ANTERRIMA
supplemento n. 2 a Digitalic n.11
LA PUBBLICAZIONE DELL’OSSERVATORIO ANCI-SMAU SULLE SMART CITIES
CITTÀ BRILLANTI
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Vogliamo dire, con tutti gli strumenti possibili, che la tecnologia e il design sono il progresso. Rappresentano l’unico futuro possibile, l’unica strada per cambiare la vita delle persone e delle aziende.
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Editoriale
SMARTSTART
Il cantiere del futuro Le Smart Cities sono il cantiere del nostro futuro. È in quelle strade, in quei palazzi, in quelle reti telematiche, in quelle energie rinnovabili che c’è la formula della società di domani
È
scavando nelle città intelligenti che troveremo le fondamenta dello sviluppo sostenibile, perché la tecnologia applicata alle metropoli, ma anche alle cittadine e ai paesi rende possibile qualcosa di unico: offrire ai cittadini più servizi, di migliore qualità, risparmiando energie e risorse economiche. Non bisogna immaginare le città intelligenti come megastrutture futuristiche; si possono realizzare, certo, ma il vero cambiamento si ottiene quando la tecnologia si aggiunge alla storia, all’arte, alle comunità che già abitano e vivono il territorio. L’Italia ha, necessariamente, una strada speciale verso le Smart Cities; non è possibile pensare di replicare integralmente le esperienze di altre nazioni. Abbiamo un Paese da
riconvertire, da migliorare, da ripensare, ma per fortuna tanti degli elementi che formano una Smart City li possediamo già e sono la cultura, la solidarietà, la volontà di migliorare. Perché non è solo con il software, con la fibra ottica, con l’energia solare che si costruiscono le “città intelligenti”. Si realizzano innanzitutto con la partecipazione dei cittadini, delle aziende del territorio, delle associazioni. I progetti, nella maggior parte dei casi, sono portati avanti dai sindaci, da alcune regioni illuminate, dalle aziende private. L’Osservatorio Smau-Anci sulle Smart Cities – nato da un’iniziativa visionaria di Pierantonio Macola (AD di Smau) e di Anci – ha proprio tale compito: far incontrare queste tre realtà, che devono essere i protagonisti dell’evoluzione verso le città intelligenti attraverso gli eventi Smau e anche per mezzo della presente rivista. In questa pubblicazione trovate decine di esperienze tutte italiane, potete leggere la visione (e le realizzazione concrete) dei comuni che si stanno avventurando prima di altri nel cantiere da cui nascerà la città di domani: è come una piccola finestra sul futuro, basta affacciarsi per vedere.
Francesco Marino Direttore responsabile Digitalic
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Sommario
SMARTSTART
smartstart
06 Le luci delle città 08 Le città del mondo, collegate da Internet 10 Una città di luce
smartthinking
12 Le Smart City alla prova di maturità 14 «Le città intelligenti vanno messe a fattor comune…» 16 «Le Smart Cities salveranno l’agenda digitale»
Supplemento n. 2 a Digitalic n. 11, ottobre 2012
smartregion
Direttore Responsabile: Francesco Marino - francesco@digitalic.it
Registrazione Tribunale di Milano n. 409 del 21/07/2011 ROC n. 21424 del 3/08/2011
Caporedattore: Marco Lorusso - marco@digitalic.it
20 Regione Lombardia, un laboratorio al servizio delle città del futuro 22 Lombardia Informatica, quando l’innovazione è al servizio dei cittadini 24 Puglia: dalla rigenerazione urbana al primato italiano dell’energia green 26 La Regione Toscana e la sfida culturale 28 Trento Rise, l’innovazione a fattor comune 29 i-Scope, il progetto europeo per città a misura d’uomo 30 La Regione Veneto e il turismo come traino dell’innovazione
Hanno collaborato: Alberto Agliotti, Chiara Albicocco, Giorgio Chieri, Claudio Dutto, Federico Pedrocchi, Enrico Rini. Progetto grafico e impaginazione: Davide Spagnuolo/BluLapis s.n.c. Pubblicità e Pubblicità Web Ufficio Traffico: adv@mmedia.info Ufficio Produzione: produzione@mmedia.info Ufficio Abbonamenti: abbonamenti@mmedia.info
smartcity 34 36 38 40
Costo a copia euro 2,00 valevole solo ai fini Iva Stampa: TIPOGRAFIA NUOVA JOLLY viale dell’Industria 28, 35030 Rubano (PD)
Cosenza - linee guida: sostenibilità e partecipazione Pavia - mobilità intelligente e comunicazione Perugia - l’energia delle città intelligenti parte da qui Torino - un salto culturale verso le città del futuro
MMEDIA s.r.l. via Vittorio Emanuele II, 52 - 20900 Monza (MB) tel. 039.2301393, fax 039.2326449
smartbusiness 42 43 44 45 46 47
Accenture: «Siamo all’inizio, ma attenzione alla regia» Cisco: «Le comunità siano il centro del progetto» HP: «La nuova era digitale deve partire dalle persone» Ibm: «La città del futuro ha la testa tra le nuvole» Vodafone: «Il fattore tempo è determinante» Torino Wireless: «Una ricetta per rilanciare il territorio»
smartproject
49 Rete elettrica, bioedilizia e open data, tre fronti smart per Terni 50 Logistica in centro città: l’idea di Poste Italiane inserzionisti Accenture Alias Brevi Cisco D-Link F-Secure Hp
17 25 18 15 48 23 7
Ibm iStockphoto Luxoro Pi-Emme Politecnico di Milano Smau Vodafone Zyxel
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SMARTSTART
— Corsica — riflesso della luna
— Marsiglia — Torino — nuvole montagne innevate —
— Lione
Le luci delle città L
a presenza dell’uomo sulla Terra si vede di notte. Dallo spazio le città appaiono in tutto il loro splendore di luce: si disegnano chiaramente strade e quartieri, anche a 400 chilometri di distanza. La vita dell’uomo sul Pianeta è quasi invisibile di giorno dalla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), ma di notte le cose cambiano. Basta guardare queste foto per capire come le città siano la struttura più significativa creata dal genere umano e si può immaginare quanto sia importante un corretto uso dell’energia elettrica. Le Smart Cities del futuro saranno forse diverse, anche viste dallo spazio.
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Qui sopra, un’immagine con Torino e parte della Francia. A sinistra, Milano.
SMARTSTART
Le città del mondo, collegate da Internet
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a grande Rete non solo unisce tutto il mondo ma disegna una nuova geografia. Città, nazioni, continenti non sono collegati soltanto dai mezzi di trasporto terrestri, dalle rotte di navigazione o da quelle aeree: sempre di più sono connessi tra loro anche a livello digitale, attraverso Internet. È da qui che si trasferiscono le risorse più preziose: le informazioni. Se si guardano le città del mondo attraverso i collegamenti digitali, si osserva un nuovo planisfero, con aree fittamente attraversate dal Web e altre quasi prive di interconnessioni.
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La mappa che vedete è stata disegnata da Chris Harrison (www.chrisharrison.net), che ha trasferito in un modello geografico i collegamenti a livello di router tra le metropoli del mondo. Non si tratta cioè della cartina dei cavi che portano Internet nel globo, ma delle connessioni che collegano le aree del nostro pianeta a livello logico. I dati utilizzati da Harrison sono quelli raccolti dal progetto Dimes (www.netdimes.org) e a disposizione di tutti. Nel riquadro un dettaglio dell’Europa, vista attraverso le sue interconnessioni digitali.
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SMARTSTART
LUXORO Luxoro ha scelto la via della qualità e delle tecnologie più innovative nel settore delle foglie per stampare a caldo. Luxoro è partner esclusivo del gruppo Kurz in Italia dal 1968, leader sul mercato internazionale. I prodotti sono divisi per settore: industria grafica, decorazione della plastica, industria del legno e del mobile, settore moda, nastri per trasferimento termico, codifica, protezione del marchio, card, biglietteria e macchine per la stampa a caldo. www.luxoro.it
PI-EMME
Una città di luce U
na città che brilla, che cresce, che quasi esce dal foglio. Per la copertina di Smart City abbiamo scelto la stampa a caldo e lo sbalzo (l’embossing). Sono due tecniche nobili e antiche che oggi beneficiano di tutti i ritrovati della tecnologia. È di Luxoro il foil argento che rende scintillante la città in copertina. Si tratta di un film metallizzato che viene impresso sulla pagina grazie al calore e alla pressione e per mezzo di un cliché in ottone, sempre realizzato da Luxoro attraverso il partner h+m. È il cliché che ha permesso di realizzare l’effetto sorprendente che vedete, un bassorilievo che rende quasi reale la città.
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La stampa a caldo e lo sbalzo sono state effettuate da PIEMME, che ha saputo trasformare in realtà l’immagine. Ci vuole molta preparazione per raggiungere questi livelli di precisione: è fondamentale dosare il calore, la pressione, la velocità e conoscere bene tutte le qualità tecnologiche dei foil, della carta e dei cliché. Realtà specializzata proprio nella stampa a caldo, PI-EMME ha scelto questa lavorazione come
Nata nel 1988, PI-EMME è in breve diventata una delle aziende leader nel settore della stampa a caldo per tutta l’Europa. Proprio in virtù di ciò, è il partner ideale di tutti coloro che, operando nelle arti grafi, necessitano di avere prodotti arricchiti e nobilitati dalla stampa a caldo. La pluriennale esperienza maturata permette a PI-EMME di offrire la massima qualità ai propri clienti, così come le numerose macchine presenti in azienda unite alla competenza tecnica degli operatori, le consentono di poter soddisfare, quotidianamente, ogni esigenza nell’ambito delle graphic arts. www.pi-emme.com
sua principale attività, riuscendo a raggiungere risultati di altissimo livello. L’opera finale la potete ammirare in copertina: palazzi che riflettono la luce, che alternano il bianco all’argento, il pieno al vuoto. Gli edifici brillano, cambiano colore a seconda della luce da cui vengono investiti. Non poteva esserci una rappresentazione migliore della “Smart City” tecnologica.
SMARTTHINKING
Le Smart City alla prova di maturità Dall’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani al Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca fino ad arrivare a Smau, il più importante evento italiano dedicato all’innovazione tecnologica. Viaggio al centro del fenomeno Smart City, il punto della situazione, i protagonisti in campo, i progetti e gli appuntamenti da non mancare di Federico Pedrocchi
Antonella Galdi, responsabile innovazione per Anci
Mario Calderini, coordinatore del team dei bandi Smart City
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utti insieme, tutti intorno a un tavolo, tutti chiamati direttamente in causa per capire concretamente a che punto è il fenomeno delle città intelligenti in Italia, come e perché può e deve cambiare il volto del nostro territorio e, soprattutto, quali e dove sono i principali interlocutori sul campo. In tempi di budget sempre più ristretti e di grandissima attenzione ai costi, il buono o cattivo esito di un progetto di città intelligente può infatti avere ripercussioni decisive sul territorio. Abbiamo deciso di fare il punto della situazione con alcuni dei principali protagonisti di un simile fenomeno, primo fra tutti l’Anci, Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, che ha deciso di partecipare a questo esclusivo dibattito attraverso la voce di Antonella Galdi, responsabile innovazione per Anci.
Una prima fase di progetti per le Smart City si è avviata. Secondo Anci quali sono i prossimi passi da compiere? Il nostro compito è quello di fare una prima analisi di tutto il contesto che si è già sviluppato, individuando e recuperando tutto quello che di buono è già stato fatto. Si devono poi modellizzare queste esperienze, anche per costruire dei modelli operativi diversi, con specificità che devono essere riconosciute come tali. Avete individuato delle criticità nelle esperienze in corso? Un problema che noi riteniamo debba essere risolto è quello che riguarda l’analisi dei bisogni. Questo è un aspetto che sembra banale e invece è complesso e delicato. Spesso, nella programmazione degli interventi centralizzati, non si fa una analisi dei bisogni dei destinatari e nemmeno, sull’altro fronte, delle caratteristiche più specifiche del bando al quale si partecipa. Si seguono invece delle indicazioni generali, anche basate su esperienze europee; però poi dopo, nella fase applicativa, il contesto locale emerge con le sue esigenze. Altri problemi? A noi sembra che debba esserci una maggiore attenzione dei progetti verso i temi ambientali. Quello che vediamo – e che certamente ha una sua indiscutibile importanza – è però una impronta tecnologica eccessiva. Nella dimensione europea i progetti per le città intelligenti mettono più attenzione sui temi ambientali.
consigliere del ministro Profumo per le Politiche di Ricerca e Innovazione, ma sopratutto coordinatore del team dei bandi Smart City.
La ricetta di Smau: condivisione e networking ma anche imparare dagli errori «Smart City – spiega Pierantonio Macola, amministratore delegato di Smau – rappresenta una grande opportunità per lo sviluppo economico del Paese e per le imprese italiane, che attraverso queste progettualità e le conseguenti partnership con il settore pubblico, possono trarre nuova linfa vitale. Affinché ciò sia possibile è fondamentale che ci sia condivisione delle esperienze sia positive che negative, perché si sa quanto sia importante imparare da chi ha già intrapreso percorsi simili, mettendo a fattore comune non solo i successi ma anche le criticità affrontate. In tal senso Smau, con Smart City Roadshow, si propone quale braccio divulgativo di Anci attraverso la sua piattaforma di appuntamenti in grado di coinvolgere ogni anno, con un format innovativo e concreto, oltre 80.000 imprenditori, manager e funzionari della pubblica amministrazione in tutta Italia. La formula prevede la valorizzazione delle numerose iniziative in atto nel nostro Paese e all’estero, creando importanti occasioni di incontro tra mondo delle imprese e i comuni con l’obiettivo di fornire supporto ad Anci nel modellizzare tali esperienze affinché diventino replicabili in altri territori, dalle grandi città ai piccoli comuni. Dopo Smau Milano Smart City Roadshow proseguirà nel 2013 con la prima edizione di Torino, la seconda edizione a Bari, Roma, Padova e Bologna, per poi tornare a ottobre a Milano».
Muoversi in questa direzione, fra l’altro, significa anche venire incontro al Patto dei Sindaci che, ricordiamo, sancisce impegni abbastanza precisi sul piano della efficienza energetica; il che vuol dire, per esempio, risparmio e quindi maggiori possibilità di gestire il patto di stabilità. Un impegno che pone non pochi problemi alle amministrazioni, oggi. Qui entra in campo un aspetto dei bandi del Miur per le Smart City che, come sappiamo, nascono reindirizzando una legge – e i relativi fondi – pensata per la ricerca industriale. Questo tende alla messa in campo di progetti che hanno dei forti connotati come prototipi, come attività sperimentali e quindi come vicende che poi, per calarsi nella realtà, hanno bisogno di ulteriori investimenti. Questo è un passaggio che rischia fortemente di non verificarsi, perché i comuni non hanno capacità di spesa… Come vedete il rapporto fra PA e aziende, sempre in relazione ai progetti smart? Negli ultimi tempi ho visto davvero molte iniziative nelle quali le amministrazioni si sono trovate intorno a un tavolo insieme a grandi e piccole aziende, con una capacità di muoversi sia a livello locale che a quello interregionale. Questa direi che è stata una piacevole sorpresa perché non era scontato che si verificasse. Torniamo alla modellizzazione di cui mi parlava all’inizio. Pensate di scendere anche nel dettaglio di alcune aree di intervento, come la sanità, oppure i trasporti? Certamente, è proprio ciò che stiamo concludendo
in queste settimane. Il tutto nasce da dei gruppi di lavoro che vedono, sulle varie tematiche, la partecipazione incrociata di amministratori, esperti e aziende. Stiamo producendo un quadro complessivo delle tipologie di interventi e di applicazioni, per i quali facciamo delle valutazioni su come possano dare risultati più o meno interessanti a partire dalle molte e possibili declinazioni; per esempio, a seconda che siano implementate in grandi aree o in realtà più piccole. Vogliamo individuare degli indicatori a seconda delle tipologie di amministrazioni comunali, che non sono solo quelle delle dimensioni, ma anche quelle delle vocazioni territoriali. Qui a Smau presentiamo i primi risultati di tale lavoro. Sentita la voce di Anci e soprattutto preso atto delle indicazioni e delle dinamiche evidenziate, vale ora la pena di ascoltare la voce del governo centrale. In questo caso siamo riusciti a chiamare in causa proprio Mario Calderini, che è
Professor Calderini, ci sono novità nella seconda tranche di finanziamenti per i bandi Smart City, quella che si chiude agli inizi di novembre? Per i 650 milioni destinati al centro-nord abbiamo deciso di modificare la prassi finale: prima coinvolgevamo da subito ministero e regioni, adesso, per questa seconda tranche, effettueremo noi una prima valutazione, volta a interpretare meglio la qualità dei progetti. Poi passeremo il materiale al ministero e alle regioni. Anche per questo secondo finanziamento c’è una quota che è destinata ai giovani, sotto i 31 anni, che presentano progetti di utilità sociale, la quota per il Social Innovation? Vogliamo dare una mano alla creazione di imprese. Come noto i progetti di Social Innovation sono idee, che noi finanziamo perché vengano sviluppate. Però poi pensiamo – e fa parte delle disposizioni di Digitalia – di favorire la nascita di imprese che lavorino sulle idee sviluppate. Fondi agevolati, cifre a fondo perduto, forti agevolazioni fiscali. Le formule in discussione sono molteplici. L’importante è dare a questi giovani una iniezione di fiducia perché prendano coraggio e mettano in piedi una azienda. A proposito di Digitalia: anche da lì possono arrivare cose nuove per le Smart City? La prima cosa da dire è che nei capitoli di Digitalia ve n’è uno direttamente rivolto alle cosiddette Smart Communities. E lì ci sono altri fondi a disposizione. Sono fondi che si aggiungo, quindi, ai 650 di cui si è detto prima? C’è un ordine di grandezza di tale disponibilità? Esatto. Non c’è però un ordine di grandezza preciso, ma siamo intorno alle centinaia di milioni di euro. Dovrebbero essere disponibili verso la fine dell’anno. Altre novità? Il rapporto fra governo centrale e attori locali cambia. Il governo si mantiene molto leggero nella sua azione, demandando molto a livello locale. L’azione centrale, invece, si mantiene forte in una sola direzione, ovvero quella di favorire al massimo il trasferimento di tutte le esperienze migliori. Saremo i facilitatori dello scambio di tutte le buone pratiche.
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SMARTTHINKING
«Le città intelligenti vanno messe a fattor comune…» Intervista con Alessandro Perego, responsabile scientifico dell’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano
di Federico Pedrocchi
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l punto della situazione sui progetti di Smart City, i salti di qualità necessari per non disperdere le esperienze e le eccellenze del territorio… I ricercatori impegnati nel suo campo, quello che oggi definiamo Internet of Things – ovvero la possibilità che la Rete sia uno strumento che fa dialogare le macchine fra loro e con gli umani, attraverso modalità ben più efficienti di quelle viste in passato – segnalano che a questo utilizzo intelligente delle macchine bisogna prestare attenzione nei progetti Smart City, perché il rischio di vanificare delle potenzialità è significativo. Ci può fare un esempio? Pensiamo a quei progetti che hanno realizzato i cosiddetti lampioni intelligenti, ovvero un sistema di illuminazione delle strade cittadine che introduce, nel servizio, una duttilità che prima non c’era. All’alba, per esempio – variando a seconda delle stagioni – il sistema può rispondere diversamente alla progressiva crescita della luce naturale erogando illuminazione decrescente, e da qui si ottengono
risparmi significativi nel consumo. Ma l’intera rete dei lampioni è anche un sistema che, dotato di sensoristica specifica, può monitorare costantemente le strade per segnalare lo stato dei parcheggi, per vedere dove ci sono spazi liberi. Altra opportunità: gli autobus passano lateralmente ai lampioni e questi possono segnalare dati sulla percorrenza dei mezzi, così che alle fermate lungo il percorso arrivino informazioni sui tempi di attesa. Le applicazioni sono molte: misurare l’inquinamento, oppure erogare servizi wireless. Il problema che emerge, tuttavia, è il seguente: se tutte queste attività sono valutate separatamente, la possibilità di avere inefficienze e spreco di risorse è molto alta. Se il sistema – questo è un primo caso – viene messo in campo solo per intervenire sull’illuminazione e non si prevedono subito altri utilizzi, ecco che si perde ottimizzazione. Non solo: qualora si siano effettivamente affiancate più applicazioni ma non si sia pensato a un “concentratore” di queste diverse informazioni, bene, ci ritroviamo con una perdita di efficienza.
Quando si parla di lampioni intelligenti, però, si parla di sistemi che possono usare le onde convogliate. I lampioni, naturalmente, sono tutti connessi a una rete elettrica, e sappiamo che su questa rete possono correre anche segnali che portano informazioni. Internet può usare la cablatura elettrica, insomma, senza avere per forza bisogno dei suoi cavi. Tale opportunità non dovrebbe rendere implementabile in successione, nel tempo, le diverse applicazioni? Per alcune funzioni le onde convogliate possono dare risultati, ma per altre no. Nel segnalare il passaggio dei mezzi pubblici locali, per esempio, ci sono problemi nella efficienza delle informazioni da trasmettere. Abbiamo parlato dei lampioni. Altri esempi? Parlaimo di reti più intelligenti per la fornitura di servizi alle abitazioni e per aumentare l’efficienza e il risparmio generale. Pensiamo alla rete di fornitura del gas e ai contatori che regolano questo servizio. Qui stanno prendendo il via progetti che ridisegneranno questa rete, che è capillarmente diffusa in una città. Ebbene: perché non usare questa attività di riprogettazione di una maglia tanto capillare per aggiungervi un monitoraggio dei rifiuti urbani e della loro raccolta oppure, anche in questo caso, per avere dati sui parcheggi? La vostra sensazione, quindi, proprio in merito alle reti del gas, è che si stia procedendo senza una visione più generale. Ci sembra sia un dato reale. Ci sono lavori già partiti, con tempistiche molto strette, ed è assai probabile che le potenzialità di cui si è detto non vengano raccolte.
LE AZIENDE DI MAGGIORE SUCCESSO E PIÙ INNOVATIVE AL MONDO SI AFFIDANO ALLA RETE INTELLIGENTE CISCO. 496 DELLE AZIENDE FORTUNE GLOBAL 500 93% DEI PRINCIPALI PROVIDER DI TELECOMUNICAZIONE FORTUNE GLOBAL 500 92% DELLE AZIENDE FORTUNE GLOBAL 500 NEL SETTORE RETAIL LE AZIENDE FORTUNE GLOBAL 500 NEL SETTORE SANITARIO PRATICAMENTE TUTTE LE AZIENDE CHE OFFRONO SERVIZI FINANZIARI DELL’ELENCO FORTUNE GLOBAL 500 La rete intelligente Cisco sta trasformando il modo di gestire il business nelle aziende di tutti i settori e di qualsiasi dimensione. Abbiamo le persone, le soluzioni, i partner e i servizi di assistenza in grado di supportare l’innovazione aziendale in modi totalmente nuovi. Ulteriori informazioni nel sito cisco.com/go/cio.
SMARTTHINKING
imponenti, siano a costo zero, quando invece implicano una disponibilità significativa di risorse finanziarie.
«Le Smart Cities salveranno l’agenda digitale» All’agenda digitale italiana manca ancora una visione d’insieme. Ne parliamo con il professor Giancarlo Capitani del Politecnico di Milano
di Enrico Rini
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iancarlo Capitani è professore di economia al Politecnico di Milano ed è amministratore delegato di NetConsulting, società leader nella consulenza e nell’analisi di mercato per l’ICT. Con lui abbiamo affrontato i temi dell’agenda digitale italiana e di come essa possa rappresentare un momento di svolta per il Paese. Parliamo dunque dell’agenda digitale. Quale opinione si è fatto dei principi che la guidano? I dieci pilastri centrali dell’agenda digitale italiana rispecchiano in parte quella europea e sono senza dubbio di portata strutturale: mi riferisco in particolare al tema dell’identità digitale dei cittadini e delle imprese, all’e-government, alla sanità digitale e all’istruzione digitale, oltre che all’open data e ai pagamenti elettronici. Io credo però che tutti questi progetti manchino di una visione d’insieme: sono come piastrelle senza pavimento. A quali mancanze si riferisce? Sono cinque i punti mancanti. Innanzitutto manca un piano di razionalizzazione delle strutture e
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dei processi della pubblica amministrazione centrale, che è distribuita su un’infrastruttura di 1.053 centri. E naturalmente deve anche essere razionalizzato il rapporto con le amministrazioni locali. Manca inoltre – secondo punto – tutto il capitolo sul cloud computing, che potrebbe essere uno degli strumenti per razionalizzare e manca anche un riferimento alla costituzione di un data center nel mezzogiorno. La terza mancanza è dovuta al fatto che quando si parla di riduzione del digital divide, si pensa semplicemente a una diffusione degli accessi alla banda larga. Il baricentro è dunque spostato sull’infrastruttura delle comunicazioni: si dimentica il divario nella diffusione dell’IT, che in Italia è ancora molto forte, e si dimentica l’alfabetizzazione informatica, su cui c’è ancora molto da lavorare. C’è poi un capitolo completamente mancante (quarto punto): quello della giustizia digitale. Infine manca il punto – che probabilmente sarà introdotto nelle versioni successive – sulla copertura finanziaria. Tuttavia il mio timore è che si pensi che tutti questi progetti, davvero
Veniamo ora alle evoluzioni in senso positivo… le Smart Cities. Nel primo bando ad hoc l’approccio era a mio modo di vedere errato: si guardava ai progetti sperimentali come se non ci fossero esperienze pregresse da riutilizzare. Il secondo bando, del MIUR, parla invece di una “piattaforma nazionale” delle comunità intelligenti. L’agenzia per l’agenda digitale dovrà cioè creare un catalogo per il riuso dei sistemi e delle applicazioni per le Smart Cities. Inoltre si prevede una promozione attraverso iniziative specifiche dell’utilizzo innovativo di tecnologie per servizi e applicazioni basati sui dati delle comunità intelligenti. E ancora: si pone attenzione al punto del finanziamento. Si passa dal co-finanziamento (50 e 50 tra proponenti e ministero) previsto nel primo bando, a un 25% di finanziamento e un 75% a credito agevolato. A un anno di distanza c’è insomma un grado di maturità molto più elevato. Qual è l’importanza delle Smart Cities all’interno dell’agenda digitale? Le città stanno diventando sempre più importanti, in quanto agglomerati di soggetti innovativi a tutti i livelli (cittadini, aziende, università e centri di ricerca). Le città sono oggi i motori della competitività del Paese e devono essere rinnovate affinché rappresentino delle economie esterne positive per il sistema degli innovatori. Per questo motivo l’agenda digitale nazionale potrà attuarsi solo grazie a una robusta iniezione di innovazione da parte delle agende locali.
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Mettere a fattor comune eccellenze e soluzioni locali. Trasformare le Smart City in progetti integrati capaci di dare vita a veri e propri territori intelligenti. Le Regioni hanno un ruolo chiave nel diffondere l’innovazione e l’intelligenza al servizio dei cittadini. A tu per tu con i timonieri delle Regioni “illuminate” che stanno aiutando il nostro Paese ad imboccare nuove e promettenti strade
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SMARTREGION
Oltre 20.000 imprese attive nel settore ICT, associazioni, istituti di ricerca, la partnership con Smau… la regione Lombardia è la culla dell’innovazione Made in Italy e si candida al ruolo di traino verso le città intelligenti del futuro. Tutte le novità in quest’intervista ad Andrea Gibelli, capo delegazione della Lega Nord in giunta regionale, vice presidente e assessore all’Industria, Artigianato, Edilizia e Cooperazione della regione Lombardia
a cura della redazione
Regione Lombardia, un laboratorio al servizio delle città del futuro P rogetti, idee, iniziative che si moltiplicano a grande velocità. Nonostante il poco incoraggiante contesto economico generale, le Smart City continuano ad animare una buona parte della scena territoriale italiana. Anche per questo ci siamo rivolti ad Andrea Gibelli, capo delegazione della Lega Nord in giunta regionale, vice presidente e assessore all’Industria, Artigianato, Edilizia e Cooperazione della regione Lombardia.
Nell’ambito di tale scenario, quale ruolo avrà la Lombardia con il suo assessorato alle Attività Produttive? La Lombardia può rappresentare, con le sue 20.000 imprese attive nel settore ICT, i suoi prestigiosi istituti di ricerca e formazione e la presenza dei principali attori finanziari, il laboratorio di
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riferimento dove si concepiscono, sviluppano e sperimentano soluzioni digitali innovative. In questo contesto il mio assessorato assume un ruolo chiave nell’aggregare tutte quelle competenze che insieme possono collaborare alla realizzazione di progetti in chiave Smart City, creando una piattaforma di relazione e condivisione che abbiamo chiamato Wikiregione. Quali sono gli ingredienti per il successo delle progettualità in chiave Smart City? Senza dubbio uno degli elementi fondamentali per il successo di tali progetti è la condivisione della conoscenza attraverso un’apertura al contributo di operatori e amministratori di realtà di qualsiasi dimensione, attraverso un processo che parte dal basso (bottom up). L’iniziativa privata è infatti fondamentale per portare
innovatività, creatività e – al contempo – velocità nella selezione degli ambiti più promettenti. Le occasioni di incontro e networking tra imprese e pubbliche amministrazioni diventano quindi fondamentali per conoscere tutti quegli attori attivi nello sviluppo di progetti in chiave Smart City. Smau e regione Lombardia, una sinergia che in questi anni si è sempre più consolidata e che si rafforzerà ancora di più con il progetto Smart City. Come si strutturerà la collaborazione? La collaborazione con Smau, partita tre anni fa, diventa quest’anno ancora più strategica grazie all’iniziativa Smart City. Smau oggi rappresenta per noi la piattaforma ideale per coinvolgere il mondo imprenditoriale, dalle grandi alle micro imprese, attraverso un
format che si fonda proprio sul concetto di condivisione della conoscenza, con la presentazione delle esperienze in corso in Italia e all’estero, e sull’incontro con i tutti quei soggetti che forniscono tecnologie e servizi volti a fornire supporto allo sviluppo delle città intelligenti. Questi, sono tutti elementi fondamentali per facilitare lo scambio di know how, competenze e altre sinergie operative e strategiche che rendono possibile uno sviluppo corretto ed efficace delle città intelligenti. Quest’anno le start-up in Smau avranno un ruolo da protagoniste. Con quale contributo alle progettualità in chiave Smart City? Spesso le Pmi non hanno a disposizione un proprio centro di ricerca interno, quindi l’incontro con la creatività e l’innovatività che contraddistinguono le start-up può andare a sopperire a questa mancanza, mettendo a loro disposizione una sorta di laboratorio esterno, secondo il concetto di Open Innovation. Diventa quindi fondamentale il ruolo di Smau nel creare occasioni di incontro tra imprese e start-up affinché avvenga quel trasferimento d’innovazione indispensabile per lo sviluppo delle città intelligenti.
SMARTREGION
L’esperienza concreta e gli obiettivi di una società a capitale interamente regionale che punta a fare da tramite virtuoso tra territorio e mercato ICT, alla ricerca delle soluzioni e dei progetti più adeguati e funzionali. Ce ne parla Luigi Pellegrini, ingegnere e direttore generale di Lombardia Informatica
di Alberto Agliotti
Lombardia Informatica, quando l’innovazione è al servizio dei cittadini C ostruire una Smart City vuol dire sviluppare servizi ad hoc per rispondere a precise esigenze, ma anche coordinare le singole attività in un’ottica più ampia e integrare tali servizi per renderli accessibili. In questa direzione lavora Lombardia Informatica, società a capitale regionale che fa da ponte tra la regione stessa e il mercato ICT che può fornire le soluzioni adeguate. Gli obiettivi e le strategie dalla voce di Luigi Pellegrini, direttore generale di Lombardia Informatica. Il vostro obiettivo è sfruttare l’ICT per migliorare la qualità dei servizi della PA? Sì, e in questo senso siamo partiti tempo fa, con la Carta regionale dei servizi (Crs). Nata nel 2001 per la sanità, si è poi estesa con servizi per imprese, cittadini, pubbliche amministrazioni. Oggi la Crs permette un’autenticazione
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sicura dal Web (tramite un lettore di smart card), è riconosciuta dalle pubbliche amministrazioni lombarde e consente a cittadini e aziende di accedere a vari servizi: dalla richiesta di un certificato alle prestazioni dell’Inps, dalle domande di finanziamento all’accreditamento per gli enti formativi. E i servizi per le imprese? La regione Lombardia ha deciso da alcuni anni di trasformare tutte le procedure di erogazione di finanziamenti dalla modalità cartacea a quella online. I tempi si accorciano, c’è più trasparenza, si possono elaborare statistiche e si può agire più rapidamente nel processo di finanziamento. La piattaforma Gefo (Gestione finanziamenti online) consente a cittadini, imprese, enti pubblici e privati di richiedere contributi sui fondi erogati dalla regione e dall’Unione europea. Nel 2011
sono stati finanziati quasi 236.000 progetti per un totale di oltre 550 milioni di euro, di cui circa 400 per le imprese. Nei primi otto mesi del 2012 siamo a 228.000 progetti, per un totale di 250 milioni di euro. Inoltre, a marzo 2012 la regione ha inaugurato il portale Open data, che oggi conta oltre duecento data set su territorio, imprese, cittadini: dati catastali, sanitari, meteorologici, ecc. Le imprese, ma anche i cittadini, possono accedervi gratuitamente e utilizzarli per scopi imprenditoriali, valutazioni commerciali, analisi di mercato. Ma possono anche ridistribuirli ad esempio come base dati di applicazioni per il Web o per gli smartphone, da commercializzare o distribuire liberamente.
poi metterle in condivisione. Come vi rapportate con il governo e le altre regioni? Col governo c’è un’integrazione e un confronto continui. Si tenga presente che non basta sviluppare le tecnologie, servono anche norme adeguate, che vanno concordate e verificate. Pensiamo alla privacy: la nostra carta dei servizi deve ovviamente seguire la legge nazionale. Siamo riusciti a convergere sia per gli aspetti normativi che per quelli tecnologici, abbiamo fatto sperimentazioni e adesso l’uso della Crs è sempre più allargato. È la strada che si vuole percorrere con l’agenda digitale italiana: individuare regioni pilota all’avanguardia su alcuni temi per poi trarre valore dalla loro esperienza. Anche con le altre regioni c’è un confronto costante sulle attività e si cerca di condividere esperienze e competenze. Il governo sta lavorando per semplificare il passaggio di know how da una PA a un’altra. Noi ad esempio stiamo collaborando con la provincia di Trento per cedere loro gli applicativi che abbiamo sviluppato per l’anagrafe regionale.
Il coordinamento regionale deve trovare riscontro in un’azione analoga a livello nazionale, che incoraggi le iniziative locali per
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La regione Puglia sta organizzando un proprio piano di attività a sostegno delle città in linea con le strategie indicate da Europa 20-20-20, le direttive della Comunità Europea atte a promuovere nuove frontiere energetiche per le città di domani. Il punto della situazione dalla viva voce di Loredana Capone, vice presidente della regione Puglia e assessore allo sviluppo economico
di Chiara Albicocco
Puglia: dalla rigenerazione urbana al primato italiano dell’energia green L oredana Capone è vice presidente della regione Puglia, assessore allo sviluppo economico e da tempo in prima linea nel progetto che la sua regione sta portando avanti in tema di nuove frontiere energetiche. Nello specifico, uno degli aspetti su cui ci si sta concentrando è la riqualificazione delle aree periferiche dal punto di vista sociale, ma anche delle infrastrutture e dei trasporti.
Che tipo di interventi avete messo in campo? La politica di rigenerazione urbana è al primo posto nella lista dei nostri interessi. Riqualificare le periferie, ricollegarle con il centrocittà e dotarle di quei servizi che migliorano la qualità della vita delle persone che vivono in zone decentrate, sono i nostri principali obiettivi. L’uso della domotica, ad esempio, può restituire autonomia a chi
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fino a ora ha vissuto situazioni disagiate. Mi spiego: vogliamo dotare le abitazioni di un collegamento Internet domestico che metta in contatto un paziente con un tutor collegato online dalla struttura sanitaria di riferimento, così da ottimizzare i servizi e contemporaneamente snellire i tempi e i costi della gestione sanitaria. Abbiamo molti progetti per il miglioramento della vita dei disabili. Un telecomando che permetta di sollevare le tapparelle o un sensore che accenda la luce con un comando vocale, sono alcuni esempi dei progetti sui quali stiamo investendo. Abbiamo risposto al bando Smart Cities del MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) e abbiamo ottenuto un finanziamento di 12.600.000 euro per realizzare questi progetti. La Puglia è la prima regione in Italia per l’impiego di fonti
energetiche rinnovabili. Investite per mantenere il primato? Siamo primi sui tre settori principali: energia da biomasse, eolico e fotovoltaico. L’investimento di questi anni su tali fonti ha portato anche alla riduzione delle emissioni di anidride carbonica prodotte dalle centrali tradizionali. Il consiglio regionale ha di recente approvato la proposta di legge che regola e incentiva l’uso di fonti rinnovabili in regione. L’obiettivo è realizzare una filiera dell’energia pulita dal pubblico al privato, passando ovviamente per la ricerca delle nostre università. La Puglia ha introdotto una novità assoluta in Italia: i serbatoi di accumulo di energia a idrogeno. Tutte le fonti energetiche rinnovabili possono essere immagazzinate sotto forma di idrogeno, ma si stanno studiando metodi per rendere sempre più conveniente ed efficiente questa conversione.
Avete pensato anche al turismo in versione smart? Nonostante la crisi, in questi ultimi anni, la Puglia ha vissuto un’esplosione a livello turistico soprattutto in estate. Noi stiamo pensando di destagionalizzare il flusso di visitatori e di rendere interessante il nostro patrimonio architettonico-culturale anche “fuori-stagione”. Per questo, finanziamo e sosteniamo tutti quei progetti che partono dalle piccole e medie strutture ricettive che si impegnano a ristrutturare o riqualificare un luogo di interesse culturale: un teatro, una masseria dismessa o un vecchio borgo. Nell’ottica di rendere più intelligenti le città, la mobilità sostenibile che ruolo riveste? Stiamo portando avanti una politica per la promozione del risparmio energetico e dell’abbattimento di emissioni inquinanti. Abbiamo appena approvato una legge che impone a tutti i distributori di carburante di installare anche le colonnine di ricarica per i veicoli elettrici e gli erogatori di bio-carburanti alternativi alla benzina o al diesel. In tutte le città stiamo portando servizi di bike e car sharing. Contatti: Dott.ssa Loredana Capone Vicepresidente della Regione Puglia. Regione Puglia, Assessorato allo Sviluppo Economico Corso Sonnino, 177 - Bari
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Intervista a Leonardo Masotti, Presidente del Distretto Beni Culturali e Città Sostenibile della Regione Toscana. I progetti, le strategie, gli obiettivi di una regione che si trova ad affrontare la sfida della valorizzazione di un patrimonio culturale con pochi paragoni nel mondo
di Federico Pedrocchi
La Regione Toscana e la sfida culturale N
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elle interviste che stiamo realizzando con diversi soggetti, con diverse realtà che operano nella progettazione Smart City, stiamo cercando approfondimenti tematici, ovvero dei focus più stretti su temi particolarmente interessanti. E lo facciamo perché molte cose di carattere generale sono già state dette nei mesi precedenti. Ora, dalla viva voce di Leonardo Masotti – Presidente del Distretto Beni Culturali e Città Sostenibile della Regione Toscana – tutti si aspettano riflessioni e idee importanti per quanto riguarda la valorizzazione del patrimonio storico-culturale toscano e le connessioni che tale valorizzazione può avere con il turismo.
che tutti probabilmente ricordano. In quella occasione, in tanta gente che lavorava nel campo dell’arte, in tanta gente impegnata nel valorizzare il patrimonio artistico, nacque una grande passione e interesse per tutto ciò che significa conservare e restaurare. Anche molti soggetti con competenze di tipo strettamente tecnologico – io sono un docente di elettronica, per esempio – svilupparono questa cultura rivolta a progettare strumenti per la conservazione. Ora, quando si possiede il patrimonio artistico che noi abbiamo, io credo che si sia chiamati – se pensiamo alla progettazione di città intelligenti – a produrre grande ricerca e applicazione in questa direzione.
Quali temi le sembrano indicare una direzione importante in questo campo? Mi consenta di andare, per quanto molto rapidamente, a un certo numero di anni fa, al 1966, quando Firenze fu sommersa da quella spaventosa esondazione dell’Arno
Quello che lei vuol dire – e che vale certamente per tutto il nostro Paese ma che in luoghi come la Toscana e in una città come Firenze esprime valori massimi – è che il nostro contributo in questo campo dovrebbe essere su livelli
altissimi, cioè dovremmo insegnare al mondo come si protegge e si comunica in generale un patrimonio culturale… Esatto. Credo che sia qualcosa di molto importante che noi dobbiamo sviluppare e che sia pure come un obbligo che abbiamo a livello internazionale. E c’è un altro aspetto che a me sembra molto importante, un’altra funzione che dobbiamo far emergere in questo processo di valorizzazione, che è la seguente. Pensiamo a questo flusso vasto, costante, di turisti che percorrono una città come Firenze. Fanno lunghe file per entrare in luoghi come gli Uffizi o per andare a vedere il David di Michelangelo; si muovono percorrendo le vie centrali, consultando le pagine di una guida, ma sostanzialmente dedicando poco tempo alle tante cose che passano davanti ai loro occhi…
Inevitabile ma eccessivo? Appunto. Allora dobbiamo pensare a qualcosa che definirei un hub per i turisti; una serie di strumenti che li preparino a inquadrare quello che andranno a vedere, in modo tale che siano anche in grado di seguirli, come un tutor. Penso quindi ad applicazioni visibili su tablet, per esempio; ma anche a luoghi fisici nei quali sia possibile fruire informazioni che diano un contesto. Perché la storia della città è una componente essenziale per capire i quadri, le statue, i monumenti che i turisti vanno a vedere. Dobbiamo raccontare le storie, anche gli aneddoti, che incorniciano queste opere; e dobbiamo anche proporre percorsi diversi. Dobbiamo affiancare alle informazioni di tipo storico-artistico anche quelle che riguardano certi aspetti commerciali, come quelli gastronomici e artigianali. Gli strumenti multimediali, poi, possono consentire al singolo turista di costruirsi un proprio percorso della visita a città così ricche d’arte, memorizzato su strumenti digitali; qualcosa di molto più ricco della solita lunga raccolta di diapositive.
Il centro di Firenze si presenta come un luogo saturo, potremmo dire, di arte.
Contatti: Prof. Leonardo Masotti, Presidente del Distretto dei Beni Culturali e Città Sostenibile. Regione Toscana, Assessorato alle attività produttive Via Pico della Mirandola, 24 - 50132 Firenze
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Intervista a Marco Pistore, project manager di Smart Campus nell’ambito del Trento Rise, un’iniziativa ambiziosa che ha l’obiettivo di creare un’interfaccia uniforme per tutti i progetti e i “pensieri” innovativi della regione
di Claudio Dutto
Trento Rise, l’innovazione a fattor comune T utto ruota intorno al progetto Trento Rise nato nel 2011 allo scopo di fare ricerca di alto livello in Trentino Alto Adige. «In questa regione – spiega Marco Pistore, project manager di Smart Campus nell’ambito dell’iniziativa Trento Rise – esistono da tempo molte realtà impegnate nel campo dell’innovazione tecnologica, tra cui l’Università di Trento e il Centro di ricerca Bruno Kessler. Come spesso accade, però, esiste un’eccessiva frammentazione dei saperi e questo rappresenta un ostacolo per i piccoli centri. Trento Rise si pone quindi l’obiettivo di creare un’interfaccia uniforme per tutta la regione, al fine di aiutare le ricerche di innovazione informatica sviluppate sul territorio ad avere una degna vetrina sul panorama europeo e mondiale». Quale strumento avete pensato per raggiungere l’obiettivo? Abbiamo sviluppato i “Laboratori Territoriali”, una serie di strutture che mettono a sistema tutti gli
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attori impegnati su uno stesso fronte, al fine di velocizzare i passaggi burocratici e permettere una rapida concretizzazione delle iniziative più valide. L’idea è quella di creare tutte le condizioni sotto-tecnologiche necessarie, coinvolgendo le istituzioni, le aziende, gli stakeholder e gli utenti, lasciando ai ricercatori il compito di migliorare al massimo le proprie invenzioni. In questo scenario trova spazio l’idea di Smart City? Sì. Uno dei laboratori territoriali è dedicato proprio alle Smart City e comprende diversi ambiti di ricerca. Uno di questi riguarda i servizi alle persone, cioè tutti quegli aspetti che possono aumentare la vivibilità delle nostre città. Il sottotitolo scelto per questo progetto è “Servizi per e con le persone”, con l’idea di sviluppare tecnologie che vadano ad affrontare i reali bisogni dei cittadini, ma coinvolgendo le persone nel processo di ideazione, allestimento e uso dei vari prodotti.
Su quali proposte vi siete concentrati sinora? A partire dal 1 gennaio 2012 è partito lo Smart Campus, basato sull’idea di attuare i principi di sviluppo e coinvolgimento di cui parlavo prima all’ambito del campus universitario. Il “campus” non è una zona che si limita alla sola educazione dei giovani, ma è un’area della città e in quanto tale ha delle proprie esigenze: sono necessari tutti i servizi e le infrastrutture che consentano l’integrazione e la socializzazione degli studenti, specialmente se stranieri o provenienti da altre regioni d’Italia. In quest’ottica stiamo creando una rete di relazioni con l’Università, con i comuni di Trento e Rovereto, con le comunità di valle e gli enti istituzionali, affinché i giovani abbiano la possibilità di sfruttare le piattaforme già esistenti per creare le tecnologie che siano loro più utili. Ciò che abbiamo riscontrato è che essi utilizzano i nuovi servizi proposti, ma soprattutto sono interessati a svilupparne di ulteriori: un grande
successo lo stanno ottenendo le iniziative nelle quali viene chiesto agli studenti di dare vita a nuove App per iPhone e Android. L’intenzione di Smart Campus è fare in modo che lo studente con un’idea brillante possa trovare tutti i contatti utili a garantirgli una rapida e capillare diffusione della sua applicazione. In un certo senso vorremmo fare quello che Steve Jobs ha fatto con l’Apple Store nella Silicon Valley, fornendo servizi specifici per la nostra regione. Crede che un’iniziativa simile sia esportabile in altri contesti italiani? In linea di massima tutte le iniziative sono esportabili se opportunamente adattate. Fare Trento Rise a Trento ha richiesto da un lato la presenza di una consolidata eccellenza scientifica in loco, dall’altra è stato fondamentale il fortissimo rapporto che lega i centri di ricerca e il territorio stesso. La prima condizione per esportare questo modello è trovare un’altra zona in cui esista la stessa vicinanza tra mondo politico e mondo della ricerca. Contatti: Marco Pistore, Project Manager di Smart Campus nell’ambito dell’iniziativa Trento Rise. Provincia Autonoma di Trento, Assessorato all’Industria, Artigianato e Commercio Piazza Dante,15 - 38122 Trento
SMARTREGION
Gli obiettivi, i risultati, gli effetti rivoluzionari di un innovativo progetto che punta a trasformare il Trentino in uno Smart Territory. A tu per tu con i protagonisti, Raffaele de Amicis, direttore di Graphitech (la fondazione che coordina l’iniziativa), e con Valentina Ferrari, innovation manager dell’area innovazione e consulenza della società di sistema Informatica Trentina Spa
di Claudio Dutto
i-Scope, il progetto europeo per città a misura d’uomo I n pochi anni Google Earth ha permesso a 500 milioni di utenti di fare il giro del pianeta, scoprendo luoghi che in passato potevano essere visitati solo grazie ai documentari. Il tutto per puro diletto, con la curiosità come unica giustificazione. Partendo da un modello di elaborazione informatica dei dati analogo, però, il progetto i-Scope (Interoperable Smart City services through an Open Platform for urban Ecosystems), finanziato dal programma quadro per l’innovazione e la competitività (CIP) dell’Unione Europea, svilupperà una serie di servizi per i cittadini di numerose Smart Cities europee. Ne abbiamo parlato con Raffaele de Amicis, direttore di Graphitech, la fondazione che coordina l’iniziativa, e con Valentina Ferrari, innovation manager dell’area innovazione e consulenza della società di sistema Informatica Trentina Spa, partner dell’iniziativa e impegnata nell’applicazione sul territorio regionale dei risultati di i-Scope.
Dottor de Amicis, quali sono le caratteristiche di i-Scope? Questo progetto è partito ufficialmente il 15 gennaio 2012, avrà la durata complessiva di trentasei mesi e ha come partner numerose realtà europee: centri di ricerca, università, imprese, ma anche municipalità del calibro di Vienna, Zagabria, Newcastle, la provincia autonoma di Trento e la regione Lazio. Nucleo centrale del lavoro è il formato dati geospaziale CityGML, un sistema informatico che consente di rappresentare il contesto urbano delle città in maniera chiara ed esaustiva. Il progetto i-Scope sfrutterà le potenzialità di questo strumento per sviluppare servizi Web innovativi in tre diversi ambiti: infomobilità, green economy e inquinamento sonoro. Tre settori molto diversi tra loro; da che cosa possono essere accomunati? In comune hanno il contesto urbano, che deve essere vissuto e sfruttato nella maniera più funzionale possibile. Per
raggiungere questo obiettivo verranno create delle mappe tridimensionali che riportino informazioni diverse a seconda dell’utente che le utilizza e che saranno disponibili come applicazioni per tablet e smartphone. Il capitolo “infomobilità”, ad esempio, riguarda le persone diversamente abili, ipovedenti o anziane, e prevede l’indicazione dei percorsi cittadini più semplici. Il servizio “green economy” è invece pensato per verificare gli sprechi degli edifici, i loro consumi, i problemi di dispersione e le potenzialità di ogni singola struttura. Infine l’ambito “inquinamento sonoro” consiste in un’applicazione che indichi le zone più rumorose di un centro abitato, con l’obiettivo di individuarne le cause e intervenire per eliminarle.
essere migliorato e adattato ad altri contesti. Si chiama “Trento Smart City” ed è un portale che prevede l’integrazione di altre funzioni, oltre a quelle previste in i-Scope: i servizi catastali in 3D, la localizzazione e fruizione dei punti di interesse turistico e culturale, la distribuzione degli impianti fotovoltaici nell’ottica di sviluppare una mappa energetica completa della città, servizi per tracciare gli spostamenti dei mezzi di trasporto urbano in modalità “nearly real time” e incentivare l’uso dei mezzi pubblici. Il nostro obiettivo è, in ogni caso, quello di capitalizzare al massimo l’investimento europeo sul territorio, indirizzando il potenziale di i-Scope verso l’innovazione dei servizi per il maggior numero di cittadini possibile. In quest’ottica stiamo cercando di non confinare il progetto solo alla città capoluogo di provincia, ma di allargarlo a tutto il Trentino, trasformandolo in uno Smart Territory che sappia rispondere alle esigenze di amministrazioni, residenti e turisti.
Dottoressa Ferrari, su quali città avete già lavorato? Il nostro impegno è stato inizialmente finalizzato su Trento: abbiamo raccolto una base dati e realizzato un prototipo che potrà
Contatti: Dott. Raffaele De Amicis, direttore di Graphitech e Dott.ssa Valentina Ferrari, Innovation Manager dell’area Innovazione e Consulenza di Informatica Trentina Spa. www.iscopeproject.net e www.trentosmartcity.com Provincia Autonoma di Trento, Assessorato all’Industria, Artigianato e Commercio Piazza Dante,15 - 38122 Trento
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È sempre più il turismo a fare da cuore pulsante per i progetti di città intelligenti attuati dalla Regione Veneto. Un turismo che chiede sempre più di integrarsi con strumenti innovativi come i social networks, le reti Wi-Fi… Il Veneto è da tempo in prima linea in questo senso, come ci racconta Michele Vianello, direttore del Vega Park, parco scientifico e tecnologico di Venezia
di Alberto Agliotti
La Regione Veneto e il turismo come traino dell’innovazione I nnovazione e soluzioni IT non fini a se stesse ma al servizio di una comunità e, soprattutto, di un settore strategico, per il nostro Paese, come il turismo. Con Michele Vianello, che dirige il Vega Park, abbiamo scelto di non parlare di quanto sta avvenendo al Vega ma dei progetti che la Regione Veneto sta elaborando in tema Smart City. Mi pare che lei voglia soffermarsi su una particolare attività progettuale, giusto? Esatto. Si tratta del settore del turismo. Che è certamente un’area di intervento che ha perfettamente senso se si sviluppa in un ottica regionale… Infatti. E diciamo subito che la necessità di progettare in questa direzione nasce anche dal fatto che abbiamo a che fare con un
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comparto industriale che è, non voglio usare mezzi termini, alquanto vetusto. Un settore che, questo è un dato centrale, può vedere negli strumenti dell’information technology il driver centrale per innovarsi. Seguiremo due direzioni principali. La prima è far sì che l’offerta di prodotti turistici si adegui sempre più alla richiesta, questo perché in generale si registra un paradosso: la domanda è più avanzata dell’offerta. Questo vale un po’ ovunque nel mondo, ma è particolarmente acuto in Italia perché il nostro Paese ha vissuto troppo di rendita sul turismo, nella convinzione che non vi fosse necessità di innovazione perché “tanto i turisti arrivano sempre”. E come ci si può muovere verso questo adeguamento? Come si può avvicinare la domanda all’offerta?
Noi pensiamo che la strada giusta sia quella dello user generated content; siamo nel Web 2.0, insomma, dove il pubblico usa la rete per dire la sua su quello che fa e quindi parla – e anche molto – delle sue esperienze di viaggio.
«Si deve far narrare la storia delle città dai city user e da chi offre servizi» Ancora di più: la nostra tesi è che si deve far narrare la storia delle città dai city user e da chi fa offerta di servizi. Naturalmente si tratterà di progettare anche strumenti in grado di selezionare questa massa di informazioni, estraendo e valorizzando delle informazioni
efficaci. Se si lavora in questa direzione allora si fa emergere una modalità operativa che è più differenziata. Faccio un solo esempio: c’è una quota molto consistente della domanda turistica che è fatta da manager in viaggio per lavoro che, finite le riunioni, vogliono dedicare una parte del loro tempo a esperienze turistiche. Ma il format prevalente dell’offerta è quello per famiglie. C’è anche un problema di formazione delle tante categorie di operatori del turismo, immagino, se abbiamo detto, poco fa, che la cultura diffusa è da tempo quella che punta a vivere di rendita, è corretto? Questo è il secondo asset del lavoro che dobbiamo sviluppare. Noi abbiamo ancora troppi albergatori che sono fermi al fax, che non dialogano con i propri possibili clienti. Diciamo di più: abbiamo troppi gestori che guardano addirittura con sospetto all’innovazione. L’uso del Web 2.0 e una azione educational presso gli operatori sono dunque le due direzioni che segnano il nostro progetto di turismo “smart” regionale. Contatti: Dott. Michele Vianello Direttore Generale di Vega Park. Regione Veneto, Assessorato allo Sviluppo Economico Palazzo Balbi - Dorsoduro 3901 - 30123 Venezia
PROSSIMI EVENTI LA SCHOOL OF MANAGEMENT
La School of Management del Politecnico di Milano, con oltre 240 docenti, e circa 80 fra dottorandi e collaboratori alla ricerca, dal 2003 accoglie le molteplici attività di ricerca, formazione e alta consulenza, nei campi del management, dell’economia e dell’industrial engineering che il Politecnico porta avanti attraverso le sue diverse strutture interne e consortili. Fanno parte della Scuola il Dipartimento di Ingegneria Gestionale, le Lauree e il PhD Program di Ingegneria Gestionale e il MIP, la business school del Politecnico di Milano. La School of Management ha ricevuto nel 2007 l’accreditamento EQUIS.
19 OTTOBRE 2012
SMAU 2012 Fieramilanocity Milano
25 OTTOBRE 2012
Politecnico di Milano Aula Carlo De Carli Campus Durando Via Durando 10, Milano
21 NOVEMBRE 2012
Politecnico di Milano Aula Rogers Campus Leonardo Via Ampère 2, Milano
GLI OSSERVATORI ICT & MANAGEMENT
Gli Osservatori ICT & Management della School of Management del Politecnico di Milano (www.osservatori.net) vogliono offrire una fotografia accurata e continuamente aggiornata sugli impatti che le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) hanno in Italia su imprese, pubbliche amministrazioni, filiere, mercati, ecc. Gli Osservatori sono ormai molteplici e affrontano in particolare tutte le tematiche più innovative nell’ambito delle ICT: Agenda Digitale, B2b – eProcurement e eSupply Chain, Business Intelligence, Canale ICT, Cloud & ICT as a Service, eCommerce B2c, eGovernment, Enterprise 2.0, eProcurement nella PA, Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione, Gestione dei Processi Collaborativi di Progettazione, Gestione Strategica dell’ICT, Gioco Online, HR Innovation Practice, ICT & Business Innovation nel Fashion-Retail, ICT & Commercialisti, ICT & PMI, ICT Accessibile e Disabilità, ICT in Sanità, ICT nel Real Estate, ICT nelle Utility, ICT Strategic Sourcing, Information Security Management, Intelligent Transportation Systems, Internet of Things, Intranet Banche, Mobile & Wireless Business, Mobile Banking, Mobile Internet, Content & Apps, Mobile Marketing & Service, Multicanalità, New Media & New Internet, New Slot & VLT, New Tablet & Business Application, NFC & Mobile Payment, RFId, Smart Working, Unified Communication & Collaboration.
OSSERVATORIO CANALE ICT
Convegno di presentazione dei risultati della Ricerca 2012 Durante il Convegno, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano all’interno di SMAU 2012, verranno presentati i risultati della nuova Ricerca volta ad analizzare e valutare approfonditamente le principali problematiche che caratterizzano il Canale ICT in Italia, i cui operatori stanno attraversando un profondo processo di trasformazione e consolidamento, alla ricerca di un ruolo non più scontato e, soprattutto, di modelli di business sostenibili. Alla presentazione dei risultati seguirà una Tavola Rotonda a cui parteciperanno alcuni tra i principali player del settore ICT.
OSSERVATORIO E-COMMERCE B2C
Convegno di presentazione dei risultati della Ricerca 2012 Durante il Convegno, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano in collaborazione con Netcomm, verranno presentati i risultati della nuova Ricerca dell’Osservatorio, che si è posta i seguenti obiettivi: monitorare l’evoluzione del commercio elettronico in Italia, evidenziando il valore di mercato, i trend e i modelli di business di riferimento; discutere criticamente le opportunità di sviluppo dell’eCommerce B2c, sulla base dei dati raccolti e del confronto con i dati dello scenario internazionale; esplorare le frontiere del commercio elettronico, identificando e analizzando i fenomeni emergenti. La presentazione dei risultati della Ricerca sarà seguita da una Tavola Rotonda a cui parteciperanno alcuni dei principali operatori dell’eCommerce B2c italiano.
OSSERVATORIO SMART WORKING
Convegno di presentazione dei risultati della Ricerca 2012 Durante il Convegno, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano, verranno presentati i risultati della prima Ricerca dell’Osservatorio che si è posta l'obiettivo di comprendere l’evoluzione dei workspace aziendali e dei nuovi modelli di lavoro nelle organizzazioni, attraverso l’analisi di diffusione e di maturità delle applicazioni di Smart Collaboration e della loro fruibilità con differenti device (mobile, tablet, notebook, …) e in diverse location (ufficio, casa, …). La Ricerca, attraverso il coinvolgimento delle principali Direzioni aziendali (IT, HR, …), ha voluto identificare i principali benefici derivanti dall’adozione del modello di Smart Working nelle aziende e l’impatto che questo ha sui processi di business.
P E R M A G G I O R I I N F O R M A Z I O N I V I S I TAT E I L S I T O
w w w. o s s e r v a t o r i . n e t
smau innovazione di casa nelle città
smart city roadshow è l'iniziativa di smau e anci declinata in cinque tappe sul territorio italiano per valorizzare e mettere a fattor comune le iniziative emergenti nel nostro paese, oggetto del tavolo di lavoro smart city della cabina di regia del governo, che diventano così patrimonio a disposizione della business community per costruireLla "via italiana alle città intelligenti". a smau, un ciclo di laboratori in cui presentare casi di successo in ambito smart city, un premio dedicato, un'area start up e un evento istituzionale per delineare lo scenario di mercato nazionale e internazionale. BARI 6-7 FEBBRAIO 2013
TORINO 27-28 FEBBRAIO 2013
ROMA 20-21 MARZO 2013
PADOVA 17-18 APRILE 2013
BOLOGNA 5-6 GIUGNO 2013
MILANO 16-18 OTTOBRE 2013
L’evento è riservato agli operatori professionali - Imprese, Amministratori Pubblici, Media -
Un’iniziativa di
Smart City Viaggio nei Comuni che stanno pensando, sviluppando e realizzando i migliori progetti di città intelligenti. Le soluzioni, le idee, le difficoltà e i consigli più preziosi dalla voce dei protagonisti. Uno sguardo diretto e concreto sull’Italia che costruisce il cantiere del nostro futuro 33
Cosenza
linee guida: sostenibilità e partecipazione
SMARTCITY
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di Enrico Rini
Geppino De Rose, assessore all’innovazione del comune di Cosenza
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osenza intende trasformarsi in una città intelligente, seguendo due direttive: quella della sostenibilità e quella della partecipazione attiva dei cittadini. Ne parliamo con l’assessore all’innovazione Geppino De Rose. Il progetto Smart City di Cosenza rientra tra quelli approvati dal Miur. È certamente un risultato molto importante. Quali sono le linee guida del vostro progetto? Lo SmartCos (Smart Cosenza) è un progetto di ricerca industriale con partner molto importanti (come General Electric, Enel distribuzione, CUEIM, CNR, l’Università della Calabria). L’obiettivo è la sperimentazione, all’interno di un’area ad alta valenza artistica, di nuovi modi
“A fine progetto avremo un sistema di mobilità pulita con infrastrutture stabili: una rete di punti per la ricarica delle auto, dei bus, delle biciclette, oltre alle stazioni del bike sharing”
di uso dell’energia: produzione da fonti di rinnovabili, accumulazione, stoccaggio e soprattutto rilascio intelligente in funzione delle esigenze del territorio. Presto in città ci saranno dei punti di ricarica elettrica dei bus e ci saranno bus dotati di sistema di ricarica mobile, che trarranno energia, oltre che da queste centraline, dai pannelli fotovoltaici posti sul tetto e dai freni. A fine progetto avremo un sistema di mobilità pulita con infrastrutture stabili: una rete di punti per la ricarica delle auto, dei bus, delle biciclette, oltre alle stazioni del bike sharing. Tutto questo si accompagna a procedure di coibentazione di alcuni palazzi cittadini, sempre nell’ottica dell’efficienza energetica. Inoltre Cosenza è capofila di un finanziamento europeo, il progetto Pisl (Progetti integrati di sviluppo locale), che prevede la creazione di una rete nel settore della bioedilizia, favorendo l’insediamento di soggetti che operano nel settore, soprattutto per quanto concerne le ristrutturazioni. Esistono molti modelli e molte concezioni di città intelligente. Qual è l’idea che guida il progetto SmartCos? La Smart City non è un universo a sé ma è parte di
una strategia più larga: quella dell’agenda digitale, che pone alcuni requisiti fondamentali, il primo dei quali è quello della Smart City, essenzialmente connesso alla Smart Community. Altri requisiti sono gli open data, il cloud computing e l’e-governament come strategia complessiva di ampliamento della partecipazione. Se non si fa chiarezza su questi punti c’è il rischio di trasformare la Smart City in un’esperienza vuota, una sintesi linguistica riuscita ma priva di contenuto. Noi siamo convinti del fatto che la Smart City sia un modello di governo urbano, non un festival di soluzioni tecnologiche. Inoltre, non esiste una sola Smart City ma tante Smart Cities, corrispondenti ai punti di forza di un territorio.
Ci spieghi meglio questo aspetto: in che modo i punti di forza preesistenti in un territorio possono essere la base per la costruzione di una città smart? Ci siamo chiesti: quali sono i punti di forza per eventuali applicativi Smart City nella nostra città? Per rispondere, abbiamo punti forti e punti deboli, perché se un applicativo non serve a risolvere un problema rischia di essere uno specchietto per le allodole. Nel nostro caso, un punto di forza fondamentale del territorio è un’università molto giovane ma anche molto attiva nei settori dell’Ict, della sistemistica e dell’informatica distribuita. Un punto debole erano le perdite sulla rete idrica. Ciò che abbiamo fatto è stato sfruttare la sensoristica sviluppata in collaborazione con l’università per monitorare la rete idrica nei punti critici. Vi siete confrontati con le sperimentazioni in atto in altre città, per decidere quale fosse la strada migliore per Cosenza? Abbiamo studiato molto gli esempi internazionali: al di là di Amsterdam – ormai celebrata da tutti – ci sono altri modelli interessanti, che ci hanno aiutato a muoverci, come Tallinn, Reykjavík e soprattutto Seattle, una città che pur essendo sede di colossi come Boeing e Microsoft, ha puntato su progetti di dimensioni ridotte per l’efficientamento energetico, investendo sulla partecipazione dei cittadini. Anche nel nostro caso l’obiettivo è quello della sostenibilità e anche noi stiamo puntando non su mega progetti – dai grossi costi di manutenzione e formazione – ma su piccoli passi gestibili. Abbiamo ad esempio inserito delle telecamere sui bus cittadini. Le telecamere hanno una doppia visione: la ripresa esterna segnala traffico, incidenti, e anche violazioni del codice della strada, mentre la ripresa interna segnala tutti i problemi di sicurezza. E sul fronte della democrazia partecipativa, cui accennava, che cosa avete fatto? La Smart City per Cosenza non è solo una questione di alta tecnologia ma è soprattutto una rivisitazione dei nessi di causalità partecipativa: occorre favorire nuove modalità di partecipazione. Ad esempio, garantire livelli alti di trasparenza sui dati locali sembra poco, ma è una piccola rivoluzione. Inoltre occorre fare rete con gli stakeholder: noi abbiamo convocato tutti gli ordini professionali della città e li abbiamo posti di fronte alla necessità di lanciare idee progettuali. Infine i cittadini possono segnalarci attraverso uno smartphone qualunque problema (una buca, un danno) e noi ci impegniamo a risolverlo.
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Pavia
mobilità intelligente e comunicazione
SMARTCITY
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di Enrico Rini
Alessandro Cattaneo, sindaco di Pavia
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e piccole e medie città rappresentano ambiti elettivi di applicazione delle sperimentazioni Smart City. Se poi queste città sono antichi centri universitari e sono a poca distanza dalle grandi metropoli, l’innovazione diviene la priorità. Ne abbiamo parlato con Alessandro Cattaneo, sindaco di Pavia. Che cosa significa per Pavia trasformarsi in una città intelligente? Il termine Smart City è oggi entrato nell’immaginario comune, ma non sempre si mette a fuoco che cosa effettivamente significhi. Smart City significa per noi l’utilizzo di nuove tecnologie per rendere più efficienti tutti i servizi che l’amministrazione pubblica offre ai propri cittadini. Le medie città
“Smart City significa per noi l’utilizzo di nuove tecnologie per rendere più efficienti tutti i servizi che l’amministrazione pubblica offre ai propri cittadini” hanno – è vero – a volte un vantaggio dato dalla possibilità di testare le innovazioni alla propria scala. D’altra parte è vero che tutto dipende dalla tecnologia in gioco: se questa comporta grandi costi, per una piccola città può essere più difficile. Quali sono le aree su cui avete più lavorato? Ci può fare qualche esempio di innovazioni già in atto e di progetti per il futuro? Nel caso di Pavia posso fare vari esempi di piccole e grandi innovazioni. Innanzitutto abbiamo lavorato sulla comunicazione, un aspetto estremamente importante per un ente pubblico: abbiamo dei profili istituzionali su Facebook per il comune e per i vari assessorati e abbiamo anche un profilo Twitter. Abbiamo inoltre messo in piedi una redazione media, con la quale produciamo internamente, senza costi, un piccolo tg vero e proprio con sotto-servizi di approfondimento su varie tematiche. Con questa piccola innovazione interna arriviamo oggi a un numero molto alto di cittadini. La vicinanza a Milano rende il tema della mobilità molto sensibile. Come avete provato a
introdurre innovazione in quest’ambito? La mobilità è uno degli aspetti più sentiti dai cittadini pavesi e non solo: in questo caso Smart City significa cercare di rendere la vita il più semplice possibile a chi si muove. Attraverso un accordo con TreNord abbiamo fatto in modo che Pavia, che dista 35 km da Milano, fosse connessa al capoluogo lombardo dal passante ferroviario, che offre un collegamento con un tempo inferiore alla mezz’ora e una frequenza di trenta minuti. Inoltre in stazione abbiamo creato un servizio di auto elettriche che possono essere prenotate e abilitate via Internet usando dei codici (sembra complicato, ma in realtà è semplicissimo). Nello stesso punto c’è il bike sharing. Infine abbiamo reso possibile, per la mobilità tradizionale, il pagamento della sosta a consumo attraverso una piccola card prepagata da applicare allo specchietto: quando si parcheggia si attiva la card e si paga solo il tempo effettivo, senza complicazioni e sprechi. Il passo successivo consisterà nel rendere possibile tutto questo con un’unica card: prendere il treno, la bici, la macchina, l’autobus con la stessa carta.
Un altro tema caldo è rappresentato dai servizi a sportello. Anche in questo caso avete provato a rendere le procedure sempre più integrate? Certamente: anche i servizi a sportello sono stati trasformati. Faccio ancora un esempio legato alla mobilità. I permessi della zona a traffico limitato possono essere richiesti online: il cittadino svolge l’intera procedura in rete e riceve comodamente a casa il proprio tagliando rinnovato per i tre anni successivi. Si può anche avere un promemoria elettronico a ridosso della scadenza. Il passo successivo sarà l’utilizzo delle telecamere di sorveglianza degli accessi alla ztl non solo per il controllo passivo (a volte mal digerito dai cittadini), ma anche per agevolare l’ingresso di tutti quanti possono entrare nella ztl e ne hanno motivo: artigiani, medici, e così via. Attraverso il sistema informatico si potrà verificare il proprio ingresso e sanare la propria posizione, se si appartiene a una di queste categorie. Anche in questo caso si evita di fatto un’ora di coda allo sportello mobilità. Tutti questi servizi online potrebbero essere meglio sfruttati con una rete Wi-Fi cittadina. Da questo punto di vista Pavia a che punto è? Pavia è una città universitaria e l’esigenza di una buona infostrutturazione Wi-Fi si fa ancora più sentire. Noi abbiamo fatto sì che molte zone fossero coperte da una connessione Wi-Fi libera, dal parco del castello alla piazza principale, fino all’area verde antistante il parco del Ticino. Naturalmente il Wi-Fi è solo l’inizio, ma c’è da dire che spesso in Italia mancano ancora reti cittadine adeguate.
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Perugia
l’energia delle città intelligenti parte da qui
SMARTCITY
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di Enrico Rini
Wladimiro Boccali, sindaco di Perugia
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na storia e tradizioni che si perdono nel tempo, unite a una instancabile curiosità e voglia di guardare avanti e sperimentare. Perugia è un comune, ma anche un laboratorio strategico per capire e studiare le più interessanti declinazioni che proprio il fenomeno delle Smart City può produrre. Ne parliamo con Wladimiro Boccali – primo cittadino del capoluogo umbro – al quale abbiamo chiesto, innanzitutto, quali iniziative sono già in corso o quali già realizzate nella sua città. Qual è insomma la tradizione di Perugia nella ricerca per l’innovazione urbana? Perugia ha una tradizione antica che riguarda gli ambiti dell’energia e della mobilità. Per quanto riguarda l’energia è in
“Perugia è la quarta città italiana per superficie di solare termico e la seconda per diffusione di tetti fotovoltaici” corso un progetto di riqualificazione, finanziato anche con fondi europei, di tutta l’illuminazione pubblica (ben 28.000 punti luce): le lampade a led verranno sostituite con sistemi intelligenti di tele-controllo e tele-gestione, con un risparmio previsto nei consumi energetici e nelle emissioni pari al 30-40%. Per quanto riguarda la mobilità, abbiamo invece stipulato un protocollo d’intesa con Enel distribuzione: sono in fase di realizzazione 28 centraline per la ricarica pubblica di veicoli elettrici a emissioni zero. Ci sarà anche un’applicazione per smartphone con la quale si potrà verificare la disponibilità della centralina in tempo reale. A questo si deve aggiungere la presenza in città di un sistema integrato di bike sharing, con biciclette a pedalata assistita. Speriamo che tutti questi interventi possano non solo essere di aiuto nell’utilizzo dei mezzi elettrici in uso agli enti pubblici, ma anche stimolare i privati a una mobilità sostenibile. Ma da dove viene questa energia elettrica? Come sta operando Perugia nel campo dello sfruttamento di energia da fonti rinnovabili? Da questo punto di vista abbiamo in corso notevoli
progetti di implementazione del fotovoltaico nelle scuole, nei cimiteri e negli impianti sportivi. Abbiamo la fortuna di poterci inserire in una tradizione ben consolidata, dato che Perugia è la quarta città italiana per superficie di solare termico e la seconda per diffusione di tetti fotovoltaici. Parliamo ora di come Perugia intende cogliere le opportunità poste dai nuovi bandi per le Smart City. Intendete proseguire nella vostra tradizione di innovazione in ambito energetico? Certo. Stiamo lavorando a un progetto che si richiama ai filoni delle Smart Grids e della filiera dell’architettura sostenibile e che prevede l’introduzione di reti energetiche integrate che comprendano sia fonti rinnovabili sia fonti tradizionali. Da tutto questo dovrebbe nascere un sistema di utilizzo dell’energia elettrica programmabile, per ovviare al grande handicap dei sistemi attuali. Attraverso l’immagazzinamento si renderà infatti disponibile l’energia quando serve, per far fronte anche ai picchi di richiesta. Tutto ciò dovrebbe consentire un abbattimento dei costi e potrebbe essere integrato alla produzione di calore.
E per quanto riguarda l’innovazione nella fruizione del patrimonio culturale, come intendete procedere? Questo è il nostro secondo filone di intervento in connessione ai bandi Smart City. In questo caso il nostro progetto è ancor più ambizioso e si lega alla candidatura di Perugia e Assisi a “Capitali europee della cultura” per il 2019. Si tratta di un progetto molto vasto, che intende valorizzare tutte le specificità del territorio umbro, formato oltre che da Perugia da molti altri piccoli centri, ciascuno dei quali è portatore di eccellenze in ambito storico-artistico e culturale. Tale policentrismo dovrà essere messo a sistema in modo da poter essere fruito sia dai turisti sia dai cittadini. Una piattaforma informatica dovrà collegare tutti i nodi di questa rete: stiamo lavorando a una mappatura georeferenziata di tutti i beni artistici, cui dovrà affiancarsi un palinsesto di eventi in programma. La piattaforma comprenderà inoltre tutte le indicazioni che riguardano i parchi e gli altri siti di interesse, e una mappatura delle strutture ricettive, per conoscerne in tempo reale il flusso, la disponibilità e la collocazione. Tutto ciò potrebbe essere accessibile attraverso un portale in connessione Wi-Fi gratuita (già operante sia a Perugia che ad Assisi) oppure attraverso gli uffici turistici dei luoghi toccati dagli itinerari reali e virtuali. Il comune di Perugia fa in questo caso da capofila a una squadra che comprende numerosi soggetti: molte imprese, la regione e naturalmente l’Università degli Studi di Perugia, che sta fornendo un contributo essenziale.
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Torino
un salto culturale verso le città del futuro
SMARTCITY
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di Claudio Dutto
Piero Fassino, sindaco di Torino
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bbiamo posto una serie di domande al sindaco di Torino Piero Fassino per cercare di capire la sua idea di Smart City. Piero Fassino, quale definizione dà Lei a Smart City? Smart City è un progetto di modernizzazione delle città, ma deve essere soprattutto un modo diverso di pensarle. Attraverso l’applicazione di principi che rendano più “smart” – cioè più intelligenti – i nostri comuni, noi dobbiamo cambiare mentalità, fare un salto culturale deciso rispetto al passato. C’è anche un cambiamento storico, quindi, che deve attivarsi. Noi veniamo da un secolo, il Novecento, contraddistinto
Riassumendo: una città è davvero “smart” se è in grado di proporre progetti nuovi ai propri cittadini. Certo, ma a mio parere è decisamente intelligente una città che sappia ottimizzare al meglio le proprie risorse, facendo sistema con ciò che già esiste.
“Smart City è un progetto di modernizzazione delle città, ma deve essere soprattutto un modo diverso di pensarle” dall’ideologia fordista, dove tutto si basava sull’idea di un ciclo produttivo meccanico, oltre che su una società e su dei territori fortemente gerarchizzati, rigidi e compatti. L’epoca in cui viviamo oggi è rappresentata dalla società flessibile, dal ciclo produttivo digitalizzato: è il tempo della rete, che è radicalmente diverso da quello del fordismo. L’eredità che riceviamo dal passato è basata sulla verticalità delle strutture, mentre la rete è orizzontale, non esiste un vertice al quale tutti devono sottostare. Nella sua esperienza da sindaco di Torino, quale difficoltà ha incontrato nell’applicare l’idea di Smart City? Un problema fondamentale è quello della replicabilità e della standardizzazione dei progetti:
in città non possiamo limitarci a inserire degli esemplari unici, perché così facendo costruiremmo un presepe, non una città che voglia cambiare passo. Ciò di cui abbiamo bisogno sono idee e progetti che possano avere un reale impatto su un’area molto più vasta di una piazza o una via. In questo senso, la cabina intelligente o la panchina che fa il caffè sono prototipi affascinanti e suggestivi, ma non sono ciò di cui abbiamo necessità. Dunque sta tutto nella capacità dell’amministrazione pubblica di scegliere i progetti migliori. Non direi. Piuttosto sta tutto nel rapporto che si crea tra pubblico e privato. Gli enti locali giocano senza dubbio un ruolo decisivo in quanto committenti, ma un ruolo chiave lo gioca anche il sistema delle imprese che, avendo in mano le tecnologie e il know how, fa sì che questi progetti si realizzino. Le Smart Cities possono essere un traino in questo momento di difficoltà: affidandosi non solo ai grandi poli industriali, ma anche alla rete delle piccole e medie imprese, possono favorire l’occupazione in tutti i settori.
Può farci qualche esempio? A Torino stiamo lavorando per diffondere sul territorio i mezzi necessari per consentire una più facile accessibilità alle pratiche comunali. Se noi sfruttassimo il sistema postale, che è il più ramificato e capillare del territorio, per espletare le pratiche anagrafiche, potremmo addirittura andare oltre il concetto classico di “Ufficio Anagrafe”. L’intento delle Smart Cities deve essere anche pedagogico-culturale, cioè si deve ribaltare un punto di vista classico. Perché non pensare, poi, alle scuole come centri polivalenti? Certo, l’attività didattica rimane lo scopo principale dell’istituzione, ma potremmo accorpare dei servizi, con risparmi di costi e agevolazioni reciproche non indifferenti. Con il ministro Profumo abbiamo messo in campo un progetto pilota che vede coinvolte sessanta scuole in tutto il Paese. Una delle idee è, per esempio, quella di inserire l’ufficio postale in un’ala dell’edificio: in questo modo porteremmo la banda larga – indispensabile per il funzionamento del sistema postale – alla scuola, con enormi vantaggi per la didattica e gli studenti. Molti sollevano un problema: la lentezza della burocrazia delle pubbliche amministrazioni. Sì, esiste. Il quadro normativo va decisamente migliorato perché è esso stesso basato su un sistema verticistico che è anacronistico. Se noi non abituiamo le nostre amministrazioni all’interdisciplinarità e all’orizzontalità, i progetti di Smart City si fermano, perché non esiste nemmeno un’idea che sia gestibile da una sola amministrazione in termini verticali. Questo comporta che dobbiamo avere il coraggio di sperimentare anche formule di gestione innovative: se un’azienda propone un’idea affascinante, deve esistere la possibilità di metterla in condizioni di agire subito e in tempi rapidi. Tutto questo fa capire quanto il progetto Smart City sia difficile da realizzare, ma allo stesso tempo quale sfida appassionante sia per la modernizzazione della società e delle amministrazioni.
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Una rivoluzione che è solo all’inizio, che è destinata a lasciare un segno profondo nella nostra società ma anche un cambiamento che necessita sempre più di stabili cabine di regia. Non ha dubbi un colosso come Accenture nelle parole di Giuseppe Gorla, responsabile dell’offerta di Technology Consulting
di Federico Pedrocchi
Accenture: «Siamo all’inizio, ma attenzione alla regia» A ccenture sta svolgendo diverse attività di consulenza che hanno a che vedere con le città intelligenti. Anche e soprattutto per questo motivo abbiamo intervistato Giuseppe Gorla, responsabile dell’offerta di Technology Consulting in Accenture.
Quale idea vi state facendo di questo grande processo? A nostro parere si può dire che siamo davvero agli inizi di una evoluzione che, se ben orchestrata, porterà a una rivoluzione del vivere urbano, a tutti i livelli. Smart City nasce come un orizzonte progettuale che pone molto l’accento sui fattori ambientali e sul risparmio energetico. Tutto ciò è di assoluta importanza, tuttavia sta sviluppandosi uno scenario che è molto più ampio e che contiene un profondo cambiamento della vita quotidiana dei cittadini e dei servizi che in essa si possono sviluppare: da soluzioni
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ecocompatibili a soluzioni in grado di migliorare la qualità dell’esistenza e di modificare il modus vivendi dei cittadini. In questo contesto si comprende quanto sia importante definire la governance, ovvero la regia nell’introduzione dei nuovi servizi e la loro gestione. In Italia esiste un interessante esempio che sta facendo scuola: l’evento Expo 2015 e il ruolo di Expo SpA, ovvero una società che è stata creata allo scopo di realizzare una regia complessiva nell’identificazione, progettazione e gestione dei nuovi servizi. Cosa sarebbe accaduto se non si fosse costituita questa società con compiti di coordinamento? Non è difficile prevederlo: le grandi aziende, i grandi player, avrebbero fornito i loro servizi, con un processo non integrato. Per Expo 2015 stiamo lavorando a una piattaforma integrata per la gestione dei servizi (service delivery platform) che ne faciliti la creazione di nuovi: per esempio, un sistema avanzato
per la chiamata dei taxi, un servizio centrale nelle grandi aree metropolitane. È infatti possibile sviluppare sistemi che mettano in relazione il cliente con il taxi prima che la corsa inizi. A un obiettivo come questo può contribuire una proposta che nasce da una start-up di giovani come da una azienda già leader nel settore. In sintesi, lo sviluppo di Smart Cities permette un’apertura trasversale al mercato. Ma serve una società che gestisca le possibili offerte. La vostra sensazione è che queste cabine di regia non stiano ancora emergendo? Nei prossimi dodici mesi vedremo non pochi nuovi servizi che si proporranno concretamente. Vedremo infatti le prime proposte di una certa sostanza. Per esempio, si svilupperanno i pagamenti via smartphone, una tipologia di servizi che richiede molta efficienza nella gestione. Rimanendo sull’argomento,
teniamo presente che in Italia abbiamo una popolazione che presenta altissimi livelli nell’uso dei cellulari e quindi questa modalità di pagamento può decollare rapidamente e con grande intensità. Ma stanno per arrivare anche proposte molto interessanti nel settore dei controlli sanitari in remoto, quelli che collegheranno il paziente a dei centri di monitoraggio in grado di effettuare un rilevamento costante dei dati. È guardando a queste applicazioni, come a molte altre, che si presenta come necessaria l’ottimizzazione di un controllo centrale. Qui ci vuole più attenzione di quanta si è sviluppata finora. Noi come Accenture lavoriamo proprio nella consulenza alla creazione di queste funzioni centrali. Voglio anche aggiungere una ulteriore considerazione: la governance e la relativa regia non hanno solo una funzione importante nella fase di innesco, quando cioè si tratta di scegliere le caratteristiche dei vari servizi. C’è la fase successiva, infatti, che non va assolutamente sottovalutata ed è quella della gestione, della continuità, quando l’utilizzo delle applicazioni entra nella quotidianità. E Accenture si focalizza anche su quest’aspetto.
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SMARTBUSINESS
Aumentare il coordinamento e la continuità dei progetti. Cisco è una delle società IT maggiormente impegnate in ottica Smart City ed è in prima linea nel disegnare la strada che ci portata verso Expo 2015. Ne parliamo con Fabio Florio, Head Manager del Business Development di Cisco
di Chiara Albicocco
Cisco: «Le comunità siano il centro del progetto» D ire Cisco vuol dire chiamare in causa una fetta importante dei progetti di città intelligenti che stanno nascendo e si stanno sviluppando in tutto il mondo. Ecco dunque che la voce di questa realtà diventa un prezioso strumento di orientamento per tutti coloro che si stanno affacciando sul mondo delle Smart City. In questa intervista esclusiva Fabio Florio, Head Manager del Business Development di Cisco, illustra obiettivi e preziose indicazioni del colosso delle reti. Sappiamo che avete una definizione particolare per la vostra attività complessiva sulle Smart City: può svelarcela? Sì, è Smart Connected Community. È una definizione che per noi rimanda a un punto di vista fondamentale: mettere il cittadino al centro della progettazione. Meglio: mettere la comunità. La realtà italiana in particolare corrisponde a questa
visione, con le sue tante città e numerosi paesi. Noi abbiamo, comunque, un centinaio di progetti importanti in giro per il mondo. In Europa, per esempio, siamo impegnati a Barcellona, Amsterdam, Parigi e Madrid. Una prima considerazione sulla situazione italiana è che si dovrebbe incrementare il coordinamento fra i vari progetti e che bisognerebbe anche riuscire a impostare l’attività con una logica di più lungo respiro, perché la continuità progettuale fra una giunta e l’altra deve essere garantita. Sentiamo poi l’esigenza che si attivi una significativa creazione di centri di coordinamento, presso le singole amministrazioni pubbliche, dei vari servizi. Devono nascere strutture per la raccolta trasversale dei dati, al fine di sviluppare un dialogo fra le varie applicazioni, con soluzioni di controllo e di monitoring. Sottolineo l’importanza di queste funzioni di controllo e
gestione perché creare una Smart Communities non è cosa che si fa in un dato momento e poi i giochi sono fatti. In che direzioni state lavorando, ovvero come avete strutturato le vostre proposte? Siamo operativi in tre grandi aree: economica, sociale, ambientale. Per quanto concerne l’area economica, vogliamo agire nella creazione di nuovi posti di lavoro, sviluppando nuovi business. Un esempio è il lavoro distribuito, che non va confuso con il telelavoro: vuol dire portare il lavoro verso i cittadini. Nei dintorni di Amsterdam sono nate decine di centri che mettono a disposizione molti servizi avanzati, come per esempio diverse soluzioni di conference via rete. Sono spazi che possono essere affittati da professionisti, temporaneamente, ma anche da aziende. Sul versante sociale le aree principali di intervento sono
due: una legata alla salute l’altra alla scuola. Per la salute puntiamo, ad esempio, alla facilitazione delle visite mediche ai pazienti, anche con visite a distanza. E per la scuola? Anche in questo caso puntiamo a servizi che consentano attività in remoto, ovvero l’accesso per studenti a materiali di studio via rete, mettendo in comunicazione, nel caso dell’università, anche istituti diversi. Passiamo alla terza area, quella ambientale. Porzioni significative dei servizi che abbiamo appena visto, già intervengono sul miglioramento delle condizioni ambientali, questo va tenuto presente. Però poi abbiamo una serie di strumenti che agiscono sulle Smart Grid, fornendo agli erogatori di energia quell’intelligenza software che, appunto, è essenziale per generare le prestazioni avanzate richieste. Inoltre c’è il tema del risparmio negli edifici, nei quali è importante oggi realizzare una centralizzazione di tutta la gestione dell’energia: acqua, ascensori, riscaldamento, videocamere, ecc. Oggi ognuno ha una sua gestione.
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L’innovazione tecnologica, una corretta governance ma, soprattutto, la capacità da parte dei cittadini di creare dati e informazioni che devono poi condividere e metter a fattor comune… Ne abbiamo discusso con Marco Giletta, Emea Consulting Director, con focalizzazione sul Public Sector di HP
di Federico Pedrocchi
HP: «La nuova era digitale deve partire dalle persone» U n’offerta ampia e articolata, una storia di prestigio e di grande contatto con il territorio, anche nel nostro Paese. HP è in grado, quando parla, di offrire un punto di vista davvero unico e a tutto tondo sulle più interessanti evoluzioni in atto nel mondo della tecnologia IT. Una tecnologia che è anche il cuore pulsante delle nuove città intelligenti e delle realizzazioni a esse collegati. Non a caso, nell’ambito del progetto Smart City, non abbiamo esitato nel chiamare in causa proprio Marco Giletta, Emea Consulting Director, con focalizzazione sul Public Sector di HP, per spiegare come l’azienda intenda muoversi da questo punto di vista. Se guardiamo agli ultimi due anni di progetti Smart
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City, nel nostro Paese, lei che idea si è fatto del quadro generale? Per dirla in breve, mi sembra che ci si trovi di fronte a una situazione a macchia di leopardo. Si sono fatte tante cose, anche interessanti, ma io credo che emerga la necessità di
esperienze prodotte, in modo da mettere a fattor comune le migliori procedure. Secondo la sua analisi, quindi, servirebbe più intelligenza centrale… Si parla molto di Smart City, e ovviamente va bene; io penso
«Si parla molto di Smart City, e ovviamente va bene; io penso però che sia necessario enfatizzare anche un altro aspetto, quello della Smart Governance» una cabina di regia che sia in grado di fissare delle priorità partendo da macro aree territoriali e anche a livello di sistema Paese. Dopodiché si dovrebbe passare a una analisi di tutte le
però che sia necessario enfatizzare anche un altro aspetto, quello della Smart Governance. Abbiamo a che fare con un progetto di trasformazione epocale che va gestito definendo strategie,
percorsi, capendo dove si vuole arrivare, e questo deve essere chiaro sia a livello pubblico che a livello privato. Dette queste cose, c’è un altro aspetto che ha una rilevanza centrale e che può sembrare strano arrivi da una azienda altamente tecnologica come HP. Mi riferisco al fatto che le tecnologie sono certamente importanti ma è indispensabile comprendere che sono i cittadini che devono svolgere un ruolo centrale producendo dati e informazioni che si devono poi condividere. È questo processo che rende davvero “smart” una città. E qui entriamo in quello che si definisce come il territorio dei Big Data, ovvero la grande massa di dati – senza precedenti – che un sistema partecipativo inevitabilmente genera. Certo, arriveranno dati con caratteristiche molto varie, alcuni strutturati mentre molti altri non lo saranno. HP ha sta producendo strumenti avanzati per svolgere questa attività. Il problema sarà come interpretare tale enorme massa di informazioni e come trattarle in modo che generino processi decisionali. La città è smart se i suoi utilizzatori lo sono.
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Il colosso americano è stato tra i primi a mettersi sulla strada che porta alle città intelligenti con soluzioni e soprattutto con una precisa strategia. Il punto della situazione e le prospettive future dalla viva voce di Cristina Farioli, director of innovation and development di Ibm
di Federico Pedrocchi
Ibm: «La città del futuro ha la testa tra le nuvole» I n principio era un’idea, poi sono arrivate le soluzioni e, soprattutto, una strategia ad hoc… di lì a poco hanno inevitabilmente preso quota anche i primi progetti e le prime sperimentazioni messe in campo da molte amministrazioni pubbliche. Ibm è uno dei più attivi protagonisti della scena mondiale e italiana a livello di Smart City. Un ruolo ormai consolidato al punto che un’intervista con un manager di Big Blue diventa inevitabilmente uno sguardo a tutto tondo sul fenomeno delle città intelligenti e sulle sue prospettive future. Anche per questo, a Cristina Farioli, director of innovation and development di Ibm, abbiamo innanzitutto chiesto qual è il “centro di gravità permanente” attorno al quale le nuove città devono ruotare? «Io penso che vada sviluppata un’attenzione particolare sul tema del cloud. Se l’insieme dei servizi che una città può proporre ai suoi cittadini viene
inserito in una progettazione cloud, se ne ricava certamente un vantaggio. Soprattutto se pensiamo alla costituzione di gruppi di comuni che, grazie al cloud come servizio condiviso, possono erogare servizi che altrimenti non potrebbero proporre ai propri cittadini. C’è anche una legge, come sappiamo, che deve portare a queste aggregazioni; avere costi di erogazione dei nuovi servizi notevolmente più bassi – è questo il fattore centrale del cloud – vuol dire agevolare il processo aggregativo. E in questo processo vedo un ruolo centrale delle regioni». Intende la macchina amministrativa delle regioni? «Sì, io penso che la progettualità del cloud debba essere regionale, centrale, promossa come offerta ai piccoli comuni. Penso che un buon esempio sia Lepida in Emilia Romagna. Lepida è una società pubblica che già oggi fornisce molti servizi informatici a tutta la regione. Fra questi
servizi ci potrebbe naturalmente essere anche un’offerta cloud». Un’offerta globale che poi i piccoli comuni, che decidono di formare dei cluster, “noleggiano”, prendendosene la porzione utile ai loro scopi… «Esatto, questo è secondo noi di Ibm un buon modello operativo». E dal punto di vista tecnologico, come può Ibm intervenire in questo processo? «Noi possiamo mettere a disposizione tutta l’infrastruttura hardware e software. Però tutte le nostre soluzioni Smart City, quelle che abbiamo progettato per i servizi più diversi, sono già predisposte per la versione in cloud. Prendiamo il caso dei servizi per la sicurezza e così vediamo anche in che modo si stabilisce la relazione regionicomuni. Una piccola cittadina, se vuole predisporre un suo servizio di videosorveglianza territoriale, deve costruire la propria rete di sensori, di videocamere, e poi avere un server che raccoglie
tutto e un programma che analizza i dati. Se si passa al cloud, ecco che il piccolo comune deve solo predisporre la sensoristica, perché il server e il sistema di analisi dei dati se lo procura da un servizio cloud regionale, servizio che può arrivare al coordinamento delle forze di polizia che agiscono su quel territorio specifico». Questo “appalto”, che il singolo comune affida al servizio cloud centrale, può provocare la perdita di ogni visibilità locale? «No, assolutamente. In loco si ha una visibilità precisa e continuativa sui propri dati. Ogni singola realtà ha una propria interfaccia con il servizio che ha acquistato». Concludiamo con i costi. C’è qualche cifra generale che possa dare un’idea dei risparmi che si possono avere con il passaggio al cloud? «I dati complessivi che stiamo raccogliendo ci parlano di risparmi che vanno dal 40 al 50%. Tuttavia non c’è solo tale aspetto economico, peraltro cruciale di questi tempi. C’è anche un fattore tempo di implementazione. In media nell’attivazione dei servizi territoriali si passa da 12 a 4 settimane».
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Progetti, visioni, obiettivi ma anche risultati concreti e raggiunti in tempi ragionevoli. Solo così le Smart Cities hanno la possibilità di trasmettere in maniera efficace e graduale il loro valore e i vantaggi che sono in grado di offrire a tutti. I progetti futuri di Vodafone nelle parole di Sabrina Baggioni, direttore Marketing Corporate di Vodafone Italia
di Federico Pedrocchi
Vodafone: «Il fattore tempo è determinante» A nche e soprattutto a Vodafone, azienda che opera su un vasto scenario internazionale, ha senso chiedere se, a oggi, è possibile farsi un’idea complessiva di quello che deve essere un modello operativo di base nel progettare le città intelligenti… «Come Vodafone, nel tempo, noi abbiamo già attivato con piccoli e grandi Comuni – spiega Sabrina Baggioni – molti servizi che di fatto sono rientrati all’interno di questa nuova importante cornice progettuale che si definisce Smart City. Questo dipende dalle caratteristiche della nostra specifica attività, ovvero la messa in campo di una rete di comunicazione che si presta a molte applicazioni. Anche in altri Paesi: in Olanda per esempio, già da un certo numero di anni abbiamo realizzato interventi sulla semaforica della città. Più recentemente ci siamo domandati se esiste una modalità d’intervento su questi progetti tale da compiere un salto di qualità netto rispetto a quanto si
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è visto finora. Una strada, per esempio, è quella di realizzare una forte integrazione fra i più diversi strumenti che provengono da differenti operatori, in modo da poter gestire una qualità e una quantità di informazione che siano superiori. Però ci siamo domandati se un modello di questo genere può essere
in campo di quelle che chiamiamo smart solutions, ovvero realizzazioni di carattere progressivo, tenendo conto di priorità sia gestionali sia di budget – pensiamo alla situazione economica generale attuale – con l’intento di partire dai servizi più importanti per poi arrivare man mano a quelli più specifici. Crediamo che
«Noi pensiamo che il percorso da seguire sia quello che procede con la messa in campo di quelle che noi chiamiamo smart solutions, ovvero realizzazioni di carattere progressivo» “aggredito” direttamente, ovvero se può essere un obiettivo da porsi fin da subito. E la risposta alla quale siamo giunti è che non potremo avere digitalizzazioni rapide delle città. Noi pensiamo che il percorso da seguire sia quello che procede con la messa
l’individuazione di priorità e di modelli di business realmente praticabili sia la strada da seguire». Ma è possibile dunque definire una scala di priorità e anche procedere per passi successivi?
Le chiedo questo perché c’è chi sostiene che non sia affatto facile. Io credo che ci sia un approccio che guarda al medio termine, una scelta che dice: invece di prendere le 20 o 30 possibili aree d’intervento che devono esserci per avere una Smart City, partiamo concentrandoci su quelle applicazioni che puntano a una crescita forte dell’efficienza operativa delle amministrazioni e a fornire alcuni servizi essenziali per i cittadini. Quindi: creare un primo forte impatto, anche da realizzare in tempi tendenzialmente brevi. Il fattore tempo è per noi, infatti, un dato importante, perché far vedere il senso di questa progettualità è un elemento che certamente agevola tutto il processo. Tutto questo richiede, però, una forte integrazione e collaborazione fra i big player, ovvero le aziende grandi come la vostra che stanno intervenendo nella progettazione. Certamente questa collaborazione ci deve essere, ma io credo che la premessa, perché si realizzi, sia quella di individuare modelli di business sostenibili. Questa è la garanzia per il successo.
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«Serve maggior dialogo e capacità di scambiare esperienze»: la voce di Mario Manzo, direttore della Fondazione Torino Wireless, sullo stato di salute del tema Smart City nel nostro Paese
di Giorgio Chieri
Torino Wireless: «Una ricetta per rilanciare il territorio» M ario Manzo, direttore della Fondazione Torino Wireless, ci suggerisce gli ingredienti per il rilancio delle città del futuro…
Abbiamo già un paio d’anni di attività progettuale sulle Smart City. Dal vostro osservatorio c’è un dato di base su cui vi sembra importante soffermarvi? La nostra sensazione, come Torino Wireless – sensazione che non è una critica ma una constatazione sulla base delle esperienze fatte in generale fino a oggi – è che ci siano stati molti progetti, attivati con lo stesso obiettivo dal punto di vista dei servizi, che abbiano curato poco la ricerca di standard e quindi la possibilità di dialogo fra questi strumenti. In parallelo, invece, abbiamo visto un certo numero di esperienze nelle quali è avvenuto, per alcuni versi, l’opposto, e cioè aziende importanti che hanno collocato in più amministrazioni pubbliche lo stesso prodotto che però si presenta un po’ obsoleto.
Certo, in questi tempi molto critici sotto il profilo economico, ottimizzare i costi è un fatto importante, ma la qualità dei progetti è un fattore troppo essenziale. Quello che mi sembra sia mancato, insomma, è un coordinamento più efficiente di questa complessiva attività progettuale. Come Torino Wireless noi abbiamo seguito un modello che, tenendo conto di questi problemi, ha realizzato un hub – così possiamo definirlo – delle aziende presenti sul territorio, aziende che riteniamo possano contribuire alle tante declinazioni della progettazione di servizi intelligenti per l’area metropolitana; da questo hub noi pensiamo sia possibile estrarre volta per volta, delle filiere di aziende capaci di esprimere la soluzione migliore e quindi più avanzata. Voglio precisare che l’hub è costituito da piccole e medie aziende, perché il rapporto con le grandi, le multinazionali, deve seguire criteri completamente diversi.
Restando in tema, i prodotti che arrivano dalle grandi aziende e che sono il frutto di attività che vengono addirittura da esperienze internazionali. Mi pare che il vostro giudizio sia che l’utilizzo di soluzioni locali, quelle che possono arrivare dalle Pmi, debba essere valorizzato maggiormente… Le cose stanno in questo modo. Se c’è del know how buono, virtuoso, che può arrivare da esperienze internazionali – e questa è un’opportunità che tipicamente ci arriva dalle grandi aziende – bene, lo prendiamo perché è sciocco andare a reinventarlo. Però questi prodotti devono essere messi a fattor comune con piccole imprese locali, perché c’è sempre la necessità di una customizzazione che nasce dalle esigenze del territorio. Non solo: altro fattore importante è l’integrazione con gli altri progetti. Facciamo un esempio per tutti: una buona progettazione generale di una smart city deve ottenere l’obiettivo fondamentale di
facilitare i progetti decisionali. Questa opportunità si coglie nella sua pienezza solo se gli strumenti che governano i servizi, e in generale l’interfaccia con il territorio, si parlano, e lo fanno bene. Qui in Piemonte stiamo lavorando a una piattaforma – l’abbiamo chiamata Smile – che mette insieme dati pubblici e privati, provenienti dalla “sensoristica” più ampia che arriva da molte sorgenti diverse; e una piattaforma con queste caratteristiche può anche fornire, in modo automatico e utilizzando algoritmi molto sofisticati, gli elementi di base per prendere delle decisioni. Per esempio: i dati sulla sicurezza stradale possono essere elaborati in modo da avere informazioni anche sulla distribuzione delle merci. Ma, appunto, ci vuole interoperabilità fra applicazioni, altrimenti questa ricchezza, questa conoscenza potenziale, la perdiamo. E lei rileva, a oggi, che questa attenzione al dialogo tra le piattaforme non riceve l’attenzione dovuta. Direi di sì. E qui devo dire che l’idea di un coordinamento nazionale sui progetti svolto dal Ministero della Ricerca, una proposta che mi sembra si stia avanzando, mi trova assolutamente d’accordo.
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«Il comune di Terni sta portando avanti una serie di progetti di innovazione tecnologica della città, con l’idea di reperire i fondi dai prossimi bandi che l’Unione Europea e il Governo italiano apriranno in favore delle Smart Cities». A dirlo è Renato Bartolini, assessore comunale all’innovazione pubblica
Rete elettrica, bioedilizia e open data, tre fronti smart per Terni
di Claudio Dutto
«L’
opera cardine su cui stiamo lavorando con l’azienda municipalizzata Asm Terni Spa è legata alla Smart Grid, una rete di gestione della corrente elettrica che possa limitare gli sprechi e favorire quei cittadini che hanno installato sistemi autonomi di produzione di energia». Ha le idee chiare Renato Bartolini, assessore comunale all’innovazione pubblica di Terni. «Il nostro comune – spiega – è già proprietario della rete elettrica e ora vogliamo far sì che il rapporto tra ente erogatore e clienti si trasformi da unidirezionale a bidirezionale. L’idea di fondo è installare dei contatori intelligenti che siano in grado di calcolare il consumo di ogni abitazione, ma allo stesso tempo registrino l’apporto di energia immesso nella rete pubblica dai pannelli solari, dalle centrali a biogas e dagli altri sistemi basati sulle fonti rinnovabili. Se, come ci auguriamo, molti utenti riverseranno la corrente elettrica prodotta dai propri impianti nella rete comune, potremo avere un surplus di energia da accumulare in appositi apparecchi e riutilizzare per altri fini. Uno di questi sarebbe l’alimentazione delle colonnine adibite alla ricarica dei veicoli elettrici, a
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testimonianza del fatto che migliorare il sistema di gestione dell’energia elettrica può avere influssi positivi anche sulla mobilità urbana, pubblica e privata». Per poter realizzare questo progetto, però, occorre disporre di edifici moderni, che consumino poco e producano energia, giusto? È esattamente così e per raggiungere questo risultato abbiamo puntato fortemente sulla bioedilizia. Terni è stata infatti una delle prime città del centrosud ad adottare un regolamento edilizio che incentivi questa pratica costruttiva. Portiamo avanti da tempo incontri sulla realizzazione di edifici ecosostenibili e intelligenti e ora abbiamo concretizzato questo intento con l’approvazione del progetto di riqualificazione dell’asilo nido Girotondo. Nello specifico, non ci siamo limitati a piccoli interventi di rinnovamento degli infissi o all’installazione di qualche pannello fotovoltaico, ma abbiamo indetto un concorso richiedendo specificatamente misure per un serio abbattimento dei consumi. Il progetto vincitore include, tra le altre cose, la creazione di un giardino chiuso all’interno, la ristrutturazione dei locali e lo studio del soleggiamento.
Su quale altro fronte avete operato? Una parte importante del nostro impegno è andata in favore della trasparenza e della riduzione della burocrazia. Il nostro comune è infatti capofila di due progetti di open data che riguardano il catasto e la fiscalità locale. Si chiamano Eli-Fis ed Eli-Cat e rientrano all’interno del programma Elisa promosso dal Ministero per le Riforme e le Innovazioni nella Pubblica Amministrazione e dal Ministero per gli Affari Regionali e le Autonomie locali. In pratica verranno messe online le banche dati del catasto e dell’agenzia delle entrate per favorire i cittadini e velocizzare le pratiche, ma anche e soprattutto per combattere l’evasione fiscale. Insieme al comune di Catania, poi, Terni guida il progetto Log-in Med, finalizzato alla gestione della logistica delle merci che transitano nel mar Mediterraneo. Attraverso i sistemi di posizionamento satellitare e la tecnologia delle etichette a radio frequenza, vogliamo avere un controllo costante dei prodotti per salvaguardare gli interessi dei consumatori e ottimizzare l’intero sistema di trasporti. L’obiettivo finale è creare un’Agenzia Nazionale per la Logistica Integrata.
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Mobilità sostenibile, logistica efficace, valorizzazione del centro storico delle città: sono questi i tre punti cardine del progetto “Logistica delle merci per il centro urbano” (o più semplicemente “City Logistics”) ideato e condotto dal gruppo Poste Italiane
Logistica in centro città: l’idea di Poste Italiane
di Claudio Dutto
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n progetto innovativo, un’idea originale e un’applicazione concreta con ottimi risultati. Le città intelligenti sono anche quelle in cui la circolazione delle merci e delle persone convivono in maniera virtuosa, integrandosi, dando origine a vantaggi nella vita di tutti i giorni. Lo sa bene Poste Italiane che ha da poco lanciato un’interessante proposta chiamata “Logistica delle merci per il centro urbano”. Anima dell’iniziativa è Alessandro Leonardi, responsabile del Progetto Smart Cities di Poste Italiane.
chilometro, il gruppo Poste Italiane ha messo in piedi un sistema che raccoglie le merci dei produttori e sfrutta i veicoli elettrici per distribuirle nelle Ztl. L’idea è quella di adibire una parte degli stabilimenti che abbiamo a ridosso delle grandi città a Cdu, Centri di distribuzione urbani: i prodotti destinati ai negozi del centro verranno raccolti in questi spazi e recapitati in breve tempo attraverso un numero ridotto di veicoli ecosostenibili e a pieno carico. Così facendo possiamo ridurre i viaggi di consegna anche del 50%, con evidenti benefici per residenti e turisti.
A quale categoria imprenditoriale vi rivolgete? Possono sicuramente trarre giovamento da questo sistema i piccoli esercenti che non dispongono di mezzi elettrici e si trovano in difficoltà nel consegnare le merci nelle Ztl. Non è però escluso che in futuro si riesca a coinvolgere anche i grandi gruppi di corriere espresso. Questi infatti potrebbero sfruttare il nostro sistema di logistica a diversi livelli: un servizio totale, Dottor Leonardi, quali sono le così come avviene con i singoli caratteristiche di questo negozianti, oppure un impiego progetto? parziale delle risorse. Nel primo City Logistics è pensato per caso le merci vengono depositate facilitare il sistema di nei Cdu e il compito di recapitarle distribuzione delle merci nelle e di interagire con i clienti è città dove la regolazione del lasciato ai nostri impiegati. Nel traffico è affidata alle Ztl, ovvero le secondo, invece, il Cdu può zone a traffico limitato. I centri urbani, infatti, nelle fasce orarie in cui non vige il divieto di transito, sono invasi da centinaia di veicoli che trasportano prodotti di vario genere, con conseguenti ingorghi in prossimità dei siti storici. L’inquinamento acustico e atmosferico sono solo due degli effetti collaterali di questo fenomeno. Per evitare tutto ciò e rendere più funzionale lo smistamento nell’ultimo
fungere da deposito per i mezzi elettrici e quando arriva un corriere la merce viene semplicemente spostata da un veicolo all’altro: in questo caso la relazione con il cliente finale rimane ad appannaggio dell’azienda che la recapita. La terza opzione possibile prevede che gli impiegati delle Poste Italiane si rechino negli stabilimenti delle compagnie di corrieri, ritirino la merce con i propri veicoli e la consegnino ai clienti. Le possibilità sono molteplici perché questo servizio si inserisce nelle logiche di mercato per offrire un’opportunità, non per soppiantare quanto già esiste. In quali città state operando? Il progetto è ben avviato nel comune di Firenze e dovrebbe partire in fase sperimentale all’inizio del 2013. Qui infatti abbiamo già predisposto il Cdu e ci siamo muniti dei veicoli ibridi ed elettrici da impiegare. L’idea di fondo è creare un nuovo servizio, indipendente da quelli già esistenti, con mezzi di trasporto dedicati. In quest’ottica possiamo assicurare che sistemi come la consegna ordinaria della posta non ne risentiranno in alcun modo. Siamo poi in fase di trattativa con i comuni di Torino, Milano e Reggio Emilia e abbiamo avuto contatti anche con altre realtà italiane.
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LE LUCI DELLA CITTÀ
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