OSSIER VENETO L’INTERVENTO.........................................13 Francesco Peghin Bruno Buratti Guido Carella
PRIMO PIANO IN COPERTINA.......................................15 Marta e Cesare Benedetti, Ida Filiaci INDUSTRIA FARMACEUTICA..........20 Massimo Scaccabarozzi STRATEGIE ............................................24 Luca Zaia Marialuisa Coppola Valter Taranzano ACCESSO AL CREDITO.....................34 Massimo Pavin Alessandro Vardanega Luigi Schiavo La voce delle banche RITRATTI.................................................42 Benetton, una storia veneta
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ECONOMIA E FINANZA ASSET STRATEGICI ...........................48 Antonio Catricalà Bruno Rapari Nicola Trevisan INNOVAZIONE.......................................56 Carlo Brunetti INTERNAZIONALIZZAZIONE...........58 Anna e Sarah Pizzolato EXPORT...................................................60 Luigi Finco Filippo Pancolini Renato Randon Francesco e Renzo Scavini Daniele Volpato Romeo Salin MADE IN ITALY.....................................74 Diego Nardin TECNOLOGIE.........................................76 Fabrizio Gatto Lucia Libralato Giorgio Paolucci Pierantonio Perozzo Marina Ghiotto Gianni Cipriani Antonio Sinicato Livio Di Blasi Moreno Feltani
MODELLI D’IMPRESA .......................96 Mauro Ferrari Gianluigi Tirapelle Ezio Dalla Rosa Daniele Altobello Antonio e Federico Pesce Alessandro Cappeller Rina del Favero Alessandro Zamuner Giancarlo Marconi Claiver Bellet ECONOMIA DELLA CULTURA ......120 Pier Luigi Celli Renzo Iorio Giovanni Puglisi Marino Zorzato Giuliano Segre POLITICHE AGRICOLE.....................136 Nunzia De Girolamo Franco Manzato Giangiacomo Gallarati Scotti Bonaldi AGROALIMENTARE ..........................146 Morena Umana e Vendrame Facchin Giannantonio Paiaro Mario Lavarini Alberto Marchisio Carlo Caramel
Sommario AMBIENTE
TERRITORIO
SANITÀ
ENERGIA................................................156 Nicola Cosciani
INDUSTRIA DELLE COSTRUZIONI ......................168 Paolo Buzzetti
CORSIE D’ECCELLENZA.................194 Francesco Centofanti
RINNOVABILI.......................................158 Walter Baldassa BONIFICA AMIANTO.........................162 Denis Tezza
EDILIZIA.................................................172 Made Expo Saie Giuseppe Roseo
GESTIONE RIFIUTI ...........................164 Lionello Olivieri
INTERNI .................................................180 Silvio Mucignato
GIUSTIZIA
DIAGNOSTICA ....................................196 Cosimo di Maggio Davide Tietto ODONTOIATRIA.................................200 Clinica Sorriso del Bambino Sara Gori BENESSERE .......................................204 Fabio Durighel
PROFESSIONE FORENSE ..............182 Maurizio De Tilla Dario Greco Carlo A. Galli CODICE DELLA STRADA ................190 Federico Gallo
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L’INTERVENTO
Ricambio generazionale, passaggio obbligato
di Francesco Peghin, presidente della Fondazione Nord Est
opinione condivisa che il passaggio generazionale sia una fase cruciale della vita di un’impresa, va assolutamente preparato e governato in modo da assicurare continuità e futuro all’attività, in particolare se si tratta di un’azienda a conduzione familiare. Oggi che la crisi ha messo in luce la necessità di un nuovo modello d’impresa, gli imprenditori nordestini stanno ponendo sempre più attenzione al tema e il passaggio generazionale non è più considerato solamente un processo inevitabile, ma diviene un’occasione di sviluppo e d’innovazione nella gestione delle attività aziendali. La maggioranza dei capitani d’azienda del Nordest, oltre il 75 per cento, ritiene che i cambiamenti imposti dalla crisi vadano trasformati in opportunità anche quando si tratta del passaggio generazionale. Cresce, inoltre, la consapevolezza che l’impresa sia un’organizzazione complessa che può guardare al futuro solo se si orienta verso una gestione aziendale con competenze manageriali adeguate. In questa fase in cui internazionalizzazione e innovazione, in particolare, sono i fattori chiave per agganciare la ripresa, è necessario che anche le pmi si strutturino per fare fonte a queste nuove esigenze. Se le skills per sviluppare queste strategie sono pre-
È
senti in famiglia è opportuno valorizzare le risorse a disposizione mettendo a frutto le competenze acquisite dai giovani, che, in alcuni ambiti, possono avere una marcia in più, si pensi ad esempio all’economia digitale. In tal caso è ipotizzabile anche la coesistenza di diverse generazioni trovando spazi e ambiti adeguati per ciascuno, in modo da assicurare continuità nella storia aziendale. A questo proposito però, si allarga il numero di imprenditori che ritiene che non sia indispensabile che il passaggio per la gestione dell’impresa avvenga nell’ambito della famiglia, ovvero che i figli non debbano necessariamente seguire la stessa strada dei padri. Aumenta, infatti, la quota degli imprenditori che ritiene che il processo di ricambio generazionale debba passare attraverso l’ingresso o il ricambio direzionale: il 40 per cento circa ritiene che sia possibile mantenere la
proprietà, ma sia necessario l’ingresso di manager esterni alla famiglia, mentre uno su tre pensa che la migliore strategia da adottare, in caso di ricambio generazionale, sia quella di fare ricorso a manager esterni e aprire il capitale a soggetti non appartenenti alla cerchia familiare. La maggioranza degli imprenditori nordestini ritiene comunque che la migliore strategia sia l’ibridazione tra il carattere familiare che ha portato l’impresa a crearsi uno spazio nel mercato, con le competenze manageriali e la professionalità aziendale di chi ha gli strumenti per affrontare i cambiamenti dei mercati e dell’economia attuale. Appare chiaro che non esiste una soluzione uguale per tutti, sicuramente vanno valutati i singoli casi e in base alle peculiarità delle diverse realtà si dovrà individuare la strada giusta per potenziare i punti di forza di ogni singola azienda. VENETO 2013 • DOSSIER • 9
L’INTERVENTO
Sostegno alla legalità di Bruno Buratti, comandante regionale della Guardia di Finanza
a contingenza economica pone l’accento sull’insidiosità dei fenomeni evasivi ed elusivi, che non solo sottraggono risorse all’Erario, ma portano nocumento all’economia sana, alimentando la concorrenza sleale e distogliendo risorse finanziarie dall’investimento nei cicli produttivi. Abbiamo evasione diffusa o di massa, realizzata da un’ampia platea di contribuenti di medie e piccole dimensioni che, operando per lo più a diretto contatto con i consumatori finali, possono evadere attraverso comportamenti elementari, quali l’omessa certificazione dei corrispettivi. Allo scopo di fronteggiare questi comportamenti, facciamo ricorso a metodologie di controllo altrettanto diffuse, quanto snelle ed efficaci. Nei primi 7 mesi del 2013 sono stati effettuati oltre 2.100 interventi, tra verifiche, controlli e rilevamenti specifici, che hanno portato alla segnalazione per il recupero a tassazione di oltre 500 milioni di euro di base imponibile evasa, mentre sul fronte degli scontrini e delle ricevute fiscali i controlli sono stati oltre 14.000, con un tasso di irregolarità che nel Veneto si attesta intorno al 25 per cento. Su un altro versante si collocano le forme di evasione fiscale realizzate attraverso condotte particolarmente sofisticate, che fanno ricorso a complessi schemi giuridici e societari volti a fornire una rappresen-
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tazione distorta e artificiosa della realtà e dei fatti gestionali. Rientrano in questa tipologia i fenomeni di evasione fiscale internazionale che, attraverso operazioni d’ingegneria societaria e fiscale, mirano a sottrarre redditi alla tassazione italiana, trasferendola verso paesi a fiscalità agevolata. Non meno lesivo per gli interessi dell’Erario è il fenomeno dell’elusione fiscale, che poggia su condotte apparentemente lecite ma finalizzate esclusivamente al conseguimento di indebiti risparmi fiscali. Queste forme di evasione richiedono un approccio di diverso spessore, che si concretizza in vere e proprie investigazioni di carattere economico-finanziario, spesso discendenti dallo sviluppo d’indagini di polizia giudiziaria. In questo ambito, nel quale concentriamo le risorse più qualificate, sono state portate a termine nello stesso periodo 380 verifiche nei confronti di contribuenti di medie e grandi dimensioni, con segnalazione di basi imponibili sottratte a tassazione per circa 680 milioni di euro, di cui 471 milioni relative a fenomeni di evasione fiscale internazionale. Sul piano generale, la Guardia di Finanza ha rimodulato l’azione ispettiva, onde mirare all’aggressione
dei patrimoni indebitamente accumulati e al recupero dei tributi evasi, valorizzando l’approccio trasversale ai fenomeni illeciti e la qualità degli interventi. La qualità misura, in particolare, la capacità degli interventi ispettivi di tradursi in un effettivo recupero di risorse per le casse dell’Erario, attraverso la solidità dell’impianto probatorio e l’adozione degli strumenti cautelari di natura reale. Sono queste le direttrici verso le quali le Fiamme gialle del Veneto continueranno a muovere, a sostegno della legalità, che costituisce il presupposto per lo sviluppo del nostro Paese. VENETO 2013 • DOSSIER • 11
Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx L’INTERVENTO
Il lavoro è creare lavoro di Guido Carella, presidente Manageritalia
i affanniamo a pensare, ipotizzare e tentare tutte le strade possibili per creare lavoro. Ma sembra che nessuno sappia più come e perché il lavoro, ma soprattutto la crescita economica, si crea e si distrugge. Qualcuno pensa che basti un incentivo. Qualcun altro ritiene che servano leggi su leggi, quasi che crescita e lavoro si creino per decreto. Pensiamo di governare il lavoro, cosa mai data in natura, e non sappiamo creare e governare le condizioni che ne sono alla base. Oggi, anche negli Stati Uniti, ci sono città e intere aree geografiche che, ancorate a un’economia e un lavoro di decenni fa, sono al collasso (si pensi alla bancarotta di Detroit). La manifattura è in calo in ogni dove, soprattutto quando non sa più fare innovazione, quella che invece l’ha spinta partendo da zero per tanti anni. La finanza è isolata e fine a se stessa, incapace di dare impulso vitale agli altri settori. Qua e là per il mondo, sempre meno in Italia, ci sono però intere città e aree geografiche che crescono e creano sviluppo, lavoro e ricchezza. La famosa Silicon Valley continua a essere l’economia più dinamica d’America e del mondo. L’ingrediente? Innovazione e conoscenza, veri motori della moderna economia basata non più sulla produzione di beni materiali, ma su quella di innovazione e conoscenza. E oggi ancor più di ieri questa nuova economia vincente tende all’aggregazione geografica. Città e regioni che si popolano di lavoratori qualificati e imprese innovative e ne attirano, come le api sul miele, sempre di più. Perché oggi, ma anche ieri, pensiamo ai nostri distretti o al Rinascimento, il successo di un’azienda non dipende solo dalle qualità sua e dei suoi lavoratori, ma anche dall’ecosistema economico e sociale nel quale è inserita. Questi luoghi diventano uno stimolo e un incubatore ricco di idee e di tutto quanto serve per creare
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nuove idee e nuovi modi di fare impresa. Insomma, se guardiamo a quello che stiamo facendo noi oggi in Italia non possiamo che concludere che non ci siamo. Ignoriamo e non presidiamo formazione, ricerca, infrastrutture, cultura eccetera. Non creiamo le condizioni per crescere. Allora gli attori del mondo economico e sociale hanno un grande ruolo. Fare sindacato e rappresentanza è oggi ancora più indispensabile per mettere l’ecosistema nelle condizioni di preoccuparsi solo di crescere. Manageritalia e Confcommercio hanno appena prorogato la scadenza del contratto dirigenti del terziario di fine 2013, rimandando tutto alla fine del 2014. Abbiamo congelato gli aumenti economici e manutenuto welfare e workfare contrattuale, insistendo su programmi di formazione e politiche attive a supporto di dirigenti alla ricerca di un nuovo incarico e aziende che vogliono aumentare la competitività e cogliere nuove opportunità. Abbiamo rinunciato ad aumenti contrattuali, ma puntato a creare le condizioni migliori perché aziende e manager possano continuare a lavorare sinergicamente e in tranquillità. Insomma, questa è la strada da seguire. E se non sappiamo cambiare le logiche che guidano le nostre azioni, sarà impossibile cambiare il Paese. Forse, al rientro dalle ferie, dovremmo ripartire da qui. VENETO 2013 • DOSSIER • 13
Marta Benedetti, amministratore delegato, insieme alla madre Ida, della Zeta Farmaceutici di Sandrigo (VI)
Marta e Cesare Benedetti, Ida Filiaci
LA FILIERA CORTA, UN “FARMACO” CONTRO LA CRISI Investire non solo nella ricerca ma anche nell’organizzazione e nelle risorse. Diversificando e coltivando la rete commerciale. L’industria veneta guarda al futuro. Il caso della Zeta Farmaceutici dalle parole di Marta e Cesare Benedetti Andrea Moscariello
erché il famigerato “modello veneto” funziona? Perché è scrupoloso, aspira sempre al massimo, trova la sua raison d’etre non nell’idea, ma nella certezza che l’impresa è, anzitutto, un motore per il benessere sociale e comunitario. Ma soprattutto funziona perché ha saputo unire una tradizione di carattere famigliare al progresso della managerialità 2.0. Ma c’è di più. La crisi ha fatto mostrare i denti a quegli imprenditori che magari, in passato, hanno sempre lavorato in silenzio, lontani dai clamori del business. Gli stessi che ora rappresentano un modello di crescita e stabilità. Una fermezza che si legge negli occhi di
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Marta Benedetti, il nuovo volto dell’affermata azienda di famiglia, la Zeta Farmaceutici, di cui ha da poco assunto l’incarico di amministratore delegato insieme alla madre, Ida. A Marta è affidato il compito di traghettare verso il futuro una realtà guidata, e tutt’oggi “vegliata”, dal suo fondatore, il presidente Cesare Benedetti. Ma perché questo caso risulta emblematico? Intanto Zeta, che controlla la società Marco Viti e che si occupa anche di cosmetica, è presente in maniera capillare sul territorio italiano, coprendo quasi il 50 per cento delle farmacie e parafarmacie. In secondo luogo, è un modello di ricerca e sviluppo che ha saputo attirare l’at-
tenzione e la collaborazione, di istituzioni ed enti pubblici. Infine, ma non per importanza, racchiude perfettamente in sé quegli elementi di valorizzazione delle risorse umane tipici del farmaceutico. Non tutti sapranno che questo settore vanta oltre il 42 per cento di donne tra i suoi addetti. E che la “quota rosa” nell’ambito della ricerca e dello sviluppo supera il 50 per cento (Dati: Farmindustria). «Da noi l’errore costa tantissimo. E gli errori si evitano dotando l’azienda di equilibrio. Un equilibrio che deve essere presente da chi la pulisce a chi la dirige». Così esordisce Marta Benedetti, che incontro con il padre Cesare. L’occasione? L’inaugurazione del VENETO 2013 • DOSSIER • 15
IN COPERTINA
nuovo grande magazzino che amplia meno e i nostri prodotti, inclusi quelli notevolmente la sede di Sandrigo, in provincia di Vicenza. Cosa intende per equilibrio? MARTA BENEDETTI: «Anzitutto una mancanza di conflitti. Dobbiamo tutti operare in sinergia e, come ama ripetere mio padre, tenendo bene a mente la mission dell’azienda. In secondo luogo, nel farmaceutico e nel cosmetico sono richieste una dote di attenzione costante e una capacità di esercitarla ripetutamente tipiche di noi donne. Attenzione, non intendo cadere nelle solite logiche di genere, ma questa è un’azienda la cui presenza femminile copre il 72 per cento, va da sé che è un valore concreto, non un dato casuale». Lei sta raccogliendo un’eredità tutt’altro che semplice. M.B.: «Verissimo. Questa azienda è nata in trincea. All’inizio commercializzavamo prodotti privi di brand, ma con tanta qualità e con un buon servizio. Ci siamo sempre adattati al mercato. La nostra forza dipende dagli investimenti effettuati in produzione, qualità e rete vendita. Le nostre scelte poi si sono sempre più orientate sulla cosmetica e sul dietetico, anche a causa delle difficoltà burocratiche del farmaceutico». A differenza di molti vostri competitor, avete posto la stessa attenzione tanto sullo sviluppo, quanto sulla rete commerciale. M.B.: «La rete sul territorio è la nostra linfa vitale. Dobbiamo essere una risorsa reale per il farmacista. Dobbiamo seguirlo, studiarlo e, spesso, anche formarlo. In Italia il canale farmacia è sempre più “affollato”, pensiamo solo alle parafarmacie. La ricetta rende sempre
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cosmetici, permettono a moltissime attività di fare cassetta». CESARE BENEDETTI: «L’azienda promuove un’attività commerciale che mira a modernizzare l’atteggiamento del farmacista verso il suo cliente abituale. Il business si sta evolvendo, non è più legato alla ricetta del medico: la qualità, l’immagine, le preferenze d’acquisto, gli sconti aiutano a fidelizzare il cliente. Organizziamo da tempo corsi in azienda e in giro per l’Italia con l’obiettivo di insegnare a vendere determinati prodotti. I nostri agenti sono i primi consulenti della farmacia. Aiutano il farmacista a co-
Ci siamo sempre adattati al mercato. La nostra forza dipende dagli investimenti effettuati in produzione, qualità e rete vendita
Marta e Cesare Benedetti, Ida Filiaci
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INCREMENTO ANNUO MEDIO DEL FATTURATO DEL GRUPPO ZETA NEGLI ULTIMI TRE ANNI
gliere il suo mercato, che in ogni contesto è diverso. Noi non abbiamo i numeri delle multinazionali. Per questo puntiamo alla filiera corta, meno numeri, più persone. La comunicazione è diretta, con gli agenti, i farmacisti, i clienti. Le multinazionali pensano agli azionisti, noi investiamo gli utili in azienda. Anche questa è la forza del modello veneto». Marta, lei offre una visione più moderna all’azienda. Le capita di scontrarsi con le generazioni precedenti, con i suoi genitori? M.B.: «Io e mia madre abbiamo due
culture tecnologiche diverse, ma i principi fondamentali sono uguali e sono quelli che valgono per tutta l’azienda. Mia madre è ancora amministratore delegato e imparo da lei ogni giorno. Due sono i valori da rispettare sempre e comunque: il territorio e le persone». A questo proposito, cosa rappresenta il Veneto per la vostra impresa? M.B.: «Molto. Abbiamo ricevuto il sostegno del sistema creditizio e delle realtà locali. Le banche hanno sempre creduto in noi, nel nostro progetto. Questo perché siamo affidabili.
L’unico neo, se posso, sta nel fatto che riceviamo i pagamenti con tempistiche molto lunghe, talvolta facciamo da “banca” alle farmacie. Va detto che Zeta ha sempre investito quando tutti tiravano i remi in barca. Noi la pensiamo così: se non si pesca bisogna prendere la barca e spostarsi altrove, in cerca di altri pesci». Come è accaduto con la cosmesi? M.B.: «Certo. Tre quarti della nostra produzione è farmaceutica. Ma questi ricoprono solo un quarto del fatturato. Ripeto, bisogna saper diversificare». VENETO 2013 • DOSSIER • 17
IN COPERTINA
Marta Benedetti con il padre Cesare Benedetti e la madre Ida Filiaci www.zetafarm.it - www.zetafarmagroup.com
Come mai non realizzate prodotti rimborsabili dallo Stato? C.B.: «Cerchiamo di avere a che fare con il mercato e non con lo Stato. I tempi, i costi e la burocrazia renderebbero la cosa impossibile. Ecco perché ci focalizziamo su prodotti dietetici, integratori e cosmesi. Anche perché sono i prodotti con cui possiamo puntare all’estero».
Dunque siete interessati a incrementare l’export? M.B.: «Sì, ma specie per il cosmetico significa addentrarsi in un campo minato. Ogni Paese ha le sue regole e i canali sono diversi. Soprattutto in Europa inserirsi è molto difficile in quanto i mercati sono maturi. Stiamo tentando varie strade per portare il prodotto oltre confine, per
Nel farmaceutico e nel cosmetico sono richieste doti di attenzione costante e la capacità di esercitarla ripetutamente, tipiche di noi donne
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esempio i fermenti lattici in Croazia, Slovenia, Albania, Grecia e sporadicamente Portogallo, Malta e Paesi arabi». Parliamo del nuovo magazzino. Un investimento importante. M.B.: «Serve a soddisfare i nostri 8mila clienti. A gestire al meglio la logistica e mantenere la filiera corta. La nuova struttura sarà ampliamente tecnologica. La mia regola è che l’uomo deve essere impiegato quando non si può più impiegare la macchina. L’uomo deve usare la testa. La logistica sarà più rapida, automatizzata ed espanderemo anche la parte produttiva. Questo ci permetterà di ampliare la gamma dei prodotti e, di conseguenza, di espandere anche le ricerche sulle materie prime, anche per la cosmesi».
INDUSTRIA FARMACEUTICA
Un modello economico sano È stato eletto all’unanimità alla presidenza di Farmindustria per il secondo mandato. Massimo Scaccabarozzi ci spiega da cosa sarà caratterizzato questo biennio, quali le linee programmatiche della nuova squadra e le proposte per il futuro del settore Renata Gualtieri ell’assemblea del 3 luglio scorso, a un giorno dalla sua rielezione, sono arrivate le proposte di Farmindustria che Massimo Scaccabarozzi definisce «chiare e a costo zero per lo Stato». Queste le richieste: siglare un patto di stabilità di 3 anni senza modifiche del quadro normativo: le imprese del farmaco, infatti, negli ultimi 11 anni hanno subìto 44 manovre (4 solo nel 2012), «che ci hanno impedito di lavorare con tranquillità e dare una maggiore spinta all’economia di questo Paese»; un rapido accesso a nuovi farmaci e vaccini, alcuni medicinali arrivano in Italia anche con 2 anni di ritardo rispetto agli altri Paesi europei e sono disponibili solo in alcune regioni; superare la frammentazione sanitaria regionale, riequilibrando i poteri e le competenze tra Sta-
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to e regioni; una cabina di regia tra i ministeri della salute, dell’economia e dello sviluppo economico, con un ruolo attivo di quest’ultimo all’interno dell’Agenzia italiana del farmaco; eliminare i tetti per singolo farmaco e per classi terapeutiche, essendo la governance della spesa garantita dai tetti generali; infine, la necessità di garantire la libertà prescrittiva del medico nel rispetto dell’appropriatezza. Proposte che il Presidente Scaccabarozzi illustra nel dettaglio in questa intervista. A partire dall’iniziativa “Produzione di valore”. Qual è obiettivo che volete raggiungere? «È un tour nelle regioni italiane denominato appunto “Produzione di valore”, che ha l’obiettivo di far conoscere il settore e che ha nel titolo un duplice significato. Infatti, il nostro settore è composto da una serie d’imprese
che “producono valore” per il Paese in quanto, con i risultati della propria ricerca, generano salute attraverso una realtà “produttiva” assolutamente unica e appunto, di ”valore”. Rappresentiamo quindi un patrimonio che dovrebbe essere salvaguardato dallo Stato. Abbiamo 174 fabbriche, 63.500 occupati, di cui il 90 per cento laureati e diplomati, 5.950 addetti alla ricerca e sviluppo. Con un valore produttivo di 26 miliardi di cui il 67 per cento è rappresentato dall’export, e tra R&S e produzione investiamo 2,4 miliardi l’anno». Pagamento dei debiti della Pa nei confronti delle aziende. Qual è la situazione nel settore? «Il ritardo è ancora notevole perché ci pagano mediamente a 208 giorni, con punte di oltre 700, e abbiamo un credito totale di circa 4 miliardi; se
La farmaceutica è ai primi posti per produttività, competitività e intensità di ricerca e sviluppo
Il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi
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Massimo Scaccabarozzi
+44% CRESCITA DELL’EXPORT FARMACEUTICO NEGLI ULTIMI 5 ANNI. LA MEDIA NEL SETTORE MANIFATTURIERO È DEL 7%
pensiamo che l’investimento che lo Stato fa nella salute e nel farmaceutico è di 12 miliardi, vuol dire che il 30 per cento del nostro fatturato è bloccato dai debiti». È stato riattivato il “tavolo sulla farmaceutica”. Che importanza può rivestire? «Ha un’importanza considerevole perché solo lavorando tutti insieme si possono affrontare le questioni di politica industriale per dare risposte concrete, specie in un momento così delicato per il nostro Paese, assicurando il nostro contributo, cioè quello di un’industria economicamente sana». A luglio sono stati presentati gli indicatori farmaceutici. Quali dati emersi giudica positivi e quali meno? «La farmaceutica è tra i primi posti per produttività, competitività e intensità di ricerca e sviluppo. Pensiamo, ad esempio, che per la produzione in Italia siamo secondi solo alla Germania, se poi guardiamo agli ultimi 5 anni, cioè gli anni della crisi, l’export nostro è cresciuto del 44 per cento, ri-
spetto al 7 per cento della media manifatturiera. La spesa pubblica per medicinali in Italia è più bassa che nella media dei grandi Paesi Ue di oltre il 25 per cento ed è diminuita dal 2006 al 2012 del 3 per cento. Abbiamo un valore complessivo d’investimenti, stipendi e tasse pagate, pari a 13 miliardi, che è addirittura al di sopra della spesa farmaceutica in Italia (circa 12 miliardi), oltre a essere un settore molto competitivo per la presenza di tante risorse umane qualificate. I dati negativi, invece, sono principalmente dovuti alle manovre di contenimento della spesa, che hanno portato a perdere 11.500 posti di lavoro, un calo molto più grave rispetto a quello di altri Paesi». L’industria farmaceutica in Italia è la prima per impegno in ricerca. Quali i numeri a supporto di questi risultati e, date le difficoltà economiche, quali prospettive vede? «Nell’assemblea del 3 luglio scorso abbiamo presentato l’iniziativa L’orologio della vita, accompagnato dal-
lo slogan “vivere di più e meglio” per ricordare che, proprio grazie alla ricerca, ai nuovi farmaci e ai corretti stili di vita, l’aspettativa di vita aumenta di 3 mesi ogni anno, 6 ore al giorno e 15 secondi al minuto. Oggi possiamo sperare di vivere fino a 82 anni, 10 in più rispetto agli anni 70». Quali regioni rappresentano un modello da imitare? E in quali, invece, occorre cambiare rotta? «Molte regioni usano la farmaceutica per fare cassa ed è un peccato perché il settore ha una presenza importante in quasi tutte le regioni italiane. In Lombardia, ad esempio, abbiamo 100 aziende, 30 centri di ricerca e 30.000 addetti, a cui poi vanno aggiunti quelli dell’indotto. È così anche nel Lazio, in Toscana, in Emilia Romagna e nel Veneto, ma anche nel Sud. Noi rappresentiamo un modello economico d’incentivazione all’occupazione e agli investimenti sul territorio ma purtroppo le regioni questo fanno fatica a comprenderlo». VENETO 2013 • DOSSIER • 21
STRATEGIE
Sanità e Macroregione, le sfide del Veneto L’ingresso della Croazia nell’Unione europea e il nuovo piano socio-sanitario rappresentano alcune delle principali istanze che hanno interessato lo scenario regionale nell’estate 2013. Il commento del governatore Luca Zaia Francesca Druidi
Luca Zaia, presidente della Regione Veneto
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Luca Zaia
allone d’Achille nella governance, passata e presente, di molte regioni italiane, la sanità è uno dei temi di maggiore interesse per Luca Zaia, che molto si è speso per evidenziare la necessità di introdurre criteri, costi e fabbisogni standard a livello nazionale per ridurre i buchi e le inefficienze. A livello regionale, è stata inoltre avviata la riforma della sanità veneta e l’inaugurazione, avvenuta a fine luglio, di un punto di primo soccorso in Piazza San Marco a Venezia, ha offerto al governatore della regione l’occasione per ribadire che l’obiettivo della riforma è quello di portare “le cure vicino alla gente, laddove servono di più. Riorganizziamo, eliminiamo i rami secchi e investiamo sulla sanità moderna che, per prima cosa, deve esserci dove serve”. Quali i punti maggiormente innovativi del piano socio-sanitario regionale, in un’ottica strategica di gestione? «È una riforma epocale che arriva dopo 17 anni dall’ultimo piano socio-sanitario. È un’altra tappa
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delle riforme che questo governo regionale sta mettendo in campo per il Veneto e per i veneti, in quanto disegna un’organizzazione sanitaria moderna e capace di essere efficiente per vari anni a venire. Tra i tanti elementi innovativi del piano c’è il rafforzamento della sanità territoriale con la nascita degli ospedali di comunità e delle medicine di gruppo integrate per portare le cure più vicine ai cittadini; nessun taglio ai posti letto, ma una diminuzione di quelli per acuti a favore dell’attivazione di letti di comunità (il saldo è più 36), con conseguente aumento del numero di primariati, che passa dagli attuali 727 a 754; rafforzamento dell’urgenza-emergenza per dare risposta ai casi gravi entro la proverbiale “golden hour”; mantenimento di tutte le eccellenze attualmente presenti negli ospedali per acuti suddivisi in hub di riferimento europeo (le aziende ospedaliere di Padova e Verona), in hub di riferimento provinciali e in nosocomi “di rete”, tarati sull’assistenza di circa 200mila abitanti l’uno. Questi sono alcuni tasselli
di una riforma che disegna l’identità del futuro e che vuole mettere al centro il cittadino». La Croazia è ufficialmente entrata a fa parte dell’Unione europea. Quali sono le positive ripercussioni che si attende? «Sono da sempre favorevole all’ingresso della Croazia nell’Ue e mi sono battuto perché ciò accadesse. L’ho sostenuto con forza, anche quando ho assunto la presidenza dell’Euregio, auspicando che la macroregione con la Carinzia si allargasse presto proprio alla Croazia e alla Slovenia. Considero i croati fratelli di sangue. L’Istria croata parla veneto. Adesso il percorso che ci attende è quello che porta al rafforzamento dei legami che uniscono i nostri popoli, cercando di individuare quello che possiamo fare insieme e migliorando costantemente le nostre relazioni commerciali». La richiesta da parte della Regione di frenare la piena attuazione della libera circolazione dei cittadini croati in Italia può però rischiare di innervosire il dialogo tra i due paesi? VENETO 2013 • DOSSIER • 25
STRATEGIE
Ho scritto al presidente Letta con l’obiettivo di mettere sul tavolo un problema reale: quello della forza lavoro a basso costo che potrebbe arrivare dalla Croazia
«Il Veneto conta oggi oltre 150mila qui da noi, soprattutto per i nostri Giulia, Debora Serracchiani, pridisoccupati, il 25 per cento di disoccupazione giovanile e i Neet (termine che indica i giovani inattivi che non studiano né lavorano o si stanno formando, ndr) sono circa 122mila; in questo difficile contesto, è nostro compito tutelare i lavoratori dei nostri territori. Ho scritto al presidente Letta con l’obiettivo di mettere sul tavolo un problema reale: quello della forza lavoro a basso costo che potrebbe arrivare dalla Croazia in Veneto: si tratta di un potenziale fattore di criticità per chi cerca un’occupazione 26 • DOSSIER • VENETO 2013
giovani che hanno nelle attività stagionali ancora una temporanea alternativa occupazionale. Io continuerò a battermi perché questa opportunità di lavoro per i nostri ragazzi sia salvaguardata e perché sul versante del nostro mercato occupazionale non si riversi questo ulteriore fattore negativo e destabilizzante. Il primo no giunto dal governo alla libera circolazione, dopo il nostro appello, non ci basta: chiediamo che la moratoria sia estesa anche a stagionali e badanti». La presidente del Friuli Venezia
vilegia l’asse dell’Euregio alla creazione della macroregione. Cambia qualcosa nel piano di attuazione? «Rimango convinto che la vera sfida sia quella della macroregione, che non è un’operazione della politica. Essa è riconosciuta come soggetto giuridico sia a livello comunitario che nazionale. Ho sempre manifestato la mia piena disponibilità a dialogare con il Friuli Venezia Giulia. L’Euroregione non è altro che un allargamento della macroregione, che si estende così più a est».
Il quadro economico regionale
Una vocazione coniugata al futuro L’Italia prepara l’uscita dal tunnel. Prossima fermata, la ripresa. Che al momento viaggia in sordina. Al sistema produttivo nazionale, tuttavia, i punti di forza non mancano. A partire dal manifatturiero, su cui il Veneto scommette per rinascere Giacomo Govoni
opo una torrida stagione trascorsa sulla graticola della recessione, l’Italia è appesa all’alberello ancora gracile della crescita, in attesa che le ultime nubi diradino e arrivi la schiarita. Evento, peraltro, sulle cui tempistiche i principali “meteorologi della crisi” non paiono perfettamente allineati. Ci sono gli ottimisti, vedi il ministro Fabrizio Saccomanni, che nelle scorse settimane pronosticava i primi segnali di risveglio già a partire dal terzo trimestre (scongiurando il ricorso a manovre economiche di fine anno); i moderatamente ottimisti, come Confindustria, che sulla scorta dei dati elaborati dal suo centro studi, colloca le prime variazioni positive del Pil da ottobre in avanti; e i “pompieri”, come l’Istat, che spegne gli entusiasmi e accende i riflettori sui freddi dati: caduta dello 0,3 per cento del Pil nel secondo trimestre di quest’anno rispetto al trimestre precedente, variazione acquisita per il 2013 che scivola al -1,8% e ripresa
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nomico, Flavio Zanonato – perché stiamo lavorando su questo». Si tratta, spiega l’ex sindaco di Padova, di una richiesta «di per sé molto ragionevole, in quanto darebbe competitività al sistema, ma bisogna vederne la sostenibilità economica. Sono questioni di una notevole complessità, perché vanno a incidere sui conti dello Stato e dobbiamo vedere che margini abbiamo per poterle attuare». Le altre misure, al varo in autunno sotto il nome di “decreto del fare 2”, puntano a mettere le imprese italiane al passo con quelle d’Europa. «Lo faremo – sottolinea I PIANI DEL GOVERNO ancora Zanonato – agendo su capi«Riguardo all’Iva, è molto probabile toli sostanziali: abbassando il costo che a ottobre non aumenterà – ha af- dell’energia, favorendo il credito, infermato il ministro allo Sviluppo eco- tervenendo sul peso della fiscalità e più lontana. Una dinamica preoccupante, ma forse non così inattesa, visto che nella road map del Governo Letta al primo posto c’era il rientro delle emergenze. «Finora abbiamo usato il cacciavite», affermava pochi giorni fa il premier in riferimento ai provvedimenti varati fino al giro di boa, coinciso con la pausa estiva. Ora si dovrebbe entrare nella fase due che, tra le diverse misure in cantiere, comprende interventi significativi sui due fronti più “sospirati” dal sistema produttivo nazionale: l’Iva e il cuneo fiscale.
Nel prossimo triennio aumenteremo il fondo di garanzia per le imprese, portandolo da 2 a 5 miliardi
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STRATEGIE
Dobbiamo recuperare il carattere, la qualità e il genio di un sistema produttivo che si ispira al Rinascimento. La manifattura digitale sarà la nuova frontiera
semplificando la burocrazia. Inoltre,
aumenteremo il fondo di garanzia per le imprese, portandolo nel prossimo triennio da 2 a 5 miliardi». Azioni che l’esecutivo si augura possano incidere in maniera concreta sull’economia reale, che ristagna anche nelle aree tradizionalmente più discesa economica è stato finalmente superato. Nel confronto con competitive del nostro Paese. il trimestre precedente, infatti, i liVENETO, IL PUNTO ECONOMICO velli produttivi hanno segnato una Tra queste, c’è il Veneto, reduce da sostanziale stabilità, pari al +0,2 per un anno e mezzo di congiunture cento, mentre l’indicatore della pronegative. Una parabola discendente, duzione industriale ha registrato un interrotta solo in chiusura del se- rallentamento della caduta, attecondo trimestre di quest’anno. A standosi al -1,6 per cento. «Come certificarlo è l’indagine condotta dal avevamo constatato a fine marzo – portale Veneto Congiuntura che per ha commentato il presidente regiola prima volta dalla fine del 2011 nale di Unioncamere Alessandro torna a far segnare una variazione Bianchi – la sensazione è che le imdestagionalizzata di segno positivo. prese industriali abbiano iniziato a Non uno scatto roboante, ma quan- sperimentare una ripresa dell’attitomeno un segnale che il picco della vità economica. Che tuttavia non
deve trarre in inganno, perché l’inversione di tendenza, se si verificherà, non avverrà prima di fine anno». E che in fase di abbrivio, sfrutterà presumibilmente la scia delle aziende che hanno saputo tenere vivo il loro giro d’affari con i buyer esteri. A fronte, infatti, di una perdurante flessione del fatturato interno, sceso di un ulteriore 1,7 per cento fra aprile e giugno e determinato in primis dai settori del legno e mobile (-6,6%) e marmo, vetro e ceramica (-5,9%), il fatturato estero evidenzia un progresso dell’1,3 per cento, grazie soprattutto alle performance delle medie e piccole imprese (+1,9% e +1,8%). Le quali, per converso, scontano le maggiori sofferenze in termini di occupazione, con una perdita del 6,3 per cento contro il calo dell’1,2 per cento complessivo.
+1,3% LA CRESCITA DEL FATTURATO ESTERO DELLE AZIENDE VENETE NEL SECONDO TRIMESTRE, TRAINATO IN PARTICOLARE DALLE PMI, AL +1,8%
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Il quadro economico regionale
LE RICETTE DEGLI INDUSTRIALI
Non sorprende pertanto che la carica all’industria veneta suonata nelle scorse settimane da Matteo Zoppas, ponga l’accento in particolare sulla questione dimensionale, considerato un freno all’economia locale. «Vedo un problema di modello: solo pochi anni fa funzionava il detto “piccolo è bello”, oggi è tragicamente penalizzante. In secondo luogo, dobbiamo essere capaci di interpretare la nuova vocazione dei territori. A Venezia, per esempio, vuol dire che non molliamo un centimetro rispetto alla necessità di fare industria, sapendo però che servizi e turismo pesano il 70% dell’economia locale». Proprio la riscoperta del concetto di vocazione, richiamato dal numero uno degli industriali veneziani, può rivelarsi una delle chiavi di volta per il rilancio del sistema produttivo regionale. Caratterizzato dalla
-6,6%
presenza di quasi 1.400 IL CALO DEL FATTURATO INTERNO “best companies”, massime DEL COMPARTO DEL LEGNO E MOBILE espressioni dell’eccellenza TRA APRILE E GIUGNO DI QUEST’ANNO imprenditoriale veneta. Tra queste, oltre il 40 per cento appartengono a quel comparto ma- nelle catene mondiali della pronifatturiero per il quale il presi- duzione. «Dobbiamo essere in dente di Confindustria, Roberto grado di fare nostri questi struZuccato, prefigura un ruolo di lo- menti sapendo che il loro utilizzo comotiva nel cammino della ri- spingerà verso nuove forme di impresa. Purché i produttori che vi presa, tutte da inventare e da metoperano siano in grado nei pros- tere a punto. Il nostro mercato simi mesi di declinare le loro stra- deve essere il mondo». Una ricetta tegie secondo un nuovo para- nel segno del cambiamento che, digma. «Dobbiamo recuperare il come primo effetto, punta a sprocarattere, la qualità e il genio di un nare il mondo imprenditoriale vesistema produttivo e di una so- neto e a infondergli fiducia. Sencietà che si ispirano al Rinasci- timento ancora latente stando ai mento. Il “nuovo manifatturiero” rilievi di Veneto Congiuntura, che è questo. La manifattura digitale per il terzo trimestre registra sarà la nuova frontiera». Tre gli aspettative improntate al pessimielementi cardine che Zuccato in- smo da parte degli imprenditori, dica per uscire definitivamente dal con i valori più critici relativi a Medioevo: l’innovazione tecnolo- ordini e occupazione concentrati gica, il design e la capacità di stare nelle microimprese. VENETO 2013 • DOSSIER • 29
STRATEGIE
«O si fa sviluppo o si implode» Interventi di stabilizzazione patrimoniale nel breve periodo e fondi d’investimento allargati per progetti di ricerca a lunga gittata. Marialuisa Coppola illustra le iniziative della Regione a sostegno del sistema produttivo Giacomo Govoni o spirito imprenditoriale è un ingrediente che al Veneto non ha mai fatto difetto. Ma se nel corso degli anni il sistema economico regionale si è imposto come modello, lo deve anche a una stretta sinergia alimentata nel tempo fra aziende, istituzioni e lavoratori non sempre rintracciabile in altre aree. Un punto di forza a cui tutti gli operatori territoriali devono appellarsi, soprattutto oggi che la fotografia dell'economia veneta, scattata da Unioncamere al secondo trimestre 2013, registra sì un arresto di caduta, ma avverte come diversi indicatori - occupazione e mercato interno in primis - destino ancora preoccupazioni. «Per questo - spiega l'assessore regionale all'economia, Marialuisa Coppola abbiamo creato strumenti per informare delle opportunità messe in campo, fra cui una newsletter inviata a decine di migliaia di imprese, nonché il numero verde 800.177.750». Al contempo, però, ci sono da sciogliere nodi come quello occupazionale, in flessione dell'1,2 per cento su base annua, secondo Unioncamere. «La mera lettura dei dati, per lo più ancora negativi, deve essere accompagnata da una visione strategica del Ve-
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Marialuisa Coppola, assessore all’economia e sviluppo, ricerca e innovazione del Veneto
neto, almeno nel prossimo decennio. Un imprenditore investe, e quindi crea opportunità, se è convinto che il futuro, anche se non nell'immediato, disegnerà traiettorie di sviluppo. Quindi, come Regione stiamo lavorando su due livelli: nel breve periodo, con l'ampio utilizzo di ammortizzatori sociali quali la cassa integrazione guadagni in deroga, e con strumenti che favoriscono la liquidità alle imprese per esigenze di capitale circolante; nel medio periodo, con interventi strutturali che riguardano le infrastrutture di ricerca, gli investimenti per l'innovazione, il rafforzamento patrimoniale e la crescita culturale delle nostre imprese». Da qualche tempo la Regione ha annunciato l'attivazione di percorsi di finanza agevolata a favore delle imprese. Quali sono già operativi? «In collaborazione con la finanziaria
regionale Veneto Sviluppo, le banche e i consorzi fidi, abbiamo messo a punto importanti strumenti finanziari. Abbiamo allargato l'operatività dei fondi di rotazione di oltre 600 milioni di euro, includendo anche il microcredito e finanziamenti per esigenze di liquidità a breve, ad esempio nel caso di crediti non riscossi o di contratti che generano fabbisogni per l'acquisto delle materie per realizzare i prodotti. Ricordo anche un'iniziativa appena avviata, che facilita le garanzie concesse dai confidi attraverso operazioni di riassicurazione pubblica. Grazie all'effetto leva, si potranno attivare circa 750 milioni di euro di finanziamenti assistiti da garanzia. Consultando www.piucredito.veneto.it, appositamente creato, si trovano tutte le informazioni». Lei ha sempre messo in risalto il tema dell'innovazione come leva
Marialuisa Coppola
di rilancio del sistema produttivo regionale. Con quali iniziative regionali lo supportate? «La Regione negli ultimi due anni ha stanziato circa 17 milioni di euro per finanziare imprese che realizzino progetti di ricerca in collaborazione con università e laboratori pubblici e privati, incentivando così lo scambio di conoscenze tra mondo economico e accademico. Con Unioncamere e Confindustria abbiamo realizzato “Innoveneto”, portale online che consente la mappatura dei centri di ricerca sul territorio. Abbiamo, inoltre, istituito da poco, a favore delle pmi che innovano, contributi a fondo perduto e agevolazioni finanziarie con l'utilizzo di fondi di rotazione, con un plafond di circa 20 milioni di euro». A giugno si è ridotto il saldo attivo delle imprese, segno che a patire particolarmente la crisi sono i giovani. A livello regionale, ci sono strumenti che possano favorirne l'ingresso e la stabilizzazione nel mercato del lavoro? «Abbiamo molto a cuore i giovani e il loro futuro, che è poi il futuro della nostra società. Ecco perché da tempo è operativa una policy in favore di futuri imprenditori, attraverso il programma di formazione e informazione per l'imprenditoria giovanile e femminile. Una strumentazione “a sportello” che prevede un contributo in conto capitale, assieme a un finanziamento agevolato, e alcuni bandi finanziati con risorse comunitarie. L'ultimo, aperto a febbraio 2013, ha registrato in pochi giorni la richiesta di oltre 500 nuove imprese formate da giovani, per circa 14 milioni di contributi e 28 milioni di investimenti, cui abbiamo in breve dato risposta positiva. Anche la nuova programmazione europea 2014-2020 indivi-
17mln LA SOMMA STANZIATA NELL’ULTIMO BIENNIO DALLA REGIONE PER FINANZIARE IMPRESE CHE REALIZZINO PROGETTI DI RICERCA CON UNIVERSITÀ E LABORATORI
dua tra le azioni trainanti la creazione di nuovi posti di lavoro a favore dei giovani, anche per evitare la cosiddetta fuga dei cervelli». Come si riflette questa linea d'azione comunitaria sul vostro territorio? «Con iniziative di sostegno che mettono a disposizione oltre 5 milioni di euro risorse europee. L'ultimo bando, gestito a sportello, si è chiuso ad agosto e ha visto la presentazione di oltre 200 domande da parte di imprese. Ogni impresa ha avuto la possibilità di assumere un giovane ricercatore con un contratto di almeno 12 mesi per attività di ricerca. Considerato il successo di tale iniziativa, è in programma già per la fine di quest'anno lo sblocco di ulteriori risorse finanziarie per procedere con analoghe misure pensando
anche a forme contrattuali di più lunga durata». Tra le politiche adottate di recente dal governo, quali considera favorevoli al rilancio dell'economia? «È assolutamente prioritario abbattere il cuneo fiscale, nonché ridurre la tassazione sulle imprese. Ogni azione orientata alla ripresa economica è ben accetta, tuttavia ritengo che le politiche per le piccole imprese debbano essere attuate dalle Regioni, in un quadro di coordinamento, in quanto enti più vicini al territorio. Non ha senso che il governo metta in campo risorse, peraltro insufficienti per l'intero territorio nazionale, allo scopo di volerle gestire a livello centrale. Il Veneto ha già dimostrato di saper spendere le risorse assegnate in maniera veloce ed efficace: siamo pronti a svolgere un ruolo ancora più importante». VENETO 2013 • DOSSIER • 31
ASSET STRATEGICI
Un sistema innovativo La concorrenza del mercato si vince solo con la qualità, che passa da innovazione e ricerca. Veneto Nanotech, assicura il direttore generale Nicola Trevisan, soddisfa il bisogno di tecnologia che emerge dal territorio Renata Gualtieri
L Nicola Trevisan, direttore generale di Veneto Nanotech
e nanotecnologie ci stanno cambiando la vita, rivoluzionando ogni ambito del nostro quotidiano: dalla medicina all’energia, alle telecomunicazioni. Gli ambiti di impiego sono estremamente trasversali, e vanno dal settore biomedicale al tessile, dal packaging alle macchine industriali. Veneto Nanotech risponde alle esigenze delle aziende interessate alle potenzialità delle nanotecnologie in modo mirato. «La sfida maggiore, in questo momento – rivela il direttore generale Nicola Trevisan – è però riuscire a cooperare con le eccellenze industriali del nostro territorio – in modo da aiutarle a superare la concorrenza attraverso qualità e innovazione. Per il settore tessile, in particolare, le collaborazioni sono numerose e consolidate». Quali i progetti innovativi più interessanti che sta sviluppando Veneto Nanotech nei suoi laboratori? «Stiamo sviluppando degli speciali sensori per la rilevazione di metalli e metalloidi nelle acque, che hanno il vantaggio di poter essere inseriti in sistemi automatizzabili posti nei siti di interesse, che non richiedono quindi la presenza di un operatore. Un altro progetto molto interessante prevede lo sviluppo di un sistema per la pulizia dei beni culturali senza l’impiego di agenti chimici, attraverso una speciale torcia plasma atmosferico. Infine, recentemente abbiamo brevettato una macchina per il trattamento di fibre naturali e sintetiche, che permette di ri-
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sparmiare energia e non usare acqua né reagenti chimici durante la produzione di maglieria di lana lavabile in lavatrice e di tessuti con proprietà anti-pilling. Un risparmio analogo si verifica durante il processo di tintura». Veneto Nanotech come favorisce l’applicazione e l’utilizzo di soluzioni nanotecnologiche da parte dell’industria locale? «Veneto Nanotech non guarda solamente all’industria locale, ma anche all’Italia e all’estero. Uno dei nostri principali obiettivi è il trasferimento tecnologico, che perseguiamo proponendo alle aziende soluzioni ad hoc. Per questo, riceviamo le domande più disparate, legate soprattutto al miglioramento delle qualità e delle performance di prodotto e di processo, e cerchiamo- attraverso studi di fattibilità- di valutare costi e realizzabilità dei progetti. Il lavoro è svolto in stretta collaborazione con le aziende, per le quali stiamo diventando il punto di riferimento, almeno a livello nazionale, per quanto
Nicola Trevisan
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Oltre la metà delle aziende con le quali Veneto Nanotech collabora sono venete, a testimonianza del bisogno di tecnologia che emerge dal territorio
riguarda la ricerca applicata in ambito nanotecnologico. La migliore pubblicità sono i risultati ottenuti in quasi dieci anni di attività: collaborazioni con oltre 200 aziende e diverse università e centri di ricerca nazionali e internazionali, 20 brevetti, una conferenza internazionale, NanotechItaly, arrivata quest’anno alla sua sesta edizione e organizzata in collaborazione con Cnr e Iit». Durante l’appuntamento ha preso il via “Call for startup” all’interno dell’iniziativa “From the lab to the market”, dedicata alle nuove imprese e agli spin-off nel settore delle nanotecnologie. Che opportunità rappresenta? «Sappiamo per esperienza che le aziende che si occupano d’innovazione nel settore hanno bisogno di fondi e strumentazione ai quali difficilmente un’azienda giovane può accedere. Veneto Nanotech ha deciso quest’anno di mettere l’esperienza acquisita durante le 8 edizioni della startup competition “Nanochallenge&Polymerchallenge” al servizio di una preziosa vetrina per startup e spin-off organizzata all’interno di NanotechItaly 2013. Il contesto prestigioso e qualificato per la presenza di speaker e pubblico internazionale è un’occasione unica per far conoscere il proprio pro-
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getto, cercare finanziatori e partner industriali, oltre che per partecipare a una due giorni di formazione mirata, organizzata con la collaborazione di Intesa Sanpaolo startup initiative». Partendo da un osservatorio come il vostro, come giudica la capacità delle imprese venete d’innovare? «Il sistema veneto, composto com’è da imprese a conduzione familiare, che in molti casi sono note col nome di “multinazionali tascabili”, è sempre più aperto all’innovazione. I nuovi manager, consapevoli che la concorrenza del mercato si vince solamente con la qualità, sono sempre più attenti a dettare il passo dell’innovazione, che transita necessariamente dalla ricerca. Oltre la metà delle aziende che Veneto Nanotech ha incontrato e con le quali ha avviato una collaborazione dall’inizio del 2012 sono proprio venete, a testimonianza della curiosità e del bisogno di tecnologia che emerge dal territorio». VENETO 2013 • DOSSIER • 55
INTERNAZIONALIZZAZIONE
Due generazioni, di management e di prodotto uelli esteri si confermano i mercati più importanti per le aziende italiane che stanno crescendo. Testimone di questa tendenza è anche la Az Spa di Thiene, in provincia di Vicenza, che sviluppa il 100 per cento del fatturato esportando macchine utensili in oltre novanta paesi nel mondo, con mercati principali quelli di Cina, Corea del Sud, Stati Uniti e Polonia. «Il nostro core business – spiega Anna Pizzolato, membro del consiglio di amministrazione – è la progettazione e realizzazione di rettificatrici per alberi motore a gomito di grandi dimensioni. La tecnologia sviluppata negli ultimi 3 anni ci ha permesso di entrare in un nuovo campo in forte sviluppo; il mercato aerospaziale producendo macchine per la rettifica dei carrelli degli aerei. Negli ultimi cinque anni Az ha affrontato una fase cruciale, quella del cambio generazionale e di una riorganizzazione delle professionalità interne, processo che è stato accompagnato da investimenti e dalla ricerca di nuovi mercati. Alla fondazione, negli anni Settanta, la nostra azienda produceva una gamma molto ampia di macchine utensili di media tecnologia. Ma l’affacciarsi sul mercato di nuovi player, in
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Anna e Sarah Pizzolato, membri del consiglio di amministrazione della Az Spa di Thiene (VI) www.azspa.it
8 mln
80%
FATTURATO DI AZ SPA, SVILUPPATO ALL’ESTERO COMMERCIALIZZANDO IN OLTRE 90 PAESI NEL MONDO
QUOTA DI FATTURATO CHE DERIVA DALLA PRODUZIONE DI RETTIFICATRICI PER ALBERI A GOMITO
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Anna e Sarah Pizzolato raccontano il passaggio generazionale che le ha rese protagoniste nel nuovo corso della Az Spa, realtà thienese leader nella costruzione di rettifiche speciali Luca Càvera
particolare cinesi e indiani, ci ha spinto a innovare il prodotto e a specializzarci sulla nicchia delle rettificatrici con maggior contenuto tecnologico». Concentrare l’attività su una nuova tipologia di prodotto ha richiesto ad Az un importante investimento nella ricerca e sviluppo. «Da azienda strutturata – prosegue Anna Pizzolato – oggi siamo diventati una realtà più snella, però
Anna e Sarah Pizzolato
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L’affacciarsi sul mercato di nuovi player, ci ha spinto a innovare il prodotto e a specializzarci sulla nicchia delle rettificatrici con maggior contenuto tecnologico
sempre più internazionalizzata e, soprattutto, in amplissima parte rinnovata per quanto riguarda management e personale. Con l’avvio del passaggio generazionale, infatti, ho scelto di formare una mia squadra, formata da under trenta, in maggioranza donne, che portassero in azienda nuova linfa per affrontare al meglio le sfide che oggi il mercato ci pone. Infatti, per innovare è stato indispensabile sganciare dalle posizioni chiave il personale cresciuto all’interno della precedente impostazione dell’azienda. Per far questo e non appesantire il bilancio aziendale ho iniziato con l’usare gli strumenti dello stage e dei contratti interinali. In questo modo ho avuto modo di valutare sul campo le professionalità migliori, che poi sono entrate a far parte della mia squa-
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dra – siamo anche in costante collaborazione con i ricercatori della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Padova». Aver scelto di alleggerire la divisione produttiva a vantaggio della progettazione ha fatto sì che oggi quest’ultima rappresenti il vero cuore di Az. «Nel selezionare i nostri progettisti – spiega Anna Pizzolato in conclusione – ho seguito come criteri, oltre all’età e la padronanza dell’inglese, la capacità di lavorare in 3d e di realizzare rendering dei nostri progetti il tutto coordinato da una comunicazione precisa e aggressiva gestita da Sarah che ci accompagna nelle fiere di settore di tutto il mondo contribuendo, con un approccio a metà strada fra il tecnico e il commerciale, a promuovere le nostre soluzioni». VENETO 2013 • DOSSIER • 59
EXPORT
Il settore retail parla italiano Sinonimo di eccellenza qualitativa, il made in Italy sa ancora stupire e conquistare i mercati internazionali. Luigi Finco fa il punto sulla produzione e installazione di attrezzature complete per il settore del retail Emanuela Caruso
er quanto siano in molti, soprattutto in Italia, a credere che il made in Italy abbia ormai perso il suo potere competitivo e attrattivo, all’estero l’Italianità di un prodotto o di un servizio viene ancora riconosciuta come un’identità forte, fatta di tradizione, innovazione, genio creativo, capacità artigianali e inventive e, soprattutto, qualità. E proprio di un’italianità emblema di eccellenza la società Arneg, leader da 50 anni nella progettazione, produzione e installazione di attrezzature complete per il settore del retail, ha fatto il suo
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maggior punto di forza. Come racconta il presidente Luigi Finco: «La nostra società è nata in Italia e, nonostante una rapida espansione in tutto il mondo, è rimasta una realtà profondamente radicata alla cultura e ai valori del nostro Paese e in particolare della nostra terra, il Veneto. Abbiamo deciso sin dall’inizio dell’attività di realizzare solo attrezzature al 100 per cento italiane e portare oltre i confini nazionali i nostri prodotti, così da far conoscere a tutti la qualità esclusiva del made in Italy. E ci siamo riusciti, poiché oggi i mercati esteri ci apprezzano per la qualità e il design che
Luigi Finco
Luigi Finco, presidente della Arneg Spa, sita a Campo San Martino (PD) www.arneg.it
proponiamo loro attraverso i nostri articoli e per i supermercati realizzati con format particolari che in breve tempo sono diventati veri e propri punti di riferimento per il settore sia italiano che estero». La Arneg esprime il proprio attaccamento al territorio italiano anche attraverso una politica di salvaguardia dell’ambiente e di risparmio energetico. «Fedeli al principio di proporci come azienda “naturally innovative”, ovvero lanciata verso l’innovazione costante, già da diversi anni offriamo al mercato soluzioni e servizi volti al risparmio energetico. La cultura dell’ecosostenibilità ambientale e dei consumi elettrici è ormai parte integrante della nostra logica produttiva, e infatti non solo utilizziamo macchinari moderni in linea con tale filosofia di sviluppo intelligente, ma investiamo notevoli risorse nella ricerca e nello sviluppo di tecnologie sempre più d’avanguardia per noi e per il nostro bacino d’utenza». Vi siete da sempre impegnati per esportare il made in Italy e la sua eccellenza all’estero. Nello specifico, quanto incide l’export sul vo-
stro fatturato e da quali Paesi vi attendete i migliori riscontri in termini commerciali? «Attualmente, a livello di Gruppo, l’export incide per il 74 percento sul nostro fatturato complessivo. Per i prossimi tre anni, ci aspettiamo una notevole crescita nei Paesi emergenti, ma anche in alcuni Paesi europei dove ci sarà la possibilità di cogliere interessanti occasioni. Buoni riscontri però li otterremo sicuramente anche dal mercato italiano, sul quale abbiamo intenzione di consolidare maggiormente la nostra leadership». Quale bilancio si può trarre a seguito dell’attività della Arneg nel corso dell’ultimo biennio? «Quello sull’andamento della nostra attività è senza dubbio un bilancio positivo. Negli ultimi anni, infatti, ci siamo mossi in totale controtendenza rispetto alla media delle aziende italiane e, in particolar modo, delle imprese venete. Ciò significa che abbiamo rispettato il nostro piano di crescita continua, e che fattori quali flessibilità, organizzazione, focalizzazione sul cliente, solidità finanziaria e propensione all’innovazione ci hanno consentito di cogliere diverse opportunità VENETO 2013 • DOSSIER • 61
EXPORT
I SUPERMERCATI INNOVATIVI l nuovo punto vendita Coop di Novoli e il nuovo Eat’s Store di Verona sono solo due esempi degli innovativi format di supermercato progettati dalla Arneg all’insegna dell’eccellenza alimentare territoriale e della personalizzazione del servizio. Come spiega il presidente Luigi Finco: «l’obiettivo di queste strutture è quello di permettere al cliente di compiere scelte di qualità consapevoli. Per ogni Food store, personalizziamo i mobili e gli espositori, adattandoli allo stile del punto vendita e alle specifiche necessità della clientela. Nel caso dell’Eat’s Store di Verona, abbiamo creato isole tematiche dove l’acquirente possa acquistare il prodotto esposto, ma anche degustarlo in un ambiente confortevole; mentre per la Coop di Novoli, abbiamo sviluppato un percorso alimentare ispirato all’idea di “mercato cittadino”, dove addetti specializzati fanno conoscere agli utenti le eccellenze gastronomiche attraverso assaggi e degustazioni».
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quando invece tutti gli altri cominciavano a ri-
sentire degli effetti negativi della crisi economica». Quali sono state, in questo periodo, le maggiori criticità riscontrate sui mercati e quali aspetti aziendali della Arneg sono stati strategicamente rivisti al fine di fronteggiare al meglio la crisi? «I problemi maggiori che abbiamo riscontrato e che si riscontrano tuttora sono la mancanza di liquidità e la gestione del credito. Infatti, nonostante il continuo decremento della spesa ali-
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mentare, molti nostri clienti sarebbero pronti a investire, ma vengono bloccati dalle enormi difficoltà di accesso al credito. A questo, poi, si aggiungono i problemi legati ai pagamenti a 30 giorni – per i prodotti deperibili – e 60 giorni – per i prodotti non deperibili – diretta conseguenza dell’art. 62 della legge di conversione n.27 del 24 marzo 2012, che continua a mettere i bastoni tra le ruote non solo ai piccoli imprenditori, ma anche ai grandi gruppi della Gdo e della Do. Per fronteggiare al meglio questo periodo, ci siamo impegnati a cogliere ogni opportunità interessante offerta dal mercato e ad adattare alla situazione la nostra organizzazione interna. A livello produttivo, per esempio, siamo stati in grado di gestire con grande flessibilità le variazioni repentine delle richieste del mercato». Con quali novità vi presenterete sui mercati del 2014? «Le novità della Arneg verranno presentate alla Fiera Euroshop del 2014, a Düsseldorf. In previsione di questo evento, stiamo lavorando allo sviluppo di soluzioni espositive innovative in grado di tener conto delle esigenze dei clienti, esigenze che cambiano di pari passo ai cambiamenti sociali odierni. Le parole d’ordine che accomuneranno le novità del prossimo anno saranno innovazione, tecnologia, design e risparmio energetico». Quali aspettative avete circa il futuro andamento del mercato e, in particolare, della vostra azienda? «Per il futuro, ci proponiamo di continuare sulla strada che abbiamo intrapreso in questi anni, ovvero quella di realizzare prodotti italiani secondo una filosofia di lavoro italiana, far apprezzare ai dinamici mercati esteri il nostro made in Italy e proporci come leader nel settore delle attrezzature per retail. Inoltre, perseguiremo obiettivi di crescita, cercheremo di anticipare le criticità, come abbiamo sempre fatto, e saremo sempre pronti a evolvere insieme al mercato. In questo modo, siamo sicuri di poter mantenere la crescita di gruppo che abbiamo previsto, e ci siamo imposti, per i prossimi anni».
EXPORT
L’Italia è anche un valore aggiunto Italia è una nazione straordinaria. Nonostante tutte le difficoltà date da un sistema politico, burocratico e istituzionale paralizzante trova in sé sempre le forze e le capacità per rimanere competitiva a livello mondiale». È questo il pensiero di Filippo Pancolini, amministratore delegato della Cib Unigas, affermatasi nel corso dell'ultimo quarantennio come azienda fra le più attive nel campo della progettazione, produzione e commercializzazione di bruciatori per uso civile e industriale. Un’azienda con l’80 per cento del fatturato proveniente dall’estero ma con una forte volontà di mantenere produzione e ricerca in Italia. «In Ita-
«L’
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Le capacità professionali del nostro Paese sono ancora considerate le più competitive a livello mondiale. Un know how che ha permesso alla Cib Unigas di espandersi in tutto il mondo. La parola a Filippo Pancolini Marco Tedeschi
lia possiamo trovare un’altissima preparazione. Proprio in questo periodo stiamo ricevendo moltissime richieste di figure altamente specializzate, che per effetto della crisi non trovano sbocchi adeguati. Queste sono risorse importantissime, che dimostrano quanto ancora siano forti le competenze in Italia. Il rischio è che se queste figure non trovano spazio in tempi ragionevoli si perdano competenze che in futuro saranno difficilmente reperibili. Per questo abbiamo da sempre investito nell’istruzione dei nostri tecnici e operatori, non solo per la progettazione e produzione dei bruciatori, ma anche per l’assistenza dei nostri prodotti in tutto il mondo. La qualità infatti va vista a 360 gradi; non è solo data dall’affidabilità del prodotto ma anche dalla sicurezza di avere alle spalle una società che garantisce un servizio pre e post vendita puntuale e professionale». Una qualità data anche dal fatto di poter far affida-
Filippo Pancolini
Cib Unigas si trova a Campodarsego (PD) www.cibunigas.com
mento su un’impresa di tipo familiare. «L’approccio familiare non lo considero come un aspetto limitante o in contrasto con la strategia rivolta a internazionalizzare un prodotto o una società; numerose aziende, anche molto più grandi di noi, mantengono una forte connotazione di stampo familiare pur essendo fortemente orientate all’estero. Questo non solo trasmette al mercato un profondo senso di appartenenza e di solidità, ma permette di condividere strategie forti e condivise all’interno del gruppo familiare, oltre che a garantire una continuità nel tempo». Tra le strategie forti c’è sicuramente quella di puntare sempre sulla ricerca. «La ricerca è uno dei fondamenti del nostro fare impresa; sulla quale investiamo mediamente, ogni anno, circa il 6 per cento del fatturato. Il nostro nuovo centro R&D, di oltre 3000mq, è al momento in Italia il più avanzato e grande nella ricerca dedicata a nuove soluzioni per tutti i tipi di bruciatori. Siamo quindi in grado di accogliere anche le più particolari richieste del cliente, avendo come obiettivo il miglioramento dei rendimenti e delle emissioni, ma soprattutto il soddisfacimento delle richieste più "speciali". Con oltre 600 modelli diversi di bruciatori e un lead time che consente di passare dal progetto alla produzione in 4-6 settimane anche per il prodotto più particolare, abbiamo nella flessibilità il nostro principale vantaggio competitivo». Vantaggio dato anche dalla possibilità di sfruttare un personale altamente qualificato. «Le competenze e le capacità professionali sono condizioni necessarie ma non sufficienti nel dare a un prodotto un’anima. Serve il knowhow; esperienza al servizio dell’azienda, sensi-
Il nostro nuovo centro R&D, di oltre 3000mq, è al momento in Italia il più avanzato nella ricerca dedicata a nuove soluzioni per tutti i tipi di bruciatori
bilità tecnica e professionale nel trovare soluzioni più efficienti ed efficaci. Spesso siamo noi stessi che forziamo l’acquisizione di questo know-how accettando ordini che rappresentano sfide a dir poco impegnative, ma che ci “obbligano” a metterci in gioco per trovare nuove soluzioni e a spingerci verso traguardi sempre più ambiziosi. Se da questo punto di vista riteniamo fondamentale mantenere in Italia questa eccezionale fonte di valore, che sono il "cuore e il cervello" dell'azienda, dall’altra non escludiamo che in futuro, per esigenze dovute ai crescenti costi legati a un sistema Italia altamente inefficiente e burocratizzato, si possano trovare soluzioni produttive all’estero. Oltre alle nostre società controllate in Uk e Cina – conclude Pancolini - stiamo infatti per costituire una società commerciale con magazzino in Russia e una società per la produzione di una parte dei nostri prodotti standard a basso valore aggiunto in Turchia». VENETO 2013 • DOSSIER • 65
EXPORT
Direttive, investimenti e certificazioni Oggi è necessario investire e certificarsi per garantire la qualità richiesta dal mercato. Renato Randon fa il punto sulle componenti per il settore della refrigerazione e del condizionamento Emanuela Caruso
Renato Randon, titolare della Cfi Srl di Alonte (VI) www.cfi-refrigerazione.it
66 • DOSSIER • VENETO 2013
rivolta a chi produce apparecchi a pressione la Direttiva 97/23/CE, anche detta Ped, emanata dall’Unione Europea che prevede la conformità a requisiti essenziali di sicurezza di tutti gli impianti e le attrezzature che operano a una pressione massima ammissibile superiore a 0,5 bar relativi. Come tutti i fabbricanti di apparecchi a pressione, anche la società Cfi, che dal 1988 produce componenti per il settore della refrigerazione e del condizionamento, ha dovuto ottemperare ai limiti imposti da questa legge. «In conformità alla normativa – spiega Renato Randon, titolare dell’impresa – abbiamo investito sull’acquisizione di un impianto automatico per la realizzazione di cartelle per tubazioni in rame. Questa nuova lavorazione andrà a sostituire le comuni cartelle in Aisi, garantendo ottimi coefficienti meccanici dell’assieme e diminuendo in maniera significativa il rischio legato alle lavorazioni di collegamento parti. In altre parole, lo sviluppo di questo nuovo processo di cartellatura ci permetterà di ottenere valori superiori agli standard qualitativi richiesti». Su quali altri aspetti fondamentali sta investendo attualmente la Cfi? «Gli investimenti che stiamo portando avanti riguardano più fronti. Da un lato, stiamo strutturando un flusso di rintracciabilità e
È
Renato Randon
25% EXPORT QUOTA DEL FATTURATO CHE DERIVA DALLE ESPORTAZIONI. OBIETTIVO FUTURO È L’INCREMENTO DI QUESTA PERCENTUALE
tracciabilità di materiali, operatori e spedizioni che ci garantisce la più completa conformità alle normative richieste dalla Comunità Europea per la commercializzazione di recipienti in pressione. Infine, investiamo in maniera costante su cicli produttivi e impianti che siano rispondenti alla necessità di ridurre l’impatto che il ciclo di lavorazione ha sull’ambiente. La tutela dell’ambiente è un argomento che ci sta molto a cuore». A quale esigenza rispondono queste scelte? «Essere più performanti a livello di servizio in un mercato che tende sempre di più a frazionare i lotti di acquisto e i tempi di fornitura. Il nostro portfoglio ordini è rappresentato oggi da circa 150 clienti e gestiamo circa 45mila articoli con un lead time di produzione medio di 5 giorni lavorativi. Abbiamo così adottato una filosofia lean, che ha ridotto drasticamente i tempi di produzione – il lotto medio è di circa 1,6 pezzi. Stiamo investendo in maniera importante su verticalizzazioni molto spinte del sistema informatico, per garantire risposte sempre più performanti alle richieste dei nostri clienti principali. Attualmente il nostro organico è di circa 80 persone, e ci riempie di orgoglio il fatto di avere un turn over prossimo allo 0».
Quanto esportate? «Il nostro fatturato estero diretto, oggi, è pari a circa il 25 per cento del fatturato totale, e, non ancora del tutto soddisfatti, stiamo implementando il settore commerciale per riuscire a penetrare maggiormente in quei Paesi che potrebbero rappresentare un traino fondamentale per i prodotti della Cfi. Per il futuro, inoltre, abbiamo in previsione l’ampliamento produttivo della nostra fabbrica in Repubblica Ceca, per formare una testa di ponte strategica per i mercati dell’Est Europa». Quanto è importante per un’azienda come la vostra dimostrare di essere certificati su più fronti? «È essenziale per avere gli standard qualitativi e di servizio ai livelli richiesti dal mercato, ragion per cui non soltanto vantiamo varie certificazioni, ma in base a esse formiamo costantemente il nostro personale. Attualmente, abbiamo ottenuto le certificazioni Uni En Iso 9001:2000, En Iso 14001:2009 e Bs Ohsas, e stiamo concludendo il processo di stesura del modello organizzativo 231. Senza contare che, ovviamente, tutti i nostri operatori sono forniti di certificazioni di saldobrasatura in ottemperanza alle richieste della Direttiva 97/23/CE». VENETO 2013 • DOSSIER • 67
EXPORT
Impianti industriali, criticità e prospettive Il mercato italiano è stagnante, ma può ancora regalare soddisfazioni se si ha la costanza di stimolarlo con prodotti innovativi e su misura del cliente. L’analisi di Renzo e Francesco Scavini Emanuela Caruso
n Italia, ormai già da alcuni anni, riuscire a installare nuovi impianti industriali è diventato difficile. A penalizzare le piccole e medie imprese, infatti, troviamo non soltanto le difficoltà che si incontrano nell’accedere al credito, ma anche e soprattutto le lungaggini burocratiche: per l’installazione di un nuovo impianto è necessario aprire pratiche di autorizzazione che durano più di un anno, contro i circa 90 giorni necessari in altri Paesi. Non c’è quindi da stupirsi se si verificano continui rallentamenti o addirittura blocchi dell’esecuzione dei lavori e se nel centro-sud d’Italia, eccezion fatta per Toscana e Marche, il mercato si sia quasi del tutto azzerato. Malgrado la difficile situazione, però, c’è ancora chi ritiene che operare nel mercato italiano sia basilare. Ne è un esempio la Savim Europe, società impegnata nel settore della produzione di impianti industriali di verniciatura. «Nonostante il 60 per cento del nostro fatturato – commenta Francesco Scavini, amministratore dell’impresa – derivi dalle esportazioni, il 40 per cento restante lo maturiamo ancora oggi sul
I
La Savim Europe Srl ha sede ad Arbizzano (VR) www.savim-europe.com
+ 27% FATTURATO REGISTRATO ALLA FINE DEL 2012, TREND CHE SI STA MANTENENDO ANCHE NEL 2013 68 • DOSSIER • VENETO 2013
mercato nazionale, in particolare settori trainanti quali metallurgico, meccanico, ferroviario e materiali compositi. Grazie a entrambi i mercati, nel 2012 abbiamo concluso l’anno con un incremento del fatturato di circa il 27 percento e nel primo semestre del 2013 siamo già riusciti a confermare il trend di espansione e crescita». A rendere competitiva, sia in Italia che all’estero, la Savim Europe è anche una filosofia aziendale centrata sul cliente. Renzo Scavini, responsabile commerciale, spiega, infatti, che: «alla base della filosofia aziendale c’è da sempre la consapevolezza di non essere
Francesco e Renzo Scavini
un semplice fornitore per il bacino d’utenza, ma di proporci come un partner tecnologico, che punta ad ampliare e migliorare la struttura tecnica e produttiva per essere in grado di rispondere in maniera efficiente, puntuale ed efficace alle esigenze in continua evoluzione del mercato della finitura e alle richieste specifiche di ogni singolo cliente. Per tali ragioni, offriamo soluzioni tecnicamente ottimizzate ed economicamente valide». Renzo Scavini aggiunge anche che: «la progettazione ricopre un ruolo fondamentale nella nostra attività, perché ogni impianto deve essere d’avanguardia e deve dimostrarsi al top per prestazioni, materiali e componenti utilizzati. Inoltre, fa parte della nostra cura del cliente anche il saper rispondere a domande quali “A quanto ammonteranno i costi di gestione dell’impianto?”, quindi dobbiamo saper riferire agli utenti, in modo preciso, quali saranno i costi dell’utilizzo e del mantenimento dell’impianto». Le idee e i progetti della Savim Europe
Nonostante le difficoltà, è importante continuare a investire sul mercato italiano
sono molto chiari, così come i propositi e le aspettative per il futuro prossimo che attende l’azienda veronese. «Grazie a più di duemila impianti realizzati – concludono Francesco e Renzo Scavini – la nostra azienda può vantare solide radici sul mercato italiano e proprio questo ci ha consentito di raggiungere un posto di rilievo sia a livello nazionale che internazionale. Tenendo presenti gli ottimi risultati ottenuti finora, rimaniamo proiettati verso il mercato estero, in cui abbiamo intenzione di sviluppare competenze commerciali e tecniche di una certa rilevanza. Ci auspichiamo, per il futuro, di ampliare ancor più il nostro raggio d’azione, instaurare nuovi rapporti di collaborazione e trovare nuovi partener. Per quanto riguarda il reparto tecnico, infine, ci impegniamo a rimanere all’avanguardia sia a livello tecnico che di installazione, e a farlo anche attraverso la formazione costante del nostro personale. Proprio nella formazione stiamo investendo parecchie risorse, tanto nell’ambito della progettazione quanto in materia di sicurezza sul luogo di lavoro». VENETO 2013 • DOSSIER • 69
EXPORT
Tuteliamo la maglieria italiana «L’Italia deve ricominciare a credere nella forza del made in Italy e nel potenziale dei giovani per far ripartire il mercato. Solo così potrà vincere la concorrenza dei Paesi emergenti». L’esperienza di Daniele Volpato Emanuela Caruso
sportare il 90 per cento della produzione è senz’altro un vanto, ma allo stesso tempo ci rende consapevoli dell’attuale situazione italiana del settore della maglieria». Con queste parole, Daniele Volpato, titolare della società Volcar, introduce un argomento delicato come quello del mercato tessile italiano, in costante contrazione, sia degli addetti che dei volumi, da circa vent’anni. «La maglieria prodotta in Italia ha subito innumerevoli perdite, in particolar modo dovute allo spostamento delle produzioni in Paesi in cui il costo del lavoro è decisamente più basso, ne sono un esempio Romania, Tu-
«E
nisia e Cina. In totale controtendenza con tale fenomeno, noi della Volcar abbiamo deciso di affrontare e vincere la scommessa dell’internazionalizzazione, e investendo e affinando il prodotto siamo riusciti a inserirci in quella nicchia di mercato della maglieria di alta qualità che, pur rimanendo in Italia e producendo in Italia, è in grado di far apprezzare il made in Italy tanto sul nostro territorio che su quello estero: esportiamo il 90 per cento dei prodotti in Francia, Belgio e Germania». E per resistere alla concorrenza internazionale e rimanere tra i protagonisti della maglieria, all’Italia non resta che puntare sulla qualità, concentrandosi su creatività, ricerca, investimenti e formazione del personale. Una strategia questa che, a detta di Daniele Volpato, funziona. «Dando particolare attenzione alla qualità – spesso tralasciata dai cosiddetti Paesi emergenti – e alla formazione continua del personale siamo riusciti a registrare un’ottima crescita di circa il 10 per cento in termini di pezzi prodotti e fatturato anche negli anni più
90%
PERCENTUALE DI CAPI DI MAGLIERIA CHE LA VOLCAR SPA ESPORTA IN FRANCIA, BELGIO E GERMANIA. IL RESTANTE 10 PER CENTO È DESTINATO AL MERCATO NAZIONALE 70 • DOSSIER • VENETO 2013
Daniele Volpato
La Volcar Spa si trova a Brendola (VI) www.volcar.it
bui di questo periodo, ovvero 2011 e 2012. Questo ci fa ben sperare anche per il 2013, il cui obiettivo è sicuramente mantenere il trend positivo sui volumi e il fatturato». I punti di forza su cui la Volcar farà perno per raggiungere i traguardi prefissati per il 2013 sono molti. «Tra gli ingredienti che sin dalla nascita della nostra impresa, avvenuta oltre sessant’anni fa, ci hanno permesso di raggiungere il successo e soddisfare sia le griffe che i clienti finali – commenta Daniele Volpato – ci sono la passione per il nostro lavoro, e la volontà ferrea di continuare nella tradizione del buongusto; la qualità dei prodotti, che significa lavorazioni sofisticate, cura delle rifiniture nella confezione, vestibilità impeccabile, rapidità nella consegna e nei servizi per battere la concorrenza asiatica; e l’affidabilità, unico metodo per fidelizzare la clientela. Ma altri dei nostri punti di forza sono sicuramente la ricerca continua di nuove tecniche, materiali e forme, la curiosità che ci spinge a esplorare nuovi orizzonti, e la formazione e l’aggiornamento delle competenze di tutti coloro che lavorano per noi, sia internamente che esternamente». E proprio quella di tramandare le conoscenze acquisite in tanti anni di attività è una prerogativa assoluta per la
Tramandare ai giovani “l’arte della maglieria” è essenziale per ridare linfa vitale a un settore messo a dura prova da tanti anni
Volcar, da sempre attivamente impegnata nell’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. «Mettiamo a disposizione dei giovani – conclude Daniele Volpato – il nostro tempo e il nostro know how perché siamo convinti che solo grazie a loro il nostro prezioso mestiere avrà di nuovo un futuro solido e redditizio. Per questo motivo, diamo la possibilità ad alcuni ragazzi che si distinguono per impegno e passione di frequentare stage settimanali volti a insegnar loro “l’arte della maglieria italiana”, che nonostante le condizioni avverse del mercato, resta sempre la più apprezzata nel mondo». VENETO 2013 • DOSSIER • 71
EXPORT
Arte orafa vicentina Una grande propensione all’artigianalità e alla creatività, unita a tecnologie all’avanguardia, ha permesso all’export dell’oreficeria di tornare su segnali positivi. Soprattutto nel distretto vicentino. Ne parliamo con Romeo Salin Marco Tedeschi
export del gioiello e dei prodotti dell’arte orafa made in Italy sta finalmente registrando segnali positivi. Dopo due anni in negativo, il secondo trimestre 2013 registra un risultato positivo per le esportazioni italiane di gioielleria che sono cresciute rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente sia in valore (+6 per cento) che in quantità (+2,6 per cento). «E, in questo quadro - conferma Claudia Piaserico, presidente vicentina degli orafi di Confidustria - il distretto vicentino fa addirittura meglio». Il distretto vicentino può vantare infatti una grande storia nel settore, tanto da essere considerata la capitale mondiale dell’oreficeria. È qui che è nata Salin, che quest’anno festeggia il sessantesimo anno di attività, e si occupa di produzione di preziosi per orologi d’alta gamma. Una fusione di artigianalità, creatività e tecniche d’avanguardia che hanno permesso all’azienda di crescere costantemente. «Il bilancio dell’esercizio corrente – spiega Romeo Salin - è positivo. Con un +5 per cento sui ricavi e un incremento a due cifre sulla marginalità, possiamo pertanto dirci molto soddisfatti. Stiamo anche realizzando un piano d’investimenti pari al 10 per cento del fatturato annuo: una percentuale significativa, ma assolutamente neces-
L’
Romeo Salin della Salin di Vicenza www.salin.it
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saria per chi, come noi, vuole fare vera innovazione. Questo impegno ci ha permesso di razionalizzare i processi, migliorarne l’efficienza e la redditività, esplorare nuove aree di sviluppo nell’utilizzo dei materiali e nell’ideazione di nuovi prodotti». Quali sono le realtà a cui vi rivolgete? «I principali marchi svizzeri dell’alta orologeria sono il nostro mercato naturale in quanto sede di tutti i brand dell’orologeria, ma copriamo anche altri settori attinenti all’haut de gamme in Fran-
10%
L’AMMONTARE DEL FATTURATO CHE OGNI ANNO SALIN RISERVA AD INVESTIMENTI
Romeo Salin
cia e in Italia. Questi due Paesi sono importanti per tutto l’indotto legato al settore moda, e il mercato giapponese è sempre un punto di riferimento. Con la Cina abbiamo interessanti contatti commerciali che puntiamo a trasformare in clienti regolari». Come si coniuga la sapienza artigianale con le nuove tecnologie a disposizione? «Le competenze e la maestria della lavorazione artigiana oggi hanno sempre più valore all’interno del nostro processo industriale. Se da un lato il contenimento dei costi spinge all’innovazione tecnologica, dall’altro la continua formazione del personale per il potenziamento delle abilità d’analisi dei processi oltre che manuali apre a orizzonti sempre nuovi in termini di creatività, tecnica e qualità. Le persone e l’eccellenza della manodopera sono sicuramente tra i valori portanti della nostra filosofia aziendale. Inoltre, stiamo facendo ricerche su nuove leghe di metallo nobile e su tecnologie che garantiscano il migliore controllo dei prodotti e la meccanizzazione delle fasi produttive. Abbiamo già definito le aree d’investimento per il prossimo triennio per automatizzare alcune fasi oggi manuali». Voi utilizzate il Gar. Di cosa si tratta? «Il Gar è uno strumento di consultazione che permette al cliente di conoscere esattamente gli
I principali marchi svizzeri dell’alta orologeria sono il nostro mercato naturale
standard di processo e di controllo: dall’ideazione alla produzione, fino all’evasione dei prodotti. È fondamentale per conoscere il cliente e, a nostra volta, farci conoscere da lui, fargli vedere come operiamo, in totale trasparenza e accordo. Questo ci permette di lavorare nel modo più fluido e veloce possibile. In questo modo evitiamo attese o lunghe procedure di autorizzazione, che invece sono già contenute nel documento e sono tacitamente accettate dal cliente al momento della conferma dell’ordine». Quali sono le prospettive e gli obiettivi per il medio e lungo periodo? «Intendiamo ampliare la rosa dei brand che, a causa di mutamenti nello scenario economico, a breve avranno bisogno di nuovi fornitori in grado di offrire prodotti di altissima qualità. Gli obiettivi che ci poniamo sono di presidiare il mercato in modo strategico per poter intercettare la nuova ondata di richieste, e allo stesso tempo farci trovare pronti con un’azienda snella ed efficiente, in grado di realizzare i prodotti in linea con le specifiche del cliente». VENETO 2013 • DOSSIER • 73
TECNOLOGIE
Ict, il mercato è stato deregolamentato Il decreto del fare ha liberalizzato il mercato per dare una spinta all’economia. In realtà è stato deregolamentato un settore tecnologico strategico. Fabrizio Gatto evidenzia i punti critici Luca Càvera
l decreto del fare ha liberalizzato le modalità di accesso alle wifi degli esercizi commerciali. Tuttavia, con l’abrogazione del decreto ministeriale 314 del 1992 – che regolamentava l’attività delle imprese che operano su reti e sistemi fonia-dati-video interconnessi alla rete pubblica – è avvenuto un altro cambiamento significativo. Quest’ultimo, però, diversamente da quanto è successo con la questione wifi, non è stato considerato notizia dai principali media nazionali. «Il Dm 314 imponeva una specifica autorizzazione per le imprese Ict, definendo quelle in possesso dei requisiti tecnicoorganizzativi ed economico/finanziari per operare su qualsiasi rete informatica connessa alla rete pubblica. Con l’approvazione del decreto del fare, invece, non è più necessaria l’autorizzazione e potenzialmente qualsiasi tecnico, a prescindere dalla sua competenza, può intervenire». Prendendo atto di questa situazione, Fabrizio Gatto, responsabile commerciale della Comitel di Verona – system integrator specializzato nella progettazione e realizzazione di sistemi di comunicazione, trasmissione dati e sicurezza informatica sul territorio nazionale ed estero –, si fa portavoce della delusione di larga parte del settore Ict. Infatti, se da tempo gli addetti ai lavori chiedevano un intervento migliorativo su una normativa obsoleta rispetto all’attuale scenario dell’informatizzazione, non era certamente questa la direzione auspicata. «Si è cercato di far
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passare il concetto che liberalizzando il mercato si dà una spinta all’economia, in realtà è stato deregolamentato un settore tecnico strategico. Adesso chiunque, anche un semplice elettricista senza esperienza e senza formazione, improvvisando, potrà proporsi ad aziende ed enti, fino a concorrere a bandi pubblici per la realizzazione
Fabrizio Gatto, responsabile commerciale della Comitel Srl di Verona www.comitel.com
Fabrizio Gatto
di infrastrutture di comunicazione anche molto complesse. Fino a ieri, questi lavori potevano essere affidati solo ad aziende certificate con personale (Periti ed Ingegneri) del settore specifico. Adesso non esiste più nessuna garanzia e la concorrenza al ribasso, favorita anche dalla scarsa liquidità dei committenti, farà il resto». Si assiste così alla vanificazione degli investimenti in tecnologia e formazione fatti dagli operatori Ict negli ultimi decenni, che subiscono una svalutazione del proprio know how. Perché un comportamento tanto irrazionale da parte del legislatore? «Dietro questa “riforma” c’è stata l’attività di lobbying di associazioni di categoria influenti, che contano decine di migliaia di iscritti – mentre la nostra Assotel conta appena 1.500 associati. Si tratta di elettricisti e piccoli artigiani, partite Iva e microimprese che non hanno qualifiche nel campo delle telecomunicazioni e che in nome della libertà del mercato hanno chiesto e ottenuto l’abrogazione di una legge che creava regole». Come sta reagendo il settore Ict a questa nuova situazione? Comitel intende proseguire con la propria azione volta a creare aggregazione fra le imprese, che ha lo scopo di fare rete per incrementare specializzazione e know how. «È una strategia che abbiamo intrapreso già da tempo e si è rivelata vincente sul mercato. Con la nostra attività di system integrator non potremmo ap-
Con l’approvazione del decreto del fare non è più necessaria l’autorizzazione e potenzialmente qualsiasi tecnico, anche incompetente, può intervenire
procciare numerosi lavori se non con l’appoggio di aziende che hanno risorse specializzate su determinate tecnologie. Quindi stiamo cercando di trasformare quelle che attualmente sono delle sinergie occasionali in qualcosa di organizzato. Fra le aziende e i professionisti con i quali stiamo collaborando ci sono Alba St, penetration test, specialisti della sicurezza informatica anche in ambiente forense; ingegner Alessandro Bissoli, consulente in direzione e organizzazione dei sistemi Ict; Df Due, azienda di progettazione e realizzazione di impianti elettrici industriali MT/BT e sistemi di automazione industriale; Infogest, che fornisce servizi personalizzati di cloud, disaster recovery e virtualizzazione; Intesys Networking per i servizi di web marketing digitale, portali web e videoconferenza; e Office Automation per la gestione documentale e razionalizzazione green del parco stampanti aziendale. Le sinergie con questo gruppo ci hanno recentemente consentito di acquisire importanti clienti nel settore industriale tessile e associativo».
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TECNOLOGIE
L’Italia investe nel Cloud computing Il settore informatico e tecnologico sta vivendo in Italia una vivace ripresa. Anche le Pmi investono con convinzione. Facciamo una panoramica del mercato con l’amministratore delegato di Eniac Lorenzo Brenna
andamento del mercato dell'information and communication technology aveva registrato nel 2012 una flessione del 3,4 per cento rispetto al 2011. Nel 2013 i numeri migliorano, la crescita più significativa riguarda però il Cloud anziché l'Ict che nel suo complesso subisce una contrazione. Sia grandi imprese che Pmi hanno investito molto in innovazione informatica. Il mercato è quindi in crescita ma non abbastanza per tenere il passo di altri paesi. Per quanto riguarda la pubblicità, nonostante la televisione la faccia ancora da padrone, gli investimenti in ambito web sono in aumento. «L’Ict è un ingrediente necessario e indispensabile per la gestione e soprattutto per l’espansione di ogni impresa - dichiara Lucia Libralato, amministratore delegato di Eniac SpA - i criteri di scelta del giusto investimento delle Pmi si sono evoluti: dai progetti a budget pluriennali, oggi l’attenzione è alla concretezza e alla fruibilità immediata delle soluzioni Ict». Eniac è specializzata nella progettazione, realizzazione, integrazione e supporto di soluzioni personalizzate nell'ambito del settore Ict. L’azienda si è consolidata come interlocutore delle piccole e medie imprese offrendo loro
L’
Lucia Libralato, amministratore delegato di Eniac Spa di Loreggia (PD) www.eniac.it
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la possibilità di modernizzare i flussi di lavoro attraverso soluzioni informatizzate. La crisi ha influito sulla possibilità, per le Pmi, di investire nell’Ict. «È cambiato anche il modo di spendere - spiega Lucia Libralato - dalla proprietà derivata dall’acquisto,
Lucia Libralato
In questa fase di cambiamento le Pmi necessitano di trend, di indicatori andamentali e di controllo delle performance della propria realtà
all’utilizzo e a un modello di pay per use. Il nostro ruolo è quello di interpretare la domanda del mercato e confezionare una soluzione». Le piccole e medie imprese italiane si stanno adattando rapidamente ai cambiamenti e alle nuove necessità del mercato. «In questa fase di cambiamento le Pmi hanno voracità di trend, di indicatori andamentali e di controllo delle performance della propria realtà, in modo da intraprendere le decisioni con tempestività e con un approccio sempre più scientifico e predittivo. Sono ricettive nell’adozione di nuovi devices, a patto che ne comprendano bene il valore». L’azienda veneta investe molto in campagne di comunicazione, come comunicazioni web marketing, seminari e workshop a tema, o partecipazioni in veste di relatori a eventi, come la fiera itinerante Smau. Tra gli obiettivi di Eniac c’è quello di espandersi e accrescere il proprio mercato al di là dei confini nazionali. «È in atto da quasi tre anni il nostro processo di internazionalizzazione, sotto il profilo commerciale e di erogazione di servizi web marketing. La necessità è
nata in risposta alle esigenze di espansione dei nostri clienti in nuovi Paesi. Siamo ora presenti in Spagna, Francia, Brasile e India. La nostra filosofia è sempre stata “we walk that we talk” quindi proviamo e sperimentiamo sempre prodotti e soluzioni prima di proporli ai nostri utenti». Il bilancio del 2013, considerato ripresa del settore ed espansione, è positivo, grazie anche all’aggiornamento e all’inserimento di nuovi prodotti e soluzioni, tra cui il software di governo di Tesoreria, la gestione del Bigdata e le Mobile Applications. «La maggior criticità riscontrata in questo momento storico - afferma Lucia Libralato - risulta essere l’individuazione e l’inserimento di risorse umane competenti sotto il profilo sia tecnico che di capacità relazionale». Per concludere abbiamo chiesto all’amministratore di Eniac quali sono le prospettive dell’azienda per il medio e lungo periodo. «Puntiamo ad aggiornare soluzioni, modelli organizzativi e tecnologie, per esempio l’Internet of Things. Si configura ogni giorno di più uno scenario in cui la connessione ad internet viene estesa agli oggetti fisici che caratterizzano la vita quotidiana, rendendo possibile il loro controllo da remoto e trasformandoli in elementi attivi in grado di scambiare dati con plurimi servizi e funzionalità. In questa visione il mondo fisico diventerà ancora più integrabile con il mondo virtuale-digitale. L’abilità di governare gli eventi nel mondo fisico in modo automatico, rapido e informato aprirà nuove opportunità nel gestire situazioni complesse e permetterà di ottimizzare un’ampia varietà di processi di business, generando benefici in termini qualitativi, economici e sociali».
VENETO 2013 • DOSSIER • 79
TECNOLOGIE
L’elettronica punta sull’innovazione Il settore dei circuiti elettronici chiede di continuo nuovi prodotti, nuove tecnologie e nuove garanzie sulla qualità dei componenti. Giorgio Paolucci insieme al figlio Alex spiega come rimanere al passo con le richieste del mercato Emanuela Caruso
el mondo dell’elettronica e dei suoi componenti, un’azienda può dirsi competitiva solo se dimostra di essere all’avanguardia sotto ogni punto di vista: dalle idee imprenditoriali allo studio di proposte appetibili per il mercato, dai prodotti realizzati alle tecnologie utilizzate per crearli. E proprio delle tecnologie più moderne e rivoluzionarie dispone la Spazio Elettronica, società impegnata nella realizzazione e nello sviluppo di schede elettroniche. «La nostra impresa – spiega Giorgio Paolucci, Responsabile di
N
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produzione della Spazio Elettronica – esegue principalmente lavorazioni di montaggio conto terzi, ma potendo contare su un parco macchine continuamente rinnovato e di ultima generazione, siamo anche in grado di sviluppare e
Giorgio Paolucci
La Spazio Elettronica Srl ha sede a Pieve d’Alpago (BL) www.spazioelettronica.eu
industrializzare schede su specifiche idee e richieste dei clienti. Per offrire un servizio del genere che sia completo, rapido e di qualità, abbiamo creato un reparto Smd per il montaggio automatico della componentistica, un reparto Pth per l’inserimento sia manuale che automatico dei componenti, di un reparto collaudo per testare la funzionalità del prodotto e di un reparto verniciatura. Ogni lavorazione è eseguita nel rispetto delle tempistiche fissate in base alle esigenze del cliente, così come richiesto dal Sistema di Certificazione Qualità Uni En Iso 9001:2008. Ognuno dei reparti della Spazio Elettronica è attrezzato con tecnologie moderne e di alta precisione, unico metodo per ottenere risultati e prodotti di qualità assoluta. «Nel reparto Smd – continua Giorgio Paolucci – l’assemblaggio dei componenti con tecnologia Smd, ovvero surface mounting device, consta di due linee automatiche da 16mila e 35mila componenti all’ora. Queste linee automatiche sono formate da macchinari programmati da Alex Paolucci insieme a del personale altamente specializzato che garantisce la massima precisione nel montaggio. Le fasi di questo processo avvengono in modalità automatica, in tal modo si evita la movimentazione di materiale non saldato. Il reparto a montaggio tradizionale Pth, pin through hole, invece, ha a disposizione sia attrezzature automatiche per componenti assiali e radiali sia banchi manuali su cui il nostro personale formato lavora i lotti produttivi di piccola serie. Inoltre, grazie all’utilizzo di due saldatrici a onda lead-free, gli assemblati realizzati dall’azienda vantano uno standard qualitativo molto elevato, con giunti di saldatura resistenti all’ossidazione e con ottime proprietà elettriche e meccaniche». Una volta concluso il ciclo di lavorazione, ogni prodotto della Spazio Elettronica viene sotto-
I macchinari delle linee automatiche di cui dispone l’azienda sono in grado di produrre dai 16mila ai 35mila componenti all’ora
posto a controlli mirati e specifici, così da poter dichiarare pronto il prodotto finito e procedere all’imballaggio. Giorgio Paolucci chiarisce infatti che «il reparto di controllo finale si occupa di revisionare i prodotti finiti in modo da escludere la presenza di difetti o di anomalie di funzionamento. La verifica consiste in un controllo visivo effettuato a occhio nudo e tramite microscopi elettronici da operai qualificati. A questa fase di verifica, seguono la verniciatura e il collaudo dei prodotti. Per quanto riguarda la verniciatura, per proteggere le schede assemblate dall’umidità o da agenti chimici, offriamo un servizio molto particolare, ovvero la tropicalizzazione su uno o due lati previa mascheratura dei componenti. L’impiego di macchine automatizzate assicura la precisione di tale processo, e alla fine si ottiene il corretto isolamento elettronico degli elementi. La fase di collaudo, infine, viene realizzata su richiesta del cliente e prevede una serie di test di collaudo in-circuit volti a verificare l’affidabilità e il corretto funzionamento degli articoli finiti o ancora in produzione». VENETO 2013 • DOSSIER • 81
TECNOLOGIE
L’automazione rilancia l’industria ra i settori industriali italiani che cercano di mantenere la propria competitività e di tornare ai livelli precrisi ce n’è uno controcorrente, che non solo non perde clienti e fatturato, ma addirittura cresce. Parliamo del settore dell’automazione industriale. Questo tipo di industria produce macchine costose perché non standardizzate, costruite spesso in pezzi unici su misura delle esigenze del cliente. I concorrenti internazionali sono in genere aziende di dimensioni maggiori che con approccio industriale possono offrire solo prodotti più standardizzati, anche se a prezzi inferiori. La competitività italiana nel settore è merito della sua grande capacità di interpretare i bisogni e offrire velocemente soluzioni dedicate, in grado di spiazzare i grandi produttori e i loro processi poco flessibili. In questo campo la clientela è ancora in gran parte italiana, anche se sposta all’estero la produzione. «Essendo i mercati in continua evoluzione - conferma Pierantonio Perozzo amministratore della M.P.A. Automazioni - ci attendiamo proficue richieste da parte dei clienti italiani, provenienti dai settori del gas e automotive che dispongono di siti produttivi all’estero localizzati in Brasile, India e Cina».
T
La M.P.A. Automazioni Srl si trova a Bassano Del Grappa (VI) www.mpaautomazioni.it
82 • DOSSIER • VENETO 2013
Il settore dell’automazione è in crescita rispetto alla media del comparto industriale italiano. Come? Grazie alla crescita tecnologica volta a semplificare l’uso dei macchinari e ad aumentare il risparmio energetico Lorenzo Brenna
La delocalizzazione sta influendo sull’andamento dell’azienda veneta, cambiano anche le esigenze. «I nostri clienti richiedono macchine e impianti propensi alla facilità d’uso e di notevole durata nel tempo, ma meno sofisticati rispetto al passato, con un sovradimensionamento meccanico/strutturale dei sistemi supportato da dispositivi di gestione elettrici/software di comprovata affidabilità». Questo peculiare settore è in costante evoluzione e deve tenere il passo con le nuove tecnologie. «In futuro le evoluzioni più significative riguarderanno l’assistenza in remoto - spiega Pierantonio Perozzo - ottenuta sfruttando tutte le potenzialità che la rete offre, quali teleassistenza, la visione online delle problematiche attraverso semplici videocamere collegate in rete. Non trascuriamo il risparmio energetico dei complessi impianti di gestione resi sempre più performanti dall’utilizzo di inverter a recupero d’energia, generatori di vuoto ad alta efficienza, sistemi pneumatici quali elettrovalvole e cilindri maggiormente funzionali e movimentazioni elettri-
Pierantonio Perozzo
6% CRESCITA DI FATTURATO REGISTRATA DELLA M.P.A. AUTOMAZIONI SRL NEL PRIMO SEMESTRE DEL 2013 RISPETTO ALLA FINE DEL 2012
che che sostituiranno le pneumatiche al fine di ridurre i costi degli azionamenti. A tal proposito, nei sistemi di avvitatura, l’azionamento elettrico sostituirà l’ormai superato azionamento ad aria compressa, ritenuto costoso e obsoleto nei limiti di controllo». Per poter mantenere sempre alto il livello di competitività per un’azienda come M.P.A. Automazioni è fondamentale investire seriamente in ricerca, innovazione e sviluppo. «Investiamo soprattutto tramite l’aggiornamento continuo del personale e adeguandoci ai nuovi software per la progettazione Cad e la riprogrammazione elettrica dei Pc/Plc - dichiara l’amministratore della società - la continua ricerca in rete e il perfezionamento delle attrezzature, impegna in maniera non indifferente lo staff tecnico al fine di individuare nuovi sistemi, apparecchiature e
strumenti di analisi da integrare ai nostri banchi di collaudo e controllo qualità». In termini di fatturato durante l’ultimo anno M.P.A. ha raggiunto risultati davvero importanti, aumentando il capitale e proiettandosi nel 2013 in crescita. «Analizzando gli ultimi mesi dell’anno 2012 e considerando il primo semestre 2013, il fatturato è cresciuto enormemente, nonostante la crisi abbia fatto sentire i suoi effetti già a fine 2011 e per tutto il 2012. I risultati prefissati e raggiunti hanno registrato un aumento del 6 per cento del fatturato e un consolidamento dell’organico esistente composto da tecnici di alta professionalità». La situazione è quindi rosea ma Pierantonio Perozzo crede in un ulteriore miglioramento, sia per la sua azienda che per il comparto in geneIn futuro le evoluzioni più rale. «Per il futuro prevedo un lieve significative riguarderanno incremento dei fatturati sia nel setl’assistenza in remoto ottenuta tore dell’automazione legato alla rosfruttando tutte le potenzialità botica per il mercato italiano, sia nella realizzazione di banchi di colche la rete offre laudo e controllo qualità del prodotto finito per il mercato estero».
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TECNOLOGIE
Motori elettrici, il business sostenibile Il tema del risparmio energetico e dei motori elettrici è diventato sempre più importante. Ma c’è chi l’aveva intuito già da tempo. Il caso di E.M.G. Lorenzo Brenna
ttualmente il tema del risparmio energetico e del consumo sostenibile sono diventati importanti anche per il consumatore, e hanno un discreto peso sul mercato. «Abbiamo iniziato a lavorare sul risparmio energetico e sui motori elettrici quando ancora in Europa non se ne parlava – dichiara Marina Ghiotto, amministratrice della E.M.G - in effetti questo tipo di prodotto ci veniva richiesto da alcuni mercati esteri che in materia avevano normative più avanzate. Quando le normative sul risparmio energetico sono state adottate anche qui da noi in Europa, EMG aveva già acquisito da anni tutte le competenze e l’esperienza necessarie e, anzi, poteva già proporre prodotti innovativi che superavano le mere richieste della normativa. Il risparmio energetico è un aspetto che assume sempre più importanza sul mercato, e noi non possiamo che esserne lieti, perché da anni è il cardine su cui si impernia la nostra produzione e i nostri studi e lo sarà sempre più in futuro». In questo settore in particolare sono richiesti
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costanti investimenti in ricerca per tenere il passo con le nuove tecnologie. «Abbiamo un ufficio dedicato alla ricerca e sviluppo e ci sono sempre almeno 2 o 3 nuovi progetti in lavorazione – spiega Marina Ghiotto quando un nuovo prodotto viene lanciato sul mercato, altri sono già in fase di realizzazione. Riteniamo essenziale essere innovativi e propositivi, la nostra azienda vuole essere una fucina di idee e nuovi progetti. Ovviamente in questo contesto la riservatezza sui nuovi progetti in corso è molto importante,
Marina Ghiotto
La E.M.G. Eletromeccanica Srl ha sede a Gambugliano (VI) www.emgelettromeccanica.it
ma possiamo dire che i nostri must restano il risparmio energetico e la versatilità del prodotto». Per E.M.G. è importante mantenere la produzione in Italia anziché trasferire gli stabilimenti all’estero. «Abbiamo voluto valorizzare la produzione di qualità e il made in Italy – conferma l’amministratrice dell’azienda – che è un valore molto più riconosciuto all’estero che in Italia. Non intendiamo affatto delocalizzare la produzione, anzi, se lo facessimo rischieremmo di perdere quella parte della clientela che sceglie il nostro brand proprio come garanzia di un prodotto di alta manifattura. Questo non significa che non abbiamo vocazione all’internazionalizzazione, nel 2011 abbiamo fondato una filiale commerciale negli Stati Uniti, e altre sono in progetto, per avvicinarsi ai mercati di sbocco e offrire un servizio migliore, ma il prodotto è e resterà sempre rigorosamente made in Italy». Per fare business oggi bisogna guardare al di là dei confini nazionali e E.M.G. non fa eccezione visto che realizza il 75 per cento del fatturato all’estero. «Il fatto di essere presenti su molti paesi e su molti settori ci assicura tranquillità nei confronti delle eventuali fluttuazioni che questo o quel mercato dovessero subire. La diversificazione è una chiave importante per sostenere l’azienda e assicurare stabilità, ed è anche un veicolo essenziale per acquisire sempre nuove competenze che poi possono essere trasfuse su altri prodotti e mercati». Abbiamo chiesto infine quali sono gli obiettivi dell’azienda per il futuro prossimo. «Noi abbiamo sempre puntato sulla produzione
Il risparmio energetico da anni è il cardine su cui si impernia la nostra produzione e i nostri studi e lo sarà sempre più in futuro
di alta qualità e di nicchia, più che su enormi volumi di prodotto di massa a basso costo, e questo sarà sicuramente il nostro modus operandi anche per il futuro. Ovviamente questo non significa che non prevediamo di crescere, anzi ci siamo recentemente introdotti in nuovi e proficui mercati e abbiamo lanciato nuovi prodotti che stanno riscuotendo sempre più interesse. Tutto ciò ci assicura ottime prospettive di crescita e di fatturato nel breve periodo. Nel medio/lungo periodo intendiamo continuare la politica di espansione commerciale attraverso la creazione di nuove filiali commerciali direttamente sui mercati di sbocco più importanti, al fine di garantire un servizio migliore al cliente e di cogliere per primi le richieste del mercato stesso». VENETO 2013 • DOSSIER • 85
TECNOLOGIE
Stampaggio della lamiera, l’Italia torna leader L’andamento del settore mostra un deciso dietro front, si ritorna alla qualità delle Pmi italiane anche nei paesi low cost. Gianni Cipriani spiega il fenomeno, dovuto al vantaggio competitivo offerto dal nostro know how Renato Ferretti
rovi a pensare di dover piegare, tranciare, saldare e poi smerigliare una lamiera per ottenere un pezzo finito. Quanto si guadagnerebbe, in termini di tempo e qualità, se invece si riuscisse a realizzare lo stesso pezzo in un’unica operazione?». Gianni Cipriani cerca di semplificare così la definizione d’imbutitura, una tecnica di stampaggio della lamiera, difficile da eseguire per un non addetto ai lavori. La sua Metalpress, con base operativa nel veronese, è una di quelle poche aziende di stampaggio in cui si ritrova il know how per imbutire le lamiere, in un processo particolarmente veloce e con risultati di altissima precisione. Si penserebbe alla qualità che spesso le Pmi italiane raggiungono, senza però, poi, risultare competitivi sul mercato internazionale. E invece, da qualche tempo le cose stanno cambiando. «Ultimamente – spiega Cipriani – c’è un ritorno all’Italia per quanto riguarda la deformazione della lamiera. Dopo essere stati abbandonati per i paesi low cost, adesso riusciamo a lavorare anche in collaborazione con questi ultimi, perché nel settore la qualità è un vantaggio anche per le aziende di paesi come la Cina. Questo fenomeno ci ha comunque sorpreso, perché una tipica azienda di subfornitura come la nostra si presuppone vicino all’azienda primaria, mentre noi siamo riusciti nel giro di qualche anno a portare i nostri prodotti in paesi anche molto lontani come gli Usa».
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Gianni Cipriani e Nicola Zorzan amministratore delegato della Metalpress Srl di San Giovanni Lupatoto (VR) www.metalpress.it
Gianni Cipriani
+18% IL TASSO DI CRESCITA DEL FATTURATO REGISTRATO DALLA METALPRESS NEL PRIMO SEMESTRE DEL 2013
In cosa consiste più precisamente il processo di imbutitura? «È la tecnologia che permette di stampare il metallo in modo molto profondo: il materiale viene trasformato da elemento piano in elemento cavo, mediante allungamento e, in parte, ricalcatura. Quindi rispetto allo stampaggio normale, con l’imbutitura è tutto molto più veloce e il pezzo finito risulta più pulito (senza saldature o passaggi successivi)». Che tipo di preparazione tecnica richiede una lavorazione del genere? «I nostri addetti sono esperti nella realizzazione di imbutiture complesse; la loro preparazione è frutto di esperienze sul campo e di una continua formazione in aula. Anche le nostre attrezzature sono il risultato della continua ricerca nel raggiungimento delle migliori performance dal
punto di vista produttivo e tecnologico. In secondo luogo non esiste un’intelligenza artificiale che permette di ricavare in automatico il progetto da un disegno: la difficoltà, quindi, sta anche nel costruire lo stampo a regola d’arte. Solo la competenza creata in anni di esperienza permette di realizzare un progetto con queste caratteristiche. Nel nostro caso riusciamo a produrre tutto ciò che si può ricavare da una lamiera di metallo, dal disegno del cliente, in un range dal cm quadrato fino a due metri quadrati: assieme al committente sviluppiamo non solo l’industrializzazione del prodotto finale, ma anche il processo nel modo migliore (e quindi le fasi successive di trasporto, assemblaggio, layout, magazzino e altro)». Quali sono i vantaggi di scegliere questo tipo di lavorazione per un potenziale cliente? «Lo stampaggio profondo a freddo della lamiera permette al cliente di rivoluzionare il suo modo di produrre da tradizionale/manuale a un pezzo unico monolitico con operazioni e costi inferiori derivanti dai seguenti processi: riduzione dello spessore di materiale a parità d’impiego, diminuzione dei tempi di consegna (Kanban), as- UU VENETO 2013 • DOSSIER • 87
TECNOLOGIE
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L’imbutitura offre un grande vantaggio in competitività al cliente grazie alla qualità e performance dei particolari
UU senza di giunzioni che consente una migliore re- prototipazione unitamente alla progettazionesistenza agli agenti atmosferici. Inoltre il prodotto risulta esteticamente più gradevole e con una maggiore attenzione al design. Posso fare l’esempio di una società americana che, grazie ai nostri prodotti, è diventata la prima negli Stati Uniti a saldare a laser i suoi particolari senza materiale d’apporto. In questo modo si offre un grande valore aggiunto alla qualità dei particolari e al servizio che permette al cliente vantaggi competitivi nelle varie fasi di assemblaggio, movimentazione e packaging». Qual è la strategia che vi ha permesso di raggiungere questo livello di servizio? «È la verticalizzazione del nostro processo produttivo a renderci in grado di corrispondere compiutamente alle più diversificate esigenze: industrializzazione del prodotto e del processo,
Alcune realizzazioni che evidenziano il processo di imbutitura che trasforma il materiale da elemento piano a elemento cavo mediante allungamento www.metalpress.it
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costruzione delle attrezzature (non solo stampi, ma anche attrezzature per automatizzare le lavorazioni), stampaggio in genere. In più eseguiamo assemblaggi di qualsiasi tipo: saldatura, puntatura elettrica, lavaggio e ulteriori lavorazioni si rendessero necessarie (verniciatura, trattamenti termici e galvanici), al fine di fornire i particolari pronti al montaggio e alla spedizione definitiva. Con questa verticalizzazione arriviamo a dare al cliente il pezzo pronto all’assemblaggio all’interno delle sue linee produttive». Vi siete specializzati in lavorazioni specifiche? «Siamo esperti, in particolare, nella produzione di fondi bombati per serbatoi e bollitori, flange e accessori per il settore termosanitario, componenti per caldaie e molti altri elementi appartenenti ai più svariati settori merceologici. Lavoriamo materiali come acciaio al carbonio, inox, duplex, galvanizzato, pre-verniciato, alluminio, ottone e rame. I settori che abitualmente forniamo sono: il termosanitario, l’automobilistico, l’elettrodomestico, l’ambito delle energie rinnovabili, delle pompe, del riscaldamento, l’agricolo, l’alimentare. Ma la lista potrebbe essere ben più lunga». Quali sono i paesi all’estero dove punterete di più nel prossimo futuro? «Abbiamo riscontrato un certo interesse nei Paesi emergenti, in cui sembra mancare quasi del tutto il know how che possiamo vantare in Italia. Inoltre, il nostro paese è sempre stato un grande esportatore di prodotti stampati a livello europeo. Per questo, i nostri mercati più importanti rimangono i paesi dell’Europa centrale con l’aggiunta, negli ultimi tempi, dei paesi dell’Est. Questi ultimi pur essendo paesi low cost, ci scelgono poiché preferiscono un pezzo di qualità superiore».
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L’ufficio è sempre più tecnologico Le apparecchiature per ufficio di ultima generazione, che prendono il posto delle vecchie fotocopiatrici, hanno ora funzioni per la gestione documentale. Antonio Sinicato spiega cosa comporta sul mercato e a livello tecnologico Renato Ferretti
ufficio è il luogo di lavoro dove risiede il cervello di un’impresa: i documenti che si spostano senza sosta al suo interno, costituiscono il flusso d’informazioni che è chiamato a gestire. Nel tempo i sistemi per la gestione documentale si sono evoluti, rispetto al passato non bastano le semplici fotocopiatrici, che ormai si possono definire antiche ave delle attuali multifunzioni. Antonio Sinicato amministratore della vicentina Nuova Veneta Ufficio parla delle attuali possibilità di sviluppo e delle peculiarità del settore nonostante le difficoltà del momento. «Certo il momento non è facile, con grande impegno affrontiamo questo periodo proponendo non solo la vendita ma il servizio dei prodotti commercializzati, a tutte le attività lavorative. Prima di tutto bisogna considerare che i nostri clienti abbracciano tutti i settori: dall’azienda di produzione all’artigiano, dagli studi dei professionisti alle pubbliche amministrazioni. Specializzandoci sul servizio proposto e diversificando la clientela, per il momento, siamo riusciti a superare questo periodo. Ma soprattutto, bisogna considerare che l’ufficio deve sempre e comunque funzionare: questa è certamente uno degli aspetti positivi della nostra attività». L’altra faccia della medaglia è la grande responsabilità di cui siete investiti. «Garantire un servizio stabile e serio è l’unica strategia possibile, impegno che nel tempo ci ha assicurato il riconoscimento dei nostri
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Antonio Sinicato, direttore della Nuova Veneta Ufficio Srl con sede a Vicenza. Nella pagina accanto, Alessandro Schiavo, socio e responsabile tecnico www.nvu.it
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clienti e grandi soddisfazioni. La responsabilità di garantire il servizio proposto è condiviso dalla professionalità delle persone che formano la nostra azienda, la collaborazione con i fornitori e una corretta gestione economica e del credito. Detto ciò è altrettanto vero che il servizio proposto ci ha permesso di stipulare e consolidare contratti di lunga durata con il cliente, rinnovabili alla scadenza in collaborazione con importanti finanziarie, completati da contratti di assistenza tecnica “all inclusive” per la gestione del parco macchine». Quali sono le nuove possibilità che la
Antonio Sinicato
tecnologia mette a disposizione? «Abbiamo scelto di specializzarci nella fornitura di apparecchiature per ufficio, dalle periferiche di copiatura e stampa multifunzione (a colori e in bianco e nero) ai dispositivi fax, fino ai prodotti di gestione documentale digitale. Macchine d’immediata integrazione in tutti gli ambienti di rete, che oltre alle funzioni ormai di base per la scansione dei documenti, (invio e-mail e fax) permettono l’attivazione di applicativi. Faccio un esempio, con la soluzione e-Bridge Re-Rite è possibile digitalizzare qualsiasi tipo di documento cartaceo per trasformare un archivio tradizionale in elettronico. In questo momento stiamo lavorando a un progetto per il servizio di Cloud computing per le piccole imprese del mercato della gestione immobiliare, una soluzione composta da multifunzione, sito internet, gestionale, portale e postalizzazione». Prima accennava all’importanza dell’assistenza tecnica. Come si gestisce questo aspetto? «Per la gestione del parco macchine abbiamo investito in un software personalizzato, al fine di monitorare in tempo reale tutti gli in-
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Ora è possibile digitalizzare qualsiasi tipo di documento cartaceo per trasformare un archivio tradizionale in elettronico
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terventi tecnici eseguiti presso ogni singola multifunzione e i prodotti consegnati. Inoltre con le nuove multifunzioni possiamo abilitare il sistema di trasmissione dati al nostro portale per la richiesta sia d’intervento tecnico sia dei consumabili. Preferiamo mantenere un sistema centrale di ricevimento e programmazione del lavoro gestito dal personale amministrativo e i tecnici si occupano dell’esecuzione dell’intervento richiesto o programmato presso la sede del cliente. Alcune problematiche sono risolvibili anche da remoto direttamente dalla nostra azienda. Tornando al discorso di controllo di gestione dei costi aziendali, è un sistema che il cliente predilige, in quanto può monitorare in tempo reale i costi a bilancio delle copie e stampe prodotte e non deve preoccuparsi di costi aggiuntivi». VENETO 2013 • DOSSIER • 91
TECNOLOGIE
Software per l’impresa l cloud computing è ormai ampiamente riconosciuto come un fattore che cambia le regole del gioco nell'Information Technology. Malgrado questo il suo potenziale come motore dell'innovazione di business non è ancora pienamente sfruttato. Il cloud potrebbe infatti cambiare in modo radicale gli scenari competitivi, mettendo a disposizione una nuova piattaforma che crea valore per il business. «L’informatica – spiega Livio Di Blasi, titolare della Graphite - andrà sempre di più verso un discorso cloud. In quest’ottica ritengo che il mercato italiano sia molto appetibile. Gli automatismi agevolano molto la maniera di lavorare e le piccole e medie imprese italiane potranno essere molto avvantaggiate dall’utilizzo del cloud. Anche noi ci
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Livio Di Blasi, titolare della Graphite di Maserada sul Piave (TV) www.graphite.it
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Un software gestionale rivolto agli stampisti in grado di assicurare una continuità operativa di gestione, integrando tutte le innovazioni, nello sviluppo continuo del prodotto. Livio Di Blasi spiega Work Manager Marco Tedeschi
stiamo muovendo verso quest’ambito e abbiamo un progetto nel cassetto molto interessante». Graphite da oltre vent’anni si è specializzata nello sviluppo e nella realizzazione dei progetti software. «Realizziamo software “preconfezionati”, necessari a tutte quelle piccole e medie aziende in cui l’informatica trova ancora un limite nella minore capacità autonoma di sviluppo applicativo. Nel far questo abbiamo deciso di adottare una scelta strategica ben precisa, ovvero offrire soluzioni software innovative da integrare in maniera semplice con l’esistente: l’obiettivo è il miglioramento continuo dell’organizzazione aziendale, cercando però di abbassare al minimo l’impatto dovuto all’introduzione dei nuovi sistemi di gestione. Così nel tempo, attorno al cuore dei sistemi informativi (il software gestionale d’impresa) abbiamo progettato e costruito soluzioni innovative per la raccolta ordini clienti, la gestione della forza vendita, il Crm, il controllo di gestione, la monetizzazione delle scorte e l’archiviazione documentale». Oltre a questi risultati Graphite ha sviluppato un prodotto unico nel suo genere per il settore della produzione stampi. «Si tratta di un applicativo molto importante, Work Manager. Un sistema che si focalizza sul segmento degli stampisti, che in Italia rappresentano un numero considerevole. Nel nostro Paese infatti ne sono stati censiti circa 2500-3000. Realtà pic-
Livio Di Blasi
cole che però nascono da una cultura profonda; pmi che producono gli stampi per quelle aziende che poi si occuperanno della produzione. Un lavoro tra l’artigianale e l’industriale che richiede una profonda cultura, una cultura differente per ogni settore di specializzazione. In quest’ottica Work Manager sta diventando lo standard di riferimento per le imprese italiane del settore, perché mette in grado l’organizzazione dell’azienda di stampi di lavorare con una logica di Supply Chain Management sulla base delle linee guida della lean manufacturing». Il successo dell’applicativo è stato così forte che durante l’estate è stata rilasciata la versione 6.2. «Grazie alla collaborazione continua con i nostri clienti, questa versione appena rilasciata integra tutti i suggerimenti arrivati dalle fasi operative di chi utilizza a pieno il prodotto.
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IL TREND DI CRESCITA DEL FATTURATO REGISTRATO DA GRAPHITE NEGLI ULTIMI ANNI
Nelle nostre intenzioni Work Manager deve assicurare, sempre e in ogni situazione, una continuità operativa di gestione; gli investimenti organizzativi per essere remunerativi devono fornire una continuità operativa nel tempo e Work Manager deve assecondare questo principio economico. L’obiettivo è quello di integrare tutte le innovazioni, sia di natura tecnica che di natura organizzativa, nello sviluppo continuo del prodotto. In modo particolare abbiamo potuto constatare che le richieste dei nostri clienti si stanno orientando verso le implementazioni rivolte alla tematica della Supply chain management e della Lean Production». La capacità di saper interpretare le innovazioni e i bisogni delle aziende ha permesso a Graphite di avere una crescita costante. «Nel corso del 2012 – conclude Di Blasi - siamo cresciuti di fatturato di circa il 10 per cento, un trend di crescita che portiamo avanti da diversi anni grazie alle collaborazioni con le pmi del Triveneto. Il 2013 per ora si è presentato un po’ altalenante ma pensiamo di mantenerci su buoni livelli». VENETO 2013 • DOSSIER • 93
MODELLI D’IMPRESA
Il packaging alimentare è sostenibile Il comparto degli alimenti freschi si sta dimostrando sempre più attento alla salvaguardia dell’ambiente e all’igiene. È da questi bisogni che è nato Big Paper Green. Ne parliamo con Mauro Ferrari, amministratore del Gruppo Adigecarta Marco Tedeschi
opo anni di staticità il mercato dell’imballaggio flessibile alimentare sembra essersi risvegliato, con continue richieste di nuovi articoli. «Il settore degli alimenti freschi – spiega Mauro Ferrari, amministratore della Adige Commercialcarta - ha ripreso importanza. Il rapporto alimenti e igiene è sempre più sentito, la salvaguardia dell’ambiente è sempre in primo piano, e tutti questi elementi stimolano la ricerca». Il Gruppo Adigecarta nasce dall’unione sinergica e complementare di tre aziende specializzate nella produzione d’imballaggi alimentari in carta. Sacchetti in carta, carta per imballo, carte accoppiate e politenate, oltre all’esclusiva linea Big Paper Green, un prodotto completamente bio che ha fatto conquistare all’azienda un premio all’oscar dell’Imballaggio. «Big Paper Green permette, mantenendo integre le caratteristiche d’igienicità e praticità, anche la tutela e la salvaguardia dell’ambiente essendo composto da carta riciclata al 100 per cento e da film bio. Dopo l’utilizzo il prodotto può essere smaltito indifferentemente sia nel compost che separato e inviato al riciclo. Una novità che ha fatto vedere i suoi effetti positivi sul fatturato del gruppo durante l’anno 2012 e nei primi mesi del 2013, dove si è verificata una sostanziale tenuta, anche se il comparto
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Adige Commercialcarta si trova a Pescantina (VR) www.adigecarta.it
Mauro Ferrari
ha sofferto e sta ancora soffrendo parecchio. I nostri committenti hanno accolto positivamente la cura maggiore che mettiamo nel servizio, ma soprattutto la dedizione assidua alla ricerca e sviluppo di nuovi prodotti e metodologie d’imballaggio». Il gruppo, costituito da tre aziende produttive e da una commerciale, ha esperienza polivalente in tutti i settori. «Questo ci consente di mirare alla ricerca del prodotto più idoneo alle specifiche esigenze. Si tratta di punti di forza che vengono recepiti maggiormente in questo periodo di crisi, nel quale si cerca principalmente la riduzione esasperata dei costi. È stata quest’attenzione al mercato che ci ha premiato con l’assegnazione dell’Oscar dell’Imballaggio 2013 per il prodotto “Big Paper Green”». Nel nuovo prodotto si concretizza l’essenza della produzione del gruppo. «Produrre per noi non significa soltanto creare, ma anche e soprattutto tutelare l’interesse del consumatore e salvaguardare più possibile l’ambiente nel quale operiamo. Per questo motivo tutti i nostri processi produttivi, unitamente agli ambienti in cui operiamo, sono certificati e rispettano le più rigide regole igieniche e sanitarie. Avere consapevolezza del mercato e un rapporto diretto con il cliente sono elementi fondamentali per ottenere il meglio. Ecco perché sempre più attuale è l’esigenza di avere una filiera corta ed essere a stretto contatto con l’utilizzatore dei nostri prodotti. Per questi motivi abbiamo diversificato al massimo la clientela e, grazie alla completezza della nostra gamma prodotti, siamo in grado di servire
Big Paper Green, composto da carta riciclata al 100% e da film bio, tutela la salvaguardia dell’ambiente
sia il rivenditore che il cliente finale, sia esso parte della grande distribuzione che un piccolo negozio tradizionale. Avendo tre aziende produttive con determinate esperienze, siamo concentrati per creare nuovi prodotti prendendo spunto da esigenze di mercato al passo con i tempi». Una clientela sensibile a delle tematiche ben precise. «Le maggiori richieste – conclude Ferrari - oltre al contenimento dei costi, sono proprio rivolte alla tutela della salute del consumatore e al rispetto dell’ambiente. Il riconoscimento del premio ottenuto, ma soprattutto il confronto quotidiano con la clientela ci sprona a continuare la ricerca e lo sviluppo di nuovi prodotti innovativi proprio su questi ambiti. Per questo stiamo investendo parecchio sia in termini tecnologici che di formazione, coinvolgendo collaboratori e fornitori di materia prima, il tutto finalizzato alla creazione di prodotti personalizzati».
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MODELLI D’IMPRESA
Diversificazione, una visione strategica Per non trasformarsi in soggetti passivi in balia del mercato è necessario diversificare. Ne parliamo con Ezio Dalla Rosa che, partito dall’edilizia, ha cercato altri sbocchi commerciali Matteo Grandi
mmaginando che il settore edile avrebbe avuto delle incertezze, l’orientamento produttivo dell’impresa si è progressivamente rivolto a una possibile domanda esterna al settore legno/edilizia». Dalle parole di Ezio Dalla Rosa, titolare di Dres, si evince come, ancora una volta, le pmi italiane fanno della diversificazione il loro punto di forza. Dres nasce come azienda specializzata in serramenti e arredamenti su misura; una realtà industriale che è riuscita a sfruttare la grande esperienza per indirizzare l’attività verso quei settori che stanno soffrendo meno di altri. «In questo modo siamo riusciti a mantenere in linea con il biennio precedente l’andamento del fatturato sia del 2012 che del primo semestre 2013. Inoltre, gli indici interni relativi all’analisi della soddisfazione del cliente, si attestano tutti sui valori di obiettivo massimi e non si registrano reclami né controversie con la clientela. Il numero di richieste d’informazione e offerta da parte di potenziali clienti, nel secondo trimestre del 2013, ha avuto un incremento del 20 per cento». La diversificazione aziendale deriva anche dal crescente peso della concorrenza, sia italiana che estera. «Investimenti e introduzione d’innovazioni, formazione del personale, sinergie con altre realtà parallele stanno già dando dei dati di ritorno confortanti, specie se analizzati
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in relazione all’attuale situazione di stallo del settore. Sicuramente diversificare significa intraprendere nuovi progetti, nuove conoscenze, nuovi obiettivi. Prendere sicurezza e consapevolezza di certe potenzialità che finora non erano emerse e farsi conoscere come un’azienda flessibile e capace aiuta l’azienda a subire meno la concorrenza e offre la possibilità di orientare la produzione nei settori maggiormente remunerativi. In sostanza per noi significa non essere più soggetti passivi del mercato ma diventare un’organizzazione autonoma che sa interpretare il periodo economico che vive e le esigenze del proprio tempo. Nuove conoscenze apportano di rimando nuovi stimoli». Nuovi stimoli dati anche da nuove collaborazioni. «Noi restiamo serramentisti, ma la capa-
Ezio Dalla Rosa
Dres si trova a Paderno di San Gregorio nelle Alpi (BL) www.eziodallarosa.com
+20% L’INCREMENTO DELLE RICHIESTE D’INFORMAZIONI E PREVENTIVI FATTA REGISTRARE DA DRES NEL 2013
cità di realizzare programmi di lavoro su richiesta ha permesso collaborazioni apparentemente distanti dalla nostra realtà. Sono stati cercati contatti con importanti imprese della zona non legate al mondo dell’edilizia, offrendo loro la disponibilità di effettuare dei test di lavorazioni particolari. Mi riferisco a realizzazioni di box in plexiglass per componenti elettronici, lavorazioni di sagomatura su resine plastiche, realizzazioni di stampi particolari per iniezione. L’ultimo programma avviato è legato al pressaggio di stampi con costruzione di dime speciali in 3D. Studi di fattibilità e processi vengono sempre effettuati in collaborazione tra il nostro staff tecnico e la committenza. I test effettuati hanno dato esito positivo per cui queste imprese, che prima dovevano ricorrere ai ser-
vizi di fornitori spesso lontani, hanno ritenuto comodo, veloce, semplice ed economico rivolgersi a noi. Le collaborazioni che sono partite nel tempo si stanno consolidando e si auspica che si amplino “per conoscenza” ad altre realtà». Nuove collaborazioni che si affiancano alla specializzazione pluriennale della Dres. «Il nostro primo interesse – conclude Dalla Rosa - rimane connesso al mondo del serramento nel quale siamo impegnati da trent’anni e nel quale crediamo fortemente, soprattutto in considerazione dell’importanza di proseguire e migliorare sempre il percorso verso il risparmio energetico. Questo settore risente fortunatamente dei benefici derivanti dagli sgravi fiscali riconosciuti sulle ristrutturazioni. Purtroppo invece esiste una sostanziale situazione di stasi per quanto attiene la costruzione di nuovi fabbricati. Per questo motivo si è registrato il calo degli ordini da parte delle imprese edili, mentre è ancora soddisfacente e pieno di spunti il mercato dell’arredamento a misura, peraltro spesso complementare all’attività di fornitura e posa di serramenti». VENETO 2013 • DOSSIER • 101
MODELLI D’IMPRESA
Rete d’impresa: il modello veneto oncorrenza? Meglio collaborare. Smesso il vestito dei cinici e avidi, con cui sono spesso dipinti, gli imprenditori sono pronti ad andare oltre la competizione che porta all’eliminazione dei diretti concorrenti. O almeno è quello che si evince dall’esperienza di Daniele Altobello, amministratore della veronese Tg Lamiere. La sua azienda, che realizza componenti di carpenteria leggera e media, con lavorazioni di macchina utensile e finite di trattamento superficiale, s’inserisce in un quadro di mercato in cui operano altre realtà del tutto simili. E invece di farsi la guerra «c’è uno scambio continuo – dice Altobello – e da concorrenti si è diventati collaboratori, perché siamo tutti convinti che una rete d’impresa sia molto più efficace. A nessuno di noi interessa rubare i clienti agli altri: quando ci capita di essere contattati da un cliente che di solito si rivolge a un nostro collega, prima di cominciare un nuovo rapporto ci assicuriamo il nulla osta dall’altra azienda». Perché è preferibile questo tipo di sistema e com’è nato tra di voi? «Penso che sia stato spontaneo, questa è sempre stata la nostra filosofia. Alcuni di loro non tagliano certi materiali e quindi spostano il lavoro da noi e viceversa. Noi non siamo in grado di soddisfare tutte le richieste del cliente, dunque dobbiamo appoggiarci a qualcuno di cui ci fidiamo. È un aiuto reciproco che ci assicura di mantenere un certo portafoglio clienti. Le richieste, in-
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La Tg Lamiere ha sede a Buonalbergo (VR) tg.commerciale@tglamiere.it
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La cultura aziendale italiana ostacola lo sviluppo di collaborazioni tra “concorrenti”. Eppure c’è chi ha già scoperto i vantaggi della collaborazione al posto della vecchia concezione di mercato, come racconta Daniele Altobello Renato Ferretti
fatti, via via si fanno sempre più esigenti: molti clienti si rivolgono a un unico fornitore con un pacchetto di lavorazioni da eseguire, che non vogliono disperdere tra più aziende. Quindi bisogna garantire una gamma di possibilità che una ditta farebbe molta fatica a sostenere da sola». Che risultati avete ottenuto in questo modo anche in relazione all’attuale situazione di recessione? «Siamo riusciti a mantenere il fatturato che nel 2011 era aumentato. Questo anche grazie all’inserimento nell’organico di due nuove figure
Daniele Altobello
che ci hanno permesso una maggiore flessibilità produttiva. In più, la sempre più stretta collaborazione con alcuni clienti che hanno riposto fiducia in noi, per la fornitura di piccoli gruppi assemblati, ci ha dato modo di sviluppare un piccolo reparto di montaggio, fondamentale al superamento delle difficoltà degli ultimi anni». Assunzioni a parte, quali sono gli sviluppi più recenti? «La spesa più importante che abbiamo sostenuto è stata per un laser da 6000 watt, che ha significato un bel salto di qualità per la velocità e la gamma degli spessori da tagliare, di materiali vari come ferro, alluminio e inox. Inoltre abbiamo cominciato a collaborare con uffici commerciali esterni nel tentativo di allargare il raggio d’azione anche di là dal confine nazionale. Attualmente il tredici per cento del nostro volume d’affari deriva dall’export e lentamente aumenta: i paesi in cui ci concentriamo di più al momento sono Francia, Austria, Inghilterra, Germania e ora
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Le richieste si fanno sempre più esigenti: bisogna garantire una gamma di possibilità che un’azienda non può sostenere da sola
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anche i paesi scandinavi. Da questi ultimi ci aspettiamo qualcosa in più nel prossimo futuro». Che peso ha l’aspetto più squisitamente commerciale nel vostro lavoro? «La maggior parte dei clienti, che rimane italiana, è determinata dal passaparola, quindi non abbiamo mai sentito il bisogno di avere una rete commerciale interna. Ma quando si parla di export bisogna affrontare una serie di difficoltà che non si può sperare di superare nello stesso modo. Per questo l’ufficio esterno è molto importante adesso: non è così scontata la comprensione delle esigenze e della mentalità di un paese straniero, al di là della lingua, quindi». Nonostante le collaborazioni con altre aziende, avete sviluppato una gamma piuttosto ampia di lavorazioni e relativi settori d’impiego. «È strategico cercare di diversificare i settori cui ci si propone, perché l’andamento di ogni comparto segue delle tendenze, per cui nel periodo in cui scende il mercato dell’uno, l’altro ricomincia a salire: se si riesce a soddisfare le esigenze dei vari settori non si è sottoposti al “sali e scendi” del singolo mercato». VENETO 2013 • DOSSIER • 103
MODELLI D’IMPRESA
Parola d’ordine: innovazione Senza investimenti e diversificazione non c’è futuro. Questa la filosofia di Antonio e Federico Pesce di Ondulkart. Che spiegano le azioni messe in campo per mantenere una posizione di rilievo in un mercato in crisi Valerio Germanico
engono i volumi, che confermano un fatturato di quasi 40 milioni di euro, nonostante una generale contrazione dei consumi nei mercati di riferimento. Questo il positivo bilancio 2012 per lo scatolificio Ondulkart di Cessalto, in provincia di Treviso, società che dispone di quindici linee produttive e quattro stabilimenti, specializzata nella produzione di cartone ondulato per packaging e da alcuni anni entrata nel settore della cartotecnica e della stampa digitale. A dirigere l’azienda sono i fratelli Antonio e Federico Pesce, rispettivamente presidente e amministratore delegato, che hanno scelto di dare alla loro strategia tre guide fondamentali: investire, innovare, diversificare. E che inoltre stanno puntando alla partnership con altre imprese del settore, in maniera tale da incrementare la massa critica, avere maggiori risorse e poter avviare anche un ampliamento del raggio d’azione, che oggi è limitato a 200 chilometri, a causa di costi di trasporto che
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Antonio e Federico Pesce, presidente e amministratore delegato dello scatolificio Ondulkart Spa di Cessalto (TV) www.ondulkart.com
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rendono difficilmente sostenibili lunghi viaggi per consegnare la merce. Quali sono le conseguenze dell’essere costretti in un territorio di dimensioni limitate? ANTONIO PESCE «Devi essere protagonista in primis nel tuo territorio. Il contesto di mercato è chiaramente complicato. Non solo per un oggettivo calo della produzione in tutto il tessuto industriale, ma anche per le difficoltà nei pagamenti. Inoltre oggi ci rivolgiamo a un numero inferiore di aziende – alcune hanno chiuso, altre sono insolventi –, e questo ha fatto crescere la concorrenza. Il nostro obiettivo era quello di mantenere i volumi – che in parte sono anche cresciuti e a questo obiettivo abbiamo sacrificato parte della redditività aziendale. Non abbiamo mai fatto ricorso alla cassa integrazione. Nonostante tutto stiamo guardando a nuovi investimenti per ridurre i costi interni oltre che per ampliare il numero di partner, andando anche all’estero. Puntiamo per esempio a crescere in Europa, nei paesi confinanti e in Italia, uscendo dal NordEst, nostra storica area di riferimento». Come sta cambiando il vostro target a livello di settori produttivi? FEDERICO PESCE «Ci rivolgiamo a tutti i settori. Quelli che ci hanno penalizzato maggiormente negli ultimi anni sono stati la metalmeccanica e l’arredamento, a causa della crisi che ha colpito i distretti di Pordenone e Treviso. Per quanto riguarda il mobile, soprattutto, il settore ha risentito della concorrenza dei grandi distributori internazionali. Abbiamo quindi cercato di diversificare e specializzarci su nuovi prodotti e servizi. Così, aumentando la nostra qualità sulla stampa e restando sempre nel nostro territorio,
Antonio e Federico Pesce
Stiamo guardando a nuovi investimenti per ridurre i costi interni oltre che per ampliare il numero di partner, andando anche all’estero
siamo entrati in contatto con aziende vinicole, alimentari e con quelle dell’elettronica e dell’occhialeria. In più abbiamo raccolto una nuova sfida: quella del cartone per comunicare, investendo su uomini e attrezzature per specializzarci in packaging litografato, prodotti Pop, stampa digitale e visual merchandising. Siamo convinti che qui siano i maggiori margini di crescita e per questo ci stiamo proponendo anche in fiere di settore e partiremo a breve con l’e-commerce dal nostro sito ondulkart.com». Quali investimenti sono stati necessari per compiere questa evoluzione? A.P. «Da una parte ci sono stati quelli tecnologici, con l’acquisto di un fustellatore rotativo Goepfert, che ci ha dato accesso al mondo dell’alta definizione – una tecnologia flexografica che permette di stampare fino a sei colori, sia su supporto lucido sia opaco, con altissimi standard qualitativi – e di una macchina per la stampa digitale per le piccolissime tirature e la stampa su grande formato. Dall’altra, l’ottimizzazione dei
nostri cicli prodottivi. In particolare stiamo ancora portando avanti un importante investimento per la formazione, anche attraverso una ristrutturazione della metodologia di lavoro. Abbiamo così avviato una collaborazione con una società europea di consulenza. Questa ha elaborato un programma biennale (2012-2013) per snellire alcuni processi di produzione e riorganizzare la supply chain – per rendere più veloce, efficienti e organiche le fasi di ordine, produzione e consegna. Il coinvolgimento del personale in queste attività è parte integrante del processo di miglioramento, dato che si tratta fondamentalmente di una fase di acquisizione di un know how». Il programma non è ancora concluso. Avete però già visto dei cambiamenti? F.P. «All’inizio non è stato facile, anche per via dell’impegno che ci richiede – sei giornate complete di formazione al mese per la durata di due anni –, però oggi sappiamo che questo è stato davvero un ottimo investimento. Oltre alle competenze ci sta aiutando ad acquisire una diversa mentalità nella conduzione dell’impresa e nel modo di produrre, più razionale e organizzato. Indubbiamente i cambiamenti sono già visibili e, soprattutto, ne stanno beneficiando in primis i nostri operatori e dipendenti, che devono essere i veri attori protagonisti del cambiamento». VENETO 2013 • DOSSIER • 105
MODELLI D’IMPRESA
Potenziare l’export La strategia di Alessandro Cappeller per guidare il gruppo Capp-Industries verso nuovi mercati e settori. “Inseguendo” i partner dell’automotive e del settore elettrodomestici che si sono spostati nei paesi low cost Luca Càvera
uello dell’automotive è un comparto industriale “trascinatore”. Nonostante la crisi dell’industria automobilistica nazionale e la nostra ricerca, anche all’estero, di diversificazione, negli ultimi cinque anni l’auto è passata dal valere il 40 per cento del nostro fatturato all’attuale 60 e oltre. Stiamo investendo per far crescere anche gli altri settori, in modo da non essere legati alle sorti di uno solo. Tuttavia è difficile, perché i numeri del mercato automotive sono veramente grandi e gli altri settori di riferimento non sono in questo momento sufficientemente vitali da poterli controbilanciare». A parlare è l’ingegner Alessandro Cappeller, vice presidente del Mollificio Cappeller, realtà principale del gruppo Capp-Industries, che, oltre a fornire l’automotive, produce molle, bobine e connessioni in filo smaltato, particolari stampati, sagomati e minuterie per i settori dell’elettrodomestico, meccanico ed elettrico (questi ultimi con un peso sul fatturato variabile fra il 5 e il 15 per
«Q Fasi dei processi di ricerca e produzione del Mollificio Cappeller Spa di Cartigliano (VI) www.cappeller.it
cento). «Essendo molto legati al mercato dell’auto, oggi in forte crisi in Italia, abbiamo dovuto seguire i nostri principali partner nelle aree produttive dell’Est europeo e non, per continuare a dare il miglior servizio possibile in termini economici e logistici. Il settore nazionale dell’elettrodomestico, poi, dove eravamo presenti ma non in maniera importantissima (15-20 per cento sul fatturato), oggi, si è spostato pressoché interamente nei paesi low cost. Per recuperarlo e incrementare il suo ruolo nel nostro business, stiamo sfruttando la FATTURATO REALIZZATO DAL GRUPPO CAPP-INDUSTRIES: MOLLIFICIO CAPPELLER 17,8 MLN partnership con un’azienda spagnola che proE SPECIAL SPRINGS 17,4 MLN duce in Repubblica Ceca. Questo rappresenta certamente un mercato del lavoro low cost e
44 mln
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Alessandro Cappeller
per questo siamo cercando di attrarre lì quelle imprese che sono fuggite dall’Italia. Ciò non senza difficoltà, dato che in Europa la concorrenza sta crescendo e quindi bisogna essere fortemente competitivi per riuscire a guadagnare spazio e visibilità. Per questo stiamo partecipando a numerose fiere, con l’obiettivo di avviare nuove partnership con aziende che abbiano spostato la produzione in Polonia, Svezia o Turchia». L’azienda Cappeller è stata presente sul mercato nazionale e internazionale come impresa a sé per circa quarant’anni, per poi, nel 2012, diventare un gruppo, con l’aggregazione di Special Springs, nome leader nella produzione dei normalizzati per stampi. «Oggi, con il Mollificio Cappeller abbiamo un sito produttivo anche in Repubblica Ceca – il Mollificio Cappeller Neinsa –. Questa società è il frutto della collaborazione con Neinsa, un’azienda spagnola specializzata nello stampaggio della plastica, degli assemblaggi, nella saldatura e nella lavorazione del tubo. Mentre Special Springs ha magazzini in India e Stati Uniti e una partnership in Turchia con
Abbiamo dato un ruolo di primo piano alla riduzione dei costi produttivi, mantenendo o aumentando la qualità
la Gsb Oilless». La presenza di più anime industriali nasce dalla precisa volontà di stimolare l’internazionalizzazione del gruppo. Il Mollificio Cappeller, attualmente, riversa il 70 per cento della sua produzione sul mercato italiano. Lo stabilimento in Repubblica Ceca è nato proprio per incrementare le sue esportazioni. Tale sito permette di seguire i clienti che producono in loco. «La specializzazione nello stampaggio della plastica di Neinsa è stata anche un’opportunità per diversificare e mettere insieme metallo e plastica, dando così più servizi e più prodotti. Le prospettive per il Mollificio Cappeller Neinsa sono oggi più che positive. La società, il prossimo anno, dovrebbe riuscire a raddoppiare il fatturato». Con la Special Springs, invece, il 70 per cento
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MODELLI D’IMPRESA
del fatturato è già rivolto all’estero. I magazzini
in India e in America nascono infatti allo scopo di fornire un miglior servizio al mercato mondiale, già consolidato e in continua espansione. Anche se in un quadro di difficoltà internazionale e nazionale, tuttavia tutte le società del gruppo hanno chiuso il 2012 in attivo e nei prossimi anni incrementeranno fatturato e presenza all’estero. «Questi risultati sono stati possibili grazie alla presenza nelle aree low cost e al fatto che ci proponiamo da anni come partner per lo sviluppo di nuovi prodotti, individuando soluzioni migliorative in termini economici e prestazionali – soluzioni che spesso vengono brevettate. Pertanto, per non interrompere questo trend, il nostro obiettivo
+16%
CRESCITA DEL FATTURATO NEL PRIMO SEMESTRE 2013 DI MOLLIFICIO CAPPELLER (+6%) E SPECIAL SPRINGS (+10%) 108 • DOSSIER • VENETO 2013
è rafforzare sempre più il rapporto con i clienti storici, mettendo la nostra esperienza al servizio dello staff tecnico di quelle aziende che hanno bisogno di innovare. Per questo, il nostro gruppo investe circa il 3 per cento annuo del fatturato in risorse umane, macchinari e prove di laboratorio. Altra voce di investimento, che riveste un ruolo di primo piano, è la riduzione dei costi produttivi, mantenendo o aumentando la qualità – e nel caso di Special Springs migliorando la sicurezza dei prodotti. Per esempio, i cilindri in azoto utilizzati per la costruzione di stampi di tranciatura, possono rappresentare un vero e proprio pericolo per l’utilizzatore. Abbiamo così introdotto nei nostri cilindri di sistemi di sicurezza brevettati. Questo fatto, ignorato in passato, ci sta dando grandi soddisfazioni in termini di riscontro del mercato, in quanto siamo gli unici a poter vantare determinati livelli di sicurezza e garantire l’incolumità dell’operatore anche in condizioni di errato utilizzo del cilindro». Grazie a questo approccio, Cappeller è riuscita a raccogliere nel proprio portafoglio clienti aziende italiane ed estere. «I nostri partner hanno poi l’esigenza di interfacciarsi con un fornitore che sappia loro garantire qualità e rispetto dei tempi di consegna, oltre che di elevati standard qualitativi. Per rispondere a questa seconda domanda, effettuiamo un continuo monitoraggio della produzione, unita all’impiego di precisi strumenti di misura all’avanguardia. Inoltre, il Mollificio è certificato Iso 9001:2000, Iso Ts 16949:2002 e Uni En Iso 14001:2004, mentre la Special Springs è certificata Iso 9001:2000».
MODELLI D’IMPRESA
Riparte la produzione di occhiali Pare sbloccatasi la difficile crisi del settore ottico, e le aziende tornano a produrre pezzi per occhiali che il trend del momento vuole vintage, quasi un ricordo degli anni 60. Ne parliamo con Rina Del Favero Emanuela Caruso
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La Coletti Srl ha sede a Pieve di Cadore (BL) colettisrl@alice.it
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dinativi. Nello stesso periodo, anche l’estero ha avuto alcuni grossi problemi, per cui Stati Uniti, Venezuela e Cile non ci hanno più mandato ordini. Oggi, continuiamo a far arrivare i nostri prodotti oltre i confini nazionali, ma riusciamo a farlo solo grazie ad alcuni clienti italiani che esportano i nostri pezzi per occhiali». A rendere competitiva la Coletti nel corso degli anni, e in particolare in periodi di crisi economica come quelli che stiamo vivendo, sono state alcune caratteristiche peculiari che da sempre contraddistinguono l’azienda: la tecnologia d’avanguardia e la qualità made in Italy dei prodotti. «All’inizio della nostra avventura, producevamo maschi per filettare, ma ben presto abbiamo capito di doverci evolvere in base alla richiesta del mercato e dei clienti, e siamo così arrivati a realizzare qualsiasi tipo di pezzo necessario per produrre oc-
© Foto: Franco Oliveri Frol
er quanto riguarda le tendenze del prossimo anno in fatto di occhiali, tornerà di moda il vintage, il revival. L’occhiale passerà dalla forma piccola e sottile del momento a una forma grande, tipica dello stile degli anni 60». È così che Rina Del Favero, amministratore delegato della società Coletti, descrive le caratteristiche di quella che, si spera, potrà essere una produzione fatta di grandi numeri e, soprattutto, di grande soddisfazione. «Per noi, che abbiamo una storia aziendale che dura da più di quarant’anni, il ritorno del vintage è un dato positivo, poiché se ci chiederanno produzioni di piccole quantità, potremo rispolverare gli stampi del passato; mentre se la produzione sarà in grandi numeri, allora creeremo nuovi stampi con sistemi moderni. Al momento, stiamo aspettando di ricevere gli ordini delle innumerevoli campionature fatte a luglio, mese in cui, finalmente, l’azienda è tornata operativa». Sì, perché per il settore della produzione di particolari per occhiali gli ultimi tempi non sono stati di certo tra i migliori da ricordare. «La produzione – commenta Rina Del Favero – si è bloccata contemporaneamente sia in Italia che all’estero. Fino a poco tempo fa, il 70 per cento del nostro lavoro era fatto per conto della Safilo, che però dopo essere stata acquisita da una società olandese, ha bloccato gli or-
Rina del Favero
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L’occhiale passerà dalla forma piccola e sottile del momento a una forma grande, tipica dello stile degli anni 60
chiali in metallo. Grazie alle macchine altamente tecnologiche, su cui abbiamo sempre investito per diminuire l’utilizzo di manodopera e aumentare la capacità produttiva, siamo stati in grado di portare avanti lavori di precisione a elevata qualità, come per esempio la realizzazione di pezzi per produrre occhiali simili ai Ray-Ban o la commessa di Luxottica di oltre 20mila paia al giorno di placchette con inserto personalizzato con il loro logo a tre stelle. Oggi, siamo una delle tre imprese dotate di un particolare macchinario che consente la realizzazione del filo riccio, ovvero quel particolare che si trova sull’occhiale per bambini e che gli impedisce di scivolare dall’orecchio e viene anche molto utilizzato per occhiali sportivi e di sicurezza. È fabbricato con un’anima in acciaio avvolta da quattro fili in bronzo e ulteriori quattro fili in alpacca. Per quanto riguarda la qualità, invece, abbiamo
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cercato di trasmettere tutto il potenziale del made in Italy ai nostri prodotti attraverso i quarant’anni di esperienza che abbiamo alle spalle, ma anche tramite la collaborazione instaurata con l’impresa Angelo Manfroi. Questa collaborazione ha preso il nome di Manfroi Activity e ha portato alla formazione di un’officina, in provincia di Belluno, dove sono impiegati ben undici meccanici. Il valore aggiunto di questa mossa strategica sta nel fatto di poter garantire al 100 per cento una qualità italiana senza precedenti, un ottimo servizio al cliente, e una velocità di produzione e puntualità nelle consegne davvero essenziali al giorno d’oggi». Nonostante i duri periodi che la Coletti si è trovata a dover affrontare, grazie agli impegni assunti con le campionature di luglio e alla grande capacità tecnica del socio, Giovanni Luigino De Lorenzo, le aspettative per il prossimo futuro sono positive. VENETO 2013 • DOSSIER • 111
MODELLI D’IMPRESA
Il distretto della concia ora punta sull’importazione n Italia il commercio di cuoio e pelli appare in ripresa. Una ripresa innescata perlopiù dalla domanda trainante dei mercati emergenti e dal migliorato andamento dei consumi domestici. Rimane comunque una situazione non omogenea, le piccole imprese mantengono difficoltà in termini di fatturato e occupazione, mentre le imprese medio-grandi vedono crescite soddisfacenti e mostrano segnali positivi. «Nonostante la crisi, il settore tende leggermente a migliorare, anche se c’è sempre qualche difficoltà». La conferma arriva da Alessandro Zamuner, responsabile commerciale della Effegi2. L’azienda veneta opera nel settore della commercializzazione del pellame sia grezzo che Wet Blue, ovvero al termine di una particolare concia che gli conferisce il tipico colore verde azzurro. Tra i motivi della sua crescita c’è un’importante partnership con la ditta russa Leather Raw Material Company Siberia, che raccoglie il grezzo su tutto il ter-
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Importare pellami da mercati emergenti quali la Russia, e distribuirli alle concerie italiane per lavorare le pelli e commerciarle. È la strategia della Effegi2 Spa. L’esperienza del responsabile commerciale Alessandro Zamuner Lorenzo Brenna
ritorio russo. «Essere partner esclusivi della Leather Raw Material Company Siberia è per noi un grande vantaggio - dichiara Alessandro Zamuner - abbiamo la consapevolezza di avere un fornitore serio e soprattutto continuativo, inserito bene nel mercato russo». La Russia è ormai da anni uno dei mercati emergenti su cui la pelletteria italiana può contare in termini di elevata potenzialità di assorbimento dei suoi prodotti. Effegi2 è riuscita a costruire questa fruttuosa partnership grazie alle numerose conoscenze
La Effegi2 Spa ha sede ad Arzignano (VI) www.effegi2spa.it
Alessandro Zamuner
e anni di collaborazione. «Gli ordini vengono mandati direttamente al nostro fornitore - spiega il responsabile commerciale- che poi si occupa di distribuire la merce. I nostri approvvigionamenti riguardano principalmente le pelli di origine russa, dove le stesse, dopo aver subito la prima trasformazione da pelli grezze a Wet Blue, vengono preselezionate da uno staff competente, e quindi importate e vendute nel territorio italiano ed europeo. La merce importata è rivolta in particolar modo ai produttori di pelletterie e calzature». Effegi2 è attenta al rapporto con il cliente e punta molto sulla fidelizzazione. «Per i nostri clienti più esigenti offriamo la possibilità di visionare personalmente la merce disponibile presso il nostro magazzino - rivela Alessandro Zamuner - ed effettuare sulla stessa un ulteriore controllo, al fine di soddisfare al meglio le richieste del mercato». Nel 2012 la società veneta ha chiuso il suo bilancio con circa otto milioni di euro di fatturato. Per il 2013, in base al progetto di espansione nel territorio russo e alle condizioni del mercato, si prevede un fatturato pari a undici milioni di euro. Le prospettive per il medio e lungo periodo della Effegi2 sono ottimiste.
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Essere partner della Leather Raw Material Company Siberia è per noi un grande vantaggio, abbiamo la consapevolezza di avere un fornitore ben inserito nel mercato russo
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«L’azienda ha come obiettivo principale lo sviluppo del proprio mercato a livello mondiale. Oltre che dalla Russia importiamo pellame da Ucraina, Georgia, Bielorussia e Serbia, per quel che riguarda l’Est, inoltre, grazie ai nostri innumerevoli contatti riusciamo a fornire pelli provenienti da macelli sia nazionali sia europei, come Austria, Svizzera, Francia, Spagna, Polonia, Inghilterra e Slovacchia. Per quanto riguarda l’America, siamo in grado si fornire alla nostra clientela pellame proveniente da Venezuela, Colombia, e dal Brasile, sia in Wet Blue che in Crust, ideale per la produzione di pelli per arredamento. Tra i nostri obiettivi c’è quello di migliorare e crescere dal punto di vista competitivo in modo da raggiungere maggior solidità per far fronte alla concorrenza». VENETO 2013 • DOSSIER • 113
ECONOMIA DELLA CULTURA
Cultura, investimento vincente Nonostante la crisi, il settore culturale tiene in Italia e diventa ancor più strategico, coinvolgendo attività quali commercio, turismo e agricoltura. Lo indica l’ultimo rapporto di Unioncamere e Symbola che promuove il Veneto Francesca Druidi
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© la Biennale di Venezia - Foto ASAC
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industria culturale italiana è un importante viatico per incrementare il benessere dei territori. Come evidenzia il rapporto 2013 di Fondazione Symbola e Unioncamere, “Io sono cultura. L’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi”, il settore culturale rappresenta il 5,8 per cento della ricchezza prodotta nel nostro Paese, pari a circa 80,8 miliardi di euro (includendo l’apporto del pubblico e del no-profit); un valore aggiunto che cresce al 15,3 per cento se si considera l’intera filiera, comprensiva anche del resto dell’economia attivata dalla cultura (turismo, commercio, trasporti). In questo contesto, il Veneto si dimostra una delle regioni più competitive e meglio attrezzate del Paese a gestire i propri assi nella manica. E il progetto di candidatura di Venezia, insieme al Nord Est, a capitale europea della cultura nel 2019 dovrebbe ulteriormente rafforzare la posizione di Venezia e del Veneto, potenziando la logica di network tra la regione, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, sempre nell’ottica di valorizzare i territori attraverso la cultura. A parlare sono i numeri. Scorrendo la classifica delle regioni, stilata in base all’incidenza del valore aggiunto della cultura sul complesso dell’economia, il Veneto si piazza al terzo posto, con il 6,3 per cento, insieme alla Lombardia, dietro a Lazio e Marche, mentre raggiunge la vetta (con quota 7,1 per cento) per l’incidenza del-
RUGGISCE IL LEONE ITALIANO on la conquista da parte di Gianfranco Rosi del Leone d’oro, l’Italia torna ad agguantare dopo quindici anni il massimo riconoscimento alla Mostra del cinema di Venezia, che quest’anno ha salutato la sua 70esima edizione. È la prima vittoria al Lido per un documentario, sebbene sui generis come Sacro Gra, (dove Gra è l’acronimo del grande raccordo anulare di Roma): un risultato frutto di un concorso ufficiale ricco di titoli rischiosi e vari, come li ha definiti il direttore Alberto Barbera. Un concorso che ha salutato il maestro dell’animazione giapponese Hayao Miyazaki, che proprio in Laguna ha annunciato il ritiro, probabilmente seguito dal taiwanese Tsai Ming-Liang (il suo Stray Dogs ha portato a casa il Gran premio della giuria) e ha definitivamente riconosciuto il talento del giovane regista canadese (solo 24 anni) Xavier Dolan. Tra declinazioni più o meno scioccanti della crisi (sono stati toccati temi come violenza
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domestica, pedofilia, necrofilia) e sorprese - il film fuori concorso Locke dell’inglese Steven Knight è stato il più apprezzato, insieme a Philomena di Stephen Frears la Biennale di Venezia archivia la seconda edizione della mostra guidata da Barbera, con numeri incoraggianti. Anche se albergatori e commercianti del Lido hanno lamentato un minore introito dovuto, in teoria, a un minor afflusso di pubblico, è stato registrato un incremento dei biglietti del 20 per cento rispetto al 2012 (un +6 per cento anche rispetto al 2011), a cui si affianca un aumento degli incassi dell’11 per cento. Nonostante il “buco” resti una ferita aperta sul Lungomare Marconi e permangano diversi problemi strutturali e logistici per il festival, tra cui la presenza sempre più ingombrante del festival di Toronto per quanto riguarda i film americani, l’edizione 2013 della Mostra di Venezia ha confermato la vitalità della manifestazione e l’interesse di pubblico e stampa straniera.
© la Biennale di Venezia - Foto ASAC
I dati del Veneto
Paolo Baratta, consegna, insieme ad Alberto Barbera, il Leone d’oro alla carriera a William Friedkin. Sotto, il Museo Correr, sede della Fondazione dei musei civici di Venezia
l’occupazione delle industrie culturali. L’analisi di Symbola e Unioncamere si concentra anche sulla capacità moltiplicativa del sistema produttivo culturale: il Veneto è la seconda regione in Italia per ricaduta sull’economia locale della produzione di cultura e mostra - con la Lombardia - la maggiore propensione all’export (circa 9 miliardi di euro per entrambi). L’indagine segnala poi la Fondazione Musei Civici di Venezia (fondazione di partecipazione con un unico socio fondatore, il Comune di Venezia) come esempio virtuoso di gestione autonoma della cultura, con una percentuale di autofinanziamento raggiunta nel 2012 del 97,7 per cento. Ma non c’è solo Venezia in primo piano. Nelle prime dieci posizioni della graduatoria delle province italiane che mostrano le migliori performance culturali, compaiono tre province venete: Vicenza (quinta), Treviso (sesta) e Verona (decima). VENETO 2013 • DOSSIER • 127
ECONOMIA DELLA CULTURA
Fare rete premia il territorio Il Veneto è una delle regioni che meglio sa ricavare benefici economici dal proprio potenziale culturale. Il segreto è far dialogare amministrazioni, istituzioni e imprese culturali. Ne parla il vicepresidente della Regione, Marino Zorzato Francesca Druidi
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l Veneto è la seconda regione in Italia per ricaduta sull’economia e sull’occupazione della produzione di cultura. A stabilirlo è il rapporto “Io sono cultura”, realizzato da Fondazione Symbola e Unioncamere, sul peso della cultura nell’economia nazionale. Non è merito solo del patrimonio culturale e paesaggistico, ma anche della «capacità di creare opportunità e di saperne cogliere la grande vivacità che costituisce il nostro sistema produttivo culturale» afferma Marino Zorzato, vicepresidente della Regione con delega alla cultura. Cultura e crescita rappresentano un binomio che funziona in Veneto. «Sì, lo dimostrano i dati sul turismo nella nostra regione. I turisti stranieri in Veneto, che hanno come motivazioni principali la visita culturale e alle città d’arte, occupano uno spazio pari al 37,4 per cento delle presenze, rispetto 128 • DOSSIER • VENETO 2013
al 26,8 del settore balneare, al 21,3 del lago e al 3,6 della montagna. Questo risultato fa intuire l’importanza della motivazione culturale nelle scelte che portano il turista straniero a visitare la nostra regione. Complessivamente, nel 2012 la spesa degli stranieri in vacanza in Veneto per motivi culturali è stata pari a circa 1,9 miliardi di euro, il 52,6 per cento della spesa totale dei turisti stranieri». Qual è l’approccio operativo della giunta regionale al tema? «Consapevoli di questo patrimonio e di questa vivacità, abbiamo soprattutto ascoltato il territorio insieme alle amministrazioni locali e creato un sistema per la cultura. Lo strumento della concertazione si è rilevato strategico, sia per quanto riguarda la valorizzazione del patrimonio culturale che per quanto concerne l’opera di sensibilizzazione verso i cittadini, che acquisiscono consapevolezza del patrimonio culturale presente nel territorio, che per l’attrazione turistica». Come la Regione si sta muovendo nello specifico? «La nostra scelta è stata quella di sostenere progetti che fanno rete territoriale, attraverso
Marino Zorzato
In apertura, Marino Zorzato, vicepresidente della Regione Veneto con delega alla cultura; Sopra, la firma di alcuni accordi siglati dalla Regione Veneto con gli enti locali su programmi di cultura e spettacolo
gli accordi di programma. Ad esempio, “Reteventi Cultura Veneto”. Prima, ogni amministrazione provinciale proponeva in maniera autonoma progetti culturali. A partire dal 2010, abbiamo avviato una regia regionale che ha dato origine al network sopracitato, finalizzato alla valorizzazione del patrimonio storico, artistico e ambientale del territorio, sapendo far interagire beni e attività culturali, arte e spettacolo, tradizione e modernità, in una logica di rete e di sistema». Qual è stata la risposta del territorio? «È stato possibile aumentare il numero delle manifestazioni in regione e il coinvolgimento delle associazioni, così come delle amministrazioni pubbliche. Nel 2011 sono state presentate oltre 3.500 manifestazioni e oltre 800 enti sono stati coinvolti nella programmazione. Numeri in aumento nel 2012, con oltre 4.000 eventi e più di 900 realtà coinvolte. Per il 2013 abbiamo riconfermato il progetto con un ulteriore stanziamento». Quali ulteriori iniziative avete in programma, in particolare verso settori finora poco valorizzati, come la promozione del turismo religioso? «Abbiamo da poco approvato la progetta-
zione dei Cammini della fede. Si tratta di quattro percorsi che saranno il fulcro di un turismo culturale religioso: le grandi rogazioni dell’Altopiano di Asiago, la via dei Papi, il cammino di Sant’Antonio, gli itinerari della fede in Valpolicella. In questo caso, le risorse per gli interventi sono state trovate nel fondo regionale per la riqualificazione e il risanamento del paesaggio veneto. Inoltre, dal 2014 inizierà la ricorrenza del centesimo anniversario della prima guerra mondiale, sulle cui celebrazioni gravita l’interesse della comunità internazionale. In questa prospettiva, abbiamo avviato una strategia d’intervento che possa assumere ampio respiro, estesa nel territorio, in modo da favorire la “messa a sistema” delle testimonianze storiche relative alla Grande Guerra in Veneto». Quali ulteriori iniziative avete improntato? «Abbiamo firmato un protocollo d’intesa con le Camere di commercio del Veneto e Unioncamere per la condivisione di un programma di iniziative finalizzato a incentivare la realizzazione di produzioni cinematografiche, televisive e audiovisive sul territorio. Altro punto importante è l’accordo con Confindustria Veneto per la valorizzazione del patrimonio culturale delle imprese VENETO 2013 • DOSSIER • 129
ECONOMIA DELLA CULTURA
La nostra scelta è stata quella di sostenere progetti capaci di fare rete sul territorio, attraverso accordi di programma
e la promozione della cultura d’impresa».
In che cosa consiste? «Si tratta di un accordo che conferisce sistematicità allo studio di forme innovative di partecipazione delle imprese a progetti culturali e di ricerca di forme di partnership culturali tra i settori pubblico e privato. Tra i risultati ottenuti vi sono il censimento delle imprese che investono in cultura, approfondimenti sulla fiscalità nell’ottica di favorire gli investimenti, il portale www.progettoindustriaecultura.it, la nascita di una rete dei musei d’impresa. Fondamentale è coniugare il turismo con la cultura, la cultura con l’identità di un territorio e con il mercato; e quest’ultimo con i bisogni delle persone, creando situazioni inedite: nuove nicchie, nuove attese nella domanda e nell’offerta, nuovi soggetti imprenditoriali, nuovi circuiti turistici». A livello nazionale, ritiene il decreto legge sulla valorizzazione del patrimonio artistico varato dal Governo Letta una mossa sufficiente per incrementare l’economia della cultura? «Proprio sull’esempio e sull’esperienza veneta,
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invito il governo a guardare alla cultura in modo sinergico e trasversale, tenendo in considerazione le diversità e le eccellenze dei territori. Prendo come esempio il salvataggio delle fondazioni lirico-sinfoniche avvenuto in regione. Il piano prevede la creazione di un fondo da 75 milioni di euro, che sarà gestito da un commissario straordinario e servirà a risanare le situazioni debitorie. Vorrei che si passasse da un approccio assistenzialista a uno meritocratico. Il Veneto è l’unica regione d’Italia ad avere due fondazioni liriche di livello internazionale, Arena di Verona e Teatro La Fenice. Si tratta di due realtà, di cui la Regione è socio fondatore, che catalizzano interessi e pubblico a livello mondiale, traino per il turismo e la cultura. Ma c’è un altro punto importante». Quale? «Il governo dovrebbe intervenire sulla fiscalità. Le imprese che desiderano investire in cultura devono trovare un vantaggio fiscale. Su questo punto noi abbiamo già i protocolli firmati, ma manca lo Stato».
ECONOMIA DELLA CULTURA
Contributi a formazione e welfare Sotto la regia di Giuliano Segre, e in raccordo con le fondazioni delle regioni limitrofe, la fondazione di Venezia estende il suo raggio d’intervento per la diffusione di iniziative culturali e sociali su tutto il territorio del Nordest Giacomo Govoni
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n tesoro di quasi otto miliardi di euro netti. È l’imponente cifra che si ottiene sommando i patrimoni delle dieci fondazioni che a fine giugno si sono unite sono il tetto comune della consulta del Triveneto. Nata, si apprende dallo statuto, per «favorire l’elaborazione di eventuali iniziative congiunte nell’ambito delle attività delle fondazioni medesime, con particolare riguardo ai settori della cultura, dell’arte, della ricerca scientifica, dell’istruzione, della sanità, dell’assistenza e beneficenza». Per ricoprire il ruolo di
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coordinatore di questa nuova realtà è stato eletto all’unanimità il presidente della Fondazione di Venezia, Giuliano Segre, il quale sottolinea come «la nascita di questo organismo deriva dalla consapevolezza che il periodo passato senza un coordinamento non ha facilitato un lavoro collettivo né ha lasciato progetti complessivi». In che misura la nascita di questo organo collegiale compatterà l’azione delle fondazioni e in quali progetti si tradurrà, specie sul fronte del sostegno al welfare territoriale? «La nuova consulta mira a essere un soggetto
Giuliano Segre
che si pone in basso rispetto alle fondazioni, per coordinarne l’attività, e non in alto per decidere e imporre. Il presidente dell’Associazione di fondazioni e di casse di risparmio, Giuseppe Guzzetti, salutando la nascita della consulta del Triveneto, ha posto l’accento sull’importanza del welfare territoriale. Ci sono fasce di società per le quali lo stato sociale non riesce più a intervenire: forme di welfare aziendale, territoriale e locale sono un’opportunità da perseguire, magari attraverso piccole forme di contribuzione. L’importante è che ci sia fiducia in chi lavora per raccogliere e certezza sulla destinazione delle risorse». Lo scorso aprile avete chiuso un consuntivo tra i migliori dell’ultimo quinquennio. Quali le note positive che emergono dal bilancio economico? «Sicuramente quella di non trovarci in situazioni di appesantimento patrimoniale, come purtroppo emerge leggendo alcuni bilanci di fondazioni. Le politiche che abbiamo messo in atto hanno permesso di far tornare il patrimonio della Fondazione di Venezia a valori di mercato vicino a quello originario. Una delle operazioni che ha dato i migliori frutti è quella legata alla Cassa depositi e prestiti. Si tratta di un investimento attuato nel 2003, quando Venezia investì 25 milioni di euro. In questi anni la fondazione ha ricevuto come dividendi qualcosa in più della cifra investita. Oggi, però, la partecipazione, trasformata da azioni privilegiate ad azioni ordinarie, vale circa 60 milioni di euro. Pur allontanandoci progressivamente da una politica di mera erogazione, siamo riusciti a distribuire sul territorio 4 milioni di euro». L’attività della fondazione muove dal principio che “non esiste crescita senza cultura”. Quali iniziative state curando con prioritario impegno in tal senso? «Arte e attività culturali sono uno dei tre settori nei quali, per statuto, opera la Fondazione di Venezia. Nel 2011 sono stati organizzati più di 2.500 eventi e il patrimonio artistico e l’offerta culturale di Venezia sono talmente straordinari da rendere difficile l’aggiunta di qualcosa di nuovo. Noi ci stiamo provando, con un progetto di rigenera-
zione urbana nel centro della città di terraferma: è l’area M9, un ettaro di terreno chiuso da secoli alla fruizione cittadina, che ospiterà un museo, il primo di Mestre, e spazi per l’aggregazione e il pensiero. E poi il recente protocollo sottoscritto con la fondazione Teatro La Fenice, per la diffusione delle attività culturali e formative del teatro in un territorio più ampio, che per noi assume le dimensioni della nascente città metropolitana». Ingente anche il vostro dispendio di energie e risorse a favore dei programmi e percorsi di formazione. Quali i risultati migliori ottenuti nell’ultimo anno? E con quali investimenti implementerete questa attività nei prossimi mesi? «La Fondazione di Venezia mantiene uno stretto rapporto con le scuole di ogni ordine e grado nel territorio: laboratori, attività extracurriculari, stage. Negli anni scorsi, in collaborazione con gli atenei veneziani, abbiamo anche costituito due fondazioni per la ricerca avanzata: per un decennio sono stato lo strumento per sostenere corsi di alta specializzazione. Ora stiamo lavorando a nuove forme di collaborazione con le fondazioni universitarie, espresse dai due atenei cittadini. Strettamente legato al mondo della formazione professionale è anche quello dell’accesso al credito: esistono energie e idee che hanno soltanto bisogno di gambe sulle quali camminare. Per questo, come avevamo già sperimentato in passato, stiamo studiando progetti per il microcredito».
Giuliano Segre, presidente della Fondazione di Venezia. In apertura, un’aula dell’Università Ca' Foscari
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POLITICHE AGRICOLE
La vera partita si gioca in Europa Raggiunto l’accordo sulla riforma della Politica agricola comune, sul versante interno i nodi da sciogliere restano il sostegno all’ingesso dei giovani nel settore, la difesa made in Italy e la promozione di Expo 2015. Il ministro dell’agricoltura, Nunzia De Girolamo, individua le priorità per il settore primario Francesca Druidi
L’
Nunzia De Girolamo, ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali. A fianco, la commissione Agricoltura dell’Unione europea
Italia registra il numero di certificazioni di qualità dei prodotti agroalimentari più elevato a livello comunitario e anche l’export del comparto mantiene quote significative. Il 2013, già dall’inizio, ha registrato un aumento del 7 per cento delle esportazioni, come segnala un’indagine di Coldiretti su dati Istat relativi a maggio. «Il settore agroalimentare è storicamente al centro dell’economia italiana – evidenzia il ministro De Girolamo – ed è anche uno dei pochi, in questo scenario globale di recessione e di contrazione dei consumi, a mantenersi vitale e in trend positivo. Credo sia fondamentale, per il rilancio dell’intera economia nazionale, fare in modo che venga valorizzato e incentivato». Un obiettivo che parte da basi importanti, individuate dalle risorse previste dalla nuova Pac varata a fine giugno dall’Ue. Quali sono i programmi a breve e lungo termine volti a sostenere il comparto agroalimentare? «Il Governo Letta ha già dato alcuni segnali positivi in tal senso: l’abolizione dell’Imu, l’approvazione del disegno di legge per il contenimento del consumo di suolo e l’inserimento di due importanti interventi nel “decreto del fare”. Adesso bisogna agire per rilanciare il comparto, favorendo soprattutto il ricambio generazionale. Dobbiamo motivare i giovani a tornare in agricoltura, far capire loro che è un settore forte e su cui vale la pena investire. Per questo, mi sto impegnando con misure concrete che incentivino il
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loro ingresso nel comparto, come la maggiorazione del 25 per cento degli aiuti diretti che abbiamo reso obbligatoria, e facilitino l’accesso al credito e alla terra. Sul piano interno, una partita strategica è sicuramente quella della semplificazione burocratica, un carico troppo pesante per le nostre imprese. Infine, ho intenzione di agire in difesa del made in Italy, aiutandolo a crescere sui mercati internazionali». Per quanto riguarda il settore ittico? «Importanti passi avanti sono stati fatti con la riforma della Politica comune della pesca (Pcp), che entrerà in vigore già dal prossimo gennaio. Tuttavia, la chiusura dell’accordo sulla riforma
Nunzia De Girolamo
52mld
PAC AMMONTARE DEI CONTRIBUTI DELLA NUOVA POLITICA AGRICOLA COMUNE DESTINATI TRA IL 2014 E IL 2020 AL SOSTEGNO DELL’AGRICOLTURA ITALIANA
della Pcp non esaurisce il mio impegno a livello comunitario e ho intenzione di proseguire il dialogo nell’ottica di dare nuovo ossigeno a un comparto molto importante per l’Italia. Il vero punto chiave sarà riuscire a trovare un equilibrio tra la necessità di far respirare le risorse marine e le esigenze di chi di pesca vive, affinché le misure a tutela degli stock ittici siano sempre contemperate alle esigenze sociali dei territori su cui impattano». Quali traguardi l’Italia è riuscita a raggiungere a Bruxelles con l’approvazione della Politica agricola comune 2014-2020? «È stato fatto un buon lavoro e l’esito delle trattative lo dimostra. Penso, ad esempio, all’esclu-
sione delle coltivazioni arboree e del riso dagli obblighi previsti dal greening, al miglioramento della convergenza interna, alla maggiorazione del 25 per cento degli aiuti per le imprese condotte da giovani che abbiamo reso obbligatoria nei primi 5 anni di attività. Nell’ambito dello sviluppo rurale sono state previste anche agevolazioni per le start up e sono stati creati dei sottoprogrammi tematici per l’imprenditoria femminile». Sul fronte dell’Organizzazione comune di mercato quali risultati sono stati ottenuti? «Siamo riusciti a tutelare il settore del vino con un sistema di autorizzazioni che sarà in vigore fino al 2030, così come abbiamo fatto ammettere a intervento il frumento duro. Altra novità rilevantissima è la programmazione produttiva per i prosciutti a denominazione d’origine. In ogni caso, inizia ora una partita tutta italiana: dobbiamo riuscire a impiegare i 52 miliardi di euro per rilanciare la nostra agricoltura e dar vita a una vera politica agricola nazionale». Come favorire e accompagnare le imprese agricole nei sempre più necessari processi di internazionalizzazione? «Con i ministri Bonino, Bray e Zanonato abbiamo già previsto la creazione di una ca- VENETO 2013 • DOSSIER • 137
POLITICHE AGRICOLE
Dobbiamo far capire ai giovani che quello agricolo è un settore forte su cui investire
bina di regia “per l’Italia internazionale”, contrastare l’agropirateria? dove abbiamo inserito anche le organizzazioni di categoria dell’agricoltura, per avviare una grande operazione di rilancio della nostra immagine all’estero. L’Expo 2015 sarà il nostro banco di prova. Si tratta di un’occasione di promozione dei prodotti italiani che non possiamo perdere e che servirà a raddoppiare le nostre esportazioni e a rafforzare la nostra presenza sui mercati internazionali. Nel frattempo, dobbiamo continuare a comunicare, a far conoscere i nostri prodotti ai consumatori stranieri, attraverso la piena sinergia con la rete delle ambasciate italiane e dell’Ice. Il mondo cerca i nostri prodotti perché sono i migliori. Con questa consapevolezza, allora, dobbiamo lavorare duramente, per assicurare che il made in Italy sia riconosciuto e riconoscibile e trovi il posto che merita nello scenario globale». Un tema cruciale anche per l’agroalimentare è rappresentato dall’illegalità. È possibile intervenire in maniera più efficace su questo versante e con quali strategie si può
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«Voglio sottolineare il ruolo di tutti gli uomini e le donne degli organismi di controllo che ogni giorno s’impegnano a contrastare questi fenomeni: sono certa che, grazie a loro e a controlli sempre più efficaci, riusciremo a raggiungere l’obiettivo che non si senta mai più parlare di Gomorra nei campi o in mare. A livello internazionale, invece, a minacciarci sono problemi come la contraffazione e l’italian sounding. Siamo produttori di eccellenza e, in quanto tali, tutti cercano di imitare i nostri prodotti. Un fenomeno che ci danneggia a livello economico, con una perdita di circa 60 miliardi di euro, ma non solo. Si tratta di una vera e propria gabbia che ci impedisce di crescere, di creare occupazione, di dare riconoscimenti ai produttori che ogni giorno s’impegnano a lavorare bene e legalmente. Per questo, intendo fare in modo che qualità, affidabilità delle etichette e tracciabilità dei passaggi di filiera verso i mercati finali, sia nazionali che internazionali, diventino strumenti di trasparenza e controllo a tutela dei produttori italiani onesti e di tutti i consumatori».
Franco Manzato
Coltivare la qualità dei prodotti locali Aggregazione orizzontale e verticale tra aziende, innovazione e nuovo impulso all’imprenditoria giovanile. È la ricetta di Franco Manzato per mettere il sistema agricolo veneto al riparo dall’incertezza sia climatica che economica Giacomo Govoni
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ome se non bastassero le perturbazioni generate dalla crisi economica, l’anno scorso a minacciare le coltivazioni venete ci si è messa pure la scarsa piovosità. Nonostante questo, l’attività del settore primario è riuscita ugualmente a chiudere il 2012 con una produzione record di 5,3 miliardi, grazie a una provvidenziale impennata dei mercati, specie nella seconda metà dell’anno. «Sebbene sia stato un anno molto siccitoso – sottolinea l’assessore regionale all’agricoltura Franco Manzato – il valore della produzione è cresciuto dell’1,5 per cento rispetto al 2011. Rimangono le ricadute in termini quantitativi su diversi prodotti, a partire dal mais, in flessione del 35 per cento». Quali fattori hanno fatto la differenza nella complessiva tenuta del settore? E come è proseguito nella prima metà di quest’anno? «La forza dell’agricoltura veneta sta nel forte collegamento con le industrie di trasformazione, sia cooperativistiche che private. Penso, ad esempio, alle trasformazioni del mais o delle
carni e formaggi veneti in prodotti pregiati quali Grana Padano, Asiago o Monte Veronese. Inoltre, nel 2012 le produzioni orticole Franco Manzato, hanno operato un fatturato di 610 milioni di assessore all’agricoltura euro come le frutticole, tra cui primeggia la col- della Regione Veneto tivazione della vite con 76mila ettari, che garantisce una produzione di vino superiore agli 8 milioni di ettolitri all’anno, in buona parte a marchio Docg, Doc o Igt». In tema di occupazione, qual è il trend nelle imprese agricole negli ultimi mesi? «Il numero delle imprese conferma un trend in diminuzione, con circa 72mila unità, in calo del 2 per cento l’anno. Le imprese che escono dal mercato sono in sostanza di piccolissima dimensione e condotte da persone anziane. Questo va a rafforzare il tessuto produttivo veneto e il valore della produzione in crescita lo testimonia. Dal punto di vista occupazionale si è assistito a un incremento del 7,5 per cento, con un numero complessivo di addetti pari a 75mila». Da cosa ripartire per incentivarla? «Un elemento virtuoso dell’agricoltura ve- VENETO 2013 • DOSSIER • 139
POLITICHE AGRICOLE
COSÌ GLI AGROPIRATI FATTURANO MILIARDI Gorgonzola e “Cambozola”, clementine spagnole e carciofi egiziani venduti come italiani, ricotta “perfect italiano” australiana, aceto balsamico di Modena tedesco, Chianti argentino l falso made in Italy alimentare nel mondo, secondo un’analisi della Coldiretti, vale oltre 60 miliardi di euro (7 milioni di euro l’ora) e toglie circa 300mila posti di lavoro. A essere colpiti sono i prodotti più rappresentativi dell’identità alimentare italiana: dai pomodori San Marzano coltivati in Usa al “Parma salami” del Messico, dal Parmesao del Brasile allo Spicy thai pesto statunitense, dall’olio Romulo, con tanto di lupa, venduto in Spagna al Chianti prodotto in California, ma anche una curiosa “mortadela” siciliana dal Brasile, un “salami calabrese” prodotto in Canada, un barbera bianco rumeno e il provolone del Wisconsin. Insomma, un vero e proprio furto alle 98.200 aziende agricole e di allevamento e alle 7.600 strutture di trasformazione artigianali e industriali che operano nel settore delle Dop e delle Igp, che vede in testa il Veneto con 31 prodotti tipici. «La lotta alla contraffazione e alla pirateria internazionale rappresenta per le istituzioni un’area di intervento prioritaria per recuperare risorse economiche utili al Paese e generare occupazione in un difficile momento di crisi» ha affermato il presidente della
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Coldiretti, Sergio Marini, sottolineando che bisogna agire nell’ambito degli accordi internazionali, dove «troppo spesso l’agroalimentare è stato svenduto sull’altare di interessi diversi. Occorre fermare una concorrenza sleale nei confronti dei produttori nazionali con il rischio che, soprattutto nei Paesi emergenti come la Cina, si radichi tra i consumatori un falso made in Italy che non ha nulla a che fare con il prodotto originale». Intanto, i Nuclei antifrodi dei carabinieri (Nac), di Roma, Parma e Salerno, nell’ambito dell’operazione Estate sicura, condotta in collaborazione con i comandi territoriali dell’Arma e il Ministero delle politiche agricole, hanno effettuato controlli a tappeto in tutta Italia. Le ispezioni hanno toccato 147 aziende e attività commerciali, individuando prodotti alimentari commercializzati con indicazioni che evocavano illecitamente marchi di qualità Dop e Igp. Le attività principali dell’operazione hanno portato all’accertamento di violazioni per oltre 16 milioni di euro con segnalazioni all’Antitrust per “pratiche commerciali ingannevoli” su prodotti alimentari anche di largo consumo.
neta è il nuovo protagonismo dell’imprendi- stati costruiti sia dal mondo cooperativo toria giovanile. Grazie all’intraprendenza dei giovani e agli aiuti economici del Programma di sviluppo rurale, negli ultimi 5 anni si sono insediati oltre 1.500 giovani con i bandi regionali. Nuovi imprenditori laureati o diplomati, pronti a sfidare il mercato con idee originali, sia in termini di gestione e organizzazione aziendale che di offerta di servizi, declinata nelle forme dell’agriturismo, delle fattorie didattiche e sociali, e anche nella vendita diretta dei prodotti a km zero». Le note più incoraggianti per l’agroalimentare veneto giungono, ancora una volta, dall’estero. Da quali mercati in particolare? «Il Veneto esporta molto, sebbene la bilancia nel 2012 abbia dato un saldo negativo import-export di 800 milioni. Ciononostante, negli anni sta diminuendo questo divario. I mercati principali sono interni all’Ue, quali Germania, Austria e Gran Bretagna. Ma anche Nord America, Usa e Canada, Asia e Russia. Questi successi sono
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che da singole imprese, con anni di lavoro, investimenti e dedizione, creando così prodotti veneti di altissima qualità che propongono il “veneto style”». Di recente le associazioni territoriali di categoria hanno messo sul tavolo della Regione le loro richieste per il rilancio del settore primario. Quali ritiene meritino le risposte più tempestive? «Dalle organizzazioni emergono richieste puntuali riguardanti l’assetto organizzativoistituzionale regionale, i contenuti del futuro Psr, più alcune proposte di semplificazione burocratica. Innanzitutto c’è il tema dell’innovazione, centrale nella prossima programmazione Ue e parzialmente colto nei documenti delle Opa. Dal canto nostro, intendiamo dare un’impostazione nuova e più incisiva all’intervento regionale, a partire dalla riforma dell’ente strumentale Veneto Agricoltura. Altro tema richiamato dalle organizzazioni è quello della centralità del-
Franco Manzato
75mila GLI ADDETTI DEL COMPARTO AGRICOLO VENETO, CRESCIUTO DEL 7,5% FRA IL 2011 E IL 2012
l’azienda agricola. Non è in discussione, ma lunga è la strada per superare una frammentazione aggravata, nel Veneto, da una strutturazione aziendale ancora debole. La risposta che daremo sarà favorire e sostenere l’investimento aziendale, ma in funzione dell’aggregazione (orizzontale e verticale) tra aziende, attraverso le leve finanziarie e delle nuove forme contrattuali». Altri percorsi verso cui indirizzerete la vostra azione? «Occorre sostenere percorsi alternativi delle aziende agricole. Ambiente, turismo, ma anche socialità, educazione, terza età, possono trovare concrete risposte nell’azienda agricola, che quindi si deve attrezzare rispetto a queste esigenze. Infine c’è il grande tema della semplificazione, che richiede una rivisitazione delle relazioni tra imprese e Pa. I percorsi imposti a livello nazionale rischiano di far arretrare anziché migliorare questo rapporto nel settore agricolo veneto, che da tempo sta puntando su dematerializzazione documentale,
utilizzo spinto dell’informazione e della rete e valorizzazione dei centri di assistenza agricola. La nuova programmazione può essere l’occasione per confermare questi orientamenti e favorire un rapporto più maturo tra Pa e imprenditore agricolo». Che segnale vi aspettate dalla Pac per delineare un Psr 2014-2020 in grado di sostenere la vostra economia agricola? «La nuova programmazione ha un’impostazione strategica molto accentuata. Bene, perché è giusto sapere per quali finalità vengono spesi i soldi del contribuente europeo. Ma questo non deve tradursi in un’ingessatura della programmazione che porta solo a rallentamenti e complicazioni nella stesura dei programmi. Quindi ci attendiamo semplificazione delle procedure e gestione dei Psr. Un ulteriore aspetto è quello delle risorse. Se a livello comunitario è ormai assodato che non verranno diminuite, sarà necessario che lo Stato mantenga il cofinanziamento nazionale delle iniziative ai livelli attuali». VENETO 2013 • DOSSIER • 141
POLITICHE AGRICOLE
Una nuova governance per il settore Riformare gli enti strumentali per renderli più funzionali ai bisogni dei produttori e valorizzare l’impresa media, con un occhio di riguardo alla difesa della filiera cerealicolo-zootecnica. Le richieste di Confagricoltura Veneto Giacomo Govoni
L’
Giangiacomo Gallarati Scotti Bonaldi, presidente di Confagricoltura Veneto
unione fa la forza delle idee, per un futuro nel segno dello sviluppo. È quanto devono aver pensato lo scorso maggio le massime sigle associative regionali, riunitesi sotto un unico coordinamento denominato Agrinsieme. Una mossa per parlare del mondo agricolo regionale con una voce sola, tutelandone gli operatori e promuovendo compatti progetti di sviluppo per la filiera. «Vogliamo che ogni intervento regionale - chiarisce Giangiacomo Gallarati Scotti Bonaldi, presidente di Confagricoltura Veneto - miri alla crescita economica delle imprese agricole. A questo scopo abbiamo sollecitato, fra l’altro, un’effettiva semplificazione burocratica, da realizzarsi con l’istituzione del “certificato unico” per azienda, necessario e sufficiente per accedere a qualunque iniziativa pubblica». È il primo punto di un’agenda di priorità che avete presentato anche in un’uscita di inizio agosto. Quali ulteriori proposte a favore del rilancio del settore primario contiene? «Fra le richieste abbiamo anche inserito la riforma dell’ente Veneto Agricoltura, la cui attività venga finalizzata alla valorizzazione economica del prodotto e delle imprese agricole, e di Avepa, agenzia veneta per i pagamenti in agricoltura, che vogliamo più snella e più collaborativa; il sostegno dell’accesso al credito a favore delle imprese; il rafforzamento degli investimenti per le opere di bonifica con risorse non prove-
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nienti dal bilancio regionale agricolo in quanto trattasi di interventi di utilità generale; la revisione della legge agrituristica perché troppo complessa e non rispondente alle esigenze degli operatori». Tracciamo un bilancio degli ultimi mesi di attività dell’agroalimentare veneto. Quali punti deboli e quali note liete emergono? «Fra i primi, la debolezza strutturale dell’impresa agricola media, aggravata dalla difficoltà di aggregarsi all’interno di organismi efficienti, capaci di valorizzare la produzione. A ciò si aggiunge un carico burocratico che si alleggerisce solo nelle dichiarazioni dei politici, ma di fatto è sempre più pesante e ingestibile. Fra la primavera e l’estate ha influito negativamente un andamento climatico irregolare, caratterizzato prima da piogge eccessive e poi da temperature troppo elevate. In particolare, il clima ha colpito le bietole, vistosamente diminuite, il mais e le colture arative in genere. La prima nota lieta, invece, è la risposta sostanzialmente positiva del settore alla crisi generale, con la crescita dell’occupazione e dell’export». Quale andamento sta registrando l’agricoltura veneta sul versante delle esportazioni e quali prodotti le stanno alimentando? «In questi mesi si è registrata la crescita dell’export nell’agroalimentare, mentre è calato negli altri settori produttivi; una prova della vitalità del nostro settore nonostante la crisi economica e finanziaria mondiale, ma anche
Giangiacomo Gallarati Scotti Bonaldi
della propensione internazionale della migliore produzione veneta. Al primo posto rimane il vino, che nel primo trimestre 2013 ha fatto segnare un incremento dell’export pari al 13 per cento rispetto allo stesso periodo del 2012. Ma tengono anche le altre produzioni di qualità, come formaggi, salumi e ortofrutticoli». In quali mercati si stanno aprendo nuove opportunità? «I nuovi mercati che presentano ancora ampi spazi di espansione sono in primis la Cina, cui va aggiunta la Russia. Ma la volontà di scoprire nuovi mercati non deve far dimenticare la necessità di consolidare la nostra presenza in quelli tradizionali, come la Germania in primo luogo, ma anche gli Usa e il nord Europa in generale». Il Piano di sviluppo rurale 2014-2020 determinerà le strategie per i prossimi anni, specie nell’efficace utilizzo dei fondi Pac. Come vi augurate di vederlo articolato? «chiediamo un piano di sviluppo rurale che concentri le risorse e gli interventi sull’obiettivo di migliorare efficienza e competitività delle imprese agricole, anche incentivando
+13%
L’INCREMENTO DELL’EXPORT REGISTRATO DAL VINO VENETO NEL PRIMO TRIMESTRE 2013, RISPETTO ALLO STESSO PERIODO DELL’ANNO SCORSO
moderne forme di aggregazione come le reti di impresa. In modo particolare, dovrà essere curata la salvaguardia della filiera cerealicolozootecnica. Oltre a ciò, ci aspettiamo un programma di più agevole applicazione, in grado di interagire con i Psr della pianura padana in una logica di bacino, per sviluppare filiere economiche interregionali». E in materia di promozione dell’agroalimentare locale? Sotto questo profilo è indispensabile adottare un’impostazione che segua una logica imprenditoriale di largo respiro, che privilegi l’export rispetto alla cultura della mera sopravvivenza espressa dal cosiddetto “km zero”. Abbiamo sollecitato anche l’unificazione e la razionalizzazione delle competenze in materia riportandole all’assessorato all’agricoltura». VENETO 2013 • DOSSIER • 143
POLITICHE AGRICOLE
L’industria alimentare fa rotta all’estero
L’
Bruno Veronesi, presidente dell’omonimo Gruppo
analisi congiunturale sulle previsioni 2013 realizzata da Format per Federalimentare, su un campione di 1.000 imprese alimentari con più di 9 addetti distribuite su tutto il territorio nazionale, ha rivelato come, benché la crisi non accenni ad arrestarsi, l’andamento delle aziende del settore food sia migliore rispetto alla media dell’industria italiana. Nell’ultimo anno, 6 aziende alimentari su 10 hanno effettuato investimenti e 1 su 2 continuerà a farlo per il prossimo biennio, «a confermare la vocazione alla qualità che da sempre ha contraddistinto il settore alimentare» ha evidenziato Filippo Ferrua Magliani, Presidente di Federalimentare. Le imprese investono principalmente in nuovi prodotti e processi per i mercati esteri, in sostenibilità ambientale, formazione del personale, certificazioni e cooperazione tra aziende per la distribuzione. Bene anche l’occupazione per il 2013, che resta stabile: solo 1 azienda su 10 ha ridotto l’organico. Ma tra tante luci, anche qualche ombra. Tra i dati negativi, infatti, si trovano un’ulteriore caduta dei consumi, l’erosione dei ricavi, l’incremento dei costi dell’energia, dei servizi e della pressione fiscale. Male anche il credito, scende, infatti, il numero delle imprese che nell’ultimo trimestre hanno ottenuto un credito dalle banche. Le più colpite sono le aziende sotto i 50 dipendenti e quelle dell’area centro-meridionale. «Per il rilancio dell’industria alimentare – ha continuato Ferrua Magliani – è necessaria una forte spinta sulle deduzioni fiscali per l’estero e sulla riduzione dei costi del credito, dell’energia e dei servizi alle imprese. Questa leggera ripresa di fiducia non deve essere assolutamente inibita da aumenti di Iva, di pressione fiscale, di ulteriore contrazione della spesa delle famiglie. Auspi-
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Le aziende alimentari hanno una tenuta migliore rispetto agli altri settori dell’industria italiana, specie grazie a export, acquisizioni e investimenti Gloria Martini
chiamo che si faccia sistema per abbattere il protezionismo delle barriere doganali non tariffarie, spesso a carattere sanitario, che ostacolano le nostre esportazioni. Non aiutano il nostro posizionamento, specie sui mercati esteri, i continui e reiterati attacchi all’industria alimentare italiana». Si punta dunque ai mercati esteri e sono tanti i progetti di espansione da parte, soprattutto dei grandi gruppi industriali del settore. Il Gruppo Veronesi, ad esempio, che è tra i più grandi produttori di pollame in Italia ed Europa, ha firmato a fine luglio a Belgrado un memorandum d’intenti con la compagnia serba Agroziv, in vista di un programma d’investimento in Serbia. «Nell’avicolo in questo momento siamo rivolti verso
L’export spinge il settore
Se si vogliono creare e mantenere posti di lavoro, le aziende devono crescere di dimensioni
l’Est Europa – ha commentato il presidente Bruno Veronesi – visto che le distanze sono relativamente brevi. La ex Jugoslavia, l’Ungheria, la Romania, la Polonia e la Croazia». Diventare più grandi, dunque, grazie alla crescita interna, all’efficienza e a nuove acquisizioni. L’unica strada percorribile dall’Italia, secondo Bruno Veronesi, è far crescere di dimensioni le imprese. «Esaltiamo sempre le nicchie, e questo va benissimo, sono eccellenze del nostro Paese. Ma è arrivato il momento di capire che se si vogliono creare e mantenere posti di lavoro, le aziende devono aumentare di dimensione. Anche noi siamo ancora troppo piccoli, combattiamo ogni giorno con colossi come Nestlé. Ognuno di
noi dovrebbe essere impegnato a crescere nel proprio settore e a diventare più efficiente». Il gruppo Veronesi, con i marchi Aia, Negroni, Veronesi Mangimi, ha chiuso il 2012 con un fatturato di 2.731 milioni di euro, +5,9 per cento sul 2011. I risultati, particolarmente positivi dei primi due marchi, hanno consentito di raggiungere gli obiettivi previsti a inizio anno e di confermare il gruppo quinta realtà agroalimentare italiana. Nella grande distribuzione, i prodotti a marca Aia e Negroni hanno registrato una crescita del 13,4 per cento a volume e del 14,1 per cento a fatturato rispetto al 2011, per il terzo anno consecutivo la migliore performance dell’intero comparto alimentare. L’azienda, inoltre, ha esportato prodotti per 110.945 tonnellate, oltre il 15 per cento del fatturato totale alimentare, realizzando ricavi pari a 326 milioni di euro, in crescita del 6,2 per cento sul 2011. Veronesi ha così commentato questi dati: «Il nostro gruppo ha continuato a operare per contrastare gli effetti negativi della grave congiuntura interna e internazionale, attuando misure di recupero di efficienza e di contenimento costi che hanno permesso di conseguire risultati significativi. Dal punto di vista industriale abbiamo realizzato obiettivi addirittura superiori a quelli prefissati, mentre abbiamo confermato pressoché intatta la nostra solidità finanziaria e patrimoniale. Non era per nulla scontato che ciò si verificasse, perché si è trattato di un anno straordinariamente complesso e difficile». Quello che Veronesi, invece, si augura è che ci sia una grande distribuzione che vada oltre i confini nazionali, «con supermercati in tutto il mondo per aiutarci ad andare dovunque con i nostri prodotti. La Francia e la Germania hanno il vantaggio di avere catene distributive su tutti i mercati». VENETO 2013 • DOSSIER • 145
AGROALIMENTARE
L’agricoltura che difende il territorio Il settore agricolo da sempre è visto come il comparto economico più debole. Eppure, negli ultimi anni, assistiamo a una sua riscoperta, fondamentale per lo sviluppo del territorio. La parola a Morena Umana e Vendrame Facchin Marco Tedeschi
egli ultimi anni abbiamo assistito in misura esponenziale alla sempre maggiore “riscoperta” del settore agricolo. Eppure la crisi economica ha influito pesantemente su questo comparto, legatissimo ai fattori pedoclimatici e a quelli socioeconomici, soprattutto a causa dei costi di produzione e all’aumento del costo dei mezzi tecnici, dei carburanti, delle macchine, delle attrezzature e della manodopera. «A tutto questo – spiega Morena Umana, agrotecnico della Verdeservizi di Castelfranco Veneto - si aggiunge una burocrazia asfissiante che costringe l’agricoltore
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Verdeservizi si trova a Castelfranco Veneto (TV) www.verdeservizi.net
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ad affrontare costi altissimi e improduttivi». Verdeservizi è uno studio agronomico che opera nel settore della consulenza e della formazione in agricoltura, offrendo assistenza fiscale, tecnica e previdenziale, operando in modo propositivo per lo sviluppo del territorio e dell’ambiente. Un territorio che, a causa della crisi, ha visto l’agricoltura diventare una sorta di “rifugio” per molte persone che non hanno più lavoro. «La nascita di una nuova “classe sociale” – spiega Vendrame Facchin, tecnico ambientale della Verdeservizi è un dato di fatto. Dobbiamo però tener conto che il “profitto ad ogni costo” sta creando danni
Morena Umana e Vendrame Facchin
ambientali continui, che non possono essere imputati al cambiamento climatico, ma all’incuria e all’abbandono delle aree marginali “improduttive” ai fini commerciali, ma importantissime per l’ambiente. Se vogliamo tornare all’economia agricola, la produzione biologica e quella rispettosa della salute umana e dell’ambiente necessitano di molta manualità, difficilmente meccanizzabile». Partendo da queste basi, Verdeservizi ha portato avanti molti progetti di recupero dei prodotti tradizionali. «Tra tutti – afferma Morena Umana mi piace ricordare la coltivazione dell’olivo nella Pedemontana che si colloca a cavaliere dell’asta fluviale della Piave, partendo dalla valle del Brenta per arrivare fino al Cellina, in Friuli. Il nostro gruppo di lavoro ha prestato la propria consulenza a questi piccoli e piccolissimi produttori di olive per far giungere loro i sostegni economici previsti dai Regolamenti CE. Quest’associazione senza scopo di lucro si è costituita al fine di aggregare quelle persone che si stavano impegnando nel dissodamento di alcune aree marginali dei Colli Asolani e della Pedemontana, abbandonate dagli agricoltori che alcuni decenni fa hanno preferito l’industria al duro lavoro dei campi. L’abbandono ha consentito il proliferare delle infestanti, in particolare del rovo, che hanno ricoperto le vecchie coltivazioni caratteristiche di queste zone, quali la vite e l’olivo. Questa attività ha portato a nuova vita molte varietà antiche di olivi e di vitigni, oggi sconosciuti alla maggior parte dei consumatori. I prodotti ottenuti si sono rivelati di assoluta eccellenza, e la coltivazione dell’olivo ha ricevuto un notevole impulso. La buona volontà e gli ideali però non bastavano e l’Associazione non aveva i requisiti richiesti dalla Ce per attingere ai contributi disponibili, così è stata costituita una nuova cooperativa che è parte integrante della storica associazione. Questa nuova figura giuridica ha permesso l’aggiudicazione dei contributi Ce e la realizzazione delle strutture necessarie alla sopravvivenza dell’iniziativa».
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La produzione biologica e rispettosa della salute umana e dell’ambiente necessita di molta manualità, difficilmente meccanizzabile
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Un successo che ha gettato le basi per un’altra iniziativa. «Si tratta – conclude Facchin - di ripetere l’esperienza con i “vecchi vitigni”. Il rinvenimento di vecchi vitigni, letteralmente sepolti sotto i rovi, ha destato la curiosità dei ricercatori, i quali hanno catalogato queste essenze viticole, alcune delle quali oramai date per estinte. A coronare questa ricerca è stato eseguito anche il restauro di un antico volume rinvenuto negli archivi della Scuola Enologica di Conegliano. L’obiettivo è di riuscire a comporre, con la collaborazione delle istituzioni, un catalogo contenente, in particolare, tutte le varietà rinvenute dal passato, e ciò al fine di consentire la conservazione delle biodiversità anche nel comparto enoico». VENETO 2013 • DOSSIER • 147
AGROALIMENTARE
Tuteliamo i prodotti italiani Le eccellenze del food italiano stanno registrando una crescita costante del 5 per cento annuo nel mercato estero. Un patrimonio che ha sempre più bisogno di essere valorizzato. Soprattutto in Italia. La parola a Giannantonio Paiaro Nicoletta Bucciarelli
l settore agroalimentare made in Italy sembra vivere una fase ambivalente. Con la crisi, infatti, sette famiglie italiane su dieci hanno alleggerito il carrello della spesa, riducendo nel primo trimestre i consumi di pasta (-1,6 per cento), frutta (-4,5), ortaggi (-2,2), olio extravergine d’oliva (-7,3) e vino (6,9). Per fortuna, però, il made in Italy agroalimentare continua a volare sui mercati esteri, registrando un incremento delle vendite oltreconfine del 12,6 per cento. «Quello che stiamo registrando – spiega Giannantonio Paiaro titolare e amministratore delegato di Eccellenze Alimentari Italiane Spa (E.A.I.) – è un’attenzione maggiore del mercato estero alla qualità del prodotto italiano. Il consumatore straniero, paradossalmente, è molto più attento al prodotto e sa interpretare le differenze organolet-
I Eccellenze Alimentari Italiane si trova a Padova www.eaifood.com
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tiche ed economiche. In Italia invece, probabilmente anche a causa della crisi, c’è più attenzione al prezzo che alla qualità. In questo modo però rischiamo di perdere le peculiarità e l’unicità di certi prodotti». Per evitare questa situazione nel 2010 è nata Eccellenze Alimentari Italiane, una start up creata per dare valore alla cultura gastronomica italiana ed acquisita nel 2011 dal Gruppo Tenuta La Valle, formando una filiera agroalimentare. «E.A.I. valorizza la riscoperta di ricette antiche ed esclusive e dedica un’attenzione costante a chi preserva sistemi di produzione artigianali tramandati nel tempo. Per riuscire nell’intento, insieme alla capogruppo “Tenuta La Valle”, abbiamo creato una filiera unica, produttiva/trasformativa (Tenuta La Valle) e di vendita (E.A.I.). La tenuta agri-
Giannantonio Paiaro
cola, di circa 1000 ettari, è situata nel territorio del Polesine, tra Verona e Rovigo. Tutti i raccolti che provengono da quei terreni vengono utilizzati per realizzare prodotti che E.A.I. mette nel mercato. Per quei prodotti che non riusciamo a coltivare direttamente nei nostri terreni ci rivolgiamo ad “artigiani” dell’agricoltura selezionati nel territorio italiano che devono rispettare un disciplinare di filiera da noi imposto». I prodotti che Eccellenze Alimentari Italiane promuove sono pasta, riso, pomodori, sughi, olio, paté, derivati del pane e molti altri. «Prodotti distribuiti in Italia e molto apprezzati in America, Canada, Giappone, Cina ed Europa». Sebbene molto giovane, l’azienda veneta ha fatto già registrare ottimi risultati. «Nell’unico biennio di attività abbiamo già raggiunto un fatturato di circa 2 milioni di euro e le prospettive per il futuro sono altrettanto buone. In Italia distribuiamo attraverso reti di vendita diretta, enogastronomie, macellerie e ristorazione di qualità. All’estero siamo nelle catene di Food di qualità e nella ristorazione. Tra i prodotti che stanno andando per la maggiore in questo momento c’è sicuramente la pasta, i derivati del pomodoro e i sostituti del pane. A luglio abbiamo anche lanciato la pasta al farro e al kamut, entrambe con ottimi risultati. Noi ovviamente cerchiamo di interpretare le richieste che il mercato ci pone e, a seconda del prodotto, ci adoperiamo per realizzarlo con materie prime di eccellenza e lavorazioni artigianali. Possiamo rifornirci direttamente dai campi di proprietà di Tenuta La Valle oppure da produttori selezionati. È così che nascono semplici specialità che racchiudono il cuore del made in Italy alimentare». E.A.I. nasce soprattutto con l’intento di tutelare un patrimonio, quello agroalimentare, importantissimo per la cultura e l’economia italiana. «A mio avviso tutti i prodotti ali-
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Valorizziamo ricette antiche ed esclusive, dedicando un’attenzione costante a chi preserva sistemi di produzione artigianali tramandati nel tempo
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mentari di alta qualità andrebbero tutelati. Questo per dare garanzia e far cultura nei confronti dei consumatori. Un esempio è rappresentato dal pomodoro, che potrebbe essere visto come un prodotto banale, e invece va valorizzato, facendo comprendere l’importanza delle qualità intrinseche che questa materia prima porta con sé. Il pomodoro campano, siciliano o pugliese, coltivato a terra nella stagione che gli compete, è sicuramente migliore rispetto a quello olandese, coltivato in serra tutto l’anno. Ciò aiuterebbe a capire anche cosa c’è dietro un prezzo. Stessa cosa vale per la pasta che, usando grani di eccellenza ed essiccata lentamente ne mantiene il sapore. E.A.I., per meglio diffondere la cultura dell’agroalimentare, organizza periodicamente degustazioni. E in queste occasioni – conclude Paiaro - invitiamo buyer e clienti stranieri ed italiani a comprendere il valore intrinseco del prodotto. Solo così si può capire la qualità che sta dietro all’agroalimentare italiano». VENETO 2013 • DOSSIER • 149
AGROALIMENTARE
La semplicità della tradizione In Veneto, si producono salumi naturali e di qualità attraverso una lavorazione artigianale in cui si mischiano tradizione, tecnologia e sapori veri. Mario Lavarini racconta come si lavora nel suo salumificio Emanuela Caruso
onostante la tecnologia sia diventata essenziale anche in settori come quello della produzione di salumi, una lavorazione artigianale e il più semplice possibile rimane ancora oggi l’ingrediente principale per portare sulla tavola degli italiani prodotti genuini, naturali e ricchi di sapore. Lo conferma Mario Lavarini, titolare del Salumificio Valpolicella, apprezzato in Veneto per la tradizionale Soppressa e nelle altre regioni d’Italia per i suoi prodotti buoni, sicuri e certificati. «Noi ragioniamo ancora secondo il motto per cui la semplicità è il modo migliore per avere un prodotto qualitativamente valido. Ciò significa che abbiniamo alle lavorazioni artigianali anche la tecnologia, senza però eccederne nell’utilizzo. I sistemi tecnologici vengono usati perlopiù durante la fase di controllo del prodotto, mentre tutto il resto del ciclo produttivo viene svolto ancora come un tempo, quando avevamo solo carne, sale e pepe». Il Salumificio Valpolicella seleziona solo suini italiani e li alleva nutrendoli in modo sano, preoccupandosi del benessere di ogni singolo animale. «Allevare in modo diretto i suini – spiega Mario Lavarini – e avere quindi una fornitura di materia prima costante ci consente di portare avanti una produzione continua. E proprio perché la materia prima è essenziale per otte-
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Il Salumificio Valpolicella si trova a San Pietro in Cariano (VR) www.salumificiovalpolicella.it
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nere poi un salume ricco di sapore e qualità, nei nostri allevamenti abbiniamo due fattori essenziali: una razza italiana di ceppo antico e un’alimentazione molto curata che prevede l’impiego di mangimi certificati. In questo modo ogni animale viene cresciuto lentamente, secondo cicli naturali». E non si può dire che il metodo tradizionale e artigianale di allevamento e di lavorazione delle carni non porti i suoi frutti, dati gli evidenti risultati positivi che il Salumificio Valpolicella ottiene da trent’anni a questa parte. «Nonostante i problemi economici degli ultimi tempi spingano i consumatori a scegliere sempre più spesso in base al prezzo, stiamo notando però
Mario Lavarini
un aumento di quelli che, non intendendo tralasciare la qualità di ciò che mangiano, rinunciano al prodotto di marca molto pubblicizzato per scegliere, invece, prodotti meno conosciuti e quindi più vantaggiosi come prezzo, ma dalla qualità molto elevata. La consapevolezza di questa tendenza del mercato ci ha aiutati a non scoraggiarci e ad andare avanti con una produzione tradizion tempo la si usava per condire la polenta calda, perché il suo grasso, sciogliendosi, nale, artigianale e tecnologica arricchiva di sapore quello che allora era considerato un piatto povero. Oggi, la al tempo stesso. I nostri sforzi Soppressa Veneta continua a mantenere il legame sottolineato dalla sua denominazione sono stati ripagati e anche nel geografica, sia per produzione che per consumo, ma non ha più soltanto il compito di 2013, così come è successo nearricchire un’alimentazione che aveva il solo obiettivo del nutrimento. «Oggi – spiega gli anni scorsi, la nostra piccola Mario Lavarini – la Soppressa si mangia per piacere, specialmente se accompagnata da azienda è in crescita». un buon bicchiere di vino dal sapore forte e gagliardo, come l’Amarone. Se poi, fedeli Il Salumificio Valpolicella si fa alla tradizione, la gustiamo insieme alla polenta, dopo averla debitamente cotta e conoscere principalmente atbagnata con vino e aceto, allora quello che ci serve per esaltare i sapori è un bicchiere di Valpolicella Superiore». traverso il passaparola del bacino d’utenza e la bravura degli agenti che girano il Veneto e l’Italia proponendo i salumi dell’impresa, ma nali di diffusione del prodotto stanno arriancor più fa apprezzare i propri prodotti nei vando segnali molto positivi, che ci fanno ben piatti pronti che arrivanno sulle tavole degli ita- sperare per il futuro». Il Salumificio Valpolicella liani. Lavarini, infatti, continua dicendo che «il propone ai catering e ai clienti finali un’ampia canale di distribuzione più forte del salumifi- gamma di prodotti, che va dai prosciutti alle cio è quello del catering, che rappresenta il 60 spalle cotte, dai salami stagionati alle mortaper cento del fatturato totale dell’azienda. La delle, dai würste e i lyoner alle pancette, dagli restante quota di fatturato è raggiunta attra- speck agli elaborati freschi, fino ad arrivare alle verso la distribuzione organizzata e, soprat- specialità della cucina italiana quali carne salà, tutto, in piccole salumerie. Da entrambi i ca- manzo affumicato e lardo salato.
LA SOPPRESSA, TRADIZIONE VENETA
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ENERGIA
L’energia pulita che muove l’Italia Tecnologia e sostenibilità si uniscono e aiutano a risollevare il Paese. È la lezione del Gruppo FIAMM, che produce e distribuisce accumulatori per avviamento auto e per uso industriale, avvisatori acustici e antenne
l settore della fornitura di batterie per auto sta da tempo vivendo una rivoluzione. Le necessità ambientali alle quali si è adeguato Lorenzo Brenna il mercato impongono modelli sempre meno energivori e più sostenibili. La mobilità elettrica è già una realtà e, considerando sente in 60 paesi, con circa il che il petrolio è una materia 70 per cento del fatturato reaesauribile e la necessità di ri- lizzato all'estero - spiega Nidurre le emissioni di CO2 nel- cola Cosciani, direttore della l’atmosfera, sarà sicuramente il divisione FIAMM Energy Stofuturo dei trasporti. rage Systems – Il tasso di creIn questo scenario si inserisce scita più significativo del FIAMM, azienda che offre gruppo riguarda i business inun’ampia gamma di batterie, novativi, come le batterie al sale dalle starter alle batterie stazio- e l’Oled, rivoluzionaria tecnonarie progettate per garantire la logia di illuminazione auto continuità nella fornitura di motive e architetturale, che rienergia elettrica in numerose spetto al primo semestre dello applicazioni. «Il Gruppo è pre- scorso anno presentano un fat-
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turato più che raddoppiato, mentre la crescita è più contenuta nei business tradizionali quali le batterie starter e industriali e gli avvisatori acustici, per i quali FIAMM rimane leader mondiale per quote di mercato. Una realtà garantisce energia innovativa per un mondo sostenibile attraverso le attività delle singole divisioni». Tra i fiori all’occhiello dell’azienda c’è la divisione FIAMM Energy Storage Solutions che progetta e realizza soluzioni per l’ottimizzazione delle reti elettriche e l'autosufficienza energetica. Grazie a sistemi e prodotti innovativi, è in grado di offrire soluzioni di storage di energia modulari che spaziano da piccoli impianti residenziali fino a grandi stazioni di accumulo a supporto delle reti. «Questa divisione realizza sia sistemi di accumulo tradizionali, sia con batterie di nuova tecnologia SoNick, lead free, al sodio-cloruro di nickel, sicure ed ecocompatibili, comunemente chiamate "batterie al sale". Sono prodotte nella
Nicola Cosciani
sede svizzera del gruppo, a Stabio, un polo ad altissimo tasso tecnologico, e grazie alla loro versatilità e sicurezza anche in ambienti a clima estremo, si integrano perfettamente con reti elettriche tradizionali piuttosto che con impianti di generazione da fonti rinnovabili e con microreti off-grid alimentate a generatori diesel». Altro importante progetto di FIAMM è la Green Energy Island, un’isola energetica realizzata presso il plant di Almisano. «L’impianto - dichiara Nicola Cosciani - si compone di un parco fotovoltaico che produce l’energia successivamente incamerata nelle batterie SoNick tramite un sistema di gestione intelligente in grado di monitorare e controllare il flusso in entrata ed uscita adattandolo alla richiesta del momento, ottimiz-
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FIAMM Energy Storage Solutions progetta e realizza soluzioni per l’ottimizzazione delle reti elettriche e l'autosufficienza energetica
zando l’utilizzo dell’energia nel plant e nella rete stessa e garantendo continuità di fornitura anche quando non è presente il sole. Fiamm Energy Storage Solutions collabora con le principali utilities europee e americane, vantando l’attuazione di importanti progetti approvati, installati e funzionanti che lanciano un segnale positivo e propositivo in un settore costantemente in evoluzione e orientato al futuro». Il Gruppo FIAMM investe oltre 15 milioni di euro all’anno in progetti di ricerca e sviluppo, per poter proporre soluzioni per la mobilità sosteni-
bile, dal semplice avviamento per auto, moto e camion, alle soluzioni più complesse che contribuiscono alla riduzione di emissioni di CO2 delle auto grazie alle batterie AGM, pensate per supportare i nuovi sistemi Stop&Start e soluzioni per la mobilità elettrica. Grazie alla vasta tipologia dei servizi offerti e all’eccellenza tecnologica messa in campo, la società veneta non ha risentito della crisi. «Nel primo semestre 2013 - conferma Nicola Cosciani - il fatturato del gruppo evidenzia una crescita del 3,2 per cento rispetto al primo semestre del 2012».
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RINNOVABILI
Energia, innovazione “rinnovabile” Walter Baldassa traccia un quadro della situazione attuale e dei possibili scenari nel settore energie, sia riguardo l’evoluzione tecnologica sia quella di mercato, in cui le rinnovabili continuano a suggerire nuove applicazioni Remo Monreale
l fermento intorno alle energie rinnovabili che ha contraddistinto gli ultimi anni, ha aperto le porte a soluzioni poco tempo fa inimmaginabili. Le imprese più attente allo sviluppo tecnologico e che puntano all’innovazione come plus della propria azione sui mercati, hanno sviluppato nuovi strumenti capaci di rispondere a problemi di approvvigionamento energetico, con un impatto sull’ambiente prossimo allo zero. Anche le Pmi italiane, nonostante le risorse relativamente meno cospicue, hanno fatto la loro parte in questo senso, verso scenari di mercato più positivi di quanto non si fosse previsto. È il caso di Walter Baldassa, presidente della padovana ditta d’impiantistica Tecoelettra. «Il momento che stiamo vivendo porta con sé un cambiamento epocale – afferma Baldassa –. Nonostante non sia semplice reagire, è quello che siamo chiamati a fare: l’innovazione è il motore dietro alle nostre possibilità di ripresa. Per questo abbiamo investito fino al raggiungimento di nuove soluzioni».
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A cosa si riferisce, in particolare? «Si tratta di un sistema autonomo e trasportabile di produzione, accumulo ed erogazione di energia elettrica pulita, prodotta da fonti rinnovabili (sole, vento, acqua), indipendente dalla rete elettrica e utilizzabile in casa così come in luoghi non raggiunti dalla rete. È quindi la soluzione ideale per le aree in via di sviluppo e quelle zone in cui non è possibile produrre energia o dove il rifornimento avviene solo attraverso gruppi elettrogeni a gasolio, che diventano inutilizzabili dove ci sono restrizioni alle emissioni acustiche e inquinanti, o dove si prevede il trasporto del carburante, con un maggiore impatto sull’ambiente. Il prodotto trova quindi molte applicazioni: dal settore nautico a quello turistico, ma anche in agricoltura e ovunque sia necessaria una fornitura di energia pulita. Al momento una ristretta cerchia di aziende sta lavorando a questo sistema, ma noi l’abbiamo realizzato ed è pronto per essere immesso sul mercato». Quali sono i risultati che avete raggiunto negli ultimi
mesi? «L’andamento di Tecoelettra in quest’ultimo anno e mezzo è rimasto piuttosto stabile, pur risentendo della situazione economica generale. L’azienda è nata nel 1992 per progettare e realizzare impiantistica e automazione industriale, principalmente nel settore siderurgico (in difficoltà da molto tempo ormai), in collaborazione con il
Walter Baldassa
Walter Baldassa, presidente di Tecoelettra, con sede a Limena (PD) www.tecoelettra.com
gruppo Ravagnan Spa di cui fa parte. Negli ultimi anni quindi, ci siamo orientati anche ad altri settori, come quello degli impianti fotovoltaici. Uno degli obiettivi che abbiamo raggiunto, in questo modo, è quello di essere riusciti a mantenere la forza lavoro intatta, senza ricorrere alla cassa integrazione o alla riduzione del personale. In più l’azienda ha ottenuto la qualificazione Enel in varie categorie di prodotto: dall’impiantistica strumentale, alla distribuzione primaria e secondaria. La maggiore difficoltà è stata invece quella di riuscire a programmare il lavoro a
lungo termine, senza poter riuscire a sfruttare il mercato per avere prezzi più competitivi, quindi abbiamo riscontrato una minore redditività e la difficoltà di far rientrare i prezzi nei budget previsti. Pur mantenendo i livelli occupazionali, è stato impegnativo gestire i lavori con un andamento del mercato piuttosto instabile». Che sforzo richiede questo tipo di ricerca? «Stiamo investendo molto. Da diverso tempo, da quando la crisi nel settore siderurgico ed edile si è fatta sentire, abbiamo creato un settore interno all’azienda che si dedica alla ricerca e allo sviluppo di nuovi prodotti. In questo momento, per esempio, stiamo lavorando a un altro progetto ambizioso, con il quale contiamo di depurare e rendere potabile l’acqua. Inoltre, siamo attenti anche all’innovazione di processo e di strategia: ci siamo affidati alla competenza di professionisti nell’ambito della gestione delle metodiche aziendali, del marketing e della comunicazione, per rimanere al passo coi tempi e, se possibile, anticipandoli». Dopo il boom delle rinnovabili degli scorsi anni, oggi qual è la situazione del mercato in Italia? «Distinguendo tra le varie forme di energie rinnovabili di cui Tecoelettra si occupa, possiamo dire che al momento il
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Abbiamo sviluppato un sistema autonomo e trasportabile per energia elettrica da fonti rinnovabili indipendente dalla rete elettrica
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fotovoltaico, anche a causa del recente stop agli incentivi, risulta il meno richiesto, almeno per quanto riguarda le nuove installazioni. Incentivi sono ancora previsti per i sistemi eolici, ma alcune regioni italiane frenano le installazioni, soprattutto per motivi di carattere ambientale. Mentre, per il solare termico, esistono incentivi per le detrazioni fiscali promosse dall’ultima finanziaria. Al momento la direzione da se- UU VENETO 2013 • DOSSIER • 159
RINNOVABILI
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La direzione da seguire sembra quella di proporre sistemi per l’autoconsumo fino al raggiungimento della totale autonomia
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UU guire sembra quella di proporre stiamo lavorando, in collabosistemi per l’autoconsumo fino al raggiungimento della totale autonomia». Quindi, ora si aprono possibilità di business per la manutenzione degli impianti fotovoltaici. «Da sempre proponiamo ai nostri clienti anche la manutenzione programmata degli impianti, attraverso i nostri tecnici specializzati. Inoltre
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razione con studi di architettura e progettazione, per la realizzazione di soluzioni a risparmio energetico fin dalla costruzione degli edifici. Pensiamo che il futuro sia orientato verso la collaborazione tra diverse realtà, come le reti d’imprese, al fine di unire le competenze e fornire al cliente un servizio completo di alta qualità».
Guardate anche ai mercati esteri? «In realtà abbiamo sempre lavorato all’estero: oltre all’Europa (Germania, Francia, Svizzera, Spagna e Regno Unito), abbiamo lavorato in Egitto, Messico, Argentina, Russia, Colombia e altri. Al momento sono i paesi emergenti quelli cui ci stiamo rivolgendo, purtroppo in Europa le richieste sono quasi assenti. Il nostro nuovo prodotto è adatto a molte applicazioni, anche nei Paesi in via di sviluppo, nelle zone desertiche o non raggiunte dalla rete elettrica». Quali sono le tipologie di rinnovabili che a suo avviso nei prossimi anni s’imporranno? «Credo che il futuro sia proprio nel perfezionamento dei sistemi di stoccaggio e in una maggiore diffusione degli impianti a energie rinnovabili: una maggiore consapevolezza da parte delle persone, e quindi un incremento in questo settore, porterebbe ad un abbassamento dei costi di produzione e ad un maggiore rendimento generale. È sempre più importante comprendere, e far capire ai giovani, che le fonti rinnovabili sono indispensabili al rispetto dell’ambiente, per garantire a tutti un futuro migliore».
GESTIONE RIFIUTI
Il Veneto recupera Se il calo dei consumi ha ridotto la produzione di rifiuti solidi urbani, la crisi economica ha spinto verso il riciclo. Garantendo al contempo sostenibilità economica e ambientale. Il quadro del settore del trattamento rifiuti secondo Lionello Olivieri Mauro Terenziano
e regioni del Triveneto nel 2012 hanno superato il 60 per cento di raccolta differenziata (fonte: rapporto Rifiuti Ispra 2013). E al senso civico dei cittadini e delle realtà produttive fanno da complemento le attività di recupero e riciclo, che in alcuni casi hanno raggiunto percentuali record. Come nel caso dell’azienda Euro Cart di Cornedo Vicentino, che garantisce il riciclo della quasi totalità del quantitativo di rifiuto acquisito, riducendo quindi a pochi punti percentuali la quota che è necessario smaltire in discarica. Secondo Lionello Olivieri, titolare della società: «A mio avviso un contributo alla causa del recupero è venuto dalla crisi economica, dato che in un momento in cui le risorse sono scarse è stata colta l’opportunità di sfruttare al massimo e rivalutare le materie prime ancora utilizzabili. Naturalmente questo fenomeno è stato bilanciato da una minore produzione di rifiuto,
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In un momento in cui le risorse sono scarse è stata colta l’opportunità di sfruttare al massimo e rivalutare le materie prime ancora utilizzabili
dovuta al calo dei consumi, tuttavia per noi il 2012 e il 2013 hanno rappresentato un biennio di crescita e questo ci ha permesso anche di elaborare diversi progetti di
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espansione». Il core business di Euro Cart è rappresentato dalla raccolta e recupero di carta e cartone, tuttavia, in percentuali diverse l’azienda tratta tutte le
Lionello Olivieri
La Euro Cart Srl si trova a Cornedo Vicentino (VI) www.euro-cart.biz
tipologie di rifiuti recuperabili – materie plastiche, legno, Pvc, fibre tessili, materiale ferroso, inerti e così via. «I nostri servizi – prosegue Olivieri – si rivolgono sia alle imprese, soprattutto supermercati e Gdo, sia ai comuni del intera regione. Abbiamo un parco di automezzi di proprietà con attrezzature per il servizio presso i produttori di rifiuto secondo le loro esigenze per lo stoccaggio dei vari rifiuti prodotti. Inoltre, offriamo servizi specifici per attività commerciali, istituti di credito, istituti scolastici, tipografie e legatorie per la compattazione della carta, con la possibilità di distruggere mediante triturazione le documentazioni riservate – in alcuni casi lavoriamo anche fuori regione, raggiungendo il Centro Italia. Una volta trattate, rivendiamo le materie prime sia sul mercato in-
terno sia all’estero, curando anche la commercializzazione e intermediazione delle materie prime seconde e dei rifiuti prodotti presso altri impianti. Visto il raggiungimento degli obbiettivi prefissati e i risultati realizzati da Euro Cart negli anni, dal 2012 abbiamo consolidato i rapporti con alcuni partner. Inoltre, per il futuro, intendiamo effettuare ulteriori investimenti per l’acquisizione di nuovi mezzi, macchinari e personale, così da potenziare la nostra capacità produttiva». Per aumentare la qualità dei servizi offerti, l’azienda sta instaurando diverse partnership con soggetti autorizzati al trattamento dei rifiuti pericolosi. «Per i rifiuti che contengono sostanze nocive ci appoggiamo a realtà che dispongono dei mezzi e degli impianti dedicati al tratta-
95% QUANTITÀ DI RIFIUTO RECUPERATO DA EURO CART. CHE HA RIDOTTO AL 5% LA QUOTA DI MATERIALE DA SMALTIRE IN DISCARICA
mento di questi materiali. E per offrire un servizio quanto più completo possibile, abbiamo predisposto un ufficio che si occupa di curare, per conto dei nostri clienti e produttori, le varie espletazioni documentali in riferimento al settore rifiuti (come ad esempio la compilazione MUD). Queste azioni vanno tutte in una direzione ben precisa: poterci proporre al mercato come un interlocutore unico in grado di gestire l’intero ciclo e tutte le tipologie di rifiuto prodotte. Questo perché i soggetti che producono il rifiuto ritengono conveniente l’avere un unico interlocutore». VENETO 2013 • DOSSIER • 165
«Da qui riparte l’edilizia» Il due ottobre prossimo ritorna il più grande evento fieristico internazionale in Italia, per l’edilizia e l’architettura. E per tutti gli stakeholders del settore non è solo una fiera: è un’occasione per il rilancio dell’intero comparto Renato Ferretti
Andrea Negri, presidente di Made Eventi Srl, con sede a Milano www.madeexpo.it
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e aspettative sono altissime. Ma più che aspettative o previsioni, quelle su Made Expo 2013, l’evento fieristico per l’edilizia e l’architettura più atteso in Italia, sembrano certezze che aspettano solo l’apertura dei lavori il due ottobre prossimo, a Milano. È questa l’impressione che si ha ascoltando tutti i maggiori attori coinvolti nella quattro giorni (2-5 ottobre) della kermesse internazionale. Fin dalla presentazione dell’evento, lo scorso maggio, è stata chiara quale sia l’importanza attribuita a Made: lo stesso Presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, intervenuto tra gli altri alla presentazione, crede «che Made Expo possa dare un forte contributo
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al rilancio delle costruzioni e dell’edilizia nel nostro Paese. Made è una fiera vetrina e sono molto contento anche come espositore: la direzione dell’internazionalizzazione è quella giusta». Nelle parole del presidente di Made, Andrea Negri, l’accento è posto sul concetto di cultura come “fondamenta” delle costruzioni e punto focale su cui far convergere le diverse posizioni. «Made – dice Negri – è la prima manifestazione che offre ampio spazio alla cultura delle costruzioni. Dai settanta convegni dell’anno scorso, passiamo quest’anno a quota ottantasei, sempre nello spirito dei Saloni, di cui Made è la fiera specializzata in architettura ed edilizia. Un programma
Made Expo
L’impegno antisismico fittissimo che vede molti percorsi trasversali: dalla sicurezza sul lavoro all’energia, passando per l’ambiente. Un’attività di promozione incredibile all’estero, ben tre volte maggiore rispetto all’anno scorso. L’intento è di dare un impulso forte agli espositori in termini di business internazionale. Il nostro team ha partecipato durante l’anno agli eventi di settore in tutto il mondo, ottenendo così una lista di ben 460mila contatti, ai quali sono stati indirizzati gli inviti nominali per partecipare a Made. Per quanto riguarda gli eventi, quest’anno ci sarà una forte presenza di studenti che sono stati chiamati a partecipare al concorso Instanthouse per realizzare la casa di ospitalità in occasione dell’Expo 2015. E poi ancora Toy Building, un edificio realizzato all’esterno dello spazio fieristico, un omaggio al centenario del Futurismo. Infine, un convegno sull’inserimento del bene culturale nella città del futuro. In-
In primo piano nella prossima edizione di Made Expo ci sarà l’impegno per la prevenzione antisismica. L’intenzione degli organizzatori dell’evento fieristico internazionale è far emergere le ultime frontiere scientifiche e tecnologiche a servizio della protezione del territorio e della sicurezza strutturale degli edifici sottoposti all’azione sismica. «In questo modo – dice il presidente di FederlegnoArredo Roberto Snaidero – si permette l’informazione di professionisti e imprese, nonché la sensibilizzare delle istituzioni sulla prevenzione sismica e l’adeguamento antisismico dell’enorme patrimonio edilizio e infrastrutturale esistente, attraverso nuovi metodi di intervento e nuove norme tecniche sulle costruzioni. Made expo accende quindi i riflettori sul tema dell’antisismica, alla quale verrà dedicato ampio spazio in fiera con dibattiti, incontri e approfondimenti».
somma l’aspetto culturale non è per nulla “coreografico”, ma è il leitmotiv dell’evento. In definitiva penso che con l’organizzazione di Made si sia fatto tanto, in termini economici, per risollevare il Pil del Paese». Quest’anno Made Expo sarà articolata in sei Saloni verticali, costituiti da settori merceologici omogenei, caratterizzati una specifica comunicazione: costruzioni e cantiere, involucro e serramenti, interni e finiture, energia e impianti, software e hardware, città e paesaggio. Sulla comunicazione, in particolare, sono stati fatti i maggiori investimenti. L'obiettivo di rendere Made
una piattaforma di rilancio del mercato interno e internazionale è stato supportato, infatti, con un ampio budget dedicato alla sola promozione internazionale: un investimento in pubblicità, road show, selezione e inviti alle delegazioni e ospitalità ai clienti esteri degli espositori, per garantire occasioni qualificate di business agli espositori. Il presidente di FederlegnoArredo, Roberto Snaidero, è altrettanto certo del riverbero positivo dell’evento sull’economia reale del paese, spiegando così i finanziamenti finora operati. «In questo momento particolare bisogna essere vicino alle UU VENETO 2013 • DOSSIER • 173
EDILIZIA
Bonus casa, una boccata d’ossigeno La decisione del Consiglio dei Ministri del 31 maggio ha confermato la centralità del settore edilizio nell’attività del Governo. Il presidente di Made Expo, Andrea Negri, ha accolto la notizia come un importante segnale positivo. «I bonus casa rappresentano un grande risultato per Made expo e per tutto il mondo delle costruzioni e aprono nuovi importanti scenari alle aziende, che potrebbero ritrovare da questi incentivi un importante stimolo sul mercato interno, da anni ormai stagnante. Questi importanti risultati premiano anni di sforzi di tutto il settore, che Made Expo ha raccolto dando voce alle istanze delle imprese anche con spazi e momenti dedicati e tessendo un intenso dialogo con le istituzioni». In sintesi, la decisione ha prorogato l’incentivo del cinquanta per cento per le ristrutturazioni fino al 31 dicembre 2013, mentre l’ecobonus è stato aumentato al sessantacinque per cento con proroga sempre al 31 dicembre. L’ecobonus sugli edifici condominiali è stato prorogato fino al 30 giugno 2014, con l’incentivazione degli interventi per l’efficientamento energetico.
UU imprese – dice Snaidero –, pro- Da Made, le aziende che espon- gneria e Industrial Design, sia
Roberto Snaidero, presidente di FederlegnoArredo www.federlegnoarredo.it
prio per la difficoltà nel mercato interno. La federazione sta lavorando sia sul mercato interno che estero, per presentare i nostri prodotti sul mercato internazionale: facciamo road show sia in Europa che in Medio Oriente con le figure professionali di Federlegno Arredo.
gono si possono aspettare la stessa cura e lo stesso impegno, che si traducono in una presentazione considerevole. Che cosa può permettere anche oggi, davanti alla crisi, di ricominciare? Noi, le persone, il nostro desiderio di ripartire, di ricostruire, di riprovare sempre, nonostante tutto, rimettendoci in azione senza aspettare che gli altri e lo Stato risolvano i problemi, seppur auspicando il necessario aiuto». Sono molte le iniziative interne alla manifestazione rivolte allo sviluppo e alla ricerca nel settore. Instant House, per esempio, è un concorso finalizzato alla selezione di progetti che propongano nuove modalità dell'abitare e della socialità urbana: il concorso è rivolto a studenti e a neolaureati delle Facoltà di Architettura, Inge-
italiane che straniere. Un altro esempio è dato dal Forum Tecnologie Costruzioni, uno degli eventi di punta del Salone Costruzioni e Cantiere: secondo gli organizzatori il Forum Tecnologie Costruzioni vuole essere un approfondimento sulle più avanzate tecnologie costruttive e sui materiali più innovativi, nell’ambito della costruzione di edifici antisismici. Tra le altre Made ospiterà l'associazione internazionale interior designer Iida, nella sede di Foro Buonaparte, al fine di rafforzare le relazioni con progettisti stranieri. Infine, sono stati stipulati accordi vantaggiosi con l'associazione degli allestitori fieristici e linee di credito per sostenere le spese della partecipazione in fiera per le imprese da parte di Unicredit.
EDILIZIA
Costruire città sostenibili Questo il tema principale del Salone Internazionale dell’Edilizia 2013. Secondo l’ingegnere Andrea Dari, direttore tecnico del Saie, occorre una visione sociale per il rilancio del settore delle costruzioni. Orientata verso la realizzazione della smart city Luca Càvera
er far uscire il settore delle costruzioni dalla crisi è necessario avviare un generale cambio di visione. Sono 446mila i posti di lavoro persi dall’inizio della crisi, che diventano quasi 700mila se si considerano anche i comparti collegati. Il numero di concessioni edili è ormai un quarto di quelle del 2008, le compravendite sono dimezzate, l’anno in corso è iniziato male, con un – 18,6 per cento delle ore lavorate e i livelli di produzione sono regrediti a quelli di 40 anni fa». L’ingegnere Andrea Dari, direttore tecnico del Saie (Salone Internazionale dell’Edilizia), che si svolgerà presso Bologna Fiere dal 16 al 19 ottobre, esordisce con i dati, che descrivono un’edilizia che ha cambiato volto. «A mutare sono stati i valori di riferimento del mondo immobiliare. Un tempo l’immobile era considerato un investimento sicuro, una sorta di “bene rifugio”. Questo di fatto influenzava anche le caratteristiche del mercato e spesso l’unico vero valore considerato era quello della posizione degli
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immobili acquistati, rispetto alla qualità intrinseca del “prodotto casa”. L’attenzione era concentrata solo su posizione, tempi di realizzazione e finiture interne. Su questi principi ruotava tutto il mercato. Chi comprava una casa aveva la certezza della sua rivalutazione nel tempo e la possibilità, rivendendola, di potersi permettere l’acquisto di un immobile di maggiore pregio rispetto al precedente. Oggi, questo meccanismo si è inceppato e la svalutazione degli immobili è una nuova realtà a cui la nostra società non è ancora stata capace di guardare con occhi nuovi». Se la crisi ha avuto almeno un elemento positivo, questo è l’introduzione di nuove
variabili nella valutazione di un immobile: come si è costruito, quale efficienza energetica avrà l’edificio, in quale contesto rispetto ad alcuni servizi di base – e si presume che presto ne verrà introdotta una nuova: la classe di sicurezza. «Nuove priorità quindi – prosegue Dari –: efficienza e costi minori. E tutto ciò diventa possibile perché l’innovazione tecnologica applicata ai materiali, la domotica, l’efficienza energetica stanno portando allo scardinamento del
Il Saie 2013 (Salone Internazionale dell’Edilizia) si svolgerà a Bologna Fiere dal 16 al 19 ottobre www.saie.bolognafiere.it
Andrea Dari
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L’approccio al mercato di tipo meramente speculativo deve diventare finalizzato all’investimento. Non più costruire in fretta, ma costruire bene
tradizionale sistema edilizio basato sulla realizzazione dell’immobile da parte di imprese che perseguono la logica del “costruire in fretta per vendere in fretta” – logica che ancora condiziona il mercato con un’enorme quantità di invenduto. Il nuovo corso dell’edilizia dovrà prima di tutto trasformare un approccio al mercato di tipo meramente speculativo a uno finalizzato all’investimento, dove ciò che conta è “costruire bene”. E in quartieri intelligenti, quindi immobili di qualità immersi in un contesto urbano fatto di servizi alla persona: scuole, parchi, orti urbani, mezzi di trasporto, reti wireless per gestire anche a distanza le funzioni della casa. In una formula: smart city». Dunque, la soluzione alla crisi può nascere solo da una rivoluzione sociale e tecnologica. Costruire bene deve essere un
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obiettivo in un’ottica di investimento e realizzazione della smart city. E proprio questo sarà il tema portante della 49a edizione del Saie: “Better Building e Smart City”, un concetto di edilizia realmente nuovo. «Saie – ha sottolineato il Presidente di BolognaFiere, Duccio Campagnoli, in occasione della Conferenza Stampa tenutasi a Roma il 26 Giugno presso la sede Ance – vuole porre il tema del rilancio di una nuova grande politica per l’edilizia come parte fondamentale di una politica economica e industriale di sviluppo del Paese» Il forum permanente Saie, prevede un ricco programma di general meeting con i rappresentanti di istituzioni, mondo industriale, professioni e ricerca. A questo si affiancano le 25 lessons & workshop, un sistema coordinato di seminari per la formazione dei tecnici e degli addetti ai lavori. «I gene-
ral meeting saranno dedicati alle tematiche strategiche per il rilancio dell’edilizia e vedranno la partecipazione dei principali riferimenti istituzionali, imprenditoriali, tecnici e universitari. Fra questi il convegno “Rigenerazione urbana e qualificazione del costruito” organizzato in collaborazione col Cnappc (Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori) per venerdì 18 ottobre alle ore 10.00, al termine del quale verranno consegnati i premi del concorso Riuso 2. Oltre al forum, si svolgeranno altre iniziative organizzate dagli ordini professionali e dalle associazioni industriali e culturali (il programma completo è consultabile sul sito www.saie.bolognafiere.it, Ndr). Fra questi segnalo i convegni organizzati in collaborazione con i consigli nazionali di architetti, geologi e ingegneri». VENETO 2013 • DOSSIER • 177
EDILIZIA
La diversificazione, una leva competitiva Mancanza di liquidità, concorrenza sleale e materiali scadenti danneggiano l’edilizia. Giuseppe Roseo, amministratore della società Pre-Nova 76, fa il punto su quello che dovrebbe essere il nuovo modo di costruire Marco Tedeschi
a diversificazione è spesso il motore di molte aziende made in Italy. Spesso comporta anche rischi aggiuntivi in quanto alla diversificazione si affiancano investimenti massicci, prima, per raggiungere il pareggio di bilancio e, dopo, per spingere l'innovazione di processo, il marketing e una capillare rete di vendita. Rischi che, molto spesso, ripagano la scelta. Una scelta altamente strategica che è stata perpetrata anche da Pre-Nova 76, azienda che si occupa della realizzazione di articoli per l'edilizia e manufatti in cemento personalizzati, che ha puntato tutto su realizzazioni personalizzate, diversificando così l’offerta. «La nostra – spiega l’amministratore Giuseppe Roseo - è un’azienda storica giunta ormai alla terza generazione. Negli ultimi decenni però sono cambiate molte cose; sono nati infatti molti produttori ed è diventato difficile, nonostante la qualità dei nostri prodotti e
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Pre-Nova 76 si trova a Seren del Grappa (BL) www.prenova76.it
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l’esperienza acquisita, portare i nostri materiali oltre una certa distanza. I prefabbricati in cemento sono pesanti e trasportarli costa molto, tenendo conto anche dell’impennata dei prezzi dei carburanti. La soluzione non poteva che essere quella di differenziare la produzione. Certamente questa scelta ha comportato investimenti importanti sia in termini tecnologici che umani, ma ci sta portando notevoli vantaggi». Una scelta che si è rivelata positiva per il fatturato azien-
dale. «Tutto sommato, il bilancio dell’ultimo biennio, è positivo poiché nonostante la grave flessione del mercato edilizio che ha colpito non solo il nostro paese ma anche gran parte dell’Europa, siamo riusciti a mantenere pressoché invariato il nostro fatturato. I nostri clienti hanno continuato a credere in noi nonostante la concorrenza, perché siamo in grado di fornire non solamente un prodotto ma un servizio completo, una pronta e veloce risposta alle loro esigenze,
Giuseppe Roseo
una trasparenza documentata e completa di quello che produciamo tenendo sempre in primo piano la qualità del prodotto che viene distribuito. Sapere che i clienti credono in noi è un grande stimolo». Non mancano però criticità. «Al primo posto – prosegue Roseo - metterei sicuramente la difficoltà a incassare a causa della mancanza di circolazione del denaro imposta in parte anche dalle banche. Sicuramente, inoltre, in tempi di crisi la concorrenza aumenta per tutti. A danneggiare il mercato però è la concorrenza sleale che danneggia le aziende che lavorano seriamente e legalmente. Mancano regole che impediscano ai “furbi” di lavorare indisturbati a scapito di aziende che mantengono un’etica corretta». Un’etica che per l’azienda si riflette anche nel modo di lavorare.
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L’edilizia è un settore trainante per tutta l’economia. Non ci si può aspettare una ripartenza veloce e imponente ma spero si ritorni a costruire con giusto criterio
«Credo che non si debba solamente pensare alla competitività da un punto di vista economico; questo porterebbe solamente ad avere un prodotto di scarsa qualità. Ogni prodotto ha un suo giusto valore e deve essere fatto per durare nel tempo, troppe volte si sono viste opere fatte e rifatte perché i prodotti utilizzati nella loro costruzione erano scadenti. È necessario fornire un prodotto prestante, funzionale e al giusto prezzo. Questo per me è essere competitivi». Una competitività che cerca di farsi strada all’interno di una crisi del settore edile che in Italia è stata particolarmente forte. «L’edilizia è un settore trainante per tutta
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l’economia. Sicuramente non ci si può aspettare una ripartenza veloce e imponente ma spero si ritorni a costruire con giusto criterio e nel modo adeguato. In questo particolare momento è fondamentale concentrare l’attenzione sulle potenziali commesse poiché purtroppo non c’è più la certezza dell’incasso al termine del lavoro, allo stesso tempo vi è la necessità di eliminare ogni tipo di spreco e di ottimizzare le linee di produzione. Nonostante l’attenzione rivolta a questi aspetti, però, stiamo continuando lo studio di nuovi prodotti, materiali e miscele sempre con l’obiettivo di migliorare in campo prestazionale, economico e funzionale». VENETO 2013 • DOSSIER • 179
PROFESSIONE FORENSE
Serve una nuova giustizia No alla riorganizzazione dei tribunali e alla mediaconciliazione obbligatoria. Sì al processo telematico e al numero chiuso nella facoltà di giurisprudenza. Sono alcune delle indicazioni dell’Anai, presieduta da Maurizio De Tilla Francesca Druidi
È
già una realtà dell’avvocatura radicata sul territorio nazionale, nonostante la recente costituzione. L’Anai (Associazione nazionale avvocati italiani), presieduta da Maurizio De Tilla, ha infatti raggiungo l’obiettivo dell’apertura di cento sezioni in pochi mesi. «Le nostre battaglie – afferma De Tillla – sono molteplici. Innanzitutto, riveste carattere di priorità l’azione svolta per evitare la demolizione di mille uffici giudiziari su 1.400. Si tratta di una pura follia. L’ostinazione del ministro Cancellieri a portare avanti, senza modifiche e correttivi, la revisione selvaggia della geografia giudiziaria comporterà conseguenze molto negative per il funzionamento della giustizia». Quali saranno gli effetti della riforma della geografia giudiziaria? «Nella maggior parte degli uffici giudiziari, i tribunali accorpati non saranno in grado di accogliere i processi che stanno subendo lo spostamento dalla sede periferica a quella centrale. I costi di tale arbitrario smistamento sono enormi e, in molti casi, occorre spendere cifre anche rilevanti per lavori di ampliamento o per la locazione di sedi più capienti. La situazione è quasi dappertutto drammatica. Con la soppressione dei tribunali e delle sezioni distaccate, si avrà un aggravio di spesa di almeno 30 milioni di euro all’anno. Il che smentisce categoricamente le affermazioni ministeriali di risparmi di spesa e di miglioramenti dell’efficienza. Il problema dell’efficienza della giustizia non si risolve, quindi, con l’eliminazione della giustizia di 182 • DOSSIER • VENETO 2013
prossimità». Cosa propone l’Anai? «L’associazione ha indicato i mezzi e gli strumenti per l’efficienza e l’ammodernamento della giustizia: l’estensione a tutto campo del processo telematico, senza zone d’ombra e senza rallentamenti; l’impiego senza sprechi (vedi i braccialetti elettronici) delle risorse disponibili per la giustizia che superano i 7 miliardi di euro all’anno. In relazione poi ai giudici, che sono pochi e male utilizzati, non si può pensare a un carico giudiziario complessivo di quasi 8 milioni di processi con 89mila giudici togati: alcuni spremuti più del necessario e altri in letargo per lo spavento susseguente all’enorme lavoro loro assegnato. È giusto premiare con incentivi i giudici che lavorano più del dovuto (dovuto che si può individuare in 300 processi all’anno definiti con sentenza o accordo tra le parti). Ma per far ciò, occorre dotare gli uffici di strumenti telematici e innovativi, prefigurando adeguatamente l’ufficio del processo e i collaboratori dei giudici. In quasi tutti i Paesi l’impiego di giudici non togati aiuta lo smaltimento dei processi e il migliore espletamento del lavoro. L’avvocatura sta cominciando a digerire la presenza di colleghi avvocati tra i giudici dei processi, ma ha posto alcune condizioni che non si sono, purtroppo, verificate». Quali nello specifico? «In primis, la selezione nell’accesso con verifica delle capacità e professionalità; poi l’indipendenza dei giudici assicurata con un’adeguata retribuzione e la copertura
Maurizio De Tilla
Con la soppressione dei tribunali e delle sezioni distaccate, si avrà un aggravio di spesa di almeno 30 milioni di euro all’anno
previdenziale e assistenziale; infine, l’incompatibilità, legata all’adeguata retribuzione, con l’esercizio dell’attività professionale. Basterebbe attuare compiutamente le richieste dell’avvocatura per avere una giustizia più efficiente e veloce». Con la nuova legge forense, si pensa alle nuove generazioni di avvocati? «Almeno tre quarti dell’avvocatura è in forte crisi di identità, oltre che di redditi, che toccano anche diminuzioni del 50-60 per cento. Bisogna intervenire con immediatezza e urgenza, specie favorendo gli avvocati più giovani. Invece, non si fa nulla in tal senso. Anzi, si aggravano le condizioni e le remunerazioni del lavoro degli avvocati. La fissazione di parametri al ribasso, l’abolizione dei diritti e di un minimo compenso per la prestazione professionale, costituiscono ragioni che hanno fatto precipitare la situazione, favorendo soltanto grandi società e forti gruppi di interesse. In questo contesto, la riforma della professione forense non è in grado di assicurare alcun beneficio o van-
taggio alla categoria. Si immerge in una pa- Maurizio De Tilla, lude di regolamenti e di pareri che finiranno presidente per paralizzare ulteriormente qualsiasi ini- dell’Associazione nazionale avvocati ziativa in favore degli avvocati giovani o italiani. In alto, sindacati meno fortunati. Occorre, quindi, liberarsi campani protestano la chiusura dai lacci e lacciuoli della riforma forense, contro di alcune sedi proclamata come un toccasana dei mali del- giudiziarie della regione l’Avvocatura, ma rivelatasi nella realtà come uno strumento sterile per migliorare le condizioni degli avvocati. Il numero enorme di avvocati iscritti agli albi è il male da sconfiggere. L’Anai si sta battendo, insieme all’Oua e alle altre associazioni forensi, per introdurre il numero programmato all’Università, al fine di consentire un selezionato accesso che può comportare almeno un dimezzamento degli iscritti nei prossimi dieci anni». Resta contrario alla conciliazione obbligatoria così come è stata disposta nella versione del Governo Letta? «Nel dichiarare l’incostituzionalità dell’obbligatorietà della mediaconciliazione per eccesso di delega, la Consulta ha ricordato che VENETO 2013 • DOSSIER • 183
PROFESSIONE FORENSE
Soppressione tribunali, alcune criticità a riforma della geografia giudiziaria è entrata regolarmente in vigore il 13 settembre, ma è stato autorizzato lo smaltimento dell’arretrato civile in 8 sedi soppresse: Alba, Bassano del Grappa, Pinerolo e Vigevano, Chiavari, Lucera, Rossano e Sanremo. Inoltre, presso il tribunale di Rossano si svolgeranno anche i dibattimenti penali relativi ai procedimenti pendenti al 13 settembre 2013. L’Anai ha segnalato diversi disagi provocati dal provvedimento: «Il Comune di Udine – rimarca il presidente De Tilla – ha dichiarato di non essere in grado di allocare gli uffici facenti capo al tribunale di Tolmezzo. A Cuneo, dove confluiranno i tribunali di Mondovì e Saluzzo, è prevista una spesa di circa sette milioni di euro per ristrutturare una scuola da adibire ad attività giudiziaria. Il Comune di Bologna è alla ricerca di un immobile da adibire ad uffici giudiziari di circa
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4.500 circa metri quadrati». Disagi anche a Bari, dove il primo cittadino Emiliano ha denunciato «la drammatica e notoria situazione degli attuali immobili che sono già insufficienti ad accogliere gli uffici giudiziari (con esclusione delle sezioni distaccate)». Il tribunale di Lagonegro (Basilicata), aggiunge il presidente dell’Anai, non è in grado oggi di accogliere quello di Sala Consilina (Campania) e il Palazzo di Giustizia di Potenza non ha i requisiti per far fronte alla sistemazione degli uffici giudiziari di Melfi. «L’assurdo del disegno demolitorio e irrazionale raggiunge il grado più alto se si considera che per il tribunale di Acqui Terme (soppresso) si è speso per ristrutturazione l’importo di 5 milioni di euro». Non resta un caso isolato: il tribunale di Modica, inaugurato nel 2004, è costato 12 milioni di euro.
l’istituto non è imposto dall’Europa. E, infatti, in molti Stati europei si preferisce implementare la conciliazione endoprocessuale e quella facoltativa. Lo stesso avrebbe dovuto fare il legislatore italiano. L’avvocatura si è dichiarata più volte disponibile ad assumersi responsabilità istituzionali e associative, prospettando ipotesi credibili ed efficaci di conciliazione. L’aver reintrodotto l’obbligatorietà costituisce un abuso legislativo che non produrrà alcun risultato. L’istituto fallirà clamorosamente e si tornerà al punto di partenza. Abbiamo già esempi significativi di casi che sono stati abbandonati in materia di locazione e di controversie di lavoro. Un ottuso legislatore non vuole capire che non si può costringere nessuno a conciliare, né a effettuare un tentativo quando non si vuole comporre». Cosa ne pensa dei quesiti referendari proposti dai radicali in tema giustizia? «Da più parti si auspica un intervento legislativo che cambi la carta costituzionale e l’assetto della giustizia nel nostro Paese. L’avvocatura ha più volte chiesto di essere inserita esplicitamente nella Costituzione come soggetto del processo e dell’organizzazione giudiziaria. Deve cambiare anche la funzione giurisdizionale, separando giudice e pm e introducendo un nuovo organismo distinto dal Csm per il procedimento disciplinare dei magistrati. La pletora di giudici che lavora presso i ministeri aggrava le carenze di organico. Bisogna, inoltre, fissare un’efficace normativa sulla loro responsabilità. Sono queste le principali ragioni che hanno motivato l’Anai ad aderire ai referendum proposti dai radicali».
Dario Greco
Specializzazione e numero chiuso
A
dicembre 2012 è stata approvata la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense. Una riforma mal vista dai giovani avvocati. «La legge 247 ha un unico merito: quella di essere una legge e di avere sottratto l’avvocatura dalla regolamentazione per decreto presidenziale. Per il resto, c’è ben poco da salvare. Non migliora il sistema giudiziario del nostro Paese e non migliora la condizione del mondo forense» commenta Dario Greco, presidente dell’Aiga, che riunisce i giovani avvocati sul territorio nazionale. Perché la legge risulta così penalizzante a vostro parere? «Non sono state risolte le maggiori criticità della professione, a cominciare dall’accesso, dove l’unica vera novità sarà la scuola forense obbligatoria. Ma anche su questo punto vi sono parecchie perplessità: innanzitutto, i costi di queste scuole saranno ribaltati per intero sui giovani praticanti? Questo sarebbe inaccettabile. Nella legge 247 la parola giovane è contenuta una sola volta, mentre anziano o anzianità si ripetono per ben 17 volte. È chiaro lo spirito complessivo della riforma: non si valuta la meritocrazia, ma l’anzianità d’iscrizione all’albo». Come sarebbe auspicabile modificare la normativa? «Al congresso di Bari, sotto la scure dell’entrata in vigore del decreto del presidente della Repubblica sulle professioni, e in prossimità dello scioglimento delle Camere, siamo stati i promotori di una mozione approvata con una maggioranza superiore al 75 per cento, con la quale l’avvocatura si impegnava a richiedere alla politica quattro modifiche fondamentali alla legge. Il primo punto riguarda la governance del settore e, nello specifico, l’introduzione di un principio di democrazia nell’amministrazione della professione secondo il
Fortemente critico verso la riforma emanata a fine 2012, il presidente dell’Associazione italiana giovani avvocati, Dario Greco, indica le possibili prospettive di rilancio dell’avvocatura. Nodo centrale la formazione Francesca Druidi
principio “un avvocato, un voto”, separando a Dario Greco, presidente livello nazionale la funzione disciplinare da dell’Associazione italiana giovani avvocati quella amministrativa, senza sbarramenti anagrafici. Il secondo aspetto è la formazione professionale continua, con l’innalzamento dell’esonero dell’obbligatorietà della formazione permanente agli avvocati con oltre 40 anni di anzianità d’iscrizione all’albo». Le altre due correzioni invocate? «Sarebbe necessario affidare le specializzazioni forensi all’avvocatura, adottando una normativa di dettaglio che consenta di formare effettivamente i professionisti specialisti secondo criteri improntati al merito, all’equità e alla reale competitività. Un altro aspetto riguarda l’accesso, in VENETO 2013 • DOSSIER • 185
PROFESSIONE FORENSE
Serve l’introduzione del numero programmato nelle facoltà di giurisprudenza perché l’avvocatura non è un ripiego per chi non supera altri concorsi
particolare l’introduzione del numero pro-
grammato nelle facoltà di giurisprudenza, per evitare che la professione continui a essere il parcheggio di migliaia di disoccupati intellettuali negli albi e per riaffermare il principio che l’avvocatura non è un ripiego per chi non ha superato altri concorsi. Ma oggi pare che le altre componenti dell’avvocatura abbiano dimenticato il patto d’onore siglato a Bari». Quali, allora, le priorità sul fronte della formazione per i giovani avvocati? «L’Aiga negli anni passati ha combattuto una battaglia per l’introduzione dell’obbligo dell’aggiornamento professionale permanente degli avvocati. Ma bisogna prendere atto che il vecchio sistema dei crediti formativi non ha funzionato come si voleva. Troppe sono state le storture. La formazione permanente deve essere intesa come un’opportunità per il professionista, non sol-
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tanto come un obbligo. In questo quadro, le specializzazioni possono assumere un ruolo di rilancio della figura dell’avvocato per riuscire ad abbracciare nuovi ambiti di professionalità fuori dai palazzi di giustizia. Speriamo che il decreto ministeriale che dovrà regolarle non si limiti a prevedere le divisioni classiche delle aree di attività forense (penale, civile e così via), ma individui nuove branche del diritto in cui gli avvocati possano trovare nuovi spazi di mercato. Altrimenti, sarà ancora una volta un’occasione persa». Quali sono le prospettive per l’avvocatura italiana? «La reintroduzione della mediazione obbligatoria è una vera iattura per chi chiede giustizia nel nostro Paese. La politica giudiziaria degli ultimi 10 anni non è stata indirizzata verso il miglioramento del sistema giudiziario, ma verso la riduzione delle possibilità d’accesso alla giustizia. Sia le modifiche processuali che quelle fiscali/tributarie hanno reso sempre più difficoltoso ottenere un procedimento giudiziario giusto ed equo. Se, da un lato, si possono nutrire favorevoli aspettative dall’ingresso nelle Corti di appello dei giudici ausiliari, essi non potranno in alcun modo ridurre l’arretrato civile; è, invece, necessario sopperire alla cronica carenza di organico della magistratura ordinaria. E poi ogni giorno di ritardo nell’entrata a regime del processo telematico e della completa informatizzazione degli uffici giudiziari è uno smacco alla modernizzazione del nostro Paese. Sul fronte penale, viviamo una situazione carceraria intollerabile e di vera e propria inciviltà costituzionale. Per questo l’Aiga ha ritenuto di aderire alla via referendaria».
CODICE DELLA STRADA
Pene severe contro chi guida in stato di ebrezza Non tutti hanno ancora ben chiari i rischi e le sanzioni per chi guida in stato di ebbrezza. A ricordarli è l’avvocato Federico Gallo, che sottolinea la possibilità di ricorrere al lavoro di pubblica utilità Giovanni Bisoli
Organizzazione mondiale della sanità stima che un incidente d’auto su tre sia dovuto all’alcol. A far luce sul tema alcol-guida è l’avvocato Federico Gallo, titolare di uno studio padovano specializzato, tra le altre materie, nella consulenza relativa alle norme del Codice della Strada. «Negli ultimi anni – specifica il legale – l’impianto sanzionatorio in materia di guida sotto effetto dell’alcool è diventato veramente punitivo e repressivo, per prevenire un fenomeno che aumenta considere-
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volmente il rischio d’incidente». Quali sono le possibili sanzioni per un automobilista fermato in stato di ebbrezza? «Per i conducenti di età inferiore ai 21 anni, i neo patentati e gli autotrasportatori professionali, l’art. 186 bis del Codice della Strada prevede addirittura il divieto di guida con un tasso alcolico superiore a zero grammi per litro. Per tutti gli altri, le sanzioni aumentano all’aumentare del tasso alcolico e sono di ordine sia amministrativo che penale».
Federico Gallo
A destra Federico Gallo, titolare dello studio legale con sede a Padova info@federicogallo.it
Ricordiamole nel dettaglio. «È sufficiente un tasso alcolico tra 0,5 e 0,8 grammi per litro per subire la sanzione amministrativa, che comporta il pagamento di una somma che va da 500 a 2mila euro e la sospensione della patente da tre a sei mesi. Se il tasso alcolico è superiore a 0.8 g/l oltre ad una sanzione pecuniaria che va da 800 a 3200 euro e alla sospensione della patente da sei mesi a un anno (sarà il Prefetto a determinare la pena), il conducente subirà anche un procedimento penale, essendo previsto l’arresto fino a sei mesi. Pena che spesso viene commutata in un’ammenda». Se il tasso alcolico è superiore a 1,5 g/l? «Oltre a una sanzione da 1500 a 6mila euro e la sospensione della patente da uno a due anni (che può arrivare fino a quattro in certi casi), il guidatore subirà la confisca del veicolo di cui era alla guida, se di sua proprietà. Il veicolo non verrà più restituito al proprietario, ma sarà messo all’asta. Nel caso in cui si venga colti a guidare in stato di alterazione alcolica due volte in due anni, la patente è sempre revocata e non sarà possibile conseguirne una nuova prima che siano trascorsi tre anni dalla data dell’accertamento». Nel caso di incidente e di responsabilità penali, quali sono le conseguenze per il guidatore? «Tutte le sanzioni sono raddoppiate ed è disposto anche il fermo amministrativo del veicolo per sei mesi. Se a provocare l’incidente è un conducente con tasso alcolico superiore a 1,5 g/l, la patente gli è sempre revocata e non si può accedere alle forme sostitutive della pena detentiva e pecuniaria». Esistono norme che consentano di ottenere una sanzione meno severa? «Innanzitutto, è compito del legale verificare che non vi siano motivi d’impugnazione dell’accertamento prima e delle sanzioni poi irrogate al proprio cliente. Partendo, dunque, dal presupposto che non sia possibile ottenere un annullamento dei provvedimenti a carico dell’au-
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L’art. 186 del Codice della Strada prevede il lavoro di pubblica utilità, da adottare solo nel caso non si sia provocato un incidente stradale
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tista, esiste uno strumento, non molto conosciuto, previsto sempre dall’art. 186 del Codice della Strada, che mitiga notevolmente le sanzioni: si tratta del lavoro di pubblica utilità, da adottare per una sola volta e nel caso non si sia provocato un incidente stradale. Si tratta di un periodo di attività non retribuita a favore della collettività da svolgere presso Stato, Regioni, Province o, più spesso, Comuni, enti e organizzazioni di volontariato e di assistenza sociale, o presso centri di lotta alle dipendenze. 250 euro di pena pecuniaria corrispondono a un giorno di lavoro di pubblica utilità». In caso di conclusione positiva del lavoro di pubblica utilità? «Il Giudice dichiarerà estinto il reato, ridurrà alla metà la durata della sospensione della patente e, nel caso in cui vi sia stato il sequestro del veicolo ai fini della confisca, revocherà anche tale provvedimento, con conseguente restituzione dello stesso».
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CORSIE D’ECCELLENZA
L’ortopedia che corre veloce L’uomo che da ottobre convive con un ginocchio trapiantato oggi “lo sente suo”. Per la soddisfazione di Francesco Centofanti, primo in Italia a tentare questo intervento che comunque, avverte, «presenta ancora alcuni rischi post operatori» Giacomo Govoni
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Sopra, Francesco Centofanti, direttore del reparto di ortopedia dell’istituto Codivilla di Cortina
a circa 40 anni combatte una battaglia professionale contro le infezioni osteoarticolari. E l’anno scorso, giusto in questo periodo, ha colto una delle vittorie più belle. Era il 10 ottobre e l’Italia assisteva al primo trapianto al ginocchio, mai neppure tentato in precedenza. A realizzarlo il professor Francesco Centofanti, direttore del reparto di ortopedia dell’istituto Codivilla-Putti di Cortina, che di quel giorno ricorda tutto. «La storia clinica del paziente – spiega l’ortopedico – cominciò nel 2005, quando in seguito a un banale dolore al ginocchio, dovuto a problemi rotulei, si sottopose a intervento di artroscopia». Cosa andò storto, tanto da indurvi a procedere con un intervento mai sperimentato fino ad allora? «Un anno dopo riapparvero i dolori, per cui si sottopose a un secondo intervento, cioè la trasposizione dell’apofisi tibiale dell’apparato estensore. Purtroppo l’intervento non dette i risultati sperati, a causa della comparsa di un’infezione nel sito chirurgico con successiva osteomielite nel terzo superiore della tibia e osteoartrite del ginocchio. Il paziente subì 5 interventi per eseguire pulizie chirurgiche e asportazione di sequestri ossei, purtroppo senza suc-
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cesso. A noi giunse dopo 7 interventi». A quali trattamenti l’avete sottoposto prima di decidere per il trapianto e quali sono state le difficoltà in fase di reperimento dell’articolazione? «Per due anni abbiamo curato l’infezione con terapie mediche locali e generali e siamo riusciti a stabilizzare l’infezione. Però il processo settico aveva leso, oltre al terzo superiore della tibia, la rotula, i legamenti e i tendini del ginocchio. La situazione si presentava tale da non permettere alcun tipo di protesi. A questo punto le possibilità erano due: bloccare il ginocchio o tentare il trapianto da cadavere. Dietro il consenso del paziente ed eseguiti gli accertamenti radiografici del caso, abbiamo ordinato il pezzo anatomico alla banca dell’osso di Treviso da donatore deceduto. Siamo stati fortunati perché ci è giunto nel giro di poco tempo». Quali sono stati i passaggi più delicati durante l’intervento? «La fase più delicata è stata l’osteosintesi del pezzo anatomico alla tibia eseguita con fili metallici e viti. L’intervento è durato circa 4 ore, con due equipe. Una operava sul paziente, l’altra sul tavolo anatomico, in cui si preparava il pezzo adattandolo alla
Francesco Centofanti
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A distanza di 10 mesi dall’intervento non abbiamo avuto nessun segno di recidiva d’infezione
parte del paziente». Spesso si enfatizza l’abbattimento di una nuova frontiera chirurgica prima di vedere gli effettivi esiti del decorso post operatorio. Nella fattispecie, come sta rispondendo il paziente con la nuova articolazione? «A distanza di 10 mesi dall’intervento, non abbiamo avuto nessun segno di recidiva d’infezione e abbiamo osservato una perfetta integrazione dell’osso del donatore. Quanto al risultato, fanno testo le dichiarazioni del paziente fatte pubblicamente: “Sto benissimo, il ginocchio lo sento mio e non sento di avere dentro qualcosa di estraneo”. Inoltre, il paziente ha esibito le sue performance fisiche di fronte a una platea di giornalisti: ha sgambettato, ha saltellato sul posto, si è piegato». Per la cura di quali infezioni o patologie l’intervento al ginocchio potrà d’ora in avanti rivelarsi una valida terapia? E in quali casi potrà, ad esempio, “risparmiare” un’amputazione? «Naturalmente questo intervento è stato fatto in mancanza di altre soluzioni, in quanto è sempre da preferire una protesi articolare e meccanica che non quella da donatore. Qui la strada è ancora irta di rischi di rigetto, di
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infezione e di non integrazione del pezzo anatomico. Per questo continuo a esser più favorevole alla protesi. Va, inoltre, precisato che l’articolazione non dà sintomi da rigetto come il trapianto d’organo». Quanto è importante l’approccio multidisciplinare a questo genere di infezioni ossee e come è attrezzato l’istituto in cui opera in questo senso? «Nella cura dell’osteomielite si tende molto spesso a mettere il paziente nelle mani dell’infettivologo. Per quanto concerne il Codivilla-Putti, è dal 1923 che si occupa di infezioni ossee. Da qualche anno lo specialista in malattie infettive si interessa della cura delle infezioni ossee anche perché delegato dall'ortopedico. L’infettivologo è però un internista e non un chirurgo, prescrive la terapia antibiotica quando l’infezione si è stabilizzata a seguito di qualche mese di antibiotico e rimanda il paziente dall’ortopedico, il quale spesso non sa come proseguire nel trattamento. Alcuni infettivologi suggeriscono perfino quando l’ortopedico deve operare o quale intervento effettuare. Personalmente ritengo che una multidisciplinarità nella cura sia giusta, ma che il regista debba in ogni caso restare l’ortopedico».
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DIAGNOSTICA
Il tumore alla mammella, ecografia e mammografia «Il tumore della mammella è un problema sociale ed economico ma è anche un problema umano. Bisogna dare a tutte le donne uguale opportunità che venga diagnosticato e curato nel modo più efficace possibile». La parola al dottor Cosimo di Maggio Emanuela Caruso
etodologia diagnostica, età delle donne e copertura del territorio, sono questi i tre fattori da migliorare per cercare di vincere la sfida contro il tumore della mammella, che ogni anno in Italia colpisce 36mile donne. Alcuni mettono in dubbio la validità dello screening mammografico; in realtà, poiché o vantaggi della diagnosi tempestiva non sono in discussione, il dubbio riguarda solo la metodologia attuativa dello screening che andrebbe personalizzata.
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Ne parliamo con il dottor Cosimo di Maggio, Direttore della Senologia Diagnostica dell’Istituto Oncologico di Padova «Ancora oggi, la mammografia resta il test di base per diagnosticare il tumore della mammella, e con l’avvento del digitale sta addirittura vivendo una nuova giovinezza. Il vero problema da risolvere è proprio il metodo con cui vengono condotti gli esami e che prevede una mammografia ogni due anni per tutte le donne di età compresa tra i 50 e i 69 anni. Questo andrebbe bene se lo screening mammografico fosse in grado di vedere tutto, ma purtroppo non è così. Oggi, sappiamo che ci sono casi in cui la mammografia “non vede” e quindi bisogna sviluppare una metodologia diagnostica efficace anche per le donne che di questi casi fanno parte. È necessario integrare la mammografia con l’ecografia, così da seguire il concetto di equità dell’offerta: ogni donna deve avere la stessa probabilità di vedersi diagnosticato un eventuale tumore». Perché bisognerebbe riprendere in considerazione anche l’età delle donne che si sottopongono a screening mammografico? «Rivedere l’età è fondamentale, perché oggi il 25-30 per cento dei
Cosimo di Maggio
Il dottor Cosimo di Maggio, professore ordinario di Radiologia dell’Università di Padova e coordinatore nazionale Lions per il Progetto Martina cdimaggio@sirm.org www.progettomartina.it
tumori si manifesta prima dei 50 anni. Bisognerebbe far iniziare i controlli a partire dai 4045 anni e farli continuare anche dopo i 69, poiché, nonostante si creda che dopo la menopausa il rischio di tumore si riduca, in realtà non è così bensì il contrario: le probabilità aumentano con l’aumentare dell’età». E per quanto riguarda la copertura del territorio come si dovrebbe intervenire? «La copertura del territorio in termini di invito a sottoporsi a test diagnostici e di prevenzione sta aumentando, ma sono ancora molte le donne che purtroppo, non sentendosi abbastanza incentivate, non rispondono all’invito. Anche a causa di questo fatto, dei 36mila tumori della mammella che ogni anno si manifestano in Italia solo 6mila vengono scoperti grazie allo screening. Certo, non è facile organizzarsi per estendere l’invito a tutte le donne, però si può sicuramente migliorare l’adesione delle invitate. Tenendo presente che sottoporsi a controlli periodici in assenza di sintomi richiede informazione e coinvolgimento, maggiore adesione si può ottenere investendo in metodi di comunicazione migliori dell’attuale lettera di invito». È realizzabile quanto mi dice? «Con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, i cambiamenti di cui ho parlato sono stati attuati per tre anni in Padova. Abbiamo controllato 32.070 donne di età compresa tra i 45 e i 75 anni e ognuna di esse, in occasione del primo esame, ha incontrato un medico radiologo che le ha fornito informazioni complete e corrette. A seguito della mammografia, le pazienti sono state guidate verso percorsi diagnostici diversi: solo mammografia biennale per le donne con mammelle adipose; mammografia ed ecografia annuali per le donne con mammelle radiologicamente dense. L’ecografia ha permesso di individuare il 56 per cento dei tumori non visibili con la mammografia, anche se digitale; e i tumori di intervallo, ovvero
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È fondamentale informare e convincere le donne dell’importanza dei controlli preventivi come primo passo per la lotta al tumore della mammella
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quelli scoperti tra un controllo programmato e il successivo, sono stati solo il 6,4 per cento, quando invece i dati della letteratura riportano valori compresi tra il 30 e il 60 per cento. L’adesione delle donne ai successivi inviti è stata del 99,6 per cento e quest’ottimo risultato è stato sicuramente merito di un buona comunicazione e della personalizzazione del metodo». Questo “screening personalizzato” è economicamente sostenibile dal Sistema Sanitario Nazionale? «La risposta è sì perché la cura di tumori in stadio precoce comporta un significativo risparmio economico». Lei è anche coordinatore nazionale Lions per il Progetto Martina. In cosa consiste questo progetto? «Il Progetto Martina informa i giovani sulle modalità di lotta ai tumori, sui vantaggi della diagnosi tempestiva e sulla necessità di impegnarsi in prima persona. Il 50 per cento circa degli studenti cambia stile di vita dopo questi incontri e ciò significa notevole riduzione del rischio personale di contrarre un tumore nell’arco della vita». VENETO 2013 • DOSSIER • 197
ODONTOIATRIA
Quando correggere la dentatura dei bambini Un approccio multidisciplinare alla salute del bambino. Alberto Maraggia, direttore della Clinica Sorriso del Bambino spiega che la malocclusione dentale è spesso l’effetto di un disturbo funzionale trascurato Valerio Germanico
n età prepuberale, la cattiva disposizione dei denti è la spia di un problema di crescita del bambino. Tuttavia, troppo spesso si tenta di intervenire sull’effetto (i denti storti) tralasciando le cause. Noi consideriamo sbagliato correggere la dentatura dei bambini prima dei dodici anni. Eliminiamo piuttosto (e prima) le cause delle malocclusioni – si potrà poi intervenire sui denti durante l’adolescenza, quando la dentatura e lo sviluppo del viso saranno completati». È questo l’approccio – poco comune nel nostro Paese – dell’équipe di Clinica Sorriso del Bambino. Il dottor Alberto Maraggia, medico specialista in Odontoiatria e Ortodonzia, membro ordinario attivo della principali società scientifiche, coordina l’attività della struttura, creata per accogliere, curare, indirizzare nella correzione delle patologie della masticazione, della postura, della deglutizione e della salute in generale dei bambini e anche degli adulti. Per questo, ai dentisti specializzati in chirurgia orale e odontoiatria ricostruttiva protesica ed estetica, si affianca uno staff composto da medici pediatri, logopedisti, psicologi, nutrizionisti, otorini, ortopedici, fisiatri ed altri specialisti. Quali sono le principali cause di una dentatura non correttamente allineata? «Una crescita irregolare e non equilibrata dei mascellari, in particolare della mandibola, che
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molto spesso è piccola, retrusa o spostata di lato. I disturbi sono di tipo funzionale e riguardano tantissimi bambini con problemi di deglutizione e respirazione (che solitamente è il problema principale). Questo perché i bambini respirano con la bocca e quindi male. Non usando il naso, non si sviluppano correttamente il mascellare e il palato. Infatti, quasi tutti i bambini che abbiamo in terapia iniziano facendo una rieducazione respiratoria. Tuttavia, prima di avviare qualsiasi trattamento, si fa un quadro completo della salute del bambino, compreso l’aspetto posturale, coordinandoci con il suo Pediatra di base». Quali possono essere, per i genitori, i segnali di un problema respiratorio del bambino? «I genitori possono fare un semplice esperimento:
Clinica Sorriso del Bambino
Da sinistra, i dottori Marco Calabrese e Alberto Maraggia e la dottoressa Marina Bobbo, fondatori della Clinica medico-odontoiatrica Sorriso del Bambino di Albignasego (PD) www.csdb.it
se il bambino nel sonno respira con la bocca aperta o socchiusa o addirittura russa, vuol dire che usa male il naso. Anche il modo di parlare può essere indicativo, soprattutto verificando la pronuncia di esse e zeta, due consonanti che indicano se la lingua viene posizionata in modo sbagliato. Purtroppo sono disfunzioni spesso sconosciute ai genitori. E quando non lo sono, le soluzioni proposte non sono sempre le migliori: in alcuni casi si aspetta che il bambino si sviluppi – e questo magari può ridurre il problema della respirazione, che però intanto ha influenzato negativamente la crescita; all’opposto c’è un atteggiamento aggressivo e chirurgico, con rimozione di tonsille e/o adenoidi: ciò a volte risolve il problema immediato delle malattie respiratorie connesse, ma non il problema di base, cioè la cattiva abitudine respiratoria». Come affrontate questi problemi nella vostra struttura? «Se c’è una disfunzione, questa va trattata in maniera multidisciplinare, con un approccio riabilitativo di rieducazione motoria e funzionale,
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L’approccio al bambino è principalmente psicologico e pedagogico, a partire dall’ambiente, che è accogliente e incoraggia il gioco
in collaborazione con specialisti di altre branche. Questo permette di ottenere straordinari risultati in termini di crescita facciale e di salute generale, con un miglioramento dell’estetica del viso, una semplificazione nella futura correzione della dentatura, la stabilità dei risultati e una riduzione significativa delle patologie respiratorie, delle otiti, dei problemi posturali e di salute generale». Per evitare qualsiasi trauma, come vi ponete rispetto ai vostri piccoli pazienti? «L’approccio al bambino è principalmente psicologico e pedagogico, a partire dall’ambiente, che è accogliente, con spazi aperti di gioco, in cui il bambino è in compagnia di altri bambini. La prima visita, poi, non si svolge mai in un ambiente medico! Al contrario, il bambino viene ricevuto in un salottino insieme ai genitori ed è sottoposto a una visita molto dolce. In seguito, solo quando avrà preso confidenza, si inizia a intervenire con la terapia».
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