Mete Luglio 2013

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EDITORIALE Marco Zanzi

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TRENTINO Dolce buon vivere

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L’INTERVENTO Armando Peres Bernabò Bocca Nardo Filippetti Mauro Di Dalmazio

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CONTAMINAZIONI Un connubio friul-salentino

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PARCO NATURALE DEL MARGUAREIS Biodiversità ad alta quota

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PROPOSTE TURISTICHE

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SAPORI DELLE LANGHE Il miele di Montezemolo

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PONENTE LIGURE Enogastronomia di qualità

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RIVIERA LIGURE

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PAESAGGI ITALIANI Franco Fontana

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POLITICHE TURISTICHE Pier Luigi Celli Renzo Iorio Giovanni Puglisi

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TESORI D’ITALIA Osvaldo Bevilacqua

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TAVOLE ITALIANE Gioacchino Bonsignore

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TRADIZIONI VITIVINICOLE Manuel Zeni e Alberto Ederle

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ALTO ADIGE Turismo sportivo Tania Cagnotto Matteo Thun

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BUONA TAVOLA Mario Forelli

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MILANO, I LUOGHI DELLA MODA Mario Boselli Guglielmo Miani Luisa Beccaria MILANO ARTISTICA Dal Bramante a Gio Ponti Triennale, la casa del design

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FORMULE TURISTICHE Antonio Rossi

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TRADIZIONI RIVISITATE Marco e Angelo Tacchella

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A CENA CON LA TRADIZIONE Maurizio Malaggi e Giuliano Bertoletti

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PASSEGGIATE FIORENTINE Alan Earhart

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BRUNELLO DI MONTALCINO Il rosso senese Leonardo Romanelli

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ITINERARI SENESI

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MONTI SIBILLINI Tra natura e magia

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BENESSERE E NATURA Park Hotel ai Cappuccini

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RISCOPRIRE LE MARCHE

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LE MARCHE NEL PIATTO Moreno Cedroni Errico Recanati

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ESCURSIONI Il Parco del Conero

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TURISMO RELIGIOSO Santuario della Santa Casa di Loreto

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PATRIMONIO MARCHE

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ALLA SCOPERTA DI NAPOLI Il museo di Capodimonte Rocco Barocco

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LE PERLE DEL GOLFO

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SAPORI DI SICILIA Dalla Norma alle cassatelle

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Editoriale

Marco Zanzi

LA FORZA DELLE IDEE… estate sta entrando nel vivo ma certi segnali per il turismo non sono incoraggianti. Confartigianto, solo qualche giorno fa, metteva in evidenza che 7,8 milioni di italiani sostengono di dover rinunciare alle vacanze estive e che altri 23 milioni andranno in vacanza ma in condizioni peggiori rispetto agli anni passati (meno giorni o meno soldi a disposizione). Gli indicatori sull’anno, aprile 2012- marzo 2013, vedono un calo delle presenze nelle strutture alberghiere italiane del 6,3 per cento. Sulla riviera romagnola, per esempio, dove in un anno il flusso dei turisti è calato del 10 per cento e si sono bruciati 10mila posti di lavoro, la tendenza è quella di abbassare i prezzi. Alberghi di lusso che vendono camere a solo 50 euro a notte; pizzerie con sconti del 30, 40 fino al 50 per cento; bar che non fanno più pagare il servizio al tavolo; bagnini che si inventano bizzarri pacchetti “all inclusive”… L’Enit (Ente nazionale per il turismo), portato a vedere la parte mezza piena del bicchiere, evidenzia però un incremento, già nei primi tre mesi del 2013, di turisti stranieri: russi, cinesi e indiani sopra tutti. La Banca d’Italia stima un aumento del 3,8 per cento di presenze extra UE, che non compensano il calo del turismo interno. Qualche mese fa, l’allora ministro Piero Gnudi mise in campo un piano strategico per il rilancio del turismo. Si parlava della necessità di costruire

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offerte diversificate per i diversi segmenti di viaggiatori; veniva evidenziata una insufficiente capacità manageriale di una parte degli operatori turistici nostrani; si sottolineava che l’Italia è considerata un Paese “faticoso”, difficile da “usare”. Nulla di straordinario, si sapeva già tutto. Le soluzioni, che di genialmente innovativo avevano poco, sembravano almeno votate al buon senso: l’utilizzo delle nuove tecnologie, la necessità di costituire reti territoriali e di riqualificare le scuole alberghiere sono alcuni esempi. Però tutto si è fermato. Dall’Enit fanno sapere che Enrico Letta non ha ancora avuto tempo per dedicarsi ai problemi del turismo, perché ha altre priorità da affrontare. Certo un bene è stato accorpare beni culturali e turismo, ma il ministro, uno tra i più discreti della storia repubblicana, che si chiama Massimo Bray, aspetta, forse, il via da parte del presidente del Consiglio. In Italia non vale il principio secondo il quale il presidente non deve essere il migliore di tutti, ma solo colui in grado di scegliere i collaboratori migliori di tutti. Da noi, evidentemente, deve essere proprio il migliore. Così aspettiamo Letta, per dar vita forse a un diverso piano strategico, che conterrà vecchie e buone idee, dopo aver perso molto tempo e con il rischio che anch’esse rimangano in gran parte lettera morta. Perché aveva ragione Wittgenstein, quando diceva che il mondo è pieno di belle idee, queste sono dappertutto… ma il problema non è avere buone idee, il problema è realizzarle.

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L’intervento

SERVE UNA VISIONE SISTEMICA iano piano, troppo piano, anche in Italia ci si sta rendendo conto che il turismo è un settore molto più serio, complesso e importante di come viene comunemente percepito. C’è una generale consapevolezza delle enormi potenzialità turistiche del Paese e di quanto sia la cultura, nella sua più ampia accezione, la leva su cui poggiare per vincere una competizione internazionale, sempre più vasta e agguerrita. Per far ciò non servono però ricette mirabolanti o continuare a ripetere quanto importante e unico sia il nostro patrimonio artistico e monumentale, perché da solo non basta! Come mai oggi sono molti di più i cinesi che scelgono la Germania anziché l’Italia? Forse perché lì trovano un clima migliore, prezzi più convenienti, straordinari tesori e una cucina più invitante? E perché oltre l’80 per cento dei turisti (italiani e stranieri) che fanno vacanze nel nostro paese non visitano le regioni del Mezzogiorno? Sarà ancora una volta per un clima inospitale o territori poveri di bellezze artistiche e naturali? È ovvio che le ragioni non sono queste e i problemi altri. C’è, innanzitutto, un problema di infrastrutture, di accessibilità; trasporti aerei e ferroviari insufficienti, per non dire della portualità turistica e dei trasporti locali o della complessità nell’ottenere visti per il nostro paese. C’è poi il grave gap tecnologico del settore, a cominciare dalla distribuzione: oggi i principali centri di prenotazione non sono italiani e sottraggono al conto economico di moltissimi nostri operatori fino al 30 per

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cento del margine. Poi c’è il tema dell’aggiornamento delle strutture, della fiscalità e del costo del lavoro, per non dire della formazione. E poi la capacità di attivare reti che uniscano sinergicamente le tante e diverse eccellenze dei nostri territori, a partire dall’enogastronomia fino al congressuale. Da questa semplice elencazione, a cui molto altro ci sarebbe da aggiungere, emerge che la responsabilità dei nostri attuali scarsi risultati è soprattutto politica e che per il turismo si deve partire da un progetto sistemico, al quale dedicare risorse importanti, che siano investimenti mirati a ottenere risultati programmati. Un progetto complessivo che attivi una virtuosa collaborazione pubblico-privato. Solo così potremo parlare di tanti nuovi posti di lavoro e di un’incidenza del turismo sul Pil superiore al 10 per cento. Altrimenti non ci resterà che continuare a fare l’elenco del nostro immenso patrimonio culturale e a domandarci perché Londra abbia il triplo dei turisti di Roma, Parigi il doppio e così via.

Armando Peres, docente universitario e vicepresidente del Comitato turismo dell’Ocse

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L’intervento

I NUMERI DEL TURISMO er avere un quadro previsionale dell’estate 2013, dobbiamo necessariamente tracciare un profilo di riferimento. Al buon risultato della clientela straniera, che anche nel 2012 ha continuato a scegliere l’Italia quale meta ideale per trascorrere un periodo di vacanza, mettendo a segno un lieve ma significativo incremento dell’1 per cento, si è contrapposto il marcato calo della clientela interna (-5,4 per cento) che ha rispecchiato fedelmente la grave crisi economica. La stessa tendenza la registriamo quest’anno. Nel corso dei primi 5 mesi, oltre a un altalenante andamento di arrivi e presenze, con gli italiani a -4,7 per cento e gli stranieri a +3,1 per cento, è l’emergenza lavoro il primo tema all’ordine del giorno. Il crollo di quasi il 5 per cento di lavoratori, tra occupati a tempo indeterminato e determinato rilevato dal nostro centro studi, rappresenta un danno incalcolabile per i lavoratori e le loro famiglie, alle quali viene meno oltre al lavoro un’indispensabile fonte di reddito; una situazione che si rovescia sull’economia nazionale con un conseguente calo dei consumi. In queste settimane, peraltro, sono in corso gli incontri con le rappresentanze sindacali dei lavoratori per il rinnovo del contratto nazionale di categoria e siamo tutti impegnati nella ricerca

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Bernabò Bocca presidente di Federalberghi

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di una strategia comune volta a salvaguardare i dipendenti e a sviluppare la capacità competitiva delle imprese. Di conseguenza, riteniamo che anche l’estate 2013 seguirà la tendenza finora delineata. Quali invece le prospettive per il 2014? È quasi matematico che dopo un periodo di flessione si succeda un periodo di ripresa. Ma, in questi anni, stiamo vivendo una crisi epocale che va ben oltre la ciclicità di fenomeni del genere. La recessione mondiale nella quale i principali paesi industrializzati si trovano non ha analogie con la crisi del 1929. Allora la crisi colpì un mondo condizionato da una povertà diffusa e da un’economia maggioritariamente contadina, mentre oggi il sistema economico globale è caratterizzato da una ricchezza diffusa, con una industrializzazione esasperata e un terziario in costante avanzamento, che permette all’Unione europea di non cadere in deflazione e al sistema produttivo di perdere parecchie imprese ma non crollare del tutto. Questa differenza sostanziale del quadro di riferimento rispetto al ‘29, con due valute forti quali dollaro ed euro, costituisce a mio parere la base sulla quale fissare nuove regole in grado di stabilizzare i mercati e ridare slancio a imprese e famiglie. Pertanto, se questo scenario prenderà forma e la condivisione delle emergenze prevarrà su interessi nazionalistici, è facile ipotizzare che il 2014 sarà l’anno della ripresa. Di una ripresa che si avvarrà dell’esperienza pregressa maturata in tutti questi anni di recessione.

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L’intervento

IL BRAND ITALIA NON BASTA PIÙ l difficile contesto economico non aiuta la pianificazione della vacanza. I tour operator però non sono rimasti a guardare, attrezzandosi al meglio per venire incontro alla ridotta capacità di spesa degli italiani.Tale disponibilità si è tradotta in una maggiore flessibilità dell’offerta, coerente con le nuove abitudini dei connazionali che, in numero sempre maggiore, distribuiscono le proprie vacanze in diversi momenti dell’anno e per periodi più brevi. Pacchetti di tre o quattro giorni si sono così affiancati a quelli classici settimanali, così come sono aumentate le promozioni rivolte alle famiglie con gratuità di soggiorno per i bambini, specialmente nell’ambito delle proposte di villaggi. Per quanto riguarda l’attrattività, il prodotto Italia, soprattutto sul versante balneare, sconta oggi una debolezza strutturale che riguarda principalmente il cattivo rapporto qualità/prezzo. Al netto delle criticità esistenti, comunque, alcune mete mantengono il loro appeal e fanno registrare buone performance. È il caso della Puglia, in particolare del Salento, che coniuga acque caraibiche con eventi di risonanza internazionale; della riviera romagnola, caratterizzata da una tradizionale competitività dell’offerta, e della Sicilia, che propone destinazioni evergreen come le Isole Eolie. Anche le tradizionali città d’arte - Roma,Venezia e Firenze - confermano la loro capacità attrattiva in tutti i periodi dell’anno. Si fa strada, poi, la scoperta dei borghi minori che introducono a

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un’altra Italia, quella meno conosciuta ma che, tramite iniziative dedicate a tradizioni e sapori locali, riesce a stuzzicare la curiosità del turista, come dimostra la risonanza degli eventi legati all’enogastronomia, vero e proprio asset strategico del nostro Paese. Si guarda ai mercati più promettenti. Oltre ai flussi europei, che vedono in testa il mercato tedesco, si assiste a un incremento di quello russo e a un interesse sempre più marcato da parte dei cosiddetti paesi Brics. Questi nuovi mercati ci pongono davanti alla necessità urgente di innovare il prodotto offerto e di riorganizzare la cultura dell’accoglienza attraverso la formazione degli addetti ai lavori o l’ammodernamento dell’offerta alberghiera, solo per fare due esempi. L’Italia perde posizioni nel ranking internazionale a causa di una governance frammentata e di una politica che, di fatto, non si è mai seriamente occupata della materia turistica. Per quanti nuovi turisti ci possano essere nel mondo e per quanto forte sia il brand Italia, i tour operator possono fare ben poco a fronte di un sistema Paese parcellizzato e, soprattutto, in assenza di una vision strategica per il settore.

Nardo Filippetti, presidente di Astoi Confindustria Viaggi

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L’intervento

IL RUOLO DELLE REGIONI alla governance del turismo al piano strategico nazionale, dal tema del demanio marittimo alle professioni turistiche, dalla costituzione del comitato permanente per il turismo fino all’organizzazione e al ruolo dell’Enit, la Commissione turismo lavora da anni sui maggiori temi del settore, come soggetto sia tecnico sia istituzionale. La cornice costituzionale a seguito della riforma del titolo V e la consequenziale attribuzione alle Regioni della competenza nel turismo hanno ovviamente reso ancor più significativo e incisivo il ruolo della commissione sulle questioni del turismo e nell’interazione con il governo. Dietro il rigido e formale riparto di competenze, infatti, da un punto di vista politico lo sforzo è stato quello di individuare gli strumenti affinché tutto il sistema istituzionale e la filiera del turismo partecipassero a un disegno strategico unitario fondato, finalmente e per la prima volta, su un ruolo centrale e prioritario del settore nell’agenda Paese. Perché è innegabile, e dobbiamo dircelo, che in Italia il turismo, tanto esaltato a parole, non è stato mai messo al centro delle politiche di sviluppo. Puntare sul turismo in senso lato, infatti, significa orientare trasversalmente anche le politiche degli altri settori a un disegno strategico che punti alla valorizzazione di questo straordinario asset. Una leva che è,

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Mauro Di Dalmazio, coordinatore degli assessori al turismo nella Conferenza delle Regioni e delle Province autonome

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senza dubbio, la nostra più peculiare e identitaria risorsa in grado di assicurarci un differenziale competitivo straordinario, soprattutto in momenti di grave crisi come questo. In tal senso, il primo piano strategico nazionale del turismo, alla formazione del quale le Regioni hanno dato e stanno dando un contributo costitutivo, può rappresentare una grande opportunità - se veramente diventerà uno strumento capace di orientare le scelte del sistema Paese - o l’ennesima mancata occasione, se rimarrà esclusivamente strumento per dibattiti in materia, esteticamente accattivanti ma totalmente improduttivi. Detto questo, i temi specifici ai quali la commissione sta lavorando sono molteplici: dal ruolo e dal funzionamento di Enit all’organizzazione dei sistemi territoriali di sviluppo turistico fino all’individuazione degli strumenti per ridare competitività ai nostri operatori rispetto ai concorrenti di altri paesi. Una delle priorità assolute da affrontare è certamente quella del demanio marittimo con finalità turistiche e le conseguenze derivanti dall’applicazione della direttiva servizi. Le Regioni hanno svolto un ruolo fondamentale nella partita, ma è necessario che scenda in campo il governo avviando immediatamente un’interlocuzione decisa con l’Unione europea per individuare i termini per un intervento complessivo sulla materia, che tuteli questa nostra peculiarità e il nostro settore balneare.Tutti questi temi verranno trattati a fine luglio, a Santo Stefano di Sessanio, in provincia dell’Aquila, alla presenza del ministro Massimo Bray.

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LA MIA FINESTRA SULLA VITA Luoghi di gioia e magia di colori. La sinuositĂ dei paesaggi lucani e pugliesi interpretati dalla fotografia di Franco Fontana di LARA MARIANI


Paesaggi italiani

Franco Fontana

Paesaggio italiano, 1987. Franco Fontana ha “reinventato� il colore come mezzo espressivo mediante un’inedita analisi del paesaggio


Paesaggi italiani

Franco Fontana

sistono tanti paesaggi dell’anima, «tanti quanti sono gli artisti che da sempre creano opere di pittura, di fotografia, componimenti poetici, letterari o musicali. Come un libro, quando è finito e pubblicato, comincia a vivere la sua vita e i lettori ne diventano i nuovi autori, così ogni paesaggio o opera d’arte comincia a vivere nel momento stesso in cui è visto, percepito dagli occhi, dal cuore, dalla mente, ed entra nell’anima di chi lo guarda». È il modo di Franco Fontana di rendere «visibile l’invisibile» di dar vita ai pensieri utilizzando il reale, senza modificarlo, ma attraverso uno sguardo che trasuda amore per la vita e per tutto ciò che è in continua evoluzione. Del resto per Fontana la fotografia è un pretesto. Le cose esistono quando le fotografi e la radice di tutto è il pensiero, perché «conta molto di più quello che non vedi rispetto a quello che vedi». Da quali valori attinge ogni volta che decide di raccontare un luogo? «Il mio non è un paesaggio intellettualizzato, è un luogo naturale come l’acqua di una sor-

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Anche questa immagine fa parte del lavoro sul paesaggio italiano. Siamo in Basilicata nel 1995

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La radice di tutto è il pensiero, perché conta molto di più quello che non vedi rispetto a quello che vedi gente. È il paesaggio che si fotografa attraverso il mio lavoro e il ricorso alla magia del colore mi aiuta a sublimarlo, a significarlo. E lo faccio attraverso un’astrazione di pensiero. Ciò che fotografo è reale, non c’è nessun intervento di postproduzione, è il mio pensiero astratto a dargli una forma che prima non era visibile. Credo che l’astrazione di pensiero sia la più alta forma di composizione fotografica e anche la più difficile da esprimere. Il paesaggio è il mio pensiero».

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Qual è lo scopo di questa enfatizzazione? «Esprimere un’emozione, un’interpretazione, un modo di significare il paesaggio. Dandogli un’identità che diventa cultura. I miei sono luoghi di gioia, positivi, ma quello che la gente vede nelle mie immagini non è universale, è soggettivo». Qual è il suo rapporto con il colore e con la luce in questa dimensione di astrazione? «I colori non li ho inventati, semplicemente li esprimo, li interpreto. Il giallo è giallo,

Sopra, Franco Fontana, in uno scatto di Douglas Kirkland. Attualmente il fotografo sta lavorando con i disabili, per un lavoro dal titolo “Disarmonica bellezza”

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Paesaggi italiani

I miei mari sono orizzonti piatti, senza fine, come l’immortalità. L’orizzonte è là davanti che ci aspetta. È una meta surreale, irraggiungibile ma in Puglia e in Basilicata quel colore assume toni mai visti in una regione come l’Emilia Romagna. Il merito è della luce straordinaria che c’è in quei luoghi. Basta aspettare una giornata limpida, senza nebbia, umidità o foschia e quei colori escono, la gioia è lì presente. Il mio colore non è un’aggiunta al chiaroscuro, ma un movimento che genera vita. È una sensazione fisiologica, psicologica, emozionale. Del resto il colore è dove pensiero e cuore incontrano il proprio universo e io la vita la vedo a colori. Se la vedessi in bianco e nero avrei uno sguardo difettoso». Quindi Puglia e Basilicata rappresentano un percorso d’elezione in Italia. «Il paesaggio italiano l’ho trovato lì, perché ci sono luoghi sensuali che sembrano corpi femminili. È una terra feconda, e la terra è femmina non è maschio. In Emilia l’orizzonte è pieno di alberi, di fili della luce, non riuscivo a cancellare per eleggere. In Puglia e in Basilicata invece c’era la mia materia prima». La stessa che ha trovato per una delle sue foto più conosciute, la baia delle Zagare? «Anche quella foto è un’astrazione. I miei mari sono orizzonti piatti, senza fine, come l’immortalità. Tutti andiamo incontro ai nostri orizzonti, ma non li raggiungiamo mai. Possiamo girare a piedi tutto il mondo,

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l’orizzonte è sempre là davanti che ci aspetta. È una meta surreale, c’è ma è irraggiungibile. Per fortuna». Quali sono le sue fonti di ispirazione, i luoghi che più di tutti l’hanno colpita? «I luoghi di ispirazione sono ovunque, è sufficiente aprire la porta e camminare nel mondo, cancellando il superfluo». Basta uscire di casa? «Sì, ma devi disinquinarti. Basta uscire di casa, ma visto che le porte si aprono dall’interno se continui a guardare il mondo solo dal tuo punto di vista non vedi nulla di diverso. Il mondo è là che ti aspetta, devi rischiare continuamente. La sicurezza è morte, più sicura della morte non c’è niente, mentre il rischio è la vita, continuare a evolversi, rinnovarsi. Cambiare per rimanere quello che sei. Del resto la bellezza stessa è un’opera dell’anima che si nutre della sensibilità e della passione di chi la sa cogliere. La bellezza non è negli occhi o in quello che si vede, ma nel cuore». Quali sono i suoi paesaggi dell’anima? «Io ho cercato di decifrare l’anima dandole uno spazio astratto. So che è l’elettricità della nostra vita, è sostanza senza apparenza, c’è ma non si vede e io spero che la mia piccola anima continui a vivere nelle immagini che rappresentano quello in cui io credo, la vita».

Franco Fontana

A sinistra, Baia delle Zagare, Vieste, 1970. La fotografia è stata utilizzata dal Ministero della Cultura Francese perché esprime un archetipo di paesaggio

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VARIA E SOCIAL Così deve proporsi l’offerta turistica italiana secondo Pier Luigi Celli, presidente dell’Enit, per incrementare l’appeal turistico internazionale del Bel Paese di FRANCESCA DRUIDI


Politiche turistiche

Pier Luigi Celli

n uno scenario turistico dal profilo sempre più competitivo che mette a confronto destinazioni situate ai cinque angoli del globo, l’Italia è chiamata a imprimere un cambiamento di marcia significativo, che tenga conto dell’espansione della domanda estera e sia pronta a superare i deficit strutturali che il paese si porta dietro ormai da anni. Per il numero uno dell’Enit, Pier Luigi Celli, occorre consolidare lo sforzo sul fronte della promozione, puntando su strategie web più efficaci, semplificazione della politica dei visti e su un’offerta turistica maggiormente integrata e articolata. Il piano strategico per lo sviluppo del turismo in Italia, fortemente voluto dall’ex ministro Gnudi, include un rafforzamento del ruolo svolto dall’Enit. Come si articolerà l’impegno dell’agenzia nel prossimo biennio? Quali i principali obiettivi? «Quattro obiettivi, indicati anche nel piano dell’ex ministro Gnudi, sono alla base di un programma d’impegno biennale per Enit: sviluppare innanzitutto una “fabbrica di prodotto”,

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interna all’agenzia, che aiuti le Regioni nella progettazione, costruzione e promozione dei prodotti turistici prioritari, possibilmente multiregionali. Occorre, inoltre, improntare una nuova presenza - e relativa strategia - digitale, anche in previsione dell’eventuale affidamento a Enit del portale Italia.it. Altri punti fondamentali sono rappresentati dalla comunicazione e promo-commercializzazione di Expo 2015 come prodotto turistico nazionale e dal rafforzamento e promozione di un calendario eventi italiano». Quali restano i principali nodi critici che frenano l’appeal turistico dell’Italia a livello internazionale e sui quali occorre intervenire? «L’offerta di prodotti, la dimensione media delle strutture ricettive, i trasporti e le infrastrutture, anche interni. Inoltre, la formazione e le competenze di settore e, infine, la politica dei visti». Il ministro Bray ha sottolineato l’importanza di una stretta interconnessione tra turismo e cultura. Cosa serve per compiere il fatidico salto di qualità in questo senso?

Sopra, Pier Luigi Celli, presidente di Enit

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Politiche turistiche

Pier Luigi Celli

Occorre consolidare lo sforzo sul fronte della promozione «Metter fine alle rendite di posizione, a cui peraltro sta provvedendo la crescente domanda turistica internazionale, che caratterizzano anche il mondo turistico, privilegiando approcci innovativi e spirito imprenditoriale. L’esperienza in Treccani del ministro Bray è un buon paradigma di una corretta integrazione di due esigenze, potenzialmente confliggenti, quella della conservazione e quella della valorizzazione del patrimonio culturale, che è poi uno dei prodotti di eccellenza della nostra offerta turistica». Su quale tipologia di turismo il nostro Paese deve potenziarsi a suo avviso? Quali le aree del mondo più promettenti sotto il profilo dei potenziali flussi turistici? «La forza dell’offerta turistica italiana è la sua varietà, che richiede un’intelligente combinazione nella sua costruzione: incrociando la richiesta di sostenibilità nei soggiorni lunghi e quella di un corretto rapporto tra qualità e prezzo nei viaggi di corto raggio. Le previsioni confer-

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mano che la crescita della spesa turistica dei prossimi decenni verrà in larga parte dalle nuove geografie emergenti, pur non dovendosi trascurare il peso, almeno per l’Italia, dei mercati più tradizionali come quello europeo e statunitense». Oggi si sta affermando una logica maggiormente associativa nelle politiche turistiche italiane. Quanto è importante riuscire a raggiungere un efficace coordinamento nello sforzo di promozione? «Decisivo, soprattutto in un contesto di generale spending review che l’Italia sembra ancora essere destinata a vivere. All’interno dell’Enit questa logica di “cooperazione competitiva” la si è sperimentata, con successo, nei rapporti con le Regioni e le associazioni, con cui si sono costituiti tavoli tecnici di coordinamento, e con le altre amministrazioni dello Stato chiamate a promuovere il nostro Paese nel mondo, come testimoniato dalla positiva collaborazione con il ministero degli Affari esteri in tema di visti».

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Politiche turistiche

UNA RISORSA INESTIMABILE Occorre valorizzare il nostro patrimonio storico e artistico e metterne a frutto le potenzialità. Renzo Iorio illustra le strategie turistiche da mettere in campo

Renzo Iorio

di NICOLÒ MULAS MARCELLO

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Il turismo culturale e d’arte occuperà anche quest’estate i primi posti nella classifica dei prodotti turistici preferiti dai viaggiatori

l patrimonio di cui l’Italia dispone potrebbe essere un’occasione di crescita, ma spesso il rilancio è frenato dall’assenza di un coordinamento tra i vari soggetti coinvolti. «Il fatto che altri paesi come la Spagna – spiega Renzo Iorio, presidente di Federturismo – mettano il turismo al centro dei piani di crescita è la dimostrazione che all’estero il turismo è considerato un asset strategico dei governi su cui investire risorse ingenti». Cosa occorre fare dunque in Italia? «Il nostro Paese ha il più ampio patrimonio culturale al mondo, con oltre 3.400 musei,

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circa 2.000 aree e parchi archeologici, ed è dotato di un grande patrimonio naturale che conta 800 parchi. Un patrimonio ricco come il nostro impone risorse e competenze forti in grado di corrispondere alle sue necessità e potenzialità. Il problema è che la gestione secondo logiche rigorose di valorizzazione economica urta contro il disordine amministrativo in cui operano gli operatori coinvolti. Per esempio, la logica del distretto e del coordinamento degli interventi contrasta con la diversità degli enti e delle amministrazioni che sovrintendono a diversi monumenti, anche nella stessa area. Per non parlare della necessità

Renzo Iorio, presidente di Federturismo

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Politiche turistiche

Renzo Iorio

La spiaggia di San Vito Lo Capo

di coordinare l’intervento delle Regioni. Per stabilire un rapporto proficuo fra beni paesaggistico-culturali e turismo occorre seguire logiche di distretto e soprattutto puntare su un modello di sviluppo del paese che includa la dimensione del paesaggio, della cultura e del turismo tra gli assi portanti». Come è cambiato negli ultimi anni il turismo straniero in Italia e quali tipi di promozione vanno attuati? «Nonostante l’Italia sia tra le prime destinazioni turistiche nei desideri dei viaggiatori internazionali cattura quote sempre minori di flussi. È evidente che una parte rilevante di tale deficit competitivo è da imputarsi alla scarsa efficacia delle politiche di promozione e attrazione del Paese e alla mancanza di coordinamento tra le iniziative degli enti e gli operatori turistici. Occorre quindi ripensare le azioni promozionali in termini di efficacia ed efficienza. Dobbiamo, tra l’altro, risolvere al più presto la scarsa percezione del prodotto-destinazione che è il vero male che attanaglia il turismo italiano: segmentando i mercati, innovando la metodologia del

linguaggio online, rafforzando il brand e impostando una comunicazione coerente e integrata». Cosa dovrebbe imparare secondo lei l’Italia dagli altri Paesi in termini di gestione del turismo? «È fondamentale elaborare un masterplan nazionale del turismo dotato di risorse adeguate che ci consenta di competere con tutti i maggiori Paesi concorrenti e accompagnare lo sviluppo del settore con una serie di investimenti pubblici e privati adeguati. Tra le priorità assolute c’è l’ammodernamento delle strutture e delle infrastrutture legate al turismo, con interventi in linea con i criteri di sostenibilità ambientale e articolati attorno al senso e alla cultura dei territori. Per competere sui mercati internazionali, gli operatori italiani devono compiere un salto tecnologico, per poter offrire prodotti e servizi secondo le modalità richieste dal mercato». Siamo in piena stagione estiva, quali sono le aspettative per quanto riguarda le località turistiche di mare e i luoghi d’arte? «Nonostante le promozioni di advance booking lanciate dai tour operator, anche quest’anno la crisi economica sta facendo registrare una cautela nell’acquisto dei viaggi. Il prodotto balneare italiano, al di là delle performance positive di Puglia e della Sicilia, sta subendo una flessione nelle preferenze degli italiani perché poco competitivo per il rapporto qualità-prezzo rispetto alle altre destinazioni del Mediterraneo come Grecia, Spagna o Mar Rosso. Il turismo culturale e d’arte occuperà anche quest’estate i primi posti nella classifica dei prodotti turistici preferiti dai viaggiatori. In ogni caso saranno essenzialmente i turisti stranieri a sostenere le nostre destinazioni e le nostre aziende».

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IL BENE DELL’ITALIA

Politiche turistiche

Salgono a 49 i siti italiani iscritti al Patrimonio dell’umanità. Eccellenze da gestire adeguatamente, come indica Giovanni Puglisi, presidente della commissione nazionale per l’Unesco di FRANCESCA DRUIDI

Giovanni Puglisi

In apertura, immagine della Reggia di Venaria Reale a Torino

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Politiche turistiche

on ci sono soltanto cattive notizie per i beni culturali italiani. Si è discusso molto del richiamo dell’Unesco a far fronte alla situazione critica di Pompei, ma non vanno dimenticate le due recenti iscrizioni alla lista del Patrimonio dell’umanità, che battono bandiera tricolore. La proclamazione del parco dell’Etna e del complesso delle Ville e dei giardini medicei in Toscana (12 ville e 2 giardini), da parte della 37esima sessione annuale del comitato mondiale riunitosi a giugno in Cambogia, ha lanciato un segnale importante che va ascoltato. «È una grande soddisfazione – commenta Giovanni Puglisi, presidente della Commissione nazionale italiana per l’Unesco – un risultato importante per l’Italia in un momento particolare, in cui il tema dei beni culturali è al centro dell’attenzione con problemi di varia natura, non solo economicofinanziari ma anche giuridici e sul fronte degli investimenti, dello sviluppo e della formazione. Ritengo che questo riconoscimento vada nella direzione giusta: il resto del mondo, l’Unesco, continua ad avere fiducia nell’Italia». L’auspicio è che l’Italia stessa reagisca prontamente a questa iniezione di fiducia. Guardiamo avanti, al 2014. Quali candidature sono in corsa? «Abbiamo la candidatura dei territori di Langhe-Roero e Monferrato con i paesaggi e le coltivazioni vitivinicole per la lista del Patrimonio mondiale dell’umanità (beni storico-artistici e paesaggistico-naturali). A questa si affianca la candidatura della pratica agricola tradizionale della vite ad alberello di Pantelleria nella lista del patrimonio culturale immateriale. Si attende, invece, per dicembre 2013 il responso della candidatura italiana di

N Giovanni Puglisi

Sopra, Giovanni Puglisi, presidente della Commissione nazionale italiana per l’Unesco

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quest’anno, sempre per il patrimonio culturale immateriale, rappresentata dalla rete delle grandi macchine a spalla italiane che propone al riconoscimento i gigli di Nola, la varia di Palmi, i candelieri di Sassari e la macchina di Santa Rosa di Viterbo». Non si può evitare di fare il punto sullo stato di salute di Pompei. «L’Unesco ha richiamato il governo italiano ad accelerare sul piano della gestione. Il governo era presente, ha partecipato alla relazione del rapporto ed è pienamente cosciente delle criticità; alcune sono già state avviate a soluzione, altre devono essere rapidamente programmate. Il problema vero è che in Italia continuiamo a lavorare sull’emergenza: oggi Pompei, domani la Reggia di Caserta, ieri Venezia, l’altro ieri le Cinque Terre. Continuando in questo modo non andremo da nessuna parte. C’è carenza di risorse: non solo soldi da mettere sul tavolo, ma personale da assumere e qualificare, interventi da realizzare. Quando arrivano fondi dall’Europa, come nel caso dei 105 milioni di euro

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per Pompei, troviamo poi la maniera di avvitarci su norme giuridiche inerenti appalti e subappalti, per cui i nodi non vengono risolti». Ci sono però segnali positivi. «Sì, c’è comunque rispetto nei nostri confronti: mentre dibattiamo animatamente su Pompei, l’Unesco ha apposto il bollino di qualità sull’Etna e sul complesso mediceo, ma anche sul Monviso come “riserva della biosfera” e sugli archivi dell’Istituto Luce come “memoria del mondo”. L’Italia, in fondo, resta una nazione leader dei beni culturali, che continuano a identificare la principale industria nazionale, senza che nessuno si strappi le vesti sul termine industria. Esorcizzare le risorse dei privati è poi

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un grave errore. Chiaro che i privati non devono investire per affittarsi o comprarsi il bene, che rimane sotto la tutela dello Stato. Lo Stato resta egemone, ma i privati possono contribuire al recupero e alla valorizzazione dei beni». C’è, invece, un sito italiano che può essere indicato come esempio virtuoso di gestione e fruibilità? «La Reggia di Venaria Reale individua un esempio di perfetta ed eccellente gestione di un bene culturale, indipendentemente dall’Unesco. E poi Ravenna e le coltivazioni a vite di Langhe, Monferrato e Roero che danno vita a un paesaggio incantevole. È questa l’Italia che funziona e che va esaltata».

L'interno della Basilica di San Vitale a Ravenna

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Antiche strade e borghi storici

TESORI D’ITALIA Sono migliaia le località italiane, ricche di un patrimonio d’arte, di storia, di cultura, di archeologia unico e irripetibile. Osvaldo Bevilacqua invita a riscoprire queste terre, troppo spesso non adeguatamente valorizzate

Osvaldo Bevilacqua

di RENATA GUALTIERI

iceve di continuo lettere, mail, fax, anche telefonate, dall’Argentina, dall’Australia, dagli Usa, dai Paesi europei, da parte di italiani che si sono trasferiti all’estero per lavoro, magari 50 anni fa, e che manifestano l’aspirazione di voler tornare in Italia chiedendogli consigli. Naturalmente non c’è una sola scelta, un’unica meta, si può rispondere citando infinite destinazioni. «Ma c’è una “dorsale” in particolare sottolinea lo storico conduttore di Sereno Variabile, Osvaldo Bevilacqua - che è stata scoperta oltreoceano e dai nordeuropei, norvegesi e svedesi tra gli altri, che parte dalla Liguria, passa per la Toscana, l’Umbria, le Marche fino ad arrivare all’alto Lazio ed all’Abruzzo, luoghi di cui ci troviamo spesso a parlare nelle puntate della nostra trasmissione». Sono sempre di più i cittadini stranieri che decidono di venire a vivere nella nostra terra, e che a volte aprono anche bed

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& breakfast, puntando loro stessi sull’attività turistica in Italia. «Gli inglesi hanno dato il via a questa tradizione soprattutto in Toscana e in Umbria, che ormai registrano il tutto esaurito. Territori che sono stati salvati dalla decadenza, luoghi una volta abbandonati per la forte spinta all’urbanizzazione, sono tornati a vivere, a donare bellezza e a produrre benessere. Il più famoso nel mondo è oggi il cosiddetto Chiantishire, ma anche la Maremma Laziale e la Tuscia sono molto gettonate: le mete sono infinite e non c’è che l’imbarazzo della scelta. E tutto ciò è il simbolo, la rappresentazione, dell’eccellenza italiana: l’antica abitudine italica del sentirsi inferiori agli altri non ha senso, il nostro Paese oggi seduce e affascina migliaia di stranieri, non necessariamente di lingua e cultura italiana, che amano venire da noi, non solo per turismo ma per stabilirsi definitivamente e vivere sulla nostra terra». In quale regione ha apprezzato

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Osvaldo Bevilacqua, conduttore della trasmissione televisiva Sereno Variabile

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Antiche strade e borghi storici

Osvaldo Bevilacqua

di più la genuinità e l’ospitalità degli abitanti e come si è espressa? «Devo riconoscere che ogni settimana, ovunque andiamo, si manifesta una gara di solidarietà tra la gente comune, che ci accoglie come se ci conoscesse da sempre: con grande ospitalità ci fanno entrare nelle loro case e si mettono a totale disposizione, questo perché sanno che siamo lì per raccontare le loro storie, le loro attività, le loro vite. Questa accoglienza genera in noi commozione; il loro entusiasmo, la loro partecipazione non può lasciare indifferenti, e tutto si ripete ogni volta, in ogni località, dal nord al sud al centro. Per scelta editoriale non intervistiamo mai gli amministratori locali, ma andiamo a ricercare la gente comune, coloro che sono impegnati tutti i giorni in prima linea, ma devo anche riconoscere che spesso incontriamo amministratori che si rendono disponibili senza voglia di apparire, soltanto con l’obiettivo di rendersi utili per la promozione del loro territorio». Quale itinerario consiglierebbe a un curioso viaggiatore? «Per un viaggiatore come me non c’è che l’imbarazzo della scelta, perché l’Italia è un paese baciato dalla fortuna, per la sua storia, per le sue

La via Francigena, percorsa a piedi, è un tracciato ideale per partire alla scoperta di luoghi, storia, arte, cultura ed enogastronomia

tradizioni, per la sua cultura, e diventa quasi impossibile scegliere una meta piuttosto che un’altra. La via Francigena però potrebbe essere il tracciato ideale per partire alla scoperta di luoghi, storia, arte, cultura, enogastronomia, curiosità. Se dovessi essere ancora più incisivo, consiglierei di percorrere parte del tragitto a piedi, pernottando in istituti religiosi, in bed & breakfast, nelle abitazioni di gente comune, che garantisce ospitalità e accoglienza; si tratta di luoghi dove spesso ci si deve adattare con spirito spartano, ma che permettono d’identificarsi con l’animo del pellegrino in viaggio, che spinto dalla fede percorreva fino a 30 km al giorno; un viaggio faticoso però esaltante, sia nel raggiungimento della sognata meta, sia nel tragitto alla scoperta di luoghi sconosciuti e indimenticabili». Qual è invece la piazza più pittoresca che ha visitato? «È difficile dare una risposta perché l’Italia è tutta una piazza: i comuni storicamente nascono intorno alle piazze, centri di governo e di commercio, dove si concentravano la vita e le attività quotidiane dei cittadini. E che piazze ci sono nel nostro Paese».

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DIETA SANA MA CON GUSTO Il ruolo della televisione per la diffusione di una corretta cultura enogastronomica nel punto di Gioacchino Bonsignore di EUGENIA CAMPO DI COSTA

Non bisogna rinunciare al gusto, ma semplicemente stare piĂš attenti alla qualitĂ


La buona tavola

n televisione ci sono tante trasmissioni che si occupano di cucina, ma sono poche quelle che educano a una vera cultura alimentare». Questa è, in sintesi, la visione di Gioacchino Bonsignore, curatore della rubrica Gusto del Tg5, da anni un appuntamento fisso nell’edizione delle 13 del telegiornale, che catalizza ogni giorno l’attenzione dei telespettatori, raccontando loro ricette, prodotti tipici e chef. Senza prescindere da caratteristiche importanti, come la tradizione dei piatti regionali, la qualità delle materie prime, la salubrità degli alimenti. Il Tg5 con la rubrica Gusto è stato tra i pionieri della cucina in televisione. Oggi sono tante le trasmissioni televisive sul tema. A questo proposito, cosa dovrebbe cambiare nell’approccio dei media a questi temi? «Proprio attraverso i mass media passano messaggi relativi all’obesità, alle diete, al problema del sovrappeso e di come la salute dipenda anche e soprattutto da quello che si mangia. Gli stessi mass media, contemporaneamente, trasmettono programmi di cucina, che talvolta propongono ricette piuttosto improbabili, che entrano quasi in contraddizione con l’attenzione a una dieta sana ed equilibrata. Ecco, io credo che si debba evitare questa incoerenza. Non si può lasciar passare un messaggio generico che comunichi alle persone di cucinare e abbuffarsi e nel contempo metterle in guardia sui problemi di salute che derivano da un’alimentazione sbagliata. Penso che il problema sia proprio quello di educare a una

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dieta equilibrata, parlare della sicurezza e della salubrità del cibo. Bisogna insegnare alle persone a mangiare meno e meglio, e questo non significa rinunciare al gusto, ma semplicemente stare più attenti alla qualità, sia delle materie prime che del tipo di cucina». Dal suo punto di vista, negli ultimi anni è aumentata la consapevolezza dell’importanza di una dieta equilibrata e di nutrirsi di cibi di qualità? «Questo tipo di cultura sta lentamente diffondendosi. Bisogna però tenere conto che il momento di crisi economica che stiamo vivendo è particolarmente delicato, perché c’è il rischio che i consumatori acquistino i prodotti più economici e quindi, spesso, di scarsa qualità. Non credo si debba risparmiare sul cibo, i soldi spesi nell’acquisto di prodotti alimentari sono un investimento sulla propria salute». Molte ricette proposte nella rubrica Gusto e nei suoi libri appartengono alle varie tradizioni regionali. Qual è oggi il valore aggiunto dell’essere fedeli alla tradizione in cucina? E come va preservato questo valore in una fase in cui sembra prevalere la contaminazione tra culture? «La cucina italiana non deve perdere la sua tipicità. Le specialità regionali sono un tesoro prezioso, parte integrante della storia del nostro paese. Questo non significa che non ci si debba aprire a nuove culture. In tempi di globalizzazione, non essere aperti alla cucina etnica secondo me è un provincialismo intollerabile ed è bene sperimentare nuovi

Gioacchino Bonsignore

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La buona tavola

Gioacchino Bonsignore

sapori, conoscere le culture straniere anche attraverso il cibo. Tuttavia, nello stesso tempo, noi siamo la nostra tradizione e l’Italia è un paese con caratteristiche territoriali molto forti che vanno mantenute e valorizzate in quanto rappresentano una componente importantissima della nostra storia e della nostra cultura. D’altronde, si sa, la cucina italiana è famosa in tutto il mondo». In base a quali criteri effettua la scelta delle ricette che propone nella sua rubrica televisiva? «L’obiettivo è presentare una cucina che rispetti la tradizione ma sia semplice da realizzare. Possiamo rispettare la storia dei nostri piatti, ma al contempo semplificare i passaggi di una ricetta, alleggerire le materie prime e le cotture dei cibi. Credo si possa cucinare un ottimo ragù tradizionale, ad esempio, selezionando carni più magre, eliminando il soffritto, accorciando i tempi di cottura, e il risultato è comunque ottimo, ma più leggero. Oggi si

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può elaborare la tradizione eliminandone i difetti e adattando le ricette alle esigenze attuali di qualità e benessere, stando attenti soprattutto alla salubrità dei piatti». Lei ha sempre dedicato grande attenzione ai vini. «La cultura del vino è un altro elemento fondamentale della storia italiana: un vino racconta sempre un territorio ed è divertente sperimentare abbinamenti diversi, informarsi su come le caratteristiche di un vino possano abbinarsi a quelle di un determinato piatto, valorizzandone i sapori e permettendo di gustarlo al massimo». Quale tipo di cucina preferisce? «In Italia consumiamo poca frutta e verdura, prediligendo troppo spesso alimenti preconfezionati e non salutari. Amo molto le verdure, varie e abbondanti in ogni stagione e in ogni regione di Italia: un ottimo carciofo alla romana per me rappresenta il massimo del gusto».

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NON SOLO ALPINISMO

di NICOLÒ MULAS MARCELLO

La ricca offerta di attività sportive da praticare sulle montagne vicine è uno dei motivi per cui sempre più turisti scelgono di trascorrere le vacanze o il loro tempo libero in provincia di Bolzano

li sport di montagna (sci, slittino e snowboard d’inverno, escursioni, passeggiate e arrampicate d’estate) restano i preferiti dai turisti che scelgono Bolzano e dintorni come meta per le proprie vacanze. Ma anche il ciclismo negli ultimi anni è aumentato notevolmente grazie all’ampliamento di percorsi e piste ciclabili nei paesi e sulle montagne dell’Alto Adige. «Esiste anche un turismo strettamente sportivo – spiega Thomas Widmann, assessore al Turismo della Provincia di Bolzano – ci sono varie squadre di discipline diverse come il calcio, lo sci che in ritiro vengono qui da noi ad allenarsi». Ci sono eventi sportivi importanti e caratteristici che incentivano il turismo nella provincia di Bolzano? «Ne abbiamo diversi, da gare internazionali di sci

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A destra, Thomas Widmann, assessore al Turismo della Provincia di Bolzano

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o slittino d’inverno a maratone di corsa o bici d’estate. Per esempio, di recente c’è stata la Maratona dles Dolomites, una gara ciclistica che ha fatto registrare oltre 32.000 domande di partecipazione. Pertroppo, per motivi di sicurezza si è limitato il numero di partecipanti a circa 9.000 provenienti da oltre 40 nazioni diverse». È possibile quantificare le risorse che la Provincia stanzia per la realizzazione di

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Turismo sportivo

L’ultima edizione della Maratona dles Dolomites

infrastrutture turistiche e sportive? «La Provincia dedica molta attenzione al sostegno di tutte quelle infrastrutture che, oltre che per la popolazione locale, possono rappresentare un valore aggiunto per il settore turistico. Tra queste c’è una vasta quantità di iniziative, che spazia dagli interventi a favore del settore alberghiero al sostegno delle linee funiviarie e della mobilità provinciale, fino al supporto dato agli

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altri enti locali per la realizzazione di impianti sportivi di vario genere. Data questa molteplicità di interventi e il labile confine che separa quelli maggiormente di stampo turistico dagli altri, più di carattere generale, è difficile rispondere con precisione alla sua domanda. Posso dirle però, a grandi linee, che tale impegno per l’anno 2013 si aggira intorno ai 33 milioni di euro complessivi».

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Un volo tra le Dolomiti Non occorre un’eccezionale prestanza fisica, ma solo una grande dose di coraggio e un’attrezzatura adeguata. Il parapendio è uno degli sport più spettacolari che le Dolomiti possono offrire, e con pochi giorni di corso si è già in grado di praticare i primi voli. «I corsi – spiega Helmut Stricker (nella foto), presidente del Centro volo Alta Badia – sono suddivisi in alcune giornate di pratica che avviene in un prato con una leggera pendenza. Qui si impara a preparare la vela per terra, stenderla, controllare i cordini, le bretelle e il proprio imbrago. Poi insegniamo il gonfiaggio, che consiste nel tirare in verticale la vela per farla diventare un’ala. E poi c’è la corsa progressiva con velocità crescente per il decollo. Da qui, senza un vero e proprio decollo, con qualche salto, si impara l’atterraggio. Man mano che si prende confidenza con la quota si può iniziare a imparare le manovre di volo come la virata, la controvirata e si è pronti per i grandi voli». Per l’attrezzatura base occorre un parapendio di classe A per principianti, una selletta con la protezione dorsale e un casco omologato, per un costo totale di circa 3.500 euro. «I voli turistici in biposto – sottolinea Stricker – possono essere un ottimo modo anche per chi non sa ancora volare autonomamente. Abbiamo gli impianti di risalita fino a quasi 2.600 metri, il che consente di fare dei lunghi voli panoramici sugli scenari straordinari che solo le Dolomiti possono offrire».

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Per quanto riguarda la promozione turistica, invece, qual è la politica della Provincia e quali sono i risultati ottenuti? «Il nostro turismo è correlato alla nostra terra, alla nostra natura. Pertanto, la Provincia si è sempre impegnata per la tutela dell’ambiente, anche perché è la nostra terra che è soggetta alla promozione turistica. Le nostre montagne, i nostri paesaggi, le tante possibilità di trascorrere le vacanze qui da noi sono elementi principali in queste promozioni. A parte la promozione in canali tradizionali come quotidiani o giornali, abbiamo anche puntato molto su internet e la televisione. È il caso, per esempio, del sostegno alla realizzazione di film nel nostro paese, che obbliga a investire il 150% delle somme ricevute sul nostro territorio. In questo modo abbiamo un ritorno economico in regione oltre all’effetto promozionale dei nostri paesaggi nei film. Molto utili alla promozione turistica sono anche gli eventi sportivi già nominati che ogni anno attirano migliaia di persone, tra atleti e spettatori, oltre ai tanti telespettatori che seguono le immagini in diretta».

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UN TUFFO TRA I MONTI Dietro i successi sportivi ci sono sempre duri allenamenti, ma nel tempo libero Tania Cagnotto ama tornare tra le montagne della sua Bolzano di NICOLÒ MULAS MARCELLO

a nostalgia di casa prima o poi si sente sempre durante un viaggio. Lo sanno bene gli atleti che sono spesso lontani dalla propria terra per affrontare gare a migliaia di chilometri di distanza. Ritrovare gli amici e i luoghi familiari dove divertirsi e stare bene è, per la campionessa bolzanina Tania Cagnotto, uno degli aspetti positivi del ritorno a casa dopo le fatiche sportive. Bolzano, con la sua quiete ma anche con la sua offerta di divertimento e sport, può far sentire a casa anche chi non è del luogo. Può parlarci della città di Bolzano? Quali sono i luoghi per lei più importanti? «Per me Bolzano è casa, mi sento bene e coccolata. I luoghi che adoro di più sono il lago di Caldaro e il centro per ritrovarmi con gli amici nei soliti locali». Se dovesse accompagnare un turista che non è mai stato a Bolzano, quali luoghi della sua città o della provincia gli farebbe conoscere?

L Tania Cagnotto, campionessa italiana di tuffi

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«Lo porterei al lago di Monticolo, poi al mio negozio preferito per fare un po’ di shopping e per la cena in un posto in collina per assaggiare i tipici piatti altoatesini». Qual è la sua giornata tipo? «Mi alzo alle 8, dopo aver fatto colazione, vado in palestra dove faccio esercizi e piscini dalle 9.30 fino alle 12.15. Dopo pranzo, ritorno in palestra alle 15 e poi d nuovo piscina. Due volte alla settimana vado a Trento per fare pesi.Alla sera durante la settimana di solito sto a casa oppure faccio qualche aperitivo con gli amici». Per quanto riguarda la dieta, il suo sport la costringe a fare delle rinunce? C’è un piatto che ama particolarmente? «L’alimentazione per un atleta è importantissima, sia per riuscire ad arrivare al top che per mantenere il livello qualitativo ottenuto.Avere una dieta regolare e bilanciata, integrata con prodotti sani ed equilibrati, mi permette di avere la giusta energia per affrontare anche le più intense sessioni di allenamento. Certo anch’io ogni tanto cedo alle

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Tania Cagnotto

Per me Bolzano è casa, mi sento bene e coccolata. I luoghi che adoro di più sono il lago di Caldaro e il centro per ritrovarmi con gli amici nei soliti locali tentazioni: il mio piatto preferito è il Campill, un piatto misto con costine di maiale e salsiccia». Noi conosciamo la Cagnotto campionessa di tuffi, ma nel tempo libero riesce a praticare anche altri sport? «Amo passare il mio tempo libero con gli amici e con il mio ragazzo; chiacchiere, shopping, ogni tanto vado a ballare e al cinema, quindi niente sport oltre al nuoto. A dir la verità, grazie alla mia appartenenza alle Fiamme Gialle, ho la possibilità di vedermi e confrontarmi costantemente con atleti di altre discipline e quindi capita ogni tanto di provare qualcuno dei loro allenamenti».

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Matteo Thun

L’ESTETICA DEL LEGNO È il materiale per eccellenza del ventunesimo secolo, «riproducibile, solido, piacevole al tatto». Matteo Thun ne illustra le potenzialità seguendo la vocazione rivolta all’«ecobello» di ELISA FIOCCHI

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Photo Francesca Lotti

Matteo Thun

ella formula “Eco, non ego” si può racchiudere la filosofia progettuale di Matteo Thun, architetto e designer famoso nel mondo per la flessibilità professionale che esprime attraverso la sintesi tra materiali e forma. Dalla sua città natale, Bolzano, ha raccolto l’amore per il paesaggio e quella sensibilità verso l’anima di un luogo che lo ha condotto dapprima a progettare case prefabbricate in legno, poi a sfruttare le energie alternative disponibili. Seguendo il concetto secondo cui l’edilizia sostenibile deve conciliare l’estetica all’esigenza di risparmio, fin dagli anni Novanta il suo ufficio di design si occupa solo ed esclusivamente dello sviluppo di prodotti atti a migliorare la qualità della vita, una sorta di design invisibile. Thun ha ricevuto numerosi ricono-

N Matteo Thun, architetto e designer

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scimenti per la progettazione del Vigilius Mountain Resort di Lana, in provincia di Bolzano, una struttura ricettiva che si presenta a turisti e clienti come un gigantesco albero adagiato al suolo, dove la fusione con lo scenario che la ospita, fatto di boschi di larice e di suggestivi panorami sulle montagne, è assoluta. Da quali canoni si è lasciato ispirare? E quali materiali ha utilizzato? «L’ispirazione deriva dall’anima del luogo, quella che io definisco il genius loci. Nel caso del Vigilius sono le montagne dell’Alto Adige e per questo ho utilizzato essenzialmente legno di larice e pietra. Il resort, immerso nella natura, è perfettamente integrato con il paesaggio e di anno in anno sembra invecchiare molto bene». Il suo studio è composto da professionalità poliedriche, con quale metodo il

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Matteo Thun

In alto, il Vigilius Mountain Resort a Lana, in provincia di Bolzano

team lavora alla realizzazione di un progetto? «Abbiamo un team composto da una cinquantina di professionisti tra architetti, interior designer e landscape designer. Al centro, sta il cliente. Il nostro approccio ai progetti è di tipo olistico e, di conseguenza, preferiamo quei progetti in cui sia possibile lavorare in modo integrato, dove siamo coinvolti dal masterplan al product design. L’architettura per l’ospitalità, appunto, ci permette di lavorare in modo complesso e articolato, con un’attenzione particolare al contesto». Quale nuova idea di benessere un albergo ecosostenibile porta con sé? «La mia idea di architettura del benessere è impostata sul principio dei 3 zeri, più che sulle cinque o sei stelle. E intendo: zero CO2, zero rifiuti, zero chilometri. Ciò significa utilizzare materiali da costruzione vicini al cantiere e professionalità locali. Significa gestire il bilancio energetico del ci-

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clo costruttivo, riducendo al minimo le emissioni di CO2. Infine, permette di ridurre i rifiuti, gestendo il ciclo di vita dei materiali da costruzione, sapendo anche come rimuoverli». Il legno è un materiale antico ma oggi più che mai portatore di innovazione. Come può essere associato alla progettazione di strutture ricettive? «Dal mio punto di vista il legno è il materiale per eccellenza del ventunesimo secolo: è riproducibile, oltre che solido, atemporale e piacevole al tatto. Ci permette di trovare soluzioni sostenibili e al tempo stesso di rispettare le risorse disponibili. Costruire in legno soddisfa due criteri importantissimi che sono l’economia e l’estetica, sintetizzati in un termine che mi piace molto: ecobello. Inoltre, il legno può essere utilizzato a scale molto diverse, sia nel design sia nell’architettura, grazie alle sue qualità di durevolezza e resistenza».

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Una culla tra le montagne e il lago. A pochi chilometri da Bolzano è possibile trovare uno dei paesaggi più singolari offerti dalle Dolomiti, quello racchiuso tra le verdi vette e l’azzurro lago di Caldaro. In questa cornice è situato il Parc Hotel al lago, per un soggiorno ricco di ogni comfort, dalla ristorazione al wellness senza dimenticare la cura del corpo con i trattamenti offerti dalla spa.

Alto Adige

PARC HOTEL AL LAGO DI CALDARO Campi al lago (Vadena) 39052 - Tel. 0471.960.000 www.parchotel.cc - info@parchotel.cc

Mantenere la tradizione tirolese: è questo l’intento della famiglia Dalvai che accoglie i suoi ospiti in un’atmosfera segnata dal tempo, con le tre camere e due suite in legno antico e soffitti in pietra. La locanda propone piatti tipici della tradizione sudtirolese reinterpretati dallo chef Anton e realizzati con materie prime di propria produzione.

DORFNERHOF Casignano, 5 – Montagna (BZ) – Tel. 0471 819798 www.dorfnerhof.it – info@dorfnerhof.it

Un albergo a conduzione familiare dal carattere accogliente e confortevole in cui provare il piacere di sentirsi a casa. Vicino a destinazioni di grande richiamo, è il luogo ideale per praticare sport o semplicemente rilassare il corpo e la mente nell’area wellness, nel giardino con piscina, o sul terrazzo panoramico con vista sulle straordinarie montagne dell’Alto Adige.

PENSIONE MONYA Via Birreria, 13 – Foresta – Lagundo – Tel. 0473 448521 www.monya.it – info@monya.it

La scoperta della genuinità. Assaporate la cucina creativa del ristorante Laurin, è una delle tappe obbligate per gli appassionati di enogastronomia che passano da Bolzano. I profumi stagionali uniti al sapore delle montagne altoatesine fanno di questo luogo uno dei più ricercati della città in fatto di ristorazione. L’attenzione alle materie prime è una garanzia per i palati più fini.

PARKHOTEL LAURIN Via Laurin 4 - 39100 Bolzano - Tel. 0471.311.000 www.laurin.it - restaurant@laurin.it

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Un territorio per chi ama le buone camminate e l’aria frizzante delle Alpi. Peter Reiterer racconta Avelengo e Merano 2000

VISIONI ALPINE scursioni, vacanze a cavallo, wellness e buon cibo. Sono queste le parole chiave di un soggiorno in Alto Adige. Una località che le riassume tutte in un’unica immagine è Avelengo, con l’area escursionistica di Merano 2000, che propone un’ampia scelta di sentieri di diversa difficoltà, ben curati e segnalati. «Partendo dalle semplici passeggiate sulle malghe si può proseguire ai percorsi di nordic walking e infine misurarsi in

E

di VALERIO GERMANICO

escursioni più impegnative e scalate di vette alpine». A parlare è Peter Reiterer, titolare dell’hotel Sulfner, che propone anche un maneggio con lezioni di equitazione e gite a cavallo. «Dopo una giornata all’aria aperta ci si può rilassare nell’ampia area sauna e con la musicoterapia e i massaggi. Per poi passare alla tavola. Un piatto tipico e molto gustoso è il Bauerngröstl – letteralmente padella alla contadina. Si prepara lessando le patate e tagliandole a fette.A questo punto si fanno rosolare nell’olio con delle cipolle e si aggiunge la carne di manzo lessa tagliata a fette. Si prosegue con il condimento e l’arrosto, mescolando e aggiungendo di tanto in tanto un po’ di brodo di carne. Alla fine si spolvera con del prezzemolo tritato e si serve». www.hotel-sulfner.com

Sopra la chiesa di San Kathrein ad Avelengo. In basso, il tipico Gröstl preparato nell’hotel Sulfner

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NEL “GIARDINO” DELL’ALTO ADIGE

di REMO MONREALE

Angelika Schmid illustra le nuove possibilità terapeutiche di una vera leading health Spa, in cui recuperare l’equilibrio psico-fisico. Prevenzione e rigenerazione sono le parole d’ordine erano è conosciuta come il giardino dell’Alto Adige. Rifacendosi a un’accezione biblica del termine giardino, nel 1982 Karl Schmid diede vita alla suaVilla Eden, in cui far ritrovare agli ospiti un benessere primigenio. L’idea è di una leading health Spa, all’interno della quale raccogliere medici e terapisti con conoscenze di medicina naturale, orientale e tradizionale occidentale. «La nostra struttura – dice l’attuale titolare Angelika Schmid – va ben oltre l’idea di un semplice centro benessere: i nostri collaboratori, infatti, sono specializzati in medicina preventiva, alimentazione sana e corretta, medicina dello sport, terapia del dolore, medicina e chirurgia estetica.Tale staff di medici, terapeuti e specialisti, offre i servizi più all’avanguardia, a cominciare da un check-up personalizzato, che costituisce la prima regola per stilare un programma di cura efficace. All’arrivo a

M Villa Eden ha sede a Merano (BZ)

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Villa Eden viene effettuata la misurazione dei principali indicatori dello stato di salute degli ospiti». Un’occasione per ristabilire l’equilibrio psico-fisico dei pazienti. «Nel campo della prevenzione e della rigenerazione – continua Schmid – presentiamo importanti strumenti innovativi, tra cui un nuovo reparto dermatologico, l’introduzione dell’Ossigeno Ozono Terapia, basata sulla somministrazione di una miscela di ossigeno-ozono per rafforzare il sistema immunitario e ridare vitalità, il trattamento Lipomassage per combattere l’adiposità localizzata e la Rigenerazione Cellulare Autologa con il plasma ricco in piastrine. In quest’ultimo caso si tratta di un trattamento rigenerante e anti invecchiamento per viso e décolleté, nonché trattamento indicato contro la caduta dei capelli – calvizie». www.villa-eden.com

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Dimenticare la frenesia della vita quotidiana, tra vigneti e frutteti, in una posizione soleggiata a sud di Bolzano. L’Hotel Villnerhof, a conduzione familiare, garantisce un servizio personalizzato e attento. Piatti tipici tirolesi, appartenenti alla tradizione culinaria nazionale e internazionale, da gustare nel corso di cene e grigliate all'aperto a suon di musica tradizionale e moderna.

Alto Adige

HOTEL VILLNERHOF Via Villa, 30 - Egna - Sudtirolo - Tel. 0471 812039 www.villnerhof.com - info@villnerhof.com

Il comfort nelle Dolomiti in un accogliente hotel 4 stelle ricco di atmosfera e charme che ben coniuga gli elementi tradizionali con quelli moderni. Un rifugio ideale per trascorrere piacevoli momenti tra eleganti camere da letto, un ottimo ristorante nelle tipiche Stuben Tirolesi, un accogliente giardino con piscina e il centro benessere: un’oasi di relax per il corpo e lo spirito.

HOTEL ANDREAS HOFER Via Campo Tures, 1 – Brunico – Val Pusteria – Tel. 0474 55 14 69 www.andreashofer.it – hotel@andreashofer.it

Escursioni, benessere e relax. Un ambiente caldo e raffinato, offre la possibilità di escursioni guidate in montagna, anche in mountain bike. Il relax è garantito all’interno del centro benessere, dotato di piscina, bagno turco e le saune: finlandese, bio alle erbe e infrarossi con cromoterapia. Trattamenti estetici e massaggi per ritrovare serenità e risplendere di bellezza naturale.

ALPHOTEL STOCKER ***S Via Wiesenhof 41 – Campo Tures (BZ) – Tel. 0474 678113 www.hotelstocker.com – info@hotelstocker.com

In uno stupefacente scenario di montagna, l’Hotel Latemar gestito dalla famiglia Pichler accoglie calorosamente i suoi ospiti in una dimensione in cui il tempo scorre lentamente. Camere dotate di tutti i comfort e prelibatezze culinarie al ristorante. Nell’Oasi Latemara, un invito al benessere tra sauna finlandese, il bagno turco, docce multigetto e vasca idromassaggio.

HOTEL LATEMAR Località Paese, Ega (Bz) – Tel. 0471 615740 www.hotel-latemar.it – info@hotel-latemar.it

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Respirare, muoversi e rilassarsi sulle Alpi del Sud Tirolo. Markus Karadar propone un soggiorno nel Vitalpina Alpenwellnesshotel St. Veit fra sapori di quota e massaggi

ARIA DI DOLOMITI di VALERIO GERMANICO

ovimento, alimentazione sana e trattamenti benessere. È questa la filosofia di Vitalpina Hotels Südtirol, consorzio che raggruppa i migliori alberghi altoatesini specializzati in vacanze attive nell’ambiente alpino. Ad abbracciare questo tipo di ricezione turistica nello spettacolare paesaggio delle Dolomiti di Sesto, in provincia di Bolzano, fra gli altri, è l’Alpenwellnesshotel St.Veit, gestito da Markus Karadar insieme alla famiglia. «Quello che proponiamo – afferma Markus – non è solo una vacanza nella natura – occasione per escursioni, gite in mountain bike, discese sugli sci – ma anche l’occasione per rilassare il corpo e la

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mente, senza trascurare il gusto». Dalle tavole imbandite dei tipici prodotti che secondo la stagione l’Alto Adige offre con una particolare attenzione alle intolleranze alimentari, accompagnati da vini della casa – come un Passito maturato a 1.300 metri di quota –, si passa così al centro wellness. «Il concetto di benessere è una parte essenziale della nostra proposta di soggiorno ed è compreso nel concetto olistico di salute. I trattamenti hanno alla base materie prime naturali, come fieno profumato di Sesto oppure iperico, siero, erbe, fieno oppure mele e prevedono massaggi eseguiti con oli essenziali alpini selezionati e vinoterapia con uva Chardonnay congelata». Tornando in cucina, in questa stagione una ricetta consigliata dallo chef è la rosticciata alla contadina, piatto a base di carne di manzo e patate, da accompagnare a un’insalata di cavolo cappuccio con dadini di speck fritto e aceto caldo. www.hotel-st-veit.com

In apertura, una veduta del Lago di Braies. L’alpenwellnesshotel St. Veit si trova a Sesto (BZ)

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IN VAL D’ISARCO La natura e le tradizioni altoatesine vissute a Villandro, uno dei paesi più suggestivi della valle d’Isarco. Dalla vista dello Sciliar al tradizionale törggelen, Lukas Egger spiega la vera esperienza sudtirolese di RENATO FERRETTI

e l’intenzione è quella di fuggire dalle città ristabilendo un contatto con la natura, che non sia un bagno di folla, forse Villandro è una delle mete più adatte. Il paese in provincia di Bolzano si trova in una posizione centrale rispetto a tutto ciò che d’interesse può trovarsi in Alto Adige, diventando così un esempio perfetto dello spettacolo naturale e delle tradizioni offerte dal Sudtirolo. L’attività di Lukas Egger, alla guida dell’hotel Stephanshof di Villandro, ben sintetizza le caratteristiche che distinguono il territorio. «Prima di tutto – precisa Egger – bisogna considerare il panorama mozzafiato che si può apprezzare a Villandro. Nel nostro hotel è una delle cose più gradite ai nostri ospiti, perché i rilievi che costituiscono il Sass de Putia e in modo particolare lo Sciliar, sono un vero e proprio spettacolo naturale. Per questo

S L’hotel Stephanshof si trova a Villandro (BZ). Nella foto, canederli agli spinaci

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organizziamo escursioni guidate e sempre più di moda sono quelle in mountain bike». Ma il paesaggio è solo uno degli elementi attrattivi del turismo in valle d’Isarco che viene raccolto dall’albergo di Egger. «Il nostro target principale sono le coppie, senza distinzioni d’età cui proponiamo più aspetti della tradizione sudtirolese. Oltre ai vini tipici della zona come i bianchi Silvaner e il Kerner, organizziamo la tradizionale camminata detta törggelen, tipica della nostra valle e che si fa solo in autunno: in pratica si raggiunge la casa di un contadino, dove si trova la degustazione di vino novello e specialità gastronomiche altoatesine, nella tipica “stube” tirolese».

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www.stephanshof.com

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AI PIEDI DELLO SCILIAR di REMO MONREALE

Uno tra i più noti angoli delle Dolomiti, dove un profilo montuoso inconfondibile domina Fiè. Il lago con le acque più limpide e un impianto sciistico all’avanguardia

Unesco ha dichiarato le Dolomiti patrimonio mondiale dell’umanità. Il massiccio dello Schlern (in italiano Sciliar, appunto) è uno dei più caratteristici delle Alpi dolomitiche, il suo profilo inconfondibile offre uno spettacolo unico, ma il panorama non è certamente la sola ricchezza da scoprire in questo angolo di Alto Adige. Manuel Scherlin, titolare dell’Hotel Emmy, fa da guida alle meraviglie di Fiè. «Sia d’estate che d’inverno – spiega Scherlin – il nostro territorio offre più attività: dallo sci nel periodo invernale, con un impianto

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all’avanguardia sull’Alpe di Siusi, al laghetto di Fiè, una zona balneare che tutti gli anni viene premiata per le sue acque limpide. Poi la Val Gardena o la Sella Ronda, sono tutti itinerari che raccomandiamo, senza dimenticare la stessa Bolzano, che si trova a soli venti chilometri». La struttura guidata da Scherlin cerca di abbinare il panorama straordinario al relax di un centro benessere, pensato a misura di famiglia. «Ogni volta che un bambino vuole andare in un albergo, i genitori devono andare con lui – scherza il titolare dell’Emmy –. Per questo abbiamo pensato a tutto quello di cui una famiglia potesse avere bisogno. La prima cosa, come impegnare i bimbi.

Immagini dell’Hotel Emmy di Fié allo Sciliar (BZ) e una veduta del lago

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Alto Adige

Manuel Scherlin

Abbiamo due animatrici con un programma di intrattenimento che viene offerto ogni giorno dalle ore 09.00 alle ore 12.00 e dalle ore 16.00 alle ore 22.00, abbiamo due stanze separate adibite allo scopo, e poi un ricco menu per i più piccoli, una cucina e una sala pranzo con buffet separate, senza dimenticare la piscina ad hoc oltre a quella normale. Anche le attività che si trovano fuori dall’albergo offrono una dimensione adatta ai bambini». L’impianto sciistico offre piste molto semplici, dove imparare a sciare è facilissimo. Vengono organizzate sia escursioni poco impegnative, sia rivolte agli amanti ed esperti del trekking. «Si possono effettuare, inoltre, bellissime gite in mountain bike. Siamo partner del golf club – spiega – che è a soli cinque chilometri dalla struttura. Inoltre il nostro reparto beauty comprende: sauna finlandese panoramica, bagno Rasul “Vulcania”, biosauna in argilla, una piscina panoramica con idromassaggio, vasca interna ed esterna». L’Emmy hotel appare come l’unico albergo, nella zona di Fiè, a misura di famiglia. Ma non è l’unica risorsa su cui può contare Scherlin. «Per noi la nostra tradizione enogastronomica

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è importante. Cura, autenticità e prodotti di primissima scelta sono alla base della nostra cucina regionale, ispirata alle stagioni. Il nostro chef Frank Elmar predilige ingredienti del posto, dall’inconfondibile aroma di montagna ed è specializzato in cucina dietetica. Quindi, oltre alle serate sudtirolesi, dove il fulcro sono specialità come i canederli, offriamo menù per chi è attento alla linea». www.hotelemmy.it

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DOLCE BUON VIVERE Una vacanza per dedicarsi ai piaceri della vita e al benessere della mente e del corpo. Cristina Cattoni invita a vivere il Trentino fra natura, sport, wellness e buona cucina di LUCA CÀVERA ra il Garda e le Dolomiti di Brenta. Punto di partenza per passeggiate ed escursioni fra laghi alpini, cascate e valli, dove trovare il riposo di un “dolce far niente” a contatto con la natura trentina. O in mountain bike fra borghi medioevali alla scoperta di nuovi sentieri in mezzo ai boschi, percorrendo strade sterrate accompagnate da meleti e vigneti. Il privilegio di questa location spetta all’hotel Villa di campo di Comano Terme (TN), uno dei migliori eco-hotel italiani dove ospitalità è spontaneità. Come afferma Cristina Cattoni: «Abbiamo scelto di dare grande attenzione al buon vivere, inteso come slow living. E dunque relax nel

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parco, sport all’aria aperta, una cucina sana e i trattamenti del nostro centro benessere – bagno turco e sauna, massaggi con fagottini di erbe pregiate di montagna o con oli essenziali puri, momenti di piacere accompagnati dal suono delle campane tibetane». La struttura, che si trova in un edificio Ottocentesco immerso in un parco privato di quattro ettari, ha scelto la filosofia bio non solo per il wellness – che usa solo oli biologici ed ecobiocosmetic – ma anche per la proposta enogastronomica. «La nostra cucina – aggiunge Cristina – predilige ingredienti e prodotti freschi del territorio – fra cui ortaggi ed erbe aromatiche –, vini bio, pane con lievito madre e pasta fatta in casa di farina di Kamut, grano saraceno, farina di Storo. Curo personalmente un orto biodinamico, che è a disposizione anche degli ospiti che vogliano provare l’esperienza di uno spazio in cui meditare ed imparare, percepire il calore della terra a piedi nudi per poi assaggiare i sapori genuini dei frutti appena colti».

Veduta esterna dell’hotel Villa di campo di Comano Terme (TN)

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www.villadicampo.it

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UN CONNUBIO “FRIUL-SALENTINO”

Proporre una cucina un po’ diversa dai canoni classici friulani. E farlo prendendo come punto di riferimento la cultura salentina. L’incontro di Simone e Cristina Bianchini: un vero matrimonio fra due tradizioni culinarie di ARIANNA LESURE

n connubio originalissimo fra la cucina friulana e la tradizione enogastronomica pugliese. Due terre lontane che si sono incontrate per caso e dalle quali è sbocciato un amore, non solo per la buona tavola. «Questo esperimento è nato, letteralmente, grazie all’incontro fra me e mia moglie Cristina – racconta Simone Bianchini, direttore dell’hotel Patriarca di SanVito al Tagliamento, in provincia di Pordenone –. Poco meno di dieci anni fa, visitai il Salento per motivi di lavoro e conobbi Cristina,

U Daniele Corradin, giovane e talentuoso Chef dell’Hotel Patriarca di San Vito al Tagliamento (PN)

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Contaminazioni

all’epoca chef di un noto ristorante della zona. La sua passione per la cucina di qualità, la conoscenza dei prodotti e l’estrema sensibilità per il mondo della ristorazione si sono così felicemente incontrate e integrate con le mie e ho scelto di iniziare a proporre una cucina un po’ diversa dai canoni classici friulani». Da quali piatti sarà allora composto un menù “friul-salentino”? «Abbiamo notato – prosegue Bianchini – che sebbene così distanti, le due regioni hanno numerose caratteristiche in comune, sia per quanto riguarda le ricette di terra sia per quelle di mare. E questi punti di contatto li abbiamo sfruttati anche in uno dei nostri piatti più noti che abbiamo voluto chiamare : il risotto Carnaroli “Friul-Salento”. In questo utilizziamo Formadi Frant e Primitivo di Manduria – due prodotti di eccellenza dell’agroalimentare delle rispettive regioni». La scelta, indubbiamente audace, di puntare sulla cucina salentina per “contaminarla” con quella friulana sta dando buone soddisfazioni ai coniugi Bianchini e così si moltiplicano le nuove ricette, che pur nel limite della stagionalità, non rinunciano alla sperimentazione di piatti creativi e originali. «Alcuni degli altri piatti che suggeriamo sono i calamari ’nbuttunati con ricotta vaccina e canestrato pugliese, una trilogia di bruschette di pane di Altamura, condite con pomodorini, origano di mare, capocollo di Martina Franca e lonzino alla grappa. Poi le sagne ’ncannullate – che facciamo rigorosamente a mano – con pasuli piccini (fagioli tipici finissimi). E ancora

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orecchiette ai cinque cereali con purpettine di cavallo a lu sugu. Passando ai secondi: coda di rospo alla Gallipolina e involtino di spada con le zucchine. E per finire pasticciotto leccese alla crema e amarena». Sebbene il Friuli sia una terra di grandi vini, la carta del Patriarca propone anche vini pugliesi e salentini. «Suggerisco di provare il Negramaro, il Salice Salentino e il ben conosciuto Primitivo di Manduria. Ma da scoprire sono anche gli Chardonnay con un’ottima sapidità e acidità, delle buone Verdeca e un Fiano molto gradevole. Per la piena estate suggeriamo i Fichimori, un vino rosso a base Negramaro con piccole percentuali di Syrah da bere e assaporare rigorosamente fresco».

Sopra, “sagne 'ncannullate” con scampetti agri e piccanti. In apertura, piramidina di ricotta di capra con fichi e mandorle pralinate

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www.hotelpatriarca.it www.ristorantelapiramide.com

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I CAMOSCI DELLA VALLE PESIO Nel Cuneese c’è un’area protetta che dispone di un patrimonio floro-faunistico tra i più ricchi d’Italia. È il parco del Marguareis, riserva naturale che si estende tra due valli di TIZIANA ACHINO

l Parco naturale del Marguareis, situato in provincia di Cuneo, è stata una tra le prime aree protette istituite dalla Regione Piemonte, nel 1978. L’area protetta si sviluppa nella porzione più sudoccidentale delle Alpi Marittime, comprendendo un’ampia parte di territorio montano che gravita, fra le alte valli Pesio e Tanaro, intorno all’imponente massiccio calcareo del Marguareis. Nato come Parco alta valle Pesio, nel corso degli anni è stato più volte ampliato sino a tutelare oggi un’area di oltre 7.000 ettari. L’ente che gestisce il parco promuove e realizza iniziative e attività per far conoscere il territorio e catturare l’interesse di visitatori e turisti. Ne parlano il presidente Armando Erbì e Luca Robaldo.

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Dal punto di vista della flora e della fauna, quali specie è possibile trovare in quest’area? Armando Erbì: «Il parco dispone di un patrimonio floristico quasi unico a livello mondiale. Il numero di specie vegetali censite è pari a 1.492, quasi un quarto dell’intera flora italiana. Non solo la quantità, ma anche la qualità floristica è di tutto rispetto: oltre a moltissime specie rare, quali la Scarpetta di Venere e numerose altre orchidee, esistono 8 specie esclusive delle Alpi liguri e marittime. Qui vi è il Centro di floristica che opera per la conservazione della flora e della vegetazione dell’area protetta e, più in generale, di quella autoctona regionale. In ogni stagione è possibile apprezzare la bellezza e la suggestione dell’ambiente boschivo: in primavera i colori tenui delle foglie nate da poco e le fioriture di maggiociondoli e ciliegi; in autunno la varietà di specie appare evidente con una ricchezza di colori e di contrasti che affascinano l’occhio: aceri, faggi, frassini, olmi, castagni formano una sorta di coperta colorata che annuncia l’arrivo dell’in-

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Parco naturale del Marguareis

Biodiversità ad alta quota

verno. Per quanto riguarda la fauna, in 25 anni il popolamento faunistico ha avuto un notevole incremento sia in termini di densità delle specie preesistenti sia di nuove specie reintrodotte, come il capriolo e il cervo. Il camoscio, diffuso su tutta la testata delle valli Pesio e Tanaro, è presente con alcune centinaia di esemplari». In che modo, attraverso l’utilizzo di internet, promuovete le attività del parco? A. E. «Grazie a un accordo stipulato da poco con l’associazione “Le Terre dei Savoia”, abbiamo realizzato un portale predisposto per dialogare con la piattaforma www.visitterredei-

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savoia.it, dando il via a un processo di integrazione e ottimizzazione digitale che, per il nostro territorio, può essere considerato quasi rivoluzionario. I contenuti del sito sono pensati per incrementare le offerte dedicate alle famiglie e ai ragazzi, tramite iniziative volte a favorire la destagionalizzazione dei flussi turistici. Aver dato vita a due siti che dialogano fra loro rappresenta un’innovazione importante per il territorio cuneese che porterà benefici a turisti e a residenti». Quali invece le attività pensate per i giovani?

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Parco naturale del Marguareis

Turisti durante un’escursione sul colle del Prel

Biodiversità ad alta quota

Luca Robaldo: «Di recente sono entrate in funzione all’interno del parco due postazioni wi-fi per l’accesso libero a internet. Una postazione è stata attivata nei pressi della “casetta di Ardua”, posta un paio di chilometri a monte della Certosa di Pesio, base operativa dei guardiaparco e sede anche della riserva di pesca “Alta Valle Pesio”. Una seconda postazione è presente nel Pian delle Gorre, collocato proprio nel cuore del parco a 1.000 metri di quota. Esso è il vero punto nodale dell’intera area protetta: area di attestazione della strada asfaltata che risale dalla Certosa di Pesio, punto di partenza di tutta la principale rete sentieristica del parco, sede della più importante e grande area attrezzata del parco e dell’omonimo e affermato rifugio alpino, dotato di servizio ristorazione e posti letto».

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CULTURA E AGGREGAZIONE di ARIANNA LESURE

I suggerimenti di Mariangela Marocco per chi ama viaggiare in compagnia. L’ospitalità, la cucina e gli itinerari al centro delle province di Asti, Cuneo e Torino

a gita come momento di aggregazione e arricchimento culturale. È agli amanti delle trasferte organizzate di gruppo che si rivolge Mariangela Marocco, proponendo l’ospitalità e la buona cucina piemontese della locanda e salotto letterario “Il mondo Fricandò”, che si trova nella frazione Marocchi di Poirino. Posta fra tre province – Asti, Cuneo e Torino –, prossima all’autostrada e dotata di un parcheggio dedicato ai pullman, la locanda propone i migliori piatti tipici locali. «Sono convinta che sia importante promuovere e stimolare questo tipo di turismo, che unisce al divertimento la conoscenza di luoghi ed esperienze nuove. In questo senso, nei dintorni sono numerose le località di interesse artistico-culturale e

L A fianco, il castello di Racconigi, che si trova nelle vicinanze della locanda e salotto letterario “Il mondo Fricandò”, frazione Marocchi di Poirino (TO)

naturalistico. Siamo immersi nel verde della campagna e del bosco di Passatempo, dove si può passeggiare alla ricerca del proprio albero, secondo le tradizioni della cultura celtica. A mezz’ora di auto si raggiungono le colline di Alba e del Monferrato, con le loro attrattive artistiche ed enogastronomiche. E poi non mancano musei e palazzi – come, fra gli altri, il museo naturale della musica e quello della canapa, la reggia di Venaria Reale e il castello di Racconigi». Poirino offre poi prelibatezze di pasticceria e agrigelateria. «I nostri menù propongono i migliori piatti della cucina tipica piemontese, ma naturalmente sono disponibili menù tematici in base alle esigenze dei nostri ospiti».

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www.ilmondofricando.com

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LA CAPITALE DEL MIELE Montezemolo è noto per la qualità del miele che qui si produce, ma la sua posizione strategica tra il mare ligure e le colline piemontesi, lo rende anche una meta turistica d’appeal di TIZIANA ACHINO


ontezemolo, situato lungo il confine tra il Cuneese e la provincia di Savona, ha fatto del suo miele il proprio biglietto da visita. Ed è grazie a questo prodotto che il piccolo comune, definito la “porta delle Langhe”, è riconosciuto nel mondo come una delle capitali del miele, nota per le sue prelibatezze in cui la dolcezza del miele, come evidenzia il sindaco Secondo Robaldo, si sposa in un connubbio perfetto con i formaggi e i vini langaroli. Montezemolo è situato in una posizione ottimale tra le colline e il mare. «Montezemolo è il crocevia di un territorio che, fin dall’antichità, era fulcro di intensi scambi commerciali e culturali: di qui passavano le legioni romane dirette in Gallia, la strada del sale e, di ritorno, quella dei prodotti che dal Piemonte erano trasportati in Liguria. Non a caso, nel territorio comunale, sono stati rinvenuti manufatti celtici (menhir), e la prima presenza certa è l’abbazia benedettina del 1098, a testimonianza del fatto che il nostro comune era terra di passaggio. Oggi Montezemolo è a mezz’ora dallo splendido mare della riviera ligure di ponente, così come a mezz’ora di macchina dalla capitale delle Langhe, Alba. Non a caso oltre che come capitale del miele, siamo anche conosciuti come la porta delle Langhe. Montezemolo è sulla dorsale della Torino-Savona, a solo un’ora di macchina dal capoluogo sabaudo e da Genova». Il miele rappresenta il vostro vanto e l’occasione per attrarre turisti sul territorio. «Il miele è stato innanzitutto una scommessa. L’abbiamo lanciata all’alba degli anni Ottanta, quando soffrivamo di un forte spopolamento, soprattutto fra i giovani. Antesignani di uno svi-

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luppo sostenibile, abbiamo ripreso una vecchia tradizione (non c’era famiglia che non avesse una o due cassette di api) e l’abbiamo trasformata in fonte di reddito: per tutti coloro che ci hanno creduto si è rivelata una scelta azzeccata. Oggi Montezemolo è conosciuta in Italia come capitale del miele, insieme a città assai più grandi e importanti, del calibro di Fologno, piuttosto che Piacenza e Lazise del Garda: a luglio, da ormai 34 anni, ospitiamo la Fiera regionale del Miele, principale manifestazione piemontese del settore, che richiama circa da dieci-quindicimila visitatori e che fa il punto sullo stato dell’arte per tutti gli apicoltori del nord ovest». Oggi disponete anche di un avanzato centro per la smielatura. «Gli enti locali, comune e comunità montane, hanno strutturato un apposito centro in cui si può effettuare la smielatura e ogni interessato, apicoltore hobbista o professionista, può farlo al completo, dalla disopercolazione fino all’invasettatura ed etichettatura. La potenzialità di smielatura è di circa 15 quintali di miele al giorno, ovviamente a seconda della quantità del tipo di

Sapori delle Langhe

Il miele di Montezemolo

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Sapori delle Langhe

Il miele di Montezemolo

flora da cui dipende la quantità di miele prodotto e la tipologia. Ad esempio il millefiori c’è tutto l’anno, l’acacia dipende molto dal tempo e dalla conseguente temperatura». Oltre al miele, quali altre prelibatezze offre il territorio? «Non posso negare che la nostra agricoltura ci dia tantissimi doni che poi vengono trasformati in deliziosi manicaretti, nel pieno rispetto della tradizione enogastronomica piemontese. Montezemolo può vantare, oltre al celeberrimo miele, altre tradizioni culinarie: dal Bruss, una crema di formaggio dal gusto saporitissimo, ai formaggi di Langa (a partire dal Murazzano Dop), per giungere fino ai vini e alle carni ottenute dalla macellazione della razza bovina piemontese, allevata nei nostri pascoli e in alpeggio. Senza dimenticare poi i dolci: dalla cupeta (due ostie che racchiudono una farcitura

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di noci, nocciole e miele), alle paste di meliga (ottenute con mais autoctono “ottofile”), ai dolci più caratteristici e ricchi di energia del Piemonte, come la torta di nocciole e il bunet, il budino della nonna, fatto con almeno una dozzina di uova». C’è un posto che un turista non può non vedere prima di lasciare la zona? «Mi limiterò a dire questo: usciti dall’autostrada, risalite queste colline come fece Napoleone durante la Campagna d’Italia e vi affaccerete su un balcone che vi permetterà di godere di uno straordinario panorama a 360° sulle Alpi (si spazia dal Marguareis fino al Monte Rosa, nelle giornate di cielo terso), di osservare il brulicare della produttiva pianura cuneese e di intraprendere un percorso di gusti e profumi che vi porterà ad amare non solo il Piemonte, ma la culla dell’Italia».

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Cucina tradizionale ligure e un’accoglienza cordiale. Dai crescenti caldi al rarissimo Cappon Magro, l’antico piatto dei marinai con gallette, verdure, pesce, crostacei e salsa verde. Primi e secondi seguono la tradizione accompagnati da vini liguri, nazionali e un’ampia scelta di distillati. Pane e dolci fatti in casa. È frequente avere la sensazione di essere amici di famiglia.

Specialità regionali

DA CASETTA Via XX settembre, 12 - Borgio Verezzi (SV) - Tel. 019 610166 http://dacasetta.playrestaurant.tv

Un’osteria vecchia maniera nel centro storico di Albenga, un ambiente familiare e semplice il cui arredamento rispecchia il soggiorno di una normale casa ligure, in cui riscoprire la cucina tipica regionale. I piatti “poveri” di una volta, come il minestrone genovese, tagliolini fatti a mano con pesce e verdure fresche, pesce o carne vengono riproposti a cadenza fissa settimanale.

HOSTERIA SUTTA CA Via E. Rolandi Ricci, 10 – Albenga (Sv) – Tel. 0182 53198 www.hosteriasuttaca.it – hosteria.suttaca@virgilio.it

Immerso nella campagna, l'agriturismo sorge in un antico convento settecentesco completamente ristrutturato. A breve distanza dalle colline del Roero è un punto di partenza ideale per riscoprire le vicine ricchezze culturali e naturali. Nel ristorante propone cucina tipica piemontese e dispone di camere singole e doppie. Ideale anche per feste di matrimonio, eventi e cerimonie.

CASCINA VERNE Via Verne, 2 – Carmagnola (To) – Tel. 339 6671042 www.agriturismoverne.it – leverne@virgilio.it

Bontà di pesce fresco della riviera ligure, grigliate di carne, pasta fatta in casa e un’ampia varietà di pizze, cotte al punto giusto e preparate con prodotti di qualità. A coronare il pasto un vasto assortimento di dolci e dessert da gustare all’interno di un ambiente accogliente, a conduzione familiare, che ben si presta a ogni tipo di festa.

RISTORANTE PIZZERIA DAL BAFFO Corso Matteotti, 56/58 – S. Margherita Ligure (Ge) – Tel. 0185 288987 www.ristodalbaffo.com – dalbaffo@alice.it

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Ponente Ligure

Enogastronomia di qualità

OLIO E MARE, TESORI DEL PONENTE di TIZIANA ACHINO

L’olio extravergine, ricavato dalle olive taggiasche, è uno dei prodotti di punta della riviera ligure, terra che oltre all’ottimo cibo offre un paessaggio costiero tutto da scoprire 82 • Mete Grand Tour

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a coltivazione degli ulivi, la produzione dell’olio e l’ospitalità sono per Giovanni Benza impegno e passione con il fine di conferire pregio ai prodotti e valorizzare l’immagine del Ponente ligure, caratterizzato da un esteso paesaggio ulivato fino alle Alpi Marittime. La famiglia Benza produce olio da molte generazioni, già dal 1853, grazie ai frutti di migliaia di piante di ulivo, tutte della varietà taggiasca. Ne parla Giovanni Benza, titolare dell’omonimo frantoio e a capo del con-

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sorzio turistico “Tesori della Riviera”. Da quanto la sua famiglia produce olio? «Sono passati più di 150 anni dall’acquisto del primo frantoio, a Lecchiore. Oggi proseguiamo il nostro lavoro nella splendida Val Prino. Il tempo ormai ha trasformato ogni aspetto della vita, ma abbiamo voluto mantenere qualcosa di invariato: la qualità. Siamo una famiglia di tradizione contadina, convinta che un buon olio nasce da un’attenta lavorazione e soprattutto da ottime olive. Nelle nostre campagne abbiamo 4.000

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Ponente Ligure

Enogastronomia di qualità

alberi, esclusivamente di varietà taggiasca, che coltiviamo e curiamo personalmente». Sua madre, Claretta Siccardi, è specializzata nella degustazione di oli, come avviene questa operazione? «Per l’assaggio serve un bicchierino in vetro, generalmente blu, largo sul fondo e stretto in uscita. Per effettuare l’esame olfattivo il bicchiere si copre con un vetro di orologio, in mancanza con una mano, si porta a una temperatura di circa 28°, in modo che gli aromi si sentano distintamente, e si avvicina al naso. Per l’analisi gustativa, si mette in bocca una piccola quantità di olio, si ispira aria dalla bocca, operazione che in gergo si chiama strippaggio, e si ossigena così l’olio. In questo modo tutte le particelle di aroma risaliranno in via retronasale, permettendoci di sentirle in modo deciso e riconoscibile. Poi l’olio verrà spalmato su tutta la superficie della lingua che ne percepirà il piccante e l’amaro. Gli attributi buoni sono il fruttato, l’amaro e il piccante. Le sensazioni olfattive dirette e indirette principali sono l’acerbo, la camomilla, gli agrumi, il carciofo, l’erba, i fiori, le aromatiche, la foglia di ulivo, la frutta, il fruttato verde o maturo, la mandorla, la

Giovanni Benza, titolare del Frantoio Benza

mela, la noce, il pinolo, il pomodoro, la vaniglia, il pepe verde. I principali difetti, invece, il riscaldo, la muffa, l’avvinato o inacetito, la morchia, il rancido, la salamoia, l’acqua di vegetazione, il legno fieno, il metallico». Lei è presidente del consorzio “Tesori della Riviera”. Quali potenzialità può esprimere la zona? «Un aspetto positivo della crisi economica attuale è quello di stimolare l’imprenditorialità e l’aggregazione delle attività produttive anche in Liguria, storicamente dominata dall’individualismo. Abbiamo voluto creare il consorzio per contribuire allo sviluppo dell’economia delle comunità presenti nel Ponente Ligure, Basso Piemonte, delle Alpi Marittime-Costa Azzurra, legate da una storia, ambiente, prodotti tipici e tradizioni comuni. Desideriamo realizzare tutto ciò favorendo la crescita economica mediante la promozione di un’offerta turistica integrata costruita sulla qualità dei prodotti e dei servizi e sul collegamento tra la fascia costiera e l’entroterra nel quadro di un’economia rispettosa di un ambiente per nostra fortuna eccezionale: in poche decine di chilometri passiamo dall’ambiente “del cammello” a quello “dell’orso polare”. Desideriamo migliorare l’ospitalità e la frequentazione, esaltando il rapporto tra identità del territorio e innovazione, in primis sostenendo la cucina e i prodotti locali; in sintesi far nostro un approccio che faccia leva sui valori di ospitalità e di accoglienza. Il cambiamento è stato il nostro ideale per rilanciare un’area ricca di proposte turistiche di vario genere, dal cibo al vino, dallo sport alle escursioni, dalla cultura dei prodotti tipici alla lavanda, le piante e i fiori. La potenzialità del consorzio è quella di presentare all’ospite un’offerta completa di servizi e prodotti, unendo sapori, ospitalità, tipicità e avventura».

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LA RIVIERA DELLE PALME

di LUCREZIA GENNARI

Mare cristallino, percorsi naturalistici e borghi antichi. Varazze e la Riviera delle Palme offrono opportunità turistiche che vanno oltre la stagione estiva a otto anni consecutivi sventola sul litorale varazzino la bandiera blu, a garanzia della qualità delle acque e dei servizi. Ma Varazze e la Riviera delle Palme rappresentano un’ottima meta turistica tutto l’anno. «Merito del clima mite – spiega Gianfranco De Gasperis, titolare dell’Hotel El Chico, che festeggia quest’anno 50 anni di attività –, dei suggestivi percorsi naturalistici, dei borghi antichi e delle botteghe d'autore. Ai miei ospiti consiglio sempre una gita alle Grotte di Toirano, a Borgio Verezzi o nell’entroterra, alla scoperta di Sassello o del Monte Beigua». Non meno importante è l’aspetto enogastronomico, con tipicità che si riflettono

D Sopra, veduta aerea di Varazze. Sotto, l’Hotel El Chico che ha sede a Varazze (SV)

nell’offerta del ristorante dell’hotel. «Proponiamo sia piatti nazionali che liguri, curati nella scelta delle materie prime. Tra le nostre specialità spiccano le lasagne Portofino, i pansotti al sugo di noci e i corsetti al pesto». Nella bella stagione, gli ospiti dell’hotel si possono coccolare concedendosi un buon bicchiere di vino o un cocktail nella veranda, sotto un pergolato che si affaccia sul mare. Ma il fiore all’occhiello della struttura è il parco che la circonda, con prato all’inglese, olivi, oleandri, bouganville e cycas. «Immersa in questa oasi di pace si trova l’ampia piscina, che si affaccia sul golfo». Il relax dell’ambiente si ritrova anche negli interni dell’hotel: l’ambiente è caldo e raffinato, le camere sono dotate di ogni comfort e, per la clientela business, è disponibile anche un centro congressi dotato delle più moderne attrezzature. www.elchico.eu

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FUORI DAL TEMPO di LUCA CÀVERA

i respirano ancora la tranquillità e la spiritualità antica nell’Abbadia San Giorgio di Moneglia. Le stesse di quando nel Quattrocento i frati francescani scelsero la cittadina del genovese come sede del monastero. L’abbadia, restaurata da appena un decennio, è rinata come struttura ricettiva sotto la direzione delle famiglie Sella e Botto : «La tipologia di soggiorno che proponiamo è quella del vivere lento assaporando lo spirito della tradizione, circondati da attenzioni e immersi in spazi fuori dal tempo, sospesi in atmosfere di serena quiete e di totale benessere». L’antico refettorio, il Cenatio, che ospita un caminetto in ardesia è dedicato alla degustazione dei prodotti tipici di Moneglia, di Portofino, del Tigullio e delle Cinque Terre. «Oli extravergine di oliva, vini, grappe, miele biologico, marmellate di

S Nelle foto un interno e un esterno dell’Abbadia San Giorgio che si trova a Moneglia (GE)

Un antico monastero per trovare la pace assoluta. Orietta Schiaffino invita a conoscere il territorio di Moneglia attraverso i suoi prodotti. E a viverlo con lentezza

limoni di Moneglia, confetture fatte in casa, formaggi e salumi dell’entroterra e molto altro deliziano i palati dei nostri ospiti – le selezioni di vini e grappe provengono dalla cripta Ad cellam vinariam. Molto gradita dai nostri ospiti la linea di bellezza tutta naturale all'olio extra vergine d'oliva». La suggestione degli ambienti di clausura accompagna gli ospiti anche negli altri ambienti comuni e nelle camere, dove arredi di antiquariato sposano il design moderno, creando scene di raffinata eleganza, impreziosite dai comfort moderni.

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www.abbadiasangiorgio.com

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PERCORSI LIGURI Itinerari alla scoperta del territorio consigliati da Orietta Schiaffino. Monterosso, Porto Venere, Santa Margherita Ligure, Portofino e naturalmente Genova di VALERIO GERMANICO na serie di itinerari, tutti della durata di un giorno, per scoprire le bellezze naturali, storiche e artistiche della Liguria e delle terre vicine. È l’iniziativa organizzata dall’hotel Villa Edera di Moneglia, in provincia di Genova. Come spiega la titolare Orietta Schiaffino: «Dal paesino di Monterosso, la prima delle Cinque Terre, è possibile raggiungere a piedi Vernazza, per poi gustare il pesce freschissimo nelle famose trattorie del porticciolo. Invece, da Corniglia a Vernazza, sempre nelle Cinque Terre, si snoda un sentiero con vista panoramica sulla costa e i terrazzamenti circostanti. Da qui è raggiungibile, a piedi o in barca, la famosa città romano-bizantina di Porto Venere».Al di là degli itinerari consigliati, l’albergo è comunque immerso in un giardino mediterraneo, con palme e cespugli di lavanda e

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rosmarino – in cui si trova un’ampia terrazza solarium con piscina per adulti e bambini –, e si trova a pochi metri dal mare, protetto alle spalle dalle dolci colline liguri. «Il tratto di costa sul quale ci troviamo è un susseguirsi di parchi naturali e aree protette, ideale per passeggiate ed escursioni a piedi, in mountain bike o a cavallo e per arrampicate di free climbing». Villa Edera ospita inoltre periodicamente corsi di cucina, di pittura e fotografia. «Fra gli altri itinerari che suggeriamo c’è il percorso in treno fino a Santa Margherita Ligure, da dove, a piedi, in barca o in bus, si può arrivare comodamente a Portofino. Anche le grandi città sono raggiungibili in treno: Pisa, Carrara con le sue cave di marmo, Genova con il mercato orientale, il centro storico e l’acquario». www.villaedera.com

L’hotel Villa Edera ha sede a Moneglia (GE)

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NELLA CITTÀ DEI DUE MARI Il blu intenso del mare a pochissimi passi. E per contorno la brillantezza dei fiori illuminati dai raggi del sole. Antonio Rossignotti presenta Sestri Levante e i suoi eventi di ARIANNA LESURE er la sua conformazione geografica viene chiamata la “città dei due mari”. Ci troviamo all’estremità sud orientale del golfo del Tigullio, a Sestri Levante. Affacciata su due baie: quella “delle favole” – così chiamata dallo scrittore Hans Christian Andersen che qui soggiornò per un lungo periodo, e quella “del silenzio”, come località balneare offre spiagge di sabbia fine e una passeggiata al mare estesa e animata da numerosi locali e ristoranti che vi si affacciano. A queste strutture si aggiunge il Grand Hotel Villa Balbi di proprietà della Famiglia Rossignotti. Antonio Rossignotti, general

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Riviera Ligure

Antonio Rossignotti

manager del complesso alberghiero, ci racconta: «Siamo immersi in un contesto ricco di sfumature cromatiche: dal verde del parco lussureggiante che ci circonda al blu intenso del mare a pochissimi passi e per contorno la brillantezza dei fiori illuminati dai raggi del sole. Ci proponiamo come residenza per chi vuole trascorrere un soggiorno in totale relax, ma anche per appuntamenti d’affari, essendo una location particolarmente adatta anche per ospitare meeting, congressi e convention aziendali». Non mancano le attrazioni più schiettamente turistiche, come il vivace centro storico, con i suoi tipici carugi genovesi interamente pedonali, sui quali si affacciano boutique esclusive e negozi di artigianato locale. «Ogni estate ospitiamo il premio Andersen, evento che porta a Sestri Levante compagnie e artisti da tutta Italia e da tutto il mondo. Benché si rivolga ai più piccoli, non trascura coloro che, di qualunque età, non siano ancora sazi di ascoltare storie. E ancora la Barcarolata, una manifestazione senza tempo, che ravviva di luci e colori il mare e gli antichi riti della pesca, animando con ritmi d’altri tempi la baia di

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Portobello – in quest’occasione, una giuria di prestigio giudica le imbarcazioni che sfilano per premiare alla fine la più originale». L’accoglienza di Villa Balbi è curata in ogni dettaglio, soprattutto in fatto di gusto. «Nel nostro ristorante, Il parco, proponiamo piatti raffinati – soprattutto di pesce: primi e grigliate, oltre ai classici regionali –, accompagnati da vini selezionati e addolciti da una pasticceria ricercata. Particolare attenzione è rivolta a pranzi e cene aziendali con menù studiati nei minimi particolari». Per unire tradizione e gusto, poi, vale la pena di non perdere la torta dei Fieschi a Lavagna. «Questa manifestazione, una delle più belle e suggestive del panorama folkloristico italiano, oltre che una delle più antiche, consiste in un sontuoso corteo storico in costume medievale che attraversa le vie antiche della città. A sfilare sono i personaggi dei sei antichi sestieri cittadini, con sbandieratori e simulazioni di giochi medievali. Il tutto termina in maniera dolce, con una grande abbuffata della famosa torta».

In apertura, veduta aerea di Sestri Levante (GE) dove si trova il Grand Hotel Villa Balbi

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www.villabalbi.it

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SUL RIO BARBAIRA di CARLO GHERARDINI

el cuore della Val Nervia, alla confluenza tra il Rio Oggia e il torrente Barbaira, sorge il borgo medievale di Rocchetta Nervina. Un paese dal sapore antico, caratterizzato da tipici “caruggi” liguri, dalle spesse mura di pietra delle vecchie case e dal magnifico ponte a schiena d’asino di epoca romana. Proprio sul Rio Barbaira, torrente che attraversa il borgo, si affaccia il complesso del Lago Bin, punto di partenza ideale per interessanti escursioni nei dintorni. «Rocchetta Nervina – afferma Christian Franco, titolare della

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Da Rocchetta Nervina, crocevia tra l’Alta Via dei Monti Liguri e il sentiero Balcone, partono una serie di interessanti escursioni, per rivivere sapori e atmosfere della Liguria

struttura – è il vero crocevia tra l’Alta Via dei Monti Liguri, che giunge dalla Liguria di Levante in quota, e il sentiero Balcone, che collega Sanremo con Mentone e Nizza.Vasto è l’itinerario delle escursioni: dalla Val Nervia si può partire alla volta dell’Alta Via dei Monti Liguri, spina dorsale di un’ampia e articolata rete di sentieri che abbracciano l'intera regione, collegando i centri costieri con i paesi dell'entroterra e con le cime

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dei monti». Da Rocchetta Nervina è possibile inoltre approfittare di un gran numero di escursioni pedestri verso i borghi vicini o nei circuiti naturalistici circostanti, avvalendosi della presenza sul territorio di rifugi aperti e custoditi. «Proprio al fine di agevolare gli ospiti appassionati di escursioni – spiega Christian Franco –, l’Hotel Ristorante Lago Bin mette anche a disposizione dei suoi ospiti sia le mountain bike, sia collaudate collaborazioni con guide esperte per percorrere e scoprire il fascino delle Alpi circostanti». L’Hotel Ristorante Lago Bin è il punto di partenza ideale per visitare Dolceacqua, Apricale e la Val Nervia, ma anche per una vacanza di mare o per scoprire il fascino di San Remo, Monte Carlo e la Costa Azzurra, che distano solo 30 minuti. Chi invece predilige il relax, può fare un tuffo nella piscina con idromassaggio, o una partita a tennis o a calcetto e deliziarsi con i piatti che esaltano antichi sapori. «Tutti i nostri piatti sono preparati con estrema cura, utilizzando solo prodotti naturali, genuini e tipici. In alcuni casi sono il frutto dell’elaborazione, in altri sono invece la perfetta

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presentazione di quelle antiche ricette locali che si sono tramandate di generazione in generazione». Sulla carta quindi non mancano mai le lumache in umido, i ravioli fatti a mano, le paste fresche e i secondi di cacciagione. Tutti i piatti, così come i dolci, vengono realizzati, seguendo le antiche ricette della tradizione. «Tra le nostre specialità, oltre alle lumache in umido, consiglio i ravioli della nonna, i taglierini alla selvaggina, il coniglio alla ligure, la selvaggina al vino rosso, la capra coi fagioli – conclude Christian Franco –. Gran parte degli ortaggi, l’olio e il vino LagoRosso che serviamo nel nostro ristorante, provengono dall’azienda agricola adiacente la struttura, l'Agriturismo Le Morghe, quindi sono assolutamente a chilometro zero. A seconda delle stagioni, inoltre, possiamo servire le nostre specialità nelle sale interne, in veranda, a bordo piscina, in terrazza, nella pagoda o nella tavernetta».

Alcune specialità dell’Hotel Ristorante Lago Bin di Rocchetta Nervina (IM): la pasta fatta a mano e le lumache in umido

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www.lagobin.it

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di MANLIO TEODORO

TRA PORTOFINO E LE CINQUE TERRE Rapallo: uno spettacolo per gli occhi e il palato. Stefania Oddone e Andrea Castellazzi invitano a visitare la ricchezza architettonica del comune ligure e ad assaporare le sue delizie ella splendida cornice del golfo del Tigullio, ubicato nel centro di Rapallo, a pochi passi dalla passeggiata al mare e dall’approdo dei battelli, sorge l’hotel-ristorante Portofino, gestito da Stefania Oddone e Andrea Castellazzi. «La struttura accoglie i viaggiatori al primo piano di uno storico palazzo di fine Ottocento, già sede dell’antico Grand Hotel, che, dopo la ristrutturazione, ha acquisito un’atmosfera familiare pur mantenendo intatto lo stile liberty originale, con stucchi pastello e una bellissima e ampia terrazza adibita a ristorante e solarium». La cucina del ristorante dell’albergo è tipica e attraverso gli ingredienti selezionati sottolinea il forte legame che la struttura intrattiene con il territorio. «Le specialità della casa sono le trofie alla Portofino con pesto, gamberi e pomodorini, il

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filetto di orata con salsa di zucchine e finocchi all’aceto balsamico, la mousse di yogurt con frutta fresca e salsa di fragole fresche. Ma la carta comprende anche tante altre specialità: torte di verdure, insalatina di gamberi e cannellini, verdure ripiene, fiori di zucchine fritti, focaccine come antipasto, per i primi varie paste al sugo di triglia o spaghetti allo scoglio, lasagne alla Portofino, i classici gnocchi al pesto, pansotti al sugo di noce e diversi tipi di risotti. Tutta la pasta fresca è fatta a mano. Per i secondi passiamo ai totani ripieni, al branzino al forno o al sale, fritto misto di pesce e acciughe fritte, seppie con piselli e vari arrosti, cima ripiena e polpettone. Piatti che si accompagnano bene a vini bianchi e rossi liguri e piemontesi». www.hotelportofinorapallo.it

Stefania Oddone e Andrea Castellazzi, titolari dell’hotel Portofino di Rapallo. Nei piatti: le trofie alla Portofino, il filetto di orata e la mousse di yogurt con frutta fresca

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CUORE TAGGIASCO

di ALDO MOSCA

Dal buen retiro di un antico armatore, Anna Ardoino ha saputo creare un luogo di ospitalità. In cui oltre al fascino della terra ligure, si incontra il sapore di un olio di “Ponente”

al padre ha ereditato l’amore per le olive. Un amore che oggi, Anna Ardoino, ha fatto sfociare in una linea di olii. Il tutto nella cornice di un suggestivo agriturismo situato a Oneglia, alle porte dei Carrugi. Un posto incantevole sulle colline di Imperia da cui i visitatori possono godere della vista del Golfo Ligure. Ma per Anna questo luogo è molto di più. «L’azienda è sorta nella vecchia casa dei miei avi» racconta. Nel 1870 il suo trisnonno, l’armatore Giuseppe Ardoino, amava ritirarsi in questa tenuta dopo i suoi lunghi viaggi. E oggi l’azienda porta il

D Anna Ardoino tra i prodotti dell’agriturismo “Il Risveglio” (Imperia)

nome di quello che era il suo veliero preferito “Il Risveglio”. Gli oli creati da Anna sono il frutto di un suo progetto personale. Le sperimentazioni hanno portato alla realizzazione di prodotti come il “Dolce Forte”, un composto di olive taggiasche e mele, la gelatina di fiori di rosmarino e la caramella di olive taggiasche “Madame Taggiasca”. Ma è la base, l’olio extravergine di oliva taggiasca, la sua vera bandiera. Fruttato, delicato ed elegante con note di carciofo. «In bocca è fine e morbido, dotato di ricchi toni di mela e mandorla, dolce in chiusura - spiega la Ardoino -. È eccellente su insalate, crostacei al vapore, pesci al forno e carni bianche». I prodotti vengono realizzati grazie al supporto del Gruppo Extra, un’iniziativa che unisce quattro aziende eccellenti del Ponente Ligure. Insieme, possono contare su oltre 25 ettari di terreno. L’obiettivo? «Coltivare e valorizzare prodotti tipici. Non solo olive, ma anche agrumi, frutteti, ortaggi ed erbe aromatiche. Per riproporre il gusto di una terra a volte “sassosa” ma molto generosa con chi la sa lavorare e interpretarne i sapori». www.il-risveglio.it www.extrafood.it

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A TUTTO SPORT Dalla vela al nordic walking, la costa ligure è meta di sportivi e famiglie amanti delle escursioni. I consigli di Cristina Olivari di FILIPPO BELLI

no straordinario insieme di paesaggi e bellezze naturali. A San Bartolomeo al Mare, sul Golfo di Diana, accanto ai colori e ai profumi di un paese tanto pittoresco quanto unico, si aprono innumerevoli opportunità per gli amanti dello sport e dell’aria aperta. A confermarlo è Cristina Olivari, titolare del Residence Greco, i cui appartamenti, confortevoli e a pochi passi dal mare, vengono sempre più prenotati da turisti sportivi ma anche da famiglie che desiderano vivere una vacanza meno “statica”. «Il nostro territorio si presta, per conformazione e clima, a moltissime attività outdoor che possono essere praticate tutto l’anno - spiega Cristina Olivari -. Dagli sport marini come la vela, il windsurf, le immersioni o il kyte, a tutte le attività ciclistiche». Tra gli sport che stanno “prendendo piede”, anche il Nordic Walking, di cui la titolare del residence è un’amante. Non a caso chi ama questa disciplina trova presso la struttura anche un’importante fonte di suggerimenti, consigli e assistenza. «Per chi ama le escursioni e in particolare il Nordic Walking c’è la possibilità di avere informazioni attraverso il suggerimento di

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percorsi e cartine degli itinerari. Non solo, si possono richiedere istruttori qualificati per effettuare escursioni. E volendo si può sostare in locali ove degustare i piatti e i vini della tradizione enogastronomica locale. Personalmente suggerisco sempre una “rete di sentieri” percorribile a piedi e in bici, tra Diano Marina, il Parco Naturale del Ciapà e Cervo, unici per i paesaggi e facilmente raggiungibili». Attività rivolte anche ai più piccoli. I bambini ospiti del Residence Greco potranno contare su un’ampia scelta di attività adatte alle loro esigenze. www.residencegreco.it

Sopra uno dei percorsi dove praticare il Nordic Walking. Il Residence Greco si trova a San Bartolomeo al Mare (IM)

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MADE IN LIGURIA Pesce freschissimo e materie prime locali sono gli ingredienti principali n menù che cambia ogni giorno, della cucina di Gianni Molinari

In alto le tagliatelle ai gamberi di Sanremo e carciofi e la zuppa di pesce. Sotto, Gianni Molinari, lo chef del ristorante La Cicala di Bordighera

portando in tavola materie prime locali e pesce sempre freschissimo. È quanto offre il ristorante La Cicala, situato nel cuore di Bordighera Alta, che della terra in cui sorge rispetta sapori e tradizioni. «Da sempre poniamo particolare attenzione alla freschezza delle materie prime e all'esaltazione dei profumi» afferma lo chef Gianni Molinari, titolare del ristorante insieme alla moglie Cristina Volcan, che coordina l’accoglienza e il servizio in sala. Una cucina semplice che esalta i sapori locali, condendo con erbe aromatiche e miscelando spesso – come vuole la tradizione – verdure e pesce. Ne derivano piatti come la zuppa di pesce, le tagliatelle ai gamberi di Sanremo e carciofi o il crudo di pesce, che possono essere gustati nell’intima saletta interna con pavimenti in cotto, o nell’ampio dehor estivo con vista sul mare. «Subito dopo l’aperitivo – spiega Molinari – offriamo un assortimento generoso

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di CARLO GHERARDINI

di pane caldo, fritto e focaccine. Seguono i nostri antipasti, primi e secondi di mare, che cambiano costantemente in base al pescato». Ad accompagnare le portate c’è un vasto assortimento di vini: la carta, suddivisa per regioni, propone più di 200 etichette. Tra i dessert, spiccano il tris di frutta, composto da millefoglie di mela e sorbetto, babà al Rum con ananas spadellato, gelato allo yogurt e frutti rossi caldi. Notevole anche l’assortimento di piccola pasticceria: il vassoietto dei bignè ripieni di crema al limone, il piatto del cioccolato - con mattonelle di budini e cioccolatini al ripieno normale e piccante - e il vassoio dei biscotti, con cantucci, madeleinettes, biscotti alla cannella e ventaglietti di pasta sfoglia. www.lacicalabordighera.it

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LIGURIA IN FAMIGLIA Varigotti è una delle mete più adatte alle famiglie con bambini. Da visitare tutto l’anno, grazie alle diverse opportunità turistiche e al clima mite di CARLO GHERARDINI

na terra speciale, dove “la montagna è al mare, il mare in montagna”. Ed è proprio così: la Liguria, per le sue particolari caratteristiche geografiche, climatiche, culturali ed enogastronomiche può accontentare tutte le esigenze turistiche.Varigotti, il cui mare è da sempre considerato uno dei più belli della regione, è la località ideale per ospitare famiglie con bambini: le strade sono poco trafficate, la spiaggia di sabbia è ampia, priva di scogli e pericoli. Qui sorge l’Hotel Liliana, un

U In alto uno scorcio di Varigotti, visto dall’Hotel Liliana. Sotto, le trenette alla genovese

albergo la cui conduzione familiare presta particolare attenzione ai servizi offerti. «Il nostro è un Family hotel e un Bike Hotel – afferma Barbara Amarotto, titolare insieme al compagno Alessandro Vaccari –, e si rivolge prevalentemente a famiglie con bambini, coppie o gruppi che amano la natura e praticano attività outdoor. Dall'hotel si raggiunge in due minuti di cammino la spiaggia privata e siamo inoltre ai piedi dei monti Liguri, ricchi di sentieri e di panorami mozzafiato. Una struttura, quindi, che ben si presta sia al turismo balneare che a quello escursionistico, nonché enogastronomico». La cucina dell'Hotel Liliana è di tipo tradizionale, collaudata da oltre 20 anni di attività, con ricette e specialità regionali e italiane, gustose ma leggere. «Da assaggiare, tra i primi piatti, le trenette alla genovese, con pesto, patate e fagiolini, e notevoli sono anche i piatti di pesce, che viene servito tutti i giorni».

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www.lilianahotel.it

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SAPORI DAL PONENTE LIGURE

di MAURO TERENZIANO

A pochi passi da una delle spiagge che Fee-Italia quest’anno ha premiato con la Bandiera Blu, Alfio Gadaldi propone una cucina tipica regionale che fa sposare i sapori della terra e del mare remiata quest’anno con la Bandiera Blu per la qualità delle sue spiagge da Fee-Italia (Foundation for Environmental Education), Bordighera si conferma una delle località più interessanti del Ponente Ligure. Chi visita la cittadina all’inizio di agosto potrà assistere alla tradizionale sagra della Berlecata – ogni primo venerdì del mese–, momento in cui si mescolano suoni e sapori, animati dal berlechin, miscela di vino e frutta simile alla sangrìa che si sorseggia senza parsimonia nel corso di tutta la durata della festa. In questo, ma anche durante tutti i periodi dell’anno, un punto di riferimento per un buon desinare è il ristorante della famiglia Gadaldi, il Regina Margherita, che si trova nella piazzetta della stazione e ad appena una cinquantina di metri dal mare. «Organizziamo serate a tema, con menù personalizzati – come quello vegetariano e quello di cucina bergamasca – spiega Alfio Gadaldi, chef e titolare del ristorante, che gestisce insieme alla moglie Patrizia e ai figli

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Manuel e Simone». Dopo più di trent’anni trascorsi fra i fornelli delle più importanti cucine italiane, Gadaldi è entrato in una cucina tutta sua, nella quale propone piatti mediterranei e regionali con una base di prodotti stagionali e genuini di terra e mare. «Per citare qualche piatto, vorrei ricordare il cappun magro tiepido ai crostacei, un piatto delicato ma gustoso composto da carote, patate, zucchine trombetta, rapa rossa, cavolfiore e astice, tutto condito con una salsa verde pestata a mano nel mortaio. E ancora una salsiccia di pesce arrostita e la zuppa di pesce spinata con crostini e salsa ruja». Per chiudere, una specialità dello chef è la torta soffice vegetariana al cacao e mandorle con composta di rabarbaro». paceti@libero.it

Il cappun magro tiepido ai crostacei del ristorante Regina Margherita di Bordighera

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VALORIZZIAMO LE TIPICITÀ

di CARLO GHERARDINI

alorizzare i prodotti tipici è una delle prerogative del residence Il Poggio, situato a 600 metri dalle splendide spiagge di Andora e a poca distanza dall’entroterra, che quest’anno ha intrapreso una nuova, interessante iniziativa. «Dal nostro Residence – spiega Eugenio Fossati, titolare della struttura – è possibile raggiungere in pochi minuti di macchina le colline terrazzate coi muri a secco e i famosi uliveti che danno un olio profumato e delicatissimo. A tal proposito, proprio da questa stagione abbiamo iniziato la collaborazione con un commerciante della zona con il quale ogni settimana organizziamo degustazioni di prodotti tipici liguri come l’olio taggiasco, le olive in salamoia, il pesto col basilico di Andora, la crema di carciofi di Albenga, i vini tipici della zona ed eccellenze del nord Italia come i salumi della zona di Parma e Piacenza e i vini del Monferrato». In questo modo, la struttura contribuisce a far conoscere i prodotti tipici italiani

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Colline terrazzate coi muri a secco e famosi uliveti. Degustazioni di prodotti tipici come l’olio taggiasco, le olive in salamoia, il pesto col basilico di Andora. Ecco la cornice del residence Il Poggio

all’estero: gran parte della clientela, infatti, è straniera, principalmente nord europea: «È per noi motivo di orgoglio avere clienti tedeschi, olandesi, danesi che tornano ogni estate da diversi anni». Gli alloggi, in gran parte climatizzati, sono moderni e accoglienti; studiati per famiglie da 3 a 6 persone, dotati di dehor privati al pian terreno o ampie terrazze panoramiche dove è possibile mangiare o prendere il sole. «La percezione comune è di sentirsi non in una struttura alberghiera ma in una vera e propria casa, godendo la tranquillità, la natura, il panorama e la minima distanza dal mare». www.ilpoggioresidence.com

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RICETTE LIGURI Una cucina sostanziosa e ricca di sapore. Salvatore Larubina propone le migliori ricette della vallata di Badalucco, nell’entroterra ligure di ARIANNA LESURE arne alla brace e succulenti piatti con baccalà o stoccafisso. Sono questi gli ingredienti forti della cucina tipica della Capanna dei Celti di Salvatore Larubina. Siamo nell’entroterra ligure, in Valle Argentina e precisamente a Montalto Ligure, in provincia di Imperia. Ricetta caratteristica di questa zona è quella del Barndacujun che nella Capanna dei Celti va a comporre l’antipasto tris. «L’ingrediente base del piatto – spiega Salvatore – è il baccalà – sbollentato e fatto a pezzi – al quale si aggiungono patate, pinoli e vino bianco, il tutto mantecato in casseruola. Di solito si serve tiepido e io lo presento con una vela di pane carasau». Fra i primi piatti prevalgono i sapori di carne, ma c’è spazio anche per calamari e vongole. Piatto imperdibile della zona – oltre alle lumache – è lo

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stoccafisso alla baücõgna, ricetta tipicamente invernale. «La preparazione è laboriosa: lo stoccafisso ragno va fatto ammollare per una settimana. Una volta sbollentato, si prepara la casseruola mettendo al fondo ossa e lische, poi la polpa e sopra pinoli, nocciole tostate, acciughe, funghi porcini secchi ammollati, aglio e cipolla, tutto tritato e con olio extravergine di oliva della vallata. Si allaga con brodo di manzo e si fa cuocere a fuoco lento per sei o sette ore – alla fine si mangiano anche le ossa». Per la scelta dei vini, poiché il Barndacujun e lo stoccafisso si avvicinano molto alla terra, Salvatore propone anche dei rossi. «Come l’Ormeasco di Pornassio della cantina Casciameia, prodotto ad Agaggio Superiore. Oppure, fra i bianchi locali, certamente un Pigato o un Vermentino». salvatore.larubina@tiscali.it

Ravioli al ragù di coniglio e antipasto tris: Barndacujun, polpo su passata di fagioli bianchi di Badalucco e totani in umido alla ligure. Specialità della Capanna dei Celti di Montalto Ligure (IM)

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IL MARE ANCHE D’INVERNO Più che una regione un continente. La varietà del paesaggio ligure vista da un angolo privilegiato. Franca Patrone invita a un soggiorno nella tranquillità di Pietra Ligure di MAURO TERENZIANO

ulla carta geografica appare come una stretta striscia di terra in cima al Tirreno. Eppure, nonostante le dimensioni, la Liguria rivela una gamma ricchissima di paesaggi e morfologie. Il mare e la montagna – e le sue grotte carsiche – sono veri spettacoli, nei quali si inseriscono l’arte e la storia attraverso le architetture di monumenti e centri storici. Senza dimenticare la cultura, che ben si esprime nella cucina e nell’artigianato. A rendere questa terra imperdibile è poi il clima mite, che ne fa una meta piacevolissima tutto l’anno. Uno degli angoli in cui goderne al meglio è Pietra Ligure, in provincia di Savona. Come spiega Franca Patrone, titolare del Perla Marina Apartments, struttura che

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mette a disposizione dei suoi ospiti bilocali con angolo cottura e che si trova a poche centinaia di metri dal mare: «Questa località ha un clima particolarmente salubre e un’aria ricca di iodio, che ne fanno un centro balneare anche durante i mesi invernali, periodo consigliato soprattutto per le persone di mezza età e i pensionati, che trovano a Pietra un luogo di tranquillità dotato di tutti i servizi – compresi quelli sanitari». Il Perla Marina Apartments, vicinissimo al mare e a Borgo Verezzi, si trova al centro del triangolo formato da Finale Ligure, Toirano e Albenga siti rinomati per l’arrampicata sportiva. «Forniamo agli ospiti un servizio di guide alpine a coloro che vogliono fare scalate o altre attività sportive. Inoltre, esistono svariati itinerari escursionistici fra le alture, sia a piedi sia in mountain bike, e nel periodo invernale è possibile raggiungere in poco tempo Monesi o Garessio e le loro piste da sci». www.perlamarina.it

La casa vacanze Perla Marina Apartments si trova a Pietra Ligure (SV)

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di ANDREA MOSCARIELLO

A VELE SPIEGATE La Marina di Loano sempre più “ponte” tra l’entroterra e il mare. Servizi, eventi e attività sportive, trasformano un semplice ormeggio in una vacanza indimenticabile n porto moderno, ricco di servizi e iniziative per i diportisti. La Marina di Loano ha iniziato l’estate confermando il suo ruolo di polo attrattivo per la costa ligure. Concerti, eventi, regate. Una struttura all’avanguardia con oltre mille posti barca che si appresta a crescere ulteriormente. «Non vogliamo essere un semplice “parcheggio” - spiega con una battuta il direttore Marco Cornacchia . Qui i diportisti vengono coccolati,

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Il direttore della Marina di Loano (SV) Marco Cornacchia. Nella pagina a fianco, una vista aerea dello Yacht Club

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Marco Cornacchia

non devono avere pensieri». La struttura, che può ospitare imbarcazioni fino ai 65 metri, ma che vuole alzare l’asticella a 80 già nei prossimi mesi, fa dell'accoglienza e della cura dei dettagli il suo fiore all'occhiello. Grazie anche al suo giovane, ma già affermato, yacht club. Nel 2013 sono giunte importanti conferme. A cominciare dall’assegnazione della “Bandiera Blu” per il terzo anno consecutivo. «Un risultato importante, frutto della costante collaborazione tra la Marina, gli operatori, le aziende e l’amministrazione locale - sottolinea Cornacchia. Crediamo moltissimo in questo territorio e lo dimostra anche il riconoscimento della certificazione ambientale». Da qui, turisti italiani e stranieri hanno la possibilità di visitare le eccellenze del luogo. Su tutte le realtà enogastronomiche che arricchiscono l’entroterra ligure. «Ci facciamo promotori di questo patrimonio». La Marina, in collaborazione con la Camera di Commercio di Savona, ha da poco riunito 40 tra i più importanti produttori agroalimentari della provincia per stimolare ulteriormente l’indotto turistico. Chi ormeggia a Loano ha la possibilità di partecipare a visite, tour e degustazioni dei migliori frantoi.

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La qualità dei servizi offerti ha fatto sì che la struttura ottenesse cinque stelle, il massimo punteggio previsto, anche nelle guide dell’Adac, il più importante riferimento per i viaggiatori tedeschi, che conta 2,5 milioni di diportisti iscritti. Così, sull’onda del claim “Il porto che vale una vacanza”, qui si concentrano gli amanti del mare, diportisti eccellenti, tra cui anche importanti campioni internazionali di regate. Sommati, sono molti i trofei internazionali raccolti tra i soci dello yacht club. «Ci teniamo all’aspetto sportivo. Anche noi del direttivo proveniamo dal mondo delle regate». Il Circolo Nautico Loano, la Marina e lo Yacht Club si preparano a ospitare il Campionato Italiano Classi Olimpiche in programma nel mese di settembre 2013. La manifestazione rappresenta una vera e propria Olimpiade della Vela Italiana, a cui parteciperanno i più importanti velisti del paese. La stagione agonistica continuerà poi con la Lawyer’s Cup, l’evento velico riservato agli studi legali italiani e internazionali.

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www.marinadiloano.it

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LA CIVILTÀ DELLE MALGHE n itinerario alla scoperta della gastronomia delle Malghe all’interno del Parco delle Alpi Liguri, fra caverne, cascate, vallate e antiche chiese. È questa la strada della Cucina Bianca, bianca perché i suoi ingredienti sono farinacei, latticini, ortaggi poco colorati – come le patate, le rape, i porri, l’aglio e altri prodotti spontanei. Questa cultura, strettamente stagionale e a chilometro zero, ha le sue origini nella pastorizia e in particolare nella tradizionale transumanza, quando all’inizio dell’estate le mandrie venivano condotte agli alpeggi. Un esempio di questa cucina sono fagottini alle erbe crude all’olio extra vergine d’oliva, ricetta esclusiva del paese di Montegrosso Pian Latte e che Barbara Cordeglio dell’osteria del Rododendro,

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La strada della Cucina Bianca attraverso una ricetta dell’Osteria del Rododendro. Sapori antichi che esaltano il rapporto con il territorio e la tradizione della transumanza verso gli alpeggi di LUCA CÀVERA coadiuvata in cucina dalla madre Maria Grazia Gandolfi, presenta: «La caratteristica principale di questo piatto, in dialetto “raviore”, sono le erbe crude tritate del ripieno, la cui miscela è il vero segreto. Secondo la stagione, i fagottini contengono diverse erbe spontanee, fra le quali punte di ortiche, erba amara, cantagalletto, o anche le foglie primizie delle rape e delle patate». Altri ingredienti del ripieno sono uova, parmigiano, olio e mollica di pane bagnata nel latte. «Una volta richiuso il quadrato di pasta, in forma di barchetta, li condiamo solo con olio extravergine, in modo che a prevalere sia il sapore delle erbe.Ad accompagnare il piatto consiglio un Ormeasco di Pornassio, vino rosso prodotto nel nostro territorio». www.osteriadelrododendro.it

A sinistra, fagottini alle erbe crude all’olio extravergine di oliva. L’osteria del Rododendro si trova a Montegrosso Pian Latte (IM)

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UNA PROPOSTA DAL PASSATO

di VALERIO GERMANICO

L’atmosfera di secoli lontani rivive nell’offerta enogastronomica di Emilio e Damiana Biga, che propongono carni e zuppe alla birra in un locale in perfetto stile medievale. Fra spade e armature ustare succulenti tagli di carne cotta alla griglia o su pietra lavica davanti a un gotto di birra bianca, fra pareti seicentesche foderate di stucchi rossi e ocra, mentre le fiamme delle candele si riflettono sul metallo di spade e scudi, armature, balestre e forconi. Questa dimensione calda e misteriosa si respira accanto all’antica chiesa di Sant’Anna, nel centro di Poiolo, frazione di San Bartolomeo al Mare, in provincia di Imperia, in un locale che ricostruisce l’atmosfera delle cronache medievali: la locanda Ai secoli bui dei fratelli Emilio e Damiana Biga. «I nostri piatti forti sono le carni, selezionate fra le migliori sia italiane sia internazionali: tagliata e cube-roll di Black Angus, bufalo, costata disossata, rostelle, salsiccia e salamelle per fare alcuni esempi. Una delle nostre specialità culinarie, poi, è la focaccia di Recco. Nel forno a legna si mettono a

G Sotto, tagliata Black Angus Usa. La locanda Ai secoli bui si trova a San Bartolomeo al Mare (IM)

cuocere due sfoglie sottili, che diventano subito croccanti e vengono impregnate dalla cremosità del formaggio che si fonde tra di loro e le carni, a scelta fra cervo, capriolo, bue, coniglio, cinghiale». Oltre alle numerose serate a tema – come le cene medievali –, alla locanda però non mancano altre scelte gastronomiche. Nella stagione estiva c’è spazio per il pesce, rigorosamente fresco – pesce spada, saraghi, orate, calamari, seppie e gamberoni – e i primi conditi con diversi sughi e le zuppe di verdure, alla birra e al vino. A completare l’ambientazione magica contribuiscono le musiche celtiche e i cori medievali, che si fondono all’aroma del pane appena sfornato, dei dolci e degli stuzzichini della cuoca e cake designer Damiana, che vengono serviti da personale in abito medievale.

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www.aisecolibui.it www.facebook.com/poiolo

Mete Grand Tour • 111


FANTASIA DI PESCE na cucina che ama la tradizione ligure e che non rinuncia alla sperimentazione. Così nascono piatti di pesce arricchiti di sapori di terra. È in questo che si rivela l’estro dello chef Fabio Lelli, titolare del ristorante Ulisse di Sanremo. «Preferisco sperimentare negli antipasti. In questi, infatti, si può “giocare” di più rispetto, per esempio, che in un primo o un secondo piatto, che mantengo più vicini alla tradizione – paste e risotti con i frutti di mare, fritto misto, ma anche cappon magro e zuppa di pesce». Una summa di queste proposte è l’antipasto Fantasia di pesce, sette assaggi, diversi per sapori e cotture, fra i quali moscardini con la polenta, un totanetto ripieno di formaggio e funghi, un gamberetto avvolto nel formaggio e nella pancetta e cotto alla griglia. «Non può mancare lo stoccafisso Brandacujun, oppure un’insalata o una frittella di baccalà o un

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di MAURO TERENZIANO

Le sperimentazioni culinarie di Fabio Lelli. Una diversa maniera di preparare e abbinare il mare agli ingredienti tipici della terra. Per portare in tavola un antipasto audace e inedito involtino di pesce spada e ultimamente abbiamo aggiunto il tonno con crema di cipolle e semi di papavero. Con questo antipasto suggerisco un Pigato, che è molto profumato, ma anche un rosso va bene su questi sapori abbastanza robusti, per esempio un Rossese. Fuori dalla Fantasia, propongo anche alcune mie nuove ricette, come i gamberetti con pasta kadaif e crema al gorgonzola e il polpo grigliato con fagottini di pasta brick, per un risultato croccante. Alla base della sperimentazione c’è la voglia di strizzare l’occhio all’alta ristorazione, però mantenendo il listino in una fascia accessibile ai più». www.ristoranteulisse.com

L’antipasto Fantasia di pesce del ristorante Ulisse di Sanremo (IM)

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LA RIVIERA IN BICICLETTA Una pedalata lungo le coste del mare Ligure. Gianfranco Roggeri indica percorsi e piste di un territorio multiforme. Per gli amanti delle due ruote e del trekking di MANLIO TEODORO raticare attività sportive all’aperto tutto l’anno a pochi passi dalle spiagge della Riviera dei fiori e a pochi chilometri dalla Costa Azzurra. A Santo Stefano al Mare, in provincia di Imperia, Gianfranco Roggeri, titolare con la famiglia dell’Albergo Lucciola ha scelto di puntare proprio su una ricezione turistica orientata agli sport. «La nostra struttura si trova, sul mare, fra la Cipressa e il Poggio, in prossimità della pista ciclabile di 24 km che ci collega a Sanremo, Arma di Taggia, Ospedaletti, Riva Ligure, San Lorenzo al

P Sopra, una veduta di Santo Stefano al Mare (IM) dove si trova l’albergo-ristorante Lucciola. Sotto la pista ciclabile lungo la costa

Mare. Per questo motivo, grazie anche alle biciclette che mettiamo a disposizione gratuitamente ai nostri ospiti e ai depositi e garage, siamo spesso il punto di partenza sia di escursioni individuali sia di allenamenti collettivi a squadre, anche e soprattutto durante l’inverno. In più, sulle alture di Cipressa si possono trovare lunghi percorsi sterrati adatti alla mountain bike, che non lasceranno delusi i biker più allenati». Ma Santo Stefano al Mare non è solo due ruote. «Qui si può praticare trekking tutto l’anno, con percorsi più o meno impegnativi – a poche decine di chilometri si trova il parco regionale delle Alpi Liguri. A partire dal porto turistico di Marina degli Aregai ci si può dedicare al diving e alla vela. E per chi ama altri sport ci sono campi da tennis, da golf e maneggi per l’equitazione». A fine giornata, nel ristorante dell’hotel, con il dehor sul mare e su Marina degli Aregai, si trova una cucina semplice e curata. www.albergolucciola.com

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DALL’UMORE DEL MARE

di MAURO TERENZIANO

Un’amplissima proposta di piatti provenienti dal mare. Caterina Cosso presenta le possibilità per un banchetto e un soggiorno a pochi metri dalle onde di Alassio

ominato dalle migliori guide di settore, lo storico ristorante Panama di Alassio, aperto negli anni 60 da Pino e Mariangela Cosso, è uno dei più rinomati del Ponente Ligure. Prosegue oggi l’ospitalità con la figlia Caterina e i nipoti. La sua spettacolare veranda si affaccia direttamente sul mare e in estate è possibile cenare all’aperto sulla spiaggia di sabbia finissima, a lume di candela. Ai fornelli lo chef Moreno Tavernelli, olimpionico di cucina, che ha fatto grande il nome del ristorante soprattutto per i piatti di pesce. «La nostra cucina – dice Caterina – propone i migliori piatti tipici della tradizione ligure, preparati solo con ingredienti di stagione e materie prime di qualità, come l’olio evo locale, prodotti a marchio artigianale e diversi presidi Slow Food, di cui siamo alleati. Per un menù di mare si può scegliere fra prelibatezze come la zuppa di pesce – ricetta tramandata da generazioni –, l’insalatina di polpo con fagiolini e

N Sopra, una zuppa di pesce. Il Piccolo Hotel Residence e il ristorante Panama si trovano ad Alassio (SV)

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fagioli bianchi di Conio e un leggero profumo di aglio di Vessalico, le tipiche lasagnette al pesto. La varietà dei pesci dipende dall’umore del mare. In base al pescato si può proporre il pesce alla ligure, al cartoccio, al sale, alla griglia, da abbinare, secondo la stagione, a carciofi della Piana o di Perinaldo, pinoli ed emulsione alle olive taggiasche, funghi porcini, asparagi di Altedo o Violetto d’Albenga». Pur mantenendo un’impronta prettamente locale, il menù prevede anche piatti internazionali rivisitati, come la paella o il sashimi di pesce e alcuni piatti tipici di altre regioni italiane, accompagnati da una selezionata carta dei vini. La location è ideale anche per eventi privati e aziendali. «A pochi passi dal ristorante sorge il nuovissimo Piccolo Hotel residence, con i suoi appartamenti che si affacciano sui deliziosi orti liguri – tutti i comfort del moderno senza dimenticare i ritmi lenti del passato».

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www.residencepanama.it

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© PlayStyle

di MANLIO TEODORO

CENARE SUGLI SCOGLI on il classico ristorante sul mare, ma proprio sugli scogli. Siamo a due passi dal centro storico e dalla bella piazzetta di Cervo, borgo medievale che sorge su uno dei tratti più fortunati della riviera ligure e che ogni estate ospita il festival internazionale della musica da camera. Su una terrazza panoramica di tek sudamericano a picco sul mare si trova il Porteghetto di Simone Puccia e Katia Iaselli. Oltre a essere un ristorante celebre per il pesce fresco, la struttura, dal sorgere del sole fino al tramonto, offre bagni nella spiaggia privata e in piscina e relax. «Entrando nel locale sembra di

N In alto,una veduta del ristorante il Porteghetto di Cervo (IM); sotto, polipo con crema di patate e paprika dolce

Una vera immersione nei colori e nei sapori del mare. La cucina del ristorante il Porteghetto di Simone Puccia e Katia Iaselli. Fra tradizione e creativà

essere su uno yacht – afferma Simone –. Per dare questa sensazione nella recente ristrutturazione abbiamo curato con attenzione gli interni. Oggi l’ambiente presenta i colori tenui della vaniglia ed è minimalista negli arredi incastonati nella roccia di fronte al Mediterraneo, che ondeggia appena oltre la vetrata panoramica». E poi ovviamente c’è la buona cucina. «Per i nostri piatti – spiega Katia, che è anche chef del Porteghetto – utilizzo solo pesce di giornata, cucinato espresso in modo semplice e con materie prime naturali, freschissime e selezionate, che esaltato il gusto del pesce. È consueto trovare in tavola le stirate taggiasche all’astice o i crostacei alla provenzale, con aragoste, astice e gamberi di Oneglia con pomodoro fresco a dadini e prezzemolo. Altri piatti prelibati sono il polipo con crema di patate e paprika dolce e i crostacei su letto di crema di peperoni e peperoni scottati». Questi piatti sono accompagnati da una cantina ricca di vini locali e non. www.porteghetto.com

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EXTRAVERGINE PER TRADIZIONE Olive raccolte in giornata e molite il mattino dopo con l’antica doppia macina. E l’olio preso manualmente per affioramento. L’eccellenza fra i 7mila ulivi della famiglia Abbo di VALERIO GERMANICO e foto di queste pagine non sono quelle di un museo. Ma quelle di un frantoio che lavora e produce un ottimo extravergine di oliva affiorato, estratto secondo il metodo tradizionale: doppia macina e pressa idraulica. Il frantoio è quello dell’azienda agricola Dinoabbo di Lucinasco, in provincia di Imperia, che prende il nome dal fondatore e padre di Danila Gianni e Roberta Abbo, che oggi proseguono l’attività di famiglia. «Fin da giovane ho seguito mio padre passo passo, apprendendo i segreti dell’olivicoltura – afferma Danila –. Sono nata e cresciuta insieme a questa azienda, che oggi conta circa 7mila piante di ulivo – il 70 per cento dell’olio prodotto proviene dalle nostre olive, il restante da coltivazioni di famiglie di fiducia. Nonostante questi numeri siamo ancora una piccola realtà a conduzione familiare, questo però non ci impedisce di essere presenti pressoché in tutto il mondo, naturalmente con piccoli

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quantitativi, che esportiamo anche su ordinazione online». La posizione in cui si trovano i terreni dell’azienda la rende una meta ideale non solo per trovare un olio di qualità, ma anche per vivere uno spicchio di Liguria e assaporarne i sapori – l’azienda agricola infatti è anche agriturismo. «Siamo su una collina a 500 metri sul livello del mare, un luogo di pace e tranquillità a circa mezz’ora dalla spiaggia e a quaranta minuti dalle prime piste da sci. Dunque in un luogo privilegiato, che riceve beneficio dalla vicinanza del mare, con estati fresche e ventose e inverni

Danila Abbo dell’azienda agricola Dinoabbo di Lucinasco (IM)

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Riviera Ligure

miti che rendono questo territorio gradevole durante tutto l’anno. Inoltre, nel periodo della lavorazione delle olive, è possibile visitare il frantoio in funzione, osservando tutte le fasi, dalla raccolta in campagna alla molitura. Infatti, le olive che al mattino sono sulla pianta, alla sera sono nel frantoio, pronte per essere macinate e trasformate in olio». Sono numerose le visite al frantoio Dinoabbo, soprattutto di stranieri. «La maggior parte dei nostri ospiti sono tedeschi, austriaci, svizzeri, interessati all’olio e a come si lavora. E poi si fermano a soggiornare nel nostro agriturismo, dove proponiamo un po’ rivisitato, un menù tipicamente ligure. Per esempio, la torta di verdure di stagione è più lavorata, anche nella presentazione, e risulta meno rustica rispetto alla ricetta classica. Un piatto tipico sono i ravioli di spinaci, che vengono fatti a mano uno per uno. La sfoglia si fa molto sottile e ogni raviolo viene tagliato con un bicchiere, che gli dà una forma a mezza luna, le sfoglie vengono così riempite e poi piegate a metà. Serviamo il piatto con un ragù

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bianco di coniglio». Il pasto può proseguire con un secondo di carne. «Nel periodo della cacciagione proponiamo arrosti di cinghiale poi abbiamo animali di bassa corte, come anatre, faraone, galline, conigli, allevati in azienda». A chiudere il pasto ci sono i dolci, anche questi fatti in casa. E poi è possibile, in azienda, acquistare l’olio extra vergine di oliva taggiasca “Affiorato”, le olive taggiasche in salamoia, il patè di olive taggiasche e le olive taggiasche snocciolate, «prodotti e confezionati nella nostra azienda, in modo assolutamente naturale senza l’utilizzo di conservanti e prodotti chimici, dove potete anche ricevere preziosi consigli su come preparare le ricette liguri. Una cosa preziosa “Solo l’olio che ci regala la nostra terra. E finito quello... Non ne vendiamo più”».

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www.dinoabbo.it

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ALASSIO FRA CORPO E ANIMA Un unico luogo in cui tutti i sensi, e in più l’intelletto, trovano pace e piacere. Claudia Masoero propone Rosa per una vacanza all’insegna del benessere, della cultura e del buon pesce di LUCA CÀVERA

spitalità, grandi piatti di crudité di pesce, wellness e arte.Tutto questo riunito sotto un solo nome, Rosa, struttura alberghiera e molto altro che dal primo all’ultimo giorno dell’anno accoglie e regala emozioni nello splendore del mare di Alassio. «Hotel, Gourmet, Aqua ed Event – spiega Claudia Masoero, titolare di Rosa – si fondono insieme

O Sopra, il celebre muretto di Alassio(SV). Sotto, uno dei piatti del ristorante Gourmet Rosa dell’hotel Rosa

per manifestare l’anima di una realtà poliedrica aperta al turismo internazionale e a visitatori locali di ogni età, con una grande attenzione dedicata ai bambini». Tutti i sensi e in più l’intelletto qui trovano pace e piacere, a cominciare dal ristorante e dalle crudité di pesce dello chef Emanuele Perna, che nelle sue ricette usa solo pescato fresco di giornata a km 0. «E per un’ulteriore esperienza, la nostra Spa invita a dimenticare la frenesia della vita quotidiana per riprendere il contatto con il lato più profondo di sé, fra idromassaggio, sauna, bagno turco, fontana di ghiaccio e cromoterapia. Oltre alla sala fitness e alla grotta di sale, dove liberare le vie respiratorie». Ristorato il corpo, Event Rosa propone – da aprile a settembre – una speciale galleria d’arte con vernissage ed esposizioni di pittori e scultori selezionati per abilità tecniche, visioni ed espressioni. «Ma anche momenti indimenticabili attraverso sfilate di moda, musica dal vivo, pièce e molto altro». www.hotelrosa.it

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Il Royal Hotel di Sanremo è uno dei capolavori Liberty della riviera ligure. Costruito nel 1872, si distingue per i suoi saloni, il grande parco in cui è inserito e la piscina con acqua di mare firmata da Gio Ponti. Le sue stanze hanno ospitato l’imperatrice Sissi, re Farouk, il compositore Pietro Mascagni e le star internazionali che partecipano ogni anno al Festival della canzone.

Dal mare alle montagne

ROYAL HOTEL SANREMO Corso Imperatrice, 80 - 18038 Sanremo (Im) - Tel. 0184 5391 www.royalhotelsanremo.com - reservations@royalhotelsanremo.com

Dal 1907 è qui che si mangia la vera farinata ligure. Un forno a legna, un quartino di vino e il “noleggio” del fuoco per scaldare la gamella. Oggi, dopo oltre 100 anni, i tavoloni e le tavolate sotto i portici sono gli stessi ma il menu si è arricchito di pochi piatti tipici. Luogo di ritrovo di artisti e uomini di cultura, di qui sono passati tra gli altri Soldati, Antonioni e Gassman.

ANTICA OSTERIA LUCHIN Via Bighetti, 53 - 16043 Chiavari (Ge) - Tel. 0185 301063 www.luchin.it - info@luchin.it

Con non più di 25 coperti, è diventato negli anni una tappa immancabile per gourmant. Lo chef stellato Enrico Crippa propone piatti ottimi da gustare e belli da vedere, dai nomi fantasiosi e con influenze giapponesi. L’attenzione alla creatività e la scelta delle materie sono i segni distintivi della cucina di Crippa, che la Guida Michelin 2013 ha premiato con 3 stelle.

PIAZZA DUOMO Piazza Risorgimento, 4 - 12051 Alba (Cn) - Tel. 0173 366167 www.piazzaduomoalba.it - info@piazzaduomoalba.it

Un piccolo vivaio biologico dedicato alla fornitura di piante sane e di qualità: sono queste le origini dell’agriturismo Sale in zucca. Ancora oggi dedito alla cura delle piante, con particolare attenzione all’innovazione e alla sperimentazione, è principalmente una fattoria didattica che dà la possibilità ai ragazzi di riscoprire la bellezza della natura prendendosi cura dei frutti che produce.

AGRITURISMO SALE IN ZUCCA Borgata Tetti Rolle, 4 - Moncalieri (TO) - Tel. 320 4662863 www.saleinzucca.info - elena@saleinzucca.info

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I DOLCI DELLA GALANTERIA di MANLIO TEODORO

abriele d’Annunzio li definì, con una frase famosa, “i dolci della galanteria”. Sono i Baci di Alassio, creati nel 1919 da Rinaldo Balzola, pasticciere presso la real casa di Torino, perfezionando un’idea di Pasquale Valentino Balzola, artefice della trasformazione dell’originaria osteria con stallaggio in caffè pasticceria, dotato di un’elegante saletta da tè in Settecento veneziano. Siamo nel 1902, periodo in cui Alassio diventava meta del turismo inglese dedicato alle bagnature di mare. «La storia della nostra famiglia – racconta Carlo Maria Balzola –, che da 110 anni e cinque generazioni gestisce il caffè, è così indissolubilmente legata ad Alassio, tanto che in molti abbinano la cittadina al nome Balzola e viceversa. Siamo stati noi a portare in

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Centodieci anni di storia della pasticceria alassina. Artefici le cinque generazioni della famiglia Balzola. Creatrice dei Baci di Alassio e ormai parte della fama della località ligure

questa città la moda dei caffè concerto e sotto la nostra insegna, negli anni d’oro del turismo alassino, si radunavano, ogni sera, quasi cinquanta fra personaggi dello spettacolo, cantanti – basti citare Beniamino Gigli e Tito Schipa –, camerieri e baristi». Se questi anni gloriosi appartengono ormai alla storia, alla contemporaneità appartengono ancora i sapori e le dolcezze proposte dai Balzola, in cima alle quali si collocano i Baci di Alassio, coperti da brevetto per marchio di impresa. «È un dolce che innanzitutto sfrutta sapientemente la nocciola Piemonte tonda gentile. Gli altri ingredienti, poi,

Sopra i celebri Baci di Alassio. Il caffè pasticceria Balzola si trova ad Alassio (SV)

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Riviera Ligure

Balzola

sono molto semplici: zucchero, miele e cacao. Il tutto accompagnato da una morbida ganache al cioccolato fondente». Dopo la recente scomparsa del Cavalier Pasquale Balzola, avvenuta il 2 gennaio scorso, l'azienda ha deciso di rinnovarsi per valorizzare ulteriormente i propri marchi, mantenendo però sempre al primo posto le direttive che hanno sempre accompagnato la vita della famiglia e in particolare gli insegnamenti di

Rinaldo e Pasquale. «Oltre ai Baci, i nostri cavalli di battaglia sono il Pane del Marinaio – anche questo un marchio registrato –, l’amaro dei Saraceni e l’aperitivo Balzola, entrambi liquori prodotti nel nostro opificio. Questi quattro prodotti principali sono buoni singolarmente e inoltre abbinabili fra loro danno un sicuro effetto per il palato». Questi prodotti sono acquistabili direttamente presso la sede del caffè – come sanno bene i numerosi ammiratori del bello e del gusto che lo frequentano, fra i quali molti turisti del Nord e dell’Est Europa. «Oppure – aggiunge Carlo Maria – si può acquistare da tutto il mondo attraverso il nostro sito Internet dedicato all’e-commerce, col quale commercializziamo i prodotti a nostro marchio e che è l’unico punto online ufficiale per la vendita dei Baci di Alassio e per le altre prelibatezze della nostra pasticceria». www.balzola.net www.bacidialassio.com

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SAPORI DEL MARE

di VALERIO GERMANICO

Le proposte di pesce di un ristorante posto all’interno del più antico circolo di tennis italiano. Siamo a Sanremo con Marco Vettore, che presenta alcuni dei piatti migliori

opo ventisei anni di attività, ricollocatosi recentemente all’interno di uno dei più prestigiosi e antichi circoli di tennis italiani – fondato dagli inglesi nel 1897 come Tennis e Bridge Club – con una terrazza magnifica a ridosso dei campi centrali, il ristorante il Galeone di Sanremo, con le sue specialità di pesce, è un appuntamento irrinunciabile per chi ama lo sport o si trova a visitare l’entroterra di Sanremo, la medioevale Dolceacqua, terra dell’ottimo Rossese e i caruggi di Bussana e Apricale. «La nostra proposta di cucina tipica – racconta il titolare Marco Vettore – prevede pasta fatta in casa e piatti cucinati sul momento, pizza e dolci di produzione propria. Tuttavia la nostra specialità sono i piatti a base di pesce – due nostri primi con i sapori del mare portano proprio il nome del ristorante: gli spaghetti e il risotto Galeone». Si tratta di due piatti allo scoglio e quindi non possono mancare polpo, seppia, gamberi, vongole, cozze, teste di calamaro. «Il condimento degli spaghetti – ai quali aggiungo un tocco di rosso di pomodoro –, così come pure quello del risotto, viene preparato su

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una base di aglio e prezzemolo, con uno sfumato di vino bianco. Anche il risotto è leggermente rosso e il riso viene preparato sempre sul momento, con una cottura di 17-18 minuti – usiamo soltanto un riso che ci arriva direttamente dalle risaie di Vercelli. A questi due piatti

A sinistra, spaghetti allo scoglio a destra, altre proposte di pesce del ristorante il Galeone di Sanremo (IM)

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Riviera Ligure

Marco Vettore

accosterei, per gli spaghetti, senz’altro un vino secco, come un Gavi o un bianco dell’Alto Adige, mentre per il risotto ci vuole un calice che asciughi bene e quindi l’ideale, se a tavola si apprezzano le bollicine, è un buon Franciacorta». Una ricetta particolare proposta da Marco Vettore è quella degli gnocchi alla pescatrice. «È un primo che negli ultimi tempi ha riscosso un successo notevole fra la clientela del Galeone, che è prettamente locale, anche se non mancano i turisti che arrivano dalla vicina Francia, dalla Russia e alcuni, affezionati da anni, anche da New York. Questi gnocchi di patata vengono rigorosamente preparati in casa. La preparazione del condimento inizia con un soffritto di porro, gamberi e trombette – zucchine locali disponibili nella stagione estiva –, poi si aggiunge pomodoro di Pachino, pepe e si fa un flambé con un cucchiaino di Cognac. Si aggiunge ancora mezzo mestolo di brodo vegetale – di nostra produzione

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– e si mettono gli gnocchi a saltare in padella. La presenza del pomodoro ne fa un piatto che sposa benissimo anche i vini rossi, per esempio un nostro Rossese. Dovendo poi consigliare un bianco, suggerirei vini un po’ fruttati e un po’ grassi, quindi soprattutto vini del Collio e altri friulani». Scelta originalissima del ristorante, infine, è quella di affumicare internamente i salmoni che propone. «Acquistiamo i salmoni freschi e siamo noi stessi a delischiarli, a farne tutta la marinatura – utile a far sciogliere i grassi del salmone – e poi l’affumicatura. Questa lavorazione richiede circa un giorno e mezzo, a volte due. Per questo è un’attività che ci impegna pressoché quotidianamente, in modo da poter servire sulle tavole dei nostri ospiti un pesce sempre freschissimo».

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www.ilgaleonesanremo.com

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LA LIGURIA IN TAVOLA n ambiente rustico e informale per calarsi perfettamente nell’autentica atmosfera ligure. È così che si presenta la cucina della trattoria Da Pezzi, che si trova nel centro storico di Santa Margherita Ligure. Gestita dall’omonima famiglia a partire dal 1964, propone ogni giorno un menù con diverse specialità di pesce e di carne, rispettando sempre la stagionalità degli ingredienti. «Per differenziarci dai molti locali presenti nella zona – afferma Giancarlo Pezzi –, che spesso sono orientati verso un’accoglienza e una cucina sofisticata, abbiamo scelto di mostrare un volto più popolare e di restare una trattoria caratteristica, quindi prodotti freschi e sapori genuini con un buon rapporto fra qualità e prezzo». La cucina Da Pezzi si rivela così all’avventore una

U Una porzione delle lasagne al pesto con patate e fagiolini della trattoria Da Pezzi di Santa Margherita Ligure (GE)

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di MANLIO TEODORO

Una cucina che mantiene fede alla semplicità della tradizione senza rinunciare al gusto. Giobatta e Giancarlo Pezzi presentano alcuni piatti della trattoria nel centro storico di Santa Margherita

vera fonte di specialità liguri. «Qui sono di casa le trenette al pesto, i ravioli di verdura, le verdure ripiene, la cima alla genovese, una gran varietà di torte salate e, nelle serate d’autunno e inverno, la gustosissima farinata, preparata secondo tradizione nel forno a legna – spiega Giobatta Pezzi –. E ancora insalata di polpo e patate o lasagne al pesto con patate e fagiolini, ricetta che riunisce in un unico piatto alcuni dei migliori sapori della nostra terra». E non si può andare via senza aver assaggiato i dolci della casa, in particolar modo il pasticcio di mele caldo con gelato. trattoriadapezzi@email.it

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NEL SANTUARIO DEI CETACEI Incontrare nel suo habitat il secondo animale più grande al mondo, la balenottera comune. O vedere i delfini venire fuori dall’acqua. Gianluca Bozzo racconta le emozioni del whalewatching con la “Golfo Paradiso” di LUCA CÀVERA siste un’area nel Mediterraneo in cui delfini, balenottere, capodogli e altri cetacei si incontrano con maggiore frequenza. Questa è compresa fra pointe Escampobariou in territorio francese, capo Falcone e capo Ferro in Sardegna e fosso Chiarone in Toscana. All’interno di questo quadrilatero, spetta però al mar Ligure la palma per il maggior numero di avvistamenti e nel mese di giugno ne sono stati registrati nove, tutti a poche decine di miglia nautiche da Genova. «Nel bacino si trova il principale sito di alimentazione della balenottera comune. E questo contribuisce a farne una zona ideale per chi voglia provare l’esperienza di trovarsi di fronte a uno di questi meravigliosi animali». A dirlo è Gianluca Bozzo, uno dei componenti della società di trasporti marittimi turistici Golfo Paradiso di Camogli, che oltre alle attività di whalewatching organizza itinerari, eventi

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per mare e quotidianamente collega Genova a gran parte della Riviera Ligure, partendo anche da Imperia, Sanremo, Bordighera, Andora. «Avvistare una balena, un capodoglio o qualsiasi altro cetaceo da lontano e avvicinarlo è sicuramente un’esperienza affascinante e ricca di emozioni, che può far passare anche la persona più distratta da un atteggiamento di indifferenza a una matura consapevolezza dell’importanza di tutelare l’habitat in cui questi animali vivono, si nutrono e si riproducono. Per esperienza posso affermare che se incontrare un animale nel suo ambiente naturale è un’esperienza che non si dimentica, incontrare il secondo animale più grande al mondo, la balenottera comune, è qualcosa che resta per sempre nella memoria».

Un avvistamento durante un’escursione della società di trasporti marittimi turistici Golfo Paradiso di Camogli (GE)

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www.golfoparadiso.it www.whalewatchgenova.it www.whalewatchimperia.it

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CULTURE ENOLOGICHE Un crocevia di tradizioni vitivinicole del Nord Est: Malcesine, sul lago di Garda. Manuel Zeni e Alberto Ederle suggeriscono panorami, vini e sapori di MAURO TERENZIANO a Malcesine, nella zona veronese del lago di Garda, su un impianto di risalita, si arriva sulla cima del monte Baldo. Qui, passeggiando lungo itinerari mozzafiato, da 1.780 metri di quota è possibile osservare il panorama lacustre e delle terre circostanti con un orizzonte di 360 gradi. Saziati gli occhi di questi spettacoli, una volta tornati a Malcesine, è tempo di dare soddisfazione anche agli altri sensi. Un luogo accogliente, fra gli olivi, è l’enoteca winebar Al Gremal di Alberto Ederle

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e Manuel Zeni. «Qui convergono le migliori culture enologiche del Nord Est – afferma Alberto –. Da una parte i grandi rossi della Valpolicella e i Veronesi, per carni rosse e importanti come la Garronese Dop – razza tenerissima che esprime al meglio il territorio –, dall’altra bianchi freschi, come il Soave e il Custoza, affiancabili al pesce di lago – magari un lavarello. Guardando a Nord, poi, ci sono i fruttati trentini e, a Occidente, la sponda bresciana con le bollicine del Franciacorta e l’ottimo Lugana, un bianco profumato e con carattere, ideale per ogni occasione». A tornare sulle carni è Manuel, che spende qualche altra parola su uno dei piatti più rappresentativi dell’enoteca: la tartare di Garronese Dop: «È un piatto semplice, ma che regala sempre sensazioni positive. È un filetto battuto a punta di coltello e condito con sale, pepe e olio Dop di Malcesine, da servire con una composizione di cipolla, capperi e senape e accompagnare a verdure di stagione». manuelzeni@virgilio.it

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In alto, un interno dell’enoteca winebar Al Gremal di Malcesine (VR). Sotto, l’olio evo usato dall’azienda

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UN BIERGARTEN SUL GARDA Tranquillità e sapori. Convivialità e una sintesi fra la buona tavola italiana e quella altoatesina. Mario Forelli propone un’esperienza che soddisfa tutti i cinque sensi di LUCA CÀVERA peck e birra, carni allo spiedo e piatti altoatesini trovano posto su grandi tavoli di legno, circondati dallo scenario naturale che si specchia nel lago di Garda, meta ideale per gli amanti degli sport all’aria aperta, di acqua e di terra. È qui, a Malcesine, alle pendici del Baldo, in un giardino ricco di fiori, che Mario Forelli, la moglie Enza e la loro famiglia gestiscono da trent’anni il ristorante Speck Stube, ritrovo perfetto per trascorrere una giornata in tranquillità. «Un pasto nel nostro ristorante – afferma Mario – è una festa per tutti e cinque i sensi, una pausa rilassante lontana dallo stress cittadino e un’esperienza da condividere in famiglia e con chi ci è caro». La cottura tradizionale allo spiedo contribuisce a esaltare i sapori di carni tenere e saporite – pollo, costine di maiale e l’imperdibile stinco di maiale con

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cotenna –, condite solo con spezie naturali e senza glutine. «Grazie alla selezione di carni italiane, fresche e di alta qualità, la nostra cucina è un’esperienza gastronomica da provare. E ovviamente non manca mai lo Speck Alto Adige Igp, che deve la sua unicità alla tradizione artigianale della regola di produzione: poco sale, poco fumo e molta aria. Solo rispettando queste norme severe si ottiene la qualità dell’autentico speck, che noi serviamo con un pane di segale fatto a mano presidio Slow Food: l’Ur-Paarl, variante più antica del tipico Vinschgauer Paarl della Val Venosta, la cui forma tradizionale è una specie di otto schiacciato, ottenuta unendo due pani rotondi e piatti». www.speckstube.com

La famiglia Forelli gestisce ininterrottamente, dal 1982, il ristorante Speck Stube di Malcesine (VR)

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LA CITTÀ SI FA PASSERELLA

di RENATA GUALTIERI

«Milano è una bomboniera di classe ed eleganza». Così Mario Boselli che ci accompagna tra le vie più celebri e gli angoli ricchi di glamour e ricercatezza

ultima edizione di Milano moda uomo è stata molto positiva, caratterizzata dagli aumentati numeri delle collezioni e da un’atmosfera unica che ha fatto rivivere il capoluogo lombardo e le sue dimore storiche, diventate per l’occasione location d’eccezione degli stilisti. «Molte maison – ricorda il presidente della Camera nazionale della moda italiana Mario Boselli – hanno nuovamente scelto sedi storiche e prestigiose per presentare le proprie collezioni, dando risalto alla bellezza di alcuni luoghi di Milano nascosti o non conosciuti ai più, che stupiscono sempre gli operatori internazionali per la loro bellezza». Per fare alcuni esempi:Villa Necchi Campiglio, l’Accademia di Brera, Palazzo Cusani, Palazzo Serbelloni, luoghi storici e simbolici della città, ma a fare da scenario ai nomi del fashion system è stato anche il trentanovesimo piano del Palazzo della Regione, che offre una vista unica sulla città.

L’ Mario Boselli, presidente della Camera nazionale della moda italiana

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Patrizio Bertelli, presidente e amministratore delegato di Prada e vicepresidente vicario di Cnmi, ha inviato una lettera ai ristoranti e bar del centro di Milano in cui li si invita a restare aperti, durante i giorni delle sfilate, di domenica e lunedì. Come è possibile fare sistema coinvolgendo moda, design, lusso, cultura, ma a anche alberghi, locali e bar della città e come è visto il rilancio di Milano dai grandi nomi del made in Italy? «Fare sistema, coinvolgendo tutti questi attori è proprio il programma della Camera della Moda, appena rinnovata. La lettera che è stata mandata ai ristoratori del centro rappresenta solo un primo passo, la prima delle iniziative atte a consolidare la centralità di Milano come capitale non solo della moda, ma anche di tutte le eccellenze che nella città si rappresentano: arte, cultura, design. Già a partire dalla prossima edizione di Milano moda donna di settembre nuove iniziative e progetti sono in programma per dare maggiore impulso alla città».

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Milano, i luoghi della moda

Mario Boselli


Il Quadrilatero racchiude in quattro vie tutti i nomi del lusso ed è da sempre meta di turisti internazionali

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Quali sono oggi a Milano i luoghi simbolo del fashion system e più glam? «Ci sono dei luoghi storici, da sempre identificati come tempio del lusso e della moda, come il Quadrilatero, fiore all’occhiello di Milano, che racchiude in quattro vie tutti i nomi del lusso ed è da sempre meta di turisti internazionali. Il quartiere di Brera e la nuova zona di Porta Nuova sono sempre più apprezzati. Ciò rappresenta un segnale dell’attenzione sempre maggiore verso zone meno centrali da parte dalle moda, dato anche dal fatto che diversi brand hanno deciso di aprire in queste zone negozi e sedi». Quali sono le vie dello shopping che preferisce e i negozi da visitare per un appassionato di moda in visita in città? «Le vie del Quadrilatero sono imprescindibili, perché vi si trovano tutte le firme del lusso concentrate in poche vie. Passeggio volentieri anche in Corso Buenos Aires, via più commerciale, con certi primati a livello internazionale: oltre 350 negozi e un fatturato quotidiano complessivo tra i più alti del mondo». Dalla colazione al pranzo, dall’ora del tè all’aperitivo, fino alla cena. Quali le tappe obbligate per una giornata alla moda? «Milano da questo punto di vista offre davvero moltissimo. La colazione, visti i ritmi lavorativi serratissimi è un light lunch, ormai si trovano soluzioni interessantissime anche all’interno di ristoranti tradizionali, che hanno creato una parte bistrot dove si mangia bene, ma più velocemente e a prezzi più contenuti. La sera è un altro discorso, si ha il tempo per gustare la

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Milano, i luoghi della moda

Mario Boselli

buona cucina, Milano offre moltissime soluzioni, in ogni parte della città si trovano ristoranti e locali dove è possibile assaporare piatti tipici della tradizione culinaria milanese, ma non solo. Alternativa alla cena, quando si è di fretta, c’è il famoso aperitivo “rinforzato” tipicamente milanese, che però trovo incompatibile con una cena a seguire. Insomma, o aperitivo o cena, anche per restare in forma».

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Quali aggettivi userebbe per descrivere Milano e perché? Cosa ama e cosa no della città? «Milano è una bomboniera di classe ed eleganza. Apprezzo particolarmente i sabati e le domeniche, quando c’è meno traffico, la città riposa ed è possibile viverne la bellezza originaria. Quello che non amo è l’arroganza di certe frequentazioni milanesi».

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IL SALOTTO MENEGHINO

di RENATA GUALTIERI

Partendo da via Montenapoleone, Guglielmo Miani, a capo dell’associazione che raggruppa i nomi più importanti presenti nella strada, ci guida attraverso percorsi cittadini fatti di moda, arte, gusto e negozi d’antiquariato

a caratteristica che contraddistingue via Montenapoleone dalle più grandi strade del lusso mondiale è la sua stessa struttura, che la rende una sorta di city mall a cielo aperto. Nei suoi 450 metri si può trovare la più alta eccellenza che il settore del lusso può vantare. Inoltre, i cortili interni che ospitano esclusivi ristoranti e i palazzi storici alternati a quelli più moderni le conferiscono delle peculiarità che la rendono unica al mondo. «Rispetto a Parigi, ad esempio – spiega il presidente dell’associazione Via Montenapoleone – presenta un posizionamento più esclusivo e cucito su misura per gli ospiti della via». Quale percorso consiglierebbe a un turista in visita nel capoluogo lombardo? Alla riscoperta di quali luoghi insoliti e suggestivi? «Da appassionato d’arte e profondamente innamorato della natura, frequento spesso il museo Poldi Pezzoli, quindi credo che chiunque venga in visita in città debba vedere questo

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Guglielmo Miani, presidente dell’associazione Via Montenapoleone

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luogo nel cuore di Milano che conserva delle collezioni davvero straordinarie». Quali sono gli eventi programmati per i prossimi mesi? E quale il potenziale ancora da sviluppare per la promozione della via e di Milano? «Essendo via Montenapoleone uno dei motori economici della città, l’associazione che presiedo opera per promuovere Milano come polo del lusso e cerca di offrire a un clientela raffinata esperienze “money can’t buy”. Tra le prossime iniziative promosse dall’associazione, vorrei segnalare a partire da giovedì 10 ottobre la quarta edizione della “Vendemmia”, che prevede l’apertura serale delle boutique insieme alla degustazione dei migliori vini d’Italia e del mondo. Nei giorni successivi verranno offerti speciali benefit, grazie alla partnership con gli hotel 5 stelle lusso di Milano e con i più importanti e prestigiosi ristoranti che ideeranno menù e degustazioni a base di vino. Sempre a ottobre si terrà la terza edizione del charity event “Nastro rosa”, in collaborazione con Lilt: un giorno di shopping solidale, nel mese dedi-


Milano, i luoghi della moda

Guglielmo Miani

cato in tutto il mondo alla prevenzione, durante il quale le boutique devolveranno il 10 per cento degli incassi a favore della Lega italiana per la lotta contro i tumori». Per un appassionato di shopping quali le altre vie della città dove si incontrano chic, raffinatezza e lusso? «Sicuramente le vie limitrofe a via Montenapoleone, via Verri e via Sant’Andrea, ospitano vetrine di brand con un posizionamento più di nicchia. Si possono anche trovare, all’interno dei loro cortili, negozi di antiquariato. L’intero spazio offre un’ampia proposta che va della più alta sartoria al fashion d’avanguardia, della pelletteria più raffinata all’orologeria, insieme all’alta gioielleria dei marchi più prestigiosi».

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Per un incontro tra moda e gusto, quali locali consiglierebbe? «I miei bar preferiti, ottimi per un buon caffè ma anche per l’aperitivo, sono il Bulgari, che con il suo bellissimo cortile pieno di spazi verdi dà l’impressione di non essere neppure a Milano; lo storico Camparino, uno dei più vecchi bar meneghini e che da più di 50 anni appartiene alla mia famiglia; il Cova, bar di riferimento in via Montenapoleone. Per il pranzo sceglierei il ristorante Armani, con la sua fantastica skyline, e il Paper Moon, bellissima location nel centro di Milano. Mentre per una cena in un’atmosfera accogliente, la mia scelta ricade sul Bacaro del Sambuco, un ristorante che presenta i tratti di un elegante bistrot parigino».

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BRERA, BOUTIQUE E ARTIGIANI

La zona ha tutte le credenziali per imporsi al pubblico internazionale e diventare distretto dedicato alle grandi griffe di moda. Ne è convinta la stilista Luisa Beccaria

di RENATA GUALTIERI


i diffonde sempre più a Milano l’ipotesi di un nuovo Quadrilatero della moda e c’è chi, come Gucci, è appena arrivato con un nuovo spazio da 800 metri quadrati e chi, invece, come Luisa Beccaria, c’è sempre stata perché ha sempre creduto nelle potenzialità della zona. «Brera oggi è viva – sottolinea la stilista – ricca di bar e ristoranti, assai attraente e più rilassata rispetto al Quadrilatero. Inoltre, l’orto botanico sarà aperto al pubblico e fungerà da passaggio tra via Brera e via Manzoni. Uno straniero in visita in città poi non dovrebbe mai dimenticare di visitare la celebre Pinacoteca». Gucci ha aperto il suo primo flagship in Europa dedicato all’uomo nello storico quartiere milanese di Brera. Quanto cambierà con questa apertura il panorama della zona? «Non credo che cambierà, ma sarà sempre più una conferma che Brera ha tutte le credenziali per imporsi anche per un pubblico internazionale di big shopper. Inoltre il mix tra cultura, cibo e moda è davvero speciale. Noi vestiamo molte attrici e vip dello star system internazionale, abbiamo spesso articoli sulla stampa estera e ci muoviamo in continuazione in America, Russia, Medio Oriente. Chissà che, non essendo più noi i soli pionieri della moda a sostenere Brera, non ne riceveremo un vantaggio sul mercato internazionale. Della serie l’unione fa la forza». Che aria si respira nel suo showroom di via Formentini e cosa, tra allestimenti e collezioni, lo rende più accattivante? «Lo spirito del luogo, il fatto che si possano fare ordini speciali ad hoc. Noi abbiamo due distinte e speciali realtà nel cuore di Brera. La prima è costituita dal nostro grande negozio che si è ampliato negli anni, composto da diverse stanze dove

Milano, i luoghi della moda

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Luisa Beccaria

sono esposte tutte le nostre collezioni giorno, cocktail e sera, da cerimonia e da sposa, la maglieria oltre alle creazioni lifestyle. Le parti sono sfumate in color glicine chiaro, i pavimenti di resina effetto lago ghiacciato, cielo al tramonto ottenute da petali di fiori. Tutto è trasparente come il cristallo e rifrangente come lo specchio. Ci sono grandi lampadari di vetro di Murano soffiato a mano con gocce pendenti che sono il simbolo del nostro marchio. La seconda location è rappresentata dal nostro showroom, in via san Carpoforo, proprio di fianco alle vetrine del negozio. Si tratta di una ex officina meccanica, un grande loft multifunzionale d’impronta newyorchese che usiamo per le nostre presentazioni e sfilate di prêt-àporter, ma che è anche utilizzato per ospitare eventi durante il Salone del mobile ed è

La stilista Luisa Beccaria

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diventato punto di riferimento nel cuore di Brera come location multifunzionale. Il piano sotterraneo ospita gli uffici prodotto mentre la balconata l’ufficio commerciale e l’ufficio stampa». Fra le vie di Brera si trovano molti locali. Quali consiglierebbe per una sosta a colazione, per il pranzo, per l’ora del tè o per l’aperitivo? «Il bar Jamaica, N’Ombra de vin, la Trattoria Torre di Pisa, il Resentin, ristorante di Eros Ramazzotti. Speriamo di aprire presto uno spazio da vivere all’ora del tè all’interno del nostro negozio. Le foglie di tè producono inoltre deliziosi dolcetti». La sua moda è ricca di romanticismo e proposte interessanti. Quale ristorante consiglierebbe a una sognatrice che indossa i suoi abiti? «La trattoria del Carmine, con i suoi tavoli all’aperto di fronte alla chiesa omonima a pochi passi da noi, e la Torre di Pisa, un locale pieno di tradizioni». Quali le tappe indispensabili in un tour di

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Un turista in visita in città non dovrebbe mai dimenticare di visitare la celebre Pinacoteca

stile nel capoluogo lombardo e le vetrine da non perdere per delle irriducibili amanti della moda griffatissima lungo le vie della moda di Milano? «A parte il famoso Quadrilatero, dove si trovano molti monobrand, ma sempre più globalizzati, quindi simili nelle capitali del mondo intero, trovo interessanti 10 corso Como, Antonia, i negozi profumati di Santa Maria Novella e Ortigia, L’oro dei Farlocchi: tutti a pochi passi dal nostro negozio in via Madonnina».

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Un ambiente di tendenza, tra nuove mode e tradizione italiana: dagli anni 70 rappresenta l’avanguardia milanese, frequentato da artisti e movimenti studenteschi. Oggi punto di riferimento per tutti coloro che amano la buona cucina e il divertimento, dall’happy hour al dessert propone i piatti della migliore tradizione culinaria italiana dai sapori rigorosamente mediterranei.

I luoghi di Milano

TRATTORIA TOSCANA Corso di Porta Ticinese, 58 – Milano – Tel. 02 89406292 www.trattoriatoscana.net – info@trattoriatoscana.net

La cucina milanese nel quartiere degli artisti e dello shopping esclusivo di Brera. Situata in una delle piazze più caratteristiche del capoluogo lombardo La Trattoria del Carmine riceve i suoi ospiti nel giardino estivo con un menù che va dalla cucina mediterranea, alla pizza, a piatti della tradizione locale, con un occhio sempre attento alla scelta delle materie prime.

TRATTORIA DEL CARMINE Via del Carmine,1 Milano - Tel. 02 86461234 www.trattoriadelcarmine.com - trattoriadelcarmine1@libero.it

Ristoranti di successo. Da Istanbul a Doha, a Milano. Paper Moon, in via Bagutta, sorto nei locali di una ex latteria a due passi da via Montenapoleone, ha più di 30 anni di storia durante i quali ha ospitato personalità della moda, dello spettacolo e dello sport. Oggi questa pizzeria-ristorante offre un menù caratterizzato dalla bontà dei prodotti e da una cantina ben selezionata.

PAPER MOON Via Bagutta, 1 - Milano - Tel. 02 76022297 www.papermoonmilano.com

Storica trattoria di Brera. Per data di nascita e per i personaggi che la frequentano, la Trattoria Torre di Pisa ha ricevuto dalla Camera di commercio di Milano il riconoscimento che l’annovera tra i pubblici esercizi più antichi della città. La cucina di un tempo, fatta di piatti semplici e genuini, e i classici della tradizione toscana affiancati a proposte della tradizione nazionale.

RISTORANTE TRATTORIA TORRE DI PISA Via Fiori Chiari, 21/5 - Milano Tel. 02 874877 www.trattoriatorredipisa.it

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RITORNO AL FUTURO

di TERESA BELLEMO

Milano unisce il contemporaneo a forti radici nella storia dell’arte, forse per questo è ancora una delle capitali del design. Flavio Caroli ci fa da guida

erdersi in una città, anche se la si conosce, può essere un’esperienza affascinante. Ma forse lo è ancora di più quando ci ritroviamo a scoprire una città nascosta, magari grazie a una guida particolare, come può esserlo un profondo conoscitore della storia dell’arte e della città in cui ci troviamo. È questo il caso di Flavio Caroli, critico e storico dell’arte nato a Ravenna ma da molti anni trapiantato a Milano, che ci farà da Cicerone partendo da casa sua, in via Pergolesi, fino alla Triennale di Milano, a caccia di opere e palazzi più o meno noti, come la Ca’ Brutta di Muzio o la falsa prospettiva del Bramante, nascosta in una chiesetta nel centro di Milano. Partiamo dunque da via Pergolesi. «Dal mio balcone vedo la Sala Reale della stazione centrale: la sala d’attesa dei reali con tanto di passaggi segreti in caso di fuga. La ritengo una delle espressioni più milanesi, inserita nella costruzione progettata da Stacchini, molto ispirata dall’opera e dalle idee di Sironi.Vicino la stazione c’è un edificio che nessuno nota mai: un resto dell’architettura bramantesca e leonardesca, perso in mezzo ai

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palazzoni che gli sono stati costruiti attorno, la Cascina Pozzobonelli. La si può trovare uscendo dalla porta di sinistra della stazione centrale e purtroppo non è per nulla valorizzata, per questo nessuno se ne accorge. Rimarrei ancora nei paraggi per un salto nel contemporaneo: uno dei capolavori di Gio Ponti, il grande edificio ricoperto da piastrelle verdi all’angolo tra viale Andrea Doria e piazza Caiazzo. Da qui si vede anche il grattacielo Pirelli, altro capolavoro dell’architetto». Proseguiamo verso il centro. «Farei una visita alla chiesa di San Satiro, all’inizio di via Torino. Si tratta di una piccola chiesa, anche questa poco valorizzata, dove si può vedere la finta prospettiva del Bramante, un autentico capolavoro che incarna alla perfezione il periodo in cui a Milano fervevano le idee di Leonardo e di Ludovico il Moro. A mio parere è forse la cosa più bella della città, un gioco di distanze reali e illusorie che creano un effetto molto spettacolare. Poi c’è il Museo del Novecento, dove sono raccolte le più importanti collezioni milanesi del ventesimo secolo. Lo considero uno dei migliori in Italia,

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Sopra, da sinistra, il quartiere moderno di Garibaldi e la chiesa di San Satiro. A destra, Flavio Caroli

La chiesa di San Satiro è una piccola chiesa poco valorizzata dove si può vedere la finta prospettiva del Bramante


Milano artistica

Dal Bramante a Gio Ponti

Sopra, la Cascina Pozzobonelli vicino alla stazione centrale

anche se non è all’altezza della Tate Modern di Londra o del Centre Pompidou di Parigi, due musei di serie A. Possiamo dire però che il Museo del Novecento di Milano è uno dei migliori della “seconda fascia”». Arriviamo in Triennale. «Usciti dal Museo del Novecento, dobbiamo dare un’occhiata a Ca’ Brutta, chiamata così perché venne considerata una costruzione esteticamente pesante e stravagante, e invece la considero tutt’ora tra le più belle di Milano perché conserva un fascino molto particolare. L’architetto che la progettò, Giovanni Muzio, è lo stesso che disegnò l’edificio della Triennale, uno dei maggiori esponenti della cosiddetta architettura razionale o fascista. Arrivati in Triennale, finalmente possiamo assistere a una delle migliori collezioni di design d’Europa e del mondo. Io sono legato soprattutto alle sale dedicate ad Achille Castiglioni, un caro amico e uno dei de-

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signer più influenti che ha trasformato e dato un nuovo significato agli oggetti di tutti i giorni». Quali zone consiglia per poter vedere come sta evolvendo il design milanese? «Se si vuole toccare con mano il nuovo design non si può non andare nella zona di Porta Garibaldi. Qui Milano sta cambiando a ritmi vertiginosi come nessun’altra città europea sta facendo. Grattacieli e palazzi, alcuni molto belli, stanno arricchendo l’architettura cittadina. Un’altra zona che in questi anni sta vivendo forti trasformazioni e una sorta di nuova giovinezza è sicuramente il quartiere Isola, che poi si ricollega a Corso Como, da sempre la via del design e della moda». Un’opera, una sala di un museo di Milano che le capita di visitare spesso, a cui è affezionato? «Di sicuro le sale dedicate a Lorenzo Lotto nella Pinacoteca di Brera».

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Milano artistica

GIRO DEL DESIGN IN 80 ANNI

di TERESA BELLEMO

Triennale, la casa del design

Un percorso fatto di innovazione e anticipazioni quello della Triennale, che festeggia il suo anniversario. Claudio de Albertis ce la fa conoscere meglio

apitale indiscussa del design italiano e di forte rilevanza anche a livello mondiale, Milano ospita moltissimi esempi della storia del disegno industriale non soltanto nei tradizionali contenitori, i musei, ma anche fuori, tra i palazzi e le rotaie dei tram. Cattedrale meneghina di quest’arte è certamente la Triennale, che custodisce al suo interno le opere principali di artisti come Sironi e De Chirico, e cura ogni anno mostre che riescono a delineare quelle che sono le nuove direzioni del design, non solo a livello nazionale. Ciò che conta in Triennale, più che le opere, sono infatti le mostre. L’edizione del Triennale Design museum quest’anno porta il titolo “La sindrome dell’influenza” e affronta il tema della reciprocità delle relazioni fra il design italiano e quello internazionale, unendo le sto-

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Claudio de Albertis, presidente della Triennale di Milano

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Milano artistica

Triennale, la casa del design

rie personali dei grandi maestri italiani, il loro vissuto quotidiano ed eccezionale in Italia e nel mondo, della capacità delle nostre principali aziende di trasformare le idee che provengono dalle star del design mondiale in un prodotto made in Italy. Claudio de Albertis, presidente della Triennale, ci accompagna in un itinerario delineato con il suo lapis alla scoperta del design settled in Milan, partendo dai designer della Triennale fino ad arrivare agli chef che con i loro menù riescono a soddisfare non soltanto il palato ma anche simmetrie e linee prospettiche. Cosa non perderebbe della sua Triennale? Quali gli artisti, le chiavi di lettura, i percorsi che consiglierebbe per coglierne appieno l’anima? «Oltre al già citato Design museum e ai capolavori “storici” della Triennale come il mo-

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saico di Achille Funi nell’atrio o le sculture di Pesce, Sottsass, Ramous nel Giardino, non perderei le mostre di architettura. “Senza Pericolo” ha per tema la sicurezza e per la prima volta affronta questo tema così importante nelle nostre costruzioni. Poi c’è quella del premio Mies van der Rohe alla migliore architettura europea che presenta un panorama molto interessante su come e cosa si costruisce oggi in Europa. Dopo il drammatico incendio dei mesi scorsi del Museo d’arte di Gallarate, ospitiamo anche la sua raccolta d’arte moderna e contemporanea che percorre il novecento italiano con una rassegna di opere e artisti di rara bellezza. C’è infine una segnalazione che vorrei fare per far capire la Triennale di questi anni: la mostra sul design del gioiello che presentiamo al design café. Si può mangiare o bere qualcosa sedendosi su una sedia normalmente

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Milano artistica

Triennale, la casa del design

esposta nei musei del design di tutto il mondo; rilassarsi con gli amici e contemporaneamente vedere una mostra di grandissima qualità che meriterebbe anche un biglietto d’ingresso. Questo è vivere il design, vivere la contemporaneità, in uno dei pochi luoghi di Milano in cui si respira l’aria del mondo». Come sta il design italiano e quali sono oggi i suoi punti di maggior interesse? «Il design italiano è in un momento di grande trasformazione. È finito il periodo dei grandi maestri, è in crisi un modello di sviluppo incentrato sul mercato del lusso e sulla globalizzazione produttiva. Si affacciano nuove tribù creative che vogliono competere in un mercato aperto: il design è diventato un mestiere più ampio di quello dedicato alla sola produzione di oggetti con i quali arredare le nostre case. Nel nostro Museo del design abbiamo dedicato una linea di ricerca per capire, conoscere e far conoscere il lavoro creativo di questa nuova

generazione di designer che non sono i figli dei Munari, dei Castiglioni, dei Magistretti, ma che sono portatori di una vitalità creativa di grande valore, che praticano le nuove opportunità dell’innovazione tecnologica anche in una logica di auto produzione per un mondo che non si accontenta più dell’offerta standard delle multinazionali. “The new italian design” è una mostra già alla terza edizione che stiamo portando in tutto il mondo. In questo momento è a San Francisco, dopo arriverà a Madrid, Istanbul, Pechino, Taiwan, Bilbao, per poi andare a Santiago del Cile e a Città del Capo». Una passeggiata a Milano. Quali i percorsi, le tappe per un itinerario che tenga conto del design italiano contemporaneo ma anche di quello storico? «Il percorso storico più interessante è quello che parte dalla Triennale per andare allo studiomuseo Achille Castiglioni in Foro Bonaparte, per proseguire allo studio-museo di Vico Magistretti e finire in quello di Franco Albini. Un percorso che permette di capire il mondo creativo di questi maestri e il loro contributo alla storia del design. A queste tappe si possono, o forse si devono, aggiungere quelle dedicate alla contemporaneità, come ad esempio lo Spazio Orlandi». Volendo unire cucina e design, dove consiglierebbe una sosta? «Sono ormai parecchi i cuochi che si sono relazionati con il design e che progettano cibi: da Davide Oldani, che ha anche progettato oggetti per la tavola, a Carlo Cracco, con alcuni piatti che sono ormai cult come la verdura disidratata, a Moreno Cedroni, con i suoi cibi in scatola. Ma non posso non consigliare una sosta al nostro Triennale design restaurant con un’offerta integrata di cibo, arredo e mostre che a Milano non ha uguali».

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L’OSPITALITÀ SI EVOLVE

di VALERIO GERMANICO

Gli ostelli entrano nella fase 2.0. Antonio Rossi, assessore allo Sport e alle politiche per i giovani di Regione Lombardia, presenta questa formula ricettiva anche alle famiglie

Sopra, una veduta del lago di Como. A destra, Antonio Rossi, assessore allo Sport e alle politiche per i giovani di Regione Lombardia

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Formule turistiche

ome atleta ho viaggiato in tutto il mondo e mi rendo conto che, in Italia, gli ostelli sono sempre stati associati a un’idea di ospitalità di serie B. Oggi non è più così – è il commento di Antonio Rossi, assessore per lo Sport e le politiche per i giovani della Regione Lombardia – e quindi posso affermare di essere orgoglioso delle nostre strutture. Gli ostelli lombardi sono di eccellente qualità, eleganti, a norma, attenti alle esigenze dei disabili e dedicati non solo ai giovani, bensì a tutti coloro che sono in cerca di una vacanza low cost, dunque anche agli adulti che vogliono relax, benessere e spunti culturali. Mi piace pensare, usando una metafora, a un’evoluzione che ha proiettato gli ostelli in una fase 2.0». La Regione si è dimostrata attenta alle esigenze che provengono dal territorio e ha cercato di promuovere le iniziative più volenterose. Per questo, negli scorsi anni, con un investimento di 23 milioni di euro – oggi impensabile –, Regione Lombardia ha predisposto un programma di ristrutturazione e valorizzazione, in maniera tale

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da sostenere l’adeguamento degli ostelli già sul territorio al livello dei paesi europei che si collocano all’avanguardia nell’ospitalità turistica – anche in vista di Expo 2015 e dell’esigenza di convogliare l’enorme flusso di visitatori che convergeranno su Milano fra meno di due anni. Le strutture completate con il sostegno economico di Regione Lombardia sono state 25, che hanno permesso di raggiungere oggi – a fronte di un preesistente sistema basato su 19 strutture parzialmente collegate fra loro – la quota di 59 ostelli attivi, collegati fra loro grazie a una rete di relazioni costantemente alimentata e riuniti sotto un unico brand e un unico sito web. Le 59 strutture complessivamente offrono 2.376 posti letto e hanno registrato oltre 180mila presenze nel 2012. E secondo i dati della rete degli ostelli lombardi, oltre il 90 per cento delle camere dispone di bagno privato. Contestualmente agli investimenti infrastrutturali, si è dato corso a ulteriori interventi che dessero slancio alla proposta ricettiva: una modifica della legge regionale sul turismo – che ha permesso agli ostelli di aprire le proprie porte a un’ospitalità senza limiti di età e a una gestione anche a scopo

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di lucro –, l’approvazione di un regolamento regionale che ha disciplinato gli aspetti qualitativi minimi – pulizia dei locali, modalità di funzionamento, dimensioni e attrezzature delle camere – e le caratteristiche di base delle strutture ostello – sale comuni, realizzazioni di eventi, appartenenza a una rete di relazione, partecipazione alla promozione degli itinerari. «Abbiamo fortemente creduto in questo progetto, realizzato con passione e professionalità dallo staff della direzione generale dell’assessorato allo Sport e alle politiche per i giovani – precisa Rossi –. Progetto che quest’anno raggiunge gli obiettivi prefissati e si conferma un modello virtuoso per lo sviluppo del turismo giovanile e delle famiglie. Inoltre, è importante ricordare che, da regolamento, la gestione delle nuove strutture deve coinvolgere gli under 35, così da garantire anche un’opportunità di impiego per i giovani». Dunque la formula ostello, grazie alla rinnovata immagine di queste strutture fondamentali, offre sì la possibilità di scegliere una forma alternativa di ospitalità low cost però, al contempo, di grande qualità. La riqualificazione delle strutture esistenti, che spesso racchiudono anche un particolare valore affettivo per la comunità – come nel caso di scuole, edifici storici o che ospitavano attività produttive – si traduce poi in un’ulteriore ricaduta positiva per il territorio. Gli ostelli lombardi si pongono altresì come realtà in grado di fornire informazioni sul territorio e spunti per il tempo libero, grazie anche a una preziosa collaborazione con il Touring Club Italiano, che ha permesso di

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identificare quindici percorsi che consentono agli ospiti di vivere in prima persona il ricchissimo patrimonio paesaggistico, culturale, religioso ed enogastronomico lombardo. «La nostra regione rappresenta una meta straordinaria per i turisti provenienti da tutta Europa, i quali, ne sono convinto, sapranno sicuramente apprezzare questo nuovo concetto di ospitalità promosso dalla Regione». Grazie a questi interventi congiunti, oggi il mondo degli ostelli in Lombardia è radicalmente trasformato e in grado di competere con le proposte dei paesi europei a più antica tradizione. Il cambio di passo rispetto alla precedente immagine di queste strutture ha inoltre attirato capitali privati cosicché, in pochi mesi, sono entrati nel mercato turistico una decina di nuovi ostelli aperti da imprenditori che non hanno fruito di agevolazioni pubbliche. E secondo le attuali previsioni di crescita, entro il 2015, anno dell’Expo, in Lombardia ci saranno 80 ostelli, con una capacità di 3mila posti letto e la possibilità di arrivare a 500mila presenze l’anno. www.regione.lombardia.it www.hostellombardia.net

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TRADIZIONI RIVISITATE

di RENATO FERRETTI

Una cascina rimasta intatta al mutare del tempo, in cui ancora oggi si preparano i piatti della cucina tradizionale «senza rinunciare al proprio stile». Marco e Angelo Tacchella raccontano la loro esperienza

ucina italiana e creativa». Per descrivere le specialità lombarde, Angelo e Marco Tacchella definiscono così la proposta della loro Trattoria di Coronate. All’interno della tradizione locale c’è di che sentirsi al sicuro, ma nonostante questo i due titolari non hanno nessuna intenzione di rinunciare al tocco personale. La trattoria, immersa nel verde, si

«C Il vitello tonnato della Trattoria di Coronate di Cascina Coronate di Morimondo (MI)

trova a Cascina Coronate di Morimondo nell'ultimo lembo della provincia di Milano, tra Abbiategrasso e Pavia. «Qui – dice orgogliosamente Angelo Tacchella – è possibile scoprire ancora una vecchia Cascina perfettamente conservata e anzi valorizzata da un ristorante che racconta le antiche storie di sapori veri, che la nostra famiglia gestisce dal 1934». Ai fornelli lo chef Luca Garanzini, aiutato per pane e dolci da maria Grazia Colomban. I due, a conferma del tocco anticonvenzionale in trattoria, realizzano un menù che cambia ogni due mesi. «Deve essere vario – continua Marco Tacchella – in modo che si alternino piatti della tradizione a piatti con ricette un po' particolari. Se dovessimo fare un esempio, però, possiamo citare il nostro vitello tonnato, con tartufo nero o, tra i dessert, consiglio di assaggiare la sfera di cioccolato ripiena di frutti di bosco, gelato alla crema e biscotto bretone, servita con coulisse caldo di mirtilli». Per accompagnare i piatti si può scegliere una delle etichette della fornitissima carta dei vini, che conta circa 600 referenze.

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www.trattoriadicoronate.it

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A CENA CON LA TRADIZIONE La ricchezza della pianura padana tra Cremona e Mantova, offre scorci di rara bellezza come Isola Dovarese, dove assaporare i piatti tipici della tradizione di PAOLO BIONDI n un piccolo lembo di terra a forma di goccia, proteso verso la golena del fiume Oglio, sorge Isola Dovarese, un piccolo paese del Cremonese celebre per il “Palio delle Contrade”, tradizionale rievocazione storica del matrimonio tra Anna Dovara e Filippino Gonzaga che la seconda domenica di settembre riporta il borgo all’atmosfera del 1400. Oltre al Palio, Isola Dovarese si veste a festa anche in occasione della “Fiera di San Giuseppe”: nei pressi dell’oratorio dedicato al santo, bici e moto d’epoca, prodotti dell’artigianato locale, le specialità della cucina e i giochi storici allietano la giornata. In questa suggestiva cornice, dominio del casato dei Dovara e poi dei Gonzaga, signori di Mantova, sorge Palazzo Quaranta, edificio del Settecento oggi hotel arredato in stile padronale. «Il Palazzo Quaranta – spiegano Maurizio Malaggi e Bertoletti Giuliano – si affaccia e completa la magnifica visione dell’ordine

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stilistico tipico dei Gonzaga. Un lavoro meticoloso ha portato al suo antico splendore questo edificio che oggi ospita un elegante hotel e un raffinato ristorante». Per gustare il sapore e il fasto della storia raccontata da queste antiche pietre c’è la possibilità di assaggiare le specialità che per centinaia di anni hanno caratterizzato questo territorio come i Tortelli allo Storione con verdure brasate o il Petto d'oca alle erbe aromatiche: «L’hotel offre tra l’altro anche un pacchetto denominato Joie de vivre che comprende cena in camera “Anna Dovara” con champagne e vini pregiati. Il menù medievale è composto da Pesce di fiume in Carpione,Tortelli di Faraona con salsa ai datteri, Anguilla del Curato,Torta di zucca con crema al cardamomo. La proposta varia a seconda delle stagioni». www.palazzoquaranta.it

Sopa, tortelli allo storione con verdure brasate. Palazzo Quaranta si trova a Isola Dovarese (CR)

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FLORENCE WAY OF LIFE

di FRANCESCA DRUIDI

Firenze è arte, ma anche di più. È uno stile di vita slow da apprezzare fino in fondo. Parola di Alan Earhart, direttore del campus fiorentino della Georgetown University


Passeggiate fiorentine

Alan Earhart

in dal Settecento, il cosiddetto grand tour in Europa, e soprattutto in Italia, è diventato un must per intere generazioni di artisti, intellettuali, aristocratici e borghesi stranieri. Una tappa di passaggio dall’età adolescenziale a quella adulta che, ancora oggi, non smette di esercitare il suo fascino. E non è caso che Firenze, da sempre una delle mete irrinunciabili del grand tour, ospiti le sedi di alcune delle più prestigiose università americane. Alan Earhart, direttore del campus fiorentino della Georgetown University, racconta la sua Firenze e quella vissuta dai suoi studenti. Ci sono stereotipi su Firenze che condivide e o che si sente di smentire? «Firenze è ciò che è oggi proprio in virtù del grand tour. Il rapporto tra i viaggiatori del grand tour e la città è stato profondo e complesso.Alcuni, da semplici curiosi osservatori, sono diventati primi attori del palcoscenico fiorentino. Firenze ha tratto notevoli benefici da questa relazione e continua tuttora a trarne attraverso la moltitudine di turisti e studenti internazionali alla ricerca della meta del grand tour. In questo senso, non condivido lo ste-

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reotipo della Firenze idealizzata del Rinascimento, così vivo nelle aspettative di chi approda nel capoluogo toscano. Firenze non è più il centro del Rinascimento italiano. È una città moderna con ingorghi nel traffico, bambini che giocano, autobus che scioperano, disoccupazione ma anche musei di prim’ordine e un futuro che la attende». Quali luoghi rappresentano meglio l’essenza della città? «Se il centro storico identifica la facciata di Firenze, le sue navate, le sue cappelle, il suo transetto e la sua abside sono da ricercarsi nei sobborghi. I fiorentini sono più aperti, cordiali, accessibili ed esuberanti fuori dalle mura cittadine. Visitando Firenze, si dovrebbe fare lo sforzo almeno una volta di cenare in un ristorante locale in uno dei vivaci quartieri periferici». Immaginando un percorso ideale alla scoperta di Firenze, individua delle tappe in un certo senso obbligatorie? «L’asse tra la Cattedrale e gli uffici del Comune deve far parte di qualsiasi viaggio a Firenze che abbia come obiettivo capire la sua storia e la sua società. Il Duomo è il cuore della città, Palazzo Vecchio la sua mente».

Alan Earhart, direttore di Villa Le Balze, sede fiorentina della Georgetown University di Washington

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Passeggiate fiorentine

Alan Earhart

Tra le specialità culinarie toscane, e in particolar modo fiorentine, c’è un piatto che l’ha conquistata maggiormente? «La cucina fiorentina è piuttosto variegata e come tutta la gastronomia italiana è naturalmente orientata ad aderire a un ritmo slow, tutto locale, di consumo del cibo. Specialità tipiche appartengono a determinati momenti dell’anno che dipendono da antiche, secolari, tradizioni, raccolti e feste. Io apprezzo particolarmente i piatti semplici di derivazione contadina come la panzanella, la pappa al pomodoro, la ribollita. Sono piatti vegetariani deliziosi e sazianti, ma preparati usando quei pochi semplici ingredienti che una volta erano disponibili: pane, fagioli, cavolo, basilico, cipolla, aglio». Quali ristoranti preferisce frequentare e consiglierebbe a un visitatore? «Mi piacciono quei ristoranti che inventano nuove versioni delle specialità tradizionali, sperimentando nuove combinazioni di gusti e sapori tipici. “Terrazza 45” a Fiesole è uno di questi e ha uno chef giovane e creativo che si cimenta in nuove rielaborazioni di ricette classiche. Il ristorante ha anche una terrazza, da cui ammirare un bellissimo panorama di Firenze. Se non si vuole prendere l’autobus, si può provare il “Coquinarius” in via delle Oche vicino al Duomo». Quale aspetto di Firenze colpisce mag-

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giormente gli studenti della Georgetown? «I miei studenti risiedono in Italia per sole 15 settimane lavorative, ma per molti di loro questa permanenza rappresenta il culmine dell’esperienza universitaria. L’Italia è carismatica. La sua gente, la sua bellezza, i suoi paesaggi, la sua arte e il suo stile di vita, tutto contribuisce ad attrarre gli americani e a cospirare per farli innamorare disperatamente. Credo che l’aspetto della vita a Firenze che più incanta i miei studenti sia il suo ritmo. In America si tende a vivere senza misura. In Italia, i miei studenti hanno l’opportunità di rallentare e godersi il mondo che li circonda. Per quel breve lasso di tempo in cui partecipano al grand tour. Il mio compito è mostrare loro che Firenze è molto di più di un museo».

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DAL MUGELLO AL VALDARNO

di MANLIO TEODORO

Fra panorami e occasioni per fare sport all’aria aperta. Luciano Nustrini suggerisce alcuni itinerari fra le foreste, i boschi e un territorio ricco di storia e preziosità enogastronomiche del Valdarno Fiorentino n territorio ancora poco battuto quello del Mugello-Valdisieve, con il suo parco naturale delle foreste Casentinesi e di Vallombrosa. E che per questo permette ancora un contatto diretto con una natura integra e genuina. «Le nostre colline sono percorsi ideali per il trekking e le gite in mountain bike. I possibili itinerari sono molteplici: si va dalla fitta rete di musei alle botteghe degli artigiani, con momenti di ristoro offerti dall’ottima gastronomia locale. Essendo

U La fattoria Montalbano si trova nel territorio di Reggello (FI)

questa, poi, una zona vitivinicola pregiata, un percorso tematico – consigliato a chi ama andare alla scoperta delle cantine – può essere la Strada del vino Chianti Rufina e Pomino». Queste alcune delle opzioni che Luciano Nustrini, titolare della fattoria Montalbano di Reggello, nel fiorentino. «Per stimolare la curiosità dei nostri ospiti, organizziamo direttamente tour panoramici e visite ai luoghi di interesse del circondario. A pochi chilometri dalla fattoria, infatti, si trova l’abbazia di Vallombrosa, circondata dai boschi, e stupendi esempi di arte romanica, come la pieve a Pitiana o la pieve di San Pietro a Cascia». L’attività più prettamente agrituristica della fattoria Montalbano prevede la produzione diretta dei prodotti tipici locali, che diventano gli ingredienti per le ricette. «Le nostre specialità si basano sull’eccellente olio extravergine d’oliva prodotto a Reggello – buono anche con del pane semplice –, cecio rosa e fagioli zolfini del Valdarno, selvaggina e bistecche alla brace». www.montalbano.it

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Antiche dimore rurali fatte di pietra e storia, trasformate in agriturismi con amore e cura. Stretti in un abbraccio naturale di splendida bellezza formato da vigneti, oliveti e verdi prati dove pascolano maestose chianine allo stato brado e pecore. Un luogo esclusivo ed elegante, una calda ospitalità per un momento di ristoro che rinfranca.

Ospitalità toscana

TENUTA GARDINI Via Campo di Sasso - Bibbona (Li) - Tel. 0586 671071 www.tenutagardini.it - tenutagardini@gmail.com

Nel cuore della maremma toscana, una dimora che al 1800, appartenuta al Duca di Toscana Leopoldo II, rivive oggi nella Fattoria di Collemezzano. Gli ospiti dei 6 appartamenti ricavati potranno godere del verde della tenuta, dove sono coltivati vigneti e olivi, del maneggio e della piscina. La posizione della fattoria è strategica per visitare Cecina, il mare o altre località toscane.

FATTORIA DI COLLEMEZZANO Via Gorizia, 48 - Cecina (Li) - Tel. 0586 661610 www.fattoriadicollemezzano.it - russfrancesca@tiscali.it

L’esperienza di un’antica dimora toscana, immersa nella campagna ma vicina al mare, caratterizzata da interni di pregio e spazi verdi che la circondano. Villa Poggetto è la residenza principale: è possibile affittare l’intera struttura, l’appartamento Le Sughere oppure le singole camere. Il vicino Podere Scopiccio è articolato in 6 confortevoli appartamenti.

RELAIS CASALE IL POGGETTO Via dei Parmigiani, 3b - Cecina (Li) - Tel. 0586 685971 www.casaleilpoggetto.it - info@casaleilpoggetto.it

Una country house vocata alla cultura. Asilo Masi, situato nel centro storico di Capannoli, era la fattoria della tenuta della famiglia Masi. L’immobile, risalente al 1700, che ha ospitato personaggi come Garibaldi, Puccini e Mascagni, è stato di recente ristrutturato dalla contessa Cristina Gotti-Lega, che vi organizza oggi eventi enogastronomici e culturali.

ASILO MASI Piazza San Bartolomeo, 4 - Capannoli (Pisa) Tel. 0587 607464 www.asilomasi.com - info@asilomasi.com

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ESPRESSIONE DEL TERRITORIO

di LUCA CÀVERA

Far sì che il Brunello di Montalcino rappresenti non solo una Doc, ma un elemento che tenga insieme il binomio vino e località. Il punto di vista di Fabrizio Bindocci, presidente del consorzio del Brunello 170 • Mete Grand Tour

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ono più che soddisfacenti le previsioni per l’annata 2013 del Brunello di Montalcino. Ad affermarlo è Fabrizio Bindocci, confermato presidente del consorzio del celebre vino. «Considerando l’andamento della stagione, la vendemmia 2013 sarà paragonabile a quella del 1979, anche in quell’anno ci fu una primavera molto piovosa e un’estate non troppo calda con piogge frequenti». Uno degli obiettivi del consorzio è quello di promuovere insieme al vino anche il territorio. E in questo senso esiste una stretta collaborazione fra il Comune di Montalcino e il consorzio. Perché avete scelto di puntare sulla complementarità fra grandi e piccoli produttori? «Già nel 1965, anno della sua costituzione, il consorzio riuniva tutti i produttori, grandi e piccoli. Se oggi le grandi aziende fanno da traino, le tante medie e piccole cantine sono le fedeli custodi della tradizione e della tipicità. Con questo non intendo dire che le grandi non lo siano, tuttavia, la loro forza sta piuttosto nelle maggiori possibilità di presentarsi con un brand affermato, soprattutto quando si tratta di proporci all’estero». Dunque, da una parte, sta la forza del nome e, dall’altra, quella della tradizione. «Nella realtà le cose sono più sfumate. Esistono anche piccoli che hanno brand affermati. Penso a Franco Biondi Santi, che è stato un gentiluomo di

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campagna e nostro portabandiera, un emblema del Brunello, impegnatosi insieme a altri per far conoscere questo vino non solo in Italia. Vanno poi ricordate le famiglie Colombini, Costanti, Franceschi, Gaetani Lovatelli, ma parlo anche dei Sassetti. Piccole e grandi realtà che si sono mosse insieme verso un intento comune: quello di valorizzare non solo la denominazione Brunello, bensì anche il territorio di Montalcino». Qual è la specificità del Brunello che poi si ritrova nel calice? «Qui non abbiamo Cru, non ci sono zone più vocate rispetto ad altre. Al contrario, esistono più specificità. Ogni territorio esprime produzioni diverse e quindi vini diversi, benché siano tutti vinificati da Sangiovese puro al 100 per cento. E questa diversità è una ricchezza. Il nostro paesaggio e un’alternanza di boschi, vigneti, uliveti, seminativi, prati. E ogni zona viticola ha delle caratteristiche ben precise. Per esempio, se saliamo sulla collina di Montalcino abbiamo vini più eleganti, più profumati, meno alcolici e meno strutturati. La zona a sud invece dà vini più potenti e corposi». Quali sono le azioni in sinergia con il Comune di Montalcino? «Abbiamo programmato il recupero della chiesa di Sant’Agostino, che comprenderà anche le strutture circostanti: il chiostro, il museo diocesano, l’ex casa di riposo. All’interno della quale sorgerà anche la nuova sede del consorzio».

Brunello di Montalcino

Il rosso senese

In apertura l’Abbazia di Sant'Antimo. In questa pagina, Fabrizio Bindocci, presidente del Consorzio del Vino Brunello di Montalcino

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OLTRE LE BARRIQUE di LUCA CÀVERA

I suggerimenti di Leonardo Romanelli per un percorso fra le cantine senesi, non solo per degustare ottimo vino. Tre botti di rovere e bottiglie d’annata, infatti, si scopriranno opere d’arte e realtà uniche

econdo Leonardo Romanelli, giornalista, sommelier, gastronomo, autore e conduttore radiotelevisivo, in fatto di vini è veramente difficile trovare un’altra terra che mostri una ricchezza di diversità paragonabile a quella di Siena. Con le parole del critico toscano: «Credo che un appassionato possa trovare una qualità e quantità, intesa come numero di proposte, veramente unica. E questo sempre e solo a partire dal Sangiovese. Un nome di sicura garanzia è quello del Brunello e del suo territorio, poi c’è il concetto di vino quotidiano per il Chianti Colli Senesi e le nuove zone che stanno emergendo, come l’Orcia». Abbiamo eletto Romanelli nostro Virgilio per non uno, ma più itinerari fra le cantine senesi ed ecco le sue risposte. Da dove partire per un giro alla scoperta di questo immenso bacino enologico?

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Il giornalista Leonardo Romanelli

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«Fra le cantine senesi abbiamo l’imbarazzo della scelta. Una chiave di lettura potrebbe essere quella di visitare sia le grandi aziende sia le piccole cantine. Fra le prime troviamo realtà strutturate in un contesto contemporaneo, che ben esprimono le potenzialità del luogo. Un nome può essere quello della cantina di Badia a Coltibuono, fra le prime concepite con uno stile moderno che tenga conto del rispetto per la natura. È un’azienda di grandi dimensioni che fa uva biologica, con la quale riesce a porre il suo marchio su bottiglie veramente speciali». Cosa offrono invece le piccole? «La particolarità di queste è che in ogni piccola cantina si può trovare qualcosa di veramente specifico e distintivo, per esempio a Radda troviamo delle realtà uniche come Vignavecchia e Monteraponi. Oppure un’altra azienda da visitare per la particolarità del prodotto e della cantina è San Giusto a Rentennano. O ancora Riecine. Una cantina particolarissima è quella Nittardi di Castellina in Chianti, che unisce vino e arte contemporanea. E anche Poggio Morelli propone

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Brunello di Montalcino

Leonardo Romanelli

un racconto che tiene insieme vino e arte». Come promuovere una tale ricchezza di proposte? «Lo sviluppo del vino e del territorio possono andare di pari passo, traendo ciascuno beneficio dall’altro. Una chiave di volta potrebbe essere far capire al turista che nel territorio senese è pos-

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sibile trovare le cantine aperte almeno per tutto il periodo che va da marzo a ottobre e che le iniziative interessanti sono numerose. Credo insomma che la cantina possa diventare un luogo di accoglienza, sia per potenziare la vendita diretta, sia soprattutto per promuovere il consumo del vino nel territorio».

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SULLA STRADA DEI PELLEGRINI Una visita a Siena, un crocevia per le principali località toscane. Luisa Stasi presenta i luoghi imperdibili del senese e invita a provare menù speciali in compagnia degli apprezzatissimi vini toscani di LUCA CÀVERA

iena, sull’itinerario della Via Francigena. È proprio lungo la strada che i pellegrini percorrevano per raggiungere da una parte Santiago de Compostela e dall’altra Gerusalemme che, all’interno di un parco di lecci secolari, sorgono le mura più antiche dell’hotel Garden. Questo è stato creato all’interno della tenuta di Villa Poggiarello, già appartenuta ai Bargagli Bardi Bandini, famiglia che ha influenzato per secoli gran parte dello sviluppo urbano della città di Siena. La struttura preesistente, costruita a cavallo fra Settecento e Ottocento, nel 1964 è stata restaurata su iniziativa di Umberto Stasi, che ne ha poi fatto un albergo. L’hotel Garden si colloca in una posizione privilegiata per coloro che vogliono visitare non solo il centro senese, ma anche le altre principali località della Toscana. A presentare i percorsi possibili è Luisa Stasi, seconda generazione della

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Itinerari senesi

famiglia Stasi a occuparsi di ricezione turistica e rappresentante di una famiglia – senese da secoli – che ha saputo gestire un hotel di ben 120 camere senza ridurre l’accoglienza della struttura all’impersonalità delle grandi catene alberghiere. I salotti affrescati e le camere dell’hotel sono arredati con mobili antichi e quindi con la particolarità di essere una diversa dall’altra. Il suggestivo parco, il giardino e la piscina sono la cornice ideale per momenti di relax al ritorno dalle escursioni della campagna senese. «Cerchiamo di far vivere questo territorio in tutte le sue sfaccettature, sia suggerendo mete e destinazioni, sia con la cucina del nostro ristorante, dove si preparano essenzialmente piatti senesi o comunque toscani, accompagnati da vini delle migliori cantine locali». Visitata Siena, infatti, dall’hotel Garden è possibile raggiungere le terre del Chianti, Montalcino con il suo Brunello, la Val d’Orcia e lo spettacolo unico dei colori delle Crete

senesi. «Queste colline – continua Luisa –, che prendono il nome dalla particolare composizione del terreno, hanno la particolarità di mostrarsi con colori e sfumature diverse in base alla stagione. È zona purtroppo un po’ trascurata dai percorsi turistici classici, ma merita senz’altro una visita». Si può però assaporare la toscanità anche stando semplicemente seduti sulla terrazza del ristorante dell’hotel, degustando i piatti dello chef senese Andrea Guerrini, creatore fra gli altri di menù particolari, come quello tutto a base di olio extravergine: dall’antipasto al dolce, come il “ciambellone all’olio”. «Per questo menù speciale abbiamo utilizzato esclusivamente l’olio franto dalle piante di olivo presenti nel nostro agriturismo, Villa Agostoli, che si trova ad appena cinque chilometri dal centro storico e nel quale abbiamo a disposizione dei nostri ospiti appartamenti e piccole villette indipendenti dai quali apprezzare la tranquillità e la bellezza della campagna toscana. Per chi invece vuole trovarsi più prossimo al centro, la nostra famiglia gestisce un’altra struttura, l’hotel Italia, a pochi passi da porta Camollia, antica porta di accesso alla città dalla Via Francigena». www.gardenhotel.it

In apertura, Luisa e Umberto Stasi dell’hotel Garden di Siena

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ATMOSFERE SENESI

di LUCA CÀVERA

I consigli per un soggiorno che abbracci tutte le bellezze che circondano Chianciano Terme e le sue acque del benessere

nnumerevoli gli itinerari nella terra di Siena. Montepulciano, ribattezzata la “perla del Cinquecento”. Salendo per i suoi ripidi borghi il visitatore scoprirà bellissimi palazzi e chiese in cui i massimi architetti del Rinascimento impressero il marchio di uno stile che ancora oggi conserva intatta la sua bellezza». È questa una delle tappe che Giorgio Bosco, titolare dell’omonimo hotel di Chianciano Terme propone. «Poi ci sono Pienza, piccola città del senese e raro esempio di urbanistica rinascimentale portata a compimento, e Chiusi. Quest’ultima, già importantissima in epoca etrusca,

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visse il suo periodo di massimo splendore all’epoca del leggendario re Porsenna – numerosi reperti archeologici del suo passato d’oro sono oggi esposti nelle teche del museo archeologico nazionale etrusco». Chianciano non è solo il punto di partenza per visite all’insegna dell’arte e della cultura, ma è anche l’occasione per un soggiorno a base di preziosità enogastronomiche e wellness. «Il nostro hotel dista pochi metri dalle terme sensoriali e dal centro medico Chianciano Salute. Nella nostra cucina, poi, sono numerose le proposte di piatti della tradizione toscana, come i pici con le briciole, ricetta semplice e popolare ma di sicuro effetto. Questa pasta fatta in casa, che ha l’aspetto di grossi spaghetti, si condisce soltanto con un soffritto di aglio, olio extravergine di oliva, peperoncino e briciole di pane raffermo, da condire poi con sale, pepe e prezzemolo e accompagnare a un buon rosso di Montalcino». www.hotelbosco.it

Sopra, una veduta di Montepulciano e a sinistra i pici con le briciole. L’hotel Bosco si trova a Chianciano Terme (SI)

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SIBILLA, LA VETTA DELLA LEGGENDA A spasso sugli Appennini centrali, la spina dorsale della penisola. Qui Michele Sensini ci guida alla scoperta del mito, ma soprattutto delle ricchezze che si nascondono tra queste montagne

era una volta una maga, che viveva in una grotta nascosta su una montagna misteriosa. Sono molte le storie e i racconti tramandati sul monte Sibilla, che ne spiegano il nome. Ora la grotta è sepolta sotto una frana e dell’indovina non c’è traccia, eppure il fascino è rimasto intatto: la suggestione paesaggistica è ancora intensa, e questa forse si deve l’origine delle leggende. Non a caso il massiccio di cui è parte, nel cuore degli Appennini centrali che si snodano tra l’Umbria e le Marche, prende il nome da questo monte e non dalla cima più elevata, come invece di solito accade: è sicuramente il simbolo del parco nazionale dei Monti Sibillini, un’area che si estende per circa settanta ettari e comprende diciotto comuni e quattro province. Una delle guide del parco è Michele Sensini, il cui passato da giornalista torna utile per spiegare il mistero dietro il mito della Sibilla. «Si tratta di leggende anche molto antiche – dice Sensini – riprese in romanzi come il “Guerrin meschino” che Andrea da Barberino scrisse nel sedicesimo secolo. Sicuramente la

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di RENATO FERRETTI

bellezza paesaggistica di questi monti deve aver avuto un ruolo di primo piano nell’invenzione del sovrannaturale, ma non è l’unica ricchezza che custodiamo». Infatti, data la sua posizione, a soli sessanta chilometri dall’Adriatico, e la sua conformazione (sono decine le vette che superano i duemila metri di altitudine), il massiccio rappresenta un territorio rilevante da un punto di vista sia faunistico che floristico. «Come tutti gli Appennini centrali – spiega Sensini – è uno scrigno di biodiversità, alcune delle specie floristiche presenti sono molto rare, relitte delle epoche glaciali: è il caso di certe sassifraghe, piante che crescono sui fiordi norvegesi, con cicli vitali brevissimi. Non solo, queste montagne, infatti, sono state rifugio per il lupo nel periodo di massima contrazione della specie, e cioè all’inizio degli anni settanta. Tra le rarità, poi, c’è il lago di Pilato, l’unico di origine glaciale degli Appennini, che si trova a 1900 metri di altezza, nella parte meridionale del parco. All’interno del lago si trova un crostaceo di origine preistorica che esiste solo qui: la sua esistenza è strettamente legata alle acque del lago. Sono solo alcuni

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Monti Sibillini

Tra natura e magia

Il lago di Pilato, si trova a 1.900 metri di altezza

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Nel paese dei fiori Il periodo della fioritura è l’occasione per turisti e curiosi di visitare uno dei borghi pù alti d’Italia Uno dei tesori di maggior interesse racchiusi nel parco nazionale dei Monti Sibillini, tra le Marche l’Umbria, è l’altipiano di Castelluccio di Norcia. «Viene chiamato – spiega Michele Sensini, una delle guide del parco – il piccolo Tibet. Situato a circa 1.400 metri di altitudine, è il centro abitato più alto dell’intero Appennino. La sua agricoltura rigogliosa è conosciuta anche al di fuori dei confini nazionali, ma non solo per l’eccellenza della lenticchia Igp che qui si può trovare. Proprio in virtù delle coltivazioni, Castelluccio è teatro di un fenomeno unico che attira migliaia di turisti e fotografi da tutto il mondo: è la “fioritura”. Nel periodo tra maggio e luglio gli appezzamenti di campi coltivati attirano piante infestanti, che sono fiori come papaveri e fiordalisi: la geometria dei campi, quindi, rilascia una composizione di colori e forme senza pari per uno spettacolo che abbraccia tutto il paese».

esempi, che forse rendono l’importanza spesso sottovalutata che la biodiversità di questi luoghi ricopre». Le guide del parco sono venti circa, con un ventaglio di attività che spaziano dal trekking con gli asini all’educazione ambientale per bambini. «Non mancano le escursioni più impegnative – aggiunge Sensini – con itinerari di più giorni e bagaglio a zaino. Sicuramente lavoriamo di più in estate, ma anche in inverno ci attrezziamo per uscire. Tutto dipende molto dalle condizioni climatiche: i percorsi di cresta, per esempio, non possono avere successo con un tempo incerto». Per chi decidesse di sfidare il monte Sibilla non passeranno in secondo piano le specialità enogastronomiche del territorio. «Tra i diciotto comuni presenti nel parco c’è quello di Norcia, più che noto per l’antica tradizione nella macellazione del maiale: non a caso, dalla cittadina umbra deriva il termine norcino, appunto. Altro prodotto importantissimo è la lenticchia Igp di Castelluccio di Norcia, la cui particolarità sta nella sua morbidezza: infatti, non c’è bisogno di metterla in acqua prima di cuocerla, grazie a un livello superiore di umidità. Un’altra specialità dei Sibillini è la melarosa che ha una grande capacità di conservazione, tanto da mantenersi per tutto l’inverno: bruttissima a vedersi e molto piccola, è buonissima al palato».

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DALLA NATURA UMBRA na cucina tipicamente montana, quella che si può gustare alla Taverna Castelluccio, sugli altopiani di Castelluccio, località circondata dai monti Sibillini che le fanno da corona. In questo imponente contesto naturale (il piccolo Tibet) intriso di atmosfere magiche, Giuseppe Caponecchi e la sua famiglia accolgono i loro ospiti in ambienti perfettamente restaurati, in un clima rilassante, arricchito dagli antichi sapori della tradizione agro-silvo-pastorale di Castelluccio di Norcia, nel perugino. «Fra le nostre portate spiccano le lenticchie, i prodotti ovini – carni e formaggi – e i prodotti silvestri, come erbe, funghi e frutti. Le ricette sono quelle di mamma Gianna e gli ingredienti quelli del nostro comprensorio. Le lenticchie provengono dai nostri campi, il farro

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La tradizione agro-silvopastorale di Castelluccio di Norcia. Legumi, carni ovine, tartufo e prodotti silvestri nel menu di Giuseppe Caponecchi. Un pasto all’insegna della genuinità e della naturalezza, alloggiando in ambienti di buon gusto di LUCA CÀVERA e la roveja ci vengono forniti dalla cooperativa agricola di Castelluccio, le carni di ovino, bovino e suino sono allevate allo stato brado fra queste montagne. Mentre i salumi provengono dalla millenaria esperienza degli artigiani Nursini (Norcini)». Gli oli extravergini Dop biologici vengono dai colli Martani e dal frantoio di Spello. «Sono questi gli ingredienti con i quali portiamo in tavola antipasti – fra i quali la coratina di agnello al vino bianco e la farecchiata, polenta tradizionale condita con olio e acciughe – e, dopo una ricca scelta fra le minestre e i primi piatti, ancora carni alla brace come il castrato, l’agnello scottadito, le tagliate e il filetto di manzo al tartufo nero. Da non perdere la frittata ricotta fresca e tartufo nero. Il tutto accompagnato da una selezione di vini umbri e dell’Italia Centrale».

La taverna Castelluccio si trova a Castelluccio di Norcia (PG)

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www.tavernacastelluccio.it

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NATURALE EQUILIBRIO

di LUCA CÀVERA

Park Hotel ai Cappuccini: un monastero del XVII secolo sapientemente restaurato, posto sulle colline umbre a due passi dal centro storico di Gubbio. È qui che Marc Mességué propone percorsi verso un rinnovato equilibrio psicofisico ovest della città di Gubbio, alla base del monte Foce, in un antico convento, oggi Park Hotel ai Cappuccini, si incontrano benessere e natura. Qui, fra le colline umbre, Marc Mességué, ha portato la sua esperienza nella fitoterapia e nell’erboristica, unendola a un’alimentazione sana e povera di sodio, disegnando percorsi terapici personalizzati che hanno alla base l’idea che malesseri e malattie sono stati di disagio, superabili con una combinazione di buona cucina, erboristeria e medicina tradizionale. «Questo è un luogo ideale per migliorare la qualità della vita, ristabilire il naturale e armonico equilibrio psicofisico e raggiungere un complessivo

A Marc Mességué del Park Hotel ai Cappuccini di Gubbio (PG)

benessere e un aspetto estetico migliore. Sotto lo stretto controllo di medici specialisti, trattiamo persone con eccesso di peso, ipertensione arteriosa, alterazioni del metabolismo glicolipidico, disordini della funzionalità epatica o intestinale, disturbi della circolazione. Tuttavia i nostri percorsi sono utili anche per chi vuole semplicemente ritrovare il benessere psicofisico senza ricorrere alla farmacologia». Risalendo alla tradizione monastica medievale, Mességué ha riscoperto i benefici delle piante medicinali e delle tisane, che propone agli ospiti del resort. «In base alle proprietà delle erbe creo terapie personalizzate. Per l’ipertensione ulivo, vischio e biancospino. Naturalmente l’uso di ogni medicamento è efficace solo se inserito in una dieta genuina e povera di sodio». www.parkhotelaicappuccini.it

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RISCOPRIRE LE MARCHE

di LUCA CÀVERA

Un soggiorno all’insegna della cultura. È quello suggerito da Katia Buresta fra le bellezze artistiche e naturali del territorio marchigiano na visita alle grotte di Frasassi al mattino, una passeggiata fra i monumenti di Mondavio – bandiera arancione del Touring Club – e, per concludere la giornata, l’incontro con i bronzi dorati di Pergola. Questo uno dei possibili e numerosi itinerari che le Marche offrono e che Katia Buresta suggerisce agli ospiti della Locanda del gelso di Cartoceto, in provincia di Pesaro e Urbino. «Durante tutto l’anno, sono numerose le occasioni per visitare il territorio marchigiano, sia per le molte località di interesse storico-artistico, sia per i tanti eventi. Fra questi i due carnevali di Fano, città che nel periodo estivo è anche meta balneare. In autunno, poi, abbiamo la Fiera del tartufo di Acqualagna. Al di là degli

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eventi, ci sono i luoghi: Urbino, Fossombrone, Fonte Avellana, San Marino, Loreto, le località di mare e Cartoceto con il suo olio Dop, ingrediente di numerosi piatti tipici». Per chi vuole fare pochi passi per una vacanza di relax, il territorio circostante la struttura offre la bellezza della natura della campagna marchigiana o una visita nel vicino paese di Cartoceto, che dista pochi minuti dall’agriturismo. «E poi – continua Katia – abbiamo i sapori. Per la grande attenzione con cui scegliamo le materie prime – quasi tutte provenienti dai tredici ettari della nostra azienda agricola –, abbiamo ottenuto la bandiera verde per l’agricoltura e siamo presenti nella Guida del Gambero rosso. La nostra è una cucina sana e genuina, tipicamente legata al territorio, esaltata dall’olio extravergine locale e accompagnata dai vini delle cantine dei dintorni». www.lalocandadelgelso.it

Veduta esterna della Locanda del gelso di Cartoceto (PU). Sotto, le Grotte di Frasassi

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IL FARRO MADE IN MARCHE di LUCA CÀVERA

Lea Luzi presenta le proprietà del farro e le caratteristiche della pasta artigianale prodotta con questa farina. Una produzione tutta marchigiana che ha ottenuto più riconoscimenti

a posizione particolare, le condizioni del microclima, l’incrocio dei venti di libeccio e tramontana, hanno reso le Marche, un luogo ideale per le colture sementiere e per la produzione di semi ad alta germinabilità. Lattuga, cipolla, rapa, barbabietola, girasole. E soprattutto farro, alimento irrinunciabile della dieta mediterranea grazie alla ricchezza delle sue proprietà nutritive – è infatti ricco di fibre, calcio, sali minerali e sostanze antiossidanti ed è privo di grassi e colesterolo. È su questa coltura, tutta coltivata su terreni di proprietà e conservata in silos refrigerati, che ha scelto di puntare l’azienda agricola forestale Monterosso di Lea Luzi, che ha avviato anche una produzione di pasta di farina di farro. Sono così nati gli spaghetti, le pennette, i riccioli, le conchigliette, le orecchiette, le lasagne e le tagliatelle all’uovo, oltre ad altri due formati di pasta all’uovo – tagliatelle e tagliolini. «Il nostro farro (triticum dicoccum, riconosciuto come il farro delle Marche) rientra fra i prodotti tipici dalla Regione – spiega Lea Luzi, titolare della Monterosso –. In collaborazione con il Cermis di

L L’azienda agricola forestale Monterosso si trova a San Lorenzo in Campo (PU)

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Macerata ne abbiamo selezionato il seme, ottenendo dal ministero delle Politiche agricole il brevetto vegetale Monterosso Select. La pasta artigianale ottenuta dalla sua farina pura al 100 per cento, macinata con molino a pietra, conserva tutte le qualità del cereale grezzo: saporita, nutriente e digeribile». Questa produzione ha permesso alla Monterosso di ottenere numerosi riconoscimenti, come il premio Portonovo, il premio Apifarfalle, il riconoscimento da parte della National Italian American Foundation per l’alta qualità e da ultimo il premio per la Biodiversità.

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www.farrotecamonterosso.it

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RICETTE D’AVANGUARDIA «Tutti i miei primi pensieri culinari sono nati grazie ai piatti della tradizione». Moreno Cedroni spiega le origini della sua particolare cucina di NICOLÒ MULAS MARCELLO 188 • Mete Grand Tour

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olti sono i piatti della tradizione marchigiana. E molte sono le ricette che oggi i più grandi chef ripropongono anche in chiave innovativa: «Il brodetto è quella che più rappresenta il mare marchigiano - spiega Moreno Cedroni - sia per le qualità del pesce, sia per la caratteristica della spruzzata di aceto nel soffritto, che ne dona una piacevole acidità e che ben bilancia i pesci grassottelli». Da dove trae origine la sua passione per la cucina? E qual è la gratificazione più grande nella preparazione di un piatto? «Senza rendermene conto sono nato nel kilometro zero, attraversavo la strada e c’era il mare, dietro casa la nonna allevava animali da cortile e aveva un orto invidiabile, sicuramente queste sono state le motivazioni della mia passione. Il tutto condito dalla bravura ai fornelli della nonna e della mamma. Sono loro che mi hanno formato un palato che mi ha permesso di arrivare sin qui e di costruire piatti che fondono tradizione e innovazione in maniera sempre equilibrata anche in casi che potevano sembrare azzardati come il bounty di seppia. Sicuramente la gratificazione più grande alla realizzazione di un piatto è la soddisfazione del cliente». Come nascono le sue ricette e il nome dei suoi piatti? «Ogni anno faccio entrare in cucina almeno tre ingredienti mai usati. In questo modo ti poni in modo più timoroso verso di loro, perché non sai che sensazioni possono tirare fuori. Da lì iniziano ad arrivare le sorprese. Seguire la stagionalità è un altro buon

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metodo di creazione. E poi c’è il progetto, l’idea ben precisa che cerchi di sviluppare giorno dopo giorno, fino ad arrivare all’obiettivo pensato. Un altro metodo ancora è quello di dare un tema nuovo al menu, cosa che ogni anno faccio al Clandestino. C’è stato l’anno del susci a colori, di quello figlio dei fiori, del susci selvaggio o di quello favoloso. Molte volte prima nasce il nome del piatto rispetto al piatto in sé, tipo la simmenthal di pesce, il susci, il wurstel di seppia. Altre volte il nome arriva dopo, come ad esempio Pollicino per il quale la fiaba ha ispirato il piatto». Parliamo di pesce. Qual è il piatto che secondo lei rappresenta meglio la sua cucina? «Direi la costoletta di rombo che è stata oggetto di una tesi di laurea alla facoltà di semiotica dell’Università di Bologna, poi la ricciola con salsa di porro e lemongrass che rappresenta la massima espressione dei miei crudi, il sedano rapa croccante con gianduia e mozzarella tra i dolci».

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Le Marche nel piatto

Moreno Cedroni

In apertura, lo chef Moreno Cedroni. Sotto, ricciola con salsa di porro e lemongrass

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PIATTI ANTICHI DAL SAPORE NUOVO

di NICOLÒ MULAS MARCELLO

Nulla viene dimenticato ma tutto viene trasformato. Questo è uno dei motti della cucina di Errico Recanati, lo chef che rivisita i piatti della tradizione ricordando l’infanzia

a sua passione per la cucina nasce dall’esserci nato dentro. E proprio questo gli ha dato l’amore per quei profumi che ricerca ogni giorno, che ravvivano i ricordi lontani dell’infanzia ma che sono sempre presenti e attuali. «Penso subito a mia nonna, che con la sua cucina mi ha trasmesso ricordi di odori e di sapori frutto delle cotture tradizionali marchigiane: il salmì, il potacchio, lo spiedo. Da qui scaturisce la passione per il mio lavoro e la gratificazione più grande giunge alla fine della ricerca, quando tutti gli ingredienti sono in ar-

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monia, si esaltano a vicenda, facendo riconoscere ogni singolo elemento senza che l’uno sovrasti gli altri». Parliamo della genesi delle sue ricette e dei suoi piatti. A cosa si ispira? «La fonte è la ricerca sul territorio e sulla storia dei piatti. Parto dai ricordi, dalla terra e dagli abbinamenti che possono esprimere, con particolare attenzione alla stagionalità e a ciò che ogni giorno c’è di fresco. Poi comincio a lavorare sull’idea, ricercando diverse consistenze, utilizzando cotture tradizionali supportate anche da nuove tecniche. Per i nomi invece gioco un po’: talvolta sono diretto e utilizzo nomi brevi che siano in grado di sintetizzare il piatto; in altri casi cerco di incuriosire il cliente, facendo scoprire qualcosa dal nome, lasciando però un po’ di curiosità». Qual è il suo rapporto con la tradizione? «Tutto parte da lì, poi ci metto un po’ di estro, cerco di mantenere intatti i sapori magari al-

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Le Marche nel piatto

Errico Recanati

leggerendo i piatti dai condimenti più untuosi e ricchi che in passato si era solito usare. Ho attualizzato, ad esempio, i crostini di patè e di caccia che mio nonno cacciatore mi faceva assaggiare da piccolo, proponendo nel mio menu tre patè di diverse consistenze utilizzando la cacciagione con una composta di cipolle e maggiorana, i fegatini di bassa corte con panatura di graniglia di pistacchi e, infine, un patè di fegato d’oca arrostito e farcito di burrata e visciole». Qual è il piatto di carne che più la rappresenta? «Tutto ciò che è carne, cacciagione fa parte

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del mio dna. Le cotture allo spiedo e alla brace, compreso l’utilizzo della cenere, sono tecniche popolari che amo e cerco di utilizzare sempre con maggiore frequenza. Nel periodo invernale, ad esempio, propongo il coniglio alla brace ripieno di castagne ed erbe di campo, la zuppa di cipolla cotta sotto la cenere con quadratini di faraona e fegato grasso, oppure nella stagione attuale i pennoni con frattaglie di agnello cotte alla brace, la faraona sopra e sotto i carboni o il baccalà cotto sotto la cenere».

Errico Recanati, chef marchigiano. In apertura, ravioli di cacciagione in salsa di salmì e tenera ascolana

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Escursioni

Alla scoperta del Conero

A destra, Lanfranco Giacchetti, presidente del Parco naturale regionale del Conero


LA NATURA OLTRE LE SPIAGGE di EUGENIA CAMPO DI COSTA

©Raffaele Pepa

Dal mare alle escursioni culturali e naturalistiche. Lanfranco Giacchetti fa il punto sulle proposte turistiche del Parco naturale del Conero

are, natura, enogastronomia, storia e cultura. Molteplici sono le opportunità offerte dalla riviera del Conero. Punta di diamante della zona è il Parco del Conero che, attraverso il progetto “Scopri il Conero” organizzato dalla Coop Forestalp, offre una vasta scelta di escursioni legate anche a eventi. «La riviera ha spiagge spettacolari create dal Monte Conero che cade a picco sull’Adriatico – afferma Lanfranco Giacchetti, presidente dell’ente che gestisce il Parco naturale del Conero –. Il territorio poi, anticamente, ha ospitato uno dei più importanti insediamenti piceni. Il rinvenimento della tomba della regina picena di Numana-Sirolo ha portato alla luce due carri e un corredo ricchissimo, ospitato in parte nell’Antiquarium di Numana e nel Museo archeologico di Ancona. Vi sono, inoltre, testimonianze

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romane: antiche grotte, cave e luoghi di culto, come la chiesa di Portonovo (1034 d. C). E ancora, le Grotte di Camerano, le incisioni rupestri e sui 9 siti di interesse geologico di rilevanza mondiale il Parco del Conero ha la fortuna di averne ben due nel suo territorio, a Monte dei Corvi e a Massignano». L’area protetta offre anche eccellenze enogastronomiche quali: il Mosciolo di Portonovo, già presidio Slow Food; la linea di prodotti bio e il pane certificato della neonata filiera Terre del Conero e il Rosso Conero. Infine, è un riferimento per gli appassionati del birdwatching perché punto di migrazione dei rapaci. «Un itinerario particolarmente interessante si snoda tra i sentieri del Conero alla scoperta degli angoli più segreti e misteriosi del parco: dalle antiche grotte romane alle incisioni rupestri, fino all’antico eremo di San Pietro al Conero. Si tratta di un percorso ricco di testimonianze lasciate nel

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Il Family Trek è una escursione finalizzata al coinvolgimento delle famiglie con bambini

Escursioni

©Forestalp

Alla scoperta del Conero

corso dei millenni da tante civiltà e culture, eredità oggi a disposizione dell’escursionista che vuole scoprire il parco in un’ottica non soltanto naturalistica. Unici sono anche gli scorci panoramici: dalla fascia costiera adriatica del centro Italia al Parco naturale del Colle San Bartolo, guardando verso nord, fino al Parco dei Monti Sibillini, verso ovest, al Parco del Gran Sasso e dei Monti della Laga e, verso sud, a quello della Maiella». Il parco offre anche numerose escursioni e iniziative dedicate ai bambini. All’interno del programma “Scopri il Conero” c’è un’intera sezione dedicata alle attività didattico-esplorative dei più piccoli. «Esperienze come Piccoli detective nella natura, il Parco in 100 passi, Fa-

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mily Trek e Gioca Orienteering nel Parco – racconta Giacchetti – soddisfano le esigenze di tutti. Le varie attività sono strutturate per adattarsi ai bambini dai 4 agli 11 anni. Il Family Trek, in particolare, è adatto anche ai più piccoli ed è una escursione vera e propria finalizzata al coinvolgimento delle famiglie con bambini, con ritmi giusti per loro e su percorsi ad hoc. La scoperta viene fatta vivere in chiave ludico-emozionale, facendo così diventare familiari i segreti del bosco». Inoltre, dopo il recente successo di pubblico registrato dal Festival del Parco del Conero (dieci giorni in cui si è parlato del Parco a 360 gradi), a settembre partirà una manifestazione dedicata alla mobilità dolce, per incentivare le persone a utilizzare il meno possibile l’auto. «Questa iniziativa – conclude il presidente – intende dare segnali forti riguardo l’educazione stradale e il rispetto del codice della strada, per cercare di rafforzare l’aspetto culturale che gira attorno alla convivenza uomoanimale. Nei giorni dell’evento verrà chiusa alle auto e restituita ai cittadini la via più bella e panoramica del Conero, meglio conosciuta come la “strada del Monte”».

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I TESORI NASCOSTI DI LORETO

Un percorso all’interno del Santuario della Santa Casa di Loreto. Dalle opere principali a quelle meno note, descritte da padre Giuseppe Santarelli di EUGENIA CAMPO DI COSTA


Turismo religioso

Santuario della Santa Casa di Loreto

uno dei più importanti e antichi luoghi di pellegrinaggio mariano del mondo cattolico, classico esempio di centro urbano nato intorno a un santuario. Loreto sorge sulla sommità di una collina, immersa nel verde delle campagne e degli ulivi e caratterizzata dalla maestosità della basilica che ospita la celebre reliquia della Santa Casa di Nazaret dove, secondo la tradizione, la Vergine Maria nacque, visse e ricevette l’annuncio della nascita miracolosa di Gesù. Narra la leggenda che la casa di Nazaret sia apparsa sulle colline di Loreto nella notte tra il 9 e il 10 dicembre 1294, trasportata dagli angeli. «Quest’anno ricorre il cinquecentesimo anniversario del rivestimento marmoreo progettato da Donato Bramante (14441514), costruito intorno alla Santa Casa per conservarla e preservarla dall’usura del tempo» spiega padre Giuseppe Santarelli, religioso cappuccino, storico e archeologo di

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fama internazionale. «Oggi il rivestimento marmoreo è considerato dalla critica la massima impresa plastica e scultorea del pieno rinascimento italiano. Nel 1507 Papa Giulio II inviò a Loreto l’architetto Donato Bramante– spiega padre Santarelli – perché vi compisse opere “magnae”. Questi pensò di sostituire il muro di mattoni sorto all’inizio del secolo XIV a protezione della Santa Casa, con un rivestimento di marmo che in qualche modo si rifacesse all’antica Ara Pacis. Come l’Ara Pacis celebrava la “pax augustea”, presso i popoli dell’antico impero romano, così il rivestimento della Santa Casa avrebbe dovuto in qualche modo celebrare la “pax cristiana”, portata al mondo da Cristo nato da Maria Vergine. Una pace che è stata in qualche modo preannunciata dalle sibille, le profetesse dell’antichità pagana che avrebbero previsto l’avvento di un Salvatore, e che appaiono nel rivestimento marmoreo scolpite in alto. Nella parte sottostante, invece, compaiono i profeti che hanno

Qui sopra, la volta della Sacrestia di San Marco di Melozzo da Forlì

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Turismo religioso

Santuario della Santa Casa di Loreto

Sala del Tesoro o del Pomarancio

annunciato la venuta del Messia. L’idea grandiosa del Bramante fu realizzata in varie fasi: innanzitutto il Bramante incaricò Antonio Pellegrini di Firenze di portare il suo disegno su scultura in legno. Il progetto fu quindi presentato nel 1513 a Leone X. Il papa lo approvò, incaricando lo scultore Andrea Sansovino di realizzare quest’opera grandiosa, definita più tardi “opus divinam”, nonché di trovare altri scultori che con lui potessero portarla avanti. Il montaggio si concluse intorno al 1538 sotto la direzione di Antonio da San Gallo il Giovane che

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subentrò al Sansovino nel 1527». Questa è senz’altro tra le opere più maestose e conosciute della basilica. Ma il santuar io nasconde anche altre meraviglie artistiche, magari meno note ma altrettanto apprezzabili, espressioni del pieno rinascimento italiano. «La sacrestia di San Marco racchiude gli affreschi di Melozzo da Forlì che rappresentano angeli che portano i simboli della passione di Cristo e, sotto, i profeti. Questo affresco è un’opera straordinariamente bella, considerata un classico esempio della prospettiva

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Turismo religioso

Santuario della Santa Casa di Loreto

A destra, la Conversione di San Paolo del Signorelli, Sacrestia di San Giovanni; sotto, il rivestimento marmoreo della basilica

che il Melozzo sapeva infondere alla sua pittura: magnifiche sono le finestre con gli sfondi azzurri da cui si dipartono gli angeli, che sembrano deambulare su invisibili cristalli». All’interno della Sacrestia di San Giovanni, si trova invece l’opera di Luca Signorelli risalente circa al 1480 e quasi coeva dell’affresco del Melozzo. «L’affresco ritrae gli angeli musicanti, elegantissimi, che sembrano riecheggiare certi moduli figurativi propri del Botticelli o di Bartolomeo della Gatta – continua padre Santarelli –. Sotto, sono raffigurati quattro dottori della chiesa occidentale e quattro evangelisti e, nelle pareti lisce, gli apostoli che scrutano le scritture per verificare l’avvento del Cristo Redentore e

Salvatore. Una scena ritrae l’incredulità di San Tommaso, solenne e monumentale, ma il capolavoro è la conversione di San Paolo sulla via di Damasco che anticipa alcune soluzioni figurative e tecniche che il Signorelli poi sperimenterà con maggior consapevolezza nella famosa cappella di Orvieto». Le opere che sorgono all’interno delle due antiche sacrestie, di più difficile accesso, possono sfuggire allo sguardo dei visitatori per i quali una delle attrazioni principali rimane la splendida Sala del Tesoro affrescata dal Pomarancio. «Proprio presso la Sala del Tesoro, la cui cappella affrescata dal Pomarancio con scene della vita della Madonna viene definita “Cappella Sistina delle Marche”, per la sua completezza e bellezza – conclude padre Santarelli – si sono recentemente inaugurati i percorsi espositivi loretani legati alla mostra “Da Rubens a Maratta”, la cui sede principale è a Osimo».

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Cinque alloggi in un’armonia perfetta di antico, moderno ed etnico. Dimore dalle quali muovere i primi passi verso i vicoli senza tempo di Grottammare. La grata accoglienza di Roberto Pazzi e Paolo Torregiani di LUCA CÀVERA

FRA GLI AGRUMI E IL BORGO uido Piovene, nel suo “Viaggio in Italia” del 1957, scriveva che le Marche rappresentano l’Italia in una regione. E questo grazie al loro patrimonio di storia, arte, folklore, sapori, colori e profumi. Nella parte meridionale della regione, immersa nel profumo degli agrumi dei suoi giardini a terrazze e nel rosa intenso delle Bouganvillea, sta Grottammare, uno tra i borghi più belli d’Italia, e qui Casa Pazzi, residenza d’epoca trasformata dall’estro raffinato di Roberto Pazzi in dimora per vacanze di charme, incastonata nelle mura cittadine dell’antico borgo. «Il nostro – racconta Roberto Pazzi, proprietario

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Patrimonio Marche

insieme a Paolo Torregiani – è un palazzo storico di fine Settecento. Fin dall’inizio dei lavori il nostro desiderio è stato quello di creare un luogo fuori dal tempo. Se da un lato mostra il gioco cromatico del cielo e del mare, dagli azzurri intensi estivi ai grigi affascinanti invernali, dall’altro si apre sui vicoli del centro del borgo, ricco di storia e di arte». Tra queste stradine ci si imbatte in locali e osterie che propongono la tipica cucina marchigiana. «Spinti dall’amore per il borgo e dalla passione per l’ospitalità – aggiunge Paolo –, da circa un anno abbiamo ricreato un piccolo locale: la Salsamenteria San Giovanni, una rilettura delle cantine degli anni Cinquanta dove fare merende e incontrare gli amici. È un angolo illuminato da decine di candele, dove assaporare il gusto del territorio, sorseggiando un bicchiere di ottimo Rosso Piceno Superiore, accompagnato da cacciannanze e ciauscolo o cenando con uno dei nostri menù a degustazione». Muovendo ancora un pugno di passi si raggiunge il torrione della Battaglia, antico bastione difensivo oggi museo delle opere grafiche e scultoree di Pericle Fazzini. «E ancora – suggerisce Roberto – il teatro dell’arancio –

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collegato al nuovo museo Tarpato –, la rigorosa chiesa di Santa Lucia e la chiesa di San Giovanni Battista, con le sue sorprendenti cromie e le tavole dipinte dal Crivelli». Per coprire maggiori distanze, si può approfittare delle bici fornite da Casa Pazzi e pedalare fino alla marina adorna di villini liberty e da lì seguire la pista pedociclabile che collega Grottammare a Cupra Marittima a nord e a San Benedetto del Tronto a sud, sempre costeggiando il mare. «Sebbene il periodo estivo – spiega Paolo in conclusione – sia il più ricco di eventi e attrazioni, il territorio di Grottammare offre un calendario di manifestazioni che copre tutto l’anno: il presepe vivente – che coinvolge l’intero borgo –, la storica fiera di san Martino a novembre, gli appuntamenti con il mercato dell’antiquariato, la rievocazione storica della Passione con la processione del Cristo morto, stagioni teatrali e concerti».

In apertura, la residenza d’epoca Casa Pazzi si trova a Grottammare (AP). In alto, interno della Salsamenteria San Giovanni

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www.casapazzi.com www.salsamenteriasangiovanni.it

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LA TRADIZIONE OLTRE IL MARE Sopra, uno scorcio di Grottammare. La Panoramica si trova a San Benedetto del Tronto (AP)

an Benedetto del Tronto è certamente una delle perle dell’Adriatico. In questa terra di mare, le cui colline ospitano vigneti e uliveti noti ai buongustai di tutto il mondo, spesso il turista ricerca un’esperienza in cui abbinare lo splendido panorama alla curiosità enogastronomica, da una parte, e quella culturale dall’altra. Come spiega Lauretana Neroni, del residence agriturismo La Panoramica, «la zona del Piceno è colma di paesi e città da visitare che permettono, quindi, una vacanza al di là del turismo balneare: basti pensare ad Acquaviva, Offida, la stessa Ascoli Piceno, o Fermo. Naturalmente, una volta qui non si può non approfittare dei vini e dell’olio che hanno reso famoso il territorio anche fuori dai confini nazionali».Non a caso, la struttura gestita dalla famiglia Neroni si trova su una collina a soli due chilometri dalla spiaggia, e uno dei punti di maggiore attrattiva turistica sta proprio nei prodotti

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San Benedetto del Tronto va ben oltre il turismo balneare. Lauretana Neroni racconta la cultura, le specialità enogastronomiche e il relax a pochi passi dalle spiagge più frequentate di RENATO FERRETTI tipici offerti. «Oltre al paesaggio che abbraccia tutta San Benedetto – continua Neroni – gli ospiti possono assaggiare il nostro rosso di Montepulciano, l’olio extravergine d’oliva, e le verdure provengono dal nostro orto. La stessa genuinità si trova negli altri prodotti che proponiamo, come gli insaccati, tutti di produttori locali, o il pesce sempre fresco. Insomma, abbiamo cercato di creare le condizioni per un soggiorno rilassante e al tempo stesso stimolante: fuori dal caos della città eppure ricco di tradizioni di cui godere».

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www.la-panoramica.it

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RICERCA PICENA

Materie prime selezionate, prodotti tipici, deliziose pizze. Giuseppe Feriozzi e Spartaco Guadagnolo descrivono il lavoro che si nasconde dietro le proposte di LUCREZIA GENNARI del Ristorante Pizzeria Leopoldus

ituato a soli cento metri da Piazza del Popolo, cuore pulsante della città di Ascoli Piceno, e dal Teatro Ventidio Basso, sorge il Ristorante Pizzeria Leopoldus. Nelle sue sale, con le pareti in pietra nuda e i soffitti in volte reali, vengono servite le più gustose specialità della cucina tipica ascolana, rigorosamente di produzione propria, oltre a pizze cotte con forno a legna. «La nostra cucina – affermano Giuseppe Feriozzi e Spartaco Guadagnolo, titolari del ristorante – mira alla

S La Cascata di Parma del Ristorante Pizzeria Leopoldus ad Ascoli Piceno

riscoperta dei sapori genuini che provengono dalle origini della cultura Picena. Tale ricerca ha portato alla selezione di prodotti provenienti da aziende certificate, di carni di razze locali da allevamenti biologici, olii di oliva monovarietali, salumi nostrani, pesce proveniente dal vicino Adriatico e vini delle migliori Aziende Agricole del territorio». Per queste caratteristiche il ristorante ha ottenuto il riconoscimento di “Ristorante Tipico” secondo un protocollo messo a punto dall’Istituto Italiano Qualità Servizi “Quaser” di Milano in collaborazione con la Camera di Commercio di Ascoli Piceno. Oltre ai piatti della tradizione, sia a pranzo che a cena, si possono gustare anche ottime pizze «che sono il risultato di anni di ricerche volte al raggiungimento di un prodotto simile alla tradizione napoletana, ma adattata ai gusti locali. Gli stessi ingredienti usati in cucina, vengono utilizzati per le farciture e i condimenti. Da assaggiare – consiglia Feriozzi – è la Cascata di Parma, una pizza margherita condita con 250 grammi di prosciutto di Parma stagionato 16 mesi, lo stesso che serviamo al piatto». www.ristoranteleopoldus.it

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NEL CUORE DELLE MARCHE

di ARIANNA LESURE

Ritrovare un perfetto benessere interiore. Salute e bellezza fra i luoghi d’arte e la natura marchigiani. Senza tralasciare sapori e vini. L’invito di Claudio Bianconi a Castelraimondo

l centro di innumerevoli itinerari fra bellezze naturalistiche, storiche e artistiche, senza tralasciare la componente enogastronomica troviamo Borgo Lanciano. Circondato dal castello di Lanciano e dagli imponenti monti Sibillini, in una posizione privilegiata per raggiungere i principali luoghi di interesse delle Marche. Poco distante si trovano Loreto e Recanati – paese che diede i natali a Giacomo Leopardi –, Castelluccio di Norcia e tante altre località comodamente visitabili in giornata. Immerso in un ampio parco e circondato da verdi colline, Borgo Lanciano è un relais benessere strutturato come un albergo diffuso, con camere e servizi dislocati in edifici diversi caratterizzati da uno sviluppo prevalentemente orizzontale, frutto della sapiente ristrutturazione di

A Claudio Bianconi, direttore del relais benessere Borgo Lanciano di Castelraimondo (MC)

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antichi casali. «Abbiamo messo a disposizione dei nostri ospiti un centro wellness, che consente di usufruire di trattamenti ed esperienze all’insegna di un totale relax e benessere psico-fisico: hammam, piscina coperta riscaldata con nuoto controcorrente e idromassaggi, una piscina esterna e un angolo tisane. È possibile scegliere fra trattamenti classici – come i massaggi wellness: rilassanti, rassodanti o drenanti – e bagni, fanghi, docce, idromassaggi e saune. E ancora, nella beauty farm, trattamenti viso e corpo di alto livello. La cura di sé, da un lato, rappresenta una forma sempre più rilevante di autogratificazione, dall’altro diventa un elemento che, conferendo sicurezza, facilita la gestione dei rapporti sociali, professionali e personali».

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Patrimonio Marche

Claudio Bianconi

In quest’ottica Borgo Lanciano si propone anche come location per congressi, meeting, ricevimenti e banchetti di nozze. «Questi ultimi vengono curati dai nostri chef del ristorante “I Due Angeli”, che amano accostare sapori estremi nella ricerca di nuovi e gustosi equilibri fra l’originalità e l’antico – fra i piatti suggeriti dagli chef: tagliolini fatti in casa al tartufo, filetto di maiale alle prugne e il delizioso flan di cioccolato con cuore caldo. Oltre a queste sperimentazioni, il ristorante offre degustazioni della migliore tradizionale cucina marchigiana, integrate alle tecniche culinarie più moderne in un’armonia di materie prime locali di qualità assoluta». Non da meno sono i vini, come il Verdicchio di Matelica Doc Enricale Borgo Lanciano. «Prodotto in un territorio comprendente i comuni di Matelica, Esanatoglia, Castelraimondo, Camerino e Pioraco, in provincia di Macerata, scelto per Borgo Lanciano dalla proprietà, è vino dal colore paglierino tenue, profumo delicato, sapore asciutto, armonico, con retrogusto gradevolmente

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amarognolo. Da ricordare ancora il Rosso Barbarello Borgo Lanciano, un’indicazione geografica tipica che ben si adatta ai secondi piatti della tradizione gastronomica marchigiana – come agnello arrosto, salumi locali, carni miste alla griglia e con i formaggi di pecora a media stagionatura».

Sopra, il Castello di Lanciano. In apertura, cannelloni di ricotta con lamelle di tartufo nero

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www.borgolanciano.it

Mete Grand Tour • 209


ATMOSFERE SIBILLINE

di LUCA CÀVERA

Una summa delle particolarità enogastronomiche dell’ascolano. I fratelli Francesco e Roberto Carrioli, chef del Vecchio Molino, vi invitano a scoprire gusti, colori e itinerari del territorio opo una visita alla città di Fermo e alle piscine romane, alla piazza del Popolo, al duomo e alle viuzze del centro, fra i palazzi che si affacciano sulle colline circostanti, una sosta alla tavola del ristorante Il Vecchio Molino, casolare ottocentesco che ospita anche banchetti e cerimonie, è un’occasione per immergersi completamente nel territorio di Rapagnano, nell’ascolano. «La nostra proposta enogastronomica – spiega Roberto Carrioli, che insieme al fratello Francesco gestisce la struttura e la sua cucina – è una summa delle particolarità del circondario, con antipasti a base di salumi e formaggi della zona, primi tradizionali – come i tagliolini di Campofilone fatti in casa, conditi con i ragù e funghi e tartufi dei monti Sibillini – e

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secondi di carne, fra i quali spicca la ricetta del maialino al forno con patate». La preparazione del maialino al forno inizia dalla farcitura della carne con un battuto di aglio, rosmarino, lardo, sale e pepe in abbondanza. «Dopo una notte passata a insaporirsi – racconta Francesco –, il maialino viene cotto al forno a bassa temperatura per circa cinque ore, per poi innalzare la temperatura a fine cottura in modo da ottenere una crosta dorata e croccante». La cantina del Vecchio Molino comprende circa 180 etichette, però i fratelli Carrioli suggeriscono un buon rosso locale di Montepulciano o Sangiovese. Tornando sui percorsi, il territorio circostante il casolare è costellato di chiese rurali – imperdibile quella di Ponzano di Fermo, risalente al XII secolo. E chi è in zona in agosto può assistere al tradizionale palio dell’Assunta e partecipare alle cene delle contrade.

Il ristorante Il Vecchio Molino si trova in contrada Tenna, presso Rapagnano (AP). In basso, maialino al forno

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www.ilvecchiomolino.it

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LE GALLERIE DEI TESORI NAPOLETANI In uno scenario regale scorrono otto secoli di eccellenza artistica mondiale, allestiti con maestria da Nicola Spinosa. La storia più gloriosa di Napoli abita qui

lo scrigno dei gioielli artistici e storici di Napoli. Avvolto nel verde abbraccio di quel Real bosco che incornicia la sontuosa reggia fatta costruire da Carlo di Borbone alla metà del Settecento, il Museo nazionale di Capodimonte è «una delle istituzioni museali italiane più ammirate e apprezzate a livello internazionale». Ad affermarlo è Nicola Spinosa, soprintendente di Napoli dal 1984 al 2009 e professore di museologia e storia del collezionismo presso l’Istituto universitario Suor Orsola Benincasa di Napoli, ma soprattutto colui che in veste di curatore delle collezioni museografiche più importanti presenti a

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di GIACOMO GOVONI

Capodimonte si è speso più di ogni altro per la valorizzazione di questa gemma del patrimonio culturale italiano.Tanto da meritarsi nel 2008 il “Fiac Excellency Award″ come uomo che ha maggiormente contribuito alla diffusione della cultura italiana negli Stati Uniti. A Capodimonte pulsa il cuore dell’arte partenopea. Cosa rappresenta questo luogo per la città? «Sebbene sia ancora mal collegato con il centro e frequentato soprattutto da visitatori stranieri, è il solo museo, con quello della Certosa di San Martino, in cui si trova ampiamente documentato il ruolo di Napoli come antica capitale europea e mediterranea. Una città che dal Medioevo ai giorni nostri, pur tra luci e ombre, miseria e nobiltà, fasti e misfatti, ha sempre espresso, nel campo delle arti e della cultura, una feconda vocazione ad accogliere e a combinare, voci e tendenze diverse in una dimensione cosmopolita».


Alla scoperta di Napoli

Il museo di Capodimonte

Qui, Vesuvius di Andy Warhol (1985). A sinistra, Nicola Spinosa


Nella “galleria napoletana” spicca l’umanissima e dolente Flagellazione di Cristo di Caravaggio, dipinta a Napoli tra il 1606 e il 1607 Quali capolavori sono custoditi? «Negli ambienti lussuosi della reggia sono presenti le celebri collezioni di casa Farnese e dei Borbone di Napoli, gli oggetti di arte orientale e occidentale del cardinale Stefano Borgia, i dipinti e sculture legati alla storia delle arti a Napoli dal Duecento all’Ottocento, da Simone Martini a Caravaggio, da Colantonio a Luca Giordano, da Gigante a De Nittis. E ancora gli arazzi fiamminghi con la “Battaglia di Pavia”, i raffinati arredi e le preziose porcellane del Settecento, i mobili, i dipinti e le sculture dell’Ottocento. Ampia è la sezione con opere di artisti contemporanei di varia provenienza, ma tutti legati alla storia della città: da Burri ad Andy Warhol, da Kounellis a Pistoletto e tanti altri, napoletani compresi. Un luogo dal valore gigantesco, accresciuto dai nuovi allestimenti che ne valorizzano la doppia funzione di residenza regale e di museo di formazione prevalentemente dinastica». Quali sono i percorsi più affascinanti da compiere? «Innanzitutto il percorso al piano nobile della galleria farnesiana. Dopo la sala di Tiziano con i celebri ritratti di Paolo III con i nipoti, di Carlo V e di Filippo II d’Asburgo, si passa davanti a opere suddivise per “scuole”, di Masaccio e Botticelli, di Giovanni Bellini, Carpaccio e Lorenzo Lotto, dei manieristi toscani o romani, di Correggio e Parmigianino, di Pieter Breughel 214 • Mete Grand Tour

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Alla scoperta di Napoli

Il museo di Capodimonte

Sopra, particolare del Salottino di porcellana di Maria Amalia di Sassonia conservato nel museo

il Vecchio e di Annibale Carracci o Guido Reni. Poi c’è la visita all’appartamento reale, con preziosi mobili di manifattura settecentesca, dipinti di Pannini, ritratti di Mengs o di Goya la “galleria” delle porcellane delle reali fabbriche di Capodimonte e di Napoli. Non meno affascinante la cosiddetta galleria napoletana al secondo piano, in cui spicca la monumentale, umanissima e dolente Flagellazione di Cristo dipinta dal Caravaggio a Napoli tra il 1606 e il 1607». Il museo s’inserisce all’interno della reggia. Fra arredo e decorazioni, quali sono gli elementi che un visitatore che voglia respirarne il valore storico non può perdersi? «I più importanti si trovano certamente nella galleria farnesiana con parziale ripresa dell’ordinamento settecentesco, e nell’appartamento reale, con mobili, arazzi e porcellane, tra le quali il celebre boudoir di Capodimonte “alla cinese” che in origine decorava l’antibagno della regina Maria Amalia di Sassonia, moglie di Carlo di Borbone, nella reggia di Portici alle falde del Vesuvio. Nel secondo Ottocento fu trasferito in un ambiente della ex residenza borbonica di Capodimonte, già in parte adattata a museo». L’arte contemporanea napoletana, specie negli anni ’80, ha vissuto una stagione vivace che l’ha proiettata sulla scena internazionale. Quali tracce se ne trovano a

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Capodimonte? «Donate da artisti e galleristi o concesse in prestito a lungo termine da collezionisti privati, tutte le opere contemporanee esposte tra il secondo e il terzo piano della reggia-museo portano la firma di artisti che, per un legame affettivo e culturale con Napoli, per storia e vicende artistiche hanno, dal 1978, esposto a Capodimonte o negli altri musei dipendenti dalla Soprintendenza napoletana. Dal Cretto nero di Alberto Burri fino alle ultime, tra cui quelle di Kiefer, Bourgeois, Ontani e Cantridge». Tra parco, reggia e museo, riesce a individuare 2-3 angoli che lei ama particolarmente? «Per chi come me ha vissuto per 40 anni, di cui 25 come soprintendente, tra Capodimonte e gli altri musei dipendenti nel tentativo presuntuoso di rinnovarli e di restituirli migliori ai napoletani, è quasi impossibile segnalare uno o più luoghi prediletti, perché in qualche modo li sento tutti come “pezzi di cuore”. Certo non posso negare che, quando posso, mi piace molto sostare davanti al Ritratto di Paolo III con i nipoti di Tiziano o all’Antea del Parmigianino. Ma resterei ore pure nella piccola sala con la Flagellazione del Caravaggio o davanti al monumentale Cretto nero di Alberto Burri, dove è raccontata tutta l’amara e dolorosa vicenda umana dell’essere e dell’esistere».

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Arroccato sulla scogliera a pochi metri dalla Grotta azzurra, Il Riccio è il ristorante sul mare e beach club nato dalla ristrutturazione L’isola dello storico Add' 'O Riccio. Qui la custodia della tradizione marinara è nelle mani sopraffine dello chef Andrea Migliaccio. Con delle meraviglie un elegante decor mediterraneo scandito dal bianco e dall'azzurro degli arredi, è l'ultimo gioiello del Capri Palace di Anacapri.

IL RICCIO RISTORANTE E BEACH CLUB Via Gradola, 4/6 – Località Grotta Azzurra – Anacapri (NA) – Tel. 081 8371380 www.capripalace.com – info@ristoranteilriccio.com

Saloni maiolicati, pergolati fioriti, camere e suite nei colori della natura di Capri. L’albergo a pochi passi dalla piazzetta centrale ripropone la magica atmosfera della dolce vita. A colazione dolci e prodotti della più antica tradizione culinaria caprese. Passeggiate guidate nei luoghi più segreti e affascinanti dell’isola.

ALBERGO GATTO BIANCO Via Vittorio Emanuele, 32 – Capri (Na) - Tel. 081 8370446 www.gattobianco-capri.com – h.gattobianco@capri.it

Lo storico locale in Piazzetta, che per circa 80 anni ha ospitato il ristorante Gemma, da giugno scorso è diventato il Mammà, nuovo regno dello chef pluristellato Gennaro Esposito. La proposta culinaria porta in tavola prodotti freschi della cucina mediterranea, accompagnati da “piatti signature” che hanno suggellato l’eccellenza dello chef e della tradizione gastronomica partenopea.

RISTORANTE MAMMA’ Via Madre Serafina 6/11 – Capri (NA) Tel. 081 8377472 www.ristorantemamma.com - info@ristorantemamma.it

Situato sulla strada che conduce al Faro l’hotel presenta il volto più semplice dell’isola fatto di piazze, stradine e silenzi. Tipicamente caprese, tinteggiata di bianco, con grandi archi rivolti verso il mare: una felice sintesi di elementi architettonici e d’arredo classicamente mediterranei con dettagli più moderni. Dodici camere dotate di terrazzino con vista sul monte Solaro.

HOTEL SENARIA Via Follicara, 10 – Anacapri (Na) – Tel. 081 8373222 www.senaria.it – info@senaria.it

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MODA, MARE E… IRONIA Generosa e solare. Come la donna che ama vestire. Questa è la Napoli che piace a Roccobarocco e in cui torna periodicamente per riassaporarne la magia

di GIACOMO GOVONI

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Scorci partenopei

Rocco Barocco

a sua arte e il suo marchio, ormai da decenni, appartengono al mondo. Ma dietro il Rocco Barocco designer del panorama internazionale della moda c’è un uomo dal sangue partenopeo. Nato a Napoli, cresciuto a Ischia e ancor oggi con una casa e un piccolo hotel-boutique di prossima apertura a Capri, lo stilista conserva un amore immutato per la sua terra. Per certi versi malinconico, perché «a volte mi sembra di vederla un po’ appassire», quando invece «Napoli nei primi del Novecento era una capitale della cultura», ma sempre meta prediletta dei suoi week end liberi da impegni lavorativi. Sono trascorsi oltre 40 anni da quando lei lasciò Napoli per trasferirsi a Roma. Com’era allora, cosa è cambiato oggi e quale le

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piace di più? «Quando sono partito io, nei primi anni Settanta, Napoli era povera ma bellissima. Una città in continuo fermento, in cui la comunità si dava da fare. Oggi per la verità ci si arrampica un po’ di più sugli specchi. Dispiace perché in quell’epoca al porto attraccavano molte navi, tanta gente sbarcava, anche solo per visitare la città. Oggi è più difficile, per via di una cattiva reputazione cresciuta nel tempo. Non è giusto perché al di là delle poche persone “non per bene”, i napoletani sono generosi e autentici». Dovendo scegliere un fondale per una sfilata, in quale scorcio partenopeo la ambienterebbe? «Una cornice ideale sarebbe Pompei. In passato ho anche avuto dei contatti per fare qualcosa, ma come capita spesso in Italia alla fine non se ne fece nulla. Una sfilata che prevedeva anche

Sopra, lo stilista Rocco Barocco

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Scorci partenopei

Rocco Barocco

Sopra, Il Cristo velato, conservato nella Cappella Sansevero a Napoli

l’illustre presenza del ballerino Lindsay Kemp proprio nel teatro di Pompei: purtroppo il mancato accordo con la Soprintendenza e le istituzioni locali fece saltare tutto». Lei è uno stilista di levatura internazionale. Dove si può ancora rintracciare la napoletanità nelle sue collezioni? «La mia formazione e la mia cultura professionale hanno avuto fin da subito un’impronta internazionale. Sono arrivato a Roma a 18 anni e sono entrato in un atelier francese che già produceva e si misurava con il mondo. Se invece vogliamo parlare di carattere, mi piace molto la donna mediterranea, solare. Le mie collezioni sono un sempre un po’ chic ironiche, con un pizzico di divertimento. La mia napoletanità sta nel non prendermi mai troppo sul serio, come traspare anche dalle mie creazioni». C’è un luogo o un monumento della sua Napoli a cui è particolarmente legato? «Io abito a Milano ormai da tanti anni, ma quando torno a Napoli mi piace molto la zona del centro storico, nonostante mi renda conto che sia un po’ maltenuta. Il luogo che vado a visitare più di frequente è il Cristo velato nella cappella di San Severo. Una scultura che considero un capolavoro

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assoluto: quel marmo, quelle trasparenze che avvolgono il corpo di Gesù come uno chiffon, mi trasmettono una sensazione quasi magica». Si trova a ospitare un amico, magari straniero, a Napoli. Quale itinerario gli organizzerebbe? «Se questa persona che non ha mai visto Positano, Amalfi o Sorrento, prenderei un aliscafo e dedicherei la mattina a una bella gita in mare. Poi da Sorrento salirei in macchina e girerei lungo la costiera amalfitana, la più bella del mondo. Risalendo dal mare lo accompagnerei al Museo di Capodimonte, poi a Palazzo Reale e, se c’è tempo, alla Reggia di Caserta. D’obbligo un passaggio nel centro storico, con i suoi caratteristici vicoli e androni che mi auguro l’Unesco riconosca presto come patrimonio dell’umanità e magari ci aiuti a riportarli all’antica bellezza». In questo suggestivo tour abbiamo saltato il pasto. Dove porterebbe il suo ospite a gustare le specialità enogastronomiche locali? «Se siamo a Positano da Chez Black, altrimenti da Caruso a Sorrento. Se invece stiamo passeggiando per il centro, ci fermiamo nell’antica trattoria Da Carmine».

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L’ORIGINALE NAPOLETANA n pezzo di storia della pizza napoletana e della città di Napoli. Qui, infatti, dopo gli spettacoli al vicino teatro Trianon, fra gli altri artisti e attori, si sedeva a cenare Totò. E proprio da questo teatro ha preso il nome la pizzeria Trianon, nel quartiere Forcella, fondata da Ciro Leone e Giorgina De Somma nel 1923. In 90 anni di storia quattro generazioni hanno mantenuto alto il nome

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La margherita, una pizza Doc e una tradizione familiare che l’ha consacrata come una delle migliori di Napoli. Angelo Greco, Giuseppe Furfaro e le sorelle Leone della pizzeria Trianon di MANLIO TEODORO

della pizza più famosa del mondo. «La più classica delle nostre pizze è naturalmente la margherita - spiega Angelo Greco, titolare insieme a Giuseppe Furfaro, tra le altre cose mariti di due figlie della famiglia Leone -, che noi condiamo con fior di latte o mozzarella di

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Alla scoperta di Napoli

bufala campana dop. Ma accanto a questo classico intramontabile abbiamo introdotto anche delle nostre ricette. Una fra queste è la Doc: farcita con pomodorini del piennolo del Vesuvio Dop, mozzarella di bufala campana Dop e una spruzzata di parmigiano all’uscita dal forno». In questa pizza ogni ingrediente controbilancia il sapore degli altri. Abbiamo una certificazione di specialità tradizionale garantita (STG). «Chi sceglie la Doc vi ritrova il sapore dell’estate e la sua freschezza. La nostra non è solo una pizza, bensì un’emozione. Così come sono numerosi i clienti che, anche dopo anni, tornano qui, magari per ritrovare un ricordo di giovinezza che si è legato alla nostra pizza e al nostro locale, che è cambiato pochissimo nel tempo e nel quale si mangia ancora su tavoli in marmo». «La pizzeria Trianon oltre ai regolari controlli sanitari sulle materie prime, ne aggiunge dei propri al fine di garantirne ulteriormente la

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qualità. In special modo per quanto riguarda latticini e farine - spiega Angelo Greco -. Poi, per quanto riguarda le altre materie prime, queste sono tutte campane e di stagione, un’eccezione viene fatta per prodotti non autoctoni, come gorgonzola ed emmenthal, che vanno a comporre la nostra pizza ai sette formaggi». La zona di centro storico in cui sorge la pizzeria, Forcella, è un quartiere per il quale la famiglia Leone si è sempre spesa, fino a rappresentare quasi una guida per la popolazione. «Il nostro - afferma in conclusione Giuseppe Furfaro -, è un quartiere con delle criticità, ma vi siamo legati e la nostra famiglia ha sempre fatto molto per stimolarne il recupero, anche contribuendo a migliorare l’illuminazione pubblica e lavorando per sensibilizzare le amministrazioni locali». www.pizzeriatrianon.it

La storica sede della Pizzeria Trianon da Ciro si trova in via Pietro Colletta, a Napoli. Di recente ha aperto anche una nuova sede a Salerno

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UNA NUOVA VISTA SU NAPOLI di ARIANNA LESURE

Una struttura vocata al business, però aperta anche all’accoglienza turistica e alla promozione della migliore cucina locale. Con un pizzico di sperimentazione. La parola a Viky Palladino er sottolineare la sua importanza basta ricordare i tempi della Magna Grecia. Anche se forse per comprenderne la fisionomia attuale è più utile tornare con la memoria a quando essa era la capitale del Regno delle Due Sicilie. Naturalmente Napoli. Non si contano le bellezze architettoniche che questa contraddittoria città offre al visitatore, ma vale la pena di citarne le più celebri: il Maschio Angioino, piazza del Plebiscito, il palazzo reale e l’imponente galleria Umberto I. E poi il mare. Quale residenza scegliere come base per visitare una città così grande – in tutti i sensi? La scelta potrebbe cadere su Le Cheminèe, business hotel a pochi chilometri dall’aeroporto di Capodichino, ospitato da un palazzo storico di fine Ottocento e posto in uno snodo di linee metropolitane, circumvesuviane e bus per tutte le principali destinazioni. «Ci piace sottolineare – spiega Viky Palladino, direttrice commerciale – che lo charme, l’accoglienza e l’organizzazione del nostro hotel nascono da una gestione totalmente femminile. Il target principale dei nostri ospiti è quello business, che è presente tutto l’anno anche con meeting e convegni, mentre nella stagione estiva abbiamo anche

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Paccheri alla carbonara di mare del ristorante il Chiostro, presso il business hotel Le cheminée di Napoli. Nell’altra pagina una veduta del Golfo di Napoli

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Alla scoperta di Napoli

Viky Palladino

turisti, soprattutto stranieri». Dotato di sei sale polifunzinali, l’hotel si propone come vero e proprio centro congressi. Gli eventi possono poi essere intervallati da una cena nel ristorante annesso, il Chiostro, che si trova nella corte del palazzo. «La nostra è una cucina prevalentemente tipica regionale – così come i vini che la accompagnano –, curata dallo chef Alessio Secondulfo, che nonostante la giovane età ha alle spalle numerose esperienze nei principali ristoranti napoletani. La sua principale abilità è nei piatti di pesce, soprattutto crudo. Accanto alla tradizione, che resta sempre viva, il nostro chef non rinuncia a delle originali rivisitazioni. Un esempio è la pastiera napoletana – benché sia un dolce tipicamente pasquale, da noi è disponibile tutto l’anno. Secondulfo la propone in una rivisitazione, infatti è completamente passata».

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Una delle ricette imperdibili del Chiostro è la carbonara di mare. «Per questo primo usiamo un formato di pasta tipica napoletana: i paccheri, che vengono conditi con cozze, vongole, gamberetti, ricotta, un bicchiere di vino bianco, prezzemolo tritato e ovviamente, come nella migliore tradizione mediterranea, olio extravergine di oliva». Particolarità del ristorante è la scelta di ingredienti rigorosamente stagionali, provenienti da colture locali e selezionati per offrire il meglio dei sapori campani. Inoltre, il Chiostro, dietro prenotazione, è aperto anche a chi non è ospite dell’albergo. E per promuovere la sua cucina, legandola alla cultura, la direzione organizza eventi, come le recenti cene del “Ceneforum – incontri di cinegustologia”, che hanno unito cucina e grande cinema. www.lecheminee.com

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PROFUMI E SAPORI DI SORRENTO

di VALERIO GERMANICO

In una delle perle del golfo partenopeo, Paolo Esposito propone piatti che mescolano ingredienti freschi, tradizione locale e modernità

ra gli aranceti e le palme, fra gli ulivi e gli alberi di noce si trova Sorrento, in uno dei più classici dei panorami mediterranei. Nel cuore della città, con una dedica speciale alla vicina cattedrale di sant’Antonino, patrono della città campana, si trova il ristorante la Basilica, fondato da Paolo Esposito: «I nostri menù interpretano la tradizione culinaria locale e mediterranea, innanzitutto con la scelta di ingredienti e materie prime freschissime, come il pesce appena pescato e i primi di pasta fatta in casa – solo per fare degli esempi basta ricordare gli agnolotti con melanzane e ricotta o i ravioli con polpa di granchio e zucchine». Scorrendo la carta verso i secondi, si apre la scelta fra le prelibatezze di mare e di terra, come filetti di pesce all’acqua pazza, fagottini di vitello con scarole o filetto di manzo con pinoli e basilico. «Offriamo un’ampia varietà, in grado di andare incontro ai gusti dei più diversi palati, contemplando le preferenze dietetiche anche con ampie scelte vegetariane. Inoltre, proponiamo una vasta scelta di menù per occasioni speciali, ricorrenze, cene di

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lavoro e cerimonie. E naturalmente non può mancare l’autentica pizza napoletana». Il tutto da accompagnare ai migliori vini locali e nazionali. «La nostra cantina ospita oltre 1.300 etichette, che ben rappresentano tutte le regioni italiane. Naturalmente un posto di rilievo è occupato da una selezione delle migliori produzioni campane e, abbiamo un’esclusiva selezione di vini invecchiati e una sezione dedicata alle grandi annate e ai magnum». www.ristorantelabasilica.com

Filetti di triglie su letto di cannellini e rucola, uno dei piatti del ristorante la Basilica di Sorrento (NA)

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ORCHESTRARE IL GUSTO di MAURO TERENZIANO

anorami incantevoli che fanno da sfondo a un intreccio di storia, miti e tradizione. È un nome che non ha bisogno di presentazioni quello che i gestori del ristorante-museo della centralissima piazza Tasso di Sorrento hanno scelto per la propria insegna: Caruso. «Proponiamo una cucina luculliana dalle straordinarie caratteristiche sensoriali – spiega Paolo Esposito, titolare del ristorante –. Con due linee di menù – degustazione e à la carte – cerchiamo di raccontare l’anima mediterranea della nostra terra, venandola con toni creativi e di innovazione. Così i piatti tradizionali e i classici d’autore convivono accanto a preparazioni delicate e ricercate, che uniscono al piacere del gusto la capacità tecnica e il sapiente rigore della nostra équipe nell’uso di prodotti sceltissimi». Il risultato? Delle autentiche delizie per gli occhi e

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Celebrare il cibo come piacere per il palato ed esperienza estetica. È questo lo scopo quotidiano del ristorantemuseo Caruso di Sorrento. La parola a Paolo Esposito

il palato, espressioni di art food. «Al centro di quella che ci piace considerare un’orchestra lavora il nostro executive chef, che dalla regia cattura le note, gli ingredienti, rendendo i piatti simili all’esecuzione di uno spartito, rivelando accostamenti geniali che solo una profonda conoscenza dei prodotti può determinare». Frutto di questa amorevole ricerca è anche la scelta dei vini e, fuor di metafora, le musiche di accompagnamento che si diffondono in un ambiente dallo charme raffinato e che hanno fatto conquistare al ristorante Caruso un posto di primo piano nel panorama internazionale della cucina di alta qualità.

Pennoni al nero di seppia ripieni di Cernia del ristorante-museo Caruso di Sorrento (NA)

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www.ristorantemuseocaruso.com

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SCORCI DI FASCINO impossibile descrivere certi luoghi a parole. Bisogna viverli. Uno di questi è Capri. Più che un’isola, un concentrato di fascino, natura e mito. Immergersi senza meta fra i vicoli del centro, scoprirne la storia attraverso i reperti archeologici di Villa Jovis, ammirare la bellezza dal mare scoprendo il fascino delle insenature con un giro in barca. Un angolo privilegiato dal quale muoversi, per poi perdersi nell’isola, è l’hotel Punta Tragara. Ardita costruzione rubata alla roccia, l’hotel sembra tuffarsi verso il blu del mare, là dove

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Vivere Capri da una prospettiva esclusiva. Paolo Federico invita a un soggiorno fra natura e storia. In una struttura rubata alla roccia che si affaccia sui Faraglioni di ARIANNA LESURE

spuntano i Faraglioni e la baia di Marina Piccola. «Ci sono tanti modi di vivere Punta Tragara – spiega il direttore Paolo Federico –, che propone momenti da antologia del paesaggio di Capri, catturandone l’essenza: complicità per chi ha voglia di sole e mare, stile classico e ricercato per chi ricerca un mix di eleganza antica e arte contemporanea. Un

Veduta di Capri (NA) dall’hotel Punta Tragara


Le perle del golfo

Paolo Federico

rigoglioso giardino che custodisce due piscine all’aperto e la Spa. E poi ci sono i sapori del ristorante Monzù, dove lo chef Lionetti propone i piatti storici della cucina tipica tradizionale caprese e napoletana». “Monzù” è la storpiatura dialettale del francese “monsieur”, ed è così che venivano chiamati i grandi cuochi che lavoravano presso le corti delle importanti famiglie aristocratiche napoletane fra il Tredicesimo e il Diciannovesimo secolo. «Il nostro hotel offre quarantaquattro possibilità di soggiorno tra camere e suite lusso, tutte l’una diversa dall’altra per concezione, ampiezza, posizione panoramica e arredi – ogni ambiente dà spazio a un vissuto che segna la memoria e il cuore». Tornando nella natura Capri offre l’imperdibile grotta Azzurra. E inoltre la possibilità di emozionarsi con un’escursione nel giro

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dell’Arco Naturale, parte superstite di una grande grotta che si addentrava nella montagna. «I flutti del mare ne ampliarono l’apertura e asportarono i detriti. Dopo il sollevamento dell’isola nel Paleolitico, la grotta fu sottratta all’azione erosiva delle onde e il vento e la pioggia ne trasformarono la superficie». Di ritorno dall’Arco Naturale, una scalinata, che si inoltra nella sottostante vallata, conduce alla grotta di Matermania, grandioso antro naturale trasformato in epoca romana in lussuoso ninfeo. «Oggi rimangono pochi resti murari, originariamente rivestiti con tessere musive in pasta vitrea e decorati con stucchi policromi. Oltrepassata la grotta, un comodo sentiero, che si snoda lungo i dirupi che costeggiano il mare, conduce alla Via Pizzolungo e alla Villa Malaparte e prosegue sino al belvedere di Tragara, dal quale si raggiunge il centro in pochi minuti».

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www.hoteltragara.it

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I SEGRETI DI ANACAPRI

di MAURO TERENZIANO

Itinerari segreti nell’isola della grotta Azzurra. Simona De Turris suggerisce i percorsi meno battuti, lungo i quali scoprire le perle più rare della bellezza mediterranea, vivendo lentamente

n rifugio tranquillo, intimo e romantico. Per chi ama conoscere gli angoli segreti e i sapori genuini che l’isola di Capri sa regalare. Siamo vicinissimi alla Grotta Azzurra, che da millenni incanta chi la visita, alle falde verdi della collina di Anacapri, in un ampio parco ricco di fiori e alberi da frutto. Qui si trova l'hotel tre stelle Al Mulino, una tipica villa anacaprese con archi e

U Esterno dell’hotel Al Mulino di Anacapri (NA)

muri in pietra, a pochi passi dai ruderi della villa romana di Damecuta dell’imperatore Tiberio, dalla quale si godono i più bei tramonti dell’isola, affacciati su tutta la costa ovest e sul sentiero dei fortini. «La nostra – racconta la proprietaria, Simona De Turris – è una meta abituale per chi vuole immergersi in ritmi lenti e naturali». Dopo un risveglio al canto degli uccelli e una colazione con torte e crepes preparate in casa, sono molti gli itinerari possibili alla scoperta dell’isola. «Preferisco suggerire quelli meno noti. Un esempio, il sentiero dei fortini, che inizia da Orrico e che fra cornici di roccia, profumi e colori intensi della macchia mediterranea conduce al faro di Punta Carena. Altro piccolo paradiso è la valle di Cetrella con il suo eremo seicentesco. A questo si giunge discendendo a piedi il monte Solaro, oppure dalla mulattiera che parte da viale Axel Munthe. Inoltre, per chi ama l’escursionismo e le buone camminate, Cetrella è raggiungibile anche da Capri attraverso il sentiero del Passetiello, che svela agli occhi dei visitatori imperdibili scenari paesaggistici».

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www.mulino-capri.it mulino@capri.it

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Il caso della famiglia Aprea. Che partendo dai prodotti della sua azienda agricola, ha suggellato il “rinascimento” di uno dei locali più apprezzati dell’isola

GIOCO DI CONSISTENZE di CARLO SERGI

na passione per le più raffinate materie prime. Un rispetto per la tradizione declinato, però, a una costante voglia di innovare. Siamo nel cuore dell’Isola di Capri, dove dalla roccia scavata, custode di una cantina con oltre 11mila bottiglie di circa 1000 etichette, nasce il ristorante Da Tonino, tornato dopo sette anni sotto la guida della famiglia Aprea. Ed è lo chef Salvatore, reduce da un’importante esperienza presso il San Domenico di Imola e da una collaborazione con Heinz Beck e Antonio Strammiello, a farci da cicerone. «Qui siamo ricercatori di tecniche, bilanciamenti, contrasti. Amiamo il gioco delle consistenze». Salvatore ha deciso di riconquistare Capri con un menù realizzato in gran parte con i prodotti provenienti dall’azienda di famiglia (che si trova in Basilicata). E si è portato con sé il fratello Gennaro, custode della cantina. «Spaziamo dai sapori di terra a quelli di mare. Ad accompagnarci sono quei profumi di finocchietto, limoni ed erbette tipici di Capri».

U

Un menù ideale? Una millefoglie di alici marinate all’aceto di lamponi, con patate e peperoni su pesto di rucola, accompagnata da uno Spumante Annamaria Clementi del 1996. Si prosegue con i tortelli cacio e pepe con cozze e lime, da esaltare con un Trebbiano Valentini del 1997. Poi, un maialino nero lucano con purea di mele annurche, cicoriella selvatica e papaccelle, ideale con un buon Canneto D'Angelo 1993. Infine una capresina calda con cuore morbido al chuao, salsa e gelato alla vaniglia del Madagascar con uno straordinario recioto TB del 1997.

Lo chef Salvatore Aprea all’interno della cantina del Ristorante da Tonino (Capri). A sinistra, tortelli cacio e pepe con cozze e lime

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datoninoristorante@hotmail.it

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Una personale mappa dei piatti e dei vini più amati della Sicilia. A delinearla sono alcuni noti personaggi originari dell’Isola di FRANCESCA DRUIDI

TERRA DI MILLE PROFUMI

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Sapori di Sicilia

l cibo non è mai neutrale. Corrisponde a un’esigenza fondamentale dell’uomo, ma da sempre si connota anche di una serie di valenze simboliche, da quelle sociali ed economiche sino a quelle più spiccatamente culturali. Le pietanze hanno il potere di dischiudere i ricordi e i vincoli identitari che uniscono le persone ai luoghi della propria infanzia e appartenenza. Attraverso i ricordi enogastronomici di alcuni personaggi siciliani è possibile ricostruire, in un gioco di suggestivi rimandi, la tradizione culinaria dell’isola. Una tavola che si tinge di colori, sapori e odori dalle tonalità forti, ma non privi di dolcezze e sinuosità. In costante equilibrio tra terra e mare. Pietrangelo Buttafuoco, giornalista catanese, esprime la sua affezione per i piatti della campagna: «Hanno il sapore terragno, rude e perfetto. Come i carciofi selvatici, quelli piccoli e spinosi. Vengono preparati dopo una lunga cottura e intinti nel sale e nell’olio mescolato all’aceto». Il palato dello scrittore del libro “Le uova del drago” si rallegra poi con le fritture a base di fave fresche, utilizzate come condimento o come base per la zuppa. «È, infine, un vero turbamento approfittare dei frutti spontanei quali finocchietto e borraggine. Quest’ultima, con una rude scorza che

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Dalla Norma alle cassatelle

solo l’aceto forte dei contadini può ammansire». Per Buttafuoco andare al ristorante è una festa. «Quando vado fuori, cerco il mare». La meta gastronomica preferita è la Trattoria Don Saro a Capomulini, in provincia di Catania. «È bello in senso greco, eccelso nel rendere uguale ciò che è bello a ciò che buono. Si assapora un pesce squisito e la visione del paesaggio, lungo la costa Jonica, garantisce una festa anche per gli occhi». Il ristorante si appoggia su una palafitta che costeggia il mare: «È il massimo – sottolinea il giornalista – e cancella in un sol colpo tutta la musona presunzione dell’alta gastronomia dei gourmet». Catanese è anche lo scrittore e opinionista Giampiero Mughini, che non ha mantenuto un rapporto di continuità con la propria regione di origine, ma continua ad assaporarne i sapori nella trattoria Pirandello di Milano, dove marito e moglie siciliani apprestano «alla grande» i piatti della terra. «Da quando mia madre è morta nel luglio 2001 – confessa Mughini – non vado più in Sicilia, la terra che ho abbandonato per sempre e senza voltarmi indietro nel gennaio 1970». Il piatto a cui è maggiormente legato è la «fatidica pasta alla Norma», condita con pomodoro fresco, melanzane fritte, ricotta salata grattugiata e basilico. Pietanza che non solo individua un autentico simbolo della tradizione gastronomica siciliana, «la leggenda dice che nacque nel corso di una serata catanese svoltasi a poche centinaia di metri dalla casa in cui sono nato», ma che fa leva su emozioni profonde: «Era un piatto che mia madre, catanese, cucinava alla perfezione e che continuò a cucinare fino a quando le sue forze e la sua mente vennero meno». Per innaffiare un buon pasto, serve il vino giusto. Mughini consiglia i vini siciliani che «negli ultimi anni sono decuplicati in qualità». Tra questi c’è il Cerasuolo di Vittoria della cantina Firriato,

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Nella prima pagina, la piazza di Erice (Tp). In questa pagina, dall’alto, Pietrangelo Buttafuoco, Giampiero Mughini, Antonino Zichichi e Pippo Baudo



Sapori di Sicilia

Dalla Norma alle cassatelle

«un vino che avevo scoperto da ragazzo, quando per noi catanesi arrivare a Vittoria era un’avventura». E sul vino Mughini non risparmia notazioni inconsuete: «L’ex marito di una mia amica, scontati sette anni di carcere per terrorismo rosso, produce adesso un vino bianco “che induce all’alcolismo”. Chiedetelo a mio nome alla trattoria romana Evangelista». Il fisico e scienziato Antonino Zichichi ama, invece, bearsi del cous cous di pesce, particolarmente diffuso nel Trapanese, sua terra d’origine, e della caponata, un piatto altrettanto tipico della gastronomia isolana a base di verdure fritte e salsa agrodolce, che lo studioso ama gustare all’albergo ristorante Edelweiss di Erice, a pochi passi dalla sede della Scuola di cultura scientifica Ettore Majorana, da lui fondata e presieduta. È, inoltre, goloso delle “busiatine profumi di zagara” e della “spatola Ghibli” preparate dallo chef Giuseppe Abate del ristorante del Ghibli Hotel di San Vito Lo Capo. Il primo è preparato con le busiatine, un formato di pasta particolarmente noto in Sicilia, filetti di tonno fresco, melanzane, pomodorini e pesto di agrumi, mentre il secondo si presenta come un millefoglie di spatola, con gamberi, crema di pistacchi

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e pomodoro di Pachino. Sempre a San Vito Lo Capo, il professore non manca di fare una visita alla trattoria Da Alfredo. Innaffiando il tutto da uno dei fiori all’occhiello dell’enologia isolana: il Nero d’Avola. Vino molto amato anche da uno dei siciliani più famosi d’Italia, Pippo Baudo: «Quando ero bambino, andavo con mio padre a comprare il Nero d’Avola sfuso, lo vendevano direttamente i vignaroli un tanto al litro, alla stregua di un vino minore. Oggi, invece, grazie all’applicazione enotecnica nei confronti di questo vitigno, il Nero d’Avola sta conquistando le tavole di tutto il mondo e tutti ce lo invidiano». Tra le pietanze tipiche, oltre alla pasta con le sarde e alla pasta alla norma, Baudo esalta «le salsicce siciliane, uniche e buonissime». Del resto, come sottolinea il conduttore originario della Val di Catania, «i piatti della cucina siciliana sono semplici, campagnoli. Molte trattorie aperte di recente a Militello sono legate alla tradizione culinaria regionale e, insieme agli ottimi primi, servono dolci eccezionali, come i cannoli, le paste di mandorla e le cassatelle della monaca, da una ricetta appartenente alla tradizione della pasticceria conventuale che preparavano le suore di clausura passata poi in mani laiche. Un dolce davvero squisito».

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Una dimora dall’atmosfera unica, nel cuore del mercato storico, con archi in pietra secolare del XVIII secolo e colonnati di ghisa. Il boutique B&B dispone di ampi saloni e camere elegantemente arredate e una modernissima cucina a disposizione degli ospiti. A colazione tipicità siciliane e non solo, da gustare nel giardino, custodito nella corte esterna, all’ombra degli agrumi.

La Sicilia dell’ospitalità

IL GIARDINO DI BALLARO’ BOUTIQUE B&B Via Porta di Castro, 75/77 - Tel. 091 212215 www.ilgiardinodiballaro.it - ilgiardinodiballaropalermo@gmail.com

Piatti semplici raccontano la passione per la terra: realizzati con materie prime fresche e di qualità e accompagnati dai vini della cantina,150 etichette selezionate con attenzione e professionalità. Una lunga tradizione di famiglia unita a passione e perseveranza per stupire i palati più esigenti e gli amanti della buona tavola.

RISTORANTE ITALIANO CIBUS Piazza Martiri d’Ungheria 14 – Belmonte Mezzagno (PA) – Tel. 091 8720397 www.italianocibus.it – info@italianocibus.it

Una sosta di relax per i viaggiatori al Ghibli Hotel, a pochi passi dal mare a San Vito Lo Capo, in provincia di Trapani. La struttura propone sulla sua terrazza panoramica un centro benessere e un ristorante con giardino (Profumi di couscous) curato con stile ed eleganza dove poter gustare una cucina dagli aromi nordafricani a base di cous cous e pesce.

GHIBLI HOTEL Via Regina Margherita, 80 - San Vito Lo Capo (Tp) - Tel. 0923 974.155 www.ghiblihotel.it - info@ghiblihotel.it

Un’esperienza di gusto nel cuore di Trapani al ristorante Serisso 47. L’offerta dello chef Gaetano Basiricò va da piatti a base di materie prime locali, rivisitati nelle cotture, negli abbinamenti e nelle presentazioni, a un menù di pesce legato alle stagioni. Spazio anche a carne, ortaggi, formaggi e dolci di produzione propria. La carta dei vini presenta bottiglie di cantine del territorio.

RISTORANTE SERISSO 47 Via Serisso, 47 - Trapani - Tel. 0923 26113 www.serisso47.com - info@serisso47.com

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di VALERIO GERMANICO

SECONDO STAGIONE estate ci si siede all’aperto, all’ombra di grandi alberi e gazebo. E si possono gustare piatti di pesce fresco – fornito dai pescatori di Balestrate –, accompagnati da vini rossi e bianchi locali. «I miei menu – spiega Davide Pisacane, chef e titolare del ristorante Antica Falconara, che si trova nelle campagne fra Partinico, Alcamo e Balestrate, a metà strada fra il capoluogo siciliano e la provincia di Trapani, in un’antica cantina ancora rustica – variano secondo la stagione, in modo da far gustare agli ospiti i sapori autentici della nostra terra nel periodo naturale». Per cominciare, Pisacane propone un ricchissimo antipasto, vera raccolta delle migliori prelibatezze siciliane, fra queste: caponata di melanzane,

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Cominciare con gusto. Le proposte dello chef Davide Pisacane per un autentico menù fra terra e mare che interpreta la tradizione della cucina siciliana

polpettine di broccolo, carciofi viddanedda. «E ovviamente non possiamo non proporre le classiche panelle e arancine, il crostino fritto. E non possono nemmeno mancare i derivati del latte delle pecore che pascolano fra le nostre campagne. E quindi tuma fritta, bruschetta con ricotta, miele e pistacchio, pecorino siciliano con miele. E ancora, funghi panati e salame locale». Se le pizze, cotte a legna e arricchite con un filo d’olio denocciolato, vengono sfornate tutto l’anno, altre sono le pietanze proposte durante il mite inverno siciliano. «Raccolti davanti al fuoco dei camini, consiglio pappardelle ai funghi porcini e Angus cotta su pietra lavica. Oppure selvaggina dei Nebrodi con un contorno di ortaggi coltivati nella zona». www.anticafalconara.com

Alcune pietanze del ristorante Antica Falconara, situato lungo la Statale 113 fra Partinico (PA) e Alcamo (TP)

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COLORI MEDITERRANEI Agrumi e olio. I migliori simboli della Sicilia si incontrano a Castelvetrano sulle terre della famiglia Genco. Che ha scelto di non seguire la moda dell’agriturismo e di concentrarsi nella coltivazione di ARIANNA LESURE

pochi chilometri dal parco archeologico di Selinunte, a Castelvetrano, nel trapanese, la famiglia Genco cura agrumeti e uliveti. «Abbiamo scelto di crescere percorrendo la strada più difficile – afferma Claudio Genco, titolare della giovane azienda –, quella dell’agricoltura. Per questo non abbiamo un’attività agrituristica, per evitare che nel tempo questa prendesse il sopravvento sulla coltivazione – come oggi avviene nella maggior parte delle realtà agricole. Però facciamo attività ricettiva a titolo gratuito, mettendo a disposizione degli ospiti una bicicletta per visitare i dintorni. Al loro ritorno offriamo granite e limonate spremute dai nostri agrumi, di cui abbiamo 4mila piante fra clementine, mandarini e mandarini tardivi di Ciaculli». Il prodotto che ha reso celebre l’azienda è però l’olio Nocellino – che i 3 ristoranti stellati

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siciliani consumano regolarmente –, estratto da circa 6.500 piante di Nocellara del Belice di proprietà della famiglia Genco ed esportato negli Stati Uniti, Polonia e Giappone. «I nostri uliveti germogliano a una quota di circa 200 metri sul livello del mare. Nel periodo di semi invaiatura, in base alle annate fra i primi di ottobre e la fine di novembre, raccogliamo i frutti con una brucatura a mano. L’estrazione avviene con un sistema a ciclo continuo a due fasi entro 24 ore dalla raccolta, per poi decantare senza filtraggio. L’aspetto è velato, colore verde-giallo con profumo fruttato acerbo e sapore fruttato medio con retrogusto leggermente piccante, che lo rende perfetto a crudo su verdure, pesce in cotture e su tutte le pietanze mediterranee».

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www.agricolagenco.it claudiogenco5@libero.it

L’azienda agricola Genco sorge a Castelvetrano (TP)

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