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OSSIER PIEMONTE L’INTERVENTO ........................................07 Roberto Luongo Guido Carella Marco De Bellis

ECONOMIA E FINANZA

IN COPERTINA.......................................12 Ferrero, le Langhe e la Nutella

IMPRESA E SVILUPPO......................48 Andrea Cocirio, Davide Ferrero e Alessandra Fraire Vincenzo Chiarelli Roberto Amerio Marco Pelassa Vittorio Jacomussi Andrea Brusa

POLITICA ECONOMICA ......................16 Ferruccio Dardanello Gianfranco Carbonato Luca Chiapella Roberto Cota

EXPORT...................................................62 Umberto Delgrosso Giorgio Bigliani Cesare e Ivan Mangone Antonella Rabaglioni

MERCATI.................................................28 Alessandro Barberis Giuseppe Donato

TECNOLOGIE.........................................72 Vittorio Levi Silvio Bonaudi Carlandrea Quaglia

PRIMO PIANO

SPECIALE SVILUPPO ........................34 Antonio Catricalà Massimo Scaccabarozzi Valter Taranzano Michele Rosboch Marco Galimberti

MODELLI D’IMPRESA ........................78 Patrizia Bellodi e Gilberto Laurenti Paolo Zerbini Vilmo Repetti MERCATO DEL LAVORO ..................86 Franco Chiaramonte TURISMO CULTURALE......................92 Pier Luigi Celli Luca Beatrice Fabrizio Del Noce Ugo Nespolo Marco Demarie Alberto Cirio

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POLITICHE AGRICOLE ....................104 Nunzia De Girolamo Lamberto Vallarino Gancia Claudio Sacchetto Marcello Gatto AGROALIMENTARE ...........................114 Lorenzo Ercole Silvio Mosso Stefano Berruto Rosario Federico Pierangelo Re Giovanni, Pietro e Roberto Gasparotto Paolo Casto Luciano Tidor Simone Virgara Luciano Laiolo Sabine Ehrmann Gian Piero Broglia Bartolomeo Merlo Mauro Jaccod Stefano Celi


Sommario L’INDOTTO DEL GUSTO..................146 Jacopo e Beatrice Araldo I LUOGHI DEL GUSTO ......................148 Claudia Carini Vincenzo Chinni Mario Canterino

AMBIENTE

GIUSTIZIA

QUALITÀ DELL’ARIA ........................154 Angelo Robotto

PROFESSIONE FORENSE...............174 Antonella Forchino

ENERGIA................................................158 Daniele Cairo

SANITÀ

TERRITORIO

POLITICHE SANITARIE ....................176 Ugo Cavallera

INDUSTRIA DELLE COSTRUZIONI ......................162 Paolo Buzzetti Giuseppe Provvisiero EDILIZIA.................................................166 Made Expo Paolo Latella e Domenico Sciascia

CORSIE D’ECCELLENZA .................178 Marco Bobbio TERAPIE ORMONALI........................180 Carlo Campagnoli LUNGODEGENZA...............................182 Josè Parrella ODONTOIATRIA..................................186 Paolo Tuzza Stefano Roggia

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L’INTERVENTO

Il lavoro è creare lavoro di Guido Carella, presidente Manageritalia

i affanniamo a pensare, ipotizzare e tentare tutte le strade possibili per creare lavoro. Ma sembra che nessuno sappia più come e perché il lavoro, ma soprattutto la crescita economica, si crea e si distrugge. Qualcuno pensa che basti un incentivo. Qualcun altro ritiene che servano leggi su leggi, quasi che crescita e lavoro si creino per decreto. Pensiamo di governare il lavoro, cosa mai data in natura, e non sappiamo creare e governare le condizioni che ne sono alla base. Oggi, anche negli Stati Uniti, ci sono città e intere aree geografiche che, ancorate a un’economia e un lavoro di decenni fa, sono al collasso (si pensi alla bancarotta di Detroit). La manifattura è in calo in ogni dove, soprattutto quando non sa più fare innovazione, quella che invece l’ha spinta partendo da zero per tanti anni. La finanza è isolata e fine a se stessa, incapace di dare impulso vitale agli altri settori. Qua e là per il mondo, sempre meno in Italia, ci sono però intere città e aree geografiche che crescono e creano sviluppo, lavoro e ricchezza. La famosa Silicon Valley continua a essere l’economia più dinamica d’America e del mondo. L’ingrediente? Innovazione e conoscenza, veri motori della moderna economia basata non più sulla produzione di beni materiali, ma su quella di innovazione e conoscenza. E oggi ancor più di ieri questa nuova economia vincente tende all’aggregazione geografica. Città e regioni che si popolano di lavoratori qualificati e imprese innovative e ne attirano, come le api sul miele, sempre di più. Perché oggi, ma anche ieri, pensiamo ai nostri distretti o al Rinascimento, il successo di un’azienda non dipende solo dalle qualità sua e dei suoi lavoratori, ma anche dall’ecosistema economico e sociale nel quale è inserita. Questi luoghi diventano uno stimolo e un incubatore ricco di idee e di tutto quanto serve per creare

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nuove idee e nuovi modi di fare impresa. Insomma, se guardiamo a quello che stiamo facendo noi oggi in Italia non possiamo che concludere che non ci siamo. Ignoriamo e non presidiamo formazione, ricerca, infrastrutture, cultura eccetera. Non creiamo le condizioni per crescere. Allora gli attori del mondo economico e sociale hanno un grande ruolo. Fare sindacato e rappresentanza è oggi ancora più indispensabile per mettere l’ecosistema nelle condizioni di preoccuparsi solo di crescere. Manageritalia e Confcommercio hanno appena prorogato la scadenza del contratto dirigenti del terziario di fine 2013, rimandando tutto alla fine del 2014. Abbiamo congelato gli aumenti economici e manutenuto welfare e workfare contrattuale, insistendo su programmi di formazione e politiche attive a supporto di dirigenti alla ricerca di un nuovo incarico e aziende che vogliono aumentare la competitività e cogliere nuove opportunità. Abbiamo rinunciato ad aumenti contrattuali, ma puntato a creare le condizioni migliori perché aziende e manager possano continuare a lavorare sinergicamente e in tranquillità. Insomma, questa è la strada da seguire. E se non sappiamo cambiare le logiche che guidano le nostre azioni, sarà impossibile cambiare il Paese. Forse, al rientro dalle ferie, dovremmo ripartire da qui. PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 9



L’INTERVENTO

Legge Fornero: una cura “peggiore” della malattia? di Marco De Bellis, avvocato del Foro di Milano

a legge Fornero ha posto ulteriori “lacci” e “laccioli” alle assunzioni, sia nel rapporto di lavoro subordinato, sia per chi vuole intraprendere un’attività di tipo autonomo. Un incipit che ovviamente non incide in maniera positiva sullo scenario socio-economico in cui riversiamo. Il mercato necessita di una maggiore flessibilità, capace di favorire l’occupazione, non soltanto per i giovani. Ci troviamo, però, dinanzi a un testo creatore di inutili e cervellotici vincoli. Questi ultimi, posti nella fase genetica del rapporto, servono soltanto a scoraggiare la nascita di nuove collaborazioni. Molti rapporti che prima sarebbero stati considerati precari, oggi non sorgono nemmeno. E così i precari restano disoccupati. In sostanza, la cura è stata peggiore della malattia. In un momento di crisi sarebbe stato opportuno consentire qualsiasi iniziativa decorosa, che permettesse ai giovani e ad altre categorie a rischio, come gli over cinquanta, di restare collegati al mondo del lavoro. Inoltre, mentre sul rapporto subordinato sono prossime delle novità “correttive”, soprattutto sul contratto a termine, ci si è dimenticati del lavoro autonomo, che è – o meglio era – fonte di occupazione per milioni di persone. Prima c’erano le cosiddette “collaborazioni coordinate e continuative”, abbastanza elastiche. Poi, con il contratto a progetto, l’elasticità è stata ristretta. Ora è stato ulteriormente “ristretto il campo” e, specie in un periodo di recessione, si è rivelata quantomeno

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una scelta inopportuna. Le leggi a tutela del lavoro subordinato esistono almeno dai primi anni settanta, efficaci e rigorose: chi avesse intrapreso un rapporto di lavoro subordinato sotto le mentite spoglie del lavoro autonomo avrebbe, comunque, avuto tutele, indipendentemente dalla legge Fornero, potendo far accertare dal giudice la natura subordinata del rapporto. Tra gli altri temi al centro del dibattito, troviamo anche la cosiddetta “Cassa Integrazione in deroga”. Questa, pur perfettibile, rappresenta uno sforzo nella giusta direzione di ridurre il differenziale dei diritti tra i dipendenti delle grandi e delle piccole imprese. Concentrarsi sulla cassa, tuttavia, rappresenta un’operazione di retroguardia: l’unica vera sfida è rappresentata dalla creazione di nuovi posti di lavoro. PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 11


IN COPERTINA

IL LATO DOLCE DELLA VITA, LA SEMPLICITÀ DELLE COSE BUONE L’affermazione di un modello imprenditoriale che si basa su lavoro, genio creativo e umanità. Il legame identitario con le Langhe e il Piemonte L’epopea della famiglia Ferrero. Il futuro nelle mani di Giovanni e la volontà di continuare a scrivere una storia di successo

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ual è il segreto di Ferrero? La famiglia è arcimulti-miliardaria, sta in tutte le classifiche dei signori più danarosi del pianeta. “Fortune” nella graduatoria del 2013 colloca Michele Ferrero, 88 anni, il capo della famiglia di cioccolato e nocciole, al 27° posto nel mondo, primo degli italiani, con un patrimonio di 23,2 miliardi di dollari, che in euro fanno 17,85 miliardi. Quali virtù, quali differenze rispetto ad altri ultramiliardari padroni di multinazionali di successo, caratterizzano questo nome così italiano, così piemontese? Per non sbagliare, l’ho chiesto a un amico economista e filosofo di questa scienza, Alberto Mingardi, editorialista del Wall Street Journal, che mi ha risposto: “Su Michele Ferrero direi solo che per lui parlano la Nutella

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e il Mon Cheri. E basta così”. Pensateci: non c’è nessun segreto più onesto e trasparente di questa verità che anzitutto è proclamata dai bambini, e anche da quel bambino che è ciascuno di noi diventato grande quando si incanta dinanzi alla semplicità di una cosa buona e piena di memoria colorata. La freschezza sempiterna della Nutella e dei Mon Cheri, la loro fragranza nocciolata e ciliegina, immersa in una musica di cioccolato: non c’è nulla di più trasparente. Sì, va bene. Ma da quali vite nasce? La qualità del prodotto di quale alchimia umana è figlia? Chi si avventura in questa ricerca dell’origine scopre una storia fantastica. Un’epopea che dice molto del miracolo italiano del dopoguerra, e parla del nord-ovest, del Piemonte e di quel territorio di bellezza struggente che sono

le Langhe, nella cui cornice di popolo e di sentimento dell’esistenza - riservato e gentile, senza boria e dotato di inesorabile determinazione - è nata la ditta Pietro Ferrero & C. Il C. stava per il fratello Giovanni. Pietro ha cominciato, ha inventato i prodotti, e si preoccupava di farli. Giovanni, il fratello più giovane, li ha commercializzati e si è incaricato di spalmarli sull’Italia, creando anche lui una nuova idea di distribuzione e di marketing, quando questa parola inglese stava solo sui manuali d’Oltreoceano. Una coppia formidabile, Pietro e Giovanni. Morti d’infarto e di passione entrambi negli anni 50, troppo giovani, ma capaci già di trasmettere un’eredità magnifica. Adesso molti padri d’aziende colossali, hanno il problema della seconda generazione. Qui, ad Alba, invece no. Tutto è stato comunicato, ben


Ferrero, leXxxxxxx LangheXxxxxxxxxxx e la Nutella

oltre le ricette squisite. Una specie di comunicazione dello sguardo sul prossimo e sul mondo, oltre che sul cioccolato. Vediamo la genealogia. Dopo i pionieri, c’è stato (e c’è ancora: è presente, invisibile ma possente) il figlio di Pietro, Michele. Michele ha ceduto il timone poi a un’altra coppia, identica ai fondatori anche nel nome: Pietro e Giovanni, nipoti e uguali agli antecedenti anche nelle rispettive specialità. Nel 2011 c’è stato poi un funerale. Un funerale tremendo e pieno di pace. In Sudafrica, mentre si esercitava in bicicletta, e pensava non solo alle fabbriche africane ma anche a impiantare opere sociali attorno all’opificio di dolci, era deceduto improvvisamente Pietro, a 47 anni. Eppure il funerale è stato una cosa che nella sua tristezza ha

Giovanni Ferrero, a capo del Gruppo di famiglia

rivelato al mondo da quale umanità ha potuto sgorgare un dono semplice e onesto come la Nutella: la sua anima langhirana. Quel giorno Michele, antico ma non vecchio, ha dato istruzioni precisissime per il futuro dell’azienda. Tutto il potere a Giovanni, compreso l’impegno di proseguire le imprese sociali: in Camerun; a Soweto, quella che Pietro stava aprendo a Cape Town, quella che sarebbe stata presto aperta in India. È il modello sperimentato ad Alba fin dal dopoguerra: la fabbrica, l’asilo, i campi sportivi, i medici aziendali, la fondazione culturale; le colonie per i figli, l’istituto per i disabili, i viaggi per gli anziani. Che cosa ha caratterizzato la Ferrero e ancora oggi la definisce è un intreccio affettivo ed effettivo tra paternali-

smo, capitalismo sociale, fede cattolica. Tutto cominciò durante la guerra. Pietro aveva una pasticceria. Si dedicava a impasti ed esperimenti. I dolci erano solo per i ricchi. Il cioccolato era carissimo, un lusso. Pensò, e siamo nel 1945, a qualcosa che potesse addolcire la vita anche di chi aveva pochi soldi e il desiderio delle cose buone. In un antico libro (antico per modo di dire: 1967) che ho rintracciato nella biblioteca del Senato e narra le prime fortune di questo pasticciere è scritto che Pietro aveva “l’ansia artigiana e quasi sportiva di creare un suo prodotto”. Girava per le cascine e acquistò, in quei primi mesi del dopoguerra, le riserve di nocciole che è un prodotto tipico delle Langhe, l’oro dei poveri. Aveva una Topolino. Aveva “la PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 13


IN COPERTINA

passione di creare, armata di ottimismo e di coraggio”, possedeva “la nobile fiammella”. Il libro, senza nome degli autori, si chiama ”Storia di un successo. Ferrero la più grande industria dolciaria del Mec”. Fatto sta che da quel suo laboratorio usci il cioccolato Ferrero, un cioccolato mescolato con le nocciole che battezzò “Giandujot”. Lo vendeva avvolto nella carta stagnola perché reggesse in tempi in cui il frigorifero non esisteva nelle case comuni. E lo vendeva a fette. Il prezzo era la metà della metà di quello usuale. Il successo fu clamoroso: bontà e un costo alla portata di tutti. Giovanni, il fratello, portò nei paesi vicini questa scoperta. La fama si diffuse. Pietro assumeva ragazzi e ragazze. Costruì una fabbrica, la fabbrica del cioccolato. Nel 1948 l’alluvione spazzò via macchinari e scorte. Tutta la popolazione di Alba mise mano ai badili. Riprese tutto come prima. Dopo 46 anni, nel novembre del 1994 il fenomeno si ripeté. Ne scrissi su Il Giornale. ll Tanaro allagò la fabbrica, la domenica mattina tutti quanti si diedero appuntamento in fabbrica: dirigenti, funzionari e quattromila operai, con gli stivaloni e la vanga, a spalare il fango. Venti giorni dopo le macchine ripartivano, la produzione di Natale era salva. Torniamo ai primordi. Nei primi anni 50 Giovanni ebbe l’idea di saltare i grossisti. Dalla produzione raggiungere tutti i negozietti d’Italia. Creò una flotta di vetture Ferrero, autofurgoni marroni come il cioccolato, e il marchio della ditta sulla fiancata. Arrivarono al numero di 2.000. Solo l’esercito, nel 1967, aveva più macchine di questa azienda di Alba. Intanto il “giandujot”, esperimento dopo esperimento, Pietro riuscì a trasformarlo nella “Supercrema”, venduta in barattoli, era già quasi la Nutella. Era il 1951. 14 • DOSSIER • PIEMONTE 2013

Il primo vaso di Nutella uscì dalla fabbrica di Alba il 30 aprile del ‘64 e invase l’Europa, dove già esisteva una Ferrero in Germania

Dell’importanza anche sociale di questa impresa, basta questa immagine da film neorealista . Al sud, nei paesetti più poveri, non si conosceva il sapore del cioccolato. Allora nei negozi invalse l’uso della “spalmata”. I bambini arrivavano alla bottega con la fetta di pane, e per dieci lire il pizzicagnolo la cospargeva di quell’impasto favoloso. Per venti lire due spalmate. Tutto questo trasformò Alba. Niente emigrazione. I ragazzi e le ragazze andavano alla Ferrero.

Senza spopolare le campagne, ma dando l’opportunità a operai e operaie di rimanere nelle cascine e nei piccoli borghi. Il pullman della Ferrero passava al mattino e riportava le maestranze a casa alla fine del turno. Questo ha permesso un reddito decente alle famiglie per far studiare i figli, impedendo l’inurbamento nelle capitali e consentendo alle Langhe di essere quelle che sono: un equilibrio tra ambiente e uomini, l’unità di lavoro e focolare, la coltivazione accu-


Ferrero, le Langhe e la Nutella

Michele Ferrero con il figlio Giovanni, ai funerali del primogenito Pietro

ca. Pietro, il primogenito, è cresciuto a Bruxelles (per ovvie ragioni di sicurezza), da bambino veniva qui a trovare la nonna. Il padre lo sottoponeva a un rito iniziatico. Lo portava in fabbrica - raccontò Pietro a Cazzullo - e poi se ne andava di nascosto. Il figlio doveva orientarsi e uscire da solo. Una volta cominciò ad aprire le uova di Pasqua per vedere le sorprese; fu rimproverato duramente. Ad Alba Pietro si trasferì verso la fine degli anni 80, quando cominciava la seconda rivoluzione, quella del turismo, fondata sul tartufo e sul vino. E ora Giovanni porta avanti – sotto lo sguardo di antico combattente del patriarca – il motto di famiglia e di questo capitalismo piemontese così umano: “lavorare, creare, donare”. Dice di sé: «Io sento molto forte l’orgoglio dell’italianità, l’appartenenza al mio Paese. Possiamo ancora scrivere pagine di successo di una storia collettiva, senza smarrire il senso della nostra identità. La nostra azienda affonda le radici nel territorio, nella fierezza nazionale. L’Italia ha tanti protagonisti, non certo soltanto noi, ha grandi potenzialità». Viva la Nutella e chi l’ha creata.

L’ingresso dello stabilimento di Alba

rata delle vigne e una produzione di nocciole da parte egli stessi che poi le trasformavano in Supercrema. La cui ricetta fu perfezionata dal figlio d'arte, Michele, che nel 1963 la trasformò in Nutella (dall’inglese nut, nocciola). Il primo vaso di Nutella uscì dalla fabbrica di Alba il 30 aprile del 1964 e invase l’Europa, dove già esisteva una Ferrero in Germania. L’educazione in questa famiglia è stata tutto. Non pura tecnica, ma umanità. Michele si caricò il peso portato dal padre e dallo zio. E trasmise ai figli il senso del lavoro e della fabbri- Renato Farina, scrittore

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POLITICA ECONOMICA

Meccatronica e aerospazio, locomotive dell’export Nel sistema distrettuale dell’industria piemontese, sono le produzioni ad alto tasso di “business intelligence” a rappresentare le vere chiavi anti-crisi. Gianfranco Carbonato spiega l’importanza di stimolare la «specializzazione manifatturiera» Giacomo Govoni ossatura produttiva del Piemonte è fondata sui distretti industriali. Dal loro rendimento dipende larga parte del fatturato economico regionale, soprattutto sotto il profilo dell’export, che nel primo trimestre di quest’anno è rimasto sostanzialmente fermo sui livelli del gennaiomarzo 2012. Lo riferisce l’ultimo Monitor dei distretti del Piemonte, diffuso dal servizio studi di Intesa Sanpaolo, che evidenzia come, al di là dei 5 distretti agroalimentari tutti in rialzo, le performance dei poli indu-

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striali non abbiano generato un incremento di vendite. Eppure, osserva il presidente regionale di Confindustria Gianfranco Carbonato, «il Piemonte resta una delle regioni a più elevata specializzazione manifatturiera» in un Paese che, nonostante la crisi, è ancora la seconda potenza manifatturiera in Europa. Guardando al distretto piemontese, come sta variando il suo valore sul dato nazionale e sull’economia territoriale? «In base ai dati del 2011, gli ultimi disponibili relativamente all’inci-

Gianfranco Carbonato, presidente di Confindustria Piemonte

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denza del settore manifatturiero sull’economia delle maggiori potenze mondiali, solo in Cina, Corea e Germania l’industria manifatturiera mostra valori superiori rispetto all’Italia. Guardando al nostro distretto, negli ultimi anni l’industria sta seguendo il trend italiano, cioè una riduzione graduale sul peso dell’economia nazionale e territoriale. La percentuale di valore aggiunto dell’industria manifatturiera piemontese su quella italiana è diminuita dal 10,4 al 9,9 per cento nel periodo 2003-2011. Nello stesso periodo anche il peso del manifatturiero regionale sull’economia territoriale è calato dal 23 al 20 per cento in termini di valore aggiunto». Conforta tuttavia, la crescita di un distretto trainante come quello della meccatronica. Quali fattori di eccellenza mette in campo e su quali filiere produttive genera effetti positivi? «La meccatronica ha una peculiarità che la rende un settore cruciale per lo sviluppo non solo del sistema industriale piemontese, ma di tutta l’economia regionale. Essa produce innovazioni di processo e di prodotto di cui beneficiano trasversalmente le imprese del territorio piccole, medie


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Gianfranco Carbonato

9,9% IL TASSO D’INCIDENZA DEL VALORE AGGIUNTO DEL SETTORE MANIFATTURIERO PIEMONTESE SU QUELLO ITALIANO. NEL 2003 ERA DEL 10,4%

e grandi, appartenenti a tutte le filiere produttive. Quasi un terzo dell’export piemontese è costituito da prodotti meccatronici, che si dirigono in larga parte su mercati assai competitivi come quello tedesco e francese. Alla buona tenuta della meccatronica ha contribuito in questi anni il Mesap, una rete formata da più di 200 soggetti tra imprese, atenei e centri di ricerca che ha promosso 50 progetti di ricerca per un valore di 45 milioni di euro e sta facendo conoscere le eccellenze meccatroniche piemontesi in Italia e all’estero». Altra punta di diamante della vostra rete distrettuale è l’aerospazio, che colleziona ottimi numeri soprattutto all’estero. Quali le piste commerciali più calde e come si riflettono queste buone performance sul trend occupazionale del settore? «Il distretto aerospaziale coinvolge

centinaia di pmi piemontesi, oltre ai grandi player internazionali Avio Group, Alenia-Aermacchi, ThalesAlenia, Selex Es e Microtecnica. La sua importanza strategica deriva anche dal forte impatto tecnologico delle sue produzioni, capaci di sviluppare know how con possibilità di utilizzo anche in altri settori. Le ricadute dirette sull’indotto locale e nazionale sono rilevanti. Il gruppo Alenia-Aermacchi e Avio alimentano un indotto ricco di aziende e di addetti. Uno dei progetti più importanti attualmente sul tavolo è quello dell’F-35, che sarà assemblato a Cameri, in provincia di Novara, da Alenia-Aermacchi; nei prossimi anni l’impianto diverrà anche un polo di manutenzione per il bacino euro-mediterraneo, stimato in 500-600 velivoli, con un migliaio di addetti diretti». Per accrescere gli ordinativi, a vol-

te innovare il prodotto non basta. Serve anche un’innovazione di mercato che coinvolga le pmi. Quali azioni state promuovendo per perseguirla? «Il Piemonte rappresenta senza dubbio un esempio virtuoso di cooperazione tra soggetti diversi per rafforzare le filiere dell’aerospazio e della meccatronica dal punto di vista del mercato e della tecnologia. Importanti progetti sono stati promossi sul territorio grazie alla collaborazione tra Regione, sistema camerale e imprese, con la gestione del Cip, con l’obiettivo di portare potenziali buyer stranieri in Italia e le pmi piemontesi all’estero. Pensiamo a From concept to car, Think up, Aerospace e inTo mech. Sul piano della ricerca e innovazione, asset imprescindibili per creare nuove opportunità di mercato, fa scuola l’approccio adottato dal Piemonte per definire i grandi temi sui quali fare convergere le risorse. Nell’ambito dei suddetti progetti, con la partecipazione di grandi imprese, pmi, università e centri di ricerca sono state attivate iniziative innovative cofinanziate da Regione e soggetti privati». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 19


POLITICA ECONOMICA

45 mln IL VALORE DEI PROGETTI DI RICERCA PROMOSSI IN QUESTI ANNI IN PIEMONTE IN COLLABORAZIONE CON IL POLO PER LA MECCATRONICA E I SISTEMI AVANZATI DI PRODUZIONE (MESAP)

Tra le 4 “I” che lei indica come strategie chiave per puntare alla ripresa c’è il capitolo investimenti. Di quali forme di incentivo hanno maggior esigenza le imprese piemontesi? «Per uscire dalla crisi e avviare un percorso di ripresa, l’economia piemontese ha forte bisogno di stimoli agli investimenti. Innanzitutto quelli infrastrutturali che hanno un notevoLa meccatronica è un settore cruciale perché le effetto indotto e sono cruciali per produce innovazioni di processo e di prodotto qualunque progetto di sviluppo e soprattutto, per il rilancio di un settoa favore di tutte le filiere produttive re come quello delle costruzioni, che più di ogni altro sta pagando il prezzo della crisi. Non meno importanti sono gli investimenti in macchina- ri e attrezzature a sostegno dei quali to di nuovi stabilimenti o l’amplialo strumento che più di ogni altro ha mento di quelli esistenti. Su tutti queincontrato il favore delle imprese è la sti aspetti la Regione ha mostrato in legge Sabatini». questi anni attenzione e risorse che Una legge, quest’ultima, che vanno confermati e ampliati per l’Esecutivo pare aver rilanciato nel dare consistenza alle attività avviate. recente “decreto del fare”. Quali ul- Mi auguro che il tema del sostegno teriori interventi di sostegno è le- agli investimenti possa rientrare a piecito attendersi dal livello centrale? no titolo fra le priorità della pro«Bene ha fatto il governo a puntare grammazione dei nuovi fondi strutsu questo strumento con una dota- turali 2014-2020. Insieme a ciò, è zione di risorse che però giudichia- fondamentale riuscire a ricostruire un mo insufficiente per ottenere risultati clima generale di fiducia nel futuro, veramente incisivi. Occorre fare di che sia di sostegno a nuovi progetti più. In Piemonte, ad esempio, vi è di sviluppo e soprattutto a una ripresa l’esigenza di stimolare l’insediamen- dei consumi».

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Luca Chiapella

Portavoce delle istanze degli imprenditori Competitività, innovazione, formazione e aggiornamento continuo. Sono i capisaldi dell’agenda programmatica di Luca Chiapella alla guida di Confcommercio Cuneo, «per dare risposte concrete e puntuali ai nostri associati» sottolinea il neo presidente Tiziana Achino

er il prossimo quinquennio sarà Luca Chiapella a presiedere la Confcommercio Cuneo, che inizia il suo mandato con un obiettivo principale: «Fare squadra, avere una forte capacità di ascolto della nostra base associativa, facendo tesoro del contributo di tutti». Quali sono le sue prime sensazioni alla guida di Confcommercio Cuneo? «Per i prossimi cinque anni ricoprirò la carica di presidente della Confcommercio insieme ai miei colleghi della giunta esecutiva. Riconosco sinceramente il grande impegno di chi mi ha preceduto alla guida dell’associazione, e penso abbia avuto grandi meriti. Tuttavia, fin da subito, mi sono convinto che il lavoro da fare è molto, soprattutto dal punto di vista sindacale. Il mondo del commercio è variegato e complesso, gli adempimenti sono sempre più numerosi. Nonostante la tanto sbandierata semplificazione, non si registra un’inversione di tendenza rispetto alla contrazione dei consumi e più in generale alla perdurante crisi economica.

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Luca Chiapella, presidente di Confcommercio Cuneo

Queste sono solo alcune delle sfide da affrontare nei prossimi mesi e Confcommercio Cuneo sarà, come sempre, in prima linea a fianco degli associati nel dare risposte concrete e puntuali». Quale sarà l’agenda programmatica per il prossimo quinquennio? «È ormai da molti anni che partecipo attivamente alla vita associativa in qualità di vicepresidente, senza mai peraltro dimenticare che sono un commerciante dal 1987 e discendo da una famiglia di com-

mercianti; farò quindi tesoro dell’esperienza maturata per mettere in atto nuove idee e nuove strategie con l’obiettivo di avvicinare sempre di più l’associazione al mondo del commercio, del turismo e dei servizi. Lavorerò affinché Confcommercio Cuneo sia sempre più sensibile ai problemi della categoria e sia in grado di offrire vantaggi concreti e tangibili per le aziende associate. Competitività, innovazione, formazione e aggiornamento continuo. Sono questi i principali capitoli da affrontare». E i suoi principali obiettivi? «Lo scenario economico-distributivo attuale è sempre più complesso e competitivo, occorre che le piccole e medie aziende sfruttino appieno tutte le nuove opportunità che vengono loro offerte al fine di abbattere i costi diventati, in molti casi, ormai insostenibili e al contempo migliorare le performance. Un’associazione come punto di riferimento per qualsiasi tipo di problematica è un prezioso valore aggiunto da considerare. Tornando alla sua domanda, sono convinto PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 21


POLITICA ECONOMICA

Occorre fare squadra, avere una forte capacità di ascolto della nostra base associativa, facendo tesoro del contributo di tutti

che occorra fare squadra, avere una «Sicuramente i giovani costituisco- servizio che, attraverso l’uso di taforte capacità di ascolto della nostra base associativa facendo tesoro del contributo di tutti, condividere il più possibile iniziative e progetti, farci portavoce delle istanze degli imprenditori presso le istituzioni a tutti i livelli, locali e regionali. Studiare e mettere a servizio delle imprese convenzioni e servizi sempre più personalizzati e tarati sulle reali esigenze». In che modo Confcommercio affronterà il tema del passaggio generazionale all’interno del settore? 22 • DOSSIER • PIEMONTE 2013

no un potenziale di idee nuove e innovative, tuttavia non si può dimenticare e non è da sottovalutare l’esperienza di chi da tempo esercita “il mestiere” del commerciante. Per i giovani, l’utilizzo di nuove tecnologie, su cui l’associazione punterà in modo deciso, sarà sicuramente più facile e immediato. In particolare, daremo avvio al progetto Teseo, una piattaforma tecnologica che definisco “socio-centrica”, in grado cioè di rispondere in tempo reale alle esigenze di gestione e controllo dell’impresa. Un

blet e smartphone in comodato d’uso gratuito, consentirà l’uso di servizi a distanza e permetterà di mantenere un canale di comunicazione costantemente aperto con l’associazione. “L’associazione sempre con te, a portata di click”, questo è lo slogan di un progetto di innovazione tecnologica al servizio delle nostre imprese, che ha richiesto anni di progettazione e un importante investimento economico, realizzato anche grazie al prezioso contributo della Camera di commercio di Cuneo».



POLITICA ECONOMICA

Piattaforme di dinamismo e innovazione La generale contrazione dei fondi non impedisce al governo regionale di investire ampie risorse a sostegno dei distretti industriali piemontesi, che vantano «punte d’eccellenza potenzialmente imbattibili» assicura Roberto Cota Giacomo Govoni

Roberto Cota, governatore della Regione Piemonte

a sessione italiana della task force Italia-Russia sui distretti e piccole e medie imprese, giunta al dodicesimo anno, quest’autunno farà scalo a Torino. Organizzata dal Ministero dello sviluppo economico e dalla rappresentanza commerciale della Federazione russa, il forum economico-istituzionale seguirà di qualche mese la tappa tenutasi a maggio nella regione russa di Nihzny Novgorod e «sarà il contesto ideale per uno scambio di eccellenze tra i due paesi nei settori innovativi più promettenti». Con queste parole si era espresso al momento dell’annuncio di metà primavera Roberto Cota, sottolineando il grande significato che un simile evento rivestirà per un sistema economico fondato sui distretti industriali come quello piemontese. «Sicuramente il modello distrettuale può essere un’arma in

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più per fronteggiare la crisi – spiega il presidente della Regione – perché capace di creare spontaneamente reti di imprese, piattaforme ideali da cui partire per aggredire i mercati stranieri. È uno strumento utile soprattutto alle aziende di piccole dimensioni, che diversamente non avrebbero le competenze necessarie per internazionalizzare». Qual è lo stato di salute complessivo dei distretti piemontesi? «È chiaro che la situazione congiunturale negativa a livello generale colpisca anche i distretti industriali, specie quelli soggetti alla concorrenza sleale. Il governo regionale del Piemonte ha comunque cercato di valorizzare al meglio le realtà industriali del territorio attraverso la legge regionale 34, che ha finanziato un bando aperto a tutti i distretti da 8 milioni di euro, i cui progetti mobilitano risorse complessive per oltre 20 milioni di euro.

Nonostante la crisi, quindi, i nostri distretti risultano ancora dinamici e innovativi». Pur registrando progressi di comparti come l’agroalimentare e l’aerospaziale, un recente monitoraggio rintraccia difficoltà nelle zone ad alta densità distrettuale della regione. Di quali aree e settori stiamo parlando e che criticità scontano? «Come accennavo prima, sono soprattutto i settori esposti alla concorrenza sleale quelli che soffrono di più, e noi facciamo di tutto per tutelarli e superare in maniera strategica questo problema. Alcuni esempi sono il distretto orafo, la rubinetteria e, soprattutto, il tessile. Il distretto biellese da anni subisce effetti negativi, ma investendo su qualità del prodotto, tutela dell’ambiente e nuove tecnologie, siamo già a un livello di eccellenza, in teoria imbattibile, rispetto a quello di


Roberto Cota

altri Paesi. Si tratta solo di sfruttarne il potenziale e sensibilizzare dell’opinione pubblica, affinché sostenga questi settori attraverso i consumi». Il settore aerospaziale è un'eccellenza produttiva e scientifica del Piemonte. Come sta affrontando questa stagione di stallo del mercato interno? «Mi fa piacere che la cosa venga riconosciuta, dopo la polemica senza cognizioni di causa che qualcuno ha provato a fare sul tema. L’aerospazio in Piemonte è una realtà molto importante: ha un fatturato di 2,6 miliardi e occupa oltre 12.500 addetti. La Regione lo segue con molta cura e siamo ormai alla fase due della piattaforma tecnologica sull'aerospazio: le 5 proposte presentate confermano la nostra regione a un livello di assoluta avanguardia per il settore e per il Paese. Testimoniano inoltre, così come già evidenziato sulla piattaforma auto-

motive, una vivacità di idee che sono la migliore certezza su cui contare per uscire dalla crisi». Quali prospettive si possono delineare per questo distretto nel prossimo futuro? «Importanti opportunità potranno arrivare per questo e altri settori dalla nuova programmazione sui fondi europei. Le politiche regionali nel 2014-2020 dovranno contribuire a un forte rinnovamento del sistema economico e produttivo piemontese, potentemente disarticolato dalla recessione e colpito suoi tradizionali vantaggi competitivi. Il

perdurare della crisi economica e finanziaria e i vincoli sui fondi della Commissione europea impongono di concentrare interventi e risorse su strategie che contribuiscano all’obiettivo primario della crescita». Poche settimane fa avete stanziato altri 10 milioni in favore dei poli d’innovazione. Come s’intreccia la loro attività con i distretti e quali vantaggi competitivi ne derivano? «Vince chi associa ricerca e innovazione a una specializzazione che esiste già nel territorio. E noi ci siamo mossi proprio così, su ogni settore. Il lungo percorso evolutivo e di con-

+8,1% LA CRESCITA DI VENDITE ALL’ESTERO MESSA A SEGNO DALL’AEROSPAZIO PIEMONTESE NEL PRIMO TRIMESTRE 2013, SOPRATTUTTO IN USA E REGNO UNITO

330 I PROGETTI FINANZIATI DALLA REGIONE PIEMONTE NELL’AMBITO DEL PIANO DI SOSTEGNO AI POLI D’INNOVAZIONE

PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 25


POLITICA ECONOMICA

Vince chi associa ricerca e innovazione a una specializzazione che esiste già nel territorio

solidamento di queste importanti allo sviluppo di nuovi posti di la- eccellenze secondo rigorosi pararealtà evidenzia la costruzione di un “modello Piemonte”, nonostante la generale contrazione dei fondi e nella logica della concentrazione delle risorse. In tutta la regione, sono attualmente nei poli circa 1.500 imprese, di cui oltre il 70 piccole e medie, gli atenei piemontesi, i parchi scientifici e tecnologici, gli incubatori di impresa e i principali centri di ricerca pubblici e privati. A oggi sono stati finanziati circa 330 progetti». In uno scenario del primo trimestre 2013 dominato dagli indicatori negativi, la nota lieta sono sempre i mercati esteri. Quali azioni sta svolgendo la Regione per incentivare la penetrazione internazionale delle imprese? «Il nostro governo regionale da sempre attua una politica di attrazione degli investimenti, collegata 26 • DOSSIER • PIEMONTE 2013

voro e quindi alla produzione sul nostro territorio. I progetti integrati di filiera e di mercato del nostro piano per l’internazionalizzazione continuano a mettere a disposizione molte interessanti opportunità che le aziende devono poter essere in grado di cogliere. Stiamo cercando di far conoscere alle imprese sul territorio gli strumenti che abbiamo messo in campo per consentire loro di essere più competitive e dinamiche, affermando il made in Italy nel mondo. La difesa delle nostre eccellenze passa attraverso azioni concrete di promozione e internazionalizzazione». E verso quali destinazioni commerciali in particolare? «I mercati di riferimento variano rispetto al settore di interesse. Partendo dalla selezione delle

metri, i Pif e i Pim mirano alla valorizzazione complessiva del sistema economico piemontese oltre i confini nazionali. Tutti sono orientati a favorire l’aggregazione tra imprese, riconosciuta come leva primaria di successo per le pmi all’estero, e caratterizzati da una struttura comune che include: accompagnamento specialistico, attività di formazione, organizzazione di missioni outgoing e incoming, team di lavoro dedicato. Attenti però a non puntare solo sull’export: anche i mercati emergenti stanno mutando, ripiegando su sé stessi; dobbiamo quindi strutturarci per far ripartire al più presto i consumi interni e riaffermare la vocazione industriale dei nostri territori. Diversamente la crescita rischierebbe di rimanere un fenomeno effimero».



MERCATI

L’Europa deve sostenere le pmi Le piccole e medie imprese sono vitali per il sistema produttivo europeo. Perciò questioni come accesso al credito e internazionalizzazione vanno costantemente sollecitate. Ne parla Alessandro Barberis, presidente di Eurochambres Francesca Druidi

28 • DOSSIER • PIEMONTE 2013


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Alessandro Barberis

Attraverso importanti attività di relazioni e missioni istituzionali, Eurochambres cura i rapporti internazionali delle imprese dell’Ue

n questo periodo di crisi per l’Eurozona, diventa ancora più importante il ruolo svolto da Eurochambres, l’Associazione delle Camere di commercio e industria europee, «l’unica organizzazione comunitaria che cura gli interessi di ogni settore e dimensione d’impresa», sottolinea Alessandro Barberis, presidente al suo secondo mandato e guida della Camera di commercio torinese. Fondata nel 1958, Eurochambres dà voce agli interessi di oltre 20 milioni di imprese presenti in 45 paesi europei attraverso una rete di 2mila Camere regionali e locali. Oltre il 93 per cento di queste imprese sono piccole o medie e danno lavoro a oltre 120 milioni di persone. «L’associazione – prosegue Barberis – interviene presso le istituzioni europee per cercare di orientarne l’operato quando vengono discussi temi di interesse economico, con un possibile impatto sulle imprese». Quali sono le istanze a cui le Camere di commercio europee stanno attualmente lavorando? «Vi sono quattro campi, in particolare, nei quali le Camere di commercio europee possono vantare una competenza esclusiva e su cui anche Eurochambres lavora: innanzitutto la creazione d’impresa. Ogni anno le Camere europee accompagnano la creazione di 1.300.000

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Alessandro Barberis, presidente di Eurochambres e della Camera di Commercio di Torino

nuove imprese, affiancandole poi in tutte le fasi del loro sviluppo. Vi sono poi tematiche quali educazione e formazione: 2,6 milioni di persone beneficiano annualmente del sistema di formazione delle Camere. L’81 per cento delle Camere coopera, infatti, con centri di formazione. Sul fronte dell’innovazione, le Camere offrono servizi di sostegno a 250mila imprese ogni anno, mentre sul versante dell’internazionalizzazione viene offerta consulenza a più di un milione di imprese desiderose di svilupparsi a livello internazionale, organizzando ogni anno missioni commerciali all’estero a cu partecipano 90mila imprese. Infine, le Camere sensibilizzano e accompagnano le aziende all’uso di nuove tecnologie

in campo energetico. Eurochambres affronta poi a livello europeo questioni economiche e finanziarie, temi relativi al mercato interno e alla competitività delle imprese, soprattutto piccole e medie». Facendosi portavoce delle esigenze delle imprese, quali sono le priorità che state portando all’attenzione dei vertici europei? «Alla luce dell’attuale crisi economica e finanziaria che l’Europa sta vivendo e che non ha precedenti, nessun strumento di sostegno alle imprese dovrebbe essere sacrificato. Sono soprattutto le piccole e medie imprese a spingere il motore della crescita europea; sono soprattutto loro che creano lavoro e che costituiscono il punto di riferimento della coe- PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 29


MERCATI

sione sociale ed economica. Per que- buendo allo sviluppo di strategie le italiane - hanno bisogno di indirizsto, l’Associazione delle Camere europee ha espresso alcune specifiche raccomandazioni: facilitare l’accesso al credito per le pmi, rispettare il limite di 30 giorni per i pagamenti alle imprese da parte delle amministrazioni pubbliche ed evitare misure protezionistiche o aiuti pubblici a settori specifici dell’economia. È, inoltre, fondamentale attuare le disposizioni previste nella Strategia Europa 2020 e applicare le disposizioni previste nello Small business act della Commissione europea, per facilitare la vita alle pmi. Occorre sostenere le aziende nell’accesso a mercati esteri, in particolar modo quelli emergenti, contri-

formative che mirino alla diminuzione della disoccupazione, soprattutto giovanile. Tutto ciò senza dimenticare la centralità della diffusione di una più radicata cultura dell’imprenditorialità in Europa». L’associazione identifica un importante interlocutore con l’Ue sul fronte dell’internazionalizzazione. Quali sono le prospettive del Vecchio Continente sui mercati internazionali? «Le previsioni economiche ci dicono che, nel 2020, il 90 per cento della crescita mondiale sarà generata al di fuori dell’Europa. Questo significa che le aziende europee - non solo quel-

20 mln NUMERO DI IMPRESE PRESENTI IN 45 PAESI EUROPEI RAPPRESENTATE DA EUROCHAMBRES ATTRAVERSO UNA RETE DI 2MILA CAMERE REGIONALI E LOCALI

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zarsi all’estero per rimanere competitive. Attraverso importanti attività di relazioni e missioni istituzionali, Eurochambres cura i rapporti internazionali delle imprese dell’Unione europea con i paesi del Mediterraneo, l’America Latina, i paesi del Golfo, l’India, la Cina e l’Asia e le relative politiche commerciali. Inoltre, l’associazione coordina alcuni progetti finanziati dalla Commissione europea. Solo per citarne alcuni: l’Erasmus per giovani imprenditori, Al-Invest in America Latina, Eu Sme Centre a Pechino, Eu-Turkey Chamber Forum, Eu-Gcc Chamber Forum con le Camere della regione del Golfo».


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Giuseppe Donato

Presidiare gli sbocchi più futuribili Un novero di destinazioni commerciali allargato e nuove progettualità, estese a start up, spin off e micro imprese. È quanto prevede il piano strategico del 2013 per l’internazionalizzazione del Piemonte. Lo illustra Giuseppe Donato Giacomo Govoni

labora strategie per penetrare nei circuiti commerciali più promettenti, affianca le imprese piemontesi nella costruzione di un profilo internazionale più maturo, selezionando per loro opportunità d’affari in tutto il mondo. Questa, da circa 7 anni, è la missione di Ceipiemonte, organismo regionale dedicato all’internazionalizzazione di un territorio che anche nel primo semestre 2013, secondo i dati di Unioncamere, «si è confermato il quarto esportatore italiano, con una quota del 10,5 per cento dell’export nazionale». Parola di Giuseppe Donato, rieletto lo scorso aprile alla presidenza dell’ente, che sottolinea come la crescita all’estero rappresenti uno degli indicatori più positivi nella dinamica economica piemontese. «L’incremento è stato del 2,1 per cento sul 2012, in un contesto nazionale in cui prevale il segno meno». Significa che l’export e la dimensione internazionale si stanno rivelando le migliori armi anticrisi. Per l’intero sistema produttivo regionale? «La crescita non sta interessando tutti i comparti: la meccanica ha registrato una contrazione del 4,6 per cento. Positiva, invece, la performance del tessile-abbigliamento al +2,4 per cento; il comparto dei trasporti ha visto un incremento più so-

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Giuseppe Donato, presidente del Centro estero per l’internazionalizzazione del Piemonte

stenuto del 10 per cento, scaturito dall’aumento delle vendite di autoveicoli e di componenti autoveicolari. Anche l’alimentare ha manifestato una dinamica brillante, +6,9 per cento. Tuttavia si tratta di una crescita debole, che evidenzia come le esportazioni non possano, da sole, trainare la ripresa. Tanto più in un contesto di rallentamento dell’intera Unione europea, principale bacino di riferimento per il nostro sistema economico, che vi canalizza il 58 per cento dell’export. Positivo comunque il fatto che l’export verso i Paesi extraUe in questo primo semestre abbia visto una crescita del 10,1 per cento». Attualmente per quali settori si

stanno aprendo le migliori opportunità all’estero? «Ceipiemonte nel 2013 gestisce un programma di attività innovativo, sostanzialmente legato al Piano strategico per l’internazionalizzazione. Varato da Regione e sistema camerale piemontese, tale piano ha introdotto nuovi progetti e ampliato quelli esistenti, con un raggio di azione sempre più esteso in termini di filiere produttive e aree geografiche coinvolte, e concentrandosi anche sulle micro imprese, start-up e spin-off innovative. Tra i tanti comparti che seguiamo, ferroviario e medicale stanno vivendo una fase di fermento interessante: il mondo sta investendo in que- PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 31


MERCATI

sti settori generando grandi flussi di attività e opportunità di business. Poi al centro dell’attenzione ci sono: progettazione, design industriale, alta gamma, creatività, servizi, sviluppo di tecnologie legate all’efficienza, al risparmio». Come si struttura la vostra attività di affiancamento alle imprese e in che modo le avvicina a un mercato più globale? «Accompagnamento specialistico, attività di formazione, organizzazione di missioni outgoing e incoming sono gli strumenti attraverso cui puntiamo ad aiutare le imprese a essere più competitive e dinamiche, a irrobustirsi e affermare sempre meglio nel mondo il made in Italy e in particolare le produzioni piemontesi. Resta naturalmente un presupposto di partenza: che le aziende abbiano le caratteristiche essenziali di base per poter affrontare la sfida di un percorso di internazionalizzazione inserito nei progetti proposti». In linea generale, verso quali Paesi state spingendo le aziende piemontesi a intensificare i legami commerciali e quali fattori li rendono più appetibili di altri? «Brasile, India, Cina e Russia restano tra i mercati più appetibili, ma ce ne sono altri in rampa di lancio: il Golfo Persico, dove in Qatar stiamo raccogliendo risultati importanti; stiamo sondando l’Oman, ritenuto tra i più promettenti dell’area per i tassi di crescita nel prossimo quinquennio; il bacino del Mediterraneo, dove ad esempio la Turchia rappresenta uno sbocco di grande rilievo, anche in quanto ponte culturale ed economico verso le repubbliche dell’Asia centrale; l’area del Caucaso, con la Georgia da sempre importante corridoio di transito tra Europa e Armenia, e Azerbaijan; 32 • DOSSIER • PIEMONTE 2013

Tra i nuovi mercati stiamo sondando l’Oman, ritenuto tra i più promettenti dell’area per i tassi di crescita nel prossimo quinquennio

l’area Nafta, bacino ideale per molte nostre aziende, a partire dal Messico. Il Piano per l’internazionalizzazione ha dato vita a 15 progetti di mercato proprio per favorire una presenza stabile delle pmi piemontesi nelle aree di interesse e garantire assistenza qualificata volta a collaborazioni commerciali, industriali e tecnologi-

che». Avete attivato da qualche mese i Pif e Pim per accrescere la vocazione estera delle imprese locali. Quali i primi riscontri ottenuti e come si svilupperanno nei prossimi mesi? «Oggi gestiamo 16 progetti di filiera e 15 di mercato. I quali, partendo dalla selezione delle eccellenze, puntano


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Giuseppe Donato

20,4 mld VENDITE IL VALORE COMPLESSIVO DELL’EXPORT PIEMONTESE NEL PRIMO TRIMESTRE 2013, IN RIALZO DEL 2,1% RISPETTO ALLO STESSO PERIODO DEL 2012

58% EXPORT UE LA QUOTA DELLE ESPORTAZIONI PIEMONTESI CHE VIENE CANALIZZATA NEI MERCATI DEI 28 PAESI MEMBRI DELL’UNIONE

2000 PIF E PIM LE IMPRESE PIEMONTESI CHE DA GENNAIO HANNO ADERITO AI PROGETTI DI MERCATO E DI FILIERA DEL PIANO STRATEGICO PER L'INTERNAZIONALIZZAZIONE

alla valorizzazione complessiva del sistema economico piemontese all’estero, in ottica di marketing territoriale. Insieme compongono una macchina multiforme che vuole rispondere alle esigenze delle imprese in modo concreto, puntale e snello. La forza e l’efficacia di queste attività si traduce in termini di incremento del business delle imprese oltre i confini nazionali, ma anche di crescita “culturale” e competitiva delle aziende che hanno potuto confrontarsi su

tavoli internazionali di alto livello, conoscersi tra loro e sviluppare sinergie e aggregazioni. In alcuni casi è stato proprio grazie a questi progetti le aziende più piccole e meno strutturate hanno avuto e hanno l’opportunità di varcare i confini nazionali». Tra i vostri filoni di attività, uno è espressamente dedicato alla promozione turistica. In quali attività si declina e quali risultati sta mettendo a segno? «Nel 2012 il Piemonte ha visto il su-

peramento dei 13 milioni di presenze con un lusinghiero aumento dell’1 per cento, in controtendenza nazionale. La componente principale di questo numero è rappresentata proprio dal turismo internazionale, terreno sul quale interviene fortemente Ceipiemonte, quindi possiamo dire che è anche attraverso il nostro lavoro che è stato raggiunto questo risultato. Ceipiemonte in accordo con l’assessorato regionale al turismo della Regione Piemonte si è posizionato sui principali mercati esteri di riferimento per i prodotti turistici piemontesi, con un occhio di riguardo a quello russo, cinese e brasiliano, in prospettiva di Expo 2015. Cercando parallelamente di consolidare il nostro zoccolo duro, ovvero il mercato tedesco che include Germania, Svizzera e Austria». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 33


INNOVAZIONE E COMPETITIVITÀ Puntare sulle quattro i: impresa, innovazione, internazionalizzazione e investimenti. È l’invito di Gianfranco Carbonato, presidente di Confindustria Piemonte, intervenuto nel mese di luglio all’apertura dei lavori del IV Forum di Stresa 34 • DOSSIER • PIEMONTE 2013


11

LE POSIZIONI PERSE DAL PIEMONTE SUL FRONTE DELLA COMPETITIVITÀ NELLA CLASSIFICA DELLA COMMISSIONE EUROPEA, SCENDENDO DAL 152° POSTO DEL 2010 AL 163° DEL 2013

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LE NUOVE IMPRESE REGISTRATE COME STARTUP INNOVATIVE NEGLI ULTIMI 48 MESI IN PIEMONTE; È IL DATO PIÙ ELEVATO TRA LE REGIONI ITALIANE

200

I CENTRI DI RICERCA PUBBLICI E PRIVATI PRESENTI IN PIEMONTE ASSIEME A DODICI POLI DI INNOVAZIONE E SEI PARCHI SCIENTIFICI

Il Piemonte, come molte altre regioni italiane, perde punti sul fronte della competitività scendendo di 11 posizioni: dal 152° posto del 2010 al 163° del 2013. Il dato compare nell’indice della competitività regionale redatto dalla Commissione Ue. Per gli imprenditori è la conferma di una situazione insostenibile a causa di una pressione fiscale eccessiva e di una burocrazia inossidabile. Il rettore del Politecnico di Torino, Marco Gilli, ha messo in evidenza come sia la mancanza d’investimenti a deprimere regioni come il Piemonte che avrebbero le potenzialità per crescere. «Siamo una delle realtà migliori

nell’attivazione di nuove startup ma senza risorse non si va lontano. Seve una politica industriale del Paese e la volontà d’investire in innovazione e ricerca» ha sottolineato. Nell’indagine trimestrale di Unioncamere Piemonte, relativa ai primi tre mesi del 2013, che segnala un calo tendenziale della produzione industriale (-5,1 per cento) e del fatturato (-4,3 per cento), l’unico dato cautamente confortante riguarda le nuove imprese registrate come startup innovative. Negli ultimi 48 mesi in Piemonte le nuove iscritte sono state 50: è il dato più elevato tra le regioni italiane. PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 35


SPECIALE SVILUPPO

Formazione e innovazione, leve per la crescita Gli atenei, le nuove generazioni di laureati e le esigenze delle imprese trovano un punto d’incontro in Corep. Il presidente Michele Rosboch ci spiega come l’attività del consorzio si è adattata ai cambiamenti del Paese Renata Gualtieri

l Corep è un consorzio senza scopo di lucro costituito dalle tre università della Regione e alcune istituzioni locali con il compito di operare sul territorio regionale sui temi della formazione avanzata e l’innovazione, facendo perno sulle competenze presenti all’interno dei dipartimenti universitari. Un’azione quindi di valutazione dell’utilità di quanto produce l’università nei confronti del sistema delle imprese e della pubblica amministrazione, mediante un’azione di disseminazione. O viceversa, partendo dai bisogni del territorio, trovare le risposte all’interno degli atenei. «Infatti il binomio innovazione e formazione avanzata – commenta il presidente di Corep, Michele Rosboch – era ed è tuttora la chiave di volta dello sviluppo economico di un territorio». Negli ultimi anni i consorziati hanno deciso di focalizzare l’attività di Corep sulla formazione avanzata - che negli anni ha registrato un’evoluzione specie negli aspetti organizzativi - dirottando le iniziative sull’innovazione verso i poli promossi dalla Regione. Quali i fabbisogni formativi e la domanda di professionalità proveniente dal sistema produttivo loca-

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44 • DOSSIER • PIEMONTE 2013

le e qual è la risposta del consorzio? «Le attività realizzate negli ultimi anni dal nostro consorzio sono state incentrate sulla formazione di nuove figure professionali non immediatamente disponibili nel sistema della formazione, ad esempio gestori di cloud computing per le software factory, business intelligent per le società di marketing e comunicazione. Inoltre, emerge sempre più forte la necessità di acquisire un titolo universitario da parte di giovani neo diplomati con un’esperienza approfondita in settori specifici. Oltre alle numerose università online, al momento l’unica risposta delle università tradizionali è quella di

offrire percorsi personalizzati che consentano il raggiungimento della laurea. In attesa che l’università prenda in considerazione anche percorsi che prevedano il riconoscimento delle esperienze accademiche ai fini dei crediti didattici, il Corep rilascia il titolo di master (non universitario) a persone che partecipano a master universitari, e che gli sono stati affidati dalle stesse università, e che hanno sostenuto e superato le verifiche di tutti i corsi previsti dal percorso del master universitario». In che modo gli atenei, i laureati e le esigenze delle imprese trovano un punto d’incontro in Corep?


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Michele Rosboch

200 SONO I PROGETTI INNOVATIVI RACCOLTI NELLA SOLA PROVINCIA DI TORINO ATTRAVERSO L’INIZIATIVA PROTEIN

Michele Rosboch, presidente di Corep

«Il format del master, così come interpretato dal Corep, è una forma flessibile in grado di dare risposte ai nostri “clienti”. L’esperienza dimostra che se gestito da un ente terzo, il master permette un incontro efficace tra le competenze presenti negli atenei e le esigenze del sistema produttivo, dei servizi e della Pubblica amministrazione, a beneficio delle nuove generazioni di laureati e dei lavoratori. At-

tenzione particolare merita il master in apprendistato che consente una sintesi efficace tra le esigenze degli interessati: neolaureato e impresa». Di che natura sono i progetti che vedono impegnato Corep a livello europeo? «Corep opera fin dalla sua fondazione in ambito europeo. Tra i più recenti progetti, co-finanziati dalla Commissione europea nell’ambito del programma LifeLong Learning, c’è “Taste”, progetto avviato con partner provenienti da cinque paesi europei esperti nel campo dell’educazione permanente e dell’anatomia patologica che mira allo sviluppo di un sistema di telepatologia innovativo, mediante utilizzo di moderne Tic. “MoveOn”, invece, mira a sviluppare nuove possibilità di formazione professionale offerte in brevi episodi sui dispositivi mobili con l’obiettivo di favorire l’istruzione professionale degli adulti.

“pSkills”, realizzato con sette partner provenienti da cinque paesi europei esperti nel campo dell’educazione permanente e del trasferimento tecnologico, favorisce l’utilizzo dei moderni linguaggi di programmazione da parte degli insegnanti delle scuole secondarie, nel quadro di modelli pedagogici incentrati sullo studente, finalizzati a rendere i corsi più efficaci. “Ergoman”, infine, ha come obiettivo la creazione di un nuova figura professionale: il progettista ergonomo di processo e di postazioni di lavoro e di un nuovo modello formativo». Quali le iniziative di Corep che hanno avuto negli anni il maggior impatto economico e sociale in regione? «Tra i progetti più significativi ci sono Diadi, per la diffusione dell’innovazione nelle pmi; ProteIn, Proteina per l’innovazione, e alcune iniziative di formazione avanzata. Con il progetto Diadi, sviluppato in due anni, si sono coinvolti quasi 200 pmi e sono stati realizzati dei progetti d’innovazione, grazie al supporto qualificato di alcuni gruppi di ricerca dei degli atenei piemontesi. Con il progetto Protein, invece, sono stati raccolti più di 200 progetti innovativi nella sola provincia di Torino, proposte da altrettante pmi, 70 dei quali sono stati sviluppati con il coinvolgimento di giovani ricercatori seguiti da strutture accademiche. Tra le iniziative di formazione preme rilevare il master in giornalismo intitolato a Giorgio Bocca e le attività di formazione per i dottori di ricerca». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 45


SPECIALE SVILUPPO

Oltre un secolo di tradizione Il distretto aerospaziale piemontese, caratterizzato da una forte integrazione tra il sistema della ricerca e il tessuto industriale continua a generare valore economico e conoscenze tecnologiche riconosciute in tutto il mondo. Il punto del presidente Marco Galimberti Renata Gualtieri a struttura industriale del distretto aerospaziale piemontese si fonda sulla presenza di 9 grandi imprese e di un tessuto industriale di circa 200 piccole e medie imprese che, con diversi gradi di coinvolgimento, concorrono a formare un fatturato complessivo di 2,6 miliardi di euro all’anno e a occupare circa 12.500 addetti. «Si tratta di stime piuttosto stabili commenta il presidente del distretto, Marco Galimberti - perché il settore aerospaziale lavora su grandi programmi pluriennali che risentono meno di altri delle turbolenze di mercato dovute alla crisi di questi anni».

In che modo il distretto interviene sul tessuto industriale locale integrandosi con il sistema della ricerca scientifica in regione? «Il comitato che gestisce il distretto aerospaziale lavora dal 2005 sulla collaborazione e l’integrazione tra scienza e industria nella costante ricerca dell’innovazione tecnologica più utile a for- Marco Galimberti, presidente del distretto aerospaziale del Piemonte nire vantaggi competitivi al territorio nei mercati internazionali. È una vantaggiose per tutti gli attori coinvolti. sfida molto interessante perché occorre In questi anni il distretto è sempre riusuperare differenze importanti in ter- scito a concertare con tutti i suoi memmini di linguaggi, modi di lavorare e bri un’agenda di temi di ricerca che ha obiettivi per trovare complementarietà consentito di focalizzare le risorse pubbliche su pochi grandi progetti strategici superando definitivamente, almeno in questo settore, la logica dei contributi a pioggia». A quanto ammontano le risorse economiche che il distretto ha stanziato per lo sviluppo del settore aerospaziale piemontese? E quali i risultati fin qui raggiuti? «Il piano di sviluppo redatto dal distretto è servito per costruire la piattaforma tecnologica aerospaziale del Piemonte, un programma d’investimenti da 50 milioni di euro in 5 anni che ha attivato, con il contributo dei privati, oltre 100 milioni di euro in R&S integrando grandi imprese, pmi e sistema della ricerca. Un intervento che ha portato il Piemonte a eccellere in 5 FATTURATO COMPLESSIVO GENERATO DALLE 9 GRANDI IMPRESE E DALLE 200 PMI CHE FORMANO IL DISTRETTO AEROSPAZIALE PIEMONTESE aree tecnologiche chiave: droni per

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2,6 mld

46 • DOSSIER • PIEMONTE 2013


Con la ricostruzione del terreno marziano operata da Thales Alenia Space si stanno sperimentando le tecnologie per i nuovi mezzi che effettueranno approfondite esplorazioni su Marte

scopi civili, motoristica aeronautica eco-compatibile, tecnologie per l’esplorazione spaziale, space debris management e attuatori elettromeccanici di nuova generazione». Come è possibile esprimere il valore della tradizione del settore in regione? «È difficile rispondere in maniera esaustiva sul valore di un tratto di storia che risale al 1909 e che coincide con il fronte più avanzato del percorso dell’aeronautica in Italia. Preferisco citare tre esempi. Innanzitutto, il record mondiale del 30 settembre 2011, data in cui, grazie ai risultati del progetto Smat F1 della piattaforma tecnologica aerospaziale del Piemonte, si è registrata la prima missione, guidata da Alenia Aermacchi, di 3 differenti velivoli senza pilota dedicata alla sorveglianza di infrastrutture e a rilevazioni ambientali per la protezione civile. Poi c’è la ricostruzione del terreno marziano operata da Thales Alenia Space nello stabilimento Altec di corso Marche a Torino, dove si stanno sperimentando le tecnologie per i nuo-

vi mezzi che effettueranno approfondite esplorazioni sul pianeta Marte. Infine, i risultati di Avio, che oggi sta completando la propria integrazione all’interno del gruppo General Electric e che, con il progetto Great 2020 ha realizzato importanti risultati nelle leghe titanio-alluminio per costruire nuovi motori aeronautici dalle emissioni inquinanti particolarmente contenute nella prospettiva di conseguire i risultati auspicati negli obiettivi europei per il 2050». Con quali progetti aerospaziali il Piemonte si presenterà in Europa e come il territorio compete per i fondi europei del programma Horizon 2020? «Al di là della retorica che accompagna ogni lancio di questi programmi, bisogna constatare che i fondi europei dei grandi programmi di ricerca e sviluppo sono veramente difficili da raggiungere sia per la complessità tecnica e amministrativa richiesta dalle proposte sia per il livello della competizione che coinvolge player da tutti i Paesi dell’Ue.

Certamente c’è la necessità di rivolgersi a questi fondi per la ricerca e l’innovazione soprattutto per la situazione finanziaria nazionale che non lascia presagire grandi disponibilità su questi capitoli di spesa così importanti ma con ritorni di mediolungo termine che mal si conciliano con i problemi di cassa del nostro Paese. A livello di sistema-paese, oggi c’è la novità del cluster tecnologico nazionale aerospazio a cui il distretto piemontese partecipa con convinzione nell’auspicio che si riveli uno strumento di partecipazione a Horizon 2020 in grado di portare coordinamento e competitività alla presenza italiana in Europa». Sono previsti lavori di potenziamento e sviluppo del distretto? E quali i prossimi obiettivi? «Entro il mese di novembre, come ci è stato richiesto dal governatore Roberto Cota e dall’assessore Agostino Ghiglia, il distretto concerterà con il territorio un piano di sviluppo con l’orizzonte 2014-2020 che sottoporrà alla Regione per continuare a progettare insieme il futuro». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 47


Valorizziamo il made in Italy Andrea Cocirio, Davide Ferrero e Alessandra Fraire affrontano il tema dell’internazionalizzazione delle aziende italiane, spiegando come la nostra stessa cultura faccia da volano per l’export e quindi lo sviluppo. Però è necessario «Modulare il nostro stile secondo le abitudini locali»

on c’è angolo del mondo immune al suo fascino: il made in Italy, come sinonimo di qualità e “buon vivere” più in generale, trova sempre il suo spazio. In qualsiasi mercato. Il fenomeno risulta chiaro in tutta la sua potenzialità nelle parole di Andrea Cocirio, Davide Ferrero Renato Ferretti e Alessandra Fraire, dello studio Cocirio Ferrero e Associati di Torino. Nella loro attività di consulenza alle aziende in materia di corporate finance e mergers and acquisitions, i tre soci danno da sempre molto rilievo ai processi d’internazionalizzazione delle imprese che supportano: la conclusione è che l’apprezzamento mostrato oltre confine alla cultura italiana, e quindi ai prodotti a questa connessa, continua a essere una grande risorsa per molti settori della nostra economia. Ma i processi d’internazionalizzazione hanno bisogno di uno studio più che approfondito. «La qualità italiana – spiega Ferrero – ha un target sempre molto alto, quello che bisogna fare è modulare il nostro stile secondo le peculiarità del posto. Il mercato brasiliano del gelato, per esempio, è molto focalizzato sui gusti di frutta, più che sulle creme, e la varietà è molto grande tanto da avere gusti che in Italia non esistono. Noi offriamo una tradizione

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A sinistra, Davide Ferrero. Nella pagina accanto, in basso, Andrea Cocirio e in alto, Alessandra Fraire. Lo studio Cocirio Ferrero e Associati ha sede a Torino e a Milano www.cfbureau.com


Andrea Cocirio, Davide Ferrero e Alessandra Fraire

Quello che non deve mai venire meno è l’elevata qualità del prodotto: l’obiettivo è di far percepire al consumatore la reale presenza del tocco italiano

molto solida, una qualità elevatissima, ma non possiamo avere la pretesa di imporre un modus squisitamente italiano, quello che imponiamo è il nostro essere italiani in armonia con le esigenze locali. Conoscere il territorio quindi diventa fondamentale». Quali sono, quindi, le strategie che si possono adottare di là dal confine? ANDREA COCIRIO «Partiamo dalla nostra esperienza diretta. Dal 2011 abbiamo avviato un’attività focalizzata sulla valorizzazione all’estero di due marchi storici torinesi del settore food and beverage. Noi partiamo dal presupposto, imprescindibile, che nonostante la qualità dei due marchi sia di altissimo livello, abbiamo comunque bisogno di partner locali soprattutto per i capitali e le relazioni. Quello che non deve mai venire meno è l’elevata qualità del prodotto: l’obiettivo è di far percepire al consumatore finale la reale presenza del tocco italiano». Che cosa vi viene richiesto più frequentemente dalle imprese che seguite? DAVIDE FERRERO «Un’attentissima analisi della struttura finanziaria dell’impresa: questo costituisce uno dei compiti più richiesti, per-

ché il problema principale è rappresentato dal ciclo finanziario. Purtroppo, infatti, il fenomeno che ci tocca registrare quotidianamente sta nella difficoltà dell’incasso. E questo avviene in tutti i settori in cui siamo presenti. Problema del credito a parte, se c’è un fil rouge che lega tutti i campi di cui ci occupiamo, questo sta proprio nella drammatica riduzione del potere d’acquisto del consumatore: questo ha ridefinito tutto il mercato con grosse difficoltà per tutti gli operatori». Quali sono gli interventi auspicabili a livello istituzionale? ALESSANDRA FRAIRE «Credo che ci siano dei vincoli di carattere finanziario a livello statale che determinano un intervento troppo contenuto da parte dello stato. Si potrebbero avviare delle semplificazioni per accelerare i processi decisionali dall’impresa all’esterno e viceversa eliminando i costi impliciti della burocrazia e quindi favorendo un maggiore dinamismo dell’impresa. Anche se in questa fase non si possono fare dei grandi piani di rilancio». Cosa prevede nel prossimo futuro? D.F. «Alcuni imprenditori fortunati avranno una possibilità di sviluppo molto significativa, perché si ritroveranno un mercato in cui i concorrenti saranno diminuiti. Secondo me tra le aziende con la strada spianata verso lo sviluppo e quelle con un peggioramento delle condizioni, la forbice si allargherà ancora di più». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 49


Le rinnovabili cercano “alternative” egli ultimi anni si sta assistendo ad un cambiamento delle gerarchie nel mercato mondiale del fotovoltaico. Fino al 2011 i paesi europei hanno avuto un ruolo di primo piano, dal 2012 invece è cominciata un’inversione di tendenza in cui si registra una forte crescita dei paesi non comunitari che, probabilmente, rappresenteranno nel futuro prossimo il primo mercato del fotovoltaico. La Germania, tuttavia, si conferma ancora leader del mercato, mentre l’Italia subisce una brusca frenata d’arresto e viene superata dalla Cina. Il trend di contrazione del mercato italiano è riconducibile soprattutto alla fine degli incentivi del "conto energia". Con il raggiungimento del tetto cumulato di 6,7 miliardi annui di incentivi

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Per far fronte alla fine degli incentivi del “conto energia” le aziende del settore fotovoltaico ampliano l’offerta di servizi utilizzando altre energie rinnovabili e aprendosi ai mercati emergenti Lorenzo Brenna

nazionali il meccanismo, giunto alla sua quinta e ultima edizione, cesserà di esistere. La domanda, ora, è come poter favorire un settore potenzialmente florido come quello dell’energia solare e dare continuità agli incentivi. A questa domanda prova a rispondere TecSolis, azienda che opera sul mercato della generazione di energia da fonti rinnovabili in qualità di EPC (Engineering, Procurement & Construction). L’azienda prova a rispondere alla crisi del settore

Alcune realizzazioni della TecSolis Spa che si trova a Chivasso (TO) www.tecsolis.com


Vincenzo Chiarelli

Riusciamo a far fronte alla crisi del fotovoltaico in Italia ampliando sia l’offerta di prodotti che il mercato

ampliando la propria offerta. «TecSolis si occupa di energie rinnovabili, nella sua accezione più ampia – spiega l’amministratore Vincenzo Chiarelli - quindi riusciamo a far fronte alla crisi del fotovoltaico in Italia ampliando sia l’offerta di prodotti che il mercato. La nostra azienda ha al proprio interno tutte le capacità di ingegnerizzazione e realizzazione, quindi abbiamo avviato un ampliamento del portafoglio di prodotti legati alle energie rinnovabili: mini-eolico, miniidroelettrico, solare termodinamico e servizi di manutenzione e gestione». TecSolis è nata nel 2007 iniziando con il fotovoltaico, dopodiché ha ampliato le proprie competenze rivolgendosi ai fornitori migliori dei rispettivi settori. «Nel fotovoltaico siamo stati supportati da SunPower, tra i leader mondiali del sottore, per quel che riguarda il mini eolico ci siamo collegati a Jonica Impianti che opera nel settore delle energie rinnovabili da fonte eolica dagli anni ‘90 e si posiziona come leader nel segmento minieolico in Italia». L’ampliamento ha riguardato sia l’offerta di servizi che le costruzioni e il service. «Disponendo di competenze, capacità e strutture, abbiamo ampliato la nostra assistenza con una divisione specifica, la “TecSolis Service” - dichiara l’amministratore di TecSolis - abbiamo tre strutture dedicate all’assistenza, dislocate in punti diversi della penisola ovvero Piemonte, Basilicata e Sardegna, in modo

da poter essere presenti su tutto il territorio nel quale interveniamo». Vista la difficoltà del mercato nostrano TecSolis ha avviato un percorso di internazionalizzazione. «Abbiamo iniziato ad operare all’estero - conferma Vincenzo Chiarelli - in Romania, ad esempio, abbiamo creato grandi parchi fotovoltaici composti da vari impianti da due megawatt ciascuno. Siamo attivi anche in Turchia e sul mercato medio orientale, come Emirati Arabi ed Arabia Saudita». Tra gli strumenti che la società utilizza per farsi conoscere ci sono le fiere di settore e le collaborazioni con aziende locali. «In questo modo riusciamo a “sfruttare” la conoscenza del mercato in cui puntiamo ad inserirci e abbinarla alle nostre conoscenze specifiche in materia di energie rinnovabili». L’azienda piemontese ha cavalcato il boom del fotovoltaico e ha ottenuto, in termini di fatturato, un bilancio soddisfacente. «Anche se in maniera discontinua, ci sono stati periodi di intensa attività e altri di stasi, il nostro fatturato annuo si aggira intorno ai trenta milioni di euro - dichiara Vincenzo Chiarelli - il biennio 2010-2102 è stato favorito dai progressi del conto energia, e abbiamo quindi registrato un incremento significativo del fatturato. Il fatturato del 2013 invece sarà più basso, questo è legato al fatto che il settore del fotovoltaico è stato penalizzato dalla chiusura del conto energia». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 51


IMPRESA E SVILUPPO

Le opportunità offerte dal keep-nut un prodotto in acciaio inossidabile, composto da una boccola filettata con l’aggiunta di una serie di corone dentate e da un anello in plastica che assembla il gruppo completo, quello presentato al mercato italiano ed estero nei giorni passati. Progettato e realizzato dalla società torinese Specialinsert, impegnata da quarant’anni nella produzione e commercializzazione di sistemi di fissaggio per il settore dei prodotti speciali per assemblaggio, si tratta di un’innovativa soluzione di fissaggio dotata di un sistema a pressione con ancoraggio meccanico. Come spiega nel dettaglio Roberto Amerio, direttore tecnico della Specialinsert: «Il Keep-nut – questo il nome del prodotto – è stato sviluppato per ottenere una sede filettata su lastre, anche con spessori sottili, di marmo, granito o altri materiali lapidei, oltre che su lastre di materiali com-

È

Roberto Amerio e Andrea Sanua, rispettivamente direttore tecnico e responsabile sviluppo settore compositi della Specialinsert Srl di Torino www.specialinsert.it

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Con soluzioni e prodotti innovativi è possibile anticipare e soddisfare le richieste future del mercato. Roberto Amerio presenta un nuovo sistema di fissaggio meccanico Emanuela Caruso

positi, carbonio, Hpl, Corian e vetro. Ma obiettivo del Keep-nut è anche quello di facilitare il cliente nella posa del prodotto con l’impiego di utensili standard e senza l’ausilio di specifiche attrezzature o collanti chimici». A quali settori si rivolge il vostro innovativo sistema di fissaggio e quali feedback state ricevendo dal mercato? «Il Keep-nut può essere utilizzato in svariati ambiti, tra i quali i rivestimenti edili, le ambientazioni, l’arredamento e la realizzazione di facciate ventilate. Inoltre, trova applicazione anche nell’arte funeraria e su elementi sanitari e cucine. Abbiamo registrato un immediato successo del prodotto, grazie in particolar modo alle soluzioni di inserimento sul mercato adottate e alle continue dimostrazioni presso la clientela». Su quali ulteriori novità si concentrerà la Specialinsert nei prossimi mesi? «Analizzando le attuali esigenze del mercato, stiamo lavorando su sitemi di fissaggio per pannelli sandwich, soluzioni già presenti nella nostra linea di prodotti ma che stiamo adattando a


Roberto Amerio

❝ nuove pannellature sempre più vincolate a spessori sottili e costruite con materiali molto fragili. Inoltre, la ricerca continua di materiali compositi e dei vari agglomerati ci sta spingendo verso lo sviluppo di fissaggi meccanici ad hoc per qualsiasi tipo di situazione e soluzione». Che tipo di servizio offre la Specialinsert al proprio bacino d’utenza? «Oltre alla progettazione e produzione di soluzioni di fissaggio – abbiamo depositato ben cinque brevetti e registrato due marchi: Deform-nut e Filtec – offriamo ai nostri clienti un servizio completo di assistenza tecnica, svolta dai nostri commerciali prima, durante e dopo la consegna dei prodotti. Così facendo, diventiamo punto di riferimento per l’utente, che in caso di necessità saprà quindi a chi rivolgersi. Inoltre, per garantire la piena qualità ed efficienza di ciò che realizziamo, disponiamo di un laboratorio tecnologico in grado di eseguire prove meccaniche di trazione, compressione, torsione e durezza». La ricerca e lo sviluppo consentono alla Specialinsert di ampliare il proprio raggio d’azione anche verso i mercati esteri. In quali Paesi siete presenti e quali sono, al momento, i più importanti? «Attualmente, siamo presenti, oltre che in Europa, anche in altri svariati Paesi, tra cui Arabia Saudita, Argentina, Brasile, Canada, Australia, Cina, Corea del Sud, India, Russia, Tunisia,

L’innovativo sistema di fissaggio meccanico Keep-nut trova interessanti applicazioni nel settore dei materiali lapidei

Turchia ed Emirati Arabi. Possiamo dire che abbiamo un ottimo riscontro nei Paesi più industrializzati, per esempio, parlando di Europa, i nostri prodotti sono molto apprezzati in Francia, Germania e Spagna. Ma giochiamo un ruolo essenziale anche in Medio Oriente, dove il settore delle costruzioni è in continua crescita». Quali sono stati i risultati più significativi raggiunti nell’ultimo biennio e su quali aspetti avete investito maggiormente? «Negli ultimi due anni, siamo stati in grado di distinguerci dalla concorrenza attraverso i nuovi sistemi di fissaggio e l’offerta di prodotti tecnici e qualificati adatti alle nuove tecnologie dei materiali. Le ultime soluzioni proposte ci hanno permesso di sfidare settori specifici, altamente tecnici e prima inesplorati, ponendoci verso i clienti come partner affidabile. In questo periodo, abbiamo investito molto sulla ricerca, sviluppando e brevettando sistemi di fissaggio capaci di rispondere alle richieste del mercato». Quali le aspettative per il futuro? «Vogliamo concentrarci sui settori emergenti, raggiungere quelli ancora a noi sconosciuti e continuare a fornire soluzioni sempre più avanzate e innovative». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 53


IMPRESA E SVILUPPO

Il trasporto cambia marcia con l’export n Italia il settore dei veicoli industriali leggeri e pesanti sta vivendo una fase di forte sofferenza. La crisi economica impone un ripensamento del commercio internazionale con un conseguente riassetto del sistema di trasporto delle merci. In termini di volume di traffico merci, in cima alla classifica c’è la Cina, seguita dagli Stati Uniti e dalla Russia. Per quel che riguarda il trasporto su strada, invece, ai vertici troviamo Europa e Giappone. L’Italia negli ultimi anni ha perso posizioni rispetto ad altri Paesi europei e il settore dell'autotrasporto in particolare, e tutto il mondo del trasporto in generale, hanno registrato un andamento piatto. Stiliamo un quadro più dettagliato del comparto con Marco Pelassa, amministratore della Trasma, con il presidente Antonio Pelassa e il consigliere Federico Pelassa. Trasma è un’azienda piemontese che opera dal 1981 nel settore del trasporto merci in Italia e in Europa. I processi di internazionalizzazione delle imprese italiane impongono uno sviluppo e un efficientamento degli apparati logistici. Dal suo punto di osservazione sotto quali

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Da sinistra, Antonio, Federico e Marco Pelassa, rispettivamente presidente, consigliere e amministratore della Trasma Srl di Orbassano (TO) www.trasma.net

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Per emergere in un mercato ormai saturo come quello del trasporto merci, le aziende devono puntare su un servizio di qualità, un’ampia diversificazione dell’offerta e, soprattutto, sull’esportazione. Il punto di Marco Pelassa Lorenzo Brenna

aspetti si trovano le sfide maggiori per la vostra attività? Quali le nuove esigenze da assecondare? «Penso che sia giusto differenziare l’attività di logistica da quella dei trasporti. Partendo da quest’ultima, ci siamo resi conto che la nostra clientela era interessata ad avere un fornitore che offrisse una gamma di servizi e trasporti sempre più completa. Non solo trasporti terrestri in Italia e all’estero ma anche gestione delle spedizioni aeree e marittime per seguire il processo di internazionalizzazione. La nostra società, in quanto casa di spedizioni, è stata avvantaggiata a seguire questo trend rispetto a quelle di autotrasporti, che sicuramente hanno incontrato maggiori difficoltà a rendersi più flessibili sul mercato. Per quanto concerne invece l’attività logistica, la prima distinzione parte dal tipo di merce che viene gestita. Noi ci rivolgiamo prevalentemente al settore automotive. La sensazione che si è avuta negli ultimi anni è che il processo di outsourcing iniziato anni fa oggi abbia un po’ rallentato in corrispondenza dell’abbassamento dei volumi


Marco Pelassa

La diversificazione può permetterci di analizzare altri settori, migliorare l’apparato logistico e assecondare le esigenze del mercato

determinato dalla crisi. Penso quindi che la diversificazione che negli ultimi anni abbiamo cercato di portare avanti possa permetterci di analizzare altri settori, migliorare il nostro apparato logistico e renderlo pronto ad assecondare le nuove esigenze del mercato». Quali saranno le criticità di mercato più difficili da superare? In particolare la crisi quanto ha inciso sulla formulazione delle vostre scelte strategiche? «Il periodo che stiamo vivendo in Italia è davvero complicato e quindi oggi ci troviamo a dover combattere su più fronti. Le criticità maggiori sono rappresentate dalla forte concorrenza, dai costi elevati di gasolio, autostrade e personale e dal ritardo dei pagamenti, decisamente superiore alla media europea; a questo si somma la difficoltà di accesso al credito. In conclusione, la crisi incide sicuramente sulle scelte aziendali, così è stato anche per noi, ma non può bloccare quello che è un piano di miglioramento ed evoluzione che ogni piccolo imprenditore deve continuare ad avere ben chiaro nella propria testa». Soprattutto con quali Paesi e con quali target prevede di lavorare nei prossimi mesi? «La nostra clientela è per il 95 per cento composta da italiani e la rimanente parte si divide su

alcune nazioni europee. Quello che ci ha permesso di mantenere volumi costanti, in un periodo cosi difficile, è stato focalizzare la nostra attenzione sui clienti che maggiormente esportavano in Europa e nel mondo. Nello specifico, siamo riusciti ad aumentare l’attività di trasporto specialmente in Germania e Austria». Quale bilancio può trarre a seguito dell’attività della Trasma nel corso dell’ultimo anno? «Abbiamo mantenuto invariato il fatturato nel corso degli ultimi tre esercizi. Essere quindi riusciti a non fare passi indietro nonostante la crisi ci soddisfa - anche se solo parzialmente , ci ha permesso di razionalizzare maggiormente i costi, di analizzare singolarmente le attività dell’azienda e di avere forse un’idea più precisa dei target da raggiungere dal 2013 in avanti. Il trend di quest’anno è positivo, il fatturato è in aumento del 15 per cento, la diversificazione su settori per noi nuovi continua a dare i sui frutti e la fidelizzazione dei clienti ci sta dando ragione. Questi erano tre obiettivi che a metà 2012 ci siamo prefissati per l’anno successivo e speriamo di poter proseguire in questa direzione». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 55


IMPRESA E SVILUPPO

Architetti e Nuovo Realismo Progettare sull’impronta di genius loci e genius vivendi per un’architettura che risponda alle aspettative della vita contemporanea. L’architetto Vittorio Jacomussi presenta questa filosofia attraverso due opere Luca Càvera

l restauro della Casa del Senato, curato dallo Studio De Ferrari Architetti che ha riplasmato l’edificio medievale del centro storico di Torino, è stato selezionato per la mostra itinerante Architecture and Realism 2012-2013. Il lavoro dello studio – che si dedica a progettazione architettonica integrata, ambientale e urbana, industrial, interior ed exhibition design, e che quest’anno celebra i trent’anni dalla fondazione per iniziativa del professor Giorgio De Ferrari con Vittorio Jacomussi – è stato selezionato come esempio di quel nuovo percorso dell’architettura battezzato Nuovo Realismo. «Questo – spiega Jacomussi – si oppone al Post Modernismo degli Ottanta e Novanta. Se l’architettura post moderna forniva un’interpretazione della realtà in cui ogni giudizio era assolutamente auroreferenziale e relativistico, il progetto architettonico neo realista, pur nella rappresentatività di se stesso, mantiene al centro del progetto i rapporti ambientali, sociali, intellettuali, economici e procedurali assunti come inemendabili». Per Casa del Senato, come per altri progetti, Jacomussi ha ragionato in questi termini: «La forma dell’edificio non è solo il frutto di una visione architettonica, ma anche delle ragioni ambientali, ingegneristiche e normative. La forma non deve essere adattata a questo sistema di esigenze, bensì deve nascere essendone conscia fin dall’inizio. Per questo abbiamo sempre fatto design e non styling e per questo abbiamo

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sempre lavorato all’interno di un network di competenze differenti dalla nostra, considerando ciò fondante per ottenere un progetto significativo». Avere coscienza di ciò, nella realizzazione di un progetto, per Jacomussi significa anche non perdere mai di vista l’utente finale. «Sono due le linee che hanno sempre guidato la nostra attività intellettuale e professionale. Da un lato il cosiddetto genius loci, che non può essere superato da un’intuizione personale e che deve ispirare la produzione architettonica e di design, in quanto ne costituisce il valore di riferimento. Come esempio si può considerare la progettazione del gettarifiuti Sabaudo, prodotto che è stato adottato da quasi tutte le città storiche europee. Queste infatti hanno un sostrato di genius loci unitario e ciò ha permesso al progetto di essere riconoscibile non in quanto disegnato dallo Studio De Ferrari Architetti, bensì in quanto interprete di realtà diverse unificate dallo stesso genio». L’altra linea è quella del cosiddetto genius vivendi, cioè quel demone che ispira l’utente finale quando vuole acquisire un prodotto – un’abitazione, un oggetto di design – che risponda


Vittorio Jacomussi

NETWORK DI COMPETENZE L

e realtà e i professionisti con cui lo Studio De Ferrari Architetti (Vittorio Jacomussi, Osvaldo Laurini, Agostino De Ferrari) collabora sono molteplici. Per le strutture, Ipe Progetti Srl e l’ingegnere Marco Tobaldini. Per gli impianti, Prodim Srl. Per l’interior design, l’architetto Claudia Gatti. Per le urbanizzazioni e la contabilità, l’ingegnere Lorenzo Rolle. Per l’acustica, Ab Sound. Per antincendio e sicurezza, Pi Greco Engineering Srl, Studio Cyd Srl. Infine, il professor Alberto Demarco per gli aspetti economico-finanziari e il professor Claudio Germak per l’industrial design (entrambi del Politecnico di Torino); Environment Park per la bioedilizia.

Due vedute del restauro della medievale Casa del Senato, nel centro storico di Torino. Gettarifiuti Sabaudo, diffuso in tutta Europa (selezionato per il XVII Compasso d’Oro 1994). Entrambi progettati dallo Studio De Ferrari Architetti (Torino) www.deferrariarchitetti.it

alle sue attese. «Le attese possono essere di vario tipo. Per alcuni è entrare in possesso di un prodotto riconoscibile in quanto firmato da un architetto importante, ma l’autentico genius vivendi è quello che si incarna in un oggetto che “ti fa vivere come tu speri di poter vivere”. Quindi, sommando genius loci e genius vivendi, lavoriamo per un’architettura o un prodotto di design che risponda alle le aspettative di vita contemporanee, sociali e personali». Non rinunciando mai a questi principi e non facendosi abbagliare da successi economici o mondani, lo Studio De Ferrari Architetti, in questi trent’anni, oltre ai premi e ai riconosci-

menti, ha ottenuto un altro risultato: «La conferma che lo sforzo intellettuale, professionale, ma anche fisico, porta sempre a una crescita, e non solo in termini di fatturato. Il nostro obiettivo è sempre stato ottenere prodotti culturalmente significativi e possiamo affermare che nonostante la crisi di questi anni, i nostri prodotti architettonici e di design hanno mantenuto un livello fedele al nostro miglioramento interiore. E questo si è tradotto anche nell’acquisizione di nuovi committenti. Oggi stiamo lavorando alla nuova residenza temporanea per conto della Compagnia di San Paolo, in via San Pio V a Torino; stiamo concludendo il nuovo polo fieristico di Aosta; e abbiamo appena vinto il concorso per il restauro del Teatro di Susa. L’obiettivo per il futuro, però, è l’internazionalizzazione dello studio. Finora abbiamo lavorato all’estero solo su proposta di investitori italiani, come ad esempio vincendo il concorso per Casa Italia a Bucarest, bandito dal Ministero degli Esteri, oggi vogliamo proporci agli investitori locali. Abbiamo già contatti in Turchia e stiamo trattando con una grande società di progettazione nord americana per costituire una joint venture che ci permetta di affrontare operazioni di grande scala che soli non potremmo approcciare». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 57


Più energia da fonti idroelettriche econdo i dati forniti dall’americana Energy Information Administration (Eia) nell’International Energy Outlook 2013 (Ieo2013), il consumo mondiale di energia crescerà nei prossimi 30 anni del 56 per cento, passando da 524 quadrilioni di unità termiche britanniche (Btu) del 2010 a 820 quadrilioni di Btu nel 2040, con una domanda di energia maggiore rispetto alla produzione effettiva. Incremento trainato soprattutto dalla crescita della prosperità economica, e quindi dei consumi, in Cina e India. Fortunatamente le tecnologie verdi sembrano essere quelle che cresceranno di più: i bioliquidi registreranno +28 per cento mentre le altre rinnovabili +15 per cento. Cresceranno anche i combustibili fossili e il nucleare. Circa l’80

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Stando ai dati dell’Eia il consumo di energia nei prossimi trent’anni crescerà del 56 per cento. Per questo è importante continuare ad affidarsi alle rinnovabili, e all’idroelettrica, che vedrà una crescita costante. Ne parliamo con Andrea Brusa Marco Tedeschi

per cento del previsto aumento della produzione di elettricità rinnovabile sarà rappresentato da energia idraulica ed eolica. Dei 5.400 miliardi di kilowattora di rinnovabile di nuova generazione, il 52 per cento sarà costituito da energia idroelettrica e il 28 per cento dal vento. L’82 per cento della crescita della produzione idroelettrica avverrà nei paesi non Ocse, mentre il 52 per cento della

Idroweld si trova a Masera (VB) www.idroweld.com


Andrea Brusa

crescita della produzione eolica in quelli Ocse. Un campo, quello dell’energia idroelettrica, che chiede sempre più conoscenze specifiche e in cui l’esperienza sta acquistando un ruolo predominante. Lo sa bene Idroweld, società che dal 2005 opera nell’installazione di condotte forzate, macchinari accessori e strutture di servizio per impianti idroelettrici. «Malgrado le incertezze che caratterizzano il mercato in questo periodo spiega Andrea Brusa, amministratore di Idroweld - possiamo vedere come il nostro sia una settore in cui negli ultimi anni sono stati fatti ancora cospicui investimenti. Il 2012 è stato ad esempio un anno positivo rispetto ai precedenti. Questo perché molti hanno dovuto attivare gli impianti entro la fine dell’anno per beneficiare dei certificati verdi che andavano in scadenza. Il 2013 è stato discreto ma registriamo un po’ d’incertezza dovuta alla situazione non chiara nel settore». Idroweld nel corso degli anni ha stretto collaborazioni con gruppi privati importanti. «Lavoriamo con Enel Produzione, Enel Greenpower, Hydro Dolomiti, C.V.A, Italgen, Iride Energia, Energie, Hydro energia, Todini

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Generare energia da fonte idroelettrica significa tracciare una rotta che tenga conto di tutte le condizioni in grado di influenzarne il percorso

Costruzioni. Con i nostri committenti ci proponiamo come General Contractor, offrendo un servizio completo e articolato che garantisce la certezza di affidarsi a un’unica impresa». Generare energia da fonte idroelettrica rappresenta infatti il risultato ultimo di un progetto ben riuscito. «Perseguire il successo dell’iniziativa equivale a tracciare una rotta che tenga conto di tutte le condizioni al contorno in grado di influenzarne il percorso. Dall’idea iniziale all’esercizio commerciale, proponiamo la gestione del progetto che fonde le competenze di specialisti di settore. Il nostro impegno si esprime in analisi documentale delle portate storiche e delle caratteristiche geomorfologiche del bacino imbrifero; in site survey per la valutazione delle effettive condizioni geomorfologiche e infrastrutturali presenti nell’area di inter-

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IMPRESA E SVILUPPO

❯❯ vento. Nella valutazione economica del ritorno d’investimento con calcolo dei principali parametri finanziari, nella redazione della documentazione necessaria all’ottenimento della concessione e delle autorizzazioni necessarie all’esercizio commerciale della Centrale, nella progettazione di dettaglio ed esecutiva, nella ricerca dei migliori fornitori su basi non solo economiche, nella gestione del cantiere e dei subfornitori, nel collaudo e nella messa in marcia e gestione con apposito programma O&M». Ultimamente l’azienda sta molto guardando a realizzazioni al di fuori dei confini nazionali. «Stiamo presentando, in collaborazione con grandi gruppi italiani, dei progetti che ci permetteranno di partecipare a gare internazionali nell’area dei Balcani, un mercato po-

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L’attuale politica energetica italiana ha messo in crisi il mercato delle energie rinnovabili. Serve una strategia precisa

tenzialmente molto interessante. Anche i Paesi confinanti con l’arco alpino, come Austria, Svizzera e Francia rappresentano dei mercati estremamente interessanti». Questo, anche in considerazione della situazione di stallo in Italia. «L’attuale politica energetica italiana ha messo in crisi il mercato delle energie rinnovabili. Sono stati elargiti troppi incentivi solo nel comparto del fotovoltaico, trascurando altri settori facenti capo alle energie rinnovabili. Ciò che è peggio è che in questo momento vedo poche azioni da parte del Governo per far fronte al problema e risolvere la situazione. Manca infatti la capacità di guardare lontano e di fare chiarezza soprattutto per quanto riguarda le tariffe dell’energia stabilendo regole certe nel lungo periodo che diano maggiore sicurezza agli imprenditori che vogliono investire in questo settore; la politica italiana non è mai stata lungimirante e la contrazione degli ultimi anni non contribuirà a risolvere la situazione». Nel frattempo, oltre a guardare all’estero, Idroweld ha deciso di continuare a investire nel personale. «Abbiamo anche realizzato una nuova struttura che ci consentirà nei prossimi anni di lavorare in maniera più razionale e organizzata». Per quanto riguarda le prospettive future, l’azienda intende mantenere i livelli degli anni passati. «In questo momento in Italia – conclude Brusa - è difficile pensare a un incremento. Per questo mantenerci stabili nelle nostre posizioni di mercato sarebbe già importante».



EXPORT

Obiettivo export, però senza delocalizzare Evolversi in modo sostenibile per essere competitivi. Fare ricerca per espandersi oltre il settore automotive restando saldamenti ancorati al territorio. La strategia di Umberto Delgrosso per il marchio Clean Filters Valerio Germanico

el 2013 è stata inclusa fra le dodici best company per la ricerca e l’innovazione dalla fondazione Human Plus. Si tratta della Delgrosso, azienda italiana che da oltre sessant’anni produce sistemi filtranti per autoveicoli, interfacciandosi con i maggiori produttori europei e non di filtri automotive. Già nel 2010 l’azienda era stata premiata da Fiat Parts & Service come migliore fornitore dell’anno e a partire dal 2011 ha ottenuto la certificazione ambientale Iso 14001. Nonostante il mercato nazionale del ricambio sia penalizzato dalla situazione economica recessiva, l’attività commerciale degli ultimi anni ha consentito a Delgrosso di fidelizzare il bacino di riferimento, mantenendo le quote di mercato in tutti i paesi nei quali opera. Come spiega Umberto Delgrosso, direttore generale della società per azioni con base a Nichelino, nel torinese: «La nostra risposta alle criticità attuali è stata quella di offrire un servizio capillare, mettendo a disposizione un catalogo di 2.500 codici, accessibile in tempo reale su tutto il territorio nazionale. Abbiamo inoltre implementato la diversificazione di prodotto, riuscendo così a entrare in nuovi mercati. Il risultato è stato un incremento di fatturato del 20 per cento nel 2012». Quale posto occupa nei vostri valori di impresa il tema dello sviluppo ecosostenibile? «Fra i nostri impegni principali c’è la tutela

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ambientale, sia dentro sia fuori dall’azienda. Questa filosofia parte da un senso di responsabilità verso tutte le parti terze coinvolte a qualsiasi titolo, oltre che da una precisa scelta di rispetto delle future generazioni. Naturalmente, per trovare concretezza, ciò ha richiesto nel corso degli anni investimenti impegnativi, innanzitutto sulle strutture e sui macchinari. Poi abbiamo dovuto disporre le risorse per la sensibilizzazione del personale – alla quale hanno fatto seguito un’attenta formazione e un addestramento mirato –, l’introduzione e lo sviluppo di un sempre più efficace sistema di monitoraggio dei processi mediante la raccolta, la registrazione e l’analisi di numerosi indicatori, l’adeguamento dell’organizzazione aziendale e una politica di approvvigionamento delle materie prime che privilegia quei fornitori che ap-

Umberto Delgrosso, direttore generale della Delgrosso Spa di Nichelino (TO) www.clean.it


Umberto Delgrosso

23 mln

FATTURATO DELLA DELGROSSO SPA. L’AZIENDA HA UNA CAPACITÀ PRODUTTIVA DI 11 MILIONI DI PEZZI L’ANNO, CHE PER IL 55% SODDISDA I MERCATI ESTERI

plicano espressamente le politiche di sostenibilità». In quale strategia di crescita si inserisce questa vostra politica di rispetto ambientale? «Abbiamo sempre lavorato per offrire un prodotto di elevata qualità e un servizio che garantisse il massimo dell’efficienza. Insomma, abbiamo cercato di creare valore per i nostri partner. Questo si è tradotto nella creazione di un brand, Clean Filters. Il marchio è stato registrato nel 1975 e grazie al successo del nostro impegno, oggi viene distribuito in tutto il mondo. Uno dei plus che ha contribuito all’affermazione internazionale di questa gamma è rappresentato dal fatto che essa si pone come soluzione ideale per tutti i protagonisti dell’aftermarket del settore automotive, oltre che per i produttori di motori per autotrazione, autovetture, veicoli industriali, macchine agricole e movimento terra, motori marini e macchine utensili». Qual è la vostra percentuale di export? «Il 55 per cento del nostro fatturato è sviluppato all’estero. Esportiamo in Europa – soprattutto in Germania e Francia –, in vari paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo, in Asia commerciamo con il Kazakistan. Se è vero che tutti i mercati esteri sono importanti, tuttavia, in questo momento quelli che guardiamo con maggiore interesse sono i mercati di Stati Uniti e Russia, che sono i paesi con i migliori indici di sviluppo». Pensate anche ad avviare produzioni oltre confine? «La testa della nostra società è sempre stata a Nichelino, abbiamo un cuore piemontese e non ❯❯ PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 63


EXPORT

❯❯ abbiamo nessuna intenzione di trapiantarci al- «Negli anni, grazie ai nostri investimenti, abtrove. Insomma, non delocalizzeremo in Cina: la produzione locale premia ancora – e, anzi, molti imprenditori avventuratisi in Oriente stanno tornando indietro delusi. In Italia, nel nostro settore, rappresentiamo una delle poche aziende rimaste. La crisi dell’automotive ha costretto molte realtà a chiudere. Noi siamo rimasti sul mercato e abbiamo continuato a crescere. Siamo convinti che sia il prodotto, il filtro, a fare la differenza. Le possibilità di sviluppo sono innumerevoli e il mercato chiede prodotti sempre più sofisticati. E poiché i sistemi di filtraggio hanno migliaia di applicazioni, stiamo affrontando la crisi esplorando e diversificando il più possibile – non c’è solo l’automotive. Siamo ottimisti e consideriamo il momento interessante». Tenere testa a queste richieste vuol dire però investire fortemente nella ricerca e sviluppo.

biamo realizzato dei laboratori interamente dedicati all’attività di R&d, che sono dotati di professionalità e tecnologie in grado di sviluppare sistemi di filtraggio – realizzati in fibre vegetali ma anche sintetiche – per qualsiasi applicazione – che si tratti di aria, lubrificanti o carburanti. Puntando sull’innovazione, siamo riusciti a consegnare al mercato filtranti che, in termini di durata e performance, hanno potenzialità altissime e una capacità di filtraggio che raggiunge i 4-5 millesimi di millimetro». Quanto è stato importante essere inseriti, dalla fondazione Human Plus, fra le dodici best company per la ricerca costante sui metodi della produzione? «È stato un ulteriore riconoscimento di quanto già ottenuto sul mercato a livello commerciale. Inoltre, le storie delle dodici imprese premiate sono state raccontate, con una scelta insolita ma originale, in un’antologia firmata da diversi autori di narrativa, pubblicata a metà maggio da Espress Edizioni e distribuita insieme alla Stampa. Ma la fondazione non Abbiamo laboratori in grado di sviluppare si è limitata a quest’operazione sistemi con una capacità di filtraggio di comunicazione. Il progetto si propone, infatti, di lasciare fino a 5 millesimi di millimetro un’eredità utile alle aziende coinvolte, che consenta di proseguire ancora lungo la strada dell’innovazione e migliorare ulteriormente le performance. Per questo i ricercatori hanno predisposto un report personalizzato per ogni impresa con le evidenze principali sul loro sistema di innovazione. Ed è stato reso disponibile un report generale completo sulla ricerca, rilasciato sotto licenza Creative Commons».

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Automotive, una via d’uscita alla crisi l mercato dell’automotive in Italia sta vivendo momenti difficili, la ripresa sembra lontana. Ad essere immobile, più che la produzione, è il mercato. Il comparto riesce a mantenere una certa vitalità grazie all’export. Massifond, azienda specializzata nella produzione di getti in ghisa per stampaggio lamiera del settore automotive è riuscita a superare indenne la crisi del settore, qual è il suo segreto? «Non vi è una scelta specifica che riteniamo vincente - afferma Giorgio Bigliani, presidente della Massifond - molti aspetti sono stati e sono ancora oggetto di riflessione e di innovazione. Riteniamo fondamentale aver imparato ad analizzare le caratteristiche dei manufatti, cercando di individuarne le problematiche in anticipo. Questa

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La crisi finanziaria ha messo in ginocchio il comparto automotive in tutta Europa. Le aziende che resistono aumentano il dialogo con il cliente e puntano forte sull’esportazione verso le economie emergenti Lorenzo Brenna

competenza diventa importante nel momento in cui si realizzano, come nel nostro caso, prodotti ad esemplare unico». Tale competenza rappresenta un valore aggiunto per l’azienda piemontese. «È un aspetto richiesto dai clienti per ridurre le problematiche concernenti le fasi successive del processo. La possibi-

La Massifond Spa ha sede a Orbassano (TO) www.massifond.it


Giorgio Bigliani

lità di fornire direttamente tutte le case automobilistiche europee che acquistano il nostro tipo di manufatti, ci ha permesso di comprendere personalmente l’importanza delle specifiche del cliente e in alcuni casi ha consentito di investigare congiuntamente la fattibilità di soluzioni alternative e innovative». Approfondire la comprensione delle funzionalità richieste è sempre più un dato fondamentale per le aziende del settore. «Non tanto la conoscenza della metallurgia in sé - spiega Giorgio Bigliani - quanto la sua applicazione specifica nel nostro settore diventa decisiva». La crisi finanziaria ha generato un impatto molto forte sul settore automotive in Europa. «Le strategie produttive e commerciali sono state modificate in considerazione delle drastiche riduzioni dei volumi di vendita con pesanti contraccolpi». La conseguenza è stata la riduzione dei players sul mercato. «I grandi clienti sono stati costretti ad interagire nel nostro ambito in modo più massiccio rispetto al passato. Questa condizione ha consentito alla nostra azienda di mantenere i volumi produttivi e occupazionali». Il processo di internazionalizzazione avviato dall’azienda le ha permesso di mantenere una buona continuità di attività. «La presenza internazionale ha consentito all’azienda di essere a conoscenza di evoluzioni tecnologiche importanti e di partecipare ad eventi mondiali, utili a comprendere

le nuove tendenze». Da qualche anno il fatturato in export di Massifond supera stabilmente il 90 per cento del valore totale. «L’evoluzione della nostra azienda in questi anni è stata condizionata dal mutamento dell’industria manifatturiera nell’area dell’Unione Europea. Da realtà circoscritta al “torinese” abbiamo ampliato il nostro orizzonte e siamo passati da un portafoglio clienti locale ad uno internazionale». Tale condizione implica sia la debolezza del mercato interno che non ha più la forza di alimentare stabilmente le realtà locali, che la capacità dell’azienda di riuscire ad essere competitiva sui mercati esteri. Abbiamo chiesto al presidente della Massifond quali sono gli obiettivi per il domani. «In futuro l’unica possibilità a noi concessa sarà legata alla nostra capacità di realizzare prodotti di alta qualità a prezzi e in tempi molto competitivi - spiega Giorgio Bigliani - già oggi riscontriamo che le attrezzature di produzione vengono realizzate in quantità sempre maggiori in prossimità del mercato di vendita del prodotto finito: l’incidenza dei costi e dei tempi per la spedizione da un continente all’altro sta diventando sempre più rilevante rispetto ai costi ed ai tempi di realizzazione delle attrezzature stesse. D’altra parte mercati come Cina, India e Brasile preferiscono alimentare il proprio mercato, l’Europa sta perdendo di attrattività». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 67


EXPORT

Eccellenze da esportare Le apparecchiature elettromedicali di Progetti rappresentano un esempio di made in Italy esportato in tutto il mondo. L’esperienza di Cesare e Ivan Mangone, presidente e direttore generale Lorenzo Brenna

Italia è il quinto produttore farmaceutico mondiale e il terzo mercato europeo del biomedicale con un fatturato complessivo di circa 6,1 miliardi di euro. L’incremento delle esportazioni negli ultimi 15 anni ha determinato l’86 per cento della crescita della produzione del settore farmaceutico. Per mantenere il passo del mercato è quindi necessario guardare oltre i confini nazionali, come ha fatto Progetti che produce e commercializza apparecchiature medicali. L’azienda piemontese ha legato il suo nome principalmente ai defibrillatori professionali manuali e semiautomatici, di cui Progetti è unico produttore italiano. Come è nata e cosa ha consentito a questa società di crescere e di rappresentare una vera e propria eccellenza italiana? «La nostra intuizione e la nostra fortuna è stata la scelta di rivolgerci da subito all’estero, di presentarci alle grandi fiere internazionali, in particolare quella di Düsseldorf, punto di riferimento mondiale del settore, permettendoci di entrare in contatto con clienti di altri continenti. La nostra attività, ora soprattutto produttiva, non ha mai fatto ricorso a finanziamenti né al credito delle banche, perché lavorare con l’estero ci ha consentito di investire nel brand e in R&D dove viene impegnato il 12 per cento del fatturato. La nostra progettazione e produzione viene eseguita esclusivamente in Italia, è nel territorio piemontese che vogliamo investire, sia per le competenze che per le forniture, anche se poi la parte più consistente dei nostri prodotti va all’estero».

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Quali sono i mercati che forniscono migliori risposte al momento, e per il prossimo futuro? «Ormai siamo presenti nei maggiori mercati mondiali. L’80 per cento dell’attività è rivolta all’estero, si può ripartire con un 30 per cento in Medio Oriente, 30 per cento in Estremo Oriente e il restante 20 per cento suddiviso fra Africa e Centro-Sud America. Per il domani la sfida è quella dei Brics. In Russia e India stiamo

Cesare e Ivan Mangone, presidente e direttore generale della Progetti Srl di Trofarello (TO) www.progettimedical.com


Cesare e Ivan Mangone

entrando, il Sudafrica è conquistato, mentre il Brasile per il momento è ancora off limits a causa della politica iper-protezionista. Un’attenzione particolare merita invece la Cina, dove siamo sbarcati circa dieci anni fa e dove ci stiamo consolidando. Il superamento delle difficoltà non può che passare dal superamento dei confini geografici». Come può un’azienda relativamente piccola competere con i grandi colossi internazionali? «L’essere piccoli ci permette di essere molto flessibili e veloci e di poter concorrere sui mercati internazionali con i più grandi competitors. Inoltre Progetti unisce ad un’alta qualità dei prodotti anche un design italiano, particolarmente apprezzato all’estero». L’ultimissimo modello di defibrillatore

La nostra intuizione e la nostra fortuna è stata la scelta di rivolgerci da subito all’estero. Esportiamo oltre l’80 per cento della produzione

DAE, il Rescue Sam, è estremamente maneggevole e adatto ad ogni luogo: dal rifugio alpino alla spiaggia, dal cinema al teatro, dallo stadio agli aeroporti, fino all’auto in un futuro. È questo il motivo principale della grande domanda? «La nostra azienda ha fatto dell’emergenza medica la sua missione. Abbiamo realizzato defibrillatori di semplice utilizzo in modo da essere usati anche da chi non ha competenze specifiche, questo perché non sempre i soccorsi arrivano nel giro di dieci minuti, tempo massimo per evitare il peggio. Questa elasticità ha rappresentato un vantaggio nei confronti dei competitors». Quanto investite in ricerca e sviluppo? «Cerchiamo di migliorare costantemente i nostri prodotti, è una sfida continua che portiamo avanti da soli investendo circa il 10 per cento del fatturato in ricerca e sviluppo ed altrettanto nella promozione attraverso la presenza all’estero nelle fiere di settore. L’eccellenza dell’azienda si caratterizza anche per la valorizzazione del personale, che viene seguito e formato finché non rispecchia ai nostri standard». Quali sono le prospettive e le sfide che Progetti si pone per il futuro? «Cerchiamo di migliorare costantemente i nostri prodotti, è una sfida continua che portiamo avanti da soli investendo circa il 12 per cento del fatturato in ricerca e sviluppo ed altrettanto nella promozione attraverso la presenza all’estero nelle fiere di settore. L’eccellenza dell’azienda si caratterizza anche per la valorizzazione del personale, che viene seguito e formato finché non rispecchia i nostri standard». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 69


EXPORT

Tecnologie e magazzino incentivano l’export I

Scelte strategiche sul miglioramento tecnologico e produttivo e sul potenziamento del canale web possono ancora rendere competitive le aziende italiane. Il commento di Antonella Rabaglioni Emanuela Caruso

Momenti di lavorazione all’interno della Italgiunti Srl che ha sede a Borgaro (TO) www.italgiunti.it

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n un periodo in cui qualsiasi “cosa in più” comporta costi aggiuntivi che spesso le imprese non possono affrontare o accollarsi, mantenere un magazzino molto fornito è una scelta che solo pochissime società possono permettersi. La Italgiunti, specializzata da oltre quarant’anni nella realizzazione di giunti cardanici per la trasmissione del moto, non ha però rinunciato a questa scelta. «Anche se per molti concorrenti rappresenta una strategia discutibile – commenta la dottoressa Antonella Rabaglioni, responsabile commerciale dell’azienda – disporre di un magazzino dall’elevata giacenza di prodotti finiti è per noi un grande valore aggiunto. Certo porta con sé costi non indifferenti, ma consente anche alla nostra realtà di essere particolarmente competitiva ed efficiente nei tempi di consegna. Inoltre, è proprio grazie al nostro magazzino se nel corso degli anni siamo riusciti ad ampliare la quota di mercato estero, arrivando a esportare ben il 60 per cento dei nostri prodotti in quasi tutta l’Europa e in mercati internazionali quali Australia, Nuova Zelanda, Singapore, Turchia, Libia, Giordania,Cile, Venezuela e Stati Uniti». E l’avere a disposizione un magazzino di cardani finiti nuovi, rigenerati o su misura è un elemento indispensabile


Antonella Rabaglioni

60%

EXPORT REGISTRATO DALLA ITALGIUNTI IN EUROPA, per poter soddisfare ogni esigenza della clientala: dal privato all’officina di riparazione, fino ad arrivare al ricambista. «Consideriamo il cliente come la risorsa aziendale più importante – continua ancora Antonella Rabaglioni – ragion per cui comprenderne le necessità, i valori, i timori e i traguardi è di primaria rilevanza. Al bacino d’utenza offriamo un prodotto made in Italy al 100 per cento – anche i nostri fornitori sono tutti italiani, certificati e in grado di garantire la tracciabilità dei singoli lotti di produzione e di rilasciare certificati sulla qualità e tipologia di materiali utilizzati. Diamo un servizio accurato fatto di consulenze complete di calcoli strutturali, studi di prototipi per le specifiche esigenze del cliente, la possibilità di riparare e modificare qualsiasi tipologia di cardano, un continuo aggiornamento della gamma di lavorazione – ne è un esempio l’innovativa realizzazione di trasmissioni a doppia crociera per fuoristrada rialzati – verniciature speciali ed etichettature personalizzate con il logo del committente». Tutti questi fattori, uniti all’utilizzo di tecnologie a controllo numerico di ultima generazione, modificate con attrezzature progettate direttamente in azienda, hanno permesso alla Italgiunti di risentire in maniera minima della crisi economica che imperversa sul mercato italiano e mondiale. «Fortunatamente – conclude Antonella Rabaglioni – l’andamento della nostra attività è

STATI UNITI, AUSTRALIA, NUOVA ZELANDA, SUD AFRICA, SUD AMERICA E VICINO ORIENTE

sempre stato positivo. Nel 2011 abbiamo raggiunto un fatturato record di 5 milioni di euro, nel 2012 c’è stato un leggerissimo calo, e quest’anno siamo di nuovo in crescita. Ci siamo mantenuti competitivi continuando a investire nell’efficienza produttiva, potenziando la nostra presenza sul web attraverso il rifacimento del sito aziendale, e ampliando la gamma di prodotti intercambiabili con i cardani originali di veicoli leggeri, ma migliorandoli in termini di prestazioni, affidabilità e durata. Così facendo, non solo abbiamo controllato la difficile congiuntura economica, ma siamo anche entrati in una nuova fascia di mercato, sia italiana sia estera. Grazie al nuovo sito web, infatti, siamo entrati in contatto diretto con gli utilizzatori finali dei nostri prodotti, saltando quindi i passaggi intermedi della catena distributiva. E proprio quello di vendere i nostri cardani senza intermediari o agenti, ma tramite il contatto personale con il committente, da vera impresa a carattere familiare, è diventato il nostro core business». Attualmente, la Italgiunti si rivolge a vari settori di mercato, tra cui: stradale, off road, navale, industriale e speciale. PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 71


TECNOLOGIE

Più efficienza con gli assegni digitali gni anno circolano nel mondo circa 70 miliardi di assegni di carta. L’Italia in questo mercato rappresenta una quota ridotta rispetto ad altri Paesi. Se in Francia circolano 3,3 miliardi di assegni (dati 2009), l’Italia si ferma a quota 276 milioni per un controvalore pari a 680 miliardi di euro (dati 2012). Un volume comunque interessante che ha bisogno di essere gestito in modo efficiente. È in questo contesto che si inserisce Panini, azienda che offre soluzioni di acquisizione assegni che aiutano i clienti a realizzare appieno i vantaggi e le opportunità resi possibili dalla trasformazione digitale dell’assegno cartaceo. «La nostra azienda – spiega l’ingegner Vittorio Levi, presidente dell’attività - offre soluzioni scalabili, con una gamma che spazia dall’acquisizione degli assegni allo sportello, alle applicazioni di back-office e al deposito da remoto. Il portafoglio di prodotti Vision X® Panini è inoltre l’unica soluzione scalabile in grado di offrire una base completa per le operazioni di acquisizione distribuita degli assegni e l’elaborazione degli assegni troncati, fornendo prestazioni superiori in aree critiche come la qualità dell’immagine, la lettura Micr e la gestione dei documenti». Quali aree geografiche utilizzano le vostre soluzioni di acquisizione assegni? «Le nostre soluzioni sono adottate su scala globale con una base installata prossima al milione di dispositivi. Panini ha sede in Italia, una filiale in Usa per il Nord America e una in Brasile per l'America Latina. Nel resto del mondo, l'azienda opera attraverso partner esperti e certificati».

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Il volume di assegni di carta circolanti nel mondo è enorme. Per questo è indispensabile gestirli in maniera efficiente tramite la trasformazione digitale del cartaceo. La parola a Vittorio Levi Marco Tedeschi

Il vostro impegno guarda in modo particolare all’estero. «In effetti il 95 per cento del fatturato è realizzato fuori dall’Italia e, in particolare, l’azienda è oggi market leader in Usa e molti paesi del Sud America, Medio Oriente e Asia con quote di mercato tra il 30 e il 90 per cento. I volumi di produzione, cresciuti notevolmente negli ultimi anni, hanno superato le 130.000 unità l’anno. Il fatturato del gruppo ha raggiunto i 40 milioni di euro». Ad oggi quali servizi offrite? «L’azienda ha un’ampia gamma di proposte per

Vittorio Levi, presidente della Panini di Torino www.panini.com


Vittorio Levi

L’Italia ha da poco approvato la compensazione elettronica tramite lo scambio dell’immagine dell’assegno

soddisfare le esigenze di molteplici campi applicativi: assegni, bollettini postali, avvisi di ricevimento, buoni pasto/regalo, biglietti della lotteria e vari tipi di coupon. In ambito bancario, consentiamo l’acquisizione e il deposito di assegni e documenti allo sportello, l'automazione del back-office di filiale e il deposito degli assegni da remoto». Che novità sono state introdotte recentemente? «Negli ultimi anni, l’introduzione sul mercato di nuovi prodotti è stata continua: I:Deal, il primo prodotto per l’acquisizione degli assegni in remoto, ideale per soluzioni con bassi volumi di assegni; il sistema multifunzione, modulare e scalabile Vision X MFS; wl:Deal, il sistema multifunzione integrato che permette la digitalizzazione di qualsiasi tipo di documento di pagamento, incluse fatture, corrispondenza e

carte plastiche e Avantor, una piattaforma software per la gestione, il controllo, la sicurezza e l’ottimizzazione delle prestazioni degli apparati. Nel corso del 2013, sono stati invece lanciati sul mercato ulteriori prodotti, tra cui mI:Deal, l’innovativa soluzione per l’acquisizione degli assegni da parte del punto vendita e Vision neXt, il nuovo scanner per assegni, in grado di gestire fino 160 documenti al minuto e con diverse funzionalità di sportello che lo mettono in condizione di poter gestire i fattori critici che spesso condizionano la digitalizzazione dell’assegno (come ad esempio la qualità del documento)». In che situazione si colloca in questo periodo l’Italia per quanto riguarda la dematerializzazione documentale? «L’Italia ha da poco approvato la compensazione elettronica interbancaria tramite lo scambio dell’immagine dell’assegno. In questo ambito noi possiamo fornire una grande esperienza, soprattutto nella digitalizzazione e gestione dei processi relativi ai pagamenti cartacei così come avviene in paesi quali Usa, Brasile, Messico e India». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 73


TECNOLOGIE

Il comparto del sollevamento aumenta le prestazioni In un comparto in cui si richiede precisione, affidabilità e realizzazioni di particolari complessi, il fattore umano rappresenta ancora il surplus aziendale. Ne parliamo con Silvio Bonaudi Matteo Grandi

i sono settori dell’industria in cui il cuore dell’attività è oltre le possibilità di una macchina. Le altissime prestazioni che vengono richieste nel comparto del sollevamento offrono un esempio del ruolo ancora decisivo che gioca il fattore umano. «In questa attività in cui l’obiettivo è ottenere prodotti sempre più performanti la competenza e l’abilità dell’operatore sono elementi irrinunciabili». A parlare è Silvio Bonaudi, amministratore unico della cuneese Boman, specializzata nella realizzazione di componenti meccano saldati per gru e autogru. «In particolare – spiega Bonaudi – realizziamo bracci telescopici, torrette per autogru, telai per autogru fuoristrada e multi strada e componenti elettrosaldati di gru in acciai alto resistenziali». Perché conta così tanto il fattore umano nel vostro settore? «Perché è il vero surplus di un’azienda. Oltre alle prestazioni delle macchine, è ancora la capacità umana che fa la differenza e di avere le persone giuste al posto giusto e, nel nostro caso, permette di

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eccellere nel realizzare particolari complessi. Le lavorazioni per le strutture metalliche alto resistenziali di cui ci occupiamo, infatti, prevedono la realizzazione di componenti con soluzioni tecniche sempre più complesse tali da permettere un corretto equilibrio tra peso e resistenza: non c’è macchina che possa fare questo lavoro. Per questo, nella nostra azienda, è fondamentale instaurare un rapporto basato su rispetto reciproco e passione per il lavoro. Soprattutto se si pensa che la nostra capacità in ore produttive supera le 100mila annue». Anche questo settore ha subito gli effetti della recessione internazionale. Voi che andamento state registrando? «Il 2012 e il 2013 stanno segnando un periodo di ripresa dopo un 2009 e 2010 decisamente in calo e un 2011 in stallo. Il fatturato è salito nel 2012 del 10 per cento rispetto al 2011 e le previsioni per il 2013 sono di aumentare ancora del venticinque per cento. Questo ci farebbe tornare ai risultati del 2008. Certamente questa crisi in termini di fatturato ci ha rallentati per cinque anni; c’è da dire però che vi è stato un maggiore


Silvio Bonaudi

impulso nello sviluppare nuove tipologie di prodotto e in collaborazione con i nostri partner a trovare soluzioni tecniche atte a migliorare il prodotto finale. Questo ha consentito di aumentare la nostra competitività tanto che siamo stati in grado di aggiungere quattro nuove linee di prodotto. Di contro, malgrado un adeguato appoggio dal mondo bancario, gli investimenti non hanno seguito il programma prefissato». Che direzione hanno preso gli investimenti? «In questi anni lo sforzo di effettuare investimenti è stato indirizzato in attrezzature speciali riguardanti le linee di saldatura e a qualificare le nostre attività acquisendo la certificazione Iso En 38-34-2:2006 a integrare il quadro di certificazioni, l’inserimento in azienda di una figura qualificata Welding Inspector e altra per controlli non distruttivi. Questo ci ha permesso di aggredire aree di mercato dove fino ad allora non avevamo ancora potuto inserirci. La previsione futura, a seguito di un auspicato rafforzamento del fatturato nel 2014, è di rinnovare ed ampliare l’area lavora-

zioni meccaniche» A quali mercati vi state dirigendo? «Fortunatamente molti dei nostri prodotti raggiungono diversi paesi nel mondo; questo è per noi un grande aiuto. Il mercato italiano segna per ora infatti solo una lieve ripresa, prevediamo però una decisa crescita verso il 2015 – 2016». Oltre all’abilità umana quali sono gli altri punti di forza dell’azienda? «Sicuramente la continua formazione e l’ottimizzazione e adeguamento alle nuove tecnologie per le qualifiche di processo. Portiamo avanti inoltre un continuo miglioramento del sistema di tracciabilità dei materiali e dei particolari costituenti i prodotti da noi fabbricati. Progettiamo e fabbrichiamo delle attrezzature necessarie alla produzione per far sì che vengano soddisfatte le esigenze di competitività ma soprattutto per meglio garantire qualità e possibilità di miglioramento continuo». Che prospettive ci sono per l’azienda? «Nell’immediato futuro purtroppo la contingente crisi continua a limitare l’orizzonte, ma le prospettive sono di crescita su livello di sviluppo produttivo, riguardante spazio per nuove linee e diversificazione della clientela. Il tutto con l’affiancamento anche a livello dirigenziale di nuove leve tra cui uno dei miei figli ormai già presente da sette anni in azienda in modo da gestire e garantire un passaggio generazionale con sicuri risultati e slancio innovativo».

Silvio Bonaudi è amministratore della Boman di Saluzzo (CN) www.boman.it

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MODELLI D’IMPRESA

Le Pmi taylor made intravedono la ripresa urante l’estate l’agenzia S&P ha tagliato il rating di lungo termine dell'Italia a Bbb da Bbb+, con outlook negativo. Il downgrade, scrive l'agenzia americana, riflette «gli effetti di un ulteriore indebolimento della crescita sulla struttura e la resistenza dell'economia italiana». Fortunatamente esistono delle Pmi controcorrente che, facendo leva sulla flessibilità, sono riuscite a diventare dei veri casi di eccellenza. Ne è un esempio Tecno Center, azienda piemontese specializzata nella produzione di sistemi flessibili e modulari per la movimentazione lineare, realizzati con profilati portanti a elevate prestazioni. L’impresa, a causa della crisi, ha chiuso il 2012 con una lieve diminuzione di fatturato ma ha comunque raggiunto dei risultati generali positivi. «Siamo riusciti – spiega l’amministratore e presidente Patrizia Bellodi - a fidelizzare dei clienti sicuri. Abbiamo confermato una bassissima insolvenza, al di sotto del 3 per cento.

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Momenti di lavoro all’interno della Tecno Center che si trova a Venaria Reale (TO) www.tecno-center.it

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Se il rating di lungo termine italiano è in downgrade, le Pmi capaci di essere taylor made e flessibili conquistano un rating positivo. «Una A+ che consente di investire e guardare al futuro». Ne parliamo con Patrizia Bellodi e Gilberto Laurenti Marco Tedeschi

Questo ha portato un miglioramento economico che ci ha fatto conquistare la posizione “A+” come rating bancario. Tutto ciò ha consentito di effettuare nuovi investimenti a livello tecnologico, completando l’attrezzamento per la produzione di assi lineari a elevate precisioni di movimento e di posizionamento, non solo lavorando i profilati ma anche con un sistema di collaudo e certificazione della geometria che garantisce al cliente il risultato. Creando sistemi flessibili speciali, la componente tecnologica è fondamentale per assicurare alte prestazioni e precisione dove richiesta». Sistemi flessibili utilizzati per settori differenti. «Collaboriamo – spiega Gilberto Laurenti, direttore generale – con i comparti dall’automomotive, al packaging (magazzini automatici), con l’industria del vetro, del bianco e molte altre. Stiamo avendo inoltre alcune soddisfazioni dal comparto stampaggio lamiera, per il quale abbiamo realizzato alcuni moduli specifici,


Patrizia Bellodi e Gilberto Laurenti

Creando dei sistemi flessibili la tecnologia è fondamentale per assicurare prestazioni e precisione

adatti ad impianti ad alta cadenza e con necessità di elevata affidabilità. Questa grande flessibilità del prodotto si sta rivelando una risorsa per mantenerci stabili, orientando la produzione verso le esigenze del mercato. Riusciamo in questo grazie alla dimensione ridotta dell’azienda, cosa che ci consente di essere taylor made e di adattarci alle richieste del cliente, con cui l’ufficio tecnico è in costante contatto». Il personale dell’azienda è composto in buona parte da giovani. «Un personale – prosegue Bellodi - che deve essere preparato e specifico. Al nostro interno, perseguiamo una formazione continua, in ogni comparto dell’azienda. È necessario lavorare e investire continuamente, sia sul personale che sul prodotto». Un prodotto che si sviluppa da uno studio preciso e segue poi un iter prestabilito. «Iniziamo – spiega Laurenti – dallo studio di fattibilità per passare poi al dimensionamento dei componenti e della

trasmissione completa, inclusi gli azionamenti nel rispetto del ciclogramma fornito. Segue la disegnazione utilizzando sistemi Cad 3d avanzati. Durante il premontaggio del sistema, infine, verifichiamo la geometria degli assi cartesiani con strumenti “laser” per garantire la precisione di posizionamento. Non facciamo mancare l’assistenza post-vendita in fase di montaggio finale dell’impianto, fornendo il servizio di collaudo e misurazione con le nostre attrezzature. Si tratta di fasi necessarie per garantire la qualità di un prodotto con elevate prestazioni che può adattarsi ai settori più disparati». L’orientamento verso tutti i comparti industriali resta la prerogativa aziendale. «Non vedo in effetti – conclude Bellodi – un settore che primeggerà sugli altri. Speriamo nella rinascita dell’automotive, dato che in Italia è in contrazione da anni. In ogni caso non è possibile fare previsioni su quale sarà l’andamento dei vari settori. Noi in questo momento stiamo compensando il fatturato, con una maggiore esportazione e speriamo di progredire grazie ad agevolazioni destinate a settori trainanti, ma fare previsioni per il 2014 è ancora azzardato». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 79


Il design che schiva la crisi Per chi si occupa di design applicato è indispensabile diversificare per aprirsi a molteplici settori e plasmare così le proprie capacità passando dalla nautica all’automotive e all’aeronautica. La parola a Paolo Zerbini Marco Tedeschi

el 2012 la nautica italiana è tornata a valori di fatturato analoghi a quelli del 2000, crollando dal record del 2008 (oltre 6,2 miliardi) a 2,49 miliardi di euro. A portarla a questo livello ha contribuito la crisi ma, a causare la caduta dei ricavi di un settore che resta ancora il secondo al mondo dopo gli Usa e il primo nella nicchia dei superyacht, ci ha pensato anche la norma sulla tassa di stazionamento delle barche, introdotta nel 2011 dal decreto salva-Italia di Monti e, dopo sei mesi, trasformata in tassa di possesso. Una norma che ha fatto precipitare il fatturato del comparto da 3,42 miliardi a 2,49, in un anno. E ha mostrato, ancora una volta, l'inconsapevolezza di chi governa nei confronti delle necessità di un settore che fa marciare il Paese. Un settore che esprime in pieno l’unione di ca-

N Zerbini Modelli si trova a Sant’Ambrogio di Torino (TO) www.zerbinimodelli.com

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pacità in cui l’Italia è leader indiscusso. Dall’ingegneria, alla meccanica, fino all’estetica e design. Ed è proprio all’interno del design applicato alla nautica che si è mossa Zerbini Modelli, un’azienda che ha saputo applicare capacità non solo al settore nautico ma anche a quello della costruzione di modelli per carrozzeria di automobili, design pubblicitario, oggettistica, progettazione e realizzazione di calibri di controllo. «La nostra realtà – spiega l’amministratore Paolo Zerbini - ha sviluppato una notevole esperienza nel campo dello stile e del design collaborando con i maggiori centri del Nord d’Italia e giungendo a sviluppare, totalmente al suo interno, il design di una citycar presentata al Salone Internazionale dell’Automobile di Torino del 2000. Nel settore nautico invece, ci siamo specializzati nella realizzazione di modelli di elevate


Paolo Zerbini

Ci siamo specializzati nella realizzazione di scafi, coperte, sovrastrutture e hard-top per imbarcazioni di lunghezze anche superiori ai 30 metri

dimensioni, come scafi, coperte, sovrastrutture, hard-top per imbarcazioni di lunghezze anche superiori ai 30 metri, senza tralasciare elementi più piccoli come paratie, elementi dell’arredo interno e tamponi per gli oblò». Capacità, conoscenze e specializzazioni che si sono però scontrate con la forte crisi che sta colpendo i vari settori. «Per quanto riguarda il 2012, l’andamento del nostro business è stato lento e a singhiozzo, con mesi sovraccarichi alternati a carenze di lavoro. Il fatturato si è ridotto del 30 per cento rispetto all’anno 2011. Nel 2013 rileviamo invece una lieve ripresa, nonostante continuino a susseguirsi momenti sovraccarichi e momenti fermi». L’estero resta pertanto l’obiettivo principale in questo periodo. «I mercati per noi più influenti all’estero fanno capo alla nautica, con la realizzazione di grandi yachts. Stiamo inoltre raccogliendo soddisfazioni importanti nel campo dell’aeronautica, instaurando collaborazioni dirette e indirette». Nel corso degli ultimi anni infatti il campo delle competenze di Zerbini Modelli si è ulteriormente allargato al settore aeronautico, realizzando modelli di carlinghe ed altri elementi per piccoli velivoli, ultraleggeri e idrovolanti. «L’azienda è oggi in grado di sviluppare progetti di tipo modulare, e di offrire

service nella realizzazione di modelli Cad-Cam 3D e di realizzare, in proprio, il design e la produzione di oggetti per l’arredo interno e urbano». Le capacità dell’azienda le permettono pertanto adattarsi a vari comparti. «Questo è molto importante soprattutto adesso che non vi è un settore che primeggia sugli altri. Le nostre realizzazioni sono “spalmate” in egual misura su automotive, nautica e aeronautica. Questo ci permette di sopravvivere nonostante l’imponente crisi che ci circonda. Nell’ultimo periodo pare essersi riaperto il mercato automobilistico ma per il momento non stiamo portando avanti progetti a lungo termine. La diversificazione risulta pertanto indispensabile». La crisi del periodo non ha però impedito all’azienda di puntare sugli investimenti interni. «Siamo reduci da due imponenti investimenti, effettuati nell’anno 2012; abbiamo acquistato un immobile di grandi dimensioni necessario per l’esecuzione di grandi lavorazioni nautiche che purtroppo però hanno subìto un arresto momentaneo, dovuto a un rallentamento del mercato. In contemporanea – conclude Zerbini - abbiamo acquistato una fresatrice a controllo numerico da aggiungere al nostro parco macchine, anche se già piuttosto fornito». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 81


MODELLI D’IMPRESA

In crescita il packaging per la cosmesi e la farmaceutica on un giro d’affari che si aggira sui 487 miliardi di euro in tutto il mondo, l’industria della cosmetica e dei prodotti per la cura della persona è tra le più competitive in Europa. È proprio l’Europa infatti il principale mercato, generando il 50 per cento dei consumi a livello mondiale. La cosmetica, il profumiero e il farmaceutico, richiedono però sempre più imballaggi con caratteristiche che soddisfino l’igiene, la praticità e l’ottimizzazione dell’utilizzo, e una veste grafica personalizzata. È Global Tube a servire la maggior parte delle aziende italiane nei settori industriali della cosmesi e della farmaceutica con un numero sempre crescente di clienti europei, grazie a una rete commerciale di agenti e distributori e alla partecipazione alle più importanti fiere del settore. Il continuo progresso tecnologico e un mercato aggressivo

C Vilmo Repetti, titolare della Global Tube Spa www.globaltube.com

Una sofisticata capacità tecnologica e la grande attenzione nei confronti dei modelli di consumo emergenti. Vilmo Repetti spiega l’espansione del packaging per la cosmesi e la farmaceutica Renata Gualtieri

e flessibile richiedono aziende sempre disponibili a offrire prodotti di qualità e capaci di reggere la concorrenza. «I nostri prodotti - commenta il titolare dell’azienda Vilmo Repetti sono interamente riciclabili, composti da materie prime selezionate e di qualità certificata, nel rispetto rigoroso delle norme vigenti e le proposte più recenti e le novità offerte sul mercato testimoniano una sofisticata capacità tecnologica e la grande attenzione nei confronti dei modelli di consumo emergenti». Quali sono i fattori che contraddistinguono la Global Tube rispetto ai competitor? «La Global Tube da quando ha iniziato la sua attività si è posta due obbiettivi principali, servizio e qualità. Il servizio è stato consolidato negli anni con il lavoro del personale che, potendo contare su macchine e attrezzature ad alta tecnologia, ha permesso di creare un’azienda in grado di soddisfare le esigenze dei clienti. Per semplificare il concetto, è necessario sapere che nel nostro settore per produrre un tubetto flessibile in polietilene, oltre l’imballo, si crea contemporaneamente la personalizzazione dello stesso. Per cui il tempo necessario per la preparazione della linea di produzione è lo stesso, sia per produrre un lotto ridotto che uno quanti-


Vilmo Repetti

I nostri prodotti sono interamente riciclabili, composti da materie prime selezionate e di qualità certificata

tativamente più elevato. Pertanto abbiamo adeguato le linee di produzione a queste necessità della clientela, oltre alla risoluzione degli eventuali problemi tecnici insorgenti. Per quanto riguarda la qualità è significativo che nel periodo di pochi anni la Global Tube abbia conquistato una fetta di mercato tale da porla ai primi posti nella classifica delle aziende italiane di questo settore». Come affrontate il nodo della logistica? «L’azienda è situata presso un importante nodo autostradale al crocevia tra le aree industriali di Milano, Torino, Bologna e Genova. La nascita dell’azienda risale al 1998, opera su una superficie di 12.000 mq dei quali 6.500 coperti. È in grado di utilizzare una logistica intelligente per servire presto e bene la clientela diffusa sul territorio italiano ed europeo, con anche qualche riferimento sui mercati esteri. Inoltre può contare su un magazzino di 2500 mq, che prossimamente verrà raddoppiato». Il vostro bacino commerciale di riferimento si estende in Italia, in Europa e in Medio Oriente. Quali, nello specifico, i Paesi maggiormente promettenti oggi e su quali investirete soprattutto per il prossimo futuro? «Attualmente Global Tube si configura come una grande realtà italiana che opera principalmente sui mercati di tutta Europa, con circa 80

milioni di tubetti prodotti annualmente, ma in futuro pensiamo d’investire anche nei paesi nord africani». Il tubo coestruso è frutto delle richieste che provengono dai vostri settori produttivi di riferimento. Quanto considera importante continuare a investire in ricerca e sviluppo all’interno dell’azienda per soddisfare le esigenze del mercato? «Nel nostro settore le innovazioni sono frutto delle necessità della clientela che vengono da noi sviluppate tecnicamente per la loro applicazione. Ad esempio i prodotti che possono rilasciare col tempo una fase gassosa (aroma), non possono essere contenuti in un tubo di polietilene: è necessario un tubo coestruso che, essendo composto da cinque strati, ha uno strato di materiale impermeabile che impedisce la fuoriuscita della fase gassosa. Attualmente i regolamenti che governano la fabbricazione dei cosmetici sono tutti orientati a eliminare i conservanti, pertanto il prodotto è più esposto a inquinamento. Questi i motivi per cui appare chiara la scelta d’investire sul tubo coestruso». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 83




MERCATO DEL LAVORO

Nuove catene di montaggio La formazione dà la possibilità a molti inoccupati di aggiornarsi. Un settore che sembra acquisire finalmente maggiore concretezza e utilità, soprattutto se la disoccupazione supera il 10 per cento Teresa Bellemo

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l quinquennio 2007-2013 dei Programmi operativi regionali sta volgendo al termine ed è ora dei primi bilanci. A mostrare particolare sviluppo in questo lustro sono stati i progetti formativi. Dopo l’accordo Stato-Regioni del 2009, infatti, al fine di fronteggiare la crisi economica, sono state avviate iniziative che per la prima volta in Italia hanno abbinato politiche attive e passive in modo massiccio e diffuso, finanziate proprio con il Fondo sociale europeo. In questi anni in Piemonte circa 60mila persone hanno avuto accesso a un’offerta formativa articolata. «Nella programmazione 2007-2013 in materia di politiche del lavoro si è verificata una vera e propria rivoluzione» commenta Franco Chiaramonte, direttore dell’Agenzia Piemonte Lavoro. Sul fronte della formazione si sono sollevate spesso critiche, in particolare sulla qualità e specificità Franco Chiaramonte, direttore dell’Agenzia Piemonte Lavoro

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dell’offerta. Denaro speso per corsi molto fumosi e poco specializzanti, i commenti più negativi. Ma in un momento di forte crisi e di riduzione delle possibilità di trovare un’occupazione, l’aver dato per la prima volta la possibilità a una vasta platea di persone, spesso a bassa scolarità, di partecipare a corsi anche su competenze di base è stata, secondo il direttore dell’agenzia, un’iniziativa assolutamente importante. «Questo evento è stato anche il motore per realizzare alcune innovazioni che oggi permetteranno di lavorare sulla nuova programmazione con maggiore semplicità ed efficacia» sottolinea Chiaramonte. A quali miglioramenti fa riferimento? «Ne vorrei ricordare essenzialmente due: l’ingresso delle agenzie autorizzate con l’accreditamento regionale nel sistema dei servizi al lavoro, che permette di avere oggi una rete di servizi pubblico-privata vasta e che ha iniziato effettivamente a cooperare. E poi l’adozione dei costi standard, che permette a chi opera e a chi gestisce risorse comunitarie di agire con regole amministrative molto semplificate rispetto al passato». Qual è la situazione occupazionale nel territorio piemontese? «La situazione in Piemonte risente molto della crisi. In generale diminuiscono le opportunità di lavoro e aumenta la disoccupazione. Nel 2012 il dato finale della disoccupazione ha raggiunto il 9,2 per cento, ma i segnali del 2013 sembrano indicare una tendenza a un incremento ulteriore, oltre l’11 per cento. Dal 2008 monitoriamo il numero di avviamenti, che in-


Franco Chiaramonte

È intollerabile che in Italia chi cerca lavoro e chi cerca lavoratori non si incontri con quell’efficienza che dimostrano altri paesi europei

dica quanto dinamico è il mercato del lavoro. Nel 2012 sono ulteriormente diminuiti rispetto all'anno precedente: si tratta di oltre 100.000 avviamenti in meno, che corrisponde una riduzione del 17,8 per cento, e il 2013 conferma questa tendenza. Anche nel campo della disponibilità e dell’analisi dei dati l’assessorato al Lavoro della Regione si è mosso in modo originale. Da qualche mese è attivo il servizio “Numeri del lavoro”. Si tratta della prima piattaforma open-data in Italia sui dati del mercato del lavoro che abbiamo messo a disposizione di tutti: media, cittadini e operatori». Quali sono le figure che trovano più difficoltà di occupazione? «Nel quadro difficile per l’occupazione che continua a manifestarsi, il possesso di competenze specifiche favorisce la ricerca e la mobilità nel lavoro. In una recente ricerca dell’Ires Piemonte si evidenzia come la maggioranza dei giovani laureati in lingue, ingegneria ed economia inizi a lavorare quasi subito dopo il conseguimento del titolo di studio. All’opposto, la disoccupazione affligge i laureati nel

ramo psicologico, letterario e politico-sociale, dove circa 1 laureato su 3 cerca attivamente un impiego un anno dopo la laurea». Quali sono stati i provvedimenti presi dalla Regione? «La Regione si è mossa sollecitando un atteggiamento culturale e di orientamento agli studi che riscopra il valore di professioni che negli anni passati sono state trascurate e che possono essere invece occasioni di lavoro. È il caso di professioni di natura artigianale, delle professioni legate all’agricoltura (che nella crisi ha retto meglio di altri settori), di sbocchi occupazionali in settori quale quello agroalimentare che vedono eccellenze nel territorio piemontese. Per facilitare questi processi la Regione ha investito molto in strumenti, come l’apprendistato, che possono rappresentare una risposta alle difficoltà di ingresso nel lavoro. Oggi siamo l’unica regione in Italia ad aver dato attuazione a tutti i livelli di apprendistato previsti dalla normativa». Quanto la formazione e l’aggiornamento possono aiutare per il reimpiego? «La nostra esperienza ci permette di dire che PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 89


MERCATO DEL LAVORO

la formazione è tanto più utile quanto una

persona con le sue competenze viene collegata a un progetto specifico di sviluppo in ragione dei fabbisogni delle imprese. Ne abbiamo evidenza in un programma sperimentale che l’assessorato al lavoro ha promosso e che l’agenzia gestisce. Con il programma “Riattivo misura 1B”, finanziamo percorsi di ricollocazione per disoccupati che prevedono anche significative attività formative (fino a 500 ore), a fronte di manifeste dichiarazioni di interesse da parte di imprese. Siamo a circa metà del programma che sta coinvolgendo circa 900 persone e abbiamo circa il 50 per

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cento di occupati. Un altro tema importante è operare per migliorare e sviluppare i servizi di incontro tra domanda e offerta. L’Italia continua ad avere performance troppo basse in questo campo. Le opportunità di lavoro sono diminuite, ma ci sono, ed è intollerabile che chi cerca lavoro e chi cerca lavoratori non si incontri con quell’efficienza che ci mostrano altri paesi europei». Questo è un problema annoso. Come intendete muovervi? «La Regione Piemonte si sta attivando per cambiare questa condizione e noi, come strumento dell’assessorato al lavoro, con le iniziative di “Io Lavoro”, mettiamo a disposizione un’esperienza innovativa che ha dato risultati importanti, visto che oltre il 25 per cento delle persone che partecipano trovano un’occupazione. Verso i giovani, in particolare, vanno promossi programmi straordinari per invertire una tendenza alla crescita della disoccupazione e all’allungamento dei tempi di ingresso nel mercato. Questo è un circolo vizioso che mina il nostro sviluppo, non solo perché teniamo fuori dal mercato persone che, in questo modo, non hanno reddito proprio in una fase della vita in cui la propensione ai consumi ha molti aspetti interessanti, ma soprattutto perché si sottrae al tessuto produttivo la creatività, la forza innovativa e la voglia di crescere propria di questa età».



TURISMO CULTURALE

I dati premiano il Piemonte Fiere letterarie, mostre d’arte e di design. Ma anche concerti ed enogastronomia. Il sistema culturale piemontese nel 2012 ha generato un valore aggiunto di 6,4 miliardi di euro. Ne parla l’assessore regionale all’Istruzione, sport e turismo, Alberto Cirio Tiziana Achino

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ultimo rapporto presentato da Symbola-Unioncamere sull’economia della cultura dice che il settore in regione genera un valore aggiunto all’economia pari al 5,8 del totale e conta circa 121.000 occupati, il 6 per cento di tutto il Piemonte. Sono dati che mostrano l’importanza di un comparto che è sempre stato tenuto in grande considerazione dagli enti locali, ma che negli ultimi cinque anni ha visto una flassione degli investimenti del 22 per cento. Se si guardano i dati Istat sui consumi culturali degli italiani si nota come la non partecipazione dei cittadini ad alcuni segmenti (vedi musica classica e musei) sia relativamente bassa, rispettivamente il 90 per cento e il 30. Ma se si confrontano i dati italiani con quelli della regione la musica cambia: i piemontesi dimostrano di apprezzare l’offerta culturale proposta. Infatti, l’anno scorso i musei cittadini hanno staccato 3,8 milioni di biglietti. A dimostrazione che, se si investe in cultura e si ha la ca-

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pacità di attrarre turisti per motivi culturali, cresce anche la propensione al cunsumo dei cittadini. Ne parla Alberto Cirio, assessore regionale al turismo, sport e istruzione. Assessore Cirio, cosa rappresenta il turismo culturale per il Piemonte? «Il turismo culturale ha molte espressioni e può raggiungere target molto diversi tra loro: è una risorsa preziosa per il nostro territorio. Accanto al sistema museale, che accoglie annualmente più di 4,5 milioni di visitatori, alle mostre e ai grandi eventi come il Salone del Libro, siamo ormai punto di riferimento anche per il mondo della musica e dello spettacolo: penso ai concerti di livello mondiale come quello dei Muse a Torino, ma anche a un evento unico e tutto piemontese come il Festival Collisioni a Barolo. Tante vocazioni culturali da valorizzare». Quali saranno i prossimi eventi a cui la regione si sta preparando? «Sarà un anno di preparazione al più grande evento italiano degli ultimi vent’anni: l’Expo 2015. Un’occasione assolutamente da non perdere, alla quale è importante arrivare pronti. Abbiamo la possibilità di intercettare parte dei 20 milioni di visitatori attesi, 14 milioni italiani e 6 milioni stranieri, per fare in modo che approfittino dell’evento per visitare il Piemonte, accanto a mete più classiche come Roma, Venezia o Firenze. In queste settimane stiamo facendo tappa in tutte le province piemontesi per incontrare le istituzioni e le aziende locali, per dar loro l’occasione di presentarsi al mondo. La costruzione della grande cittadella e dei padiglioni di Milano vedrà un investimento di 1,3 miliardi di euro da parte dei Paesi e delle realtà che parteciperanno


Alberto Cirio

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Accanto al sistema museale e ai grandi eventi come il Salone del libro, siamo ormai punto di riferimento anche per il mondo della musica e dello spettacolo

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L’assessore Alberto Cirio alla conferenza stampa di presentazione del Festival Collisioni, tenutosi a luglio a Barolo

all’evento. Questo significa che saranno necessarie forniture e manodopera e, vista la vicinanza geografica e l’eccellenza professionale delle nostre imprese, vogliamo che le aziende piemontesi siano nell’elenco ufficiale dei fornitori di Expo. I primi di ottobre ospiteremo alla Reggia di Venaria il forum internazionale, il penultimo appuntamento operativo prima dell’apertura dell’evento. Arriveranno in Piemonte un migliaio di delegati di tutti i Paesi accreditati e sarà una straordinaria occasione di visibilità per il nostro territorio, perché cominceremo a proporre i nostri pacchetti turistici e le imprese piemontesi come fornitori ufficiali». Il connubio turismo e cultura enologica è ancora vincente? «In una terra come la nostra, dove nascono vini rinomati a livello mondiale, non può che essere altrimenti. La candidatura dei paesaggi vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato a patrimonio dell’umanità è stata la massima espressione di questo connubio, che ci auguriamo sia coronato nel 2014 in Qatar, quando l’Unesco prenderà la sua decisione finale. A livello europeo, comun-

que, l’enogastronomia è la risorsa che rende il Piemonte più competitivo e, non a caso, le nostre “colline del gusto” hanno continuato a crescere lo scorso anno, con un incremento dei turisti del 4 per cento, soprattutto dall’estero». In che modo la scuola può dare il proprio contributo alla valorizzazione del turismo? Può essere leva di una nuova cultura del turismo? «Assolutamente sì. La scuola contribuisce in modo importante a sviluppare la curiosità e la voglia di conoscere, che sono alla base dell’amore per il viaggio. Non a caso, l’Uncem realizza da diversi anni il catalogo “A scuola di montagna”, rivolto proprio al turismo scolastico. Ma la scuola è, anche, il luogo dove si formano i futuri operatori del turismo. Penso alle nostre prestigiose scuole alberghiere, ma anche a progetti di mobilità internazionale come Fante, che negli ultimi due anni ci ha permesso di coinvolgere circa 150 ragazzi in tirocini in Spagna, Germania e a Malta, che per qualcuno si sono trasformati nell’opportunità di un futuro lavorativo all’estero nel settore turistico». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 101




POLITICHE AGRICOLE

Meno burocrazia, più promozione Lo sviluppo dell’agricoltura passa da un nuovo Psr, più dinamico e flessibile, e da un costante sforzo di valorizzazione del patrimonio agroalimentare del Piemonte. Ne parla l’assessore regionale all’agricoltura, Claudio Sacchetto Francesca Druidi

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Claudio Sacchetto, assessore regionale all’Agricoltura

n questo periodo di forte stagnazione, il settore agroalimentare si conferma come uno dei punti tradizionalmente di forza del sistema Paese, trainando l’economia soprattutto sul fronte dell’export. Consapevole della strategicità del comparto, in particolare dell’agroalimentare di qualità, l’assessorato regionale all’agricoltura, guidato da Claudio Sacchetto, conferma lo stanziamento di nuove risorse per la promozione delle eccellenze piemontesi, in continuità con le risorse già destinate nel 2011 e 2012. Quali sono le direttrici che la giunta seguirà sul versante promozionale dei prodotti agroalimentari, anche in vista di Expo 2015? «Nel 2013 gli impegni sulla promozione sono stati confermati: i nostri prodotti sono qualitativamente esemplari, bisogna però lavorare con impegno per farli conoscere, presentarli, distribuirli, migliorarne la presenza sui mercati fino a questo momento non percorsi. Nell’ambito della recente approvazione del pacchetto promozionale sulla misura 133 del Psr, abbiamo previsto un capitolo apposito da destinare alla partecipazione all’Expo 2015: il Piemonte gestirà il cluster del riso, dunque il comparto risicolo - vanto delle nostre terre sarà sotto i riflettori, ma sono certo che l’occasione consentirà di promuovere il patrimonio agroalimentare piemontese nel suo insieme. La volontà è quella di mantenere il massimo sforzo nonostante le evidenti difficoltà del momento: le eccellenze del Piemonte possono rappresentare la chiave per superare l’attuale delicata situazione economica».

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Quali sono le prospettive e i mercati internazionali più promettenti per le aziende piemontesi del settore primario? «Le prospettive, con la dovuta prudenza, sono positive: nessun settore può dirsi immune a questo periodo complesso, ma d’altro canto abbiamo constatato come il comparto agroalimentare abbia trainato l’economia in questa fase di crisi. La differenza, come evidenziato in più di un’occasione, l’ha fatta l’elevato livello qualitativo dei prodotti. Abbiamo settori che proseguono nel successo maturato negli anni passati, per esempio il vino, altri che stanno raccogliendo adesso i frutti di un lavoro durato anni, penso - tra gli altri - ai formaggi Dop, comparto che sono certo abbia ancora margini di crescita. Vanno coltivati i mercati europei per rafforzare la posizione dei prodotti piemontesi: per questo motivo l’Asses-


Claudio Sacchetto

L’Assessorato promuove la partecipazione delle aziende nostrane a eventi prestigiosi quali il Fruit logistica di Berlino

sorato promuove la partecipazione delle aziende nostrane a eventi prestigiosi quali il Fruit logistica di Berlino, il Bio fach di Norimberga, il Prowein di Dusseldorf, l’Anuga di Colonia, senza dimenticare gli appuntamenti internazionali con sede in Italia (Vinitaly e Cibus). Vanno però scoperti e tenuti in considerazione importanti sbocchi commerciali al di fuori dei confini europei; con il settore vitivinicolo si sta per esempio operando su Usa, Cina, Russia, Brasile, sud-est asiatico, Giappone e Canada». La giunta ha anticipato i fondi Pac per le imprese agricole. Quali ulteriori interventi metterete in campo nei prossimi mesi per sostenere il comparto? «Da parte nostra, ci stiamo impegnando nell’arduo compito di mantenere i propositi fissati nonostante l’evidente crisi di liquidità che colpisce l’intera società, Regione compresa. Solo due Regioni in Italia provvedono all’anticipo Pac; ripetere tale operazione quest’anno ha comportato grandis-

simi sacrifici, ma rappresentava un aiuto fondamentale al territorio. Continueremo l’attività avviata, i risultati raggiunti ritengo siano importanti: penso, in riferimento agli ultimi mesi, ai contributi per le aziende colpite dalla batteriosi del kiwi, alle risorse erogate in seguito al verificarsi di calamità naturali, al piano regionale per la difesa dalle predazioni, alle risorse investite sul vitivinicolo. Anche se, inevitabilmente, si devono fare i conti con l’attuale scenario economico, per i prossimi mesi abbiamo intenzione di non trasformare il momento storico in alibi: si deve far fruttare al meglio, e con responsabilità, le risorse a disposizione». Quali restano le priorità per il settore e come si rifletteranno nel nuovo Psr 2014-2020? «Il settore agricolo necessita semplicemente di poter lavorare senza essere imbrigliato da vincoli irrazionali e da una burocrazia soffocante. Queste considerazioni non devono rimanere sulla carta, al contrario devono trovare attuazione nel nuovo Psr, documento dal quale dipende davvero il destino di un comparto provato. Come già ribadito, penso che la prima regola per impostare il nuovo Programma di sviluppo rurale sia imparare dagli errori del passato per non ripeterli in futuro: il Psr 2007/2013 si è contraddistinto per la scarsa se non nulla - elasticità, la mole burocratica prevista, le istruttorie macchinose ed estremamente lente. Dobbiamo lavorare per tradurre in strumenti le idee che possono rilanciare la nostra agricoltura». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 111


Qualità ed export per favorire la ripresa Nel Cuneese gli imprenditori agricoli si sono affidati ai contratti di filiera per essere competitivi sui mercati stranieri. Marcello Gatto illustra qual è lo stato di salute del settore primario e spiega come Coldiretti assiste le pmi associate ad andare all’estero Tiziana Achino

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Nella pagina successiva, Marcello Gatto, presidente di Coldiretti Cuneo

arcello Gatto, presidente della Coldiretti della provincia di Cuneo, mette in evidenza le potenzialità del territorio sottolineando che «grazie all’intelligenza dei nostri imprenditori agricoli oggi ci stiamo imponendo sul mercato con le nostre eccellenze sia a livello di vendita diretta che dei contratti di filiera». Quello della Provincia Granda è un territorio vasto, quali differenti opportunità ci sono nel settore agricolo? «Oggi le opportunità le crea il mercato. La vastità del territorio genera spesso problemi di logistica e costi insostenibili nei trasporti. Grazie all’intelligenza dei nostri imprenditori agricoli oggi ci stiamo imponendo sul mercato con le nostre eccellenze sia a livello di vendita diretta che per quanto riguarda i contratti di filiera». Come affrontare questo difficile periodo economico? «Noi sosteniamo con vigore il ritorno al-

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l’economia reale. Non si vive di finanza, anche se questa sta ancora oggi condizionando fortemente la politica internazionale. I dati dell’ultimo anno che vedono un aumento del 10-12 per cento delle esportazioni dei prodotti agroalimentari freschi e trasformati sono la conferma che la società contemporanea sta cambiando rotta. Occorre saper interpretare questi cambiamenti per aggredire nuovi bacini di consumo come la Russia, i paesi asiatici e il nord Europa. Non dobbiamo comunque trascurare il mercato interno, ove tra mille difficoltà nell’impegno di spesa delle famiglie, si sta premiando l’acquisto diretto in azienda agricola oppure si cerca il prodotto biologico. Con la qualità del prodotto abbiamo ottime chance di fermare le quantità di prodotti anonimi importati da paesi che ci fanno una concorrenza sleale, anche solo per una diversa e più permissiva impostazione legislativa in termini di ambienti e costi del lavoro e di aspetti sanitari».


Marcello Gatto

Il settore vitivinicolo è certamente l’ambasciatore della “cuneesità” nel mondo. Continuerà a esserlo, unitamente all’export agroalimentare

Il settore vitivinicolo è ancora un punto di forza del territorio? «Il settore vitivinicolo è certamente l’ambasciatore della “cuneesità” nel mondo. Continuerà a esserlo, unitamente all’export agroalimentare, anche nel settore frutticolo, orticolo delle carni e dei formaggi. Oggi grazie anche all’e-commerce le distanze paiono colmabile più velocemente. Ma soprattutto sono le nostre eccellenze ad aprirsi un varco significativo nel mercato globale. L’importante è crederci e come Coldiretti lo stiamo facendo concretamente nell’interesse delle imprese associate e di tutto il sistema economico cuneese». Quali gli obiettivi di Coldiretti per la prossima stagione? «Una particolare attenzione sarà posta alla valorizzazione del made in Italy, attraverso contratti di filiera. Nel settore dei cereali stiamo impostando un’importante collaborazione con aziende trasformatrici di primo

piano, come Barilla, con il coordinamento logistico dei consorzi agrari del Piemonte. Senza per questo trascurare contratti di filiera già in essere con i mulini locali che valorizzano i nostri cereali. Nel settore dell’orticoltura, si continuerà a lavorare per i contratti di filiera come quelli attualmente in essere con Saclà e con Galfrè. Nel settore delle carni bovine, oltre a intensificare i nostri rapporti con la ristorazione collettiva, è partito un progetto di fornitura di carni di tipo Piemontese a imprese industriali di trasformazione, con il Coalvi si è ampliata la rete dei punti vendita fuori Piemonte. Nel comparto frutticolo, sono terminati i test con aziende agroalimentari per l’utilizzo della nostra frutta nella produzione di bevande. Nel settore del latte prosegue l’esperienza del polverizzatore con relativo contratto di filiera che vede protagonista Compral Latte. Infine, sono stati rinnovati i contratti di fornitura delle nocciole Igp Piemonte sia con Sebaste che con Pernigotti. Ci stanno, inoltre, a cuore le problematiche di carattere sociale, incrementeremo la realtà delle “agri-tate”, delle fattorie didattiche e ogni altro contatto per l’azione socio-assistenziale nelle zone periferiche in favore delle persone anziane e delle famiglie che operano in quei luoghi, svolgendo un servizio di presidio territoriale. Infine, in ogni settore produttivo, lavoriamo per abbattere la burocrazia. È insostenibile che un imprenditore vitivinicolo, ad esempio, debba trascorrere 100 giornate lavorative per compilare modelli che spesso nessuno legge». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 113


AGROALIMENTARE

Il gusto della semplicità conquista i mercati esteri Da una consolidata posizione sul mercato nazionale, Saclà si sta imponendo su quello globale. Il presidente Lorenzo Ercole presenta le strategie di espansione e le nuove linee di prodotto: biologico e vegetariano Renata Gualtieri

Il cavaliere del lavoro Lorenzo Ercole, presidente e amministratore delegato della F.lli Saclà Spa www.sacla.it

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analisi congiunturale sulle previsioni 2013, realizzata da Format per Federalimentare, ha rivelato come, benché la crisi non accenni ad arrestarsi, l’andamento delle aziende sia migliore rispetto alla media dell’industria italiana. Nell’ultimo anno, sei aziende alimentari su dieci hanno effettuato investimenti e una su due continuerà a farlo per il prossimo biennio, a confermare la vocazione alla qualità che da sempre ha contraddistinto il settore alimentare. Si investe principalmente in nuovi prodotti e processi per i mercati esteri, sostenibilità ambientale, formazione personale, certificazione, cooperazione interaziendale per la distribuzione. Espressione della qualità del mercato italiano è Saclà, azienda garanzia di competenza in campo agroalimentare, «requisito fondamentale – ricorda il presidente e amministratore delegato dell’azienda, Lorenzo Ercole – per consolidare e incrementare lo sviluppo in altri mercati, ai quali offrire prodotti innovativi e ad alto contenuto di servizio, per soddisfare le esigenze di consumatori sempre più attenti». Quale bilancio può trarre a seguito dell’attività dell’ultimo anno e dei primi sei mesi del 2013? «Stiamo consolidando i risultati del passato e abbiamo assorbito le diminuzioni di mercato, anche grazie all’andamento positivo sui paesi esteri, che rappresentano oltre il 50 per cento del nostro fatturato. Oggi esportiamo i nostri prodotti in oltre quaranta Paesi. Ci siamo orientati verso nuovi mercati e stiamo lavo-

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Lorenzo Ercole

rando per cercare di ottenere dei risultati anche laddove siamo da tempo presenti. Anche la nostra filiale negli Stati Uniti, al momento solo distributiva, pur essendo stata aperta da poco ha già raggiunto 1 milione di euro di fatturato». Oltre alla promozione del made in Italy, qual è l’importanza strategica dell’internazionalizzazione? «Attraverso l’esportazione e la presenza in mercati internazionali e intercontinentali cerchiamo di raggiungere quella sicurezza che può darci la suddivisione del rischio, particolarmente importante in questa fase. Abbiamo poi allo studio la creazione di aree produttive in altri Paesi, soprattutto in quei mercati protetti da dazi altissimi. Naturalmente, anche producendo all’estero, manterremo fede alla nostra politica della qualità e soprattutto dell’italianità della ricetta, che è ciò che ci caratterizza all’estero». Durante il Salone internazionale del biologico e del naturale, che si è tenuto qualche giorno fa a Bologna, è emerso come, nonostante la crisi, l’agricoltura bio continui a vivere un periodo di forte espansione a livello internazionale e in Italia. Come vi ponete rispetto al mercato biologico? «Abbiamo aderito proprio qualche anno fa al progetto biologico di Almaverde Bio, che intende fondere le esperienze di imprese italiane che condividano un forte legame con il territorio e la volontà di rendere il biologico un’alternativa possibile e concreta. In quest’ottica nascono i prodotti Saclà della linea Almaverde Bio,

Aderiamo al progetto di Almaverde Bio, che unisce le imprese italiane con un forte legame con il territorio

distribuita nella Gdo e nei negozi specializzati. Entrare nel biologico è stato solo una prosecuzione della nostra strategia della qualità, adesso stiamo cercando di capire quali sono le possibilità di affermazione sul mercato internazionale. Nei prossimi anni amplierete ancora la vostra offerta alimentare? «Stiamo entrando, a piccoli passi, nel mondo delle proteine – in cui eravamo presenti solo per il ragù – attraverso l’acquisizione di una società che produce carne di pollo trattata in modo molto semplice e salutistico. Un’attenzione particolare va poi alle proteine vegetali, per soddisfare le esigenze dei consumatori vegetariani. Ci siamo accorti che questo è un mercato in crescita e quindi stiamo imboccando anche questa strada».

PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 115


AGROALIMENTARE

La pasta italiana raggiunge l’Africa he tra i prodotti più apprezzati del made in Italy ci fosse la pasta, non è di certo una scoperta recente. Lo è invece il fatto che le esportazioni del piatto italiano per antonomasia abbiano raggiunto cifre da record. Da alcuni studi condotti dalla Coldiretti sui dati Istat, infatti, è emerso che l’export di spaghetti, penne, tagliatelle e rigatoni è cresciuto ben del 27 per cento rispetto all’anno scorso, con una concentrazione di richieste in Russia, Stati Uniti – dove la pasta si vende anche in farmacia, il che rafforza l’idea di un prodotto genuino e di estrema qualità – Asia e Africa. E a confermare l’ottimo andamento dell’export ci pensa la società Pasta Berruto, tra le prime dieci imprese italiane del settore. L’amministratore delegato dell’impresa Stefano Berruto spiega, infatti, che: «il consumo di pasta sta aumentando in maniera costante in tutto il mondo e questo perché la pasta è un alimento semplice, che può diventare ingrediente di piatti e ricette squisiti, e che essendo secco si adatta senza problemi al trasporto per lunghi tragitti. Attualmente, noi

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La Pasta Berruto Spa si trova a Carmagnola (TO) www.pastaberruto.it

118 • DOSSIER • PIEMONTE 2013

La pasta made in Italy mette d’accordo i palati di tutto il mondo e fa registrare un vero e proprio boom di esportazioni. La parola a Stefano Berruto Emanuela Caruso

esportiamo il 98 per cento dei nostri prodotti in circa 95 Paesi sparsi in tutto il mondo». E se tra questi Paesi il primo è da sempre la Francia, sta iniziando a distinguersi come un mercato interessante e dalle grandi opportunità l’Africa, proprio come sostenuto dalle statistiche. «Il 40 per cento delle nostre esportazioni è destinato alla Francia – commenta Stefano Berruto – mentre a seguire ci sono Germania, Russia e Scandinavia. La vera rivelazione degli ultimi anni, però, è proprio l’Africa, ragion per cui, entro la fine dell’anno, inaugureremo uno stabilimento in Angola che avrà a disposizione due linee di produzione, una per la pasta lunga e una per la pasta corta, e una capacità produttiva di circa 25mila tonnellate annue. La pasta prodotta verrà distribuita esclusivamente all’interno del


Stefano Berruto

98%

FATTURATO DELLA PASTA BERRUTO SPA CHE mercato locale. Inoltre, stiamo registrando un aumento della domanda anche nell’Europa dell’Est, che si sta finalmente riprendendo dalla crisi economica che aveva paralizzato l’export, e nel Sud America, in particolar modo in Brasile». Per soddisfare clienti così diversi gli uni dagli altri, la Pasta Berruto, nata dalla fusione dell’impresa Arrighi con la Italpasta, entrambe già di proprietà della famiglia Berruto, dispone di sei linee produttive in grado di realizzare formati lunghi e corti, pastine, nidi e formati speciali. «Oltre a svariate tipologie di formati – continua ancora Stefano Berruto – nel catalogo dei nostri sette marchi di proprietà si possono trovare paste di semola di grano duro, pasta tricolore, pasta all’uovo e pasta trafilata al bronzo; e ancora lasagne, cannelloni, pasta ripiena, pasta con albume e altri ingredienti specifici, pasta biologica e integrale. Per rendere questo alimento che tanto amiamo ancora più appetibile

PROVIENE DALL’EXPORT IN 95 PAESI SPARSI IN TUTTO IL MONDO

agli occhi degli acquirenti esteri, il nostro reparto di confezionamento è stato completamente rinnovato e sono stati adottati impianti di ultima generazione in grado di soddisfare le nuove esigenze di packaging». La grande novità lanciata negli ultimi anni dalla Pasta Berruto riguarda, però, le linee di piatti pronti, sughi, pesti e grissini. «Abbiamo intrapreso questa strada – conclude Stefano Berruto – con l’obiettivo di diffondere non soltanto la pasta, ma anche la cultura alimentare mediterranea che da sempre rende la cucina italiana una delle migliori al mondo. Questa scelta si è rivelata importante anche dal punto di vista distributivo, poiché portando alla clientela tanto la pasta quanto i condimenti per l’elaborazione di gustose ricette si ottimizzano gli spostamenti, si riducono i costi e, soprattutto, si fidelizza nel modo giusto l’utente». La clientela a cui la Entro la fine dell’anno, Pasta Berruto si rivolge con i propri inaugureremo uno stabilimento marchi è formata dalla grande diin Angola che avrà a disposizione stribuzione internazionale, dai distributori per l’estero, dalla ristoradue linee di produzione zione e dall’industria, un settore, questo, in forte crescita.

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AGROALIMENTARE

Un piatto povero, sempre più apprezzato La trippa, uno dei piatti tipici della cultura contadina, non conosce crisi e anzi conquista l’estero. I Paesi dell’est Europa sono quelli nei quali la richiesta è più forte, ma l’esportazione è ora diretta anche nei mercati extraeuropei Lorenzo Brenna

Paolo Casto, amministratore delegato della Tripa’d Muncalé Srl, di Moncalieri (TO) www.latrippa.com

el territorio di Moncalieri, tra le altre eccellenze, spiccano due produzioni antichissime: la trippa e il salame di trippa, prodotto con parti di stomaco suino. Il salame di trippa nacque dalla necessità di conservare a lungo un prodotto deperibile troppo in fretta. La trippa è considerata uno dei piatti poveri per eccellenza, la difficoltà finanziaria non ha quindi influito sulla domanda di prodotto. «Fortunatamente la crisi non ha intaccato i consumi, anzi, grazie ad un costo contenuto abbiamo visto negli ultimi anni un incremento delle vendite - spiega Paolo Casto, amministratore delegato della Tripa’d Muncalé - sia nel mercato italiano che in quello estero». Un’importante fetta di business per questo settore è rappresentata dalle fiere. «Nel nostro campo l’evento più importante è rappresentato dalla Fiera della trippa di Moncalieri - dichiara Paolo Casto - che si svolge il 5 e il 6 di ottobre e rappresenta l’apertura della stagione di maggior consumo del prodotto, oltre che un momento di aggregazione. Si possono degustare, oltre che la nostra trippa cucinata in pentolone di circa tremila chili, altri prodotti tipici del territorio. La fiera quest’anno è arrivata alla sua quinta edizione, fu ideata da Luca Casto uno dei soci dell’azienda tragicamente mancato nel 2011 in un incidente stradale. Abbiamo voluto continuare ciò che lui aveva iniziato devolvendo gli utili della manifestazione alla fondazione a lui intito-

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Paolo Casto

lata. Organizzarla non è semplice ma è un evento molto atteso, in grado di attirare gli amanti della trippa nonché i curiosi che si fanno conquistare dai profumi di questo piatto prelibato cucinato per molte ore davanti ai loro occhi». Abbiamo chiesto all’amministratore della Tripa’d Muncalé le iniziative previste per la Fiera della Trippa 2013. «In occasione della fiera coinvolgeremo aziende del settore di altre regioni invitandole a proporre la trippa cucinata con ricette tipiche del loro territorio». Qualità, ricerca e lavorazione del prodotto sono parametri fondamentali per l’azienda di Moncalieri. «Abbiamo cercato fornitori presenti sul territorio piemontese, per sfruttare al meglio un’ottima materia prima e al tempo stesso rendere la filiera più veloce e sicura possibile -afferma l’imprenditore piemontese - ci occupiamo noi stessi della lavorazione, del trasporto e dei controlli da parte di enti certificati attraverso analisi chimiche e batteriologiche su tutta la merce che transita nel nostro stabilimento. Solo in questo modo siamo certi di poter comunicare alla nostra clientela qualità e tradizione ricercata nel nostro prodotto e desiderata sulla loro tavola». Anche all’estero, dove il made in Italy e in particolare quello alimentare non tramonta mai, apprezzano la trippa di Moncalieri. «I Paesi dell’est Europa, un po’ per tradizione un po’ per le difficoltà economiche, sono i paesi nei quali la richiesta è più forte e nei quali siamo riusciti a vendere grossi quantitativi di trippa. Dal 2013 con aziende di Hong Kong stiamo avviando importanti trattative per esportare grandi quantità del nostro prodotto nei loro mercati».

Grazie ad un costo contenuto abbiamo registrato negli ultimi anni un incremento delle vendite, sia nel mercato italiano che in quello estero

Come spiegato da Paolo Casto nonostante la recessione l’azienda piemontese ha visto crescere il volume d’affari. «Il fatturato del 2012 è aumentato, segnando un più 20 per cento rispetto all’anno precedente. Nel 2013 siamo riusciti ad ottenere un buon risultato, ovvero essere presenti in quasi tutte le catene dei principali supermercati del territorio». L’amministratore delegato della Tripa’d Muncalé illustra poi uno dei nuovi prodotti, la “trippa pronta”. «Assecondando l’enorme successo dimostratoci nella fiera della Trippa di Moncalieri, abbiamo pensato ad un prodotto finito già pronto da scaldare che potrà sicuramente soddisfare le aspettative delle nuove generazioni, legate ai piatti della tradizione ma senza il tempo di prepararli a causa del frenetico stile di vita». Uno degli obiettivi dell’azienda è quello di far conoscere il salame di trippa, un grosso rotolo fatto di trippa suina, che ha ora un mercato prettamente locale. «È un prodotto che a nostro avviso può avere un gran potenziale e quindi il nostro impegno futuro sarà quello di farlo conoscere a tutta la nostra clientela». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 127


AGROALIMENTARE

Dalle colline del Barbera L’attenzione alla qualità e la scelta di conservare le tradizioni del territorio sono i fattori che definiscono le sfumature di un vino. In Italia, ma anche all’estero. Simone Virgara descrive i vini del Monferrato Renata Gualtieri

l mese di settembre inizia con una buona notizia: secondo un’analisi di Coldiretti - che evidenzia gli effetti di un fine estate pazzo - con una produzione di vino stimata attorno ai 44 milioni di ettolitri l’Italia sorpassa la Francia, che si ferma ad appena 43,5 milioni di ettolitri, e conquista nel 2013 il primato mondiale. Inoltre la vendemmia in Italia si festeggia quest’anno con un brindisi all’aumento del 10 per cento nel valore nelle esportazioni del vino made in Italy che vola verso il record storico di 5 miliardi delle spedizioni all’estero. La Germania si conferma il primo mercato con una crescita del 13 per cento, ma l’export va benissimo anche in Fran-

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Lorenzo e Cinzia Perego, titolari della Cascina La Barbatella Srl di Nizza Monferrato (AT). Nella pagina accanto, Simone Virgara, responsabile commerciale www.labarbatella.com

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cia, 12 per cento, Gran Bretagna, 8 per cento e in Russia, 32 per cento e sui mercati asiatici, 3 per cento. Simone Virgara, responsabile commerciale della Cascina La Barbatella, situata nelle splendide colline dell’alto Monferrato e guidata da Lorenzo Perego e dalla moglie Cinzia, sottolinea però come il settore del vino non stia andando così a gonfie vele come lo si racconta. «Probabilmente abbiamo dei dati generali molto buoni, esportiamo di più, abbiamo aumentato la qualità media e la quantità prodotta. Si deve tener conto che ci sono regioni italiane che hanno iniziato solo da pochi anni a far del buon vino, che entra nella competizione nazionale. Abbiamo sicuramente un mercato in crescita ma con tantissime insidie e la più evidente è che ci si sta spostando troppo all’estero, dimenticandosi dell’Italia che ha grandi potenzialità assieme a gravi problematiche come il ritardo nei pagamenti». La Cascina La Barbatella, nata negli anni 80 dal grande produttore di vino Giacomo Bologna assieme all’amico Angelo Sonvico e all’enologo Giuliano Noé, conosciuto come il padre del Barbera, ha aperto comunque il 2013 in maniera positiva; nei primi 6


Simone Virgara

Un controllo accurato lungo il processo di vinificazione dà ottimi riscontri anche a livello internazionale

mesi infatti, incrementando l’attenzione all’enoteca e al dettaglio, ha registrato un’ottima crescita in Italia soprattutto in Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna. «Stiamo iniziando a lavorare bene anche su città come Firenze e Roma - commenta Simone Virgara ma anche a Milano, dove la concorrenza è spietata, abbiamo iniziato a far conoscere il nostro prodotto, andando a visitare spesso il cliente o aiutando gli agenti a comunicare il vino, e tutto questo fatto anche con una finalità di vendita di 6 bottiglie». L’attenzione alla qualità, la scelta di conservare le tradizioni del territorio - senza snaturare l’acidità del Barbera ma cercando di esaltarla - e un controllo sempre più accurato dalla vendemmia al lavoro in pianta, lungo tutto il processo di vinificazione dà buonissimi riscontri anche a livello internazionale, con vendite anche negli Stati Uniti e in Canada, senza però parlare di quantità elevate. «Sui vitigni attuali – precisa Simone Virgara – produciamo 45 ettolitri di vino per ettaro anche se i disciplinari ce ne consentirebbero il doppio». Al consumatore, che è molto più appassionato di un tempo e dimostra grande interesse a capire e conoscere il mondo del vino, la Cascina La Barbatella offre prodotti che vanno

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dal Barbera d’Asti, che è la base su cui poi è stata costruita la Vigna dell’angelo Barbera d’Asti Superiore Nizza, una delle più grandi espressioni dell’Asti superiore, al Sonvico, ottenuto da vitigni di Barbera e Cabernet Sauvignon. «Questa è stata un’intuizione della precedente gestione che – conclude Simone Virgara – noi manteniamo tuttora ma che all’epoca creò scandalo, non potendo immaginare che impiantando Cabernet Sauvignon in una zona di Barbera potesse venire fuori un vino così elegante. Proprio con questo prodotto nel 2009 abbiamo vinto i 3 bicchieri del Gambero Rosso e nel 2008 abbiamo conquistato una medaglia d’oro internazionale molto importante». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 131


Moscato d’Asti: una storia di famiglia edento Dogliotti negli anni Quaranta, sui bricchi di Castiglione Tinella, una delle migliori zone di questo vitigno, si mise a pigiare e vendere all’industria spumantiera il Moscato d’Asti. Trent’anni dopo, alla professionalità di Redento si è unita la passione del figlio Romano. Nasce così La Caudrina, una scommessa attraverso cui i due Dogliotti volevano rinverdire un passato fatto di convivialità, festa e allegria. Il successo

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fu immediato, il Moscato d’Asti La Caudrina si affermò, e continua a farlo proprio grazie a queste sue garanzie: un vino che nasce nei migliori crus, dall’amore e la professionalità di chi lo produce. Il Moscato d’Asti La Caudrina vanta un impiantamento nel pieno della maturità e grazie anche alle tecnologie che Romano ha voluto nella sua cantina, a cavallo fra modernità e antiche tradizioni, riesce a esprimere il meglio dei suoi pro-


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fumi e sapori. Successo riconosciuto da guide di settore e intenditori: Romano ha infatti ottenuto nel 1999 il premio Can Grande al Vinitaly di Verona, ben 12 Marco Polo a Venezia, 16 Oscar della Duja d’Or ad Asti e da Veronelli, il riconoscimento come miglior vignaiolo del 2007 La sua cantina è tutta impostata sull’ esaltazione e ottimizzazione del Moscato d’Asti. Dopo La Caudrina ecco nascere la Galeisa e, con l’avvento della DOCG nel 1994, nasce la Selvatica con un’ etichetta esclusiva disegnata dal grappaiolo Romano Levi. Dalla vendemmia all’imbottigliamento il vino viene seguito con attenzione, meticolosità e passione. Papà Redento, che aveva seguito e condiviso la determinazione del figlio, cede nel 1997 il testimone a Romano che prosegue il cammino tracciato da papà. Ad affiancarlo un team di assoluta garanzia per il futuro: un gruppo familiare di eccellenza costituito dai figli Alessandro, giovane e preparato enotecnico, Sergio, il braccio dell’azienda e Marco, riflessivo e attento team manager. Su tutti, come da sempre nelle vecchie cascine di Langa, la se-

vera ma giusta padrona, Bruna, moglie di Romano, che è da sempre l’anima della casa. Quattordici anni fa è stata ampliata la produzione acquisendo, in quel di Nizza Monferrato, due appezzamenti sul prestigioso Bricco Cremosina, un colle nato e vocato alla produzione della Barbera d’Asti. Qui nascono La Solista, tradizionale e corposa, e Montevenere Barbera d’Asti Superiore affinata in barrique : due doverosi inchini alle più caratteristiche produzioni dell’Astigiano. Dodici anni fa, infine, in onore di papà Redento, ecco nascere un suadente e accattivante passito di Moscato con il suo nome. La caparbietà, la tenacia e la passione di Romano hanno avuto la loro risposta: oggi il suo vino ha superato i confini dell’Europa ed è conteso dai migliori palati di Giappone, Cina e America. Un giusto riconoscimento per chi ha sempre creduto nella genuinità e nella serietà della sua produzione, espressione di grande esperienza e tradizione ma anche di grande vivacità e capacità evolutiva.

Azienda agricola Caudrina Strada Brosia, 21 - Castigliane Tinella (CN) - Tel. 0141 855126 - vini@caudrina.it - www.caudrina.it


AGROALIMENTARE

Emozioni dal Monferrato L’estero ama sempre di più i vini piemontesi. Germania, Stati Uniti, Scandinavia e Russia stanno apprezzando in percentuale crescente uno dei simboli del made in Italy. Vero veicolo di emozioni. Ne parliamo con Sabine Ehrmann Nicoletta Bucciarelli

econdo l’Assoenologi, le previsioni per la vendemmia 2013 sono molto positive. Rispetto agli scarsi raccolti del 2012 si prevedono aumenti fino al 5 per cento in Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Lazio e Umbria. Per quanto riguarda la situazione del Piemonte, afferma Assoenologi, «la vendemmia sembra partita in ritardo rispetto al 2012 di circa dieci giorni, ma sicuramente in linea rispetto a un’annata normale». Dato certo è che la qualità dei vini piemontesi si preannuncia ottima. Se i dati definitivi nazionali, che usciranno solo a ottobre, confermeranno questa tendenza positiva, l’Italia con la vendemmia 2013 - sostiene la Coldiretti – ri-

S La Tenaglia si trova a Serralunga di Crea (AL) www.latenaglia.com

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sulterebbe il secondo produttore mondiale di vino dopo la Francia. Vini invidiati e richiesti da tutto il mondo. Il vino made in Italy è infatti uno dei prodotti più ricercati all’estero. Molto amati all’estero sembrerebbero proprio i vini piemontesi afferma Coldiretti; Germania, Russia, Australia sono i paesi che più amano il buon bere piemontese. Negli Stati Uniti, il vino preferito è il Barolo, così in Inghilterra, mentre in Russia il grande rosso si accompagna nelle preferenze dei consumatori all’Asti e al Moscato d’Asti. «L’estero ama l’Italia – spiega Sabine Ehrmann, titolare dell’azienda vinicola La Tenaglia - ama il feeling che s’instaura con questo paese, un feeling dato dalla cultura italiana in cui il vino occupa un posto centrale». Anche Sabine Ehrmann si è innamorata di questa cultura e nel 2001 ha deciso di acquistare la storica tenuta La Tenaglia. Una proprietà del XVII sulle colline del Monferrato, tra Asti e Casale, in una posizione privilegiata a 450 metri sul livello del mare, ai margini del parco naturale del Santuario di Crea. «Abbiamo voluto mantenere salde le radici territoriali attraverso professionalità e know how tutto italiano, coronando il sogno di produrre vini di alta qualità». Una gestione giovane che ha


Sabine Ehrmann

❝ fatto già registrare ottimi risultati. «L’azienda è stata comprata nel 2001 pertanto siamo ancora in crescita. Gli investimenti sono continui e in modo particolare intendiamo aumentare la vendita diretta. Io considero il vino un prodotto vivo che nasce dalle emozioni e noi vogliamo trasmettere queste emozioni vendendo direttamente il prodotto qui in azienda. Una sorta di marketing emozionale che ha dato i suoi frutti in quanto negli ultimi tre anni siamo riusciti a raddoppiare il fatturato proprio grazie alla vendita diretta che ci permette di comunicare con il cliente. Organizziamo visite alla cantina e offriamo degustazioni accompagnate da una serie di eventi culturali atti a veicolare ciò che per noi il vino rappresenta, ovvero emozione». Oltre alla vendita diretta l’azienda ha un mercato estero su cui intende puntare sempre di più. «Essendo tedeschi stiamo esportando soprattutto in Germania e Svizzera. Puntiamo molto anche sull’America, un mercato che ci auguriamo ci dia soddisfazioni. Siamo inoltre presenti in Scandinavia e Olanda. Paesi in cui abbiamo riscontri positivi. Nel nostro settore infatti la situazione in Italia si dimostra più statica; questo a causa della crisi ma anche per la

L’estero ama l’Italia, ama il feeling che s’instaura con questo paese, un feeling dato dalla cultura italiana in cui il vino occupa un posto centrale

grande concorrenza. In Piemonte ci sono molti viticoltori che producono ottimo vino. Per questo puntiamo soprattutto all’estero». Tre sono i vini di punta dell’azienda. «Tra essi spicca “Emozioni”, un Doc Berbera Asti che proviene dal vigneto più antico. Un anno in barrique che conferisce sentori di frutti di bosco. Abbiamo poi “1930, una buona annata” un Barbera del Monferrato dedicato a mio padre. 2500 bottiglie, una produzione ridotta e di qualità. Un altro vino importante è Il Grignolino del Monferrato, una mia sfida personale. Si tratta infatti di un vino poco conosciuto ma che meriterebbe di essere apprezzato maggiormente per le sue grandi qualità. Un vino che quest’anno ci ha permesso di vincere il Marengo d’oro. Con il “1930” abbiamo invece conquistato la Douja d’Or». Tra le prospettive future, l’azienda intende incrementare il mercato americano e tedesco. «In Germania in particolare – conclude Sabine Ehrmann - abbiamo iniziato un ottimo lavoro grazie alla fiera del vino di Düsseldorf».

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AGROALIMENTARE

Il bianco ambasciatore del made in Italy l vino sta vivendo un ottimo momento. Possiamo considerarlo l’ambasciatore dell’agroalimentare made in Italy nel mondo. È oramai un settore che vale 5 miliardi di euro di export e che dà lavoro a più di 1.300.000 addetti. È uno dei comparti portanti delle esportazioni e la prima voce dell’export agroalimentare. In questo quadro il Gavi occupa un posto di rilievo sia per la storia che traghetta con sé, sia per le qualità che esprime». A presentarci la situazione del mercato enologico è Gian Piero Broglia, presidente del Consorzio Tutela del Gavi. Un bianco Docg noto e apprezzato sia in Italia che a livello internazionale, prodotto in purezza dal vitigno Cortese. «Questo vino ha sempre avuto un grande fascino anche a livello internazionale. Già a partire dal XVII secolo se ne attesta la sua esportazione

«I Nella pagina accanto Gian Piero Broglia, presidente del Consorzio Tutela del Gavi (AL) www.consorziogavi.com

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Veicolo di storia e di tradizione enogastronomica, il Gavi può diventare ambasciatore dell’agroalimentare made in Italy nel mondo. Ne parliamo con Gian Piero Broglia, presidente del Consorzio Tutela del Gavi Nicoletta Bucciarelli

e all’ultimo G20 di San Pietroburgo è stato l’unico vino italiano a essere presente in tavola». Con un trend di crescita del 10 per cento su base annua, il Gavi marcia verso il traguardo delle 12 milioni di bottiglie per il 2013. A sostegno della qualità e del successo di questo grande vino opera, dal 1993, il Consorzio di Tutela del Gavi, che festeggia quest’anno i vent’anni di attività. «La tutela del vino è nata dall’idea di proteggere


Gian Piero Broglia

Quella 2013 è una vendemmia dal “sapore antico” da cui ci aspettiamo grandi cose in termini qualitativi e quantitativi

e far conoscere questo bianco piemontese che è veicolo di storia, cultura e arte italiana. La zona di Gavi è da sempre un crocevia tra Piemonte e Liguria, un luogo di passaggio e di scambi merceologici e culturali. Un territorio che trasuda storia, opere d’arte, esempi di architettura antichissima e moderna, patrimonio di tradizione ed eccellenze enogastronomiche. È un vino che si lega alla cucina mediterranea e all’aristocrazia dei conti genovesi che soggiornavano nella zona. Fu infatti l’aristocrazia ligure a eleggere il vitigno Cortese a bacca di corte e a diffonderne la coltura specializzata. La tradizione gastronomica tipicamente ligure, fatta di una cucina mediterranea semplice, ricca soprattutto di pesce e verdure, ha contribuito allo sviluppo del Cortese, di cui si è creata la domanda a dispetto dei più diffusi vini piemontesi, per lo più rossi e corposi». Un bianco dal colore giallo paglierino e dal profumo elegante e delicato con sentori di frutta fresca e fiori bianchi, note di agrume e mandorle amare, che si arricchisce con l’invecchiamento di profumi minerali e complessità. «Il Gavi - specifica il presidente Broglia è uno dei pochi bianchi italiani in grado di invecchiare anche 5 anni». Per quanto riguarda la vendemmia 2013, ci si aspettano grandi cose da questo vitigno. «Nel 2013 abbiamo avuto una fioritura tardiva dato

che la primavera ha fatto registrare temperature piuttosto fredde. Abbiamo poi avuto un’estate caratterizzata da temperature regolari e questo ci fa pensare a un’ottima vendemmia, sia in termini qualitativi che quantitativi. È una vendemmia dal sapore antico; negli anni settanta infatti la vendemmia iniziava sempre l’ultima settimana di settembre e il 2013 sarà caratterizzato dallo stesso andamento; siamo tornati alla tradizione». Il Gavi sta avendo un successo crescente sia sul mercato italiano che estero. «Stiamo risentendo molto dell’andamento positivo sui mercati internazionali. Le previsioni sono ancora più ottimistiche perché la produzione del vino nel mondo è inferiore alla domanda. La qualità italiana ha raggiunto uno standard molto elevato e il Gavi è presente in tutti i mercati che contano come ambasciatore della cultura, dello stile e delle qualità italiana». Quello che auspica il presidente Broglia è una maggiore “aggressività” dei vini italiani sui mercati esteri. «Dobbiamo seguire l’esempio francese e osare di più, puntando alla fascia premium. Non dobbiamo pensare ai volumi ma riuscire a rendere il vino il veicolo della storia, della cultura e del territorio. Dobbiamo aumentare la marginalità del prodotto ed essere più presenti nella fascia della ristorazione italiana di qualità, già forte in tutto il mondo». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 139


L’altitudine fa il vino buono er i tedeschi si tratta dell’Eiswein, per i francesi del Vin de glace e per gli italiani del Vino del ghiaccio. Un nome che rende l'idea di questo prodotto realizzato in Val d'Aosta, dove a Morgex, località situata a 1200 metri di altitudine, ai piedi del monte Bianco, si trovano i vigneti più alti d'Europa. Distese di filari su vari terrazzamenti ricoperti da neve rendono questo piccolo luogo produttivo estremamente particolare. Le aziende agricole situate in località dalle condizioni climatiche così estreme hanno dovuto adattarsi e dall’ingegno è nato un ottimo vino proprio dove nessuno avrebbe pensato di coltivare qualcosa. «L’ice wine – racconta Mauro Jaccod della Cave Du Vin Blanc De Morgex et de la Salle - è uno dei vini che produciamo che racchiude più peculiarità. Si tratta di un vino realizzato dalla vendemmia di dicembre, quindi con acini gelati. Un vino complesso, pieno di aromi di montagna, un vino dolce ma ampio nel sa-

P

Cave Du Vin Blanc De Morgex et de la Salle si trova a Morgex (AO) www.caveduvinblanc.com

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La Val D’Aosta possiede i vitigni più alti d’Europa. Qui da secoli si realizza un vino che racchiude tutte le caratteristiche del terroir montano. Ne parliamo con Mauro Jaccod della Cave Du Vin Blanc Nicoletta Bucciarelli

pore. Una dolcezza che non stanca, a differenza di altri passiti». Alla Cave Du Vin Blanc De Morgex et de la Salle sono riusciti infatti a rendere l’altitudine dei luoghi un vantaggio per la produzione del vino. «La coltura della vite qui raggiunge ben 1200 m. di altitudine. La zona di coltivazione si estende nei territori, lungo la sinistra orografica della Dora Baltea, dei comuni di Morgex e La Salle, ai piedi dei ghiacciai del Monte Bianco. Il vitigno da noi coltivato è una specie a bacca bianca completamente autoctona. Il Blanc de Morgex et de La Salle è


Mauro Jaccod

Salendo di altitudine, è possibile realizzare un vino di qualità, dal sapore ancora più particolare

prodotto utilizzando esclusivamente il vitigno Prié Blanc biotipo Blanc de Morgex. Si tratta di un vitigno autoctono e antichissimo, selezionato attraverso i secoli dagli antichi abitanti della Valdigne per le particolari caratteristiche di adattamento alle condizioni climatiche locali». Il risultato? Un bianco dal sapore unico. «L’unicità è data ovviamente dalla quota in cui è prodotto. Coltiviamo l’unica varietà a bacca bianca autoctona della Val D’Aosta, una varietà non innestata e con una buona spinta vegetativa. Una pergola alta un metro e mezzo che usufruisce del calore dato dal terreno, che fa scongiurare le gelate ancora presenti in primavera. Questo vitigno ha infatti un periodo vegetativo molto corto perché germoglia tardi e matura prima, in questo modo sfugge maggiormente alle gelate». Vinificando in quota si riesce a mantenere la naturalità del prodotto. «Per uno dei nostri spumanti inoltre, il Cuvée des Guides, abbiamo deciso di completare il processo di vinificazione ancora più in alto, a 2590 metri. Il vino viene trasportato in elicottero in una sorta di cantina sperimentale, il rifugio Monzino; qui avviene la presa di spuma. La realizzazione della cantina (tra le più alte al mondo) è possibile grazie a un accordo tra Cave du Vin Blanc e Società delle Guide di Courmayeur. Una scommessa che ci ha fatto capire che salendo di altitudine, è comunque possibile realizzare un vino di qualità dal sa-

❞ pore ancora più particolare. Il restante vino, 4 tipologie di bianco e 4 spumanti, viene prodotto in cantina». Tra i vini di punta, oltre quello prodotto a 2590 metri, c’è un affinamento di 28 mesi dei metodi classici. «I nostri vini rispecchiano e racchiudono il terroir. Producendo un numero contenuto di bottiglie riusciamo anche a portare avanti più mercati contemporaneamente, mercati dove il nostro vino viene molto apprezzato». Il 70 per cento del vino dell’azienda trova collocazione nel mercato regionale. «Questo ultimamente ci ha un po’ penalizzato in quanto la nostra regione è prettamente legata al turismo; essendo calato il turismo abbiamo visto diminuire anche il nostro mercato di riferimento. La restante percentuale del vino è divisa invece tra Italia ed estero, mercati dove abbiamo in progetto di essere ancora più presenti in maniera capillare. Stiamo iniziando a lavorare in Russia, e a espanderci in Cina. In America invece – conclude Jaccod - siamo già presenti da anni, soprattutto nel New Jersey, ma abbiamo prospettive di crescita maggiori». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 143


L’INDOTTO DEL GUSTO

Il sughero, primo custode di un buon vino Le moderne tecnologie di purificazione del sughero sono fondamentali per mantenere inalterate le qualità organolettiche dei vini italiani. Jacopo e Beatrice Araldo illustrano questi sistemi innovativi Paolo Biondi

Belbo Sugheri ha sede a Calamandrana (AT) www.belbosugheri.it

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innovazione nel settore vinicolo passa anche dalla progettazione di particolari tappi di sughero tecnologici. Grazie allo sviluppo delle vendite del suo innovativo tappo tecnico, negli ultimi 3 anni la Belbo Sugheri, parte del gruppo Paolo Araldo Srl, ha mantenuto un trend positivo del + 10/15 per cento annuo che si conta di mantenere anche per il 2014 con il raggiungimento di 220 Milioni di tappi venduti in Italia da parte del gruppo. «Tra il 2011 e il 2012 – spiega Jacopo Araldo, titolare della Belbo Sugheri - abbiamo registrato un incremento del 20 per cento nelle vendite. Nel primo semestre 2013 un ulteriore + 15 per cento sia in termini di fatturato che in termini di numero di pezzi venduti». Per essere parte attiva in tutte le fasi della filiera del sughero, dalla decortica delle querce al tappo timbrato, l’azienda astigiana è presente anche in Sardegna con una partecipazione in un’azienda locale che vanta una lunga tradizione nella lavorazione del sughero e che consente alla Belbo Sughero una tracciabilità completa, controllata e garantita. «Su questo fronte abbiamo conseguito importanti risultati, - sottolinea Beatrice Araldo, titolare dell’azienda e quello che ci gratifica di più è essere presenti in tutte le maggiori aziende vinicole italiane che esportano in tutto il mondo». L’export è infatti uno dei fronti più produttivi attualmente nel settore vinicolo del nostro paese. «Se guardiamo il quadro generale – afferma Jacopo Araldo - notiamo che le vendite del settore vinicolo non hanno subito contrazioni per quanto riguarda l’export, anzi al contrario vi è stato un incremento. Le contrazioni sono state invece avvertite per quanto riguarda

L’


Jacopo e Beatrice Araldo

Nei nostri laboratori avviene un controllo accurato di tutte le partite di tappi in sughero

le vendite interne al mercato nazionale». I clienti della Belbo Sugheri sono soprattutto aziende vinicole italiane che sono presenti in tutto il mondo con il loro prodotto. L’azienda vanta inoltre una consolidata partnership con la Diam Bouchage per la quale esegue la finitura dei tappi tecnici Diam e Mytik Diam, destinati al mercato italiano, secondo rigide procedure di capitolato imposte dall’azienda francese. Inventrice del procedimento Diamant di purificazione del sughero dal Tca, e da altre 150 molecole responsabili di gusto anomali del sughero, la Diam Bouchage, secondo sugherificio al mondo, ha sviluppato la gamma di tappi Diam che alla neutralità organolettica uniscono altre caratteristiche uniche di controllo della permeabilità e proprietà meccaniche che li rendono un vero strumento enologico riconosciuto e apprezzato a livello mondiale. Una tecnologia all’avanguardia che viene perfezionata nell’azienda astigiana grazie a controlli accurati e una particolare attenzione alla qualità del prodotto: «Certificata Iso 90001 2000 e Hccp, - spiega Beatrice Araldo - la no-

stra azienda si avvale del proprio laboratorio interno nonché del supporto di importanti laboratori esterni per il controllo accurato di tutte le partite di tappi in sughero al fine di garantire al cliente finale la massima qualità del prodotto fornito. Inoltre per quanto riguarda l’innovazione l’azienda è in continua evoluzione in termini di macchinari di timbratura e lavorazione dei tappi e dispone di dispositivi di ultima generazione». Nel suo processo di produzione la Belbo Sugheri è molto attenta al risparmio energetico e alla tutela ambientale: «La fonte di energia che ci occorre per la produzione - sottolinea Beatrice Araldo - viene da impianto fotovoltaico, una scelta che abbiamo adottato nel rispetto dell’ambiente e di un minor consumo energetico». E proprio sul fotovoltaico sono incentrati i prossimi investimenti: «Per il futuro – conclude il titolare - intendiamo raddoppiare l’energia prodotta dall’impianto fotovoltaico e pertanto raddoppiare la superficie di copertura rispetto a quella attuale. Puntiamo inoltre a incrementare le vendite ancora di un 25 per cento rispetto al business di oggi». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 147


I LUOGHI DEL GUSTO

Il gusto artigianale Il settore del gelato artigianale ha fatto registrare una continua crescita negli ultimi dieci anni. L’offerta continua a rinnovarsi grazie alla creatività dei nostri gelatieri. «La vera differenza sta nella nostra attenzione alla qualità» Remo Monreale

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embra immune dalla recessione ed è certamente una delle principali espressioni del made in Italy. Il gelato artigianale continua a conquistare tutti, nonostante la forte flessione che negli ultimi anni si è registrata nell’intero settore alimentare: nel 2013 anzi è cresciuto ancora di un punto percentuale. I numeri, insomma, confermano che l’offerta ha saputo innalzare il livello qualitativo e differenziare le proposte, senza incidere sui prezzi. In linea con le cifre è anche la testimonianza di Claudia Carini, la cui “Arte del Gelato”, nel centro storico di Orta San Giulio (NO), unisce il gelato a un altro aspetto importante della nostra economia come il turismo. Ed è presa d’assalto durante l’estate. «Noi continuiamo a lavorare senza cali – dice Carini –. Bisogna ammettere che la bellezza del posto in cui ci troviamo ci aiuta molto, basta calcolare il grande turismo che attira da tutta Europa nei mesi più caldi dell’anno, specialmente da Francia, Germania e Svizzera. Ma, ovviamente, non puoi vivere di sola rendita e il nostro impegno non è da sottovalutare». Orta è un piccolo paese sul lago omonimo, la cui parte storica mantiene ancora l’antica struttura architettonica medievale. “Arte del Gelato” si trova nel centro, davanti alle scuole elementari e medie. «I nostri migliori clienti – confessa Carini – sono proprio i bambini, che sono molto critici. A volte ci è anche capitato di seguire qualche loro spunto, integrandoli con idee nostre. Tutto sommato si può dire che i consiglieri più utili sono proprio i nostri clienti». Sicuramente, però, non basta la cornice a rendere buono il prodotto della Carini. «La mia fortuna – spiega – è stato incontrare il maestro che mi ha insegnato quello che

S


Claudia Carini

I nostri migliori clienti sono proprio i bambini, che sono molto critici. A volte ci è capitato di seguire qualche loro spunto

adesso so. Infatti, nonostante i tanti corsi di aggiornamento e perfezionamento, l’impronta della mia formazione rimane la stessa di undici anni fa, quando ho cominciato. Un altro aspetto decisivo, a mio avviso, è la qualità degli ingredienti che si usano. Il nostro, infatti, è un prodotto in cui mettiamo tutta la nostra attenzione in questo senso: usiamo solo frutta fresca, panna fresca per un risultato il più naturale possibile. Per questo ci rivolgiamo solo ad alcuni fornitori di nostra fiducia. Per esempio, la nostra nocciola deriva da una piccola azienda nelle langhe che la produce e ce la consegna pronta per essere lavorata e farne gelato. Stesso discorso per i pistacchi: solo di Bronte». Tradizione a parte, la creatività del gelatiere italiano è uno dei principali fattori che

hanno determinato la vittoria nella sfida lanciata dal prodotto industriale, determinato a soppiantare l’artigianale come in tutti gli altri paesi europei. «Cioccolato con peperoncino e cannella è un gusto che abbiamo ideato – ricorda Carini – e ha riscosso un certo successo tra i clienti. Il tiramisù è un altro esempio di come lavoriamo: lo prepariamo proprio come il dolce che si fa in casa, con tanto di savoiardi inzuppati nel caffè, l’unica differenza è che il nostro risulta un semifreddo. In questo periodo, poi, data la stagione, riusciamo a fare anche il gelato al fico, un altro gusto più che apprezzato». L’unica vera difficoltà, se davvero si può definire così, sta nella mole di lavoro durante l’estate. «Ma tolta quella – conclude Carini – non abbiamo mai avuto grandi problemi: il gelato è uno di quei piaceri che ci si concede comunque».

“Arte del Gelato” si trova a Orta San Giulio (NO) al.ice2002@alice.it

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QUALITÀ DELL’ARIA

Torino grigio fumo Industrie, smog, emissioni casalinghe, agricoltura. Se prese tutte insieme, le fonti di emissione di inquinanti sono difficilmente arginabili. Arpa le monitora e, intanto, educa i cittadini a fare la loro parte Teresa Bellemo

I

Angelo Robotto, direttore di Arpa Piemonte

n un territorio pianeggiante, ricco di infrastrutture e tessuto industriale l’inquinamento atmosferico non può che essere un problema annoso. E il Rapporto sullo stato dell’ambiente in Piemonte conferma anche per il 2012 le tendenze degli ultimi anni: da una parte una situazione stabile per monossido di carbonio, biossido di zolfo, metalli e benzene, con livelli che si mantengono sotto i limiti previsti dalla normativa, dall’altra la criticità per biossido di azoto, ozono e Pm10. Una criticità che in particolare per il Pm10 vede negli ultimi anni un quadro di sostanziale stabilità o leggero miglioramento, anche se sopra i limiti di legge. Nel 2012, infatti, il particolato ha superato la soglia dei 35 superamenti all’anno in tutte le province piemontesi, tranne Verbania. Ma non tutti i componenti hanno la stessa pericolosità e destano le stesse preoccupazioni. Ad esempio, nel 2012 il benzo(a)pirene, che appartiene alla classe degli idrocarburi policiclici aromatici, pre-

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sente nel Pm10, non ha evidenziato superamenti del valore obiettivo. Un dato confortante secondo Angelo Robotto, direttore di Arpa Piemonte, che vuole sottolineare anche l’importanza delle buone prassi che ogni cittadino dovrebbe mettere in atto: «Ridurre l’uso dell’auto e preferirne una alimentata a metano, gpl o ancor meglio elettrica. Rispettare la soglia dei 20 gradi nelle abitazioni, consapevoli che un grado in più significa aumentare i consumi di circa il 7 per cento. È utile a tutti diventare cittadini più consapevoli, contribuendo ognuno per la sua parte alla nostra salute, al nostro benessere e alla salvaguardia del nostro pianeta». Quali sono i punti di maggiore criticità? «In generale le aree urbane collocate nelle zone di pianura rappresentano le maggiori criticità, con alcune specificità a seconda dell’inquinante e dell’orizzonte temporale considerato. Situazioni critiche possono presentarsi sul territorio in relazione sia alla prossimità


Angelo Robotto

Spesso non si considerano le emissioni agricole di ammoniaca derivanti dai fertilizzanti azotati, fortemente inquinanti

di importanti sorgenti emissive, sia a particolari e perduranti condizioni di stabilità meteorologica, con scarsa capacità dell'atmosfera di disperdere gli inquinanti». Per ogni inquinante quali sono le zone più a rischio? «Negli ultimi anni, per quanto riguarda il particolato Pm10, la valutazione della qualità dell’aria mostra un quadro non univoco. Infatti, il valore limite relativo alla concentrazione media giornaliera (50 ug/m3) nel 2012 è stato superato per più del limite imposto dalla legislazione nazionale e comunitaria di 35 giorni all’anno sulla quasi totalità delle zone pianeggianti della regione, mentre il valore limite per la protezione della salute umana relativo alla concentrazione media annuale (fissato dalla vigente normativa in 40 ug/m3) è quasi ovunque rispettato, a esclusione dell’area metropolitana torinese. Per il biossido di azoto situazioni di criticità si osservano, solamente in relazione alla concentrazione media annuale, nell’area metropolitana tori-

nese e, in misura minore, in alcuni centri urbani del novarese e in prossimità dei principali assi autostradali. Differente è la situazione per l’ozono, tipico inquinante secondario, i cui livelli di concentrazione risultano superiori a quanto fissato dalla normativa su tutto il territorio regionale». Volendo fare una scala di pericolosità tra smog ed emissioni industriali? «I composti tossici e cancerogeni responsabili degli effetti sulla salute, rispettivamente a breve e lungo termine, derivano dai processi di combustione e gli studi epidemiologici hanno evidenziato che il particolato fine e ultrafine è il maggiore responsabile dei rischi per la salute. Rischi che si suddividono in immediati o effetti a breve termine, che vanno dalle 24 alle 27 ore, o effetti a lungo termine detti anche cronici, legati all’esposizione per decenni ai cancerogeni e che determinano l’aumento di rischio per patologie cardiovascolari, respiratorie e tumori. Le emissioni industriali legate a processi di combustione hanno PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 155


QUALITÀ DELL’ARIA

effetti sulla salute limitati per

lo più alle aree di vicinanza delle fonti emissive, mentre le emissioni da traffico veicolare coinvolgono un numero maggiore di popolazione. Un discorso a parte merita l’ozono, i cui effetti sulla salute non sono legati direttamente né alle emissioni veicolari, né a quelle industriali, ma a processi di formazione secondari legati alla luce solare e alle alte temperature, tipiche della stagione estiva, di sostanze “precursori dell’ozono”, inquinanti e non, come ad esempio gli ossidi d’azoto e i composti organici volatili». Come prevenire gli effetti sulla nostra salute? «Secondo i suggerimenti dei sanitari, limitando l’esposizione all’aperto, ci si protegge dagli effetti a breve termine da parte dell’ozono e si riducono anche quelli da particolato. In pratica, andrebbe evitata l’attività fisica intensa in punti particolarmente inquinati, in vicinanza delle strade ad alto traffico, ad esempio e nelle aree più inquinate andrebbe privilegiata la permanenza in locali chiusi, preferibilmente climatizzati. Anche l’assunzione di alimenti con alte percentuali di antiossidanti, contenuti ad esempio nella frutta, nella verdura colorata tipo pomodori, peperoni o nel the verde, limita una parte degli effetti ossidanti dei composti tossici contenuti nelle polveri

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respirate, proteggendo in parte dagli effetti degli inquinanti sulla salute». Oltre alle condizioni meteorologiche, quali i fattori che possono modificare le concentrazioni di elementi nocivi nell’aria? «A parità di condizioni meteorologiche le concentrazioni dei diversi inquinanti sono correlate alla quantità e tipologia dei composti emessi nell’aria dalle sorgenti emissive, quali impianti industriali, centrali termoelettriche, riscaldamento domestico, trasporti stradali e autostradali, agricoltura e zootecnia, ma anche le sorgenti biogeniche come le foreste di conifere e di latifoglie. Spesso non si considera che le emissioni di ammo-

niaca derivanti in agricoltura dall’utilizzo dei fertilizzanti azotati contribuiscono alla formazione del particolato secondario a seguito dei processi fotochimici che avvengono in atmosfera. Arpa Piemonte, in attuazione delle linee programmatiche della Regione, realizza tutte le misure possibili per contribuire a valutare e a contenere le emissioni nei vari ambiti sopra citati anche in virtù delle azioni di controlli che già effettua. Anche la situazione orografica è in grado di influenzare indirettamente la capacità di dispersione degli inquinanti, perché può modificare localmente le condizioni meteorologiche come, per esempio, la direzione e la velocità del vento».



ENERGIA

Tecnologia Led, efficienza e risparmio Una percentuale notevole di consumo di energia elettrica è destinato all’illuminazione. Per questo, molte aziende italiane implementano tecnologie Led con cui ridurre i consumi, favorendo l’efficienza energetica. Ne parla Daniele Cairo Leonardo Testi

illuminazione pubblica così come un oggetto di design. Una stanza da bagno, un ufficio, una scuola così come un locale alla moda. Sono tutti possibili campi di applicazione della tecnologia Led, a oggi considerata una delle sorgenti luminose più promettenti per il prossimo futuro. Sono molte le variabili che fanno propendere verso questa nuova tecnologia in grande sviluppo: il peso e le dimensioni dei Led, la loro resistenza agli urti, l’insensibilità a umidità e vibrazioni, la bassa potenza richiesta, la lunga durata di vita, valori come sicurezza e flessibilità. Ma la parola magica risiede in un altro concetto: risparmio energetico. A parità di potenza assorbita, infatti, il Led produce un flusso luminoso di circa cinque volte superiore a quello delle lampade a incandescenza e alogene. Oggi, temi come il risparmio e l’efficienza

L’

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energetica sono chiavi di volta per la sostenibilità e la tutela dell’ambiente, ma diventano centrali anche sotto il profilo economico, in uno scenario ancora fortemente segnato dalla crisi.

A investire su questa forma di energia pulita è anche il giovane imprenditore Daniele Cairo, fondatore di Cairo Energy Consulting, un’energy service company che nell’ambito del mercato delle fonti rin-


Daniele Cairo

Daniele Cairo, fondatore e amministratore di Cairo Energy Consulting con sede ad Alessandria amministrazione@cairoenergyconsulting.it www.cairoenergyconsulting.it

novabili ha puntato sulla tecnologia Led, creando anche una nuova linea di prodotti: la Cairo Lighting. «Lavoriamo prevalentemente con imprese edili, enti pubblici e studi di professionisti – ha spiegato Daniele Cairo – che vedono nell’efficienza energetica e nelle fonti rinnovabili un’opportunità di investimento per ridurre i costi dell’energia in ogni suo ambito e beneficiare di un rapido ritorno nell’investimento, che si traduce in un vantaggio economico nel breve-medio periodo». Il con-

testo resta ancora critico, specialmente per una start up, anche se Cairo Energy Consulting ha giù sul tavolo significativi progetti per uno sviluppo a tutto tondo, anche sul versante internazionale, che del resti individua un orizzonte inevitabile considerando l’immobilismo del mercato interno. Quali prospettive ritiene più promettenti per quanto riguarda le energie pulite e il risparmio energetico? «La nostra azienda si occupa principalmente di illuminazione Led, un settore sul quale abbiamo investito molto. L’illuminazione Led consente di ottenere risparmi notevoli, quasi il 60 per cento sulla bolletta, e presenta tempi di ammortizzamento piuttosto brevi, senza contare i vantaggi a livello di tutela ambientale». Su quali aspetti vi siete concentrati? «Abbiamo investito a livello comunicativo sulla promozione dell’efficienza energetica

tramite il Led. L’azienda parteciperà ad alcune fiere, tra cui il Made Expo che si terrà a ottobre a Milano. Da segnalare anche la presenza al Cersaie di Bologna, perché con l’illuminazione Led abbiamo studiato una linea di prodotti di arredo bagno che uniscono design ed efficienza energetica. L’impegno promozionale prosegue, inoltre, con la presenza sulle principali testate del settore. Quando sarà terminata la ❯❯

La direzione da seguire sembra quella di proporre sistemi per l’autoconsumo fino al raggiungimento della totale autonomia

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ENERGIA

❯❯ nuova sede, a novembre, prov- dotti e delle loro prestazioni. sulla nostra struttura per rilanvederemo poi a organizzare corsi e convegni nei quali inviteremo i cittadini a scoprire la funzionalità dei nostri prodotti. Cercheremo, infine, il dialogo diretto con il nostro target di clientela, con gli utenti finali, basandoci sulle nostre leve competitive, innanzitutto le caratteristiche tecniche molto elevate dei nostri prodotti rispetto a quelli della concorrenza». Nello specifico, quali sono i fattori che vi contraddistinguono sul mercato? «La qualità e l’efficienza, sia sul fronte del servizio, dell’assistenza e della vendita sia sotto il profilo della qualità dei pro-

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Con l’azienda con cui collaboriamo per la produzione, abbiamo lavorato a fondo per garantire una qualità maggiore rispetto ai nostri competitor». Quali sono i piani di sviluppo che interesseranno Cairo Energy Consulting? «Ci troviamo in una situazione di stallo, anche a causa del prorogarsi di una serie di politiche economiche negative, dei ritardi nei pagamenti da parte della Pubblica amministrazione e dalle difficoltà tangibili di accesso al credito. Stiamo però portando avanti alcuni progetti a lungo termine per l’illuminazione pubblica e privata. Stiamo soprattutto investendo

ciare l’attività nel settore. Il nostro è un team di lavoro composto da giovani, per questo vogliamo essere ottimisti sul miglioramento dello scenario attuale nel prossimo futuro». Che tipo di investimenti state realizzando? «Stiamo aprendo una nuova sede operativa ad Alessandria immersa nel pieno centro e nel rispetto dell’ambiente, disposta su quattro piani, che coprirà un’area totale di 800 mq. Stiamo, inoltre, pensando a un progetto sul fronte dell’internazionalizzazione che ci consenta eventualmente l’apertura sui mercati internazionali». Fin dove si estende il vostro raggio d’azione allo stato attuale? «Fino ad oggi ci siamo spostati su tutto il territorio nazionale, isole comprese. Ora è allo studio questa possibilità con l’illuminazione Led; analizzeremo la situazione per capire se vi saranno le condizioni economiche per compiere il grande salto e affrontare il mercato estero». Con quali strategie si punta ad aggredire i mercati oltre confine? «Partecipando a incontri B2B, spesso organizzati da Federlegno, alla quale siamo associati, che permettono l’incontro con professionisti e architetti, e ad eventuali fiere inter-


Daniele Cairo

UNA STARTUP ata a ottobre 2012 con sede ad Alessandria, la Cairo Energy Consulting S.r.l.s. si occupa di fornire soluzioni e consulenza in materia di energie alternative e risparmio energetico. Nonostante sia di recente costituzione, la società vanta come esperienza numerosi impianti installati nelle regioni del Piemonte e Valle d’Aosta, studiati e realizzati dal suo fondatore e amministratore Daniele Cairo. La Cairo Energy Consulting S.r.l.s. è specializzata soprattutto nella progettazione, installazione, commercializzazione e consulenza su illuminazione a led, impianti elettrici (domotica e software per gestine degli spazi), impianti termoidraulici, solare termico, impianti di climatizzazione, isolamento termico, progettazione, installazione, consulenza, design, certificazioni energetiche. Tramite una struttura giovane e snella, efficiente e qualificata, la Cairo Energy Consulting fa degli standard di qualità e sicurezza e dell’ottimo rapporto qualitàprezzo due leve di competitività sul mercato.

N

nazionali che costituiscono occasioni utili per l’azienda per farsi conoscere dagli interlocutori stranieri». Servono molte risorse per partecipare a questi appuntamenti fieristici? «È una spesa importante, ma con un progetto di rete d’impresa che coinvolge produttore e responsabili di vendita, si possono affrontare meglio i costi che vengono così distribuiti, creando maggior profitto all’interno del network. Una delle iniziative in ballo è proprio quella di formare una rete di impresa, promossa dalla stessa Cairo Energy Consulting, tra aziende – produttrici e non solo – dei settori dell’arredo bagno e dell’efficienza energetica. I presupposti sono buoni, occorrerà senz’altro trovare un accordo sulle esigenze dei diversi soggetti coinvolti, affinché non vi sia concorrenza reciproca ma un rapporto di vicendevole supporto».

Dopo il boom delle energie rinnovabili che si è registrato in Italia negli anni scorsi, ora il settore sta vivendo una fase di evidente rallentamento. Quali sono, secondo lei, le motivazioni che spiegano questa tendenza? «A incidere fortemente è stato il costante aumento della burocrazia nel settore, con l’introduzione di alcuni paletti nella tipologia di pannelli da utilizzare, e la progressiva riduzione degli incentivi. Dopo aver offerto il 60 per cento di contributo sull’impianto, innescando così il boom, la Gse (Gestione servizi energetici) è passata a diminuire la quota al 50 per cento nel biennio 2009-2010 per arrivare a dimezzare l’incentivo di contributo nel 2011. Le fonti rinnovabili, in particolare il fotovoltaico, si trovano, quindi, a dover affrontare una difficile fase post-incentivi per

l’assenza di risorse statali. Sarebbe stato più lungimirante adottare l’approccio usato in Germania». Cioè? «È da vent’anni che lo Stato tedesco guarda con attenzione alle energie rinnovabili, garantendo contributi minimi ma costanti e regolari nel tempo. L’Italia è voluta partire con uno sprint forte ma dall’andamento discontinuo e ora ha finito i soldi, contribuendo a far morire un settore che, invece, può ancora lavorare». In che modo? «Sempre per quanto riguarda il fotovoltaico, il potenziale bacino di utenza commerciale è composto da privati, aziende e realtà produttive che decidono di installare un impianto fotovoltaico per produrre energia destinata a soddisfare i propri fabbisogni interni. Ma commercializzare grandi impianti non è oggi un’attività molto conveniente in Italia». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 161


Quali interventi per uscire dalla crisi? Paolo Latella e Domenico Sciascia parlano della difficile situazione del settore edile. Con spunti che fanno ben sperare per la ripresa. «L’edilizia rimane una delle locomotive economiche del nostro paese» Remo Monreale 170 • DOSSIER • PIEMONTE 2013


Paolo Latella e Domenico Sciascia

e possibilità non mancano. Gli esempi positivi, anche in un settore disastrato come quello edile, ci sono e parlano di organizzazioni più efficienti, attenzione al dettaglio e qualità superiore. L’esperienza di Paolo Latella e Domenico Sciascia, alla guida dell’impresa edile torinese P.S.P. Spa, dimostra come anche senza quote significative di export si possa sperare in una ripresa. Anche del mercato interno. «La nostra società – spiega Latella – opera nel settore delle costruzioni edili in qualità di impresa di costruzioni generali e realizzazione di impianti nonché di operatore immobiliare. Negli anni siamo riusciti ad ampliare l’attività fino a poter gestire appalti per general contractor nel settore edile e impiantistico in generale, fornendo un servizio “chiavi in mano”, sviluppando internamente la progettazione e la realizzazione». Quali sono i risultati raggiunti nell’ultimo periodo? DOMENICO SCIASCIA «Abbiamo incrementato la nostra quota di mercato nel settore delle costruzioni generali, sia in ambiente pubblico che privato, tanto nella regione Piemonte quanto nelle altre regioni del Nord Italia, nonostante l’adeguamento a una politica di costante riduzione dei margini di commessa. Il consolidarsi della struttura tecnica e organizza-

L

tiva creata e le capacità operative dimostrate “sul campo”, hanno permesso di consolidare e ampliare rapporti di partnership con primari operatori sul territorio nazionale, volti a interventi di edilizia privata. In più, abbiamo consolidato la cooperazione con un’importante multinazionale del settore che ha sul territorio nazionale rilevanti iniziative». Come si spiegano questi risultati, nonostante la grave crisi nel settore edilizio? D. S. «Probabilmente l’età giovane della proprietà, e dell’azienda, ha permesso di affrontare la recessione con un piglio diverso: certamente abbiamo sempre prestato la massima attenzione agli aspetti gestionali, qualitativi e finanziari. Come risultato, per l’anno in corso i dati confermano le previsioni, ovvero il mantenimento del fatturato e del volume d’affari del 2012 che aveva già registrato un aumento percentuale significativo rispetto all’anno 2011. L’obiettivo primario raggiunto è di aver mantenuto ancora in esercizio una

struttura aziendale che offre oltre cento posti di lavoro, con assunzione diretta, senza ricorso Paolo Latella e ad ammortizzatori sociali e un Domenico Sciascia, amministratori indotto di almeno altri cento- della P.S.P. Spa con sede a Torino cinquanta addetti». Qual è stata la vostra rea- www.pspspa.com zione strategica? PAOLO LATELLA «Siamo riusciti a limitare l’impatto della crisi grazie alla meticolosa organizzazione gestionale e strutturale da sempre tenuta in azienda, alla professionalità delle persone che ne fanno parte e alla continua attenzione dei particolari e dei dettagli costruttivi, che oggi in qualche modo ci contraddistinguono sul mercato. Sicuramente hanno contribuito anche gli ottimi rapporti instaurati con la maggior parte dei fornitori, con cui abbiamo creato solide partnership commerciali e produttive integrate, in una sorta di “mutuo sostegno solidale tra imprese”». Perché oggi la formula contract viene sempre più richiesta? P.L. «Già da diversi anni ci siamo strutturati per essere un general contractor inserendo e ❯❯ PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 171


EDILIZIA

❯❯ creando all’interno le professionalità sia edili che impiantistiche (elettriche e termo-meccaniche) anticipando quelle che oggi sono le necessità oggettive del mercato: i clienti infatti preferiscono avere un unico interlocutore sia nella fase di progettazione che nella fase di realizzazione delle opere. In questo modo, da una parte si contengono i costi, grazie all’ottimizzazione della gestione nelle realizzazioni, e dall’altra si ha una maggiore capacità e tempestività di problem solving, frutto della diretta sinergia tra le diverse professionalità coinvolte». Come si sta evolvendo questa formula? D. S. «In questo momento, l’affidamento delle commesse a un general contractor sta aumentando e si sta arricchendo anche di nuovi servizi che tendono anche all’area finanziaria della commessa stessa, non solo alla parte progettuale e realizzativa. Anche diversi enti pubblici si affidano ormai sempre più frequentemente alla formula del

Per dare la possibilità di acquisto della prima casa al ceto medio, è necessaria la riduzione degli oneri di urbanizzazione e delle tasse per imprese e professionisti

project-financing, per sopperire alla carenza dei fondi necessari alla realizzazione delle opere. Per quanto riguarda il mercato privato dell’edilizia residenziale, è necessario cercare delle soluzioni finanziarie o di affitto a riscatto che permettano al cliente finale di poter affrontare in maniera dilazionata l’esborso iniziale, perché alcuni istituti di credito erogano ormai mutui per valori nettamente inferiori a quelli reali degli immobili in vendita e con una selezione della clientela forse troppo restrittiva». In particolare possiamo aspettarci modifiche, flessioni, sul fronte dei costi? P.L. «I costi del prodotto finale hanno già registrato delle flessioni significative e probabil-

mente diminuiranno ancora, anche se lievemente: infatti, sia i produttori dei materiali che i costruttori ed i promotori, hanno ridotto al minimo i margini operativi lordi. Per ridurre i costi ulteriormente e dare la possibilità di acquisto della prima casa a chi oggi ha un reddito medio, è necessario un forte intervento di riduzione degli oneri di urbanizzazione, nonché della tassazione in capo alle imprese e ai professionisti. In secondo piano, ma non di minore importanza, sarebbe necessaria una riduzione dei costi dell’energia e della manodopera. Diversamente, sarà difficile una rilevante riduzione di costi e si continuerà a perdere di competitività con i paesi esteri». Quanta attenzione viene riposta nell’abbattimento dei consumi relativamente a quanto si realizza? D. S. «La sensibilità verso il rispetto dell’ambiente e il risparmio energetico va via via crescendo. Non a caso abbiamo già realizzato a Torino, su commissione di Nexity e con progetto di Picco Architetti, il primo edificio residenziale multipiano, con strutture portanti


Paolo Latella e Domenico Sciascia

e pareti in legno, in classe energetica A+. Inoltre, stiamo per realizzare un intervento di recupero di un edificio esistente che a lavori ultimati darà vita a circa trenta unità immobiliari in classe A+». Qual è il vostro range territoriale? P.L. «Attualmente il nostro ambito territoriale è concentrato nel Nord Ovest del paese ma non escludiamo la possibilità di acquisire commesse in tutto il territorio nazionale. Nell’area Nord Ovest, sicuramente la Lombardia offre maggiori opportunità di mercato. Negli ultimi mesi, inoltre, stiamo valutando delle opportunità all’estero». Quali sono le vostre aspettative circa il futuro anda-

mento del settore? «Siamo quasi certi che il nostro settore risentirà dell’attuale crisi, ancora per lungo tempo, anche se confidiamo in una piccola ripresa nel prossimo anno: questa potrebbe sostenere le imprese che saranno riuscite a superare il periodo congiunturale estremamente grave. In questo modo s’inter-

D. S.

+60%

AUMENTO DEL FATTURATO REGISTRATO DALLA P.S.P. SPA NEL BILANCIO DELL’ANNO 2012 RISPETTO AL 2011

romperà il calo vertiginoso del numero d’imprese cessate e la conseguente emorragia di posti lavoro, fortemente calati nel nostro settore: l’edilizia rimane una delle locomotive economiche del nostro paese». Quali interventi auspica da parte di istituzioni e associazioni di categoria? P.L. «Penso che sia necessario che gli enti pubblici provvedano immediatamente a saldare i crediti delle imprese, cominciando a pagare le nuove opere nei tempi previsti dalla normativa europea. Le istituzioni, poi, dovrebbero pianificare interventi importanti non solo per le grandi opere, ma anche nelle ristrutturazioni e manutenzioni dei fabbricati e delle infrastrutture. Infine si dovrebbero far carico di sostenere la necessità, ora più che mai tangibile, di accesso al credito, sia delle imprese che delle famiglie. Anche in un contesto del genere si può riprendere un nuovo percorso di crescita e ritrovare il benessere dell’economia nel nostro paese». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 173


PROFESSIONE FORENSE

Promuovere la mediazione L’avvocato dovrebbe sempre suggerire la mediazione civile. È questa l’opinione di Antonella Forchino, che commenta la recente reintroduzione, col decreto del fare, dell’obbligatorietà della media conciliazione in alcune materie Marco Valerio Messala

L’avvocato Antonella Forchino dell’omonimo studio legale torinese antonellaforchino@pec.ordineavvocatitorino.it

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egli ultimi anni la professione legale è molto cambiata. Oggi l’avvocato tende sempre più a raggiungere una formazione specialistica e a utilizzare le nuove tecnologie per l’organizzazione dello studio e l’esercizio della propria attività. Ciò che non è cambiato è lo scopo: difendere il proprio assistito con l’arte della parola – nessuno meglio di un avvocato conosce le potenzialità della parola per convincere e persuadere. Ovvero creare una via di comunicazione fra assistito e giudice, tenendo presente che in ogni caso l’arte di persuadere non può prescindere dalla preparazione, perché l’eloquenza deve basarsi su elementi tecnici e giuridici». A parlare è l’avvocato e mediatore civile Antonella Forchino, del foro di Torino, che segue cause in materia di diritto penale e civile. L’avvocato Forchino ha maturato la propria esperienza occupandosi di diritto civile ad ampio raggio – dalla tutela della proprietà alle locazioni, dal condominio al diritto di famiglia e alla tutela dei minori, dalle obbligazioni alla contrattualistica e alla responsabilità civile –, integrando le proprie competenze con la collaborazione di esperti in architettura, grafologia, medicina legale, contabilità e gestione immobiliare. Come deve porsi oggi un avvocato per andare incontro alle attese del proprio assistito? «Certamente deve saper suggerire una corretta strategia difensiva. Ma sono convinta che prima di tutto – prima di affrontare i costi e la durata di una causa –, debba suggerire di valutare attentamente l’opportunità di cercare un accordo per la composizione della controversia ricorrendo all’istituto della mediazione. Proprio per questo, insieme a un gruppo di professionisti che condivide questa mia visione, promuovo l’attività dell’Aeneas Adr, un’associazione senza scopo di

«N


Antonella Forchino

Il vero freno alla diffusione della mediazione in Italia è il fatto che questo istituto non appartiene alla nostra cultura giuridica

lucro che ha come finalità fornire ogni servizio riguardante il ricorso alla negoziazione assistita, alla conciliazione e a tutte le tecniche e procedure di prevenzione e risoluzione stragiudiziale delle controversie di qualsiasi natura». A metà giugno, il decreto del fare, ha reintrodotto l’obbligatorietà della media conciliazione, andando contro gli auspici dell’associazione nazionale forense. Qual è la sua opinione su questo? «L’obbligatorietà della mediazione è stata introdotta come condizione di procedibilità solo in alcune materie ovvero nelle controversie in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari. A mio avviso il legislatore avrebbe potuto disciplinare l’istituto della mediazione con maggiore attenzione e non ricorrendo alla decretazione di urgenza, che non permette uno studio approfondito e organico di una materia che potrebbe essere veramente im-

portante per ogni cittadino. Lo stesso consiglio nazionale forense, ha più volte ribadito l’inopportunità di trattare la giustizia con decreti legge. E ha chiesto una limitazione del ricorso alla decretazione d’urgenza, lasciando che la commissione Giustizia, in sede referente, possa lavorare con tempi adeguati alla complessità dei temi affrontati». Forse l’intenzione dell’esecutivo è promuovere, anche se in maniera impositiva, uno strumento che non è stato sfruttato a sufficienza. Gli avvocati, a suo avviso, oltre a prendere posizione contro il decreto, informavano i propri assistiti dell’alternativa al processo? «Il vero freno alla diffusione della mediazione in Italia è il fatto che questo istituto non appartiene alla nostra cultura giuridica. E quindi le parti, a volte, preferiscono seguire le vie processuali ordinarie – che però portano inevitabilmente a uno scontro diretto –, piuttosto che ricorrere alla mediazione, e ciò solo perché non conoscono le potenzialità di questo istituto e ne sottostimano l’efficacia, che invece potrebbe aiutarle a risolvere il problema con minore spesa e minore tempo. La mediazione inoltre permette alle parti di superare una controversia legale senza scontrarsi a tutto campo e quindi di salvare il rapporto esistete tra stesse; e questo tra parenti o vicini di casa può essere molto importante. Il ruolo dell’avvocato – chiaramente laddove ne sussistano i presupposti – è decisivo. È l’avvocato, infatti, che dovrebbe consigliare al cliente di evitare l’avvio della causa, e suggerire il ricorso alla mediazione . Personalmente, il mio impegno professionale è sempre stato volto a favorire la diffusione della mediazione civile». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 175


POLITICHE SANITARIE

Stabilizzare il sistema Mantenere alta l’attenzione sui conti, portando avanti il riordino della rete ospedaliera e il rilancio del progetto della Città della salute di Torino. Gli obiettivi dell’assessore regionale alla sanità, Ugo Cavallera Francesca Druidi

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Ugo Cavallera, assessore alla sanità della Regione Piemonte

ono diverse le sfide cui sarà chiamata a rispondere la sanità piemontese, che sta già attraversando un periodo piuttosto difficile. «Mi pare che la burrasca si stia diradando» commenta, però, l’assessore regionale Ugo Cavallera. Intanto, proprio a inizio settembre la giunta regionale ha approvato il disegno di legge che prevede il superamento delle federazioni sanitarie sovrazonali e che sarà a regime dal prossimo gennaio, dopo essere passato al vaglio del consiglio regionale. Cosa comporta questo provvedimento? «La scelta di centralizzare determinate funzioni rimane: gli acquisti in campo sanitario saranno gestiti in primis da Scr, società di committenza regionale, così come stabilito dalla legge 8/2013. Per quanto riguarda le altre funzioni tecnicoamministrative, logistiche, informative e di supporto, la giunta regionale individuerà per ciascuna area di programmazione - sulla base degli ambiti territoriali definiti - l’azienda sanitaria con funzioni di capofila».

Quanto inciderà ancora l’ipotesi commissariamento? «Il rischio commissariamento è scongiurato, anche se non possiamo allentare la guardia e dobbiamo proseguire nel risanamento intrapreso. Nei prossimi mesi proseguirà il confronto con il Tavolo interministeriale di verifica, a cui sono sottoposte le Regioni che hanno sottoscritto il piano di rientro. Puntiamo a stabilizzare il sistema, dando attuazione al riordino della rete ospedaliera, potenziando l’integrazione tra sanità e assistenza sul territorio attraverso la continuità assistenziale. Con il ministero siamo impegnati nel confronto sul Patto per la salute: chiediamo di avere le risorse necessarie per garantire i servizi che, negli anni, sono stati erogati sul nostro territorio e che sia riconosciuta la specificità della nostra regione». Quali saranno le priorità nell’attuare il piano sanitario? «Le priorità coincidono con le necessità della popolazione e in particolare delle fasce più deboli, come gli anziani. La riforma che abbiamo avviato in questi anni richiede un grande cambiamento culturale, in primis degli operatori della sanità, che ringraziamo sempre e comunque per l’impegno e la dedizione. Non sono obiettivi facili, richiedono un enorme sforzo organizzativo, ma è una riforma indispensabile che non si poteva dilazionare. Cerchiamo di sviluppare la cultura della prevenzione e dell’appropriatezza degli interventi in ogni fase, dal rapporto con i medici di medicina generale il cui ruolo è fondamentale, all’accesso nel pronto soccorso, al corretto utilizzo del 118, al ricovero negli ospedali che devono essere in rete e avere un forte livello di specializza-


Ugo Cavallera

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Con il presidente Cota e il sindaco Fassino, oltre che con l’università, lavoriamo per rilanciare il progetto della Città della salute

zione, alla continuità assistenziale. Saranno aperti altri centri di assistenza primaria, dopo Arona e Avigliana. Puntiamo a una sanità moderna e lavoreremo per l’introduzione del fascicolo sanitario elettronico e della ricetta dematerializzata». Sotto accusa i tagli a strutture ospedaliere e personale sanitario, come indica anche il recente allarme lanciato dai chirurghi delle Molinette. Qual è la situazione, anche per quanto riguarda gli altri ospedali piemontesi? «La struttura delle Molinette è del 1935: è noto a tutti che si tratta di un ospedale vetusto. Il grido di allarme dei chirurghi è condiviso e anche utile, se stimola a intervenire e non si limita a una sterile presa di posizione a effetto mediatico. Nonostante la struttura datata, le Molinette sono un’eccellenza riconosciuta in molti campi, come quello dei trapianti. Con il presidente Cota e il sindaco Fassino, oltre che con l’università, lavoriamo per rilanciare il progetto della Città della salute, che, a prescindere dai finanziamenti statali ex art. 20, deve andare avanti con le proprie forze. Il direttore del-

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l’azienda, Del Favero, ha detto che occorre gettare il cuore oltre l’ostacolo. Io dico che non dobbiamo perdere un minuto e definire alla perfezione la fondamentale e complessa parte urbanistica e autorizzativa, che richiede un coordinamento di tutti i soggetti coinvolti per arrivare al primo obiettivo concreto che è la costruzione della torre chirurgica, con annesso Dea. Per gli altri ospedali, è ripreso il cantiere dell’ospedale di Alba-Bra e siamo a buon punto con l’ospedale di Biella, il cui cantiere ho visitato di recente». Verrà sperimentata, come in Veneto, l’apertura degli ospedali nelle ore notturne per l’erogazione dei servizi? «Nei prossimi giorni la Direzione regionale incontrerà i dirigenti delle Molinette e dell’Asl Torino 2 per un primo scambio di opinioni sul tema. Siamo favorevoli a tutto ciò che consente di ridurre le liste d’attesa e ottimizzare l’uso delle attrezzature, fermo restando i problemi relativi al personale e alle risorse finanziarie che servono per questo tipo di progetti». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 177


TERAPIE ORMONALI

Terapie ormonali, perché sono utili in menopausa er una donna in menopausa non ci sono da affrontare soltanto i disturbi che, nel loro insieme, definiscono la sindrome climaterica – vampate, sudorazioni, turbe del sonno, modificazione dell’umore – ma anche tutta una serie di rischi, dall’osteoporosi all’insorgenza di patologie vascolari e tumorali. Se lo stile di vita può giocare un ruolo fondamentale, anche l’impiego di integratori e di terapie ormonali (TO) può assolvere un’importante funzione. Ad approfondire Il professor Carlo Campagnoli, specialista di ginecologia l’argomento è Carlo Campagnoli, speciaendocrinologica presso il Centro lista in ginecologia endrocrinologica: «La Diagnostico Fornaca della Clinica TO sostituisce gli ormoni che sono venuti Fornaca di Torino carlocampagnoli.freehostia.com a mancare con la menopausa, ma può an-

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Si discute ancora molto sull’impiego di terapie ormonali nel periodo post-menopausale e nei casi di pazienti con carenza di estrogeni. A fare chiarezza sui rischi e sui benefici di questa terapia è il professor Carlo Campagnoli Leonardo Testi

che essere utilizzata nei numerosi casi di giovani donne affette da carenza estrogenica (ad esempio nell’amenorrea, ossia assenza di mestruazioni, da sottopeso)». Sul ricorso alle terapie ormonali non c’è parere unanime da parte della comunità medica. «Le informazioni su rischi-benefici della TO sono state, a partire dalla metà degli anni Novanta, sommarie e imprecise. Questo perché non sono state fatte le opportune distinzioni tra le differenti preparazioni ormonali, con il prevalere di un indiscriminato ottimismo sino al 2002 e di un indiscriminato pessimismo, riguardante il rischio di tumore mammario e di problemi vascolari, a seguito dei risultati di studi statunitensi su donne in postmenopausa. I dati ora disponibili consentono di ribadire che qualora venga impiegata in modo oculato (scelta dei preparati, delle dosi, dei tempi), la TO presenta pochissime ombre. E a parte i casi con disturbi minimi o facilmente gestibili in altro modo, queste ombre non precludono affatto la terapia ormonale nei casi in cui vi siano adeguate motivazioni, e per i quali essa è preziosa e spesso insostituibile». In cosa consiste la terapia ormonale? «La TO si basa su preparati estrogenici con azione


Carlo Campagnoli

I dati ora disponibili ribadiscono che, se impiegata in modo oculato (scelta di preparati, dosi, tempi), la terapia ormonale presenta pochissime ombre

simile o identica a quella degli estrogeni già prodotti dalle ovaie. Nelle donne in cui non sia stato tolto l’utero con isterectomia, è indispensabile l’aggiunta del progestinico per proteggere la mucosa endouterina. Sono oggi disponibili numerosi preparati contenenti estrogeni (compresse per via orale; cerotti transcutanei; gel percutaneo) o progestinici (compresse per via orale; capsule di progesterone per via orale e vaginale; dispositivo intrauterino a rilascio di progestinico). Sono anche disponibili preparati orali o transdermici contenenti sia l’estrogeno sia il progestinico. La scelta dei preparati più adatti si è basata per anni su presupposti teorici. Negli ultimi anni, si sono avute importanti conferme da grandi studi epidemiologici. Le differenze tra i diversi tipi di estrogeni e di progestinici sono state accertate clinicamente». In che modo? «Per gli estrogeni, la grande distinzione è tra la somministrazione orale e quella cutanea. Con la via orale, gli estrogeni arrivano al fegato, causando una serie di modificazioni potenzialmente sfavorevoli, ad esempio per la coagulazione, che sono, invece, assenti nella somministrazione cutanea. Per quanto riguarda i progestinici di sin-

tesi, alcuni presentano, a differenza del progesterone naturale, azioni sfavorevoli per il rischio mammario (e, a volte, coagulativo). L’importanza di queste differenze è stata confermata a partire dal 2005 dalla pubblicazione di studi indipendenti eseguiti soprattutto in Francia, dove sono state utilizzate in modo assai ampio e non selettivo tutte le differenti forme ormonali. Nell’insieme, i dati francesi indicano che la terapia con estrogeni cutanei è priva di rischio coagulativo e che l’aggiunta del progesterone naturale non aumenta il rischio di tumore mammario». Quando allora è consigliabile ricorrere alla TO? «Vampate, sudorazioni, turbe del sonno, modificazioni dell’umore e problemi nei rapporti sessuali, possono veramente alterare la qualità di vita, soprattutto quando la menopausa sia prematura o relativamente precoce. In questi casi, la TO è di indubbio beneficio. Se ai disturbi soggettivi si aggiunge anche la necessità di proteggere l’osso, la TO è di prima scelta, in alternativa agli altri farmaci (tibolone, raloxifene, bifosfonati) che possono essere tenuti di scorta per l’età più avanzata». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 181


LUNGODEGENZA

Un modello di assistenza innovativo In Europa stanno crescendo le richieste di cure e assistenze sanitarie nell’ambito della lungodegenza. Un settore che richiede standard di qualità e di preparazione elevatissimi. Ne parliamo con Josè Parrella, procuratore speciale del Gruppo Orpea Marco Tedeschi

econdo dati forniti dalla Commissione Europea, tra il 2008 e il 2012 l'occupazione nel comparto sanità è cresciuta in Europa di quasi il 2 per cento l'anno. Un dato in controtendenza rispetto ad altri settori. Anche l'Italia è tra i Paesi in cerca di addetti in un settore che in Europa, negli ultimi 12 mesi, ha visto assumere un milione di persone. Oggi in Europa un lavoratore su dieci lavora nel comparto; nella classifica delle occupazioni a più rapida crescita tra il 2011 e il 2012 stilata dalla Ue, al primo posto ci sono quelle che riguardano la cura e assistenza personale. Dati che sembrano rispecchiare l’andamento fatto registrare da Orpea, società francese leader nel settore delle cure della lungodegenza con oltre 36.000 posti letto in circa 410 strutture in Francia, Spagna, Belgio, Svizzera e Italia. «Nel corso del 2011 – spiega il dottor Josè Parrella, procuratore

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Il dottor Josè Parrella, procuratore speciale del Gruppo Orpea www.orpea.it

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speciale - così come nel 2012 abbiamo registrato un livello di crescita sostanziale dell’attività, raggiungendo un fatturato complessivo nell’esercizio 2011 pari a 1.234 milioni di Euro, con una crescita sul periodo precedente del 28 per cento. Tale risultato è dovuto a un attento mix di crescita organica per il 9 per cento e a una strategia di sviluppo e di acquisizioni esterne, sia nell’ambito della degenza a lungo termine che nella degenza temporanea. Anche il 2012 è stato positivo; abbiamo infatti registrato un incremento sul fatturato. Questa crescita costante è stata ampiamente riconosciuta anche dal mercato internazionale. Dal 2002 Orpea è stata ammessa al mercato azionario di Parigi “Euronext” e nel 2007 è stata inserita nell’Indice SBF 120, come riconoscimento di un consistente e solido livello di capitalizzazione nel mercato e un potenziale di sviluppo». Quanto conta la qualità in un servizio come il vostro? «Direi che è fondamentale. Per questo controlliamo tutte le attività svolte nelle strutture, e portiamo avanti un continuo processo di formazione e aggiornamento del personale. Il percorso di qualità, oltre a poter contare su strutture efficienti, moderne, adeguate alle norme in vigore e costantemente rinnovate e mantenute, si basa sull’implementazione di procedure, protocolli e modelli or-


Josè Parrella

Per i malati di Alzheimer L’imponente sviluppo della patologia dell’Alzheimer di questi ultimi anni, ha spinto il Gruppo Orpea a dedicare in quasi tutte le sue strutture Rsa un reparto specializzato e specificatamente dedicato ed attrezzato agli ospiti affetti da questo morbo al momento ancora incurabile. «Sulla base delle esperienze maturate quotidianamente – spiega il dottor Parrella - medici e tecnici Orpea studiano soluzioni e specifici accorgimenti strutturali, assistenziali e terapeutici per poter accogliere nel migliore e più efficace modo possibile gli ospiti Alzheimer all’interno di specifici Nuclei protetti. In particolare, nell’ambito del settore della Dipendenza Permanente, Orpea Italia ha cercato di offrire un servizio altamente specializzato alla crescente domanda di ricoveri per Ospiti affetti dal morbo di Alzheimer che richiedono strutture specifiche e dedicate, nonché di operatori socio sanitari opportunamente preparati per l'assistenza. Fiore all’occhiello della dotazione sanitario medicale è l’avanguardistico spazio Snoezelen per l’assistenza e la cura delle persone affette da Morbo di Alzheimer, spazio presente a Casa Mia Nizza (AT) e Casa Mia Casier (TV)».

ganizzativi studiati e sviluppati seguendo le norme vigenti e grazie all’esperienza del Gruppo che oggi conta circa 23.000 dipendenti». Dal 2004 avete iniziato a interessarvi al mercato italiano. In che modo? «Dopo un periodo di studio, analisi e adattamento alle logiche e alle specificità delle norme italiane del settore, negli ultimi anni, ci siamo concentrati sul settore delle Rsa e in quello delle Cliniche Neuro Psichiatriche e di Riabilitazione Funzionale. Al momento

siamo presenti in 14 siti di cui 10 già operativi. 1.471 posti letto, di cui 900 già in funzione. Siamo presenti a Nizza Monferrato, Asti, Borgaro Torinese, Belgirate, Casier, San Maurizio Canavese, Trofarello, Buttigliera Alta, Genova e Nebbiuno mentre altri progetti sono in corso di realizzazione. Lo sviluppo di Orpea in Italia si focalizza al momento nel nord del Paese, sia attraverso acquisizioni di strutture esistenti e funzionanti da poter eventualmente rinnovare e strutturare secondo i parametri gestionali e qualitativi del gruppo, che ricercando nuovi siti da acquisire, progettarne, svilupparne e realizzarne le strutture». Come garantite la qualità delle strutture? «Abbiamo elaborato una serie di procedure e protocolli che seguono ogni operazione burocratica e sanitaria lungo tutto il suo iter, grazie a un importante coinvolgimento del personale, la cui valutazione della struttura viene aggiunta a quelle svolte da ospiti e famiglie, attuata tramite il barometro di soddisfazione o il questionario di gradimento, e ai controlli periodici della commissione esterna di vigilanza». ❯❯ PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 183


LUNGODEGENZA

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Nelle immagini alcune fasi dell’assistenza agli ospiti e momenti di relax

E per quanto riguarda l’equipe? «L’equipe è preparata e continuamente aggiornata in formazione. In tutte le residenze dedicate all'assistenza di anziani non autosufficienti, ogni ospite è seguito fin dal suo arrivo dalle stesse figure che lo seguiranno per tutto il corso della sua permanenza: il direttore, il coordinatore degli infermieri, l'animatore, l'educatore, e gli operatori socio assistenziali, i quali redigono un piano assistenziale individuale sulla base dei bisogni del singolo. Il vantaggio di avere un'equipe multidisciplinare risiede proprio nell'offerta multiforme che riesce a garantire. Rispetto ai servizi socio-sanitari e assistenziali ogni residenza Casa Mia, dedicata agli anziani non autosufficienti, offre un gruppo di professionisti molto specializzato. Ogni residenza, inoltre, pone molta attenzione alla riabilitazione, fisica e psicologica, fornendo agli ospiti principalmente due tipi di servizi: uno di fisioterapia e uno di assistenza psicologica, svolto da uno psicologo interno alla struttura,

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il quale, dopo aver definito un quadro dello stato affettivo, cognitivo, sociale e psicologico della persona al suo ingresso, redige un programma per le attività sociali e, qualora fosse necessario, predispone e attua cicli di psicoterapia, di riabilitazione cognitiva e sostegno ai famigliari. Per noi è infatti fondamentale instaurare un rapporto di comunicazione stretto e continuo tra residenza e famiglie con lo scopo di garantire serenità all'ospite e nello stesso tempo agevolare la famiglia». In che modo la famiglia può star vicino agli ospiti? «La vicinanza con i familiari è fondamentale, per questo nessuna residenza Casa Mia ha orari di visita prestabiliti, proprio per evitare la sensazione, sia della persona sia dei familiari, di essere all'interno di una struttura ospedaliera: nel rispetto della privacy e del riposo di tutti, le residenze sono sempre aperte». E per quanto riguarda l’animazione? «Ci sono molte attività ludiche, dalla lettura, all'ascolto musicale, al cinema e teatro. Per gli ospiti più vivaci e curiosi, ma per tutti coloro che vogliono parteciparvi, vengono creati eventi culturali come dibattiti, gruppi e incontri tematici, feste a tema e feste di compleanno; inoltre vengono organizzate gite all’esterno e visite guidate. Ogni residenza Casa mia ha una biblioteca, una sala con maxischermi, la disponibilità di giochi di vario genere, degli spazi attrezzati per i laboratori creativi manuali e uno splendido giardino». Grande cura è riposta anche nel servizio alberghiero. «Le nostre strutture possiedono un sistema di ristorazione eccellente per cui ogni pasto è preparato dalla cu-


Josè Parrella

Ci sono molte attività ludiche, dalla lettura, all'ascolto musicale, al cinema e teatro. Per gli ospiti più vivaci vengono creati eventi culturali, gruppi e incontri tematici

cina interna in cui lavorano cuochi diplomati usando sempre ingredienti freschi e genuini; nel caso la famiglia volesse mangiare con l'ospite è possibile farlo sia a pranzo sia a cena. È importante sottolineare che tutti i pasti sono cucinati sulle indicazioni del direttore sanitario che, nel caso di cartelle cliniche particolari, fornisce chiare direttive sulla dieta dell'ospite. I servizi di lavanderia, parrucchiere e podologia sono tutti interni». Tra le vostre offerte c’è anche Clinea, che opera in ambito ospedaliero. «L'animazione, l'assistenza religiosa, il servizio alberghiero e in generale tutta la professionalità dello staff contraddistinguono anche l'offerta di Clinea, presente in strutture accreditate con il Servizio Sanitario Regionale. Clinea lavora su due fronti diversi, ovvero la cura riabilitativa neuro funzionale e la cura neuro psichiatrica. Le strutture del primo tipo accolgono pazienti che necessitano di riabilitazione neuro-motoria o muscolo-scheletrica di secondo livello. Si tratta

di disabilità che non consentono l'autosufficienza alla persona, che ha bisogno per questo d’interventi terapeutici particolari, ad ognuna di queste esigenze vengono offerte terapie di ultima generazione, per mano di personale costantemente aggiornato, che insieme alle cure amorevoli e al sostegno psicologico vogliono essere un appoggio importante per il paziente in cura. Le Case di Cura Neuro Psichiatriche sono invece in grado di accogliere sia pazienti affetti da patologie in fase acuta, sia pazienti che necessitano un periodo di riabilitazione o di lungodegenza. Con approcci specifici, vengono trattate le patologie neuropsichiatriche acute e post acute, le psicosi e i disturbi della personalità, i disturbi di doppia diagnosi (alcolismo e dipendenze), i sintomi psichiatrici nelle patologie neurologiche, le patologie croniche acquisite e conclamate, e i disturbi psicogeriatrici. In ognuna di esse sono state sviluppate specifici percorsi terapeutici per il trattamento dei disturbi del comportamento alimentare, la Psichiatria forense, la ludoterapia». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 185


ODONTOIATRIA

Il futuro tecnologico dell’odontoiatria Malgrado le difficoltà economiche che stanno interessando anche il campo odontoiatrico, la tecnologia nel comparto sta facendo passi avanti significativi. Dall’utilizzo crescente del Cad Cam all’uso della risonanza magnetica. L’analisi del dottor Paolo Tuzza Marco Tedeschi odontoiatria nel corso degli anni metterà ancora di più al centro il paziente, sfruttando una tecnologia avanzata. I sistemi Cad Cam sono quelli che stanno portando i migliori risultati e rappresentano la prospettiva futura. Il paziente potrà infatti usufruire sempre di più di un trattamento il meno invasivo possibile. Dall’anestesia, all’inserimento degli impianti in chirurgia guidata, alla realizzazione di protesi Cad Cam in ceramica o resina che potranno essere inserite in breve tempo». È questo il pensiero del dottor Paolo Tuzza, libero professionista a San Carlo Canavese, in provincia di Torino, sul futuro tecnologico del settore. Lo studio del dottor Tuzza nel corso degli anni ha deciso di seguire la strada dell’alta tecnologia, investendo continuamente in attrezzature, formazione e staff preparato, andando decisamente controcorrente rispetto al difficile periodo economico che sta colpendo anche il settore odontoiatrico. La minore disponibilità di spesa delle famiglie sta influendo nel ricorso alle cure dentistiche? «Ha il suo peso. Spesso le famiglie sono portate a scegliere dei preventivi leggermente inferiori rispetto a quello degli anni passati, pur mantenendo la qualità dell’intervento molto elevata. Si è anche spinti a privilegiare le cure per i figli e trascurare di più le cure su se stessi o a dirigersi verso strutture low cost. La qualità ha

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Paolo Tuzza

In sede è presente la Tac Cone Bine, la chirurgia guidata software assistita ed è possibile utilizzare le nuove tecnologie Cad Cam

sentano l’ultimissima novità». Voi che andamento state registrando nel vostro studio? «Noi continuiamo a essere in crescita anche se in maniera leggermente inferiore rispetto agli altri anni. In realtà il numero dei pazienti è sempre in aumento mentre le tipologie dei lavori hanno un po’ cambiato il target in base all’intervento eseguito». In Italia si è soliti rivolgersi al privato piuttosto che al pubblico per le cure odontoiatricomunque un prezzo, così come le strutture e i materiali, quindi non è possibile spendere poco e ottenere la stessa qualità. I servizi di qualità e garanzia costano». Come affrontate il problema di difficoltà all’accesso delle cure? «La fascia di popolazione che non riesce a ottenere cure basilari è aumentata. Per questo il nostro studio si è affiancato a delle convenzioni che permettono anche a questa fascia di accedere agli interventi. C’è da dire inoltre che la clientela nel corso degli anni è diventata sempre più esigente e si registra il bisogno di essere assistiti nel migliore dei modi; molto spesso però si richiede una qualità altissima a prezzi contenuti. È necessario venirsi incontro, anche perché esistono degli interventi che sono ugualmente di qualità elevata ma che non rappre-

In apertura, il dottor Paolo Tuzza. Lo studio del dottor Tuzza si trova a San Carlo Canavese www.studiodrtuzza.it paolot@icip.com

che. Perché? «Alla popolazione italiana, per cultura, piace avere un rapporto diretto tra medico e paziente, in quanto la qualità è garantita dalla continuità terapeutica. Per questo molto spesso si preferisce rivolgersi a studi privati e non alla sanità pubblica. Altro fattore che incide sono naturalmente le liste di attesa e la maggiore qualità che è possibile trovare negli studi come il nostro, con tecnologie all’avanguardia e con i continui aggiornamenti, anche se ci sono ovviamente anche strutture pubbliche ottime. Sicuramente una novità importante potrebbe essere rappresentata da una convezione tra uno studio come il nostro e il pubblico. Questo permetterebbe un accesso facilitato alle cure. Si tratta in ogni caso di una soluzione per ora difficilmente attuabile». ❯❯

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ODONTOIATRIA

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Quali sono le tecnologie che vede nel futuro del settore? «Si sta lavorando per diminuire l’uso della tac e inserire l’uso della risonanza magnetica che è qualitativamente migliore e reca meno danni al paziente. Si stanno anche studiando nuovi materiali che verranno utilizzati per la rigenerativa dell’osso perso anche in zone molto compromesse». Quali sono invece le tecnologie utilizzate nel suo studio? «Gli investimenti del nostro studio hanno permesso l’utilizzo della microscopia, la presenza in sede della Tac Cone Bine, la chirurgia guidata software assistita e l’utilizzo delle nuove

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tecnologie Cad Cam che permettono la realizzazione immediata di strutture fresate precisissime e di capsule estremamente precise in ceramica integrale, come le capsule in disilicato di litio prodotte con il Cerec, senza l’ausilio di impronte, ma attraverso un telecamera intraorale. La microscopia ha permesso di ottenere grandi risultati in termini di qualità. Tutto lo staff che opera nello studio indossa infatti caschetti ingranditori che permettono di concentrare l’attenzione solamente sull’elemento dentale da curare e non su tutta la bocca. Il controllo della precisione, l’accuratezza, la qualità delle rifiniture e il miglior alloggiamento delle capsule, grazie alla microscopia, permette risultati che migliorano il risultato finale e la durata delle terapie a vantaggio del paziente. L'utilizzo della tac, invece, permette la valutazione immediata di patologie gravi e la stesura precisa di piani di trattamento complessi che con semplici radiografie e panoramiche non è possibile valutare. Attraverso i dati raccolti con la Tac è possibile oggi utilizzare la chirurgia implantare guidata che per mezzo di software dedicati permette di pianificare un intero intervento con il massimo della precisione e dell’accuratezza». Cosa ha apportato l’utilizzo della tecnologia Cad Cam in odontoiatria? «Ha permesso di realizzare strutture sia protesiche che strutturali senza l’utilizzo della fusione che comporta una serie di errori non correggibili dall'uomo. Attraverso uno scanner laser, vengono registrati tutti i dati inerenti a una bocca, e attraverso un software dedicato si progetta la struttura protesica necessaria. Con questa tecnologia sarà poi possibile realizzare le capsule, le barre e quant’altro può servire per la riabilitazione di quel determinato caso utilizzando un fresatore ,che sarà molto più preciso della stessa struttura rifinita a mano libera». E per quanto riguarda il Cerec?


Paolo Tuzza

«Il Cerec è uno strumento molto sofisticato che attraverso una telecamera esegue delle fotografie all'interno della bocca del paziente e riproduce con un software digitale l'intero cavo orale senza l'ausilio delle classiche impronte molli, spesso fastidiose per i pazienti. I dati raccolti da questa telecamera permettono di avere delle immagini estremamente precise e nitide, sicuramente superiori a qualsiasi impronta classica e, nel giro di poche ore, consentono di preparare un dente nel cavo orale, scannerizzarlo, modellarlo virtualmente con il software e passare direttamente alla fresatura ottenendo un restauro completamente in ceramica, che quindi avrà un'estetica eccellente e una precisione estrema. In casi particolari di odontoiatria estetica, attraverso l'utilizzo di faccette in ceramica che permettono di modificare la forma, il colore e la posizione dei denti, un paziente entra alle nove del mattino con un brutto sorriso ed esce, alle cinque del pomeriggio, con un sorriso radiante». Che ruolo ricopre lo staff nel suo studio? «Il nostro staff è composto da circa 20 persone e questo permette di dare un servizio puntuale, preciso a ogni richiesta del paziente, e consente di soddisfare le aspettative sia cliniche che economiche di ognuno dei pazienti. Pur mantenendo l'odontoiatria classica, il nostro studio è incentrato nella prevenzione di patologie gravi come la parodontite, attraverso l'uso di laser dedicati alla decontaminazione batte-

Un campo fondamentale su cui siamo impegnati è l’attenta analisi e valutazione del cavo orale e delle sue mucose, come prevenzione al cancro

rica totale. Portiamo avanti anche l’odontoiatria conservativa, sempre improntata all’estetica. Otturazioni chiare, faccette estetiche e sbilanciamento dentale. Pratichiamo l’endodonzia con l’utilizzo di strumenti meccanici molto precisi, la protesi mobile con denti preformati di altissima qualità, la pedodonzia con l’ausilio di metodiche specifiche per i bambini come l’ausilio della sedazione con protossido d’azoto e l’ortodonzia sia mobile che fissa. Un campo fondamentale su cui siamo impegnati è l’attenta analisi e valutazione del cavo orale e delle sue mucose, come prevenzione al cancro orale che oggi è nei primi 10 posti in termini di quantità. Siamo anche attivi nella chirurgia orale per curare patologie cistiche, rigenerative o estrattive complesse, l’implantologia classica e tutto ciò che da circa 50 anni si preoccupa della salute orale». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 189


ODONTOIATRIA

Un approccio olistico all’odontoiatria n un’Italia in cui fioriscono i cosiddetti centri low-cost e si sente sempre più parlare di turismo odontoiatrico noi abbiamo deciso di andare controtendenza». È così che il dottor Stefano Roggia presenta il centro Cassiopea Associati, studio odontoiatrico presente sul territorio all’ombra della Mole dal 1983 grazie alla lungimiranza del Prof. Pietro Bracco, composto da un’equipe multispecialistica in grado di affrontare ogni campo dell’odontostomatologia. «In un tempo di super-specializzazioni in cui spesso si perde di vista la persona e si presta attenzione solo alla sua patologia, la sinergia della nostra equipe ci permette di affrontare in modo ottimale tutte le branche dell’odontoiatria e il nostro paziente si sente sempre accompagnato in tutte le fasi del suo percorso terapeutico». Un percorso terapeutico che molto spesso necessita di cure particolari e attenzioni. «Tra queste cure spicca sicuramente la biorivitalizzazione cutanea dei tessuti periorali con effetto antiaging del biolifting non chirurgico ad esempio. Da qualche tempo infatti il mondo della medicina estetica ha fatto il suo ingresso nell’odontoiatria che ora dispone di uno strumento in più per migliorare “il sorriso” dei pazienti. Questa tecnica, associata alle più moderne tecniche di estetica dentale, permette di ottenere un risultato ottimale per un’estetica del sorriso più completa. Per poterci aprire a questa e altre tecniche abbiamo dovuto investire moltissimo nel rilanciare la nostra professionalità. Abbiamo ristrutturato completamente i locali di accoglienza e clinici con particolare attenzione alla sterilizzazione, oggi dotata delle apparecchiature più mo-

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L’odontoiatria negli ultimi anni ha compiuto passi importanti. Dall’unione con la medicina estetica è nato il biolifting, che garantisce uno step in più per il sorriso del paziente. Stefano Roggia parla di questa e altre novità Matteo Grandi

derne. È stato creato un locale detto “zona di calma”, dotato di poltrona relax, aromaterapia, e musica in cui accogliamo il paziente che ha affrontato un intervento più impegnativo o stressante prima di dimetterlo. Abbiamo inoltre rinnovato le nostre attrezzature diagnostiche e terapeutiche. Il laser terapeutico ad esempio viene utilizzato in tutte le sindromi dolorose del volto, in particolare dell’articolazione temporo-mandibolare». Nello studio vengono anche effettuati interventi implantologici d’avanguardia con la tecnica detta “all on four”. «Questa – spiega il

Lo studio odontoiatrico Cassiopea si trova a Torino www.cassiopea-associati.it


Stefano Roggia

Il biolifting, associato alle più moderne tecniche di estetica dentale, permette di ottenere un risultato ottimale per un’estetica del sorriso più completa

dottor Roggia - utilizza una guida chirurgica tridimensionale progettata da un software dedicato che elabora direttamente la tac del paziente. Con questa guida il chirurgo è in grado di posizionare quattro impianti che sostengono la protesi totale fissa, quindi il massimo risultato con il minimo esborso per il paziente». Nei casi chirurgici in cui è necessaria la rigenerazione di tessuti, oltre ai prodotti del commercio è possibile utilizzare i fattori di crescita del paziente stesso, secondo la procedura del Prgf. «Questa procedura prevede un piccolo prelievo di sangue che viene fatto al paziente

poco prima dell’intervento. Un’apparecchiatura tratta poi la provetta ottenendo un concentrato di piastrine che contiene i fattori di crescita del paziente stesso che accelerano e incrementano le capacità di rigenerazione dei tessuti danneggiati. In ortodonzia utilizziamo diverse tipologie di apparecchiature da quella funzionale a quella invisibile per far fronte a esigenze diverse e personalizzate sia per i pazienti pediatrici che per gli adulti. Questo dopo una completa analisi diagnostica che associa ai dati ortodontici classici quelli posturali e fisiatrici del paziente per un inquadramento completo della mal occlusione». Nel campo dei disturbi dell’articolazione mandibolare sono presenti in studio tutte le apparecchiature computerizzate, dall’ elettromiografia all’axiografia computerizzata necessarie per l’inquadramento diagnostico della patologia. «L’esperienza trentennale della nostra equipe – conclude il dottor Roggia - ci ha sempre fatto scegliere politiche economiche non aggressive nei confronti del paziente, privilegiandone la fidelizzazione: questo continua a essere il nostro obiettivo». PIEMONTE 2013 • DOSSIER • 191


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