#5 Anno 18 18 marzo 2022 Periodico del Master in giornalismo “Giorgio Bocca” - Università di Torino
UNIVERSITÀ
La chat che unisce studenti russi e ucraini Raffaella Tallarico | P4
BITCOIN
Così il mondo sostiene l’Ucraina Chiara Dalmasso | P5
LA FUGA DALL’UCRAINA GLI AIUTI A TUTTO CAMPO
Senza una rete Alessandro Balbo, Giulia D’Aleo, Elisabetta Rosso Pagine 2 e 3
IL DATO
La voglia di accogliere si misura su Google Luca Pons | P6 CULTURA
Libri, canzoni, film minacciati dalla guerra Nicolò Guelfi | P7
APPUNTAMENTI
A Comala i Sanlevigo in concerto Alberto Gervasi | P8
IMMAGINE DI IRENE SCANAVACCA - IED TORINO
FUTURA MAGAZINE #5 – 18 MARZO 2022 di Giulia D’Aleo
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LE STORIE
a potente spinta di solidarietà che il conflitto in Ucraina e le immagini dei suoi profughi hanno ge-nerato è un po’ un fiume in piena: spontaneo e travolgente, ma difficilmente controllabile. Se gli aiuti sul posto possono talvolta essere eccessivi, quelli di accoglienza nel nostro Paese sono sfuggenti, ma necessari. Nei punti di confine, principalmente in Romania e Polonia, i rifugiati si confondono alle migliaia di volontari che dall’Italia, come dal resto del mondo, arrivano carichi di alimenti, medicinali e buone intenzioni. «Il ministero per l’Emergenza romeno cerca di gestire gli aiuti, ma si tratta di un peso in più. È bellissimo che ci sia voglia di fare, ma senza organizzazione si rischia di diventare più che al-tro un ostacolo». A parlare è Stefano Novarese, di Rainbow for Africa, che due settimane fa è arri-vato a Siret, in Romania, per un primo sopralluogo: «Il responsabile per la Protezione civile del posto si è congratulato con noi. Siamo stati tra i pochi ad andare lì per capire come dare una mano piutto-sto che arrivare direttamente con una carovana di aiuti». Alle organizzazioni, più o meno strutturate, si sommano poi centinaia di privati. «Bisognerà capire, però, quanti rimarranno lì tra due o tre setti-mane - dice Novarese -. Da una parte, si saranno spenti i riflettori dei media; dall’altra, chi è partito con risorse limitate non avrà la capacità di restare a lungo». Il timore è che gli aiuti possano sparire proprio nel momento del bisogno. I primi arrivi di ucraini alla frontiera erano abbastanza omogenei: persone che potevano permettersi un’auto e la benzina per il viaggio. Adesso, però, è atteso chi si è mosso a piedi, chi è fuggito troppo tardi e ha perso tutto, chi potrebbe avere ancora più bisogno di una prima assistenza. In molti casi gli aiuti non si esauriscono al confine, ma quei furgoncini, che dall’Italia viaggiano cari-chi
CREDIT: GRAZIELLA LAVANGA - ACMOS
LA MACCHINA DEI SOCCORSI
LA SOLIDARIETÀ VIAGGIA GENEROSA E DISORDINATA Doppia mobilitazione: aiuti al confine e accoglienza, in ordine sparso
di cibo, tornano indietro pieni di persone. Si tratta, anche qui, di un lavoro di assistenza scompo-sto e difficilmente gestibile, ma forse ancora più indispensabile. Nel nostro Paese il circuito di acco-glienza prevede che, appena arrivati, i profughi ucraini siano ospitati all’interno di strutture coordina-te dalla Protezione civile, principalmente ex Covid hotel ormai dismessi. Nelle fasi successive, ven-gono poi sistemati in immobili a disposizione dei comuni - come i Centri di Acco-
glienza e Servizi (Cas) e il Sistema di accoglienza e integrazione (Sai) - o in edifici ricavati da accordi con privati e as-sociazioni. Ma il censimento delle strutture a disposizione da parte della prefettura e il loro adatta-mento alle urgenze attuali è ancora in atto, motivo per cui la maggior parte delle persone arrivate in Italia finora, circa 45mila, non rientra nei canali ufficiali di accoglienza. Sul territorio piemontese, ad esempio, sono almeno 4mila, di cui solo 300 in strutture regionali: «Di
molte delle persone già arriva-te non abbiamo contezza – spiegano dalla Protezione civile della Regione - perché si sono appoggia-te a familiari e conoscenti e non hanno ancora effettuato la registrazione negli elenchi». Oltre al tra-sporto, il lavoro di raccordo tra chi arriva e i cittadini disposti ad accogliere è stato finora svolto principalmente dalle associazioni. «Non vedendo risposte istituzionali abbiamo iniziato a organizzar-ci da soli. La scorsa settimana abbiamo portato in Italia due
famiglie, otto persone in tutto - racconta Simone Potè, dell’associazione Acmos di Torino –. E continuo a ricevere telefonate di gente pronta a ospitarne altre». Decine di altre associazioni svolgono lo stesso lavoro di Acmos, come l’Arca Soli-dale, che in Italia ha già portato circa 60 persone. «Il problema principale adesso è che le istituzioni sono totalmente mancanti - raccontano dall’associazione -. Nessuno sa nulla, non c’è un numero atti-vo per chiedere informazioni. Si parla di accogliere
ASSOCIAZIONE ACMOS
NUTRI AID
FONDAZIONE PAIDEIA
di Alessandro Balbo
di A.B.
di A.B.
«Con otto rifugiati soccorsi in Romania» a oltre due settimane, associaD zione Acmos sta coordinando le richieste di accoglienza e la dispo-
nibilità delle famiglie a ospitare profughi in fuga dall’Ucraina. “Siamo arrivati a Siret, in Romania, e abbiamo portato con noi otto rifugiati” spiega Simone Potè, volontario. “Nessuno di loro doveva andare a Torino, ma ci siamo detti che se riuscivamo ad avvicinarli quanto più possibile a destinazione era meglio di nulla”. Le otto persone che Simone ha portato con sé nel viaggio di ritorno, due nuclei familiari connessi tra loro, dovevano raggiungere dei parenti che abitano in Italia da anni. Acmos ha avviato una raccolta fondi e di beni di prima necessità da portare al confine.
I minori a Bussoleno per l’assistenza medica
utriAid, organizzazione umaN nitaria impegnata nella lotta contro la malnutrizione infantile,
AL CONFINE Tante le famiglie in fuga dall’Ucraina
è attiva in supporto alle popolazioni ucraine non solo in Ucraina, ma anche in territorio italiano. Oltre a inviare farmaci e materiali sanitari, tra cui bende, garze, disinfettanti e prodotti per la prima infanzia, e a raccogliere fondi in sostegno alla popolazione ucraina, i volontari NutriAid del progetto Pipa (Pronto intervento pediatrico nelle Alpi) stanno visitando numerosi minori ucraini fuggiti dalla guerra. Lo fanno presso il Polo logistico della protezione civile a Bussoleno, in Val di Susa, dove già forniscono assistenza ai migranti con una presenza medica fissa.
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In aiuto di 22 persone anche con disabilità i è conclusa questa settimana la S missione di Fondazione Paideia, in collaborazione con Coopera-
I MINORI L’assistenza dei medici per i più piccoli
tiva Pausa Cafè e Associazione Accomazzi. Venerdì scorso era partito un convoglio di quattro mezzi verso il confine con la Polonia, rientrato martedì 15 marzo con a bordo 22 persone. Donne e bambini, tra cui due con disabilità, che saranno accolti presso alcune strutture della Fondazione. Nel corso della missione sono anche stati consegnati medicinali e materiali sanitari. “È stato emozionante vedere sul confine il grande abbraccio dei volontari provenienti da tutto il mondo”, ha dichiarato Fabrizio Serra, segretario della Fondazione.
ACCAMPATI I rifugiati si trovano in situazioni logistiche critiche
FUTURA MAGAZINE #5 – 18 MARZO 2022
L’ANALISI
Frontiere aperte ma non per tutti
CREDIT: PAOLO NARCISI
Profughi a Palanca
di Elisabetta Rosso
C CREDIT: GRAZIELLA LAVANGA - ACMOS
i profughi e poi le famiglie che se ne fanno carico vengono lasciate da sole». A due settimane dallo scoppio del conflitto, però, entrambe le associazio-ni hanno messo in pausa la loro attività di coordinamento. La comunicazione dell’apertura di un bando da parte della Regione Piemonte per raccogliere le disponibilità dei cittadini all’accoglienza, sembrava il tanto atteso segnale di partecipazione politica all’emergenza, motivo per cui Acmos e Arca hanno iniziato a dirottare le chiamate dei piemontesi verso i canali ufficiali. Dopo una raccolta di adesioni in tempi record – oltre 4mila famiglie in tre giorni – è arrivato, però, lo stop del ministero dell’Interno, che ha ribadito come, secondo direttive, l’accoglienza in famiglia rientri nel «terzo li-vello» e debba, pertanto, essere subordinata a quella nelle strutture pubbliche. Eppure, in un sistema che arranca e non riesce a tenere i ritmi dei flussi degli arrivi, la realtà dello spontaneismo sembra, al momento, essere ancora la soluzione più efficiente.
SOLIDARIETÀ I volontari a Siret in Romania, al confine con l’Ucraina
ARCA SOLIDALE
A Volpiano 60 profughi provenienti dalla Polonia di A.B.
ravamo in contatto con il conE sole onorario ucraino di Torino e abbiamo detto ‘che facciamo? Par-
tiamo’. Ci siamo buttati in questa avventura: abbiamo raccolto medicinali e alimenti e li abbiamo portati in Polonia con un pullman e tre furgoni. Arrivati là abbiamo caricato le famiglie”. La missione di Arca Solidale, associazione di volontariato si è conclusa la settimana scorsa a Volpiano, preso la sede della Croce Bianca locale, con 60 profughi: mamme, nonne, bambini. “Non si sa per quanto le famiglie potranno ospitarli. C’è sempre più burocrazia, è una cosa senza logica, perché le famiglie abbandonate così, a sé stesse, chi le segue?”
TEMPO Non si sa fino a quando i rifugiati potranno fermarsi in Italia
L’INIZIATIVA
i sono profughi di serie A e profughi di serie B. «I rifugiati ricevono subito i documenti necessari per lavorare o avere un’assicurazione sanitaria, basterà iscriversi alla Als del proprio domicilio per ricevere un medico di base, e i bambini possono frequentare le scuole. Anche per noi è più facile muoversi», racconta Caterina Brina, referente dell’accoglienza profughi per l’associazione Papa Giovanni ventitreesimo. «Spesso le persone in fuga dalla guerra devono affrontare percorsi faticosi, duri, per arrivare in Europa, e superati i confini iniziano un altro iter complesso, quello dei permessi. Un problema che nel caso ucraino è ridotto moltissimo grazie alla direttiva europea», sottolinea Caterina Brina. La Direttiva 55 del 2001 per garantire la protezione temporanea ai rifugiati di guerra. È stata approvata il 4 marzo, ci sono voluti dodici anni e una guerra scoppiata nella pancia dell’Europa. «Il decreto permetterà agli ucraini di ricevere un permesso di soggiorno di un anno, rinnovabile di sei mesi in sei mesi, fino a tre anni. Potranno soggiornare per un anno senza attivare le procedure di asilo», spiega Caterina Bove avvocato immigrazionista e membro dell’associazione per studi giuridici sull’immigrazione Asgi. Incastrati tra il terrore della bomba e una diplomazia che schiaffeggia a colpi di sanzioni non si poteva rispondere altrimenti. L’accoglienza diventa uno dei mezzi più concreti per entrare nel vivo della guerra senza spostare l’equilibrio verso la deriva del nucleare. Il problema è che c’è un prima. Ci sono i due milioni di profughi afghani, i cinque milioni di rifugiati siriani, i tre milioni di sfollati iracheni. E non solo. Sono anche loro profughi di guerra, ma di serie B. «Gli ucraini sono bianchi, biondi e belli: entrano con più facilità. C’è una differenza, eccome se c’è. Anche per noi aiutare è più semplice. L’altro giorno abbiamo trasportato un bambino e sua madre dalla frontiera ucraina al policlinico di Milano, hanno fatto un passaporto in tempo zero: una cosa impensabile precedentemente» racconta Paolo Narcisi presidente della ong medica Rainbow for Africa.
Rainbow si muove per la Moldavia di Alessandro Balbo
L’associazione medica torinese L Rainbow For Africa, reduce da due spedizioni di sopralluogo a Si-
CREDIT: PAOLO NARCISI
LA COPERTINA Parte la collaborazione tra Ied e Futura La copertina di questo numero di Futura segna l’inizio della collaborazione tra il Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” e Ied Torino, in particolare con il dipartimento di illustrazione e con il corso di Illustrazione editoriale tenuto da Arianna Vairo (docente e art director). L’immagine è stata realizzata da Irene Scanavacca.
«In Ucraina ci sono molti studenti stranieri, soprattutto ragazzi africani, per loro le università europee sono troppo costose quindi scelgono paesi dell’est per formarsi. Molti di loro hanno avuto problemi a oltrepassare il confine», spiega Paolo Narcisi. Tra gli esclusi ci sono anche i migranti presenti irregolarmente in Ucraina, chi ha il permesso di soggiorno scaduto, o di breve periodo. «Non solo, l’Ucraina è un paese agricolo, ci sono decine di migliaia di contadini, prima o poi cercheranno di uscire, per ora non hanno riferimenti e soldi» aggiunge Paolo Narcisi. Alla direttiva europea che sottolinea chi può passare e chi no, si aggiunge la vecchia piaga della discriminazione economica. Chi ha i soldi fugge, chi non li ha aspetta. Uno dei problemi più comuni sono le macchine senza benzina. «Rimane un interrogativo aperto, ancora non è chiaro il futuro di molte persone che ora si trovano in Ucraina», chiude Caterina Bove.
GLI ESCLUSI AL CONFINE
Anche il fronte ucraino con un movimento a collo di bottiglia produce le sue discriminazioni. Tutti corrono al confine, alcuni passano, altri no. Il Decreto 55 del 2001 sottolinea chi può beneficiare della protezione temporanea: tutti i cittadini ucraini, di paesi terzi se con protezione internazionale. Fermi al confine rimangono gli esclusi.
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I CONFINI UCRAINI Il rischio è una crisi umanitaria.
ret, al confine tra Romania e Ucraina, e lungo la frontiera moldava, ha deciso di stabilire in quest’ultima una propria presenza fissa per assistere le persone in fuga dalla guerra. «A Siret, in Romania, gli obiettivi erano tre: portare farmaci, recuperare un neonato bisognoso di cure e, soprattutto, valutare se potessimo essere utili» racconta Paolo Narcisi, presidente dell’associazione. «Lì, però, il supporto era già ampio. La Moldavia, invece, era un Paese decisamente più depresso già prima della crisi, ora ritrovatosi ad accogliere migliaia di profughi». Lo spazio aereo moldavo è chiuso, perciò i volontari sono dovuti arrivare nella località di frontiera di Palanca via terra, dopo essere atterrati con l’aereo in Romania. «I profughi non sono più quelli delle fasi iniziali: ora arrivano quelli con i bagagli nei sacchetti della spesa, quelli che hanno dovuto deviare il percorso per via dei carri russi. Ora la Moldavia comincia a fare fatica. Abbiamo deciso che sarà lì il nostro supporto». Nella capitale Chișinău si sviluppa l’accoglienza principale: lì al momento si trovano circa 9mila persone, i medici di base li assistono ma iniziano a mancare i farmaci. «Non sono feriti di guerra – continua Narcisi – ma sono comunque persone scappate con le proprie malattie senza portare con sé le medicine. Ci sono molti bambini, e in una popolazione in larga parte non vaccinata ogni caso di raffreddamento deve essere testato per il Covid». Rainbow For Africa può fornire un supporto medico di emergenza di alto livello: «Nella capitale manterremo il nostro pullman ospedale, che dispone di una sala operatoria e otto posti letto. Anche le cliniche mobili faranno base lì, ma si muoveranno in frontiera». Si prevede di stabilirsi in Moldavia quanto prima: «In fine settimana il pullman verrà allestito e anche caricato con i materiali da fornire al confine, così come la clinica mobile. Non abbiamo ancora la data esatta della partenza, poiché non possiamo partire senza autorizzazioni. Una volta lì, il nostro personale sanitario e logistico si organizzerà con turni di 15 giorni».
FUTURA MAGAZINE #5 – 18 MARZO 2022
LA GUERRA NELLE UNIVERSITÀ
La chat che unisce gli studenti russi e ucraini di Torino Stanislav e Dmytro: voci contro il conflitto di Raffaella Tallarico
IN NUMERI
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Gli studenti russi che frequentano gli atenei torinesi
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Gli ucraini iscritti alle università della città
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I giorni dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina
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o ho amici ucraini e russi che vivono qui, e facciamo spesso serata insieme. Ora che c’è la guerra abbiamo creato una chat per aiutarci l’un l’altro». Stanislav Likhatskiy ha 22 anni ed è originario di Mosca. È a Torino per studiare Ingegneria biomedica, al Politecnico. Si è laureato da poco in triennale. Dmytro Khyzhniak ha 28 anni e proviene da Leopoli, una città a circa 70 chilometri dal confine polacco che da giorni, come molte altre, è sotto l’attacco dell’esercito russo. Risiede in Italia da tre anni e studia al dipartimento di Architettura, anche lui al Politecnico: «Alcuni miei colleghi sono russi. Sono contrari all’invasione, e mi hanno mostrato solidarietà, ma è difficile non provare odio per quello che sta succedendo». Le impressioni dei due ragazzi - l’uno russo, l’altro ucraino - sulla guerra in atto nell’Est Europa provano sentimenti comuni: paura, ma anche voglia di contribuire. Torino, tra l’Università e il Politecnico, ospita 292 studenti russi e 81 ucraini. Molti hanno partecipato alle manifestazioni pacifiste delle ultime settimane e, nonostante il conflitto che li vede gli uni contro gli altri, sembrano stare dalla stessa parte. Le parole di Dmytro sono segnate dall’incertezza: «Qui sono al sicuro, ma sono indeciso su cosa fare - dice -, in Ucraina ho lasciato la mia famiglia e i miei amici». Prova un’ovvia apprensione per quello che sta succedendo nel suo Paese. «Mi sento in colpa a stare qui mentre molti conoscenti stanno combattendo - prosegue -, ma non c’è molta possibilità di sopravvivere se sei un soldato». Il ragazzo sente il peso di dover entrare nell’esercito. Per i giovani di oggi sembra un’esperienza dal sapore anacronistico: «Essere un militare è diverso: hai ancora i tuoi affetti, ma pensi solo a come uccidere e come distruggere il nemico». I modi per aiutare rimanendo in Italia non mancano. Dmytro fa il volontario alla Caritas e contribuisce come può: «Ho sempre la sensazione che non sia abbastanza, ma raccogliere vestiti e cibo, sia per spedirli che per i profughi che arriveranno qui, mi fa sentire meglio». Non solo beni di prima necessità, ma anche cose che possono essere utili ai militari che sono lì: «Non dico armi, anche perché non si può prosegue -, ma i medicinali e vestiti che possono essere usati come equipaggiamento possono servire» Qui riceve molto supporto dagli amici,
CREDIT: RAFFAELLA TALLARICO
SIMBOLI NON VIOLENTI Tante le manifestazioni che hanno caratterizzato Torino negli scorsi giorni
VOLTI PER LA PACE Stanislav, russo (in alto) Dmytro ucraino (in basso)
dai colleghi di corso e dai professori, ma il pensiero va ai suoi cari: «Mi sto informando su come far venire qui alcune persone che me lo hanno chiesto». Stanislav aveva trascorso la serata fuori quando è arrivata la
notizia dell’invasione: «All’inizio mi sono rifiutato di crederlo, nelle ultime settimane tutti mi chiedevano “ci sarà una guerra o no?”, ed ero un po’ stanco di queste domande. Sono stato per giorni a seguire gli aggiornamenti». I genitori di Stanislav vivono in Russia, Paese di origine del padre, mentre la madre è ucraina. Nelle scorse settimane ha partecipato alle manifestazioni contro la guerra che si sono tenute anche a Torino, esponendo il cartello: “Solo Putin vuole la guerra, i veri russi stanno con l’Ucraina”. Gli zii vivono a Sumy, una città a nordest dell’Ucraina che è stata colpita
dai bombardamenti: «I miei parenti escono di casa e vedono cadaveri ovunque». I regimi autoritari che si sono avvicendati nel Paese hanno segnato anche la sua famiglia. Il nonno è stato internato in un gulag in Siberia per sette anni, «imprigionato per una barzelletta su Stalin». Durante le proteste del 2018 guidate da Aleksej Naval’nyj, dissidente del regime di Putin, il cugino è stato trattenuto dalla polizia per due giorni senza bere né mangiare. Il giovane ama il suo Paese, ma non vuole tornarci: «Finché saremo governati o da incompetenti o da dittatori, io voglio rimanere in Europa».
LE INIZIATIVE DEL POLITO: PARLA LA VICE RETTRICE
«Rate sospese e lavoro part-time per aiutarli» di R.T.
IN SINTESI
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Sostegno anche per i bielorussi
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Stage dedicati nelle aziende del territorio
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Borse per chi vuole venire dall’Ucraina
li studenti russi, ucraini e G bielorussi che frequentano il Politecnico di Torino sono cir-
ca ottanta, distribuiti nei diversi dipartimenti. Con una guerra in atto c’è un problema in comune di natura economica. «Abbiamo deciso di sospendere la seconda rata universitaria per questi studenti», spiega Claudia De Giorgi, vice Rettrice per la qualità, il welfare e le pari opportunità di Polito. «Molti di loro hanno difficoltà a sostenerle perché hanno disponibilità meno ampie rispetto a prima, o hanno le carte totalmente bloccate». Quest’ultimo inconveniente riguarda i 56 studenti originari della Russia che frequentano il Politecnico. Il blocco delle transazioni e l’esclusione dal sistema “Swift” delle principali banche della Fede-
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razione impedisce agli studenti di ricevere il denaro necessario per mantenersi. Oltre alla sospensione del pagamento delle tasse, l’ateneo sta mettendo a punto ulteriori iniziative per garantire maggiore autonomia economica. Per esempio saranno implementate le collaborazioni studentesche: «I ragazzi che vogliono attivarle verranno sostenuti con una borsa di studio prosegue De Giorgi -, e stiamo anche mettendo a punto un maggior numero di stage remunerati presso le aziende del territorio interessate ad accogliere questi studenti». Le esperienze in azienda sono finalizzate alla stesura della tesi di laurea e, al contempo, garantiscono un’entrata economica. L’ateneo ha anche previsto di ospitare il personale accademico che voglia proseguire l’esperienza di studio e ricerca iniziata in Ucraina, ma interrotta dalla guerra. «Vogliamo bandire una
serie di borse di studio della durata di sei mesi per accogliere studenti, ricercatori e docenti ucraini», annuncia la vice Rettrice. «Non c’è ancora una ratifica ufficiale del consiglio di amministrazione, ma è stato già previsto lo stanziamento di una somma considerevole». L’ammontare di ciascuna borsa dipenderà dalla qualifica ricoperta e dal numero di richieste, che stanno iniziando ad arrivare: «Sono già una decina tra docenti e altrettanto tra gli studenti, questo solo negli ultimi tre giorni. Contiamo che questa cifra aumenti». La messa a punto delle misure è stata resa possibile perché è stata favorita l’iniziativa comune degli stessi ragazzi che frequentano l’ateneo. «Molti non si conoscevano tra loro, non avevano una rete né un’associazione - spiega De Giorgi. - Abbiamo fatto in modo che si incontrassero per tenersi in contatto».
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Bitcoin: così il mondo aiuta l’Ucraina Il governo lancia Aid for Ukraine, il sito per la raccolta di aiuti finanziari via blockchain di Chiara Dalmasso
IN NUMERI
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Milioni di dollari come obiettivo
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Milioni di dollari già raccolti
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Tipologie di monete digitali accettate
si svaluterebbero in fretta». Ma si fa ricorso alla moneta digitale anche per sfuggire alle sanzioni, e qui si apre un capitolo di spinose polemiche. «È chiaro che ogni strumento può essere usato in modo positivo o negativo» - chiosa Soldavini -. «All’inizio della guerra gli exchange - i terminali che si occupano degli scambi, gli unici a conoscere le identità che si celano dietro ai wallet digitali - si sono dichiarati pronti a collaborare con le autorità internazionali per i controlli, ma non a bloccare tutte le transazioni da Russia e Ucraina». Troppo grande il rischio di colpire persone comuni che tentano di salvare ciò che resta del loro patrimonio, piuttosto che oligarchi russi in fuga dalle sanzioni.
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iuta l’Ucraina con le criptovalute, non lasciarci soli con il nemico». Il messaggio di benvenuto di Aid for Ukraine, il sito appena lanciato dal governo ucraino, è un invito alla solidarietà digitale. La pagina web è un bacino di raccolta per gli utenti che vorrebbero fornire un aiuto concreto al Paese in guerra, ma non sanno come fare. Per loro, il ministero della Trasformazione digitale ucraino ha creato un luogo sicuro dove depositare le donazioni: il sito è collegato ai portafogli crittografici governativi ed è stato realizzato grazie alla collaborazione degli exchange di criptovalute Fxt e Kuna, oltre alla piattaforma di staking Everstake. La cifra raccolta cresce di minuto in minuto e al 17 marzo ammonta a quasi 56 milioni di dollari su 200 milioni stabiliti come record. PORTAFOGLIO VIRTUALE
«Il sistema delle criptovalute è fatto apposta per evitare qualsiasi intermediazione e fare arrivare i fondi in maniera diretta», spiega Pierangelo Soldavini, giornalista del Sole 24 Ore, tra i primi a occuparsi di blockchain, la tecnologia alla base della finanza digitale. «È una forma di pagamento da pari a pari, molto efficace in situazioni di emergenza: per l’Ucraina, sotto attacco russo e con un sistema bancario inefficiente e lento, le criptovalute diventano la forma più rapida per ricevere aiuti economici», continua Soldavini. Bitcoin (Btc), Ethereum (Eth), Tether (Usdt), Icon (Icx) e Neo (Neo): sono solo alcune delle dieci monete digitali accettate
CREDIT: UNSPLASH
LA NUOVA FRONTIERA Sul web le donazioni crescono di ora in ora
dalla piattaforma Aid for Ukraine, che ha raggiunto quasi il 30% dell’obiettivo prefissato. Grazie a Everstake, uno dei principali attori nel settore delle criptovalute in Ucraina, si possono effettuare donazioni anche in criptovalute diverse da quelle elencate sul sito. La piattaforma di scambio Fxt, con sede alle Bahamas e fondata dal miliardario americano Sam Bankman-Fried, si impegna a convertire i fondi in dollari e a instradarli alla Banca nazionale ucraina. «Questo sistema senza intermediari viene criticato da molti perché sfugge a qualsiasi tipo di controllo - dice Soldavini -. Il denaro passa su wallet digitali esterni agli Stati e ciò consente a chi vive in Paesi destabilizzati come l’Ucraina o la Russia di esportare dei capitali che altrimenti
«QUALSIASI STRUMENTO PUÒ ESSERE USATO IN MODO POSITIVO O NEGATIVO: VALE ANCHE PER LA MONETA DIGITALE» SOLDAVINI ESPERTO DI BLOCKCHAIN
Trading online al tempo della guerra? I dilettanti ci provano, ma è un rischio di Elisabetta Rosso
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ai raccogliere un coltello che cade. È una delle regole del mercato azionario: non comprare un titolo il cui prezzo sta crollando, è come un coltello che precipita. Il rischio è di tagliarsi da soli, perdendo finanziariamente. Eppure i trader della rete affamati di facili guadagni sembrano essere sordi alla massima di Wall Street. Lo dimostra un’analisi di InvestinGoal, uno dei principali portali italiani per la ricerca e comparazione di broker e piattaforme di trading online, sui dati Google Trend. Nelle ultime settimane c’è stato un boom di ricerche relative ai possibili investimenti legati al conflitto ucraino. Alcune parole chiave sono schizzate, per esempio le ricerche per acquistare Etf ucrai-
ni hanno registrato un incremento del +1.566% rispetto a inizio anno, un +955% invece per gli Etf russi. Non solo. La popolarità della keyword “Guadagnare guerra” è aumentata del 733% e, sempre secondo i dati riportati da InvestingGoal, la ricerca “come comprare rubli” ha segnato un +1.900%. C’è poi chi pensa di acquistare azioni della società Gazprom e della banca russa Sberbank. Questo in Italia. Dall’analisi di Investing Goal emerge che i trader dilettanti vogliono guadagnare dal conflitto in Ucraina. Dilettanti perché chi cerca prodotti come gli Etf, strumenti che consentono di investire su panieri diversificati con il minimo sforzo, probabilmente non è un professionista. È più probabile che si tratti di piccoli trader che vogliono semplificarsi il campo da gioco, cavalcando il mercato. Un com-
portamento che si riflette anche in chiave valutaria. L’interesse a comprare rubli denuncia il comportamento tipo del trader non professionista: quando qualcosa scende lo compra e pensa di guadagnare. Qui torna il coltello e, dal punto di vista strategico, raccoglierlo mentre cade non è un affare: chi lo fa ha la presunzione di capire quale sarà il punto più basso di qualcosa che sta precipitando. Ancora peggio nello scenario esogeno della guerra. Quasi tutti i broker hanno infatti bloccato il trading sul rublo. Anche chi è interessato a comprare le azioni Sberbank, la maggiore banca russa colpita dalle sanzioni internazionali, segue il ragionamento dell’affare facile. La guerra ha alimentato l’illusione di poter far profitto sfruttando i mercati. Ai trader fanno gola gli asset, i titoli, le obbligazioni legate
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CREDIT: PEXELS YAN KRUKOV
LE PAROLE PIÙ CERCATE In rete sono Etf Ucraina e Etf Russia
LE RISORSE DELLA RETE
In questa guerra ibrida, combattuta sia sul campo sia sul web e mostrata in presa diretta dai social network, la solidarietà passa sempre più spesso dalla rete: per far fronte al numero crescente di profughi che dall’Ucraina si riversano in Europa, stanno nascendo applicazioni e servizi per semplificare le procedure di richiesta/offerta di ospitalità. Il 28 febbraio, i quattro fondatori europei del sito per la ricerca di lavoro Jobether hanno creato Eu4ua, una piattaforma che mette in contatto diretto chi fugge dalle bombe con chi offre un rifugio gratuito. Da quel giorno, al portale si sono registrati 32mila rifugiati, 10.500 nuclei famigliari in difficoltà. In Europa i cittadini che hanno offerto ospitalità sono 13mila, di cui 450 solo in Italia, con 6500 abbinamenti già realizzati, ma che aumentano di ora in ora.
alle imprese coinvolte nel conflitto. Si compra a prezzi d’occasione, con un rischio alto, per rivendere alla prima schiarita sullo scenario geopolitico. Il pericolo è di farsi molto male. Infine c’è il debito sovrano: la parola chiave “war bond” rientra tra le più cercate su Google Trend dal primo marzo in poi in Italia. L’Ucraina ha emesso titoli di guerra di durata annuale per finanziare la resistenza armata. Un investimento potenzialmente molto remunerativo (paga l’11% di interessi), ma ad altissimo rischio di mancato rimborso per il default dell’emittente. Le aziende di rating hanno infatti declassato il debito ucraino B- per S&P, Ccc per Fitch e B3 per Moody’s. Se nella Seconda guerra mondiale le aziende convertivano le pentole in fucili, oggi c’è chi prova il colpo grosso ad altissimo rischio dietro lo schermo piatto di un computer. Nel caos del conflitto guadagna chi può. Ma è la storia della guerra: pecunia non olet.
FUTURA MAGAZINE #5 – 18 MARZO 2022
IL DATO
Più forte della paura: la voglia di accogliere si misura su Google In Italia aumentano le ricerche sugli affidi familiari di Luca Pons
IN NUMERI
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Sono cresciute 6 volte in due settimane le ricerche sugli affidi
95%
Gli utenti Internet che cercano su Google in Italia
700
mila le persone ucraine che il governo si prepara ad accogliere
T
ra timori nucleari e ansia di informazioni, la voce più forte è comunque quella di chi vuole accogliere e aiutare. Le ricerche su Google raccontano la reazione italiana alla guerra meglio di qualunque giornale: dal giorno dell’invasione, l’Ucraina è l’argomento più cercato in assoluto. È in cima alla lista che normalmente vede solo ricerche quotidiane, come “meteo”, “2022”, “mail”, “YouTube”. Il tema correlato che viene digitato più spesso, in particolare, è l’affido familiare. Le ricerche di informazioni sugli affidi sono più che quadruplicate in pochi giorni. Un tema urgente, di fronte alle immagini di rifugiati che fuggono dall’Ucraina e alle notizie di centinaia di vittime anche tra i bambini. Sul funzionamento del meccanismo di affido, però, ancora non è stato possibile dare informazioni univoche. Anche per questo le ricerche abbondano e sono solo aumentate con l’andare della guerra: molte istituzioni hanno lanciato appelli all’accoglienza, ma le modalità pratiche con cui si può contribuire per ora non sono chiare. Molti si trovano a chiedere informazioni persino alla Protezione civile, senza successo, e si rivolgono poi ad associazioni private che stanno coordinando gli aiuti e l’accoglienza. L’Unicef, però, ha invitato con il suo portavoce Andrea Iacomini a «fidarsi solo dei canali ufficiali. L’accoglienza va garantita ma rispettando le procedure». Procedure che però si fanno attendere.
CREDIT: GOOGLE TRENDS
ARGOMENTI CORRELATI Sono le ricerche fatte più spesso dopo la parola “Ucraina” negli ultimi 30 giorni
IL RACCONTO DEI DATI Le ricerche su affidi e nucleare sono aumentate in percentuale
LA GUERRA IN ITALIA
Il 27 febbraio, con l’allerta delle forze di deterrenza russe, in Italia aumentavano anche le ricerche sulla “Terza guerra mondiale”. Si vedeva, così, anche la paura di essere coinvolti. Le persone che cercavano informazioni sul “servizio militare di leva in Italia” erano venti volte in più rispetto alla settimana prima. Tra i dettagli più ricercati, c’erano il raggio d’azione di una bomba nucleare e la distanza tra la centrale di Zaporizhzhya e l’Italia. Paure concrete di un Paese tornato, per la prima volta da decenni, a temere davvero una guerra.
GLI ESPERTI: «QUELLA PARTE DEL MONDO È STATA IGNORATA PER ANNI. ORA PAGHIAMO IL PREZZO»
Ecco perché nessuno capisce l’enigma Putin di L. P.
LE PAURE NUCLEARI
Nelle due settimane prima dell’invasione russa, tra le parole più cercate – o meglio, tra quelle che erano state cercate di più rispetto al periodo precedente – c’erano “Champions League”, “Francesco Totti”, “Olimpiadi”. Nelle due settimane successive, la top 10 di Google Trends mostrava “Zelensky”, “Putin”, “Chernobyl”. La paura del nucleare, in particolare, è tornata nelle ricerche italiane in due occasioni. Il 27 febbraio, quando Vladimir Putin ha ordinato la messa in stato d’allerta le «forze di deterrenza» del Paese, e il 4 marzo, quando l’esercito russo ha attaccato la centrale nucleare di Zaporizhzhya, la seconda più grande d’Europa. Nel primo caso, sono schizzate alle stelle – almeno dieci volte sopra la media – anche le ricerche su “rifugi antiatomici in Italia” e sui bom-
bardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki. L’espressione “forze di deterrenza” ha ricordato da vicino quella di “deterrenza nucleare”, nata durante la Guerra fredda. Allo stato attuale, non risulta che l’esercito
russo sia andato vicino a impiegare le sue 1.625 testate nucleari pronte all’uso (circa 6mila in totale, contro le 5.400 degli Stati uniti). Nel secondo caso, durante l’attacco a Zaporizhzhya è scoppiato un incendio, domato dopo circa tre ore, che ha fatto temere un incidente di portata catastrofica. Anche qui, Google mostra l’ansia che si è diffuso tra la popolazione italiana in quelle ore. Non hanno aiutato le dichiarazioni del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha affermato: «Avrebbe potuto essere la fine della storia dell’Ucraina e dell’Europa, come sei volte Chernobyl».
IN SINTESI
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L’Est Europa ci interessa solo se c’è una guerra
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Chiamare Putin “un matto” è semplicistico
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La storia del Donbass va conosciuta
uando si inizia a definire un Q leader “matto”, di solito vuol dire che non lo si capisce. Si dice di
Putin, si diceva di Milošević». Christopher Cepernich, sociologo e docente all’Università di Torino, spiega lo spaesamento che ha colpito molti all’inizio della guerra in Ucraina: «Il problema è che per vent’anni nessuno ha spiegato il senso russo di rivalsa, la frustrazione, che è uno dei motivi dietro al conflitto. Si inizia a raccontare ora, senza avere il contesto per capirlo». Fino al 23 febbraio, la maggioranza dei giornali e degli utenti sui social media sembrava pensare che la Russia non avrebbe mai davvero attaccato. «È un bluff, non gli converrebbe», si leggeva. Il 24 febbraio, l’invasione è iniziata. «Il punto è che nessuno si è mai
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preoccupato di capire come funziona la testa di un russo. Quando la Cia diceva “Guardate che attaccano”, molta gente rispondeva “Ma no, sono gli americani che esagerano”. Ognuno ragiona con la sua testa». Il motivo non sono tanto le fake news russe o la propaganda ucraina. È che ci interessiamo di una questione solo quando c’è un’emergenza: «Ciò che accade là non importa a nessuno, come è successo con il Kosovo prima della guerra balcanica nel 1998-99. Quello era ancora più vicino, geograficamente. Da almeno 15 anni c’erano conflitti, ma se qualche giornalista si fosse interessato, avrebbe faticato a vendere i propri servizi». I sentimenti di rivalsa russi, in Ucraina, sono legati soprattutto alla regione del Donbass. Valter Coralluzzo, esperto di relazioni internazionali, insegna Analisi della politica estera all’Università di Torino:
«Gli scontri tra separatisti filorussi e l’esercito ucraino, composto e affiliato anche a forze nazionaliste, hanno fatto 14mila morti in 8 anni nel Donbass. Questo è un fatto. Tra le forze che hanno appoggiato la transizione democratica – ancora incompiuta – in Ucraina, ci sono anche alcuni schieramenti che si dichiarano vicini a ideologie neo-naziste, che hanno compiuto gesti eccessivi e deprecabili negli anni. Anche questo è difficile metterlo in dubbio». Ovviamente, i fatti non sollevano Putin da responsabilità. Invadere un altro Paese è una questione diversa: «Anche se, ovviamente, per i russi quella zona non è un altro Paese. C’erano dichiarazioni del genere già prima dell’intervento militare in Georgia, nel 2008. La storia pregressa rende le cose più complicate. Non si parla di giustificazioni, ma di motivazioni da comprendere».
FUTURA MAGAZINE #5 – 18 MARZO 2022
I SUGGERIMENTI DI FUTURA
Libri, canzoni e film Un aiuto per capire le identità in conflitto Nel 2016 un brano sulla Crimea ha vinto l’Eurovision di Nicolò Guelfi
IN NUMERI
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anni fa “1944” vinceva l’Eurovision
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anni fa usciva al cinema il film “Mr. Jones”
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anno fa usciva in Ucraina il romanzo “Ask Miyechka”
I
l conflitto in Ucraina ha scosso il mondo e cambiato la vita di milioni di persone. Le conseguenze della guerra sono e saranno colossali. Se è vero che i periodi di crisi politica sono anche momenti floridi per la cultura, attraverso tre opere contemporanee possiamo provare a comprendere meglio quella ucraina, legata anche in passato alle vicende della Russia. Una cultura drammaticamente minacciata dalla guerra che rischia di scomparire e spesso ha visto negare la propria esistenza.
ALBIN OLSSON, CC BY-SA 4.0 <HTTPS://CREATIVECOMMONS.ORG/LICENSES/BY-SA/4.0>, VIA WIKIMEDIA COMMONS
CREDIT: MARTIN KRAFT, CC BY-SA 3.0 <HTTPS://CREATIVECOMMONS.ORG/LICENSES/BY-SA/3.0>, VIA WIKIMEDIA COMMONS
AGNIESZKA HOLLAND La regista del film “Mr. Jones”
JAMALA, LA CRIMEA E L’EUROVISION
Raccontare la storia della propria famiglia e la tragedia di un popolo con un brano pop. Così la cantautrice Jamala, nome d’arte di Susana Alimivna Džamaladinova, è riuscita a vincere l’Eurovision nel 2016. “1944” è una canzone ispirata alla vicenda della bisnonna dell’autrice, costretta a scappare dalla Crimea sotto la minaccia delle truppe dell’Armata Russa contro gli ucraini, rei, secondo Stalin, di aver collaborato con i tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale. Il brano mischia il soul occidentale con elementi etnici. Nell’arrangiamento è possibile ascoltare il duduk, uno strumento a fiato della tradizione armena. Il testo è cantato per metà in inglese e per metà nella lingua tatara della Crimea. “1944” ha avuto successo in tutta Europa, ma ha riscosso anche critiche da Mosca. Politici russi e autorità in Crimea (occupata solo due anni prima) hanno accusato la cantante di voler usare la canzone per gettare discredito sulla Russia. Le regole del festival vietano di presentare canzoni di argomento politico, ma la commissione giudicante ha ribadito la vittoria di Jamala. MR. JONES E LA CARESTIA UCRAINA
Un’inchiesta giornalistica che svelò l’orrore della carestia in Ucraina. La regista Agnieszka Holland narra la storia di Gareth Jones, giornalista gallese che fu il primo a documentare la realtà dell’Holodomor. Sulle colonne del Manchester Guardian e del New York Evening Post, Jones fece conoscere al resto del mondo la terribile carestia, voluta da Stalin, che si abbatté sul Paese tra il 1932 e il 1933, provocando la morte di milioni di persone. All’epoca l’Unione Sovietica, di cui l’Ucraina era parte, risultava ignota agli
so al 69° Festival del Cinema di Berlino e ha vinto il Grand Prix Golden Lions al Gdynia Film Festival. ROMANZO APPLAUDITO IN EUROPA
JAMALA La cantante di origine tatara ha vinto l’Eurovision rappresentando l’Ucraina
occhi degli occidentali. Gli articoli scritti da Jones ispirarono George Orwell per scrivere il suo romanzo “La fattoria degli animali”. Il film, uscito in Italia con il titolo “L’ombra di Stalin”, ha partecipato in concor-
Quattro generazioni di donne raccontate durante un’estate. Il romanzo “Ask Miyechka” di Eugenia Kuznetsova è stato inserito nella rosa dei partecipanti all’edizione di quest’anno del Premio Europeo per la Letteratura. Racconta la storia di due sorelle, Mia e Lilia, che si recano nel loro “rifugio”, la vecchia casa della nonna dove hanno trascorso l’infanzia. Le due cercano di sfuggire
alle decisioni incombenti che cambieranno le loro vite, come la scelta di emigrare o restare in Ucraina. Assieme si affiancano le storie della nonna Thea e della madre. La vecchia casa dove si ambienta la vicenda sembra essere sospesa nel tempo, senza oggi, ieri o domani, ma le sorelle decidono di riportarla alla vita nell’arco di un’estate. Nel romanzo edito da Old Lion Publishing House, l’autrice ha raccontato una storia profondamente intima sulle relazioni tra sorelle, madri e figlie, che si contrappone al contesto del conflitto che spezza le vite e separa gli affetti oggi in Ucraina.
INTERVISTA A CHEF KUMALÉ
«Per i russi la cucina ucraina non esiste» di N. G.
IN SINTESI
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Il borsch è il piatto tipico nazionale
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Il kvas è una bibita alcolica fermentata
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Gli chef russi non riconoscono l’esistenza di una
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a guerra infuria in cucina. In questo momento di conflitto, il popolo ucraino rivendica la sua tradizione culinaria che gli chef russi vogliono negare. Vittorio Castellani, in arte Chef Kumalé, ci introduce in questo mondo, che lui stesso definisce “multietnico”. Lei ha appena pubblicato un ricettario ucraino. Come si è documentato per realizzarlo?
Da anni studio la cultura culinaria dei Paesi che visito. Ho fatto molta ricerca sulla cucina sovietica. Uno chef, autore del manifesto della cucina ucraina, mi ha rilasciato delle ricette. Tra queste ci sono il pollo alla Kiev e la loro tradizionale versione dei ravioli. È interessante perché è una cucina che è stata influenzata da quella francese. Peccato che
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i colleghi russi abbiano risposto con una lettera che negava l’esistenza di una tradizione ucraina. Cosa caratterizza la cucina ucraina?
Se lo chiedono in molti. Un tempo l’Ucraina era parte dell’Urss e in quegli anni tutte le cucine hanno contribuito a formare quella sovietica. L’apporto ucraino è stato fondamentale per la cultura sovietica, l’ha costruita. L’Ucraina è una regione molto vocata a livello gastronomico. Uno dei piatti simbolo è il borsch. Come si compone?
Si tratta di zuppe dal sapore agrodolce. Quello rosso è il più famoso e si prepara con le barbabietole. Ne esistono molte versioni, come quella verde basata sugli ortaggi. Il piatto si è diffuso nell’est dell’Europa grazie ai racconti dei viaggia-
tori. I moscoviti lo rivendicano in quanto sovietico, nonostante la sua origine ucraina. Dall’indipendenza, in Ucraina c’è stato un recupero dell’identità nazionale. Un processo negato dalla Russia, che rifiuta perfino di riconoscere l’origine delle pietanze. Cosa bevono per accompagnare i pasti?
Prediligono le bevande fermentate. Un classico è il kvas, una birra di segale, che si può produrre anche dal pane nero. Ci sono poi bibite a base di frutta secca, di chiara origine ottomana. Non mancano macerazioni di vodka e frutta o radici, come la galanga. Poi troviamo il kefir, che si ottiene dalla fermentazione del latte. Al confine con la Moldavia si produce il vino. l’Ucraina era il granaio dell’Urss e questa monocultura purtroppo ha devastato la diversità enogastronomica della regione.
FUTURA MAGAZINE #5 – 18 MARZO 2022 CONCERTI
DAL 18 AL 31 MARZO
Sanlevigo Rock e rabbia a Comala
GLI APPUNTAMENTI a cura di Alberto Gervasi
di A.G.
TEATRO
LETTERATURA
“Fiori d’acciaio” al Gioiello
Gli ultimi nei testi di De André
Sei donne e sei storie racchiuse in “Fiori d’acciaio”, dramma teatrale di Robert Harling in scena dal 18 al 20 marzo al teatro Gioiello di Torino (biglietti da 24,75 euro). L’opera, riadattata nella commedia agrodolce diretta da Michela Andreozzi e Massimilano Vado,
Nei brani di Fabrizio De André gli ultimi diventano protagonisti in una dimensione ideale, opposta a quella reale in cui vivono. “F D A – Bocca di rosa e altre storie”, dal 17 al 20 marzo al Tangram Teatro di Torino, sarà un’occasione per conoscere i versi dell’artista geno-
mescola le storie – tutte ambientate a Sorrento - di Marilù, Stella, Luisa, Clara, Tamara e Ana. A interpretarle, sul palco, saranno Tosca D’Aquino, Paolo Tiziana Cruciani, Emy Bergamo, Martina Difonte, Rocio Munoz Morales e Caterina Sylos Sabini.
18-20 marzo, ore 21, Teatro Gioiello di Torino
vese e i personaggi che lo hanno ispirato nel corso della carriera. Da Princesa a Marinella, dalle spose bambine di Khorakhané al giudice e l’illuso di Via del Campo, storie di miseria e difficoltà diventate canzoni senza tempo. Ingresso intero a 15 euro.
Fino al 20 marzo, ore 21, Tangram Teatro di Torino
MUSICA
ARTE
“Mamma mia!” here I go to Stupinigi
Nuove idee a Paratissima Talents
Le melodie degli Abba incontrano il barocco del Salone d’Onore della Palazzina di Caccia di Stupinigi. Il 20 marzo, i brani della band svedese – capace di vendere oltre 400 milioni di copie in tutto il mondo – verranno riadattati in acustico nello spettacolo “Abba Musical”.
Pittura, fotografia e scultura a Paratissima Talents, la mostra collettiva di arte contemporanea inaugurata il 17 marzo e visitabile fino al 25 aprile nelle sale dell’ex Galoppatoio e delle Scuderie dell’ARTiglieria Con/temporary Art Center, a Torino. Saranno esposte
Dalla più celebre “Mamma mia” a “Waterloo” e “Dancing Queen”, uno sguardo da dietro le quinte sui testi (interpretati dagli allievi della Scuola del Teatro Musicale di Milano) e le musiche che hanno caratterizzato gli Anni 70 e 80. Biglietti a partire da 25 euro.
20 marzo, ore 19, Palazzina di Caccia di Stupinigi
le opere dei vincitori dei premi assegnati nelle edizioni di Paratissima 2020 e 2021, già presentate in autunno e selezionate tra quelle di oltre mille artisti emergenti. Ingresso gratuito (giovedì e venerdì dalle 14 alle 19; sabato e domenica dalle 11 alle 19).
Fino al 25 aprile, piazzetta Accademia Militare, Torino
EVENTI
“Qui si fa l’Italia” tra storia e podcast Un viaggio nel Novecento italiano per conoscere e rivivere i momenti che hanno segnato e cambiato la vita del nostro Paese. Il Circolo dei Lettori di Torino ha pensato di raccontare in tre appuntamenti gli eventi che hanno inciso sulla società del tempo e sulle scelte di cui ancora oggi sono si percepiscono gli effetti. Nel primo, “La strada dei diritti: divorzio e aborto”, Lorenzo Pregliasco e Lorenzo Baravalle, autori di un podcast a puntate sulla storia italiana, analizzeranno con Simonetta Sciandivasci
i due referendum che hanno caratterizzato gli ultimi cinquant’ani: quello sul divorzio, risalente al 1974, e il successivo sull’aborto (1981), tracciando i contorni di un’Italia diversa rispetto a quella attuale anche nella concezione della donna e del modello di famiglia. Gli altri appuntamenti, diversi per tramriche, si svolgeranno sempre al Circolo dei Lettori: il 12 aprile “Le tante vite di Sandro Pertini” e il 3 maggio “Falcone, Borsellino e le stragi di mafia”. Ingresso gratuito.
CREDIT: WIKIMEDIA COMMONS
29 marzo, ore 21, Circolo dei Lettori di Torino
IL COLOPHON Futura è il periodico del Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” dell’Università di Torino Registrazione Tribunale di Torino numero 5825 del 9/12/2004 Testata di proprietà del Corep Direttore Responsabile: Marco Ferrando Segreteria di redazione: Sabrina Roglio Progetto Grafico: Nicolas Lozito Impaginazione: Federica Frola
a fine di un amore, la rabbia L e la rinascita nell’album “Un giorno all’alba” dei Sanlevigo,
rock band romana pre-selezionata tra 150 nuovi artisti per il concerto del 1° Maggio a Roma. Partirà il 18 marzo da Torino, nello spazio dell’associazione Comala (area ex Westinghouse, in corso Ferrucci), il tour del gruppo sulle note dei brani che fanno parte del disco uscito alla fine del 2021 e distribuito da Artist First. Dieci date tra Piemonte, Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto e Abruzzo per ascoltare le tredici tracce che compongono l’album. Sul palco Matteo Lambertucci (voce e chitarra acustica), Emanuele Campanella (chitarra elettrica), Lorenzo Imperi (basso) e Mattia Leoni (batteria). «Si tratta – dicono i quattro – di un lavoro durato quasi quattro anni. Abbiamo unito molte delle nostre esperienze personali per arrivare a una storia che sia in grado di rappresentare ognuno di noi, delineando la figura del protagonista come fosse l’archetipo di quei ragazzi nati nella seconda metà degli anni Novanta». L’album racconta alla fine di una relazione e il conseguente sconforto che prepara all’inizio di un nuovo cammino personale. A unire le canzoni è la “Teoria delle cinque fasi del lutto” di Kubler Ross – fondatrice della psicotanatologia, disciplina che studia il sostegno mentale davanti alla morte – secondo cui gli stati emozionali che ogni essere umano attraversa nella perdita siano negazione, rabbia, patteggiamento, depressione e accettazione. «I sentimenti si mescolano e si confondono di continuo per restituire in maniera veritiera la complessità dell’animo umano e la potenza, in senso positivo e negativo, dell’amore. Ispirandoci ai grandi concept del passato, da “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band” dei Beatles a “The Suburbs” degli Arcade Fire abbiamo provato a scrivere una storia costituita da 13 piccoli capitoli uniti tra loro».
Redazione: Alessandro Balbo, Lorenzo Bonuomo, Alberto Cantoni, Giulia D’Aleo, Chiara Dalmasso, Davide Depascale, Edoardo Di Salvo, Silvia Donnini, Lorenzo Garbarino, Alberto Gervasi, Nicolò Guelfi, Ludovica Merletti, Cosimo Giuseppe Pastore, Luca Pons, Elisabetta Rosso, Giuseppe Luca Scaffidi, Matteo Suanno, Federico Tafuni, Raffaella Elisabetta Tallarico, Chiara Vitali. Ufficio centrale: Giulia Avataneo, Sandro Bocchio, Alessandro Cappai, Luca Indemini, Paolo Piacenza, Matteo Spicuglia, Maurizio Tropeano. Segreteria di redazione: giornalismo@corep.it
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