L'URLO DI DAESH TERRORIZZA L'OCCIDENTE

Page 1

LETTERE ALLO PSICOANALISTA

Gentile Professore, il nostro mondo si sta infiammando ogni giorno di più. È stato per primo il Papa a parlare autorevolmente di una “Terza Guerra Mondiale” che si sviluppa sotto forma di molteplici conflitti regionali. Noi ne siamo sempre più assediati e l’intervento militare occidentale che si profila in Libia non farà che accrescere – speriamo momentaneamente e risolutivamente – il caos nel Mediterraneo. Ci attendono centinaia di migliaia di nuovi profughi con gli stati dell’Est e del Nord Europa rinchiusi sempre più a riccio nei loro terrori e pronti a sollevare barriere materiali e politiche.

1


Questo, in breve, è il quadro generale, mi sembra. Ma poi esistono le grandi questioni rispetto alle quali il mio disorientamento di cittadino diventa massimo: come combattere il terrorismo islamico senza cadere nell’islamofobia, o nella xenofobia più becera e infame? È giusto parlare – come si fa spesso – di “scontro di civiltà” in atto? Quante colpe abbiamo noi occidentali e quante ne hanno i paesi orientali, mediorientali e nord-africani in questa tragedia senza fine? Le chiedo, ovviamente, di rispondere a ciò soprattutto da un punto di vista psicologico, nel senso della riflessione su una questione che ci tormenta tutti interiormente, che impegna e mette in dubbio i capisaldi della nostra civiltà, oltre che dilagare nella realtà politica e sociale. Lettera firmata

2


L'URLO DI DAESH TERRORIZZA L'OCCIDENTE

di Francesco Frigione

Sebbene la sua lettera sia così densa e appassionata, cara lettrice, non mi lascerò tentare dall’evadere tutti i quesiti che, lucidamente e legittimamente, pone. Sarebbero troppo superficiali e volatili le mie possibili risposte.

3


Mi concentrerò, piuttosto, sul problema della lotta al terrorismo islamico, dell’islamofobia e della xenofobia. Avevo già in qualche modo trattato o sfiorato questi temi in un precedente articolo “IL TERRORE MENTE”, ma vi tornerò adesso da una nuova prospettiva.

4


Trovo assai interessante, in merito alla questione, la posizione di uno degli intellettuali più lucidi e stimolanti della contemporaneità, Slavoj Žižek. Il filosofo e psicanalista sloveno è più volte tornato sul tema del rapporto tra Occidente e quello che egli reputa “a torto” venga definito “fondamentalismo islamico” (cfr., ad esempio, i suoi due libri pubblicati, nel 2015, dall’editore Ponte alle Grazie di Milano: “L'Islam e la modernità. Riflessioni blasfeme”; e “Problemi in Paradiso. Il comunismo dopo la fine della storia”). In questo errore lessicale, secondo Žižek, si annida anche un pensiero erroneo e foriero di conseguenze esiziali. Il fondamentalismo religioso, sostiene, presuppone sempre un “sentimento di superiorità” in chi lo pratica, nei confronti di coloro che – nell’ottica del fondamentalista - non riescono a coglierne l’ineguagliabile verità.

5


Al contrario, le milizie del terrore islamico appaiono chiaramente accecate da una devastante “invidia distruttiva” (vedi gli straordinari studi psicoanalitici di Melanie Klein), guardandosi esse con gli occhi occidentali e ricavandone, di conseguenza, un disperante “sentimento di inadeguatezza e inferiorità”. A tale sentire la violenza resta l’unica risposta possibile.

6


Slavoj sintetizza ottimamente il proprio pensiero anche in un recente articolo, comparso sullo storico settimanale britannico New Statesman (trad. in Italiano I Fondamentalisti e gli Ultimi Uomini, http://www.leparoleelecose.it/). Qui rivendica innanzitutto il valore di una riflessione sul problema che si ponga antiteticamente alle due tendenze opposte e complementari, prevalenti nel dibattito occidentale: da una parte, il cieco procedere obbedendo a un impulso reattivo-distruttivo in risposta agli attacchi del terrorismo di matrice islamica; dall’altra, la tendenza alla remissività, tipica di un certo pavido liberalismo di sinistra timoroso di cadere nell’islamofobia. Ed è soprattutto a questo secondo filone che il pensatore rivolge il suo j’accuse, da una posizione, però, di sinistra.

7


Il filosofo di Lubiana conferma la spietata previsione che già Nietzsche aveva formulato riguardo all’uomo occidentale moderno nell’Ottocento: «Molto tempo fa, Friedrich Nietzsche comprese che la cultura occidentale stava andando verso l’Ultimo Uomo, una creatura apatica senza grandi passioni o impegni. Incapace di sognare e stanco della vita, l’Ultimo Uomo non prende rischi; cerca solo comfort e sicurezza, tolleranza verso gli altri: “Un piccolo veleno di tanto in tanto: è quello che ci vuole per fare sogni piacevoli. E più veleno alla fine, per una morte piacevole. Hanno i loro piccoli piaceri diurni e i loro piccoli piaceri notturni, ma hanno riguardo per la propria salute. ‘Abbiamo scoperto la felicità’ – dicono gli Ultimi Uomini, e strizzano l’occhio”.». Questo cedere è figlio di un sostanziale terrore della vita (il rifiuto de “il Dionisiaco” di Nietzsche) e una rinuncia al conflitto.

8


Ed il fondamentale conflitto dell’essere umano – a livello inconscio – avviene con quella modalità di funzionamento psichica che Sigmund Freud definì Super-Io. Il Super-Io esige insaziabilmente dall’Io (e da tutto il “Sé”, diremmo oggi) un ritiro e una resa che, tendenzialmente, conducono individui e collettività ad abdicare ai propri diritti esistenziali, al rifiuto del piacere più autentico e profondo, e alla mortificazione dell’Anima. La conseguenza del predominio del Super-Io - che lavora sulle astrazioni morali e non sulla realtà effettiva degli esseri - è lo scadere nella crudeltà, nella sopraffazione, nella ferocia, nella barbarie. Quando cerchiamo scuse per non batterci contro il Super-Io e chiunque lo vada incarnando in quel momento, poiché ce ne spaventa la forza, di fatto noi gli andiamo cedendo ancor più terreno. E maggiore è lo spazio che gli concediamo e più si accrescono le pretese superegotiche.

9


Senza andare a vicende troppo remote, rammentiamo le devastazioni che inflisse Hitler all’Europa, mentre chi doveva contrastarlo nicchiava e dilazionava, cercando inutili compromessi, che resero il nazismo soltanto più vorace e convinto della sua fatale inarrestabilità. Tornando all’analisi di Žižek, la risposta che egli indica non consiste nel predicare una semplice guerra senza quartiere, un “muro contro muro” simmetrico e nella sostanza eticamente e politicamente uguale. Questo non è solo brutale e degradante ma anche assolutamente sbagliato e autolesionistico. La sua risposta consiste nel cercare di scoprire perché sono falliti gli esperimenti “laici” nei paesi islamici (Per loro intrinseca debolezza? Perché artatamente affossati dalle maggiori potenze? Per ambedue i motivi? ecc.), dando libero corso a una deriva assolutistica, autoritaria e “psicotica”.

10


Questo, con un linguaggio junghiano, è proprio il procedere in direzione dell’Ombra, ovvero degli aspetti non sviluppati della psiche (e, mutatis mutandis, di un qualunque sistema, anche molto ampio – politico, economico, culturale, spirituale). I motivi in Ombra sono quelli rimasti inauditi e invisibili, ma presenti e attivi nella loro forma “inferiore”. Da questa posizione di trascuratezza, lontani dalla Coscienza e, dunque, dalla capacità critica e autoriflessiva, essi muovono gli animi, li rendono ottusi e mortalmente ripetitivi nei propri errori. Le energie che corrono in direzione di questo funzionamento sono distolte da conquiste più alte e creative. La visione dominata dall’Ombra diventa letterale e concreta, i propri fantasmi interiori si trasformano in nemici esteriori da abbattere senza pietà.

11


Ma ogni delitto produce fantasmi più persecutori, come ci insegna Shakespeare nel Macbeth: «Le paure causate da eventi reali sono meno terrificanti di quelle causate dalla nostra immaginazione ed attinenti a fatti immaginari. I miei pensieri su un assassinio solo fantasticato scuotono la mia condizione umana; funzione e immaginazione si mescolano, e nulla esiste più, se non ciò che non esiste». Dunque è sulla nostra Ombra, nel nostro stato disconosciuto e negletto, prima di tutto che dobbiamo indagare, mentre combattiamo per preservare l’umanità in noi e negli altri.

Francesco Frigione è psicologo e psicodrammatista analitico, psicoterapeuta individuale e di gruppo, docente di psicodramma nella scuola di 12


specializzazione per psicoterapeuti PsicoUmanitas; formatore di educatori e studenti, autore di progetti psico-socio-culturali in Italia e all’estero. Nato a Napoli, vive e lavora a Roma. Ăˆ membro del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, fondato da Aldo Carotenuto, e del Direttivo del Giornale Storico di Psicologia e Letteratura. Ha fondato e dirige il webzine e la rivista internazionale Animamediatica.

Contatti E-mail: dott.francescofrigione@gmail.com Facebook: <Francesco Frigione> Sito Internet: www.francescofrigione.com Rivista: www.animamediatica.it

13


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.