IL NUOVO CORSO DELLE DONNE

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LETTERE ALLO PSICOANALISTA

Gentile Professore, ho venticinque anni e mi sono brillantemente laureata in medicina. Lotto, con le unghie e con i denti, per conquistarmi uno spazio adeguato nel mondo professionale. Questo mondo è ancora più difficile da affrontare per una donna, perché funziona in base al modello maschile che lo ha concepito.

Ciò nonostante non mi lamento: se penso a quanto era pesante la condizione femminile fino ad ancora una o due generazioni fa. Dopotutto, io sono stata messa in condizione di studiare, di scegliermi i miei amici e i miei affetti, senza

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troppe ingerenze e senza che il giudizio della gente mi condizionasse eccessivamente. Riflettendo, però, su quanta strada c’è ancora da percorrere per arrivare alla completa parità tra uomo e donna sul piano dei diritti e considerando su quanta violenza si abbatta ogni giorno sulle donne, mi chiedo – e le chiedo - se non ci sia il rischio di un’involuzione della società, di un arretramento reazionario e maschilista nella visione del ruolo della donna. Lettera firmata

IL NUOVO CORSO DELLE DONNE

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di Francesco Frigione

Gentile Lettrice, malgrado le molteplici manifestazioni di violenza nei confronti delle donne, di cui abbiamo testimonianza quotidiana attraverso la cronaca, e le indubbie resistenze del mondo del lavoro a una completa parità dei diritti tra maschi e femmine, a me pare che il cammino del riscatto e dell’emancipazione femminile sia un processo inarrestabile, persino nelle realtà piÚ oscurantiste del pianeta.

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La coscienza della necessità del riconoscimento dei diritti della donna come conquista che appartiene all’intera società rappresenta oramai un punto di non ritorno dell’evoluzione etica e spirituale dell’umanità. Ciò detto, è evidente che -come lei afferma – molta strada ci sia ancora da percorrere in tal senso e che si debbano rimuovere dal cammino ancora numerosi ostacoli.

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In verità, il problema che si profila all’orizzonte è forse di natura completamente diversa: una nuova forma di servitù, ma non più nei confronti dell’uomo, come in passato, bensì nei riguardi del potere impersonale del Capitale, capace di insinuare i suoi comandamenti nella psiche collettiva degli individui della società globalizzata.

Su questo tema il filosofo Alain Badiou (1937) ha scritto un capitolo illuminante del suo ultimo libro, dal titolo socraticamente provocatorio: “La vera vita. Appello alla corruzione dei giovani” (Ponte alle Grazie, Milano, 2016). 5


Il capitolo si chiama “A proposito del divenire contemporaneo delle ragazze”, dove l’Autore sintetizza la condizione delle giovani del passato e sottolinea alcuni aspetti inquietanti della situazione attuale.

«Nel mondo antico, il mondo della tradizione,» - afferma Badiou - «la questione delle ragazze era semplice: si trattava di sapere se e come una figlia si sarebbe sposata. Come sarebbe passata dallo stato di vergine seducente a quello di madre prostrata. Fra i due, del resto, fra la figlia e la madre, si trovava il personaggio negativo e maledetto della ragazza madre, che non era più figlia, essendo madre, e non era veramente madre, perché non sposata, e dunque era ancora figlia.» [Ibid. - p. 75].

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L’intellettuale francese osserva che il campo di pertinenza tradizionale della donna era la famiglia, alla quale la fanciulla accedeva attraverso la mediazione esterna del marito. Nel caso dell’uomo, invece, il passaggio alla maturità comprendeva l’assunzione del controllo dell’ordine simbolico (la “Legge”), con cui prendeva il posto del proprio padre.

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Nella «trinità reazionaria “Lavoro, Famiglia, Patria”», analizza Badiou, la donna restava stretta tra due ambiti maschili: il Lavoro e la Patria, poiché doveva sia “donare” il suo corpo al marito lavoratore che piangere la perdita del figlio soldato, sacrificato sull’altare della guerra.

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Oggi, la situazione, come sappiamo, appare completamente diversa: la giovane può decidere cosa fare della propria vita e, persino nel lessico sociale, sono scomparse le categorie amare e problematiche della “ragazza madre” e della “zitella”.

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Eppure – sostiene Badiou -, nel sistema ipercapitalistico contemporaneo, se i maschi, oramai privi di ogni rito di iniziazione alla vita adulta (l’ultimo dei quali è stato la leva militare obbligatoria), sprofondano in una forsennata coazione al consumo delle merci e sono psicologicamente caratterizzati da un perpetuo infantilismo, quella che Badiou definisce la « “vita senza Idea” » [Ibid. – p. 81], anche le donne perdono qualcosa di fondamentale: «Per le figlie, l’assenza di separazione esteriore (uomo e matrimonio) fra figlia e 10


donna, fra ragazza e moglie-madre, comporta la costruzione immanente di una femminilità che chiameremo prematura. […]

Viene da qui che le ragazze siano capaci di fare, con talento impeccabile, tutto quello che viene loro richiesto in quanto bambine o in quanto adolescenti, visto che oramai hanno già autonomamente oltrepassato tutto questo. Se i figli sono immaturi per sempre, le figlie, dal canto loro, sono mature da sempre.» [Ibid. – pp. 81 - 83].

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Infine, Badiou segnala l’aspetto più critico di questo processo sociale, al servizio dell’individualismo consumistico e concorrenziale: ai maschi viene assegnato il ruolo di deboli, eterni adolescenti, la cui giocosità, sebbene dilettevole, li rende angosciosamente impotenti sul piano simbolico, e può esitare persino in una deriva perversa e delinquenziale; alle femmine, invece, viene offerto il ruolo duro, maturo, serio, legale e punitivo, tipico del femminismo borghese. Questo femminismo pragmatico non aspira in nessun caso a un mondo migliore, ma soltanto alla conquista del potere. Un’ottica di questa sorta prevede che il mondo femminile si trasformi marxianamente in “un esercito di riserva del capitalismo trionfante”.

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C’è di che riflettere, dunque, dato che ogni generazione ha i suoi nodi da sciogliere e deve apprendere a relazionarsi alla propria specifica “Ombra” (Jung), la quale cambia in rapporto alla “luce” proiettata dalla Coscienza.

Francesco Frigione è psicologo e psicodrammatista analitico, psicoterapeuta individuale e di gruppo, docente di psicodramma nella scuola di specializzazione per psicoterapeuti PsicoUmanitas; formatore di educatori e studenti, autore di progetti psico-socio-culturali in Italia e all’estero. Nato a Napoli, vive e lavora a Roma. È membro del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, fondato da Aldo Carotenuto, e del Direttivo del 13


Giornale Storico di Psicologia e Letteratura. Ha fondato e dirige il webzine e la rivista internazionale Animamediatica.

Contatti E-mail: dott.francescofrigione@gmail.it Facebook: <Francesco Frigione> Sito Internet: www.francescofrigione.com Rivista: www.animamediatica.it

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