VIAGGIO IN ARGENTINA IV- Affettività e Tempo

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LETTERE A UNO PSICOANALISTA

Gentile Pubblico, chiedo al mio “Doppio psicodrammatico” che riprenda il suo resoconto di viaggio esattamente lì dove lo aveva sospeso la puntata scorsa. Non posso nascondere un certo compiacimento per il successo che, in tal modo, la mia testardaggine conseguirebbe: ottenere da quell’ondivago narratore la coerenza di un ragionamento più sistematico. Non voglio illudermi al riguardo; ma, ugualmente, mi batto e spero.

La settimana passata aveva preso a trattare del collante che, a suo avviso, unisce la società argentina, malgrado i terribili conflitti che ne hanno 1


attraversato la storia e la forte contrapposizione ideologica che ne caratterizza lo scenario politico attuale. Avventurosamente – e per autoreferenzialità professionale - aveva individuato nella terapia psicologica, così diffusa nel Paese, addirittura la pratica simbolica capace di coniugare l’elemento animico a quello culturale.

Dello spirito argentino, però, non mi sembra abbia trattato abbastanza; non ce ne ha svelato ancora la chiave segreta, ammesso che ciò sia possibile, e a lui in particolare. Malgrado tutto, vorrei che ci provasse. Quindi, mio “Doppio Viaggiatore”, ti incito: vai a fondo, compi a pieno il tuo dovere, impegnati, concludi dignitosamente questa tua, fortunatamente breve, parentesi transatlantica e australe! Oramai sei rientrato in Italia, e se qualche idea più sostanziosa è decantata in te, proponicela finalmente! …

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VIAGGIO IN ARGENTINA IV Affettività e Tempo

di Francesco Frigione

Care lettrici e cari lettori, l’Io Stanziale, appostato come un buitre carroñero (“avvoltoio”) sul capo delle mie corrispondenze, mi è ormai intollerabile: giudica ed esige da me ogni volta di più; lui, in compenso, resta improduttivo e sparge soltanto spocchia e veleno.

A me tocca, invece, muovermi sul cardo e sul decumano dell’incontro con il mondo argentino e poi inchiodarmi alla croce delle riflessioni che ne discendono. Siccome, però, scrivere per voi è un piacere e fingere di condiscendere alle richieste dell’ “Io tirannico”, per poi tradirle senza rimorso, accresce il mio privilegio, ecco dunque che trasmettervi l’ultima puntata di questo diario rappresenta una scelta irrinunciabile.

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Chiudo, pertanto, la corrispondenza di viaggio testimoniando il senso di profonda soddisfazione che questo mi ha regalato. Non soltanto a causa di motivi strettamente personali e professionali, ma per aver goduto del calore affettivo, della socievolezza e della generositĂ di amici, conoscenti e soprattutto di moltissimi perfetti sconosciuti.

Questi tratti della cultura argentina sono probabilmente unici al mondo e mi rammentano, con un balzo al cuore, quel tendere verso l’altro che era pane corrente nell’Italia (specialmente del Sud) della mia infanzia e gioventÚ, ma 4


che adesso paiono dissolti nell’aridità sovrana della diffidenza e della paura. Tutto ciò mi ha condotto in soli quindici giorni a un’esperienza di rara intensità emotiva e sensoriale, della quale vi riporterò una breve antologia.

GLI AMICI Persone conosciute nel corso del tempo in Argentina e in Italia.

Basta essere entrato in contatto una volta, aver sperimentato quella speciale sintonia generata da un’affinità occasionale, che il desiderio di riprodurre la scintilla porta le persone ad aprire le porte di casa per un pranzo, 5


una cena, magari un tipico asado (un arrosto di squisita carne alla brace che ogni argentino maschio impara a preparare sulla parrilla, la “griglia” inclinata) o proporvi una chiacchiera davanti a un caffè, in una di quelle splendide

confiterias (letteralmente “confetterie”, in realtà parola intraducibile, poiché definisce confortevoli locali aperti giorno e notte, pronti ad accogliere ogni 6


richiesta di ristorazione, lettura, studio, diletto e conversazione) che punteggiano Buenos Aires.

In genere, nell’incontro il legame si rinsalda toccando tutti gli argomenti: dalla politica allo sport (in primis el fútbol, “il calcio”), dall’economia alla letteratura, dal cinema al teatro, dall’aggiornamento sui familiari a quello sugli amici ecc. La conversazione vale certamente come occasione d’informazione, ma più ancora come esplicita scoperta e riscoperta della prossimità emotiva che si genera nella reciprocità. Gli amici ti offrono subito il meglio che hanno, senza troppe preoccupazioni e con estrema naturalezza.

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Non è un caso che Jacob Levi Moreno (1889 - 1974) – l’inventore dello psicodramma – abbia avuto vasto seguito in Argentina: sono certo che, quando si recò a Buenos Aires per il IV Congresso Internazionale di Psicodramma (agosto 1969), vi deve aver scoperto la centralità della dimensione della “spontaneità”, quell’immediatezza emotiva che per lui rappresentava il cardine della vita psicologica e spirituale dell’essere umano.

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Quasi sempre il dialogo con gli argentini si tinge di aspetti ironici, arguti, salaci, espressi in Lunfardo, l’idioma nato tra la mala dei bassifondi e poi acquisito da tutte le classi sociali. Il grande Jorge Luís Borges (1899 – 1996) ostentava scetticismo, però, sulla sua origine popolare, in quanto lo considerava un artificio architettato dagli intellettuali di origine italiana

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Gobello e Vaccarezza … Questo gergo porteño (ovvero “bonaerense”, il porto è metonimia della città di Buenos Aires) mescola Spagnolo, Italiano e varie altre lingue, ed è solito – con ludicità infantile - invertire le sillabe delle parole convenzionali.

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I CONOSCENTI Fare conoscenza con le persone è semplice in Argentina: anzi, bisogna proprio essere degli immarcescibili misantropi per schivare le occasioni di scambio umano. Se poi a far da tramite si pongono dei comuni amici, allora, la necessità di rivelarsi all’altro diventa quasi inarrestabile. Non si deve pensare, comunque, che ciò accada senza tatto e discrezione, con sguaiatezza.

Quella argentina, in tal senso, è un arte: si esplica tramite un rapido studio degli occhi, della postura, delle attitudini, alla ricerca di un motivo di sintonia. 11


Nasce dalla scienza – del tutto empirica, intuitiva, eppure solidissima dell’empatia.

Un modo tipico per rompere il ghiaccio consiste nell’evocare gli antenati italiani (nel mio caso) e i loro luoghi di provenienza, oppure i viaggi compiuti Paese e in Europa; persino il semplice auspicio di compierne uno prossimamente vale come ponte.

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A questo punto, il mio sorridere e segnalare la conoscenza diretta o indiretta di tali posti, o alcuni commenti positivi su di essi, rappresentano il preciso segnale di un desiderio di condivisione piĂš ampia. Da lĂŹ, tutto il resto discende con agio. Piovono storie di vita e vicende familiari; vengono enunciati i propri interessi prioritari, il lavoro, le aspirazioni.

GLI SCONOSCIUTI Minimi episodi rivelatori (ma ne potrei raccontare cento) per dare un’idea del rapporto sorto imprevedibilmente con perfetti sconosciuti.

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Mi trovo in un kiosco (“emporio”), ché sto tentando di comprare la tessera della metropolitana; ma insorgono delle difficoltà burocratiche poiché non sono residente. Tre ragazze recepiscono al volo il problema: una di esse mi regala la sua tarjeta.

Sono stupito e quasi commosso per tanta gentilezza e, in segno di gratitudine, gli acquisto lì per lì una barretta di cioccolato. Quasi rifiutano il mio piccolo dono, tanto consideravano scontato il proprio gesto. Devo insistere, allora, assicurando che mi hanno “salvato” da un notevole seccatura.

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Ritorno in pullman in capitale da un’escursione nella provincia: avverto un po’ di ansia poiché sono stanco e desidero scendere alla fermata più vicina alla mia dimora. Domando a una giovane coppia al mio fianco. Questi non se lo fanno ripetere due volte e, preso il cellulare, perlustrano tutto il percorso con Google Map per darmi le indicazioni più corrette. Non si danno pace finché non hanno raggiunto la certezza che io abbia veramente capito dove devo andare.

Sono alla disperata ricerca di una boina vasca come quella che indossava il Che Guevara (1928 – 1967): è un’esplicita richiesta di mio figlio che non voglio disattendere. Percorro chilometri in centro e senza fortuna. Alla fine, entro in un negozio di moda femminile, in Avenida Cordoba, e chiedo lumi. Il negoziante e un’altra signora si mettono a mia disposizione, cominciando un’assidua ricerca sul Web della ditta che potrebbe vendermi il cappello. Ci impiegano almeno quindici minuti e, quando, uscendo, gli testimonio la loro squisita cortesia, sembra che siano loro a ringraziare me. Sono stupefatto e mi domando: a Roma, Milano, persino Napoli, oramai, in quanti si sarebbero comportati nella stessa maniera?

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Compro la boina in Calle Florida e cerco adesso la stellina da apporre al basco. La trovo a pochi metri, nella stessa strada, presso un giornalaio che vende centinaia di spille colorate. Non è una semplice transazione economica – per altro di scarsissima entità – quella che ne nasce tra noi, quanto piuttosto l’inizio di una complessa conversazione sulla realtà dell’Argentina e un confronto con l’Europa. La chiacchierata dura mezz’ora e, alla fine, io e il venditore ci stringiamo la mano, salutandoci con un: «¡Ha sido un gusto!» (“È stato un piacere”).

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Dei tassisti di Buenos Aires taccio: poiché ogni corsa è l’incontro con una storia di vita. Rammento soltanto quello che, abbastanza giovane, ha potuto vedere le gesta di Maradona soltanto in TV, ma che adora il giocatore come una divinità immortale. Sentito che sono italiano, mi domanda precisamente di dove.

Gli rispondo che abito a Roma da lungo tempo, ma che sono napoletano. Allertato, febbrile, mi domanda allora cosa ne penso di Maradona e io gli dico che ho visto quel genio calcistico giocare dal vivo. Per il conducente è troppo: solleva il freno a mano e arresta di colpo l’auto nel bel mezzo del traffico, si 17


torce sul sedile e mi abbraccia con incredulità, quasi lambisse una santa reliquia, un essere in odore di santità.

UN TEOREMA DI MATEMATICA DEGLI AFFETTI Il tempo è volato per me in Argentina, a causa dell’intensità e della turbinosa varietà degli incontri. Sicché, adesso, mi sento di osare formulare una legge algebrica, scolpita nella misteriosa lingua degli “Affetti”.

Eccola, fissatela bene a mente: il tempo soggettivo è funzione della bontà delle relazioni umane vissute! ¡Hasta luego!

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P.S. Se potete, a questo punto, vi suggerisco di ascoltare la malinconica e dolcissima canzone di Ivano Fossati: “Italiani d’Argentina” (cfr. il link <https://youtu.be/Hf2UqTR9lbE>).

Francesco Frigione è psicologo e psicodrammatista analitico, psicoterapeuta individuale e di gruppo, docente di psicodramma nella scuola di specializzazione per psicoterapeuti PsicoUmanitas; formatore di educatori e studenti, autore di progetti psico-socio-culturali in Italia e all’estero. Nato a Napoli, vive e lavora a Roma. È membro del Centro Studi di Psicologia e Letteratura, fondato da Aldo Carotenuto, e del Direttivo del Giornale Storico di Psicologia e Letteratura. Ha fondato e dirige il webzine e la rivista internazionale Animamediatica.

Contatti E-mail: dott.francescofrigione@gmail.com Facebook: <Francesco Frigione> Sito Internet: www.francescofrigione.com Rivista: www.animamediatica.it

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