tecniche di scrittura
Francesca Depalma matricola 736216
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7 ottobre 2009
Lezione 1. I mass media
Il linguaggio pubblicitario: above e below the line
I mass media e la comunicazione di massa
I mass media, mezzi d’istruzione di massa
Popper e McLuhan sui mass media
TV e radio vs giornali e libri: la memoria
Il corso cercherà di analizzare il “linguaggio pubblicitario”, che si divide in due gruppi: Below the line (Sotto la linea della visibilità), per i messaggi di solo contenuto informativo e poca creatività, e Above the line (Sopra la linea della visibilità), per i messaggi che trasportano informazioni, ma sono confezionati in modo da sedurre l’utente attraverso i mass-media. La comunicazione è fatta di linguistica, di comunicazione non verbale; anche i vestiti indossati da una persona comunicano e generano un giudizio. Il mass media NON è la comunicazione di massa. La comunicazione di massa è, ad esempio, un concerto dove una massa di persone ascolta un unico interlocutore. Il mass media è sì una comunicazione di massa, ma fatta attraverso un intermediario a tu per tu con l’utente, che si rivolge al singolo, e tutti insieme i vari “singoli” danno forma alla “massa”. Qui sorge una delle contraddizioni del mass media, ovvero una comunicazione per il singolo ma per tutti. Uno dei problemi dei mass media è che non vi è un contatto diretto con gli intelocutori, e quindi con il giudizio di questi ultimi: i mass media coinvolgono, istruiscono, informano, ma non sono mezzi di comunicazione, in quanto nella comunicazione vi dev’essere uno scambio fra mittente e destinatario, e la possibilità di giudicare ciò che si ascolta o guarda. Il grande potere dei mass media è quello di istruire e formare le coscienze di chi li segue mostrando la realtà. E che cos’è la realtà? È tutto ciò che accade. Anche la rappresentazione della realtà accade, quindi anche essa fa parte della realtà, e bisogna farci i conti. Popper diceva che uno strumento di comunicazione di massa può essere buono o cattivo a seconda di come viene usato. McLuhan invece, (cfr. “Gli strumenti del comunicare”) asseriva che “il medium è il messaggio”: il mezzo comunica già prima di dire qualcosa (esempio: se io ho un fucile, ho uno strumento che di base è negativo). Fra i principali mezzi di comunicazione vi sono la televisione e la radio. Entrambi sono strumenti di intrattenimento, in quanto non sono dotati di memoria: sono fatti in modo tale che quel che viene detto venga subito contraddetto. Il giornale e il libro, la carta stampata, invece, sono mezzi di informazione, approfondimento e conservazione della memoria, in quanto approfondiscono ciò che succede nella realtà e ce ne rendono partecipi, 3
Lezione 1. I mass media
I mass media e la pubblicità
La pubblicità dice sempre la verità
Il “plus”: esempio Nike e Dash
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ricordandoci quello che succede. Questo non è possibile con la televisione: infatti, proprio perché essa è soprattutto uno strumento di intrattenimento, il suo programma meno tollerato è il telegiornale, che ha una funzione più simile a quella del giornale. Tutti noi siamo condizionati profondamente da quel che dice la TV: l’importanza dei mass media è quindi grandissima. Ma cosa permette ai mass media di esistere, ed è quindi ancora più potente di loro? La pubblicità. La pubblicità mantiene in piedi l’intero sistema della comunicazione di massa: senza di essa televisione, giornali, non potrebbero esistere. È la pubblicità che mantiene in piedi il mercato: chi comprerebbe un prodotto che non è stato pubblicizzato? Come farebbe a comprendere che è il migliore prodotto per i suoi bisogni? Si potrebbe pensare che la pubblicità si fondi sulle menzogne per poter svendere i propri prodotti. La prima vera regola della pubblicità è, invece, a dispetto di quel che si crede (e soprattutto che la differenzia da tutto quel che viene detto tramite i mass media, non sempre vero), è “dire sempre la verità”, per poter combattere la concorrenza ed evitare le proteste dei clienti e dei concorrenti. Nella pubblicità la cosa davvero fondamentale è la creatività, il modo in cui si riesce a convincere che il prodotto ha un vero “plus” rispetto a quelli concorrenti. Ma tale plus non sempre è reale, in quanto, se un certo prodotto fosse davvero migliore di altri, basterebbe il passaparola per far sì che venga venduto. Ma ciò non accade. Il plus reale di un prodotto è la sua marca, ciò che si crea intorno alla sua immagine: un esempio è il marchio Nike, che nasce come azienda importatrice di scarpe coreane, e successivamente decide di dare una svolta, creando un’immagine diversa alla propria azienda e creando un plus, una differenza rispetto ai concorrenti, dove in realtà non c’è. Un altro esempio è lo slogan del detersivo Dash: “bianco che più bianco non si può”, ma “più bianco” rispetto a quale altro detersivo? Non viene detto.
Lezione 1. I mass media
Esercizio 1 Scrivere un breve testo in prosa di almeno 15 righe contenente le seguenti 10 parole: mattino - telefono giornale - mare - buio - metropolitana sole - libro - marciapiede - Maria
>> Il salmastro tepore della pelle al sole. La brezza marina che permette la sopravvivenza. L’infrangersi delle onde del mare sugli scogli. Ogni tanto aprire gli occhi per godersi lo spettacolo dell’estate che la circonda. Ecco cosa pensa Maria ogni mattino mentre, chiusa nella metropolitana, scivola tra le gallerie, al buio, le sue orecchie violentate dallo sferragliare del treno, da un giornale sfogliato distrattamente da un manager in ritardo per la riunione in cui si deciderà cosa farci comprare il mese prossimo, o da una ragazzina che al telefono racconta, con un tono di voce decisamente poco discreto, le sue avventurette amorose, o da uno studente che, con un libro di fisica alla mano, disquisisce con gli altri suoi compagni la portata massima di tonnellate del treno su cui stanno viaggiando...Maria cerca di concentrarsi su quell’immagine positiva, ben impressa nella sua memoria sin da bambina. L’unico modo che ha ora, appena arrivata a Milano, per sopravvivere a tutto quel grigiore, a quella gente che odia dal profondo del suo cuore, unicamente perché ESISTE. E mentre intensamente ricrea quest’immagine nella sua mente, è già ora di scendere, e tornare alla realtà. Accidenti quanto è duro il marciapiede di cemento antracite di Repubblica, quando stavi quasi per sentire sotto la pianta dei piedi la morbida carezza della sabbia tiepida... Correzioni generali: NON USARE MAI LA PRIMA PERSONA
Si rischia di fare dell’autobiografismo.Usando la terza persona, invece, ci si sente più liberi, leggeri, è meno impegnativo e più professionale.
PER I FLASHBACK, INIZIARE A SCRIVERE AL PRESENTE
Se iniziamo a scrivere al presente, per parlare di avvenimenti precedenti potremo usare il passato semplice; iniziando a scrivere al passato o all’imperfetto, ci ritroveremo a dover usare il trapassato, che è molto pesante da leggere.
IL PASSATO È TROPPO PESANTE DA LEGGERE
Quando è possibile, utilizzare il presente (ad es. in un romanzo storico bisogna usare il passato per forza).
L’IMPORTANZA DELLA LETTURA A VOCE
La lettura ad alta voce è importantissima. Ci permette di verificare il ritmo di ciò che abbiamo scritto, e soprattutto se è strutturalmente giusto o meno.
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14 ottobre 2009
Lezione 2. Il primo mass media: il libro
Il libro stampato, primo mass media
Prima di giungere al libro: il papiro, la pergamena, la carta
Il primo mass media della storia è stato il libro. Prima del libro stampato ci sono stati: le tavolette d’argilla (resistevano al tempo, ma creavano problemi di spazio e per trasporto), il papiro (non aveva problemi di spazio ma era fragilissimo e non sarebbe durato a lungo), la pergamena. Anche il cavallo è stato uno strumento di comunicazione. Il suo utilizzo è arrivato dal Caucaso, dall’Oriente. Con questo mezzo in Europa furono sterminate le popolazioni “a piedi”, facendo così terminare l’età del bronzo. La pergamena nasce quando nel 100 a.C. viene eretta una grande biblioteca a Pergamo. Lo scopo della creazione della pergamena era di contrastare l’uso del papiro in Egitto. Allora a Pergamo presero le pelli degli animali e, con dei particolari trattamenti, le rendevano una superficie adatta alla scrittura. Con questa nuova tecnica c’era la possibilità di utilizzare il foglio su entrambe le facce; inoltre le scritte potevano esser raschiate via e modificate (operazione chiamata “palinsesto”). L’unico difetto della pergamena era il costo elevato. Successivamente arrivò la carta, inventata dai cinesi nel II secolo a.C., quando nei giardini dell’imperatore una persona osservò che nei luoghi in cui le donne lavavano i panni si creavano dei rimasugli di tessuto. Il giorno successivo questi stessi rimasugli li ritrovò induriti ai margini del laghetto artificiale: allora li schiacciò e provò a scriverci sopra. Vedendo che ciò era possibile, inventò una macchina per produrre quel materiale che divenne poi la carta. Fu la seconda grande macchina inventata dopo il telaio. La procedura era la seguente: si prendevano panni vecchi, si lasciavano a macerare nell’acqua, si stendeva la poltiglia e la si lasciava asciugare su di un tavolo, infine veniva pestata. Era simile alla carta assorbente ed era adatta alla scrittura con il pennello per gli ideogrammi. La carta veniva utilizzata anche per le confezioni. I cinesi vennero sconfitti per la prima volta a Samarcanda dai Persiani, che si impadronirono della macchina e la portarono via. I primi che riuscirono ad utilizzarla nel modo giusto furono i Veneziani (1000 a.C.), che ancora oggi sono grandi produttori di carta a Fabriano. I Veneziani aggiunsero alla miscela cinese la colla di pesce, per renderla più impermeabile e adatta all’inchiostro. Inizialmente veniva utilizzata soprattutto per le confezioni, come in Cina. La carta diventò poi importante socialmente, dando una spinta all’economia: i patti e gli accordi venivano messi su carta. Un grande vantaggio 7
Lezione 2. Il primo mass media: il libro
La stampa a caratteri mobili
Harold Innis: l’uomo è la sua tecnologia
Il libro, mass media univoco
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della carta rispetto alla pergamena era il basso costo. La più grande rivoluzione, dopo la nascita della carta, fu la stampa a caratteri mobili, pensata da Gutemberg. Gutenberg nasce da una famiglia di orefici: fu quindi quasi naturale per lui pensare a questi piccoli gioielli che sono i caratteri mobili. Attraverso di essi si azzerano i tempi per la copia dei testi. Si può, inoltre, comunicare nello stesso momento con tantissime persone perché è possibile produrre in poco tempo e a basso costo un grandissimo numero di copie dello stesso testo: per questo motivo è un mass media. In termini religiosi questa invenzione portò al Protestantesimo di Lutero, in quanto un maggior numero di persone poteva permettersi di acquistare la Bibbia, e quindi di leggerla e interpretarla a modo proprio. La stampa già esisteva (sempre nata in Cina), ma l’invenzione di Gutemberg la rese più economica e veloce, e rese quindi i libri più accessibili a tutti. L’ultima grande era caratterizzata dalla tecnologia è quella in cui noi viviamo, l’era dei mass media. Harold Innis, storico di economia e sociologo della comunicazione, si è concentrato sulle tecnologie legate alla parola. Innis sostiene che per studiare un popolo, una civiltà, l’anima di un popolo, è necessario conoscere e studiare la sua tecnologia: è con la tecnologia che si vive in simbiosi, essa è l’identità di un popolo, lo caratterizza profondamente. Innis quindi suddivide le varie epoche in base alle tecnologie della parola, in quanto ogni tecnologia nasce per la necessità di comunicare. Ogni volta, infatti, che nella storia della parola cambia la sua tecnologia, c’è una rivoluzione economica, culturale, politica... Un altro punto dello studio di Innis da sottolineare è che nasce prima la tecnologia, e poi la scrittura: i sumeri hanno scoperto prima le proprietà dell’argilla, e poi hanno compreso che esse erano sfruttabili per registrarvi sopra delle informazioni. La stessa cosa vale per il papiro e per tutte le scoperte e invenzioni fatte dall’uomo nella sua storia: egli è frutto della sua tecnologia, e non viceversa. Il libro è un tipo di mass media univoco: un unico argomento, ben approfondito. È quindi impossibile che in un libro si dica qualcosa e il suo contrario, come invece avviene nella televisione. Il libro dice una cosa e cerca di argomentarla: è retorica. Invece la struttura della TV ( come anche la radio, i giornali, le riviste) è a mosaico: vengono trattati tanti argomenti che insieme compongono una linea editoriale.
Lezione 2. Il primo mass media: il libro
Esercizio 2 Scrivere un dialogo fra due personaggi. I due sono andati al cinema, hanno visto un certo film, sono usciti fuori e stanno decidendo cosa fare dopo. Far capire chi sono, il loro rapporto, il film che hanno visto, e dove decidono di andare dopo. Evitare di fare delle domande; evitare luoghi comuni; il dialogo dev’essere azione.
A - Sono scioccata. B - Beh, certo. Questo film non rientra decisamente nei tuoi standard. A - Sì, decisamente. Nel mio standard non rientrano uomini dalla dubbia sessualità in calze a rete e guepière, maggiordomi inquietanti, e strani esperimenti. Nonché cadaveri nascosti nella ghiacciaia a cavallo di una motocicletta. B - Sì... sei così poco rock’n’roll. A - Mozart era assolutamente rock’n’roll. Al prossimo cineforum ci andiamo a vedere il film sulla sua vita. B - Evviva... Dopo questa dichiarazione, ho bisogno assoluto di un White Russian. A - Berresti qualsiasi cosa con un nome che vagamente ricordi la Russia, tu. La tua testa è sempre lì eh? Quando parti per l’Erasmus? B - In tempo per ascoltare il tuo concerto di violino, non preoccuparti! A - Ma il mio violino non sarà abbastanza rock per te...come potrai sopravvivere? B - Ah ah ah, le mie orecchie sopporteranno, ho capacità nascoste che neanche immagini! Dai andiamo verso le Colonne!
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21 ottobre 2009
Lezione 3. I mass media e la realtà
Il concetto di realtà
La realtà e i media: il libro, la radio internet
il cinema la televisione
La realtà, per Wittgestein, è tutto ciò che accade. Per John Lennon è “tutto ciò che accade quando non ci sono”. La realtà è un concetto iperdeterminato, ognuno di noi ha un proprio principio di realtà, che ci permette di stare al mondo e relazionarci con gli altri. Questo principio viene determinato da noi stessi durante la crescita, non è insito in noi, ma si costruisce in noi man mano che cresciamo, a seconda di dove viviamo. Chi nasce in Europa ha un proprio principio di realtà diverso da chi nasce in altri parti del mondo. Esso nasce dall’incrocio della propria personalità e dall’ambiente (geografico e sociale) in cui si vive. Questo principio, quando viene a contatto con i mass media, viene modificato. Mentre con il libro tende a crescere, con la radio invece il principio di realtà non si sviluppa ma in un certo senso viene “massaggiato” (in quanto non ha memoria) e inizia a vacillare. In Internet invece questo principio viene letteralmente frullato in quanto genera un senso si onnipotenza che poi degenera in depressione. L’Io in Internet perde la propria realtà; l’uomo- Internet è qualcuno che non appartiene a nulla, non crede a niente e si incuriosisce di tutto, gli basta “spiare” le informazioni che vuole senza approfondirle. Si stacca da Internet senza esaudire appieno i propri desideri. A contatto con il cinema il nostro Io non si permette di paragonarsi con i suoi “divi”, sono inarrivabili, esempi di perfezione non eguagliabile. Nella TV invece questo non accade. Essa è democratica, chiunque vi può diventare importante, illude il proprio Io di essere un divo. Non a caso Berlusconi è un frutto della Tv e non del cinema. McLuhan afferma che la Tv è un messaggio tattile. Crediamo di vedere la Tv in realtà vediamo noi stessi. Si crea quindi un rapporto a specchio come con Narciso nel lago: noi ci guardiamo nella Tv a livello profondoe ci identifichiamo in essa, non c’è finzione. Se la Tv ha un rapporto a specchio con la persona con Internet si ha un rapporto più coinvolgente in quanto la persona è dentro internet. Ogni mass media ha qualcosa da dire, manifestando il suo potere, manifestando quello che è.
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Lezione 3. I mass media e la realtà
Caratteristiche dei vari media
Vediamo il rapporto che c’è fra i media e le loro caratteristiche, alcune comuni a più media, altre specifiche: LIBRO
CINEMA corrisponde alla letteratura, per la parte emotiva
coerente monotematico informazione approfondimento memoria ideologico pluritematico evasione intrattenimento mosaico
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Lezione 3. I mass media e la realtà
Esercizio 3 Scrivere una recensione di un libro o un film, max 15 righe, indicando: - autore, titolo, casa editrice - un breve riassunto del contenuto - contesto critico (in cui il libro/film si colloca - un giudizio critico - citazione
DUE DI DUE Andrea De Carlo Bompiani, 150 pagg. Milano, prigione grigia e nebulosa di indifferenza. spietata macchina industriale che distrugge la vita e la libertà dei suoi abitanti, che nulla fanno per ribellarsi, m passivamente accettano tutto. Milano, prigione da cui scappare, prima che essa soffochi ogni desiderio di vita, alla ricerca di nuovi equilibri, o squilibri. In questa Milano e attorno ad essa si incrociano i destini di Mario e Guido, uno timido, annoiato, l’altro combattivo, sempre insoddisfatto e alla ricerca di qualcosa di meglio, di diverso, di nuovo. Mario e Guido lotteranno, vicini o lontani, sempre e comunque per la vita. Uno sguardo lucido e pieno di rabbia sulla vita nelle nostre grandi città, trent’anni fa come oggi.
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28 ottobre 2009
Lezione 4. La pubblicità e l’agenzia pubblicitaria
Hardware e software della comunicazione
L’agenzia pubblicitaria: gli inizi
Pubblicità e giornale
Dal libro alle dispense,
dalle dispense alla rivista,
Quando parliamo di mezzi di comunicazione dobbiamo tenere in considerazione due parti: l’hardware, cioè il mezzo di comunicazione in quanto materia (strada, muro, papiro, stampa), che è un contenitore, e in quanto tale è vuoto, non comunica nulla da solo; e il software, il contenuto da comunicare, ovvero le informazioni, le notizie, la parola. Qui si parla di tecnologia della parola, ogni volta che la parola ha cambiato tipo di hardware è cambiata la civiltà. Dalla parola parlata al papiro, poi alla carta scritta a mano, alla stampa e alla Tv, ogni volta che è accaduto un cambiamento di hardware vi è stata una rivoluzione. Il mondo della pubblicità è un mondo particolare del mondo della comunicazione. Una agenzia di pubblicità è composta da: il capo, l’account, che mantiene i rapporti con il cliente e tra il cliente e il creativo, e la coppia creativa: l’art director e il copywriter, che fanno capo al direttore, che è il portavoce dell’agenzia. La pubblicità storicamente nasce grazie alla creazione del giornale. La loro storia inizia nel 1455: siamo nel mondo dei libri. Il libro è una rivoluzione, cambia il mondo, perché permette di riprodurre all’infinito il testo. Il libro all’inizio era essenzialmente di natura religiosa (il primo libro era la Bibbia), piano piano diventa uno strumento importantissimo per gli studenti, la classe dirigente d’europa. C’erano i vari libri di testo: fisica, matematica, legge…e Un libro costava infinitamente meno di una copia scritta a mano. I primi industriali furono proprio gli stampatori, con le loro prime macchine. Tutti i libri partecipano alla crescita culturale. Intanto però le materie si evolvono, ogni anno i professori aggiungono cose, modificano i programmi… Nascono le cosiddette dispense, quegli elementi di novità che si aggiungono al libro. I tipografi allora si organizzano: non ristampano tutto il libro ma mettono tutte insieme le dispense delle varie materie, gli aggiornamenti di quell’anno, in un nuovo libro. Si ha quindi un libro pieno di aggiornamenti di diverse discipline che completano i vari libri di ogni disciplina. Questo libro di aggiornamenti è speciale: nasce così un libro pieno di capitoli con argomenti diversi: diventa la RIVISTA. Cioè quell’insieme di aggiornamenti sulle varie discipline. Nasce così la struttura a mosaico. Dalla rivista il tipografo, che è un uomo che guarda al denaro, coglie l’idea: far diventare la rivista uno strumento 15
Lezione 4. La pubblicità e l’agenzia pubblicitaria
dalla rivista al giornale
1700, gli annunci economici: i CLASSIFIED
Nasce la figura del COPY
L’evoluzione
Nasce la figura dell’ ACCOUNT,
l’ART DIRECTOR, e il RESPONSABILE MARKETING
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per la gente normale. Trasportare dall’ambito universitario la rivista alla vita normale, cambiando gli argomenti ma lasciando la struttura a mosaico: nasce il concetto di GIORNALE. Nel 1700 giornale era un foglio che usciva una volta al mese, quando succedeva qualcosa di particolare, distribuito a mano per le strade. Nel 1800 si avvicina di più alla nostra idea di giornale, e diventa settimanale. Inizialmente i lettori dei giornali erano pochissimi, a causa dell’analfabetismo. Una volta, chi sapeva leggere e scrivere, leggeva e scriveva per sempre. Leggere era un passaporto sociale, un elemento discriminatorio. A questo punto succede che si cerca un sistema per guadagnare anche dalla diffusione delle informazioni. Allora i giornali si portano verso un settore economico poco noto: quello dei venditori di strada, le bancarelle, e si inventa il CLASSIFIED: gli annunci economici di quel che il mercato della strada può offrire. Essi diventano un grande strumento di democrazia: chiunque poteva permettersi di far pubblicare un annuncio sul giornale per promuovere la propria attività, anche piccola: viene superato il gap professionale-tecnologico. (creme, sarte in casa, animali perduti, invenzione di macchine particolari…) La gente però non sapeva neanche scrivere. C’era bisogno di qualcuno nella redazione che copiasse gli annunci. IL COPY era colui che copiava gli annunci della gente analfabeta. Da qui il copy writer, quello che copiava gli annunci di chi voleva pubblicarli sul giornale. Molti scrittori hanno iniziato come copy (per esempio Jonathan Swift). I copy erano in realtà giornalisti addetti a questo compito, poco gratificante. I copy quindi cercarono un sistema che rendesse il loro lavoro serio. Il copy trasferisce il suo posto di lavoro a casa, consegnando prima dell’uscita del giornale gli annunci allo stampatore e prendendo una percentuale su ogni annuncio consegnato. Lo stampatore accetta la proposta del copy: più annunci lui gli avrebbe portato, più lo stampatore avrebbe guadagnato, quindi era una soluzione conveniente ad entrambi. Nasce quindi l’embrione della piccola agenzia. Il copy con questo sistema inizia a far un po’ di soldi, e si fa anche auto pubblicità tramite i suoi clienti. Si svincola inoltre dal giornale, con cui ha semplicemente un rapporto a percentuale (riceve soldi dal giornale a seconda di quanti clienti /annunci gli porta). C’era però troppa gente che ancora non sapeva leggere, e soprattutto bisognava attirare ancora di più l’attenzione del lettore. Struttura quindi gli annunci pubblicitari puntando sul titolo ad effetto, quasi come se fossero delle notizie del giornale. Il copy poi commissiona a uno studente, a un collaboratore, di copiare gli annunci e di avere i contatti con i clienti e con il giornale: nasce l’ACCOUNT. Il copy inizia ad essere preso molto sul serio. Però il copy riflette e pensa che la parte di popolazione che non sa leggere non coglie gli annunci: allora paga dei disegnatori per accompagnare il testo degli annunci con dei disegni esplicativi anche per chi non sa leggere. Nasce la figura del ART DIRECTOR. Nasce poi l’esigenza di fare pubblicità non solo bella, ma anche vera; per questo vengono assunti avvocati che indaghino il mercato e difendano il pubblico. Si tratta del MARKETING che opera attraverso le sue ricerche di mercato.
Lezione 4. La pubblicità e l’agenzia pubblicitaria
Esercizio 4 Scrivere un redazionale di 15/20 righe. È un articolo che pubblicizza un prodotto e non viene firmato da chi lo fa, ma dalla intera redazione, da questo il nome “redazionale”. - prodotto: acqua vitasnella, nuova confezione da 0,5 L - per il problema dell’inquinamento, la gente preferisce le minerali per caratteristiche organolettiche che danno più sapore. Fare un articolo con le 5 W (dove, chi, come, quando, perché).
A MILANO NON SI BEVE PIÙ L’ACQUA DEL RUBINETTO. Il boom dell’acqua minerale in bottiglia. L’80% de milanesi ha deciso: basta consumare l’acqua del rubinetto di casa. Il motivo? Assillati dai problemi dell’inquinamento della loro città, hanno scelto di preservare la propria salute. E il gusto di un bene così vitale come l’acqua. Per quale motivo allora acquistare un bene che gli viene fornito direttamente dal comune nelle loro case? Perché l’80% della popolazione milanese ha deciso di prediligere il sapore. Il sapore e la comodità di una bottiglietta da mezzo litro che tutti i milanesi possono facilmente acquistare nei supermercati o nei distributori presenti nelle affollatissime stazioni di Milano: la nuova bottiglietta Mia di Vitasnella! Una nuova confezione per il nettare acqueo prediletto dei milanesi, che gli permetterà di portarla con sè nei loro peregrinaggi quotidiani in giro per la città. Godendosi il suo piacevole gusto unico, e la sua leggerezza che ne fanno un’acqua unica. Rubinetti di Milano siete avvisati, ormai resterete chiusi grazie a Mia di Vitasnella!
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4 novembre 2009
Lezione 5. Le ricerche di mercato
Dal brief alla copy strategy
Base di partenza: le analisi di mercato
Ricerche di mercato: quantitative
e qualitative
Il problema delle ricerche di mercato
Carl Rogers e la “tecnica a imbuto” (o “non direttiva”)
Analizziamo come nasce, in un’azienda, la necessità di farsi pubblicità. La pubblicità è un modo per invogliare i consumatori ad acquistare il proprio prodotto, serve quindi ad aumentare i consumi, creare bisogni. Per far questo, è necessario creare una strategia, un’idea che traduca il concetto iniziale dell’azienda, il brief, e raggiunga l’obiettivo. Tutto ciò viene pianificato nella COPY STRATEGY, la strategia creativa, che contiene le analisi di mercato, che sono delle “foto” di chi è che ha le quote di mercato, e le schede mixer, dati di vendita ottenuti presso i punti vendita. Da questi due tipi di ricerca l’azienda e l’agenzia capiscono dove è possibile collocare il prodotto da pubblicizzare (fascia bassa, media, alta?), quali sono i concorrenti e come porsi rispetto ad essi (seguo la loro scia o faccio altro?). Nelle ricerche di mercato, fondamentalmente, si domanda ai consumatori il motivo delle loro scelte, del perché essi comprano una cosa invece di un’altra. Esistono due metodi: uno QUANTITATIVO, con risposte univoche (sì/ no), non complete ma duttili; e una QUALITATIVA o MOTIVAZIONALE, in cui si richiedono delle motivazioni d’acquisto più specifiche, e si cerca di mettere in evidenza ciò che spinge il consumatore verso un certo prodotto. In questo secondo caso le domande sono più articolate, e si propongono dei veri e propri questionari. Le quantitative non danno problemi di misurazione, quelle qualitative sì, necessitano di un’interpretazione psicologica perché spesso si hanno risultati molto diversi. Nelle ricerche di mercato, il più grande problema è il fastidio che il cliente può ricevere da questo tipo di “interrogatorio” sulle sue abitudini d’acquisto. Spesso, pur di liberarsi del suo intervistatore, risponde a caso, non dice la verità. È per questo che spesso le ricerche di mercato risultano essere dei veri flop, e le campagne pubblicitarie basate su di esse non sono da meno. Per risolvere il problema delle ricerche di mercato fallimentari, interviene la psicologia, con Carl Rogers. Rogers, negli anni Quaranta, assistendo ad alcune interviste e analizzandone il metodo, arriva a comprendere che le domande vengono vissute come un qualcosa di aggressivo da parte di chi le riceve. Perciò Rogers brevetta la “tecnica a imbuto”: partire da un discorso più ampio, seguire una strada più lunga e tortuosa per arrivare poi a sapere quello che mi interessa. Nella conversazione vengono recuperati dei pezzi di frase che 19
Lezione 5. Le ricerche di mercato
Uso dei risultati delle ricerche di mercato
L’importanza delle ricerche di mercato: il caso Barilla
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contengono collegamenti con ciò che interessa all’intervistatore, che li sfrutta per portare la conversazione su argomenti che lo interessano, cioè verso il suo prodotto. I risultati dell’intervista vengono trascritti e inviati all’agenzia di pubblicità, che decide la strategia. La strategia viene poi trasmessa alla coppia creativa copy-art director, che iniziano con tre proposte di campagne pubblicitarie per il prodotto del cliente, continuando a fare proposte fino a che il cliente non ne accetterà una (non può cambiare agenzia perché è legato ad essa da un contratto.) Per comprendere l’importanza delle campagne pubblicitarie, un esempio importante è dato dal marchio Barilla. La Barilla, negli anni ‘60, era il leader del mercato italiano, in quanto era la pasta con il prezzo più basso. Negli anni ‘70, a seguito di una ricerca di mercato motivazionale sui prodotti dell’azienda, la Barilla comprende che i suoi clienti la sceglievano semplicemente perché era la meno costosa, mentre preferivano, come qualità, la Voiello, la DeCecco... paste di produzione regionale ma più costose. La Barilla comprende quindi che la sua immagine è miserabile, e quindi crea una campagna ad hoc per migliorarla, e non si impegna invece a migliorare il suo prodotto. Pensando quindi all’importanza delle pubblicità Barilla degli ultimi trent’anni, comprendiamo bene quanto l’immagine conti di più del prodotto in sè, in quanto la gente compra Barilla perché è spinta dall’immagine che ne dà la pubblicità: il collegamento con il valore della famiglia nel suo pay-off “dove c’è Barilla c’è casa”, il mondo utopico delle famiglie Barilla...Il plus del prodotto, molto spesso, non è una sua caratteristica reale che lo distingue dagli altri, ma la sua IMMAGINE, il mondo che gli si crea intorno. E i creatori di questo mondo sono la coppia creativa, il copy e l’art director, che devono tradurre il concetto del brief dato dall’azienda in creatività, in un qualcosa di semplice che resti nella mente di tutti e che porti con sè anche la memoria del prodotto pubblicizzato.
Lezione 5. Le ricerche di mercato
Esercizio 5 Inventare un dialogo tra due persone, intervistatore e intervistato. Si devono capire il sesso, l’età e il prodotto (Pelikan, penna stilografica), senza dirli esplicitamente.
> Ehi, ti vedo scrivere su quel taccuino da un bel po’! >> Sì, appunto tutto quello che mi succede. > E disegni anche bene! Devi essere uno che si intende di penne e pennini. Che tipo di penna stai usando per scrivere sul tuo taccuino? >> Beh, uso una Trattopen, mi ci trovo abbastanza bene. > Ma la usi anche per altri tipi di illustrazioni? >> Eh, magari fossi un illustratore professista! Sono ancora alle prime armi, ho appena iniziato il liceo artistico... > Mi sembri molto portato! >> Grazie! In genere uso un pennino per l’inchiostro per i miei disegni “seri”... > Ah! E quindi utilizzi anche la penna stilografica... >> Eh, in realtà, mi costerebbe un po’ troppo! > Capisco...ma hai mai provato a utilizzarla? >> Sì ho provato a disegnare con quella di mio padre, su alcuni tipi di carta mi dà qualche problema, ma su quella liscia...è una bomba! > Eheh! Ma, secondo te, quindi, una penna stilografica potrebbe anche essere apprezzata da un pubblico di giovanissimi, come te? >> Secondo me sì, può essere sfruttata molto per scopi artistici, per progetti interessantissimi!
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11 novembre 2009
Lezione 6. La pubblicità su carta stampata
Gli elementi di una campagna a mezzo stampa: headline,
bodycopy,
Il messaggio pubblicitario tipicamente pubblicato sui giornali, può essere così suddiviso: HEADLINE Ovvero il titolo che deve attirare l’attenzione del cliente che deve essere facile da ricordare. Il suo concetto deriva dal giornalismo in quanto i primi annunci erano pubblicati sui giornali e da questi cercavano di copiarne il carattere di “informazione affidabile”. BODYCOPY Rappresenta il momento informativo, che giustifica il titolo e che parla del prodotto con informazioni utili costituendo il “corpo” della pubblicità, in circa 5-7 righe. C’è un rapporto linguistico tra la headline e il body copy, il lettore affascinato dalla headline deve ritrovare questo fascino anche nel body.
payoff,
PAYOFF È il motto d’azienda. Dove azienda e prodotto combaciano non c’è payoff (es. Coca Cola). Molte headline di vecchie aziende oggi sono diventate payoff in modo da rimenere meglio nella memoria collettiva.
sub-headline
SUB-HEADLINE Se la headline “apre” la comunicazione la sub in un certo senso la “chiude” dando una risposta immediata alla head eliminando in tal modo il body copy.
La creatività nella pubblicità
La creatività rappresenta la separazione che c’è con il linguaggio comune. Più questa distanza è maggiore, più elevata è la percentuale creativa del messaggio, ma quando questa distanza aumenta troppo si corre il rischio di non poter decodificare il messaggio per coloro che devono riceverlo. 23
Lezione 6. la pubblicità su carta stampata
Esercizio 6.a Creare un annuncio con headline e bodycopy. Brief: penna stilografica Kappa, forse macchia e costa, ma è uno status symbol. Importante: mai giocare con il nome del prodotto perché si vincola troppo il messaggio.
Headline: NON PASSARE INOSSERVATO. Subheadline: Scrivi e porta sempre con te l’eleganza. Bodycopy: Una penna stilografica allo stesso tempo elegante e moderna, in linea con il tuo stile? Scegli Kappa. Con una stilografica Kappa nel taschino, sentirai sempre di poter contare sul suo design semplice ed unico, moderno ed elegante allo stesso tempo. E nessuno potrà non notarla. Passare inosservati è impossibile con Kappa.
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Lezione 6. La pubblicità su carta stampata
Esercizio 6.b Creare un annuncio con headline e bodycopy. Brief: Kappa ha il 30% di inchiostro in più rispetto alle altre penne.
Headline: NON RESTARE A SECCO. Subheadline: Continua a scrivere in eleganza ancora più a lungo. Bodycopy: Una penna stilografica allo stesso tempo elegante e moderna, in linea con il tuo stile? Scegli Kappa. Con una stilografica Kappa nel taschino, sentirai sempre di poter contare sul suo design semplice ed unico, moderno ed elegante allo stesso tempo. Inoltre, grazie al 30% di inchiostro in più rispetto alla capacità delle altre penne stilografiche in commercio, non ti lascerà mai a secco. E nessuno potrà non notarla. Passare inosservati è impossibile con Kappa.
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18 novembre 2009
Lezione 7. Il medium
Il medium
L’affissione
Televisione e cinema
Soggetto, sceneggiatura storyboard
La sceneggiatura all’americana
La sceneggiatura all’italiana
Cos’è un medium? Rappresenta l’estensione di una nostra capacità sensoriale (ad esempio la ruota è un’estensione delle nostre gambe). La radio è un’estensione della nostra voce. Se ogni medium estende i nostri sensi la Tv che senso è? Secondo McLuhan la Tv è un’estensione del nostro sistema nervoso. Ogni medium ha il suo modo di comunicare. Il medium più vicino alla stampa è l’affissione. L’affissione è un estensione della stampa ma differente dal giornale, perchési legge in movimento e in poco tempo. A differenza del giornale che ha una dimensione statica, l’affissione ha una dimensione dinamica quindi il messaggio che comunica deve essere veloce, priva di body copy ma con un linguaggio che si fonda solo sull’headline, che viene resa più forte rispetto a quella creata per la comunicazione stampata statica (è infatti più lunga ed esauriente). Se nella comunicazione a mezzo stampa prevale la dimensione spaziale, nella comunicazione televisiva e nel cinema prevale la componente temporale: negli spot televisivi si crea una vera e propria narrazione, c’è una sceneggiatura, sono più vicini quasi alla letteratura, anche se viene comunque utilizzato un linguaggio quotidiano, vicino agli spettatori. Si parte dal soggetto (ovvero l’idea che si vuole mettere in scena spiegata in tre righe), poi si stende la sceneggiatura, dove il soggetto viene sviluppato in scene. La sceneggiatura è sostenuta anche dallo storyboard, dove la sequenza delle scene e il loro sviluppo temporale è maggiormente approfondito, e accompagnato anche da immagini, schizzi, per dare l’idea del risultato finale. La stesura della sceneggiatura può avvenire in due modi: all’americana o all’italiana. La maniera americana è di derivazione teatrale in quanto vengono descritte la scena e il dialogo in maniera sequenziale. Dato che in questo modo è difficile immaginare la scena in tempo reale vengono impiegati anche gli storyboard. La maniera italiana, invece, prevede la divisione del foglio dalla linea temporale (da 0 sec in alto a 30 sec in basso) e viene descritto l’audio nella parte sinistra e ciò che si vede nel video nella parte destra.
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Lezione 7. Il medium
Esercizio 7.a Creare un annuncio per un’affissione. Brief: scarpe Susa, city shoes, scarpa elegante italiana con la tomaia sportiva, eleganti ma comode, flessibili, versatili. Target: giovane, che non utilizza l’automobile, che usa molto le scarpe per recarsi nei musei
Headline: SUSA, e per non camminare non ci sarà più nessuna scusa! Headline: OVUNQUE, COMODAMENTE, CON SUSA. Headline: NON RINUNCIARE AL PIACERE DI CAMMINARE. SUSA. OVUNQUE. CON TE.
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Lezione 7. Il medium
Esercizio 7.b Creare una sceneggiatura per lo spot televisivo, di 30’’, delle calzature Susa. Il brief è quello dell’esercizio 7a.
VIDEO
AUDIO
Interno, mattina. Camera da letto. Inquadratura sveglia. Sono le 6 meno 10. Particolare di una mano che infila ai piedi un paio di mocassini Susa. L’uomo, vestito in giacca e cravatta, ha fretta.
“Accidenti! E anche oggi dovrò correre!!!”
ESTERNO, MATTINA. STRADA. Inquadratura bassa, gambe-piedi. Vediamo l’uomo che corre per strada, con la sua 24h, e prende al volo un tram. È ancora buio. INTERNO, TRAM. L’uomo è seduto (vediamo dalle mani sulle ginocchia in giù) e muove concitatamente i piedi.
# musica: intro di “Sole” dei Marta sui Tubi
ESTERNO, STRADA. L’uomo (sempre inquadrato dal bacino in giù) cammina veloce per strada, evitando auto, bici, bambini... Finalmente arriva in Parco Sempione. Inquadratura campo medio: lo vediamo finalmente in viso. Ha i rasta. Si toglie la giacca, vediamo una camicia verde. Si siede nel teatro surreale del aprco, e vediamo sorgere il sole.
# musica: coro dell’intro di “Sole” dei Marta sui Tubi SLOGAN: NON RINUNCIARE AI PIACERI DELLA VITA. SCEGLI SUSA.
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2 dicembre 2009
Lezione 8. La linguistica
Gli strumenti di lavoro del copy
La linguistica e De Saussure
Significato e significante
“Parole” e “Langue”
L’evoluzione del linguaggio
Schema di evoluzione del linguaggio
Gli strumenti del lavoro del copywriter sono principalmente tre: la linguistica, cioè il conoscere del farsi e disfarsi del linguaggio; la retorica, cioè le tecniche da utilizzare per “abbellire” il nostro linguaggio; e la metrica, per poter sfruttare la musicalità delle parole in modo poetico. Il più importante studioso di linguistica è Ferdinand De Saussure, il cui testo più importante, “Trattato di linguistica generale”, è stato scritto raccogliendo gli appunti dei suoi studenti, in quanto lui non desiderava mettere su carta le sue teorie, essendo per lui il linguaggio in continua evoluzione. De Saussure riprende i modelli linguistici del Medioevo, il “flatus vocis”, che era andato in disuso con la caduta del latino, che era stato la prima lingua utilizzata internazionalmente. Per De Saussure, ogni parola esistente ha due aspetti: il SIGNIFICATO, e il SIGNIFICANTE, la parola in sé, il suo aspetto sonoro, grafico, musicale. Il significante a sua volta genera un significato, che si aggiunge al significato originale. Quando più parole vengono unite a creare una frase, un discorso, il significato di ognuna delle parole si somma a quello delle altre, dando SENSO alla lingua; il significante, il lavoro su di esso, lo scegliere una parola invece di un’altra, sottolinea chi parla, chi comunica, il suo stile. De Saussure definisce una catena di significanti “Parole”, mentre l’insieme dei significati delle parole all’interno di una frase, definisce la “Langue”. Queste teorie sono ancora oggi molto attuali, in quanto le lingue si evolvono e mutano continuamente e continueranno a farlo in futuro, in quanto la lingua si adatta e modifica il significante delle parole che la compongono a seconda dei tempi, cambia il rapporto del soggetto con il linguaggio, si evolve anche senza volerlo. Per rappresentare lo sviluppo del linguaggio, possiamo utilizzare uno schema con due assi: T asse temporale, DIACRONICO, dovuto al lavoro sul significante (considerato in un’unica lingua); S asse spaziale, SINCRONICO, dovuto al lavoro sui significati (considerando le diverse lingue sulla terra).
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Lezione 8. La linguistica
Jakobson e il modello di comunicazione
Il significante, in una campagna pubblicitaria, è proprio l’aspetto creativo, quello che ricordo maggiormente. Il lavoro del copy deve tenere presente il lavoro che deve fare sul significante, più che sul significato. Quando si crea il nome di un nuovo prodotto, si gioca soprattutto sul significante. Un altro studioso che si è occupato di linguaggio e comunicazione, è Jakobson. Negli anni ‘20, Roman Jakobson mette a punto un modello di comunicazione, che è il modello che noi tutti conosciamo: EMITTENTE
Il modello di comunicazione applicato al marketing
DESTINATARIO
La forza di questo modello estremamente semplice, è che, conoscendo emittente e messaggio, posso capire il tipo di destinatario analizzando il messaggio. È possibile, insomma, ricavare qualsiasi incognita. In termini di marketing, lo schema assume questa forma: AZIENDA
Il modello di comunicazione applicato alla pubblicità
MESSAGGIO
PRODOTTO
CONSUMATORE
Infine, in termini pubblicitari, avremo: PRODOTTO
CAMPAGNA PUBBLICITARIA
TARGET
L’unica cosa certa chce conosco, nel caso della pubblicità, è il prodotto. Il target si può supporre, ed è vastissimo, per questo bisogna elaborare una campagna pubblicitaria che sia in grado di selezionare un target, di raggiungere un determinato tipo di possibili acquirenti interessati al nostro prodotto. La campagna deve avere in sè un modello di target, e quindi un modello di prodotto, in cui esalto i suoi plus.
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Lezione 8. La linguistica
Esercizio 8.a Dare un nome alla penna stilografica, creare una headline e un bodycopy.
SIGNE. La stilografica che lascia il segno. Signe è la nuova linea di penne stilografiche che non passano inosservate, grazie alla loro eleganza e modernità. Disponibili in varie finiture, potrai anche personalizzarle, per renderle ancora più parte di te. Con Signe, lascerai il segno.
Esercizio 8.b Brief: il Corriere della sera regala un cd con le poesie degli autori del ‘900 lette dagli stessi per il giorno di Sant’Ambrogio. L’obiettivo è di invogliare a comprare il Corriere lunedì.
PER SANT’AMBROGIO, REGALATI LA POESIA. Con il Corriere della Sera, lunedì 7 dicembre potrai trovare un regalo unico e irripetibile: per sant’Ambrogio, il Corriere ti regala il primo cd della serie POESIA ITALIANA LETTA DAGLI AUTORI. Regalati momenti di relax, accompagnato dalle voci di Ungaretti, D’Annunzio, Pascoli, e tanti altri. Quest’anno, per sant’Ambrogio, regalati e regala la poesia.
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9 dicembre 2009
Lezione 9. La metrica
La poesia lavora sui significanti
La metrica
Accento tonico e accento ritmico
Accento tonico: piano, sdrucciolo, tronco Il conteggio delle sillabe
La poesia è parte attiva della “Parole”, del mondo dei significanti, della forma delle parole, va al di là del significato. La poesia è regolata da delle regole che sono tramandate come “metrica”, misura del suono, del ritmo e della melodia. Sin dall’antica Grecia la poesia era musicata, e cantata. Non tutte le regole metriche sono uguali per le diverse lingue. Per esempio la divisione in versi è costante per tutte le lingue, mentre il sistema degli accenti è diverso per ognuna. In italiano vi sono 2 famiglie di accenti: l’accento TONICO, che dà il tono (in greco ‘tensione, acume’) alla parola, e l’accento RITMICO, che dipende appunto dal ritmo tra le parole, dall’appoggiarsi del tono su una particolare sillaba che, per la sua posizione all’interno del verso, diventa ritmicamente importante per la metrica complessiva. L’accento tonico può essere PIANO, se l’accento cade sulla penultima (es. domàni), SDRUCCIOLO, se cade sulla terzultima sillaba (es. càlice, mùsica) o TRONCO, se cade sull’ultima sillaba (cioè, perché, città). L’uso degli accenti ci fornisce la regola per contare le sillabe e per trovare il ritmo. Nel conto delle sillabe di un verso, cioè delle battute musicali, si considera diversamente il tipo di accento in relazione alla stessa numerazione. Una parola piana di tre sillabe posta alla fine di un verso, ha lo stesso valore ritmico di una parola tronca e di una sdrucciola, sebbene la tronca abbia una sillaba in meno e la sdrucciola una in più. Ciò è possibile perché l’accento implica sempre una sillaba MORTA a seguire, cioè ATONA, senza scansioni e funzioni ritmiche primarie. Nel conteggio delle sillabe di un verso, bisogna partire sempre dagli accenti dell’ultima parola e non dalla sommatoria delle sillabe, che spesso non corrispondono in virtù del loro accento tonico. Per esempio, un verso endecasillabo (11 sillabe toniche), se concluso da una parola con accento piano, sarà sempre di 11 sillabe; se è sdrucciola, avremo 13 sillabe; se tronca, avremo 10 sillabe. Esempio di accento tonico:
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Lezione 9. La metrica
Uso dei risultati delle ricerche di mercato
L’importanza delle ricerche di mercato: il caso Barilla
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Una poesia può essere strutturata in diverse forme, a seconda della lunghezza dei versi utilizzata e di quanti versi è composta. La forma poetica più utilizzata nella poesia italiana è il SONETTO, composto di 14 versi suddivisi in 2 terzine e 2 quartine. Il sonetto fa parte delle forme chiuse, in quanto il numero totale dei versi è già predeterminato. Altre forme chiuse sono lo STRAMBOTTO, composto da 8 versi, la cui origine è nel mondo della musica: era infatti proprio il ritornello; e il DISTICO, composto da 2 versi. Sono invece forme aperte, in quanto reiterabili senza un limite, utilizzate nel racconto e nella poesia: la TERZINA, utilizzata in particolare da Dante, e l’OTTAVA, utilizzata da Ariosto, composte entrambe da versi endecasillabi. In Oriente, la poesia ha forme e strutture diverse rispetto all’Occidente. Le lingue orientali sono lingue concettuali. La poesia Zen, che è un aiuto alla riflessione, usa 3 versi. Il primo verso è la prima cosa che viene in mente. Il secondo è il suo esatto contrario. Il terzo è la sintesi del primo e del secondo, da cui ha inizio la meditazione. Quando la poesia Zen giunge in Giappone, si adatta alla lingua, molto diversa dal cinese: il cinese è una lingua ideogrammatica, mentre il giapponese è una lingua sillabica, più simile alle lingue alfabetiche occidentali. La poesia orientale in Giappone si struttura in due forme: la poesia Tanka, composta di 5 versi, una poesia epica, che tratta temi come la guerra, la cavalleria, etc; e la poesia Haiku, una poesia più breve, composta da 3 versi, con temi più cortesi,, come l’amore, i sentimenti e la natura (vista come metafora dell’Io). Nella poesia Haiku il primo e l’ultimo verso sono di 5 sillabe, mentre il secondo è composto di 7 sillabe. Il suo andamento è molto simile a quello della poesia Zen: nel primo verso esprimo un pensiero; nel secondo verso esprimo un contropensiero, e nel terzo compio una sintesi fra i primi due.
Lezione 9. La metrica
Esercizio 9.a Creare un jingle sulla musica di quello di Negroni. - Le stelle sono tante, / milioni di milioni, ma quella di Negroni / vuol dire qualità! per il cd di poesie in uscita per sant’Ambrogio con il Corriere della Sera.
Le voci ormai perdute d’italici poeti col nostro gran Corriere: che bel dono sarà!
Esercizio 9.b Creare una poesia Zen.
La pioggia rende la neve ghiaccio. Il sole è l’unico a potermi salvare. Attendo impaziente che torni l’estate.
Esercizio 9.c Creare una poesia Haiku.
Tutto il mio mondo la neve, bianca, copre; splendente, acceca. 37
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16 dicembre 2009
Lezione 10. Le parti del discorso
Le parti del discorso
Le parti del discorso, se prese singolarmente, diventano strumenti molto importanti nella comunicazione, riescono ad attrarre l’attenzione in modo particolare. Le parti del discorso sono: 1. sostantivo 2. verbo 3. aggettivo 4. avverbio 5. pronome 6. congiunzione 7. articolo 8. preposizioni 9. segni d’interpunzione Utilizziamo queste parti per ottenere il risultato di comunicare qualcosa, ma lo potremmo avere anche usando solo uno di questi (Altissima, purissima ecc). Le singole parti hanno un determinato effetto se utilizzate da sole. Ogni parte del discorso, scava un area semantica diversa: verbo = subito azione aggettivo = giudizio sostantivo = indica avverbio = al posto del verbo pronome = al posto del nome
Il sostantivo
Il sostantivo rappresenta la parte più arcaica della lingua (la nominazione delle cose). Il nome è il prodotto. Il lavoro sul significante trova nel sostantivo un gran numero di risultati. Ogni alterazione o storpiatura diventa immediatamente significativa, creativa. Il verbo è l’azione, diventa interessante se usato da solo (dire, fare, popolare). A seconda di come viene coniugato, il verbo cambia ritmo alla frase, addirittura lo sospende, come il gerundio o l’infinito. L’aggettivo viene usato per sottolineare, è il giudizio sulla cosa e tiene conto di chi emette il giudizio, non è mai oggettivo, è un’aggiunta. L’aggettivo prolunga l’azione del sostantivo, ma può anche tradirlo per rinvigorire l’amore, decora, abbellisce, critica, giudica, insomma vuole sempre l’ultima parola.
Il verbo
L’aggettivo
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Lezione 10. Le parti del discorso
L’avverbio Il pronome
La congiunzione L’articolo
I segni d’interpunzione
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L’avverbio è l’aggettivo del verbo. Sta accato al verbo e lo determina specificando, rafforzando, precisando come l’aggettivo fa con il sostantivo. Il pronome è una parola che viene utilizzata al posto del nome. Serve ad alleggerire il discorso. Spesso ha il compito di rendere nominabile qualcosa di astratto, cioè di rappresentare con un nome un concetto, una frase e un insieme di cose e persone. Il pronome permette di spostarsi da una parte all’altra del discorso senza cambiare il soggetto. La congiunzione non solo congiunge, ma può anche separare: e, o. L’articolo connota il genere e la quantità. Spesso lo si toglie dal nome o lo si aggiunge per sottolineare l’unicità di ciò che vogliamo dire. Nella comunicazione pubblicitaria il gioco sta proprio nel caricare di senso il messaggio che tradotto in termini di marketing vuol dire dare forza al plus: “Metti il Tigre nel motore”. I segni di interpunzione sono quegli strumenti che permettono di sottolineare, dare il tempo e le pause, dare un ritmo all’insieme dei significati. Grazie ad essi è possibile tradurre la lingua parlata in lingua scritta.
Lezione 10. Le parti del discorso
Esercizio 10 Creare vari esempi di campagne usando solo alcune parti del discorso (usando quindi una volta solo aggettivi, un’altra solo verbi, ecc…). Il prodotto è un dentifricio.
Con sostantivi Freschezza. Protezione. Praticità. Denty Denty è il primo dentifricio che ti assicura freschezza e protezione per tutta la giornata. La sua pratica confezione ti permetterà di non sprecare neanche un grammo di dentifricio, e potrai poggiarlo sul lavandino senza problemi. Denty, e i tuoi denti ne saranno grati. Con verbi Aprire. Premere. Dosare. Spazzolare. Denty Quattro semplici azioni che ti permetteranno di mantenere il tuo alito fresco per tutta la giornata, in assoluta sicurezza per la tua igiene orale. La sua pratica confezione ti permetterà di non sprecare neanche un grammo di dentifricio, e potrai poggiarlo sul lavandino senza problemi. Denty, e i tuoi denti ne saranno grati. Con aggettivi Fresco. Sicuro. Pratico. Semplice. Denty Le quattro caratteristiche di Denty, il nuovo alleato della tua igiene orale. La sua pratica confezione ti permetterà di non sprecare neanche un grammo di dentifricio, e potrai poggiarlo sul lavandino senza problemi. Denty, e i tuoi denti ne saranno grati. Con avverbio Sicuramente fresco, comodamente. Solo con Denty. Solo Denty ti assicura un alito fresco e un’igiene orale sicura per tutta la giornata. La sua pratica confezione ti permetterà di non sprecare neanche un grammo di dentifricio, e potrai poggiarlo sul lavandino senza problemi. Denty, e i tuoi denti ne saranno grati.
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13 gennaio 2010
Lezione 11. La retorica
La retorica vs “retorico”
Le origini della retorica
La tragedia e i poemi omerici
Il poeta e l’attore
Il teatro e la retorica
L’hard core del mestiere del copy è la RETORICA. La retorica è la base, il metodo per esprimere qualcosa. È giusto distinguere l’aggettivo “retorico” dal sostantivo “reotirca”: mentre l’aggettivo ha sempre avuto un significato negativo, usato per sottolineare qualcosa di decorativo, senza struttura, ovvio, il sostantivo “retorica”, che riguarda la produzione linguistica, una conoscenza abile del parlare. I primi a creare le norme della retorica furono i Greci. La prima espressione fondamentale del popolo greco fu il teatro, nato inizialmente all’interno dei riti magici e religiosi, per propiziarsi gli dei con delle rappresentazioni, e successivamente diventato un’espressione artistica a sè stante. Temi del teatro greco erano le storie della tradizione, i miti, tramandate oralmente per secoli dai cantori, dai poeti, che avevano utilizzato la forma della poesia, quindi sfruttando la metrica, per poter imparare a memoria queste storie e poterle ricordare e declamare più facilmente. Quando anche in Grecia giunge la scrittura, dalla Fenicia, dove fu inventato l’alfabeto (che sarà poi perfezionato dai Greci appunto), si inizia a mettere per iscritto ciò che si era per secoli tramandato oralmente. Fu così che si perse la tradizione dei poeti cantori, che declamavano oralmente le storie antiche. L’ultimo fu Omero, che mise per iscritto poi l’Iliade e l’Odissea, fra le storie più importanti del popolo greco, tramandate oralmente da sempre. Le prime tragedie greche differiscono molto dai poemi omerici: i personaggi sono sempre gli stessi, gli dei, gli uomini e i loro rapporti, ma la struttura cambia profondamente. Questo perché la scrittura permette di approfondire maggiormente i contenuti delle antiche storie, scavare nel profondo di ognuno dei personaggi, carpire i loro pensieri, i loro sentimenti: si attua un processo introspettivo e identificativo degli spettatori nei personaggi. La figura del poeta è sostituita dalla figura dell’attore: come il poeta impara a memoria la sua parte, ma vi aggiunge l’interpretazione. La parola per definire, in greco antico, l’attore, era ὐποχριτης, letteralmente in italiano “ipocrita”, uno che fa finta, che cambia ad ogni ruolo. Cosa hanno in comune il teatro e la retorica? In entrambi i casi, sia io attore o retore, mi espongo al giudizio degli altri, con la possibilità di essere criticato. Posso far ridere, piangere...Parlo in pubblico, mettendo in scena i drammi, le 43
Lezione 11. La retorica
La nascita delle leggi della retorica
Le 5 parti della retorica
L’inventio La dispositio
L’elocutio
La memoria
La dictio
Gli elementi dell’inventio: prologo, epilogo,
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gioie, le paure, le verità che riguardano tutti. La retorica coincide con l’istituzione delle leggi, che spostano quindi il potere legislativo dal sacro alla dimensione degli uomini, che non sono più, in questa maniera, guidati e giudicati nei loro comportamenti dagli dei, ma si autoregolamentano. Uno dei primi casi fu nel 470 a.C. a Siracusa, quando, durante una sommossa popolare, venne ucciso il tiranno che governava da trent’anni. Dal caos generale causato da questo assassinio, si scatena una sanguinosa guerra civile. A seguito della guerra civile, si riuscì a riportare la calma fra la popolazione, istituendo un processo per poter reclamare i propri possedimenti sottratti ingiustamente dal tiranno davanti a dei giudici. Gli avvocati convocati dovevano quindi sostenere la versione dei fatti dei propri clienti, portando prove per distruggere la versione degli avversari. Il discorso del retore, per essere credibile e convincente, deve basarsi su queste cinque categorie: INVENTIO, DISPOSITIO, ELOCUTIO, MEMORIA e DICTIO. L’inventio è “l’inventario”, l’elenco che viene redatto all’inizio dell’organizzazione del discorso di tutto ciò che bisogna dire. La dispositio è la disposizione delle cose da dire, l’ordine, per creare una catena di ragionamenti che convinca la giuria. Una delle cose fondamentali della dispositio è di iniziare il proprio discorso con qualcosa che catturi la simpatia del pubblico, per interessarlo e poterlo convincere di quel che si dice successivamente. L’elocutio è lo “speech”, il modo in cui questi ragionamenti vengono espressi, come vengono snocciolati i concetti, come si utilizzano le metafore, le personificazioni... La memoria è lo strumento principale del retore, in quanto egli deve imparare e sapere tutto il suo discorso a memoria. È ciò che lo rende sicuro di sè, fa parte della ricerca della verità. La dictio, infine, è il momento in cui il retore espone il suo discorso in pubblico, e comprende quindi non solo la parola, ma anche la gestualità, il tono, con cui egli sottolinea ogni cosa che dice; è perciò molto vicino alla dimensione teatrale della retorica: come l’attore deve convincere lo spettatore di dire la verità, coinvolgendo il pubblico, così il retore deve dare l’impressione di essere convinto che ciò che dice è l’unica verità possibile. Tutte le cinque parti della retorica devono essere ben padroneggiate dal retore, il quale non deve solo ordinare in maniera perfetta ciò che deve dire, ma soprattutto deve dire la VERITÀ. La parte principale fra le cinque è L’INVENTIO. Essa possiede un’ulteriore sottostruttura. La prima parte dell’inventio è il PROLOGO, cioè come inizio il discorso. Il prologo deve avere un andamento emotivo, non devo convincere l’ascoltatore in questo momento, ma catturare la sua simpatia. Nel prologo quindi vi è la CAPTATIO BENEVOLENTIAE. Il prologo, come l’ultima parte dell’inventio, cioè l’EPILOGO, il momento finale del discorso in cui puntualizzo e saluto il pubblico, puntando sull’emotività, sono momenti IRRAZIONALI, in cui si fa leva sui sentimenti del pubblico più che sulla veridicità di ciò che si dice.
Lezione 11. La retorica
e confirmatio
Prove in techne (exempla e entimemi)
Prove fuori dalla techne
lo g i ci
I momenti dell’inventio in cui bisogna basarsi sulla logica e sulla verità sono la NARRATIO e la CONFIRMATIO, momenti centrali dell’inventio.
ir ra zi o n a li
narratio,
Nella narratio, vengono raccontati i fatti, contestualizzandoli nei luoghi, tenendo conto che raccontare un fatto in una certa maniera è già farne una interpretazione, già si indirizza la giuria verso la propria versione della verità. La confirmatio è la parte più pesante dell’argomentazione retorica, in cui il retore deve tirar fuori gli argomenti e soprattutto addurre le prove a sostegno delle proprie argomentazioni. Le prove possono essere ricercate sia all’interno della techne, cioè nella propria capacità oratoria, nella propria cultura, oppure al di fuori della techne (off-techne), cioè quelle cose che non dipendono dall’oratore, ma sono oggettive. Per le prove all’interno della techne si possono proporre degli esempi, far riferimento ad avvenimenti passati, simili a quelli di cui si sta parlando, oppure far riferimento all’entimema. L’entimema è un ragionamento apparentemente simile al sillogismo: infatti, se il sillogismo si basa sui tre principi della logica (identità, A=A; non contraddizione, A≠B; il principio del terzo escluso, “non c’è nessun altra cosa diversa da A e B”), l’entimema sostituisce il principio di identità con un principio di condivisione: esso infatti si basa sui LUOGHI COMUNI, cu ciò che viene considerato da tutti come certo e logico solo in virtù del fatto che tutti lo considerano tale. Fra le prove adducibili al di fuori della techne, vi sono i pregiudizi (nel senso di “giudizi forniti precedentemente”, non nel nostro senso comune del termine), i rumori (le dicerie della gente, che possono diventare una prova), le confessioni, gli atti (contratti firmati, ecc) e le testimonianze.
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Lezione 11. La retorica
Esercizio 11 Scrivere un pezzo, tipo un’arringa, in cui si difende (o si attacca) il servizio di bikesharing a Milano.
Prologo Narratio
Confirmatio
Epilogo
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La crisi, il traffico, l’alto costo dei trasporti pubblici e privati, ha portato gran parte della popolazione milanese a tornare al vecchio, ma economico e affidabile, mezzo di trasporto su due ruote: la bicicletta. Per sostenere questo nuovo bisogno, abbiamo già fornito 5000 bici in svariate zone della città, iniziativa che è stata accolta in maniera più che positiva. Ma qual è stato il guadagno in termini di salute e di tempo per i nostri milanesi, riscopertisi ciclisti? Davvero un guadagno irrisorio. Muoversi nel traffico, respirare gas di scarico nocivi, ritrovarsi imbottigliati nel centro fra le auto, condividendo lo stress da ora di punta degli automobilisti, non è stata di sicuro una grande svolta nella qualità della vita dei milanesi ciclisti. Ci vorrebbero delle strade adatte alla circolazione delle bici, per migliorare la circolazione e la salute di chi vuole utilizzare questo mezzo di trasporto. È per questo che la nostra priorità attuale sono le piste ciclabili, piuttosto che continuare ad aumentare la mole di bici nelle nostre strade. Per sostenere chi sceglie la bici, e non intralciare il resto della circolazione su quattro ruote, già problematica di per sè nella nostra città.
20 gennaio 2010
Lezione 12. Le figure retoriche
La retorica fino a noi
“Always CocaCola”
La retorica e il marketing
Le immagini, linguaggio naturale, e la memoria
Figure retoriche e pubblicità
La filosofia è sempre stata il regno della retorica fino al XVI secolo con l’avvento di Galileo e della rivoluzione copernicana. La spiegazione scientifica infatti rende del tutto superfluo la spiegazione filosofica del mondo. L’unico campo in cui riesce a sopravvivere è l’ambito della giurisprudenza. Il ritorno massiccio della retorica si ha con l’avvento dei giornali e quindi con la pubblicità e di conseguenza con il banco di prova del mondo: il mercato. Uno dei primi esempi di retorica lo si trova nella Coca Cola con il motto “Always CocaCola”. Il consumatore va convinto con l’uso delle prove (derivazione diretta della Confirmatio). Infatti la Coca Cola riuscì a convincere il Pentagono ad equipaggiare i soldati americani con il proprio prodotto perché era diventato un simbolo di “casa”. Fu proprio in quest’occasione che venne creato il packaging della lattina, comoda e resistente. La retorica viene nuovamente studiata per adeguarsi agli standard odierni di comunicazione. L’Inventio nella pubblicità diventa il Brief ovvero la strategia comunicativa. Ma il suo impiego non può essere diretto, esso è comunicato attraverso la Elocutio ovvero l’impiego delle figure retoriche. Il loro uso è finalizzato ad attrarre l’attenzione per rimanere impresse nella memoria, basata sul dettaglio e sull’immagine. Le figure retoriche rimangono facilmente impresse nella memoria perché creano numerose associazioni di immagini nella nostra mente. Secondo lo psicologo Jung la mente ricorda più facilmente le immagini rispetto alle parole, in quanto il linguaggio della parola è un linguaggio artificiale imparato nella crescita mentre il linguaggio dell’immagine è un linguaggio naturale. Tutti i mammiferi sognano, per questo il linguaggio delle immagini è un linguaggio naturale. La figura retorica è un ragionamento tradotto con il linguaggio visivo/creativo. Infatti guardando la figura retorica utilizzata in una pubblicità è possibile risalire al brief originario. L’immagine è la traduzione di quello che la testa pensa per decodificare i sensi. Se in una pubblicità bisogna ragionare sulle parole essa non funziona, se invece si ragiona su immagini essa funziona.
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Lezione 12. Le figure retoriche
Le figure retoriche e le origini del linguaggio
Classificazione delle figure retoriche
FIGURE DI PARAGONE La metafora
La sineddoche
La prosopopea
La sinestesia L’ossimoro L’antitesi L’iperbole
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Le figure retoriche appartengono all’età primitiva del linguaggio. Infatti una delle prime forme di linguaggio era di tipo difensivo in quanto comunicavano pericoli imminenti. Da queste stesse parole è derivata poi una funzione religiosa del linguaggio per comunicare l’attenzione nei confronti del divino. La catacrèsi (dal greco κατακρησις, «abuso», derivato da κραομαι, «io adopero»), è una figura retorica ormai normalizzata, impiegata per designare qualcosa per cui la lingua non offre un termine specifico. Si tratta soprattutto di antiche metafore e metonimie. Tutte le civiltà hanno usato o ideato figure retoriche, i Greci sono stati i primi a classificarle.
Quasi tutte le figure retoriche si dividono in figure retoriche di PARAGONE e figure retoriche di SOSTITUZIONE. La figura retorica di paragone più ampiamente utilizzata è la metafora. La metafora è una figura retorica che implica un trasferimento di significato. Si ha quando, al termine che normalmente occuperebbe il posto nella frase, se ne sostituisce un altro la cui “essenza” o funzione va a sovrapporsi a quella del termine originario creando, così, immagini di forte carica espressiva. La sinèddoche è una figura retorica che consiste nell’uso in senso figurato di una parola al posto di un’altra, mediante l’ampliamento o la restrizione del senso. La prosopopea è una figura retorica che si ha quando si fanno parlare oggetti inanimati o animali, come se fossero persone. È una prosopopea anche il discorso di un defunto. La sinestesia è una figura retorica che prevede l’accostamento di due termini appartenenti a due sfere sensoriali diverse. L’ossimoro è una figura retorica che consiste nell’accostamento di due termini in forte antitesi tra loro. (ghiaccio bollente) L’antitesi è una figura retorica di accostamento di due parole o frasi di significato opposto. L’iperbole è una figura retorica che consiste nell’esagerazione nella descrizione
Lezione 12. Le figure retoriche
La litote
L’ipotiposi
L’eufemismo
FIGURE DI SOSTITUZIONE La metonimia
Il chiasmo L’antonomasia
L’apostrofe
della realtà tramite espressioni che l’amplifichino, per eccesso o per difetto. La litote è una figura retorica che consiste nel dare un giudizio o fare un’affermazione adoperando la negazione di una espressione di senso contrario. Può avere intento di attenuazione o enfasi, ma anche di eufemismo o ironia. L’ipotitosi è la descrizione, verbale o scritta, di una persona, di un oggetto o di un avvenimento con una tale vivacità e ricchezza di particolari da offrirne quasi una rappresentazione visiva. L’eufemismo è una figura retorica che consiste nell’uso di una parola o di una perifrasi al fine di attenuare il carico espressivo di ciò che si intende dire, perché ritenuto o troppo banale, o troppo offensivo, osceno o troppo crudo. La più importante figura retorica di sostituzione è la metonimia. La metonimia è una figura retorica che consiste nel sostituire un termine proprio con un altro appartenente allo stesso campo semantico, che abbia col primo una relazione di contiguità logica o materiale. Il chiasmo è la figura retorica in cui si crea un incrocio immaginario tra due coppie di parole, in versi o in prosa, con uno schema sintattico di AB,BA. L’antonomàsia è una figura retorica con la quale ad un nome si sostituisce una denominazione che lo caratterizza. Si può sostituire un nome comune o una perifrasi ad un nome proprio, per personaggi celebri, o viceversa. L’apostrofe, infine, è una figura retorica che consiste nel cambiare continuamente direzione per spiazzare lo spettatore e dare senso a tutto (Ed è subito sera).
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Lezione 12. Le figure retoriche
Esercizio 12 Riprendendo il tema dell’esercizio precedente, creare una headline per il BikeMi utilizzando una o piÚ figure retoriche.
Sineddoche Chiasmo
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Poco spazio per le due ruote a Milano. Troppe bici per spazi limitati.
scienza della comunicazione Le lezioni del prof. Donatelli
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14 ottobre 2009
Comunicazione e globalizzazione
Anthony Giddens
Spazio e tempo
Riflessività sociale
Il ruolo della donna
Il concetto di famiglia
È impossibile parlare di comunicazione senza parlare di globalizzazione. Per Anthony Giddens (sociologo inglese) bisogna tenere in considerazione alcuni fattori: lo SPAZIO e il TEMPO; la RIFLESSIVITÀ SOCIALE, e il nuovo RUOLO DELLA DONNA nella società moderna. La comunicazione deve essere comprensibile per tutto il mondo; lo spazio oggi non esiste più: abbiamo le stesse cose per via di una omologazione dei gusti e dei beni di consumo. L’omologazione facilita il ruolo dei comunicativi, ma spaventa chi ne usufruisce: nascono così per reazione delle sottolineature, delle differenze. Quando comunichiamo un prodotto della globalizzazione possiamo lasciarci andare ad una comunicazione globale. Per questo c’è la necessità di una lingua comune (inglese). La globalizzazione colpisce anche la società, modificandone i meccanismi, gli ideali. Sono morte le grandi ideologie: siamo lasciati a noi stessi. Siamo liberi ed inermi, non ci sono posizioni precostituite da prendere. La sceltà è lasciata a noi. La riflessività sociale è qualcosa che ci induce ad una responsabilità di fronte ad un’informazione, per la quale decidiamo noi se è vero o no. La più grande rivoluzione dei nostri tempi è la nuova donna: basti pensare che ’80% delle decisioni d’acquisto è effettuata dalle donne; che tutta l’offerta messa sul mercato è destinata alle donne (le mutande da uomo le comprano le donne; per l’hi-tech interviene il fattore J – junior- perché i bambini sono preparatissimi). La donna diventa il punto di riferimento dei comunicativi. Quando ha avuto inizio questa trasformazione, che ha influenzato la struttura della famiglia? La famiglia classica, quella che conosciamo noi, non esiste più. Solo l’Italia riesce a difendere questo aspetto della sua cultura (forse neanche tanto, ormai). Fino agli anni Cinquanta la maggior parte della popolazione abitava ancora nelle campagne, circa l’80%. Quando la donna si sposava, diventava una schiava, entrando a far parte del clan in cui il capo era il “pater familias”, ma era la madre di lui, la suocera, che gestiva le derrate alimentari. Se le donne non si sposavano, erano al di fuori della società, diventavano delle emarginate: era inconcepibile che una donna potesse vivere da sola, il suo unico obiettivo nella vita era di diventare una moglie. La famiglia moderna nasce a metà degli anni Cinquanta, per la pubblicità: lui 53
Comunicazione e globalizzazione
Il concetto moderno di famiglia
La donna oggi
Il mercato italiano: i PRODOTTI “ME TOO”
LA DESEMANTIZZAZIONE DEI PRODOTTI
I NUOVI MERCATI
LA PICCOLA E LA GRANDE DISTRIBUZIONE
IL CONSUMATORE
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bello e perfetto, lei bella e perfetta che elegantissima tiene in ordine la casa e bada ai figli...Noi da 50 anni compriamo e viviamo in base a questo modello di famiglia. Una famiglia basata su ruoli rigidi: il marito lavora, lei invece deve stare in casa ad occuparsi delle faccende e dei figli. La moglie è una vera e propria schiava, rinuncia a crearsi una sua personalità, a vivere per sè stessa. La famiglia si è sempre basata sul grande sacrificio della donna. Oggi invece la donna resta autonoma anche se si sposa, i parametri della famiglia classica saltano del tutto. La moglie e madre non resta più tra le mura domestiche, ma si dedica anche alla sua realizzazione personale e alla sua carriera. Oggi, l’80% delle donne del Nord Europa non pensano neanche a sposarsi. Analizziamo le caratteristiche del mercato italiano attuale. PRODOTTI “ME TOO” - Sul mercato sono presenti prodotti uguali fra loro. Ciò che fa la differenza fra un prodotto e l’altro è il plus valore della comunicazione, la confezione, la pubblicità...È l’immagine del prodotto che porta alla scelta, alla prova, per verificare il suo valore e ricomprarlo se le nostre attese non sono state tradite. Il nostro consumismo è immateriale: scegliamo i prodotti per la loro immagine, non per la loro reale funzione. DESEMANTIZZAZIONE - I prodotti oggi non muoiono più di “morte naturale”, ma per morte del significato. I prodotti non sanno più parlare di noi, hanno un continuo bisogno di un sostegno comunicazionale. NUOVI MERCATI - Per rispondere a certe aspettative, a nuove richieste, i prodotti devono differenziarsi, cambiare, e espandersi su nuovi mercati, nuovi target. DISTRIBUZIONE - In Italia la grande distribuzione tramite i supermercati è arrivata piuttosto in ritardo rispetto agli altri paesi: il primo supermercato in Italia è stato aperto negli anni Settanta, in quanto il Parlamento era inibito dalla lobby conservatrice guidata dalla DC. I supermercati sono stati la morte dei piccoli negozi, ma hanno anche portato svariate migliorie: in primis, l’ottimizzazione del controllo dell’igiene nei punti vendita; i costi ottimizzati; l’ampliamento della gamma di prodotti offerta al cliente. Il problema della grande distribuzione è che è difficile accedervi per i piccoli produttori. Le grandi catene, per creare servizi sempre più vicini ai propri clienti, cerca in ogni modo di capire le abitudini dei suoi utenti: per questo esistono le carte fedeltà, che non solo rendono il cliente fedele al suo punto vendita, ma permettono anche alla catena di monitorare le scelte d’acquisto dei suoi utenti. CONSUMATORE - Il consumatore tipo è donna, single, con un’alta scolarità e cultura di consumo. La comunicazione deve quindi assicurare sul rapporto qualità/prezzo il cliente. La consumatrice-tipo è sì single, ma in questa categoria rientrano anche le donne anziane, vedove, e non solo le donne manager giovani e agguerrite sul lavoro! La donna, quando fa la spesa, riesce a gestire il valore “single” di ogni componente della famiglia: all’interno della stessa famiglia, infatti, vi sono esigenze e gusti diversi, di cui la donna-madremoglie tiene conto.
Comunicazione e globalizzazione
Gli studi sul target: gli anni ‘40
Quando hanno avuto inizio gli studi sul target? I primi studi sul target hanno avuto inizio negli anni Quaranta, con la creazione della piramide socioeconomica per individuare le fasce dei consumatori, sulla base della quale venivano organizzate le strategie di comunicazione: classe superiore classe media - superiore classe media low class
Gli anni ‘70: Maslow e la teoria dei bisogni
Bisogni primari
Sicurezza
Appartenenza Avere la stima degli altri
Avere autostima Autorealizzarsi
Negli anni Settanta, Maslow mette a punto una piramide basata invece sui BISOGNI, in quanto secondo la sua “teoria dei bisogni”, per comunicare è importante conoscere i bisogni di coloro che poi acquisteranno un dato prodotto in base appunto a quali sono le proprie necessità: BISOGNI PRIMARI auto Sublimare i bisogni primari realizzazione di mangiare, dormire, vivere autostima comodamente. Rientra fra questi il sesso, anche se stima degli altri non è un bisogno fisiologico, appartenenza in quanto è possibile sopravvivere senza sesso. sicurezza Con il sesso si vende tutto. bisogni primari SICUREZZA Far leva sul bisogno di sicurezza: avere un lavoro, una casa, una famiglia, vivere protetti, ecc... APPARTENENZA Il bisogno di appartenere a una coppia, o ad un club... STIMA DEGLI ALTRI Il giudizio degli altri è sempre stato fondamentale. È importante per chiunque vedersi riconosciuti i propri meriti, essere soddisfatto di sè e di quel che si fa. AUTOSTIMA L’essere soddisfatti di sè stessi, di quel che si è realizzato nella vita. AUTOREALIZZAZIONE Consapevolezza di aver raggiunto il massimo, oltre cui non è possibile andare. Ma questo tipo di struttura ancora non risulta sufficiente per strutturare in maniera efficace una campagna di comunicazione nel nostro mondo globalizzato di oggi. Si crea quindi una nuova piramide, basata questa volta sui VALORI.
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Comunicazione e globalizzazione
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Oggi: Maslow e la teoria dei valori
BISOGNI PRIMARI: Il povero rassegnato (“resigned poor”),
Il povero combattente (“struggler poor”),
BISOGNO DI SICUREZZA E APPARTENENZA: il mainstreamer
BISOGNO DI STIMA DEGLI ALTRI: gli aspirers,
i Dinkis BISOGNO DI AUTOSTIMA: i succeders
BISOGNO DI AUTOREALIZAZIONE: i transitional
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dinkis mainstreamer povero combattente povero rassegnato
In corrispondenza dei bisogni fisiologici primari, vi sono due tipi di target: il POVERO RASSEGNATO e il POVERO COMBATTENTE. Il povero rassegnato (“Resigned poor”) è in genere una donna vecchia, sola, vedova, senza cultura e nessun reddito se non la pensione di stato. Non ha prospettive o desideri per il futuro. I suoi valori fondamentali sono il cibo, la famiglia (soprattutto la nostalgia per la famiglia che non c’è) e la religione (ultima fonte di conforto). 3 mln di italiani fanno parte di questa categoria. Il povero combattente (“Struggler poor”) è un giovane, che ha meno di vent’anni, senza una cultura o un reddito. Vive nelle periferie delle cittadine occidentali. Ruba e uccide per fuggire dalla sua ghettizzazione. Il suo valore principale è la fuga dalla sua situazione. In corrispondenza del bisogno di sicurezza e di appartenenza, troviamo la classe media, altrimenti detta dei MAINSTREAMER. Corrispondono al 60% della popolazione italiana, e la stessa percentuale della comunicazione è destinata a questa classe. Hanno un età fra i 35 e i 55 anni, una cultura media, un reddito medio, in generale, una vita media. È l’unica classe sociale che in Italia paga le tasse, e i loro figli sono impiegati statali (poliziotti, insegnanti, ecc). I loro valori sono lo status quo, cioè il far restare tutto com’è: ha una gran paura dei cambiamenti, che qualcosa vada storto e non gli permetta di raggiungere i suoi obiettivi. Di conseguenza altri valori del meanstreamer sono lo stato, da cui si aspetta educazione per i suoi figli, sicurezza, ecc., la religione (che gli dà un senso di appartenenza), e la famiglia, nel senso della tipica famiglia italiana, uno stato nello stato, che assicura solidità, sicurezza e appartenenza. In corrispondenza del bisogno di stima da parte degli altri, ci sono gli ASPIRERS. Di questa categoria in genere fanno parte i figli dei mainstreamer, giovanissimi, con un età inferiore ai 35 anni, laureati, cultura e reddito alto (6000 - 20000 € al mese). Il loro principale valore sono gli status symbol, l’apparenza, l’esibire il proprio status sociale. È un target che ispira la creatività dei pubblicitari, con campagne trasgressive e aggressive. Negli USA una categoria particolare di Aspirers sono i DINKIS, Double Income No Kids. Il bisogno di autostima è rincorso dai SUCCEDERS, gente che ha avuto successo, ha circa 55-65 anni, un reddito altissimo (bancari, professionisti). Si interessano d’arte, di cultura. La loro automobile dev’essere una Mercedes. Il loro valore più importante è lo stile, distinguersi con eleganza. Il bisogno di autorealizzazione, infine, è l’obiettivo dei TRANSITIONAL, che transita tra tutti i target, il cui valore principale è la difesa del pianeta e della libertà dell’uomo. Anche i BOBOS (bourgeois-bohémien) si trovano qui.
21 ottobre 2009
Testo e testualità
Le tappe del testo L’avantesto
L’intertestualità
L’intratestualità La pretestualità
Il luogo mentale
I mondi possibili
I personaggi immaginari: MACROSEGNI
Il testo è una struttura di segni indipendente, con una propria sintassi. Nella redazione di un testo vi sono varie tappe. L’avantesto è qualcosa che precede il testo; è un sintagma (un appunto, un disegno, un qualcosa che abbia un senso compiuto), un’idea, un’intuizione, che viene buttata giù appena arriva l’idea. C i permette di tenere fisso il punto di partenza, capire da dove siam partiti per raggiungere l’obiettivo finale. L’intertestualità è il rapporto tra testi di tipi diversi. Un esempio di intertestualità è la pubblicità, in cui si uniscono la musica, lo script e un testo iconico. Il pubblicitario deve avere la capacità creativa di mettere tutti e tre insieme. Un esempio di creatività e provocazione lo ha lanciato McDonald’s con una campagna sul Corriere della Sera nel 2002, in cui il panino simbolo della catena di fast-food era a centro pagina, bersaglio di svariate frecceinvettive, e un headline molto forte. “E chi sono io, San Sebastiano?”, riprendendo contemporaneamente la figura del martire cristiano e una famosa pubblicità di torroncini. L’intratestualità è il rapporto, invece, fra testi della stessa razza, da contesti simili. La pretestualità è una convenzione, a cui noi diamo per scontato che abbia un certo tipo di valenze, è un contesto che tutti riconoscono come tale. Esempio: paesaggio arido, fichi d’india, una coppola...tutti riconosciamo in questi elementi la Sicilia. Il luogo mentale è un luogo che esiste e che noi conosciamo bene, ma che non è la “foto” reale di quel che vediamo: è una realtà travisata dalla nostra mente, cultura, esperienze personali, dalla propria tradizione... I mondi possibili sono mondi che non esistono, ma potrebbero essere plausibili e intellegibili per noi; creano una visione della realtà che prima non esisteva. Esempi: Kafka; Alice nel paese delle meraviglie; pubblicità Mercedes con i rincoceronti nel traffico di New York. I personaggi immaginari sono personaggi da noi inventati. Si possono dividere in due tipi: i MACROSEGNI e i SEGNI A SPECCHIO. I macrosegni sono personaggi delle culture, delle tradizioni di tutti i popoli, dalla letteratura, dalla storia...Esempi: Romeo e Giulietta; la parola data del cavaliere; la parola dell’uomo vs la parola della donna. 57
Testo e testualità
I personaggi immaginari: SEGNI A SPECCHIO Figmenta vera e figmenta eterocosmica Il realismo:
attualizzato, ideologico,
culturale,
magico, futuribile
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I segni a specchio sono personaggi creati in modo da riflettere delle caratteristiche proprie dei tempi in cui nascono. Esempi: Madame Bovary, Don Giovanni. Va sempre verificato se il personaggio sia plausibile nel nostro contesto, nel nostro mondo. Se il personaggio è verosimile, è compatibile con la nostra esistenza, avremo i FIGMENTA VERA; nel caso contrario, si hanno i FIGMENTA ETEROCOSMICA (esempio: l’Uomo Ragno). Il realismo è fondamentale all’interno di un testo. Anche se si sta scrivendo un testo di fantasia, un riferimento alla realtà è necessario. Ad esempio, la fantascienza, per essere intellegibile, deve sempre avere un collegamento con il reale. Non potremmo mai concepire e accettare che un astronave sia fatta di marmo, ad esempio. Vi sono vari tipi di realismo. Il realismo attualizzato, il realismo vero, plausibile, così com’è, com’è proprio dei documentari. Il realismo ideologico, una rappresentazione del reale che sostiene un’ideologia, ad esempio l’arte del regime nazionalsocialista che doveva difendere l’orgoglio nazista; o il realismo socialista, che doveva rappresentare il radioso futuro della nazione comunista. Il realismo culturale, che varia al variare del periodo storico ed è influenzato dalla società, dagli avvenimenti...un esempio è il Neorealismo del cinema italiano, in cui si rappresentava la miseria reale dell’Italia nel dopoguerra, con scenari e protagonisti presi dalla strada. Il realismo magico consiste nel raccontare una favola contestualizzata nella realtà. Un esempio è il film “La vita è bella” di Roberto Benigni. Infine, vi è il realismo futuribile, che è diverso dalla fantascienza: è un misto di elementi prevedibili e imprevedibili.
28 ottobre 2009
La creatività, la struttura del testo
La creatività
La creatività è la capacità di risolvere problemi, producendo immaginazione/ pensiero creativo. “Ira”: prima parola conosciuta dall’occidente perché prima parola dell’Iliade greca. Intesa come reazione eroica alla φύσις, alla natura. L’eroismo porta a una nuova visione del mondo. La creatività è TRASGRESSIONE, intesa come capacità di rompere le regole; fare le cose di tutti i giorni in modo nuovo. Per DeSaussurre è l’incontro tra enti diversi, o all’interno di uno stesso ente, dal quale nascono imprevedibili connessioni.
razionalità
La creatività e il cervello umano
I tre principi alla base della logica
Le 4 fasi della creatività: l’analisi, l’incubazione, l’illuminazione, la verifica
S
D
creatività
La scienza dice che le donne hanno la parte destra del cervello più sviluppata. Finchè siamo bambini i due lavorano in simbiosi. Poi il bambino viene portato a utilizzare di più la razionalità, che prevede 3 prinicipi: IDENTITÀ A=A (Da qui nasce la speculazione scientifica); NON CONTRADDIZIONE A≠ B (A non può essere contemporaneamente sè stesso e anche B); TERTIUM NON DATUM (A o è vero o è falso). Come funziona il percorso creativo? Per Alex Osborn (pubblicitario americano, studioso presso la Buffalo University) la creatività si impara. Si parte sempre dall’ANALISI del problema: nessun problema può essere risolto se non viene analizzato. Si passa all’INCUBAZIONE, fase in cui bisogna “riposarsi”, tanto il cervello continua comunque a lavorare. L’ILLUMINAZIONE è il momento in cui bisogna tenere tesi i sensi, per cogliere il segno giusto che il contesto ci può inviare. Infine, vi è la VERIFICA. 59
La creatività, la struttura del testo
L’Emotional Quotient
Originalità, Innovazione, Infrequenza
Creatività e conoscenza Persuadere e convincere
Coesione
Coerenza Dichiaratività Accettabilità Informatività
L’ermeneutica
L’esegesi
L’etica
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Gli studi sulla creatività iniziano a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Ci si rende conto che non basta l’IQ, l’intelligenza, ma è necessario un EQ, l’Emotional Quotient. Risolvere i problemi step by step con il pensiero deduttivo non basta, perché anche il nostro concorrente può arrivarci; è neccessario anche un approccio laterale. La creatività, come l’intelligenza, si possono apprendere. Non è una questione soggettiva: è sottoposta anch’essa a delle regole e può essere individuata univocamente; un’idea è creativa se è: ORIGINALE, che non è mai stata creata prima in assoluto, o nel suo ambito merceologico; INNOVATIVA, porta un’innovazione in generale o nel suo ambito specifico; STATICAMENTE INFREQUENTE, cioè che non balena nella mente di molti. Per la creatività è necessario avere ampi saperi, anche se superficiali: più cose sappiamo, più siamo creativi. Devo sapere se voglio PERSUADERE (ottenere una risposta attraverso un percorso emozionale) o CONVINCERE (percorso razionale). Entrambi sono alla base della comunicazione pubblicitaria, che deve comunque essere supportata di una reason-why. Poi ogni comunicazione ha la propria personalità, può voler persuadere o convincere. Il primo fondamento della struttura di un testo è la COESIONE, garantita dal materiale di cui il testo è costituito, che lo tiene insieme, i marcatori logici che ci fanno capire che il testo è unitario. La COERENZA riguarda la plausibilità psicologica ed estetica del testo. La DICHIARATIVITÀ di un testo consiste nel suo dover dichiarare immediatamente la sua intenzione. L’ACCETTABILITÀ riguarda il messaggio contenuto nel testo, che deve essere comprensibile nell’area antropologica di riferimento. L’INFORMATIVITÀ di un testo consiste nella capacità di creare pensiero generativo. creare dei nuovi collegamenti, ad esempio prendere un sostantivo e collegarlo con un aggettivo che non lo riguarda. Tutto per evitare di cadere in un testo pigro, cioè un testo in cui utilizzo frasi fatte e strutture già acquisite per farmi capire. Più uso il testo ricco di informatività, più spingo il lettore a ragionare. L’ermeneutica è la filosofia del nostro tempo. È arte dell’interpretazione. Nasce nell’antica Grecia, per interpretare il linguaggio degli dei, che era ambiguo. Anche i testi dei poeti erano altrettanto ambigui. La prima ermeneutica è letteraria. L’esegesi è l’interpretazione dei testi religiosi; si tratta quindi di ermeneutica religiosa. La cultura romana aveva la cultura del “limite”, del confine, e anch’esso va interpretato. La realtà è interpretazione: quando scrivo e voglio essere interpretato nel modo giusto uso le “materie dello spirito”, che non sono scienze esatte. L’etica racchiude le regole con cui l’uomo in quanto portatore di linguaggio vive nella comunità, nella πολις . Nasce da un contratto fortissimo che ciascuno di noi ha con la parola.
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