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“Less is more” Ludwig Mies Van Der Rohe
Copertina rivista Basic 1 “Basic is More” Copertina rivista Basic 2 “basic is EVEN more”
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“ basic is EVEN more ” è la rivista contenente i lavori del corso Basic Design 2, del docente Francesco Fumelli. Continuo della precedente rivista di Basic Design 1 “Basic is more”, per tanto si svilupperà sullo stesso stile di impaginazione e con la medesima composizione.
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+ Indice + 001
Kirigami 06-21
Narrazioni 22-37
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004
Readymade 72-83
003 Panca in legno 38-71
Errori di progettazione 84-103
005
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8
+
001
+ KIRI GAMI + 9
+ INTRO DUZIONE + Il kirigami è una tecnica orientale di intaglio e piegatura della carta per ottenere forme tridimensionali a partire da un unico foglio, senza asportare pezzi. Il significato del termine deriva dal giapponese “kiru” = tagliare e “kami” = carta. Questa tecnica consente all’artista di enfatizzare la presentazione visuale dell’opera salvaguardando la semplicità e la pulizia delle linee. Il kirigami può essere considerato una variante dell’origami, anche se nell’origami il taglio della carta non è accettato dalla maggioranza dei moderni piegatori. Il kirigami viene solitamente realizzato eseguendo dapprima tutti i tagli necessari, ottenendo in questo modo una base che viene quindi piegata e appiattita per ottenere il modello.
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I modelli sono solitamente simmetrici e possono rappresentare modelli geometrici, figurativi e strutture architettoniche. I vari soggetti prendono forma con l’apertura del foglio: si possono realizzare kirigami la cui apertura è di 90 gradi e kirigami con apertura a 180 gradi, ma anche a 360 gradi. In questa prima esercitazione sono state prese ad esempio, per poi essere realizzate, due delle sei forme basiche proposte a lezione. Di ognuna di queste si è eseguita una variante della forma-base proposta dal docente, ed una variante sviluppata dallo studente.
11 + Kirigami +
+ FORME BASE + Esercizio 1 Forma base 1
Pieghe a monte Pieghe a valle tagli
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+ Kirigami +
Pieghe a monte Pieghe a valle tagli
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Pieghe a monte Pieghe a valle tagli
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+ Kirigami +
Forma base 2
Pieghe a monte Pieghe a valle tagli
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Pieghe a monte Pieghe a valle tagli
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+ Kirigami +
Pieghe a monte Pieghe a valle tagli
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+ SIMME TRIE + Esercizio 2 Simmetria traslatoria
Pieghe a monte Pieghe a valle tagli
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19 + Kirigami +
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+ Kirigami +
Pieghe a monte Pieghe a valle tagli
21
+ Kirigami +
Simmetria ribaltata
Simmetria assiale
Pieghe a monte Pieghe a valle tagli
22
23 + Kirigami +
24
+
002
+ NARRA ZIONI + 25
+ INTRO DUZIONE + In questa esercitazione è stata ripresa la tecnica precedentemente trattata del Kirigami, ed è stata impiegata nella rappresentazione di due delle città descritte da Italo Calvino all’interno del libro “Le Città Invisibili”. Dopo la lettura del libro infatti, sono state selezionate due tra le 55 città, e, tramite una reinterpretazione soggettiva del testo, si è proceduto con un’elaborazione soggettiva. Andando progettare e creare successivamente una composizione cartacea prodotta dalle sensazioni del lettore. Le città invisibili è un romanzo di Italo Calvino, pubblicato nel 1972, in cui l’autore ricorre alla tecnica della letteratura combinatoria. Questo romanzo fa parte del periodo combinatorio dell’autore, dove è evidente l’influenza della semiotica e dello strutturalismo. Nella letteratura combinatoria centrale diventa il lettore, che si trova a “giocare” con l’autore, nella ricerca delle
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combinazioni nascoste nell’opera e nel linguaggio. Il punto di partenza e la conclusione di ogni capitolo è il dialogo tra Marco Polo e l’imperatore dei Tartari Kublai Khan (nella realtà discendente di Gengis Khan e Imperatore dei Mongoli), che interroga l’esploratore sulle città del suo immenso impero. Il libro è costituito da nove capitoli, ma c’è un’ulteriore divisione interna: ognuna delle 55 città è divisa in base a una categoria, 11 in totale, dalle “città e la memoria” alle “città nascoste”. Il lettore ha quindi la possibilità di “giocare” con la struttura dell’opera, scegliendo di seguire un raggruppamento o un altro, la divisione in capitoli o in categorie, o semplicemente saltando da una descrizione di città a un’altra. Calvino stesso ha affermato, in una conferenza del 1983 alla Columbia University a New York, che non c’è una sola fine delle Città invisibili perché “questo libro è fatto a poliedro, e di conclusioni ne ha un po’ dappertutto, scritte lungo tutti i suoi spigoli”.
+ Narrazioni + Italo Calvino (1923-1985) e la copertina del libro “Le Città Invisibili”.
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+ PRIMA CITTA’ +
Marozia Una Sibilla, interrogata sul destino di Marozia, disse: – Vedo due città: una del topo, una della rondine. L’oracolo fu interpretato così: oggi Marozia è una città dove tutti corrono in cunicoli di piombo come branchi di topi che si strappano di sotto i denti gli avanzi caduti dai denti dei topi più minacciosi; ma sta per cominciare un nuovo secolo in cui tutti a Marozia voleranno come le rondini nel cielo d’estate, chiamandosi come in un gioco, esibendosi in volteggi ad ali ferme, sgombrando l’aria da zanzare e moscerini.
Pieghe a monte Pieghe a valle tagli 28
– È tempo che il secolo del topo abbia termine e cominci quello della rondine, – dissero i più risoluti. E di fatto già sotto il torvo e gretto predominio topesco si sentiva, tra la gente meno in vista, covare uno slancio da rondini, che puntano verso l’aria trasparente con un agile colpo di coda e disegnano con la lama delle ali la curva d’un orizzonte che s’allarga...
“
“
29 + Narrazioni +
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+ Narrazioni +
+
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+ Narrazioni +
+
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+ SECONDA CITTA’ +
Trude Se toccando terra a Trude non avessi letto il nome della città scritto a grandi lettere, avrei creduto d’essere arrivato allo stesso aeroporto da cui ero partito. I sobborghi che mi fecero attraversare non erano diversi da quegli altri, con le stesse case gialline e verdoline. Seguendo le stesse frecce si girava le stesse aiole delle stesse piazze. Le vie del centro mettevano in mostra mercanzie imballaggi insegne che non cambiavano in nulla. Era la prima volta che venivo a Trude, ma conoscevo già l’albergo in cui mi capitò di scendere; avevo già sentito e detto i miei dialoghi con compratori e venditori di ferraglia; altre giornate
Pieghe a monte Pieghe a valle tagli 34
uguali a quella erano finite guardando attraverso gli stessi bicchieri gli stessi ombelichi che ondeggiavano. Perché venire a Trude? mi chiedevo. E già volevo ripartire. - Puoi riprendere il volo quando vuoi, - mi dissero, - ma arriverai a un’altra Trude, uguale punto per punto, il mondo è ricoperto da un’unica Trude che non comincia e non finisce, cambia solo il nome all’aeroporto.
“
“
35 + Narrazioni +
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37 + Narrazioni +
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+ Narrazioni +
+
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+ PAN CA 40
+
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IN LEGNO + 41
+ INTRO DUZIONE + L’esercitazione di questo capitolo comprende la progettazione di una panca o seduta in legno (composta da aste o piani) che dovrà riferirsi a uno o più dei seguenti casi: panca allungabile, con elementi di rotazione, pieghevole, a più funzioni, a più utilizzi e/o per posture multiple. La panca dovrà essere concepita per una produzione industriale, con montaggio attuabile dall’acquirente. Le connessioni tra le diverse componenti devono quindi permettere in questo caso lo smontaggio e il montaggio. All’interno dell’impaginato, ai fini dell’esercitazione, devono essere presenti: studi con disegni a mano, disegni di studio per definire la forma nel suo insieme e i particolari, analisi tipologie di legno e assemblaggi, modelli tridimensionali di studio, disegni tecnici in scala e quotati ed infine il rendering.
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Il disegno tecnico dovrà prevedere: Le proiezioni ortogonali, con prospetto e pianta quotati. Proiezione assonometrica con definizione dei particolari costruttivi (in proiezioni ortogonali o assonometriche). Esploso assonometrico che permetta di comprendere le parti che costituiscono la composizione. L’esercitazione ha il fine, a partire dalla proposta di un oggetto semplice e utilizzando un materiale tradizionale, di sviluppare conoscenze relative alla costruzione di oggetti, attraverso un utilizzo appropriato dei materiali, adeguate soluzioni costruttive, corrette rappresentazioni grafiche.
43 + Panca in Legno +
+ MOOD BOARD + La progettazione della seduta è partita da un moodboard e da una serie di elementi che hanno ispirato e condizionato il risultato finale, quali: panche e sedute composte da moduli autonomi, elementi in cui primeggia l’accostamento del legno e dell’acciaio e prodotti industriali caratterizzati da un tubolare in acciaio ricurvo che funge da struttura portante. Tali elementi dunque, vengono ripresi e concorrono alla creazione del prodotto finale di questa esercitazione.
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45 + Panca in Legno +
+ SCHIZZI PROGETTUALI + Successivamente allo studio di una Moodboard sono seguiti gli schizzi progettuali, essenziali all’ideazione e alla concretizzazione della seduta. Difatti la progettazione, e la messa su carta, è partita dalla ricerca di una forma adeguata e convincente, una morfologia funzionante e al contempo esteticamente apprezzabile, che potesse
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racchiudere lo spirito dell’oggetto. E, una volta stabilite, si è passato ad uno studio di tipo tecnologico. Ideando il funzionamento pratico, i giunti costruttivi, le dimensioni e gli angoli, insomma tutto ciò che rende possibile la creazione concreta di una seduta.
47 + Panca in Legno +
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49 + Panca in Legno +
+ ARBU LTIK + Arbultik nasce come una panca trasformabile che muta per soddisfare posture multiple e situazioni disparate tramite varie combinazioni. Composta da un telaio portante in acciaio e da 36 elementi a “L” in legno di rovere che costituiscono la parte fondamentale di questa seduta. Il telaio è suddiviso in cinque differenti parti totali. Alle estremità della seduta troviamo i due tubolari curvi, gli unici elementi che fungono da appoggio a terra e sui quali si aggrappano i restanti elementi del telaio. Nella parte posteriore vi è il battente, sul quale vanno a poggiarsi i 36 elementi lignei, e una sbarra, che, andando da tubolare a tubolare, irrigidisce il tutto e rinforza la struttura del battente. Nella parte anteriore un’ulteriore sbarra conclude il disegno dei due tubolari e funge da alloggio per i moduli, provvisti di
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un foro, che saranno liberi di ruotare attorno ad essa. Sono presenti anche delle boccole, sempre in acciaio, che si posizionano tra la sbarra e i moduli, aiutando la rotazione, e fungendo da distanziali per gli elementi lignei. Tutto questo permette la trasformazione della seduta per ogni situazione. Essendo infatti ogni modulo libero di ruotare autonomamente le composizioni di Arbultik sono veramente numerose. Modificando la morfologia della panca, oltre che all’essenziale seduta, si può infatti ottenere un tavolino o portaoggetti, un appoggio per le gambe o, ruotando tutti e 36 i moduli, una doppia panca con la possibilità di sedersi sia dalla parte degli elementi lignei che dalla parte del battente in acciaio, utile, per esempio, in occasioni in cui sono necessari più posti a sedere.
Ar bul tik 51
+ Panca in Legno +
ch°°se your bench
37
45.50
63.50
+ QUOTE GENERALI +
60
52
+ Panca in Legno + 80.50 226.50
207.03
179.00
196.50
53
Telaio
23.75
3.50
15.00
11
0.0
d 2.50
0°
63.50
d 4.50
d 3.00 d 2.00
.00
58.23
70
0°
.0
80
°
10.75
54
+ Panca in Legno +
Modulo
44.20
56.00
5°
9.20
10
d 3.50
4.00
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Battente 173.00 24.70
2.90
17.00
207.00
14.00
4.00
1.00 4x36.00 + 1x35.00 = 179
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+ Panca in Legno + 5.90
5.00
d 4.50 d 2.70 1.00 4.00
Boccola 57
Sbarra anteriore
195.00 d 2.50 d 1.50 179.00
8.00
d 3.00 d 2.00
8.00
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+ Panca in Legno + 8.00
200.50
184.50
8.00
Sbarra Posteriore 59
60
+ Panca in Legno +
o1
Quando tuti i moduli sono rivolti ed appoggiati sul battente posteriore in acciaio Arbultik si presenta come una semplice panchina in grado di ospitare comondamente tre persone.
+
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o2 Se i moduli vengono ruotati in gruppi, oltre che a definire sedute singole o doppie, si vengono a creare superfici avanzate, rispetto alla linea delle sedute, utilizzabili per lasciare oggetti di qualsiasi tipo o come ulteriore piano di appoggio.
+
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63 + Panca in Legno +
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+ Panca in Legno +
o3 Essendo ogni modulo libero di ruotare liberamente un’ulteriore possibilità è quella di ruotare in modo alternato le componenti lignee. In questo modo si manterrà lo spazio dedicato alla seduta e all’appoggio della schiena, ma in più si creerà un appoggio per poter sollevare le gambe andando, a formare una sorta di panchina-chaise longue.
+
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o4 Ulteriore soluzione offerta da Arbultik, indicata per le occasioni nelle quali sono necessari più posti a sedere per un più consistente numero di persone, è quella di poter ruotare tutti i moduli dell’oggetto ed andare a creare due linee di sedute contrapposte: la prima che sfrutta gli elementi lignei appoggiati al suolo, la seconda caratterizzata dal battente in acciaio ormai libero da tutti gli elementi lignei che vi ci erano posati.
+
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67 + Panca in Legno +
+ AGGANCI E GIUNTURE+
Giuntura 1 Il primo giunto costruttivo, il più complesso, comprende la parte posteriore di Arbultik. Infatti permette di collegare la sbarra posteriore, al battente e al telaio. La sbarra per prima cosa viene imbullonata al battente con delle semplici viti, in seguito questa viene collegata tramite un innesto al telaio, dotato di un relativo alloggio. Questo innesto però non viene avvitato, poiché, a bloccare il tutto è il telaio, che va ad alloggiarsi nella concavità laterale del battente, fermando tutto con una vite. Lo stesso giunto è presente nella parte opposta della seduta.
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69 + Panca in Legno +
Incastro 2
Il secondo giunto costruttivo comprende la parte anteriore della seduta, collegando la sbarra anteriore, sulla quale si trovano le boccole e i moduli, ai due pezzi del telaio. Data la rigidità già conferita dal primo giunto, e l’inutilità di aggiungere viti superflue alla costruzione, la sbarra anteriore presenta un innesto, che si va ad alloggiare nella conclusione della curva del telaio, sul quale è presente un meccanismo di incastro a scatto. Una sfera di alluminio, posizionata su un apposito binario, sporge all’esterno della sbarra, quando viene fatta pressione per condurre l’innesto all’interno dell’alloggio la sfera rientra della sbarra, per poi fuoriuscire una volta inserito completamente, così da bloccare la struttura.
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71 + Panca in Legno +
Modellino
A conclusione del progetto è stato realizzato il modellino della seduta tramite una stampante 3D. Prendendo una delle possibili varianti di Arbultik e, tramite una stampante a resina, ricreandola fisicamente in casa ridotta.
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73 + Panca in Legno +
+ REA DY 74
+
004
MA DE+ 75
+ INTRO DUZIONE + Il termine ready-made è un anglismo traducibile come già fatto, confezionato, prefabbricato, pronto all’uso. In seguito alla storia dietro questo nome, e a correnti artistiche come il Dadaismo che hanno creato e sviluppato questo concetto, oggi per “ready made” ci si riferisce ad un oggetto disponibile sul mercato del quale un artista si appropria così com’è, ma privandolo della sua funzione utilitaristica. Aggiunge un titolo, una data, a volte un’iscrizione e opera su di lui una manipolazione (capovolgimento, sospensione, fissazione sul terreno o sul muro, ecc.). Quindi lo presenta in una mostra d’arte, in cui viene conferito all’oggetto lo status di opera d’arte.
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Dal 1913 il termine fu usato in ambito artistico per categorizzare un oggetto comune prefabbricato isolato dal suo contesto funzionale, defunzionalizzato e rifunzionalizzato tramite il solo atto di selezione di un artista ad opera d’arte. Nel caso di questa esercitazione l’oggetto, o gli oggetti, presi in esempio non saranno estraniati da un contesto funzionale, bensì, tramite un processo trasformativo o di assemblaggio, assumeranno una nuova funzione, dettata dalla altrettanto nuova natura dell’oggetto.
+ ready-made +
Alcune delle opere più famose di Marcel Duchamp. Considerato fra i più importanti e influenti artisti del XX secolo, nella sua lunga attività si occupò di pittura (attraversando le correnti del fauvismo e del cubismo), fu animatore del dadaismo e del surrealismo, e diede poi inizio all’arte concettuale, ideando il ready-made e l’assemblaggio.
Nelle foto: In alto a sinistra “Scolabottiglie” (1914) In basso a sinistra “Fontana” (1917) A destra “Ruota di Bicicletta” (1913)
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+ OLD SKOOL + Il ready-made “Old Skool” che verrà trattato in questo capitolo nasce da un’idea ben precisa, ovvero quella di creare un oggetto che riprendesse su di sé la cosiddetta “vecchia scuola” affidandosi ad un’estetica fine anni ’80 inizio ’90. Periodo in cui comincia ad affermarsi lo streetwear, nel quale i ragazzi vengono travolti dall’onda dell’arte e della musica di strada, nasce la figura dello “skater”, grazie al quale oggetti come Rollerblade e Skateboard diventano due tra i simboli più iconici di questa moda.
Immagini riconducibili all’estetica e alla cultura anni ’90: Nella prima foto in alto a sinistra Michael Jordan intento a schiacciare a canestro nello spot pubblicitario del lancio delle “Air Jordan 1”, accompagnato dallo slogan “I wanna be like Mike”. Nella foto in alto a destra un chiaro cenno alla cultura Hip Pop e alla musica di strada. La terza foto in basso a destra ritrae uno skaters che esegue un trick appartenente allo stile “Vert” (delle grandi rampe).
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È da proprio questi due strumenti che inizia la creazione di questo ready-made, partendo dalla più classica tra tutte le scarpe da skate, delle “Vans Old Skool”, che, in assenza di tavola, si appoggino direttamente sui truck (elementi in alluminio sui quali trovano posto le ruote), un binomio che trasforma tutto ciò in dei pattini a rotelle fuori dal comune.
+ Immagine + ready-made coordinta + +
be fast be c00l
be old skool
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Costruzione Per la realizzazione del ready-made “Old Skool” sono serviti: un paio di scarpe, 4 truck (appartenenti a 2 skateboard) e un foglio di gomma dura. (1)
Smontati i truck dallo skate sono state ritagliate, dal foglio di gomma dura, due solette da posizionare all’interno delle scarpe, essenziali per irrigidire il tutto e sorreggere il peso degli elementi in alluminio.
(2)
Successivamente le suole delle scarpe, e le solette in gomma, sono state forate in corrispondenza dei fori sui truck (già preesistenti, per poterli collegare alla tavola).
(3)
Infine è stato montato il tutto utilizzando le viti, la bulloneria e le guarnizioni dei due skateboard.
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81 + ready-made +
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+
83
+ ready-made +
be old skool
be fast be c00l
84
be old skool
85
+ ready-made +
+
+ ERRO RE DI 86
+
005
PROGE TTAZIONE + 87
+ INTRO DUZIONE + Più volte, durante la vita quotidiana, succede di scontrarsi con oggetti, che magari usiamo o siamo costretti ad usare tutti i giorni, la quale però funzionalità è intaccata da un problema, un errore di progettazione che rende l’utilizzo di questo decisamente più macchinoso. In questo capitolo sono stati, perciò, selezionati due oggetti
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che presentassero tali tipologie di difetti progettuali. In essi è stato individuato, analizzato e spiegato l’errore funzionale e, successivamente, è stata ideata una soluzione a livello progettuale che risolvesse il problema senza stravolgere nè l’estetica nè l’utilità dell’articolo.
+ errore di progettazione +
Alcuni dei così detti “useless objects“ progettati da Katerina Campreni.
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01
91 + errore di progettazione +
+ PARTI OGGETTO +
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93 + errore di progettazione +
+ PRIMA +
L’oggetto in questione, una saliera della famosa marca di design “Alessi”, è composta da tre parti: la prima in vetro che rappresenta il vero e proprio contenitore, il coperchio in alluminio ed una guarnizione in gomma per far meglio aderire il tappo al recipiente. È proprio in quest’ultimo componente che ho individuato l’errore di progettazione.
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L’elemento in gomma ricopre l’intero bordo dell’involucro in vetro, caratterizzato da una linguetta tutt’attorno che sporgendo tocca il coperchio in alluminio rendendolo più stabile. Questa linguetta però, essendo orientata verso il basso rispetto al bordo del contenitore, genera uno spazio vuoto dove si va a depositare il contenuto dell’oggetto, e, una volta sollevato il coperchio, fuoriesce dalla saliera.
95 + errore di progettazione +
+ DOPO +
La soluzione a questo problema è stata posizionare la linguetta della guarnizione in corrispondenza del bordo del contenitore in vetro rivolta verso l’alto. In questo modo è stato possibile eliminare lo spazio concavo vuoto tra coperchio e recipiente. Così che, in caso di ribaltamento dell’oggetto, è stato possibile evitare la fuoriuscita del contenuto dalla saliera una volta tolto il tappo.
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97 + errore di progettazione +
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02
99 + errore di progettazione +
+ OGGE TTO +
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La Vans è una delle marche di scarpe più conosciute al mondo, nata in California nel 1966 si caratterizza subito per la produzione di scarpe specializzate per lo skateboard, affermandosi però anche come icona della moda e dello streetwear, arrivando a vestire indifferentemente skaters e non.
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+ PRIMA +
Una delle caratteristiche che contraddistingue Vans da tutte le altre marche, oltre che alla inconfondibile linea delle scarpe, è il design delle scatole. Queste infatti hanno un coperchio che non copre solamente il lato superiore del parallelepipedo ma si sviluppa su due lati. Nonostante questo dia un aspetto del tutto originale all’oggetto rivela subito un evidente problema nell’apertura.
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Il coperchio, infatti, si sviluppa su due lati coinvolge 3 dei 4 spigoli del parallelepipedo, rendendo così impossibile sorreggere la scatola ed aprirla in modo agevole, poiché per farlo sono necessari almeno due spigoli, andando perciò a bloccare uno degli spigoli del coperchio.
103 + errore di + Schede progettazione lezioni +
+ DOPO +
Per risolvere questo problema di apertura è bastato aggiungere un piccolo foro sul fondo della scatola, tanto grande da farci passare un pollice, posizionato sul lato opposto rispetto alla cerniera del coperchio. In questo modo è possibile sorreggere la scatola sfruttando lo spigolo libero del parallelepipedo ed utilizzando il foro appena citato, in modo da lasciare liberi tutti e tre gli spigoli del coperchio e riuscire ad aprire la scatola agevolmente senza intralci di alcun genere.
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105 + errore di progettazione +
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Vittorio Marini Corso: Basic Design 2 Docente: Francesco Fumelli A.A.: 2020/2021
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