// Politecnico di Torino Architettura // FacoltĂ di Architettu // Atelier Progetto e Rappresentazione // 2013 - 2014 // prof. Enrico Giacopelli // prof.ssa Anna Marotta // Programma gen generale modulo Composizione Architettonica // Enrico Giacopelli
// INDICE
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LA PROPOSTA DIDATTICA DELL’ATELIER
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IVREA // PALESTRA PER ARCHITETTI
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SAN GIOVANNI // SAN MICHELE // TESTO GENERALE
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QUARTIERE SAN GIOVANNI
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QUARTIERE SAN MICHELE
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LIMEN // LIMES
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ATTACCO AL CENTRO!!
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ESERCITAZIONI PROPEDEUTICHE
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BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE DEL CORSO
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PROGRAMMA PRELIMINARE ATELIER
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CONDIZIONI GENERALI
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INDICE
// LA PROPOSTA PRO DIDATTICA DELL’ATELIER Fa d di ogni posto un luogo, di ogni casa e ogni città una serie di luoghi, poiché una casa è una piccola città e una città una grande casa. // Aldo Van Eyck //
Aldo Van Eyck
Orfanotrofio Amsterdam
1918 / 1999
Il ciclo didattico dedicato alla città di Ivrea dal Laboratorio annuale di Progettazione (2010 - 2011) e dagli Atelier di Progettazione e Tecnologia (2012) e Progettazione e Rappresentazione (2014) è basato su esercitazioni che pongono gli studenti di fronte ad alcuni temi cruciali del progetto architettonico contemporaneo con cui, al terzo anno del loro iter scolastico, è giusto che inizino a confrontarsi.
persino farla sembrare inadeguata alle “reali necessità di formazione” di futuri architetti la cui attività, secondo una visione della deriva del ruolo sociale dell’architettura oggi prevalente, sarà confinata nell’ambito dello “styling”. In realtà tale visione, mistificante e diseducativa, è unicamente finalizzata a garantire la riproduzione dei meccanismi su cui si basa lo status eccezionale di una ristrettissima élite di professionisti cui è affidato quell’uno percento della produzione edilizia mondiale che viene promossa dalle riviste di settore e fa notizia sui media. Spacciare l’esperienza di tale élite come espressione di un’attitudine professionale generalizzabile, instillando nei futuri architetti l’idea che l’architettura si riduca a pura esercitazione narcisistica e alla costruzione di un “brand” utile a posizionarsi in un mercato che premia le immagini forti, la novità, la bizzarria, sarebbe perciò oltremodo scorretto. Niente affatto scorretto è invece ribadire - come intende fare l’Atelier - il principio dell’utilità sociale dell’architettura e il suo ruolo indispensabile nella costruzione di un mondo se non migliore almeno più abitabile; affermare l’importanza dell’apprendimento della costruzione di scenari adatti allo sviluppo delle relazioni umane; instillare un po’ di diffidenza nei confronti di un’architettura estetizzante il cui unico scopo è la celebrazione della potenza dei propri committenti; promuovere il gusto per edifici ben fatti che diffondano la qualità fornendo risposte concrete alle insoddisfatte esigenze di un habitat adeguato espresse da fasce sempre più ampie di umanità. Ecco perché l’Atelier chiede agli studenti di riflettere su temi apparentemente anacronistici ritenendo che ciò costituisca un ottimo addestramento al mestiere dell’architetto. Ecco perché, infine, esso offre la possibilità di effettuare tale riflessione dalla prospettiva di Ivrea, città in cui si sono generati alcuni dei più importanti contributi al pensiero architettonico contemporaneo ed in cui sono depositati molti esiti concreti di tale pensiero.
Pur con tutti i limiti degli esercizi accademici - aggravati dal fatto che l’Atelier ha assunto ormai quasi la struttura di un ex-tempore in cui l’approfondimento teorico dei temi è forzatamente ridotto - le esercitazioni affrontano perciò i temi della riqualificazione funzionale e formale di quartieri periferici (2010 - 2011), dell’inserimento di nuovi insediamenti nelle maglie del tessuto urbano consolidato (2012) e delle trasformazioni dei tessuti storici (2014). L’approccio proposto adotta i principi del disegno urbano e insiste sull’importanza dei contenuti del progetto; si oppone alla visione del territorio come spazio isomorfo disponibile all’occupazione da parte di una massa edilizia pervasiva, libera da principi formali e vincoli di contesto e contrasta la concezione dell’architettura come puro gesto formale. In tal modo l’Atelier affronta (o meglio sfiora, evocandone l’esistenza e svelandone in parte la natura) temi che inducono a guardare alla città come scenario privilegiato dell’architettura, alla costruzione di luoghi (“...da abitare poeticamente”, direbbe Hölderlin) come fine ultimo del progetto, al rifiuto dell’oggetto isolato ed autoreferenziale come atteggiamento necessario dell’agire architettonico. Una proposta didattica così strutturata percorre sentieri divergenti da quelli, forse più alla moda, battuti da chi confonde l’architettura con il design e si concentra sull’oggetto edilizio sottovalutandone i necessari e inevitabili rapporti con il contesto. La sua apparente inattualità potrebbe
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Aldo Van Eyck
// IVREA // PALESTRA PER ARCHITETTI
Ivrea Fotografia aerea
La scelta di Ivrea come luogo per sviluppare assieme agli studenti la riflessione sui rapporti tra progetto e città costruita, mette questo Atelier al riparo da una visione localistica del progetto e proietta ogni ragionamento all’interno di una scena urbana in cui gli effetti del pensiero architettonico moderno possono essere sperimentati in modo pieno e originale come forse in nessun’altra città italiana. Ivrea è una piccola città di provincia, e in ciò rappresenta il prototipo della condizione più tipica dell’operare in campo architettonico in Italia. Qui i temi progettuali si manifestino ad una scala più modesta di quella tipica di un’area metropolitana risultando anche per questo più adatti ad esser maneggiati dagli studenti del terzo anno.
Ciò che la rende eccezionale e ne fa un luogo ideale per l’apprendimento dell’architettura è però il fatto che qui nel corso del ‘900 - a fianco e dentro alla città “normale” si è sviluppata un’altra città, dotata di regole e obiettivi autonomi e originali. Questa città è stata voluta e costruita da Adriano Olivetti (e dalla sua azienda) con l’intento di dare concreta forma all’utopia di una comunità urbana in grado di offrire riposte adeguate alle esigenze della civiltà industriale avanzata e alle aspettative dei suoi abitanti. Gli esiti sul piano urbanistico e architettonico raggiunti nella frammentaria costruzione della “città olivettiana” sono spesso straordinari (e giustamente famosi). Sono però soprattutto i presupposti ideali su cui si è fondata la costruzione di questa città ad essere importanti e a distinguerla dalla “città normale”, la cui crescita - non diversamente che in ogni altra città del ‘900 - è stata regolata e diretta dai prosaici meccanismi di valorizzazione della rendita fondiaria. Applicarsi ad un tema progettuale a Ivrea - in più e diversamente da ciò che avviene per esercizi analoghi in centri minori del territorio italiano - significa perciò fare i conti con la storia recente dell’architettura italiana che qui ha trovato terreno fertile ed ha lasciato segni profondi. Significa per gli studenti confrontarsi (anche criticamente, come l’Atelier richiede) con il pensiero e l’opera di alcuni maestri dell’architettura italiana del ‘900 del cui pensiero e della cui opera - nel bene e nel male, consapevolmente o meno - essi sono eredi e forse futuri eretici continuatori. Significa comprendere - forse per la prima volta e inaspettatamente - che può esistere una via intelligente, generosa e formalmente fertile alla costruzione della città moderna e che questa scoperta modifichi, seppur di poco ma in meglio, la personale idea di città che ciascun studente sta costruendo in questi delicati ed importanti anni di apprendistato.
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Il percorso formativo di apprendimento dei rudimenti dell’arte del progetto architettonico non può prescindere dal confronto con la realtà - a modificare la quale quell’arte è destinata. Non per nulla il valore pedagogico della “contestualizzazione del progetto” è un fatto pienamente acquisito nella tradizione degli Atelier il cui scopo è appunto quello di simulare “in vitro” reali condizioni professionali ponendo gli studenti di fronte a temi “realistici”… pur tenendo il mondo al riparo dall’applicazione degli esiti di tale confronto. La scelta del “luogo” su cui concentrare l’esercitazione è dunque un fattore tutt’altro che trascurabile per garantire la validità pedagogica di un Atelier. Non basta infatti che i contesti oggetto delle esercitazioni offrano condizioni specifiche ben caratterizzate. Occorre anche che forniscano spunti per riflessioni esportabili al di là di un ambito specifico. In tal modo l’Atelier può effettivamente costituire per gli studenti un’occasione per costruire strumenti utili ad affrontare progetti e contesti diversi e per fondare le basi delle proprie personali elaborazioni concettuali e formali.
Nonostante la sua dimensione modesta, Ivrea è però una città che ripropone in modo paradigmatico la struttura standard della città contemporanea italiana. Possiede un centro storico con un impianto urbano intatto dove ogni edificio conserva i segni di duemila anni di stratificazioni edilizie; una cerchia di edifici ottocenteschi che dà alla città un tocco di austerità provinciale e di nobiltà formale che inorgoglisce i suoi abitanti; una vasta area di espansione più recente che satura gli spazi lasciati liberi dalla città post-unitaria, diventa periferia e si slabbra fino ad assumere i connotati dello sprawl urbano laddove l’abitato si organizza lungo le direttrici viarie intercomunali o quando si diffonde sulle colline che circondano il centro storico. Non manca infine, al margine orientale della città, la perniciosa presenza di una vasta area commercial-artigianalterziaria costituita dal solito agglomerato anarchico di capannoni che affligge ogni periferia italiana. Queste caratteristiche basterebbero da sole a identificare Ivrea come un buon campo di sperimentazione per giovani apprendisti architetti.
// S SAN GIOVANNI G // SAN MICHELE Qua Quartiere SAN GIOVANNI e Area SAN MICHELE Labo Laboratorio annuale di Progettazione (2010 - 2011) // Prof. E. Giacopelli //
TAPPARE BUCHI // RIPARARE SMAGLIATURE: L’ARCHITETTO E LA CITTÀ’ CONTEMPORANEA Si tratta di una sperimentazione didattica applicata a un quartiere periferico (San Giovanni) su cui il nuovo PRG non prevede alcun intervento di riassetto e ad un vuoto urbano all’interno del tessuto dell’espansione più recente (area ex ASL in via Lago San Michele) che il PRG ha reso edificabile. Agli studenti si è chiesto di progettare interventi residenziali di varia natura (un nuovo quartiere a San Michele, nuovi edifici all’interno del tessuto esistente o attorno ad una piazza a San Giovanni), adottando diversi indici di densità e diverse tipologie di edifici e tenendo conto di 7 presupposti: Sperimentare la DENSIFICAZIONE edilizia delle aree prescelte oltre i limiti previsti dal PRG in vista di una riduzione del consumo di suolo destinato a nuova edificazione, principio fondamentale di una progettazione realmente consapevole sul piano ecologico
2.
Ipotizzare un MIX FUNZIONALE di attività residenziali, terziarie e commerciali per potenziare l’“effetto urbano” indotto dai progetti sulle aree di intervento, scardinando la monofunzionalità del quartiere periferico di San Giovanni e orientando verso la complessità funzionale la nuova area di San Michele
3.
Impedire il generarsi di fenomeni di “GENTRIFICATION” ipotizzando tessuti urbani che facilitino un positivo rapporto di vicinato fra famiglie di diversa estrazione sociale, censo e abitudini abitative, ipotizzando forme di compenetrazione fra le aree residenziali di edilizia libera e quelle di edilizia pubblica
4.
Mirare alla creazione di CENTRALITÀ URBANE. In aree prive di veri punti focali e di centri di riferimento spaziale e sociale, l’esercitazione proponeva di creare una piazza nel quartiere San Giovanni e di contrapporre la densità dell’insediamento di via San Michele al modello urbano frammentato e a bassa densità edilizia della espansione urbana al cui centro esso si colloca e per cui dovrebbe funzionare da polo di riferimento
5.
Privilegiare un approccio progettuale orientato verso gli obiettivi del DISEGNO URBANO e alla sperimentazione di principi insediativi potenzialmente più adatti a definire scenari adeguati alle reali esigenze ad alle aspettative degli abitanti. Evitare la modalità, formalmente rispettosa di indici e parametri urbanistici ma fondata unicamente sul principio dell’edificazione isolata al centro del lotto, con cui sono ancora troppo spesso concepite le nuove aree di espansione (ad Ivrea come altrove in Italia)
6.
Sperimentare SOLUZIONI TIPOLOGICHE NON CONVENZIONALI dotate della flessibilità necessaria a rendere gli alloggi adatti ad usi e a soggetti diversi e capaci di adattarsi alle mutazioni nel tempo dei modi di vita dei loro abitanti
7.
Valorizzare le AREE LIBERE E VERDI attraverso il disegno, l’attribuzione di funzioni e l’integrazione con le parti costruite in modo da non ridurle a puri spazi esornativi e di riempimento, dando così senso compiuto alla richiesta di ampi standard per spazi pubblici verdi prevista dal PRG
Tavola di progetto - Faure M. // Gallesio G. // Gallo M.
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Tavola di progetto - Durante M. // Galletti L. // Grosso C.
Plastici di progetto
QUARTIERE SAN GIOVANNI Laboratorio annuale di Progettazione (2010 - 2011) // prof. Enrico Giacopelli //
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Il Quartiere di San Giovanni è stato costruito negli anni 1970 e rappresenta l’esito del tentativo non perfetto di risolvere il problema del degrado edilizio e sociale del centro storico secondo una modalità in uso di quegli anni in Italia che prevedeva la sostanziale “deportazione” degli abitanti in nuovi insediamenti molto periferici destinati a trasformarsi in ghetti e in fucine di comportamenti sociali devianti. Nel caso specifico in più, la realizzazione del quartiere si basava su una previsione ottimistica del tasso di sviluppo urbano e non teneva conto della spinta al decentramento dell’edificazione espressa dai proprietari fondiari che sarebbe stata recepita dai Piani Regolatori elaborati dalla fine degli anni 1970 in poi. Dell’originario progetto è stata perciò realizzata solo una parte (grosso modo la metà) e da allora nessun PRG ne ha più previsto il completamento per evitare di dover concentrare a San Giovanni tutta la capacità edificatoria necessaria alle esigenze di crescita della città. Quel che resta dunque sul terreno è un insediamento isolato dalla città, costruito in modo dignitoso ma con una densità estremamente bassa, innervato da un asse viario dall’andamento inspiegabile e dalla spazialità metafisica. Un quartiere ricco di spazi verdi che nessuno utilizza, privo di una forma compiuta e di un centro che renda giustizia alla esigenze di socialità dei suoi abitanti.
L’esperimento rafforza dunque la convinzione che la qualità dello spazio urbano - qui come altrove - non sia affatto connessa in modo automatico alla bassa densità edilizia, ma semmai a meccanismi insediativi capaci di attuare un sagace controllo dei livelli di addensamento e di disegno del rapporto tra gli edifici (la parte privata della città) e spazi pubblici e semipubblici. In definitiva, l’esercitazione degli studenti, pur con tutte le sue inevitabili debolezze e ingenuità, sembra indicare alcune ipotesi di progetto che varrebbe la pena di approfondire concretamente volendo finalmente attribuire a questa parte di città un livello di qualità ambientale più elevato mitigando l’effetto straniante prodotto dall’eccesiva ampiezza degli spazi vuoti e privi di vera necessità in cui sono immersi gli edifici del quartiere.
San Giovanni è dunque un “quartiere dimezzato” che al contrario del visconte di Calviniana - nato intero e sezionato in battaglia - possiede da sempre solo una metà del proprio corpo e della propria anima. Il tentativo di ricostruire la parte buona dell’anima e il corpo mancante del quartiere ha costituito perciò l’oggetto del lavoro degli studenti dell’Atelier: qualcuno lavorando per infittire la trama edilizia del quartiere; altri tentando la creazione di una piazza nell’area dove sorge l’unico edificio pubblico di rilievo: la chiesa parrocchiale. Nel primo caso la ricerca si è indirizzata verso l’individuazione di principi insediativi con cui governare l’inserimento di nuovi edifici e nuove funzioni all’interno delle maglie del tessuto edilizio esistente e di intessere un dialogo con gli spazi esistenti del quartiere in modo da attribuire loro un senso più compiuto e dimensioni più adatte a consentirne finalmente un uso non solo decorativo. Nel secondo caso, lo sforzo progettuale è stato rivolto verso la ricucitura degli spazi frammentari e disorganici attorno alla chiesa cercando di dar loro una forma coerente attraverso l’introduzione di nuovi edifici organizzati secondo logiche geometriche chiare capaci di trasformare un “non luogo” in uno spazio leggibile in modo unitario e riconoscibile come “luogo centrale” della sgangherata composizione urbanistica del quartiere. Al di là del loro singolo valore in termini compositivi, i progetti sviluppati dagli studenti sembrano confermare la validità dell’ipotesi di partenza, secondo cui la scarsa qualità ambientale prodotta dallo schema urbanistico di San Giovanni - che interpreta in modo astratto e poco efficace il principio della bassa densità edilizia - può trarre beneficio dall’innalzamento di tale densità.
Ivrea - Quartiere San Giovanni Progetto Faure M. // Gallesio G. // Gallo M.
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Ivrea // Quartiere San Giovanni 1 - 6 Schemi di Densificazione // 7 - 10 Schemi riassetto Piazza
QUARTIERE SAN MICHELE Laboratorio annuale di Progettazione (2010 - 2011) // prof. Enrico Giacopelli // L’area che abbiamo chiamato “San Michele” per la vicinanza all’omonimo laghetto, sorge alla periferia est della città ed è costituita da una vasta riserva di terreno destinata originariamente alla costruzione del nuovo ospedale a cui l’attuale PRG ha attribuito una quota di edificazione residenziale. Un’applicazione pedestre delle già astratte (sul piano del disegno urbano) previsioni di piano ha condotto recentemente ad uno sfruttamento edilizio dell’area con risultati edilizi e urbanistici piuttosto modesti, mentre la parte destinata a verde pubblico è ancora abbandonata a sé stessa.
nistica e dell’esito formale e più interessante per la città. In particolare l’esercitazione sembra avvalorare l’ipotesi che occorra ripensare il governo della crescita della città, slegandolo da previsioni astratte, affidandone il controllo a metodi fondati anche su simulazioni progettuali approfondite, capaci di tradurre l’astrattezza degli indici urbanistici in ipotesi spaziali concrete e valutabili anche attraverso procedure di concertazione partecipata delle scelte, tipiche delle democrazie più mature.
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L’esercizio proposto dall’Atelier prevedeva di concentrare in quest’area oltre alla sua specifica quota di edificazione anche quelle che il PRG - con un criterio discutibile che privilegia la distribuzione a pioggia dell’edificazione - aveva destinato a lotti edificabili distribuiti in un vasto raggio attorno all’area. In tal modo la densità edilizia prevista avrebbe potuto raggiungere una soglia critica sufficiente a consentire la realizzazione di una unità abitativa complessa della dimensione di un piccolo quartiere. L’ipotesi di lavoro consisteva nel dimostrare che non solo l’area era in grado di contenere una quantità estremamente maggiore di edificazione rispetto a quella autorizzata dal PRG senza entrare in crisi, ma che tale quantità avrebbe potuto essere gestita in modo da dar forma a un luogo abbastanza denso da produrre un buon “effetto urbano” ma con una qualità edilizia elevata, frutto del giusto equilibrio tra aree costruite e spazi liberi, tra spazi privati e spazi pubblici. Uno sguardo ai risultati ci porta a dire che l’esperimento progettuale - pur con tutti i limiti e le ingenuità proprie ad un’esercitazione accademica svolta al terzo anno - ha confermato tale ipotesi. I 24 progetti sviluppati dagli studenti mettono in luce gli ampi spazi di incremento del carico edificatorio possibile prima che si determinino fenomeni di congestione e di disorganizzazione funzionale. Ciò deriva in parte dal fatto che comunque la densità edilizia è stata innalzata fino a livelli ancora compatibili con un contesto urbano storicamente caratterizzato da densità non elevate, ovvero restando al di sotto dei 100 alloggi a ettaro, soglia che viene di norma considerata indice di adeguata densità edilizia in ambiti metropolitani. I progetti per San Michele, con la loro varietà di proposte e i loro esiti talvolta convincenti, descrivono un possibile destino felice per l’area, ben diverso da quello a cui essa sta concretamente andando incontro attraverso un processo di urbanizzazione adagiato sull’applicazione acritica di norme astratte, legate ad una visione puramente quantitativa dei processi di crescita della città che poco hanno a che fare con il controllo della qualità dei processi insediativi che promuovono. L’esito di questa parte dell’Atelier sembra quindi avvalorare l’ipotesi che se l’area fosse stata presa in considerazione in modo meno pedestre dal Piano Regolatore e dai suoi attuatori, avrebbe potuto fornire l’occasione per una trasformazione meno incerta sui piani della proposta urba-
Ivrea - Quartiere San Michele Progetto Comeglio P. // Di Marco G. // Gallo L. // Formoso L.
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Ivrea // Quartiere San Michele 1 - 4 Schemi di Densificazione // 5 - 10 Schemi riassetto Piazza
// LLIMEN // LIMES LIME // LIMES LIMEN Atelie Atelier di Progetto e Tecnologia (2011 - 2012) // Prof. E. Giacopelli // Prof. V. Manni //
“Costruire nel costruito” era il tema comune agli atelier di progettazione dell’anno 2011 che è stato nel nostro caso declinato attraverso il progetto del completamento di un tassello urbanizzato collocato a est del Centro storico, tra il Naviglio - al di là del quale inizia la campagna peri-urbana - e il tessuto denso dell’espansione urbana che nella seconda metà del ‘900 si è addensato a sud di corso Vercelli (l’antica strada per Vercelli e Milano). L’area, profonda circa cento metri e lunga trecento, si trova nello spazio di transizione tra la città otto-novecentesca e le zone di recente urbanizzazione, laddove il quale la densità edilizia si riduce drasticamente e il tessuto residenziale si fonde con quello delle aree artigianali e commerciali, presenti anche a Ivrea nella periferia orientale della città, secondo un modello divenuto tipico anche nelle città italiane a partire dagli anni 1980. Come le foto aeree rivelano, si tratta di un’area contenuta fra due elementi (la strada a nord e il canale a sud) che le attribuiscono profili netti e precisi ma che appare tuttavia nel suo complesso priva di un disegno compiuto e composta da un tessuto edilizio disomogeneo.
Tavola di progetto - Scaroina G. // Spectu B. // Torre A.
Alcune caratteristiche dell’area consentono inoltre di allargare l’orizzonte del progetto anche al di là dello sviluppo del tema del rapporto fra nuova edificazione e preesistenze storiche (nell’area è presente anche l’anfiteatro romano di Ivrea).
La vicinanza del canale, della campagna, del percorso sterrato che collega - fuori dal traffico urbano - la città con il territorio circostante, obbliga poi a considerare tali elementi come parte del progetto e a superare ogni resistenza a coinvolgere il canale per creare nuovi suggestivi scenari urbani, ignorando gli ingiustificati e obsoleti divieti all’uso di sponde e strade di servizio. Di ciò si sente il bisogno in una città in cui il rapporto con il fiume è da sempre strutturante sul piano morfologico e decisivo sul piano paesaggistico ma che negli ultimi decenni è diventato sterile e incapace di dare origine a soluzioni architettoniche e paesaggistiche degne di nota. La posizione dell’area sulla linea di confine tra città e campagna offre infine spunti alla riflessione sul concetto di margine (limes) urbano e sull’attualità del tema del recupero della perduta riconoscibilità della città contemporanea attraverso il ridisegno dei suoi contorni. Riflessione che, per traslato, conduce a interrogarsi sull’effettiva possibilità, necessità e utilità del controllo formale della città contemporanea e a verificare fino a che punto quello che è stato un carattere saliente della tradizione urbanistica storica europea - il controllo formale delle trasformazioni urbane appunto - possa essere salvaguardato e recuperato come principio utile e concretamente praticabile anche nel secolo della città pervasiva e della società liquida.
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Originariamente nascosta alla vista dalla cortina edilizia posta sul filo della strada per Vercelli, l’area è stata messa in mostra dalla realizzazione della tangenziale che ha trasformato in “fronte” quello per secoli che era un “retro” della città, senza però che nessuno si sia preoccupato di migliorarne l’aspetto trasandato. Poiché una città un po’ distratta si ostina a mostrare agli ospiti che si presentano alla sua soglia (limen) la schiena invece della faccia, un altro tema di progetto è chiaro: voltare la faccia alla città affinché, come un ospite gentile, offra la sua parte migliore a chi si presenta alla sua porta. Nuovo assetto dell’area di intervento
Ingrandimento del nuovo assetto dell’area di intervento
// A ATTACCO ATTAC AL CENTRO!! ATTA ATTACCO AL CENTRO!! Atelie Atelier di Progettazione e Rappresentazione (2014) p // prof. Enrico Giacopelli // prof.sa Anna Marotta //
Trova le differenze.....
Ivrea
Ivrea
Piazza Walter Fillak (~ 1926)
Piazza Walter Fillak (2014)
// IL LUOGO DEL PROGETTO
In definitiva della forma urbana che noi chiamiamo “piazza”, il nostro spazio possiede al momento solo alcuni aspetti generici legati alla sua geometria e nessuno relativo agli aspetti funzionali e sociali connessi a questo importante spazio tipico della città storica italiana. E’ solo un’area vuota di forma tendenzialmente rettangolare circondato su tre lati da edifici che non svolge nessuna delle funzioni tipiche di una piazza di un centro storico. E questo, ai nostri fini, lo rende uno spazio perfetto.
// OBIETTIVI DELL’ESERCITAZIONE PROGETTUALE 1.
Progettare un Museo Volendo sintetizzare in uno slogan l’obiettivo dell’esercitazione potremmo dire che esso consiste nella “Ricostruzione del quarto lato della piazza, in modo da ripristinare il concetto di “spazialità inclusa” propria della caserma e del modello classico di piazza”. Come si vedrà approfondendo la struttura urbana di Ivrea questa è una richiesta apparentemente eccentrica, visto che quasi tutte le altre piazze del centro storico hanno solo tre lati e si affacciano sull’asse viario centrale, l’antico decumano massimo della Eporedia romana. Il fatto che piazza Fillak non apra la propria prospettiva su questa importante arteria viaria e sulle antiche case che vi si affacciano ma su un gigantesco condominio degli anni 1960 che costituisce un incombente quanto incongruo sfondo, può essere una buona ragione per prendere in considerazione, nel caso spe-
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Oggetto dell’esercitazione è la piazza Walter Fillak (45° 28’04.80 N // 7° 52’44.61 E), di cui si richiede di sviluppare un progetto di sistemazione integrale comprensivo dell’inserimento di un nuovo edificio. La piazza è collocata all’interno del centro storico di Ivrea, in un’area che ha subito potenti trasformazioni dopo la seconda guerra mondiale. L’unica fotografia aerea della città scattata tra le due guerre (presumibilmente nel 1926) evidenzia infatti notevoli differenze tra la situazione nella prima metà del XX secolo e quella situazione attuale, rivelando innanzi tutto che quella che oggi appare come una piazza con tre lati molto disomogenei aperta un po’ incongruamente sulla strada che sale al castello, non era all’origine una piazza pubblica, bensì il cortile chiuso su quattro lati di una caserma (che fosse una caserma non lo si deduce dalla foto aerea, ma fidatevi che è così) che era parte del quartiere militare di Piazza Ottinetti. Quello che noi vediamo ed utilizziamo oggi non è dunque il frutto di un deliberato progetto urbano ma uno spazio nato per caso - qualche decina di anni fa - in seguito alla dismissione della caserma da parte dell’Esercito e dell’abbattimento del corpo di fabbrica posto sul lato nord della corte. Niente di male, di per sé. Succede spesso che le città si trasformino grazie a fatti traumatici e imprevisti o a causa di rapide dismissioni e sostituzioni di vecchie funzioni e dei loro contenitori. Nel caso specifico però il processo di trasformazione da “ luogo chiuso e privato” in “luogo aperto e pubblico” è particolarmente lento e procede in assenza di un progetto che prefiguri una sistemazione definitiva del nuovo spazio. A distanza di molti anni dall’abbattimento della caserma la nuova “piazza” non ha perciò ancora definito un proprio specifico carattere ed assunto un ruolo nel quadro delle funzioni urbane della
città contemporanea; non è dunque un caso che oggi sia utilizzata esclusivamente come area di parcheggio.
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cifico, l’esigenza di costituire una barriera visiva che protegga lo spazio della piazza dall’invasività percettiva dell’edificio di fondo e riconsegni allo spazio le sue giuste proporzioni.
acquisiscano rapidamente una conoscenza adeguata dell’argomento trattato dal loro museo attraverso i testi indicati nella apposita sezione della bibliografia del corso.
Avremo poi modo di approfondire meglio l’argomento, ma è bene chiarire fin da ora che in questo ambito, quando si parla di ricostituzione del “quarto lato”, non si vuole affatto prefigurare in modo automatico e obbligatorio il progetto di un nuovo edificio collocato al posto del corpo di fabbrica abbattuto (benché ciò non possa essere escluso come obiettivo motivato e coerente di alcuni progetti). Si vuole invece esprimere un principio generale: quello della necessità di realizzare il completamento spaziale e la ricomposizione formale del vuoto urbano oggetto dell’esercitazione attraverso l’inserimento di uno o più edifici (la cui presenza inevitabilmente svolgerà il ruolo di “barriera visiva” qualunque sia la loro collocazione spaziale) posti in relazione dialettica o in continuazione con i volumi edilizi esistenti.
Oltre all’edificio principale altri elementi del progetto concorreranno alla ricomposizione della piazza: la pavimentazione, l’eventuale conservazione o trasformazione della coltre alberata, un elemento focale (monumento, fontana, o altro ancora) da collocarsi nella composizione, la conservazione o la trasformazione di alcuni elementi edilizi preesistenti, gli elementi di connessione con la rete viaria del centro storico e con le funzioni pubbliche che sono in corso di realizzazione negli edifici storici confinanti con la piazza.
Il nuovo “quarto lato” così inteso, conterrà uno SPAZIO MUSEALE dedicato a illustrare la storia dell’architettura moderna di Ivrea e del progetto di “Città dell’uomo” promosso da Adriano Olivetti a partire dagli anni 1930. I contenuti e le caratteristiche del museo saranno oggetto di successive comunicazioni e di discussione collettiva all’inizio dell’Atelier. In termini generali occorre però chiarire che il progetto si limiterà a definire il contenitore architettonico e non si occuperà dell’allestimento degli spazi museali, sebbene sarà richiesto agli studenti di ipotizzare almeno in termini generali il criterio di organizzazione museografico dei materiali da esporre che guiderà le scelte formali e distributive del loro progetto. Per questo motivo è indispensabile che gli studenti
2.
Creare un luogo Di norma il processo progettuale architettonico ha una doppia finalità. Da un lato, sul piano puramente funzionale, è finalizzato a dare forma a sistemi spaziali in grado di rispondere a esigenze pratiche: proteggere dagli eventi atmosferici, ospitare funzioni abitative, lavorative o legate al tempo libero ad esempio. Dall’altro, su un piano più intangibile, esso svolge la funzione di dare allo spazio una misura umana per renderlo comprensibile, tollerabile e abitabile dagli uomini. In termini accessori ma non troppo, gli esiti di tale processo svolgono poi il compito di dare forma concreta allo spirito e di rappresentare la funzione sociale delle istituzioni per cui sono stati costruiti. Il tema proposto dall’Atelier esplora, con identica intenzione, la possibilità di dar luogo ad un edificio funzionale (“L’architettura è funzionale per definizione, altrimenti cos’è? Una porcheria!” ammoniva Le Corbusier) e ad un luogo urbano abitabile che sia concepito, secondo la definizione di Hertzberger, come un’unità spaziale la cui dimensione appropriata e il cui corretto grado di chiusura permetta di accomodare le trame delle relazioni delle persone che la utilizzeranno. Trattandosi di un intervento all’interno di un tessuto urbano consolidato il nuovo luogo non sorgerà dal nulla ma nascerà attribuendo nuova forma, funzione e ruolo urbano ad un luogo preesistente, compiendo un’operazione che si inscrive nel processo di trasformazione continua e naturale della città. Anche in questo caso Ivrea è buona maestra e ci fornisce esempi cui guardare con attenzione. Come si avrà modo di verificare studiando e visitando le sue architetture moderne, alcune di esse, più che semplici edifici sono vere macchine per la costruzione di luoghi il cui senso deriva dalla sapiente integrazione fra costruzione e segni del contesto naturale in cui essa (spesso a seguito di scelte precise e consapevoli) è immersa.
// L’IMPORTANZA DEL RILIEVO
Ivrea Il luogo del Progetto
Svolgere il tema proposto dall’atelier richiede la messa in gioco di attenzioni e di sensibilità specifiche che consentano di individuare principi progettuali in grado di produrre un dialogo virtuoso tra istanze contemporanee e segni del passato per condurre verso esiti progettuali dotati di una coerente unità tematica e linguistica.
Quando i nuovi interventi si innestano strettamente con la città costruita, la sintesi creativa operata attraverso il progetto non può attuarsi solo fra esigenze funzionali, obiettivi sociali del programma, istanze di rappresentazione del committente (nel caso specifico rappresentato virtualmente dal Comune) ma deve fare i conti anche con le preesistenze edilizie e con il peso della storia del contesto. La sagacia, l’esperienza e la pazienza del progettista devono quindi essere coadiuvate (forse addirittura indirizzate) da una sensibilità indispensabile a individuare le tracce della sedimentazione della storia nel luogo di intervento, a selezionare i segni materiali del contesto da conservare, eliminare o sostituire e a identificare i modi con cui innestare le forme, le funzioni e i materiali dei nuovi spazi in quelli preesistenti. Non importa che il progettista decida poi di assecondare o di contraddire i caratteri specifici del sito e del principio insediativo che lo caratterizza; buona parte della qualità del suo progetto dipenderà dalle sue doti di giudizio critico sulla natura del luogo e dalla raffinatezza delle conoscenze che tali doti gli avranno consentito di acquisire. Ovviamente la differenza fra un buon progetto e un progetto mediocre la farà però l’acume con cui il progettista saprà interpretare quei dati costruendo una strategia progettuale in grado di dare valore aggiunto alle richieste della committenza e di trasformare semplici informazioni, dati metrici e sensazioni astratte in spazi architettonici concreti e compiuti.
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Per quanto dunque l’idea di un travaso meccanico dei risultati dell’analisi nelle scelte di progetto sia estranea a questo Atelier, l’attività di conoscenza del sito (allargata ovviamente anche al contesto urbano in cui lo spazio di intervento è inserito) giocherà un ruolo importante dell’attività didattica, attraverso sopralluoghi e analisi grafiche dirette e “a tavolino”, rilievi percettivi e fotografici, riflessioni sui modi di intervento nella città costruita.
// LA RELAZIONE TRA PROGETTO E SUA RAPPRESENTAZIONE Dando concreto senso ad una condivisibile scelta pedagogica che ha aggregato attorno ad un tema comune la Composizione Architettonica e la teoria della Rappresentazione, l’attività dell’Atelier sarà svolta mantenendo stretto il rapporto tra lo sviluppo delle idee progettuali e loro rappresentazione e comunicazione grafica. Per ciascuna fase del progetto saranno dunque esplorate le potenzialità dei mezzi di espressione ad esse più adeguati, limitando per quanto possibile il ricorso a sistemi informatici di disegno e privilegiando rappresentazioni manuali della situazione in atto e delle trasformazioni in progetto attraverso schizzi, disegni geometrici, modelli. Particolare importanza sarà assegnata all’uso di modelli di lavoro attraverso cui è possibile acquisire una maggiore sensibilità plastica e spaziale ed effettuare una verifica più efficace e esplicita che non con altri mezzi espressivi dei rapporti instaurati tra parti nuove e contesto urbano. Data la stretta relazione che si intende instaurare tra progetto e sua rappresentazione si richiede di porre attenzione in ogni fase dell’esercitazione didattica ad entrambi gli aspetti in quanto essi saranno sempre
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considerati (pur nell’autonomia delle singole competenze didattiche) elementi che concorrono con eguale dignità ad una valutazione sintetica del lavoro.
// LE ESERCITAZIONI PROPEDEUTICHE E IL PROGETTO FINALE L’attività dell’Atelier sarà suddivisa in due fasi: una propedeutica comprendente due esercitazioni individuali e un progetto finale svolto in gruppo.
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Nella prima fase di attività didattica alcune esercitazioni saranno funzionali a far acquisire agli studenti un’adeguata competenza sulle caratteristiche spaziali e materiali del sito e a prendere dimestichezza con i problemi connessi alla sua trasformazione. Esse riguarderanno pertanto esercizi rivolti al rilievo della situazione esistente e prime ipotesi progettuali di trasformazione attraverso interventi minimi, così come meglio illustrato dal programma di ciascuna esercitazione che verrà diffuso in prossimità delle stesse. Un momento fondamentale di questa fase dell’Atelier indispensabile per lo svolgimento delle esercitazioni preliminari sarà evidentemente rappresentato dal seminario / sopralluogo che si svolgerà all’inizio dell’attività didattica. Esaurita la fase di conoscenza preliminare ed acquisita una sufficiente competenza sull’area di intervento (oltre che attraverso la conoscenza diretta anche per mezzo della realizzazione di rilievi grafici e modelli di lavoro) l’attività si concentrerà sullo sviluppo del progetto di trasformazione del sito che occuperà la maggior parte dell’attività di Atelier ed il cui prodotto costituirà il principale elemento di giudizio all’atto dell’esame finale. Anche in questo caso i contenuti e le modalità di svolgimento dell’esercitazione progettuale saranno illustrati più dettagliatamente nel corso delle lezioni e attraverso comunicazioni che saranno diffuse successivamente a questo programma generale.
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// 21
// E ESERCITAZIONI ESERC PROPEDEUTICHE
// ESERCITAZIONE 1 // ESERCITAZIONE 3 1.
2.
3.
Modalità Esercitazione individuale
1.
Modalità Esercitazione di gruppo
Luogo In aula
2.
Luogo In aula e a casa
3.
Attività Elaborare 6 modalità di chiusura del quarto lato di una piazza
4.
Elaborati / Un foglio A3 con la rappresentazione in pianta delle soluzioni progettuali / 6 rappresentazioni volumetriche semplici in cartoncino da inserirsi nel plastico precedentemente costruito
Attività Disegnare un volume architettonico semplice destinato ad accogliere al proprio interno un unico oggetto: un totem, da collocarsi all’interno di una piazza ed ispirato ad uno dei seguenti concetti: / / / / / / / /
4.
Luminosità Oscurità Introversione Fluidità Chiusura Gravità Leggerezza Trasparenza
// ESERCITAZIONE 4
Elaborati / Un foglio A3 con la rappresentazione in pianta/prospetto e sezione dello spazio progettato / Un foglio A3 con una rappresentazione volumetrica dello spazio
1.
Modalità Esercitazione di gruppo
2.
Luogo In aula e a casa
3.
Attività Elaborare 3 modalità di frammentazione dello spazio della piazza, ciascuna rivolta ad una delle seguenti finalità:
// ESERCITAZIONE 2 Modalità Esercitazione individuale e di gruppo
2.
Luogo Sul sito durante il sopralluogo
/ / /
3.
Attività Analisi del sito (eventualmente estesa alla porzione di Centro storico in cui si inserisce l’area di progetto) attraverso schizzi dal vero, rilievi percettivi, rilievo delle dimensioni fisiche degli spazi e degli edifici che circondano la piazza
4.
Elaborati / Album contenente schizzi, disegni “esplorativi”, fotografie (anche ridisegnate) del sito e che in seguito servirà per collezionare e conservare le idee di progetto da portare sempre con sé e da consegnare all’esame Elaborato individuale /
Modello in scala 1/200 delle dimensioni indicate nell’elaborato “Base grafica DWG”, realizzato in cartoncino da usarsi come base per i bozzetti tridimensionali del progetto, da portarsi sempre in aula Elaborato di gruppo
/
Rilievo in scala 1/200 della piazza da utilizzarsi come base per le varie fasi di elaborazione grafica del progetto Elaborato di gruppo
4.
Attribuire un ordine geometrico allo spazio esistente Aumentare le potenzialità spaziali e scenografiche Moltiplicare le possibilità di uso
Elaborati / Un foglio A3 con la rappresentazione in pianta delle soluzioni progettuali / 3 rappresentazioni volumetriche semplici in cartoncino da inserirsi nel plastico precedentemente costruito
// 23
1.
// B BIBLIOGRAFIA BIBLIO PRELIMINARE DEL CORSO
// TEORIA DEL PROGETTO
// LETTURE INTEGRATIVE CONSIGLIATE
1.
G. CULLEN, The coincise townscape, Oxford, Architectural Press, 2008
1.
M. BIRAGHI E G. DAMIANI (A CURA DI), Le parole dell’architettura. Un’antologia di testi teorici e critici: 1945-2000, Torino, Einaudi, 2009
2.
E. GIACOPELLI, 8 Riflessioni, Celid e http://www.gstudio.biz/w/category/pubblicazioni/ (almeno le Ø, 0, 1, 2)
2.
J. TANIZAKI, Libro d’ombra, Bompiani, Milano, 2005
3.
M. YOURCENAR, Memorie di Adriano, Torino, Einaudi, 2005, (almeno il capitolo 10)
3.
H. HERTZBERGER, Lezioni di architettura, Bari, Editori Laterza, 1996
4.
R. MONEO, Inquietudine teorica e strategia progettuale nell’opera di otto architetti contemporanei, Milano, Electa, 2007 (degli otto approfondite almeno i due architetti che vi interessano maggiormente)
5.
C. NORBERG-SCHULZ, Genius Loci, Milano, Electa, 1979 (Cap. primo e terzo)
6.
J.PALLASMAA, Gli occhi della pelle, Milano, Jaca Book, 2007
7.
L. QUARONI, Progettare un edificio, Roma, Mazzotta,1977 (almeno le prime tre lezioni)
8.
P. ZUMTHOR, Pensare architetura, Milano, Electa, 2003
// CONOSCENZA DELL’ARCHITETTURA MODERNA DI IVREA P. BONIFAZIO, E. GIACOPELLI (a cura di), Il paesaggio futuro. Letture e norme per il patrimonio dell’architettura moderna a Ivrea, Torino, Allemandi, 2007
2.
C. OLMO, (a cura di), Costruire la città dell’uomo. Adriano Olivetti e l’urbanistica, Torino, Einaudi-Ed. Comunità, 2001
3.
P. SCRIVANO, P. BONIFAZIO, Olivetti costruisce, Milano, Skira, 2002
4.
M. DE GIORGI, E. MORTEO, Olivetti. Una bella società, Torino, Allemandi, 2008
//DOCUMENTAZIONE URBANISTICA E TECNICA SU IVREA 1.
www.comune.ivrea.to.it
2.
Progetto di fattibilità della Nuova Biblioteca Comunale (distribuita nei “Materiali” dell’Atelier)
// SUL TEMA DEL MUSEO DELLA CITTÀ 1.
L. BETTI, Il Museo di città in Europa: raccontare la storia della città. Relazione finale del progetto di ricerca (distribuito nei “Materiali” dell’Atelier)
2.
http://www.museotorino.it/site/about
// 25
1.
// PPROGRAMMA PROGR ESSENZIALE ATELIER
03.03
Presentazione programma Atelier nelle ore di Rappresentazione // Introduzione a Ivrea
08.03
Sopralluogo // Esercitazione 2 di rilievo del sito // Visita al Museo Garda // Seminario serale
09.03
Sopralluogo // Visita alle Architetture Olivettiane
11.03
Inizio esercitazione 3 // Lezione sui musei di architettura
18.03
Discussione critica esercitazione 3 // Inizio esercitazione 4
25.03
Discussione critica esercitazione 4 // Inizio lavoro in aula sul progetto finale
01.04
Revisione progetto Gruppo 1
08.04
Revisione progetto Gruppo 2
15.04
Revisione progetto Gruppo 1
29.04
Revisione progetto Gruppo 2
06.05
Revisione progetto Gruppo 1 // Consegna intermedia
13.05
Revisione progetto Gruppo 2 // Consegna intermedia
20.05
Revisione progetto Gruppo 1
27.05
Revisione progetto Gruppo 2
03.06
Revisione progetto Gruppo 1
10.06
Revisione progetto Gruppo 2
// 27
04.03 Esercitazione 1 in aula e formazione dei gruppi // inizia la produzione del plastico di studio di ciascun gruppo
// C CONDIZIONI COND GENERALI
// CONTENUTI E OBIETTIVI DEL LAVORO Il tema proposto dall’Atelier sarà sviluppato con contributi (lezioni e letture) e con attività pratiche di sopralluogo/ rilievo e di progetto. Il lavoro sarà svolto individualmente (esercitazioni) e in gruppi di lavoro composti da tre studenti (rilievi, progetto). Scopo dell’esercitazione consiste nella dimostrazione della capacità degli allievi di governare la trasformazione di uno spazio urbano complesso e il progetto di uno specifico edificio collocato al suo interno. Per quanto riguarda il primo aspetto sarà valutata la capacità di dar forma ad uno spazio urbano definito e organico e la capacità di lettura critica dell’area di intervento espressa da scelte progettuali capaci di instaurare un fertile rapporto tra i nuovi interventi e le preesistenze architettoniche. Con riferimento al secondo aspetto sarà valutata invece la compiutezza formale del nuovo edificio, la corretta allocazione delle funzioni al suo interno, l’efficacia della proposta distributiva e delle soluzioni spaziali adottate oltre alla capacità di integrazione del nuovo edificio nello scenario urbano.
// LIVELLO DI APPROFONDIMENTO RICHIESTO
// TECNICHE DI RAPPRESENTAZIONE All’interno dell’atelier si farà ricorso, a secondo delle fasi di elaborazione e delle necessità espressive e descrittive alle seguenti modalità di rappresentazione: schizzo a mano libera, modelli di lavoro e di rappresentazione finale, disegno al CAD, programmi di modellazione e di renderizzazione. Questi ultimi due limitati alla sola fase di elaborazione delle tavole d’esame e allo studio delle maschere d’ombra.
// CRITERI DI VALUTAZIONE La valutazione della qualità delle proposte progettuali elaborate dagli studenti sarà effettuata tenendo conto della coerenza tra risultati e tema di progetto, dell’organizzazione generale del progetto in termini distributivi, formali e della capacità di elaborare soluzioni ragionate e coerenti. Concorreranno alla determinazione del voto anche fattori quali: / / /
La capacità di comunicazione delle proposte La completezza degli elaborati consegnati La consapevolezza nell’uso dei metodi e dei riferimenti progettuali proposti dalla docenza
La capacità di illustrare pubblicamente le proposte La conoscenza della bibliografia del corso
Saranno infine tenuti in conto anche: / / /
L’interazione con la docenza La frequenza alle lezioni L’attività all’interno del gruppo di lavoro
Per quanto concerne il voto di Composizione Architettonica, esso sarà costituito dalla sintesi delle valutazioni ottenute da ciascuno studente nelle esercitazioni individuali svolte in itinere e nel progetto finale di gruppo. Tale voto corrisponderà perciò alla media ponderata tra la media aritmetica dei voti delle esercitazioni (che peserà 1/3) e il voto del progetto (che peserà 2/3). A determinare il voto del progetto finale potranno concorrere anche gli eventuali elaborati ulteriori rispetto a quelli richiesti, purché autorizzati dalla docenza e giudicati di buon livello. Una valutazione del progetto finale pari a 30/30 darà diritto ad un bonus di un punto sul voto calcolato come sopra descritto. Il 30/30 Lode al progetto finale è automaticamente confermato anche come voto di Composizione Architettonica purché la media dei voti delle esercitazioni sia pari o superiore a 26/30. In caso contrario vale come il 30/30. Il voto finale dell’Atelier sarà costituito dalla media dei voti ottenuti nelle due materie che vi concorrono: Composizione Architettonica e Rappresentazione // 29
Il livello di approfondimento richiesto corrisponde a quello che convenzionalmente si richiede ad un “progetto definitivo” e che prevede uno sviluppo degli elaborati grafici e dei modelli ad una scala non superiore all’1/100 che è adatta ad esprimere compiutamente l’idea di progetto, a sviluppare ad un livello sufficiente i principali aspetti strutturali e tecnologici e a consentire una verifica della correttezza dei parametri dimensionali, distributivi e formali del progetto. Eventuali approfondimenti ad una scala maggiore (comunque non superiore al 1/50 e limitati a parti significative del progetto) saranno concordate con la docenza e di norma effettuati esclusivamente attraverso modelli.
/ /