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franz 3 – Oktober 2010

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franzmagazine.com CULTURE ON WEB AND PAPER ottobre Oktober 2010


INDEX

COLOPHON

6. Venezia–Bolzano verso il 2019

publisheR inside cooperativa sociale

di Pierluigi Sacco

13. Wirtschaft/Kultur eine Allianz von Sabine Gamper

creative direction Anna Quinz Kunigunde Weissenegger art direction Riccardo Olocco Daniele Zanoni photo direction Alexander Erlacher

18. Molte speranze, qualche dubbio di Christian Passeri

22. Polyzentrische Metropolen Interview von David Unterholzner

26. Mucche, cime e contemporary art di Fabio Gobbato

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editor in chief Fabio Gobbato

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TEXT sabine gamper Fabio Gobbato Christian Passeri Pierluigi Sacco David Unterholzner photo Tiberio Sorvillo michelangelo agostinetto flickr illustrations arianna moroder COVER franziska terzer, 23, entrepreneur by Tiberio Sorvillo All Franz text and pictures are available under the Creative Commons Attribution-ShareAlike License (CC-BY-ND)


EDITORIAL

Nel 2019, a quindici anni da Genova 2004, la capitale europea della cultura sarà italiana. Il gruppo di imprenditori veneti che sta dietro il Festival delle Città impresa, seguendo l‘esempio di Essen e la Ruhr 2010, ha creato le condizioni per proporre la candidatura dell‘intero Nordest, con Venezia capofila. Fino alla primavera di quest‘anno il treno della immaginaria metropolitana scelta come simbolo della “rete fra città” si fermava a Rovereto. Per iniziativa del vicepresidente Tommasini, ora l‘ultima “tube station” è Bolzano. Durnwalder non è entusiasta, ma ha dato il proprio via libera, convinto che altre strade sarebbero state non percorribili. L‘Europa deciderà nel 2013. Nel frattempo l‘Alto Adige ospiterà eventi del festival veneto e avvierà il percorso di “messa in rete” con le altre realtà culturali del Nordest. Per questa piccola terra spesso animata da ambizioni autarchiche è già qualcosa. Il mondo culturale ed economico di lingua italiana sembra “esserci”. Salvo qualche eccezione, quello di lingua tedesca appare per ora disorientato e timoroso. Il Sud spaventa. Ci sono poi le perplessità di quanti vedono la

cultura come una cosa per pochi eletti e non si curano dei “numeri”. Se, come prevedono delle stime, quell‘anno dovessero riversarsi sul Nordest 11 milioni di visitatori in più del solito, forse sarà comunque un bene per tutti. In questo numero del magazine cerchiamo di raccontare luci, ombre, speranze e timori legati al progetto. Il massimo esperto di capitali europee, l‘economista della cultura Pier Luigi Sacco, spiega nel dettaglio i possibili risvolti per il territorio in caso di successo della candidatura. La giornalista e curatrice Sabine Gamper parla di una possibile alleanza tra Economia e Cultura. La redazione di Franz fa sentire quindi le voci del mondo altoatesino, del coordinatore del progetto, Filiberto Zovico, e dei responsabili politici. Con una speranza: che l‘intero progetto contribuisca a dare verso l‘esterno l‘immagine di un Alto Adige che va oltre le mele, lo strudel e la splendida natura che ha la fortuna di ospitare.

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Fabio Gobbato


Michael Marx

luci sulla chiesa del3salvatore, duisburg, franz – Ottobre 2010 ruhr Capitale Europea6 della Cultura 2010


Venezia–Bolzano verso il 2019 di Pierluigi Sacco, docente di Economia della cultura allo Iuav

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l progetto delle Capitali Europee della Cultura (CEC) riflette, nella sua traiettoria evolutiva, tutti i passaggi che negli ultimi tre decenni hanno trasformato, e continuano a trasformare in modo sempre più profondo e radicale, il ruolo della cultura all’interno dei modelli di sviluppo locale. Quando le CEC sono nate, alla metà degli anni ottanta, sulla base dell’intuizione (abbastanza visionaria per l’epoca) di Melina Mercouri, esse erano intese soprattutto come una opportunità di celebrazione dell’identità culturale europea fondata su un modello di offerta culturale fortemente tradizionale, focalizzato sui grandi eventi e su un’idea di partecipazione collettiva capace di alimentare, con modalità differenziate, la coesione sociale e lo scambio culturale sull’intero

spettro delle scale territoriali, da quella locale fino a quella euro-comunitaria. Si trattava di un modello che proveniva direttamente dal pensiero dei padri comunitari, che non a caso avevano individuato, del tutto correttamente, nella forza simbolica della cultura uno dei principali elementi aggreganti della nascente Unione Europea. La conseguenza di questo atteggiamento è che le prime edizioni del programma CEC (1985-1989) si configurano come grandi progetti ‘cornice’ che ospitano una certa quantità di iniziative culturali, localizzate in città-simbolo della cultura europea (Atene, Firenze, Amsterdam, Berlino, Parigi), e che però fanno fatica a differenziare in modo netto la programmazione culturale da quella normale in città già fortemente caratterizzate dalla loro identità culturale e dalla presenza di numerose

La scommessa della candidatura del Nordest a capitale europea pone l’Alto Adige in una posizione di assoluta avanguardia nell’intero comprensorio franz 3 – Oktober 2010

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andymiah

centro informazioni , Linz 2009

istituzioni di prestigio internazionale, nonché da importanti flussi di visitatori nazionali e stranieri. In altre parole, la valenza di queste prime edizioni è eminentemente simbolica e mira a ribadire il fatto che le capitali culturali prescelte non vanno considerate soltanto come un patrimonio nazionale ma europeo. La prima discontinuità significativa rispetto al paradigma originario si verifica con la scelta di Glasgow per l’edizione 1990: in questo caso non soltanto non viene scelta una capitale culturale indiscussa, ma addirittura si punta su una città affetta da gravi problemi di degrado economico e sociale prodotti dalla massiccia deindustrializzazione che negli anni settanta e ottanta ha trasformato il

nord del regno Unito, e la Scozia in particolare, in una regione socioeconomicamente arretrata e affetta da gravi problemi strutturali. C’è quindi un chiaro salto di qualità da un intento celebrativo ad uno pro-attivo, che vede nella cultura un possibile fattore chiave di riqualificazione socio-economica di un territorio degradato. Si tratta di una visione che supera dunque la concezione tipica del mecenatismo preindustriale per sposare un più maturo approccio da società industriale, che vede nella produzione culturale una leva economica e sociale derivante soprattutto dallo sviluppo delle industrie culturali, ovvero di settori produttivi legati all’offerta culturale e capaci di generare fatturati e impatti occupazionali significativi. E’ con

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rightee.com

lille 2004

Glasgow 1990 che la CEC acquista così una doppia valenza: da un lato, quella di ‘grande evento’, di progetto che va al di là dell’effetto vetrina di una programmazione culturale che nasce da logiche sostanzialmente autonome, e dall’altro quella di motore di sviluppo di un sistema locale di industria culturale che valorizzi intelligentemente le eccellenze locali e il genius loci, e che nel caso di Glasgow si traduce ad esempio in un forte impulso ai settori delle performing arts, delle arti visive, del design. C’è però una nuova tendenza che comincia ad affermarsi sempre più decisamente negli ultimi anni e che configura l’emergere di un nuovo modello di CEC che non soltanto riafferma il tema della centralità

dei processi di infrastrutturazione culturale, ma li inserisce fin dall’inizio in una ampia e complessa pianificazione strategica che abbraccia un lungo arco di tempo precedente e soprattutto successivo all’anno CEC stesso. Un modello che ha trovato una prima interessante formulazione parziale in Graz 2003, una prima formulazione pienamente coerente (e probabilmente tuttora insuperata) in Lille 2004 e ulteriori esempi significativi in Lussemburgo 2007, Linz 2009, Essen per la Ruhr 2010 e, parzialmente, in Stravanger 2008. In questa prospettiva la CEC perde ormai completamente il suo carattere simbolico-celebrativo per divenire un momento fondamentale di pianificazione strategica su larga scala che ha l’ambizione di dare un’impronta

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decisiva alla traiettoria di sviluppo locale, che mantiene una rilevanza anche su una scala decennale e persino più ampia, come è accaduto nei casi migliori. La CEC diventa un momento di propulsione per una attivazione culturale a ciclo continuo che non si esaurisce nel big push ma al contrario continua a sperimentare e introdurre nuovi format progettuali, nuovi schemi di coinvolgimento e fidelizzazione degli attori locali, nuove reti di cooperazione a raggio locale, nazionale, internazionale. E le CEC italiane? Le ultime due, Bologna 2000 e Genova 2004, sia pure con modalità molto diverse, hanno concepito il progetto CEC non come una messa in discussione e una ridefinizione del ruolo della cultura nel modello di sviluppo locale quanto piuttosto, al contrario, come un amplificatore del modello già prevalente, con esiti di lungo termine relativamente deboli, e prevalentemente riconducibili, nei loro aspetti più significativi, all’apertura o al recupero di contenitori culturali prestigiosi che contribuiscono certamente all’offerta culturale della città ma non esprimono una valenza strategica incisiva. Questi esiti relativamente deludenti riflettono la scarsa sensibilità nazionale nel concepire la cultura come un fattore trainante dei nuovi modelli di competitività locale basati sull’economia della conoscenza, preferendo piuttosto richiamarsi agli schemi familiari ma ormai largamente obsoleti della valorizzazione e del turismo culturale, e più in generale ad una concezione ‘marginalista’ della cultura, che in via di principio viene insistentemente e retoricamente richiamata come fattore ‘chiave’ di sviluppo ma alla prova dei fatti resta sistematicamente esclusa dai più significativi tavoli di concertazione sulla

destinazione d’uso dei grandi flussi di risorse pubbliche e private. Come mostra invece ad esempio l’esperienza di Ruhr 2010, la trasformazione di una regione da polo industriale a polo culturale, ovvero il tema che in Italia viene ancora letto come questione ‘di frontiera’ sulla quale sperimentare, è già data per acquisita e non è più connotata in senso innovativo. Il punto, cioè, non è costruire, di per sé, un nuovo teatro o un nuovo museo. Ciò che davvero costituisce oggi il nocciolo della questione è la trasformazione dei poli culturali in poli di industria culturale, capaci cioè di dare vita a filiere altamente dinamiche e diversificate, capaci di creare valore aggiunto, occupazione, spinta innovativa, attraverso la complementarità strategica e la fertilizzazione incrociata tra i vari settori. Il progetto di Venezia per il Nordest CEC 2019 si propone di percorrere la traiettoria già tracciata da Ruhr 2010, estendendola ad un territorio ancora più vasto e diversificato. Il ruolo del Trentino-Alto Adige all’interno del progetto di candidatura è sottile e delicato: Trento e Bolzano, i due centri maggiori situati sulla direttrice del Brennero, potrebbero facilmente fare asse con Verona ma anche con Innsbruck e Monaco di Baviera, e in effetti, in una logica di candidatura CEC, essi potrebbero a buon diritto ritenere di poter costruire una candidatura su questa logica territoriale alternativa, peraltro attraente per la Comunità Europea in vista delle sue implicazioni di aggregazione transfrontaliera. L’interesse manifestato dalle due città – che peraltro sono tra quelle che in Italia in questi ultimi anni hanno imboccato con più decisione la strada del sostegno alla produzione e alla

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L . Massoptier

Graz Kunsthaus costruita per graz 2003

sperimentazione culturale, aumentando i tassi di partecipazione anche presso quei segmenti di cittadinanza che sono normalmente meno interessati all’offerta culturale – va allora letto con grande interesse dal punto di vista della candidatura di Venezia 2019, e costituisce un notevole fattore di compattamento e di credibilità per la candidatura stessa. Insieme, Trento e Bolzano contribuiscono a definire una cerniera cruciale del sistema territoriale oggetto della candidatura – quella del rapporto con il centro-Europa di lingua tedesca – che costituirebbe una articolazione fondamentale del modello territoriale della CEC e definirebbe allo stesso tempo una capitale ‘bipolare’ complessivamente di peso paragonabile a quello delle altre due città ‘frontaliere’

del territorio del Nordest, Verona (con il sistema lombardo) e Trieste (con l’Est Europeo). Per il territorio altoatesino, la scommessa della candidatura 2019 e il suo ruolo di cerniera di valore strategico nell’economia del dominio territoriale della candidatura rappresenta quindi, da un lato, il riconoscimento per la qualità del lavoro fatto in questi anni nell’ambito delle politiche culturali, che pone l’Alto Adige in una posizione di assoluta avanguardia nell’intero comprensorio nordestino; dall’altro lato, essa rappresenta la possibilità di un nuovo ciclo di sviluppo a base culturale nella quale al lavoro sul territorio – che naturalmente deve continuare attraverso la ricerca e

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wilhei

cerimonia di apertura ruhr 2010

la sperimentazione di modelli che sappiano riflettere la rapida evoluzione del panorama delle esperienze culturali e del loro ruolo nella società e nell’economia – si accompagna, con un ruolo sempre più protagonista, il tema della costruzione di reti di cooperazione culturale a medio (e quindi nell’area vasta interessata dalla candidatura) e a largo raggio (grazie alle molteplici possibilità offerte da una candidatura CEC interpretata sul piano della infrastrutturazione culturale piuttosto che dei ‘grandi eventi’). L’Alto Adige è pronto per questo ulteriore salto di qualità, e ha già cominciato a manifestare con chiarezza questa sua determinazione. Del resto, il tempo stringe (la candidatura va presentata nel 2012,

già con un notevole carico di scelte strategiche ed operative analizzate e compiute), non c’è tempo da perdere. C’è da sperare che gli altri territori coinvolti si sappiano muovere con la stessa prontezza e la stessa decisione, e che i buoni proposti si trasformino presto in un gruppo di lavoro che traduca le idee in una proposta progettuale precisa, concreta, efficace.

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Wirtschaft/Kultur eine Allianz von Sabine Gamper, Kuratorin und Journalistin Illustrationen von Arianna Moroder

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ir haben Kultur, um unsere Geschichte zu erinnern und um Lebensweisen und Gewohnheiten unseres Alltages zu legitimieren. Wir üben Kultur, wenn wir unsere persönlichen Geschichten mit der großen Geschichte unserer Zeit verknüpfen und wenn wir in die Zukunft denken und planen. Wir leben Kultur im kleinen Rahmen unserer Familien und brauchen sie, um z. B. den Tourismus anzukurbeln. Und in diesen Zeiten des Umbruchs hilft uns Kultur vor allem auch, unserem täglichen Tun und Arbeiten Sinn zu verleihen und die vielen Unsicherheiten unseres Alltages zu bewältigen. Wir stehen heute vor einer Reihe von Herausforderungen, welche nach neuen Paradigmen im Kulturverständnis

verlangen. Die Kultur, die wir heute brauchen, muss uns helfen, die sich verändernde Welt neu zu verstehen, unser Leben und unsere Geschichte im Heute zu verorten, unsere Unterschiedlichkeit und Regionalität im Kontext globaler Austauschbarkeit als wieder erkennbare Größe zu definieren. Eine horizontale Trennung der einzelnen Bereiche unseres gesellschaftlichen Lebens in Politik, Kultur, Soziales, Wirtschaft etc. ist demnach für zukünftiges Handeln nicht mehr Ziel führend, diese Bereiche müssen mehr und mehr zueinander finden, um im Rahmen gemeinsamer Visionen Ideen und Projekte für die Zukunft zu entwickeln. Welche Rolle die Kultur für die Zukunft unseres Landes spielt bzw. inwiefern die Kultur zum Reichtum unserer Städte, unserer Unternehmen und jedes Einzelnen beiträgt, dazu diskutierten

Zukünftiges Handeln verlangt nach RenaissanceDenken, das Wirtschaft, Wissenschaft und Kunst als Einheit mit vitalisierenden Innenspannungen sieht. franz 3 – Oktober 2010

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namhafte Personen aus dem Bereich Industrie, Politik, Wissenschaft und Finanz im Rahmen der diesjährigen Ausgabe des „Festival delle Città Impresa“, das nun schon in der dritten Auflage in unterschiedlichen Städten des Triveneto organisiert wurde. Unter dem Slogan „La cultura ci fa ricchi“ hat es sich diese Plattform, angetrieben in erster Linie von innovationsfreudigen Unternehmern, zum Ziel gesetzt, sich mit dem Nordosten Italiens von Triest bis Franzensfeste mit Flagschiff Venedig als „Kulturhauptstadt Europas 2019“ zu bewerben. Das Forum „Meeting delle Nuove Classi Dirigenti“ engagiert sich hier zusammen mit der politischkulturell orientierten Monatszeitschrift „Nordest Europa.it“ und dem „Corriere della Sera“, um dieses gemeinsame Anliegen voranzutreiben. Die Idee schließt an vergangene Erfahrungen mit Großprojekten an, in denen ganze Regionen involviert waren, denken wir nur an die Austragung der „Manifesta 7“ in der Region TrentinoSüdtirol oder die Erklärung des Ruhrgebietes zur Kulturhauptstadt Europas 2010. Der Trend geht also eindeutig in diese Richtung und hat natürlich auch handfeste kulturpolitische, touristische und wirtschaftliche Argumente. Karin Dalla Torre, Ressortdirektorin der Abteilung für Deutsche Kultur der Provinz Bozen, bestätigt, Südtirol habe aus kulturpolitischer Sicht gute Erfahrungen mit zeitgenössischen kulturellen Großprojekten wie Manifesta und Landesausstellung gemacht, denn sie gäben den veranstaltenden Regionen einerseits im europäischen Raum kulturelle Sichtbarkeit, andererseits würde durch diese Projekte auch das Netzwerk der Kulturschaffenden und Kulturinstitutionen im Lande selber ausgebaut und verstärkt, so wie z. B. franz 3 – Ottobre 2010

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im Rahmen der „parallelevents“ zur Manifesta. Es ist gut und wichtig, so Dalla Torre, im gemeinsamen Interesse die Kräfte zu bündeln und dies gelte auch für das Projekt „Nordest Kulturhauptstadt 2019“. Der Tourismusfaktor sei dabei kein Hauptaugenmerk der Kulturpolitik, die zur Verfügung stehenden Kulturgelder sollen für die Bevölkerung und ihre kulturelle Teilhabe eingesetzt werden. Folgerichtig dürfe die Bedeutung und Nachhaltigkeit einer Kulturinitiative gerade im Zeitgenössischen nicht an den Besucher- und Besucherinnenzahlen gemessen werden, so Dalla Torre. Dass ein qualitativ hochwertiges Kulturangebot einen Standort auch für die Wirtschaft attraktiver macht und gezielte Synergien zwischen Kultur und Unternehmertum auf beide Bereiche positiv rückwirken, davon ist Stefan Pan, Präsident des Südtiroler Unternehmerverbandes, ebenfalls überzeugt. Eine diskrete Anzahl von Wirtschaftsunternehmen in Südtirol sind bereits kulturell aktiv, wobei der Großteil der Partnerschaften durch kreative und attraktive Angebote von Seiten der Kultureinrichtungen an die Partner aus der Wirtschaft entsteht, die auch eine längerfristige Partnerschaft ermöglichen. Im Fall des Projektes „Nordest Kulturhauptstadt 2019“ sind es interessanterweise nicht wie üblich die Kulturbetreibenden, die das Projekt vorantreiben, sondern das Unternehmertum, das sich zusammen mit Journalisten und Kulturbetreibenden für ein kulturelles Großevent im Nordostens Italiens stark macht, offensichtlich mit der Überzeugung, dass Kultur nicht nur inneren, sondern auch äußeren Reichtum generiert. Das ist eine beachtliche Tatsache, welche einer franz 3 – Oktober 2010

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Einbindung der Initiative in die unterschiedlichen Sparten von der Wirtschaft über Medien und Politik von vornherein gute Chancen gibt. Der Nordosten weist ein enges Netz an überregional agierenden kulturellen Initiativen, Einrichtungen und Vereinigungen auf, und ist gleichzeitig gekennzeichnet von einer Unzahl kleiner und mittelständischer Unternehmen, die zwar den Anschluss an internationale Märkte suchen, jedoch häufig noch in einer kulturell idealisierten und daher kraftlosen Vergangenheit verhaftet sind. Die Zukunft dieser Firmen hängt sicherlich von ihrer Bereitschaft ab, Innovation mit den Instrumenten der Wissenschaft, mit zeitgenössischem Design, mit ökologischen Standards und eben kulturellen Faktoren zu paaren. Südtirol hat laut Stefan Pan im Bereich innovativer Projekte gerade bei zeitgenössischen Lösungen in Architektur und Design einiges vorzuweisen, umgekehrt bieten viele hiesige Unternehmen neuartige Materialien und technische Lösungen an, durch welche innovative Projekte überhaupt erst ermöglicht werden. Wie groß die Bereitschaft zur Investition in Kultur von Seiten der Wirtschaft in Südtirol aber tatsächlich ist und ob ein Anschluss Südtiroler Unternehmer an die innovative Gruppe rund um das Forum „Festival Città Impresa“ gelingt, muss sich erst herausstellen, sicher aber ist hier einiges Potential für die Zukunft noch zu mobilisieren. Historische Ressentiments zwischen Wirtschaft und Kultur auf beiden Seiten spielen hier sicherlich zum Teil noch eine Rolle, wenn die Kommunikation und Kooperation nicht immer so reibungslos verläuft, wie gewünscht. Die Frage, ob Unternehmen mehr oder weniger positive Nebeneffekte erzielen können,

wenn sie sich kulturell betätigen, und welche Effekte dies wohl sein mögen, steht daher immer im Fokus des Interesses, wenn es darum geht zu erörtern, inwiefern sich ein Engagement für die kulturelle Förderung für ein

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Bereich der Kulturförderung tätig, spürt die Notwendigkeit, dass sich mehr und mehr Unternehmer trotz Wirtschaftskrise kulturell bewegen sollten. Ihrer Meinung nach ist es die Bildung, die wohl am meisten Krise erleide. Kulturelles Engagement und Interesse bedeute auch Bildung, so Niederstätter, und trage zudem zur Zufriedenheit des Menschen bei. Daher setze sie als Firmenchefin neben der Investition in Innovation, Kommunikation sowie Mitarbeiterschulung gerade in dieser schwierigen Zeit der Wirtschaftskrise verstärkt auch auf Kultur. Das große Potential der Allianz zwischen Unternehmertum und Kultur liegt sicherlich in den Kompetenzen, aus denen kulturell tätige Unternehmen schöpfen können, welche sich befähigen, konkurrenzfähige Produkte und Tätigkeiten zu kreieren. Gefragt ist also eine Art Renaissance-Denken, das Wirtschaft, Wissenschaft und Kunst als organische Einheit mit vitalisierenden Innenspannungen sieht. Eine zeitgemäße Debatte über die Allianz Wirtschaft-Kultur müsste demnach aufzeigen, dass die Antwort auf den massiv steigenden Konkurrenzdruck in der Wirtschaft gerade für so kleine Realitäten wie Südtirol oder andere Regionen im Nordosten Italiens, welche gegen aufstrebende oder bereits gewachsene Global Player mit denselben Mitteln keine Chance haben, gerade in der Verbindung mit Kultur und Wissenschaft liegt. Was unsere Ökonomie wettbewerbsfähig halten wird, das ist die ästhetische Kraft und die Originalität von aufgeklärten, regional sensiblen Unternehmen lohnt. Aber die Suche Unternehmen, die in kreative Brillanz nach Beweisen und Zahlen bringt uns in und handwerkliche Perfektion umgedieser Diskussion nicht wirklich weiter. münzt werden können. Mit anderen Die Bozner Unternehmerin Maria Worten: ein kultiviertes, intelligentes Niederstätter, seit vielen Jahren und sozial verantwortungsbewusstes mit ihrem Unternehmen im Unternehmertum. franz 3 – Oktober 2010

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tiberio servillo

Schweigkofler: “Avviati contatti con Venezia”. Kainrath: “Più domande che risposte”. Bernardi e Ragaglia: “Progetto da sostenere”. Von Walther: “Enti locali da valorizzare”

apertura di museion, franz 3maggio – Ottobre 2008

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Molte speranze, qualche dubbio Testo di Christian Passeri, giornalista

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ancano ancora nove anni. Ma è già da qualche settimana che il mondo culturale altoatesino inizia a essere in fermento. Incontri e confronti, speranze e preoccupazioni. La presenza di Bolzano e dell’Alto Adige tutto nella candidatura del Nordest a Capitale della cultura europea 2019, insieme a Veneto, Friuli Venezia Giulia e alla Provincia autonoma di Trento, sta già iniziando ad accendere il dibattito tra le massime cariche delle istituzioni culturali di Bolzano e provincia. L’occasione, in termini di visibilità e di arrivi turistici, è assai ghiotta, l’opportunità di confronto col restante settentrione orientale italiano potrà far nascere una rete culturale assai vasta e variegata. Una vera novità per un territorio storicamente chiuso in se stesso come quello altoatesino. In questi mesi politici ed esponenti della cultura del Nordest saranno al lavoro per portare avanti la candidatura, che verrà presentata ufficialmente entro la fine di quest’anno. Nel 2013 il Consiglio dei ministri dell’Unione europea designerà la Capitale della cultura per l’anno 2019. Speranze e preoccupazioni, si diceva. Peter Paul Kainrath, direttore artistico del Festival d’arte contemporanea Transart, nonché del

Concorso pianistico “Ferruccio Busoni”, non nasconde le sue perplessità in merito all’inclusione dell’Alto Adige nella candidatura. “Ho più domande che risposte – dice Kainrath – sono anni che seguo il lavoro delle capitali culturali europee. Ci sono state edizioni assai riuscite, come Linz del 2009 o Essen di quest’anno, ma anche edizioni meno fortunate, come Pécs (sempre nel 2010, ndr). Quello che voglio capire è quali siano gli obiettivi di questa manifestazione. Non conosco, e faccio anche mea culpa, forti legami culturali tra l’Alto Adige e il Triveneto. Gli storiografi ne potranno trovare molti, ma saranno davvero sufficienti?”. Marco Bernardi, direttore del Teatro Stabile di Bolzano, istituzione che proprio quest’anno festeggia i suoi primi 60 anni di vita, cerca invece di buttare acqua sul fuoco. “A coloro che sollevano già i primi dubbi dico di non sprecare le energie – spiega – si tratta solo di una candidatura, ancora non sappiamo se ce la faremo. Cerchiamo di sostenerla, in seguito ci occuperemo dei contenuti”. In generale, la nomenclatura della cultura provinciale sembra riconoscere la grande potenzialità di crescita, culturale ma non solo, che l’assegnazione del titolo di Capitale culturale europea potrebbe attribuire all’intero territorio. “Dobbiamo approfittarne – sottolinea Letizia Ragaglia, direttrice del Museo

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di arte moderna e contemporanea Museion – collaborando con le altre regioni, possiamo fare rete con le loro istituzioni culturali. Penso al Mart di Rovereto: la concorrenza non l’abbiamo mai sentita, semmai l’obiettivo è lavorare in sinergia”. La creazione di una rete culturale è un concetto caro anche al direttore della Fondazione Teatro Comunale Manfred Schweigkofler. “Ho già chiesto degli incontri con gli altri enti lirici di Venezia, Verona e Trieste – annuncia – sarebbe interessante creare collaborazioni che non siano limitate al 2019, ma che possano funzionare anche negli anni successivi”. Una delle vere sfide per l’Alto Adige sembra essere legata all’apertura verso il mondo culturale più prettamente “italiano” che questa candidatura porterà naturalmente con sé. Lo sguardo del gruppo linguistico tedesco non sarà più rivolto unicamente verso Innsbruck, ma verrà dirottato, almeno per un anno, verso la città di Venezia. “Lo si è già visto con Manifesta – continua Ragaglia – la collaborazione culturale con un altro territorio (il Trentino, ndr) ha funzionato benissimo, e l’ampliamento verso est non è che auspicabile. Storicamente penso che le regioni siano molto vicine. Come altoatesini, senza un’apertura verso altre realtà rischieremmo di implodere. I tempi sono maturi per prendere coscienza del fatto che l’identità culturale non si perde confrontandosi con gli altri”. Un pensiero condiviso anche da Marco Bernardi, che dice: “Finalmente potremo uscire dalla dicotomia italiani-tedeschi, smettendo di guardarci l’ombelico”. Peter Paul Kainrath si definisce invece pragmatico. “Collaborare con Verona piuttosto che con Innsbruck a mio avviso non è un valore in sé – spiega – dipende da cosa si realizza, dai contenuti. I legami storici per la nostra terra sono però più forti col Tirolo”. La mancanza

di una forte identità storico-culturale con le altre regioni del Nordest è una delle preoccupazioni più grandi per il direttore del “Busoni”. Dubbi che vengono però indirettamente fugati dal presidente dell’Orchestra Haydn, Franz von Walther. “L’Alto Adige ha contribuito alla ricchezza della città di Venezia – dice von Walther - pensiamo ai larici utilizzati per edificare la città lagunare, oppure al ruolo cruciale della città di Bolzano nei rapporti commerciali tra Venezia e Augsburg, in Germania”. Ancora, è Schweigkofler a ricordare la figura del vipitenese Michael Gaismair, protagonista delle rivolte contadine del 1525 che trovò rifugio e infine anche la morte nella Serenissima. Una figura che, per i suoi ideali di giustizia, venne citato nelle sue opere anche da Friedrich Engels. Tuttavia anche il direttore del Teatro comunale non nasconde qualche preoccupazione sul ruolo che l’Alto Adige potrà avere nel 2019. “Mettendoci in un contesto così ampio – prosegue Schweigkofler – rischiamo di essere messi in disparte, come un piccolo partner. Inoltre dobbiamo imparare dalle esperienze delle Capitali precedenti. Essen è stata un successo, Cork, nel 2005, è passata invece inosservata. Non vorrei che ci si fregiasse di un marchio in maniera fine a se stessa”. Anche Kainrath vuole vederci chiaro. “Quali saranno gli obiettivi e i contenuti di questa candidatura – si chiede – vogliamo riqualificare il turismo, rendendolo culturale? O vuole essere una scusa per ristrutturare gli edifici, cosa di cui non vedo il bisogno? La terza ipotesi è invece quella che sosterrei, ovvero quella di avere una deadline per rivedere l’offerta culturale altoatesina. Potremmo approfittarne per ridefinire il programma culturale del territorio, con dei soggetti che si mettono attorno a un tavolo per capire di cosa abbia realmente bisogno l’Alto

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Orchestra haydn

Adige, e in che maniera razionalizzare le risorse economiche. Partecipare per avere più soldi e invitare grandi star a me non interessa, tutto deve rientrare in un progetto. In ogni caso dovremo fare emergere i nostri punti di forza, come il concorso Busoni o le orchestre giovanili, che sono uniche”. Anche secondo Franz von Walther non bisognerà farsi sfuggire l’occasione di valorizzare le realtà locali. “Penso innanzitutto all’Alto Adige Festival di Dobbiaco, facilmente raggiungibile da Bolzano, Lienz e Cortina - sottolinea - poi andrebbe valorizzata la grande varietà che il Nordest può offrire, a tutti i livelli. Ad esempio le bande musicali, composte da musicisti amatoriali con una grande preparazione. Esse dimostrano l’esistenza di un sottosuolo che sorregge la cultura musicale anche ai livelli più alti”. In queste settimane il mondo della politica del Triveneto si sta incontrando per definire strategie e ruoli di ciascun partner. Ma l’Alto Adige sarà pronto per il 2019? Tempo sembra essercene a sufficienza, e in molti già oggi possono offrire un programma culturale d’eccellenza. Letizia Ragaglia non ha dubbi. “Senza falsa modestia – dice – Museion potrebbe essere la punta di diamante del Nordest per quanto riguarda la produzione

contemporanea. Altrove, penso a Ca’ Pesaro a Venezia, hanno la loro forza nella storia. Noi invece abbiamo lo sguardo rivolto verso il futuro”. E il pubblico? “Attualmente c’è un grande fermento artistico – continua Ragaglia – la società altoatesina però non sembra ancora pronta, penso alle vicende legate alla “Rana crocifissa”di Kippenberger. C’è però una fetta di popolazione, ad esempio gli imprenditori, molto innovatrice”. Aggiunge Bernardi: “È una sfida, quella di coinvolgere i cittadini, che accettiamo volentieri – sottolinea – si trovano in 12.000 ad assaltare un centro commerciale appena aperto (Mediaworld a Bolzano, ndr), sarebbe significativo appassionarne una parte al teatro”. Un ultimo aspetto da non sottovalutare, in particolare per quanto riguarda le istituzioni in parte finanziate dallo Stato, come il Teatro Stabile e l’Orchestra Haydn, è la possibilità di vedere circolare qualche euro in più in barba ai tagli del Fus (fondo unico per lo spettacolo). Mancano ancora nove anni, si diceva, o poco meno. L’entusiasmo non sembra mancare, i dubbi neanche, le polemiche sono dietro l’angolo. Ma su una cosa sono (quasi) tutti certi: il Nordest come Capitale della cultura europea nel 2019 è per l’Alto Adige un’occasione da non lasciarsi scappare.

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michelangelo agostinetto

Polyzentrische Metropolen Filiberto Zovico ist der verantwortliche Direktor des „Festival delle città impresa“ und einer der Initiatoren für die Kandidatur zur Kulturhauptstadt 2019. franz 3 – Ottobre 2010

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Interview von David Unterholzner, Kollegiatsassisent

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ereits ab dem nächsten Jahr wird Bozen Teil des „Festival delle città impresa“, einem Kulturbündnis verschiedenster Städte des italienischen Nordostens, das nicht nur ein sehenswertes Kulturprogramm anbietet, sondern auch als Testlauf für die Kandidatur zur europäischen Kulturhauptstadt 2019 gilt. Franz im Gespräch mit Filiberto Zovico.

Herr Zovico, wie entstand die Idee der Kandidatur des Nordostens für den Titel „Europäische Kulturhauptstadt 2019“?

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Wir hatten in den letzten Jahren schon öfters den Nordosten im Fokus, als großes Portal zum alten aber auch zum neuen Europa. Diese Verbindungen sind äußerst wichtig für die kulturelle und kommerzielle Entwicklung des Nordostens. Um diese Brücken – die physischer, aber auch intellektueller


Alessandro Valli

marco paolini, festival delle città impresa

Natur sein können – zu stärken, eignen sich große Veranstaltungen besonders gut. Man denke z. B. an Turin und die olympischen Spiele oder auch an Essen und das Ruhrgebiet: Große Veranstaltungen halfen dabei, den Zustand der Städte und Gebiete zu entwickeln und zu verbessern. Es gab dann die Idee, das kulturelle Terrain des Nordostens als Kulturhauptstadt zu bewerben – auch zum gegenseitigen Austausch. Die Idee kam so also ins Rollen und stieß überall auf sehr positive Reaktionen, bei Unternehmern wie auch bei kulturellen Vereinigungen. Heute sind wir nun soweit die Kandidatur ankündigen zu können. Welche Rolle spielt Bozen als Erweiterung des „Festival delle città imprese“? Das Festival war ein Versuchsballon, um zu zeigen, dass es möglich ist, eine Veranstaltung innerhalb und zwischen mehreren Städten durchzuführen. franz 3 – Ottobre 2010

Der Beitritt Südtirols mit seinen städtischen Zentren kann in vielerlei Hinsicht konstruktiv sein: nicht nur als kulturelle Brücke zur deutschen Welt, sondern auch z. B. in Bezug auf den Umweltschutz. Das Thema für nächstes Jahr lautet „Ideen reisen lassen“, so wäre es denkbar, einen Radweg von Brixen nach Venedig einzurichten – nicht nur um das Thema des nachhaltigen Transports in den Mittelpunkt zu stellen, sondern auch um die in Europa einzigartige Landschaft zeigen zu können. Es soll dabei genau darum gehen: Einzigartiges in den Raum zu stellen. Wie stellen Sie sich aber die Teilnahme Südtirols an der Kandidatur als Kulturhauptstadt vor – vor allem in kultureller Hinsicht ist es noch immer zweigeteilt. Wie fügt man ein solch heterogenes Gebiet in ein einheitliches Konzept ein? Ich glaube, dass es wichtig ist, Respekt 24


zu haben. Vor den Traditionen und auch vor den Sprachen. Der zweite Punkt, den ich betonen möchte, ist der Dialog. Ich bin mir bewusst, dass Südtirol auf sprachlicher Ebene ein Problem durchlebt, das aber allen modernen europäischen Gesellschaften gemein ist. Das Problem betrifft die Schwierigkeit miteinander zu kommunizieren. Ein wichtiger Beitrag der Kulturhauptstadt sollte es sein, diese Konstellation, die auf den ersten Blick eine schwierige ist, in etwas wertund kraftvolles umzuwandeln. Südtirol kann nur gestärkt daraus hervorgehen. Die europäische Dimension der Kulturhauptstadt sollte daher alle einladen, einen Schritt vorwärts zu machen. Die diesjährige Kulturhauptstadt, das Ruhrgebiet, setzte vor allem auf größere Projekte wie die Loveparade oder die Umstrukturierung von Kohleabbaugebieten. Welche Dimensionen kann man sich von einer Kulturhauptstadt Nordosten erwarten? Was bleibt dabei als gemeinsamer Nenner?

2019 entwickeln und fördern möchte. Welche Projekte das sind, sollte jeweils lokal entschieden werden. Dann kann man sich überlegen, wie man es in Bezug zu anderen Projekten setzt. Das Museion könnte – um ein Beispiel zu nennen – sich mit dem MART oder anderen Museen vernetzen, um daraus Synergieeffekte zu ziehen. Ein Tourist, der in Venedig auf dieses Netz hingewiesen wird, kann schließlich dazu gebracht werden, nach Bozen zu kommen. Das Ruhrgebiet 2010 hatte aber auch einige Probleme, besonders nach dem Ausfall privater Investoren. Haben Sie da keine Angst, dass dies – im Licht der jüngsten Wirtschaftskrise – auch beim Projekt Nordosten 2019 geschehen könnte?

Obwohl dies paradox klingen mag, bin ich der Überzeugung, dass die Finanzkrise hier sogar hilfreich sein kann. Anstatt in verschiedenen Provinzen Angebote von mittlerem Niveau anzubieten, könnte man die Angebote zusammenführen und so deren Qualität heben. Die Krise kann Die Kandidatur besteht prinzipiell aus dazu anhalten, Ressourcen effektiver einer Region, die sich aus einzelnen, einzusetzen und gleichzeitig das Niveau isolierten Städten zusammensetzt. zu heben. Was die privaten Sponsoren Die Grundidee ist es, daraus eine betrifft, war unsere Erfahrung mit polyzentrische Metropole zu formen, dem „Festival delle città impresa“ in dem jedes Zentrum seine Identität diejenige, dass große Unternehmen beibehält, aber doch in einer Relation eher daran interessiert waren, große zu den anderen Polen steht. Diese Veranstaltungen zu finanzieren. Eine Konstellation betrifft auch die in Europa solche Reichweite herzustellen, klappt entstehenden nur, indem man einzelne Städte in Metropolen selbst. Was nun einzelne einem Verbund zusammenschließt. Projekte betrifft, dachten wir an ein sehr Zudem sprechen wir auch vom Jahr föderales Konzept. Jede Stadt sollte 2019! Wir hoffen doch, dass die Krise ihre eigenen Projekte finden. Dabei bis dahin vorbei sein wird. geht es darum, die schon vorhandenen Ressourcen in Relation zu den anderen Info: Städten zu bringen. Auch Südtirol sollte www.festivaldellecittaimpresa.it Projekte finden, die es bis zum Jahr www.nordest2019.eu franz 3 – Oktober 2010

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Mucche, cime e contemporary art Testo di Fabio Gobbato, giornalista

M

ucche sorridenti sdraiate su prati verdissimi, piramidi di mele luccicanti, cortei in Tracht per le vie di paesi-cartolina, voli radenti mozzafiato su alpeggi immensi, skyline disegnate da pareti di roccia spettacolari. Nel bel mezzo un lampo, un frame, un messaggio subliminale: la facciata di Museion vista dal Talvera e due biciclette che le sfrecciano davanti. Questa è la sceneggiatura di uno degli spot realizzati da Südtirol Marketing, la società finanziata dalla Provincia per promuovere l’immagine dell’Alto Adige fuori dai confini provinciali. Se si visita il sito di Smg e si fa una ricerca, l’ultimo articolo dedicato al museo di arte contemporanea è del 2007. All’Orchestra Haydn e al Teatro Stabile, i due fiori all’occhiello della

produzione culturale locale, va anche peggio: zero occorrenze. Insomma, l’idea di fondo sembra essere: la cultura non “tira”, i turisti vogliono godere degli straordinari paesaggi, abbuffarsi di canederli, speck e strauben, e, se piove, il massimo sforzo di attività cerebrale che possono produrre è scendere a valle per vedere il museo archeologico. Ma ora la situazione dovrebbe cambiare. Dovrebbe. Una spinta potrebbe darla la candidatura del Nordest a capitale europea della cultura, il cui atto di nascita verrà sancito il primo ottobre con la firma dell’accordo tra i presidenti del Veneto, del Fiuli, del Trentino e dell’Alto Adige. Stime approssimative dicono che in caso di aggiudicazione dello “status” si potrebbero riversare sul Triveneto 11 milioni di visitatori in più rispetto alle annate “normali”,

Per gli assessori alla cultura il progetto può contribuire a cambiare l’immagine dell’Alto Adige da cartolina. Ma Südtirol Marketing frena. Tommasini: “Sfida decisiva” franz 3 – Ottobre 2010

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per un indotto di circa 1 miliardo di euro. Stime, per carità. I dati fanno comunque impressione. In Alto Adige il progetto piace a molti. Per ora le maggiori diffidenze e qualche resistenza si riscontrano nel mondo di lingua tedesca. Normale, visto che la rotta è inequivocabilmente verso sud. Ma nell’articolo che apre questo speciale, il professor Sacco, forse il massimo esperto italiano di CEC (capitali europee della cultura), spiega chiaramente, che “se ci si crede”, l’occasione potrebbe in realtà esaltare il ruolo di cerniera fra Nord e sud dell’Alto Adige-Südtirol. Ai puristi, poi, agli amanti della cultura elitaria, a chi già pensa alla sovraproduzione di Co2, a chi vagheggiava Bolzano/ Bozen candidata solitaria per il 2019, a chi avrebbe preferito un treno euro regionale che guardasse a Innsbruck

e Trento, il progetto potrà apparire tecnocratico, mastodontico, dispersivo, scentrato. Tutto può essere. Il dato oggettivo, comunque, è che per la prima volta, dopo decenni trascorsi a considerare questa terra l’ombelico del mondo, a non riuscire ad attivare uno straccio di collaborazione duratura e significativa neppure a livello euroregionale, questa terra è costretta a guardare “seriamente” oltre la chiusa di Salorno, oltre i più rassicuranti confini del Tirolo storico, oltre la propria complicata storia. Il prossimo anno, in primavera, la provincia di Bolzano ospiterà alcuni eventi del Festival delle Città Impresa, il “motore” della candidatura. Un progetto nato dalla società – difficile dire “dal basso”, trattandosi di imprenditori – e fatto proprio dalla politica in un secondo momento. Bolzano è salita sul treno in

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corsa dopo aver scoperto che l’ultima stazione era la città di Rovereto. Il vicepresidente della giunta Christian Tommasini e il suo staff hanno preso contatto con i coordinatori e nel giro di qualche settimana hanno gettato le basi per fare sì che l’ultima fermata della metropolitana arrivasse a Bolzano, vincendo le iniziali resistenze del presidente Durnwalder. “Questa – spiega Tommasini – è per la nostra provincia una grande opportunità di crescita. Per ogni comunità investire in cultura è fondamentale. Lo slogan scelto dai promotori, “la cultura ci fa ricchi”, è perfetto. La cultura arricchisce interiormente i cittadini che ne fruiscono, ma anche il territorio che la ospita. Ci sono decine di studi che provano come la cultura dia un valore aggiunto inestimabile all’economia.

Lo dimostrano i dati delle città che hanno fatto grandi investimenti in questo senso. Chi non investe in cultura, non crede nel proprio futuro. Questo progetto permette all’Alto Adige di esaltare il proprio ruolo di ponte fra culture, di uscire da un dibattito sempre più autocentrato, di iniziare sul serio a fare rete con altre strutture. Può essere una spinta enorme per la nostra università, per il teatro, per le istituzioni musicali. Sono molto contento di aver posto in prima persona questo tema all’ordine del giorno e sono contento delle risposte avute fino ad oggi. Indipendentemente dall’esito della candidatura (una commissione dell’Ue deciderà nel 2013, ndr) è stato avviato un processo virtuoso che ci porterà il prossimo anno ad ospitare eventi del Festival delle Città Impresa”. Uno degli attori culturali più ricettivi rispetto

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al progetto si è mostrato da subito Manfred Schweigkofler, direttore della Fondazione Teatro Comunale e regista attivo anche in campo operistico. Si parla già di contatti con la Fenice di Venezia per possibili co-produzioni. “Uno degli aspetti positivi – spiega Tommasini – è che fin da subito si è iniziato a ragionare nell’ottica del fare rete. A differenza di quanto avvenuto in altre città e territori sia noi che il resto del Nordest non abbiamo bisogno di investire in strutture, come ad esempio è stato fatto a Genova per recuperare il centro storico. Gli investimenti in questo senso noi li abbiamo già fatti negli ultimi 15 anni. Noi possiamo investire nel software della cultura. Potremo proporre cose concrete e fruibili dai cittadini altoatesini e dai turisti che verranno da fuori. È provato da autorevoli studi che le persone

che fruiscono di cultura hanno una maggiore sensazione di benessere. Chi fruisce di cultura si crea un bagaglio che gli permette di leggere la complessità della società e di non sottostare alla logica imperante delle piccole patrie. Questo progetto permette all’intero Nordest si superare la percezione comune di territorio votato unicamente all’operosità industriale e di proporsi per le numerose eccellenze culturali che è in grado di offrire”. Tommasini, poi, non nasconde di puntare a coinvolgere direttamente il mondo dell’imprenditoria locale e di augurarsi che il progetto possa contribuire a cambiare, o quanto meno a intregrare l’immagine dell’Alto Adige da cartolina. “Nordest capitale può significare un grande aumento del turismo, ma non del turismo mordi e fuggi di quanti vengono a Bolzano a dicembre con i

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pullman per acquistare palle di Natale fabbricate in Cina. Questo tipo di offerta può portare in provincia turisti con altri interessi. Per questo stiamo lavorando per promuovere questa terra con un diverso marketing della cultura. Non produciamo solo mele, ma anche cultura”. L’omologa di Tommasini per il mondo di lingua tedesca, l’assessora Sabina Kasslatter Mur, è naturalmente molto più prudente. “Il progetto sta ancora prendendo forma, si è parlato anche di un possibile coinvolgimento della Carinzia e del Tirolo. Vediamo. Quello che per me è importante è che non si parli di un coinvolgimento di Bolzano città, ma dell’intera provincia. Io la vedo come un’occasione importante di far conoscere il nostro territorio e la sua assoluta specificità. In ogni caso questa sarà un’occasione importante per fare in modo che Smg, nel suo modo di proporre l’Alto Adige verso l’esterno, inizi a puntare di più sulla produzione culturale che offriamo. In realtà qualcosa è già stato fatto, la Museum card, ad esempio, e quest’anno diversi turisti sono scesi in città per vedere Ötzi ma anche il Museion. Penso che potremmo e dovremmo fare di più per promuovere le nostre attività culturali, procedendo nel solco aperto da Manifesta. Penso che il dottor Engl di Smg sarà d’accordo nel mostrare che l’Alto Adige è fatto sì di paesaggi molto belli, ma anche di cultura”. Christoph Engl non la vede proprio così. “Prima di tutto – chiarisce – vorrei dire che per noi la cultura non è fatta solo di musei, chiese, castelli e teatri. La cultura è quotidianità, stile di vita. Per questo noi nei nostri spot facciamo vedere i prodotti locali, la vita contadina, mostriamo aspetti che possono incuriosire chi vive nelle città. D’altronde, rispetto ad altre città d’arte noi non possiamo

offrire cose di pari livello e pertanto è difficile competere in quel settore. L’offerta di cultura in senso stretto non è sicuramente un punto di forza dell’Alto Adige. Comunque non è vero che non facciamo nulla per promuovere. Abbiamo Culturonda, i ticket del trasporto pubblico che danno accesso ai musei. Offrire proposte culturali è importante per gli ospiti che vengono qui, ma la nostra forza è comunque l’incontro fra le due culture, la possibilità di mettere nello stesso menù di un ristorante spaghetti e canederli”. Detto questo, Engl è piuttosto neutrale rispetto al progetto di candidatura. “Tutte le cose che possono portare visibilità al territorio vanno bene, ma in questo caso bisogno vedere se ci sono i presupposti per un forte coinvolgimento della nostra provincia. Ci sono cose come Manifesta, che magari portano persone da tutto il mondo, ma poi non trovano nessun tipo di radicamento nel territorio e di risultati sul lungo termine”.

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