F.I.O.R.I. impaginazione

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pubblicazione realizzata grazie al confinanziamento dell’ Unione Europea attraverso il Fondo Sociale Europeo

F.I.O.R.I. Formazione Intervento Organizzativo per la Ricerca e l’Innovazione

FORMAZIONE INTERVENTO ORGANIZZATIVO PER LA RICERCA E L’INNOVAZIONE




12 Prefazione Patrizio Bianchi 20 L’Azione Pilota: finalità strategiche, interventi realizzati e risultati raggiunti Claudia Galletti 26 Logiche e metodi di un progetto esemplare per la ricerca Bruno Carapella 40 I processi di professional building Cristiana Alfonsi 62 Gli interventi di Sviluppo Organizzativo Marcello Corbo 78 Il Modello di governo di F.I.O.R.I.: dal gruppo di progetto al monitoraggio delle attività Vincenzo Centofanti e Giuseppina Salinardi 88 La costruzione della community V. Moscato, A. Quintano A. Chianese, F. Cantone 96 Le visite di studio 106 Le testimonianze


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Prefazione Patrizio Bianchi

Fin dagli albori della propria storia l’università si caratterizza come un’organizzazione la cui attività ruota intorno alla produzione e alla diffusione dei saperi. La prima realizzata attraverso la ricerca. La seconda attraverso la didattica. Il circolo virtuoso che si attiva fra le due fasi, comporta che le conoscenze apprese rappresentino sempre l’ultima frontiera. Aggiornate continuamente dall’attività scientifica di chi insegna. Dall’esperienza della Schola medica salernitana, che molti considerano il primo esempio altomedievale di università, questo modello si è continuamente evoluto. Nel Medioevo, la corporazione del sapere basata su un contratto privato fra docenti e discenti è rinforzata da privilegi, concessi dall’Imperatore o dal Papa. Nel Rinascimento, istituzione sempre più pubblica, “scuola di comando” attratta nella sfera di gestione dei nascenti Stati nazionali e orientata al raffinamento e alla divulgazione delle tecniche e degli strumenti di governo presso le classi dirigenti. Nell’era moderna, “scuola di mestiere”, intesa come istituzione che deve formare professionisti e stimolare le capacità produttive. L’università ha dimostrato di saper interpretare, quando non anticipare, i bisogni delle varie epoche. Talvolta con ritardi, difficoltà e resistenze. Ma sempre nell’ottica dell’impegno al servizio della crescita del sapere e dello sviluppo socio-economico. E’ proprio in questa direzione che più recentemente una società altamente scolarizzata, fortemente internazionalizzata e immersa nei processi economico-finanziari della globalizzazione, ha affidato agli atenei una terza missione. Non più solamente l’investigazione scientifica tesa a scoprire i rapporti fra regolarità ed eccezioni. Non più solamente la trasmissione dei saperi e la riflessione metodologica su strumenti e tecniche per renderla sempre più efficace. La società contemporanea chiede all’accademia di aiutarla a realizzare il cambiamento e a produrre innovazione. Le chiede di trasmettere al territorio i propri risultati per generare sviluppo. Economico e sociale. Nell’ambito di questa terza missione il docente non genera e diffonde solo saperi, ma anche oggetti e tecnologie. Lo studente, da “apprendente”, si trasforma sempre più in apprendista. Al ricercatore è sempre più richiesto di essere sapiens e faber allo stesso tempo. Di investigare e aggiornare la conoscenza. Ma anche di trasformarla in opere dell’uomo.

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(1) La Ricerca e Sviluppo in Italia, ISTAT, 2006.

(2) I dati utilizzati in questa sezione provengono da due studi.

Dati consultabili su:

Valutazione Triennale della Ricerca (2001-2003), Comitato di Indirizzo per la Valutazione della

http://www.istat.it/dati/catalogo/20060307_00/inf0602ricerca_sviluppo_in_Italia.pdf.

Ricerca, 26 gennaio 2006, Adrea Piccaluga, Chiara Balderi, Consistenza ed evoluzione delle imprese

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spin-off della ricerca pubblica italiana, 25 settembre 2006 .

Acquisito un “oneroso onore” quale quello del trasferimento tecnologico, l’università si avvia a superare il modello humboldtiano. Da “scuola di mestiere” si appresta a divenire “scuola di innovazione”. Luogo di approfondimento delle scienze. Ma anche crocevia fra le discipline, ponte di collegamento fra diversi settori della società. Ciò è avvenuto o sta avvenendo, a seconda della lungimiranza degli attori coinvolti nel processo, in tutto il mondo occidentale. Non è forse un caso che in Italia il fenomeno si intensifichi proprio in questo periodo della storia della nostra politica industriale. I grandi successi imprenditoriali del dopoguerra, che facevano dell’investimento in ricerca un pilastro portante, sono ormai un ricordo. Del periodo in cui Edoardo Amaldi per la Fisica, Giulio Natta per la Chimica e Adriano Buzzati-Traverso per la Biologia conferivano un profilo di primo piano alla nostra produzione scientifica e solide basi all’innovazione, si legge solo nei libri di storia. Più che di quegli anni, l’attuale scenario è figlio delle iniziative dei decenni successivi. Quando la nostra ottima competitività economica nel settore low-tech si reggeva su due parametri: il basso costo del lavoro in Italia e la svalutazione continua della lira. Ora non possiamo contare più sulla prima leva. In fatto di costo del lavoro la concorrenza dei paesi del terzo mondo è imbattibile. E non possiamo contare più nemmeno sulla seconda. La nostra moneta, l’euro, è la stessa dei nostri principali competitori europei ed è forte anche rispetto al dollaro americano e allo yen giapponese. Questa è una delle ragioni principali che stanno alla base della rapida diminuzione della competitività complessiva del sistema Italia avvenuta negli ultimi anni. Se vogliamo che il paese recuperi presto terreno sullo scenario internazionale è giunto il momento di tornare a puntare sull’innovazione che crea sviluppo e riaccende i processi di crescita. Ma l’innovazione non si improvvisa. Non si acquista sul mercato mondiale della conoscenza. Non la si dona né la si riceve in base a più o meno altisonanti dichiarazioni di intenti. L’innovazione la si costruisce giorno per giorno nei laboratori e nelle biblioteche. Attraverso il sapiente e responsabile lavoro delle persone che operano nel campo della ricerca universitaria. Ma non è più possibile fermarsi sulla soglia dell’accademia. E’ indispensabile ricondurla all’interno dei processi produttivi. In questo senso la ricerca curiosity-driven, quella applicata e finalizzata, il trasferimento tecnologico e la creazione di imprese innovative diventano sempre più passi talvolta paralleli,

talvolta consecutivi, di un percorso tutto universitario. Fin qui l’analisi. Fin qui le necessità e le speranze del paese e del sistema universitario. Un interrogativo è d’obbligo a seguito di queste costatazioni. Da dove si parte? Come si imposta una svolta epocale come questa? Come di consueto i mutamenti consistenti degli assetti portanti di qualsiasi organizzazione complessa vanno pianificati, accompagnati e monitorati. Tanto dall’alto, quanto dal basso. Personalmente, il ragionamento top-down, per quanto inappellabile e doveroso, mi appassiona poco. D’altra parte i numeri parlano spesso un linguaggio molto più esplicito delle parole. L’Italia investe nella ricerca solo l’1,1% del PIL contro una media europea intorno al 2% e investimenti d’oltreoceano fra il 2,6% (USA) e il 3,2% (Giappone). Sicuramente insufficienti le risorse pubbliche. Scarso anche il contributo delle aziende che, ferme al 49,6% del totale (1) , soffrono inoltre delle piccole dimensioni caratteristiche del tessuto produttivo italiano. Ma perché l’investigazione scientifica dia i frutti che possano poi essere valorizzati e trasformati in innovazione, è necessario l’investimento consistente di risorse umane e finanziarie. Tutti lo sanno. Tutti lo dicono. Le massime istituzioni politiche ed economiche non perdono occasione per sottolinearlo. Eppure nessuno lo fa. Quando si parla di conoscenza, le parole “rischio d’impresa” e “investimento” vengono sostituite da “spesa”. Quasi sempre un capitolo da tagliare per risanare. In sostanza è sempre più evidente che nel futuro le università dovranno provvedere in misura crescente alla propria sopravvivenza. Ed è qui che inizia quella parte del ragionamento che ritengo altrettanto importante e sicuramente più governabile, in quanto quasi totalmente dipendente dalla decisione di agire o meno. Le università lo sanno e si stanno organizzando. Secondo un processo bottom-up, e sulla base di relazioni già avviate o in fieri con le forze produttive dei territori di appartenenza hanno già avviato percorsi originali di interpretazione della terza missione. Ciononostante lo scenario non è assolutamente definito, le eccellenze regionalmente mal distribuite e i successi a macchia di leopardo. Anche in questo caso i numeri ci vengono in aiuto (2) . I brevetti presentati dalle università statali nel triennio 2001-2003 sono 604. Con una concentrazione piuttosto equa tra Nord-Ovest, Nord-Est e Centro. Contrapposta a una performance nettamente inferiore di Sud e Isole. A testimonianza dell’effervescenza degli atenei,

anche il periodo 2002-2005 registra lo stesso trend positivo. Il portafoglio di brevetti delle università aumenta del 190%. Ma registrare un’invenzione non è sufficiente. Nonostante sia un passo decisivo per la protezione della proprietà intellettuale, esso è ancora privo di quell’elemento di commercializzazione che rende anche la conoscenza prodotto a servizio dei bisogni del tessuto sociale. La domanda da farsi è quale sia il numero delle licenze concesse. In questo caso i dati a disposizione sono meno esaustivi. Nel corso del 2005, su un campione di 49 università, sono stati conclusi 55 contratti di licenza. In media 1,7 per ateneo. Tuttavia le licenze non sempre producono un ritorno economico significativo. Talvolta vengono addirittura cedute gratuitamente. Dando vita ad una evidente contraddizione in termini. Per quanto riguarda gli spin-off, il recente espandersi del fenomeno è ancora più evidente. Circa l’80% delle 454 imprese attive ad oggi sul territorio nazionale sono state costituite nel corso degli ultimi sette anni. Le prime pionieristiche esperienze di spin-off nel contesto italiano erano localizzate nell’Italia Centro-Settentrionale. In particolare in Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Toscana. Nonostante si registri una recente espansione del fenomeno verso il Sud, a più di tre decenni da quell’inizio, oltre il 60% degli spin-off è localizzato nell’Italia Settentrionale. E’ fuori dubbio. L’università italiana ha avviato la terza missione. Tuttavia si tratta ancora dei frutti di logiche locali e del volontarismo di singoli soggetti. Manca ancora una logica di sistema che faccia emergere modelli condivisi e li sottoponga a valutazione e monitoraggio periodici. D’altra parte, ci sono voluti alcuni secoli per organizzare un primo modello stabile per le prime due missioni dell’università. E’ quindi comprensibile che per la terza la strada da percorrere sia ancora lunga. Riuscire a valutare le prospettive di innovazione di un prodotto scientifico. Misurare le potenzialità di un committente nel creare margini di profitto. Calarsi nei panni di un imprenditore per misurare accuratamente l’opportunità e i rischi di un investimento. Pensare sul lungo periodo per garantire consolidamento e vitalità alle iniziative. Sono tutte sfide ormai irrimandabili, ma che aprono un ventaglio di temi su cui è necessario riflettere. Primi fra tutti le competenze e i modelli organizzativi. Per fare tutto ci vuole un fiore. A questa conclusione arrivava la notissima canzone di Sergio Endrigo. Parafrasando il cantatore

come timide scintille dell’innovazione? Tanti F.I.O.R.I. dunque. Da questa riflessione è nato F.I.O.R.I., il progetto finanziato dal MIUR e gestito da Fondazione CRUI, RSO e Città della Scienza, del quale questo volume analizza obiettivi, metodi e risultati. Ma F.I.O.R.I. è anche un acronimo. Formazione e Intervento Organizzativo per la Ricerca e l’Innovazione. In poche parole l’obiettivo è stato quello di puntare all’acquisizione di saperi e metodologie che consentano alle università di presentarsi prontamente all’appuntamento con gli ultimi finanziamenti europei disponibili per le regioni dell’Obiettivo 1. Nell’ottica poi di costruire team efficaci per progettare iniziative di trasferimento tecnologico si è intervenuti da una parte sul miglioramento organizzativo e il lavoro in team. Approfondendo dall’altro le conoscenze di docenti e personale tecnico amministrativo sui processi che portano da un’idea ad un elemento di innovazione. Non è stato facile. Ogni sede conosce il proprio territorio ed elabora modelli ritagliati su di esso. Diventando spesso gelosa e abitudinariamente vincolata al già fatto, al già sperimentato. Una sorta di contraddizione in termini quando ci si confronta sui temi dell’innovazione: i bacini, tanto di finanziamento quanto di utenza, si allargano al di là dei confini tradizionali. È a questo punto, infatti, che entra in gioco l’azione strategica della CRUI e della sua Fondazione. In particolare, fin dalla propria nascita, quest’ultima si è dedicata perlopiù alla trasformazione delle indicazioni strategiche della CRUI in progetti complessi e servizi, soprattutto a vantaggio del sistema universitario. Con il tempo, come frutto delle energie creative che dall’interno hanno spinto il processo, ciò ha dato vita ad un fitto network di relazioni che oggi costituisce le fondamenta su cui si regge l’azione quotidiana di entrambe le organizzazioni. Dal punto di vista strettamente progettuale la Fondazione fonda la propria azione sulla promozione e l’adozione di modelli migliorativi per il sistema, la cui elaborazione si basa su una vasta esperienza nel coordinamento e nella valorizzazione delle competenze esistenti, ma spesso celate all’interno delle università. In questo senso la Fondazione rappresenta oggi una vera e propria “agenzia per lo sviluppo del sistema universitario”. Unica organizzazione a livello nazionale in grado di convogliare energie produttive in entrambe le direzioni: dall’università al paese e dal tessuto produttivo e istituzionale verso gli atenei. In quest’ottica, uno dei punti nodali attorno ai quali si è svolto l’intervento progettuale di F.I.O.R.I.,


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potremmo affermare che la ricerca è il fiore dello sviluppo. Ma se invece di un singolo fiore potessimo averne a disposizione un intero mazzo? Se invece della Ricerca, termine spesso usato con la lettera maiuscola e in un’accezione fin troppo teorico-metafisica, potessimo mettere assieme “le ricerche”? Ossia tutte quelle opere dell’ingegno che nascono negli atenei è stato quello della valorizzazione del capitale umano. I docenti, i ricercatori, il personale tecnico e quello amministrativo rappresentano il bene più prezioso attraverso il quale proiettare le università dall’era del trasferimento tecnologico come iniziativa episodica a quella dell’innovazione come obiettivo sistemico dell’attività quotidiana. L’università di massa si confronta con i regolamenti e le procedure che caratterizzano le nuove forme della democrazia. Con il moltiplicarsi dei portatori di interesse. Con la necessità di forme evolute di gestione e di controllo per garantire la qualità delle attività universitarie. Per svolgere al meglio queste funzioni l’accademia deve cambiare prospettiva e iniziare a considerare la dicotomia docenti/personale tecnico-amministrativo non tanto un proprio limite storico quanto la propria sua più importante peculiarità. E’ vero, si tratta di due mondi diversi. Di due modi di interpretare l’avventura universitaria. Ciononostante, professionalità così spiccatamente differenti e, allo stesso tempo, così necessarie allo svolgimento della mission accademica devono trovare un nuovo assetto. Soprattutto nel momento in cui, nel realizzare la terza missione, diventa sempre più stringente che i docenti partecipino ai processi organizzativi. Fornendo l’orientamento scientifico e le linee strategiche. Riconoscendo però ai loro omologhi del comparto tecnico e amministrativo quelle indispensabili capacità di organizzazione, gestione, verifica e controllo che gli sono proprie. In sostanza si tratta di rinforzare in ambito accademico la capacità di lavorare in team. Puntando più sulle convergenze che non sulle divergenze. Focalizzando su quanto è possibile contribuire per il raggiungimento dell’obiettivo. Principalmente su questo hanno puntato sia la formazione sia gli interventi di carattere organizzativo di F.I.O.R.I. In questo senso il progetto ha rappresentato la più importante iniziativa di sistema nel campo dello sviluppo delle competenze e delle strutture di management della ricerca. Ma finché un progetto non si trasforma in un processo consolidato non è possibile scrivere la parola fine. È necessario invece chiedersi come proseguire

perché i risultati raggiunti possano essere capitalizzati, approfonditi e consolidati. Come spesso accade negli ultimi decenni, anche in questo caso è forse opportuno volgere lo sguardo oltre confine. Ad esempio, le esperienze di Francia o Spagna, a noi vicine per cultura, dimensioni e istituzioni, ci aiutano ad individuare un possibile percorso di successo. Già alla fine degli anni ’90 i due paesi hanno investito fondi pubblici in strutture di coordinamento nazionali tese alla valorizzazione dei risultati della ricerca pubblica. Ciò in funzione di un contributo sostanziale allo sviluppo del potenziale innovativo del paese attraverso il sostegno alla nascita di imprese altamente innovative, generando una cultura della valorizzazione di quanto prodotto dal mondo della ricerca pubblica, spesso sottoutilizzato e sottostimato. Si tratta di iniziative lungimiranti, che richiedono professionalità complesse, in grado di aggregare esperienze, capacità e competenze diverse. Si tratta, in scala più ampia, di ciò che i liaison office e gli uffici per il trasferimento tecnologico degli atenei già fanno per i rispettivi dipartimenti e territori. Non si tratta dunque di inventare nulla, bensì di collegare meglio l’esistente. Ottimizzandone le iniziative. Potenziandone le ricadute attraverso un coordinamento sistemico e permanente. Immettendo nuove competenze relative ad alcune fasi del processo di valorizzazione delle attività di ricerca, grazie anche all’utilizzo di professionalità esterne. Ciò produrrà nel tempo standard di accompagnamento della crescita di idee imprenditoriali innovative e modelli nuovi, efficienti e coordinati di gestione e valutazione delle attività di trasferimento tecnologico. L’università ha dimostrato sempre un’incredibile capacità di adattamento ai grandi mutamenti della storia. La terza missione rappresenta solo il più recente. Ed è per questo che viene spesso percepita con quella duplicità di fascino e timore che accompagna spesso le novità. Ciononostante le energie già esistono. Bisogna solo metterle a sistema. Il moto è già stato avviato. Bisogna solo renderlo perpetuo e autosufficiente. Sfide interessanti e inevitabili che dovranno orientare il nostro lavoro nell’immediato futuro.



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L’Azione Pilota: finalità strategiche, interventi realizzati e risultati raggiunti Claudia Galletti

Il nuovo quadro programmatico 2007-2013 ha ridefinito strategie, ruoli e competenze degli attori centrali e locali della politica a sostegno della R&STI e Alta Formazione. La Pubblica Amministrazione, nelle sue varie articolazioni, in tale contesto evolutivo viene chiamata ad esprimere una nuova progettualità improntata ad una maggiore integrazione degli interventi, ad una concentrazione di risorse su obiettivi chiari e condivisi, ad un’elevata attenzione alla valutazione dei risultati. Il profilarsi del nuovo scenario di riferimento ha portato in luce una crescente necessità delle amministrazioni delle regioni ex-Obiettivo 1 connesse al potenziamento delle competenze in materia di programmazione, progettazione, gestione, monitoraggio e valutazione proprie del personale interno dedicato, nell’assoluta consapevolezza dell’importanza rivestita dal capitale umano nei processi di innovazione dell’azione pubblica. Per dare una risposta alle istanze provenienti dal mondo pubblico, il MIUR ha dunque promosso, nell’ambito del Programma Operativo Nazionale Ricerca Scientifica, Sviluppo tecnologico, Alta Formazione 2000-2006, un’Azione Pilota diretta non solo a sviluppare le conoscenze e abilità tecniche del personale, ma altresì a favorire la creazione di reti interistituzionali e sovraregionali tra quanti a vario titolo sono interessati al settore della R&STI e Alta Formazione, con il fine ultimo di introdurre nuovi modelli organizzativi e metodologie di lavoro in grado di tradursi in un innalzamento della qualità dei servizi resi in tale ambito dalla P.A. Con l’intento di pervenire alla formulazione di un’offerta formativa coerente con le necessità di professionalizzazione degli operatori, l’Azione Pilota è stata progettata partendo dalle caratteristiche quali-quantitative delle domande di servizi formativi delle singole amministrazioni rilevate dal Ministero a seguito dell’emanazione dell’Avviso 1734/2004. La ricognizione dei fabbisogni formativi degli enti realizzata dal MIUR ha reso possibile la definizione di interventi mirati e in grado di contribuire allo sviluppo delle capacità di ideazione e di governance di progetti di Ricerca e Sviluppo Tecnologico e di Alta Formazione. L’Azione Pilota ha preso pertanto forma partendo dalle istanze e dalle direttrici strategiche di sviluppo espresse dalla comunità professionale di riferimento per la quale è stato predisposto un insieme integrato di azioni di formazione e di assistenza.

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(1) La Linea di intervento A è attuata attraverso il progetto PARSEC realizzato dall’ATI CNR-FORMEZ. (2) Le Linee di intervento B e C sono attuate attraverso il progetto F.I.O.R.I. realizzato dall’ATI RSO, Fondazione CRUI, Città della Scienza. (3) La Linea di intervento D è attuata attraverso il progetto FOSTER realizzato dalla Fondazione

(4) La Linea di intervento E è attuata attraverso il progetto KARMA realizzato dall’ATI CENSIS, Area Sciente Park di Trieste, INTERACT, LSE- London School of Economics and Political Science. (5) Dato in progress

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(6) Dato in progress

Guglielmo Tagliacarne

In coerenza con le finalità della Misura III.3 - Formazione di alte professionalità per adeguare le competenze della Pubblica Amministrazione in materia di R&STI e relativa valorizzazione -l’Azione, dal carattere sperimentale, è stata distintamente finalizzata ad adeguare il sistema delle competenze del mondo pubblico nella: - formulazione di indirizzi programmatici e nello sviluppo ideativo di interventi di Ricerca e Sviluppo Tecnologico e Innovazione e Alta Formazione, in coerenza con gli obiettivi ed i contenuti del Quadro Comunitario di Sostegno, dei Programmi e Iniziative comunitari, del Piano Nazionale della Ricerca, degli strumenti di incentivazione nazionali e regionali, dei programmi e delle iniziative a interesse regionale; - gestione di programmi e di azioni in accordo con il quadro programmatorio definito dalle amministrazioni pubbliche; - sviluppo di strategie volte a rafforzare i raccordi e le integrazioni tra le amministrazioni che a vario titolo intervengono nella filiera della R&STI e dell’Alta Formazione; - ricerca di soluzioni organizzative ottimali per l’innalzamento della qualità dei servizi offerti in materia di R&STI e Alta Formazione. L’ Azione si è articolata in Linee di Intervento in funzione di gruppi di destinatari individuati e raggruppati in base all’omogeneità dei fabbisogni formativi espressi: - Linea A : Amministrazioni Regionali e Locali ed Enti pubblici funzionali (1)

conoscenze generato dalle diverse esperienze progettuali, è stata definita una Linea di Intervento (Linea E) (4) “trasversale e di accompagnamento” ai progetti citati, finalizzata a promuovere la condivisione e la trasferibilità dei risultati raggiunti, in un quadro di coordinamento generale dell’Azione Pilota, con particolare attenzione al monitoraggio qualitativo e alla valutazione in itinere delle attività formative. Gli interventi e i risultati delle attività di formazione e di assistenza realizzate nell’ambito dell’Azione Pilota sono stati periodicamente pubblicati nel Portale www.karma-pa.it che ha reso disponibili a tutti gli attori delle diverse Linee di intervento una pluralità di servizi e di fonti informative (articoli, approfondimenti, link, newsletter, etc.) sui temi federatori dell’iniziativa. In un’ottica di condivisione delle conoscenze, il Portale ha offerto la possibilità di promuovere e di rendere visibili le iniziative poste in essere dai soggetti attuatori e di veicolare in modo capillare contenuti ed esperienze sul campo alla comunità professionale impegnata per lo sviluppo delle politiche nel settore. L’Azione ha coinvolto 156 Amministrazioni (5), per complessivi 3651 dipendenti (6), sviluppando: - Percorsi di formazione di base e avanzati sugli Ambiti tematici individuati preliminarmente attraverso la rilevazione dei fabbisogni condotta dal MIUR e successivamente puntualizzati in base ad un’analisi condotta a livello di singole organizzazioni aderenti all’iniziativa, realizzata dai soggetti attuatori al fine di personalizzare l’offerta formativa nel rispetto delle specificità dei distinti target group; - Visite di studio presso centri di eccellenza e istituzioni nazionali ed europee mirate al confronto e al benchmarking su approcci, politiche e soluzioni nel campo della R&STI;

- Linea B : Università, Enti pubblici di Ricerca - Linea C : Istituti di Alta Formazione artistica, musicale e coreutica (A.F.A.M) (2) - Linea D : Camere di Commercio I. A. A. (3) Inoltre, per promuovere la più ampia integrazione di saperi, la valorizzazione delle attività e la diffusione del patrimonio di

- Azioni di Sviluppo Organizzativo mediante interventi di affiancamento organizzativo mirati alla revisione e innovazione procedurale, all’impianto di unità funzionali per la governance di interventi, all’esplorazione di fonti di finanziamento nazionali e comunitarie per l’avvio di nuove iniziative,etc.;

- Interventi di divulgazione e diffusione di informazioni (convegni, seminari di studio, etc.) selezionati sulle tematiche oggetto dell’Azione Pilota; - Web community di allievi ed esperti della materia che, a valle dei processi di formazione in presenza e on line, si sono confrontati sulle tematiche della R&STI e dell’Alta Formazione, mediante il supporto dei canali di comunicazione in rete; - Ricerche di settore e materiali documentali originali di approfondimento. Il carattere sperimentale dell’iniziativa e i risultati raggiunti in termini di messa a punto di metodologie e di sviluppo di reti relazionali prefigurano sin d’ora il carattere di replicabilità delle politiche di intervento individuate e degli approcci adottati dai soggetti attuatori presso altri soggetti istituzionali e in ambiti territoriali diversi. Costituiscono infatti risultati tangibili dell’Azione Pilota: - la messa in comune tra le Amministrazioni partecipanti di approcci metodologici e di strumenti operativi da attivare nella progettazione e nella gestione di progetti del mondo pubblico; - il rafforzamento delle competenze professionali e la valorizzazione del capitale umano impegnato nella definizione delle politiche e nella realizzazione di programmi di intervento; - la creazione di reti professionali, di conoscenze e contatti tra gli attori delle diverse amministrazioni a cui ricorrere di volta in volta in sede di progettazione e sviluppo di nuove di iniziative nel settore; - l’impianto e lo sviluppo in alcuni enti selezionati di nuovi presidi organizzativi in grado di concorrere alla definizione delle strategie di intervento e alla gestione di progetti di sviluppo nel campo dell’Alta Formazione e della R&ST.

La valutazione di impatto prevista a conclusione di tutte le attività in cui si articola l’insieme delle Linee di Intervento consentirà tuttavia di verificare in modo più compiuto e puntuale gli esiti diretti e indiretti prodotti dell’Azione Pilota. A tale riguardo si sottolinea come la stessa abbia conseguito risultati non solo in riferimento all’obiettivo specifico connesso alla creazione di nuclei di competenze e di reti relazionali tra la pluralità di soggetti istituzionali che si occupano specificatamente di R&STI e Alta Formazione, ma altresì ha inciso sulla crescita delle conoscenze e sulla diffusione di metodologie di lavoro applicabili in modo trasversale ai processi di attuazione delle politiche e dei programmi realizzati nel quadro di finanziamenti pubblici e dei Fondi Strutturali. La lettura critica dei dati e delle informazioni prodotte dal sistema di monitoraggio quali-quantitativo dell’Azione Pilota e dei risultati raggiunti consentirà dunque al MIUR di verificare l’efficacia e la replicabilità del modello di intervento che individua una vera e propria Azione di sistema finalizzata ad innalzare la capacity building della P.A. L’attività di verifica ancora in corso di svolgimento, che in itinere ha contribuito in modo determinante ad individuare i nodi critici della realizzazione degli interventi formativi consentendo di adottare tempestivamente gli opportuni correttivi, renderà possibile infatti rivisitare ex post il modello messo a punto per le differenti fasi del processo attuativo dell’Azione Pilota (sistema di analisi dei fabbisogni, impianto metodologico degli interventi, sistema di monitoraggio e valutazione, azioni di accompagnamento, etc). Tale modello potrà in tal modo, attraverso le opportune implementazioni e personalizzazioni dell’esperienza condotta, essere messo a disposizione di altri contesti istituzionali e territoriali, rispetto ai quali il MIUR potrà garantire nell’attuale programmazione un’adeguata assistenza nel trasferire il know-how accumulato e nel coprogettare azioni avanzate per la crescita culturale e manageriale del sistema pubblico della R&STI e Alta Formazione.



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Logiche e metodi di un progetto esemplare per la ricerca

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Bruno Carapella

L’attuazione del progetto F.I.O.R.I., secondo quanto indicato dal disciplinare del MIUR, ha tenuto conto, sin dalla fase di progettazione preliminare, di una serie di vincoli, ambiti e confini coerenti con le finalità del Bando e con gli obiettivi generali dell’azione pilota. Il primo ambito riguardava le dimensioni fisiche del progetto, la caratterizzazione massiva dell’intervento: 2600 persone destinatarie dell’attività formativa, tutti gli atenei del mezzogiorno coinvolti nell’attuazione del progetto, le istituzioni di ricerca che operano nell’ambito sanitario nelle Regioni del Sud, le istituzioni di alta formazione musicale, artistica e coreutica. Il secondo vincolo riguardava i tempi di attuazione, fortemente costretti dal ciclo di programmazione del PON 2000/2006 e che, quindi determinavano una serie di scelte progettuali molto focalizzate e dirette, da una parte, ed impedivano un approccio seriale e consecutivo al project cycle specifico di F.I.O.R.I., imponendo una caratterizzazione attuativa di tipo parallelo ed una metodologia olistica nella costruzione del progetto nel suo complesso. Il terzo confine di intervento è stato il carattere sperimentale proprio del Progetto Pilota del Ministero dell’Università e della Ricerca. La sperimentalità dell’intervento richiedeva che il progetto in fase di attuazione assumesse alcuni tratti caratteristici: la definizione degli obiettivi specifici da raggiungere, la misurazione dei risultati ottenuti rispetto alle ipotesi preliminari, l’analisi delle varianze, la replicabilità della sperimentazione, la messa in comune dei risultati della sperimentazione. Il quarto confine riguardava, infine, la costruzione di una community più ampia dell’apporto dei singoli destinatari, uno spazio aperto nel cui ambito formare ed informare, diffondere e replicare, confrontare e misurare. Questa sfida era ben delineata nella nostra progettazione preliminare che si poneva l’obiettivo di costruire una working & learning community come finalità e come mezzo, ad un tempo, per la diffusione dell’innovazione nelle istituzioni coinvolte. Gli ambiti ed i confini sopraindicati hanno preso corpo nella fase di progettazione, trasformandosi da vincoli in obiettivi caratterizzanti il Progetto F.I.O.R.I. e, quindi, cangiando la loro natura da limiti a opportunità e risorse potenziali.

Questo salto logico e concettuale ci ha consentito di far convivere dimensioni e requirements differenti, divergenti e, in alcuni casi, contrastanti. Ad esempio la caratterizzazione massiva dell’intervento e i suoi tempi richiedevano soluzioni progettuali in ambito formativo che, in qualche modo, fossero omogenee, standardizzabili e replicabili su vasta scala. Al contrario la eterogeneità della platea dei destinatari, le diverse esigenze formative, i profili di competenza differenti, imponevano la costruzione di percorsi formativi adattivi ed appropriati all’analisi dei fabbisogni formativi effettuata in fase preliminare. Per affrontare questo problema e questa disfasia e trasformarla in un carattere specifico del progetto abbiamo individuato sulla base dell’analisi dei fabbisogni formativi l’insieme dei profili professionali che dovevano caratterizzare l’intervento e che erano centrali e strategici rispetto agli obiettivi generali di innovazione del sistema. Quindi, abbiamo lavorato alla costruzione di una library modulare caratterizzata da una moltitutidine di moduli didattici elementari, componibili a loro volta all’interno di percorsi formativi specifici e coerenti con i profili professionali individuati. Questo modello di intervento formativo ci ha consentito di costruire una mappa dei percorsi formativi articolata ed appropriata alle esigenze, fruendo allo stesso tempo di una progettazione delle unità didattica di alta qualità, omogenea e replicabile. Una dicotomia analoga si presentava nell’ambito dell’intervento di sviluppo organizzativo. Le istituzioni destinatarie, al di là della differente mission aziendale (università, istituti di ricerca sanitaria, policlinici), presentano caratteristiche dimensionali e organizzative assai differenti. Peraltro, il cammino di innovazione per migliorare e strutturare la ricerca ed il trasferimento presentano tratti assai divergenti tra le diverse istituzioni e livelli di consapevolezza e di attuazione molto eterogenei. Al tempo stesso l’intervento di carattere sperimentale imponeva la condivisione dei percorsi e dei risultati, la messa in comune di risorse, la individuazione di soluzioni replicabili. Anche in questo caso abbiamo cercato di trasformare il confine in uno spazio condiviso e la differenza in un valore aggiunto. Infatti i Cantieri di sviluppo organizzativo hanno lavorato attraverso modelli, metodologie e approcci codificati,

classificabili e replicabili, all’intorno di priorità strategiche ed organizzative proprie di ciascuna delle istituzioni coinvolte. Il carattere sperimentale dell’intervento ha convissuto e si è arricchito di analisi tailor made in modo da costruire percorsi di sviluppo organizzativi appropriati ed al tempo stesso replicabili e misurabili. Nel costruire il progetto e nello sviluppare soluzioni che trasformassero i vincoli in opportunità abbiamo lavorato fondamentalmente avendo due paradigmi concettuali di riferimento: - un approccio diagnostico-interpretativo delle criticità della ricerca in Italia, che consente di classificare ambiti di intervento, selezionare priorità, focalizzare gli interventi - una visione processuale dell’innovazione come modello di intervento basato su un concetto di innovazione diffusa.


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1) integrazione L’integrazione delle conoscenze e delle capacità è condizione indispensabile per una ricerca di qualità, più efficace, che produce innovazione e scoperta. Un modello di organizzazione che integra strutture e processi disciplinari e di produzione delle conoscenze di base produce valore aggiunto sia per la didattica, sia per l’eccellenza nel campo della ricerca. 2) programmazione

La definizione di un modello di riferimento consente poi di orientare il lavoro di analisi/diagnosi delle diverse strutture destinatarie dell’intervento per superare le aree di criticità, individuare le aree di miglioramento e orientare gli interventi verso le eccellenza, a seconda del posizionamento dell’istituzione stessa verso le diverse dimensioni strategiche. L’approccio diagnostico-intepretrativo, consente poi di analizzare una istituzione di ricerca, rispetto ad alcuni modelli ideal-tipici presenti in Italia ed in Europa e, quindi verificare la distanza

tra l’essere all’interno di quel modello ed essere “eccellente” all’interno di quel modello. Ovvero, consente di verificare le criticità e i gap che le organizzazioni presentano per raggiungere un modello istituzionale e strategico coerente. Questo non significa che esiste un unico modello ideal-tipico di istituzione eccellente: tutt’altro. Esistono modelli istituzionali e strategici, infatti, differenti che sono permeati da coerenza interna ed esterna e che, quindi, assicurano un alto standard prestazionale rispetto alla mission-strategia propria delle istituzioni.

Una istituzione di ricerca eccellente lavora per programmi ed obiettivi, adotta sistemi di programmazione e controllo in grado di valutare l’efficacia ed efficienza dei programmi, sviluppa una cultura interna della “rendicontabilità”, opera attraverso tecniche moderne di project management ed è in grado di monitorare costantemente il rapporto tra obiettivi e risorse. 3) trasferimento Il trasferimento verso le imprese, il territorio e la comunità scientifica si organizza attraverso adeguate strutture per diffondere la conoscenza prodotta dalle sue attività di ricerca verso il sistema delle imprese locali, ha un programma operativo di pre-incubazione di nuove idee imprenditoriali per realizzare start-up di nuove imprese basate sulla conoscenza, contribuendo allo sviluppo e alla crescita dell’economia della conoscenza, è in grado di dialogare e connettersi al mercato attraverso strumenti e modelli appropriati (industrial liasion office).

Programmazione

capacità di sviluppo e di ricomposizione di presidi tecnici e scientifici multi disciplinari, flessibilità e differenziazione dei ruoli della ricerca scientifica

capacità di accesso/utilizzo/ formazione di risorse umane qualificate, risorse finanziarie e tecnologiche adeguate per sviluppare ricerca

AREA AREA

M

G

Sistema di relazione capacità di creare adeguate interfacce altamente professionali tra la propria organizzazione di ricerca e il territorio

LIO

N

I

4) sistema di relazioni La struttura eccellente è protagonista riconosciuta dalle governance locali per le dinamiche di sviluppo socio-economico del territorio di riferimento, E’ protagonista principale delle politiche di sviluppo locale, integra ed adegua i suoi programmi di ricerca e trasferimento di tecnologie alle strategie di sviluppo locale. È nodo di una rete tra istituzioni eccellenti nazionali ed internazionali. Questo approccio diagnostico ci permette di classificare le diverse istituzioni di ricerca coinvolte nell’intervento rispetto alle diverse dimensioni dell’eccellenza e di verificare posizionamento e criticità principali.

Integrazione

TO

a) L’approccio diagnostico-interpretativo è stato costruito analizzando alcune strutture di ricerca eccellenti in Europa e identificando attraverso un modello pluridimensionale le variabili che costituiscono gli elementi caratterizzanti l’eccellenza. Un sistema di ricerca eccellente è stato, in tal modo classificato secondo quattro dimensioni principali

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RAME

EC

CELLENZA

Trasferimento modelli e sistemi di trasferimento e diffusione delle conoscenze prodotte con le attività di ricerca


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b) La visione processuale dell’innovazione significa considerare le variabili che intervengono nella fase di evoluzione-cambiamento come un flow di risorse, contesti, strumenti interdipendenti ed in qualche modo sovrapposti e non come uno stock definito e lineare di interventi.

Questa visione è coerente con un modello di innovazione diffusa che si sviluppa e si realizza attraverso percorsi sperimentali, replicabili in contesti e situazioni differenti, che possono permeare l’istituzione nel suo complesso, partendo dalla micro organizzazione della risoluzione di criticità-esigenze

elementari, sviluppando abilità e tecniche di innovazione che sono estendibili progressivamente. Questa visione può sembrare limitante, in quanto prescinde da alcune variabili esogene al sistema (contesto istituzionale, framework legislativo, situazione socio-economica del

contesto). Tutt’altro: il progetto F.I.O.R.I. non ha sottovalutato queste dimensioni di sistema, ma abbiamo ritenuto che il Progetto potesse intervenire su queste variabili solo al termine della sperimentazione, in termini di restituzione dei risultati e di accountability del progetto e che tempi, risorse e committmenti

stessi del Progetto dovessero produrre risposte e soluzioni innovative, anche minute, ma misurabili, confrontabili e replicabili. Questa modello di intervento di sviluppo organizzativo ha consentito di aggredire esigenze e priorità differenti, lungo gli assi delle dimensioni di criticità individuate

Strumenti

Strumenti

dal diagnostico e, soprattutto, di costruire percorsi di innovazione e di cambiamento indipendenti dalle dimensioni organizzative ed istituzionali di riferimento, coinvolgendo istituzioni differenti per mission, storia, dimensioni (l’Università di Palermo, l’Università del Sannio, il sistema della

Strumenti

Istituzione tradizionale

Strategie

Organizzazione

Organizzazione

Istituzione creativa

Strategie

Organizzazione

Strategie

Istituzione porosa

Analisi Analisi

Diagnosi

Forte focalizzazione sulle strategie Bassa capacità operativa Capacità di produzione conoscenza inadeguata rispetto alle strategie/attese

Competenze

Lavorare sui processi attuatuvi Creare condizioni per i talenti, per la creatività e l’innovazione

Diagnosi

Organizzazione efficiente della didattica/ricerca Ambiente adatto a stimolare l’innovazione Competenze adeguate Bassa integrazione con il territorio

Favorire la cooperazione istituzionale

Competenze

Strutturare modelli di interfaccia con le imprese Favorire gli effetti di spillover

Analisi Capacità di produrre Know how e innovazione, forte propensione e riprodurre, diffondere Bassa capacità realizzativa Bassa integrazione con il territorio

Competenze

Diagnosi Lavorare sui processi di integrazione Innalzare il livello delle competenze di controllo e monitoraggio


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ricerca sanitaria ed ospedaliera in Campania, ad esempio) ed in alcuni casi consentendo di riusare le soluzioni. In ultimo, questa visione processuale dell’innovazione ha consentito di coinvolgere e rendere partecipi e protagonisti delle innovazioni, che progressivamente sono state avviate, le

figure professionali (docenti, dirigenti funzionari e ricercatori) direttamente interessate al processo di cambiamento specifico, abilitando così al percorso di innovazione ruoli professionali differenti e che raramente avevano cooperato all’interno delle istituzioni.

TESTO TERRITORIALE N O C

Micro Organizzazione

Progetti di innovazione e trasferimento

EWORK LEGISLATIVO FRAM

ION ISTITUZIONALE MISS

Relazioni interne ed esterne

Cantiere di Sviluppo Organizzativo

Priorità

Criticità

STRATEGIA

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Il lavoro di campo ha costituito la dorsale su cui costruire il percorso di innovazione diffusa e favorire lo sviluppo di una community. Da una parte, l’intervento formativo, anche attraverso gli strumenti di community network resi disponibili (portale, forum, etc…), ha consentito a funzionari e dirigenti provenienti da istituzioni differenti per territorio, dimensione e mission di mettere a valore comune competenze, di manifestare esigenze e criticità, di cooperare nell’obiettivo formativo. Le aule spesso sono diventate una palestra di confronto, anche vivace, alcune volte di lagnanza che, però ha prodotto esigenze e domande condivisi nell’aula e, spesso, riportate attraverso il sistema di knowledge management del progetto, in altri luoghi ed in altre aule. In altri termini, le oltre 110 aule attivate in nove mesi non sono state monadi auto consistenti, ma il sistema di conoscenza e diffusione del progetto (dai tutor ai docenti, al portale) ha consentito di tenere aperta una agorà formativa nella quale idee, criticità, esigenze, formative, domande di cambiamento sono state messe a fattore comune. Dall’altra parte, l’intervento di sviluppo organizzativo è stato realizzato attraverso team di professionisti che hanno condiviso a monte metodologia ed approcci ed hanno progressivamente costruito un data-base delle criticità e delle priorità che via via emergevano dalle diverse istituzioni e dal confronto con docenti e dirigenti coinvolti nei diversi Cantieri di sviluppo organizzativo. Questo ha consentito un continuo travaso di idee, una verifica congiunta e costante delle praticabilità e sostenibilità degli interventi, una messa in comune degli input che provenivano dai diversi contesti, assicurando, in altri termini, un percorso di condivisione reale tra i vari luoghi di intervento e la possibilità, infine, di riuso e replicabilità delle soluzioni. L’obiettivo di costruire ed alimentare una learning & working community ha caratterizzato tutte le attività progettuali; ad esempio le visite di studio all’estero e, più in generale le attività di confronto e relazione internazionale. L’apertura internazionale della community è indispensabile e può contribuire a fare uscire le nostre istituzioni universitarie e di ricerca dal cerchio di gesso dell’autoreferenzialità, favorendo il confronto, la verifica, il benchmark. In questo senso la community stessa è una forza, in quanto assume

quella massa critica e quella capacità di diffusione e condivisione che i singoli atenei non possiedono e/o non sono in grado di attivare. Le visite di studio sono state concentrate su quattro istituzioni (Barcellona, Oviedo, Oulu e Grenoble) che presentavano caratteristiche interessanti in quanto avevano lavorato con successo sulle quattro dimensioni critiche della ricerca e del trasferimento (integrazione, programmazione, sistema di relazioni e trasferimento). Le visite hanno consentito a gruppi eterogenei di partecipanti di fare una comune riflessione sulle strategie e l’organizzazione delle istituzioni ospiti e di ascoltare dalla voce dei protagonisti problemi e criticità superate e da superare. Le visite di studio, in questo modo, si sono trasformate in vere e proprie learning histories che hanno favorito l’apprendimento organizzativo e diffuso nella community conoscenze ed esperienze, superando barriere spaziali e/o linguistiche. Nel caso delle Università siciliane, che hanno iniziato un percorso intelligente di costruzione comune di una strategia e di strutture organizzative per favorire il trasferimento della ricerca e la relazione con il sistema produttivo, abbiamo favorito l’incrocio di questa esperienza, sostenuta e supportata dall’intervento di sviluppo organizzativo del progetto F.I.O.R.I., attraverso una verifica ed un confronto con una esperienza eccellente nel campo del trasferimento tecnologico (la Università di Cambridge, UK, ed in particolare Cambridge Enterprise). In questo caso, il confronto e la riflessione sull’esperienza anglosassone hanno sostenuto la consapevolezza e la responsabilità degli Atenei di alcune scelte strategiche di grande importanza per il sistema della ricerca universitaria in Sicilia.


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Ci eravamo posti, in fase di progettazione, l’esigenza di rendere visibili e misurabili i risultati del progetto rispetto agli obiettivi definiti in sede di progetto esecutivo e rispetto alle finalità dell’Azione Pilota del MIUR. Ci sembra giusto dare conto dell’impegno attuativo, delle risorse investite, dello sforzo significativo che la comunità scientifico-professionale che ha lavorato al progetto ha prodotto. In ultimo, riteniamo che i significativi risultati conseguiti non vadano dispersi, anzi vada consolidata ed ampliata questa community aprendola al resto delle Istituzioni della Ricerca del

nostro paese, favorendo processi di contaminazione, spill-over, trasferimento, migliorando la cooperazione istituzionale fra Stato e Regioni per utilizzare in modo più efficace e produttivo le risorse europee destinate alla ricerca e all’innovazione. Non più e soltanto in una ottica di trasferimento Nord - Sud, ma costruendo un modello stellare di learning & working community che apre i suoi confini all’Europa e non racchiude le istituzioni della Ricerca nella ristrettezza di un hortus conclusus.

Obiettivi

Risultati

Accompagnare le istituzioni destinatarie a migliorare la loro capacità di progettare, produrre, valutare e trasferire le atività di ricerca

Partecipanti alle attività formative Istituzioni della Ricerca coinvolte nella attività formativa

1.880 77

Sviluppare, presso il personale ammionistrativo delle istituzioni di ricerca delle Regioni Obiettivo 1, competenze esperte nella gestione del project cycle della ricerca e nell’azione di diffusione e trasferimento tecnologico

Ore di formazione complessiva Aule attivate Percorsi formativi realizzati Moduli didattici progettati

23.522 115 11 40

Costruire una community profesionale tra gli operatori della ricerca in grado di cooperare e condividere problemi e soluzioni, favorendo la messa in rete di metodologie e strumenti di intervento

Cantieri di sviluppo organizzativo attivati Istituzioni della Ricerca coinvolte nei Cantieri di S.O. Partecipanti ai Cantieri di S.O. Nuove procedure/strutture attivate/implementate

18 60 341 13

Aprire le istituzioni universitarie e di ricerca al confronto, alla verifica con altre istituzioni similari, con il territorio, con gli stakeholders

Analisi dei fabbisogni formativi realizzate Partecipanti ai seminari/visite di studio Partecipanti alle attività del Portale

24 256 1.757

Istituzioni che hanno partecipato alle visite di studio o ad attività interistituzionali Cantieri/attività seminariali che hanno visto l’impegno congiunto di diversa istituzioni della ricerca

30 8



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I processi di professional building Cristiana Rita Alfonsi

Gli obiettivi del Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica Il Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica ha voluto investire una parte importante dei finanziamenti del FSE 2000/2006 per porre al centro dell’attenzione il tema della ricerca e dell’innovazione, come tema-chiave per lo sviluppo del Paese. Questione già elaborata e ribadita, nell’ultimo decennio, da tutte le istituzioni – nazionali e internazionali – deputate all’orientamento e alla realizzazione di azioni positive in questo campo; la novità di questa iniziativa ministeriale sta nell’avere deciso di fare un investimento tanto rilevante – sia in termini di risorse sia in termini di impegno organizzativo e temporale – verso un’alta diffusione della “cultura della ricerca e dell’innovazione” in contesti del mondo amministrativo e della produzione più o meno vicini a questa problematica . Gli attori tradizionali del sistema della ricerca in Italia sono sostanzialmente raggruppabili in 4 grandi categorie: le università, le istituzioni pubbliche di ricerca o enti pubblici di ricerca e le istituzioni senza fini di lucro. Se le università rappresentano la principale rete di ricerca scientifica, gli enti pubblici di ricerca costituiscono una realtà di importanza assolutamente non secondaria. Esistono circa 70 enti diversi assimilabili agli Enti Pubblici di Ricerca (EPR) che si occupano esclusivamente di R&S. Nel complesso, il settore pubblico impiega in questi enti oltre 28.000 addetti, di cui quasi 12.000 ricercatori. Ci sono poi tutte le altre realtà che quotidianamente hanno “a che fare” con l’innovazione e lo sviluppo, quindi con la ricerca: l’amministrazione pubblica nel suo complesso (comuni, provincie, regioni, …) e ovviamente le imprese. Si può dire che “ricerca/innovazione/sviluppo” abbiano una forte valenza sociale e produttiva e che i cittadinilavoratori in un contesto moderno debbano almeno possedere un buon grado di consapevolezza della centralità di essi per lo sviluppo, e non solo economico, del Paese. Va da sé: esiste un legame stretto e reciproco tra ricerca/ innovazione e istruzione/ formazione lungo l’intero arco della vita professionale. In tal senso, attualmente, sono infatti numerose le iniziative che riguardano la promozione e il consolidamento di tale rapporto: dalle azioni di rilancio delle materie scientifiche nella scuola superiore, alla costruzione della filiera formativa tecnica superiore, alla incentivazione delle iscrizioni alle facoltà scientifiche ad azioni di formazione continua per i

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lavoratori delle imprese e delle pubbliche amministrazioni. L’obiettivo è stato dunque quello di offrire occasioni concrete per l’acquisizione di una maggiore consapevolezza a livello generale e di un ampliamento della conoscenza delle problematiche e delle prospettive; ma anche di facilitare le collaborazioni professionali in un contesto regionale che, in tal senso, si presenta tutt’altro che confortante: da una parte le strutture universitarie e degli enti di ricerca sembrano ingessati nelle dinamiche di coordinamento, utilizzo e valorizzazione delle risorse umane e in modelli antiquati di governo delle interazioni tra soggetti, dall’altra, un territorio circostante con gravi problemi che riguardano la capacità produttiva, la richiesta di innovazione o, addirittura, la consapevolezza stessa dell’importanza della relazione indispensabile tra innovazione e produttività. L’obiettivo era ambizioso e certamente un solo progetto – seppur di notevoli dimensioni - non è sufficiente per il suo pieno soddisfacimento; tuttavia il progetto F.I.O.R.I. è riuscito a raccogliere e ad alimentare il dibattito sul ruolo dell’università per la ricerca e lo sviluppo, creando una vera e propria comunità di apprendimento diffusa su una vasta parte del territorio nazionale. La classe di formazione ha rappresentato un luogo in cui è stato possibile confrontarsi ed apprendere, maturare il senso di appartenenza e di responsabilità e soprattutto scoprire che le condizioni professionali e lavorative sono simili. Il Capitale umano come risorsa strategica (dal Programma Nazionale della Ricerca 2005-07; PON Ricerca 2000-06) Risorsa strategica per il progresso e lo sviluppo sociale ed economico, il Capitale Umano viene generalmente considerato l’insieme delle conoscenze, capacità, competenze, prerogative dei singoli individui componenti la società, che agevola la coesione sociale, la crescita economica, l’innovazione e l’occupazione, sviluppando così le potenzialità dell’attività transnazionale. In tale ambito la valorizzazione del Capitale Umano è un elemento in grado di determinare benefici anche sotto il profilo della qualità della vita e della competitività. Il Capitale Umano è infatti un “asset” cruciale di carattere trasversale, la cui consistenza, valorizzazione e sviluppo rappresentano gli elementi determinanti per il successo di un gruppo di lavoro, una istituzione o un intero sistema di ricerca. Il progetto sul Capitale Umano si inserisce nel contesto degli

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orientamenti dell’Unione Europea finalizzati alla promozione della società della conoscenza e si basa sulla stretta interazione tra le politiche sociali, lavorative e della ricerca e le politiche educative e formative, considerate nella duplice valenza strategica di valorizzazione delle potenzialità di ogni singola persona e insieme della partecipazione complessiva dei cittadini ai processi di progresso e di crescita della società. Centralità delle politiche educative e della formazione, quindi, per il raggiungimento di una competitività basata sulla conoscenza e complementarietà tra queste politiche e quelle del lavoro e per la ricerca nel comune intento di coniugare gli obiettivi di coesione sociale e di competitività nella prospettiva, graduale, della realizzazione di un apprendimento lungo tutto l’arco della vita.

ricercatori esperti da parte di atenei, enti pubblici, di ricerca e imprese

L’Asse III del Programma Operativo Nazionale “Ricerca Scientifica, Sviluppo Tecnologico, Alta Formazione” 2000/06, è finalizzato alla valorizzazione del Capitale Umano di eccellenza attraverso una serie di azioni, quali:

In particolare, con l’avviso 1691/RIC il MIUR – rivolto appunto a tutto il personale della pubblica amministrazione e non solo universitaria e degli enti di ricerca - ha voluto partire dalla creazione di una vasta comunità di riflessione, apprendimento e condivisione delle tematiche relative a ricerca e innovazione, nell’adeguamento generale delle abilità professionali e nella prospettiva di elevare le performance nella realizzazione di progetti di ricerca e di trasferimento tecnologico. E, in particolare attraverso:

• la qualificazione e il rafforzamento del potenziale umano nei settori della ricerca, scienza e tecnologia. L’obiettivo è quello di sviluppare le competenze, agevolare il trasferimento delle conoscenze dal sistema scientifico a quello produttivo e promuovere lo sviluppo di una cultura imprenditoriale nel personale di ricerca delle università e dei centri scientifici meridionali • la formazione di alte professionalità per lo sviluppo della competitività delle imprese con priorità alle PMI. L’obiettivo è quello di promuovere una nuova cultura nei soggetti economici e nelle strutture di servizio del Mezzogiorno, in particolare nelle PMI, nel terziario per l’innovazione e nella finanza per l’innovazione • la formazione di alte professionalità per adeguare competenze, capacità di formulazione e gestione di programmi della Pubblica Amministrazione in materia di Ricerca e Sviluppo e relativa valorizzazione • la promozione e il miglioramento della formazione superiore e universitaria tramite dottorati di ricerca, corsi post-laurea professionalizzanti (master), assegni di ricerca per giovani

• l’accrescimento della presenza femminile nel settore della ricerca scientifica e tecnologica, dello sviluppo e dei servizi all’innovazione. L’obiettivo è quello di incrementare l’impiego delle donne nel mercato del lavoro, anche per modificare orientamenti culturali e pratiche istituzionali che impediscono il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro femminili • adeguamento del sistema della formazione professionale, dell’istruzione e dell’alta formazione attraverso servizi di accoglienza e di orientamento didattico professionale negli atenei

1. la diffusione della cultura della ricerca e dell’innovazione, con impatto quantitativo e al tempo stesso qualitativo sul territorio del meridione d’Italia 2. l’offerta di formazione qualificata a partire dalle esigenze diffuse e rilevate dalle stesse amministrazioni coinvolte nella formazione 3. l’integrazione tra i soggetti deputati alla realizzazione di progetti di ricerca sul territorio 4. il collegamento tra formazione delle risorse umane e azioni dirette allo sviluppo organizzativo delle istituzioni coinvolte 5. l’offerta di esperienze e competenze professionali diverse, maturate sia in ambienti pubblici sia in ambienti privati, nella costituzione di partenariati efficaci nella direzione degli interventi.


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Il Progetto F.I.O.R.I. come risposta alle esigenze espresse per università e enti di ricerca Come punto di forza del progetto F.I.O.R.I., da cui partire per una riflessione sull’esperienza appena terminata, è stata la collaborazione tra i tre partner che, portatori di esperienze e know-how assai diversi tra di loro, si sono positivamente integrati, superando le difficoltà, anzi trasformando le differenze in veri valori professionali da trasferire. La diversità rappresenta un valore aggiunto, un’occasione di crescita professionale per le istituzioni e per gli individui che perdono qualcosa di sé per acquisire flessibilità e capacità di confrontarsi. RSO, Società esperta in modelli gestionali e organizzativi snelli, moderni ed efficaci, ha guidato e diretto professionalmente ogni fase di realizzazione, apportando le correzioni necessarie in modo tempestivo e ascoltando ciò che dai partecipanti alla formazione proveniva in forma di richiesta e/o suggerimento; Fondazione CRUI, realtà privata che da anni sviluppa interventi innovativi a rete nell’ambito di tutto sistema universitario nazionale, ha messo a disposizione la propria approfondita conoscenza del mondo italiano dell’alta formazione e della ricerca, interloquendo con le diverse realtà, consapevole del ruolo di facilitatore dei processi di rinnovamento del sistema e, quindi, coinvolgendo il più possibile le istituzioni nella realizzazione delle diverse azioni; Città della Scienza, istituzione nata proprio con l’obiettivo di diffondere la scienza, ha messo a disposizione l’esperienza tecnologica e i contenuti scientifici a sua disposizione. La diversità come fattore di successo La somma delle caratteristiche e delle competenze di questi tre soggetti, ha favorito notevolmente la definizione di percorsi formativi che, seppur seriali per necessità dettate dalla quantità di persone da formare, hanno mantenuto un robusto insieme di conoscenze, sensibilità e visioni diversificate e perfettamente integrabili tra di loro. Il partenariato ha altresì garantito la qualità della docenza e anche la limitazione di emergenze causate da improvvise assenze: il numero dei docenti coinvolti è stato, infatti, molto alto (260). La partecipazione di diverse istituzioni al progetto (università, centri di ricerca, aziende sanitarie, conservatori e accademie) ha determinato un proficuo scambio di esperienze e una

contaminazione reciproca positiva che, in molti casi, ha anche posto le basi per futuri progetti comuni. Il numero di classi (115, numero finale) il numero delle ore di formazione per ciascun percorso (250) e l’effettivo periodo a disposizione per le attività di aula (9 mesi), tuttavia, hanno rappresentato un ostacolo alla possibilità di estendere ulteriormente ad attività di incontro e di dibattito trasversali, sia dal punto di vista professionale sia da quello territoriale; è stato molto interessante, in tal senso, attivare occasioni di incontro regionale e nazionale nel corso dell’intero periodo formativo e anche creare uno spazio web in cui un certo numero di discenti – inferiore comunque rispetto alle aspettative – si è confrontato quotidianamente su problematiche emerse nel corso del progetto. Nell’ambito del dibattito è stata sottolineata più volte l’importanza della creazione e del sostegno di una comunità professionale estesa e della sua stessa alimentazione nel tempo; la condivisione dei problemi pone obiettivi comuni e senso di appartenenza. Analisi dei fabbisogni formativi I contenuti della formazione erano chiaramente esplicitati dall’Avviso; infatti, il Ministero aveva avviato una fase di ascolto delle esigenze degli enti da coinvolgere nelle attività formative e di laboratorio, attraverso la raccolta di informazioni e la definizione di 3 aree prioritarie di formazione: progettazione, monitoraggio e valutazione.

Al fine di ottenere una maggiore incisività e aderenza alle reali esigenze di università e centri di ricerca, è stato dato avvio, non appena formalizzata l’approvazione del Progetto F.I.O.R.I., alla fase di verifica dei fabbisogni formativi indagati in precedenza dal Ministero; nel corso di incontri di presentazione del progetto F.I.O.R.I. con Rettori, Direttori Amministrativi, Delegati alla Ricerca si è inteso puntare a tre finalità: 1. Comunicare la volontà del Ministero nell’investire ingenti risorse economiche nella in-formazione del personale deputato alla ricerca e all’innovazione, nella diffusione della cultura della ricerca; condividere gli obiettivi generali e presentare le caratteristiche del Progetto 2. Ascoltare le esigenze e raccogliere le indicazioni e le richieste per la definizione concreta ed efficace dell’offerta formativa 3. Coinvolgere la governance al fine di condividere la responsabilità delle scelte formative e delle politiche generali a cui fare riferimento.


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Questa fase preliminare di ascolto e coinvolgimento è assai importante perché pone solide basi per una corretta realizzazione dei progetti e crea un’osmosi continua tra progettazione-realizzazione-verifica degli obiettivi nel corso delle attività. La scelta, cioè, è stata di considerare gli enti beneficiari della formazione come learning organization, cioè come organizzazioni in cui non è possibile non apprendere poiché in tale contesto l’apprendimento è un processo intrinseco alla vita professionale. L’“organizzazione che apprende” integra più filoni di ricerca e di azione manageriale: la Qualità Totale, lo sviluppo delle competenze distintive, i sistemi di e-learning, il knowledge management. In tal senso la Learning Organization deve essere considerata un sistema multidisciplinare e multidimensionale: l’apprendimento organizzativo viene quindi visto come l’insieme di processi che portano l’organizzazione ad analizzare e ripensare criticamente i propri successi e insuccessi, rivedere in modo continuativo i propri indirizzi strategici e le routine consolidate, porre attenzione a tutti i segnali provenienti dall’ambiente accettando e valorizzando visioni alternative rispetto a quelle dominanti e soprattutto a sperimentare innovazioni tecniche e organizzative che vengono alimentate da un coerente e pervasivo processo di produzione e di diffusione della conoscenza. Il coinvolgimento nell’analisi dei fabbisogni, e poi nella realizzazione del progetto, non è stato dettato esclusivamente da una ricerca indispensabile di consenso all’iniziativa, ma anche dalla consapevolezza che, attraverso un sistema di responsabilità condivise, si pongono le basi per passare da un bel progetto ad un processo duraturo e costante che mira alla revisione dell’organizzazione e al miglioramento continuo delle prestazioni. Gli incontri iniziali hanno raccolto, per la grande maggioranza, un deciso consenso: essi sono stati seguiti da attività di focus-group specifici per la raccolta dei fabbisogni formativi e per la definizione delle aree di competenza (6) che hanno poi convogliato i contenuti formativi in modo originale diversificandosi per area. Terza e ultima iniziativa nell’ambito dell’analisi dei fabbisogni è stata la messa a punto e la diffusione via web, al momento dell’iscrizione ai corsi da parte dei discenti, di un questionario che aveva come obiettivo la raccolta di informazioni, di tipo professionale, delle persone coinvolte. Tale attività è stata funzionale anche alla composizione delle aule e alla

trasmissione dei dati relativi alle singole classi ai docenti nel momento del loro primo ingresso in aula; soprattutto questa rilevazione – è stato sottolineato dagli stessi discenti – ha dato qualche elemento di comprensione in più sulle attività formative a cui essi stavano per prendere parte, lasciando anche spazi di riflessione sull’esperienza professionale individuale e sulle aspettative relative al Progetto F.I.O.R.I. Infine, è stato organizzato un incontro al livello centrale tra alcuni esperti (gruppo di validazione) che operano nel campo della ricerca in Italia, per verificare con loro la correttezza delle scelte operate nella definizione del percorso formativo e nelle stessa individuazione dei docenti più esperti per ciascuna area di competenza. Una siffatta iniziativa di analisi, tanto complessa e ambiziosa, proprio perché necessaria per porre basi corrette e durature per la crescita delle competenze, avrebbe dovuto avere tempi diversi: incontri preliminari, focus-group, rilevazione delle competenze e delle aspettative iniziali e gruppo di validazione hanno concretamente “occupato” i primi 4 mesi del progetto (peraltro coincidenti con quelli estivi). L’aspetto più critico in attività di formazione rivolte agli adulti è proprio il grado di correlazione tra ciò che viene appreso e la diretta utilità nella vita professionale quotidiana, in particolare per quanto riguarda visibilità e rapporto con l’istituzione di appartenenza. Più ci si sente inseriti in una istituzione che dimostra di investire consapevolmente sulle risorse umane per migliorare l e proprie prestazioni e più si è soddisfatti e desiderosi di apprendere e partecipare ad azioni di miglioramento continuo. Nell’ambito del Progetto F.I.O.R.I. – sia a causa del tempo a disposizione sia per cause endogene - il coinvolgimento delle istituzioni di appartenenza ha mostrato in alcuni casi elementi di criticità sui quali sarebbe interessante avviare una riflessione comune e proseguire in una forte azione di interventi a rete. Tuttavia, la parallela attività dei Cantieri di sviluppo organizzativo realizzati in quasi tutte le realtà istituzionali partecipanti al progetto, ha utilmente fornito in itinere elementi di riflessione e di intreccio tra ciò che veniva realizzato in aula e ciò che veniva definito dai gruppi di lavoro. Si è infine dimostrata molto utile l’azione di monitoraggio effettuata dal Ministero, per il tramite del progetto Karma, che ha svolto un duplice ruolo: nei confronti di F.I.O.R.I. perché è stato possibile correggere criticità e mal funzionamento in modo tempestivo e nei confronti degli stessi discenti perché in


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occasione delle visite di monitoraggio essi hanno potuto meglio comprendere le finalità complessive dell’azione ministeriale. Integrazione tra formazione e sviluppo organizzativo RSO, Fondazione CRUI e Città della Scienza, nel fare proprie le indicazioni ministeriali nell’ambito dell’Avviso per quanto riguarda le diverse azioni, hanno progettato un intervento integrato tra formazione e sviluppo organizzativo. Impiegare la formazione come azione che dialoga e si confronta con lo sviluppo organizzativo, infatti, integrando strategia aziendale, evoluzione organizzativa e processi di apprendimento rappresenta un obiettivo ambizioso, ma imprescindibile per le istituzioni deputate all’innovazione come le università. A questo scopo, e dall’esperienza maturata, si ritiene sia necessario spingere le istituzioni ad elaborare un complessivo “piano di formazione” del personale, superando la logica della formazione di specifiche competenze tecniche on-demand, sostenendo piuttosto un modello che considera l’apprendimento organizzativo non come una somma di episodi focalizzati su singoli skill, ma come un processo continuo di creazione di sapere e competenze, nella valorizzazione di risorse implicite e nella generazione di nuovi modelli cognitivi e comportamentali. Dall’esperienza maturata con F.I.O.R.I., si può confermare la positività di questa scelta e ipotizzare lo sviluppo futuro di azioni positive che ne facciano tesoro e se ne prevedano evoluzioni e sviluppi in termini qualitativi, quantitativi e territoriali. Il modello di formazione del Progetto F.I.O.R.I. Nella definizione del modello formativo ci si è riferiti ad alcuni presupposti teorici della formazione rivolta agli adulti (modello androgeno). Il bisogno di conoscere. Gli adulti sentono l’esigenza di sapere perché occorre apprendere qualcosa, prima di intraprenderne l’apprendimento e il primo compito dello staff didattico è quello di aiutare i discenti a prendere coscienza del bisogno di conoscere.

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Il concetto di sé e il ruolo dell’esperienza del discente. Gli adulti hanno un concetto di sé come persone responsabili delle proprie decisioni e si risentono e respingono le situazioni in cui hanno la sensazione che gli altri stanno imponendo loro la propria volontà. Inoltre si tratta di soggetti in possesso di un forte bagaglio di esperienze – spesso diverse tra loro – ma che non è possibile ignorare. In molti casi le risorse di apprendimento più ricche risiedono nei discenti stessi. Per questo motivo viene posta maggiore enfasi sulle tecniche esperienziali – tecniche che si rivolgono all’esperienza dei discenti, come discussioni di gruppo, esercizi di simulazione, attività di problem-solving, studio di casi, ecc. – rispetto alle tecniche trasmissive, tipiche del modello pedagogico. La disponibilità e l’orientamento ad apprendere.

condiviso all’interno del quale i discenti hanno potuto prendere coscienza dello stato della ricerca, maturando un sapere comparato sul posizionamento del nostro Paese rispetto ad altre nazioni nel mondo e sulla relazione tra ricerca e sviluppo economico. Nell’ambito delle attività formative e per rispondere coerentemente al modello formativo scelto, sono stati utilizzati i seguenti principali strumenti didattici: • lezioni, con docenti ed esperti provenienti dal mondo accademico, imprenditoriale e della consulenza; • esercitazioni guidate dai docenti, finalizzate all’applicazione simulata di specifiche tecniche trasmesse durante le lezioni;

Gli adulti sono disponibili ad apprendere ciò che hanno bisogno di sapere e di saper fare per far fronte efficacemente alle situazioni della loro vita reale. Sono motivati ad investire energia nella misura in cui ritengono che questo potrà aiutarli ad assolvere dei compiti o ad affrontare i problemi nella vita reale.

• analisi di studi di caso, che hanno consistito nella presentazione di casi concreti riguardanti l’argomento trattato;

La motivazione.

• FaD, che ha consentito l’approfondimento tematico grazie a sussidi messi a punto dai docenti, di informazioni sulla realtà lavorativa di ciascun partecipante;

Gli adulti sono motivati a continuare a crescere e a evolversi, ma questa motivazione spesso viene inibita da barriere interne (ad es. un concetto di sé negativo come studente) o esterne (ad es. la mancanza di tempo e di programmi) che violano i principi dell’apprendimento degli adulti. Sulla base di questi presupposti le attività hanno avuto inizio con il “contratto psicologico per l’apprendimento”, che, attraverso un chiarimento sulle aspettative, sulle motivazioni e sulle competenze di tutti i soggetti coinvolti nel processo formativo, ha appunto avuto il compito di facilitare la costruzione di un punto di vista comune circa le opportunità offerte dal corso di formazione, ma anche circa i suoi limiti rappresentati, ad esempio, dalla durata (rispetto agli impegni professionali dei partecipanti) o dalla scelta dei temi da trattare. A questo stesso fine è stato inserito, in apertura a tutti i percorsi formativi, un modulo introduttivo sul sistema R&S e dell’alta formazione in Italia, orientato a creare un contesto

• analisi di best practices, scelte tra specifiche esperienze riguardanti l’argomento trattato;

• E-learning, attività di formazione on-line a supporto della formazione in aula; • lavoro di gruppo, legato in particolare alla progettazione e all’avvio, da parte dei corsisti, di iniziative concrete (project work finale); • visite di studio, legate al confronto diretto dei partecipanti con realtà ed esperienze significative per la propria attività professionale, principalmente attraverso visite “sul campo”, incontri, interviste, ecc. • seminari di approfondimento tematico.

Al fine di offrire ai discenti una formazione di qualità, e al tempo stesso rispettosa delle esigenze espresse dalle amministrazione di riferimento, è stata progettata una batteria completa di moduli formativi, poi combinati differentemente tra di loro per costruire percorsi specifici per ciascuna area di competenza e destinati a diverse tipologie professionali. Coordinamento scientifico Project management Gestione operativa Management dei servizi interni Management dei servizi esterni Management del trasferimento tecnologico Ognuna di queste aree è stata caratterizzata dalla presenza di alcuni moduli specifici e relativi all’area di riferimento, mentre i moduli comuni a tutte le aree hanno rappresentato quel fil rouge attraverso il quale è stato possibile orientare verso un medesimo obiettivo: la riflessione su ruoli professionali e metodi efficaci di lavoro per una cultura diffusa della ricerca. La vastità degli argomenti e la quantità delle ore di formazione da progettare ed erogare hanno a volte rappresentato un ostacolo per un efficace coordinamento della didattica, per cui in alcuni casi è stata registrata da parte dei discenti una ripetitività negli argomenti affrontati; nel complesso la docenza è stata apprezzata per la competenza e la capacità di animazione del dibattito. Nelle pagine seguenti il dettaglio dei contenuti di ciascuna area di competenza.


50

51

Coordinamento tecnico-scientifico

Project Management Il percorso formativo è stato rivolto al personale impegnato, o da impegnare, nel coordinamento e nella direzione operativa di uno o più progetti di R&STI, con la funzione di programmare, attivare, coordinare e monitorare le attività relative alle diverse fasi del progetto.

Il percorso formativo è stato rivolto al personale impegnato, o da impegnare, nel coordinamento tecnicoscientifico di uno o più progetti di R&STI, con la funzione/responsabilità di ideazione, programmazione ed attivazione di progetti di R&STI.

Articolazione

12

0

4

16

16

0

0

16

0

40

0

40

8

0

0

8

8

0

0

8

VII programma quadro

8

0

0

8

Principi e strumenti di fund raising

8

0

8

16

Il Project Cycle Management A

24

0

8

32

La gestione di un progetto di ricerca internazionale

16

0

0

16

Organizzazione e gestione team di progetto

16

0

0

16

Principi di rendicontazione delle spese

8

0

8

16

Concetti, principi e metodologie del processo valutativo

8

0

8

16

Tutela della proprietà intellettuale , regolamentazione con i partner nelle attività di RS&T e

8

0

8

16

8

0

20

28

148 59

40 16

64 26

252 0

8

20

Progettazione di sistemi informativi e strumenti di comunicazione di knowledge

Principi e metodologie per anticipare ed analizzare i fabbisogni

8

0

4

12

management (Web-based, e-gov)

Principi e metodologie per anticipare ed analizzare i fabbisogni

8

0

4

12

Partecipazione a bandi o avvisi in forma consortile ATS o con Stati membri: elementi

L’adattamento del Quality Function Deployment per la rilevazione dei fabbisogni

8

0

24

32

giuridico amministrativi Ricerca e fondi strutturali dell’UE: il quadro Strategico Nazionale e il PON Ricerca e Competitività 2007-2013 e i Programmi Operativi delle Regioni della Convergenza

Sardegna” Partecipazione a bandi o avvisi in forma consortile ATS o con Stati membri:

8

0

0

8

8

0

0

8

8

0

0

8

16

0

16

32

Brevettazione e tutela della proprietà intellettuale

8

0

8

16

Modalità di attivazione e di sviluppo dello spin off

8

0

8

16

Valutazione dei prodotti della ricerca

8

0

4

12

100 58

0 0

76 44

176 102

elementi giuridico amministrativi Ricerca e fondi strutturali dell’UE: il quadro Strategico Nazionale e il PON Ricerca e Competitività 2007-2013 e i Programmi Operativi delle Regioni della Convergenza VII programma quadro Principi e tecniche di project management

Totale Percentuale

FAD Insegnamento e tutoraggio a distanza

Il sistema della R&STI e dell’Alta formazione

0

di innovazione e formativi: l’esperienza del Polo formativo “ICT-Wireless Piemonte

Totale

Presentazione progetti attraverso il Logical Framework Approach

12

Il sistema della R&STI e dell’Alta formazione

Corsi in e-learning

Project Management

Totale

Lezioni teoriche e pratiche in aula

FAD Insegnamento e tutoraggio a distanza

Corsi in e-learning

Coordinamento tecnico-scientifico

Lezioni teoriche e pratiche in aula

Articolazione

nei rapporti con il committente per i diritti di utilizzazione dei risultati e prodotti intermedi di ricerca Project work Totale Percentuale


52

53

Gestione operativa delle attività di ricerca

Management dei servizi interni

Il percorso formativo è stato rivolto al personale impegnato, o da impegnare, nel team di un progetto di R&STI, con la funzione di pianificazione e gestione operativa delle attività a supporto del lavoro di ricerca.

Il percorso formativo è stato rivolto al personale di uffici dedicati ad attività diverse dalla R&STI e a cui sono affidate funzioni di coordinamento/direzione di alcune attività gestionali e amministrative collegate alla realizzazione di un progetto di R&STI (stipula di contratti, rendicontazione, elaborazione di un database, ecc.).

Il sistema della R&STI e dell’Alta formazione

12

0

0

12

Presentazione progetti attraverso il Logical Framework Approach

16

0

0

16

8

0

8

16

8

0

4

12

VII programma quadro

8

0

4

12

Valutazione dell’impatto e programmazione degli interventi sul territorio

8

0

8

16

16

0

8

24

0

40

0

40

competitività 2007-2013 e i programmi operativi delle regioni della convergenza

Organizzazione e gestione team di progetto

8

0

0

8

Regole di rendicontazione delle spese

Gestione contratti

8

0

0

8

Comunicazione

0

30

0

24

0

32

Partecipazione a bandi o avvisi in forma consortile ATS o con Stati membri: elementi giuridco amministrativi Ricerca e fondi strutturali dell’UE: il quadro Strategico Nazionale e il PON Ricerca e Competitività

Progettazione di sistemi informativi e strumenti di comunicazione di knowledge management

0

8

20

0

40

0

40

Soluzioni informatiche a supporto della Direzione per obiettivi

8

0

0

8

Ricerca e fondi strutturali dell’ue: il quadro strategico nazionale e il pon ricerca e

8

0

4

12

8

0

4

12

16

0

8

24

Gestione contratti

8

0

0

8

30

Concetti, principi e metodologie del processo valutativo

8

0

8

16

56

La gestione degli acquisti e l’e-procurement

8

0

8

16

Comunicazione

0

30

0

Totale

30

Project work

16

0

48

Percentuale

64

Totale

92 37

70 28

88 35

250 0

Il sistema della R&STI e dell’Alta formazione Progettazione di sistemi informativi e strumenti di comunicazione di knowledge management (Web-based, e-gov)

VII programma quadro

(Web-based, e-gov)

Project work

116 46

70 28

64 26

Totale

12

2007-2013 e i Programmi Operativi delle Regioni della Convergenza

Regole di rendicontazione delle spese

Management dei servizi interni

FAD Insegnamento e tutoraggio a distanza

Totale

Corsi in e-learning

Articolazione Lezioni teoriche e pratiche in aula

FAD Insegnamento e tutoraggio a distanza

Corsi in e-learning

Gestione operativa delle attività di ricerca

Lezioni teoriche e pratiche in aula

Articolazione

250 0

Percentuale


54

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Management delle relazioni esterne

Management del Trasferimento Tecnologico

Il percorso formativo è stato rivolto al personale dedicato e/o inserito in uffici impegnati o da impegnare nella pianificazione, direzione e coordinamento di fasi/azioni finalizzate alla costruzione di reti di relazioni a livello nazionale ed internazionale nell’ambito di progetti di R&STI.

Il percorso formativo è stato rivolto al personale dedicato e/o inserito in uffici impegnati o da impegnare nella pianificazione, direzione e coordinamento di progetti di R&STI e di trasferimento tecnologico integrati con il territorio di riferimento e le strategie di sviluppo locale.

Corsi in e-learning

Management del Trasferimento Tecnologico

Lezioni teoriche e pratiche in aula

FAD Insegnamento e tutoraggio a distanza

Corsi in e-learning

Management delle relazioni esterne

Lezioni teoriche e pratiche in aula

Articolazione

FAD Insegnamento e tutoraggio a distanza

Articolazione

Totale

Totale 12

0

8

20

8

0

4

12

Presentazione progetti attraverso il Logical Framework Approach

16

0

0

16

16

Principi e strumenti di fund raising

16

0

0

16

8

16

Ricerca e fondi strutturali dell’UE: il quadro Strategico Nazionale e il PON Ricerca e

8

0

4

12

0

4

12

Competitività 2007-2013 e i Programmi Operativi delle Regioni della Convergenza 8

0

8

8

0

4

12

rurale

8

0

8

16

Progettazione di azioni di animazione territoriale

8

0

0

8

nei rapporti con il committente per i diritti di utilizzazione dei risultati e prodotti intermedi

La creazione di un network nel settore della R&ST: il caso di Area Science Park – Trieste

8

0

0

8

di ricerca

Tecniche di ingegnerizzazione finanziaria

16

0

0

16

Il sistema della R&STI e dell’Alta formazione

Il sistema della R&STI e dell’Alta formazione

12

0

8

20

Principi e metodologie per anticipare ed analizzare i fabbisogni

Presentazione progetti in logical framework

16

0

0

16

Progettazione di azioni di animazione territoriale

8

0

8

Principi e strumenti di fund raising

8

0

Ricerca e fondi strutturali dell’UE: il quadro Strategico Nazionale e il PON Ricerca e

8

VII programma quadro Tutela della proprietà intellettuale , regolamentazione con i partner nelle attività di RS&T e

Competitività 2007-2013 e i Programmi Operativi delle Regioni della Convergenza

Elementi per la progettazione di interventi finanziati dai Programmi dedicati allo sviluppo

16

Valutazione dell’impatto e programmazione degli interventi sul territorio

8

0

8

16

Valutazione dell’impatto e programmazione degli interventi sul territorio

8

0

8

16

Valutazione dei prodotti della ricerca

8

0

8

16

Gestione contratti

8

0

0

0

Strategie e strumenti per l’attrattività internazionale

8

0

8

16

Modalità di attivazione e di sviluppo dello spin off

16

0

16

32

Comunicazione

0

30

0

30

Brevettazione e tutela della proprietà intellettuale

8

0

8

16

24

0

40

64

Project work

8

0

46

54

116 46

30 12

104 42

250 0

148 59

0 0

102 41

250 0

Project work Totale Percentuale

Totale Percentuale


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Le scelte vincenti E’ possibile sostenere - a valle dell’esperienza maturata in questi mesi - che la originalità della formazione del Progetto F.I.O.R.I. è riconducibile ad alcune scelte operate dai partner: • il mix di formazione in presenza e formazione on-line • le attività di project work e di analisi finale dell’esperienza • la presenza di un modulo formativo della lingua inglese • le visite di studio all’estero • i seminari di approfondimento Tali scelte hanno stimolato notevolmente il dibattito tra le classi, provocando spesso modifiche significative nel percorso formativo; prendiamo il caso della lingua inglese: il modulo formativo – tarato sul raggiungimento di una conoscenza medio-bassa dell’inglese e progettato per una fruizione mista (on-line con alcune ore di lezione in presenza) - ha attirato l’interesse di un numero molto alto di discenti, ma ha anche messo fortemente in evidenza il grave deficit di conoscenze di cui il nostro Paese soffre nel confronto con l’Europa. La conoscenza di una lingua straniera, in particolare dell’inglese, per quei professionisti impegnati in questo settore, rappresenta di per sé un fattore di successo degli interventi. Project work e SWOT analisi Le ore dedicate alle attività di project work hanno avuto il comune obiettivo di realizzare progetti concreti, finalizzati: • alla redazione di una relazione contenente il lavoro di ogni Gruppo di Progetto, con l’obiettivo di rilasciare un prodotto utilizzabile all’interno della struttura perché concreto e tarato sulle esigenze interne degli uffici; • all’avvio di condizioni che garantiscono lo sviluppo e la capacità di gestione di progettualità interfunzionali o interistituzionali nei territori di riferimento; • all’acquisizione di una metodologia operativa per la predisposizione e gestione di Progetti.

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Le finalità generali del modulo di Project Work hanno consistito nel trasferire ai partecipanti la metodologia del Lavoro di Progetto, di contestualizzare nell’ambito della Ricerca e all’interno dei diversi contesti di riferimento le conoscenze acquisite nel corso della formazione. Nell’ambito delle 5 Aree formative previste, sono state proposte tematiche funzionali all’Area di competenza specifica; la composizione dei Gruppi di Lavoro ha privilegiato l’eterogeneità di competenze, per facilitare una visione olistica delle problematiche oggetto dei Project Work, nonché l’individuazione di soluzioni con un approccio multidisciplinare. I risultati dei Lavori di Gruppo sono significativi e importanti, perché emergono da una riflessione congiunta ed integrata per la soluzione di problemi concreti. L’analisi SWOT è uno strumento di pianificazione strategica usata per valutare i punti di forza (Strengths), debolezza (Weaknesses), le opportunità (Opportunities), le minacce (Threats) di un progetto o in un’impresa o in ogni altra situazione in cui un’organizzazione o un individuo deve prendere una decisione per raggiungere un obiettivo. A conclusione del percorso formativo è stato proposto a tutte le classi di realizzare una lettura dell’esperienza maturata con il Progetto F.I.O.R.I. utilizzando questo metodo; i risultati di questa attività sono stati importanti e soprattutto, evidenziando le problematiche principali, hanno consentito di prendere coscienza degli aspetti positivi e negativi della formazione e dell’apprendimento rispetto alla vita professionale quotidiana. E’ stata infatti l’occasione per riprendere i temi affrontati nel corso della lezione introduttiva e tracciare da una parte il percorso svolto e la stessa aderenza con le aspettative, dall’altra i suggerimenti per futuri interventi. L’elemento comune, attraverso la denuncia delle criticità e il plauso complessivo dell’iniziativa, è stata la richiesta di trovare modalità di prosecuzione dei lavori, soprattutto per quanto riguarda la manutenzione e lo sviluppo della comunità di apprendimento che si è creata, anche grazie all’utilizzo della rete informatica e della piattaforma di formazione on-line.


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L’esperienza internazionale sviluppata con il Progetto F.I.O.R.I. è nuova e inedita; infatti, le università, pur essendo abituate ad intrattenere relazioni internazionali per missione istituzionale e per rispondenza alle recenti politiche comunitarie che “costringono” verso la realizzazione di progetti di partenariati europei, non operano in una logica di sistema e di interdisciplinarità : con F.I.O.R.I. si è affrontato il confronto internazionale attraverso la lente di ingrandimento; ci si è posti cioè, anche grazie al percorso formativo svolto durante i mesi precedenti le visite, in una posizione di osservazione generale e di sistema integrato, rovesciando un approccio che di norma privilegia singoli interventi isolati. La rete europea nata con il Progetto F.I.O.R.I. potrà offrire buone opportunità di collaborazione tra istituzioni per la realizzazione di interventi comuni di ricerca e innovazione, e anche di formazione e aggiornamento, contribuendo così alla costruzione dello spazio europeo della ricerca. Si potrà, ad esempio, strutturare una rete europea di esperti che potranno offrire la propria consulenza per la facilitazione di incontri e collaborazioni. A conclusione del Progetto verrà realizzato un convegno internazionale di chiusura per la restituzione dei risultati e delle esperienze: sarà la prima occasione in cui gli interlocutori di tutti i sistemi universitari, entrati in contatto in questi mesi, potranno gettare le basi per la costituzione di una piattaforma di lavoro comune nell’ambito Quadro Comunitario 2007/2013. L’approfondimento tematico Il precorso formativo del Progetto F.I.O.R.I. è stato arricchito da 6 seminari di approfondimento tematico in alcune sedi regionali. Incentrati su questioni cruciali per il settore della ricerca, del trasferimento tecnologico e dell’innovazione dal punto di vista esclusivamente esperienziale ed operativo e avvalendosi della partecipazione di esperti e testimonial di istituzioni regionali e nazionali si sono svolti 6 seminari locali a Palermo, Cagliari, Potenza, Benevento, Napoli e Foggia. Di particolare interesse, infine, è stato il seminario tenutosi a Bruxelles. Si è trattato di un’attività finalizzata a creare occasioni di incontro e di scambio fra le Istituzioni partecipanti al progetto F.I.O.R.I. e gli stakeholders delle politiche della R&STI a livello comunitario e nazionale. Attraverso il seminario si intendeva anche creare un’opportunità per il rafforzamento del networking fra i

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partecipanti al progetto F.I.O.R.I. Il Seminario si è concentrato sul VII Programma Quadro ed in particolare sul Programma Capacities (programma trasversale) e il Programma Salute (programma settoriale) per i quali sono stati forniti sia un approfondimento del quadro regolamentare, degli strumenti e delle risorse previste, sia informazioni su alcune best practice europee di particolare rilievo ed interesse. E’ stato introdotto dal Consigliere per la Ricerca De Crescenzo, della Rappresentanza Italiana presso l’UE, che ha fornito un bilancio della partecipazione italiana ai Programmi Quadro, e dal Direttore Raffaele Liberali (DG Ricerca, Commissione Europea), che ha delineato le politiche europee sollecitando una riflessione sulle azioni e sinergie da intraprendere a livello nazionale e regionale per approfittare al meglio delle opportunità fornite dai fondi europei e sottolineando la necessità di utilizzare i fondi regionali per prepararsi alle ambiziose sfide europee attraverso azioni mirate e coerenti, con significative ricadute territoriali e istituzionali. La validità, competenza e disponibilità dei relatori e l’alto profilo dei rappresentanti istituzionali hanno suscitato grande interesse nei partecipanti e alimentato vivaci discussioni, che hanno fra l’altro facilitato la costruzione di un clima positivo e costruttivo, fra i partecipanti, provenienti da segmenti diversi: erano infatti presenti sia rappresentanti accademici (docenti con ruoli di pro-rettore), sia profili dirigenziali di aziende sanitarie e ospedaliere, sia responsabili di uffici e strutture di supporto a ricerca e sperimentazione che, appartenendo alle stesse regioni, hanno tratto dai due giorni di seminario spunti per scambi di idee e future collaborazioni, instaurando un costruttivo clima di cooperazione.

Il futuro: le potenzialità dell’esperienza Il grande lavoro svolto e i risultati ottenuti, così come descritti, possono rappresentare la base sulla quale consolidare le azioni di diffusione della cultura della ricerca ed estendere il modello per la costruzione di competenze individuali e collettive. L’integrazione tra formazione e cantieri di sviluppo organizzativo è alla base del modello che, seppur rivisto nelle modalità dell’erogazione della didattica e anche nel numero di ore per ciascun percorso, può contare su un gruppo ampio di enti e di singole persone motivate. Ci si riferisce alla ricca rete nata tra gli atenei, tra le aziende sanitarie e tra i conservatori e le accademie partecipanti al progetto, alle persone coinvolte nella formazione e nei cantieri di sviluppo, che rappresentano – insieme - un vasto gruppo leader, potenzialmente portatore di volontà di cambiamento e di partecipazione. La rete ottenuta tra le realtà del meridione, tra loro diverse ma al tempo stesso tese verso un obiettivo comune, può svolgere un ruolo di volano per iniziative su scala nazionale che concorrano a creare momenti di confronto, apprendimento e crescita professionale.



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Gli interventi di Sviluppo Organizzativo Marcello Corbo

Logiche e criteri di intervento Il processo di institutional building che il Progetto F.I.O.R.I. ha inteso mettere in campo attraverso gli interventi di sviluppo organizzativo di basava su alcuni obiettivi di sistema: • Migliorare la capacità di produzione di RS&TI utilizzando meglio le risorse finanziarie, ottimizzando i processi di acquisizione e gestione delle risorse tecnologiche, migliorando i modelli di gestione e sviluppo delle risorse umane e migliorando, infine, la qualità dei servizi offerti • Favorire la integrazione organizzativa, la multidisciplinarietà nella realizzazione dei grandi programmi di ricerca pubblici e privati • Semplificare i processi amministrativi, ridurre sovrapposizioni e duplicazioni, diffondere modelli e strumenti di controllo delle risorse • Sviluppare la costruzione delle interfacce tra ricerca ed impresa e favorire la diffusione dei modelli di trasferimento e diffusione dei risultati della ricerca • Migliorare la capacità delle strutture di ricerca destinatarie dell’intervento a cooperare e dialogare con i partner socio/ istituzionali del territorio e ad integrare i programmi di ricerca anche rispetto alle dinamiche di sviluppo sociale del territorio.

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Il Progetto F.I.O.R.I. ha realizzato gli interventi di sviluppo organizzativo partendo da alcune condizioni di cornice individuate in sede di progettazione che hanno ricevuto conferma durante i primi incontri di condivisione degli obiettivi del progetto realizzati presso tutte le strutture destinatarie delle azioni del progetto F.I.O.R.I. La condizione organizzativa del Sistema della Ricerca nel Mezzogiorno individua alcune criticità di sistema che frenano il pieno sviluppo della capacità di produzione, diffusione e trasferimento della ricerca e della innovazione.

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• Insufficienza di strumenti e ruoli di management multilivello per gestire il cambiamento e lo sviluppo: le tradizionali funzioni esecutive di gestione (finanza, personale, coordinamento, mantenimento, relazioni territoriali, ecc.) sono di norma accentrate e inadeguate ad una moderna differenziazione istituzionale e organizzativa. La netta demarcazione fra processi “core” (di finalità) e processi tecnico-amministrativi (di servizio) impedisce, in particolare, di modernizzare l’organizzazione della ricerca: ostacola arricchimento dei ruoli, crea difficili relazioni di confine, non facilita sviluppo di un sistema professionale e di capacità manageriali appropriati al lavoro per progetti di Ricerca&Sviluppo.

In particolare le principali criticità sembrano essere: • Difficoltà di individuare, esplicitare, perseguire obiettivi strategici differenziati per ambito scientifico-disciplinare, per territorio, per “processi principali”, per “attività economiche principali”. • Difficoltà di innovazione di strategia e di organizzazione dell’offerta nella ricerca (interdisciplinarietà, valutazione della qualità, management delle nuove opportunità, rapporti con il mercato, ecc.), e di relazione con il territorio (erogazione di servizi, governance partecipata, scouting di nuove funzioni, economia della conoscenza, ecc.). • Difficoltà di sistemi-modelli per il trasferimento dei risultati della ricerca verso il sistema delle imprese e, più in generale, difficoltà di relazione integrazione con il sistema produttivo in assenza di strumenti di interfaccia e/o di sistemi imprenditivi (spin-off, industrial liasion office, etc.).

Il percorso metodologico Il percorso metodologico progettato si basa su tre obiettivi definiti: 1. Indicare i cardini metodologici e le strategie fondanti delle azioni di sviluppo organizzativo che saranno realizzate mediante i Cantieri e i gruppi di Miglioramento, con particolare riferimento alle relazioni da curare con la Committenza. 2. Descrivere il percorso di attuazione dei Cantieri, evidenziando, per ciascuna fase in termini di soggetti coinvolti, azioni da realizzare e output da produrre.

• Insufficienti articolazioni e livelli di autonomie gestionali e di governo intermedio, a fronte della necessità di grandi re sponsabilità diffuse per governare la principale “Impresa della conoscenza” del paese, le sue tradizioni, le sue necessarie differenziazioni.

3. Rappresentare la composizione dei gruppi di lavoro, illustrando i ruoli e le responsabilità delle diverse professionalità coinvolte.

Partendo da queste considerazioni il progetto F.I.O.R.I. ha individuato nei Cantieri di Innovazione e nei Gruppi di Miglioramento gli strumenti di intervento capaci di agire su contesti definiti e specifici, operando su processi critici che necessitano di interventi appropriati al contesto nonché di trasferire esperienze applicative, di confrontare problemi e possibili soluzioni.

Condizione necessaria, anche se non sufficiente, per il successo dei Cantieri di innovazione è stata individuata nella capacità del Progetto di sviluppare una forte committenza al processo di innovazione e sviluppo, da parte di tre “portatori di interesse”, che ricoprono ambiti di responsabilità differenziati:

La committenza

• Il management apicale dell’Università o delle ASL: Rettore, Direttore Amministrativo (Università), Assessore, Direttore Generale, Direttore Amministrativo, Direttore Sanitario (ASL o Aziende ospedaliere) • Il referente di sviluppo organizzativo, designato dal management apicale in sede di Presentazione del Progetto, con il quale si circoscrive il problema da affrontare mediante il Cantiere e si individuano i soggetti interni all’Amministrazione da coinvolgere per lo svolgimento dei lavori • I partecipanti al Gruppo di lavoro del Cantiere


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Si tratta di tre livelli di committenza costruiti in tempi e con modalità diverse. Il primo livello di committenza - rettori/assessori Il primo livello di committenza si é sviluppato nel corso dell’incontro di presentazione del Progetto ai Rettori ed ai Direttori amministrativi delle Università e all’Assessore alla Sanità, ai Direttori generali, amministrativi e sanitari delle ASL. L’incontro di presentazione ha rappresentato l’occasione per individuare l’ambito organizzativo entro cui realizzare il Cantiere e il problema specifico da affrontare. Il secondo livello di committenza - referenti S.O. Con le modalità definite nell’incontro di presentazione, è stata organizzata una riunione specifica con il referente S.O. con l’obiettivo di:

Il terzo livello di committenza - i gruppi di lavoro Significa guadagnarsi disponibilità, motivazione, interesse da parte di coloro che faranno parte del gruppo di lavoro che realizzerà il Cantiere, in termini di: Condivisione degli obiettivi del Cantiere da parte dl gruppo di lavoro • Capacità del progetto di offrire metodologie e strumenti chiari, comprensibili, facilmente utilizzabili • Disponibilità a rivedere metodi e strumenti sulla base delle suggestioni dei partecipanti • Capacità di fornire una guida autorevole e supportiva dell’intero processo • Disponibilità all’ascolto e rispetto delle persone, del loro punto di vista, dei modelli interpretativi che li caratterizzano.

• Individuare l’obiettivo da perseguire (diagnosi, diagnosi e progettazione di soluzioni, implementazione delle soluzioni individuate, ecc.)

La struttura del cantiere Ogni Cantiere è stato diverso per ambito entro cui si è realizzato, per problema da affrontare, livello di complessità, obiettivo da perseguire, numerosità delle persone da coinvolgere, durata nel tempo.

• Individuare le persone da coinvolgere • Affinare il percorso di assessment generale avviato con i ruoli apicali

L’intero percorso dei Cantieri, di seguito descritto, ha preso avvio al termine della serie degli incontri di presentazione del Progetto (Road Show) nel corso dei quali è stato sviluppato il primo livello di committenza e, per ciascuno degli Enti coinvolti, sono stati definiti: • l’ambito del cantiere ed il problema specifico da affrontare

• Definire in modo più puntuale il problema oggetto del Cantiere

• Condividere metodologia e articolazione del Cantiere

E’ possibile comunque individuare un’ipotesi di sintesi dell’ articolazione del percorso e delle principali fasi che lo hanno caratterizzato.

Ciascun Cantiere quindi è stato realizzato attraverso un’articolazione e una strumentazione definita ad hoc.

Costituzione dei Gruppi di Cantiere In funzione dell’obiettivo assegnato al Cantiere, e di concerto con i referenti, si sono costituiti i Gruppi di Cantiere, articolati su due diversi livelli, in relazione al ruolo svolto nell’ambito del Cantiere. Ciascuno dei due gruppi di Cantiere era composto da referenti interni all’Ente e professionisti del gruppo di consulenza: Comitato Guida Composto dai referenti per le attività di sviluppo organizzativo con il compito di:

• il referente S.O. (committenza di secondo livello) Nella fase preliminare gli obiettivi sono stati quelli di individuare l’ambito di criticità/miglioramento sul quale intervenire mediante l’azione del Cantiere nonché la costituzione dei Gruppi di Cantiere (Comitato Guida e Gruppo di Lavoro) attraverso diverse azioni: Incontri per la definizione/specificazione dell’oggetto del Cantiere In questa fase si sono riuniti quei soggetti segnalati quali referenti per le attività di Sviluppo Organizzativo per l’Ente considerato; in tale sede, infatti, si è proceduto a: - definire in modo più puntuale il problema oggetto del Cantiere - individuare l’obiettivo da perseguire (diagnosi, diagnosi e progettazione di soluzioni, implementazione delle soluzioni individuate, ecc.)

- indirizzare le attività del Cantiere, assicurando la coerenza tra attività svolte e finalità perseguite - validare metodologia e oggetto - individuare i componenti del gruppo di lavoro - approvare il Piano di implementazione delle soluzioni. Gruppo di lavoro Team responsabile dell’avanzamento dei lavori del Cantiere, che mediante incontri periodici, interviste e sedute in plenaria di socializzazione delle informazioni, ha avuto il compito di: - definire e formalizzare oggetto e ambiti di intervento del Cantiere - sviluppare metodologia di intervento - strutturare il Programma delle attività

- condividere metodologia e articolazione del Cantiere Road Show

Fase Preliminare

Kick Off

Gestione del cantiere

Chiusura del cantiere

- individuare le persone da coinvolgere - affinare il percorso di assessment generale avviato con i ruoli apicali

- realizzare, con il supporto della consulenza, le attività di analisi, diagnosi e progettazione, come previsto da Programma delle attività - redigere il Piano di implementazione delle soluzioni.


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Validazione delle Linee guida del Cantiere Le attività svolte nell’ambito della Fase preliminare di realizzazione dei Cantieri di sviluppo organizzativo sono state sottoposte all’analisi e validazione del Primo Livello di Committenza (Rettore, Assessore alla Sanità, Direttore amministrativo/generale) Nelle fasi di Kick Off e Gestione del Cantiere si è realizzata prima una programmazione operativa delle attività da svolgere attraverso: Convocazione del Gruppo di Lavoro e Workshop di avvio del Cantiere In questo evento i partecipanti componenti il Gruppo di lavoro, supportati dalla consulenza, sono stati chiamati a: - Individuare e condividere gli ambiti su cui concentrare il percorso di analisi-diagnosi e progettazione - Definire e formalizzare il problema da affrontare e gli obiettivi da perseguire

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ad una diagnosi condivisa e propedeutica alla fase di progettazione. Attivazione di Gruppi di progettazione E’ la fase in cui il Gruppo di Lavoro (anche in questa fase eventualmente articolato in sottogruppi) ha individuato e formalizzato le soluzioni ritenute più appropriate per risolvere le criticità emerse dalla fase precedente o minimizzarne gli effetti negativi. La fase, coerentemente con quanto stabilito in fase preliminare, si è conclusa alternativamente con: - la definizione del piano di azioni necessarie per implementare le soluzioni e per valutarne l’efficacia - la definizione delle modalità di assistenza all’implementazione e l’avvio del relativo processo Incontri di condivisione/approfondimento dei risultati Gli incontri, per ognuna delle due azioni previste si è articolato nei seguenti passaggi: - Presentazione dei risultati dell’analisi e della diagnosi

- Condividere la metodologia, gli strumenti e le modalità operative attraverso cui realizzare il progetto

- Lavoro in piccoli gruppi per integrazioni, correzioni, completamento dei risultati

- Condividere il piano di lavoro delle fasi successive per poi giungere alla individuazione delle soluzioni per il riassorbimento delle criticità e alla formulazione delle modalità di implementazione connesse, attraverso le seguenti azioni: Attivazione di Gruppi di analisi e diagnosi Con riferimento al problema di partenza e all’obiettivo del Cantiere, il Gruppo di Lavoro (eventualmente articolato in sottogruppi) ha realizzato alcune analisi finalizzate ad individuare le principali criticità e le cause che le determinano, sulla base di una strumentazione di analisi predisposta dalla consulenza. Si è trattato di analisi rapide e focalizzate mirate a connotare le criticità individuate all’interno di ambiti di appartenenza (organizzazione, sistemi gestionali, procedure di lavoro, competenze, tecnologie, ecc.) con la finalità di pervenire

- Plenaria di presentazione e discussione degli esiti del lavoro dei piccoli gruppi - Programmazione della fase successiva del cantiere: output attesi, appuntamenti, tempi, ecc. I risultati emersi dall’incontro di socializzazione sono stati formalizzati in un apposito report e presentati alla committenza. Infine la fase di Chiusura del Cantiere ha previsto il rilascio alla committenza di un Primo livello dell’output definito in fase preliminare attraverso le seguenti azioni: Formulazione del Report finale A conclusione del secondo incontro e tenuto conto di quanto emerso nel corso del lavoro di gruppo e della successiva

plenaria, la consulenza ha provveduto a redigere un report finale di tutto il progetto ricostruendo l’intero percorso dal punto di vista metodologico e di risultati prodotti. Il report è stato presentato alla committenza in un apposito incontro e successivamente a tutti i protagonisti del progetto nella plenaria conclusiva. Plenaria conclusiva del Cantiere I lavori del Cantiere si sono conclusi con un incontro di mezza giornata che prevede la partecipazione di tutti i protagonisti del progetto, della committenza e della consulenza, nel corso del quale è stato presentato il resoconto della totalità delle attività realizzate nell’ambito del Cantiere, nonché le soluzioni individuate e le modalità di implementazione delle stesse.


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I risultati e gli elementi distintivi L’esperienza dei cantieri organizzativi ha coinvolto la gran parte delle istituzioni destinatarie delle azioni formative del Progetto con un ritorno estremamente positivo di interesse e partecipazione. I cantieri hanno innescato meccanismi e cultura di innovazione nonché processi di condivisione su bisogni molto sentiti e in alcuni casi già individuati dalle strutture stesse. La capacità di introdurre una cultura del cambiamento, in grado di rinnovare e mettere in azione nuove modalità operative ha spinto verso soluzioni organizzative capaci, si spera, di dare benefici e risultati in tempi relativamente brevi. Uno delle chiavi di successo del progetto è stata la scelta di adeguare l’intervento consulenziale sulle esigenze specifiche della strutture, anche in confronto con altri modelli. La volontà del progetto è stata proprio questa: non proporre soluzioni standardizzate, ma stimolare all’interno delle strutture stesse una specifica analisi di problemi e bisogni una loro individuazione da cui far scaturire la possibilità di confrontarsi con soggetti portatori di metodologie specifiche.

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La tabella che segue sintetizza gli interventi di sviluppo organizzativo realizzati con una breve descrizione dell’oggetto su cui si è intervenuti: Cantieri di innovazione area Sanità sistema sanità campania 1 sistema sanità campania 2 sistema sanità sicilia

Gruppi di miglioramento gdm nilo gdm comunicazione

Sono stati così\\ realizzati complessivamente 16 Cantieri di Innovazione (di cui 3 in Area Sanità) e 2 Gruppi di miglioramento.

Modello di servizio degli ILO in Sicilia e funzionamento della rete NILO. Organizzazione e gestione sistemica dei processi di comunicazione della ricerca

Cantieri di innovazione area università uni Basilicata uni Foggia uni Mediterranea (rc)

uni Palermo uni Parthenope

uni Cagliari

Da qui ogni struttura ha stabilito un percorso specifico, ha potuto selezionare le proprie risorse interne, stabilire specifici obiettivi di innovazione.

Modello organizzativo - funzionale dello Sportello “Promozione della Ricerca” Assistenza alla redazione di un Progetto di Ricerca a valere sui fondi del VII P.Q. Progettazione di uno Sportello per l’accesso ai Fondi della Ricerca

uni Sannio uni Cosenza uni Bari 1 uni Bari 2 uni Messina uni Federico II uni Lecce

Progettazione del Modello di servizio del Settore Ricerca Analisi e riprogettazione del processo di accesso ai finanziamenti internazionali per la Ricerca Modello di servizio dell’Area Ricerca Sistema informativo a supporto delle attività di ricerca Procedure per la realizzazione del servizio di Audit Tecnologico Progettazione del modello organizzativo – funzionale per la proposizione / gestione dei progetti di ricerca Organizzazione dei Processi Amministrativi di supporto a Progetti di Ricerca Processi di Pianificazione e Monitoraggio dei Progetti di Ricerca Supporto alla gestione della pianificazione strategica delle attività di ricerca di ateneo Progettazione di uno strumento/procedura di supporto alla definizione/attuazione delle strategie per l’attività di brevettazione. Modello organizzativo dell’area relazioni internazionali Progettazione modello organizzativo di un Ufficio Progetti di Ateneo Riprogettazione del Modello organizzativo dell’Area Relazioni Internazionali Progettazione organizzativa Area Ricerca e Trasferimento tecnologico Realizzazione di una Rete Servizi di supporto ai progetti di ricerca attraverso gli Uffici Ricerca dei Poli di Ateneo Progettazione di un modello complessivo di organizzazione della ricerca


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A valle della realizzazione degli interventi di sviluppo organizzativo del Progetto F.I.O.R.I. è possibile posizionare le diverse azioni all’interno del modello diagnostico-interpretativo già precedentemente presentato.

Come si evince dal diagramma, gran parte delle scelte dei destinatari degli interventi si è focalizzata nei quadranti relativi alle dimensioni organizzative interne (integrazione e modelli di servizio) o relativi alle dimensioni della programmazione operativa delle attività di ricerca.

Integrazione

Programmazione

capacità di sviluppo e di ricomposizione di presidi tecnici e scientifici multi disciplinari, flessibilità e differenziazione dei ruoli della ricerca scientifica

UNI PARTHENOPE UNI CAGLIARI

capacità di accesso/utilizzo/ formazione di risorse umane qualificate, risorse finanziarie e tecnologiche adeguate per sviluppare ricerca

SANITÀ CAMPANIA 1 UNI FEDERICO II

UNI BASILICATA SANITÀ CAMPANIA 2

UNI BARI 1 UNI MESSINA

SANITÀ SICILIA

UNI PALERMO UNI LECCE

UNI FOGGIA UNI MEDITERRANEA

UNI BARI 2

GDM COMUNICAZIONE

UNI COSENZA

UNI SANNIO

GDM NILO

Sistema di relazione capacità di creare adeguate interfacce altamente professionali tra la propria organizzazione di ricerca e il territorio

Trasferimento modelli e sistemi di trasferimento e diffusione delle conoscenze prodotte con le attività di ricerca


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Se si vogliono definire, attraverso un percorso metodologico strutturato, le caratteristiche dei fattori di innovazione rivelatesi necessarie per la progettazione delle soluzioni/ sistemi in grado di realizzare e/o supportare l’obiettivo di

innovazione individuato ed il relativo piano di implementazione, si possono analizzare gli interventi realizzati rispetto alla mappa in basso. Emerge il quadro di sintesi nella pagina che segue.

Dall’analisi di quanto finora esposto è possibili identificare alcuni elementi distintivi delle azioni di sviluppo organizzativo realizzate dal progetto F.I.O.R.I.: • il processo di partecipazione basato sulla integrazione delle competenze in ogni fase del progetto e strutturato per livelli differenziati di responsabilità, in modo da intervenire sull’organizzazione per migliorarla e poi gestirla in continuo, secondo logiche professionali ed unitarie;

• la progettazione basata sul confronto costruttivo delle esperienze, la messa in comune delle criticità e la ricerca di soluzioni da modellizzare e contestualizzare nelle specifico di provenienza; • la ricerca di soluzioni concrete ed attuabili già nel breve periodo: ogni Cantiere ha previsto il rilascio di un Piano di implementazione in cui sono stati indicati tempi e responsabilità precisi.

• l’apprendimento basato sul concetto di sperimentazione in quanto solo dalla concreta applicazione on the job delle competenze si possono trarre i benefici attesi;

Strategia e Policy Sistema Direzionale e di Management

Sistema di Gestione e Sviluppo Risorse Umane

progettazione delle dimensioni di relazione tra l’obiettivo diinnovazione e i sistemi decisionali esistenti

progettazione delle dimensioni di relazione tra gli aspetti organizzativi connessi all’obiettivo di innovazione e l’organizzazione esistente

Persone e Compentenze

Sistemi di Controllo e di Supporto

progettazione delle dimensioni di relazione con la gestione e la valorizzazione delle persone interne all’organizzazione

Strategia e Policy

Organizzazione e Processi

progettazione delle dimensioni di relazione con i sistemi informativi e delle conoscenze esistenti

Sistema di Regole e Funzioni amministrative

Sistema Informativo e di Knowledge Management

Organizzazione e Processi Uni Basilicata Uni Palermo Uni Cosenza Uni Bari I e II Uni Federico II

Gdm Nilo Uni Parthenope Uni Cagliari

Uni Lecce Uni Mediterranea Uni Foggia Uni Messina

Persone e Compentenze

Sistemi di Controllo e di Supporto

Gdm Comunicazione

Sistema sanità Campania I e II Sistema sanità Sicilia Uni Sannio

discontinuità

discontinuità

obiettivo di innovazione

obiettivo di innovazione



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Il modello di governo di F.I.O.R.I.: dal gruppo di progetto al monitoraggio delle attività

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Vincenzo Centofanti e Giuseppina Salinardi

Fin dalle prime fasi del progetto F.I.O.R.I. sono emersi in modo chiaro fattori di criticità quantitativa e qualitativa che ne hanno fortemente influenzato le modalità di gestione. Sebbene il RTI avesse già maturato significative esperienze relative a progetti complessi di innovazione, le peculiarità di F.I.O.R.I. hanno reso necessario un modello di governo che fosse fortemente personalizzato e contestualizzato rispetto al “target” dell’intervento. Infatti al di là dei prevedibili livelli di complessità tecnicoprofessionali legati sia alla strategicità e rilevanza dei temi trattati, ma anche delle elevate aspettative delle organizzazioni destinatarie, gli aspetti dimensionali e le “diversità in gioco” hanno fatto emergere una serie di punti di attenzione di natura gestionale-operativa. Tali punti di attenzione, che hanno fortemente guidato la scelte di gestione dell’intervento, sono di seguito sinteticamente riportati:

• i diversi livelli di committenza: il MIUR e la Linea E, gli Enti destinatari ed i partecipanti coinvolti. Era necessario individuare con chiarezza gli item da monitorare al fine di non duplicare strumenti ed altresì creare un sistema circolare di input-output che permettesse di mantenere unitario l’intervento.

• la tempistica stringente: è stato chiaro fin dall’inizio che le azioni di professional ed institutional building - concepite come “insieme” integrato aventi una matrice di avvio comune (l’analisi dei fabbisogni e l’assessment) pur rimanendo coerenti nella logica, dovevano essere costruite operativamente con strumenti che da un lato permettessero la raccolta analitica e sintetica delle esigenze, dall’altro le mantenessero distinte per risultati e per qualità dei soggetti coinvolti. Ciò al fine di permetterne lo svolgimento parallelo;

Lo scenario sopra descritto ha comportato la definizione di un sistema di project management rispondente a tali complessità e caratterizzato da una serie di elementi antitetici fra loro:

• una platea differenziata ed eterogenea: è emerso in modo chiaro la diversità di appartenenza geografica e di Ente, sia per provenienza da uffici e settori diversi che per competenze ed aspettative. A ciò si aggiunga anche la numerosità prevista: 2500 partecipanti circa. E’ parsa evidente la necessità da un lato di clusterizzare la platea dei destinatari su macro-tematismi comuni e dall’altro creare un sistema di ascolto capace di intercettare quante più esigenze e peculiarità possibili per poterle tradurre in azioni concrete. Ciò al fine di standardizzare alcune variabili, senza perdere di vista la personalizzazione di altri elementi;

• la diversità di organizzazione ed anche di strategie fra i singoli Enti: è stato necessario, in tal senso, non perdere di vista la peculiarità e le singole aspettative ma anche mantenere l’unitarietà e la coerenza con la strategia MIUR. Ciò ha comportato la necessità di effettuare una duplice segmentazione: - verticale all’interno degli Enti, fra ruoli apicali e ruoli operativi al fine di avere chiarezza dei ruoli decisionali e mirare gli interventi ed - orizzontale fra il complesso degli Enti al fine di individuare ambiti comuni di lavoro e scambio di esperienze.

- rigore - flessibilità nel senso che da un lato era necessario fissare i principi generali e le modalità di conduzione degli interventi, dall’altro garantire un forte grado di flessibilità e di adattamento rispetto alle situazioni di contesto; - multidisciplinarietà – specialismi in quanto era necessario integrare competenze, esperienze e capacità delle figure professionali coinvolte al fine di presidiare i diversi aspetti strategici, operativi ed amministrativi; - accentramento – diffusione delle funzioni di controllo per garantire una capacità di gestione/programmazione centralizzata ma anche una rete di soggetti e di strumenti per la raccolta di feedback, informazioni e riscontri. La stessa struttura di project management ha risentito di queste ambivalenze. Essa infatti da un lato ha individuato ruoli e responsabilità ben definite e dall’altro ha richiesto integrazione di soggetti, interrelazioni continue e flessibilità organizzativa. Il sistema di project management è stato strutturato su alcuni gruppi di lavoro chiave.


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Direzione di Progetto, composta dal direttore e dai responsabili, espressione dei soggetti del RTI, con funzioni di indirizzo strategico e di controllo anche operativo. E’ stata importante l’unitarietà della Direzione che ha garantito un presidio organico dell’intervento, coerenza con gli obiettivi strategici, capacità di decisione e di intervento immediati, definizione di azioni correttive, individuazioni di soluzioni, monitoraggio quali-quantitativo delle azioni. Responsabili di linea con funzioni di presidio qualitativo e tecnico professionale degli interventi in relazione ai diversi filoni di attività; in particolare, nel corso del progetto, hanno operato i seguenti livelli di responsabilità: - responsabile Analisi Fabbisogni che ha curato la linea di progetto dedicata ad individuare, attraverso attività di confronto e ricognizione rivolta a ciascun Ente destinatario del progetto, le aree di intervento su cui progettare i percorsi formativi contestualizzati ai fabbisogni di competenze ed i percorsi di sviluppo organizzativo adeguati alle tipologie di criticità da affrontare e risolvere. - responsabile Attività Formativa a cui è spettato il governo di tutte le fasi relative alle attività di professional building, definendo quindi – sulla base dei risultati dell’analisi dei fabbisogni – le tipologie di percorsi formativi, la struttura ed il modello metodologico. Il raccordo con la community dei docenti e dei tutor è stata continua e costante. Il monitoraggio delle classi ha richiesto altresì la valutazione di numerose esigenze e l’individuazione di azioni correttive in itinere. - responsabile Comunicazione che ha curato, in raccordo con la Direzione, l’immagine del progetto, gli eventi promozionali e, sulla base del Piano di comunicazione, la realizzazione degli interventi seminariali a supporto delle azioni di analisi, formazione sviluppo organizzativo. - responsabile Sviluppo Organizzativo a cui è spettato il presidio e la guida professionale delle attività finalizzate allo sviluppo di modelli e soluzioni organizzative, individuate sulla base del posizionamento strategico dell’ente rispetto alle dimensioni di indagine descritte nei capitoli precedenti.

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- responsabile monitoraggio che ha avuto la responsabilità di curare gli adempimenti amministrativi secondo la tempistica prevista, verificare lo status di attuazione e monitorare l’andamento delle singole linee. Permanent Staff, organismo di gestione che ha maggiormente incarnato le caratteristiche del sistema di project management. Composto da professionalità eterogenee espressione di ciascun membro dell’RTI, ha rappresentato la cabina di pilotaggio operativo degli interventi con funzioni manageriali ed operative. E’ stata cura del Permanent Staff supportare la Direzione, presidiare la tempistica di progetto rispetto alle priorità ed alle scadenze, mantenere sempre aperto il flusso di comunicazione fra le task, monitorare l’andamento e garantire la corretta attuazione anche amministrativa. Il Permanent Staff, composto da 6 risorse professionali, è stato articolato secondo due criteri: - per attività: in considerazione delle due linee dedicate alle formazione ed allo sviluppo organizzativo si è definito un primo livello di impegno; - per articolazione territoriale: per le attività di formazione in particolare, ciascun membro ha avuto la responsabilità di presidiare gli enti afferenti ad una Regione specifica. Tenendo conto della dimensione e della numerosità dei destinatari, le Regioni Basilicata, Calabria e Sardegna sono state assegnate ad un’unica unità. Il Permanent Staff è stato guidato da un Responsabile che ha avuto, tra gli altri, il compito di garantire un livello di responsabilità e di interfaccia univoca per la Direzione ed i responsabili di linea e di favorire lo scambio ed il flusso di comunicazione interno ed esterno. E’ stato compito di ciascun responsabile regionale invece mantenere il presidio dell’intero processo formativo: dalla selezione, alla composizione delle classi, alla comunicazione e sensibilizzazione dei partecipanti, alla calendarizzazione dei percorsi, al monitoraggio delle presenze, alla soluzione delle criticità. Il Permanent staff si è rilevato strumento indispensabile per garantire l’integrità e la strategia del progetto F.I.O.R.I.

mantenere all’interno del gruppo di lavoro unitarietà di comportamento ed univocità di soluzioni. Si è operato dunque secondo criteri omogenei e condivisi, standardizzando le soluzioni e favorendo il continuo scambio e flusso di informazioni e di prassi all’interno del gruppo di lavoro. E’ stato il Permanent Staff l’interfaccia principale dei tutor con cui hanno operato in stretto raccordo operativo. Il rapporto con i tutor è stato molto intenso e di tipo circolare: da un lato ai tutor sono state date le indicazioni e le direttive di conduzione e di gestione delle classi e dall’altro dai tutor sono state ricevute tutte quelle informazioni quali-quantitative per monitorare le attività ed intervenire con azioni correttive.

operativo-amministrative. I tutor sono stati l’interfaccia del progetto rispetto ai partecipanti e hanno trasferito le informazioni verso le classi e soprattutto sono stati il ricettacolo delle esigenze e delle criticità espresse.

Gruppo di amministrazione e rendicontazione a cui è spettata la gestione finanziaria ed economica del progetto ed in collaborazione con il Permanent Staff si è occupato della predisposizione della documentazione per la rendicontazione fisica e delle spese. E’ stata cura della Direzione, del Permanent Staff e del Responsabile dell’amministrazione collaborare con la Linea trasversale dell’azione pilota, il progetto Karma, con cui sono stati intrattenuti rapporti continui sia per condividere le indicazioni e gli orientamenti del MIUR, fornire le informazioni e soprattutto garantirne la continuità. Molto importanti per la riuscita del progetto sono stati anche i gruppi tecnico-professionali coinvolti, ed in particolare:

- Sistema Domino: sistema di pianificazione e gestione amministrativa del personale interno ed esterno impegnato e di tutti i costi imputati al progetto che consente un controllo di gestione mediante verifica dell’avanzamento economico e finanziario

- il gruppo di progetto che ha rappresentato l’interfaccia professionale del progetto, ha garantito la progettazione e l’erogazione delle attività di aula e di sviluppo organizzativo e soprattutto la condivisione di esperienze e di buone prassi; - i docenti e consulenti che sono stati impegnati sia nelle attività di formazione e sia nei Cantieri e Gruppi di miglioramento. La rete professionale è stata valutata con grande apprezzamento dai partecipanti alle attività, che hanno riconosciuto quel mix di professionalità provenienti dal mondo accademico e dalla consulenza come occasione per lo scambio di esperienze; - i tutor che hanno rappresentato una delle chiavi di successo dei percorsi formativi, sono stati chiamati a mettere in campo doti di comunicazione e technicalities

Per supportare le attività di project management sono stati utilizzati due strumenti gestionali: - Tool di project management: sistema informativo per la gestione specifica delle attività di recruiting, calendarizzazione, controllo presenze e monitoraggio in itinere dei dati fisici (partecipanti, docenti, tutor)

Il sistema di monitoraggio in quanto chiave di lettura e di controllo del progetto è stato impostato su tre livelli: 1. un livello strategico di lungo periodo finalizzato a monitorare il progetto F.I.O.R.I. nella sua globalità al fine di garantire la coerenza con gli obiettivi dell’azione pilota del MIUR; 2. un livello operativo di medio periodo finalizzato a monitorare l’attuazione in raccordo con la linea E, progetto Karma, sia a livello di avanzamento dei dati fisici che qualitativo di gradimento; 3. un livello operativo di breve periodo finalizzato invece al presidio quotidiano delle azioni al fine di poter intervenire con azioni correttive repentine.


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Il coordinamento e la collaborazione con la Linea E ha permesso di individuare strumenti ed item di rilevazione significativi oltre che per il progetto F.I.O.R.I. anche per il Ministero, con una serie di vantaggi: - ha garantito una lettura omogenea dei progetti dell’azione pilota; - ha dato immediata visibilità al MIUR sull’andamento delle attività; - ha impedito la duplicazione di strumenti per i medesimi livelli. Il mix dei questionari utilizzati (clima d’aula, avvio corso, risultati e per ambito tematico) e gli audit hanno rafforzato il presidio di alcuni aspetti essenziali relativi alle azioni quali le aspettative che si sono confermate eterogenee: la soddisfazione ed il clima d’aula. L’integrazione di questi strumenti con il monitoraggio quotidiano attraverso i tutor ed i docenti/consulenti e la reportistica periodica ha permesso altresì di mettere a punto interventi correttivi in corso d’opera (es. test di posizionamento per il modulo di inglese) e recepire esigenze sopravvenute (classi aggiuntive di inglese). Il modello di project management a cui è stato ancorato il sistema di monitoraggio ha permesso al progetto F.I.O.R.I. di garantire un livello di coinvolgimento dei destinatari e di personalizzazione degli interventi particolarmente significativo. Gli enti coinvolti nel progetto, dunque, hanno avuto la possibilità di interloquire a seconda dell’esigenza e/o del ruolo con il corrispettivo gruppo o livello di responsabilità del progetto. In tal modo il progetto F.I.O.R.I. è riuscito a curare le relazioni istituzionali senza sottovalutare alcun livello nella gerarchia degli enti coinvolti, anzi garantendo una capacità di ascolto e di coinvolgimento capillare, ha permesso il radicamento del progetto stesso nelle organizzazioni territoriali rispondendo alla strategia dell’azione pilota.

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La costruzione della e-community

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A. Chianese, F. Cantone, A. Quintano e V. Moscato

L’esperienza didattica condotta nel corso del progetto F.I.O.R.I. si colloca nell’ambito di uno scenario nazionale ed internazionale in cui negli ultimi anni gli organi istituzionali intraprendono iniziative sempre più decise per sostenere ed incoraggiare l’integrazione delle tecnologie ICT (Information and Communication Technology) nei sistemi di istruzione e formazione e il pieno sfruttamento di tali supporti per una rapida ed efficace realizzazione di sistemi di educazione permanente (lifelong learning), in particolare per la loro capacità di abbattere i vincoli di tempo e spazio ed accelerare e ottimizzare la diffusione delle informazioni e della conoscenza. In tale contesto alcune caratteristiche dell’“e-learning”, tra cui la delocalizzazione e la riduzione dei costi, sono di sicuro interesse per le applicazioni nel settore della formazione, sia per quanto riguarda gli enti pubblici che le imprese ed i privati in generale. Le società contemporanee, infatti, hanno visto crescere l’importanza dei fattori immateriali della produzione e la disponibilità ad investire in essi e, dunque, in formazione. I nuovi sistemi della conoscenza richiedono all’uomo una nuova capacità di rapportarsi con il sapere che appare sempre meno statico e stabilmente strutturato; esso “aumenta rapidamente, cambia rapidamente e non può essere enciclopedizzato, cioè sistematizzato e raccolto in un sol posto”; anche l’apprendimento diventa quindi distribuito e permanente. In questo scenario la formazione diventa uno strumento attivo e di supporto ai processi d’innovazione nonché di promozione della capacità degli attori ad orientarsi nei contesti produttivi, avendo come punto di riferimento la dimensione del cambiamento. La valenza strategica della formazione può essere colta in maniera particolare nell’ambito delle linee di innovazione in atto nella pubblica amministrazione. Essa può supportare la promozione di una cultura di servizio intesa come nuova cultura dei rapporti cittadino-istituzioni; può favorire, inoltre, una cultura della responsabilità e dei risultati attraverso lo sviluppo di competenze manageriali e gestionali; può facilitare i processi di comunicazione pubblica e di scambio culturale tra settori diversi (università, imprese, mondo scientifico). Per realizzare al meglio la formazione continua occorre

garantire una costante e qualificata produzione di contenuti digitali e realizzare una rete per la loro condivisione. La selezione, l’organizzazione, la condivisione e la riproduzione della conoscenza è un passo cruciale per la creazione di reti e comunità, al cui interno sviluppare un confronto continuo per condividere la conoscenza posseduta o generarne di nuova. La formazione in rete può creare, infatti, quel substrato culturale che costituisce il presupposto irrinunciabile affinché l’e-government attecchisca veramente all’interno delle amministrazioni. È oramai ampiamente condiviso il principio secondo il quale una vera attività di formazione e riconversione può essere attuata soltanto con interventi di lungo periodo che coinvolgano tutto il personale pubblico e a tutti i livelli. È proprio su tale processo che l’intervento delle metodologie e degli strumenti dell’e-learning può incidere in maniera virtuosa permettendo di raggiungere tale obiettivo con maggiore facilità rispetto alla formazione di tipo tradizionale e creando una rete per lo scambio di esperienze e per la diffusione delle buone pratiche. Il protocollo F.I.O.R.I.: una strategia modulare ed esportabile L’approccio didattico del progetto F.I.O.R.I. ha previsto l’implementazione di una serie di strumenti di supporto tecnologico e metodologico al percorso di apprendimento. L’equipe di lavoro ha via via delineato ed elaborato un protocollo metodologico ed operativo che rappresenta un modello consolidato, replicabile ed esportabile. La struttura modulabile di tale modello consente, inoltre, ulteriori adattamenti, espansioni ed evoluzioni in nuovi contesti applicativi. L’adozione di modalità di apprendimento in e-learning ha offerto la possibilità di erogare contenuti formativi elettronicamente, attraverso la rete Internet, e integrando esperienze ed approcci che vanno dal computer based learning, al Web-based learning alle aule virtuali. Tale strategia ha rappresentato per gli utenti una soluzione di apprendimento flessibile, in quanto facilmente personalizzabile e accessibile. L’apprendimento è stato favorito attraverso un agevole accesso a risorse e servizi nonché incoraggiando gli scambi e la collaborazione a distanza tra tutti gli attori coinvolti. Si è adottato, dunque, un paradigma (collaborative learning) in cui il discente è attivo e coinvolto nella fruizione delle risorse

didattiche, i docenti e i tutor assumono ruoli di servizio e di facilitazione, le risorse didattiche sono disponibili on demand, i contenuti ed i servizi sono adattati alla metodologia didattica richiesta. Secondo le più attuali impostazioni (computer supported collaborative learning) lo sviluppo di attività didattiche collaborative è stato supportato dagli strumenti della comunicazione digitale per realizzare sostanzialmente quattro obiettivi principali: distribuire materiale, distinguere i contenuti individuali, mediare l’interazione tra discenti, ottenere un progetto, un compito o un project work completato attraverso un lavoro collaborativo. La figura del tutor è stata valorizzata nella duplice veste di insegnante e partecipante all’interno della comunità di apprendimento e come elemento di cerniera tra i vari attori coinvolti nel processo formativo. Dall’esperienza condotta è emersa l’importanza determinante delle competenze legate al ruolo del tutor che risultano composite e trasversali. Esse coprono un ampio spettro di attività che richiedono una formazione specifica che spazia dalle conoscenze disciplinari alle abilità relazionali e tecnologiche. L’apprendimento è stato considerato, quindi, come un processo di interazione veicolato attraverso differenti modalità, una delle quali è legata al lavoro in gruppo. Si è mirato alla costituzione di gruppi collaborativi, costituiti da insiemi eterogenei di persone con un progetto comune e quindi con la disposizione ad acquisire le competenze necessarie per il raggiungimento di un obiettivo condiviso. In quest’ottica, i tutor e i docenti sono stati stimolo all’interazione e le attività, poco strutturate e riconfigurabili a seconda dei risultati dell’interazione, non sono state basate sull’apprendimento di contenuti prestabiliti ma sulla costruzione degli stessi.


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Primo modello, apprendimento individuale. Le attività didattiche hanno previsto lo studio individuale da parte dei discenti. La tipologia di interazione è stata collegata alla fruizione dei contenuti e degli strumenti a supporto delle attività. L’interazione è avvenuta tra discenti, tutor e docenti. I tutor e i docenti hanno fornito ai discenti supporto e assistenza sia per quanto riguarda gli aspetti tecnici, sia sui contenuti e sulla metodologia. Questo modello ha consentito un alto grado di libertà e flessibilità nella gestione dei ritmi di fruizione (i percorsi dei singoli discenti sono personalizzati e non necessariamente pre-selezionati). Questo tipo di apprendimento assegna, inoltre, grande rilevanza alla progettazione di attività individuali strutturate e di contenuti a supporto di tali attività. Nell’ambito del progetto, in particolare, questo modello ha supportato lo sviluppo di competenze di base e, in parte, di competenze tecnico-professionali. Secondo modello, apprendimento collaborativo (wrap around). Secondo questo approccio, gruppi di discenti hanno sviluppato attività di collaborazione e cooperazione: in tali gruppi le persone interagiscono per conseguire un obiettivo comune e, di conseguenza, l’apprendimento individuale è concepito come il risultato di un processo di gruppo. In questo approccio ha assunto grande rilevanza la figura del tutor, a cui è affidata la “mediazione didattica”. Il focus dell’attività si sposta verso la costruzione di interazione tra i soggetti coinvolti, cioè tra discenti, tutor, docenti ed esperti. Flessibilità e libertà risiedono, in questo caso, nell’organizzazione delle attività all’interno dei gruppi e nella fruizione dei contenuti che diventano un supporto alle attività e possono essere più o meno consultati dal gruppo di discenti a seconda delle esigenze. La necessità di attivare processi di scambio e di collaborazione tra le persone ha guidato in questo caso anche la progettazione, l’organizzazione e la selezione delle attività e dei contenuti. Nell’ambito del progetto, l’apprendimento collaborativo si è applicato prevalentemente allo sviluppo di competenze tecnico-professionali e, in parte, all’apprendimento di competenze trasversali.

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Terzo modello, interazioni di gruppo (team-based o community-based). Questo modello si è dimostrato particolarmente interessante, soprattutto per le prospettive di sviluppo che sono emerse già dalle prime sperimentazioni applicative. Esso si caratterizza per una bassa regia didattico-organizzativa e per una elevata interazione tra gli attori in gioco (tra i quali si sviluppano meccanismi di interdipendenza e reciprocità). La progettazione si incentra, dunque, sui meccanismi di interazione sociale tra le persone e sui ruoli che devono presidiare l’intero sistema. Il centro delle attività progettuali si è basato non tanto sulla produzione di contenuti strutturati, quanto sulla creazione di una comunità attiva in costante interazione e che produce conoscenza sulla base dell’interazione. La forma tipica dei contenuti prodotti (prevalentemente interni all’organizzazione: esperienze locali, casi e pratiche di successo) è quella atomica delle “pillole di conoscenza”. Intorno ad esse fondamentali sono state le figure dei docenti e dei tutor, che hanno stimolato il dibattito, incoraggiando un processo di socializzazione orientato al problem-solving. In tal modo si sono sviluppate nuove “pillole di conoscenza” a partire da quelle iniziali: il contenuto costituisce in questo caso l’input e l’output del processo. Questo modello si è applicato soprattutto nello sviluppo di competenze trasversali e di competenze relative a un apprendimento organizzativo.

Activation: in cui l’apprendimento è facilitato quando:

Il processo didattico sviluppato nell’ambito del progetto F.I.O.R.I., dunque, ha evidenziato come tra i modelli più affermati esistano sostanziali congruenze e ha consentito di far emergere alcuni principi basilari dell’attività di apprendimento:

- l’allievo è messo in condizione di classificare, produrre compiti, elaborare ipotesi, cercare di predire attivamente conseguenze;

Problem based: ossia l’apprendimento è facilitato quando chi apprende:

- l’allievo è orientato a ricordare, relazionare, descrivere o applicare conoscenza da esperienza rilevante del passato che può essere usata come fondamento di nuova conoscenza; - all’allievo è offerta esperienza rilevante che può essere usata come fondamento per nuova conoscenza. Demonstration: in cui l’apprendimento è facilitato quando: - all’allievo viene “dimostrato” esplicitamente che cosa va appreso (anziché semplicemente detto); - la dimostrazione è coerente con gli obiettivi d’apprendimento (esempi e controesempi per i concetti; dimostrazioni per le procedure, visualizzazioni per i processi; modellizzazione per i comportamenti); - agli allievi è provvista adeguata guida (indirizzamento verso informazioni rilevanti); Application: in cui l’apprendimento è facilitato quando: - all’allievo è richiesto di usare la sua conoscenza per risolvere problemi;

- l’attività di soluzione di problemi è consistente con gli obiettivi di apprendimento; - all’allievo si mostra come individuare e correggere errori.

- è coinvolto nella soluzione di problemi reali;

Integration: in cui l’apprendimento è facilitato quando:

- risolve una progressione di problemi; - è guidato ad una esplicita comparazione dei problemi.

- gli allievi sono incoraggiati a dare pubblicamente dimostrazioni della loro conoscenza o abilità: - possono elaborare, discutere e definire la loro conoscenza;

- possono creare, inventare ed esplorare nuovi e personali modi di usare la loro conoscenza. L’analisi preliminare delle esigenze didattiche e degli obiettivi del progetto F.I.O.R.I. ha condotto ad elaborare un approccio composito che ha visto la compresenza di lezioni in aula, materiali fruiti in FAD, moduli fruiti interamente in e-learning, attività di project work e interazione su supporto tecnologico a distanza. Particolare attenzione è stata posta alla possibilità di realizzare un repository unico che consentisse il riuso di contenuti caratterizzati da una struttura standard e modulare. Necessario è stato, inoltre, il ricorso ad un opportuno ambiente software per la gestione di tutte le attività didattiche: dalla gestione del repository, alla fruizione dei materiali, alla interazione tra i vari attori coinvolti e al tracciamento delle attività svolte.


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Best practices, prospettive di sviluppo, scenari applicativi. Le esperienze maturate nell’ambito del progetto F.I.O.R.I. consentono di delineare linee guida per ulteriori interventi di applicazione delle nuove tecnologie della didattica a scenari più complessi, capaci di inserirsi in maniera strutturale nel sistema dell’aggiornamento permanente delle pubbliche amministrazioni sia a livello nazionale che internazionale. È risultato evidente, infatti, come l’intervento realizzato abbia costituito un momento di profonda riflessione metodologica sulla necessità di un adeguamento della pubblica amministrazione agli scenari di riferimento attuali, che prevedono un sistema della conoscenza profondamente modificato, non più strutturato, in continuo e vorticoso aggiornamento. Sempre più diffusa è dunque la tendenza a sviluppare repository di contenuti, cioè sistemi indipendenti – separati dai sistemi autore e dalle piattaforme per l’erogazione - ove sono archiviati consistenti quantità di materiali didattici in formato digitale e che è possibile interrogare con tecniche di ricerca avanzate. Uno dei principali outcomes di progetto è stata proprio la realizzazione di un repository F.I.O.R.I.: una considerevole banca dati condivisa e multidisciplinare, costituita da particelle di contenuto atomizzate strutturate in LO multimediali e interattivi, relativi a temi individuati come strategici per l’aggiornamento nella pubblica amministrazione. Nella prospettiva di utilizzazione futura è essenziale sottolineare la sostenibilità dell’intervento, garantita, oltre che dall’evidente vantaggio nella ottimizzazione dei costi progettuali, anche dal carattere aperto del sistema realizzato, pronto a continui interventi di aggiornamento e arricchimento, da parte di una comunità in espansione di autori, referenti, interessati e competenti. Anche lo stesso gruppo di interesse (comunità di apprendimento), creato nell’ambito di F.I.O.R.I. tra esponenti di pubbliche amministrazioni differenziate ed esperti di contenuto di vari ambiti, si presta ad un incremento continuo e alla prosecuzione e sviluppo delle interazioni implementate nel corso del progetto. La realizzazione del repository F.I.O.R.I ha risposto, quindi, alle esigenze di pianificazione strategica di interventi di lungo respiro e in costante aggiornamento, tipici del sistema delle pubbliche amministrazioni. In questa ottica i contenuti sono

stati considerati veri elementi di valore (asset) della formazione patrimonio di una comunità. È dimostrato, infatti, che nel lifelong learning l’applicazione dei principi del costruzionismo sociale comporta un notevole incremento dell’apprendimento e dell’apporto della comunità alla costruzione di sapere. La comunità di apprendimento costituita è, inoltre, in linea con le tendenze attuali verso la costituzione di federazioni di repository digitali indipendenti (Federated Digital Repositories, FDR). Il modello federato appare in grado di rispondere al meglio alle necessità di comunità omogenee (come ad esempio le pubbliche amministrazioni di un paese) e di garantire il ritorno degli investimenti da parte di grandi organizzazioni, siano esse enti formativi o imprese. Il modello federato è sufficientemente flessibile da potersi applicare ad organizzazioni disposte a cooperare, pur mantenendo la propria indipendenza ed autonomia decisionale. A tale esigenza di flessibilità risponde il protocollo metodologico ed operativo delineato dall’equipe di esperti costituita nell’ambito del progetto F.I.O.R.I. e contraddistinta da un alto livello di specialismo maturato nel settore dell’elearning per la pubblica amministrazione. L’esperienza condotta, infatti, al di là dei risultati ottenuti, costituisce, inoltre, una articolata piattaforma di partenza per ulteriori sviluppi. Tali futuri progetti potranno capitalizzare l’esperienza di F.I.O.R.I. sia attraverso la riproposizione degli elementi di forza e innovazione, sia rafforzando e sviluppando gli aspetti sperimentali, sia attuando le soluzioni elaborate in base alle criticità riscontrate. In particolare si delinea uno scenario di ulteriore innovazione metodologica nella integrazione tra i vari approcci didattici in presenza e on line. L’esperienza condotta, infatti, ha evidenziato come una migliore sincronizzazione tra le attività didattiche in presenza e on line incida significativamente sulla qualità dell’intervento. A tale scopo bisogna prevedere sin dalle prime fasi del progetto una serrata collaborazione tra tutte le figure professionali coinvolte nella didattica, dal docente al tutor all’instructional designer, mirata ad una adeguata pianificazione degli interventi, preparazione del materiale didattico e progettazione delle attività collaborative in piattaforma e in presenza. Fondamentale altresì risulta un costante aggiornamento sull’evoluzione della figura del tutor nei nuovi scenari: il tutor, infatti, al di là delle competenze

disciplinari e trasversali, dovrà essere oggetto di formazione specifica sulle dinamiche e sugli strumenti propri dei nuovi approcci didattici proposti. Anche i docenti dovranno essere interessati sin dalle prime fasi da incontri di interscambio e informazione sull’uso di nuovi strumenti della didattica e sulle potenzialità dei nuovi approcci. Tale tempestivo coinvolgimento consente al corpo docente un adeguamento delle strategie didattiche individuali e dei materiali di supporto alla formazione, nell’ottica di una sempre maggiore armonizzazione delle attività on line e in presenza e di un approccio integrato alla formazione. Future linee di sviluppo si delineano, infine, relativamente alla implementazione e integrazione di tecnologie avanzate di simulazione e interazione tridimensionale in rete. La sperimentazione di tali strumenti, infatti, appare particolarmente idonea a settori di intervento (come ad esempio le applicazioni nell’ambito dei beni culturali, ambiente, medicina, biologia, fisica, etc.) nei quali l’efficienza della simulazione virtuale incide fortemente sui costi nei processi di innovazione ottimizzando la qualità dell’esperienza didattica. Alla luce dei brevi cenni sull’esperienza condotta e delle considerazioni esposte, il progetto F.I.O.R.I., dunque, diventa un vero e proprio modello definito e consolidato, oltre che agilmente replicabile ed esportabile in contesti diversi sia a livello sperimentale che a livello operativo.



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Le visite di studio

Finlandia Università di Oulu Dipartimento di Ingegneria Industriale e Management La presentazione del Dipartimento, ad opera del Vice-Direttore Prof. Seppo Väyrynen, ha suscitato grande interesse tra i partecipanti alla visita, in primo luogo perché si trattava della presentazione del modello organizzativo e di funzionamento di un’unità che opera all’interno di un ateneo, ovvero di un tipo di struttura con la quale la maggior parte dei partecipanti ha grande familiarità, dato il ruolo ricoperto. Sono numerosi gli aspetti di interesse ricavati dalla visita del Dipartimento che, per alcuni dei partecipanti, può utilmente rappresentare una best practice verso cui opportunamente indirizzare anche il modello di funzionamento delle relative strutture di appartenenza in Italia. L’approccio interdisciplinare del Dipartimento ne fa una struttura di grande trasversalità, aperta alla collaborazione con diversi altri organismi di ateneo mentre lo stretto collegamento con le realtà imprenditoriali del territorio (sintetizzato nello slogan “i nostri laboratori sono le imprese”) dà prova di una costante nel modo di intendere la ricerca in Finlandia: un’attività continuamente orientata al trasferimento tecnologico e allo sfruttamento commerciale dei risultati ottenuti. Allo stesso modo, ha suscitato interesse nei partecipanti l’ampia porzione di finanziamenti che il Dipartimento ottiene al di là degli ordinari stanziamenti ministeriali. Si segnala, infine, l’interesse di chi intende giovare dei contatti ottenuti con il Dipartimento di Ingegneria Industriale e Management dell’Università di Oulu nell’ottica di future collaborazioni, anche nell’ambito del VII Programma Quadro. Università di Oulu Relazioni internazionali L’intervento della responsabile dell’area internazionalizzazione dell’Università di Oulu, giudicato in maniera ampiamente positiva dai presenti, ha offerto alcuni elementi di interesse per i partecipanti alla visita a partire da un’ampia ricognizione statistica che ha tracciato, anche in chiave comparativa, una fotografia delle iniziative che l’ateneo, e più in generale il sistema universitario finlandese, ha attivato

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sul fronte della cooperazione internazionale in ambito accademico. Tra gli aspetti che più hanno suscitato interesse negli ascoltatori italiani figurano in primo luogo le azioni intraprese ad Oulu per incentivare l’attrattività della sede universitaria agli occhi degli studenti Erasmus (degne di nota, in particolare, le best practices che passano sotto il nome di “kummi student” e “kummi family” dove lo studente straniero viene temporaneamente “adottato”). L’efficacia di tali misure è apparsa ancor più interessante alla luce delle difficili condizioni ambientali del luogo (legate in particolare alla rigidità del clima nei mesi invernali). A ciò si collega l’ampia disponibilità di un’offerta formativa in lingua inglese che, al contrario, solo marginalmente può rilevarsi in Italia. Dello stesso tenore possono dirsi le politiche di mobilità internazionale per i ricercatori. È positivo notare come, per alcuni dei partecipanti, l’incontro sia stato fonte di sensibilizzazione verso il tema della mobilità, tanto da voler incentivare anche presso la propria sede l’attivazione di esperienze di cooperazione con l’Università di Oulu sia in ambito Erasmus sia in relazione a scambi di ricercatori e attivazione di network di ricerca internazionali. Università di Oulu Servizi per l’innovazione

Nokia Siemens Networks L’incontro con il Direttore R&S dell’azienda leader nel comparto delle comunicazioni wireless e fisse è stato apprezzato da quasi tutti i partecipanti alla visita. Ha riscosso particolare interesse la descrizione delle attività della joint venture, finalizzate ad integrare il business delle reti di Nokia e le attività di rete fissa e mobile di Siemens, delle strategie operative ed organizzative rispetto al futuro del mercato delle telecomunicazioni e delle soluzioni innovative individuate, volte a sviluppare e realizzare un ampio portfolio di prodotti e servizi vantaggiosi in grado di assicurare risparmi ai clienti finali grazie alle sinergie di scala ed alla presenza globale. L’interazione con il referente aziendale non è stata ritenuta, da parte di due partecipanti, molto proficua ed efficace, poiché a loro avviso non sono state date informazioni sufficientemente dettagliate rispetto alle scelte strategiche future dell’azienda, in termini di innovazione, e spunti per successivi approfondimenti. Tali partecipanti ritengono che il referente aziendale non sia soffermato e non abbia condiviso, con il gruppo in visita, le esperienze di collaborazione con l’università ed il sistema nazionale della ricerca e non abbia esposto le proprie idee in materia di trasferimento di tecnologia. Centro nazionale finlandese per la ricerca (VTT)

L’intervento da parte dei rappresentanti dell’Università di Oulu dediti ai servizi per l’innovazione ha rappresentato, con ogni probabilità, uno tra i momenti di più alto interesse e di più elevata partecipazione per i componenti del gruppo di visita. Le politiche di trasferimento tecnologico, di brevettazione dei risultati, di creazione di spin-off e dei molteplici aspetti legati al tema hanno suscitato un diffuso interessamento dei partecipanti che hanno intavolato un proficuo dibattito circa le modalità operative di funzionamento della struttura. Non è un caso, infatti, se proprio rispettivamente a questo momento delle giornate di visita si sia concentrato, stando ai report prodotti dai partecipanti, il maggior numero di segnalazioni circa l’opportunità di ulteriori approfondimenti che esigenze di tempistica non hanno consentito in quella sede.

La visita presso il Centro nazionale finlandese per la ricerca (VTT) è stata apprezzata da tutti i partecipanti. Durante la visita i partecipanti hanno avuto modo di conoscere, con un soddisfacente livello di approfondimento, la mission del centro, i principali settori di intervento ed i servizi offerti a supporto dell’innovazione dei processi oltre che apprezzare la capacità del centro di coniugare l’attività di ricerca con le richieste del mondo imprenditoriale, aumentandone la competitività, e contribuire alla crescita dell’economia finlandese in accordo con la strategia dell’industria nazionale, attraverso la creazione di nuove iniziative e la promozione sia della tecnologia, per migliorare la competitività industriale, sia delle infrastrutture di base della società. La presentazione, da parte del Site Manager, dell’organizzazione e del funzionamento del centro ha, inoltre, permesso ai partecipanti di riconoscere similitudini e diversità con realtà ed esperienze nazionali deputate a svolgere, promuovere, diffondere,


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trasferire e valorizzare attività di ricerca nei principali settori di sviluppo delle conoscenze e delle loro applicazioni per lo sviluppo scientifico, tecnologico, economico e sociale (CNR, Tecnopolis Csata). Hanno suscitato particolare interesse e partecipazione la visita al laboratorio ICT e al centro di ricerca per la stampa intelligente. Rispetto a questo ultimo incontro si segnala l’interesse di alcuni partecipanti ad attivare forme di collaborazione e networking con il Centro nazionale finlandese per la ricerca e la sua ampia partnership nazionale ed internazionale. POHTO The Institute of Management and Technical Training La visita al centro di formazione POHTO è stata definita da tutti i partecipati estremamente interessante ed in taluni casi straordinaria. La struttura ha favorevolmente “impressionato” i partecipanti per la sua vocazione sperimentale, per la varietà e per la qualità delle proposte formative offerte a singoli discenti, a gruppi e organizzazioni, finalizzate anche alla validazione delle competenze acquisite informalmente. Durante la visita i partecipanti hanno avuto modo di conoscere e apprezzare le peculiarità e le potenzialità del modello adottato dal POHTO fondato sull’esperienza diretta dei processi organizzativi aziendali e sull’acquisizione di abilità e competenze trasversali e professionali attraverso il learning by doing. In particolare la visita a due laboratori di simulazione, la visione di un video e l’esposizione del modello da parte del direttore del centro hanno permesso ai partecipanti di comprendere come nella pratica la simulazione possa essere proposta, efficacemente , come strumento formativo alternativo, in grado di fornire e favorire un percorso privilegiato di sviluppo personale e organizzativo.

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Francia Grenoble Universités ; AEPI (Agence d’etudes et de promotion de l’isere) ; INPG (Institut National Polytechnique de Grenoble) e INPG SA (società privata filiale di INPG); Consortium GRAVIT (Grenoble Alpes Valorisation Innovation Technologies) ; INCUBATEUR GRAIN (Grenoble alpes incubation) ; Université’ Joseph Fourier : FLORALIS e BIOPOLIS ; Université pierre mendes France (UPMF) Sono stati presentati alcuni dati demografici e il flusso degli studenti, numero di scuole e istituti di formazione: su 150.000 abitanti, i dati parlano di 50.000 studenti, 5.800 lavoratori, 213 master, 14 scuole di dottorato, 18 scuole di ingegneria, 90 laboratori di ricerca. Il modello di Grenoble colpisce per il sistema di valorizzazione adottato che ruota sulla messa in comune di servizi, che si traduce concretamente con una facilitazione ed una crescita dell’attività di trasferimento tecnologico ed un’alta professionalizzazione del personale, dei laboratori e che si spinge fino all’ interfaccia tra i laboratori di ricerca e le imprese. In particolare: Grenoble Universités in quanto raggruppamento delle 4 università di Grenoble dimostra una capacità di integrazione strategica fra gli atenei che comporta da un lato assenza di competitività anche a causa dell’alta e differente specializzazione fra gli stessi ed un’imponente capacità di negoziazione con le istituzioni politiche (ad es. per l’assegnazione dei fondi per la ricerca) e nella valorizzazione del sistema della ricerca; INPG (Institut National Polytechnique de Grenoble) e INPG SA (società privata filiale di INPG) in quanto modello di scuola di ingegneria impegnata nella valorizzazione della ricerca. L’INPG infatti è il soggetto coordinatore e responsabile della gestione di GRAVIT (Grenoble Alpes Valorisation Innovation Technologies). E’ un consorzio di attori della ricerca e della valorizzazione , creato a gennaio 2006 in risposta ad un bando lanciato dall’Agenzia Nazionale per la Ricerca ANR, è pilotato da 3 organismi nazionali di ricerca e 4 università. GRAVIT è attivo quindi solo da 18 mesi ed ha lo scopo di valorizzare la ricerca del territorio di Grenoble attraverso lo scambio delle buone pratiche, lo sviluppo di sinergie e partenariati. Ciò che

ha colpito in particolare è la modalità di azione di GRAVIT che svolge un’azione concertata di supporto dei laboratori di ricerca per individuare i risultati valorizzabili e di accompagnamento fino alla fase di trasferimento e d’incubazione. Ha suscitato interesse tra i partecipanti il modello di dispositivo creato a sostegno di progetti innovanti e fondato su 4 missioni principali: la prospezione dei bisogni industriali e dei bloccaggi tecnologici; la rilevazione pro-attiva nei laboratori di progetti innovanti capaci di fornire soluzioni ai bisogni industriali individuati; la maturazione tecnico-economica dei progetti di laboratorio; la promozione dell’offerta tecnologica dei laboratori verso un settore economico trasversale. Grain (Grenoble Alpes Incubation) in quanto incubatore pubblico ha interessato per la modalità di accompagnamento alla creazione di impresa. Ed in particolare: 1. accompagnamento nella fase preliminare per definire il contesto del settore (mercato potenziale e segmenti liberi, competitor, formula giuridica); 2. (incubazione) accompagnamento allo start up (valutazione della coesione dell’equipe dei soci, piano d’affari e strategia di sviluppo); 3. (post incubazione) accompagnamento alla creazione dell’impresa fornendo un supporto di tipo fiscale e legale. Floralis e Biopolis – società private (SAS) dell’Università Joseph Fourier - hanno colpito per il modo originale di offrire un supporto al processo di valorizzazione della ricerca biomedica. Entrambe operano a servizio dell’Università. FLORALIS è sia uno strumento di valorizzazione della ricerca sia società di servizi dell’Università Joseph Fourier, è una interfaccia tra il mondo industriale e quello della ricerca accademica. Si occupa principalmente della brevettazione e della proprietà intellettuale. In caso di contratti industriali, il contratto viene stipulato fra Università, impresa e Floralis a cui viene affidata la gestione e la somma pattuita. Floralis paga l’università per l’utilizzo del personale e dei locali. BIOPOLIS è una struttura dedicata all’accoglienza di imprese innovanti negli ambiti della salute e dell’ambiente con due funzioni principali: incubatore in quanto accoglie progetti iniziali di impresa in una struttura leggera di sperimentazione che permette la maturazione di progetti tecnologici; hotel di

imprese dedicato alle bio-industrie legate ai laboratori dell’Università Joseph Fourier. È sultato interessante il SAIC, servizio per le attività industriali e commerciali dell’Università Pierre Mendes France, creato nel 2003 per la valorizzazione della ricerca. Il ruolo del SAIC è quello di formalizzare i partenariati valutando i costi completi delle operazioni progettate, di fornire consulenza riguardo alla proprietà intellettuale, di redigere i contratti e gestire la loro fiscalità, tutto ciò in contatto con i responsabili delle operazioni nei laboratori. Spagna L’Università di Oviedo ha presentato un quadro generale dell’università e il modello di trasferimento tecnologico attraverso la presentazione del vice rettorato per la ricerca e per le relazioni con le imprese e della OTRI Oficina de trasferencia de resultados de la investigacion . Sono state evidenziate e descritte le principali azioni di tale servizio e la loro integrazione con altri servizi di Ateneo. È tato poi illustrato globalmente il sistema di Scienza – Tecnologia - Impresa spagnolo e l’articolazione con la rete delle OTRI Oficinas de trasferencia de resultados de la investigacion. Il vicerettore ha chiarito con puntualità anche i punti di debolezza rispetto ad altri paesi europei del sistema di trasferimento tecnologico delle Asturie e spagnolo, in merito alla mancanza di una diffusa cultura del trasferimento tecnologico nelle imprese e in misura minore nelle università, queste stanno però reagendo con un’organizzazione a rete dei propri uffici di trasferimento tecnologico REDOTRI. Particolare interesse ha suscitato nei partecipanti la visita all’Instituto de Desarrollo Economico del Principado de Asturias - IDEPA, che è l’ente pubblico dell’amministrazione regionale, deputato alla promozione, alla crescita economica e all’incremento dei posti di lavoro della Comunidad Autonoma, attraverso l’appoggio e la dinamizzazione dell’attività delle imprese.


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L’obiettivo specifico dell’IDEPA è quello di promuovere la modernizzazione e la diversificazione del tessuto imprenditoriale asturiano attraverso due azioni principali: • identificazione di nuovi investimenti

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Permanente che, eletta ogni due anni e composta da un coordinatore e da sei membri, è incaricata di condurre il programma di lavoro della rete, oltre che di coordinare il lavoro con la Commissione Settoriale di R&S CRUE. Dispone dal 2003 di una Segreteria Tecnica, ubicata fisicamente nella sede della CRUE a Madrid.

• miglioramento della competitività delle imprese asturiane. Università di Barcellona, Parco Scientifico di Barcellona, Generalitat de Cataluña La visita di studio a Barcellona ha permesso ai partecipanti di entrare in contatto con una realtà estremamente interessante e dinamica dal punto di vista del trasferimento tecnologico. In primo luogo l’Università di Barcellona ha presentato un quadro generale del trasferimento tecnologico universitario in Spagna attraverso la presentazione della REDOTRI, che raggruppa tutte le Oficinas de Trasferencia de Resultados de Investigacion –OTRI e che fanno capo alla CRUE Conferencia de Rectores de las Universidades Españolas. Successivamente si è passati alla presentazione delle varie strutture di cui l’Università si è dotata nel corso degli anni per rispondere sempre più e meglio alla necessità di trasferire i risultati della ricerca universitaria, tra cui il Parco Scientifico di Barcellona. L’ultimo giorno i partecipanti hanno avuto modo di visitare la Generalitat de Cataluña ed in particolare il Departamento de Innovación, Universidades y Empresa de la Generalitat de Cataluña - CIDEM - Centro de Innovación y Desarrollo Empresarial RedOTRI della CRUE (Conferenza dei Rettori delle Università Spagnole) È a rete degli uffici di trasferimento dei risultati della ricerca (Oficinas de Trasferencia de Resultados de Investigacion –OTRI) delle università spagnole, la cui missione è quella di potenziare il ruolo delle università come elementi essenziali all’interno del sistema nazionale di innovazione. La RedOTRI si costituisce come Gruppo di lavoro Permanente all’interno della Commissione Settoriale di R&S della Conferenza dei Rettori delle Università Spagnole CRUE nel 1997. È strutturata come un’associazione. Ha un’assemblea generale dei direttori e dei responsabili di OTRI nella quale sono rappresentate tutte le università associate della CRUE, e che è l’istanza di dibattito e decisone. L’assemblea è coordinata da una Commissione

Obiettivi della Rete: • Contribuire allo sviluppo di una visione delle università che riconosca il loro contributo allo sviluppo socioeconomico e al processo di modernizzazione delle imprese • Collaborare con le Amministrazioni e con altri soggetti del mondo sociale ed economico nella definizione di meccanismi e di elaborazione di processi che favoriscano il rapporto Università-Impresa • Potenziare il funzionamento a rete delle OTRI attraverso lo sviluppo di azioni, strumenti e servizi di interesse comune • Promuovere la presenza delle università nei programmi e attività dell’Unione Europea • Dare consulenza alla Commissione Settoriale di R&S CRUE riguardo agli aspetti relativi all’articolazione della ricerca universitaria con altri attori del Sistema Nazionale di Innovazione Per conseguire i propri obiettivi, la RedOTRI si organizza all’interno della CRUE al fine di capitalizzare sia l’insieme delle potenzialità e delle risorse di cui le varie università dispongono in materia di R&S, che l’insieme delle infrastrutture disponibili per la valorizzazione della ricerca e della tecnologia. Modello di Trasferimento Tecnologico dell’Università di Barcellona L’Università di Barcellona, strettamente vincolata alla storia di Barcellona e della Catalogna, ha celebrato recentemente il suo 550 anniversario. Gli anni di servizio le assegnano il retaggio di principale università pubblica Spagnola. È quella che accoglie il maggior numero di studenti e mette a disposizione l’offerta formativa più ampia e completa di primo secondo e terzo ciclo.

Contestualmente rappresenta il principale centro di ricerca universitario spagnolo e uno dei principali d’Europa, sia per il numero di programmi di ricerca che per l’eccellente qualità raggiunta in questo campo. Nel corso degli anni l’Università di Barcellona si è dotata di una serie di strutture che hanno costituito Il Grup Universitat de Barcelona che sviluppa diversi progetti diretti all’implementazione del trasferimento di conoscenza e di tecnologia dalla ricerca di base universitaria ai settori produttivi, al fine di potenziare il livello di innovazione e sviluppo e l’innovazione tecnologica delle imprese. Con questa attività, il Grup UB cerca una maggiore partecipazione del settore pubblico nel processo di innovazione tecnologica, avvalendosi del nuovo contesto economico basato sulla conoscenza. La Fundació Bosch i Gimpera È un’organizzazione privata senza fini di lucro, creata nell’anno 1983 al fine di facilitare la collaborazione tra l’Università di Barcellona e la società. Ha come obiettivo quello di promuovere, catalizzare e gestire il trasferimento di tecnologia e conoscenza generate nel gruppo dell’Università di Barcellona. Dal 1996 la Fundación Bosch i Gimpera agisce da Oficina de Transferencia de los Resultados de Investigación (OTRI) dell’università. I servizi: Divulgazione delle nuove conoscenze e ricognizione delle esigenze delle imprese; Valutazione delle imprese, in particolare delle PMI; Progetti multidisciplinari, studi multi cliente; Progettazione di progetti di ricerca nazionali e internazionali con ricerca di soci e di aiuti da parte delle amministrazioni; Servizi di compra e vendita di tecnologia a livello europeo; Servizi di alto valore aggiunto con utilizzo di strutture di ultima generazione; Promozione e gestione di reti di referenza; gestione di contratti. La Fundació Parc Científic de Barcelona Su iniziativa dell’Università di Barcellona si costituisce nel 1997 il Parco Scientifico di Barcellona. È in realtà un cluster, in cui gruppi di ricerca del settore pubblico e del settore privato si collocano in un ambiente attrezzato con potenti infrastrutture di supporto alla ricerca e con servizi specializzati. Più di 80.000 m² dedicati alla ricerca, sviluppo e innovazione. La sua missione è di porsi come modello di trasferimento tecnologico, sostenibile a medio e lungo termine, che

contribuisce allo sviluppo economico regionale tramite: La promozione di una ricerca interdisciplinare di eccellenza a livello internazionale; La protezione e il trasferimento della conoscenza generata; Il consolidamento del tessuto di nuove imprese a base tecnologica; Il contributo alla crescita e competitività del tessuto industriale esistente; La comunicazione e divulgazione della scienza. La confluenza di centri di ricerca universitari, istituzionali e aziendali rende il Parco Scientifico di Barcellona uno strumento di riferimento all’avanguardia nella promozione del trasferimento di conoscenza e di tecnologia facilitando la creazione di nuove imprese su base tecnologica. Il Centre de Patents - Università di Barcellona È un centro di ricerca della UB che dall’anno 1987, si dedica principalmente ad attività di ricerca, di divulgazione e docenza nel campo della proprietà intellettuale e di documentazione. Offre servizi diretti al pubblico in generale, e in particolare alle entità legate al Gruppo Università di Barcellona e al Parco Scientifico. La Agenzia di valorización y comercialización de los resultados de l’investigación AVCRI È una struttura interna, di tipo trasversale, di coordinamento e potenziamento delle strutture esistenti nel Gruppo UB legate all’attività di trasferimento, valorizzazione e commercializzazione dei risultati della ricerca in tutti gli ambiti della conoscenza. L’AVCRI focalizza la sua attività nella identificazione, protezione, valorizzazione e commercializzazione della proprietà intellettuale generata dai ricercatori del Gruppo UB. Departamento de Innovación, Universidades y Empresa de la Generalitat de Cataluña - CIDEM Centro de Innovación y Desarrollo Empresarial Il CIDEM ha come missione quello di promuovere l’innovazione delle imprese catalane come mezzo per incrementare la competitività. Le attività di ricerca, sviluppo e innovazione sono imprescindibili per il raggiungimento di un miglioramento sostenibile nella competitività delle imprese. A tal fine incrementare il numero di imprese innovatrici e il numero di progetti di innovazione che queste realizzano è un elemento primordiale per dare impulso alla competitività


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dell’economia catalana, e per tanto diventa un obiettivo principale tra le azioni della Generalitat de Cataluña. Per rispondere a queste sfide il CIDEM ha sviluppato un Piano di azione 2007-2008 strutturato secondo tre assi strategici: promozione dell’innovazione, potenziamento del mercato tecnologico; appoggio a contesti innovatori . Regno Unito Infine, è stata organizzata un’ultima visita di studio a Cambridge, destinata all’approfondimento, da parte di una rappresentanza del sistema universitario della Sicilia; quest’utlimo, infatti, sta lavorando, anche grazie alle attività del Progetto F.I.O.R.I., alla messa a punto di una rete regionale per il trasferimento tecnologico. Il sistema di ricerca e sviluppo in opera nella città di Cambridge rappresenta un modello tra i più funzionali ed apprezzati a livello internazionale ed ha offerto, pertanto, un’esperienza ottimale di confronto e acquisizione di conoscenze per la delegazione del progetto F.I.O.R.I. in visita nella città britannica. Oltre alla ingente mole di attività che i centri di ricerca di Cambridge riescono a realizzare, tra gli aspetti che più hanno suscitato attenzione nei partecipanti alla visita rientrano le strette sinergie che il settore pubblico intrattiene con il mondo imprenditoriale e, conseguentemente, l’entità dei finanziamenti privati che il sistema della ricerca riesce a mobilitare. Un elemento di grande interesse è inoltre costituito da un clima culturale di promozione e valorizzazione della ricerca che permea la mentalità del luogo e trova concreta attuazione nella pluralità di servizi di supporto, consulenza e assistenza che il sistema mette a disposizione dei ricercatori. Tra questi, assumono grande rilevanza le azioni per il trasferimento tecnologico, lo sfruttamento commerciale dei risultati della ricerca, la gestione dei diritti di proprietà intellettuale, la ricerca di collaborazioni pubblico-privato. La visita di diverse sedi e gli scambi informali avuti con gli interlocutori inglesi hanno fatto del viaggio a Cambridge un momento di grande interesse e arricchimento professionale per i partecipanti del progetto.

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Le testimonianze Grazie al progetto F.I.O.R.I., le strutture di ricerca coinvolte hanno saputo individuare le proprie criticitĂ e superarle, attraverso la creazione di modelli personalizzati di organizzazione interna. Puntare sulle strutture di ricerca, sostenerle nel ruolo di innovazione tecnologia ed agevolare trasferimento di questa innovazione al mondo economico, è strategico per qualsiasi territorio e per qualsiasi modello di sviluppo, come dimostrano le esperienze europee con le quali F.I.O.R.I. ha realizzato momenti di scambio e il confronto. Ecco come alcuni dei protagonisti valutano l’esperienza e quali risultati si attendono.


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Prof. Mariano Valenza Università degli Studi di Palermo

Prof. Augusto Garuccio Università degli Studi di Bari

È troppo presto per valutare un impatto sul territorio: quello che ci aspettiamo è che l’Università venga vissuta sempre più come punto di riferimento per le amministrazioni locali e le imprese. Mi sono innamorato subito di questo progetto; già da tempo sentivamo la necessità di investire in un percorso di rinnovamento che ci rendesse una struttura in grado di sfidare il mercato della ricerca e di uscire all’esterno. Il bando, infatti, ha risposto ad uno precedente cui avevamo già aderito, manifestando le nostre esigenze. Il successo di F.I.O.R.I., per noi è stato determinato dalla gestione interna delle attività, che ha favorito la partecipazione e ha messo alla prova la struttura stessa. Abbiamo individuato e lavorato con un target omogeneo, motore della macchina universitaria, ossia i segretari di dipartimento, che svolgono una funzione di sostegno e di collegamento: prima di F.I.O.R.I. era affidata alla buona volontà di ognuno senza una vera organizzazione interna. Questa scelta ha dato grandi risultati, permettendo uno scambio e una condivisione di esperienze, informazioni e problemi, creando una squadra capillarmente presente e trasversale all’attività di ricerca. Questo ha consentito una ottimizzazione dei tempi, ha stabilito un rapporto fra formazione e gruppi di miglioramento (cantieri) ossia la creazione di una fase operativa – applicativa che ha portato ad un nuovo modello organizzativo personalizzato sulle esigenze della nostra struttura. Stiamo sperimentando una organizzazione di tipo verticale, che segue tutte le fasi di una iniziativa di ricerca, dal reperimento dei fondi alla rendicontazione finale. I dipartimenti comunicano fra di loro scambiandosi notizie ed esperienze.Siamo sicuri che in pochi mesi si riuscirà ad avere uno scambio proficuo e un dialogo anche con il territorio. Quello che sentiamo in questo momento è la necessità di una continuità del progetto F.I.O.R.I. Interventi come questo non possono essere spot, ma devono entrare a far parte di un metodo di lavoro che considera l’organizzazione interna, la condivisione delle informazioni, la rete con le altre strutture in Italia e all’estero una componente strutturale che ha continuo bisogno di aggiornamento e formazione.

L’avvio è stato lento, ed è passato un po’ troppo tempo fra il lancio della proposta e l’inizio delle attività. Superata questa fase iniziale il progetto può essere definito un successo, sia per la parte formativa sia per i cantieri organizzativi. Anche i dati numerici sono indicativi: per la formazione oltre 600 le adesioni. Le classi sono state individuate con criteri di omogeneità nella funzionalità, sulla base della condivisione di esigenze e di problematiche comuni. I cantieri di sviluppo organizzativo sono stati concentrati sull’internazionalizzazione e sulla creazione di un ufficio progetti, considerato strategico. Una struttura analoga già esisteva ed era composta di professionalità eccellenti, ma non organizzata in maniera da condividere le esperienze e seguire tutte le fasi della progettazione e della gestione. Si creavano spesso situazioni squilibrate a causa di una eccessiva specializzazione in un ambito che corrispondeva ad un vuoto in un altro. Le criticità emergevano non tanto in fase di progettazione, ma soprattutto durante la gestione del progetto, dove non si poteva contare su nessuna assistenza, e poi sulle rendicontazioni che addirittura venivano affidate a strutture decentrate quali facoltà e dipartimenti: questi ultimi non dialogavano se non in fase finale con l’amministrazione centrale che, a quel punto, faticava ad inserirsi non avendo seguito le varie fasi del progetto. Il cantiere, partendo dalla scelta strategica del decentramento, ha innanzitutto individuato un ruolo operativo quello del RAP (responsabile amministrativo di progetto), una figura interna al dipartimento che segue tutte le fasi, coordinandosi con l’amministrazione centrale. L’individuazione di un interlocutore nell’amministrazione centrale crea un diretto meccanismo di referenti che seguono la gestione di tutte il progetto di ricerca. Ogni dipartimento può organizzarsi per esigenza, sapendo che tutte le problematiche saranno prese in carico dall’inizio alla fine. Prima di F.I.O.R.I., la massa di presentazione e formulazione dei progetti, sviluppati dai vari dipartimenti, non corrispondeva di fatto alla capacità amministrativa di gestirli. Si spera che il nuovo modello organizzativo riesca a far fronte al problema e addirittura dare slancio alla progettazione. F.I.O.R.I. ci ha permesso di riflettere sulla organizzazione avvalendoci di un contributo esperto e di un punto di vista esterno, un aiuto che ha consentito di superare l’iniziale fase di leggera resistenza e partecipazione disincantata.

Dr. Tonino Pedicini Direttore Generale ARSAN Esperienza molto positiva soprattutto perché ha permesso di entrare in una rete di strutture dedicate alla ricerca con le quali scambiare esperienze e informazione. Strutture anche non sanitarie, quali le Università, con le quali stabilire un dialogo non è solo opportuno, ma necessario. Grande è stata la partecipazione per la formazione in aula e grande l’impegno nell’ambito delle attività di innovazione organizzativa, sviluppate dal Progetto F.I.O.R.I. (Cantieri di innovazione), che hanno portato alla progettazione e sperimentazione di uno Sportello Regionale di Promozione della Ricerca a supporto degli Enti del SSR per favorire ed incrementare l’accesso ai finanziamenti. La prima fase di attività è stata quella di individuare le criticità e le aree in cui era possibile operare il miglioramento. Per perseguire obiettivi mirati è stato individuato con chiarezza l’oggetto del cantiere e le linee guida dell’attività. I primi incontri del gruppo di lavoro hanno portato alla redazione di un piano operativo che ha elaborato un modello organizzativo: lo sportello di accesso ai fondi per la ricerca. Sono state individuati mission, obiettivi, funzioni e competenze, figure professionali e referenti aziendali. Il piano non si ferma con la realizzazione dello sportello, ma prevede una implementazione che conduca dalla fase di sperimentazione a quella di consolidamento. Lo sportello presentato a Napoli presso l’Università Parthenope il 26 settembre, è uno strumento a disposizione di tutto il territorio per superare le criticità nell’accesso ai fondi per la ricerca e per la gestione amministrativa dei progetti stessi. Mission dello Sportello è quella di migliorare la capacità delle Aziende Sanitarie regionali di accedere alle fonti di finanziamento della Ricerca, fornendo servizi di informazione e orientamento sulle opportunità esistenti e supportando i referenti nel reperimento dei partner adeguati. La partecipazione all’evento di presentazione ci fa ben sperare nel successo di questo strumento operativo di grande utilità per tutte le strutture. Prof. Francesco Sdao – Università degli Studi della Basilicata L’esigenza individuata da F.I.O.R.I. era quella di dotare

l’università di un modello di servizio del Settore Ricerca, ossia una struttura in grado di sostenere e le fasi di promozione, sensibilizzazione e diffusione di dati e informazioni circa le principali opportunità di finanziamento della ricerca scientifica.Il modello è stato progettato all’interno del Gruppo di lavoro con momenti di condivisione e validazione in itinere ed ex post da parte di un Comitato Guida. Il Comitato ha tracciato il piano di lavoro individuando in prima fase proprio le criticità: passando per la ri-progettazione di un processo ideale di gestione della ricerca, fino ad arrivare alla individuazione dei profili professionali necessari all’implementazione del modello e delle relative competenze. Necessario a questo punto è stato il coinvolgimento di altri segmenti della struttura quali per esempio, a livello centrale, l’Ufficio Legale, e a livello periferico, i Dipartimenti di Ateneo. La struttura ha colto questa grande occasione offerta da F.I.O.R.I. con grande impegno, considerandola un’occasione per generare un processo di rinnovamento organizzativo che utilizzasse risorse interne e si trasformasse in capitale della struttura.La nascita di una nuova cultura dell’organizzazione e della gestione della ricerca, ridefinisce la mission dell’Università che diventa fulcro di un processo di crescita per tutto il territorio. E proprio per coinvolgere il territorio e porre le basi per un dialogo costante fra strutture di ricerca, mondo economico, ed amministrazioni locali il 10 settembre scorso abbiamo promosso e realizzato una tavola rotonda sul tema della ricerca e dell’innovazione nelle strategie delle aree locali. Se la ricerca viene considerata elemento strategico di sviluppo, la sua mission si allarga e trova risposte nella creazione di un sistema territorio in grado di scambiare e dialogare al suo interno a all’esterno con altri sistemi.


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Prof. Giancarlo Spezie Università Napoli Parthenope L’Università Parthenope di Napoli, è una realtà che ha conosciuto una crescita rapidissima negli ultimi anni passando da circa 6000 studenti, agli odierni 20.000 e da due facoltà a cinque. È naturale che questo comporta problemi di gestione e organizzazione interna. Il progetto F.I.O.R.I. ci ha aiutato a individuare le criticità e le problematiche di un sistema nato senza la possibilità di una approfondita riflessione. Prima fra tutte la difficoltà nel gestire la ricerca. Le università spesso non sono informate sulle opportunità di finanziamenti nazionali e internazionali, non sanno fare un controllo di gestione del progetto e la relativa rendicontazione amministrativa, pur avendo ottimi progettisti e grandi potenzialità scientifiche. Un piano strategico che ponga la ricerca al centro dello sviluppo del territorio, permetterebbe sicuramente di incrementare il lavoro scientifico. Ma la ricerca deve essere disponibile per le imprese e per il mondo economico. Questo dialogo va ancora strutturato: le aziende pur avendo bisogno di innovazione spesso non si fidano delle Università o non ne conoscono il lavoro, e finanziano progetti a proprie spese e con costi spesso molto alti. F.I.O.R.I. ha messo in rete le strutture di ricerca, ma questa rete va potenziata: lo scambio di informazioni è una esigenza primaria. Ci vuole continuità per progetti come questo, poiché dove sono nate, grazie a F.I.O.R.I., strutture operative ed interne alle università che promuovono e sostengono l’attività dei ricercatori nella gestione amministrativa, queste strutture non vanno lasciate sole, ma devono essere parte di una cultura, ancora tutta da costruire, che considera la ricerca come momento di crescita e sviluppo del Paese.

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