LETTERE ALLO PSICOANALISTA
Gentile Professore, frequento l’ultimo anno di un istituto tecnico. Sono rimasta scioccata dalla violenza con cui il “branco” ha ucciso di recente un ragazzo inerme ad Alatri, ma anche dalle continue violenze sulle donne, i cosiddetti “femminicidi”, e degli attacchi ai deboli in generale.
Penso ai bambini uccisi l’altro ieri con il gas nervino in Siria e a tutte le altre mostruosità della guerre e della fame.
Mi domando, com’è possibile che accada tutto ciò in un mondo civile? Lettera firmata
L’INESAURIBILE PERPETRARSI DELLA VIOLENZA
di Francesco Frigione
Gentile lettrice, era il 1932 quando Albert Einstein (1879 – 1955) e Sigmund Freud (1856 – 1939) scambiarono una pubblica corrispondenza sulla realtà della violenza e della guerra (Perché la guerra?).
Sentivano che i fatidici rivolgimenti politici degli ultimi anni - con l’avvento dei fascismi e dello stalinismo - la sostanziale immoralità e superbia degli stati, l’impotenza della Società delle Nazioni (la precorritrice dell’ONU), chiamata ad arbitrare le loro dispute, e il piegarsi del diritto alle ragioni del più forte,
stavano per condannare nuovamente il mondo alla carneficina della guerra. Evento che si sarebbe puntualmente verificato sette anni dopo.
Entrambi, pur partendo da presupposti teorici e ideali diversi, provavano scetticismo riguardo alle possibilità d’impedire il rinnovarsi di un tale disastro: ciò nonostante non rinunciavo a riflettere sulle cause di questa tendenza alla violenza, praticata sia dai singoli che dei popoli. Il paradosso, notavano, era che i molti si lasciassero trascinare dall’interesse di pochi: gruppi economici, finanziari, capi politici, e a proprio totale discapito dessero sfogo (per paura ma anche per il gusto di cedere all’istinto distruttivo presente in ciascuno – così riteneva Freud) alla ferocia e alla crudeltà più bieche.
L’appello del padre della psicoanalisi, il cui orizzonte ideale restava il liberalismo borghese, era infine quello di ritrovare la guida della ragione da una parte e il piacere di far evolvere la civiltà dall’altro, un piacere che egli stesso definiva come molto problematico, in quanto sempre fondato sulla repressione della vita pulsionale.
Nel 1973, invece, un grande psicoanalista e sociologo della Scuola di Francoforte (anch’egli ebreo, come Freud e Einstein e anch’egli, come quest’ultimo, costretto ad emigrare negli Stati Uniti dalle persecuzioni naziste), Erich Fromm (1900 - 1980) pubblicò un testo di grandissimo interesse in merito: Anatomia della distruttività umana.
In quel voluminoso studio Fromm sosteneva che la distruttività non è affatto scontata e che essa va ben distinta dall’aggressività, poiché quest’ultima può sì avere scopi letali, ma anche scopi benefici e creativi, quando, incanalata e ritualizzata in espressioni rispettose degli istinti e dei desideri autentici degli individui, si tramuta quella che oggi definiremmo “assertività”.
Per Fromm le condizioni collettive – sociali, politiche e culturali – incidono sensibilmente sui comportamenti non solo dei popoli, ma anche dei singoli individui: a maggiore vincolo gerarchico e impotenza nel manifestare l’assertività individuale corrisponde un parallelo incremento della distruttività; essa viene quasi sempre manipolata nei confronti di “nemici” esterni o interni, onde evitare l’implosione del sistema vigente.
Sulle orme di Fromm, potremmo pensare che il vissuto profondo d’impotenza e il senso di nullità e vanità della vita sia la vera condizione che dà la stura alla violenza distruttiva, sicché soltanto una cultura della possibilità e dell’opportunità - psicologica, sociale e politica - rappresenti l’antidoto al più fosco cedere all’aspetto devastante e mostruoso latente nell’essere umano.
Francesco Frigione è psicologo e psicodrammatista analitico, psicoterapeuta individuale e di gruppo, docente di psicodramma nella scuola di specializzazione per psicoterapeuti PsicoUmanitas; formatore di educatori e studenti, autore di progetti psico-socio-culturali in Italia e all’estero. Nato a Napoli, vive e lavora a Roma. Ăˆ membro del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, fondato da Aldo Carotenuto, e del Direttivo del Giornale Storico di Psicologia e Letteratura. Ha fondato e dirige il webzine e la rivista internazionale Animamediatica.
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