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* Enrico Giacopelli /// Compendio al Corso di Composizione Architettonica ////////////////////// FacoltĂ di Architettura /// Politecnico di Torino /////////////////////////////////////////////////////
Questioni di metodo
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Indice
Alcune note sul progetto della residenza: questioni di metodo
Enrico Giacopelli
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g r a f i c a e c o n t ro c a n t o a c u r a d i Andrea Cassi
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Qu e s t i o ni di metodo
Questioni di metodo Sollevare, come abbiamo fatto in una riflessione precedente, il problema della specificità e della complessità del progetto di un’abitazione, conduce a chiedersi se esista un metodo che consenta di governare tale processo guidandolo verso esiti virtuosi. Esistono certamente i metodi specifici dei maestri che però, pur avendo prodotto risultati eccellenti1, sono troppo connaturati alla personale poetica dei loro autori per risultare facilmente riconducibili ad una regola semplice e trasmissibile utile agli scopi didattici2 di un corso rivolto a studenti all’inizio della loro formazione. Ciò che serve in questo caso è invece un metodo progettuale dotato di un impianto chiaro e di regole comprensibili e facilmente acquisibili. In tal senso può dunque ancora tornar utile quello messo a punto negli anni 1920 da Alexander Klein e che costituisce forse l’esito più rigoroso della riflessione sulla progettazione razionale degli alloggi prodotto dalla cultura funzionalista tedesca. Ai nostri fini risulta utile in particolare la parte del metodo che riguarda la procedura di analisi e valutazione delle piante degli alloggi, la cui validità trascende l’ambito storico in cui è stata sviluppata, e di cui lo stesso Klein evidenzia l’efficacia come strumento di verifica e di progetto e l’utilità sul piano didattico. Scopo della procedura è la valutazione dell’efficienza delle piante degli alloggi rispetto ad alcuni parametri dimensionali e distributivi. A costo di far torto allo sforzo del suo autore e di sottovalutarne l’attenzione per gli aspetti meno tangibili della funzione abitativa,3 il procedimento messo a punto da Klein è riconducibile a poche regole semplici, basate su analisi grafiche comparative e sull’utilizzazione combinata di giudizi fondati su parametri oggettivi e misurabili e su valutazioni soggettive. Ovviamente, affinché i risultati dell’analisi risultino significativi occorre confrontare elementi simili derivanti da un identico metodo compositivo: quindi piante di alloggi della stessa taglia la cui progettazione sia basata su principi razionali di dimensionamento spaziale e di organizzazione distributiva. In tal modo è possibile individuare, per ciascuna tipologia di alloggio, almeno una soluzione “migliore” (più efficiente) caratterizzata da minima superficie e maggiore semplicità di impianto, così come appare
“Una volta credevo che il contrario di una verità fosse l’errore e il contrario di un errore fosse la verità. Oggi una verità può avere per contrario un’altra verità altrettanto valida, e l’errore un altro errore.” Ennio Flaiano
Alighiero Boetti, Ordine e disordine
“Che ci piaccia o no, siamo noi la causa di noi stessi. Nascendo in questo mondo, cadiamo nell’illusione dei sensi; crediamo a ciò che appare. Ignoriamo che siamo ciechi e sordi. Allora ci assale la paura e dimentichiamo che siamo divini, che possiamo modificare il corso degli eventi, persino lo Zodiaco.” Giordano Bruno
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nella chiara descrizione che, del metodo stesso, ci propone Augusto Rossari: 4
Baukuh, 100 piante
“Il metodo di valutazione delle piante, frutto di una serie di elaborazioni e di verifiche sviluppate durante gli anni precedenti, fu pubblicato nel1928 ed è basato sostanzialmente su tre operazioni: esame preliminare per mezzo di un questionario, riduzione dei progetti alla medesima scala, metodo grafico. La prima operazione consiste nella compilazione di un questionario composto da una serie di voci che riguardano per la prima parte i dati dimensionali e per la seconda parte una serie di domande relative agli alloggi esaminati. Dalla somma delle risposte positive alle domande risulta un punteggio per ogni alloggio che permette di collocarlo all’interno di una graduatoria, che costituisce la base di una prima valutazione comparativa dell’efficienza dell’alloggio. E’ chiaro che Klein intende sostituire con il questionario un criterio di giudizio soggettivo con un criterio oggettivo, ma, rendendosi conto che l’oggettività dipende dalla scelta delle domande e dall’importanza che viene attribuita ad ogni domanda, egli si propone di raffinarla utilizzando dei coefficienti che correggano il peso relativo delle domande. Il confronto tra i dati elencati nel questionario dà luogo a tre coefficienti: Betteffekt : rapporto tra la superficie coperta e il numero dei letti; Nutzeffekt : rapporto tra la superficie utile e superficie coperta; Wohneffekt: rapporto tra superficie del soggiorno e camere da letto e superficie coperta.
“(...)Il bello di un procedimento scientifico è che esso non fa mai perdere tempo agli altri: anche lavorare sulla scia di una ipotesi scientifica per scoprire poi che bisogna confutarla significa avere fatto qualcosa di utile sotto l’impulso di una proposta precedente.” Umberto Eco
Anche questi coefficienti puntano a dare una valutazione dell’efficienza degli alloggi dal punto di vista della riduzione delle superfici e dell’abilità. In particolare Klein insiste sull’importanza di un confronto complessivo tra i coefficienti, che permetta cioè di valutare la riduzione degli spazi non isolatamente ma in rapporto alle altre prestazioni. La seconda operazione, riduzione dei progetti alla medesima scala, consiste in un confronto di diverse soluzioni di pianta aventi il medesimo numero di letti ed omogenee relativamente ad alcuni parametri dimensionali e allo schema distributivo. Le piante vengono ordinate su tavole dove in orizzontale varia, con scatti regolari, lo sviluppo di facciata e in verticale varia, sempre con scatti regolari, la profondità del corpo di fabbrica.
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1. Alexander Klein, Lo studio delle piante e la progettazione degli alloggi minimi
Ne risulta che le piante migliori si dispongono lungo una diagonale in cui si equilibrano la profondità del corpo di fabbrica e lo sviluppo di facciata. E’ possibile in questo modo dare una giustificazione e una valutazione sistematica dei motivi per cui una profondità di corpo eccessiva produce effetti negativi dal punto di vista igienico, mentre la facciata troppo estesa produce effetti negativi dal punto di vista economico. Terza operazione, la più importante secondo Klein che considera le precedenti preliminari, è il metodo grafico che permette di verificare per ogni pianta di alloggio: - L’andamento dei percorsi - La disposizione delle aree per la circolazione - La concentrazione delle superfici libere da arredi - Le analogie geometriche e le relazioni tra gli elementi che compongono la pianta - Le ombre portate
Archigram, Cushicle
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- “Si può guardare il pezzo di un puzzle per tre giorni di seguito credendo di sapere tutto della sua configurazione e del suo colore, senza aver fatto il minimo passo avanti: conta solo la possibilità di collegare quel pezzo ad altri pezzi.” Georges Perec
Il frazionamento e l’ingombro delle superfici delle pareti.
“Con queste rappresentazioni – osserva Klein – è possibile valutare l’idoneità di una pianta prima della sua esecuzione. Così, ad esempio spazi di circolazione brevi ma intricati causano uno spreco di forze fisiche, (…) percorsi che si incrociano rendono impossibile lo svolgersi indisturbato delle principali attività dell’abitazione: cucinare-mangiare, dormire-lavarsi, lavorare-riposare. Gli spazi di comunicazione troppo grandi e i percorsi troppo lunghi che derivano da una sfavorevole soluzione della pianta provocano un aumento della superficie”.
2. Alexander Klein, Razionalizzazione dei percorsi e dei collegamenti fra gli ambienti e riduzione degli spazi di disimpegno
4. Alexander
3. Alexander Klein, Disposizione delle zone libere #1
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4. Alexander Klein, Disposizione delle zone libere #2
Un primo aspetto importante da sottolineare è che Klein considera questo metodo applicabile non solo come verifica su alloggi già realizzati, ma anche come sussidio durante le varie fasi della progettazione, un approfondimento teorico quindi, da utilizzare nella pratica; un secondo aspetto è che egli considera il suo metodo come un punto di partenza per la riduzione dello standard degli alloggi. Klein parla spesso di “alloggio minimo” o di “minimo di abitazione” ma mette sempre in relazione la possibilità di una riduzione delle superfici ad una concezione più articolata dell’alloggio che tenga conto delle relazioni complesse che si svolgono al suo interno e con l’esterno. L’insieme del discorso di Klein porta alla conclusione che alla riduzione degli standard dimensionali dell’alloggio deve corrispondere un aumento dell’attrezzatura e delle prestazioni. La riduzione degli standard dell’alloggio, inoltre, è significativa se ad essa corrisponde una notevole economia di costruzione, che permetta di realizzare un numero maggiore di alloggi da destinare a tutti quei nuclei familiari che non hanno una casa e vivono in abitazioni improprie. (…) Alla ricerca razionalista dell’Existenzminimum, del minimo biologico di aria, luce, spazio necessario per la vita, Klein aggiunge degli obiettivi di tipo psicologico: L’attenzione e la finezza di studioso lo portano a recepire e a trasferire a livello disciplinare il contenuto che iniziava in Germania proprio in quegli anni e che giungerà a maturazione solo piùn tardi. La casa deve essere “calma”, garantire la tranquillità, il riposo, il recupero delle energie spese sul lavoro e nella città. (…) Altri elementi negativi da questo punto di vista sono secondo Klein: spazi disordinati all’altezza degli occhi, percorsi tortuosi, spazi di collegamento mal illuminati e così via. Queste osservazioni mettono in evidenza la concezione “anabolica” dell’alloggio che fu comune a Klein ed al razionalismo. All’alloggio era cioè assegnata la funzione di rifugio dalle contraddizioni e dai conflitti delle città, esso era il luogo privilegiato dell’intimità, del riposo, della ricostruzione della forza lavoro.
Bididìbodidìbù, Maurizio Cattelan
“(...) Questo fatto ci sembrava di grande importanza; se volevamo riuscire a creare un quadro scientifico della città e degli oggetti in essa contenuti, per capirne il loro reale funzionamento, fuori dalle ideologie e fuori dalla storia, dovevamo affrontare il manufatto urbano come un dato chimico, cioè come un cristallo in cui scoprire le leggi generali di formazione, indipendentemente dalla storia dei singoli cristalli, e da valutazione estetiche o funzionali su di essi.” Andrea Branzi
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Non era vero che dal cucchiaio alla città ci fosse un’unità strategica (...). La fine dell’unità della disciplina e del progetto moderno. Il progetto moderno va dal cucchiaio al cucchiaio. Perché la città è un insieme di cucchiai. E’ un territorio merceologico: siamo dentro una civiltà oggettuale.” Andrea Branzi
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Il metodo grafico è dunque uno strumento di analisi dei problemi funzionali e distributivi dell’abitazione, ma poiché essi non possono essere isolati dagli altri aspetti formali cui sono connessi, coinvolge anche l’esame di quest’ultimi. Ad esempio lo studio dell’organizzazione dei percorsi comporta l’esame della posizione e della dimensione delle aperture (porte e finestre) dei loro rapporti con le pareti e con lo spazio dei locali, in definitiva dell’organizzazione spaziale di tutto l’alloggio. Ugualmente l’analisi delle “analogie geometriche” coinvolge direttamente l’approfondimento dei rapporti tra gli aspetti funzionali e quelli morfologici dell’architettura. (…) Il metodo di Klein costituisce quindi un contributo alla ricerca di una “scientificità” delle operazioni disciplinari, in relazione con il tentativo di confrontarsi con la nuova realtà sociale della cultura architettonica razionalista. E’ significativo a questo proposito che Klein sottolinei le possibilità di utilizzazione didattica del suo metodo. (…) La metodologia scientifica, infatti, indirizzata ad acquisire nuove conoscenze, consiste nella selezione di procedure tali da garantire durante il processo di ricerca un massimo di controllo del rapporto tra operazioni che si compiono e ed obiettivi che si perseguono, La metodologia didattica può essere descritta in modo del tutto analogo, cioè come la selezione di procedure tali da garantire un massimo di controllo durante il processo didattico. Per questo motivo il metodo scientifico è lo strumento più idoneo per svolgere un processo didattico che si ponga come obiettivo, oltre a quello della trasmissione della conoscenza, anche quello di una qualifica scientifica di chi tale processo deve compiere. Ciò mette anche il soggetto del processo didattico nella condizione di un effettivo controllo sul processo stesso, in quanto tutte le operazioni e i relativi obiettivi sono espliciti e controllabili.” Anche prescindendo dall’applicazione perversa del principio di minima superficie messo in pratica dall’edilizia speculativa per scopi ben diversi da quelli che animavano gli architetti funzionalisti, alcuni concetti che pur non essendo stati esclusivamente teorizzati da Klein assumono nel suo metodo un valore assoluto - si sono affermati come luoghi comuni della prassi progettuale: la divisione tra zona giorno e zona notte, la semplicità dei percorsi, la riduzione degli spazi di disimpegno, la razionalità dell’impianto distributivo e, soprattutto, il principio di economia dello spazio sono applicati in modo diffuso, anche inconsapevolmente e per fini diversi da quelli perseguiti dalle ricerche sull’“existenzminimum”, e nessun progettista li mette in discussione
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o infrange a cuor leggero perché la loro applicazione garantisce esiti progettuali onesti e controllati.
5. Barba Corsini
6. Boris e Kaufmann, casa a Francoforte
Neppure l’esperienza post-moderna più estrema è riuscita infatti a negare l’acquisizione definitiva del principio di razionalità nell’organizzazione distributiva delle piante (ovvero la necessità di fare riferimento ai principi della progettazione razionale degli spazi di cui metodo qui descritto è uno dei principali esiti). 5 Nell’ambito dell’attuale esperienza didattica quindi, ragioni più che valide suggeriscono un uso rigoroso del metodo di Klein, temperato dalla consapevolezza che – riguardando solo un aspetto del processo progettuale – la sua diligente applicazione non conduce in modo automatico alla produzione di progetti perfetti sotto ogni profilo. Lasceremo dunque ad un momento successivo, quando il governo di tali principi sarà pienamente acquisito, il tentativo di sovvertirli per superarne l’evidente schematismo e l’incapacità a governare visioni spaziali e distributive meno convenzionali. Le elaborazioni di Klein hanno offerto un contribuito sostanziale alla definizione del “metodo scientifico di progettazione degli alloggi” che costituiva uno degli obiettivi della cultura “funzionalista” degli anni 1920-30. L’invito all’uso di uno strumento elaborato quasi un secolo fa non deve però stupire né apparire incongruo; in molte altre occasioni della vita facciamo lo stesso - ad esempio viaggiamo quotidianamente su un mezzo che è stato concepito a metà del XIX secolo e beviamo bibite che sono state inventate per dissetare i nostri trisavoli - e non 11
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“Si può fare!”
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ci lamentiamo affatto. A maggiore ragione, nel caso in cui si abbia a che fare con processi di lunga durata: il bisogno primario di rifugio, la mentalità degli abitanti, la costruzione della città, il ciclo funzionale delle abitazioni, ecc. si deve accettare che i metodi per affrontare tali fenomeni risentano dell’inerzia che avvolge l’intero processo. D’altra parte poi, la lucidità con cui gli architetti della prima metà del XX secolo hanno scandagliato la questione dell’abitare, messo in luce i meccanismi che la regolano e definito alcuni criteri per controllarli, giustifica la resistenza del loro approccio di fronte alle derive della storia che - per ciò che riguarda l’ambito dei nostri interessi - hanno riguardato forse più il macrocosmo dei meccanismi di crescita della città che non il microcosmo dei contenuti e della struttura specifica delle abitazioni. L’“anzianità di servizio” del metodo e una sua certa schematicità di fondo non ne compromettono dunque l’attualità e non impediscono alle sue semplici regole di governare progetti che tengano in giusto conto la complessità del tema dell’abitazione nel senso chiarito nelle precedenti riflessioni. Ma ci sono anche altre ragioni per cui il metodo risulta utile ai nostri fini. Ad esempio il fatto di porre l’alloggio (l’unità abitativa elementare) al centro della propria riflessione. Il lavoro di Klein si colloca infatti nel quadro dei tentativi di definizione delle caratteristiche di un nuovo principio abitativo - quello dell’existenzminimum (spazio minimo vitale) – reso inevitabile dalla contingenza economica dell’Europa del primo periodo post-bellico, ma concepito da parte della cultura architettonica dell’epoca come occasione per rivoluzionare il concetto stesso di abitazione attraverso l’adozione di un approccio progettuale fondato su inediti e rigorosi principi igienico-sanitari, economici e organizzativi.6 L’idea di alloggio promossa dal metodo è quella di un ambito spaziale minimo dotato del massimo livello di funzionalità in grado di risolvere adeguatamente le esigenze abitative di specifiche tipologie familiari. Ciò che rende utile a fini didattici tale idea è il fatto che si fondi su una procedura razionale di assemblaggio di oggetti e di spazi funzionali definiti attraverso una rigorosa analisi a priori di ogni risvolto fisico, dimensionale e psicologico dell’abitare. L’approccio analitico del metodo impone inoltre una propedeuticità nella progressione tra i livelli di approfondimento del progetto e una rigorosa verifica di coerenza tra le sue diverse scale di articolazione (dalla
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definizione delle funzioni elementari all’aggregazione complessa di unità abitative) favorendo l’acquisizione di competenze in merito ad ogni aspetto delle funzioni abitative e in particolare di quelli dimensionali e distributivi.7 Rivolgendo la propria attenzione esclusivamente al tema della pianta, il metodo infine consente di separare utilmente a fini didattici il problema dell’apprendimento delle procedure di organizzazione degli spazi abitativi da ogni considerazione in merito alla forma dell’edificio. Tale caratteristica ha origine nel principio, caro agli architetti funzionalisti, secondo cui la forma è variabile dipendente della funzione (“form follow function”, si diceva), per cui risolta quest’ultima, l’altra sarebbe derivata automaticamente.
Giancarlo De Carlo, Schizzi di studio
7. Assonometria da A. Klein Lo studio delle piante e la progettazione degli alloggi minimi
Noi - smaliziati eredi del pensiero funzionalista – sappiamo che le cose non stanno proprio così, ma cogliamo comunque l’utilità didattica di tale separazione. Punto di arrivo di una riflessione che riguarda gli aspetti elementari dell’abitare, l’alloggio è concepito dalla visione funzionalista come fulcro di un processo aggregativo che prevede il montaggio meccanico di componenti di complessità progressiva, di cui la cellula abitativa elementare (l’alloggio appunto) costituisce il nucleo generatore e la città l’obiettivo finale. Nel corso degli anni, di questo schema aggregativo sono state fornite numerose interpretazioni; quella che proponiamo,8 prevede una scansione del montaggio della città (o meglio della “città specializzata”, secondo la limpida definizione di De Carlo 9) cara al pensiero funzionalista, articolata in cinque fasi concatenate fra di loro con logica propedeutica e dotate di complessità funzionale e spaziale crescente: 13
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- 1^ fase: studio e individuazione puntuale delle Funzioni Residenziali Elementari (FRE) attraverso la definizione delle caratteristiche funzionali e delle misure standard dei Componenti Elementari (arredi) e degli Spazi Elementari (aggregazioni di elementi di arredo e relativi ingombri legati allo specifico uso) dell’ambiente domestico definiti sulla base di riferimenti antropometrici. - 2^ fase: definizione spaziale e funzionale degli ambienti specializzati elementari dell’alloggio: le camere o Unità Ambientali Elementari (UAE) attraverso la organizzazione razionale degli Spazi Elementari specifici di ogni UAE il cui obiettivo è la minimizzazione delle superfici abitative a parità di efficienza funzionale. Il processo ha un carattere esplorativo e procede quindi per tentativi che producono serie di soluzioni confrontabili illustrate attraverso abachi tipologici.
“(...) Un giorno, leggendo la Divina Commedia, un filosofo si accorse di qualcosa che gli parve straordinario. È chiaro che per Dante la Terra è una sfera: egli inizia il proprio viaggio all’alba di un venerdì, attraversa tutta la Terra e a mezzogiorno del mercoledì successivo sbuca dall’altra parte a «riveder le stelle», come abbiamo appreso fin da piccoli. Dunque la Terra per Dante ha senza dubbio una forma sferica. Però, argomentava il filosofo, a farvi caso questo non è più vero quando si tratta delle azioni descritte nel poema. Il mondo di Dante non è ancora quello che per noi il mondo è: una struttura infinita, dove la posizione dell’uomo e della Terra abitata dall’uomo è marginale, periferica, assolutamente trascurabile rispetto alla vastità dell’universo.” Franco Farinelli
- 3^ fase: aggregazione razionale delle UAE, nel numero e caratteristiche funzionali rapportati al numero di abitanti, finalizzata alla costituzione di organismi abitativi complessi - gli alloggi o Unità Abitative (UA) – per mezzo di procedure di organizzazione degli spazi volte al contenimento delle superfici complessive, a garantire il controllo della razionalità distributiva degli ambienti dell’alloggio e la minimizzazione dei percorsi fra i vari ambienti dell’UA. - 4^ fase: aggregazione di insiemi di UA secondo diversi modalità aggregative e distribuitive volto alla definizione di strutture abitative complesse: gli edifici o Moduli Tipologici Elementari (MTE); - 5^ fase: aggregazione dei MTE a formare Complessi insediativi Residenziali (CIR) secondo regole di composizione urbanistica fondate sui principi della corretta esposizione solare degli edifici, della separazione tra percorsi pedonali e automobilistici e della localizzazione in base a criteri accessibilità differenziata di un’adeguata dotazione di servizi alla residenza. L’ingenuità del tentativo compiuto dalla cultura funzionalista di costringere il processo di costruzione della città (fenomeno per sua natura complesso e per certi versi caotico) in un percorso lineare e finalizzato appare evidente anche da questa sintetica descrizione. Tuttavia ciò non ci deve far dubitare della validità sul piano
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concettuale di alcune sue specifiche parti e sulla loro utilità per organizzare un percorso didattico in grado di trasmettere in modo chiaro e probabilmente definitivo alcune regole fondamentali (e mai eludibili nella loro sostanza) della progettazione della residenza. Ovviamente anche l’uso di tali parti va effettuato con le dovute cautele e con la consapevolezza dei limiti derivanti dalla schematicità dell’impianto generale da cui discendono e dal riferimento ad elaborazioni teoriche non aggiornate, ma anche apprezzandone i pregi sul piano della logica deduttiva e la chiarezza dell’impianto pedagogico.
8. Assonometria da A. Klein Lo studio delle piante e la progettazione degli alloggi minimi
9. Vista del quartiere di Castellamonte a Ivrea
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Note
1. Sono molti gli architetti moderni e contemporanei che hanno offerto un significativo contributo alla definizione di un nuovo concetto di abitazione e possono essere presi a riferimento a tal fine; tra gli altri: Frank Ll. Wrigth, Adolf Loos, Le Corbusier, Mies Van der Rohe, Walter Gropius, Richard Neutra, Alvar AAlto, Paul Rudolph, Herman Hertzberger, Atelier 5, Tadao Ando, Glenn Marcutt, Alvaro Siza …... 2. Non sono molti i testi che compiono questa sintesi con chiarezza. Fra questi, il testo Raumplan versus Plan libre, a cura di M. Risselada, 010 Publishers, Rotterdam, 2010, occupa una posizione di rilievo in quanto illustra in parallelo gli approcci rivoluzionari al tema dell’abitazione di Loos e Le Corbusier. 3. Aspetti che invece sono ben presenti a Klein che, non a caso scrive nell’incipit di un suo articolo del 1928: “L’uomo non possiede solo un corpo. E’ composto di anima e corpo. Le abitazioni attuali non corrispondono sufficientemente ai bisogni spirituali degli abitanti”. (A. Klein. Lo studio delle piante e la progettazione degli alloggi minimi. Scritti e progetti dal 1906 al 1957, a cura di M. Baffa Rivolta, A. Rossari. Milano, Mazzotta, 1975, pag.77) 4. A. Rossari “Gli studi di Alexander Klein e il movimento razionalista” in: A. Klein, op.cit. pagg.31-41. 5. Così come dimostrano molti edifici “post-moderni” la cui pelle, formalmente ispirata a principi compositivi non solo lontani ma addirittura osteggiati dalla cultura funzionalista, riveste spazi caratterizzati da un’organizzazione planimetrica riconducibile ai modelli distributivi razionali elaborati in seno a tale esperienza. 6. M. Baffa Rossari, Alexander Klein e il problema della casa nella Germania di Weimar, in: A. Klein. Op. cit. pagg.7-18. 7. I margini di indipendenza tra forma e struttura morfologica dell’edificio sono stati riaffermati da una parte dell’architettura più recente dopo il breve periodo in cui proprio la cultura razionalista li aveva negati con vigore. Tuttavia proprio l’esperienza dell’architettura post-moderna ha dimostrato quanto l’indipendenza dell’aspetto funzionale da ogni oscillazione del gusto che determini in periodi diversi la forma e la decorazione degli edifici, possa essere un principio pericoloso quando venga utilizzato in modo troppo disinvolto. 8. Cfr. Materiali e metodi per la progettazione della residenza: a cura di B. Garzena, G. Salvestrini, M. Ceppi, E. Monzeglio, G. Ponzo, G. Rivoira, P. Tosoni, Torino, Celid 1984 ed in particolare il cap. 2. 9. Per un’analisi critica al principio della “città specializzata” promosso dalla cultura razionalista nel cui ambito si colloca lo studio scientifico dell’alloggio condotto in particolare dai funzionalisti tedeschi, si veda il saggio “Funzione della residenza nella città contemporanea” in: G. De Carlo, Questioni di architettura ed urbanistica, S.Arcangelo di Romagna, Maggioli, 2008 (1964) pag. 31-57.
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* Tutte le immagini e le citazioni che accompagnano il percorso bibliografico sono rigorosamente estratte e rubate dalla rete in nome di una non meglio identificata Open Source Architecture (OsArch) sviluppatasi dall’avvento del World Wild Web ad oggi. L’invito è quello di indagare, di rubare a vostra volta.
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Rifle s s i o n i * Enrico Giacopelli /// Compendio al Corso di Composizione Architettonica ////////////////////// Facoltà di Architettura /// Politecnico di Torino //////////////////////////////////////////////////////
* Enrico Giacopelli (1959), architetto, parallelamente all’attività professionale svolge attività di ricerca e di docenza in campo universitario ed extrauniversitario, contribuendo ad orientare la propria attività professionale verso temi che comportano un approfondimento metodologico e una riflessione sui riferimenti storici dell’agire professionale. Ha sviluppato attorno al tema della conoscenza, della salvaguardia e della valorizzazione del patrimonio architettonico moderno parte della propria attività professionale attraverso progetti di restauro e recupero, approfondimenti scientifici, consulenze e attività di animazione culturale.Tra gli esiti di tale azione: la catalogazione del patrimonio dell’architettura moderna di Ivrea / la redazione delle Normative di Salvaguardia dell’architettura Moderna di Ivrea / la consulenza al Nuovo PRG di Ivrea relativa al tema dell’architettura moderna / la progettazione del MaAM / la consulenza per il restauro del Quartiere Canton Vesco / il restauro delle Officine ICO di Figini e Pollini / la consulenza per la conservazione del Centro Congressi La serra di Cappai e Mainardis. Al restauro delle Officine ICO sono stati assegnati nel 2009 la Menzione d’Onore “Medaglia d’oro all’architettura italiana” della Triennale di Milano e il “Premio In-Arch”. È professore a contratto di Composizione Architettonica presso la II Facoltà di Architettura di Torino ed è coordinatore e docente della “International Summer School of Ivrea”.