LETTERE ALLO PSICOANALISTA
Gentile Professore, ho letto l’articolo che ha pubblicato sul Golfo giovedì scorso e mi ha incuriosito il suo approccio al sogno. Più che chiederle di interpretarne uno mio, mi piacerebbe, se le fosse possibile, che parlasse ancora di questo fenomeno così misterioso. Lettera firmata
SOGNO E PSICODRAMMA
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di Francesco Frigione
Gentile lettore, approfittando del suo spunto, oggi parlerò dell’approccio al sogno nell’antichità e di come esso sia strettamente correlato alla terapia di gruppo psicodrammatica. Visitando Pozzuoli, pochi chilometri a nord di Napoli, possiamo osservare ammirati le rovine del suo Macellum, l’antico mercato romano, nei pressi del porto. Proprio al centro di quest’area squadrata sorgono le colonne di un tholos, una struttura circolare dalla quale, secoli fa, sgorgavano gli zampilli di una fontana, sormontata da una imponente statua del dio Serapide.
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Serapide rappresentava l’invenzione sincretistica di alcuni grandi sacerdoti egizi: era frutto della combinazione degli attributi di divinità egizie, greche, ebraiche, assire, babilonesi e caldee, e vi si giunse in epoca ellenistica sotto la dinastia dei Tolomei. Il culto della divinità penetrò con successo nell’Impero 3
Romano, ma il suo autentico modello fu il grande dio Asclepio, l’Esculapio dei Latini, il cui bastone rivestito da serpenti ancora oggi contrassegna l’arte medica e farmaceutica. Per ben novecento anni, dal VI secolo a. C. al III circa d. C., Asclepio, apparendo in sogno ai pazienti, compì guarigioni sacre presso i suoi templi, che da Epidauro e Pergamo si ramificarono in tutto il Mediterraneo, finché non vennero cancellati o integrati in nuove forme di devozione salvifica dal Cristianesimo. Ne è un esempio meraviglioso l’Isola Tiberina di Roma dove, secondo la leggenda, nel 292 a. C., il dio – nella forma di un enorme serpente - indicò si dovesse erigere il suo santuario per contrastare la pestilenza che in quel periodo affliggeva il Lazio.
Il tempio, in epoca cristiana si trasformò nella chiesa di San Bartolomeo (X Secolo d. C.), che all’interno ospita un’icona della Vergine con Bambino miracolosa, taumaturgica; accanto ad essa si apre l’Ospedale Israelitico; ma, soprattutto, di fronte, vi sorge uno dei primi moderni ospedali della storia, il “Fatebenefratelli”, fondato nel 1583 da due seguaci di San Giovanni di Dio, il mistico iberico che guarì dalla malattia mentale obbedendo alla vocazione divina che gli imponeva di creare luoghi di ricovero e cura per i malati. Una chiamata inequivocabilmente diretta da quello che oggi, con termine psicologico, chiamiamo l’Inconscio. 4
Ecco, dunque, come sotto traccia, simile a un fiume carsico l’antico dio viaggi ancora tra noi. Dobbiamo tenere presente, ovviamente, che attualmente consideriamo i processi psichici e organici da un punto di vista assai differente, sia per gli sviluppi della medicina scientifica, sia per l’invenzione della “interiorità”, una dimensione psicologica tipica della modernità e sconosciuta in tempi remoti, anche se potremmo riconoscere il suo grande antesignano in Agostino da Ippona (Sant’Agostino). Eppure le differenze non debbono ingannarci sui processi che stanno alla base della sofferenza e della sua possibile traduzione in potenziali motivi di trasformazione della nostra esistenza.
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Asclepio, ritenuto figlio di Apollo e protettore dei medici, ebbe il suo più grande apologeta in Publio Elio Aristide (117 – 180 d. C.), un retore della Misia, ammalatosi gravissimamente di un’oscura infermità durante il compimento del viaggio a Roma, che rappresentava allora la meta della sua vita di letterato, potendone consacrare la fama nell’Impero: oggi la 6
definiremmo una forma di sofferenza che nasce da un insanabile conflitto psichico inconscio. Riuscito, sia pure in cagionevoli condizioni di salute, a rientrare nella città turca di Smirne, dove risiedeva, lo scrittore fu visitato in sogno da Asclepio, che gli ordinava di abbandonare il letto e “mettere i piedi a terra”. Da quel momento in poi, l’autore dei famosi Discorsi Sacri - un documento eccezionale sul potere prescrittivo, diagnostico e prognostico delle immaginazioni oniriche e sui rituali di guarigione dell’antichità – grazie alle apparizioni notturne del dio e alla sua intensa devozione, affrontò con fortuna periodiche crisi del suo male e riuscì a sviluppare una vita piena e significativa.
Si pensi che noi dobbiamo alle pratiche svolte negli asclepiei uno dei nomi più ricorrenti dell’arte terapeutica, quello di “clinica”, che deriva dalla “kliné”, il lettino sul quale giacevano i pazienti in attesa di essere visitati, nel sonno, dal dio. L’uso della kliné era parte della pratica dell’incubazione (dal latino incubare, “star sopra”, “covare”), grazie alla quale il paziente, o una persona legata a questi da stretti rapporti, giungeva a ottenere delle soluzioni ai propri squilibri, diremmo oggi “sotto dettatura dell’Inconscio”. E proprio in quei santuari esercitavano l’arte mantica e l’interpretazione dei sogni schiere di indovini e sacerdoti, i quali, guidati dal dio stesso, avevano organizzato una pratica di gruppo che, con il nostro linguaggio attuale, definiremmo “terapia 7
psicodrammatica”. La parola “dramma” ha a che vedere con l’eseguire un’azione, né più né meno come “emozione” deriva dal concetto di movimento. La drammatizzazione, in fondo, non è altro che l’espressione dilatata di emozioni prima trattenute, e alle quali si richiamano idee, fantasie, traumi e desideri.
L’inventore del moderno psicodramma fu un mistico laico di origine ebrea, Jacob Levi Moreno, il quale medico e umanista nella Vienna dei primi del Novecento, ipotizzò una psicologia radicalmente antiborghese e la tradusse nella realtà di una pratica che era insieme di inclusione sociale e di terapia clinica. Lavorò con i bambini, i poveri, gli esclusi, i reietti, i prigionieri. Scoprì che l’ingabbiamento degli esseri umani in ruoli fasulli genera dolore psichico (ma, oltre una certa soglia mentale, questo dolore sprofonda nel corpo e diventa affezione fisica) e creò un “teatro dell’autenticità”, base del suo metodo psicodrammatico. 8
Alle sue teorie si ispirò persino Luigi Pirandello. Oggi, lo psicodramma si è evoluto modulandosi in varie ramificazioni, in base all’innesto della psicoanalisi, della psicologia analitica, della teoria della gestalt, della terapia cognitiva, della psicologia sociale e di molti altri approcci ancora. Viene adoperato addirittura nella didattica per l’insegnamento vivo delle lingue. Lo psicodramma coinvolge in un movimento dionisiaco tutto il gruppo dei partecipanti, immettendolo nel suo “sogno” condiviso, generando una corrente di aiuto reciproco che consente di far emergere i problemi di ciascuno e di trovarvi soluzioni nuove e creative. I ruoli e i vissuti cambiano natura in scena, si evolvono; gli spettatori sono attori e protagonisti allo stesso tempo. Lo psicodramma, affine e contiguo al sogno notturno, è a tutti gli effetti un sogno terapeutico a occhi aperti, dove 9
la forza dell’immaginazione, lasciata emergere insieme al dolore e al desiderio, nutrono la coscienza e alimentano la vita delle persone, di gruppi e delle comunità.
Francesco Frigione è psicologo e psicodrammatista analitico, psicoterapeuta individuale e di gruppo, docente di psicodramma nella scuola di specializzazione per psicoterapeuti PsicoUmanitas; formatore di educatori e studenti, autore di progetti psico-socio-culturali in Italia e all’estero. Nato a Napoli, vive e lavora a Roma. È membro del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, fondato da Aldo Carotenuto, e del Direttivo del Giornale Storico di Psicologia e Letteratura. Ha fondato e dirige il webzine e la rivista internazionale Animamediatica.
Contatti E-mail: dott.francescofrigione@gmail.com Facebook: <Francesco Frigione> Sito Internet: www.francescofrigione.com Rivista: www.animamediatica.it
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