TENEMOS PAPAM
di Francesco Frigione
Il mio studio dista poche centinaia di metri dalla Cappella Sistina. Le campane di San Pietro hanno suonato a distesa, questa sera, attraversando anche i vetri opposti al freddo e all’umidità di una Roma che attende speranzosa la primavera.
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La fumata bianca è arrivata dopo soltanto cinque scrutini e ha sfatato ogni pronostico. Quando il cardinale “protodiacono” Jean-Louis Tauran ha proclamato in Latino il nome di Jorge Mario Bergoglio, Papa “Francesco”, la piazza sino ad allora gremita di una folla festante ha taciuto smarrita.
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L'ha inizialmente fatta traballare la vittoria di un apparente outsider (nel conclave del 2005 era stato, però, l’unico vero contendente di Ratzinger al soglio petrino); l’Italia era sì presente in quelle ottocentesche ascendenze piemontesi emigrate in Argentina, ma come un seme strappato via dal vento alla terra in cui doveva attecchire, per vederlo crescere lontano, oltre l’Oceano. Non si trattava quindi né di un europeo né di un nordamericano!
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Bergoglio era l’arcivescovo di Buenos Aires, di una nazione, come lui stesso ha ironizzato, ai confini del mondo, eccentrica rispetto alle rotte delle nostre abitudini mentali, sebbene l’Argentina sia il paese più filoeuropeo del Continente (e, per origini, il più italiano).
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Si può ragionevolmente asserire, dunque, che il gesto estremo delle dimissioni di Benedetto XVI abbia sortito i suoi frutti dirompenti. I vertici della Chiesa Romana si sono piegati al cambiamento, forse lo hanno assecondato, o lo hanno addirittura cercato come una liberazione. E lo hanno fatto, d’altronde, mantenendo l’immagine di una continuità che per la Chiesa è ragione identitaria, dato che il suo procedere senza apparenti interruzioni coincide con l’idea di una Storia in eterna evoluzione di cui il Cristo rappresenta la misura, l’inizio e la conclusione.
Il mondo rutila velocemente e il legame con la tradizione, per quanto sia il cuore di qualsiasi religione, se forclude i temi sociali e culturali vivi, disgrega qualsiasi realtà, confessionale o laica che sia.
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I porporati, hanno di sicuro avvertito la pressione dei media e dell’opinione pubblica, ma anche l’incombente minaccia di una disintegrazione interna, come il doversi misurare con la poderosa despiritualizzazione del mondo contemporaneo (rispecchiato totalmente dalle lotte intestine delle fazioni curiali, che hanno minato ogni pretesa di autorevolezza del Vaticano), e si sono accordati per mutare indirizzo.
La scelta appare innovativa per più motivi: Papa Bergoglio è un gesuita (dato il potere dell’Ordine all’interno della Chiesa, da sempre era stata negata la massima investitura a un suo appartenente) e un extraeuropeo. Eppure non ci può sfuggire che il nuovo Vescovo di Roma, pur esibendo una buona tempra, è anziano (ha 76 anni) ed ha un polmone in meno. Dunque, un calcolo sul suo 6
potenzialmente non lungo pontificato qualcuno dei cardinali elettori cinicamente deve esserselo fatto.
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Papa Francesco I (è significativo il richiamo al “poverello di Assisi” rifondatore dal basso di una chiesa corrotta e disgregata - e a San Francesco Saverio - l’evangelizzatore delle Indie, primo seguace dell’Ordine di Gesù, fondato da Ignazio di Loyola) non è certo un teologo della liberazione, anzi, politicamente è un conservatore apertamente ostile al partito dei Kirchner (la “Presidenta” Cristina Fernández de Kirchner ricambia di cuore l’avversione),
sul quale addirittura aleggiano ombre di condiscendenza nei confronti dei golpisti dell’ultima dittatura militare; eppure il suo episcopato è un evidente esempio di sensibilità nei confronti degli esclusi, degli sfruttati, dei dimenticati. Con toni formalmente miti, ma fermi nella sostanza, Bergoglio si batte da anni per una giustizia sociale figlia di una coscienza umanizzante e contraria alle degenerazioni del capitalismo. Vanta dalla sua una finissima cultura psicosociologica, espressa attraverso uno stile di comunicazione pacato e coinvolgente, piano e sicuro.
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Pur vivendo da laico questa intronizzazione cattolica, ne sono felice, e non solo perché porta alla ribalta il contributo che può offrire al mondo un paese che sento come una seconda patria, l’Argentina, ma anche perché vedo in esso il segno di una coscienza che, maturando, si appresta ad affrontare alcuni nodi del mondo attuale, un mondo di ingiustizie, immiserimenti e sfruttamenti.
Contatti E-mail: dott.francescofrigione@gmail.it Facebook: <Francesco Frigione> Sito Internet: www.francescofrigione.com Rivista: www.animamediatica.it
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METADESCRIZIONE: Lo psicologo e psicodrammatista analitico Francesco Frigione, all’indomani dell’elezione a Papa dell’argentino Jorge Maria Bergoglio, il 13 marzo 2013, con il nome di “Francesco I”, descrive le sue impressioni, da laico, sulla vicenda vaticana e le prospettive che immagina tale scelta del Conclave comporterà nella politica della Chiesa cattolica.
PAROLE CHIAVE: Tenemos Papam, articolo di Francesco Frigione, Jorge Maria Bergoglio, Papa Francesco, cardinale protodiacono Jean-Louis Tauran, Joseph Aloisius Ratzinger, Papa Benedetto XVI, San Francesco d’Assisi, Francesco Saverio, Gesuiti, Vaticano, Conclave, cardinali, Curia, Cappella Sistina, Argentina, presidentessa (“Presidenta”) Cristina Fernandez-Kirchner, peronisti, Teologia della Liberazione, Terzomondismo, povertà, miseria, esclusi, sfruttati, diseredati,
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