Dossier Puglia 09 2012

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OSSIER PUGLIA L’INTERVENTO ..........................................9 Ferruccio Dardanello Alfredo Prete

PRIMO PIANO IN COPERTINA.......................................12 Alessandro Laterza

ECONOMIA E FINANZA L’ANALISI.................................................18 Angelo Bozzetto

TECNOLOGIE.......................................104 Antonio Saltino

IL FUTURO DI LECCE ..........................21 Paolo Perrone

MADE IN ITALY...................................106 Sabrina e Pamela Seclì

EXPORT...................................................22 Federico Pirro Loredana Capone Giuseppe Di Carlo Pasquale Natuzzi Giovanni D’Ambruoso

IL MERCATO DELL’AUTO ...............108 Alessandro Marino

INTERNAZIONALIZZAZIONE...........34 Donato D’Agostino Antonio Barile Gianluca Mirante FIERA DEL LEVANTE .........................42 Gianfranco Viesti CREDITO & IMPRESE ........................45 Alessandro D’Oria Adriano Giannola Salvatore Liso Antonio Sofia IMPRENDITORI DELL’ANNO...........58 Giampiero Finizio Giorgio De Donatis Gianluca Marra Consiglio Mancarella PARI OPPORTUNITÀ..........................68 Lella Golfo Patrizia Di Dio Laura Ruggiero MODELLI D’IMPRESA ........................76 Barbara Leucci Giovanni Brigante Francesco Garofoli Valerio Caprio Emanuele Cicciomessere Vito Michele Giove Vito Casarano Massimo Cobol Pasquale Paparella Vincenzo D’Introno

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CONSULENZA......................................110 Donato Lorusso


Sommario AMBIENTE

TERRITORIO

GIUSTIZIA

POLITICHE ENERGETICHE..............112 Nichi Vendola Francesco Schittulli Rocco Palese

SISTEMA PORTUALE .......................126 L’hub del Mediterraneo Sergio Prete

GIOCO D’AZZARDO...........................164 Vito Straziota Isabella Martucci Raffaele Lauro

RINNOVABILI........................................116 Sergio Auciello Gianluigi Colonna

TRASPORTI..........................................132 Marcello Gorgoni

SANITÀ

IMPRENDITORI DELL’ANNO ........120 Piero Angelo Amante Antonella Bianco

EDILIZIA.................................................134 Salvatore Matarrese Antonio Stolfa Nicola De Santis Giuseppe Petito

TRAPIANTI............................................174 Alessandro Nanni Costa Francesco Paolo Schena Loreto Gesualdo

GESTIONE RIFIUTI ............................124 Giuseppe Vetrugno

MATERIALI ...........................................144 Concetta e Giuseppina Cosi

PATOLOGIE CRONICHE ..................182 Giuseppe Guaricci

TURISMO ..............................................146 Renzo Iorio Massimo Deandreis Silvia Godelli Bernabò Bocca Donato D’Agostino Damiano Reale

DEOSPEDALIZZAZIONE..................184 Giovanni Piccininno

SERVIZI AL CITTADINO...................160 Damiano D’Autilia

ATTREZZATURE MEDICHE............186 Giuseppe Rucci

RUBRICHE TRA PARENTESI.................................188 Michele Mirabella

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Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Xxxxx cxpknefv L’INTERVENTO

Uno scenario in chiaroscuro di Alfredo Prete, presidente di Unioncamere Puglia

uglia, un quadro di luci e ombre. L’espressione può risultare banale ma rende bene l’idea. Le ombre della crisi non ci risparmiano. La regione non sfugge alle negatività dei principali accadimenti economici internazionali e agli impatti sociali conseguenti, sul reddito delle famiglie e delle imprese nonché sui consumi e sull’occupazione. Ma non mancano spiragli di luce. Come si evince dall’ultimo rapporto della Banca d’Italia, nel complesso del 2011 il valore aggiunto pugliese è lievemente cresciuto, in misura superiore rispetto al resto del Mezzogiorno. Nel 2011 le vendite all’estero di beni hanno registrato un incremento di circa il 18 per cento a prezzi correnti, in misura superiore alla media nazionale e del Mezzogiorno, seppure con un forte rallentamento nell’ultimo trimestre. Il miglior posizionamento sui mercati internazionali lo hanno alcune realtà industriali di grandi dimensioni nel settore meccanico e farmaceutico. L’incremento dell’export non si è esteso però ai settori del made in Italy, che continuano a risentire di una debole presenza nelle produzioni a maggior valore aggiunto. Ed è in questi comparti che vanno intensificati gli interventi istituzionali per l’internazionalizzazione, con politiche di supporto mirate e con un impegno straordinario, a tutti i livelli, per un miglioramento del contesto dei servizi offerti alle imprese, dalla pubblica amministrazione alle banche. Altre luci, fioche, ma pur sempre luci: il fatturato delle imprese industriali, rilevato dall’indagine della Banca

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d’Italia presso un campione di imprese con almeno 20 addetti, è aumentato del 3 per cento in termini reali. L’aumento delle vendite ha riguardato in particolare le imprese della meccanica, che hanno beneficiato del vigore, come detto poc’anzi, della domanda estera, e il settore alimentare, che ha risentito in misura contenuta della crisi. L’aumento del fatturato, però, non si è tradotto in un miglioramento della situazione reddituale delle imprese. Se il commercio al dettaglio ha risentito della debolezza dei consumi, in particolare di quelli durevoli, è proseguito il momento favorevole del settore turistico per effetto soprattutto dell’aumento dei viaggiatori stranieri. Dopo un 2011 da record con 13,5 milioni di pernottamenti e un incremento del 3,4 per cento rispetto al 2010, la Puglia conferma un trend positivo nella crescita del proprio turismo anche nel 2012 con il 41 per cento delle camere disponibili già prenotate. Anche per l’occupazione la Puglia sta tenendo bene: nel 2011 gli occupati sono tornati ad aumentare di circa 12.000 unità, riducendo la perdita complessiva dall’inizio della crisi a 52.000 posti di lavoro; il tasso di disoccupazione è sceso al 13,1 per cento. Questo ribadisce l’importanza delle politiche formative, da raccordare sempre di più con i fabbisogni del tessuto imprenditoriale. Il fenomeno della disoccupazione all’inverso, e cioè di imprenditori che non riescono a trovare sul mercato personale qualificato, in tempi di crisi non è solo un paradosso ma un imperdonabile autogol. PUGLIA 2012 • DOSSIER • 11


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Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Alessandro Laterza

INVESTIRE NEL MEZZOGIORNO PER IL FUTURO DEL PAESE «Bisogna farsi trovare pronti quando la crisi passerà» ricorda Alessandro Laterza, vicepresidente di Confindustria per il Mezzogiorno, secondo cui è necessario «usare meglio le risorse pubbliche a disposizione, a cominciare da quelle europee, per migliorare la competitività dei nostri territori» e dotare il Sud di una vera politica industriale Renata Gualtieri

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l centro studi di Confindustria ha recentemente rivisto al ribasso le stime di crescita per il 2012 e previsto che gli effetti recessivi si trascineranno anche nei primi mesi del 2013. Tutte le rilevazioni concordano nell’indicare che il clima di fiducia è ai minimi e nel fatto che il Mezzogiorno presenta, se possibile, indicatori ancor più negativi. In Puglia, come nel resto del Sud, i consumi interni ristagnano, ma sono compensati dai risultati positivi delle imprese più dinamiche orientate ai mercati esteri, che hanno consentito, nel 2011 un aumento del fatturato del 3 per cento nel settore industriale, una crescita del 18 per cento nell’export (che continua anche all’inizio del 2012) e perfino un timido incremento dell’occupazione, anche se i livelli occupazionali di giovani e donne continuano a essere troppo bassi. Sul versante turismo, anche gli arrivi di stranieri, nello scorso anno, hanno fatto registrare un aumento. Di contro, per il terzo anno con-

secutivo gli investimenti fanno segnare una riduzione e il settore delle costruzioni è praticamente fermo. «Tutto ciò ci ricorda che non tutti i territori e non tutte le imprese sono uguali. Anche nel pieno della crisi, ci sono state aziende – precisa Laterza – che hanno continuato a investire e a macinare utili, trovando nuovi mercati. E territori che hanno risposto meglio alle difficoltà». Cosa rallenta la crescita del sistema produttivo pugliese e su cosa occorre puntare? «Finito il tempo della pubblica amministrazione che funge da ammortizzatore sociale, oggi più che mai credo sia necessaria una risposta di sistema: da un lato, dovremo fare ogni sforzo per mantenere la capacità produttiva esistente, investire sulle competenze interne alle aziende, innovare, cercare nuovi mercati. Insomma, in una parola, investire oggi sul futuro per farsi trovare pronti quando la crisi passerà: dall’altro, dovremmo usare meglio le risorse pubbliche a dispo-

sizione, a cominciare da quelle europee, per migliorare la competitività dei nostri territori, iniziando a rimuovere le diseconomie - prima di tutto quelle infrastrutturali - che ne rallentano la crescita». È sorprendente il dato contenuto nell’ultimo rapporto Unioncamere: il 40 per cento delle nuove imprese giovanili del 2011 sono nate al Sud. E le prime sedici province per incidenza della nuova imprenditoria giovanile sono meridionali. Come si possono leggere questi dati? «Si possono leggere in due modi. In primo luogo, in un momento di crisi del mercato del lavoro come quello attuale, con tassi di disoccupazione in crescita e previsioni di nuove assunzioni che rimangono più limitate rispetto al passato, il lavoro autonomo e imprenditoriale può essere una valida alternativa al lavoro dipendente, soprattutto nelle regioni meridionali, dove il fenomeno è già molto diffuso. Non è un caso se 26 delle prime 30 province per incidenza di PUGLIA 2012 • DOSSIER • 13


IN COPERTINA

imprese giovanili sul totale delle

imprese sono localizzate a Sud. Ed è significativo che Napoli, con quasi 40.000 imprese condotte da giovani, sia la seconda provincia d’Italia per numero di imprese giovanili esistenti, poco dopo Roma. In secondo luogo, ciò significa che anche durante la crisi la voglia di fare impresa rimane alta e che una lungimirante politica industriale dovrebbe essere in grado di sfruttare questa energia, convogliandola verso settori a più alto valore aggiunto. Senza aver timore dei fallimenti. Paradossalmente, questa “via obbligata” al lavoro può essere un volano per la crescita dell’intero sistema produttivo italiano». È entrato nella squadra di Giorgio Squinzi come vicepresidente con la delega per il Mezzogiorno. Quale sarà il suo contributo e quali le prime azioni per reagire alla crisi? «È necessario un cambiamento culturale nel modo di approcciare la questione meridionale, il Sud deve essere considerato non tanto un problema geograficamente circoscritto, con le sue regole, le sue risorse e il suo mondo chiuso in se stesso, ma come parte di un più generale problema di coesione economica e sociale del Paese. Come tale, non può essere affrontato con una logica da “riserva indiana”, con risorse straordinarie che sostituiscono quelle ordinarie dando una sensazione di grande abbondanza di risorse pubbliche che in realtà non c’è. Credo, invece, si debba tenere maggiormente conto del Sud nelle politiche ordinarie. Ciò significa lavorare per migliorare stabilmente la qualità dei servizi pubblici erogati nelle regioni meridionali in favore

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Alla recessione ha resistito meglio chi poteva disporre di una solida base manifatturiera

d i cittadini e imprese, che è sensibilmente più bassa di quella del resto del Paese. Una delle prime azioni da intraprendere riguarda i ritardi nei pagamenti della pubblica amministrazione. Secondo alcune stime, le sole imprese meridionali vantano crediti verso le pubbliche amministrazioni per oltre 17 miliardi. I decreti per la certificazione di tali crediti sono sicuramente positivi, perché consentono di immettere liquidità nel sistema e possono dare ossigeno immediato alle imprese. La via maestra però resta quella del pagamento, in tempi degni di un Paese civile». Quanto è importante il Sud per il futuro dell’Italia? «La crescita economica del Mezzogiorno è fondamentale per tutto il Paese. Come ha dimostrato anche la Banca d’Italia, quest’area è un importatore netto nei confronti di

tutto il centro-nord: 100 euro spesi per prodotti al Sud determinano una domanda aggiuntiva per le imprese del centro-nord pari a 40 euro. Basta solo questo dato a spiegare che se si ferma la crescita del Mezzogiorno si ferma, inevitabilmente, anche quella del resto del Paese. Il Sud è, inoltre, l’area che più di tutte possiede la maggiore quantità di risorse inutilizzate, umane, economiche, imprenditoriali, naturali e culturali. Ed è fondamentale anche per il successo delle strategie europee per la crescita. Le regioni meridionali sono tra quelle maggiormente lontane dei target di Europa 2020 in termini di occupazione, lotta alla povertà, spesa in ricerca e innovazione, per cui se l’Europa vuole avere qualche possibilità di centrare gli ambiziosi target di questa strategia è sulle regioni meridio-


Alessandro Laterza

nali che deve investire. Il Mezzogiorno è dunque una grande opportunità su scale locale ed europea. Investire qui significa investire nel futuro del Paese e nel futuro stesso dell’Europa». Da dove può scaturire lo sviluppo del Meridione? «La bacchetta magica non esiste, come non c’è una ricetta valida per tutte le realtà meridionali. Dalla crisi economica e finanziaria viene un insegnamento: alla recessione ha resistito meglio chi poteva disporre di una solida base manifatturiera. Non condivido l’idea di chi pensa che il futuro del Sud debba essere caratterizzato da un’economia basata solo su turismo e agricoltura, senza l’industria non esiste una reale prospettiva di sviluppo. La prima cosa da fare è dunque dotare il Mezzogiorno di una vera politica industriale, che promuova l’innovazione, la crescita dimensionale, l’internazionalizzazione, la collaborazione di rete tra le imprese. E che non abbia paura di fare scelte. Data l’esiguità delle risorse pubbliche a disposizione, è necessario evitare interventi a pioggia e da questo punto di vista

il decreto sviluppo è un primo passo, facendo pulizia di un gran numero di incentivi e rendendo di nuovo disponibili fondi da tempo inutilizzati. Questo abbozzo di politica va al più presto riempito di contenuti. Confindustria non fa più, ormai da tempo, la sentinella delle risorse per le imprese del Mezzogiorno. L’invito che facciamo è quello di indirizzare queste risorse verso comportamenti che premino un modo moderno di fare impresa». Di recente ha ricordato che così come dal Sud è partita la lotta contro la criminalità organizzata, è dal Sud che deve partire la grande battaglia contro la corruzione. Perché? «Quella della corruzione è una delle maggiori emergenze del nostro Paese, sotto diversi profili. Secondo la classifica di Transparency international, il nostro Paese è al 69esimo posto nell’indice della corruzione percepita, in compagnia di Ghana e Repubblica di Montenegro, in calo di 6 posizioni nel giro di due anni. La corruzione è perciò uno dei principali elementi che pesano sulla competitività dei nostri territori: la stessa

Transparency international stima che a ogni peggioramento in classifica gli investimenti diretti esteri scendono del 16 per cento. Ed è una delle principali cause di danno all’Erario: secondo la Corte dei Conti, a causa della corruzione mancano ogni anno 60 miliardi di euro: come dire che la corruzione ogni anno ci costa 1.000 euro a testa». Come occorre procedere? È necessario un cambio di mentalità? «Il fenomeno sta assumendo caratteristiche virulente in tutto il Paese e deve essere contrastato a fondo, prima di tutto per ragioni etiche. Ma nel Mezzogiorno esso ha un motivo in più per essere contrastato con forza: in un contesto economicamente più debole, il danno che può arrecare un ulteriore elemento di limitazione alla concorrenza, al mercato e alla libertà di iniziativa è, infatti, sensibilmente maggiore. Nella lotta contro la criminalità organizzata condotta da Confindustria tramite le associazioni regionali del Sud le motivazioni economiche hanno affiancato quelle etiche: per questo credo che, in analogia con questo impegno, la completa rimozione dell’opacità nei rapporti tra politica, pubblica amministrazione e impresa ne dovrà costituire la naturale evoluzione. Il messaggio che dovremo far passare è che combattere la corruzione non solo è moralmente giusto ma anche economicamente conveniente, soprattutto per il Mezzogiorno. Stiamo parlando di un cambiamento di mentalità, per cui il lavoro a cui saremo chiamati sarà di lungo periodo: dovrà riguardare la trasparenza della pubblica amministrazione, la reputazione dell’imprenditore, la cultura d’impresa, i nostri stessi comportamenti». PUGLIA 2012 • DOSSIER • 15




L’ANALISI

Tagliare inefficienze e sprechi Solo uno stretto accordo operativo tra sistema politico e tessuto imprenditoriale può rilanciare la Puglia. Un processo in cui Confindustria regionale intende assumere un ruolo centrale, come spiega il presidente Angelo Bozzetto Francesca Druidi

e ottime performance del sistema pugliese sul fronte dell’export 17,9 per cento in più rispetto al 2010, da confrontare con il +11,4 per cento a livello nazionale e il + 9,6 per cento nel Mezzogiorno - dimostrano la vitalità della realtà produttiva regionale, impegnata sempre più a rafforzare la propria competitività sui mercati internazionali. Ma serve uno sforzo ulteriore. Confindustria Puglia, a cui aderiscono 2.500 imprese per oltre 150mila occupati, vuole essere al fianco della politica, senza condizionamenti, per far uscire le imprese dall’attuale fase congiunturale negativa. Lo sostiene con forza il presidente degli industriali della regione, Angelo Bozzetto, che guarda all’attrazione degli investimenti, all’accesso al credito e alla sburocratizzazione come leve fondamentali per la crescita. Ha sottolineato l’importanza di un riposizionamento del ruolo strategico di

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Angelo Bozzetto, presidente di Confindustria Puglia

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Confindustria. In quale direzione auspica questo riposizionamento? «Confindustria deve porsi come obiettivo quello di svolgere un ruolo determinante per lo sviluppo del territorio e di tutta la Puglia, attuando un confronto leale, serio e rispettoso con le altre componenti del territorio, in primis con la politica, avendo la consapevolezza di potere e dovere operare al loro fianco, senza atteggiamenti concessori. Dobbiamo contribuire a governare un processo di sviluppo e di benessere, alla luce degli importanti ostacoli che sta affrontando il sistema economico e sociale del Paese. È un momento difficile, in cui bisogna rimboccarsi le maniche e mettere in campo tutte le energie possibili. In Puglia rappresentiamo direttamente e indirettamente quasi il 35 per cento del Pil: siamo, quindi, i primi contribuenti di questa nostra regione. Vogliamo concorrere al benessere della Puglia, ma vogliamo anche essere ascoltati sulla determinazione delle linee dello sviluppo, senza delegare le sorti delle nostre imprese e dei nostri dipendenti soltanto alla volontà politica».


Angelo Bozzetto

La priorità oggi è quella di investire sull’export, sull’apertura a nuovi mercati, sull’internazionalizzazione delle nostre produzioni di eccellenza

Se e in che modo il sistema confindustriale regionale può affrontare le sfide imposte dagli scenari globalizzati e rispondere fattivamente alle esigenze sempre più pressanti delle imprese? «Il riposizionamento strategico di Confindustria presenta dei passaggi obbligatori: continuare a credere nel potenziale competitivo e innovativo della regione; qualificare sempre più i nostri prodotti e il nostro personale; ricollocare il sistema industriale pugliese fatto di nicchie e piccole aziende, ma anche di grandi imprenditori. Dobbiamo riposizionare queste imprese sui mercati, consentendo loro di aggregarsi affinché

creino massa critica, riducendo i costi e puntando ai mercati emergenti per inseguire la crescita. La priorità oggi è quella di investire sull’export, sull’apertura a nuovi mercati, sull’internazionalizzazione delle nostre produzioni di eccellenza. Serve però anche uno sforzo da parte della Regione, della politica e del sindacato per raggiungere una maggiore flessibilità, non dimenticando il sistema del credito. Le banche devono finanziare le imprese, rimetterle in moto e rafforzarle». Quali sono le priorità che Confindustria pone sul tavolo chiedendo collaborazione, prima di tutto, alla Regione? «La priorità consiste nell’ottenere che la pubblica amministrazione sia finalmente in grado di rispondere alle esigenze dei tempi moderni. Purtroppo, la Pa è viziata da logiche di partito e di potere. Noi stiamo intervenendo anche sui costi che la Pa dovrà rivedere, soprattutto per quanto riguarda la sanità. Questa voce, infatti, rappresenta sul bilancio complessivo del governo regionale dal 75 all’80 per cento dei costi complessivi. Molto sperpero è stato fatto e bisognerà porvi rimedio. Queste risorse non devono andare perdute a causa degli sprechi, bensì devono essere messe a disposizione di tutti i pugliesi, per la loro qualità della vita e per lo sviluppo

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L’ANALISI

Chiediamo alla componente politica di eliminare la zavorra dell’inefficienza burocratica

della regione. In questa direzione, il sistema industriale continuerà a dare il suo pressante contributo e a restare vigile per ricollocare la Puglia tra le regioni leader nel Paese. Ne possiede, del resto, tutti i presupposti: vantiamo una qualità eccellente delle imprese, dei prodotti e soprattutto dell’accoglienza». La Puglia si conferma regione trainante del Mezzogiorno e non solo. Buone le performance dell’export, anche se continua a soffrire il distretto del mobile imbottito. Come risollevare questo comparto in evidente difficoltà? 20 • DOSSIER • PUGLIA 2012

«Chiediamo alla politica di eliminare le zavorre di burocrazia e di inefficienza. La pubblica amministrazione non sempre risponde alle esigenze del mercato, che è in continuo movimento. Servono risposte veloci, anche negative nel caso, perché il tempo è un fattore determinante. Le risposte della politica sono troppo lunghe. Si pensi proprio al settore del mobile imbottito: da sei anni aspettiamo la firma di un accordo di programma che è sui tavoli del Ministero dello Sviluppo economico da più di un lustro e che doveva, sulla carta, riqualificare e riaggiornare il distretto. Distretto che è ancora leader nel mondo per qualità e design, ma che dal 2002 ha perso quasi 400 aziende e 8.000 posti di lavoro, operando oggi con circa 100 aziende e 6.000 addetti. Quell’accordo di programma era il frutto di un’ampia intesa riguardante un’area di eccellenza che non vogliamo perdere: i tempi della politica e della pubblica amministrazione non ci fanno però vedere la luce. E si tratta di segnali negativi che non provengono esclusivamente dalla componente politica meridionale». Cosa fare allora? «È dovere del governo procedere in tempi rapidi alla firma dell’accordo di programma già approvato dalle Regioni Puglia e Basilicata, che hanno peraltro subito messo in campo 40 milioni di euro per il rilancio di questo comparto produttivo. Il mobile imbottito va ancora implementato come merita, perché è una produzione che può ancora essere leader nel mondo». E, in generale, come ritiene si possa sostenere la crescita e il rilancio del sistema produttivo regionale? «Occorre non solo diversificare i prodotti e i mercati ma anche rendere appetibile il territorio, cercando di attrarre investimenti anche esteri».


Paolo Perrone

Lo sviluppo di Lecce La crescita del tessuto economico e sociale di una città passa, in tempi di crisi economica, dalla capacità di ottimizzare le risorse a disposizione, tagliando sprechi inutili e garantendo liquidità a progetti strategici. La situazione di Lecce, guidata da Paolo Perrone Camilla Gargano elfare, giovani senza lavoro, turismo ed edilizia. Sono questi i punti più salienti del programma elettorale che lo scorso maggio ha portato Paolo Perrone a guidare per la seconda volta Palazzo Carafa con oltre il 63 per cento delle preferenze. Sviluppo economico e lavoro soprattutto, «cioè fare in modo che la vocazione di Lecce città turistica abbia delle ricadute a cascata su tutti i comparti e, soprattutto, utilizzare al meglio le professionalità e i talenti che abbiamo attraverso un’attività che possiamo gestire – spiegava Perrone –. Il sindaco non ha leve per incidere sull’economia, ma può far sì che i giovani scelgano la strada formativa più consona all’andamento del mercato». Sul fronte lavoro, in campagna elettorale Perrone aveva detto, rivolgendosi soprattutto ai giovani: «L’obiettivo è rendere possibile per i nostri ragazzi una collocazione lavorativa nella nostra città. La questione lavoro è uno dei cardini del mio programma. Non prometto forfettariamente posti di lavoro. Non parlo di numeri, ma di percorsi. Cerco di lavorare sugli strumenti di cui il territorio e i nostri giovani devono dotarsi. Una amministrazione comunale non ha in mano le leve del lavoro, ma può ben lavorare per creare le condizioni che il mercato chiede a un territorio». E per lo sviluppo della città rimane fondamentale la riqualificazione di tutta l’area alle spalle della stazione ferroviaria attraverso un progetto di rigenerazione urbana e un intervento sul parco delle ex cave di Marco Vito realizzato su progetto dell’architetto porto-

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ghese Alvaro Siza, il cui inizio dei lavori è imminente. Ma dal 16 giugno scorso, quando Paolo Perrone ha presentato la nuova giunta comunale, ha dovuto affrontare non pochi problemi. Il rieletto sindaco di Lecce al suo insediamento aveva detto che tutta la sua squadra avrebbe lavorato per lo sviluppo della città ma disoccupazione, Imu e spending review, fra gli altri, sono stati tra i principali ostacoli da aggirare. Sono questi, dunque, i nodi che Perrone e la sua squadra si trovano oggi a dover sciogliere per quello sviluppo da lui annunciato all’inizio del suo secondo mandato alla guida della città. Ma l’ostacolo più grande per l’amministrazione è quello del contenimento della spesa e dei tagli imposti dal governo nazionale. «I mancati trasferimenti e, nel caso specifico di Lecce, anche i tagli aggiuntivi che il Ministero dell’Economia ha apportato alla nostra città sulla base di errate previsioni, rendono la situazione economico-finanziaria degli enti comunali drammatica, perché priva di liquidità utile a garantire i servizi primari alle comunità». Poi il sindaco attacca l’istituzione dell’Imu, tassa «che ha inciso negativamente sulla pressione fiscale e ha creato non pochi danni alle amministrazioni comunali, incapaci di far fronte alle primarie esigenze della cittadinanza e impossibilitate a garantire i servizi fondamentali». Intanto la Giunta Perrone ha applicato la spending review anche all’interno dell’amministrazione, sono stati infatti ridotti del 10 per cento gli stipendi di sindaco e assessori del Comune.

Paolo Perrone, sindaco di Lecce

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EXPORT

Acciaio e automotive trainano le esportazioni Nuove strutture consortili e politiche di esportazione più incisive soprattutto a livello nazionale - saranno le chiavi di volta, secondo Federico Pirro, per mantenere le vendite oltreconfine dei prodotti pugliesi sulla cresta dell’onda Giacomo Govoni

a messo sotto la lente d’ingrandimento i dati sull’export pugliese relativi alle ultime stagioni consegnando il ritratto di una regione che dal 2001 al 2011 ha conosciuto un’escalation di scambi commerciali, schizzati l’anno scorso sopra gli 8 miliardi di euro. Federico Pirro, docente di storia dell’industria all’Università di Bari, che ha condotto la ricerca in veste di consulente tecnico-scientifico del centro studi Confindustria Puglia, analizza gli aspetti più significativi di questa parabola ascendente, traendone spunti interessanti anche in proiezione futura. Il suo rapporto profila una regione che miete successi sui mercati. Quali le punte di diamante del marchio Puglia? «In primo luogo l’acciaio dell’Ilva di Taranto, poi i prodotti farmaceutici della Merck Serono di Bari, la componentistica per auto di Bosch, Getrag, Magneti Marelli, Skf, Bridgestone e altre industrie minori dell’automotive. Seguono la chimica di base e l’elicotteristica di Brindisi, le sezioni in fibra di carbonio del nuovo aereo passeggeri 787 della Boeing - costruite dall’Alenia Aermacchi nei suoi due megaimpianti di Foggia e Grottaglie nel Tarantino - e le macchine movimento terra della Fiat Cnh, prodotte a Lecce. Ma esportiamo anche pasta, olio, vini e conserve

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con i marchi Divella, Granoro, Riscossa, Leone De Castris, Conti Zecca, Scarlino, Ar; e stiamo tornando a esportare abbigliamento, mobili e calzature, sia pure in quantità inferiori a 10 anni fa». Quali interlocutori commerciali esteri sono maggiormente “sedotti” dai prodotti pugliesi? «Per l’acciaio di Taranto sono grandi industrie automobilistiche estere, ad esempio la Mercedes. Lo stesso si può dire per l’automotive di Bari che, fra l’altro, vende le pompe per i sistemi common rail - messi a punto proprio a Bari 15 anni fa dallo staff di Mario Ricco alle case automobilistiche che montano i motori diesel. I prodotti agroalimentari vengono acquistati dalle maggiori catene estere della distribuzione che comprano beni delle nostre industrie più rinomate. Per l’abbigliamento sono i francesi, i tedeschi, i russi, gli statunitensi a comprare capi prodotti a Barletta, a Putignano, a Martina Franca e nel Salento». L’Istat fa notare come questo exploit pugliese sui mercati esteri non sia solo merito delle grandi industrie. In quest’ottica, quali modelli di aggregazione industriale si sono rivelati funzionali per competere nel mercato globale e quali lo saranno in futuro? «Sì, accanto alle grandi imprese - che restano decisive, si badi bene - secondo l’Istat


Federico Pirro

Federico Pirro, docente di storia dell’industria presso l’università di Bari e membro del comitato tecnico scientifico del centro studi Confindustria Puglia

e le rilevazioni del centro studi di Confindustria Puglia, oltre 5.800 esportatori vendono partite di varie dimensioni delle loro merci. Non si può dire, però, che abbiano funzionato sinora poli, distretti, consorzi e reti d’impresa per favorire le vendite oltreconfine. C’è ancora molto individualismo da parte delle pmi pugliesi nell’affacciarsi sui mercati esteri. Di certo si tratta di un loro limite associativo, ma anche di un segnale della loro forte vitalità, da convogliare tuttavia in nuove strutture consortili che già nei prossimi mesi potrebbero rivelarsi strumenti

8,159 MLD DI EURO IL PICCO STORICO DEGLI SCAMBI COMMERCIALI TOCCATO L’ANNO SCORSO DALLA PUGLIA, PRIMA REGIONE ITALIANA PER CRESCITA DI EXPORT NEL 2011

di aggregazione utili allo scopo». Quanto le politiche nazionali e regionali di sviluppo economico hanno influito su questi risultati sul fronte export e quali misure auspica nei prossimi mesi per proseguire questo trend? «Le politiche nazionali hanno inciso poco, anche perché da tempo manca in Italia una vera politica industriale e di sostegno dell’export. Basti pensare alle vicissitudini dell’Ice, prima soppresso e poi ripristinato a furor di popolo. Invece, va dato atto alla Regione di aver attivato già da anni un’organica strumentazione di incentivazione alle pmi: da un lato, con il servizio Sprint, che porta ogni anno delegazioni di aziende pugliesi su vari mercati, dall’altro, attraverso la spinta a grandi e piccole imprese a fare investimenti, stimolati per 1,4 miliardi di euro dal 2009, con incentivi per 416,3 milioni. Il “made in Puglia” ha arricchito così la sua competitività. Bisogna però che le banche assicurino credito alle imprese più dinamiche». Sulla base della fotografia attuale, da quali settori (e province) è lecito attendersi uno scatto in avanti in chiave export nei prossimi 10 anni ? «Da tutte le province, in realtà, perché in ognuna sono localizzati big player dell’industria italiana ed estera che sono export-oriented. Fra i vari settori, un ruolo trainante avranno ancora l’acciaio dell’Ilva di Taranto, le sezioni di carlinga e i piani di coda orizzontali del 787 della Boeing costruiti a Foggia e Grottaglie, la farmaceutica di Bari e i polimeri della Versalis di Brindisi, l’automotive di Bari, le macchine movimento terra della Fiat Cnh di Lecce. L’agroalimentare ha potenzialità enormi e con consorzi all’esportazione e politiche più aggressive potrebbe triplicare in pochi anni le sue vendite all’estero. Tac e legno mobilio - in Puglia opera la Natuzzi, tuttora leader mondiale nei divani imbottiti in pelle - potrebbero recuperare quote di export con prodotti più qualificati». PUGLIA 2012 • DOSSIER • 23


EXPORT

Il made in Puglia che piace all’estero Le esportazioni pugliesi viaggiano a velocità doppia rispetto alla media nazionale. Un andamento positivo che riguarda quasi tutti i settori, eccetto quelli che non hanno ancora saputo svincolarsi dal mercato interno. «Un salvagente che non esiste più» avverte Loredana Capone Giacomo Govoni

n flusso così abbondante di merci verso l’estero, da queste parti, non si vedeva dagli anni pre-crisi. È il ritratto di una regione “baciata” dai venti benigni dell’export quello che gli osservatori economici dipingono della Puglia. Un decennio, dal 2001 al 2011, vissuto da primatista italiana in fatto di incremento di esportazioni con un +30,8%, legittimato dal +10,1% rilevato dall’Istat nel primo trimestre di quest’anno. «Un dato doppio rispetto a quello nazionale» rimarca Loredana Capone, vicepresidente regionale con delega allo sviluppo economico che, tra i settori che hanno condotto a questi risultati in terra straniera (manifatturiero e industria estrattiva in testa), dedica una menzione speciale alla moda «che dopo anni di sofferenza nel biennio 20102011 ha dato segnali di ripresa».

U In alto, Loredana Capone, vicepresidente della Regione Puglia con delega allo sviluppo economico

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Oltre alla “sorpresa” moda, quali distretti hanno trascinato il sistema produttivo regionale a questo exploit? «Abbiamo avuto incrementi sia nei settori tradizionali che in quelli innovativi. Prendo il caso dell’aerospazio: in passato le aziende pugliesi si limitavano a lavorare come subfornitrici, ora invece si stanno aprendo a committenti stranieri grazie anche all’impulso della Regione, che ha favorito la creazione di due distretti aerospaziali, uno produttivo e l’altro tecnologico, composto da università e centri di ricerca. Qui operano anche nuove imprese di giovani, che costruiscono aerei da turismo, fuoriusciti da progetti di ricerca che hanno investito sulla materia oltre che sul design. È in corso, insomma, un processo che accanto a colossi come Alenia, Avio e Augusta ha visto nascere pmi in un settore innovativo. Oggi nell’aerospazio non siamo più solo esecutori, ma abbiamo anche cabine di regia di ricerca». Non tutti i distretti, tuttavia, ridono. Il distretto lucano-pugliese del mobile, ad esempio, sta colando a picco. «La crisi di settori come il mobile imbottito dipende dalla concorrenza di paesi con basso co-


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Loredana Capone

sto di lavoro e nella difficoltà di alcune aziende ad adattarsi a mercati internazionali. Molte aziende copiavano i modelli dei grandi marchi, attività che però i cinesi fanno meglio di noi e a costi inferiori. Ciò significa che non basta più un’ottima capacità produttiva, servono investimenti, ricerca e innovazione nella costruzione di brand, nella terziarizzazione delle imprese. Chi non li ha fatti non è riuscito a tenere il passo con le condizioni di mercato, al contrario di chi si è riposizionato». Come state andando incontro all’esigenza di risalire la china delle aziende del comparto? «Innanzitutto bisogna rinnovare le produzioni, puntare ai mercati dei paesi in crescita, dove si apprezza il marchio made in Italy, perché il salvagente del mercato interno non c’è più. Però occorre anche un sostegno e, dal canto nostro, abbiamo già pronto un accordo di programma con il Ministero dello Sviluppo economico e la Regione Basilicata per il rilancio del settore e per la riconversione di alcune parti, oltre che per la formazione dei dipendenti». Rilancio del porto di Taranto: in uscita dall’accordo col governo, Vendola ha parlato di «cambio radicale dell’assetto trasportistico e infrastrutturale del Mezzogiorno». Quali nuove rotte commerciali aprirà e che volumi aggiuntivi di export sarà in grado di sostenere? «Con le infrastrutture del porto di Taranto puntiamo a rafforzare la cosiddetta rotta del Far East, Middle East, Cina e India, direttrice su cui passa il 22% del commercio mondiale. Taranto si candida a essere l’unico scalo italiano che intercetta le navi container cinesi di ultima generazione. In questo senso, ci sono già accordi di cooperazione tra il porto di Taranto e alcuni porti cinesi, come quello con Shenzhen siglato a ottobre scorso. Ora si punta al porto di Shanghai: a tal proposito, un mese fa in Fiera la Puglia ha portato a casa un pre-accordo firmato con l’istituto governativo

30,8%

ESPORTAZIONI L’INCREMENTO FATTO REGISTRARE DALLA REGIONE NEL DECENNIO 2001-2011 NEGLI SCAMBI CON L’ESTERO

che prelude alla cooperazione. Il presidente dell’autorità portuale Sergio Prete sta facendo un grande lavoro sfociato nell’accordo con Rotterdam. L’aspettativa di crescita è notevole, anche in virtù del fatto che a Taranto agisce Hutchison, primo operatore mondiale nel traffico navale». In quali settori le pmi pugliesi lamentano maggiori difficoltà a crearsi un varco internazionale e quali strumenti state studiando per aiutarle? «Le difficoltà non si registrano tanto nei settori, quanto nelle strutture aziendali. Le aziende di piccole dimensioni hanno difficoltà a sfruttare le opportunità estere, anche perché banalmente può accadere che non ci sia qualcuno che parli inglese. La verità è che molto dipende dalla capacità organizzativa dell’unità aziendale, a prescindere dalla sua dimensione. Magari ci sono aziende sotto i 10 dipendenti che lavorano solo con l’estero, perché hanno un paio di figure che conoscono a menadito l’e-commerce e si internazionalizzano facilmente. La Regione sta studiando strumenti di agevolazione nuovi, non più solo fiere e sportelli, ma anche un’attività di sostegno a tutto tondo alle singole aziende». PUGLIA 2012 • DOSSIER • 25


EXPORT

Primario e turismo, gli alfieri dell’export Agroalimentare, industria aerospaziale, meccanica. E uno scatto del turismo, in cui «la Capitanata registra un numero di presenze annue maggiore rispetto al resto della Puglia», osserva Giuseppe Di Carlo. Così il made in Foggia si sta distinguendo all’estero Giacomo Govoni

elle speciali graduatorie che misurano il grado d’incidenza dei comparti sulla formazione del Pil, la Capitanata figura da tempo ai primi posti in Italia per quanto riguarda il settore primario. In quest’area, dove ad esempio opera da circa tre anni la più grande fabbrica di trasformazione del pomodoro al mondo, non stupisce che alla crescita del 8,5% delle esportazioni foggiane registrata nel primo trimestre 2012, abbiano concorso in primis i risultati dell’ a g r o a l i m e n t a re . «Ciò è dovuto – spiega Giuseppe Di Carlo, presidente di Confindustria Foggia – all’azione combinata di diversi fattori: la vocazione del territorio nel settore primario, la presenza di industrie di trasformazione di grande tradizione, ma nel contempo in grado di rispondere a un mercato sempre più attento alle produzioni tipiche e di qualità». Quali settori stanno incamerando i ri-

N

Giuseppe Di Carlo, presidente di Confindustria Foggia

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sultati più inattesi dai mercati internazionali? «Nell’agroalimentare, che assicura tuttora al sistema Puglia ottimi risultati sia sul mercato interno ma soprattutto nell’export, particolari soddisfazioni arrivano dai simboli eccellenti della dieta mediterranea - pasta, ortofrutta, vini e oli - in cui la Puglia detiene primati produttivi in ambito nazionale. Il contributo determinante della provincia di Foggia alle affermazioni dell’agroalimentare è inoltre supportato da sinergie sviluppate con il settore del turismo e alla presenza a Foggia del Distretto tecnologico agroalimentare regionale, che sta dando grande impulso all’innovazione di processo e di prodotto». Confindustria regionale mette anche in rilievo il successo all’estero negli ultimi mesi dei prodotti di un colosso industriale come Alenia. Come hanno contribuito le pmi dell’indotto a questo risultato? «La realtà industriale della Puglia è per lo più caratterizzata da piccole e medie imprese in ogni settore. In taluni casi, come nell’aerospaziale e nella meccanica, sorte a supporto di realtà di dimensioni più importanti. Nel caso di specie, va ricordato il contributo e la grande sinergia tra i due stabilimenti Alenia di Grottaglie e Foggia, quest’ultimo ubicato


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Giuseppe Di Carlo

+8,5%

EXPORT LA CRESCITA DELLE ESPORTAZIONI REGISTRATA NEL PRIMO TRIMESTRE 2012 NELLA PROVINCIA DI FOGGIA

in una zona industriale strategica per l’economia della Capitanata e delle aree contermini, dove è stato possibile sviluppare un indotto grazie a una peculiare dotazione infrastrutturale e logistica». Quali buyer europei e intercontinentali stanno mostrando maggior sensibilità nei confronti del marchio Capitanata? «Il brand Capitanata non è solo agroalimentare, ma appunto anche turismo nelle sue diverse articolazioni: balneare, religioso, congressuale, termale, enogastronomico, ambientale. I dati statistici confermano che la provincia di Foggia registra annualmente un numero di presenze maggiore rispetto al resto della Puglia, grazie a imprenditori che si sono rimboccati le maniche e hanno dato vita a una rete di strutture ricettive, dal Gargano al Subappenino». Quindi anche il turismo aiuta ad allargare il raggio commerciale del foggiano? «La domanda turistica sembra soffrire la crisi in atto meno di altri comparti, anche per il minor appeal di altre destinazioni mediterranee come Grecia, Tunisia ed Egitto, interessate da problemi di altra natura. In questa visione più ampia, la provincia di Foggia trova i suoi mercati di riferimento un po’ in tutti i continenti, con punte in Germania, Stati Uniti, Canada e una crescente attenzione da parte degli operatori di India, Giappone e Corea». Quanto il sistema di incentivazione regionale ha inciso e sarà ancora capace di stimolare il grado di apertura ai mercati

esteri delle imprese foggiane? «Gli incentivi per l’innovazione e gli interventi di promozione del sistema Puglia nei diversi comparti hanno sicuramente contribuito a rendere più competitiva la realtà produttiva regionale. È però giunto il momento di guardare con maggiore attenzione alla risoluzione di nodi strategici per la nostra economia, come la riqualificazione e il rafforzamento delle aree industriali, la portualità, la logistica. È necessario che l’amministrazione regionale faccia tutto quanto necessario e di sua competenza per favorire la rapida messa a regime di iniziative e progetti già avviati che interessano in modo particolare la provincia di Foggia». Quali progetti avete in programma nei prossimi mesi per allargare gli orizzonti dei vostri associati fuori dall’Italia? «A mio avviso lo sviluppo industriale della Capitanata si fonda sulle tre I: internazionalizzazione, innovazione e infrastrutture, fattori trasversali a tutti i comparti produttivi. All’agroalimentare, al turismo, all’aerospazio e alla meccanica nel nostro sistema associativo si aggiungono importanti realtà nel settore delle rinnovabili - dall’eolico al fotovoltaico, alle biomasse - impegnate anche nella produzione della componentistica di base, che completa un discorso di filiera ancora assente nel Mezzogiorno. Su questo aspetto nella nostra provincia siamo più avanti, anche a livello di formazione e qualificazione degli addetti, ma sappiamo che tanto resta da fare. E, comunque, qualsiasi iniziativa per essere efficace ha bisogno che, sia a livello centrale che territoriale, si risolva con urgenza la questione del credito alle imprese di cui tanto si discute ma senza risultati ancora apprezzabili». PUGLIA 2012 • DOSSIER • 27


EXPORT

Far riemergere l’arcipelago del salotto Difendere l’eccellenza del mobile imbottito pugliese dagli attacchi dei produttori irregolari e a basso costo. È la crociata condotta in prima persona da Pasquale Natuzzi, uomo simbolo del distretto murgiano del mobile imbottito, in cui fatturato e occupazione hanno ingranato la retromarcia Giacomo Govoni na svolta sull’accordo di programma per il mobile imbottito del polo murgiano. A sollecitarla, anche attraverso cortei di protesta andati in scena nel corso dell’estate lungo le strade di Bari e Matera, sono gli operatori di un settore asfissiato dalla crisi. «Se ne parla dal 2006 – osserva Pasquale Natuzzi, presidente e amministratore delegato dell’omonimo gruppo – speriamo che l’attuale governo sciolga ogni nodo e proceda agli opportuni finanziamenti per ridare prospettive ad aziende e lavoratori». L’appello del patron della Natuzzi, che pur in un 2011 al ribasso ha comunque fatturato il 70% dell’intero giro d’affari del comparto, condensa il disagio di un distretto in odore di tracollo. L’Istat ha certificato che nel primo trimestre 2012, solo dal lato Puglia, la perdita di esportazioni è stata del 13,9%. Il distretto del mobile imbottito, di cui il vostro Gruppo è il primo attore, soffre rispetto a un sistema economico pugliese che tiene soprattutto grazie all’export. Quali mercati vi tengono a galla? «Nell’ambito della crisi generale, il distretto continua a vivere un calo del fatturato e una drastica riduzione dell’occupazione. I beni durevoli, come quelli che noi produciamo, sono stati i più colpiti dalla crisi e il settore si regge grazie alle esportazioni. I mercati che trainano le vendite sono gli

U Pasquale Natuzzi, presidente e amministratore delegato del Gruppo Natuzzi

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Usa, dove è in atto una ripresa dei consumi, il Brasile e l’America Latina; i mercati dell’Asia che si affaccia sul Pacifico, India in particolare, e Medio Oriente. Questi sono i Paesi su cui continuiamo ad aprire i nostri punti vendita e a espandere il network retail». Come sono cambiati i vostri volumi di produzione e di fatturato negli ultimi anni? «Oggi siamo un gruppo globale con tre marchi - Natuzzi, Italsofa e Leather Editions - e una strategia ben precisa. Operiamo in quattro grandi mercati che rappresentano il 90% del nostro fatturato: Europa, Medio Oriente e Africa, che consideriamo un unico mercato, i paesi dell’Asia Pacifica, le Americhe e il Brasile. In queste aree abbiamo nostri stabilimenti produttivi per essere vicini ai clienti che acquistano i prodotti Italsofa e Leather Editions. In Italia produciamo esclusivamente Natuzzi, il nostro brand di alta gamma. Il 2011 si è chiuso con un fatturato pari a 486,4 milioni di euro, -10% rispetto al 2010». A penalizzarvi è soprattutto la concorrenza sleale, contro cui sta conducendo una battaglia portata fino alla Camera dei deputati. Quali piaghe ha denunciato? «In qualità di azienda che da sempre rispetta i contratti, i diritti e la legalità, abbiamo puntato sull’etica e la trasparenza fin dall’inizio. Le aziende concorrenti fanno magie indescrivibili. Hanno


Pasquale Natuzzi

EXPORT

-13,9% IL CALO DI MOBILI ESPORTATI REGISTRATO DA ISTAT NEL PRIMO TRIMESTRE 2012, RIFERITO SOLO ALLA PARTE PUGLIESE DEL DISTRETTO DEL MOBILE IMBOTTITO

nale condanna anche i committenti e non solo i terzisti irregolari». Il made in Italy è stato un fattore importante per la crescita del Gruppo Natuzzi. Lo è ancora? Crede che in Italia si faccia abbastanza per tutelarlo? «Nonostante gli attacchi, il made Le aziende concorrenti fanno magie in Italy continua a essere un valore indescrivibili: hanno fatturati altissimi in cui credo, a patto che dietro ci e pagano un divano prodotto in Italia sia il lavoro, la ricerca della qualità e dell’eccellenza. Servirebbe una da cinesi a un prezzo più basso di un maggior tutela legislativa per predivano prodotto in Cina servare quello che in tutto il mondo ci viene ancora riconosciuto: gusto, raffinatezza, elefatturati altissimi, investono in pubblicità cifre ganza, bellezza e armonia. Se non puntiamo sul molto più alte di quelle che spende Natuzzi e pa- made in Italy, rischiamo di perdere molti posti di gano un divano prodotto in Italia da cinesi a un lavoro nei settori industriali che hanno fatto prezzo più basso di un divano prodotto in Cina. grande il nostro Paese». Con una beffa in più: quella di contrabbandare State riuscendo a salvaguardare l’occupail loro come un prodotto made in Italy». zione, nonostante tutto. Su questo versante, Quali effetti ha avuto quel viaggio a Mon- che sviluppi ci saranno in futuro? tecitorio? «La profonda crisi che da un decennio attanaglia «Ho avuto conferma che le esigenze delle imprese il settore del mobile imbottito impone scelte e denon sono ben note dai nostri politici. E allora cisioni non più rinviabili. Un business un tempo tocca ancora a noi risolvere i nostri problemi e, trainante, illuminato da imprenditori geniali che al contempo, spingere politica e istituzioni a tro- hanno esportato l’eccellenza italiana nel mondo, vare soluzioni. Intanto, una sentenza storica con- nel 2003 rappresentava l’11% della produzione tro la concorrenza sleale potrebbe finalmente mondiale di divani. Un miracolo tutto meridiorendere più difficile la vita ai furbi e a chi viola le nale, che oggi rischia di cedere il passo alla diregole. Il 10 luglio 2012 il tribunale di Forlì ha soccupazione e al sommerso. In questo senso, condannato alcuni imprenditori del distretto in- l’accordo di programma è uno degli strumenti dustriale del divano che si servivano di manodo- necessari per attrarre investimenti e favorire lo svipera terzista cinese: per la prima volta un tribu- luppo di nuove imprese nel territorio».

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PUGLIA 2012 • DOSSIER • 29




EXPORT

I formaggi della Murgia conquistano nuovi mercati Dopo aver raggiunto le tavole dei consumatori italiani, la genuinità dei latticini a Marchio Deliziosa ha imboccato la strada dell’export. Giovanni D’Ambruoso spiega come ha coniugato tradizione e tecnologia. Confermando la qualità Mauro Terenziano

umeri da produzione industriale e lavorazione artigiana, fatta a mano ancora come una volta. È questa la specificità dei latticini prodotti dalla Delizia Spa, produttrice di latticini freschi e formaggi stagionati di Noci, in provincia di Bari. A riconoscimento di una produzione di formaggi che è prima di tutto di qualità, l’azienda casearia, nel 2011, a Milano, in occasione della terza edizione di TuttoFood, è stata premiata per il caciocavallo stagionato in grotta. «Questo formaggio dalle antiche origini – spiega Giovanni D’Ambruoso, titolare dall’azienda – viene ancora oggi lavorato a mano e stagionato in grotte naturali, conservando così tutte le caratteristiche che lo rendono unico e inconfondibile: un odore eccezionale e un gusto aromatico che conquista il palato di chi ama mangiare le cose buone di una volta». Alla base di questo successo c’è prima di tutto la qualità della materia prima. «Lavoriamo esclusivamente latte crudo pugliese, raccolto da allevamenti della Murgia barese e tarantina, rigorosamente selezionati e rinomati per la loro produzione e per la ricchezza dei pascoli. È l’alta qualità del latte crudo, asso-

N Sotto, Giovanni D'Ambruoso, titolare della Delizia Spa di Noci (BA). Nelle altre immagini fasi della lavorazione dei formaggi www.deliziaspa.com

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ciata alla lavorazione artigianale, che esalta la bontà dei nostri prodotti, che sono tracciabili lungo tutta la filiera per assicurare al consumatore un formaggio controllato e garantito». La gamma dei prodotti, diffusi con il marchio Deliziosa, include i latticini tipici della tradizione casearia pugliese – nodini, trecce, bocconcini, formaggi stagionati, ricotte e ovviamente la burrata, una fusione di mozzarella e panna che sta riscontrando grande successo, anche all’estero. «I nostri prodotti vengono distribuiti in gran parte delle regioni italiane, sia attraverso i canali della grande distribuzione organizzata che il normal retail. A partire dal 2012 abbiamo avviato anche le esportazioni, che però al momento rappresentano soltanto il 5 per


Giovanni D’Ambruoso

17,4 mln FATTURATO REALIZZATO DA DELIZIA SPA NELL’ANNO 2011. SECONDO LE PREVISIONI, L’AZIENDA SUPERERÀ LA QUOTA DEI 20 MILIONI ENTRO IL 2012 cento del nostro fatturato. Tuttavia ci sono prospettive importanti, come abbiamo registrato in occasione della nostra partecipazione alle più recenti fiere del settore alimentare, durante le quali abbiamo avuto modo di verificare l’apprezzamento che i buoni prodotti made in Italy riscuotono anche fra i consumatori stranieri. In base alle nostre previsioni di espansione commerciale in Italia e all’estero, dopo un 2011 chiuso con un fatturato a quota 17,4 milioni di euro – che ha confermato un trend di crescita delle vendite che già da alcuni anni caratterizza la nostra realtà –, prevediamo di superare i 20 milioni entro il 2012». La crescita delle quote di mercato della Delizia è andata di pari passo alla ricerca dei migliori metodi di conservazione del prodotto. «Essendoci orientati ai mercati nazionali e anche internazionali – attualmente siamo presenti in Svizzera, Germania e Romania, ma puntiamo anche agli Stati Uniti –, il problema della shelf life del prodotto è stato messo al cen-

tro dei nostri obiettivi. La sfida che abbiamo vinto è stata quella di allungare la vita dei nostri formaggi e latticini senza tuttavia modificarne le caratteristiche organolettiche. Questo ampliamento del raggio di azione è reso possibile da una combinazione di fattori:la genuinità e qualità costante dei prodotti da una parte e la capacità produttiva dell’azienda dall’altra, da poco trasferitasi in una nuova struttura, nella quale le moderne tecnologie e la sapienza artigiana si sono unite per garantire al consumatore un prodotto dagli elevati standard qualitativi». Standard garantiti dalle più importanti certificazioni di processo e di sicurezza alimentare: Uni En Iso 9001:2008, Uni En Iso 14001:2004, Uni En Iso 22005:2008 (rintracciabilità nelle filiere agroalimentari), Brc (British Retail Consortium), Ifs (International Food Standard), la certificazione di prodotto, il marchio prodotti di Puglia, la Dop Caciocavallo silano e l’Halal (prodotti per cittadini musulmani). PUGLIA 2012 • DOSSIER • 33


INTERNAZIONALIZZAZIONE

L’imprenditoria di Bari dialoga coi Balcani C Una lunga esperienza nelle applicazioni chimiche per il trattamento delle acque potabili. Un costante impegno per favorire l’internazionalizzazione delle Pmi pugliesi e del Meridione. Donato D’Agostino affronta il tema della promozione dei processi di espansione oltre Adriatico Luca Cavera

Nella pagina a fianco, a sinistra, Donato D’Agostino, amministratore unico della Chimica D’Agostino Spa di Bari - www.chimicadagostino.com

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himica e ambiente, chimica e tradizione rurale. Presenza sul territorio e internazionalizzazione. Il gruppo D’Agostino ha trovato il modo di coniugare la scienza che si occupa della composizione della materia e delle sue trasformazioni con la green economy, inaugurando un nuovo modo di fare impresa. Laddove la chimica interagisce con le discipline scientifiche si sviluppa in parallelo l’attività “verde” e, grazie alla versatilità dell’amministratore unico, Donato D’Agostino, il gruppo ha puntato su un connubio che si è rivelato vincente. D’Agostino, da oltre trent’anni al timone della Chimica D’Agostino, è membro della giunta di Federchimica-Confindustria e responsabile nazionale del settore trattamento acque, oltre a ricoprire prestigiosi incarichi in numerosi organismi industriali e imprenditoriali nazionali e regionali. Convinto sostenitore dell’espansione all’estero e delle ragioni del Mezzogiorno in Europa, nonché responsabile per l’internazionalizzazione di Confindustria Puglia, D’Agostino è stato uno dei primi imprenditori pugliesi a investire oltre Adriatico.


Donato D’Agostino

Non possiamo limitarci a guardare il cambiamento, ma dobbiamo cavalcarlo. Prima che qualcun altro lo faccia al nostro posto

L’Albania è da sempre uno dei mercati di riferimento per la Puglia. Su quali linee strategiche si può incrementare la collaborazione fra i due territori? «Fino a oggi, anche grazie all’impegno di Confindustria Puglia, sono state promosse numerose iniziative indirizzate alle Pmi albanesi e pugliesi, con la finalità di agevolare il dialogo tra realtà produttive e facilitare la formalizzazione di partnership imprenditoriali. Penso innanzitutto all’ambiente e, in particolare, alla pesca, al ciclo dell’acqua, alla gestione dei rifiuti, all’edilizia sostenibile e alle energie rinnovabili. Ma ci sono tanti altri comparti nei quali sono possibili investimenti e intese: dai trasporti – ragionando nell’ottica di un sistema portuale integrato – alla valorizzazione del territorio e dei beni culturali, dallo sviluppo dei sistemi produttivi ed economici – a partire dalla filiera agroalimentare e dai distretti – fino al sociale e al turismo. Proprio per facilitare il dialogo tra tutte le parti interessate, Confindustria ha da tempo aperto un desk a Tirana che mette a disposizione delle imprese associate nuovi e specifici servizi di assistenza». Su quali altri paesi si può puntare per favorire i processi di internazionalizzazione delle Pmi pugliesi? «Tutta l’area balcanica, il bacino del Mediterraneo, senza dimenticare Cina, Giappone, Russia e i paesi del Nord Africa in continua crescita, costituiscono importanti opportunità di intese e alleanze. In particolare, i settori del mercato immobiliare, delle infra-

strutture, dei servizi pubblici e dell’energia sono quelli che presentano maggiori e concrete possibilità di investimento in Brasile, dove la crescita economica degli ultimi anni è stata alimentata dall’incremento della domanda al consumo da parte della classe media, da una consistente spesa per infrastrutture e dall’abbondanza di risorse naturali. Tornando in Europa, invece, per la Germania, l’Italia è il primo partner commerciale per le esportazioni e nell’ultimo anno si è intensificato del 9 per cento il turismo di tedeschi verso il nostro paese e la Puglia in particolare. Questo non può che favorire l’ulteriore sviluppo imprenditoriale tra i due paesi. Il sistema Germania vede, peraltro, la Puglia come una regione fortemente all’avanguardia, molto dinamica e con una spiccata propensione degli imprenditori a guardare ai mercati esteri». Quali sono, invece, gli errori da evitare per non compromettere le sinergie tra diversi paesi? «Occorre superare antichi vizi, tra cui quello PUGLIA 2012 • DOSSIER • 35


INTERNAZIONALIZZAZIONE

DAL 1948 NELLA CHIMICA ra le più rinomate aziende italiane nel settore chimico-industriale, la Chimica D’Agostino è attiva dal 1948. La società ha il suo headquarters a Bari e anche una sede a Tirana, oltre ad attività di sviluppo in Grecia e nei paesi balcanici. Lo stabilimento di Bari, collocato nella zona industriale, si sviluppa su un’area di 50mila metri quadrati e ha una capacità di stoccaggio liquidi di circa 6mila metri cubi. Certificata con un sistema di gestione qualità (Iso 9001), ambiente (Iso 14001) e sicurezza (Iso 18001), la società ha messo in atto una strategia aziendale assolutamente premiante, che nell’ultimo decennio ha generato una costante crescita di fatturato. E questo, nonostante le difficoltà determinate dall’avvento dei mercati asiatici e un ambito territoriale caratterizzato da notevoli difficoltà socio-economiche e da carenze infrastrutturali – che spesso costituiscono un serio impedimento alla competitività delle piccole e medie imprese. Dal 2005, il gruppo D’Agostino ha diversificato l’attività, investendo nel progetto turistico-ricettivo della masseria Ciura, a pochi chilometri da Taranto, impegnata anche nel comparto agricolo.

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di non essere capaci di unirci e fare sistema o

di far prevalere le contrapposizioni e i localismi. È necessario, invece, agire tutti insieme e nella stessa direzione secondo una logica di filiera che metta in campo una pluralità di attori politici, economici, imprenditoriali e soggetti pubblici e privati. Non possiamo limitarci a guardare il cambiamento, bensì dobbiamo cavalcarlo, prima che qualcun altro lo faccia al nostro posto».

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Oltre che nell’apertura all’estero, tra i principali obiettivi del vostro management c’è il connubio fra innovazione tecnologica e attenzione all’ambiente. Qual è in concreto la vostra politica in questa direzione? «Per favorire questo modello di sviluppo abbiamo sottoscritto accordi di collaborazione con aziende internazionali dall’elevato grado di specializzazione, convenzioni con università e centri di ricerca. E gli importanti investimenti effettuati nel reparto interno di ricerca e sviluppo ci hanno consentito di raggiungere standard produttivi in linea con le più moderne esigenze del mercato. Inoltre, seguendo le applicazioni della chimica nel ciclo vitale dell’uomo, abbiamo creato più divisioni, ognuna impegnata nella ricerca, nella produzione e nella commercializzazione di prodotti in altrettanti comparti: trattamento delle acque potabili e reflue, trattamento aria e rifiuti, sanificazione nell’agro-alimentare, nutrizione vegetale e concimi, igienico-sanitario, turistico-alberghiero. In particolare, la nostra azienda è market leader per il trattamento delle acque potabili, tanto da soddisfare le richieste del 70 per cento degli acquedotti italiani e di alcuni tra i più importanti acquedotti dell’area balcanica».



INTERNAZIONALIZZAZIONE

Si svelano nuovi scenari per le pmi Il successo delle piccole e medie imprese italiane passa anche dalla loro capacità di imporsi sui mercati internazionali. Antonio Barile, presidente della Camera di Commercio Italo Orientale, indica la strada da seguire per raggiungere questo importante obiettivo Gloria Martini

romuovere e favorire le relazioni economiche tra l’Italia e i Paesi esteri, con particolare riferimento a quelli dell’Europa orientale, dell’Area balcanica, del Medio e dell’Estremo Oriente. Può essere così riassunto l’obiettivo alla base del lavoro della Camera di Commercio Italo Orientale, come spiega il suo attuale presidente Antonio Barile, alla guida dell’istituzione dal 2011. Sin dalla sua fondazione, avvenuta nel 1924, la Camera di Commercio Italo Orientale si è posta come un prezioso punto di riferimento per tutte le aziende interessate a “esplorare” nuovi territori. «Nel corso degli anni - ricorda Antonio Barile - la Camera ha costantemente incrementato la sua attività, finalizzata a intensificare e a rendere più razionale la penetrazione delle nostre imprese nei mercati

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Qui sopra, Antonio Barile, presidente della Camera di Commercio Italo Orientale. Nella pagina a fianco, in alto, Nicola Pintucci, responsabile dello sportello Balcani della Italo Orientale - www.ccio.it

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levantini; un esempio per tutti della sua vocazione verso l’Oriente, è il ruolo centrale che essa ha svolto nella creazione della Fiera del Levante». Oggi la CCIO, grazie anche alla sua fitta rete di corrispondenti dall’estero, è in grado di fornire ai propri iscritti tutte le informazioni di natura politica, economica e legislativa necessarie per operare in un determinato Paese, e facilitare così le relazioni delle imprese italiane con i potenziali partner stranieri. «Non è un caso se negli ultimi mesi - precisa il presidente - sono stati siglati importanti accordi e protocolli d’intesa, con istituzioni pubbliche e private, con l’obiettivo di sostenere, all’interno dei diversi contesti locali, nazionali e internazionali, tutte quelle azioni che possano permettere alle nostre pmi di avviare e concretizzare progetti di media e lunga durata». Nel 2012 sono state dunque numerose le azioni intraprese dalla Camera di Commercio Italo Orientale a sostegno della attività di internazionalizzazione delle nostre piccole e medie imprese. Tra queste merita una citazione il “Progetto Matricole”, nato nel 2011 e sostenuto da Unioncamere con il coinvolgimento di altre Camere di Commercio Italo-estere, che, commenta il presidente dell’Ente camerale, «è dedicato alle imprese che non hanno mai operato sui mercati internazionali, pur avendo le caratteristiche per farlo ed è volto a stimolare la nascita di relazioni economiche e commerciali con i Paesi esteri, per favorire l’aumento del numero delle aziende impegnate in percorsi di internazionalizzazione e sostenere la propensione a un ampliamento delle loro capacità di export». Sempre a questo proposito si sono tenuti


Antonio Barile

Il Progetto matricole è dedicato alle imprese che non hanno mai operato sui mercati internazionali

workshop e incontri one to one che hanno consentito, alle realtà più attente alle tematiche introdotte, di stringere importanti accordi commerciali per l’esportazione dei loro prodotti. Inoltre, grazie al supporto fornito dall’Hong Kong TDC, con cui la Camera di Commercio Italo Orientale ha una collaborazione attiva da anni, e alla partecipazione di esperti relatori, nel corso della manifestazione è stata offerta alle imprese una consulenza a 360 gradi sulle opportunità offerte dal mercato cinese. «In virtù della sua lunga esperienza - ci tiene a precisare il presidente Antonio Barile - la CCIO ancora oggi contribuisce alla diffusione del made in Italy nel mondo e allo sviluppo delle imprese associate sui mercati esteri, attraverso missioni economiche, partecipazione a manifestazioni fieristiche, accordi di collaborazione, protocolli d’intesa e concessione di patrocini». Numerosi infatti i patrocini e le partecipazioni a importanti manifestazioni di settore, tra cui: Costruire - Edil Levante (Bari), l’ExpoMurgia (Altamura), l’Apulia Wine Identity (Lecce), il BTC (Rimini), il Festival internazionale del film turistico (Lecce) e il Balkan Wine Expo (Tirana). Altri eventi hanno visto il coinvolgimento in prima linea della CCIO, con l’organizzazione di incontri sia con gli addetti commerciali delle Ambasciate estere in Italia, che con buyer selezionati provenienti dai territori su cui la Camera opera. A oggi

dunque la Camera di Commercio Italo Orientale può ritenersi molto soddisfatta dei risultati ottenuti grazie all’accurata pianificazione delle sue attività e alle azioni strategiche intraprese. «Siamo così riusciti - conclude Antonio Barile - a potenziare la nostra visibilità e a consolidare la nostra credibilità sul territorio nazionale. Tutte caratteristiche fondamentali per il profilo di un’istituzione che da sempre si adopera per garantire la massima visibilità a tutte quelle eccellenze che hanno reso il made in Italy famoso nel mondo, e che anche per l’anno in corso ha pianificato un fitto calendario di eventi». PUGLIA 2012 • DOSSIER • 39


INTERNAZIONALIZZAZIONE

Dalla Fiera del Levante al mercato cinese Da Bari a Hong Kong, il passo è più breve di quanto si possa pensare. Gianluca Mirante, Direttore Italia dell’Hong Kong Trade Development Council, spiega come avvicinarsi alla Cina e alle sue opportunità commerciali Renato Ferretti

gni mercato ha la chiave che apre le porte ai nuovi investitori e aziende. Quella cinese si trova a Hong Kong. Gianluca Mirante, Direttore Italia dell’Hong Kong Trade Development Council (Hktdc), ne è convinto. Lui che di mestiere presenta la Cina, e più in particolare l’ex colonia britannica, agli imprenditori italiani e viceversa, ci tiene a ricordare che è ad Hong Kong l’economia più libera del mondo, come ultimamente è stato di nuovo riconfermato. Ed in questo senso le fiere e gli eventi internazionali costituiscono sicuramente un modo di interfacciarsi con realtà che da una parte sono ricche di opportunità. «Dall’altra però – dice Mirante - spesso sono sconosciute. Quello in cui ci impegniamo è proprio permettere l’avvicinamento favorendo così i rapporti commerciali tra i due paesi». Ma per quali motivi Hong Kong rappresenta una “tappa obbligata” per tutte quelle imprese che vogliono accedere al mercato cinese? «Hong Kong è un centro finanziario internazionale e un Gianluca Mirante, Direttore Italia dell’Hong Kong Trade Development Council (HKTDC), mercato libero, che favorisce la con sede a Milano - www.hktdc.com circolazione di informazioni,

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www.associazioneitaliahongkong.org

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persone, beni e capitali, con una tassazione semplice e contenuta. Il suo sistema legale, valido e indipendente trae origine dalla Common Law inglese e, in riferimento alla tipologia di aziende italiane che guardano all’estremo Oriente, garantisce la tutela della proprietà intellettuale in modo deciso ed efficace. Sono queste le caratteristiche che hanno permesso a Hong Kong di diventare il luogo principale di insediamento delle aziende estere che si avvicinano al mercato cinese e intendono controllare le operazioni nell’intero Sud-Est asiatico. Non da ultimo, la posizione geografica strategica, alle porte della Cina continentale e al centro dei principali mercati in Asia». Quali sono i problemi di un’azienda italiana per affermarsi all’interno del mercato di Hong Kong? «A Hong Kong gli aspetti amministrativi e burocratici sono ridotti assolutamente al minimo, e non costituiscono affatto una criticità di approccio al mercato. La maggiore criticità, ripeto, è costituita dalla non conoscenza del mercato specifico e dalle caratteristiche della domanda del settore di interesse. Per questo suggeriamo sempre di fare un viaggio conoscitivo alle aziende che si rivolgono a noi». Quali sono i settori produttivi con cui l’Italia si è dimostrata più competitiva in Estremo Oriente? «Oltre al settore dell'abbigliamento e del tessile,


I PROSSIMI APPUNTAMENTI Dal 5 al 9 Settembre Hong Kong Watch & Clock Fair Dal 13 al 16 Ottobre Hong Kong Electronics Fair (Autumn Edition) Dal 27 al 30 Ottobre Hong Kong International Lighting Fair (Autumn Edition) Dal 7 al 9 Novembre Hong Kong Optical Fair Dall’8 al 10 Novembre Hong Kong International Wine & Spirits Fair

le importazioni dall'Italia avvengono principalmente nella gioielleria, nella pelletteria e negli articoli da viaggio. Negli ultimi anni si è confermato un trend di crescente interesse per i vini italiani e per il loro abbinamento a prodotti alimentari italiani di qualità. Il valore delle importazioni di vino è cresciuto vertiginosamente per raggiungere USD1.100 milioni, nei primi undici mesi del 2011, con un aumento del 46 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. L’Italia è stato il paese partner dell'Hktdc Hong Kong International Wines & Spirits Fair del 2011 con un numero record di oltre 200 espositori». Quali sono i servizi offerti da Hktdc per le imprese che vogliono «avvicinarsi» a Hong Kong e in Cina? «Sono diversi i servizi che offriamo alle aziende italiane, in particolare, vorrei segnalare il “Business Matching". Si tratta di un servizio personalizzato offerto per ricercare e potenziali partner commerciali all’interno della banca dati di oltre 100.000 aziende. Resta evidentemente confer-

mato quanto affermato poc’anzi, in merito all’importanza di una visita a Hong Kong». Le fiere internazionali continuano a rappresentare uno strumento utile per approcciare nuovi partner e nuovi mercati. «Le fiere B2B di Hktdc, 30 fiere l’anno di cui 10 tra le più grandi nel loro settore in Asia e 3 nel mondo, sono il fiore all’occhiello della nostra organizzazione. Sono appuntamenti di primaria importanza e rappresentano l’approccio iniziale al mercato». Come si inserisce la vostra partecipazione alla Fiera del Levante in questa strategia? «Partecipiamo da diversi anni alla Fiera del Levante, mediante l’Associazione Italia-Hong Kong. I risultati sono sempre stati molto positivi. È un’occasione per presentare l’opportunità di un interscambio commerciale sempre più in crescita. Si consideri che il 2011 ha visto segnare un netto incremento dell’export di prodotti italiani di oltre il 28 per cento rispetto all’anno precedente, a fronte di un +4.3 per cento di import». PUGLIA 2012 • DOSSIER • 41


FIERA DEL LEVANTE

Nuovo corso per la fiera Dall’8 al 16 settembre è in programma la 76esima edizione della Fiera del Levante. Gianfranco Viesti, presidente dell’ente, spiega i punti salienti del processo di riqualificazione che coinvolge l’evento e il quartiere nel suo complesso Francesca Druidi

a Fiera del Levante volta pagina e affronta la difficile congiuntura attuale mettendo in campo una politica di rilancio basata sull’insediamento permanente di attività economiche e sull’intercettazione della domanda congressuale in grado di rendere il quartiere una destinazione competitiva per la mice industry all’interno del mercato europeo. Non basta più fare affidamento sulla tradizionale vocazione espositiva del quartiere, occorre aggiornare le carte in tavola, a partire dalla 76esima edizione della manifestazione. A illustrare, nello specifico, le prospettive dell’ente è il presidente Gianfranco Viesti. Sono anni di profondi mutamenti, oltre che di crisi economica. Come la Fiera del Levante si sta adattando a questi scenari in evoluzione? «Stiamo operando, da un anno, un radicale cambiamento di strategia. Il quartiere fieristico è sempre sede di spazi espositivi, ma sta diventando anche un grande centro congressi - ultimeremo i lavori all’inizio dell’anno prossimo e sede di attività permanenti, indipendenti dalle fiere. Contiamo, attraverso l’interazione e la contemporaneità di questi diversi ambiti di azione, di rilanciare il quartiere e, al contempo, anche l’economia». Sarà rivisto il format della Fiera del Levante per recuperare competitività e far fronte anche al calo di visitatori che avete registrato in questi ultimi anni? Può fare qualche anticipazione sui contenuti della 76esima edizione?

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Gianfranco Viesti

A sinistra, Gianfranco Viesti, presidente dell’ente Fiera del Levante. Sopra, il nuovo padiglione

«Si possono rilevare due tendenze: la prima è l’intenzione di sviluppare un calendario maggiormente articolato di fiere specialistiche, anche di dimensioni minori, con l’obiettivo quindi di inserire l’esposizione di settembre in un quadro molto più vasto. La seconda tendenza corrisponde alla volontà di mantenere l’evento di settembre un appuntamento destinato ai consumatori, caratterizzandolo però come una “fiera di fiere”: un insieme di saloni relativamente specializzati, nel quale all’attività espositiva se ne affianca anche una “esperienziale” per i visitatori, in modo da catturare sempre più il loro interesse». Quale sarà l’impatto dei nuovi parcheggi, trasporti e accessi previsti per l’edizione 2012? «La strategia relativa all’attività ne comporta anche una infrastrutturale, basata sia sulla modernizzazione di tutti gli spazi che sulla realizzazione di reti energetiche e per la mobilità. Si tratta di un’operazione di trasformazione immobiliare piuttosto che di ricostruzione ex novo; cerchiamo di valorizzare l’esistente con interventi intelligenti e poco costosi, in modo da rendere il tutto più fruibile».

Polo fieristico ma, dunque, anche polo congressuale. Cosa offrirà questa nuova area? «Sarà disponibile una sala che conterrà fino a 4mila posti e sale di servizio con una capienza di 2mila posti. Contiamo, quindi, su un’offerta modulare e articolata per convegni di media e grande dimensione. Il tutto in una struttura urbana, posizionata sul mare e molto ben collegata alle grandi linee di trasporto, a cinque chilometri dall’aeroporto. Intendiamo sfruttare il più possibile il quartiere, rendendolo una destinazione anche sul piano internazionale». Il piano triennale è stato avviato. Si stanno riducendo progressivamente i costi e la parola d’ordine è una: efficienza. Quali sono le prospettive dell’ente? «Abbiamo affrontato il primo anno con una forte riduzione dei costi, ora si tratta di operare per l’aumento dei ricavi. Naturalmente il 2012 non è l’anno più florido per operare, ma l’obiettivo è arrivare al pareggio di bilancio nel 2013, considerando anche che stiamo realizzando anche investimenti». Ci saranno novità nel calendario fieristico? «Le novità saranno molte. Il processo di rilancio del quartiere non è passato inosservato, per cui abbiamo ricevuto tantissime proposte anche dai privati. La linea è quella di mantenere l’organizzazione diretta solo della fiera di settembre, lavorando con organizzatori privati per le fiere specialistiche. Dal 2013 il calendario si riempirà di tutta una serie di attività che troveranno la loro logica nell’essere a Bari, fuori dalla grande concorrenza che esiste in altre aree d’Italia e nel sudest europeo. Non abbiamo in programma di realizzare fiere ex novo, anche perché questo non è il momento per pensare a nuovi progetti. Il nostro obiettivo è cogliere la disponibilità e l’interesse dei molti organizzatori privati che desiderano organizzare i loro eventi qui da noi». PUGLIA 2012 • DOSSIER • 43



CREDITO & IMPRESE

STRUMENTI PER LA CRESCITA Incide per il 3 per cento del Pil regionale il pacchetto di interventi da 100 milioni di euro che la Regione Puglia ha varato a luglio contro il credit crunch. In ordine di tempo, è questa l’ultima mossa che punta a riportare in ascesa la curva dei prestiti bancari alla clientela pugliese. Dopo due anni di incoraggiante accelerazione, infatti, nel 2011 il trend di erogazione del credito al sistema econo-

mico pugliese ha conosciuto una lieve decelerazione, diventata brusca nel’ultimo trimestre dell’anno. Nel frattempo, anche la commissione Abi regionale ha da poco impresso un cambio di passo alla sua attività di sostegno al tessuto produttivo, raccogliendo l’impegno di 13 banche territoriali a incrementare i prestiti destinati alle piccole e medie imprese. PUGLIA 2012 • DOSSIER • 45


CREDITO & IMPRESE

CREDIT CRUNCH, LE BANCHE INDICANO LE VIE D’USCITA Rapporti finanziari più frammentati e una maggior incidenza del lavoro sommerso sono tra i fattori che rendono meno fluido il raccordo delle banche con la realtà produttiva pugliese. Negli ultimi mesi, però, qualcosa si è mosso. Il punto di Alessandro D’Oria, presidente di Abi Puglia Giacomo Govoni

uota attorno all’impellente necessità di finanziare il cosiddetto capitale circolante delle pmi pugliesi l’accordo che la commissione Abi della Puglia ha sottoscritto a metà luglio con la Regione. Liquidità pronta all’uso che le 13 banche territoriali aderenti al protocollo concederanno alle aziende per affrontare le spese indispensabili, come il pagamento degli stipendi o l’acquisto delle scorte di materie prime. Inserita all’interno di un pacchetto di misure da 100 milioni varato dalla Regione contro il credit crunch, la manovra si articola in «tre interventi – spiega Alessandro D’Oria, presidente di Abi Puglia – che, attraverso il concorso anche dei Confidi, hanno l’obiettivo di aiutare le imprese locali in difficoltà e di sostenere le banche nell’attività di finanzia-

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mento all’economia. L’accordo è solo l’ultimo degli sforzi fatti sul territorio». Su quali altri versanti vi state muovendo per rispondere all’appello di allentare la morsa del credito che si leva dal tessuto produttivo pugliese? «La commissione regionale dell’Abi in questi ultimi mesi si è molto impegnata in un esercizio continuo di comunicazione e ascolto verso gli stakeholder della società pugliese associazioni imprenditoriali, enti, prefetture e università - nel tentativo di tenere sempre aperto un canale di travaso di esperienze e di punti di vista, cercando di far comprendere bene la visione dell’Abi sulla crisi e sulle possibili vie d’uscita. Pur in un contesto di difficoltà senza precedenti dell’economia reale, le banche stanno quindi cercando di fare il


Alessandro D’Oria, presidente di Abi Puglia

Dopo il boom degli ultimi anni è in rallentamento anche il fotovoltaico per via delle nuove norme che ne complicano l’accesso, riducendo il taglio medio degli interventi massimo per restare vicine alle realtà produttive della regione che al momento faticano a sopravvivere dato che le loro condizioni di equilibrio economico e finanziario sono diventate assai precarie». Com’è cambiato il ritmo di erogazione dei prestiti da parte degli istituti di credito pugliesi negli ultimi mesi? «Seppur in rallentamento, i prestiti all’economia continuano ad attestarsi su valori positivi, intorno all’1% il totale dei prestiti ad aprile rispetto all’anno precedente. Ciò, anche a riprova del fatto di come gli istituti di credito pugliesi cerchino di adeguare l’andamento delle loro gestioni alla dinamicità dei mercati e dell’intero sistema economicoproduttivo». Quali aspetti influiscono sulla domanda delle imprese? «Certamente il peggioramento del quadro macroeconomico e la situazione di forte incertezza e di crisi economica cui assistiamo oggi hanno condizionato gli investimenti delle imprese e la loro capacità reddituale determinando un aggravamento delle condizioni di finanziamento. Basti pensare come la qualità del credito stia peggiorando, in particolare in relazione ai prestiti alle imprese. Il

rapporto delle sofferenze lorde bancarie sui prestiti concessi alle imprese ad aprile era pari all’12 per cento, quasi 3 punti percentuali al di sopra del dato nazionale attestatosi poco sopra all’8 per cento». Quali settori produttivi risentono maggiormente della difficoltà? «Uno dei settori più critici è certamente l’edilizia e tutto il suo indotto. Negli ultimi anni la Puglia ha avuto un grande sviluppo in questo settore e oggi la contrazione della domanda si sta facendo sentire pesantemente, con un’importante quota di invenduto. Ovviamente in difficoltà è anche il distretto del salotto nel triangolo Altamura-SanteramoMatera. In rallentamento, dopo il boom degli ultimi anni, il fotovoltaico, per via delle nuove norme (quarto e quinto conto energia) che ne rendono più difficile l'accesso, riducendo il taglio medio degli interventi. Infine, soffre il cosiddetto Tac - tessile, abbigliamento, calzaturiero - nel Salento». Ma è anche giusto parlare dei casi virtuosi. «Le migliori testimonianze del grande dinamismo dei nostri imprenditori che iniziano a guardare con sempre maggior efficacia all’estero e sanno investire in innovazione arrivano dalla meccatronica e dal farmaceutico. PUGLIA 2012 • DOSSIER • 47


CREDITO & IMPRESE

L’oggettivazione del merito creditizio incide negativamente sul tessuto produttivo del Sud perché considera parametri come le dimensioni e l’incidenza delle sofferenze

Nuova linfa stanno trovando anche i settori dell’agroalimentare e del turismo, senza dimenticare una sana e positiva vocazione al manifatturiero tradizionale. Infine, non dimentichiamo i casi di eccellenza dell’aeronautico e dell’automotive». Quali fattori incidono sull’andamento del credito alle imprese in regione? «Esistono fattori di tipo strutturale e fattori ambientali. Per quanto riguarda i primi, la mancanza di infrastrutture incide, ad esempio, sulla capacità delle imprese di essere competitive e conseguentemente sulla loro possibilità di crescere attraverso investimenti. I fattori ambientali riguardano più propriamente le condizioni che incidono sulla capacità di erogare il credito e sul suo costo, ossia: maggiore frammentazione dei rapporti finanziari, minore redditività delle imprese, maggiore incidenza del lavoro sommerso, giustizia civile più lenta, maggiori oneri burocratici associati all’attività d’impresa. A questi va poi aggiunta una generale sottocapitalizzazione delle imprese. L’oggettivazione del merito creditizio è un procedimento che incide purtroppo negativamente sul tessuto produttivo del Sud perché prende in considerazione parametri come le dimensioni, l’incidenza delle sofferenze. Lavorare su questi aspetti aiuterebbe a facilitare la relazione banca-impresa». A livello regionale, qual è l’impegno degli istituti di credito per supportare la voglia del tessuto economico pugliese di con-

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frontarsi coi mercati esteri? «Aprirsi ai mercati esteri rafforza la competitività delle imprese pugliesi e il loro sviluppo. Le banche svolgono un ruolo cruciale nel processo di internazionalizzazione delle piccole e medie imprese, che - a causa della loro dimensione - hanno particolare necessità di ricevere adeguati supporti informativi, di consulenza e finanziari. Non è un compito facile in quanto non è possibile offrire lo stesso livello di assistenza su tutti i mercati esteri, soprattutto laddove non si crea una massa critica di business sufficiente. Ciò nondimeno le banche italiane hanno sviluppato una capacità di supporto sempre più ampio nei confronti delle pmi pugliesi che si affacciano sui mercati internazionali». Anche perché, guardando i dati regionali, il momento per allargare gli orizzonti pare quanto mai propizio. «La Puglia è una regione nella quale storicamente l’export ha avuto un ruolo importante, infatti nel 2011 le vendite all’estero, valutate a prezzi correnti, sono cresciute del 17,9 per cento, più che nella media nazionale e del Mezzogiorno (rispettivamente 11,4 per cento e 10 per cento). Proprio per favorire la ripresa e il ritorno alla crescita, l’attività delle banche è diretta non solo alla ricapitalizzazione e alla ristrutturazione del debito da parte delle imprese, ma anche a sostegno degli investimenti, dall'innovazione tecnologica e, appunto, allo sviluppo dell'export».


Adriano Giannola, presidente di Svimez

«LA POLITICA NAZIONALE SCOMMETTA SUL SUD» Con il taglio agli investimenti pubblici e la perdita di autonomia gestionale delle banche meridionali, il sistema finanziario del Mezzogiorno ricalca la debolezza di un’area che reclama il centro della scena nazionale in materia di sviluppo. L’analisi di Adriano Giannola Giacomo Govoni

effetto aggregato dei provvedimenti di finanza pubblica peserà nel 2013 per circa 7,6 punti di Pil nelle regioni meridionali e per il 5,3% nel resto del Paese. È uno dei dati più significativi su cui fa leva l’ultimo rapporto Svimez, redatto a inizio anno in collaborazione con Irpet, per dimostrare che gli interventi correttivi per il consolidamento dei conti pubblici messi in atto nei mesi scorsi dall’esecutivo, non dipingerebbero scenari incoraggianti per l’area meridionale del Paese. «Bisogna capire – afferma Adriano Giannola, presidente di Svimez – che il rilancio del Mezzogiorno è un’occasione nazionale che non si potrà cogliere se si pretende di stendere una sorta di cintura sanitaria per isolare la parte ‘’malata’’ dalla parte sana». Neppure le risorse del Fondo unico di

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agevolazioni alle imprese, istituito di recente dal governo, possono mitigare questo gap? «Le risorse di quel fondo un tempo erano in larga parte destinate al Mezzogiorno. Pertanto, mi sembra un po’ ironico affermare che questa potrà essere la risposta di sostegno all’economia del Sud, perché quel fondo ora sarà spalmato su tutte le regioni italiane. Il problema vero, tuttavia, è che anche questa manovra non è calibrata sulle varie realtà territoriali e graverà di più su aree in cui la struttura sociale è molto più sotto pressione. Il 40 per cento delle famiglie meridionali, ricordo, è sotto il livello di povertà». Quali elementi del sistema finanziario meridionale continuano ancor oggi a rappresentare una zavorra per lo sviluppo dell’economia dell’area? PUGLIA 2012 • DOSSIER • 49


CREDITO & IMPRESE

Nei comuni del Sud le aliquote tributarie sono ai livelli massimi consentiti perché l’economia è ai livelli minimi di capacità di dare risorse sotto forma di imposte

«Più che di zavorre, parlerei di fattori di 2010-2011 ha avuto tassi di crescita dell’1,7assenza o di carenza riguardo la capacità di erogazione e di analisi del credito. Il Mezzogiorno, dopo il cosiddetto consolidamento, è rimasto privo di grandi banche con una base territorialmente radicata. Penso a istituti come il Banco di Napoli, che oggi non hanno più un’autonomia gestionale e strategica sul territorio». Un handicap che lei ha denunciato anche alla presentazione del nuovo governatore della Banca d’Italia a maggio scorso. Quanto pesa nel ritardo competitivo delle regioni del Sud? «Quando la centrale operativa di una banca viene trasferita lontano da quella d’origine, per motivi tecnici la vecchia clientela ne esce penalizzata. Tanto più in un’area debole, che in tal modo diventa ancor meno appetibile. In questo nuovo scenario, il sistema finanziario del Sud pone pertanto dei vincoli molto forti all’ingresso alla maggior parte della clientela meridionale. Senza contare gli aspetti operativi, che essendo legati ad autorizzazioni da Milano invece che da Napoli, pongono un problema di minore percezione dell’ambiente. Ci sono anche lati positivi, come l’affidabilità dei servizi bancari o i costi minori, ma il saldo per il Sud è complessivamente deficitario». Di recente ha indicato l’Abruzzo tra le regioni che meglio hanno retto agli assalti della crisi. «Osservando il trend dal 2000 a oggi, l’Abruzzo è la regione italiana che dalla crisi in avanti ha reagito meglio. Dopo una brusca flessione dal 2000 al 2007, nel biennio 50 • DOSSIER • PUGLIA 2012

1,8 per cento. Chiaro che l’impatto del processo di ricostruzione post sisma ha influito, ma è anche il segno che quando si interviene con iniezioni d’investimenti, le cose ripartono. Invece in questi ultimi tempi li stiamo tagliando, con effetti micidiali per il Sud». Quali invece le regioni più in sofferenza? «Chi sta peggio è la regione più complessa e potenzialmente più dinamica del Mezzogiorno, ovvero la Campania, oggi ultima regione italiana in termine di prodotto procapite e di quote di disoccupazione. Dei circa 500mila posti di lavoro perduti per via della crisi, il 60 per cento è al Sud. Di questi, il 60 per cento si concentra in Campania, che vede svanire occupazione industriale in modo massiccio. Le costruzioni, in particolare, sono sull’orlo del collasso. Se non si inietta una terapia di emergenza, ma con prospettiva di lungo periodo, qui si rischia un default economico e sociale di proporzioni drammatiche, contando che stiamo parlando della seconda regione italiana per popolazione». Tornando al vostro report, quali ulteriori esiti consegna? «Dalla nostra simulazione di manovra, svolta con lo stesso saldo, emerge come il famoso aumento dell’Iva che tanto spaventa a Sud avrebbe effetti molto meno dirompenti del taglio degli investimenti pubblici. Nel 2012 prevediamo che le manovre reali porteranno a una caduta del 2,9 per cento del Pil al Sud, dell’1,4 per cento al Nord e dell’1,8 per cento al livello nazionale. Se invece si procedesse alla


ristrutturazione del mix fra maggiori entrate e minori spese, senza tagliare gli investimenti e compensando con una spending review incisiva, avremo un alleviamento del peso di un punto di Pil nel Mezzogiorno». Attira il dato sulle tasse secondo cui, in termini di peso sul Pil, i cittadini meridionali ne pagano più di quelli del centro-nord. Quali misure perequative potrebbero compensare questo trend? «Nei comuni del Sud le aliquote tributarie sono ai livelli massimi consentiti perché l’economia è ai livelli minimi di capacità di dare risorse sotto forma di imposte. Le regioni più ricche, di contro, possono contare su una base imponibile più ampia che rende sufficiente un ritocco minimo di pressione fiscale. Nel Mezzogiorno questa compensazione è ormai impossibile e quindi, di fatto, si compiono tagli lineari. Il principio del “siccome siete meno efficienti, pagate anche più tasse”, è una conseguenza dei divari di sviluppo che la

finanza decentrata non contribuisce certo a colmare. Quindi, d’accordo il federalismo, ma occorre quantomeno compensare con adeguate politiche di sviluppo». In più occasioni ha posto l’accento sull’inefficienza diffusa delle amministrazioni locali del Sud. In questo senso, il federalismo rappresenta più un’opportunità o un rischio? «Il federalismo deve essere un’occasione di razionalizzazione e responsabilizzazione, comunque la si pensi. Però non possiamo nemmeno nasconderci dietro un dito. In aree difficili, cresce la probabilità di imbattersi in amministrazioni inefficienti o corrotte che gestiscono quel poco di spesa pubblica, che rimane l’unica risorsa quando s’impoverisce il tessuto produttivo. Il federalismo deve essere accompagnato da politiche nazionali che responsabilizzino, ma in un quadro di prospettive di sviluppo, che impongano ai livelli locali strategie certe su temi importanti come energia, logistica e politiche mediterranee». PUGLIA 2012 • DOSSIER • 51


CREDITO & IMPRESE

MARCHIO COMUNE, UNA POLIZZA ANTICRISI L’assistenza nella ricerca di linee di finanziamento bancario è solo uno dei filoni in cui opera l’associazione delle pmi locali. Impegnata anche, sottolinea Salvatore Liso di Confapi Bari-Bat, ad «accelerare i processi di internazionalizzazione e di innovazione tecnologica» Giacomo Govoni

n una logica di abbattimento dei costi aziendali, indispensabile in tempi di scarsa apertura al mondo imprenditoriale da parte degli intermediari finanziari, la pista dell’aggregazione aziendale è tra le più sponsorizzate anche in Puglia. Dagli organi istituzionali, dalle associazioni di categoria, ma anche dalle imprese stesse, che lentamente cominciano a rendersi conto di quanto l’adesione a contratti di rete possa ampliare le aspettative di vita e di business soprattutto delle realtà medio-piccole, formate per lo più da pochi addetti o da società individuali. Come nel caso delle cinque società appartenenti al settore lapideo della Confapi Bari-Bat che a metà luglio hanno dato vita a “L’età della pietra”, una delle più recenti reti d’impresa che opererà per lo sviluppo del comparto nella provincia con-

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giunta di Barletta, Andria e Trani. «Nel nostro territorio – osserva Salvatore Liso, vicepresidente della Confapi Bari-Bat – sono molte le iniziative in atto per unire le forze tra pmi e combattere la crisi». Al di là dei benefici commerciali, quali vantaggi possono derivare sotto l’aspetto finanziario per le imprese territoriali che scelgono di aderire a contratti di rete? «Diciamo che i vantaggi finanziari e fiscali sono l’ultimo aspetto nella misura in cui le aziende da qualche anno fanno sempre meno utili. La logica con cui stiamo promuovendo la creazione di reti d’impresa e ne abbiamo già costituite diverse nei settori delle energie rinnovabili, estrattivo lapideo, meccanica, agroindustria, è quella di aggregare le pmi per combattere la pesante crisi. Ci si mette insieme per andare all’estero a re-


Salvatore Liso, vicepresidente di Confapi Bari-Bat con delega al credito

perire materie prime, a promuovere un marchio comune, per essere in grado di ampliare l’offerta della capacità produttiva; per fare ricerca e per approvvigionarsi di materie prime a prezzi più contenuti». Per quanto concerne la finanza agevolata per la creazione di nuova imprenditorialità, che servizio fornite ai vostri associati e quali i progetti attualmente in corso? «Abbiamo attivato uno sportello per le imprese che fornisce consulenza nelle pratiche di finanziamento, nella partecipazione a bandi e gare comunitarie; attraverso un Confidi assistiamo le nostre aziende nella ricerca di garanzie per linee di finanziamento bancario. Per tale motivo abbiamo sottoscritto da diverso tempo un accordo con uno dei principali Confidi operante sul territorio al fine di meglio garantire i nostri iscritti che in questo momento soffrono pesantemente la stretta creditizia in atto». In passato, nell’ambito della presentazione del Fondo per la formazione, il presidente Antro auspicava “un’operazione di congiungimento tra i fondi regionali e i fondi privati del Fapi”. Che seguito ha avuto quella proposta? «Attualmente è in fase di vaglio e di interlocuzione; continuiamo comunque ad assistere le nostre aziende associate nei progetti di formazione continua finanziati dal nostro fondo Fapi». A quali distretti afferiscono le pmi locali che stanno reagendo meglio agli effetti depressivi della stretta creditizia?

«Sicuramente ai distretti che negli ultimi anni hanno registrato tassi di crescita maggiori. Mi riferisco per esempio al settore delle energie rinnovabili, che negli ultimi anni ha registrato tassi di crescita notevoli, facendo della Puglia la prima regione italiana per produzione di energia da fonti pulite. Anche i settori che avevano da anni avviato processi di internazionalizzazione, quali quelli dell’agroindustria (vino, olio, pasta e prodotti da forno), sopportano meglio la stretta creditizia, in quanto i fatturati in decrescita del mercato domestico sono compensati dai fatturati con paesi Cee ed extra Cee». Oltre a incentivare la creazione di marchi comuni, quali strategie possono adottare le pmi pugliesi per superare l'attuale crisi di liquidità? E, dal canto vostro, quali strumenti mettete a disposizione? «Indubbiamente accelerare nei processi di internazionalizzazione e di innovazione tecnologica, motivo per cui abbiamo da tempo intrapreso un proficuo rapporto di collaborazione con l’università Lum. È scontato che andare all’estero, soprattutto quando si è piccoli, costa ed è faticoso. E in momenti come questi non è alla portata di tutti. Per questo, il compito di un’associazione di categoria è quello di mettere in campo tutte le sinergie per fare sistema con le Camere di Commercio, gli enti pubblici, quali Regioni e Province, al fine di individuare misure volte ad agevolare l’accompagnamento delle piccole e medie imprese pugliesi nei paese esteri». PUGLIA 2012 • DOSSIER • 53


CREDITO & IMPRESE

L’IMPIEGO VIRTUOSO DEL CAPITALE GENERA VALORE Secondo Antonio Sofia, un’applicazione più stringente della disciplina finanziaria e di controllo di gestione da parte delle imprese, sia pubbliche che private, agirebbe come driver di valore per l’intero sistema produttivo meridionale Giacomo Govoni

tile, fatturato, Pil. Indicatori importanti quando si parla di business di un’azienda, ma non sufficienti per affermare senza timore di smentita che un’impresa sta creando valore. È uno dei presupposti concettuali su cui si fonda l’attività di Asfim, associazione degli specialisti in finanza d’azienda e in controllo di gestione, che a luglio ha coordinato l’incontro “La filiera della moneta” svoltosi presso la Camera di Commercio di Bari. Un tavolo di confronto fra studiosi, rappresentanti del mondo imprenditoriale, istituzionale e delle professioni nel corso del quale «abbiamo presentato – spiega Antonio Sofia, presidente di Asfim – uno studio di una nuova base imponibile che consente l’adozione di politiche fiscali in grado di togliere ogni ostacolo alla crescita delle imprese e orientare la struttura finan-

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ziaria verso il capitale di rischio». Su quali temi relativi al rapporto fra banca, impresa e territorio vi siete confrontati? «Scopo del convegno era verificare se effettivamente esistono vincoli finanziari alla crescita delle pmi, in che misura siano imputabili al credito bancario e quali strade eventualmente percorrere per rimuoverli. Il sistema produttivo italiano è composto per il 95% da imprese con meno di 10 dipendenti. Negli anni sono stati evidenziati pregi e difetti di questa struttura produttiva che, malgrado dimostri una buona capacità di reazione nei periodi di crisi, sembra aver patito l’apertura dei mercati alla globalizzazione, rivelandosi inadatta a sostenere la crescita economica del paese». Quali linee d’intervento, contestuali alla vostra proposta, avete tracciato? «Dal convegno è emerso che ci vuole un più


Antonio Sofia, presidente dell’Associazione degli specialisti in finanza d’azienda e in controllo di gestione (Asfim)

La struttura finanziaria delle pmi che operano nel sud d’Italia appare, al momento, meno favorevole alla crescita dimensionale

ampio sviluppo della finanza d’impresa, che la crisi ci ha insegnato a rivalutare i benefici di una regolamentazione più stringente e che bisogna evitare un ricorso eccessivo alla leva finanziaria. È necessario, inoltre, uno sviluppo del mercato del capitale di rischio per finanziare l’innovazione. Concordiamo con il governatore della Banca d’Italia quando afferma che gli incentivi per aumentare le risorse patrimoniali delle imprese contenuti nelle misure per la crescita adottate dal governo vanno nella giusta direzione. La via da percorrere è in parte già tracciata, e passa attraverso il rafforzamento dei meccanismi di ricerca delle economie esterne come nel caso dei consorzi fidi, la promozione del ricorso a strumenti finanziari intermedi tra il credito bancario e il mercato borsistico». Le recenti previsioni fatte col modello Svimez-Irpet confermano che, a parità di crisi, il Pil nel Mezzogiorno scende a doppia velocità rispetto al centro-nord. Quanto pesa la debolezza della struttura finanziaria delle imprese del Sud su questo dato e come mitigarne gli effetti? «Parto da una considerazione generale: ogni impresa nasce piccola, e ciò le impedisce di

avere una reputazione affermata presso i finanziatori e un accumulo di risorse sufficiente a dar loro le opportune garanzie. Tuttavia, i vincoli finanziari non sono meno rigidi nella fase di espansione dei progetti d’investimento, che si accompagna a un profilo di rischio più complesso e un fabbisogno finanziario superiore. È questo il momento in cui sarebbe più opportuno combinare prestiti bancari e capitale di rischio privato. È a tal proposito che la struttura finanziaria delle pmi che operano nel sud d’Italia appare, al momento, meno favorevole alla crescita dimensionale». Altro fattore che impatta sull’handicap finanziario e gestionale delle imprese del Sud è la maggior presenza di criminalità, che influenza i costi del credito. Quale approccio gestionale occorrerebbe rispetto a questo scenario? «I dati di uno studio del Censis sembrano evidenziare come in Puglia e in Campania taluni fenomeni criminali siano in forte espansione. Una forte preoccupazione emerge soprattutto in Campania, dove un quarto degli intervistati, ad esempio, ritiene che il taglieggiamento si stia intensificando. In sostanza, a un nucleo ristretto di imprese proiettate verso di- PUGLIA 2012 • DOSSIER • 55


CREDITO & IMPRESE

Invece di procedere per lotti successivi man mano che le risorse finanziarie si rendono disponibili, i piani finanziari delle Pa dovrebbero essere dettagliati e riguardare l’intero intervento

namiche di crescita sostenuta, si oppongono ampi strati del sistema produttivo meridionale, che sembrano operare in una sorta di equilibrio instabile. Proprio queste fasce rappresentano l’anello debole dell’intero sistema produttivo meridionale, le vere “porte di accesso” della criminalità organizzata al sistema dell’economia legale». Anche enti locali e sistema bancario sono attori importanti nella dinamica di sviluppo di un territorio. Dalle opinioni raccolte presso gli imprenditori meridionali emerge un contesto, che tira in ballo anche amministrazioni locali o il sistema finanziario, caratterizzato da piccole e grandi fratture che certamente non consentono alle imprese di aumentare la propria competitività sui mercati e, soprattutto, di essere più forti di un sistema criminale che in alcune aree del Sud riesce a esprimere una “potenza di fuoco” ampia e a realizzare un controllo del territorio in modo capillare». Quando la funzione amministrativa all’interno di un’azienda cessa di essere un costo e diventa un driver di valore? «La funzione amministrativa che nasce come depositaria dei conti e presidio degli adempimenti civilistici e fiscali, si è evoluta nel tempo. La finanza d’azienda, la pianificazione e il controllo di gestione hanno definitivamente caratterizzato il contenuto della funzione amministrativa diventando driver di valore. Tra i nuovi compiti, i principali comprendono le decisioni e le operazioni 56 • DOSSIER • PUGLIA 2012

volte a sviluppare una previsione della dinamica di incassi e pagamenti per una corretta gestione della liquidità e del circolante; valutare la fattibilità e la convenienza economico-finanziaria dei progetti di investimento e i relativi flussi generati e assorbiti; individuare le fonti di finanziamento per reperire le risorse necessarie a soddisfare il fabbisogno finanziario dell’impresa». In che misura la stretta dipendenza dagli appalti e dalle commesse pubbliche, propria del Sud, incide sull’efficienza della gestione finanziaria di un’azienda? «I problemi finanziari connessi ad appalti e commesse pubbliche nascono essenzialmente dall’assenza di una cultura della programmazione finanziaria nelle Pa. I piani finanziari dovrebbero essere dettagliati e riguardare l’intero intervento. Molto spesso, invece, si procede per lotti successivi man mano che le risorse finanziarie si rendono disponibili. Ciò produce conseguenze negative sulla programmazione finanziaria delle amministrazioni e di conseguenza delle imprese appaltatrici, con un’incidenza sui tempi realizzativi delle opere. In un contesto di scarse risorse pubbliche, attivare capitali privati per investimenti attraverso forme di partnership pubblico-privato può consentire il raggiungimento di una maggior efficienza degli investimenti, purché si adottino adeguati criteri economico-finanziari e nel rispetto dei principi di trasparenza, par condicio e concorrenza stabiliti innanzitutto dall’ordinamento comunitario».



IMPRENDITORI DELL’ANNO

L’esternazionalizzazione libera risorse preziose per l'impresa lla base del modello di business sviluppato dalla Minisider di Modugno, azienda gestita dai fratelli Giampiero e Fabio Finizio, si colloca un paradosso, in realtà solo apparente. Il paradosso consiste nel fatto che la progettazione e produzione di parti industriali in lamiera, ottenute con taglio laser o tecnologie equivalenti, ha come risultato una gamma di prodotti a basso valore aggiunto, che però impongono investimenti tecnologici notevoli per la loro realizzazione – oltre a includere tutta una serie di costi occulti. Spiega Giampiero Finizio: «Questo apparente controsenso – e in quanto tale spesso non pienamente compreso dal mercato – è però il fulcro sul quale si gioca il nostro ruolo di contoterzisti. Dato che sono centinaia di migliaia le aziende di ogni dimensione e settore produttivo che riconoscono i vantaggi dell’affidamento in outsourcing di lavorazioni che prevedono ta-

A Nella pagina a fianco, Giampiero Finizio titolare della Minisider Srl di Modugno (BA) www.minisider.it

Il basso valore aggiunto di un prodotto può rendere opaca la portata dell’investimento necessario per la sua realizzazione. Giampiero Finizio presenta i vantaggi dell’outsourcing nelle produzioni di componenti che richiedono l’impiego di tecnologie laser per il taglio della lamiera Valerio Germanico

gli laser bi e tridimensionali, ossitagli, piegatura Cnc, satinatura e saldatura». Il vantaggio è prima di tutto in termini di risparmio sull’investimento tecnologico necessario per l’esecuzione di queste operazioni. Ma include anche l’eliminazione di numerose voci di spesa connessa. «L’azienda che si affida a un contoterzista, scarica su questo una serie di costi occulti che comprende la gestione dei disegni, l’acquisto delle materie prime e dei gas tecnici, le manutenzioni, l’ottimizzazione dei tagli. E questo a fronte di un mark up che rende al massimo equivalente il costo del singolo pezzo – ma quasi sempre più conveniente –, liberando risorse umane e finanziarie che possono essere destinate alla ricerca o allo sviluppo di altre fasi produttive caratterizzate da un maggiore valore aggiunto». IL MERCATO DI RIFERIMENTO Rivolgendosi a una platea ampia ed eterogenea di realtà produttive, che include dalla piccola impresa alla grande industria e dall’automotive alla meccanica di precisione, dall’edilizia all’arredamento, dalla carpente-

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Giampiero Finizio

ria ai centri di ricerca, Minisider ha sviluppato un’elevata flessibilità nel rispondere a esigenze molto diverse. Come spiega Finizio: «Ci rivolgiamo, rispetto alle necessità di produzione, a due principali categorie di imprese: la media e la piccola. La prima ha bisogno spesso di affiancare la produzione interna, non di sostituirla. E qui entra in gioco la nostra capacità di adeguarci alle loro procedure ai loro standard di qualità, di essere capaci di produrre e modificare gli articoli in tempi rapidissimi ed entro i range di costi richiesti dai nostri partner. Invece, alla piccola azienda serve soprattutto un supporto tecnico oltre che tecnologico. Quindi questa seconda categoria si avvale anche delle professionalità presenti nel nostro ufficio tecnico, che la affiancano nella progettazione, consigliano, valutano, suggeriscono. In un certo senso, diventiamo un vero e proprio dipartimento e la sfida è davvero difficile, perché cerchiamo di svolgere il lavoro senza stabilire gerarchie fra i nostri partner, che per noi sono tutti ugualmente importanti. Inoltre, alcuni dei nostri partner ci seguono dal-

Più ci allontaniamo dalla zona di produzione più si perde in competitività. Nonostante ciò, siamo riusciti a inserirci con successo anche nel Nord Est

l’anno della fondazione. Altri nel tempo hanno ampliato e migliorato al loro interno la capacità produttiva, magari installando propri macchinari – forti anche dell’esperienza maturata in anni di collaborazione con noi –, però sono comunque rimasti in contatto con la nostra realtà, sia per collaborazioni occasionali, in termini di prodotto, sia per confronti e aggiornamenti tecnologici». Ma dove si colloca a livello geografico il mercato di Minisider? «I nostri committenti purtroppo sono fortemente segmenti per territorio, poiché l’incidenza dei costi di trasporto è altissima e più ci allontaniamo dalla zona di produzione più si perde in competitività. Nonostante ciò, oltre che nel mercato del Sud Italia, che è il nostro mercato di riferimento, siamo riusciti a inserirci con successo anche nel competitivo Nord Est».

PUGLIA 2012 • DOSSIER • 59


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Siamo stati i primi contoterzisti in Puglia a introdurre la tecnologia laser per il taglio della lamiera

TECNOLOGIA E FORMAZIONE La gestione annua degli oltre 20mila disegni delle aziende committenti, disegni che richiedono continue modifiche e la massima riservatezza e sicurezza, non sarebbero possibili senza l’impiego dei più avanzati software gestionali e di assistenza alla produzione, alcuni dei quali personalizzati per le esigenze specifiche di Minisider. «Tutte le fasi della nostra produzione – dal preventivo alla consegna – sono costantemente monitorate e rientrano all’interno di un sistema integrato di gestione, che in tempi rapidissimi riesce a evadere ordini complessi e articolati». Ma gli investimenti più importanti, che spiegano il successo dell’azienda gestita dai fratelli Finizio, sono certamente quelli nelle macchine di lavorazione. «Siamo stati i primi contoterzisti in Puglia in questo settore e anche i primi ad avere introdotto la tecnologia laser in appoggio a tecnologie più mature, quali ossitaglio, cesoia e piegatura. Nell’ottica di un costante aggiornamento tecnologico, abbiamo appena sostituito due dei vecchi laser Mazak in nostro possesso – ormai obsoleti – con un nuovissimo impianto assolutamente all’avanguardia. E in questo modo siamo stati i primi in Europa a installare un impianto di nuovissima concezione, integrato con i magazzini di carico e 60 • DOSSIER • PUGLIA 2012

scarico e soprattutto con un sistema, denominato Opthopath, capace di staccare i pezzi tagliati dalla lamiera e immagazzinarli in totale autonomia con un notevole risparmio di tempo e quindi di costo – quello della separazione dei pezzi tagliati dallo scheletro della lamiera è un altro dei costi occulti». Allo stesso tempo però è importantissimo l’investimento nella formazione del personale. «I nostri collaboratori si muovono in un sistema che prevede cicli di formazione periodica. Per questo, negli ultimi anni, oltre ai macchinari, abbiamo rinnovato di continuo anche il modello organizzativo interno. Oggi che la nostra produzione è monitorata in ogni singola fase del processo e integrata con la gestione, è necessario che i dipendenti siano sempre preparati ai cambiamenti e pronti a rimettersi in gioco subito dopo il raggiungimento del più recente obiettivo». BILANCIO E PROSPETTIVE Nonostante la crisi economica abbia inciso sui fatturati della committenza anche con punte di flessione del 40 per cento, Minisider è riuscita a contenere entro limiti accettabili le perdite. «Nel 2011 abbiamo limitato i danni entro un 15 per cento di calo di fatturato. E già per la chiusura del bilancio in corso prevediamo di tornare a crescere. Naturalmente


Giampiero Finizio

UN’AZIENDA DI FAMIGLIA inisider venne fondata da Bruno Finizio, padre di Fabio e Giampiero, nel 1984, e all’origine aveva il proprio core business nelle lavorazioni a supporto della produzione dell’Ilva di Taranto (allora Italsider). La prematura scomparsa del fondatore impose l’improvviso passaggio generazionale. I fratelli Finizio si trovarono così appena venticinquenni a fare il loro ingresso nel settore della meccanica, un contesto produttivo rivelatosi da subito complesso per due giovani che si erano formati più sui temi della gestione aziendale che dell’attività produttiva diretta. La voglia di fare e portare avanti l’azienda di famiglia dovette quindi scontrarsi con l’impossibilità di proseguire la partnership con Ilva, colosso industriale che richiedeva una serie di conoscenze e competenze che i fratelli e soci avrebbero sviluppato con l’esperienza sul campo negli anni a venire. La strategia di risposta fu quindi quella di potenziare un ramo di attività fino ad allora rimasto marginale: la fornitura a disegno di componenti di varie misure e spessori, attività che oggi rappresenta il core business nella lavorazione in conto terzi di Minisider e che l’ha portata a collaborare con oltre 2mila aziende pugliesi e non.

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non mancano le criticità, che sono soprattutto quelle finanziarie, derivanti dalle ottuse rigidità di un sistema bancario che certamente non facilita l’atteggiamento di crescita e fiducia che continuiamo a dare al mercato e ai nostri partner. Tuttavia i nostri obiettivi per il futuro si confermano ambiziosi. Nel breve periodo vogliamo consolidare la nostra posizione di azienda pugliese di riferimento per la fornitura di semilavorati in lamiera e aumentare ancora la nostra capacità di servizio. Per far questo investiremo nel potenziamento dell’ufficio tecnico, del reparto di piegatura e in più nella creazione di un servizio di logistica, sgravando così i nostri committenti dell’ultimo onere rimasto a loro carico. Sul medio e lungo periodo, poi, il progetto è l’internazionalizzazione. Questa sarà possibile però solo attraverso l’integrazione con le aziende per le quali già lavoriamo, aumentando così la dimensione aziendale per giungere a produrre e commercializzare un prodotto finito sotto un’unica ragione sociale». PUGLIA 2012 • DOSSIER • 61


IMPRENDITORI DELL’ANNO

L’outsourcing ottimizza la spesa sanitaria Una profonda rivisitazione del modello gestionale della pubblica amministrazione. È questa la direzione imposta dalle politiche di revisione della spesa. Gianluca Marra illustra gli strumenti a disposizione di Asl e aziende ospedaliere per un uso migliore delle risorse Mauro Terenziano

redit crunch e ritardo dei pagamenti – conseguenze del patto di stabilità e dell’alto livello di indebitamento delle pubbliche amministrazioni – stanno generando un circolo vizioso che rischia di mettere in discussione, soprattutto nell’ambito dell’offerta sanitaria, la sopravvivenza stessa del sistema, sia pubblico sia privato. Per spezzare tale circolo le politiche di ottimizzazione delle risorse non possono essere più procrastinate – e la tanto discussa spending review avviata dal governo Monti è la prova più evidente della necessità di un cambio di rotta. Secondo Gianluca Marra, co-titolare insieme alla sorella Roberta di Revi e Sterimed, società del gruppo Gst: «La pubblica amministrazione sta attraversando una profonda rivisitazione del suo modello gestionale. È quindi fondamentale aiutarla a generare efficienza e risparmi in quelle attività che non possono essere semplicemente “tagliate”, come i servizi sanitari. L’outGianluca Marra, titolare della Revi Srl e Sterimed Srl, società del gruppo Gst, con sede a Surbo (LE) sourcing di attività non-core,

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www.revi.it - www.sterimed.it

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nonché la centralizzazione di alcuni servizi comuni a più aziende ospedaliere – tra cui l’attività di sterilizzazione dello strumentario chirurgico – può indubbiamente portare risparmi ed efficienza nella gestione, oltre a consentire lo sviluppo di un tessuto imprenditoriale e occupazionale nel settore dell’esternalizzazione». Su quali variabili si concentra l’attività di Revi srl, e più in generale del gruppo Gst, per contribuire a ottimizzare la gestione e le risorse a disposizione delle Pa? «La nostra offerta di outsourcing si concentra nei servizi ad alto contenuto tecnologico, tra cui le manutenzioni di apparecchiature elettromedicali e le attività di sterilizzazione dei ferri chirurgici. L’obiettivo prioritario è sicuramente la generazione di risparmi rispetto alla spesa storica unitamente all’implementazione di nuove attività e procedure ad alto contenuto di innovazione – e questo è un elemento fondamentale nei processi decisionali. Infatti, l’aspetto tecnologico, il controllo del rischio clinico, la velocità e l’uniformità delle procedure sono aspetti altrettanto rilevanti all’interno di un’organizzazione, soprattutto sanitaria, che è il nostro ambito di specializzazione». A quale contesto territoriale vi rivolgete? «La nostra specializzazione nei servizi di ingegneria clinica su apparecchiature elettromedicali


Gianluca Marra

10 mln

FATTURATO REALIZZATO DA REVI SRL E STERIMED SRL NEL 2011, CON UN INCREMENTO DEL 20% RISPETTO ALL’ANNO PRECEDENTE

e di sterilizzazione dello strumentario chirurgico si è formata a partire dagli anni Novanta, lavorando a stretto contatto con le Asl pugliesi. Negli ultimi cinque anni abbiamo avviato una strategia che ha per obiettivo l’espansione su tutto il territorio nazionale. Questa politica ci ha permesso di vincere appalti in Lombardia, Lazio e Veneto. In particolare, nella provincia di Bergamo, stiamo portando avanti un progetto che si svilupperà in dieci anni e che avrà come risultato la centralizzazione dei servizi di sterilizzazione delle aziende ospedaliere presenti nell’area. Si tratta di un progetto strutturale che ha richiesto un investimento di 2,5 milioni di euro e rappresenta un esempio di innovazione procedurale

nel settore dell’outsourcing: porterà risparmi per la Pa pari a un 20 per cento sulla spesa storica, generando inoltre un indotto occupazionale di almeno trenta nuove assunzioni». Anche sulla base della vostra espansione territoriale, qual è il bilancio del 2011 e quali le prospettive e gli obiettivi per l’anno in corso? «Nel 2011 il fatturato del gruppo si è chiuso con una crescita almeno del 20 per cento, raggiungendo quota 10 milioni di euro. A partire da quest’anno, con l’obiettivo di migliorare ulteriormente le nostre performance, abbiamo avviato una ristrutturazione societaria che, portando risparmi sul fronte dei costi, ci permetterà di approcciare il 2013 con un maggiore vantaggio competitivo e soprattutto di avere sempre maggiori risorse disponibili da destinare alla ricerca e sviluppo. Su questo fronte, recentemente abbiamo iniziato una collaborazione con l’università del Salento, con lo scopo di sperimentare e validare nuovi sistemi per il controllo delle infezioni generate da batteri presenti in aria – sale operatorie e reparti a contaminazione controllata – e acqua. Infatti, la prevenzione ha un impatto fondamentale non solo sulla salute dei pazienti, ma anche sui budget ospedalieri – si pensi ai contenziosi civili attivati dai pazienti che hanno contratto infezioni durante un ricovero». PUGLIA 2012 • DOSSIER • 65


IMPRENDITORI DELL’ANNO

In ripresa il mercato dei metalli Il mercato dei metalli, dopo anni di andamento altalenante connesso all’incertezza del prezzo del petrolio, sembra tornato su livelli normali. Questo ha consentito la ripresa della produzione connessa all’utilizzo della materia prima. Ne parliamo con Consiglio Mancarella Marco Tedeschi

arlo Trigilia, famoso giornalista e sociologo economico, ha recentemente affermato che le politiche assistenziali al sud hanno allontanato le imprese innovative e favorito chi dipende da aiuti pubblici. Una situazione che ha sicuramente dei riscontri con la realtà e che riguarda un certo numero di aziende che si sono viste penalizzate a discapito di altre. Un’opinione che trova d’accordo anche molti imprenditori pugliesi, sebbene non direttamente coinvolti. «A livello di istituti pubblici noi non abbiamo mai partecipato a delle gare. – Spiega Consiglio Mancarella, amministratore della Mmc Metalmeccanica –. Non abbiamo mai incontrato situazioni di clientelismo. Sicuramente però esistono imprese che hanno goduto di favoritismi, in cui è stato d’aiuto avere un personaggio amico. Noi invece, essendo un’azienda di famiglia, abbiamo dovuto contare soprattutto su noi stessi, cosa che ci ha sempre spinto a investire moltissimo proprio sull’innovazione. A riprova di questo c’è stato l’acquisto recente di macchinari di ultima generazione per la lavorazione di lamierati in acciaio. Negli ultimi anni siamo cresciuti concentrandoci sul taglio laser e taglio plasma, piegatura e assemblaggio di manufatti metallici». Mmc Metalmeccanica di Melpignano si occupa di laConsiglio Mancarella, amministratore di MMC Metalmeccanica con sede a Melpignano (LE) vorazione del ferro e dell’ac-

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www.mmcmetalmeccanica.it

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ciaio, realizzazione di strutture metalliche, taglio laser e plasma, piegatura con piegatrici a controllo numerico e saldatura con robot, collocandosi in un settore che ha conosciuto il suo momento più buio dal 2008 al 2010. «Il 2011 invece si è chiuso bene per quello che ci riguarda. Anche perché uscivamo da un periodo difficile, soprattutto per il settore delle macchine movimento terra, a causa della crisi di quegli anni. Pertanto, il 2011 è stato un anno di ripresa. Fino ad oggi anche il 2012 sta andando molto bene, grazie ad esempio agli investimenti che abbiamo effettuato come il nuovo stabilimento, che ci ha fatto progredire e ci ha consentito di dare una risposta decisa e forte ai nostri committenti per la produzione. Rispetto al 2009 possiamo dire di aver raddoppiato il fatturato». Il mercato dei metalli, nel quale si inserisce la Mmc, ha riscontrato negli ultimi anni un andamento altalenante. «Questo perché parliamo di un mercato estremamente connesso a quello del petrolio. Parte del rottame aveva infatti un valore molto, anzi troppo, rilevante. Eravamo arrivati ad avere quasi lo stesso prezzo tra la materia prima nuova e quella che andava in fonderia. Una situazione assolutamente fuori dalle normali logiche di mercato. Risultava una vera e propria mancanza di materia prima per poter produrre. Adesso il mercato sembra essersi stabilizzato, anche grazie al calo del petrolio. Da un anno a questa parte possiamo riscontrare dei prezzi abbastanza accessibili che ci permettono di lavorare sulla materia prima. Oggi il petrolio è in-


Consiglio Mancarella

A seguito dell’impennata di ordini e commesse che abbiamo affrontato nel migliore dei modi, siamo in una fase di assestamento rispetto alla crisi subita nel 2009

fatti sugli 80 dollari a barile mentre prima risultava sui 100 dollari». Un campo che interessa molto, chi come l’azienda di Melpignano lavora i metalli, è l’inquinamento ambientale che, grazie all’attività di riciclaggio, recupero e commercio dei rifiuti metallici e del rottame ferroso e non ferroso di produzione industriale, può essere notevolmente ridotto. «Questo rappresenta da sempre un capitolo estremamente importante per noi. – Precisa Mancarella –. Abbiamo un registro in cui vengono annotate tutte le tonnellate di metallo che consegniamo ad un’azienda specializzata dove i metalli vengono riciclati al 100 per cento. In tutte le lastre che noi tagliamo, la parte di scarto va a finire in fonderia e viene riciclata». Nel futuro Mmc Metalmeccanica ha intenzione di consolidare sempre di più la sua si-

tuazione. «Vogliamo ancor più specializzarci – precisa Mancarella –, per avere un’azienda maggiormente all’avanguardia anche a livello tecnologico. Intendiamo progredire ma allo stesso tempo stabilizzare alcuni dei nostri comparti e settori. A seguito della crisi del 2009 e dell’impennata di ordini e commesse che abbiamo affrontato nel migliore dei modi, siamo quindi in una fase di assestamento». Il vero scoglio in questo periodo va invece ricondotto alle problematiche a livello burocratico e bancario. «Si parla molto di aiuti alle aziende ma nella pratica non avviene nulla, anzi le banche cercano solamente di ostacolare. Credo che sia una situazione molto comune agli imprenditori. Adesso che ce n’è bisogno non esiste alcun aiuto a livello concreto. Anzi, incontriamo solo ostacoli. Questo è il vero problema». PUGLIA 2012 • DOSSIER • 67


PARI OPPORTUNITÀ

Obiettivo democrazia paritaria Le donne rappresentano una risorsa per la crescita non ancora sufficientemente considerata. L’iniziativa di Terziario Donna Confcommercio, presieduta da Patrizia Di Dio, intende ovviare alla scarsa presenza femminile nella governance del Paese Francesca Druidi

Italia è tra i paesi ad alto reddito quello che più soffre la questione femminile, intesa non solo sotto il profilo dei tassi di occupazione delle donne ma anche, e soprattutto, dell’utilizzo delle competenze e delle potenzialità femminili nell’ambito del sistema Paese. È la crisi a far emergere con ancora più evidenza il tema delle differenze di genere, considerando che se l’Italia raggiungesse il traguardo fissato dal Trattato di Lisbona - un’occupazione femminile al 60 per cento - il nostro Pil aumenterebbe del 7 per cento. Ad affrontare l’argomento sotto una nuova prospettiva è Terziario Donna Confcommercio, che rappresenta la base associativa delle aziende al femminile. Il 15 febbraio scorso si è tenuto a Roma “Donne e governance: un’impresa possibile”, primo convegno nazionale dell’associazione. «L’obiettivo dell’evento – spiega il presidente nazionale Patrizia Di Dio – è quello di sostenere una maggiore presenza femminile a tutti i livelli di governance del nostro Paese, non parlando più di quote rosa ma di affermazione di “democrazia paritaria”». Cosa intende esattamente per democrazia paritaria? «La scarsa presenza di donne nei luoghi della rappresentanza politica, nelle istituzioni internazionali, nazionali e locali ma anche nei consigli di amministrazione di enti pubblici e privati, rivela una grave carenza di democrazia: pone un problema di legittimità dei risultati perché impedisce che si tenga pienamente conto degli interessi e delle esigenze di tutta la popolazione nel

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Patrizia Di Dio, presidente nazionale di Terziario Donna Confcommercio

IMPRESE FEMMINILI

350.000 LE AZIENDE RAPPRESENTATE DA TERZIARIO DONNA, ORGANIZZAZIONE CHE RIUNISCE LE IMPRENDITRICI ASSOCIATE A CONFCOMMERCIO

suo complesso rendendo, quindi, incompiuta la nostra democrazia. Le donne imprenditrici di Confcommercio Imprese per l’Italia chiedono di concretizzare una proporzionata presenza delle donne nella governance del Paese, non soltanto per l’attuazione della democrazia paritaria, senza la quale non si può parlare di vera democrazia, ma anche per un’esigenza economica, in considerazione della necessità di trovare nuovi motori di crescita per le aziende e per l’Italia». Qual è il cammino intrapreso a partire dal convegno del 15 febbraio? «Prima di puntare su nuove leggi è opportuno dare attuazione a quelle già in vigore, insistendo sullo strumento giurisdizionale. La mancata attuazione spontanea del principio di uguaglianza sostanziale di cui agli articoli 3 e 51 della Costi-


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Patrizia Di Dio

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Prima di puntare su nuove leggi è opportuno dare attuazione a quelle già in vigore, insistendo sullo strumento giurisdizionale

tuzione, nella formazione degli organi collegiali di amministrazione, ha causato in questi ultimi anni il ricorso all’autorità giudiziaria. Queste sentenze entrano proprio nel merito della democrazia paritaria, contribuendo a definirne i criteri di attuazione. Dobbiamo esigere la conformità a questi principi, affidandoci alla giurisprudenza nel caso in cui vengano definiti atti di nomina di organismi collegiali, di enti locali, di enti strumentali, di società partecipate, che non rispecchiano la normativa in materia di pari opportunità. L’obiettivo è quello di divulgare questa proposta in modo che sia recepita a livello territoriale e che, attraverso la nostra rete capillare, possa essere attuata facendo sistema tra le associazioni di categoria, datoriali, sindacali e femminili. È fondamentale mettere in moto alleanze e partnership con la società civile per strutturare azioni di divulgazione delle idee e delle attività, così come azioni pratiche da portare avanti. L’onda d’urto sarà lenta, ma potrà sortire un buon risultato». Un altro convegno “Donna e governance” si è svolto a maggio a Bari.

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«Sì, in seguito a quell’appuntamento è stata inviata una sorta di lettera aperta ai riferimenti politici e amministrativi locali per sollecitarli a scegliere per merito e competenze, attuando i principi della democrazia paritaria. In attesa che si concretizzino quei correttivi in grado di estendere la partecipazione delle donne alla vita politica del Paese, noi proponiamo di agire a livello delle governance che determinano e indirizzano fortemente le politiche economiche di un territorio. Basti pensare alle municipalizzate o alle partecipate, che gestiscono importanti interessi per la collettività e costituiscono un effettivo moltiplicatore dello sviluppo economico». La legge Golfo-Mosca: un significativo passo in avanti verso la democrazia paritaria o solo un punto di partenza? «La legge Golfo identifica un’iniziativa favorevole e soddisfacente, anche se la nostra posizione è ancora più estrema. Questa legge conferma, infatti, delle quote in percentuale, ma le percentuali rappresentano ancora una griglia limitativa rispetto al concetto di democrazia paritaria. La popolazione femminile oggi in Italia supera quella maschile: non possiamo più escludere la visione delle donne». PUGLIA 2012 • DOSSIER • 71


PARI OPPORTUNITÀ

L’inizio del cambiamento n base ai dati della Banca d’Italia, l’occupazione femminile in regione è cresciuta del 2,4 per cento nell’ultimo anno. Questo tasso rimane però molto basso (30,1 per cento), in linea con quello del Sud (30,8 per cento) e significativamente inferiore alla media nazionale (46,5 per cento). Un segnale importante di valorizzazione dell’imprenditoria femminile arriva da Confindustria Bari-Bat (Barletta, Andria, Trani): dalle ultime elezioni in ambito associativo è emersa la figura della donna in maniera più concreta e decisa. Nel comitato di presidenza siedono oggi tre donne, di cui due ricoprono la carica di vicepresidente. Per il quadriennio 2011-2014 sono state, inoltre, nominate quattro donne tra i presidenti delle sezioni della territoriale; meccanica ed elettronica, moda, turismo e terziario innovativo, settori che da soli rappresentano il 45 per cento in termini di peso associativo. Laura Ruggiero, una delle due vicepresidenti elette, illustra le iniziative che coinvolgono l’associazione nel sostegno all’imprenditoria in rosa, offrendo un personale sguardo sulla questione femminile. Quali progetti vedono coinvolta Confindustria? «Sono coordinatrice del Forum sulla responsabilità sociale d’impresa, nato circa 4 anni fa, che mi ha visto protagonista - insieme all’intero gruppo di lavoro - di alcune iniziative sul territorio che mirano a suggerire alle aziende un atteggiamento più responsabile. Tra queste attività, la conciliazione vita-lavoro rappresenta uno degli argomenti prioritari, che vede impegnato anche il gruppo di lavoro del comitato femminile di Confindustria, guidato da Teresa Caradonna, e che oggi si integra con il neonato gruppo per le differenze di genere nell’ambito del Forum sulla responsabilità sociale. Quest’ultimo, nasce con l’intento di dare ampio spazio ad attività re-

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Il percorso che conduce all’effettiva parità dei generi presuppone uno scarto sia sul fronte culturale che delle politiche di conciliazione vita-lavoro. Ne parla Laura Ruggiero, vicepresidente di Confindustria Bari-Bat Francesca Druidi

lative alle differenze di genere e alla conciliazione. Spronare in tal senso le imprese, per la valorizzazione della figura femminile, è il nostro preciso scopo». Con quali obiettivi? «Innanzitutto quello di rimarcare le problematiche che impediscono oggi alle donne di intraprendere un’attività lavorativa e che vanno in larga parte ricondotte alla mancanza di un supporto strutturale da parte delle istituzioni. Mancando questa forma di sostegno, molte donne rinunciano al lavoro e ciò costituisce una perdita grave per il territorio, per l’economia e per tutto il Paese. Stiamo, inoltre, cercando di far emergere quelle figure femminili particolarmente efficienti che operano all’interno di aziende del territorio guidate da uomini e di cui non viene ancora riconosciuto il ruolo». Altre iniziative in programma? «Stiamo sviluppando il dialogo con altri gruppi. L’idea che stiamo portando avanti è che qualsiasi iniziativa può essere messa in rete per creare un network di confronto e di scambio di idee, evitando di duplicare azioni già intraprese. OCCUPAZIONE FEMMINILE L’intenzione è quella di estendere le nostre iniziative anche al- L’AUMENTO DELLE DONNE PUGLIESI NEL l’esterno dell’area MERCATO DEL LAVORO NEL CORSO DEL 2011 confindustriale, in (FONTE: RAPPORTO BANCA D’ITALIA)

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Laura Ruggiero

Sotto, Laura Ruggiero, vicepresidente di Confindustria Bari-Bat

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ambito pubblico, coinvolgendo magari l’assessorato alle pari opportunità o altre organizzazioni per sensibilizzare e ottenere i migliori risultati possibili per le donne». Quest’estate è entrata in vigore la legge

Molte donne rinunciano al lavoro e ciò costituisce una perdita grave per il territorio, per l’economia e per tutto il paese

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Golfo-Mosca sulla diversità di genere. Come valuta questo provvedimento? «Personalmente sono contraria alle quote rosa, questo provvedimento non mi entusiasma, ma ritengo che sia un male necessario per poter affrontare il divario scaturito dalla diversità di genere. Con l’entrata in vigore della legge, infatti, l’inserimento delle donne nei consigli di amministrazione delle società italiane quotate e pubbliche sarà attuato per obbligo legislativo. Non so però se questo sarà sufficiente per superare il gap culturale esistente: non basta, infatti, una norma perché si entri nell’ottica di definire le donne al pari degli uomini dal punto di vista dell’organizzazione e della capacità di poter governare insieme un paese. C’è ancora tanta strada da fare. Mi auguro che questo provvedimento possa essere l’inizio di un cambiamento e che soprattutto aiuti quelle donne dotate di grandi capacità che, fino ad oggi, non avevano avuto occasioni per dimostrarle». Cosa serve per raggiungere una maggiore rappresentanza femminile a tutti i livelli? «Lo sforzo sotto il profilo culturale è il primo elemento da considerare. È, inoltre, fondamentale che si parli dell’argomento e che le donne comincino a entrare nei luoghi decisionali. Qualcosa sta cambiando, anche se ancora non basta. Le politiche a sostegno della donna possono rappresentare un concreto aiuto per conciliare lavoro e cura della famiglia. E anche da parte della donna deve esserci maggiore impegno a pretendere con forza questo adeguamento. Le straordinarie capacità imprenditoriali delle donne sono dimostrate dalla loro grande forza e tenacia: propositive nei momenti di crisi e instancabili nei ruoli di responsabilità. Abbattiamo il muro dell’ipocrisia e diamo loro fiducia». PUGLIA 2012 • DOSSIER • 73




MODELLI D’IMPRESA

Prospettive di crescita per la metalmeccanica Leucci Group conferma un trend positivo nonostante le difficoltà causate dalla crisi nel settore metalmeccanico. Barbara Leucci descrive gli obiettivi raggiunti e le prospettive di crescita di un’azienda che comincia a guardare oltre i confini pugliesi Carlo Gherardini

arantire i livelli occupazionali degli anni scorsi è senza dubbio uno dei traguardi più importanti che un’azienda possa raggiungere nell’attuale contesto economico finanziario. Un obiettivo centrato dalla Leucci Group, realtà brindisina che opera nel settore della manutenzione meccanica degli stabilimenti industriali, nella progettazione e costruzione di componenti vari e nei montaggi meccanici di nuovi impianti per centrali termoelettriche, raffinerie, petrolchimici e nella demolizione di vecchi impianti. «Sicuramente possiamo ritenerci vincitori della nostra prima grande sfida, poiché in questi ultimi due anni di profonda destabilizzazione e crisi sia economica che finanziaria, siamo riusciti a tenere la nostra posizione, non avendo dovuto ricorrere ad alcun tipo di ammortizzatore sociale» afferma Barbara Leucci, alla guida dell’azienda insieme al fratello Luigi. La società è nata nel 2006 dall’esperienza maturata nel settore metalmeccanico da Lucio Leucci, padre degli attuali amministratori. «Mio padre – afferma Barbara Leucci - è stato il fondatore della prima azienda metalmeccanica di Brindisi e ha investito nell’impresa tutta la sua vita. La sua carica di Presidente di Confindustria di Brindisi gli ha inoltre permesso di dedicarsi a questo settore anche dal punto di vista istituzionale. Come suoi successori, mio fratello e io abbiamo l’obiettivo di continuare a dedicarci all’attività con la stessa passione e la stessa grinta che nostro padre ha di-

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Alcuni lavori della Leucci Group. L’azienda ha sede a Brindisi www.leuccigroup.it

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mostrato per oltre 60 anni». In questi anni, Leucci Group ha visto una costante crescita del fatturato e un annuale incremento della clientela. Nelle sue officine, l’azienda è in grado di realizzare serbatoi e recipienti, scambiatori di calore, colonne di lavaggio e di distillazione, caldarerie e carpenterie soggette a manuale di garanzia della qualità, fabbricati multipiano a struttura metallica, impianti di dissalazione acqua di mare e di osmosi inversa, piping, in qualsiasi tipo di metallo, per le industrie chimiche, raffinerie, dell’energia e dell’alimentazione, con una potenzialità di circa 700.000 ore lavorative/anno. «I settori chimico, petrolchimico ed energetico, in particolare, hanno un ruolo fondamentale per il nostro core business – continua Barbara Leucci -. In tal senso abbiamo consolidato la nostra presenza nelle principali realtà industriali presenti sul territorio pugliese». Leucci Group, infatti, è nata concentrandosi sulle opportunità del territorio locale, cercando di offrire i propri servizi differenziandosi dalla concorrenza e, negli ultimi anni, ha anche ampliato i propri orizzonti a livello nazionale, cercando di consolidare partnership e relazioni commerciali con altre aziende operanti nel settore. «Le nostre prospettive, nel breve periodo, sono quelle di contrastare il trend negativo, chiudendo l’esercizio con un’ulteriore crescita in termini di fatturato rispetto all’anno scorso. Inoltre, l’ambizione è quella di crescere a livello nazionale, superando i confini del territorio pugliese, per poi un do-


Barbara Leucci

I settori chimico, petrolchimico ed energetico hanno un ruolo fondamentale per il nostro core business

mani, magari, espandere l’attività anche all’estero». A questo scopo, l’azienda continua a puntare sui valori che da sempre la caratterizzano: «In questi momenti di crisi e di selezione naturale nel mercato, per crescere, è fondamentale cercare di offrire il miglior servizio e prodotto possibile, mostrando la massima efficienza e professionalità – sottolinea Barbara Leucci -. I nostri punti di forza, in effetti, sono stati e continueranno ad essere, la qualità del lavoro e il rispetto per i termini di consegna». Principi trasmessi ai figli da Lucio Leucci, valorizzati ulteriormente dal passaggio generazionale che ha introdotto in azienda un ammodernamento, con uno staff manageriale di elevata esperienza che ha permesso di passare da un’ottica di azienda fa-

miliare a una gestione dell’impresa più professionale. Sono stati, inoltre, implementati strumenti informatizzati di gestione della produzione e del controllo della qualità. Resta difficile, però, di questi tempi, investire in ricerca, sviluppo e nuove tecnologie: «Purtroppo l’attuale situazione economica in cui versa il nostro paese e in particolare le regioni del Sud Italia, non permette di realizzare investimenti in R&S. La stretta creditizia, di cui le piccole e medie imprese sono particolarmente vittime, ci impedisce ad oggi di realizzare progetti innovativi. Confidiamo che nel breve periodo, vengano offerte nuove e migliori opportunità alle PMI per investire in ricerca, fomentando le nuove idee e facendo eccellere le realtà industriali del nostro territorio». PUGLIA 2012 • DOSSIER • 77


MODELLI D’IMPRESA

Gli scenari del metalmeccanico brindisino

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Giovanni Brigante, titolare dell’omonima società metalmeccanica di Brindisi www.brigantesrl.it

er noi la crisi si è manifestata soprattutto con una considerevole riduzione degli investimenti, che ha attraversato trasversalmente tutti i settori operativi di riferimento. Questa si è tradotta in un ridotto carico di lavoro, al quale abbiamo fatto fronte da una parte con commesse di investimento precedentemente acquisite e dall’altra con una rimodulazione dell’assetto operativo aziendale. Con queste misure, l’anno scorso, siamo riusciti a ottenere un fatturato positivo, grazie anche alla realizzazione di un importante progetto nel settore petrolchimico che ci ha portato a consolidare un incremento del fatturato del 10 per cento rispetto al 2010». È questo il bilancio che trae Giovanni Brigante, titolare dell’omonima società brindisina attiva nei settori della carpenteria metallica, della tubisteria, della caldareria e dei montaggi industriali e operativi, in modalità chiavi in mano. Presente soprattutto sul territorio pugliese, negli ultimi anni l’azienda ha inserito nel proprio portfolio anche importanti interventi realizzati a livello nazionale nel campo energetico, petrolchimico e termomeccanico. Quali progetti avete portato a termine di recente? «In questi anni siamo riusciti a instaurare partnership significative con i principali gruppi industriali italiani. Facendo riferimento a settori produttivi diversi, abbiamo avuto modo di lavorare tanto nel petrolchimico, per la realizzazione completa di una nuova unità di produzione del polipropilene in fase gas, ma anche nel

Giovanni Brigante analizza l’attività del 2011, con un bilancio moderatamente positivo. Il calo delle commesse è stato infatti assorbito grazie a un riassetto aziendale, che ha garantito un importante incremento del fatturato Manlio Teodoro

settore energia, come parte attiva per la realizzazione di diversi progetti di investimento sui quattro gruppi di produzione energetici esistenti. Inoltre, nel settore farmaceutico abbiamo installato nuove parti di impianto per la produzione di antibiotici, mentre per l’alimentare sono state realizzate le costruzioni di nuove sezioni di un impianto per la raffinazione dello zucchero». Insomma siete riusciti a essere presenti in una molteplicità di ambiti, fra loro anche molto distanti. «Sì, questa è stata la nostra forza. Lavoriamo infatti sia nei settori tradizionali dell’industria metalmeccanica, come nel campo marittimo e navale – per il quale abbiamo continuato a progettare e realizzare carpenterie metalliche, anche a bordo di navi operative – e nel settore termomeccanico, sia nei nuovi ambiti del settore ecologico – ammodernamento di unità produttive per lo smaltimento dei rifiuti e recupero energetico – e delle energie rinnovabili, in particolare nel fotovoltaico». Quali sono le caratteristiche peculiari che vi permettono di rispondere in maniera flessibile e versatile alle necessità di una committenza sempre più diversificata? «La nostra azienda può vantare un’esperienza


Giovanni Brigante

La nostra forza è essere orientati sia ai settori tradizionali, come navale e petrolchimico, sia ai nuovi settori ecologici e delle rinnovabili

trentennale sul mercato e questo ci ha consentito di acquisire una notevole professionalità. Il management qualificato e la solidità della struttura ci permettono di offrire un servizio completo e chiavi in mano. Operiamo in stretta collaborazione con i committenti, a partire dalla fase iniziale di impostazione fino allo sviluppo dello studio di fattibilità, alla preparazione del progetto base e di dettaglio, per giungere alla fase realizzativa di costruzione, al commissioning e infine allo start up delle opere realizzate. Inoltre investiamo per mantenerci una realtà dinamica, flessibile e tempestiva nell’intervento». Quanto è importante l’investimento in nuove tecnologie? «Abbiamo investito ingenti risorse tecniche e finanziarie per l’acquisto di macchinari, attrezzature e strumenti di lavoro, ma anche per migliorare le procedure operative e le competenze tecniche. Oggi disponiamo di un moderno opificio industriale, collocato nella zona industriale di Brindisi e attrezzato per tutte le lavorazioni del settore, dotato di una vasta gamma di procedimenti di saldatura per la realizzazione di piping, sistemi di tubazioni, caldareria, apparecchiature in pressione, strutture metalliche leggere e pesanti, carpenterie navali».

E per quanto riguarda l’investimento in sicurezza? «Questa voce di investimento rientra nelle attività tese ad accrescere e diffondere internamente un più elevato livello di cultura professionale. In quest’ottica la sicurezza rappresenta uno dei più importanti obiettivi aziendali. Non solo sotto il profilo del comportamento professionale dei collaboratori, ma anche e soprattutto per il raggiungimento e il mantenimento dei requisiti previsti dai committenti. Per questo ci siamo avvalsi della consulenza di società specializzate in materia e di diversi professionisti qualificati del settore, che sono stati impegnati insieme alle nostre maestranze in un programma di Tool Box Meeting, durante i quali sono state eseguite sia le necessarie lezioni teoriche che i singoli corsi pratici mirati alle specifiche attività lavorative previste». PUGLIA 2012 • DOSSIER • 79


MODELLI D’IMPRESA

Nell’elettrico il made in Italy non teme le Tigri asiatiche Puntare sulla qualità italiana e su un’offerta diversificata. È questa la scelta intrapresa dalla Garofoli, azienda leader sul mercato del materiale elettrico. Che sbaraglia la concorrenza orientale. L’esperienza di Francesco Garofoli Eugenia Campo di Costa

Nella pagina accanto, Francesco Garofoli, presidente della Garofoli Spa di Palo del Colle (BA). Nelle restanti immagini, altre filiali dell’azienda - www.garofolispa.eu

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invasione cinese” ha coinvolto, negli ultimi anni, un’ampissima varietà di settori industriali, immettendo sul mercato prodotti sicuramente più economici ma spesso di qualità inferiore rispetto a quelli made in Italy. Non è esente dall’ondata di articoli orientali il mercato del materiale elettrico, in tutte le sue declinazioni. A non temere la concorrenza dei paesi a basso costo è la Garofoli Spa, realtà ben radicata nel tessuto economico del Meridione, specializzata nella commercializzazione di materiale elettrico, prodotti selezionati per la messa in opera di impianti fotovoltaici nonché di forniture per la realizzazione di impianti per l’automazione industriale e domestica. «Da sempre la Garofoli Spa dedica la propria attenzione alla costante ricerca di nuovi prodotti e allo sviluppo di nuovi mercati – af-

“L’


Francesco Garofoli

ferma il presidente, Francesco Garofoli -. Per noi “qualità” non significa solo grandi marche, ma anche consulenza tecnica e assistenza pre e post vendita, aspetti che rappresentano da sempre un valore aggiunto e un punto di riferimento certo per la nostra clientela». La vostra filosofia aziendale vi ha portato a ottenere negli anni risultati sempre più positivi, confermando anche nell’ultimo esercizio un trend di crescita. «Esattamente. Infatti il fatturato registrato negli ultimi tre anni ha evidenziato una crescita annuale di oltre il 20 per cento, raggiungendo nell’esercizio 2011 quasi 50 milioni di euro. Diversamente da molte altre realtà distributrici, la nostra azienda non ha risentito del momento di crisi grazie alla capacità che ha avuto di “anticipare” il ciclone con attività di

INCREMENTO

20% È LA PERCENTUALE DI CRESCITA DEL FATTURATO REGISTRATA OGNI ANNO, NELL’ULTIMO TRIENNIO, DALLA GAROFOLI SPA

reale partnership con clienti e fornitori». A livello di offerta, la vostra azienda ha decisamente puntato sulla diversificazione. Quali sono le ragioni alla base di questa strategia? «Per soddisfare ogni tipo di esigenza, abbiamo creduto nell’alta specializzazione, individuando e sviluppando business unit gestite da specialisti della singola materia. Attualmente abbiamo cinque divisioni specializzate in materiale elettrico civile e industriale, energie alternative, illuminotecnica, domotica e automazione, e ultima solo in ordine di avvio la divisione cavi speciali». Oggi la vostra copertura territoriale comprende i mercati pugliese, lucano e calabrese. «Nell’ottica di una politica espansionistica sul territorio, nel 2002 abbiamo acquisito la filiale di Canosa di Puglia, destinata alla copertura del Nord della Puglia, mentre per il Sud nel 2003 abbiamo aperto la filiale di Casarano. Nel 2009 abbiamo aperto due nuovi uffici tecnico/commerciali nelle città di Taranto e Lamezia Terme allargando la nostra operatività sul territorio pugliese e calabrese. Nel 2011, inoltre, abbiamo inaugurato un nuovo punto vendita ad Andria con un ampio show room dedicato al settore illuminotecnico che rappresenta un valido riferimento per l’interior design. Il recente e ulteriore sviluppo della divisione energie alternative e l’apertura della nuova filiale ubicata nella zona industriale di Bari/Modugno dedicata alla divisione cavi speciali hanno arricchito ulteriormente il già ampio ventaglio dei servizi offerti». Qual è il territorio sul quale puntate maggiormente? Avete in programma di espandervi ulteriormente nel prossimo futuro? «Sicuramente la Puglia rappresenta il nostro PUGLIA 2012 • DOSSIER • 81


MODELLI D’IMPRESA

mercato principale. Un considerevole riscontro è altrettanto vero che le aziende come la noè stato ottenuto nel territorio calabrese nel quale abbiamo creduto incentrando energie e figure professionali adeguate. Le opportunità di espansione in nuovi mercati rappresentano per noi un motivo di crescita e pertanto non precludiamo la possibilità di ulteriori futuri investimenti in quest’ottica». Il forte sviluppo, soprattutto in Puglia, delle energie alternative, vi ha spinto a creare una divisione dedicata. «Attribuiamo particolare importanza al settore delle energie alternative, in particolare al fotovoltaico. Disponiamo di tutto il materiale e prodotti selezionati per la messa in opera di impianti fotovoltaici. Una divisione commerciale dedicata, composta da esperti nel settore, cura lo studio preliminare con sopralluoghi, consulenza sugli adempimenti burocratici, progettazione ed eventualmente realizzazione e collaudo ad opera di installatori di fiducia». Le difficoltà nel settore delle costruzioni in che misura stanno penalizzando il vostro business? «È indubbio che le difficoltà che il settore edile sta riscontrando in questo periodo incidano a livello finanziario sui più grandi distributori di materiale elettrico. D’altra parte,

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stra, che hanno saputo diversificare i propri mercati di riferimento, oggi vivono con minor disagio questo difficile periodo». La vostra non è solo un’attività di rivendita, offrite anche assistenza tecnica e servizi specializzati. Quali sono i principali? «Assistenza tecnica e servizi specializzati rappresentano un punto di forza fondamentale per vincere la variabile prezzo che ormai pervade il nostro settore. Ogni divisione commerciale della Garofoli presenta dei responsabili con competenze specifiche in base al business che rappresentano. Questa organizzazione interna altamente specializzata ci contraddistingue sul mercato e ci presenta come un partner con cui condividere progetti, esigenze e risultati. È certamente questo il valore aggiunto che ci viene riconosciuto attraverso l’alta fidelizzazione della nostra clientela». Come è strutturata la vostra rete commerciale? «La rete commerciale è strutturata con agenti esperti, qualificati e in numero necessario a garantire una risposta veloce oltre che una presenza capillare sul territorio. Inoltre disponiamo di divisioni specifiche per offrire consulenza tecnica e commerciale, sviluppo di capitolati di appalto (preventivazione tecnica/ commerciale), assistenza alla progettazione, sviluppo di soluzioni tecniche, informazione tecnica sul prodotto e sulle sue applicazioni, scelta del prodotto corretto partendo dalla esigenza applicativa, sopralluoghi sul cantiere per valutazioni tecniche, affiancamento al cliente nell'ambito di contatti con il cliente finale dell'installatore/industria». Nel 2011 avete inaugurato lo show room dedicato al settore illuminotecnico. Quali sono in questo momento le nuove tendenze per quanto riguarda interior design e innovazione? «L’apertura dello show room dedicato al settore illuminotecnico è stato un passo importante per la Garofoli e al tempo stesso ha rappresentato una tempestiva risposta alla evidente esigenza di avere un riferimento va-


LE TAPPE DEL GRUPPO a Garofoli Spa nasce nel 1998 dalla ditta Forniture Elettriche Sas, azienda cresciuta e sviluppata per oltre trent’anni dal suo fondatore e titolare Franco Garofoli. Nello stesso anno la Garofoli Spa entra a far parte del FEGIME - CONSEL uno dei maggiori consorzi internazionali di materiale elettrico. Nell'ottica di una politica espansionistica sul territorio, nel 2002 viene acquisita la filiale di Canosa di Puglia, destinata alla copertura del Nord della Puglia, mentre per il Sud nel 2003 apre la filiale di Casarano (LE). Contemporaneamente viene raggiunto l'obiettivo della certificazione Iso 9001:2000 grazie ad un’efficiente organizzazione e alla costante cura della soddisfazione

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lido per professionisti, architetti e interior designer. Lo show room di Andria è divenuto immediatamente il nostro fiore all’occhiello e motivo di orgoglio per i riconoscimenti ricevuti. Oggi nell’interior design le nuove tendenze puntano sulle linearità e le forme geometriche, inoltre tutto ciò che è vintage fa moda e tendenza. Per quanto riguarda il mondo della luce la nuova tendenza è senza dubbio la tecnologia Led impiegata in qualunque contesto che faccia design». A quasi trent’anni dalla fondazione della vostra realtà imprenditoriale, quale bilancio può trarre? Quali sono le maggiori sfide che

del cliente. Nel 2009 l’apertura nelle città di Taranto e Lamezia Terme (CZ) di due nuovi uffici tecnico/commerciali allarga l’operatività dell’azienda sul territorio pugliese e calabrese. Il nuovo punto vendita di Andria inaugurato nel 2011 con il suo ampio show room dedicato al settore illuminotecnico rappresenta un traguardo importante per l’azienda oltre che un valido riferimento per l’interior design. Il recentissimo e ulteriore sviluppo della Divisione Energie Alternative (fotovoltaico) e l’apertura della nuova filiale ubicata nella Zona Industriale di Bari/Modugno dedicata alla Divisione Cavi Speciali ha arricchito il già ampio ventaglio dei servizi offerti dalla Garofoli Spa.

oggi il mercato vi pone e quali sono i prossimi investimenti in programma? «Il bilancio è sicuramente positivo. L’azienda oggi vede impegnata tutta la famiglia Garofoli, oltre a uno staff di manager in grado di gestire un organico che conta più di cento risorse. La mission comune a tutto il team Garofoli – ben sintetizzata nel nostro slogan “partner da legare” - è quella di vedere il cliente non come un semplice acquirente ma come un imprenditore con cui condividere obiettivi comuni. Non posso svelare troppo sui nostri progetti futuri ma abbiamo in essere importanti progetti di sviluppo e attività di supporto a vantaggio della nostra clientela». PUGLIA 2012 • DOSSIER • 83


MODELLI D’IMPRESA

Una nuova idea di packaging Scatole e imballi, siano essi in cartone o in plastica, devono rispondere a precisi standard qualitativi e di affidabilità. Oggi però, il mercato richiede un packaging sempre più accattivante e creativo. Come riuscire a coniugare queste esigenze nelle parole di Valerio Caprio Diego Bandini

na confezione rappresenta, in un certo senso, il “biglietto da visita” con cui un prodotto si presenta, e per questo deve essere in grado di attirare l’attenzione del consumatore. Negli ultimi anni si è andato sempre più affermando, ad esempio, il cosiddetto “packaging creativo”, caratterizzato da confezioni nuove e originali, create per stupire e, in alcuni casi, dopo aver “svolto” la loro funzione primaria, utilizzabili anche come ornamento e decorazione. È questo uno degli ambiti in cui opera la Cartotecnica Srl, azienda di Conversano specializzata nella produzione di scatole e astucci in cartone teso e microonda. «Il nostro è un settore molto complesso», racconta Valerio Caprio, che insieme ai fratelli Sandro e Renato è alla guida del gruppo F.lli Caprio, a cui Cartotecnica appartiene. «Per questo lo sforzo è, da sempre, teso verso una produzione altamente qualificata e selettiva, che non guarda alla ri-produzione di massa, ma alla creazione di progetti sempre nuovi e “su misura”, in relazione alle specifiche necessità». In effetti quello del packaging è un settore in continua evoluzione. Come fare per rimanere

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al passo con i cambiamenti del mercato? Sandro Caprio: «Abbiamo investito ingenti risorse in attività di ricerca e sviluppo, che sono fondamentali per non perdere competitività. Questo ci impone un aggiornamento continuo della nostra offerta, perché solo così possiamo riuscire a soddisfare anche le richieste più particolari. All’interno dell’azienda abbiamo, ad esempio, un reparto tecnico dedicato proprio allo studio e alla ricerca di nuove soluzioni da presentare al mercato. Dall’inizio dell’attività non abbiamo mai smesso di investire nell’acquisto di strumenti e mezzi sempre più performanti, con l’obiettivo di accrescere la qualità dei prodotti da noi proposti». Siete dotati di particolari macchinari all’interno del vostro stabilimento? Renato Caprio: «L’aggiornamento e il potenziamento del parco macchine è ciò che ci permette di offrire ai nostri partner un prodotto sempre più accattivante. La nostra linea di produzione è formata da macchine diverse, molto complesse, ciascuna con una funzione specifica e integrabile all’interno del percorso produttivo. Disponiamo di macchine per la stampa in Off-Set, che permettono di stampe su cartoncino pretrattato o semilavorato, per realizzare immagini di alto livello qualitativo, e con un ottimo rapporto qualità-prezzo. Abbiamo poi macchine fustellatrici, che provvedono a sagomare il car-


Valerio Caprio

Da sinistra i fratelli Sandro, Valerio e Renato Caprio, amministratori della Cartotecnica Marta srl di Conversano (BA) www.cartotecnicamarta.it - www.resaplast.it

tone, dandogli la forma e la dimensione desiderata, macchine finestratrici per la creazione di contenitori a vista e macchine piegaincolla». Negli anni Cartotecnica ha però avviato un significativo processo di diversificazione produttiva, facendo il suo ingresso anche nel settore della plastica, attraverso la creazione di Resaplast. Come mai questa scelta? Valerio Caprio: «Nel 2001, vista la crescita aziendale, abbiamo ritenuto opportuno separare, con specifici investimenti mirati, la produzione e distribuzione delle scatole di cartone da quella degli articoli in plastica. È nata così Resaplast, il cui core business è rappresentato proprio dalla produzione di scatole e astucci in Pvc e contenitori in polipropilene. L’azienda, che opera in piena sinergia con la casa-madre, dispone di una strut-

tura perfettamente integrata ed è provvista di tutte le più moderne tecnologie, oltre ad aver acquisito la certificazione ISO 9011:2008 e certificazione di prodotto». Quali riscontri sta avendo l’attività di Resaplast sul mercato? R.C.: «Direi ottimi. Le esigenze connesse alla produzione di contenitori plastici e in PVC sono infatti comuni a numerosi settori industriali. Questo permette a Resaplast di lavorare al fianco di una clientela diversificata, con un’attività che spazia dalla produzione di contenitori per alimenti, articoli tessili e manifatturieri, alla stampa di supporti plastici di vario tipo. Il successo di Resaplast è confermato dal fatto che oggi l’azienda è presente praticamente su tutto il territorio nazionale, con un trend di fatturato in continua crescita». PUGLIA 2012 • DOSSIER • 85


MODELLI D’IMPRESA

Effettuate particolari analisi e controlli durante il vostro ciclo di lavoro, per assicurare sempre la massima qualità degli articoli da voi prodotti? V.C.: «Operiamo sulla base di uno standard organizzativo ben preciso, consolidatosi nel corso degli anni. Attenzione e impegno, unitamente a qualche sacrificio, fanno ormai parte del Dna di tutte le persone che lavorano con noi. Le scatole e le confezioni che produciamo escono dal nostro stabilimento solo dopo aver superato numerosi test in fatto di stabilità, resistenza, funzionalità e versatilità. Non è un caso se siamo in possesso della certificazione di qualità Csi Cert Iso 9001 fin dal 2005». Cartotecnica opera all’interno di una realtà come quella meridionale, spesso associata a fenomeni negativi. Cosa ha significato per voi nascere e affermarsi in un contesto di questo tipo? S.C.: «Il sud è pieno di imprese produttive e laboriose, che non hanno nulla da invidiare a quelle del nord Italia. Nascere e crescere nel Mezzogiorno non ci ha mai spaventati o bloccati: la nostra realtà è, al contrario, la dimostrazione che, anche all’interno di una zona afflitta da mille problemi, si possono creare le condizioni favorevoli per maturare e prosperare, contribuendo a produrre ricchezza e occupazione per il territorio». Per quel che riguarda il presente, invece, quali sono le principali criticità con cui siete 86 • DOSSIER • PUGLIA 2012

Disponiamo di macchine molto complesse, ciascuna con una funzione specifica e integrabile all’interno del processo produttivo

costretti a confrontarvi, anche in relazione alla situazione di crisi che sta attraversando il Paese? S.C.: «Sicuramente la difficoltà nell’incassare i pagamenti dovuti, spesso a distanza di molti mesi, incide notevolmente sul nostro lavoro, rendendo complicato programmare anche investimenti e progetti di crescita. In aggiunta, così come tante altre realtà imprenditoriali della zona, scontiamo una cronica carenza di collegamenti e infrastrutture che di certo non aiuta lo sviluppo di quest’area». Quali sono, infine, gli obiettivi e le prospettive per il futuro di Cartotecnica? V.C.: «La crisi economica non ha inciso particolarmente sul nostro fatturato, avendo già da tempo messo in atto una selezione della clientela e una politica rivolta alla ricerca della massima qualità, non soltanto produttiva ma anche di servizio. Con questi presupposti possiamo guardare al futuro con rinnovato ottimismo».



MODELLI D’IMPRESA

L’acciaio di Taranto, primi segni di ripresa Uno degli ambiti più colpiti dalla crisi, in una città del Sud, in ginocchio dopo il caso Ilva. Come reagisce un’impresa siderurgica a Taranto? Risponde Vito Michele Giove, la cui azienda lavora nel settore da 30 anni. «Ce la faremo» Renato Ferretti

ra i settori più compromessi dalla recessione c’è sicuramente quello siderurgico. Tra le città più legate a quest’ambito in Italia c’è Taranto, che come se non bastasse soffre anche del grave caso Ilva. Ebbene, come affronta la crisi economica un’impresa nel campo della siderurgia con sede nel capoluogo pugliese? L’abbiamo chiesto a una delle aziende tarantine più longeve operanti nel settore: la Giove Srl. L’azienda è stata fondata circa 30 anni fa dall’attuale Amministratore Unico Vito Michele Giove, che è pronto a scommettere sulla ripresa del siderurgico. Il suo ottimismo è giustificato solo da quelli che lo stesso Giove definisce “piccoli segnali”, dati del terzo trimestre 2012 alla mano. L’idea più diffusa parla del siderurgico come un settore che anticipa inizio e fine delle crisi economiche, eppure stavolta sembra non essere così. Il mercato sembra slegato dall’andamento di questo campo produttivo, tanto da far parlare qualcuno di cambiamento paradigmatico e non più di crisi congiunturale. In Europa suona l’allarme, soprattutto in Germania dove ci si aspetta un calo nei profitti Vito Michele Giove, Amministratore Unico per tutto l’anno: finora si della Giove Srl di Taranto. Nella pagina a fianco,

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il general manager Andrea Giove - www.giove.it

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sono registrate perdite per 590 milioni, e la domanda non sembra riprendersi. Ma forte della sua esperienza il fondatore dell’azienda di Taranto si sente di fare previsioni. «Il settore della siderurgia – dice Giove -, nel terzo trimestre di quest’anno comincia a dare piccoli segnali di ripresa, siamo positivi e pensiamo che sia soltanto l’inizio». In quale maniera avete affrontato la crisi del settore? «La lunga esperienza accumulata in tutti questi anni, gli standard qualitativi delle nostre lavorazioni e la solida e affidabile organizzazione dell’azienda, ci hanno consentito di rimanere nelle preferenze dei clienti. Certo, sono state fatte scelte sempre caute e ponderate, analizzando scrupolosamente ogni fattore senza lasciare nulla al caso: programmare, analizzare e decidere sono le parole chiave». In che modo garantite gli standard qualitativi delle vostre lavorazioni? «Crediamo molto nella qualità delle nostre lavorazioni ed è per questo che siamo stati tra i primi a dotarci della certificazione Iso 9001, in seguito abbiamo ottenuto l’attestazione Soa Rina che ci qualifica anche all’esecuzione di lavori pubblici. Di recente abbiamo ottenuto anche l’“Autorizzazione Centro di Trasformazione” in quanto possediamo i requisiti richiesti dall’attuale normativa per le lavorazioni dell’acciaio, inoltre nell’anno corrente ci siamo dotati della certificazione Iso 3834 relativa ai processi di saldatura».


Vito Michele Giove

A proposito di certificazioni, come avete affrontato finora i temi rispetto dell’ambiente e sicurezza sul lavoro? «L’ambiente e la sicurezza sono oggi sinonimo di lavoro, occorre coniugare le tre cose e in questo la nostra azienda si è sempre dimostrata fattiva. Gli investimenti realizzati in tale direzione, sia in termini di risorse umane che in termini di innovazione e di ammodernamento dei macchinari e delle attrezzature, hanno comportato un notevole sforzo finanziario. La sicurezza dei nostri dipendenti e dell’ambiente nel quale operiamo sono tra le nostre priorità e pertanto siamo in dirittura d’arrivo per l’ottenimento delle certificazioni Iso 14001 ed Ohsas 18001». Tra i vostri principali clienti c’è l’Ilva. «L’Ilva rappresenta indubbiamente la nostra

fonte primaria di sostentamento, tra l’altro siamo in posizione strategica a garanzia di una perfetta efficienza logistica. Staremo a vedere come si svilupperà la vicenda. Una cosa è certa, per quanto ci riguarda, siamo sempre stati attenti a rispettare le normative sulla salvaguardia dell’ambiente. Grazie anche al siderurgico abbiamo avuto la possibilità, negli anni, di specializzarci negli interventi di manutenzione e di costruzione degli impianti raggiungendo un alto livello di specializzazione, e sempre pronti a soddisfare le continue richieste di adeguamento». Quale riflessione è possibile fare sui primi trent’anni di attività dell’azienda? «Guardandosi alle spalle e analizzando i primi trent’anni della nostra attività possiamo sicuramente affermare che grandi traguardi sono stati PUGLIA 2012 • DOSSIER • 91


MODELLI D’IMPRESA

Il settore della siderurgia nel terzo trimestre di quest’anno comincia a dare piccoli segnali di ripresa, siamo positivi e pensiamo che sia soltanto l’inizio

raggiunti; abbiamo vissuto e siamo stati parte at-

Erasmo Giove, anch’esso general manager di Giove Srl

tiva delle numerose e grandi trasformazioni del settore industriale/siderurgico. Come azienda ci siamo evoluti costantemente sino ad approdare all’attuale assetto che ci annovera, al momento, tra quelle più solide del territorio tarantino». E l’ingresso dei suoi figli Erasmo e Andrea in azienda che cambiamenti ha prodotto? «L’ingresso in azienda di Erasmo ed Andrea Giove è avvenuto in maniera graduale già da diversi anni, le loro competenze tecniche, acquisite sui banchi di scuola, si sono affinate e completate con una presenza assidua sui cantieri di lavoro; per loro comprendere appieno tutte le fasi della nostra produzione è stato di fondamentale importanza. Con l’ingresso di Erasmo ed Andrea, e con le nuove idee che solo una generazione giovane può avere, abbiamo dato vita ad una serie di cambiamenti sia nell’organizzazione aziendale che nei processi produttivi che ci hanno consentito di ottimizzare i risultati».

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Quale fetta occupano i progetti realizzati all’estero sul vostro fatturato? Prevedete un’espansione della vostra attività fuori dai confini? «La nostra azienda non è nuova alla realizzazione di commesse per conto di società estere con percentuali di fatturato che si assestano intorno al 20 per cento. La nostra intenzione per i prossimi anni è quella di incrementare ulteriormente questo filone ed espanderci in nuovi Paesi, in tal senso ci stiamo adoperando per la ricerca di nuovi e affidabili clienti oltre confine». Quali sono le prospettive e gli obiettivi per il medio e lungo periodo? «Siamo ottimisti e pensiamo che le prospettive all’orizzonte siano positive e che non tarderanno ad arrivare. Progetti al vaglio ce ne sono tanti, importanti e impegnativi, stiamo analizzando e ponderando attentamente tutti i possibili risvolti, insomma, guardiamo al futuro facendo sempre tesoro delle esperienze passate».



MODELLI D’IMPRESA

Migliorare la gestione delle acque di processo Nonostante l’incremento dei costi delle materie prime utilizzate dall’industria chimica abbia bloccato la crescita degli utili, la Technoacque ha scelto di non interrompere la strategia di investimento. La parola all’ingegnere Vito Casarano Manlio Teodoro

costanti aumenti nel prezzo delle materie prime utilizzate dall’industria chimica hanno posto sotto pressione il settore, soprattutto perché le imprese faticano a trasferire i nuovi costi sui prezzi finali di vendita. Come spiega l’ingegnere Vito Casarano, amministratore unico della Technoacque, azienda specializzata nella produzione di formulati chimici, nella costruzione di impianti per il trattamento delle acque primarie e nella fornitura di servizi per il trattamento delle acque industriali: «Nel 2011, nonostante un incremento di fatturato del 16,8 per cento rispetto al bilancio precedente, il nostro margine operativo si è confermato in linea con quello del 2010. L’aumento dei costi delle materie prime, infatti, ha vanificato le speranze di una diretta correlazione fra i ricavi e il fatturato. Tuttavia, questo non ha frenato la nostra già avviata strategia di investimenti».

I Vito Casarano, amministratore unico della Technoacque Srl di Fasano (BR) www.technoacquesrl.it

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Quindi avete messo a bilancio, per il 2011, un fatturato in attivo al quale non corrisponde però un incremento negli utili. Qual è la sua valutazione di questo primo semestre 2012 e quali le prospettive per la chiusura dell’esercizio in corso? «I dati rivelano un buon andamento delle vendite dei formulati chimici e una moderata ripresa dell’attività del settore impiantistico. In ogni caso, la maggiore criticità di questi mesi, oltre a un ulteriore incremento nei prezzi delle materie prime, è rappresentata dallo scenario congiunturale che si sta riflettendo sull’esigibilità di alcuni crediti, che vantiamo nei confronti di società che sono state colpite maggiormente dalla crisi. Nonostante questo però, siamo molto soddisfatti dei risultati raggiunti e per questo crediamo di poter crescere ulteriormente nei prossimi mesi. Strategica, in questo senso, sarà la costruzione della nostra nuova sede. Questa è ormai in fase di realizzazione, e come previsto entro il prossimo anno sarà del tutto completata, con l’installazione di nuovi impianti di produzione e di apparecchiature di laboratorio tecnologicamente più avanzate. Il trasferimento di tutte le attività in questa nuova struttura ci permetterà di raggiungere una maggiore efficienza in tutte le varie fasi di lavorazione e quindi di incrementare la nostra competitività». Quindi la crisi sta incidendo in minima parte sulla rimodulazione dei vostri obiettivi? «Quello che siamo riusciti a fare in questi anni è il risultato della credibilità che ci siamo conqui-


Vito Casarano

stati sul campo, coniugando l’etica del nostro operare con la forza che ci deriva dalla solidità della nostra organizzazione. Intendiamo confermare la validità della strategia precedentemente impostata potendo disporre di una struttura patrimoniale che ci permetterà di proseguire nella sua implementazione. Anche facendo leva sulle opportunità che la congiuntura ci mette a disposizione, come dimostrano i progressi ottenuti. I nostri obiettivi rimangono validi e sono quelli di sfruttare i vantaggi competitivi raggiunti, che ci porteranno a un rafforzamento delle nostre quote di mercato, per diventare sempre più leader all’interno di un mercato che vede già una grande selezione dei nostri competitor». Per incrementare le quote di mercato avete anche previsto un ampliamento dei vostri settori di riferimento? «In realtà il nostro target non è rappresentato da un insieme di ambiti o settori prefissati. Qualsiasi industria utilizzi acque di processo necessita di trattamenti chimici specifici. I nostri prodotti infatti trovano applicazione in tutte le industrie che impiegano acque di raffreddamento o che producono vapore, e trovano inoltre applicazione negli impianti di trattamento delle acque reflue. Tuttavia, a livello statistico le principali destinazioni di

Il rispetto ambientale è un obiettivo che rientra pienamente nel nostro impegno a garantire elevati standard di qualità

impiego sono le caldaie a vapore, i circuiti di raffreddamento, le acque sanitarie e di scarico, le acque di ingresso in impianti di osmosi inversa». Tra le vostre attività, da quale al momento derivano le performance migliori per il vostro business? «Senza dubbio dalla formulazione di additivi chimici per il trattamento delle acque di processo. Questi sono prodotti chimici che, nella maggior parte dei casi, servono per inibire la formazione di incrostazioni e l’insorgere di corrosione, fenomeni che normalmente vengono creati proprio dalle acque industriali». Il vostro mercato di riferimento è rappresentato solo dal territorio pugliese o si estende anche al di fuori dei confini regionali? «Da circa vent’anni la nostra area di interesse ha oltrepassato i confini della regione. Oggi operiamo su tutto il territorio nazionale e ab- PUGLIA 2012 • DOSSIER • 95


MODELLI D’IMPRESA

FATTURATO

+16,8% È L’INCREMENTO FATTO REGISTRARE DA TECNHOACQUE NEL 2011 RISPETTO AL 2010

biamo consolidato rapporti con numerose società industriali, che ci affidano il trattamento chimico dei loro impianti – la conoscenza specifica di ogni tipo di circuito ci permette di assicurare sempre la massima efficacia dei nostri trattamenti. Questo ampliamento progressivo del nostro raggio di azione è stato possibile grazie a una struttura organizzativa e operativa che abbiamo messo a punto in molte regioni italiane, creando uffici periferici che garantiscono interventi immediati di assistenza tecnica. Per assicurare un’assistenza tecnica tempestiva e qualificata abbiamo puntato sulla formazione continua dei nostri tecnici, tutti professionisti con alle spalle studio ed esperienza diretta nel settore chemicals e degli impianti di trattamento acque». Sul fronte dell’assistenza, la vostra azienda propone un Global Service. In cosa consiste nello specifico e che tipo di riscontro avete avuto dal mercato? «Quella del Global Service è una nuova formula di assistenza tecnica, che ci impegna ad assumere direttamente la responsabilità del corretto funzionamento degli impianti che ci vengono affidati, oltre alla fornitura dei 96 • DOSSIER • PUGLIA 2012

prodotti chimici necessari. Il riscontro del mercato si è rivelato molto positivo. Il committente infatti è sollevato dall’onere di gestire l’impianto, perché sono i nostri tecnici che valutano la necessità e programmano l’esecuzione di tutti gli interventi. Inoltre, questo tipo di servizio è proposto con un tariffario fisso per il committente che copre tutta la durata del contratto, garantendo quindi costi certi nel tempo». Fondamentale nel vostro lavoro è anche il rispetto dell’ambiente. Quali accorgimenti avete adottato per ridurre al minimo l’impatto ambientale delle vostre lavorazioni? «Le nostre fasi di lavorazione avvengono tutte a freddo e quindi senza emissioni di alcun genere nell’ambiente. Per quanto riguarda gli scarti e i residui di lavorazione la nostra struttura è dotata di un adeguato impianto di depurazione. Quello del rispetto ambientale è un obiettivo che rientra pienamente nel nostro impegno a garantire elevati standard di qualità. Per questo motivo accanto alla certificazione Iso 9001 sul prodotto e il servizio di assistenza, la nostra azienda è certificata anche Iso 14001».



MODELLI D’IMPRESA

I prodotti naturali nei distributori automatici La sempre maggiore diffusione sul territorio nazionale di prodotti pronti all’uso è affiancata da un tentativo di sensibilizzare ed educare i giovani a una corretta alimentazione. Massimo Cobòl descrive il progetto “Il Frutteto” Martina Carnesciali

ritmi lavorativi impongono a moltissime persone di mangiare in breve tempo, di solito cibi non equilibrati e acquistati sul momento, senza l’accortezza necessaria a calibrare un pasto nutriente. Per rimediare a questo consumo non equilibrato dei pasti la So.Me.D., azienda barese presieduta da Massimo Cobòl e dal suo socio Dino Coppi, specializzata nel settore della distribuzione automatica, oltre a progettare e personalizzare i punti ristoro e ad essere concessionaria Nespresso in Puglia, ha dato vita a un progetto che ha come obiettivo quello di incentivare il consumo di frutta fresca e di prodotti biologici salutisti. Ne parla Massimo Cobòl.

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Massimo Cobòl, presidente della So.Me.D. Spa di Bari www.somed.it

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Cosa prevede il progetto per la valorizzazione delle produzioni ortofrutticole? «Il progetto chiamato “Il Frutteto”, è totalmente autofinanziato, e vanta il primato di aver introdotto, nel campo della distribuzione automatica del centro-sud, prodotti moderni e innovativi come alimenti biologici, funzionali e prodotti di IV gamma (ovvero porzioni monodose di frutta fresca pronta per il consumo) facendosi interprete del sempre maggiore interesse dei consumatori verso una sana e corretta alimentazione. L’offerta di frutta pronta all’uso rappresenta anche una rampa di lancio per la valorizzazione commerciale delle produzioni ortofrutticole pugliesi. Grazie a questo progetto abbiamo ricevuto il patrocinio della Provincia di Bari». Il progetto quali obiettivi si pone nel panorama alimentare? «Tra gli obiettivi principali del progetto vi è soprattutto quello educativo, perfettamente in linea con i più recenti piani di prevenzione istituiti dal Ministero della Salute. “Il Frutteto” infatti, riconoscendo l’obesità come problema di salute prioritario, sta sostenendo un’incisiva campagna pubblicitaria che coinvolge stampa, principali enti regionali e web. È soprattutto nelle scuole che abbiamo organizzato incontri con specialisti del settore della nutrizione e del benessere al fine di sensibilizzare i giovani, ma anche il personale docente sui temi dell’educazione alimentare, dell’importanza di un’attività fisica regolare e della raccolta differenziata».


Massimo Cobòl

FATTURATO

20 mln È IL BILANCIO DELLA SO.ME.D CHE, NATA NEL 1990, ERA PARTITA CON UN CAPITALE SOCIALE DI APPENA 20.000.000 DELLE VECCHIE LIRE

Innovazione e ricerca sono due concetti importanti anche nel campo dei prodotti alimentari. Qual è la strada che avete intrapreso per far fronte ai cambiamenti resi necessari dal mercato? «Quando parlo di innovazioni, mi riferisco a impianti tecnologicamente all’avanguardia, ad aree di ristoro costruite ad hoc per la clientela, a sistemi informativi e di controllo capaci di monitorare in tempo reale migliaia di distributori. La ricerca, invece, riguarda studi e approfondimenti di nuovi prodotti alimentari da inserire nei distributori automatici che vadano sempre più incontro alle esigenze dei consumatori, privilegiando aree molto importanti quali l’alimentazione, la salute, l’ambiente». Cosa ha reso la sua un’azienda leader nel settore della distribuzione automatica di bevande calde, fredde e di alimenti in genere? «II successo di un’azienda non è mai dovuto

a fortunate combinazioni o a semplici opportunità di mercato, queste sono occasioni alla portata di tutti. La chiave del successo è invece stata l’attenzione che abbiamo sempre rivolto alla formazione del personale, all’innovazione e alla ricerca. Al primo posto vi è il personale, vero patrimonio di un’azienda, con il suo attaccamento al lavoro, il suo entusiasmo, il suo sentirsi parte di un progetto vincente e non da ultimo il giusto riconoscimento economico, ci hanno consentito di raggiungere questi risultati». PUGLIA 2012 • DOSSIER • 99


MADE IN ITALY

Anche il fashion è a chilometro zero Creatività, flessibilità e interpretazione delle tendenze moda e delle richieste del mercato. Un modello produttivo che esalta le professionalità e i tessuti made in Italy. La parola a Sabrina e Pamela Seclì Luca Cavera

ortare il concetto di chilometro zero all’interno dell’universo fashion. È questa l’idea che stanno sviluppando le sorelle Sabrina e Pamela Seclì, titolari della Sps Manifatture, laboratorio salentino per la ricerca su modelli, tessuti e lavorazioni. E che inoltre offre servizi di modellistica, prototipia, campionatura e produzione di capi per sfilate e per intere collezioni di prêt-à-porter e couture per donna, bambina e beachwear. Come spiega Pamela: «Il nuovo progetto, che abbiamo battezzato Sekli, ha il suo punto di forza nel controllo della filiera di produzione, interamente italiana e soprattutto a chilometro zero. Puntare su questo modello ci ha consentito di abbattere i costi di produzione e di

P La Sps Manifatture Srl ha sede a Matino (LE) www.spsmanifatture.it

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garantire il rispetto per l’ambiente e per tutte le persone coinvolte nella realizzazione di ogni singolo capo: dall’ideazione alla consegna ai retailer. Crediamo di aver dato una risposta intelligente e creativa al problema di realizzare una produzione di qualità e al contempo in linea con le sfide poste dal mercato, dimostrando che è possibile rimanere altamente competitivi senza rinunciare al piacere del bello». L’abilità sartoriale di Pamela e le capacità manageriale di Sabrina Seclì, insieme alla competenza manifatturiera delle oltre trecento donne salentine che collaborano con l’azienda di Matino, sono state alla base di un percorso di crescita che ha condotto Sps Manifatture a essere partner dei maggiori fashion brand italiani e internazionali. «Abbiamo collaborazioni di altissimo livello – aggiunge Sabrina –. Il nostro contributo parte dall’idea dello stilista – che rappresenta l’input per la proposta di tessuti, accessori e finiture da utilizzare – fino alla realizzazione del cartamodello, del prototipo, del primo capo da verificare con lo stilista per poi passare alla produzione vera e propria. Siamo una realtà molto flessibile. Determinante per questo aspetto anche la nostra dotazione tecnologica. Disponiamo di un ufficio Cad con cinque modelliste per i cartamodelli, gli sviluppi e i piazzati, che utilizzano il sistema Lectra. Possediamo inoltre una sala taglio, cucito, stiro


Sabrina e Pamela Seclì

Crediamo di aver dato una risposta intelligente e creativa al problema di realizzare una produzione di qualità e al contempo in linea con le sfide poste dal mercato

e imbusto e un nostro magazzino materie prime. Tutto questo ci ha permesso di raggiungere una considerevole riduzione delle tempistiche di produzione, garantendo risposte veloci ai committenti. Siamo nati come azienda manifatturiera e intendiamo mantenere e rafforzare questo elemento distintivo, insistendo su cura e qualità del servizio, anche per quanto riguarda le operazioni commerciali che stiamo lanciando». Ed è appunto sulla proposta di un proprio brand che si sta concentrando l’attenzione di Sps Manifatture. «Sekli -– afferma Pamela – è la nostra nuova proposta di fashion a chilometro zero, cioè realizzata con tessuti esclusivamente made in Italy e con fantasie, colori, stampe, ricami e applicazioni frutto della creatività e dello stile italiano. Il nostro brand punta a conquistare un target molto particolare: è una collezione pensata per donne dalle forme morbide che non vogliono rinunciare al piacere di vestire capi ricercati. Il con-

cept stilistico è stato studiato per rispondere alla precisa domanda rivolta ai punti vendita di abbigliamento per taglie cosiddette “regolari” da parte di consumatrici “curvy”: donne consapevoli della propria femminilità e desiderose di mostrarla attraverso abiti glamour. E senza compromessi né timori dettati dalla non aderenza ai modelli estetici». E aggiunge Sabrina: «La collezione si rivolge a una fascia medio-alta e offre un concept total look, suddiviso in tre temi: Primavera, Cerimonia, Estate. La proposta è ben bilanciata tra daywear e look da sera, anche se il centro dell’offerta è rappresentato da abiti completi da sera e cerimonia. Sono queste infatti le due categorie che permettono di sottolineare al meglio la femminilità e che pertanto trovano maggiore sviluppo all’interno della collezione».

Passerella del Milano Fashion Week. La modella indossa un capo della collezione F/W 2012 di Silvio Betterelli, marchio in licenza a Sps Manifatture

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POLITICHE ENERGETICHE

Fonti rinnovabili, Puglia all’avanguardia «Il primato raggiunto ci aiuta ad avere forza nel colloquio col sistema d’impresa e a rendere “bene comune” la discussione sullo stile della crescita e sull’urgenza di ritrovare una connessione tra ecologia ed economia». Ma oggi, per il presidente della Regione Nichi Vendola, è tempo di nuove forme di produzione Renata Gualtieri

a Puglia è la regina per quanto riguarda la produzione di energia da fonti rinnovabili, ma oggi si apre una strada rivoluzionaria che guarda all’energia pulita come a un nuovo modello di sviluppo fatto di sostenibilità ambientale e valorizzazione delle risorse endogene, come l’idrogeno e il solare termodinamico. La Puglia è stata la prima regione in Italia a dotarsi di un piano energetico ambientale regionale e di un sistema di regole che ha favorito lo sviluppo delle fonti alternative. «Per noi – assicura il presidente Vendola – il tema delle energie rinnovabili continua a essere un punto centrale della nostra azione. Abbiamo ovviamente immaginato un limite nella crescita dei parchi energetici,

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112 • DOSSIER • PUGLIA 2012

perché pensiamo che vadano protetti sia il paesaggio che il suolo, la cui vocazione vorremmo che permanesse nella filiera agroalimentare». Quali i meriti delle politiche energetiche regionali che hanno consentito «il miracolo green» del Mezzogiorno? «Fino a pochi anni fa la Puglia aveva una produzione di energie rinnovabili pari a zero. Oggi se siamo la prima regione per produzione di energia eolica e fotovoltaica è perché siamo riusciti, da un lato, ad attrarre investimenti che ci aiutavano a scorgere nel rinnovabile una scelta industriale organica e matura e, dall’altro, a scoraggiare altre scelte che consideriamo un salto nel Medioevo come l’incremento dei combustibili fossili». Sostenibilità e tutela del

territorio. Come convergono nelle politiche adotta dalla Regioni questi temi? «L’ambiente è tutta la nostra vita. Credo che la politica o guadagna questa riconciliazione con l’ambiente o non serve a niente. Per anni la Puglia ha subito crimini ambientali e forme di colonialismo economico che l’hanno trasformata in un territorio “a perdere”: bucato, eroso, avvelenato, spolpato, “celebrato” con i fasti (e i nefasti) di tanti piccoli e grandi ecomostri. Noi abbiamo provato a reagire con determinazione e passione civile. Il primo provvedimento del mio governo è stato il finanziamento della messa in sicurezza di quell’immensa bomboniera d’amianto che a Bari raccontava la storia dolente di una fabbrica, la Fibronit, che era


Nichi Vendola

OCCUPATI

6.817 I PUGLIESI IMPIEGATI NEL SETTORE EOLICO NEL 2011, DI CUI 1.736 NELL’INDOTTO

stata il simbolo della morte per mesotelioma pleurico. Poi abbiamo cominciato a correre per recuperare il tempo perduto: adottando il piano di assetto idrogeologico, il piano paesaggistico e quello delle acque, aprendo i cantieri della bonifica del sito industriale di Manfredonia e firmando con il governo nazionale accordi storici per la bonifica dei siti industriali di Brindisi e di Taranto, istituendo diciotto parchi regionali. Da parte nostra continueremo a investire nella riconversione ambientale, nell’ecosostenibilità, nella qualità della vita e in quella della salute». Le energie rinnovabili quale opportunità rappresentano per il Mezzogiorno e per la Puglia in particolare, sia in termini di produzione elettrica che di occupazione? «Stiamo immaginando un percorso che renda la Puglia il

luogo dove si possa realizzare una filiera produttiva e tecnologica: la sede di produzione componentistica e tecnologica. Sono convinto che la Puglia e il Mezzogiorno possano seguire la stessa direzione che ha seguito la Germania, dove le energie rinnovabili hanno rappresentato uno dei volani della crescita generale del sistema delle imprese e dell’occupazione giovanile. Anche la nascita del Distretto tecnologico per l’energia di Brindisi va in questa direzione: realizzare attività di trasferimento tecnologico dal sistema della ricerca a quello imprenditoriale». Quali rimangono i problemi della regione in materia energetica e ambientale? E come agire davanti a queste priorità? «La crescita smisurata dei parchi energetici pone problemi

di tutela del paesaggio e del suolo, la cui vocazione vorremmo che permanesse nella filiera agroalimentare. Per questo abbiamo pensato di realizzare una vera e propria solarizzazione strutturale degli edifici pugliesi: case, ospedali, scuole, edifici pubblici. Non più impianti ciclopici, ma piccoli impianti diffusi e domestici che vengano inglobati nelle ristrutturazioni dei singoli edifici. E dunque favorire il più possibile centrali di piccola taglia, ma anche dotarsi di una specifica rete energetica per aree protette e isole minori, cimentarsi strategicamente con la filiera corta, contrastare quel gigantismo energetico che presenta profili di incompatibilità ambientale e nel caso del selvaggio sfruttamento di materie prime dei Paesi sottosviluppati presenta profili di incompatibilità etica».

In apertura, il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola

PUGLIA 2012 • DOSSIER • 113


POLITICHE ENERGETICHE

La via “green” per la crescita Lo sviluppo delle energie pulite è un asset strategico per il sistema economico e ambientale della Puglia. Francesco Schittulli, presidente della Provincia di Bari e dell’Upi regionale, invita il settore a una prova di maturità Renata Gualtieri

utte le istituzioni pugliesi hanno contribuito a fare della Puglia la maggiore produttrice di energia da fonti rinnovabili. L’azione amministrativa della Provincia di Bari, come assicura il presidente Francesco Schittulli, a capo anche dell’Upi Puglia, è complessivamente orientata in tale direzione, «nel pieno rispetto dell’ambiente, degli obiettivi di riduzione delle emissioni climalteranti e delle peculiarità paesaggistiche di questa regione». Al fine di consentire la migliore programmazione e regolazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, nel marzo

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Sopra, Francesco Schittulli, presidente regionale dell’Unione delle province italiane e della Provincia di Bari

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2011 è stata siglata un’intesa tra Regione e le delegazioni regionali di Upi e Anci per avviare una puntuale e completa attività ricognitiva degli impianti autorizzati. In che tempi si avrà un’anagrafe di tutti gli impianti di energia da fonti rinnovabili autorizzati dai Comuni della regione? «Si tratta di realizzare un vero e proprio “catasto” digitale georeferenziato delle centrali elettriche alimentate con fonti rinnovabili alla cui implementazione stanno concorrendo le amministrazioni a tutti i livelli istituzionali. L’obiettivo è quello di disporre di questo strumento al più presto, per rafforzare e ve-

locizzare le necessarie valutazioni ambientali dei progetti e valutare anche gli effetti cumulativi delle installazioni di impianti. Al momento è già disponibile e attivo uno specifico sistema informativo territoriale implementato con specifiche funzionalità per gestire le nuove istanze di autorizzazione». Quali scenari si aprono e con che tipo di opportunità a livello occupazionale? «Nell’ultimo decennio sono stati compiuti enormi passi avanti nel settore delle rinnovabili e ci apprestiamo a raggiungere gli standard dei Paesi europei più virtuosi. Le opportunità a livello occupazionale sono evidenti: se-


Rocco Palese

UN PRIMATO CHE FA MOLTO DISCUTERE «L’unica via equilibrata e condivisa da tutti è conciliare salute, ambiente, lavoro e sviluppo sostenibile». Il punto sulle rinnovabili di Rocco Palese, capogruppo del Popolo della Libertà nel consiglio regionale In base all’ultimo rapporto di Legambiente, a fine 2011 la Puglia risultava tra le prime regioni per lo sviluppo di eolico e fotovoltaico con circa 20.000 impianti eolici, solari, idroelettrici e da biomasse distribuiti sul territorio. E, come si leggeva nel testo, si tratta di un primato “nel bene e nel male” perché, come piace sottolineare al capogruppo del Pdl alla Regione, Rocco Palese, negli anni scorsi «la politica del Governo Vendola è stata improntata a una vera e propria “corsa” allo sviluppo delle energie alternative, con una legislazione regionale spesso in conflitto con quella statale e con norme fin troppo permissive, tanto da essere stata più volte censurata dalla Corte Costituzionale». Quali i principali errori contestati? «Dal punto di vista normativo, il centrodestra ha sempre contestato il fatto di consentire un fiorire di piccoli impianti, al di sotto di 1 mw, per i quali era possibile evitare un lungo iter auto-

condo uno studio condotto da Uil e Anev, il comparto dell’eolico ha garantito, alla data del 1 giugno 2011, occupazione per 6.817 addetti, di cui 1.736 occupati diretti. Le previsioni per il futuro avrebbero potuto confermare gli ottimi risultati raggiunti (11.714 addetti occupati al 2020 in regione) se

rizzativo previsto invece per gli impianti più grandi. A questo si sono aggiunti incentivi e facilitazioni per esempio per gli agricoltori che accettavano di far nascere sui propri campi impianti di produzione di energia. Questo se, da un lato, ha fatto scalare alla Puglia la classifica delle regioni produttrici di energia “verde”, dall’altro, le ha fatto guadagnare anche un triste primato di inchieste giudiziarie». Le rinnovabili in Puglia che occasione di sviluppo rappresentano e come è stata sfruttata? «Purtroppo in Puglia quello delle rinnovabili è stato un business anche, se non soprattutto, per la criminalità: sono ormai quotidiani i sequestri da parte della magistratura di grandi e piccoli impianti. Questo perché l’iniziale facilità con cui potevano sorgere gli impianti ha consentito a molti speculatori di crearne tanti di piccole dimensioni, al di sotto di 1 mw, spesso confinanti e, quindi, di fatto grandi impianti. Le

non fossero intervenute le riduzioni del conto energia che attualmente contribuiscono a sostenere il settore». Sulle politiche energetiche c’è un piano condiviso a livello istituzionale? «In Puglia vige un piano energetico regionale dal 2007. Alla luce delle importanti innovazioni e dello sviluppo

inchieste hanno rivelato che frequentemente venivano utilizzati e sfruttati lavoratori extracomunitari irregolari e che la criminalità organizzata è riuscita a infiltrarsi in questo mercato. Ciò non toglie che le rinnovabili rappresentano un’occasione di sviluppo anche per tantissime piccole e medie aziende sane della Puglia e costituiscono anche una possibilità di risparmio per i cittadini». Cosa fare dunque? «A nostro avviso fin dall’inizio ci doveva essere maggiore attenzione per i possibili rischi di infiltrazione criminale, più controlli e programmazione, ossia una vera e propria anagrafe degli impianti e porsi sin da subito il problema di come e a spese di chi tra vent’anni saranno smaltiti pannelli fotovoltaici e pale eoliche, un problema che è presente già oggi in molti Paesi europei che sul fronte delle rinnovabili sono ben più avanti di noi e da più tempo».

che il settore ha avuto negli ultimi anni, in particolare in Puglia, è necessario procedere a una fase di verifica degli obiettivi previsti e a un aggiornamento della pianificazione regionale concertata anche a livello locale, con relativo monitoraggio da affidare ai servizi della Provincia». PUGLIA 2012 • DOSSIER • 115


RINNOVABILI

La Puglia punta sul Sole Nel campo dell’edilizia le energie rinnovabili possono risultare il perno di una diversificazione di successo. Sergio Auciello racconta le opportunità offerte dal fotovoltaico Renato Ferretti

iversificazione. Una parola d’ordine che negli ultimi anni le imprese non possono fare a meno di utilizzare. Più o meno astrattamente. Ma a ben vedere esempi concreti di diversificazione non mancano. L’architetto Sergio Auciello, della Sud Montaggi di Modugno (Ba), è tra quelli convinti che l’opportunità costituita dal fotovoltaico, e dalle energie rinnovabili in genere, possa essere decisiva in questo senso nel campo dell’edilizia. Negli ultimi dieci

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116 • DOSSIER • PUGLIA 2012

anni nel settore sono entrate molte aziende, i prezzi si sono abbassati del 70 per cento e le celle sono arrivate a produrre 5 GW (4,5 GW/mese), cioè in pratica il doppio del richiesto. Un trend che la dice lunga sulle possibilità di investimento, anche se per molti analisti il mercato di riferimento deve ancora stabilizzarsi. «La nostra esperienza – spiega Auciello – ci dice che il mercato del lavoro, e in particolare quello delle costruzioni e degli impianti meccanici ha mutato radicalmente il suo aspetto. La crisi ha ridotto no-

tevolmente le opportunità di investimenti. Non esiste più un settore trainante e determinante, per questo è necessario ampliare le proprie conoscenze e capacità di intervento. La mia azienda dal 2009 ha avviato un processo di diversificazione guardando ad altri settori e in particolare quello delle energie rinnovabili, sviluppando propri progetti e lavorando con grossi investitori italiani ed esteri». Anche nel caso della Sud Montaggi la crisi si è fatta sentire. «Il 2012 ha avuto una partenza lentissima – confessa Auciello –. Abbiamo dovuto attendere la metà dell’anno per rientrare in ritmi consoni alla nostra organizzazione aziendale. Abbiamo rivolto particolare attenzione a un mercato di clienti storici che hanno scelto in noi il partner giusto per attuare importanti interventi strutturali». La Sud Montaggi ha una clientela varia per caratteristiche e tipologie anche se prevalentemente privata, legata all’industria alimentare, automobilistica e manifatturiera. In questo quadro il fotovoltaico, e arriviamo così al punto, ha rappresentato una


Sergio Auciello

Alcune delle opere realizzate dalla Sud Montaggi di Modugno (Ba) www.sudmontaggi.it

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L’azienda dal 2009 ha avviato un processo di diversificazione, sviluppando progetti nel settore delle rinnovabili

sorta di svolta. «I fondi investiti in questi ultimi anni con il fotovoltaico sono stati un bel volano di crescita. Un esempio che mi piace ricordare è la realizzazione, per un’azienda leader europea delle energie rinnovabili, di un parco fotovoltaico da 12 mwp nel comune di Palagianello. Abbiamo realizzato tutte le strutture in acciaio per il supporto moduli fotovoltaici e abbiamo effettuato il montaggio dei moduli stessi. È stato un intervento

molto interessante e stimolante per impegno e tempistiche ristrette». E proprio in relazione alla tempistica Auciello offre uno spunto di riflessione che deriva dalla sua diretta esperienza imprenditoriale. «Siamo attivi su tutto il territorio nazionale, stiamo cercando nuove opportunità anche nei mercati esteri ed emergenti. Non ci possiamo certo lamentare data la conoscenza del mercato e delle tecnologie che compongono il nostro gruppo. Abbiamo

competenze che variano dalla progettazione alla produzione, dalla consulenza commerciale al controllo di gestione. Detto questo ora il nostro obiettivo diventa quello di migliorare l'efficacia, l'efficienza e la qualità dei servizi ottenendo una sensibile riduzione dei costi di gestione ottimizzando e razionalizzando tutte le fasi del lavoro. Sono sfide che solo con un’esperienza decennale e una forte competenza si possono sperare di affrontare». PUGLIA 2012 • DOSSIER • 117


RINNOVABILI

Il fotovoltaico in Puglia, criticità e prospettive Il settore delle rinnovabili continua a espandersi. Tra tutte il fotovoltaico è l’energia pulita più utilizzata, e la regione Puglia risulta la prima d’Italia come potenza installata. Ne parla Gianluigi Colonna Renato Ferretti

In foto l’installazione di alcuni impianti fotovoltaici - www.febprogettoenergia.it

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egislazione incerta, scarsa conoscenza delle possibilità, cultura energetica arretrata e crisi economica senza precedenti. Non si può dire che le energie rinnovabili costituiscano un segmento del mercato con la strada spianata. Eppure continua a far parlare di sé: aumenta il suo giro d’affari di pari passo con la sensibilizzazione al tema dell’impatto ambientale e del risparmio energetico. In Puglia in particolare costituisce un vero e proprio fenomeno, in barba a quanto si direbbe per una regione del sud. L’ingegnere Gianluigi Colonna è il giovanissimo amministratore della Feb Progetto Energia Sas, di Altamura (Ba), azienda che progetta e realizza impianti da fonti rinnovabili. La sua attività, iniziata tre anni fa con l’avvocato Massimiliano Dibenedetto, va dalla richiesta di autorizzazioni fino all’ottenimento degli incentivi, il cosidetto “Chiavi in mano”, oltre a svolgere attività di consulenza tecnico-gestionale. Il quadro che ci descrive l’ingegnere si discosta molto dalle fosche tinte con cui spesso viene dipinta la situazione da altri imprenditori. «I continui

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disastri ambientali nel mondo – dice Colonna -, l’innalzamento della cultura ambientale da parte delle nuove generazioni e la grande possibilità di “guadagno” hanno reso le fonti rinnovabili un settore di grande interesse. Tra le fonti rinnovabili l’utilizzo dell’energia solare è risultata da subito uno strumento finanziario di grande successo. Il mondo del fotovoltaico è cresciuto negli ultimi anni in modo esponenziale nonostante la crisi economica mondiale che ci accompagna». Al di là dei numeri anche il bilancio aziendale sembra assolutamente alieno rispetto al resto delle imprese italiane. «La Feb Progetto Energia è riuscita nel corso degli anni a triplicare in termini di KW gli impianti realizzati da fonte rinnovabile e raddoppiare il proprio fatturato di anno in anno». Ma quella di Colonna e Dibenedetto è una vera e propria missione etica, tanto che alla domanda qual è stato il lavoro più importante finora svolto, Colonna risponde: «Il lavoro più importante sarà convincere il prossimo cliente dell’importanza dell’utilizzo delle energie rinnovabili. La Mission della nostra società è


Gianluigi Colonna

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La Puglia è la regione green: prima d’Italia come potenza e seconda come numero di impianti installati

quella di inculcare l’importanza del risparmio energetico e trasmettere i valori dello sviluppo sostenibile che non tutti conoscono. Per questo la Feb si rivolge soprattutto a privati e imprese per la realizzazione di impianti da fonti rinnovabili che permettono di rendere il cliente energeticamente autonomo. Al momento tra le diverse fonti rinnovabili il fotovoltaico è la fonte più richiesta dal mercato». Sicuramente il territorio in questo momento è favorevole allo sviluppo di aziende come la Feb. «La Puglia sta conquistando un grande primato, quello della regione green economy. Tra tutte le energie rinnovabili il fotovoltaico è l’energia pulita più utilizzata, infatti la nostra risulta la prima re-

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gione d’Italia come potenza installata e la seconda come numero di impianti installati. La nostra attività si svolge prevalentemente in Puglia e Basilicata. Forniamo anche consulenza tecnica progettuale in Calabria, Campania, Molise e nel Lazio». Ma la legislazione continua ad avere lacune e cambiare, forse unico vero freno allo sviluppo del settore che combatte per un’affermazione definitiva nel campo energie. Per un certo verso sembra infatti che ci sia una sorta di resistenza al nuovo di natura più psicologica che altro. «L’incentivazione per la realizzazione delle fonti rinnovabili varia in funzione della fonte “pulita” utilizzata. Per biomasse, eolico, idroelettrico e geotermico ci sono i Certifi-

cati Verdi. Per quanto riguarda il fotovoltaico con il Decreto Ministeriale del 5 luglio 2012 sono stati definiti i nuovi incentivi per l'energia fotovoltaica. La Feb Progetto Energia è nata con il secondo conto energia, passando per il terzo, arrivando al quarto con un gran numero di impianti realizzati nell’arco di tre anni. Quando un bel giorno di luglio nasce l’ennesimo conto energia. Questo per dire che le nostre prospettive o meglio la nostra speranza e che lo Stato definisca una volta per tutte la strategia energetica ambientale. Gli obiettivi della nostra azienda sono quelli di crescere da un punto di vista patrimoniale, creare altri posti di lavoro, migliorare la cultura energetica degli italiani». PUGLIA 2012 • DOSSIER • 119


IMPRENDITORI DELL’ANNO

Fotovoltaico, arriva il Quinto Conto Energia È appena entrata in vigore la nuova legge che penalizza gli aiuti con il rischio di una fuga di investimenti. Brusca frenata alla corsa del solare? Per Piero Angelo Amante, titolare della Kam Energy di Taviano, lo scenario è molto variabile Renato Ferretti

er le rinnovabili ennesimo cambio di rotta. Il Quinto Conto Energia elaborato dal Ministero dello Sviluppo Economico è appena entrato in vigore e si presenta come un provvedimento che dovrebbe determinare una sensibile riduzione degli incentivi destinati al fotovoltaico. Si è raggiunto infatti il tetto di 5,5 miliardi di euro l’anno: il momento delicato per la spesa pubblica, e il rincaro dei prezzi dell’energia, hanno spinto il Governo a modificare ancora il sistema tariffario. Secondo questo nuovo piano, chi vorrà investire nel solare avrà rendimenti ridotti: i nuovi incentivi andranno dai 161 ai 237 euro per ogni MWh prodotto, con un sostegno più alto per gli impianti più piccoli. Le differenze sono notevoli: -38,5 percento per i piccoli e fino -65 percento per i più grandi. Stando così le cose gli investimenti potreb-

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La Kam Energy ha sede a Taviano (LE) www.kamenergy.it

120 • DOSSIER • PUGLIA 2012

bero allontanarsi soprattutto per quanto riguarda i secondi. A contenere l’espansione del solare poi ci sarebbe un’altra norma, introdotta nel testo, che sta facendo tremare gli addetti ai lavori. Si parla di un registro al quale doversi iscriversi nel caso di installazioni oltre i 12 Kw: solo dopo la pubblicazione della graduatoria questi avrebbero i sussidi. Sotto i 12 Kw invece si può ottenere l’aiuto statale senza vincoli burocratici, il che significa una corsa che in poco potrebbe di nuovo portare a sforare il tetto di incentivi previsto a scapito delle grossi progetti di impianto. Abbiamo chiesto a Piero Angelo Amante, titolare della Kam Energy di Taviano, con quali aspettative si attende di conoscere il mercato dopo quest’ennesimo cambiamento legislativo. «L’attesa del Quinto Conto ha generato un clima di incertezza cronica metabolizzata fortemente sia dagli istituti di credito finan-

ziatori e che dalle aziende. Molte di queste, proprio per mancanza dell’appoggio bancario, non hanno potuto programmare investimenti e sono state costrette a ridurre drasticamente il numero del personale addetto». C’è secondo Lei la possibilità per il fotovoltaico di diventare autonomo rispetto agli incentivi? «È effettivamente ancora troppo presto per auspicare che il fotovoltaico possa sostenersi in completa autonomia. Per quanto riguarda la nostra esperienza, abbiamo da sempre un modello di business flessibile e diversificato. Quindi continueremo a proporre il fotovoltaico con la speranza che le norme rimangano stabili e che trasmettano fiducia ad un mercato troppo spesso interessato da mera speculazione». Come vi state preparando alla novità? «Per noi è forse un po’ più semplice che per altri. Siamo


Piero Angelo Amante

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É effettivamente ancora troppo presto per auspicare che il fotovoltaico possa sostenersi in completa autonomia

tra le aziende più qualificate, con 12 anni di esperienza nel mercato dell’installazione specializzata. I servizi e i prodotti sono offerti nella logica del “senza pensieri” dalla progettazione all’installazione compreso il disbrigo delle pratiche burocratiche avvalendoci di personale tecnico e amministrativo specializzato. La nostra mission è rispondere ai bisogni del nostro cliente con un unico obiettivo: il risparmio energetico. Di sicuro la brusca frenata legata alla rimodulazione degli incentivi porterà a una revisione del metodo di lavoro con particolare attenzione alla consulenza specializzata. Ma la no-

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stra è un’impresa qualificata da Enel affiliata a Enel Green Power con un’esperienza consolidata sul territorio». Qual è la zona dove maggiormente operate? «La zona territoriale nella quale è presente il maggior numero di installazioni è il Salento, abbiamo realizzato importanti centrali fotovoltaiche a Matino, Taviano, Ugento, Melissano, Felline di Alliste oltre che in provincia di Foggia e Latina, e solarizzato istituti scolastici in provincia di Roma». Quale bilancio è possibile trarre dall’ultimo anno di attività dell’azienda? «La corsa al fotovoltaico verifi-

catasi nell’ultimo anno ha portato la Kam Energy a raggiungere importanti obiettivi di fatturato proprio legate alla realizzazione di grandi centrali fotovoltaiche e molti impianti su edificio sia in ambito domestico che aziendale. Le criticità maggiori sono state legate al continuo aggiornamento delle regole di connessione alla rete elettrica, alle norme urbanistiche sempre meno flessibili soprattutto per l’interpretazione da parte degli Enti locali che hanno portato, purtroppo, all’esclusione di alcuni tipi di impianto dall’incentivazione. Resta da vedere come si riassesterà il mercato dopo il Quinto Conto». PUGLIA 2012 • DOSSIER • 121


SISTEMA PORTUALE

Taranto porto d’Europa In attesa della riforma del settore, gli operatori portuali puntano il dito contro spending review e decreto sviluppo, provvedimenti che secondo Assoporti limiterebbero l’autonomia delle autorità portuali. Intanto dall’Europa arrivano le risorse finanziare per lo sviluppo del porto di Taranto Renata Saccot

a scure della spending review si abbatte anche sulle autorità portuali italiane. Al vaglio del Parlamento attualmente c’è la riforma dei porti, che dovrebbe ricevere il sì definitivo nelle prossime settimane, in base alla quale sarà avviata una nuova governance dei porti, con l’istituzione dell’autonomia finanziaria delle autorità portuali e nuove norme riguardanti i piani regolatori. Una riforma auspicata da tempo e che arriva dopo anni di discussioni. E che ha, proprio per queste ragioni, ricevuto il plauso di tutti gli attori del settore, ma la revisione della spesa voluta dal Governo

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126 • DOSSIER • PUGLIA 2012

Monti rischia di rimettere tutto di nuovo in discussione. All’interno del testo approvato dall’Esecutivo, infatti, c’è spazio anche per “rivedere” i costi delle 24 autorità portuali di cui è dotato il nostro Paese. Chi per prima ha fatto sentire la sua voce contraria è stata Assoporti, l’associazione che riunisce la quasi totalità delle autorità portuali del nostro Paese, per voce del suo neopresidente Luigi Merlo, il quale teme «una paralisi del sistema generata dalla spending review, che prevede restringimenti in controtendenza con la politica di sviluppo del Paese. Noi abbiamo già ridotto del 20% i nostro organici, ma un’ulte-

riore riduzione del 20% significherebbe rendere impossibile la gestione di un’autorità portuale». Nel mirino dell’associazione anche le restrizioni all’autonomia finanziaria dell’autorità voluta dal decreto sviluppo: «Valutiamo positivamente il principio anche se, visto che come porti produciamo 13 miliardi di Iva, il riconoscimento di 70 milioni di autonomia è un’elemosina e noi non accettiamo mance. Tanto più se il governo pensa di dare 400 milioni per l’autotrasporto». Fin qui le polemiche, a cui sono seguite le proposte per un rilancio del settore portuale che hanno visto, da una parte, la mano tesa del vice-


L’hub del Mediterraneo

La piastra logistica è un trampolino di lancio per una ridefinizione anche strategica del porto di Taranto

ministro per dei Trasporti, Mario Ciaccia, che ha rivolto l’invito «a fare insieme il rinascimento dei porti italiani», sottolineando la funzione delle autorità portuali come «protagoniste di una nuova stagione che consenta ai porti di ritrovare il ruolo essenziale che essi possono giocare nello sviluppo dell’economia, per questo ci siamo battuti per l’autonomia finanziaria dei porti». Dall’altra, ancora Luigi Merlo, che ha ribadito la necessità di un nuovo sistema portuale: «Il Paese sta cambiando pelle – ha detto –. Da Paese industriale stiamo diventando Paese logistico-industriale. Significa che tutto il sistema deve aprirsi a una ri-

flessione nuova. Il made in Italy non lo si difende più cercando semplicisticamente di proteggerlo. Bisogna creare le condizioni di stare in termini competitivi dentro al mercato globale. Il Mediterraneo è il corridoio naturale verso l’Europa per i traffici provenienti da Africa ed Estremo Oriente. E l’Italia è la porta naturale per questi traffici. Le navi del futuro, come quelle che già oggi arrivano dalla Cina, avranno dimensioni tali da richiedere dal punto di vista logistico un sistema complessivo adeguato: dalle dogane alle banchine, dalle gru alle ferrovie». E proprio all’interno del sistema portuale italiano la Pu-

glia sta giocando un ruolo importante. Da una parte, ha snellito l’apparato burocratico regionale con la nascita di App, Apulian ports, associazione che riunisce i tre più importanti porti pugliesi; dall’altra, ha vissuto mesi fondamentali per lo sviluppo del porto di Taranto, inserito nuovamente tra i porti strateSopra, gici dei corridoi europei dal Mario Ciaccia, Consiglio dei trasporti dei mi- viceministro a Trasporti nistri europei. Lo scalo ionico e Infrastrutture ha così iniziato il cammino che lo porterà a essere l’hub del Mediterraneo. In totale, da marzo a giugno, a Taranto sono arrivati all’incirca 400 milioni di euro che serviranno ad ammodernare il porto dal punto di vista infrastrutturale PUGLIA 2012 • DOSSIER • 127


SISTEMA PORTUALE MILIONI DI EURO

219,4 LA CIFRA STANZIATA LO SCORSO MARZO PER LA REALIZZAZIONE DELLA PIASTRA LOGISTICA

e organizzativo.

La prima tranche di fondi, che riguarda la costruzione della cosiddetta “piastra logistica”, prevede un investimento complessivo di 219,4 milioni di euro. Il cantiere inaugurato a marzo comprende diverse opere ritenute necessarie per assicurare al porto di Taranto uno sviluppo non solo come scalo di transhipment di container, ma anche come gateway e piattaforma logistica. La spesa maggiore (78 milioni di euro) serve per ampliare il VI molo sporgente, mentre la realizzazione della strada dei moli richiede 40 milioni di euro e la vasca di colmata costa 25 milioni. Per la piattaforma logistica vera e propria - che si estenderà su una superficie di 148mila metri quadrati - sono stati stanziati 44 milioni. Il cantiere è stato aperto il 26

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marzo scorso dal viceministro ai Trasporti, Mario Ciaccia, il quale ha dettato le linee guida del progetto: «Alla luce di quanto deciso a Bruxelles, Taranto si inserisce nel corridoio che va da Elsinki alla Valletta, a Malta. I traffici non potranno limitarsi a passare da Napoli ma giungeranno attraverso Bari e Brindisi fino a Taranto. E ci dovrà essere un collegamento intermodale tra questo porto e quello di Gioia Tauro. La piastra logistica è un’opera che dà un segnale preciso circa le prospettive di sviluppo di questa parte importante del paese ed è un trampolino di lancio per una ridefinizione anche strategica dello scalo». I restanti 190 milioni circa di euro sono il frutto dell’accordo concluso il 19 giugno scorso tra gli enti locali (Regione, Provincia, Comune e Autorità portuale di Taranto), i mini-

steri della Coesione territoriale e dei Trasporti, Ferrovie dello Stato e le società che lavorano nello scalo ionico, tra cui Evergreen, Tct e Hutchison Port Taranto. L’accordo prevede investimenti in opere di riqualificazione ambientale e di riconfigurazione delle banchine, che consentiranno di risolvere le criticità infrastrutturali del porto. A seguito dell’accordo, la società Tct spa, che conta circa 550 addetti, ha interrotto la mobilità chiesta per 160 di loro e ha iniziato le procedure per la cassa integrazione a rotazione. «Con questo investimento si restituisce alla Puglia un’importante possibilità di sviluppo» ha osservato il viceministro dei Trasporti, Mario Ciaccia, ricordando come l’Europa abbia riconosciuto l’importanza strategica del Porto di Taranto».


XxxxxxxSergio Xxxxxxxxxxx Prete

Il nuovo corso dello scalo ionico Due tranche di finanziamenti, a marzo e a giugno, hanno convogliato verso il porto di Taranto circa 400 milioni di euro. Soldi che serviranno a dare un volto nuovo, e più moderno, a quello che potrebbe diventare la porta d’Europa per i traffici marittimi. Sergio Prete, presidente dell’Autorità portuale, illustra tempi e modi del cambiamento Concetta S. Gaggiano

guardare le performance registrate dal porto di Taranto nel primo trimestre di quest’anno non c’è da stare allegri. Sono diminuite le navi sia in arrivo che in partenza, 860 contro le 1.067 del 2011, con un calo del 19,4%; -93.917 (il 61% in meno) invece i container lavorati: si è passati dai 153.876 del 2011 ai 59.959 del 2012. Una situazione dovuta molto probabilmente allo spostamento di traffici container della Tct, che ha in concessione il molo polisettoriale dello scalo ionico, da Taranto al Pireo, mancanza di infrastrutture e di prospettive hanno fatto sapere da Taiwan, che tradotto significa “andiamo dove è più conveniente lavorare”. Ma l’accordo dello scorso giugno con gli enti locali, l’Autorità portuale e, tra gli altri, pro-

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prio Tct dovrebbe mettere fine all’emorragia di traffico nel porto tarantino e rilanciare definitivamente lo scalo pugliese. Ne parla il presidente dell’Autorità portuale, Sergio Prete. Partiamo proprio dalla firma dell’accordo che ha visto assegnare al porto risorse per 190 milioni di euro e l’impegno della compagnia Taranto container terminal a mantenere livelli di traffico Teu accettabili. Quali i risvolti per quanto riguarda occupazione e competitività del porto? «L’accordo prevede la realizzazione di opere infrastrutturali e la risoluzione dello stato di crisi della società Taranto container terminal che, a causa dell’inadeguatezza infrastrutturale del porto, aveva spostato parte delle attività nel Pireo causando la messa

in mobilità di 160 lavoratori sul nostro territorio. Grazie all’intesa firmata il 20 giugno la società Tct ha trasformato la mobilità in cassa integrazione per due anni. Inoltre, l’accordo stabilisce l’acquisto di gru innovative, il rinnovamento dell’equipment terminal e l’acquisto di locomotori per il traino di container. Tutto questo porta a un investimento del concessionario pari a 80 milioni di euro. Si tratta di un accordo storico in quanto dal secondo anno Sopra, la società si è impegnata a Sergio Prete, movimentare da Taranto 1 presidente dell’Autorità milione di Teus. E la compa- portuale di Taranto gnia di navigazione Evergreen si è impegnata a fare di Taranto un hub per il Mediterraneo». Il 26 marzo è stato inaugurato il cantiere per la realizzazione della piastra logistica. L’importo è di circa 220 mi- PUGLIA 2012 • DOSSIER • 129


SISTEMA PORTUALE

lioni di euro. In cosa consiste nali parlando di “porto della da Confetra parlano di un l’opera nello specifico? È possibile ipotizzare una data di fine lavori? «La realizzazione della cosiddetta piastra logistica è frutto di un’operazione di project financing, 37 dei circa 220 milioni sono a carico della società concessionaria Taranto logistica. L’Autorità portuale ha presentato un crono-programma di 5 anni per la conclusione dei lavori. L’intervento prevede la realizzazione di cinque importanti infrastrutture: la strada dei moli (40 milioni), il raddoppio del IV sporgente (78 milioni); la nuova darsena servizi a ovest del IV sporgente (13 milioni); la piattaforma logistica (44 milioni); la vasca di colmata (25 milioni)». Il presidente Vendola ha sottolineato la necessaria integrazione tra i porti regio130 • DOSSIER • PUGLIA 2012

Puglia”. In che modo i tre principali porti pugliesi di Taranto, Bari e Brindisi costituiranno un’unica infrastruttura? E quali potenzialità potrebbero esprimere? «Ormai da tempo le autorità portuali della Puglia stanno dialogando tra di loro per creare una sinergia che porti all’ottimizzazione dei costi, dei flussi navali e dei servizi. A questo scopo è nata a febbraio App, Apulian Ports, associazione cui hanno dato vita le autorità portuali di Bari, Taranto e Brindisi. L’associazione contribuirà allo sviluppo sinergico dei principali porti pugliesi, pur garantendo e rispettando l’autonomia dei singoli scali. Certo l’accorpamento non è un’operazione né immediata né semplice». I dati pubblicati a marzo

porto troppo legato alla grande industria locale (Ilva, Eni e Cementir), con un quota vicina all’88%. Come commenta questo dato? «Sì, il porto di Taranto è fortemente dipendente dal traffico di merce industriale. Nel 2011 abbiamo raggiunto la cifra di +17%, dovuta principalmente alle industrie del territorio. È chiaro che ciò comporta anche uno svantaggio poiché nel caso in cui un’industria riduca la propria movimentazione il porto ne soffrirebbe». Qualche mese fa è stato anche sottoscritto un accordo col porto di Rotterdam per costituire una società comune. A che punto è la collaborazione? E qual è la natura della stessa? «Il 19 aprile scorso abbiamo firmato un memorandum


Sergio Prete

La realizzazione della piastra logistica è frutto di un’operazione di project financing, 37 dei circa 220 milioni sono a carico della società concessionaria Taranto logistica

con i vertici del porto olandese che prevede uno studio del nostro territorio e dell’attività del porto, tuttora in corso. L’accordo con Rotterdam prevede la creazione di una joint venture fra i due porti, operazione molto delicata in quanto l’intento del porto olandese sarebbe quella di entrare nella compagine societaria del porto di Taranto. E, anche attraverso fonti governative, si stanno muovendo per ottenere una legge speciale che permetta il loro ingresso nella società tarantina. I vertici del porto di Rotterdam sono molto interessati a Taranto poiché noi serviamo un comparto industriale molto importante, ma va ampliato il numero di industrie. E questo è anche il nostro obiettivo proprio perché, come spiegavo prima, non vorremo essere troppo

legati alle sorti di pochi gruppi industriali». Sembra che il rilancio del porto tarantino passi dalla Cina (la Hutchison controlla metà della concessione del porto, l’altra parte è della taiwanese Evergreen). A che punto sono gli accordi con questi due colossi? Taranto riuscirà a essere per l’Europa meridionale ciò che Rotterdam è per quella settentrionale? «Grazie a queste due società Taranto ha potuto sviluppare rapporti molto importanti con la Cina. Anche se nei mesi scorsi, a causa della carenza infrastrutturale del nostro porto, ci sono stati problemi con questi due colossi, oggi grazie all’accordo raggiunto a giugno è tornato l’ottimismo e loro hanno assunto impegni importanti nei nostri confronti. In più,

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MILIONI LA CIFRA STABILITA PER LA REALIZZAZIONE DI OPERE INFRASTRUTTURALI ALL’INTERNO DEL PORTO E LA RISOLUZIONE DELLO STATO DI CRISI DELLA CONCESSIONARIA TCT

l’accordo raggiunto con il porto di Rotterdam ha avuto un effetto domino sulle decisione dei cinesi, che adesso guardano con attenzione alle nostre azioni. In Cina c’è molto interesse verso il porto di Taranto e tante sono state, e positive, le occasioni di incontro che abbiamo avuto coi i massimi vertici del settore navale e portuale del gigante asiatico. Alla fiera “Transport Logistic China 2012” abbiamo avuto proficui incontri con l’Autorità portuale di Shanghai e la società Shanghai Interport Group. Inoltre, grazie all’ accordo con lo Shanghai International Shipping Institute, ente che indirizza la politica portuale del governo cinese, sono state messe in moto iniziative atte a sviluppare traffici e investimenti». PUGLIA 2012 • DOSSIER • 131


L’espansione del cross trading ell’ultimo biennio, le rotte principali delle società di trasporti internazionali si sono progressivamente spostate lontano dall’Italia, anche quelle gestite da società che hanno base nel nostro paese, favorendo lo sviluppo del cross trading. Tuttavia, le prospettive di un’inversione di tendenza sono all’orizzonte. Come spiega Marcello Gorgoni, titolare dell’omonima società di spedizioni internazionali e cross trading: «Mentre l’import in Italia ha subito un rallentamento molto forte nel 2011 – e sicuramente anche quest’anno continuerà a ridursi –, credo che nel secondo semestre e soprattutto nel 2013 le nostre imprese riguadagneranno quote di export per quanto riguarda i prodotti made in Italy». Al di là di questa auspicabile

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Lo scenario dei trasporti internazionali è completamente mutato: calano i trasporti da e per l’Italia, crescono quelli fra estero ed estero. Marcello Gorgoni spiega il ruolo delle spedizioni nel settore specifico dei trasporti per conto delle Nazioni Unite Valerio Germanico ripresa, però, la crescita del cross trading ha anche un altro significato, dato che ha favorito una maggiore internazionalizzazione commerciale delle nostre imprese di trasporti. In che direzione si sono mossi i vostri interessi nell’ultimo anno? «Il 2011, nonostante le difficoltà generali, è stato un anno più che positivo per la nostra società. I maggiori risultati li abbiamo ottenuti con i trasporti effettuati per conto delle Nazioni Unite e dei loro fornitori. Questa nicchia di mercato è stata sufficiente a determinare un importante incremento nel nostro fatturato e inoltre, grazie

al passaparola, ci ha permesso di acquisire nuovi contratti. Naturalmente il nostro successo è stato possibile grazie a un’offerta commerciale competitiva e soprattutto a standard di servizio al massimo livello. Sul fronte dell’export dal mercato interno, nel 2011 abbiamo registrato un minore numero di spedizioni e un contenimento nei quantitativi, tuttavia in un quadro di complessiva tenuta». Oltre alla crisi economica, vi sono stati altri fattori a determinare uno spostamento dei vostri interessi verso l’estero? «Sicuramente, in passato, l’export dall’Italia era il nostro bu-


Marcello Gorgoni

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Oggi, il punto di partenza più importante per i traffici commerciali è certamente la Cina. E non solo in direzione Italia o Europa, bensì verso tutto il mondo

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In apertura, Marcello Gorgoni, titolare dell’omonima società di trasporti internazionali di Brindisi - m.gorgoni@gorgonishipping.com

siness principale. Questo nel tempo ha subito una flessione dovuta alla maggiore competitività di altre economie. Oggi, il punto di partenza più importante per i traffici commerciali è certamente la Cina. E non solo in direzione Italia o Europa, bensì verso tutto il mondo e noi ci siamo inseriti in questo business. Per quanto riguarda invece le aree di arrivo, la nostra società si è radicata bene in Africa, soprattutto nella zona Est – in paesi come Kenya, Sudan, Congo, Uganda, Tanzania – e in parte della zona Ovest, nell’area di Dakar e dell’Angola. La nostra propensione è ormai quella di acquisire nuove commesse all’estero e per questo oggi abbiamo clienti in Regno Unito e Danimarca, per esempio, per i quali ritiriamo merci in India e consegniamo ad Haiti. Insomma, il cross trading rappresenta per noi il fattore di maggiore crescita per il presente e

per i prossimi anni». Per quale motivo vi siete specializzati nei trasporti verso l’Africa? «Per via del nostro lavoro per conto delle Nazioni Unite. Abbiamo iniziato a operare diversi anni fa nei paesi in difficoltà e nelle aree critiche – nelle quali appunto è stato necessario l’intervento Onu. Nel tempo abbiamo costruito una rete di corrispondenti grazie ai quali riusciamo a raggiungere gli obiettivi richiesti e rispettare determinate tempistiche – che certamente in Africa non è cosa semplice. Sempre in relazione a questo tipo di commesse, in seguito abbiamo effettuato consegne in Iraq e in questo momento siamo molto presenti anche in Siria». Come sono organizzati i vostri servizi di trasporto? «La nostra è una casa di spedizione e quindi non possiede mezzi propri. La soluzione di

trasporto migliore viene selezionata di volta in volta sulla base della tilopogia di merce da spedire e della destinazione da raggiungere. Insomma lavoriamo in un’ottica di partnership con il nostro committente, con il quale affrontiamo insieme la valutazione delle proposte del mercato. Per questo motivo, il trasporto non è per noi un semplice trasferimento di merci o materiali da un luogo a un altro, bensì una serie di contratti di compravendita di servizi che devono essere ben legati e per i quali è quindi necessario effettuare un’attenta analisi, anche delle variabili economiche e documentali. E questo è ciò che ci differenzia dal modello delle società multinazionali nostre concorrenti, che, operando una sorta di imposizione, propongono modelli di trasporto standard, che non prevedono un’analisi personalizzata delle necessità del committente». PUGLIA 2012 • DOSSIER • 133


EDILIZIA

Segnali poco confortanti dalle costruzioni pugliesi Il rilancio dell’edilizia per il Mezzogiorno, secondo il presidente dei costruttori pugliesi Salvatore Matarrese, passa attraverso la ripresa degli investimenti e dei consumi, la riduzione della penalizzante tassazione sulla casa e l’utilizzo dei fondi comunitari, purtroppo scarsamente utilizzati Renata Gualtieri ati recenti parlano di 300 aziende edili pugliesi che hanno chiuso per fallimento dall’inizio dell’anno e altre 600 hanno lasciato il mercato. Questi dati preoccupano perché, come sostiene il presidente dell’Ance regionale, «sono il risultato di una politica nazionale contraddistinta da un passato di contrazione della spesa e poche misure efficaci per la crescita». La riduzione degli investimenti infrastrutturali (-37,5 per cento negli ultimi 5 anni) non ha consentito al settore di esprimere la propria intrinseca capacità di essere volano per la ripresa economica come lo è sempre stato per il nostro Paese. «Un’amarezza ancor maggiore – sottolinea Matarrese – se si pensa ai fondi europei strutturali e a quelli Fas, che per la Puglia sono circa tre miliardi, bloccati dal Patto di stabilità interno e dalla complessità di una legge sui lavori pubblici inadeguata al-

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134 • DOSSIER • PUGLIA 2012

l’esigenza di garantire investimenti in tempi brevi e certi». La Puglia negli ultimi due anni ha perso 2mila posti di lavoro e le prospettive purtroppo non sono migliori. Le analisi di mercato dimostrano che, nonostante la casa sia diventata sempre più un bene di lusso, la domanda c’è. Da quali fasce arrivano le richieste? «In Italia il numero delle case costruite è inferiore al numero delle nuove famiglie e questo alimenta la domanda. Il bene casa continua a essere, in questo momento di basso rendimento dei mercati finanziari, un bene rifugio soprattutto per le fasce di reddito più elevate; non a caso la domanda sulla fascia alta del mercato tiene e con essa i prezzi. Ma la domanda più consistente, quella per gli immobili di fascia media di valore non superiore ai 200mila euro, rimane inevasa per le difficoltà di accesso al credito delle famiglie a reddito medio e per l’incremento della tassazione sugli

immobili che ha inibito la spesa. Un’opportunità potrebbe essere data dall’housing sociale, ovvero case a basso costo e più facilmente acquistabili, ma occorre definirne meglio la fattibilità in relazione al costo delle aree in ambito urbano e, su questo aspetto, il ruolo delle pubbliche amministrazioni è determinante». Secondo il presidente provinciale degli edili di Foggia, Gerardo Biancofiore, è arrivato il momento di invertire la rotta e di «costruire sul costruito». Cosa ne pensa? E quali vantaggi apporterebbe ai residenti? «Da anni auspichiamo la realizzazione di un piano di riqualificazione delle nostre città; nell’ultimo decreto sviluppo del Governo Monti c’è un passo avanti significativo in questo senso con la predisposizione di un piano nazionale per le città. Il costo delle aree edificabili, la crisi finanziaria e le agevolazioni sulla ristrutturazione favoriscono, oggi più di ieri, interventi di


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Salvatore Sergio Marchionne Matarrese

rigenerazione sul costruito e su aree urbane dismesse o compromesse. In Puglia vi è un contesto normativo che favorisce questo nuovo mercato con leggi all’avanguardia in materia di rigenerazione urbana, edilizia sostenibile e progettazione di qualità. Le città indicano aree pubbliche che possono essere rese disponibili a investimenti immobiliari privati in cambio di opere pubbliche che migliorano la vivibilità delle stesse città, sopperendo alla strutturale mancanza di risorse pubbliche. In Puglia ben 180 Comuni hanno in esecuzione piani integrati di rigenerazione urbana basati sui suddetti principi». Da dove passa il rilancio dell’edilizia? «Il rilancio passa attraverso la ripresa degli investimenti e dei consumi e, quindi, dalla riduzione della penalizzante tassa-

AZIENDE

POSTI DI LAVORO

300

2mila

IL NUMERO DELLE IMPRESE EDILI FALLITE DALL’INIZIO DELL’ANNO

IL NUMERO DELLE PERSONE CHE NEGLI ULTIMI 2 ANNI HA PERSO IL LAVORO

zione sulla casa e dall’utilizzo dei fondi comunitari, purtroppo scarsamente utilizzati soprattutto nel Mezzogiorno: dei 20 miliardi disponibili per il periodo 2007/2013 a oggi sono stati spesi solo il 20 per cento circa. Il rilancio passa altresì attraverso la qualità del prodotto edilizio e la qualificazione dell’impresa edile. Il mercato infatti qualificherà sempre più il prodotto edilizio e l’impresa che lo realizza, e l’edilizia sostenibile è una traccia importante in questa direzione. La Puglia, con la costituzione del distretto dell’edilizia sostenibile, che vede Ance come coordinatore e promotore, si sta concretamente muovendo in questa direzione». Quali obiettivi si pone il protocollo d’intesa tra l’Associazione dei Comuni e il distretto pugliese dell’edilizia sostenibile? In che modo

le amministrazioni comunali possono sfruttare le opportunità rappresentate dai fondi comunitari per riqualificare in senso energetico e sostenibile il patrimonio edilizio pubblico? «Il protocollo sottoscritto ha una grande valenza perché è un esempio di collaborazione con le pubbliche amministrazioni per il conseguimento del comune obiettivo di efficientare, dal punto di vista energetico, il patrimonio edilizio dei Comuni. Il distretto dell’edilizia sostenibile offre assistenza nell’analisi dei fabbisogni, nell’impostazione e redazione dei relativi progetti, nell’assistenza tecnica per predisporre la documentazione utile per conseguire i finanziamenti. Una proficua sinergia che, una volta finalizzato il finanziamento, crea di fatto opportunità di lavoro per i progettisti e per le imprese».

Sopra, Salvatore Matarrese, presidente di Ance Puglia

PUGLIA 2012 • DOSSIER • 135


EDILIZIA

Social housing e case “green” per ripartire L’Italia è in forte ritardo rispetto al pacchetto clima dell’Ue basato sul risparmio 20-20-20. Antonio Stolfa, amministratore unico dell’omonimo Gruppo, confida nella sensibilità della Puglia verso le tematiche ambientali e sottolinea la necessità di una collaborazione a tutti i livelli per dare slancio all’economia Renata Gualtieri

na politica aziendale basata sul costante miglioramento nell’ottica di una forte sensibilità verso il diritto alla salute e a un ambiente sano. È nella possibilità di condividere tali valori che il Gruppo Stolfa si è associato al distretto dell’edilizia sostenibile pugliese, partecipando assiduamente alle iniziative promosse in campo nazionale e internazionale ed esportando le esperienze dell’azienda per esempio alla fiera internazionale Ecobuild di Londra o all’ultima edizione di Eire 2012 a Milano. «La presenza del distretto – ricorda Antonio Stolfa – è importante per tutte quelle aziende che come la nostra vogliono migliorare la competitività cooperando fra di loro e con le istituzioni, in un quadro di sostegno alla formazione, alla ricerca e all’innovazione tecnologica». Come è possibile oggi co-

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struire e pensare le città in chiave sempre più verde? «Per una vera rivoluzione verde occorre costruire secondo una nuova visione del concetto stesso di abitare, inteso come vivere in un ambiente sano a vantaggio della salute e nel rispetto dell’energia e del clima, poiché sono fonti non inesauribili. Occorre sensibilizzare anche i fruitori delle abitazioni verso una nuova cultura del costruire e dell’abitare che unisca la sostenibilità ambientale con una drastica riduzione dei costi energetici. Con particolari criteri e sistemi costruttivi si arriva a un notevole risparmio economico ed energetico rispetto alla media delle case esistenti sul mercato, come riscontrato attraverso il monitoraggio degli edifici sinora da noi stessi realizzati». La Puglia come si pone di fronte all’obiettivo posto dall’Unione europea di riuscire

ad avere, entro il 2020, edifici con un impatto energetico pari a zero? E come giudica l’orientamento degli imprenditori e degli esponenti politici territoriali? «Se ci riferiamo alla legge regionale 13/2008, in Puglia ci sono molti punti da modificare e integrare. Ciò che auspichiamo è che la Regione, sensibile alle tematiche ambientali, individui al più presto i problemi finora riscontrati nel recepimento da parte dei Comuni della suddetta legge. Fondamentale è proporre progetti pilota attraverso protocolli d’intesa Regione-Comuni, i quali dovrebbero ricomprendere anche interventi sul patrimonio pubblico. La nostra azienda ha in corso la realizzazione di un edificio su cui saranno applicate le indicazioni del Protocollo Itaca nazionale 2011, così come da protocollo d’intesa sottoscritto dalla Regione Puglia e


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Antonio Stolfa

Comune di Capurso, in provincia di Bari». La crisi dell’edilizia pugliese quanto la preoccupa e quali le strategie per risanare un settore trainante dell’economia locale? «Mi preoccupa tanto se non si adottano a breve nuove forme di investimento pubblico-privato in gradi di offrire al settore immobiliare l’occasione per essere promotore di iniziative che vadano a equilibrare il bisogno di case e infrastrutture con gli obiettivi della sostenibilità e della competitività. La crisi dell’edilizia non deriva dalla mancanza di progetti o dalla scarsa domanda di acquisto, ma dalla sempre più difficile erogazione di mutui sia alle imprese che alle famiglie. Fondamentale è conciliare la qualità della vita con lo sviluppo economico e il profitto. Una delle poche soluzioni credibili nell’attuale scenario dell’attività edilizia

in Italia è il social housing, in cui pubblico e privato trovano una forte sinergia, cercando di far emergere quello che fino a qualche anno fa era il ceto medio attraverso nuove forme d’acquisto a prezzi calmierati. Non meno importante per il risanamento del settore è la riqualificazione urbana, attraverso il riutilizzo dell’esistente o lo sfruttamento delle aree dismesse». Ha affermato con un po’ di amarezza che l’esempio virtuoso della sua azienda è poco imitato. Come si potrebbero tutelare i consumatori dalle azioni ingannevoli di alcuni concorrenti che mirano alla non-sostenibilità? «Il punto di partenza sono le università e il mondo della ricerca per un’adeguata formazione degli ingegneri e degli architetti. Formazione e informazione tecnica anche per i costruttori e i loro collaboratori, affinché possano

valutare la competitività delle eco-case sul mercato, in termini di minori costi di gestione, di convenienza e appetibilità per gli acquirenti. È inevitabile non sottolineare la necessità di una legge per la regolamentazione dell’accesso all’attività di impresa nel settore dell’edilizia. In Italia, a differenza di paesi come Germania e Francia, non esiste un percorso formativo obbligatorio di accesso alla professione, né tantomeno un sistema sanzionatorio per chi, con troppa facilità, fa abuso del concetto di sostenibilità, rischiando di confondere sia i consumatori che gli stessi addetti ai lavori. L’altro punto dolente è l’assenza di uno standard di certificazione prestazionale degli edifici a supporto di quella di processo, in quanto solo con un monitoraggio nel tempo si può garantire la qualità del prodotto».

Sopra, Antonio Stolfa, amministratore unico del gruppo Stolfa Edilizia

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Bari crede ancora nel mattone Dal capoluogo pugliese emergono i primi segnali di ripresa per l’edilizia residenziale. Nicola De Santis presenta i fattori sui quali sta investendo l’imprenditoria locale per rispondere alle nuove esigenze abitative e di investimento Tommaso Niccoloe

el primo trimestre 2012 il mercato dell’edilizia residenziale ha registrato, come conseguenza di un minore numero di rogiti, un crollo dei prezzi diffuso lungo tutto lo stivale, sebbene con differenze locali, anche marcate. Secondo il bollettino di Bussola Mutui il dato peggiore è quello di Varese, con un meno 25 per cento, seguito da Venezia e Milano, rispettivamente al meno 19 e 12 per cento. Uno scenario insomma di difficoltà che sembra concentrarsi soprattutto nel Nord Italia, tanto che a Palermo, per esempio, il prezzo degli immobili ha registrato un incremento del 7 per cento – che segue però

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a un 2011 a quota meno 8. Fra le piazze che hanno sostanzialmente tenuto si colloca il capoluogo pugliese. A Bari infatti la flessione è rimasta contenuta entro l’1 per cento. Per Nicola De Santis, titolare dell’impresa di costruzioni Desco Due, specializzata nel residenziale, questa differenza che, per una volta, vede il Meridione in vantaggio rispetto al Nord, si spiega col fatto che «anche in un momento di crisi complessiva, la nostra si conferma un’economia solida. E soprattutto poco legata alla finanza e alle sue speculazioni. A chi si confronta con l’economia reale si delinea insomma un quadro sostanzialmente diverso da quello descritto dai mass media».

Quindi la sua visione di imprenditore, in un settore che oggettivamente è stato fra i più colpiti dalla crisi, è comunque ottimista? «Credo fortemente nel sistema Italia. E nella capacità di noi italiani di reagire e dare il meglio di noi stessi proprio nei momenti di maggiore difficoltà. E inoltre credo nel mercato reale. Oltre l’80 per cento degli italiani è proprietario della casa in cui vive. Questo dato non rappresenta certamente una novità, ma assume un valore importante se lo confrontiamo con quello della Germania, dove la percentuale di proprietari è bassissima. Questo vuol dire che il nostro è un popolo patrimonializzato e che ha tutte le risorse


Nicola De Santis

Per ottenere un elevato livello di classificazione energetica si deve partire innanzitutto dalla progettazione

Nicola De Santis, titolare della Desco Due Srl di Bari info@descocostruzioni.it

necessarie per rilanciare la propria economia. Quindi ritengo che grazie all’operato del governo Monti e con il supporto della Banca Centrale Europea, entro la fine del 2013 usciremo da questo periodo difficile. E già si registrano i primi segnali di ripresa». Quali sono questi segnali di ripresa? «Qualcosa si sta muovendo. Un segnale importante è la rinnovata richiesta di investimento nella casa. Nonostante questo non sia un bene rifugio di pura speculazione, anche per via dell’introduzione dell’Imu – che non è altro che una patrimoniale “travestita” –, gli italiani credono ancora nel mattone. La nostra impresa sta riscontrando in prima persona questo fenomeno, anche se naturalmente si presenta con un approccio, da parte dei potenziali acquirenti, completamente diverso rispetto al passato. L’attenzione sul prezzo è enormemente cresciuta – questa è favorita anche dalle continue notizie di stampa sul

calo della valutazione degli immobili. Ciò non sta impedendo però una ripresa degli investimenti, soprattutto nel residenziale. Diverso è il discorso per quanto riguarda gli edifici per il terziario e gli uffici, che continua a essere un mercato sostanzialmente fermo». In concreto, su quali risultati si basa la visione di un mercato in ripresa? «Abbiamo recentemente completato la realizzazione di un complesso immobiliare di ville a Bari. È stato un unico grande intervento che ha compreso la costruzione di quaranta ville – le ultime venticinque sono state terminate negli ultimi due anni. Abbiamo ottenuto un ottimo riscontro, sia dal punto di vista architettonico – utilizzando materiali non tradizionali,

come l’ardesia – sia per quanto riguarda la risposta commerciale – abbiamo già venduto il 95 per cento degli immobili – e questo nonostante si sia trattato di un lavoro di nicchia, realizzato senza il supporto dal mondo finanziario». Dunque anche se il mercato barese è in ripresa, l’atteggiamento degli istituti di credito qui non è diverso rispetto al resto del paese. «Come impresa non abbiamo avuto grandi agevolazioni dal punto di vista finanziario. Ma il credit crunch degli ultimi due anni non ha creato problemi solo alle aziende, bensì anche al privato che si appresta all’acquisto di una prima o seconda casa. Questo si conferma ancora oggi come il problema fondamentale: il fatto che gli istituti PUGLIA 2012 • DOSSIER • 139


EDILIZIA

di credito non supportino il sin- plesso da raggiungere per dei sparmio energetico un edificio golo acquirente. Paradossalmente siamo passati da un eccesso in negativo all’altro. Fino a quattro o cinque anni fa le banche fornivano finanziamenti all inclusive che superavano anche la quota del 100 per cento. Adesso, dopo un lungo periodo di tempo in cui il sistema si presentava come sostanzialmente “drogato”, siamo approdati, senza un passaggio ponderato, a una situazione in cui è difficile anche ottenere un finanziamento del 70 per cento». Come spiega allora il successo della vostra iniziativa? «Ci siamo impegnati per consegnare un lavoro ben calibrato, sia dal punto di vista progettuale che da quello economico. E siamo così riusciti a mettere sul mercato un prodotto valido – tutte le ville sono state realizzate in classe energetica A, un livello di certificazione com140 • DOSSIER • PUGLIA 2012

fabbricati indipendenti e quindi esposti su tutti i lati. Dato che il livello progettuale è stato apprezzato, abbiamo puntato a una proposta economica competitiva, che ha intercettato le attese del mercato». A suo giudizio, questa può anche essere una conferma del fatto che l’attenzione e la cultura del risparmio energetico stanno prendendo piede e hanno un ruolo nelle scelte di investimento degli acquirenti? «Assolutamente sì. Se fino ad alcuni anni fa l’acquirente non aveva pressoché alcuna conoscenza sul tema, oggi ci troviamo di fronte a un fenomeno inverso. Tanto che un appartamento non rispondente ai requisiti del top di gamma in fatto di risparmio energetico non viene quasi preso in considerazione e si considera a basso ri-

in classe B. Questa corsa alla classe A, quando non classe A+, sta avendo anche delle conseguenze sul fronte della concorrenza fra le imprese, che naturalmente puntano a mettere in evidenza, nelle loro proposte, i fattori che hanno maggiore appeal sul mercato. Proprio per questo crediamo sia urgente l’introduzione del patentino del costruttore, iniziativa portata avanti dall’Ance. Si tratta di una certificazione che aiuterebbe l’acquirente a districarsi fra le migliaia di aziende edili, fornendo un indice chiaro del livello qualitativo dell’impresa alla quale si rivolge». A questo proposito, quali sono gli accorgimenti e le tecnologie determinanti per garantire la migliore efficienza energetica? «Bisogna partire innanzitutto dalla progettazione, perché


Nicola De Santis

Nonostante l’introduzione dell’Imu, che non è altro che una patrimoniale travestita, gli italiani credono ancora nel mattone

non ci si può limitare alla scelta dei materiali per ottenere un elevato livello di classificazione energetica – anche se, spesso, la progettazione si scontra con le norme urbanistiche delle singole città. In secondo luogo è fondamentale fare un ottimo ragionamento sul discorso impiantistico, che non si riferisce soltanto al canonico solare o fotovoltaico, ma a una domotica centralizzata. Ogni fabbricato deve essere pensato come un’unica casa. L’impianto, centralizzato a livello di edificio, deve però prevedere un’autonomia a livello dei singoli appartamenti, per evitare, per esempio, che una struttura di dieci piani, progettata per essere efficiente con tutti e dieci i piani occupati, perda in efficienza se per un lungo periodo viene abitata solo in parte». Come si concilia questa

cura progettuale con un prezzo competitivo per il prodotto finale? «In realtà non è vero che una casa efficiente costi di più. Per esempio, una facciata continua che non abbia balconi collocati nella posizione ottimale per ricevere l’ombreggiatura nei periodi estivi e un’adeguata protezione sulle pareti orientate a nord durante l’inverno, rende vano anche un cappotto termico da 15 centimetri, determinando inevitabilmente delle dispersioni termiche, e quindi energetiche, molto forti. Questo per spiegare quanto sia importante, soprattutto per il discorso energetico, ma anche per i costi della costruzione e quindi dell’abitazione, il lavoro di progettazione. Lavorando su un buon progetto e realizzandolo al meglio, i costi diminuiscono. Ma questo è possibile solo ponendosi in un regime di concor-

renza a livello internazionale. Ed è questa la strada che stiamo percorrendo con il progetto di una casa autosufficiente che abbia un costo competitivo». Quali sono i prossimi progetti che realizzerete? «Per il prossimo triennio abbiamo programmato la realizzazione di operazioni residenziali in alcuni quartieri semi-periferici di Bari, nei quali prevediamo la realizzazione di nuovi 100-150 appartamenti. Inoltre abbiamo in programma la realizzazione di un nuovo quartiere vicino allo stadio San Nicola – che sarà sviluppato dal prossimo triennio in poi – e che sarà la più grande opera edilizia del Sud Italia. Saremo in più imprese, attualmente riunite in consorzio, per la realizzazione di circa 3mila alloggi complessivi, realizzando un quartiere che potrà ospitare un totale di 15 o 18mila persone».

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Il prefabbricato punta sul multipiano econdo le rilevazioni di Assobeton, il giro d’affari dell’industria della prefabbricazione, nell’ultimo trimestre del 2011, ha registrato un calo del 22 per cento rispetto allo stesso periodo del 2010. E a questo si aggiunge un crollo del 62 per cento nelle ordinazioni nel secondo semestre dello scorso anno. Ad aggravare il quadro i dati preliminari relativi ai primi mesi del 2012, che non hanno finora dimostrato un’inversione di tendenza. «Il nostro settore – afferma l’ingegnere Giuseppe Petito, amministratore della Petito Prefabbricati, azienda che progetta, realizza e monta elementi prefabbricati in calcestruzzo armato per costruzioni di tipo industriale, commerciale e re-

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La crisi del settore costruzioni pesa fortemente anche sull’industria della prefabbricazione. L’ingegnere Giuseppe Petito espone la strategia per riposizionarsi sul mercato. Puntando su soluzioni tecnologiche multipiano e sul risparmio energetico Manlio Teodoro

sidenziale – sta attraversando lo stesso fenomeno depressivo che ha colpito, almeno dall’ultimo biennio, il comparto delle costruzioni». Come stanno reagendo le imprese? «A fronte di una scarsa produttività a livello di grandi numeri, stiamo puntando sulla specializzazione, investendo in strutture innovative e soprattutto su una qualità che guarda all’eccellenza piuttosto che al numero delle lavorazioni». In concreto, su quali aspetti si sta concentrando la vostra attenzione? «Al prefabbricato standard abbiamo affiancato due novità: da una parte ci siamo focalizzati sull’aspetto energetico e dall’al-

tra su delle strutture multipiano. Per quanto riguarda il primo fronte – che ci ha visto collaborare con gli specialisti delle energie alternative per l’integrazione di impianti fotovoltaici nelle strutture –, fino al 2011 abbiamo ottenuto buoni riscontri a livello commerciale, che ci hanno consentito anche un importante incremento di crescita. Adesso però, con l’introduzione dell’ultimo piano energia e il ridimensionamento degli incentivi sul fotovoltaico, anche questo settore ha subito una battuta d’arresto». Quali sono le caratteristiche innovative delle strutture multipiano? «Abbiamo lavorato alla proget-


Giuseppe Petito In apertura, l’ingegnere Giuseppe Petito, amministratore della Petito Prefabbricati Srl di Salice Salentino (LE) www.petitoprefabbricati.com

Stiamo mettendo a punto un prototipo di strutture civili a basso consumo energetico

tazione di strutture a pannelli portanti che hanno il vantaggio di essere più gestibili e flessibili dal punto di vista architettonico, permettendo lo sviluppo delle migliori soluzioni progettuali e tipologiche senza trascurare le esigenze funzionali ed estetiche e potendo superare il tetto del decimo livello. Questo progetto, nato all’interno della nostra divisione High Buildings, rientra in una strategia di diversificazione che ha come obiettivo principale quello di orientarci maggiormente verso il mercato dell’edilizia residenziale». Questa strategia di diversificazione si sta muovendo anche in altre direzioni? «Poiché per il prefabbricato classico non abbiamo buone attese per il futuro – negli ultimi tre mesi abbiamo registrato un calo abbastanza netto degli ordinativi –, stiamo cercando di puntare sul settore civile, quindi abitazioni, ma anche hotel, cen-

tri direzionali, cliniche, ospedali, scuole, call center. Oltre al multipiano, che pure si rivolge a questo ampio ventaglio di target, stiamo mettendo a punto un prototipo di strutture civili a basso consumo energetico – saranno accompagnate da una certificazione energetica in classe A. Le proporremo con una soluzione chiavi in mano e saranno delle strutture che fin dalla progettazione integrano sistemi di controllo dei consumi energetici». Quali sono, invece, i lavori più recenti che avete realizzato? «Per quanto riguarda la produzione di prefabbricazione standard, recentemente abbiamo realizzato degli hangar e una scuola volo per l’aeroporto militare di Galatina – una delle più importanti scuole di volo a livello europeo. Per questo sito abbiamo fornito i locali in cui verranno installati alcuni simulatori di volo che saranno

utilizzati per l’addestramento di piloti provenienti da tutto il mondo. Inoltre, abbiamo in fase di ultimazione delle centrali a biomasse, localizzate sempre nel Salento». Quindi il vostro lavoro è concentrato principalmente entro i confini regionali. Riuscite a trovare sul territorio risorse umane con competenze adeguate ai vostri standard? «Il nostro raggio di azione si estende su circa 200 chilometri, coprendo l’intera Puglia e parte della Basilicata. È abbastanza difficile trovare collaboratori qualificati, sia dal punto di vista tecnico che di manodopera. Recentemente però abbiamo anche inserito in organico alcuni giovani molto preparati dal punto di vista tecnico, tuttavia carenti sul fronte dell’esperienza lavorativa in senso stretto. Per questo la nostra politica di formazione prevede un affiancamento costante del personale storico alle nuove risorse». PUGLIA 2012 • DOSSIER • 143


TURISMO

Buoni risultati per il turismo regionale I trulli, le gravine, i siti Unesco, i borghi storici, i percorsi enogastronomici, le masserie e il turismo religioso esercitano una grande capacità di attrazione che porta in Puglia turisti tutto l’anno. Silvia Godelli illustra i dati degli ultimi anni Nicolò Mulas Marcello

l turismo pugliese, per sua natura, continua a essere caratterizzato da un’elevata stagionalità con forte concentrazione degli arrivi e delle presenze nei mesi di luglio e agosto. Ma la stagionalità è un fenomeno che interessa inevitabilmente tutte le regioni del Sud d’Italia che continuano ad avere nel turismo balneare il loro punto di forza. «Abbiamo raggiunto negli ultimi anni – sottolinea Silvia Godelli, assessore al turismo della Regione Puglia – per effetto della moltiplicazione degli eventi culturali, della promozione dei differenti segmenti dell’offerta turistica regionale e delle azioni di promozione sui mercati internazionali, buoni risultati in termini di destagionalizzazione; infatti, è proprio la componente straniera, che sceglie per la propria permanenza in Puglia soprattutto i

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mesi da aprile a ottobre, a dare il maggior contributo alla destagionalizzazione dei flussi». Parliamo dei dati. Negli ultimi anni qual è stata l’affluenza di turisti nei mesi estivi? «Nel 2011 in Puglia si sono registrati più di 3 milioni e 200mila arrivi, con 13 milioni e mezzo di pernottamenti e un incremento rispettivamente del 3,8 e 4% rispetto al 2010. Gli stranieri (540mila arrivi con più di 2 milioni di pernottamenti) sono stati il 17,7% in più rispetto all’anno precedente, consolidando il processo di internazionalizzazione avviato nell’ultimo quinquennio. Se dalle stime Eurostat emerge che per l’Italia il 2011 è stato un anno segnato da una contrazione dei pernottamenti estivi dell’1,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, per la Puglia vi è invece stato un in-

cremento superiore al 4%, in linea con la media europea. La scorsa estate - da giugno a settembre - la Puglia ha accolto 2 milioni circa di arrivi (il 66% del totale annuale) per 10,5 milioni di presenze. Tra gli altri primati del 2011 ricordo il primo posto tra le regioni italiane per l’incoming nel mese di agosto, grazie al 10,9% del totale dei viaggi in Italia raccolto dalla regione, e il secondo posto in percentuale per occupazione di posti letto, con l’81% di camere occupate. Buone le prospettive per l’estate 2012, anche secondo l’indagine recentemente condotta dal portale Immobiliare.it, la Puglia sarà la prima destinazione scelta dai vacanzieri italiani». In quali politiche di promozione turistica è impegnata la Regione, soprattutto dopo il consolidato successo di interesse otte-


Silvia Godelli

PRESENZE

13,3 mln LE PRESENZE TURISTICHE COMPLESSIVE REGISTRATE IN PUGLIA NEL 2011 (FONTE: OSSERVATORIO REGIONALE SUL TURISMO)

nuto alla Bit? «Stiamo lavorando con estrema attenzione su alcuni grandi mercati internazionali. Abbiamo condotto in questi mesi importanti iniziative di comunicazione in Germania, mercato per noi di primario interesse (siamo la terra di Federico II, si mangia benissimo, e abbiamo un mare caraibico) e in Russia, paese attratto in Puglia dal culto di San Nicola, con l’esito dell’attivazione di un volo diretto da Mosca per sei mesi all’anno; e ancora, stiamo attivamente presidiando gli altri mercati dell’Est Europa e il Nord, che riconosce nella Puglia una destinazione di peculiare attrattività. Due le grandi linee di azione sul territorio: l’organizzazione di una rete efficace di punti informativi nelle principali destinazioni turistiche e nei due aeroporti internazionali di

Bari e Brindisi, dotati di una serie di collegamenti diretti con i principali Paesi europei, e un progetto regionale denominato “Open Days”, che prevede l’apertura serale e festiva di tutti i principali musei, aree archeologiche, parchi, chiese, nonché minicrociere sul mare con degustazione di prodotti tipici». Quali sono le previsioni per quest’anno? «L’Osservatorio turistico della Regione Puglia, in collaborazione con Isnart e Unioncamere Puglia, ha realizzato un’indagine conoscitiva al fine di rilevare l’andamento delle prenotazioni per l’estate 2012. Al 4 giugno scorso il 37% circa delle camere disponibili risultavano essere prenotate, secondo un andamento progressivo a partire da giugno (29% di prenotazioni), seguito da luglio con il 37% di prenotazioni e agosto che rap-

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Stiamo lavorando con estrema attenzione alla promozione della Puglia su alcuni grandi mercati internazionali

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presenta, in linea previsionale, il periodo di picco stagionale con un tasso di prenotazione attuale già pari al 41%. Dalle prenotazioni emerge che la stagione favorisce soprattutto il comparto ricettivo della provincia di Lecce che finora ha ricevuto prenotazioni per oltre la metà delle camere disponibili (in media il 56%). Certamente la crisi economica in atto nel Paese potrà penalizzare il turismo domestico, per la scarsa capacità di spesa degli Italiani. Ma contiamo di contrastare gli effetti della congiuntura con appropriati sostegni agli operatori (misure speciali di sostegno, ad esempio, per le assunzioni stagionali, in modo che si possano contenere le tariffe), e soprattutto prevediamo di compensare almeno in parte l’eventuale riduzione degli arrivi nazionali con un sensibile incremento degli arrivi dall’estero».

Sopra, Silvia Godelli, assessore al turismo della Regione Puglia

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TURISMO

Occorre valorizzare il brand Italia Il turismo può rappresentare la strada per il rilancio dell’economia del Mezzogiorno. Gli ultimi dati disponibili mostrano un settore vivo e dinamico nonostante la crisi economica abbia messo il “timbro” su tutti i principali comparti del Paese. Massimo Deandreis spiega quali sono le opportunità per il Sud Nicolò Mulas Marcello

l nostro Paese riceve dal turismo un contributo al valore aggiunto di 83 miliardi di euro, che è pari al 6% del totale delle attività economiche, percentuale che diventa del 10,9 se si prende in considerazione anche l’indotto. E se si confronta questo dato con quelli dei nostri competitor europei si nota come in Spagna il contributo del turismo è del 6,5%, in Francia del 4%, in Gran Bretagna del 3,8. «Vorrei porre l’accento sulla componente internazionale – spiega Massimo Deandreis, presidente di Studi e Ricerche per il Mezzogiorno – che è un indicatore di appetibilità del nostro Paese: la spesa dei turisti stranieri incide per il 36,8% sul totale della spesa turistica in Italia, che ammonta a circa 29 miliardi. Nonostante questi dati,

I Sopra, Massimo Deandreis, presidente del centro Studi e Ricerche per il Mezzogiorno

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a nostro avviso, il turismo è ancora una vera e propria miniera inesplorata. Basti pensare ai grandi margini di miglioramento in termini di qualità del servizio e di maggiore integrazione con gli altri settori. Penso al trasporto, all’enogastronomia, ai beni culturali e alla crescita di produttività e valore aggiunto che si potrebbe trarre da politiche di sistema tra il turismo e questi altri comparti». Dal punto di vista delle infrastrutture si investe abbastanza per favorire il turismo? «Se guardiamo ai numeri di due assi infrastrutturali importanti, porti e aeroporti, i dati sono già molto rilevanti: nel 2011 abbiamo superato gli 11,4 milioni di crocieristi sbarcati nei porti italiani e il trasporto aereo ha chiuso

l’anno con circa 148 milioni di passeggeri. Ma questo non basta. Il gap infrastrutturale del Paese c’è ed è ben evidente. E in alcuni casi esistono già le risorse per investimenti che consentano al Paese un ulteriore aumento della qualità dei servizi offerti. Penso ad esempio agli oltre 2,7 miliardi del Pon “Reti e mobilità” e al prossimo programma “Connecting Europe”, che dovrebbe prevedere circa 40 miliardi di euro per infrastrutture europee nel periodo 20142020». Occorre secondo lei maggiore integrazione tra turismo, cultura e filiera agroalimentare? «Certo, lo dimostrano in modo chiaro i nostri ultimi studi. Nel Mezzogiorno ogni presenza turistica aggiuntiva sia esso un turista nuovo che


Massimo Deandreis

EURO

41,5 IL PIL AGGIUNTIVO GENERATO DA OGNI SINGOLA PRESENZA TURISTICA NEL MEZZOGIORNO

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L’agroalimentare rappresenta un elemento di ricchezza dell’offerta turistica italiana

arriva oppure uno che decide di trattenersi un giorno in più - genera un Pil aggiuntivo di 41,5 euro. Nelle regioni dove maggiore è il collegamento tra turismo e offerta culturale ed enogastronomica, e dove è presente un settore agroalimentare ben strutturato e collegato alla filiera turistica, l’incidenza del Pil generato da ciascun turista aggiuntivo (a parità di spesa) è significativamente più alta e si arriva in alcuni casi a superare gli 80 euro di Pil procapite per turista. Viceversa, nelle regioni dove il turismo è esclusivamente balneare, l’impatto sul Pil è significativamente inferiore. Mi sembra un dato centrale che dimostra una cosa fondamentale: non basta solo attrarre nuovi turisti, occorre soprattutto fare in modo che vi sia

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una ricaduta economica maggiore, che abbia più elevato impatto sul Pil. Questo obiettivo è possibile se aumenta la qualità dell’offerta e se vi è un’integrazione forte tra turismo, cultura e agroalimentare». Quali sono le previsioni per quest’anno? «Per l’estate ormai agli sgoccioli prevale l’incertezza. La contrazione dei consumi interni potrà avere un effetto negativo sul turismo ma è presto per quantificare la dimensione. Il vero punto sarà l’andamento delle presenze straniere e in che misura queste potranno compensare la contrazione interna. Guardando invece alle previsioni di più lungo termine, citerei il World Travel Tourism Council, che indica nell’arco di un decennio un aumento dell’oc-

cupazione generata dal comparto turistico e un aumento degli investimenti nel settore. La crescita del potere di acquisto in alcuni dei Paesi emergenti spinge nuove fasce di popolazione a diventare turisti, con grosse potenzialità proprio per il nostro Paese che resta una delle mete favorite. Ma occorre una nuova consapevolezza: il turismo è una risorsa e il turista è come un bene che viene esportato, deve vincere la concorrenza. Noi dobbiamo lavorare di più sulla valorizzazione del brand Italia oltre che delle tante specificità e ricchezze locali, migliorare la qualità e la formazione degli operatori e, infine, migliorare l’integrazione con l’agroalimentare, che rappresenta un elemento di ricchezza dell’offerta turistica italiana». PUGLIA 2012 • DOSSIER • 151


TURISMO

Italia, mercato saturo L’offerta ricettiva è fin troppo elevata, al punto che si rendono necessarie delle vie di fuga per alcune imprese. «Favorendo il cambio di destinazione d’uso, asciugheremmo il mercato di tutte quelle aziende in affanno» spiega Bernabò Bocca Elisa Fiocchi

Bernabò Bocca, presidente di Federlalberghi

li addetti al settore del turismo chiedono nuove misure per la ripresa dei consumi e maggiori incentivi fiscali sia sul fronte edilizio che su quello occupazionale. Stando all’analisi del presidente di Federalberghi Bernabò Bocca, «il sistema ricettivo del Bel Paese è più che dimensionato alla domanda» ma non mancano le criticità legate ai flussi turistici, con evidenti tagli della capacità di spesa della componente d’oltreconfine e con un incremento degli stranieri che riguarda essenzialmente le aree delle città d’arte e dello shopping. Il “piano strategico di rilancio del turismo in Italia”, esposto al presidente del Consiglio Mario Monti, punta proprio a sviluppare una strategia unitaria per il turismo e a cogliere le opportunità di crescita offerte dal settore. Come giudica la validità dell’attuale offerta di strutture ricettive sul territorio nazionale? «L’Italia, con 1,1 milioni di camere alberghiere, è quarta nel mondo, dietro gli Stati Uniti (4,6 milioni di camere), il Giappone (1,7 milioni) e la Cina (1,6 milioni). Inoltre, è prima in Eu-

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ropa per numero di camere e posti letto, che ammontano a 2,2 milioni, sopravanzando la Germania (920mila camere e 1,7 milioni letti), la Spagna (840mila camere e 1,7 milioni letti) e la Francia (630mila camere e 1,3 milioni letti). È dunque evidente come il nostro sistema ricettivo sia più che dimensionato per una nazione a vocazione turistica quale l’Italia». Quali sono, a suo avviso, i principali interventi infrastrutturali da avviare per arricchire il territorio di tecnologie per l’accesso alla rete che puntano all’innovazione e rappresentano uno strumento competitivo? «Non è solo un problema di sviluppo delle infrastrutture tecnologiche, ma anche di una modernizzazione del sistema viario, ferroviario, aeroportuale e navale. Chiediamo più autostrade a più corsie, un servizio ferroviario più capillare oltre la Tav, lo sviluppo di poli aeroportuali davvero consoni alle esigenze dei territori per i quali dovrebbero favorire il flusso di viaggiatori, l’incremento dei porti e porticcioli turistici per sviluppare adeguatamente la pur consistente domanda dei diportisti».

E per riqualificare le strutture ricettive esistenti? «L’offerta alberghiera è fin troppo elevata, al punto che riteniamo saturo il mercato e bisognoso di vie di fuga per quelle imprese che, inevitabilmente e anche a causa della crisi, rischiano di essere marginali. Favorendo il cambio di destinazione d’uso, asciugheremmo il mercato di tutte quelle aziende in affanno, non depaupereremmo il patrimonio immobiliare delle aree interessate e daremmo ossigeno alle restanti strutture ricettive che potrebbero trovare nel mercato stesso le fonti di nuovo reddito in grado di consentire loro investimenti in ammodernamenti e riqualificazioni». E attraverso quali alleanze e collaborazioni, anche internazionali, è possibile renderle più attrattive? «Giungendo anche a semplificazioni amministrative, attireremmo di sicuro nuovi investitori stranieri che non aspettano altro se non cogliere l’occasione per entrare in Italia, a condizione che per investire in Italia non si debba sempre essere schiavi di lacci e lacciuoli burocratici che disincentivano e rendono più difficile qualsiasi iniziativa».



TURISMO

Recupero barocco nell’arco jonico Bari, il nome D’Agostino è legato a quello dell’omonimo gruppo dell’industria chimica. Grazie alla versatilità imprenditoriale dell’amministratore Donato D’Agostino, però, questo nome, dal 2005, è associato anche a una realtà turistico-ricettiva di interesse storico e al contempo azienda agricola con coltivazioni Igp: la masseria Ciura, tenuta di famiglia in agro di Massafra, sullo Jonio. Per il recupero della masseria, tipico esempio di architettura pugliese in stile barocco del XVII secolo, la famiglia D’Agostino ha investito in risorse e progettualità, tanto che per la prima volta nella storia

A La masseria Ciura sorge in agro di Massafra (TA) www.masseriaciura.it

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In linea con i temi di sostenibilità, lavoro e creatività, il restauro di un’antica masseria in agro di Massafra che partecipa al Padiglione Italia 2012 nell’ambito della Biennale di Venezia. La parola a Donato D’Agostino, artefice di questo recupero Valerio Germanico

della Biennale di Venezia, una struttura pugliese si è meritatamente guadagnata la partecipazione. «Nella narrazione del rapporto fra architettura e crescita – spiega Donato D’Agostino –, la masseria Ciura rappresenta un’esperienza virtuosa, rispettosa del territorio di riferimento e in controtendenza alla cementificazione diffusa. In linea, dun-

que, con i temi di sostenibilità, lavoro e creatività del Padiglione Italia 2012 nell’ambito della Biennale. Il restauro, condotto con la cura dei particolari e il rispetto della tradizione storica, segue la logica della continuità e coniuga il fascino di un luogo antico alle più avanzate soluzioni tecnologiche. All’interno, due ampie sale in pietra con


Donato D’Agostino

Nella narrazione del rapporto fra architettura e crescita, la masseria è un’esperienza virtuosa e in controtendenza alla cementificazione diffusa

volte a botte sono collegate al magnifico “Kubo” in cristallo, immerso in un’antica limonaia e prospiciente la piscina per una superficie complessiva tale da poter ospitare fino a 420 invitati. Questa poliedrica struttura, perfettamente climatizzata, può diventare un elegante pergolato aperto d’estate, luogo perfetto per ricevimenti serali. La piccola chiesa consacrata, immersa nel verde, poi, è il luogo ideale per celebrare cerimonie intime, tra il profumo delle zagare e delle rose che fioriscono in primavera, o tra gli intensi aromi degli agrumi nelle altre stagioni». La masseria crea e offre servizi per eventi, ospitando ogni tipo di cerimonia, dalle feste private ai meeting e alle conferenze. Situata all’interno di una tenuta di 60 ettari a pochi chilometri dal mare, attorniata da insediamenti risalenti all’età del neolitico, visibili nelle numerose grotte e chiese rupestri con affreschi bizantini,

da cui è circondata, può accogliere, tra spazi interni ed esterni, circa 900 invitati e conta su una spettacolare piscina e un parco secolare. «Oltre a proporre un’offerta ricettiva – prosegue D’Agostino –, nei 53 ettari dell’azienda agricola si coltivano numerosi prodotti, che vengono poi commercializzati su tutto il territorio nazionale attraverso la grande distribuzione. È qui che nasce il prestigioso olio extravergine di oliva “Masseria Ciura”, premiato più volte per la sua genuinità e alta qualità (3 olive Slow Food) e riconosciuto dalle guide specializzate per la sua altissima qualità. Basti pensare che le olive vengono raccolte rigorosamente a mano e molite nel giro di sei ore affinché non perdano nessuna delle proprietà nutrizionali e salutistiche». Ottenuto grazie alla sapiente miscela di antiche varietà autoctone che si coltivano nell’azienda, l’olio

della masseria Ciura rivela particolari doti organolettiche, dovute anche al clima, al terreno, alla tipologia di olive caratteristiche dell’arco jonico. Il risultato è un olio fruttato, dall’ottimo equilibrio, nel quale vengono esaltati i profumi e i sapori del pomodoro e del carciofo con lievi sentori di mandorla. «La produzione della nostra azienda agricola non si ferma all’olio però. Per quanto riguarda, per esempio, la produzione di agrumi – Clementine Igp del golfo di Taranto e Navel –, la scelta delle varietà è stata ben ponderata e mirata a offrire ai mercati, sempre più esigenti, il prodotto per più mesi dell’anno. Attualmente coltiviamo le più note varietà precoci, stagionali e tardive riconosciute e certificate. In ogni caso, per tutte le coltivazioni, la nostra scelta è sempre stata quella di salvaguardare i sapori, le fragranze e la genuinità dei prodotti». PUGLIA 2012 • DOSSIER • 155


Il mare pugliese affonda la crisi Un bilancio della stagione estiva pugliese 2012. Ancora una volta le spiagge salentine si confermano protagoniste. Damiano Reale evidenzia su quali risorse puntare per aumentare le presenze anche nei periodi di maggio-giugno e settembre-ottobre Luca Cavera

opo un’annata 2011 eccezionale per il turismo pugliese e in particolare per il settore alberghiero, quali sono i primi bilanci della stagione estiva 2012? In base ai dati dell’Osservatorio nazionale del turismo, la Puglia, nel 2011, si è piazzata al secondo posto, dopo il Trentino Alto

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Adige, con l’81 per cento di camere occupate sul totale dei posti letto. Secondo Damiano Reale, titolare dell’Iberotel Apulia, che sorge a Marina di Ugento: «Quella 2011 è stata un’annata quasi irripetibile. Quest’anno probabilmente siamo tornati a valori di presenze e flussi analoghi a quelli del 2010». Dati che tuttavia

In apertura, la spiaggia di Marina di Ugento (LE), presso la quale si trova l’Iberotel Apulia. Nella pagina seguente, momenti delle attività dell’orto biologico dell’hotel - www.iberotelapulia.com

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non scoraggiano. Infatti nel 2010 il settore turistico aveva contribuito al Pil regionale per il 7,7 per cento, mentre fino al 2006 rappresentava appena il 3,6 del Pil (fonte: Istituto pugliese di ricerche economiche e sociali). «A confermarsi trainante certamente è ancora una volta il mare, che soprattutto nel Salento è la prima attrattiva, con una fama che ormai ha raggiunto dimensioni pressoché europee – una quota importante delle nostre presenze, intorno al 40 per cento, è rappresentata da famiglie del Nord Europa, con in testa i tedeschi. Questo vuol dire anche che i maggiori flussi sono concentrati nei mesi di luglio e agosto. Noi crediamo che però si debba lavorare per incrementare le presenze anche nei mesi “di spalla”, ovvero il periodo maggio-giugno e settembre-ottobre. Questo vor-


Damiano Reale

rebbe dire promuovere, accanto al mare, anche la cultura, l’enogastronomia e le bellezze artistiche pugliesi. Insomma, far avvicinare maggiormente la spiaggia e l’entroterra, che indubbiamente ha molto da offrire, nonostante in questo momento risulti certamente in una posizione di retroguardia rispetto al fattore mare. L’obiettivo ultimo è ovviamente quello di arrivare ad avere un’offerta turistica culturale che possa procedere da sola e quindi attrarre durante tutti i mesi dell’anno». L’albergo ha concentrato l’offerta turistica verso il target delle famiglie e dell’incentive, non trascurando però il congressuale. «Siamo una realtà che si rivolge prevalentemente alle famiglie, per questo anche la nostra struttura è stata disegnata, nelle stanze e negli spazi comuni – prevedendo anche spazi separati, fra adulti e ragazzi, per i momenti di intrattenimento –, per questo tipo di ricezione. Certamente, essendo vicini al mare, soprattutto nel periodo non scola-

stico che va da giugno ad agosto, il nostro target principale è quello delle famiglie, in larga parte italiane. Riusciamo però ad attrarre turisti stranieri anche in altri periodi dell’anno, dato che all’estero i calendari scolastici prevedono periodi di vacanza anche a maggio e ottobre. Il brand “Iberotel”, inoltre, fa parte del “world of Tui” che promuove l’hotel in tutto il mondo e così registriamo un particolare successo tra i turisti nord europei. Questi mesi infatti si confermano quelli con le maggiori presenze di tedeschi, belgi, svizzeri e austriaci. Per quanto riguarda invece l’offerta incentive, rivolta alle aziende che devono rafforzare lo spirito di gruppo per valorizzare la propria forza lavoro, ma anche a un’utenza più matura, abbiamo puntato agli sport – per esempio il golf –, alle piscine riscaldate, ai momenti di benessere nella nostra Spa. Inoltre, soprattutto pensando a un target che includa sia i giovanissimi che persone mature, stiamo puntando su tutto

Abbiamo creato un orto biologico, che unisce il fattore ecosostenibilità con l’intrattenimento

quello che riguarda la natura, i parchi, le visite guidare nell’entroterra, durante le quali valorizzare la flora e la fauna locali. Anche da parte del turista nordeuropeo questa offerta è assai apprezzata, dato che la macchia mediterranea rappresenta un elemento esotico di grande attrazione per chi è abituato ai climi freddi». Collocato a poca distanza dal parco naturale “Litorale di Ugento”, includendo al proprio interno 14 ettari di pineta che conduce dall’hotel alla spiaggia e grazie a una dotazione tecnologica, prevista fin dalla recente progettazione, che permette di ottimizzare il 100 per cento delle risorse impiegate – attraverso il riutilizzo dell’acqua, il risparmio energetico e una corretta gestione dei rifiuti –, l’Iberotel Apulia ha ottenuto l’importante riconoscimento di Eco

PUGLIA 2012 • DOSSIER • 157


TURISMO

Veduta della piscina dell’Iberotel Apulia di Marina di Ugento

Resort, che certifica le bassissime emissioni di carbonio prodotte. «La nostra dimostrata ecosostenibilità, grazie alla quale abbiamo ottenuto numerosi premi, soprattutto fra gli ospiti stranieri, è un motivo in più per sceglierci. Per questo noi abbiamo puntato sulla promozione delle attività legate alla natura, sfruttando anche la presenza della nostra pineta, che nei periodi di bassa stagione è una delle attrattive maggiori della struttura – insieme alla nostra offerta culinaria, che prevede un menu di fascia alta basato su una cucina salentina elaborata per una realtà internazionale. Inoltre abbiamo creato un orto biologico, che unisce il fattore ecosostenibilità con l’intrattenimento. I più giovani, ma anche gli adulti, vengono coinvolti nella semina, nella cura delle piante e anche nella raccolta e nel consumo immediato del prodotto appena raccolto, ancora fresco di terra». L’offerta congressuale dell’Iberotel Apulia è uno dei fattori sui quali si sta investendo, per ampliarne le potenzialità. «Noi non puntiamo su un target business e congressuale classico, bensì su un target che, oltre alla sala congressi,

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UN QUATTRO STELLE ECO RESORT attenzione per ogni aspetto legato all’ambiente, alla raccolta differenziata e alla riduzione degli sprechi, le iniziative per l’educazione ambientale, hanno contribuito a far ottenere all’Iberotel Apulia di Marina di Ugento il riconoscimento Tui Umwelt Champion, la certificazione di Eco Resort e il Gold TraveLife Award, un premio speciale per il turismo ecosostenibile. L’hotel sorge poco distante da una spiaggia di finissima sabbia bianca affacciata sullo Ionio, a pochi passi dal parco naturale “Litorale di Ugento”. Inaugurata nel 2009, offre 333 camere, distribuite in dieci corti che evocano l’architettura salentina, rispecchiandone i colori, i materiali e l’atmosfera. Non manca una moderna Spa e, per le attività sportive, campi da tennis, beach volley, acquagym, minibasket e percorsi fitness in pineta.

L’

sfrutti anche il resto della nostra struttura – il paragone per noi è l’offerta incentive. Dunque proponiamo pacchetti che coinvolgano anche il resto della nostra struttura, includendo tutte le nostre strutture – piscine, golf, Spa, pineta. E questo offrendo una tariffa all inclusive – siamo stati una delle prime strutture del Meridione a offrire questa modalità molto apprezzata fra gli ospiti del Nord. E i risultati ci hanno dato ragione: il valore medio della nostra stanza, anche in quest’anno di crisi, è aumentato del 4-5 per cento». In conclusione, Damiano Reale, delinea i progetti di investimento in vista del prossimo anno. «È indubbio che una clientela fidelizzata voglia sempre trovare, di

anno in anno, delle novità. In questa direzione, al di là di miglioramenti di dettaglio, la nostra attenzione si concentrerà su intrattenimenti e prodotti alternativi alla classica spiaggia. Punteremo a valorizzare ancora la pineta, ad ampliare il nostro centro congressuale e a diversificare l’offerta incentive con nuove iniziative. Ma soprattutto investiremo sul marketing e sulla promozione della nostra struttura, partecipando alle fiere e sfruttando tutte le occasioni di farci conoscere, soprattutto all’estero. Per far questo stiamo investendo, insieme ad altri operatori turistici, nel Consorzio Attività Ricettive Ugento, con l’intento di valorizzare sempre di più il territorio salentino».



SERVIZI AL CITTADINO

Più efficienza nei servizi territoriali n questi ultimi anni gli Enti locali sono stati tra i più colpiti da quella che oggi viene definita come “spendig review”, con una drastica riduzione dei fondi a loro destinati da parte del Governo, in un’ottica di risparmio e di riduzione della spesa pubblica. Per riuscire a garantire standard di servizi adeguati alle esigenze e alle aspettative dei cittadini, le Province, i Comuni, e le società a loro collegate sono quindi chiamate ad adottare una seria politica di razionalizzazione e di ottimizzazione delle risorse a loro disposizione. È questa la strada intrapresa da Alba Service, società che dal 2005 ha come unico socio la Provincia di Lecce, e che rappresenta oggi un punto di riferimento per tutto il territorio salentino, per quel che riguarda l’erogazione di diversi servizi di pubblica utilità: «Per il 2012 la riduzione dei trasferimenti sarà pari a circa il 10 per cento, per un importo che si aggira intorno ai 500mila euro», afferma l’amministratore unico di Alba Service, Damiano D’Autilia. «Ciononostante siamo riu-

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Damiano D’Autilia, amministratore unico di Alba Service www.albaservice.com

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Pur in un contesto caratterizzato da una disponibilità di risorse sempre più limitata, gli Enti pubblici e le loro società devono riuscire a garantire servizi essenziali per la collettività. Il caso di Alba Service illustrato da Damiano D’Autilia Guido Puopolo

sciti a mantenere un elevato livello qualitativo dei servizi offerti, ampliando addirittura il nostro raggio d’azione». Infatti dallo scorso novembre la Provincia di Lecce, tra le altre cose, vi ha affidato la gestione dell’impiantistica pubblicitaria sulle strade locali. Quali sono gli obiettivi di questo progetto? «Puntiamo a individuare gli impianti fuori norma posti lungo le nostre strade, in un settore da sempre ricco di criticità. Gli aspetti positivi dell’operazione sono molteplici. In primis, la salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio, troppo spesso deturpato dalla presenza “selvaggia” di cartelloni pubblicitari. Allo stesso tempo intendiamo rendere più sicure le strade del territorio provinciale. La normativa a riguardo parla chiaro: tali impianti devono rispettare distanze ben definite, sia in relazione alla strada, che in relazione ai cartelli stradali e agli altri impianti pubblicitari presenti, anche perché in

caso contrario possono diventare un pericolo reale per la sicurezza degli automobilisti. Alba Service, allo stato attuale, è l’unica partecipata a essere titolare di una licenza di questo tipo, e quindi proprietaria della piattaforma telematica che utilizzerà per il monitoraggio della cartellonistica pubblicitaria sulle strade del Salento». Quali provvedimenti avete adottato a questo proposito? «Contiamo molto sulla collaborazione di tutti i soggetti in campo: società private, titolari di concessionarie pubblicitarie e cittadini. Abbiamo istituito un apposito numero verde, a cui chiunque potrà rivolgersi per segnalare anomalie o irregolarità nella cartellonistica lungo le nostre strade. Abbiamo inoltre avviato una campagna di comunicazione e sensibilizzazione che sta riscuotendo un notevole successo tra la gente. Il concept di comunicazione parte proprio dalla necessità


Damiano D’Autilia

Ci occupiamo anche della manutenzione dei plessi scolastici, delle aree verdi, e dei servizi di pulizia degli edifici provinciali

di “prendere le giuste misure” poiché, come dimostrato da episodi avvenuti anche di recente, spesso per pochi centimetri si possono verificare incidenti stradali, con tutte le gravi conseguenze che questi comportano». Un’altra iniziativa di grande valore recentemente organizzata da Alba Service è stata lo “Sport Exhibition Day”. Ce ne può parlare? «Con lo Sport Exhibition Day abbiamo riunito, all’interno del Palazzetto dello Sport “San Giuseppe da Copertino” oltre 500 persone, tra giovani atleti e familiari. In questo modo abbiamo dato modo alle associazioni dilettantistiche presenti sul territorio di “mettersi in

rete”, di fare sistema, così da riuscire a garantire una giornata di grande spettacolo e divertimento. La cosa più bella è stata ammirare giovani talenti all’opera; bambini e ragazzi orgogliosi di esibirsi davanti ai genitori, ma anche coppie di anziani alle prese con il walzer inglese. Non c’è bisogno di lasciare la città per fare saggi o gare, perché anche a Lecce ci sono strutture efficienti e funzionali. Il palasport, nelle mie intenzioni, in futuro potrà diventare un’ottima cornice per concerti ed eventi culturali, oltre che sportivi. Un contenitore vivo, insomma, per la cui valorizzazione Alba Service è in prima linea».

Quali sono gli altri servizi offerti dalla vostra società? «Ci occupiamo della manutenzione ordinaria dei plessi scolastici, della manutenzione delle aree verdi, dei servizi di portierato e di pulizia degli edifici provinciali, oltre che della viabilità provinciale e del ripristino della funzionalità delle strade successivamente al verificarsi di incidenti. Negli ultimi anni, inoltre, abbiamo assunto un ruolo sempre più rilevante nella realizzazione di un sistema integrato di interventi e servizi sociali, per la promozione dell’inclusione sociale e lavorativa e dei diritti di cittadinanza, con particolare riferimento a persone diversamente abili e, più in generale, a soggetti svantaggiati». PUGLIA 2012 • DOSSIER • 161




GIOCO D’AZZARDO

Informatica e intelligence contro il gioco illegale Il comandante provinciale della Gdf di Bari, Vito Straziota, indica gli strumenti necessari a pianificare controlli e indagini su scommesse clandestine, gioco d’azzardo e legami con la criminalità organizzata Francesca Druidi

dati statistici pongono l’Italia tra i primi paesi al mondo nel settore del gioco. Basti pensare che, nel 2011, la spesa media pro capite è risultata pari a circa 1.200 euro, una cifra due volte superiore a quanto le famiglie spendono per la salute. «Il comparto del gioco pubblico vive in Italia, negli ultimi anni, un periodo di straordinario dinamismo, testimoniato dal costante aumento del volume delle giocate e dalla sempre più diversificata varietà di prodotti offerti», ha evidenziato Vito Straziota, comandante provinciale della Guardia di Finanza di Bari. La Gdf opera su diversi fronti a contrasto del gioco illecito. «Il corpo agisce attraverso un’azione trasversale tesa, innanzitutto, a combattere l’evasione fiscale, tenuto conto delle significative ricadute sull’economia e sul gettito fiscale complessivo prodotte dal gioco illegale, e a tutelare il mercato e gli operatori onesti». Ulteriori ambiti di azione? «Siamo chiamati a proteggere i consumatori

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da proposte di gioco insicure e pericolose e soprattutto a contrastare i tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata nella gestione delle molteplici forme di gioco e scommesse. È però importante evidenziare un ulteriore aspetto della questione». Quale? «La Gdf si trova ad agire contro il gioco illegale, tutelando al contempo il gioco legale. Si tratta di due fenomeni strettamente correlati: l’espansione del gioco legale corrisponde, infatti, in maniera proporzionale anche a quella illegale. I due mercati entrano spesso in competizione tra loro, potenziandosi reciprocamente. Da un lato, la criminalità propone, in concorrenza con lo Stato, i propri prodotti (bische clandestine, scommesse illegali) avvicinando nuovi potenziali partecipanti e, soprattutto, giovani clienti. Dall’altro lato, proprio a fronte di questa aggressiva induzione criminale al gioco d’azzardo clandestino, trova una forte motivazione la scelta politica di promuovere “prodotti” di gioco


Vito Straziota

EURO

OPERAZIONI

1.200

142

LA CIFRA PRO CAPITE SPESA DAGLI ITALIANI NEL 2011 PER GIOCHI E LOTTERIE

GLI INTERVENTI ESEGUITI DALLE FIAMME GIALLE NEI PRIMI SEI MESI DEL 2012

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L’azione di contrasto istituzionale è condotta attraverso una diffusa presenza dei reparti territoriali, supportata da un’adeguata azione di intelligence e una mirata analisi di rischio

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pubblico d’azzardo più semplici, più diffusi capillarmente, più rapidi nel pagamento (gran parte in cash) affinché la concorrenza del “gioco sicuro” sottragga clienti alle bische e agli allibratori. Invece di sostituirsi l’una all’altra, le due offerte di gioco d’azzardo si integrano, attivando un circolo vizioso dal punto di vista etico e “virtuoso” da quello commerciale». Come ne descriverebbe, in sintesi, il funzionamento? «Il gioco illegale alimenta quello legale fornendo la motivazione per giustificare l’introduzione di nuovi giochi. A sua volta, il legale alimenta l’illegale, ampliando la popolazione che entra in contatto con l’offerta criminale, creando uno spazio crescente al finanziamento usurario dei giocatori». Per quanto riguarda le connessioni tra il gioco d’azzardo, l’usura e la criminalità organizzata? «In ragione delle prospettive di guadagno molto alte e della forte domanda del mercato,

il settore rappresenta un’attrattiva per la criminalità organizzata e per il riciclaggio di proventi illeciti, creando problemi più ampi sul piano della tutela della sicurezza generale dell’ordinamento e dell’inquinamento del sistema economico nel suo complesso. Come è articolata, nello specifico, la risposta operativa della Gdf in questo settore? «L’azione di contrasto istituzionale è condotta attraverso una diffusa presenza dei Reparti territoriali, supportata da un’adeguata azione di intelligence e da una mirata analisi di rischio, realizzata attraverso l’elaborazione e l’aggiornamento di specifici “indici di pericolosità”, per selezionare gli operatori da sottoporre a controllo». La Gdf identifica il primo referente per l’Aams per il controllo sul corretto andamento del settore dei giochi e delle scommesse. «Sì, un “gruppo di analisi permanente”, composto da ufficiali delle Fiamme Gialle e da rappresentanti dell’Aams, analizza l’anda-

Sopra, Il generale Vito Straziota, comandante provinciale della Guardia di Finanza di Bari

PUGLIA 2012 • DOSSIER • 165


GIOCO D’AZZARDO

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Il settore del gioco rappresenta un’attrattiva per la criminalità organizzata e per il riciclaggio di proventi illeciti

mento della raccolta del gioco legale per individuare quelle anomalie che, nelle diverse aree territoriali, possono far emergere attività illecite nei diversi comparti in cui si articola il gioco. In particolare, è stato messo a punto un applicativo informatico in cui il parametro di riferimento è stato individuato nello scostamento della raccolta media giornaliera delle macchine, in un trimestre, rispetto alla macro area territoriale di riferimento (Nord, Centro, Sud e Isole). Inoltre, con l’evoluzione e l’avvento dei giochi on line, particolare importanza ha assunto l’utilizzo degli applicativi informatici in uso alla Guardia di Finanza, indispensabili per pianificare e preparare i controlli e le indagini su scommesse clandestine e gioco illegale». Quali sono i dati relativi agli interventi nelle province di Bari e Barletta, Andria e Trani sul versante della vigilanza e del controllo su giochi, scommesse e concorsi pronostici? «Gli interventi della Gdf nel primo semestre del 2012 sono stati 142 rispetto ai 147 di tutto il 2011, con 97 violazioni riscontrate (115 nel 2011) e 157 soggetti verbalizzati (rispetto ai 206 dei dodici mesi precedenti). Tra i principali generi sequestrati nei primi sei mesi dell’anno, vi sono 48 videogiochi (96 nel 2011), 41 punti di raccolta scommesse non autorizzate o clandestine (53 nel 2011) e somme in denaro. Risulta evidente la proliferazione del fenomeno. Le indagini muovono da una costante azione di controllo del territorio incentrata sul monitoraggio dei circoli ricreativi e dei punti di raccolta di scommesse, oltre che sull’attività di analisi svolta ai fini di antiriciclaggio. Dalle investigazioni condotte a contrasto delle organizzazioni criminali, si evince come queste ultime continuino a identificare nel gioco un serbatoio 166 • DOSSIER • PUGLIA 2012

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strategico, dove risulta più facile investire e ripulire i proventi derivanti da altre attività illecite. Ne è riprova l’indagine conclusa dal nucleo Pt/Gico di Bari nell’ottobre 2010, convenzionalmente denominata “Bocciulo”, coordinata dalla locale Dda, che ha consentito di scoprire un sodalizio malavitoso, capeggiato da noti soggetti legati a un clan barese, dedito prevalentemente all’usura e al riciclaggio di proventi illeciti». Cosa è emerso da questa operazione? «Elemento caratterizzante della struttura criminale era l’individuazione delle vittime all’interno di circoli ricreativi, riconducibili ai soggetti indagati dove, tra i frequentatori con il vizio del gioco, venivano individuati i potenziali “clienti” da sottoporre a usura, ai quali erano proposti pacchetti viaggio gratuiti con destinazione casinò situati in Russia, Slovenia, Croazia e Cipro. Il pacchetto viaggio veniva garantito dal sodalizio criminale all’unica condizione che il giocatore acquistasse fiche per almeno 5mila euro. L’accompagnatore (porter) si rendeva poi disponibile a prestare denaro, sul posto, ai giocatori in caso di perdite, imponendone la restituzione con l’applicazione di tassi usurari mensili oscillanti dal 10 al 20 per cento».



GIOCO D’AZZARDO

Servono leggi e formazione La dimensione pervasiva del gioco d’azzardo in Italia incide pesantemente sul sovraindebitamento dei soggetti più deboli, famiglie e imprese, favorendo il ricorso al debito usurario. Lo spiega la docente Isabella Martucci Francesca Druidi

ra le implicazioni del gioco d’azzardo, e del suo pericoloso intreccio con crisi economica, usura e gioco illegale, c’è il danno prodotto sulle nuove generazioni, che tendono a fondare il proprio futuro sull’azzardo piuttosto che sul lavoro. A sottolinearlo è Isabella Martucci, docente di Economia politica presso l’Università di Bari. Quali dimensioni assume il fenomeno del gioco d’azzardo in Italia? «Il mercato del gioco pubblico, che in Italia è gestito dall’Aams (Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato) e dai concessionari autorizzati, è un mercato di largo consumo che coinvolge circa l’80 per cento della popolazione adulta; ha realizzato nel 2011 un giro d’affari pari a circa 80 miliardi di euro ed entrate erariali per 8,7 miliardi. Anche per il 2012 sembra che su questo mercato non si addensino nubi: se l’indice della produzione industriale ad aprile diminuisce, su base annua, del 9,2 per cento, la raccolta derivante dal gioco d’azzardo aumenta. A maggio si è attestata sui 7.479 milioni di euro, con somme giocate che ammontano a 1.334 milioni e vincite per poco più di 6.000. Nel periodo gennaio-maggio 2012, rispetto allo stesso arco temporale del 2011, la raccolta è

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Isabella Martucci, docente di Economia politica nella facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Bari

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passata da 30.031 a 37.496 milioni. La classifica della raccolta su base regionale vede al primo posto la Lombardia, seguita da Lazio, Campania, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Sicilia, Toscana e Puglia». Qual è l’impatto del gioco d’azzardo patologico sulla famiglia e sulla società? «Nella famiglia del giocatore d’azzardo patologico si registra una perdita considerevole della qualità della vita, non solo in termini economici ma anche in quelli relazionali. Il giocatore mente per dissimulare la sua dipendenza: cerca di trovare giustificazioni per i mancati pagamenti delle forniture domestiche o per le tasse scolastiche, sottrae denaro dai salvadanai dei figli, nasconde avvisi di pagamento ed estratti conto. Nella famiglia che scopre che un suo congiunto è un giocatore d’azzardo, si fa strada un sentimento di stupore, di rabbia e soprattutto di sfiducia nel futuro. La fragilità dei nuclei familiari, ancora più instabili per l’imperversare al loro interno del gioco d’azzardo, si estende alla società, rendendo ancora più difficile il raggiungimento di un migliore livello di benessere. È necessario fare opera di formazione continua per evidenziare, soprattutto ai giovani, quanto sia indispensabile acquisire competenze, piuttosto che inseguire effi-


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Isabella Martucci

30.031

MILIONI LA CIFRA, ESPRESSA IN EURO, DELLA RACCOLTA DERIVANTE DAI GIOCHI DA PARTE DI AAMS NEL PERIODO GENNAIO- MAGGIO 2012

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È necessaria una formazione continua per evidenziare, soprattutto ai giovani, quanto sia indispensabile acquisire competenze, piuttosto che inseguire effimere aspettative di facili guadagni

mere aspettative di facili guadagni». Che tipo di dinamiche si instaurano oggi tra gioco, crisi economica e usura? «Nella fase di recessione che l’economia italiana attraversa, cresce l’attrazione esercitata dalla possibilità di facili introiti e tanti cadono vittime della seduzione di tavoli verdi reali o virtuali. Ed è proprio il gioco on line, ospite in famiglia che lusinga i più giovani e le donne, che sfugge a ogni controllo e nel quale più facilmente si annida la criminalità organizzata. Considerando quanto è ampio il giro d’affari che si muove intorno al gioco lecito e soprattutto illecito, si può comprendere come i giocatori italiani possano facilmente essere preda degli usurai. Le perdite si accumulano, il denaro non basta, il sistema bancario non concede prestiti senza garanzie e ci si rivolge al mercato parallelo del credito. Nasce così il rapporto credito-debito illegale, grazie al quale la criminalità si appropria delle attività lecite, le rende serve, le trasforma in filiali, in grado a loro volta di offrire ulteriori servizi di credito, dando vita a un processo moltiplicativo infinito. Il fenomeno dell’usura appare non più derivante solo dal cattivo funzionamento del mercato del credito, ma si pone come una delle icone di quell’economia irrego-

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lare e sommersa che prospera più di quella lecita». Quali potrebbero essere possibili soluzioni capaci di far fronte al fenomeno? «Il costo che deriva dall’intreccio esistente tra gioco e usura non è compensato dal beneficio connesso alle entrate erariali. Il loro ammontare è nel tempo aumentato non grazie all’incremento dell’imposizione, che si è progressivamente ridotta - tanto che dal 2005 l’afflusso alle casse dell’erario cresce meno della raccolta - ma all’ampliamento del numero dei giocatori, attratto dall’incremento delle vincite. Inoltre, sebbene ciò consenta, in una certa misura, di tutelare il consumatore, in quanto rende l’offerta pubblica di giochi più competitiva di quella illegale o irregolare, non ne riduce il costo sociale: oltre alle componenti patologiche ve ne sono infatti altre, tra cui la riduzione della produttività, l’insolvenza, i fallimenti e la corruzione che si annida nelle istituzioni. Più che aumentare l’offerta di giochi on line, che consentono all’azzardo di entrare nell’ambito domestico, si dovrebbe provvedere a colmare il vuoto normativo, dando rapida esecuzione alle proposte di legge in tema di gioco d’azzardo, attualmente in esame in Commissione al Senato». PUGLIA 2012 • DOSSIER • 169


GIOCO D’AZZARDO

Slot machine e lotterie, minacce per la legalità L’economia dell’azzardo rischia di mettere in ginocchio le famiglie italiane. Il senatore Raffaele Lauro ne ricostruisce gli effetti illustrando provvedimenti di carattere legislativo per contrastare il fenomeno Francesca Druidi

aumentato in maniera esponenziale il mercato del gioco in Italia. Ma, come rileva il senatore del Pdl Raffaele Lauro, a fronte di questa crescita si sta verificando una caduta delle entrate, in termini sia assoluti che relativi. «Le entrate erariali totali sul gioco d’azzardo, che hanno consentito allo Stato di incassare fino a 13,7 miliardi di euro nel 2011, sono in rapida contrazione e si può prevedere, nel prossimo triennio, un buco nelle entrate dello Stato da gioco, se prima non crolla del tutto il castello di carta con una bolla finanziaria». Quali cause hanno contribuito a delineare l’attuale scenario? «I governi e i parlamenti non hanno varato misure idonee a governare l’imponente fenomeno, le cui ricadute negative hanno prodotto una vera devastazione del tessuto sociale che, in futuro, si tradurrà in costi - allo stato non quantificabili a carico della collettività nazionale. Inoltre, l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, di recente immotivatamente accorpata all’Agenzia delle Dogane, non poteva, da sola, in carenza di norme ferree e adeguate, fronteggiare la situazione».

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Quali sono i numeri del fenomeno che lei ha definito a rischio di trasformazione in una «Caporetto sanitaria, sociale, familiare e finanziaria»? «Sono operanti, oggi in Italia, più di 400mila slot machine di vecchia e nuova generazione, 40mila video lottery, diffuse su tutto il territorio nazionale, 14mila agenzie di scommesse e centinaia di locali di grandi dimensioni, dove si vende il gioco d’azzardo in tutte le modalità possibili, in sale specializzate o in qualsiasi altro esercizio pubblico. Le abitazioni private sono diventate i terminali di sistemi informatici di azzardo on line (casinò, poker, scommesse e versioni hi-tech delle forme tradizionali di gioco, come il bingo, il lotto e i gratta e vinci). Tutto il sistema è destinato a dilatarsi ancora, con la prossima apertura di 200 poker room: sale da gioco dove si potranno maneggiare carte francesi e puntare denaro. Nessuna meraviglia che il consumo del gioco, al luglio 2012, sia incrementato di 20 punti percentuali, confrontando il primo semestre 2012 con quello del 2011». Lei è firmatario di due disegni di leggi volti a contrastare il gioco d’azzardo. Quali, a suo

Sopra, Il senatore Pdl Raffaele Lauro


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Raffaele Lauro

SLOT MACHINE

AGENZIE

400mila

14mila

SONO QUELLE ATTUALMENTE OPERANTI IN ITALIA

I LOCALI DI SCOMMESSE DIFFUSI SU TUTTO IL TERRITORIO ITALIANO

avviso, sono gli elementi da cui non si può prescindere per ottenere una normativa efficace che, in qualche modo, sta prendendo forma? «Tra gli aspetti fondamentali, ci sono innanzitutto la tutela dei minori, la cura dei malati da gioco patologico e i risarcimenti economici alle famiglie dei malati. A queste misure si affiancano il divieto assoluto di pubblicità ingannevole, la trasparenza totale delle società concessionarie e l’applicazione delle norme antimafia e antiriciclaggio; poteri, oggi inesistenti, da attribuire alle Regioni, alle Province e alle Amministrazioni municipali. Va, infatti, evidenziato come esista un “continuum” tra il mercato cosiddetto autorizzato e quello controllato direttamente dalle mafie, nello specifico da 41 clan, anche di mafie straniere. Registrando la lentezza dell’iter legislativo dei disegni di legge, proposti dall’antimafia e da altri parlamentari, nonostante la dichiarazione unanime di urgenza da parte dell’Aula del Senato, all’esame delle commissioni congiunte Giustizia e Finanze del Senato, c’è il rischio di una mancata approvazione della riforma entro la fine della legislatura. Per questo, invoco un provvedimento d’urgenza del Governo Monti sui nodi più critici

del fenomeno gioco d’azzardo, anche on-line». Perché il mercato del gioco d’azzardo potrebbe diventare la bolla finanziaria dell’Italia? «L’economia dell’azzardo, che naviga verso i 100 miliardi di euro per anno, stracarica di prodotti derivati della finanza creativa, di obbligazioni, di anticipi e di fideiussioni, potrebbe crollare, come un castello di carta. Il default travolgerebbe parte del sistema bancario e il pubblico erario. A fronte di 44,71 miliardi di euro di giocate, nel primo semestre 2012, lo Stato avrebbe dovuto incassare perché non tutti versano - 4,11 miliardi di euro, pari al 9,2 per cento delle somme giocate. La parte riservata all’erario è scesa, quindi, sotto la soglia del 10 per cento, quasi un punto in meno del valore dell’anno scorso. La triangolazione perversa tra Stato (concessioni a fisco contenuto), concessionarie indebitate (sovraindebitamento anche con prodotti di finanza creativa) e sistema bancario esoso (altissimi tassi di interesse imposti, per prestiti, ai concessionari) andrebbe in pezzi. Gli italiani pagherebbero così tre volte: al fisco al posto delle concessionarie; alle concessionarie con le loro giocate e, in caso di default, al sistema bancario. Una follia tutta italiana». PUGLIA 2012 • DOSSIER • 171




TRAPIANTI

Trapianti pediatrici, rene e fegato i più donati In ambiente trapiantologico, accorciare la distanza fra la domanda e l’offerta significa porsi come obiettivo prioritario l’aumento del numero dei donatori di organi viventi. Il punto di Alessandro Nanni Costa Giacomo Govoni

onatori viventi in aumento e tasso di opposizione in frenata. Predominano le luci nel documento preliminare sull’attività di donazione e trapianto in Italia relativo al quadrimestre gennaio-aprile 2012. Curato dal Centro nazionale trapianti, il report registra anche un incremento del numero assoluto degli interventi, con punte di crescita massima toccate dai trapianti di rene, passati nel periodo di riferimento da 1.542 a 1.688 e di fegato, da 1.019 a 1.071. «Per quanto riguarda i pazienti pediatrici – sottolinea Alessandro Nanni Costa, presidente del Cnt – la donazione da vivente di

D Alessandro Nanni Costa, direttore del Centro nazionale trapianti

questi due organi rappresenta un’opzione terapeutica concreta». In riferimento alla fascia infantile, a che punto sono le lista d’attesa nazionali e per quali organi la richiesta è in crescita? «Per i trapianti pediatrici in Italia c’è una lista unica, caratterizzata da una gestione trasparente e consolidata. L’istituzione di una lista nazionale consente di equiparare con assoluta precisione i bimbi in tutta Italia, garantendo piena equità. Inoltre, il programma nazionale pediatrico prevede l’attribuzione prioritaria ai pazienti in lista di tutti gli organi prelevati da donatori con età inferiore ai 15 anni. I dati al 31 dicembre 2011 dicono che le maggiori richieste di trapianto sono per il rene, seguono cuore e fegato. I tempi di attesa per i piccoli pazienti sono ridotti rispetto all’adulto: stando ai dati aggiornati al 31 dicembre 2011, i tempi medi di attesa sono 1,72 anni per il rene, 1,8 per il cuore e 1 anno per il fegato». In merito al recente impianto di cuore artificiale al bambino di 16 mesi al Bambin Gesù, qualcuno ha parlato di momento rivoluzionario: che ne pensa? «I risultati raggiunti dalla scienza e dalla tecnologia nel campo medico hanno senza dubbio rivoluzionato anche il settore dei trapianti, cinquant’anni fa considerato a sua volta un’avanguardia chirurgica. Le diverse tipologie di dispositivi di assistenza meccanica, così come il


Alessandro Nanni Costa

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Il programma nazionale pediatrico prevede l’attribuzione prioritaria ai pazienti in lista di tutti gli organi prelevati da donatori con età inferiore ai 15 anni

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cuore artificiale, permettono di mantenere in buone condizioni fisiche il paziente in attesa di ricevere un trapianto o addirittura prevedono l’impianto di un device a permanenza. Il nostro Paese non è certamente rimasto indietro nel campo dell’innovazione tecnologica e il trapianto di cuore artificiale su un piccolissimo paziente al Bambino Gesù ne è la testimonianza». Com’è cambiato negli ultimi anni il tempo medio di attesa al trapianto per ogni organo? «Negli ultimi anni abbiamo registrato una certa stabilità delle liste di attesa. I dati di fine 2011 indicano che i pazienti iscritti e in attesa di ricevere un trapianto sono 8.731, di cui 6.542 sono in attesa di un trapianto di rene, 1.000 per il fegato, 733 per il cuore, 382 per il polmone, 236 per il pancreas e 23 per l’intestino. I tempi medi di attesa in lista sono 2,8 anni per il rene, 2,1 anni per il fegato, 2,5 anni per il cuore, 2,12 per il polmone e 3,58 per il pancreas. Siamo riusciti a mantenere costante il tempo di attesa, nonostante l’aumento dell’età media dei donatori influisca sul numero complessivo di organi idonei al trapianto». Sebbene il numero dei trapianti in Italia sia complessivamente in aumento, non mancano le opposizioni alla donazione: dove vanno ricercate le cause e come limitare questo trend?

«È sempre molto difficile indagare i motivi profondi di un rifiuto alla donazione. Da alcune indagini conoscitive relative alle fasi della comunicazione della morte e della proposta di donazione, è emerso che la difficoltà di spiegazione della morte cerebrale e le incomprensioni nella relazione tra medici curanti e familiari del paziente sono tra le principali cause di opposizione. Proprio per questo, il Centro nazionale trapianti ha puntato molto sulla formazione degli operatori impegnati nel processo di donazione e sulla cura della comunicazione tra medico e familiari del donatore». Dal punto normativo, quali strumenti hanno contribuito o potrebbero incentivare l’attitudine alla donazione? «In Italia a ogni cittadino maggiorenne è offerta la possibilità di dichiarare il proprio consenso o diniego alla donazione di organi e tessuti dopo la morte. Infatti, nel nostro Paese vige il principio del consenso o dissenso esplicito mentre quello del cosiddetto silenzio-assenso non ha trovato attuazione. È possibile dichiarare la proprio volontà registrandola presso l’Asl di appartenenza, firmando e conservando il tesserino blu inviato dal Ministero della salute nel 2000 oppure una delle donor-card di associazioni di donatori e pazienti. Il recente progetto sperimentale per la registrazione di volontà presso gli uffici dell’anagrafe nei comuni

PUGLIA 2012 • DOSSIER • 175


TRAPIANTI

Ottimizzare il sistema Negli ultimi anni la Puglia sta incrementando i numeri relativi all’attività di trapianto. Restano però da risolvere alcune problematiche organizzative interne al sistema sanitario regionale. Ne parla il direttore del Centro regionale trapianti, Francesco Paolo Schena Renata Saccot

er capire quale sia l’anello debole del sistema trapianti in Italia basta leggere questi dati: al 22 luglio 2012 il Ministero della Sanità indica che i cittadini che hanno espresso il loro consenso alla donazione di organi sono 1.301.254, di questi 112. 796 lo hanno fatto mediante registrazione presso le Asl di appartenenza, 2.193 presso i Comuni e ben 1.186.265 mediante iscrizione all’Aido, l’associazione che riunisce i donatori di organo. Questi dati ci dicono che ciò che non funziona all’interno del sistema è la macchina comunicativa istituzionale e che se nel nostro Paese è possibile ottenere risultati positivi per quanto riguarda le donazioni ciò è dovuto all’attività dell’associazionismo sul territorio. Analoga situazione è quella pugliese, dove, nonostante il 2011 si sia chiuso con numeri di tutto rispetto, 46 donazioni e 11,3 donatori utilizzati per milione di popolazione (con trend in costante risalita negli ultimi anni), i primi mesi del 2012 hanno visto cifre che Francesco Paolo Schena, direttore del Centro regionale trapianti, definisce «preoccupanti» (a inizio luglio le donazioni effettuate erano

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appena 14) a tal punto da averlo spinto a convocare un tavolo regionale per individuare il problema e risolverlo. Mancano, dunque, donatori. Perché chi dovrebbe informare i cittadini sulla donazione di organi e sensibilizzarli alla delicata questione non lo fa, o non sa farlo. È così che i dati del Ministero della Sanità relegano la Puglia sul fondo della classifica. Il punto del professor Schena. La Puglia, con 11,3 donatori utilizzati per milione di popolazione nel 2011, prosegue il cammino di ripresa avviato negli ultimi dieci anni. Come commenta questo dato? «Nel 2011 abbiamo raggiunto il numero di 46 donazioni e 11 donatori per milioni di abitanti, per cui possiamo ritenerci soddi-

Francesco Paolo Schena, direttore del Centro regionale trapianti


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Francesco Paolo Schena Attività di donazioni pre regione - anno 2011 vs 2012* N° Donatori Utilizzati Fonte dati: Report CIR *dati preliminari al 30 Aprile 2012

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La Puglia ha migliorato le sue performance di anno in anno, fino a raggiungere la doppia cifra registrata nel 2011. Ciò non toglie che dobbiamo assolutamente recuperare il terreno perso quest’anno

sfatti di questo risultato. Di contro, nei primi quattro mesi del 2012 le donazioni effettuate sono state sei, a inizio luglio 14, cifre che non raggiungono gli obiettivi che ci eravamo posti, cioè 22-23 donazioni. Per questo motivo ho voluto mettere attorno a un tavolo tutti gli attori del settore e, in accordo con l’assessore Attolini, abbiamo istituito task force regionali e locali coordinate dai direttori regionali. Abbiamo inviato alle Asl dei questionari utili a individuare i punti di debolezza delle procedure. Sulla base dei risultati ottenuti, prenderemo i provvedimenti adeguati. Voglio comunque ricordare che la Puglia ha migliorato le sue performance di anno in anno, arrivando appunto a raggiungere la doppia cifra registrata al 31 dicembre 2011. Ciò non toglie che dobbiamo assolutamente recuperare il terreno perso quest’anno». Sebbene il numero dei trapianti sia complessivamente in aumento, non mancano le opposizioni alla donazione: dove vanno ricercate le cause e come si può invertire la rotta?

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«Da una parte, bisogna fare più informazione per arrivare a una maggiore cultura della donazione, dall’altra, bisogna migliorare l’organizzazione. L’aumento delle opposizioni alle donazioni deve spronarci innanzitutto a migliorare l’organizzazione dei singoli ospedali. Dal punto di vista della comunicazione, abbiamo coinvolto l’Aido regionale e nei prossimi mesi ci sarà una riunione tra operatori e responsabili delle singole sedi dell’Aido allo scopo di ottimizzare le campagne di comunicazione indirizzate ai cittadini». Quali sono i punti forti e quelli deboli del sistema dei trapianti regionale? «Abbiamo centri di trapianto che funzionano e che se avessero organi disponibili potrebbe effettuare trapianti tutti i giorni. Ciò significa che ci sono le competenze e le professionalità giuste. I punti deboli vanno ricercati nella non ottimale organizzazione delle strutture di reclutamento dei donatori e nel mancato consenso da parte dei cittadini. Sono essenzialmente queste le ombre della rete trapiantologica pugliese». PUGLIA 2012 • DOSSIER • 177


TRAPIANTI

Dalla ricerca un farmaco per ridurre il rigetto La scienza ha fatto passi importanti verso un miglioramento della qualità della vita dei pazienti nefropatici e grazie alla ricerca sono migliorate anche le condizioni dei trapiantati. Ma oggi, per il professor Loreto Gesualdo, il problema principale da risolvere in Puglia è l’attività di procurement Concetta S. Gaggiano

ai dati forniti dal Ministero della salute, si apprende che nel 89,8 per cento dei casi i pazienti italiani sottoposti a trapianto di rene lavorano e sono pienamente reinseriti nella normale attività sociale. Un successo della ricerca e un merito per il sistema trapiantologico italiano, che può contare su una rete di 44 ospedali su tutto il territorio nazionale in cui si svolge attività di trapianto. Uno di questi è il Policlinico di Bari, uno dei due centri regionali autorizzati a effettuare trapianti di rene, l’altro è l’Ospedale Vito Fazzi di Lecce. A Bari a dirigere la Divisione di nefrologia, dialisi e trapianto è il professor Loreto Gesualdo, la cui equipe sta sperimentando i Pac service e un farmaco che agisce sul sistema immunitario. Il trapianto di rene, seppur non considerato tra quelli salva-vita, migliora la qualità della vita dei trapiantati. Negli anni quali sono state le tappe più importanti? «La scoperta dei farmaci immuno-soppressori, come la Ciclosporina negli anni 70, ha determinato grandi passi avanti nel contrastare il rigetto dell’organo trapiantato. In seguito la ricerca ci ha dotato di nuovi farmaci, come il Micofenolato o la Rapamicina, capaci di inibire il sistema immunitario a diversi livelli, permettendo una lunga sopravvivenza del rene trapiantato. In questo momento in Puglia ab-

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178 • DOSSIER • PUGLIA 2012

biamo più di 700 pazienti in lista d’attesa, che per tre volte a settimana devono sottoporsi a sedute di dialisi di quattro ore ciascuna. Al contrario, le persone trapiantate possono tornare a viaggiare, riprendere a lavorare, fare sport o avere figli. Se a tutto questo sommiamo anche gli elevati costi della dialisi rispetto al trapianto, si comprende come la donazione contribuisca a ridurre la spesa sanitaria dovuta dalle migliaia di pazienti nefropatici che dializzano in Italia». Come potenziare l’attività di trapianto e ridurre le liste d’attesa? «Abbiamo avviato un’attività di promozione del trapianto di rene da donatore vivente, realizzando pacchetti ambulatoriali complessi, i cosiddetti Pac service, con i quali saremo in

Nella pagina seguente, Loreto Gesualdo, direttore della Struttura complessa di nefrologia, dialisi e trapianto dell’Azienda ospedaliero-universitaria consorziale Policlinico di Bari


Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Loreto Gesualdo

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Ora il sistema riesce a calibrare meglio le risposte al fabbisogno della popolazione, ricorrendo al ricovero ospedaliero solo in presenza di fatti acuti

grado di studiare il paziente e il potenziale donatore in meno di trenta giorni, senza la necessità del ricovero ma sfruttando percorsi ambulatoriali dedicati. Questo tipo di trapianto rappresenta la migliore terapia sostitutiva per il paziente nefropatico, sia in termini di sopravvivenza del paziente che di funzionalità dell’organo trapiantato». L’innovazione tecnologica ha un peso fondamentale nella medicina. Cosa ci dobbiamo aspettare nel breve-medio termine dalle attività di ricerca? «Nel nostro Istituto di ricerca stiamo sperimentando nuovi farmaci capaci di inibire il sistema immunitario già nelle prime ore del trapianto, quando avviene il cosiddetto danno da “ischemia-riperfusione”. Questo farmaco, il C1-inibitore, si è dimostrato molto efficace nel proteggere il rene dall’attacco del sistema immune e potrà essere sperimentato entro pochi anni sui nostri pazienti. Di notevole interesse sono anche i risultati della ricerca scientifica derivanti da nuovi approcci di farmaco-genomica che ci permetteranno di personalizzare la terapia immunosoppressiva, minimizzare gli effetti collaterali o addirittura individuare i pazienti “tolleranti” che potranno sospendere i farmaci anti-rigetto». Nel 2011, secondo i dati della rete Airt, in Puglia l’attività di trapianto si è attestata a 14.5 p.m.p. rispetto al 12 del 2010. A cosa è dovuto questo incremento? «L’incremento è il risultato del progetto triennale (2008-2010) Seusa, Spanish, European and Usa models for organ donation, che ha avuto l’obiettivo di ristrutturare e recuperare qualità ed efficienza in tutta l’attività di pro-

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curement di organi nella regione. Frutto della collaborazione tra la Regione Puglia, il Centro regionale trapianti e un pool di esperti di valore internazionale, il progetto ha previsto una capillare indagine del territorio evidenziando i punti di debolezza dell’intera fase di procurement di organi e individuando i relativi piani di intervento». Non sono invece confortanti i numeri di questi primi 6 mesi del 2012. Perché? E come è possibile risolvere il problema delle opposizioni? «Le cause dell’arresto del trend positivo delle donazioni sono diverse e, data la complessità del processo di donazione e trapianto che coinvolge molteplici settori della sanità, devono essere rintracciate, in prima istanza, a livello strutturale-organizzativo nell’ambito del sistema sanitario regionale. Inoltre, è aumentata la percentuale di opposizioni: nei primi sei mesi del 2012 si è attestata al 37 per cento, contro il 31,5 per cento del 2011. La latente sfiducia del cittadino nei confronti del sistema sanitario gioca certamente un ruolo determinante in tale processo. L’affidabilità, la serietà e la trasparenza della struttura, come la certezza che il paziente sia stato curato al meglio, passano attraverso una gestione corretta della PUGLIA 2012 • DOSSIER • 179


TRAPIANTI

relazione». Cosa si sta facendo in Puglia per risolvere il problema delle opposizioni? «Nel 2011 si è conclusa con successo una lodevole iniziativa: tutte le rianimazioni della regione sono state dotate delle “sale dell’accoglienza”. Il Crt Puglia, grazie all’aiuto finanziario del Rotary Club, distretto 2120, è riuscito nell’intento di offrire ai familiari del potenziale donatore un ambiente accogliente e riservato dove poter maturare la scelta della donazione. A partire da ottobre 2011, le istituzioni locali di Bari sono state veicolo e strumento per sensibilizzare e informare il cittadino attraverso il progetto “Una Vita per la Vita”. La prima fase del progetto è stata dedicata all’attività di formazione e informazione dei dipendenti pubblici del Comune di Bari. Nella seconda fase, invece, presso gli uffici anagrafe del Comune sono stati allestiti desk informativi che hanno permesso ai soci Aido e ai medici di sensibilizzare i cittadini sul tema della donazione e raccogliere le dichiarazioni di volontà». A tal proposito, in che modo si può migliorare l’attività di comunicazione? 180 • DOSSIER • PUGLIA 2012

«Il Centro nazionale trapianti è molto attivo sul territorio italiano con le annuali campagne “Un donatore moltiplica la vita”, realizzate grazie alla collaborazione di associazioni di volontariato quali l’Aido, l’Aned e tante altre, che svolgono un ruolo fondamentale nella promozione della donazione sui territori regionali. Tuttavia, io ritengo che si dovrebbero sfruttare i social network, quali Facebook e Twitter. La donazione d’organo deve essere una scelta consapevole, che si realizza attraverso il confronto dialettico in famiglia o nei gruppi di discussione con gli amici, colleghi. Dobbiamo far comprendere che grazie alla donazione possiamo salvare la vita a tante persone, tra cui i bambini. Ricordo che di recente, grazie al “grande gesto” di un piccolo donatore pediatrico in una delle nostre regioni, tanti bambini italiani hanno ricevuto l’organo a loro necessario, risolvendo gravi malattie. Ritengo in ultimo che si dovrebbero coinvolgere personalità di spicco del mondo della cultura, dello sport e dello spettacolo, persone “positive”, che potrebbero fare da testimonial per le campagne di sensibilizzazione».



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