OSSIER VENETO L’INTERVENTO ..........................................9 Massimo Pavin Giancarlo Galan
PRIMO PIANO IN COPERTINA.......................................12 Cristina e Federico Cozza RITRATTI..................................................18 Corrado Passera
ECONOMIA E FINANZA POLITICA ECONOMICA .....................24 Luca Zaia Ettore Riello INNOVAZIONE.......................................30 Silvia Oliva Matteo Zoppas Alessandro Vardanega Alberto Bobbo IL COMMENTO......................................40 Stefano Lorenzetto EXPORT...................................................42 Michele Bertazzon Roberto Zerbini Pier Antonio Zanetti
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INTERNAZIONALIZZAZIONE...........48 Franco Benvenuti TECNOLOGIE.........................................52 Marco De Toni e Mirko Soffia Stefano Mazzi Fabio Guariento Demis Zanon Federico Carollo Fabio Maset Pietro Bello Omar Borgatti ed Emanuele Brugnoni
Sommario MODELLI D’IMPRESA........................68 Alessandro Pirotta Paolo Bortolato Guido Nussio Carlo Bigi Youri Beltrame Dante Zecchel Bruno Lischetti Silvano Ferro Antonio e Bruno Casati Antonio Frescura Giorgia Venzo Fabio Galiano Sara Bellaio Silvio Berto IL MERCATO DELL’AUTO.................98 Massimo Mazza CARBURANTI ......................................100 Luca Zaghi MADE IN ITALY...................................102 Philippe Zecchetto Chiara Coradin PRODOTTI ALIMENTARI.................106 Bjarne Thomsen TRA IMPRESE E ISTITUZIONI.......108 Moreno Valdisolo
CREDITO & IMPRESE ........................111 Amedeo Piva Ennio Doris Vincenzo Consoli Giuseppe Zigliotto Samuele Sorato
WORLD MADE VERONA ................160 Fortunato Serpelloni Arnaldo Toffali
ENTI LOCALI ........................................122 Roberto Ciambetti Leonardo Muraro Tiziana Virgili
MATERIALI ...........................................168 Massimiliano Trivellin
WELFARE..............................................128 Achille Variati Gian Paolo Gobbo Flavio Tosi
AMBIENTE ENERGIA ...............................................134 Davide Bigolin Alberto Sammarchi e Renzo Codarin
TERRITORIO VENEZIA, CULTURA E NUOVI SPAZI ...................................140 Paolo Baratta Pierre Cardin Rodrigo Basilicati
EDILIZIA.................................................166 Ezio Donegatti
COMMERCIO........................................172 Antonio Maria Bardelli Giacomino Dorigato
SANITÀ RICERCA ONCOLOGICA ..................176 Alessandro Mazzucco Alberto Amadori TRAPIANTI............................................182 Alessandro Nanni Costa Paolo Rigotti Umberto Cillo Bertilla Troietto CHIRURGIA PLASTICA DELL’OCCHIO .....................................190 Anna Laura Giacomin
LOGISTICA............................................148 Carlino Ripepi, Robertino Bonato e Maximiliano Ripepi TRASPORTI..........................................150 Massimo Bertolazzi MERCATO IMMOBILIARE ...............152 Corrado Sforza Fogliani Luigi Schiavo Michele Vigne Marino Zorzato
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Xxxxx cxpknefv L’INTERVENTO
Cuneo fiscale e produttività, strumenti di crescita di Massimo Pavin, presidente di Confindustria Padova
on c’è dubbio: sarà un autunno freddo per l’industria o comunque molto difficile. Il primo semestre 2012 ha registrato in Veneto un calo della produzione su base annua del 4,5%. La recessione si protrarrà per tutto l’anno e la ripresa, timida, è rinviata al 2013. La debolezza si riflette inevitabilmente sull’occupazione. Non tutto, però, è negativo. Ci sono segnali di pervicace vitalità e di reazione competitiva. L’export è ancora positivo e, in certi casi, sorprendente. Nel primo trimestre le esportazioni padovane hanno realizzato un robusto +11%. L’export non solo ha completato il recupero dai minimi della recessione, ma ha superato il picco di attività pre-crisi. Vuol dire che l’industria ha reagito, puntato sulla qualità, esplorato nuovi mercati. Ha imboccato una selezione darwiniana durissima, ma continua ad avere opportunità di sviluppo, a determinate condizioni. Anche in questo contesto di crisi. In questo quadro preoccupante, le imprese si aspettano misure capaci di rilanciare decisamente la competitività dell’industria. L’accelerazione sulle riforme e l’agenda per la crescita sono un fatto positivo. Ma al governo diciamo che servono più risorse da investire sulla crescita. Destinando quelle che verranno da spending review e lotta all’evasione. Senza risorse sarà impossibile far ripartire la produttività, i consumi e quindi la crescita. Ritrovare un clima di fiducia non sarà possibile fino a quando non saranno messe in campo politiche fiscali innovative e comunque premianti. A cominciare dall’abbattimento dell’insostenibile cuneo fiscale sul lavoro. Abbiamo il sesto
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cuneo fiscale più oneroso tra i 34 paesi avanzati Ocse. Paghiamo venti punti di tasse più della Germania, il 60% di interessi sul credito in più delle aziende tedesche. È questo lo spread che subiscono le nostre imprese. E il gap si allarga guardando i tempi di pagamento della Pa: 180 giorni contro i 65 della media Ue. Bisogna invertire la rotta. E farlo subito. Servono interventi di stimolo immediati, accanto a quelli che avranno effetto nel medio termine, come il credito d’imposta per la ricerca. Penso alla detassazione e decontribuzione del salario di produttività. Siamo d’accordo che è a livello aziendale che si può ridurre lo spread di produttività, scambiando salario con maggiore flessibilità e quantità di lavoro. Ma tutti devono fare la loro parte. Intese innovative sulla produttività del lavoro meritano di essere accompagnate da strumenti fiscali che possano favorirle. Invece, la legge di stabilità (del precedente governo) ha di fatto dimezzato il beneficio, per effetto dei nuovi limiti ammessi alla detassazione. Provvedimenti come questo non aiutano la crescita. Anzi, finiscono per punire proprio le aziende che hanno scelto di incentivare il salario di produttività attraverso la contrattazione aziendale. Chiediamo al governo che questo provvedimento venga rivisto e che vengano ripristinati i precedenti requisiti. Inoltre, sarà decisivo dare corso, e in tempi rapidissimi, all’accordo per il pagamento dei debiti della Pa. Il sistema attende in Italia 100 miliardi e questa sarebbe la più decisiva iniezione di liquidità per cambiare segno alla domanda interna. E alimentare il clima di fiducia indispensabile per ripartire. VENETO 2012 • DOSSIER • 9
Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx Xxxxx cxpknefv L’INTERVENTO
La buona politica per il Veneto e l’Italia di Giancarlo Galan, presidente della Fondazione Canova
ei momenti di crisi lasciarsi prendere dal disfattismo sembra essere la via più semplice. Dare colpe può essere uno sfogo comprensibile e legittimo, purtroppo non risolutivo. In Veneto talvolta si pensa che “a lamentarsi non si sbaglia mai”, ma il lamento, se così lo vogliamo definire colloquialmente, è sempre stato un sottofondo alle ore di lavoro. La capacità veneta di produrre reddito è indiscussa, anche nei momenti di peggiore recessione economica. I veneti lo hanno dimostrato nel tempo, con i fatti, con un’importante tradizione industriale e artigianale. Ho guidato questa regione per 15 anni e sono convinto che ciò sia una realtà. Siamo al centro di un nuovo, antico, dibattito: una macro regione del Nord. La verità è che il piccolo Nord-Est non ci basta più, vogliamo essere un grande Nord d’Italia. Non una macro regione bensì un sistema di regioni integrato, capace di sinergie produttive ad alta competitività, Veneto, Emilia Romagna, Lombardia e non solo. Il Veneto non deve chiudersi, deve sfruttare la sua posizione come regione ponte verso l’esterno, verso est, e Roma. La reale evoluzione consiste nel raggiungere una dimensione internazionale, indiscussa quella nazionale, riduttiva quella regionale. Ciò non può tradursi nella delocalizzazione delle aziende per eccessiva tassazione, bensì riformulare le regole del mercato nazionale per innalzare le esportazioni, dando vigore all’economia del Paese. Le due grandi leve sono il sistema infrastrutturale e le politiche economiche. Il governo ha annunciato 18 miliardi di investimento per il 2013, 10 dei quali solo per la Orte-
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Mestre; è fondamentale in questo momento ma da solo lo Stato non può farcela, l’intervento di capitali privati è sempre più vitale. Il vero nodo di questo disegno riguarda le sue stesse linee guida, le menti capaci di idearlo e realizzarlo tramite politiche governative e interventi normativi. Dobbiamo poter contare su una classe politica che abbia il coraggio di costruire e realizzare politiche economiche propulsive. Questo significa non una maggiore “politica veneta” bensì un’attenta politica per il Veneto, una politica nazionale recettiva agli input periferici. Einaudi ricordava spesso che un mercato senza regole non esiste, il vero punto è quindi: quali regole. Ancora oggi si cade di frequente nell’errore di individuare la politica industriale come la politica degli incentivi. Non è così. Per chi, come me, crede che lo Stato abbia senso in quanto strumento di incentivo per lo sviluppo autonomo della società civile e del mercato, la ricetta liberale, è impossibile giustificare una pressione fiscale di queste proporzioni, ancor meno una burocrazia che non solo pesa sulle aziende, ma le schiaccia. Eppure, un rapporto della Cgia di Mestre di fine luglio riportava 26,5 miliardi di euro all’anno di costi a carico delle aziende italiane, con un aumento del 14,5 per cento nel solo ultimo anno. È stato un errore colossale sottovalutare lo spaventoso potere della burocrazia. La classe politica di oggi è di fronte alla sfida di saper ben comprendere l’antipolitica come urlata richiesta di una buona politica. Il ruolo della politica nel rilancio della competitività del Veneto e dell’Italia dovrà essere quello che gli è proprio, una guida. VENETO 2012 • DOSSIER • 11
IN COPERTINA
FARE IMPRESA NELL’ERA DIGITALE La corsa al ribasso dei prezzi rende più difficile il mercato, ma realtà come la Leaderform di Verona non rinunciano a investire in tecnologie, a elaborare nuove idee e scoprire nuovi mercati, convinti che, come ricordano gli amministratori Cristina e Federico Cozza, l’innovazione senza tradizione non è nulla Renata Gualtieri
orrado Passera, ministro dello Sviluppo economico, lancia dal Veneto il pacchetto di interventi del governo che riguardano banda larga, innovazione, start up. Cioè le materie dell’«Agenda digitale», il programma che contribuirà ad accompagnare l’Italia verso le nuove tecnologie. Un momento di riflessione per il territorio, perché è solo dallo sviluppo delle reti e delle infrastrutture tecnologiche che passa la ripresa economica. Il Veneto, come ricorda Gianni Potti, presidente di Confindustria servizi innovativi Veneto, non è in primissima linea nel campo delle comunicazioni tecnologiche e delle reti. La regione è dunque chiamata a “rimboccarsi le maniche” puntando sulle proprie eccellenze economiche, sociali, ambientali e culturali per rinnovarsi con determinazione pur rimanendo nel solco della sua tradizione. La crisi non ha certo fermato la Leaderform, realtà veneta che ha proprio
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nell’innovazione uno dei suoi punti di forza. Basti pensare che, come ricordano Cristina e Federico Cozza, amministratori delegati dell’azienda di Sona (Verona) diventata in pochi anni leader in Europa nel settore del direct marketing e della business communication, tra ottobre 2011 e giugno 2012 sono stati investiti circa 5 milioni di euro in tecnologia ed è in costruzione un ampliamento del sito produttivo di Verona che porterà la superficie totale a 15mila mq per continuare a lavorare tenendo alta l’attenzione su obiettivi, costi, innovazioni e clientela. Cosa hanno rappresentato gli ultimi mesi per la vostra impresa? FEDERICO COZZA: «Possiamo parlare di un bilancio positivo, con un aumento del fatturato rispetto al 2010 del 7,5 per cento, anche se in termini di fatturato e volumi non abbiamo raggiunto le aspettative di inizio anno. Dall’inizio del 2012 invece il fatturato è in crescita del 9 per cento (a fine giugno), un trend dunque sod-
disfacente rispetto all’andamento generale del mercato». Dal vostro punto di osservazione quale impatto crede stia avendo la crisi sul settore? CRISTINA COZZA: «Il nostro settore ha risentito molto della crisi ma quello che ci ha consentito di continuare con un andamento positivo, nonostante l’aumento delle tasse, se pur necessarie, che non stanno certo aiutando gli imprenditori, è stato l’inserimento in nuovi mercati, come quello delle comunicazioni transazionali per banche, assicurazioni e utilities». Cosa vi distingue dai vostri competitor? F.C. «Innovazione, affidabilità, professionalità e, non ultima, la flessibilità. Non è da sottovalutare la continua ricerca dell’efficienza nella nostra filiera produttiva che ci consente di poter ottenere soddisfacenti margini operativi anche in un regime di prezzi al ribasso». Cosa vi rende, oggi, competitivi? C.C. «Sono le idee che fanno la dif-
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IN COPERTINA
ferenza. Da sempre ci siamo distinti per la forte spinta verso l’innovazione, ora più di prima. Abbiamo aperto un nuovo ufficio progetti che studia ed elabora nuove idee e nuovi mercati, come quello delle tecnologie mobili e lo studio di nuove applicazioni sulla stampa. Abbiamo instaurato una collaborazione internazionale con Cpx Group che è un consorzio di 10 aziende top leader del settore, una per nazione, tra le quali Usa, Gran Bretagna, Giappone. Questo ci permette di scambiare informazioni tecnologiche sull’installazione di nuovi macchinari e ci offre la possibilità di collaborare in caso di richieste da parte di grandi gruppi internazionali, vista la potenzialità produttiva del Gruppo. Investiamo molto anche in risorse umane specializzate e sul commerciale, che riteniamo sia l’ingranaggio senza il quale non ci sarebbe tutto il resto. Siamo orgogliosi di rientrare tra le poche aziende del nostro settore in Italia ad aver ottenuto, il 27 Giugno, la Certificazione sicurezza informatica Iso 27001:2005 rilasciata da Dnv che, insieme alla Iso 9001:2008 e alla Fsc-Coc, ci permettono di avere tutti gli accreditamenti per il trattamento di informazioni altamente personalizzate e sensibili». Quali sono le novità tecnologiche più importanti che presentate al mercato? F.C. «Stampa inkjet full color a bobina per transazionale/transpromo, mailing, giornali. Sistemi di imbustamento ad alta velocità con controllo di produzione. Innovativi sistemi di imbustamento per rendere il messaggio o la comunicazione personalizzata a 360 gradi sfruttando anche la busta come veicolo 14 • DOSSIER • VENETO 2012
Nuove soluzioni via web Dal 2011 la Leaderform ha ulteriormente aumentato il suo portfolio di soluzioni relative alla gestione elettronica documentale. Gaetano Grossi, technological development director di Leaderform, approfondisce le tante e interessanti novità proposte ell’ottica di personalizzare i servizi offerti la Leaderform ha realizzato alcuni sistemi di gestione documentale via web disegnati secondo le specifiche esigenze e particolarità di gestione richieste dal cliente. «Queste piattaforme - spiega Gaetano Grossi, technological development director dell’azienda - nella loro particolarità, oltre all’archiviazione storica dei documenti inviati, nel caso in cui il recapito postale non fosse andato a buon fine, consente al cliente di effettuare diversi interventi sia di consultazione che di reindirizzamento della comunicazione originale, utilizzando modalità e canali diversi da quello cartaceo. Nuove soluzioni che stiamo realizzando sono riferite alla conservazione e archiviazione documentale sostitutiva mirata a documenti di natura amministrativa». Il passaggio dal cartaceo al digitale sta rivoluzionando il modo di fare impresa in Italia, molte aziende però sottovalutano la delicatezza di tale passaggio, agendo in autonomia. «Dotarsi di software generici - precisa Gaetano Grossi - per la gestione di sistemi documentali può dare alle aziende un’immediata possibilità di modificare le logiche di gestione dei documenti, ma spesso l’organizzazione e le esigenze aziendali si devono adeguare alle modalità operative di questi software standard. È importante dunque appoggiarsi ad aziende come la nostra che possano guidare nel processo di digitalizzazione del documento attraverso varie fasi operative che rispettino le peculiarità e le specifiche esigenze interne». Il Portale di Leaderform, che è stato implementato, consente di realizzare e gestire in autonomia una serie di comunicazioni che possono essere inoltrate ai destinatari utilizzando vari canali di recapito. «Oltre a comunicazioni “postalizzate”- conclude Grossi- è possibile realizzare e ordinare una serie di documenti generici anche in quantità minime superando il vincolo storico che rendeva poco economica la realizzazione di prodotti tipografici in piccole quantità». www.leaderform.com
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La continua ricerca dell’efficienza nella nostra filiera produttiva ci consente di ottenere soddisfacenti margini operativi anche in un regime di prezzi al ribasso
di comunicazione». Leaderform ha creato iScrivito di cosa si tratta? C.C. «Si tratta di un’App, come viene definita nel gergo di settore, che consente di inviare vere cartoline postali in tutto il mondo personalizzate, unendo l’aspetto social di questa tecnologia alla stampa e quindi alla nostra esperienza. L’App per Iphone, Ipad e Android sta riscuotendo un notevole successo. La cartolina è personalizzabile anche con sfondi ed effetti ed è scaricabile gratuitamente, pagando esclusivamente la cartolina postale».
Attraverso la formula “La nostra tecnologia, le vostre idee” avete conquistato ampie fette di mercato. Quali esigenze vanno oggi soddisfatte nel campo del direct marketing e della stampa digitale? C.C. «Le nuove idee che fanno nascere un progetto studiato appositamente con e per il cliente. Identificarsi con il cliente è infatti la nostra vision e non sottovalutiamo nessuna sua richiesta ed esigenza. Anche se la possibile soluzione non è ancora parte integrante del nostro core business svolgiamo un’attività di analisi e di realizzazione sia per
soddisfare la richiesta del cliente che per aggiungere nuovi prodotti e servizi nella nostra offerta commerciale. Il rapporto con i nostri clienti è dunque costantemente improntato su un piano di proattività indispensabile a entrambi per crescere ed evolversi». Anche i servizi di consulenza sono oggi fondamentali. Quali i più richiesti? F.C. «Sicuramente la consulenza postale e la personalizzazione estrema della comunicazione su carta e su altri canali di comunicazione. Collaborando con i nostri partner del Cpx Group ci siamo resi conto che tante imprese italiane sono ancora piuttosto indietro sotto il profilo della comunicazione e del marketing. Le maggiori criticità su cui intervenire sono la formazione ai clienti sulle nuove tecnologie e possibilità di stampa». VENETO 2012 • DOSSIER • 15
POLITICA ECONOMICA
Sostegno a imprese e lavoratori, così il Veneto aggredisce la crisi Ha definito “raccapriccianti” i dati Istat che hanno fotografato la disoccupazione in Italia. Il presidente della Regione Luca Zaia illustra le politiche che hanno consentito al Veneto di ottenere migliori risultati sul fronte dell’occupazione rispetto al trend nazionale e sollecita gli investimenti dall’estero Renata Gualtieri
al 2008 in Veneto c’è stata una riduzione complessiva di 8085mila posti di lavoro, per cui oggi sono 142mila le persone che cercano un’occupazione. A soffrire di questa situazione sono soprattutto i giovani. Certo, rispetto ad altri territori la situazione è migliore, ma non basta. Il Veneto ha deciso, come sempre, di mantenere autonomia di giudizio e di scelta. «Così – precisa il presidente della Regione Luca Zaia – in anticipo rispetto alla situazione nazionale, facciamo il possibile per favorire la crescita e lo sviluppo, perché, in un territorio come quello veneto, non si può pensare di intervenire in favore dell’occupazione senza delineare politiche per l’imprenditorialità». Quindi, il patto per lo sviluppo, il fondo di rotazione, il piano anticrisi, lo stimolo a progetti di rivalutazione di aree industriali o a progetti infrastrutturali e di logistica, ma anche il sostegno alle energie rinnovabili, alle nanotecnologie, alle eccellenze in generale. Sul fronte delle politiche dell’occupazione da dove possono arrivare chance di recupero? «Funzionano gli strumenti tradizionali, nonostante i tagli imposti alle Regioni: abbiamo destinato cospicue risorse per assicurare al
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maggior numero possibile di lavoratori l’accesso agli ammortizzatori sociali in deroga e all’inserimento o reinserimento lavorativo. Puntiamo sempre più sul modello della flexsecurity, con ammortizzatori sociali complementari e incentivi al reimpiego. Un’altra scelta che ci vede un passo in avanti è quella dell’apprendistato: il Veneto ha deciso di sfruttare al massimo gli strumenti legislativi esistenti, stringendo con le parti sociali un patto vincolante per tutti. Il progetto è trasformare questa formula nel principale veicolo di accesso al lavoro per i giovani». Quali interventi sono previsti per frenare il fenomeno della delocalizzazione che da tempo sta interessando le pmi del Nordest? «La migrazione imprenditoriale è un fenomeno che ha già preso piede, anche se il Veneto adotta misure efficaci e innovative come il fondo di accesso al credito, gli ammortizzatori sociali, il patto per lo sviluppo, e investe nella formazione; ma se la “fase 2” della manovra di Monti non entra mai davvero in gioco, il vero problema diventerà la delocalizzazione estrema, con un depauperamento del parco aziendale veneto. E si verificherà anche un problema di attrattività per i capitali stranieri. Il fenomeno dei road show nel Nordest da parte del governo
Luca Zaia
Luca Zaia, presidente della Regione Veneto
della Carinzia per attrarre investimenti italiani deve far aprire gli occhi. I carinziani occupano spazi che noi lasciamo liberi. Ma se questo governo si limita a fare da esattore o da curatore fallimentare, con una pressione fiscale ormai insostenibile, allora quella strada è inevitabile». Cosa fare dunque? «Per sostenere davvero i territori, soprattutto quelli che trainano il resto del paese come il Veneto, oltre a snellire la burocrazia, bisogna tagliare davvero gli sprechi. A questo proposito ho lanciato una proposta: regionalizzare il debito. Ciascuna regione si prende in carico una parte del debito e sa che deve pagare quella e solo quella. A tassazione invariata, il Veneto riuscirebbe ad aggredire tutta la sua quota in circa trent’anni. Sono le misure concrete e rapide che danno competitività, frenando quindi la delocalizzazione e la fuga degli investimenti». Quanto occorre rilanciare l’azione di sostengo e di accompagnamento sui mercati internazionali delle imprese del Nordest? «È un lavoro che certamente va fatto. Proprio per questo, qualche mese fa abbiamo creato Veneto Promozione, un’agenzia per l’internazionalizzazione dell’economia veneta,
Puntiamo sempre più sul modello della flexsecurity, con ammortizzatori sociali complementari e incentivi al reimpiego
costituita in forma di società consortile per azioni alla quale partecipano la Regione e il sistema camerale attraverso Unioncamere. Assorbirà le attività del Centro estero delle Camere di Commercio regionali e porrà sotto un unico ombrello le diverse iniziative, organizzando e indirizzando l’impegno pubblico-privato per promuovere all’estero il “sistema Veneto” in tutti i suoi aspetti produttivi, dal manifatturiero al turismo, fino all’agroalimentare. In un’economia mondializzata, dobbiamo valorizzare tutte le nostre potenzialità e internazionalizzare lo sforzo delle nostre aziende, perché ritorni più reddito sul territorio e per conquistare i mercati emergenti. In questa fase di crisi, con risorse pubbliche in fortissima contrazione, dobbiamo far capire all’estero che qui ci sono qualità e intelligenze sulle quali investire». VENETO 2012 • DOSSIER • 25
POLITICA ECONOMICA
Fiere: moltiplicatori di ricchezza L’intero comparto fieristico ricopre un ruolo chiave nella crescita dell’economia del nostro Paese. Ettore Riello delinea le linee guide del suo programma alla presidenza di Veronafiere, ente che rappresenta un’eccellenza anche in una situazione di crisi mondiale Renata Gualtieri
ttore Riello è stato confermato presidente di Veronafiere per il triennio 2012-2015 e resta ferma la sua intenzione di voler proseguire nell’attuazione del piano industriale di sviluppo, dedicando particolare attenzione all’identificazione di partnership strategiche per la crescita e il rafforzamento del portafoglio prodotti. Tra le priorità c’è però anche lo sviluppo di un intenso e sempre più mirato calendario di eventi internazionali «per offrire al sistema delle imprese e alle istituzioni una piattaforma per la promozione e l’export del made in Italy nel mondo». Come procederà nello sviluppo dei format? Quali gli investimenti infrastrutturali necessari sul quartiere fieristico e le novità riguardo agli eventi presenti in calendario? «Nell’ottica di consolidamento del portafoglio prodotti, proseguiremo nell’attività di riposizionamento e di rilancio di eventi storici, così come abbiamo fatto per Abitare il tempo 100% project e per Fieracavalli, e punteremo su sempre nuove manifestazioni: ne sono un esempio Metef-Foundeq, la mostra internazionale dei metalli, ed Eica, esposizione internazionale del ciclo. Sul fronte dello sviluppo strategico, cercheremo nuovi partner con cui stringere accordi che ci permettano di confermarci leader nell’organizzazione diretta di manifestazioni rivolte a un
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pubblico b2b, come quello siglato con l’Associazione dei panificatori e pasticceri russi e Conoscere Eurasia, propedeutico all’edizione 2013 del Siab. Per quanto riguarda i prossimi eventi, l’edizione 2012 di Marmomacc presenta molte novità sul fronte business per le aziende che potranno incontrare espositori provenienti da 130 paesi e per la formazione con iniziative che usano piattaforme web quali ad esempio “Architects-on line”, sistema di matching web che facilita gli appuntamenti b2b». Nonostante la crisi economica l’ente ha chiuso gli ultimi tre esercizi con risultati po-
Il presidente di Veronafiere, Ettore Riello
Ettore Riello
sitivi e ha aumentato la propria quota di mercato di 5 punti percentuali, confermandosi tra i principali player italiani e internazionali. A cosa sono dovuti questi risultati? «Le ottime performance sono il frutto dell’importante lavoro svolto negli ultimi tre anni da tutto il consiglio di amministrazione, dal direttore generale Giovanni Mantovani, dalla dirigenza dell’ente e da tutti i collaboratori. I risultati sono stati ottenuti grazie a un’attenta gestione delle risorse e agli importanti sforzi fatti sul fronte dell’internazionalizzazione e dell’innovazione. Ma per guardare con maggior serenità al futuro, credo che il nostro impegno abbia necessità di un supporto da parte delle istituzioni che dovrebbero considerare con maggiore attenzione il comparto fieristico che rappresenta una leva fondamentale per l’export e un elemento rilevante della politica industriale del nostro Paese». Quanto è fondamentale il ruolo di Veronafiere nella crescita dell’economia reale dell’intero Paese? «Le fiere sono un moltiplicatore di ricchezza particolarmente efficace nelle realtà come quella italiana e i numeri lo dimostrano: 60 miliardi di fatturato transitano dalle fiere e quasi il 10 per cento dell’export italiano è generato da trattative che avvengono nell’ambito di manifestazioni fieristiche. Non dimentichiamo poi che le fiere sono uno dei principali strumenti di promozione per il 75 per cento delle imprese industriali e per quasi
il 90 per cento delle pmi. E Veronafiere primo organizzatore diretto di rassegne in Italia, secondo per fatturato e ai vertici in Europa - grazie a un know how sviluppato in 114 anni di attività rappresenta una piattaforma privilegiata per il business delle aziende e per la promozione del made in Italy sui mercati consolidati ed emergenti. Inoltre ogni anno l’ente genera più di 1 miliardo di euro di indotto per il proprio territorio e con le sue manifestazioni di punta - Vinitaly, Marmomacc e Fieragricola - presidia saldamente il settore agroalimentare, detenendo il 45 per cento dell’intera offerta fieristica nazionale relativa, e quello del marmo». Ad agosto ha incontrato una delegazione cinese di Canton. Quali possibilità di collaborazione sono emerse da questo incontro e quali le manifestazioni in programma per rafforzare la vostra presenza nel continente asiatico? «È stato un incontro importante che ci ha permesso di mettere le basi per future collaborazioni, con l’obiettivo di portare nel quartiere fieristico di Verona alcune manifestazioni cinesi e organizzare a Guangzhou alcuni eventi di Veronafiere nel campo dell’arte bianca, dell’automotive, del marmo, delle tecnologie di lavorazione dei prodotti agroalimentari e delle energie rinnovabili. La Fiera di Verona punta così a rafforzare la propria presenza nel continente asiatico, dove VENETO 2012 • DOSSIER • 27
POLITICA XXXXXXXXX ECONOMICA
INDOTTO
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RICAVATO CHE GENERA VERONAFIERE, CON LE SUE MANIFESTAZIONI DI PUNTA, A BENEFICIO DEL TERRITORIO
dal 1998 è già attiva a sostegno delle aziende Siab, Eurocarne. Oltre che in Cina, dove e dei prodotti made in Italy. Il settore legato al vino è oggi ben radicato in Cina grazie al Vinitaly world tour che fa tappa a Hong Kong, dall’8 all’11 novembre 2012. A marzo di quest’anno, inoltre,Veronafiere con Vinitaly ha firmato un accordo di partnership con l’Hong Kong trade development council, organizzatore dell’International wine & spirits fair, la più importante rassegna in Asia dedicata al mondo del vino». A quali altri mercati la Fiera di Verona guarda con interesse? «L’ente ha sempre uno sguardo attento oltre confine per potenziare la propria presenza sui mercati esteri nelle aree a maggior tasso di crescita e più sensibili ai prodotti italiani nei settori agricolo-alimentare e del building, nei quali organizza manifestazioni leader quali Vinitaly, Marmomacc, Samoter, Fieragricola, 28 • DOSSIER • VENETO 2012
negli ultimi due anni abbiamo stretto importanti partnership, puntiamo ad avere un ruolo preminente e continuativo anche in Brasile, India, Russia e Usa. In India, quest’anno il nostro ente ha iniziato a essere operativo attraverso la controllata Veronafiere lems India private limited, organizzando e promuovendo manifestazioni fieristiche, convegni, workshop b2b utili a supportare le imprese e le istituzioni italiane in un’area dove il mercato fieristico cresce del 50 per cento all’anno. Inoltre siamo presenti con iniziative mirate per specifici comparti in mercati quali Arabia Saudita, Qatar, Russia e Giappone. Il punto fermo del nostro ente rimangono gli Usa, con iniziative che riguardano il wine&food, ma anche le tecnologie agricole e alimentari e il settore del building che include il marmo lapideo».
INNOVAZIONE
Le pmi del Triveneto alla prova dell’innovazione In tempi di crisi innovare può fare la differenza. Lo sanno le imprese del Nordest, che hanno investito in «nuovi fattori, determinanti non solo per reggere la crisi ma anche per aprirsi nuovi spazi di mercato». Silvia Oliva, ricercatrice della Fondazione Nord Est, analizza il tessuto produttivo locale Giuliana Monforte all’indagine “Italia delle imprese”, condotta dall’osservatorio della Fondazione Nord Est, è emerso che la crisi non ha interrotto i percorsi di innovazione delle imprese del Triveneto le quali, viceversa, hanno scelto di mantenere i precedenti investimenti e, quando possibile, hanno avviato nuovi progetti. «A giugno 2011 l’indagine registrava come solo il 16,8 per cento delle aziende locali avesse bloccato tutti gli investimenti in innovazione a causa della crisi; mentre il 46 per cento aveva mantenuto quelli in corso e ben Silvia Oliva, ricercatrice della Fondazione Nord Est il 37 per cento aveva li aveva aumentati». A fare il quadro del tessuto produttivo del Triveneto è Silvia Oliva, segretario alla ricerca della Fondazione Nord Est. Stando agli ultimi dati dell’osservatorio, come l’imprenditoria veneta ha recepito e tradotto il concetto di innovazione? «Da un lato, è proseguito il percorso di rinnovamento del tessuto produttivo già iniziato prima della crisi, dall’altro, si è aperta una nuova fase di innovazione volta proprio a reagire proattivamente. L’innovazione scelta dalle imprese locali non è stata solo un’innovazione di prodotto, rea-
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lizzata dal 53,4 per cento delle imprese, ma anche di processo per il 51,7 per cento. In entrambi i casi è stato confermato il modello di innovazione delle pmi nordestine che spesso, a causa di ridotte spese in R&S e di un basso numero di brevetti depositati, appare come poco efficace. Nella realtà si scopre, invece, che l’innovazione sta modificando, sebbene lentamente e sottotraccia, le imprese, dotandole di nuovi fattori competitivi e determinanti non solo per reggere la crisi ma anche per aprirsi nuovi spazi di mercato e per presidiare la domanda dei Paesi oggi più dinamici». Di quali altri modelli si rendono portavoce le imprese più innovative? «I dati raccolti mostrano innanzitutto uno stretto legame tra internazionalizzazione e innovazione, anche se non sempre è possibile individuare con precisione quale sia la causa e quale l’effetto. Oggi l’internazionalizzazione appare per la maggior parte delle imprese una strategia obbligata, in considerazione della debolezza della domanda interna e della maggiore capacità di crescita e di domanda da parte dei paesi esteri, soprattutto quelli emergenti, per presidiare i quali non è più sufficiente la semplice vendita in termini di esportazione. La necessità di internazionalizzarsi così come l’esigenza di confrontarsi con competitor stranieri obbliga le imprese a rinnovarsi, a diventare più efficienti, a strutturarsi, a dotarsi di tecnologie e di competenze specifiche e a creare nuovi prodotti o servizi».
Silvia Oliva
Alcune ricerche mostrano un’intensa attività d’innovazione nell’agricoltura sia in termini di rinnovamento dei processi produttivi sia grazie all’ingresso di nuove figure professionali
Quello tra innovazione e internazionalizzazione è un legame confermato anche da alcune recenti indagini di Fondazione Nord Est. «Tra le imprese intermedie, quelle che producono per imprese che si situano a valle della catena del valore, quelle internazionalizzate evidenziano una maggior propensione verso l’innovazione, sia di prodotto che di processo. Tali imprese sono maggiormente orientate rispetto alle altre ad acquisire nuove funzioni aziendali o a spostarsi verso attività ad alto valore. Le imprese che più facilmente riescono a essere presenti direttamente sui mercati esteri sono senza dubbio le imprese più grandi sia perché già strutturate, sia perché dotate di maggiori risorse finanziare, così come di competenze e relazioni. Ma la via dell’innovazione e dell’internazionalizzazione non è preclusa alle imprese più piccole che spesso, come è successo a Nordest in passato, hanno agito come veri e
propri motori dell’innovazione». Quali settori ritenuti poco innovativi stanno dimostrando un cambio di rotta? «Alcune ricerche mostrano un’intensa attività d’innovazione nell’agricoltura sia in termini di rinnovamento dei processi produttivi, sia grazie all’ingresso di nuove figure professionali necessario all’avviamento di attività, come la trasformazione e le energie rinnovabili. L’innovazione riguarda anche il mondo delle cooperative sociali che, oggi più che mai, per rispondere alla diminuzione delle risorse da parte degli enti pubblici, che finora rappresentavano il cliente principale, ha innovato sia in termini di prodotto che in termini di processo e organizzazione». Mettere in rete l’intera filiera dell’innovazione - università, imprese, sistema bancario e territorio - è la misura chiave per rendere pos- VENETO 2012 • DOSSIER • 31
INNOVAZIONE
+37% INNOVAZIONE L’INCREMENTO DELLE IMPRESE CHE, NONOSTANTE LA CRISI, HANNO AVVIATO PROGETTI INNOVATIVI
+16,4% IMPRESE LA PERCENTUALE DELLE AZIENDE CHE COLLABORA CON LE UNIVERSITÀ O SI AVVALE DI CONSULENZE ESTERNE
sibile una politica economica centrata sull’in- «Riguardo le collaborazioni tra imprese e uninovazione come motore della crescita. Come si sta muovendo il Veneto? «In realtà i dati raccolti raccontano di un sistema imprenditoriale che ancora utilizza poco i soggetti del territorio preposti allo sviluppo e al sostegno dell’innovazione. Da un lato, la maggioranza delle imprese autofinanzia e autoproduce internamente l’innovazione, anche nel caso di imprese di piccole dimensioni che certamente non hanno al loro interno competenze e funzioni specificatamente dedicate a questo. Dall’altro, anche le imprese che agiscono attraverso partner dell’innovazione, solo in misura minore (16,4 per cento) si rivolgono al sistema delle università e della consulenza esterna. Diverse sono le ragioni che gli imprenditori portano per spiegare questa difficoltà nella collaborazione». Ad esempio? 32 • DOSSIER • VENETO 2012
versità e poli tecnologici viene lamentata una distanza di linguaggio e di tempistica. Per quel che concerne il credito, le banche sono viste come poco inclini ad assumere il ruolo di partner a causa della loro incapacità di valutare concretamente la validità di un progetto di sviluppo e di innovazione, essendo maggiormente attente agli aspetti delle garanzie patrimoniali. Viceversa il territorio, inteso come distretto, e gli attori della filiera sono senza dubbio visti come i primi partner dell’innovazione: quasi l’80 per cento dichiara di avere avuto collaborazioni finalizzate all’innovazione con i clienti o con i propri fornitori. Emerge, infine, anche un 20,2 per cento di imprese che ha perseguito processi di rinnovamento aggregandosi con propri competitor mettendo insieme risorse, competenze, conoscenze e relazioni».
INNOVAZIONE
Il presidente del Gruppo Giovani di Confindustria Venezia, Matteo Zoppas
Innovare è l’unica strategia che premia Il mercato cambia e si evolve ogni giorno. Per questo l’azienda vincente è quella che fa un passo in più degli altri e investe in qualità anche in tempi poco dinamici. È ora che il tessuto produttivo veneto creda nella ricerca Teresa Bellemo
l taglio delle voci più a lungo termine, come l’innovazione, spesso si rivela essere uno dei pochi strumenti di sopravvivenza in mano alle aziende in difficoltà economica. È anche per questo che il Veneto si trova all’ultimo posto della classifica delle principali regioni europee sue competitor per investimenti in ricerca e sviluppo. Nel 2009 infatti, secondo gli ultimi dati Eurostat, la spesa per ricerca e sviluppo del Veneto è stata l’1,1% del Pil, una percentuale quasi tre volte inferiore rispetto alla media delle altre regioni
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Ue. Per fare in modo che si cambi passo anche la politica dovrebbe venire in aiuto alle aziende, garantendo una continuità di investimenti in questo settore. Le modalità potrebbero essere non soltanto finanziamenti e incentivi di carattere economico, ma anche la realizzazione di progetti che avvicinino maggiormente il mondo dell’università a quello del lavoro, in modo da avere due immediati benefici. Innanzitutto si darebbe impulso alla ricerca e, in secondo luogo, i giovani potrebbero acquisire una maggior consapevolezza del
Matteo Zoppas
mondo del lavoro, permettendo loro di concepire idee di business più concrete. Matteo Zoppas, presidente dei giovani industriali di Confindustria Venezia la pensa così. «L’università potrebbe dare una spinta creando innovazione. Bisognerebbe unire maggiormente gli anelli della catena, dato che spesso i comparti sono molto separati, in questo modo ne beneficerebbero entrambi». Quanto l’innovazione e la ricerca si rivelano importanti per il vostro fare impresa? «Credo che l’innovazione sia l’unica vera strategia che un’azienda dovrebbe perseguire nel lungo termine, questo perché consente all’azienda di sopravvivere, avere una qualità migliore di prodotti e di non cadere nella guerra sui prezzi. Alla base dell’innovazione c’è soprattutto la differenziazione, il che permette appunto di mantenere una marginalità più larga. Nel mercato l’evoluzione è continua, per questo parlare di innovazione è forse un po’ obsoleto. Piuttosto, servirebbe una marcia in più anche rispetto a chi innova, per evitare di rimanere indietro». Prendiamo un giovane con delle buone idee di business che desideri fare impresa. Quali sono gli ostacoli principali da superare e come poterli ridurre? «Oggi i giovani che vogliono incominciare un’attività hanno il solito problema di sempre: la disponibilità di capitale, solo che oggi il problema è più vincolante. La differenza rispetto al passato è che i giovani hanno una grossa opportunità che a mio avviso non sfruttano a sufficienza: internet. Il Gruppo Giovani di Confindustria sta spingendo moltissimo sulle start-up, perché danno la possibilità di iniziare con un costo di investimento molto basso, ma che può dare profitti anche molto alti. A molti giovani capita, inoltre, di innamorarsi di un’idea senza però avere la capacità di metterla in pratica. Per questo stiamo facendo formazione per agevolare l’ingresso di nuovi investitori, come nel caso dei business angels. Molto però deve partire anche dai ragazzi, devono avvicinarsi di più al network, dove c’è la possibilità di avere un mercato mondiale. Ci sono strutture, come H-Farm e M-31 di Padova,
che cercano di agevolare questi passi e dovrebbero essere spinte ancora di più». Pierre Cardin è intenzionato a “donare” al Veneto il Palais Lumiere, che dovrà diventare una sorta di palazzo della moda e quindi del made in Italy. Al momento il progetto è ancora al centro di molte polemiche, qual è la sua posizione? «A parte le problematiche tecniche dell’aeroporto e quelle estetiche che sono un problema di natura progettuale, io sono favorevole. Non capisco come si possa ostacolare un progetto come questo: in un momento in cui abbiamo degli imprenditori che arrivano a togliersi la vita, ostacoliamo degli investitori stranieri che decidono di portare capitale in Italia, dando opportunità di lavoro a un indotto corposo. Forse è arrivato il momento di slegarci dalle beghe locali, dismettere uno sguardo miope e guardare un po’ più in là. A suon di tirare l’acqua al proprio mulino si rischia di perdere la visione d’insieme e anche molte occasioni di crescita». In Veneto sono presenti delle realtà emblema del made in Italy, come il distretto della Riviera del Brenta, che sta attraversando un momento di crisi. Quale potrebbe essere la ricetta per uscirne continuando a puntare sulla qualità? «Potrebbero esserci delle sovvenzioni e delle agevolazioni fiscali. La Riviera del Brenta, piuttosto che il comparto dell’occhialeria, sono tra i motori trainanti dell’economia italiana. Dobbiamo intervenire a livello centrale per aiutare questi settori, serve una spinta per evitare che queste piccole realtà vengano spazzate via da altre che si stanno rafforzando a livello macroeconomico, come la Cina. Il made in Italy contiene proprio al suo interno il concetto di innovazione, perché come italiani lo abbiamo sempre fatto e ci siamo sempre differenziati rispetto agli altri. In poche parole queste realtà dovrebbero continuare a fare ciò che hanno fatto da generazioni, invece mi pare che in questo periodo il sostegno al made in Italy da parte degli imprenditori si sia un po’ arrestato, ma così si rischia di essere superati da chi invece ha più fame e corre di più». VENETO 2012 • DOSSIER • 35
INNOVAZIONE
Ripensare le politiche industriali Declinare diversamente i processi innovativi. Considerarli non solo come invenzione originale, ma come cultura diffusa nelle aziende, in modo da migliorare la propria offerta in base alle esigenze dei mercati in continua evoluzione Teresa Bellemo
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uando le risorse non sono sufficienti per investire in ricerca, le realtà associative e le istituzioni dovrebbero riuscire a intervenire in modo da poterlo rendere possibile. Infatti, mentre a causa della crisi molte aziende sono costrette a ridurre le spese correnti, i mercati nel frattempo si evolvono. Per questo può accadere che, non appena si riuscirà a tirare un sospiro di sollievo, molte aziende potrebbero rimanere troppo indietro per riuscire a essere nuovamente competitive sugli scenari internazionali. A questo serve Unir, società messa in campo da Unindustria Treviso per favorire l’interazione tra aziende e rendere più veloce e fluida l’innovazione e il processo tecnologico. Alessandro Vardanega, presidente degli industriali trevigiani, descrive così la mission di Unir: «Individuare esigenze e criticità delle aziende per promuovere e supportare le attività di ricerca e innovazione di prodotti, processi e servizi, sviluppare le opportunità di rete e collaborazione tra le imprese e favorire la collaborazione con centri di ricerca nazionali e internazionali. Infine, individuare agevolazioni e strumenti finanziari per lo sviluppo di attività di R&S». La crisi economica e il credit crunch impediscono alla maggior parte delle aziende di avere un budget sufficiente da dedicare all’innovazione e così stentano a ripartire. Quale a suo avviso la soluzione per impedire questo corto circuito? «In molti imprenditori che incontro colgo, anche in questo periodo di crisi, una tensione verso l’innovazione che fa ben sperare per la ripresa che ci auguriamo tutti non sia lontana. Come Unindustria Treviso abbiamo costituito un’apposita società, l’Unir, con l’obiettivo di promuovere e 36 • DOSSIER • VENETO 2012
supportare ricerca e innovazione tra le aziende associate con un servizio completo riguardante tutte le fasi di sviluppo dei progetti aziendali. Chiaramente l’innovazione deve diventare un’effettiva priorità per il Paese ed essere al centro di una politica industriale di rilancio dell’economia nazionale con opportuni strumenti di sostegno e incentivo. Accanto all’impegno del mondo associativo la leva decisiva deve arrivare dal governo, grazie al meccanismo del credito d’imposta utile a incentivare le iniziative di innovazione». Il territorio veneto è costituito soprattutto da piccole imprese che spesso non hanno la dimensione sufficiente per innovare e rinnovarsi. Quali le possibili direttrici per poter vincere la sfida e trovarsi pronte per la ripresa economica? «Serve promuovere e sostenere tutte quelle forme di collaborazione tra imprese che meglio garantiscono la crescita delle piccole e medie imprese, anche in un periodo di congiuntura sfavorevole come quello attuale. All’interno di Unindustria Treviso abbiamo promosso già nel 2004 uno strumento per far lavorare insieme le aziende del territorio: è il consorzio Unint che vuole essere uno strumento per consentire alle aziende di aggregarsi su singoli progetti senza dover affrontare
Il presidente di Unindustria Treviso, Alessandro Vardanega
Alessandro Vardanega
costi e procedure di costituzione di nuovi soggetti giuridici. Unint ha sviluppato numerose esperienze, dalla promozione internazionale ai gruppi di acquisto di materie prime, iniziative di promozione commerciale integrata e naturalmente progetti di innovazione». Uno dei fiori all’occhiello della nostra economia è sicuramente il made in Italy, che viene sistematicamente minacciato dalla concorrenza a basso costo delle economie emergenti. Come proteggere i nostri prodotti? «Vanno innanzitutto applicate, con ancora maggior rigore, le norme a tutela di marchi e brevetti e quelle contro la contraffazione. Questo comporta naturalmente che le imprese adottino le registrazioni dei propri prodotti estendendole anche a livello internazionale. Ritengo che in molti comparti industriali una protezione efficace stia anche nella continua innovazione per offrire ai mercati sempre nuove soluzioni. Un ulteriore impegno per rilanciare il made in Italy sta nella riduzione del costo del lavoro e nell’aumento della produttività, e in generale nel creare anche fiscalmente un contesto attrattivo per gli investimenti, così da guadagnare nuova competitività e valorizzare la manifattura italiana». Le economie emergenti sono viste come un attacco al made in Italy, ma possono essere anche una risorsa, diventando nuovo canale di sviluppo del marchio. Quali le possibili strategie per conquistare i Brics? «Le imprese trevigiane sono già attrezzate per operare nelle economie che stanno conoscendo uno sviluppo significativo. La Cina, per fare un esempio, è diventata adesso il terzo mercato di sbocco delle merci delle imprese della provincia di Treviso. Va dato merito alle nostre imprese della capacità di essere protagonisti anche in questi mercati, spesso lontani e di non semplice approccio. Questo successo ha consentito loro di superare il calo del mercato interno ed europeo. Un’internazionalizzazione più diffusa è anch’essa tra le priorità per il rilancio del sistema industriale italiano. Oltre che nei paesi Brics, che al momento vivono un rallentamento nel loro sviluppo, vi sono segnali di ripresa nei mercati maturi, come gli Stati Uniti, che naturalmente vanno presidiati con attenzione». VENETO 2012 • DOSSIER • 37
INNOVAZIONE
Serve un cambio di passo culturale
Anche se la dimensione aziendale non è grande, l’imperativo deve rispondere al nome di innovazione e tecnologia informatica. Soltanto così si potrà arrivare a tutti i mercati, anticipando esigenze e bisogni. L’analisi di Alberto Bobbo, presidente regionale di Aicq Teresa Bellemo
tempi sono maturi perché tutte le realtà economiche affrontino in maniera seria e coraggiosa il tema dell’innovazione tecnologica. Si tratta di fare un passo avanti dal punto di vista dell’innovazione di prodotto e di processo in modo da coinvolgere tutte le organizzazioni a ogni livello. L’innovazione, infatti, deve aiutare a recepire le esigenze del cliente e del mercato in generale, riuscendo ad anticiparle e generando desideri più che risposte a bisogni. Sviluppare conoscenza e creatività grazie a un ciclo di sviluppo sempre più breve, condiviso e distribuito all’interno dell’organizzazione, consentirebbe alle aziende di andare oltre l’instabilità economica che stiamo vivendo in questi ultimi anni, riuscendo, nel migliore dei casi, a trarre valore dalla crisi. Infatti è proprio sfruttando la tecnologia e aumentando la qualità che si riesce a competere con i paesi emergenti, che oggi stanno aggredendo i mercati più maturi, ma che possono anche essere potenziali nuovi mercati. È questa la sfida del presente e dell’immediato futuro per le tante aziende venete e italiane che stanno affrontando con fatica questo momento di crisi. Ne parla Alberto Bobbo, presidente dell’Associazione italiana cultura della qualità del Veneto. Quali potrebbero essere le direttrici dell’innovazione lungo le quali muoversi per incrementare la qualità dei prodotti? «Non posso non citare il benchmarking, ma soprattutto il modello Efqm, come riferimento per il management dell’organizzazione. Allo stesso
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tempo non posso non indicare come necessario lo sviluppo delle tecnologie informatiche e della comunicazione come elementi imprescindibili per l’innovazione sostenibile del nostro sistema paese. Ho avuto l’occasione di conoscere alcune significative eccellenze nel Nordest, ma la strada che il nostro sistema economico deve fare è ancora molta. Manca ancora uno strato culturale, mancano infrastrutture diffuse, manca la consapevolezza che la qualità dei prodotti passa per la capacità di sviluppare conoscenza, ovvero idee originali e riconoscibili. Il made in Italy e lo stile italiano sono sicuramente ancora desiderati in tutto il mondo, ma non si può pensare di non innovare anche la visione che gli altri paesi hanno dell’Italia. Dobbiamo ricostruire una tensione collettiva alla competizione internazionale e alla conoscenza dei mercati». Quanto le tecnologie informatiche possono semplificare il lavoro delle aziende venete, facendo da volano per la ripresa economica? «I paradigmi tecnologici continuano a perseguire due obiettivi essenziali: incrementare l’efficienza
Alberto Bobbo
nelle aziende e generare nuove condizioni di business, ma le aziende venete su questo tema corrono a due velocità sempre più divergenti. È vero che il nostro tessuto di imprese è costituito da micro e piccole aziende, qualcuna di medie dimensioni, e da un numero risicatissimo di grandi aziende, ma non è questo il principale problema. Il problema sono le infrastrutture, la cultura informatica e manageriale. È indispensabile per la competitività del nostro Paese investire su questo fronte, altrimenti continueremo a soffrire ancora per molto tempo». Quali sono allora le principali mancanze delle aziende venete sotto questo punto di vista? «Le aziende venete mancano di processi strutturati di gestione delle risorse umane e dei servizi informatici coerenti con le strategie e con i mercati in cui operano. Questo comporta essenzial-
mente un gap di competitività che comincia a essere rilevante. Nel marzo 2012 come Aicq Triveneta abbiamo presentato presso la sede di Confindustria Vicenza una interessante analisi sullo stato dell’arte della gestione delle risorse umane che ha messo in evidenza come nelle aziende venete, ma non solo, la crescita delle competenze aziendale non sia coerente con obiettivi e strategie di business e non preveda un budget per il suo sviluppo. Certo, vi sono delle eccellenze che hanno una buona cultura informatica, ma sono ancora poche. Un progressivo ricambio generazionale e un abbassamento dell’età media all’interno delle aziende potrebbe indubbiamente agevolare la diffusione dell’uso delle tecnologie informatiche a livello più capillare». Quali sono oggi nella realtà veneta i settori che dimostrano maggior dinamismo sul fronte dell’innovazione e dell’attenzione alla qualità? «Vedo soprattutto una grossa differenza in termini di mercato di riferimento. Le aziende che si rivolgono ai mercati esteri hanno un continuo confronto con operatori di altri paesi e sviluppano maggiore dinamismo sia sul fronte dell’innovazione che sul fronte della valorizzazione della qualità. La situazione è quindi a macchia di leopardo, ma direttamente proporzionale al grado di competitività delle aziende e quindi ai mercati in cui le nostre aziende competono. Recentemente ho conosciuto una piccola realtà di circa 35 dipendenti, di estrema eccellenza nel settore di riferimento e ad alto contenuto tecnologico, con un fatturato composto per il 90% di estero e per il 10 di Italia. Queste sono le realtà cui mi riferisco che riescono a competere e primeggiare in un mercato internazionale».
In apertura, Alberto Bobbo, presidente dell’Associazione italiana cultura della qualità del Veneto
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IL COMMENTO
Come l’illegalità frena lo sviluppo La concorrenza sleale dei laboratori dove i lavoratori vengono sfruttati è uno dei freni più forti per la ripresa economica del tessuto produttivo veneto, perché, se non ci sono regole, gli onesti soccombono Teresa Bellemo
a sempre il territorio produttivo veneto è costituito da medie, piccole e talvolta piccolissime aziende a conduzione familiare. Questa miriade di realtà ha contribuito negli anni a costituire quello che poi è stato definito “modello Nordest” e che è stato a lungo indicato come esempio per crescere e competere, non solo a livello nazionale ma anche internazionale. Una crisi economica iniziata quasi di colpo e non ancora conclusa, tuttora senza ricette; la globalizzazione che ha aperto alla concorrenza mondiale realtà che, proprio perché piccole, faticano a stare al passo dei molteplici cambiamenti; infine, un mercato molto spesso privo di regole universali: sono queste le cause della difficoltà delle tante piccole imprese sparse sul territorio veneto. Come se non bastasse, alla concorrenza internazionale se n’è aggiunta una interna. Centinaia di laboratori, spesso illegali, non di rado gestiti da immigrati cinesi, con una manodopera sottopagata e priva di tutele, hanno iniziato a soppiantare i contoterzisti veneti. Nella regione, i laboratori gestiti da cinesi nel tessileabbigliamento-calzaturiero, secondo la rilevazione di marzo 2012, erano 1.608. Numeri che rendono il Veneto terza regione per concentrazione dopo Toscana e Lombardia. A rafforzare la diffusione di queste realtà contribuiscono anche quei marchi del made in Italy che fino a qualche anno fa erano la linfa
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Stefano Lorenzetto, giornalista e scrittore
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dell’artigianato veneto. Continuano a produrre in Italia, ma spesso scelgono la manodopera a basso costo. Se queste sono le premesse, per le micro imprese venete è e sarà sempre più difficile rimanere sul mercato e superare la crisi economica indenni. Il commento del giornalista Stefano Lorenzetto. Il Veneto è un territorio ricco di aziende a conduzione familiare, spesso molto piccole. Quanto questo può rivelarsi un problema e quanto una forza in un momento di crisi e di abbattimento dei confini? «Risulta chiaro che in un’azienda familiare ci sono delle economie che possono essere gestite in modo più flessibile con costi ridotti e questa è certamente una forza. Quando un’azienda, invece, diventa media o addirittura grande, la dimensione familiare diventa quasi una palla al piede, perché a quel punto si deve competere con aziende che lavorano con economie di scala, quindi hanno dei vantaggi più forti. A mio parere l’esistenza delle imprese familiari dovrebbe andar preservata, magari agevolandole a livello fiscale». Quali fattori, secondo lei, sono responsabili della crisi che negli ultimi anni ha colpito il tessuto produttivo veneto? «Innanzitutto, le merci che arrivano dall’Estremo Oriente hanno dei costi così bassi che sono insostenibili. Ho intervistato molti imprenditori veneti che avevano aziende in uno dei tipici settore del made in Italy: l’abbigliamento e le confezioni. Hanno dovuto chiudere perché le griffe che commissionavano
Stefano Lorenzetto
loro la maggior parte dei lavori chiedevano di ridurre drasticamente i costi di produzione. Questo perché anche qui esistono moltissimi laboratori, tanti clandestini, che abbassano i costi e inquinano in questo modo la concorrenza. Così l’impresa familiare è destinata necessariamente a soccombere, perché non può competere con gli schiavi cinesi, che siano in Cina o nei laboratori clandestini in Italia. Si dovrebbe mettere in campo un’opera di trasparenza e ammettere che spesso sono proprio quelle aziende che si fregiano del marchio made in Italy a sfruttare questi laboratori per confezionare i propri prodotti. Le forze dell’ordine, la Guardia di Finanza sanno perfettamente che la Marca Trevigiana è disseminata di migliaia di laboratori di questo tipo che hanno sostituito i contoterzisti a gestione familiare. Molte chiusure sono sicuramente conseguenza della crisi, ma in realtà è un fenomeno iniziato molto prima della congiuntura economica negativa attuale». Non crede che oggi le aziende necessitino di competenze molto più specialistiche per
competere e che, dunque, un’azienda mediopiccola a gestione familiare possa non riuscire a vincere la sfida del mercato internazionale? «Il problema è un altro: un mercato drogato da un fenomeno molto simile allo schiavismo è molto difficile da poter approcciare con gli strumenti a disposizione di un’impresa onesta. In fin dei conti, se guardiamo la realtà che ci circonda, ci rendiamo facilmente conto che a salvarsi e ad aumentare gli utili sono soprattutto le grandi imprese, quelle con un ciclo produttivo industriale così strutturato da non poter essere sostituite dai piccoli, e quasi sempre abusivi, laboratori. Il Gruppo Veronesi, che controlla Aia, Negroni, Fileni e molti altri, è il quarto gruppo agroalimentare italiano e riesce a crescere perché è una realtà complessa e strutturata, per questo è da escludere che qualche laboratorio cinese possa mettere in campo un impianto produttivo tale da poter competere con una realtà così grande. Queste industrie si salvano, ma il contoterzista di Rovigo che produceva le collezioni per vari marchi di alta moda, come si salva? Lo può salvare solo la legge e i controlli delle forze dell’ordine che obbligano a farla rispettare». VENETO 2012 • DOSSIER • 41
EXPORT
Il made in Italy del divertimento icurezza in primo piano, garantita in tutte le fasi di vita del prodotto, mai disgiunta alla componente estetica, che consente di distinguersi, per reggere il passo con una crescente concorrenza, in particolare asiatica. È la filosofia di Bertazzon 3B, realtà della provincia trevigiana che da sessant’anni produce giostre destinate a parchi ludici. Fondata dai fratelli Bertazzon, Luigi, Ferruccio e Marcello, nel 1951, la società, a conduzione famigliare, produce apparecchiature di alto profilo e di diverse tipologie – dalle macchinine autoscontro e go-kart, alle giostre con i cavalli, alle major rides – destinate soprattutto al mercato estero, dove la richiesta di impianti per parchi divertimento è più elevata. E come raccontato da Michele Bertazzon, uno dei titolari della 3B, la scrupolosa attenzione ai dettagli, ma soprattutto, alla qualità e alla sicurezza, applicate anche in sede di post-vendita, premia, visto che l’azienda trevigiana continua a mantenere salda la propria posizione storica, malgrado la crisi globale, e a ricevere commissioni da tutto il mondo. In quali mercati siete presenti soprattutto?
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La richiesta d’impianti destinati a parchi di divertimento è molto forte all’estero. Michele Bertazzon fa il punto su sicurezza e normative applicate sia nella fase di produzione che nel post vendita Anastasia Martini
«Mentre da qualche decennio il mercato nazionale non raggiunge il 10 per cento del nostro fatturato, all’estero, dove siamo presenti dalla fine degli anni Sessanta, abbiamo mercati storici quali Usa e Nord Europa, mentre un 30 per cento della produzione fluttua tra l’Estremo Oriente, Centro/Sud America, con vendite più occasionali in Oceania, Est Europa e Medio Oriente». Nell’ultimo biennio, qual è stato l’andamento del vostro business? «Il 2011 si è concluso in forte crescita rispetto al 2010, superando i risultati già buoni del 2008. Il 2009 si è chiuso con una flessione, confermata anche nel 2010. L’anno in corso non dovrebbe discostarsi molto dal 2011». Chi sono i vostri committenti? «La nostra clientela varia dai parchi tematici agli operatori itineranti, dai parchi meccanici ai family entertainment center e centri commerciali. Non mancano acquirenti privati, che hanno acquistato giostre di piccole dimensioni (del valore di svariate decine di migliaia di euro) da collocare nel giardino di casa». Quali sono attualmente gli impianti di intrattenimento più richiesti? «La richiesta varia in base alle aree geografiche e ai progetti. Nel caso di parchi indoor di media estensione, le attrazioni sono prevalentemente medie e piccole, rivolte prevalente-
Michele Bertazzon
mente alle famiglie. Nei grossi progetti tematici la parte del leone la fanno giostre adrenaliniche, che regalano emozioni forti, come le Major rides e i Roller Coaster. Il mercato dei parchi ambulanti è invece il più complesso, in quanto caratteristiche come spettacolarità, imponenza e capienza devono coesistere con facile trasportabilità, rapidità di montaggio e costi contenuti di gestione». Nel vostro settore il tema della sicurezza è fondamentale. Quali accorgimenti adottate a garanzia dei vostri impianti? «I prodotti vengono costruiti nel rispetto delle normative sulla sicurezza, vigenti nei paesi di committenza e vengono testati prima che lascino i nostri stabilimenti. L’attenzione alla sicurezza prosegue anche a consegna avvenuta, attraverso una costante assistenza al cliente, con cui continuiamo a mantenere uno stretto rapporto». Ci sono progetti particolari su cui state lavorando? «Stiamo lavorando alla fornitura di un pacchetto di attrazioni tematizzate per il nuovo parco municipale della città di Taipei (Taiwan). La maggior parte delle giostre sono basate su nostri articoli standard e personalizzate principalmente sotto l’aspetto estetico (ad esempio una giostra tematizzata nell’ambiente oceanico, quindi equipaggiata con animali marini)».
Quanto è importante per voi proporre prodotti nuovi? Avete in serbo delle novità per i prossimi mesi? «Pur producendo giostre piuttosto tradizionali, la ricerca di nuove soluzioni caratterizza il nostro quotidiano, al fine di ampliare e migliorare il nostro catalogo. L’investimento annuo varia in relazione all’eventuale studio di nuovi prodotti o di varianti più o meno personalizzate richieste da alcuni clienti. In questo momento stiamo lavorando su un nuovo modello di macchinina autoscontro, che verrà introdotta nel mercato Europeo a inizio 2013, e a una nuova attrazione per il già citato parco di Taipei, anch’essa in consegna a inizio 2013». Quali obiettivi vi ponete per il medio e lungo periodo? «L’obiettivo principale che ci siamo posti in questo periodo di crisi è stato quello di salvaguardare l’azienda, mantenendo e conservando le quote di mercato, con risultati soddisfacenti, visto l’incremento del fatturato. Inoltre, per vincere la concorrenza straniera, in particolare asiatica, che è sempre più forte e qualitativamente più vicina agli standard europei, ci prefiggiamo di trovare una nostra collocazione nel mercato puntando sulla qualità e cura dei nostri prodotti e servizi».
A fianco, Michele Bertazzon, uno dei titolari della Bertazzon 3B Srl di Sernaglia (TV). Nelle altre immagini alcuni impianti destinati a parchi ludici, realizzati dall’azienda www.bertazzon.com
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EXPORT
L’Italia resta la culla dell’inventiva Da un recente studio di Confindustria c’è una stretta correlazione tra export e crescita aziendale. «Non intendiamo in ogni caso abbandonare completamente l’Italia, vera culla dell’inventiva». La parola a Roberto Zerbini Marco Tedeschi
econdo un’indagine condotta dal Centro Studi di Confindustria, e pubblicata lo scorso giugno, c’è una correlazione strettissima tra le aziende che crescono e quelle che esportano. Per dirla in altra maniera, nell’ultimo decennio, l’identikit dell’azienda vincente in termini di crescita competitiva non può fare a meno dell’export. «India, Cina, Germania, Olanda, Messico, Stati Uniti. – Spiega Roberto Zerbini amministratore di Rea Group -. Il nostro fatturato a oggi dipende dall’estero per circa il 40 per cento. Inoltre intendiamo entrare nei paesi emergenti consolidando le partnership esistenti. Puntiamo molto sullo start up di nuove applicazioni robotizzate e intendiamo investire ancora in questo settore anche grazie al nostro ufficio di ricerca e sviluppo. Non intendiamo in ogni caso abbandonare l’Italia. Le previsioni sono di lavorare al 50 per cento in Italia e al 50 per cento all’estero. Sperando che la nostra nazione si risollevi perché l’inventiva da noi è ancora vincente». Il quadro dell’apertura verso l’estero passa anche per quelle Pmi che hanno trovato nell’export un motore importante. Senza abbandonare però del tutto il nostro Paese. Di cosa si occupa il vostro gruppo? «L’azienda ha iniziato, negli anni ottanta,
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promuovendo la vendita di applicazioni robotizzate per le attività produttive del Triveneto. Negli anni 90 nasce poi la divisione operativa Rea Service srl costituita da un team di tecnici che ha iniziato a seguire le istallazioni e le riparazioni dei robot oltre all’assistenza tecnica della clientela. Nel 2004 poi accogliamo l’invito di alcuni nostri clienti di proporci come interlocutori, affrontando le richieste di fabbisogno di sistemi flessibili legati all’industria, progettando isole robotizzate e assicurando la completa formazione del personale addetto alla produzione degli impianti. A questo punto l’azienda si struttura e punta sulla formazione del personale, la vera chiave per allargarci anche a una clientela internazionale». Il primo vero investimento è stato quindi sul personale? «Precisamente nel personale di R&D, addetto allo studio di nuovi sistemi di software, programmazioni fuori linea, sensori laser e sofisticazioni utili a superare la crisi
Roberto Zerbini è amministratore di Rea Group di Veggiano (PD) www.reagroup.it
Roberto Zerbini
che ha investito i settori internazionali. Questo ci ha permesso di operare con sistemi d’avanguardia nell’automotive, nel campo delle lavorazioni delle plastiche, nel settore movimentazione terra e nel campo di saldature speciali multi robot per pezzi di grande volume. Per l’automotive ad esempio abbiamo lavorato per Volvo e Mercedes. In seguito abbiamo aperto nuovi settori come quello delle sbavature in alluminio a seguito dell’operazione di pressofusione. Un settore in cui contiamo di crescere ancora. Questo è quello che ci ha permesso di superare questa crisi». Che tipo di partnership avete stabilito con le aziende con le quali collaborate? «Delle collaborazioni che richiedono soprattutto sistemi flessibili. Sistemi che hanno trovato la loro espressione fuori dall’Italia, dedicati appositamente a clienti esteri. Per questi cambiamenti abbiamo apportato delle modifiche anche a livello di direzione aziendale. Con i sistemi tradizionali infatti non ci sarebbe stata crescita. Tra le novità di cui possiamo parlare ci sono gli studi che sono stati effettuati in Italia, programmi fatti dal nostro ufficio di R&D, che sono stati poi spediti alla Mercedes tedesca per renderli concreti. Dall’Italia sviluppiamo software che inviamo direttamente in Ger-
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Puntiamo molto sullo start up di nuove applicazioni robotizzate. Settore in cui intendiamo investire ancora
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mania. I programmi partono da noi, ma è in area tedesca che avviene la produzione». Che tipo di bilancio potete trarre dell’ultimo anno? «Noi siamo usciti dalla crisi lavorando con aziende come Thyssen, Bosch e Mercedes: in particolare per quest’ultima operando nel campo della plastica. I nuovi camioncini della Mercedes ad esempio vedranno al loro interno componenti in plastica da noi realizzate con la collaborazione di partner che hanno la possibilità di raggiungere il mercato estero». Rivolgendovi a settori diversi, le vostre isole robotizzate hanno delle caratteristiche differenti? «Possiamo dire che ci sono delle linee guida di base che poi vengono sviluppate con sensori e visioni artificiali per dare innovazione ai sistemi tradizionali. È questo quello che facciamo nel settore R&S. Siamo infatti sicuri che se si portano le innovazioni, il mercato lo riconosce e ti premia».
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EXPORT
Innovazione e qualità, essenziali per affrontare il mercato La globalizzazione ha portato a un’interconnessione sistemica tra le aziende. E quelle specializzate nella produzione di minuterie metalliche su disegno devono assicurare una costante attenzione alla qualità e all’innovazione dei processi produttivi. A parlarne è Pier Antonio Zanetti Emanuela Caruso
er alcune aziende impegnate nella produzione di minuterie metalliche su disegno, la filiera automotive rappresenta un settore di particolare interesse soprattutto per gli sviluppi nel medio termine. Che sia per l’alta qualità delle forniture richieste o per la necessità di ricercare e sviluppare continuamente tecnologie sempre più avanzate e avanguardistiche, sono tante le imprese italiane che si affrontano a suon di innovazioni e nuove tecniche e che contribuiscono a rendere il mercato dell’automotive uno dei più competitivi. Chi, in questa babele di concorrenze e rivalità,
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La Prima Zanetti Srl ha sede nella zona industriale di Padova www.primazanetti.it
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è riuscita a distinguersi in modo particolare è la società Prima Zanetti, che da oltre cinquant’anni produce minuterie metalliche speciali su disegno. «Abbiamo fatto crescere la nostra azienda sino all’attuale livello di eccellenza– commenta il presidente Pier Antonio Zanetti – scegliendo di operare sul mercato estero dell’automotive, oggi infatti più del 70 per cento della produzione è destinata alla filiera internazionale di questo comparto industriale, mettendo a disposizione delle aziende la nostra capacità progettuale e produttiva, realizzando prodotti caratterizzati da un alto contenuto tecnologico. Le maestranze qualificate che seguono la produzione è l’ulteriore elemento che ci ha posti in una posizione privilegiata nel comparto italiano ed estero dell’automotive, e con questi elementi portanti siamo riusciti a differenziare il nostro posizionamento operativo andando a servire anche altri settori industriali quali l’elettrodomestico, nel quale siamo specializzati anche nella realizzazione di componenti speciali; l’elettromeccanico, in cui portiamo avanti collaborazioni con importanti aziende del comparto; l’elettronico, di cui riusciamo a soddisfare le esigenze grazie alla flessibilità di macchine e processi lavorativi; l’automazione e l’edilizia». Ai diversi settori industriali la Prima Zanetti garantisce però il medesimo rispetto delle esigenze dei clienti, caratterizzato da controlli di qualità
Pier Antonio Zanetti
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sistematici, flessibilità nelle forniture e sincronizzazione delle consegne con le loro necessità produttive. «Creiamo i nostri prodotti attraverso la tecnica dello stampaggio a freddo, tecnica che permette di deformare a freddo tramite ricalcatura su presse progressive multistazione varie tipologie di filo metallico. La realizzazione dei filetti, invece, avviene per deformazione plastica dei particolari tramite rullatura, processo che permette di creare anche una vasta gamma di zigrinature e riprese. Entrambi i procedimenti puntano a raggiungere la qualità massima e per garantire questo aspetto ai clienti ci impegniamo in controlli della materia prima in arrivo, in monitoraggi della produzione, in test metrologici, meccanici e di superficie assicurando tale qualità attraverso processi di formazione continua delle maestranze. Ottimizzando ogni fase produttiva aziendale siamo in grado di garantire prodotti pienamente rispondenti ai capitolati di fornitura e di consegnarli all’acquirente nei tempi definiti. Inoltre, per essere certi di poter portare a termine l’ordine ricevuto, abbiamo dotato la nostra attrezzeria di impianti Cnc ed Edm, così da realizzare internamente gli utensili per la ricalcatura del filo e abbattere il lead time di fornitura: in questo modo assicuriamo continuità nella produzione». Da sempre orientata verso l’innovazione continua e la sperimentazione di nuove tecniche, la
PRODUZIONE CHE LA PRIMA ZANETTI DESTINA AL MERCATO ESTERO DELLA FILIERA AUTOMOTIVE Prima Zanetti può contare anche su un reparto R&D formato da staff particolarmente formato. Come spiega Pier Antonio Zanetti, infatti: «il reparto R&D studia l’applicazione di nuove tecnologie al processo di stampaggio a freddo, analizzando i controlli di produzione, gli impianti di verifica in linea della materia prima, gli strumenti di misura e i più avanzati software di progettazione. Vengono inoltre sperimentate materie prime innovative e nuovi trattamenti termici e galvanici». Per il futuro dell’attività, la Prima Zanetti ha ambizioni ben precise, che riguardano in particolare una maggiore espansione verso mercati internazionali, nuove aree di business e l’innovazione continua. «Per il breve periodo – conclude Pier Antonio Zanetti - abbiamo intenzione di continuare a innovare tanto i prodotti quanto i processi realizzativi, obiettivo che raggiungeremo anche grazie ai numerosi rapporti di collaborazione che intratteniamo con laboratori di ricerca universitari e con importanti realtà industriali. Questo nostro investire in maniera costante in tecnologie, nuovi progetti e nuovi processi ha lo scopo primario di far raggiungere alla nostra società le caratteristiche di fornitore ideale per i mercati sempre più esigenti che ci troviamo ad affrontare». VENETO 2012 • DOSSIER • 47
INTERNAZIONALIZZAZIONE
La metalmeccanica guarda all’estero I paesi in via di sviluppo rappresentano un bacino di grande interesse per il settore trasporto e movimentazione materiali, che cerca di farsi strada al di fuori dei confini nazionali attraverso le innovazioni tecnologiche. Ne parla Franco Benvenuti Emanuela Caruso
ome ogni altro ramo del mercato italiano, anche il settore metalmeccanico del trasporto e della movimentazione materiali ha dovuto subire gli effetti negativi della profonda crisi economica e finanziaria. Ciò nonostante gli operatori del comparto guardano al futuro con ottimismo e voglia di cambiare le cose. Ecco perché un particolare occhio di riguardo viene gettato alle opportunità offerte dal mercato estero europeo e internazionale, e in particolar modo alle possibilità di commercio nei paesi in via di sviluppo. Concentrata sugli scambi con l’estero è la Rollven, azienda specializzata da oltre 35 anni nella produzione di rulli e componenti per la movimentazione. «Il nostro reparto commer-
C Nella pagina a fianco, Franco Benvenuti, titolare della Rollven Spa di Villorba (TV) www.rollven.com
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ciale – spiega Franco Benvenuti, titolare dell’impresa – sta espandendo progressivamente la rete di agenti e rivenditori, tarandola sulle attuali capacità produttive e, allo stesso tempo, introducendo nuovi strumenti per la gestione delle clientela. In questo modo possiamo affacciarci sul mercato estero in maniera strutturata ed efficace. Attualmente, abbiamo puntato la nostra attenzione sui mercati dell’Est Europa, che penetreremo grazie all’aiuto di agenti qualificati, risorse interne e collaborazioni con società esterne presenti sul territorio». Nell’ultimo biennio, qual è stato l’andamento del vostro business? «Gli ultimi due anni hanno visto in leggera ripresa il business della Rollven, facendola passare
Franco Benvenuti
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A dispetto della stagnazione del mercato, nell’ultimo anno abbiamo registrato una buona ripresa e il fatturato si è attestato intorno ai 7,8 milioni di euro
da un fatturato di 7,3 milioni di euro maturato nell’esercizio 2010/2011 agli oltre 7,8 milioni di euro dell’esercizio 2011/2012. Ad aumentare è stato anche l’utile, che ha confermato così le buone performance aziendali tese allo sfruttamento efficiente delle risorse interne e al costante monitoraggio delle aree aziendali più critiche. In questo periodo, infine, sono incrementati anche gli investimenti in macchinari e impianti». A tal proposito, quanto investite in innovazione tecnologica e quali gli ultimi investimenti sviluppati in questo senso? «Nonostante i rulli possano sembrare prodotti semplici e a basso contenuto tecnologico, sono in realtà caratterizzati da soluzioni tecniche e metodologiche molto complesse e frutto di elevati investimenti in impianti e strumentazione. Attualmente, il reparto di ricerca e sviluppo sta studiando nuovi tipi di rullo da inserire all’interno dell’ampia gamma di prodotti su misura che mettiamo a disposizione dei clienti, un’ampia gamma capace di soddisfare quasi ogni richiesta o esigenza. In particolare gli investimenti sono volti alla creazione di rulli destinati all’uso con nastri trasportatori e alla movimentazione di pallet; le soluzioni ricercate vogliono consentire una riduzione dei costi per poter essere più competitivi sul mercato».
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Quali categorie e settori industriali si rivolgono alla Rollven? «I settori industriali di appartenenza dei nostri clienti sono i più svariati e sono attraversati trasversalmente dalla nostra offerta. Tra le categorie più importanti quelle delle cave, delle macchine per la lavorazione del legno, della cartotecnica, del vetro, e della movimentazione e logistica in generale. Fra i nostri prodotti più noti, spiccano i rulli per nastri trasportatori, per prodotti sciolti, e più in generale i rulli di varia tipologia per la movimentazione interna, che spaziano dai modelli più semplici per azionamento a gravità a quelli motorizzati con vari tipi di trasmissioni, progettati per rispondere alle necessità di movimentazione in impianti produttivi sempre più evoluti». Quali sono le prospettive e gli obiettivi per il medio e lungo periodo? «Le prospettive dell’azienda prevedono un modesto ma costante trend di crescita sia sul fronte dimensionale che sul fronte del fatturato. Questa crescita sarà collegata all’aumento di formazione del personale interno e all’adozione di tecniche di “produzione snella” che permetteranno un’ottimizzazione dei costi e delle risorse aziendali. Altro obiettivo primario sarà quello di incrementare la presenza diretta sui mercati esteri». VENETO 2012 • DOSSIER • 49
TECNOLOGIE
Cresce il mercato dell’Ict La creatività e l’ingegno made in Italy cominciano a farsi sentire anche nel settore Ict. È proprio in questo ambito che, nell’ultimo anno, le imprese italiane hanno registrato un trend positivo. L’esperienza di Marco De Toni e Mirko Soffia Marco Tedeschi
onostante il quadro generale presenti un trend negativo, secondo il recente rapporto Assinform, di Confindustria, alcuni segmenti quali il cloud computing e i servizi via web presentano comunque importanti prospettive di sviluppo. In particolare, secondo le previsioni, le cosiddette componenti innovative, si prevede incrementeranno il giro d’affari di oltre il 6,7 per cento, attenuando così la crisi generale del comparto IT. Non stupisce, quindi, se le aziende più lungimiranti del settore stiano investendo su queste nuove nicchie. Ne è un esempio la Nextep di Carmignano di Brenta, nel padovano, realtà che fa parte di un importante gruppo internazionale. «Nextep – spiega
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Marco De Toni e Mirko Soffia sono i titolari della Nextep di Carmignano di Brenta (PD) www.nextep.it
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Marco De Toni, uno dei due soci – fa parte del Gruppo Allos, che si occupa di progetti e tecnologie per lo sviluppo del capitale umano. Siamo nati nel 2000 e, da allora, realizziamo progetti per importanti realtà italiane e internazionali appartenenti ai settori bancario, assicurativo farmaceutico e energetico. Si tratta soprattutto di progetti riguardanti lo studio, la realizzazione e la gestione d’infrastrutture di Information e digital communication technology. Siamo diventati un vero e proprio riferimento nella fornitura di tecnologie web-based e cloud, attraverso le quali le persone possono gestire facilmente relazioni, informazioni, dati e processi». «I nostri clienti crescono grazie alle soluzioni che insieme progettiamo – interviene l’altro socio, Mirko Soffia, così che da semplice vetrina di prodotto, il loro sito web si trasforma in una nuova fonte di guadagno, in un efficace strumento di promozione del brand e di relazione con il consumatore». Tra le proposte dell’azienda padovana, ci sono piattaforme digitali innovative che garantiscono un risparmio di tempo e denaro all’interno delle imprese, favorendo lo scambio e la condivisione di informazioni. «Chi fa impresa deve poter comunicare agevolmente con collaboratori, clienti e partner che operano in più paesi. Per questo abbiamo scelto di fornire loro strumenti che consentono di operare al meglio sullo scenario globale contemporaneo» sottolinea De Toni. Le persone che si relazionano con l’azienda, le
Marco De Toni e Mirko Soffia
tecnologie e le informazioni sono viste come un unico ecosistema, che necessita di investimenti e produce risultati misurabili, che consentono di valutarne il ritorno degli investimenti e programmare le strategie future. Alla base di questo lavoro c’è l’importanza che la comunicazione riveste per le imprese. «Le informazioni e le relazioni – interviene Mirko Soffia -, sono il maggior patrimonio delle organizzazioni. Per questo infrastrutture, soluzioni e servizi tecnologici devono garantire comunicazioni efficienti e sicure. Questo può avvenire solo attraverso la realizzazione di ecosistemi digitali flessibili, affidabili e scalabili, ovvero servizi e infrastrutture di tipo Cloud, che conferiscono alle soluzioni proposte proprio questo tipo di caratteristiche». Grazie all’esperienza accumulata negli anni, Nextep offre soluzioni innovative anche per l’universo delle Pmi. In particolare, trovano riscontri positivi lavorando per importanti web agency italiane, che scelgono il gruppo di Soffia e De Toni per lo sviluppo dei loro progetti più avanzati. Progetti che riguardano anche il Gruppo Allos che, nell'ultimo anno, ha creato Zero12. «Si tratta – spiega Soffia - di una startup specializzata nello sviluppo di soluzioni mobile native (Ios e Android) e cloud based (Amazon Aws), che completa l’offerta del gruppo in questi ambiti in rapidissima evoluzione e diffusione». In effetti il settore di cui fa parte la Nextep è sicuramente quello che, più di tutti, negli ultimi anni ha visto ed è stato protagonista di cambiamenti considerevoli e di continue evoluzioni. «Per questo è fondamentale – riprende de Toni – avere ben chiare le tappe e gli obiettivi aziendali. Noi, ad esempio, per il futuro immaginiamo sempre più ecosistemi digitali, che siano in grado di mettere in relazione persone, informazioni e oggetti. Sempre più spesso saremo chiamati a selezionare e integrare decine di tecnologie,
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I servizi tecnologici devono garantire comunicazioni efficienti. Questo può avvenire solo attraverso la realizzazione di ecosistemi digitali flessibili di tipo Cloud
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affiancando il cliente nella progettazione, realizzazione e mantenimento di un proprio ecosistema digitale efficiente e profittevole.. La nostra ambizione in ogni caso, oltre che poter fornire soluzioni sempre più sofisticate, è di affiancare i clienti nella realizzazione della propria identità digitale e nella trasformazione in organizzazione collaborativa». Tendere quindi a un miglioramento continuo. «Questo – conclude Soffia -, al fine di ottenere l’ottimizzazione delle risorse e la massimizzazione dei profitti degli investimenti». VENETO 2012 • DOSSIER • 53
TECNOLOGIE
Il laser, la vera innovazione nel settore stampi L’incisione laser, con i vantaggi che apporta alle lavorazioni degli stampi, si sta dimostrando la tecnologia giusta con cui sbarcare sui mercati internazionali, in particolare Messico, Turchia e Brasile. A parlarne è Demis Zanon Emanuela Caruso
l laser è senz’altro la tecnologia più innovativa che oggi il settore degli stampi mette a disposizione del mercato. Non solo, infatti, permette di eseguire microsaldature su qualsiasi tipo di metallo senza creare tensioni e deformazioni nello stampo, ma addirittura è in grado di sostituire gran parte delle lavorazioni solitamente affidate alla fotoincisione chimica, come per esempio la realizzazione di texture, di abbattere i limiti tecnico-estetici delle strumentazioni tradizionali, e di donare quindi maggiore libertà creativa a centri stile e designer. Tra le prime realtà imprenditoriali ad aver importato la tecnologia laser, troviamo la società Piazza Rosa. «Il reparto di incisione laser – spiega De-
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Demis Zanon, amministratore delegato della società Piazza Rosa di Pieve D’Alpago (BL) www.piazzarosa.it
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mis Zanon, amministratore delegato dell’impresa – è sicuramente il nostro fiore all’occhiello. Proprio quest’anno abbiamo inserito al suo interno una nuova macchina laser per incisione profonda, una Agie Charmilles modello 1200 a 5 assi. Grazie all’utilizzo di questa apparecchiatura e alle lavorazioni a 5 assi su matrici e punzoni di stampi di grandi volumi, saremo in grado di far penetrare la tecnologia laser in nuovi settori del mercato e di acquisire, di conseguenza, nuovi clienti». A soli pochi mesi dalla sua installazione ci sta dicendo che a breve necessiterà di una gemella. Quali mercati rappresentano la percentuale maggiore del core business della Piazza Rosa? «La percentuale più elevata del nostro fatturato, circa il 60 per cento, è sviluppato nel settore dell’automotive, dove spaziamo da stampi per il lighting come guida-luce a stampi di grandi dimensioni come spoiler e paraurti. Un 20 per cento del fatturato è poi maturato nel comparto del packaging e delle bottiglie in Pet, dove collaboriamo con aziende leader. Infine, il restante 20 per cento del nostro volume d’affari è scomposto in vari rami di mercato, tra cui in particolar modo il farmaceutico, l’elettrodomestico e il giardinaggio». Su quale principio cardine è
Demis Zanon
basata la politica aziendale della Piazza Rosa? «Sin dall’inizio della nostra attività, abbiamo basato la politica aziendale sull’investimento costante. Investire nella tecnologia ci consente infatti di migliorare l’efficienza e la qualità delle lavorazioni ormai consolidate, come la lucidatura stampi e la saldatura laser, inserendo macchinari e attrezzature di ultima generazione, e di offrire ai clienti una gamma di servizi sempre più completa e un supporto concreto ai vari problem solving che possono presentarsi». Nel 2011 avete dato vita a un nuovo e innovativo servizio, la WCS. Di cosa si tratta? «La WCS, World Client Service, è una società che svolge un servizio di assistenza agli stampisti o utilizzatori di stampi con prestazioni di lucidatura, saldatura laser, aggiustaggio e avviamento stampi. Il servizio viene svolto direttamente presso le sedi dei clienti e si è dimostrato un investimento vincente e apprezzato, in quanto nonostante il progetto sia partito solo a metà 2010, oggi la WCS è già una realtà importante, con un team di 15 tecnici specializzati, un fatturato previsionale del 2012 che toccherà i due milioni di euro, e una richiesta crescente di cantieri fissi di assistenza in Brasile e Messico». E proprio in Messico avete portato avanti un interessante progetto. «Sì, in Messico, dove il mercato è in forte espansione economica e produttiva, abbiamo creato una società di statuto messicano che si impegnerà nell’assistenza ai clienti con attività di lucidatura, saldatura laser e aggiustaggio. Abbiamo, inoltre, in previsione di poter inserire in questo plant anche l’attività di incisione laser e, successivamente, alcune macchine utensili per poter offrire anche un servizio di piccole e medie modifiche su stampi, attività questa ancora poco sviluppata in Messico. Sempre all’estero, abbiamo inoltre in programma di aprire una sede WCS in Turchia, un altro mercato in forte crescita; proprio ora stiamo valutando i possibili investimenti da compiere e le aree più strategi-
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Nel 2011 siamo riusciti a incrementare il nostro fatturato del 30 per cento e il nostro portafoglio clienti del 18 per cento
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che in cui iniziare con il lavoro. L’obiettivo è quello di essere operativi già a partire dai primi mesi del 2013». Quale bilancio può trarre dall’attività dell’ultimo anno della Piazza Rosa? «Nonostante la morsa della crisi globale, il 2011 è stato un anno positivo per l’azienda, e questo non solo in termini di fatturato, con un +30 per cento rispetto al 2010, ma anche in termini di incremento della clientela. Abbiamo infatti aumentato il nostro portafoglio clienti di circa il 18 per cento. L’esperienza professionale dimostrata, la visione approfondita del settore ci sta comunicando che il modo di operare è quello giusto, stimolandoci a perseguirlo e quindi a porre sul mercato nell'immediato futuro interessanti novità». VENETO 2012 • DOSSIER • 59
TECNOLOGIE
Quando l’high-tech incontra stile e design Come si conquista il segmento “luxury” nel mercato dell’home automation e audio/video? Fabio Maset indica i punti fondamentali dai quali partire, certo dell’importanza di quel “gusto” che ci contraddistingue: «La tecnologia senza stile e design è un’opera incompiuta» Renato Ferretti
n questo periodo storico, puntare sul segmento di mercato più “elevato” mette al sicuro da tutti quei pericoli indipendenti dalla capacità imprenditoriale o dalla professionalità acquisita. Certo, per l’azienda che può dimostrare un alto livello. In un settore come l’high-tech non basta un’esperienza decennale, non basta l’impegno e chi non si sofferma sui dettagli non farà molta strada, se non abbassando il target di riferimento verso il mass market. Come spiega Fabio Maset, CEO di
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La Mosaico Srl ha sede a San Biagio di Callalta (TV) info@mosaicogroup.com - www.mosaicogroup.com
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Mosaico Group, attiva ormai da oltre un decennio nel mondo della home automation, building automation e audio/video professionale: «La tecnologia senza stile e design è un’opera incompiuta e il team Mosaico che ricerca e sviluppa in particolare home automation e audio/video professionale conosce molto bene le esigenze che vengono richieste nelle realizzazioni custom». Inutile specificare l’importanza della praticità e semplicità dell’utilizzo dei prodotti confezionati su misura. «Nell’ultimo biennio il gruppo Mosaico ha incrementato il valore del proprio business raggiungendo margini di crescita importanti, ma conservando l’anima di azienda artigiana che cuce le soluzioni su misura del cliente: per raggiungere tali traguardi è stato necessario, oltre alla conferma del team storico, investire in nuove figure professionali dedicate alla progettazione, alla ricerca ed allo sviluppo software». Dunque quella di Maset è un’impresa che continua ad investire e crescere , nonostante le preoccupazioni legate all’economia italiana. Maset riassume così il primo semestre del 2012: «I dati sono incoraggianti in quanto ancora in crescita rispetto all’anno precedente, una controtendenza
Fabio Maset
in un mercato difficile e generalizzato come quello italiano. Le difficoltà in Italia, oggi sono molte, oltre all’incertezza del credito, alle difficoltà finanziarie derivate dall’assenza di liquidità, si uniscono nel nostro settore, delle normative che non tutelano la professionalità prediligendo l'opportunismo e il business legato solo al numero finale. Da questo si evince che vi è la necessità di adeguare le normative del settore del system integrator per costituire una categoria di professionisti, così come in molti Stati (ad esempio Inghilterra, Stati Uniti) che garantisca competenza e tutela per l’utente finale». In Mosaico, high – tech significa opportunità di sviluppo nel mercato estero: «Il nostro mercato più importante all’estero è legato alla realizzazione di sale cinema e di abitazioni tecnologiche di alto livello, il tutto quale risultato della collaborazione con importanti designer e interior designer, il segmento è quello del “luxury”. Ci auguriamo di poter continuare a cooperare con i nostri partner italiani per poter esportare il “gusto e stile” che da sempre ci contraddistinguono nel mondo. Il mercato interno è difficile, con pochissimo margine e avaro di soddisfazioni, la sua ripresa, a nostro avviso, sarà lenta e non ci illudiamo che la futura richiesta interna possa colmare il 100 per cento del nostro business. Tuttavia il nostro impegno è di ampliare il raggio di azione e di essere sempre più presenti e riconosciuti in particolare in fulcri del business in Italia, come Roma e Milano».
Il core business di Mosaico è sicuramente l’home automation e l’audio/video professionale, divisioni in cui Maset punta più in alto possibile: la prima in cui vengono realizzati sistemi per il totale controllo dell'abitazione e dei sistemi audio/video in essa contenuti, la seconda in cui vengono realizzate sale controllo, sale conferenze, sale cinema, auditorium e molto altro: «vogliamo realizzare “le più belle ville e sale del mondo” con un design che rispetti il contesto storico, architettonico, anche con lo studio dell’acustica, interpretando i desideri del cliente finale con la continua evoluzione e ricercando le migliori soluzioni tecnologiche». Incalzato sulle prospettive future della propria attività, Maset dimostra di avere le idee chiare. «Sicuramente per il prossimo periodo i punti cardine sono la creazione di nuove sedi operative che ci permettano di essere logisticamente più vicini ai nostri clienti e il raggiungimento di una certificazione che garantisca la professionalità della nostra azienda. Cercheremo di essere sempre più verticali, osservando con attenzione i cambiamenti dei mercati e cambiando rotta in base all’evoluzione degli stessi: tutto ciò è estenuante, ma la distrazione, l’attesa o la mancata corretta e continua interpretazione del mercato può vanificare tutti gli sforzi. La storia insegna che l’azienda o cresce o muore: la staticità è impensabile. La sfida di Mosaico è puntare a grandi risultati». VENETO 2012 • DOSSIER • 63
MODELLI D’IMPRESA
Sostenibilità ed efficienza Alessandro Pirotta, Direttore Generale della Sayerlack di Pianoro, fa da testimone a un matrimonio che spesso sembra impossibile. L’attenzione ambientale, nella sua esperienza, ha portato al top tecnologico Renato Ferretti
attenzione all’ambiente da parte di un’impresa non è sempre un ostacolo, o una spesa per rientrare nelle normative vigenti. Ci sono casi in cui l’ecocompatibilità va di pari passo con una maggiore qualità del prodotto. La Sayerlack di Pianoro (Bo), azienda di proprietà del gruppo americano Sherwin Williams, offre un buon esempio del fenomeno. Le sue vernici per legno ad acqua con bassissimo impatto ambientale rappresentano anche il top tecnologico nel settore, come ci spiega il Direttore Generale dell’azienda, Alessandro Pirotta. «I prodotti all’acqua per esterni garantiscono una maggiore durata nel tempo perché, grazie alla loro elasticità, si adattano meglio alle variazioni della superficie del legno causate da umidità ed eventi atmosferici. Volevamo offrire prodotti per un ambiente meno inquinato, meno tossico, più salubre e siamo stati i primi, in
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Alessandro Pirotta, Direttore Generale della Sayerlack di Pianoro (BO) www.sayerlack.it
Italia, a cominciare la formulazione dei prodotti all’acqua, agli inizi degli anni 80. È importante sottolineare che creare un prodotto ecosostenibile non danneggia la qualità ma la esalta. L’incidenza dei prodotti all’acqua sul nostro fatturato è del 30 per cento e siamo in grado di proporre ai nostri clienti vernici all’acqua per ogni tipo di manufatto e di applicazione». A proposito di fatturato: se dovesse riassumere la vostra azienda in numeri, anche in riferimento agli ultimi investimenti? «Abbiamo 325 dipendenti, di cui 270 lavorano presso la sede di Pianoro, 30 a Mariano Comense e 25 operano sul tutto il territorio. La quota di investimenti annuali si aggira intorno ai due milioni e mezzo di euro, e questi investimenti sono funzionali a migliorare l’ambiente di lavoro negli stabilimenti. Nel 2010 abbiamo investito 1 milione di euro nell’impianto di postcombustione, per abbattere l’emissione in atmosfera di solventi. Gli investimenti destinati alla Ricerca e Sviluppo nel 2011 sono stati 2 milioni e 800 mila euro». Qual è la vostra copertura geografica? «Siamo presenti in tutto il mondo attraverso una rete di distributori e, in alcuni mercati quali Spagna, Francia e Gran Bretagna e Singapore, con delle consociate. L’Italia rimane il punto di riferimento: pur con tutte le difficoltà che il mercato italiano sta vivendo, porta ancora il 40 per cento del fatturato aziendale. La
Alessandro Pirotta
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Le vernici ad acqua, oltre al bassissimo impatto ambientale, garantiscono una maggiore durata nel tempo
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Russia è il secondo mercato di riferimento, insieme a tutti i paesi dell’Est». Si può dire che la crisi del mercato tradizionale viene colmata da quelli in via di sviluppo? «Sì, anche se noi in questi paesi non siamo arrivati semplicemente in seguito alla crisi. Siamo presenti nei paesi emergenti da 20 anni. Oggi beneficiamo della presenza consolidata nel tempo con tassi di crescita che sono mediamente superiori a quelli del mercato di riferimento e dei diretti concorrenti». Parliamo dell’importanza delle certificazioni nel vostro campo. «Premesso che la qualità dei prodotti vernicianti per legno italiani non ha paragoni rispetto alle vernici prodotte in altri paesi, la certificazione di prodotto, in questo particolare momento congiunturale, rappresenta per noi un vantaggio competitivo, che ci ha permesso di uscire dalla logica commerciale soggettiva per essere valutati da enti esterni, che certificano in modo oggettivo la qualità e il valore dei prodotti Sayerlack. Le certificazioni di prodotto permettono ai nostri clienti di presentare i propri manufatti, verniciati
con Sayerlack, come prodotti di qualità certificata, dando loro ulteriori argomentazioni di vendita». La realtà dell’industria veneta è caratterizzata dalla presenza sia di grandi che di piccole imprese. Come si rapporta una multinazionale americana a questa frastagliata realtà locale? «Il Veneto, nonostante la crisi, è il distretto dove i consumi delle nostre vernici sono al primo posto. Qui abbiamo un’organizzazione articolata per le piccole imprese e per le grandi industrie. Non dimentichiamo, infatti, che le maggiori industrie nella produzione dei mobili sono ubicate in Veneto; è necessario quindi avere la flessibilità per poter gestire e fornire le une e le altre. Questo lo si fa con l’organizzazione commerciale e di distribuzione: disponiamo di cinque depositi periferici e abbiamo una rete di assistenza tecnica preparata ed efficace. Siamo strutturati per offrire il servizio che viene richiesto da qualsiasi tipologia di cliente. Studiamo insieme ai clienti quelle che possono essere soluzioni nuove sia a livello di prodotti che a livello di impianti». VENETO 2012 • DOSSIER • 69
MODELLI D’IMPRESA
L’impresa si svincola dal credito bancario e banche, e l’economia di cui sono espressione, sono ormai al centro del dibattito da anni. Per alcuni versi e limitatamente a questo ambito, lo scenario appare, se non chiaro, almeno noto. Ma in che stato di salute si trova la produzione in Italia? Non è certo una domanda nuova, ma le risposte sono, se possibile, ancora meno immediate. Il campo dell’automazione industriale fa da ancella a quello produttivo, operando per trasversalmente per tutti i settori. Dunque gli imprenditori coinvolti nell’ambito sono forse tra quelli più qualificati per dare un quadro completo del nostro sistema economico “reale”. Paolo Bortolato, titolare della veneta Brs automazioni, prova a rispondere a partire dalle condizioni della sua azienda. «Pur nelle difficoltà congiunturali del mercato – dice Bortolato –, abbiamo sempre cercato di differenziarci offrendo e proponendo professionalità, competenza e componenti in grado di aiutare i nostri clienti a migliorare le produzioni per competere sul mercato globale. Tutto questo ha permesso alla nostra attività di crescere con numeri importanti, circa il 15 per cento annuo nell’ultimo biennio». Anche i dati d’inizio anno fanno ben sperare. «Confermiamo il nostro trend di crescita
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Da sinistra, Federico Sattin e Paolo Bortolato della Brs Automazioni di Villanova del Ghebbo (RO) www.brsautomazioni.it
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L’industria dell’automazione segue da vicino, e trasversalmente ai vari settori, la situazione produttiva del Paese. Paolo Bortolato descrive le tendenze e gli errori attuali. «Il mondo finanziario dovrebbe guardare all’economia reale» Renato Ferretti
anche nel primo semestre del 2012, i numeri infatti confermano una crescita del 18 per cento rispetto al primo semestre 2011. La crisi dei mercati è evidente, specialmente per le aziende che limitatamente si propongono solo al mercato italiano. Da sempre infatti la nostra politica tecnico-commerciale è volta a ricercare collaborazioni con aziende in grado di sviluppare crescita nei mercati esteri». Il ruolo dell’automazione si presenta comunque delicato e ha l’incombenza di cambiare in funzione delle esigenze e delle tendenze produttive. «Da sempre – continua Bortolato – Brs automazioni ha proposto sul mercato, prima di tutto, una consulenza basata sull’analisi tecnico-applicativa delle problematiche di progettazione, in collaborazione con i clienti. Tutto questo anche grazie alle specializzazioni produttive dei partner prodotto. I nostri clienti sono strutturati con un proprio ufficio tecnico che svolge un lavoro generale nella progettazione di macchine o impianti. La nostra figura perciò si inserisce all’interno degli uffici tecnici proponendo soluzioni specifiche sulla trasmissione meccanica del moto, di potenza e di movimentazione handling. Confermiamo che questo servizio non è cambiato perché le aziende cercano di ottimizzare al massimo i costi interni,
Paolo Bortolato
CRESCITA
+15% LA BRS AUTOMAZIONI HA REGISTRATO UNA CRESCITA MEDIA A DOPPIA CIFRA NEGLI ULTIMI DUE ANNI. PER IL 2012 È PREVISTO UN +18%
pur avendo necessità di specializzazioni». Considerando il suo lavoro con i clienti Bortolato può arrivare alle prime conclusioni. «Sicuramente le problematiche economiche di competizione gravano su tutte le aziende, di conseguenza chi produce macchine deve ottimizzare il costo del prodotto venduto. La nostra filosofia aziendale: analizziamo, dimensioniamo, proponiamo soluzioni. Un approccio che ci permette di offrire il massimo risultato al giusto costo. Inoltre collaboriamo nel formare e dare competenza ai collaboratori dei nostri clienti organizzando corsi formativi e informativi su nuove tecnologie specifiche del settore di appartenenza. Tutto questo giustifica un prezzo adeguato che non sempre è quello più basso». Una delle possibilità non trascurabili è rap-
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La nostra politica finanziaria è molto cauta e facciamo sempre meno ricorso all’aiuto bancario
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presentata dall’export, Bortolato così conferma il trend dell’industria italiana. «Le performance migliori le riscontriamo nelle aziende esportatrici di qualsiasi settore, perciò la differenza ancora una volta la fa la competenza nell’ottimizzare il prodotto. Per volume gli ambiti in cui si riscontrano i risultati migliori sono legati all’industria del riciclaggio e dello sviluppo delle energie alternative. Al momento però non abbiamo clienti esteri, stiamo valutando l’opportunità di portare la nostra politica lavorativa anche in un altro paese europeo perché vogliamo essere vicini al cliente». Infine il titolare della Brs punta il dito contro gli istituti di credito indicando contemporaneamente una possibile, per quanto difficile, via di fuga. «Il mondo finanziario non sta guardando all’economia reale, secondo noi sbagliando gravemente: perciò la nostra politica finanziaria è molto cauta e facciamo sempre meno ricorso all’aiuto bancario. Questo non ci permette di pensare a investimenti nel breve/medio periodo, ma sicuramente eliminata la necessità di utilizzare il credito bancario è nostra intenzione investire con propri capitali e in piena autonomia portando la nostra competenza su mercati esteri». VENETO 2012 • DOSSIER • 71
MODELLI D’IMPRESA
Perché differenziare la produzione l Centro Studi di Confindustria ha stimato in luglio un calo della produzione industriale dello 0,4 per cento su giugno. Andamento decisamente negativo quindi per la produzione industriale italiana. Le aziende che hanno registrato meno flessione delle altre sono quelle realtà che hanno scelto di differenziare la loro produzione. È quanto ha fatto la Tecnowerk, specializzatasi nella realizzazione di stampi per il settore dei contenitori per alimenti a basso spessore e nella realizzazione di propri contenitori per alimenti decorati con tecnologia IML. Ne parliamo con il titolare Guido Nussio. Qual è lo scenario di mercato a cui state assistendo? «Il mercato italiano è in decisa contrazione poiché le aziende del territorio non investono in attrezzature per quanto riguarda gli stampi, mentre per quello che concerne la produzione d’imballaggi, andando a servire soprattutto il settore alimentare, la flessione data dal calo dei consumi a livello nazionale è più
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Guido Nussio è titolare della Tecnowerk di Arsiè (BL) www.tecnowerk.it
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Aver impostato l’azienda su due unità produttive si è dimostrata la scelta giusta per la Tecnowerk. Se il mercato generale è soggetto a flessione e la produzione cala, l’azienda ha invece quadruplicato il fatturato. Ne parliamo con Guido Nussio Matteo Grandi
contenuta. Di andamento opposto invece, il mercato “estero”. In questo caso è necessario differenziare il mercato comune europeo sostanzialmente stabile, da quello dei paesi emergenti in continua crescita. Non poche problematiche stanno dando negli ultimi anni le materie prime come acciai speciali e materie plastiche, soggette a continue a repentine variazioni che possono incidere in maniera pesante sulla redditività delle commesse. Comunque questo è un problema comune a tutte le aziende a livello globale». Tecnowerk ha però quadruplicato il fatturato negli ultimi dieci anni. «Ci siamo naturalmente e progressivamente evoluti nel corso degli anni, tenendo sempre focalizzata la mission di qualità, nonché di redditività. Questa si è rivelata la strada giusta». Su quali aspetti avete puntato per ottenere risultati così soddisfacenti in anni difficili a livello globale? «Aver impostato l’azienda su due unità produttive, una di costruzioni speciali meccaniche di altissima precisione e l’altra di produzione massiva, si sta rivelando una scelta giusta. Innanzitutto per quanto riguarda gli stampi, dove abbiamo raggiunto la leadership di mercato. Oggi infatti a causa della delocalizzazione dissennata molti stampisti/artigiani hanno cessato l’attività in Italia, e gli omologhi cinesi non sono in grado di espri-
Guido Nussio
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Stiamo partecipando a un importante progetto di ricerca e sviluppo di biopolimeri, finanziata dal Mise come partner tecnico
mersi agli stessi livelli di perfezione tecnica. L’azienda si sta inoltre affermando sempre di più anche nel campo dei contenitori per alimenti, grazie alle innumerevoli invenzioni industriali e brevetti (costruiti nel tempo con costante ricerca e sviluppo), e allo studio di design. Tutto ciò crea un notevole plus che ci permette di competere con aziende molto più grandi e strutturate. La flessibilità dell’azienda ha permesso di offrire celermente molteplici soluzioni alle aziende clienti». Da un punto di vista territoriale, quali sono le zone in cui lavorate di più? «Per quanto riguarda il prodotto stampato il mercato di riferimento rimane quello europeo, allargato al bacino del Mediterraneo. Per gli stampi invece storicamente abbiamo sempre servito i mercati emergenti che si sono via via succeduti nel tempo nel corso della nostra ultratrentennale attività; ultimamente i paesi di riferimento sono la Cina e l’India. Ad oggi Tecnowerk esporta quasi il 60 per cento complessivo delle produzioni. Nel settore degli stampi ci sono impianti installati e operativi in tutti e 5 i continenti. Abbiamo esportato in 49 stati esteri e presto se ne aggiungeranno altri». Quali sono le ultime innovazioni tecno-
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logiche introdotte? «Nel corso degli anni abbiamo accumulato molteplici invenzioni industriali, che sono state il propellente che ha fatto avanzare l’azienda nel mercato e che hanno consentito di raggiungere sempre nuovi traguardi. Attualmente stiamo partecipando a un importante progetto di ricerca e sviluppo di biopolimeri, finanziata dal Mise, come partner tecnico, tra i principali attori in ambito alimentare in campo nazionale. Un particolare impegno dunque nella direzione dell’ecosostenibilità degli imballaggi, argomento nel quale siamo impegnati quotidianamente per trovare soluzioni, cercando di diminuire i pesi degli articoli, ottimizzando il confezionamento per lo stoccaggio e la trasportabilità, a vantaggio dell’ambiente, dei consumi energetici e delle materie prime». Quali le prospettive dell’azienda? «Intendiamo rimanere consolidati sul mercato ampliando e acquisendo competenze nei nostri settori di riferimento. Cerchiamo inoltre di impostare il proseguimento dell’attività, puntando sulla formazione e sulle energie di giovani risorse, mandando un bel segnale di speranza alle nuove generazioni, in un paese flagellato dalla globalizzazione». VENETO 2012 • DOSSIER • 73
MODELLI D’IMPRESA
Pmi, nuovi modelli Restringere il campo sembra una delle chiavi per il successo. Soprattutto per le Pmi. Tra andamento generale e peculiarità aziendali, Carlo Bigi descrive la sua esperienza nell’impiantistica elettrica. «Parola d’ordine: avanguardia» Renato Ferretti
onsolidamento delle posizioni, ultra-specializzazione e attenzione alle nuove opportunità di mercato. Sono linee guida che accomunano molte imprese del Nord Italia. L’impiantistica elettrica non fa eccezione. La For M.A. di Carlo Bigi costituisce un esempio di come il settore si muove in questo periodo all’interno dei confini nazionali. In particolare Bigi ha puntato a specializzarsi in prodotti per l’industria navale, con una convinzione che risulta in controtendenza. «Non ci affidiamo a ricerche spinte di marketing – dice Bigi – o a una capillare rete di vendita. Il rapporto personale del “passaparola”, che stride molto con le attuali impostazioni di vendita, garantisce le fondamenta nel rapporto diretto. È
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Carlo Bigi, titolare della For M.A. che ha sede a Ronchi di Villafranca (PD) www.for-ma.it
tutto quello di cui abbiamo bisogno». Nonostante la grave flessione dei mercati? «La società For M.A. ha una storia relativamente recente, un periodo di dodici anni in cui, senza particolari exploit, vi è stata una costante crescita e una sempre maggiore presenza sul mercato. Questo anche negli ultimi due anni e la stessa tendenza l’abbiamo registrata nel primo semestre del 2012». Cosa c’è alla base di questi risultati? «Origine di questo la mia convinzione nel portare avanti metodi di produzione all’avanguardia, sia per le attrezzature sia nella cultura di un sistema efficiente. L’inserimento in un particolare mercato di nicchia come quello dell’industria navale, ci ha permesso di
Carlo Bigi
sviluppare prodotti specifici in collaborazione con i principali clienti». Per esempio? «Per primi in Italia abbiamo immesso nel mercato canaline in rete elettrosaldata adatte alle specifiche esigenze di utilizzo. Così ad esempio, la passerella a maglia larga è apprezzata nel settore navale per la facilità d’uso in spazi molto ristretti e il mantenimento delle caratteristiche tecniche alla pari di prodotti molto più blasonati. Oggi è una tipologia che trova i favori anche nei grandi impianti fotovoltaici, per praticità ed economicità». Che territorio copre la vostra attività? «Fortunatamente la nostra presenza sul mercato è consolidata. Dal nostro Veneto siamo arrivati in tutta Italia e in qualche caso anche all’estero, senza promettere nulla, ma mantenendo quello che è già parte del nostro nome. Va da sè che la maggior parte dei nostri investimenti continua ad essere rivolta allo sviluppo anche grazie agli incentivi per la formazione erogati da vari enti regionali e provinciali e convogliati a noi per mezzo del nostro consulente, adottiamo il sistema di produzione “snello” (la Lean production della progenitrice Toyota) e badiamo a ridurre al massimo gli sprechi». Quali strategie avete adottato nell’ultimo periodo? «Per enfatizzare e reclamizzare i nostri prodotti, ho pensato che era il momento di “uscire dalla mischia” e proporre un’immagine diversa della classica rappresentazione tecnica dando un’altra vita alla canalina portacavi in rete o alla passerella a scaletta. Così, è stato divertente far diventare i nostri prodotti di maggior successo un elefante o un pesce degli abissi o altre realizzazioni favolistiche». Dunque in qualche modo, nonostante l’assenza di una rete di vendita vera e propria, vi siete impegnati a livello comunicativo. «Il contesto attuale rende sempre più difficile la comunicazione diretta e sempre più la globalizzazione
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Il mercato futuro, in particolare quello legato alle fonti di energia alternativa, rappresenta una chance per lo sviluppo di nuovi prodotti
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permette alle multinazionali o alle grandi realtà di tirare i fili del gioco badando sostanzialmente al risultato numerico. Non che sia sbagliato, anzi deve far riflettere, chi conduce una piccola realtà, sullo stato di fatto delle cose. La carta vincente secondo me resta nella capacità di far percepire al cliente che anche in una piccola realtà si possono trovare affidabilità competenza ed economicità, e dato che “nella botte piccola sta il vino migliore…”, nella piccola azienda si amalgamano la creatività tipica italiana e la determinazione». Tiriamo le somme: quali possono essere le prospettive nel settore nell’immediato futuro? «Il mercato futuro, in particolare quello legato alle fonti di energia alternativa, rappresenta una chance per lo sviluppo di nuovi prodotti e nuove opportunità di lavoro che deve restare alla portata di tutti, magari trovando delle collaborazioni tra realtà che abbiano in comune pensieri e scopi condivisibili, con la consapevolezza che anche qui, in Italia, è ancora possibile crescere».
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MODELLI D’IMPRESA
L’industria veneta non ha paura di investire Investire. È questa la filosofia che ha guidato la società Besafilm durante ogni singola fase di ristrutturazione dei processi interni. L’analisi di Youri Beltrame titolare dell’impresa Emanuela Caruso
istrutturare le dinamiche interne della propria attività per sviluppare una maggiore consapevolezza delle strategie di business aziendale. È con questo obiettivo ben chiaro nella mente di ogni componente della società, che la Besafilm, sita a Colognola ai Colli, in provincia di Verona, e specializzata nel taglio di plastica e carta, ha portato avanti una profonda ristrutturazione dell’impresa. Operazione che non solo ha riguardato la revisione dei processi produttivi, ma che è anche andata a inglobare ed “evolvere” ogni comparto cardine dell’azienda, partendo dall’amministrazione e arrivando alla
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logistica. Come racconta Youri Beltrame, titolare della Besafilm: «Dopo la scomparsa nel 2007 di mio padre Santino Beltrame, fondatore dell’impresa e imprenditore attento e lungimirante, è stato deciso di rivedere completamente ogni processo interno dell’azienda. Aiutati in questo dall’importante collaborazione del commercialista Fabio Sartori, abbiamo migliorato ogni ramo dell’attività, evolvendoci soprattutto in termini di tecnologia. Una ristrutturazione svolta in questa maniera ci ha consentito di trasformare la Besafilm da impresa artigianale dotata di manovalanza qualificata a realtà industriale in grado di avvalersi tanto di ottima manodopera, attualmente contiamo circa 30 dipendenti, quanto di tecnologie avanzatissime». E proprio sul fronte delle tecnologie si è concentrato il primissimo investimento svolto dalla Besafilm all’inizio dell’attività. «Quando l’attività è partita disponevamo di tre taglierine italiane molto modeste, ragion per cui, appena si è presentata l’opportunità, abbiamo investito nell’acquisto di una taglierina prodotta da una delle migliori marche tedesche. Questo tipo di macchina era larga 2500mm e poteva tagliare sia spessori fini che spessori grossi con un diametro massimo di 1000mm. Grazie al suo utilizzo, combinato con quello di altre quattro taglierine e una ribobinatrice per rifare le bobine imperfette, la
Youri Beltrame
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Un’attività diversificata e l’utilizzo di taglierine tedesche di ultimissima generazione hanno rappresentato il valore aggiunto della nostra impresa
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nostra produzione è aumentata. Poter disporre di macchinari così all’avanguardia è stato per l’azienda un notevole vantaggio, in quanto operando solo conto terzi ha rappresentato un ottimo biglietto da visita, oltre che uno strumento di garanzia a livello di qualità del prodotto finito». Oggi, vi siete completamente convertiti all’utilizzo di macchinari tedeschi. Quali caratteristiche hanno le taglierine odierne? «Le taglierine tedesche oggi a nostra disposizione hanno una luce massima di 2500mm e sono in grado di soddisfare qualsiasi tipo di richiesta. Abbiamo infatti acquistato una taglierina realizzata su misura delle nostre necessità, capace di lavorare anche con le piccole misure: taglia fino a 6mm a lamette e 7mm a coltelli tutto su anima da 3’’. Questa apparecchiatura è stata concepita con la possibilità di tagliare una vasta gamma di spessori, da 7my a 800my, così da soddisfare anche le commesse degli utenti più esigenti». A quali settori si rivolge la produzione della Besafilm e qual è il vostro mercato di riferimento? «La nostra attività è molto diversificata, in quanto ci rivolgiamo a quasi tutti i settori produttivi e merceologici. I comparti in cui, comunque, operiamo maggiormente sono l’alimentare, la farmaceutica, l’elettrica e l’edi-
liza. Il nostro mercato di riferimento è dato da Nord Italia ed estero». Come ha influito sulla vostra società la crisi economica che ha colpito l’Italia e tutto il resto del mondo? «La nostra elevata diversificazione ha rappresentato un’ancora di salvezza per l’impresa. Infatti, mentre moltissime realtà imprenditoriali sono affondate nelle difficili acque di un mercato stagnante e “povero”, noi non abbiamo risentito del duro periodo, ma al contrario abbiamo registrato interessanti crescite sia dal punto di vista produttivo sia dal punto di vista del fatturato. Molte aziende delle nostre zone, spinte dalla necessità di sopravvivere alla congiuntura sfavorevole e di risparmiare sui costi del personale e della produzione, hanno deciso di chiudere i propri reparti di taglio interni e portare fuori questa fase della lavorazione, chiamando così a rapporto imprese come la Besafilm, da sempre incentrata sul lavoro conto terzi». Quali progetti avete per l’immediato futuro? «All’inizio del 2013 prenderà forma un progetto su cui abbiamo investito moltissimo. Si tratta dell’automatizzazione del nostro sistema di confezionamento delle bobine figlie tagliate, attività alla quale verrà dedicato un nuovo reparto aziendale. Terminata questa prima fase, ci impegneremo per automatizzare anche il resto dei macchinari, ovvero le taglierine e le stesse bobine».
Youri Beltrame, titolare della Besafilm Srl di Colognola ai Colli (VR) www.besafilm.com
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MODELLI D’IMPRESA
Reagire a un mercato in stallo Differenziare i settori di riferimento, cercando nuovi sbocchi di mercato. Così aumenta la competitività e la possibilità di compensare eventuali cali derivanti dalla crisi. Dante Zecchel della Termoplast Nord analizza il comparto dell’imballaggio flessibile Emanuela Caruso
iversificare e innovare. Ecco con quali strategie ogni realtà imprenditoriale italiana dovrebbe cercare di affrontare e contrastare il periodo nero che si è abbattuto sul mercato e sull’economia del nostro paese. Ed è proprio diversificando i settori di riferimento e i prodotti e portando avanti una ricerca continua di nuovi articoli e servizi da proporre che la società Termoplast Nord, attiva da oltre vent’anni nel comparto dell’imballaggio flessibile, è riuscita a vincere la battaglia contro la recessione. A spiegare nel
D La Termoplast Nord Srl ha sede a Giavera Del Montello (TV) www.termoplastnord.it
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dettaglio in che modo siano state sviluppate le due strategie attuate è Dante Zecchel, amministratore unico dell’impresa. «Abbiamo ritenuto essenziale differenziare sia i settori di riferimento, cercando quindi nuovi sbocchi di mercato, sia i prodotti, realizzandoli in base alle specifiche esigenze dei clienti. Così facendo non siamo soltanto più competitivi sul mercato, ma disponiamo delle possibilità di compensare eventuali cali derivanti dalla crisi spostandoci in comparti meno colpiti. Per quanto riguarda l’innovazione, abbiamo puntato sulla ricerca e lo sviluppo di prodotti innovativi e capaci di sorprendere un mercato in stallo e bisognoso di novità. In questo senso ci siamo concentrati in particolar modo su articoli in grado di rispondere alle normative vigenti in ambito ambientale». E parlando di salvaguardia dell’ambiente, secondo il parere di Dante Zecchel, la direzione da prendere è quella dei materiali biodegradabili e del corretto smaltimento dei rifiuti. «Relativamente a questa tematica, la nostra società sta focalizzando la propria attenzione sul miglioramento della gestione dello smaltimento dei rifiuti, cercando di differenziare il più possibile i materiali di scarto e interagendo in modo proficuo con le imprese di smaltimento. Inoltre, aderenti alle normative imposte dal protocollo di Kyoto, abbiamo provveduto all’installazione di un post-combustore che regola le emissioni dei fumi in atmosfera». Grazie a una filosofia aziendale di questo ca-
Dante Zecchel
libro, la Termoplast Nord è riuscita a conquistare utenti nei più disparati settori. «Oggi, siamo in grado di proporre imballaggi flessibili di alta qualità con prodotti stampati per settori che vanno dall’abbigliamento all’alimentare, dal comparto dei film in Pe e Pp siliconati a quello dei film per terricci e pellet, fino ad arrivare alla produzione di buste sicurezza e per aeroporto. Quelli in cui abbiamo riscontrato un successo maggiore, con conseguente aumento degli ordini, sono soprattutto il ramo alimentare e i pastifici». Ma ad aumentare negli ultimi anni non sono stati solo le commesse, ma anche il fatturato aziendale, che nel 2011 è cresciuto del 10 per cento e che nel primo semestre del 2012 ha mantenuto un tasso di crescita di pari entità. Buona parte di questi importanti traguardi raggiunti dalla Termoplast Nord è dovuta alla commercializzazione dei prodotti sul mercato internazionale. Continua, infatti, Dante Zecchel: «Operiamo tanto sul mercato nazionale quanto in quello estero. Siamo presenti in alcuni paesi dell’Est Europa, come Romania e Ungheria, del Nord Africa, in particolare Tunisia, e in Asia. In quest’ultimo paese disponiamo di unità produttive in India, Bangladesh e Cambogia. La nostra volontà attuale è quella di allargare maggiormente il nostro raggio d’azione, andando ad abbracciare sia altri paesi europei
10%
CRESCITA MATURATA SUL VOLUME D’AFFARI DEL 2011 E DEL PRIMO SEMESTRE 2012 DALLA TERMOPLAST NORD SRL
sia paesi extraeuropei». E a proposito del mercato interno con cui quotidianamente il settore degli imballaggi flessibili deve avere a che fare, Dante Zecchel riporta una situazione non proprio rosea. «Lo scenario nazionale del nostro comparto vede una continua corsa al ribasso dei prezzi, strategia che si sta dimostrando debole, soprattutto a fronte di un continuo aumento dei costi delle materie prime; da parte nostra abbiamo scelto di non puntare sui prezzi, quanto piuttosto sulla qualità del prodotto, sulla sicurezza dell’imballaggio e sulle tecnologie di ultima generazione di cui possiamo avvalerci. Disponiamo di attrezzature capaci di garantire il raggiungimento di un’ottima qualità di stampa fino a otto colori, e inoltre di cinque macchine da stampa, dieci estrusori e undici macchine saldatrici. È importante ricordare che siamo certificati Iso 9001 e che nel 2013 otterremo la certificazione Brc per il settore alimentare». VENETO 2012 • DOSSIER • 79
MODELLI D’IMPRESA
Acciaio per la viticoltura Il settore vitivinicolo rappresenta un’eccellenza italiana. Un comparto che ha bisogno di essere costantemente aggiornato. Anche nella realizzazione dei materiali che supportano gli impianti. Come l’acciaio inossidabile. Ne parliamo con Bruno Lischetti Marco Tedeschi
l Veneto, oltre ad essere la prima regione vitivinicola italiana, è la terza regione, dopo Piemonte e Toscana, per numero di associati alle Città del Vino, con i suoi 44 comuni situati nella provincia di Treviso, nella Strada del Prosecco e Vini dei Colli Conegliano Valdobbiadene e nella Strada del Vino Soave. Ed è proprio la Strada del Vino di Soave uno dei luoghi più ricchi in cultura vitivinicola, in cui si sono sviluppate realtà che supportano un settore molto fiorente nel Veneto, visto che le stime parlano di 7.600.000 hl di vino per la vendemmia 2012. E tra queste realtà alla base del comparto, c’è Consortium che da venticinque anni diffonde la conoscenza e l'uso dell'acciaio inossidabile in viticoltura e frutticoltura. «In questo campo – spiega Bruno
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Consortium Spa si trova a Soave (VR) www.consortiumspa.net
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Lischetti amministratore delegato di Consortium spa – ci siamo affermati come punto di riferimento importante sia in ambito nazionale che internazionale. Punto fondamentale si è dimostrato il costante aggiornamento dei materiali e lo sforzo dedicato alla continua innovazione dei prodotti, con un'ampia disponibilità sul pronto a magazzino dell'intero catalogo». L’azienda è molto attenta all’evoluzione della viticoltura, fornendo i supporti basilari per il settore vitivinicolo, «dai prodotti più tradizionali a quelli tecnologicamente più avanzati, per soddisfare le sempre più crescenti esigenze relative alla realizzazione d’impianti moderni e razionali. Oggi vantiamo partner d’eccellenza come Bekaert, di cui siamo rivenditori esclusivi in Italia, e garantiamo consegne puntuali grazie alla disponibilità di automezzi propri muniti di braccio meccanico per il carico e scarico delle merci». La sede di Consortium si trova in un punto strategico visto il settore in cui s’inerisce l’azienda. «In effetti avere la sede a Soave, lungo l'Autostrada Milano-Venezia, si è dimostrato un punto a nostro a favore visto che la zona è molto famosa per la sua pregiata produzione vinicola, da cui prende il nome. Ci troviamo inoltre a pochi chilometri da Verona, punto d’incrocio tra l’autostrada del Brennero e l’autostrada Serenissima, sede di Vinitaly, la fiera più importante nel settore vinicolo, e ideale punto di partenza e d’arrivo per servire l’Italia e l’Europa». Per quanto riguarda la gamma di prodotti rea-
Bruno Lischetti
lizzati dall’azienda spiccano due tipi di fili inox: Agrinox 304 e Agrinox 3½. «Agrinox 304 – specifica Lischetti - è un filo in acciaio inalterabile nel tempo e da vent’anni si dimostra il più utilizzato. Abbiamo in ogni caso continuato a studiare e approfondire le ricerche sulle caratteristiche degli acciai inossidabili presentando un filo di acciaio inox con diversa composizione di lega (contenuto minimo di Nichel 3½), simile all’AISI 304. Il risultato è stato Agrinox 3½, che ha ottenuto in laboratorio risultati uguali al 18-10 sia per la resistenza alla corrosione, sia per le caratteristiche meccaniche. Agrinox 3½ è un filo austenitico e amagnetico che conserva i vantaggi dell’inox 304 ma che permette di risparmiare sui costi d’impianto grazie a un prezzo nettamente inferiore. Oltre al filo inox proponiamo anche l’ultima serie di pali in acciaio Europal, zincati a caldo. Di concezione e progettazione nuova, tra i quali spicca il palo C1 Maxi, si tratta di pali costruiti senza asportazione di materiale, eliminando i punti d’indebolimento e ottenendo una maggiore resistenza e portata, quindi adatti ad altezze superiori o a distanze maggiori tra i pali nel vigneto. Oltre ai pali zincati a caldo disponiamo di un’ampia gamma di pali pre-zincati (gr./mm 275) per una scelta economica, sal-
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Abbiamo continuato ad approfondire le ricerche sulle caratteristiche degli acciai inossidabili presentando un filo di acciaio inox con diversa composizione di lega
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vaguardando la qualità». Accanto alla Consortium viene associato un marchio di grande esperienza per i fili a zincatura classica e zinco-alluminio. «Si tratta di Bekaert, leader nella tecnologia del rivestimento dei fili in acciaio. La qualità Bekaert Bezinal 2000, grazie all’innovativo strato in lega Zn95/Al05, proviene da una serie di studi in grado di apportare rilevanti miglioramenti rispetto ai fili delle stesse categorie : in virtù di questo rivestimento si può contare su una durata otto volte superiore rispetto al filo a zincatura ricca, inoltre la soluzione si presenta molto economica tale da offrire il 50 per cento in più di lunghezza utile per una bobina da 25kg tradizionale. Bekaert Bezinal 2000 Excellium può inoltre offrire una maggiore performance in termini di allungamento (solo il 4%) che si traduce in minore manutenzione dei fili a fine stagione». VENETO 2012 • DOSSIER • 83
MODELLI D’IMPRESA
Ora l’obiettivo è l’estero Ampliamento dell’offerta e spostamento verso il mercato diretto. Ma soprattutto sviluppo, ricerca, nuove proposte e tentativi di innovazione. Silvano Ferro fa il punto sul settore del controllo accessi professionale Renato Ferretti
er il settore del controllo accessi professionale sembra buio pesto, almeno stando alle ultime cifre. Il 2009, nessuna sorpresa, è da dimenticare: si parla di -6,68 per cento, e non è andata molto meglio nel 2010 sempre in caduta con il -2,74 per cento (fonte: secsolution). L’export langue, gli incassi spesso sono in ritardo, la diversificazione viene tentata per lo più dalle grandi che pure faticano. Una luce in fondo al tunnel? La volontà di ricominciare, di provarci ancora, ricalibrando il tiro c’è. Con l’ampliamento dell’offerta, per esempio, o spostandosi verso il mercato diretto. Ma soprattutto sviluppo e ricerca sono in gran fermento in tutto il settore e non mancano le nuove proposte e i tentativi di innovazione. Come succede per la padovana Sintesi, caso di piccola azienda pronta a ripartire nono-
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Silvano Ferro, a destra, insieme a Enrico Lago, titolari della Sintesi Srl di Camposampiero (PD) www.sintesisrl.net
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stante i segni meno registrati da tutto il settore in questi ultimi anni. «L’imperativo – dice Silvano Ferro di Sintesi - è rispondere in tempi sempre più rapidi. Meglio allora prevedere le esigenze e quindi la tendenza, anticipando le richieste con prodotti nuovi, sviluppati in autonomia». Quali sono in questo periodo le esigenze più diffuse? «Una delle esigenze più frequenti nelle aziende è quella di poter gestire l’evacuazione in caso di emergenza, e i sistemi prodotti da Sintesi rispondono a questa richiesta, permettendo in qualsiasi momento di produrre un elenco delle persone presenti all’interno dello stabilimento integrando informazioni provenienti da più sorgenti: terminali di rilevazione presenze, di controllo accessi, o da postazioni dedicate alla registrazione dei visitatori». Sistemi che non avete solo prodotto. «Per rendere possibile tutto questo, i nostri tecnici, programmatori e analisti hanno dato il via ad un processo di evoluzione tecnologica che ci ha permesso di realizzare una nuova gamma di terminali. Questi sono in grado di gestire il controllo accessi, la rilevazione delle presenze, la prenotazione mensa, la gestione dei visitatori. Sono terminali multifunzione dotati delle più recenti tecnologie di identificazione, interfaccia touch screen, sintesi vocale ecc». Qual è la vostra area di riferimento? «Ci siamo concentrati soprattutto nel Trive-
Silvano Ferro
neto, fin dal 1996, quando siamo nati. Al momento abbiamo un parco di 2000 Aziende sia pubbliche che private operanti in diversi settori di mercato. Negli ultimi due anni abbiamo iniziato ad espanderci anche al di fuori del Triveneto attraverso una rete di rivenditori autorizzati. L’obiettivo ora è l’estero». E avete in mente una strategia? «L’unica possibile è la qualità. Se abbiamo avuto successo nell’ultimo periodo è sicuramente dovuto all’attenzione che diamo alle richieste dei clienti. Ci vengono richiesti sistemi con requisiti di flessibilità, semplicità d’uso, sicurezza, espandibilità, integrazione con altri sistemi, come ad esempio la rilevazione delle presenze. Per questo abbiamo messo a punto strumenti di controllo accessi modulari». Un esempio? «Per esempio Teka, l’ultimo arrivato in Sintesi, un prodotto pensato per la gestione informatizzata delle chiavi. In qualunque azienda sono utilizzate ancora molte chiavi per l'accesso a locali non gestibili con un sistema di controllo accessi centralizzato per
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Teka, l’ultimo arrivato in Sintesi, è un prodotto pensato per la gestione informatizzata delle chiavi
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vari motivi (elettrificazione serratura, dislocazione, costi ecc.), oppure chiavi per l’apertura di quadri elettrici o armadietti, o ancora per l’utilizzo di automezzi o muletti. Teka permette di archiviare chiavi di tipo meccanico e tramite un dispositivo d’identificazione integrato (lettore di prossimità, magnetico, a codice, biometrico) riconosce l’identità di ciascun utilizzatore e permette il prelievo delle chiavi contenute, secondo i diritti d’accesso e le autorizzazioni concessi a ciascun utilizzatore e non consente il prelievo in caso di richieste non autorizzate». È il prodotto che conquisterà l’Europa? «Chi può dirlo. Questo è nato dalle richieste dei nostri clienti. L’importante è che dalla nostra interpretazione dei problemi posti scaturisca un quadro delle reali necessità. Solo da questo può derivare la struttura modulare che permette al prodotto di essere efficace. Se riusciremo a soddisfare anche le esigenze dei clienti all’estero, che notoriamente hanno modalità molto diverse, allora potremo parlare di conquista». VENETO 2012 • DOSSIER • 85
Diminuisce l’impatto ambientale delle vernici abbinamento dei colori nell’arte e nella vita in genere non è solo lavoro per pittori e amanti dell’estetica, ma nasconde un vero e proprio studio e impegno da parte di esperti, chimici e specializzati del settore. In Italia, tali figure professionali collaborano e si spalleggiano per creare vernici sempre più specifiche e all’avanguardia. I colorifici, enormi aziende dove si mescolano polveri colorate con olio, acqua, solventi e smalti, nel corso degli anni si sono raffinati tanto nella scelta dei prodotti ecosostenibili che nella cura per le vernici per essere al passo con i tempi e ridurre l’impatto d’inquinamento ambientale, rischio sempre più presente. In che modo? Prova a spiegarcelo Antonio Casati, cotitolare insieme al fratello Bruno dell’omonimo colorificio di Verona, azienda familiare nata più di 75 anni fa. Superata una prima fase artigianale di produzione di tempere in pasta, l'attività negli anni si è orientata alla produzione di vernici e smalti di varia tipologia e utilizzo. Parlando di bilanci e di fatturati, nella crisi odierna di tutti i settori possibili del mercato, il ragionier Casati è positivo. «Nel corso del 2011
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Vernici, smalti e pitture sono sempre più all’avanguardia: Antonio e Bruno Casati spiegano l’utilizzo di prodotti a basso contenuto di composti organici volatili, rischiosi per l’uomo e l’ambiente Martina Carnesciali
il quadro economico e le tendenze dell’economia italiana ed estera sono state oggetto di forte incertezza, conseguenza della gravissima crisi finanziaria innescata nel 2008. Noi operiamo sia nel settore nazionale che internazionale, contraddistinti da una generale flessione sia nei volumi, che nel fatturato. Ciò nonostante siamo riusciti, anche per il 2011, a raggiungere gli obiettivi che ci eravamo fissati aumentando i livelli di redditività relativamente agli anni precedenti. Per raggiungere risultati concreti, in questi anni di crisi, è stato scelto di puntare su nuovi prodotti e su nuove tecnologie». Parlando proprio di ricerca, innovazione e sviluppo, Casati ci tiene a sottolineare l’importanza delle innovazioni tecnologiche introdotte. «Utilizziamo un nuovo studio tintometrico denomi-
Il Colorificio A. & B. Casati Spa ha sede a Poiano (VR) www.casati.it
Antonio e Bruno Casati
nato “Evolution”: partendo da analisi di mercato che davano una sempre maggior richiesta di tinte forti per gli esterni, sono state sostituite alcune paste tintometriche con altre molto resistenti alle intemperie e ai raggi solari». Viene spontaneo chiedere quanto la Casati sia attenta all’impatto ambientale nella realizzazione dei suoi prodotti. Il titolare è molto sicuro e orgoglioso nel rispondere: «riteniamo di aver fatto un grosso passo avanti anche con l’impatto ambientale. Nella formulazione dei nuovi prodotti, sono state impiegate tutte le materie prime attualmente sul mercato a basso contenuto di Voc (Low Voc- composti organici volatili). Si è inoltre scelto di puntare sulla formazione del personale con corsi di formazione specializzante per impiegati, quadri, operai e impiegati tecnici. Sicurezza e salute sul lavoro, essendo quello dei colori un campo in parte tossico, vengono puntualmente seguite da incaricati con particolari corsi e grande controllo sul prodotto finito». Il Colorificio Casati è dal 1982, dopo molti anni di produzione locale, presente anche sui mercati esteri, ottima speranza per ulteriori investimenti e risposte positive. «Anche sui mercati esteri - sottolinea Bruno Casati - abbiamo avuto un buon riscontro, incrementando di molto il fatturato. È nostra intenzione allargare ancora sui mercati extraeuropei: stiamo ricevendo via via sempre maggiori richieste dai Paesi Africani e Sudamericani, mercati completamente nuovi per la nostra società», aggiunge Casati. Non possono ovviamente mancare le speranze
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Nella composizione dei nuovi prodotti, sono state impiegate tutte le materie prime attualmente sul mercato a basso contenuto di Voc
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per il futuro, gli obiettivi e le prospettive di crescita dell’azienda. Nel corso degli anni la Casati si è evoluta e allargata, passando dalla semplice produzione di pennelli dei primi tempi a una più recente specializzazione di prodotti per l’edilizia cioè intonaci, idropitture, rivestimenti, smalti e vernici. «Per gli anni futuri abbiamo diversi obiettivi in programma, e di varia natura: quello che ci sta più a cuore in questo momento è la costruzione di un nuovo capannone nel quale trasferire il nostro magazzino di prodotti finiti e investire maggiormente sulla logistica, sulla coordinazione aziendale. Siamo fermamente convinti che servizi logistici più efficienti siano fondamentali e importanti tanto per la soddisfazione dei clienti che per la giusta riuscita dei prodotti». VENETO 2012 • DOSSIER • 87
MODELLI D’IMPRESA
L’artigianalità come primo obiettivo Seguire una vocazione artigianale per mantenere viva la tradizione territoriale in un settore importante e ricercato. Il percorso di Antonio Frescura Lodovico Bevilacqua
nche in un ambito come quello dell'occhialeria, fortemente caratterizzato dalle innovazioni tecniche e dalla loro applicazione sui prodotti, il retaggio artigianale può costituire un valore aggiunto. L'esperienza produttiva, il rapporto di fidelizzazione con la clientela, l'aggiornamento in fatto di moda e stile, diventano caratteristiche fondamentali per rimanere competitivi in un mercato che, da cinquant'anni a questa parte, ha subito un'impressionante evoluzione in termini espansivi. In particolare la zona del Cadore vanta una prestigiosa tradizione di artigianato dell'occhiale, annoverando nelle sue terre molte delle più importanti ditte del settore, ognuna delle quali è passata negli anni da una dimensione artigianale – appunto – ad una industriale. Ed esistono aziende che, pur cedendo ai vantaggi della meccanizza-
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La famiglia Frescura dell'occhialeria Kador di Calalzo di Cadore (BL) www.kador.it
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zione produttiva, hanno mantenuto le caratteristiche delle prime occhialerie italiane. Uno degli ultimi latori in prima persona di questa tradizione è Antonio Frescura, titolare dell'occhialeria Kador insieme alla moglie Alberta e al figlio Leo. «La fondazione della Kador risale al 1962, pertanto quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario, in un territorio – quello bellunese – caratterizzato da una singolare specializzazione nel campo dell'occhialeria, basti pensare, per esempio, alla prossimità geografica con la titolata Luxottica. In quel periodo il mondo dell'occhiale muoveva i primi passi e, dopo la creazione e un primo sviluppo del mercato, si orientava verso un iniziale processo di meccanizzazione produttiva». Come riuscite a rimanere competitivi mantenendo una vocazione ancora artigianale? «Innanzitutto il successo commerciale nel campo dell'occhialeria deriva da fattori che non dipendono tanto dalle potenzialità produttive in termini quantitativi, ma dalla qualità della produzione stessa, sia in termini di materiali, sia in termini di design. La nostra azienda ha meccanizzato la produzione, ma non ha fatto il passaggio deciso di altre ditte verso la dimensione industriale. La nostra lavorazione è ancora molto accurata e preserva quelle caratteristiche tipiche dell'artigianato, come, per esempio, le piccole differenze fra un pezzo che l'altro che rendono, di
Antonio Frescura
fatto, ogni prodotto unico». Questa impostazione aziendale incide sul rapporto con la clientela? «Siamo fra i pochi che eseguono lavori commissionati direttamente dagli ottici in base a misure, esigenze o necessità dei clienti; siamo quindi in grado di personalizzare e customizzare ogni prodotto. Quindi, se da un lato abbiamo un volume di ordini che spesso diventa difficile evadere, dall'altro garantiamo una lavorazione di grandissima cura e qualità». Quanto è cambiato, nell’impiego di determinati materiali, il mercato dell'occhiale negli ultimi cinquant’anni? «La nostra azienda ha costruito la sua fortuna sulla produzione artigianale a mano delle montature in carapace di tartaruga, molto rinomate in tutto il mondo. Adesso, naturalmente, è un materiale il cui utilizzo è vietato da severe normative, così ci siamo orientati verso l'uso di acetato, che generalmente preferiamo al metallo, da un lato per la sua maggiore idoneità alla lavorazione, dall'altro per la varietà di colori e stili che concede». E in termini di design? «Relativamente allo stile, c’è stata un’evoluzione sostanziale, spesso dettata, come è naturale che sia, dai cam-
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La nostra lavorazione è molto accurata e preserva le caratteristiche tipiche dell'artigianato, come le piccole differenze fra un pezzo e l'altro che rendono, di fatto, ogni prodotto unico
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biamenti della moda. Noi, tuttavia, siamo sempre rimasti fedeli ad un design piuttosto classico, caratteristica che è sempre stata apprezzata dai nostri clienti e che ha mantenuto ambiti e ricercati i nostri prodotti. Il riscontro positivo del mercato ci ha portato ad ampliare non solo le nostre potenzialità operative, investendo soprattutto nella formazione del personale, ma anche ad ampliare la gamma di prodotti a disposizione estendendola, dai comparti classici degli occhiali da vista e da sole, ad occhiali professionali per dentisti e chirurghi». VENETO 2012 • DOSSIER • 89
MODELLI D’IMPRESA
Il made in Italy tra le oscillazioni dell’argento n seguito alla variazione del costo dell'argento dall'apice raggiunto nell'aprile del 2011, molti hanno intravisto la fine del mercato al rialzo. Il valore raggiunto dall'argento dal gennaio 2012, però, smentisce questa ipotesi. Il prezzo dell'argento – dopo aver frantumato record su record sfiorando nell'aprile del 2011 quota 50 dollari l'oncia per poi accusare improvvisi scivoloni – fatica a recuperare terreno e alla data odierna la quotazione si attesta sui 33 dollari. Eppure le prospettive sembrano favorevoli per una ripresa della corsa delle quotazioni. È in questo difficile panorama economico che molte fabbriche e aziende che trattano l’argento si ritrovano a lavorare. La Gabor è una delle realtà più note nel panorama dei gioielli in argento in Italia e all’estero, con i suoi 45 anni di attività e le centinaia di punti vendita sparsi in tutto il territorio nazionale. Anch’essa, purtroppo, si è trovata a lottare per superare la pesante contrazione economica. Oggi si trova a proseguire un progetto a medio termine iniziato tre anni fa, fondato su una profonda innovazione; ne parla uno dei soci, Giorgia Venzo. Quanto, nel settore dell’argento, minato da molti altri mercati esteri, è oggi importante il brand “made in Italy”? «In un mercato sovraffollato, la differenziazione è ormai indispensabile per dare un’identità a un prodotto e per rivolgersi a un seg-
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Giorgia Venzo, CEO & Brand Manager della Gabor Srl di Dueville (VI) www.jdonna.it www.memua.biz
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Il mercato dell’argento, come tanti altri settori commerciali, vive un periodo di contrazione. Ma ci sono aziende, che attraverso nuovi canali di comunicazione e di sviluppo, riescono a respirare e proseguire nella distribuzione. Ne parla Giorgia Venzo Martina Carnesciali
mento specifico del mercato. Questo permette di individuare i bisogni specifici di una fetta di clientela e servirla, ottimizzando gli investimenti necessari per lo sviluppo del prodotto, la comunicazione e la commercializzazione. Jdonna e Memuà sono le linee nate da questa filosofia. I due brand registrati a livello internazionale hanno un’immagine e un posizionamento proprio e sono accomunate dal concetto di made in Italy. Design, creatività e manifattura italiana restano fattori di garanzia di qualità riconosciuti in tutto il mondo, e troppo poco in Italia, ma per noi sono un valore da portare avanti con grande convinzione e determinazione. Significativo esempio sono i prodotti in vetro, per i quali abbiamo scelto solo ed esclusivamente quelli realizzati a Murano e oggi Memuà è un brand di gioielli componibili a livello mondiale, riconosciuto dal Consorzio Vetro Artistico di Murano, an-
Giorgia Venzo
che se molti altri promuovono il loro vetro come di Murano, pur non essendolo». La comunicazione è ancora un punto focale del commercio? Quali mezzi comunicativi utilizzate, vi avvalete anche dei social network? «La brandizzazione ci permette di uniformare la comunicazione in tutta la filiera (grossisti, agenti, punti vendita, clienti finali) e di sperimentare nuovi mezzi di comunicazione globali (internet, social media). La comunicazione diretta ci ha permesso di superare le difficoltà caratteristiche della “comunicazione lineare” che si sviluppava lungo la filiera commerciale (grossisti, agenti, punti vendita, consumatore) con una di tipo “parallela”, in grado di comunicare in modo univoco e rafforzare l’identità del brand presso tutti i soggetti coinvolti. Attualmente stiamo investendo sui social media anche perché Memuà, la nostra linea di gioielli componibili, ben si presta a questo ambiente giovane». Quali sono i mercati cui vi rivolgete? «L’Italia, nonostante la congiuntura, resta il nostro principale mercato ed il nostro primo interesse è sostenere i nostri punti vendita, ma è necessario guardare anche oltre i confini nazionali con canali distributivi tradizionali e innovativi. Alla tradizionale rete vendita (tra la linea Jdonna e Memuà dispone di 15 agenti distribuiti in tutta Italia) Gabor oggi affianca due nuove strutture
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DOLLARI IL PREZZO DELL'ARGENTO FATICA A RECUPERARE TERRENO E ATTUALMENTE SI È STABILIZZATO SU QUESTA SOGLIA. MA LE PROSPETTIVE SEMBRANO POSITIVE
commerciali, una con un key account per i contatti esteri e per le catene di distribuzione e quello web per l’e-commerce. Contiamo di incrementare notevolmente il canale distributivo sul web grazie anche all’azione sinergica protratta con la comunicazione nei social media e al materiale promozionale. Relativamente allo sviluppo estero, Gabor da più anni ha intensificato la sua azione commerciale attraverso la partecipazione continua alla fiera di settore VicenzaOro e la partecipazione diretta e indiretta a fiere estere. Dopo due anni di attività oggi i mercati in cui il marchio è presente sono l’Europa, gli Usa e il Sud America». VENETO 2012 • DOSSIER • 91
MODELLI D’IMPRESA
Una cosmesi più sostenibile Una produzione priva di derivati del petrolio, siliconi e cere vegetali ad alto peso molecolare per realizzare un cosmetico che oltre a essere efficace, rispecchi un alto profilo ecologico. Il punto di Fabio Galiano e lo slancio della Farmogal verso l’internazionalizzazione Roberta De Tomi
afforzamento del comparto vendita italiano, commercializzazione presso le farmacie, e internazionalizzazione. Sono i traguardi che Farmogal, spa con sede a Bastia di Rovolon specializzata nella produzione di prodotti e trattamenti cosmetici professionali, intende tagliare nel medio termine. Come spiegato dall’amministratore unico, Fabio Galiano, la spinta verso l’esterno nasce soprattutto dalla peculiarità della situazione italiana, nel contesto di crisi che vede
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Fabio Galiano, titolare della Farmogal di Bastia di Rovolon (PD) www.farmogal.net
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«Scarsa liquidità - rileva Galiano - da parte delle banche». Malgrado la crisi persistente, Farmogal resiste, grazie alla peculiarità che deriva dalle origini: da azienda farmaceutica, fondata nel 1954 da Luigi Galiano, padre dell’attuale amministratore, ad azienda cosmetica con un con un know-how che coniuga teoria e pratica. Qual è lo scenario che si delinea per il settore cosmetico? «I dati di Unipro (Associazione Italiana delle Imprese Cosmetiche), parlano di un mercato che “sta tenendo”. Probabilmente ciò è globalmente vero, anche se, la situazione va relativizzata alle singole aziende. Per quanto ci riguarda, commercializziamo i nostri prodotti presso gli istituti di bellezza e quindi risentiamo del clima di tensione. Ciò si traduce in ordini più contenuti». Operate solo nell’ambito dei cosmetici, o vi occupate anche di macchinari? «Per 4 anni abbiamo venduto apparecchiature tradizionali. A oggi, però, ci occupiamo di prodotti e trattamenti cosmetici professionali, che possono essere usati anche a casa per il mantenimento». A cosa puntate principalmente? «Noi puntiamo alla qualità, tradotta in capacità di dare servizio, vantaggio e sicurezza. Rispetto alla sicurezza abbiamo conseguito certificazioni a livello italiano ed europeo, puntiamo su una produzione priva di derivati del petrolio, siliconi e cere vegetali ad
Fabio Galiano
alto peso molecolari. L’eliminazione di queste tre grandi famiglie di sostanze, consente la realizzazione di un cosmetico che oltre a pulire la pelle, la fa respirare e non ne blocca il metabolismo, consente una produzione ad alto profilo ecologico. Inoltre, per conseguire la massima sicurezza, abbiamo eliminato le molecole conservanti indicate nei tabulati da Ue». Come si traduce dal punto di vista operativo il vostro know-how? «Operativamente si basa su una selezione di molecole che abbiano un significato attivo sulla cute. Dunque utilizziamo poche sostanze con caratteristiche semplici, che ci consentano di tenere monitorati i componenti e le cariche microbiche. Il nostro lavoro si basa su un’accurata ricerca: a oggi contiamo 60-80 pubblicazioni e una quindicina di brevetti». Avete dei prodotti di punta? «Tutta la nostra produzione è basata sull’alta qualità. Ci sono prodotti più noti e innovativi. Tra questi, i Gomming, creme adesive che permettono un massaggio aspirato che puliscono la pelle, rimodellando al contempo la superficie corporea; Stretch, trattamento antistress di nostra invenzione. Abbiamo prodotti per il viso con linee distinte secondo le funzioni svolte: idratante, nutriente, vaso protettore ed elasticizzante. La nostra novità è un trattamento basato su sostanze naturali con funzione anti-ossidante ed elaborato sulla base di studi in campo alimentaristico, con il quale riusciamo a garantire all’estetista l’ese-
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Utilizziamo poche sostanze con caratteristiche semplici, che ci consentano di tenere monitorati i componenti e le cariche microbiche
cuzione di una perfetta pulizia del viso in venti minuti». In quali zone distribuite i prodotti? «Siamo presenti un po’ in tutta Italia, in particolare in Veneto, Marche, Toscana, Lazio, Puglia, Sicilia, Campania, Calabria. Siamo un po’ meno presenti, invece, in Piemonte e Lombardia». Cosa vi proponete di realizzare nel medio termine? «In primo luogo, intendiamo costruire una linea vendita Italia, che sia fatta da grandi professionisti e che implementi il lavoro presso gli istituti di bellezza. Poi, puntiamo alle farmacie, considerando che il volume di fatturato di queste è circa sei volte quello degli istituti di bellezza. Infine, l’internazionalizzazione».
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IL MERCATO DELL’AUTO
Auto, un settore in movimento untare sul cavallo vincente può non bastare. Prendete un’impresa, una concessionaria in particolare, e affidatevi ai marchi giusti, che in controtendenza non soffrono della depressione dei mercati. Alcuni sarebbero pronti a giurare che l’Audi, per esempio, si vende da sola. Non avreste comunque finito il vostro lavoro, perché il successo della vostra azienda non sarà sicuro solo in base a questa scelta. Vanno fatti investimenti e altre scommesse, e il gioco continua: bisogna puntare e ripuntare, al di là dei possibili errori. Massimo Mazza, direttore generale della Vicentini spa, conosce bene la necessità di assumere dei rischi. «Sicuramente alla base di tutto c’è il prodotto e Audi non si discute, ma da poco abbiamo cambiato sede, abbiamo aumentato il nostro “outlet” dell’usato, abbiamo una nostra supertecnologica carrozzeria interna. Insomma abbiamo fatto di tutto per non essere solo una concessionaria». Un esempio di diversificazione vincente? A sentire Mazza l’obiettivo era quello di imporsi come punto di riferimento in un ambito molto più ampio di quello provinciale, quindi investimenti tali da assumere un atteggiamento imprenditoriale aggressivo. Ecco i risultati: «Oggi, nell’ambito di un mercato italiano in crisi, Audi è tra le marche che
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A lato la concessionaria Vicentini - Audi di Mantova. Nella pagina a fianco, in alto, la concessionaria di Verona www.vicentini.it
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L’analisi di Massimo Mazza, della Vicentini Spa, tra rischi, opportunità e problemi congiunturali sul mercato veneto e lombardo. «Abbiamo fatto di tutto per non essere solo una “concessionaria”» Renato Ferretti
soffrono di meno perché ha saputo sempre rinnovarsi: per questo rimane ancora molto richiesta. Nei primi 8 mesi del 2012 la nostra azienda ha segnato un segno positivo nelle consegne di questo marchio, così come è successo per Porsche e Volkswagen, gli altri marchi che rappresentiamo. Da sottolineare che Audi incide in maniera considerevole sulla tenuta, almeno così sembra per il momento, dei fatturati del 2012». Mazza dunque, consapevole dell’innovazione costante del marchio e della sua efficacia sul mercato, crede fortemente nell’ultima scommessa da parte della casa tedesca: si aspetta tantissimo dalla nuova Audi A3. «La nuova A3 è più giovane di quella attuale, sia dal punto di vista del design, decisamente cambiato, sia dal punto di vista dei prezzi: sono decisamente competitivi e adatti a un pubblico più giovane. A3 era già decisamente
Massimo Mazza
orientata verso questo target, ma con l’uscita del nuovo modello questo aspetto sarà ancora più evidente. Ciò, in particolare, grazie alle nuove caratteristiche e alle innovazioni tecnologiche dal punto di vista dell’intrattenimento elettronico. Per dirne una, il sistema satellitare di navigazione sarà collegato con google earth, in modo da vedere la strada a video. Le possibilità applicative sono innumerevoli, per tentare un pubblico sempre più attento all’high tech». Ma come si accennava, puntare sul cavallo vincente non basta. E così Mazza spiega gli esiti del cambio di sede e delle altre iniziative per diventare punto di riferimento. «Sicuramente – dice – con la nuova sede di Verona e la rinnovata sede di Mantova abbiamo dato un’immagine nuova alla marca e questo ci ha premiato. Ha contribuito in modo notevole a consolidare i volumi della Vicentini nonostante il periodo così negativo, aggravato nel territorio mantovano dal recente terremoto. Un altro elemento che ci ha contraddistinto finora è stato avere una carrozzeria interna: ci ha dato un impulso non trascurabile. Molti clienti entrano da noi anche per questo: il fatto di avere una carrozzeria high tech in collegamento costante con la casa madre permette di avere sempre i parametri aggiornati per il dimensionamento delle macchine. La fidelizzazione è garantita. Inoltre, ultimamente siamo diventati fiduciari delle più importanti società di assicurazione in Italia che hanno indicato noi come loro carrozzeria di riferimento. Evidentemente il servizio e la qualità del lavoro uniti ai prezzi si sono dimostrati decisamente competitivi».
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Il sistema satellitare della nuova Audi A3 sarà collegato con google earth, in modo da vedere la strada a video
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Eppure le iniziative che spiegano il successo della Vicentini non si fermano qui. «Abbiamo un’agenzia interna di pratiche auto e quindi per noi un cliente che compra una macchina usata potenzialmente in poche ore ha già in mano le chiavi dell’auto. L’usato è in espansione, e rientra tra le nostre priorità ampliare il nostro interesse su questo settore. Ad oggi il nostro centro usato di Verona è su un’area di 20mila mq, con una disponibilità media di oltre 600 macchine: abbiamo tutti i tipi di auto dalle “km 0” a quelle decisamente più datate. In particolare, a Mantova, il nostro centro usato “Audi Prima Scelta Plus” propone la migliore selezione di usato in un elegante salone di esposizione di ben 500 mq». VENETO 2012 • DOSSIER • 99
CARBURANTI
Gli effetti di un gioco al ribasso dei carburanti P
Un maggiore utilizzo di Gpl e metano rappresenterebbe l’unica strategia da attuare per risollevare le sorti del comparto, messo in crisi dalla forte concorrenza e dalle continue oscillazioni del prezzo dei carburanti. Il commento di Luca Zaghi Emanuela Caruso
La società Eugas ha sede a Verona www.eugas.it
ompe bianche, operatori della Gdo e compagnie petrolifere. Sono queste le tre figure che detengono il potere del settore petrolifero veneto, che influenzandosi l’un l’altra portano a un costante incremento della concorrenza e che “giocano” al continuo ribasso dei prezzi. Le pompe bianche perché su circa duemila impianti di rifornimento presenti nella regione un quarto è appunto indipendente, e non esponendo marchi di compagnie nazionali o internazionali possono offrire ai clienti prezzi più appetibili. Gli operatori della Gdo perché con le liberalizzazioni volute da Bersani anche a loro è stata data la possibilità di aprire punti vendita di benzina, che con il richiamo del sottocosto, promosso per implementare l’attività delle aree commerciali, hanno attirato stuoli di persone. E le grandi compagnie petrolifere perché con le promozioni degli sconti sul carburante nei weekend hanno aggravato una situazione concorrenziale già estrema. A spiegare meglio le dinamiche che intercorrono nel settore petrolifero veneto è Luca Zaghi, titolare della pompa bianca Eugas. «Al momento, viviamo una situazione piuttosto difficile. I marchi della Gdo hanno aperto, in barba alle numerose leggi che regolamentano la realizzazione degli impianti di rifornimento, distributori esclusivamente self service con prezzi addirittura più bassi di quelli proposti da pompe bianche come la nostra. Inoltre, le famose “iniziative del weekend” riguardanti gli sconti sulla benzina hanno avuto effetti devastanti sul resto degli operatori del settore e ancora peggiori saranno gli effetti per coloro che lavorano nei distributori e che con il proseguire di queste azioni potrebbero perdere il lavoro. Infatti, se l’obiettivo è “regalare” la benzina nei centri commerciali oppure venderla sottocosto nei fine settimana, allora è inevitabile che molti operatori incappino in grosse difficoltà nel portare a casa lo stipendio a fine mese».
Luca Zaghi
Proprio per sfuggire alle intricate e non sempre favorevoli dinamiche del comparto, la Eugas ha deciso di creare un’attività diversificata e di puntare sulla qualità dei servizi offerti. Continua, infatti, Luca Zaghi: «La nostra società ha deciso di fornire il settore dei carburanti in maniera completa, ragion per cui ci occupiamo di rifornimento Gpl, la cui divisione aziendale pesa per quasi il 60 per cento sul nostro fatturato; gasolio, utilizzato per riscaldamento, autotrazione e macchinari agricoli; metano e ogni tipo di benzina. Ognuna delle nostre stazioni di servizio è munita di tutte le tipologie di carburante, di bar e molto spesso di ristorantetavola calda. La scelta di puntare non più sui prezzi, ma sulla qualità e su un’offerta di servizi di qualità ha l’obiettivo di creare stazioni di servizio che a differenza di altre esistenti siano complete e sempre servite dai gestori, che abbiamo preferito al self-service. Un esempio concreto è la stazione di Budrio, nell’hinterland bolognese, dove abbiamo installato un impianto di autolavaggio per automobili che si compone di quattro portali a mano e di un portale automatizzato che rende possibile anche il lavaggio sottoscocca. Servizi come questi non sono ancora molto diffusi e quindi per noi metterli a disposizione degli utenti rappresenta un valore aggiunto e uno strumento
per accrescere la nostra competitività». Nonostante le stazioni di rifornimento della Eugas, presenti anche a Schio, Este, Pordenone e Salara, vengano apprezzate tanto dalla clientela quanto dal mercato, il bilancio degli ultimi anni non è più così roseo per l’azienda. Luca Zaghi fa presente che «sono state registrate contrazioni sia in termini di richieste sia in termini di consumi, trend probabilmente dovuto alla mancanza di liquidità nelle famiglie, nostri principali clienti. Inoltre, rispetto agli altri anni, abbiamo notato anche una notevole flessione della movimentazione. Se consideriamo, quindi, che il mercato recede, la domanda diminuisce e viceversa i competitor aumentano, non è difficile immaginare come sia complicato operare oggigiorno». Come unica soluzione a questa situazione non rosea del comparto dei carburanti, la Eugas vede un maggior utilizzo dei combustibili Gpl - Metano. «È necessario aumentare l’informazione riguardante il Gpl come carburante per le automobili, in quanto, insieme al meIl 60 per cento del nostro tano, è il carburante stradale che darebbe migliori risultati in terfatturato è maturato grazie mini di economia ed ecologia. Esalla divisione Gpl, il restante 40 sendo specialisti in questo settore, per cento si divide tra distributori puntiamo particolarmente su una stradali e consegna di gasolio maggiore diffusione futura del metano e del Gpl».
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VENETO 2012 • DOSSIER • 101
MADE IN ITALY
Bici supertecnologiche Nel mondo della bicicletta da competizione il made in Italy ha ancora un grande appeal. Rimanda a cura artigianale e coraggio innovativo. Contro una concorrenza decisamente più “statica”. Ne parliamo con Philippe Zecchetto Nicoletta Bucciarelli
l comparto della bicicletta da competizione e della gamma di accessori correlati è un settore che nell’ultimo ventennio ha subìto in pieno gli effetti della globalizzazione. Questo da un lato ha elevato il livello medio, mortificando però la produzione top di gamma e rendendo la cura artigianale, l’impatto tecnologico e l’innovazione, un mero ricordo. Ci sono però delle realtà che hanno puntato tutto su queste caratteristiche, restando rigorosamente in Italia. «Nel mondo della scarpa da ciclismo, quindi Dmt – racconta Philippe Zecchetto -, da anni vige la regola degli “specialisti”. Parlando di una calzatura che prevede punti di sforzo e tensione molto particolari, questo non sorprende. I marchi che producono calzature per ogni genere di sport, pur mastodontici, fanno fatica a stare al passo di realtà più piccole ma molto più agguerrite perché specializzate». Il marchio Cipollini invece si trova coinvolto in un mercato più complesso. «Tutto questo perché i grandi brand, in particolare italiani e americani, non solo hanno delocalizzato (in Asia principalmente) la produzione, ma hanno delegato gran parte della ricerca agli stessi produttori, appiattendosi quindi su soluzioni
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L’azienda Diamant si trova a Bonferraro di Sorgà (VR) ed è licenziataria e produttrice del marchio Cipollini www.diamantdmt.com www.mcipollini.com
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più di facciata che realmente innovative. La motivazione di fondo è che il materiale attualmente in vigore per la costruzione dei telai, il carbonio, necessita di alta specializzazione e massicci interventi manuali: sfruttare perciò mano d’opera a basso costo è diventato un imperativo per (quasi) tutti». I risultati sembrano però aver ripagato gli sforzi verso la qualità delle due aziende. «Dmt negli ultimi anni ha visto una crescita moderata, ma costante in termini di fatturato. Cipollini è un marchio commercializzato da appena due anni. Da subito si è imposto come vessillo del vero made in Italy di assoluta qualità e visto il recente esito delle fiere di settore, il 2013 si prospetta come l’anno boom». Entrambe le aziende distribuiscono i prodotti sia in Europa che in gran parte del
Philippe Zecchetto
resto del mondo. «C’è però il pericolo che questa “stima storica” nei confronti del made in Italy possa esaurirsi a breve, visto che quasi tutti i marchi italiani oramai producono in Asia. I nuovi scenari sono riferibili ovviamente a tutti i mercati emergenti, anche se pochi di questi vedono protagonista il ciclismo come sport di riferimento.Tra tutte le nazioni emergenti forse la Russia è quella che si presta a maggiore attenzione, senza
mai trascurare l’immensa Cina, serbatoio potenziale di qualsiasi tendenza a medio termine». La situazione italiana parla invece di un mercato in forte contrazione. «C’è però da dire che noi ci rivolgiamo alla nicchia di appassionati del ciclismo. C’è una sorta di rispetto sacrale nei confronti della bicicletta, ma anche di tutto ciò a essa relativo, dall’abbigliamento alle scarpe, che devono essere performanti non meno della bici. E comode». Sia per le calzature professionali che per le biciclette da corsa, gli investimenti in ricerca e sviluppo rivestono particolare importanza. «Rappresentano il cuore stesso della nostra attività. In questi ambiti investiamo risorse spropositate in percentuale. Molto del lavoro viene svolto anche al di fuori dell’am-
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Recentemente abbiamo presentato Bond, un telaio con sistema di costruzione innovativo con l’innesto “triangolo/carro posteriore” frutto di un brevetto originale
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bito lavorativo, per pura passione». Dmt negli ultimi anni ha studiato soprattutto nuovi sistemi di chiusura con rotore e lavorazioni su microfibre sempre più leggere. «Il prossimo anno – prosegue Zecchetto opereremo un forte aggiornamento della gamma di scarpe sia a livello tecnico che grafico ed estetico. Per quanto riguarda il marchio Cipollini l’innovazione è stata l’unico movente della sua nascita. Mario Cipollini, una volta terminata la sua carriera di ciclista professionista, si è messo in testa di realizzare la bici perfetta. Da meditazioni e studi di anni è nata, nel 2010, RB1000, una bici che trasferisce praticamente tutta la potenza al suolo. Tutti e cinque i modelli di bici, quattro da strada e uno per la pista, si contraddistinguono per una “predilezione”, per una caratteristica peculiare. Recentemente abbiamo presentato Bond, un telaio con sistema di costruzione innovativo con l’innesto “triangolo/carro posteriore” frutto di un brevetto originale che soppianta tutti i precedenti tipi d’innesti. In questo momento abbiamo ulteriori novità per il 2014 che appassioneranno il pubblico». VENETO 2012 • DOSSIER • 103
Cresce la distribuzione mondiale di pere di qualità una pera di un bel colore rosso e dal gusto fresco e dolce quella che ha ottenuto nel 2011 un’importante nomination al Fruit Logistica Innovation Award. Importante perché per la società olandese The Greenery che produce Sweet Sensation – questo il nome e marchio dato al frutto – ha significato veder riconosciuti i propri sforzi e, soprattutto, veder posizionato il prodotto a un livello nettamente superiore rispetto a tutte le altre varietà di pere. Come racconta Bjarne Thomsen, presidente della filiale italiana, Greenery Italia, del gruppo: «Le pere Sweet Sensation sono coltivate solo da un gruppo selezionato di coltivatori e soltanto il meglio del raccolto
È Le pere Sweet Sensation sono un prodotto della società olandese The Greenery www.greeneryitalia.com
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Un frutto che mira a conquistare i palati di tutto il mondo. È la pera Sweet Sensation prodotta dalla società olandese The Greenery. A descriverne le caratteristiche è Bjarne Thomsen, presidente della filiale italiana del gruppo Emanuela Caruso
viene etichettato con questo marchio di alta qualità che abbiamo ideato». Ed evidentemente la qualità e la bontà delle pere Sweet Sensation sono state davvero apprezzate, perché in breve tempo la società è riuscita a trasformare questo frutto in un prodotto di distribuzione globale. «Oggi, Sweet Sensation detiene un mercato ormai consoli-
Bjarne Thomsen
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Oltre ad aumentare le coltivazioni in Argentina, Cile e Sud Africa vogliamo portare le Sweet Sensation anche in Nord America e in Asia, concentrandoci in special modo in Cina e Corea del Sud
dato nei paesi europei, tra i quali Belgio, Olanda, Francia, Italia e Inghilterra, e, al contempo, si sta espandendo in zone come Slovenia, Romania, Spagna e Turchia, paesi nei quali l’azienda ha intenzione di piantare grandi quantità di alberi da pere». E se l’obiettivo primario riguardante la produzione europea è quello di arrivare a disporre di 1.750 ettari di terreno coltivato a pere, la meta più generale a cui mira il gruppo è espandere la produzione anche nei paesi asiatici. «Oltre ad aumentare le coltivazioni in Argentina, Cile e Sud Africa – continua Bjarne Thomsen – vogliamo portare le pere Sweet Sensation anche in Nord America e in Asia, concentrandoci in special modo in Cina e Corea del Sud. Questi due paesi, infatti, rappresenterebbero un’opportunità interessante per vendere al mercato altamente lucrativo del Giappone». Se la società capogruppo The Greenery ha quindi in cantiere numerosi progetti, la Greenery Italia non è da meno e punta a ottimizzare la produzione e la distribuzione non solo delle Sweet Sensation, ma anche degli altri prodotti ortofrut-
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ticoli trattati. «I nostri obiettivi primari in quest’ultimo periodo sono l’aumento graduale degli ettari piantati a pere Sweet Sensation in Veneto, incremento che nel giro di dieci anni dovrà trasformare i 12 ettari attualmente esistenti in 400 ettari, e la concretizzazione degli accordi per la produzione di iceberg e cavoli nelle Marche e di pomodori in Sicilia. Oggi, il raggio d’azione della nostra filiale avvolge tutto il territorio nazionale e si avvale di ogni tipo possibile di distribuzione. Nello specifico, tutti i nostri prodotti riforniscono per il 60 per cento la grande distribuzione, per il 30 per cento i mercati e per il 10 per cento le industrie. L’unico articolo che viene distribuito unicamente nella Gdo è la pera Sweet Sensation». Per aumentare la competitività sul mercato in un periodo non di certo favorevole per il commercio, la Greenery Italia ha messo a punto un’interessante strategia, che come spiega Bjarne Thomsen: «È volta ad attualizzare il concetto di “local for local”, ovvero “da produttore locale a consumatore locale”. I vantaggi fondamentali apportati da questa strategia sono tre: minori costi del trasporto e minor inquinamento dell’ambiente; relazione con la Gdo rafforzata; e aumento della produzione in Italia con conseguente possibilità di maggiori esportazioni verso paesi europei, mossa già provata con i kiwi e le pere Conference e particolarmente riuscita». VENETO 2012 • DOSSIER • 107
TRA IMPRESE E ISTITUZIONI
I limiti del patto di stabilità I vincoli del Patto di stabilità danneggiano anche le imprese creditrici di Enti locali che, pur avendo disponibilità di risorse, non possono saldare i conti in sospeso. Un problema grave che si aggiunge ad altri illustrati dall’ingegner Moreno Valdisolo, imprenditore al servizio del proprio Comune Roberta De Tomi
a cronaca locale, che l’ha definito “sindaco-operaio”. Qualche settimana fa, Moreno Valdisolo, primo cittadino di Teolo, ha stupito tutti, occupandosi personalmente della risistemazione delle grondaie ammalorate del cimitero del paese. L’ingegner Valdisolo è anche dirigente di Tecnogel, azienda di carpenteria specializzata nella lavorazione di acciaio inox e di bollitori e scambiatori di calore, continua a far tesoro delle competenze ereditate dal padre Luciano, titolare della Incomet, realtà storica della provincia padovana, che mantiene salde
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le radici artigiane. Quali ragioni spingono un imprenditore con la sua esperienza a scendere in campo per la politica? «Sono convinto che mai come ora occorra far amministrare il pubblico a chi ha dimostrato competenze e capacità nel proprio lavoro, ovviamente senza secondi fini. Purtroppo, da quando sono sindaco a Teolo, mi sto rendendo conto che tutto il sistema Italia è fortemente penalizzato da vincoli e normative che rendono quasi impossibile anche la sola normale amministrazione di un piccolo comune».
Moreno Valdisolo
PROGETTO GEMAR, L’ENERGIA CHE NASCE DAL MARE emar è un progetto che vede il coinvolgimento di 5 aziende venete – tra cui la Incomet di Luciano Valdisolo – di cui FIP industriale è capogruppo. L’iniziativa, che ha ottenuto il co-finanziamento della Regione Veneto (L.R. 9) ha visto la realizzazione di un dispositivo per la generazione di energia elettrica, sfruttando i moti del mare. Ormeggiato di recente nel Canale San Nicolò della Laguna di Venezia, si compone di due turbine del diametro di 3 metri, collegate a un galleggiante vincolato al fondo del mare da un sistema di cavi. La potenza sviluppata da questo prototipo è di 20 KW, quota che nel Canale di Messina, per le caratteristiche dei moti marini, toccherebbe i 200 kw. In quanto sommerso dalle acque, Gemar non ha impatto visivo e in caso di manutenzione viene fatto risalire in superficie, senza creare disagi.
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Qual è il vincolo più pesante che ha rilevato? «Cito il patto di Stabilità: è uno strumento che il governo centrale sta utilizzando per cercare di tenere sotto controllo le spese di enti locali disastrati, non tenendo assolutamente conto dei meriti dei virtuosi che, pur avendo le risorse, non possono realizzare investimenti e, ancora peggio, non possono pagare imprenditori che hanno eseguito opere finanziate e coperte dalla spesa; una situazione assurda che dal locale, si riverbera al nazionale, con conseguenze disastrose». In questo contesto, come si pone normalmente l’imprenditore che ha crediti verso un ente locale? «Molto spesso decidono di stringere i denti per non mettere in difficoltà i Comuni, coscienti dell’impossibilità di questi ultimi a sforare il Patto. A proposito lancio uno spunto di riflessione: se lo stesso imprenditore nel momento in cui vantasse un credito nei confronti di un’amministrazione Comunale decidesse, sacrificando un X per cento, di cedere il credito a favore di una banca cosa succederebbe ai tanti comuni che in questo momento sono messi nelle condizioni di non riuscire a pagare?». Il rapporto con le banche è un altro tema spinoso, lei come si pone rispetto a esso? «Le realtà imprenditoriali che io e mio padre Luciano rappresentiamo sono storiche. Contano circa 35 addetti con un fatturato che si aggira sui 12 milioni di euro annui. La solidità aziendale ci consente di avere un rapporto privilegiato e trasparente con le banche, che ormai sono bersa-
gliate per l’ormai famoso credit-crunch. Non dobbiamo però dimenticare che si tratta di aziende che devono tenere controllati anche i propri conti economici, negli ultimi tempi fortemente ridimensionati anche da diversi imprenditori privi di etica. Ritengo che gli istituti di credito continuino a giocare un ruolo fondamentale nella vita di un’azienda, ma a monte ci deve essere un dialogo costruttivo e reciproca fiducia». Questo discorso vale anche per le Pmi, che spesso hanno più difficoltà a mantenere rapporti con le banche? «Tutto è più semplice anche per le Pmi, se il rapporto viene tenuto con istituti di credito del territorio. Il motivo è semplice: i cda di queste realtà fanno scelte strategiche e operative che non rispondono a logiche di puro profitto per i maggiori azionisti – che spesso corrispondono agli amministratori stessi – in quanto, essendo vincolati anche da normative interne, seguono logiche che privilegiano i bisogni delle aziende e la sicurezza dei risparmiatori. Tali bisogni finanziari possono essere più o meno rischiosi per la banca e così anche per gli eventuali investimenti di liquidità aziendale o privata che devono seguire il più possibile criteri di redditività-sicurezza; qui entrano in gioco quei fattori di cui parlavo e che fanno veramente la differenza».
L'ingegner Moreno Valdisolo con il padre Luciano. Tecnogel e Incomet hanno sede a Teolo (PD) www.tecnogel.it
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CREDITO & IMPRESE
IL CREDITO ALLE IMPRESE VENETE Secondo il rapporto della Banca d’Italia sull’economia del Veneto il credito al settore produttivo è diminuito dello 0,5 per cento alla fine del 2011. Nel primo trimestre del 2012 la flessione si è acuita (-3,4 per cento). Il settore manifatturiero e quello dei servizi hanno mostrato un modesto calo. I prestiti alle imprese delle costruzioni, che avevano segnato ancora una debole crescita alla fine del 2010, si sono contratti in misura rilevante (-6,7 per cento). Anche nel 2011 è
proseguita, seppur rallentando, la dinamica positiva dei finanziamenti ai settori dell’agricoltura e dell’energia, grazie ai rilevanti investimenti nel comparto fotovoltaico. La flessione dei prestiti alle imprese è da ricondurre principalmente al calo dei mutui, che hanno risentito della debolezza degli investimenti e delle politiche di offerta più restrittive da parte delle banche in connessione alle difficoltà di raccolta e al peggioramento delle prospettive economiche. VENETO 2012 • DOSSIER • 111
CREDITO & IMPRESE
ACCORDI PER FAR RIPARTIRE L’ECONOMIA
A fine settembre 2011 in Veneto sono state sospese il 10,2 per cento delle operazioni sul totale nazionale. Nelle difficilissime condizioni attuali, Amedeo Piva illustra le soluzioni straordinarie messe in campo dalle banche per rispondere alle esigenze delle imprese Elisa Fiocchi a crisi economica non sta risparmiando il Nordest e tutte quelle imprese a gestione familiare che, con modesto utilizzo di risorse tecnologiche e manageriali, oggi scorgono un futuro difficile nella competizione globale. Secondo il rapporto della Banca d’Italia sul Veneto, il calo degli investimenti ha colpito duramente il settore manifatturiero, con una diminuzione del 2%, ma anche la produzione nel settore delle costruzioni è scesa del 5,7% nel 2011 e gli investimenti pubblici delle amministrazioni locali hanno registrato un crollo del 38%. In questa fase di congiuntura economica, l’alleanza tra banche e imprese dev’essere votata a nuove e ambiziose strategie che possano favorire la crescita dimensionale dell’intero comparto produttivo. «La priorità, come per tutte le banche italiane, – afferma Amedeo Piva, presidente di Abi Veneto – è quella di sostenere il credito delle imprese». Con un occhio di riguardo a
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quelle realtà che investono in ricerca e si orientano sui mercati internazionali. In Veneto le imprese che hanno effettuato una delocalizzazione produttiva raggiungono il 17%, superiore alla media italiana di circa tre punti. Quali sono al momento le priorità e i parametri condivisi degli istituti bancari veneti nella gestione del credito alle imprese? «Il principio di “sana e prudente gestione” è più che mai attuale alla luce dell’odierna congiuntura economica. Le banche venete sono sempre state un punto di riferimento centrale per le imprese del nostro territorio e fanno il massimo anche in un quadro di scarsa redditività e di risorse limitate. Non solo a parole ma soprattutto con i fatti: basti pensare alla moratoria dei crediti con le associazioni di impresa, grazie alla quale le pmi possono far fronte ai problemi contingenti ma anche programmare la loro competitività». In tal senso, come la moratoria sta favo-
Amedeo Piva, presidente di Abi Veneto
rendo il sistema? «Il Veneto sta attraversando un grave periodo di crisi economica in cui la produttività registra un brusco calo ormai da tempo. Nelle difficilissime condizioni attuali, stiamo continuando a fare il massimo mettendo in campo soluzioni straordinarie per rispondere a situazioni eccezionali. Con l’avviso comune per la sospensione dei mutui alle imprese, che Abi ha realizzato insieme al mondo imprenditoriale, le banche hanno sospeso circa 260.000 mutui a livello nazionale, pari a 70 miliardi di debito residuo con una liquidità liberata superiore a 15 miliardi di euro. Andando nel dettaglio delle operazioni fatte dalle banche venete, a fine settembre 2011 sono state sospese il 10,2 per cento delle operazioni sul totale nazionale e l’ammontare della quota capitale delle operazioni sospese si è attestata al 13,9 per cento del totale nazionale». Quali rischi possono ricadere sul sistema economico finanziario nazionale da una mancata intesa tra banche e imprese? «Il sistema bancario italiano avrà un futuro positivo solo se lo avranno le nostre imprese. È impensabile quindi una mancata intesa tra i due soggetti. Il sistema creditizio sta cercando di fare il massimo, nella certezza che banche, imprese e famiglie possano condividere lo stesso destino con l’impegno di continuare a lavorare per favorire la comunicazione finanziaria tra banche e imprese, per migliorare le modalità di relazione reciproca e la costruzione di un linguaggio comune». Attraverso quali strumenti sarà possibile sostenere la liquidità delle imprese? «Lo scorso febbraio Abi e le associazioni d’impresa hanno siglato un nuovo accordo che delinea nuove
misure per il credito alle pmi. L’intesa ha l’obiettivo di contenere gli effetti della crisi, assicurando la disponibilità di adeguate risorse finanziarie per quelle realtà che pur registrando tensioni presentano comunque prospettive economiche positive. Nella piena collaborazione istituzionale e sociale, siamo inoltre arrivati all’accordo con governo e imprese sullo sblocco dei crediti vantati dai settori produttivi nei confronti della pubblica amministrazione e su uno specifico plafond per gli investimenti delle pmi. In tutto, venti miliardi a disposizione per far ripartire l’economia». Come giudica il ruolo e il contributo finora offerto dalle associazioni di categoria, dai consorzi fidi e da Veneto Sviluppo? «Le associazioni di categoria costituiscono una solida rete di sostegno e riferimento per le imprese del Veneto. La commissione Abi del Veneto ha recentemente promosso una serie di incontri, che si sono conclusi in estate, con i referenti regionali delle associazioni di categoria allo scopo di esaminare, in un’ottica di stretta sinergia e quale occasione di reciproca utilità, le criticità nonché le prospettive economiche del nostro territorio. È ben chiaro che in questo quadro anche i Confidi svolgono un ruolo centrale in quanto la loro attività di consulenza e sostegno delle imprese, tramite il rilascio della garanzia, costituisce un elemento influente lungo la filiera del credito. Riteniamo, peraltro, che vadano ricercati e maggiormente sostenuti i processi di fusione tra consorzi fidi con l’obiettivo di costituire soggetti qualificati in grado di porsi come interlocutori privilegiati nei confronti del sistema bancario. Il sistema bancario agisce da tempo in sinergia con la Regione e Veneto Sviluppo a sostegno delle imprese». VENETO 2012 • DOSSIER • 113
CREDITO & IMPRESE
LE ESIGENZE DELLE IMPRESE E LE RISPOSTE DELLE BANCHE Nonostante le difficoltà nell’accesso al credito «le potenzialità dell’industria locale – assicura il presidente di Confindustria Vicenza Giuseppe Zigliotto – ci sono ancora tutte e possono garantire un periodo di nuovo sviluppo e di crescita del territorio» Renata Gualtieri
l credit crunch sta diventando un’emergenza sociale e Vicenza in questo caso non rappresenta un’eccezione. L’accesso al credito risulta difficile ormai dalla prima crisi finanziaria del 2008. Il sistema bancario ha adottato parametri di intervento più restrittivi e, quando concesso, il credito risulta molto più costoso. «Sicuramente si dovevano sgonfiare alcune bolle creditizie – commenta il presidente degli industriali vicentini – ma l’attuale atteggiamento restrittivo delle banche non è sostenibile nel medio periodo e rischia di bloccare il ciclo d’investimenti che sta alla base della competitività dell’industria vicentina». Come giudica il rapporto tra banche e imprese del territorio? «A livello associativo il rapporto con le banche del territorio è buono ed è impostato su basi di dialogo e trasparenza. Stiamo, però, notando
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un peggioramento nel rapporto tra le singole aziende e gli istituti di credito, soprattutto dove viene meno il rapporto di conoscenza diretta e quando gli aumenti degli spread e delle commissioni si fanno troppo elevati e frequenti». Cosa è possibile fare per migliorare e rafforzare questo dialogo? «È necessario recuperare una più approfondita conoscenza delle caratteristiche e delle prospettive del business aziendale. Il frequente cambio d’interlocutori all’interno delle banche ha finito con l’impoverire il rapporto, riducendolo a volte a una sterile classificazione di numeri di bilancio. A questo si è aggiunto un allontanamento del potere decisionale dalle filiali ai livelli superiori, con la conseguenza di un allungamento dei tempi di risposta e di una certa rigidità nelle risposte alla domanda di credito. Certo è indispensabile molta traspa-
renza da parte delle imprese, ma ne è richiesta altrettanta da parte delle banche, ad esempio in tema di rating». Quali le richieste che più arrivano dalle imprese locali alle banche in termini di finanziamenti? «Consolidamento finanziario per far fronte alle tensioni di liquidità determinate dal notevole allungamento dei tempi di incasso. Questa è stata la richiesta più frequente, ma meno gradita dalle banche. Su questo aspetto si è spesso rischiato il corto circuito nel rapporto tra banca e impresa». Quali i progetti o le attività formative previste da Confindustria Vicenza per capire e venire incontro alle esigenze finanziarie delle imprese? «Cerchiamo sempre di offrire alle imprese associate la massima informazione sulle dinamiche del mercato del credito. Lavoriamo, inoltre, per stimolare la conoscenza e l’approfondimento del funzionamento della Centrale rischi, uno degli elementi più importanti nella elaborazione del rating da parte delle banche. Su questi argomenti organizzeremo specifici momenti formativi per gli addetti alla finanza nelle imprese. Stiamo cercando, infine, di proporre agli associati alcuni accordi che possano contribuire a mitigare il costo del credito. Tra le ultime esperienze, quella con Deutsche Bank per particolari esigenze di liquidità e investimento, quella con Unicredit per la copertura dei fabbisogni finan-
ziari per acquisti spot di materie prime, e il plafond stanziato dalla Banca popolare di Vicenza per agevolare le esportazioni verso i mercati e i Paesi più dinamici». La vostra indagine congiunturale, relativa al secondo trimestre del 2012, evidenzia per le imprese vicentine un andamento negativo e anche le previsioni di nuovi investimenti non sono promettenti. Com’è possibile invertire questo trend negativo? «Occorre poter lavorare in un paese normale e semplice, che cominci a porsi il problema dell’esasperante lunghezza dei tempi di pagamento e delle difficoltà di incasso che ha il Sistema Italia; un problema che riguarda in particolare la pubblica amministrazione e che indebolisce la solidità delle imprese, costringendole a svolgere un ruolo di supporto creditizio ai clienti e di sostegno al rischio che spetterebbe al sistema bancario. Dobbiamo affrontare con urgenza il problema di come abbassare i tempi di pagamento ai fornitori per allinearci all’Europa. Come imprese continueremo a insistere su quelle chiavi che ci hanno permesso di avere un buon livello competitivo: innovazione continua del prodotto, flessibilità, apertura internazionale, formazione continua e accrescimento delle capacità imprenditoriali. Le potenzialità dell’industria vicentina ci sono ancora tutte e possono garantire un periodo di nuovo sviluppo e di crescita del territorio. Ma le risposte devono arrivare in tempi rapidi».
Sopra, il presidente di Confindustria Vicenza, Giuseppe Zigliotto
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STRUMENTI DI BUSINESS Gli uffici di rappresentanza delle banche italiane all’estero aiutano i clienti nella conoscenza dei mercati. Il punto di Samuele Sorato, direttore generale della Banca popolare di Vicenza Elisa Fiocchi ggi gli imprenditori che scelgono di varcare i confini nazionali lo fanno per cercare nuovi mercati di sbocco per i propri prodotti, attraverso una presenza diretta. Dal canto loro, le banche hanno colto questa esigenza e accompagnano le imprese fornendo loro uffici di rappresentanza nei mercati giudicati più interessanti, come Cina, India e Stati Uniti. «Stiamo già lavorando per essere presenti in Russia» spiega Samuele Sorato, direttore generale della Banca popolare di Vicenza, che conta a breve tempo di aprire il sesto ufficio di rappresentanza. Quali strumenti mette a disposizione la Banca popolare di Vicenza per accompagnare le imprese all’estero? «Il Gruppo ha deciso di potenziare il proprio ufficio estero fino a farlo diventare una delle strutture più valide del sistema bancario italiano. Abbiamo aperto diversi uffici di rappresentanza all’estero, dove i nostri clienti possono trovare conoscenza dei mercati, supporto logistico e accordi con le principali banche locali. Siamo presenti in Cina, a Shanghai e Hong Kong, in India, a New Delhi, in Brasile, a San Paolo e, più di recente, negli Stati Uniti, a New York, al 595 di Madison Avenue».
O Samuele Sorato, direttore generale di Banca popolare di Vicenza
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In che modo è possibile tutelare le aziende di piccole e medie dimensioni che più difficilmente riescono ad accedere ai finanziamenti? «È fondamentale che aziende, banche e associazioni di categoria si alleino e facciano sistema contro la crisi. Banca popolare di Vicenza ha chiuso il 2011 con 589 accordi commerciali e convenzioni con le principali associazioni di categoria delle imprese, consorzi di garanzia fidi ed enti pubblici a sostegno dell’economia e al servizio delle istituzioni. Questa importante rete di intese consente alle imprese di accedere ad agevolazioni e a servizi finanziari e, quindi, di poter sviluppare progetti di crescita e innovazione aziendale». Come invece innescare processi di innovazione nelle imprese? «L’unica ricetta per le nostre imprese è quella di trovare nuovi sbocchi sui mercati, facendo leva sulla straordinaria capacità dei nostri imprenditori e sulla qualità dei nostri prodotti. Chi in questi anni ha saputo internazionalizzare, oggi ha bilanci sani e in crescita. Altrettanto importante è puntare sulla crescita dimensionale delle imprese, ad esempio, seguendo la strada delle aggregazioni o delle fusioni. In questo modo si può arrivare a recuperare la competitività necessaria per affacciarsi ai nuovi mercati».
ENTI LOCALI
No al decentramento e all’abolizione delle province «Di questo passo non saremo né più competitivi né più efficienti e, nonostante le premesse, non potremo di certo attrarre capitali, investimenti e cervelli». Il punto dell’assessore regionale al Bilancio, Roberto Ciambetti Elisa Fiocchi n base al decreto legge 95/2012, il governo ha deliberato i criteri per il riordino delle Province e il loro accorpamento. Ne resteranno 43 sul territorio nazionale, di cui ventisei in Regioni a statuto ordinario e sette a statuto speciale, mentre dieci saranno soppresse per contribuire alla nascita delle città metropolitane (Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna Firenze, Bari, Napoli, Reggio Calabria) entro l’1 gennaio 2014. Il Veneto vedrà cancellate dalla cartina geografica le province di Belluno, Rovigo, Padova e Treviso perché la popolazione è inferiore ai 350mila abitanti e l’estensione ai 2.500 chilometri quadrati. Si salvano solo Verona e Vicenza, mentre Venezia diventerà città metropolitana. «Nell’economia moderna conta moltissimo la qualità del territorio in cui l’azienda opera che è data anche dai servizi offerti dagli enti locali e dalle Regioni» spiega Roberto Ciambetti, assessore regionale al Bilancio e agli enti locali, «ma se il decentramento deve tagliare servizi a cittadini che pagano già livelli abnormi di tasse, di quale competitività parliamo?». Che cosa è emerso dal consiglio direttivo dell’Unione delle province del Veneto? «C’è preoccupazione e grande perplessità su norme che, indipendentemente da valutazioni politiche, si presentano di difficile applicazione: sin dai primi incontri che attivai già negli ultimi giorni dello scorso luglio con i rappresentanti delle Province, come dell’Anci, l’Urpv e il sindaco di Venezia, constatammo che il decreto
I Roberto Ciambetti, assessore al Bilancio e agli enti locali della Regione Veneto
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legge 95/2012 presentava difficoltà interpretative e tecniche di non poco conto, oltre ad avere aspetti di legittimità non secondari. La preoccupazione maggiore deriva dalla necessità di assicurare la continuità, la qualità e l’efficienza dei servizi, cioè il governo del territorio». Per quali motivi la Regione ha presentato ricorso alla Corte Costituzionale contro il decreto sulla spending review? «Quel testo contiene una serie di norme variamente articolate e dettagliate che prevedono consistenti riduzioni delle risorse finanziarie disponibili per l’esercizio di funzioni essenziali. La Regione non scende in campo solo a tutela degli interessi delle Province, ma a difesa della qualità dei servizi che oggi sono garantiti ai cittadini grazie al decentramento. Ulteriori tagli o riorganizzazioni che vanno a sommarsi a impressionanti riduzioni registrate negli ultimi
Roberto Ciambetti
IMPOSTE
67 mld LA CIFRA CHE LA PA PRELEVA DAL TERRITORIO VENETO, MENTRE SPENDE IN SERVIZI PER I CITTADINI VENETI CIRCA 47 MILIARDI
due anni mettono seriamente a rischio questi servizi». DIPENDENTI PUBBLICI Come cambierà l’assetto organizzativo del territorio e quali cambiamenti conferiranno a Venezia un ruolo LA PERCENTUALE DI COLORO CHE LAVORANO IN REGIONI, PROVINCE E COMUNI, MENTRE OLTRE IL 56% competitivo rispetto al resto È IMPIEGATO NELL’AMMINISTRAZIONE CENTRALE d’Europa? «Non mi sembra che il percorso delineato dal governo potrà garantire una maggiore e migliore effi- liardi, mentre noi in Veneto più di 10,3 micienza dell’apparato pubblico e delle istituzioni. liardi: con questi numeri, che si acuiranno neIn Germania l’amministrazione centrale assorbe gativamente con la spending review, circa l’11 per cento del personale pubblico affondiamo. Le manovre del governo non mentre il 71 per cento dei dipendenti pubblici hanno inciso né incidono sullo Stato centrale, operano presso i Länder e gli enti locali; in Ita- che è la fonte primaria del dissesto italiano. lia la proporzione si inverte e solo il 23 per Hanno colpito lavoratori, piccoli imprenditori cento dei dipendenti pubblici lavorano nelle e gli enti locali, cioè chi raccoglie i rifiuti dei Regioni, Province e Comuni, mentre oltre il 56 cittadini, gestisce la pubblica illuminazione, per cento è impiegato nell’amministrazione fornisce lo scuolabus, garantisce la mensa ai centrale. Qui in Italia lo Stato continua a ta- bambini delle elementari, i treni ai pendolari, gliare negli enti locali ma lascia intatta l’ammi- le strade, l’edilizia scolastica, il servizio socionistrazione centrale: l’esatto contrario della sanitario e via dicendo». Germania. Loro hanno tagliato la spesa, da noi Entro ottobre 2013 l’assemblea dei sindaci si aumentano le tasse per non tagliar le spese dovrà decidere sulla bozza di statuto. Quali dove andrebbero tagliate». sono i punti salienti all’ordine del giorno? Perchè ritiene inefficaci i provvedimenti sul «Lo statuto presenterà la governance, ovvero gli riordino degli enti pubblici? organi, e l’articolazione del comune capoluogo. «La pubblica amministrazione preleva dal terri- Ma la Regione non avrà grandi possibilità di intorio veneto oltre 67 miliardi di euro ma spende tervenire: lo spending review prevede, infatti, in servizi per il cittadini veneti circa 47 miliardi; solo la possibilità di esprimere un parere per il la Baviera ha un residuo fiscale di soli 3,5 mi- caso in cui lo statuto introduca l’articolazione del liardi annui e il Baden Wuttemberg di 4,4 mi- comune capoluogo in più comuni».
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ENTI LOCALI
Il riordino è un atto incostituzionale Secondo Leonardo Muraro, non è eliminando qualche giunta provinciale che si risistema l’Italia: «Le Province hanno presentato una proposta di spending review che farebbe risparmiare molto di più rispetto al decreto» Elisa Fiocchi
l processo di trasformazione che metterà al centro Venezia come città metropolitana e abolirà alcune province del territorio ha raccolto molte opposizioni da parte degli enti e delle istituzioni locali, che temono ingenti ripercussioni sulla qualità dei servizi indispensabili ai cittadini. Anche sulla politica dei tagli permangono forti perplessità se si pensa, ad esempio, che dal 1997 al 2001 le Province italiane avanzano dallo Stato ben 2,3 miliardi di euro, più o meno la metà del valore della spending review. In Veneto sette enti attendono pagamenti per
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211,6 milioni, tra cui Treviso, che dopo il ricorso accolto dal tribunale di Roma, riceverà quasi 24,5 milioni di trasferimenti mai saldati. «Lo Stato non può disattendere le leggi e decidere se e chi pagare» sostiene Leonardo Muraro, presidente della Provincia di Treviso e dell’Upi regionale. Con l’imminente riordino delle Province, anche la gestione e l’al-
Leonardo Muraro
A sinistra, Leonardo Muraro, presidente della Provincia di Treviso e dell’Unione delle province del Veneto
locazione di tali risorse resta un capitolo da chiarire. Ha affermato che il provvedimento sulle Province è incostituzionale. Quali ripercussioni avrebbe sul territorio? «Che il provvedimento sulle Province fosse incostituzionale lo dimostra lo stesso dietrofront dello stesso governo, che prima aveva parlato di eliminazione e poi di riordino delle Province. La COMUNI IL TOTALE DI QUELLI PRESENTI manovra è incostituzionale IN VENETO APPARTENENTI A SETTE PROVINCE DIFFERENTI molto semplicemente perché le Province sono previste dalla Costituzione, come i Centri per l’impiego, le strade, le non ci possono essere dubbi su questo. Se scuole e così via». qualche governance attuale vuole prendersi Quali sono invece i rischi concreti in termini la briga di passare sopra la Costituzione e to- di programmazione e gerarchie territoriali? gliere un livello di democrazia ai cittadini è «I Comuni hanno trovato nelle Province un un altro paio di maniche». interlocutore diretto che programma e coorPer quali ragioni ritiene che togliere com- dina le problematiche di un territorio di area petenze agli enti intermedi non apporterebbe vasta. Com’è pensabile che un ente come la benefici immediati e rilevanti in termini di Regione possa dialogare, faccio l’esempio del tagli alla spesa pubblica? Veneto, con 581 Comuni di sette province «Chiariamo innanzitutto una cosa: le Pro- differenti e ragionare con un’ottica calata sul vince non vogliono arroccarsi sulla propria territorio?». posizione, anzi, sono pronte a partecipare alla E quali i possibili disagi per i cittadini? spending review e al riordino dello Stato. Ma «Vogliamo davvero che il servizio pubblico dei i dati parlano chiaro, non è eliminando qual- Centri per l’impiego diventi privato, togliendo che giunta provinciale che si risistema l’Italia. così in questo momento di crisi occupazionale I cittadini hanno capito che le Province svol- la più grande agenzia pubblica e gratuita per il gono un importante ruolo di coordinamento lavoro? Vogliamo che strade e scuole siano gedell’area vasta, erogano servizi indispensabili stite da agenzie o enti terzi non direttamente
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ENTI LOCALI
Aggravio di spesa e confusione istituzionale Secondo Tiziana Virgili, l’abolizione degli enti intermedi porterà alla creazione di nuovi organi amministrativi e le nuove deleghe non terranno conto delle peculiarità territoriali
a provincia di Rovigo è destinata a sparire per effetto della spending review, penalizzata da criteri prettamente numerici in quanto la zona del Polesine conta 247.948 abitanti e un'estensione pari a 1.789 km quadrati: troppo poco per salvarsi dal decreto disposto dal governo sul riordino delle Province. Ma in Veneto non è la sola, perchè da giugno 2013, anche Belluno, Padova e Treviso saranno soppresse. Il presidente della Provincia di Rovigo, Tiziana Michela Virgili, teme la perdita di enti di riferimento importanti sul territorio con conseguenti disservizi a scapito dei cittadini.
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comporti prevalentemente una confusione istituzionale nell'espletamento delle competenze attualmente in carico alla Provincia, che comporterà la necessità di creare nuovi organi amministrativi». Quali ripercussioni potrebbero subire invece le popolazioni locali?
«Attualmente, sebbene sconosciute ai più, le Province rappresentano gli enti di riferimento per la popolazione in molte materie, per esempio, l’ambiente, Da presidente della Provincia di l’istruzione, ma anche il sociale, la Rovigo, come ha accolto la nuova cultura e il turismo. Deleghe che disposizione del governo? passeranno o in capo alle Regioni, che «Questo è quanto prevede attualmente certamente standardizzeranno le la legge 135/2012, occorre però tuttavia prestazioni senza tener conto delle attendere i pronunciamenti della Corte peculiarità territoriali, o ai Comuni, che Costituzionale alla quale si sono rivolte le come tutti sappiamo, oggi risentono di Regioni e il Tar del Lazio a cui si sono notevoli ristrettezze economiche. rivolte le Province. Come presidente Pertanto saranno pressoché inevitabili i ritengo che il provvedimento confligga disservizi». con quanto previsto dalla Costituzione, Il sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, in particolare dagli articoli 114 e 133 e, ritiene il decreto una grande sul piano economico non comporti alcun opportunità: quali futuri incontri sono in beneficio se non un aggravio di spesa programma per discutere le future per poter ”riordinare” il sistema gerarchie e l’organizzazione della città amministrativo in maniera funzionale». metropolitana? Ritiene questa manovra efficace per «Attualmente non sono calendarizzati ridurre il numero degli enti locali incontri per discutere di tali aspetti, intermedi? anche perché la partita del riordino delle «Anche sull'efficacia in termini di Province appare già molto impegnativa. riduzione degli enti intermedi ho qualche Vedremo cosa riserverà il futuro, dubbio. Credo che questa manovra sperando per il meglio».
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controllati dai cittadini? Vogliamo che scompaia la formazione professionale, indispensabile risorsa per la formazione dei giovani e la riqualificazione dei lavoratori espulsi dal mercato del lavoro? Vogliamo che i Comuni, per chiedere una variante urbanistica debbano aspettare mesi e mesi la risposta di una Regione? Vogliamo che i cittadini, per ottenere qualche servizio, debbano recarsi nella città capoluogo sede della Regione? La risposta non spetta a me, ma ai cittadini». Quali soluzioni e nuove proposte ha in cantiere per una visione programmatica del futuro all’insegna dell’efficienza e che non escluda gli enti provinciali? «Le Province hanno presentato la propria proposta di spending review che farebbe risparmiare molto di più di quanto invece ipotizzato dal governo. Perché allora non iniziamo a parlare dell’eliminazione dei tanti enti doppione come Ato acqua, Ato rifiuti e consorzi vari, e diamo le competenze in carico alle Province, ente governato da amministratori eletti dal popolo e, quindi, sotto il diretto controllo dei cittadini? Sono anche stanco di ripeterlo ormai».
WELFARE
La ricetta di Vicenza per i cittadini In un periodo di crisi economica non ci si può dimenticare del sostegno alle famiglie, evitando di sottrarre investimenti per servizi alle fasce più esposte al difficile momento. Achille Variati spiega come sta operando il Comune di Vicenza Nicolò Mulas Marcello
er far fronte ai pesanti tagli introdotti dallo Stato e dalla Regione, che faranno diminuire i trasferimenti di circa 7 milioni di euro secondo le stime attuali nel 2012, l’amministrazione comunale di Vicenza avrebbe potuto a sua volta tagliare i servizi. Ma proprio in considerazione della difficile situazione economica generale ha voluto, al contrario, elaborare una “manovra anticrisi”. «Lo sforzo – spiega Achille Variati, sindaco di Vicenza – è stato importante, ma doveroso nei confronti di un territorio dove si sta facendo strada la povertà. La spesa per il sociale è aumentata dal 2011 al 2012 da 8 milioni e 300mila euro a 9 milioni e 200mila euro, con un aumento di 1 milione e 200mila euro per l’assistenza alla persona». Come sono suddivisi questi fondi? «350mila euro sono andati all’integrazione delle rette dei disabili psichici nelle strutture residenziali, 310mila euro all’assistenza agli anziani, 290mila euro all’assistenza domici-
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Achille Variati, sindaco di Vicenza
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liare, 150mila euro alle famiglie con minori, 100mila euro all’albergo cittadino. All’emergenza abitativa sono stati assegnati 300mila euro. Sul fronte dell’equità sociale, l’addizionale all’Irpef applicata dal Comune di Vicenza non colpirà i redditi più bassi: a chi ha redditi fino a 15mila euro lordi abbiamo tagliato l’addizionale Irpef. Ciò significa che non dovrà pagarla chi percepisce una pensione netta mensile fino a 1.190 euro o un dipendente che ha uno stipendio netto mensile fino a 1.060 euro. Per tutti gli altri ci sarà un’addizionale dello 0,6%». Qual è infine la situazione per quanto riguarda l’aspetto occupazionale a Vicenza? «In Veneto si sono persi altri 20mila posti di lavoro in 12 mesi tra marzo 2011 e marzo 2012. Il tasso di disoccupazione nel Vicentino era a maggio del 4,6%. Questi sono i freddi numeri delle statistiche. La realtà con cui ogni giorno mi confronto è fatta di concittadini che entrano in Comune, mi scrivono lettere, telefonano per segnalarmi che hanno perso il lavoro e hanno enormi difficoltà con i bilanci familiari che non quadrano a fine mese, le bollette e i mutui da pagare. Forse più che in altre zone d’Italia,
Achille Variati
Un occhio di riguardo per le fasce deboli Anche a Treviso l’amministrazione comunale cerca di contenere i costi per garantire i servizi ai cittadini. Gian Paolo Gobbo spiega la politica messa in atto dal comune per il welfare a capacità di risparmio delle famiglie venete continua a risentire dell’andamento negativo della congiuntura. Dal 2007 la ricchezza si è contratta, soprattutto per la diminuzione dei corsi azionari. Lo scorso anno gli investimenti finanziari delle famiglie hanno registrato una ricomposizione a favore dei titoli di Stato e della raccolta bancaria, in corrispondenza della crescita dei rendimenti del debito sovrano e del rialzo dei tassi offerti sui depositi e sulle obbligazioni bancarie.
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qui in Veneto non avere un’occupazione, perché la si è persa o perché non si riesce a entrare nel mondo del lavoro, ha risvolti sociali molto pesanti e può portare all’emarginazione». Cosa fa il Comune per sostenere questi cittadini? «Non abbiamo molti strumenti a disposizione, ma cerchiamo di fare tutto il possibile per favorire l’inserimento lavorativo. Abbiamo dato vita al patto sociale per il lavoro, in sinergia con altre realtà del territorio: un progetto per promuovere opportunità professionali per chi non ha lavoro in questo periodo di crisi. Inoltre, il Comune offre gratuitamente un servizio di consulenza con esperti che agevolano la conoscenza del mercato del lavoro e indicano gli strumenti utili per entrarvi».
Parliamo di welfare e sostegno alle famiglie. Qual è la politica comunale su questo aspetto?
«Nell’ambito del sostegno alle famiglie, in questo momento estremamente delicato a livello nazionale ed europeo, l’amministrazione comunale ha cercato di sostenerle con un atteggiamento di contenimento dei costi, dalle stesse sostenuti, per garantire la norma fruizione dei servizi da parte di bambini e della famiglia in generale. Pertanto nell’ultimo triennio non vi è stato alcun aumento né nel servizio di mensa scolastica né nel servizio di asilo nido e, contemporaneamente, è aumentato il contributo alle strutture private per il sostegno alla scolarità materna». Qual è l’attuale situazione occupazionale a Treviso?
«Per quanto riguarda le assunzioni e
cessazioni, tenendo conto di trasformazioni e proroghe nell’anno 2011 in tutta la provincia di Treviso, il saldo è stato di 3.607 rispetto a -2.71 registrati nel 2010. I giovani fino a 29 anni presentano un saldo positivo tra assunzioni e cessazioni. Tengono l’agricoltura (-17) e i servizi (92), perde invece ancora l’industria (-3.682). Se analizziamo le dichiarazioni di immediata disponibilità al lavoro, nel primo trimestre 2012, sono 6.710 quelle registrate, +20% rispetto primo trimestre 2011». Qual è stato il ricorso agli ammortizzatori sociali fino a oggi?
«In termini di cassa integrazione guadagni, nei primi 2 mesi del 2012, sono state autorizzate 2,5 milioni di ore (-23% rispetto primi due mesi 2011). Mentre per quanto concerne la mobilità, il numero totale degli ingressi per i primi tre mesi del 2012 è stato di 2.376, maggiore di quello relativo allo stesso periodo del 2011, dove il valore si era fermato a 2.096 (+13,4%). Nei più recenti dodici mesi considerati, sono state formalizzate 136 aperture di procedure di crisi, in diminuzione di quasi il 60%. Infine, occorre sottolineare che a Treviso è sceso il tasso di disoccupazione, che dal 6,5% è passato al 5,2%; decremento che risulta molto più sostenuto di quello regionale, dove dal 5,8% si è arrivati al 5%, mentre a livello nazionale la situazione rimane invariata».
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WELFARE
Famiglia, l’anima vitale della città Tra contributi straordinari a favore di famiglie disagiate, l’istituzione di un apposito organismo per incentivare le locazioni e un concreto supporto sul fronte occupazionale, la macchina del welfare messa a punto dal sindaco Tosi funziona e tutela migliaia di veronesi Giacomo Govoni
essun ammortizzatore sociale è più efficace della famiglia. Da questo principio fondante, si snoda tutta l’agenda amministrativa di Flavio Tosi per il prossimo quinquennio. Premiata con la rielezione a primo cittadino la cosiddetta fase del cambiamento, parola d’ordine del primo mandato, da Tosi si attende ora la definitiva svolta, da attuare proprio attraverso un’azione politica incentrata sulla famiglia. Vista non solo come nucleo di contribuenti o come destinataria di servizi, ma come risorsa vitale della comunità veronese. «Per noi la famiglia è un valore primario – puntualizza il sindaco – per questo siamo determinati a impiegare tutte le energie possibili per esaltarne il ruolo di soggetto sociale attivo». Quali azioni prioritarie state mettendo in campo per valorizzarne la centralità sociale?
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«Purtroppo la recente crisi economica ha colpito non solo le possibilità economiche e le condizioni materiali delle famiglie, ma anche quella che è la sfera affettiva, causando denatalità, solitudine e abbandono degli anziani. Per questo diventa fondamentale operare nella quotidianità, sui problemi che di giorno in giorno emergono: dal recupero dei minori in condizioni di disagio all’assistenza alle donne, fino al sostegno ai disabili». Situazioni critiche che spesso chiamano in causa i servizi sociali. Quali i fronti più caldi in cui stanno operando? «I servizi sociali a Verona in questi anni hanno creato un filo diretto tra l’amministrazione e la cittadinanza, assistendo 24mila famiglie. Numerosi gli interventi predisposti, a cominciare dai contributi straordinari erogati a famiglie in grave situazione economica, al sostegno delle famiglie in difficoltà nella cura e nell’educazione dei propri figli, coin-
Flavio Tosi
24mila
WELFARE LE FAMIGLIE PRESE IN CARICO IN QUESTI ANNI DAI SERVIZI SOCIALI DEL COMUNE E ASSISTITE CON STRUMENTI SIA ECONOMICI CHE SOCIO-EDUCATIVI
Il Comune di Verona ha istituito una “Fondazione scaligera per la locazione” con l’obiettivo di incentivare alla locazione i proprietari di abitazioni
volgendo altre famiglie tramite l’affido, fino all’appoggio socio-educativo mediante l’affiancamento di un educatore professionale. Inoltre, disponiamo di centri diurni e centri aperti per minori che necessitano di un aiuto nella fase adolescenziale e ci occupiamo del sostegno delle madri in difficoltà tramite la fornitura di alimenti di prima infanzia. Per finire, è presente una struttura residenziale per la temporanea accoglienza delle mamme in difficoltà oppure delle donne in gravidanza». È possibile tracciare una “contabilità” degli interventi attivati finora o in corso? «In totale sono stati 1.130 i minori a cui è stata garantita assistenza e 2.255 gli interventi economici a favore di famiglie con minori. Gli assegni di maternità concessi sono stati 310, 400 i minori interessati da erogazioni di alimenti per la prima infanzia, 320 i minori interessati da interventi straordinari, 570 gli affidamenti di minori in istituti, fa-
miglie, gruppi famiglia e centri, 330 gli affidamenti di minori in centri diurni e aperti e 65 le richieste soddisfatte di servizi domiciliari o appoggi educativi. Per tutte le giovani coppie sono inoltre stati attivati i cicli di incontri “W gli sposi”. Numerosi, inoltre, sono i provvedimenti disposti per l’indipendenza delle persone disabili, per il loro inserimento residenziale e per l’abbattimento delle barriere architettoniche e i servizi dedicati agli anziani». In che modo l’amministrazione comunale sta calibrando le politiche abitative per garantire a tutti i cittadini veronesi il diritto alla casa? «Il Comune di Verona gestisce 4.000 alloggi di edilizia popolare attraverso l’azienda municipalizzata Agec. Ha istituito inoltre una “Fondazione scaligera per la locazione”, con l’obiettivo di incentivare alla locazione i proprietari di abitazioni. Per conto e a spese dei proprie-
Sopra, Flavio Tosi, sindaco di Verona
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WELFARE
tari, realizza interventi di ordinaria manutenzione atti a rendere gli alloggi idonei alla locazione. Da ultimo, si propone di facilitare il pagamento dei canoni di locazione da parte degli inquilini che si trovano in difficoltà temporanea». Quali i risultati concreti conseguiti nell’anno in corso? «Nel 2012 sono stati distribuiti contributi per il “Fondo sostegno affitti” a 3.354 veronesi, per un finanziamento di oltre due milioni di euro, di cui 1.649.657 fondi regionali e 500mila fondi comunali. È stato istituito un presidio front-office, “Sportello Casa”, che fornisce indicazioni sulla presentazione delle domande di alloggio e cambio alloggio all’Agec, richieste di eventuali contributi a sostegno del canone di affitto, aggiornamenti sull’iter delle domande stesse, normative riguardanti il problema sulla casa, oltre a informazioni e collegamenti con altri enti e uffici pubblici». Nel sostegno all’occupazione territoriale, che ruolo riveste il Comune di Verona? «Da anni impegnato sul fronte delle politiche per il lavoro, il Comune offre servizi rivolti a incrementare le possibilità di occupazione dei cittadini veronesi, con una particolare attenzione ai bisogni dei giovani, delle donne e degli adulti disoccupati o in situazione di disagio sociale. Servizi e attività sono stati progettati in collaborazione e sinergia con altri enti e agenzie del territorio, come Provincia, Ulss, università, enti 132 • DOSSIER • VENETO 2012
di formazione professionale, agenzie per il lavoro, al fine di promuove percorsi di formazione alle professioni di cura, inserendo al lavoro persone disoccupate disponibili a qualificarsi o riqualificarsi come assistenti familiari o baby sitter. Il tutto per rispondere così anche ai bisogni delle famiglie che ricercano personale preparato per l’assistenza ai loro cari, bambini e anziani non autosufficienti». Quali servizi di carattere formativo-professionale stanno riscuotendo i risultati più rilevanti? «Tra le attività proposte, piacciono i servizi dedicati all’orientamento e all’accompagnamento al lavoro forniti dal servizio Informagiovani, che attualmente segue oltre 4 mila persone. Ben 494 giovani sono coinvolti nei tirocini e negli stage in Comune e altri 45 sono inseriti in percorsi formativi e tirocini nell’ambito dell’accoglienza turistica. Non mancano i corsi di formazione per assistenti familiari e per baby sitter. Sono state inoltre inserite 68 persone in gravi difficoltà in lavori di pubblica utilità, 12 persone in situazione di disagio sociale e 5 ex detenuti sono stati inclusi in cooperative sociali. È stato inoltre approvato un importante progetto per l’inserimento lavorativo di persone adulte e over 50, con il quale si prevede di far firmare, nell’arco di due anni, un contratto a tempo determinato di almeno 6 mesi a circa 30 lavoratori».
ENERGIA
Novità in vista per il comparto energetico l settore energetico in Italia ha vissuto negli ultimi anni cambiamenti considerevoli, soprattutto grazie all’ingresso delle energie alternative. Ma ci sono ancora novità in vista soprattutto per quelle aziende come la Tecnel S.I.E.E., che hanno fatto del comparto dell’energia il settore di specializzazione. «Una bella partita da giocare – spiega il titolare Davide Bigolin -, è quella che uscirà dal sempre maggior diffondersi delle auto elettriche, una bella opportunità per il mondo energetico. La continua domanda di punti di ricarica veloce per auto elettriche è già una realtà, poco conosciuta ma concreta; inoltre c’è una vastità di nuovi set-
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Tecnel S.I.E.E. si trova a Ponzano Veneto (TV) www.tecnelsiee.it
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Tra crisi dell’edilizia e boom del fotovoltaico il comparto energetico ha vissuto stravolgimenti che l’hanno reso un settore in piena fase di cambiamento. E novità ulteriori potranno venire dall’auto elettrica. Ne parliamo con Davide Bigolin Matteo Grandi
tori da sviluppare inerenti a questo fenomeno/industria. Spero che sarà proprio questo il settore che lo Stato incentiverà e sosterrà con più forza come ha fatto con il solare». E sì, perché il mondo energetico ha subìto negli ultimi anni la grande rivoluzione del fotovoltaico. Rivoluzione che si è un po’ arenata a seguito della crisi e della poca chiarezza riguardo gli incentivi. «Il 2011 è stato per Tecnel la conseguenza del 2010, anno in cui il nostro settore ha segnato un grande arresto. L’impiantistica elettrica è infatti sostanzialmente legata all’edilizia, sia per le lavorazioni dirette nel settore, quindi tutta l’impiantistica dell’edilizia abitativa e terziaria, sia per quella che il settore edile crea in modo indiretto, esempi ne sono l’industria del mobile o dell’elettrodomestico. Nel 2011 quindi ci siamo ritrovati a rivalutare i nostri parametri di riferimento e a riconfigurare l’azienda per affrontare le nuove richieste di mercato. In particolare abbiamo risposto alle esigenze dei
clienti che erano quelle di affrontare investimenti più contenuti e mirati per limitare ogni investimento superfluo. Con il nostro supporto quindi molti nostri clienti hanno potuto comunque effettuare miglioramenti e ammodernamenti ai loro impianti rimanendo nei budget stabiliti». L’inizio del 2012 si è dimostrato invece altalenante. «Per questo abbiamo cercato di fare tesoro di quanto fatto nel 2011 e abbiamo potenziato la nostra struttura in modo da poter dare tutta una serie di servizi anche di piccola entità ma che potessero rispondere alle esigenze del maggior numero di clienti. Sfruttando la nostra quarantennale esperienza abbiamo creato delle mini strutture interne organizzate per rispondere a ogni tipologia di lavoro aumentando la professionalità dei nostri dipendenti. In questo modo potevamo effettuare interventi rapidi, che per il cliente vuol dire meno costi, ed efficaci, che per noi vuol dire minor dispendio di ener-
Davide Bigolin
La continua domanda di punti di ricarica veloce per auto elettriche è già una realtà; inoltre c’è una vastità di nuovi settori da sviluppare inerenti a questo fenomeno
gie interne». Per quanto riguarda il proseguo del 2012 per l’azienda di Ponzano Veneto si prospetta un andamento in linea con gli ultimi anni «salvo la possibilità – riprende Bigolin - di un lieve incremento grazie proprio alla riorganizzazione attuata che, come detto, ci ha portato ad attingere in settori che prima erano marginali per noi, come il domotico con la video sorveglianza, l’impianto d’allarme e il risparmio energetico. Il tutto utilizzando le più moderne apparecchiature come I-Pad e IPhone ma anche tutto il mondo collegato con Android,
vedi Samsung Galaxy II /III». Tecnel si è anche avvicinata al mondo del fotovoltaico, soprattutto con l’intenzione di supportare il cliente che si trova di fronte una novità. «Vogliamo affiancare il cliente nella gestione di questi impianti che hanno bisogno di cure come tutte le cose per poter rimanere efficienti e garantire gli investimenti fatti. La complessità di gestione e la scarsa conoscenza degli apparati di produzione e della loro interazione con gli impianti esistenti ha causato non pochi problemi a molte aziende che hanno sottovalutato alcuni
aspetti perché o mal informati o preoccupati solo della promessa di profitto. Noi vogliamo intervenire in queste situazioni e cercare di riportare l’ago della bilancia sempre a favore del cliente, diventare un vero componente della sua struttura». Per quanto riguarda il 2013 l’azienda veneta guarda soprattutto all’andamento generale della situazione. «Gli investimenti qui in Italia sia nell’industria sia quelli del piccolo/medio imprenditore dipendono molto da cosa accade intorno a noi; sicuramente la nostra missione sarà quella di cercare delle commesse in quei paesi in cui il mercato attuale è simile a quello nostro di 1520 anni fa. La nostra struttura ci permette di potere affrontare commesse all’estero sia da un punto di vista tecnico sia da un punto di vista economico finanziario». VENETO 2012 • DOSSIER • 135
ENERGIA
Orientarsi nel mercato della fornitura energetica L’offerta basata sul prezzo, non è l’unica strategia che un’azienda operante nella vendita di prodotti energetici deve adottare per essere competitiva. EstEnergy punta sull’assistenza al cliente, avvalendosi di canali differenti. Il punto di Alberto Sammarchi e Renzo Codarin Anastasia Martini
Sotto, Renzo Codarin, presidente; nella pagina accanto, Alberto Sammarchi, amministratore delegato di EstEnergy, società del gruppo Acegas-Aps Spa che eroga il servizio di illuminazione pubblica a Padova e in centinaia di comuni del Nord Italia www.estenergy.it
rientarsi all’interno di un mercato libero in espansione, in cui le offerte si moltiplicano costantemente, non è semplice, soprattutto per il consumatore meno avvezzo. Per questa ragione, EstEnergy, società specializzata nella fornitura di gas, energia elettrica e risparmio energetico, fa dell’assistenza diretta agli utenti il cavallo di battaglia, da lanciare sul campo della competitività.
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Per questa società del gruppo Acegas-Aps Spa con sede legale a Trieste, partecipata al 49 per cento da Ascopiave Spa (realtà del Nord Est specializzata nella fornitura di gas), il mercato libero rappresenta una sfida importante, perché, come sostenuto dall’amministratore delegato Alberto Sammarchi: «Negli ultimi due anni, la città di Padova ha registrato una vivace presenza di concorrenti nel settore in cui operiamo. Questo fenomeno ha permesso ai clienti, non solo di confrontare le offerte sul mercato, ma anche di valutare l’affidabilità e l’efficienza di diversi operatori. Diversi hanno cambiato fornitore, ma non sempre con esiti positivi. Ciò, però, è servito a far emergere le reali necessità del consumatore, che oggi è fedele verso chi dimostra di mantenere le promesse fatte. Dal canto nostro, abbiamo puntato alla massima efficienza nell’erogazione dei servizi, ga-
rantendo un’assistenza costante, resa possibile dalla presenza capillare sul territorio padovano di punti adibiti a ciò, in cui lavorano operatori competenti. Sembra banale, ma nell’era delle tecnologie il contatto umano resta sempre il modo migliore per capirsi e lo dimostra il fatto che molti clienti, dopo aver provato altri fornitori, decidono di tornare da noi». Per EstEnergy, che è già attiva come fornitore di energia elettrica per l’illuminazione pubblica non soltanto a Padova, ma anche in centinaia di comuni del Nord Italia, le scelte fatte si sono rivelate vincenti anche in termini di fatturato. «Nell’ultimo biennio – continua il presidente Renzo Codarin – abbiamo registrato un aumento del ricavo del 20 per cento e ciò grazie a una rilevante espansione del portafoglio elettrico. Il settore elettrico rappresenta il naturale completamento del settore gas
© Foto Damiano Rotondi
proprio perché il cliente tendenzialmente gradisce avere un unico interlocutore. Entrambi i settori richiedono, ogni anno di più, un’attenta politica di gestione del rischio. Negli ultimi anni si è letto sui giornali di aziende competitors sofferenti per perdite di bilancio dovute a una superficiale gestione del rischio. La sfida per il futuro è riuscire a negoziare i contratti, valutando bene ogni aspetto che può generare rischi per l’azienda, in passato
invece ci si focalizzava solo sul prezzo». Una visione che si lega direttamente alla sfida di un mercato in continua evoluzione, e dunque sempre più labirintico. «La liberalizzazione del mercato energetico – prosegue l’amministratore delegato – è ormai consolidata, ma restano ancora delle criticità. Volendo guardare la questione dal punto di vista del consumatore, se è vero che quello italiano resta un mercato fortemente regolamentato e vigilato, è altresì vero che la materia è complessa, gli operatori numerosi e l’offerta commerciale, esplosa nel giro di pochi anni, non senza qualche episodio truffaldino. Orientarsi non è facile, bisogna, infatti, essere ben informati per valutare la reale convenienza di un’offerta e la credibilità dell’operatore, e per quanto l’Autorità (Aeeg) sia attiva in questa direzione, c’è ancora molto da fare sul versante dell’informazione. Per que-
sta ragione la nostra azienda pone al centro del suo operato la correttezza e la trasparenza nelle politiche di acquisizione, avvalendoci di tutti gli strumenti adatti alla comprensione delle offerte, non solo attraverso i classici canali d’interfaccia, ma anche attraverso materiali come “La Bussola del Consumatore”, redatta proprio con l’obiettivo di guidare il cittadino alla comprensione delle dinamiche del mercato libero». L’assistenza è un perno attorno al quale ruotano le strategie aziendali che, improntate su una ferrea etica, consentono a EstEnergy di essere competitiva, andando oltre al semplice fattore prezzo. «Sicuramente – rileva Codarin – più crescono i volumi di consumo, più la scelta viene condizionata dal prezzo: ecco perché nel mercato industriale il fattore economico è da sempre quello dirimente, anche se non è più l’unico. Recenti episodi di “pirateria commerciale” a opera di
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ENERGIA
nuovi trader stanno portando
anche i clienti business a prestare maggiore attenzione all’affidabilità del fornitore. Per le famiglie e le piccole imprese, invece, occorre far leva su un mix di fattori. Come dimostrano la maggior parte delle campagne pubblicitarie di settore, il fattore prezzo resta centrale, ma conta moltissimo anche la qualità del servizio. In termini di tendenze, paradossalmente ci troviamo a far fronte a due esigenze contrapposte: da un lato cresce l’interesse verso una gestione snella e telematica del servizio, con il conseguente proliferare di offerte web, dall’altro, aumenta il valore assegnato alla presenza fisica e agli sportelli, che per molti clienti rappresentano l’ultimo baluardo di assistenza “sicura”. Per questa ragione, aziende che, come la nostra, hanno investito sui punti di assistenza diretta godono ancora di un certo vantaggio competitivo». Sul fronte competitivo, in vista dell’autunno,
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Da un lato cresce l’interesse verso una gestione snella e telematica del servizio, dall’altro, aumenta il valore assegnato alla presenza fisica e agli sportelli
si pone un problema “classico” per i consumatori: l’aumento dei prezzi dei consumi, compresi quelli di gas ed energia elettrica. Per quanto riguarda l’anno in corso, Sammarchi nota che: «Sono previsti degli aumenti, ma in misura leggermente inferiore rispetto al passato. La motivazione è riconducibile all’aumento del prezzo del petrolio e al deprezzamento del cambio euro/dollaro, che hanno ricadute inevitabili sui
prezzi del gas e dell’energia elettrica. Per attenuare l’impatto economico delle spese per l’energia, abbiamo attivato una serie di servizi e di tariffe per venire incontro alle esigenze dei clienti». Sul fronte delle prospettive, conclude Codarin: «EstEnergy, che vede un 55 per cento del business rivolto ai privati (esclusi i clienti business) e un 17 per cento all’IP, è in grado di chiudere positivamente il 2012 e parte del 2013, salvo alcune incognite riconducibili per lo più alla parte finanziaria e all’onerosità del capitale circolante. Nel 2013 intendiamo orientarci a una politica commerciale sempre più attenta al rischio credito e ai termini di pagamento. Ormai, in aziende come la nostra, il valore lo si ricava non solo dalla marginalità ma dalla virtuosità nella gestione del credito commerciale».
Foto: Francesco Galli Foto Carlo Biasia
Giovani e ricerca, la Biennale del futuro La 69esima edizione della Mostra del Cinema e la 13esima Mostra di Architettura confermano la Biennale di Venezia, guidata da Paolo Baratta, quale punto di riferimento internazionale, produttivo e creativo, per le singole discipline artistiche Francesca Druidi
i è aperta sotto i migliori auspici la 13esima Mostra internazionale di Architettura della Biennale di Venezia. Inaugurata il 29 agosto, “Common Ground” - questo il titolo della rassegna che proseguirà ai Giardini e all’Arsenale fino al 25 novembre - ha fatto registrare un incremento del 39 per cento dei visitatori rispetto all’edizione 2010 (4.374 visitatori contro i 3.138 del 2010). «La Mostra di architettura – commenta il presidente della Biennale di Venezia Paolo Baratta, che ha affidato a David Chipperfield la direzione della manifestazione – è diventata negli anni recenti forse il più importante appuntamento del
S Sopra, l’installazione di Zaha Hadid. Al centro, il presidente della Biennale di Venezia Paolo Baratta con il direttore della Mostra internazionale di Architettura David Chipperfield
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settore nel mondo». Attraverso i 63 progetti dell’esposizione, realizzati da architetti, fotografi, artisti, critici e studiosi, si mira a riaffermare l’esistenza di una cultura architettonica che non poggia le sue basi solo sulle singole personalità creative, ma che riunisce concezioni differenti in un percorso condiviso, in contesti e ideali collettivi. Perché il tema scelto è Common Ground, “ciò che abbiamo in comune”? «Viviamo in un’epoca nella quale gli architetti chiamati a soddisfare le esigenze di comunicazione, di rappresentazione e persino gli esibizionismi di una certa committenza privata e pubblica, sembrano essersi separati dalla società civile. So-
cietà civile che non li riconosce come artefici di una migliore gestione dello spazio in cui vivono il privato e il pubblico, ma come realizzatori e ideatori di opere straordinarie, essenzialmente celebrative. Parlare dell’architettura, sottolineare l’esistenza di un “common ground” tra generazioni o architetti operanti nelle varie parti del mondo, vuole essere in realtà anche un modo per riconoscere e vivificare il “common ground” tra architettura e società civile». L’iniziativa “Biennale Sessions” coinvolge università, accademie di belle arti e istituzioni attive nell’architettura e nelle arti visive. Perché è importante puntare
Foto: Francesco Galli
Foto: Francesco Galli
VISITATORI
sul legame con il mondo accademico? «Abbiamo pensato in questi anni di offrire alle università, alle facoltà di architettura e comunque alle istituzioni di ricerca e formazione, l’opportunità di organizzare una visita alla Biennale per gruppi di almeno 50 tra studenti e docenti, della durata di 3 giorni, con la possibilità di seguire un seminario. Si vuole così andare ben oltre la visita guidata e fare del terreno dell’esposizione il luogo dove queste piccole missioni, provenienti da varie università, per loro scelta, con il loro impegno e la loro organizzazione, svolgono un momento di arricchimento del processo formativo e di ricerca. Abbiamo
iniziato con piccoli passi, ma con grandi ambizioni. Quest’anno partecipano oltre 60 università italiane e straniere. È un modo con il quale riteniamo di promuovere in futuro la Biennale come luogo d’incontro riconosciuto nel mondo dell’architettura, fin dalla fase della formazione. È un altro piccolo primato che vorremmo conquistare». La Biennale gode di ottima salute, come dimostra il bilancio di esercizio approvato per il 2011. Quali sono le direttrici per il prossimo futuro? «Innanzitutto l’avanzamento degli obiettivi in tutti i settori in cui opera la Biennale: iniziative volte a soddisfare la cre-
4.374 IL NUMERO DI VISITATORI DURANTE IL PRIMO GIORNO DELLA BIENNALE ARCHITETTURA
scente domanda dei padiglioni dei paesi, una programmazione sempre più attenta, ma soprattutto la fedeltà dell’istituzione alla sua missione, una missione di ricerca che le è valsa la stima del mondo. Già il lavoro attuale, e quello dei prossimi anni, saranno orientati ad attività formative miranti a offrire ai giovani interessati a una delle In alto, arti in cui opera la Biennale, l’installazione occasioni per cimentarsi - al di Norman Foster fianco di maestri - nella ricerca per “Common Ground”. Sotto, l’installazione della propria autonoma strada di Alison Crawshaw della creazione artistica. Non “The Big Balcony” i Giardini si vuole cioè offrire un’ulteriore presso della Biennale struttura scolastica, formativa e accademica, ma un luogo nel quale chi ha già frequentato quelle istituzioni, lungi dal restare abbandonato, trova modo VENETO 2012 • DOSSIER • 141
© La Biennale di Venezia - ASAC
VENEZIA, CULTURA E NUOVI SPAZI
di far crescere le proprie energie portante. Il mercato è durato 5 Sala Darsena. L’intento è, e le proprie qualità in una fase delicata della propria vita di artista che è quella dei primi impegni, delle prime responsabilità e dell’inevitabile necessità di mostrare, a se stessi innanzitutto, la propria indole, capacità, vocazione». Tra le novità della 69esima edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica, diretta quest’anno da Alberto Barbera, c’è il Venice Film Market. Un passaggio obbligato per rendere la manifestazione maggiormente competitiva? «Sul mercato del film c’è sempre stata una certa approssimazione e superficialità. È ovvio che il mercato si svolge per buona parte attraverso comunicazioni dirette tra i protagonisti e gli operatori. C’è pur sempre una parte importante che gli operatori possono scoprire per destinazioni particolari, e quindi il disporre di una struttura organizzata che favorisca tali incontri diventa im142 • DOSSIER • VENETO 2012
giorni, per poi spostarsi a Toronto. Con questa scelta, abbiamo dato esempio di credibilità. Il mercato di Venezia è stato collocato in modo da consentire agli operatori di essere presenti sia a Venezia sia a Toronto. Dai primi dati a nostra disposizione, credo possa dirsi che questa chiarezza ci abbia portato buoni risultati. Lo scenario mondiale delle mostre cinematografiche è caratterizzato da grande competizione. Gli elementi e le variabili su cui si sviluppa questa competizione sono assai vari, e quindi tali da consentire a ciascuna mostra di svilupparsi con elasticità e duttilità, anno dopo anno, in modo distinto e meritevole di attenzione». La Biennale sta procedendo per step alla riqualificazione dell’area della Mostra del cinema: l’anno scorso la Sala Grande, quest’anno il foyer del Palazzo del Cinema, il prossimo anno è previsto l’ammodernamento della
dunque, quello di realizzare interventi minori ma fattibili? «Sono note a tutti le vicende del Palazzo del Cinema, come sono note le nostre iniziative intraprese nel passato biennio di graduale rivitalizzazione e ammodernamento delle strutture del Lido. Certo, realizzare interventi fattibili mi sembra saggio. Gli interventi sulle opere e le strutture qualche volta sono carenti proprio per la scarsa verifica preliminare delle condizioni che le rendono realizzabili e utili. Abbiamo già rifatto la Sala Grande, quest’anno abbiamo ripristinato il suo foyer. Abbiamo insistito con forza presso le amministrazioni locali perché fosse chiusa parte della voragine scavata per realizzare il Palazzo del Cinema. L’obiettivo è che l’area in questione torni a essere una vasta piazza. La sua apertura tornerà a dare respiro alla Mostra e ai suoi visitatori rispetto al senso di oppressione veicolato dalle lunghe transenne».
Il mio sogno per il Veneto Il progetto Palais Lumière nasce dalla volontà di Pierre Cardin di realizzare una scultura abitabile nell’area metropolitana di Venezia. Un connubio tra bellezza e utilità pratica, che riflette la rivoluzionaria genialità dello stilista Francesca Druidi
eneto di nascita, poi naturalizzato francese, Pierre Cardin non teme di certo le sfide. Capo atelier di Christian Dior nel 1947, tre anni più tardi fonda la sua maison, che oggi conta 900 licenze distribuite in oltre 150 paesi del mondo. «Ha osato trasformare la moda in un fenomeno sociale e popolare – evidenzia Rodrigo Basilicati, nipote del famoso stilista, artista e ingegnere – per primo si è imposto in Russia e in Cina, biasimato da tutti». Grande mecenate - nel suo Espace Cardin ha prodotto più di 500 diverse opere teatrali d’avanguardia lanciando molti giovani artisti - il novantenne couturier ha un nuovo sogno da concretizzare: il Palais Lumière, una imponente opera da lui stesso concepita per il territorio ve-
V Sopra, Pierre Cardin con Rodrigo Basilicati, nipote e responsabile del progetto del Palais Lumière
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neto, progettata da Rodrigo Basilicati in collaborazione con lo studio Altieri, che potrebbe ricucire lo strappo fra l’area di Marghera e il tessuto urbano di Mestre. Pensata come una città verticale destinata a ospitare alloggi residenziali, alberghi, ristoranti, centri congressuali, sportivi e culturali, la struttura del Palais si compone di 6 dischi di forma circolare, distanti 35 metri l’uno dall’altro, sostenuti da 3 torri simili ma di diversa altezza. Imponenti i numeri in campo: tre gli anni previsti per la costruzione del complesso, che raggiungerebbe una superficie totale di circa 250mila metri quadrati; 2,5 miliardi di euro è l’importo dell’investimento annunciato per la realizzazione del palazzo e per gli interventi di bonifica e viabilità; 10mila i posti di lavoro, tra opera-
tori diretti e indiretti, che potrebbero crearsi; 255 metri l’altezza massima dell’edificio con 65 piani abitabili. In quest’opera avveniristica ed ecocompatibile (il fabbisogno energetico è garantito da sistemi integrati rinnovabili di tipo fotovoltaico ed eolico) confluiranno «la libertà e la riconoscibilità immediata» dello stile e della personalità dello stilista. Ottenuto l’ok delle istituzioni, per il via libera dei lavori resta da sciogliere la questione relativa alla deroga dell’Enac (Ente nazionale dell’aviazione civile) sui limiti stabiliti per il volo in sicurezza degli aerei, che Palais Lumiere sfora di 110 metri. Dove nasce la volontà di realizzare il Palais Lumière? E perché la scelta è caduta proprio sul motivo di tre fiori legati da un nastro? «Da tempo immaginavo scul-
Pierre Cardin
Nel Palais Lumière intravedo l’unica strada sostenibile per rendere appetibile una zona che, da sessant’anni, vedo peggiorare
ture trasformate in architetture fino a che cinque anni fa ho incontrato chi lo sapeva fare e ha creduto in me; in quel momento scorgevo dietro di lui un vaso con tre fiori legati da un nastro, e voilà!». Ha dichiarato che il Palais Lumière può rappresentare un nuovo Rinascimento per il Veneto e per l’Italia. E per lei che cosa identifica questo progetto: un regalo a un territorio che lei ama particolarmente oppure la dimostrazione che i sogni possono avverarsi? «Entrambe le cose. Intravedo così l’unica strada sostenibile
da un punto di vista imprenditoriale - al di là dei sogni finanziariamente irrealizzabili da chicchessia e tanto meno con il denaro pubblico - per rendere appetibile e frequentabile una zona che, da sessant’anni, vedo peggiorare in tutti i sensi in maniera irreversibile, in vista della città più bella del mondo». Vorrebbero il Palais Lumiere in Cina e in Brasile, ma lei ha scelto la sua terra natale. Quanto c’è dell’identità veneta in lei e nel suo approccio al lavoro? «Solo la mia italianità veneta mi ha permesso di essere co-
nosciuto in tutto il mondo già a 50 anni; la tenacia, la perseveranza, il credere in se stessi, la sensibilità, il rispetto per gli altri. Questi valori, che altrove fatico a ritrovare tutti insieme, hanno permesso al mio talento di farsi strada e di Render degli interni del realizzarsi sempre». Palais Lumière Non mancano gli oppositori al progetto, a cui lei ha risposto: io propongo, non impongo. Come si immagina l’area in cui sorgerà il Palais nel futuro? «Un’area dove, accanto a una magnifica Venezia a rischio decadenza, tutti i più grandi artisti internazionali si ci- VENETO 2012 • DOSSIER • 145
VENEZIA, CULTURA E NUOVI SPAZI
UNA CITTÀ VERTICALE PER RIQUALIFICARE MARGHERA Creatività, ecosostenibilità ambientale e massima efficienza costruttiva e funzionale confluiscono nell’innovativo Palais Lumière di Pierre Cardin. Ne parla il responsabile del progetto Rodrigo Basilicati, che ribatte alle critiche “Il Palais Lumière di Pierre Cardin a Venezia: una scultura abitabile” è il titolo dell’evento collaterale della Mostra di architettura della Biennale di Venezia (aperto tutti i giorni dalle 10 alle 18 in via delle Industrie a Marghera fino al 25 novembre con ingresso libero), una mostra che entra nei dettagli del progetto architettonico voluto dal celebre stilista. Curatore dell’esposizione, nipote di Cardin e responsabile del Palais Lumière, Rodrigo Basilicati invita curiosi, e soprattutto detrattori, a visitare l’allestimento per scoprire l’edificio che ha già incassato molti consensi, ma anche generato numerose polemiche. C’è chi protesta per l’inserimento del Palais (nella foto, un render) nel paesaggio veneziano e chi si preoccupa per la sicurezza dell’aeroporto. «Riguardo al lato artistico-architettonico, è lecito avere gusti diversi da quelli miei e di monsieur Cardin – precisa
Basilicati – le contestazioni sullo skyline sono, invece, basate su errate, per non dire falsificate, simulazioni comparse sui giornali. Abbiamo verificato, prima di cominciare quest’avventura, che non ci fossero rischi per l’aviazione: abbiamo elaborato uno studio al riguardo più che esaustivo, approfondito dai maggiori esperti italiani del settore». L’immagine di partenza ideata da Pierre Cardin - tre fiori tenuti insieme da un nastro - è stata tradotta nel suo primo disegno dall’artista e designer Daniel You e ingegnerizzata successivamente da Basilicati. Il progetto rappresenta una significativa operazione di recupero e di valorizzazione sia urbanistica che paesaggistica dell’area urbana tra Mestre e Marghera, segnata da attività in fase di dismissione. Non si prevede solo la realizzazione del Palais, ma anche «bonifiche dei luoghi, miglioramento
menteranno con le opere civili e industriali più straordinarie mai costruite, grazie alle più grandi finanze mondiali che, spero, prenderanno coraggio dopo il mio esempio. Con un cuore pulsante, architettonicamente all’avanguardia, e centro di attrazione tecnologica universale nel suo stesso seno, la Venezia storica
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della viabilità sia stradale che ferroviaria e la trasformazione di 19 ettari di cemento e inquinamento in 20 ettari di parco. Come? Trasformando i 3 ettari su cui insiste la fondazione del Palazzo Luce in 4 ettari di giardini sopra 6 giganteschi dischi abitabili sospesi». La sfida intrapresa con il Palais è «non scendere a compromessi tra libertà artistico-architettonica e applicazione della tecnologie più avanzate, e viceversa». Basilicati ha, fin da subito, sostenuto il progetto di Pierre Cardin. «Si è trattato di un corroborante e fantastico lavoro di interpretazione dell’idea di un uomo che, in 65 anni di attività, ha sempre osato e raramente fallito. Qui c’è la summa di tutta la proverbiale lungimiranza che ha contraddistinto la sua brillante carriera mondiale: come avrei potuto non credergli io che ho quattro dozzine di anni in meno di lui e con un quarto del suo sangue?».
- a soli sette chilometri - si vedrà arrivare tutti i miliardi di dollari che le serviranno per restaurarsi da sola e mantenersi così com’è per millenni, anche quando, sigillata in una gigantesca bolla di vetro, sarà sommersa da decine di metri di mare. Mi auguro proprio che questo scenario resti nel mondo della fantascienza, ma
sappiamo che, invece, potrebbe essere necessario se non arrestiamo immediatamente il processo di degenerazione del mondo, mettendo da parte miopi interessi in favore di un sincero atteggiamento ecologico, sistematico e capillare da parte di tutti. Palais Lumière ne sarà un vero esempio al 100%».
LOGISTICA
La lunga catena del freddo, nuove soluzioni enza idee, e quindi cambiamento ed evoluzione, l’impresa come concetto non esisterebbe. Poi c’è la loro realizzazione e le difficoltà connesse, ma questa è un’altra storia. Una storia che si sente spesso e di questi tempi più che mai, soprattutto per le Pmi. Non è più periodo di boom in Veneto per la categoria, eppure c’è ancora chi crede nella forza delle idee e tenta di realizzarle, magari con un salto nel buio. Il caso che riguarda Robertino Bonato, e i
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Sotto, momento di approvvigionamento di una nave da crociera. La Bierreti ha sede a Chioggia (VE) www.bierretitrasporti.it
Il settore logistico mantiene livelli soddisfacenti nonostante il periodo di flessione. I trasporti legati all’alimentare soffrono meno, come ci raccontano i tre soci della Bierreti di Chioggia. Ma le nuove proposte hanno sempre vita dura Renato Ferretti
suoi soci Maximiliano e Carlino Ripepi, è emblematico di un settore e di un territorio. Iniziano come tanti nel loro campo: autisti, padroncini, un paio di camion e un’azienda di trasporti che chiamano Bierreti. L’azienda di Chioggia (VE) trasporta pesce e altri prodotti alimentari e ortofrutticoli a temperatura controllata.
La differenza doveva essere, a sentir loro, nel sistema di programmazione della logistica mirato all’abbattimento di costi e tempistiche. «Nel 2004 – ricordano i soci – abbiamo preso il coraggio a due mani e creato, di fatto, un segmento nel settore che non esisteva sul nostro territorio: la logistica nel settore ittico che è stata applicata alle tratte internazionali. Il trasfe-
Carlino Ripepi, Robertino Bonato e Maximiliano Ripepi
rimento nell’attuale edificio avvenuto nel 2007 ha permesso all’azienda di ridurre i tempi e prezzi per i clienti, portandoli ad avere come riferimento un unico distributore. Proprio come avevamo immaginato. Il pesce (fresco o congelato) in partenza dal Nord Europa per esempio, nel giro di 30 ore è nei banchi pronto per la vendita al dettaglio (meno di 8 se caricato in Italia) transitando per la nostra piattaforma. La moderna struttura, attiva 7 giorni su 7, è accessoriata di ribalte, muletti elettrici e manuali, celle refrigerate (-20°) e di mantenimento (0°)». Insomma tutto il necessario, compresa l’ubicazione ad hoc direttamente nel cuore dell’industria ittica veneta. «Un posizionamento – continuano – che ci permette di raccogliere tempestivamente il pescato direttamente presso i pescherecci o dai rivenditori e consegnarlo, anche grazie all’apporto di corrispondenti fidati e professionali, alle principali piattaforme logistiche del Nord e Centro Italia». Così gli affari progrediscono e, nonostante la crisi e un netto calo, la Bierreti non si lamenta per l’andamento dell’ultimo biennio. Ma le riflessioni dei tre su quelli che sono sempre stati i principali obiettivi dell’azienda non si fermano qui e nascono nuove idee. «Per ottimizzare la raccolta e la distribuzione della merce di provenienza internazionale, è in fase di progetto a Taglio di Po, una piattaforma
frigorifera. Il business di quest’ultima quindi è la logistica a temperatura controllata di tutti i prodotti deperibili che necessitano di una gestione qualitativa e sicura della catena del freddo. Un magazzino frigorifero avrebbe una minore incidenza dei costi fissi grazie alla sua terziarizzazione, minore flessibilità organizzativa ed elevati risparmi nelle consegne capillari». Il progetto è interessante anche per alcuni clienti olandesi di Bonato e dei Ripepi, decongestionerebbe il traffico negli aeroporti del Nord Europa perché sarebbe possibile trasferire merci al Marco Polo di Venezia, per esempio. L’idea c’è, l’esperienza pure, i primi clienti sono pronti e non manca neanche la soddisfazione del Comune di Taglio di Po. Le banche invece latitano. «Ci siamo ritrovati in un momento sfortunato, cioè il progetto era già stato deciso in tempi migliori, quando ancora le banche facevano prestiti. Ma allora l’Amministrazione comunale era alla fine di un mandato e all’inizio di un altro: abbiamo dovuto aspettare. E ci siamo ritrovati nel periodo peggiore per chiedere finanziamenti agli istituti di credito». E così per permettere un minimo di stoccaggio a basse temperature, al momento i tre soci sono costretti a tenere le merci nelle celle dei camion, che così rimangono fermi con in più un dispendio di gasolio. «Mentre invece di piattaforme frigori-
fere nei dintorni non ce n’è. L’affare è evidente, tanto che abbiamo già comprato il terreno. Non ci resta che aspettare tempi migliori». L’impresa nonostante tutto tiene, tanto da permettere nuovi investimenti soprattutto in innovazione tecnologica. «Un esempio sta nella tipologia dei rimorchi – spiegano i titolari – che permettono di creare al loro interno due sezioni distinte per mezzo di una paratia mobile isolante: entrambe le sezioni sono dotate di sonde per trasporti a multi temperatura. I dati vengono registrati da moderni termo registratori, permettendoci di consegnare al cliente report che attestano la temperatura della merce durante tutto il trasporto. Questo solo per fare un esempio: gli investimenti in innovazione hanno la priorità».
Carlino Ripepi, Robertino Bonato e Maximiliano Ripepi della Bierreti
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MERCATO IMMOBILIARE
La morsa fiscale deprime il comparto Nuove tasse e redditi familiari sempre più ridotti acuiscono la condizione di difficoltà in cui versa il mercato immobiliare italiano. Il presidente nazionale di Confedilizia, Corrado Sforza Fogliani, analizza la situazione del settore Guido Puopolo econdo quanto emerso dai dati contenuti all’interno del Borsino Immobiliare presentato da Confedilizia, nel 2011 in Italia si è registrato un “forte effetto depressivo sulle compravendite e sulle locazioni” di immobili. Una situazione di estremo disagio che non sembra poter avere una rapida soluzione, visto che nei primi tre mesi del 2012 le compravendite di abitazioni sono diminuite del 19,6 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. «Tale andamento è dovuto in primo luogo a ragioni legate alla tassazione degli immobili» sottolinea l’avvocato Corrado Sforza Fogliani, presidente di Confedilizia. «Il 2011 è stato un anno caratterizzato, soprattutto nella sua seconda metà, prima dalle voci dell’introdu-
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Corrado Sforza Fogliani, presidente di Confedilizia
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zione di un’imposta patrimoniale e poi dalla manovra di fine anno, con l’aggravio dato dall’Imu sperimentale. Il sommarsi di queste circostanze ha avuto un impatto devastante su un mercato sostanzialmente stabile, fatte le dovute distinzioni in relazione a singole zone e con riferimento alle varie tipologie di immobili». Pensa che questo trend continuerà anche nei prossimi mesi del 2012? «Al momento la situazione rimane negativa, sia in termini di numero di scambi sia in termini di prezzi. Vi è anche un contesto di grande incertezza determinata dal fatto che la maggior parte dei Comuni non ha ancora stabilito la misura delle aliquote Imu, complice la decisione del governo di far pagare l’imposta in sede di acconto applicando le aliquote di base previste dalla legge». A livello geografico, quali sono le zone che stanno maggiormente subendo le conseguenze di questa negativa
congiuntura? «È difficile fornire un quadro generale del mercato, distinto per zone. Si tratta di una situazione “a macchia di leopardo”, spesso influenzata dalle scelte operate dai Comuni in merito alle aliquote Imu sperimentale in relazione alle varie fattispecie, in particolare per gli immobili concessi in locazione». A proposito delle locazioni, nei mesi scorsi lei ha più volte evidenziato il fatto che l’introduzione dell’Imu sulle seconde e terze case avrebbe potuto “strangolare” questo mercato. Oggi quali sono i primi effetti tangibili prodotti da questa nuova imposta? «Il settore delle locazioni sta attraversando una crisi senza precedenti. All’impatto dell’Imu sperimentale si è aggiunto infatti quello di un’altra misura particolarmente pesante, oltre che iniqua: la riduzione dal 15 per cento al 5 per cento della deduzione forfettaria delle spese per gli immobili locati per i quali non venga applicato il re-
Corrado Sforza Fogliani
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Il rafforzamento delle agevolazioni fiscali per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio e per quelli di risparmio energetico è il primo segnale di attenzione di questo governo
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COMPRAVENDITE
-19,6%
LA FLESSIONE REGISTRATA NEI PRIMI TRE MESI DEL 2012 NELLE VENDITE DI IMMOBILI RISPETTO ALLO STESSO PERIODO DELL’ANNO SCORSO
gime sostitutivo della cedolare. La sommatoria di questi due interventi ha di fatto “ucciso” l’affitto in Italia, particolarmente quello a canone calmierato. Il mercato della locazione potrà parzialmente riprendersi, in mancanza di immediati interventi sull’aggravio tributario già varato, solo a seguito dell’adozione di urgenti provvedimenti che, introducendo nel settore una forte flessibilità contrattuale, ne determinino uno sblocco, con conseguente crescita degli investimenti nel comparto». Un’altra problematica che attanaglia il mercato è rappresentata dalle difficoltà di accedere a un mutuo per l’acquisto della prima casa da parte delle famiglie. A suo avviso quali soluzioni si potrebbero adottare per favorire l’erogazione del credito da parte delle banche? «Le banche, come tutte le imprese, non possono che operare secondo criteri di economicità. È quindi difficile immaginare strumenti di agevolazione nel-
l’erogazione dei mutui. Le garanzie di solvibilità non possono essere sostituite da altri parametri. La questione vera è che in Italia la crisi internazionale si è abbattuta, aggravandola, su una situazione preesistente di disagio reddituale da parte di fasce sempre più larghe di popolazione. È tutta l’economia che deve essere stimolata. E l’unica strada per farlo è quella di ridurre il peso dello Stato, indirizzando la spesa pubblica improduttiva verso più efficienti destinazioni, diminuendo il livello della tassazione ed eliminando tutte quelle inutili regolamentazioni che ingessano la nostra società». Confedilizia ha accolto in maniera positiva l’aumento del bonus fiscale per le ristrutturazioni previsto dal Decreto Sviluppo presentato dal ministro Passera. Quali benefici potrà portare questo provvedimento al settore? «Il rafforzamento delle agevolazioni fiscali per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio e per quelli di risparmio energetico è il primo segnale di at-
tenzione di questo governo nei confronti della proprietà immobiliare. Da parte nostra, nonostante le difficoltà economiche nelle quali si trovano le famiglie, confidiamo che possa incrementare il numero di interventi sugli immobili e, a cascata, produrre un effetto benefico sull’occupazione e sulla crescita». Quali altre misure potrebbero essere prese per sostenere la ripresa di un comparto strategico per l’intero sistema economico nazionale? «Due sono gli elementi decisivi: l’allentamento della morsa fiscale sul comparto e, come accennato in precedenza, l’introduzione di elementi di flessibilità nelle locazioni, soprattutto quelle a uso diverso dall’abitativo. Qui, infatti, vi è uno “sfitto” senza precedenti e non è possibile che una legge di oltre trent’anni fa - quella dell’equo canone - impedisca al mercato, soprattutto in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo, di sviluppare le proprie potenzialità». VENETO 2012 • DOSSIER • 153
MERCATO IMMOBILIARE
Incentivare il recupero dell’esistente Rivelatosi essenziale per salvaguardare alcune realtà artigianali locali, secondo il presidente di Ance Veneto, Luigi Schiavo, il Piano casa non può essere considerato «come unica prospettiva di rilancio dell’edilizia veneta» Giacomo Govoni
bbraccia tutte le sette province venete e interessa quasi 19mila unità abitative il piano straordinario di vendita degli alloggi delle Ater approvato a fine giugno dalla giunta regionale. Un provvedimento dal valore potenziale di 800 milioni di euro ma che, secondo le stime dell’assessore ai lavori pubblici Massimo Giorgetti, ne frutterà verosimilmente 400, pronti a essere reinvestiti nella costruzione e acquisizione di nuovi alloggi e nell’ammodernamento e ristrutturazione di quelli esistenti. «Le Ater – aggiunge Luigi Schiavo, presidente di Ance Veneto – potranno inoltre funzionare come stazioni appaltanti per conto dei Comuni. Misura, quest’ultima, che giudichiamo positivamente in chiave di semplificazione burocratica». Un passo importante sulla via della riduzione del gap fra domanda e offerta di alloggi pubblici. «Il Veneto è l’unica regione in cui il rapporto annuale tra nuove famiglie, circa 30mila, e permessi di costruzione, circa 15mila compresi gli ampliamenti, è positivo. La domanda
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di alloggi è alta e non solo per l’edilizia convenzionata e agevolata. Riguardo all’offerta di alloggi pubblici, recentemente l’assessore Giorgetti ha presentato un piano di riorganizzazione delle aziende territoriali di edilizia residenziale, affidandogli nuove funzioni nell’ambito del social housing». A proposito di social housing, quali gli interventi in agenda dopo l’estate? «Le iniziative finora avviate sono poche e limitate. Si dovrà certamente ripensare il modello rafforzando le opportunità per il privato di intervenire in questo specifico ambito. In compenso, i ricavi del piano di vendita annunciato dalla Regione potranno certamente contribuire a rilanciare il settore. A breve, inoltre, sarà reso noto il piano straordinario per la casa». La scorsa estate è stata prorogata fino a novembre 2013 la legge regionale sul Piano casa: quanto ha influito finora nel rilancio dell’edilizia abitativa veneta? «Un bilancio non è ancora pos-
sibile. La Regione non ha fornito i dati relativi all’applicazione del cosiddetto Piano casa 2. Le previsioni manifestate dall’assessore regionale all’urbanistica, Marino Zorzato, erano molto positive. Al di là delle stime, che andranno confermate, c’è un dato oggettivo: il Veneto è la regione d’Italia nella quale, a partire dal 2009 si sono registrate più istanze di riqualificazione in applicazione della legge 14/2009. Non sarebbe realistico, tuttavia, guardare al Piano casa come unica prospettiva di rilancio dell’edilizia veneta». In che senso? «Nel senso che i primi interventi hanno riguardato piccoli lavori di ampliamento e ristrutturazione e hanno dato lavoro più che altro alle piccole realtà artigianali, non certo al comparto industriale del settore edile, che è quello che l’Ance rappresenta. Il Piano casa si è rivelato comunque essenziale per limitare, anche se in parte, il calo degli addetti e salvaguardare il lavoro di certe maestranze, ma soprattutto ha dato impulso a una certa attività di riqualificazione del parco immobiliare più vecchio, obiet-
Luigi Schiavo
tivo principale che la legge si proponeva». Sempre la Regione, ha reso da poco operativo il bando di 57 milioni per la prima casa. Può essere questa una delle scintille per riaccendere il mercato residenziale del territorio? «I 57 milioni si riferiscono a un bando che intendeva contribuire, finanziando gli interessi del mutuo, all’acquisto della prima casa da parte di fasce sociali più deboli. Il momento di difficoltà economica, che si ripercuote sulle finanze delle famiglie, aveva di fatto reso vano lo stanziamento di quei fondi, rimasti inutilizzati. Sull’edilizia agevolata Ance Veneto ha avviato una fase di concertazione con gli uffici regionali, da cui è nata la proposta di spostare i contributi a fondo perduto dal conto interessi al conto capitale, finanziando quindi una quota del prezzo della casa. Questo provvedimento dovrebbe incentivare all’acquisto e, in aggiunta a politiche più organiche sulla casa, potrebbe favorire il rilancio del mercato residenziale». Tra gli interventi promossi dal Piano casa, spicca l’esiguo numero di istanze di sostituzione edilizia. Cosa ha
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frenato il decollo di questa parte del provvedimento e come rilanciarlo? «In generale le norme vigenti non agevolano la demolizione e ricostruzione. Dobbiamo renderci conto che il recupero dell’esistente rappresenta la principale sfida del mercato dell’edilizia residenziale. In passato si è costruito tanto e male, senza una visione d’insieme, a causa soprattutto dei limiti di chi era deputato alla pianificazione urbanistica del territorio e anche sovente dell’assenza di piani regolatori adeguati. Intervenire sull’esistente, però, implica costi di intervento molto elevati e problematiche di natura logistica. Per i condomìni, ad esempio, c’è il problema di gestire in una fase transitoria la risistemazione delle famiglie. E poi servono i giusti incentivi. Ci sono ambiti, però, in cui sarebbe già possibile avviare le prime sperimentazioni: edifici pubblici e immobili Ater, per esempio». Nel primo trimestre 2012 il costo di costruzione di un
fabbricato residenziale è aumentato mediamente del 2,6%. Di contro, le compravendite immobiliari abitative crollano. Quali interventi legislativi aiuterebbero a restringere questa forbice? «Oltre agli aumenti dei costi costruzione, il settore si scontra con l’introduzione dell’Imu. L’Ance non è contraria a una tassa sugli immobili, presente tra l’altro in quasi tutti i Paesi europei, purché questa non sia sproporzionata. L’Imu ha fatto registrare aumenti davvero considerevoli, che certamente rischiano di influire sul settore immobiliare. Quello che chiediamo, in particolare, è l’eliminazione della tassa sull’invenduto: è come tassare le auto ferme nei concessionari facendo pagare il bollo ai produttori! Attendiamo provvedimenti di sostegno al settore, sia di natura normativa che di incentivazione finanziaria. Dobbiamo renderci finalmente conto che senza il rilancio del settore delle costruzioni non ci sarà mai una reale ripresa economica».
In apertura, Luigi Schiavo, presidente di Ance Veneto
L’Ance non è contraria a una tassa sugli immobili, presente tra l’altro in quasi tutti i Paesi europei, purché questa non sia sproporzionata
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VENETO 2012 • DOSSIER • 155
MERCATO IMMOBILIARE
Proposte per la crescita Soffre il settore immobiliare veneto, con una diminuzione generalizzata delle compravendite e dei contratti d’affitto. La ripresa, però, è possibile. Le proposte del presidente di Confedilizia Veneto, Michele Vigne Guido Puopolo
l 2011 può essere considerato uno dei peggiori anni che il mercato immobiliare veneto abbia mai conosciuto, complici la crisi e le nuove tasse, applicate e annunciate, che hanno messo a dura prova la tenuta di un settore fondamentale per la nostra economia». Non usa giri di parole il presidente di Confedilizia Veneto, Michele Vigne, per descrivere la situazione di estremo disagio che ormai da diversi anni affligge il settore immobiliare del Veneto. «Il problema è che le prospettive per i prossimi mesi non sono per niente positive, anche a causa dell’incapacità, da parte del governo e degli enti locali, di dare attuazione a una reale semplificazione dell’apparato burocratico, che costa oltremodo e non è in grado di fornire ai cittadini riposte adeguate in tempi rapidi». Quali sono le zone che
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stanno maggiormente soffrendo in questa fase, soprattutto per quel che riguarda le compravendite? «Sono principalmente le zone poste nell’immediata periferia dei principali centri urbani, che non sono state interessate da interventi di riqualificazione o di ammodernamento. Altri Comuni, invece, come Noventa Padovana, Stra, in provincia di Venezia, e Monteviale, nel Vicentino, che hanno visto la realizzazione di iniziative immobiliari di rinnovamento e qualificazione anche sotto l’aspetto della vivibilità, fanno registrare ancora un andamento positivo». Quale trend si rileva dal punto di vista dei prezzi delle abitazioni in vendita? «Un calo che, pur in misura differenziata a seconda delle località, ha interessato tutto il Veneto. In media nel 2011 i prezzi degli immobili hanno segnato una diminuzione nel-
l’ordine del 3,3 per cento. Per quel che riguarda il primo semestre del 2012, i dati parlano di un meno 5 per cento, e le proiezioni per il secondo semestre sono tutt’altro che rosee. Quello che fa riflettere è il fatto che nel 2011 gli immobili a uso abitazione posti in vendita sono aumentati del 7 per cento, mentre di pari misura sono calate le transazioni immobiliari, con un divario complessivo quasi del 15 per cento». Quali effetti stanno invece avendo l’introduzione dell’Imu e la rivalutazione catastale sul mercato degli affitti? «Nel primo semestre del 2012, in Veneto abbiamo rilevato una diminuzione delle locazioni attorno all’1 per cento rispetto all’anno precedente, complice anche la manovra governativa del dicembre scorso. Va ricordato che in questi mesi si è aggiunto un ulteriore aggravio per i locatori, con la riduzione dal 15 al 5 per cento della de-
Michele Vigne
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Cortina d’Ampezzo e Venezia, comuni turistici per eccellenza, subiranno maggiormente il peso delle nuove tasse sugli immobili
PREZZI
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-3,3% LA DIMINUZIONE DEL COSTO DEGLI IMMOBILI NEI PRIMI SEI MESI DEL 2012
duzione forfettaria delle spese. Questo ha rallentato la messa a disposizione di alloggi da parte di tutti quei proprietari che, anche in considerazione del momento, preferiscono attendere e valutare eventuali possibilità di vendita, per far fronte alle nuove imposte e alle spese di manutenzione degli immobili di cui devono farsi carico». Quali sono i comuni per i quali queste nuove tasse peseranno di più sulle “tasche” dei proprietari di una seconda casa? «Certamente quelli a particolare vocazione turistica come Cortina d’Ampezzo e Venezia, ma anche tutte quelle zone in cui la cosiddetta seconda casa è stata realizzata o acquistata come forma di investimento. In questi Comuni, infatti, gli amministratori locali spesso hanno applicato l’aliquota massima possibile, certi di non subire alcun tipo di conseguenza da un punto di vista
elettorale, visto che i proprietari di seconde case, essendo residenti altrove, non votano nei loro Comuni». Quali provvedimenti auspicate possano essere presi, anche a livello politico, per cercare di rilanciare un settore così importante per l’intero sistema economico veneto? «La Regione ha cercato di fare qualcosa per rilanciare l’attività edilizia con il “piano casa”, ma purtroppo permangono ancora lungaggini e freni da parte dei Comuni. In Veneto abbiamo, ad esempio, moltissime case uni e plurifamiliari realizzate o ristrutturate negli anni del boom economico, che ora sono troppo grandi per le famiglie e necessitano di opere interne di suddivisione, per realizzare l’alloggio per i genitori anziani, per la badante, per i figli. Abbiamo più volte sollecitato la Regione affinché favorisse, come già avviene in Lombardia, la suddivisione o l’accor-
pamento delle unità immobiliari attraverso il semplice strumento della manutenzione straordinaria, senza gravare gli interventi di oneri concessori. Ora questa nostra richiesta è stata recepita all’interno di una proposta di legge, che però dall’inizio anno è ferma in Consiglio regionale». Quale impatto potrebbe avere l’approvazione di questa legge sull’economia del territorio? «Potrebbero essere aperti tanti piccoli cantieri interni agli edifici, e ciò contribuirebbe a creare lavoro e a infondere fiducia a tutti coloro che, nonostante le “batoste” del governo, credono ancora nel risparmio in edilizia. Mi auguro infine che i Comuni recepiscano le richieste che ogni associazione provinciale della Confedilizia del Veneto ha loro espressamente fatto: favorire le locazioni abitative riducendo l’aliquota Imu, quantomeno per le locazioni agevolate».
In apertura, Michele Vigne, presidente di Confedilizia Veneto
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MERCATO IMMOBILIARE
Misure concrete a sostegno dell’edilizia Risultati importanti quelli raggiunti in Veneto grazie all’applicazione del “piano casa”, capace di innescare un meccanismo virtuoso con ricadute benefiche sull’intero territorio. Ne parla il vicepresidente della Regione, Marino Zorzato Guido Puopolo
na piacevole eccezione. In un contesto generale di estrema sofferenza, l’edilizia veneta, pur tra mille difficoltà, prova a farsi capofila di una ripresa difficile, ma non impossibile. Strumento fondamentale, in quest’ottica, sembra essere il “piano casa” elabo-
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rato dalla Regione Veneto con la legge 14 del 2009, come conferma il vicepresidente Marino Zorzato, anche assessore alla pianificazione territoriale e urbanistica. «In Veneto il giro d’affari messo in moto dall’entrata in vigore del piano, a giugno 2012 è stato quantificato in 4 miliardi di euro, con circa 44mila progetti approvati o attivati. Sono dati parziali, ma che già evidenziano risultati di gran lunga superiori rispetto al resto delle regioni italiane». La legge regionale 13 del 2011 ha introdotto alcune importanti modifiche che hanno reso ancora più incisivo ed efficace il quadro normativo. Quali le novità più significative apportate? «In primis è stato stabilito che i Comuni non possono negare gli interventi previsti sulla prima casa. Quest’ultima, per noi veneti, riveste infatti una sorta di “sacralità”, per cui la possibilità di ampliamento dell’edificio è
considerata quasi un “diritto naturale”. Con l’introduzione del comma 5 bis, si fornisce poi la possibilità di un ulteriore ampliamento del 15 per cento, oltre al 40 per cento già previsto, qualora le tecniche costruttive utilizzate permettano di portare l’edificio a un miglioramento energetico complessivo tale da essere classificato almeno in classe B. L’innovazione maggiore è, tuttavia, rappresentata dalla possibilità d’intervento nei centri storici per edifici senza grado di protezione, unitamente alla possibilità di modificare la destinazione d’uso degli edifici finalizzata a un miglioramento territoriale. Qui le previsioni non sono estese agli edifici che presentano qualche interesse monumentale, architettonico o ambientale ma solo a quelli che, pur inseriti nel centro storico, non lo caratterizzano, essendo classificati come strutture da demolire o da ristrutturare». In passato lei si è appellato
Marino Zorzato
PROGETTI
44.000 GLI INTERVENTI AUTORIZZATI DALL’ENTRATA IN VIGORE DEL PIANO CASA FINO AL GIUGNO 2012
ai Comuni affinché fossero “coraggiosi nell’applicazione del piano casa”. Quali amministrazioni, fino a oggi, si sono dimostrate più recettivi da questo punto di vista? «Ho invitato gli amministratori comunali a essere coraggiosi, soprattutto in considerazione del metodo di lavoro adottato, che prevede un continuo e costante monitoraggio sull’applicazione della legge, volto a salvaguardare l’ambiente e l’integrità del paesaggio. Devo dire che gli amministratori locali hanno compreso appieno il valore di questo strumento, collaborando attivamente alla sua valorizzazione. Numeri importanti sono stati registrati all’interno delle province di Padova, Verona, Vicenza, Venezia e Treviso. Mi preme sottolineare che a oggi non un solo caso, su quasi 44.000 interventi autorizzati, ci è stato segnalato come invasivo per l’ambiente». Lo scorso 5 giugno è stata firmata un’importante convenzione tra Regione e sistema bancario per la concessione di contributi a fondo perduto per l’acquisto della prima casa da imprese o da cooperative e
fondazioni. Cosa prevede l’accordo? E quale impatto potrà avere sull’edilizia regionale? «Nel 2007, nell’ambito del Programma per l’edilizia residenziale pubblica, la Regione ha emanato un bando per la costruzione di 2.200 alloggi in convenzione, e ha stretto un accordo con le banche per l’erogazione di contributi in quota interessi. Chi acquistava la casa, e per farlo stipulava un mutuo, poteva beneficiare di un intervento pubblico a copertura di una parte degli interessi dovuti alla banca per i successivi 15 anni. Un meccanismo che si è rivelato complicato, e al quale si è aggiunta la crisi economica che ha frenato il mercato immobiliare. Nel frattempo, tuttavia, le cooperative e le imprese che avevano preso parte al bando per la costruzione hanno realizzato le case, che in gran parte sono rimaste vuote. Con l’accordo del 5 giugno la giunta regionale ha deciso di cambiare completamente “azione” e di trasformare il contributo in conto interessi in un contributo in conto capitale. In pratica abbiamo stanziato circa 57 milioni di euro, con i quali po-
tranno essere soddisfatte le esigenze abitative di circa 2.200 famiglie venete, ognuna delle quali avrà la possibilità di contare su un contributo a fondo perduto per l’acquisto della casa per un massimo di 25mila euro». Su quali aspetti, a suo avviso, bisognerà concentrarsi nel prossimo futuro per favorire e sostenere il rilancio del settore? Quali saranno le linee guida della Regione a questo proposito? «Stiamo operando su più fronti. Il primo e più importante è la revisione del Piano territoriale regionale di coordinamento, che contiamo di completare per l’autunno. Stiamo inoltre lavorando per favorire la velocizzazione delle approvazioni dei progetti strategici regionali, che da soli potrebbero sviluppare azioni economiche per 4/6 miliardi di euro, con enormi benefici anche dal punto di vista occupazionale. Ultimo obiettivo, ma non meno importante, sarà lo snellimento di tutte le procedure urbanistiche, per dare tempi certi di risposta alle richieste e alle esigenze di cittadini e imprese».
In apertura, Marino Zorzato, vicepresidente della Regione Veneto con delega alla pianificazione territoriale e urbanistica
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WORLD MADE VERONA
Il mattone veronese sul palcoscenico mondiale In termini di volume d’affari, l’edilizia veronese è quella che resiste meglio alla complessiva flessione delle costruzioni su scala regionale. Ciò non toglie che al settore serva una scossa, che il progetto World Made Verona punta a dare. Ne parla Fortunato Serpelloni Giacomo Govoni ramontano dietro le “nuvole” del secondo trimestre 2012, documentate dall’indagine di Veneto Congiuntura, le speranze di rallentamento della crisi per il sistema regionale delle costruzioni. Dopo il -3,3 per cento registrato nel primo trimestre, il fatturato delle imprese perde un ulteriore 4,8 per cento, con un calo più contenuto solo a Verona. Un dato non sufficiente a consolare il mondo del building scaligero, che a inizio estate ha scelto di calare compatto la carta dell’internazionalizzazione. Sotto l’ombrello del brand World Made Verona, progetto comune tenuto a battesimo a fine giugno, verrà supportata «l’intera filiera attraverso missioni di rappresentanza internazionali, inserendola in un circuito riconosciuto dalle istituzioni e dal mercato locale. In più offriremo formazione, consulenza e finanziamenti a chi volesse operare all’estero» spiega Fortunato Serpelloni, presidente di Ance Verona. Un’intesa che abbraccia
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tutto il sistema edilizio scaligero. Dove punterà il mirino e come promuoverà il suo modello? «Verona World Made nasce dalla conoscenza delle nostre pmi, dotate di eccellenze, ma non strutturate per affrontare un investimento all’estero per un gap di risorse economiche, finanziarie e peso politico. Asset che possono essere trovati lungo la filiera produttiva, aggregando i singoli operatori in una rete flessibile che abbandoni la divisione tra appaltatore, subappaltatore e fornitore, ora uniti in un’unica entità societaria. Verona World Made ha anche un’anima associativa che si prefigge di rappresentare e supportare la filiera delle costruzioni all’estero». L’accordo coinvolge anche gli attori territoriali della formazione. Quali obiettivi gli affida? «La formazione è un punto chiave del progetto: mettiamo sul piatto il nostro know how in cambio della creazione di rapporti istituzionali stabili e duraturi con i Paesi esteri. A Verona World Made aderi-
scono la fondazione Edilscuola, per la parte propriamente edile, l’istituto Provolo con Asfe, per la parte sugli impianti tecnologici, e l’istituto San Zeno, con la sua scuola del marmo. Ma Verona World Made è in grado di essere provider di servizi formativi non solo nelle costruzioni, ma anche in ambiti come agricoltura, design, lavorazione del mobile». Una virata così decisa verso l’estero tradisce una scarsa fiducia in una pronta ripresa del mercato nazionale e locale? Che scenari si attende nei prossimi mesi dal fronte interno? «Ance Verona rimane attiva anche sul territorio nazionale, l’estero è solo un’opportunità in più che diamo alle nostre imprese. Inutile nascondere però che il settore è segnato da quanto successo negli ultimi anni: gli investimenti privati si sono dimezzati, le amministrazioni pubbliche non hanno le risorse per rilanciare l’infrastrutturazione del territorio, le banche non hanno più la possibilità e l’interesse di finanziare le costru-
Fortunato Serpelloni
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La formazione è un punto chiave del progetto World Made Verona, mettiamo sul piatto il nostro know how in cambio della creazione di rapporti stabili e duraturi con i Paesi esteri
zioni sia dal punto di vista delle imprese che delle famiglie. Il settore si è contratto e non offre spazio a tutte le imprese del territorio. Come associazione stiamo solamente cercando di allargare il più possibile questo spazio». Nell’ultimo anno, rileva Anaepa, il Veneto ha avuto una mortalità di imprese quasi doppia rispetto al dato nazionale. Nel panorama veronese quali ricadute occupazionali sta generando questo trend? «Il quadro è preoccupante e figlio di una situazione che Ance denuncia dal 2007. I nostri dati sulla Cassa edile confermano questo trend: nel 2011 il numero medio di imprese iscritte era di 2.331 e i lavoratori erano 11.276. Da ottobre 2011 a marzo 2012 tali dati sono crollati a 2.099 imprese e 9.953 lavoratori. È necessario che politica, associazioni e parti sociali
collaborino al rilancio dei territori con idee innovative e progetti concreti. La mia mission è fare di Ance Verona un motore per lo sviluppo locale attraverso la partnership e la concertazione con le amministrazioni pubbliche, fornendo le nostre idee e competenze su aspetti come il partenariato pubblico privato, l’acquisizione di finanziamenti europei, l’internazionalizzazione, lo sviluppo tecnologico e l’edilizia sostenibile». Sul piano dell’innovazione tecnologica, su quali fattori dovranno scommettere i costruttori e che supporto darete come associazione in questo senso? «L’innovazione tecnologica sarà uno dei driver di questo nuovo ciclo edilizio. Tutti i documenti di programmazione strategica prodotti dalla Ue rendono in maniera chiara l’intenzione dell’Europa di diventare leader mon-
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MORTALITÀ
232 LE IMPRESE DEL SETTORE DELLE COSTRUZIONI CHE, SECONDO I DATI DELLA CASSA EDILE LOCALE, HANNO CHIUSO I BATTENTI A VERONA DA OTTOBRE 2011 A MARZO 2012
diale nella produzione di prodotti, impianti, macchinari e costruzioni sostenibili. Già dal 2010 stiamo lavorando in questo ambito attraverso due corsi di formazione: uno di tipo gestionale, l’altro più tecnico denominato corso Cq. Il corso Cq è il primo progetto di filiera, progettato e organizzato da Ance Verona, in collaborazione con ordini professionali e collegi, per il trasferimento delle competenze in ambito di nuove tecniche costruttive e materiali per il risparmio energetico, l’isolamento acustico e la sostenibilità ambientale».
Sopra, Fortunato Serpelloni, presidente di Ance Verona
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WORLD MADE VERONA
La creatività scaligera fa rotta sui paesi emergenti Per riqualificare la loro professionalità e stimolarne la domanda, gli architetti veronesi puntano sull’internazionalizzazione e sul loro ruolo di interlocutori fondamentali nelle future iniziative di rigenerazione urbana. L’analisi di Arnaldo Toffali Giacomo Govoni econdo l’ultimo rapporto diffuso da Cresme, il business di architetti e progettisti nel quinquennio appena trascorso ha conosciuto una flessione di circa il 28 per cento. Un collasso che, nelle tasche dei professionisti, si è tradotto in una perdita reddituale media di 7mila euro l’anno. «La crisi economica trasversale a tutti i settori – rimarca Arnaldo Toffali, presidente dell’Ordine degli architetti della provincia di Verona – richiede una nuova presa di coscienza che non può prescindere da una stretta collaborazione tra settore pubblico e privato a fianco di imprese e professionisti». Come si collocano i professionisti veronesi nello scenario dipinto da Cresme e quali segni di reazione stanno dando? «L’ordine sta lavorando molto, soprattutto con le nuove generazioni di professionisti, sulle modalità di svolgimento della professione di
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architetto. Occorre modificare il modello dell’organizzazione del lavoro, evolvendo le strutture professionali e la stessa gestione degli studi. Determinanti saranno anche le scelte del governo in materia di crescita e sviluppo, ma lo sarà altrettanto la capacità delle categorie imprenditoriali e professionali di ripensare schemi e dinamiche per sostenere un settore trainante dell’economia nazionale». Le recenti vicende legate al terremoto hanno sfiorato anche i vostri territori, riportando in primo piano l’importanza della prevenzione edilizia. Come si stanno adeguando gli architetti in questa direzione? «Ottenuta la disponibilità di moltissimi colleghi a fronteggiare situazioni di emergenza, la Federazione degli architetti del Veneto, in accordo con il Consiglio nazionale degli architetti, sta istituendo i presidi regionali per l’emergenza dagli eventi sismici, con corsi di formazione secondo le di-
rettive ministeriali. È comunque prioritario che si costruiscano case di migliore qualità, sicure ed ecosostenibili. Circa il 40% del patrimonio abitativo italiano ha più di mezzo secolo e richiede costi elevatissimi di gestione e manutenzione. Le case offerte dal mercato privato realizzate negli ultimi decenni, non hanno dato una risposta soddisfacente a questo tema. Gli architetti italiani hanno da tempo proposto una serie di interventi al governo per rilanciare il settore edilizio, storicamente modello di aggressione delle crisi economiche, puntando su un programma
Arnaldo Toffali
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Per la filiera veneta delle costruzioni vi sono prospettive concrete per il Marocco, attraverso contatti già attivati, e recentemente anche per la Libia
nazionale di “rigenerazione urbana” del patrimonio esistente». L’accordo World Made Verona, siglato nei mesi scorsi durante la fiera di Verona e che vi vede fra i firmatari, sembra percorrere questo binario. Come nasce questa intesa? «L’importanza dell’internazionalizzazione del lavoro dei professionisti veronesi e italiani è fondamentale in tempi di apertura globale delle frontiere e, purtroppo, anche di crisi economica. La professionalità e la creatività degli architetti italiani è l’unico valore a renderci ancora competitivi nei confronti degli altri Paesi. L’adesione a questo progetto da parte del nostro ordine nasce proprio come stimolo per offrire l’opportunità ai propri iscritti di partecipare ad attività nei mercati stranieri, attraverso la possibilità di contatti con gli interlocutori istituzionali dei paesi
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ospitanti, per operare con professionalità anche in ambienti diversi dal nostro». In altre parole, un accordo che va incontro alla voglia della filiera del building scaligero di darsi una dimensione internazionale. A quali mercati vi orientate per rilanciarvi? «Sono state realizzate missioni in Brasile e Serbia che hanno già portato dei risultati e delle prospettive di business da sviluppare con i rispettivi governi locali e che possono rappresentare delle opportunità per la filiera delle costruzioni. Vi sono tuttavia prospettive concrete per il Marocco, attraverso contatti già attivati, e recentemente anche per la Libia». Che idea si è fatto della riforma della riforma delle professioni appena varata? In quali aspetti la ritiene migliorativa per il futuro professionale degli architetti? «Sinceramente il testo della ri-
RIGENERAZIONE
80% LA PERCENTUALE DEL PATRIMONIO EDILIZIO PRIVATO DELLE CITTÀ CAPOLUOGO COME VERONA CHE, SECONDO CRESME, FRA 10 ANNI AVRÀ PIÙ DI 40 ANNI
forma risulta “mediocre” e dà l’idea che si sia proceduto a tentoni, cercando cancellare o conservare albi per ragioni economiche e che in ogni caso prescindono dalla funzione delle professioni intellettuali. Se riforma doveva essere, riforma si doveva fare, almeno per dare sistematicità e coerenza a una normativa ampiamente superata. Parafrasando con un’espressione edilizia il testo della riforma appena emanata, si potrebbe parlare di “manutenzione straordinaria” dello stato esistente. Ciò che non è chiaro nel nuovo testo sono le finalità della regolamentazione, ossia il principio, fondamentale, che “la professione intellettuale regolamentata” è tale in ragione della finalità sottesa, e cioè la tutela di interessi generali. Una nota sicuramente positiva della riforma è il riconoscimento implicito del ruolo e del valore sociale degli ordini professionali».
In apertura, Arnaldo Toffali, presidente dell’Ordine degli architetti della provincia di Verona
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EDILIZIA
Criticità da risolvere per l’edilizia in regione e un imprenditore agricolo intende investire nell’acquisto di terreni per l’ampliamento della propria azienda, dovrà pagare un’imposta di registro agevolata dell’1 per cento. Se è, invece, un imprenditore edile a voler investire e acquistare immobili,per sviluppare la propria attività, allora dovrà versare un’imposta di registro, ipotecaria e catastale, variabile dal 6 per cento all’11 per cento o l’Iva dal 10 al 21 per cento. Per non parlare poi della elevata fiscalità generale in edilizia. E questo è solo uno dei tanti fattori che penalizzano la ripresa e l’evoluzione del settore edile italiano, e in particolare del comparto veneto. A descriverci la situazione è l’in-
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Ezio Donegatti della Bassi Costruzioni di Occhiobello (RO). Nelle altre immagini, alcuni progetti immobiliari e di ristrutturazione www.bassicostruzionisrl.it
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«Risolvere il lato economico e finanziario dell’attuale comparto è il primissimo passo da compiere per far rinascere l’edilizia veneta». L’ingegnere Ezio Donegatti parla dei problemi italiani e delle ultime tendenze del mercato Emanuela Caruso
gegnere Ezio Donegatti della Bassi Costruzioni di Occhiobello, che da anni si occupa di ristrutturazione e restauro degli immobili sottoposti a vincolo della Soprintendenza dei Beni Architettonici e Paesaggistici situati all’interno dei Centri Storici. «In Italia – commenta Ezio Donegatti – il fatturato del settore delle costruzioni si è ridotto ormai del 30 per cento, sono andati persi circa 500mila posti di lavoro, hanno chiuso 40mila imprese e l’erogazione dei nuovi mutui è scesa del 50 per cento. Dati piuttosto allarmanti per la zona in cui noi operiamo e che si aggravano se pensiamo che nel Nord Est le vendite si sono pressoché azzerate». Com’è possibile uscire da questo periodo di empasse per l’edilizia italiana? «È necessario risolvere in primis la questione finanziaria, ovvero immettere denaro nel circuito della cantieristica edile. Bisogna consentire l’acquisto di immo-
bili nuovi o ristrutturati con una fiscalità ridotta o azzerata, soprattutto per i giovani, così come, sempre per i più giovani, è urgente facilitare l’accesso al mutuo, con garanzie fornite dallo Stato o dalle Regioni; e ancora il mercato edile necessita dell’eliminazione dell’Imu sul patrimonio immobiliare delle imprese, rimasto invenduto a causa della crisi economica. Infine, credo che sarebbe importante abbattere le imposte applicate all’atto di acquisto dell’immobile da ristrutturare, poiché ciò permetterebbe l’incentivazione del recupero del patrimonio edilizio esistente». Restauro conservativo, ristrutturazioni di pregio, immobili residenziali, commerciali e nuove costruzioni. Tra le tante attività della Bassi Costruzioni, quale rappresenta al momento il vostro core business? «Da alcuni anni a questa parte il nostro core business è rappre-
Ezio Donegatti
IMMOBILI
11% È L’IMPOSTA DI REGISTRO CHE UN IMPRENDITORE EDILE DEVE PAGARE PER L’ACQUISTO DI UN IMMOBILE
sentato dal restauro conservativo e dalla ristrutturazione di immobili di pregio con vincolo storico-artistico. Veniamo però incaritati molto spesso anche dello studio di opere di ingegneria particolarmente complesse e della direzione tecnica dei relativi cantieri». Quali sono state le principali evoluzioni vissute dall’attività della Bassi Costruzioni? «L’evoluzione più importante per la nostra realtà è stata quella
che ci ha visto passare alla gestione dell’intero processo realizzativo e quindi al project management. Oggi, l’attività dell’impresa parte dalla fase di progettazione, continua con la ricerca del miglior artigiano per ogni singola lavorazione e del miglior fornitore per ogni singolo materiale e componente, passa per la formazione e la gestione dei contratti, e si conclude con la direzione quotidiana dei lavori e dei cantieri. In questo modo siamo sicuri di poter controllare e assicurare il rispetto di tempi, costi e qualità del prodotto edilizio finale». Come viene tradotto oggi il concetto di “qualità dell’abitare”? «Attualmente, le richieste della clientela e del mercato si rivolgono in particolare verso due direzioni della “qualità dell’abitare”: l’esterno e l’interno. Per quanto riguarda l’esterno, vengono richiesti immobili ubicati in un contesto urbano di pregio, consolidato nel tempo e gradevole,
dotato di tutti i servizi, ben areato e immerso nel verde, o quantomeno vicino a aree verdi. Quando si riferiscono alla parte interna di un edificio, invece, i clienti desiderano che l’immobile provenga da una ristrutturazione profonda e che siano state utilizzate le più recenti tecniche per il consolidamento e il restauro edile e strutturale, in particolare quelle per la resistenza sismica, che siano stati impiegati materiali appartenenti alla bioedilizia, così come impianti d’ultima generazione, volti a massimizzare il risparmio energetico». VENETO 2012 • DOSSIER • 167
MATERIALI
Quarzo e marmo, la qualità eco-compatibile Oggi l’innovazione nei processi produttivi passa sempre più attraverso l’elaborazione di procedimenti eco-compatibili innovativi anche nel settore lapideo, per ottenere prodotti emblematici dell’Italian style. Il punto di Massimiliano Trivellin Roberta De Tomi
a lavorazione del quarzo e del marmo passa attraverso cicli di produzione in cui l’attenzione per la sostenibilità ambientale è supportata da tecniche sempre raffinate e innovative, al fine di ottenere
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L’Audi Museum di Ingolstadt e nella pagina a fianco The MiXc Shenyang (Cina) e The zone Shopping mall (Sud Africa): i locali sono rivestiti con i materiali di Quarella Spa (VR) www.quarella.com
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un prodotto che incarni l’Italian Lifestyle, riconosciuto in tutto il mondo. Quarella è attiva in questo settore da oltre quarant’anni, e trae la forza per tenersi a galla dalla qualità made in Italy di prodotti lapidei apprezzati all’estero, dove si trovano i mercati di riferimento della società. «Per quanto riguarda il nostro settore – evidenzia l’amministratore, Massimiliano Trivellin – lo scenario nazionale è particolarmente statico, motivo che spinge i produttori nostrani a rivolgersi sempre più all’estero, dove, però, si segnala la crescita dei mercati emergenti, sia per quanto riguarda l’entità del business, che la presenza di aziende che si occupano dell’ambito. Per quanto riguarda l’estrazione, si stanno affermando nuovi paesi, con realtà che si occupano di fornitura, locati soprattutto in America Latina. Un altro fattore che incide sul settore, è il costo delle materie prime, soggette a quello soste-
nuto per i trasporti, che in una situazione di forti rincari, sta ovviamente influendo anche sull’andamento aziendale. Relativamente ai nostri bilanci, il trend registrato è positivo, in quanto favorito dall’ampliamento dei contatti esistenti, con nuovi, extra Europei, dove ci sono situazioni che agevolano l’instaurarsi di relazioni professionali, grazie a dinamiche di mercato meno complesse rispetto a quelle italiane ed europee, notevolmente in affanno». I mercati in cui Quarella ha i riscontri maggiori, sono in Asia e Oceania, dove, spiega l’amministratore «La nostra produzione – rileva il nostro interlocutore – è apprezzata per il concetto Italian lifestyle che incarna. In Oceania i prodotti Living sono estremamente richiesti per lo stile e la qualità. La stessa varietà cromatica che contraddistingue le superfici che rifiniamo s’ispira a quella dei paesaggi e delle architetture presenti
Massimiliano Trivellin
nelle più importanti città italiane». La lavorazione dei materiali grezzi avviene in cinque fasi: la selezione e miscelazione delle materie prime, la vibro compattazione dell’impasto sotto vuoto, la stagionatura, l’eventuale segagione del materiale grezzo e la lavorazione con la levigatura della superficie o rifinitura e l’eventuale taglio di lavorati speciali. All’interno del processo, s’inserisce l’accorgimento ecocompatibile Qzero che, come spiegato da Trivellin, consiste «in un sistema per l’abbattimento delle sostanze volatili organiche (VOC) al fine di limitare l’impatto sull’ambiente e sulla salute. Nello specifico, Qzero viene utilizzato in fase di stagionatura, quando il blocco s’indurisce e avviene la reticolazione della resina. Ora, se si utilizzano modalità lavorative tradizionali, la reticolazione può essere incompleta, causando nel tempo il rilascio di sostanze volatili, potenzialmente nocive. Qzero interviene in questa fase, riducendo al minimo tali emissioni, grazie all’uso di un particolare agente legante e di una procedura di indurimento messa a punto in aree designate a ciò. Grazie a questo procedimento ci poniamo in linea con la nostra politica ambientale, rivolta all’innovazione dei processi produttivi». Innovazione, ma anche rin-
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In Oceania i prodotti Living sono estremamente richiesti per lo stile e la qualità che incarnano
novamento, sono importanti, anche nel quadro attuale in cui si pone l’attività aziendale e che fa presagire a un futuro visto in positivo. «Compatibilmente con il programma di rinnovamento interno aziendale – sostiene l’amministratore – il primo semestre dell’anno in corso può essere considerato positivo, in quanto siamo riusciti a imple-
mentare il sistema produttivo e abbiamo avviato un piano di rinnovamento dell’immagine aziendale sui mercati. Indubbiamente la situazione globale dei mercati resta estremamente fluida, che può creare aspettative poco realistiche. Questo quadro, però non ci distoglie dai traguardi che intendiamo tagliare. Come ho già detto, stiamo effettuando un restyling dell’immagine aziendale sui mercati, che contempla anche il portafoglio prodotti. Si tratta di un rinnovamento che intendiamo realizzare in maniera lenta e graduale, per non turbare e disorientare i nostri mercati di riferimento. E naturalmente, non mancano “lavori in corso” sul versante dell’innovazione: presso i nostri laboratori è in corso lo studio su alcune ricerche».
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COMMERCIO
Città Fiera: nuovi universi tematici per il centro commerciale Secondo l’Istat sta crollando il potere d’acquisto delle famiglie italiane. Per sopperire a questo problema il centro commerciale deve sganciarsi dall’idea classica e abbracciare un’offerta differente. Ne parliamo con Antonio Maria Bardelli del centro Città Fiera di Udine Matteo Grandi l fermo delle retribuzioni e i prezzi in continua crescita comportano una stangata per ogni famiglia media di perdita di potere d'acquisto pari a 2.333 euro l'anno. A rilevarlo è l'Osservatorio Nazionale di Federconsumatori che commenta così i dati diffusi dall'Istat. «Questo inaccettabile andamento - afferma l'Osservatorio - continua a intaccare il già basso potere di acquisto delle famiglie che, dal 2008 ad oggi, ha conosciuto una caduta di oltre l’11,8 per cento». In questo scenario è necessario per chi gestisce una grande offerta di vendite studiare nuove soluzioni accattivanti e che incontrino le possibilità e i desideri della clientela. È quanto si sta operando al centro commerciale Città Fiera di Udine. «Il progetto di ampliamento del centro commerciale - spiega l’amministratore Antonio Maria Bardelli - è iniziato a luglio con l’apertura di Leroy Merlin, uno dei mas-
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Antonio Maria Bardelli. Il centro Città Fiera si trova a Udine www.cittafiera.it
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simi protagonisti del bricolage a livello internazionale. Questo ingresso rappresenta il primo tassello di quello che diventerà il settore casa del centro, un polo innovativo per il mercato italiano che sarà in grado di offrire al visitatore una gamma di prodotti inimmaginabile». Come è stato pianificato l’ampliamento? «Il segreto della crescita di Città Fiera risiede nella continua ricerca di nuovi sviluppi mai improvvisi ma ponderati nel tempo. Il piano di sviluppo complessivo prevede di passare dagli attuali 86 mila mq di superficie commerciale a 160 mila, a conclusione dello stesso il centro diventerà il più grande d’Italia. Obiettivo finale è la creazione di poli di attrazione in grado di allargare di molto l’attuale bacino di utenza. Il progetto rappresenta il superamento del centro commerciale classico grazie alla creazione di universi tematici attorno ai quali ruoterà un’offerta variegata e profonda: shopping, fashion home outlet, leisure. Il programma di sviluppo è molto
ambizioso ma, a differenza di altri centri, Città Fiera parte da una massa critica rappresentata da ben 8 milioni di visitatori e spazi di circa 86 mila metri quadri. Alla luce dei dati rilevati fino ad ora, Città Fiera diventerebbe il quarto o quinto Centro Commerciale in Europa ed il più grande in Italia». Quale il prossimo step? «Nel 2012 si darà il via ai lavori della nuova galleria grazie al recupero delle aree dell’ex ferramenta. Una nuova struttura situata strategicamente nella zona nord ovest dell’attuale centro commerciale a cui è collegata da uno degli ingressi più frequentati con un accesso privilegiato ai parcheggi multipiano. La galleria rappresenta un ulteriore passo avanti per la creazione di un anello che racchiuderà lo spazio commercial,e assicurando un flusso costante di pubblico. Agli attuali 86mila mq di superfici commerciali disponibili attualmente si aggiungeranno altri 26mila mq di superficie commerciale per le nuove aperture. La nuova galleria si
Antonio Maria Bardelli
UNA CRESCITA ESPONENZIALE
Superficie commerciale (GLA)
ATTUALE
SVILUPPO
86.000 mq
160.000 mq 30.000 mq
Outlet - HIC Ipermercato IPER Udine
7.450 mq
7.450 mq 1000 mq
Hard Discount 339 mq
2.154 mq
Altre superfici non alimentari
34.869 mq
53.396 mq
Totale commercio al dettaglio
42.658 mq
94.000 mq
Grandi negozi specializzati
10
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Esercizi commerciali, servizi
190
300/350
Ristoranti, caffè e bar
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Mercatino alimentare
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Altre superfici alimentari
Multisala Sala Giochi
svilupperà su due piani nella parte storica, che un tempo aveva la funzione di ferramenta, (la struttura risale al 1967): l’intervento in questo senso verrà effettuato con una moderna riqualificazione delle strutture industriali esistenti rispettando le sue caratteristiche originali. Mattone, vetro e acciaio i materiali che andranno a contraddistinguerla». Una grande attenzione alle iniziative umanitarie è inoltre una delle caratteristiche predominanti di Città Fiera. «Siamo molto contenti di essere conosciuti sul territorio non solo per gli spazi commerciali ma anche per le numerose attività di responsabilità sociale che portiamo avanti che riteniamo siano molto importanti per il territorio». VENETO 2012 • DOSSIER • 173
ONCOLOGIA
L’eccellenza della ricerca e i suoi risultati La ricerca medica effettuata nei laboratori dell’Università di Verona ha ottenuto recentemente importanti risultati riconosciuti a livello internazionale. Alessandro Mazzucco spiega come sono strutturati gli studi e i centri dove operano i ricercatori Nicolò Mulas Marcello
razie all’istituzione di Arcnet, il centro di ricerca applicata sul cancro, Verona è l’unica città italiana coinvolta nel progetto mondiale “Genoma del cancro”. Gli studi effettuati nei laboratori dell’Università di Verona hanno ottenuto importanti risultati: «La ricerca avanza e continua – spiega Alessandro Mazzucco, rettore dell’ateneo – anche in altri ambiti, dal diagnostico molecolare, per l’identificazione di marker predittivi del rischio di patologie cardiovascolari, alla messa a disposizione di strumenti robotici per la chirurgia, attività che vede collaborare attivamente i dipartimenti di chirurgia e informatica del nostro ateneo». Come è strutturata la ricerca? «Anche grazie all’intervento della Fondazione Cariverona e ad altri finanziatori vicini a noi, siamo tra i pochi atenei ad aver mantenuto un elevato numero di borse di dottorato di ricerca, nonostante i pesanti tagli ministeriali su questo settore; abbiamo anche stimolato l’attività di ricerca a livello post-dottorato, finanziando numerosi assegni di ricerca. Infine, da anni interveniamo in modo sostanzioso a livello di attrezzature scientifiche e di servizi bibliotecari. Stiamo costituendo il Centro grandi attrezzature di ateneo, che ol-
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tre ad aiutare i gruppi di ricerca interni a utilizzare al meglio e a bassi costi un patrimonio tecnologico ingente e di alta qualità, specialmente per quel che riguarda le varie tecniche di imaging, dal macroscopico al molecolare, sarà a disposizione del sistema produttivo territoriale per ricerche applicative condotte in collaborazione con i nostri ricercatori. Abbiamo un ufficio ricerca che offre servizi di supporto ai ricercatori nell’acquisizione di fondi e alle società del territorio per collaborare scientificamente con noi, e che è stato giudicato da un’analisi del Politecnico di Milano, uno dei più efficienti in Italia. Infine stimoliamo con specifici finanziamenti la collaborazione tra i nostri ricercatori e le imprese del territorio e l’imprenditorialità diretta come dimostra la nascita di alcuni spin-off nel settore delle biotecnologie e della robotica applicate alla medicina». Quali importanti risultati hanno ottenuto i ricercatori dell’Università di Verona negli ultimi anni? «Abbiamo avuto importanti risultati in diversi settori della ricerca medica che hanno consentito a diversi gruppi di aprire inaspettate frontiere verso l’identificazione di nuovi target per la cura di importanti malattie nonché di pubblicare sulle più importanti riviste
Alessandro Mazzucco
In apertura, Alessandro Mazzucco, rettore dell’Università di Verona
Abbiamo ottenuto importanti risultati in diversi settori della ricerca medica che ci hanno consentito di aprire inaspettate frontiere
scientifiche del mondo. Tra questi cito i dati prodotti dai nostri patologi generali che hanno dimostrato il significato patologico dei leucociti nel cervello e quindi aperto nuove frontiere per la terapia di malattie come l’epilessia e la sclerosi multipla. Un’altra scoperta, che sentiamo nostra in quanto essa è nata proprio a Verona dal lavoro di due nostri giovani all’interno dei laboratori della farmacologia e dell’ematologia, riguarda l’identificazione di cellule staminali neurali nelle meningi. La scoperta stravolge molte idee sulle capacità rigenerative del cervello. Inoltre, la possibilità di ottenere queste cellule da meningi di pazienti adulti apre la strada all’utilizzo su ampia scala di cellule staminali neurali per la terapia delle malattie neurodegenerative senza le attuali imitazioni etiche legate al fatto che la fonte di tali cellule ancora oggi è rappresentata da embrioni umani. Senza dimenticare i risultati ottenuti dal Dipartimento di medicina nell’ambito del metabolismo del ferro e dei fattori di rischio di
patologie cardiovascolari e gli studi del Dipartimento di patologia che hanno portato alla definizione della patogenesi della fibrosi polmonare e soprattutto all’individuazione di nuove strategie terapeutiche per la cura di questa malattia altrimenti mortale». Avete in atto collaborazioni con altri istituti di ricerca? «Favoriamo le collaborazioni attraverso uno specifico programma di collaborazione internazionale interamente finanziato dal nostro ateneo e che denominiamo “CooperInt”. A questa tipologia di progetti abbiamo dedicato quasi 500 mila euro nel 2011 con i quali i nostri docenti e, soprattutto, i nostri studenti di dottorato hanno potuto effettuare periodi di lavoro in laboratori di prestigio situati in paesi della Comunità europea e del nord America. Il progetto ha consentito anche a diversi colleghi stranieri di venire a lavorare nei nostri laboratori, contribuendo così ancora di più al già cospicuo livello di internazionalizzazione della vita di ricerca in Verona». VENETO 2012 • DOSSIER • 177
RICERCA ONCOLOGICA
Risultati e prospettive della lotta al cancro Cresce il numero dei malati, ma oggi di cancro si muore meno. «L’obiettivo della ricerca scientifica è quello di arrivare a guarire i tumori, o per lo meno, di riuscire a ridurli a malattie croniche». Il punto di Alberto Amadori, direttore dello Iov Eugenia Campo di Costa
a ricerca scientifica ha fatto passi da gigante nell’individuazione e nella cura di alcune tipologie di tumore anche se, nel contempo, stile di vita e fattori ambientali non limitano l’insorgere della malattia, anzi. «Il fatto più preoccupante è che si sta abbassando la soglia di età in cui insorge la malattia – afferma il professore Alberto Amadori, direttore scientifico dell’Istituto oncologico veneto, Irccs specializzato nella cura e nella ricerca sul cancro –. Il tumore, infatti, è sempre stato identificato come un male proprio dell’invecchiamento, invece oggi si assiste a una crescita del numero dei tumori giovanili, in particolare di cancri alla mammella nelle donne tra i 35 e i 50 anni. Anche se non è possibile individuare esattamente un fattore scatenante, sicuramente lo stile di vita, il tipo di alimentazione e l’inquinamento favoriscono l’insorgere della malattia. Il dato positivo è che la mortalità è in netto calo grazie alla prevenzione primaria e secondaria, ai nuovi presidi terapeutici e ai medicinali. L’obiettivo della ricerca scientifica è quello di arrivare a guarire i tumori, o per
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Sopra, Il professor Alberto Amadori, direttore scientifico dell’Istituto Oncologico Veneto
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lo meno, di riuscire a ridurli a malattie croniche, da tenere sotto controllo». Con gli strumenti oggi a disposizione come si può limitare l’insorgere del tumore? «Bisogna puntare sulla prevenzione primaria e secondaria, ambiti in cui c’è ancora molto da fare. Una vita sana, una dieta ricca di fibre vegetali e antiossidanti, la limitazione dei grassi, delle carni, l’abolizione del fumo, l’attività fisica quotidiana sono buone abitudini che porterebbero sicuramente a una riduzione dei tumori che si calcola potrebbe arrivare anche al 30 per cento. Il problema è che ancora troppe persone non riescono a sradicare le cattive abitudini, o semplicemente ignorano l’importanza di uno stile di vita corretto. Anche nell’ambito della prevenzione secondaria, che comunque viene già effettuata per individuare diverse tipologie di tumore attraverso la mammografia, il sangue occulto nelle feci, esami periodici alla prostata, si può ancora migliorare. C’è molto da fare, inoltre, nella definizione dei sottotipi tumorali, perché oggi parlare di cancro alla mammella o al colon in generale non ha più
Alberto Amadori
Oggi gran parte della ricerca in tutto il mondo è orientata sulle cellule staminali, primordiali, generative della massa tumorale; colpire queste cellule è una priorità
senso: esistono tipi diversi di cancro a un determinato organo e ciascuna tipologia ha un proprio profilo di alterazione preciso e richiede un trattamento mirato». Quali sono le tipologie di tumore oggi più facilmente guaribili e quali quelle che causano ancora il più alto tasso di mortalità? «Quelli più facilmente guaribili sono i tumori alla mammella che, se diagnosticati per tempo, possono essere sconfitti in oltre l’80 per cento dei casi, grazie alla chirurgia, alla radioterapia combinata ed eventualmente anche alla chemioterapia se necessaria. Purtroppo, accanto al tumore della mammella, che senz’altro gode di una prognosi più fausta, ci sono altri mali che vengono diagnosticati più tardivamente perché molto silenziosi, come i tumori all’ovaio, al pancreas o all’esofago che in genere hanno un decorso molto sfavorevole». L’Istituto ha un approccio olistico al tumore, che spazia dalla diagnosi alla terapia alla qualità della vita dei pazienti. «Siamo inseriti in una rete europea di oltre 70 centri oncologici in Europa, che si occupano del tumore sotto tutti gli aspetti: prevenzione, diagnosi, terapia, ricerca, nonché didattica. Lo Iov, infatti, lavora in convenzione con l’Università di Padova ed è sede della
scuola di specializzazione in oncologia medica, di un dottorato di ricerca in oncologia chirurgica. All’aspetto clinico, pertanto, si affianca l’attenzione alla ricerca e alla didattica che fa del nostro un istituto di ricovero e cura a carattere scientifico. La ricerca è fondamentale per la nostra missione e si svolge soprattutto per capire qual è il meccanismo di origine di un tumore». Quali i risultati ottenuti finora nell’individuazione dell’origine del tumore? «Oggi sappiamo che il cancro è una malattia dei geni, però in uno stesso tipo tumorale i geni che si rompono o si alterano possono essere diversi, e originano quadri clinici e prognostici diversificati. La nostra preoccupazione è appunto quella di individuare la terapia in funzione dello spettro di alterazione molecolare che caratterizza quel singolo tumore. Ci indirizziamo cioè verso la medicina personalizzata: in funzione delle alterazioni che ci sono nel tumore e che lo caratterizzano, nonché in funzione di quel particolare gruppo di pazienti, possiamo usare determinati farmaci perché sappiamo che il tumore potrà essere responsivo a quella terapia, mentre la stessa terapia non sortirà effetti su altre tipologie di tumore o di paziente. Attraverso un’analisi molecolare delle altera- VENETO 2012 • DOSSIER • 179
RICERCA ONCOLOGICA
zioni che sono nei tumori, usiamo il partico- tumorale. Oltre a estirpare chirurgicamente la
Sopra, da sinistra, la hall e l’ingresso dell’Istituto Oncologico Veneto di Padova
lare farmaco efficace per quella specifica alterazione». Lo Iov si occupa anche dell’immunologia dei tumori. Quali le prospettive in quest’ambito? «Nel giro di una ventina di anni circa si potrà arrivare a vaccinare i pazienti per determinate tipologie di tumori. Non sarà una vaccinazione preventiva ma curativa e rappresenterà un aiuto in più per il paziente che affronterà la terapia con un approccio integrato di chirurgia, radioterapia, chemioterapia nelle giuste combinazioni, e anche immunoterapia, probabilmente vaccinoterapia in casi selezionati». Recentemente importanti finanziamenti sono stati destinati allo Iov per la ricerca mirata a sconfiggere le malattie tumorali, con particolare riferimento alle cellule staminali tumorali. Quali linee seguirà questo tipo di ricerca e su quali altri fronti vi concentrerete nel prossimo futuro? «Concentreremo la ricerca sulle cellule staminali tumorali e la farmacogenomica e farmacogenetica. Il tumore nasce da cellule che si autoriproducono e originano tutta la massa
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massa tumorale, bisogna riuscire a colpire selettivamente le cellule che la originano e che sono particolarmente maligne perché si nascondono alle terapie più comuni, restano quiescenti per mesi o per anni, per poi riprodurre il tumore e generare metastasi. Oggi gran parte della ricerca in tutto il mondo è orientata sulle cellule staminali, primordiali, generative della massa tumorale; colpire queste cellule è una priorità. L’altro aspetto fondamentale è quello della farmacogenetica e la farmacogenomica. Non tutte le terapie sono adatte a tutti i pazienti perché ognuna agisce su un’alterazione molecolare presente solo in certi particolari sottotipi di tumori. Inoltre, non tutti i pazienti rispondono a una data terapia nello stesso modo. La farmacogenetica e la farmacogenomica si occupano pertanto di capire la risposta in termini di tossicità dei pazienti a certi farmaci, perché non tutti gli individui metabolizzano i farmaci allo stesso modo: chi ha un metabolismo più rapido può necessitare di dosi più elevate, viceversa, su chi metabolizza i farmaci in maniera più lenta bisogna stare particolarmente attenti agli effetti collaterali».
TRAPIANTI
Aumentano i trapianti da donatore vivente Nel 2011 sono stati eseguiti in Veneto 52 trapianti di rene da vivente, numero triplicato rispetto a cinque anni prima. E in termini di sopravvivenza l’attività italiana è del tutto sovrapponibile a quella dell’Europa e degli Stati Uniti Elisa Fiocchi
l professor Paolo Rigotti è responsabile del centro trapianti di rene e pancreas dell’Azienda ospedaliera di Padova ed è anche alla guida di “NordItalian Transplant”, rete trapiantistica nazionale, tra le più importanti d’Europa, che riunisce e coordina i centri trapianti di Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche e della Provincia autonoma di Trento. Nel 2011 il tasso di donatori di questo dipartimento è stato pari a 23,5 per milione di popolazione permettendo l’esecuzione di 1.267 trapianti. «Per alcuni organi come il rene e il fegato – spiega il professor Rigotti – vi è stato un incremento rispetto al 2010, per altri come il cuore o il polmone, invece, una riduzione dettata dall’aumento dell’età media dei donatori che influenza negativamente la possibilità di trapianto degli organi toracici». Come giudica i livelli raggiunti dal nostro Paese in merito ai trapianti? «Indubbiamente in Italia si sono raggiunti degli ottimi risultati sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. Certamente rimane il problema della disponibilità di organi che non riesce a soddisfare il fabbisogno dei pazienti con i conseguenti lunghi tempi di attesa, ma questo è sicuramente un problema mondiale e non solo italiano. In Europa, ad
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esempio, vi sono nazioni come il Regno Unito o la Germania che hanno percentuali di donazione inferiori all’Italia». E in termini di sopravvivenza? «Nel caso del rene, supera il 90% a un anno. Recentemente il Centro nazionale trapianti ha reso noto i risultati della sopravvivenza dei trapianti eseguiti in Italia nell’ultimo decennio, confrontandoli con i risultati europei e americani, ed è emersa la validità dell’attività italiana che è del tutto sovrapponibile a quella riportata in Europa o negli Stati Uniti. Proprio la possibilità offerta dal centro nazionale di poter conoscere i risultati dell’attività dei singoli centri locali è un altro elemento altamente qualificante di questo settore della sanità». Qual è il ruolo del Veneto nel sistema nazionale trapianti? «È sicuramente una delle regioni più attive, sono presenti cinque centri per il trapianto di
Paolo Rigotti, presidente della NordItalian Transplant e responsabile dei trapianti di rene e pancreas nell’Azienda ospedaliera di Padova
Paolo Rigotti
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Nel 2011 sono stati eseguiti 379 trapianti così suddivisi: 222 di rene, 36 di cuore, 96 di fegato, 10 di pancreas e 19 di polmone
rene, di cui uno pediatrico, due per il trapianto di fegato, due per il cuore, uno per il polmone e uno per il pancreas. Nel 2011 sono stati utilizzati in Veneto 110 donatori deceduti e sono stati eseguiti 379 trapianti così suddivisi: 222 di rene, 36 di cuore, 96 di fegato, 10 di pancreas e 19 di polmoni». Quali progressi sono stati compiuti attraverso il programma regionale di sviluppo del trapianto da donatore vivente? «Tale attività avuto negli ultimi anni un notevole incremento. Nel 2011 sono stati eseguiti in Veneto 52 trapianti di rene da vivente, numero triplicato rispetto a cinque anni prima. Gran parte del merito di questo incremento è del Coordinamento regionale trapianti, che ha attuato un programma di formazione nei vari reparti di nefrologia degli ospedali del Veneto. L’incremento dei trapianti di rene da vivente e la promozione di questa scelta terapeutica rappresentano un obiettivo strategico della Rete nazionale trapianti, anche nell’ottica di un progressivo aumento dell’aspettativa di vita della popolazione italiana e di un conseguente innalzamento dell’età media dei donatori per quanto concerne il prelievo di organi da cadavere». Qual è l’identikit del donatore vivente? «Nel 2011 in Italia si è superata la soglia dei
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200 trapianti di rene da vivente, 200 vuol dire 3,5 trapianti di rene effettuati per milione di abitanti in Italia. È interessante notare la spiccata polarizzazione di genere tra donatori e riceventi: il 69 per cento dei donatori è di genere femminile contro il 31 di genere maschile; in particolare, il 36 per cento dei reni trapiantati da donatore vivente è donato dalla madre a un figlio, il 29 per cento dalla moglie al marito». E quali progressi sono stati raggiunti nello studio dei trapianti di rene e di pancreas? «Il trapianto simultaneo di rene e pancreas è un’altra attività altamente qualificante del programma trapianti della regione. Questo tipo di trapianto viene eseguito in pochissimi centri italiani per la complessità della procedura e le problematiche di questi pazienti. L’indicazione è rappresentata dal paziente con diabete tipo I insulino dipendente che, a seguito della malattia, ha sviluppato anche un’insufficienza renale. Il doppio trapianto permette di correggere sia il diabete che la malattia renale, i vantaggi che ne derivano per il paziente sono quindi molto evidenti. Purtroppo i numeri di questi trapianti sono esigui perché il pancreas è un organo molto delicato e può essere utilizzato per il trapianto solo quando prelevato da donatori deceduti in età giovanile». VENETO 2012 • DOSSIER • 185
TRAPIANTI
Tecniche mini invasive per la cura dei tumori In laparoscopia si possono curare tumori di piccole dimensioni all’interno del fegato utilizzando radiofrequenze e microonde, con risultati a lungo termine molto buoni. Ne parla Umberto Cillo Elisa Fiocchi
Unità di chirurgia epatobiliare e trapianto epatico dell’Azienda ospedaliera universitaria di Padova è leader nell’utilizzo di tecniche mini invasive nel trattamento e nella cura dei tumori al fegato. Attraverso queste metodologie, gli interventi sono meno traumatici, con degenze ridotte e con livelli di dolore molto contenuti o assenti. «Quest’anno si è festeggiato anche il nostro trapiantato più lungovivente: 21 anni da quel giorno, mentre lo scorso febbraio è stata effettuata la prima resezione epatica con fegato curato fuori dal corpo». Il professor Umberto Cillo, responsabile del reparto, illustra i progressi avanzati dalla ricerca e spiega come l’utilizzo delle nuove metodiche chirurgiche riduca le controindicazioni all’intervento, permettendo di operare su pazienti di qualsiasi età o affetti da comorbidità che non possono accedere a interventi chirurgici tradizionali. Quali altri traguardi ha raggiunto il polo di alta specialità di Padova? «Nel 1997 in questo centro veniva realizzato il primo trapianto di fegato in Italia da donatore vivente con collaborazione internazionale. Nel 2004 è avvenuto il primo di fegato da vivente tra gemelli omozigoti con l’enorme vantaggio, per il fratello trapiantato, di poter evitare la terapia antirigetto. Il primo trapianto di fegato “ausiliario” d’Italia nel 2007, infine, il più giovane trapiantato di fegato del Centro di chirurgia epatobiliare di Padova su un bimbo di appena 40
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giorni di vita di 2,5 kg». Quali progetti sono oggi in fase di sperimentazione? «La ricerca in ambito clinico, tra le tante iniziative, si rivolge soprattutto alla cura dei tumori del fegato (tumori primitivi e metastasi) con metodiche mini invasive. Oggi, in casi ben selezionati, in laparoscopia si possono curare tumori di piccole dimensioni all’interno del fegato utilizzando particolari onde come le radiofrequenze e le microonde. I risultati a lungo termine sono molto buoni con il vantaggio di ridurre la degenza ospedaliera e il dolore post-operatorio accelerando il ritorno del paziente alla sua vita normale. Stiamo mettendo a punto sistemi di puntamento intraoperatorio (centramento) del tumore sempre più precisi. Una nuova terapia sperimentale, l’elettroporazione, indicata solo in casi super selezionati, veicola l’elettricità dentro il tumore, provocando l’apertura irreversibile dei pori delle membrane cellulari con perdita di acqua e morte cellulare del tumore per disidratazione. Conduciamo anche studi sulla rigenerazione del fegato dopo l’intervento e sull’uso delle staminali per favorire questa rigenerazione». Il centro vanta un’esperienza ventennale di trapianti di fegato, oltre mille quelli eseguiti, di cui 105 pediatrici: quali nuove frontiere attendono questa tipologia di trapianto? «Guardiamo allo sviluppo di strategie per ridurre e sospendere la terapia antirigetto dopo il trapianto, in una parte dei pazienti selezionati con
Umberto Cillo
Abbiamo appena avviato uno studio prospettico sul trapianto di fegato per pazienti con colangiocarcinoma, un tipo di neoplasia finora esclusa dalle liste d’attesa
test immunologici, con enormi vantaggi sulla quantità e qualità di vita dei pazienti. Da anni ci occupiamo di “macchine di perfusione”, che permettono di migliorare la preservazione del fegato durante le ore del trasferimento da un organismo all’altro. Lo scopo è di aumentare il numero di organi idonei al trapianto e quindi di ridurre la mortalità in lista di attesa. Stiamo, inoltre, muovendo i primi passi nello sviluppo di biomatrici integrate a cellule staminali per la realizzazione, in un futuro, di organi bio-artificiali». In che cosa consiste l’autotrapianto di fegato? «è proposto a quei pazienti affetti da una neoplasia epatica estesa e considerata inoperabile e prevede la completa rimozione dell’organo del paziente dalla cavità addominale. Il fegato rimosso viene posto in un sistema di perfusione continua, fuori dal corpo, dove vengono eseguite complesse resezioni e ricostruzioni vascolari ne-
cessarie per l’eliminazione del tumore. Il fegato del paziente “ripulito” è quindi reimpiantato in addome. Si tratta di una tecnica cui si ricorre solo in particolari situazioni e quando non sia possibile raggiungere la parte malata dall’interno del corpo. Abbiamo eseguito cinque casi di questa complessa metodica nell’ultimo anno dopo una lunga fase di sperimentazione preclinica». Quali sono i principali problemi organizzativi da migliorare nell’ambito dei trapianti? «Credo che in futuro l’organizzazione sanitaria debba prevedere che i centri di alta specialità per il trattamento delle patologie d’organo diventino sempre di più punto di riferimento per coordinare i percorsi diagnostici e terapeutici e organizzare la ricerca clinica. Questa coordinazione porterebbe a importanti riduzioni di spesa sanitaria, a una maggiore omogeneità delle cure erogate e a un notevole incremento della competitività dell’Italia in campo scientifico».
Sopra, Umberto Cillo, responsabile del reparto di Chirurgia epatobiliare e trapianto epatico dell’Azienda ospedaliera di Padova
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TRAPIANTI
Al Veneto il primato di iscritti all’Aido Il 13 e il 14 ottobre si tiene la giornata nazionale dell’Aido, durante la quale i volontari sono presenti nelle piazze per favorire la cultura della donazione con piante di Anthurium e materiale informativo Elisa Fiocchi el 2011 si è registrato un incremento significativo rispetto all’anno precedente per quanto riguarda il numero delle donazioni e anche le stime del 2012 sembrano positive. «Tale aumento passa attraverso due grandi vie» spiega il neo presidente di Aido Veneto, Bertilla Troietto. «Da una buona organizzazione sanitaria, e noi in Veneto siamo all’avanguardia, e da una continua opera di sensibilizzazione affinché ogni cittadino prenda coscienza dei bisogni e si assuma le proprie responsabilità ispirate alla solidarietà sociale». Quali attività vogliono favorire la cultura della donazione sul territorio regionale? «È necessario proseguire l’opera di sensibilizzazione rivolta alle nuove generazioni, a partire dalla scuola, dove Aido entra per parlare ai ragazzi di solidarietà e di corretti stili di vita. Sono importanti i molteplici convegni organizzati, anche in collaborazione con le istituzioni e altre associazioni del settore, e gli incontri con la popolazione nelle piazze durante manifestazioni pubbliche». Quali strumenti hanno finora favorito il compito degli operatori e facilitato le persone in lista d’attesa? «Il sistema informatico della nostra associazione ha avuto un ruolo importantissimo, riconosciuto in più occasioni anche dal Ministero della Salute, ed è uno strumento di tramite e dialogo con il Sit. Oggi in Italia le dichiarazioni di volontà favorevoli alla donazione sono 1.304.928, di cui 113.478 raccolte dalle Asl, 2.644 raccolte dai Comuni, 1.188.797 raccolte dall’Aido, tutte trasferite in tempo reale nel Sit e messe a disposizione di tutte le rianimazioni e i centri di riferi-
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Sopra, Alberto Pasdera, docente e consulente di management sanitario
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mento interregionali». Come ne ha beneficiato il territorio? «Tanto più grande sarà il numero delle persone inserite nel Sit, tanto maggiore sarà la probabilità di poter prelevare un organo. Sarà facilitato il compito degli operatori nel momento del colloquio con i familiari in un momento così difficile e doloroso, in quanto si è a conoscenza della volontà espressa in vita dall'individuo, e questo permetterà un più alto numero di prelievi e quindi di trapianti». ll Veneto, con oltre 200mila associati, è la seconda regione italiana, dopo la Lombardia e prima dell’Emilia Romagna, per iscritti all’Aido. Quali saranno le sue priorità d’intervento su tutto il territorio? «La sfida è mantenere questi numeri e, se possibile, migliorarli perché questo significa più donazioni e quindi più ammalati curati con la terapia del trapianto, a volte l’unica possibile. Le priorità riguarderanno la formazione dei volontari, il dialogo e la collaborazione con i consigli provinciali dell’Aido, la capacità operativa che deve essere in armonia con il Crt e a caduta con i coordinamenti locali perché ci sia univocità negli interventi e reciproca collaborazione». Come opererà per promuovere nuove sinergie con gli altri enti locali e le aziende sanitarie sul territorio? «Nel rispetto della legge che regolamenta le attività di prelievi e trapianti, la parola d’ordine deve essere collaborazione reciproca sia con i coordinatori sia con le amministrazioni, ai vari livelli. Ciò presuppone prima di tutto rispetto reciproco, poi preparazione, programmazione, apertura, disponibilità al dialogo e flessibilità».