RISPOSTA A UN "BAMBINO" VIOLATO

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LETTERE A UNO PSICOANALISTA

RISPOSTA A UN “BAMBINO” VIOLATO

di Francesco Frigione

Di lei conosco solo le iniziali del nome e la testimonianza, che ha reso con una lettera sofferta, commovente ed, evento inusuale, vergata a mano. Racconta di una violenza carnale a soli dieci anni, quando era, cioè, totalmente impreparato a subire la ferita della sopraffazione infertale nel corpo e nell’anima. Sessualità e violenza si sono a quel punto intrecciate inscindibilmente nella sua “memoria emotiva”, creandole un tormento psichico 1


e allo stesso tempo un’eccitazione. Il controllo di questo miscuglio caotico e travolgente la porta forse oggi a prediligere aspetti feticistici dell’esperienza. Eppure lei sente che questa soluzione non la soddisfa. Dobbiamo tornare dunque al trauma, a quel momento di frattura nella continuità del suo spontaneo sviluppo psichico. Consideri che nello stupro, contrariamente a quanto si crede, non prevale l’eros quanto piuttosto l’impulso a ucciderlo, e questo hanno inteso fare i suoi aguzzini, scaricando in lei bambino terrore e mortificazione: chi brutalizza si sente infatti soggiogato dalla vittima, che incarna temi del suo desiderio profondo. Psicologicamente è dunque la vittima a essere onnipotente nella fantasia di chi la aggredisce. Il persecutore cerca, di conseguenza, di annichilire il “seduttore”. Lei con il suo corpo bambino accese, senza poter comprendere né come né perché, l’impulso dei suoi aggressori ad “assassinare l’anima” pregna di eros, di fiducia e di vita.

Non a caso, gli antichi rappresentavano Eros, figlio di Afrodite, in forma di bambino. Sappia che una parte considerevole della sofferenza che affligge la vittima ha origine dal “senso di colpa” che questa prova per aver subito il danno! Infatti l’abusante o lo stupratore immettono i sentimenti che non sanno gestire, attraverso la violenza, in chi la subisce. Se la vittima non avverte intorno a sé un ambiente affettivo saldo e accogliente, al quale narrare il 2


dramma e con cui affrontarlo, finisce per appropriarsi del trauma come di un evento fondante della sua personalità.

Di questo paradosso si avvide per primo il grande psicoanalista ungherese Sàndor Ferenczi, che, nel 1932, descrisse con straordinaria lucidità la “confusione delle lingue” generata nei minori dagli adulti. In infanzia e in età pre-puberale l’individuo necessita innanzitutto di tenerezza; il “linguaggio adulto della passione” irrompe invece con foga distruttiva nella friabile personalità, costringendola a “identificarsi con l’aggressore”, cioè a custodirne dentro di sé i vissuti colpevoli. Questo spiega il forte legame inconscio che s’instaura tra le vittime e i propri persecutori.

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Se lei conosce il film di Liliana Cavani “Portiere di notte” (1974) capirà immediatamente a cosa alludo. Nella sua lettera, lei lascia intendere di aver vissuto sempre il sesso o come mancanza di qualcosa - l’incapacità di avere rapporti completi con le donne - o come piacere furtivo – i rapporti omosessuali a pagamento.

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Questo mi sembra appartenere alla sostanza del trauma, quasi che vergogna e colpa non possano, o piuttosto non ”debbano” mai abbandonarla. Aggiunge inoltre che ha affrontato varie psicoterapie, senza riceverne particolare giovamento, e si chiede se un trattamento ipnotico possa aiutarla. A quest’ultima domanda non so risponderle. L’importante è piuttosto che durante il percorso terapeutico, qualunque esso sia, lei si senta ben accompagnato e accolto con sensibilità e cautela.

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Mi sembra rilevante, comunque, la natura dell’immagine psichica di cui è portatore: “il bambino brutalizzato dagli adulti”. Non si tratta esclusivamente di un evento reale del suo passato, ma anche di un simbolo del presente, la pena per un futuro ancora adesso violato. Infatti, quel che l’immagine del “bambino” esprime della vita psichica (anche collettiva, badi bene) è la capacità di generare nel tempo qualcosa di nuovo, connettendo le radici della vita dei singoli e dei gruppi a ciò che di essi si proietta nel domani. Un lavoro analitico io, personalmente, senza nulla sapere di lei, dunque lo intraprenderei proprio da qui: non solo dal passato, ma dal rapporto con il futuro. Tutti quanti noi dobbiamo chiederci, di fatti, cosa dell’amore che ci lega alle origini contribuisca al nostro domani o ce lo precluda. Il tema dell’identificazione è centrale in questo movimento dell’anima. Le catene che ci appesantiscono appaiono tanto più indissolubili, infatti, quanto più ci è difficile stabilire rapporti di 6


identificazione consapevole con alcune figure passate, e che abbiamo “introiettato” in noi. Per compiere un salto di coscienza, dobbiamo domandarci, pertanto: “a cosa dell’angustia di cui penso di volermi disfare mi addolora rinunciare”? In quell’angustia è, in verità, nascosta la mia identificazione inconscia.

Tra Coscienza e Inconscio, ci insegna a tal proposito Jung, intercorre un rapporto biunivoco: quando, per varie ragioni, ci è precluso il buon rapporto con figure importanti della nostra vita, allora, puntualmente, esse ci irretiscono dal punto di vista inconscio, poiché noi continuiamo a desiderarle senza poter decidere cose trattenere e cosa rigettare di loro; questo tipo d’identificazione 7


incatena la nostra personalità e ne ostacola il progetto esistenziale profondo. Adottando una figurazione neoplatonica, potremmo dire che è giunto il tempo per il suo “bambino” di sottrarsi alle grinfie esclusive di Phobos (Paura) e Thanatos (Morte), servitori di Ade, per trasformare la vicenda dolorosa del passato in una contemporanea elevazione verso l’alto, la stessa che Zeus impose a Ganimede, rapendolo sull’Olimpo. Se ci fu indubbiamente violenza in quel gesto, essa, però, impresse una maturazione alla coscienza del giovanetto che l’innocenza mai gli avrebbe concesso.

Francesco Frigione è psicologo e psicodrammatista analitico, psicoterapeuta individuale e di gruppo, docente di psicodramma nella scuola di 8


specializzazione per psicoterapeuti PsicoUmanitas; formatore di educatori e studenti, autore di progetti psico-socio-culturali in Italia e all’estero. Nato a Napoli, vive e lavora a Roma. Ăˆ membro del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, fondato da Aldo Carotenuto, e del Direttivo del Giornale Storico di Psicologia e Letteratura. Ha fondato e dirige il webzine e la rivista internazionale Animamediatica.

Contatti E-mail: dott.francescofrigione@gmail.com Facebook: <Francesco Frigione> Sito Internet: www.francescofrigione.com Rivista: www.animamediatica.it

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