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L’intervento - Ilaria Borletti Buitoni - Marisa Montegiove - Maria Rita Parsi
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L’informazione in tv - Anna La Rosa - Maria Concetta Mattei - Simona Branchetti
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In copertina - Antonella Lambri
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Economia - Alessandra Perrazzelli - Maria Bianca Farina - Marina Brogi - Donatella Visconti
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Le sfide della politica - Alessandra Ghisleri - Patrizia Catellani - Maria Ida Germontani
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Formazione - Elena Ugolini - Licia Viscusi
Esteri - Marta Dassù - Emanuela D’Alessandro - Paola Imperiale - Rosa Maria Chicco Ferraro In prima linea - Silvia Greco - Chiara Aldi
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Donne d’impresa - Antonella Mansi - Luisa Todini - Lisa Ferrarini - Patrizia Di Dio - Carla Gardino
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- Brunella Malvicino - Eufemia Ippolito
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Export - Maria Luisa Speranzini - Paola Borzino Imprese e sviluppo - Paola Palmerini
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Modelli d’impresa - Marisa Bano Roncato - Silva Bernardoni Salomoni - Gabriella Rimoldi - Maria Brassiolo Anderlini - Paola Casali - Maria Rosa Sguinzi - Sonja Blanc - Nadia Vezzani - Maria Paola Lorenzini Rinieri - Germana Ipponi - Valentina Schiavi - Edda Gilardoni Innovazione - Iris Bilardo
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Tecnologie - Roberta Viglione - Ingrid Monaco - Carmela Maria Pariani Delocalizzazione - Rita Bellazzi
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Dicembre 2012
Gestione d’impresa - Marina Benvenuti - Barbara Lucci
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Consulenza - Cinzia Rossi - Laura Restelli - Anna Rota - Sabina Palumbo
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Gestione rifiuti - Loredana Lezoche - Giusi Lonoce
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Comunicazione - Elisabetta Olivari - Laura Rossi - Lorena Fragassa
Edilizia - Pamela Onorati - Loretta Villa
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Contraffazione - Selvaggia Segantini
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Delitti al femminile - Cinzia Tani - Annamaria Bernardini De Pace Diritto di famiglia - Giusy Bascià - Rosangela Liberti
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Odontoiatria - Francesca Pedoto - Daniela Pasquarelli
Trasporti - Martina Montebovi - Rita Pellegrino
Stile Italiano - Lucia Totaro - Alessandra Chiavelli - Giovanna Ceolini - Silvia e Maura Mainetti
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Notariato - Maria Emanuela Vesci
Politiche antidroga - Elisabetta Simeoni
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Diritto tributario - Paola Ruggieri Fazzi
Ricerca scientifica - Lucia Monaco
Restauro - Silvia Baldis
Eventi - Milena Mineo - Anna Ceraso
Mercato del lusso - Valeria Verga
Imprese e ambiente - Luana Grossi
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Foniatria - Donatella Croatto Dispositivi medici - Licia Tiberi
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Strutture sanitarie - Maria Stella Giorlandino
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Benessere - Elisabetta Vedres
Turismo - Simonetta Bamfi - Martine Duprè
Premio Bellisario - Lella Golfo - Giorgina Gallo - Elisabetta Tripodi
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Strategie - Cristina Rossello
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L’intervento
Italia “museo diffuso” di Ilaria Borletti Buitoni, presidente del Fai
l nostro Paese ospita uno straordinario patrimonio storico artistico e paesaggistico che è stato sempre più aggredito dal cemento e trascurato con la più colpevole incuria e che abbiamo oggi il compito di preservare e promuovere per le generazioni future. In un Paese che riconosce la propria identità culturale si vive meglio e credo che la “rinascita” dell’Italia, in un momento così difficile come quello che stiamo attraversando, dovrebbe passare proprio dalla riappropriazione di un sentimento comune verso un Paese che tutto il mondo ci invidia, consapevoli che una possibilità di sviluppo sia fortemente legata al connubio tra difesa e valorizzazione. All’estero la ricchezza culturale porta frutti nella misura in cui è tutelata, mentre da noi non si ritiene che i beni culturali e paesaggistici possano costituire una chiave per la crescita e per lo sviluppo economico e questo sfocia in un atteggiamento di indifferenza verso un tesoro che ci rende
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unici. Ecco allora la necessità di una consapevolezza che ci porti a incentivare sempre più un turismo sensibile e attento, adatto al nostro bellissimo territorio. In Italia oggi questo settore rappresenta solo il 2,5 per cento del Pil, dato triste che però con una politica adeguata e interventi mirati potrebbe triplicare. Bisognerebbe adeguare le strutture, migliorare i collegamenti e, in politica, avere un’azione coordinata dei ministeri dei Beni e le attività culturali, del Turismo e dello Sviluppo. Certo, si tratta di un lavoro enorme, di un processo che richiede sforzi e sinergia tra i differenti attori in gioco ma che può dare importanti frutti. Ben vengano allora gli “aiuti” privati per salvare il nostro patrimonio. Si pensi al “caso Colosseo”; non può che essere accolto positivamente il contributo di uno sponsor come Della Valle per il restauro del monumento simbolo italiano. L’impegno dei privati e soprattutto del terzo settore - associazioni, cooperative, fondazioni come il Fai,
fondazioni di partecipazione nella conservazione e nella valorizzazione dei Beni culturali - è un fondamentale supporto all’azione del ministero, che è ormai troppo indebolito dai drammatici tagli subiti negli ultimi anni. Anche il Fai da oltre 35 anni si batte strenuamente per la conservazione, la tutela e la valorizzazione del nostro patrimonio grazie al sostegno e alla sensibilità di tante persone e al vitale slancio di tanti volontari che credono nella missione della Fondazione. Da pochi mesi la Provincia di Lecce ha affidato al Fai l’Abbazia di Cerrate, uno splendido complesso duecentesco nel Salento, che sarà restaurata, e restituita alla collettività: un esempio virtuoso di come pubblico e privato possano collaborare nella tutela e nella valorizzazione di “uno straordinario pezzo d’Italia”. Bisogna allora ripartire dalla cultura, dall’orgoglio per la nostra identità e per la nostra inestimabile ricchezza: il riscatto per un’Italia migliore può nascere solo dalla bellezza che, nonostante tutto, vince. 9
L’intervento
Le donne e la crisi di Marisa Montegiove, coordinatrice Gruppo Donne Manager Manageritalia e presidente Manageritalia Servizi
a più parti si sente dire che le imprese rosa, governate da imprenditrici o manager, stanno affrontando meglio la crisi. Allora vale la pena chiedersi se è vero e nel caso domandarsi perché. Partiamo da un assunto. Il sesso non determina la capacità di guidare aziende e organizzazioni, però nel mondo e ancor più in Italia le donne sono ampiamente minoritarie nelle posizioni di vertice. Eppure indagini fatte in USA (J. Zenger e J. Folkman 2011) chiedendo ai collaboratori più stretti (100mila intervistati) di valutare i loro capi (oltre 7.000), vedono le donne migliori in 12 delle 16 competenze base della leadership. Ma la realtà dice altro e cioè che nel 64 per cento dei casi quei manager sono uomini e se guardiamo solo a livelli alti di management arriviamo addirittura al 78 per cento. Vista la maggiore presenza di donne ai vertici in Usa, la situazione da noi è ancora più tragica. Oggi i fatti ci dicono che le imprese avviate e gestite da donne, par-
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tendo da percentuali basse, sono in crescita nonostante la crisi. Nel 2011 in Italia le imprese femminili sono aumentate di 7.000 unità (+0,5 per cento), mentre quelle maschili calate di 6.000 unità (-0,1). Però le imprese femminili restano solo il 23,5 per cento del totale. Parimenti, crescono le donne manager (+15,4 per cento negli ultimi due anni, contro -3,3 degli uomini). Quindi, perché succede questo? Perché le giovani donne sono oggi più istruite e nell’economia della conoscenza questo conta eccome. Perché per dialogare, avere rapporti e scambi commerciali con un mondo di clienti fatto di culture molteplici e per più della metà da donne, è meglio avere ai vertici manager più capaci di essere in sintonia con il loro stesso sesso. Ma soprattutto oggi, crisi o non crisi, le aziende che funzionano e competono meglio sono quelle che sanno unire produttività e benessere dell’azienda e degli individui, sviluppando maggiore collaborazione interna ed esterna, incentivando l’innovazione. Insomma,
creare un clima e un’organizzazione che lascino gli individui più liberi di esprimersi slegati da inutili lacci e lacciuoli burocratici, in modo che possano integrare al meglio vita professionale e personale. Da questo punto di vista le donne che lavorano, ancor più se a livelli alti, sanno benissimo quanto sia importante e produttivo avere flessibilità negli orari di lavoro, poter adempiere al meglio alle incombenze in entrambe le sfere riuscendo così a dare il massimo in entrambe. E proprio perché lo sanno, lo applicano nelle loro aziende e ai loro collaboratori. Non sembri poco: lavorare per obiettivi, collaborare, innovare, per fare di un’azienda una squadra vincente questo è tanto, forse tutto. Allora, al di là di stereotipi che ci sono anche verso gli uomini, la verità sta tutta qui. Prima lo capiamo e lo valorizziamo, prima la parità tra i due sessi, fatta di uguali condizioni di partenza e di possibilità di esprimersi nel lavoro, darà vantaggi a tutti, uomini e donne, ma soprattutto al Paese. 11
L’intervento
Le donne vincono sulla violenza uando si parla della violenza perpetuata sulle donne, si parla, anche e soprattutto, della violazione dei principi e dei valori sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 e dai successivi atti nazionali e internazionali in difesa e a tutela dei diritti umani. Se è vero, infatti, che tutti gli individui godono di uguali diritti in quanto esseri umani, nessun alibi dovrebbe mai essere impiegato per legittimare, minimizzare o addirittura tollerare la violenza di genere. Ma questo ahimè - accade ancora oggi in considerazione dal fatto che, proprio nella discriminazione e negli stereotipi legati ai ruoli, la violenza sulle donne affonda le sue radici più profonde. Anche per questo, con il supporto della giornalista Letizia Magnani, sto lavorando a Donne in piedi, un libro per e sulle donne che cadono. Ma che poi, di fronte a un maschile sempre più violento, intimidatorio e vigliacco, si rialzano e, alla fine, vincono sulle più comuni forme di violenza do-
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mestica fino a quelle più estreme. Primo fra tutti, il femminicidio: l’omicidio della donna “in quanto donna” che, assai spesso, per il solo fatto di aver trasgredito al ruolo di “angelo del focolare”, soccombe. In Italia, ne muore una ogni due giorni per mano del marito, del partner o dell’ex compagno, laddove segnali di violenza psicologica, fisica o sessuale erano già, nella stragrande maggioranza dei casi, presenti. Secondo l’Osservatorio nazionale stalking, dal 2009 il numero dei femminicidi è in aumento, insieme a quella che definisco l’“invidia del grembo”: quel rifugio caldo e accogliente di cui gli uomini hanno goduto nella vita prenatale e che, nascendo, hanno dovuto abbandonare per sempre. La donna quel paradiso ce l’ha dentro e fuori di sé. Così, intorno a esso gira il mondo. L’uomo, assai spesso, cerca di colmare il paradiso perduto cercando di “impadronirsi” del corpo femminile, coartandolo, limitando la libertà di movimento delle donne, sottomettendole, negando loro i diritti fondamentali all’autonomia
di Maria Rita Parsi, psicoterapeuta e scrittrice
e allo studio, umiliandole, facendo loro violenza fisica e psicologica. L’aborto selettivo, l’infanticidio, le mutilazioni genitali, i delitti d’onore, i matrimoni obbligati, il traffico delle donne, le molestie sessuali e gli stupri sono alcune tra le ferite più profonde quotidianamente inflitte all’anima del mondo, passando per il corpo delle donne e delle bambine, rese vittime silenziose e invisibili. Va potenziata, allora, la formazione di quanti vivono a stretto contatto con la violenza, a cominciare dagli operatori delle case e dei centri antiviolenza. Alle vittime, le donne - le sole capaci, come diceva il Mahatma Gandhi, “di soffrire e di gioire in un modo così puro e nobile” e di dar prova di “una non violenza così eroica da sconfiggere la bomba atomica come se fosse un semplice pallone” - occorrono specifici percorsi terapeutici. Per tornare a essere nuovamente “donne in piedi”. E trasformare così, come accade nella sintesi clorofilliana, l’anidride carbonica della violenza nell’ossigeno della creatività. 13
In copertina
I nuovi asset del risparmio
antonella lambri
Dai materassi ai fondi finanziari, il rapporto degli italiani con il risparmio si è trasformato profondamente. Specie in un’economia in crisi. Scenario in cui emergono le figure dei private banker, chiamati a tutelare “le tasche” dei cittadini. L’analisi di Antonella Lambri di Andrea Moscariello
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Antonella Lambri
La dottoressa Antonella Lambri esercita a Fidenza (PR)
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In copertina
sservare la crisi economica senza coglierne una lezione di carattere culturale, equivale a offrire una lettura miope dell’economia contemporanea. Ciò che accade sui mercati internazionali, i default, le ristrutturazioni societarie, gli interventi delle banche federali, sono tutti sintomi di un sistema che cambia in maniera viscerale, profonda. Un mutamento che tocca inevitabilmente anche la gestione dei liquidi di ogni singolo cittadino. Il risparmio, concettualmente, cambia forma. Si raccoglie, si gestisce e si reinveste necessariamente in maniera differente rispetto al secolo scorso. Ed ecco che dal settore terziario ci appaiono più nitide figure professionali come quelle dei private banker e dei promoter finanziari, un tempo sconosciute ai più, oggi presenti nella vita di milioni di italiani, al pari dell’avvocato o del commercialista. A testimoniarlo è anche Antonella Lambri, tra i più affermati esponenti della categoria sullo scenario emiliano romagnolo. «La recente crisi dei mercati finanziari ha contribuito a chiarire il ruolo dei vari operatori del settore - spiega Antonella Lambri -. Le vecchie banche italiane tendono a rientrare nel loro campo d’azione preferito, che è quello della raccolta dei depositi e dell’erogazione dei prestiti. Le reti di promotori, invece, raccolgono per valorizzare il portafoglio del cliente con il quale creano una relazione personale». Secondo la consulente, «presto si potrà dire che da un “terremoto” si è ottenuto un chiarimento di rilevanza storica per il nostro mercato finanziario». L’epoca dei “soldi sotto il materasso” è finita? «Quasi. Una volta finita l’epoca del cosiddetto “flight to quality”, dei rendimenti inferiori all’inflazione, il risparmio gestito finirà in gran parte nel recinto esclusivo dei consulenti finanziari e previdenziali, una professione destinata a essere esercitata da monopolisti e non più da persone “ in condominio” con i dipendenti bancari e gli assicuratori». I numeri della raccolta, infatti, testimoniano una crescita della sua categoria. «Siamo divenuti gli angeli custodi della ricchezza di buona parte degli italiani, quei patrimoni fatti di sudati risparmi e frutto del lavoro di varie generazioni. Per questo è fondamentale essere consapevoli del ruolo sociale che la mia categoria ricopre. Ciò mi spinge a passare dal ruolo di puro collocatore di prodotti finanziari verso quello di consulente evoluto, che ha a cuore l’intero ciclo di vita del risparmiatore per rispondere in modo integrato alle sue esigenze». Si dice sempre che quello italiano è un popolo di risparmiatori. È ancora così? «Sì, l’Italia è un popolo di risparmiatori, e rimane uno dei paesi più ricchi al mondo, ma è innegabile che nel decennio appena trascorso la capacità di risparmio è scesa dal 16 per cento del reddito disponibile all’inizio del 2008, al
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Antonella Lambri
12 per cento del 2011, un dato ben lontano dal 25 per cento dei primi anni’90 (fonte Bankitalia)». Risparmiatori, ma molto meno attenti alla tematica finanziaria rispetto ai nostri cugini anglosassoni, è corretto? «Purtroppo è vero. Il 46 per cento degli italiani dichiara di non aver alcun tipo di educazione finanziaria. Ma al tempo stesso la quasi totalità dichiara che l’insegnamento dovrebbe partire dalla scuola dell’obbligo. Il consulente finanziario può fare tanto in tal senso. Trasmettendo più conoscenza, porterebbe gli investitori a commettere meno errori nella gestione del risparmio, oltre che a dominare meglio le emozioni». Emozioni? «È innegabile che il denaro ci emoziona, di fronte al denaro ci comportiamo come giovani fidanzati al primo appuntamento: vogliamo apparire come non siamo, ci eccitiamo dinanzi ai guadagni eccezionali, perdiamo lucidità quando si verificano perdite». Quali sono gli errori che riscontra più frequentemente? «È nella natura umana desiderare risultati rapidi. Ma investimenti e pazienza non hanno mai costituito un binomio solido. Molti investitori abbandonano spesso i buoni propositi iniziali e nel saliscendi delle quotazioni finiscono per acquistare a valutazioni eccessive. In sostanza, si preferisce consumare oggi piuttosto che ottenere un guadagno futuro. Questo spiega perché è cosi difficile convincere la gente a investire in piani pensionistici, i cui frutti potranno essere raccolti solo in un futuro abbastanza lontano. Un uomo di 65 anni sa perfettamente quanto siano importanti i risparmi accumulati. Tuttavia, senza una macchina del tempo, farlo capire allo stesso uomo quando ha appena 20 anni è abbastanza complicato, perché inevitabilmente tende ad attribuire valore minore alle rendite più distanti nel tempo. Questa inerzia, però, fa perdere anni preziosi di crescita composita degli investimenti. La soluzione per attenuare questo difetto nella percezione è quella di prendere in considerazione tutti i bisogni dell’investitore». Molti italiani si rifugiano nei Piani di Accumulo. È uno strumento valido? «Il Piano di Accumulo (PAC) può risultare particolarmente adatto perché incentiva gli investitori ad agire con un’ottica a lungo termine. Altresì i fondi con distribuzione (mensile, semestrale o annuale) dei proventi, possono fornire sia prospettive di crescita, sia un beneficio tangibile per gli investitori. Per contro, gli investimenti acquistati in un’unica soluzione e senza distribuzione dei proventi, potrebbero rappresentare una sfida “comportamentale” in un contesto in cui la fiducia può esser repentinamente messa a dura prova. Nel 1940 negli Stati Uniti la durata media di un investimento o su un singolo titolo era di circa 7 anni, dopo la bolla della New Economy del 2000 nea | dicembre 2012
IL PIANO DI ACCUMULO (PAC) PUÒ RISULTARE PARTICOLARMENTE ADATTO PERCHÉ INCENTIVA GLI INVESTITORI AD AGIRE CON UN’OTTICA A LUNGO TERMINE
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è sceso a 1 anno, arrivando a 7 mesi nel 2007». Dunque gli investitori stanno perdendo l’autocontrollo. «Buona selezione dei titoli e tempo: una formula semplice che ha ispirato molti dei migliori investitori di sempre». Ad agevolare l’avvicinamento delle nuove generazioni agli strumenti finanziari sono anche le tecnologie. Oggi quali sono le più utili? «Il risparmiatore è diventato molto più sensibile ai nuovi strumenti di comunicazione e di presentazione. Presentarsi con il computer o con il tablet per illustrare la soluzione migliore nell’investimento o per condividere l’andamento del portafoglio, non solo rende il lavoro del promotore più efficiente, ma anche più gradevole e comprensibile agli occhi del cliente. Un advisor di successo parla con il cliente, non al cliente. In un mondo sempre più digitale e digitalizzato, occorre un private banker al passo coi tempi. Se è vero che i pionieri della professione uscivano di casa con la valigetta e uno o due soluzioni d’investimento, oggi questa borsa non riuscirebbe più a contenere l’ampia e diversificata offerta di prodotti e soluzioni d’investimento». Lei si è definita, molto ironicamente, una “donna in corriera”. Non teme di ricadere nella “trappola” delle logiche di genere? «È inutile far finta che il conflitto di genere non esista, molte donne nella carriera fanno un passo avanti e due indietro, vivono in perenne senso di colpa quando sottraggono tempo agli affetti o alla famiglia oppure in perenne insoddisfazione per la mancata realizzazione professionale. Negli ultimi anni abbiamo assistito non solo a un massiccio inserimento delle donne nella realtà socio-lavorativa, ma abbiamo anche visto come sia cresciuto il fenomeno della donna in carriera. È difatti sempre più numeroso il numero di quelle donne che non si limitano a un’attività lavorativa, bensì ambiscono a ricoprire alte cariche, le stesse che un tempo erano privilegio pressoché esclusivo degli uomini. Le donne studiano, s’impegnano nell’attività di ricerca, sono sempre più lanciate verso attività imprenditoriali, il loro lavoro non è più soltanto un completamento al regime familiare, ma esprime il bisogno di affermarsi a pieno diritto in quel mondo che va oltre le mura domestiche». 18
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LE VECCHIE BANCHE ITALIANE TENDONO A CONCENTRARSI SULLA RACCOLTA DEI DEPOSITI E SULL’EROGAZIONE DEI PRESTITI
Economia
Un cambiamento culturale Con l’ingresso delle donne nei Cda delle società quotate e delle controllate pubbliche nuovi scenari si aprono. Aumentare la rappresentanza femminile ai vertici delle aziende è l’obiettivo dell’associazione Valore D, guidata da Alessandra Perrazzelli di Francesca Druidi
La leadership femminile in Italia vale oggi solo il 4 per cento, un dato che deve far riflettere, soprattutto se lo si pone a confronto con il 12 per cento di Bulgaria e Romania. La Legge Golfo-Mosca porterà nei consigli di amministrazione delle società italiane 700 donne nei prossimi tre anni. “Valore D - Donne al vertice per l’azienda di domani”, la prima associazione di grandi imprese creata in Italia per sostenere la leadership femminile in azienda, ha sostenuto con i fatti il provvedimento. È stato, infatti, avviato lo scorso luglio “In the Boardroom”, un programma di formazione specificatamente rivolto alle donne che siederanno nei Cda, frutto, come spiega la presidente Alessandra Perrazzelli, «dell’impegno di Valore D e della lungimiranza di un uomo, Paolo Braghieri, ceo di Ge Capital, insieme al quale l’associazione ha progettato e sostenuto il programma». Responsabile dell’ufficio International regulatory e antitrust affair di Intesa Sanpaolo e amministratore delegato di Intesa Sanpaolo Eurodesk, Alessandra Perrazzelli rivela le sue positive impressioni sulla prima “classe”, al lavoro da settembre: «Mi hanno colpito la forte motivazione e il senso di appartenenza che si è subito creato». Quali sono le competenze necessarie alle donne che siederanno nei Cda? «“In the Boardroom” prevede non solo i classici elementi legati a una preparazione economico-giuridica, ma è un programma che consente una conoscenza più ampia e strutturata. Sono stati immessi elementi relativi alla gestione delle dinamiche psicologiche all’interno dei gruppi e all’utilizzo delle tecnologie e dei social network in supporto al lavoro prodotto nel Cda. Vorremmo che le donne che inizieranno questa esperienza, attraverso le opportunità fornite dalla Legge 20
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Alessandra Perrazzelli, presidente di Valore D, responsabile dell’ufficio International regulatory e antitrust affair di Intesa Sanpaolo e Ad di Intesa Sanpaolo Eurodesk
Golfo-Mosca, dispongano di tutte le frecce al proprio arco. Accanto alla preparazione tecnica, la stessa presenza di una donna - spesso più giovane dell’età media dei componenti dei board - può innescare un’innovazione di governance». Basterà l’approccio normativo rappresentato
Alessandra Perrazzelli
LA FUNZIONE SVOLTA DAI MODELLI DI RUOLO, IDENTIFICATI DA DONNE CHE CE L’HANNO FATTA E CHE QUINDI SI PROPONGONO COME PUNTI DI RIFERIMENTO, È FONDAMENTALE
dalla legge sulle quote rosa per un effettivo cambio di rotta? «L’approccio della legge è quello giusto. Per ridimensionare ogni monopolio servono leggi di liberalizzazione del settore; per questo, ritengo che l’orientamento regolatorio offerto dalle quote sia vincente. Credo però che non sia abbastanza. Mentre possiamo inserire quote nei Cda e nella rappresentanza politica, non possiamo inserire quote a livello manageriale delle aziende. È qui che dobbiamo agire con il secondo braccio della tenaglia, intervenendo a livello culturale. Bisogna cambiare i criteri in base ai quali si fa carriera. Invece di premiare l’uso indiscriminato del tempo o una visione a brevissimo periodo, occorre incoraggiare quelle caratteristiche più tipiche della donna manager: condivisione, creazione del consenso, una visione più a lungo periodo. Valore D, inoltre, sta promuovendo presso le imprese la creazione di bacini di talento, il sostegno a candidature rispettose delle differenze di genere, la concessione di permessi parentali ai padri nea | dicembre 2012
senza pregiudizi di sorta». Il modello di mentorship sostenuto da Valore D vuole superare il gap italiano per quanto riguarda le figure di riferimento della leadership femminile. Quali sono i vantaggi di questo modello? «La funzione svolta dai modelli di ruolo, identificati da donne che ce l’hanno fatta e che quindi si propongono come punti di riferimento, è fondamentale. Se si guarda agli esempi veicolati nell’ultimo decennio - con una polarizzazione tra modelli femminili prettamente seducenti e modelli di donne al potere dotati di scarsa femminilità - emerge come la stragrande maggioranza delle professioniste e delle donne in carriera in Italia non siano rappresentate. Far conoscere alle giovani generazioni questi modelli, in grado di unire competenza e femminilità, è centrale. La Legge Golfo-Mosca ha acceso un faro enorme sul talento e sul merito delle donne italiane. Non basta, ma è il necessario “step one”. Per quanto riguarda le aziende, Valore D le sta stimo-
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Economia
Alessandra Perrazzelli in occasione del primo convegno nazionale di Valore D
lando verso il mentoring. Siamo giunti alla terza edizione del progetto mentorship, ossia dell’accompagnamento uno a uno. Abbiamo finora sostenuto 70 coppie formate da un mentor - uomo o donna - e una mentee, sviluppando una modalità di affiancamento che risulta molto utile per le giovani in carriera». Lei è responsabile per Intesa Sanpaolo del progetto Gemma, teso alla valorizzazione delle donne all’interno del gruppo bancario. Come sta evolvendo il progetto? «Il mondo bancario continua a essere un settore al quale le donne accedono con larghissimi numeri. Nell’ambito di Intesa Sanpaolo, si registra una popolazione femminile stabile pari a più del 50 per cento, ma al vertice salgono ancora pochissime donne. Serve un grosso sforzo per operare un cambiamento culturale. Intesa Sanpaolo ha, in questo senso, compiuto già uno sforzo e proseguirà nel futuro su questa strada». Ha lavorato molti anni all’estero. Qual è la situazione oltre confine per quanto riguarda il rapporto 22
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tra donne e mondo della finanza e dell’economia? «Anche all’estero non sono rose e fiori, si tratta di un tema trasversale che interessa tutta l’Europa continentale e la Gran Bretagna. Ma a livello di aiuti alla famiglia e di mentalità relativa alla gestione della quotidianità domestica e familiare l’Italia è uno dei paesi più arretrati. La gestione del potere non è più facile altrove, ma oltre confine esiste una cultura di fondo che permette alle donne una capacità di espressione maggiore. Rispetto alla mia esperienza all’estero, in Italia è più raro trovare donne che riescano a conciliare famiglia e professione. Sono soprattutto le donne che hanno maggiori possibilità economiche, e che quindi possono permettersi un aiuto nella crescita dei figli o nella gestione della casa, a farcela. Le donne che percepiscono uno stipendio medio soffrono di più, perché senza aiuti e senza flessibilità. È tutto troppo rigido e burocratico. È una cultura che deve cambiare, in maniera trasversale e a tutti i livelli. Inoltre, a mio parere, le donne italiane devono compiere uno sforzo interiore e non pretendere da loro stesse la perfezione a tutti i costi».
Maria Bianca Farina
Sicurezza e welfare, i nuovi bisogni In un settore ancora in larga parte declinato al maschile, l’esperienza di Maria Bianca Farina assume ancor più risalto. L’amministratore delegato del Gruppo Poste Vita parla delle prospettive del mercato assicurativo di Francesca Druidi a quando, nel 2007, Maria Bianca Farina ha assunto l’incarico di amministratore delegato di Poste Vita e poi di Posta Assicura, compagnie assicurative vita e danni del Gruppo Poste Italiane, i risultati non sono tardati ad arrivare. Il Gruppo Poste Vita è oggi il secondo operatore vita italiano, con oltre 9 miliardi di premi raccolti nel 2011, grazie anche alla leadership nel mercato della previdenza complementare. Poste Assicura, nata solo nel 2010, sta registrando numeri di tutto rispetto, caratterizzandosi come l’operatore più recente nel panorama nazionale in grado di stimolare la crescita del mercato danni non auto. Farina, attuale vice presidente di Ania (Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici), svela i segreti di questo successo, lanciando uno sguardo al futuro del mercato insurance italiano. Quali fattori ritiene decisivi nella crescita del Gruppo Poste Vita? Aver puntato su prodotti assicurativi piuttosto che esclusivamente finanziari? Aver compreso le esigenze di fasce di popolazione “a rischio” prima della “grande crisi”? «Credo sia un mix di tutto ciò. Sono anni che puntiamo su prodotti vita con una forte componente assicurativa e da sempre svolgiamo un ruolo a “protezione” e “supporto” del tessuto sociale ed economico nazionale, offrendo soluzioni assicurative e previdenziali in grado di intercettare e soddisfare i “veri” bisogni di risparmio e protezione delle famiglie e delle imprese. Un ruolo che, a mio avviso, riusciamo efficacemente a ricoprire grazie a due elementi distintivi».
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Maria Bianca Farina, amministratore delegato del gruppo Poste Vita
Quali nello specifico? «Innanzitutto, una visione comune e un forte spirito di squadra che ci uniscono ai colleghi della rete di Poste Italiane, quotidianamente impegnati ad “ascoltare attivamente il territorio”, aiutandoci a trasformare le richieste che ci arrivano in soluzioni assicurative mirate. Inoltre, possiamo contare su una “macchina assicurativa innovativa” e orientata al
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Economia
continuo miglioramento dei propri prodotti, del proprio modus operandi e delle proprie prestazioni operative, come investimenti in tecnologia e ottimizzazione dei processi operativi». Di fronte a un bisogno di protezione sociale che si acuisce sempre più, su quali temi si concentreranno gli italiani nel prossimo futuro? «Abbiamo sicuramente una spiccata vocazione di utilità sociale e di supporto al welfare pubblico. Il nostro impegno mira a proporre prodotti che sappiano rispondere sempre meglio alle richieste dei cittadini in termini di sostegno al reddito, assistenza, salute. In particolare, abbiamo già avviato un programma per lo sviluppo del welfare integrativo, affrontando in modo sinergico tematiche fra loro contigue come la previdenza, l’assistenza, la protezione della salute e dello stile di vita anche nella vecchiaia. Tutto questo è in linea con i valori della compagnia e del gruppo a cui apparteniamo, in risposta alle nuove esigenze, ancor più acuite dalla attuale crisi economica. L’impegno nel mondo dei servizi assicurativi non si
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esaurisce però alla protezione della famiglia, ma stiamo dedicando particolare attenzione anche alle imprese e ai professionisti, potenziando ad esempio il meccanismo di tutele per le aziende. Stiamo, infatti, rafforzando la gamma di offerta di soluzioni assicurative per le pmi, volte a garantire la piena tutela dei rischi e le relative peculiarità settoriali, salvaguardando però semplicità e accessibilità, principi chiave del nostro modello di offerta». A soffrire oggi è il ramo vita. Quali sono le previsioni e le prospettive per il mercato assicurativo nel prossimo futuro? «La nostra società sta subendo una forte trasformazione, che già sta avendo forti riflessi sullo sviluppo e sul ruolo dell’assicurazione nella società moderna. Se prima potevamo contare su lavoro stabile, certezza del risparmio, pensione pubblica - tutte sicurezze economiche e tutele a cui siamo stati da sempre abituati constatare oggi il loro progressivo declino ha purtroppo alimentato grande incertezza tra i cittadini, costringendoli ad assumersi, in prima persona, responsabilità un tempo delegate ad altri. In un contesto caratterizzato, quindi, da una contrazione delle risorse destinate alla politiche sociali, il mercato assicurativo ha grandi potenzialità di sviluppo e il nostro settore può svolgere veramente un ruolo essenziale e determinante per la crescita economica dell’Italia, oltre che per il mantenimento del welfare dei cittadini. È, quindi, indispensabile che le assicurazioni si impegnino al massimo nel sensibilizzare la clientela, creando maggiore consapevolezza sui bisogni di sicurezza e sul ruolo che il prodotto assicurativo è in grado di ricoprire, sviluppando anche prodotti adeguati alle possibilità economiche e ai vincoli quotidiani di tutta la popolazione italiana».
Maria Bianca Farina
I COLLEGHI DELLA RETE DI POSTE ITALIANE, QUOTIDIANAMENTE IMPEGNATI AD “ASCOLTARE ATTIVAMENTE IL TERRITORIO”, CI AIUTANO A TRASFORMARE LE RICHIESTE IN ARRIVO IN SOLUZIONI ASSICURATIVE MIRATE
Dal suo punto di vista, come si può sostenere il processo di parificazione delle donne a livello sociale, economico e politico? «Il maggiore ostacolo a una migliore partecipazione delle donne in ambito lavorativo, e soprattutto in posizioni di vertice, sono gli atavici e precostituiti schemi sociali che vedono ancora oggi l’uomo protagonista per “diritto”. Le donne che lavorano non devono però uniformarsi al modello maschile. Dovrebbero, invece, valorizzare ed enfatizzare qualità e propensioni tipiche del nostro genere – prudenza, attenzione, migliore rapporto con la ricchezza – al fine di creare un mix equilibrato e in pieno connubio con quelle maschili. A mio avviso, per dimostrare pienamente il valore delle donne in campo lavorativo servono interventi strutturali capaci di cambiare le regole che hanno da sempre modellato la nostra società, e ancor più le strutture e organizzazioni lavorative, sulla figura dell’uomo. Ad esempio le quote rosa, nea | dicembre 2012
di cui condivido peraltro solo in parte il principio: la loro istituzione denota una chiara discriminazione. Ben vengano però in quanto strumento di discontinuità, con cui sempre più donne potranno far sentire la loro voce e il loro peso nei luoghi del potere, avendo la possibilità di cambiare queste regole dall’interno». Si parla sempre di battaglia culturale. «È altrettanto fondamentale, per valorizzare al meglio capacità e competenze femminili sensibilizzando opinione pubblica e realtà aziendali: così si creano consenso e consapevolezza sul valore delle donne. Questo è un tema cui tengo molto: le donne rappresentano un asset di grande valore, ancora parzialmente inesplorato, del patrimonio socio-economico del nostro Paese come manager e professioniste. Una politica e un sistema industriale più attenti alle peculiarità della donna consentirebbero di disporre di una leva essenziale della futura crescita economica, culturale e sociale dell’Italia». 25
Economia
Strategie per la crescita Legare le pari opportunità allo sviluppo economico. Proseguire nel percorso di riforme intrapreso, sfruttando le leve competitive e contenendo la spesa pubblica. Marina Brogi indica le possibili exit strategy per l’Italia di Francesca Druidi
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omenomics, ossia le donne come motore di crescita dell’economia. Il termine è stato coniato da Kevin Daly della Goldman Sachs in una ricerca del 2007, poi ripresa e diffusa dall’Economist, in cui stimava l’impatto in termini di aumento del Pil del raggiungimento della parità di genere tra gli occupati. «In questi ultimi anni – commenta Marina Brogi, docente di Economia dei mercati finanziari presso l’Università la Sapienza di Roma – al di là delle stime di Daly, si è registrata un’ondata di crescente attenzione nei confronti del contributo delle donne nell’economia». Qual è la situazione in Italia su questo fronte? «Laddove, come nel nostro Paese, le donne rappresentano una quota così bassa della forza lavoro, nonché una quota irrisoria delle posizioni di vertice, è presumibile che ci siano talenti femminili in qualche maniera “sprecati”. In base alle statistiche, le donne conseguono ri-
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Marina Brogi sultati migliori lungo il percorso universitario o nei concorsi pubblici. Poi però il meccanismo verso le posizioni apicali si inceppa. E perdere dei talenti per strada non solo è uno spreco di risorse, ma inevitabilmente finisce anche per determinare una minore opportunità di crescita del Paese. Vanno dunque rimossi quegli ostacoli - sociali, economici, culturali - che oggi impediscono la piena espressione del potenziale femminile nell’economia. La legge Golfo-Mosca può arginare la mancanza finora riscontrata di modelli di ruolo femminili ai vertici». Lei presiede il charter italiano di WomenCorporateDirectors (Wcd), associazione internazionale che riunisce oltre 1.600 consigliere di amministrazione. Quali istanze sono all’ordine del giorno? «Wcd ha l’obiettivo di promuovere le migliori pratiche della governance a livello mondiale, favorendo il confronto costruttivo e la condivisione di esperienze all’interno del network. In primo piano oggi c’è la sfida di sedere nei Cda - compito che già di per sé richiede notevoli competenze e preparazione - in un momento di crisi come questo». Quali incognite politiche ed economiche si profilano verso la stabilizzazione dei mercati finanziari? «Il detto “gli esami non finiscono mai” calza perfettamente all’Italia, che deve impegnarsi più di altri a fare i compiti a casa, in quanto deve collocare ogni mese diversi miliardi di titoli di Stato. Se, infatti, i mercati dovessero pensare che l’Italia non ha intenzione di continuare nel percorso di risanamento delle finanze pubbliche, lo spread ritornerebbe a livelli elevati, rendendo più difficile la sostenibilità del debito pubblico e peggiorando la situazione competitiva delle imprese italiane, che si troverebbero a pagare di più il credito. È importante perciò alimentare la fiducia in modo che sui mercati permanga una situazione ordinata». Quali le priorità? «Diminuire la spesa pubblica in maniera significativa; premessa necessaria per rendere più sostenibili i conti pubblici e per ridurre un po’ le tasse. L’azione del Governo Monti è stata in prima battuta incentrata sulle tasse, in quanto variabile maggiormente controllabile rispetto alla riduzione della spesa. Chiaro però come non possano essere mantenuti livelli di tassazione elevati per sempre; occorre incidere diminuendo la spesa, cosa che peraltro il governo sta facendo, con la spending review e le altre analisi condotte da Bondi, Gianea | dicembre 2012
Marina Brogi, docente di Economia dei mercati finanziari presso l’Università la Sapienza di Roma
vazzi e Amato. Anche un’eventuale misura straordinaria per abbattere il debito non è risolutiva se prima non si riduce la spesa pubblica. Occorre proseguire nel cammino delle riforme: i mercati ritengono che il debito pubblico italiano sia sostenibile solo se il Paese prosegue su questa strada». Bankitalia prevede per l’Italia l’uscita dalla recessione nel 2013. Cosa dobbiamo aspettarci, anche nel rapporto tra banche e imprese? «L’Italia risente anche della difficile congiuntura in diversi paesi industrializzati. Le stime di Bankitalia potrebbero rivelarsi ottimistiche. È un momento difficile per tutti, anche le banche devono fronteggiare sofferenze elevate ed è bene che restino selettive nel finanziare le imprese più meritevoli. L’eccessivo ricorso al credito e la scarsa capitalizzazione delle aziende italiane sono criticità che oggi pesano ancora più che in passato. L’Italia, però, può contare sulla sua vocazione manifatturiera, su bellezze e potenzialità nel turismo, nell’arte e nella cultura, in larga parte inespresse. Dobbiamo guardare avanti con fiducia, correggendo quei mali che da decenni affliggono il nostro Paese - debito pubblico, corruzione, lentezza della giustizia - sapendo però di avere punti di forza straordinari». 27
Economia
Una sana gestione ďŹ nanziaria La capacitĂ di parlare la stessa lingua delle imprese e delle banche diventa per Banca Impresa Lazio, secondo la presidente Donatella Visconti, un elemento cruciale per la concessione di credito a medioe lungo termine, strumento che dĂ ossigeno alle imprese laziali in attesa della ripresa di Renata Gualtieri
Donatella Visconti, presidente di Banca Impresa Lazio
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Donatella Visconti
el 2012 Banca Impresa Lazio ha ricevuto domande di garanzia da circa 350 imprese per un valore di oltre di 100 milioni di euro di finanziamenti da garantire. Al netto delle richieste risultate non conformi o ritirate, Bil ha offerto garanzia a 221 imprese, accordando finanziamenti per circa 52 milioni di euro. In questo contesto, ha avuto grande rilievo l’intervento ad hoc destinato alle imprese danneggiate dalle nevicate di febbraio con il Fondo neve. Le domande pervenute per ottenere la garanzia a valere sul Fondo neve ammontano a 105, per un totale di finanziamenti richiesti pari a circa 27,6 milioni di euro. Dei 25 Comuni danneggiati dagli eventi atmosferici che la Regione ha ritenuto di sostenere, 19 sono stati interessati dall’intervento. «Quanto alle risorse pubbliche impiegate per la concessione di garanzia, grazie all’effetto leva del nostro modello operativo, possiamo evidenziare che esse ammontano a circa il 10 per cento del volume dei finanziamenti assistiti. Ovvero – spiega la presidente di Banca Impresa Lazio Donatella Visconti – ogni singolo euro di risorse pubbliche impegnate ha generato credito alle imprese per almeno 10 euro». Con quali strumenti Banca Impresa Lazio tenta di dare una risposta alla stretta creditizia? «La stretta creditizia percepita dal tessuto imprenditoriale, confermata pure dal monitoraggio dell’European banking authority, è figlia della crisi economica. La congiuntura negativa di mercato ha messo in discussione i presupposti di mutua fiducia tra il tessuto produttivo e il sistema del credito, che sono alla base della domanda e dell’offerta di finanziamento. D’altro canto, alla luce delle recenti disposizioni regolatorie europee di Basilea 2 e 3, la precarietà dei mercati finanziari costringe le banche ad applicare una politica conservativa sull’assunzione di rischi. Bil interviene per ripristinare il rapporto di fiducia tra banca e impresa, offrendo garanzie capaci di rassicurare le banche in merito alla certezza del rimborso del credito, minimizzando i rischi di insolvenza. L’intervento di Banca Impresa Lazio è rivolto a quella fascia di imprese che, pur essendo strutturalmente sane, per effetto della crisi si trovano indebolite nel dialogo con il sistema bancario». Con quali progetti l’ente opera sul territorio per sostenere il tessuto imprenditoriale? «In collaborazione con venti banche convenzionate, Bil
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gestisce quattro programmi di garanzia a valere su fondi disposti dalla Regione Lazio e da Roma Capitale. Essi si caratterizzano per un’ampia gamma di strumenti di credito a breve, medio e lungo termine finalizzati a esigenze diverse che includono l’investimento produttivo, il consolidamento del debito, la provvista di liquidità, il finanziamento dell’attivo circolante». Gli imprenditori laziali si dimostrano interessati alle opportunità da voi offerte o, come ha sottolineato in passato, serve una comunicazione adeguata per mettere le imprese in condizione di accedere al credito? «Le imprese laziali, specie le più piccole, non sono particolarmente avvezze a considerare in via prioritaria il ricorso alle garanzie: il Fondo centrale di garanzia registra un tasso di utilizzo pari allo 0,6, inferiore rispetto alla media nazionale del 2,6. Fondamentale c’è una scarsa conoscenza dello strumento della garanzia, per questo stiamo investendo sulla comunicazione sia verso le imprese che verso i gestori del sistema del credito, moltiplicando i nostri canali di contatto e fornendo nuovi servizi di consulenza e orientamento. Inoltre, Bil sta costruendo sinergie con le associazioni imprenditoriali e di categoria, da cui ci aspettiamo una preziosa collaborazione». In cosa più si esprime l’importanza del ruolo che Banca Impresa Lazio ricopre sul territorio? «Oltre all’attività di sostegno, Banca Impresa Lazio si pone come obiettivo quello di diffondere tra le imprese una nuova cultura finalizzata allo sviluppo del tessuto produttivo. Vogliamo contribuire a creare imprese solide, autosufficienti e con un’adeguata collocazione sul mercato, che siano competitive non solo a livello locale ma internazionale, che sappiano fronteggiare la crisi e crescere nonostante la selettività del credito. Il perseguimento di tale obiettivo necessita di una grande capacità di individuare e comprendere tempestivamente le istanze e le esigenze del tessuto imprenditoriale. Se in passato, con l’accordo delle autorità regionali, abbiamo deciso di ampliare le finalità del nostro intervento per consentire alle imprese di superare la fase più difficile della crisi per l’immediato futuro contiamo di rilanciare i prodotti di garanzia a medio-lungo termine legati agli investimenti, così da contribuire al rilancio dell’economia regionale». 29
Le sfide della politica
L’italia oggi, parola alle donne Il cammino della parità di genere è stato ed è ancora lungo. Ma le donne hanno voglia di partecipare, credono nella politica, per questo vogliono contare di più e sedere al tavolo delle decisioni, ma hanno bisogno di una mano di Teresa Bellemo
ual è la situazione delle donne nello scenario sociale di oggi? Quale la reazione dell’elettorato femminile alle tematiche dell’antipolitica? La ricerca “Il cammino della coscienza politica femminile” di Euromedia research, presentata a Cernobbio in occasione del seminario internazionale “Donne, economia e potere”, cerca di dare una risposta a queste domande. Un lavoro complesso, partito dai primi anni del Ventesimo secolo, quando le donne non votavano ancora, avevano un livello di istruzione bassissimo e vivevano in una condizione di totale subalternità nei confronti di padri, fratelli e mariti. C’è ancora molto lavoro da fare, ma sarebbe sbagliato non tenere conto del percorso che ha portato allo stato odierno delle cose. Basti pensare che, per quanto riguarda la rappresentanza femminile, nella prima legislatura il Senato vedeva 4 donne e oggi si è giunti a 59. Alla Camera invece si è passati da 45 alle attuali 134 deputate. Alessandra Ghisleri, amministratore delegato dell’istituto di sondaggi, ci aiuta a fare una panoramica della società italiana al femminile. «Volevamo costruire un percorso storico su come in Italia si sono costituiti la coscienza politica e il ruolo delle donne. Abbiamo scoperto molte cose interessanti: per esempio che il suffragio universale ha visto una partecipazione femminile straordinaria. Do-
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dici milioni di donne sono andate a votare su un totale di 26 aventi diritto, e addirittura in Sicilia e Sardegna hanno superato i votanti uomini». Quale quadro emerge dalla sua ricerca “Il cammino della coscienza politica femminile”? «Siamo ancora indietro. Questa consapevolezza passa attraverso tanti tabù: non c’è mai stato un presidente del Senato donna, non c’è mai stato un premier donna, l’unica senatrice di nomina presidenziale è Rita Levi Montalcini; infine, nella storia repubblicana, solo 75 donne hanno ricoperto ruoli di governo. Ci siamo resi conto che le donne vogliono partecipare soprattutto perché nella politica vedono una mancanza di trasparenza, concretezza, responsabilità e senso pratico; insomma, le classiche doti femminili. Inoltre le donne parlano di politica, si informano, ascoltano: il 38 per cento delle donne lo fa quotidianamente. A questo punto può sembrare un paradosso, ma anche l’astensione è femminile. Questo può essere interpretato in due modi: da una parte un esercizio discontinuo per dimostrare di poter gestire il diritto, oppure si potrebbe trattare di disinteresse. Serve ricordare però che la donna ritiene fondamentale andare a votare nel 2013 (il 44 per cento, più del totale Italia)». La politica e l’economia vedono pochissime donne ai loro vertici. Cosa è mancato finora e cosa fare per
Alessandra Ghisleri
Alessandra Ghisleri, amministratore delegato dell’istituto di sondaggi Euromedia research
cambiare passo? «Dobbiamo sempre tener presente il nostro background culturale: la diversità è evidente già nelle paghette che si ricevono da bambini. La paghetta della bambina è sempre inferiore, il che si traduce poi in una richiesta di remunerazione e di salario più bassa. Per risolvere questa discrepanza, la politica ha attuato la legge Golfo-Mosca. È un passo importante anche se la politica è fatta di individui e non di generi. Questa legge potrebbe aiutare ad automatizzare questo sistema, dopotutto dobbiamo ricordare che questa consapevolezza è relativamente recente, basti pensare al fatto che all’inizio del secolo scorso le donne non votavano». Quale fotografia può fare dell’Italia al femminile in questo momento di crisi produttiva e istituzionale? «Le donne chiedono delle proposte, più degli uomini. A spingere una donna a votare sono soprattutto le proposte concrete (il 40 per cento, più del totale Italia che è il 32 per cento), mentre l’uomo si ancora maggiormente ai candidati e al fatto contestuale della crisi. La differenza quindi la fa la proposta, che deve essere originale e credibile, ma anche attuabile e condivisibile. Le donne chiedono di fare riforme perché hanno compreso, e non solo loro ma annea | dicembre 2012
che l’intera società italiana, che il blocco del cambiamento è fermo a causa della forza dell’apparato burocratico, per questo spesso, quando facciamo le rilevazioni, emerge la percezione che chiunque vinca non cambieranno le regole del sistema. Le donne, che sono più pragmatiche, si sono accorte più degli uomini di questa mancanza». Qual è, invece, lo stato d’animo delle donne nei confronti di una situazione così complessa a livello economico ed occupazionale dato che solo il 49,1 per cento lavora? «Intanto bisogna uscire dall’assunto che le donne non votano le donne, le donne si uniscono per le loro battaglie. Prova ne è la legge portata avanti da due deputate di due partiti opposti, Alessia Mosca per il Pd e Lella Golfo per il Pdl. L’Italia è in una spirale di bassa crescita, di poter di acquisto calante, recessione dei consumi e risparmio delle famiglie che si abbassa. Da questo punto di vista le donne sono sicuramente una risorsa che può contribuire a far ripartire il Paese: più persone lavorano, più aumenta la produttività. A questo proposito penso ai paesi nordici dove c’è un welfare efficiente che tutela e incentiva le donne che partoriscono, sono paesi leader e non hanno problemi di occupazione. Le donne si stanno mobilitando, però hanno bisogno di aiuto e di sostegno». 33
Le sfide della politica
Più donne per la crescita La presenza delle donne nelle istituzioni e nel sistema produttivo va affrontata non come una questione femminile, ma come un aspetto imprescindibile della qualità e dell’efficienza della democrazia. Ne è convinta Maria Ida Germontani di Teresa Bellemo
entre in America Marissa Mayer a trentasette anni e in dolce attesa viene eletta da undici uomini Ceo di Yahoo e Anne-Marie Slaughter rinuncia al suo ruolo di direttrice del Dipartimento di Stato americano per dedicarsi di più alla famiglia, nel nostro Paese l’occupazione femminile non supera il 47 per cento. Le donne italiane devono dunque fare i conti ogni giorno con una realtà complessa, che in molti casi le vede in difficoltà. Leggi come la Golfo-Mosca e la normativa sulla parità di genere nei Comuni cercano di sciogliere, seppur in maniera forzosa, questi nodi, con l’obiettivo che presto la parità di genere e dei diritti possa diventare una ovvia componente del nostro Paese. Un meccanismo che non gioverebbe soltanto alle donne, ma all’intera società: se, ad esempio, si raggiungesse l’obiettivo del 60 per cento di donne occupate fissato a Lisbona il Pil aumenterebbe del 7 per cento. È prioritario quindi ridisegnare le politiche di welfare, dato che in Italia l’incidenza sulla spesa pubblica delle politiche familiari è ben al di sotto della media Ocse. Ne parliamo con Maria Ida Germontani, membro della Commissione pari opportunità del Senato che ha da dato vita a una proposta legislativa, oggi all’esame della Commissione Finanze del Senato, che prevede interventi sulla leva fiscale per favorire l’occupazione femminile. Sta andando avanti l’iter per la normativa sulla parità di genere nei Comuni. Come membro della Commissione sulle pari opportunità è soddisfatta? «Mi ritengo molto soddisfatta. La sottorappresentanza femminile nelle istituzioni è uno dei temi maggiormente dibattuti a livello internazionale, ma il problema non è solo questione di numeri ma di parità sostanziale e qualitativa. L’Italia non può continuare a permettersi ulte-
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Maria Ida Germontani, membro della Commissione pari opportunità del Senato
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Maria Ida Germontani
riori ritardi rispetto all’obiettivo di ottenere parità di diritti tra i generi. Il testo approvato dal Senato è un giusto compromesso, frutto di un intenso lavoro in commissione, l’auspicio ora è che il provvedimento venga rapidamente licenziato anche dalla Camera. Spero che tutte le forze politiche che hanno sostenuto questo disegno di legge sappiano cogliere il segnale e ne tengano conto anche per quanto riguarda le elezioni nazionali». Di recente una rivista statunitense ha pubblicato un saggio, Why women still can’t have it all, di AnneMarie Slaughter, che ha deciso di lasciare il posto di responsabile del Dipartimento di Stato americano. Il mito della super-donna sta forse esaurendosi? «Ciascuno di noi nella vita deve operare alcune scelte, e credo non siano solo le donne a non poter avere tutto. Nel nostro Paese il punto è un altro, le donne possono realmente scegliere? Slaughter ha avuto la possibilità di decidere se rimanere ai vertici del Dipartimento di Stato americano o rallentare la carriera in favore dei figli. Voglio ricordare che per lei rallentare la carriera significa insegnare a tempo pieno all’università, scrivere analisi di politica estera, partecipare regolarmente a dibattiti radio e televisivi e mettere un nuovo libro in cantiere. Una posizione invidiabile. È cruciale la parità in partenza, che è stato il motivo vincente della campagna elettorale di Barack Obama alle recenti presidenziali, le scelte personali sono un’altra cosa». Quasi in contemporanea Marissa Mayer, 37enne in dolce attesa, è stata nominata ceo di Yahoo. Qual è la sua opinione in merito? «L’America, come sempre, non smentisce se stessa e dimostra ancora una volta la sua lungimiranza, il suo essere un paese libero e moderno. La notizia di una nea | dicembre 2012
giovane donna al sesto mese di gravidanza, nominata all’unanimità da 11 uomini amministratore delegato da noi suscita meraviglia. In Italia le donne devono inserire nel curriculum anche informazioni sui figli perché questa spesso è la discriminante in base alla quale si decide un’assunzione. Dobbiamo anche ammettere che le stesse donne risentono e sono influenzate inconsapevolmente da quei pregiudizi e, spesso, sono rinunciatarie rispetto a quelli che sono i loro diritti. È quindi necessario mettere in campo una vera e propria strategia per l’occupazione femminile e, più in generale, una riforma del rapporto tra donne e lavoro. È necessario assicurare, oltre alla parità tra uomo e donna, anche pari opportunità che attengano a un’eguaglianza sostanziale e non più formale». Nel rapporto 2012 del World Economic Forum il nostro Paese è sceso dal 74simo all’80simo posto. Quali le priorità per la politica ma anche per la società? «L’Italia rispetto alle principali nazioni sconta certamente un gap in tema di pari opportunità, ma si sta registrando negli ultimi anni un’importante inversione di tendenza che le statistiche internazionali non hanno forse saputo ancora cogliere. L’Italia è stato il secondo paese in Europa ad approvare la legge che ha introdotto la norma sull’equilibrio tra i generi nelle società quotate e controllate dalle pubbliche amministrazioni. Le quote rosa, va ricordato, sono uno strumento transitorio che avvia un processo che deve diventare naturale e ovvio. Senza dimenticare che la partecipazione delle donne ai vertici e ai processi decisionali porta solo maggiori benefici alle società. L’Italia fortunatamente in questo caso è all’avanguardia e può essere presa come modello positivo». 37
L’informazione in tv
Telecamere sul mondo
La conduttrice tv Anna La Rosa percorre un viaggio tra internet e tv e ricorda ai suoi colleghi giornalisti di non perdere mai di vista il loro obiettivo: «Comunicare bene» di Renata Gualtieri
egli ultimi venti anni abbiamo vissuto una serie di cambiamenti che oggi consideriamo quasi scontati ma che hanno rivoluzionato il modo di fare televisione. Quando la giornalista Anna La Rosa ha cominciato a condurre il programma di approfondimento politico Telecamere, Internet era ancora uno strumento marginale. Poi non si è potuto fare a meno di utilizzarlo nella preparazione di una puntata. Negli anni è cambiato anche il rapporto con gli spettatori, diventato sempre più interattivo, consentendo uno scambio continuo di stimoli reciproci. «Ma mai si poteva immaginare – spiega la giornalista – quello che è successo con i social network e in particolare con Twitter, che ormai con la tv ha un rapporto simbiotico al di là di ogni previsione». Si diceva “Internet ucciderà la tv”. Oggi molti “hashtag” nascono in funzione di ciò che la televisione trasmette. Twitter si nutre di tv, che a sua volta è condizionata dai contenuti di Twitter. Negli anni è cambiata completamente la fruizione. «Ciò che oggi ci sembra banale, cioè poter vedere una puntata su Internet, non solo in diretta ma anche on demand quando decidiamo noi, è una rivoluzione totale». Il continuo progresso tecnologico poi ha reso più snella ed economica la produzione di contenuti. Sempre più spesso si ricorre all’utilizzo di un ftp che permette attraverso il web il trasferimento di file molto grandi come quelli prodotti dalle immagini, ormai quasi tutte digitalizzate.
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Telecamere Salute è un viaggio attraverso la sanità italiana. Quali tra le piccole e le grandi realtà ospedaliere e universitarie l’ha più impressionata negativamente e positivamente? «Quando ho ideato il programma volevo far conoscere ai cittadini le tante eccellenze che abbiamo in Italia. Ancora più di oggi, 18 anni fa era importante far capire che il nostro sistema sanitario nazionale è capillare e vivo. Non è un caso che l’Organizzazione mondiale della sanità lo reputi uno tra i migliori al mondo, non solo per la qualità delle prestazioni erogate ma anche per la copertura totale offerta ai cittadini. Purtroppo c’era già allora, e se possibile si è accentuato in questo periodo di crisi economica, il divario tra nord e sud. Ed è un paradosso, ma proprio nelle regioni dove le prestazioni sono più carenti e spesso inadeguate, i costi sono superiori a tante regioni del nord. Comunque, Telecamere in questi anni ha acceso i riflettori sulle tante strutture sanitarie di qualità presenti a macchia di leopardo anche nelle regioni meridionali». Siete stati i primi ad aver portato le telecamere in sala operatoria. «È stato davvero rivoluzionario allora riprendere gli interventi chirurgici dal vivo. A parte i telefilm americani tipo E.R., era la prima volta che in tv si poteva assistere agli interventi chirurgici più svariati, quelli dei quali avevamo solo sentito parlare in caso di interventi subiti da persone a noi care, avevamo atteso l’esito dietro le porte delle sale operatorie. In tutti
Anna La Rosa
LA TELEVISIONE È IL MEZZO CHE PIÙ DIRETTAMENTE ARRIVA ALLE PERSONE
questi anni abbiamo visitato centinaia di ospedali, strutture di ricerca, istituti universitari eccellenti e spesso all’avanguardia non solo in Italia». Ritiene adeguato lo spazio dedicato in tv alla salute e qual è il ruolo che possano avere i mass media per temi delicati quali la prevenzione e la ricerca? «La salute tira, si dice in gergo televisivo; ogni programma dedicato alla salute attira l’attenzione, nel bene e nel male. Negli ultimi anni abbiamo assistito, proprio per la logica degli ascolti, a una moltiplicazione dell’offerta, che però non sempre è adeguata. Purtroppo spesso la scienza, la ricerca e la medicina vengono banalizzate all’inverosimile. La televisione è il mezzo che più direttamente arriva alle persone e quando si informa sui sistemi che riguardano la nostra salute e la nostra vita, noi giornalisti dobbiamo lavorare quasi come un medico, in “scienza e coscienza”. Ma non vuol dire ovviamente dare consigli o suggerimenti, anzi andrebbero abolite le rubriche televisive, radiofoniche e sulla carta stampata che suggeriscono rimedi, terapie o addirittura “interventi miracolosi” anche per patologie spesso gravi. Guai se un giornalista, pure esperto, tenta di scimmiottare il medico, e purtroppo spesso avviene. Il programma di medicina deve approfondire, informare, deve essere un programma di servizio nel vero senso della parola, perché quando comunichiamo, presentiamo ricerche, ma mettiamo anche in collegamento pazienti». Quali sono oggi le caratteristiche necessarie a un giornalista che si occupa di salute? «Fare informazione scientifica mette il giornalista di fronte a una doppia responsabilità, perché deve essere rigoroso nella trattazione degli argomenti e nello stesso tempo è responsabile nei confronti dei telespettatori. Ogni volta che si sceglie un tema, non bisogna mai dinea | dicembre 2012
Anna La Rosa, giornalista e conduttrice televisiva
menticare che dall’altra parte c’è una persona che, potenzialmente, può essere affetto da questa o quella patologia, o magari ha un figlio, un genitore, un amico, che vive il dramma di una malattia. Diffondere notizie che poi risultano false, o che potrebbero essere smentite, crea un dramma; le persone hanno delle aspettative, delle speranze, e fare una cattiva informazione scientifica vuol dire andare ad agire su un piano personale già altamente minato dalla malattia, creando danni spesso irreparabili. È per questo che la scelta degli ospiti deve essere valutata in maniera molto, molto approfondita. Lo stesso vale per la scelta dei servizi e dei temi». Lei nasce come giornalista parlamentare e poi ha iniziato a occuparsi anche di salute. Qual è l’approccio giusto nella conduzione di programmi di informazione politica e scientifica? «Tutto si deve basare sul rigore. Certo, il mondo della politica va fatto conoscere in un certo modo. Telecamere 18 anni fa nasceva con l’intento di “umanizzare” la politica e ci siamo riusciti. All’inizio eravamo itineranti, perché volevamo entrare nei palazzi del potere per far conoscere a tutti i luoghi in cui si svolgeva la vita istituzionale del Paese. Era un modo per dire agli italiani: “riappropriatevi della politica”. Poi la formula è cambiata. Nelle ultime edizioni abbiamo cercato di combattere il concetto crisi, portando in primo piano quel tessuto imprenditoriale che è vivissimo e che rende ancora oggi l’Italia uno dei Paesi più imitati al mondo. Il made in Italy del quotidiano, io lo definisco. Telecamere Salute invece è stata la realizzazione di un sogno. È nata dalla mia passione per la scienza e dall’ammirazione che avevo fin da piccola per gli scienziati come Rita Levi Montalcini, Renato Dulbecco, o ancora Camillo Ricordi, per i grandi medici e per coloro che, attraverso i loro studi, possono aiutare l’umanità a progredire». 43
L’informazione in tv
Un’informazione accessibile La presenza femminile ha “ingentilito” la conduzione dei telegiornali ma ora, secondo Maria Concetta Mattei, occorre avere la capacità di stare al passo con le moderne tecnologie di Renata Gualtieri
er essere tecnologicamente all’avanguardia, il Tg2 si prepara al passaggio in digitale e questo significa maggiore velocità e migliore qualità tecnica. Quanto ai contenuti si caratterizza per un racconto sempre più immediato della realtà. «I nostri inviati – sottolinea il volto del Tg2 Maria Concetta Mattei – sono sui grandi eventi così come sulle storie apparentemente minori, fra la gente che soffre la crisi: ragazzi disoccupati, lavoratori delle molte aziende in difficoltà, famiglie che non arrivano a fine mese. Ascoltiamo tutte le testimonianze, dando voce a chi spesso non riesce a farsi sentire». In cosa la sua emittente televisiva dovrebbe essere in grado di rischiare e proporre modelli innovativi? «Sono orgogliosa di appartenere al
P La conduttrice del Tg2 Maria Concetta Mattei
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Maria Concetta Mattei
Tg2 perché è una testata giornalistica che ha fatto dell’indipendenza e dell’onestà intellettuale la sua bandiera. Credo che questo sia il vero servizio pubblico: dobbiamo continuare a garantire ai cittadini, raccogliendo la voce di tutti e testimoniando la realtà, così complessa e variegata. Questa è la nostra forza». A quali notizie darebbe più spazio e a quali meno? «È ora di mettere in soffitta il vecchio detto un po’ snob del giornalismo anglosassone “good news is no news”, secondo il quale una buona notizia non è una notizia. Obbligati come siamo a dar conto di provvedimenti duri, di corruzione dilagante, di aggressività in crescita, oggi c’è bisogno di esempi virtuosi, di far posto anche a storie di speranza. Nei nostri supplementi del sabato, Tg2 Dossier, Storie e Mizar, portiamo in video personaggi che fanno dell’etica la propria bandiera e ricordiamo, per esempio, quanto sia forte e preziosa la rete del volontariato in Italia. Diamo spazio ai nostri migliori ricercatori, a uomini di ingegno, imprenditori di successo e grandi artisti». Il tono e il tipo di linguaggio utilizzato nel dare una notizia quanto influiscono su come l’informazione viene percepita? «Lo influenzano eccome! Il pubblico è molto attento e sensibile: lo dimostrano i messaggi, le lettere e le email che arrivano in redazione e confermano che il racconto del conduttore è più apprezzato se fluido, chiaro e semplice». Quali sono le caratteristiche necessarie a una telegiornalista ai giorni nostri? «Oggi come ieri valgono la preparazione, un nea | dicembre 2012
ottimo background culturale e una grande esperienza, ma devono convivere con la freschezza e la spontaneità». Quali tra i suoi colleghi del passato è stato per lei “un modello” come stile nella conduzione? «Ognuno ha la sua cifra: se si vuole essere convincenti è bene essere se stessi, senza copiare modelli o stili altrui. Ma c’è un giornalista che ho sempre ammirato per la sua capacità di comunicare in modo limpido anche messaggi molto complessi. È Piero Angela, ancora oggi, a 80 anni, autore di libri e inchieste televisive». Da quando conduce il telegiornale qual è il cambiamento più evidente a cui ha assistito? E come sarà secondo lei il tg del futuro? «La presenza femminile ha arricchito e ingentilito, nel corso di questi ultimi vent’anni, la conduzione dei telegiornali. I servizi di tante bravissime inviate hanno aggiunto spunti, percezioni e umanità ai reportage. Adesso credo che molta importanza avrà la capacità di stare al passo con le moderne tecnologie, per rendere la nostra informazione sempre più accessibile, in ogni momento, in rete, sugli smartphone e i tablet». Qual è la notizia che vorrebbe dare? E quale quella che avrebbe preferito non comunicare ai telespettatori? «Quella che ricordo con più dolore, nonostante siano trascorsi dieci anni ormai, è l’edizione straordinaria per il terremoto che a San Giuliano di Puglia ha fatto crollare una scuola elementare, fra le cui macerie si è scavato per ore, nel vano tentativo di salvare 27 alunni con la loro maestra. È stato difficile reprimere le lacrime. La notizia che mi piacerebbe dare è quella del pieno rilancio, sia delle attività produttive che culturali e artistiche, delle aree ferite dal sisma: da L’Aquila all’Emilia, fino al Pollino». 45
L’informazione in tv
Una finestra sul mondo «I telegiornali ora più che mai devono saper raccontare e spiegare cosa sta accadendo». La conduttrice del Tg5 Simona Branchetti ribadisce il ruolo centrale dell’informazione televisiva di Renata Gualtieri
all’ottobre 2007 è alla conduzione del Tg5. Simona Branchetti da allora ha assistito a una “fastfoodizzazione” del tg, cioè, come rivela, «tutto è diventato rapido, da consumare in fretta. Si fa molto meno approfondimento di un tempo. La tendenza è stata quella di dare priorità alla quantità delle notizie piuttosto che alla qualità». Ma negli ultimi mesi qualcosa sta cambiando. Le piacerebbe condurre un format più dinamico, più live, magari con meno notizie ma più approfondite, ospiti in studio, opinionisti e servizi mirati per annunciare magari, un giorno, che i grandi del pianeta hanno deciso di azzerare il debito dei Paesi. Come viene utilizzato oggi la televisione attraverso il telegiornale? E come racconta i cambiamenti che avvengono nel nostro Paese? «Di fronte al moltiplicarsi dei mezzi di comunicazione il telegiornale resta comunque il punto di riferimento della formazione culturale della maggior parte delle persone. Sono dunque convinta che abbia ancora un ruolo centrale di informazione e formazione sulla cui base ciascuno può formare la propria opinione. Oggi si tende alla mera cronaca dei fatti, dove molte notizie talora rimangono “sfumature” tra le righe. In questo momento storico i temi economici e politici la fanno da padrone e credo sia corretto assecondare questa tendenza. I tg ora più che mai devono saper raccontare e spiegare cosa sta accadendo, cosa aspettarsi e come muoversi in questo contesto». Il modo e il tono di comunicare le notizie – come insegnano i grandi teorici della comunicazione – è fondamentale per far arrivare il messaggio. «Assolutamente sì. Se utilizzo un tono allarmistico
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La conduttrice del Tg5 Simona Branchetti
chi sta dall’altra parte del video lo percepirà. Così come se voglio sdrammatizzare anche un fatto percepito come grave. Nonostante si tenda a una spersonalizzazione del tg rimane poi fondamentale il ruolo del conduttore e la sua credibilità. Il che significa che chi guarda da casa deve apprezzarlo anche, e prima che come conduttore, anche come redattore. Dal punto di vista estetico poi la bella presenza è oggi un plus molto apprezzato». Chi tra i suoi colleghi apprezza di più? «Ho una grande stima per Cesara Buonamici. Credo che il suo modo garbato e chiaro di dare le notizie sia una formula vincente in ogni tempo. È capace di sedersi con il telespettatore “in poltrona” senza mai apparire eccessiva, né invasiva. Ci sono poi fuoriclasse come Enrico Mentana che non possono che essere considerati come icone più uniche che rare».
Esteri
Diplomazia, strumento di crescita È un mezzo essenziale per tutelare gli interessi di un paese, anche quelli economici ed energetici. Come spiega Marta Dassù: «L’Italia vuole diventare il principale hub del gas per il sud Europa» di Elisa Fiocchi
n tempi di crisi economica e globalizzazione il ruolo della diplomazia internazionale nell’attivazione di nuovi processi di sviluppo e di cooperazione tra i paesi è un fattore decisivo per la crescita. Così com’è avvenuto per l’export, ago della bilancia nell’esprimere la capacità competitiva delle imprese sui mercati internazionali. Lo sostiene il sottosegretario di Stato del Ministero degli affari esteri, Marta Dassù, che nella sua lunga esperienza in politica estera traccia le linee guida indispensabili nel cammino diplomatico dell’Italia. Partendo da un presupposto: «Bisogna riuscire a tutelare direttamente gli interessi del Paese, seppure all’interno dell’Europa e della Nato, altrimenti nessuno lo farà al posto nostro come avveniva nel mondo statico delle alleanze della Guerra Fredda». Tra i passi decisivi elenca priorità geopolitiche e di politica estera rivolta ai rapporti con l’Asia e l’America Latina, oltre all’utilizzo di strumenti europei comuni, anzitutto nel campo della difesa, dove, spiega Dassù: «Il problema
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culturale è capire che per diventare un attore internazionale che funzioni l’Europa deve unire le forze, perché se unirà solo le debolezze fallirà». Quali condizioni si rendono necessarie affinché strategie economiche e diplomatiche collimino? «La ripartizione dei compiti fra governo e attori economici deve essere chiara. All’imprenditore è chiesto di sviluppare prodotti capaci di competere sui mercati globali; questa capacità non è mai mancata in Italia, specie in alcuni settori. Le istituzioni preposte alla diplomazia economica e all’internazionalizzazione devono creare le condizioni perché le imprese possano agire nelle migliori condizioni possibili, senza essere penalizzate dalle deficienze del cosiddetto “sistema Paese”». Come si traduce questa volontà da parte del governo? «Sul piano interno si sta impegnando, con progressi più o meno rapidi, a rimuovere gli ostacoli che limitano la competitività delle nostre aziende come l’ac-
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Marta Dassù, sottosegretario di Stato del Ministero degli affari esteri
cesso al credito, la sottocapitalizzazione, il red tape, il costo del lavoro, la giustizia, la corruzione e altro ancora. Mentre sul piano esterno l’Italia negozia, bilateralmente e nel quadro dell’Unione europea, gli accordi che servono a favorire i flussi commerciali, la conclusione di joint venture, l’attrazione degli investimenti industriali e finanziari, l’eliminazione della doppia imposizione fiscale». Quali sono le priorità del nostro paese nel merito dei flussi commerciali? «Per l’Italia e l’Europa è interesse concludere un ampio accordo di libero scambio tra gli Stati Uniti e l’Ue, due economie che valgono circa la metà del Pil mondiale e coprono un terzo del totale dei flussi commerciali. Le stime indicano che la rimozione della metà delle barriere non tariffarie e delle differenze regolamentari esistenti tra i due blocchi economici produrrebbe un aumento di oltre 160 miliardi di Pil nell’arco di soli cinque anni. Al momento è in corso un perimetraggio del quadro negoziale, ma l’obiettivo è di avviare il negoziato vero e proprio entro la prima metà del 2013. In un’accezione più ampia, il Governo Monti ha compiuto uno sforzo continuativo per rassicurare gli investitori esteri sulla nea | dicembre 2012
credibilità e la tenuta del sistema economico italiano. Uno degli obiettivi essenziali - come dimostra la visita recente del premier in Kuwait, Qatar e negli Emirati - è di attrarre risorse finanziarie in Italia». Quali importanti missioni imprenditoriali sono state condivise finora e verso quali mercati strategici? «Il ministro Terzi ha guidato missioni in Egitto, Algeria, India, Vietnam, Singapore, Indonesia e in altri paesi ancora. Come sottosegretario, sono stata fra l’altro, delegata a curare i rapporti con l’America Latina, dove esistono ormai rapidi tassi di sviluppo. Ho svolto missioni nei paesi della cosiddetta “alleanza del Pacifico” come Colombia, Cile, Messico, e fra poche settimane sarò in Perù. Ho visitato anche l’Argentina, dove sono in aumento i problemi per le nostre imprese, e il Brasile, dove il ministro Passera ha guidato una grossa missione imprenditoriale. Ma ho ritenuto utile dedicarmi anche ai paesi che si potrebbero definire mini-Bric, o pre-Bric che non hanno le dimensioni di colossi come la Cina o l’India ma presentano una serie di nuove opportunità per le imprese italiane». Quali ad esempio? «Si distinguono tutti per l’apertura del mercato agli investimenti e al commercio, per gli alti
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tassi di crescita, per la presenza di una classe media in espansione e per la determinazione a realizzare grandi opere infrastrutturali, in molti casi di portata continentale, come i cosiddetti corridoi ferroviari bioceanici. Aggiungerei che il relativo rallentamento della Cina ha colpito nel 2012 anche il nostro export. Nella mia altra area di delega, ovvero i Balcani e in genere la Eastern partnership fino alla Russia, mi sono concentrata su due dossier: la creazione della "macro-regione" adriatico-ionica, che avrà al centro progetti infrastrutturali, ambientali e turistici, e le nuove vie dell’energia». Sotto il profilo economico, quali futuri scenari infrastrutturali ed energetici potrebbero riguardare il nostro Paese? «L’84% del fabbisogno energetico del nostro Paese è coperto da importazioni, contro una media del 53 per cento nel resto d’Europa, perciò è evidente come il versante internazionale abbia un impatto immediato sul nostro equilibrio. Per l’Italia, la sicurezza degli approvvigionamenti e la diversificazione delle fonti sono obiettivi centrali anche di politica estera. Nella domanda futura di energia, le fonti tradizionali come il petrolio perderanno terreno a fronte di gas e rinnovabili, con carbone e nucleare che manterranno 50
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grosso modo la quota attuale. Alcuni sviluppi, come la ripresa della produzione petrolifera in Iraq e in Libia, la realizzazione di nuovi gasdotti per portare in Europa il gas del Caucaso e dell’Asia Centrale e soprattutto la “tight oil and shale gas revolution” negli Stati Uniti, avranno conseguenze di vasta portata sui mercati e sui flussi energetici, con conseguenze geopolitiche difficilmente prevedibili». Come cambieranno gli interessi energetici tra i paesi? «Il World Energy Outlook 2012, appena pubblicato, stima che gli Usa diventeranno il primo produttore di petrolio nel 2020 e raggiungeranno l'autosufficienza energetica entro il 2035, grazie alle nuove tecniche estrattive. Stiamo valutando in che modo questo influirà sulla politica statunitense in Medio Oriente. In questo scenario fluido, l’Italia aspira a sfruttare la propria posizione geografica per diventare il principale hub del gas per il sud dell’Europa e per questo, guarda con favore al cosiddetto “corridoio Sud” per il gas proveniente dal Caucaso attraverso la Turchia, in particolare con il progetto di gasdotto Tap. Così com’è rilevante il progetto South Stream che, attraverso il Mar Nero e i Balcani, porterà gas dalla Russia all’Italia».
Esteri
Kenya, nuove opportunità dai privati Il Pil cresce del 5% annuo e si afferma una classe media che può consentire nuovi sbocchi per il mercato italiano del design e della moda. «Le aziende del nostro Paese guardano con interesse anche al settore petrolifero» afferma l’ambasciatrice Paola Imperiale di Elisa Fiocchi talia e Kenya hanno rinsaldato lo scorso giugno la loro collaborazione, siglando un nuovo accordo ventennale sulla base spaziale “Luigi Broglio” di Malindi, gestita fin dagli anni Sessanta dall’Università La Sapienza mediante il Centro ricerche progetto San Marco. La ratifica dell’accordo è un riconoscimento degli sforzi congiunti dell’Asi e del Ministero degli esteri nel rinnovare la presenza italiana già da tempo attiva in Kenya, a cui seguiranno protocolli tematici per la realizzazione, in tempi brevi, di una serie di progetti comuni come il centro regionale di osservazione della Terra. «Oltre alla tradizionale cooperazione in ambito spaziale, è in costante crescita il numero di keniani che hanno scelto l’Italia per completare gli studi» racconta Paola Imperiale dall’Ambasciata italiana di Nairobi, che illustra gli scenari economici in costante crescita e gli interessi delle nostre imprese sul territorio. Quali sono i temi di maggiore attualità che l’Italia persegue con il governo keniano? «Le relazioni bilaterali sono eccellenti, puntualizzate da frequenti incontri al più alto livello e declinate non soltanto sugli aspetti di cooperazione bilaterale ma anche
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sui temi più importanti di attualità internazionale. L’Italia è tra i principali paesi donatori del Kenya e la nostra azione si sviluppa nel settore dell’approvvigionamento idrico, della salute e dello sviluppo urbano della grande baraccopoli di Korogocho. Nel distretto di Malindi, ad esempio, l’Italia è intervenuta per migliorare l’ospedale pubblico, costruire scuole e offrire incentivi ai pescatori. Colgo l’occasione per ringraziare privati, Ong e missionari che con il loro operato contribuiscono al miglioramento delle condizioni di vita delle comunità locali più svantaggiate e per quanti in Italia contribuiscono a sostenere le loro attività». In ambito di sviluppo e crescita economica, come i due paesi cooperano e intensificano gli scambi commerciali e il trasferimento delle conoscenze? «Il Kenya, come tutta l’Africa, registra in questo periodo un tasso di crescita notevole rispetto ad altre aree geografiche mantenendo un incremento del Pil del 5% annuo, grazie anche a un settore privato in rapida espansione. Esistono qui nuove opportunità nel settore petrolifero, a cui sono interessate anche aziende italiane, e minerario. L’affermazione di una classe media kenyota può consentire nuovi sbocchi per il mercato ita-
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Paola Imperiale, a capo dell’Ambasciata italiana di Nairobi in Kenya
liano del design e della moda. La bilancia commerciale è da sempre a noi favorevole, grazie soprattutto alle nostre esportazioni nei settori della meccanica, dell’impiantistica e delle macchine utensili». Come s’intrecciano gli scambi economici con quelli culturali e scientifici? «A novembre abbiamo organizzato a Nairobi un evento per promuovere le eccellenze italiane e il made in Italy con l’obiettivo di aumentare la conoscenza del sistema produttivo italiano e del nostro patrimonio culturale. Al fine di favorire lo scambio scientifico tra le università locali e i nostri atenei, sono in corso numerose collaborazioni, soprattutto nel settore dell’innovazione sanitaria». Parlando della sua carriera, lei è entrata nella diplomazia nel maggio 1978. Come giudica il ruolo e il peso delle donne in ambito internazionale? «Sono entrata in quell’anno ma solo più tardi ho preso coscienza delle difficoltà di conciliare gli impegni di lavoro con le responsabilità della famiglia e di madre in particolare. Oggi mio figlio Federico è ormai studente all’università. Poco tempo è trascorso dal recente convegno “Women in Diplomacy” organizzato nea | dicembre 2012
dal sottosegretario Marta Dassù da cui è chiaramente emersa la natura strategica dell’obiettivo di allargare la rappresentanza femminile nel mondo diplomatico. È una sfida non certo facile da raggiungere nel breve periodo, che potrebbe anche consentire una leadership dal volto più umano». Quali azioni e scelte politiche future, ritiene importanti per rafforzare e rendere sempre più accessibile il ruolo delle donne nella diplomazia internazionale? «Restano ancora poche le donne in diplomazia. Misure importanti sono già state adottate dalla Farnesina, come la decisione di favorire le donne nel concorso diplomatico e l’adozione di un piano triennale 2012-2014 per la trasparenza e l’integrità in cui si incoraggia il conferimento e l’assunzione di incarichi di responsabilità da parte del personale femminile. Nel Piano di azioni positive si promuovono, inoltre, politiche di conciliazione tra le esigenze di lavoro e la vita privata. L’empowerment delle donne è il tema prioritario della nostra cooperazione allo sviluppo anche in Kenya e il nostro contributo allo svolgimento delle prossime elezioni sarà interamente dedicato all’educazione civica dell’elettorato femminile». 53
Esteri
Il cammino europeo della Croazia Emanuela D’Alessandro, ambasciatore italiano a Zagabria, rivela le strategie politiche ed economiche che legano questo paese all’Italia anche in vista dell’ingresso, nel luglio 2013, nell’Unione europea di Elisa Fiocchi elle terre croate, principalmente in Istria, Fiume e Dalmazia, circa 35mila italiani si sono organizzati nel corso dei secoli in quarantasei comunità autoctone che hanno mantenuto cultura, lingua e identità del nostro Paese pur integrandosi perfettamente con la popolazione locale. È solo una delle peculiarità che legano a doppio filo i rapporti tra Italia e Croazia, due paesi che, dal luglio 2013, condivideranno anche l’appartenenza all’Unione europea e porteranno avanti progetti comuni per la creazione della macroregione adriatico-ionica. Emanuela D’Alessandro, ambasciatore italiano a Zagabria, illustra i compiti politici e le attività di assistenza che scandiscono il suo lavoro e accende i riflettori sul ruolo delle donne nelle carriere internazionali che oggi, in Italia, raggiungono le 167 presenze, pari al 18,5%, su un totale di 904 diplomatici. «In Italia le cose stanno finalmente cambiando – afferma D’Alessandro – e nei bandi di concorso per la carriera diplomatica è espressamente incoraggiata la candidatura femminile, così come in quelli delle organizzazioni internazionali». Attualmente sono tredici le ambasciatrici impegnate nella carriera internazionale su un totale di 130, un numero mai registrato prima nel nostro paese che lascia ben sperare per il futuro.
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La prima donna a diventare segretario di Stato americano, Madeleine Albright, diceva che le donne se si organizzano e lo vogliono davvero possono avere tutto. È davvero possibile in un paese come l’Italia? «Non solo è possibile ma si deve fare. In Italia c’è oggi più attenzione e consapevolezza alla problematica. A luglio, il ministro Terzi in occasione di una conferenza internazionale sul ruolo delle donne in diplomazia in Farnesina ha richiamato l’attenzione sul peculiare contributo delle donne nella politica estera. Penso alle tante azioni svolte dal nostro paese, ad esempio la risoluzione 1325 del 2000 su donne pace e sicurezza, l’aumento del numero di donne nei contingenti delle forze armate, una maggiore partecipazione femminile ai processi di pace, la protezione dei diritti delle donne nelle situazioni di conflitto». Tornando alla sua carriera, lei ha prestato servizio prima a Budapest, presso l’Ambasciata d’Italia, poi a Vienna e dal 2011 è ambasciatore italiano a Zagabria. Cosa l’ha spinta a intraprendere la carriera diplomatica? «La nomina di ambasciatore a Zagabria rappresenta il coronamento di un’intera carriera in cui tra i miei valori c’è senz’altro l’appartenenza a una famiglia di fun-
Emanuela D’Alessandro
Emanuela D’Alessandro, ambasciatore italiano a Zagabria
SONO TREDICI LE AMBASCIATRICI IMPEGNATE NELLA CARRIERA INTERNAZIONALE. TREDICI SU UN TOTALE DI 130, UN NUMERO MAI REGISTRATO PRIMA NEL NOSTRO PAESE
zionari pubblici che ha dedicato la vita allo Stato e che sin da piccola mi ha trasmesso un esempio importante. Chi intraprende questa carriera deve, infatti, pensare al Paese, al desiderio di essere utile e di lavorare per gli altri. Per fare questo mestiere serve anche tanta passione grazie alla quale si superano i sacrifici che una vita del genere comporta». Dall’1 luglio 2013 la Croazia entrerà a far parte dell’Unione europea: come cambieranno i rapporti diplomatici con gli altri paesi e il suo ruolo all’interno dell’ambasciata? «L’Italia ha sempre dato un costante supporto a questo cammino, rettificando per prima il trattato di adesione che è poi stato siglato da altri diciotto membri. Un chiaro segno di eccellenza nei rapporti che intercorrono tra i due paesi, rafforzato anche dall’incontro avvenuto lo scorso anno tra i due presidenti della Repubblica. La comune appartenenza di Italia e Croazia all’Unione europea aprirà nuove prospettive di collaborazione che l’ambasciata avrà il compito di consolidare a tutti i livelli». Quali sono gli interessi comuni condivisi dai due paesi? «In ambito politico, si opererà per valorizzare l’area del Mediterraneo con una comune politica in area balnea | dicembre 2012
canica, dove la Croazia gioca un ruolo rilevante. È, infatti, un modello nel suo percorso d’inserimento nell’Ue per quei paesi che procedono verso l’adesione. Vi è, inoltre, la possibilità di cooperare nella difesa della libertà di religione, essendo la Croazia un paese in cui oltre l’80% della popolazione è di fede cattolica e cristiana. Quanto ai rapporti bilateriali, l’Italia è il primo partner commerciale della Croazia, con centinaia di aziende che operano sul territorio, legame che vogliamo ulteriormente sviluppare. Infine, ci sono interessi comuni nelle politiche culturali». Come sta lavorando per contribuire alla formazione della macroregione adriatico-ionica? «La strategia è stata lanciata nella primavera del 2010 insieme alla Grecia e alla Slovenia e ha visto in seguito l’adesione della Croazia, alla quale si sono associati Albania, Montenegro, Bosnia e Serbia, otto paesi uniti con l’obiettivo condiviso di ottenere il conferimento del mandato del Consiglio europeo alla commissione per l’elaborazione operativa della strategia. L’approvazione definitiva avverrà nel 2014 e si tratterà di un passo importante anche in termini economici, oltre che di uno strumento per tenere i paesi balcanici occidentali ancorati alla prospettiva europea». 55
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Alla scoperta del mondo Niente internet, e-mail e spostamenti low cost. Negli anni Sessanta viaggiare era un privilegio, così come ricoprire un ruolo nella diplomazia. Soprattutto per le donne, come racconta Rosa Maria Chicco Ferraro di Elisa Fiocchi
fine novembre è terminato l’incarico di ambasciatore d’Italia a Tallinn di Rosa Maria Chicco Ferraro, unica donna nel nostro Paese a entrare in carriera diplomatica nel 1968, lo stesso anno in cui consegue la laurea in Giurisprudenza all’Università di Milano. «Quando ho iniziato l’università, nel 1964, era stata appena abolita la norma che vietava alle donne l’accesso ad alcune carriere, tra cui quella diplomatica» racconta l’ambasciatore uscente, classe 1945. «E, forse, la mia decisione di tentare il concorso diplomatico che ho superato quale unica donna, è stata anche una forma di protesta diretta a dimostrare che le donne sono in grado di svolgere, con perizia sicuramente non inferiore a quella degli uomini, le attività dalle quali erano state escluse». Seguono anni in giro per il mondo tra Berna, Pretoria, Francoforte, Dublino,
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Roma, Bonn, Capodistria. Perchè allora viaggiare era un lusso per pochi e «la motivazione più profonda e comune a molti diplomatici» era il desiderio di scoprire il mondo. Com’era considerata negli anni Sessanta la figura del diplomatico? «Non c’erano internet, l’e-mail e i voli low cost. I diplomatici erano sotto quest’aspetto dei privilegiati poiché avevano la possibilità di stabilire contatti e amicizie in tutto il mondo e di accedere a un grande patrimonio di informazioni da tanti paesi. Il desiderio di viaggiare, vedere il mondo, entrare in contatto con tante diverse culture fu il motore principale per intraprendere questa carriera». Oggi come giudica la presenza e l’influenza delle donne italiane nella diplomazia internazionale? «Fino a una decina di anni fa le donne entravano in di-
Rosa Maria Chicco Ferraro Rosa Maria Chicco Ferraro, ambasciatore d’Italia uscente in Estonia
CIÒ CHE COLPISCE, QUANDO SI ARRIVA IN ESTONIA, È L’ELEVATISSIMO GRADO DI INFORMATIZZAZIONE plomazia in un numero non superiore a poche unità per ogni concorso, ma il loro numero negli ultimi anni è andato aumentando e nell’ultimo concorso che si è appena svolto le donne sono state 15 su 35, e le prime cinque classificate sono di sesso femminile». Per quanto riguarda, invece, le donne al vertice di un’ambasciata? «Purtroppo, in questi casi, il numero è ancora molto esiguo, poiché la carriera diplomatica procede molto lentamente: per svolgere funzioni di ambasciatore occorre almeno una ventina d’anni di anzianità e le donne diplomatiche che entravano in carriera una ventina di anni fa erano poche e si trovavano, nell’avanzamento di carriera, a fronteggiare difficoltà maggiori di quelle dei colleghi uomini. Per cercare di risolvere queste situazioni di svantaggio è nata, undici anni fa, l’associazione Donne italiane diplomatiche e dirigenti (Did), alla quale sono iscritte circa il 70% delle donne diplomatiche e dirigenti che occupano posizioni apicali del Ministero degli affari esteri e della sua rete estera». A quali ostacoli si va incontro scegliendo una carriera diplomatica? «Con i continui spostamenti in giro per il mondo ogni 3-4 anni, la vita diplomatica rende impossibile nea | dicembre 2012
ai coniugi dei diplomatici il perseguimento di una propria carriera, e rinunciare al proprio lavoro per seguire il consorte diplomatico in giro per il mondo è ancora più difficile per i mariti di quanto non lo sia per le mogli». Cosa le ha lasciato l’esperienza a Tallinn? «Quando si arriva colpisce l’elevatissimo grado di informatizzazione in Estonia, o meglio E-stonia, come l’ha recentemente chiamata un articolista del New York Times, impressionato dal fatto che in questo paese lo studio dei principi elementari di programmazione informatica è stato introdotto fin dai primi anni delle scuole elementari». Italia ed Estonia quali interessi e strategie condividono? «Questi due paesi condividono numerose caratteristiche, e vi è un grande interesse in Estonia per la musica, l’arte e la cultura italiana. Ad esempio, è in forte crescita il numero dei turisti e studenti estoni che si recano in Italia e viceversa, ed anche l’interscambio di beni e merci è aumentato di molto negli ultimi anni. Vi sono ancora in Estonia numerose interessanti prospettive e possibilità per le nostre imprese, da esplorare e approfondire, rivolgendosi proprio all’ambasciata a Tallinn». 57
In prima linea
Nella terra degli insorti Ha guidato oltre cento militari nel difficile teatro operativo afgano. Un’esperienza impegnativa e ad alto tasso emotivo che ha portato Silvia Greco a «valutare diversamente gli aspetti che caratterizzano la mia vita in Italia» di Giacomo Govoni
er sei mesi a tu per tu con i ribelli afghani. È stato questo lo scenario che, fino allo scorso settembre, ha caratterizzato le giornate di Silvia Greco, comandante della III compagnia del 9° reggimento di fanteria “Bari” di stanza a Trani. A soli 34 anni e alla sua prima missione in Afghanistan, la giovane ufficiale in forza all’Esercito ha condotto un’unità operativa costituita da 110 militari tra uomini e donne, operando principalmente fra Shindand e Camp Arena, la base italiana a Herat. «Sono tornata da circa tre mesi dall’Afghanistan – spiega Greco – dove la mia Compagnia, equipaggiata con mezzi, armamenti e sistemi tecnologicamente avanzati quali i veicoli blindati medi 8X8 “Freccia”, si è occupata del pattugliamento di aree ad alto rischio, al fine di proteggere la popolazione afgana e le nostre basi dalle minacce degli insurgents». Come si sono svolte le operazioni? «Le attività erano sempre in coordinamento con le forze di sicurezza afgane per sviluppare in maniera rapida ed efficace il processo di transizione: lo scopo dell’operazione Isaf oggi è appunto restituire agli afgani la responsabilità della sicurezza del loro Paese. Io, in prima persona, ho pianificato alcune attività operative con giovani ufficiali afgani, instaurando proficui rapporti umani e professionali».
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Così giovane e già alla testa di un’unità operativa molto nutrita. Ricorda momenti in cui le difficoltà, umane e professionali, hanno superato le attese? «Per i comandanti le difficoltà in un teatro impegnativo come quello afghano sono all’ordine del giorno e di varia natura: il clima torrido nei mesi estivi, le linee telefoniche che impazzivano per giorni interi isolandoci dal mondo, le notti insonni per paura degli attacchi con razzi alla nostra base. E non ultimo il disagio per la precarietà logistica, visto che si dormiva in branda, con i servizi igienici distanti decine di metri. Ammetto che queste criticità mi hanno costretto a un grande sforzo di concentrazione e a un costante riesame delle azioni intraprese per fronteggiarle». Su cosa ha fatto affidamento nei momenti più duri? «In molti casi mi è tornato utile l’addestramento agli “imprevisti” condotto insieme alla mia Compagnia in vista dell’impiego operativo. Altre volte ho fatto ricorso agli strumenti acquisiti durante la mia formazione in Accademia. E nelle occasioni, per fortuna poche, in cui l’indeterminatezza obbligava a improvvisare, ho agito mettendo al primo posto la sicurezza del personale alle dipendenze, a cui infondevo coraggio e assicuravo il mio costante affiancamento. Mai, però, queste difficoltà hanno superato le mie aspettative. I ritmi incalzanti
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Silvia Greco, comandante della III compagnia del 9° reggimento di fanteria “Bari” di stanza a Trani
dell’impiego in Afghanistan non concedono spazi all’incertezza. In ogni caso, lo spirito di gruppo e la guida di straordinari comandanti mi hanno dato la forza di superare anche i momenti più delicati». Quali immagini dell’esperienza afgana le sono rimaste negli occhi? «L’Afghanistan rimane soprattutto impresso nel cuore: mi hanno indotto a riflettere e valutare diversamente gli aspetti che caratterizzano la mia vita in Italia. Uscire dalla base significava fare un salto indietro di secoli: i villaggi di misere capanne di terra, paglia e acqua, le donne che attingevano l’acqua da sottili fiumiciattoli. Un’immagine che non scorderò mai è quella dei bambini che chiedevano l’acqua al nostro passaggio nei villaggi: in estate, con una temperatura superiore ai 50 gradi, i ragazzini non avevano di che sfamarsi e dissetarsi». nea | dicembre 2012
Altre scene difficili da dimenticare? «Era frequente vedere coppie di coniugi al bordo delle strade in cui la donna rivolgeva sempre le spalle alla strada benché coperta da un burqa integrale. A dimostrazione del fatto che, in alcune aree dell’Afghanistan, a molte donne è ancora negata la possibilità di “affacciarsi” alla conoscenza del mondo. Ma soprattutto gli sguardi degli uomini e delle donne della mia Compagnia, i miei ragazzi che, nonostante i rischi e le condizioni critiche, erano sempre tranquilli e determinati. Per me era una vista rassicurante perché sapevo di poter contare su di loro». Prima di partire ha dichiarato che l’integrazione di genere nell’Esercito è ormai compiuta. Quali valori innovativi ha portato la donna nella sfera militare? «Il mio impiego da “comandante di uomini”, in un teatro operativo come quello afgano, dimostra che 59
foto Isaf - International Security Assistance Force
In prima linea
DELL’AFGHANISTAN NON SCORDERÒ MAI I BAMBINI CHE CHIEDEVANO L’ACQUA AL NOSTRO PASSAGGIO
le forze armate italiane, e in particolare l’Esercito, hanno mantenuto la promessa di impiegare le donne in incarichi assolutamente paritetici agli uomini. Con l’entrata delle donne, i valori dell’ambiente militare non sono cambiati: sono eterni e immutati. Sicuramente in Afghanistan la presenza delle donne ha consentito ai contingenti di comunicare con la popolazione femminile del posto, altrimenti impossibile da raggiungere. Mi riferisco ai “female engagement team” che hanno raccolto le istanze delle donne afghane traducendole in input per il contingente che ha potuto così adottare un approccio molto più vicino alla popolazione afghana e soddisfarne i reali bisogni». Talvolta, tuttavia, si registrano casi di colleghi uomini che si appellano alla presunta “insufficienza in attitudine militare” delle donne. Come interpreta queste forme di ostruzionismo e quanto toccano anche la realtà armata italiana? «Per la mia esperienza posso dire di non aver mai subito atteggiamenti di ostruzionismo. Detto ciò, non posso escluderne l’esistenza. Credo, tuttavia, che tali casi si verifichino in tutti i settori alta60
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mente competitivi e anche tra colleghi dello stesso sesso. L’attitudine militare non ha sesso. È un’inclinazione innata, che si perfeziona con studi e addestramento. Posso affermare in tutta onestà che le donne impiegate alle mie dipendenze in Afghanistan hanno sopportato situazioni di altissimo stress con uguale fermezza dei colleghi uomini. È chiaro che un ambiente esclusivamente maschile per decenni, abbia avvertito l’ingresso delle donne. Ma la diversità non può che costituire un arricchimento». Dopo l’impegno nel contingente italiano in Afghanistan, a quali sfide aspira in futuro? «Da buon soldato non posso che dirmi pronta ad assolvere qualsiasi incarico la mia Forza armata vorrà affidarmi. Nel futuro spero ci siano ancora occasioni per comandare unità operative. Comando inteso non in senso autoritario, ma come occasione per guidare e orientare i soldati con l’esempio, condividere con loro sentimenti ed esperienze extraordinarie, nella consapevolezza che il nostro contributo serve a sostenere Paesi dilaniati da conflitti ed elevare l’immagine dell’Italia nel mondo».
In prima linea
Armata di passione Da ragazza invidiava i suoi amici maschi «che potevano andare a fare l’anno di militare». Oggi, da ufficiale dell’Aeronautica militare, si misura con teatri caldi come quello afghano. La vocazione per la divisa di Chiara Aldi è diventata realtà di Giacomo Govoni
e forze armate italiane contribuiscono con poco meno di 4.000 militari alla missione Isaf della Nato in Afghanistan. Il nostro contingente, schierato nella regione di Herat e impegnato in attività di mantenimento della sicurezza in cooperazione con le forze di sicurezza afgane, sta assistendo negli anni a una progressiva crescita della componente femminile, impiegata anche in posizioni delicate e di responsabilità. È il caso di Chiara Aldi, capitano dell’Aeronautica presso il 102° Gruppo Volo del 6° stormo di Ghedi (Bs) con l’incarico di capo nucleo informazioni operative, rientrata da poche settimane da «una delle esperienze più interessanti della mia vita in Aeronautica militare». Sono cariche di orgoglio le parole di Aldi che nel ripercorrere a mente i passaggi salienti di una missione che l’ha tenuta per mesi lontana da casa e dalla piccola figlia di 3 anni, non nasconde la soddisfazione di averla condotta a termine con successo. E soprattutto in quella veste professionale che, fin dagli anni della scuola, si sentiva cucita addosso. Vocazione, voglia di servire il Paese, passione per le forze armate. Saprebbe riconoscere le molle che l’hanno spinta a indossare l’uniforme e quando sono scattate? «Quando nell’agosto del 2000 è stata concessa la possibilità alle donne di accedere ai concorsi per indossare la divisa, ho pensato che il mio sogno poteva realizzarsi. Ho sempre guardato con ammirazione i militari che incrociavo per la strada e quasi invidiavo i miei amici che potevano andare a fare l’anno di militare. Servire il mio Paese in armi, indossare la divisa, far parte di quel mondo di “fratelli” in cui amicizia, solidarietà, spirito di abnegazione e sacrificio sono elementi fondamentali, era davvero il mio sogno».
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Chiara Aldi, capitano del 6° stormo 102° Gruppo Volo dell’Aeronautica a Ghedi, in provincia di Brescia
A Herat ha ricoperto l’incarico di mission monitor dei Predator. Può spiegarci quali mansioni ha svolto nel concreto? «Il mission monitor è stato tra gli incarichi più interessanti che ho svolto fino a oggi nella mia carriera in Aeronautica militare. Il Predator è un aereo a pilotaggio remoto con compiti di intelligence, sorveglianza e ricognizione. Il mission monitor rientra nel processo di pianificazione di una missione operativa assieme ai piloti, sensor operator e analisti d’immagine. La missione deve essere pianificata nei minimi dettagli».
foto Isaf - U.S. Air Force TSgt Laura K. Smith
Chiara Aldi
POSSO TRANQUILLAMENTE AFFERMARE CHE IN AERONAUTICA MILITARE LE DONNE SI SONO INTEGRATE ALLA PERFEZIONE
Come si sviluppa sul campo? «Quando per esempio viene richiesta una scorta a un convoglio di truppe a terra, il mission monitor deve rendere sicuro il suo movimento lungo il tragitto. Oppure nello scovare eventuali ordigni lungo le strade: nel momento in cui, come accade, gli operatori dovessero incappare in qualcosa di sospetto, passano l’informazione alla componente terrestre che mette in essere tutte quelle procedure per disinnescare gli ordigni senza farli esplodere. Altre volte il Predator è chiamato a creare una cornice di sicurezza di un’area calda, in modo da neutralizzare eventuali attentati terroristici evitando in questo modo la morte e il ferimento sia di personale militare Isaf sia che civile». In base alla sua esperienza, quali differenze coglie nell’approccio femminile a contesti bellici? In altre parole, quanto la sensibilità di genere si riflette nella conduzione di operazioni militari? «In Aeronautica le donne possono accedere senza preclusioni a tutte le specialità e ruoli e pertanto anche nei nea | dicembre 2012
teatri operativi i compiti assegnati sono gli stessi del personale maschile. Posso tranquillamente affermare che le donne si sono integrate alla perfezione». Da madre in divisa, a quali traguardi di crescita professionale aspira all’interno dell’Aeronautica e su quali palcoscenici, di pace o di guerra, si vede nei prossimi anni? «Una risposta precisa a questa domanda non posso fornirla, in quanto non sono a conoscenza dei progetti che mi riserverà l’Aeronautica militare. Non so dove servirà la mia presenza e dove il mio Comando avrà la necessità di impiegarmi. Per il momento sono impiegata al Comando operativo di vertice interforze. Tuttavia, devo dire che aver scelto di essere un militare mi porta a dire che la mia bambina sa che la sua mamma potrebbe andare a “lavorare lontano” così com’è successo, allo stesso modo di come fanno i miei colleghi papà. Anche noi donne dobbiamo privarci dell’affetto dei nostri cari per assolvere la missione che ci viene assegnata». 63
Donne d’impresa
Antonella Mansi, consigliere di amministrazione e dirigente di Nuova Solmine e di SolBat, è vicepresidente di Confindustria con delega all’organizzazione
La forza delle idee L’approccio cooperativo delle donne è una delle caratteristiche vincenti che caratterizza l’impresa al femminile. Antonella Mansi spiega perché le aziende in rosa spesso hanno una marcia in più di Nicolò Mulas Marcello
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n uno scenario di incertezza diffusa a livello economico e imprenditoriale, emerge un dato importante che rivela come le imprese al femminile resistano alla crisi maggiormente rispetto a quelle a conduzione maschile: «In molti casi le imprenditrici – spiega Antonella Mansi, vicepresidente di Confindustria – si relazionano con i propri collaboratori con una modalità dialogante e partecipativa, che si traduce anche in un’attenzione alla persona, particolarmente necessaria in situazioni lavorative stressanti». Di fronte agli ultimi dati del Pil lei ha affermato: «Non siamo molto sereni, saranno mesi molto importanti e caldi». Cosa si aspetta dal futuro? «Non posso che confermare quanto avevo già affermato. Il periodo che abbiamo di fronte è estremamente complesso. I dati purtroppo non consentono di pensare a scenari a tinte più chiare: ci sono ancora troppe ombre, l’economia globale rimane debole, gli indicatori dell’Eu-
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Antonella Mansi
LA DISOCCUPAZIONE GIOVANILE RISCHIA DI DEPAUPERARE IL PAESE E LE NOSTRE IMPRESE DI UN GRANDE PATRIMONIO DI CONOSCENZE rozona mostrano un peggioramento della recessione. Si è allontanato il rischio della deflagrazione dell’Europa monetaria ma non si riesce ancora a trovare il bandolo della matassa per dipanare l’intricata questione della recessione da una parte e le necessarie restrizioni di bilancio dall’altra. Non possiamo essere sereni, ma possiamo e dobbiamo essere fiduciosi. Non possiamo essere sereni perché nel nostro Paese abbiamo di fronte molte incognite e molti nodi politici da sciogliere che occupano l’agenda dell’Italia nel prossimo semestre. Dovremmo andare compatti e spediti verso una politica di crescita che sappia premiare la parte produttiva del Paese, quella in grado di essere volano di ripresa a vantaggio di tutti. Tuttavia siamo fiduciosi, perché crediamo nelle capacità delle nostre imprese, nella loro forza e in quel coraggio che dimostrano quotidianamente andando avanti nonostante tutto, nel reinventarsi ogni giorno allargando i propri orizzonti. E poi dobbiamo avere fiducia perché il mondo va avanti, pezzi di mondo “spingono” con ritmi ancora sostenuti». Cosa manca secondo lei nell’operato del governo, che aiuti l’economia ad avere un nuovo slancio? «Manca forse il coraggio di essere più incisivi nel breve periodo. Nell’operato del governo ci sono sicuramente molti buoni spunti che potranno dare qualche segnale, nea | dicembre 2012
ma in differita. Ci sono scelte di politica economica che vanno nella giusta direzione di modernizzare il Paese e creare un ambiente più favorevole alle attività imprenditoriali. Quello che mi sembra non sia stato ancora fatto è il varo di misure incisive dirette a sostenere la crescita in tempi rapidi. Il contesto richiede misure eccezionali perché viviamo una situazione eccezionale. Quello che è mancata finora, in un momento così drammatico, è la capacità di incidere in modo diretto, e in tempi rapidi, sulla ripresa delle attività economiche. Confindustria ritiene che si debba fare di più per ridare nuovo slancio all’economia e abbiamo anche indicato nelle sedi istituzionali quali dovrebbero essere le misure più urgenti per sostenere nell’immediato il nostro sistema produttivo e le imprese nel loro complesso. Fra queste abbiamo ribadito la necessità di intervenire sul cuneo fiscale e contributivo, che ha raggiunto livelli non più tollerabili e su cui è urgente incidere in modo significativo. Un altro fattore centrale di competitività e di crescita è dato dagli investimenti in infrastrutture. Altri
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temi prioritari per la crescita sono certamente la ricerca e la semplificazione burocratica». Secondo un rapporto di Unioncamere le imprese al femminile sembrano resistere alla crisi di più di quelle guidate dai colleghi uomini. Questa è anche la percezione di Confindustria? «Le imprese femminili dimostrano una maggiore vitalità in questa fase di crisi, come anche una maggiore capacità di adattamento e di diversificazione. Credo che, in questo caso, entri in gioco la capacità tutta femminile di essere multitasking, di saper gestire contemporaneamente i diversi aspetti della vita e del lavoro, ma anche assicurare una maggiore concretezza. Un altro fattore di successo di un’impresa al femminile può essere la capacita delle donne di avere un approccio cooperativo anche all’interno della propria azienda. Tengo comunque a sottolineare che la resistenza delle imprese non è solo legata a una “differenza di genere”, ciò che fa la differenza è la forza delle idee, dell’intuito, della determinazione e la capacità nell’andare avanti, caratteristiche queste trasversali a buone attività di intrapresa, femminili o maschili che siano». Le imprese femminili continuano a essere mediamente più giovani di quelle maschili. Le imprenditrici credono di più nella giovane forza lavoro secondo lei? «I giovani in genere sono propulsori di innovazione e rappresentano la linfa vitale per le imprese, e una as68
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sicurazione per la loro continuità. Penso che questo sia un dato di fatto riconosciuto da tutti gli imprenditori. Una maggiore presenza dei giovani nelle imprese femminili credo possa essere collegata in molti casi all’età delle aziende stesse. Le imprese al femminile sono statisticamente più recenti, i dati ci dicono infatti che fra le nuove imprese molte sono al femminile. È un dato di fatto che nelle imprese più anziane c’è anche un problema di basso turn over aggravato dal periodo di crisi. La disoccupazione giovanile, come ci ricorda spesso anche il nostro presidente della Repubblica, è un problema del Paese che negli ultimi anni ha visto riprendere un flusso migratorio soprattutto nelle fasce d’età più basse. Questo rischia di depauperare il paese e le nostre imprese di un grande patrimonio di conoscenze, valore cui non possiamo rinunciare. Confindustria ha dato il buon esempio in questi ultimi due anni con programmi specifici di inserimento di giovani nelle proprie strutture ed è un impegno che intendiamo rinnovare».
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Il coraggio di cambiare Luisa Todini ne è convinta: per fare l’imprenditore serve amare il proprio lavoro e metterci la faccia. Ciò vale anche per gestire la cosa pubblica, che per tornare vicina ai cittadini deve saper rispondere ai loro bisogni di Teresa Bellemo
residente della Todini Finanziaria, ex parlamentare europea tra le fila del Pdl, ex presidente della Fiec (i costruttori europei), siede in diversi consigli di amministrazione, non ultimo quello della Rai dallo scorso luglio. Per questo a Luisa Todini non piace la distinzione tra imprenditore e imprenditrice, perché ciò che caratterizza il fare impresa sono e devono essere le idee, la costanza, la capacità di rischiare e non l’appartenenza di genere. È così in molti paesi europei e dovrebbe esserlo anche in Italia, ma spesso nel nostro Paese per una donna fare l’imprenditrice è più complicato, soprattutto per la mancanza di reti di assistenza per quelle donne che oltre a fare le imprenditrici devono seguire anche la famiglia. Una difficoltà che si riscontra anche a livello finanziario: una ricerca condotta dalla Fondazione Bellisario ha, infatti, dimostrato che le donne incontrano maggiori difficoltà a ottenere credito dei loro colleghi uomini. Luisa Todini non nasconde le sue perplessità riguardo un momento storico che sta facendo emergere tutti i motivi, oltre alla crisi economica, per cui il nostro Paese riscontra difficoltà ad essere competitivo: un distacco sempre più ampio tra classe dirigente e cittadini, pesantezza della burocrazia e un welfare che non favorisce l’occupazione femminile. Ma qualcosa sta cambiando, prova ne è che nel 2009 proprio dei
foto Ada Masella per Sette-Corriere della Sera
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l’imprenditrice Luisa Todini
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Luisa Todini
colleghi uomini l’hanno eletta presidente dell’Associazione dei costruttori europei. «Sono stata la prima donna a presiedere l’associazione. Credo che la legge sulle quote rosa nei consigli di amministrazione delle società quotate e pubbliche, approvata di recente, imporrà un significativo e positivo cambiamento di rotta, dimostrando che una maggiore presenza femminile al vertice potrà migliorare la performance economica dell’intero sistema economico nazionale». La situazione economica continua a essere complessa. Da cosa occorre ripartire, su cosa scommettere? «Dobbiamo essere grati al Governo Monti per averci condotto sul binario giusto lontani dal default e condivido la spending review purché vada a colpire davvero spese ed enti inutili. Ritengo che il 2013 debba essere l’anno degli investimenti e degli stimoli alla crescita, attraverso la riduzione del cuneo fiscale e dell’Irap, l’alleggerimento di tutti quegli oneri burocratici che allungano i tempi senza aggiungere valore o maggior sicurezza nel rispetto delle regole: occorrono 10 anni per le grandi opere, di cui 5 per la progettazione - che comunque spesso non è di livello soddisfacente - e 26 firme da parte di 11 enti diversi. Poi servono investimenti in ricerca e sviluppo e sostegno all’export riorganizzando la rete estera e con i fondi recuperati finanziare attività promozionali di sostegno al made in Italy. Infine, rilanciare le infrastrutture anche attraverso i project bond, pianificare interventi per il territorio attuando sinergie tra infrastrutturazione, logistica e ambiente attraverso l’edilizia sostenibile, la mobilità verde, l’efficienza energetica, la prevenzione idrogeologica». È un momento di forte diffidenza nei confronti della politica. Quanto tutto questo è giustificato? Lei ha avuto anche un’esperienza politica, cosa può fare la classe dirigente per frenare questo distacco? «La diffidenza verso la politica e la cosa pubblica, in parte sempre presente nel sostrato culturale e civico nea | dicembre 2012
di noi italiani, si è acuita negli ultimi anni a causa delle ruberie e degli abusi di chi, in nome proprio o del partito, ha pensato a tutt’altro che al bene comune. Le responsabilità sono di tutti noi, imprenditori inclusi, IL 2013 che dobbiamo fare DEVE ESSERE di più per selezioL’ANNO DEGLI nare una classe poINVESTIMENTI litica degna del suo E DEGLI STIMOLI ruolo. Penso però ALLA CRESCITA che non sia tutto da buttar via, esistono tanti casi virtuosi che non fanno notizia e si notano poco. Dobbiamo sostenerli con un profondo rinnovamento della classe dirigente del Paese, dando molto più spazio ai giovani e alle donne. Queste ultime, in particolare, hanno dato grande dimostrazione di saper essere oneste e competenti e le quote rosa consentiranno un riequilibrio fino a quando le donne saranno scelte solo per meriti e questo, sono convinta, avverrà sempre più spesso. Tutte le donne che conosco che hanno ricoperto o ricoprono ruoli di vertice in regioni e comuni si sono comportate molto bene». Cosa si è inceppato, a suo avviso, nel meccanismo dei servizi al cittadino e delle imposte? Come tornare a una relazione maggiormente bilanciata? «I servizi pubblici lasciano spesso a desiderare per questo diventa odioso pagare le tasse. Le nostre città avrebbero bisogno di avere trasporti pubblici efficienti con strutture meno degradate, maggiori
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incentivi alla green mobility, decentramento dei ministeri. Il basso tasso di occupazione delle donne è dovuto anche all’insufficienza di politiche della mobilità e degli asili che favoriscano le famiglie con figli. L’ipertrofia amministrativa di regioni e province, a cui finalmente questo governo sta ponendo rimedi, ha causato disaffezione dei cittadini e appesantito la gestione nazionale dei grandi progetti. Occorre una legge elettorale che consenta la scelta dei candidati, che a loro volta non devono essere scelti solo dalle segreterie di partito, ben vengano le primarie e le liste civiche espressione della società civile». In Europa molti paesi hanno un welfare molto strutturato che tenta di favorire le donne e la famiglia. Quale, secondo lei, il modello da imitare? «In molti paesi europei dimostrano molta attenzione in tema di politiche di conciliazione tra lavoro e cura della famiglia. Penso alla Svezia, alla Norvegia, alla Danimarca e alla Finlandia, ma anche alla Francia, dove esistono politiche come facilità d’accesso agli asili nido, flessibilità d’orario e congedi parentali al72
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ternati. E non è un caso che in molti di questi paesi i tassi di occupazione femminile siano tra i più alti d’Europa. Possiamo mutuare da questi Paesi molte buone idee, non servono grandi programmi, ma piccoli e diffusi interventi a livello locale come la costruzione di asili nido di quartiere, l’aumento delle corse dei mezzi pubblici al mattino o il car-sharing per permettere alle madri che lavorano di raggiungere agevolmente il posto di lavoro. Parallelamente si dovrebbe agire per rafforzare le pari opportunità nell’accesso delle donne alle posizioni di senior management. Ad esempio, in Svezia è attivo un programma per accrescere la capacità manageriale delle donne, attraverso strumenti come il mentoring, la creazione di network tra donne manager e corsi di aggiornamento, mentre in Austria, Belgio e Danimarca sono stati creati dei database con profili di donne qualificate per far parte dei Cda delle società quotate. Su questo punto è molto attiva in Italia la Fondazione Bellisario, che sta colmando velocemente il gap accumulato in passato».
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Puntare sui mercati esteri Valorizzare il made in Italy e aumentare la capacità di penetrazione dei nostri prodotti nei mercati internazionali. Questi sono i principali obiettivi secondo Lisa Ferrarini, che spiega qual è la situazione del settore lavorazione carni nel nostro paese di Nicolò Mulas Marcello
n questi ultimi anni si è dovuto constatare come l’intera filiera suinicola fatichi a produrre valore per i soggetti che la costituiscono. Tutto questo ha prodotto alcune tensioni: «Per superarle – spiega Lisa Ferrarini, presidente di Assica – dobbiamo prendere coscienza del fatto che questa crisi si supera attraverso azioni comuni e condivise che da un lato aumentino il valore aggiunto di salumi e carne fresca, riequilibrino i rapporti con la distribuzione in Italia e aumentino la penetrazione dei nostri prodotti sui mercati internazionali». Assica riunisce circa 180 aziende che ruotano attorno al settore delle carni. Da due anni lei è presidente di questa associazione. Qual è stato l’impatto con questo incarico? «Per carattere accolgo sempre con entusiasmo le nuove sfide. Ho accettato questo incarico con la voglia e la determinazione di sostenere e rafforzare il nostro settore. Il mio impegno in Assica è molto intenso, anche perché le questioni sul piatto sono tante, diverse e tutte fondamentali: il rilancio dei consumi, l’espansione dell’export, il recupero del valore per tutta la filiera, dall’allevamento del suino alla trasformazione della materia prima, e i rapporti istituzionali». Quali sono i fronti sui quali lei è impegnata attualmente? «Sono impegnata in più fronti. Sono presidente del comitato per la tutela del made in Italy e la contraffazione di Confindustria. Si tratta di un ruolo importante che riconosce il lavoro fatto in tutti questi anni da Assica su molti temi chiave per l’industria alimentare ma anche l’industria italiana in generale. Il tema del made in Italy e la contraffazione è, infatti, fondamentale. Soprattutto in momenti di crisi come questi, la crescita dell’economia
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passa dalla capacità di penetrare i mercati più dinamici». Come difendere il valore del made in Italy? «Bisogna evitare che il marchio made in Italy sia illegalmente sfruttato da altri. Questo è un passaggio chiave per sostenere la produzione nazionale, la crescita del Paese, delle nostre imprese e, quindi, dell’occupazione. Come presidente di Assica, i progetti sono molteplici e riguardano molti ambiti. Continueremo la nostra attività per consentire l’esportazione dell’intera gamma della salumeria italiana con stagionatura più breve e anche la carne fresca in importanti Paesi extra Ue in cui oggi è ancora bloccata, come gli Stati Uniti, la Corea, la Cina. Inol-
Lisa Ferrarini
In apertura, Lisa Ferrarini, presidente di Assica, l’associazione che riunisce le industrie delle carni e dei salumi
tre, stiamo chiedendo a gran voce la possibilità di avere all’interno delle ambasciate più strategiche, tra cui Usa, Cina e Giappone, una figura tecnica agroindustriale, permanente e specializzata, che possa essere un valido sostegno per le industrie che esportano». Cosa occorre fare per migliorare la situazione di tutto il comparto in Italia? «I problemi oggi sono tanti. Ci troviamo di fronte a una crisi economica mondiale molto forte. Abbiamo un mercato interno ormai saturo, che negli ultimi due anni ha portato a un rallentamento dei consumi. È un momento difficile per il nostro settore: subiamo aumenti esasperati delle materie prime, costi troppo alti dell’energia elettrica e del lavoro. Per migliorare la situazione delle imprese in questo momento sarebbe utile un dialogo costruttivo con la Gdo. Abbiamo chiesto loro di riassorbire gli aumenti dei costi che mettono in crisi le nostre aziende, ma non ci hanno risposto. È evidente che le nostre aziende per crescere devono guardare all’estero. Negli ultimi anni è stato proprio l’export a segnare la nea | dicembre 2012
BISOGNA EVITARE CHE IL MARCHIO MADE IN ITALY SIA ILLEGALMENTE SFRUTTATO DA ALTRI differenza: nel 2011, infatti, nonostante le barriere ancora esistenti, abbiamo superato per la prima volta nella storia il miliardo di euro di esportazioni. Ma anche in quel campo abbiamo molti problemi da risolvere e che impediscono la totale esportazione dei nostri prodotti». Cosa occorre fare? «Per noi è fondamentale superare il problema alla base, completando l’eradicazione delle malattie animali che vengono spesso sfruttate dai Paesi per inserire barriere non tariffarie. Questi ostacoli impediscono al nostro export di decollare e che bloccano l’accesso ai Paesi oltre oceano di molti dei nostri prodotti a breve stagionatura, come i salami. Abbattere rapidamente queste barriere è fondamentale perché il tempo non è una variabile indipendente». 75
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Così il terziario reagisce alla crisi L’imprenditoria femminile sfida la congiuntura economica negativa e lo fa con la tenacia propria delle donne. Patrizia Di Dio, presidente nazionale di Terziario Donna, svela qual è il giusto approccio verso il mercato che le imprenditrici devono adottare di Nicolò Mulas Marcello
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Silvia Altran, sindaco di Monfalcone
Patrizia Di Dio, presidente di Terziario Donna di Confcommercio
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ella complessa fase che l’Italia sta vivendo da qualche anno il terziario, e in particolare quello femminile, continua a confermarsi come una delle componenti più sane e vitali del nostro tessuto imprenditoriale. Malgrado, infatti, la crisi abbia messo a dura prova la capacità di resistenza degli imprenditori, il settore dei servizi ha complessivamente tenuto, cercando di compensare quelle perdite che in altri comparti - si pensi all’industria - hanno prosciugato visibilmente la base produttiva. «Questo è stato possibile – spiega Patrizia Di Dio, presidente di Terziario Donna di Confcommercio – grazie al supporto decisivo delle imprenditrici, che anche durante la crisi sono aumentate, contribuendo in modo significativo alla tenuta del settore, andando per certi versi a consolidare ancora di più quella vocazione femminile che ne rappresenta da sempre uno dei tratti distintivi». Ci sono ancora difficoltà particolari che una donna incontra nel cammino imprenditoriale? «Rispetto ad altri ambiti della società in cui la presenza e l’accesso delle donne è nettamente inferiore, il mercato possiamo dire che dà pari opportunità. Ci sono ovviamente alcune difficoltà dovute alla conciliazione tra il proprio lavoro e gli altri ruoli, ma l’accesso nel fare impresa non è discriminatorio, perché il mercato è meritocratico. Semmai le imprenditrici hanno maggiori difficoltà per l’accesso
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Patrizia Di Dio
A PRESCINDERE DALL’IMPRESA ROSA, LA SITUAZIONE DI TUTTO IL COMPARTO TESSILE ABBIGLIAMENTO AL DETTAGLIO È FORTEMENTE PENALIZZATA DALLA GRAVE CRISI DEI CONSUMI al credito perché l’impresa rosa è percepita come più fragile, anche se non è così, ma questo è un altro problema che riguarda i pregiudizi. Per esempio quello del sistema bancario verso la microimpresa, che rappresenta la tipica dimensione delle imprese femminili, anche se oggi tutto il mondo sta rivalutando questa formula». Lei è un’imprenditrice nel settore dell’abbigliamento. Qual è la situazione di questo comparto oggi? «A prescindere dall’impresa rosa, tutto il comparto tessile e dell’abbigliamento al dettaglio è fortemente penalizzato dalla grave crisi dei consumi; le aziende del made in Italy come la mia scontano le difficoltà di una miope politica nazionale, che già nel passato non ha tutelato il manifatturiero italiano a favore delle importazioni dai paesi low cost, e oggi anche di una sconcertante politica dell’Unione europea. Dopo sette anni di battaglia intensa in difesa delle nostre aziende, della specificità e della qualità del prodotto italiano, il 23 ottobre scorso la Commissione europea ha definitivamente stralciato la proposta di regolamento numero 611 del 2005 sul cosiddetto “made in”, sull’obbligo di tracciare le merci di provenienza extra-Ue. La proposta di regolamento è stata nea | dicembre 2012
bocciata in quanto definita obsoleta dalla Commissione del presidente Barroso». Cosa può consigliare a una donna che aspira a diventare un’imprenditrice nel settore dell’abbigliamento? «A prescindere dal settore, consiglio alle imprenditrici, soprattutto a quelle giovani, di mettersi in gioco. Dobbiamo portare avanti la creazione di nuove imprese, anche micro, per trovare nuovi motori di crescita e di sviluppo del nostro paese. Le donne, il cosiddetto capitale dormiente di questa società, non possono non rappresentare una risorsa su cui puntare, anche in campo imprenditoriale. Per quanto riguarda il settore dell’abbigliamento, il mio consiglio è di puntare sulle novità del design, sull’innovazione, sui servizi, sulle “nicchie” di mercato, che non necessariamente sono da individuare nel settore del lusso. Si può puntare sul consumo consapevole e sulla moda “etica” oppure sul valore di scegliere un capo made in Italy che sostiene il Pil nazionale invece di acquistarne uno il cui costo elevato è dato dall’investimento pubblicitario per renderlo appetibile e fare di esso uno “status symbol”, ma che poi se si guarda bene l’etichetta è realizzato in Cina». 77
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La passione al timone Veste gli equipaggi dei velisti più competitivi del mondo con un occhio all’estero, ma con cuore e tecnologia made in Italy. Carla Gardino, presidente di Slam, ha appena ricevuto l’onorificenza di Cavaliere del lavoro di Teresa Bellemo
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volte può essere l’amore il motore, la miccia scatenante, anche negli affari. È stato così per Slam, azienda genovese leader nell’abbigliamento per la vela e il tempo libero fondata da Carla Gardino insieme a un gruppo di appassionati di questo sport. Fondata nei primi anni ’80 con l’obiettivo di creare prodotti in grado di migliorare il comfort e le performance dei velisti, oggi l’azienda è presente in Italia e all’estero con 35 punti vendita monomarca e una rete di rivenditori ufficiali. Tra i suoi punti di forza, la continua ricerca di prodotto e processo, che vanta anche collaborazioni con centri universitari. Una realtà dunque impegnata nell’innovazione, dove l’età media dei 195 dipendenti è di 35 anni e il 70 per cento è composto da donne. Devono essere stati questo dinamismo, questa passione e questa continua ricerca le carte vincenti che hanno permesso a Carla Gardino di ricevere dal presidente della Repubblica Giorgio Napoli-
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Carla Gardino
tano l’onorificenza di Cavaliere del lavoro. «È un grande onore che mi ha riempito di enorme gioia. Non è un traguardo ma un punto di partenza perché offre nuovi stimoli e nuova forza per navigare in questo momento di “mare in burrasca” per il nostro Paese». In cosa si può riconoscere il cuore italiano di Slam? «Slam è un’azienda italiana in tutto e per tutto e si riconosce dalla passione di chi l’ha fondata e di tutti coloro che contribuiscono a farla crescere. E poi dal design e dallo stile, figli della cura maniacale per i dettagli tecnici». Nel settore dell’abbigliamento tecnico come si evolve la progettazione di nuovi tessuti e modelli? Quali sono le ultime novità in questo settore? «Ogni nuovo tessuto in casa Slam nasce dalla stretta sinergia fra ricerca e sviluppo, centri di studio di eccellenza, come ad esempio i politecnici di Milano e Torino, aziende della filiera, marketing e sponsorizzazione. Tutto inizia con l’analisi dell’utilizzo, delle necessità e di tutte le varianti: il clima, la tipologia di imbarcazione, il ruolo di chi indosserà il capo. Poi si passa alla mappatura del corpo e alla ricerca dei tessuti e delle tecnologie che garantiscono il raggiungimento delle massime performance. Il passo successivo è produrre i prototipi, per farli testare dai team sponsorizzati. Dopo il feedback e il perfezionamento entrano finalmente in produzione e vengono lanciati sul mercato. Le novità sono principalmente legate allo sviluppo della nanotecnologia: sembra fantascienza ma produciamo maglie con filati al cui interno è presente il carbonio, che ha proprietà cardioregolatorie; così come utilizziamo tessuti con filati d’argento vivo, le cui proprietà antibatteriche sono universalmente riconosciute». Slam è partner di molti degli equipaggi più quotati a livello mondiale. Cosa significa questo per la vostra azienda e quali sono le skill necessarie per consolidare queste partnership? «Le sponsorizzazioni e il supporto al mondo della vela sono sempre stati al centro della strategia di comunicanea | dicembre 2012
Carla Gardino, presidente di Slam, da poco nominata Cavaliere del lavoro
zione fin dagli esordi. Basti pensare che a soli sei mesi dalla nascita di Slam, alle Olimpiadi di Mosca del 1980, è salito sul podio il nostro primo capo. Venendo alla storia più recente, i risultati che mi hanno resa maggiormente orgogliosa sono quelli ottenuti negli ultimi due anni. Sto pensando alla vittoria della 33sima America’s cup con il team Bmw Oracle racing, a quella dello scorso luglio della Volvo Ocean race, il giro del mondo in barca vela considerata l’Everest delle regate; quella con Groupama e la vittoria di 6 medaglie - 4 oro e 2 argento - delle federazioni australiana e neozelandese alle recenti Olimpiadi di Londra. Per dare vita a queste partnership è necessaria una conoscenza approfondita del segmento di riferimento, molta competenza in termini di prodotto, elasticità, reattività e disponibilità ad assecondare le esigenze del team». Quanto è importante il mercato interno per Slam e quanto conta invece l’export? «L’azienda è Italiana e il mercato principale è sempre stato ed è ancora oggi quello italiano, con un’incidenza del 75 per cento. Naturalmente in questo momento così difficile per la nostra economia, è stato inevitabile investire all’estero, per cui il nostro export sta crescendo fortemente e ci sta dando tanta soddisfazione». 79
Donne d’impresa
Una carriera votata all’innovazione Rendere disponibili servizi tecnologici che consentano agli utenti di migliorare lo svolgimento delle proprie attività professionali. È questa la mission che si è data Dylog Italia, ne parla Brunella Malvicino, neo Cavaliere del lavoro di Nicolò Mulas Marcello icevere l’onorificenza di Cavaliere al merito del lavoro è senza dubbio un traguardo importante per la carriera di un imprenditore. Ogni anno il capo dello Stato insignisce di questo titolo i cittadini che più si sono distinti per aver portato importanti risultati per il nostro paese grazie al loro lavoro. Tra le donne che hanno ricevuto quest’anno la prestigiosa onorificenza dalle mani del presidente Napolitano c’è Brunella Malvicino, amministratore delegato di Dylog, azienda torinese specializzata nello sviluppo di software gestionale. Un settore che negli ultimi anni ha fatto molti passi in avanti ai quali anche le aziende devono adeguarsi: «La recessione che ha investito l’economia nazionale – spiega – riguarda ovviamente anche il nostro comparto. Ciò non toglie che vi siano aziende che stanno ottenendo brillanti risultati». Cosa rappresenta per lei il titolo che ha ricevuto? «È innanzitutto un grandissimo onore e una gratificazione importante per il lavoro svolto in questi anni. Vedere riconosciuto il proprio impegno in un momento di grande difficoltà dell’economia italiana rappresenta, inoltre, un forte stimolo a non mollare nonostante le difficoltà che quotidianamente un imprenditore incontra. Ritengo che gli organi di governo dovrebbero valorizzare maggiormente i Cavalieri del lavoro, anche solo come fonte di informazione». Il settore dello sviluppo software è diventato sempre più importante nel tempo. Come è cambiato il mondo della progettazione informatica da quando lei è entrata a farne parte? «Dylog è nata nel 1980. I sistemi operativi e i linguaggi utilizzati in quegli anni erano molto più “semplici” di
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Brunella Malvicino, amministratore delegato di Dylog Italia
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Brunella Malvicino
VEDERE RICONOSCIUTO IL PROPRIO IMPEGNO IN UN MOMENTO DI GRANDE DIFFICOLTÀ DELL’ECONOMIA ITALIANA RAPPRESENTA UN FORTE STIMOLO A NON MOLLARE
quelli attuali e consentivano al programmatore di fare l’analisi, definire la base dati, disegnare l’interfaccia utente, effettuare i test. In pratica una stessa persona era in grado di realizzare un programma. Oggi non è più così. Per realizzare prodotti efficienti e “user friendly” occorrono come minimo analisti, sistemisti, data base architect, user interface designer. Questo comporta la necessità di figure professionali molto più specializzate e, conseguentemente, la pianificazione di ben maggiori investimenti in termini di formazione continua e la necessità di una maggiore “mobilità” di figure specializzate. Purtroppo il mercato del lavoro in Italia è molto rigido e impedisce di fatto quella continua “ristrutturazione” dei reparti produttivi richiesta dalla velocità con cui si evolvono le piattaforme applicative». La crisi economica ha coinvolto anche questo settore? «La recessione che ha investito l’economia nazionale riguarda ovviamente anche il nostro comparto. Ciò non toglie che vi siano aziende che stanno ottenendo tuttora brillanti risultati, come Dylog, accanto ad altre che non hanno saputo o potuto adeguarsi ai nea | dicembre 2012
cambiamenti avvenuti negli ultimi anni. Anche se per un imprenditore l’ottimismo è d’obbligo, è forte la preoccupazione che l’elevatissimo costo che le aziende devono sostenere in Italia ci esponga a una progressiva riduzione della nostra capacità produttiva a favore di una “colonizzazione” da parte di aziende estere che, basate in stati efficienti, possono facilmente conquistare il nostro mercato». In termini di concorrenza, quali sono i principali fattori che in questo campo rendono un’azienda più competitiva rispetto alle altre? «Al primo posto vedo senz’altro la capacità di effettuare gli investimenti resi indispensabili dai sempre più rapidi cambiamenti della tecnologia. Questa significa, da un lato, la disponibilità economica e, dall’altro, la capacità di orientare le risorse disponibili sui progetti più adeguati alla richiesta di mercato attuale e futura. Il secondo fattore distintivo è senz’altro la velocità nel comprendere la portata dei cambiamenti in corso e nel realizzare i conseguenti obiettivi che l’azienda deve porsi». 81
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Diamo voce all’universo femminile
o il privilegio di essere a capo di un’associazione che conta 12.000 donne, la Fidapa Bpw Italy. Dodicimila donne impegnate giorno dopo giorno, su tutto il territorio nazionale, a dar voce e soluzione ai problemi dell’universo femminile. Forte di questa esperienza sul campo, ritengo decisivo il ruolo della donna nella costruzione di una nuova società che privilegi i valori della legalità, dell’onesta e della professionalità. Le donne sono pronte a svolgere ruoli di leadership nella società, nei luoghi di lavoro, nelle istituzioni pubbliche, in politica, dappertutto. E quando le donne occupano ruoli di primo piano, agiscono con determinazione ma anche con quella particolare intelligenza emotiva che mette il fattore umano al primo posto. Ecco allora che la diversità delle donne da fattore problematico si può trasformare in un punto di forza, perché le donne sono in grado di portare innovazione nei
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metodi produttivi, concretezza, coraggio nell’affrontare qualunque ostacolo legato ai momenti di crisi. Come ha evidenziato la Banca mondiale nella sua relazione 2012 sullo sviluppo mondiale, aumenti di produttività, prospettive di crescita avanzate e risultati migliori per la prossima generazione si riscontrano solo se associati a un maggiore accesso delle donne alle risorse produttive. Lo hanno capito e dimostrato le socie Fidapa, che hanno saputo provocare l’emanazione di norme come la doppia preferenza di genere nel sistema elettorale italiano a livello locale e la legge 120/2011 sulla presenza delle donne nei Cda delle società quotate e partecipate; e ancora, favorendo la formazione di start up a beneficio delle giovani donne che vogliano avviare un’impresa. In parallelo occorrerà pretendere dal prossimo governo, la soluzione di problemi antichi e mai risolti quali la creazione di asili nido nei luoghi di lavoro, il supporto nella
di Eufemia Ippolito, presidente di Fidapa, Federazione italiana donne arti professioni e affari
cura agli anziani e in generale tutti quelli attinenti alla conciliazione lavoro-famiglia. La maternità non deve essere più vissuta come un problema se è vero, come dimostrato dalle statistiche della Banca d’Italia, che mentre bassi tassi di occupazione femminile rappresentano un fattore di debolezza dell’economia italiana, un incremento dell’occupazione femminile determina puntualmente un importante aumento del Pil. È necessario dunque pretendere il rafforzamento dei servizi per la prima infanzia, rafforzamento che rappresenta uno degli obiettivi posti a suo tempo dalla Commissione europea con la Strategia di Lisbona e che, invece, è un punto debole del sistema italiano. È ancora lunga la strada per il conseguimento della piena parità di genere: tocca a chi può dare voce all’universo femminile lottare, cominciando dall’educazione al rispetto delle donne come persone nella pienezza della loro autonomia e del loro ruolo.
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Più produttività, ma tutelata Per sollevarsi l’Italia dovrà puntare sulla produttività. Realizzazioni che dovranno però essere salvaguardate dalla contraffazione. L’analisi di Maria Luisa Speranzini di Nicoletta Bucciarelli
l ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera si è recato a fine Novembre in Cina per promuovere il made in Italy che, per i cinesi, rappresenta un vero e proprio brand. Un viaggio che, secondo una nota del ministero, cade in un momento di importante trasformazione economica e politica della società cinese e servirà a rinsaldare ulteriormente le relazioni economico-commerciali
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tra Italia e Cina. A Pechino il ministro Corrado Passera ha tenuto una serie di incontri istituzionali, in particolar modo con il ministro del Commercio, Chen Deming, e il ministro dell'Amministrazione nazionale cinese per l'Industria e il Commercio, Zhou Bohua. Tra i principali temi affrontati c’è la facilitazione dell'accesso al mercato cinese per i prodotti italiani e lo snellimento delle procedure ammini-
Maria Luisa Speranzini
In apertura, Maria Luisa Speranzini, titolare della Enne Elle di carpi (MO) www.enne-elle.it
strative e doganali; la maggiore tutela della proprietà intellettuale e la lotta alla contraffazione; le opportunità di investimento cinese in macro aree logistiche italiane quali porti, interporti, aree industriali. Il made in Italy in Cina si sta sempre più affermando come simbolo d’innovazione e di qualità, ma non sempre ciò rappresenta un bene per le pmi italiane che molto spesso vedono proprio nella contraffazione un grande nemico. «Per abbassare i costi - spiega Maria Luisa Speranzini, titolare della ditta Enne Elle - la produzione viene mandata all’estero e noi perdiamo così un grande valore a favore di altri Stati in cui la produzione è agevolata e avviene a costi minori. In questo modo la Cina o i Paesi dell’Est possono però copiare il nostro prodotto». Un prodotto, quello della ditta di Carpi, frutto della creatività italiana. La vostra è una produzione molto particolare che ha avuto riscontri positivi ultimamente. «Merito del ritorno a una moda vintage. La nostra produzione è composta da fibbie, borchie e strass e quest’anno è stata di grande successo visto il riscontro che hanno avuto le borchie sul mercato. Siamo tornati alla moda degli anni sessanta». Lo stato generale del mercato però non è positivo. «Il nostro settore è molto influenzato dall’andamento del comparto dell’abbigliamento, un comparto molto colpito dalla crisi. Una crisi che sta colpendo soprattutto la piccola e media imprenditoria, come nel nostro caso. Ciò che noi del settore ci chiediamo è perché lo Stato italiano non salvaguardi il made in Italy e soprattutto la creatività di tutte quelle piccole e medie aziende, anche artigiane, che hanno reso il made in Italy importante nel mondo. La nostra creatività, l’inventiva che ci distingue dagli altri Stati non è riconosciuta dallo Stato in alcun modo. Anzi nella maggior parte dei casi oltre a non essere nea | dicembre 2012
salvaguardata o valorizzata, viene addirittura ostacolata». Che cosa chiedete come imprenditori? «Chiediamo dei cambiamenti nel più breve tempo possibile. Noi abbiamo una grande fortuna e un forte potenziale che però, in questo modo, vengono lasciati morire. Chi resiste è chi ha le spalle coperte. Noi che siamo piccole realtà non possiamo sicuramente contare sull’aiuto delle banche, che finanziano solo chi ha già i soldi. Inoltre, nel nostro caso, abbiamo anche dovuto far fronte alle spese per la ricostruzione postterremoto. Ma noi emiliani siamo forti».
IL NOSTRO È UN PRODOTTO RICHIESTO SOPRATTUTTO IN RUSSIA, NEI PAESI ARABI E IN GIAPPONE. QUESTI PAESI VOGLIONO IL MADE IN ITALY DELLE PMI 85
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LA NOSTRA CREATIVITÀ, L’INVENTIVA CHE CI DISTINGUE DAGLI ALTRI PAESI NON È RICONOSCIUTA DALLO STATO IN ALCUN MODO
Qual è la vostra tattica per continuare a essere competitivi? «Investire. Mi sono trovata in un settore che non conoscevo quasi per caso, ma dopo molti anni continuiamo a credere nel nostro lavoro e a investire su quello che facciamo. Ora stiamo attraversando un momento cruciale, anche perché non siamo aiutati dall’instabilità governativa. Ci auguriamo che qualcosa cambi». Quali sono i problemi più importanti con cui vi confrontate? «Sicuramente il prezzo. Ci viene chiesto un prezzo al ribasso ma se il prezzo della materia prima è molto alto non possiamo rimetterci. Noi per ora riusciamo a stare a galla, soprattutto perché abbiamo continuato a investire. Un imprenditore deve sempre investire. Questo comunque è un momento molto particolare, in cui le tasse sono elevate e in cui ci troviamo a lavorare fondamentalmente per lo Stato. Per risolvere tutti questi problemi dobbiamo contare su noi stessi. Ciò che farà ripartire l’Italia sarà la produttività, dobbiamo lavorare maggiormente; se è necessario dobbiamo farlo. L’Italia nel dopoguerra 86
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è ripartita grazie alla grande produzione. Dobbiamo far ripartire l’economia e rivalutarci». Qual è la vostra area d’interesse a livello territoriale? «Noi siamo un’azienda che lavora conto terzi per delle aziende che lavorano soprattutto per l’estero perché in questo momento l’Italia è ferma, il mercato è soprattutto estero. Il nostro è un prodotto ricco che è richiesto soprattutto in Russia, nei Paesi Arabi e in Giappone. I Paesi ricchi vogliono il made in Italy delle pmi. Per questo chiediamo di essere salvaguardati. La stessa cosa vale per l’artigianato, che è stato pesantemente colpito dalla crisi. È necessario rivalutare il lavoro di una volta e investire in formazione come un tempo. Speriamo in un cambiamento, perché la creatività e la voglia di lavorare a noi non manca ma deve essere modificato qualcosa a monte, dello Stato italiano, che potrebbe rendersi protagonista di aiuti nei confronti dei giovani imprenditori che vogliono aprire un’attività. La stessa cosa vale per le banche nostrane, che non hanno nulla da invidiare a quelle tedesche. È necessario ripartire».
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La grande distribuzione creativa Distinguersi, realizzare prodotti unici e soddisfare esigenze sempre nuove è il giusto modo di affrontare il mercato della grande distribuzione. Il punto di Paola Borzino di Serena Tudisco
eppure la crisi abbia influito sui consumi, le catene specializzate sono certamente i vincitori in termini di tassi di crescita e quindi di quota di mercato relativa. Queste catene hanno brand che si stanno imponendo al pubblico in ragione di un favorevolissimo rapporto prezzo/qualità, ma anche perché presentano collezioni diversificate sempre in tendenza e offrono un’esperienza di acquisto molto più gratificante per i clienti. Paola Borzino, titolare della Sabor di Milano, che si occupa della distribuzione organizzata sia delle grandi superfici che delle catene specializzate, racconta la sua realtà imprenditoriale. Come si colloca la vostra azienda all’interno del mercato? «Per cogliere le opportunità offerte dal mercato e per rispondere al meglio alle sfide, Sabor ha in questi anni aggiornato le fonti di approvvigionamento al fine di bilanciare in maniera ottimale il triangolo prezzo, qualità e tempo di consegna. Pur operando nel campo della distribuzione allargata, non abbiamo mai perso di vista l’aspetto creativo che costituisce per noi la base della capacità competitiva. Nell’ultimo biennio, infatti, nonostante l’attuale crisi di settore il fatturato è stato positivo. In più, ci tengo a precisare che l’azienda è composta al 90 per cento da donne». Come nasce l’idea di orientarvi, nell’ambito dell’abbigliamento, alle major dell’animazione internazionale? «L’idea di diventare licenziatari delle major dell’animazione è stata una felice intuizione di una decina di anni fa, quando abbiamo deciso di proporre i personaggi dei cartoon, non solo ai clienti del settore bambino, ma so-
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Paola Borzino prattutto al teen e all’adulto. Il successo è dovuto al fatto che il nostro prodotto rimane ad alto contenuto fashion e si fonde perfettamente con i vari personaggi che diventano a loro volta delle icone di stile. Nelle relazioni con i licenzianti abbiamo saputo far valere la nostra capacità creativa che ci permette di offrire ai clienti collezioni ben differenziate. Abbiamo così acquisito un portafoglio di licenze importante che ci pone ai vertici di questo particolare segmento». A chi si rivolgono le vostre linee e quali caratteristiche hanno? «Le nostre linee di prodotto si rivolgono a una clientela giovane, dai 15 ai 40 anni, che cerca capi attuali, da cambiare spesso, anche nel segmento bambino – dove contano qualità, fantasia e innovazione – siamo dei player di rilievo». In quali mercati siete presenti e a quali intendete rivolgervi, eventualmente? «Distribuiamo in Gd, in quasi tutti i formati, e nelle catene specializzate in Italia, Europa, Medio Oriente e Russia. La nostra peculiarità è che siamo estremamente Customer Oriented, cioè personalizziamo il prodotto per ogni cliente, garantendo loro un prodotto ad hoc sia in termini di stile, che di rapporto qualità/prezzo, che di logistica. Le collezioni, disegnate a Milano, con uno stretto rapporto fra l’ufficio stile e i clienti, vengono poi realizzate direttamente da noi sui luoghi di produzione più adatti alle esigenze di prezzo e consegna del cliente.
In apertura, Paola Borzino, Titolare della Sabor Srl Milano www.sabor.it
PUR OPERANDO NEL CAMPO DELLA DISTRIBUZIONE ALLARGATA, NON ABBIAMO MAI PERSO DI VISTA L’ASPETTO CREATIVO CHE COSTITUISCE LA BASE DELLA CAPACITÀ COMPETITIVA I paesi in cui operiamo, con uffici e personale proprio, sono l’India, la Cina e il Bangladesh, mentre manteniamo stretti rapporti con partner produttivi in Turchia e Italia per le consegne short term». Quali obiettivi intendete concretizzare in futuro, nel breve e nel medio termine? «Vogliamo innanzitutto aumentare il nostro campo d’azione commerciale, per non perdere opportunità di crescita legate alla dinamica relativa dei vari canali distributivi. Per questo vogliamo implementare anche una piattaforma e-commerce per raggiungere sia gli attuali partner che in futuro, anche il consumatore finale. In ambito produttivo, proseguiremo sulla strada dell’internea | dicembre 2012
nazionalizzazione, con logiche di qualità applicabili a livello globale e governata dagli standard di social compliance, che dovrebbero essere ormai un patrimonio “etico” di tutte le multinazionali che per razionalità di costi spostano la produzione all’estero. I nostri clienti, infatti, necessitano, per ridurre i tempi ed essere competitivi, che la merce prodotta all’estero sia conforme agli standard chimico-fisici e di sicurezza, che prescindono dal valore intrinseco. Il tema della responsabilità sociale, nei confronti dei Paesi produttori, si sta giustamente imponendo come condizione essenziale per poter continuare a fruire delle condizioni lavorative favorevoli offerte in altre aree geopolitiche». 89
Imprese e sviluppo
L’impresa verso il cambiamento Parlare di qualificazione non solo per le professioni regolamentate da albi e ordini, ma anche per quelle non inquadrate deve diventare qualcosa di normale. Così come integrare professionalità femminili nei Cda societari. La parola a Paola Palmerini di Emanuela Caruso
l Parlamento è alle ultime fasi di dibattito per l’approvazione del Disegno di Legge 3270 volto a regolamentare le professioni non inquadrate in ordini e albi. Un passo davvero importante, poiché dare una dimensione precisa alle tantissime professioni che non godono di un riconoscimento legislativo e che versano in condizioni lavorative precarie significa proteggere i consumatori e far emergere professionalità quasi sconosciute. Come spiega la dottoressa Paola Palmerini, presidente di Atema, associazione per il temporary management, è il caso della figura del temporary manager. «Finalmente, grazie a questa proposta di legge stiamo assistendo a un cambio culturale. Non si parlerà più di dirigenti, ma dei veri e propri manager, ovvero di una categoria di professione e non più di uno stato derivato da una tipologia di contratto di lavoro. Per la nostra associazione, che rappresenta la professione del temporary manager e promuove l’utilizzo del temporary management come strumento e servizio di sviluppo, innovazione, applicazione delle competenze e consapevole bilanciamento tra costi e disponibilità di eccellenze è fondamentale poter parlare di qualificazione. Atema, infatti, definisce l’identità professionale del TM, ne garantisce le competenze, le abilità e il continuo aggiornamento al mercato e accompagna i TM nel percorso formativo. Questa è una proposta di legge non solo di tutela ma anche di sviluppo volta a far emergere il valore delle professionalità manageriali singolarmente e
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associate: la rete e le alleanze innalzano il valore del singolo, permettendo a chi acquista il servizio di fare scelte oggettive e consapevoli e sviluppare logiche di competitività che rendono più efficiente il mercato». Quali sono i presupposti su cui si struttura l’opera di Atema? «Senz’altro il networking e lo sviluppo imprenditoriale, e la qualificazione professionale. Relativamente al primo, Atema rende possibili le cooperazioni tra manager, ampliando il sistema delle relazioni del singolo at-
Paola Palmerini
La dottoressa Paola Palmerini, presidente dell’ Associazione Atema e Managing Partner di BMC-Mission Continuity www.atema.net
traverso la nascita di startup imprenditoriali. È per esempio il caso di ACTISS Italia Srl, branch italiana di una società francese, sostenitore di Atema. Per la qualificazione professionale, invece, abbiamo istituito un processo unico nel mercato, non autoreferenziale, che permette al TM di validare e pesare le proprie competenze come libero professionista nell’esercizio del ruolo di manager in contesti applicativi diversi». Secondo la sua opinione, quali sono gli aspetti da rivisitare nella cultura d’impresa italiana? «Sicuramente la redditività, in quanto la crisi ha dimostrato che a tenere meglio il mercato sono quelle imprese a governance familiare, che accelerano il passaggio generazionale per la risoluzione dei problemi, creando migliori performance. Poi le aggregazioni, oggi per le Pmi è più che mai importante cercare di cooperare in reti di impresa; e la managerializzazione, una necessità per le imprese con forte identità nel fondatore che però va attuata come un progetto, quindi pianificata e gestita fase per fase. Significativa è anche la nostra presenza nei tavoli di Unioni Industriali e di Reti di Imprese. Atema è pronta a fare formazione per il “matching”, la sinergia, tra imprenditore e manager esterno (Temporary Synergy ™, un nuovo modo di guardare alle due culture) , sviluppato insieme a noi dal nostro Socio Onorario, M.Croci. Non solo. L’associazione avrà a breve una “finestra” pronta a informare e facilitare l’impresa che sceglie la strada del Temporary Management per lo sviluppo di passaggi chiave della propria azienda». Quanta attenzione riponete nei confronti dell’imprenditoria femminile? «Parlare di imprenditoria e management al femminile va visto come fattore economico di sviluppo e superamento della crisi. Quando interviene una crisi, infatti, si cercano tutte le risorse per rimanere a galla, e solo in quei momenti ci si ricorda di una popolazione che si occupa di valore economico da sempre. Se pur distante nea | dicembre 2012
REGOLAMENTARE LE PROFESSIONI NON INQUADRATE IN ORDINI E ALBI FARÀ EMERGERE PROFESSIONALITÀ QUASI SCONOSCIUTE E CONTRIBUIRÀ ALLO SVILUPPO DI UNA NUOVA CULTURA D’IMPRESA
da logiche di “quote rosa”, credo che senza porre dei target per misurare le capacità di esprimere valore economico e stare sul mercato non sia possibile riuscire a ottenere risultati concreti. Oltre alla qualificazione della professione, oggi la vera sfida è quella di portare presenze femminili nel management che produce e guida i cambiamenti». Com’è nato il suo impegno nell’ambito delle associazioni no profit? «È nato dal desiderio di trasmettere quanto credo di aver imparato in oltre 25 anni di professione ai giovani e alle organizzazioni non profit, che troppo spesso dimenticano di essere delle imprese che, per assicurare continuità alla propria missione, devono agire con logiche economico-finanziarie, di pianificazione e gestione ben precise». 91
Modelli d’impresa
Inseguiamo con tenacia il mercato imprenditoria femminile rappresenta una garanzia per riuscire a superare momenti economici duri come quello che stiamo vivendo». A sostenerlo è Marisa Bano Roncato, che insieme al marito e alle sue tre figlie – Fabiana, Federica e Francesca – gestisce la società Roncato, che da oltre cinquantacinque anni realizza valigie caratterizzate dall’eccellenza del made in Italy, e non solo. «La nostra è una realtà imprenditoriale “rosa” che ha saputo dimostrarsi caparbia, tenace e sensibile. Chi lavora e collabora con noi, così come chi apprezza i nostri prodotti, sa benissimo che non lasciamo mai nulla al caso, che riusciamo a creare nuove linee di prodotto con quel quid in più che serve in periodi di crisi, che sappiamo avere fiducia nonostante tutto e quindi investiamo senza lasciarci influenzare dalla recessione. In altre parole, l’essere donne ci aiuta a portare avanti l’attività in maniera ottimale e ci permette di affrontare la crisi con la grinta necessaria per non temerla e batterla». Quale bilancio può trarre a seguito dell’attività svoltasi nell’ultimo anno dalla Roncato? «Vorrei poter dire che tutto l’anno è andato bene e che abbiamo continuato a crescere senza problemi. In realtà, questo è stato un anno molto particolare e anche se siamo per natura attenti ai cambiamenti del mercato, quelli del 2012 ci hanno comunque spiazzato, primo fra tutti l’atteggiamento negativo delle banche, che ci ha costretto molto spesso ad allungare i pagamenti dei clienti. Nonostante questo, possiamo lo stesso dirci soddisfatti dei risultati ottenuti in questo 2012 che sta finendo». Quali strategie avete messo in atto per fronteggiare la crisi del mercato? «Già da qualche anno la nostra strategia è stata quella di differenziare la produzione, proponendoci
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Individuare le giuste strategie con cui affrontare il periodo di crisi. Realizzare prodotti, in questo caso valigie, in base alle specifiche esigenze del mercato. Tutto questo è l’imprenditoria “rosa”. Ne parla Marisa Bano Roncato di Emanuela Caruso
Da sinistra, Fabiana, Francesca, Federica, Carlo Roncato e Marisa Bano Roncato, amministratore delegato della Roncato Srl di Campodarsego (PD) www.ciakroncato.com
Marisa Bano Roncato
con tre diversi marchi: Ciak Roncato, prodotti da viaggio, business e tempo libero per il mercato medio-alto; R Roncato, valigeria, piccola pelletteria e borse da donna per il mercato generale; e infine SOS by Roncato, valigeria specializzata per la grande distribuzione. Grazie alla nostra esperienza e alle nostre competenze abbiamo creato prodotti in base alle specifiche esigenze del mercato attuale e siamo riusciti a rifornire tutti i negozi specializzati. Inoltre, abbiamo perfezionato il servizio post vendita, che assicurando forniture di pezzi di ricambio e riparatori autorizzati ci permette di dare garanzie di due anni su ogni prodotto». Cosa chiede il mercato per le prossime collezioni? «Oggi, il mercato chiede insistentemente prodotti che garantiscano un elevato valore estetico abbinato alla funzionalità e all’innovazione tecnologica e dei materiali. Inoltre, più che mai prima d’ora, le esigenze vengono influenzate dalle compagnie aeree, e di conseguenza bisogna saper ridurre misure e pesi rivoluzionando materiali, forme e look».
LE DONNE SANNO ESSERE METICOLOSE, CAPARBIE E FIDUCIOSE. CARATTERISTICHE NECESSARIE PER AFFRONTARE E SCONFIGGERE IL PERIODO DI RECESSIONE CHE IMPERVERSA SUL MERCATO
Lei è presidente della Delegazione Veneto-Trentino AA di Aidda, l’Associazione imprenditrici e donne dirigenti d’azienda. Su questo fronte, quali saranno i suoi prossimi impegni? «È in programma l’organizzazione di seminari e convegni, così come la preparazione di premi e borse di studio. Inoltre, saremo impegnate nel promuovere il nea | dicembre 2012
dialogo con le istituzioni, e nella creazione di una solida rete di contatti tra le socie e di opportunità per le loro aziende. Stiamo cercando di coinvolgere i media e di istituire dei premi per quelle aziende dal management femminile, così da dar modo a ognuna di pubblicizzarsi e far conoscere i propri prodotti, molto spesso innovativi e poco conosciuti in Italia». 95
Modelli d’impresa
L’innovazione made in Italy e oggi la risorsa primaria per l’Italia si chiama export, le imprese sono chiamate sempre più a puntare su ricerca e innovazione e sui processi di internazionalizzazione per far fronte alle sfide imposte, in termini di competitività, da un’economia che evolve a velocità siderali. La D.t.m. Ricambi Srl, specializzata in ricambi per pompe iniezione diesel per autovetture, camion, trattori e settore nautico, ha fatto dell’apertura al nuovo e ai mercati globali la leva strategica determinante: da piccola attività artigianale, fondata nel 1978, è cresciuta fino a costruire una solida rete di vendita a livello mondiale.
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Se l’automotive continua a soffrire, non è così per il commercio dei ricambi dell'iniezione diesel. Si guarda ai nuovi scenari aperti dal common rail. Puntando su prodotti interamente ideati e costruiti in Italia. L’esperienza di Silva Bernardoni Salomoni di Leonardo Testi
Silva Bernardoni Salomoni
Silva Bernardoni Salomoni, presidente della D.t.m. Ricambi s.r.l. di Bologna www.stardiesel.com
E se nel 2011 l’azienda ha festeggiato i trent’anni di attività con un evento internazionale, invitando i distributori dai cinque continenti. Il fatturato dell’anno,che si sta chiudendo con un ragguardevole incremento, invita a guardare con ancora più ottimismo al futuro «In tempi di crisi – spiega la presidente della D.t.m. Ricambi Silva Bernardoni Salomoni, affiancata dal vice presidente e fondatore Franco Salomoni – il nostro settore è favorito dall’esigenza di non ricorrere al nuovo, ma di riparare». Quali sono le prospettive di sviluppo del comparto e dell’azienda? «La diffusione dei sistemi di iniezione elettronica diesel common rail sta incentivando la progettazione e la produzione di nuovi prodotti finalizzati proprio alla riparazione del common rail. È un segmento sul quale intendiamo puntare e rappresenta per l’azienda un’ulteriore sfida, considerando che già il nostro magazzino dispone di 15mila articoli. Lavorando, infatti, su molte tipologie di motore, e dunque in funzione di più impieghi, uno degli obiettivi è quello di mantenere una gamma di prodotti completa. Ci stiamo, inoltre, concentrando sull’ampliamento dei prodotti del settore nautico, considerando che anche le grandi compagnie di navigazione impiegano motori diesel. In generale, la nostra priorità è quella di non essere chiusi e obsoleti, ma sempre ben attenti e ricettivi nei confronti delle nuove esigenze del mercato». Come si produce innovazione in D.t.m.? «L’innovazione individua una voce molto importante nell’ambito della nostra azienda. La fase di studio, di progettazione, di valutazione e di test viene effettuata direttamente da noi, internamente. A dirigere la parte tecnica è mio marito,Franco Salomoni, affiancato da nostro figlio Nico e dai disegnatori e dall’assistenza tecnica». nea | dicembre 2012
Qual è la chiave che ha aperto alla D.t.m. Ricambi la strada per i mercati esteri? «Tra gli anni 80 e 90, abbiamo assemblato i ricambi sfusi in kits di riparazione studiati per il monoutilizzo: non sarebbe più stato necessario per i clienti acquistare quantitativi consistenti di materiale che poi non avrebbero utilizzato e che sarebbe rimasto a inventario per anni. L’idea è stata un successo. Il secondo passo è stato quello di creare uno specifico logo “STAR” depositato in tutto il mercato europeo ed extra-Ue, dove operano i distributori ufficiali. Questo logo ha comportato notevoli investimenti di partenza per gli stampi necessari a imprimere il logo sui prodotti stessi». Quale fattore è stato decisivo nel processo di internazionalizzazione? «A partire dal 1994, partecipiamo con grande successo alla fiera Automechanika di Francoforte, il più importante appuntamento del settore automotore a livello mondiale. La presenza dell’azienda alla fiera ha rap-
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Modelli d’impresa
presentato per noi un vero e proprio trampolino di lancio e ci ha, infatti, consentito di acquisire, nel corso di questi anni, una clientela distribuita in tutto il mondo interessata a recepire la nostra tipologia di prodotti». Come opera la rete di vendita? «Preferiamo fare riferimento a un unico distributore in una nazione, il quale a sua volta gestisce la struttura di agenti che vende ai riparatori. Copriamo tutta l’Europa – in forte crescita sono, in particolare, i paesi dell’Europa dell’Est – e la Turchia. Vendiamo, inoltre, in paesi come l’Indonesia, la Corea, l’Iran, la Malesia, l’Africa l’Australia, l’America del Sud – Cile, Brasile, Argentina, Venezuela, Colombia, Panama – e il Messico. Siamo tagliati fuori dagli Stati Uniti a causa di macchinari, veicoli e attrezzature del tutto peculiari, e che quindi non rendono conveniente la concorrenza con le case madri americane». Negli ultimi due anni, il vostro logo è stato contraffatto. Dove è accaduto nello specifico? «Abbiamo registrato casi di contraffazione in Marocco, nell’area della Bosnia-Herzegovina e in Cina, in conseguenza dei quali stiamo agendo tramite vie legali. A segnalare gli episodi è stato il servizio di sorveglianza mondiale messo a punto, per le nostre categorie merceologiche di riferimento, dall’ufficio dello studio mar98
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ABBIAMO REGISTRATO CASI DI CONTRAFFAZIONE IN MAROCCO, NELL’AREA DELLA BOSNIAHERZEGOVINA E IN CINA, IN CONSEGUENZA DEI QUALI STIAMO AGENDO TRAMITE VIE LEGALI
chi. Per quanto questi casi non siano di certo piacevoli da gestire, lasciano emergere quanto il made in Italy sia ancora un fattore importante e di successo nel mondo. Nonostante il livello di prezzo dei nostri prodotti sia più elevato rispetto a quello dei nostri competitor, a fare la differenza è la qualità del nostro know how, che si traduce nell’effettiva resa dei prodotti». Nel 2007 l’azienda, che dal 2003 è sponsor ufficiale del Ferrari Challenge Trofeo Pirelli, si è trasferita in uno stabile di circa 4.000 mq. Avete in programma ulteriori espansioni? «Il 1 gennaio 2013 inaugurerà un nuovo laboratorio di confezionamento prodotti in uno spazio attiguo all’azienda. Abbiamo assunto nuovo personale, che andrà ad affiancarsi alle 20 unità che già lavorano con noi».
Modelli d’impresa
Nuovi processi tecnologici Lavoro di squadra, internazionalizzazione, automazione hi-tech, sono i punti chiave, secondo Gabriella Rimoldi, per consentire la crescita nel settore delle guarnizioni di Roberta De Tomi
uove tecnologie, sia per aumentare la produttività, migliorando le relative performance, sia per abbattere i costi, attraverso una gestione aziendale sempre più ottimizzata. I passi si rivelano vincenti se si accosta una modalità operativa improntata al lavoro di squadra. Sono queste le chiavi di accesso ai mercati internazionali, credenziali che si esprimono nella capacità di essere innovativi, anche nel settore delle guarnizioni, rivolte ad ampi segmenti merceologici: dall’automotive al chimico, passando per l’alimentare, la manutenzione industriale, l’utensileria. «Quello che ci prefiggiamo per il 2013 – spiega Gabriella Rimoldi, co-titolare della Vito Rimoldi, insieme al fratello Claudio – è diventare leader nella progettazione, costruzione e commercializzazione di guarnizioni, settore in cui la nostra realtà è attiva da settant’anni. A concorrere alla realizzazione di questo obiettivo, è la nostra squadra, composta da collaboratori , le cui competenze s’intrecciano, arrivando a costituire il nostro punto di forza. Nella nostra azienda le competenze del gruppo sono decisamente superiori alla sommatoria delle competenze del singolo, e questo ci dà forza. Da non trascurare sono le “quote rosa”, numerose nella nostra squadra; oltre alla dedizione e passione per il lavoro, le nostre collaboratrici evidenziano la capacità di organizzarsi su molteplici fronti per gestire gli impegni quotidiani e di saper affron-
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Gabriella Rimoldi
tare il cambiamento, senza paura». Una squadra solida, motivata, che ha accompagnato la Vito Rimoldi nelle scelte effettuate per affrontare la crisi. «Abbiamo puntato – prosegue l’interpellata – sui nuovi mercati, obiettivo questo che ci ha portato a investire in nuovi impianti per aumentate le capacità produttive, automatizzando le linee di produzione con progetti innovativi messi a punto in collaborazione con il Politecnico di Milano». La società, che è presente in diversi paesi dell’Europa, dell’Asia e del Sud-America, all’inizio del 2012 ha aperto lo stabilimento di Borsano (VA) per consentire l’inserimento dei nuovi impianti e assicurare la produzione con tecniche diversificate, integrate a quelle di un terzista che è divenuto nel tempo uno dei principali collaboratori: una Cooperativa sociale che offre lavoro a persone disagiate. Inoltre, per abbattere i costi gestionali, ha introdotto nuovi Sw direttamente collegati all’Erp aziendale, integrando il sistema informativo del terzista con quello della Spa per l’acquisizione e la gestione dei dati di fatturazione e per la gestione e il controllo della produzione
La Vita Rimoldi Spa ha sede a Legnano (MI) www.vitorimoldi.it
ABBIAMO AUTOMATIZZATO LE LINEE DI PRODUZIONE CON PROGETTI INNOVATIVI MESSI A PUNTO IN COLLABORAZIONE CON IL POLITECNICO DI MILANO e del magazzino. «I dati che confluiscono nell’Erp – precisa Gabriella Rimoldi – sono trattati per consentire di visualizzare in tempo reale le informazioni con un solo strumento di Business Intelligence. Con tale sistema vengono ridotti drasticamente i tempi per produrre e rielaborare gli indici, ottimizzando i tempi decisionali in tutte le aree». Automazione e tecnologia, che non sostituiscono le persone, unite nel conseguimento di un ambizioso obiettivo. «Per diventare leader nel settore di riferimento – connea | dicembre 2012
clude la co-titolare – il lavoro di squadra è indispensabile. La verifica è sempre sui risultati concretamente ottenuti, fermo restando che la motivazione in azienda è un bene da coltivare e valorizzare ogni giorno. Accanto al gioco di squadra, ReS in collaborazione con il Politecnico, internazionalizzazione sono punti fondamentali che vengono monitorati e messi in discussione per consentirci un costante sviluppo, che ci consenta di affrontare le sfide del mercato, ben oltre le situazioni congiunturali che lo caratterizzano». 101
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L’economia reale e il prezzo del petrolio Per le realtà che si occupano di commercializzazione di granuli plastici la continua oscillazione del prezzo del petrolio non permette di fare previsioni certe. «Per questo è necessario coprire tutti i settori di utilizzo dei materiali in questione». La parola a Paola Casali di Matteo Grande
el 2013, i mercati petroliferi mondiali saranno guidati dai grandi temi di crescita economica globale e dalla fiducia degli investitori. Lo dice Daniela Corsini, macroeconomic e fixed income researcher di Intesa Sanpaolo. «Date le significative incertezze che gravano ancora sullo scenario macroeconomico - afferma l’analista – l’attitudine dei mercati finanziari in oscillazione fra propensione e avversione al rischio si rifletterà sui mercati petroliferi in un’alternanza di preoccupazioni legate a possibili interruzioni improvvise dell’offerta e debolezza della domanda, esposta ai rischi di rallentamento del ciclo economico internazionale. Di conseguenza, stimiamo per il petrolio Brent un prezzo medio di 107 dollari al barile per il 2013, ma ci attendiamo ampi movimenti di prezzo all’interno di un trading range compreso tra i 90 e i 120 dollari al barile». Una variazione che si riflette a livello d’incertezza su quelle realtà come Tecnoplastica, azienda sita a Parma e inserita nel commercio e nella distribuzione di granuli plastici, che ha fatto del petrolio la materia prima per la produzione. «L’oscillazione che sta avendo la materia prima in questione, è molto importante – commenta Paola Casali, a capo dell’azienda fondata dal padre, attuale presidente del
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Tecnoplastica si trova a Parma www.tecnoplasticaparma.com
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Paola Casali
SIAMO IN GRADO DI COPRIRE IL SETTORE DEI GIOCATTOLI, LA FARMACEUTICA, L’EDILIZIA E L’IMBALLAGGIO. IN QUESTO MODO GARANTIAMO ALL’AZIENDA UNA NOTEVOLE DIFFERENZIAZIONE SETTORIALE
Consiglio d’Amministrazione, Giuseppe Casali -. Il nostro è un mercato molto difficile, in cui non si possono fare previsioni. Il prezzo potrebbe variare nel giro di poche ore. Siamo in balia di oscillazioni». I prodotti commercializzati da Tecnoplastica si rivolgono a settori molto specifici. «La nostra impresa distribuisce svariati tipi di granuli plastici, dalle resine plastiche ai granulati termoplastici, dalle materie plastiche al polistirolo, fino ad arrivare al polipropilene e ai tecnopolimeri. Siamo in grado di coprire tutti i settori di utilizzo di questi materiali e in particolare il campo del giocattolo, la farmaceutica, l’edilizia e l’imballaggio, in modo da garantire all’azienda una notevole differenziazione settoriale. Questa strategia si è dimostrata vincente soprattutto nell’ultimo periodo perché ha evitato ripercussioni negative sul trend di sviluppo dell’attività nei casi di calo di domanda di alcuni specifici settori di applicazione. Il nostro mercato di riferimento è quello nazionale e le vendite si concentrano in Lomnea | dicembre 2012
bardia, Emilia Romagna, Veneto e Piemonte». Paola Casali segue le attività di due aziende che operano nello stesso settore. «Una delle aziende, che si occupa di polipropilene, è rivolta a un mercato medio grande e ha continuato nell’attività senza problemi, non risentendo della crisi. Un’annata regolare se confrontata al 2011. L’altra azienda invece, che ha una clientela medio piccola, ha molto risentito della crisi anche perché si rivolge a delle piccole realtà che hanno dovuto chiudere. Una delle realtà si occupa della vendita del polietilene, quindi soprattutto imballaggio, con tutte le problematiche riguardante l’utilizzo dello shopper e il nuovo business dello shopper biodegradabile. Si tratta, in ogni caso, di piccole aziende che nel tempo hanno dovuto chiudere. Per questo, per la società che si occupa del polietilene, vogliamo consolidarci e non andare incontro ad altre perdite. In quella del polipropilene invece intendiamo continuare a espanderci, grazie alle recenti acquisizioni di clientela importante». 105
Modelli d’impresa
La diversificazione è crescita Differenziare il prodotto e dedicare importanti risorse alla ricerca e allo sviluppo di nuovi materiali, sempre più avanzati, è ciò che fa crescere Sireg. Il punto di Sonja Blanc
l progetto di diversificazione è un elemento fondamentale per la crescita di Sireg. Al momento, infatti, la società è impegnata in diversi settori. La divisione Geotecnica realizza prodotti indispensabili per il rinforzo e il consolidamento di terreni deboli e franosi e in tutte le situazioni in cui si presentano difficoltà nella realizzazione di scavi per opere in sotterraneo. La divisione Ingegneria Civile realizza prodotti impiegati nel rinforzo e nel restauro di strutture esistenti (ponti, viadotti e silos), così come nel recupero di edifici storici e monumenti. La divisione Acqua dedica notevoli risorse al settore del trattamento acque realizzando sempre più sofisticati impianti di dissalazione e potabilizzazione di acqua di mare o salmastra e per il trattamento delle acque reflue. Infine, la divisione Separatori produce componenti per batterie industriali. Quali sono stati i principali risultati raggiunti nel 2012 e quali, invece, le maggiori criticità?
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di Serena Tudisco
«L’andamento del fatturato di Sireg nell’ultimo anno è stato positivo. A fine novembre, abbiamo registrato un incremento dell’11 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Si è quindi invertita la tendenza e siamo tornati a crescere dopo tre anni incerti. Questo mi soddisfa e rappresenta il risultato del nostro importante impegno in questi anni complessi. Direi che il principale risultato raggiunto è stato l’incremento delle esportazioni (+25 per cento), mentre, per quanto riguarda le maggiori criticità, abbiamo riscontrato enormi difficoltà nel recuperare i nostri crediti, in particolare dalla clientela italiana, con fastidiosi conseguenze sul cash flow e
Sonja Blanc, titolare di Sireg di Arcore (MI) www.sireg.it
Sonja Blanc
sul costo degli oneri finanziari». In quali mercati state registrando le performance migliori? Avete in programma di ampliare il vostro raggio di azione a livello territoriale? «I mercati dove stiamo registrando le migliori performance sono quelli dell’Europa dell’est e dell’America centrale e latina. Siamo determinati ad ampliare il nostro raggio di azione, espandendoci tramite accordi di collaborazione e distribuzione con società localizzate nei paesi in forte sviluppo e dove è prevista la realizzazione di importanti infrastrutture. Siamo presenti con rivenditori o agenti nei paesi chiave per il nostro fatturato. L’attività è coordinata principalmente dalla sede arcorese e, per quanto concerne l’area dell’America centrale e latina, dalla nostra sede colombiana Sireg LA». Quale strategia adoperate per attuare una maggiore diversificazione? «Sireg ha nel suo dna la vocazione per la ricerca e lo sviluppo. In un periodo complesso come quello at-
SIREG HA NEL SUO DNA LA VOCAZIONE PER LA RICERCA E LO SVILUPPO. IN UN PERIODO COMPLESSO COME QUELLO ATTUALE, STIAMO IMPEGNANDO IMPORTANTI RISORSE ECONOMICHE E DI PERSONALE PER SVILUPPARE SOLUZIONI INNOVATIVE tuale, stiamo impegnando importanti risorse economiche e di personale per sviluppare soluzioni innovative, sia ripensando ai nostri prodotti sia sviluppandone di nuovi, utilizzando materie prime termoplastiche e termoindurenti di nuova concezione». Quali percentuali di fatturato rappresentano attualmente le diverse divisioni e quali sono le prospettive di crescita di ciascuna? «Le percentuali di fatturato attualmente realizzate dalle varie divisioni sono le seguenti: divisione geotecnica e ingegneria civile 75 per cento, divisione acqua 15 per cento, divisione separatori 10 per cento. Le prospettive di crescita sono rispettivamente + 20 per cento , + 15 per cento, +3 per cento. Investiamo nea | dicembre 2012
tra il 5 per cento e il 10 per cento del nostro fatturato in ricerca e sviluppo anche a livello internazionale. Gli investimenti sono principalmente rivolti al miglioramento dei processi produttivi esistenti e allo sviluppo di nuovi impianti e prodotti». Quali sono le prospettive e gli obiettivi per il futuro? «Le prospettive e gli obiettivi per il medio e lungo periodo sono quelli di crescere e di costruire le basi per rendere sempre più forte e solida la nostra azienda, in modo da poter garantirle la possibilità di stare “in piedi” anche in condizioni difficili e critiche come quelle attuali e di poter affrontare le difficoltà che, inevitabilmente, incontreremo nel futuro». 109
Modelli d’ impresa
Qualità di gestione e sostenibilità ambientale Anche il settore degli elettrodomestici, tra i fiori all’occhiello del made in Italy, è in crisi. Grazie a flessibilità, innovazione e sostenibilità, però, le aziende possono invertire il trend. Lo testimonia Nadia Vezzani, amministratore unico di Elettrocasa di Lorenzo Brenna
l mercato degli elettrodomestici, tra i più importanti del Paese, è in difficoltà. L’elettrodomestico è il settore manifatturiero più florido d'Italia ma sta risentendo delle sempre più frequenti delocalizzazioni, inoltre la crisi economica sta colpendo proprio quei consumatori su cui le multinazionali italiane e straniere avevano puntato per vendere i prodotti made in Italy. Tra le altre cause troviamo il costo del lavoro sempre
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più alto e l’ascesa dei paesi in via di sviluppo, che hanno ridotto il gap di competenze organizzative e industriali nei confronti delle imprese italiane. «È tangibile la contrazione dei consumi, in particolare il settore degli elettrodomestici è sofferente - conferma Nadia Vezzani, amministratore unico di Elettrocasa - l’immissione sul mercato, da parte dei produttori, degli apparecchi aspiranti senza sacco, al fine di ridurre i costi anche se a scapito della salute
Nadia Vezzani
In apertura, stile espositivo chiaro e ordinato in confezioni di solo due formati. Nadia Vezzani, amministratore unico di Elettrocasa Srl di Agrate Brianza (MI), insieme alle sue collaboratrici www.elettrocasasrl.it
e della praticità, incide negativamente sulla vendita del nostro prodotto base. Per compensare abbiamo inserito nuovi prodotti tra gli accessori e nonostante la criticità del mercato, la nostra società riesce a mantenere il target previsto». Elettrocasa è specializzata nella produzione e vendita di sacchetti in carta filtro per la casa e per l’industria, in particolare per gli aspirapolvere. Accanto a questo storico core business, l’azienda propone una linea di accessori per apparecchi elettrici e di filtri. Per l’azienda lombarda ricerca, innovazione e sostenibilità ambientale sono aspetti necessari. È costante, infatti, l’attività di ricerca, attraverso la quale lo staff dell’azienda crea linee di prodotti personalizzate e ne sviluppa l’immagine. La vasta produzione è garantita da un team specializzato, soggetto ad un costante controllo, e da un sistema di qualità certificato. Dal 2001 la produzione è certificata conformemente alle norme di qualità Uni En Iso 9001:2008 e ha ottenuto il rinnovo della certificazione Icim, che è attendibile prova del corretto mantenimento del sistema di gestione per la qualità e del rafforzamento dell’immagine aziendale nel contesto dei mercati internazionali. La società, per rispondere alle costanti evoluzioni del mercato, punta ad adattare i propri prodotti alle più diversificate richieste della clientela, al fine di garantire la risoluzione dei problemi e delle esigenze specifiche. Grazie alla propria flessibilità e alla capacità di rispondere ai trend in modo adeguato Elettrocasa sta superando indenne il momento di crisi. «Nonostante le difficoltà congiunturali ed economiche nel Paese, nea | dicembre 2012
LO STAFF DELL’AZIENDA CREA LINEE DI PRODOTTI PERSONALIZZATE E NE SVILUPPA L’IMMAGINE
la nostra società ha mantenuto costante il trend di vendite nell’ultimo triennio e con una gestione oculata ed una attenta riduzione dei costi i nostri bilanci sono costantemente in attivo». Nella clientela Elettrocasa annovera la quasi totalità della distribuzione specializzata, le grandi catene sono quasi tutte nel portafoglio dell’azienda. I clienti del canale specializzato, nel corso degli anni, hanno premiato l’affidabilità di Elettrocasa sotto il profilo, non solo della qualità anche ecologica della produzione, ma anche del packaging. «Una squadra giovane, la collaborazione con i nostri agenti che operano in tutta Italia, la gentilezza di trattativa con i clienti, la pazienza di risolvere le problematiche tra corrieri e magazzinieri dei grandi gruppi di distribuzione - rivela Nadia Vezzani - sono il valore aggiunto della nostra società. I nostri direttori di marketing hanno saputo valorizzare e consolidare il rapporto esistente con i grandi clienti». 111
Modelli d’impresa
L’impresa punta sull’innovazione Le aziende che danno speranza all’economia italiana sono quelle che puntano sull’innovazione, sulla forza lavoro e sulla specializzazione dei prodotti. Maria Paola Lorenzini Rinieri fa il punto sulle costruzioni meccaniche di Emanuela Caruso
ancora oggi Maria Paola Lorenzini Rinieri alla guida dell’azienda fondata negli anni 50 insieme al marito Alberto Rinieri. Una coppia, nell’impresa e nella vita, che da subito intraprende una fruttuosa collaborazione, completandosi a vicenda nel curare gli aspetti tecnici e commerciali della gestione aziendale. «Da subito ci siamo cimentati nella costruzione di apparecchiature di sollevamento ad azionamento elettrico, pneumatico e oleodinamico per svariati settori, tra i quali quello ferroviario, indu-
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striale, nucleare, militare, siderurgico e della cantieristica navale e off shore» spiega la titolare. Ma è soprattutto nello sviluppo delle risorse umane che si sono attuati gli sforzi maggiori. Nella ricerca dei collaboratori si è data importanza, oltre alle capacità e conoscenze tecniche, alla serietà e impegno delle persone, che sono state formate anche nella competenza del lavoro con istruzioni ed esempi evidenti, tanto che molte persone sono state disponibili a dare il meglio e sono rimaste fino alla pensione.
Maria Paola Lorenzini Rinieri
Maria Paola Lorenzini Rinieri, titolare della Rinieri Alberto Costruzioni Meccaniche di Castel Maggiore (BO) www.rinierialberto-bo.net
La Rinieri Alberto Costruzioni Meccaniche si è evoluta rispetto al passato. «Negli anni ci siamo concentrati sulle attrezzature specialistiche, e oggi siamo specializzati in particolare nella progettazione e realizzazione di macchinari e apparecchiature destinati alla manutenzione dei rota-
stro personale, che senza dubbio rappresenta uno dei punti di forza maggiori dell’azienda. Queste linee guida sono state portate avanti anche dopo la scomparsa di mio marito e ritengo essenziale per noi mirare sempre alla totale soddisfazione del cliente, ragion per cui le sue esigenze e necessità vengono viste come uno stru-
OGGI SIAMO SPECIALIZZATI NELLA PROGETTAZIONE E REALIZZAZIONE DI MACCHINARI E APPARECCHIATURE DESTINATI ALLA MANUTENZIONE DEI ROTABILI FERROVIARI E ALLA SICUREZZA bili ferroviari e alla sicurezza. Grazie a un continuo avanzamento tecnologico, siamo stati in grado di crescere, acquisire notevoli quote di mercato e quindi di espandere il nostro raggio d’azione anche all’estero. Oltre che dalle aziende italiane, infatti, riceviamo molte richieste anche da realtà europee e da imprese dei paesi in via di sviluppo». Qual è la filosofia aziendale che sta alla base della vostra attività? «Sin dall’inizio della nostra avventura le linee guida fondamentali che ci hanno guidato sono state la costante innovazione e personalizzazione del prodotto, nonché la flessibilità produttiva. Allo stesso modo, il mantenimento e il miglioramento della qualità di ciò che costruiamo sono sempre stati i cardini dell’impresa, condivisi non solo da noi, ma anche da tutto il nonea | dicembre 2012
mento strategico per realizzare un prodotto davvero utile, efficiente e capace di soddisfare le aspettative». In relazione all’attuale crisi economica, come è stato l’ultimo biennio di attività della Rinieri Alberto Costruzioni Meccaniche? «In realtà, a differenza di altre aziende, noi non abbiamo subito tracolli economici o produttivi. Degli influssi negativi della crisi abbiamo risentito in misura leggera, e questo perché oltre a essere una ditta con tanti anni di esperienza alle spalle, da circa vent’anni usufruiamo per la produzione di brevetti studiati e messi a punto da noi , ottenendo riscontri positivi da tutte le imprese del trasporto su rotaie. Anche l’essere diventati un punto di riferimento per la manutenzione e la sicurezza ci ha consentito di mantenere la posizione sul mercato». 113
Modelli d’impresa
Un salotto internazionale La ricerca del dettaglio, per andare incontro alle esigenze di una clientela diversificata che appartiene a nazionalità e culture diverse è fondamentale. Il punto di Valentina Schiavi di Roberta De Tomi
l mercato del duty free si configura non solo come luogo di scambi commerciali, ma anche di relazioni interpersonali. La peculiarità del settore consente a una realtà come la Paolucci & C. International, di consolidarsi, distinguendosi all’interno del difficile contesto congiunturale, con l’attenzione ai dettagli e alle offerte più raffinate. La società è nata sessant’anni fa come piccola realtà, fondata dalla madre dell’attuale amministratore delegato, Valentina Schiavi e dedicata alla fornitura del corpo diplomatico residente a Roma. In seguito, la Paolucci si è ampliata tanto che a oggi, detiene il 95 per cento del mercato diplomatico in Italia. Parallelamente l’azienda è diventata anche fornitrice di grandi e importanti organizzazioni internazionali. Quali sono le peculiarità e le criticità del mercato diplomatico? «Ci si deve rivolgere a una clientela molto esigente. Nonostante le inevitabili differenze tra le diverse nazionalità, il mercato diplomatico presenta le stesse caratteristiche da sempre: una grande attenzione ai prodotti di qualità e al servizio offerto. Non basta un catalogo di alcolici, vini e tabacco per ottenere risultati vincenti: questo tipo di clientela è abituata a es-
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Valentina Schiavi, Amministratore delegato della Paolucci & C. Intenational Spa, che ha sede a Roma www.paoluccidutyfree.it
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Valentina Schiavi
sere costantemente seguita e consigliata anche su articoli diversi, che qualificano maggiormente la nostra offerta». Può fornire un esempio di vostre proposte, in tal senso? «Alcuni anni fa, per soddisfare un’esigenza del mercato che avevamo percepito già da tempo, abbiamo creato una ricercata e raffinata linea di biancheria e di tessuti per la casa, che ho voluto chiamare “Monna Lisa”. Nella diplomazia, infatti, l’arte di ricevere è un must che fa parte del quotidiano; per questo, già da tempo, abbiamo affiancato ai prestigiosi e classici articoli di cristallerie, posaterie e porcellane, anche questa esclusiva linea di biancheria per la casa». Un tipo di offerta che non si trova facilmente in un classico duty free. «Esatto, nella logica di fornire un servizio d’eccellenza, abbiamo allestito un ampio show room, dove accogliamo quotidianamente un gran numero di diplomatici. Nel nostro “salotto internazionale” ci si incontra sia per conoscere nuovi prodotti, ma anche per partecipare a eventi che sottolineano la vocazione di socialità del corpo diplomatico. Per ogni cliente c’è, comunque, una costante assistenza nell’acquisto e nelle pratiche relative alle franchigie diplomatiche che devono percorrere una burocrazia complessa che passa attraverso il Ministero degli Esteri e quello delle Finanze. Noi crediamo che i risultati migliori si producano quando riusciamo a presentare un articolo selezionato e calibrato sulle esigenze e le specifiche del cliente, cercando, il più possibile di parlare la sua lingua e curando in tutti i dettagli l’accoglienza». Accanto a quelli già elencati, quali sono gli altri vostri punti di forza? «La storia lineare della nostra impresa e la profonda e capillare conoscenza del mondo diplomatico con il quale sono stati stabiliti, nel corso degli anni, molti rapporti interpersonali». Tornando alla socialità: il mondo diplomatico è anche quello delle feste e dei ricevimenti? «Sì, ogni ambasciata organizza annualmente la sua festa nazionale ed è per noi un grande piacere partenea | dicembre 2012
cipare ai numerosi ricevimenti. Sicuramente è un impegno rilevante in termini di tempo ma per fortuna riusciamo a dividere le presenze su tre componenti dei vertici aziendali». Chi la affianca nel suo lavoro e con che ruolo? «Le mie figlie, Camilla e Carlotta, cresciute entrambe con un’educazione internazionale. Camilla si occupa degli acquisti e Carlotta dei rapporti con la clientela; ricoprono il loro ruolo con molto entusiasmo, forti anche dei valori e del senso del dovere che ho trasmesso loro e che ci hanno consentito di arrivare alla terza generazione».
NONOSTANTE LE INEVITABILI DIFFERENZE TRA NAZIONALITÀ, IL MERCATO DIPLOMATICO PRESENTA LE STESSE CARATTERISTICHE DA SEMPRE: UNA GRANDE ATTENZIONE ALLA QUALITÀ E AL SERVIZIO
Qual è la sua visione sul futuro della sua attività? «Credo che si debba puntare alle novità del mercato e a investimenti ragionati, anche in questo momento critico per l’economia. L’esperienza mi ha infatti insegnato che una piccola dose di rischio calcolato spesso paga sui risultati a lungo termine». 117
Innovazione
Difendere la proprietà intellettuale È scontata l’importanza che l’innovazione ricopre nella competizione sfrenata del mercato globale. Non è altrettanto scontata, però, la protezione dei risultati della ricerca industriale. Iris Bilardo spiega come difendersi di Remo Monreale
notorio che nel contesto globale l’offerta è sempre più standardizzata: come è possibile imporsi sul mercato? La risposta è “innovazione”». La dottoressa Iris Bilardo, presidente del Cda della società Racheli, non ha dubbi circa il fatto che la ricerca rappresenti un fattore decisivo per le imprese. Si direbbe una conclusione banale, eppure, dall’esperienza con la società da lei guidata, che si occupa di consulenza in proprietà industriale, non risulta altrettanto semplice la difesa del vantaggio competitivo ottenuto dalle aziende attraverso la ricerca innovativa. «Per risultare competitivi – spiega la Bilardo – bisogna operare scelte strategiche anche e soprattutto in tema di protezione e gestione della proprietà industriale. Scelte che non solo favoriscono la crescita e la competitività dell’impresa, ma tutelano nel tempo gli investimenti, spesso ingenti, che le attività di ricerca, di sviluppo e di marketing implicano. Una mancata scelta nell’Intellectual Property protection, o una scelta non oculata, può determinare la perdita di mercati importanti, nonostante lo sforzo profuso nella ricerca». Un rischio che sembra spesso sottovalutato. «Sono molte le imprese, oggi, che devono ancora comprendere l’importanza di procedere alla protezione tempestiva ed efficace dei diritti di proprietà industriale prima di entrare nei mercati locali. Solo attraverso una
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La dottoressa Iris Bilardo, presidente del Cda della società Racheli, con sede a Milano www.racheli.it
Iris Bilardo
tutela preventiva in materia di IP si possono evitare o perlomeno limitare i rischi connessi all’ingresso nel mercato internazionale. Detta tutela non solo è opportuna, bensì necessaria, soprattutto in quei paesi ove la contraffazione è connaturata al sistema impresa». Non è sufficiente depositare marchi, brevetti e modelli? «Purtroppo non è così semplice. In tema di brevetti, per esempio, è solo attraverso una completa conoscenza dello stato della tecnica esistente, cioè delle tecnologie già brevettate e quindi delle opportunità presenti nel mercato, che le imprese possono valutare quali siano le tendenze emergenti del proprio settore e dove stiano investendo i competitor. Il compito non è certamente di facile soluzione. Inoltre, ci sono possibilità da considerare, come lo strumento del licensing, che determina un ritorno economico dei propri investimenti e consente di essere presenti su mercati nei quali non si opera direttamente». E per quanto riguarda i marchi e i modelli? «Anche qui di fronte alla standardizzazione dei prodotti e dei servizi sono i segni distintivi e il design che orientano il consumatore nelle scelte. Il marchio, in particolare, oltre a identificare l’origine del prodotto, costruisce veri e propri contesti culturali, di status e d’immagine, destinati ad affermarsi nel tempo. In più il marchio costituisce per l’impresa stessa un fattore di reddito e un grande strumento di fidelizzazione dei clienti». In che modo, quindi, una società come la vostra cerca di affiancare le imprese? «Prima di tutto la nostra filosofia prevede di lavorare in nea | dicembre 2012
SOLO ATTRAVERSO LA CONOSCENZA DEI BREVETTI ESISTENTI, LE IMPRESE POSSONO VALUTARE QUALI SIANO LE TENDENZE EMERGENTI
sinergia con i clienti affinché il brevetto, il marchio e l’IP protection in genere divengano componenti essenziali della cultura aziendale. La nostra mission è sostenere le imprese affinché possano operare scelte concrete e consapevoli nella tutela dell’innovazione. Per fare ciò ci avvaliamo all’estero di una rete selezionata di esperti del settore che collaborano con i nostri consulenti interni, al fine di individuare la migliore strategia di protezione degli assets di IP. Questo modus operandi ci consente, prima di proporre delle soluzioni adatte alla realtà del cliente, di valutare i fattori di rischio inerenti all’innovazione e all’internazionalizzazione sui mercati locali». Che progetti avete nell’immediato futuro? «Ultimamente registriamo una tendenza sempre più diffusa a effettuare fusioni e acquisizioni societarie. Pertanto, sempre nell’ottica di un modello gestionale sinergico, stiamo lavorando all’implementazione della nostra piattaforma on-line che a breve consentirà, per i clienti, l’accesso protetto e in tempo reale al proprio portfolio brevetti, modelli e marchi, anche attraverso la selezione multipla e contestuale di più società, facenti capo ad un medesimo gruppo». 121
Tecnologie
Esperienza, risorse e innovazione In continuo mutamento, il mercato IT richiede straordinarie capacità di trasformazione e progettualità. In occasione del 25° anniversario della sua azienda, Roberta Viglione, presidente e amministratore delegato di Mauden, racconta strategia e aspettative di questo system integrator italiano di Lorenzo Brenna
l sistema informativo aziendale è ormai determinante per il buon funzionamento di qualsiasi organizzazione, tanto da poter diventare il fattore di successo di una società. Le aziende che si occupano di integrazione dei sistemi, perciò, svolgono per le imprese un ruolo chiave nel percorso obbligato verso l’innovazione. In questa corsa verso il futuro, però, il mercato IT impone agli operatori del settore il continuo aggiornamento e la capacità di trasformarsi di pari passo con le nuove esigenze dei loro clienti. Ecco perché nell’anno in cui cadono i suoi 25 anni di attività, Mauden è particolarmente fiera di festeggiare questo importante compleanno proponendosi in una veste molto diversa – più ampia – da quella che la vide muovere i primi passi, nel 1987, come broker di hardware usato. Oggi, infatti, l’azienda non solo vanta grande esperienza e professionalità in ambito storage, che per anni ha rappresentato il suo core business, ma ha esteso le sue competenze a software, servizi e presidio di data center. Signora Viglione, quali sono stati i vostri più recenti investimenti in innovazione e tecnologia? «Gli investimenti in innovazione riguardano principalmente le nostre risorse. Per restare sul mercato, infatti, oggi serve avere collaboratori di talento a disposizione e una rete di partner specializzati da coinvolgere nei progetti». Quello dell’hardware è un mercato che ha i suoi riferimenti principali all’estero. Quale scenario si delinea per i prossimi anni e quali saranno, se-
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Roberta Viglione
In apertura, Roberta Viglione, presidente e amministratore delegato della Mauden Spa di Milano (MI). A fianco, la nuova sede di Mauden in via Stephenson 43/A, a Milano, inaugurata lo scorso settembre www.mauden.com
È EVIDENTE IL TREND RELATIVO AI SISTEMI INGEGNERIZZATI: INTEGRAZIONE MASSIMA PER SALVARE SPAZIO FISICO E VIRTUALIZZARE IL PIÙ POSSIBILE
condo lei, le prossime tecnologie sulle quali si concentreranno gli investimenti delle imprese che rappresentano il vostro target? «È ormai evidente il trend relativo ai sistemi “ingegnerizzati”, integrazione massima per salvare spazio fisico e virtualizzare il più possibile. Anche lo storage sta cambiando profondamente, in relazione all’enorme mole di dati e informazioni necessarie al business. “Big Data” non è solo un concetto, è una realtà». Qual è la sua valutazione sull’anno che sta per concludersi? Quali sono stati i principali risultati raggiunti e quali le maggiori criticità? «Nel corso del 2012 Mauden ha operato un consolidamento nell’area servizi professionali e ha seguito diversi progetti di innovazione tecnologica, configurandosi così come system integrator in ambito infrastrutturale. La principale criticità, invece, è la flessione del business tradizionale di rivendita, frenato dall’evidente rallentamento degli investimenti». La vostra offerta è concentrata in settori o in aree geografiche specifiche? Avete in programma di ampliare il vostro raggio di azione settoriale o territoriale? «Attualmente siamo presenti soprattutto nelle aree nea | dicembre 2012
più attive, come quelle di Milano, Roma e Torino. Tuttavia, quest’anno abbiamo cominciato una prima espansione territoriale che prevediamo di ampliare nei prossimi mesi. Stiamo anche pensando a un allargamento del nostro business all’estero». Nell’ultimo anno, qual è stato l’andamento del vostro business? Questo risultato economico in quale situazione di mercato si colloca? «L’anno fiscale di Mauden si chiude ad aprile. Perciò, se vogliamo fare una proiezione al 31 dicembre, in quest’anno solare abbiamo due valori da considerare: l’esercizio chiuso il 30 aprile scorso e i primi otto mesi del “fiscal year” 2013. L’esercizio 2012 ha visto un incremento del fatturato, cresciuto a due cifre percentuali rispetto all’anno precedente. Invece, la prima parte del nuovo esercizio 2013 accusa difficoltà di mantenimento del regime precedente. Tali difficoltà, sebbene allineate alla situazione corrente del mercato, non sono confortanti». Quali sono le prospettive e gli obiettivi per il medio e lungo periodo? «Nel medio periodo non c’è dubbio: continuare a privilegiare i progetti, sviluppare ulteriormente l’area dei servizi e migliorare quella relativa alla vendita di software. Per fare previsioni sul lungo periodo, invece, purtroppo di questi tempi ci vorrebbe una sfera di cristallo». 123
Tecnologie
Come tutelarsi dalle minacce online Attraverso internet rendiamo vulnerabili informazioni che potrebbero essere sfruttate contro i nostri interessi privati e commerciali. Ingrid Monaco fa il punto sulla sicurezza informatica di Sebastiano Vinti
e nostre vite sono sempre più online: rapporti personali, studio, attività lavorativa. Non sempre però siamo attenti ai dati che sono accessibili agli altri. «Un servizio completo di consulenza può essere la soluzione ideale per essere al sicuro dai pericoli legati alla navigazione Internet e dalle possibili intrusioni nel proprio sistema informativo», suggerisce Ingrid Monaco della Nest2 Spa. Inoltre, «la conoscenza dei rischi legati a un uso scorretto delle tecnologie e la consapevolezza che l’integrazione di sistemi tecnologici è indispensabile per favorire lo sviluppo e la crescita delle Pmi».
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Qual è il target maggiormente interessato alla sicurezza informatica? «Il nostro target sono le aziende del mercato Enterprise, per il quale Nest2 ha firmato un RTI con la cinese Huawei e la romana Tecnonet, poi spazia dalle amministrazioni alle assicurazioni, dal settore del commercio alle forze armate, dall’industria agli istituti di credito. Il mercato su cui opera Nest2 è quello dell’Ict: telecomunicazioni, reti locali e geografiche, sistemi e servizi di rete, comunicazioni integrate, monitoraggio e sorveglianza, con specializzazione sulla sicurezza informatica. Tuteliamo i dati dei clienti tramite il nostro
Ingrid Monaco
In apertura, il SOC (Security Operation Center) della Nest2 Spa di Limena (PD). Sotto, Ingrid Monaco, responsabile comunicazione e marketing della società www.nest2.com
“Soc – Security Operation Center”, connesso a Internet con la più moderna e sicura tecnologia di trasporto, in grado di monitorare costantemente lo stato degli apparati di sicurezza installati presso i clienti e di intervenire per la gestione e risoluzione delle minacce informatiche. L’esperienza maturata con le grandi aziende ci ha permesso di proporre anche alle Pmi soluzioni di sicurezza informatica e servizi integrati gestiti di alta qualità. Tra questi spicca Giano “sicurezza informatica gestita”». Quale strategia vi ha permesso di raggiungere il target delle Pmi? Quali specificità comporta questa fascia di mercato rispetto a quella di fascia medioalta (finanza, Gdo, industria)? «Abbiamo capito che è importante il modo di comunicare con le Pmi. Il titolare di una Pmi spesso ricopre ruoli diversi e, talvolta, è colui che decide l’architettura di sicurezza della rete, pur non essendo esperto. Per questo motivo è importante rivolgersi alle Pmi parlando un linguaggio non tecnico, ma semplice, che sappia calarsi con esempi pratici nella quotidianità lavorativa, e che evidenzi con chiarezza le funzioni che assolvono i servizi di sicurezza informatica». Qual è stato il riscontro che avete ottenuto con il servizio Giano Family? «Nest2, da sempre interessata agli aspetti che ruotano attorno al concetto di qualità della vita per mezzo delle nuove tecnologie, ha deciso di mettere a disposizione il proprio know-how alle famiglie e ai minori, attraverso il servizio gratuito di prevenzione “Giano Family: sicurezza informatica per la famiglia”. Giano Family ha come obiettivo quello di favorire un corretto utilizzo di Internet per evitarne i rischi nascosti. Per diffondere il corretto utilizzo del Web organizziamo eventi rivolti a genitori e ragazzi. Il sito www.gianofamily.org – in 3 anni di attività – ha già raggiunto oltre 394.000 contatti». nea | dicembre 2012
È IMPORTANTE LA CONOSCENZA DEI RISCHI LEGATI A UN USO SCORRETTO DELLE TECNOLOGIE
Su quali progetti state lavorando in questo momento? «Nest2 investe costantemente nella ricerca di nuove soluzioni e nell'aggiornamento del personale tecnico e commerciale. Per il 2013, condividendo le linee d’azione dell’Agenda Digitale Italiana, abbiamo in programma la messa a punto di nuovi servizi integrati gestiti, che spaziano dalle soluzioni di comunicazione e collaborazione per le Pmi e per gli studi professionali di ogni settore e dimensione, fino ai sistemi di videosorveglianza e monitoraggio». 125
Tecnologie
La tecnologia ha un’impronta femminile “Le idee che anticipano i tempi sono quelle che cambiano il futuro” è la filosofia che guida l’impegno lavorativo e professionale di Carmela Maria Pariani che presenta macchine utensili versatili, semplici da utilizzare, e con bassi costi di gestione di Emanuela Caruso
e idee che anticipano i tempi sono quelle che cambiano il futuro. Eccola, la filosofia che guida da ormai quarantacinque anni l’impegno lavorativo e professionale di Carmela Maria Pariani, amministratore delegato dell’azienda di famiglia Giuseppe Giana. Assunta nel lontano 1967 presso la società Giana, Carmela Maria Pariani ha saputo dimostrarsi da subito efficiente, interessata e determinata, tanto da assumere incarichi sempre più impegnativi nei settori amministrativo e commerciale dell’impresa. «Quando nel 1990 l’intuizione imprenditoriale e la grande professionalità di mio marito lo hanno portato a costituire una nuova azienda specializzata su macchine utensili di grandi dimensioni e soluzioni speciali, ad alto livello di automazione in essa, come amministratore delegato, ho concentrato tutte le competenze, la forza di volontà e la lungimiranza di cui dispongo e che ritengo necessarie per superare anche i periodi più difficili, proprio come quello che l’Italia sta affrontando in questi ultimi anni». Nello specifico, dal 1967 a oggi quale ruolo ha avuto in azienda? «Oltre a occuparmi con efficienza e puntualità di tutte le questioni amministrative, commerciali e finanziarie della Giuseppe Giana, ho anche effettuato numerosi viaggi d’affari sia nei paesi più industrializzati del mondo che in quelli in via di sviluppo. Inol-
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tre, da sempre sono impegnata sul fronte dell’organizzazione e della gestione delle nostre partecipazioni a fiere del settore macchine utensili per la lavorazione dei metalli». Qual è il core business della Giuseppe Giana e come è riuscita a trasmettere i valori per lei importanti alla sua attività? «La nostra azienda è specializzata nella progettazione e costruzioni di torni paralleli a due e quattro guide a Cnc, di foratrici/barenatrici per fori profondi a Cnc e di lappatrici. Si tratta di un’offerta di macchine utensili a elevato contenuto tecnologico, e per
Carmela Maria Pariani
Carmela Maria Pariani, amministratore delegato della Giuseppe Giana Spa di Magnago (MI) www.giana.it
questo motivo vengono apprezzate in tutto il mondo. Sin dall’inizio della nostra avventura, prima mio marito, poi io e adesso i miei due figli Giulio e Carolina abbiamo sempre cercato di ragionare così: “le idee che anticipano i tempi sono quelle che cambiano il futuro”. Ecco perché, non avendo per carattere paura di osare, ho sempre spronato tutti a credere nell’eccellenza, nell’innovazione, negli investimenti mirati e intelligenti, e nella possibilità di raggiungere standard qualitativi sempre più elevati». Cosa significa nell’azienda il suo essere donna? «Oltre che determinazione e perseveranza la sensibilità di costruire un rapporto umano innanzitutto con i dipendenti e con tutti coloro che ruotano attorno perché, si faccia squadra e tutti si sentano protagonisti di un’impresa». La sua capacità di motivare gli altri a fare del loro meglio e a puntare alla realizzazione di prodotti innovativi ha senza dubbio permesso di raggiungere importanti traguardi. «Sì, infatti a livello innovativo le nostre macchine sono sempre un passo avanti, in particolare l’ultima generazione di macchine multitasking di grandi dimensioni, le prime a montare le guide a ricircolo di rulli precaricati. Queste apparecchiature consentono una grande versatilità, semplicità di utilizzo, bassi costi di gestione e rispetto ambientale, e non solo rappresentano il fiore all’occhiello della società, ma racchiudono perfettamente i valori e la filosofia che da sempre ci guidano nella nostra attività. Poi, promuovendo a spada tratta l’importanza degli investimenti, nel corso degli anni abbiamo cercato di sviluppare con costanza i prodotti e i processi di lavorazione e abnea | dicembre 2012
DETERMINAZIONE, LUNGIMIRANZA, FORZA DI VOLONTÀ E CAPACITÀ DI OSARE SONO I VALORI CHE HO CERCATO DI TRASMETTERE IN AZIENDA
biamo dotato il nostro parco macchine di attrezzature all’avanguardia per le lavorazioni in conto terzi di grandi dimensioni e precisione». Cosa significa per lei conciliare la vita di tutti i giorni con l’impegno in azienda? «Se mi è consentito un riferimento personale l’aver contratto in questi ultimi anni una malattia rara che mi porta anche a difficoltà di deambulazione, mi è di ulteriore stimolo per lottare non solo per me stessa ma anche per pianificare il futuro dell’azienda e per essere da stimolo ai miei collaboratori in quanto penso che il «Il lavoro è indispensabile al completamento della personalità di ciascuno». 127
Gestione d’impresa
Commercialisti, banche e imprese In tempi di crisi, la gestione d’impresa e l’amministrazione fiscale pongono problemi nuovi. Marina Benvenuti spiega l’importanza di una relazione sinergica tra la categoria dei commercialisti e le imprese di Viviana Vignola
a crisi ha rimesso in discussione molti aspetti della gestione d'impresa, ribaltando alcuni cardini della cultura aziendale italiana. In particolare, è emersa la necessità di rivedere, in maniera scrupolosa, la gestione e l'amministrazione fiscale. Marina Benvenuti, commercialista attiva a Roma, spiega perché il rapporto con i commercialisti è
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centrale. Quali sono gli aspetti maggiormente mutati nel corso degli ultimi due anni nel rapporto tra la sua categoria e le imprese? «Gli ultimi due anni sono stati molto difficili per le imprese in genere e i problemi non sono ancora risolti. La categoria dei commercialisti è sempre stata in grande
Marina Benvenuti
La dottoressa Marina Benvenuti esercita a Roma marina.benvenuti@pecodec.roma.it
sinergia con le imprese e sicuramente le ulteriori responsabilità integrate legislativamente (l'antiriciclaggio, per esempio) hanno fatto chiaramente comprendere agli imprenditori quanto sia importante la figura del professionista». Quali saranno le sfide maggiori che la sua categoria sarà chiamata ad affrontare nei prossimi mesi? «Con le aziende in crisi, nell’ambito del risanamento aziendale, della pianificazione strategica, della riconversione industriale e di settore, il ruolo del commercialista è centrale. La categoria dei commercialisti sta dando una grande mano all'economia del paese e la sfida maggiore sarà trovare altri strumenti per essere di supporto a lungo termine cosi che le aziende riescano a garantire sia il rendimento aziendale che il mantenimento dei posti di lavoro». Cosa pensa delle ultime novità in tema di controlli fiscali, come il redditest? «L'amministrazione finanziaria sta cercando di porre in essere degli strumenti sempre più allineabili allo standard di vita del nostro millennio. Il redditest è uno di questi ma, sinceramente, manifesto qualche perplessità sulla sua effettiva utilità. La nostra normativa tributaria non è paragonabile a quella americana e credo che il redditest segua quella linea». Gli attori interessati (cittadini, imprese e Fisco) dovrebbero coinvolgere maggiormente i commercialisti nell'utilizzo di tali strumenti? «Se il Fisco, prima di porre in essere strategie di controllo e verifica, coinvolgesse maggiormente i commercialisti, sicuramente si potrebbe arrivare a delle norme meno pressanti per quei cittadini e quelle aziende che con grande sacrificio contribuiscono con le imposte al sostentamento del "servizio Italia". Si riuscirebbe a trovare il giusto meccanismo, pagando tutti ed equamente. La collaborazione della categoria dei commercialisti esiste, è massima e riconosciuta dalnea | dicembre 2012
LA NOSTRA NORMATIVA TRIBUTARIA NON È PARAGONABILE A QUELLA AMERICANA E CREDO CHE IL REDDITEST SEGUA QUELLA LINEA
l'amministrazione finaziaria. Credo in sincerità che la collaborazione maggiore debba essere supportata dal potere legislativo». Uno dei problemi maggiormente avvertiti è quello legato all'accesso al credito. Quali sono gli errori più comuni che gli imprenditori commettono nel presentare i proprio progetti alle banche? «Non credo che la mancanza di accesso al credito per le imprese dipenda da come l'imprenditore presenti il progetto. Attualmente gli istituti di credito erogano esclusivamente a chi ha supporto finanziario e non valutano più la fattibilità industriale di un progetto. Attualmente le banche stanno facendo notevoli pressioni alle aziende chiedendo il rientro delle esposizioni e questo, oltre a togliere serenità all'imprenditore, non consente il rilancio dell'impresa. L'attuale carenza di semplificazioni amministrativo-burocratiche viene dall’assenza di una consultazione preventiva da parte del governo della categoria dei commercialisti. La preparazione e la professionalità di un singolo commercialista sarebbero sicuramente una grande ricchezza per qualunque politico». 131
Consulenza
La territorialità del mercato del lavoro Per offrire risposte efficaci in materia di cambiamento lavorativo, occorre conoscere i diversi mercati del lavoro presenti in Italia. Cinzia Rossi spiega perché la territorialità è fondamentale nel settore dell’orientamento di Valeria Garuti
differenza di altri paesi, come America e Inghilterra, il mercato del lavoro italiano non è unico e uniforme. Esistono molteplici mercati del lavoro caratterizzati da approcci, dinamiche, interlocutori e modalità completamente differenti, quando si parla di incrocio tra domanda e offerta. Per questo motivo la società di outplacement e consulenza di carriera Cross Srl è da considerarsi come unicum
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sul panorama italiano. Si tratta dell’unica rete organizzativa specializzata a intero capitale italiano, diffusa su tutto il territorio nazionale, completamente dedicata a sviluppare interventi specialistici di “transition services”. «È una società di seconda generazione – afferma l’Amministratore unico di Cross, Cinzia Rossi, con 25 anni di esperienza nel settore – perché fonda i suoi presupposti su consulenti professionali formati attraverso
Cinzia Rossi
Cinzia Rossi, Amministratore unico della Cross Srl e Coordinatrice nazionale dei Servizi di Orientamento di Confindustria. Autrice di libri sull’Outplacement con Franco Angeli ed Edizioni Lavoro www.e-cross.it
network internazionali, che hanno contribuito a diffondere in Italia la consulenza di carriera e di tutti i servizi legati alla transizione professionale prendendo come esempio l’esperienza di modelli americani e anglosassoni, ma riadattandoli alle logiche e alla cultura del nostro Paese. Si tratta di approcci e metodi giunti in Italia a partire dall’86 sotto forma di imprese di servizi per l’outplacement, al fine di proporre sul mercato italiano un genere di servizio che mancava. Nel corso degli anni, insieme ai colleghi, abbiamo compreso che le logiche anglosassoni, così come quelle d’oltreoceano, non erano applicabili all’attuale situazione italiana “dei mercati del lavoro”». In che modo i vostri servizi hanno saputo adattarsi all’attuale situazione italiana? «Strutturata sotto forma di rete organizzativa, oggi Cross è l’unica società ad avere 14 sedi in Italia specializzate in outplacement e consulenza di carriera. Le diverse realtà sono fortemente collegate alle logiche peculiari del territorio, seguendone le diverse dinamiche. Questo particolare modello organizzativo consente alla nostra realtà di risalire ad un centro di informazioni nazionali e rendere visibili a tutti i nostri clienti le informazioni che condividiamo. Il primo elemento di innovazione è dunque caratterizzato dalla forte territorialità della nostra rete e dalla profonda conoscenza dei diversi mercati del lavoro italiani, allo scopo di offrire risposte reali, efficaci e effettive sul cambiamento lavorativo. Un altro elemento di innovazione è rappresentato dai nostri investimenti nel mercato del lavoro del sud Italia. Prima del nostro intervento molte società multinazionali temevano di investire in queste zone, considerandole realtà difficili e poco governabili, al di fuori delle logiche legate alle competenze ed alla meritocrazia. Abbiamo formato professionisti e consulenti di queste zone in modo da entrare in contatto con le realtà industriali del territorio, attraverso persone riconosciute localmente, e raggiungere grandi risultati». A quale fascia di persone si rivolgono i servizi offerti? «Ci rivolgiamo esclusivamente alle persone che devono affrontare un cambiamento lavorativo. Quest’ultimo può nea | dicembre 2012
essere dettato da una scelta personale o dell’azienda, nel caso in cui si trovi in difficoltà economica o scelga di avviare un processo di ridimensionamento aziendale. Le imprese ci affidano il personale rimasto senza occupazione e noi ci adoperiamo per offrire supporto al fine di individuare nuove opportunità lavorative. Fondamentale è per noi il principio di supportare le persone fino al momento in cui trovano l’opportunità lavorativa futura e adatta alle loro caratteristiche. In Cross, la ricerca del lavoro non avviane in modo meccanico, come accade nei casi delle agenzie interinali. Il nostro punto di partenza è rappresentato da un “Progetto Professionale” che la persona sceglie e sottoscrive. È quindi lo stesso soggetto che ci indica il percorso da seguire, ovviamente tenendo in giusto conto la possibilità realizzativa e la spendibilità del proprio obiettivo professionale nel contesto territoriale prescelto». Secondo la sua esperienza, perché esiste una scarsa informazione e visibilità sui diritti dei lavoratori?
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Consulenza Cinzia Rossi in riunione con lo staff della Cross Srl
NEL NOSTRO PAESE, LA CULTURA DELL’ORIENTAMENTO NON È SUFFICIENTEMENTE SVILUPPATA. I NOSTRI SERVIZI CONTRIBUISCONO IN PARTE A COLMARE QUESTE MANCANZE DI SISTEMA
Quali strumenti informativi, oltre che legislativi, occorrerebbero per facilitare una maggiore diffusione della cultura del diritto del lavoro? «Trovo che in Italia la cultura all’orientamento, fattore a mio avviso fondamentale, non sia abbastanza sviluppata. Manca l’attenzione informativa e legislativa di una cultura di base su questi temi. Troppo di rado l’orientamento viene considerato come tema sociale e di sviluppo della persona, quando invece dovrebbe essere un insegnamento proposto già dalla scuole medie. Da anni l’Unione Europa richiama l’Italia su questi temi, proponendo l’istituzione di un vero e proprio sistema di orientamento organizzato a livello nazionale. Nell’evoluzione di ognuno di noi sono riscontrabili diversi bivi, che vanno affrontati sin dalla scuola dell’obbligo ponendo la base per un’educazione alla scelta e non attraverso atteggiamenti imitativi o per tentativi ragionevoli (affidandosi al buon senso di un professore che però non conosce le dinamiche dei mercati del lavoro), come oggi ancora accade. La nostra società, benché tenti di risolvere alcuni di questi gap istituzionali, non ha mai posto l’orientamento come leva strategica per la crescita dei cittadini italiani, attraverso la realizzazione di un sistema trasparente del servizio pubblico in forte relazione con il sistema dell’orientamento privato. La dispersione scolastica, l’inoccupazione 136
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di lunga durata sono alcuni degli effetti tangibili di una mancanza delle politiche di “orientamento” che producono altresì una forte diseconomia a livello di Sistema Paese». Quanto ha inciso la riforma Fornero sulla formulazione strategica del vostro operato professionale? «Il tema della riforma è importante in quanto ha contribuito, per la prima volta nel nostro Paese, alla legittimazione governativa delle politiche attive del mercato del lavoro, dando all’outplacement un ruolo primario e strategico. In questo modo, i servizi che offriamo sono stati riconosciuti a tutti gli effetti come strumenti da affiancare in modo sistematico ai nuovi ammortizzatori sociali». Quali saranno le sfide più importanti che la vostra realtà dovrà affrontare nel 2013? «Cross è una società che, con grande soddisfazione e riconoscimenti nazionali, quest’anno ha festeggiato i 13 anni di esperienza lavorativa. Negli anni ha visto a capo delle sue attività, diverse figure professionali di alto livello; si tratta di ex amministratori delegati di società che hanno portato la cultura dell’outplacement in Italia (Alternative, in particolare, è stata la prima), che oggi hanno sposato la logica organizzativa della rete Cross. Nel 2013 con il nostro modello organizzativo varcheremo i confini europei».
Comunicazione
Comunicazione strategica È al centro di qualsiasi strategia di crescita. Ma quali sono i piani di sviluppo di chi fa della comunicazione la propria professione? Elisabetta Olivari spiega differenze e affinità. «Il nostro non è solo un servizio» di Renato Ferretti
on facciamo solo comunicazione e organizzazione di eventi, il nostro è un network relazionale». Quello di Elisabetta Olivari, una dei soci fondatori della bergamasca Servizi C.E.C., è un riassunto che ben si adatta a descrivere il campo della comunicazione e le attività a questa connesse. Da dieci anni la società di servizi che la Olivari guida insieme ai due soci, Matteo Salvi e Katia Gissi, affianca aziende private e istituzioni pubbliche, passando dal no profit, quindi, alle imprese che intendono promuoversi. Con una convinzione: «Quando ti proponi come partner strategico – dice la Olivari – non vendi semplicemente un servizio, ma in un certo senso le persone: cioè le loro competenze, creatività e professionalità». Riguardo alle competenze, che struttura si è data la C.E.C.? «Io sono laureata in scienze politiche a indirizzo internazionale, con una propensione al diritto e alla strategia e ho fatto un master in comunicazione d’impresa; i miei soci, invece, sono organizzatori di eventi “puri”, con un ottimo profilo internazionale. Abbiamo figure al nostro interno che si occupano di copy, relazioni esterne, editoria. Per essere il più possibile flessibili e personalizzare il servizio, non abbiamo un solo web designer o ufficio grafico: secondo le esigenze del cliente creiamo il team ad hoc, appoggiandoci anche a partner esterni, perché le esigenze cambiano continuamente. E perché ci piace sperimentare, anche». E che risultati avete ottenuto finora?
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BERGAMO SCIENZA È UN GRANDE EVENTO CULTURALE INTERNAZIONALE CHE SI TIENE DI SOLITO NEL MESE DI OTTOBRE E CHE MUOVE 150MILA PERSONE «Il nostro business non ha particolari problemi, nonostante il periodo nero. Dipende molto anche dagli eventi che seguiamo. Un esempio su tutti è BergamoScienza. Si tratta di un grande festival della scienza, di prestigio
Elisabetta Olivari Elisabetta Olivari, una dei soci fondatori della Cec di Bergamo www.servizicec.it
internazionale, che si tiene nel mese di ottobre e che muove oltre 150mila persone. a Bergamo, vengono ospitati grandi personaggi, come l'astrofisica Margherita Hack, l'astronauta Paolo Nespoli, e Premi Nobel come Linda Buck, James Dewey Watson, papà del DNA, che proprio quest'anno, nell'edizione del decennale, ci hanno regalato grandi emozioni. È un grande evento di divulgazione scientifica, che la C.E.C. segue, nella progettazione e organizzazione sin dal 2007». Più in generale, invece, il vostro settore come sta reagendo all’interno dei confini nazionali? «Il nostro è un mondo molto competitivo. Penso che sia
un mercato sempre più variegato». Quindi, in un certo senso, anche per voi si può parlare di diversificazione. «Ci occupiamo di settori anche molto diversi fra loro, dalla cultura all'economia, dai motori alla medicina, con una serie di servizi molto diversi che variano dal pubblico al privato, come dicevo. Questa è sicuramente una nostra caratteristica che può essere definita un plus rispetto ai nostri competitor: un conto è seguire una onlus e un conto è accompagnare un cliente nella promozione dei suoi prodotti o servizi. Dunque si può parlare di diversificazione: ci occupiamo dall’imma-
positivo, perché la competizione fa tirare fuori il meglio soprattutto volendo prendere il punto di vista del cliente. Certo, da parte del cliente ci vuole una certa capacità di capire qual è il partner giusto, cosa che non è scontata. Ma ci tengo a dire che se la competizione è sulla qualità noi siamo della partita. Non ci stiamo, invece, alla competizione solo sul prezzo: in quel caso non concorriamo. Va bene cercare di venire incontro al cliente, ma bisogna capire che non si può andare al ribasso. Ad ogni modo il nostro tentativo attualmente è quello di creare delle dimensioni utili a competere in
gine coordinata all’organizzazione di un evento, all’ufficio stampa alle relazioni pubbliche e istituzionali». In che modo intendete muovervi per il futuro prossimo? «La strategia è quella di porsi sempre di più sul mercato della comunicazione d’impresa. Mentre la prossima sfida per noi è rappresentata dai servizi web per la comunicazione: ultimamente il social media marketing è un ambito che stiamo scoprendo e ci interessa sempre di più».
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Comunicazione
La cultura è sempre un investimento Il panorama nel settore delle pubbliche relazioni e della comunicazione sta cambiando sostanzialmente e resiste alla crisi. Più spazio a start up, creazione d’impresa, ai giovani e al mondo della cultura. La mission di Laura Rossi di Viviana Dasara
ell’ultimo anno l’impegno delle imprese a sostegno delle attività culturali è aumentato notevolmente. Il progressivo modificarsi del rapporto tra pubblico e privato nel settore, la consapevolezza da parte delle imprese del valore della cultura e la mancanza di risorse pubbliche per i beni culturali sono i fattori che hanno modificato il comportamento delle aziende. Tra le eccellenze imprenditoriali che hanno rivolto maggiore attenzione al settore e l’hanno sostenuto attraverso progettualità specifiche e strategie di comunicazione innovative spicca la Laura Rossi International. «Oggi – spiega Laura Rossi, titolare dell’agenzia – il panorama generale di questo settore sta cambiando completamente. Per esercitare e svolgere questa professione c’è bisogno di altissime competenze e professionalità, soprattutto in un momento come questo, di restrizioni nell’utilizzo delle risorse, dove le aziende non permettono nessun tipo di errore e hanno bisogno di soluzioni concrete». Tra le proposte della Laura Rossi International rivolte all’imprenditoria giovanile rientra un bellissimo progetto, in collaborazione con il gruppo Enlabs di Luigi Capello e il sostegno dei business angel, dedicato allo sviluppo di start up e al rilancio degli antichi mestieri: «Siamo riusciti a lanciare, e lo inaugurerermo a breve, il primo spazio dedicato ai giovani talentuosi e ai creativi, per cercare di investire nelle start up italiane legate alla tecnologia e pronte per diventare impresa. Abbiamo deciso di puntare
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Laura Rossi della Laura Rossi International di Roma www.laurarossi.it
Laura Rossi
anche sulle professioni più semplici, offrendo gli strumenti necessari alla creazione di impresa e al rilancio dell’occupazione attraverso la formazione e l’inaugurazione di una scuola prevista per il 2013, perché il nostro futuro sono i giovani. Partner con noi, a sostegno di questa iniziativa, la Luiss, la Camera di commercio di Roma, Roma Capitale e un gemellaggio con la Silicon Valley». La Laura Rossi International è una fucina di novità, non mancano altresì lo sguardo al made in Italy, che racchiude numerosi progetti rivolti alla comunicazione istituzionale per le aziende, legati in modo particolare alla cultura, e iniziative solidali. Il Natale 2012 della capitale, infatti, si accende all’insegna della solidarietà e della creatività senza trascurare la sostenibilità e il risparmio energetico. Anche quest’anno via Del Corso si trasforma in un percorso illuminato grazie al progetto “Roma si mette in luce”, lanciato dall’agenzia: «Lo scorso anno – evidenzia la titolare – abbiamo lanciato questo progetto come tributo ai 150 anni dell’Unità d’Italia accendendo la città con le illuminazioni tricolore. Quest’anno torniamo a far splendere la luce nel cuore di tutti con grandissime iniziative di sostegno e di raccolta fondi, nea | dicembre 2012
ABBIAMO ORGANIZZATO UN TOUR CON TRENTA BABBI NATALE CHE RACCOGLIERANNO LE LETTERINE PER POI CONSEGNARLE ALLE ISTITUZIONI E PREMIARE I DESIDERI DELLE PIÙ BELLE
quali la lotteria “Illumina i sogni” a favore dei bambini delle associazioni So.Spe e Peter Pan e un evento per il Natale, unico al mondo, il tour di Babbo Natale. Si tratta di un trambus open con trenta Babbi Natale in giro per la città, che tra musica, balli e piccoli doni natalizi, raccoglieranno nelle scuole e nei punti più difficili delle periferie le letterine di Natale, per poi consegnarle alle istituzioni e premiare i desideri delle più belle. Abbiamo coinvolto giovani talenti, ballerini e attori, per sostenere gli artisti che hanno difficoltà ad emergere e nello stesso tempo lanciare un messaggio positivo alla cittadinanza. In tutti i nostri progetti c’è una parte dedicata alla solidarietà sociale e, specialmente in un momento così difficile come quello che stiamo vivendo oggi, desideriamo trasmettere un messaggio di positività e di speranza». 147
Comunicazione e tecnologie
La comunicazione senza confini Una comunicazione che si snoda lungo una gamma assortita di canali, sviluppando contenuti e tecnologie innovative. Dai new media al travel management, per dare a prodotti ed eventi una dimensione ad alto valore aggiunto. La parola a Lorena Fragassa di Aldo Freddi n un’epoca in cui anche il Papa scopre l’importanza dei nuovi canali di divulgazione di massa e sbarca su Twitter, si capisce come il legame fra prodotto e capacità di comunicarne le qualità si faccia sempre più inscindibile. Esempio non casuale, se riferito a una realtà di primo piano come Micromegas Comunicazione Spa, che nei mesi scorsi ha collaborato con il Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali per realizzare un docu-film sul Concilio Vaticano II. Un biglietto da visita che “blinda” il «profilo di serietà e affidabilità che da tempo ci contraddistingue», sottolinea Lorena Fragassa, direttore risorse umane e vicepresidente del gruppo. Quali valori vi hanno consentito di fare la differenza sul mercato? «I risultati maturati in molti anni di lavoro a livello nazionale e internazionale sono misurabili e ci hanno permesso di raggiungere grandi gruppi industriali e importanti realtà world-wide. Un esempio concreto: Micromegas è nella short list delle agenzie accreditate per le gare in Qatar insieme a pochi selezionati operatori inglesi e francesi. Altra testimonianza è la partnership con American Express, con cui Micromegas ha presentato una nuova soluzione integrata per l’utilizzo dei sistemi di pagamento Bta American Express dedicati al Marketing&Communication Industry, che innova radicalmente la gestione "end-to-end" delle iniziative, dall'ideazione alla realizzazione, incluso il pagamento». Quali elementi non devono mancare in un piano di comunicazione integrato e moderno?
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Lorena Fragassa, direttore risorse umane e vice presidente Micromegas Comunicazione S.p.A. www.micromegas.it
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Lorena Fragassa
MICROMEGAS È NELLA SHORT LIST DELLE POCHE E SELEZIONATE AGENZIE INTERNAZIONALI ACCREDITATE PER LE GARE IN QATAR
«Siamo convinti che alla base di tutto debba restare ancora oggi il concept. Solo partendo da un’idea solida e originale, capace di fare la differenza, si può parlare di integrazione. A questo vanno certamente abbinate le tecnologie altamente innovative, come ad esempio la realtà aumentata, il Viral o il Guerrilla Marketing oltre ovviamente a tutti i social network». Uno dei vostri cavalli di battaglia è la comunicazione multicanale. Quali nuovi canali si stanno rivelando più performanti in chiave di marketing strategico? «Nell’ambito della produzione multimediale e dei new media, Micromegas opera oggi nei settori dell’edutainment, dell’entertainment, delle produzioni televisive e cinematografiche, attingendo al mondo dello spettacolo e creando connessioni attive fra tutti gli attori coinvolti. Abbiamo creato Micromegas Studios, con un’ampia struttura dedicata alla produzione e post-produzione e un teatro di posa con tecnologie all’avanguardia per la realizzazione di prodotti televisivi e cinematografici, spot pubblicitari, video e set fotografici. Una soluzione che si sta rivelando performante è Micromegas mobile Tv, un’innovativa stazione mobile di post-produzione audio/video e grafica, integrata da una redazione e da troupe leggere, in grado di realizzare filmati, servizi giornalistici in tempo reale, pubblicarli on-line, dove possono essere visualizzati subito tramite un’app per tablet e smartphone». Vi occupate di travel management. Come avete perfezionato questo filone di attività negli ultimi tempi? «Micromegas Travel ha due obiettivi: integrare le attività del travel management legate al mondo degli eventi nea | dicembre 2012
e offrire un servizio travel assistance ad alto valore aggiunto. Abbiamo sviluppato piattaforme software personalizzate, in grado di dialogare con i sistemi informatici dei nostri clienti e fornendo supporto all’organizzazione dei servizi di formazione del personale. A questo si aggiunge Caretaker, un servizio personalizzato di customer assistance con alti standard qualitativi, che offre proposte e soluzioni per qualunque necessità». Il vostro raggio d’azione supera i confini nazionali. Su quali mercati vi siete proiettati finora? «Da anni siamo operativi nei principali paesi europei: Inghilterra, Francia, Spagna e Germania. Grande riscontro abbiamo trovato negli Emirati Arabi e nel Middle East, dove a gennaio è prevista l’organizzazione di un importante seminario internazionale. Abbiamo poi una grande attenzione verso la Cina, l’India e il Sud America, area di grande interesse con ottime prospettive di crescita». Che genere di servizi mettete a disposizione delle aziende che hanno necessità di diffondere in maniera rapida il loro brand? «Tante sono le soluzioni attuabili: dalle applicazioni web interattive a strumenti anche più articolati, personalizzati per lo sviluppo di processi di fidelizzazione o per la diffusione di informazioni riguardanti un prodotto, come ad esempio la creazione di “Card” per la gestione on line di tutti i servizi. Negli ultimi 4 anni Micromegas ha potuto verificare l’efficacia di attività di comunicazione sul territorio, creando un contatto diretto con la popolazione, attraverso la realizzazione di road-show in oltre 30 città in Italia e in Europa, registrando più di 500.000 visitatori». 149
Eventi
Nuovi obiettivi per il settore eventi Gli eventi motivazionali oggi puntano ai contenuti, ai valori e alla creatività che solo viaggi stimolanti possono mostrare. La parola a Milena Mineo di Emanuela Caruso
ebbene dal 2008 a oggi il settore degli eventi e dell’incentive abbia registrato una certa contrazione di mercato, ciò non significa che non continui a rappresentare uno dei pochi strumenti davvero utili per contrastare il clima di stagnazione e apatia che affligge il mondo imprenditoriale italiano. In questi anni, l’evento motivazionale, il congresso e il viaggio incentive hanno saputo dimostrarsi fondamentali per il marketing di qualsiasi azienda. È quindi facile capire come la voglia di far tornare alla ribalta questi strumenti adeguandoli alle nuove esigenze del mercato sia elevatissima. Come spiega Milena Mineo, ceo della Mil, società di marketing incentive leisure dal 1999: «Attualmente, l’incentive sta attraversando una radicale mutazione, che spinge verso i valori, l’innovazione e i contenuti. Ciò vuol dire niente più sprechi e frivolezze. L’evento motivazionale, oggi, deve avere come focus il contatto degli ospiti con personaggi e protagonisti di storie aziendali diverse da quelle a cui siamo abituati, e ancora deve esplorare quei paesi emergenti che rappresentano la nuova geografia economica – per esempio San Paolo, Shangai, Cape Town, Buenos Aires – e quelle zone d’Italia che possono ancora essere una grande fonte d’ispirazione». Nata come agenzia di eventi e incentive, la Mil si è poi evoluta in uno studio creativo multidisciplinare in grado di occuparsi di qualsiasi tipo di viaggio motivazionale. Quali in particolare? «La nostra struttura è in grado di occuparsi di viaggi dai vari orientamenti. L’incentive geografico è pensato per far sperimentare un “altrove” fatto di idee e
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Milena Mineo, ceo Mil Srl di Milano. Nella pagina successiva, tecnologia 3D per la presentazione al Keeclub di Shanghai; accanto, spedizione sul Perito Moreno in Argentina www.m-i-l.it
Milena Mineo
L’INNOVAZIONE È CAPIRE QUALI SARANNO LE TENDENZE FUTURE E USARE LA CREATIVITÀ PER FAR CONVIVERE RIGORE E MULTIDISCIPLINARITÀ
paesaggi reali ai dealer, ai giornalisti, ai promotori e al top management. L’incentive contenutistico è quello delle conferenze stampa, delle convention, dei road show, ed è inteso come trasferimento di valori e di contenuto. Il viaggio del disorientamento emotivo – guerrilla e viral marketing – gioca sugli stimoli improvvisi in luoghi improbabili. Infine, l’evento dall’orientamento interattivo è quello dove i new media azzerano le barriere di spazio e di tempo, trasformando il viaggiatore in navigatore e le emozioni in emoticon». La Mil si distingue da sempre per la creatività delle soluzioni proposte ai clienti. Ma che cos’è la creatività per voi? «Per noi della Mil la creatività è l’ideare viaggi incentive ed eventi che sappiano rendere proattivi i partecipanti, ovvero li costringano a lasciare i propri uffici, la casa, la routine per confrontarsi e calarsi in realtà molto diverse, realtà di paesi che stanno vivendo un boom economico e culturale importante. Per chi fa un lavoro come il nostro, la creatività è un bene prezioso per anticipare le tendenze future e soddisfare le esigenze degli utenti in modo diverso, unendo cioè a contenuti e valori momenti fortenea | dicembre 2012
mente emozionali e ludici, vitali». Anticipare le tendenze è anche uno degli aspetti che meglio rappresenta l’innovazione nel vostro settore. «L’innovazione è capire quali saranno le tendenze future e usare la creatività per far convivere rigore e multidisciplinarità. Ultimamente, poi, un altro cambiamento che sta rendendo innovativo il metodo di lavorare e il settore è quello di non poter più vivere un’esperienza a senso unico, in quanto essendo nell’era 2.0 tutti possono avere contatti con tutti e partecipare alle esperienze altrui. I social media e i video si stanno trasformando in strumenti di comunicazione potentissimi, tanto da riuscire ad aumentare l’effetto e la portata degli eventi motivazionali». Da chi è composto il team di Mil e come si relaziona con il cliente? «Il team della nostra società si compone di professionisti esperti di incentive, scenografi, grafici e registi totalmente dediti a un numero selezionato di clienti. In questo modo garantiamo loro uno studio accurato e approfondito degli obiettivi da raggiungere, la scelta del progetto più adatto, e una costante supervisione della parte operativa». 153
Stile Italiano
Il made in Italy che fa la differenza Materie prime di elevata qualità, finiture pregiate, design raffinato e cura maniacale per i dettagli. Sono questi i punti di forza del made in Italy apprezzati all’estero quando si parla di capi d’abbigliamento. Il commento di Lucia Totaro di Emanuela Caruso
onostante il difficile periodo di contrazione e stagnazione, il made in Italy regala ancora varie soddisfazioni agli imprenditori, soprattutto in termini di export e soprattutto nel settore dell’abbigliamento per bambini. I mercati internazionali, infatti, sembrano continuare
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ad apprezzare la qualità, la cura e lo stile tipici delle lavorazioni tessili totalmente italiane. Lo conferma anche Lucia Totaro, imprenditrice pugliese che con intraprendenza, lungimiranza e spirito di sacrificio ha fondato treant’anni fa Distribuzione Stella, società a conduzione familiare specializzata nella produzione di abbigliamento per neonati e bambini da zero a due anni. «La competitività internazionale dei nostri capi è data dal fatto che sono interamente realizzati sul territorio nazionale, con materie prime e tessuti di pregio in prevalenza italiani. La qualità del nostro made in Italy ci ha portato a maturare un buon 40 per cento del fatturato totale grazie all’export in paesi quali: Russia, Cecenia, Slovenia, Romania, Arabia e Kuwait. Per affrontare al meglio questi mercati, alla forza del prodotto italiano abbiamo unito un ottimo rapporto qualità-prezzo, un efficiente servizio di pre e post vendita e un adattamento delle collezioni alle mode e ai gusti degli utenti stranieri». Per quanto riguarda il mercato interno, quello italiano, invece, Lucia Totaro considera un risultato positivo l’essere riusciti a mantenere la propria posizione. «Data la situazione, rivestire ancora un ruolo di assoluto rilievo nel mercato nazionale, onorare costantemente tutti i creditori e mantenere lo standard
La società Distribuzione Stella Srl ha sede a Putignano (BA) www.distribuzionestella.it
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Lucia Totaro
IL 40 PER CENTO DEL NOSTRO FATTURATO COMPLESSIVO VIENE MATURATO GRAZIE ALLE ESPORTAZIONI VERSO I PAESI EST-EUROPEI E ORIENTALI
qualitativo dei nostri capi d’abbigliamento è un traguardo molto importante. Questo significa che lavorare con passione, umiltà, tenacia e spirito di abnegazione – valori che da sempre coltivo e che da sempre cerco di trasmettere a chi collabora con me – ripaga gli sforzi in qualsiasi periodo storico ci si trovi a operare. Per riuscire comunque a potenziare la nostra presenza sul mercato interno, puntiamo ad aumentare la competitività sul prezzo, senza però diminuire la qualità dei prodotti». E proprio la qualità dei capi, la ricercatezza dei filati e dei tessuti, la cura del dettaglio, il garbo e l’eleganza del design sono gli elementi che contraddistinguono i due brand della Distribuzione Stella. «Le due collezioni realizzate sono la Linea Stella e la Linea Marlù. La prima è un brand destinato a una fascia di mercato medio alta, mentre Marlù è un brand di alta gamma, più raffinato e ricercato. Entrambe le linee vengono sviluppate e prodotte seguendo i principi dell’innovazione costante, che nel settore tessile significa stare al passo con le tendenze attuali della moda, ovvero realizzare nea | dicembre 2012
per ogni cambio stagionale collezioni nuove che sappiano rispondere tanto alle esigenze del mercato, che vuole prezzi contenuti, quanto alle esigenze delle mamme, che desiderano acquistare per i loro bambini vestiti, moderni, belli e soprattutto lavabili in lavatrice. La nostra produzione annuale ammonta a oltre 100mila capi d’abbigliamento, con cui la società rifornisce la grande distribuzione, con i prodotti di gamma media, e i negozi e le boutinque di vendita al dettaglio, con i prodotti di fascia alta». E nonostante le aspettative per il prossimo futuro siano incerte e non troppo positive, la Distribuzione Stella ha già ben chiari gli investimenti da effettuare. «Per il futuro ci auguriamo che lo Stato torni a prendere in considerazione il settore tessile, che per decenni è stato il fiore all’occhiello dell’economia italiana, mettendo in atto strategie volte al risollevamento del comparto, ormai appannaggio di quello cinese. Nel frattempo, noi abbiamo deciso di investire sulla tecnologia, su un design ancora più ricercato e sull’internazionalizzazione dell’impresa». 157
Stile Italiano
Il made in Italy dei bambini Creare capi che si distinguono per identità e “italianità”, rappresenta una strategia vincente nel settore della moda per bambini grazie a proposte uniche, come rileva Alessandra Chiavelli di Roberta De Tomi
assima attenzione alla qualità del prodotto, ricerca di tessuti sempre più confortevoli e di alta qualità, ma anche espressione di un’estetica che, da sempre, distingue il fashion italiano, anche quello che veste i più piccoli. Sono queste le credenziali dei capi, rivolti ai più piccoli, proposti da Il Gufo, azienda internazionale con sede ad Asolo. Diversi gli elementi distintivi delle linee in vendita, come rileva Alessandra Chiavelli, Retail & Marketing Manager de Il Gufo SpA e titolare de Il Gufo Retail Srl che gestisce i monomarca e gli outlet di proprietà. Che ruolo strategico ricoprono i sette monomarca da voi gestiti? «Gli otto monomarca, locati uno a New York e gli altri a Roma, Milano, Torino, Treviso, Firenze, Cortina d’Ampezzo e Pordenone, rappresentano per l’azienda un grande ritorno d’immagine e brand awareness nei confronti del consumatore finale. In particolare, il flagship di Milano, ubicato nel quadrilatero della moda, rappresenta un bacino di riferimento, sia per
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Alessandra Chiavelli, Retail & Marketing Manager de Il Gufo SpA e titolare de Il Gufo Retail Srl. La società ha sede ad Asolo (TV) www.ilgufo.it
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Alessandra Chiavelli
I NOSTRI CAPI SONO SEMPRE STATI GARBATI, RAFFINATI, IN TONALITÀ PREVALENTEMENTE SOBRIE
la clientela estera sia per le numerose personalità dello sport e del fashion che ne hanno fatto un punto di riferimento abituale. Di recente apertura sono le boutique di Roma e di New York che stanno dando un ulteriore slancio alla riconoscibilità del nostro brand, proprio perché collocate in due contesti cosmopoliti, frequentati da una clientela internazionale». Quale valore aggiunto offre il negozio monomarca secondo la vostra realtà aziendale? «I negozi monomarca sono una grande opportunità: per stabilire un contatto diretto col nostro pubblico, per affermare con forza e coerenza la nostra immagine e comunicare con efficacia i nostri valori. Sono un momento di marketing fondamentale che ci permette di affermare e consolidare il marchio, e in molte occasioni rappresentano anche un business economicamente molto interessante. I punti vendita multibrand, nonostante lo sviluppo del retail diretto, rimangono altrettanto importanti perché garantiscono capillarità alla distribuzione e permettono un confronto paritario con i competitor». Che cosa distingue le vostre linee da altre presenti sul mercato del fashion rivolto bambini? «Le nostre linee sono dotate di una loro identità, che ne permette la facile riconoscibilità. I capi, frutto di nea | dicembre 2012
un’attenta ricerca anche sui tessuti, sono garbati, raffinati, in tonalità prevalentemente sobrie, che comprendono tutte le declinazioni dei pastelli e dei neutri. Le tendenze della moda adulto, sono adattate ai più piccoli, nel rispetto delle loro esigenze di comfort e benessere». A quale target d’età si rivolgono i capi e quali sono i più rappresentativi del marchio? «Le collezioni arrivano fino ai 14 anni, ma il core – business è rappresentato dalla fascia 0-6 anni. Proponiamo diversi capi e anche calzature, anche se, a oggi, quelli che meglio incarnano il nostro immaginario e la ricerca condotta su forme, materiali ed estetica, sono i piumini in colori e fogge unici, arricchiti di dettagli che esprimono la filosofia di un’azienda che cura il dettaglio e la personalizzazione delle proposte, create secondo le stagionalità canoniche». Quali sono le prospettive per i retail? «Il Gufo crede nella forza espressiva e commerciale dei monomarca, tanto da contemplare lo sviluppo della rete retail diretta, ponendolo al centro degli obiettivi strategici prossimi venturi. L’anno prossimo punteremo soprattutto sui negozi di recente apertura: New York, Roma e Firenze e su quello di Milano che ancora ottiene i risultati migliori». 159
Modelli d’impresa
Il valore dell’artigianato Il coinvolgimento delle risorse umane e gli importanti contributi di conoscenza ed esperienza possono apportare al miglioramento dei processi produttivi nel calzaturiero. Ne parla Giovanna Ceolini di Serena Tudisco
n un’epoca in cui la tecnologia compie grandi passi non è facile mantenere le tradizioni artigianali. Nessuna macchina, anche quella più sofisticata, è in grado di sostituire la mano dell’uomo. Al giorno d’oggi la fabbricazione delle scarpe avviene in un contesto tecnico-produttivo moderno in cui il vero fondamento resta sempre l’ingegno umano e le sue antiche conoscenze. Giovanna Ceolini, titolare della Parabiago Collezioni di Milano, spiega la sua politica aziendale. Com’è strutturata la vostra azienda? «L’obiettivo aziendale, fino dagli esordi, è stato quello di offrire, a una fascia alta di mercato, una scarpa molto comoda, meticolosamente curata nella lavorazione e connotata dall’ingegnosità ideativa. Questa la premessa che ha portato al lancio del marchio Thierry Rabotin, il cui rafforzamento internazionale è testimoniato oggi dalla presenza in più di 800 prestigiosi punti vendita nei principali paesi del mondo, dall’apertura di due negozi monomarca a Parigi e del flagship store a New York e dalla consistente quota aziendale di fatturato estero. Perseguendo l’obiettivo di rispettare i più alti standard qualitativi, le calzature vengono fabbricate quasi interamente all’interno della struttura aziendale ubicata a Busto Garolfo, nelle vicinanze di Milano, per poter gestire direttamente e in maniera capillare ogni fase della produzione. La scelta di questa località trova la sua ragione nella disponibilità di servizi e infrastrutture adeguate, in una consolidata cultura imprenditoriale della zona e, soprattutto, nella disponibilità di risorse umane
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Giovanna Ceolini Giovanna Ceolini, titolare della Parabiago Collezioni di Busto Garolfo Milano (MI) www.thierryrabotin.com
altamente specializzate». Che tipo di rapporto instaurate con i clienti? «Un marchio deve rappresentare certezza, assicurare che ciò che si acquista dia effettivamente tutte le garanzie di qualità e provenienza. Un rapporto corretto con la clientela non può prescindere da questi valori, che devono essere alla base di un legame onesto marchiocliente, se si desidera che questo sia destinato a durare nel tempo. Mantenere le promesse fatte, questa la priorità per un’azienda che voglia tutelare la propria credibilità. In tempi come questi, dove spesso vige la mancanza di chiarezza, è stato facile fare di questo marchio un importante punto di riferimento per chi ama indossare calzature di grande qualità». Quali sono i punti di forza che vi contraddistinguono all’interno del mercato? «Parabiago Collezioni è convinta che la qualità complessiva di una scarpa dipenda soprattutto dall’apporto dell’uomo, essa non può che essere fabbricata interamente in Italia dove è possibile ancora avvalersi di una cultura artigianale che, nel caso scomparisse, cancellerebbe un’importante pagina di storia del costume italico. L’azienda ha sempre considerato la valorizzazione dell’individuo il punto di forza dell’impresa portando rispetto assoluto a chi ogni giorno contribuisce a determinarne il successo. Inoltre, la fabbrica all’avanguardia in materia di eco-sostenibilità recentemente inaugurata
LA QUALITÀ DI UNA SCARPA DIPENDE SOPRATTUTTO DALL’APPORTO DELL’UOMO, ESSA NON PUÒ CHE ESSERE FABBRICATA INTERAMENTE IN ITALIA DOVE È POSSIBILE AVVALERSI DELLA CULTURA ARTIGIANALE dalla Parabiago Collezioni è considerata non solo la base indispensabile per rafforzare l’eccellenza del prodotto calzatura made in Italy, ma essenziale per un equilibrio sociale, ambientale ed economico in grado di soddisfare le necessità delle generazioni presenti, senza compromettere le esigenze e i bisogni di quelle future». Quali le prospettive future? «L’azienda diffonde la cultura dell’apprendimento costante e capillare sperimentando una formula di fornea | dicembre 2012
mazione flessibile capace di conciliare gli interessi dei collaboratori con quelli dell’azienda e di continuare a tenere vivo il circolo virtuoso innovazione – sviluppo – crescita – occupazione che è propedeutico al raggiungimento di un livello di vita migliore per tutti. Attualmente Parabiago Collezioni si avvale della collaborazione di 85 dipendenti. La prospettiva però è quella di arrivare, entro due o tre anni, ad una forza lavoro di 140/150 occupati». 161
Stile italiano
Gusto, ricerca e qualità Le nuove collezioni moda passano attraverso la scelta delle boutique. Silvia e Maura Mainetti spiegano cosa cercano le donne di oggi in un capo di abbigliamento di Paolo Rocchi
el settore della moda la parola d’ordine è innovazione. Senza di essa la competizione su scala globale diventa difficile se non impossibile. In Italia il comparto moda sta vivendo una fase di transizione determinata dall’avvento dell’euro e dal capovolgimento provocato dalla crisi economica. I paesi asiatici importano in misura sempre minore le produzioni occidentali e, d’altro canto, si vanno configurando come concorrenti, anche su fasce di mercato più ampie rispetto a quelle in cui erano specializzati, proponendo prodotti a basso costo.
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Nell’ambito del lusso, seppur la crisi si sia fatta sentire in maniera molto meno accentuata, le scelte delle aziende sono state indirizzate ancora di più sulla qualità e sull’innovazione. La ricercatezza dei materiali e il valore della creatività sono infatti gli elementi che rendono un prodotto unico e di assoluta eccellenza. Per questo anche le boutique nelle nostre città operano spesso una scelta di prodotti da proporre ai clienti in base all’eccellenza che offre il mercato. «Nella scelta dei brand da commercializzare nella nostra boutique – spiegano Silvia e Maura Mainetti titolari insieme al fratello Livio di New Galles Boutique di Brescia, una realtà giovane, che si è imposta sul mercato locale in pochi anni – teniamo conto sono di gusto, ricerca e qualità». Qual è l’andamento del mercato della moda secondo la vostra esperienza e come ha reagito la boutique New Galles alla crisi dei consumi? «La nostra è una boutique di lusso, i marchi, le collezioni scelte son frutto di un’attenta e innovativa ricerca che caratterizza da sempre la nostra realtà. E anche la selezione dei brand è fondamentale: Jil Sander, Giambattista Valli, Michael Kors, Missoni sono solo alcuni dei marchi di cui siamo rivenditori, che si rivolgono comunque a una fascia alta di mercato. La
Silvia e Maura Mainetti, titolari di New Galles Boutique di Brescia www.newgalles.it
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Silvia e Maura Mainetti
PER SUPERARE LA CRISI DEL SETTORE MODA NON BISOGNA GUARDARE AL PASSATO, MA INVESTIRE SULLA CREATIVITÀ
moda, comunque, come dice la parola stessa, è in continua evoluzione, per superare la crisi non bisogna guardare al passato, ma investire sulla creatività». Possiamo fare un bilancio, anche in termini di fatturato, dell’attività nell’ultimo biennio? «Beh, il momento non è facile, possiamo comunque ritenerci soddisfatti per tutte le clienti che anche recentemente si sono avvicinate al nostro mondo». Quale particolare legame vi unisce al territorio bresciano e quale tipologia di clientela rappresenta la fetta maggiore del vostro target? «Siamo nati a Brescia e la amiamo, la nostra cliente tipo è una donna di forte personalità. L’età non conta. La donna di New Galles è forte, dinamica, con personalità, alla ricerca di nuove tendenze senza mai cadere nel banale o nell’inflazionato». La vostra famiglia possiede anche una boutique nea | dicembre 2012
per uomini. Ci sono dei tratti, una filosofia, che accomuna entrambi i negozi? «La nostra boutique è frutto di una tradizione di famiglia: i nostri genitori hanno infatti aperto nel 1992, New Galles uomo, punto di riferimento della moda maschile di altissimo livello che da sempre veste gli imprenditori e gli uomini d’affari bresciani con un gusto impeccabile e preciso proponendo marchi prestigiosi come Loro Piana, Brunello Cucinelli, Isaia. Un tratto comune di queste due realtà è senza dubbio l’amore incondizionato per il nostro lavoro, unico e pieno di stimoli». Quali obiettivi e sfide attendono New Galles nel nuovo anno? «Per carattere siamo ottimisti e sempre pronti ad affrontare nuove sfide e, perché no, nuovi progetti imprenditoriali legati al mondo della moda e non solo». 163
Mercato del lusso
L’orologio, un bene prezioso Crescono gli stranieri che acquistano beni di lusso in Italia. Tra questi, orologi di alta gamma, prodotti dalle più importanti maison elvetiche, per cui è fondamentale anche garantire l’assistenza, come nota Valeria Verga di Roberta De Tomi
l mercato del lusso continua a crescere, tanto che, secondo alcune stime, la fine del 2012 dovrebbe chiudersi con un più 6-7 per cento. Dati da confermare, anche se, entrando nei casi specifici, l’anno in corso ha comportato alcune difficoltà connesse al contesto globale, compensate dall’attenzione e dalla capacità di mantenere un ruolo nel mercato, grazie all’attenzione ai servizi alla clientela, che, per gli acquisti, è soprattutto straniera. A contare su un ruolo consolidato nell’alta orologeria dalla Luigi Verga Orologi, è Valeria Verga, che, raccogliendo il testimone del nonno, da oltre quindici anni è presente nella sede di Corso Vercelli. La fascia più alta di mercato, in diversi settori, risente meno di altri target della crisi economica. Qual è la vostra esperienza in merito? «L’attuale situazione economica non favorisce in generale gli acquisti. Anche chi ha grande potere di acquisto compra meno. In questo momento il cliente italiano è più presente per le riparazioni o i cambi di cinturino, ma c’è anche chi è alla ricerca di modelli di alta gamma, a volte con caratteristiche che implicano investimenti notevoli. Tuttavia, essendo locati a Milano, città di business e turismo, non mancano clienti stranieri che, anzi, sono quelli che ci consentono di mantenerci attivi: grazie a questa clientela, negli ultimi due anni abbiamo riscontrato una tenuta sostanziale, pur con riduzione della marginalità». Attualmente, come vengono percepiti gli orologi di lusso? «L’orologio è un oggetto che si desidera possedere più
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Valeria Verga
Valeria Verga, titolare della Luigi Verga Orologi, che è presente a Milano www.luigiverga.it
per piacere personale che non per l’uso della misurazione del tempo, in quanto oggi possiamo leggere l’ora su diversi supporti. L’orologio, in particolare quello di alta gamma, è uno dei principali accessori che il genere maschile ama esibire e sempre più spesso lo si abbina all’abbigliamento e alle situazioni quotidiane. Quindi si passa dall’acquisto di orologi sportivi, ai classici, ai super complicati – questi ultimi a volte in edizioni speciali, limitate o uniche – che quindi nel tempo possono acquisire un valore maggiore. Il cliente, oggi più oculato nelle spese, si rivolge con maggiore frequenza alle marche più consolidate della tradizione orologiera elvetica in quanto, oltre ad articoli di alta qualità e design costituiscono un “bene di rifugio”». Relativamente alla clientela straniera, da quali paesi proviene? «Il negozio Verga di Corso Vercelli è tipicamente dedicato alla città e alla provincia allargata, che negli ultimi due anni ha visto l’affluenza di clienti stranieri, in particolare proveniente dall’Est, europeo e asiatico». Vi distinguete per i servizi offerti dal laboratorio tecnico. Quale valore aggiunto rappresenta per l’azienda? «Il nostro laboratorio di assistenza interno, certificato Uni En Iso 9001:2000 è un servizio fondamentale, su cui il cliente può sempre contare, sia per la sostituzione di cinturini, che per riparazioni meccaniche, assicurando sempre l’originalità dei componenti utilizzati durante gli interventi. I nostri tecnici, altamente qualificati, sono in grado di intervenire anche su modelli d’epoca». nea | dicembre 2012
ATTENDIAMO A GENNAIO IL SIHH (SALONE INTERNAZIONALE DELL’ALTA OROLOGERIA) A GINEVRA E AD APRILE BASELWORLD (FIERA INTERNAZIONALE DELL’OROLOGERIA E GIOIELLERIA) A BASILEA
Cosa vi prospettate per il 2013? «Ponendoci in un’ottica positiva rispetto alla risoluzione della crisi, attendiamo a gennaio il Sihh (Salone Internazionale dell’Alta Orologeria) a Ginevra e ad aprile Baselworld (Fiera Internazionale dell’Orologeria e Gioielleria) a Basilea, per vedere le nuove proposte dei marchi di cui siamo concessionari, sperando che possano consentirci di ampliare la nostra clientela. Ci auguriamo inoltre che le Maison svizzere ci vengano incontro con condizioni di collaborazione che ci permettano di mantenere attiva la nostra professione, sperando in tempi più proficui». 165
Turismo
Tiene il turismo d’affari
Simonetta Bamfi fa il punto sulle possibilità del settore turistico, in calo per quanto riguarda il “vacanziero”, ma stabile sul versante “d’affari”. E rilancia con viaggi personalizzati
nche il turismo sembra subire gli effetti dell'attuale crisi economica: in particolare, se è calata la vendita dei viaggi per turismo, appare invece stabile quella dei viaggi per affari. Negli ultimi anni questo mercato vive quindi la diminuzione dei clienti di “fascia media”, che permettevano alle agenzie di aumentare il volume delle loro vendite. «Ciò che è cambiato, afferma la titolare di Bonanza Viaggi, Simonetta Bamfi, è il cliente che oggi, troppo spesso, sceglie il viaggio non tanto per la destinazione desiderata quanto in base al suo “Costo”. La nostra strategia quindi, è quella di offrire “qualità” e “innovazione” diversificando i nostri servizi». La storica Agenzia di Treviglio (BG), oltre ad essere una
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di Valeria Garuti
struttura accreditata Iata, con emissione in tempo reale di biglietteria aerea, si è specializzata in “viaggi su misura”. «Il nostro - continua la titolare - è diventato dunque un servizio di consulenza dettagliata che nulla lascia al caso, dalla vacanza più semplice al giro del mondo aggiungiamo alla nostra esperienza professionale, quella personale, curando nello specifico ogni particolare dei servizi offerti. Per quanto riguarda le prenotazioni alberghiere ad esempio contattiamo gli hotels di tutto il mondo e spesso
Simonetta Bamfi A sinistra, Simonetta Bamfi, direttore tecnico della Bonanza Viaggi Srl di Treviglio (BG) www.bonanzaviaggi.it
LA NOSTRA STRATEGIA, QUINDI, È QUELLA DI OFFRIRE “QUALITÀ” E “INNOVAZIONE” DIVERSIFICANDO I NOSTRI SERVIZI
effettuiamo sopralluoghi di persona per assicurarci della qualità delle strutture. In particolare, a questo proposito, poniamo molta attenzione alle aziende, siano esse piccole o medie imprese o multinazionali con sede in Italia ma anche all’estero, offrendo assistenza non solo per la biglietteria aerea ma anche nella “ricerca” di hotels che maggiormente rispettino le esigenze dei dirigenti, dei loro dipendenti e dei “colleghi stranieri”, ottenendo visti consolari ove si rendano necessari ecc.». L’agenzia Bonanza Viaggi, situata in un antico edificio nel centro della Città, “vive” da più di quarant’anni riscuotendo favorevoli consensi da clienti di tutte le età e provenienze. «Ultimamente - specifica la titolare di Bonanza Viaggi la nostra attività si è ulteriormente ampliata, offrendo anche servizi finanziari come il trasferimento di denaro in Italia, dall’estero e per l’estero. Grande inoltre, è la soddisfazione di molti clienti stranieri che si rivolgono alla nostra Agenzia per acquistare non solo biglietteria nea | dicembre 2012
aerea ma anche ferroviaria e marittima». Lo “Staff Bonanza Viaggi” è tutto al femminile e non è un caso: «La mia esperienza, iniziata in questa azienda durante gli studi - spiega Simonetta Bamfi - mi ha insegnato che le donne, nel nostro settore, sono per natura dotate di una pazienza e di un’empatia ammirevoli, qualità indispensabili per svolgere al meglio l’attività di consulenza turistica. Negli anni, comunque, ho avuto la fortuna di collaborare anche con figure maschili dalla professionalità impeccabile, in particolare il mio mentore, fondamentale non solo per la formazione professionale ma anche per quella umana e a lui dunque un grazie per il successo della mia attività». Simonetta Bamfi si augura per il “futuro” un auspicabile ritorno al “passato” dove la qualità e la professionalità possano, non solo essere una prerogativa, ma soprattutto una privilegiata nota di distinzione per chi ogni giorno fa questo lavoro con lo stesso entusiasmo e passione di un tempo. 167
Premio Bellisario
Talenti italiani nel management «La leadership è un mix di qualità naturali e cultura del lavoro che si può apprendere e affinare». Giorgina Gallo è riuscita ad affermarla in l’Oréal Italia di Renata Gualtieri
e donne premiate durante l’ultima edizione del Premio Marisa Bellisario, la XXIV, rappresentano l’eccellenza femminile del Paese «che è riuscita a esprimersi e a mettere il proprio mattone – ricorda Lella Golfo, presidente della Fondazione – sulla grande casa che è questo Paese». Sono imprenditrici, manager e donne delle istituzioni che nel loro ambito lavorano ogni giorno, e con grandi risultati, per lo sviluppo dell’Italia. Tra le premiate c’era l’amministratore delegato di L’Oréal Italia, Giorgina Gallo, per un successo maturato tappa dopo tappa in cui «ha contato molto la tenacia – sottolinea la stessa Gallo – la forza di combattere e di non mollare mai. Il mio background nel marketing mi è stato utile per la capacità di “visione”, mentre l’esperienza nel commerciale per la concretezza e la rapidità d’azione. È stato, inoltre, importante ascoltare sia l’esperienza dei collaboratori senior che le idee nuove dei giovani e poter contare su squadre motivate e creative; ho sempre cercato di privilegiare l’attenzione alle persone e “l’esempio” per creare un modello di leadership condiviso e aziendale». Perché le donne italiane laureate e più brave delle loro colleghe europee fanno meno carriera? «In realtà le donne italiane stanno cominciando a contare davvero a livello mondiale. Nella nostra azienda il management femminile italiano - e anche quello maschile - è molto apprezzato. Tanto che la nazionalità italiana nel management è la più rappresentata dopo i francesi. Il che è un evidente riconoscimento del nostro talento e della nostra preparazione. È vero, invece, che nel nostro Paese le donne hanno ancora poco spazio nei posti di responsabilità. Questo dipende in gran parte, come dicono anche gli studi della Commissione europea,
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Giorgina Gallo, amministratore delegato di L’Oréal Italia
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Il premio “For women in science”, che vede la collaborazione di L’Oréal e Unesco
GRAZIE A “L’ORÉAL ITALIA PER LE DONNE E LA SCIENZA” MOLTE PREMIATE CONTINUANO A PROGREDIRE IN UN CAMPO DI RICERCA CHE ALTRIMENTI AVREBBERO DOVUTO ABBANDONARE PER MANCANZA DI FONDI dal fatto che la carriera delle donne tra i 25 e i 35 anni subisce una battuta d’arresto a causa della necessità di integrare le scelte personali con quelle professionali. Inoltre, i problemi dell’economia italiana non favoriscono certo le carriere, soprattutto quelle femminili. Un ritorno alla crescita può essere un’importante spinta anche alla soluzione di questo problema». L’accesso alla carriera continua a essere più facile in una multinazionale che in una realtà più piccola? «Nelle multinazionali ci sono più opportunità e maggiori possibilità di confronto. L’ambiente internazionale favorisce l’esempio e la cultura d’impresa. È quindi più facile per una persona con le giuste capacità avere riconoscimenti. La struttura delle aziende italiane è spesso basata sulle piccole dimensioni e, frequentemente, su geniali e coese famiglie di imprenditori. Sempre più spesso capita che il manager sia la donna, la quale assume anche nell’impresa quel ruolo di perno che ha sempre avuto in famiglia. Nelle aziende mediograndi, invece, è la stessa necessità di internazionalizzazione che spinge a cercare anche donne al top per poter avere talenti sufficienti. Vedo molto talento femminile attivo in Italia. Ma non dobbiamo mai abbassare la guardia né smettere di chiedere con forza che i meriti nea | dicembre 2012
femminili vengano riconosciuti». Cosa fa L’Oreal Italia per sostenere la ricerca fatta dalle donne? «Noi crediamo molto nella valorizzazione del talento femminile e nella ricerca scientifica. Per questo motivo nel 1998 è nato su iniziativa di L’Oréal e Unesco, “For women in science”, il primo premio internazionale dedicato alle donne che operano nel settore scientifico. Questo programma premia cinque candidate, una per ciascuno dei cinque continenti. Oltre a ciò, vengono assegnate ogni anno quindici borse internazionali a giovani ricercatrici. Dal 1998 a oggi sono state sostenute nel loro percorso di carriera ben 1.300 scienziate. In Italia il programma “L’Oréal Italia per le donne e la scienza”, declinazione locale del precedente, è giunto alla sua decima edizione. Ogni anno assegna cinque borse di studio, a cura di un’autorevole giuria presieduta dal professor Umberto Veronesi. Finora sono state assegnate cinquanta borse di studio ad altrettante scienziate. Molte di loro grazie al premio hanno avuto la possibilità di poter progredire in un campo di ricerca che altrimenti avrebbero abbandonato per mancanza di fondi. Questo è senza dubbio uno dei progetti di cui sono più orgogliosa». 173
Premio Bellisario
Il riscatto parte dalle donne «Restare nella propria terra significa mettersi in gioco in prima linea e non delegare agli altri le proprie responsabilità». L’esperienza di Elisabetta Tripodi di Renata Gualtieri
l Premio Marisa Bellisario consegnato a una donna delle istituzioni fa di lei il simbolo di un possibile cambiamento in una terra di “confine”. Elisabetta Tripodi, sindaco di Rosarno, si dice lusingata davanti al riconoscimento ricevuto lo scorso giugno a Roma, premio che accresce la responsabilità di amministrare un Comune che a causa della rivolta dei migranti del 2010 è stato conosciuto dai media internazionali come un esempio negativo. «Vorrei dimostrare che la mia città ha una enorme voglia di riscatto morale e culturale – rivela – e che un cambiamento è possibile solo se i cittadini ci crederanno». Come pensa di “trascinare” Rosarno nell’impresa di contrastare la ‘ndrangheta? «Non mi sento né un simbolo né una paladina dell’antimafia. Credo che la ‘ndrangheta vada combattuta con comportamenti personali non inclini al compromesso, alla collusione o alla compiacenza a un potere criminale che è sempre più pericoloso quando si nutre di consenso sociale. La ‘ndrangheta perderà il suo potere quando si capirà che essa distrugge il territorio impoverendolo e sarà risolto il problema della Calabria, la mancanza di lavoro». Quanto la preoccupano le intimidazioni ricevute? «Le intimidazioni le avevo messe in conto, non pensavo però che la mia vita sarebbe uscita stravolta dall’assegnazione di una tutela personale. Il mio primo pensiero è sempre la sicurezza della mia famiglia». Il progetto “Sentieri di carta” può disegnare una nuova politica culturale del territorio? «La riscoperta delle radici culturali di una città è essenziale per il suo sviluppo. Il sapere è la medicina ne-
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Elisabetta Tripodi, sindaco di Rosarno, in provincia di Reggio Calabria
cessaria per aprire le menti e sottrarle al richiamo della criminalità. Solo attraverso un sistema scolastico che riesca ad aiutare i ragazzi deboli, sottraendoli all’emarginazione culturale, si potrà sconfiggere il substrato sociale in cui si fonda la ‘ndrangheta». Nel suo programma amministrativo c’è spazio per la parità di genere e per le quote rosa? «Abbiamo già compiuto una piccola rivoluzione: in consiglio comunale, oltre a me, vi sono quattro donne su ventuno consiglieri tra maggioranza e opposizione. Stiamo pensando con le consigliere del Pd di proporre per l’anno prossimo un bilancio di genere e di far decollare la consulta delle donne».
Strategie
La continuità dell’impresa La sopravvivenza e la crescita dell’impresa dipendono anche dalla permanenza di una gestione unitaria e competente, in grado di far fronte alle incognite del passaggio generazionale. Ne parla l’avvocato Cristina Rossello di Francesca Druidi resce oggi il numero delle imprese familiari controllate da holding. A commentare l’attuale scenario legato alla governance aziendale, illustrandone criticità e prospettive, è Cristina Rossello, che ha partecipato al dibattito su alcune delle riforme del diritto più significative degli ultimi anni, tra cui il Testo unico della finanza, la riforma del processo civile e quella del diritto societario. Se e come sta avvenendo il passaggio verso la gestione finanziaria dell’impresa? «La holding è una forma di risposta tecnica complessa perché, rispetto ad altri sistemi, raduna portatori di esigenze diverse e talvolta contrapposte. Il che non significa che ciò sia negativo, ma la scelta della holding è di tipo “partecipativo” e non verticistico. Come per le altre forme classiche di risposta alle varie esigenze del passaggio generazionale - ad esempio il fondo patrimoniale, le fondazioni, le donazioni, il testamento, la private equity, il fondo immobiliare - la holding ha per scopo quello di assicurare la continuità dell’impresa. Questa produce vantaggi per l’imprenditore e per la collettività, nella misura in cui contribuisce a stabilizzare le previsioni di risultato, favorendo le politiche di investimento, il rimborso dei finanziamenti e il mantenimento dell’occupazione; a massimizzare il numero di operatori economici efficienti, stimolando la domanda e l’offerta, in regime di concor-
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renza; a ridurre il rischio che numerose aziende vengano meno, con gravi conseguenze per l’intero Paese. L’impiego delle holding è diffuso quando il gruppo di famiglia è più articolato e dislocato in diversi paesi». Quali restano i fattori critici insiti nel passaggio generazionale? «Secondo i dati della Commissione europea dell’ultimo decennio, circa un terzo delle imprese ha dovuto, deve o vorrà affrontare le problematiche relative al cambiamento della proprietà e all’avvicendamento generazionale. Ecco perché diventano impellenti lo studio e l’introduzione di apposite norme che tengano conto delle peculiarità dell’impresa familiare e ne salvaguardino l’integrità, anche di fronte al rischio di controversie in sede di divisione dell’eredità o di rotture dei legami familiari per separazioni o divorzi». Come si può intervenire? «Ho lavorato in una specifica commissione dell’Aidaf a importanti progetti di riforma sulla quota legittima, sulla porzione disponibile, sugli accordi prematrimoniali e sui patti di famiglia, specie riguardo al passaggio generazionale. Purtroppo, molti senza esito e, vista la situazione attuale, tutti in alto mare. Il nostro diritto positivo ha già fatto un primo passo per evitare il frazionamento di determinati beni e di favorire la continuità imprenditoriale, introducendo il concetto del patto di
Cristina Rossello
Cristina Rossello, avvocato cassazionista, esperta di diritto societario, bancario e dei valori mobiliari e presidente di Progetto Donne e Futuro
famiglia, anche se la formulazione non è ancora propriamente la più felice. Anche la prassi ha già manifestato una certa propensione per la pianificazione anticipata della successione dell’imprenditore, favorendo l’erede più capace attraverso strumenti e processi dedicati quali trust, holding di famiglia, family buy out. Non sono mancate, inoltre, le proposte di regolamentazione della trasmissione delle piccole e medie imprese o di modificare la successione necessaria». La successione è solo un aspetto del problema: una soluzione compiuta richiederebbe appositi interventi anche nelle ipotesi di matrimonio, separazione e divorzio. «I tempi sarebbero maturi per introdurre una riforma organica - previsione degli accordi prematrimoniali e modifica della quota di legittima - che garantisca gli interessi della famiglia, dell’impresa e della collettività. Lo sforzo di proporre tali revisioni si configura come un’opportunità in più consentendo all’imprenditore, nel caso della riduzione della legittima, una ragionata assegnanea | dicembre 2012
zione del patrimonio imprenditoriale e, riguardo ai patti prematrimoniali, la realizzazione di un accordo che favorisce un positivo progetto di vita, salvaguardando la continuità dell’azienda». Quale profilo avrà l’impresa, passata la “grande crisi”? «Le aziende italiane stanno lottando disperatamente per la sopravvivenza. Stanno facendo sacrifici drammatici, riducendo i margini per recuperare quote di mercato all’estero puntando nella forza competitiva del made in Italy. Una buona notizia su questo fronte viene dal Consiglio dell’Ue che ha approvato l’introduzione di dazi sui radiatori in alluminio provenienti dalla Repubblica popolare cinese. Grazie all’azione intrapresa da me, dai professionisti incaricati dal consorzio Airal e dal commercialista Arrigo Bandera nei confronti delle aziende produttrici cinesi, l’Ue ha finalmente riconosciuto la sussistenza del dumping e l’impatto che ha avuto questa pratica di concorrenza sleale sul mercato europeo, già provato dalla crisi economica». 177
Imprese e ambiente
Consulenza per l’ambiente Con la crescita della sensibilità verso il settore ambientale, le aziende specializzate nella consulenza per la protezione dell’ambiente, stanno assumendo un ruolo particolarmente importante. Approfondiamo l’argomento con Luana Grossi di Emanuela Caruso
nvestire nella tutela dell’ambiente è doveroso e va fatto nella maniera giusta. Infatti per essere in grado di individuare le soluzioni ottimali per le varie esigenze del settore, è necessario un approccio chimico e impiantistico che solo le imprese impegnate da tanti anni nel campo dell’ingegneria e delle scienze ambientali possono aver maturato. La Depura Chimica e Tecnologia dell’Ambiente è proprio una di queste imprese. «La nostra esperienza – chiarisce Luana Grossi, titolare dell’azienda – deriva da oltre vent’anni di attività nel settore della consu-
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lenza e analisi ambientale. Grazie alle competenze acquisite siamo in grado di occuparci di tutto ciò che riguarda le problematiche del settore, in particolare della caratterizzazione e del trattamento delle acque primarie, superficiali e reflue; dei fluidi di processo sia liquidi che aeriformi; dei rifiuti solidi sia civili che industriali». Nei tre ambiti cui rivolgete i vostri servizi, quali sono le soglie previste, gli obblighi e i nodi critici messi in evidenza dalle relative normative? «La costante e crescente evoluzione delle modalità
Luana Grossi
di gestione di acqua, aria e suolo – in particolare dei rifiuti urbani e industriali – richiede la continua verifica delle tecnologie proposte dal mercato rispetto alle normative ambientali. È necessaria una particolare attenzione volta sia alla salvaguardia dell’ambiente sia alla tutela del cliente, mettendolo in condizione di evitare di commettere errori di gestione che porterebbero a sanzioni amministrative, fermi produttivi e conseguenze penali. Uno dei nostri compiti è proprio quello di supportare gli utenti nella risoluzione di tali adempimenti». La Depura CTA si occupa anche di monitoraggi, supervisioni e controlli di impianti di depurazione. Come operate in tale ambito? «Con la collaborazione di un team di specialisti offriamo ai clienti operanti nel settore dell’industria, dell’artigianato, del commercio e della pubblica amministrazione un servizio di gestione degli impianti di depurazione comprensivo di attività specifiche per le singole esigenze; servizio globale analitico, operativo, chimico ed elettromeccanico; servizio di supervisione e controllo di impianti di trattamento acque primarie e di scarico; manutenzioni straordinarie e programmate». Chi sono in generale i principali interlocutori della Depura CTA? «Tra i nostri clienti fidelizzati annoveriamo aziende di produzione e servizi e imprese impegnate in trattamento, smaltimento e recupero dei rifiuti – metalli, carta, plastica, vetro e multimateriali. Tutti gli utenti che si rivolgono alla nostra impresa sono concentrati nel nord e centro Italia, in particolare Lazio, Umbria, Marche e Toscana». In termini di fatturato, quale andamento avete registrato nell’ultimo biennio e come ha influito la crisi economica sulla vostra attività? «Successivamente a una buona crescita di fatturato registrata nel triennio 2009-2011, che ha consentito alla Depura CTA di effettuare vari e interessanti investimenti, il 2012 ha fatto riscontrare invece una lieve diminuzione del fatturato dovuta al particolare momento storico, che costringe tutti i potenziali clienti a prestare una maggiore attenzione ai costi di nea | dicembre 2012
Luana Grossi, titolare della Depura CTA Srl di Roma www.depuracta.it
LA COSTANTE EVOLUZIONE DELLE MODALITÀ DI GESTIONE DI ACQUA, ARIA E SUOLO E RIFIUTI RICHIEDE LA CONTINUA VERIFICA DELLE TECNOLOGIE PROPOSTE RISPETTO ALLE NORMATIVE AMBIENTALI
gestione e investimento relativi anche al settore ambientale». Quali sono le prospettive e gli obiettivi futuri della Depura CTA? «Nonostante il duro periodo di stagnazione economica, il nostro obiettivo primario è quello di riportare in crescita il fatturato per ricominciare a investire in studi per la realizzazione di nuovi sistemi di separazione automatizzata dei materiali da recupero. In particolare, un progetto di separazione di metalli non ferrosi verrà portato a termine entro febbraio 2013, mentre successivamente verrà avviata la ricerca sui multimateriali per la produzione di energia alternativa da CSS». 181
Gestione rifiuti
Superare la crisi salvando l’ambiente Separare i rifiuti nel momento in cui vengono prodotti consente alle aziende di abbassare i costi di smaltimento. Loredana Lezoche spiega perché è importante sensibilizzare i giovani su questi temi di Valeria Garuti
nche il settore dei rifiuti, come molti altri, subisce gli effetti dell’attuale congiuntura economica che sta caratterizzando il nostro Paese. Ad un calo della produzione si abbina infatti un calo dei consumi, con conseguente diminuzione dei rifiuti. L’azienda barese di raccolta e trattamento di rifiuti speciali Glob Eco resta sul mercato attuando un sistema che permette di ottenere ricavi e, allo stesso tempo, di rispettare l’ambiente. «Abbiamo proposto alle aziende – spiega Loredana Lezoche, direttore commerciale di Glob Eco – di separare il rifiuto quando lo producono. Ciò comporta un risparmio dei costi di smaltimento sia per l’azienda sia per la nostra società». Fattore decisivo del vostro sviluppo economico è l’inserimento in una filiera particolare: il rifiuto tecnologico. Oggi sono molte le aziende italiane che necessitano di smaltire questo genere di rifiuti. A livello economico che cosa rappresenta questo aspetto? «Siamo una delle prime realtà in Italia che si è interessata allo smaltimento del rifiuto tecnologico e negli anni abbiamo acquisito una grande conoscenza di questo settore. Siamo quindi in grado di evitare la frantumazione, concentrandoci in particolar modo sul disassemblaggio manuale del materiale, al fine di ricavare materia prima. Questa nostra peculiarità ci permette di operare su tutto il territorio nazionale». In che modo vi impegnate relativamente alla sen-
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Loredana Lezoche
In apertura, Loredana Lezoche, direttore commerciale di Glob Eco Srl, Molfetta (BA) www.globeco.info
sibilizzazione culturale nei confronti della filiera di cui voi fate parte? «Da sempre offriamo consulenza sulla normativa inerente allo smaltimento dei rifiuti. In particolare, la sensibilizzazione dei giovani è un aspetto fondamentale del mio lavoro. Se il singolo soggetto contribuisce in prima persona alla separazione dei rifiuti, in futuro sarà possibile migliorare la nostra esistenza e quella delle generazioni future». Dove si concentreranno e su quali presupposti avverranno i prossimi investimenti da parte della Glob Eco? «Nonostante alcuni problemi di liquidità dovuti alle dilazioni dei pagamenti da parte dei clienti, abbiamo ottima credibilità a livello bancario . Stiamo inve-
teria di riciclo di rifiuto? Quanto è grave la situazione con cui lei si confronta? «Fino a pochi anni fa circa il 90 per cento delle aziende esportava illegalmente rifiuti inquinanti. Questo accadeva principalmente perché la cultura dello smaltimento era ancora molto carente. Oggi, nonostante esista una normativa precisa che regola lo smaltimento dei rifiuti, è ancora difficile istruire
CULTURA DELLO SMALTIMENTO E VALORIZZAZIONE DEI RIFIUTI SONO ASPETTI IMPORTANTI PER MIGLIORARE LA NOSTRA ESISTENZA E QUELLA DELLE GENERAZIONI FUTURE
stendo in un impianto del valore di 1,5 milioni di euro, che consentirà di smaltire in Italia quei rifiuti inquinanti che ancora oggi, troppo spesso, vengono esportati illegalmente fuori dal confine italiano. Inoltre i materiali che questo impianto riciclerà, saranno materia prima e seconda pronta ad essere riutilizzata sullo stesso mercato italiano». Quanto è diffusa la cultura della legalità in manea | dicembre 2012
gli imprenditori che hanno adottato determinati comportamenti per lunghi periodi di tempo. Vero è che il settore in cui opera Glob Eco presenta infiltrazioni di ogni genere che contribuiscono a lasciare invariate la situazione. Ciò nonostante credo che una migliore sensibilizzazione al tema dello smaltimento sin dall’infanzia potrebbe contribuire a migliorare la situazione attuale». 183
Gestione rifiuti
Al passo con la normativa La diversificazione dei servizi, ma anche il costante aggiornamento per adeguare l’attività alle normative, in continuo cambiamento, sono i requisiti principali per le aziende che si occupano di gestire e smaltire i rifiuti. Il punto di Giusi Lonoce di Roberta De Tomi
n quadro normativo in continua evoluzione è quello cui il settore dei rifiuti fa continuamente riferimento, sia in merito alle tecniche e modalità d’interventi, che alla tecnologia di cui avvalersi, per agire nel rispetto dell’ambiente. Una regolarizzazione che, in passato, ha latitato, determinando dei ritardi, rispetto ad altri paesi europei; malgrado ciò, diverse imprese del settore si sono “attrezzate”, mostrando una notevole lungimi-
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ranza, come nel caso della Cometalf. Attiva da sessant’anni, la società ha incorporato in sé la vocazione al green, cogliendo sin da subito le opportunità offerte dalle tecnologie più avanzate, per creare un centro raccolta, concepito come parco ecologico. Un altro momento importante per la Cometalf, è stato il ricambio generazionale: l’attuale titolare, Giusi Lonoce, gestisce la società, raccogliendo l’eredità del padre e fondatore dell’impresa, specializzata nella trasformazione e pre-
Giusi Lonoce
Giusi Lonoce, titolare della Cometalf Srl, con sede a Francavilla Fontana (BR) www.cometalf.it
parazione di materiali ferrosi e metallici. Quali elementi ha conservato della gestione di suo padre e quali novità ha introdotto? «Con la mia amministrazione, l’azienda è sicuramente cambiata, anche perché è mutato il modo di interpretare questo settore». Dal vostro punto di vista, quali configurazioni ha assunto o sta assumendo il settore dello smaltimento rifiuti? «Negli ultimi anni il legislatore ha introdotto numerose norme ambientali e sulla sicurezza, perché ora, fortunatamente, si sta cercando di regolarizzare in maniera esaustiva questo settore, che probabilmente negli anni passati è stato gestito in modo non consono al rispetto dell’ambiente. All’interno di questo quadro, il mio intento è quello di dotare l’impianto di tutte le tecnologie più avanzate, messe a punto per operare, conformemente alle esigenze e al rispetto dell’ambiente». Nell’ultimo biennio, in che entità ha influito la congiuntura economica, sulla vostra attività? «Sulla cosiddetta crisi circolano numerose frasi di circostanza, che non rispecchiano il nostro andamento. Se consideriamo la situazione in cui versa il mercato nazionale, ritengo che la Cometalf, pur tra alti e bassi, sia caratterizzata da una situazione positiva, soprattutto se la si paragona a quella di altre realtà. Per noi si tratta di un risultato importante, che ci dà la possibilità di guardare al futuro con fiducia». Come riuscite a distinguervi nel settore in cui operate? «In questo settore ciò che fa la differenza è la competitività del servizio: più servizi offri, maggiori possibilità hai di ampliare la clientela. Non basta, però soltanto questo, poiché il cliente, sia esso un privato o un’azienda, ha bisogno di essere tenuto informato e aggiornato sulle normative del settore, che sono in continuo e costante mutamento. Tutti i tipi di materiali, di smaltimento e di nea | dicembre 2012
IL MIO INTENTO È QUELLO DI DOTARE L’IMPIANTO DI TUTTE LE TECNOLOGIE PIÙ AVANZATE, MESSE A PUNTO PER OPERARE, CONFORMEMENTE ALLE ESIGENZE E AL RISPETTO DELL’AMBIENTE recupero, devono seguire un percorso preciso e predeterminato, fattibile solo con l’impiego di macchinari adeguati e con le autorizzazioni. Adeguarsi, quindi, anche tecnologicamente, oltre che dal punto di vista normativo, sono le condizioni indispensabili per mantenere e ampliare la competitività sul mercato». Cosa intendete realizzare nel nuovo anno? «In primo luogo, occorre stilare un bilancio per capire cosa si può migliorare rispetto all’anno che sta per terminare. Sicuramente intendiamo proseguire sulla strada delle politiche collaudate e si stanno valutando investimenti per accrescere ulteriormente l’azienda. E naturalmente, si spera in un miglioramento delle condizioni dell’economia, da cui tutti trarrebbero vantaggio». 185
Edilizia
L’etica, motore del cambiamento Malgrado la profonda crisi che ha colpito il mercato edile, la provincia di Roma si è resa protagonista di una certa vivacità immobiliare. Ne abbiamo discusso con Pamela Onorati che, per la sua impresa edile, ha fatto leva sull’etica di Marco Tedeschi
a provincia di Roma nell’anno 2011, ha fatto registrare nel suo complesso 51.824 compravendite immobiliari con un aumento rispetto all’anno precedente dello 0,7 per cento. È quanto ha appena pubblicato l’Agenzia del Territorio nei suoi “Quaderni dell’Osservatorio. Appunti di Economia Immobiliare”. Secondo quanto riportato l’IMI, ovvero l’indice dell’intensità del mercato immobiliare, si attesta intorno al 2,4 per cento rimanendo stabile rispetto al 2010. La quotazione media provinciale delle abitazioni nel 2011 risulta pari a 2.901 euro/m2, anche in questo caso con variazione positiva del +0,9 per cento. La distribuzione territoriale delle transazioni e dell’IMI nel 2011 evidenzia una forte concentrazione in alcuni comuni dell’area del litorale sud (Anzio) dell’asse tiburtina (Guidonia Montecelio) e nell’asse litorale nord dove l’indice IMI supera il 3 per cento nei comuni di Cerveteri, Civitavecchia e Ladispoli. Vivacità del mercato si riscontra anche nelle zone interne (Capena, Fiano Romano, Labico, Manziana, Marino, Riano, Rignano Flaminio, Trevignano Romano). Un quadro di riferimento della situazione immobiliare ed edilizia della provincia che vede protagonista anche la Edil O.P., attiva nell’ambito della cantieristica per le opere che vanno dalla pittura alle decorazioni di interni e esterni. «Possiamo contare su un personale qualificato – spiega Pamela Onorati, oggi a capo dell’azienda - in
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Pamela Onorati è a capo della Edil O.P. di Tivoli Terme, Roma www.impresaedileguidoniaroma.it
Pamela Onorati
DARE IL MIGLIOR RISULTATO A UN PREZZO ETICO SIGNIFICA POTER ANDARE AVANTI E ASSICURARE UN IMPIEGO STABILE AI DIPENDENTI
grado di effettuare finiture sia interne che esterne di pitture industriali, civili, sanitarie e decorative: marmorizzazioni, finti marmi e travertini, finte pietre, stucco antico, cera antica, ottocento, laccature lucide e sanitarie, effetti moderni, effetti metallici, finti legni, invecchiature e prestigiose finiture per esterni con silicati, silossanici o velature». Qual è la situazione che riscontra nel mercato dell’edilizia e su che cosa puntate per essere competitivi? «La situazione nel mercato edile non è facile, come è noto agli occhi di tutti. Certo è che visti i tempi di oggi, messi a dura prova dalla profonda crisi economia, io faccio leva sul mio modello di fare impresa, dove è l’etica che fa la differenza. L’etica deve sempre più diventare base importante per azionare un cambiamento e farci muovere dal periodo di difficoltà. È ovvio che l’etica richiede maggiore dedizione e sacrificio per poter accedere a una produzione che pretende sempre più qualità comparata a una giusta adeguatezza professionale delle maestranze. Ma è il giusto prezzo da pagare. Il problema è che nea | dicembre 2012
oggi purtroppo molte aziende sono costrette a rinunciarvi per via dei vincoli di bilancio». Oltre all’etica la sua realtà si basa anche su investimenti significativi. Potrebbe farci qualche esempio? «Investiamo moltissimo sul personale, altamente qualificato e costantemente aggiornato, oltre tutelare la loro sicurezza in ogni ambiente di lavoro con adeguate ed indispensabili misure di prevenzione e tutela della sicurezza, in quanto quello del cantiere edile è uno dei settori che più necessitano di accortezza. Altri investimenti riguardano le notevoli innovazioni tecnologiche che consentono di risparmiare energia fisica; mi riferisco alla recente acquisizione di nuove macchine per carteggiare, per spruzzare tinte e smalti e mezzi per il carico di materiali. Dare il miglior risultato a un prezzo etico significa poter andare avanti e assicurare un impiego stabile ai dipendenti. Questi sono tutti insegnamenti che mi sono stati trasmessi da mio padre, figura fondamentale e che sono onorata di aver affiancato». 189
Restauro
L’innovazione nel restauro Servirsi di metodologie innovative permette di recuperare la bellezza di manufatti antichi, attraverso un approccio non invasivo. L’esperienza di Silvia Baldis nel recupero dei dipinti della cripta del duomo di Bergamo di Carlo Gherardini
iportare all’antico splendore i manufatti artistici, permettendo la conservazione di un vero e proprio patrimonio culturale. Da questo obiettivo prende le mosse l’attività del restauro, una disciplina preziosa e delicata, che richiede minuzia artistica e la profonda conoscenza delle tecniche più disparate, adatte a intervenire sui diversi mate-
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Silvia Baldis al lavoro all’interno del suo laboratorio Silvia Baldis Restauri di Bergamo www.baldisrestauri.it
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riali. Silvia Baldis è un’esperta restauratrice che opera nel campo della conservazione di manufatti artistici dal 1985, nell’omonimo laboratorio Silvia Baldis Restauri. «Gli ambiti in cui opera la mia ditta spaziano dai dipinti murali agli elementi architettonici, lapidei e in stucco, dalle opere dipinte su tela a quelle su tavola, policrome e dorate. Gli interventi di conservazione e recupero, pro-
Silvia Baldis
grammati e diretti dalle Sovrintendenze ai Beni Storici e Artistici e ai Beni Ambientali ed Architettonici delle province di Bergamo, Milano, Como, Lecco, Lodi, Sondrio, Brescia, Cremona e Mantova, sono effettuati su opere provenienti da Musei ed Enti pubblici e privati» afferma Silvia Baldis che nel suo curriculum vanta lavori di grande pregio, uno dei più recenti effettuato quest’estate sui dipinti della cripta del duomo di Bergamo del secolo XIII. Gli scavi effettuati tra il 2004-2006 nella zona sottostante il pavimento dell’attuale Cattedrale di S. Alessandro in Bergamo avevano infatti portato alla luce un’importante testimonianza dell’antica chiesa di S. Vincenzo. Si tratta di un setto murario con alla base una zoccolatura impreziosita da lastre in pietra di recupero paleocristiane sulla quale si eleva una muratura in laterizio, scandita da cinque nicchie per lato, che nella porzione di destra risultano intonacate e dipinte con una teoria di Santi risalente all’ultimo ventennio del XIII sec. In realtà il dipinto è un palinsesto su cui si distinguono anche un ulteriore livello con un frammento di crocifis-
del museo della Cattedrale – continua Silvia Baldis –. Trattandosi di un ciclo di dipinti inediti e di grande importanza dal punto di vista storico-artistico, si è deciso di operare un restauro che non solo rientrasse nella mia consueta filosofia improntata al minimo intervento, ma anche di impiegare metodologie innovative che garantissero un approccio rispettoso verso le opere. Nelle ope-
ABBIAMO EFFETTUATO UN RESTAURO IMPRONTATO AL MINIMO INTERVENTO, CON L’UTILIZZO DI METODOLOGIE INNOVATIVE CHE HANNO GARANTITO UN APPROCCIO RISPETTOSO VERSO LE OPERE sione attribuito al maestro di Angera ed un terzo, databile alla metà del ‘300. Al XV secolo risalgono invece i dipinti votivi sulle pareti laterali, create a chiusura della zona rimasta in uso fino alla prima metà del XVII quando definitivamente venne edificata e conclusa la costruzione della nuova cattedrale. A dimostrazione della continua attività della fabbrica della Cattedrale ci sono anche degli schizzi con elementi architettonici che ricoprono il muro retrostante la recinzione presbiteriale, probabilmente dovuti ai lavori di fine ‘600 avviati dell’architetto Carlo Fontana. «Il restauro dell’importante apparato decorativo è stato condotto sotto l’attenta direzione di uno dei funzionari della soprintendenza ai beni storico-artistici di Milano e del progettista e direttore dei lavori incaricato del recupero dell’intera area ipogea destinata a diventare sede nea | dicembre 2012
razioni preliminari di protezione ci si è dunque orientati verso il ciclododecano, prodotto che riesce a sublimare completamente dalle superfici senza creare interferenza con i materiali costitutivi, mentre per il consolidamento della pellicola pittorica, fortemente decoesa, sono state usate dispersioni di nanocalce che grazie alle ridotte dimensioni delle particelle hanno permesso una penetrazione ottimale negli intonaci di finitura, ridonandogli stabilità chimica. Ed ancora sono stati risolti i problemi di pulitura supportando le soluzioni di sali inorganici con una particolare alga, chiamata agar agar, usata nel settore alimentare e prestata al restauro per consentire di prolungare i tempi di contatto dei tradizionali impacchi e assicurare una rimozione graduale e attenta dei depositi soprammessi alle opere sia mobili che immobili». 193
Delitti al femminile
Donne assassine Uccidono per gli stessi motivi che spingono gli uomini a farlo. «Fatta eccezione per la gelosia e l’abbandono, che non le portano ad atti estremi ma ad allontanarsi», racconta Cinzia Tani, che ha studiato e raccolto i casi più agghiaccianti dal 1600 a oggi di Elisa Fiocchi
egli annuali criminali le assassine occupano uno spazio esiguo se paragonato ai delitti compiuti dagli uomini e rappresentano circa il 10-12 per cento del totale. Il loro numero è tuttavia inversamente proporzionale al grado d’atrocità dei delitti compiuti perchè le donne, dotate di minor forza fisica rispetto agli uomini, sono ricorse nei secoli a strategie più tortuose per compiere i propri delitti. «L’arma storicamente preferita era il veleno, quindi l’omicidio durava molto tempo, era centellinato», spiega la giornalista e sociologa Cinzia Tani, autrice del libro “Assassine”, in cui narra quattro secoli di delitti tutti al femminile. Altro particolare interessante è che la donna, se aveva intenzione di uccidere non vi rinunciava mai: «Gli uomini, più violenti e impulsivi, lo facevano per eccessi di rabbia in risse, raptus alcolici o nel corso di rapine, per commissione ma anche per ambizione, rivalità, perdite al gioco o dopo una sconfitta». Raramente, insomma, il delitto al maschile celava un movente passionale come invece accade nella società contemporanea dove, in fatto di delitti, le cose sono totalmente cambiate. Quali sono le differenze sostanziali che contraddistinguono gli omicidi passionali in cui l’assassino è una donna e non un uomo? «Prima dell’emancipazione femminile le donne uccidevano quasi sempre in famiglia per motivi cosiddetti passionali: odio, amore, vendetta. Per amore di un uomo potevano uccidere il padre tiranno oppure il marito per vendetta e, quindi, per odio l’amante».
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Cinzia Tani
SONO DIFFERENTI I MOTIVI PER CUI UNA DONNA UCCIDE IL PROPRIO FIGLIO, TRA QUESTI LA DEPRESSIONE POST PARTUM, LA VENDETTA NEI CONFRONTI DEL MARITO
A sinistra, Cinzia Tani. Sopra, Annamaria Franzoni, condannata a 16 anni per l’omicidio del figlio samuele
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Quali sono oggi i principali moventi negli omicidi compiuti dalle donne? «La donna non uccide quasi mai per passione. Non uccide per gelosia, per abbandono o dopo una separazione. Questi sono i motivi per i quali, invece, oggi è l’uomo a uccidere la sua compagna o l’ex. A gennaio prossimo uscirà un mio saggio su questo tema che s’intitola “Mia per sempre. Quando lui la uccide per rabbia, vendetta, gelosia”. È il fenomeno agghiacciante degli ultimi venti anni: uomini che uccidono la compagna perché non sopportano di essere abbandonati e spesso anche i figli. Uomini che soffrono della Sindrome di Otello, per la quale sono convinti del tradimento della loro compagna, anche se non ne hanno le prove. Naturalmente non si può parlare di amore in questi casi, io non parlerei neppure di passione ma di senso del possesso, di incapacità di sopportare la frustrazione, la perdita». Qual è il filo conduttore che lega le trentacinque storie contenute nel libro? «Il mio desiderio era quello di trattare un tema quasi mai affrontato in Italia: il racconto degli omicidi commessi dalle donne. La maggior parte degli studiosi del fenomeno erano uomini ed è sempre stato difficile per loro ammettere l’esistenza del crimine femminile. L’omicidio femminile era considerato un’aberrazione, qualcosa di cui non parlare, da evitare. Ho fatto ricerche, acquistato libri anche molto rari, trovato atti di processi, scelto le storie. Ho iniziato un percorso e da allora sono diventata un’esperta, una storica del delitto. Con “Assassine” ho colmato un vuoto raccontando delitti commessi dalle donne dal 1600 all’emancipazione femminile in diversi paesi del mondo e per motivi differenti. Ho scelto casi celebri nel paese in cui si sono verificati, in modo da poter recuperare gli atti dei processi, articoli di giornale e documenti vari. Sono tutte donne considerate sane di mente che hanno ucciso sole o aiutate dal loro amante padri, figli, amanti e rivali. Nel più recente “Io sono un'assassina” ho completato il lavoro trattando i casi di giovanissime che hanno ucciso in epoche e paesi diversi». E chi sono le principali vittime delle donne assassine? «La principale vittima è sempre stata il figlio. Nel passato, non essendoci una maniera per regolare le nascite, molte donne partorivano bambini di cui non potevano occuparsi. A volte erano state violentate o avevano avuto
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Delitti al femminile
IL FENOMENO NUOVO CHE RIGUARDA IL DELITTO AL FEMMINILE È L’ABBASSAMENTO DELL’ETÀ DELL’OMICIDA
amanti segreti. Era facile nascondere la gravidanza nei vestiti ampi e lunghi. L’infanticidio era molto diffuso. Negli Stati Uniti e in Gran Bretagna venivano condannate a morte, di solito bruciate vive, perchè il loro non era solo un delitto contro l’uomo, ma uccidere un bambino prima del battesimo era un delitto contro la religione. Era anche il delitto femminile punito più severamente». E oggi quanti sono i casi di infanticidio? «Negli ultimi anni abbiamo assistito a diversi casi del genere, a cominciare da Cogne. Sono differenti i motivi per cui una donna oggi uccide il proprio figlio, tra questi la depressione post partum, la vendetta nei confronti del marito, problemi psicologici, il suicidio allargato e altri ancora. Le altre vittime nel passato erano soprattutto uomini: padri violenti, mariti prepotenti e maltrattatori, ma anche mariti considerati un ostacolo per il coronamento del sogno di amore con un altro uomo, visto che non esisteva il divorzio e la donna, non lavorando, non poteva separarsi. C’erano anche delitti per denaro. Mai la donna ha ucciso per motivi legati a perversioni sessuali come accade invece alla maggior parte degli assassini seriali». Quali trasformazioni sociali e psicologiche della figura femminile hanno inciso in maniera preponderante nel ritratto della donna assassina? «L'emancipazione femminile, la conquista di spazi di 200
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lavoro e dell’indipendenza ha portato la donna a non ricorrere più all’omicidio per liberarsi di un padre o di un marito violento. Se s’innamora di un altro uomo, più semplicemente, si separa. Oggi la donna continua a uccidere i propri figli, continua a commettere delitti per denaro, può in casi di tradimento vendicarsi della rivale, raramente del proprio uomo. Uccide per questioni economiche ma anche al culmine di una situazione di maltrattamento da parte del proprio marito. È recentissima la sentenza emessa per Luciana Cristallo, assolta per l’omicidio dell’ex marito Domenico Bruno, compiuto per legittima difesa dopo una lunga storia di soprusi e violenze». L’incidenza dei casi di omicidi al femminile in Italia che dimensioni sta assumendo? «È sempre la stessa: il 10-12% degli omicidi è commesso da donne. Per gli omicidi maschili, il fenomeno nuovo, e purtroppo in aumento, è quello del delitto dopo un abbandono o per gelosia o al termine di un percorso di stalking; per la donna invece il fenomeno nuovo è l’abbassamento dell’età dell’omicida. Negli ultimi anni abbiamo assistito a diversi matricidi commessi da giovani assassine, oltre a delitti per futili motivi: pensiamo a Erika e Omar; al caso di Castelluccio dei Sauri in cui due ragazze hanno ucciso una loro amica, Nadia Roccia; a quello di Chiavenna, in cui tre ragazze hanno ucciso una suora».
Delitti al femminile
Vittime di stereotipi di genere «La separazione è un atto necessario perché si possano evitare conseguenze irreparabili per la donna e per i figli» dichiara Annamaria Bernardini De Pace. «Purtroppo, le donne maltrattate spesso sottovalutano la gravità della loro situazione e giustificano l’uomo» di Elisa Fiocchi livello mondiale, la diffusione degli omicidi basati sul genere, nelle loro diverse manifestazioni, ha assunto oggi proporzioni allarmanti. Durante la ventesima sessione dei Diritti umani delle Nazioni Unite, tenutasi in ottobre, la relatrice speciale sulla violenza di genere, Rashida Manjoo, ha presentato il rapporto per l’Italia e quello tematico sul femminicidio in cui è emersa una certa ipocrisia in chi continua a definire gli omicidi basati sul genere come delitti passionali in Occidente, riferendosi a un atto di un singolo individuo, e come delitti d’onore a Oriente, quale esito di pratiche religiose o culturali. L’analisi non ha trascurato neanche il diverso significato dei concetti di femmicidio e femminicidio, riconoscendo che questi termini sono diventati d’uso comune grazie alle lotte
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del movimento femminista come alternativa alla natura neutra del termine omicidio che trascura la realtà di disuguaglianza, oppressione e violenza sistematica nei confronti delle donne. Anche Annamaria Bernardini de Pace, celebre avvocato matrimonialista del foro di Milano, pone l’accento sul maschilismo, «da sempre imperante in Italia e che rende la donna sempre più esposta ad atti violenti poiché vista e identificata come soggetto debole, oppure come mero strumento sessuale». A fine aprile in Italia erano 54 le donne assassinate e oggi il numero delle vittime è quasi raddoppiato. Quale idea si è fatta dell’incidenza di questi delitti? «I dati relativi alla violenza sulle donne sono a dir poco allarmanti. Questo fenomeno è drammaticamente dilagato nel nostro paese e penso che sia un chiaro sintomo
Annamaria Bernardini De Pace
di quanto il problema sia tuttora sottovalutato o trattato con superficialità. È importante ricordare che la violenza non è solo quella fisica ma anche psicologica, economica e legata al fenomeno dello stalking». In molti delitti al femminile, il movente è passionale e la strada della separazione potrebbe, per alcuni coniugi, evitare il peggio. Ma quali fattori frenano una donna dall’intraprendere questa strada? «La maggior parte delle violenze fisiche e psicologiche a danno delle donne sono perpetrate e si consumano all’interno delle mura domestiche, esercitate da familiari, partner abituali, occasionali o conviventi. La strada della separazione dal partner violento è un atto di coraggio da parte della donna ormai annientata dalle violenze subite. Quelle psicologiche creano spesso ferite ben più profonde e indelebili di quelle corporee». Da avvocato matrimonialista s’è occupata di tantissime cause di separazione, molte delle quali tra personaggi famosi. Come si differenzia il cammino psicologico di una donna, rispetto a quello di un uomo, nell’affrontare l’iter legale? «Quando all’interno di un nucleo familiare vengono alla luce i problemi, è solitamente la donna a cercare di risolvere le incomprensioni della coppia, mentre l’uomo tende a chiudersi nel silenzio e rifugge le situazioni difficili. O, piuttosto, cerca divagazioni. Se, nonostante i tentativi di rappacificazione, i problemi persistono è ancora la donna, come dimostrano anche le statistiche, a scegliere il percorso della separazione coniugale. Durante l’iter legale, pur consapevole della necessità di separarsi, la donna tende a colpevolizzarsi o a ricercare in se stessa le cause della fine della serenità del rapporto di coppia. Al contrario l’uomo, tendenzialmente meno propenso alla separazione e al divorzio, una volta intrapreso l’iter, non mostra solitamente segni di ripensamento». Ha scritto “La donna ancora in bilico tra dignità, discriminazione e facilitazioni”: quali sono i pericoli maggiori del nostro tempo che ricadono sulle donne e quali le tutele legali cui fare riferimento? «In Italia gli stereotipi di genere sono profondamente radicati e sono veicolati attraverso programmi didattici, la cultura e i mass media. A causa della totale assenza di nea | dicembre 2012
Annamaria Bernardini de Pace, avvocato matrimonialista
strategie, anche politiche, di lungo termine per la decostruzione degli stereotipi sessisti, anche nelle giovani generazioni vi è la concezione che la donna debba conformarsi ai ruoli tradizionali. Basta vedere come viene rappresentata, o come si presenta, la donna, in particolare in televisione». Tra gli atti persecutori c’è anche lo stalking: oggi le donne hanno trovato il coraggio di denunciarlo? «L’approvazione della legge sullo stalking ha rappresentato un momento molto rilevante per il contrasto dei reati di violenza sulle donne, anche se sono ancora troppe quelle che subiscono senza dire niente. Purtroppo le istituzioni non sono sempre accorte e tempestive. La particolare difficoltà nel denunciare queste situazioni sta nel fatto che chi mette in atto il comportamento persecutorio è nel 90% dei casi l’ex fidanzato o l’ex coniuge. La donna, quindi, è sempre restia a denunciare, sbagliando, perché si sente in colpa o pensa di esagerare, o per quella maledetta paura che a volte finisce con il farla morire». 203
Diritto di famiglia
L’affido condiviso, norme e responsabilità Far comprendere che con la separazione si interrompono i rapporti tra i coniugi ma si continua a essere genitori e ad avere le responsabilità dell’affidamento. Giusy Bascià spiega i termini dell’affido condiviso di Serena Tudisco
attuale crisi economica ha accresciuto i conflitti tra i coniugi, ma il numero delle separazioni non è aumentato di conseguenza, perché separarsi è costoso ed è divenuto un “lusso” che non tutti possono permettersi. Ad indurre i coniugi a continuare una intollerabile convivenza, non sono solo le spese legali, grazie anche all’accesso al gratuito patrocinio per i soggetti meno abbienti (nella maggior parte dei casi le donne), ma soprattutto i costi necessari per intraprendere una nuova vita. L’avvocato Giusy Bascià di Lecce, specialista in diritto civile e commerciale, ci spiega il ruolo fondamentale della professione forense nell’ambito del diritto di famiglia nel ventunesimo secolo. Quali sono i principi su cui l’avvocato deve incentrare il proprio modus operandi? «Nelle separazioni coniugali l’avvocato riveste un ruolo fondamentale, non limitato alla mera assistenza tecnica, potendo con il proprio modus operandi “influenzare” in modo preponderante il raggiungimento o meno di un accordo sulle condizioni della separazione e la scelta del rito, ossia se intraprendere la via di un procedimento consensuale o giudiziale. Nell’affrontare le questioni matrimoniali, l’avvocato deve tener presente che in gioco non sono
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L’avvocato Giusy Bascià, specialista in diritto civile, diritto del lavoro e della previdenza, diritto commerciale e tributario, esercita a Lecce giusybascia@hotmail.it
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Giusy Bascià
solo gli aspetti economici ma i sentimenti e i risentimenti di ciascun coniuge e soprattutto, in presenza di figli, i bisogni psico-affettivi-economici di questi ultimi. L’avvocato non deve in alcun caso farsi coinvolgere emotivamente, perché ciò comprometterebbe la qualità dell’assistenza difensiva e la possibilità di raggiungere un accordo soddisfacente per i coniugi, evitando una estenuante querelle giudiziaria, che inevitabilmente si riverbera sui figli e in generale sui rapporti tra le parti coinvolte». In che modo l’avvocato assume un ruolo di supporto nel rapporto tra figli e genitori separati? «Il compito primario dell’avvocato è di far comprendere ad entrambi i coniugi che con la separazione si interrompe il rapporto di coniugio ma si continua ad essere genitori; che il minore ha il diritto di mantenere un rapporto continuativo con ciascuno di essi, di ricevere amore, attenzione ed educazione da entrambi; ha il diritto di mantenere rapporti con i nonni e con i parenti di ciascun genitore». Che cosa prevede esattamente l’affidamento condiviso? «Anteriormente alla riforma i rapporti tra il minore - il padre - la famiglia di origine paterna venivano spesso a cessare o a diventare assolutamente superficiali, essendo limitato il diritto di incontro tra il padre e i figli a poche ore settimanali ed essendo il padre di fatto estromesso dalla loro vita. Oggi, il Tribunale, nel pronunciare la separazione personale dei coniugi, adotta i provvedimenti relativi ai minori con esclusivo riferimento al loro interesse morale e manea | dicembre 2012
L’AFFIDO CONDIVISO DETERMINA I TEMPI E LE MODALITÀ DELLA PRESENZA PRESSO CIASCUN GENITORE, FISSANDO LA MISURA E IL MODO CON CUI CIASCUNO DI ESSI DEVE CONTRIBUIRE AL MANTENIMENTO
teriale e, salvo rarissimi casi in cui lo ritenga svantaggioso per i minori, li affida a entrambi i genitori (affido condiviso). Il Tribunale, tenuto conto degli eventuali accordi raggiunti dai coniugi, stabilisce i tempi e le modalità della presenza dei figli presso ciascun genitore e fissa la misura e il modo in cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento». Nei casi di affidamento condiviso, come è possibile accertarsi della responsabilità genitoriale di ognuno dei due ex coniugi per garantire la sicurezza morale e materiale della prole? «L’affidamento condiviso certamente non è garanzia di pari impegno da parte di entrambi i genitori nella cura dei figli ma d’altronde anche in costanza di matrimonio spesso, purtroppo, accade che uno dei due genitori sia meno presente nella vita della prole. Né l’avvocato né il Tribunale possono imporre a un genitore di amare il proprio figlio». 205
Diritto di famiglia
Cessano le distinzioni tra figli legittimi e naturali «Tutti i figli sono uguali, che siano nati da coppie coniugate, da coppie di fatto o siano stati adottati». Così ha deciso il Parlamento approvando la legge sull’equiparazione. L’analisi dell’avvocato Rosangela Liberti di Luca Càvera
itengo che questa legge, da molti anni attesa, costituisca una vera e propria rivoluzione culturale prima ancora che giuridica». È questa l’opinione dell’avvocato Rosangela Liberti – avvocato civilista e cassazionista, specializzata in diritto di famiglia e minorile nello studio Luigi Liberti e Associati di Bari – sulla recentissima equiparazione normativa fra figli nati dentro e fuori dal matrimonio. «Ora tutti i figli sono uguali. E sono abolite quelle antiche distinzioni tra figli nati da coppie coniugate e figli nati da coppie di fatto, che in Italia attualmente costituiscono circa il 30 per cento».
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Qual è la ratio di questa riforma, da tempo e da più parti attesa? «È una legge che rispecchia l’evoluzione dei tempi, se si considera appunto che le coppie coniugate in Italia rappresentano appena il 36,4 per cento delle famiglie (nel 1998 erano invece circa il 46,2). Si è passati da una visione più cattolica, che privilegiava il matrimonio e riservava ai figli legittimi una tutela più forte, a una più laica. La riforma ridefinendo la nozione di parentela (articolo 74 cc), ricomprende in questa anche i legami cosiddetti “non biologici”, quali per esempio quelli che discendono dall’adozione dei minori di età. Addirittura potranno essere riconosciuti (secondo l’articolo 251 cc) i figli incestuosi, se ciò risponde al loro interesse. E non esisterà più distinzione tra figli legittimi e figli naturali. Basti pensare che i figli nati fuori del matrimonio, finora, avevano legami di parentela esclusivamente con i propri genitori, e non con i nonni e gli zii. Inoltre potranno, per la prima volta, entrare nell’asse ereditario di tutta la famiglia d’origine e non più soltanto dei genitori». Quali saranno gli altri effetti pratici della riforma? «Noi operatori del diritto assisteremo a numerose modificazioni, perché questa nuova legge ha ampliato
Rosangela Liberti, avvocato presso lo studio Luigi Liberti e Associati di Bari, componente della commissione famiglia e minori del consiglio dell’Ordine degli avvocati e membro del direttivo dell’Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia, sezione di Bari studio-liberti@libero.it
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Rosangela Liberti
la competenza del Tribunale ordinario (modificando l’articolo 38 delle disposizioni di attuazione al codice civile), svuotando e riducendo quella invece del Tribunale per i Minorenni, che sopravvive solo per i procedimenti de potestate, ovvero di decadenza della potestà genitoriale e per l’adozione dei minori. In futuro, in caso di controversie sui figli all’interno di una coppia di fatto, la competenza sarà esclusivamente del Tribunale ordinario (che fino a ora si occupava solo dei figli legittimi). Per altro verso, questa legge ha esteso le garanzie patrimoniali, già contemplate dalla legge sul divorzio (ovvero il sequestro dei beni dell’obbligato, il pagamento diretto dell’assegno da parte di chi era tenuto a corrispondere somme di danaro, in genere il datore di lavoro) a tutti i procedimenti che riguardano il “mantenimento della prole” in genere. Sono ottimista e penso che questa riforma consentirà a noi avvocati di tutelare al meglio i nostri clienti, offrendo ai figli una tutela più reale, più concreta e rispettosa dei principi già sanciti dalle convenzioni europee in materia. Sotto altro aspetto, i nonni potranno finalmente far valere il loro diritto a mantenere rapporti significativi con i nipoti; viene così rafforzato un principio, già adombrato dall’importante e precedente legge 8.2.2006 n. 54 cosiddetta dell’affido condiviso, ma poi svilito dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 28.902 del 27.12.11 secondo cui i “nonni non godono di un autonomo diritto di visita”. A tal proposito resta vivo l’auspicio che si giunga all’istituzione di un tribunale della famiglia, perché diversità di riti (ovvero di procedure) e di uffici giudiziari non agevolano la risoluzione dei problemi». Su quali temi sono stati condotti gli ultimi dibattiti giurisprudenziali? «Con orgoglio posso dire che la sezione territoriale di Bari dell’Osservatorio sul diritto di famiglia e la Commissione Famiglia e Minori del Consiglio dell’Ordine di Bari sono molto attive e propositive. Nell’ultimo anno, e soprattutto dopo l’entrata in vigore nea | dicembre 2012
GRAZIE ALL’INTRODUZIONE DELL’EQUIPARAZIONE TRA FIGLI LEGITTIMI E NATURALI, SAREMO IN GRADO DI TUTELARE AL MEGLIO I NOSTRI ASSISTITI E SOPRATTUTTO I LORO FIGLI
della legge sull’affido condiviso (legge n. 54/06), il dibattito è stato incentrato sul ruolo importantissimo che ha assunto il minore. Si pensi all’audizione obbligatoria, compiuti i dodici anni e anche infradodicenne, se capace di discernimento, in tutti i procedimenti che lo riguardano. Nonché sul nuovo ruolo dei genitori (ex coniugi in conflitto) alla luce della ridefinizione della bigenitorialità e dell’affido condiviso che ha cancellato il vecchio concetto di genitore principale (rispetto all’altro secondario), tutelando così la figura del padre, spesso mortificata. Molto interesse – sul piano del dibattito e del confronto anche con i magistrati – ha suscitato poi lo strumento dell’articolo 709 ter cpc (introdotto dall’articolo 2 della legge n. 54/06), la cui natura sanzionatoria colpisce tutti i comportamenti (anche omissivi) posti in essere dal genitore in danno e pregiudizio del minore. Altro argomento, oggetto di innumerevoli conversazioni e incontri, attiene gli aspetti deontologici nel diritto di famiglia, ovvero i comportamenti che gli avvocati, più di altri, devono mantenere e rispettare in siffatta materia, che definirei sensibile. È indispensabile quindi “mediare il conflitto” e non esasperarlo. A tal proposito sarebbe auspicabile che nei procedimenti di famiglia, la mediazione (oggi introdotta solo in maniera facoltativa), diventasse condizione di procedibilità della domanda, onde insegnare alle parti a “dominare le divergenze e i rancori”, soprattutto quando a pagare le spese sono i figli». 207
Contraffazione
Proteggere il know how Cresce la necessità di una maggiore tutela del patrimonio aziendale, soprattutto a causa della crisi. Con Selvaggia Segantini parliamo di un ambito in cui la Giustizia agisce rapidamente di Marco Tedeschi
n periodo di crisi, come aumentano i fenomeni di criminalità, aumentano i fenomeni di contraffazione e i tentativi di sottrarre illecitamente, anche attraverso mezzi di diffusione come internet, l’altrui patrimonio di marchi, creatività e know how messi a punto in anni di lavoro con sacrifici e investimenti. Investimenti che rischiano, se non idoneamente tutelati, e se non bloccati in tempi rapidi, di essere posti nel nulla. «È necessario – spiega l’avvocato Selvaggia Segantini conoscere gli strumenti a disposizione per la tutela del proprio patrimonio aziendale, patrimonio che ormai sempre più è costituito dai beni immateriali, come marchi, domain names, know how, creazioni di design, brevetti». L’ambito della proprietà industriale e intellettuale sembra quasi in controtendenza con il resto della giustizia italiana considerati i suoi tempi rapidi. «È vero. In un generalizzato clima di timore che le aziende esprimono, un utilizzo corretto degli strumenti che l’ordinamento consente in questa materia, soprattutto tramite l’uso adeguato degli strumenti cautelari d’urgenza come la richiesta di inibitoria, di descrizioni industriali per l’acquisizione delle prove, di sequestri, di
© Foto Tiziano Scaffai
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L’avvocato Selvaggia Segantini ha lo studio legale a Treviso ed esercita la professione forense avanti le Sezioni Specializzate italiane in materia di Impresa dei Tribunali, in particolare del Tribunale di Venezia www.studiolegalesegantini.com
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Selvaggia Segantini
IL PATRIMONIO INDUSTRIALE È ORMAI SEMPRE PIÙ COSTITUITO DAI BENI IMMATERIALI, COME MARCHI, DOMAIN NAMES, KNOW HOW, CREAZIONI DI DESIGN, BREVETTI
ritiro dei prodotti dal mercato, di pubblicazione dei provvedimenti cautelari d’urgenza, consente all’impresa di ottenere risultati veloci». È possibile per l’azienda riuscire a ottenere provvedimenti, come ordini di inibitoria o di ritiro dal mercato dei prodotti contraffatti, anche senza che la controparte venga previamente avvertita? «Si è possibile. Ove la convocazione della controparte possa pregiudicare l’attuazione del provvedimento (ad esempio ove si tratti di prodotti facilmente occultabili) e naturalmente ne sussistano i presupposti, ossia la fondatezza della domanda, seppure in fase sommaria, e il così detto periculum in mora, ossia il pericolo del ritardo, i provvedimenti d’urgenza possono essere concessi senza la previa convocazione della controparte. Naturalmente viene poi fissata un’udienza per la costituzione della controparte all’esito della quale il Giudice confermerà, revocherà o modificherà i provvedimenti concessi». Se l’azienda riceve tutela inibitoria anche in pochi mesi in via d’urgenza, deve poi necessariamente fare la causa di merito? «No, non necessariamente. Dipende dalle richieste cautelari che l’azienda ha chiesto e si è vista concedere. E dipende se l’azienda vuole comunque chiedere anche il risarcimento dei danni, per i quali deve instaurare la causa di merito, oppure reputi sufficiente aver fatto cessare i comportamenti avversari, magari ottenendo pure una pubblicazione su uno o più giornali o su Internet. In più casi, infatti, i clienti si reputano soddisfatti dopo aver nea | dicembre 2012
ottenuto un provvedimento d’inibitoria garantito da una somma stabilita dal giudice come penale in caso di sua violazione e l’ordine di pubblicazione dell’ordinanza. La legge consente infatti di ottenere, in presenza dei necessari presupposti, che l’autorità giudiziaria ordini anche la pubblicazione dell’ordinanza cautelare integralmente o in sunto o nella sola parte dispositiva, in uno o più giornali dalla parte ricorrente indicati, a spese del soccombente». A proposito di pubblicazione di un provvedimento giudiziale, è possibile ottenere la stessa non solo su giornali ma magari anche in Internet? «Si, è possibile. Ed è indiscutibile che una comunicazione in internet amplifichi le potenzialità di diffusione della notizia, qualunque essa sia. È peraltro da ritenersi acquisito che la pubblicazione di un provvedimento ha una pluralità di scopi diversi, in senso riparatorio delle lesioni poste in essere, con efficacia preventiva di fronte al rischio di nuovi futuri atti lesivi, al fine di circoscrivere conseguenze ulteriori, o evitare il protrarsi del pregiudizio. E una pubblicazione on line del provvedimento cautelare è stata dunque ritenuta ammissibile e più volte concessa dai giudici italiani». Se un’azienda ha un marchio registrato, può ambire a vietare a terzi di commercializzare prodotti recanti detto marchio senza il proprio consenso? «Sì se, ovviamente, il marchio sia valido, e se il prodotto
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Contraffazione
IL GIUDICE PUÒ ORDINARE ALLA CONTROPARTE DI FORNIRE GLI ELEMENTI PER L’IDENTIFICAZIONE DEI SOGGETTI IMPLICATI NELLA PRODUZIONE E DISTRIBUZIONE DEI PRODOTTI O SERVIZI COSTITUENTI VIOLAZIONE DEI DIRITTI DI PROPRIETÀ INDUSTRIALE
avversario sia in contraffazione. Da tenere tuttavia presente che ove non si verta in materia di prodotti falsi, ma il titolare della privativa voglia vietare o controllare ulteriori commercializzazioni dei propri prodotti originali da esso marchiati (o brevettati) vige il principio dell’ ‘esaurimento’. Tale principio prevede, in sostanza, che le facoltà di utilizzo esclusivo riconosciute al titolare di un diritto di proprietà industriale incontrino dei limiti quanto alla commercializzazione dei prodotti. Tali limiti si sostanziano nel fatto che una volta che il prodotto sia stato legittimamente immesso nel mercato, nazionale o comunitario, il titolare di un diritto di proprietà industriale su tale prodotto non avrà più la possibilità di controllarne, o condizionarne, il destino, salvo che non vi 210
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siano ‘motivi legittimi’ ostativi a tale ulteriore circolazione». Ci sono strumenti per riuscire a scoprire chi sta dietro i fenomeni di contraffazione, ossia da dove e da chi provenga la merce contraffatta? «La risposta, anche in questo caso, è positiva. Nel ‘codice della proprietà industriale’ sono infatti previsti strumenti di ‘discovery’, ritenuti applicabili anche nei procedimenti cautelari; tali strumenti consentono, sempre ove ne ricorrano i presupposti, di poter ottenere che il giudice ordini alla controparte di fornire gli elementi per l’identificazione dei soggetti implicati nella produzione e distribuzione dei prodotti o servizi costituenti violazione dei diritti di proprietà industriale».
Diritto tributario
L’abuso del diritto in ambito tributario «Di fronte a un Fisco sempre più affamato di entrate anche le vie ritenute impraticabili e improponibili per oltre sessant’anni possono apparire sostenibili, quando le esigenze della “ragion di Stato” divengono assai più pressanti di quelle della certezza del diritto». L’intervento dell’avvocato Paola Ruggieri Fazzi di Gloria Martini
A destra, l’avvocato Paola Ruggieri Fazzi, del foro di Lecce, insieme alla collaboratrice, avvocato Giuseppa Cristina Urso paolaruggierifazzi@libero.it
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Paola Ruggieri Fazzi
er lunghi anni l’indirizzo prevalente nella giurisprudenza della Cassazione è stato volto a negare la contestabilità tout court dell’abuso di diritto, giacchè l’utilizzo di norme fiscali secondo modalità conformi al loro dettato nella forma, ma dirette a ottenere risparmi fiscali indebiti nella sostanza, poteva determinare il disconoscimento o la riqualificazione fiscale degli atti, fatti e negozi posti in essere dal contribuente solo in presenza di un’espressa previsione normativa in tal senso. La più recente giurisprudenza ha invece sterzato con decisione nella direzione opposta «consentendo - ricorda l’avvocato Paola Ruggieri Fazzi, che come da tradizione nello studio fondato dal padre Mario si occupa ormai da anni di contenzioso tributario – la possibilità del disconoscimento o della riqualificazione sul piano fiscale dei comportamenti elusivi dei contribuenti anche a prescindere dall’esistenza di norme antielusive espresse che lo consentano e anche con riferimento a tributi diversi da quelli armonizzati a livello europeo».
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A suo parere i comportamenti elusivi in ambito tributario sono facilmente individuabili? «Non direi. In ambito tributario eludere significa sostanzialmente compiere uno o più atti giuridici aventi quali finalità l’ottenimento di un vantaggio fiscale indebito, come tale disapprovato dal sistema, perché contrario alle finalità della norma. Tuttavia nell’ operare professionale dello studio ci capita di assistere a situazioni in cui l’Amministrazione Finanziaria stravolge le finalità perseguite dal contribuente, intravedendo intenti elusivi/abusivi anche laddove il più delle volte si tratta di operazioni imprenditoriali perfettamente lecite. Ecco perché si può parlare di “abuso dell’abuso”. Tale modus operandi viene poi ad essere avvalorato dalla stessa giurisprudenza di legittimità che, a distanza di anni, d’ufficio, considera dati comportamenti come elusivi. Da qui a mio avviso la necessità di sottrarre l’abuso all’equivoco». Davanti a quali scelte si trova il legislatore fiscale? «Ha due alternative: dare piena cittadinanza nell’ordi-
QUANDO RICORRONO GLI ESTREMI DELL’ELUSIONE, I FATTI SONO MANIFESTATI AL FISCO, CIOÈ REGOLARMENTE RENDICONTATI NELLE DICHIARAZIONI, NEGLI ALLEGATI, NEI BILANCI O NELLE SCRITTURE CONTABILI Sia colui che evade, sia colui che elude, giungono al medesimo risultato di un risparmio fiscale del tutto indebito, rispetto alle finalità dell’ordinamento tributario, ma vi giungono attraverso vie diverse. «Esatto. Colui che evade adotta comportamenti contrari al sistema, che lo pongono in diretto contrasto con singole norme dell’ordinamento giuridico; colui che elude, al contrario, adotta comportamenti conformi al sistema, che presi singolarmente sono coerenti con le norme dell’ordinamento giuridico a essi riferite, ma le combina tra loro in modo tale da realizzare un risultato finale contrario all’ordinamento giuridico nel suo complesso. L’elusione, del resto, consiste proprio nell’utilizzo consapevole delle scappatoie e delle imperfezioni contenute nelle disposizioni fiscali per ridurre l’onere tributario pur se nel rispetto formale delle singole disposizioni in cui l’ordinamento tributario si articola». nea | dicembre 2012
namento giuridico alla nozione di “elusione fiscale”, prevedendo dunque una sua valenza illimitata; ovvero, introdurre la nozione di “elusione fiscale”, non come principio generale dell’ordinamento fiscale, ma limitandone l’operatività a un ambito espressamente individuato. Il legislatore fiscale, pur avendo piena consapevolezza del pericolo rappresentato dal fenomeno dell’elusione fiscale, ha fino ad oggi, comunque, ritenuto di non poter elevare la perseguibilità di tale comportamento a livello di principio generale dell’ordinamento tributario. La scelta del legislatore fiscale, a mio avviso, dovrebbe essere dunque quella di rendere perseguibili i comportamenti elusivi dei contribuenti solo nella misura in cui gli stessi risultino espressamente qualificati come tali da apposite norme inserite nei diversi ambiti impositivi, si da consentire al contribuente la certezza della legittimità dei comportamenti posti in essere ». 213
Notariato
Garanzia di legalità Dalla Bibbia a Mozart, dai geroglifici a Pier delle Vigne, attraverso tutta la storia la responsabilità notarile è sempre stata centrale all’interno delle società. Maria Emanuela Vesci ne spiega la funzione e le nuove prospettive di Renato Ferretti
no degli obiettivi è cercare di far capire come e quanto il notariato sia necessario, oggi come è sempre stato in passato». Il ruolo storico ricoperto dal notaio, fondamentale nella vita legale di una comunità, rivive nelle parole di Maria Emanuela Vesci, dell’omonimo studio notarile romano. Storico è la parola chiave, perché fin dai primi documenti scritti (con cui si inizia a parlare di “storia”, appunto) si attesta il peso che gli atti, diventati poi propri di questa professione, hanno. «Il primo vero contratto notarile è scritto nella Bibbia (Libro di Geremia), altri atti si trovano nei documenti degli Ittiti, degli Egiziani e così via, passando per i poeti siciliani, che avendo l’allora raro dono della scrittura, oltre che poeti erano anche i tutori dei contratti scritti e quindi erano notai. E poi Iacopo da Lentini, Pier delle Vigne e tanti altri arrivando fino alle opere di musicisti come Mozart, Haydn e Rossini». La storia dunque sancisce l’importanza del compito, ma cos’è che lo rende così decisivo all’interno della società? La risposta della dottoressa Vesci è articolata, e descrive come è cambiata la responsabilità affidata ai notai. «Il notariato – afferma –dà sicurezza, garantisce certezza di quanto certificato. Non a caso il notaio usa il sigillo dello Stato, coniato appositamente per ciascun notaio, esattamente come il sigillo dei Ministri e del Presidente della Repubblica. Proprio riguardo al rapporto con la Pubblica Autorità, c’è da dire che è molto cambiato nell’ultimo periodo in Italia. In questi anni, infatti, il ruolo
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Lo studio notarile Vesci si trova a Roma mvesci@notariato.it
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Maria Emanuela Vesci
del notariato è stato oberato di compiti di sussidiarietà nei confronti, non dico delle Istituzioni e del Governo, ma nei confronti della macchina pubblica stessa. Il ruolo di certezza nella contrattazione fra le parti si è arricchito e il notaio ha quindi il compito, non solo di aggiornamento continuo rispetto ai suoi doveri tradizionali, ma rispetto ad ogni nuovo ghiribizzo governativo, parlamentare, regionale, comunale. E se qualche minuzia sfugge "l'atto è nullo" e le sanzioni ricadono sul notaio». Gli esempi a sostegno del quadro offerto dalla dottoressa sono tanti, e la stessa Vesci indica alcune responsabilità della figura che lei stessa ricopre da cui si evince la grande flessibilità che si richiede, tanto da far diventare il notaio «ora geometra, architetto, lattoniere e quant'altro. Per esempio, come si fa a imporre a tutti quelli che hanno compiuto un abuso edilizio a denunciarlo? Semplice, l'atto di trasferimento o di divisione (atti quindi notarili) è "nullo ed il notaio non può riceverlo" se non riscontra la regolarità della sanatoria edilizia. Oppure, per fare un altro esempio, il notaio è reso responsabile se non accerta la conformità della planimetria catastale alla reale situazione di fatto dell'immobile e la corretta intestazione catastale». Ma il carico di responsabilità non si ferma qui. «Le cancellerie dei Tribunali – continua la Vesci – erano devastate dalle procedure d'asta, per le quali era spesso prevista un'attesa di molti anni. Come rimediare? Si affidano le procedure relative ai notai. L'intervento dei notai è stato tale che le cancellerie nea | dicembre 2012
IN QUESTI ANNI IL RUOLO DEL NOTARIATO È STATO OBERATO DI COMPITI DI SUSSIDIARIETÀ NEI CONFRONTI DELLA MACCHINA PUBBLICA
hanno smaltito tutto il pregresso e oggi se la cavano benissimo e in tempi abbastanza brevi, con gran guadagno di debitori e creditori». Ultimamente si parla di centralità del notariato nei processi di semplificazione per cittadini e imprese. «Per semplificare le procedure – risponde la dottoressa – si affideranno altri compiti e altri incarichi ai notai, come è sempre stato, da che mondo è mondo. Questo perché lo “scaricabarile” è sempre necessario quando qualcuno, anche la Pubblica Amministrazione, si trova in difficoltà. Quanto sopra dimostra che in questi anni il ruolo del notariato ha molto esercitato la sua attività con compiti di sussidiarietà nei confronti della macchina pubblica». 215
Ricerca scientifica
Una squadra efficiente e trasparente Il cammino della ricerca verso la cura delle malattie rare passa in Telethon attraverso la valorizzazione del merito, l’attenzione al paziente e una gestione efficiente dei fondi. Lo spiega Lucia Monaco, direttore scientifico della Fondazione di Francesca Druidi
iene definita rara una malattia che colpisce meno di 5 persone ogni 10.000 ed è proprio in virtù della loro specificità e della bassa incidenza sulla popolazione che le malattie rare risultano trascurate dai grossi investimenti pubblici e industriali. Il loro numero oscilla oggi tra 5.000 e 8.000, in Italia si stima che a
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Lucia Monaco, direttore scientifico della Fondazione Telethon
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essere affetti da patologie rare siano almeno 3 milioni di persone. Un popolo di pazienti, famiglie e associazioni aggrappato ai progressi della ricerca scientifica. Da vent’anni, Telethon si occupa di studiare e curare le malattie genetiche, cercando un punto di equilibrio tra le esigenze dei pazienti, della società civile e della ricerca. L’obiettivo non è solo quello di sensibilizzare gli italiani e renderli partecipi dei progetti resi possibili dalle loro donazioni, ma anche di assegnare fondi a progetti e ricercatori d’eccellenza (371 i milioni di euro investiti nel complesso da Telethon). Lucia Monaco, direttore scientifico della Fondazione Telethon, fa il punto della situazione sullo stato della ricerca nel nostro Paese. Dal 1990 a oggi Telethon ha finanziato 1.510 ricercatori che hanno sviluppato 2.431 progetti su 445 malattie genetiche. Quali i più significativi progressi nella cura delle malattie genetiche che avete registrato? E quali i prossimi step da raggiungere? «I risultati più significativi sono quelli raggiunti nel campo della terapia genica, in cui l’istituto Telethon per la terapia genica (Tiget) di Milano ha conquistato un primato mondiale. Qui è stato realizzato uno studio clinico che ha dimostrato, per la prima volta, la sicurezza e l’efficacia di questa terapia innovativa contro una grave immunodeficienza congenita (Ada-Scid). Oggi il programma clinico del Tiget riguarda altre sei malattie aggredibili con questa strategia: sono già in corso due nuovi studi contro una malattia metabolica che causa fatale neurodegenerazione in bambini molto piccoli e contro un’altra forma di immunodeficienza. I prossimi obiettivi riguardano lo sviluppo dei risultati
Lucia Monaco
LA PARTECIPAZIONE A RETI INTERNAZIONALI CHE METTONO A SISTEMA LE COMPETENZE COSTRUITE NEL TEMPO È UN’OPPORTUNITÀ DA SFRUTTARE E A CUI CONTRIBUIRE
della ricerca Telethon per ottenere terapie fruibili per i pazienti: per Ada-Scid il percorso è già stato intrapreso, in collaborazione con un’azienda che ha creduto nella ricerca Telethon, investendo in terapie innovative per malattie rarissime». Ricerca significa anche raccolta fondi e allocazione dei finanziamenti. In base all’esperienza di Telethon, dove la ricerca è improntata a principi di qualità ed efficienza? E in basi a quali linee guida dovrebbero svolgersi questi processi? «I principi che ispirano il nostro operato e che traduciamo in azioni concrete e verificabili - questo tengo a sottolinearlo - sono la piena valorizzazione del merito, l’adesione alla missione, l’efficienza nella gestione delle risorse e la visione strategica nello sviluppo della ricerca finanziata a beneficio dei pazienti. Concretamente, questo vuol dire essere sicuri che ogni euro che i cittadini italiani decidono di affidarci sia impiegato al meglio. Ogni donazione, anche la più piccola, deve avere un impatto sulla realizzazione del nostro obiettivo di ottenere terapie disponibili per persone affette da malattie genetiche rare. In senso figurato, questo denaro passa nelle mani di diversi soggetti - amministratori, membri della Commissione medico scientifica, i miei stessi collaboratori della direzione scientifica - ciascuno dei quali, in base al proprio ruolo, deve garantire i livelli più alti di trasparenza, competenza e rigore nella gestione di un patrimonio così prezioso». Qual è la situazione della ricerca italiana? E come rilanciarla anche nell’ottica del programma Horizon nea | dicembre 2012
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Ricerca scientifica
VOGLIAMO ESSERE SICURI CHE OGNI EURO CHE I CITTADINI ITALIANI DECIDONO DI AFFIDARCI SIA IMPIEGATO AL MEGLIO
2020 e dell’esigenza di sintonizzare e sincronizzare la nostra programmazione, i nostri meccanismi e i nostri strumenti con quelli europei? «Prima di ragionare sulla quantità di fondi di cui la ricerca avrebbe bisogno è fondamentale riflettere sulle modalità con le quali sono allocati. Assegnarli sulla base dei criteri che illustravo in precedenza quindi valorizzazione del merito, efficienza della gestione e visione strategica rispetto alla finalità per il paziente - è particolarmente cruciale in periodi come quello attuale in cui le risorse sono limitate. È importante anche considerare che ciò che si intende realizzare nel nostro Paese, in tutti gli ambiti ma soprattutto nella scienza, è inserito in una dimensione internazionale che non si può perdere di vista. Per quella che è la nostra esperienza, la partecipazione a reti internazionali che mettono a sistema le competenze costruite nel tempo è un’opportunità da sfruttare e a cui contribuire. Questo è ancora più importante quando si parla di malattie rare, dove la massa critica si raggiunge solo stabilendo delle collaborazioni a livello globale». 220
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Sebbene oltre la metà della popolazione studentesca dell’Unione europea e il 45% dei titolari di dottorato siano donne, le ricercatrice rappresentano solo un terzo del totale. Quali sono le ragioni? È possibile pensare a un’inversione di tendenza? «Non entro nel merito delle politiche di sostegno all’occupazione femminile e alla progressione nella carriera per le donne, fattori che hanno una rilevanza per tutte le professioni. Penso che per le donne nella scienza sia auspicabile promuovere un cambio di paradigma socio-culturale che permetta loro di acquisire, prima di tutto, autorevolezza nella comunità scientifica. Parlo di regole che incentivino e proteggano il possesso della ricerca svolta e la titolarità dei risultati. Politiche che, ad esempio, stiamo applicando per i giovani ricercatori del nostro programma carriere: uomini e donne selezionati per far parte dell’Istituto Telethon Dulbecco e che sosteniamo nell’avvio di una carriera indipendente in Italia. Può essere interessante notare che, in questo programma, le donne ricoprono il cinquanta per cento delle posizioni».
Politiche antidroga
L’approccio internazionale della lotta alle droghe Nasce il consorzio di solidarietà internazionale per la prevenzione dell’uso di sostanze stupefacenti voluto dal Dipartimento per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri. Elisabetta Simeoni spiega di cosa si tratta di Fiorella Calò
l problema della droga, divenuto globale, si potrà sconfiggere con un approccio sinergico tra tutti i Paesi. Questo è il principio su cui si basa il Consorzio di solidarietà internazionale, una delle ultime azioni di prevenzione poste in essere dal Dipartimento politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri che afferisce al ministro Andrea Riccardi. Il mese scorso si è tenuta a Roma la due giorni della Prevention strategy and policy makers, di cui la dottoressa Elisabetta Simeoni, direttore generale dell’area tecnico-scientifica Dipartimento, è stata la fautrice. Quali sono stati i principi ispiratori di questo importante convegno? «Oggi un Paese non può pensare di affrontare una problematica così importante, e nel contempo delicata come quella della droga, senza volgere lo sguardo al di fuori dei propri confini geografici, senza considerare l’importanza che hanno l’integrazione, la cooperazione, lo scambio fra i popoli. Noi abbiamo fatto proprio questo, abbiamo riunito attorno a un tavolo 60 diversi Paesi affinché, attraverso un confronto democratico, potessero interloquire fra loro per confrontarsi su un tema così particolare, contribuendo con la propria esperienza ad arricchire ognuno il bagaglio dell’altro. Come ho
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Elisabetta Simeoni, direttore generale dell’area tecnico-scientifica del Dipartimento politiche antidroga
Elisabetta Simeoni
detto nel corso del mio intervento, facendo mia una citazione del ministro Riccardi: “Il mondo della cooperazione internazionale ha preparato uomini e donne che hanno la misura di un mondo globale”, e io aggiungo, attrezzati a pensare e agire di conseguenza. È stato impegnativo mettere insieme know how, buone pratiche, religioni, tradizioni e realtà politiche e sociali così diversi fra loro, ma lo sforzo di questa società contemporanea è proprio l’impegno di favorire la civiltà del convivere, cercando di rendere radicale la possibilità di coabitazione tra uomini e donne differenti anzi, direi, rispettando proprio le differenze che sono ormai presenti nel quotidiano, data la multietnicità delle nostre città». Come possono i vari Paesi raccordarsi per un’organica gestione dei problemi che lei ha appena evidenziato? «La cooperazione internazionale, i partenariati e i gemellaggi si dimostrano, ancora una volta, fonti di buone prassi condivise per un fine comune. L’impegno dei vari Stati deve essere interpretato come un plusvalore alle iniziative preesistenti. Lo scambio, infatti, sta alla base di qualsiasi azione, realtà istituzionale o configurazione culturale, a prescindere da quali siano le differenze che intercorrono tra istituzioni e culture. A tal proposito torno a citare il ministro Riccardi: “Un Paese che coopera crede nel suo futuro, un Paese che coopera è un Paese che crescerà”, che presterà attenzione a donne e minori, a disuguaglianze e a ingiustizie. Questi Paesi “dovranno essere come le tegole di un tetto, dovranno darsi l’acqua l’un l’altro”». Come si articolerà questo progetto? Che sbocco avrà la convention? «Con il patrimonio di esperienze e conoscenze reso disponibile in questo convegno, si creerà un vero “consorzio di solidarietà”, una serie di percorsi che nea | dicembre 2012
metteranno in contatto i policy makers dei diversi Paesi e consentiranno loro di implementare i sistemi di prevenzione nazionale. Un Paese accompagnerà così un altro in un’ottica solidale, nella consapevolezza di voler perseguire un intento comune, dando spazio a sinergie operative. Da sempre i Paesi che cooperano, che si uniscono in rete, sono quelli in grado di sostenere i problemi e le prove più difficili». Cosa lega tutti questi Paesi che la convention ha riunito? «Questa assise è la testimonianza dell’interesse per un lavoro comune, per la costruzione di una partnership necessaria ad affrontare il delicato e complesso problema della tossicodipendenza e la tematica delle strategie di prevenzione. La cooperazione fra tanti Paesi aiuta, infatti, a creare una rete che permette a tutti di vivere la globalizzazione come una grande opportunità e non come qualcosa di incomprensibile in cui perdersi». Quale l’impegno del Dipartimento politiche antidroga per questa iniziativa? «Il dipartimento ha investito molte risorse per l’attuazione di questo progetto perché la prevenzione e le politiche contro l’uso di droghe devono essere considerate una priorità in campo sanitario, sociale ed economico. Avere a disposizione offerte di prevenzione deve essere considerato un diritto umano sul quale concentrare le politiche e le strategie per il futuro. La prevenzione può essere il primo dei valori comuni che questa convention ha l’obiettivo di individuare per rendere più efficace la lotta alla droga». Sin dal suo insediamento, dunque, il dipartimento si è impegnato fortemente sul fronte della prevenzione. «Sì, perché le risorse utilizzate per questo obiettivo non vengono considerate una spesa, bensì un investimento».
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Politiche antidroga
ABBIAMO RIUNITO ATTORNO A UN TAVOLO 60 DIVERSI PAESI AFFINCHÉ POTESSERO CONTRIBUIRE CON LA PROPRIA ESPERIENZA AD ARRICCHIRE OGNUNO IL BAGAGLIO DELL’ALTRO
Nel corso dei lavori è stato affrontato anche il rapporto tra droga e carcere. Cosa è emerso dal confronto su questa delicata tematica? «Innanzitutto è stata unanime la constatazione che la tossicodipendenza, essendo ritenuta una malattia prevenibile, curabile e guaribile, può e deve trovare soluzioni fuori dal carcere. A questo proposito è stata portata la testimonianza del giudice Robert Rancourt, magistrato delle Drug Courts statunitensi: tribunali speciali che si occupano dell’individuazione di misure alternative per i detenuti tossicodipendenti. Buone pratiche che possono essere non solo efficaci ma anche sostenibili, risparmiando denaro pubblico e inutile sofferenza alle persone tossicodipendenti. Quanto alla sostenibilità finanziaria di queste misure, necessari e irrinunciabili appaiono essere i sistemi di valutazione sia dei risultati, attraverso indicatori concreti, sia del rapporto costi-benefici». Quali spunti fornisce l’esperienza americana al sistema italiano per migliorare il proprio 224
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funzionamento? «I dati emersi dall’ultima relazione al Parlamento mettono in evidenza che i detenuti con diagnosi di tossicodipendenza sono circa il 20% del totale della popolazione carceraria. Cifre che sottolinea la fondamentale necessità di migliorare la partnership tra il sistema penitenziario e quello sanitario per promuovere misure alternative, al fine di evitare l’entrata in carcere per i tossicodipendenti e agevolare l’uscita di coloro che devono essere curati. Le misure alternative funzionano quando esiste uno staff integrato tra magistrati e operatori sanitari e rappresentano delle scelte valide anche perché valorizzano le convenzioni internazionali, rispettose dei diritti umani. I detenuti tossicodipendenti non possono essere considerati dei criminali solo per il fatto di fare uso di sostanze stupefacenti e il carcere non è luogo di cura e riabilitazione della tossicodipendenza. È necessario quindi rimodulare meglio gli interventi rivolti a queste persone, approfittando della necessità che debbano scontare una pena, trasformandola così in un’occasione di un vero recupero sociale e lavorativo».
Odontoiatria
Un approccio più sano all’odontoiatria «Quando il denaro ha difficoltà di circolazione i valori morali sono l’unica moneta che torna in termini di soddisfazione professionale». Con Francesca Pedoto parliamo dell’importanza di agire nel rispetto del paziente di Marco Tedeschi
a crisi economica nel momento in cui incide sulle scelte riguardanti la salute, mostra di essere giunta a un livello di grande criticità. Lo stesso SSN manifesta grandi difficoltà soprattutto in certe aree geografiche. A questo punto il cittadino, in caso di scarsa disponibilità economica, soprattutto nell’ambito dell’odontoiatria, non può permettersi di errare in quanto questo comporterebbe un ulteriore aggravio di spese sia per l’iter diagnostico che terapeutico». Si riassume così il pensiero di Francesca Pedoto, dottoressa in Odontoiatria e Protesi dentaria a Roma, che identifica nella figura del medico un ruolo chiave, soprattutto nel periodo che stiamo attraversando. Quali strumenti potrebbero essere utili a operatori sanitari, medici e cittadini per superare questo momento? «Credo che gli strumenti per superare questo difficile momento siano passione, preparazione e investimenti economici. Non dobbiamo dimenticare che è l’università che costruisce le fondamenta sulle quali si ampliano, approfondiscono e partono pro-
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Francesca Pedoto è dottoressa in Odontoiatria e Protesi dentaria a Roma. Foto di Andrea Chiarucci francesca.pedoto@gmail.com
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Francesca Pedoto
getti originali. Personalmente ho avuto grandi maestri a livello universitario, l’opportunità di frequentare il reparto universitario del “La Sapienza” di Roma di patologia speciale odontostomatologica e successivamente il pronto soccorso e il reparto di ortodonzia prechirurgica dell’ospedale G.Eastman di Roma». La sua struttura, nonostante la congiuntura, resiste e cresce. In che modo ci siete riusciti? «Ho semplicemente continuato se non incrementato, l’aggiornamento professionale e gli investimenti economici senza paura, con ottimismo grazie anche al sostegno degli istituti bancari con i quali ho operato in questi 21 anni di professione. Credo che le parole chiave per superare la crisi siano: entusiasmo, volontà, affidabilità, in una parola sola etica». Perché, ancora nel 2012, in un paese come l’Italia occorre sottolineare l’importanza dell’etica? «Purtroppo oggi sentiamo come cittadini una
L’ETICA DEVE ESSERE SEMPRE PRESENTE NELLA SCELTA DI MATERIALI E ATTREZZATURE grande crisi di valori morali, crisi che non ha risparmiato il rapporto medico-paziente. La medicina difensiva è uno degli aspetti che più ha minato la possibilità del paziente di essere curato: il medico, ancor prima di curare il malato, è preoccupato di come tutelare la sua figura professionale anche sotto il profilo economico. Questo impedisce di prendere decisioni coraggiose ma l’esercizio della medicina richiede inevitabilmente coraggio e assunzione di responsabilità nell’interesse primario del paziente. Anche il paziente a volte ha un atteggiamento aggressivo, alla ricerca dell’errore professionale per trarne vantaggio economico. Ma ho sperimentato in questi anni che l’animo aperto, in ascolto e l’onestà intellettuale del medico possono scardinare questo meccanismo negativo per tutti». nea | dicembre 2012
È giusto affermare che l’etica è una delle armi più potenti per affrontare la crisi? «Sono convinta che l’etica sia l’unica strada, quando il denaro ha difficoltà di circolazione i valori morali sono l’unica moneta che torna in termini di soddisfazione professionale, umana ma anche in vista di un’economia sana e reale. Nell’ambito sanitario l’etica si manifesta nell’agire sempre nell’interesse del paziente con l’obiettivo di raggiungere la migliore prognosi nel rispetto dello “stato dell’arte” ma anche della personalità e dei desideri del malato. In particolare, nell’odontoiatria, l’etica deve essere sempre presente nella scelta di materiali e attrezzature. Purtroppo l’etica richiede, per manifestarsi, lunghi periodi di tempo. Infine l’etica si manifesta nel riuscire a coniugare qualità erogata e giusto
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Odontoiatria
compenso professionale». Parlando, nello specifico, della sua professione, quali sono le novità, le innovazioni, più recenti? «In odontoiatria gli investimenti in tecnologia e innovazione sono particolarmente importanti poiché, rispetto ad altre branche della medicina, essa si occupa di dare al paziente, molto spesso, cure che riabilitano il cavo orale o attraverso manufatti o mediante l’uso di attrezzature. Negli ultimi anni l’odontoiatria ha subìto una vera e propria rivoluzione. Parliamo del laser, dell’endodonzia meccanica, della protesi e conservativa sostenuta da sistemi cad-cam, della sedation machine, dell’edu228
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cazione funzionale, della radiografia digitale, delle telecamere intraorali». Soprattutto su quali patologie, problematiche, si concentrano i suoi aggiornamenti e le sue ricerche? «Ho sempre cercato di curare il paziente nel suo complesso, dalla raccolta anamnestica alla valutazione del profilo psicologico per passare poi alla visita del cavo orale vera e propria considerando la bocca un distretto anatomico che ci può fornire molte informazioni oltre quelle prettamente odontoiatriche. Nel mio studio mi occupo di patologia orale, di chirurgia, di gnatologia e in particolare delle riabilitazioni dell’articolazione temporomandibolare e quindi conseguentemente di correzioni posturali mediante l’uso di varie apparecchiature anche ortodontiche in collaborazione con fisioterapisti, di riabilitazioni protesiche complesse implantari e non. Grazie al laser, di cui mi occupo dal 1998, possiamo fare una chirurgia di altissimo livello, sbiancamenti permanenti senza danneggiare lo smalto, eliminare l’ipersensibilità dentinale, risolvere in prima seduta ascessi dentari senza dolore e effettuare molte altre applicazioni. Grazie alla sedation machine che eroga una miscela di ossigeno e protossido di azoto possiamo desensibilizzare le mucose orali quindi effettuare pulizie dei denti, courettage, anestesie, senza alcun dolore. Il protossido d’azoto rimuove paura, stress e ansia, riduce notevolmente la percezione del tempo, rimuove il riflesso del vomito.Tali applicazioni hanno una grande efficacia sia nell’adulto che nei bambini, la mia maggior fonte di realizzazione professionale ed umana». Con quali altri professionisti collabora nel suo
Francesca Pedoto
HO SEMPRE CERCATO DI CURARE IL PAZIENTE NEL SUO COMPLESSO, DALLA RACCOLTA ANAMNESTICA ALLA VALUTAZIONE DEL PROFILO PSICOLOGICO PER PASSARE POI ALLA VISITA DEL CAVO ORALE
lavoro? «Collaboro da 21 anni con uno dei maggiori implantologi e patologi italiani, uno dei massimi esperti di laser, il professor Luigi Rossi. Per realizzare il successo professionale è determinante la scelta dei collaboratori sia all’interno dello studio che all’esterno. Per questo mi avvalgo della collaborazione di un laboratorio odontotecnico che coniuga odontotecnica tradizionale come forma di “arte” all’utilizzo di tecnologie industriali quali sistemi cad-cam per la realizzazione di capsule e intarsi con altissimo contenuto estetico e precisione». La sua disciplina, oggi, è chiamata a coniugare presupposti di estetica e di funzionalità. Ma i pazienti, spesso, inseguono la prima a discapito della seconda. Cosa può e deve fare un medico affinché nea | dicembre 2012
si diffonda un approccio più sano all’odontoiatria? «La richiesta di estetica in odontoiatria è anch’essa una manifestazione delle necessità della nostra società in cui la bellezza rappresenta un valore. Fortunatamente oggi riusciamo a rispondere alle forti esigenze estetiche senza perdere di vista la funzione e senza mettere a rischio la salute dentale. Gli strumenti a nostra disposizione sono molteplici: passiamo dallo sbiancamento laser alle corone ceramica metal free, alle corone in zirconio, agli intarsi indiretti e ricostruzioni dirette in composito, in cui l’eccellente risultato estetico immediato si coniuga con la durata nel tempo. Con l’ortodonzia e l’ortodonzia prechirurgica possiamo ottimizzare il sorriso, ma addirittura modificare sensibilmente il volto del paziente con l’aiuto dei colleghi maxillofacciali». 229
Foniatria
Trattare la sordità dei bambini Una diagnosi precoce e un approccio multidisciplinare possono permettere di ottenere risultati apprezzabili nel trattamento della sordità infantile. Il punto di Donatella Croatto di Lucrezia Gennari
gni anno, in Italia, un bambino su mille nasce sordo. Dalla sordità possono derivare altri seri problemi di natura psicologica e linguistica: ogni bambino, fin dalla nascita, è esposto alle parole e sviluppa così la comprensione e la produzione del linguaggio. La presenza di un deficit uditivo alla nascita interrompe tale processo, impedendo quindi l’apprendimento verbale. «È fondamentale che la sordità venga diagnosticata precocemente, per evitare che si instaurino disturbi di linguaggio, relazionali e comportamentali – afferma la dottoressa Donatella Croatto del Centro Medico di Foniatria, che si occupa della prevenzione, diagnostica, terapia medica e chirurgica e riabilitazione logopedica –. Alla diagnosi deve seguire un percorso riabilitativo articolato che consente, se attuato precocemente, di attivare quelle aree cerebrali necessarie allo sviluppo del linguaggio». Quale iter segue il percorso riabilitativo? «Le tappe fondamentali sono la protesizzazione e l’adattamento protesico, cioè la regolazione delle protesi acustiche in funzione del grado di perdita uditiva e l’avvio del trattamento riabilitativo logopedico. I cardini fondamentali dell’intervento riabilitativo sono rappresentati da una corretta messa a fuoco da parte di un’equipe multidisciplinare del profilo del bambino, la messa a punto di un progetto riabilitativo individuale, e la realizzazione di tale piano rieducativo in un’ottica di interazione tra gli operatori». Come influisce l’innovazione tecnologica nel trattamento della sordità?
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La dottoressa Donatella Croatto, del Centro Medico di Foniatria di Padova www.centrofoniatria.it
Donatella Croatto
«Oggi grazie all’adozione di strategie digitali nelle protesi e all’avvento degli impianti cocleari, che sostituiscono a pieno titolo una coclea mal funzionante, è possibile nella stragrande maggioranza dei casi ottenere ottimi risultati percettivi e verbali, a patto che vengano realizzate quelle condizioni riabilitative necessarie a sfruttare in maniera adeguata gli stimoli uditivi». In che cosa consiste, più nello specifico, il trattamento logopedico? «Rappresenta il cuore della riabilitazione e nelle prime tappe verte sul training acustico, per consentire al bambino di riconoscere i suoni, sull’avvio dei prerequisiti cognitivi alla comunicazione, e sul counseling ai genitori; successivamente può essere affiancato da altri interventi quali la psicomotricità, e la musicoterapia». Quali risultati si possono ottenere attraverso il percorso riabilitativo? «Gli studi segnalano una considerevole variabilità nei risultati uditivi e linguistici: a fronte di un largo campione di bambini con ottime capacità di percepire il parlato e di esprimersi correttamente, altri manifestano ridotte capacità verbali e necessitano di continuare ad appoggiarsi alla labiolettura. In taluni casi esistono specifiche difficoltà associate che ovviamente aumentano la complessità diagnostica e riabilitativa: specie in tali casi la possibilità per audiologi, foniatri, otochirurghi, neuropsichiatri infantili, logopedisti, audiometristi e audioprotesisti, psicologi, neuropsicomotricisti di lavorare fianco a fianco all’interno di una vera e propria rete riabilitativa sinergica, che copra tutte le tappe dalla diagnosi alla protesizzazione, all’intervento chirurgico qualora necessario, alla riabilitazione, consente di ottenere il massimo dei risultati grazie al continuo confronto tra operatori ed alla condivisione di informazioni e competenze». Proprio la multidisciplinarietà è una delle peculiarità del vostro centro. «Il Centro offre servizi ambulatoriali e di ricovero e, oltre alla sordità infantile, tratta una vastissima gamma di disturbi nell’ambito foniatrico, disturbi del linguaggio, dell’apprendimento, gravi psicopatologie dell’infanzia nea | dicembre 2012
(autismo), esiti di ictus, malattie degenerative (SLA, Parkinson) e traumi cranici, disturbi dalla memoria, disturbi della deglutizione conseguenti a patologie neurologiche. A tutto ciò si affianca l’attività medico-chirurgica diretta alla patologia ORL con particolare attenzione alla fonochirurgia, all’otochirurgia e alla chirurgia dei seni paranasali. Vi sono inoltre un ambulatorio di allergologia, un laboratorio dedicato ai disturbi del sonno e un laboratorio di neuro fisiopatologia. Ciò che caratterizza questo centro è proprio la multidisciplinarietà degli operatori che rende possibile attuare il completo iter terapeutico dal momento della diagnosi a quello della terapia e della riabilitazione nella stessa sede, a vantaggio dei tempi e della comunicazione tra gli operatori». 233
Dispositivi medici
La ricerca tra tagli e finanziamenti sprecati Ricerca, qualità e tecnologia favoriscono lo sviluppo del settore dei dispositivi medici, che rappresenta uno dei pochi fattori positivi nell’ambito farmaceutico. Grazie anche a una Direttiva europea. Spiega di cosa si tratta Licia Tiberi, presidente di Italdevice di Lorenzo Brenna
a medicina allopatica sta attraversano una profonda crisi, generata, oltre che dalla situazione economica, dallo scarso investimento nella ricerca nel corso dell’ultimo decennio. Il mercato è stato invaso dai farmaci generici, i brevetti delle grandi aziende sono scaduti e scarseggiano prodotti innovativi. I dispositivi medici appartengono a una categoria di prodotti relativamente nuova nell’ambito del settore farmaceutico, sono stati regolamentati nel 1993 da una direttiva europea. Approfondiamo l’argomento con la dottoressa Licia Tiberi, presidente di Italdevice. L’azienda laziale è specializzata nella progettazione e produzione di una nicchia particolare di dispositivi medici, detti “sostanza”. In un contesto di tagli alla ricerca come si pone la vostra realtà? Quali strategie vi consentono di proseguire sulla strada dell’innovazione? «La ricerca nel nostro Paese non ha prodotto grandi risultati negli ultimi anni. La riflessione di quanto è accaduto porta ad identificare diverse cause, non tutte imputabili ai tagli. Molti finanziamenti sono stati sprecati, inoltre i prodotti realizzati negli anni passati hanno generato grandi profitti, ma poche risorse sono state reinvestite in ricerca. Nella nostra
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Licia Tiberi, presidente della Italdevice Srl di Pomezia (RM) www.italdevice.com
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Licia Tiberi
realtà, nata e cresciuta in tempi non floridi, abbiamo utilizzato esclusivamente le nostre risorse economiche, reinvestendo tutti gli utili aziendali nello sviluppo e nell’innovazione tecnologica». Quali sono stati i vantaggi introdotti dalla direttiva europea del 1993? «Il primo vantaggio è quello di aver favorito la libera circolazione delle merci nell’ambito dell’Unione europea. Prima di questa direttiva, recepita in Italia nel 1996, molti prodotti erano difficili da esportare a causa della diversa classificazione e quindi della rispondenza a leggi diverse di paese in paese. Il secondo riguarda un iter burocratico di approvazione meno complesso, che da una parte espone il fabbricante a maggiori responsabilità, ma che permette tempi di realizzazione molto più veloci. Già solo questi due punti hanno rappresentato per una giovane azienda una grande possibilità di sviluppo». Che caratteristiche hanno i vostri prodotti, a chi sono rivolti? «I nostri dispositivi medici “sostanza” offrono una soluzione terapeutica innovativa rispetto ai farmaci poiché, agendo attraverso meccanismi non farmacologici, non immunologici né metabolici sono in grado di offrire un’alternativa alla medicina tradizionale e, soprattutto, hanno meno effetti collaterali. Non vogliono sostituirsi al farmaco, ma possono coadiuvarlo o essere risolutivi per alcune patologie. Il bacino di utenza è vastissimo. Per quanto riguarda la nostra attività, i clienti non sono gli utenti finali ma le aziende che intendono realizzare dispositivi medici da immettere sul mercato con il proprio brand». In quali aree geografiche siete presenti e che quota del vostro business rappresenta, l’export? «I nostri clienti sono grandi aziende italiane ed europee, con le quali abbiamo instaurato un rapporto solido e collaborativo. Attualmente circa il 25 per cento dei nostri prodotti è destinato ai mercati esteri. Siamo presenti oltre che in diversi paesi comunitari e anglosassoni, anche nei paesi dell’Est (Ponea | dicembre 2012
MOLTI FINANZIAMENTI SONO STATI SPRECATI, INOLTRE CERTI PRODOTTI HANNO GENERATO GRANDI PROFITTI, MA POCHE RISORSE SONO STATE REINVESTITE IN RICERCA
lonia, Bulgaria, Turchia)». Nell’ultimo biennio quale andamento ha seguito il vostro fatturato? «Dal 2005 a oggi abbiamo costantemente incrementato il nostro fatturato con un trend annuo del 20 per cento. Nell’ultimo anno, però, abbiamo avuto un rallentamento della crescita dovuto alla crisi che investe le aziende farmaceutiche e quindi anche i nostri clienti». Quali sono gli obiettivi per il futuro, nel brevemedio termine? «L’obiettivo principale è quello di continuare ad essere un punto di riferimento per lo studio e la realizzazione di soluzioni innovative, avendo in pipeline nuove soluzioni terapeutiche già pronte. L’obiettivo per il 2013, in termini di fatturato, è crescere del 25 per cento, attraverso il consolidamento dei rapporti con gli attuali partner e la collaborazione con nuovi clienti, tutti alla ricerca di nuove idee per il mercato». 235