e media catena carboniosa e su altre tipologie di grassi polinsaturi omega tre e omega sei.

«L’assidua ricerca è una sfida stimolante per ogni azienda che richiede sacrifici, determinazione, oculatezza negli investimenti e soprattutto fiducia nelle proprie scelte, ma rappresenta anche l’unico strumento per condurre l’attività imprenditoriale verso nuove scoperte».

La società Sila, che nel 2012 aprirà uno stabilimento dedicato a un nuovo ramo aziendale ideato per l’alimentazione umana, collabora da sempre con istituti di ricerca esterni e università, al fine di incrementare la propria capacità innovativa e di sviluppo. «In Italia portiamo avanti ormai da lungo tempo importanti collaborazioni con le università di Padova e Bologna. A livello estero, invece, grazie all’aiuto dei nostri distributori internazionali, abbiamo consolidato rapporti di lavoro molto produttivi con la Germania, il Belgio e Israele».

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IMPRENDITORI DELL’ANNO

Tecnologie per la vinificazione Dietro ai moderni metodi di vinificazione si cela l’intensa attività di progettazione e realizzazione dell’impiantistica dedicata fondata su tecnologia, innovazione e sostenibilità. Ne parla Remo Crosato Amedeo Longhi icerca, studio e una scrupolosa progettazione sono fondamentali per far sì che tecnologie moderne e funzionali siano in grado di consentire la produzione di vini – ma anche succhi, olii, birre – in quantità rispondenti alle attuali esigenze di mercato ma con la qualità dei metodi di lavorazione tradizionali. È questa la sfida che da oltre trent’anni affronta la Lasi, che si occupa di sviluppare, progettare, produrre e installare impianti, vinificatori, autoclavi, serbatoi, passerelle e scale in acciaio inox per i settori enologico e alimentare in genere, chimico e petrolchimico, sia in Italia che nel resto del mondo. «Il nuovo stabilimento produttivo ubicato a Meolo – spiega Remo Crosato, che si occupa dello sviluppo di nuove tecnologie e del commerciale estero –, è stato progettato appositamente per la produzione di serbatoi e relativi impianti: le macchine di lavorazione dell’acciaio sono ideate da noi realizzate su specifica».

La filosofia aziendale è rivolta allo sviluppo di progetti e prodotti rispettando le severe normative tecnologiche e ambientali vigenti e ideando quella che sarà l’enologia del futuro, attenta ai risparmi energetici e alle riduzioni dell’inquinamento ambientale. «Siamo gli unici nel nostro settore – evidenzia Crosato – ad avere da tempo orientato il nostro lavoro in tre direzioni: eccellenza nella realizzazione di progetti e prodotti, sviluppo di nuove tecnologie in campo enologico e integrazione tra architettura e progetto enologico e industriale in genere».

Parlando di produzione, Crosato tiene a sotto-

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Remo Crosato

lineare che «per noi la produzione è ancora “l’officina”, il luogo dove si lavora, si tramanda il saper fare di generazione in generazione tramite il duro impegno quotidiano, si realizza il punto di congiunzione tra il mondo delle idee e quello dei prodotti. L’acciaio per essere lavorato a livelli di arte industriale richiede almeno vent’anni di esperienza, abilità manuali e conoscenze tecniche e tecnologiche, quindi maestranze che si formano in anni di contatto con questa difficile materia. Gli acciai impiegati sono tutti di primissima qualità, certificati, di provenienza europea e tracciabili». Lo sviluppo di nuove tecnologie in campo enologico ha portato alla realizzazione del sistema e metodo di vinificazione Mythos a recupero di CO2 di fermentazione, del follatore mobile Leonardo e delle speciali Autoclavi Lasi. «Mythos – spiega Crosato – applica un nuovo metodo di vinificazione di vini rossi e bianchi aromatici in bassa pressione controllata che, sfruttando pienamente le caratteristiche proprie dei gas coinvolti nei vari stadi della vinificazione, realizza macerazioni, macro-ossigenazioni e fermentazioni ottimali fornendo all’enologo uno strumento unico per ottenere il massimo in qualità dalle uve vinificate. Tutti i processi enologici Mythos vengono gestiti da un software sofisticato ma intuitivo, realizzato da Lasi in quattro anni di sperimentazione con le maggiori aziende vinicole italiane e francesi. Risultati eccezionali sono stati ottenuti dalle diverse aziende che utilizzano questo Metodo, alcune delle quali hanno optato, dopo aver fatto test comparativi, per soli vinificatori Mythos». La cantina Salcheto, ha scelto di vinificare con 16 fermentatori My-

Diamo all’enologo la possibilità di agire manualmente e direttamente sul vino in fermentazione

thos delestage, ha vinto il concorso “Eco & The City” Giovanni Spadolini 2011 ed èstata finalista per il premio “Legambiente 2011” sull’innovazione ambientale rappresenta la prima cantina totalmente green al mondo. Il follatore mobile Leonardo, abbinato ai serbatoi Lasi troncoconici o cilindrici, permette, in una veste di evoluto design, di effettuare follature manuali o automatizzate su una batteria di serbatoi da vinificazione. In questo modo, come sottolinea Crosato, «l’enologo ha la possibilità di agire manualmente e direttamente sul vino in fermentazione andando a modulare le operazioni di pressatura o affondamento, parziale o totale, del cappello vinaccia. La vocazione di Leonardo è rivolta alla vinificazione di piccole partite di uve selezionate il cui pregio impone un approccio tradizionale». Lo studio di architettura presente in Lasi, diretto dall’architetto Bruno, cura tutte le fasi di studio, dai layout dei processi enologici, alla concezione e sviluppo di nuovi e visionari progetti architettonici, alla progettazione di impianti, sistemi di vinificazione e strutture annesse. «Funzionalità, ma anche bellezza, coerenza e completezza progettuale costituiscono le caratteristiche di un prodotto unico, realizzabile grazie a una struttura costituita da una fitta rete di collaboratori, architetti, designer e ingegneri che da collaboratori sono divenuti fidati partner e amici».

La Lasi Srl ha sede a Meolo (VE) www.lasi-italia.com

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GESTIONALI PER L’IMPRESA

Migliora la gestione dei processi d’impresa Gino Remor spiega i vantaggi della gestione documentale elettronica e dei software integrati per il controllo delle diverse aree aziendali. Un unico strumento per l’amministrazione, la finanza e il monitoraggio dei processi d’impresa Luca Cavera

no dei maggiori limiti dell’archiviazione cartacea è la poca flessibilità nei criteri di ricerca e nei tempi di risposta. Inoltre la carta necessita di spazi e trattamenti adeguati, non solo per il deposito, ma anche per gli strumenti accessori come stampanti e fotocopiatrici, che insieme alla cancelleria rappresentano un’importante voce di spesa sul bilancio aziendale a fronte di una gestione non ottimale. La gestione elettronica documentale può risolvere tutti questi problemi di spazio, tempo e costo con un pacchetto integrato di soluzioni informatiche che consentono un’organizzazione più efficiente dei flussi documentali. «È possibile reperire i documenti in modalità immediata e più soggetti possono accedere simultaneamente allo stesso documento. L’archivio elettronico offre poi in spazi limitatissimi una capacità di archiviazione non paragonabile a quella di un equivalente cartaceo». Così Gino Remor, amministrazione delegato di Mcg, una società che sviluppa software per l’ottimizzazione d’impresa, riassume i vantaggi dell’archivio elettronico.

«Definendo i “cicli di vita” dei documenti, e delle informazioni a essi collegati, è possibile tracciare nel tempo le attività di lavoro e di consultazione degli utenti sui documenti stessi. Oggi le imprese si stanno muovendo verso l’adozione di questi sistemi. L’evoluzione e le richieste del mercato ci hanno por-

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tato quindi a sviluppare una business unit specifica per la gestione elettronica documentale, che si è concretizzata nello sviluppo di un software dedicato, DocIsland, che va a integrarsi con le nostre soluzioni gestionali».

Queste ultime rappresentano un esempio di combinazione di più servizi in un unico prodotto, come spiega l’ingegnere Gino Remor: «Ciò che ci differenzia maggiormente dal resto delle software house che producono gestionali per l’impresa è il fatto che noi riusciamo a coprire, con un unico pacchetto, le tre aree fondamentali dell’amministrazione, della finanza e del controllo di gestione. I nostri competitors, invece, sono solitamente specializzati in una di queste aree, e raramente propongono una soluzione che integri nativamente le tre aree senza bisogno di interfacce e passaggi di dati.

L’ingegnere Gino Remor, amministratore delegato di Mcg Srl, Marghera (VE) www.mcg-econ.it

Gino Remor

Progetti di Business Intelligence ad hoc Le esigenze di ogni azienda sono difficilmente standardizzabili. Un progetto di controllo di gestione creato su misura consente di migliorare i processi e la competitività aziendale, aumentare la rapidità nell’innovazione, quindi, ridurre i tempi sui processi di chiusura contabile. Mhs Consulting si presenta come system integrator, che propone modelli e strumenti di supporto alle decisioni. La società realizza applicazioni operative di controllo, specifiche per settore, svincolate dai singoli Erp o pacchetti contabili. L’iter di ogni progetto di controllo gestito da MHS si compone di differenti fasi, quali la costruzione del modello di controllo in base al business del cliente, l’installazione dell’applicazione operativa, la modellazione della stessa sulle caratteristiche del settore in esame e infine la formazione operativa degli utenti. Inizialmente viene realizzato un progetto pilota che consente di ottenere subito dei risultati e di coprire le esigenze aziendali a breve termine, quindi inserire da subito gli strumenti in azienda. In seguito viene implementato il modello concordato con il cliente, che consentirà di ottenere nel medio-lungo termine dei risultati certi nei processi di controllo.

Noi rappresentiamo quindi una peculiarità nella fascia di mercato che si rivolge alle realtà collocabili fra le grandi imprese internazionali e le piccole».

Da quali presupposti sono nati i vostri software Econ400 ed Econ3000?

«La nostra azienda si è affacciata sul mercato nel 1988, quando veniva lanciato l’IBM System/38, poi diventato AS400. Si tratta di un elaboratore gestionale adottato in moltissime aziende in Italia. Per questa macchina noi abbiamo creato Econ400. Verso la fine degli anni Novanta, con l’emergere di una domanda di tecnologie di tipo client server o anche di tipo web – quindi con ambienti più aperti –, abbiamo deciso di sviluppare

Econ3000. Le due versioni sono equivalenti dal punto di vista della copertura funzionale, però Econ 3000 – che quindi copre sempre le aree di amministrazione, finanza e controllo – è stato sviluppato in ambiente Oracle e ha inoltre la possibilità di interagire con il web».

Quanto sono stati importanti gli investimenti nella tecnologia e nella ricerca per il vostro sviluppo?

«L’investimento costante in ricerca e sviluppo è stato ed è il filo conduttore di tutta la storia aziendale. Tutte le nostre soluzioni sono nate in azienda. Abbiamo investito nelle tecnologie, ma soprattutto abbiamo investito nelle persone che lavorano e collaborano con noi. La nostra crescita è stata possibile grazie a questi elementi, ma anche grazie alla nostra propensione all’ascolto e all’analisi delle problematiche e delle nuove esigenze di ciascun cliente: solo così è possibile partire dagli elementi basilari e proporre soluzioni adeguate ai bisogni reali».

Avete recentemente creato la società Mhs Consulting, di cosa si occupa e qual è il suo rapporto con Mcg? «Mhs è una società figlia di Mcg che è stata creata allo scopo di offrire un servizio di consulenza nell’ambito specifico del controllo di gestione. L’esigenza di creare una società dedicata è stata dettata dal fatto che Mcg è una società di software e come tale veniva recepita dal mercato, anche quando faceva consulenza. Al contrario Mhs è concentrata esclusivamente sul Controllo di Gestione e la Business Intelligence, con una strategia di offerta che si può riassumere in tre paradigmi operativi: l’individuazione di applicazioni analitiche, che risolvono un problema specifico fornendo un metodo di lavoro; l’offerta di strumenti, cioè tecnologie attraverso cui è possibile risolvere più problemi; lo sviluppo di progetti ad hoc, ovvero la combinazione di strumenti e metodologie per ottenere soluzioni su misura».

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TECNOLOGIE PER L’AUTOMOTIVE

Eccellenze innovative nel mercato dell'auto Gli investimenti in sviluppo tecnologico e risorse umane sono vitali per garantire un’alta qualità del prodotto in un mercato così competitivo come quello dei cerchi in lega di allumino. Fabio De Angelis descrive la sua esperienza Lodovico Bevilacqua

n un settore esigente e sofisticato come quello dell’automotive, la richiesta di prodotti di qualità, stilisticamente accattivati ed efficienti in quanto a prestazioni, rappresenta una condizione strutturale. Nell'ampio panorama degli accessori, i cerchi in lega di allumino rappresentano uno dei componenti più avanzati tecnologicamente e con la maggiore inclinazione verso un costante miglioramento delle prestazioni.

La partecipazione alle forniture per reparti

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corse porta poi l'aspetto migliorativo verso un vero e proprio contesto competitivo, in cui la ricerca di sottili e delicatissimi equilibri dinamici e costitutivi dei cerchi può fare grandi differenze. Da anni impegnato in questo difficile ma entusiasmante mercato è Fabio De Angelis, direttore generale della Speedline di Santa Maria di Sala. «Il successo della nostra azienda nasce da quarant'anni di esperienza nella produzione di cerchi, costellati di prestigiose collaborazioni con le più titolate case

Fabio De Angelis

Fabio De Angelis, direttore generale della Speedline di S. Maria di Sala (VE) www.ronal.ch

automobilistiche e una spiccata propensione verso l'evoluzione delle prestazioni e l'innovazione tecnologica».

Vale la pena insistere sull'importanza della tecnologia in questo settore?

«La tecnologia riveste un ruolo determinante e gli investimenti diretti verso questo ambito sono estremamente consistenti. Negli ultimi quattro anni, la Ronal – leader europeo di mercato che dal 2007 controlla la nostra azienda – ha investito 30 milioni di euro in adeguamenti infrastrutturali nello stabilimento di Santa Maria di Sala, dimostrando così una confortante fiducia nelle potenzialità commerciali e produttive di Speedline, ribadita con la previsione di ulteriori investimenti

nel prossimo futuro».

Esistono altri fattori in grado di contribuire alla creazione di un prodotto di qualità?

«Uno su tutti: la componente umana. In un settore così condizionato dalla tecnologia e dalla meccanizzazione, le risorse umane sono ancora in grado di fare una differenza sostanziale. Molti investimenti sono dedicati alla formazione del personale e l'organizzazione produttiva è finalizzata a garantire condizioni lavorative ottimali attraverso espedienti quali la creazione di sistemi di premi basati sul raggiungimento degli obiettivi di ogni singolo reparto e l'applicazione di un sistema di flessibilità finalizzato a incentivare la produttività dei dipendenti. Parallelamente vengono tenute in grande considerazione le competenze dei dipendenti stessi, che beneficiano di un programma di formazione e aggiornamento che si avvale di una piattaforma di e-learning. Un valore aggiunto rappresenta infine l'unica cosa che non si può insegnare, ovvero l'esperienza. I collaboratori della Speedline possono infatti vantare una media di 18 anni di esperienza di servizio».

Qual è il ruolo della Speedline nel gruppo Ronal?

«La fase d’integrazione in seno al gruppo Ronal può oggi dirsi conclusa con successo. Nel contesto della maggior produzione europea di cerchi in lega, la Speedline ricopre, all'interno del gruppo, un ruolo dedicato a ricerca VENEZIA 2011 • DOSSIER • 109

TECNOLOGIE PER L’AUTOMOTIVE

In un settore così condizionato dalla tecnologia e dagli elevati standard qualitativi, le risorse umane sono ancora in grado di fare la differenza

e sviluppo di nuove soluzioni tecnologiche da applicare ai prodotti, concepite in collaborazione con i maggiori committenti italiani, europei e americani e realizzate nello stabilimento della stessa Speedline o in altri di afferenza al gruppo Ronal. Dal punto di vista prettamente produttivo, invece, Speedline si focalizza sui prodotti dell’alta gamma realizzati con la flowformatura, una tecnologia produttiva sviluppata dalla nostra azienda che permette allo stesso tempo una riduzione di peso e un aumento di durata e resistenza del cerchio stesso».

Come si sviluppa il vostro mercato e quali prospettive offre per il futuro?

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«I numeri della nostra produzione sono i parametri del nostro successo: 100 milioni di fatturato e 600 collaboratori, per una produzione – nella storia aziendale – di quasi 40 milioni di cerchi in lega leggera. La collaborazione con le più prestigiose case automobilistiche – dall’Audi alla Porsche, dalla Fiat alla Chrysler, fino a General Mostors, Aston Martin, Maserati e Ferrari, per citarne alcune – ci permette di estendere la nostra area di mercato in tutto il mondo. Dopo una confortante ripresa nel 2011, prevediamo una leggera flessione per il prossimo anno, che si dovrebbe tuttavia riassorbire in breve tempo e che darà comunque la possibilità di concentrarsi su ulteriori investimenti».

IL SETTORE TESSILE

Innovazioni nel fashion La produzione dei capi di abbigliamento Cpa rispetta l’alta tradizione italiana anche nella sua sede rumena, che permette all’azienda di offrire la stessa qualità a prezzi più concorrenziali.

Il punto di Otello Zecchin Lucrezia Gennari

on sono tante le aziende del settore moda che, negli anni più bui della crisi economica internazionale, sono rimaste salde sul mercato registrando addirittura una crescita nel volume di affari. La Cpa Centro Produzione Abbigliamento di Cona è una di queste.

«Nel biennio 2009 – 2010 abbiamo mantenuto le posizioni sia rispetto ai volumi produttivi che nel fatturato, che si è stabilizzato sui 5 milioni di euro, e ha registrato poi una crescita nel 2011, attestandosi sui 7 milioni» spiega Otello Zecchin, amministratore del gruppo. Una delle ragioni alla base dei risultati soddisfacenti conseguiti da Cpa è l’aver delocalizzato una parte della produzione nella sede in Romania, la W&F, Work & Fashion, fondata nel 2001: «la sede in Romania ci ha permesso di mantenere il giusto rapporto qualità/prezzo». Il gruppo è impegnato nella produzione conto terzi di capi di alta qualità per le griffe più prestigiose del mondo della moda,

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sia nazionali che internazionali.

Vi rivolgete a una fascia alta di mercato.

Quali paesi rappresentano i vostri mercati principali?

«Grazie al continuo impegno nella ricerca, nell’evoluzione tecnologica e nell’innovazione di tecniche e prodotti siamo riusciti in pochi anni a conquistare nomi importanti del settore fashion, specializzandoci su un prodotto di alto livello. I nostri clienti, perlopiù europei, hanno come mercati principali Cina, Russia, Centro e Sud America».

Questo dimostra che il made in Italy è ancora apprezzato all’estero.

«Certamente. L’eccellente qualità dei capi italiani è apprezzata e riconosciuta e la nostra produzione è saldamente ancorata alle grandi tradizioni del made in Italy. L’obiettivo di Cpa, da sempre, è innanzitutto la qualità, per poter garantire la massima soddisfazione ai committenti. Attualmente la sede operativa è nello stabilimento di proprietà a Cantarana, in

Otello Zecchin

Otello Zecchin, amministratore del CPA Centro Produzione Abbigliamento di Cona (VE) e momenti di lavoro all’interno dell’azienda.

Il gruppo ha un’altra sede, la Work & Fashion in Romania www.cpasrl.com

provincia di Venezia, dove abAbbiamo molti contatti con marchi biamo realizzato un gruppo di lavoro che, grazie a una espedi fascia alta che si rivolgono a noi rienza pluridecennale, può proprio per la qualità che possiamo soddisfare le richieste di un offrire a un prezzo competitivo mercato sempre più esigente».

Avete però una sede anche in Romania. Come coordinate il concetto di made in Italy con la delocalizzazione produttiva? zati strumenti informatici che permettono un «Aprire la sede in Romania è stato per noi un continuo ed efficace scambio di informazioni». traguardo importantissimo. Proprio con A proposito di tecnologie, Cpa investe l’obiettivo di soddisfare qualsiasi tipo di esi- molto anche sulla ricerca, la creatività e l’ingenza in un mercato sempre più vasto, che novazione. chiede nello stesso tempo qualità e prezzi com- «La continua ricerca di nuovi materiali e tespetitivi, nel 2001 abbiamo fondato la Work & suti garantisce ai nostri clienti una consulenza Fashion situata nella zona di Mara Mures nel costante e altamente specializzata per lo studio Nord-Est del paese. Work & Fashion è diret- e la progettazione di ogni collezione, sodditamente gestita da tecnici e personale specia- sfacendo la crescente esigenza delle case di lizzato italiano, garantendo così il coordina- moda di distinguersi in un mercato globalizmento e il controllo delle varie fasi della zato e sempre più competitivo. Ad oggi abproduzione e mantenendo i tratti distintivi del biamo sempre più contatti con marchi di famade in Italy di qualità». scia alta che si stanno rivolgendo a noi proprio Quale valore aggiunto ha rappresentato per la qualità che possiamo offrire a un prezzo per Cpa la sede rumena? competitivo».

«Sin dall’inizio W&F ha dimostrato di poter Quali le aspettative per il futuro? rispondere alle esigenze qualitative di prodotti «Credo che le scelte fatte già da anni di pundestinati al mercato dell’abbigliamento me- tare, con enormi sforzi sia di forza lavoro che dio-alto europeo e non solo, unendo prezzi di investimenti, alla qualità assoluta, anche in competitivi al know – how e styling di Cpa. Le futuro ci porteranno a incrementare il nostro due aziende collaborano ottenendo risultati volume d’affari come già si evidenzia dal trend ottimi, grazie anche alla disponibilità di avan- di crescita dell’ultimo anno».

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IL SETTORE TESSILE

La produzione moda lascia la Cina e torna in Italia La crisi dei consumi e la riduzione dei quantitativi hanno fatto tornare molte produzioni, finora dislocate in Estremo Oriente, in Italia. Mauro D’Este spiega questo fenomeno alla luce dell’evoluzione del settore dell’abbigliamento da un assetto “industrializzato” a uno “commercializzato” Luca Cavera a crisi dei consumi nel settore dell’abbigliamento ha avuto due effetti: da un lato, i grandi gruppi hanno aumentato le loro quote di produzione in Cina, dall’altro le medie e piccole aziende sono tornate a rivolgersi a strutture produttive italiane.

Per comprendere le ragioni e le cause di questo fenomeno abbiamo incontrato Mauro D’Este, titolare di Eurotrade, azienda specializzata nella produzione di capi di abbigliamento che ha gestito e sta gestendo diversi marchi di case di moda internazionali, quali Guess, Calvin Klein, Closed, Murphy & Nye, Evisu, Lubiam, Napapijri, Aeronautica Militare, Luis Trenker, Raf Simons, La Martina, D&G. «Fra gli anni 80 e 90 – afferma Mauro D’Este il settore tessile ha subito un’evoluzione che si è

L La Eurotrade Srl si trova a Scorzè (VE) maurodeste@eurotradesrl.net

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Mauro D’Este

tradotta nel passaggio da un assetto di tipo industrializzato a un altro cosiddetto commercializzato. Nel primo caso, l’azienda che detiene il marchio si occupa dell’acquisto delle materie prime e della loro trasformazione fino al prodotto finito, nel secondo, invece, la stessa azienda delega ad una terza, sia l’acquisto delle materie prime sia l’intero ciclo produttivo».

La realizzazione di questo nuovo schema, ha avuto la sua massima espressione nel corso degli ultimi anni con l’aumento considerevole di importazioni dai paesi dell’Estemo Oriente, fenomeno a cui però si sta contrapponendo ultimamente una controtendenza, quella di un rientro graduale in Italia.

«I cali di vendite che si sono avuti e che si stanno avendo rendono meno convenienti e comunque non più accessibili le produzioni nel Far East, votate ai grandi numeri che tranne per qualche realtà, non ci sono più. Non di meno, comunque, si riconosce il giusto valore alla qualità del prodotto fatto dalle aziende italiane».

Coesistono tutt’oggi realtà miste di industrializzato e commercializzato, ma le ragioni del successo del secondo assetto sono da ricercarsi soprattutto nella certezza dei costi. «Delegando aun’altra azienda, con la quale l’accordo commerciale è fatto a monte del rapporto interaziendale, il committente fissa i costi che non sono suscettibili di modifiche che potrebbero derivare da problematiche produttive contingenti e impreviste. In questo modo il detentore del marchio si concentra su altri aspetti, come stile e marketing».

Aziende come quella del signor Mauro D’Este hanno in pratica sostituito la figura classica del “faconista”, ovvero quel tipo di impresa che prendeva in carico una singola fase produttiva.

«Un tempo esistevano imprese specializzate solo nel taglio o nella confezione o in altre lavorazioni. Noi abbiamo accorpato tutte le funzioni, dall’approvvigionamento della materia prima allo sviluppo dei modelli, fino alla consegna dei capi finiti. Strutture piccole, come la nostra, sono in grado di avere maggiormente sotto controlla la situazione, sia in termini di costi che di

Delegando a un’altra azienda, il committente fissa i costi a una cifra determinata ed elimina le problematiche produttive contingenti e impreviste

controllo operativo».

Inoltre, la specializzazione, tipica delle aziende di commercializzato, permette una maggiore concentrazione sui prodotti trattati e quindi il raggiungimento di risultati ottimali. «Nel nostro caso, avendo fin dall’inizio trattato esclusivamente pantaloni e camice, abbiamo acquisito nel corso della nostra ventennale esperienza una conoscenza tale dei materiali e delle problematiche attinenti che ci ha permesso di mantenere sempre una certa competitività».

Se la riduzione dei volumi ha determinato per certi versi l’abbandono delle produzioni nell’Estremo Oriente, ha per altro aperto le porte ad altri competitor in Europa, quali per esempio la vicina Turchia. «La realtà turca del tessile è molto diversa dalla nostra, è fatta di grandi e piccoli gruppi che vengono supportati in termini importanti sia dallo stato che dal sistema bancario: per citare solo un esempio, l’introduzione di un dazio del 40% per tutte le produzioni importate da aziende turche dal Far East. Tuttavia – conclude Mauro D’Este - grazie alla riduzione dei volumi, c’è ancora molto spazio per le piccole aziende italiane che vorranno partecipare alla grande sfida della globalizzazione».

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MADE IN ITALY

La scarpa italiana dall’anima en rouge Il marchio Pas de Rouge, dall’inconfondibile rosso corallo della fodera interna, nel panorama calzaturiero mondiale è diventato sinonimo di lavorazione artigianale e made in Italy. Ne abbiamo parlato con Mauro Zampieri Nicoletta Bucciarelli

n litote. Ovvero una negazione che non fa altro che affermare con maggiore enfasi. È questa figura retorica che identifica subito l’essenza del brand “Pas de Rouge”. «Fin dall’inizio» spiega Mauro Zampieri, titolare del Calzaturificio Gritti insieme al socio Vanni Penazzato, «era chiaro che serviva un nome forte e riconoscibile che aiutasse a distinguere questa nuova collezione, fin da subito caratterizzata dalla fodera corallo, dalla preesistente produzione marchiata Gritti. Ci è piaciuto immediatamente il gioco di parole e l’ambivalenza di significato che rappresenta questa scelta. È un nome che sa catturare subito l’attenzione delle persone. È capace di rimanere in mente anche al più distratto dei passanti che non potrà dimenticare l’accostamento

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Il Calzaturificio Gritti ha la sede a Fassò (Ve) www. pasderouge.com

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della fodera rosso corallo al suono dolce della parola rouge. Una semplice affermazione che nega in modo paradossale un dato di fatto molto evidente: le nostre calzature hanno tutte la fodera di un rosso particolare, sebbene il nome tradotto significhi “non c’è nulla di rosso”. Questo nome inoltre ha in sé anche un’ambivalenza, vale a dire il significato della parola “pas”: in francese vuol dire passo e a noi piace tradurlo, anche se in modo non letterale, in passo rosso».

L’artigianalità viene portata avanti soprattutto tramite la particolare lavorazione “a sacchetto”. «Pas de Rouge nasce proprio dall’idea di rinnovare l’originale lavorazione “a sacchetto”, una tradizione calzaturiera tutta italiana. Ogni calzatura nasce infatti dalla combinazione di almeno sessanta elementi. Un ensemble originale in cui il repertorio della tradizione manifatturiera convive con materiali ultraleggeri di ultima generazione. Nella preparazione del “sacchetto” fodera e plantare sono sagomati ad arte perché combacino perfettamente; vengono cuciti direttamente alla tomaia creando appunto un sacchetto. Come avviene nella confezione di un abito sartoriale, i diversi strati sono tesi e

Mauro Zampieri

accompagnati durante tutta la fase di cucitura, così da creare tra loro una sinergia elastica che dà forma e struttura alla scarpa. Diviene in questo modo un’architettura flessibile che esalta le naturali doti di morbidezza e resistenza delle pelli ed è il segreto di una calzata che sostiene e avvolge il piede passo dopo passo».

L’originalità della scarpa e la sua comodità sono state riconosciute, «a sorpresa» come ama sottolineare Zampieri, anche da un mercato estero importante.

«Continuiamo a fornire i clienti storici del Calzaturificio Gritti in tutta Europa ma da quando è nato il marchio Pas de Rouge abbiamo visto crescere l’interesse da parte dei distributori internazionali, alcuni molto importanti: dal mercato statunitense a quello australiano, russo, cinese, giapponese, est europeo, canadese. Continuano inoltre ad aumentare i buyer europei (inglesi, francesi, nord europei) e anche quelli italiani».

Oltre all’estetica d’impatto, soprattutto per il rosso interno che le caratterizza, le scarpe Pas de Rouge hanno fatto proprio della comodità una delle peculiarità che le contraddistingue.

«Il nostro desiderio è di realizzare una scarpa

apprezzata nel suo insieme e ricercata per l’estrema comodità, un oggetto di cui ogni donna ha bisogno e di cui non può fare a meno durante tutta la giornata, al lavoro e nel tempo libero. Conosciamo i limiti tecnici della costruzione a sacchetto, primo fra tutti la difficoltà di produrre scarpe con altezza di tacco fino ai 7 cm di altezza, quando questo tipo di lavorazione è solitamente dedicata a calzature con altezza massima 2 cm. Per questo motivo sperimentiamo continuamente nuovi materiali e nuovi componenti al fine di mantenere sempre al centro dell’attenzione il prodotto, la qualità e l’impegno di tutta l’azienda».

Tra i materiali più comodi? Ovviamente il camoscio. «Ci piace ricercare materiali morbidi e duttili che si prestino alla lavorazione a sacchetto, senza mai dimenticare il camoscio che è il nostro segno identificativo e che grazie alla sua morbidezza accoglie il piede come in un abbraccio. Facciamo molta attenzione alle tendenze di colori e tonalità. Ci piace inoltre giocare con i fiocchi, disegnarne sempre di nuovi e applicarli non solo in punta ma anche sul retro della calzatura. Nel corso delle stagioni ne abbiamo ideati molti bicolori, bi materiali, alcuni dalla forma più morbida e altri invece più geometrici. Stiamo continuando a studiare altri accessori per stupire sempre i nostri clienti e catturarne di nuovi».

Per i negozi anche una collaborazione significativa, quella con il designer danese Johannes Torpe. «Torpe è un talentuoso designer conosciuto attraverso l’agenzia di comunicazione che ci segue da anni. Stiamo collaborando con il suo studio sia per la realizzazione dei progetti dei negozi Pas de Rouge di futura apertura sia per una capsule collection realizzata da lui».

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MADE IN ITALY

Artigianalità di forme, trasparenze e colori La tradizione del gioiello in vetro fatto a mano si evolve verso le dimensioni del fashion contemporaneo. Il riposizionamento di un marchio: da azienda familiare a brand esportato in tutto il mondo. La parola a Roberto Ciotti ed Elena Voltolina Luca Cavera

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Roberto Ciotti ed Elena Voltolina

l gioiello in vetro, realizzato a mano, è un pezzo unico che fa del suo valore fondamentale l’esclusività. Al contempo riesce a essere un prodotto che si posiziona nel fashion system e che soddisfa il desiderio di un gioiello sempre nuovo e l’acquisto di impulso. L’unicità di forme e trasparenze, i colori del vetro veneziano sono così riusciti a raggiungere l’identificazione con un brand, Antica Murrina, azienda di tradizione familiare e artigiana, che è riuscita a conservare l’eccellenza della manifattura convertendola – in appena un biennio – ai ritmi e ai grandi numeri del mercato della moda. Il modello organizzativo improntato al just in time, introdotto dal nuovo management, è lo strumento che permette al marchio di essere costantemente presente sul mercato con una grande disponibilità di pezzi a fronte di una gamma caleidoscopica, che si rinnova di stagione in stagione e che ha permesso la crescita della rete di punti vendita.

Ne parliamo con Roberto Ciotti, direttore generale di Antica Murrina, ed Elena Voltolina, product manager.

Qual è l’idea estetica che sta dietro al disegno dei vostri gioielli?

Elena Voltolina: «Il vetro è un materiale vivo, mutevole che si trasforma in pezzo unico quando lavorato a mano secondo le antiche tecniche artigianali. Noi riproponiamo questa tradizione con uno spirito attuale, giovane e ricercato, aperto alla sperimentazione e alla contaminazione di stili, materiali e tecniche.

Il nostro team di creativi e designer, che rinnova le collezioni quattro volte l’anno, interpreta il gioiello in vetro come un vero e pro-

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prio accessorio fashion, da far evolvere in base agli stili della moda del momento. Per questo lo sviluppo del prodotto è il punto cardine nella nostra strategia dell’eccellenza: sperimentiamo abbinamenti innovativi tra materiali e lavorazioni per creare effetti sorprendenti. Il vetro, lavorato a lume, si sposa allora con foglia d’oro a 24 carati o con foglia d’argento puro, ma anche con acciaio, rame, tessuti, cuoio».

Come si combinano le richieste del mercato con la realizzazione di un prodotto così particolare?

Roberto Ciotti: «Abbiamo dovuto sviluppare la capacità di adattare il progetto di un prodotto fatto a mano alle esigenze della rete di-

Roberto Ciotti, direttore generale, ed Elena Voltolina, product manager di Antica Murrina Srl, Olmo di Martellago (VE) www.anticamurrina.com

Il vetro è un materiale vivo, mutevole che si trasforma in un pezzo unico quando è lavorato a mano secondo le antiche tecniche artigianali

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MADE IN ITALY

stributiva. Questo ha richiesto che i processi tipici dell’arte manifatturiera si rendessero comparabili con i numeri del prodotto industriale. Per conservare il totale controllo sul processo di replicazione su larga scala, la prototipazione del prodotto è svolta interamente all’interno dell’azienda. Una volta definito il prototipo, oltre 400 mani devono essere formate e addestrate per produrre le quantità appropriate, a fronte di un’invariata qualità artigianale».

Qual è stato il processo evolutivo che ha affrontato l’azienda nel passato recente?

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R. C.: «Negli ultimi due anni, abbiamo deciso

di intraprendere la via del cambiamento per sviluppare un modello di business in grado di crescere nonostante le intemperie dell’economia mondiale. Il primo passo è stato l’abbandono del modello d’impresa a tipica gestione familiare, mettendo a punto una moderna struttura manageriale in grado di misurarsi e competere coi mercati globali.

L’evoluzione è stata condotta con coerenza attraverso un processo di ridefinizione del prodotto e dell’immagine di marca in tutti i suoi aspetti di comunicazione. Tale sforzo ha richiesto di pari passo l’adozione di scelte distributive e logistiche più efficaci. Il risultato è che oggi riusciamo a garantire spedizioni e consegne a oltre 2.000 rivenditori nel mondo entro due settimane dall’ordine».

A quanto ammonta la percentuale del vostro fatturato riferibile all’export e quali sono i mercati stranieri che apprezzano maggiormente l’arte del gioiello in vetro?

R. C.: «Il nostro fatturato è diviso a metà fra le vendite in Italia e l’export. Quello interno resta il nostro mercato principale. In piena controtendenza, questo ha visto un trend positivo nel biennio 2010-2011, a conferma delle potenzialità di crescita del brand anche nei contesti di mercato maturi. Per quanto riguarda l’estero, l’Europa è in prima posizione per gradimento e quindi numeri. I Paesi dai quali abbiamo i riscontri migliori sono Francia e Regno Unito. Ma Germania, Russia ed Europa dell’Est

Roberto Ciotti ed Elena Voltolina

Le nostre collezioni di gioielli si rivolgono a un target che si riconosce in un lifestyle elegante e consapevole, in cerca di novità e attento al dettaglio

2 mila

RIVENDITORI Il numero di negozi che nel mondo vendono il marchio Antica Murrina, con oltre 800 punti vendita in Italia

50% EXPORT

I mercati europei, in testa Francia e Regno Unito, sono quelli che apprezzano maggiormente i gioielli Antica Murrina

in genere sono mercati in espansione. Come pure il Giappone, in cui il nostro brand è presente in un’importante catena, la Takashimaya. I mercati dell’Asia, ma anche quello americano, sono gli obiettivi di crescita per i prossimi anni».

Quali caratteristiche rendono riconoscibile il marchio nei punti vendita dei diversi Paesi?

E.V.: «Anche sull’immagine di marca abbiamo operato un restyling, con una chiave più ricercata e accurata. Ogni punto vendita Antica Murrina si avvale di un concept espositivo ispirato al fashion contemporaneo, che valorizza la peculiarità e l’eleganza del gioiello in vetro, in un contesto di grande coerenza visiva, dove il prodotto viene enfatizzato grazie anche a un prezioso packaging. Numerosi sono inoltre i supporti e i materiali dedicati al punto vendita che declinano con immagini seducenti le novità delle ultime collezioni, trasmettendo valori di unicità e bellezza. Al negozio tradizionale stiamo anche affiancando dei canali alternativi di ven-

dita, per esempio, si possono trovare i nostri gioielli a bordo di navi crociera, di linee aeree e all’interno dei duty free aeroportuali. Per questi canali abbiamo sviluppato collezioni mirate».

Quali sono le novità e le prospettive per il futuro?

R.C.: «Per il 2012 prevediamo di consolidare le scelte intraprese nello scorso biennio, puntando sul design e sulla penetrazione distributiva. Di pari passo rafforzeremo l’attività di comunicazione, per proseguire il processo di riposizionamento verso un target più ampio, che si riconosce in un lifestyle elegante e consapevole, in cerca di novità e attento al dettaglio. A partire dai prossimi mesi avvieremo una campagna che coinvolgerà sia la stampa tradizionale sia il web. Un’importante attività di comunicazione sarà infine rivolta direttamente anche ai nostri partner commerciali, attraverso l’organizzazione di eventi dedicati ai key client e alla stampa in coincidenza con la presentazione delle nuove collezioni».

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 121

PRODOTTI ALIMENTARI

A scuola di tradizioni gastronomiche La figura del pizzaiolo negli anni non ha conosciuto crisi, anzi, è cresciuta costantemente in Italia e nel resto del mondo. Graziano Bertuzzo e David Mandolin descrivono i metodi di insegnamento promossi dalla Scuola Italiana Pizzaioli Belinda Pagano

el panorama di profonda crisi economica, continuare a investire su antiche tradizioni gastronomiche rappresenta ancora un’opportunità».

A sostenerlo è Graziano Bertuzzo, responsabile tecnico della Scuola Italiana Pizzaioli.

«Lo scopo per il quale venne fondata la scuola era ed è quello di formare professionisti della pizza, secondo nozioni teoriche e applicazione sul campo. La pizza, come tutta la cucina, è scienza dell’alimentazione e segue regole ben precise, indispensabili per poter poi

«N

Graziano Bertuzzo durante un corso di alta specializzazione presso la Scuola Italiana Pizzaioli che conta attualmente 31 sedi operative in tutta Italia e 6 all’estero www.scuolaitalianapizzaioli.it

122 • DOSSIER • VENEZIA 2011

governare il mestiere in ogni situazione».

La Scuola Italiana Pizzaioli è una scuola di pizza certificata e porta con sé una storia più che ventennale, fondata su metodologie di insegnamento collaudate e certificate. «La formazione consiste in corsi base di quaranta ore – specifica David Mandolin, responsabile della scuola – e ogni corso è suddiviso in un terzo di teoria e il rimanente di pratica. Ci sono ovviamente corsi di specializzazione come ad esempio pizza in teglia alla romana, pizza in pala, napoletana Stg solo per citarne alcuni, ma per tutti sono previsti esami finali sia teorici che pratici ed è necessario e fondamentale superarli per ottenere l’attestato».

La figura professionale del pizzaiolo negli anni non ha conosciuto crisi anzi è cresciuta costantemente in Italia e nel resto del mondo, grazie alla versatilità, popolarità e genuinità

Graziano Bertuzzo e David Mandolin

del prodotto pizza, che non conosce frontiere. «Il mercato di questo genere alimentare – spiega Bertuzzo – è vasto e molto competitivo e non premia l’improvvisazione. Si riscontra di continuo la necessità di studiare e imparare questo antico mestiere secondo solide basi scientifiche, che poi ogni pizzaiolo, come da tradizione modellerà secondo la sua idea di pizza e secondo le ricette tramandategli dalla tradizione».

La professionalità, l’esperienza e la scientificità dei metodi di lavoro hanno permesso e permettono tuttora alla Scuola Italiana Pizzaioli di instaurare proficue collaborazioni e partnership con prestigiosi enti di formazione sia in Italia che all’estero».

Ma una volta terminato il tutto, cosa succede? «Frequentare un nostro evento formativo – risponde Mandolin – significa ricevere assistenza sia pre che post corso e avere una continua consulenza gratuita anche al termine degli studi. L’interscambio di idee, metodi di lavorazione, nuove soluzioni rimane parte fondante della nostra realtà per presentare piatti sempre freschi e all’altezza delle aspettative del mercato». Ma come si sa, la figura del pizzaiolo, sebbene radicata alla tradizione italiana, ha sfondato in tutto il mondo. Come rimanere, dunque, al passo coi

tempi? «La nostra scuola, proprio per provvedere a questa continua richiesta internazionale, ha aperto trentasette sedi – precisa Bertuzzo –. Siamo presenti capillarmente in tutto il nostro paese ma ci siamo espansi anche all’estero e in particolar modo negli Stati Uniti, in Francia, in Australia e nel Lussemburgo».

Questa espansione non può prescindere dal rispetto costante delle normative vigenti in termini di igiene e sicurezza. «La Scuola Italiana Pizzaioli» precisa «ha da tempo ottenuto la certificazione Uni En Iso 9001:2008 e l’ente esterno Accredia, autorizzato dall’Unione Europea, l’ha ulteriormente certificata rendendola sinonimo di professionalità e garanzia, confermando i suoi metodi di insegnamento scientifici, testati rigorosamente sia nella parte teorica che pratica».

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 123

PRODOTTI ALIMENTARI

Qualità nel settore alimentare Le aziende del settore lattiero-caseario non si lasciano intimidire dagli indici non positivi registrati dal mercato alimentare e continuano a importare, esportare e confezionare latte, formaggi e altri prodotti di eccellente qualità. Il punto di Giovanni Cattel Emanuela Caruso

industria alimentare italiana ha vissuto non al massimo il terzo trimestre del 2011, perdendo infatti un punto rispetto al precedente. A placare gli animi di addetti ai lavori e grandi aziende, però, ci pensa la Gdo, la grande distribuzione organizzata, che a dispetto dei pronostici ha registrato valori molto buoni. Merito di questo traguardo raggiunto sono il cedimento della confidence del commercio al dettaglio sia nazionale che estero e il grande impegno delle imprese specializzate Giovanni Cattel, amministratore delegato di Alimenta Spa di Noventa di Piave (Ve) in questo ramo del info@alimenta.biz settore alimentare.

Lo sa bene la Cattel Alimenta, società inserita nella commercializzazione di prodotti caseari e salumi. «Il nostro settore, ovvero il lattiero-caseario e salumi, ha mantenuto il fatturato 2010 – spiega Giovanni Cattel, rappresentante legale dell’azienda –, la nostra attività non ne ha risentito e continuiamo a rifornire oltre alla Gdo anche i canali industria, discount e dettaglio».

Fossalta di Piave –

L’

124 • DOSSIER • VENEZIA 2011

Jesolo – Noventa di Piave. Sono queste, in ordine cronologico, le zone che hanno ospitato la sede della Cattel Alimenta. Quali le ragioni dei vari trasferimenti?

«Nata nel 1935 dai nostri genitori, l’azienda inizia la sua attività a Fossalta di Piave per poi trasferirla, negli anni 60, a Jesolo. Le motivazioni che hanno spinto a spostare la sede sono state il voler cogliere l’opportunità offerta dallo sviluppo turistico-balneare della zona Cavallino Treporti, Caorle, Bibione, Lignano e di conseguenza, il voler incrementare il giro d’affari. Con l’ingrandirsi dell’area da coprire con distribuzioni veloci ed efficienti, Jesolo si è però rivelato un punto non strategico, a causa del traffico e della difficoltà ad arrivare ed uscire dal centro della città. L’azienda si è quindi trasferita a Noventa di Piave nel 2001, stabilendosi a ridosso dell’autostrada, posizione nettamente più vantaggiosa dal punto di vista logistico, circa 800 metri dal casello autostradale».

L’attività di commercializzazione dei prodotti caseari della Cattel Alimenta si basa su intensi scambi import/export.

Quali Paesi formano il vostro mercato di riferimento?

«Da principio la società ha distribuito i suoi prodotti nelle zone limitrofe e al Triveneto, ma poi guadagnandosi l’apprezzamento dei clienti e un buon successo, si è deciso di intraprendere l’attività di importazione ed esportazione di formaggi e salumi di alta qualità. Oggi commercializziamo prodotti,

Giovanni Cattel

Tutti i prodotti che commercializziamo e confezioniamo sono conformi alle normative nazionali e internazionali in materia di igiene e sicurezza alimentare

controllati da un laboratorio di analisi e da due funzionari che verificano le caratteristiche della merce in entrata e uscita, da Svizzera, Germania, Austria, Danimarca, Francia, Olanda e Belgio».

Nonostante nel 2001 la Cattel Alimenta si sia spostata a Noventa di Piave, a Jesolo è rimasto un ramo aziendale dedicato al catering. Di che cosa si occupa nello specifico la Cattel Catering?

«La Cattel Catering è azienda leader nel mercato di riferimento del Nord Est e rivolge la sua attenzione agli operatori della ristora-

zione, servendo ristoranti, pizzerie, alberghi, bar, mense, ospedali, scuole e istituti.

L’attività è svolta garantendo un servizio accurato, tempestivo e puntuale. L’impresa dispone anche di due cash&carry, a Jesolo Lido e a Caorle».

Il vostro grande punto di forza è senza dubbio la qualità dei formaggi e dei salumi che immettete sul mercato. Come riuscite a garantire elevati standard qualitativi?

«Tutti i prodotti che commercializziamo e confezioniamo sono conformi alle normative nazionali e internazionali in materia di igiene e sicurezza alimentare e rispondono alle esatte e precise caratteristiche organolettiche richiamate nelle schede tecniche che seguono gli alimenti. Le nostre varie certificazioni, tra cui possiamo ricordare la Uni En Iso 9001:2008, gli standard GSFS e IFS e l’ Uni En Iso 22005:2008, confermano che la gestione manageriale dei processi produttivi, commerciali e amministrativi è seguita in modo tale da assicurare la qualità dei prodotti».

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 125

PRODOTTI ALIMENTARI

Come cambiano le abitudini alimentari Sempre più persone consumano almeno un pasto al giorno fuori casa. Quali proposte di pasti veloci offre il mercato? Andrea Bertolini spiega come l’industria distributiva risponde alle nuove abitudini alimentari Manlio Teodoro alla prima colazione alla pausa pranzo, passando per l’happy hour, si moltiplicano le occasioni di consumare pasti veloci fuori casa. Le abitudini alimentari degli italiani, tanto legati alle tradizioni culinarie, sono state modificate dalla necessità di trovare soluzioni alternative al desco domestico per almeno uno dei pasti giornalieri. Si è così mosso un intero settore, fra l’industria e la ristorazione veloce, per rispondere alla richiesta di consumare cibi pratici nei “ritagli” di tempo fra un’attività e l’altra. Su questo trend si è collocata Ch&f Bertolini, azienda specializzata nella distribuzione delle principali categorie merceologiche di alimenti pronti al consumo: dalle croissanterie ai prodotti semilavorati per la prima colazione, compreso il pane surgelato e fresco, pane far-

D

Andrea Bertolini, amministratore di Ch&f Bertolini Srl di Portogruaro (VE), insieme al presidente Roberto Malerba www.chef.it www.bertolinigroup.com www.paninochef.it

126 • DOSSIER • VENEZIA 2011

cito e tramezzini con salumi e formaggi. «La nostra presenza è capillare nel territorio fra Veneto e Friuli Venezia Giulia. In queste regioni offriamo un’ampia gamma di prodotti alimentari che interpretano il gusto e le caratteristiche del territorio e soddisfano le richieste di prima colazione, pranzi veloci e break con circa 2000 articoli in catalogo». A parlare è Andrea Bertolini, amministratore del gruppo.

Quando nasce il vostro prodotto e in base a quale attesa del mercato?

«La composizione del nostro mix è stata avviata all’inizio degli anni 90 e si è evoluta nel tempo, seguendo il cambiamento delle abitudini alimentari. Via via si sono così aggiunti tutti quei prodotti che sempre più sono richiesti nei consumi alimentari fuori casa. La peculiarità del nostro mix è quella di offrire prodotti proposti in modo pratico e veloce nei bar – che, da un trentennio circa sono diventati dei punti di ristorazione rapida veri e propri».

Com’è stato accolto il vostro prodotto dal pubblico italiano e che cosa è apprezzato maggiormente delle sue caratteristiche?

«Valutando la nostra ininterrotta crescita aziendale, riteniamo che l’accoglienza dei nostri prodotti sia soddisfacente, così come il mix proposto e le sue garanzie qualitative. Riteniamo che questo servizio fornito nei bar – che risponde alle esigenze di consumo in

Andrea Bertolini

30 mln EURO

Il fatturato annuo netto della Ch&f Bertolini, che ha come area distributiva Friuli Venezia Giulia e Veneto

5 mila UTENTI

Il numero di clienti riforniti ogni settimana da Ch&f Bertolini. Bar e paninoteche (80%), alberghi (10%), pizzerie e ristoranti (5%), panifici (5%)

prossimità dei luoghi di lavoro, studio e località turistiche – continuerà a essere un punto di riferimento centrale nei pasti fuori casa. Soprattutto perché soddisfa le varie occasioni di consumo nell’arco dell’intera giornata, passando dalla prima colazione alla pausa pranzo, sino agli aperitivi».

Come si coniuga con la praticità dei prodotti con la qualità degli ingredienti?

«Tutti i prodotti – che siano semilavorati, semifiniti o finiti – tengono conto nelle modalità di utilizzo e del peso, per mettere in condizione gli operatori di garantire la praticità del servizio. In base alla categoria dei prodotti esistono dotazioni di attrezzature per la conservazione, la cottura e la farcitura. Inoltre, le modalità di stoccaggio e utilizzo dei prodotti presso i punti vendita sono regolati dal rispetto sia delle leggi per la somministrazione al pubblico degli alimenti che dai regolamenti comunali».

Quali sono le modalità di stoccaggio e trasporto che utilizzate per i prodotti che proponete?

«La nostra gamma è composta da prodotti che utilizzano tre modalità di stoccaggio e trasporto: temperatura ambiente, refrigerazione da 0 a 4 °C e conserva-

Tutti i prodotti tengono conto nelle modalità di utilizzo e del peso, per garantire la praticità del servizio

zione in freddo profondo a meno 20 °C. La qualità dei vari alimenti è determinata dall’attenzione che viene posta nella corretta rotazione dal fornitore al cliente, a seconda delle caratteristiche organolettiche del prodotto. Per garantire il massimo della qualità percepita dal consumatore, l’intera filiera distributiva è sottoposta a controlli a campione che riguardano sia il profilo igienicosanitario della produzione che il percorso distributivo».

Quali sono le vostre prospettive per il futuro?

«L’attenzione continua alla qualità del prodotto acquistato e l’interpretazione aggiornata sulle abitudini alimentari, di cui la nostra forza vendite si fa interprete continuamente, ci ha permesso di crescere, coniugando il giusto equilibrio fra qualità, prezzo e servizio. Siamo fiduciosi che questi elementi siano anche la formula vincente per il futuro».

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 127

Il pane tra tecnologia e tradizione La produzione di pane si avvale sia di tecniche tradizionali che di lavorazioni tecnologiche, che non vanno però a scalfirne il sapore autentico. L’esperienza di Silvestro Semenzato Emanuela Caruso

all’8 al 12 ottobre 2011 si è tenuta a Colonia, in Germania, la fiera internazionale Anuga, una delle più grandi del settore alimenti e bevande. Vi hanno preso parte ben 6500 espositori, aziende di tutto il mondo, con il preciso intento di sfruttare al meglio la visibilità di questo evento, la possibilità di allargare il proprio giro d’affari e stabilire nuovi rapporti con imprese di altri Paesi, e l’opportunità di presentare all’intero mercato di riferimento le ultime tendenze del settore, le innovazioni più importanti e la qualità dei processi produttivi.

Tra le varie società italiane del settore alimentare che hanno partecipato alla fiera Anuga, troviamo la veneziana Semenzato Pane, impresa artigianale di antica tradizione che sin dal lontano 1800 si è specializzata nella produzione di pane. «L’aver potuto esporre i nostri prodotti a una fiera internazionale come quella di Colonia – spiega Silvestro Semenzato, titolare dell’attività –, è stato di grande rilevanza per il marketing della nostra azienda, perché pren-

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128 • DOSSIER • VENEZIA 2011

dendo parte ad Anuga abbiamo ampliato ancor di più il nostro bacino d’utenza». Quella della Semenzato Pane è una storia lunga e importante, fatta di pazienza, duro lavoro e giuste intuizioni, e che ha preso il via con un solo, piccolo forno a legna. «L’attività dell’azienda è cominciata in modo semplice ed è riuscita a svilupparsi soltanto quando abbiamo capito che servire Porto Marghera ci avrebbe permesso di aumentare i nostri affari. Ecco allora che ci siamo forniti di un grande forno per la cottura del pane da portare e distribuire nelle mense delle imprese chimiche di Marghera. In questo modo ci siamo fatti conoscere e abbiamo gettato basi più solide, che ci hanno consentito di rimanere a galla anche quando le industrie chimiche della zona hanno chiuso e siamo passati da una produzione di 40 quintali di pane a soli 4-5 quintali».

Proprio a fronte della situazione di quegli anni, la Semenzato Pane ha cominciato a innovare l’attività e il settore, specializzandosi prima nei grissini e poi nei tramezzini. «Abbiamo stu-

Silvestro Semenzato

diato le esigenze del mercato, finché ci siamo resi conto che i clienti richiedevano grissini fatti a mano e in particolar modo tramezzini. Per riuscire a essere competitivi anche con questi prodotti, abbiamo dovuto cambiare gli impianti, passare ai multiforno, allargare la nostra cultura e rivolgerci ai buyer della grande distribuzione, novità assoluta per la nostra azienda. Anche in quell’occasione l’intuito e lo sprint imprenditoriale hanno pagato e oggi siamo una realtà importante nel settore della grande distribuzione e da ben nove anni serviamo tutti i supermercati Conad a livello nazionale».

Il raggio d’azione della Semenzato Pane non si è però fermato ai Semenzato Pane ha la sede a Martellago (VE) confini nazionali, ma li ha oltrepassati, www.semenzatopane.com maturando un buon 20% del fatturato in Spagna, Germania, Francia e Belgio. «A catturare l’attenzione e i gusti dei Paesi europei sono stati i particolari tramezzini prodotti e commercializzati negli ultimi anni,

ovvero il tramezzino rosso al pomodoro, quello verde agli spinaci, il tramezzino al pane integrale e infine quello ai cinque cereali, tutti sapori che il mercato estero ha ampiamente apprezzato». La Semenzato Pane può vantare alcuni importanti primati italiani, tra cui quello per la prima azienda produttrice di pane ad aver richiesto la certificazione Iso 9001, ancora per essere la prima realtà italiana a realizzare alimenti con il fotovoltaico e infine in quanto prima impresa che produce alimenti da forno con un impianto di lievito naturale, oltretutto il più grande d’Italia. «Con questo impianto siamo in grado di produrre 20 quintali di lievito naturale ogni 4 ore e di garantire alla clientela un prodotto naturale e tradizionale. A tale impianto affianchiamo poi due linee di produzione molto tecnologiche di cui si occupano otto persone per ogni turno, tre in totale, e con cui riusciamo a realizzare 40 quintali di pane all’ora, dall’impasto al prodotto finito pronto a partire sui bancali. Non ancora pienamente soddisfatti dei numeri così ottenuti, dal gennaio 2012 partiremo con una terza linea che sarà pronta entro sei mesi e con cui potremo soddisfare le incessanti richieste del mercato, la produzione sarà infatti portata a 80 quintali di pane all’ora».

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 129

ENOLOGIA

Il vino tra metodi antichi e tecniche moderne Anche nella produzione di una bevanda secolare come il vino è fondamentale sperimentare nuovi metodi per ottenere prodotti unici dal sapore raffinato.

A parlarne è Andrea Gasparini Belinda Pagano

l “nettare degli dei” ha origini antichissime, vanta reperti risalenti a due milioni di anni fa. Nei secoli la produzione del vino si è gradualmente evoluta e al giorno d’oggi rimane fondamentale riuscire a coniugare tecniche vinicole antiche con la tecnologia moderna.

A questo proposito parla Andrea Gasparini, titolare dell’azienda Cà Corner.

La sua realtà ha alle spalle quasi ottant’anni di storia. Giunta alla terza generazione, quali aspetti di Cà Corner parlano di tradizione e quali di moderna innovazione?

«Come in quasi tutti i settori, non è facile conciliare due aspetti così apparentemente lontani,

I In basso, cantina dell’azienda vinicola Cà Corner di Meolo (VE).

Nella pagina a fianco, Andrea Gasparini, titolare dell’azienda www.vinicacorner.com

130 • DOSSIER • VENEZIA 2011

tuttavia ritengo fondamentale una fusione perfetta per ottenere prodotti dalle qualità uniche.

Proprio per questo il metodo di vinificazione lo si è conservato inalterato negli anni, in modo da non modificare in alcun modo il sapore e il profumo della materia prima, l’uva. L’innovazione subentra nel momento in cui si è cercato di introdurre nuove tecnologie per aumentare la qualità del prodotto finale».

Il sistema di coltivazione, dunque, è rimasto inalterato?

«Sostanzialmente sì, anche se abbiamo inserito qualche nuovo metodo. L’aspetto tuttavia fondamentale è stato non modificare i valori fondanti della natura stessa e quindi di continuare a basare tutta la coltura su tecniche a basso impatto ambientale in modo da tutelare sia la vigna che il risultato finale del prodotto. È così che riusciamo a ottenere una produzione artigianale di vini quali Manzoni Bianco, Petalo Rosso (100% merlot) Barricato, Cabernet Doc Piave, Chardonnay IGT Veneto, Pinot Grigio IGT Vento, Verduzzo Doc Piave, Merlot IGT Veneto, Raboso IGT Veneto, DOC Prosecco Spumante Extra Dry, Petalo Rosa (Ro-

Andrea Gasparini

della produttività e quindi un allargamento delle nostre relazioni con il pubblico». Il termine marketing indica le varie azioni dirette a “piazzare sul mercato” un dato prodotto, auspicandone la crescita di quotazioni e della domanda. Le atLa cantina di Cà Corner è stata tuali dinamiche di mercato completamente rimodernata sono però costantemente sottese alla presenza di competitor e oggi ospita vasche in acciaio inox sempre più temibili. per la lavorazione di tutte le tipologie In tal senso, Cà Corner come di vini prodotti riesce a mantenersi ai vertici anche in questo periodo di crisi?

«La strategia ritenuta migliore sato di Raboso) spumante». da noi, e quindi adottata, è quella del rapporto E per quanto riguarda i processi all’interno diretto con il consumatore. Ovviamente alla base della cantina? c’è un lavoro di fidelizzazione del cliente attra«La cantina è stata completamente rimodernata verso la qualità del prodotto, la creazione di rape oggi ospita vasche in acciaio inox per la lavo- porti interpersonali solidi e duraturi con il cliente razione di tutte le tipologie di vini da noi pro- stesso, l’organizzazione di degustazioni ed dotti. L'intero ambiente tuttavia è contornato da eventi atti a promuovere i nostri vini, tipicapiccole botti in rovere per l'invecchiamento dei mente artigianali ma prodotti con tecniche vini rossi barricati che richiedono un altro tipo di moderne». procedimento. Abbiamo organizzato appositaIn base alla sua esperienza imprenditomente questo ambiente per poter garantire una riale, in cosa e come sono cambiati la percollocazione adatta ad ogni tipologia di vino e un cezione e il consumo del vino? corretto affinamento dello stesso».

«Un tempo, il consumo era nettamente magDal 1932 a oggi, cosa ha inciso maggior- giore rispetto a oggi in quanto il vino era mente sulla vostra evoluzione? considerato una bevanda quotidiana alla quale «La crescita aziendale è stata accompagnata dal- non rinunciare, specialmente fra le mura dol’adozione di tecniche colturali appropriate in vi- mestiche. Oggi invece il vino è consumato in gna, dal progresso tecnologico in cantina, dalle minore quantità e sempre più all’interno di aumentate conoscenze enologiche, grazie alla wine-bar o enoteche. Da sottolineare però collaborazione con il winemaker Denis Dan che non viene tralasciata in alcun modo la (consulente enologico presso la nostra azienda) e qualità di ciò che si beve. Un aumento delle da strategie di marketing sempre più efficaci. pretese del palato, dunque, verso il raffinato Tutto ciò ha permesso un aumento progressivo piacere dei sensi».

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VENEZIA 2011 • DOSSIER • 131

RISCHIO IDROGEOLOGICO

Sinergie istituzionali e scelte condivise Le immagini dell’autunno 2010 sono lontane. Oggi il Veneto si è rialzato, grazie alla collaborazione tra istituzioni, forze dell’ordine e volontari. «È cresciuta la coscienza collettiva» dice Daniele Stival, assessore alla Protezione Civile della Regione Veneto Luca Donigaglia

egrado ambientale e dei corsi d’acqua, abusivismo e disboscamento selvaggio. Sono queste le cause principali del dissesto idrogeologico. In Italia, stando ai dati di Legambiente, sono 5.581 i comuni interessati, di cui 1.700 a rischio frana, 1.285 a rischio alluvione e 2.596 a rischio sia di frana che di alluvione.

Sempre secondo l’associazione, per mettere in sicurezza il territorio italiano sono necessari 43 miliardi di euro, di cui 27 da destinare al Centro-Nord, 13 al Sud e 3 per gli interventi di recupero delle coste. È questo il quadro dello Stivale, all’interno del quale il Veneto conta 327 comuni a rischio, il 56% del totale delle amministrazioni locali. Daniele Stival, assessore regionale alla Protezione Civile, chiamato a commentare la situazione della regione a poco più di un anno dall’alluvione che ha interessato al-

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A destra, Daniele Stival, assessore regionale alla Protezione Civile, all’identità veneta, alla caccia e ai flussi migratori

134 • DOSSIER • VENEZIA 2011

cune zone, preferisce prima di tutto sottolineare «la crescita di una coscienza collettiva su queste tematiche trascurate per decenni». E da qui vede l’esigenza di ripartire, prima di tutto reperendo le risorse che servono per poi «migliorare ancora il sistema di allertamento e prevenzione, completare e tenere aggiornati i piani comunali di Protezione Civile e redigere i piani comunali delle acque».

Assessore, dopo l’alluvione che ha colpito il Veneto nel 2010 avete ribadito come Regione Veneto che l’obiettivo è coordinarsi per un’efficace prevenzione anche tramite scelte condivise con il Friuli Venezia Giulia. In 10 anni sono stati pianificati interventi per 2,7 miliardi di euro.

A che punto è il programma dei finanziamenti?

«Tutte le risorse ricevute dallo Stato sono impegnate, è giunto il massimo consentito dalle norme per ciascuno dei 10.040 privati e imprese dan-

neggiati. Abbiamo realizzato 250 interventi di ripristino e la messa in sicurezza di opere idrauliche per circa 100 milioni di euro: il Veneto ha a disposizione, tra fondi impegnati e da impegnare, 371 milioni di euro. Complessivamente, la domanda di fondi da parte di famiglie e imprese venete vale circa 156 milioni di euro, che abbiamo

Daniele Stival

Gli interventi di ripristino dei danni sono in fase avanzata se non in via di ultimazione quasi ovunque.

Poi ci sono gli interventi strutturali, ma per questo sono necessari tempi lunghi

interamente coperto ricorrendo a 10-15 milioni di euro prelevati dal nostro bilancio regionale. Con le risorse programmate per le infrastrutture ovviamo ai danni subiti e realizziamo le tre casse di colmata da un centinaio milioni di euro, che i nostri tecnici considerano fondamentali per gestire le future piene (fino a sette milioni e 800 mila metri cubi di acqua la capacità totale di contenimento) nelle province di Vicenza, Verona e Padova. Su questo progetto la progettazione definitiva c’è già, nel giro di tre mesi dovrebbero partire i lavori».

Dunque, per quanto riguarda la fase di emergenza i lavori sembrano a buon punto. Ma più in prospettiva, quanto contate davvero su interventi strutturali che mettano il Nord-Est più al sicuro dai disastri naturali?

«Come detto, gli interventi di ripristino dei danni sono in fase avanzata se non in via di ultimazione quasi ovunque. Poi ci sono gli interventi strutturali, ma per questo sono necessari tempi lunghi.

Serve un’azione politica ad ampio raggio per contrastare problemi idrogeologici che il nostro territorio accusa non da oggi. Anche dopo l’alluvione del 1966 la questione idraulica è stata ignorata. In 10 anni avremmo bisogno di oltre 2,5 miliardi di euro tra manutenzioni e interventi, come hanno calcolato gli esperti coordinati dal profes- VENEZIA 2011 • DOSSIER • 135

RISCHIO IDROGEOLOGICO

sor Luigi D’Alpaos dell’Uni- mità. Siete convinti che versità degli Studi di Padova».

Tiene banco anche il tema delle polizze assicurative anti-alluvione, si rincorrono voci su alcune società di assicurazione disponibili. Come stanno le cose?

«La politica tutta deve decidere anche sul fronte delle assicurazioni anti-alluvione. Noi abbiamo bisogno di polizze obbligatorie. Dobbiamo capire, in merito, quanto può mettere lo Stato e quanto dovrebbero mettere i cittadini.

La discussione è avviata a livello nazionale da anni, ma quando si entra nel campo delle cifre importanti diventa dura procedere. Da parte nostra continuiamo ad auspicare la massima attenzione possibile e seguiamo la vicenda».

Si è parlato molto, nei mesi dell’alluvione dell’autunno 2010, dello spirito di sacrificio e dell’impegno dei veneti di fronte alle cala-

136 • DOSSIER • VENEZIA 2011

dalle vostre parti questi drammi vengano affrontati con maggiore “sobrietà” rispetto ad altri territori?

«L’identità veneta? Cito solo un esempio: nei giorni immediatamente successivi all’alluvione dello scorso anno, Silvio Berlusconi e Umberto Bossi si recarono sul posto per una serie di sopralluoghi. Ebbene, io ero preoccupato perché i cittadini avevano già praticamente sgombrato tutto! Del resto, se lasci incrostare il fango poi diventa tutto più difficile. Sulla capacità dei nostri concittadini di affrontare anche le calamità naturali con dignità straordinaria non ci sono dubbi. Non dimentichiamo poi tutto lo staff di volontari che ha affiancato nei lavori il presidente della Regione Luca Zaia».

Nelle ore calde dell’alluvione lei è stato contestato anche da alcuni sindaci delle province interessate.

277 CANTIERI

Sono i cantieri aperti dall’inizio dell’emergenza in Veneto, di questi 202 sono già stati chiusi

2,7 mld FONDI

Sono le risorse, attualmente non disponibili, che secondo il piano D’AlpaosCasarin servono per realizzare le opere necessarie a mettere in sicurezza l’intero Veneto

Cosa pensa ritornando a quei momenti?

«Il tempo è galantuomo.

Con diversi sindaci ci sono state cose da ridere ma più che altro malintesi, frutto soprattutto dell’esposizione mediatica. Il sindaco di Vicenza ci aveva criticato sui tempi degli interventi di emergenza, lo capisco come capisco altri perché tutti, nel nostro ruolo di amministratori pubblici, siamo autorità di protezione civile. In questo senso, forse, qualche collega si è fatto trovare un po’ impreparato. In ogni caso, le denunce che avevamo ricevuto sono tutte cadute, la magistratura dopo le opportune verifiche ha ritenuto tutto infondato».

RISCHIO IDROGEOLOGICO

Pericolo alluvioni, vietato abbassare la guardia A poco più di un anno dall’alluvione che ha colpito buona parte della regione, in Veneto sono 277 i cantieri aperti. «Le polizze?

Verifichiamo a tutto campo». Il punto del commissario Perla Stancari Luca Donigaglia

e piogge di inizio novembre hanno permesso una verifica operativa positiva dei lavori di somma urgenza realizzati dalla struttura commissariale dopo la disastrosa alluvione dell’anno scorso». Esprime così la sua soddisfazione il prefetto di Verona, Perla Stancari, che ha preso il posto del governatore Zaia come commissario per il superamento dell’emergenza alluvione in Veneto. Dopo la paura dello scorso anno, oggi il Veneto può sorridere ma non abbassare la guardia perchè, spiega ancora il commissario, «la situazione rimane delicata, non esiste il rischio zero».

Come procede in Veneto il lavoro di ricostruzione portato avanti dopo l’alluvione del 2010?

«Tutte le opere realizzate hanno tenuto bene e di grande efficienza si sono dimostrati gli interventi di innalzamento arginale e iniziative come la paratoia per difendere Soave dalle

«L

In apertura, Perla Stancari, prefetto di Verona e commissario per l’emergenza alluvione in Veneto

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acque del sistema Alpone. Si continua a lavorare per portare a termine tutti i 277 cantieri programmati, dei quali oltre 200 già conclusi, e per migliorare i sistemi di monitoraggio e allertamento».

Le precipitazioni di novembre hanno provocato nuovi allagamenti nel Trevigiano, una zona risparmiata dall’alluvione dello scorso anno. È la dimostrazione, una volta di più, dell’urgenza e della necessità di interventi di prevenzione del rischio idraulico? La Regione dispone del piano D’Alpaos-Casarin, che prevede interventi per 2,7 miliardi di euro complessivi: soldi che attualmente non ci sono. Che fare?

«Interveniamo per supportare il finanziamento delle prime iniziative già individuate a partire dal bacino di espansione di Trissino, per il quale pensiamo di attivare l’appalto integrato nella prima metà del prossimo anno. Cofinanzieremo l’opera con circa 10,5 milioni di euro

rispetto a un costo previsto complessivo di 44,65 milioni.

Questo intervento, per il quale c’è la progettazione definitiva, è finalizzato alla riduzione del rischio idraulico dei comuni della Bassa padovana nel bacino del fiume Bacchiglione, interessati dalle piene dell’Agno Guà, affluente del Gorzone. Il secondo intervento riguarderà il bacino di espansione di Caldogno (costo 41,5 milioni di euro, cofinanziamento commissariale di 19,5 milioni, ndr), il cui progetto ha già superato la Valutazione d’Impatto Ambientale e che dovrebbe essere appaltato a metà circa del 2012.

L’intervento è finalizzato alla riduzione del rischio idraulico dell’area metropolitana di Vicenza interessata dalle piene del torrente Timonchio che convergono sul Bacchiglione».

Finanzierete anche l’invaso sul torrente Lastego-Muson dei Sassi (10,8 milioni di euro su una spesa totale di 13,8), finalizzato alla riduzione del ri-

Perla Stancari

Tutte le opere realizzate hanno tenuto bene e di grande efficienza si sono dimostrati gli interventi di innalzamento arginale

schio idraulico dei comuni dell’Alta padovana. Il progetto definitivo dovrebbe essere pronto entro la fine dell’anno corrente e si pensa di appaltare i lavori nel 2012.

Nel frattempo il governo ha prorogato di un anno la gestione commissariale e si attende la pubblicazione.

«Questo ci consentirà, tra l’altro, di prorogare i termini per le presentazione della documentazione finale relativa ai contributi per il ristoro dei danni».

Per quanto riguarda l’informazione sulle previsioni meteo, come vi regolate?

«Il Centro funzionale decentrato della Protezione Civile regionale redige costantemente appositi bollettini, aggiornati ogni sei ore in caso di periodi di

maltempo piuttosto lunghi come in questi giorni. I bollettini sono finalizzati ad attivare il sistema di allertamento, vengono spediti a Comuni, Province e a tutte le strutture della Protezione Civile, sono reperibili nel sito web della Regione».

Tiene sempre banco la questione delle polizze assicurative anti-alluvioni. Nonostante varie voci, al momento nessuna compagnia sarebbe disponibile ad offrirle. È così?

«Il mio predecessore, il presidente della Regione Luca Zaia, per primo, ha voluto inserire l’ipotesi assicurativa tra gli approfondimenti affidati al commissario dall’ordinanza 3.906 del presidente del Consiglio dei ministri, e ha aperto una strada ancora incompiuta, che

al momento si può sintetizzare come segue: sono state interpellate le maggiori compagnie assicuratrici operanti nel Veneto, la maggior parte delle quali non ha finora ancora risposto, mentre le altre hanno sostanzialmente detto che l’ipotesi in questione non era da loro prevista. Poiché, comunque, dalla ricognizione finora svolta un paio di compagnie hanno dato una qualche disponibilità a eventuali approfondimenti della questione e che il soggetto attuatore per la copertura assicurativa dei rischi da catastrofi naturali, Mario Martinuzzi, mi ha informato che intende sottopormi un pacchetto di proposte, intendo incontrare quanto prima assieme a lui i responsabili delle società di assicurazione operanti sul territorio regionale per avere una risposta diretta e verificare le eventuali strade percorribili».

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 139

RISORSE IDRICHE

Le autostrade dell’acqua Ottimizzare la distribuzione delle risorse idriche connettendo i sistemi esistenti. È in corso un processo di ristrutturazione degli acquedotti. Ne parla Pier Alessandro Mazzoni Luca Cavera

a Regione Veneto sta realizzando su tutto il territorio nuove dorsali e nuovi collegamenti acqueddottistici di grande portata, per offrire un servizio idrico più funzionale, affidabile e per avere un’acqua qualitativamente migliore a prezzi più bassi. L’interconnessione dei principali acquedotti esistenti, per mezzo di condotte di grande diametro che permettono di ridurre le perdite di carico, contribuirà a una più razionale ed ecosostenibile fruizione delle falde e delle risorgive venete, ottimizzando l’utilizzo delle risorse idropotabili alle quali fino a oggi si è attinto. A

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140 • DOSSIER • VENEZIA 2011

eseguire gli interventi sul campo è la società Veneto Acque, braccio operativo della Regione, che ha ottenuto la concessione per la progettazione, l’esecuzione e la gestione delle reti, delle strutture e delle opere connesse al servizio idrico integrato.

«Stiamo operando seguendo quanto previsto dallo Schema Acquedottistico del Veneto Centrale (Savec)» spiega Pier Alessandro Mazzoni, amministratore delegato della società.

«L’applicazione del Savec – che comprende principalmente le province di Padova, Venezia e Rovigo e ha l’obiettivo di servire un bacino di utenti pari a circa 1,2 mln di abitanti – contribuirà al miglioramento della gestione del sistema idrico potabile».

In che modo state lavorando per ottimizzare le risorse idriche?

«Stiamo realizzando un sistema di adduzione “a rete” attraverso la realizzazione di nuove grandi condotte e la loro interconnessione con quelle esistenti, in un unico schema degli acquedotti

principali esistenti nell’area del Veneto centrale che garantisce la continuità di fornitura della risorsa idropotabile in termini quantitativi e qualitativi per dare un servizio efficiente ed affidabile, grazie alla funzionalità di tipo reticolare. Ciò avrà l’effetto di massimizzare l’utilizzo delle acque della falda pedemontana e di ridurre gradualmente l’utilizzo delle risorse idriche fluviali. Le acque di falda sono di buona qualità e non necessitano di particolari trattamenti per raggiungere la potabilità. Al contrario, attualmente, le acque prelevate dai corsi d’acqua superficiali sono soggette a costosi processi di potabilizzazione per far fronte ad una qualità dell’acqua sempre più compromessa dall’inquinamento fluviale».

Qual è stata la logica di progettazione del Savec?

«Il Veneto ha disponibilità idriche molteplici, ma la loro distribuzione non è omogenea sul territorio. Per questa ragione, per usufruire in maniera uniforme delle risorse, è stato ne-

Pier Alessandro Mazzoni

c

La logica della pianificazione acquedottistica avanzata è operare su vaste aree garantendo l’approvvigionamento della risorsa mediante sistemi di veicolazione “a rete” in sostituzione di quelli classici “ad albero”

d

In alto, Pier Alessandro Mazzoni, amministratore delegato della società Veneto Acque Spa di Venezia www.venetoacque.it

cessario progettare degli impianti di grande distribuzione.

Questi possono essere paragonati a delle autostrade dell’acqua, che permettono di portare la risorsa in maniera ottimale e omogenea in tutta la regione. Inoltre lo schema risponde ai moderni criteri di ecosostenibilità, perché contiene i costi ed è calibrato al fabbisogno effettivo. Conseguenza di questo progetto è stata la volontà della Regione Veneto di programmare un Modello Strutturale Degli Acquedotti Del Veneto (Mosav)».

Può riassumere i principi del Mosav?

«Il modello strutturale riassume gli schemi di massima delle

principali strutture acquedottistiche necessarie ad assicurare il corretto approvvigionamento idropotabile nell’intero territorio regionale. E inoltre i criteri e i metodi per la salvaguardia delle risorse idriche, la protezione e la ricarica delle falde. Il progetto offre gli strumenti per razionalizzare i sistemi idrosanitari veneti (acquedotti e depurazioni) con chiari obiettivi di funzionalità e di economia, ma anche di sicurezza dei relativi servizi».

Invece quali sono gli obiettivi?

«L’obiettivo prioritario del Mosav è la distribuzione omogenea nel territorio regionale della risorsa idropotabile di buona

qualità, mediante il collegamento delle aree pedemontane ricche d’acqua con ottime caratteristiche organolettiche, con le aree del basso Veneto che devono ricorrere alla potabilizzazione di acqua fluviale per la quale, come già detto, sono necessari costosi trattamenti per la potabilizzazione.

Con la costruzione delle nuove dorsali e l’interconnessione delle medie e grandi condotte, si potranno così razionalizzare le attuali fonti di approvvigionamento e arrivare a un risparmio di risorse che sarà di almeno il 15%. Con questa operazione il sistema acquedottistico di grande distribuzione veneto diventerà di tipo reticolare, migliorando concretamente l’affidabilità del servizio. È proprio questa la logica che sta utilizzando la pianificazione acquedottistica avanzata: operare su vaste aree garantendo l’approvvigionamento della risorsa mediante sistemi di veicolazione “a rete” in sostituzione di quelli classici “ad albero”. Come suggerisce il nome, l’idea moderna di acquedotto è quella di un sistema efficiente perché interconnesso».

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 141

ACQUA POTABILE

L’acqua del rubinetto è buona e sicura Contrariamente a quanto ritengono molti, l’acqua potabile è spesso di qualità uguale o superiore a quella minerale. Maurizio Malizia racconta le iniziative per accrescere la cultura e potenziare le infrastrutture a favore di questa importante risorsa Amedeo Longhi

osta di meno, non provoca l’immissione nell’ambiente di enormi volumi di rifiuti da imballo difficili da smaltire, è sottoposta a controlli severi e costanti che ne garantiscono la qualità e la salubrità. Sono questi i principali vantaggi

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dell’acqua potabile rispetto a quella minerale imbottigliata, le caratteristiche che, come sostiene Maurizio Malizia, «dovrebbero smentire la comune credenza secondo cui l’acqua minerale è più buona e più sicura».

Malizia è il presidente dell’Asi Spa, la società che cura la ge-

stione del Servizio Idrico Integrato, la produzione e distribuzione di acqua potabile e il collettamento e trattamento dell’acqua reflua per nove comuni della provincia di Venezia e due della provincia di Treviso. «Spesso sotto accusa finiscono sostanze naturalmente presenti

Maurizio Malizia

c

L’acqua distribuita dall’Asi, così come quella fornita dalle aziende acquedottistiche in generale, è di buona qualità e non richiede ulteriori trattamenti per essere bevuta

Maurizio Malizia, presidente della Asi Spa di San Donà del Piave (VE) www.asibassopiave.it

nell’acqua e necessarie all’organismo, come sodio, calcio e magnesio. La concentrazione di questi elementi nell’acqua potabile rientra ampiamente nei termini stabiliti dalla legge ed è monitorata attraverso un’intensa attività di controllo sia attraverso esami analitici di laboratorio sia con l’ausilio di strumentazione posizionata in punti significativi dei cicli produt-

tivi e di trattamento». Questa affermazione è supportata da una statistica che evidenzia i dati delle acque minerali in commercio e dell’acqua distribuita dall’Asi in relazione a diversi parametri quali pH, residuo fisso o conducibilità siano quasi perfettamente sovrapponibili. «A questo proposito – prosegue Malizia – tengo a ribadire che l’acqua distribuita dall’Asi, così come quella fornita dalle aziende acquedottistiche in generale, è di buona qualità e non richiede ulteriori trattamenti per essere bevuta. Per risolvere piccoli problemi come odori e sapori da cloro esistono comunque soluzioni semplici ed efficaci, che possono essere eventualmente attuate tenendo però sempre presente il fatto che l’acqua potabile è già buona e sana nel momento in cui sgorga dai nostri rubinetti».

Per rispondere al meglio alle esigenze della comunità, alla quale offre un servizio di importanza basilare, l’Asi ha recentemente operato un investimento considerevole: «Abbiamo stanziato circa cinque milioni di euro – spiega Malizia – per le opere

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di prossima realizzazione che interesseranno i comuni di San Donà, Torre di Mosto, Musile, Jesolo e Caorle. I lavori riguarderanno il rifacimento di una parte delle condotte idriche esistenti e la realizzazione di nuove condotte di acquedotto, interventi alle condotte fognarie, opere di ampliamento a fognature nere con relativi allacciamenti ai depuratori principali. In questo modo ci sarà un miglioramento del trattamento di depurazione che si tradurrà in un beneficio ambientale significativo».

Sempre allo scopo di favorire la fruizione di questa fondamentale risorsa, lo scorso settembre Asi ha deliberato una sensibile riduzione dei costi per gli interventi fatti dall’azienda sulla rete di acquedotto che prevedono un contributo da parte degli utenti. «In particolare – precisa Malizia – ci sarà una diminuzione dei costi di allacciamento, cioè di quel contributo che l’azienda chiede, in base al Regolamento per la somministrazione dell’acqua potabile, per il collegamento degli impianti privati alla rete pubVENEZIA 2011 • DOSSIER • 143

ACQUA POTABILE

La struttura di Asi L’Azienda Servizi Integrati opera su un territorio che copre undici Comuni fra la provincie di Venezia e Treviso, per circa 590 chilometri quadrati complessivi. La popolazione servita è di 130.000 abitanti che d’estate, con le presenze turistiche, raddoppia. In tutte le utenze gestite da Asi sono 60.000, con una quantità di acqua potabile fornita di 20 milioni di metri cubi e altrettanti di acqua reflua depurata. Cinque sedi distribuite fra San Donà del Piave, Caorle e Jesolo assicurano una copertura capillare dell’area. La produzione e la distribuzione dell’acqua potabile sono garantite tramite: due campi pozzi situati sulle rive del Piave e due impianti di potabilizzazione da acqua di superficie situati sui fiumi Sile e Livenza, oltre a quattordici impianti di accumulo e pompaggio dell’acqua potabile da distribuire.

La raccolta e la depurazione dell’acqua reflua sono garantite da una rete fognaria che misura complessivamente circa 700 chilometri, centocinquanta impianti di sollevamento reflui fognari e ventotto impianti di depurazione.

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blica. Tale riduzione andrà dal 15% al 20% a seconda delle diverse tipologie di allacciamento».

L’impegno di Asi nella tutela del territorio e delle sue risorse è testimoniato anche dalle iniziative di carattere divulgativo: «Lo scorso ottobre – racconta in proposito Malizia – abbiamo organizzato un convegno sul tema “Disinfestazione delle acque di scarico e salvaguardia ambientale: una nuova prospettiva”. L’obiettivo della giornata è stato quello di affrontare alcune problematiche relative all’applicazione della disinfezione delle acque

reflue depurate, soprattutto in relazione alle implicazioni tecnico-gestionali e alle ricadute ambientali dei sistemi oggi a disposizione. È stata fatta una presentazione e un’analisi comparata delle esperienze italiane, francesi e spagnole del nuovo sistema ad acido performico in relazione agli obiettivi più ambiziosi di protezione della balneazione e del riuso irriguo.

Si è inoltre parlato del progressivo orientamento all’abbandono dell’uso del cloro, tecnologia che, se circostanziata, potrebbe più favorire che contrastare obiettivi di qualità ambientale».

INFRASTRUTTURE

Nuove linee di comunicazione Non solo Pedemontana: il Veneto guarda a un nodo intermodale all’aeroporto “Marco Polo”, oltre che alle tratte ferroviarie dell’Alta velocità, come spiega l’assessore regionale a Infrastrutture e Trasporti, Renato Chisso Riccardo Casini

edemontana veneta, si parte: l’unica superstrada italiana a pedaggio che collegherà Montecchio Maggiore (Vi) a Spresiano (Tv), interconnettendosi a tre autostrade (A4, A31 e A27) per una lunghezza complessiva di quasi 95mila chilometri, ha visto lo scorso 10 novembre la posa della prima pietra. È l’occasione per fare il punto sui lavori in regione con Renato Chisso, assessore alle Infrastrutture del Veneto e protagonista anche della sottoscrizione, con il commissario straordinario e le organizzazioni regionali agricole, dell’accordo quadro sugli espropri che servono per la realizzazione della superstrada stessa. «L’accordo – spiega oggi – è stato firmato con tutte le organizzazioni professionali agricole del Veneto e perfeziona un precedente accordo, alla luce della sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimo il valore agricolo medio che avevamo allora utilizzato come criterio base di riferimento».

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Nella pagina a fianco, Renato Chisso, assessore regionale a Infrastrutture e Trasporti, e il tracciato della Superstrada pedemontana veneta.

Nella pagina seguente, un’immagine della cerimonia di avvio dei lavori

146 • DOSSIER • VENEZIA 2011

Quali sono gli obiettivi dell’accordo?

«Lo scopo è dare un valore adeguato agli espropri sia dal punto di vista patrimoniale sia da quello “affettivo”: pensiamo ad esempio a chi svolge su questi terreni un’attività tramandata di generazione in generazione. Ringrazio pertanto le organizzazioni professionali, che hanno contribuito con grande senso di responsabilità a stemperare tensioni e a trovare i punti di equilibrio, favorendo il riconoscimento di un giusto indennizzo agli imprenditori agricoli, che voglio ringraziare di cuore. Vogliamo realizzare la Superstrada con la pace sociale, che non riguarda quelli che gridano di più, ma coloro che sopportano il peso vero dell’intervento, cioè chi ha la terra e la lavora».

Dopo la cerimonia di apertura dei cantieri, quali sono ora le tempistiche di realizzazione previste?

«La superstrada pedemontana veneta sarà pronta in 5 anni. Io però sono convinto che probabilmente verrà terminata prima

e che sarà comunque aperta per tratti funzionali. Il motivo di questo ottimismo è semplice: finché non verrà aperta al traffico, tutta o in parte, il concessionario non potrà rifarsi dei soldi investiti per la realizzazione ed è dunque un suo interesse accelerare il più possibile i tempi d’intervento. Questo tra l’altro è il più grande intervento in finanza di progetto d’Italia e tra i maggiori d’Europa, con una spesa prevista di 2 miliardi e 130 milioni di euro, dei quali solo 173 milioni a carico dell’erario pubblico. E si tratta di un’arteria strategica a servizio di un’area che è tra le più preziose e industrializzate d’Italia e nello stesso tempo tra le più critiche dal punto di vista infrastrutturale».

Recentemente è stato presentato anche il masterplan del nodo intermodale dell’aeroporto “Marco Polo”, il cui studio di fattibilità è stato cofinanziato dal programma europeo Ten-T. Quali sono le sue linee guida?

«Il masterplan intermodale del “Marco Polo” è stato predispo-

Renato Chisso

sto e presentato dalla Save, la società che gestisce l’aeroporto veneziano, ma ovviamente la Regione è ampiamente coinvolta nella programmazione del sistema infrastrutturale che serve per dare corpo a questa iniziativa, che crea un nodo intermodale che definirei “perfetto” in un’area strategica per l’Europa e il nostro Paese. In questo caso nodo intermodale significa fare dell’aeroporto il punto di snodo e d'incontro tra modalità di trasporto che utilizzano aria, acqua, gomma

e ferro. Per noi vuol dire avere a Venezia – Tessera il terzo scalo aereo nazionale e con collegamenti intercontinentali, una stazione dell’alta capacità/alta velocità ferroviaria, una stazione per il sistema metropolitano ferroviario regionale, un molo per il trasporto acqueo, l’attestamento di un collegamento autostradale che si congiunge con l’itinerario EstOvest e il capolinea della futura sub lagunare».

Quali prospettive garantirebbe al Veneto questo

Non è facile essere amministratori in un paese che ha bisogno di un commissario per facilitare la realizzazione di opere

progetto?

«Significherebbe migliore mobilità, migliori collegamenti, maggiore sicurezza, investimenti per un miliardo di euro e migliaia di posti di lavoro con minore impatto sul territorio di quanto non ne abbia un sistema disordinato e che si sovrappone negli anni senza una logica unitaria».

A proposito di intermodalità, la giunta ha approvato la VENEZIA 2011 • DOSSIER • 147

INFRASTRUTTURE

convenzione per la redazione l’individuazione di una solu- ritari per il Veneto? dello studio di fattibilità dei collegamenti ferroviari e viari della stazione alta velocità di Vicenza Ovest, all’interno di un progetto di tratta Verona-Padova già approvato dal Cipe. Come procedono invece i lavori per la Venezia-Trieste dopo la nomina del commissario straordinario Mainardi?

«Non è facile vivere ed essere amministratori in un paese che ha bisogno di un commissario per facilitare la realizzazione di opere strategiche come appunto la Venezia-Trieste: il commissario è uno strumento contro l’ordinaria e la straordinaria burocrazia di un paese che spende più in progettazioni continue che in realizzazioni, dove tutti o quasi dicono di volere un’opera, purché un po’ diversa da come risulterebbe. Fatta questa premessa, il commissario Mainardi sta egregiamente operando per

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zione di tracciato capace di mettere nel migliore equilibrio possibile le esigenze che si fronteggiano sul territorio a fronte di un’opera sulla cui utilità sono tutti d’accordo».

Cosa significa in concreto?

«Questo si tradurrà a breve nella possibilità di comparare il progetto di massima messo a punto da Italfer con una nuova ipotesi che vede i nuovi binari in affiancamento alla linea storica, senza però pesare sui centri abitati esistenti attorno alle stazioni ferroviarie esistenti. La comparazione dovrà riguardare costi, funzionalità, effetti sul territorio ed è la premessa per individuare la soluzione più condivisa possibile».

La giunta regionale ha istituito nel mese di ottobre la Cabina di regia della logistica, uno strumento di coordinamento tra gli attori del territorio. Quali saranno ora i suoi primi passi? Quali sono oggi gli interventi prio-

«Abbiamo creato un organismo di coordinamento con l’obiettivo di definire le nuove politiche per il rilancio dell’intermodalità e il miglioramento dell’accessibilità agli interporti, di fronte agli scenari futuri di un sistema infrastrutturale e produttivo regionale in evoluzione. Stiamo andando verso il porto offshore, verso il nodo intermodale di Tessera, verso un utilizzo sempre più forte e razionale delle piastre logistiche di Padova, Rovigo e Verona, verso la concretizzazione dei corridoi europei e così via. Dobbiamo ottimizzare la nostra capacità di risposta, e la Cabina di regia della logistica vuole essere una struttura operativa che mette assieme le società interportuali (Verona, Padova, Venezia, Rovigo e Portogruaro) e i porti di Venezia e Chioggia, con la possibilità di allargare la presenza alle categorie interessate e agli stakeholders».

LOGISTICA E TRASPORTI

Il made in Italy chiede un rilancio dell’export Le norme che regolano i traffici doganali sono diventate più rigide. Pesano sul lavoro degli operatori e sul rilancio del made in Italy. Lorenzo Zanatta affronta il tema, considerando anche i benefici che potrebbero derivare dal Piano nazionale della logistica Valerio Germanico

l contrasto alle frodi e alle iniziative illecite ha fatto crescere a dismisura le incombenze documentali per gli operatori del comparto doganale. Che inoltre devono costantemente adeguarsi alle frequenti modifiche normative della Comunità Europea. L’ultima novità è entrata in vigore il 12 settembre scorso e impone a tutti gli operatori che usufruiscono del deposito Iva per le merci importate di pagare subito i diritti doganali o in alternativa prestare una fideiussione – mentre in precedenza il pagamento veniva rinviato al mo-

I Lorenzo Zanatta, presidente della Doge International Srl di Marghera (VE) www.dogeinternational.it

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mento dell’estrazione delle merci dal deposito. «Questa norma rischia di mandare fuori mercato gli scali italiani a favore di altri porti europei che godono di condizioni fiscali più favorevoli». È questo il commento di Lorenzo Zanatta, operatore del settore import/export e presidente della società Doge International. Che aggiunge: «Norme come questa non possono essere le premesse per uscire in tempi brevi dalla crisi dell’economia italiana, che ha bisogno di rilanciare l’export del made in Italy».

Quali sono gli obiettivi strategici delle società di logistica con base nell’Alto Adriatico e a Venezia in particolare?

«La nostra è una posizione privilegiata per i traffici fra Medio ed Estremo Oriente e l’Europa. Questa posizione potrebbe però essere migliorata con la creazione di infrastrutture, all’interno del territorio demaniale, che permettano di migliorare i processi di gestione e trasporto

delle merci. Come lo sportello unico doganale, nuovi terminal ferroviari e marittimi, sistemi informatici per la tracciabilità dei veicoli, insomma, le opere previste dal Piano nazionale della logistica. Il tutto con una maggiore autonomia delle autorità portuali, in modo che abbiano il potere di intervenire immediatamente nella risoluzione dei problemi locali».

A che punto si trovano l’Italia e Venezia rispetto a questi obiettivi?

«Certamente non siamo in una situazione paragonabile a quella dei porti del Nord Europa, in cui questi strumenti sono già operativi e la differenza fra noi e loro è facilmente riassumibile nei volumi di traffico, anche dieci volte maggiori dei nostri. A Venezia c’è il progetto del porto d’Altura, un terminal fuori dalle bocche di porto, che consentirebbe alle navi container di risparmiare tempo nelle operazioni di sbarco, evitando di rimanere in rada a volte anche per più giorni».

Lorenzo Zanatta

Tutta la nostra logistica si svolge a Venezia, anche se abbiamo connessioni, tramite i nostri agenti, con tutti i principali porti italiani Come si colloca la vostra realtà all’interno dello scalo veneziano?

«Non siamo certamente la società più grande di Venezia, ma svolgiamo una discreta quantità di spedizioni, operazioni doganali, logistica delle merci e altri servizi di trasporto. Siamo un’azienda molto giovane, tuttavia lo staff è fatto di persone di lunga esperienza, provenienti dalle più antiche aziende che operano nel settore marittimo. In 16 anni abbiamo raggiunto dimensioni medie: siamo grandi abbastanza da riuscire a essere competitivi sulle tariffe e sui servizi, però ancora abbastanza piccoli per seguire da vicino tutti i problemi dei nostri partner».

Quali sono le località, nazionali ed estere, con le quali avete maggiori relazioni di

traffico?

«Tutta la nostra logistica si svolge a Venezia, anche se abbiamo connessioni, tramite i nostri agenti, con tutti i principali porti italiani – come Trieste, Ravenna, Taranto, Palermo, Napoli, Livorno, Genova. Per quel che riguarda la containerizzazione e la spedizione, qui a Venezia confluiscono merci provenienti da Francia, Olanda, Polonia, Austria, che poi esportiamo in tutto il mondo. Al contrario, l’import, per il 90%, proviene dal bacino dell’Estremo Oriente – Cina, Pakistan, India, Taiwan, Filippine».

Che tipo di servizi di trasporto offrite?

«Per quanto riguarda l’import, effettuiamo il trasporto marittimo di carichi Lcl (Less than Container Load) e Fcl (Full Container Load). Per l’export

siamo in grado di organizzare tutte le fasi di spedizione per qualsiasi destinazione in tutto il mondo. Forniamo i servizi di Fcl container, groupage, carghi convenzionali, carghi roll on/roll off, carghi oversize.

Inoltre curiamo la gestione di tutte le problematiche legate a dichiarazioni, documenti e certificati, compreso l’Eur1» Può spiegare cos’è l’Eur1?

«L’Eur1 è il documento – rilasciato dalla dogana – che attesta l’origine comunitaria delle merci destinate ai Paesi esterni alla Comunità Europea che però godono di accordi preferenziali sui dazi. Fra questi vi sono Svizzera, Islanda, Norvegia, Turchia, Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Marocco, Siria e Tunisia.

L’Eur1 permette di non pagare dazi all’importazione o di pagarli in misura ridotta. Per le spedizioni fino a 6 mila euro, può essere sostituito da una semplice dichiarazione su fattura, invece, per gli importi maggiori è necessario che a operare sia una ditta con lo status di Aeo (Operatore Economico Autorizzato)».

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 151

TRASPORTI

Criticità e prospettive nel settore trasporti La sfida odierna del settore dell’autotrasporto riguarda la crescita sia dei volumi trasportati che della qualità del servizio. E tutto questo nonostante il difficile periodo economico e il pesante aumento dei costi.

A parlarne è Arduino Bortoluzzi Emanuela Caruso

onostante il peso della crisi economica scoppiata in Italia nel 2008 stia cominciando ad alleggerirsi, la situazione del settore dell’autotrasporto non è però migliorata. In quest’ultimo anno, è stato calcolato che a dover chiudere siano state ben 16mila imprese di autotrasporto, penalizzate e schiacciate in particolar modo dall’aumento dei costi da sostenere.

L’economia interna di queste società deve infatti affrontare gli ingenti oneri finanziari, insostenibili anche a causa della

N Logistica e Trasporti Bortoluzzi Srl ha sede a Fossalta di Piave (VE) www.bortoluzzisrl.com

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difficoltà d’accesso al credito per le piccole-medie aziende, l’incremento vertiginoso del prezzo del carburante, maggiorato del 25% rispetto a quello del 2010, e la necessità della messa in sicurezza dei vari impianti, scelta obbligata se si vuole raggiungere la competitività ideale a rimanere nel mercato. E se il Sud Italia è la zona dove le cose vanno peggio, in quanto non ci sono controlli adeguati e neanche le misure economiche studiate apposta per il mezzogiorno sembrano funzionare, molte aziende del Nord Italia si sono invece allineate ai parametri stabiliti dalla legge in merito ai prezzi proporzionati, consolidando le proprie realtà. Tra queste la veneziana Logistica e Trasporti Bortoluzzi. «Siamo presenti nel settore degli autotrasporti da quarant’anni – spiega Arduino Bortoluzzi, titolare dell’impresa – ed effettuiamo tanto carichi completi quanto groupage e piccole spedizioni ordinate da diversi committenti in tutto il

territorio nazionale. Da subito abbiamo inoltre capito come fosse indispensabile per sopravvivere alle oscillazioni del mercato diversificare l’attività, indirizzando i nostri servizi verso più settori merceologici.

Essendo il Nord Est noto per le tante realtà produttrici di componenti per mobili, da principio ci siamo buttati sul trasporto di componenti d’arredo, dai telai per le porte alle finestre, dai mobili ai pavimenti, per poi espandere il nostro interesse anche al settore alimentare, per cui trasportiamo vino, biscotti e tutti gli altri articoli che non richiedono una temperatura controllata».

In quanto piccola-media impresa, la Bortoluzzi ha ben presto imparato a monitorare in maniera costante e attenta i costi e a evitare gli sprechi, raggiungendo una buona posizione sul mercato e un buon livello di competitività, anche in periodi non felici, puntando sul servizio. «Per servizio ottimale, noi della Bortoluzzi, in-

Arduino Bortoluzzi

A rendere difficoltoso il lavoro delle imprese autotrasportatrici non sono solo gli elevati costi del carburante e le onerose operazioni di ammodernamento degli impianti, ma anche la lenta burocrazia tendiamo un personale formato, addestrato e professionale, capace di capire e soddisfare ogni esigenza del cliente; la conformità alle leggi e normative emanate, come nel caso del regolamento 561/2006 volto al miglioramento delle condizioni di lavoro e della sicurezza stradale, per cui tutto il personale aderisce ai corsi di formazione e aggiornamento; la possibilità di investire sui mezzi a disposizione; e la capacità di occuparsi non solo del trasporto ma anche dello stoccaggio della merce e del con-

trollo sulle spedizioni».

Tutti questi servizi sono assicurati da una buona organizzazione interna e da un ben fornito parco macchine. «La nostra sede – continua Arduino Bortoluzzi – si trova a Fossalta di Piave e può contare anche su un ampio deposito di circa 4000 metri quadrati in cui carichiamo e scarichiamo i prodotti, l’insieme di tutte le nostre potenzialità ha permesso e permette tuttora all’azienda di godere della stima dei clienti e collaboratori. Proprio perché mi occupo perso-

nalmente di tutto, facendo milioni di sacrifici e delegando il minimo indispensabile, sono riuscito ad ottenere credibilità e soddisfazioni».

Uno dei problemi di cui però la Logistica e Trasporti Bortoluzzi continua a risentire, come d’altronde la maggior parte delle aziende italiane, è la complessità burocratica a cui bisogna far fronte per ogni ordine acquisito. «Purtroppo a impedire alle società italiane di svolgere il proprio compito con linearità e tranquillità è la burocrazia, che prevede iter lunghi, colmi di documenti da compilare e presentare e soprattutto lenti. Questo è un aspetto che infierisce molto sulla già poco rosea situazione del mercato dell’autotrasporto e che se fosse semplificato, rimedierebbe a tanti problemi che le imprese del settore si trovano a dover fronteggiare».

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 153

TRASPORTI

Trasporto pubblico, serve un’inversione di rotta Tra i settori che più hanno risentito dei tagli alle risorse, spicca quello del trasporto pubblico, con i comparti ad esso correlati. Marcello Panettoni auspica una profonda inversione di rotta che sappia valorizzare un settore dalle grandi potenzialità Eugenia Campo di Costa

154 • DOSSIER • VENEZIA 2011

Marcello Panettoni

on le ultime manovre di finanza pubblica, il settore del trasporto pubblico locale è stretto nella morsa dei tagli alle risorse. Tagli che risultano devastanti perché si sommano a una situazione di carenza economica strutturale.

Nel 2011, nonostante gli accordi Stato/Regioni, mancano ancora all’appello 1,7 miliardi di euro. Sul fronte degli investimenti per l’acquisto di mezzi di trasporto e sicurezza ferroviaria sono stati tagliati 300 milioni di euro, poi recuperati ma - per il momento - solo sulla carta. E per quanto riguarda il 2012 ad ora non ci sono certezze. Ma quali conseguenze hanno questi tagli sul settore dei trasporti e sui comparti correlati? «Oltre agli ovvi tagli ai servizi, già in corso, che comportano una riduzione e riorganizzazione locale di linee orari e abitudini dei cittadini, sarà coinvolto anche l’indotto - afferma Marcello Panettoni, Presidente di Actv spa, l’azienda del trasporto pubblico veneziano, e Presidente di Asstra (Associazione delle aziende del comparto)-. Per avere un’idea degli effetti negativi di questi tagli, basta pensare che la sola grande fabbrica italiana di autobus sta chiudendo i battenti e che l’intero comparto dei servizi di trasporto pubblico locale, che fa muovere ogni giorno 15 milioni di persone sul territorio e che dà lavoro ad oltre 116.000 persone, è a rischio di estinzione parziale. Inoltre, i servizi che rimarranno in piedi, a partire dal 2012, costeranno

C

molto di più ai cittadini».

Un quadro allarmante, che necessita una brusca inversione di rotta, da parte della politica, nei confronti del trasporto pubblico locale, settore sul quale si regge l’equilibrio economico, sociale e ambientale dei centri urbani e delle comunità locali. «È assurdo che non si sia mai puntato su questo settore come naturale volano di sviluppo – continua Panettoni -. La grande sfida di questi giorni, rivolta a tutti, è far ripartire l’Italia, ma non è certo lasciando a piedi le città, senza mezzi pubblici o con pochi mezzi e obsoleti, che ci riusciremo».

Di recente, Actv ha preso parte alla riunione, tenutasi a Venezia, con le altre associate Uitp – International Association of Public Transport. I principali player del trasporto pubblico locale del mondo si sono riuniti a Venezia con l’obiettivo condiviso di fare del trasporto pubblico uno stile di vita funzionale alle nuove esigenze dei cittadini. Ne è emerso un traguardo importante, quello di raddoppiare i passeggeri del trasporto pubblico mondiale entro il 2025.

«Potrebbe sembrare un obiettivo ambizioso, quasi utopistico – afferma Panettoni - ma oggi è quanto mai necessario se si vuole contribuire fattivamente alle politiche di riduzione dell’inquinamento e del consumo immotivato dello spazio».

Per raggiungere questo obiettivo, secondo Panettoni, è innanzi tutto necessaria una chiara scelta politica relativa al modello di sviluppo del paese e conseguentemente un’indica-

zione precisa sul modello di mobilità che si vuole privilegiare per le nostre città. «Sulla base di queste scelte, che noi auspichiamo fortemente, tutte le aziende del trasporto pubblico devono mettere in campo ogni sforzo per aumentare la rete di servizi e per favorire con essa il risparmio energetico». È necessario pertanto che, a livello sia nazionale che locale, si sviluppi un grande progetto industriale per il settore del trasporto pubblico e il servizio che esso offre ai cittadini. «Tale progetto – continua il Presidente deve accrescere l’efficienza e l’economicità di gestione attraverso processi di liberalizzazione secondo il modello proposto dal regolamento europeo, favorire il sorgere di grandi gruppi nazionali che superino la frammentazione e il localismo delle aziende di trasporto.

Ci vuole una nuova politica industriale che ridefinisca il patto tra imprese e mondo del lavoro». In questo contesto va valorizzata appieno la funzione

Nelle immagini, alcuni mezzi della flotta della Actv di Venezia www.actv.it

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 155

TRASPORTI

che il trasporto pubblico locale può dare in materia ambientale.

Basti pensare, ad esempio, che un passeggero in auto consuma tra le 18 e le 20 volte in più rispetto a colui che usa i mezzi pubblici e l’inquinamento prodotto si attesta attorno al 1825% in più. «Due dati che impongono il potenziamento dei servizi, un obiettivo che invece pare lontano dalle logiche di molti governi europei che stanno drasticamente riducendo i finanziamenti gestionali, e in Italia anche infrastrutturali, destinati alle aziende di trasporto».

Il trasporto pubblico in Europa presenta caratteristiche complesse e sfaccettate. Fra i numerosi temi affrontati nelle sessioni

156 • DOSSIER • VENEZIA 2011

del convegno Uitp di Venezia, è emersa anche l’importanza delle tecnologie per la bigliettazione e sono state esposte le migliori case history di marketing territoriale. «Il primo tema – sottolinea il Presidente - riguarda molto da vicino l’Actv di Venezia: nel 2007, infatti, abbiamo introdotto il sistema Imob che consente, in una sola tessera elettronica contactelss, di accedere a molti servizi (anche extra trasporto pubblico) della città, una card unica per i residenti e per i turisti che ci consente di essere all’avanguardia e di fare scuola in tutto il mondo».

E proprio su Venezia si prospettano importanti novità.

«Anche nella nostra città si stanno facendo sentire i tagli.

Cerchiamo di fronteggiarli attraverso una riorganizzazione dei servizi di trasporto pubblico che intervengano razionalmente solo sulle corse e sui percorsi meno frequentati.

Dobbiamo necessariamente tenere conto delle esigenze tutte speciali di questa città, basti pensare ai collegamenti fondamentali con le isole e la necessità di avere corse sia nel settore navigazione che automobilistico per tutta la notte». Oltre che sulla riorganizzazione, Actv sta lavorando moltissimo anche sul marketing territoriale per relazionarsi con i 26 milioni di turisti che ogni anno visitano Venezia o i 500 mila abbonati che la scelgono. «La tessera Imob, le campagne di comunicazione mirate, un sistema di sms realizzato in collaborazione con il Ministero della Pubblica Amministrazione che avvisa in tempo reale gli utenti su cambiamenti di orari, scioperi o nuovi servizi attivi, sono solo alcuni esempi – conclude Panettoni -. Recentissima è stata la rinumerazione delle linee: dopo decenni abbiamo riordinato i numeri dei vaporetti e migliorato la comunicazione di approdo facilitando gli accessi agli imbarcaderi e la lettura di mappe e cartelli informativi. Un passo importante verso la necessaria considerazione dei passeggeri non più come utenti ma come clienti, uno sforzo che ci consentirà di migliorare il servizio aumentandone la percezione di efficienza e utilità».

MERCATO IMMOBILIARE

Una timida ripresa Il settore edile veneto, come quello italiano, sta attraversando una fase di passaggio che denota un’inversione alla tendenza negativa che aveva contraddistinto gli anni precedenti. Luigi Schiavo fa il quadro della situazione regionale Nicolò Mulas Marcello

La crisi economica è partita dagli Stati Uniti investendo innanzitutto il settore immobiliare. L’ondata di recessione si è poi riversata sul resto del globo interessando anche altri settori, ma il riflesso sul settore delle costruzioni non ha risparmiato neanche l’Italia. In Veneto la crisi si è sentita e ne sono un esempio il calo degli investimenti: «Le imprese – spiega Luigi Schiavo, presidente di Ance Veneto – hanno dovuto ripensare le proprie strategie alla luce dei cambiamenti del mercato, battendo la strada dell’innovazione e di nuove forme di organizzazione aziendale».

Qual è l’andamento delle costruzioni e del mercato immobiliare attualmente in Veneto?

«Il nostro settore continua a vivere una situazione di forte crisi.

Gli investimenti in nuove costruzioni sono ormai progressivamente in calo dal 2007. Nel 2011 la decrescita è stata meno accentuata (-2,4%) rispetto agli anni horribiles 2008 e 2009, quando la percentuale di diminuzione degli investimenti aveva toccato la doppia cifra. Tuttavia nemmeno quest’anno regi158 • DOSSIER • VENEZIA 2011

striamo il “segno più”, ovvero l’attesa inversione di tendenza. Il mercato delle costruzioni in Veneto sta attraverso una lunga fase di passaggio, segnata dalla crisi internazionale ma anche da un fisiologico processo di riposizionamento dopo un decennio di crescita sostenuta (1995-2005) superiore alla media del Paese.

Anche il mercato immobiliare è fermo. I prezzi rimangono stabili e si fa fatica a vendere, nonostante ci sia richiesta soprattutto dalle nuove famiglie e dai giovani lavoratori. La crisi del debito in Europa e le cautele delle banche hanno provocato una stretta nella concessioni dei mutui. Di recente, un’indagine pubblicata su tutti i giornali spiegava che, tra i giovani, su cento richiedenti, soltanto cinque riescono a ottenere un mutuo dalla propria banca. Questo provoca un disagio sociale, prima ancora che economico e di mercato».

Come sta cambiando il settore delle costruzioni?

«La crisi ha prodotto disastri.

Molte imprese storiche venete sono state costrette a chiudere.

Altre fanno salti mortali per stare sul mercato. Ogni crisi, tutta-

via, porta con sé anche qualcosa di buono. Le imprese hanno dovuto ripensare le proprie strategie alla luce dei cambiamenti del mercato, battendo la strada dell’innovazione e di nuove forme

A destra, Luigi Schiavo, presidente Ance Veneto

Luigi Schiavo

Gli investimenti in nuove costruzioni sono ormai progressivamente in calo dal 2007

di organizzazione aziendale.

Sono cresciute le aggregazioni e le reti di imprese. Si parla sempre più di edilizia green ed ecosostenibile, un ambito che può aprire nuove frontiere di mer-

cato, soprattutto se pensiamo al recupero dell’esistente. Gran parte del parco immobiliare esistente è stato realizzato tra il dopo-guerra e gli anni 80 e presenta standard energetici non

più soddisfacenti. Sono abitazioni che rischiano di finire fuori mercato perché non più appetibili per una clientela che ha maturato forte consapevolezza dei bisogni di qualità dell’abitare e di comfort. Dobbiamo ripensare le nostre città, rivitalizzandole nell’ottica della mobilità sociale, delle vivibilità, della FLESSIONE sicurezza e della qualità. Questa L’indice di flessione degli investimenti è la nuova sfida dell’Ance». in costruzioni in tutto Quali sono gli umori e le il 2010 aspettative degli imprenditori edili veneti?

«Sono preoccupati per una siOCCUPATI tuazione economica non facile.

Il numero dei posti Fanno sacrifici e salti mortali per di lavoro in meno nel settore edile resistere, in attesa dei primi spiin Veneto nel 2010 ragli della ripresa. Gli imprendisecondo i dati dell’Ance tori edili, come in generale l’imprenditoria di questa regione, non hanno mai preteso di avere sussidi pubblici né aiuti diretti, ma vorrebbero uno Stato più presente. Sarebbe corretto dire più “assente” in certi casi: mi riferisco a una burocrazia lenta e farraginosa, se non vessatoria, e ai ritardi ingiustificabili con cui gli enti pubblici pagano le imprese per opere o servizi già eseguiti, spesso per gli effetti perversi del Patto di stabilità locale.

Da tempo chiediamo leggi più

6%

23.000

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 159

MERCATO IMMOBILIARE

chiare in grado di abbattere le

procedure di autorizzazione, la regionalizzazione del Patto di stabilità per sbloccare risorse utili a nuovi investimenti e tempi di pagamento in linea con la nuova direttiva europea, che prevede tempi di liquidazione molto rapidi. Sono queste le nostre aspettative: essere messi nelle condizioni di lavorare nelle migliori condizioni».

Per quanto riguarda le opere pubbliche venete qual è la situazione e come si sta muovendo l’Ance?

«Il 10 novembre si è svolta la cerimonia di posa della prima pietra della Pedemontana Veneta.

Un’opera attesa da tempo e fondamentale nel quadro delle reti di trasporto regionale. L’opera verrà realizzata con il meccani-

160 • DOSSIER • VENEZIA 2011

Dopo la Pedemontana, bisogna procedere spediti sui progetti della Valdastico Nord, della Nogara Mare e della Romea commerciale

smo del project financing, uno strumento che sarà sempre più utilizzato per la realizzazione delle infrastrutture. Una cosa, infatti, è chiara: soldi pubblici per nuove opere non ce ne sono, almeno nel breve periodo, ma il Veneto ha un urgente bisogno di completare il suo quadro infrastrutturale. Stiamo studiando con la Regione un meccanismo che garantisca il coinvolgimento delle pmi nella realizzazione dei lavori in project. Dopo la Pedemontana, bisogna procedere spediti sui progetti della Valdastico Nord, della Nogara Mare e della Romea commerciale. Sul fronte

delle reti ferroviarie, Ance Veneto ha promosso insieme a Confindustria Veneto e alla Regione un tavolo permanente per studiare un partenariato pubblico-privato per il completamento della linea AV/AC Milano-Venezia-Trieste. Ci sono già degli interessanti esempi in Europa che potremmo mutuare. Nei prossimi mesi ne sapremo di più, ma una cosa è certa: le infrastrutture sono una condizione indispensabile per non perdere quote di competitività. E il Veneto non vuole perdere la sua vocazione a essere snodo fondamentale dei flussi internazionali».

Luca Segalin

Vendite immobiliari in flessione a Venezia Il mercato immobiliare a Venezia, alla luce della crisi economica, ha evidenziato un andamento anomalo per quanto riguarda le compravendite. Luca Segalin, presidente di Confedilizia Venezia, spiega quali sono le scelte degli acquirenti Nicolò Mulas Marcello enezia rappresenta circa il 17% di tutte le transazioni immobiliari della regione Veneto. Il maggior numero di transazioni immobiliari è effettuato nel comune di Venezia (32%), mentre il più attivo in termini relativi è il comune di Fiesso d'Artico con 243 annunci per mille abitanti. Il capoluogo veneto comunque non è stato esente dagli effetti della crisi economica. Dal punto di vista turistico, e quindi per quanto riguarda il mercato delle seconde case, lo scenario che si è presentato è decisamente anomalo: una parte considerevole del settore è poco mobile, mentre un’altra mostra segnali di maggiore dinamicità, ma senza evidenziare particolari fattori comuni nelle scelte. Gli istituti di credito continuano a mostrare disinteresse verso il prodotto turistico, arrivando a finanziare, sia in termini puri di concessione che in termini di quantità percentuale rispetto all’importo totale, soltanto il 60% dei richiedenti per un massimo del 50% del valore degli immobili.

Un mercato quindi altalenante in cui però secondo Luca Segalin, presidente di Confedilizia Venezia, per quanto riguarda le locazioni residenziali nel complesso rimane stabile, mentre per quanto riguarda gli affitti delle case adibite ad affitti turistici denota un trend positivo.

Qual è attualmente la situazione?

«Il mercato immobiliare veneziano sente anch’esso la crisi in corso accusando una mode-

V

rata flessione delle richieste accompagnata da una inevitabile flessione dei prezzi. Tuttavia determinati immobili con specifiche caratteristiche mantengono ancora standard elevati».

La crisi economica quindi ha modificato le scelte di acquirenti e venditori?

«Certamente sì, vieppiù per la contrazione degli istituti di credito nel rilascio dei mutui necessari».

Quali sono le zone della città più richieste dagli acquirenti?

«Le zone limitrofe a Piazzale Roma e Ferrovia, quali San Polo, Santa Croce, Cannaregio.

Anche alcune zone di Castello suscitano un certo interesse».

Per quanto riguarda gli affitti qual è attualmente la tendenza?

«Gli affitti delle case turistiche hanno un trend positivo mentre le locazioni residenziali si mantengono stabili».

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 161

EDILIZIA

L’edilizia richiede sempre più qualità Puntare alla qualità dei prodotti è ormai diventata un’esigenza, oltre che una scelta.

L'adattamento a questa condizione è dunque fondamentale per essere competitivi nel campo dei serramenti per l’edilizia. L’esperienza di Gianni Cassandro Lodovico Bevilacqua

el vasto panorama dell'industria edile, il comparto dedicato alla produzione di serramenti si distingue per particolari esigenze di customizzazione e per un’elevata richiesta di qualità dei prodotti. Sia nell'ottica della sicurezza che in quella del risparmio energetico la ricerca di soluzioni sempre più efficaci e innovative costituisce infatti una prerogativa fon-

N

Gianni Cassandro, titolare della Casal di Fossò (VE) www.casal.it

162 • DOSSIER • VENEZIA 2011

damentale di questo segmento produttivo; la capacità di offrire ai clienti soluzioni su misura, di assisterli nella progettazione del prodotto e nella scelta dei materiali, di garantire un efficacie servizio di montaggio ed assistenza sono condizioni indispensabili per rimanere competitivi in questo settore. Forte di una lunga esperienza e di un indomito spirito di iniziativa, Gianni Cassandro, titolare della Casal di Fossò, sintetizza tutte le succitate caratteristiche nella sua strategia aziendale. «La costante inclinazione al miglioramento è sempre stata una prerogativa irrinunciabile e ho sempre cercato di trasmettere e trasferire il mio entusiasmo e la mia dedizione ai miei dipendenti. L'azienda nasce nel 1979 e da allora abbiamo ottenuto miglioramenti e riconoscimenti continui, raggiungendo prestigiosi obiettivi aziendali, come il potenziamento operativo con il trasferimento in una sede produttiva più ampia e attrezzata e il

conseguimento della certificazione di qualità Iso 9001 per la nostra attività, a testimonianza dell'attenzione che dedichiamo alla qualità dei nostri prodotti».

Quali insidie riserva il mercato dei serramenti e come le avete superate?

«Le difficoltà più grosse sono seguite senza dubbio alla globalizzazione dei mercati, con la comparsa della manodopera a bassissimo costo e il conseguente inasprimento della concorrenza; incapaci di competere dal punto di vista dei costi, abbiamo deciso di continuare a puntare sulla qualità dei prodotti, investendo nei materiali migliori e in un servizio di assistenza integrata con lo scopo di inaugurare un fondamentale processo di fidelizzazione. L'intuizione strategica si è rivelata corretta e la nostra azienda ha superato questa critica fase congiunturale».

Quanto contano per voi le esportazioni e con quali aree commerciali lavorate?

«L'esportazione è un capitolo

Gianni Cassandro

Abbiamo espanso la nostra area di interesse a nuovi paesi, estendendola fino al Maghreb, all'Europa Sud-orientale e all'Africa equatoriale

fondamentale della nostra azienda. La qualità dei prodotti ci ha permesso di ottenere confortanti successi commerciali anche all'estero e i mercati stranieri incidono ormai in maniera significativa sul fatturato complessivo. Con l'aumento delle potenzialità produttive – grazie anche a nuove recenti assunzioni – abbiamo espanso la nostra area di interesse a nuovi paesi, estendendola fino ai paesi del Maghreb, dell'Europa sud-orientale e dell'Africa equatoriale».

In cosa consiste il servizio offerto?

«In base a una stretta collaborazione con i clienti, prendiamo in considerazione le esigenze applicative che via via si verificano e grazie una totale autonomia progettuale studiamo le soluzioni più idonee e le mettiamo in pratica. Tutto ciò è possibile grazie all'attenzione che dedichiamo all'ambito di ricerca e sviluppo e alla formazione del personale; abbiamo così la possibilità di mettere a disposizione dei clienti uno staff competente e brillante, in grado di affrontare ogni problematica».

Lei ha ricoperto per sette

anni il ruolo di presidente del consorzio di artigiani di Fossò. Ma è attivo anche nel Gruppo Arcobaleno, Città della Speranza e Telethon.

Con quali obiettivi?

«La mia coscienza sociale mi ha spinto – negli anni – a dedicare molto impegno all'ambito della beneficenza e del volontariato; credendo molto nel valore formativo dello sport per i giovani, ho contribuito alla creazione e alla sovvenzione di società sportive giovanili attive nella mia zona. Mettendo a disposizione la mia esperienza amministrativa ho inoltre contribuito alla crescita di associazioni impegnate nel sociale, come Gruppo Arcobaleno, Città della Speranza, Telethon. La mia attività in ambito benefico mi ha completato dal punto di vista umano e mi ha offerto un appagamento che il successo economico, nella sua materialità, non potrà mai garantire».

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 163

EDILIZIA

Il settore edile scommette sul prefabbricato Il settore edile sta puntando molto sulla prefabbricazione. Mentre in passato veniva utilizzata in modo temporaneo, per far fronte a disastri ambientali o eventi particolari, ora viene impiegata anche in sostituzione del mattone. Ne parla Dorino Pontello Emanuela Caruso

affezione dell’edilizia italiana per il mattone, intesa sia come preferenza per la tipologia di materiale sia come concezione di sicurezza che il mattone porta con sé, è ormai ben nota al mercato e all’intero settore. Anche i dati confermano questa tesi, riportando su 400mila case costruite ogni anno nel nostro Paese solo una piccola percentuale di abitazioni realizzate in modi e con materiali diversi. In questa bassa percentuale fa però capolino il prefabbricato, che senza

L’

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alcun dubbio rappresenta la scelta più innovativa del momento, dato che prevede tecnologie d’avanguardia, l’impiego di svariati materiali e spesso attenzione per l’ambiente. E nonostante la prefabbricazione non abbia ancora raggiunto i livelli dell’edilizia tradizionale, sta comunque macinando terreno, diventando indispensabile per alcuni particolari ambiti. È il caso delle costruzioni in legno, delle soluzioni per garage, box auto e box metallici, e soprattutto del pronto intervento.

Proprio di quest’ultimo settore si occupa la Prefabbricati Ferrocostruzioni, sita a Portogruaro.

«L’idea di poterci specializzare in questo campo – spiega Dorino Pontello, titolare dell’azienda – ci è venuta in occasione del sisma che ha colpito il Friuli Venezia Giulia nel 1976.

In quell’occasione, infatti, siamo intervenuti fornendo materiali e prefabbricati per il soccorso degli sfollati e abbiamo realizzato alloggi, scuole, negozi, uffici, ambulatori e caserme».

Nello specifico, come si sviluppa l’attività della Prefab-

Dorino Pontello

bricati Ferrocostruzioni e chi sono i vostri principali interlocutori?

«Producendo prefabbricati di vario genere per il pronto intervento, la nostra attività si svolge prevalentemente in occasione di siti temporanei, come scuole, mense, campi veloci per le Forze Armate; di interventi di sistemazione rapida per affrontare calamità naturali, lavori di cantieri o per allestire manifestazioni di rilievo, ad esempio raduni nazionali politici o sportivi. Nell’ultimo periodo, però, stiamo puntando molto, soprattutto a livello europeo, anche sul prefabbricato stabile, che va a sostituire il mattone. Si tratta di strutture costituite da pannelli in acciaio e vetro. I nostri principali clienti sono gli enti pubblici quali co-

Dorino Pontello, titolare della Prefabbricati Ferrocostruzioni Srl di Portogruaro (VE) www.prefabbricatiferrocostruzioni.it

muni, regioni e province, e le grandi realtà aziendali nazionali ed estere. Non meno importanti, tra i nostri interlocutori ci sono anche la Fai, la Fao e la Caritas».

La Prefabbricati Ferrocostruzioni può contare anche su ottimi livelli di export.

Verso quali paesi esportate maggiormente i vostri prefabbricati?

«Il mercato estero della Prefabbricati Ferrocostruzioni ingloba Europa, Asia e Africa. In particolare forniamo prefabbricati alla Spagna, al Belgio e all’Iraq, dove abbiamo cantieri aperti a Bagdad. Sul suolo africano, invece, costruiamo ospedali, scuole e impianti agro-pastorali in molti villaggi e città di Senegal, Burkina Faso, Mali e Ruanda. Tutti i lavori vengono progettati e svolti nella sede di Portogruaro, le commesse vengono sviluppate in modo diretto, e i nostri cantieri sono seguiti dai tecnici interni all’azienda».

Quali sono i principali punti di forza che caratterizzano l’attività della Prefabbricati Ferrocostruzioni?

«Sicuramente la grande esperienza maturata e accumulata nel corso degli anni dai nostri lavoratori e tecnici. Sin dall’inizio della nostra avventura, abbiamo puntato sulla specializzazione dei dipendenti, in modo da garantire interventi efficienti e di qualità, e il successo raggiunto ha confermato la nostra idea di partenza, ovvero che poter disporre di un personale qualifi-

cato è l’arma migliore per distinguersi e diventare competitivi. Altro punto di forza dell’impresa è quello di saper rispondere con prontezza, determinazione e innovazione alla richiesta in costante aumento del mercato e alle sempre nuove esigenze del settore».

Come ha vissuto la Prefabbricati Ferrocostruzioni la crisi economica scoppiata ormai da qualche anno in Italia e nel resto del mondo?

«Fortunatamente, la nostra attività non ha risentito più di tanto del duro periodo economico e le commesse sono comunque arrivate abbondanti e puntuali. Ora, come negli anni precedenti alla crisi, siamo riusciti a non subire flessioni grazie al fatto di produrre e immettere sul mercato un prodotto differenziato, e soprattutto diverso dagli articoli tradizionali. Inoltre, innovando e migliorando in maniera continua i nostri prefabbricati ci assicuriamo un margine di richieste molto ampio e un bacino d’utenza in costante aumento».

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 165

EDILIZIA

L’edilizia punta sulla diversificazione Professionalità ed esperienza garantiscono la possibilità di realizzare lavori di alta qualità in tempi brevi. Una soluzione dall'effetto garantito per essere competitivi nel campo della grande edilizia, come ci spiega Francesco Rigoni Lodovico Bevilacqua

l Triveneto rappresenta senza dubbio un punto strategico nel panorama industriale del Paese; un fervente centro produttivo e imprenditoriale, dinamico ed energico. Una posizione che riempie di prestigio e orgoglio imprenditori e addetti ai lavori, ma che richiede un ingente sforzo per mantenere adeguate le potenzialità Francesco Rigoni, titolare infrastrutturali necessadella Reti Brenta Impianti rie. È per questo motivo di Mirano (VE). Nelle altre immagini, che proprio in questa esempi di installazioni effettuate dall’azienda zona molte imprese di retibrentaimpianti@libero.it edilizia hanno sviluppato competenza e professionalità nell'ambito di progettazione e creazione di grandi e piccole infrastrutture.

Fa parte di questo fondamentale ramo Francesco Rigoni, della Reti Brenta Impianti, società specializzata in progettazione e fornitura di re-

I

166 • DOSSIER • VENEZIA 2011

cinzioni. «La nostra azienda è una filiazione diretta della Reti Brenta, con cui tuttora lavoriamo in stretto contatto; nati appena cinque anni fa, abbiamo già acquisito un mercato di notevole rilievo, partecipando alla realizzazione di opere di grande importanza».

Quali sono le caratteristiche che vi hanno permesso di emergere in maniera così rapida?

«Senza dubbio il nostro vantaggio è che teniamo in grande considerazione quelle che sono le priorità dei nostri clienti, ovvero la qualità e la tempistica dei lavori svolti.

Siamo una ditta affidabile e questo ci ha permesso di acquisire credibilità e stima presso i committenti. L'esperienza e la professionalità dei nostri impiegati ci garantisce la possibilità di gestire contemporaneamente fino a quindici o venti cantieri in zone anche distanti fra loro e questo rappresenta senz'altro un vantaggio notevole. Inoltre

svolgiamo un'attività di stretta consulenza – quasi un affiancamento – per i nostri clienti anche nella fase di progettazione dell'opera, individuando i materiali e le strategie migliori per ogni esigenza».

La vostra specializzazione in quali settori vi permette di lavorare?

«Nei più svariati. Parlando di macro ambiti andiamo dal civile all'industriale, allo sportivo, eseguendo lavori per committenti sia pubblici che privati. Si tratta spesso di partecipazione alla costruzione di grandi opere, come il Passante di Mestre e il porto di Venezia. Abbiamo svolto anche lavori significativi nel porto di Trieste e di recente abbiamo realizzato molti impianti sportivi, a norma Coni e non. Siamo tuttora impegnati nella realizzazione del campo sportivo di Porto Tolle, lavoro eseguito in collaborazione con la Betafence, azienda con cui abbiamo istituito una partnership per

Francesco Rigoni

quanto riguarda le fasi di posa e installazione».

Qual è l'area dove siete più impegnati?

«Naturalmente il nostro mercato di riferimento è quello del Nord-est; qui realizziamo la maggior parte dei nostri lavori e abbiamo il maggior numero di clienti. Tuttavia siamo presenti – seppur in misura minore – anche in Lombardia e in Emilia e viste le scarse dimensioni dell'azienda, lo consideriamo un risultato di assoluto prestigio».

Possiamo concludere con una valutazione sulla opportunità future nel campo della grande edilizia?

«Diciamo che, al di là dell'intraprendenza delle singole aziende, è necessaria una inversione di rotta per quanto riguarda determinate e fondamentali scelte politiche; la gestione dei finanziamenti si è rivelata superficiale e controproducente e i tagli effet-

tuati hanno creato disagi sia a noi che ai nostri fornitori, con conseguenze negative – è facile immaginarlo – anche per i clienti stessi. Esemplificativi sono i tagli agli incentivi alla realizzazione di impianti fotovoltaici, una tendenza che si stava affermando con forza e che è stata proprio nel momento più vi-

tale e dinamico della sua espansione. Andrebbe rivisto anche il sistema dei pagamenti, dal momento che la possibilità di dilazione – peraltro non contemplata all'estero – penalizza il mercato e tutti i suoi attori, determinando circoli viziosi di ritardi e negligenze con effetti estremamente negativi».

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 167

EDILIZIA

Il ruolo delle piccole imprese nel settore edile Al fine di far risalire e riprendere l’imprenditoria italiana, e in particolare il settore dell’edilizia, è necessario puntare sulle piccole e medie imprese, che sempre più spesso sono capaci di offrire al mercato molto più delle grandi aziende.

L’esperienza di Aldo Svander Emanuela Caruso

Da sinistra, Aldo e Marco Svander della Svam Srl di Quarto d’Altino (VE) appalti@svam-srl.com

168 • DOSSIER • VENEZIA 2011

nche il 2011 è stato un anno di crisi per il settore delle costruzioni e il 2012 si preannuncia uguale. I dati raccolti dall’Osservatorio congiunturale dell’Ance, infatti, prevedono per l’anno a venire un calo del mercato edilizio pari al 3,2%. Protagonisti di tale ulteriore diminuzione degli investimenti saranno tutti i rami del settore, dalla produzione di nuove abitazioni, al comparto non residenziale privato al pubblico, eccezion fatta per le ristrutturazioni, unico ambito che nel 2011 ha registrato un valore positivo, + 0,5%, e che continuerà sulla stessa strada anche nel 2012. In tutta questa difficile situazione bisogna però fare un distinguo tra piccole e grandi imprese, in quanto a differenza di quello che si potrebbe pensare sono proprio le piccole imprese a cavarsela meglio e a ritagliarsi spazi per lavorare e crescere sia in Italia che all’estero.

Questa specifica realtà è vissuta dall’azienda Svam, operante nel settore delle costruzioni civili e industriali. «Per rimanere a galla e battere la concorrenza delle grandi im-

A

prese – commenta Aldo Svander, fondatore e amministratore della società – è necessario essere flessibili e adottare una struttura organizzativa e produttiva leggera, capace di crescere per poter far fronte a qualsiasi tipo di richiesta. È anche importante aver consolidato nel tempo una serie di stretti rapporti con fornitori, sub-appaltatori e tecnici-consulenti».

Quali sono i principali interlocutori della Svam?

«I nostri clienti più importanti sono le pubbliche amministrazioni e i grandi operatori privati, sia per quanto riguarda l’edilizia civile che per quella industriale. Tra le tante possiamo citare le opere in campo residenziale per Ater; il restauro di beni culturali per il pubblico e il privato; la realizzazione e la manutenzione di edilizia scolastica e sanitaria-assistenziale; e il risanamento di manufatti in cemento per le società di gestione autostradale».

A fronte di un’esperienza aziendale di oltre 20 anni, quali sono state le principali tappe che il progresso tecnologico ha innescato all’interno della Svam?

«In questi anni, il dinamico

Aldo Svander

In questi anni, il dinamico progresso tecnologico e la rivoluzione informatica hanno portato l’impresa ad affinare innanzitutto gli strumenti di analisi e pianificazione delle lavorazioni pre-cantiere

5%

CRESCITA È la percentuale di aumento annuo del fatturato della Svam Srl

8 mln EURO

Fatturato maturato nell’ultimo anno dall’azienda

progresso tecnologico e la rivoluzione informatica hanno portato l’impresa ad affinare innanzitutto gli strumenti di analisi e pianificazione delle lavorazioni pre-cantiere. In secondo luogo, l’evoluzione della tecnologia di cantiere ci ha permesso di puntare su alcuni tipi di lavorazione, come il risanamento dei manufatti in cls, e di conseguenza di aumentare la capacità di produzione e di garantire agli operatori livelli superiori di sicurezza».

Quali sono i punti di forza necessari per mantenersi competitivi in un mercato dove si fronteggiano competitor di tutto il mondo, in particolare dell’industria dei Paesi dell’Est? «Per prima cosa, è indispensabile scegliere con cura gli obiettivi da raggiungere e individuarli in relazione alle

proprie abilità, conoscenze e competenze; in secondo luogo, riveste un ruolo rilevante la capacità di rendere chiaro al committente il percorso di sviluppo dell’opera, garantendo anche qualità, sicurezza e compatibilità ambientale durante ogni fase di costruzione. Infine, in un mercato veloce e competitivo come il nostro è essenziale operare con rapidità, rispettando i tempi preventivati per la realizzazione dell’opera».

In quali termini si misurano l’innovazione e la qualità delle costruzioni e degli edifici realizzati dalla vostra azienda?

«Nel campo delle costruzioni l’innovazione e la qualità si misurano dal grado di comfort che ogni edificio riesce a trasmettere alla persona nel momento in cui questa ne vive gli spazi, dalla capacità

della struttura di garantire sicurezza a chi la abita o la frequenta, e dal riuscire a ridurre al minimo l’impatto prodotto tanto durante la fase di costruzione quanto nel periodo di utilizzo».

Quali sono i progetti futuri della Svam?

«Per l’imminente futuro ci stiamo impegnando nella ricerca di nuove realtà di mercato e in particolare stiamo volgendo la nostra attenzione verso le imprese dinamiche e vitali della Moldova e dell’Albania. In questi paesi stiamo operando con interlocutori simili per categoria e caratura a quelli con cui siamo abituati a trattare in Italia. In base a questo obiettivo, i nostri investimenti saranno rivolti alla formazione del personale, all’organizzazione e alla pianificazione delle opere destinate a tali paesi».

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 169

EDILIZIA

all’inizio del 2011 alla metà di novembre l’Osservatorio Indipendente di Bologna ha monitorato 588 morti per infortuni sul lavoro, cifra che aumenta fino a 1000 se si considerano i lavoratori deceduti in itinere o impiegati sulle strade e che supera quella del 2010 dell’11,6%. Una delle zone che, come l’anno scorso, si sta confermando tra quelle con il più alto numero di morti sul luogo di lavoro, al momento sono stati contati 42 deceduti, è il Veneto, con la provincia di Venezia.

A mostrare una sensibilità crescente al riguardo sono soprattutto le realtà imprenditoriali dell’area intorno al capoluogo veneto, che ormai sempre più spesso organizzano corsi di formazione destinati proprio alla prevenzione degli incidenti sul lavoro. È il caso della Venpa, società del Gruppo Venpa3, specializzata da oltre trent’anni nel noleggio mezzi per il settore del sollevamento cose e persone e del movimento terra attraverso macchine in regola con le normative vigenti in materia, che possono contare su verifiche periodiche annuali ASL aggiornate e che vengono controllate da tecnici specializzati ad ogni noleggio per garantire la massima efficienza e sicurezza. «Da lungo tempo – spiegano la dottoressa Ema-

D

170 • DOSSIER • VENEZIA 2011

I vantaggi del noleggio professionale a freddo Le aziende veneziane stanno dimostrando ormai da anni di avere le giuste competenze per innovare i mercati e offrire soluzioni interessanti per la tutela della salute e della vita dei lavoratori.

L’esperienza della Venpa Emanuela Caruso

nuela Pege e Mendes Migotto, amministratori delegati dell’azienda – effettuiamo corsi di sicurezza per operatori di piattaforme aeree, sollevatori telescopici, autogrù e macchine per il movimento terra. I corsi durano uno o due giorni e il mattino viene dedicato alla teoria, mentre il pomeriggio è riservato alle prove pratiche».

La formazione è, però, soltanto uno dei tanti servizi offerti agli

operatori e ai clienti dalla Venpa che, avendo studiato a fondo il mercato sin dagli inizi dell’attività, ha saputo identificare i bisogni e le necessità della zona. «Quando l’azienda è nata, nei primi anni 80 – commenta Emanuela Pege –, nell’area tra Padova, Treviso e Venezia il noleggio di attrezzature era ancora agli albori e gestito in modo discontinuo.

L’assenza di un’impresa intera-

Venpa ha sede a Dolo (VE) www.gv3.it

Emanuela Pege e Mendes Migotto

La Venpa è stata la prima azienda italiana a proporre al mercato il noleggio a freddo, ovvero la messa a disposizione del mezzo senza alcun operatore

mente dedicata alla fornitura di macchine garantite, pronte all’uso e di immediata consegna era quindi ben constatabile. Questa la ragione per cui Venpa ha fatto in modo di assicurare al mercato una serie di servizi che potesse soddisfare qualsiasi richiesta dei settori del sollevamento e del movimento terra». Tra le peculiarità dell’azienda spicca quella di essere stata la prima in Italia a introdurre la modalità del noleggio professionale a freddo.

«Questa tipologia di noleggio non prevede la presenza dell’operatore e di conseguenza a utilizzare le macchine sono i clienti stessi. Tale metodo viene seguito per tutti i mezzi, eccezion fatta per le autocarrate che raggiungono altezze rilevanti e necessitano di essere manovrate da mani esperte. L’iter del noleggio è pensato su misura dell’utente e per fornire la miglior soluzione alle sue richieste, lo staff dell’ azienda analizza la tipologia e la durata del lavoro, la location e il trasporto del mezzo, formulando anche preventivi personalizzati».

Una volta noleggiato uno dei mezzi, l’azienda, che può contare su 26 filiali italiane e 10 estere, garantisce alla clientela un’assistenza diretta costante e completa. «Per assicurare la possibilità di manutenzione e assistenza tec-

nica, anche telefonica, per ciascun mezzo – continua Mendes Migotto –, abbiamo creato un team di addetti competenti, il First Care Venpa, in grado di rispondere con prontezza e rapidità a tutte le chiamate provenienti dagli utenti. Attraverso un attento monitoraggio è emerso che questa squadra addestrata alla gestione centralizzata delle emergenze riesce a fornire via telefono la risoluzione delle problematiche nel 38% dei casi». L’impresa, nonostante sia affermata a livello internazionale e apprezzata dal suo intero ed esteso bacino d’utenza, non ha intenzione di rallentare il passo, anzi ha già ben chiare le idee relative ai progetti futuri. «Certi del fatto che il duro lavoro paga sempre e sblocca anche le situazioni più difficili, come quelle che stiamo attraversando negli ultimi anni a causa della crisi, abbiamo in cantiere progetti ambiziosi, tra cui investire nella modernizzazione del parco mezzi e nel consolidamento d’immagine del gruppo. A tal proposito abbiamo già realizzato iniziative interessanti, come il nuovo magazine On Air rivolto agli addetti ai lavori e l’Area Riservata Web, che consente di interagire con Venpa e di visualizzare i propri noleggi e i propri cantieri in tempo reale».

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 171

MATERIALI PER L’EDILIZIA

Architetture di prestigio con la plastica Catania, presso la zona di Misterbianco, è stato inaugurato il 10 giugno 2011 il nuovo centro commerciale Centro Sicilia, che con la presenza di un grande ipermercato, vari negozi di abbigliamento, articoli per la casa e prodotti per la famiglia, e diversi punti ristoro rappresenta un grande mix merceologico, con marchi di fama internazionale.

A conferire all’edificio importanza e maestosità contribuiscono un’ambientazione architettonica di prestigio e all’avanguardia e spazi arredati

A

In queste pagine, particolari della copertura del Centro Sicilia e altri lavori della Lazzaro Srl con sede a Salzano (VE) www.lazzaro.it

172 • DOSSIER • VENEZIA 2011

Le nuove frontiere del mercato delle grandi coperture sono da ricercare nelle potenzialità dei materiali in plastica. Marco Lazzaro spiega come è stato possibile impiegare il policarbonato nella costruzione del Centro Sicilia Emanuela Caruso

con materiali innovativi ed ecosostenibili, in grado di creare un design personalizzato. Tante sono state le aziende che hanno lavorato insieme per realizzare la struttura del Centro Sicilia e una di queste è la società Lazzaro, sita a Robegano di Salzano e inserita nel settore delle costruzioni e coperture. «Nei lavori di costruzione del Centro Sicilia la nostra impresa – com-

menta Marco Lazzaro, amministratore della società – si è occupata della progettazione esecutiva e della fornitura di coperture in policarbonato commissionate dal costruttore della carpenteria La Prometec per conto dell’impresa Cualbu.

Abbiamo adottato soluzioni innovative sia tecniche che realizzative, curando il coordinamento tecnico progettuale e organizzativo, garantendo presenza costante ed elevata professionalità». La Lazzaro ha eseguito l’opera in 90 giorni consecutivi e ha coperto circa 7800 metri quadri con l’aggiunta di 4400 metri quadri di “pelle” su ben 6 coperture.

«Le peculiarità di questo progetto sono tante e sicuramente tra quelle di maggior spessore possiamo ricordare il processo costruttivo, caratterizzato da un controllo di gestione veloce e decisionista, pronto ad adeguarsi in tempo reale alle varie necessità della commessa; grazie al coordinamento della Lazzaro Srl la collaborazione stretta tra i team delle aziende coinvolte, tutti concentrati sul raggiungi-

Marco Lazzaro

mento del preciso obiettivo di installare una media di 100 metri quadri di copertura al giorno, a cui si è arrivati grazie all’impegno contemporaneo di 40 persone in cantiere, divise tra produzione e posa; e infine le innovative coperture, per le quali è stato impiegato un tipo di lastra in policarbonato denominato IR, impermeabile alle radiazioni infrarosse e in grado di ridurre quasi a zero il fenomeno di surriscaldamento interno causato dall’effetto serra. Da ricordare anche il fatto di aver realizzato dei cambi di colore e di materiale attraverso un sistema di tenuta idraulica assicurato dall’applicazione di una pelle installata al di sopra della copertura».

Ma l’azienda non si è distinta sul mercato solo per la realizzazione di coperture, ma anche per la produzione di shed e serramenti industriali, tunnel, lucernari e pensiline. «La nostra attività – continua Marco Lazzaro – è nata più di quarant’anni fa e ad oggi il nostro fatturato tocca circa i 4 milioni di

euro. A far conoscere e apprezzare la società è stato il nostro approccio assolutamente d’avanguardia nei confronti della plastica, che in breve tempo ci ha portato a essere punto di riferimento per le lavorazioni e applicazioni di materiali plastici, ma soprattutto punto di riferimento nel mercato nazionale ed europeo per le chiusure trasparenti e le coperture plastiche». La Lazzaro può contare su un team giovane e dinamico, composto da una ventina di dipendenti , che le consente di sviluppare con successo e flessibilità le richieste di un mercato in continua evoluzione e di una clientela sempre più esigente.

«I nostri punti di forza per soddisfare mercati e committenti sono il bagaglio tecnico, l’accuratezza posta in fase progettuale e l’ascolto attento dell’utente, aspetti che insieme ci permettono di formare un progetto capace di rispondere in modo perfetto alle richieste del cliente e di realizzarlo con la massima qualità e corret-

L’azienda ha innovato e rivoluzionato il settore delle costruzioni attraverso lo sviluppo di coperture realizzate con materiali plastici e con il policarbonato

tezza professionale, nel rispetto dei tempi prestabiliti».

Proprio questi i motivi che hanno spinto molte società a richiedere i servizi e il lavoro della Lazzaro. «Tra le principali opere portate a termine possiamo citare la progettazione e realizzazione per Nordisa della copertura dell’aerostazione Marco Polo di Venezia; la costruzione e posa di due tunnel ad arco per la copertura della sala ricevimenti dell’Hotel Thalia di Praga; la riqualificazione del reparto verniciatura del fabbricato industriale Iveco di Brescia; e la riqualificazione del fabbricato della Fiat Mirafiori di Torino con la realizzazione di due tunnel a doppia falda in policarbonato».

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 173

MATERIALI PER L’EDILIZIA

Nuovi utilizzi di antichi materiali Il settore della posa in opera delle pavimentazioni riscopre il gusto del bello attraverso l’uso di marmi e pietre per arricchire gli ambienti.

Mario Franco descrive le attuali tecniche di lavorazione e le future innovazioni del settore Emanuela Caruso

Mario Franco, titolare di Idea Posa Srl con sede a Jesolo (VE). Nelle altre immagini, momenti di messa in posa e levigatura www.ideaposa.it

174 • DOSSIER • VENEZIA 2011

ell’antichità, le superfici interne di un edificio o quelle esterne di una zona carrabile venivano pavimentate con lastricati, mosaici e basolati. Oggi, pur mantenendo le stesse tecniche artigianali di posa in opera di un tempo, vengono preferiti rivestimenti quali il marmo e il granito. Nonostante, quindi, sia rimasto uguale il metodo artigianale con cui si posa una pavimentazione, a cambiare sono state le tipologie di materiali utilizzati per ricoprire uno spazio e per la posa vera e propria, ovvero le colle, gli stucchi e gli isolanti. Quest’evoluzione è avvenuta attraverso il naturale progresso tecnologico del settore e ha portato con sé la necessità di operatori dotati di grande professionalità e ottime conoscenze dei prodotti e delle caratteristiche tecniche della posa. Nella provincia di Venezia, tra le aziende del settore che hanno fatto di un personale qualificato e aggiornato il proprio punto di forza, troviamo Idea Posa di Jesolo. «È importante poter contare su operatori esperti e preparati – spiega Mario Franco, legale rappresentante di Idea Posa – perché molte delle lavorazioni richieste in questi ultimi anni prevedono tecniche particolari che solo con competenze adeguate possono essere svolte alla perfezione. Un esempio sono le pa-

N

reti ventilate, che richiedono conoscenze approfondite sulle staffe e le sottostrutture metalliche da usare».

Oltre al personale, quali altri fattori aumentano la forza imprenditoriale di Idea Posa?

«Tra gli elementi principali del nostro successo vi sono il gran numero di posatori e lucidatori, che ci permette di affrontare contemporaneamente più lavori, e un’efficiente organizzazione interna. Per ogni commessa, suddividiamo il personale in squadre con tanti componenti quanti ne richiede quel particolare lavoro; ogni squadra è organizzata e gestita da coordinatori con il preciso compito di ottimizzare gli spostamenti, sia in Italia che all’estero, e di mantenere i rapporti con la committenza».

La vostra società riceve commesse da studi di progettazione architettonica, imprese edili, catene alberghiere e centri commerciali. Come si sviluppa l’iter del processo della posa in opera?

«Si parte con la verifica preliminare del cantiere, per accertare che le superfici grezze da pavimentare siano eseguite bene e per definire le misure di prevenzione e protezione necessarie per operare in sicurezza.

Poi, a seconda dell’ambiente che si deve ricoprire, si sceglie il materiale lapideo più adatto, tenendo conto di caratteristiche quali la resistenza alla geli-

Mario Franco

Il marmo alleggerito, con le sue peculiari caratteristiche e i molteplici usi che se ne possono fare, rappresenta il futuro più prossimo del nostro settore

vità, per spazi esterni, e la scivolosità, per pavimenti interni.

Dopo queste due prime fasi si può finalmente partire con la posa in opera, e a questa segue lo sgombero del cantiere e il collaudo finale, con cui si verifica il lavoro svolto e si risolvono eventuali integrazioni o segnalazioni da parte del committente».

Dal punto di vista estetico, quali rivestimenti o levigature vengono richiesti più di frequente alla Idea Posa?

«Attualmente, oltre alla classica lucidatura, la nostra azienda riceve molte richieste per particolari lavorazioni del marmo e del granito, attuabili attraverso le tecnologie di ultima generazione. Sono, per esempio, la spazzolatura, che dona alla pietra un aspetto vissuto e anticato e rende l’ambiente più caldo e accogliente, la sabbiatura, la micro-bocciardatura e la fiammatura. Inoltre, possiamo

contare su un buon numero di clienti che preferiscono le moderne decorazioni ottenute a getto d’acqua con macchinari a controllo numerico».

Nel vostro settore, sono previste delle rilevanti innovazioni future?

«L’innovazione più grande che potrebbe portare a un ulteriore sviluppo del settore del marmo è quella della diffusione del marmo alleggerito. Oggi viene utilizzato solo nell’arredamento di interni e delle imbarcazioni di lusso, ma le sue caratteristiche di leggerezza e trasparenza ne favoriranno certamente l’impiego anche in altri campi, proprio come quelli delle pavimentazioni interne ed esterne.

Infatti, con uno spessore di soli 5mm, questo prodotto ha il vantaggio di avere un peso inferiore a tutti i materiali tradizionali, e se usato insieme a determinati prodotti e alle tecniche di retroilluminazione,

consente di sfruttare il suo limitato spessore per creare nuovi e suggestivi effetti».

Quali lavori esprimono la forza creativa e realizzativa di idea Posa?

«Fra i numerosi lavori eseguiti nel mondo (Europa, Stati Uniti, Russia ed Emirati Arabi) ricordiamo con particolare piacere gli interventi di lucidatura realizzati a Venezia per il Teatro “La Fenice”, Palazzo Grassi, Fondazione Querini Stampalia e Mulino Stucky. Per quanto riguarda la posa, i lavori svolti presso la Metropolitana di Milano “Linea 5”, La nuova stazione ferroviaria di Torino Porta Susa, il nuovo Ospedale dell’Angelo di Mestre e le Torri di Piazza Drago a Jesolo».

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 175

LAVORI MARITTIMI

Interventi marittimi, tra estetica e funzione Come coniugare il modern design con le necessità tecniche quando si affrontano interventi marittimi? Il punto di Francesco Gregolin Belinda Pagano e strutture di regimentazione idraulica, la realizzazione di darsene e ponti di notevole importanza, vengono realizzati negli ultimi anni con materiali innovativi che non tralasciano la componente estetica, in linea con le esigenze funzionali dell’opera». Così esordisce Francesco Gregolin, legale rappresentate dell’omonima azienda di Cavallino Treporti, in provincia di Venezia.

Come riuscire a coniugare il modern design con le necessità tecniche? «L’estetica dipende molto dall’ambiente circostante e dai vincoli esistenti in loco» precisa Francesco Gregolin.

«Molte volte la proposta si spinge al limite di tutti i vincoli vigenti, proponendo ad esempio un design accattivante che prevede l’utilizzo di legnami particolarmente lavorati e dal disegno di nuova impostazione. È ovviamente impensabile tuttavia non tralasciare la parte tecnica e di sicurezza, qualsiasi tipo di struttura si tratti».

I materiali utilizzati in questo settore, dunque, dovrebbero risultare particolarmente resistenti e con un basso grado di

«L

176 • DOSSIER • VENEZIA 2011

Francesco Gregolin

manutenzione. «I migliori elementi costruttivi da noi maggiormente utilizzati e che rispettano questo tipo di caratteristiche sono: calcestruzzi, marmi, porfidi, trachiti, mattoni, acciai inox, acciai inox duplex, acciai speciali, legno di rovere, legno di acacia, legno di castagno, legno esotico e quant’altro. Ultimamente vengono anche utilizzate strutture in Peat, ovvero plastica riciclata, in un costante rispetto per l’ambiente». Dalla realizzazione di darsene, moli e banchine ai muri di sponda, ponti in legno, cemento e acciaio; dall’esecuzione di scavi, lavori di marginamento, arginamento e contenimento di canali, rii e valli, alla lavorazione e trattamento del legname da costruzione: il settore dei lavori marittimi è un mondo vario e complicato quanto i materiali da esso utilizzati. «Rimane fondamentale l’esperienza maturata nel tempo e la passione per questa tipologia di realizzazioni» precisa Gregolin. «Acquisire nozioni permette infatti di risolvere ogni tipo di problematiche, di pro-

porre ed evidenziare soluzioni sia in ambito pubblico che privato». La progettazione, realizzazione e manutenzione di opere marittime, ovviamente, comporta basarsi sul proprio know-how, ma anche affrontare le principali innovazioni lanciate nell’ultimo decennio.

Da questo punto di vista sia le amministrazioni che i singoli cittadini pretendono il massimo. Se si vuole tuttavia fare un focus sulle realizzazioni per i committenti pubblici, importante è non tralasciare mai la fiducia. «Con le pubbliche amministrazioni il rapporto si è consolidato nel tempo» continua Gregolin «dimostrando la nostra professionalità in qualsiasi circostanza e proponendo soluzioni e innovazioni basate sull’esperienza acquisita nel tempo e nelle situazioni più difficili, ricevendo a nostra volta da parte delle pubbliche amministrazioni ampi riconoscimenti di fiducia».

In un’ottica come questa, dunque, quali potrebbero essere i progetti futuri? «Attualmente la concentrazione si è spostata

nella realizzazione di Realizzazioni opere di margina- della Gregolin Lavori Marittimi, di Cavallino Treporti (VE) mento di un’isola sita azienda www.gregolinlavorimarittimi.it nella laguna di Venezia, nella ricostruzione di una banchina al porto di Trieste, nel dragaggio del porto di Pesaro, con la compartecipazione alla realizzazione di una marina a Venezia.

Ovviamente, in un’ottica di espansione, non bisogna prescindere dal mercato estero, tant’è che sono iniziate le trattative per lavori da realizzarsi in Brasile e Cina».

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 177

IMMOBILIARE

Prospettive per il settore turistico-immobiliare Vanni Basso commenta i dati del 2011 sull’affluenza turistica nella località di Bibione. E li incrocia con quelli del mercato residenziale per il turismo. La crisi immobiliare non ha toccato questa spiaggia Salvatore Cavera

Vanni Basso

ell’estate 2011, la terza spiaggia d’Italia più scelta come meta turistica per le vacanze, nonché la seconda nella provincia di Venezia, è stata Bibione, che con i suoi 742.145 arrivi e gli oltre 6 milioni di presenze all’anno si colloca fra il primato di Cavallino Treporti e il bronzo di Jesolo (fonte: Apt). A riscontro di questo dato c’è il prezzo degli immobili del comune veneziano, che oscilla fra i 2.500 e i 3.500 euro al metro quadro.

Le ragioni del successo sono certificate dai 16 anni consecutivi per i quali la Bandiera Blu ha sventolato sulla spiaggia di Bibione e dalla certificazione ambientale europea Emas.

Ma qual è il profilo – o i profili – del turista tipo che ogni estate affolla la battigia di questa spiaggia? «Negli ultimi 2 anni, nonostante la crisi economica, Bibione ha mantenuto pressoché costante il numero di presenze delle ultime due stagioni, con variazioni minime del – 1,4% nel 2010 e + 1.21% nel 2011. I 6 milioni di presenze registrate fino al 30 settembre si dividono fra un 34% di italiani mentre il restante 66% è composto da turisti stranieri. Tra questi ultimi, i più presenti sono i tedeschi (34,75%) seguiti dagli austriaci (12,71%).

Il resto è spartito fra turisti provenienti da Repubblica Ceca, Polonia, Ungheria, Svizzera, Paesi Nordici e dell’Est». A parlare è Vanni Basso, presidente di Europa Tourist Group, società turistica e immobiliare con sede proprio a Bibione. «In

N

generale, il target dell’Adriatico settentrionale è basato sulla famiglia di reddito medio.

Questa si muove per il 95% con mezzi privati e trova agevole raggiungere la nostra località, grazie ai buoni collegamenti fra autostrade e strade con i principali siti balneari.

Inoltre, non bisogna trascurare che chi viaggia con i bambini al seguito cerca, oltre che il sole e il mare, anche sicurezza e assistenza sanitaria, che sono entrambe adeguatamente garantite per la quantità di persone che ogni anno visitano Bibione. In questa località, la permanenza media è di 5,5 giorni negli hotel, 9,7 negli appartamenti e 7,8 nei campeggi».

Dato che questo è un target che preferisce la vacanza organizzata al last minute, l’offerta si sta facendo sempre più programmata. «Le famiglie con bambini, che rappresentano la grande maggioranza della nostra clientela, scelgono la meta e il periodo della vacanza anche con parecchi mesi di anticipo.

Per questo stiamo cercando di Lo staff della favorire questa tendenza utiliz- Europa Tourist Group Spa di Bibione (VE) zando strumenti come l’early www.etgroup.info booking e le preprenotazioni, fornendo ai clienti durante l’estate il listino prezzi per l’anno successivo: così è possibile programmare la vacanza per la prossima stagione balneare». La società guidata da Vanni Basso, sta lavorando attualmente su tre progetti: il Green Village Resort, il Villaggio Tamerici e il Lino delle Fate Resort. «A due passi da Bibione, nella vicina Lignano Sabbiadoro abbiamo appena terminato la realizzazione di un albergo da 320 posti letto e di un villaggio annesso di 42 villette. Abbiamo battezzato questo complesso Green Village Resort. È una struttura unica nella nostra zona, con ampie aree verdi e un parco attrezzato e piscine da 680 metri quadri con Open SPA, che ha riscontrato un grande successo nel mercato turistico europeo. L’altro progetto, che sarà ultimato per la stagione 2012, è il vil- VENEZIA 2011 • DOSSIER • 179

IMMOBILIARE

Ville e alberghi a Bibione

laggio dei Tamerici, che sta nascendo a 250 metri dalla spiaggia di Lignano Sabbiadoro.

Sarà composto da 28 villette su tre schiere con terrazze, giardini privati e piscine per adulti e bambini. Per il 2014 stiamo progettando un villaggio turisticoalberghiero di 1200 posti letto, che si chiamerà Lino delle Fate Resort – il nome proviene da una pianta autoctona di Bibione – e che sarà costruito con una grande attenzione al verde ecocompatibile e sarà gestito con un metodo biologico».

Sul fronte immobiliare, l’andamento del mercato sulla costa nordadriatica dimostra che l’acquisto della seconda casa è considerato ancora un buon investimento. «Negli ultimi 20 anni l’incremento di valore degli immobili a Bibione è stato nell’ordine dell’8-10% annuo, con punte del 15% per le strutture più prestigiose. Inoltre, a Bibione è possibile investire a 180 • DOSSIER • VENEZIA 2011

L’Europa Tourist Group ospita un sesto del flusso turistico annuo di Bibione. È nata dalla fusione di 5 agenzie turisticoimmobiliari che operavano da oltre 30 anni nel territorio veneziano. L’obiettivo che ha guidato la costituzione del gruppo è stato quello di unire le sinergie di distinte realtà, uniformando gli standard qualitativi sia per il settore turistico sia per quello immobiliare. Il risultato ottenuto è stato la costituzione di un patrimonio di oltre 2500 unità immobiliari arredate fra appartamenti e villette e 5 strutture alberghiere. Queste vengono costantemente aggiornate e adeguate ai moderni standard. L’aspetto promozionale, che si rivolge a circa un terzo della clientela annua, è curato in collaborazione con i più importanti tour operator europei – la località di Bibione ha fra le proprie presenze una fortissima percentuale di turisti stranieri. I due terzi restanti sono costituiti da una clientela fidelizzata da decenni, a conferma ulteriore della qualità della località turistica e della capacità ricettiva della società.

prezzi molto competitivi rispetto alle principali località di mare concorrenti. Nonostante la crisi immobiliare in atto, che sta colpendo soprattutto gli immobili del comparto residenziale, possiamo tranquillamente dichiarare che per il settore immobiliare con destinazione turistica i prezzi negli ultimi 2-3 anni si sono mantenuti stabili.

Questo grazie anche a una costante domanda di acquisto rispetto al numero delle unità in vendita, nonché per una corretta correlazione tra qualità del prodotto immobiliare, prezzo e caratteristiche della località sulla quale si investe».

In conclusione, sulla base della sua esperienza, Vanni Basso, tratteggia le prospettive che prevede per il settore turistico-immobiliare in generale.

«Sono dell’opinione che altre località turistiche, attraverso una corretta pianificazione del territorio, nel massimo rispetto dell’ambiente, abbiano la possibilità di emulare i nostri risultati. Ciò su cui bisogna puntare, più che sull’espansione del mercato delle seconde case a uso privato, sono le strutture residenziali e alberghiere organizzate, i cosiddetti “Resort”, che abbiano tutti i principali servizi e attrazioni per permettere che le località vivano con presenze distribuite omogeneamente nell’arco delle stagioni. In questo modo si favorisce anche una più equa fruizione della vacanza – intesa come un bene, e a tutti gli effetti lo è – attraverso tutto il tessuto socioeconomico».

MAESTRI VETRAI

A Murano tra arte e innovazione Dare vita a oggetti unici e irripetibili, lontani dall’omologazione dei nostri tempi, frutto della passione e della dedizione dei maestri vetrai. La lavorazione del vetro come forma d’arte, nel racconto di Giancarlo Chimento Diego Bandini

n progetto ardito, generato anche dal particolare momento storico che la nostra società sta attraversando, e pensato con l’obiettivo di realizzare un’opera unica, capace di sovvertire le abitudini di lavorazione caratteristiche del vetro di Murano.

Nasce da questi presupposti la collaborazione tra la Venini Spa, storica azienda di Murano specializzata nella lavorazione del vetro per la creazione di vere e proprie opere d’arte, e l’architetto giapponese Tadao Ando, figura di primissimo piano nel panorama interna-

U

186 • DOSSIER • VENEZIA 2011

zionale: «Esistono, nei vari ambienti creativi, figure che, talvolta, segnano la loro epoca, lasciando ai contemporanei un messaggio che può essere considerato come una testimonianza della loro audacia e della forza del loro pensiero. Tadao Ando è una di queste», afferma l’amministratore delegato di Venini, Giancarlo Chimento.

«Siamo quindi onorati di poter lavorare al fianco di una figura di questo calibro, e crediamo che questa partnership rappresenti il modo migliore per festeggiare i novant’anni di vita della nostra azienda».

La collaborazione con arti-

sti di livello internazionale, infatti, è un tratto caratterizzante di tutta la storia di Venini. Che valore aggiunto conferiscono queste partnership alle vostre realizzazioni?

«La storia di Venini racconta un affascinante percorso di arte e passione per il vetro, che ha ammaliato e coinvolto artisti, designer, collezionisti ed estimatori nei cinque continenti.

Abbiamo spesso lavorato al fianco di protagonisti del mondo dell’arte e del design, inizialmente estranei all’arte del vetro. Questo è un fatto atipico per la storia del vetro di Murano, che ha però portato un elevato livello di innovazione e sperimentazione, non solo nello stile dei prodotti, ma anche nell’applicazione delle diverse tecniche produttive. Una unicità, quella di Venini, che si esprime, quindi, attraverso una "contaminazione” tra arte della lavorazione del vetro e arte in senso lato».

Quali sono state, a questo proposito, le collaborazioni più significative, anche in

Giancarlo Chimento

ph: ORCH orsenigo _chemollo

ph: ORCH orsenigo _chemollo

ph: ORCH orsenigo _chemollo

un’ottica di crescita aziendale?

«Un esempio del passato è certamente rappresentato dal pittore Vittorio Zecchin. È sotto la sua direzione artistica, infatti, che la Cappellin Venini & C. ha iniziato a porre le basi di quell’identità stilistica che ancora oggi la contraddistingue: evasione dagli schemi tradizionali, apertura verso le avanguardie artistiche, padronanza delle tecniche di lavorazione grazie all’apporto dei migliori maestri vetrai dell’isola.

Più recenti sono invece le collaborazioni con il pittore Sandro Chia e con Mimmo Rotella, pittore e scultore, che in questi ultimi anni ci hanno permesso di avvicinarci ulteriormente al mondo dei collezionisti di arte. Una citazione a parte merita il legame con Carlo Scarpa, di cui si è cele-

In apertura, Giancarlo Chimento con l’architetto giapponese Tadao Ando.

In alto e nelle altre pagine, fasi di lavoro all’interno della fornace www.venini.it

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 187

MAESTRI VETRAI

brato nel 2006 il centenario dalla nascita, e che ha lavorato in Venini dal 1932 al 1947. La collaborazione dell’architetto con l’azienda ha infatti prodotto alcuni tra i migliori risultati vetrari del XX secolo, tanto che le tecniche da lui utilizzate sono, oggi, patrimonio di tutta Murano».

Quale invece, l’atteggiamento di Venini nei confronti delle nuove generazioni di artisti?

«Da sempre siamo impegnati nella ricerca di giovani artisti e designer, creativi e desiderosi di imparare. Tra gli esempi più rappresentativi di questi ultimi anni, la collaborazione con Ga-

briele Magro, iniziata con l’opera Bienvenidos a Miami e replicata nel 2004 con Acquarius e nel 2007 con Anthurium, e quella con Elena Cutolo, da cui ha preso vita, nel 2005, Rosa Tea e, nel 2006, il Bambù: opere in edizione limitata che hanno riscosso un successo immediato. E ancora, il legame con la coppia di artisti del vetro Monica Guggisberg e Philip Baldwin, che attraverso Circo di Lune hanno dato il via a una vera collezione articolata in quadri-scultura in metallo, specchi e, nel 2005, un cestino di luce e sfere».

La ricerca e la sperimentazione ricoprono quindi un

ruolo fondamentale nella vostra attività.

«La continua ricerca, sia cromatica che stilistica, è parte fondante della cultura di Venini. Basti pensare che sono addirittura ottanta i colori creati attraverso formule segrete custodite nel laboratorio chimico della fornace. In Venini, ad esempio, l’azzurro non è più scontato, ma diventa Alba, Acqua, Adriatico, Acquamare, Bluino, Diafano Blu, Notturno, Oceano, Turchese e Zaffiro. A livello stilistico, invece, la nostra attività vede impegnati sia designer di grido sia artisti esordienti, in un dialogo ininterrotto dal quale

ph: ORCH orsenigo _chemollo

La continua ricerca, sia cromatica che stilistica, è parte fondante della cultura di Venini. Basti pensare che sono addirittura ottanta i colori creati attraverso formule segrete custodite nel laboratorio chimico della fornace

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Giancarlo Chimento

ph: ORCH orsenigo _chemollo

ph: ORCH orsenigo _chemollo

emergono soluzioni artistiche innovative, risultanti da esperienze diverse: da un lato i maestri vetrai che padroneggiano le migliori tecniche di lavorazione del vetro, dall’altro gli artisti stessi che suggeriscono forme e modalità espressive, che devono concretizzarsi tramite una materia estremamente complessa e spesso fonte di limitazioni, qual è il vetro».

Negli ultimi anni l’azienda ha notevolmente ampliato il proprio raggio d’azione. In quali ambiti, oggi, è presente Venini?

«Il gruppo oggi è particolarmente attivo nel segmento Contract, lavorando a stretto contatto con designer e architetti di fama internazionale.

Venini ha realizzato e realizza nel mondo innumerevoli sistemi d’illuminazione e oggetti destinati a hotel, show-room, navi da crociera, luoghi di culto, banche e istituzioni pubbliche e private. La capacità di porsi quale partner privilegiato di innumerevoli realtà, attraverso il nuovo servizio Venini Business, permette all’azienda di offrire soluzioni d'eccellenza anche nell'ambito della regalistica, con un’ampia gamma di oggetti, sviluppati o confezionati ad hoc, personalizzabili nei dettagli o nelle declinazioni cromatiche. Un servizio assolutamente all’avanguardia, capace di soddisfare anche le necessità della clientela più esigente».

Venini è oggi presente sui

principali mercati a livello mondiale. Come è organizzata la struttura?

«Quella di Venini è la più grande Fornace artigianale di Murano, con sette maestri vetrai e tredici forni accesi 24 ore al giorno. Oggi disponiamo di tre boutique monomarca, ubicate a Murano, Venezia e Milano, ed esportiamo le nostre opere in tutto il mondo, all’interno dei più importanti department stores e di rinomate gallerie d’arte, con 800 rivenditori attivi in oltre 20 Paesi».

Quali, infine, le aspettative per il futuro?

«Attraverso un percorso costellato di tante significative presenze artistiche il marchio Venini può oggi guardare al ventunesimo secolo con grande fiducia, forte di un bagaglio di esperienze creative e produttive ineguagliabile, che lo rendono “il” marchio delle più straordinarie realizzazioni in vetro. Pezzi d’arte unici, che ancora oggi sono esposti permanentemente nei più importanti musei d’arte internazionali».

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 189

MAESTRI VETRAI

Il vetro si fa arte L’uso del vetro come espressione delle istanze artistiche della contemporaneità. Come trasformare il vetro in materia viva, adatta alla creazione di opere d’arte, nell’esperienza di Adriano Berengo Guido Puopolo

Adriano Berengo del Berengo Studio di Murano (VE) www.berengo.com (Foto: Hugo Thomassen)

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iberare il vetro dalla semplice funzione d'uso e dal prevalente impatto decorativo che esso ha avuto nella tradizione muranese, rendendolo così materia viva per opere d'arte contemporanea. È stato questo, fin dalla sua nascita, il progetto culturale alla base dell’attività di Adriano Berengo e del suo Studio, fondato a Murano quasi vent’anni fa. «Durante i primi anni Novanta – ricorda Berengo - decisi di invitare alcuni artisti presso la mia fornace per sperimentare l'uso del vetro e, grazie alla collaborazione con i maestri vetrai, molti di loro iniziarono a tradurre le loro opere, generalmente pittoriche, in sculture vitree. Credo infatti che il triangolo maestro vetraio-artista-mecenate sia stato il connubio vincente per il risorgimento del vetro in età moderna. Oggi tento di fare lo stesso con l’arte contemporanea».

L’uso del vetro nell’arte contemporanea è una conquista recente. Crede che la cultura dell’arte del vetro sia abbastanza diffusa a livello internazionale?

«Nonostante le straordinarie esperienze portate avanti negli anni Venti e Cinquanta da personaggi del calibro di Venini e Costantini, il rapporto tra il vetro e il mondo dell’arte con-

L

temporanea è ancora piuttosto conflittuale, anche se negli ultimi decenni sono stati fatti enormi progressi a questo proposito. All’estero, soprattutto negli Stati Uniti e nei paesi dell’Europa del Nord, come Olanda, Belgio e Svezia, il vetro rappresenta una nicchia riconoscibile e riconosciuta dalla critica e dal mercato. Ma, come sappiamo, il mondo dell’arte è globale. Il vetro, come ogni altro strumento d’arte, non ha frontiere, in quanto può essere utilizzato da chiunque, a patto di riuscire a superare il preconcetto secondo cui esso è un materiale per soli oggetti d’uso».

Quali, secondo lei, le prospettive del mercato dell’arte del vetro e l’attuale situazione del settore?

«La realtà del vetro d’arte è molto complessa, con tanti e diversi soggetti coinvolti. A questo proposito l’isola di Murano spesso è stata vittima delle scelte poco lungimiranti di tanti muranesi, veri e “acquisiti”. A causa di questo egoismo imprenditoriale e di questa scarsa creatività il vetro di Murano ha vissuto, e sta vivendo tuttora, una fase di grande crisi: mancano le idee, la capacità di rischiare, di innovare. Integrare tradizione e innovazione credo invece sia l’unico modo per permettere all’arte locale di sopravvivere».

Lei è anche l’ideatore di

Adriano Berengo

Glasstress, evento collaterale a La Biennale di Venezia. Può raccontarci l’esperienza del 2009 e descrivere il programma per l’edizione 2011?

«Glasstress si propone come occasione di incontro tra l’arte contemporanea e il vetro, un’idea nata un po’ come il coronamento del mio percorso imprenditoriale. Ospitando artisti internazionali presso la mia fornace, da un lato ho consentito loro di sperimentare con un nuovo materiale, dall’altro sono riuscito a portare nuova energia creativa in un ambiente che spesso, per pigrizia e scarsa capacità di visione, non ha saputo rinnovarsi e aggiornarsi, per rispondere alle nuove richieste del mercato e ai cambiamenti della società. Nel 2009 ho invitato 45 artisti affermati, creando una rassegna “storica” sul percorso di questo materiale dalla modernità a oggi. Per l’edizione 2011 ho cercato di fare un ulteriore passo avanti, coinvolgendo artisti e

designer emergenti, affinché utilizzassero il vetro per promuovere se stessi e di riflesso il materiale, che è così diventato un vero elemento della contemporaneità artistica internazionale».

Quali altri progetti avete in cantiere per promuovere l’opera d’arte in vetro in Italia e all’estero?

«I progetti sono tanti. In particolare Glasstress da quest’anno è diventata itinerante, raggiungendo città come Riga, Stoccolma, e in futuro New York, Beirut e Mosca. Inoltre sto lavorando alla realizzazione di una mostra per portare il vetro di Murano in numerose città russe. Quello dell’Est europeo è un mercato per me ancora da scoprire, ma viaggiando ho colto una grande attenzione per quello che sto facendo. Ogni anno, infine, Berengo Studio partecipa a varie fiere nel mondo, che mi consentono di raggiungere e “coccolare” tutti i miei numerosi clienti».

Dall’alto, in senso orario: Shan Shan Sheng, ABACUS-WESTERN ZHOU DYNASTY, BC 1046-BC 771, 2007, vetro di Murano, metallo e legno (Foto: David Murray); Marta Klonowska, BESTIARIUM: MAKI, 2011, vetro e metallo (Foto: Francesco Allegretto); Charlotte Gyllenhammar, DON’T LOOK, 2011, vetro di Murano e metallo (Foto: Francesco Allegretto)

State puntando su nuovi talenti emergenti?

«Guardo con interesse alle nuove generazioni di creativi.

In particolare Glasstress 2011 mi ha consentito di conoscere artisti e designer giovani e bravi con i quali vorrei collaborare.

Giusto per fare qualche nome, mi vengono in mente Javier Pérez, Bernardì Roig, Monica Bonvicini, Pieke Bergmans, Jaime Hayon, Luke Jerram e Tomàš Libertiny».

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 191

IL VETRO ARTISTICO

Artigianato made in Italy Una produzione che rispetta le antiche tradizioni artigianali coniugandole con tecniche all’avanguardia. E dà origine a lampadari e oggetti per l’illuminazione in pregiato vetro artistico.

L’esperienza di Bruno Gerardon Eugenia Campo di Costa

onostante la sua pregiata unicità, negli ultimi anni il vetro artistico, nel veneziano, ha subito un profondo tracollo. Tra i fattori che hanno contribuito a delineare questo difficile quadro non incorre solo la crisi economica, ma anche l’avvento di nuovi prodotti tec-

N

192 • DOSSIER • VENEZIA 2011

nologici destinati all’illuminazione e, non ultimo anzi forse più importante, la grossa difficoltà nel tracciare l’autentica origine di produzione del vetro artistico. Ne deriva l’importanza, per le aziende del settore, di saper garantire l’originalità e l’italianità della produzione. Su questa strada ha deciso di

puntare la Sylcom, azienda di Spinea, in provincia di Venezia, specializzata nella produzione di lampadari e articoli per illuminazione decorativi da interni. «Per far fronte alle problematiche che sta vivendo il nostro settore – afferma Bruno Gerardon, che ha fondato l’azienda negli anni Sessanta e che tuttora ne

Bruno Gerardon

è alla guida insieme ai figli – abbiamo deciso di far riconoscere, in modo inequivocabile, l’identità italiana della Sylcom, che oggi è garantita e certificata dall’Istituto per la Tutela dei Produttori Italiani». Nel maggio del 2010, infatti, l’azienda ha ottenuto la certificazione “made in Italy 100%”, un riconoscimento che, attraverso scrupolosi controlli, è l’unico ad assicurare l’effettiva realizzazione integrale del “Prodotto in Italia”, senza possibilità di equivoci e che è divenuto ormai unico marchio riconoscibile in tutto il mondo a difesa e sostegno di una lavorazione e produzione che da secoli ha conquistato le più diverse culture mondiali. «Ogni creazione Sylcom – conferma Gerardon - è corredata di un bindello di garanzia, rilasciato direttamente da Promoindustria Spa, con un codice di numerazione progressiva che ne attesta la totale autenticità. Immettendo il codice numerato nel sito internet www.madeinitalycert.it, il proprietario dell’oggetto può verificare e rintracciare integralmente l’origine del prodotto».

LA LAVORAZIONE ARTIGIANALE La certificazione “made in Italy 100%” è garanzia anche

di una lavorazione dalla storia antica, artigianale, che segue quelle tecniche e quelle tradizioni vetrarie veneziane che hanno reso celebre Murano in tutto il mondo.

«Ogni momento del processo produttivo, dalla realizzazione delle miscele vetrose a tutte le altre fasi di lavorazione, viene da sempre condotto in azienda in modo attento e scrupoloso» sottolinea Bruno Gerardon. Mani esperte tramandano un’arte antica che dà origine a pezzi singoli, inimitabili per stile e qualità. Una vocazione che i maestri di Sylcom esprimono non solamente con il vetro, ma anche nell’autentica lavorazione in foglia oro ese-

guita mediante applicazione di interi fogli sovrapposti d’oro a 24 carati. «Il processo di produzione - afferma Gerardon - avviene interamente in azienda garantendo così la perfezione di ogni singolo dettaglio quale espressione purissima del vero, celebre artigianato italiano». Attualmente Sylcom si avvale di un organico di circa sessanta persone che, professionalmente formate in tanti anni di collaborazione, sanno applicare la loro esperienza alle esigenze produttive industriali, dando così un ulteriore valore al prodotto, sinonimo di qualità e cura nelle piccole cose che permettono alla Sylcom di contraddistinguersi nel mondo.

Nelle immagini, momenti di lavoro all’interno della Sylcom di Spinea (VE) www.sylcomsrl.com

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 193

IL VETRO ARTISTICO

L’IMPATTO AMBIENTALE «Per offrire un servizio sempre più rapido e idoneo a qualsiasi esigenza – continua Gerardon – abbiamo anche predisposto una nostra officina meccanica, adiacente alla sede, dove i metalli vengono lavorati con antiche tecniche di saldatura, mantenendo viva una tradizione artigianale oggi quasi scomparsa». Tecnologia e innovazione sono comunque affiancate alle tradizionali tecniche di lavorazione del vetro mediante la collaborazione di figure professionali esterne con specifiche competenze nella chimica del vetro e nel design. Sylcom ha implementato inoltre, nel proprio processo produttivo, un sistema di gestione am194 • DOSSIER • VENEZIA 2011

bientale al fine di garantire che ogni singolo aspetto ecologico legato alla propria attività - dalla scelta delle materie prime, al monitoraggio delle emissioni, ai consumi energetici - sia sempre tenuto sotto controllo e gestito nel migliore modo possibile.

Nel febbraio 2009 l’azienda ha ottenuto, per il proprio sistema di gestione, il più importante riconoscimento in materia di tutela ambientale: la certificazione secondo la normativa Iso 14001:2004 per l’attività di produzione e lavorazione di vetro soffiato e a piastra e la realizzazione di apparecchi di illuminazione e d’arredo in vetro.

LA FILOSOFIA PRODUTTIVA L’artigianalità e tutta la storia della lavorazione del vetro sono il vero e unico valore aggiunto nella realizzazione dei prodotti Sylcom e, grazie alle caratteristiche ottiche quali trasparenza ed effetti policromatici tipici della lavorazione, rendono il vetro di Sylcom un materiale unico, elemento fondamentale nell’arredamento sia classico che moderno. «Nella filosofia produttiva di Sylcom - afferma Bruno Gerardon -, lo stile classico rimane l’elemento fondamentale nella concezione del lampadario.

Siamo comunque attenti a

recepire le nuove tendenze del mercato, sapendole interpretare e adattare a un moderno concetto di illuminazione». Sebbene il ciclo produttivo manuale sia rimasto fedele alla tradizione veneziana, Sylcom ha saputo comunque effettuare un salto di qualità: la continua ricerca e sviluppo di varie miscele per la produzione del vetro, l’inserimento di nuove materie prime e il costante investimento in tecnologie, quali ad esempio forni fusori e recuperatori di calore di nuova generazione, hanno apportato e continuano ad

Bruno Gerardon

apportare un netto miglioramento alle caratteristiche qualitative finali del prodotto vetro, alle condizioni ambientali di lavoro e, non ultimo, al risparmio energetico.

I MERCATI Il principale mercato di riferimento della Sylcom è sempre stato quello italiano ma il vetro veneziano, si sa, è celebre in tutto il mondo e, complice la crisi economica, l’azienda, oltre a curare con attenzione e flessibilità crescenti il mercato nazionale, ha sviluppato anche la propria presenza nei mercati

esteri in particolare l’Est Europa e in Medio ed Estremo Oriente. «Un aspetto che rende vincente la Sylcom anche all’estero riguarda la disponibilità e la flessibilità nella creazione di modelli personalizzati: dal disegno fino alla realizzazione finale, l’oggetto – che si tratti di un lume fino al lampadario da hall d’albergo o teatro viene definito in ogni dettaglio, tenendo conto delle esigenze dettate dalle varie normative nazionali e internazionali».

Nonostante quindi l’ultimo biennio di crisi economica generale,

l’azienda ha saputo mantenere intatta e attiva la propria forza lavoro, preservando così un patrimonio di esperienze acquisite nel tempo.

Tutti gli obbiettivi prefissati sono stati raggiunti permettendo all’azienda di consolidare la propria presenza nel mercato. «La capacità che Sylcom ha dimostrato nell’essere reattiva e flessibile nei confronti delle richieste del mercato e degli investimenti necessari – conclude Gerardon – ci rende fiduciosi di poter continuare a essere tra i protagonisti del settore anche negli anni a venire».

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 195

EVASIONE FISCALE

Verso la tax compliance Persuadere il contribuente ad alzare l’asticella dell’adempimento spontaneo dei doveri fiscali. È questa, ricorda il direttore regionale dell’Agenzia delle Entrate Giovanni Achille Sanzò, la vera mission dell’amministrazione finanziaria Michela Evangelisti resce la qualità degli accertamenti, tanto che la maggior parte dei contribuenti è indotta ad adeguarsi in maniera spontanea al versamento delle imposte. Questa, in sintesi, la lettura che il direttore dell’Agenzia delle Entrate per il Veneto, Giovanni Achille Sanzò, dà dell’attuale andamento della lotta all’evasione fiscale in regione. «Nel 2011 il trend appare in linea con quello dell’anno precedente, durante il quale sono stati riscossi più di 735 milioni di euro e sono stati complessivamente effettuati oltre 46mila accertamenti nei confronti di enti non commerciali, imprese di piccole e medie dimensioni, professionisti e soggetti di grandi dimensioni – precisa Sanzò –. Per quanto riguarda i controlli sulle persone fisiche, con lo strumento del redditometro sono stati emessi 1.600 accertamenti».

In regione aumentano ogni giorno i Comuni alleati del fisco.

«Sono 20 i Comuni veneti che hanno sottoscritto protocolli d’intesa per la partecipazione all’accertamento e molti altri ci hanno già contattato. Tra i comuni che hanno firmato l’accordo ci sono tre capoluoghi, Venezia, Padova e Vicenza, e altre importanti e popolose città della provincia, come Portogruaro, Spinea e Villafranca di Ve-

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Giovanni Achille Sanzò, direttore regionale dell’Agenzia delle Entrate

198 • DOSSIER • VENEZIA 2011

rona. È importante che gli accordi antievasione vengano stipulati non solo con i Comuni capoluogo, ma si estendano anche a quelli della provincia, per assicurare una nostra costante presenza sul territorio e mettere in atto un sempre più capillare recupero dell’evasione fiscale».

Cosa comportano esattamente questi accordi antievasione?

«Il contributo dei Comuni è di notevole ausilio all’Agenzia delle Entrate per il presidio del territorio e per individuare comportamenti potenzialmente elusivi o evasivi, quali residenze fittizie all’estero, possesso di beni indicatori di una capacità contributiva superiore al reddito dichiarato, attività commerciali abusive, lavoratori in nero, canoni di locazione non dichiarati e via dicendo. L’accordo stabilisce che in questi ambiti le amministrazioni comunali inviino telematicamente all’Agenzia informazioni utili ai fini dell’accertamento o che possano essere indizio di evasione fiscale. Queste segnalazioni sono definite in termini tecnici “qualificate”. Come corrispettivo i Comuni ricevono fino al 100% delle imposte recuperate e delle sanzioni».

Nelle recenti manovre del governo sono presenti nuove norme relative alla lotta all’evasione. Quale scenario si apre?

«L’ultima manovra ha messo a disposizione dell’amministrazione finanziaria importanti strumenti per il contrasto all’evasione, in particolare l’utilizzo dell’anagrafe dei conti correnti bancari per l’analisi di rischio. Lo scopo principale è quello di perseguire una sempre mag-

Giovanni Achille Sanzò

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L’ultima manovra ha messo a disposizione dell’amministrazione finanziaria importanti strumenti per il contrasto all’evasione

giore adesione spontanea. È quella che nella nostra organizzazione definiamo “tax compliance” che, ci tengo a sottolineare, è la vera mission dell’Agenzia delle Entrate. In questo senso anche i controlli e il recupero dell’evasione vanno visti come uno strumento di persuasione nei confronti del contribuente ad alzare l’asticella dell’adempimento spontaneo dei doveri fiscali».

Quali sono stati i risultati dell’operazione “Night and day” condotta sabato 15 ottobre dalle Entrate del Veneto? Pensate di replicare l’esperienza?

«L’operazione è stata condotta per vigilare sull’attività degli esercizi commerciali - in particolare bar, ristoranti e pizzerie - nei centri storici delle principali città della regione. Le indagini sono state effettuate attraverso il presidio di cassa, basato sul confronto tra gli incassi della serata tenuta “sotto osservazione” dai nostri funzionari presenti negli esercizi con quelli delle settimane precedenti. I risultati sono stati eclatanti. È emblematico il caso di un parrucchiere di Rovigo che ha registrato un incasso sei volte superiore a quelli normalmente dichiarati.

Sono state inoltre contestate 63 violazioni per

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mancata emissione di scontrini fiscali e individuati 10 lavoratori in nero. Vi saranno altre iniziative in tal senso, per un controllo costante e mirato del territorio».

Sono 5.209 in Veneto le liti minori con il fisco che potranno essere chiuse in maniera agevolata entro fine novembre. Qual è il suo parere su questo “mini condono”? «È più corretto parlare di definizione delle liti pendenti minori, che comporta vantaggi sia per i contribuenti sia per l’amministrazione finanziaria. Infatti, è possibile definire le controversie pagando una percentuale variabile dal 10 al 50% - della sola imposta, evitando sanzioni e interessi. L’auspicio è che vi sia un’adesione massiva. Il vantaggio diretto per noi riguarda non solo e non tanto le entrate fiscali, quanto lo snellimento del lavoro. L’effetto positivo che auspichiamo è quello di poterci dedicare con più efficacia alle liti di maggiore entità, che rappresentano la gran parte delle potenziali entrate dell’erario. Basti dire che da tre anni in Veneto l’80% del valore di tutte le imposte accertate in contestazione è rappresentato dal solo 8% del totale dei ricorsi».

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 199

EVASIONE FISCALE

Contribuire a un Paese più giusto Cresce ogni giorno il numero dei Comuni veneti alleati del fisco. «I sindaci aderiscono all’iniziativa non tanto per i vantaggi in termini di cassa – spiega il presidente dell’Anci regionale, Roberto Dal Negro – ma per garantire sul loro territorio giustizia e sicurezza fiscale» Michela Evangelisti

umenta la stretta sull’evasione fiscale e, per raggiungere l’obiettivo, lo Stato rafforza il ruolo dei Comuni nell’individuare i redditi occulti. L’incentivo? Il bottino recuperato andrà a rimpolpare le casse comunali. L’associazione regionale dei Comuni veneti ha siglato un protocollo con la direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate in cui vengono individuate le modalità di accertamento.

Ora tocca alle singole municipalità sottoscrivere quanto prima gli accordi. «I Comuni – commenta il presidente di Anci regionale, Roberto Dal Negro – stanno dimostrando in questo senso grande adesione». «Ci sarà una vicinanza sempre maggiore tra controllore e controllato – ha auspicato il direttore regionale dell’Agenzia delle Entrate, Giovanni Achille Sanzò –. Si verrà a

www.anciveneto.org

A

creare pertanto un meccanismo di deterrenza verso chi evade, ma spero che avvenga anche un autentico cambiamento culturale». Il protocollo prevede che l’Agenzia delle Entrate fornisca ai Comuni dati su bonifici bancari e postali relativi a ristrutturazioni edilizie, contratti di somministrazione di energia elettrica, acqua e gas disponibili nell’anagrafe tributaria, contratti di locazioni e denunce di successione su immobili. Gli ambiti di controllo individuati sono il commercio e le professioni, l’urbanistica e il territorio, la proprietà edilizia e il patrimonio immobiliare, le residenze fittizie all’estero e i beni che indicano grande capacità contributiva.

Presidente Dal Negro, in concreto come si realizzerà questa collaborazione tra Comuni e Agenzia?

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Roberto Dal Negro

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La repressione è uno strumento efficace ma anche l’aspetto culturale è fondamentale

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«Il Comune istituirà una commissione tributaria esterna alla politica, composta da imprenditori, professionisti, rappresentanti dei sindacati e dei vari settori economici cittadini. Qualsiasi anomalia emersa verrà passata al vaglio della commissione, che, se lo riterrà opportuno, invierà la segnalazione alle Entrate. Il redditometro messo in campo dall’amministrazione finanziaria si basa su una novantina di elementi gran parte dei quali sono già nelle mani del Comune; si tratta soltanto di preparare programmi specifici e metterli in linea con i programmi comunali. Le anomalie quindi verranno evidenziate in maniera quasi automatica; da parte della commissione dobbiamo augurarci il massimo dell’equilibrio, poi il lavoro vero e proprio verrà svolto dall’ufficio delle entrate».

Si tratta, quindi, per il Comune di un’organizzazione non troppo gravosa che può portare, di contro, delle entrate importanti.

«Per eventuali anomalie riscontrate che portano a una riscossione di tipo economico, tutta quanta la parte non fiscale entra direttamente nelle casse del Comune. Ritengo, però, che l’aspetto economico sia la parte più banale di questo progetto: il recupero dell’evasione è la parte sostanziale. I Comuni aderiscono all’iniziativa non tanto per le entrate ma perché sul loro territorio ci siano giusti-

zia e sicurezza fiscale. Si tratta di una responsabilità che un sindaco deve assumersi nei confronti della comunità. È inaccettabile, e non così raro, che una famiglia con il Suv chieda sgravi ad esempio sull’iscrizione dei figlio alla scuola materna o sul trasporto pubblico. Nel Comune del quale sono sindaco, Negrar, abbiamo già attaccato il redditometro al reddito Ise. Dal prossimo anno, nel momento in cui l’amministrazione rifiuterà una richiesta di sovvenzione per un’anomalia legata all’Ise o per il redditometro, farà partire anche la segnalazione all’ufficio delle Entrate».

L’impressione è quella che nella lotta all’evasione, pur in presenza di nuove condizioni normative, manchi ancora la condizione culturale. Qual è la sua opinione a riguardo?

«Le correnti di pensiero qui nel nord est sono diverse: c’è chi pensa che la portata del problema dell’evasione sia notevole, altri che sia tutto sommato accettabile. Io penso che, nel dubbio, occorre darsi da fare. Grazie all’alleanza con i Comuni l’Agenzia delle Entrate potrà sicuramente fare meglio il proprio lavoro e rendere più giusto il Paese. Sono convinto che la repressione abbia un effetto, ma che l’aspetto culturale sia fondamentale: in questo senso avere il Comune come alleato nella lotta all’evasione mette a posto le bocce sul campo».

Roberto Dal Negro, presidente Anci Veneto

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 201

EVASIONE FISCALE

Un’Italia a più marce «La delazione non è degna di un Paese civile e sull’evasione fiscale non si deve generalizzare» afferma Massimo Zanon, presidente di Confcommercio Veneto.

E sul commercio al dettaglio aggiunge: «Dobbiamo rivitalizzare i centri storici» Michela Evangelisti

no strumento incivile che aizza la caccia alle streghe per alcuni, un tassello fondamentale della lotta all’evasione fiscale che andrebbe potenziato per altri. Quando si parla di 117 - il numero telefonico gratuito tramite il quale il cittadino può mettersi in contatto 24 ore su 24 con la Guardia di Finanza - si scatena la polemica. Il dibattito si è riacceso qualche mese fa in Veneto; la posizione del presidente regionale di Confcommercio, Massimo Zanon, è netta: «Un sistema osceno.

Il fatto che il cittadino debba avere una coscienza civile non significa che si debba preoccupare di questioni che invece spettano all’amministrazione – incalza –. È interesse di tutti che il Paese funzioni, ma certo non utilizzando strumenti di delazione fuori dal tempo». L’errore più frequente quando si affronta il tema evasione, secondo Zanon, è la generalizzazione.

«Una cosa sono le infrazioni di tipo fiscale, che possono essere molte anche nel nord Italia ma che dal punto di vista del gettito hanno scarso peso; altra cosa, invece, è la grande evasione – puntualizza –. Noi che rappresentiamo la piccola e media impresa, pur consapevoli che in tutte le “famiglie” ci sono persone con caratteri più

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Massimo Zanon, presidente di Confcommercio Veneto

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“difficili”, non possiamo tollerare che si continui a sparare nel mucchio».

Ritiene, quindi, che in Veneto il problema dell’evasione non sia così radicato?

«L’Italia può essere divisa in tre parti: la nostra regione, così come altre cinque o sei del Nord, è vicina, per il nostro comparto, a un’evasione di tipo quasi fisiologico. I famosi 200 milioni di euro sottratti al fisco non si potrebbero recuperare nemmeno andando porta per porta. Rappresentiamo una realtà che ha ancora un po’ di strada da fare ma ha imboccato decisamente la via del cambiamento. Il Centro deve ancora recuperare parecchio, mentre il Sud, per motivi non solo legati al fisco, deve ancora iniziare il percorso. È una verità storica che bisogna avere il coraggio di dire; non si può spremere il succo dal limone e poi pretendere di spremerlo di nuovo».

Quanto le piccole e medie imprese che pagano tutte le tasse sono frenate sotto il profilo della competitività?

«In genere chi segue le linee imposte da una contabilità seria avverte inevitabilmente un disturbo; spesso sono le norme stesse a creare disparità tra i diversi settori e ad andare a legalizzare situazioni che sono delle evasioni vere e proprie».

Dopo la fine dell’estate gli indicatori parlano di una frenata ulteriore dei consumi e

Massimo Zanon

il governo Monti ipotizza un’ulteriore aumento dell’Iva. Cosa prevede?

«Una misura del genere non farebbe che deprimere ulteriormente i consumi. Non fa certo bene alla crescita lo scambio tra minore imposizione sul lavoro e maggiore imposizione sui consumi. Le famiglie che non arrivano a fine mese, e sono tante, non possono tirare la cinghia più di così. Per una crescita economica bisogna agire sulla spinta dei consumi, non sul loro abbattimento».

Di recente ha dichiarato che bisogna mettere un freno alle nuove aperture perché già le aziende attive faticano a sopravvivere.

«In particolare chiediamo che le nuove aperture, per la grande come per la piccola distribuzione, avvengano all’interno dei centri storici. Chi vuole avviare un’attività lo faccia recuperando ambienti esistenti, spesso dismessi; se un centro storico è capace di attirare clientela la sua amministrazione ha la possibilità di programmare e investire maggiormente su sicurezza, iniziative promozio-

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Chi vuole avviare un’attività lo faccia recuperando ambienti esistenti, spesso dismessi

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nali, decoro urbano. I consumi non sono più quelli di una volta e si realizzano più facilmente in un ambito più accessibile e socializzante, nel quale si sviluppa al massimo la voglia di libertà, di camminare e muoversi, di essere orgogliosi del proprio campanile. Senza contare che il cittadino, tendenzialmente sempre più anziano, trova nei negozi di vicinato un punto di riferimento».

Cosa pensa della nuova legge regionale per il commercio?

«Per ora parliamo di un foglio bianco: l’unica novità già proposta consiste nelle aperture domenicali. È vero che la famiglia ha i suoi bisogni e che le città potrebbero essere visitate anche con i negozi chiusi, ma essendo il nostro un Paese per il quale il turismo è l’unica risorsa “mineraria”, dobbiamo dare servizi; una dimensione diversa dallo status quo dovrà, quindi, necessariamente essere accettata» VENEZIA 2011 • DOSSIER • 203

EVASIONE FISCALE

Da piccoli evasori a vere frodi fiscali nella Laguna di Venezia L’evasione è perpetrata principalmente da alcune imprese di minori dimensioni che dichiarano redditi assolutamente infedeli nel settore dell’edilizia, del commercio e dei servizi. Ne parla Marcello Ravaioli Elisa Fiocchi l Veneto è la seconda Regione per numero di evasori fiscali nel 2011. «Nel periodo che va da gennaio a ottobre del 2011, sono stati scoperti 169 evasori totali e 27 evasori paratotali, con un recupero di base imponibile di circa 160 milioni di euro e Iva dovuta di circa 30 milioni», commenta Marcello Ravaioli, comandante della Guardia di Finanza di Venezia, «di cui il 27% proprio nella nostra provincia». Qui è avvenuta una delle più importanti operazioni di verifica degli ultimi anni, a livello nazionale, nel settore del contrasto all’evasione fiscale delle accise, denominata “Volt”. La società in questione, con sede a Mestre e operante nel settore della produzione e commercializzazione di energia, si approvvigionava di energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili che vendeva ai suoi clienti fruendo, quale auto-produttore, dell’esenzione d’imposta.

Massimo Ravaioli descrive i passaggi chiave che hanno condotto alla scoperta di un’evasione di accisa pari a circa due milioni di euro e illustra le dimensioni del fenomeno e le sue aree d’interesse nella provincia di Venezia.

A quali risultati ha condotto l’operazione Volt?

«In Italia l’energia elettrica, per godere dell’esenzione da accisa, deve essere prodotta con impianti azionati da fonti rinnovabili e consumata da imprese tra loro consorziate, la cui finalità è l’autoproduzione di energia elet-

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204 • DOSSIER • VENEZIA 2011

trica in locali e luoghi diversi dalle abitazioni.

La società verificata aveva pertanto dichiarato di produrre in proprio e consumare da sé energia elettrica che non scontava l’accisa poiché proveniva da impianti attivati con fonti rinnovabili. L’analisi della documentazione rinvenuta nell’ambito dell’operazione ha condotto i militari ad accertare che l’operatore non era per niente un produttore d’energia elettrica in quanto non esercitava né conduceva alcun impianto né era un consumatore in proprio, poiché l’energia elettrica trattata non era ceduta ad altri soggetti. La società aveva simulato una serie di negozi giuridici (contratti di locazione di centrali, sottoscrizioni di quote di capitale sociale, contratti di fornitura) e realizzato una condizione di indebito vantaggio fiscale».

Per quali aree d’interesse si caratterizza Venezia in rapporto all’evasione fiscale: economia sommersa, economia criminale, evasione delle società di capitali, evasione delle big company, lavoratori autonomi e piccole imprese?

«Pur non presentando forme di particolare intensità, spazia comunque dai casi di mancata certificazione dei corrispettivi a vere e proprie frodi fiscali. Principalmente è perpetrata da alcune imprese di minori dimensioni che si celano nella vasta tipologia di similari aziende oneste, abbastanza prevalente sul territorio e che, attraverso la mancata certificazione dei corrispettivi derivanti dall’esercizio dell’atti-

Marcello Ravaioli

vità economica (mancata emissione dello scontrino o della ricevuta fiscale), dichiarano redditi assolutamente infedeli, tra l’altro, nel settore dell’edilizia o del commercio e dei servizi. A queste si aggiungono anche le attività svolte da alcuni professionisti, nelle quali sono stati anche segnalati casi di esercizio abusivo della professione. Altra tipologia di evasione fiscale accertata è stata quella posta in essere da imprese costituite in forma societaria, che risultavano aver presentato dichiarazioni infedeli poiché i loro redditi erano stati abbattuti attraverso l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti emesse dalle cosiddette “cartiere”».

E i casi di esterovestizione?

«Non sono mancati casi di localizzazione fittizia della residenza di un soggetto in un Paese che gode di un regime tributario particolarmente privilegiato, di modo che lo stesso possa beneficiare di una disciplina fiscale più favorevole e, quindi, sottrarsi agli adempimenti previsti dall’ordinamento tributario del Paese di reale appartenenza».

La proposta di limitare l’utilizzo del contante e favorire quello di bancomat e assegni, garantendo così la totale tracciabilità di ogni transazione. Cosa ne pensa e quali sono i futuri obiettivi della Guardi di Fi-

nanza di Venezia per combattere l’evasione?

«Il comando provinciale ha perseguito la lotta all’elusione e all’evasione fiscale, che ha visto concentrare le risorse principalmente sui fenomeni più rilevanti quali l’economia sommersa, le frodi fiscali e gli altri reati tributari nonché l’evasione internazionale. Quanto alla proposta di limitare il contante favorendo l’uso di carte di credito o di debito o di assegni, certamente garantirebbe una maggiore tracciabilità delle operazioni e quindi consentirebbe di individuare con più facilità ricavi o compensi sottratti a tassazione».

Come giudica il servizio “117” e la mobilitazione dei cittadini in veste di ausiliari del fisco?

«Il numero di pubblica utilità “117” è certamente un servizio che consente di essere vicini alle istanze del cittadino sia in termini di sicurezza che di informazione, nonché a difesa di quei contribuenti che osservano correttamente le disposizioni legislative in materia tributaria e che garantiscono la corretta “alimentazione” alla spesa pubblica. Il servizio permetto al cittadino di contribuire all’individuazione dei soggetti che nascondono i propri redditi al fisco mediante la formalizzazione delle notizie conosciute presso i reparti capillarmente presenti sul territorio».

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 205

SICUREZZA SUL LAVORO

Incidenti mortali, maglia nera al Nord Est Calano gli infortuni dei lavoratori stranieri e aumentano i progetti condivisi da istituzioni e parti sociali in materia di prevenzione. Anche gli atenei della regione scendono in campo, d’intesa con Inail, con collaborazioni medico-sanitarie e l’attivazione di progetti di ricerca e studio nelle malattie professionali.

Lo spiega Elda Ferrari, direttrice regionale dell’Inail Elisa Fiocchi

a percentuale di infortuni in Italia conferma l’andamento positivo dell’anno precedente con una riduzione di 16mila casi e una stabilità negli episodi mortali (428 vittime) a fronte delle 431 del 2010 (-0,7%). Dall’analisi delle varie attività economiche emergono poi riduzioni diffuse, ma di diversa intensità: il calo degli infortuni è più pronunciato nell’industria (5,6%) rispetto ai servizi (-3,2%) e all’agricoltura (-2,6%) mentre per gli incidenti, nel Mezzogiorno e al Centro, il dato è rispettivamente di -5,7% e -4,4%, contro il -3,3% del Nord dove anche i casi mortali segnalano un incremento di 24 vittime pari al 12,6%. Come fa notare Elda Ferrari, direttore dell’Inail Veneto, fotografando la situazione nel Nord Est, il numero assoluto non dà l’esatta cognizione del fenomeno infortunistico se non è rapportato al numero degli addetti: «Il portafoglio aziende sul territorio veneto, cioè il numero di aziende assicurato tramite l’Inail, è quattro volte il numero di quelle presenti in Friuli Venezia Giulia e nove volte quelle presenti in Trentino Alto Adige». Analizzando gli indici di frequenza del triennio consolidato, ai fini statistici 2006-2008, «possiamo dire che il Veneto (31,16) si colloca al terzo posto dopo Friuli (34,85) e Trentino Alto Adige (34,11)».

Il 2011 che anno si prospetta in tema di sicurezza sul lavoro per la regione?

«Dai dati di produzione in nostro possesso gli infortuni mortali denunciati in Veneto e definiti positivamente, quindi ritenuti regolari dall’Inail, a settembre 2011, sono una sessantina

L

206 • DOSSIER • VENEZIA 2011

circa; di questi circa il 62% è derivato da incidente stradale, di cui il 32% durante il tragitto casa/lavoro».

Cosa emerge dalle statistiche nel merito degli infortuni mortali denunciati alle sedi Inail del Veneto fino a settembre 2011?

«Gli infortuni mortali si sono verificati maggiormente nella fascia d’età compresa tra i 3549 anni e purtroppo riguardano anche le donne (8% infortuni mortali provocati da incidente stradale). Questa è la fascia d’età delle persone che lavorano già da qualche tempo, che si ritengono esperte e forse sono meno attente ai gesti quotidiani del lavoro. La disattenzione e i comportamenti errati dei lavoratori sono la causa più frequente di infortunio in generale».

Quali settori produttivi risultano i più pericolosi per la sicurezza del lavoratore?

Elda Ferrari

Gli infortuni sul lavoro nel 1° semestre 2011 per area geografica (dati provvisori) AREA GEOGRAFICA

1˚ semestre 2010

1˚ semestre 2011

Var. %

233.409

225.600

-3,3

Centro

79.115

75.600

-4,4

Mezzogiorno

75.306

71.000

-5,7

Italia

387.830

372.200

-4,0

Nord

Fonte: valori stimati sulla base delle denunce acquisite agli archivi gestionali INAIL al 31/08/2011

«Gli infortuni mortali in agricoltura sono l’11% circa del totale mentre nelle costruzioni la percentuale in Veneto è del 6%. Tali settori produttivi sono da sempre i più rischiosi perché nel caso dell’agricoltura gli attrezzi e i veicoli sono spesso obsoleti e privi delle più elementari norme di sicurezza. La formazione in materia di prevenzione, visto che spesso i lavoratori sono stranieri, avventizi, stagionali e vi è un turn over molto elevato, è spesso trascurata. Gli infortuni mortali accaduti a stranieri sono il 13%».

Quali sono invece le dinamiche più ricor- Elda Ferrari, renti in merito alle modalità di accadimento direttore Inail Veneto degli infortuni mortali?

«Se ne registrano tre in particolare: caduta dall’alto del lavoratore, caduta di gravi (queste due modalità da sole, coprono oltre il 50 % dei casi) e la variazione di marcia del veicolo (13,1%). Le cadute dall’alto si verificano maggiormente nel settore delle costruzioni (67,1%), seguito a forte distanza dall’agricoltura (9,9%).

Tra le cadute dall’alto emergono gli sfondamenti di coperture (26,5%), causati nella gran VENEZIA 2011 • DOSSIER • 207

SICUREZZA SUL LAVORO

Infortuni sul lavoro nel 1° semestre 2011 (dati provvisori) Infortuni

Casi mortali

Settori

Settori

1° sem 2010

1° sem 2010

Var. %

1° sem 2010

1° sem 2010

Var. %

Agricoltura

24.335

23.700

-2,6

Agricoltura

46

48

4,3

Industria

140.860 24.335

133.000 1° sem 2010

-5,6 -5,8

Industria

186 88

184 86

-1,1 -2,3

di cui costruzioni

di cui costruzioni

Servizi

222.635

215.500

-3,2

Servizi

199

196

-1,5

Totale

387.830

372.200

-4,0

Totale

431

428

-0,7

Fonte: valori stimati sulla base delle denunce acquisite agli archivi gestionali INAIL al 31/08/2011

parte dei casi da assenza di protezioni o di per-

corsi predefiniti, seguono le cadute da ponteggi o impalcature fisse (15,3%), molto spesso dovute a cattivi allestimenti o al mancato utilizzo delle cinture di ancoraggio, e l’impiego improprio di scale portatili (9,7%). È fondamentale in questi casi la formazione preventiva e il controllo in corso d’opera da parte dei dirigenti e preposti alla sicurezza».

Il master universitario in Scienza e tecniche della prevenzione e della sicurezza dell’Università Ca’ Foscari, realizzato in partnership con Inail Veneto e con la collaborazione della Regione e dei Vigili del Fuoco, come migliora l’offerta formativasul territorio in materia di prevenzione?

«Si tratta di una formazione di eccellenza necessaria per affrontare in modo adeguato la corretta applicazione del Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro in tutte le aziende pubbliche e private. Il master si caratterizza per

208 • DOSSIER • VENEZIA 2011

la sua originalità ed è unico nel suo genere sia in regione che a livello nazionale. Ciò che lo connota è la specificità delle materie trattate, le modalità di intervento, la metodologia didattica, il percorso di integrazione fra discipline tecnico scientifiche e applicazione nei settori della prevenzione e della sicurezza nei luoghi di lavoro. I contenuti, le modalità di accertamento della preparazione degli studenti e i titoli accademici e professionali rilasciati (abilitazione per svolgere le funzioni di Rspp in tutti i luoghi di lavoro) rappresentano, inoltre, un’effettiva novità in questo particolare settore dove la formazione costituisce un elemento fondamentale di prevenzione».

Per l’acquisizione primaria della cultura della sicurezza, della valorizzazione della tecnica comunicativa, dell’esplorazione sui nuovi rischi psico-sociali e sulle tematiche ambientali in gestione integrata, nasce una nuova figura professionale: il tecnico della prevenzione e sicurezza. Quali sono i suoi compiti?

«Non è solo uno strumento del datore di lavoro o di un’organizzazione, ma è un vero professionista che agisce un ruolo etico, per così dire da pastore della sicurezza per la crescita, l’interiorizzazione di una morale, la costruzione di argini nella sequenza ordinata di azioni individuali e di gruppo per la valorizzazione di sistema. Vogliamo consegnare al mondo del lavoro - e non solo - veicolatori e catalizzatori di sicurezza per ribadire con forza che la sicurezza è fattore di competitività per l’impresa socialmente responsabile».

Franca Porto

Morti bianche zero È l’obiettivo che tutte le parti sociali venete vogliono raggiungere, migliorando il coordinamento degli enti e producendo dei piani di controllo mirati per area. «Purtroppo, c’è ancora troppa frammentazione e questo riduce l’efficacia del comune impegno». Il punto di Franca Porto Elisa Fiocchi

er alcuni osservatori il trend infortunistico in calo nel nostro Paese è diretta conseguenza della crisi che ha diminuito le ore lavorate nei diversi settori più esposti al rischio, primo su tutti l’edilizia. «La spiegazione che addebita il calo delle morti bianche ma più in generale di tutti gli infortuni come dicono i dati Inail, al nesso “meno lavoro=meno infortuni” non è sufficiente» sostiene tuttavia Franca Porto, segretario generale della Cisl Veneto, che invita a riflettere sui risultati ottenuti dall’attività di prevenzione e di sensibilizzazione che impegna da anni le parti sociali e le istituzioni pubbliche preposte.

Come vanno correttamente interpretati i dati relativi agli infortuni?

«Quando si considerano questi casi, specie se gravi o mortali, bisogna per prima cosa separare quelli occorsi in itinere da quelli che avvengono sul posto di lavoro; poi bisogna distinguere quelli che si verificano negli stabilimenti, nei cantieri o nelle campagne rispetto ai casi in cui il luogo di lavoro è la strada e la circolazione stradale. Lo stesso ragionamento vale sui luoghi di lavoro: da una parte i posti di lavoro e dall’altra la circolazione stradale. Lungo le strade abbiamo più o meno la metà degli infortuni mortali. Un fatto dovuto a diversi fattori, tra cui la grandissima mobilità che caratterizza il lavoro in Veneto come in tutta Italia, le condizioni generali della viabilità, l’uso di mezzi di trasporto per lavoro non pienamente efficienti, la guida in condizioni di stress, il non ri-

P

spetto delle norme di circolazione».

Veniamo al Veneto: cosa dicono nel concreto i numeri?

«Consideriamo solo gli infortuni mortali che non sono avvenuti in itinere e che non sono nemmeno connessi alla circolazione stradale.

In Veneto, in tutto il 2010, abbiamo registrato 55 casi, di cui 49 nei primi 10 mesi.

Quest’anno, a ottobre, erano 38: sempre troppi, perché stiamo parlando di vite umane».

Il Veneto è una regione pericolosa per il laFranca Porto, voro?

«Alcuni indicatori oggettivi ci dicono il con- segretario generale Cisl Veneto trario, come ad esempio quello che mette a percentuale il numero degli infortuni mortali con il numero degli occupati. Il Veneto nel 2010, su 20 regioni, occupava il nono posto, quest’anno il diciassettesimo. Anche i dati delle singole province inquadrano nella parte

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 209

SICUREZZA SUL LAVORO

Casi di infortuni mortali ad esclusione di eventi occorsi in itinere o connessi alla circolazione stradale 2011

2010

n° casi

Indice di incidenza sugli occupati *

posizione graduatoria nazionale

n° casi

Indice di incidenza sugli occupati *

posizione graduatoria nazionale

38

18

17

49

23,2

9

Belluno

6

67,7

5

6

67,7

3

Padova

7

17,2

66

11

27

35

Veneto

Rovigo

5

48,4

14

3

29

32

Treviso

5

13,3

80

9

23,9

46

Venezia

6

17

68

3

8,5

86

Verona

3

7,3

95

7

17,1

65

Vicenza

6

16

73

10

26,6

38

Nordest

64

20,7

-

81

26,2

-

Italia

460

26,1

-

440

23,3

-

* numero infortuni mortali per milione di occupati

medio-bassa di questa triste graduatoria stranieri da un minimo del 30% (dipenbuona parte di quelle venete, eccezion fatta per Belluno».

Territori e numero di decessi: c’è un nesso?

«Di sicuro sappiamo che ci sono due settori di lavoro che continuano a mietere vittime, l’agricoltura e le costruzioni: nei campi e nei cantieri avvengono oltre la metà dei casi di morte sul lavoro. È possibile quindi che nei territori dove ci sono più occupati in questi settori ci siano più infortuni gravi o mortali.

Una conferma viene anche dalle cause di morte più numerose che sappiamo sono quelle determinate dall’essere investiti da mezzi di trasporto. Va anche detto che in numerosi di questi casi la vittima è un piccolo imprenditore, agricoltore o artigiano».

I lavoratori stranieri sono più esposti agli infortuni sul lavoro?

«Sì, se consideriamo alcune caratteristiche del loro lavoro. La prima è che sono occupati soprattutto nei settori più a rischio: agricoltura ed edilizia, ad esempio. I lavoratori iscritti alle Casse edili del Veneto sono 210 • DOSSIER • VENEZIA 2011

denti aziende industriali) fino al 50% (dipendenti aziende artigiane). E poi moltissimi lavorano nelle strade come autotrasportatori. La seconda è che si tratta, a volte, di persone con scarsa esperienza nel lavoro che devono svolgere».

Cosa si fa per la prevenzione?

«Nella nostra Regione esiste una fitta rete di rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, numerosi sportelli di informazione presso le sedi sindacali, una discreta attività di formazione e di sensibilizzazione. Abbiamo fatto accordi ad hoc per i grandi cantieri (Passante, Mose). Vengono svolte attività di controllo, anche se non in via continuativa, dagli organi di vigilanza e di polizia. Ci sono accordi aziendali che incentivano i comportamenti attenti nei posti di lavoro come pure i suggerimenti utili a migliorare la sicurezza. A quest’incessante impegno, che coinvolge anche le associazioni imprenditoriali e le singole aziende, credo vadano ascritti una parte dei risultati positivi conseguiti negli ultimi anni».

Fonte: Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering - www.vegaengineering.com

MORTI SUL LAVORO - gennaio – ottobre 2011 e 2010

IL DECRETO LEGISLATIVO 231

La responsabilità dell’ente Il decreto legislativo 231/01 ha introdotto nell’ordinamento italiano la responsabilità “amministrativa” degli enti relativamente alla commissione di alcuni reati. Ne parliamo con gli avvocati Ballarino, Giacomazzi, Cassamagnaghi e Bermone Nicoletta Bucciarelli

l “decreto 231” ha introdotto una serie di condotte che possono determinare una responsabilità dell’ente per fatto compiuto da un soggetto che occupi una posizione di vertice nella compagine economica ovvero da un soggetto che sia sottoposto all’altrui direzione o controllo». L’avvocato Carlo Bermone introduce in questo modo un decreto tornato recentemente, e tristemente in un caso, d’estrema attualità. Abbiamo approfondito il tema con gli avvocati dello studio Ballarino, Giacomazzi e Cassamgnaghi.

Quali sono i reati per i quali l’ente può essere chiamato a rispondere?

CARLO BERMONE: «I reati sono davvero numerosi e recentemente il novero originario è stato integrato da nuove fattispecie che rendono particolarmente attuale la questione delle tecniche di redazione del modello di organizzazione aziendale. Originariamente i reati comprendevano i reati contro la Pubblica Amministrazione, i reati societari, i reati di abuso di informazioni privilegiate (il c.d. insider trading) e di manipo-

«I

Lo studio legale Ballarino, Giacomazzi e Cassamagnaghi ha le sue sedi tra Venezia Mestre, Padova e Milano matteogiacomazzi@tiscali.it

212 • DOSSIER • VENEZIA 2011

lazione del mercato (il c.d. market abuse), i delitti di ricettazione, riciclaggio ed impiego di beni illeciti, i reati informatici e quelli di falso, i delitti connessi al terrorismo, le pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili e quelli contro la personalità individuale.

La Legge 3 agosto 2007 N. 123 ha introdotto l’articolo 25 septies nel decreto legislativo 231, per effetto del quale è estesa la responsabilità dell’ente anche per i reati di omicidio colposo e lesioni personali commesse in violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro».

L’argomento è tornato d’estrema attualità anche a seguito del cosiddetto caso Thyssen.

PAOLO CASSAMAGNAGHI: «Nella tragica vicenda del rogo Thyssen Krupp, assistiamo ad un’applicazione concreta e incisiva delle sanzioni previste dal decreto 231. Infatti, in aggiunta alle condanne per l’amministratore delegato e altri manager, la Corte d’Assise di Torino ha applicato anche le sanzioni previste per la società dal decreto legislativo 231/01. Con riferimento speci-

Ballarino, Giacomazzi, Cassamagnaghi e Bermone

c

Con l’introduzione dell’articolo 25 nel d.l. 231, la responsabilità dell’ente si è estesa anche ai reati di lesioni personali commesse in violazione delle norme antinfortunistiche

d

fico alla materia della responsabilità amministrativa da reato dell’ente, ha inteso accertare se e in qual misura sussistessero responsabilità della compagine sociale rispetto ai fatti di reato unicamente nella prospettiva di un oggettivo vantaggio che questa avesse conseguito dalle omissioni di cautela o di vigilanza del rispetto delle norme antinfortunistiche piuttosto che dalla mancata adozione di efficaci disposizioni preventive di infortuni sul lavoro. Accertate le violazioni della normativa antinfortunistica, la Corte ha valutato che queste violazioni abbiano di fatto comportato un vantaggio per la società datrice di lavoro e, pertanto, ha condannato la Thyssen. Si comprende facilmente, quindi, in cosa consista quella “svolta epocale”, per dirla con le parole del Pubblico Ministero Raffaele Guariniello».

Quali saranno le conseguenze inevitabilmente connesse all’applicazione di questa norma nella sua “interezza”?

TITO BALLARINO: «Ritengo che l’applicazione delle disposizioni del decreto legislativo 231/01 determini un obiettivo controllo delle dinamiche aziendali e dell’applicazione dei modelli

operativi predisposti dalle imprese. Appare indubbio che il decreto legislativo 231 non possa costituire un meccanismo di giudizio aprioristico delle scelte dell’operatore di mercato, ma è altrettanto chiaro che il dibattito intorno a queste disposizioni normative dovrà avere come interlocutori privilegiati gli operatori delle pratiche di mercato».

Anche un altro tema di recente è stato connesso alla materia del 231/01. Il legislatore delegato ha recepito nell'ordinamento italiano la direttiva 2008/99/CE, sulla tutela penale dell'ambiente. Quali saranno le conseguenze per le imprese con l’introduzione di questa novità legislativa?

MATTEO GIACOMAZZI: «La normativa in questione individua una serie di reati per i quali è configurabile una responsabilità amministrativa da reato per l’impresa. Si tratta di reati connessi al danneggiamento di specie animali o vegetali protette. L’obiettivo pare essere quello di responsabilizzare l’impresa nell’ambito di operatività non solo sul mercato bensì sul territorio globalmente considerato, ponendole a carico il controllo effettivo delle metodologie aziendali e sanzionando le omissioni non più soltanto con la comminatoria di pene criminali a soggetti fisici, bensì anche retribuendo quelle medesime omissioni con sanzioni che direttamente influiscono sulla vita dell’azienda medesima».

Che cosa dovrebbero fare le imprese per essere maggiormente tutelate?

M.G.:«Operare una seria verifica dei processi produttivi e, in definitiva, adottare efficaci programmi di compliance».

Cosa può consigliare all’imprenditore?

M.G.: «È indubbio che l’adozione di una normativa quale quella in discussione risponda principalmente a un desiderio di “moralizzazione” dell’economia. Ad ogni modo ritengo che l’adozione del modello organizzativo aziendale dovrebbe essere visto non soltanto come un ulteriore adempimento per l’imprenditore quanto come l’occasione forse principale per una verifica delle dinamiche aziendali e l’occasione per la razionalizzazione delle dinamiche produttive e una conseguente occasione di crescita per l’azienda».

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 213

MERCATO DEI FARMACI

Nel 2011 picco del -7,5% sui farmaci Crolla la spesa farmaceutica e dal 2008 sono scesi di tre punti gli utili delle farmacie. Anche la vendita online minaccia il mercato.

Il web? «Si può trovare di tutto e di più» allerta Celso Giacomo Pancino Elisa Fiocchi

all’analisi di Agenas sui dati del primo semestre 2011 si è registrata una diminuzione della spesa farmaceutica convenzionata a livello nazionale del 6,4%, rispetto allo stesso periodo del 2010, come effetto delle manovre di contenimento messe in atto sia a livello centrale che regionale. Accanto a questi dati, che contengono le variabili di numero di ricette, sconto, spesa lorda e netta, vanno esaminati quelli relativi alla spesa farmaceutica ospedaliera che quest’anno raggiunge la cifra record di 5,2 miliardi di euro e che, secondo le Regioni, inciderà per il 5,1% sul fondo sanitario, con un disavanzo che nel 2011 toccherà i 2,6 miliardi di euro. Il presidente di Federfarma Venezia, Celso Giacomo Pancino, descrive le ripercussioni che l’andamento del mercato ha avuto sui fatturati delle farmacie e chiede maggiori tutele contro la contraffazione e la vendita online di alcuni prodotti.

In provincia di Venezia il calo registrato è sostanzialmente in linea con quello nazionale?

«Sì, il crollo dei fatturati delle farmacie si è accentuato a partire dal mese di luglio, in particolare, settembre ha segnato un calo disastroso che ha creato non poche preoccupazioni tra gli addetti ai lavori. La spesa farmaceutica è diminuita mentre è aumentato

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226 • DOSSIER • VENEZIA 2011

dell’1,3% il numero di ricette. Nel mese di aprile, l’Aifa ha ridotto il prezzo di riferimento, in termini di spesa netta: il 90% dei farmaci generici sta pagando la differenza, perchè solo un 10% di aziende ha deciso di abbassare i costi di produzione. Il risparmio totale si attesta attorno ai 439 milioni di euro, che comprendono la scaletta sconti di 300 milioni, il payback di 39 milioni e la trattenuta dell’1,82% per 100 milioni».

Come pensate di chiudere il 2011? «È dal 2008 che l’utile delle farmacie si è ridotto di tre punti, con un allarme anche per i dati occupazionali. Il 2011 non sarà da meno, anzi, attendiamo che la diminuzione del 6,4% raggiunga quota 7,5% a fine anno.

Venezia è in linea con l’andamento nazionale e se continueranno a diminuire gli utili, assisteremo a un inevitabile contraccolpo anche sull’offerta dei nostri servizi».

Com’è possibile salvaguardare il ruolo della farmacie sul territorio?

«Serve maggiore consapevolezza della funzione e della capillarità che è in grado di garantire la farmacia italiana. Così facendo, stiamo svuotando il territorio nazionale di quello che io considero un centro di cultura, un servizio primario per tutti i cittadini sia nella grandi città che nei paesini di poche anime».

Celso Giacomo Pancino, presidente di Federfarma Venezia

Celso Giacomo Pancino

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La farmacia è l’unico punto di riferimento che offre sicurezza e garantisce la provenienza del prodotto

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Il Senato ha approvato all’unanimità la mozione bipartisan sull’acquisto di farmaci via internet. Ritiene che l’introduzione del web nel settore possa essere realmente un utile complemento alle farmacie?

«No, è vero che il mondo si è evoluto ma resta il fatto che su Internet si può trovare di tutto e di più e che i farmaci contraffatti possono recare seri danni alla salute perchè sprovvisti del principio attivo dichiarato, come avviene in molti casi, sebbene la confezione resti identica a quelle vendute a banco. Il farmacista ha, invece, un ruolo chiave: non vendiamo caramelle, ma spieghiamo ai pazienti perchè talvolta cambiano i colori delle confezioni ma non la composizione dei farmaci. Ad esempio, capita molto spesso che alcuni medicinali cambiano una sola parola nel foglietto illustrativo e la farmacia è costretta a restituire il prodotto per la sua distruzione. Quello che è importante sottolineare è che la farmacia è l’unico punto di riferimento che offre sicurezza e garantisce la provenienza del prodotto».

È possibile quantificare le dimensioni del mercato farmaceutico online?

«Bisogna prima fare una distinzione tra il mercato dei paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo. In Europa ad esempio, il mercato copre dal 5 al 20%, soprattutto per alcuni farmaci molto gettonati, ma per fortuna esiste una maggiore informazione. Un discorso a parte, invece, va fatto per i paesi meno sviluppati, dove il giro d’affari può superare anche il 50% di richieste online».

Esiste in Italia un sistema di sicurezza e vigilanza sui farmaci?

«No, ed è a tal proposito che in ottobre è stata firmata la convenzione “Medicrime”, promossa dal Consiglio d’Europa, a cui anche il nostro Paese ha aderito. Sarà il primo strumento internazionale che prevede la punibilità della contraffazione dei prodotti medicali e di reati simili, al fine di proteggere la salute pubblica, e che istituisce in questo senso un quadro per la cooperazione internazionale in materia penale tra gli stati parte».

VENEZIA 2011 • DOSSIER • 227