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* Enrico Giacopelli /// Compendio al Corso di Composizione Architettonica ////////////////////// FacoltĂ di Architettura /// Politecnico di Torino /////////////////////////////////////////////////////
Abitazioni per quali abitanti?
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Indice
Alcune note sul progetto della residenza: abitazioni per quali abitanti?
Enrico Giacopelli
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g r a f i c a e c o n t ro c a n t o a c u r a d i Andrea Cassi
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Ab i t a z i o n i p e r q uali abitanti?
I. “Tutti i modi di vivere hanno conseguenze spaziali, ed anzi ogni attività umana ha aspetti spaziali, perché implica movimenti e relazioni con dei luoghi.” Ch. Norberg-Shulz Gli spazi di un’abitazione non sono aggregabili in maniera astratta, ma solo in riferimento alle esigente concrete di un utilizzatore. Comprendere la complessità del progetto di un’abitazione e possedere un metodo per controllarla garantendo razionalità all’organizzazione degli spazi e delle funzioni non basta però per poter affrontare tale attività con piena competenza. Affinché la conoscenza generale del problema e l’uso delle tecniche operative possano essere indirizzate verso obiettivi concreti e utili occorre infatti anche conoscere i destinatari dell’abitazione o quanto meno avere un’idea dei modi con cui, con molta probabilità, costoro abitano le proprie case. Per acquisire tali conoscenze un architetto ha a disposizione due tipi di strategie una basata su metodi di indagine diretti e una su metodi indiretti. Le strategie del primo tipo si basano su colloqui, interviste e talvolta su questionari e descrizioni scritte con cui i progettisti tentano di farsi un’idea dei desideri e delle aspettative dei propri committenti e di mettere a fuoco l’immagine di casa che costoro perseguono1.
““I miei spazi sono fragili: il tempo li consumerà, li distruggerà: niente somiglierà più a quel che era, i miei ricordi mi tradiranno, l’oblio s’infiltrerà nella mia memoria, guarderà senza riconoscerle alcune foto ingiallite dal bordo tutto strappato”. Georges Perec
Archizoom, Dressing Design 1972
L’applicazione di tali metodi è possibile nei casi in cui il rapporto tra committente e progettista è diretto2 ; vale quindi per la progettazione di abitazioni singole o di complessi residenziali per piccole comunità organizzate (cooperative, comunità di co-housing e simili) e la loro efficacia nel definire un quadro di riferimento completo è fondata sia sull’efficienza degli strumenti di indagine, sia sulle doti di intuizione e di sintesi di chi effettua l’indagine. Nei casi in cui i futuri abitanti siano ignoti al momento del progetto, i metodi di indagine diretta e le capacità di intuito risultano però insufficienti o inutili. Le abitudini, le esigenze e il tipo di rapporti familiari che tali soggetti intrecciano possono in tal caso essere esplorate (non solo dai progettisti, ma anche dai promotori dei processi costruttivi) con la mediazione di dati statistici aggregati che consentano,
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“(...) (dei ragazzi) mi hanno chiesto, ma lei che libri chi consiglia di leggere, o non leggere, io mi ricordo che non sapevo cosa dirgli. Allora gli dissi guardi io fossi in lei comincerei con Guerra e Pace, è un gran libro. L’ultimo capitolo è una descrizione di casa che ti spiega come il fare l’architetto è un fatto legato alla cultura e alla cultura delle persone. (...)” Vico Magistretti
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se non proprio di definire soluzioni abitative che calzino in modo preciso sulle specifiche personali esigenze di ciascuno degli ignoti fruitori, almeno di orientare la progettazione verso obiettivi realistici garantendo una maggiore aderenza del prodotto finale alle concrete esigenze degli utilizzatori, così come appaiono nella loro evidenza statistica. Non esiste evidentemente nessuna differenza tra gli scopi dei due approcci; entrambi esplorano con procedure diverse modelli abitativi di singoli nuclei familiari in un caso, di ampie frazioni di popolazione nell’altro - per individuarne i protagonisti, la struttura e le dinamiche interne e per dedurne le possibili implicazioni in termini di esigenze spaziali. La differenza risiede semmai nel diverso grado di approfondimento dell’indagine consentito da ciascun metodo: molto maggiore nel primo caso, inevitabilmente più incerto e generico nel secondo. Poiché l’obiettivo del corso è la progettazione di residenze collettive, accenneremo qui ai modi con cui intercettare le dinamiche dei modelli abitativi espressi dalle diverse frazioni di popolazione che costituiscono il bacino dei potenziali destinatari di ogni attività immobiliare rivolta al mercato libero o a soddisfare quote di fabbisogno abitativo sociale. Ciò conduce ad occuparsi dell’elemento generatore di ogni modello abitativo: il nucleo familiare3 la cui caratteristiche - con riferimento alla situazione italiana contemporanea – sono riconoscibili, a livello generale grazie alle elaborazioni dei dati del Censimento Nazionale del 20014 e, a livello locale attraverso i dati anagrafici raccolti dagli uffici statistici dei comuni.
“Vous savez, c’est la vie qui a raison, l’architecte qui a tort.” Le Corbusier
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Queste fonti sembrano delineare una struttura demografica molto diversa da quella descritta dai rilevamenti precedenti. Tre fenomeni concomitanti, che si verificano per la prima volta nella società italiana, sembrano infatti caratterizzare l’assetto demografico dell’inizio del XXI secolo: la moltiplicazione dei nuclei familiari (nel 2001 oltre 22.000.000), la riduzione del numero medio dei loro componenti (ridotto nel 2001 a circa 2,6 persone5) e l’aumento delle famiglie formate da un solo componente. Ciononostante il mercato immobiliare italiano – che notoriamente soffre di arretratezza strutturale, scarsa propensione all’innovazione e staticità culturale - sembra ignorare il quadro statistico reale continuando ad inseguire gli ipotetici bisogni della mitica famiglia composta da quattro componenti (padre, madre e due figli)6, un archetipo sociale idealizzato dalla pubblicità degli anni ’60 ma ormai antistorico (al punto da scomparire persino dagli sdolcinati spot del Mulino Bianco!) e rappresentativo di una frazione ridotta del totale delle famiglie italiane (attorno al 20% nel 2001 con un ulteriore diminuzione del 3,4% negli ultimi dieci anni). Questo errore appare particolarmente grave per il fatto di essere stato perpetrato in modo esteso7 in un periodo caratterizzato da un inedito dinamismo della struttura familiare producendo un enorme patrimonio edilizio caratterizzato da una ridotta capacità di adattamento al cambiamento delle esigenze abitative dei propri abitanti. L’adozione di modelli tipologici poco flessibili, spesso inutilmente complessi con superfici ridotte solo in funzione della massimizzare della redditività degli interventi ed economicamente impegnativa. Peccato però che probabilmente quando sarà necessario procedere in tal senso non sussisteranno forse le condizioni per effettuare gli interventi. I prezzi di mercato indecorosamente elevati praticati negli ultimi anni, l’acquisto dello stock abitativo recente hanno infatti già esaurito in partenza le risorse che molte famiglie avrebbero potuto tramandarsi da una generazione all’altra per consentire i futuri adeguamenti. Eppure sarebbe bastato guardare con maggiore attenzione, lungimiranza e coraggio agli indicatori statistici perché l’azione degli operatori si dirigesse anche verso “target” diversi da quelli perseguiti. Se nel 2003 più di un quarto delle famiglie italiane (il 25,4%, corrispondente a 5.624.000 persone) era ormai composta da un solo componente (erano il 6% nel 19818), oggi quel tipo di famiglie è aumentato del 38,9% e accoglie ben 7.000.000 di persone9, cioè quasi il
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Una famiglia italiana in Amarcord di Federico Fellini 7
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“Cambia l’ambiente, non cercare di cambiare l’uomo.” Richard Buckminster Fuller
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12% della popolazione nazionale. Nel 2001 oltre la metà delle famiglie italiane (il 51,2% contro il 24% del 1982) era composta solo da uno o due membri e ben il 73,2% della famiglie (era il 50,5% nel 1982) al massimo da tre persone. Nel frattempo le famiglie di due e tre membri sono cresciute rispettivamente del 2,1% e del 26,6%10 secondo un trend caratteristico della popolazione italiana – l’aumento delle coppie senza figli e di quelle con un solo figlio – ben diverso da quello delle nazioni più avanzate della Unione Europea in cui le famiglie con più figli sono la normalità. Le famiglie numerose infine, che incidevano ancora nel 1982 per il 23%, sono oggi quasi scomparse, mentre rappresentavano già nel 2001 solo il 6,8% del totale11. Le differenze con il passato assumono poi una particolare evidenza nell’Italia Nord-occidentale, laddove l’incidenza dei nuclei piccoli e delle coppie senza figli è ancora maggiore rispetto alla media nazionale. Poiché la figura dell’architetto è stata collocata ai margini delle decisioni strategiche relative all’offerta immobiliare12, acquisire competenze in merito ai modi in cui si organizza la domanda di abitazioni fornisce elementi per ridurre la sudditanza del progettista da decisioni esterne che spesso contribuiscono a svilire la qualità del suo lavoro. Allenarsi a fornire risposte progettuali coerenti con la domanda reale può dunque rivelarsi un buon investimento per chi si agirà fra qualche anno in un mercato immobiliare probabilmente ancora più concorrenziale e specializzato - e quindi più selettivo e attento agli investimenti - di quello attuale.
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II. Le modifica della struttura familiare produce inevitabilmente una mutazione dei modi di abitare degli italiani e, dal nostro punto di vista, impone una riflessione sulle caratteristiche delle abitazioni destinate a soddisfare tali esigenze abitative. Elaborando i dati censuari del 1981, una ricerca CNR del 1982 aveva identificato otto tipi di Unità Abitative adatte a rispondere alle esigenze abitative delle 20 tipologie di nuclei familiari riconoscibili a quella data all’interno della popolazione italiana. Le differenze fra le tipologie erano state definite in base al diverso numero ed al tipo di camere da letto, che variano in funzione del numero di componenti e della struttura della famiglia, ovvero del diverso grado di parentela e di confidenza fra i suoi membri. Altre Unità Abitative sarebbero evidentemente emerse prendendo in considerazione anche le variazioni indotte dal numero, tipo e funzione degli altri ambienti domestici al variare della composizione e della dimensione del nucleo familiare. L’impossibilità di reperire dati disaggregati relativi all’ultimo censimento non consente di identificare con la precisione che fu possibile nel 1982 l’attuale struttura delle famiglie italiane e di precisare il tipo e l’incidenza statistica delle tipologie di Unità Abitative funzionale a tale struttura.
“Non mi fido molto delle statistiche, perché un uomo con la testa nel forno acceso e i piedi nel congelatore statisticamente ha una temperatura media.” Charles Bukowsky
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I dati statistici grossolani reperibili lasciano però intravvedere una situazione non meno complessa di quella fotografata dal CNR trent’anni fa, ma completamente diversa nella sua articolazione interna e nelle caratteristiche dei suoi singoli componenti. Non è difficile comprendere questa differenza, alla luce della distribuzione statistica dei nuclei familiari appena descritta e della comparsa di nuovi soggetti che caratterizzano fortemente l’attuale panorama sociale italiano: nuclei molecolari di coppie anziane (una delle categorie in espansione), coppie senza figli, giovani single con elevata capacità d’acquisto, vedovi e divorziati forzatamente soli, ma soprattutto famiglie con figli costretti a coabitare con i genitori ben oltre il lecito a causa della loro scarsa autonomia economica e giovani costretti alla forzata convivenza da impieghi precari e sottopagati. Pensiamo poi infine alle possibili esigenze espresse dai nuovi immigrati provenienti da culture che esprimono modelli abitativi diversi da quelli occidentali. Molti di loro, per inerzia culturale, scelta o incapacità di adattamento, tendono a trasferire nelle nostre città il modello abitativo di origine adattandolo con quelli resi possibili dalle nostre case. Passata la fase dell’emergenza insediativa, è possibile che anche questi nuovi cittadini riescano a organizzare una domanda di nuove soluzioni abitative cui sarà scorretto – oltre che impossibile – non offrire risposte. A completare il quadro e ad allontanarlo definitivamente da quelli che lo hanno preceduto concorre infine il ritorno all’uso dello spazio domestico come spazio di lavoro, soprattutto attraverso le forme del telelavoro che riguardano – contrariamente alle antiche forme semiclandestine praticate da lavoratori di basso profilo professionale soprattutto soggetti con compiti professionali qualificati. In sintesi due elementi specifici e originali appaiono caratterizzate la situazione in atto e la tendenza nel medio periodo: - l’aumento dei nuclei familiari di piccole dimensioni (composti da uno, due o al massimo tre componenti), - la forte diversificazione dei soggetti che partecipano alla composizione del nucleo familiare anche all’interno di ciascun gruppo di famiglie statisticamente omogeneo, a cui se ne affianca un terzo dalle conseguenze altrettanto determinanti
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sul medio-lungo periodo: - la tendenza alla diminuzione della capacità economica media delle famiglie. Questi tre aspetti forniscono indicazioni sul lavoro da svolgere per offrire efficaci risposte alle richieste dei nuovi nuclei familiari, i cui modelli abitativi non pongono più la questione del progetto degli spazi domestici solo in termini di corretto dimensionamento e di razionalità distributiva così come ci ha abituato la prassi consolidata nel corso del XX secolo e a cui abbiamo dato ampio spazio in queste riflessioni. Tali modelli, più numerosi che nel passato in virtù della maggiore articolazione della popolazione, sono espressi da soggetti più esigenti di quelli che li hanno preceduti, dotati di una più elevata capacità di spesa e una maggiore competenza in merito alle possibili performance di un habitat moderno. Variano poi nel breve e nel lungo periodo richiedendo soluzioni spaziali al contempo dinamiche – in grado cioè di rispondere alle variazioni di uso che si manifestano nel breve periodo, anche nel corso della stessa giornata - ed evolutive – in grado quindi di assorbire l’urto di mutazioni di ordine superiore che investono nel medio e lungo periodo il nucleo familiare. In altre parole: - la progettazione di abitazioni collettive – qualunque sia la scala dell’intervento - non può fondarsi sulla standardizzazione del prodotto in virtù di una supposta omogeneità delle caratteristiche degli utenti definita in base ad un uso semplificato del parametro relativo al numero degli abitanti del nucleo familiare.
Il lusso è la manifestazione della ricchezza incivile che vuole impressionare chi è rimasto povero. E’ la manifestazione dell’importanza che viene data all’esteriorità e rivela la mancanza di interesse per tutto ciò che è elevazione culturale. E’ il trionfo dell’apparenza sulla sostanza. Il lusso è una necessità per tanta gente che vuole avere la sensazione di dominio sugli altri. Ma gli altri se sono persone civili sanno che il lusso è finzione, se sono ignoranti ammireranno e magari invidieranno chi vive nel lusso. Ma a chi interessa l’ammirazione degli ingnoranti? Forse agli stupidi. Infatti il lusso è una manifestazione di stupidità. [...] Il lusso è quindi l’uso sbagliato di materiali costosi che non migliora le funzioni. Quindi è una stupidaggine. Naturalmente il lusso è legato all’arroganza e al dominio sugli altri. E’ legato a un falso senso di autorità. [...] Insomma voglio dire che il lusso non è un problema di design. Bruno Munari, Da cosa nasce cosa
- nella definizione delle tipologie edilizie, appare sviante ogni riferimento al concetto di “famiglia tipo”, soprattutto se questa tipicizzazione fa riferimento a modelli familiari desueti. - per sviluppare modelli edilizi adeguati – per loro intrinseca natura o per capacità di adattarsi ad usi diversi - al quadro statistico reale è indispensabile tenere conto della varietà di situazioni familiari concretamente presenti nella popolazione e dell’evoluzione nel tempo di questo fenomeno. 11
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Note
1. Si veda ad esempio il questionario “La vostra casa” proposto da Charles Moore in : C. M. La casa, forma y diseño, Gustavo Gili, Barcelona, 2002. 2. Ad esempio quando è in gioco la progettazione di abitazioni individuali o di edifici collettivi destinati a famiglie riunite in cooperativa o orientate verso esperienze di cohousing. 3. L’ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica) definisce il Nucleo Familiare come come l’insieme delle persone che formano una relazione di coppia o di tipo genitore-figlio. Si intende la coppia coniugata o convivente, senza figli o con figli mai sposati, o anche un solo genitore assieme ad uno o più figli mai sposati. Il concetto di nucleo familiare è normalmente più restrittivo rispetto a quello di famiglia; infatti nell’ambito di una famiglia possono esistere uno o più nuclei familiari. Può non esservene nessuno come è nel caso ad esempio delle famiglie unipersonali. Una famiglia può essere composta da più nuclei, ma può anche essere costituita da un nucleo e da uno o più membri isolati (altre persone residenti), o ancora da soli membri isolati. 4. Effettuati dall’ISTAT (www.istat.it) o da enti di ricerca anche privati quali il Censis (www.censis.it). 5. Per comprendere il senso del rapido cambiamento della struttura familiare italiana nelle ultime tre generazioni (quelle di cui ciascuno ha esperienza diretta) basta paragonare il numero dei componenti delle famiglie dei propri nonni, dei propri genitori e della propria. Per “visualizzare” in forma poetica lo stesso concetto suggerisco di (ri)vedere un capolavoro del tardo neo-realismo come “Rocco e i suoi fratelli” di Luchino Visconti (1960). 6. Per la descrizione delle caratteristiche standard della casa della classe media di cui la famiglia tipo rappresenta la cellula portante si veda: S. Battaglia, “Housing ibrido”, in: Studi sulla casa urbana, a cura di Milena Farina, Gangemi, Roma, 2007, pag.34. 7. Negli ultimi anni l’urbanizzazione in Italia ha consumato circa 500 chilometri quadrati di territorio all’anno, in gran parte destinati a insediamenti residenziali solo parzialmente assorbiti dal mercato. A Roma ad esempio, in testa alla classifica delle città con il maggior numero di case vuote, in 15 anni le superfici urbanizzate sono aumentate del 12% con 4.800 ettari trasformati (pari a un po’ più di un terzo del territorio comunale di Torino!). 8. Dati dedotti dalla ricerca CNR a cura di E. Zimbelli “Sistema edilizio residenzialeindustrializzazione per subsistemi: procedure e concetti di prodotto”, Milano 1982 citata nel testo di Garzena e altri(1984) a pag. 25. 9. Dati CENSIS 2011 citati in: C. Paolini “La Repubblica” del 24.09.11, pag. 23. 10. Idem 11. ISTAT Statistiche in breve. Le strutture familiari. Media 2002-2003.(cfr. www. istat.it) Si veda anche: L. Bellicini, “Ritorna il problema della casa” in: «Casabella » n. 774 – 2009, pagg. 12-15 12. Non sono quasi mai i progettisti a decidere, ad esempio, il taglio degli alloggi di qualunque operazione immobiliare pubblica o privata, essendo questa decisione prerogativa di soggetti che però troppo spesso agiscono in base a una visione conformista e poco lungimirante delle necessità del mercato.
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Rifle s s i o n i * Enrico Giacopelli /// Compendio al Corso di Composizione Architettonica ////////////////////// Facoltà di Architettura /// Politecnico di Torino //////////////////////////////////////////////////////
* Enrico Giacopelli (1959), architetto, parallelamente all’attività professionale svolge attività di ricerca e di docenza in campo universitario ed extrauniversitario, contribuendo ad orientare la propria attività professionale verso temi che comportano un approfondimento metodologico e una riflessione sui riferimenti storici dell’agire professionale. Ha sviluppato attorno al tema della conoscenza, della salvaguardia e della valorizzazione del patrimonio architettonico moderno parte della propria attività professionale attraverso progetti di restauro e recupero, approfondimenti scientifici, consulenze e attività di animazione culturale.Tra gli esiti di tale azione: la catalogazione del patrimonio dell’architettura moderna di Ivrea / la redazione delle Normative di Salvaguardia dell’architettura Moderna di Ivrea / la consulenza al Nuovo PRG di Ivrea relativa al tema dell’architettura moderna / la progettazione del MaAM / la consulenza per il restauro del Quartiere Canton Vesco / il restauro delle Officine ICO di Figini e Pollini / la consulenza per la conservazione del Centro Congressi La serra di Cappai e Mainardis. Al restauro delle Officine ICO sono stati assegnati nel 2009 la Menzione d’Onore “Medaglia d’oro all’architettura italiana” della Triennale di Milano e il “Premio In-Arch”. È professore a contratto di Composizione Architettonica presso la II Facoltà di Architettura di Torino ed è coordinatore e docente della “International Summer School of Ivrea”.