4 minute read

PREMESSA

Gattinara

Il problema della de-industrializzazione ha coinvolto pesantemente tutte le regioni del nord Italia, le aree più scure rappresentano i territori maggiormente colpiti dal fenomeno: Gattinara è solo una dei paesi della striscia ex-industriale, prevalentemente tessile, che si snodava da Biella a Varallo.

Advertisement

Mappa delle aree industriali Alpine. di M. Modica, da Industrial Brownfield Sites in the Alps. A first Quantitative Overview and Potential Implications for Regional Development, in "Journal of Alpine Research | Revue de géographie alpine", (2019)

1. LA VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO INDUSTRIALE

1.1 LA PROBLEMATICA DELLE AREE INDUSTRIALI DISMESSE

Da sempre l’uomo trasforma, attraverso il lavoro e l’ingegno, elementi naturali in quanto materie prime per ricavarne specifiche utilità.

Il termine industria fa riferimento ad una produzione organizzata mediante macchinari all’interno di edifici. Muta nel tempo l’organizzazione del lavoro che viene trasformato da una produzione di tipo artigianale ad una di tipo seriale, con mansioni specifiche e parcellizzate per ogni addetto.

Dopo la prima rivoluzione industriale, avviene una nuova concezione della fabbrica, che svincolata dalla produzione energetica lungo i corsi d’acqua, si trasferisce progressivamente nelle città e nei mercati più ricchi di risorse primarie e lavorative. L’industrializzazione porta scambi economici e commerciali favorendo quindi lo sviluppo delle zone e delle città limitrofe dove soggiornano i lavoratori.

A partire dagli anni ‘70 del XX secolo, complici i cambiamenti a livello globale, in primis quelli tecnologici ed economici, e i fenomeni di delocalizzazione, in Italia avviene un evidente processo di de-industrializzazione che ha portato numerose fabbriche alla chiusura. Le aree industriali vengono quindi progressivamente abbandonate, generando grandi "vuoti" di difficile gestione, molto spesso con elevati costi di recupero del suolo costruito per via della presenza di edifici o materiali in stato di degrado e terreni da bonificare. Dato che tutte le aree industriali storiche, con riferimento in particolare ai siti nati dalla seconda metà dell’ottocento, presentano peculiarità caratteristiche è opportuno procedere con una metodologia su base scientifica, che prende il nome di archeologia industriale, approccio multidisciplinare nato in Inghilterra nel secondo dopoguerra, allo scopo di liberare e riutilizzare i reperti fisici che occupano questi luoghi. 1

Le aree dismesse dall’industria, di cui fanno parte anche i macchinari, le infrastrutture e gli archivi, sono banchi di prova delicati ed importanti per le città del mondo occidentali: «la chiusura e l’emigrazione dell’industria dalle città, con cui essa ha convissuto... verso nuovi territori, e l’abbandono di vaste aree, spesso situate vicino al cuore dei centri urbani, determinano forti ricadute politiche e procurano duri colpi economici e sociali alle comunità urbane...» 2

Per questo, negli ultimi anni, grazie ad una presa di coscienza collettiva, il processo di recupero è alimentato anche dalla questione ecologica e dai movimenti per il risanamento ambientale.

In Italia, si stima da valutazioni recenti che l’ammontare delle aree investite da processi di dismissione industriale ammonterebbe a oltre 50.000 ettari spartiti su tutto il territorio nazionale.3

1 A. Vitale Dismissione di aree industriali di grandi dimensioni, in “Ripensare il costruito, il progetto di recupero e rifunzionalizzazione degli edifici” (2004), pag. 230-231.

2 A. Vitale, Riconversione dell'edificio industriale, in "Costruire", n. 252, (2004).

3 D. Mazzotta, Archeologia industriale. La stagione del recupero, Istituto Universitario di Architettura dli Venezia, Dipartimento di Urbanistica, Venezia (1995).

Ex Manifattura Ceramica Pozzi, vista aerea, Fotografia di Francesco Petterino, Novembre 2021 1.2 DA VUOTO URBANO AD OCCASIONE DI RICONNESSONE

Si parla di metafora del vuoto o - grey area - cioè lacune dell’area sotto il profilo conoscitivo che necessitano di una connessione interdisciplinare, dall’urbanistica alla storia, dalla concezione delle caratteristiche strutturali alle metodologie di rilievo e progettazione.

Lo studio di queste peculiarità è diventata quindi una nuova branca di studi che prende il nome di archeologia industriale, con lo scopo di censire e catalogare aree circoscritte nel loro rapporto con l’ambiente ed il paesaggio.

Emerge il paradigma del riutilizzo dell’esistente, dato che «gli edifici industriali... vengono considerati da un lato nella densità delle memorie storiche, dall’altro lato, abbandonati e sottoposti ad un veloce degrado... residui di scarti oramai inservibili.»1

A dispetto della crescente consapevolezza sul significato del patrimonio industriale, si predilige spesso l’approccio della - tabula rasa - ossia dell’integrale cancellazione e sostituzione delle preesistenze.

Tuttavia, a fronte di estesi abbandoni, di processi di demolizione-ricostruzione, a partire dagli anni ‘90 si è puntato ad un approccio sostenibile, con interventi di tipo puntuale che si fanno carico per reinterpretare l’esistente e per adattarlo ad esigenze contemporanee. La complessità che contraddistingue questo genere di interventi scaturisce da un confronto con i caratteri e le identità dei luoghi industriali: • Il tema della connessione con la città di aree chiuse, separate ma strutturalmente legate al loro intorno: «aprire i varchi nei recinti industriali costituisce in primis l’azione fisica necessaria per porre in comunicazione queste aree con i quartieri cresciuti nel tempo attorno ad esse, una azione che può essere risolta tramite demolizioni estese... o accettando la natura introversa dei luoghi industriali tramite tagli e cuciture puntuali»2 . A seguito della seconda ipotesi, «la connessione può essere affidata... all’interattività delle funzioni insediate nelle aree dismesse e rafforzata dal disegno degli spazi pubblici interni od esterni... anche valorizzando quegli elementi di collegamento (canali, rogge, percorsi viari e ferrati) un tempo essenziali per il funzionamento delle fabbriche e spesso oggi ancora presenti...»2 .

• Il tema della conservazione, fisica e spirituale, della memoria industriale

«si confronta con complessi edilizi di dimensioni rilevanti... cresciuti spesso attraverso processi di modificazione e di progressiva saturazione dello spazio disponibile all’interno dei lotti... rende tutt’altro che scontata o naturale la scelta di che cosa conservare...» 2 .

This article is from: