NETT Economy Magazine n.1

Page 1

All’interno Speciale social networks

anno uno numero uno maggio 2014

L’intervista Il guru del turismo

NETT Community Tutti insieme appassionatamenye Mobile & Turismo Pronto, chi viaggia?


Follia è fare sempre la stessa cosa e aspettare risultati diversi.

L’infografica E-Commerce in Italia

05

PrimoPiano Chi ha paura del Piano marketing?

06

Speciale social networks The italian connections Altromarketing L’impresa responsabile

13 21

L’intervista Te lo do io il turismo

22

News Pronto, chi viaggia

24

NuovaImpresa Diamo credito ai giovani

25

NETT community Tutti insieme appassionatamente

26

Prodotti Samsung Galaxy Note 3

28

Da seguire Appuntamenti e risorse sul web

31

NETT Economy Magazine Periodico di economia e web marketing Direttore Coordionatore progetto Franco Mennella Editore Stampatore Finito di stampare il

2

albert einstein

telex

notizie brevi di varia economia Il turismo è il comparto più rilevante Il turismo è il comparto più rilevante dell’economia italiana con una incidenza sul Pil del 13,4% per l’anno 2013. Questo è quanto emerge dal XIX Rapporto sul Turismo Italiano, curato da Mercury e presentato il 30 aprile 2014 a Genova. Nel sud Distretti “ad hoc” Emessi i bandi per Calabria, Campania e Sicilia, sono 45 in tutto il Meridione: in arrivo aiuti fiscali e contributivi Sardegna. Nascono i distretti tematici per il turismo Si tratta di un sistema creato con un club di prodotti destinato a strutturare e qualificare l’offerta dell’Isola, che prenderà forma dopo l’approvazione da parte della Giunta regionale. Un progetto dell’assessorato al Turismo che nell’ambito della definizione del Piano strategico, in fase di definizione, individua alcuni prodotti turistici a tema, Sono 4 gli STL in partenza, in Campania Sono stati presentati oggi, i primi 4 distretti turistici sulla costa campana. Si tratta del ‘Distretto turistico Litorale Domizio’ che comprende Cellole, Castelvolturno, Mondragone e Sessa Aurunca, del ‘Distretto turistico Isolaverde’, con Ischia, Casamicciola, Barano d’Ischia, Lacco Ameno, Forio d’Ischia e Serrara Fontana, del ‘Distretto turistico Golfo di Policastro’, con Vibonati, Sapri, Ispani, San Giovanni.


editoriale Benvenuti. Quello che vi trovate tra le mani è qualcosa in più di un magazine. È un progetto. Per spiegarlo partiamo dal nome: NETT Economy, dove NETT è l’acronimo di Non È (mai) Troppo Tardi, una citazione palese della trasmissione della Rai ideata e condotta dal maestro Manzi che, negli anni ’60, diede una spinta a favore della lotta all’analfabetismo, in quegli anni una vera piaga sociale. In molte aree del nostro Bel Paese, e sicuramente nel nostro territorio, esiste un problema analogo nella gestione del tessuto economico, dove manca una conoscenza di base su come si siano evolute, negli ultimi decenni, le dinamiche commerciali e di marketing. Un dato che dice tutto riguarda il turismo. Le isole Baleari hanno uno sviluppo costiero pari a quello siciliano. E hanno un numero di turisti 11 volte superiori al nostro. Un rapporto di undici a uno non è concorrenza. È assenza dal mercato. Da queste pagine proveremo ad analizzare le radici del problema partendo da un fatto: esiste una concezione parziale di “marketing”. Questo termine è associato troppo spesso alla pura commercializzazione o, ancora peggio, alla mera promozione. Ma facciamo un po’ di storia, anche per comprendere come i mercati cambino. Fino alla prima metà del secolo scorso il centro di tutto era il prodotto: realizzarlo meglio, avere più qualità, risparmiare nella produzione erano i fattori determinanti per il successo. Con l’avvento della so-

cietà dei media l’accento si sposta sulla percezione del prodotto da parte del consumatore, cioè sulla pubblicità, sulla comunicazione. L’avvento d’Internet, infine, ha creato una proliferazione ed un ampliamento estremo dei canali di franco mennella di comunicazione e dei punti d’accesso alle informazionie. Questo ha fatto perdere al “messaggio” in se gran parte della sua forza, tutto a favore delle strategie di comunicazione. “Come” si comunica, oggi, è importante almeno quanto al “cosa” si comunica. Sapere “come” vuol dire conoscere strategie e strumenti. Noi proveremo a dare una mano in questo senso, sia attraverso questo magazine che attraverso l’area web (http://netteconomy.trapanipiu.it) dove troverete, settimanalmente, una trasmissione di approfondimento e diversi strumenti d’interazione. Questo primo numero apre la serie e nel focus centrale cercheremo d’illustrare le motivazioni alla base di questo nuovo progetto editoriale, gli obiettivi che vogliamo perseguire. Dal prossimo numero “caleremo” questi concetti nella nostra realtà, puntando a diventare uno strumento di lavoro per chi vuole affrontare le nuove sfide della comunicazione d’impresa, anche a livello locale. Perché questo percorso ha un senso solo se riusciremo a farlo insieme. Buona lettura.



l’infografica Un’immagine vale più di mille parole. E l’immagine che vedete sulla destra racchiude quanto bisogna sapere sullo sviluppo dell’e-commerce in Italia. Dati estremamente interessanti per una provincia dove si producono diversi beni e servizi unici che possono trovare un nuovo sbocco sui canali digitali, annullando quella marginalità geografica che, da sempre, è la condanna economica del nostro territorio. Le cose da notare sono molte. Intanto , per quanto ci piaccia ripetercelo, non sempre “piccolo e bello”. Gli utenti acquistano prevalentemente sui grandi portali, dove ricevono un senso di maggiore sicurezza. Affidare i dati della propria carta di credito ad uno sconosciuto è sempre un problema. Inoltre, ma questo è un problema tutto italiano, c’è ancora poca dimestichezza con le formule alternative (carte prepagate, bit-coin, portafoglio elettronico, ecc...). Ma le due tabelle più interessanti sono quelle relative al ritorno o meno sul sito dopo un acquisto. Ovviamente la fa da padrone il prezzo, ma anche la tecnologia del sito, la sua semplicità d’uso e tutte quelle piccole cose che fanno di un semplice acquirente un vostro “cliente”. Emerge con chiarezza, comunque come l’attenzione verso gli utenti è il vero motore di fidelizzazione. Purtroppo (ed anche questo dato tutto italiano è in forte controtendenza rispetto il resto del mondo occidentale), i “pacchi e contropaccotti” che infestano la Grande Rete sono ancora troppi e questo tiene lontani molti potenziali clienti. Lo stesso dato ci dice anche come, se vogliamo giocare questa partita, dobbiamo dare garanzie visibili di credibilità e serietà. Le ultime due tavole riguardano i siti di cash-back (soldi indietro). Si tratta di siti dove gli utenti registrati possono guadagnare soldi veri dai loro acquisti online o anche da quelli dei loro amici.Il sito guadagna una percentuale degli acquisti effettuati dai propri utenti su uno dei negozi convenzionati e altrettanto semplicemente riversa una parte di questo suo guadagno a chi ha effettivamente acquistato. Il vantaggio importante è che acquistando su un sito di cash-back si mantengono anche le offerte e gli sconti eventualmente fatte dal venditore affiliato che si combinano con il cash-back e l'utente può risparmiare ancora di più.

5


PrimoPiano

chi ha paura del

P ia n o M arK ET ing ? Abbiamo località incantevoli ed uniche, una enogastronomia riconosciuta come eccellenza, una storia millenaria ed anche collegamenti sostanzialmente adeguati. Ma allora come facciamo a non fare turismo?

La prima cosa di cui parleremo è la redazione di un piano marketing. E questo ci porta inevitabilmente alla prima domanda. Perche dovremmo elaborare un piano marketing? La risposta è semplice: perché è l’unica strada che può garantire lo sviluppo. Ogni azienda che vuole competere sul mercato sa che deve pianificare le proprie azioni, condurle ad una strategia generale da perseguire in ogni aspetto. Questo diventa ancora più evidente se al posto di un’azienda mettiamo un territorio che, così come una grossa azienda corporate, è sicuramente troppo ampio per gestire in maniera “intuitiva” i flussi d’informazione, le azioni delle diverse componenti e le risposte dei suoi mercati. Ancor più perché molte componenti (le aziende private, i singoli cittadini, ecc…) sfuggono totalmente ad un controllo diretto. Elaborare, diffondere e “difendere” una strategia complessiva è l’unica strada percorribile per rendere un territorio competitivo.

Conoscere, pianificare, agire. La sfida dei mercati digitali non consente improvvisazione o pressapochismo. La competizione è senza esclusione di colpi. Ma poi bisogna conoscerli, questi benedetti mercati. I numeri sono cresciuti in questi anni. La nostra “clientela” non è più di prossimità da molto tempo e la nostra esperienza imprenditoriale non può materialmente essere in grado di rappresentare la complessità di un mercato globalizzato. In particolare se parliamo di settori articolati come quello turistico, dove il lato “emozionale” è sicuramente molto forte. L’emotività s’intreccia fortemente con i dati culturali di un territorio, i “desideri” sono legati specificatamente agli stili di vita ed agli impianti sociali di ogni singola nazione o, meglio, di ogni singolo territorio. 6


La crescita di siti web nel mondo, negli ultimi quattro anni, è stata letteralmente esponenziale. Ed il trend prosegue. Come si può emergere in questo oceano d’informazioni?

Si tratta di un gioco con troppi giocatori, tutti diversi tra di loro, per poter basare la gestione di una iniziativa imprenditoriale soltanto sulle intuizioni personali e sull’esperienza maturata nel proprio campo. Parlando di gioco, il primo tavolo è Internet. Dalle nostre parti, però, siamo lontani da un utilizzo consapevole ed effettivo della Rete. Il problema, contrariamente a quanto si pensa, non sono le conoscenze che mancano. Piuttosto sono le conoscenze errate che ci sono. Il primo passo è accettare come ci si muova su un territorio nuovo con regole poco o per nulla mutuate dai suoi predecessori, i media tradizionali. È cambiato sostanzialmente tutto e provare a spingere “a forza” vecchi concetti in nuovi paradigmi è una prova di scarsa intelligenza territoriale. Partiamo da un dato. Non è possibile conoscere con esattezza quante pagine web esistano al mondo, ma limitandoci a quelle presenti nei principali motori di ricerca si arriva a un numero che oscilla fra i trenta e i cinquanta miliardi di pagine web. Va però precisato come le pagine raggiungibili dai motori di ricerca siano solo una piccola percentuale delle pagine web esistenti al mondo. Ci sono pagine assolutamente sconosciute, il cosiddetto deep web. Se si tiene conto anche di queste informazioni il numero di pagine web è stimato in almeno mille miliardi e la differenza rispetto alle pagine indicizzate è il cosiddetto “web invisibile”. Senza scomodare i mille miliardi complessivi, basterà concentrarci sui

50 miliardi di pagine recensite dai motori di ricerca per entrare nell’argomento. Pensare che la semplice realizzazione di un sito, l’apertura di una pagina Facebook o l’inserimento di un contenuto sul web abbia un qualche peso dimostra una sostanziale non conoscenza dell’ambiente nel quale ci si sta muovendo. Non parliamo di un telefono più complicato, ma di un ambiente comunicativo basato sulle interrelazioni. Gran parte del nostro problema d’interpretazione dei tempi è dato dal nostro “re-

La qualità del messaggio (che ovviamente rimane un parametro importante) diventa assolutamente secondaria rispetto la “qualità della veicolazione”. taggio televisivo”. La televisione ha un numero “finito” di opzioni. Anche dopo lo switch-off e la sedimentazione della tv digitale, i canali si contano, al massimo, in centinaia. Lo stesso possiamo dire dell’editoria su carta. Niente a che vedere con i numeri a 10 cifre che interessano il web. Eppure si continua a pensare ad Internet come una soluzione evoluta della Tv. In particolare nella comunicazione. L’attenzione è tutta puntata, nella migliore delle ipotesi, sulla costruzione del messaggio e sulla sua efficacia: un bel logo, un buon claim, una interessante campagna. Avere affrontato e risolto questi aspetti fa rite-

nere di avere risolto il problema. Ma provate a sciogliere un cucchiaio del migliore sciroppo di frutta che riuscite a preparare in un silos da 100 mila litri d’acqua. Pensate di riuscire ancora a sentirne il sapore? La qualità del messaggio (che ovviamente rimane un parametro importante) diventa assolutamente secondaria rispetto la “qualità della veicolazione”. Ma prima di parlare di questo, inseriamo un altro elemento di diversità tra vecchi e nuovi media. Partiamo dall’assunto che conoscere bene il proprio interlocutore è il modo migliore per definire il messaggio o il prodotto. Usando tv o giornali (e, in generale, tutti i media “unidirezionali”) possiamo contare su una conoscenza molto approssimativa del pubblico al quale ci rivolgiamo. Certo, esistono “prodotti di nicchia” anche nel mercato degli “old media”, basti pensare ai programmi o alle riviste fortemente specializzate. Ma in realtà potremo avere un quadro, comunque mai assoluto, soltanto dopo la diffusione del messaggio e solo attraverso un’analisi professionale ed attenta dei feedback. Sul web è diverso. In particolare da quando si sono inseriti due elementi nuovi: i social networks e gli UGC, un acronimo che ha trasformato tutto. Significa letteralmente user generated contents e, cioè, contenuti generati dagli utenti. Il cambiamento è stato tale che si è creato un nuovo termine, internet 2.0, proprio per sottolineare come si tratti di un nuovo paradigma di comunicazione. 7


Il Web 2.0 è un'espressione utilizzata per indicare uno stato dell'evoluzione del World Wide Web, rispetto a una condizione precedente. Si indica come Web 2.0 l'insieme di tutte quelle applicazioni online che permettono un elevato livello di interazione tra il sito web e l'utente come i blog, i forum, le chat, i wiki, le piattaforme di condivisione di media come Flickr, YouTube, Vimeo, i social network come Facebook, Myspace, Twitter, Google+, Linkedin, Foursquare, ecc. ottenute tipicamente attraverso opportune tecniche di programmazione Web e relative applicazioni web afferenti al paradigma del Web dinamico in contrapposizione al cosiddetto Web statico o Web 1.0 (Wikipedia). Occhio all’ultimo passaggio. La trasformazione da 1.0 a 2.0 si basa su una semplice contrapposizione: staticità contro dinamicità. Questo comporta come le strategie di web 1.0, centrate fondamentalmente sulla semplice presenza e sulla diffusione unidirezionale d’informazioni, siano le stesse degli old media. Ed hanno le stesse controindicazioni. Il cambiamento non è quindi “stare” o “non stare” su Internet ma conoscere e utilizzare questo nuovo quadro di comunicazione in maniera corretta e, principalmente, cosciente. Cominciamo dicendo come il centro di tutto, nella comunicazione 2.0, non sia più il messaggio. E nemmeno

8

il prodotto. Almeno non lo sono nel senso tradizionale del termine. Il centro di tutto è quello che viene definito engagment. Con questo termine s’intende la capacità di relazionarsi con i propri utenti, letteralmente può essere tradotto anche come “fidanzarsi”. Non si tratta, quindi, soltanto di “dire” qualcosa al proprio utente ma di conoscerlo, capirne le necessità ed i desideri e offrirgli, nei modi e nei tempi dovuti, quello di cui ha bisogno.

Il marketing è l’arte e la scienza d’individuare, creare e fornire valore per soddisfare le esigenze di un mercato di riferimento. Non soltanto la creazione del messaggio è quindi successiva all’identificazione del potenziale utente ma anche la stessa rete relazionale tra chi parla e chi ascolta cambia completamente rispetto ai media tradizionali. I grandi numeri che citavamo prima rendono il tutto totalmente discriminante: in un mercato di tali dimensioni, chi non si adegua è destinato a essere marginalizzato progressiva-

mente ed alla fine ad uscirne letteralmente. L’engagement, come il fidanzamento, non può quindi essere un’azione “finita”, che abbia, cioè, un avvio ed una conclusione identificabile. È un processo costante basato sulla lettura dei segnali (in particolare quelli definiti come social signs) ed il conseguente adeguamento della nostra comunicazione. Ma non può nemmeno basarsi esclusivamente su questo. Per avere una “storia da week-end” puoi anche basarti solo sul tuo aspetto e sulla parlantina (comunicazione). Se però vuoi fidanzarti sul serio è necessaria una reale concretezza ed avere qualcosa da offrire. Qualcosa realmente desiderata dal tuo interlocutore. In una semplice parola, devi avere un prodotto. Ed in questa babele di vecchie e nuove parole è il momento di rispolverarne una non proprio nuovissima: marketing. Per collegarci bene a quello di cui stiamo parlando dob-


"Gli sforzi e il coraggio non sono abbastanza senza uno scopo ben preciso e una direzione da seguire" John F. Kennedy biamo rifarci al significato reale, non a quelle assonanza con la comunicazione che ha “intaccato” il termine dalla fine degli anni ’90 rendendolo quasi un sinonimo di “pubblicità”. Leggiamo una delle definizioni di marketing più adottata, quella data da Philip Kotler nel 1967: Il marketing è quel processo sociale e manageriale diretto a soddisfare bisogni ed esigenze attraverso processi di creazione e scambio di prodotti e valori. È l’arte e la scienza di individuare, creare e fornire valore per soddisfare le esigenze di un mercato di riferimento, realizzando un profitto. E allarghiamo il campo con un’altra definizione, data dalla American Marketing Association: Il marketing è il processo che pianifica e realizza la progettazione, la politica dei prezzi, la promozione e la distribuzione di idee, beni e servizi volti a creare mercato e a soddisfare obiettivi di singoli individui e organizzazioni. Il fatto che in entrambe le definizioni venga utilizzato il termine processo ci aiuta a capire come il marketing non consista in una singola azione (esempio la vendita) o strumento (esempio la promozione del prodotto/servizio), ma è un insieme di attività finalizzate al raggiungimento di un obiettivo. Il marketing è l’insieme delle attività intraprese dall’azienda per soddisfare bisogni attraverso processi di scambio. Oggi, però, questo termine “contiene” i concetti di ascolto, comunicazione, creazione di valore e di relazione. Non è solo un processo manageriale, ma anche un processo sociale, basato sulla relazione tra chi vende e chi acquista. È l’insieme di tutte le attività volte a promuovere valori e soddisfare i desideri e i bisogni delle persone e dei

Internet si conferma un canale essenziale nella fase di pre-acquisto: ben 78% dei consumatori italiani pensa, infatti, che la Rete sia la fonte principale per la ricerca di informazioni su prodotti e servizi. mercati. Fare marketing significa quindi ascoltare, interagire, trasmettere valore e comunicare con i clienti (coloro che comprano i prodotti/servizi) e consumatori (coloro che utilizzano i prodotti/servizi), studiarne i bisogni e le preferenze per soddisfarli nel modo migliore, instaurando una relazione duratura e proficua per entrambi (azienda e consumatore). Come abbiamo già sottolineato, c’è una parola che rappresenta tutto questo: engagement. Si tratta di un processo multidisciplinare che ha bisogno, a monte, di un’attenta pianificazione e progettazione. E di tanta “conoscenza”. La necessità di agire, professionalmente e velocemente, è data dalla crescita esponenziale del mercato e la sua costante apertura verso nuovi strumenti, come l’ultimo arrivato: il mobile. Mettiamo un po’ di numeri intorno a questi concetti, riferendoci ai dati riassuntivi 2013 dell’Osservatorio Multicanalità, condotto da Nielsen, Connexia e la School of Management del Politecnico di Milano.

Nell’ultimo anno lo scenario digitale italiano è stato fortemente influenzato dallo sviluppo del mobile: la diffusione degli smart phone ha superato il 60% di chi possiede un telefono cellulare e quella dei tablet si aggira intorno al 15% della popolazione. Gli utenti attivi sul web tramite mobile sono aumentati in un anno del 17,2%, a fronte del calo del 3,4% di quelli che accedono alla rete tramite computer: una tendenza che conferma la massiccia e rapida diffusione dei dispositivi mobili. La rete si conferma un canale essenziale soprattutto nella fase di pre-acquisto: il 78% lo considera la fonte principale per la ricerca di informazioni su prodotti e servizi, il 74% lo usa per confrontare i prezzi e il 60% per individuare i punti vendita fisici dove poter effettuare l’acquisto. Emerge inoltre come il 40% dei consumatori 9


Chi usa dispositivi mobili per acquisti spende mediamente in più di chi compra attraverso computer desktop.

multicanale condivida sul web le proprie esperienze, positive o negative, su un prodotto o un servizio acquistato. Strettamente correlato alla multicanalità è il fenomeno dell’ecommerce, anch’esso in decisa crescita: gli acquisti online tuttavia si fanno ancora prevalentemente tramite pc (94%), fisso o portatile; lo smartphone è utilizzato solo dall’11% degli acquirenti mentre il tablet è

Conoscere per agire. L’analisi effettiva dei dati di mercato consente di fare le scelte giuste nel marketing dei propri prodotti. Ed in Rete sono disponibili tutte le informazioni. usato dall’10%. Anche se il mobìle è ancora poco utilizzato per gli acquisti, chi lo sceglie spende in media di più di chi fa acquisti da dispositivo fisso. Sulla base di questi dati appare evidente come, facendosi fare il sito dal nipote che “ne capisce di computer”, siamo ben distanti da un approccio reale al mondo del commercio e della comunicazione digitale. La “multicanalità” è un approccio che coinvolge sia aspetti tecnici che di comunicazione. Perché un messaggio sia in grado di essere perfettamente disponibile su diversi dispositivi, dal web al 10

mobile, dalla tv di casa alla Playstation, deve essere “pensato” in forma diversa. E realizzato in forma adeguata. Ma torniamo a quelle 50 miliardi di pagine. Mettiamo il numero per esteso perche dia anche visivamente l’idea di che cosa stiamo parlando: 50.000.000.000 di pagine. Spostiamoci dalle pagine alle persone, e analizziamo la sola utenza di Facebook. Parliamo di oltre un miliardo e 200 milioni di utenti attivi, in pratica il terzo paese al mondo dopo Cina ed India. Questo ci porta ad un’altra tipologia di approccio che emerge anche algebricamente. A fronte di un mercato conteggiabile in centinaia di milioni, qualsiasi percentuale di contatto può essere produttiva. Su un miliardo di utenti Facebook, raggiungerne “bene” appena lo 0,1% significa poter contare su di un milione di potenziali utenti. E ci sono molte attività che ambirebbero ad avere un mercato del genere. Stiamo parlando di un approccio al mercato chiamato “logica di nicchia” del quale parleremo diffusamente nelle prossime pagine e nei prossimi numeri e che rappresenta, indubbiamente, il metodo ottimale per fare incontrare la frammentarietà di un tessuto territoriale ed imprenditoriale come quello trapanese con la complessità della Rete. Detto così sembra facile, ma in realtà non lo è. Per niente. Per raggiungere in maniera efficace quello 0,1% devi cono-

scerlo a fondo, devi sapere esattamente cosa vuole e devi individuare strade e meccanismi per fornirglielo. Che non sono più quelli di una volta. Prendiamo un esempio sotto gli occhi di tutti: la comunicazione del neo presidente del Consiglio, Matteo Renzi, mutuata dalla strategia già attuata tempo fa da Obama negli USA e basata, sostanzialmente, su l’occupazione strategica dei social. L’uso di Twitter attuato dal Presidente del Consiglio bypassa completamente la comunicazione istituzionale, imponendo un dialogo diretto con l’elettorato. Ma la cosa non si ferma li. La corretta pianificazione gli permette una piena copertura anche sugli old media sui quali rimbalzano le posizioni espresse nei social networks. Questo ha modificato l’approccio comunicativo. Basti pensare alle conferenze stampa di Palazzo Chigi nell’era Renzi. Per ottenere questo effetto ha dovuto, però, ricodificare il dialogo, rendendolo più attivo e scenografico. In una parola, più social. Il linguaggio (verbale, non verbale e iconografico) non è mai diretto alla stampa, che pure affolla la saletta ma è “pensato” per essere condiviso in Rete. Perche non si tratta di portare i contenuti sul web, ma di creare contenuti che siano “adatti” alla comunicazione digitale. Rimaniamo sul confronto tra old e new media e parliamo di risultati. Se non bastasse il sorpasso registrato tra la pubblicità tradizionale e quella web, è stato dimostrato come una


pubblicità old media abbia un grado di credibilità inferiore al 20% mentre un consiglio di acquisto postato da un blogger qualificato convince fino al 85% i suoi lettori. Percentuali che schizzano fino al 93% nel caso di condivisioni di acquisto sui social. Come detto all’inizio, tutto è cambiato. Tranne noi. Quando si parla di conoscenze, aldilà di quelle tecniche, bisogna avere il coraggio di abbandonare ogni certezza e “studiare” con attenzione i mercati e i segmenti che c’interessano. Perché non è detto che il nostro pensiero sia la realtà dei fatti. Parliamo di turismo e prendiamo un caso emblematico basandoci sui dati messi a disposizione dal China Consumer Travel Report. La Cina non è proprio il target più adeguato alla nostra offerta turistica ma è un mercato dalle grande potenzialità sia dal punto di vista numerico, con 256 milioni turisti pronti a partire, sia dal punto di vista economico. Comunque risulta interessante ai fini del nostro ragionamento su come l’intuito non basti a gestire i nuovi assetti del mercato.

Conoscere per agire. L’analisi effettiva dei dati di mercato consente di fare le scelte giuste nel marketing dei propri prodotti. Ed in Rete sono disponibili tutte le informazioni. Per avere una idea dei numeri, sottolineiamo come tra il 2012 ed il 2015 la crescita del mercato travel in Cina sia stimata approsimativamente intorno al 34% e degli attuali 250 milioni di viaggiatori oltre il 50% nel 2014 abbia in programma di viaggiare e spendere di più. Dal punto di vista tecnologico, si prevede che il mercato online cinese crescerà del 116% e addirittura per il mobile le cifre diventano da capogiro, con un vero e proprio boom, che sfiora il 2.828%. I numeri sottolineano efficacemente quanto sia appetibile cominciare a cavalcare la “marea gialla”. Il punto è non lasciarsi fuorviare da false certezze o dai “sentito dire”, perchè ci farebbero clamorosamente mancare l’obiettivo. Quando parliamo di mercato turistico cinese, inevitabilmente ci si forma in mente l’immagine del tradizionale “gruppo vacanze” di asiatici sorridenti ed armati di macchine fotografiche. Quindi poggeremmo le nostre strategie sulle strategie di gruppo, organizzeremmo torpedoni ed itinerari fotografici con annessi e connessi. In realtà, invece, i dati ci dicono che i nuovi turisti cinesi non viaggiano in gruppo, o meglio, lo fa solo il 20%. Più di

uno su due (il 57%) viaggia in coppia, il 35% in famiglia e il 39% con amici. Un buon imprenditore lavorerebbe sulla coppia e sulla famiglia, che insieme ci permettono di raggiungere oltre il 70% di potenziali clienti, un’offerta completamente diversa, nella composizione e nella comunicazione, da quella del “gruppo vacanze”. Conoscere per investire. È sempre stato così, ma l’avvento del web ha estremizzato questa necessità. Di contro ci ha dato anche strumenti per soddisfarla. Bisogna solo conoscerli e saperli usare. Sempre sulla Cina c’è un’altro fattore macroscopico di conoscenza che ci fa comprendere quanto sia importante studiare con attenzione il proprio mercato. Non vi anticipiamo nulla ma poi andate a sfogliare lo speciale sui social networks e la classifica, abbastanza inaspettata, dei primi quattro social nel mondo. Proseguiamo a sottolinere come un’adeguata conoscenza sia fondamentale per organizzare un mercato, rimanendo in ambito turistico, e poniamoci una domanda: come si elabora una corretta timeline, cioè la calendarizzazione delle diverse azioni di produzione e promozione?

11


stra. Loro hanno una settimana a stagione disponibile per i loro viaggi. Conoscendo queste date ed incrociandole con gli anticipi medi nelle prenotazioni diventa quasi semplice comprendere come essere pronti a soddisfare la richiesta del potenziale cliente proprio mentre lui sta presumibilmente ponendo la domanda. Sono questi i dati che c’impongono una scaletta di marcia, non le nostre impressioni. Sulla base di questi flussi diventa importante farsi trovare “al posto giusto nel momento giusto”, rendendo disponibili offerte nei momenti in cui un maggior numero di potenziali clienti è alla ricerca del nostro prodotto. Queste considerazioni ci riportano al concetto iniziale dove le modalità con le quali viene veicolato il messaggio sono importanti almeno quanto il messaggio stesso. E che la qualità, in particolare nei nuovi mercati, batte agevolmente la quantità. Avendo una pagina Facebook che commercializza bistecche alla fiorentina, preferireste avere 2.000 “mi piace” da altrettanti amanti della carne o 10.000 di cui il 90% vegetariani? Avere delineato tutto questo, per quanto davvero per grandi linee, evidenzia con chiarezza come la conoscenza e la progettazione siano una condizione indispensabile per la crescita. E questo ci riporta alla domanda iniziale,

La lunga lotta contro le emergenze ci ha fatto dimenticare il valore e l’importanza della pianificazione in un settore strategico come quello dell’economia turistica

Qual’è il momento migliore per vendere un prodotto? Nel nostro esempio parliamo di turismo quindi la domanda è: quando è meglio mettere in circolo un’offerta turistica per massimizzare le possibilità di prenotazione? La risposta è: dipende. Partiamo da uno studio del sito specializzato Cheapair.com, che ha analizzato le tariffe di 4 milioni di voli acquistati nel corso del 2013. Dallo studio emerge come il periodo ottimale per l’acquisto varia a seconda del Paese in cui ci si trova. In Europa, per esempio, il momento in cui I biglietti mediamente costano meno è 151 giorni prima della partenza, in Medio Oriente, 80, in Nord America 54. Per i Caraibi conviene muoversi con 101 giorni di anticipo, per l'Africa 166, per l'Asia 129. In generale, lo studio indica che il momento migliore per acquistare un biglietto aereo per le vacanze di Natale (uno dei periodi di maggior traffico in tutto il mondo) è il 4 giugno. Aggiungiamo un altro elemento. In molti paesi del Nord Europa c’è una divisione delle ferie molto diversa dalla no12

quella del titolo: chi ha paura del piano marketing? Perché non si deve provare questa strada? La progettazione a medio-lungo termine può essere affiancata parallelamente da azioni concrete che, pur inserite nell’ambito del quadro generale, danno piccole risposte in tempi brevi o addirittura contestuali. L’obiezione classica delle “priorità”, quindi, non regge. Inoltre, tra le varie possibili iniziative tese alla promozione di un territorio, la pianificazione è sicuramente la meno “pesante” dal punto di vista finanziario. Questo per mettere a posto anche l’immancabile obiezione delle “vacche magre”. Non stiamo pensando ad alcun complotto, sia chiaro, il titolo è solo volutamente provocatorio. Nessuno ipotizza una sorta di Spectre malvagia che soffoca l’economia trapanese per loschi ed oscuri scopi. Pensiamo però che la lunga corsa all’emergenza abbia impedito di alzare lo sguardo e vedere il problema in forma più ampia. Questo è l’inizio di un percorso che vogliamo percorrere insieme ai lettori per mettere in campo conoscenze e strategie che possono aiutare lo sviluppo e rompere questo schema. Utima nota. Questo era il primo appuntamento ed abbiamo voluto spaziare su tutti gli argomenti per chiarire la nostra idea. Dai prossimi numeri punteremo su focus specifici e interagendo con il nostro sito web potrete partecipare alla selezione degli argomenti.


SpECIaLE SoCIaL NETworkS

the italian connections La donna non sarà mobile, ma il futuro lo è di certo. Mobile ed anche social. I dati dell’ultima rilevazione sull’uso dei social networks e dei dispositivi mobile in Italia ci restituisce dati inequivocabili. E questi sono solo quelli generali. Scendendo nel particolare si comprende come le nuove piattaforme stiano cambiando il modo di fare impresa, anche a livello locale.


specialesocial

lo SVilUPPo conDiViSo

Le gestione dei social media per l’impresa è ormai un fatto inevitabile. I numeri dimostrano come il mercato si stia spostando verso questi canali. E sono cambiate le regole del gioco.

In ogni numero di NETT Economy presenteremo un inserto di 8 pagine che conterrà informazioni, dati, strategie e tutorial per gestire nella maniera più cosciente la presenza sul web ed, in particolare, sui social media. Si tratterà, ovviamente, di informazioni di base che potrete approfondire attraverso l’area web sul portale trapanipiù.it. Gli inserti rapresenteranno comunque le dispense da utilizzare per i corsi online disponibili nell’area web. Nella pagina precedente avete avuto modo di vedere i numeri di cui stiamo parlando. La penetrazione dei social networks nella vita quotidiana è ormai assoluta. Anche il gap, la differenza con gli altri Paesi, si va assottigliando ed il prossimo avvento della banda larga potrebbe portarci al livello degli altri territori occidentali. In queste percentuali si trova una prima risposta alla domanda sull’opportunità o meno d’investire nella gestione di questo nuovo media. E la risposta viene rafforzata se si scende nel dettaglio, perche, se ben utilizzati, i social networks rappresentano un canale commerciale unico. Ma bisogna capirne le regole interne. La forza dei networks è data dalla loro capacità di diffondere capillarmente un messaggio attraverso le diverse forme di condivisione. Individuare cosa stimola l’utente a condividere un contenuto è il primo passo per innescare il meccanismo. Ma non è assolutamente l’ultimo. Intanto è importante comprendere bene chi sia il nostro utente potenziale. Ogni contatto, in qualche modo, “costa”, in termini di risorse o anche in termini economici, se si usano sistemi di advertising. Limitare i contatti ai soli potenziali “clienti” è un altro fattore importante. 14

E poi c’è il messaggio. La forza dei social nasconde anche il suo più grande pericolo. La condivisione non è un atto passivo. Chi pubblica un post nella propria bacheca può aggiungere un commento. E in molti casi diventa virale la “rivisitazione” fatta dall’utente piuttosto che il nostro messaggio. C’è un caso storico. Una campagna della Shell, la multinazionale del petrolio, che ha lanciato un concorso via Facebook per un nuovo slogan da usare in una campagna pubblicitaria. La Rete ha ribaltato il messaggio e la comunicazione, per la compagnia, è stata disastrosa. Tra le “proposte” più votate quella che vedete qui sopra. Eravamo a pochi mesi dal disastro in Artico ed il sarcastico claim recita: “Alcuni li chiamano disastri, noi le chiamiamo opportunità”. Niente di strano; lo strumento è ancora nuovo ed anche i grandi sbagliano. Questo, però, rende chiaro il pericolo che si corre approcciando questi strumenti senza le dovute precauzioni.

Oggi c’è un nuovo fattore: il mobile. L’interazione tra questi due strumenti ha reso Facebook & co. sempre più intrecciati alla vita quotidiana. E tra poco arrivano i Google Glass... Essere presenti in forma corretta su questa piattaforma “fluida” di nuovi media è un problema tecnologico, ma anche concettuale. In ogni caso necessità di “conoscenza”. Ecco perché è importante affrontare questi temi a livello locale. In un territorio che vuole proporsi come destinazione turistica, oltre alle strategie generali, è necessario che ogni singolo operatore possegga le competenze necessarie per la competizione. Sul turismo in particolare, inoltre,il tavolo da gioco è assolutamente planetario, quindi conta poco il raffronto con i propri “vicini”. E non c’è solo il turismo, come abbiamo detto. Si tratta di un nuovo modo di “condividere” lo sviluppo e acquisire le conoscenze necessarie a renderlo possibile. nett economy


documenti Facebook, Twitter, Google+ e tutti gli altri networks sono diventati uno strumento indispensabile di lavoro. Ma sappiamo usare quelli giusti per raggiungere il nostro obiettivo?

S i f a P r EST o a D i r E S o c ial Un post per ogni cosa Gli strumenti giusti per l’attività d’impresa

Non tutti i social sono uguali. Almeno non per le aziende. Il grafico a sinistra prende in considerazione Facebook, Twitter e Google+ secondo diversi parametri, partendo da quello della Relazione. Quelli che per Twitter sono Follower e Following, per Facebook sono amici e per Google+ sono persone. Mentre per Twitter non c’è modo di condividere nulla con gruppi o liste particolari, per Facebook le Liste consentono di condividere contenuti. Su Google+ questi gruppi diventano Cerchie e si ha la possibilità di rendere visibile o meno dei contennuti rispetto ad altri. Una differenza non da poco, se la paragoniamo a Facebook dove questo non è del tutto possibile. Gli ultimi due passaggi nel grafico aiutano ancora nel tentativo di individuare meglio le differenze. E quindi, da un lato su Twitter e Facebook quello che io inserisco è visto dai miei followers o dai miei amici, dall’altro su Google+ quello che io inserisco sarà visibile ad altri solo se io sono a mia volta presente nelle loro cerchie.

Nel secondo grafico analizziamo quale sia il network più “adatto” in base al nostro ruolo aziendale e l’obiettivo che vogliamo perseguire. Ed anche il modo più corretto per utilizzarlo al meglio. Se il vostro ruolo è quello dell’opinion leader e l’obiettivo è quello di “diffondere messaggi” verso persone presumibilmente interessate, lo strumento più adatto è Twitter. Dopotutto, la piattaforma di micorblogging è nata proprio con questo intento. Come si vede, la gestione del marketing dei prodotti è più complessa e va necessariamente “spezzettata” nelle diverse funzioni, ma appare chiaro come anche in questo caso c’è un social per ogni obiettivo. Inoltre ci sono strumenti che ormai sono diventati, in alcuni paesi, il canale principale nel proprio settore. Come nel caso di Linkedin che, negli USA, è da tempo il canale di selezione dei dipendenti più utilizzato in assoluto dalle aziende di ogni dimensione. 15


numeri

Nei prossimi quattro anni si presume un incremento del traffico mobile pari al 2.600 per cento

il nE T Wo rK cHE non Ti aSPETTi

Stare su Internet significa stare sul mondo. Ma il mondo, spesso, è diverso da come ce lo aspettiamo. Prendiamo i social networks. Se provassimo a chiedere quali sono i quattro social più diffusi al mondo la risposta sarebbe quasi unanime. Ma sarebbe anche sbagliata. Tra le piattaforme social più usate a livello mondiale ce ne sono alcune che non abbiamo neppure sentito nominare. Per esempio, il secondo maggiore social network dopo Facebook si chiama QZone. Nonostante sia utilizzato quasi esclusivamente in Cina, questo social conta ben 600 milioni di utenti attivi mensili ed è in continua crescita. È cinese anche il quarto social network più diffuso al mondo. Tencent weibo è una piattaforma di microblogging, la risposta asiatica a Twitter. Anche qui, gli utenti possono condividere messaggi di 140 caratteri o replicare quelli altrui. Inizialmente permetteva di usare soltanto gli ideogrammi, ma ora ha anche una versione inglese. Il russo è una delle lingue più parlate su internet. E anche quando si tratta di socializzare, i russi preferiscono un social network che parli la loro lingua. La distribuzione territoriale Sembra che alcuni governi abbiano una spiccata preferenza per social network a diffusione nazionale, più facili da controllare. L’area verde nella mappa a destra corrisponde a Cloob, una piattaforma social in lingua persiana molto popolare in Iran. Tutti i contenuti del sito sono controllati e possono essere censurati se contrastano con la legge iraniana. Gli utenti hanno a disposizione un gran numero di funzioni, alcune simili a quelle offerte da Facebook, altre più originali, come una moneta virtuale interna, un registro spese e un sistema di negozi virtuali per la vendita di beni e servizi. 16

Facebook ha difficoltà a penetrare in quest’area a causa dell’enorme popolarità di Vkontakte, il secondo maggiore social network in Europa. L’interfaccia è molto simile a quella di Facebook e anche le funzionalità sono più o meno le stesse; ci sono i like, i gruppi, le news, i messaggi privati e i filtri per la privacy. Una classifica interessante e sorprendente ma inutile per gli utenti finali dei social networks. Per le imprese il discorso diventa assolutamente diverso. Internazionalizzare, in particolare quando si parla di turismo, non significa soltanto mettere i contenuti nella lingua del nostro potenziale utente. Bisogna conoscerne la cultura, le esigenze e, prima di tutto, gli strumenti che usano. Pianificare una campagna social per il mercato cinese o su quello russo usando Facebook, se si punta sul mercato consumer, sarebbe una scelta sicuramente sbagliata dal punto di vista imprenditoriale. E se gli strumenti sono diversi, provate ad immaginare quanto potranno essere diversi i modi d’interagire e quindi, di fare veicolare un messaggio.


focus

i l g r an D E g

Se avete un hotel o una struttura ricettiva c’è un social che non potete permettervi d’ignorare. Si tratta di Google+. Vi spieghiamo perchè.

Hotel Finder (“Trova Hotel” in italiano) è il servizio offerto da Google per la ricerca di strutture alberghiere. Da poco presente anche per le ricerche in lingua italiana su google.it. Il servizio è molto appetibile, perchè posizionato in modo ben evidente a chiunque faccia una ricerca su Google per stringhe del tipo hotel + nome città (hotel trapani, hotel san vito, ecc...) su Google: subito dopo i risultati adwords e prima anche dei risultati di Google+ Local appare una barra di ricerca dall' utilizzo intuitivo in cui l'utente può inserire località e periodo di soggiorno.

Nella barra compaiono inoltre i prezzi più convenienti per ciascuna categoria di hotel. E' possibile ricercare gli hotel per categoria, servizi, prezzo ed altro. L'uso dello strumento è intuitivo e semplice. Per ciascun hotel viene inserita la scheda Google+ Local, se presente, le recensioni degli utenti e un giudizio complessivo per la struttura. Google Finder non offre il servizio di prenotazione diretto, ma utilizza i servizi dei portali da cui ha preso le informazioni relative alla struttura oppure indirizza direttamente al sito dell'hotel. Per poter recensire una struttura è necessario essere registrati con un account Google+. Ma vediamo di entrare un po’ “all’interno” di questo strumento.

Come si “entra” in Google Finder Non è necessaria alcuna iscrizione o registrazione: la creazione delle liste è generata automaticamente da Google utilizzando i dati Google+ Local e quelli dei portali di ricerca in ambito ospitalità più conosciuti (come booking.com o venere.com). Tuttavia, per attirare visite su questo canale, è imprescindibile avere una pagina verificata, curata ed ottimizzata su Google Plus Local. Per capire il perchè, osservate a fondo pagina due hotel presentati fianco a fianco all’interno di Google Hotel Finder a seguito di una ricerca: per l'hotel non verificato non sono presenti foto e descrizione, e non è presente la miniatura di presentazione. Come viene elaborato il giudizio complessivo per la struttura Hotel Finder presenta in evidenza le recensioni degli utenti per ciascuna struttura ricettiva e in aggiunta, per alcune strutture, un voto espresso in trentesimi. Le recensioni sono quelle che arrivano dalle vecchie pagine Google Local e dai portali di prenotazione (Tripadvisor, Booking, Venere, Initalia... ) E' presente poi un giudizio espresso in trentesimi su 3 aspetti: qualità, struttura e servizio, contrassegnato con un'etichetta rossa “Zagat”. Per il momento è presente solo per pochi hotel nelle principali città turistiche italiane, ma la copertura andrà ampliandosi.

Ma cos'è Zagat? Zagat è un servizio acquisito da Google a settembre 2011. Dalla guida di Google + leggiamo: “Zagat, da 30 anni, recensisce ristoranti, hotel, locali notturni, film, golf, shopping e innumerevoli altre categorie. La squadra editoriale di Zagat elabora il feedback inviato da utenti di tutto il mondo per estrapolare recensioni sintetiche e imparziali che aiutano i lettori a scegliere rapidamente le opzioni migliori”. Quindi, per avere un buon giudizio Zagat, non ci sono scorciatoie: è necessario essere recensiti, e bene, su altri canali.

17


Q&A

a V o lTE Ba S Ta c H iE D E r E

Questions and Answers, domande e risposte. Postate i vostri dubbi e le vostre curiosità sulle pagine web del nostro mensile e noi cercheremo di rispondere nella maniera più compiuta alle vostre domande. Le più interessanti verranno pubblicate su questa pagina.

A pagina 31 troverete il “lancio” dell’argomento generale del prossimo speciale. Se avete domande, curiosità e dubbi relative all’argomento proposto raggiungete la nostra pagina Facebook o raggiungete il nostro sito (http://netteconomy.trapanipiu.it) . E domandate! Q. Quanto spesso bisogna postare sui canali social? A. La frequenza con cui è più indicato postare dipende da diversi fattori, tra cui il tipo di pubblico e il social media utilizzato. Un post su Facebook ha una vita più lunga rispetto ad un Tweet, che può essere considerato obsoleto anche solo dopo un paio di minuti. Più che sulla quantità di comunicazioni, bisogna puntare sulla qualità. Avendo contenuti di qualità da condividere e un buon riscontro dal pubblico, vale la pena postare anche 5-6 Tweet e un paio di post su Facebook al giorno, senza per questo essere visto come spam. L’importante è avere un buon equilibrio tra qualità e varietà dei contenuti proposti. Semplici testi, foto, video, contenuti condivisi da blog, domande: tutto deve essere bilanciato in base agli obiettivi della tua strategia e alla propria audience. E poi il consiglio più importante: essere costante. Non c’è cosa peggiore che rimanere in silenzio su un social per giorni o addirittura settimane e poi bombardare improvvisamente il target di comunicazioni come se non ci fosse un domani. Si rischia di perdere credibilità e, quindi, di essere ignorato. A destra si vede una infografica generale, centrata su Facebook. Sono indicazioni di massima che vanno attualizzate sul proprio target, ma danno una idea dei flussi. Q. Come creo engagement su Facebook? A. Semplice, almeno da dire: proponendo contenuti di valore per il tuoi clienti. Affidarsi a contenuti organici, a pagamento, fare domande, contest, proporre offerte. L’importante è ricordarsi di non snaturare lo strumento. I social network nascono come piattaforme di condivisione e creazione di relazioni. Per stimolare l’engagement conta il coinvolgimento empatico tra la pagina e i fan. Usare l’account Facebook come una vetrina commerciale non incentiva gli utenti ad appassionarsi al brand e a sentirsi parte di una comunità virtuale. Visti i recenti aggiornamenti degli algoritmi di Facebook è di fondamentale importanza proporre contenuti di qualità e di valore, ingaggiando solo utenti interessati a ciò che l’azienda ha da offrire. Q. Non c’è nessuno su Google+: perché dovrei usarlo? A. Si parla molto del social di Big G, ma a quanto pare solo i markettari addetti ai lavori comprendono i vantaggi 18

che ne derivano, specie in termini di influenza del posizionamento organico. Le statistiche parlano di G+ come il secondo social media più popolare dopo Facebook, almeno nel cosiddetto “mondo occidentale”. Poi si scopre, chiedendo agli albergatori, che solo un numero ristretto ha un account ed è attivo su Google+. Il “problema” è che Google+ sta diventando il centro nevralgico del nuovo paradigma di ricerca di Big G e non essere presenti sul suo social network, anche con un’attività minima e costante, significa perdere potenziale visibilità e business. Un discorso a parte meritano le strutture ricettive e gli Hotel, dove il ruolo di Google+ appare determinante per la presenza corretta all’interno di Google Hotel Finder. Per maggiori informazioni su questo strumento l’eggete l’articolo di pagina 17.


glossario

M a c H E c T r H ai ?

Vocabolario dei termini più usati all’interno del complesso mondo del social media marketing e della comunciazione in rete.

article marketing Strategia di Advertising che mira a promuovere un'azienda o i suoi prodotti attraverso articoli redazionali. Lo scopo è di generare traffico diretto al sito inserendo links negli articoli pubblicati. Buzzing Forma di marketing virale che mira ad utilizzare l'opinione di bloggers influenti per ingaggiare discussioni attorno ad un brand, un personaggio o un prodotto. Crisis management La gestione delle crisi è il processo attraverso il quale una organizzazione si occupa di un evento che minaccia di danneggiare l'organizzazione, i suoi stakeholder, o il pubblico in generale. CTr (Click-Through rate) Uno dei parametri impiegati per misurare l’efficacia di una campagna online. Si ottiene dividendo il numero di utenti che hanno cliccato su un link per il numero delle visualizzazioni. Per esempio, se un link viene visualizzato dal web 100 volte e una persona ci clicca sopra, il CTR è dell’1%. Endorsement Indica la modalità di diffusione di un messaggio pubblicitario con l'intervento di testimonial chiamati a presentare un prodotto a potenziali acquirenti, dimostrandone il funzionamento in determinati contesti ed occasioni; in senso più generale si usa per definire l'uso di una persona contestualmente rilevante ai fini di una testimonianza positiva. Geotagging Letteralmente: Georeferenziazione Operazione che si esegue su immagini e documenti digitali digitali pubblicati, consistente nell'aggiungere dati riguardanti la posizione geografica cui i contenuti stessi si riferiscono (ovvero coordinate, direzione di orientamento ecc.). In questo modo diviene possibile ricercare sul web informazioni aggiuntive sulle lo-

calità "taggate" o, viceversa ricercare tutte le immagini relative ad una determinata posizione geografica. Glocal Glocalizzazione o glocalismo sono termini introdotti per adeguare il panorama della globalizzazione alle realtà locali, così da studiarne meglio le loro relazioni con gli ambienti internazionali. In Internet è un paradigma che mette in relazione un territorio bene delimitato con la rete. Influencer Sono tutti i soggetti, a vario titolo e tipo, che hanno una reputazione forte nel contesto in cui si deve operare e sono in grado di diventare opinion leader e influenzare un bacino di utenza, con i contenuti prodotti e certificati da loro. Location-based services (LBS) Servizi che utilizzano l'informazione sul punto geografico di un utente mobile per fornirgli risposte appropriate alle sue esigenze, in base alle caratteristiche del contesto circostante o alle sue abitudini, come informazioni su risorse attorno al punto dove siamo (vedi Geotagging). reputation La reputazione on line è l'elemento alla base di ogni consolidata presenza personale e aziendale. Social answer Si tratta di piattaforme che utilizzano la dinamica delle domande di utenti lasciando le riposte agli stessi utenti del social network con un'altra modalità di UGC come i wiki. Social customer caring Si tratta di soluzioni particolari di Custormer Care che, mantenendo gli obiettivi di gestione della postvendita, utilizzano le reti sociali per rendere più 'caldo' il dialogo tra utenti e operatori e permettere l'interazione con altri pareri pubblici.

Social media advocates / ambassador Sono utenti del media particolarmente attivi, entusiasti e fan.Da loro possono partire le azioni di passaparola più efficaci, data l'effetto virale che genera l'entusiasmo di un singolo all'interno di un gruppo. Social signs Definisce il complesso dell’analisi della presenza di un contenuto all’interno dei social networks. Comprende il dato numerico di condivisioni, like ed altri momenti d’interazione ma anche, più genericamente, una valutazione della sentiment analysis, indicatore che determina la qualità percepita dagli utenti rispetto ad un contenuto. Social tagging Definita anche come folksonomy (da folks, gente e thaxonomy, catalogazione). Si tratta della possibilità da parte degli utenti di etichettare con poche e personali parole chiave un qualsiasi documento o pagina web, il suo aspetto sociale consiste nel risultato finale che è la classificazione del punto di vista di molte persone non riconducibile a quello gerarchico di altra natura, più scientifico ma poco flessibile. Team collaboration Sono suite di applicazioni online che permettono a gruppi di lavoro e collaboratori esterni di interagire tra di loro pianificando gli aspetti temporali, il project management, il brainstorming, l'accesso e la produzione di documenti e risultati lavorativi finali e in continuo. web analytics Definisce delle tecniche con le quali si misurano i risultati di operazioni di web marketing e comunicazione on line in genere. Speciale Social NetworkS FiNe 19



altromarketing

l ’iM PrE S a r ES P o n S a B i l E

E se il modo migliore per promuovere la nostra impresa fosse quello di fare la nostra parte per il territorio? Quando l’economia permette davvero di prendere due piccioni con una fava Ormai è una vera e propria definizione. Un’impresa viene chiamata socialmente responsabile quando tiene in considerazione gli effetti della propria attività sia in relazione al singolo consumatore (offrendogli di conseguenza prodotti di qualità, affidabili, sicuri, e così via) che all’intera collettività (ispirando la filosofia aziendale al rispetto dell’ambiente, alla correttezza dell’informazione pubblicitaria, ecc.). Niente accade per caso. L’evolversi della comunicazione ha costretto il mondo dell’impresa a riflettere ed investire sulla propria responsabilità sociale, cercando attraverso di essa di ottenere legittimità presso il proprio ambiente di riferimento. La credibilità delle imprese verso i consumatori è genericamente in forte calo e il “buon nome della ditta” diventa spesso un fattore competitivo essenziale. Oggi si chiama brand awarness, ma il concetto è quello. Negli anni il marketing sociale ha subito notevoli cambiamenti trasformandosi, di fatto, in una serie di opportunità da sfruttare attraverso l’apertura di nuovi mercati attraverso l’utilizzo di strumenti innovativi. La tappa finale di questo processo evolutivo della responsabilità d’impresa è rappresentata dalla sua estensione anche ad altre attività, quali la sponsorizzazione di eventi di varia natura, le donazioni ad organizzazioni non profit, la partecipazione a campagne di marketing sociale, e così via. Un modello che sta conoscendo un’espansione eccezionale: a fronte del grande consenso del pubblico, si stima

qui lo fanno... il nio ha istituito mmercio di Mila co et di a bi er l'o m n Ca co La assi delle Buone Pr e ese selezionat Repertorio Web pr im le e lin on re lie a og lic cc bb tivo di ra ) per dare pu edizione 2012 on(a partire dall' cialmente resp so ti mportamen i. nt ca ifi al qu evidenza ai co iendali più az ti en em el li sabili e ag

i.camcom.it http://w w w.m

Le grandi aziende pubblicano periodicamente rapporti sulle azioni di responsabilità sociale ed anche le piccole imprese cominciano a seguire il trend

che circa il 70% delle imprese italiane finanzi iniziative di carattere sociale (precisamente il 64,4% delle PMI ed il 73,3% di quelle grandi). L’azienda dispone di molteplici modi per farsi carico della propria responsabilità sociale: essa può decidere d’impostare la propria attività produttiva in modo che preservi il benessere del consumatore e della società in generale, ispirare la propria politica interna ed esterna a principi di giustizia ed eticità, oppure partecipare con modalità diverse ad iniziative di tipo sociale. Sulla base di questa scelta s’imposta la campagna di comunicazione che non tende alla vendita diretta del prodotto ma a diffondere l’idea che la ditta svolga un ruolo attivo nel tessuto territoriale. Bisogna essere estremamente chiari. Il Marketing sociale infatti non ha nulla a che fare con un’azione di beneficenza. Le sue azioni contribuiscono alla soluzione di problematiche sociali ma, da parte dell’impresa, nelle finalità di simili alleanze è l’elemento economico che predomina: attraverso il supporto alle attività di organizzazioni non profit o alla promozione di cause sociali, l’azienda mira consapevolmente a specifici obiettivi di business (aumento dell’apprezzamento verso un prodotto o un servizio, miglioramento della brand awareness in senso ampio, raggiungimento di nuove nicchie di mercato, ecc.). Non è un caso che queste iniziative siano state definite come esempi di pubblicità d’immagine indiretta: attraverso un loro uso strategico infatti si perseguono miglioramenti nella complessiva immagine aziendale. 21


intervista

TE lo Do io i l TUr i SMo

Josep ejarque

Una destinazione di successo, parte nel creare l'offerta e il prodotto turistico, trovando la capacità di organizzare e segmentare la destinazione. Parola di Josep Ejarque, destination manager. Come fare in modo che lo sviluppo del territorio locale, nelle sue dinamiche e nei suoi frutti economici e sociali, rimanga in mano a chi lo abita? Come coordinare un’offerta turistica inevitabilmente distribuita tra una moltitudine di soggetti? Come affrontare la nuova competizione mondiale? Insomma, come si fa destination marketing? Josep Ejarque è considerato uno dei migliori Destination Manager europei. Il suo curriculum vanta un posto nel top management delle Olimpiadi di Barcellona e di direttore di Turismo Torino. Cosa fa un professionista del destination management? Gestisce il territorio, crea il prodotto turistico locale: coordina il sistema degli operatori privati dell’offerta turistica con il lavoro dell’ente di promozione territoriale. Deve insomma creare delle sinergie virtuose al fine di “vendere” meglio il prodotto turistico del territorio che gestisce. Una delle frontiere più interessanti del nostro lavoro è proprio quest’ultima: sviluppare una commercializzazione della destinazione. Come si sta sviluppando il management delle destinazioni italiane? Fino ad oggi il turismo italiano è sempre stato improvvisato, autogestito dai singoli. È mancata la professionalità di un management preparato a governare sistemi 22

complessi territoriali. Inoltre, il settore pubblico della promozione turistica è spesso formato da una cultura tecnica antiquata e da scarsa competitività. Oggi servono nuovi professionisti, con un bagaglio di competenze innovative, capaci di far dialogare le strategie del settore pubblico con quelle private e di portare a sintesi gli obiettivi di sviluppo di un territorio, di fare marketing territoriale. Quali sono le competenze necessarie? Parlerei piuttosto di predisposizioni personali, perché senza di queste le competenze non si riescono ad acquisire. Curiosità, grande ambizione, spirito di sacrificio, apertura mentale verso un mondo che cambia di continuo: sono queste le doti che cerco nelle persone per lavorare con me. Bisogna sapersi muovere bene nei processi economici, ma anche nelle dinamiche sociali di un territorio. . Un giovane che vorrebbe diventare Destination Manager che tipo di percorso dovrebbe intraprendere? Una formazione nuova, che spesso non si trova nemmeno nei corsi formativi. Deve avere una buona formazione marketing, una formazione economica, perché il turismo è un industria. Un Destination Manager è come il direttore di un supermercato, dove ci sono tanti prodotti. Deve essere in grado di organizzarli, in modo da dare la giusta visibilità. Deve avere inoltre una formazione in am-


Il Destination Manager nel futuro sarà fondamentalmente, un Destinazion Socialmedia Marketing Manager

bito relazionale, deve saper creare una rete manageriale parliamo di strategie. a volte enfatizziamo molto sui video, seppur molto belli, ma spesso totalmente distaccati dalla realtà locale. Non sarebbe il caso di andare oltre il video e quindi preoccuparsi di un dialogo con il tessuto locale? Il vero problema è la confusione che esiste in Italia, abbiamo una cultura molto incentrata su comunicazione e pubblicità. Una destinazione deve essere organizzata, le destinazioni si creano. Deve esistere una sinergia tra le varie realtà. Il problema è reinventarsi una destinazione, aldilà dello spazio territoriale, come un container dove il contenuto va creato. In Italia si ha una visione tutta italiana, un vecchio modello, dove non si vuole creare ma semplicemente far diventare prodotto qualcosa che magari non lo è e non lo potrà mai essere. Tutto è sganciato dalla realtà. In Italia, non c’è spesso volontà di imparare, perché pensiamo di sapere tutto. Cosa fare per avere un brand riconosciuto? Contollo attentamente le destinazioni che cambiano il proprio brand. Ma non è cambiando il brand che si cambiano o si risolvono i problemi. Una destinazione non conquista un brand riconosciuto attraverso l’evidenza grafica, ma bensì, la capacità di trasmettere sensazioni, di capire l’identità della tua destinazione e da questo iniziare il percorso. Il famoso brand della Spagna, quello di Mirò, ha 25 anni di vita e non pensano affatto di cambiarlo. La Francia lo ha cambiato dopo 15 anni, In Gran Bretagna lo hanno modernizzato. Un brand è soltanto la manifestazione grafica, dietro ci deve essere un piano strategico

Quale sarà il ruolo dei social media nel turismo? Ho scritto di ciò, e sono convito che il Destination Manager nel futuro sarà fondamentalmente, un Destinazion Socialmedia Marketing Manager, che è la leva, lo strumento che determinerà il professionista. Dopo un’attenta e profonda analisi, sono arrivato a questo convincimento. I Social Media, cresceranno nel turismo, perché daranno sempre più accesso a suggerimenti e giudizi. Questo ha cambiato molto il modo stesso di fare turismo e molto ancora cambierà Negli USA e in UK ormai si usa esclusivamente il social media management, sono Paesi dove la domanda è più avanti dell’offerta. Bisogna avere una strategia efficace onde evitare di farsi male. Se fai l’errore di far gestire il tutto a amici e parenti ovvero a non esperti, il rischio è molto alto. I Social Media, devono essere usati da chi è in grado di poterli gestire. Come si diventa una destinazione turistica di successo? Una destinazione di successo, parte nel creare l'offerta e il prodotto turistico, trovando la capacità di organizzare e segmentare la destinazione. Voler promuovere tutto, questo è il vero problema del turismo italiano. Una destinazione difficilmente può andare oltre 5 o 6 n punti di forza. Non si può “sparare” a tutto. Bisogna focalizzarsi su 2 o 3 elementi. In Italia la regione che ha lavorato bene è il Trentino, un esempio di grande rilevanza. Il settore turistico si deve intendere come realtà imprenditoriale e non da bottegaio, come spesso accade in Italia. L’imprenditore guarda lontano, il bottegaio guarda al giorno per giorno. Manca un processo di identificazione territoriale, una creazione della destinazione. 23


news

Nei prossimi quattro anni si presume un incremento del traffico mobile pari al 2.600 per cento

P r onT o, c H i Vi a g gi a È un dato di fatto: la febbre da mobile sta mietendo sempre più vittime. Sembra che si sia scatenata una vera e propria epidemia globale. I proprietari di smartphone aumentano a vista d’occhio e oggi solo negli Stati Uniti sono più del 76% della popolazione. Nei prossimi 4 anni questa situazione, definita ‘Mobile Warming’, porterà il traffico web da mobile ad un incremento pari al 2.600%. Nessun pericolo! Anzi un’ottima opportunità perché questo vuol dire che abbiamo un modo in più per raggiungere i nostri clienti ed essere connessi con loro. Ed è inutile opporre, come al solito, resistenza, facendo finta che questo fenomeno non esista. Bisogna semplicemente prenderne atto e soddisfare questa nuova do-

24

manda, adottando alcune misure ed alcuni accorgimenti fondamentali. Ed è sufficiente guardare alcuni dati per rendersene conto: -circa 6 miliardi di cellulari attivi nel mondo; - 88% delle ricerche legate ai divertimenti o al cibo sono fatte via mobile; - le ricerche via mobile sono cresciute del 400% nel 2013; - un’esperienza mobile poco gratificante indirizza ben il 40% degli utenti verso il sito di un competitor; - se un’attività ha un sito non ottimizzato per il mobile il 57% delle persone non lo raccomanda; - chi utilizza il mobile è 27 volte più propenso a prenotare un ristorante che ha un sito ottimizzato per il mobile. E ancora: l’83% della persone possiede un telefono cellulare e ben il 35% uno smartphone. Principalmente il mobile viene utilizzato per collegarsi ad internet (44%), ai social network (23%), per controllare le mail (38%), per fare fotografie (54%), per inviare foto e video (54%) e per scrivere messaggi (73%). Un dato interessante e al tempo stesso sorprendente è che le persone pur di non rinunciare per una settimana al proprio smartphone farebbero a meno volentieri dell’alcol (70%), della cioccolata (63%) e addiritura del sesso (33%). E questo conferma ancora un altro dato: ben 5 persone su 10 dichiarano di essere mobile-dipendenti. Non a caso, secondo una ricerca effettuata da lastminute.com, il 27% dei turisti inglesi non prenota alberghi che non hanno il wi-fi. La possibilità di essere connessi è più importante del lusso della struttura. Che ci piaccia o no le persone oggi sono sempre connesse e vogliono continuare ad esserlo anche quando sono all’estero. E non bisogna credere che un qualsiasi wifi vada bene perché anche la qualità e la velocità della connessione hanno una loro importanza. Ormai le vacanze non sono più un momento di ‘break’, di pausa dalla vita quotidiana. Il mobile è parte integrante dell’esperienza di viaggio: è utilizzato per effettuare ricerche, per condividere informazioni, foto e video e in generale per intrattenersi. oltre l’85% delle persone intervistate porta infatti in vacanza con sé il proprio smartphone o tablet, il 70% le macchine fotografiche digitali e il 31% l’ipod o un dispositivo MP3. E i più legati al mobile ovviamente sono i giovani che lo utilizzano anche nella ricerca di informazioni relative alla meta della propria vacanza. Secondo un’indagine condotta da Tradedoubler, 1 intervistato su 5 afferma di utilizzare il mobile per prenotare i propri viaggi, arrivando a sfiorare addirittura il 28% se si prendono in considerazione gli utenti tra i 25 e 34 anni. Le possibilità a portata di finger touch sono infatti così numerose che molti ritengono inutile rivolgersi ad un’agenzia di viaggio. Ben il 62% degli europei intervistati affermano che confezionarsi una vacanza dal proprio mobile, utilizzando solo apps e siti è facile e comodo. In crescita anche la tendenza a prenotare separatamente voli e soggiorno: solo il 41% cerca infatti pacchetti e solo il 20% offerte all inclusive.


nuovaimpresa

Di aM o c r E D i T o a i gi o Va n i

Dopo l'autoimpiego, ripartono gli incentivi Invitalia all'autoimprenditorialità, quindi i finanziamenti e prestiti a fondo perduto per le imprese, in particolare giovanili. Vanno bene le idee, i meccanismi e le strategia ma, come si dice, senza soldi non si canta messa. E per fare impresa servono soldi. La buona notizia è che qualche opportunità si è aperta, in particolare per i giovani con idee innovative. Dopo i finanziamenti per l'autoimpiego, infatti ripartono gli incentivi Invitalia all'autoimprenditorialità, quindi i contributi e prestiti a fondo perduto per le imprese, presentando apposita domanda a partire dal 3 aprile 2014. autoimprenditorialità Le agevolazioni dell’Autoimprenditorialità sono rivolte a società con maggioranza (numerica e in quote di partecipazione) composta da soggetti di età compresa tra 18 e 35 anni e la sede legale, amministrativa ed operativa nei territori di riferimento. I soci devono essere residenti in tali territori da almeno 6 mesi. Le società possono essere di nuova costituzione, oppure già esistenti purché sane dal punto di vista economico e finanziario e in attività da almeno tre anni. Sono escluse le ditte individuali, le società di fatto e le società aventi socio unico. Le agevolazioni sono essere erogate sotto forma di un mix tra contributo a fondo perduto e mutuo agevolato, e possono arrivare a coprire fino al 90% dell’investimento. Si suddivide in tre settori di riferimento: Produzione di beni e servizi alle imprese: per investimenti fino a 2.582.000 euro nei settori della pro-

duzione di beni in agricoltura, industria e artigianato oppure nella fornitura di servizi alle imprese. Sono escluse le attività nei settori commerciale, socio-sanitario, siderurgico, costruzione navale e delle fibre sintetiche. Fornitura di servizi: per investimenti fino a 516.000 euro nei settori fruizione dei beni culturali, turismo, manutenzione di opere civili e industriali, tutela ambientale, innovazione tecnologica, agricoltura e trasformazione e commercializzazione dei prodotti agroindustriali. Cooperative sociali: per investimenti fino a 516.000 euro per cooperative di nuova costituzione (258.000 euro per cooperative già esistenti). Le iniziative possono riguardare agricoltura, industria e artigianato oppure nella fornitura di servizi alle imprese. L’agevolazione riguarda le cooperative di tipo b, composte per almeno il 30% da persone svantaggiate ed esclude le cooperative di tipo a (servizi educativi e socio-sanitari). autoimpiego L’Autoimpiego si rivolge a maggiorenni non occupati e residenti da almeno 6 mesi nei territori di riferimento, che vogliano avviare piccole attività imprenditoriali. Le imprese devono avere sede legale, amministrativa e operativa nel territorio nazionale ed è prevista una verifica dell’effettivo possesso da parte dei soggetti richiedenti delle competenze necessarie alla realizzazione dell’iniziativa. I finanziamenti vengono erogati sotto forma di un mix tra contributo a fondo perduto e mutuo agevolato, e possono riguardare gli investimenti, la gestione dell’attività di impresa e la copertura di servizi di assistenza tecnica e gestionale con una copertura che arriva al 100% dell’investimento.

Anche l’Autoimpiego prevede tre possibili iniziative per l’accesso alle agevolazioni: Lavoro Autonomo Riservato alle ditte individuali, per investimenti non superiori a 25.823 euro. Le attività possono riguardare qualsiasi settore nell’ambito della produzione di beni, fornitura di servizi e commercio. La parte del finanziamento concessa sotto forma di mutuo agevolato dovrà essere restituita in 5 anni. Franchising In forma di ditta individuale o di società di capitali, permette l’attivazione di contratti di franchising nel settore con una serie di Franchisor convenzionati. La parte del finanziamento concessa sotto forma di mutuo agevolato dovrà essere restituita in 7 anni. Microimpresa I progetti dovranno essere realizzati da società di persone di piccole dimensioni per investimenti massimi previsti fino a 129.114 euro. Le iniziative finanziabili riguardano il settore della produzione di beni e della fornitura di servizi, pertanto è escluso il commercio. Le agevolazioni sono in parte sotto forma di contributo a fondo perduto e in parte di finanziamento a tasso agevolato, da restituire in 7 anni. Il Soggetto Gestore per il funzionamento degli strumenti di Autoimprenditorialità e Autoimpiego è Invitalia: per maggiori informazioni il link di riferimento è http://www.invitalia.it 25


community

T U T Ti in Si EM E a PP aSSi ona TaM E nTE Numeri e parole. Oltre a dare numeri ed iillustrare strategie, è il momento di discutere. Due pagine e un sito web per dire la propria sullo sviluppo del territorio.

Il progetto di NETT Economy non si ferma solo a questo giornale. Andando sul portale di trapanipiu.it potrete accedere all’area web dedicata. Li troverete un blog dove proveremo a tenervi informati sulle novità più interessanti relative al web, ai social media ed alle opportunità di marketing e business. Ci sarà un’area dedicata al Destination marketing ed al marketing turistico per hotel e strutture ricettive. Ci sranno corsi online con webinair per quegli imprenditori o professionisti che vogliono approfondire questi temi. Ed all’interno del palinsesto della web tv di TrapaniPiù ci sarà un programma settimanale d’informazione e approfondimento su questi temi. C’è molto altro per la verità, ma non vogliamo farla lunga e quindi vi basta andare sul sito per avere tutte le informazioni sull’argomento. E se volete, potrete iscrivervi per essere sempre aggiornati sulle novità che, ve lo preannunciamo, saranno davvero tante. Questa rubrica rappresenta il “ponte di collegamento” tra il giornale ed il web. Vi daremo le notizie e le anticpazioni su quello che stiamo preparando ma useremo questo spazio anche per fare la sintesi del dibattito che, siamo certi, si svilupperà intorno ai temi proposti. Perchè non abbiamo intenzione soltanto di diffondere informazioni sugli strumenti e le opportunità di sviluppo econo26

mico, ma vogliamo anche stimolare il dibattito, coinvolgere le imprese, scuotere i politici e trovare, insieme, le possibili direttrici di sviluppo. I dati dell’ultimo Rapporto “CongiunturaRes” redatto dalla Fondazione Res danno un barlume di speranza alla provincia di Trapani. Nell’andamento economico complessivo spicca l’aumento della domanda turistica con un flusso rilevato, a novembre 2013, di 2,1 milioni di persone. I settori trainanti dell’economia provinciale trapanese sono, quindi i servizi e il turismo, mentre il settore che è più in difficoltà è quello delle costruzioni. Il barlume, infatti, si spegne presto se si allontana lo sguardo dal turismo e si osservano i numeri generali. L’andamento dei prestiti a livello provinciale, tra dicembre 2011 e settembre 2013, vede il territorio attestarsi in calo del 3,2%. E siccome “la paura fa 90”, la crisi complessiva sta facendo emergere un calo drastico degli investimenti. Per quanto riguarda, infatti, la raccolta bancaria delle famiglie consumatrici e delle imprese, si scorge, secondo i dati della sede di Palermo della Banca d’Italia, da settembre 2012 allo stesso mese del 2013 una lieve crescita nel trapanese pari allo 0,9%. Un aumento dei risparmi in un momento in cui circola già meno denaro del solito, significa che la macchina sta proprio per ingolfarsi.


Meno economia che genera meno investimenti che, a loro volta, generano meno economia. Ed il circolo, pericolosamente visizioso, si chiude. Ma c’è quel barlume di speranza: la crescita turistica. Una risorsa illimitata e a portata di mano, con un territorio che contiene al suo interno tutte le caratteristiche ideali per essere un prodotto turistico a 360 gradi. Questo indica immediatamente alcune opzioni che potrebbero fare la differenza. Prima di tutto bisogna agevolare gli investimenti. E per farlo bisogna creare le condizioni e le opportunità. E c’è anche un settore pronto ad accogliere una iniezione di “nuova impresa”. Anzi, che ne ha disperatamente bisogno. Ovviamente parliamo di turismo, ma la situazione è complessa. La “guerra delle destinazioni” è in corso da tempo e si gioca su tantissimi tavoli. Al momento Trapani è completamente fuori dalla competizione. Se sovrapponiamo i dati di sviluppo turistico con i dati del traffico a Birgi possiamo notare una quasi totale equivalenza. Questo ha un’unica ed evidente spiegazione: siamo assolutamente dipendenti da Ryanair. Un dato che tutti diamo per scontato, ma non ci soffermiamo abbastanza a riflettere su quanto ci costi non essere una destinazione turistica autonoma. Il costo non è legato soltanto alle mancate presenze, ma pesa immediatamente anche nel rapporto con Ryanair. Se il territorio è richiesto dai turisti, ogni compagnia aerea a tutto l’interesse ad aumantere tratte e voli. Nel nostro caso, invece, l’attrattività è data essenzialmente dall’esistenza o meno di un volo low cost di collegamento. Appare quasi sostanzialmente corretto che gli irlandesi vogliano essere pagati “un tanto a turista”. Per comprendere quanto siamo “trovabili” dai turisti europei, se avete qualche amico all’estero, provate a fargli digitare su Google un qualsiasi termine che riguardi una delle eccellenze trapanesi: le spiagge, le saline. i templi dorici, l’archeologia o qualsiasi altra cosa gli venga in mente e che la nostra provincia potrebbe offrire. Ovviamente nella sua lingua e senza aggiungere alla ricerca

come usi internet per scegliere la tua vacanza?

quanto tempo impieghi a scegliere la tua destinazione?

quali elementi ti convincono a scegliere la tua destinazione?

alcun parametro territoriale. Come pensate che un turista scelga la destinazione della sua vacanza? In realtà non c’è bisogno che lo immaginate, perchè la ditta di rilevazione e analisi ComScore, in collaborazione con Google, si è già posta la domanda. Ed ha dato una risposta. I dai potete leggerli nelle tabelle sopra, ma la risposta è chiara. Un turista sceglie la propria destinazione con molto anticipo e “girovagando” nella Rete alla ricerca di posti che potrebbero piacergli, in base alle proprie predilezioni. I territori che non riescono a farsi trovare in quel momento sono tagliati fuori dal gioco. E noi siamo tra questi.

Il dibattito si è spesso centrato sulla necessità di mettere voli charter, interessare nuove compagnie e potenziare l’aeroporto. Ma qui nasce una discussione che potrebbe sembrare simile a quella dell’uovo e della gallina: sono i voli a portare turismo o il turismo a portare i voli? Se miglioriamo la nostra attività non saranno le compagnie a cercare noi? Ma il punto è: che strada prendere? Questo è lo spunto di discussione che, questa volta, lanciamo noi autonomamente. Il luogo di discussione è il nostro sito web dove potrete non solo dire la vostra, ma anche proporre i prossimi argomenti. Ci vediamo online. 27


prodotti

g al ax y n o te 3

Viaggio all’interno delle funzionalita del nuovo “phablet” di casa Samsung.

Costruzione ed Ergonomia Sono cambiate alcune piccole scelte di design. Il primo motivo per cui si potrebbe pensare di optare per questo Note 3 Neo, rispetto a Note 3 è comunque un passo avanti in quanto a comodità nel portarlo in giro tutti i giorni. Certo, sulla carta i millimetri risparmiati non sono poi così tanti (parliamo di circa 2 millimetri di larghezza e 3 di altezza), ma bastano per convincere chiunque preferisca la portabilità a scegliere questo, piuttosto del modello “standard”. Se “esteriormente” sono poche le differenze fra i due modelli, molto di più è cambiato

sotto la scocca. Il processore è adesso un Exynos Esa-Core (ovvero a 6 core) 5260. Parliamo di una CPU quad core da 1,3 GHz (Cortex A7) e una più recente dual core Cortex A15 da 1,7 GHz. Uno sostituisce l’altro solo in situazioni di reale bisogno, in modo da diminuire il fabbisogno energetico. La RAM è da 2 GB e la memoria interna, espandibile tramite microSD è da 16 GB. È presente NFC e la Wi-Fi supporta le due bande. 28

Fotocamera La fotocamera è da 8 megapixel ed è dotata di led flash. La fotocamera frontale è da 2 megapixel, mentre i video della cam principale si possono registrare “solo” a 1080p. Buona quantità di dettagli, buona luce e con l’HDR attivo una gamma dinamica ampia per scatti interessanti. Display Abbiamo a che fare con uno schermo da 5,5 pollici, comunque enorme, per essere uno smartphone. Ok per essere un phablet. Lo si potrebbe descrivere come: ampio, ben definito, molto luminoso (ma meno di Note 3 e altri top) e con colori molto contrastati. Questo perché lo schermo è un SuperAMOLED HD. Per chi però non ama gli schermi troppo “colorati” non sarà però possibile modificare la tonalità del colore come invece accadeva sul precedente modello. Software La vera “potenza” di questo dispositivo risiede nella S Pen che offre esattamente le stesse funzionalità viste sull’altro modello e ci permette, grazie ad un menù accessibile premendo il tasto sulla penna, di eseguire operazioni avanzate, in modo molto rapido. Possiamo per esempio realizzare un memo al volo), possiamo realizzare un ritaglio di qualsiasi applicazione stiamo utilizzando e raccoglierle in un album, possiamo prendere appunti sullo schermo e anche aprire applicazioni all’interno di una finestra, che abbiamo disegnato con il tratto della S Pen.

Browser Il software Samsung è spesso citato come uno dei migliori esempi sotto vari aspetti, ma a volte fra questi la fluidità del browser non è presente. Note 3 era esule da questi problemi e in buona parte lo è anche questo Note 3 Neo. Nonostante il processore meno performante i risultati sono stati soddisfacenti.

Multimedia Il comparto multimediale è sotto moltissimi aspetti identico a quello di Note 3. Molto buono il lettore audio e allo stesso modo molto completo anche il player video che con la funzione di sottofondo consente di gestire i video anche usando altre app. autonomia L’autonomia di questo Note 3 Neo, anche grazie alla batteria da ben 3100 mAh è una buona conferma. Con un utilizzo molto intenso arriverete comunque a fine serata, mentre con un utilizzo medio potreste riuscire a coprire due giorni lavorativi.



credits Per i contenuti di questo numero ringraziamo: Ninja Marketing (www.ninjamarketing.it) Web Marketing Turistico (www.danilopontone.it) FourTourism (www.fourtorism..it)

I graďŹ ci di questo numero sono stati presi da: pagina 6 > Ninja Marketing (www.ninjamarketing.it) pagina 6 > Web Marketing Turistico (www.danilopontone.it) pagina 6 > FourTourism (www.fourtorism..it)

i nostri partners Le aziende e gli enti che hanno scelti di partecipare al progetto di NETT Economy per una crescita consapevole dell’economia nel nostro territorio.

30


il preferito

l’e-book

Un facile prontuario delle tecniche di base per affrontare le strategie di web marketing delle strutture ricettive. Consigli, tecniche, dati ed informazioni per saperne di più e operare meglio.

Uno dei siti di rifeririferimento sul comcomplesso mondo del marketing sul web. Informazioni “fre sche”, spunti di ririflessioni e utili guide per un approcapproccio professionale ma comprensibile anche ai principianti.

l’evento

Social Media Strategies è l'evento pensato per i professionisti del l'ambito Social, focaliz zato su strategie e tecniche specifiche. Un'intera giornata di formazione, con interinterventi - tenuti dai mi gliori esperti italiani del settore

31



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.