CREATIVITÀ E DISTRUZIONE

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LETTERE ALLO PSICOANALISTA

Gentile Professore, sono un’insegnante di Storia dell’Arte e cerco di stimolare il più possibile i miei alunni. Vi è un segreto non svelato nell’attività artistica, un segreto che si rinnova volta per volta per ogni creatore, soprattutto quando questi è un innovatore, un genio che si avventura nell’ignoto ed esegue un salto mai eseguito prima. Le domando - così che io possa leggere questa sua risposta in classe, ai miei studenti – cosa la psicologia ha da dire in merito. Lettera firmata

CREATIVITÀ E DISTRUZIONE

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di Francesco Frigione

Gentile Lettrice, la Psicologia è una disciplina vastissima, che annovera approcci diversi: dallo studio dei processi percettivi al funzionamento della mente inconscia; dall’analisi delle condotte alle fantasie, alle rêverie, alle immaginazioni libere.

Ognuna di queste ottiche e metodiche si confronta con l’arte e gli artisti, poiché in essa e in loro trova spunti illuminanti per la comprensione dell’essere umano (come diceva Freud, «Chiedetelo ai poeti!»): dunque, i riferimenti sono 2


sconfinati e non avrebbe senso riportare qui anche soltanto i principali. Le descriverò, piuttosto, quel che la mia esperienza professionale mi ha mostrato del processo creativo, sia che produca esiti nell’arte, sia che lo faccia nel pensiero, nella prassi sociale, politica, etica, religiosa, spirituale, così come nella tecnica e nella sfera affettiva e relazionale. Molte volte, d’altronde, i confini tra queste dimensioni sfumano e i prodotti di tale creatività innervano piani diversi.

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Di certo, la creatività artistica necessita di una capacità tecnica tale da indirizzare la pura spinta espressiva verso una direzione estetica precisa. A questo proposito, una testimonianza eccezionale ce la regala il documentario di Henri-Georges Clouzot (1907 - 1977), Il mistero Picasso (1955).

Adottando uno speciale ricorso - l’uso di un telo trasparente e di pitture visibili e riprendibili al rovescio - il regista francese filma gli sviluppi del febbrile lavoro di Pablo Picasso (1881 - 1973), mentre l’artista malagueño produce esplosioni vegetali, animali, umane, architettoniche, sulle quali, appena terminate, si avventa immediatamente per cancellarle e tracciare nuove forme, come una fenice che si nutre delle proprie ceneri. In questo flusso di enorme potenza, incessante e privo di ripensamenti, ci rendiamo conto che la creazione precedente alimenta per similitudine e contrasto la successiva, attraverso la

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propria scomparsa. Il vuoto della tela obbliga il pittore a decidersi per un nuovo segno, figlio, fratello o progenitore delle figure appena distrutte.

Nel vulcanico stile di Picasso incontriamo una sintesi dell’inscindibile equilibrio tra generazione e distruzione, due pulsioni complementari che compongono il processo creativo. Anche nel lavoro terapeutico, i pazienti sono alle prese con il problema di fare a pezzi delle strutture mentali che, nel corso della propria storia, essi stessi hanno partorito, tanto da avvertirle come parti imprescindibili di sé. Si può dire che quando una persona accede all’analisi – un procedimento che tende alla trasformazione psichica - chiede all’analista un aiuto per cambiare

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ma, nello stesso tempo, paventa che questo avvenga e fa di tutto per impedirlo.

Da qui l’origine di quei comportamenti difensivi messi in atto in terapia impedimenti posti al lavoro comune - che l’analista deve imparare a conoscere e a rispettare nel paziente, e che Freud chiamò “resistenze”.

Erich Fromm (1900 - 1980), il grande psicologo, sociologo e filosofo della Scuola di Francoforte, sosteneva che la maggiore paura dell’uomo è quella di essere libero, poiché la libertà comporta decisioni in situazioni d’incertezza, quando scegliere può significare provocare conseguenze positive 6


ma anche pesanti o esiziali. Senza questa assunzione di responsabilità, però, non esiste il soggetto e la vita diventa estremamente piatta e sterile. L’individuo preferisce, allora, rifarsi al sentire collettivo, al pensiero rimasticato di altri, seguire indirizzi di cui ignora sia la causa che il senso. Ciò può risultare rassicurante, a tutta prima, ma questa fuga fa sì che l’angoscia e l’inquietudine si appostino ad ogni angolo, motivate dall’oscura intuizione di starsi allontanando sempre più dalla propria radice interiore, dalla “ghianda” della personalità, come la chiama James Hillman (1926 - 2011).

Al contrario, la creatività psichica si accompagna sempre al coraggio di procedere oltre le Colonne d’Ercole della tradizione e del mainstream, dando voce a una visione e a uno stile esistenziale del tutto originali, personali, autentici. Dobbiamo rammentare sempre l’esortazione che l’Ulisse di Dante rivolge ai suoi marinai: «Fatti non foste a viver come bruti ma per seguire virtute e canoscenza».

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Francesco Frigione è psicologo e psicodrammatista analitico, psicoterapeuta individuale e di gruppo, docente di psicodramma nella scuola di specializzazione per psicoterapeuti PsicoUmanitas; formatore di educatori e studenti, autore di progetti psico-socio-culturali in Italia e all’estero. Nato a Napoli, vive e lavora a Roma. Ăˆ membro del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, fondato da Aldo Carotenuto, e del Direttivo del Giornale Storico di Psicologia e Letteratura. Ha fondato e dirige il webzine e la rivista internazionale Animamediatica.

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Contatti E-mail: dott.francescofrigione@gmail.com Facebook: <Francesco Frigione> Sito Internet: www.francescofrigione.com Rivista: www.animamediatica.it

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