INNOCENZA, ANGOSCIA E CONOSCENZA

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LETTERE ALLO PSICOANALISTA

Gentile Professore,

ho trent’anni e da due ho intrapreso un percorso analitico. Fino a poco tempo fa non mi sentivo così inquieta: mi rendo conto che più vado approfondendo le questioni che riguardano i miei rapporti con i familiari, con gli uomini, con gli amici e i con colleghi, e più aumenta la complessità del mio mondo.

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Le figure che in passato mi sembravano semplici da decifrare e anche immobili nei loro ruoli ben fissati hanno acquisito ai miei occhi un che di ambiguo e di sfuggente, uno spessore che le rende più interessanti da un lato, ma anche più inquietanti e imprevedibili. Mi sembra di aver perso molte certezze e non so ancora in che mare mi trovo a navigare.

Provo nostalgia, però, per la mia ingenuità di una volta, anche se oramai so che la scambiavo erroneamente per innocenza e purezza: una purezza che, adesso mi rendo conto, io proiettavo sugli altri (“omnia munda mundis”, diceva San Paolo) e che probabilmente nel mondo non esiste. Ciò nonostante mi manca molto quello stato e non nego che spesso la rimpiangerlo. Secondo lei potrei recuperare in futuro quella sensazione perduta? Lettera firmata

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INNOCENZA, ANGOSCIA E CONOSCENZA

di Francesco Frigione

Gentile Lettrice, la conoscenza della complessità è necessaria a vivere, poiché l’alternativa a essa non è più l’innocenza – una volta che è stata abbandonata –, bensì l’ignoranza.

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Dunque, il cammino per cui lei si è avviata prevede anche le esperienze del dolore e dell’inquietudine, oltre alla chance di scoprire livelli di libertà e occasioni di gioia che una percezione miope e piatta della realtà le avrebbero precluso senza meno.

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D’altronde, l’età dell’innocenza – come insegna Søren Kierkegaard (1813 - 1855) – è di fatto quella in cui più ottusamente si subisce la sensazione di un pericolo senza nome pronto a sovrastarci e a irrompere da oltre il recinto in cui ci muoviamo con familiarità e dimestichezza. Il sentimento che si appaia a questa sensazione latente è l’angoscia, ovvero una paura indefinita, potente e panica.

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Il dolore che deriva dalla lenta conoscenza delle cose - una conoscenza mai definitiva, mai completa, eppure sempre più raffinata nel tempo e variabile secondo l’angolatura che gli mano a mano gli imprime la nostra spiccata soggettività -, può essere lancinante, ma suona comunque diverso all’Anima che ha intrapreso il viaggio verso il mondo delle immagini più fonde. Una forza speciale deriva, infatti, a chi si rende protagonista del proprio destino e che gli va incontro, piuttosto di subirlo passivamente, come una mera vittima di forze oscure e ultrapotenti, delle quali nulla può e vuole sapere.

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Vi sono antichi miti che straordinariamente ci parlano di questa eterna dialettica tra innocenza e conoscenza: ad esempio quello della Kore (la “fanciulla”), la cui vicenda costituiva il cuore dei Misteri eleusini. Kore viene rapita da Ade, divinità che regna sui morti, con la connivenza del proprio padre Zeus e all’insaputa della madre Demetra, dea della messi.

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In tal modo, l’ingenua fanciulla entra traumaticamente in relazione con il lato oscuro e invisibile del Padre (Zeus e Ade sono fratelli e rappresentano due aspetti opposti - celeste l’uno, infero l’altro - della medesima entità). Mangiando del frutto del melograno, offertole dal violentatore che è divenuto suo sposo, la fanciulla si lega indissolubilmente al mondo dell’invisibile, sebbene gli sforzi della madre disperata per la perdita della figlia di ricondurla a sé ottengono infine che la giovane possa risalire in superficie per sei mesi all’anno.

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La natura candida della fanciulla ha, pertanto, subito una violenza che l’ha costretta a porsi come donna consapevole; la sua ferita non si rimarginerà se non con l’amore e con l’acquisizione – in quanto Regina e Sposa divina, il cui nome è adesso Persefone -dei segreti più reconditi della vita e del mondo infero, espressione del mondo inconscio. Questa duplice condizione le consente di vedere sia nella “luce” che nella “oscurità”, di accede, cioè, al mondo della complessità psicologica.

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Un altro mito – non prettamente femminile -, ma schiettamente umano, è quello narrato nell’Antico Testamento: il peccato originale e la conseguente cacciata dal Paradiso terrestre. Potremmo dire che qui è Dio a costringere alla conoscenza l’uomo, indicando ad Adamo come e dove dovrà peccare («Dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti» Bibbia XI, Genesi 2, 16-17), laddove egli era ignaro di tutto e scevro da tale intenzione.

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Il Demonio (che, psicologicamente parlando, non possiamo che considerare come l’aspetto scisso e in Ombra di Dio medesimo), esortando Eva ad addentare la mela e a condividerla con Adamo, spinge l’umanità a divenire cosciente della sua autentica condizione esistenziale. Questa esisteva, d’altronde, già di per sé, né più né meno come esiste la morte per gli animali e le piante, anche se manca loro una riflessione sul tema.

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L’essere umano acquisisce contezza della sua mortalità, perciò. E il rapporto intessuto con il terribile mistero della morte veicola tutte le altre conoscenze: ecco che, nella Bibbia, l’Uomo prova vergogna per la propria nudità, della quale prima non aveva alcuna contezza. Di fatto, comprende di essere inerme e vulnerabile; ed è da questa drammatica presa di coscienza che muove la sua libertà e la specificità della propria condizione esistenziale.

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Francesco Frigione è psicologo e psicodrammatista analitico, psicoterapeuta individuale e di gruppo, docente di psicodramma nella scuola di specializzazione per psicoterapeuti PsicoUmanitas; formatore di educatori e studenti, autore di progetti psico-socio-culturali in Italia e all’estero. Nato a Napoli, vive e lavora a Roma. Ăˆ membro del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, fondato da Aldo Carotenuto, e del Direttivo del Giornale Storico di Psicologia e Letteratura. Ha fondato e dirige il webzine e la rivista internazionale Animamediatica.

Contatti E-mail: dott.francescofrigione@gmail.it Facebook: <Francesco Frigione> Sito Internet: www.francescofrigione.com Rivista: www.animamediatica.it

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