OSSIER SICILIA L’INTERVENTO ..........................................9
ECONOMIA E FINANZA
Guido Carella Carlo Sangalli Paolo Buzzetti Renzo Iorio Antonello Montante Giuseppe Pace
CREDITO & IMPRESE ........................39 Giovanni Chelo Salvatore Ferlito Raffaele Stancanelli Claudio Fava
PRIMO PIANO IN COPERTINA......................................20 Annamaria Cancellieri CULTURA DELLA LEGALITÀ...........24 Francesco Lo Voi Fabrizio Cuneo Antonio Perdichizzi ELEZIONI REGIONALI ........................34 Pietrangelo Buttafuoco Enrico La Loggia
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POLITICA ECONOMICA .....................48 Enzo Taverniti Domenico Bonaccorsi di Reburdone Nicola Colombrita IMPRESA E SVILUPPO......................56 Roberto Snaidero Antonello Biriaco ENERGIA .................................................62 Sandro Gilotti e Marco Saetti Carmelo De Salvo
MODELLI D’IMPRESA........................68 Filippo Miracula Antonino Scaffidi Crispino Fichera Emilio Romano TECNOLOGIE.........................................76 Carmelo Di Natale Francesco Trainito Carlo Amendola MERCATO DEL LUSSO......................82 Fabrizio Gargante POLITICHE AGRICOLE.......................84 Mario Catania Mario Guidi MERCATO DELLA PESCA ................90 Alessandro Alfano Carmelo Micalizzi Giovanni Tumbiolo Vito Santarsiero
Sommario AMBIENTE
TERRITORIO
SANITÀ
TUTELA DEL TERRITORIO .............102 Emanuele Doria Rosario Di Rao
LOGISTICA.............................................114 Angelo Di Martino Luigi Marangolo Giuseppe Niosi
COMUNICARE LA SALUTE.............160 Luciano Onder Michele Mirabella
GESTIONE IDRICA.............................106 Le risorse idriche a Messina RINNOVABILI.......................................108 Rosario Urso GESTIONE RIFIUTI..............................110 Antonino Fragapane Giada Di Fede
TRASPORTI..........................................124 Tiziana Bonarrigo TURISMO...............................................127 Bernabò Bocca Maurizio Maddaloni Il settore in Sicilia Antonio Russo EDILIZIA.................................................136 Giuseppe Anastasi Giuseppe Pinzone King Gilda Giaccone e Francesca Trupiano Michele Carcione Antonio Zitelli Massimiliano Correra MATERIALI ...........................................152 Maria Scuderi Alfredo Lupo
POLITICHE ANTIDROGA .................165 Giovanni Serpelloni ANEMIA MEDITERRANEA...............170 Ilaria Ciancaleoni Bartoli Sergio Mangano Aurelio Maggio DIAGNOSTICA .....................................178 Massimo D’Amore Salvatore Polizzi DISPOSITIVI MEDICI.........................184 Renato Conti MEDICINA ESTETICA .......................186 Ruggero Nicolisi
RUBRICA GENIUS LOCI .......................................188 Leo Gullotta
SICILIA 2012 • DOSSIER • 7
L’INTERVENTO
Per superare il gap produttivo di Guido Carella, presidente Manageritalia
roduttività, questa è la parola che ci perseguita. Sono decenni che in Italia la produttività è in discesa e, più di recente, è crollata. Secondo la Commissione Europea, nel secondo trimestre 2012 l’Italia ha registrato la caduta di produttività più forte nella Ue: -2,1 per cento, dopo lo -0,8 per cento nel primo trimestre. Allora che fare? La produttività aumenta se migliorano le capacità dei fattori produttivi e il loro mix. Più istruzione e conoscenza per le persone, innovazione per i macchinari e organizzazione dei processi. Ma non basta, a tutto questo si deve aggiungere un’organizzazione del lavoro e una gestione sempre più manageriale. Ma per mille motivi nel nostro Paese questa indispensabile modernizzazione è rimasta a metà strada. Abbiamo aziende piccolissime (il 90 per cento ha meno di 5 addetti, il 95 meno di 10 e il 99,9 meno di 250) che non fanno ricerca e innovazione, che non hanno dimensione per fare economie di scala e di scopo, che hanno scarsissima o nulla presenza, competenza e gestione manageriale e quindi capacità organizzativa e gestionale. Abbiamo gap vistosi nella formazione, soprattutto nella sua capacità di sfornare persone con conoscenze allineate a quelle richieste dal mercato. Abbiamo un costo del lavoro e del fare impresa altissimo. A questo si aggiunge il fatto che negli ultimi decenni siamo stati incapaci di restare o spostare la nostra economia e le nostre aziende nei business a più alto valore aggiunto, dove la produttività e il successo sono meno legati a meri fattori di costo. L’aumento della produttività e del benessere di persone e aziende passano sicuramente per una ridefinizione dei modelli e delle culture del lavoro, in primis
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delle relazioni industriali e del ruolo delle cosiddette parti sociali. Per un forte aumento di presenza, competenza e gestione manageriale in gran parte delle imprese italiane. Ma, e ne è una conseguenza, passano soprattutto dalla diffusione di modelli organizzativi e strumenti volti a migliorare la vita dei singoli e delle imprese. Un cambiamento che per la grande maggioranza di manager e lavoratori italiani (intervistati per Manageritalia da AstraRicerche e Duepuntozero Doxa nel 2012) passa per: valutazione delle persone su merito e risultati (per il 96 per cento dei manager; 88 per cento degli italiani), gestione delle persone per obiettivi (93 e 81 per cento), più formazione (93 e 91 per cento), più gestione manageriale (92 e 72 per cento), più collaborazione e meno gerarchia (87 per cento per entrambi), maggior conciliazione tra vita professionale e personale (85 per cento) e introduzione di programmi di welfare aziendale (77 e 81 per cento). Insomma, il lavoro e il mondo del lavoro che ci servono e meritiamo richiedono una profonda rivisitazione, per non dire rottamazione. Merito, gestione per obiettivi, collaborazione, innovazione, conciliazione tra vita privata e professionale, managerialità e formazione continua sono alcune delle parole chiave per ripartire e raggiungere produttività e benessere. SICILIA 2012 • DOSSIER • 9
Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Xxxxx cxpknefv L’INTERVENTO
Educare alla legalità di Antonello Montante, presidente Confindustria Sicilia
lla luce di quanto sta succedendo nel nostro Paese, parlare di educazione alla legalità è un modo per misurarsi con una necessità culturale, socio-economica ed etica che interessa tutte le realtà più importanti della vita di ogni singolo cittadino di qualsiasi età che è in contatto con la scuola, il mondo del lavoro pubblico, quello privato delle imprese e quello delle istituzioni. Educare alla legalità significa contrastare ogni fenomeno illegale che mina la libertà dell’individuo e una realtà distorta che ha generato una cultura negativa fatta di problemi sociali e di sottosviluppo. Per cambiare strada e cercare di sostituire questi disvalori dobbiamo educare in modo serio e concreto le nuove leve e con loro dobbiamo costruire una élite culturale avanzata che rappresenterà il risultato vivente del cambiamento mentale già in corso. La vera azione di contrasto deve nascere dal sistema educativo e dal sistema produttivo perché i due mezzi di contrasto più forti, oltre a
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quello della repressione, sono la rivoluzione culturale e lo sviluppo economico. La legalità diventa realtà vivente e funziona solo se alla base ha la consapevolezza delle persone e se le élite responsabili ne avvertono la necessità e la presenza. Per arrivare ad avere questa condizione bisogna che ci siano azioni di orientamento culturale verso tutti, grandi e piccoli, selezionare le nuove classi dirigenti perché è indubbio che le aziende pubbliche, quelle private così come le istituzioni pubbliche funzionano in base a chi le dirige o le rappresenta. Le aule delle scuole si devono riempire di ore di insegnamento della legalità, si deve diffondere la conoscenza dei buoni esempi; i ragazzi devono avere dei punti di riferimento certi per capire che la legalità conviene da piccoli così come da grandi, a scuola così come nel mondo del lavoro: l’idea della convenienza va trasfusa sin dall’inizio. In questo modo l’educazione alla legalità diventa un vero e proprio training per lo sviluppo delle
competenze e delle abilità delle future classi dirigenti che avranno il duro compito di recuperare il gap che le nostre generazioni lasceranno. Solo così, gli stakeholder dei mercati internazionali e quelli dell’opinione pubblica e politica mondiale investiranno, in termini di consenso e fiducia, sulle nuove leve dirigenziali, gli riconosceranno il grande punto di forza che è il know how della cultura e della legalità. Il più alto livello di cultura alla legalità rappresenterebbe il più alto livello di sviluppo economico perché gli investitori seguono le leggi del mercato, che sono sempre più veloci del cambiamento mentale. Per essere competitivi dunque dobbiamo attrarre l’attenzione con idee creative, innovative e legali e far vedere come il nostro Paese sia un luogo sicuro per la crescita e lo sviluppo di interi indotti industriali e artigianali di eccellenza e impegnarci affinché diventi una grande fabbrica culturale per una classe dirigente pronta a migliorare se stessa e capace di uscire assieme al Paese dalla crisi. SICILIA 2012 • DOSSIER • 17
Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Xxxxx cxpknefv L’INTERVENTO
Le imprese siciliane non si arrendono di Giuseppe Pace, presidente di Unioncamere Sicilia
al privato al pubblico, in Sicilia suona la sirena dell’emergenza. Il mercato del lavoro è fermo al palo e le prospettive per il 2013 non sono migliori, con un tasso di disoccupazione che storicamente - ma ancor di più oggi nell’Isola è tra i peggiori d’Italia. Le imprese sono in affanno e da più parti arrivano richieste di aiuto. L’ultimo in ordine di tempo è quello del settore dell’edilizia che ha annunciato forme di protesta eclatanti come la chiusura dei cantieri in attesa che vengano sbloccati i pagamenti. Sullo sfondo una Regione che fa i conti con se stessa e con le numerose crisi da gestire tanto che l’agenzia Fitch ha di recente abbassato il rating di lungo termine della Sicilia a BBB con outlook negativo. Tuttavia, tra i tanti campanelli d’allarme, qualche segnale positivo c’è e arriva proprio dal sistema produttivo locale. Nel pieno dell’estate, tra luglio e settembre, secondo i dati Movimprese, in Sicilia sono nate 6.085 nuove imprese a fronte di 4.625 cessazioni, con un saldo positivo di 1.460 unità, corrispondente a un tasso di crescita trimestrale dello stock delle imprese pari allo 0,32 per cento, migliorativo rispetto allo scorso anno, quando si registrò una crescita dello 0,25 per cento.
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Ma a dispetto di una crisi sempre più dura, il sistema produttivo vuole reagire indicandoci la strada da seguire: quella delle imprese. La risposta alla crisi è questa e bisogna creare i presupposti per assecondarla a partire dalle istanze delle associazioni di categoria che chiedono una burocrazia più snella, una riduzione del carico fiscale e lo sblocco dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni. Alla lista si aggiungono anche i fondi europei dai quali la Sicilia dovrebbe attingere a piene mani e, soprattutto, velocemente. Ma, spesso e volentieri, la macchina burocratica si inceppa sui bandi costringendo le imprese partecipanti ad attendere nel programmare nuovi investimenti. La ricetta per il rilancio della Sicilia, poi, non può trascurare il turismo che è l’unico settore che quest’anno ha mostrato qualche segnale di crescita soprattutto grazie alla presenza
degli stranieri. Un incremento dovuto in gran parte alla presenza di compagnie aeree che collegano, senza fare scalo, le città europee direttamente con l’Isola. Questa è stata una mossa vincente che ha contribuito a rendere la Sicilia una meta da scegliere. Bisogna puntare su questa strada e promuovere un turismo a 360 gradi che faccia sapere in Italia e all’estero che qui c’è una terra da conoscere che racchiude in sé tante sfaccettature: dal mare alla cultura, dalle città monumentali ai paesini dell’entroterra con possibilità di intrattenimento come sport acquatici, montagna o golf. E poi ci sono le isole minori, ognuna con le sue caratteristiche. Senza dimenticare che la Sicilia offre una varietà agroalimentare ed enogastronomica unica al mondo che per i gourmet rappresenta già di per sé un ottimo motivo di viaggio. La Sicilia non è soltanto un’isola, ma tante isole da scoprire. SICILIA 2012 • DOSSIER • 19
IN COPERTINA
L’ANTIMAFIA GUARDA AI GIOVANI Contro le mafie è importante agire non solo sotto il profilo repressivo, ma anche e soprattutto da un punto di vista culturale. L’educazione alla legalità, come rileva il ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri, si profila sempre più come necessario strumento per prevenire il crimine organizzato Francesca Druidi
A
nnamaria Cancellieri e la Sicilia. L’attuale ministro dell’Interno del Governo Monti ha intrecciato più volte il suo destino umano e professionale con quello dell’Isola. Ha assunto, infatti, il ruolo di prefetto di Catania dal 2003 al 2008, in un periodo delicato per la città, facendosi apprezzare per equilibrio, volontà di mediazione e competenza. Tra gli incarichi ricoperti nella sua carriera, c’è da annoverare anche quello di presidente della Commissione per il piano rifiuti della Regione Siciliana nel 2009. Poi la grande sfida come ministro dell’Interno dell’Esecutivo Monti, insediatosi il 16 novembre 2011. E
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proprio il 24 novembre, pochi giorni dopo la nomina a titolare del Viminale, Annamaria Cancellieri si è recata a Palermo per inaugurare la sede dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. È la prima visita ufficiale per il ministro in Sicilia: vengono ribaditi l’attenzione per la difesa dei valori della legalità e lo sforzo di continuità con il governo precedente sul fronte della lotta alle mafie, sotto il profilo repressivo ma anche economico e culturale. Più volte, nel corso del 2012, Annamaria Cancellieri è giunta sull’Isola per firmare convenzioni e protocolli di intesa tesi a contrastare il racket,
Il ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri
Annamaria Cancellieri
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IN COPERTINA
Sopra, primo appuntamento del “Progetto educativo antimafia” del Centro Pio La Torre di Palermo. A lato, firma del Protocollo di legalità tra il Ministero dell’Interno e la Confindustria dello scorso giugno
l’usura, la corruzione. Caltanissetta, Trapani e Palermo sono alcune delle città interessate dalle iniziative. Lo scorso giugno, il ministro è intervenuta alla terza conferenza “Digesto dei casi di criminalità organizzata transnazionale” organizzato a Palermo. Il 23 luglio è a Racalmuto, in provincia di Agrigento, dove già si era recata a marzo per lo scioglimento dell’amministrazione comunale per infiltrazioni mafiose. La firma del protocollo d’intesa per il rafforzamento delle condizioni di sicurezza e dello sviluppo sociale, in favore soprattutto dei giovani, è l’occasione per dichiarare: «Sono innamorata di Racalmuto, anche perché è il paese di Sciascia. Sono emozionata per l’accoglienza dei giovani ai quali dico: prendete in mano il futuro in nome della storia di questa città. A Racalmuto c’è voglia di impadro22 • DOSSIER • SICILIA 2012
nirsi della legalità, la mafia si combatte anche con la cultura». Cancellieri si è rivolta nuovamente ai giovani siciliani il 23 ottobre scorso al primo appuntamento del “Progetto educativo antimafia” del Centro Pio La Torre di Palermo. La mafia «è ancora un fenomeno pervasivo ma potrà essere superato e vinto solo quando tutta la società civile sarà in grado di reagire». Il “Progetto educativo antimafia”, organizzato dalla Onlus fondata in memoria del parlamentare siciliano ucciso da Cosa nostra il 30 aprile 1982 (promotore della legge introduttiva del reato di associazione mafiosa) è un’iniziativa rivolta alle scuole medie superiori italiane, dove gli studenti - anche attraverso lo strumento della videoconferenza - hanno la possibilità di assistere agli incontri previsti a cadenza mensile fino al prossimo aprile.
L’obiettivo del progetto è quello di fornire ai giovani i mezzi culturali per comprendere e riconoscere il fenomeno della mafia, stimolando in loro una coscienza critica antimafiosa. Tra i temi che saranno affrontati dal “Progetto”, le nuove frontiere dell’antimafia sociale e l’antimafia della Chiesa. Nel suo intervento, il ministro ha invitato gli studenti a opporsi con fermezza a ogni tipo di estorsione o seduzione rappresentata dalla corruzione. «La mafia si occupa di affari grossi che portano denaro: bisogna subito dire di no, ponendo argine anche a comportamenti anti-corruzione». Fondamentale, per il ministro dell’Interno, è la riappropriazione del senso di cittadinanza. «Un cittadino che esprime la propria cittadinanza, non si fa prevaricare. Tanto più c’è un movimento di massa, tanto più facile sarà vincere. La guerra non è
Annamaria Cancellieri
La mafia è ancora un fenomeno pervasivo ma potrà essere superato e vinto solo quando tutta la società civile sarà in grado di reagire
ancora finita e bisogna stare attenti perché i boss non rialzino la testa e non ne nascano altri. La sconfitta la potete infliggere voi. Siate orgogliosi di essere cittadini». Nella sua “lezione”, Annamaria Cancellieri non solo ha ricordato lo sforzo compiuto da tutti gli attori coinvolti nella lotta alla criminalità organizzata - in quelle ore si era appena concluso un importante blitz dalla squadra mobile di Palermo, che ha portato allo smantellamento del mandamento mafioso della Noce ma ha esortato i giovani presenti a non cadere nel sentimento dell’antipolitica, nonostante i tempi difficili. «Oggi emerge un distacco forte tra la società civile, soprattutto tra i giovani, e la politica. Eppure è importante esercitare la sovranità popolare, il diritto di voto. Riappropriatevi della politica, abbiate il grande sogno di un grande Paese.
Trovate una forza politica che meglio può secondo voi rispondere a questo sogno. Tutto passa da ognuno di voi». La lotta contro le mafie passa inevitabilmente dal contrasto alla criminalità economica. Si sta lavorando da molti anni su questo piano e, come ha ricordato il ministro, anche il Governo Monti si sta muovendo in quella direzione, rafforzando i presidi di legalità nel sistema degli appalti, della sottrazione dei beni alla disponibilità dei mafiosi, e al contempo, della restituzione degli stessi nel circuito dell’economia legale. «Ma altrettanto urgente è il tema della valorizzazione dei comportamenti virtuosi, non solo nel campo dell’economia - cito ad esempio i recenti strumenti del rating di legalità e delle white list - ma anche in quello delle istituzioni e della cor-
rettezza dell’agire di chi opera a servizio del bene comune». Facendo un passo indietro allo scorso giugno, va ricordato il rinnovo del protocollo di legalità tra ministero dell’Interno e Confindustria. Antonello Montante, membro della squadra di Squinzi con delega per la legalità e presidente di Confindustria Sicilia, sta proseguendo l’impegno di Lo Bello su questo fronte, ponendo la legalità come precondizione indispensabile per lo sviluppo e la libertà di mercato in un territorio come la Sicilia pesantemente condizionato dall’ingerenza della criminalità mafiosa. Ed entro la fine dell’anno sarà operativo uno dei provvedimenti chiave voluti da Montante: il rating di legalità per le imprese. La cultura della legalità deve assurgere a prassi, a base fondamentale dell’azione, in una tensione civica ad agire per il bene comune. SICILIA 2012 • DOSSIER • 23
CULTURA DELLA LEGALITÀ
La risposta dell’Europa alle mafie Rappresenta l’Italia nell’organismo di cooperazione giudiziaria Eurojust, dove la criminalità organizzata si combatte a livello transnazionale. Il magistrato Francesco Lo Voi fa anche un bilancio sulla lotta alla mafia in Sicilia Francesca Druidi
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l tema della legalità è transfrontaliero, così come la criminalità organizzata. Da qui, l’importanza di Eurojust come organo dell’Unione europea nel settore della cooperazione giudiziaria in materia penale. Membro italiano di Eurojust è il magistrato Francesco Lo Voi. Si è sempre rimarcato come la legislazione italiana antimafia sia estremamente avanzata. È ancora così? «Direi proprio di sì. L’elevatissimo livello di specializzazione delle nostre forze dell’ordine e l’impegno della magistratura inquirente sono spesso decisivi anche nelle indagini transnazionali e forniscono contributi fondamentali per le indagini svolte in altri Paesi europei. Sul tema della confisca dei patrimoni illeciti abbiamo una legislazione unica al mondo, che molti ci invidiano, e che si sta cercando - non senza qualche difficoltà - di “esportare” a livello europeo e in altri Paesi. La recente proposta della Commissione europea in materia di confisca rappresenta un 24 • DOSSIER • SICILIA 2012
Il magistrato Francesco Lo Voi, membro italiano di Eurojust
importantissimo segnale in questa direzione, anche se ovviamente si può sempre fare di più e meglio. L’importante è aver avviato un percorso virtuoso che richiederà l’incremento della consapevolezza della gravità del fenomeno criminale, attraverso uno scambio informativo, che dovrà essere non solo tecnico-professionale ma anche culturale». Quali le prospettive del contrasto? «La futura Procura europea avrà, come competenza iniziale, il contra-
sto ai reati che danneggiano gli interessi finanziari dell’Ue. Sarà certamente uno strumento di enorme utilità, posto che le organizzazioni criminali hanno enormemente esteso l’ambito delle loro attività: da quelle tradizionali (traffici di droga, armi) a quelle che sfruttano i flussi finanziari o che direttamente minano le risorse dell’Ue. E tuttavia, la cooperazione giudiziaria internazionale per così dire “classica” resta una forma essenziale per assicurare una lotta effettiva alle
Francesco Lo Voi
La cooperazione internazionale “classica” resta essenziale per una lotta effettiva alle mafie
mafie, che sempre più operano a livello transnazionale. Credo che occorra procedere in modo strutturato e coordinato: a livello europeo, incrementare le forme di “mutuo riconoscimento” delle decisioni giudiziarie; a livello internazionale, coinvolgere i paesi terzi in tutte le forme di contrasto - preventivo e repressivo - alla criminalità organizzata: dall’eliminazione dei “paradisi fiscali” alla piena disponibilità alla cooperazione di polizia e giudiziaria. Il tutto, senza dimenticare la minaccia del terrorismo internazionale, che sempre più si atteggia come le organizzazioni criminali “classiche” e ne sfrutta i sistemi operativi». Come valuta il percorso antimafia compiuto fino a oggi dalla Sicilia? «Se torno con la mente allo sgomento che provammo il 23 maggio 1992, con la strage di Capaci, o al baratro in cui ci sentimmo sprofondare il 19 luglio dello stesso anno, dopo il massacro di via D’Amelio - all’epoca lavoravo alla Dda della Procura di Palermo - posso certamente dire che il
percorso fatto è stato enorme, faticoso ma positivo. E, tuttavia, in Sicilia si paga ancora il pizzo, i mafiosi provano (e magari riescono) a penetrare settori dell’amministrazione pubblica o della politica, approfittano delle possibilità offerte dalle nuove tecnologie. Non bastano nuove leggi o nuovi processi: serve intervenire sui processi sociali ed economici di sviluppo, e di sviluppo nella legalità e della legalità. È una strada ancora lunga e spesso, purtroppo, anche in salita: ma non è un compito che può essere delegato solo a magistrati o forze dell’ordine. Occorre un cambio di passo nella consapevolezza di essere cittadini, nella solidarietà sociale, nella moralità individuale e pubblica. Forse non arriverò a vederne i risultati, ma ho grande fiducia nelle giovani generazioni, e per questo lavoro». Il “core business” di Eurojust è l’assistenza alle autorità nazionali nelle procedure di cooperazione giudiziaria internazionale e nel coordinamento delle indagini transnazionali. Tuttavia, sia
a titolo individuale che come organizzazione, partecipa a iniziative che promuovono i valori della legalità in svariati settori. «Riceviamo sempre più spesso delegazioni di giovani universitari di tutta Europa, interessati a conoscere la nostra attività. Un numero sempre crescente di giovani laureati chiede di lavorare a Eurojust, anche a titolo gratuito. È un segnale estremamente incoraggiante. Personalmente, ho avuto il piacere di essere coinvolto nelle iniziative indirizzate ai giovani italiani ed europei, organizzate dalla Fondazione Giovanni e Francesca Falcone che da anni svolge un compito impareggiabile nel “legality training”: ne sono sempre stato arricchito e ne ho ricavato nuovi stimoli per andare avanti nel mio lavoro. E quando ho visto la commozione dei miei colleghi di Eurojust che hanno partecipato alla cerimonia commemorativa del ventesimo anniversario della strage di Capaci, organizzato dalla Fondazione, ho capito che possiamo ancora essere animati dal noto “ottimismo della volontà”». SICILIA 2012 • DOSSIER • 25
CULTURA DELLA LEGALITÀ
La lotta all’evasione parte dalla scuola Sensibilizzare gli studenti sul valore della legalità economica significa porre le basi per un efficace effetto moltiplicatore di giustizia, trasparenza e sicurezza. Lo spiega il comandante regionale della Guardia di Finanza Fabrizio Cuneo Francesca Druidi
I
l rispetto delle regole a tutela della sicurezza economico-finanziaria, deve appartenere al patrimonio di ogni cittadino responsabile, in particolar modo agli adulti di domani, i giovani. È stato presentato il 16 ottobre scorso, a Roma, il progetto di carattere nazionale “Educazione alla legalità economica”, promosso dalla Guardia di Finanza e Miur. Tra i temi che verranno affrontati, la lotta agli illeciti fiscali e agli sprechi di denaro pubblico, il contrasto alle falsificazioni e alla contraffazione. A illustrare l’importanza di questa iniziativa in Sicilia è il comandante regionale della Guardia di Finanza Fabrizio Cuneo. Con quali presupposti nasce il progetto “Educazione alla legalità economica”? «Quest’iniziativa rientra nel più ampio scenario di contrasto all’evasione fiscale e alla criminalità economica. Un contrasto particolarmente complesso e articolato che non può basarsi soltanto su
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quelle iniziative di carattere repressivo che quotidianamente i reparti della Guardia di Finanza effettuano su tutto il territorio nazionale. L’attività di repressione deve, infatti, essere affiancata da iniziative a vario titolo tese a rafforzare e valorizzare la cultura della legalità, per poter contare - in prospettiva di medio e lungo termine - su una maggiore sensibilità a livello sociale per ciò che concerne l’evasione fiscale». Quali gli obiettivi specifici dell’iniziativa? «L’obiettivo è triplice: diffondere il concetto di “sicurezza economica e finanziaria” tra i più giovani; affermare il messaggio della “convenienza” del rispetto della legalità economico-finanziaria; valorizzare le competenze del corpo della Guardia di Finanza nei diversi settori istituzionali. Il progetto, dal punto di vista organizzativo, si declinerà attraverso alcuni incontri rivolti agli studenti delle ultime due classi della scuola primaria, dell’ultima classe della scuola se-
Il generale Fabrizio Cuneo, comandante regionale della Guardia di Finanza
condaria di primo grado e delle ultime due classi della scuola secondaria di secondo grado, con moduli diversificati a seconda della platea di riferimento». Come si procederà in Sicilia? «Ogni comando provinciale ha già avviato i necessari contatti con gli uffici scolastici provinciali per l’individuazione degli istituti presso i quali inviare il nostro personale adeguatamente formato a tenere gli incontri con i ragazzi. Gli incontri avranno una durata media di un’ora e mezza e si articoleranno in colloqui, videoproiezioni di filmati e collegamenti
Fabrizio Cuneo
3.647 LE SEGNALAZIONI SU PRESUNTI EVASORI FISCALI RICEVUTE DA GENNAIO A SETTEMBRE 2012 DALLA GDF IN SICILIA
con il sistema informatico per affrontare le tematiche che in precedenza ho elencato: il concetto di sicurezza economica, la convenienza al rispetto della legalità, l’illustrazione del ruolo e dei compiti della Guardia di Finanza. Questo percorso formativo si svilupperà nel corso dell’anno scolastico 2012-2013». Su quali fenomeni ritiene che le giovani generazioni possano e debbano essere maggiormente sensibilizzate in regione? «Occorre innanzitutto improntare un discorso di carattere generale. In Sicilia, come in tutte le altre re-
gioni d’Italia, i giovani vanno sensibilizzati al rispetto della legalità e alla definizione dell’evasione fiscale come fenomeno negativo, in quanto volto a sottrarre importanti e preziose risorse a iniziative di carattere pubblico. Questa istanza non differenzia le esigenze della Sicilia rispetto ad altri contesti nazionali. Un discorso specifico per l’Isola va, invece, fatto in relazione al contrasto di altri fenomeni quali racket, usura, riciclaggio, perché le attuali caratteristiche del sistema economico a livello locale e regionale - in particolare le difficoltà nel reperimento e nella gestione di
risorse finanziarie - espongono gli operatori a un maggior rischio di usura e racket. Vanno, dunque, resi più consapevoli i giovani affinché, una volta cresciuti, abbiano la formazione adeguata e la forza necessaria per contrastare, come cittadini, questa tipologia di fenomeni. Spettano alle forze dell’ordine gli adempimenti repressivi, ma è importante ricordare sempre quello che i cittadini possono fare nel loro ruolo, ad esempio le segnalazioni». Il progetto “Educazione alla legalità economica” si svolge nelle scuole nell’ambito dell’insegnamento di Cittadinanza SICILIA 2012 • DOSSIER • 27
CULTURA DELLA LEGALITÀ
Il comandante generale delle Fiamme Gialle Capolupo e Fiorello alla presentazione di “Educazione alla legalità economica”
e costituzione. Quali passaggi mancano affinché in Sicilia sia esercitata una cittadinanza attiva a tutti i livelli? «A mio avviso, non mancano dei passaggi, ma va data concreta attuazione a quelli già previsti». È aumentata negli ultimi mesi la sensibilità dei siciliani contro gli evasori fiscali, come dimostra l’incremento delle segnalazioni di forme di illegalità. È l’acuirsi della crisi economica a favorire questo fenomeno o individua altre motivazioni? «Una prima forma per incentivare le segnalazioni è quella di valorizzare il numero di pubblica utilità, ossia il 117. Fino a settembre 2012, in tutto il comando regio-
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È stato presentato il 16 ottobre scorso, a Roma, il progetto di carattere nazionale Educazione alla legalità economica
nale della Sicilia sono pervenute 3.647 segnalazioni rispetto alle 2.474 di tutto il 2011: un significativo incremento. Andando a spacchettare il dato, le segnalazioni relative all’evasione fiscale nel 2012, fino a settembre, rappresentano il 55 per cento del totale, rispetto al 27 per cento del 2011. La crescita di attenzione e di sensibilità al contrasto all’evasione fiscale è confermato, quindi, dai numeri. Le considerazioni da fare in merito a questo chiara allergia nei confronti del fenomeno sono due: la prima è riconducibile alla crisi eco-
nomica del momento. Questa congiuntura, essendo di carattere economico-finanziario, non può che avere ricadute in questo settore, stimolando nuovi ragionamenti in merito all’evasione fiscale. Il secondo aspetto riguarda le iniziative svolte nel tempo dalla Guardia di Finanza e dagli altri attori in prima linea nella lotta all’evasione, ad esempio l’Agenzia delle Entrate, sia sul fronte della repressione che su quello della prevenzione, che hanno portato a maturare una maggiore considerazione verso questo illecito».
CULTURA DELLA LEGALITÀ
Parole d’ordine cultura e legalità Nuove imprese, maggiori opportunità per i giovani, concrete prospettive di lavoro favorite da un ecosistema più dinamico e attento al merito. Antonio Perdichizzi illustra l’impegno dei giovani imprenditori di Confindustria Catania Francesca Druidi
Il presidente del gruppo Giovani imprenditori di Confindustria Catania Antonio Perdichizzi
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iovani più territorio uguale sviluppo. È questa formula a sintetizzare con efficacia le direttrici d’azione dei giovani imprenditori di Confindustria Catania. Promotori di una serie di importanti iniziative Working Capital, Mind the Bridge, Startup Weekend, L’Impresa dei Tuoi Sogni, Startup Academy -, spesso in sinergia con il mondo della scuola e dell’università, gli industriali etnei under 40 guidati da Antonio Perdichizzi lavorano per potenziare un ecosistema favorevole alle nuove imprese, diffondendo al contempo valori quali legalità e cultura d’impresa. Lo sportello ImprendiCatania rappresenta il fiore all’occhiello del gruppo da lei guidato. Quali risultati concreti sta dando? «La creazione dello sportello, in grado di offrire orientamento, informazione e network ai giovani intenzionati ad aprire un’impresa, è stata un’intuizione vincente. Da marzo, ci sono pervenute numerose idee per startup, alcune particolarmente valide. Nel corso dell’assemblea dell’8 novembre, è stato firmato un protocollo d’intesa per sviluppare ancora di più lo sportello grazie al sostegno di una rete importante di partner, tra cui associazioni giovanili di ordini professionali, istituzioni, università e mondo del credito. Sono state, inoltre, presentate due start-up, finanziate da fondi di venture capital e da investitori privati: Flazio, fondata da Flavio ed Elisa Fazio, avvicinatisi allo sportello ImprendiCatania sin dal suo lancio, e AppsBuilder, nata da un’idea di Daniele Pelleri e Luigi Giglio. ImprendiCatania dà una risposta forte alle istanze di concretezza provenienti dal territorio. L’ecosistema per la creazione di imprese, tra gli obiettivi del mio mandato, è in fase di sviluppo,
Antonio Perdichizzi
L’edizione 2012 dell’iniziativa “L’Impresa dei tuoi sogni”
offrendo nuove opportunità ai giovani. Il modello ImprendiCatania è stato con grande soddisfazione trasferito a livello regionale con ImprendiSicilia e ora ci stiamo concentrando anche su ImprendItalia». Può illustrare le prospettive e le criticità dei giovani imprenditori catanesi? «Le criticità sono legate a burocrazia, infrastrutture e credito, che valgono tanto per le aziende già esistenti che per le start-up. Rispetto alle imprese già avviate, il nostro supporto è diretto a renderle più efficienti e competitive sostenendole sul fronte dell’internazionalizzazione, leva che può aiutare a superare i vincoli di casa nostra. Per quanto riguarda le nuove aziende, cerchiamo di indirizzarle verso i settori del turismo, delle nuove tecnologie e della green economy: comparti che meno risentono dei condizionamenti sopra citati perché più orientati al web». Confindustria Sicilia ha già avviato da alcuni anni un percorso di orientamento a una cultura imprenditoriale votata all’etica e all’opposizione al racket e all’inge-
renza della criminalità organizzata. Se e in che misura i giovani imprenditori del territorio sentono il problema della legalità? «L’opera dei presidenti Lo Bello e Montante ha ottenuto risultati straordinari. A imporsi è stato soprattutto il metodo: prima di lamentarsi o di chiedere alle istituzioni di portare avanti determinate azioni, si è cercato di fare autocritica e chiarezza all’interno dell’associazione confindustriale, da un lato per accreditarci come interlocutori credibili nei confronti dell’esterno e, dall’altro, per trasferire questo codice etico a Confindustria nazionale. I giovani avvertono la legalità come un ostacolo alla creazione d’impresa, insieme a burocrazia, infrastrutture e credito. Ciò che stiamo facendo nella quotidianità è non lasciare solo l’imprenditore. Bisogna fare rete, restare compatti nell’affrontare il problema. Nei settori citati in precedenza si riscontra meno il tema della legalità, in quanto si tratta di comparti che sfuggono un po’ alle vecchie logiche e ai meccanismi del pizzo e del racket. Un’ulteriore arma a nostro favore».
Quanto è importante investire nell’educazione alla legalità? «Il principale obiettivo del gruppo Giovani imprenditori è proprio quello di diffondere la cultura d’impresa e del lavoro a chi è più giovane. Siamo convinti che il futuro di un paese si costruisca a partire dai banchi di scuola; per questo il valore della legalità, così come gli altri valori che ci sono propri, vengono diffusi nelle scuole di ogni ordine e grado. La nostra attività è molto intensa: partiamo dalle scuole elementari, con progetti di integrazione dei bambini stranieri, proseguendo nelle scuole medie e superiori con progetti di orientamento e laboratori d’impresa. Si continua all’interno delle università con seminari, incontri e laboratori sulla creazione d’impresa e sull’orientamento al mercato del lavoro. Le iniziative sono numerose e le portiamo avanti da anni con crescente successo, migliorando il dialogo con il mondo dell’istruzione e agendo dal punto di vista culturale sul rapporto scuola-impresa, su cui c’è ancora molto da fare». SICILIA 2012 • DOSSIER • 31
ELEZIONI REGIONALI XXXXXXXXXXX
Il giornalista Pietrangelo Buttafuoco
La nevrosi collettiva siciliana A vincere è stato soprattutto l’astensionismo: ha votato solo il 47, 42 per cento degli elettori. Il giornalista Pietrangelo Buttafuoco analizza la situazione politica, e non solo, della Sicilia dopo le elezioni regionali Francesca Druidi
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e elezioni dello scorso 28 ottobre hanno decretato la vittoria di Rosario Crocetta alla presidenza della Regione Siciliana. Il giornalista Pietrangelo Buttafuoco delinea possibili scenari post-voto. Ha definito il neo governatore Rosario Crocetta un “grande bluff” dietro il quale ci sarebbe ancora Lombardo. Non è, dunque, cambiato nulla per la Sicilia? «Il potere siciliano sta mostrando una raffinatezza rara, direttamente proporzionale al disastro sociale dell’Isola. Oggi abbiamo un presidente che alle critiche risponde esibendo la patente di uomo antimafia, così da riuscire a provocare tenerezza e solidarietà creando contrasti: lo critichi per l’apparenta34 • DOSSIER • SICILIA 2012
mento politico con il suo predecessore, ma al tempo stesso - visto il suo passato - ti costringe ad aspettare che faccia qualcosa (pare stia già facendo tagli alle spese e revocando nomine clientelari opera del suo predecessore). È un orizzonte d’attesa piuttosto schizofrenico. Non mi aiuterei, quindi, con la solita frase del Gattopardo: “Tutto cambia affinché nulla cambi”. Stavolta è cambiato poco, millimetricamente, con sottigliezza, e forse in peggio perché comunque quelli che sostenevano il precedente governo regionale - il più ributtante della storia di Sicilia - adesso stanno nella tolda dell’attuale. Pd in testa. A meno che Rosario Crocetta faccia concrete le sue pernacchie ai questuanti e dav-
vero rompa con il lombardismo. Vediamo». La spaccatura nel centrodestra, il Pd che si è alleato con l’Udc, il successo del Movimento 5 stelle. Quali le prospettive politiche? «Le prospettive politiche della Sicilia sono tutte nelle facce dei siciliani. Per capire, basta dare un’occhiata. Se poi vogliamo fare un minimo di analisi, il centrodestra è in crisi nera, non vedo luce alcuna. Gli alleati Pd e Udc sono alle ultime e arrancanti bracciate della vecchia politica; passata questa stagione anche loro dovranno fare economia. Il Movimento 5 stelle raccoglie consensi illusi e poco meditati, direi istintivi. Penso che finito il leader, finiranno anche molti grillini, che nei fatti non mi
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Oggi abbiamo un presidente che alle critiche risponde esibendo la patente di uomo antimafia, così da riuscire a provocare tenerezza e solidarietà creando contrasti
pare stiano mostrando particolari capacità politiche, esattamente come Grillo che, finora, ha detto molte cose ma non ha concluso granché, a parte attraversare lo stretto a nuoto». Se e quale impatto avranno i risultati delle elezioni siciliane sulla scena politica nazionale? «Si dice sempre che la Sicilia sia il laboratorio politico d’Italia. È un luogo comune da vecchia sezione di partito, ma come tutti i luoghi comuni ha un fondo di verità. Infatti, il neo presidente Crocetta vola continuamente a Roma per discutere con i leader dei partiti che l’hanno sostenuto. Concertano la formazione della giunta, la presidenza dell’Ars e si occupano di altri baratti politici. La Sicilia pe-
serà, dunque, sulla politica nazionale e la politica nazionale sulla Sicilia, ma ho il sospetto che a guadagnarne sarà solo il solito potere». La situazione debitoria della Sicilia è sconfortante. L’astensionismo dilaga. Ma lei ha pronunciato parole dure non solo nei confronti della classe politica ma anche della società civile. Intravede una salvezza dell’Isola? «La Sicilia è al centro di interessi mondiali, sia economici che militari; non a caso è l’avamposto degli Usa nel Mediterraneo. La sua salvezza sta nel liberarsi dall’odio per se stessa - ci vorrebbe uno psicologo specializzato in nevrosi collettive per spiegare la Sicilia - e lanciarsi nel mondo, oltre l’Italia, oltre l’Europa. La Sicilia deve incontrare
di nuovo la sua vocazione al meticciato e farsi eurasiatica. Dovremmo chiederci perché Israele che ha all’incirca la stessa superficie, la stessa popolazione e lo stesso clima della Sicilia - è una potenza mondiale, mentre la nostra Isola è l’unico esempio di terzo mondo europeo. Insomma, bisogna tornare a essere grandi, ma se si lancia ancora un’occhiata alle facce dei siciliani, capirà che non è cosa dei prossimi giorni». Cosa pensa della nomina di Franco Battiato ad assessore regionale? «Appena Franco vedrà direttamente cos’è il potere siciliano, che ha l’aroma delle fogne, lascerà l’incarico. Lui fortunatamente si occupa di poesia e non di politica sgangherata». SICILIA 2012 • DOSSIER • 35
ELEZIONI REGIONALI
Il deputato Pdl Enrico La Loggia
Sicilia, più lavoro meno sprechi e ruberie Grillo sbanca in Sicilia mentre i partiti tradizionali soffrono, Pdl in primis, e molti siciliani hanno scelto di non votare. Per l’Isola si aprirà effettivamente una nuova stagione politica? L’opinione di Enrico La Loggia Francesca Druidi
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esito delle urne in Sicilia ha restituito un nuovo presidente della Regione, Rosario Crocetta, con un assetto di giunta tutto da definire, ha fatto registrare il boom del Movimento 5 Stelle e il crollo del Pdl, che sosteneva Nello Musumeci. Il deputato siciliano Enrico la Loggia, presidente della Commissione parlamentare
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per l’attuazione del federalismo fiscale, commenta lo scenario politico che sta prendendo forma dopo le elezioni regionali, guardando anche alle prospettive future per l’Isola, anche dal punto di vista economico. Il dato più significativo è stato il dilagante astensionismo. Un segnale di plateale sfiducia da parte della popolazione dei con-
fronti della politica e delle istituzioni, come dimostra anche la crescita del Movimento 5 Stelle, primo partito in Sicilia. Come legge, nel complesso, i dati emersi dalle elezioni? «Per quanto riguarda l’astensionismo, lo vedo come reazione alla pessima gestione regionale delle varie Giunte Lombardo che, nelle ultime settimane prima delle ele-
Enrico La Loggia
zioni, ha raggiunto picchi di vera e propria indecenza politica e istituzionale. Abbiamo assistito alla crescita a dismisura di sprechi e privilegi, nonché alla totale e colpevole incapacità di utilizzare i fondi europei che avrebbero potuto contribuire alla copertura economica di politiche virtuose, tese allo sviluppo e alla crescita dell’Isola. Sul fronte del centrodestra, abbiamo pagato lo scotto di presentarci alle elezioni divisi, non riuscendo - anche per questo motivo - a rappresentare un’offerta politica interessante e credibile agli occhi dei cittadini nostri simpatizzanti, molti dei quali si sono astenuti. In ogni caso, tutti i partiti tradizionali non sono riusciti in campagna elettorale a conquistarsi quel consenso che, in misura così importante, si è trasferito sul Movimento 5 Stelle». Il neo governatore Crocetta si è definito un innovatore. Cosa ne pensa? «Di Crocetta ho sempre sentito parlare bene come amministratore, ma ora lo aspetto alla prova dei fatti in
Per quanto riguarda l’astensionismo, lo vedo come reazione alla pessima gestione regionale delle varie Giunte Lombardo
un ruolo che comporta un atteggiamento molto più politico. Quanto al suo definirsi un innovatore, c’è un aspetto che mi lascia fortemente perplesso. Mentre in tutta Italia si sta ragionando - e parzialmente operando - per giungere a una progressiva riduzione delle Province, Crocetta ha invece annunciato di voler tutelare le Province regionali siciliane. E questo nonostante lo Statuto - spesso e impropriamente tanto vituperato - ne preveda all’articolo 15 la soppressione e il trasferimento delle relative funzioni in parte alla Regione e, in parte, ai Comuni». Può l’alleanza fra forze moderate e progressiste - come dimostra la vittoria di Crocetta con l’asse Pd-Udc - costituire un antidoto rispetto alla crescente anti-politica? «Non sono convinto che l’asse Pd-
Udc possa funzionare, anche perché ci sono molti aspetti politici e programmatici che vedono queste due forze molto lontane tra di loro. Io guarderei invece, con più favore, a un’aggregazione fra le forze che, a livello europeo, si riconoscono nel Ppe. E, in questo senso, mi auguro che lo sforzo del nostro segretario Angelino Alfano, teso a costruire un movimento che rappresenti la sezione italiana dei popolari europei, sia coronato da successo». Quali ritiene essere le priorità sulle quali intervenire in questo momento affinché la Sicilia possa in qualche modo arginare i mali che la attanagliano? «Io punterei sullo sviluppo di tre settori che, da sempre, costituiscono un vero e proprio tesoro - ahimè non sfruttato - dell’Isola: beni culturali, turismo e agricoltura. Lavorando con serietà in questo senso, si potrebbero creare migliaia di posti di lavoro “veri” e stabili, in grado di sostituirsi a quei tanti impieghi “precari”, frutto della cattiva gestione regionale avutasi negli ultimi anni, che tutt’oggi mortificano tanti siciliani». SICILIA 2012 • DOSSIER • 37
CREDITO & IMPRESE
IL CREDITO ALLE IMPRESE SICILIANE Secondo il rapporto economico regionale di Banca d’Italia nel 2011 l’andamento del credito bancario in Sicilia ha risentito sia della contrazione della domanda di finanziamenti dovuta alla debolezza della congiuntura economica sia dell’irrigidimento dei criteri di erogazione da parte degli intermediari. A dicembre la crescita dei prestiti sui dodici mesi è scesa al 3 per
cento, dal 5,4 della fine dell’anno precedente. Nei primi mesi del 2012 la decelerazione è proseguita e ha interessato sia le famiglie sia il settore produttivo; per le imprese di minore dimensione la variazione dei finanziamenti è diventata negativa. Nel primo trimestre del 2012 i tassi d’interesse sui prestiti sono ulteriormente aumentati. SICILIA 2012 • DOSSIER • 39
CREDITO & IMPRESE
SOLUZIONI ANTI CRISI In uno scenario in cui la crisi economica rallenta ancora l’economia regionale, il project financing può rappresentare un’opportunità di rilancio per le imprese del territorio. Giovanni Chelo illustra il punto di vista delle banche Nicolò Marcello Mulas
el 2011 in Sicilia l’andamento del credito bancario ha risentito della contrazione della domanda di finanziamenti dovuta alla debolezza della congiuntura economica e all’irrigidimento degli intermediari finanziari. Ne è derivato un rallentamento generale dei finanziamenti bancari all’economia regionale, manifestatosi soprattutto a partire dalla seconda parte del 2011. «A fronte della difficile congiuntura economica che il settore bancario sconta sul territorio – sottolinea Giovanni Chelo, presidente della commissione Abi in Sicilia – a luglio 2012 il rapporto tra sofferenze e impieghi ha raggiunto il 9,9 per cento, a oltre 6,5 miliardi di euro». Qual è attualmente la situazione economica della regione? «La prolungata crisi economica che la nostra regione, insieme al resto del Paese, sta vivendo mette a dura prova il sistema. Il settore bancario italiano - del tutto estraneo agli squilibri che hanno determinato una crisi di portata mondiale - sta facendo il massimo in condizioni difficilissime, nella consapevolezza che istituti di cre-
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dito, aziende e famiglie stanno condividendo un destino comune. Dal punto di vista del credito, in regione nel 2012 si è registrata una sostanziale tenuta. I finanziamenti delle banche alle imprese locali - comprese le famiglie produttrici - hanno raggiunto circa 31,5 miliardi di euro a luglio 2012, con un +0,5% rispetto a luglio 2011 e in controtendenza con il dato nazionale; alle famiglie consumatrici sono andati circa 29 miliardi (-1% la variazione annua). Proprio per questi momenti difficili, le banche hanno messo a disposizione la moratoria dei mutui per le famiglie e quella per le imprese: alla Sicilia vanno il 4 per cento del totale nazionale delle operazioni di sospensione dei finanziamenti alle imprese e circa il 6 per cento di quelle relative alle famiglie». La Sicilia è la regione italiana in cui si fa più ricorso al project financing nell’ambito delle energie rinnovabili. Si sta diffondendo secondo lei una cultura legata alla finanza di progetto? «Il project financing è una tecnica finanziaria innovativa, basata sulla valutazione della sostenibilità economica e finanziaria del progetto, piutto-
Giovanni Chelo, presidente della commissione Abi Sicilia
Il project financing è una tecnica finanziaria innovativa, basata sulla valutazione della sostenibilità economica e finanziaria del progetto, piuttosto che sulla capacità di indebitarsi dell’imprenditore
sto che sulla capacità di indebitarsi dell’imprenditore. È questo un modo per ampliare le possibilità di finanziamento delle imprese, particolarmente valido oggi, in questo contesto caratterizzato da scarsa liquidità e dalla necessità di trovare vie alternative al credito bancario. In questo senso, le banche vogliono favorire il processo e guardano con interesse a fornire soluzioni e servizi ai clienti». Al di là della crisi economica, quali sono le principali criticità che frenano lo sviluppo delle imprese in Sicilia? «A detrimento del suo sviluppo, la Sicilia risente di fattori di tipo strutturale e ambientale. Ad esempio, sulla capacità delle imprese di essere competitive, e di conseguenza sulla loro possibilità di crescere attraverso investimenti, incidono la mancanza di infrastrutture. La frammentazione dei rapporti finanziari, la contenuta redditività delle attività produttive e una generale sottocapitalizzazione delle imprese, l’incidenza del lavoro sommerso, gli oneri burocratici e una giustizia civile lenta, sono altri fattori - comuni a tutto il meridione - da tenere in considerazione.
Lavorare su questi aspetti favorirebbe la crescita economica e la ripresa. Bisognerebbe, inoltre, rafforzare la competitività delle imprese siciliane, che devono aprirsi ai mercati esteri in un’ottica di sviluppo». Quali sono le linee guida del suo ruolo di presidente di Abi Sicilia e cosa si augura per il futuro? «La commissione regionale Abi è stata recentemente rinnovata nella sua composizione per il biennio 2012-2014. La mia presidenza avviene in un tempo in cui le persone e il sistema in generale manifestano difficoltà acuite dalla crisi economica. Nonostante il quadro altamente complesso, l’impegno è di proseguire quanto sperimentato in questi anni: promuovere il consolidamento che si è realizzato nel settore, non solo regionale, e che ha messo a disposizione dei cittadini una industria creditizia e finanziaria moderna, solida ed efficiente; in sintonia con Abi nazionale, lavoreremo con le altre associazioni di impresa per individuare e costruire le soluzioni per reggere l’impatto della crisi. Ripartire insieme, questo l’obiettivo». SICILIA 2012 • DOSSIER • 41
LE GRANDI OPERE ALLA PORTATA DELLE PMI La burocrazia frena il rilancio dell’economia anche nel settore edile, uno dei più colpiti dalla crisi economica. E, in Italia come in Sicilia, le reti d’impresa potrebbero costituire un volano per le gare di project financing. Salvatore Ferlito spiega perché Nicolò Marcello Mulas
l settore edile sta attraversando una forte crisi come non succedeva dal dopoguerra. Le imprese tentano tutte le soluzioni possibili per non soccombere, ma non tutte le opportunità sono alla loro portata. Le gare di project financing potrebbero rilanciare il settore se solo dessero le stesse opportunità di partecipazione a tutti. « Bisognerebbe – afferma Salvatore Ferlito, presidente dei costruttori siciliani – realizzare in project financing anche opere di importo contenuto in modo da permettere alle piccole imprese di poter accedere a tale tipologia di lavori». Possiamo fare un bilancio del sistema di project financing in Sicilia? «A mio avviso il project financing in Sicilia non è ancora del tutto decollato. Nel 2012 sono stati pubblicati 9 bandi, pari a circa il 4 per cento del totale, per un controvalore di circa 55 milioni di euro, cioè poco più del 13 per cento delle gare bandite in regione, di cui peraltro solo una esigua percentuale raggiunge lo stadio di ultimazione. Detto ciò, sono ancora troppo forti le difficoltà sul mercato. Problematicità soprattutto finanziarie,
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dovuta alla carenza di liquidità a medio-lungo termine da parte delle banche (imposta tra l’altro alle regole di Basilea 3 e Solvency 2) e all’incremento dei tassi di interesse, fatti pagare in particolare dalle banche italiane, sulle quali pesano i maggiori costi di approvvigionamento dovuti all’effetto spread ma soprattutto al blocco del credito da parte delle stesse. Pertanto risultano non sufficienti le riforme, solo di tipo esemplificativo, varate dal Governo Monti, come defiscalizzazioni, permuta libera, project bond, semplificazioni procedurali, norme per la bancabilità, contratto di disponibilità». Lei sostiene che solo i grandi gruppi riescono a realizzare opere attraverso project financing, cosa si dovrebbe fare per dare più opportunità anche alle Pmi? «Bisognerebbe realizzare in project financing anche opere di importo contenuto in modo da permettere alle piccole imprese di poter accedere a tale tipologia di lavori, come del resto previsto dal Codice dei Contratti che dispone la suddivisione della realizzazione delle opere di grandi dimensione in lotti funzionali accessibili alle piccole e medie imprese».
CREDITO & IMPRESE
Salvatore Ferlito, presidente di Ance Sicilia
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L’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici si è schierata a favore delle pmi organizzate in network flessibili
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Creare reti di impresa potrebbe essere un modo per ottenere la capacità di realizzare opere in project financing anche da parte delle piccole imprese? «Credo di sì. Del resto di recente anche l’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici si è schierata a favore delle pmi organizzate in network flessibili, chiedendo al governo di far rientrare anche i contratti di rete tra le forme di aggregazione ammesse a partecipare alle gare d’appalto in quanto faciliterebbero senza dubbio l’aggregazione di piccole imprese e permetterebbero a queste ultime di poter accedere a gare di project financing. A ulteriore testimonianza dell’importanza di tale istituto, il contratto di rete è ora soggetto all’iscrizione nel registro delle imprese». Quali sono attualmente le principali criticità del settore edile in Sicilia? «Il comparto delle costruzioni versa nella più profonda crisi dal dopoguerra, dovuta al mancato pagamento da parte della pubblica amministrazione delle imprese per lavori svolti. Lo testimoniano alcuni dati significativi: i crediti vantati nei confronti della Pa ammontano a 1,5 miliardi, dal 2009 al primo
semestre 2012 ci sono stari oltre 76mila licenziamenti, incluso l’indotto, e nello stesso periodo 475 imprese sono entrate in procedure fallimentari». Cos’altro incide negativamente? «La perdita dei finanziamenti europei per circa 10 miliardi di euro, al riguardo si deve rammentare che questo comparto, essendo fondamentalmente endogeno, produce un effetto moltiplicativo pari a circa 3-4 sull’economia; nello specifico, ogni miliardo investito nelle costruzioni genera effetti diretti e indiretti pari a 3,374 miliardi e un aumento in termini occupazionali di circa 17mila unità. La suddetta perdita di finanziamenti europei è dovuta alla mala burocrazia, all’applicazione ragionieristica del patto di stabilità e al fatto che le quote di cofinanziamento non sono esentate dal patto di stabilità. Quest’ultimo aspetto si configura come un paradosso e impedisce ai Comuni di pagare le imprese e investire in opere pubbliche, tanto che le gare d’appalto si sono ridotte al lumicino: nel periodo 2011-2012 ci sono state 399 gare in meno, pari a una riduzione del 65 per cento». SICILIA 2012 • DOSSIER • 43
CREDITO & IMPRESE
CATANIA S’AFFIDA AL PROJECT FINANCING Il sindaco Raffaele Stancanelli illustra le future opere della città che saranno realizzate con questo strumento, considerato un’alternativa necessaria allo sviluppo economico e sociale del territorio Elisa Fiocchi
opo quarant’anni, Catania attende l’ufficialità per il via al nuovo piano regolatore attorno a cui gravitano anche una serie di grandi progetti, molti dei quali saranno realizzati attraverso il project financing. Attraverso questo strumento finanziario, una specifica iniziativa economica viene valutata principalmente per le sue capacità di generare ricavi e con una valutazione della capacità di rimborso del debito basata principalmente sulle previsioni di reddito dell’iniziativa finanziata e non sull’affidabilità economico/patrimoniale dei promotori. Non ci sarebbero dunque oneri per l’amministrazione che, come sottolinea il sindaco Stancanelli, «in questo preciso momento non sarebbe in grado da sola di realizzare alcuna opera pubblica». Le proposte sulla scrivania del primo cittadino comprendono la costruzione del nuovo stadio, dove sorgerebbe anche un centro direzionale per gli uffici comunali, il nuovo Palazzo di Giustizia e il completamento dei parcheggi di piazza Europa.
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Quali scenari di sviluppo è in grado di offrire lo strumento del project financing nella costruzioni di grandi opere e infrastrutture? «Nelle graduatorie dei bandi europei la città di Catania si colloca ai primi livelli, purtroppo non possiamo contare sull’erogazione delle risorse pubbliche. Ecco perché in questo momento vogliamo utilizzare tale strumento che prevede anche la partecipazione del privato, senza il quale le opere pubbliche non potrebbero essere in alcun modo realizzate. Basti pensare che le entrate comunali del passato erano suddivise da quelle derivate, circa i 2/3 del complessivo, e da quelle proprie, che provenivano dalle imposte. Oggi la situazione si è completamente ribaltata e, tra il 2010 e il 2011, Catania si è ritrovata con cento milioni in meno di trasferimenti statali e con tagli regionali alla spesa pubblica pari al 41 per cento». Quali progetti saranno varati con il project financing?
Raffaele Stancanelli, sindaco di Catania
Senza la partecipazione del privato le opere pubbliche non potrebbero essere in alcun modo realizzate
«Tra le proposte c’è la costruzione del nuovo stadio, un progetto già pronto di cui aspettiamo solo l’approvazione di una specifica norma in Senato. Poi stiamo valutando una serie di progetti sulla costruzione del nuovo Palazzo di Giustizia e anche alcuni riguardanti il completamento dei parcheggi di piazza Europa che, con le procedure già chiuse, attendono solo l’inizio dei lavori». Come commenta le elezioni regionali dello scorso ottobre? «Queste elezioni hanno dimostrato senz’altro una disaffezione dell’elettorato con il 53 per cento degli astenuti e con il successo inaspettato dei grillini. È il risultato evidente della cattiva conduzione della politica negli ultimi anni in Sicilia e di cui oggi dobbiamo prendere atto. La gente chiede fatti concreti e non si fa più illudere dai partiti. Viviamo la crisi più dura dal 1929 e la mala politica ha aggravato gli scandali». Cosa pensa dell’agenda proposta da Crocetta? «Mi auguro porti il prima possibile in aula la
sua attività amministrativa e non solo le poesie, che sappiamo tutti è molto bravo a leggere. Bisogna accelerare perché la macchina amministrativa non può più aspettare». In che modo bisogna intervenire concretamente sul territorio? «Ho chiesto espressamente a Crocetta di rivedere le impostazioni che riguardano gli enti locali, perché non vorrei che continuando su questa strada finissero soffocati definitivamente dai tagli. Il secondo intervento è rivolto all’utilizzo dei fondi europei, l’ultima scadenza è prevista per giugno 2014, ma non abbiamo ancora i bandi e serve dunque una proroga. Inoltre, chiediamo una grande opera di eliminazione degli sprechi in tutta la regione. Quattro anni fa, quando mi sono insediato, Catania si trovava in condizioni disastrose e, ancora prima del premier Monti, ho avviato un lavoro di spending review volto alla riduzione del personale, alla lotta all’evasione tributaria. Crocetta si è detto pronto a fare lo stesso e a liberare le risorse per l’economia». SICILIA 2012 • DOSSIER • 45
CREDITO & IMPRESE
UN’OPPORTUNITÀ IN FASE DI SVILUPPO Dalla sua istituzione a oggi il project financing è mutato nelle procedure ma non tutte le criticità sono scomparse. Claudio Fava illustra le opportunità di questo metodo di finanziamento anche per le giovani imprese
Claudio Fava, docente del corso di International business presso la Libera Università S. Pio V di Roma
Nicolò Mulas Marcello
opo l’approvazione della Legge 109, dal 1994 a oggi sono state bandite gare in project financing per circa 55 miliardi di euro, con 4mila proposte. «Siamo indietro rispetto ad altri Paesi – sottolinea Claudio Fava, docente della Libera Università San Pio V di Roma – ma il dato che conta è che sono, nel frattempo, cambiate le procedure e quindi è stato rilanciato il meccanismo attraverso l’applicazione della fase unica, non più doppia, con meno incertezze e meno rischi per le società veicolo. In particolare i project financing stanno arrivando al 20 per cento dei bandi pubblici e potranno crescere ancora, nonostante la crisi europea». Quali sono le criticità di questo strumento? «Il mercato innanzitutto. Tutto cambia e quindi anche i trend di sviluppo commerciale. Essendo nel project financing basilare il ritorno in termini di revenue per pagare veicolo, finanziatori o banche ed efficienza, la crisi o il malfunctioning possono inficiare la continuità del servizio. In questo caso si può verificare l’opzione dello step-in-right, ovvero il cosiddetto cambio del cavallo in corsa, con tanto di negoziazioni, perizie, liti o contenziosi. Nella fase di start-up invece la criticità è la lungaggine delle procedure di autorizzazione».
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Quali sono invece le garanzie di questo tipo di finanziamento? «Ognuno degli stackeholder ha interessi diversi. Presumiamo che con la banca arranger il credito sia assicurato, mentre la garanzia per lo Stato invece no. È lo Stato, infatti, che corre un rischio politico forte, che deriva dal funzionamento del servizio atteso dai cittadini. Infine, il rischio per il cittadino è di aver pagato, poco o molto, una realizzazione utile allo sviluppo del Paese, nella fattispecie attraverso il fruitore del servizio, per non avere niente». Cosa occorre fare per migliorare le operazioni di project financing?? «Bisogna sviluppare il micro project financing a favore delle start-up di giovani che siano più snelle nell’essere giudicate non per la garanzia del patrimonio dei familiari, ma per la redditività. In parte il decreto “salva Italia” ha aperto la strada a una innovazione semplificatoria relativa all’applicazione del project financing con la cessione di immobili pubblici anziché contributi in euro; oppure allungando a 50 anni il contratto di concessione per opere faraoniche, oppure ancora con il ricorso ai “project bond”, cioè obbligazioni senza garanzia ipotecaria, sostituita da financial partners ufficiali».
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Cambiare mentalità per accelerare il passo «Se la politica non riuscirà a dare risposte, la spinta dovrà provenire dalle realtà produttive». È il monito del presidente di Confindustria Ragusa Enzo Taverniti, che traccia un bilancio del sistema produttivo locale Renata Gualtieri
Ragusa la crisi economica è iniziata in ritardo perché, a differenza di altre province del sud Italia, il tessuto imprenditoriale è ricco di piccole e medie imprese senza un forte settore di riferimento, che perciò hanno retto meglio agli effetti della congiuntura negativa. «Nel frattempo però – commenta Taverniti – sono sparite le aziende con criticità strutturali e i cambiamenti vorticosi del sistema economico, uniti alla crisi prolungata, stanno investendo anche il nostro territorio, senza che sia stata avviata finora una reazione efficace». Tra i dati preoccupanti figurano i mercati ristretti, la crisi della fiducia, la contrazione della domanda interna, la riduzione della base occupazionale, il rallentamento degli investimenti, il congelamento del credito, l’incremento della pressione fiscale e «quel che danneggia di più, cioè il disorientamento delle istituzioni e della classe politica». Pochi i segnali incoraggianti: la nascita di nuove aziende portatrici di idee innovative, avviate da giovani in settori nuovi, l’incremoneto della presenza di alcune medie imprese locali sui mercati internazionali, la voglia di resistere alle tentazioni di chiusura, il persistere della partecipazione alla vita associativa. Cresce il disagio e il disorientamento riguardo alle prospettive future tra le piccole e medie imprese. È cosi anche tra gli imprenditori ragusani? E con quali strumenti Con-
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Enzo Taverniti, presidente Confindustria Ragusa
Enzo Taverniti
Le imprese ragusane hanno bisogno di un ricambio generazionale, con un forte impegno nella formazione delle risorse umane
findustria Ragusa interviene a sostegno delle imprese locali? «Le imprese ragusane si caratterizzano per una gestione poco più che familiare e hanno bisogno di un efficace ricambio generazionale, con un impegno anche sulla formazione delle risorse umane. Confindustria ha in cantiere azioni di aggregazione tra imprese del territorio, che valorizzino le tipicità di eccellenza, il “marchio Ragusa”, il protocollo di legalità quale garanzia di una sana economia, anche al fine del riconoscimento del relativo “rating”. Stiamo avviando un Mba post universitario per figure destinate alle pmi, un Progetto Ragusa 2.0 per favorire le start-up giovanili, sviluppando la contrattazione sindacale di II livello e sollecitando le imprese a una scelta
orientata alla diversificazione produttiva». Le imprese che hanno saputo guardare all’estero hanno reagito meglio alla crisi. Su quali altri strumenti e strategie occorre puntare? «Le imprese già operative con successo all’estero sono poche, ma hanno già ottenuto risultati incoraggianti perché valorizzano al meglio i prodotti di eccellenza locali evitando la delocalizzazione in altri Paesi. Ragusa non ha un tessuto produttivo strutturato per filiere e la varietà dei settori ha consentito di reagire alla crisi. Ora che essa è esplosa, diventa necessario organizzare e qualificare la capacità d’offerta, accompagnare le imprese sui mercati esteri tramite trading company e consorzi - il nostro si chiama Coexport favorendo l’aggregazione in reti impresa secondo le nuove normative nazionali. Bisogna fare in- SICILIA 2012 • DOSSIER • 49
XXXXXXXXXXX POLITICA ECONOMICA
Solleciteremo l’utilizzo dei fondi europei per l’attivazione delle infrastrutture, a partire dall’aeroporto di Comiso
novazione di prodotto e di processo, sviluppare le start-up giovanili, fare formazione di qualità e per la sicurezza, valorizzare la net economy e la green economy locale, siglare patti sindacali per l’incentivazione della produttività e flessibilità, accelerare i processi di semplificazione burocratica e quelli di certificazione e compensazione dei crediti della pubblica amministrazione. Per far questo bisogna rinnovare la cultura della classe dirigente a tutti i livelli». Ha ribadito come l’industria deve continuare a essere fattore imprescindibile di uno sviluppo economico sostenibile. Come ciò può avvenire? «È importante valorizzare l’agroindustria. Abbiamo poi un patrimonio culturale immenso, da valorizzare e gestire adeguatamente, anche a supporto di una nuova ed efficiente industria del turismo. A tal fine, auspichiamo l’affidamento della 50 • DOSSIER • SICILIA 2012
gestione dei beni culturali a soggetti privati, che possano migliorare la fruizione efficiente e il mantenimento nel tempo del bene assunto in gestione. Siamo contro le correnti culturali che cancellano o ridimensionano fortemente l’industria poichè crediamo che essa rappresenti prospettiva ancora attuale di sviluppo economico e occupazionale. La politica si giocherà la sua credibilità sulla capacità di assicurare le economie esterne necessarie allo sviluppo e su una politica industriale favorevole alle vocazioni specifiche dei territori». Cosa si aspetta dalla nuova amministrazione regionale e quali le richieste degli imprenditori ragusani a cui Confindustria darà voce? «Alla deputazione regionale indicheremo la necessità di salvaguardare, nelle forme compatibili con l’esigenza legittima di contenimento della spesa, l’autonomia amministrativa della Provincia di Ragusa, che ha mantenuto il Pil e l’occupazione a livelli più elevati del resto della Sicilia, e che grazie alle sue risorse può offrire in misura determinante nuove prospettive di sviluppo anche per i territori limitrofi. Chiederemo una razionalizzazione delle spese dell’apparato regionale per liquidare subito i debiti della Regione verso le imprese e rifinanziare gli ammortizzatori sociali in questo momento di difficoltà. Solleciteremo l’utilizzo dei fondi europei, bloccati da tempo, per una formazione mirata all’occupazione produttiva nei settori emergenti, per il sostegno alle start-up aziendali e alle imprese sane che vogliano investire in innovazione, nonché per il completamento e l’attivazione delle infrastrutture prioritarie, a partire dall’aeroporto di Comiso».
POLITICA ECONOMICA
Credito e fondi europei, i nodi da sciogliere Secondo Domenico Bonaccorsi di Reburdone «bisogna abbandonare le vecchie logiche di pressione a opera dei partiti» e smobilitare il sistema del credito che potrebbe liberare nuove risorse da destinare alle aziende del territorio Elisa Fiocchi
na burocrazia elefantiaca e autoreferenziale, un devastante ritardo nel pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni, un’estenuante lentezza dei tempi della giustizia, un diffuso senso di incertezza del futuro dettato anche da una insostenibile erosione del credito accordato e da un ingiustificato ritardo nell’utilizzo dei fondi europei. Sono questi elementi, secondo il numero uno degli industriali di Catania, Domenico Bonaccorsi di Reburdone, i macigni che frenano lo sviluppo e la crescita della Sicilia. Al neo governatore Rosario Crocetta chiede oggi di intraprendere la strada del risanamento che escluda categoricamente le vecchie logiche e i favoritismi di partito e che diminuisca il costo complessivo della pubblica amministrazione che in Sicilia è diventato insostenibile. «La Regione deve perdere quella funzione di enorme stipendificio parassitario che ha prodotto i disastri che si sono visti» sottolinea il presidente degli industriali catanesi. Quali saranno le maggiori sfide da affrontare per il nuovo presidente della Regione Sicilia, Rosario Crocetta? «Certamente il compito del nuovo governo è molto difficile e il primo grosso scoglio va
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1,5 mld IL CREDITO VANTATO DALLE IMPRESE EDILI SICILIANE NEI CONFRONTI DELLA PA
Domenico Bonaccorsi di Reburdone
Domenico Bonaccorsi di Reburdone, presidente di Confindustria Catania
Le pubbliche amministrazioni devono onorare i loro debiti, altrimenti il sistema dei pagamenti rischia di precipitare
cercato nel bilancio regionale fallimentare, che solo un’analisi dei conti precisa farebbe emergere ancora più grave di ciò che crediamo, con residui di crediti inestinguibili. Serve dunque un’operazione verità da compiere da parte della nuova amministrazione». In tema di politiche del lavoro quali sono gli aspetti più critici da risolvere? «Chiediamo sia modificata la spesa assistenzialista. Non ci sono più le condizioni per fare assistenza sociale con i soldi della Regione,
perchè non ce ne sono. Dobbiamo toglierci di dosso ogni illusione. Prendiamo, ad esempio, il caso Gesip a Palermo: sono oltre 1.800 gli operai nella municipalizzata per la manutenzione del verde pubblico e delle strade a cui è stato promesso il posto di lavoro e che oggi sono rimasti senza stipendio. I conti pesano da due anni solo sullo Stato, soltanto che adesso i fondi sono finiti». Quali altri temi dovranno essere messi all’ordine del giorno? SICILIA 2012 • DOSSIER • 53
POLITICA ECONOMICA
Cantieri bloccati in Sicilia Crolla il comparto edile e i costruttori chiedono l’attivazione del fondo europeo Feg, la sospensione delle scadenze fiscali e tributarie delle imprese e la dilazione dei pagamenti dei debiti con le banche mancato pagamento di 1,5 miliardi di euro da parte delle pubbliche amministrazioni ha costretto gli imprenditori edili siciliani al blocco dei cantieri fino a gennaio. È un primo segnale forte che anticipa il confronto preannunciato davanti al neo governatore Rosario Crocetta, a cui saranno presentate le schede complete sui crediti vantati dal settore nei confronti della Regione. Gli imprenditori chiedono con urgenza nuove strategie e regole per arrivare a una dichiarazione di stato di crisi dell’industria edile. Ne parla Nicola Colombrita (nella foto), al vertice dei costruttori di Catania.
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Che cosa si aspetta dal tavolo di trattativa con la nuova giunta regionale?
«Sono ottimista e credo che il nuovo governo regionale possa segnare una svolta per la Sicilia. I primi segnali raccolti indicano la volontà di sradicare la mala burocrazia che fino a oggi è stata la prima nemica delle imprese». I dati sull’edilizia in Sicilia non sono confortanti. Qual è l’attuale andamento del settore sul territorio?
«Mentre il Pil nazionale si è ridotto del 2-3%, il settore edile ha perso più del 50 per cento dal 2008. L’esame dei dati in nostro possesso indicano come il monte salari dichiarati alle casse edili, i mutui erogati e l’importo dei lavori pubblici registrino tutti una tragica diminuzione del 50 per cento dal 2008 al 2011. Se a questo aggiungiamo anche l’annata in corso, ciò che era cento nel 2008 sarà meno di quaranta nel 2012». Secondo quali criteri andranno scelti i nuovi progetti sul territorio?
«Per i lavori pubblici bisogna favorire quei progetti che fanno in modo che solo le opere produttive siano realizzate, evitando così gli sprechi avvenuti nel passato. Per quanto concerne invece i lavori privati, è bene favorire i processi di adeguamento sismico ed energetico dei fabbricati esistenti, in linea con la tendenza nazionale, consapevoli che il futuro delle costruzioni sta nell’adeguamento del patrimonio edilizio esistente».
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«La seconda urgenza riguarda i fondi europei, sui quali Crocetta ha detto che velocizzerà il dibattito proponendo una soluzione a breve scadenza. Valuto positivamente anche il suo impegno nel contrasto alla criminalità mafiosa basandomi sulla sua esperienza di sindaco a Gela». In merito alle realtà produttive del territorio, quali parametri economici andranno rivisti? «Innanzitutto le pubbliche amministrazioni devono onorare i loro debiti, altrimenti il sistema dei pagamenti rischia di precipitare. La chiusura dei cantieri da parte di Ance per via del fatto che non sono stati onorati gli impegni commissionati esprime la gravità della situazione. Le aziende, in particolare quelle del Sud che più faticano ad accedere ai finanziamenti da parte delle banche, necessitano anche di una smobilitazione del credito per emettere liquidità nel sistema e una burocrazia più snella che agevoli il percorso delle pratiche».
Legno Arredo, un richiamo al Governo “distratto” Il crollo dei consumi ha investito anche questo segmento “dimenticato” dalle istituzioni. Ma FederlegnoArredo non ha nessuna intenzione di stare a guardare. E chiama il confronto con Monti: «Faremo la nostra proposta» Renato Ferretti
umeri da settore trainante e fama da made in Italy affermato non bastano. Il legno arredo rimane una sezione dell’economia italiana di cui si parla poco, se non si tengono in considerazione le eccezioni fornite dagli eventi come il Salone Internazionale del Mobile. È quanto denunciano i più importanti attori del comparto, impegnati a far fronte all’emergenza del crollo dei consumi. Uno di questi è la FederlegnoArredo, cui dà voce il Presidente Roberto Snaidero. «Se consideriamo i numeri della filiera legno arredo – dice Snaidero – salta immediatamente al-
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Roberto Snaidero, presidente di FederlegnoArredo www.federlegnoarredo.it
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Roberto Snaidero
Giovanni Anzani, presidente di Assarredo
A SCUOLA DI MADE IN ITALY l prossimo settembre 2013, a Lentate sul Seveso (MB), nascerà il nuovo Polo Formativo per i mestieri del legno arredo, un progetto voluto da FederlegnoArredo per rispondere all’urgente bisogno di collaboratori qualificati e aggiornati dalle imprese del distretto brianzolo. Un investimento sui giovani per il recupero di un’artigianalità che ha determinato l’eccellenza italiana nel mercato di riferimento. «Sono soddisfatto – dice Giovanni Anzani, presidente di Assarredo – che la sfida partita quattro anni fa dalle esigenze delle nostre aziende sia finalmente diventata realtà. Grazie alla scuola riusciremo a mettere insieme il mondo del lavoro e quello educativo, aspetti che rappresentano la base del successo del Made in Italy, ma che devono essere rafforzati per vincere le prossime sfide. Per questo avremo sempre più bisogno di tecnici preparati e di esperti commerciali in grado di andare in giro per il mondo a cogliere le grandi opportunità che il mercato offre».
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l’occhio l’importanza che questa rappresenta per il Paese e per il suo tessuto sociale: oltre 70mila aziende, 382mila addetti, oltre 32 miliardi di euro di fatturato di cui 12,3 di esportazioni. Cifre che fanno esigere il massimo rispetto e la massima attenzione. Le istituzioni e il mondo della politica, invece, spesso si dimostrano distratti da altri settori produttivi forse più accattivanti mediaticamente, ma sicuramente meno importanti del nostro». In particolare quale andamento sta registrando il settore e quali le criticità maggiori? «Il “Termometro Vendite”, elaborato a settembre dal Centro Studi FederlegnoArredo, ha rilevato per il 2013 un netto miglioramento del clima di fiducia delle imprese, sostenuto soprattutto dall’export. Ma la situazione del mercato interno è decisamente grave, con una perdita superiore al 10 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Fino a quando non saranno adottate misure serie a sostegno dei consumi interni penso che sarà difficile operare con l’efficacia che ha sempre contraddistinto le nostre imprese». Quale valore aggiunto offre la Federa-
zione? «La nostra federazione è forse l’unica al mondo che racchiude in sé tutti gli attori della filiera, dalla foresta al prodotto finito. Questo consente alle imprese associate di tenere sotto controllo le eventuali criticità e, quindi, di risolverle in tempi rapidi e con efficacia. Ultimamente stiamo proferendo grandi sforzi per crescere in numeri. Solo con una federazione sempre più forte, infatti, le aziende potranno sfruttare pienamente le grandi opportunità offerte dalla filiera. A questo proposito, aggiungerei che la federazione è intensamente impegnata a sviluppare reti di impresa efficaci affinché le aziende che vi aderiranno potranno operare con sempre maggiore efficacia sui mercati mondiali. È un progetto sicuramente ambizioso, ma sono certo che ce la faremo». In che modo avete agito finora? «La nostra mission consiste nel sostenere il desiderio di fare impresa e lo sviluppo delle realtà associate. Per renderla concreta ci stiamo muovendo su più fronti, nel tentativo di offrire reali opportunità di business in Italia e all’estero. Per quanto riguarda le politiche interne, recentemente abbiamo siglato un accordo con il Gruppo Autogrill, per pro- SICILIA 2012 • DOSSIER • 57
IMPRESA E SVILUPPO
Claudio Luti, nuovo presidente di Cosmit www.cosmit.it
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IL FATTURATO COMPLESSIVO DELL’INTERO SETTORE LEGNO ARREDO, CON 70MILA AZIENDE E 382MILA ADDETTI
SALONI DI MILANO, CAMBIO AL VERTICE il più importante evento fieristico del mondo per il settore casa e arredo. Il Salone Internazionale del Mobile, che si tiene a Milano da cinquantuno anni, è uno di quegli eventi che rende orgoglioso il Bel Paese. Lo scorso ottobre, l’assemblea di Cosmit, società controllata da FederlegnoArredo che organizza il Salone del Mobile, ha nominato nuovo presidente Claudio Luti che succede a Carlo Guglielmi. «La società – dice Luti – negli ultimi anni ha rafforzato il successo dei Saloni in Italia e nel mondo. Le iniziative di comunicazione e le diverse strategie di marketing attuate hanno rafforzato la presenza di operatori specializzati in fiera. Ora a noi, spetta il compito di dare seguito al successo di questi cinquantun anni di storia dei Saloni e adeguare le scelte strategiche di Cosmit alle esigenze delle imprese espositrici, che si trovano a far fronte ad una crisi ancora troppo difficile».
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muovere sul territorio nazionale l’utilizzo di sistemi costruttivi di legno per la realizzazione e ristrutturazione dei propri punti vendita, mentre sull’estero ci stiamo muovendo con grande determinazione sui mercati più promettenti, tra cui Stati Uniti e Russia. Dall’11 al 16 novembre abbiamo organizzato la terza missione negli Usa con incontri B2B tra dodici aziende italiane ed esponenti dei principali studi di architettura degli Stati Uniti: un’iniziativa che ha permesso di confrontarsi con i maggiori operatori americani». Che tipo di interventi chiedete alle istituzioni e quali sono le urgenze su cui adoperarsi? «In questo momento la priorità è sicuramente il rilancio dei consumi interni. Ecco perché in occasione della conferenza stampa di fine anno (11 dicembre presso il Palazzo delle Stelline, ndr) lanceremo una proposta concreta al Governo per includere gli arredi fra le opere ammesse alla detrazione del 50 per cento. Questa misura, che parte dal presupposto che l’arredamento è parte integrante e sostanziale della riqualificazione edilizia e del benessere abitativo delle famiglie, non comporterebbe nessun incremento aggiuntivo dei costi per lo Stato già previsti dal decreto. E stimiamo che genererebbe un incremento dei consumi nazionali d’arredamento valutabile nell’ordine del 20 per cento (circa 1,5 miliardi di euro) consentendo un recupero del crollo registrato nel 2011 da questa importante industria del made in Italy».
ENERGIA
La raffinazione diventa sostenibile Aumentare il volume dell’attività nel pieno rispetto dell’ambiente e nella sicurezza dei dipendenti. Un obiettivo tutt’altro che facile per una raffineria. La case history di quella di Milazzo, illustrata da Sandro Gilotti e Marco Saetti Renato Ferretti
n una joint venture è necessaria una profonda unità d’intenti fra azionisti». Secondo Sandro Gilotti, Presidente della Raffineria di Milazzo, il segreto alla base del successo di questa forma societaria sta nella condivisione anche dei minimi dettagli: ed è convinto che la sua Ram sia un esempio di joint venture ben riuscita. Dopo molte vicissitudini che la raffineria ha dovuto affrontare nei suoi cinquant’anni di attività, la svolta è infatti arrivata nel 1996, quando Kuwait ed Eni hanno deciso di creare una joint venture paritetica nell’azionariato, rendendo così la struttura della raffineria una delle più importanti a livello europeo, con una capacità di lavorazione “bilanciata” di circa dieci milioni di tonnellate all’anno. Insieme a Marco Saetti, l’Amministratore Delegato per parte Eni, Gilotti spiega come sono state raggiunte le attuali proporzioni della raffineria. «La joint venture creata dai due azionisti – dice Gilotti – ha impresso un’accelerazione esponenziale nel percorso di crescita della Ram. Ma i risultati positivi ottenuti in questi anni non erano affatto scontati». Quali sono i fattori che hanno consentito il raggiungimento di tale conquista? SANDRO GILOTTI: «La Ram rappresenta una case history al cui successo hanno contribuito mol-
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Da sinistra, Sandro Gilotti e Marco Saetti
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teplici fattori, primi fra tutti le qualità umane e professionali dei suoi dipendenti e la capacità che entrambi gli Azionisti, ENI e Kuwait Petroleum Italia, hanno saputo esprimere nella sua gestione. La loro unità d’intenti si riscontra in più aspetti. L’aver creduto con convinzione nell’importanza che nella gestione d’impresa riveste l’attenzione alla salute, alla sicurezza e alla protezione ambientale è uno di questi. Poi bisogna sottolineare l’aver pienamente condiviso soluzioni produttive e organizzative che fossero orientate all’economicità delle operazioni, nel pieno rispetto di tale attenzione e di valori etici. Quest’approccio costituisce un potente carburante nel motivare i dipendenti della Ram nell’esprimere al meglio le proprie capacità. E inoltre ha corroborato la
Sandro Gilotti e Marco Saetti
Il profilo produttivo della Ram la configura come una delle raffinerie più competitive in Europa
politica di responsabilità sociale della società che ha modificato in senso costruttivo e positivo il rapporto con il territorio e il dialogo con la comunità che questo ospita». Un aspetto indubbiamente importante. S.G.: «Tanto da averci convinto che fosse necessario pubblicare per la prima volta un bilancio di sostenibilità. Da questo documento, che tutti possono consultare, si può evincere in maniera strutturata e trasparente il fatto che la Ram abbia conquistato un grado molto elevato di sostenibilità sotto ogni profilo. Il profilo produttivo, per gli alti standard di eccellenza, la configura come una delle raffinerie più competitive in Europa. Quello economico le attribuisce l’identità della più importante realtà d’impresa dell’area per investimenti e occupa-
zione che questi generano direttamente e attraverso l’indotto. E infine quello attinente le politiche di salute, sicurezza e protezione ambientale. Proprio in occasione delle celebrazioni del cinquantenario, l’anno scorso, abbiamo potuto festeggiare il compimento di un anno senza infortuni. Un obiettivo questo che dal 2000 in poi abbiamo realizzato altre volte e che ad Aprile di quest’anno ha riguardato non solo i dipendenti Ram ma anche i lavoratori delle ditte appaltatrici che operano sotto il nostro diretto coordinamento. Il fatto che a novembre si sia raddoppiato questo obiettivo per i dipendenti costituisce un record considerando le performance su questo versante degli impianti industriali non solo siciliani ma in tutta Italia». SICILIA 2012 • DOSSIER • 63
ENERGIA
500 MLN PIANO DI INVESTIMENTI QUINQUENNALE CHE KUWAIT ED ENI HANNO DECISO PER LA RAFFINERIA DI MILAZZO
Quali sono le sfide che la Ram deve affrontare nella fase di acuta crisi che il settore della raffinazione sta registrando? MARCO SAETTI: «La crisi della raffinazione per molteplici fattori, a partire dall’eccesso di capacità del sistema italiano, ha una natura strutturale. In questo contesto la partita che la Ram gioca è traguardare standard sempre più elevati di competitività. Questo impegno si è tradotto concretamente negli investimenti fatti nei successivi quindici anni dalla creazione della joint venture: gli azionisti hanno investito 900 milioni di euro, che consentono oggi alla Ram di essere, al tempo stesso, una raffineria particolarmente sicura e compatibile con il rispetto dell’ambiente. In più possiede un grado di conversione molto alto, che permette alla struttura di minimizzare la produzione di olio combustibile. Nel quinquennio in corso questo impegno, declinato sulle stesse direttrici, sarà ulteriormente rafforzato». In che modo e con quali proporzioni? M.S.: «Dal 2011 è partito un piano quinquennale che prevede complessivamente investimenti per 500 milioni di euro. Di questi, 180 milioni sono destinati ad ambiente e sicurezza mentre i restanti riguardano in parte nuovi impianti, come il prossimo completamento della realizzazione del terzo impianto a idrogeno e il terzo impianto di recupero Zolfo, e in gran parte il miglioramento delle rese e il programma di energy conservation. Entrambi questi capitoli sono indirizzati all’ulteriore contenimento dei costi particolarmente elevati per le raffinerie di mare come quella di Milazzo. 64 • DOSSIER • SICILIA 2012
Quali sono gli obiettivi di questo processo? «Nel campo delle rese di olio combustibile vogliamo diventare una raffineria bianca nel medio-lungo periodo e in quello dei consumi energetici intendiamo ottenere un’ulteriore e drastica riduzione. Su questo punto, cui corrisponde un beneficio in termini di costi variabili oltre che ambientali in quanto generano un’importante riduzione delle emissioni di CO2, stiamo facendo progressi significativi. Già nel 2010 avevamo ridotto l’indice energetico di cinque punti; per una raffineria come Milazzo tale riduzione consente un risparmio di 10-12 milioni di euro annui. Anche questo può essere considerato un record e in futuro vogliamo fare ancora meglio. Quanto realizzato dal ’96 in poi conferma la giustezza di un approccio e di scelte pienamente condivise. Per la qualità oltre che per l’entità di questi risultati continueremo sulla stessa strada».
M.S.:
ENERGIA
Vie d’uscita alla crisi del petrolio La Sicilia lotta contro la flessione preoccupante del mercato e trova le sue soluzioni a medio e lungo termine. Carmelo De Salvo indica tutte le strategie che possono aprire nuove prospettive. «Le condizioni del settore idrocarburi impongono nuovi piani industriali» Renato Ferretti
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e criticità manifestatesi nel nostro settore hanno richiesto un grosso sforzo in due direzioni: selezione della clientela e riduzione dei tempi di pagamento». Nelle parole di Carmelo De Salvo, presidente della siracusana Co.Me.Co., che da decenni si occupa di commercializzazione dei prodotti petroliferi, c’è quanto serve per avere un primo quadro della situazione nel comparto degli idrocarburi: oltre ai due criteri specifici secondo i quali la sua azienda ha inteso muoversi finora,
la parola chiave risulta “sforzo”. E in un’impresa non può esserci vero sforzo senza un minimo di audacia. Il presidente, affiancato dai vice Gianfranco e Giancarlo De Salvo, e dal direttore Carmelo Panatteri, tocca molti punti cruciali nella sua analisi di settore, riferendo nel dettaglio la loro esperienza aziendale e le strategie adottate per affrontare la grave flessione del mercato. «Negli anni siamo riusciti a ritagliarci una grande fetta di mercato – ricorda Carmelo De Salvo – questo grazie all’impegno di tutto il personale, nonché alla partnership
Carmelo De Salvo
Carmelo De Salvo, presidente della Co.Me.Co. con sede a Siracusa www.comecocarburanti.it
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Per crescere è necessario consolidare il core business, puntare sull’innovazione e sull’apertura a nuovi mercati
con i più grandi colossi del petrolifero. L’ultimo periodo di forte recessione ci ha imposto di guardare con più attenzione ai nostri clienti e ai tempi di pagamento. Inoltre, per continuare a crescere è necessario consolidare il core business della società e puntare sull’innovazione e sull’apertura a nuovi mercati». Ma non sono le uniche direttive che la Co.Me.Co. segue. «Diversificazione – aggiunge Gianfranco De Salvo, responsabile commerciale – è un termine che sempre più si riscontra nei discorsi del presidente. La nostra famiglia già da tempo ha cominciato a diversificare, per esempio investendo nel settore turistico alberghiero. Inoltre, abbiamo ampliato la gamma dei servizi offerti, consolidandoci nel settore extra-rete (quello della fornitura di prodotti petroliferi alle grandi imprese di trasporto e di costruzione), rivolgendo la nostra attenzione al settore rete, mediante l’acquisizione e la costruzione sia diretta sia per il tramite di società partecipate di impianti stradali in gestione o in proprietà. Diversi progetti di realizzazione di impianti di distribuzione stradale sono stati già avviati in svariate province della Sicilia che opereranno con il nostro brand». Tra le priorità del gruppo dirigenziale della Co.Me.Co. c’è sicuramente un coriaceo attaccamento al territorio. «Avendo la sua sede principale a Siracusa – spiega Giancarlo De Salvo, responsabile finanziario –, la società opera in un territorio pieno di storia e cultura.
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Ciò è per la Co.Me.Co. un privilegio irrinunciabile. La stretta connessione con il territorio associata a un’area di attività da sviluppare su tutto il territorio nazionale, spinge l’azienda a operare con scrupolosa attenzione verso tutte le normative vigenti in materia di sicurezza del lavoro e tutela dell’ambiente». Per seguire la strategia complessa, l’azienda ha formulato un nuovo piano industriale. «Questo – spiega il direttore Carmelo Panatteri – prevede la ristrutturazione societaria e creazione del Gruppo Co.Me.Co., attraverso la presenza nel nuovo board of directors di manager con esperienza, come prima cosa. In seconda battuta, la costituzione della Co.Me.Co. energy, società che opererà come “independent power producer” per la produzione di energia da più fonti rinnovabili. Poi la costituzione della Co.Me.Co. Costruzioni, Epc Contractor del gruppo che opererà nelle tre aree dell’Oil & Gas, con particolare attenzione allo sviluppo della nuova rete di distribuzione, nell’Energy e nel Real Estate. Infine sono previsti investimenti in ricerca e sviluppo, mirati in modo particolare all’innovazione dei processi. Primo obiettivo per il triennio 20132015 è la creazione di asset tangibili in grado di generare flussi di cassa stabili di lungo periodo con basso profilo di rischio». SICILIA 2012 • DOSSIER • 67
MODELLI D’IMPRESA
Il tessile che non cede alla globalizzazione L’esperienza e la passione degli imprenditori italiani sono le carte da giocare per reggere il confronto con il colosso cinese. Filippo Miracula descrive un settore che ha sempre più bisogno di manodopera qualificata Valeria Garuti
Filippo Miracula, direttore della San Lorenzo Confezioni di San Marco d’Alunzio (ME) - www.sanlorenzoconfezioni.com
er molto tempo la Cina ha puntato sulla crescita economica interna, adottando una politica di forte chiusura e protezione nei confronti dell’Occidente. Nell’ultimo ventennio, ha strappato il ruolo di protagonista anche all’Italia, cambiando la sua strategia economica e adattandola alla nostra. Ne sanno qualcosa le aziende italiane, per prime quelle votate al settore tessile che oggi per sopravvivere alla forte concorrenza cinese si sono specializzate in prodotti di nicchia, difficilmente riproducibili senza le conoscenze necessarie, dalla qualità estremamente elevata e unici su mercato. Lo sanno ancora meglio le piccole realtà terziste, che, oltre a tutti i problemi che riscontrano le altre aziende, devono scontrarsi anche con quelli indotti dal rapporto con i committenti. È il caso della confezione siciliana San Lorenzo. «Siamo specializzati nei “double”, chiamati anche doppi apribili - spiega il direttore Filippo Miracula – che hanno la caratteristica di non avere rovescio,
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sono quindi tessuti in pulito da ambedue i lati. I filati vengono rifiniti interamente a mano per farne dei capi leggeri e allo stesso tempo molto caldi, che risultano belli all’interno, così come lo sono all’esterno, il tutto senza l’utilizzo di fodere. Questo genere di lavorazione necessita di molta manodopera “amanuense”, ancora facilmente reperibile nei nostri territori, ma che scarseggia ormai nei grossi centri produttivi». In un contesto di globalizzazione, il made in Italy può continuare a rappresentare un “marchio distintivo” o rischia piuttosto di essere schiacciato da tempistiche produttive sempre più frenetiche, a discapito della qualità? «Il made in Italy continuerà ad esistere come simbolo distintivo di alta qualità e design innovativo, ed è su questa strada che le aziende italiane come la nostra devono indirizzare gli sforzi al fine di risultare competitivi sul mercato globale». Quali strategie occorrono e quali cambia-
Filippo Miracula
Ci siamo specializzati nei doppi apribili, un genere di lavorazione che necessita di manodopera altamente qualificata
menti sono stati introdotti, per mantenere alta la competitività sul mercato? «Abbiamo la possibilità di lavorare con maison italiane d’alta moda che, anche in un momento difficile come questo, non hanno subito grandi cali delle vendite. Anche i grandi marchi hanno accusato però importanti flessioni del potere d’acquisto, causate dall’aumento del costo delle materie prime. Questo potrebbe condurre ad un eventuale abbassamento dei costi di manodopera, che la nostra azienda riesce ad evitare grazie ad una gestione molto flessibile del lavoro e all’introduzione di nuove tecnologie che ci hanno consentito di aumentare la produttività e di conseguenza la capacità produttiva». Lavorate per grandi firme, francesi e italiane. Con quali modalità e seguendo quali fasi? «Ci occupiamo di taglio, controllo e stiro finale e alcune aziende ci chiedono anche il
servizio modellistico, soprattutto se non hanno una conoscenza specifica del prodotto double, quindi ci inviano lo schizzo e noi realizziamo il cartamodello. Puntiamo sulla qualità e sui tempi; abbiamo tempistiche molto rigide ma riusciamo sempre a rispettarle grazie ad un sistema di trasporti organizzato». Nel vostro futuro aziendale, quali obiettivi vi prefiggete e come intendete concretizzarli? «La scelta di essere stretti collaboratori delle grandi firme ci ha sempre premiato. Siamo tra i confezionisti più conosciuti tra gli addetti ai lavori e contiamo in futuro di sviluppare costantemente nuove idee nel campo della confezione. Ci stiamo organizzando su questa linea collaborando con personale sempre più specializzato, che formiamo anche all’interno e che sarà in grado di rispondere attivamente agli stimoli degli stilisti». SICILIA 2012 • DOSSIER • 69
MODELLI D’IMPRESA
Qualità e innovazione per il calzaturiero no studio strategico sul settore calzaturiero italiano realizzato quest’anno da Anci (Associazione Nazionale Calzaturifici Italiani) mostra come questo settore, che si posiziona al secondo posto al mondo per le esportazioni, dopo la profonda crisi del 2009 abbia reagito energicamente, favorendo la salita della produzione nel 2011 del +4,8 in volume rispetto agli anni precedenti. Il settore si è decisamente posizionato in vetta vedendo aumentare senza sosta il prezzo del prodotto esportato. La crisi ha messo tuttavia in luce la fragilità delle aziende più piccole, anelli deboli della filiera ma allo stesso tempo detentori di saperi artigianali fondamentali al mantenimento dell’alto livello qualitativo delle produzioni italiane. Si pone nuovamente sotto i riflettori la necessità di agire in maniera condivisa a favore di queste aziende per il mantenimento delle competenze specialistiche nei distretti. La dimensione distrettuale è infatti tipica di questo settore ed è quella che permette, oltre alla flessibilità produttiva e all’efficienza, l’esistenza delle condizioni per la
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Antonino Scaffidi, presidente del Cda e Giusy Monastra, responsabile commerciale della Killin Spa di Barcellona P.G. (ME) www.killin.it
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Il settore calzaturiero italiano si piazza al secondo posto al mondo per le esportazioni. Antonino Scaffidi spiega l’importanza di creare un prodotto di qualità e di commercializzarlo attraverso processi di distribuzione innovativi Valeria Garuti
continua innovazione di prodotto. Necessaria è quindi l’adozione sia di politiche che incentivino la crescita dimensionale sia di forme di collaborazione tra le aziende della filiera attraverso accordi e contratti di rete. Di estrema importanza sono il rilancio del “saper fare” tipico del made in Italy, la valorizzazione delle figure professionali quali i maestri d’arte e la costituzione di poli di formazione d’eccellenza per riavvicinare i giovani al lavoro artigianale. «Le difficoltà dovute alla crisi – spiega Antonino Scaffidi, direttore dell’azienda di calzature siciliana Killin Spa – e il difficile contesto economico nel quale ci muoviamo ci portano a fare sacrifici impressionanti. Riscontriamo problemi di ogni genere a partire dalla scarsa liquidità dei nostri clienti e dei consumatori finali. Nonostante questo la nostra azienda ha sempre chiuso il bilancio in positivo e questo è dovuto principalmente a 25 anni di attività portata avanti in ogni occasione con la massima correttezza, anche in una regione come la Sicilia, dove tutto è più difficile. La qualità dei materiali che utilizziamo e della lavorazione del prodotto è fondamentale per la nostra impresa, inoltre puntiamo sulla flessibilità, adeguandoci alle esigenze di mercato e proponendo diversi modelli di calzature per uomo e donna, da quelle più glamour a quelle più casual, ricoprendo una fascia di età dei
Antonino Scaffidi
Puntiamo sulla flessibilità, proponendo diversi modelli di calzature per uomo e donna, da quelle più glamour a quelle più casual
consumatori compresa tra i 25 e i 50 anni». Un altro indice di crescita fondamentale per le Pmi del settore calzaturiero e non solo riguarda l’innovazione nei metodi di distribuzione. «Negli ultimi anni - continua Scaffidi - l’attività di commercio della Killin si è ampliata e diversificata notevolmente: siamo presenti soprattutto in Sicilia, in Calabria e a Malta, ma la vendita riguarda anche altre zone dell’Italia e l’estero. Dalla vendita all’ingrosso siamo passati a sperimentare la vendita al dettaglio, fonte inesauribile di informazione ed idee innovative, e in futuro, grazie anche al commercio elettronico, l’azienda si avvierà a competere in tutta l’Italia e in Europa. Ci serviamo del web per avere un contatto diretto con i nostri rivenditori». È proprio l’e-commerce che, secondo gli esperti, potrebbe salvare dalla crisi le Pmi in quanto è economico, globale e ha l’importante caratteristica di trattare il cliente in modo personalizzato e proporre azioni commerciali mi-
rate e veloci. In Italia c’è ancora ritrosia da parte delle aziende produttrici e della grande distribuzione organizzata ad investire in questo canale alternativo principalmente per non creare concorrenza tra questi canali. Il commercio via web va infatti pensato in modo integrato: il cliente, a seconda del momento della giornata e del luogo in cui si trova, può scegliere canali differenti, ma la possibilità di fidelizzarlo al proprio brand in ognuno di questi è un vantaggio competitivo che in Italia troppo pochi hanno colto fino ad oggi. Per aiutare le imprese italiane in termini di risorse e competenze informatiche oggi sul mercato si stanno affermando operatori, consulenti e gestori per conto delle aziende del business online che si occupano dell’intero processo di commercializzazione via Internet, che va dalla realizzazione del catalogo prodotti e la cura dell’immagine del sito fino alla sua promozione in rete. SICILIA 2012 • DOSSIER • 71
MODELLI D’IMPRESA
Il ruolo della formazione La formazione è un valido aiuto per integrare “sapere”, “saper fare” e “saper essere”. Emilio Romano spiega come rendere meno traumatico l’adattamento alle diverse situazioni a cui il lavoratore può andare incontro Valeria Garuti
a formazione ultimamente ha assunto importanza, sia per le aziende, sia per chi cerca lavoro e il suo ruolo si esplica nell’opportunità di offrire competenze innovative. Oggi le imprese sono alla ricerca di profili qualificati e specializzati; questo periodo di forte difficoltà economica e il numero sempre crescente di laureati, hanno spostato i parametri di ricerca delle stesse aziende, che preferiscono figure professionali specializzate e formate in diversi settori strategici. La formazione professionale è strategicamente rilevante per rispondere alle nuove richieste del mercato: è necessario infatti, migliorare competenze e capacità per anticipare gli stessi cam-
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Emilio Romano, Amministratore Unico della Archè Srl di Catania www.archeonline.com
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biamenti. Uno degli strumenti più potenti per sviluppare esperienza e apprendimento sono i corsi di formazione professionale, che rendono possibile sia un preciso orientamento al lavoro, sia l’acquisizione di capacità e abilità professionali in grado di soddisfare la nuova realtà lavorativa. Oggi il lavoratore si trova di fronte ad un percorso lavorativo molto diverso dal passato, che non più lineare e certo e deve quindi adeguare continuamente le proprie competenze in ragione delle esigenze di mercato. Archè dal ‘94 opera come società di formazione e consulenza, al servizio della persona e delle imprese, con l’obiettivo di erogare corsi sia a soggetti disoccupati o in cerca di prima occupazione sia a soggetti occupati. «In un periodo di grande difficoltà economica come questo - spiega Emilio Romano, Amministratore Unico di Archè s.r.l. - abbiamo puntato allo sviluppo due aree di formazione: la prima riguarda la formazione dei giovani, soprattutto minorenni, attraverso i cosiddetti progetti di obbligo formativo, di durata triennale, in settori produttivi in espansione come benessere, ristorazione, fotovoltaico, prodotti locali. I corsi si tengono sempre nelle nostre aule: disponiamo di laboratori strutturati per corsi di estetica, acconciatura e cucina. I nostri docenti sono veri e propri professionisti di settore e questo permette loro di trasmettere ai ragazzi le proprie competenze teoriche del mestiere ma soprattutto quelle tecniche». I percorsi formativi sono utili anche per sviluppare e potenziare le cosiddette competenze
Emilio Romano
Per i giovani è fondamentale scegliere un percorso formativo mirato con lo scopo di raggiungere gli obiettivi prefissati
trasversali, quali originalità, capacità organizzative, orientamento all’innovazione, flessibilità, autonomia, tutte abilità spendibili in diversi contesti professionali e molto ambite dalle aziende. Le aziende agro alimentari e di prodotti tipici, per esempio, stanno dirigendo le vendite principalmente all’estero, quindi per i ragazzi risulta utile conoscere bene il prodotto da commercializzare per poi essere in grado di proporre all’azienda che li potrà assumere un progetto di internazionalizzazione. «La seconda area di formazione di cui ci occupiamo - continua Romano - riguarda le imprese e in particolare gli occupati in esse. Grazie ai fondi interprofessionali, oltre che a quelli del Fondo Sociale Europeo e regionali, abbiamo la possibilità di curare la formazione nelle imprese attraverso azioni di riqualificazione del personale, sostenendo così le aziende che desiderano ampliare i propri orizzonti produttivi e commerciali». La formazione è inoltre un’utile occasione per creare un contesto di curiosità e stimolo, di in-
novazione e crescita. Il momento d’aula può diventare una griglia su cui pianificare un cambiamento vero: grazie al confronto con gli altri e all’elaborazione autonoma degli input ricevuti, ciascun soggetto può dare vita a nuove strategie per la ricerca del lavoro ideale, forte dell’arricchimento del proprio patrimonio di conoscenze, della dinamica emotiva e motivazionale, nonché della consapevolezza del ruolo professionale acquisito. «Dal 2006 Archè è entrata in partenariato con imprese di altre regioni d’Italia - afferma Romano - con le quali si vive ancora oggi un’avventura imprenditoriale molto interessante in termini di sviluppo e di professionalità. Da questa amicizia operativa è nata l’ipotesi di verificare la possibilità di aprire a Catania la “Piazza dei Mestieri”, un’esperienza nata nel 2004 a Torino, che si configura come un luogo di educazione integrale della persona, in cui oltre all’aspetto formativo e di accompagnamento al lavoro, si attivano attività produttive e proposte di eventi legati alla cultura, allo sport e alla musica». SICILIA 2012 • DOSSIER • 75
TECNOLOGIE
La ricerca per il territorio La cartografia rappresenta un settore poco conosciuto dell’eccellenza italiana. Carmelo Di Natale, Sarino Vecchio e Massimo Miceli della Aerosistemi, azienda che produce e gestisce dati geografici e territoriali, fanno il punto della situazione Lorenzo Brenna
a cartografia è indispensabile per creare e aggiornare tutte le informazioni su un territorio per poi proporre strumenti di gestione, pianificazione e valorizzazione. In questo ambito Aerosistemi fornisce, sia a enti pubblici che a privati, numerosi servizi. Effettua rilievi topografici, cartografia tecnico-numerica, studi geologici e realizza sistemi informativi territoriali. «Nei primi mesi del 2012 – afferma Carmelo Di Natale, ad della società insieme a Sarino Vecchio e Massimo Miceli – il valore dell’azienda è stato certificato dal dipartimento delle Attività produttive della Regione Sicilia che ha inserito Aerosistemi tra le prime venti società della Sicilia caratterizzate da un elevato valore tecnologico». Per rimanere competitiva l’azienda investe molto in ricerca e sviluppo. «Abbiamo sempre considerato le attività di ricerca scientifica e tecnologica un aspetto chiave in termini di competitività e di sopravvivenza», garantisce Di Natale. La persona comune non ha molta dimestichezza con questa disciplina, ma tutti abbiamo usato Google Maps. La diffusione di servizi come Google Maps, Street View e simili ha cambiato in qualche modo il ruolo della cartografia e delle tecniche di ripresa utilizzate nel vostro settore? CARMELO DI NATALE: «Non possiamo non rico-
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Massimo Miceli, Carmelo Di Natale e Sarino Vecchio, amministratori delegati della Aerosistemi Srl di Giarre (CT) www.aerosistemi.com
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noscere a Google Maps e al suo alter ego 3D, Google Earth, il grande merito di avere sdoganato l’informazione geografica rendendola fruibile liberamente su scala globale anche ai non addetti ai lavori. Tuttavia l’approccio dell’utente comune non è di tipo specialistico o tecnico, per cui si ha scarsa cognizione su aspetti non secondari, come l’inadeguatezza dei livelli di precisione e la ridotta accuratezza metrica delle immagini visualizzate. Non si può quindi pensare che, esistendo le mappe di Google, i dati spaziali “certificati” non servano più. Al contrario si renderà necessario mantenerli, aggiornarli e arricchirli, perché questi sono di qualità migliore». Le vostre specializzazioni nel settore della cartografia sono molteplici. Quale la punta più avanzata a livello tecnologico? SARINO VECCHIO: «Senza dubbio, le attività di “remote sensing”, la disciplina che permette di acquisire i dati e le informazioni riguardanti il territorio studiando, elaborando e analizzando le immagini digitali ad altissima risoluzione acquisite “da remoto”, ovvero riprese da un aereo o da un satellite. In questo modo possiamo creare dati ufficiali, indispensabili per le politiche di valorizzazione, di pianificazione e di controllo del territorio.
Carmelo Di Natale, Sarino Vecchio, Massimo Miceli
In quest’ottica l’informazione geografica riveste un ruolo di supporto oggettivo alla conoscenza della zona analizzata». Fra i vostri committenti ci sono enti pubblici e privati sia nazionali che internazionali. Fra gli ultimi progetti che avete curato, ce n’è uno di particolare importanza? MASSIMO MICELI: «Negli anni scorsi ci siamo rivolti non solo al mercato locale ma anche a quello europeo, esportando la nostra tecnologia made in Italy anche in altri paesi del continente. Abbiamo così creato una rete di alleanze che ci ha permesso, ad esempio, di prendere parte al processo di aggiornamento delle banche dati catastali e stradali dei territori della Bassa Sassonia, in Germania. Uno dei nostri progetti più apprezzati in ambito nazionale è stato quello realizzato in Piemonte. Abbiamo eseguito una campagna di riprese aeree con sensori digitali multispettrali ad altissima risoluzione elaborando evoluti modelli tridimensionali del terreno». Qual è stato l’andamento del vostro business nel 2011? S.V.: «L’azienda è riuscita a rispondere concretamente ai cambiamenti riuscendo a difendere e rafforzare le capacità di base consolidando la propria mission di provider di soluzioni inno-
Alla base della crescita c’è la continua ricerca di soluzioni in grado di integrare tecnologia, processi di innovazione e attività di ricerca e sviluppo
vative e servizi. Nel corso del 2011 i risultati sono stati positivi, abbiamo registrato un incremento del valore medio della produzione rispetto all’esercizio precedente. Alla base di questa crescita c’è la continua ricerca di soluzioni in grado di integrare tecnologia, processi di innovazione e attività di ricerca e sviluppo». Quali sono le prospettive e gli obiettivi per il medio periodo? M.M.: «Abbiamo deciso di concentrare il nostro interesse per l’immediato futuro solo verso specifici settori prioritari. Primo tra tutti il monitoraggio ambientale e i servizi integrati per la pianificazione e la gestione delle attività di risanamento per le aree ad elevato rischio di crisi ambientale. L’attenzione sarà rivolta in particolare alle attività di censimento e di gestione del patrimonio culturale, della sicurezza sociale e delle aree urbane». SICILIA 2012 • DOSSIER • 77
MERCATO DELLA PESCA
Nuove tecnologie per la filiera ittica «Le marinerie siciliane sono al collasso e il numero dei pescatori si è dimezzato nel giro di pochi anni», afferma Alessandro Alfano, che valuta nuove opportunità di crescita per tornare a essere competitivi nel Mediterraneo di Elisa Fiocchi
a Commissione europea ha tracciato alcune linee guida per regolamentare il settore ittico a partire dal 2013 che sono oggi al vaglio del Parlamento europeo. Uno degli obiettivi strategici vuole rendere la pesca sostenibile conciliando le esigenze del mercato con la tutela del mare e delle sue risorse, oltre all’impegno nel contrastare le attività illegali che danneggiano il reddito, l’economia e l’occupazione. Da anni, secondo i dati forniti dall’Istat, il trend del settore ittico italiano è negativo con un livello di esportazione che è pari a un sesto dell’importazione e anche in Sicilia soffrono importanti marinerie come quelle di Mazara del Vallo, Sciacca, Porticello Santa Flavia e Licata. «L’ottima qualità dei nostri prodotti ittici fa gola ai paesi esteri» dichiara il segretario generale di Unioncamere Sicilia «tuttavia, anche nell’isola il trend delle esportazioni ha subito un rallentamento». Tra i fattori critici vi è senz’altro la concorrenza molto forte dei paesi stranieri, in particolare Argentina, Senegal e Brasile che saturano di prodotti il mercato determinando la stagnazione dei prezzi. Per ridurre tale dipendenza servirebbero nuove regole ma anche la realizzazione di nuovi impianti di allevamento di pesce a mare.
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Alessandro Alfano, segretario generale di Unioncamere Sicilia
Come giudica l’andamento economico del settore in Sicilia? «La pesca è un settore storico per la Sicilia, che riveste un ruolo importante sia in termini economici che occupazionali oltre che, naturalmente, dal punto di vista tradizionale. Ci sono interi paesi che vivono di pesca. I numeri però indicano come da maggio a giugno il fatturato dell’export è diminuito complessivamente di oltre 20 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. La performance negativa non è comune a tutte le province: Trapani, Palermo e Siracusa si mantengono in controtendenza». Le limitazioni nazionali ed europee, il caro carburante, la concorrenza dei mercati esteri
Alessandro Alfano
1,7 mln
EURO LE RISORSE SBLOCCATE DALLA REGIONE PER GLI OPERATORI DEL SETTORE ITTICO PREVISTE DALLA LEGGE 11 DEL 2010 PER IL CARO GASOLIO
quale impatto stanno avendo sul settore ittico siciliano? «Il tessuto imprenditoriale del settore ittico è fatto per lo più da piccole e piccolissime realtà produttive. Una sottodimensione che non aiuta le imprese a stare dietro a tutti gli adeguamenti previsti per legge e sostenere i costi di produzione, a partire proprio dal costo del carburante. Il risultato è che le marinerie siciliane sono al collasso e il numero dei pescatori si è dimezzato nel giro di pochi anni. E questo non aiuta di certo a essere competitivi rispetto ad alcuni paesi del mar Mediterraneo». Come i contributi previsti dalla legge regionale 11 del 2010 per il caro gasolio saranno distribuiti agli operatori del settore ittico? «La notizia della pubblicazione della graduatoria sblocca di fatto oltre 1,7 milioni di euro di risorse. Di certo questi aiuti rappresentano una boccata di ossigeno per gli operatori siciliani del settore che puntano il dito - e non solo loro contro i prezzi del carburante saliti alle stelle». La realizzazione di impianti di allevamento di pesce a mare come potrebbe diminuire la dipendenza estera e rilanciare il settore? «Gli impianti di allevamento possono rappresentare un’opportunità di crescita, resta ancora da valutare la loro fattibilità economica. In ogni caso esistono già degli esempi positivi, come l’allevamento di ricciole di Lampedusa che, per via degli ottimi livelli di qualità e quantità, nelle scorse settimane ha anche attirato l’attenzione del ministro Mario Catania». E quali provvedimenti urgenti e finanziamenti sono necessari per rilanciare il com-
parto nel Mediterraneo? «Nonostante le difficoltà generali del settore, la Sicilia ha forti potenzialità da esprimere. Non bisogna dimenticare che Mazara del Vallo è la prima marineria, non solo dell’isola, ma anche d’Italia. Il mondo della pesca rappresenta un patrimonio che la Sicilia non può disperdere. Tra gli interventi più urgenti c’è la promozione di un pacchetto che preveda la modernizzazione della filiera ittica, il ricorso a nuove tecnologie e a figure manageriale che sappiano rilanciare il settore anche in un’ottica di internazionalizzazione del marchio made in Sicily. Oltre naturalmente a una serie di agevolazioni che alleggeriscano le imprese che operano nella pesca». Nel canale di Sicilia operano “volanti a coppia” che, secondo l’Organizzazione dei produttori della pesca della Sicilia occidentale, pescano tutto l’anno acciughe sotto taglia compromettendo la capacità riproduttiva della specie. Come regolamentare le autorizzazioni e contrastare anche la pesca illegale? «La prima cosa a fare è salvaguardare la ricchezza del nostro mare che negli ultimi decenni è stato soggetto a un veloce depauperamento ittico. Bisogna arrestare questo processo come già d’altronde si sta facendo imponendo il fermo biologico nei periodi in cui è prevista la riproduzione di alcune specie ittiche. Alla fine, però, si assiste a un paradosso: intere marinerie si fermano quando ci sono i blocchi, ma c’è chi va lo stesso in mare facendo un danno non soltanto al sistema marino ma anche a quello economico. È qui che bisogna stringere le maglie». SICILIA 2012 • DOSSIER • 91
XXXXXXXXXXX MERCATO DELLA PESCA
Scarsi controlli e incongruenze legislative I pescatori marittimi che hanno rottamato le proprie motobarche continuano a svolgere attività di pesca con piccole imbarcazioni senza matricola. Così si vanifica la riduzione dello sforzo del settore e si sperpera denaro. Ne parla Carmelo Micalizzi di Elisa Fiocchi ella fascia costiera italiana, che si staglia per oltre 8mila chilometri, sono iscritti e armati 3.035 moto-pescherecci siciliani che rappresentano il 31 per cento della stazza nazionale. Dal 1989 a oggi, la flotta regionale ha subito il taglio di oltre un migliaio e mezzo di unità e con l’introduzione del nuovo piano europeo, a partire dal 2013, sarà destinata a ridursi drasticamente. Le rottamazioni effettuate sul territorio non sono comunque servite a ridurre lo sforzo del comparto e, allo stato dell’arte, i seimila pescatori marittimi delle motobarche demolite svolgono ugualmente le attività su imbarcazioni senza matricola. E con un aggravante, come sottolinea Carmelo Micalizzi, presidente della Federazione Armatori siciliani, che va ricercata nel decreto regionale del 2012. «La Regione ha concesso 40mila euro a coloro che avessero fermato le attività e dimostrato, entro i successivi 24 mesi, una riconversione in altri settori. Tuttavia, ha lasciato liberamente, e senza alcun vincolo, che gli stessi potessero svolgere la pesca sportiva con la cattura quotidiana di cinque chilogrammi di pesce». Si è così creata una situazione che vanifica la riduzione dello sforzo di pesca tramite la rottamazione di
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Carmelo Micalizzi, presidente della Federazione Armatori Siciliani
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motopescherecci. Impegno che, come ricorda Micalizzi, «è costato una decina di miliardi di euro». Chi è responsabile della cattiva gestione delle risorse ittiche e della crescente importazione di prodotti? «La commissione della Comunità europea della pesca e la direzione generale della pesca marittima presso il Ministero delle risorse agricole hanno varato normative e leggi senza la programmazione di un piano industriale della pesca, portando il settore alla deriva prima con la costruzione di nuovi motopesca poi con la loro rottamazione. Contemporaneamente, il Ministero ha rilasciato nuove licenze di pesca mentre altri decreti finanziavano la rottamazione degli stessi al fine di ridurne lo sforzo». Come si sono tradotte queste incongruenze legislative sul comparto? «Il risultato è che ci sono meno pescherecci in mare e meno catture di pesci, dimenticando però che tutti i pescatori imbarcati sulle motopesca svolgono ugualmente l’attività di pesca con piccole imbarcazioni senza matricola. L’introduzione di questa legge consente loro di catturare come diportisti fino a cinque chili di pesce al giorno e a questi si aggiungono altre migliaia di diportisti e di sub che catturano quotidianamente pesce pregiato e lo rivendono ai ristoranti e ai clienti abituali».
Carmelo Micalizzi
In Italia si continua a pescare con le reti illegali come risulta dai verbali della Guardia Costiera e dai sequestri di enormi quantitativi di reti che sono rimasti in possesso agli armatori
Quali avvenimenti ha causato la dipendenza estera molto forte con l’importazione del 70% di prodotti ittici? «Tra i tanti episodi, è bene ricordare che la pesca delle spadare fu vietata prima dalle Nazioni Unite, con la risoluzione n.44\225 del dicembre 1989, e in seguito dall’Ue, che nel 1991 dichiarò illegale l’utilizzo delle reti. In Italia nulla tuttavia cambiò e, a distanza di quasi vent’anni dal primo divieto, è arrivata la condanna da parte della Corte di Giustizia europea ai danni del nostro paese. Nonostante ciò, si continua a pescare con le reti illegali come risulta dai verbali della Guardia Costiera e dai sequestri di enormi quantitativi di reti che sono rimasti in possesso agli
armatori. Inoltre, nella grande distribuzione siciliana, così come nelle botteghe del pesce e nei mercati locali, all’ingrosso e rionali, si trova circa il 70% di prodotti ittici importati anche dai Paesi del sud-est asiatico, che sono quelli più dannosi perché prelevati da allevamenti di pesce d’acquacoltura intensiva sovraffollati che sfuggono ai controlli». Quale impegno chiede alla Commissione consultiva regionale della pesca? «Si devono programmare e finanziare progetti di forte capacità produttiva. Ad esempio, i consorzi di ripopolamento ittico devono produrre pesci, devono essere affidati a persone appartenenti alla categoria dei pescatori. Inoltre, tra le azioni urgenti vi è la realizzazione di SICILIA 2012 • DOSSIER • 93
XXXXXXXXXXX MERCATO DELLA PESCA
3.035 PESCHERECCI LE IMBARCAZIONI SICILIANE ATTIVE NELLA PESCA, CHE RAPPRESENTANO IL 31 PER CENTO DEL TOTALE NAZIONALE
12 mln EURO LE RISORSE DEL FONDO EUROPEO PER LA PESCA CHE SONO STATE DESTINATE AL SETTORE ITTICO SICILIANO
impianti di itticoltura, maricoltura, miticoltura; la regolamentazione della pesca marittima programmando una pesca intelligente, non intensiva, e gabbie galleggianti di allevamento del tonno; l’istituzione di zone di ripopolamento ittico alternativo, con la chiusura alla navigazione per dodici mesi, e vietate alla pesca; la protezione del mare e dei fondali marini con barriere artificiali di cemento per impedire la pesca a strascico illegale sotto costa; la realizzazione di impianti a terra di allevamenti di acquacoltura, piscicoltura e impianti per la lavorazione e trasformazione dei prodotti ittici pescati». I soldi pubblici del Fondo europeo per la pesca a quali interventi sono stati destinati? «In Sicilia sono stati sprecati 12 milioni di euro. Con i soldi pubblici del Fep si sono finanziati solo progetti per la promozione dei prodotti ittici con varie denominazioni, progetti che si sono poi rivelati inutili. Abbiamo denunciato questo spreco di denaro pubblico a chi di competenza, segnalando gruppi di persone non appartenenti al settore che hanno percepito oltre
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cinque milioni di euro per la promozione». Quale appello la Federazione Armatori Siciliani rivolge alle istituzioni competenti e alle forze politiche? «Chiediamo l’impegno di portare avanti iniziative di programmazione per lo sviluppo della pesca marittima siciliana e di salvaguardare questo settore in agonia attraverso progetti finalizzati alla creazione di strutture e sovrastrutture a terra, impianti per la lavorazione e trasformazione dei prodotti ittici locali tra cui i più importanti sono il pesce azzurro, l’alalunga e il pesce spada. Non solo: chiediamo maggiore tutela dell’ambiente, zone per il ripopolamento ittico con il divieto di pesca assoluto entro un miglio dalla fascia costiera, impianti di maricoltura, itticoltura, miticoltura e la semina nei fondali di vongole veraci e vongole del Mar Adriatico. Sono necessari, inoltre, più controlli e vigilanza sulla pesca a strascico entro i cinquanta metri di profondità, incentivi sul vero fermo di pesca per zone, il blocco della pesca sportiva e di quella dei sub oltre al potenziamento del vecchio porto peschereccio di Catania».
Giovanni Tumbiolo
Nuovi confini nel Mediterraneo La cosiddetta guerra del pesce ha provocato in Sicilia danni sociali e la perdita di quattromila posti di lavoro. Secondo Giovanni Tumbiolo, le politiche europee si orientano sui mari del nord e «gli interessi della pesca mediterranea sono stati barattati con quelli delle multinazionali del petrolio, del gas e delle armi» di Elisa Fiocchi
opo il sequestro di un peschereccio italiano avvenuto in settembre da parte di una motovedetta tunisina si torna con forza a parlare della cosiddetta “guerra del pesce” che imperversa nel Mediterraneo da oltre quarant’anni, travolgendo 130 imprese di pesca e più di 1.500 famiglie. «I danni derivanti dalla persistenza di una zona protetta alla pesca non sono causati dai popoli amici della sponda sud – afferma Giovanni Tumbiolo, presidente del distretto produttivo della pesca di Mazara del Vallo – ma dalla colpevole e reiterata omissione d’intervento da parte dell’Unione europea nel Mediterraneo». Il presidente del distretto della pesca di Mazara del Vallo chiede a gran voce un piano di sviluppo finalizzato al superamento di un conflitto che definisce «paradossale», che esiste e si alimenta solo perchè i confini non sono mai stati tracciati con chiarezza. A tal proposito, nell’incontro avvenuto tra il primo ministro libico e il capo della Farnesina si sono poste le basi per trovare una rapida soluzione alla vicenda delle motopesca sequestrate e per risolvere definitivamente i conflitti nel Mediterraneo attraverso l’avvio di un processo di cooperazione produttiva e tecnica fra Italia e Libia nel settore della filiera ittica. Com’è l’attuale situazione sulle coste siciliane? «È drammatica, i dati relativi alla guerra del pesce sono da bollettino di guerra. Abbiamo
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avuto in oltre 40 anni, circa 130 sequestri di pescherecci, di cui cinque sono stati definitivamente confiscati, da parte delle autorità marittime di altri paesi come Tunisia, Algeria e, in particolare, Libia. Si tratta di una vera guerra con tre morti e tantissimi feriti colpiti da aggressioni di mitraglie e colpi di cannone. Uno dei nostri pescatori è stato colpito da infarto ed è entrato in coma profondo, Giovanni Tumbiolo, altri hanno subito invece la detenzione per presidente del distretto lunghissimi periodi. Al danno sociale e produttivo della pesca umano si associa anche quello economico di Mazara del Vallo perchè tante imprese, per via della limitazione degli spazi di pesca, sono state costrette a dichiarare il fallimento». A quanto ammontano le ricadute economiche di questa situazione sulla filiera ittica siciliana? SICILIA 2012 • DOSSIER • 95
MERCATO DELLA PESCA XXXXXXXXXXX
20% STRANIERI LA PERCENTUALE DI OCCUPATI, ALL’INTERNO DEL DISTRETTO DELLA PESCA DI MAZARA DEL VALLO, CHE PROVIENE DAI PAESI DEL MAGHREB
Nella foto sopra, da destra, Mohamed Alajel, presidente dell’associazione libica per lo sviluppo delle attività marine, firma un protocollo d’intesa a MAzara del Vallo
100 mln EURO LA PERDITA ECONOMICA NEGLI ULTIMI 3 ANNI CAUSATA DALLA “GUERRA DEL PESCE” PER IL SETTORE ITTICO SICILIANO, A CUI SI AGGIUNGONO 4MILA POSTI DI LAVORO PERSI E CIRCA 800 IMPRESE FALLITE
«Si è determinata una perdita, negli ultimi tre anni, di circa 4mila posti di lavoro e di circa 800 imprese fallite. Il danno economico stimato è di circa 30 milioni, derivante da ammende, multe, riscatti pagati spesso senza la possibilità di appello; mentre 60 milioni di euro derivano dal fermo forzato delle imprese, dal sequestro del pescato e delle attrezzature. Parliamo di un danno economico complessivo pari a oltre 100 milioni di euro. Qualcuno deve ripagare questa catastrofe ed è paradossale che ciò avvenga proprio nel nostro distretto, dove ogni giorno avviene il miracolo della convivenza pacifica tra diverse nazionalità. Siamo un esempio nel comparto mondiale, basti pensare che a Mazara del Vallo, la capitale della pesca del Mediterraneo, oltre il 20% della popolazione è di origine nordafricana e metà degli occupati del sistema della pesca è magrebina. Proprio noi che siamo l’esempio
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più concreto di pace e integrazione subiamo la guerra da nostri amici e fratelli?». Perchè, in tanti anni, non si è mai trovata una soluzione a questo conflitto? «La verità, purtroppo, è che l’Europa non ha mai definito i confini nelle acque del Mediterraneo è ciò ha creato molta confusione. Gli italiani vengono così scambiati per criminali perchè sulle altre coste esistono altre leggi e si cerca semplicemente di difendere il proprio mare. Siamo trattati alla stregua di ladri di polli ed è giunto il momento di metter la parola fine a tutto questo». Quali risposte hanno fornito le autorità competenti? «Nessuna. Il commissario europeo della pesca non è mai venuto a Mazara del Vallo, nonostante i numerosi inviti, e l’ultima visita di un ministro della pesca italiano qui risale all’anno 2007. L’Europa ci ha fornito come strumento il Fep, che tuttavia è stato
Giovanni Tumbiolo
La guerra del pesce ha provocato un danno economico per la Sicilia di oltre cento milioni di euro
un fallimento totale: all’Italia sono stati finanziati 151 milioni di euro utilizzati malissimo. È possibile fare investimenti e perdere 4mila posti di lavoro? È evidente che qualcosa non funziona. Queste politiche andrebbero discusse con gli operatori del settore mentre assistiamo solo a limitazioni e creazioni di ostacoli all’esercizio delle attività di pesca». Ad esempio? «Non possiamo pescare con un certo tipo di reti ma davanti a noi i tunisini e i libici ci fanno concorrenza con il gasolio che costa meno della metà, operano nello stesso bacino di pesca, hanno le reti con le maglie più strette e il costo del lavoro è un decimo del nostro. Non possiamo certo essere competitivi». Quali attività il distretto della pesca porterà avanti, anche per favorire l’internazionalizzazione?
«Come tutti i distretti puntiamo sull’innovazione e il trasferimento tecnologico e seguendo questa direzione abbiamo creato un osservatorio per la pesca del Mediterraneo: una fucina di centri di ricerche e di competenza che vede la partecipazione di istituzioni scientifiche di ben dodici paesi del Mediterraneo. Questo progetto ha una logica interdisciplinare e bisogna fare in modo che possa offrire risultati concreti anche sul piano dell’internazionalizzazione. Trovare forme di cooperazione con i paesi della sponda sud del Mediterraneo, e non solo, è una rotta obbligata perchè lì ci sono le risorse sufficienti affinché la nostra lunghissima filiera produttiva possa alimentarsi. Serve buon senso, capacità di cooperare, ma l’Europa non deve creare ostacoli e dovrà intervenire non in maniera unilaterale. È necessario un rafforzamento dell’osservatorio e la partecipazione responsabile dell’Unione europea». SICILIA 2012 • DOSSIER • 97
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Il tonno non conosce crisi Tra le conserve ittiche è l’alimento preferito sulle tavole degli italiani, che nel 2011 ne hanno consumato per un valore di oltre un miliardo di euro. Ne parla Vito Santarsiero di Elisa Fiocchi
li italiani non sanno rinunciare al tonno in scatola, soprattutto in un periodo di crisi economica in cui questo prodotto mantiene un ottimo rapporto qualità/prezzo. Lo sostengono i numeri Istat, elaborati dall’Associazione nazionale conservieri ittici per l’anno 2011, che evidenziano come l’industria italiana del tonno in scatola si mantenga su ottime performance con un valore di 1,070 miliardi di euro e una produzione attestata a 68mila tonnellate (+4,6% rispetto al 2010). Il nostro paese si conferma dunque uno dei più importanti mercati al mondo per il consumo di tonno e secondo produttore europeo dopo la Spagna. «Oggi gli italiani stanno virando sempre più spesso verso quei prodotti alimentari, come il tonno, in grado di coniugare gusto, salute e allo stesso tempo risparmio» dichiara il presidente del-
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Vito Santarsiero, presidente dell’Associazione nazionale conservieri ittici e delle tonnare
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l’Ancit, Vito Santarsiero. La scatoletta di tonno raggiunge oggi una penetrazione altissima, pari a circa il 96 per cento delle famiglie italiane, con punte massime d’acquisto che riguardano soprattutto il periodo estivo. Come va interpretata questa scelta da parte del consumatore italiano? «La conserva di tonno è una proteina a bassissimo costo di mercato, solo le uova possono batterla come prezzo, e va bene per tutte le fasce di età, in più può essere utilizzata anche nelle diete. Durante le attività promozionali mediamente si attesta attorno agli undici euro al chilo e non esiste un pesce che possa costare meno di così. Inoltre, c’è l’aspetto della comodità perché può essere utilizzata immediatamente ed è la riserva della casalinga. Oltre il 90 per cento degli italiani ha in casa almeno una scatoletta di tonno e, in un momento in cui per fare la spesa si contano i soldi dentro al portafogli, una scatoletta da 80 grammi costa meno di una tazzina di caffè ma risolve molto di più». E quale ruolo ha la grande distribuzione nell’offerta e nella qualità che offre ai consumatori? «Spesso usa in maniera tattica il tonno, lo possiamo osservare guardando i volantini che contengono parecchi sconti sul prodotto. La grande distribuzione è anche molto attenta alla qualità perché segue le esigenze del cliente e il consumatore italiano lo è. Negli scaffali, basti guardare la quantità di tonno in vetro che è esposta, l’unica innovazione del tonno in tanti anni, dove la lavorazione avviene tutta manualmente, i filetti sono messi nel vaso vetro e hanno anche una qualità diversa, e un costo raddoppiato rispetto alle normali scatolette. Il successo delle vendite nel vetro dimostra come il consumatore sia
Vito Santarsiero
68mila TONNELLATE LA QUANTITÀ DI TONNO IN SCATOLA PRODOTTA NEL 2011 DALL’INDUSTRIA ITALIANA (+4,6% RISPETTO AL 2010)
prima di tutto attento alla qualità e quanto sia valido il lavoro della grande distribuzione nel nostro paese rispetto ad altri europei dove si sono verificate alcune allerte alimentari». Per quanto riguarda le conserve ittiche, quante provengono dall’estero e quanto l’Italia è dipendente da questo mercato? «L’industria italiana è storica e tra le più importanti d’Europa ma negli anni molte realtà italiane hanno venduto il marchio o portato le aziende in altri paesi. Nei mercati italiani, oltre il 50 per cento di prodotto deriva dall’estero, dai paesi comunitari ed extracomunitari. Da questi ultimi proviene il 20 per cento del prodotto destinato nell’area della ristorazione che richiede formati più grandi. Nei grandi supermercati, invece, è presente oltre il 90 per cento, di prodotto europeo e oltre il 50 per cento di quello italiano dove il leader nazionale è il marchio Rio Mare che solo di mercato occupa il 40 per cento pur importando prodotti che non provengono esclusivamente dall’Italia». Anche sull’industria delle conserve ittiche ricadono alcune criticità del comparto della pesca nazionale? «L’allarme proviene dalla riduzione del pesce dovuta all’aumento del suo consumo negli ul-
timi anni. Nel mondo, anche i paesi che erano bacini di pesca come quelli sul Pacifico, le coste del Messico, Ecuador e Brasile, ad appannaggio dell’occidente, oggi consumano tonno in quantità rilevanti e le materie prime non arrivano più in abbondanza come nel passato. E hanno anche prezzi più alti verso l’Europa con un aumento del costo del prodotto finito. Sulla sponda del Mediterraneo sono i costi del carburante, in particolare in Italia dove le accise sono alte, a rappresentare il primo ostacolo per un’impresa di pesca. Anche i popoli del Maghreb si organizzano sempre meglio e i luoghi che prima erano di esclusivo appannaggio dell’Italia oggi sono divisi tra tanti paesi e si avverte di più la crisi del settore». Come si può rilanciare il settore ittico nazionale? «Dopo l’allarme lanciato per il rischio di estinzione del tonno rosso, sono state ridotte le licenze e ciò ha permesso a questa specie di affacciarsi nuovamente nelle acque del Mediterraneo. Migliorare le flotte è sicuramente un primo passo da compiere ma bisogna anche regolamentare meglio il sistema e tutelarlo da coloro che pescano di frode perché il fenomeno esiste ancora e non sono sicuramente gli italiani a farlo». SICILIA 2012 • DOSSIER • 99
Geologi al fianco degli urbanisti Sotto il profilo idrogeologico, la Sicilia è una regione vulnerabile. Alla base, spiega Emanuele Doria, c’è «una naturale propensione al dissesto del territorio» combinata a un «deficitario sistema naturale di smaltimento delle acque» Giacomo Govoni
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mottamenti, reti fognarie disastrate, scantinati allagati e intere comunità paralizzate. Scene di ordinario disagio e di allerta idrogeologica ormai familiari al territorio siciliano, colpito ultimamente da ondate di maltempo che ne hanno rivelato la debolezza morfo-geologica. Come il nubifragio che a metà ottobre ha Emanuele Doria, presidente dell’Ordine dei geologi della Sicilia
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mandato in tilt Palermo, trasformando strade in fiumi e riportando alla mente l’alluvione di Catania del marzo scorso. «Negli ultimi anni – osserva Emanuele Doria, presidente dei geologi siciliani – abbiamo assistito a un evidente cambiamento delle precipitazioni, con grandi quantità di pioggia in poco tempo e in aree ristrette».
Una tegola in più su un isola che, secondo il Piano per l’assetto idrogeologico regionale, è per il 70% sotto scacco delle calamità naturali. «La Sicilia è una terra geologicamente giovane, in gran parte a carattere montuoso o collinare e con litologie facilmente soggette a processi erosivi. Ciò comporta una naturale propensione al dissesto del territorio che si manifesta soprattutto in concomitanza di eventi piovosi di forte intensità. La dinamica crescente delle precipitazioni, inoltre, ha messo in crisi il già deficitario sistema naturale di smaltimento delle acque, per decenni trascurato e violentato dall’azione dell’uomo». Quali sono in assoluto le aree più a rischio, sia idrico che sismico? «Dal punto di vista idrogeologico sicuramente la provincia
Emanuele Doria
di Messina, sia nella fascia ionica che in quella tirrenica, ma anche le provincie di Caltanissetta e Agrigento presentano indici di franosità molto elevati. A livello sismico, le aree più attive ricadono nella fascia costiera ionica, da Messina alla Val Di Noto passando per la zona etnea; aree molto vicine in cui tuttavia hanno sede fenomeni sismici di origine diversa. Non va dimenticata la Valle del Belice e la fascia tirrenica palermitana, colpita da intensi terremoti tra la fine del 1700 e l’inizio del 1800». A quali ragioni geologiche si deve questa instabilità della Sicilia? «La Sicilia è collocata lungo il margine di contatto tra due zolle tettoniche, quella africana che spinge e quella euroasiatica che resiste. In queste condizioni si deve parlare di probabilità più o meno elevata che si possa verificare un terremoto di forte magnitudo in un determinato arco di tempo; la scienza non è ancora in grado di prevedere con precisione i terremoti, per cui le uniche armi sono la prevenzione e l’informazione alla popolazione». Come si sta intervenendo in materia di pianificazione urbanistica per prevenire disastri come quello etneo? «È stata appena pubblicata nella Gazzetta ufficiale regionale la circolare 57027/2012, che illustra le procedure per la redazione degli studi geologici a
15 GLI EVENTI DI DISSESTO REGISTRATI IN SICILIA DA ANCE/CRESME NEL 2011, DI CUI 6 CON DANNI DIRETTI ALLE PERSONE
supporto degli strumenti urbanistici. Uno strumento che consentirà ai geologi di fornire uno studio organico e aggiornato alle nuove normative tecniche su cui basare le scelte di pianificazione tenendo conto delle pericolosità geologiche del territorio. Un passo avanti compiuto in condizioni non facili, visto che la legge urbanistica regionale del 1978 è molto datata e da più parti se ne chiede la riforma. Ora occorre guardare avanti, potenziando ad esempio gli uffici tecnici locali con figure professionali adatte». Quali misure normative negli anni hanno dato una risposta efficace e quali invece sollecitate oggi? «Purtroppo duole constatare come in Italia i progressi normativi siano avvenuti solo dopo grandi catastrofi. È successo per Sarno nel 1998, con i piani per il dissesto idrogeologico, e dopo la tragedia di San Giuliano di Puglia nel 2002, con la formulazione dei nuovi criteri per le costruzioni. Il concetto di pre-
venzione del rischio e di pianificazione deve essere alla radice di un intervento normativo. Sia a livello regionale che nazionale continueremo a portare avanti la proposta dell’istituzione del geologo di zona, figura tecnica carente in troppe amministrazioni locali». In che modo l’Ordine dei geologi ha messo a punto l’attività alla luce dei recenti accadimenti? «Da Giampilieri in poi, l’ordine dei geologi siciliani si è reso disponibile a supportare le attività del dipartimento regionale della Protezione civile. Un rapporto concretizzatosi in una convenzione, rinnovata lo scorso anno e mutuata poi anche da altre regioni, che consente l’utilizzo dei professionisti geologi in forma volontaria, sia in fase di emergenza che di prevenzione del rischio. Attualmente stiamo programmando un’attività formativa per i colleghi proprio per le attività in collaborazione con la protezione civile». SICILIA 2012 • DOSSIER • 103
TUTELA DEL TERRITORIO
Monitoraggio costante del rischio idrico Negli ultimi tempi la Sicilia ha conosciuto un’esposizione a fenomeni di “pioggia critica” non consueti. Ne sanno qualcosa a Catania, colpita da allagamenti la scorsa primavera, ma anche altre aree dell’isola. Rosario Di Rao spiega come il consorzio di bonifica etneo opera per contenere il pericolo idrico Giacomo Govoni
L’ Rosario Di Rao, direttore del Consorzio di bonifica 9 di Catania
ecosistema siciliano è un organismo dall’equilibrio instabile. Sommando alluvioni e frane che periodicamente ricorrono sull’isola, sono quasi 300 i Comuni esposti alla perdurante minaccia di dissesto idrogeologico. Lo attestano i report ministeriali, gli studi delle associazioni ambientali e, non ultimo, il Piano regionale per l’assetto idrogeologico che assegna un ruolo nodale alle attività di salvaguardia svolte dai consorzi di bonifica. «Come incaricati alla conservazione del suolo – spiega Rosario di Rao, direttore del Consorzio di bonifica 9 Catania – siamo chiamati a prestare particolare riguardo alla stabilizzazione dei terreni, al consolidamento delle erosioni, ai movimenti franosi dei pendii e alle opere di adeguamento delle reti scolanti, con finanziamento regionale o statale». L’inondazione di Catania
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del marzo scorso ha riacceso i fari sul rischio idrico legato al territorio. Di quanto si è alzata la vostra attenzione dopo quella vicenda e in quali azioni si è tradotta? «Gli eventi alluvionali verificatisi nell’area catanese la primavera scorsa hanno arrecato ai residenti gravi disagi e rischi per l’incolumità. E ci hanno fatto rivivere il ricordo di Giampilieri e Scaletta Zanclea, nonché del recente allagamento del villaggio catanese di Santa Maria Goretti, ormai a cadenza annuale. Proprio riguardo quest’ultimo, questo consorzio ha in corso uno studio preliminare alla redazione del progetto per la ridefinizione e ridimensionamento delle reti scolanti ricomprese nel bacino dei torrenti Nitta, Librino, Bummacaro e Forcile». Cosa prevede il progetto nel dettaglio? «Prevede l’ipotesi di realizzare un canale scolmatore che, dipartendosi a valle del quartiere
Librino, convogli le acque nei principali adduttori irrigui del consorzio per essere conservate nei serbatoi dislocati lungo il percorso. Tale progetto sarà sottoposto al vaglio della conferenza dei servizi e quindi presentato agli organi competenti per il suo finanziamento. Riguardo poi l’area di VaccarizzoPrimosole, affidatoci dalla Regione a ottobre, posso assicurare che in tempi contenuti saranno avviati i lavori per riportare alla funzionalità le preesistenti opere, oggi obsolete, ripristinando sia le reti per la distribuzione delle acque irrigue che i canali di scolo». Quali principali debolezze sconta il territorio etneo e siciliano in genere? «Analizzando in dettaglio il rischio idrico nella nostra regione, non sfugge che la piovosità eccezionale, nota anche come “pioggia critica”, non sia l’unica causa dei disastri che ne conseguono. Altre condizioni vi con-
Rosario Di Rao
corrono, quali la cosiddetta “cementificazione del suolo”, che turba lo stato di equilibrio del bacino idrografico, in cui quei terreni che ospitano nuovi insediamenti sono ricompresi. Questa, oltre al progressivo abbandono dei terreni agricoli, è fra le principali cause di squilibrio dei bacini idrografici». In materia di difesa idraulica, quali interventi di potenziamento della rete, nel tempo, si sono rivelati determinanti per contenere il rischio e gli effetti di calamità? «Quanto all’adeguamento della rete idraulica, un’opera cruciale è stata realizzata in Sicilia nel comprensorio di bonifica della piana di Catania a partire dall’immediato dopoguerra con il finanziamento della Cassa per il Mezzogiorno. Si sviluppa per circa 800 chilometri, assicurando, in sinergia con l’alveo del fiume Simeto, un soddisfacente sgrondo delle acque. Con la contrazione di finanziamenti statali e regionali per la manutenzione della rete idraulica
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La cementificazione e l’abbandono dei terreni agricoli sono fra le prime cause di squilibrio dei bacini idrografici siciliani
suddetta, tuttavia, questa va perdendo di efficienza per il mancato adeguamento del suo sviluppo e della sua capacità». Da tempo si parla di un accorpamento dei consorzi di bonifica, in nome del taglio ai costi pubblici. Come si rifletterebbe tale misura nella ge-
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stione delle aree regionali? «Partiamo col dire che tale operazione, compiuta sugli 11 consorzi esistenti sul territorio siciliano, non dovrà intaccare un’attività che non può prescindere dall’identificarsi dei comprensori con bacini idrografici o imbriferi più o meno grandi. Nel cui ambito il deflusso idrico superficiale viene convogliato verso la cosiddetta sezione di chiusura del bacino stesso. Solo in questo modo si può pensare a una riduzione degli attuali 11 comprensori. Fermo restando che, a livello regionale, il loro numero non può essere inferiore a tre, corrispondente ai versanti di Val di Noto, di Val Demone e di Val Mazara».
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GESTIONE IDRICA
Le risorse idriche a Messina industria idrica muove un sistema industriale caratterizzato da gestori di piccole, medie e grandi dimensioni, che creano sviluppo, tecnologia e indotto. Dal punto di vista infrastrutturale, la risorsa idrica muove un comparto articolato in cui occorrono una pianificazione e una progettazione del territorio e un sistema di reti articolato in opere diverse. Amam, operativa dal ’96, gestisce il servizio idrico della città di Messina, comprensivo dei processi di fognatura e depurazione, e si occupa della cura dei servizi di captazione e adduzione dell’acqua, nonché dello smaltimento e de-
L’
In alto e nella pagina accanto, due particolari del depuratore di Mili. In basso, impianto di rilancio acquedotto di Fiumefreddo www.amam.it
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Oggi, grazie ai due acquedotti “Santissima” e “Fiumefreddo”, le necessità idriche di Messina sono garantite. Antonino Buttafarro, dirigente amministrativo di Amam, fa il punto sulla situazione idrogeologica del comune Valeria Garuti
purazione dei reflui. Le caratteristiche ambientali e la difficile situazione economica sono due dei fattori che possono influenzare il settore idrico. Infatti, solo un decennio fa, sino al 2002, la quantità di acqua prelevata dal sottosuolo da Amam era appena sufficiente, a causa della scarsità di piogge e del conseguente depauperamento delle falde acquifere. Dal 2003, gra-
Antonino Buttafarro
c zie al cambiamento climatico che ha caratterizzato la zona, Amam preleva oltre 1000 litri d’acqua al secondo. «Siamo soddisfatti della situazione idrica attuale - afferma il dirigente amministrativo Antonino Buttafarro - in quanto oggi, grazie ai due principali acquedotti e ad alcuni pozzi, riusciamo a soddisfare le necessità idriche di Messina. L’acquedotto della Santissima è alimentato dalla falda della catena montuosa dei Peloritani, quello di Fiumefreddo invece preleva l’acqua dalle pendici nevose dell’Etna». Un altro valore considerevole dell’azienda è la tempestività. «A volte può capitare che, a causa di problemi geologici o climatici, le condotte idriche vengano danneggiate gravemente. Noi ci impegniamo ad intervenire in modo sempre più veloce ed efficiente, procurandoci le autorizzazioni necessarie affinché ciò avvenga nel modo più lineare possibile». Amam dal 2005 è una società per azioni con capitale interamente detenuto dal comune di Messina, in veste di socio unico. «Nonostante la crisi – continua
L’acquedotto della Santissima è alimentato dalla falda della catena montuosa dei Peloritani, quello del Fiumefreddo invece preleva l’acqua dalle pendici nevose dell’Etna
Buttafarro – anche nel 2011 siamo riusciti a chiudere in positivo il bilancio, con un fatturato pari a 25 milioni di Euro. Sullo stesso importo si dovrebbe attestare il fatturato per il corrente 2012». Le criticità principali con cui oggi si scontra la nostra azienda riguardano la carenza di personale e, soprattutto, l’elevata morosità degli utenti. «Circa il 25 per cento dei nostri clienti - aggiunge l’ingegnere - in mancanza di solleciti, richiami e sospensioni della fornitura idrica, non adempie all’obbligo di onorare le fatture. Sempre a causa della complicata situazione economica che l’Italia sta attraversando, non possiamo effettuare investimenti consistenti. Disponibilità economiche permettendo, in futuro si prevede di installare un sistema di lettura a distanza dei contatori. Questo meccanismo permetterebbe di evitare la fatturazione di consumi stimati, che prudenzial-
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mente sono più bassi di quelli effettivi, consentendo invece di rilevare il consumo idrico reale e, quindi, una fatturazione più alta. Inoltre, applicando ai misuratori delle elettrovalvole, Amam avrebbe la possibilità di controllare il contatore da remoto, ovviando in tal modo al problema della morosità». Quali invece le prospettive per il nuovo anno? «Non mi aspetto che il 2013 sia diverso dal 2012 – conclude Buttafarro –, tanto più che oggi la città di Messina è commissariata. La situazione economica non è florida e il comune sta vivendo una situazione simile a quella vissuta qualche anno fa da Catania: un rischio di dissesto che è stato risolto grazie ai fondi messi a disposizione dal governo Berlusconi. Tenendo conto che in città le elezioni amministrative si terranno il prossimo maggio, fino a quel momento è difficile delineare nuove prospettive, e credo si navigherà a vista». SICILIA 2012 • DOSSIER • 107
RINNOVABILI
Fotovoltaico, la Sicilia cosa aspetta? Nonostante sia una delle zone più assolate d’Europa, la Sicilia, con anni di ritardo, ancora attende il suo boom di impianti. Rosario Urso, che ha investito credendo nella nuova tecnologia, indica i motivi che stanno dietro al paradosso Renato Ferretti
La Rocam ha sede ad Acireale (CT) www.rocamspa.com
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uno dei grandi temi su cui Crocetta è atteso al varco. Il rilancio del fotovoltaico, e delle rinnovabili in genere, era ai primi posti nel programma elettorale del nuovo Governatore, e in molti sperano che il risultato sorprendente ottenuto alle urne coincida con una svolta della politica energetica siciliana. Quest’ultima vive un vero paradosso, uno di quelli a cui ci si è abituati facilmente in Italia. La Sicilia rappresenta una delle zone con il più alto livello di irraggiamento solare in Europa, eppure il numero e la potenza degli impianti fotovoltaici installati finora non è certamente ai primi posti, anzi. Secondo Rosario Urso, che con la sua Rocam di Acireale è stato tra i primi a inve-
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stire nel nuovo settore, la regione soffre di «un ritardo di almeno tre anni. Non mi capacito del fatto che la regione con più impianti fotovoltaici sia la Lombardia che di certo non è famosa per essere assolata. E pensare che alcune aziende internazionali, proprio per il vantaggio dei tanti giorni di sole all’anno, hanno preferito la Sicilia, che non gode di incentivi, piuttosto che paesi come la Romania o la Bulgaria che invece ne beneficiano». La chiusura del fotovoltaico ha costretto Urso a riguardare il suo piano d’azione con cautela. «Noi avevamo investito – dice Urso – convinti che ci fossero almeno altri quattro anni di buon gioco per la nuova tecnologia. Invece dopo un anno di buoni risultati, ora ci ritroviamo senza grandi
Rosario Urso
prospettive. Eppure la mia azienda è una di quelle in salute, non ho contratto debiti con le banche e fino a maggio ho continuato ad assumere personale. Ma l’edilizia in Sicilia è un disastro e quest’anno registreremo sicuramente una contrattura». I motivi di questo calo, a crisi ben più che inoltrata, affondano le proprie radici in un terreno paludoso, fatto di insolvenze e operazioni poco chiare. Le responsabilità sfuggono se si considerano tutti i fattori. «Dire quale sia stato l’elemento decisivo per questa battuta d’arresto – spiega il titolare della Rocam – non è facile. Sicuramente possiamo dire che lavorare per il pubblico è ormai un rischio che non vale la pena di correre, perché non si è affatto certi che il lavoro venga pagato, anzi. Noi siamo qualificati da Enel e per loro abbiamo fatto moltissimi lavori in Sicilia e non solo. Ma ora, con le gare di appalto a livello europeo, ci troviamo ad affrontare la
concorrenza di imprese estere, con un notevole abbassamento dei prezzi e quindi con margini molto esigui, se non addirittura nulli. Al momento però il nostro unico cliente è Enel e aspettiamo l’esito di un’altra gara di appalto, mentre cerchiamo attività dove ci sono sicurezze economiche». L’estero è quindi una possibilità da valutare. Ma sull’argomento Urso frena gli entusiasmi. «Sto aspettando che si apra qualche canale all’estero: dalla Romania e dalla Tunisia devono arrivare delle risposte, ma sono cauto perché non ci vuole molto per ritrovarsi di punto in bianco in una situazione critica. Per esempio dei grossi appalti non mi fido, perché troppo spesso succede che un lavoro venga pagato dopo due anni, quando va bene. A volte succede di non essere retribuiti affatto. Adesso quando si accetta di fare un lavoro bisogna fare mille controlli per accertarsi che le disponibilità economiche congrue siano reali, e anche in casi di cer-
tezza non si sa mai: purtroppo lo so per esperienza, da anni mi devono pagare alcuni lavori che ho fatto per enti per cui nutrivo la massima fiducia». Dunque se il mercato del fotovoltaico dovesse riprendersi, anche la Rocam, un esempio in cui tutta la piccola e media impresa siciliana può riconoscersi, potrebbe ritornare ad assumere e a dare il proprio contributo con un’efficienza più volte riconosciuta dalle committenze. «Negli anni ci siamo distinti per l’affidabilità e la velocità di esecuzione. In particolare mi riferisco a certi lavori sul fotovoltaico i cui tempi erano strettissimi, perché la data in cui bisognava essere pronti con la connessione era stabilita non molto tempo dopo la data di autorizzazione. Quindi, chi voleva connettersi doveva affidarsi a un’azienda che garantisse di finire il lavoro entro quella data, altrimenti avrebbero perso svariati milioni di euro. In un mese, per esempio siamo riusciti a fare connessioni di circa 10 km». SICILIA 2012 • DOSSIER • 109
GESTIONE RIFIUTI
Crescono i servizi ambientali In Italia il settore dei servizi ambientali ha subito una forte accelerazione grazie alle riforme degli ultimi anni, che portano sempre più aziende ad adeguare la gestione agli standard europei e investire in questo solido business. Il punto di Antonino Fragapane Viviana Dasara
l 25 ottobre 2012 il Consiglio dell’Unione europea ha raggiunto un nuovo accordo globale nel quadro di importanti negoziati internazionali sul clima previsti a Doha, Qatar, a fine novembre. Il sistema delle risorse naturali determina da sempre le condizioni per la vita sul nostro pianeta e i cosiddetti “servizi ambientali” costituiscono al giorno d’oggi la base delle principali attività svolte dalle società contemporanee tanto più il fondamento patrimoniale di tutte le nostre economie. Ma si tratta di un patrimonio che dal punto di vista economico risulta in gran parte invisibile, per la difficoltà di attribuire un valore specifico al capitale naturale. La difficoltà dipende dal fatto che gran parte delle risorse non sono monetizzabili in quanto la loro disponibilità non è legata a una transazione economica. Se infatti parliamo di suolo edificabile e di flussi di materia destinati alla produzione,
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Uno dei mezzi della Ecolandia Srl di Catania ecolandiacorr@alice.it
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possiamo abbastanza facilmente attribuire un valore monetario a ciascuna di queste entità. Ma se parliamo di aria sana e respirabile, di condizioni climatiche equilibrate, di smaltimento dei rifiuti naturali e dei suoi effetti sulla resilienza e lo sviluppo degli ecosistemi, allora la conversione in valori monetari diventa estremamente labile. Occorre quindi creare le migliori condizioni per valorizzare il patrimonio di conoscenze delle imprese (quali processi produttivi, sostanze impiegate, procedure di controllo e certificazione finale)
e supportare la loro propensione nel realizzare nuovi investimenti imprenditoriali. È il caso della Ecolandia Srl di Catania, realtà che opera nella gestione di servizi ambientali e che si occupa prevalentemente di raccolta differenziata e trasporto rifiuti. Antonino Fragapane, amministratore unico della società, ha evidenziato la crescita significativa registrata recentemente a fronte della ricerca continua di innovativi sistemi di sviluppo inseriti nella propria produzione. «In questi due anni, l’andamento del business è stato positivo e
Antonino Fragapane
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Ogni anno nel mondo si producono oltre 4 milioni di tonnellate di rifiuti di cui solo un quarto viene recuperato o riciclato
gli ultimi investimenti riguardano il parco automezzi, che spazia dai semplici cassoni scarrabili adatti alla raccolta e trasporto di rifiuti urbani pericolosi, rifiuti speciali assimilabili e quant’altro l’igiene ambientale richieda, alle più complesse soluzioni oleodinamiche. Elemento fondamentale riveste il capitale umano impiegato». Ogni anno nel mondo si producono oltre 4 milioni di tonnellate di rifiuti di cui solo un quarto recuperato o riciclato. Nel 2011, la raccolta differenziata in Italia è arrivata al 33,4 per cento, ovvero un comune italiano su sette ha raggiunto l’obiettivo del 65 per cento di raccolta differenziata che la legge nazionale impone come percentuale minima solo a
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partire da quest’anno. Salgono a trentasette i capoluoghi dove più della metà dei rifiuti è raccolta secondo corrette modalità differenziate. «In Italia il business dei rifiuti ha subito una forte accelerazione grazie alle riforme degli ultimi anni – spiega Fragapane–, che portano ad adeguare la gestione dei rifiuti agli standard europei». La Ecolandia Srl, regolarmente iscritta all’Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti con autorizzazione del Ministero dell’ambiente, vanta un’esperienza ventennale nel settore e dispone di attrezzature e know-how all’avanguardia. Offre inoltre un servizio di raccolta differenziata dei rifiuti attraverso il me-
todo del “porta a porta”, noleggio attrezzature per i diversi servizi di raccolta, lavaggio cassonetti e spazzamento trasporto di merci per conto terzi. «Operiamo nella gestione di servizi ambientali come fornitore di enti pubblici e privati, aziende e amministrazioni locali e statali. Dei risultati ottimali del nostro operato sono stati rilevati nel Comune di Zafferana Etnea, dove la raccolta differenziata nel mese di agosto 2012 è arrivata al 71,71 per cento rispetto al 15,4 per cento dell’anno precedente. La nostra azienda è attenta ai principali temi della politica ambientale per cui fornisce un servizio nel rispetto della normativa vigente in materia di raccolta rifiuti». SICILIA 2012 • DOSSIER • 111
LOGISTICA
L’obiettivo? Intercettare i flussi del Mediterraneo La logistica del nostro paese vive di un paradosso ormai quasi proverbiale. Le nostre mancanze infrastrutturali spostano il mercato in paesi dalla posizione meno vantaggiosa. Angelo Di Martino fa il punto su uno dei settori che potrebbe trainare il paese Renato Ferretti
ata la sua posizione vantaggiosa, l’Italia sarebbe una porta privilegiata per il traffico di merci nel Mediterraneo. Sarebbe, è bene sottolineare il condizionale. Dall’interesse dimostrato dai media e dall’efficienza del nostro sistema infrastrutturale, infatti, risulta chiaro che nel nostro paese non si considera la logistica come motore di sviluppo. A dirlo sono in molti, tra cui anche attori di primo piano del settore. I tempi lunghi di controllo nei porti, l’insufficiente collegamento tra gli stessi e la rete ferroviaria, la congestione del traffico dovuta alle mancanze infrastrutturali, sono solo alcuni dei fattori che determinano prezzi molto più alti rispetto a quei paesi che invece hanno puntato sui trasporti. Si calcola che in Germania il costo di produzione si abbassi fino al 15 per cento in meno. Ebbene, in cosa si traduce tutto questo? Invece di utilizzare i nodi strategici che si
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Nella pagina a fianco, Angelo Di Martino, presidente del gruppo Di Martino Spa con sede a Catania www.dimartinospa.com
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trovano in Italia, si preferiscono i porti dell’Europa settentrionale, nonostante il tragitto tramite la nostra penisola sia di gran lunga più veloce, in una teorica parità di condizioni. «E nel Mezzogiorno la situazione è ben peggiore. Basti pensare che una linea Adsl è ancora un lusso, per non parlare della quantità e qualità dell’acqua». Interviene così sull’annosa questione Angelo Di Martino, commendatore della Repubblica e presidente del gruppo Di Martino Spa con sede a Catania, che da decenni si occupa di logistica e trasporti in genere. Di Martino non salva niente di quanto già esistente per il settore trasporti. «Mancano i servizi base: ci sarebbe bisogno di autostrade, porti ed aree industriali più servite. Eppure è banale il principio da cui dovrebbero nascere certe decisioni in materia: per far muovere il business occorre far muovere i prodotti, quindi puntare sulla logistica è imprescindibile».
Come ha reagito la sua azienda alle condizioni attuali? «I tempi non sono brillanti. L’economia è in una fase di stagnazione. Abbiamo cercato di andare avanti affrontando la crisi con investimenti che dovrebbero darci efficienza e maggiore competitività oltre che consolidare le nostre posizioni su alcuni segmenti e mercati. Nonostante tutto l’azienda è cresciuta in termini di volume d’affari, con una marginalità più ridotta in linea con quelle del mercato». Che tipo di investimenti avete portato avanti? «Posso citare quelli fatti in materia di innovazione tecnologica, come i sistemi gestionali per tracciare i processi produttivi, la gestione dei magaz-
Angelo Di Martino
Siamo attenti ai cambiamenti dei modelli di consumo che influenzano la distribuzione e quindi i bisogni dei clienti
zini in radiofrequenza, la tracciabilità delle consegne e il monitoraggio dei mezzi di trasporto. Ma non è sufficiente: è il cervello operativo a fare la differenza nel nostro lavoro. La situazione varia di giorno in giorno e quanto si richiede oggi è una continua attenzione ai flussi e alle modalità alternative di gestione degli stessi. Sono questi tempi di
reazione e l’individuazione continua di aree di miglioramento ciò che ci fa stare ancora in vita». Su quest’ultimo punto quali sono stati gli ultimi provvedimenti che avete preso? «Non molto tempo fa abbiamo aperto un nuovo polo logistico che si sviluppa su un’area di 165mila metri qua-
drati di area totale. Da Guardamiglio possiamo operare da una posizione sicuramente più strategica, baricentrica rispetto all’Europa oltre che ideale per offrire un servizio logistico in Italia. La nuova struttura ci permetterà di gestire al meglio gli scambi, consolidare le merci e prepararne la distribuzione sui vari mercati di riferimento». SICILIA 2012 • DOSSIER • 115
LOGISTICA
IN SINERGIA l gruppo opera prevalentemente in due settori complementari, ma dotati di autonomia funzionale, organizzativa e di capitali – Mario Di Martino, direttore della sezione trasporti della Di Martino Spa, illustra la composizione dell’azienda –. Il primo settore è legato ai trasporti e alla logistica operativa e immobiliare che abbraccia diversi settori merceologici dal grocery al fashion, al retail in generale. Il secondo settore è legato, invece, alla commercializzazione, noleggio e assistenza di autovetture e veicoli industriali. In tutto sono sei le società che compongono il gruppo, tre per settore. La sinergia tra queste è un elemento decisivo tra quelli che ci permettono di essere ambiziosi».
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Mario Di Martino, direttore sezione trasporti del gruppo Di Martino Spa
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Nel vostro raggio d’azione, quali sono le aree di mercato che hanno più possibilità di sviluppo? «Abbiamo già iniziato un processo di internazionalizzazione circa 10 anni addietro con focus area del Mediterraneo, nei paesi dove prevediamo possano esserci i maggiori sviluppi negli anni a venire: Marocco, Tunisia, Turchia, Serbia. Certamente non tralasceremo le direttrici con cui abbiamo iniziato, seguendo quindi i principali flussi industriali. Penso a Francia, Spagna e Germania, dove operiamo attraverso linee di round trip dedicate. La Spagna si può annoverare tra quei paesi da cui ci aspettiamo una crescita significativa». Se dovesse indicare l’elemento che ha determinato la
vostra crescita negli ultimi anni, quale citerebbe? «Siamo un’azienda di servizi e il cliente è al centro della nostra strategia di sviluppo. Dobbiamo stare attenti al cambiamento dei modelli di consumo poiché influenzando la distribuzione commerciale incidono direttamente sui bisogni dei nostri clienti (azienda di produzione e retailer) che dovranno adeguare i loro modelli di consumo e conseguentemente le loro supply chain. Fatta questa premessa si può concludere che certamente le varie aziende di cui si compone il gruppo costituiscono la possibilità di intervenire in modo preciso ed efficiente su vari segmenti del mercato cui ci riferiamo».
LOGISTICA
Logistica in Sicilia, gestire le criticità La mancanza di impianti adeguati non scoraggia la logistica locale, che invece rilancia puntando sulla posizione geografica vantaggiosa. Luigi Marangolo inquadra il settore e avverte: «Ci vuole esperienza, non si può improvvisare» Renato Ferretti
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Luigi Marangolo
Due sono le opere prioritarie ed entrambe a Catania: l’ampliamento del Porto e l’allungamento della pista dell’aeroporto
i sono opere che hanno il potere di cambiare la vita d’intere comunità. Lo sa bene chi si occupa di trasporti e logistica in Sicilia: le infrastrutture sono estremamente carenti e queste condizioni compromettono in modo inaccettabile non solo il settore, ma la stessa economia del territorio. Le possibilità che si aprirebbero con gli interventi adeguati sono incalcolabili, data la posizione strategica in cui si trova l’isola. Eppure c’è chi esce
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vincitore comunque dalla lotta all’interno del mercato, nonostante la concorrenza impari con paesi che godono di quanto necessario per essere aggressivi nel settore. Un esempio è dato dall’andamento che può vantare la catanese Marangolo, il cui Presidente, Luigi Marangolo, ha le idee chiare sui motivi che spiegano un successo così improbabile. «Nel settore della logistica integrata – dice – non si può improvvisare: per fornire i servizi idonei occorre esperienza e la trasmissione di questa ai propri collaboratori». Che bilancio può fare dell’ultimo periodo? «Il 2012 è stato un anno durante il quale abbiamo raccolto i frutti di un intenso lavoro, che ci ha visti protagonisti in Sicilia sia nelle attività portuali che nei servizi dedicati al settore industriale. Possiamo affermare con soddisfazione che in questi ultimi tre anni, in piena controtendenza rispetto alla crisi che sempre più ha investito tutti i settori economici siciliani, abbiamo registrato una continua crescita di attività».
In effetti sono risultati che vanno contro ogni previsione. «La forza della nostra azienda risiede proprio nella professionalità e capacità di offrire più servizi integrati nell’import/export, “door to door” e “just in time” relativamente a tutte le merceologie e in particolare macchinari, project cargo, merci pericolose, deperibili. I risultati positivi si raggiungono offrendo serietà, qualità e professionalità. Per i propri collaboratori bisogna mettere a disposizione know how, programmi, mezzi e attrezzature informatiche continuamente aggiornati. Siamo stati i primi per i prodotti ospedalieri e per quelli agricoli ad attrezzare i nostri magazzini a norma, nel rispetto di tutte le vigenti prescrizioni. La specializzazione ha sempre ripagato gli investimenti della mia azienda». Quali sono gli interventi che auspica per il rilancio della Sicilia? «Due sono le opere infrastrutturali prioritarie. Interessano entrambe la città di Catania ma SICILIA 2012 • DOSSIER • 119
LOGISTICA
L’INTERMODALITÀ VINCENTE uigi Marangolo spiega i motivi alla base dell’andamento in controtendenza della sua azienda. «Malgrado i notevoli deficit infrastrutturali della Sicilia – dice il Presidente – la nostra azienda riesce a fornire un altissimo livello di servizi intermodali. Il nostro personale, patrimonio d’eccellenza dell’azienda, si è formato confrontandosi con i responsabili della logistica delle più grandi multinazionali mondiali. Unici in Sicilia a fornire direttamente e con proprie strutture tutti i servizi inerenti la logistica: trasporti terrestri e marittimi, impresa portuale, terminals auto e contenitori, stoccaggi, depositi, assistenza documentale, doganale e assicurativa. Quali Partner operativi agenti del Gruppo Grimaldi di Napoli, offriamo partenze plurisettimanali da Catania per Genova, Livorno, Salerno, Brindisi, Ravenna, Malta, Bar e Patrasso. Colleghiamo in coincidenza da uno dei suddetti scali quasi tutti i porti dell’area del Mediterraneo».
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favoriranno i traffici di ben sette con previsto completamento
Luigi Marangolo, Presidente della Marangolo shipping agency di Catania www.marangolo.it
delle nove provincie siciliane (Catania, Messina, Siracusa, Enna, Ragusa, Caltanissetta, Agrigento). La prima è l’ampliamento del porto di Catania, con la realizzazione della Darsena Traghetti che permetterà cinque nuovi accosti per navi Ro/Ro, serviti da 130.000 metri quadrati di piazzali per la sosta e movimentazione delle merci. I lavori, già finanziati, sono iniziati a marzo del 2012
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entro i primi mesi del 2014. La seconda opera da realizzare è l’allungamento dell’attuale pista dell’aeroporto di Catania Fontanarossa, o meglio, la realizzazione di una seconda pista parallela all’attuale ma più lunga. Questa seconda opera permetterà alla Sicilia di accogliere i grandi aerei per soddisfare la richiesta di voli intercontinentali diretti per Usa, Canada e Australia, così da ren-
dere competitivi i trasporti dei prodotti siciliani e principalmente per poter incentivare il turismo incoming. In attesa della realizzazione della Darsena Traghetti, ci stiamo preparando a far diventare il porto di Catania l’hub di interconnessione e sviluppo dei traffici di tutto il Mediterraneo in considerazione della posizione baricentrica del nostro porto». Nell’ultimo periodo si parla sempre più spesso di tutela ambientale. Qual è la vostra posizione in merito? «Il Gruppo Grimaldi di Napoli, che ci onoriamo di rappresentare nel porto di Catania per tutta l’area della Sicilia orientale, è particolarmente sensibile ai temi dell’impatto ambientale e della sostenibilità. Attualmente la Grimaldi fa scalare a Catania 6 navi tutte di nuovissima costruzione uscite dai cantieri coreani e nord europei, navi che rappresentano la migliore soluzione al rispetto dell’ambiente marino e portuale. Noi, quali partner a Catania, non potevamo trascurare questi aspetti. I nostri mezzi, trattori Tug-Master, con i quali effettuiamo la movimentazione dei rotabili bordo/terra e viceversa sono mezzi di ultima generazione acquistati dalle due case costruttrici leader mondiali, anch’esse attente alle problematiche in parola, la tedesca Mafi e l’olandese Terbeg».
TRASPORTI
Trasporti, criticità e prospettive
Cresce il numero delle imprenditrici nel nostro paese, che in Europa detiene in questo ambito un vero e proprio primato. E sono sempre più numerose le donne che si rivolgono a settori, in passato appannaggio maschile. Il punto di Tiziana Bonarrigo Anastasia Martini
imprenditoria femminile italiana detiene il primato in Europa ed è in crescita costante. Secondo il relativo osservatorio, presso l’ufficio studi di Confartigianato, nel 2011 le imprenditrici autonome hanno superato il milione e mezzo, registrando un aumento del 6 per cento rispetto all’anno precedente. A questo trend si
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associa quello delle donne che si rivolgono a settori tradizionalmente di appannaggio maschile, quale quello dei trasporti, in cui si muovono, grazie anche alle competenze di uno staff fidato. È il caso di Tiziana Bonarrigo, titolare della Rapid Trasporti, società di recente fondazione, che opera in un contesto costellato da molte criticità. «L’autotrasporto – spiega – sta
ovviamente vivendo di riflesso la difficile congiuntura economica. In particolare, l’aumento vertiginoso del costo di materie prime quali il gasolio, che, purtroppo, si riflette anche in altri ambiti. Un esempio in tal senso è l’aumento dei costi sui pedaggi, in particolare quelli delle navi che dalla Sicilia ci collegano al resto del territorio nazionale. Per quanto riguarda la
Tiziana Bonarrigo
La Rapid Trasporti Srl ha sede a Venetico (ME) rapidtrasportisrl@legalmail.it
nostra specifica realtà, le difficoltà sono legate al fatto che siamo nati da poco, con poche risorse a disposizione per emergere sul mercato, e nel quadro di una situazione economica non favorevole. Tuttavia, l’esperienza pluriennale dei professionisti con cui collaboro è uno strumento importante per lo sviluppo e l’ampliamento dell’attività, obiettivo verso cui puntiamo; mentre, per sostenere gli aumenti dei costi delle materie prime, mettiamo in campo diverse strategie, quali, la richiesta di rimborso delle accise sul gasolio, per supportare costi esosi». Relativamente alla scelta di operare nel trasporto, l’imprenditrice rileva che: «si tratta di un settore che da poco vede l’affermarsi di donne “al timone” amministrativo. Tuttavia, per quanto mi riguarda, non trovo delle difficoltà, anzi ho la fortuna di essere coadiuvata da mio marito, Tino Tringali, che nel settore è conosciuto, e collabora alla gestione dei contatti con i dipendenti, che grazie alla loro competenza e serietà, mi permettono di lavorare in maniera positiva». D’altro canto, occorre dire che negli ultimi anni è aumentato il numero di donne che operano come autista, lavoro che in passato era “tipica-
1,5 MLN mente maschile”. La Rapid Trasporti, opera sia in Italia che all’estero, trasportando merci a regime di temperatura controllata, in particolare, carni, verdure e agrumi. «I nostri mezzi – continua Bonarrigo – sono forniti delle autorizzazioni sanitarie, rilasciate dalle Asl territorialmente competenti e vengono sottoposti a controlli periodici. Inoltre alla società viene rilasciato l’Haccp, ovvero il sistema di autocontrollo igienico che previene i rischi legati alla contaminazione alimentare. Ci spostiamo su tutto il territorio nazionale e tocchiamo diversi paesi europei, in particolare Austria, Francia, Germania, Olanda, Svizzera». La flotta della Rapid Trasporti si compone di dieci veicoli, tra articolati e autotreni, tutti dotati di impianti refrigeranti e della portata di circa 44 tonnellate. Oltre alla sicurezza dei mezzi, sottoposti a tutti gli interventi di manutenzione necessari al mantenimento di performance otti-
LE IMPRENDITRICI IN ITALIA NEL 2011, SECONDO L’OSSERVATORIO DI CONFARTIGIANATO
mali, l’attenzione è rivolta a una serie di accorgimenti per operare in un regime di sostenibilità ambientale. In tal senso, oltre alle verifiche tecniche, la società provvede ad esempio a pagare una quota per lo smaltimento delle gomme usate, affinché venga effettuato nel rispetto delle normative vigenti. Con queste credenziali, l’azienda guarda al futuro, elaborando obiettivi ben precisi, riferiti dall’amministratrice che afferma «Malgrado la crisi, intendiamo ampliare l’attività, sia in termini di lavoro, che di numero di mezzi e di dipendenti, dando quindi la possibilità di alleviare il problema della disoccupazione, in Sicilia particolarmente diffusa. Per ottenere ciò, vista la dimensione della nostra attività, intendiamo accrescerci, secondo strategie prudenti, ma con determinazione». SICILIA 2012 • DOSSIER • 125
TURISMO
Una risorsa sottovalutata Parlare di turismo in Sicilia equivale, sulla carta, a un ventaglio di scelta a 360 gradi: mare, montagna, cultura, enogastronomia. Nei fatti, però, l’Isola ha troppo spesso disatteso le aspettative, raccogliendo cifre al di sotto delle potenzialità del territorio Camilla Gargano
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Sotto, turisti nel centro storico di Scicli, in provincia di Ragusa. Nella pagina a fianco, la Valle dei Templi di Agrigento
econdo l’Osservatorio Buyer di TTG Italia, ciò che spinge gli stranieri a visitare il Bel Paese sono l’enogastronomia, che conquista il 68 per cento delle preferenze, la cultura (65 per cento), il lusso (51 per cento) e il benessere (39 per cento), in calo invece il turismo balneare. Per quanto riguarda la tipologia di turisti, ai primi posti troviamo famiglie (70 per cento), senior (56 per cento) e single (44 per cento), poco
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sotto i giovani (43 per cento). Per quanto riguarda le destinazioni, se Toscana (86 per cento), Veneto (72 per cento) e Lazio (65 per cento) sono le mete preferite dai turisti stranieri, Puglia, Sicilia e Piemonte stanno acquistando velocemente punti, grazie alle politiche promozionali e di offerta degli ultimi anni. Ma proprio sulle strategie di valorizzazione del settore turistico nel Mezzogiorno arriva l’allarme del Ministero per i Beni e le attività cultu-
rali, secondo cui il 44 per cento dei siti archeologici del sud Italia è chiuso al pubblico mentre in un altro 19 per cento si entra senza pagare nessun biglietto. È il quadro che emerge dal censimento dei siti di Sicilia, Calabria, Campania, Puglia e Basilicata che il Mibac ha presentato durante un convegno alla Borsa mediterranea del turismo archeologico tenutasi a Paestum a novembre. A ciò si aggiunge il Rapporto Svimez 2012, dal quale emerge che il turismo e l’industria culturale potrebbero costituire nuove aree di occupazione su cui puntare per il rilancio del Mezzogiorno. L’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno sottolinea che occorrerebbe “una strategia unitaria e forte che faccia riferimento al Mezzogiorno nella sua dimensione di macro-area e non solo a singole regioni, attraverso la valorizzazione del brand “Southern Italy”, identificando il Mezzogiorno come prodotto turistico composito e non solo esclusivamente balneare”.
Il settore in Sicilia
Stando sempre al rapporto Svimez, il divario tra nord e sud del Paese appare ancora più forte se si considerano le presenze straniere. Nel centronord l’incidenza del turismo nelle località di interesse storico e artistico è pari al 49,1 per cento negli arrivi e al 37,1 nelle presenze; nel Mezzogiorno, invece, i valori si fermano rispettivamente al 19,4 e al 10,8 per cento, con una media interna tra Campania, Puglia e Sicilia del 26,2 per cento per gli arrivi e del 15,7 per le presenze. Nel dettaglio, la spesa dei turisti stranieri fra le province d’arte del Sud appare molto limitata, con un massimo di 261 milioni di euro a Salerno, 234 a Palermo e 229 a Bari. Province di grande rilievo artistico e archeologico, come Catania e Messina, presentano una spesa piuttosto ridotta di 176 e di 219 milioni di euro. Di recente sulla questione è intervenuto anche Nicola Bono, presidente della Provincia di Siracusa e responsabile dell’Unione province italiane per Turismo e Cultura e dell’Associazione Province Unesco Sud
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La spesa dei turisti stranieri nella provincia di Palermo è di 234 milioni di euro. Catania e Messina si fermano a 176 e 219 milioni
Italia, che ha denunciato la gestione fallimentare dei 2 miliardi di fondi che l’Unione europea aveva stanziato all’interno della programmazione 2007-2013 nel capitolo degli Attrattori culturali, naturali e Turismo, tra i cosiddetti Poin e Pain, e dei quali poco si è saputo. «La prima misura è di esclusiva competenza delle regioni Campania, Calabria, Puglia e Sicilia; la seconda è destinata anche alle regioni già uscite dall’Obiettivo 1, cioè Abruzzo, Basilicata, Molise e Sardegna. Dopo qualche anno il Pain sparì senza lasciare traccia. Svanirono 950 milioni di euro che avrebbero dovuto creare nel
Mezzogiorno la politica di sviluppo basata sulla cultura. Restò, sulla carta, solo il miliardo e 31 milioni del Poin, al netto di 19 milioni del primo disimpegno di risorse dell’Ue per il ritardo nella spesa. Ma dopo oltre sei anni non si è riusciti a spendere correttamente un solo euro. In questi anni le autorità di gestione sono cambiate sei volte». Gli fa eco Edoardo Massaglia, presidente del Sicilia Convention Bureau, secondo cui «il turismo potrebbe valere il 25-30% del Pil e invece è fermo al 5 per cento. L’idea è che puntare sul turismo degli eventi possa aiutare a sviluppare un turismo di ritorno di altra gente».
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TURISMO
Servono incentivi al trasporto turistico Le imprese che si occupano del trasporto dei turisti non godono di alcun incentivo o contributo, a differenza di altri operatori del settore. In quest’ottica «è auspicabile un intervento da parte delle istituzioni». Il punto di Antonio Russo Carlo Gherardini
l trasporto turistico sul territorio richiede maggiore attenzione da parte delle istituzioni. Se varie categorie legate al turismo, dagli alberghi alle agenzie di viaggio, nonché il trasporto pubblico locale, godono di incentivi o contributi, lo stesso discorso non vale per quelle aziende che si occupano dello spostamento dei turisti in visita in Sicilia. «Trovo che il trasporto turistico dovrebbe essere equiparato al servizio pubblico di linea, perché rappresenta un anello importantissimo che lega il turismo alla regione – afferma Antonio Russo, titolare della Autoservizi Russo di Catania –. Il primo impatto che il turista ha con il territorio è proprio su questi mezzi, che devono garantire comfort e qualità. A questo scopo, è necessario ovviamente fare investimenti mirati, cui le aziende del settore, ad oggi, fanno fronte contando esclusivamente sulle proprie risorse, senza alcun intervento statale».
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La categoria lamenta dunque una scarsa attenzione da parte delle istituzioni. Quali altre criticità affliggono l’operato di una realtà come la vostra? «Oltre alla totale mancanza di agevolazioni o incentivi, il trasporto passeggeri in Sicilia oggi risente in parte della flessione del comparto turistico, nonché, naturalmente, dell’aumento del prezzo del carburante che rappresenta un aspetto drammatico del nostro lavoro. Anche in questo senso, infatti, a differenza degli autotrasportatori, le aziende di trasporto passeggeri non godono di alcun recupero di accise sul gasolio, per cui il costo del carburante viene sostenuto in toto dall’azienda stessa. Lo stato non riconosce neanche alcun contributo finale per l’acquisto o la sostituzione di mezzi. In questo scenario, è evidente come l’aumento del costo del carburante incida in maniera significativa sul bilancio». Come fate fronte a questa
problematica? «Non potendo aumentare più di tanto le tariffe, cerchiamo di recuperare sulla manutenzione piuttosto che sugli intervalli dei cambi di olio». In questo quadro così complesso, quale bilancio può trarre Autoservizi Russo dall’ultimo anno di attività?
Antonio Russo titolare della Autoservizi Russo di Catania - russo.bus@tin.it
Antonio Russo
TRE GENERAZIONI NEI TRASPORTI utoservizi Russo fu fondata nel 1947 da Nino Russo per trasportare gli operai nelle miniere, anticipando di fatto le Concessioni Pubbliche di Linea istituite solo qualche anno dopo dalla Regione Sicilia. L’azienda si è occupata solo di trasporto pubblico locale fino al 1966 anno in cui il figlio di Nino, Salvatore Russo, insieme alla moglie Sara, intraprese l’attività dedicata al settore turistico con escursioni programmate verso le località più belle della Sicilia. Gran parte dei successi della Autoservizi Russo sono da attribuire proprio alla signora Sara, prima donna manager nel settore degli autoservizi turistici nonché colonna portante dell’impresa, fino alla sua recente scomparsa. Nel 1966, Sara e Salvatore misero a punto un sistema di trasporto capillare ad hoc per i dipendenti della Ates (attualmente STMicroelectronics) attivo ancora oggi. Antonio Russo, figlio di Salvatore e Sara, entrato in azienda nel 1984, ne è divenuto titolare nel 1996.
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«Nel 2012 abbiamo mantenuto lo stesso fatturato dell’anno precedente, siamo riusciti ad arginare gli effetti della crisi grazie a lavori fissi che ci impegnano 365 giorni l’anno, come il trasporto capillare ad hoc dei dipendenti della multinazionale STMicroelectronics. Il lieve calo nel settore turismo, inoltre, è stato compensato da altri servizi che ci sono stati affidati nel corso dell’anno, come il trasporto di studenti impegnati in vari stage, dalle sedi scolastiche all’aeroporto e viceversa». Operate prevalentemente in Sicilia, come vivete i deficit infrastrutturali presenti sul territorio?
«Siamo fortemente penalizzati dal traghettamento lungo lo Stretto di Messina. Anche sotto questo aspetto non abbiamo alcuna agevolazione, e dobbiamo pagare tariffe intere, che si aggirano intorno ai 400 euro per traghettare andata e ritorno un pullman con passeggeri. In quest’ottica, auspico che si possa fare il ponte sullo Stretto ma non alle condizioni profilate attualmente dalla Società Stretto di Messina, che permetterebbero vantaggi solo in termini di tempo ma non a livello di costi». Quali le prospettive e i programmi di investimento per il prossimo futuro? «Il piano di investimenti che
ho pensato è strettamente legato alla ripresa dell’economia nazionale. Da quando l’azienda è nata, nel 1947, ha sempre sostenuto, quasi ogni anno, investimenti anche importanti relativi all’ammodernamento del parco macchine e delle attrezzature ma onestamente, da qualche anno, gli investimenti sono rallentati, perché abbiamo preferito sostenere i costi del carburante e dei dipendenti, per preservare l’occupazione. Per il 2014, comunque, se la situazione economica italiana lo permetterà, l’obiettivo è sostituire almeno 4 o 5 pullman: un investimento che richiederà circa 1 milione di euro». SICILIA 2012 • DOSSIER • 133
Palletways, la soluzione veloce e sicura per spedire in Italia ed Europa Un modello di trasporto che unisce la velocità del corriere espresso con le quantità e la tipologia di merci del distributore tradizionale. Albino Quaglia spiega i vantaggi e le ragioni del successo del pallet network
recento aziende di autotrasporto consorziate. Un Network internazionale che abbraccia undici Paesi Europei e che, lungo lo Stivale, può contare su una rete di 86 Concessioni, distribuite capillarmente su tutto il territorio nazionale e capace di movimentare, in Italia, oltre 5000 pallet al giorno, anche in aree remote, dove è difficile effettuare spedizioni con altri corrieri. Sono i numeri di Palletways, società leader nel trasporto espresso di merce su pallet, nata nel 1994 nel Regno Unito, da un’idea al tempo stesso semplice e rivoluzionaria: trasferire le logiche tipiche delle spedizioni tramite corriere espresso alla movimentazione di merci pesanti, per garantire anche al trasporto di bancali fino a
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una tonnellata di peso e oltre, i tempi di consegna previsti per un pacco. A costi competitivi. «Dopo il mercato britannico, l’Italia è stata il primo Paese, nel 2001, ad adottare il nuovo sistema per le spedizioni veloci con ottimi risultati, perché la società continua a crescere, in termini di volumi, a un ritmo del 15/20 per cento l'anno», ricorda Albino Quaglia, amministratore delegato di Palletways Italia al quale abbiamo posto alcune domande. Quali sono i vostri punti di forza, in un mercato così difficile? «Prima di tutto la qualità del servizio, poi la flessibilità. A disposizione dei nostri Clienti mettiamo sei differenti tipologie di bancali: dal Mini Quarter, ideale per piccole
Palletways Italia Spa - Via Pradazzo, 7 - 40012 Calderara di Reno (Bologna)
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spedizioni, con peso inferiore ai 150 Kg; al Full pallet, per merce fino a una tonnellata di peso, passando per quattro bancali di formato intermedio: Quarter, Extra Light, Half e Light. Questo ci permette di offrire tariffe semplici e competitive, calcolate in base al numero e alla tipologia di pallet da spedire, senza passare per la tradizionale conversione peso/volume». A quali settori merceologici vi rivolgete? «Abbiamo Clienti che provengono da tutti i settori, con il vitivinicolo in pole position con il 30 per cento dei volumi; quindi dai materiali per l'edilizia ai prodotti per la casa e la persona, dai casalinghi all’agroalimentare. Il nostro sistema, infatti, ci consente di rispondere a esigenze molto diverse ma è particolarmente competitivo per spedizioni frazionate verso destinazioni multiple». Quali garanzie offrite sui tempi di spedizione? «I nostri Clienti possono scegliere tra due servizi: Economy, con consegna entro 48/72/96 ore, a secondo del-
www.palletways.com
l’Hub e del destino, oppure Premium, per spedizioni urgenti, entro 24/48 ore: in questo caso, se si verifica un ritardo sui tempi di consegna, offriamo la garanzia di rimborso delle spese di spedizione – anche per le merci ADR. In Italia, siamo l'unica azienda di trasporto espresso a proporre standard di servizio così elevato». Come riuscite a proporre un servizio altamente qualitativo pur tenendo conto delle esigenze di razionalizzazione dei costi avanzate dalle imprese? «La competitività, economica e di servizio, della nostra offerta, la frammentazione dei carichi e il ridimensionamento delle reti captive di distribuzione, aumenta la nostra penetrazione di mercato, creando volumi elevati nel Network; siamo in questi ultimi mesi a +25% / 30% al disopra delle scorso anno. Creando economie di scala, questo modello permette ai Concessionari di ottimizzare i carichi e di garantire tempi di consegna competitivi offrendo un livello di servizio eccellente, il circolo virtuoso è avviato!». Quali altri vantaggi offre il vostro network? «Facciamo parte di un network internazionale e quindi i Clienti possono inviare facilmente le spedizioni anche verso altri Paesi Europei, in particolare Regno Unito, Germania, Francia, Belgio, Paesi Bassi, Spagna, Danimarca, Portogallo, Irlanda e Lussemburgo. Palletways si differenzia inoltre per l’innovazione continua: abbiamo recentemente esteso il Servizio Garantito anche alle merci ADR e siamo sempre al lavoro per migliorare i nostri indicatori di performance».
Concessionario per la Sicilia: Gambino Group Srl, con sedi a Palermo e Catania www.gambinotrasporti.it
EDILIZIA
L’export, la svolta per l’edilizia specializzata Giuseppe e Nunzio Anastasi descrivono la loro strategia contro la recessione. Dati alla mano i risultati hanno del miracoloso, un esempio di come reagire. Garantiscono: «Il Mediterraneo è una risorsa» Renato Ferretti
esistere. Non si vedono alternative all’orizzonte, dunque non resta che sottostare all’imperativo di dar fondo a ogni risorsa per la sopravvivenza della propria azienda. Lo scenario per il settore edilizio non accenna a migliorare, ma non tutti gli addetti ai lavori si lasciano scoraggiare dalle fosche previsioni di mercato che affollano i notiziari di settore. «Per la fine di quest’anno non ci aspet-
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tiamo niente di esaltante, tirando le somme si prospetta un anno mediocre. Ma nonostante tutto prevedo un 2013 interessante». A dirlo è Giuseppe Anastasi, della F.lli Anastasi con sede a Villafranca Tirrena (ME), il cui ottimismo si basa sulla fiducia nelle proprie strategie d’impresa. «Nel 1978 – ricorda Anastasi –, dopo solo due anni di attività abbiamo capito che dovevamo spostarci in un settore altamente specializzato e di nicchia, dove la
competenza, la dedizione e la precisione non solo dei titolari ma anche delle maestranze fanno la differenza». I due fratelli, Giuseppe e Nunzio, decidono di puntare sull’impiantistica sportiva. «Ci siamo specializzati nelle pavimentazioni speciali che, nella maggior parte dei casi, hanno come supporto una base in conglomerato bituminoso a caldo eseguita con particolare cura nei livelli». La crisi, però, ha invaso anche,
Giuseppe Anastasi
e forse soprattutto, le nicchie del mercato edilizio mettendo alle strette i costruttori di mezzo mondo. «La recessione è profonda e si sente in tutti i settori. È ovvio che il nostro settore, basandosi soprattutto su investimenti pubblici e non essendo indispensabile come può essere la sanità, sia fortemente penalizzato. Il nostro paese è carente di strutture sportive al passo con i tempi, per cui il lavoro potrebbe svilupparsi ma mancano le risorse. Fortunatamente ci muoviamo da tempo anche all’estero e cerchiamo di compensare. In particolare adesso si stanno aprendo spiragli in Marocco e siamo stati contattati anche per alcuni lavori in Iraq». Così, contro ogni previsione, la F.lli Anastasi si riprende dalla brutta battuta d’arresto del 2009, con un calo del 21,4 per cento del fatturato. «Siamo corsi ai ripari – continua il titolare – effettuando importanti investimenti: da un parte abbiamo avuto un calo degli utili di esercizio, ma nel 2010 il fatturato è cresciuto del 21,7 per cento e del 36,7 per cento nel 2011, superando i 4 milioni e mezzo di euro. Ci possiamo dire leader in Europa e del bacino del Mediterraneo soprattutto per la costruzione e pavimentazione di piste di atletica leggera». Gli elementi che compongono il quadro di successo dell’azienda non sono pochi, dall’innovazione tecnologica costante alla formazione del personale, oltre che la trenten-
+36,7% L’AUMENTO DEL FATTURATO DELLA F.LLI ANASTASI SRL, REGISTRATO NEL 2011 RISPETTO AL 2010
nale esperienza dei suoi titolari. Nunzio precisa: «La nostra è un’impresa attenta agli sviluppi tecnologici per cui le nostre attrezzature sono quanto di meglio esiste sul mercato, ma il migliore investimento è nella formazione del personale: non esistono scuole, si apprende in cantiere. Questo ci permette di avere dalla nostra parte un personale altamente specializzato e di cui ci fidiamo pienamente: sono i motivi che consentono un altissimo standard qualitativo e di produttività». I fratelli Anastasi hanno un occhio di riguardo alla tutela ambientale, che «è alla base del benessere di una società sana. Lo sviluppo è necessario, per questo bisogna stare attenti a non fare progressi nella ricerca tecnologica a scapito dell’ambiente e della natura. Ma allo stesso tempo bisognerebbe evitare di prendere decisioni di principio
senza valutare i pro e i contro in modo obbiettivo. Il rischio è di far diventare l’interessamento ambientale, una specie di caccia alle streghe, che non è utile a nessuno». Infine Giuseppe Anastasi proietta un’analisi del mercato nel prossimo futuro, in un range medio-lungo. «Il futuro in Italia non è roseo, ma dobbiamo essere ottimisti e sperare che la situazione globale cambi per il bene del paese. Certo, le prospettive adesso sono scarse e l’obiettivo è “resistere”. È per questo che abbiamo puntato sull’export: il bacino del Mediterraneo sembra a un punto di svolta».
Giuseppe e Nunzio Anastasi della Fratelli Anastasi Srl di Villafranca Tirrena (ME) www.fratellianastasi.it
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EDILIZIA
Fare edilizia in Sicilia? È un’impresa La crisi del settore costringe i costruttori ad acrobazie sempre più pericolose, a lottare contro le banche e la burocrazia. Giuseppe Pinzone denuncia le condizioni dell’edilizia nella sua Sicilia. Purtroppo «essere puliti e onesti non paga» Renato Ferretti he non esista solo quella Sicilia che ispira i più odiosi pregiudizi, è ormai banale. Gli esempi di onestà e trasparenza schierati contro il torbido, che pure ammorba questa terra, sono numerosi e negli anni si sono moltiplicati. È un fatto. Ma basta questo per rendere meno gravoso il sacrificio dei siciliani? Questa è una guerra di trincea dove si cerca di resistere senza riuscire a vedere bene il proprio nemico e quanto si conquista sono pochi centimetri di terreno. Per questo motivo gli im-
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prenditori qui hanno un ruolo ancora più decisivo che in altre zone d’Italia, in cui la “sola” responsabilità consiste nella ripresa economica del proprio territorio. Giuseppe Pinzone, uno degli imprenditori che sostengono questa lotta ingrata, parla del prezzo da pagare quando si rimane dalla parte degli onesti. «Noi stiamo dal lato della barricata che paradossalmente non ti permette di spiccare il volo. Rimaniamo ai margini del mercato, anche se, come nel nostro caso, si è in possesso di una decennale esperienza nell’edilizia e si hanno
sotto contratto collaboratori dalle capacità indiscusse». Il vostro è tra i settori più colpiti dalla recessione. «Le vendite degli immobili a cui stavamo lavorando sono bloccate. I danni economici non si calcolano e si aggiungono alla già difficile situazione di una ditta provata da oltre dieci anni di controversie legali nate dall’abusiva occupazione degli alloggi ancora da completare. L’unico modo in cui lo Stato ti sta accanto è farti sentire la sua presenza intimando di pagare imposte di vario tipo, anche sui redditi
Giuseppe Pinzone
non percepiti. Per non parlare delle banche che ti strozzano. Non importa se si è sempre stati puntuali e regolari nei pagamenti, se onestamente si pagano i dovuti contributi agli operai e si corrisponde loro uno stipendio “vero”, senza trucchi. Invece ci sono imprese che ne fanno di tutti i colori, consegnano dei lavori penosi, eppure a nessuno salta in mente di ribellarsi, né clienti, né direttori dei lavori, né collaudatori». Qual è la strategia che avete scelto per reagire a questa situazione? «I rischi sono alti nel campo delle costruzioni, proprio perché i tempi di realizzazione sono lunghi e le risorse economiche impiegate ingenti. Si parte con un progetto, si fa affidamento su certe condizioni, ma l’esperienza maturata dona un po’ di lungimiranza non la preveggenza. Per questo il piano, purtroppo, è di accorciare il raggio, fare lavori più “piccoli”, con un impiego di denaro ragionevole e poco rischioso». In che modo finora vi siete distinti? «L’ottimo rapporto qualità prezzo è una delle nostre caratteristiche. Così come l’impiego di materiali sempre nuovi, nel rispetto delle norme vigenti, con uno sguardo anche all’impatto ambientale. E poi, ripeto, l’esperienza: abbiamo operai che collaborano con noi da trent’anni e a cui basta un’occhiata per capire il da farsi. La nostra im-
presa dà sicurezza. In più posso dire che investiamo continuamente, la nostra attrezzatura è sempre all’avanguardia. Ultimamente siamo interessati e stiamo provando la messa in opera di strutture a risparmio
bite ad abitazioni. Conferme indispensabili, una boccata d’ossigeno. Ma il nostro è un percorso difficile e imprevedibile. Un lavoro non sarà mai come il precedente, non è una catena di montaggio dove tutto è routine.
Ci sono imprese che ne fanno di tutti i colori, consegnano lavori penosi, ma a nessuno salta in mente di ribellarsi
Giuseppe Pinzone, titolare della Pinzone Costruzioni Srl con sede a Bronte (CT) pinzonecostruzioni@virgilio.it
energetico. Purtroppo ciò non è ancora possibile nell’edilizia popolare perché i costi sono alti». Qualcuno avrà pure notato la vostra correttezza. Non è stato un buon viatico per l’andamento dell’impresa? «Certo, non mancano le soddisfazioni: spesso si parla della Pinzone come una delle poche ditte “in ordine”. E poi ci sono lavori realizzati di cui andiamo orgogliosi e che consistono per lo più nella costruzione di edifici di varie tipologie e grandezze adi-
La burocrazia, le mille e più leggi che regolano il settore, dover tenere testa a clienti e committenti, rendono la parte che riguarda il cantiere marginale: così l’imprenditore deve imparare a districarsi in situazioni diverse e inaspettate, a volte paradossali. E dire che per me l’aspetto più gratificante stava nella costruzione in sé e per sé: il lavoro che cresce giorno dopo giorno, fino alla realizzazione finale. Per poi scoprire di aver dato il proprio contributo». SICILIA 2012 • DOSSIER • 139
Fuori dalla morsa mafiosa Dopo anni di minacce ed estorsioni subite, Giuseppe Spera racconta di quando ha scelto di non pagare “chi di dovere”. E del muro “bancario” con cui si è scontrato Renato Ferretti
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La Spera Spa ha sede a Palermo
ome l’araba fenice risorge dalle proprie ceneri, anche un’impresa, schiacciata dalla morsa del pizzo, può ritornare a vivere». Per questo motivo Giuseppe Spera, dell’omonima ditta di costruzioni palermitana, ha voluto ridare una nuova speranza a se stesso e a tutti i suoi dipendenti, creando una Spa, nata dopo la brutta vicenda di estorsione che lo ha coinvolto in quella che prima era una Srl. Era la fine del 2011 quando il titolare dell’azienda venne chiamato in Questura, dove gli fu chiesto di confer-
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mare quanto le intercettazioni telefoniche e ambientali indicavano in modo inequivocabile. «Messo davanti a quella prova – ricorda Spera – non ho potuto che confermare: per anni abbiamo subito il pizzo nei cantieri aperti. Le pressioni, dall’inizio dell’attività nel 2004, si sono via via fatte più insistenti fino ad arrivare alle minacce a mano armata. E bisogna sottolineare che è così per molte imprese in Sicilia. Ma se potessi tornare indietro denuncerei la cosa immediatamente, non aspetterei l’intervento delle forze dell’ordine». Il caso si è chiuso con alcuni arresti e ora
Giuseppe Spera è costretto a vivere sotto scorta, come altri imprenditori di Palermo che hanno scelto di non pagare “chi di dovere”. IL J’ACCUSE CONTRO LE BANCHE Ma questo coraggio non è solo fonte di ammirazione dagli attori principali della vita socio-economica della città. «Se da una parte ho ricevuto un sostegno eccezionale dalle istituzioni – dice l’imprenditore –, come il prefetto e il questore che mi stanno aiutando tantissimo, dall’altra il sistema creditizio ci ha letteralmente voltato le spalle. Da
Giuseppe Spera
quando la mia denuncia mi ha messo in pericolo, le banche hanno smesso di investire sulla nostra azienda, causando gravi problemi finanziari. Pur consapevoli di aver applicato un tasso di interesse superiore alla norma prevista dalla legge, sono rimasti a guardare come un’azienda pian piano venga dissolta nella più totale indifferenza. Inoltre, il rifiuto delle banche ha causato una grande perdita di posti di lavoro. Non appena i media hanno diffuso la notizia, le banche ci hanno negato il rilascio di carnet di assegni, senza chiarircene le motivazioni – prosegue Spera –. A causa di quanto detto si interrompevano le trattative con i fornitori, con il personale dipendente e con tutta l’organizzazione cantieristica. Tale restrizione causava inoltre un notevole disagio sia economico che di immagine, danneggiando di riflesso anche le committenze. Inoltre mi sono trovato costretto a cedere la partecipazione del 15 per cento nella società Guelfokasa Srl affinché la stessa potesse accedere al credito bancario. Al fine di tranquillizzare gli istituti di credito, ho trasmesso tramite raccomandata il decreto della Procura della Repubblica, avanzando richiesta di sospensione dei termini, ex art. 20 L. 44/99. Nonostante le comunicazioni effettuate, in questa fase di stallo, gli isti-
Gli unici aiuti sono giunti da Banca Ugf, che ha creduto in noi e ci ha permesso di portare avanti i nostri lavori
tuti di credito, con giustificazioni più o meno motivate, come alti indici di rischio, rating, crisi del mercato, più volte ci negavano nuovi fondi, nonostante le fonti di rimborso rinvenenti da nuovi contratti di appalto. Detti dinieghi comportavano l’impossibilità da parte dell'impresa di far fronte alle promesse di pagamento fatte ai fornitori e ai dipendenti. Ma la cosa più grave è che, quando finalmente sono riuscito a ottenere una spiegazione diretta, mi sono sentito
dire “si metta nei nostri panni, noi rischiamo il nostro denaro sugli imprenditori, se questo viene ucciso la banca perde il suo investimento”». Secondo l’imprenditore, un altro aspetto rilevante che ha creato grandi disagi, riguarda la Cassa Edile Palermitana: «quando qualche anno prima addirittura ci premiavano per la regolarità sui versamenti». Il j’accuse di Spera è durissimo. «Hanno proceduto con un decreto ingiuntivo, nonostante gli anni precedenti ci avessero ricoperto di bonus per SICILIA 2012 • DOSSIER • 141
EDILIZIA
VILLA NOSA pera è uno di quegli imprenditori che in questi anni di crisi ha beneficiato della sua politica di diversificazione. Il caso Villa Nosa ha dato ragione al titolare dell’azienda. «L’abbiamo costruita quasi interamente con fondi nostri – dice il titolare Giuseppe Spera –, con un’altra società, la Spera’s Golden Star, spendendo circa quattro milioni e mezzo di euro. Ora le aspettative per il 2013 sono eccellenti». Quello della ristorazione è un settore trainante per Villa Nosa, oggi una realtà d’eccellenza per i ricevimenti, che ha reso la società di Spera un riferimento per il settore banqueting. «La struttura ha il vantaggio di trovarsi in un punto strategico, che le permette di attirare clienti provenienti da tutto l’entroterra siciliano: sorge, infatti, su uno dei punti più belli del territorio collinare di Altavilla Milicia. La struttura è ultra-moderna e indubbiamente affascina i nostri clienti».
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la nostra affidabilità. Inoltre non ci hanno dato la possibilità di iniziare nuovi appalti vinti, per la non regolarità del durc. Questo nonostante si documentavano le motivazioni che avevano portato al non versamento degli oneri vantati dall’ente. E nonostante al gennaio 2012 il presidente dello stesso aveva dichiarato che le aziende vessate avrebbero potuto godere di un bonus pari al 20 per cento sulle spettanze dovute. Eppure ho un patrimonio che oggi si aggira intorno ai dieci milioni di euro e un fatturato totale di circa sette milioni: in queste condizioni nessuna banca si rifiuterebbe di investire. Per questo devo ringraziare il nuovo Governatore della Sicilia e l’onorevole Pd Giuseppe Lupo, i quali mi stanno dando una mano intercedendo per me presso la banca Ugf di Palermo. E ci tengo a dire che gli unici aiuti sono giunti grazie a banca Ugf e a uno dei suoi responsabili, Gianpaolo Leonardi, che credono in noi nonostante non abbiano mai collaborato con l’azienda in passato. La loro fiducia ci permette di andare avanti e tutelare i nostri lavoratori oltre che i nostri fornitori. Per questo sono molto grato a Ugf e a Leonardi». Infine, Spera precisa come il rating antimafia istituito dall’Abi, proprio per aiutare le aziende vessate dalla criminalità organizzata, non sia mai stato calcolato per il suo gruppo.
Giuseppe Spera
L’ATTIVITÀ NON SI FERMA «Non abbiamo nessuna intenzione di fermare i progetti che finora abbiamo messo in piedi – continua Spera – perché ci abbiamo creduto, investito e ora stanno dando i loro frutti. Come nel caso di Villa Nosa che in un anno ha triplicato il proprio fatturato». Oltre a questo, continua l’attività più squisitamente edile, con due progetti a Palermo che lo stesso Spera definisce come fiori all’occhiello per il capoluogo siciliano. «Il primo è un palazzo sul mare. La sua unicità rende le cose più facili dal punto di vista commerciale, perché oltre a vendere gli appartamenti a prezzi molto vantaggiosi per noi, fino a 4mila euro al metro quadrato, ci dà la possibilità di venderli velocemente. Il secondo progetto prevede la
realizzazione di trentadue alloggi in cooperativa che ci è stato appaltato: un lavoro di quasi 5 milioni, in zona forum. Ora stiamo cercando di occuparci anche degli appalti pubblici». IL PERSONALE, VALORE AGGIUNTO Già i primi dinieghi degli istituti di credito hanno determinato l’impossibilità da parte dell’impresa di far fronte alle promesse di pagamento fatte ai fornitori e ai dipendenti. «A loro – ci tiene a dire Spera – devo moltissimo. Nonostante non percepissero i loro stipendi, hanno continuato a lavorare instancabili e con profondo rispetto nei confronti di chi li aveva sempre garantiti economicamente. È grazie a loro che ora abbiamo ancora cantieri aperti e possiamo vantare pre-
stigiose offerte di lavoro. Con i primi decreti ingiuntivi da parte delle ditte creditrici non siamo riusciti a portare avanti i lavori: quindi siamo stati costretti a licenziare in massa tutti gli operai e i dipendenti, con aumento di indebitamento perché non riuscivamo a retribuire anche i trattamenti di fine rapporto. Per questo motivo non posso che biasimare il comportamento delle banche che ci hanno penalizzato, mettendo in gravi difficoltà decine di famiglie. Non sarò mai abbastanza riconoscente nei confronti dei miei dipendenti che, nonostante tutto sono rimasti a lavorare per noi. Per questo confido nella collaborazione delle istituzioni bancarie più serie affinché possano al più presto aiutarci nei nostri progetti, ridando così il lavoro a quelle persone». SICILIA 2012 • DOSSIER • 143
EDILIZIA
L’immobiliare abbassa i costi La strategia della palermitana King per far fronte alle sfide del comparto edile. Un’equazione che mette in relazione tra loro tutte le componenti del settore. «Innovazione e prezzi concorrenziali: un matrimonio possibile» Renato Ferretti
ostruire, ristrutturare e commercializzare edifici immobiliari a un ottimo rapporto qualità/prezzo. Una mission probabilmente in cima ai pensieri di molti imprenditori del settore, la cui soluzione spesso rimane una sorta di segreto aziendale: tanto più oggi, con il mercato paralizzato dalla concessione del credito ai minimi storici, i finanziamenti bancari ridotti del 35 per cento e i materiali di
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La King Srl ha sede a Palermo
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qualità sempre più costosi. Queste premesse fanno sembrare l’obiettivo lontano e comunque subordinato al ben più pressante tentativo di limitare i danni. Tuttavia per i responsabili della palermitana King Srl, il rapporto qualità/prezzo più vantaggioso è una possibilità concreta. E non sono preoccupati di nascondere i loro piani per ottenerlo, convinti che le direttive espresse siano comunque una sorta di miraggio per la con-
correnza. “Siamo orgogliosi di affermare – si legge in una nota dell’azienda – che la King, a differenza dei suoi competitor, non ha mai attraversato un momento di difficoltà, pertanto non possiamo che essere sinceramente fiduciosi nella longevità aziendale. Le iniziative dalla King, sia per il settore edilizio/immobiliare che per le applicazioni delle rifiniture, sono caratterizzate da uno scopo comune: la garanzia dei materiali con la possibilità di
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una vasta scelta e la riduzione dei costi per gli utenti finali”. La soluzione al problema sta in una logica che tiene in considerazione tutti i fattori decisivi del mercato attuale. Il team gestionale resta dell’idea che la commercializzazione immobiliare a costi contenuti sarà sempre il fattore chiave per la gestione delle aziende. La strategia di vendita adottata ha già portato al raggiungimento degli obiettivi, con grande riscontro in termini di vendite e soddisfazione della clientela. Questo è dovuto a due fattori. Da una parte l’impiego massiccio di materiali all’avanguardia. Dall’altra un’instabilità delle aziende concorrenti, le quali tendono ad applicare i valori massimi per la determinazione degli importi finali di vendita al metro quadrato commerciale. Un altro fattore importante su cui la King fa leva è la sua partnership con la palermitana Spera Spa. “La King Srl –
La commercializzazione immobiliare a costi contenuti sarà sempre il fattore chiave per la gestione delle aziende
si legge nella nota della direzione – è sempre stata un'azienda autonoma, senza collaborazioni con altre aziende del settore, eccezion fatta per la Spera Costruzioni Srl, azienda edile alla quale appaltiamo tutti i nostri lavori. La Spera Costruzioni ha il compito di consegnare alla King il lavoro cantieristico chiavi in mano garantendo alta qualità dei materiali, alta professionalità delle maestranze con un impiego economico, a parità di preventivi con altre aziende, estremamente vantaggioso”. Un esempio di prodotto direttamente conseguente dalla strategia sta in uno degli ultimi lavori realizzati. Il piano costruttivo consta di un edificio, realizzato su un terreno acquistato dalla King, formato da dieci unità immobiliari su
tre livelli, adibite a civile abitazione con rifiniture di pregio, ascensore e posto auto. Tutti gli appartamenti sono dotati di climatizzazione e progettati in modo da rendere tutti gli spazi, sia interni che esterni, assolutamente funzionali e confortevoli, anche in appartamenti di quadrature ridotte, pensati per le famiglie che hanno necessità di gestire il tempo e vivere casa al meglio. Un nuovo investimento a un passo dal cuore della città è un attico e un superattico che compongono un grande appartamento di 350 metri quadrati circa con terrazzi e sottotetti: sito in un palazzo nobiliare dei primi del novecento, si presenta con grandi spazi luminosi da suddividere in unità abitative molto prestigiose. SICILIA 2012 • DOSSIER • 145
EDILIZIA
L’edilizia che cresce Le valutazioni dei trend del mercato, l’ampliamento ad altre aree geografiche, partecipando a rinomati consorzi, sono valide strategie per affrontare con successo le sfide di un mercato edile in forte difficoltà. Il punto di Antonio Zitelli Anastasia Martini
na crescita sorprendente, nel contesto di un’edilizia che stenta a riprendere: riguarda l’Eurocoop, società cooperativa appartenente al Gruppo Zitelli, che, rispetto a molte realtà del settore, va in controtendenza.
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In questa pagina, Antonio Zitelli, titolare dell’Eurocoop Soc. Coop. Arl. Nell’altra pagina, momenti di lavoro in un cantiere della società, che ha sede legale a Milano e sede amministrativa a Belpasso (CT) www.impresaeurocoop.com
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Dagli oltre 4,3 milioni di euro del 2007, nel 2011 è arrivata a superare gli 11 milioni, realizzando nell’arco di un quinquennio una crescita di quasi 7 milioni di euro. Un risultato che rappresenta il coronamento di trent’anni di attività, per cui, come rileva il titolare, Antonio Zitelli «ho messo in campo tutte le risorse che avevo a disposizione. E tuttora, mosso dalla passione che ho sempre avuto per il settore edile, intendo affrontare le nuove sfide». La nuova sfida per l’Eurocoop? la ridefinizione del piano aziendale, visto il trend negativo dell’economia italiana. Quali strategie hanno permesso la notevole crescita dell’azienda? «Determinanti per la nostra crescita, sono state le valutazioni fatte e legate all’andamento del mercato siciliano: già nel 1995 siamo riusciti a prevedere la paralisi economica che lo avrebbe investito, da lì a poco; fu infatti in quel periodo che decidemmo di espandere la nostra attività, proiettandoci, prima alla realtà piemontese (fino al 2001), per poi concentrarci, su quella lombarda. La scelta di mirare ai lavori
pubblici del Nord Italia ci ha permesso di crescere fortemente, ma, arrivati a oggi, stiamo sempre più riscontrando l’inversione di tendenza dell’economia anche in quest’area. Tale situazione ci sta costringendo a ripianificare le nostre strategie e a rivolgerci alle realtà emergenti». Avete una committenza sia privata che pubblica. Relativamente a quella pubblica, quali sono le peculiarità, ma anche le criticità che rilevate nelle procedure di appalto? «La professionalità e l’esperienza maturate negli anni ci hanno permesso di consolidare la fiducia delle stazioni appaltanti nei confronti del nostro gruppo. Purtroppo negli ultimi anni i bandi di concorso per lavori pubblici si sono ridotti; ciò ha comportato un incremento delle ditte partecipanti e la conseguente riduzione delle possibilità di aggiudicazione. Come se non bastasse, l’eventuale aggiudicazione non è sempre positiva, in quanto spesso oggetto di ricorsi legali da parte dei non aggiudicatari, alla ricerca di qualsivoglia cavillo per invalidare l’esito». Nello specifico, ci può illu-
Antonio Zitelli
strare uno o più progetti che avete realizzato? «Cito alcune opere realizzate al Nord Italia negli ultimi quindici anni: la ristrutturazione dell’ospedale di Alessandria e dell’Asl 17 a Savigliano (Cn), il restauro dell’Abbazia di Chiaravalle a Milano. Dal 2009 al 2012 abbiamo realizzato due strutture adibite a ricovero socio assistenziale per conto del Pat di Milano. Questi lavori sono stati realizzati ponendo grande attenzione alla qualità di esecuzione, non disgiunta a una tempistica celere e all’impiego di manodopera altamente specializzata e sull’uso di attrezzature moderne». In Sicilia cosa avete realizzato? «Tra gli edifici pubblici più prestigiosi, si annovera la chiesa nel comune di Troina (En), per conto della Cei, mentre per committenze private, oltre a edifici industriali, abbiamo realiz-
zato complessi residenziali a uso abitativo a Catania, Enna e nelle relative province». Nella vostra crescita, cruciale è stata l’associazione con il Conscoop e con il Consorzio Ccc di Bologna. Quali nuove possibilità vi ha aperto? «Fare parte di consorzi affermati e radicati sul territorio nazionale è un beneficio non indifferente: attraverso i loro requisiti riusciamo infatti a partecipare a lavori pubblici di qualsiasi natura e importo, proiettandoci così in una realtà fatta di grandi opere di sicuro prestigio». Quali obiettivi e nuovi progetti intendete concretizzare nel breve e medio termine? «I prossimi progetti, alcuni già cantierati, altri in fase di studio e progettazione, interessano prettamente il settore turistico nel sud della Sicilia; è già realtà la costruzione di una struttura ricettiva, mentre è in itinere l’approvazione del progetto di
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EURO LA CRESCITA DI FATTURATO
REALIZZATA DALL’EUROCOOP NEL QUINQUENNIO 2007-2011, NEL CONTESTO DI UN’EDILIZIA AFFLITTA DALLA CRISI
una seconda sede ricettiva, di un villaggio residenziale e di un importante porto turistico. Dal prossimo anno prevediamo di spostarci all’estero, in paesi emergenti come la Tunisia, la Bulgaria e la Romania. Una scelta che deriva dall’andamento sempre più negativo dell’economia italiana. Spero vivamente che questo articolo giunga dritto ai giovani affinché ne prendano esempio, affinché non abbandonino i sogni nel cassetto perché la realtà li demoralizza. Anzi che siano coscienti della concreta possibilità di raggiungere gli obiettivi partendo dal nulla e realizzarsi in professioni o iniziative in proprio senza sperare nell’utopia del posto fisso». SICILIA 2012 • DOSSIER • 149
MATERIALI
L’ultima pietra lavica d’Italia onostante sia il vulcano attivo più grande d’Europa, per la gente del luogo l’Etna è il “gigante buono”. Se da una parte, infatti, le comunità ai suoi piedi devono affrontare i pericoli che ne derivano, dall’altra traggono grandi benefici. Uno di questi è certamente l’estrazione della dura roccia basaltica. Non sono poche le qualità della pietra lavica, come l’estrema resistenza alle temperature sia basse e rigide sia a quelle più elevate, la resistenza alla rottura o ancora la notevole durata nel tempo. Dagli scavi archeologici e non solo, sono innumerevoli i riscontri fin dall’antichità di manufatti per uso edilizio o prodotti e utensili dell’artigianato, dell’arredo, senza contare che tutta l’architettura barocca della Sicilia orientale si basa su questa pietra. Oggi in Italia l’unica zona da cui si ricava ancora è sull’Etna, perché non se ne estrae più dal Vesuvio. Si direbbe una situazione favorevole per tutte le aziende locali del settore, e invece la crisi economica non ha risparmiato neanche le imprese più importanti di estrazione e lavorazione. Maria Scuderi è amministratore unico di una di queste, la Siciliana Lavica, e non ha dubbi. «La recessione
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La Siciliana Lavica ha sede a Belpasso (CT) www.sicilianalavica.it
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È un materiale adatto agli utilizzi più disparati, più duro del granito, resistente a temperature altissime, e adesso anche la bio-architettura comincia a considerarla come ottima base. Maria Scuderi parla della pietra lavica che si ricava dall’Etna Renato Ferretti
attuale – spiega – ha completamente bloccato l’edilizia pubblica e privata in Sicilia. Se si considera che tutti gli edifici e l’edilizia storica sottoposta al vincolo della Soprintendenza sono ricostruiti con la lavica, si capisce facilmente quanto si può risentire delle condizioni attuali in materia». Dunque, quello che l’azienda sta tentando ora è il consolidamento del mercato finora conquistato. «Quello italiano e locale – spiega la Scuderi –, a cui aggiungiamo la Spagna, la Francia e alcune cose fatte in America. Stiamo cercando di sviluppare i nostri rapporti con l’Est Europa, perché in quei paesi si usufruirà a breve dei fondi europei e sono in pieno sviluppo, dunque avranno una possibilità di spesa maggiore della nostra. Inoltre tutti i paesi che si affacciano sul Mediterraneo rappresentano nuove opportunità».
CRESCITA E OPPORTUNITÀ La pietra lavica ha un altissimo potenziale, grazie alle sue peculiarità difficilmente riscontrabili in altri materiali. Non a caso, infatti, sta tornando a interessare il mercato. «Oltre a resistere molto bene al calore – continua la titolare della Siciliana Lavica –, è un’ottima base per la ceramica, ma anche per la bioarchitettura. Per fare un esempio, insieme a uno studio di architettura abbiamo studiato e progettato una stufa radiante, la cui parte esterna è in pietra lavica: il tutto permette un risparmio economico considerevole. Noi abbiamo studiato con loro per la progettazione e curata la realizzazione, come primo esperimento siamo molto soddisfatti». La zona è l’unica rimasta ancora attiva per quanto riguarda le cave. In qualsiasi altra parte del mondo con la riscoperta di
Maria Scuderi
Le qualità della pietra lavica, sono l’estrema resistenza alle temperature sia rigide sia elevate, la resistenza alla rottura e ancora la notevole durata nel tempo
valenza economica di vendere le lastre e non i massi».
questa risorsa le imprese locali del settore non potrebbero che dirsi fortunate. «Ma siamo in Sicilia – dice rassegnata la Scuderi –. Dovremmo tutelarci, lasciando sulla nostra isola almeno le prime lavorazioni, invece il mercato ci obbliga a vendere i massi grezzi, facendo così sfumare possibilità occupazionali ai siciliani. Non siamo ancora riusciti a far comprendere ai nostri colleghi la
IL PRODOTTO FINITO E IL SUO IMPIEGO In questo senso è da sottolineare il grande vantaggio che la Siciliana Lavica può vantare, cioè quello di possedere cave proprie. «E stiamo ultimando la progettazione e la relativa autorizzazione per altre – puntualizza la Scuderi –. È certamente un privilegio che ci permette di abbattere i costi, ma soprattutto ci dà la possibilità di avere continuità di colore e compattezza della pietra
che estraiamo. La pietra lavica non è tutta uguale, perché le intrusioni all’interno della pietra sono diverse e danno pigmentazioni diverse. I puntini neri, per esempio, sono il carbone residuo formato dalla combustione cui va incontro la vegetazione quando è raggiunta dalla colata lavica. Nelle zone in cui la vegetazione è minore, il banco che si verrà a formare non avrà di queste intrusioni e il colore sarà più omogeneo. La nostra forza quindi sta nell’omogeneità della pietra, noi abbiamo entrambi i tipi di pietra». SICILIA 2012 • DOSSIER • 153
MATERIALI
Dovremmo tutelarci, lasciando sull’isola almeno le prime lavorazioni, senza vendere i massi grezzi, e favorendo l’occupazione locale
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Tra i prodotti più richiesti ci sono sicuramente pavimentazioni e rivestimenti, ma non è l’unico ambito d’intervento. «Da una parte c’è il recupero dei centri storici di quest’angolo di Sicilia, che spesso prevedono l’uso di roccia basaltica, perché il barocco della Sicilia orientale deve molto a questa pietra, quindi il suo colore nero si contrappone al bianco o al giallo di Noto. La via Etnea, per esempio, è stata rifatta con il basalto lavico, grazie a un intervento finanziato dalla CEE che ha voluto riportarla ai suoi antichi splendori. La stessa decisione è stata presa per alcune strade del centro storico di Catania. Inutile dire che è molto richiesta anche per le strutture più moderne. Inoltre abbiamo brevettato una piastra di cottura, ovviamente sempre fatta di pietra lavica, prodotto che ci ha dato molte soddisfazioni. Ma non ci è ser-
vito a molto brevettarlo perché ci è stato copiato più volte, cambiando caratteristiche trascurabili. L’idea comunque è vincente e le copie lo dimostrano». RICERCA E POSSIBILITÀ DI INNOVAZIONE «Stiamo pensando a una sezione distaccata per la ceramizzazione della pietra, con decoratori. Noi dobbiamo continuare a investire e innovare, è la natura stessa della nostra attività a imporlo. Posso fare altri esempi, aver acquistato un macchinario che usa il filo diamantato per tagliare su tre dimensioni, al fine di produrre nuovi manufatti, o tutti i nuovi investimenti che ci permetteranno di ottenere rifiniture diverse sulla pietra. Dobbiamo riuscire a creare in generale prodotti diversi. In definitiva siamo obbligati a fare ricerca per non uscire dal
Maria Scuderi
LA PIETRA LAVICA IN CUCINA impiego della pietra lavica ha molte possibilità, come dimostra il nuovo prodotto, brevettato dalla Siciliana Lavica, destinato alla cucina. «Di recente – spiega la titolare dell’azienda Maria Scuderi –, l’utilizzo delle nuove tecnologie di taglio ci ha consentito la realizzazione di una piastra di cottura per cibi alla griglia. E ciò con vari vantaggi. La cottura è naturale, e questo perché i cibi cuociono senza grassi di condimento, i quali con il calore potrebbero originare prodotti tossici. L’assenza di fiamma e quindi di carbonizzazione dell’alimento permette l’assenza di benzopirene, sostanza notoriamente cancerogena. La cottura si può dire ecologica perché la pietra è inerte, dunque non produce emissioni di sostanze nocive, fumi o vapori. Inoltre la pulitura avviene con un lavaggio solo con acqua tiepida, senza detersivi. Infine è economica, perché il suo riscaldamento avviene velocemente, grazie alla sua conducibilità termica, mentre il raffreddamento è lento, permettendo di cuocere per circa trenta minuti anche a fonte di calore spento».
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mercato: se dovessimo continuare a mantenere immobile la nostra proposta diventeremmo obsoleti». Riguardo alla ricerca, invece, la Siciliana Lavica vanta anche una collaborazione con gli istituti universitari del posto. «Siamo stati i primi a volere la marcatura CE: abbiamo cercato una collaborazione con l’università di Catania, e insieme al dipartimento di ingegneria dei materiali abbiamo studiato la pietra e portato avanti la classificazione. Così è stata ottenuta la marcatura. Abbiamo fatto altri studi, come quello che citavo sulle possibilità di utilizzo in bioarchitettura. Ma non si può continuare a fare ricerca se l’aggravio fiscale rimane questo, penso che sia un gravissimo problema del sistema Italia: pesa troppo su tutte le aziende bloccando le possibilità di ricerca e sviluppo». SICILIA 2012 • DOSSIER • 155
MATERIALI
Marmo di Billiemi, un giacimento prezioso Con il ripristino della legalità e attraverso gli organi preposti alla gestione dei beni confiscati, la Cava Billiemi Srl ha ripreso l’estrazione del Marmo di Billiemi, come spiega Luigi Turchio Anastasia Martini
na pietra le cui applicazioni possono essere diversificate, grazie alle proprietà che la contraddistinguono: si tratta della Pietra di Billiemi, vero e proprio “gioiello” siculo. Specializzata nell’estrazione di questo materiale, è la Cava Billiemi, società che, dopo un periodo di
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In questa pagina: scorcio di Piazza della Memoria, a Palermo, dove si trova il nuovo edificio del Tribunale di Palermo, realizzato in prevalenza, sia internamente che esternamente, con il Marmo di Billiemi. Nell’altra pagina: l’interno di una chiesa, a Palermo, con colonne realizzare nello stesso materiale. cavabilliemi@libero.it
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inattività, per cause legali, è tornata al lavoro, come spiega l’amministratore dei beni confiscati (già amministratore giudiziario), Luigi Turchio «grazie allo Stato, che agendo secondo le norme antimafia, ha creato le condizioni per la ripresa di un’attività importante, anche in termini di occupazione. L’estrazione del marmo avviene in una zona posta presso il monte Billiemi, a nord di Palermo. La montagna, formatasi nel corso di milioni di anni, costituisce infatti un giacimento unico nel suo genere, dal quale si estrae una pietra naturale, dalle spiccate caratteristiche estetiche e meccaniche, che le consentono di essere impiegata per la realizzazione di opere di diverse tipologie». La Pietra di Billiemi ha un colore di fondo grigio scuro caratterizzato da plaghe di materiale fine con tonalità nere o giallastre e presenta venature e concrezioni biancastre dovute alla presenza di calcite spatica. Denominato anche Grigio
Billiemi, si tratta di un materiale molto resistente, durevole all’azione dell’acqua e del gelo; se lucidato assume anche un gradevole aspetto macchiato nelle varie tonalità del grigio. Nel corso del tempo, inoltre, per la particolare potenza dei suoi banchi, si è prestato bene all’estrazione di enormi blocchi monolitici. La sua estrazione risale al XVI secolo, e con esso sono state realizzate pavimentazioni stradali ancora oggi in opera, ed elementi decorativi che adornano numerosi monumenti della Sicilia e molte altre opere d’arte situate nel resto dell’Italia e del mondo. Da parte della Cava Billiemi Srl, gli accorgimenti tecnici impiegati in corso d’opera sono minuziosi, poiché, come sottolineato anche da Turchio «da parte nostra, l’intero processo di estrazione è effettuato osservando rigidi criteri di sicurezza, ambientali, acustici e di salubrità dell’aria. È escluso l’uso di esplosivo e si impiegano tecniche e macchine di
Luigi Turchio
moderna concezione, che non producono micro fessurazioni nella struttura del materiale cavato, rendendo così il marmo estratto più disponibile al taglio nelle successive lavorazioni». La Cava Billiemi Srl, presente sul mercato dei materiali lapidei di pregio da oltre settant’anni, ha formato generazioni di dipendenti qualificati ed esperti. Il periodo di inattività, conseguente al sequestro e alla successiva confisca della cava, quest’ultima intervenuta nel 2008 ai sensi della legge 575/65 (Disposizioni contro la mafia), complice l’esaurimento della vena, ha comportato per la società la perdita di larghe fette di mercato, e il rischio connesso alla dispersione della rara esperienza maturata nel corso del tempo dai propri operai e tecnici. L’ultima fornitura impegnativa è
stata destinata alla costruzione, tra il 1996 e il 2001, del Nuovo Tribunale di Palermo, tra le più imponenti opere in marmo di quel periodo. «Attraverso la direzione e il controllo dell’Anbsc (Agenzia nazionale per la gestione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata) – continua l’amministratore – la società ha percorso con ferrea determinazione le tappe del complesso iter per ottenere le nuove autorizzazioni minerarie e quindi riaffermare, attraverso l’“arte della legalità”, quella naturale della pietra di Billiemi. A seguito della vittoria legale, la nostra azienda è tornata al lavoro: attualmente è attiva in un contesto ambientale in cui altri giacimenti sono negativamente influenzati dall’uso dell’esplosivo avvenuto in passato o sono in
Con il Marmo di Billiemi sono stati realizzati anche elementi decorativi che adornano monumenti della Sicilia e non solo
fase di esaurimento. Operiamo tramite due autorizzazioni minerarie di oltre 3 milioni di metri cubi per l’estrazione del Marmo di Billiemi® o Pietra di Billiemi® o Pietra Grigia di Billiemi® o Grigio Billiemi®, tutti marchi registrati, su altrettante aree inviolate. Un nostro obiettivo preminente è soddisfare, per almeno un ventennio, l’importante richiesta del mercato, per far conoscere e diffondere questo pregiato materiale in tutto il mondo, affiancando all’esperienza che affonda le radici nella tradizione, la migliore tecnologia, con la certezza di fornire un prodotto di alta qualità, a perfetta “regola d’arte”».
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ANEMIA MEDITERRANEA
Terapia genica, ultima frontiera della scienza La ricerca in Sicilia si riorganizza e cerca di migliorare la vita di tutti i giorni dei malati di talassemia. A questo contribuisce anche la diagnosi prenatale e la terapia genica, ma i timori sono per i tagli alla sanità. Il punto del professor Aurelio Maggio Teresa Bellemo
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n un territorio dove la talassemia ha una diffusione molto lontana dalla sua normale definizione di malattia rara, si rivela importantissimo il supporto della ricerca e della prevenzione. A questo servono le facilitazioni messe a disposizione dei malati da parte del servizio sanitario regionale, come l’esenzione del ticket per le donne che effettuano il test e per i loro compagni a rischio. Una delle problematiche più complesse legate a questa malattia è, infatti, quella della forte probabilità di avere figli talassemici. Sotto questo aspetto la Sicilia è all’avanguardia. Il polo di Ematologia II dell’ospedale Villa Sofia-Cervello di Palermo è infatti l’unico centro in Italia che offre la diagnosi prenatale mediante celocentesi. Questa innovativa tipologia di diagnosi consente di avere conoscenza sullo stato fetale a solo due settimane dal test di gravidanza. La diagnosi è eseguita dalla settima alla nona settimana di gravidanza ed è possibile avere il risultato in pochi giorni. Un supporto fondamentale quindi per tutte le coppie malate o portatrici sane del morbo. Ne parla Aurelio Maggio, direttore della struttura, che sottolinea come questa diagnosi sia preziosa per molte coppie anche a livello nazionale. «Nel nostro centro arrivano cop-
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pie provenienti da diverse regioni italiane, non solo dalla Sardegna ma anche da Lombardia, Piemonte, Veneto». Quali sono i risultati della riorganizzazione della rete regionale della talassemia che vede al centro proprio il polo di Ematologia II da lei diretto? «La rete regionale della talassemia consente di eseguire prevenzione, terapia e ricerca clinica attraverso l’individuazione di compiti specifici assegnati ai diversi centri di talassemia individuati. Tale riorganizzazione consente di assistere il paziente in accordo alla severità della sua patologia in centri specializzati. La Sicilia è l’unica regione italiana a presentare una struttura di rete così articolata e ad avere, in contemporanea, un finanziamento regionale dedicato per la ricerca. Bisogna ricordare che la prevenzione si basa anche sull’esenzione dal ticket per le donne dai 15 ai 50 anni che eseguono il test per la talassemia. L’esenzione al pagamento del ticket viene estesa agli uomini se partner di donne portatrici sane». Quali sono le ultime scoperte e gli ultimi progressi fatti sul fronte della ricerca? «Possiamo distinguere progressi nella terapia convenzionale e progressi nella terapia non conven-
Aurelio Maggio
zionale. La terapia convenzionale consiste nelle trasfusioni e nella terapia chelante. È sicuramente migliorata la sicurezza del sangue trasfuso, sono disponibili nuovi chelanti orali ad azione specifica e migliora, di giorno in giorno, il controllo e la prevenzione delle complicanze, come ad esempio il trattamento dell’epatite C mediante Interferon e Ribavirina. Un altro progresso importante è nel settore del controllo dei depositi di ferro attraverso l’uso della risonanza magnetica che consente di identificare elevati quantitativi di ferro nel cuore e nel fegato. Nel settore della terapia non convenzionale attuale, i progressi maggiori sono nel settore del trapianto di midollo osseo. Tuttavia, alti rimangono ancora i rischi per questa procedura se paragonati alla storia naturale della malattia. Il futuro è rappresentato da farmaci che potrebbero attivare l’emoglobina fetale consentendo di ridurre il grado di anemia. Infine, il trapianto di cellule staminali geneticamente modificate potrebbe consentire la guarigione definitiva dalla malattia con rischio contenuto di complicanze». Proprio le cellule staminali si stanno rivelando fondamentali per la cura di molte malattie. Cosa possono fare per la talassemia? «L’uso delle cellule staminali nella talassemia è già oggi presente nel trapianto di midollo osseo da donatori familiari o non familiari oltre che da cordone ombelicale. Le cellule staminali
La prevenzione si basa anche sull’esenzione dal ticket per le donne dai 15 ai 50 anni che eseguono il test per la talassemia
possono essere raccolte dal midollo osseo o dal sangue periferico. In quest’ultimo caso, si devono utilizzare farmaci che facilitino il rilascio delle cellule staminali dal midollo verso il sangue periferico. Inoltre, si può pensare di amplificare queste cellule provenienti dal cordone ombelicale, consentendo così di trapiantare anche soggetti più adulti. Oggi è ipotizzabile modificare geneticamente cellule ematopoietiche staminali attraverso l’uso di vettori retro o lentivirali. Tale manipolazione genetica potrebbe portare alla produzione di livelli di emoglobina tali da ridurre o abolire il fabbisogno trasfusionale di questi pazienti». I continui tagli alla sanità incidono anche sull’assistenza dei talassemici. Quali possono essere i rischi per questo tipo di malattia? «A breve termine i rischi sono essenzialmente legati alla riduzione delle risorse di personale dedicate a questa patologia. Questo può determinare una riduzione dell’attenzione alle complicanze e una difficoltà a poter monitorare questi pazienti in maniera adeguata. A medio e lungo termine i tagli alla sanità incideranno sulla ricerca sanitaria, allontanando la possibilità di guarigione dalla malattia». SICILIA 2012 • DOSSIER • 171
ANEMIA MEDITERRANEA
Talassemia, malattia rara ma non in Sicilia
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A destra, la direttrice del periodico Osservatorio malattie rare Ilaria Ciancaleoni Bartoli
n Sicilia l’anemia mediterranea ha un’incidenza particolarmente elevata: 2.500 malati e il 7 per cento della popolazione portatrice eterozigote. Solo la Sardegna è in una condizione simile. Considerata una malattia rara, la talassemia costringe chi ne è affetto a continue trasfusioni di sangue. Per questo la ricerca per una cura definitiva è ancora in corso e proprio in Sicilia si trova l’unico centro nazionale specializzato nella diagnosi prenatale, uno strumento importantissimo per tutte le coppie affette o portatrici sane della malattia che vogliono dare alla luce un figlio. Ma quali sono le origini di questa affezione? Non è un caso che proprio la posizione geografica di Sicilia e Sardegna aiuta a spiegare il perché di questa situazione. La talassemia è una patologia ereditaria ed è frequente che malattie di questo tipo siano maggiormente presenti negli isolati geografici, in luoghi che per motivi di isolamento naturale, o anche culturale, tendono ad avere un minore scambio genetico con quelli vicini. Ma le ragioni della malattia sono anche strettamente connesse alla storia di questi territori. «Non dobbiamo dimenticare che, come dice il nome stesso della malattia, tutto il bacino del Mediterraneo, e non solo i territori isolati, è storicamente colpito da una incidenza particolarmente alta. Il motivo va molto indietro nei secoli ed è legato a una malattia che in passato aveva effetti mortali: la malaria» spiega Ilaria Ciancaleoni Bartoli, direttore dell’Osservatorio malattie rare, testata giornalistica dedicata ai tumori e malattie rare. Quali sono le motivazioni storiche per cui in Sicilia la talassemia è una malattia così diffusa? «Il motivo principale, come dicevamo, risiede
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È ereditaria e fonda le sue origini nella difesa contro uno dei morbi più terribili che infestava le zone umide nei secoli scorsi, la malaria. Oggi la Sicilia vanta poli di eccellenza per la cura e la diagnosi della malattia Teresa Bellemo
nella difesa da una delle malattie più diffuse e pericolose della zona del Mediterraneo: la malaria. Grazie agli studi scientifici moderni, infatti, oggi sappiamo che un soggetto affetto, o anche solo portatore sano, da talassemia è più difficilmente contagiabile da questa malattia. È accaduto dunque che nei secoli ci sia stata una selezione naturale al contrario: a sopravvivere e avere un maggior numero di eredi sono stati i soggetti portatori di talassemia, av-
Ilaria Ciancaleoni Bartoli
vantaggiati rispetto a quelli che comunemente chiamiamo sani. L’esposizione alla malaria e l’isolamento geografico della Sicilia sono stati i due fattori che hanno fatto crescere così tanto l’incidenza della talassemia». Questa patologia viene considerata una malattia rara. Quali sono le problematiche e i rischi? «La definizione di malattia rara oggi è puramente numerica, sono definite così tutte quelle patologie che hanno un’incidenza di 5 casi su 10mila persone. Se c’è un rischio nel definirla rara è che si possa credere che riguardi poche persone, mentre si parla di migliaia di malati e portatori sani. Se si pensa che una malattia rara riguardi poche persone allora è possibile che non ci siano servizi e investimenti adeguati. In Sicilia, fino a oggi, questo non è avvenuto: l’isola ha un registro dei pazienti, centri di riferimento che funzionano e in cui lavorano bravissimi specialisti. Inoltre, la Regione offre gratuitamente alle donne in vista di una possibile gravidanza il test del portatore sano e ha anche istituito per questi pazienti un indennizzo ad hoc. Oggi i centri di riferimento dell’isola partecipano a importanti sperimentazioni e proprio la Sicilia ha dato i natali, grazie al lavoro del professor Aurelio Maggio dell’ospedale Cervello di Palermo, a una nuova tecnica di diagnosi prenatale». Quanto la comunicazione e l’informazione possono favorire la prevenzione e il monitoraggio di questa malattia? «Per le malattie rare la comunicazione è più importante che nelle altre malattie. Se viene diagnosticata una patologia comune come il diabete, è probabile che il paziente ne abbia
I progressi sono enormi: oggi una larga parte dei pazienti arriva all’età adulta, trent’anni fa era impensabile
già sentito parlare e conosca altre persone nella stressa condizione. Le informazioni gli arriveranno con facilità. Per le malattie rare è l’opposto. Chi soffre di queste patologie spesso non incontra altri malati, i medici di base possono non incontrare mai un paziente raro in tutta la carriera e non essere preparati a consigliarlo. Se il centro che ha fatto la diagnosi è lontano, e magari la comunicazione tra il paziente e lo specialista non è molto soddisfacente, il malato si sente abbandonato. Non sa a chi rivolgersi, come prenotare le visite, quali diritti ha. Se i media dessero un po’ più spazio a queste tematiche, non solo quando ci sono casi di malasanità ma anche quando ci sono eccellenze da far conoscere, l’utilità sarebbe grande. Ma anche le SICILIA 2012 • DOSSIER • 173
ANEMIA MEDITERRANEA
istituzioni devono imparare a dialogare tra la prevenzione, invece, è possibile sapere, con loro, gli ospedali grandi con quelli piccoli, i servizi medici con quelli sociali, semplificando e velocizzando le procedure, a volte complicatissime». Come sta procedendo la ricerca sul fronte della talassemia? «La talassemia è avvantaggiata rispetto a malattie rare di cui a malapena si conosce la causa. I progressi fatti sono enormi: oggi una larga parte dei pazienti arriva all’età adulta, trent’anni fa era impensabile. È sempre necessario, purtroppo, sottoporsi alle trasfusioni e prendere dei farmaci, ma questi migliorano costantemente e le trasfusioni sono più sicure. Il trapianto di staminali ematopoietiche, quello che comunemente si chiama trapianto di midollo, ha risultati sempre migliori, anche se riescono ad accedervi in pochi. Tutte le speranze sono riposte nella terapia genica: correggere il difetto alla base della malattia eliminando la necessità di fare le trasfusioni, ma ci vorrà ancora del tempo. Per quanto riguarda
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un esame del sangue, se la coppia è a rischio». I continui tagli alla sanità pubblica quanto stanno complicando la vita dei pazienti? «I tagli pesano per tutti i malati, per i rari può significare perdere quel poco che si è acquisito negli ultimi anni. Potrebbero essere a rischio le terapie più innovative, ci potrebbe essere una diminuzione dei fondi per il sostegno economico alle famiglie e per il finanziamento dei centri. Molto dipende dalle scelte fatte nelle Regioni e nelle Asl. Bisognerebbe fare in modo da non trasformare i tagli in disservizi, e per farlo l’unica strada possibile è trovare un’organizzazione più efficiente. Sarebbe utile fare una spending review delle malattie rare, anche andando contro i campanilismi che portano a una duplicazione di alcuni servizi. Per le malattie rare questa è una questione che si sta dibattendo anche a livello nazionale. Il sistema delle malattie rare è nato solo da 11 anni, si è fatto molto ma certamente ci sono grossi margini di miglioramento».
Sergio Mangano
L’importanza della prevenzione Da quindici anni l’associazione Piera Cutino è vicina a pazienti e famiglie che ogni giorno lottano contro la talassemia. Un impegno importante che presto avrà una nuova casa che vuole diventare punto di riferimento del Mediterraneo. Ne parla Sergio Mangano Teresa Bellemo
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associazione Piera Cutino nasce nel 1998 e promuove attività d’informazione, prevenzione e cura per migliorare la qualità della vita dei pazienti affetti da talassemia con la speranza di raggiungere un giorno la piena guarigione. Ma per l’associazione l’obiettivo più importante degli ultimi anni è riuscire a costruire a Palermo un nuovo e innovativo padiglione ospedaliero dedicato alla talassemia che potrà porsi come centro di riferimento per l’intero bacino del Mediterraneo. Si tratta di una struttura di tre piani, uno per l’assistenza, uno per la ricerca e uno destinato a casa-albergo per ospitare i familiari di tutti i pazienti ricoverati presso l’Azienda ospedaliera Villa Sofia-Cervello. Il direttore dell’associazione, Sergio Mangano, esprime forte soddisfazione su questo fronte. «I lavori, iniziati nel 2009, finanziati interamente con risorse private frutto della generosità di tante persone e aziende che hanno sostenuto l’associazione, sono in via di conclusione. Una mano importante in questo percorso ci è stata fornita dal nostro testimonial, Rosario Fiorello, che da anni ci sostiene realizzando eventi di raccolta fondi». Cosa può fare l’industria farmaceutica per
combattere questa malattia? «La talassemia, meglio conosciuta come anemia mediterranea, rientra nel novero delle malattie rare, quindi poco conosciute. Pro- Sopra, prio per il basso numero di pazienti affetti in Sergio Mangano, direttore Italia, non suscita l’interesse dei grossi gruppi dell’associazione farmaceutici e di biotecnologie. Ecco perché, Piera Cutino Onlus oltre a essere incurabile, la talassemia è considerata una malattia “orfana”. L’industria farmaceutica potrebbe maggiormente investire i propri utili nella ricerca scientifica che oggi rappresenta l’unica vera fonte di speranza per un futuro senza questa patologia». A che punto è la ricerca nel campo della terapia genica? Qual è il suo scopo e come opera? «All’ospedale Villa Sofia-Cervello è stata costituita l’unità di ricerca Piera Cutino, sostenuta dalla nostra associazione con borse di studio per giovani ricercatori che conducono progetti scientifici finalizzati alla guarigione dalla talassemia. Da alcuni anni l’unità di ricerca collabora con il professor Michel Sadelain del Memorial Sloan-Kettering cancer center di New York producendo risultati importanti. Il filone di ricerca più promettente è proprio quello sulla terapia genica, che mira a correggere il difetto genetico che causa la talassemia introducendo direttamente SICILIA 2012 • DOSSIER • 175
ANEMIA MEDITERRANEA
L’unità di ricerca Piera Cutino collabora con il professor Michel Sadelain di New York per la terapia genica
e in maniera stabile all’interno del genoma uno specifico esame di laboratorio. L’associa-
Il padiglione “Piera Cutino” presso l’ospedale Villa Sofia-Cervello che verrà inaugurato a breve
delle cellule del paziente una copia di gene corretto. Si tratta di un processo che, avvalendosi delle moderne tecnologie di ingegneria genetica, sostituisce il gene malato con uno sano attraverso l’utilizzo di virus definiti vettori, i quali veicolano il dna terapeutico nelle cellule bersaglio. La sperimentazione clinica è già iniziata: la prima fase della terapia, che riguarda la mobilizzazione delle cellule staminali e la successiva raccolta dal sangue, è stata condotta con successo a New York nel 2010 su 5 pazienti talassemici, di cui 4 provenienti dalla Sicilia». Quanto è importante l’informazione per la prevenzione della talassemia? Quali sono i rischi per un portatore sano che ignora di esserlo? «Anche per la talassemia la prevenzione svolge un ruolo importante. Lo stato di portatore sano è una condizione di totale salute e benessere, tanto che chiunque potrebbe ignorare di esserlo. È indispensabile però saperlo, dato che dall’unione di due soggetti portatori sani si ha il 25 per cento di probabilità di avere figli malati e il 50 per cento di possibilità che essi siano portatori sani. Per svelare questa condizione è sufficiente effettuare
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zione Piera Cutino svolge ogni anno attività d’informazione e prevenzione presso gli istituti scolastici siciliani e tramite l’organizzazione del Thalassemia day l’8 maggio, che è la giornata mondiale dedicata alla talassemia. In quella circostanza l’associazione coinvolge circa 30 laboratori pubblici e privati in tutta la Sicilia in cui le donne possono effettuare gratuitamente il test del portatore sano». La Sicilia ha un alto numero di talassemici. Cosa fa e cosa dovrebbe fare il servizio sanitario regionale per questi malati? «La costituzione di una rete regionale dei centri di talassemia e la realizzazione di un registro unico sono obiettivi importanti messi a punto in questi anni dall’Assessorato regionale alla salute. Adesso è il momento di potenziare la rete con l’attivazione, ad esempio, di piattaforme informatiche che possano consentire una migliore e più efficace comunicazione tra i centri afferenti alla rete. È inoltre indispensabile poter contare su forze nuove, sia per migliorare l’assistenza che per potenziare i progetti di ricerca. L’idea di fondo è che al centro della rete ci possa sempre essere il paziente e le sue esigenze di vita».
DIAGNOSTICA
La lotta al carcinoma epatocellulare individuazione e la caratterizzazione delle lesioni epatiche a focolaio, rappresentano un importante problema clinico; il carcinoma epatocellulare (HCC, Hepato Cellular Carcinoma) si pone al quinto posto infatti tra le neoplasie più frequenti. Questo tipo di tumore costituisce il 5 per cento di tutti i tumori maligni e si origina dalle cellule del fegato (epatociti). Alcuni fattori che predispongono allo sviluppo del carcinoma sono l’infezione da virus d’epatite B e C e la presenza di cirrosi epatica (post-epatitica, postetilica, da malattia autoimmune). Circa il 7 per cento dei pazienti con tumore epatico ha un’età superiore a 65 anni. Negli uomini, l’incidenza cresce rapidamente con l’aumentare dell’età, passando da 3 per 100.000 nel gruppo con età inferiore a 45 anni, a 32 per 100.000 nei pazienti con età compresa tra 60 e 64 anni, per finire a 62 per 100.000 nel gruppo di pazienti d’età superiore a 75 anni. Sono invece frequenti i tumori secondari, ovvero le metastasi, che colonizzano il fegato provenendo da altri organi. Il fegato rappresenta infatti l’organo più colpito da metastasi di neoplasie primitive di altri organi. Lesioni epatiche benigne come l’iperplasia nodulare focale e l’angioma hanno un’alta prevalenza tra la popolazione. «Il carcinoma epatocellulare, così come le altre lesioni focali - spiega il dottor Massimo D’Amore, dello Studio Massimo D’Amore di Aci Bonaccorsi (CT), realtà specializzata nella diagnostica per immagini, provvista di due apparecchiature di risonanza magnetica aperta, una Tac spirale 16 slice e un ecografo con mezzo di contrasto - si presentano senza
L’
Il dottor Massimo D’Amore dello Studio Massimo D’Amore di Aci Bonaccorsi Catania mdamore@sirm.org
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Il carcinoma epatocellulare si pone al quinto posto tra le neoplasie più frequenti. L’introduzione del mezzo di contrasto ecografico rappresenta il metodo più sicuro e meno invasivo per individuarlo. La parola a Massimo D’Amore Marco Tedeschi
nessun segno in particolare. Sono gli esami di laboratorio occasionali che portano verso l’individuazione della malattia; i soggetti più a rischio sono sicuramente gli alcolisti e chi fa uso di droghe. Si sa ad esempio che i malati di cirrosi sono molto colpiti da questo tipo di tumore. Si tratta in ogni caso di un carcinoma
Massimo D’Amore
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L’ mdc è un esame molto meno dannoso per il paziente, meno costoso e che fornisce informazioni maggiori e più precise
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che può sorgere anche senza avere problematiche legate ad alcool o droga. Non è diverso da tutti gli altri tipi di tumore. Dipende da casualità, stili di vita, genetica». L’individuazione del carcinoma è sicuramente un aspetto di fondamentale e basilare importanza. «L’ecografia Us rappresenta di solito la tecnica di imaging più diffusamente impiegata per la diagnosi delle lesioni a focolaio del fegato, ma essa presenta bassa specificità, per cui bisogna approfondire con l’esame Tc (tomografia computerizzata) con mezzo di contrasto o con la risonanza magnetica, esami molto invasivi per la quantità di radiazioni ionizzanti assorbite in un esame Tc. L’introduzione, invece, di mezzo di contrasto (mdc) ecografico (Ceus), effettuato tramite microbolle di gas, in particolare quello di seconda generazione costituito da esafloruro di zolfo, con la loro capacità di emissione armonica, garantisce un imaging continuo in tempo reale. Uno strumento quindi molto più innocuo per il paziente, ma attraverso il quale si riesce a portare a termine la stessa diagnosi. Questo riguarda anche gli studi successivi dell’evoluzione della malattia». Un tipo di metodica che grava in mi-
sura meno considerevole anche sulle casse dello Stato e quindi della Regione. «Se si ha un semplice angioma e ogni anno ci si sottopone a una Tc si produce un duplice danno. Nei confronti del paziente, per le radiazioni a cui viene esposto, e per la spesa che ne deriva. L’esame con contrasto Ceus è molto meno dannoso per il paziente, meno costoso e fornisce informazioni maggiori e più precise. Soprattutto per patologie che colpiscono il fegato e i reni». Il mezzo di contrasto è una tecnica introdotta da diversi anni. «Si tratta di una tecnologia all’avanguardia ma che non sempre viene presa in considerazione dai medici che spesso preferiscono la Tc o la Rm. Questa metodica ecografia invece è stata perfezionata nel corso degli anni e oggi è sicura nel risultato». L’esame dura circa mezz’ora e il paziente non deve preparasi in maniera particolare. «Si tratta – conclude D’Amore – di una semplice ecografia in cui vengono richiesti i classici accorgimenti, ovvero una dieta povera di scorie a tre giorni dall’esame. I risultati si sanno subito, in tempo reale. Il fastidio per il paziente è minimo e la tossicità degli agenti di contrasto è quasi nulla». SICILIA 2012 • DOSSIER • 179
DIAGNOSTICA
Prevenire le neoplasie con la mammografia Un controllo annuale è ottimale per identificare e prevenire l’insorgenza del tumore al seno. Salvatore Polizzi presenta le principali tecniche diagnostiche e i vantaggi della loro combinazione Valerio Germanico
Sopra, esami ecografici. Nella pagina seguente, esami mammografici eseguiti presso il Maedica Healthcare Group di Catania www.maedica.it maedicasrl@tiscali.it
econdo uno studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel mondo compaiono all’anno circa 10 milioni di nuovi casi di cancro invasivo. Di questi, il 10 per cento è costituito dal tumore al seno, il secondo tipo di neoplasia maligna dopo il cancro al polmone. Inoltre, il tumore al seno è il più diffuso tra tutti quelli che colpiscono le donne, con un’incidenza di circa il 22 per cento. «L’unica prevenzione possibile contro il tumore al seno – spiega Salvatore Polizzi, responsabile amministrativo e direttore sanitario della branca di diagnostica per immagini della Maedica Healthcare Group di Catania – inizia con la sua
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identificazione. Pertanto l’efficacia della prevenzione è condizionata dai tempi della diagnosi e dalla sua tempestività». La prevenzione del tumore della mammella si basa su un insieme di regole e indicazioni che hanno come scopo la riduzione della mortalità dovuta a questa malattia. «Tra gli strumenti disponibili per combattere i tumori è di fondamentale importanza una prevenzione primaria, che passa attraverso l’adozione di uno stile di vita sano. Tuttavia ancora più rilevante è diagnosticare la malattia nel più breve tempo possibile. Per questo è necessario essere supportati da strutture che affianchino la paziente con
Salvatore Polizzi
esami specifici. Grazie a una diagnosi precoce – prosegue Polizzi – è possibile identificare il tumore fin dalle prime fasi della sua esistenza. E in questo modo applicare le cure sia mediche sia chirurgiche possibili, aumentando la percentuale di guarigione e quindi di sopravvivenza». In questo senso, il poliambulatorio Maedica Healthcare è una struttura multibranca che, con particolare riferimento alla diagnostica per immagini, da molti anni si occupa della prevenzione delle patologie neoplastiche, con accessi mirati per l’esecuzione di esami mammografici con l’utilizzo della tecnica digitale. «I principali esami clinici sono l’ecografia e la mammografia – esami che spesso sono complementari. Di massima si può affermare che l’ecografia evidenzia noduli solidi o liquidi (cisti) e permette di controllare i linfonodi. Mentre lo scopo della mammografia è evidenziare le microcalcificazioni, primo indizio possibile di un tumore (anche se esistono microcalcificazioni benigne). La frequenza ottimale per massimizzare i benefici è di un controllo all’anno, con un’efficacia limitata di prevenzione nella fascia di età tra i 40 e i 49 anni, mentre risulta importante (fino a una riduzione del 70 per cento della mortalità) nella fascia di età tra i 50 e i 59 anni (fonte: World Health Organization). In caso di riscontro dubbio dell’ecografia e della mammografia, si può procedere a un prelievo di tessuto con un ago aspirato – agendo sotto la guida dell’ecografo, nel caso in cui il nodulo non sia palpabile e identificabile al tatto – e al successivo esame citologico, cioè all’indagine al microscopio per identificare il tipo di cellule. Altri esami utili possono essere la semplice radiografia del torace oppure anche la determinazione di alcuni specifici esami ematochimici, che possono dare un contributo nella prevenzione di molte altre patologie tumorali».
L’assetto multidisciplinare del poliambulatorio Maedica Healthcare consente alla paziente di venire presa in carico per tutte le sue esigenze diagnostiche. «Questo è stato reso possibile attraverso l’integrazione di differenti branche della specialistica ambulatoriale nella stessa sede: come la diagnostica per immagini (radiologia, ecografia, mammografia, Tc, Rm), la medicina nucleare (scintigrafie miocardiche ossee, Pet), il centro prelievi per esami ematochimici, la cardiologia ortopedia e la fisioterapia». Questo assetto permette di associare più esami come la Pet e la Tc. «Il primo – spiega in conclusione il dottor Polizzi – è un esame funzionale che sfrutta alcuni meccanismi della biologia molecolare e in particolare il metabolismo del glucosio, sostanza della quale sono avide le lesioni tumorali. L’associazione con la Tc consente una localizzazione anatomica più precisa, che va a fare da integrazione della valutazione funzionale della Pet». SICILIA 2012 • DOSSIER • 181
DISPOSITIVI MEDICI
Aziende e sistema sanitario, i limiti evidenti L’annoso problema del ritardo nei pagamenti è solo un aspetto della sanità pubblica, che presenta altre criticità, penalizzanti per le aziende che intendono ampliare la propria attività o introdurre dispositivi medici ad alto contenuto tecnologico. Il punto di Renato Conti Nibali Anastasia Martini
n sistema sanitario minato dalle lungaggini burocratiche, che non riesce ad andare di pari passo con le novità del mercato, limitando in questo modo il ricambio generazionale dei presidi. Avviene in diversi ambiti, compreso quello dell’ortopedia, settore in cui, come nota Renato Conti Nibali, fondatore e titolare dell’Officina Tecnica Ortopedica Catanese, le aziende che riforniscono la sanità pubblica sono penalizzate da una serie di condizioni che definisce sgradevoli ed incresciose. Accanto al punto dolens della questione, il ritardo nei pagamenti, si pone la volontà dell’Officina di mantenere alto il livello operativo, non limitandosi solo alla produzione di presidi, ma mantenendo alto il livello di un servizio che sia “a misura d’uomo”. Quali problematiche si pongono nel settore in cui operate? «Attualmente stiamo vivendo una situazione economica un po’ antipatica, legata al problema dei ritardi nei pagamenti da parte dell’Asp, che negli ultimi anni si è particolarmente inasprito, mettendo in difficoltà le aziende del settore che hanno come principale committente il Ssn. A oggi la media dei ritardi si aggira tra i 180 e i 200 giorni e più, con punte di 400
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o, addirittura, 600 giorni». Non solo ritardi nei pagamenti, altri problemi sono connessi alle normative. «Esatto, un altro punto è anche nell’innovazione. La nostra attività si inserisce all’interno di un mercato povero, che non ha possibilità di rinnovarsi, a causa di normative particolarmente restrittive. Un altro problema sono gli appalti per la fornitura di dispositivi ortopedici, sempre più giocati al ribasso, che mette in difficoltà realtà come l’Officina Tecnica Ortopedica Catanese che, oltre ai presidi, offrono un servizio completo, trascurato dalle procedure di gara, focalizzate solo sul prezzo della fornitura». Forti di un’esperienza maturata in trent’anni di attività, a cosa puntate per mantenere alto il livello dei servizi?
Renato Conti Nibali
«L’azienda nasce dalla mia volontà di gestire un’azienda dalla struttura dinamica, in cui sono coadiuvato dalla mia famiglia e da mia moglie Barbara prima di tutto, che gestisce la vendita al dettaglio di articoli ortopedici e sanitari e che coordina l’ufficio acquisti, ma che, soprattutto, accoglie la clientela col sorriso, sapendo sempre ascoltare con pazienza e con attenzione, instaurando un dialogo fondato sulle esigenze dei pazienti (spesso si tratta di persone provate psicologicamente). Da qua, nei casi specifici, intervengono i tecnici che compongono il nostro staff. Mia figlia Gabriella coadiuva il lavoro di Barbara, standole vicino nello svolgimento delle numerose attività quotidiane». Quali competenze compongono il vostro staff e quanto è importante la formazione? «Lo staff si compone di 25 persone, di cui i tecnici ortopedici, tecnici di laboratorio, ciascuno con una propria competenza integrabile alle altre e poi c’è la parte amministrativa. La formazione del personale è fondamentale e si basa su un continuo ag-
Il dottor Renato Conti Nibali è titolare dell’Officina Tecnica Ortopedica Catanese e socio fondatore di alcune associazioni di categoria tra cui Assortopedia, l’Associazione Nazionale delle Aziende Ortopediche, afferente a Confindustria Federvarie e accreditato presso tutti i tavoli tecnici a livello nazionale. L’Officina ha sede a Catania www.ortopediacatanese.it
400 GIORNI, L’ATTESA PIÙ LUNGA DELL’OFFICINA CATANESE PER LA RICEZIONE DEI PAGAMENTI DALL’ASL
giornamento che riguarda sia l’innovazione del settore, che le normative vigenti. Per questo organizziamo eventi formativi in ambito sanitario e teniamo rapporti con le scuole di specializzazione di tutti gli Atenei siciliani, in particolar modo con Neuropsichiatria infantile, ambito questo di cui si occupa mia figlia Sabrina, specializzata in riabilitazione dell’età infantile». All’interno del vostro centro è possibile fare anche l’esame baropodometrico. In cosa consiste e da cosa nasce l’attenzione al benessere del piede? «Il nostro slogan è il “benessere del piede”, perché problemi a questa zona, si riflettono sul resto del corpo. A ciò ci avvaliamo di una strumentazione all’avanguardia: l’esame prevede che il paziente venga fatto camminare su una pedana dotata di sensori, consentendoci di avere indicazioni circa la distribuzione del peso corporeo, sia in posture statiche che dinamiche, per poi realizzare ortesi plantari personalizzate, adeguate a ogni singolo caso, ed alle visite successive si potranno valutare le variazioni che cono intervenute nella postura». Nell’ambito della consulenza e assistenza per le pratiche Asp, cosa offrite? «Siamo preposti a dare tutte le indicazioni necessarie per far fronte a complessi iter burocratici. A proposito di questi: una recente legge regionale, offre la possibilità a chi ne fa richiesta di organizzarsi in associazione, cui il paziente può affidare le deleghe per portare avanti le procedure». Quali prospettive avete per il futuro? «Noi speriamo di ampliare la nostra attività, ma se non avviene un cambiamento a livello di sanità pubblica, con aggiornamenti e la sburocratizzazione anche attraverso un più ampio uso dell’informatica, tale obiettivo sarà difficile da realizzare». SICILIA 2012 • DOSSIER • 185
GENIUS LOCI
Leo Gullotta
Sapori e ricordi La fresca bontà della granita. Il colore della pasta alla Norma, la golosità della pasta al forno. L’Amarcord di Leo Gullotta passa anche dalla tavola Francesca Druidi
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na terra millenaria attraversata da numerose dominazioni. Un’isola variegata sotto il profilo morfologico e fisico. Le diversità della Sicilia si rispecchiano in maniera fedele nella sua cucina. «Visitare la Sicilia significa riempirsi gli occhi di natura e ritrovare se stessi storicamente; ed è con la memoria che si costruisce il futuro». Leo Gullotta, popolare e amato attore di cinema, televisione, teatro, conserva con la sua terra natale un rapporto ancestrale. Di ritorno quest’autunno a Catania con un nuovo allestimento del “Sogno di una notte di mezza estate” di William Shakespeare, ci svela le pietanze della sua infanzia, restituendoci un quadro pieno di vita e di colore delle specialità culinarie della regione. «Ogni volta che posso tornare in Sicilia – racconta – è come ripercorrere un fatto mentale attraverso il gusto». Cosa rappresenta per lei Catania? «Catania è la mia città, vi sono nato 66 anni fa, in un quartiere popolare, il Fortino, altrimenti
detto Porta Ferdinanda. È una città vivissima, patria di Vincenzo Bellini e punto di riferimento culturale e teatrale, dove è rimasto l’imprinting lasciato - ai primi del Novecento - da Verga, Pirandello, Capuana. Catania è Barocco, ma è anche sinonimo di scenari naturali unici. La città si trova in una posizione geografica particolarissima, circondata dall’Etna, dalla collina, dal mare, tutto è a pochi minuti di distanza. E poi c’è il mercato di Catania, nei pressi del porto, un festival di colori e di folclore. È stato Renato Guttuso a immortalare nei suoi quadri il mercato della Vucciria di Palemo, in maniera gioiosa e al contempo drammatica, com’è la Sicilia». Quali sapori in particolare le ricordano la sua infanzia a Catania? «Provengo da una famiglia molto semplice, mio padre era pasticcere e io ero l’ultimo di sei figli. Semplicità era la parola d’ordine. Sulla nostra tavola non mancava ciò che costava poco, ma riempiva tanto: il pane è una chiave importante di questa terra, come di tutto il UU SICILIA 2012 • DOSSIER • 189
GENIUS LOCI
UU Sud. Era consuetudine mangiare il pane caldo appena uscito dalla panetteria con olio, olive e pecorino pepato. Un pasto semplice, ma giocoso. Mi ricordo che nelle domeniche della mia infanzia era una festa quando veniva servita la pasta al forno preparata con melanzane, uova e mortadella. Questo piatto rappresenta un po’ la mia terra per il colore e la ricchezza degli ingredienti». Altri piatti che ama? «La pasta con la mollica, un piatto antico: basta abbrustolire della mollica secca, dorarla con un po’ di pomodoro e una pizzicata di acciughe, e aggiungervi la pasta. In bocca è una goduria di freschezza. Come non ricordare poi la pasta con le sarde e la squisita pasta alla Norma, in onore di Bellini, dove è cruciale la preparazione del sugo, che deve essere stretto». Passiamo ai secondi, quali specialità segnalerebbe? «Il Falsomagro, polpettone di carne piuttosto godurioso in virtù del suo ripieno preparato con formaggio e uova. Il tutto viene legato con uno spago e cotto in pentola. Menzione speciale va alle polpette della nonna, ricche di formaggio e pepe, servite fritte oppure con il sugo di pomodoro. Da segnalare, inoltre, sono la caponata e i peperoni cotti sulla brace, spelati e conditi con olio e limone. Senza dimenticare il pesce: fritture di pesce, l’aguglia, l’insalata di polipo, le sardine sott’olio. Piatti molto semplici, ma dal sapore ini190 • DOSSIER • SICILIA 2012
mitabile, che nei ristoranti e nelle cucine casalinghe oggi sono riveduti e riletti». Suo padre era pasticcere. Quali dolci eravate soliti mangiare in casa? «Cannoli e granite. A seconda delle zone della Sicilia e delle abitudini, il cannolo è farcito di frutta martorana o cioccolato: ne mangi uno e vale per colazione, pranzo e cena. L’importante è che sia friabile, con la ricotta ben lavorata. Anche la granita di mandorla, al caffè, di gelsi, al limone, contrariamente a quanto si può pensare, la si deve lavorare molto. Mio padre me la preparava nei suoi pomeriggi liberi insieme alle creme, che mi lasciava volutamente accanto al tavolo della cucina dove io mi alzavo sulle punte e prendevo la pentola per leccarne il contenuto. La granita è una nota degli dei che ti accompagna al mattino, nelle colazioni estive, insieme alla brioscia. Mi ricordo che quando, da bambino, arrivava il chiosco delle granite, segnalato da una campanella, si prendeva il bicchiere più grande del buon servizio della mamma e lo si faceva riempire, mangiandolo con il pane». E l’immancabile cassata siciliana? «È un festival di sapori e dolcezza inimitabile. Essendo un dolce molto ricco, il mio consiglio è quello di mangiarlo lontano dai pasti, a colazione o a merenda, per apprezzarne di più il gusto. Non va dimenticato, infine, il latte di mandorla, bevanda dissetante straordinaria, buona per la colazione e in ogni momento».