>allenar si alla cr eati vità È uno dei più grandi progettisti italiani. La sua esperienza spazia dal design applicato all’industria alla realizzazione di prototipi fino all’engineering. La sua Italdesign compie 40 anni e lui, Giorgetto Giugiaro, è pronto a intraprendere una nuova sfida: lavorare sugli spazi pubblici. Cercando la giusta miscela tra estetica e funzionalità. Ma con un unico obiettivo: essere originali di Laura Pasotti
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«Il design è progetto e invenzione, non solo poesia per gli occhi o cambiamento di forme. È un contenuto che deve tener conto della riproducibilità». Risponde così Giorgetto Giugiaro, una delle firme italiane più prestigiose nel mondo del design applicato al settore industriale, a chi gli domanda di dare una definizione al suo lavoro. Un background artistico, il suo, (una famiglia di pittori e gli studi di Belle Arti alternati ai corsi di progettazione tecnica) che lo ha portato, all’inizio, a voler emulare i grandi maestri. Poi la passione per le tre dimensioni ha avuto il sopravvento. Ed è nata la Italdesign. «Le Belle Arti sono cultura – spiega Giugiaro –, il mondo del design è molto più complicato perché coinvolge ingegneria ed economia. Che sia una sedia o un’automobile, quello che stai progettando ha una parte economica fondamentale. Perché non stiamo realizzando una scultura o un pezzo unico ma un oggetto da produrre in serie». Dopo 40 anni di attività nel settore dell’industrial design, dall’engineering alla realizzazione di prototipi, Giugiaro ha deciso di investire nell’ambito dell’architettura, dell’interior design e dell’arredo urbano. Una scelta che ha portato alla nascita di Giugiaro Architettura, sotto la direzione del figlio Fabrizio. «Siamo ancora agli inizi nel settore – afferma Giugiaro – ma intendiamo continuare seguendo la nostra esperienza. Con i tempi giusti. E tenendo conto di aspetti che in genere gli architetti sottovalutano». Un esempio di questa nuova avventura? La struttura espositiva per gli eventi
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di Torino 2006 in piazza Solferino. «Atrium – spiega Giugiaro – non è nato per essere in armonia con la piazza o le case circostanti ma come “contenitore” provvisorio». La struttura è divisa in due padiglioni di 19mila metri quadri nel cuore della città con strutture portanti in legno lamellare, acciaio e vetro e luce netta coperta in un’unica campata di circa 60 metri. Elementi che hanno reso necessarie analisi di idoneità dei siti e del verde per evitare che il risultato fosse troppo evidente e finisse per offendere lo spirito della piazza. Un progetto però eseguito «sempre con estrema attenzione alla razionalità – continua Giugiaro – e rispettando gli standard economici». Perché quando si lavora su spazi pubblici è indispensabile organizzare visivamente ed ergonomicamente un’opera, sia essa una panchina, una pensilina o un semplice pannello di richiamo. «Ancora una volta si deve porre attenzione alla razionalità – chiarisce – per facilitare la lettura e l’approccio visivo di chi poi dovrà interagire con questi oggetti». L’estetica deve scendere a patti con la funzionalità, senza dimenticare che anche l’occhio vuole la sua parte. «È difficile distinguere cosa è bello da cosa non lo è – dice il designer –. Le opinioni sono tante e servirebbe un tribunale super partes per stabilirlo. Certo possiamo anche guardare solo alla bellezza di un oggetto come accade per certe
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In alto, Giorgetto Giugiaro, uno dei più grandi designer italiani. Qui sopra, rendering del progetto per l’Università degli studi di Torino e, sotto, l’organo della Cattedrale di Losanna in Svizzera
I GRANDI ARTISTI HANNO FATTO UN ENORME PERCORSO PER RIUSCIRE A TOGLIERSI DI DOSSO IL CLASSICISMO E TORNARE A ESSERE INGENUI COME BAMBINI. IN REALTÀ SIAMO NOI A ESSERE OTTUSI PERCHÉ DOVREMMO ESSERE APERTI A RICEVERE MESSAGGI DIVERSI sedie da decoro con lo strascico o per i cucchiai con il manico rotondo progettati da Joe Colombo. Ma quando si parla di arredo urbano non si può certo trascendere dagli aspetti funzionali». Nascono così le pensiline e i sistemi di affitto biciclette pensate per Cemusa, prodotte in serie grazie all’uso di un numero ridotto di stampi con materiali impiegati al “naturale” perché
non risultino alterati nel loro aspetto. O ancora gli impianti pubblicitari per Avip, fortemente innovativi rispetto all’attuale panorama del settore, caratterizzati da linee curve e proporzionate che ben si prestano all’inserimento lungo percorsi turistici e paesaggistici. O i progetti per il nuovo complesso universitario delle Facoltà di Scienze politiche e Giurisprudenza di Torino,
affacciato sulle rive della Dora. E ancora la ristrutturazione della sede centrale di Confindustria a Roma in cui l’intervento di Giugiaro Architettura ha ridato luminosità agli ambienti, rinnovando la distribuzione interna e la dotazione tecnologica o il Parco Commerciale e per il tempo libero “Mondovicino” di Mondovì dove troveranno spazio un outlet, un cinema multiplex, un ipermer-
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cato, un complesso alberghiero e una struttura commerciale specializzata. Il modello di riferimento? Giugiaro non ha dubbi: «Tokyo è un bell’esempio di cultura diversa dalla nostra in cui architetti e designer hanno imparato a razionalizzare». Ma in che modo è possibile ripensare una struttura “anonima” come una pensilina per gli autobus o un traliccio? «Disegnare oggetti di uso quotidiano è estremamente compli-
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cato – conferma Giorgetto Giugiaro –. Un traliccio o una maniglia richiedono molto più lavoro rispetto a elementi di valore artistico maggiore. Bisogna tener presenti il supporto tecnologico e la funzionalità della struttura». Costruire un oggetto funzionale richiede un’analisi precisa e accurata. Al contrario, secondo il designer, in giro c’è molta, forse troppa, distrazione. Essere capaci di creare qualcosa di originale è
altrettanto fondamentale. Ma dove si trova l’ispirazione dopo 40 anni di attività? «L’ispirazione è un allenamento – spiega Giorgetto Giugiaro –. È come per i vignettisti dei quotidiani. Li guardiamo ogni giorno e ci chiediamo dove riescano a trovare sempre idee nuove. Siamo come computer – continua – che ricevono percezioni anche a livello inconscio. Oggi però la cosa più difficile è fare qualcosa di diverso dagli altri». Per
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Dall’alto in senso orario, Mondovicino, impianto pubblicitario realizzato per Avip, pensilina realizzata per Cemusa, lampione ecologico per Disano e sistema di affitto per biciclette realizzato per Cemusa
questo si perde più tempo a guardare ciò che è stato già realizzato da qualcun altro che a farlo e basta. Ma un margine di originalità c’è sempre. Un po’ come nella musica, arte nella quale persiste ancora la possibilità di trovare ritmi e motivi nuovi. «Quello che conta – allarga le braccia Giugiaro – è l’allenamento giornaliero». La libertà di pensiero fa inventare all’uomo cose insospettabili e, a volte, le idee arrivano in
modo assolutamente imprevisto. «Amo visitare le mostre dei ragazzi delle elementari e delle medie – svela il designer sorridendo – perché rivelano una creatività sorprendente. Lo stesso vale per le mostre d’arte africana, che raccolgono opere meravigliose che non sono frutto né di studi né di accademie». «I grandi artisti – spiega – hanno compiuto un enorme percorso per togliersi di dosso il classicismo e tor-
nare a essere ingenui come i bambini. Siamo noi a essere ottusi perché siamo abituati al vino buono e vogliamo solo quello». Mentre si dovrebbe essere pronti e aperti a ricevere messaggi diversi. «È un po’ come la cucina – conclude –. La prima volta che sono andato in Giappone non ho mangiato nulla. Oggi, al contrario, mangio cose che di primo acchito qualche anno fa non avrei mai nemmeno toccato».
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