Tesi magistrale_Forte Alberoni, progetto di riuso e restauro

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U N I V E R S I T A’

I UAV

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V E N E Z IA

Tesi di Laurea in Architettura e Culture del Progetto

FORTE ALBERONI progetto di riuso e restauro

Relatori: arch. prof. Pascolo Sergio e prof. Piercarlo Romagnoni Correlatore: prof. Danzi Edoardo Interlocutore: Presidente del Golf Club Venezia, Paolo Francesco lo Bue di Lemos

Gabriella Ceraso 290142 Stefano Lenzi 290957



0.0 Introduzione 1.0 Inquadramento 2.0 Il sistema difensivo della Laguna Veneta 3.0 Venezia Lido e Alberoni 3.1 Venezia Lido attraverso i secoli 3.2 Alberoni e la bocca di porto di Malamocco 3.3 Il Forte Alberoni e il Golf Club

4.0 Analisi conoscitiva 5.0 Progetto 5.1 Masterplan 5.2 La caserma 5.3 I bunker 5.4 Sostenibilità e impianti

6.0 Bibliografia e sitografia


0.0 Introduzione


L’obiettivo del presente lavoro è lo studio di progetto di conservazione e riuso del Forte Alberoni nel rispetto del suo valore storico, culturale e architettonico. Il riuso è uno dei temi più attuali e discussi del nostro tempo in ambito architettonico: l’eccessivo consumo di suolo e di risorse ha portato a riflettere su quello che è il patrimonio edilizio in disuso. Oggigiorno, la maggior parte delle proposte architettoniche riguarda infatti interventi sull’esistente; si è aperto dunque un vasto scenario di quelle che sono le varie possibilità di riutilizzare un manufatto abbandonato, di quali potrebbero essere gli obiettivi di questa pratica e di come perseguirli. Le costruzioni belliche non sono entrate subito nell’ottica del riuso, a differenza di una fabbrica abbandonata o qualsiasi altro edificio civile. Generalmente per questo tipo di strutture si prevedeva un intervento di tipo conservativo limitandosi a comunicarne la storia. L’architettura militare rappresenta un tema delicato all’interno del dibattito del riuso: strutture nate dal genio militare costruite attraverso una accurata pianificazione si ritrovano a non avere più alcuna utilità all’interno della società, nonostante l’enorme potenziale posseduto da queste opere. Per la maggiore queste costruzioni versano in uno stato di abbandono poiché la loro antica utilità non consente facilmente di vedere in questi manufatti la possibilità di una nuova vita. Il riuso consente di apprendere il significato attraverso una rilettura critica: così l’intervento sulle fortificazioni si trasforma oltre che in un’opportunità soprattutto in un impegno etico. Un primo ragionamento sull’architettura militare porta alla loro importanza archeologica dato che queste opere rappresentano i resti di un’antica civiltà da conservare e tutelare per il ricordo della stessa. Qui però entra in gioco il

riuso, un gesto più complesso della semplice conservazione, poiché richiede uno sforzo interpretativo maggiore e consente all’opera di diventare un simbolo per la società cercando di restituire nuova vita a questi manufatti. La grande difficoltà di un approccio di questo tipo è sicuramente la conservazione dell’identità: la trasformazione deve ridare vita all’opera senza snaturarla, denunciando la sovrapposizione degli interventi che hanno contribuito ad ottenere quello che si sta osservando. Così attraverso l’architettura si supera l’orrore della guerra conservandone la memoria, rendendo un relitto bellico un luogo di convivenza delle testimonianze del passato con le nuove opportunità. Nell’ottica del riuso il forte in esame rappresenta un esemplare unico, nella laguna di Venezia, di fortificazione della fine del XV secolo, che nel corso degli anni non ha mai subito modifiche strutturali e funzionali; per questo può essere definito la fotografia di un’epoca, che permette di studiarne le tecniche costruttive e l’originario utilizzo. Il forte presenta oggi gravi forme di degrado causate da fattori accidentali e fattori naturali dovuti al totale abbandono della struttura. Lo studio del progetto di ristrutturazione del Forte Alberoni nasce dall’intenzione espressa in più occasioni dall’amministrazione del Golf Club del Lido di Venezia di conservare, riutilizzare e valorizzare la Fortificazione presente all’interno dell’area del campo da golf. Lo studio si inserisce all’interno dei progetti di salvaguardia dei forti lagunari e si sviluppa nello specifico partendo da alcune esigenze poste dal presidente del Golf Club nell’ottica di garantire il riuso del forte attraverso la conversione in una struttura ricettiva per il quale il forte stesso si presta data la sua conformazione architettonica per mantenerne l’evidente valore storico e culturale.


1.0 Inquadramento Venezia Lido 45°23′02″N 12°20′55″E


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2.0 Il sistema difensivo della Laguna Veneta


Pianta iconografica di Venezia e le sue isole (seconda metà del XV sec.) Cosmographia di Tolomeo Biblioteca Apostolica Vaticana, Roma



Distribuzione d’insieme del sistema difensivo della laguna veneta Fortificazioni della Serenissima Repubblica di Venezia (XIV-XVIII secolo) 1. Batteria Carbonera 2. Batteria Tessera 3. Batteria Campalto 4. Forte di Sant’Andrea 5. Forte di San Nicolò 6. Ottagono Campana 7. Ottagono Poveglia 8. Batteria Podo 9. Ottagono Abbandonato 10. Ottagono Alberoni 11. Forte Alberoni 12. Ottagono San Pietro 13. Forte San Pietro 14. Ottagono Ca’ Roman 15. Forte San Felice 16. Forte di San Michele 17. Forte di Brondolo

Fortificazioni del periodo della dominazione franco-austriaca (XVIII-XIX secolo) 18. Forte Pepe 19. Forte Carpenedo 20. Forte Gazzera 21. Forte Marghera 22. Forte Manin 23. Forte San Secondo 24. Torre Massimiliana 25. Forte di San Giorgio in Alga 26. Batteria Quattro fontane 27. Batteria Casabianca 28. Batteria Terre Perse 29. Forte di Malamocco 30. Batteria Rocchetta 31. Forte Santo Stefano 32. Forte Caroman 33. Batteria Sottomarina

Fortificazioni del periodo del Regno d’Italia (XIX-XX secolo) 34. Forte Mezzacapo 35. Forte Cosenz 36. Forte Rossarol 37. Forte Bazzera 38. Forte Sirtori 39. Forte Tron 40. Forte Poerio


“All’anno 1571 come nella Guerra di Cipro sentendosi che l’armata turchesca era entrata nel golfo, si temette per la città di Venezia e si pensò alla difesa della laguna.” Storia della Guerra di Cipro (1570-1573) Le parole di Paolo Paruta, storico e uomo politico veneziano vissuto tra il 1540 e il 1598, ci informano sulla nascita della difesa della città, ma in realtà questo problema era discusso anche da prima che la flotta turca diventasse un problema concreto. Certo è che le prime vere opere di fortificazione della Serenissima risalgono al Cinquecento, mentre fino ad allora Venezia affidava la propria difesa all’inaccessibile reticolo lagunare. Per tutto il periodo altomedioevale e fino alla Guerra di Chioggia, non si era mai sentita la necessità di una fortificazione permanente degli specchi acquei interni alle bocche di porto che non andasse oltre la costruzione di alcune torri in muratura con funzione daziarie e di avvistamento. Infatti, la funzione principale di difesa rimaneva delegata allo specchio delle acque lagunari, che per loro natura erano difficilmente navigabili per i non esperti, tra la fitta rete di secche, bassifondi, barene, ghebi e canali, che riuscivano a tenere lontane le macchine di assedio di eventuali nemici.

Per la propria protezione i veneziani confidavano sulla propria flotta, sugli antichi castelli e sulle mura e catene di sbarramento per l’accesso al Canal Grande. Nel Medioevo la struttura difensiva della laguna era basata sulla flotta di stanza dell’Arsenale e dalla rete di galeotte e fuste – due tipi di imbarcazioni da guerra e da commercio – di sorveglianza alle bocche di porto. L’Arsenale, quindi, fungeva da fortezza e presidio militare della città, cuore dell’apparato militare veneziano, sede di fonderie, depositi di armi, oltre che alloggio delle truppe. Attorno al 1380, durante la Guerra di Chioggia, il conflitto veneziano-genovese, si sentì la necessità di sbarrare con maggior decisione gli accessi marittimi della città, a causa della penetrazione in laguna della flotta ligure. Per questo motivo il porto di Chioggia venne posto sotto la rigida sorveglianza del Castello della Lova, costruito proprio in quegli anni, e che poi diventerà, a seguito di diverse trasformazioni, l’isola San Felice, con l’omonimo forte.

1566 (copia imitativa del 1695 da originale di Cristoforo Sabbadino) Angelo Minorelli Venezia, Archivio di Stato, Savi ed esecutori alle acque, Disegni, Laguna, disegno 13


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Rielaborazione personale Schema difensivo della laguna centrale veneta nel periodo della Serenissima, Repubblica di Venezia,1550-1600

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1. Forte Sant’Andrea 2. Forte San Nicolò 3. Ottagono Poveglia 4. Ottagono Abbandonato 5. Ottagono Alberoni 6. Ottagono San Pietro

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A partire dalla fine del Quattrocento, con la Guerra di Cambrai (1509-1516) le prestazioni dei cannoni stavano decisamente migliorando arrivando a colpire bersagli sempre più lontani grazie all’introduzione di bocche da fuoco lunghe e di calibro ridotto rispetto alle bombarde usate fino a quel momento. Su incarico del Consiglio dei Dieci, diversi tra i più noti progettisti dell’epoca avevano ricevuto l’incarico di studiare le soluzioni più idonee per difendere l’accesso al

porto principale della Serenissima verso il fronte a mare, per cui, il 12 settembre 1543 ebbero inizio i lavori per quello che diventerà il Forte Sant’Andrea, una delle principali realizzazioni difensive costruite intorno alla città, opera del celebre architetto veronese Michele Sanmicheli. Tra il 1591 e il 1595 tutta la parte settentrionale dell’isola di Lido, in prossimità dell’antica fortezza Castelvecchio, venne contornata dalle possenti mura del Forte San Nicolò.


Questi due Forti facevano parte del sistema noto ancora oggi come quello dei “duo castelli”. Alla fine del secolo vennero realizzati gli “ottagoni”, a integrazione della difesa del porto di Malamocco e del prospiciente canale Spignon, bastioni terrapienati e armati di artiglieria isolati fra le acque lagunari, la cui forma e struttura architettonica permetteva di avere un controllo a 360° del territorio. Tra questi, gli ottagoni Poveglia, Alberoni,

San Pietro e il cosiddetto ottagono Abbandonato che, distribuiti lungo i canali principali tra le bocche di porto e la città, avevano il compito di cogliere di sorpresa quei navigli che sarebbero riusciti a forzare i forti alle loro bocche costringendoli a sfilare sul loro fronte. Attraverso di essi, sarebbero stati effettuati dei cannoneggiamenti e sferrati degli attacchi alle navi il cui scopo era quello di riuscire a penetrare in laguna.

Dall’alto Forte Sant’Andrea, rilievo della pianta (Archivio Schiavina) Fonte: Military landscapes. Scenari per il futuro del patrimonio militare, a cura di Giovanna Damiani, Donatella Rita Fiorino Foto aerea dell’Ottagono Poveglia


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Rielaborazione personale Schema difensivo della laguna centrale veneta nel periodo della Serenissima, Repubblica di Venezia,1650-1700

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1. Forte Alberoni 2. Forte San Pietro 3. Batteria Tessera 4. Batteria Campalto 5. Ottagono Campana 6. Batteria Podo

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Dopodiché si dovrà aspettare il 1646 per ottenere l’approvazione del Senato per la sistemazione della difesa dell’altra bocca di porto, quella di Malamocco, con la costruzione del Forte di Alberoni e del dirimpettaio Forte di San Pietro divenuti una nuova esigenza a causa degli insabbiamenti che resero più complesso, soprattutto ai grandi bastimenti, l’ingresso alla laguna dalla bocca di San Nicolò. Altri piccoli presìdi saranno

realizzati a potenziamento del complesso sistema difensivo lagunare, ma in ogni caso si può affermare che le principali fortificazioni della Serenissima furono cinque e queste rimarranno fino alla caduta della Repubblica nel maggio 1797. Si tratta del Forte Sant’Andrea, Forte San Nicolò, Forte Alberoni, Forte San Pietro e del Forte San Felice, quest’ultimo a protezione della bocca di porto di Chioggia.


L’Ottocento porterà con sé, con le due dominazioni franco-austriache, un forte sviluppo delle armi da fuoco che renderà ulteriormente vulnerabile Venezia sul lato occidentale, la cui laguna fino a quel momento rappresentava una barriera invalicabile. Agli inizi del secolo risale la realizzazione del grandioso Forte Marghera e la progettazione di un’analoga opera in laguna nord che avrebbe tagliato in due l’isola di Sant’Erasmo, che però non fu mai realizzata.

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La seconda dominazione austriaca comportò una radicale revisione del sistema difensivo della città, che consisteva nel completare l’intervento di trinceramento della laguna e di fortificarne i litorali. In questo modo prese avvio una grandiosa opera di ingegneria che trasformò Lido, Pellestrina e Sant’Erasmo in vere e proprie “isole militari” attraverso la costruzione di forti, batterie, ridotti, strade e campi trincerati.

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1. Forte Marghera 2. Forte Manin 3. Torre Massimiliana 4. Batteria di S. M. Elisabetta 5. Batteria Quattro Fontane 6. Forte Malamocco

In alto Il progetto per la costruzione del molo nord della bocca di Malamocco in una mappa del 1839, Dipartimento IMAGE dell’Università di Padova A sinistra Rielaborazione personale Schema difensivo della laguna centrale veneta nel periodo della dominazione franco-austriaca,1800-1840


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A sinistra Rielaborazione personale Schema difensivo della laguna veneta nel periodo del Regno d’Italia,1860-1920 In basso Planimetria di Forte Marghera al tempo della Prima guerra di Indipendenza, 1848

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1. Forte Marghera 2. Forte sull’Isola di San Secondo 3. Forte sull’Isola di San Giorgio in Alga 4. Batteria Rocchetta

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L’epoca post-unitaria segnerà un ritorno di attenzione per il fronte di terraferma con la realizzazione negli anni ottanta dell’Ottocento del Campo Trincerato di Mestre e un riammodernamento di tutta la Piazza Militare Marittima di Venezia in previsione della Prima Guerra Mondiale. In particolare i primi anni del Novecento videro la realizzazione di moderne strutture in calcestruzzo. In terraferma fu costruita una seconda linea del Campo Trincerato di Mestre, mentre nei litorali le fortificazioni austriache furono rifunzionalizzate

con la costruzione al loro interno di batterie da difesa costiera in cemento armato. Questo immenso e poliedrico sistema militare fu progressivamente trasformato soprattutto nel secondo Dopoguerra, in un insieme di depositi e polveriere, per essere definitivamente smantellato dopo la caduta del muro di Berlino e il mutamento degli equilibri strategici internazionali.


3.0 Venezia Lido e Alberoni 3.1 Venezia Lido attraverso i secoli


«[...] il Lido è la più grande delle isole Veneziane, la più popolosa, la più conosciuta; è anche la più ricca di storia dopo Rialto, perché a Malamocco nel 742 d.C. fu trasportata da Eraclea la sede della Confederazione Veneta; è la più estesa in lunghezza misurando 12 km, è la più vicina a Venezia che sempre la considerà come preferito luogo per i suoi diporti, per le adunanze popolari, per le solennità. Fu chiamata Lido di S.Pietro, dalla vicina chiesa di Olivolo, Lido di Rialto, Lido di S. Nicolò, Lido di Castello, Lido di Malamocco: ora si chiama Lido». Eugunio Miozzi Venezia nei secoli. La laguna


Pianta di Benedetto Bordone, primi anni del secondo decennio del Cinquecento. Pubblicata per la prima volta nel 1528. E’ la più antica mappa che rappresenti tutta la laguna. Archivio di stato, Venezia.

Lido di Venezia è una striscia di sabbia di origine naturale, definita dagli esperti relitto dunale o di origine marina, che separa la Laguna di Venezia dall’Adriatico e che, insieme a Pellestrina e Punta Sabbioni, era anticamente posta alla difesa della città. È la più grande delle isole veneziane, la più popolosa e anche la più conosciuta; è la più ricca di storia dopo Rialto, perché a Malamocco nel 742 a.C. fu trasportata la sede della Confederazione Veneta, che fino a quel momento aveva avuto sede ad Eraclea. Anticamente fu chiamata in tantissimi modi: Lido di San Nicolò (per la presenza della Chiesa di San Nicolò), Lido di San Pietro o di Olivolo (perché di faccia alla Chiesa di San Pietro di Castello), Lido di Rialto (per la sua vicinanza alla città) o semplicemente Lio. Il fatto che sia la più vicina “porta” sull’Adriatico, raggiungibile in pochi minuti di vaporetto da San Marco, l’ha resa da sempre la spiaggia di Venezia per antonomasia; in antichità vi si arrivava per fare i cosiddetti Luni di Lio, cioè i lunedì del Lido, giorno tradizionalmente dedicato alla gita in barca al Lido per rilassarsi, riposarsi e per divertirsi, che furono di gran moda per tutto il Settecento e l’Ottocento. Durante i secoli il Lido fu teatro di lotta – come nella Guerra di Chioggia (1379-1381) –, meta di battute di caccia, sede di orti e anche luogo preferito di diversi poeti e scrittori. Celebre è il

Celebre è il romanzo “Morte a Venezia” di Thomas Mann, che attraverso le avventure dello sfortunato Aschenbach ci racconta dello splendore di questa striscia di terra. Nel 1932 il Lido fu scelto come la sede del festival cinematografico più antico del mondo dopo gli Oscar. La prima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica si tenne infatti tra il 6 e il 21 agosto del 1932, e da quel momento Lido divenne il set di questo rinomato red carpet e per la sua intera durata ebbe i riflettori di tutto il mondo puntati addosso. La prima Mostra si tenne sul terrazzo dell’Hotel Excelsior, ma il crescendo del prestigio del festival portò al bisogno di una sede più consona, quella del Palazzo del Cinema, che ancora oggi lo ospita. Il Lido racchiude diversi centri abitati di incomparabile bellezza. I turisti conoscono bene i due celebri porti Santa Maria Elisabetta e di San Nicolò. Famoso anche Malamocco, situato a Sud dell’isola della quale costituisce anche un antico porto nonché una delle attuali bocche che consentono lo scambio d’acqua ed il passaggio delle navi. Poco più a sud si trova Alberoni che ospita il trafficato porto e un’oasi di protezione faunistica costituita da alte dune. L’isola di Lido è suddivisa in diverse zone; attraverso la sua storia si può comprendere lo sviluppo morfologico dell’isola.


San Nicolò è la parte più settentrionale del Lido, è quella che più di ogni altra può vantare strutture la cui origine è lontana nel tempo. Nonostante la sua profonda ricchezza dal punto vista religioso, militare e civile, resta quasi del tutto sconosciuta alla maggior parte delle persone. La ragione sta nel fatto che, in virtù della sua posizione strategica per la difesa di Venezia, è rimasta isolata dal resto del territorio lidense, con un’alta muraglia (la Traversa) estesa da mare a laguna. Come già accennato il Forte San Nicolò, costruito dove un tempo si ergeva il Castel Vecchio, insieme al dirimpettaio Castel Nuovo (quello che poi è divenuto il Forte Sant’Andrea) sarà conosciuto con il nome di “Duo Castelli”. I lavori del Forte San Nicolò iniziarono non appena furono ultimati quelli del Forte Sant’Andrea, verso la fine del Cinquecento. Quest’opera era una vera e propria fortezza isolata, possedeva al suo interno i quartieri per

Dall’alto Ridisegno della pianta austriaca del sistema fortificato di San Nicolò (1980) Fotografia da dirigibile del Forte San Nicolò prima della realizzazione dell’aeroporto militare Nicelli

i soldati, detta anche “Saraglio”, il “Tezon per i salnitri” (edificio adibito alla produzione delle polveri da sparo), le stalle per i quadrupedi, un convento con la chiesa di San Nicolò. Nel 1850, grazie all’intervento degli austriaci, venne costruito un Ridotto, una struttura molto complessa la cui parte centrale era praticamente inespugnabile, dotato di quattro caponiere di un gran numero di cannoni. La struttura austriaca era stata realizzata proprio per questo scopo, in quanto mancava all’interno della fortezza cinquecentesca una struttura che potesse resistere all’attacco delle forze nemiche nel caso in cui fossero riuscite a penetrare all’interno. A partire dal 1900 in quest’area fu realizzato l’Aeroporto Nicelli, importantissimo fino agli anni cinquanta del Novecento per Venezia, fino a quando tutte le compagnie aeree non si trasferirono prima Treviso e poi al nuovo aeroporto di Venezia-Tessera.


Santa Maria Elisabetta Nord è un’area che vide lo svilupparsi di piccoli nuclei abitati a partire dal 1900 perché tutto il territorio, ad eccezione della fascia a mare e a laguna, era di proprietà, di volta in volta, o di un ente religioso o di una sola famiglia; inoltre era una immensa campagna, non molto ricca e, di conseguenza, disabitata. La situazione iniziò a cambiare agli inizi del Novecento, quando una società immobiliare acquistò questo territorio in blocco, così il processo di urbanizzazione si sviluppò molto rapidamente diventando un unico e indistinto centro residenziale. Le due fasce esterne del territorio invece erano di proprietà pubblica, e qui sorsero strutture di vario tipo, civili e militari. Tra le strutture militari ricordiamo la Batteria di S. M. Elisabetta, costruita attorno alla metà dell’Ottocento, e che nonostante risultasse abbandonata già agli inizi del secolo successivo, rimase in piedi fino al 1930, limitando di fatto lo sviluppo della strada a mare. Per cui, a partire da quell’anno, si era cominciato ad interrare il fossato d’acqua che circondava le sue mura,

spianando il fronte a mare in modo da realizzarvi un piazzale. La batteria viene ricordata non tanto per la sua importanza militare, che in verità non c’era mai stata quanto per il fatto che all’interno del complesso fortificato, il maestro di equitazione Cleanto Scarpa vi trasferì la propria scuderia. La zona di Santa Maria Elisabetta Sud invece è quella che, nel corso dei secoli subì i maggiori ampliamenti dal lato della laguna. Questo processo di allargamento non era dovuto ad una crescita naturale, ma all’azione degli uomini che avevano portato a riva fanghi proveniente dagli escavi della laguna stessa espandendo in questo modo la superficie del territorio. Il territorio subì quindi le sue modifiche gradualmente a partire dalla fine del Cinquecento fino al 1919, dopodiché la situazione rimase invariata fino ad oggi. Anche per questa area possiamo affermare che l’urbanizzazione si sviluppò a partire dagli inizi del Novecento, anche se in maniera più graduale rispetto a Santa Maria Elisabetta nord.

Planimetria della Batteria di Santa Maria Elisabetta, con l’aggiunta della scuderia Cleanto Scarpa, 1911


Da sinistra Foto di una fase della costruzione del Palazzo del Casinò, 1938 Pianta del Palazzo del Casinò sulle fondamenta della Batteria Quattro Fontane, con l’originale percorso sotteraneo che collega l’edificio alla spiaggia, 1938

Spostandoci man mano più sud dell’isola di Lido ci troviamo nell’area delle Quattro Fontane, chiamata così per la presenza di quelle che sono conosciute come le vasche del Lido, colme di acqua piovana e situati al di là di alte dune di sabbia, prospicienti il lato laguna. La loro funzione era quella di garantire dell’acqua potabile, che poi veniva trasportata in città. Anche qui negli anni trenta dell’Ottocento fu realizzata una batteria per la difesa di Venezia, demolita tra il 1934 e il 1936, ma alcuni resti di essa sono visibili sotto le due terrazze del nuovo edificio e nei sottopassaggi; in particolare le rotonde semicircolari del fronte del Casinò vennero costruite sopra la casamatta del vecchio forte. Dalla rivista Lido di oggi, Lido di allora apprendiamo che “Il Palazzo del Casinò è stato

ultimato nel 1938 con una costruzione e tempo di record, addirittura sette mesi! L’area scelta era stata quella del Piazzale Quattro Fontane dove esisteva ancora una grande fortezza, che il Demanio aveva posto in vendita. Molto probabilmente per questione di soldi il progetto dell’ingegnere Miozzi, dirigente per 25 anni dell’ufficio tecnico comunale, non prevedeva l’abbattimento totale del forte: la parte centrale dello stesso, la casamatta del blockhaus sarebbe invece rimasta a costituire le fondamenta della parte trasversale - quella fronte mare - della nuova costruzione. Tutti i collegamenti tra le altre strutture difensive sarebbero invece rimasti praticamente intatti sotto il manto stradale del nuovo piazzale costruito a tre metri sopra quello precedente”.


Nella parte meridionale del Lido si trova Malamocco, uno degli insediamenti più antichi della Laguna di Venezia, che affonda le sue radici nell’epoca romana. La stazione di Meduaco, Medamaucus, Mathamaucus, Metamaucus, Malamocco, dal II secolo a.C. andò sempre di più sviluppandosi diventando un grande porto, che servì da scalo marittimo alle merci di Padova. Dall’anno 742 all’810 fu la capitale della Confederazione delle Venezie, e fu sede del vescovado fino al 1110, anno in cui l’antico abitato di Malamocco scomparve. Non si hanno notizie certe sulla causa della scomparsa dell’antico centro, forse un maremoto o un processo più lento dovuto a un periodo di acque eccezionalmente alte e a fenomeni di bradisismo. La leggenda vuole che Metamauco fosse localizzata in posizione più esterna dall’attuale Malamocco, ponendosi verso il mare. Secondo delle dicerie locali nei giorni di mare calmo, è possibile scorgere le rovine della città. In realtà è molto più probabile che il porto di Metamauco non fosse rivolto al mare, ma alla Laguna; anche a causa dell’impossibilità, nell’VIII secolo, di reperire il pietrame necessario all’erezione di efficaci opere protettive, come dighe e banchine. Tuttavia, sin dal 1107 si ha notizia dell’esistenza di un Novo Metamauco, corrispondente proprio

all’odierna Malamocco. Pur mantenendo numerosi privilegi in virtù del suo passato di città ducale, divenne centro sempre più periferico. Nei XVI e XVII secolo, prima dell’imbonimento del territorio con fanghi presi dalla laguna aveva l’aspetto di una penisola, definita da Giorgio Pecorai, studioso appassionato della storia di Lido, a forma di “testa di caimano”. Tra l’Ottocento e il Novecento il centro storico subì una serie di trasformazioni quali la chiusura del principale canale interno (l’attuale Rio Terà). Poco prima la prima metà dell’Ottocento venne eretto il Forte Malamocco, per volere dell’impero asburgico. L’opera era completamente circondata da un fossato d’acqua. L’artiglieria era disposta in barbetta con traverse in terra e polveriere in muratura. Una cortina muraria con feritoie, disposta fronte mare, completava la difesa contro eventuali attacchi frontali. Verso il 1924 per la sua funzione di difesa e iniziarono i lavori di adattamento del forte per il nuovo sanatorio. Nonostante i mutamenti succedutesi durante i secoli il borgo conserva la caratteristica organizzazione urbana definita dall’alternarsi di calli, campielli, piazze e rii che ne fanno uno dei più suggestivi centri storici del litorale veneziano.

Archivio storico di Venezia, Savi ed Esecutori alle acque, serie Lidi, disegno 63, particolare Malamocco, 1559


Cartolina del Viale al Mare, Lido Alberoni, 1980

Infine, nella parte più estrema del Lido di Venezia, a sud, troviamo gli Alberoni, da cui è possibile prendere il traghetto che conduce a Pellestrina. Per secoli era rimasta del tutto isolata dalla vita del resto del territorio, fino agli anni ’20 del Novecento – si basti pensare che fino a quel periodo, appunto, il collegamento via terra dagli Alberoni a Santa Maria Elisabetta era di fatto inesistente. Fu la zona più disabitata di Lido fino ad oltre la metà dell’Ottocento in quanto non esistevano ortolani, ma solo pochi pastori o vaccari che trovavano pascoli nelle scarpate dell’omonimo Forte. A partire dalla costruzione della grande diga foranea, completata nel 1872

Alberoni cominciò a trasformarsi in un piccolo centro abitato perché gli operai avevano deciso di iniziare a formare lì famiglia. Il paesaggio è caratterizzato da alte dune sabbiose, che fanno parte di un’oasi protetta formatasi dopo la realizzazione della diga e, a ridosso di questo imponente manufatto, la corrente marina antioraria dell’Alto Adriatico ha accumulato in qualche decennio enormi quantità di sabbia, che formano l’attuale spiaggia. Infatti fino al 1800 il nucleo dell’Oasi delle Dune non esisteva, in quanto il mare lambiva il Forte Alberoni, costruito nella prima metà del Seicento per difendere la bocca di porto di Malamocco.


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prima metà del XVII secolo

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1 - Forte San Nicolò prima metà del XIX secolo

2 - Forte Alberoni 3 - Forte di Malamocco 4 - Forte Quattro Fontane 5 - Forte Santa Maria Elisabetta

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6 - Ridotto di San Nicolò

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7 - Batteria Rocchetta

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8 - Batteria Morosini 9 - Forte Ca’ Bianca

prima metà del XX secolo

Fortificazioni Fortificazioni in disuso

situazione attuale

Evoluzione del sistema difensivo di Venezia Lido


prima metà del XVII secolo

fine del XVIII secolo

prima metà del XIX secolo

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Margini artificiali Forma originale Imbonimenti

situazione attuale

Trasformazione morfologica del Lido di Venezia attraverso i secoli


3.2 Alberoni e la bocca di porto di Malamocco


Faro di Alberoni, Venezia Lido, aprile 2021


Da sinistra Ridisegno della pianta di Von Zach, bocca di porto di Malamocco, 1805 Ridisegno della pianta di Paleocapa, bocca di porto di Malamocco, 1845 Ridisegno della pianta del Magistrato, bocca di porto di Malamocco, 1897-1901 Ridisegno dal CTR regionale e da Google Earth, bocca di porto di Malamocco, 2003 100

Come già citato nel capitolo precedente, gli Alberoni sono la punta sud del Lido di Venezia per secoli rimasta del tutto isolata dalla vita del resto del territorio. L’origine del nome è la corruzione lessicale dell’antica Albaiones, derivante a sua volta dalla radice latina albus (bianco), riferentesi al biancore dei montones (dune) litoranei. Inoltre il nome Alberoni si deve anche alla tipologia di alberi che si trovavano nella zona (olmi, pioppi, platani e pini). La via principale, via Droma, descrive perfettamente il luogo, in quanto droma vuol dire non solo albero di nave o pennone ma anche punto di riferimento, presumibilmente per i naviganti. Alberoni fin dall’antichità è stato un luogo importantissimo grazie alla presenza della bocca di porto di

Malamocco, uno degli “ingressi” di Venezia dal mare, difeso dal Forte Alberoni edificato nel VII secolo. Il territorio è cambiato radicalmente nel corso degli anni, soprattutto dopo la realizzazione dell’omonima fortificazione. Dal ridisegno della pianta di Lido di Von Zach del 1805, la situazione alla bocca di porto si presenta molto diversa da quella attuale: il Forte Alberoni era ancora fronte mare, l’oasi delle dune non si era formata ed inoltre non era presente la diga foranea. Quest’ultima sarà realizzata nel 1845 da Pietro Paleocapa, ufficiale del Genio napoleonico, per incanalare la marea. Con la presenza della diga, la corrente acquista forza e tiene alla giusta profondità i fondali della

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bocca di porto, evitando in questo modo continue escavazioni e ottenendo l’effetto di far depositare enormi quantità di sabbia a ridosso della diga stessa. L’azione del vento ha trasformato man mano la sabbia in un sistema di dune. Questo, insieme alle operazioni di imbonimento da parte dell’uomo, ha fatto sì che il Forte Alberoni si allontanasse sempre di più dal mare, rendendolo inutile al suo scopo. Quindi, gli austriaci costruiranno la Batteria Rocchetta, e dal ridisegno della pianta del Magistrato del 1897-1901 è facile notare

come Alberoni inizia ad assumere l’aspetto attuale, nonostante l’oasi delle dune non si sia ancora conformata interamente. Dal 2003 inizieranno i lavori del MOSE finalizzato a limitare l’acqua alta a Venezia e ad impedire il ripetersi di fenomeni eccezionali, come quello del novembre 1966 - conosciuto anche come acqua granda. Il canale di Malamocco è largo 380 metri e profondo 14 metri. Il progetto prevede per questa barriera 19 paratoie, ciascuna delle quali è lunga 29,5 metri e larga 20 metri per uno spessore di 4,5 metri.

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1 km

Ridisegno dal CTR regionale e da Google Earth, bocca di porto di Malamocco, stato attuale


Locandina stabilimento balneare ‘Bagni Alberoni’

Lungomare Alberoni

Oasi ‘Le Dune’

A partire dal 1920, il rapporto di Alberoni con il resto dell’isola iniziò a cambiare, non soltanto era migliorata la situazione di collegamento via terra da Santa Maria Elisabetta, ma iniziava a formarsi l’opportunità di un nuovo centro balneare a poco prezzo, voluto dalla C.I.G.A. (Compagnia Italiana Grandi Alberghi). Sul finire del decennio, inoltre, vennero inaugurati i campi da golf, sempre su iniziativa della C.I.G.A., aumentando il prestigio turistico del posto. Oggi Alberoni è la zona tra le più vivibili dell’isola, grazie alla sua tranquillità, ma soprattutto grazie al tanto verde esistente, destinato a restare per i tanti vincoli di tipo ambientale. Il paesaggio è caratterizzato da alte dune sabbiose, che fanno parte di un’oasi protetta estesa per 115 ettari e gestita dal WWF, in accordo con il Comune e con la Provincia di Venezia e in collaborazione con Servizi Forestali della Regione. L’Oasi, comprende un vasto sistema morfologico

formato da dune pioniere, dune mobili, dune consolidate coperte da praterie aride e zone umide retrodunali, formatesi dopo la realizzazione della diga foranea. A sud-ovest è presente una pineta di circa 30 ettari, con pini domestici e pini marittimi, realizzata nel dopoguerra. L’area protetta si estende fino al Golf Club ed include l’area della ottocentesca Batteria Rocchetta, terreno circondato da un fossato e da boschetti prevalentemente di pioppo bianco. Con la diga foranea, lunga quasi 2 km, gli Alberoni hanno acquistato una passeggiata in mezzo al mare, che porta al bellissimo faro Rocchetta. L’area degli Alberoni risulta essere rilevante per le tante strutture presenti sul territorio: dallo stabilimento balneare di Alberoni, al Centro di Accoglienza “Morosini” – uno dei più importanti in Italia -, all’ospedale “San Camillo” – che ha raggiunto rilevanza in ambito europeo nel campo del recupero neurologico -, fino all’area del Golf Club.

Faro Rocchetta

Alla pagina accanto: mappa dei punti di interesse di Alberoni

Foto storica Alberoni

1. Circolo del Golf 2. Oasi ‘Le Dune’ 3. Stabilimento Balneare Alberoni 4. Batteria Rocchetta 5. Ottagono Alberoni 6. Faro Rocchetta


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3.3 Il Forte Alberoni e il Golf Club


Foto aerea di Alberoni durante la Prima Guerra Mondiale


Rielaborazione personale della pianta dello stato del Forte Alberoni al tempo della dominazione austriaca (anno 1900) Fonte: Il piano di attacco austriaco contro Venezia: il territorio, la laguna, i fiumi, i forti e le città nell’anno 1900, edizione italiana a cura di Pierandrea Moro

c’ c

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Il Forte Alberoni è un pentagono irregolare con due fronti bastionati, rivolti verso il litorale e la laguna, e in parte diritti. I bastioni furono costruiti come per il Forte San Pietro su due vertici del poligono di base ai quali fu aggiunto un terzo fronte bastionato rivolto verso il porto. È una delle opere di difesa più antiche all’interno dell’intero sistema veneziano. Realizzato a partire dal 1646, precisamente quando venne nominata una commissione di tecnici con il compito di esaminare e di proporre delle soluzioni al problema della difesa dell’entrata del Porto di Malamocco. Il risultato di questa commissione fu nella fattibilità del forte Alberoni e del dirimpettaio forte San Pietro. Con molta probabilità, l’ideatore dei

due forti fu padre Martinengo, coordinatore e direttore dei lavori in collaborazione dell’ingegnere militare Andrea Moretti. È da notare che con questi due forti, si completò il sistema difensivo lagunare, ideato nel corso del XVI secolo e rimasto poi immutato fino alla caduta della Serenissima Repubblica di Venezia. Già nel 1726 il comandante in capo alle forze di terra della Repubblica – il maresciallo Giovanni Maria Von Schulemburg, proponeva una sostanziale modifica del Forte Alberoni, in modo da ridurne significativamente le dimensioni che lo rendevano scarsamente difendibile in caso di attacco. La proposta consisteva nella costruzione di un ridotto nel bastione rivolto verso il porto e la


demolizione del resto dell’opera. Questo progetto non sarà mai realizzato, saranno invece i francesi ad attuare i lavori di potenziamento del sistema fortificato, realizzando una caserma difensiva nella prima metà dell’Ottocento. Gli austriaci apporteranno successive modificazioni, tra cui la costruzione di fornaci per arroventare i proiettili di artiglieria. Nel frattempo, la diga foranea iniziata nel 1830 alla bocca di porto iniziava a mutare l’assetto morfologico di tutta l’area, finendo per separare in maniera significativa il forte dal fronte acqueo fino a renderlo quasi di fatto inutile. Per ovviare al problema della difesa della bocca di porto di Malamocco quindi, sarà poi realizzata la Batteria Rocchetta tra il 1840 e il 1847 per volere degli austriaci durante la seconda occupazione. Nonostante avesse perso la sua

posizione privilegiata sulla bocca di porto, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale il Forte era ancora armato e dotato di una batteria di sei cannoni. In seguito perderà del tutto la sua funzione di difesa e nel 1928 fu dato in concessione alla C.I.G.A. (Compagnia Italiana Grandi Alberghi) e adibito a Golf Club a partire dal 1951. La struttura militare è ancora ben percepibile all’ingresso, con il lungo ponte che attraversa quello che rimane del fossato dando sulla galleria di accesso. Inoltre all’interno restano le tracce dei bastioni e i camminamenti in galleria di epoca austriaca. Ma soprattutto ciò che rimane di questo complesso è la caserma difensiva in mattoni a vista, che esternamente sembra mantenere delle buone condizioni, mentre all’interno versa in condizioni di forte degrado.

aa’_sezione del ponte di ingresso all’area bb’_sezione della caserma difensiva cc’_sezione delle casematte

aa’

bb’

Rielaborazione personale delle sezioni dello stato del Forte Alberoni al tempo della dominazione austriaca (anno 1900) Fonte: Il piano di attacco austriaco contro Venezia: il territorio, la laguna, i fiumi, i forti e le città nell’anno 1900, edizione italiana a cura di Pierandrea Moro

cc’


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Il campo da gioco nella prima metà del Novecento all’interno dell’antica fortificazione. Nella pagina precedente, il ridisegno del campo da golf a 18 buche

Il Circolo Golf Venezia nasceva nel settembre del 1930, il Presidente era il Conte Volpi di Misurata, già Presidente della C.I.G.A, e fu proprio per decisione della C.I.G.A. che venne istituito un campo da Golf di nove buche, affidando il progetto ad una delle persone più esperte in questo campo, l’architetto scozzese Cruickshank. La leggenda vuole che la decisione del Conte sia stata mossa dalla delusione provata dal magnate Herny Ford, uno dei fondatori dell’omonima società di automobili, ospite all’Excelsior nel 1926 e grande appassionato di questo gioco così di moda in America, quando aveva saputo che il più vicino campo di golf era a Cortina D’Ampezzo. Volpi allora si sarebbe recato con Ford alla ricerca di un luogo a Lido che potesse diventare un campo da gioco, trovandolo alla punta più a sud di questa striscia di terra, un’area di 100 ettari, le cui caratteristiche si presentavano all’altezza delle migliori tradizioni britanniche ed

americane. Non si sa per certo se questo episodio sia mai accaduto, ma sicuramente un progetto per un campo da golf, voluto dalla C.I.G.A. era già stato pensato, e lo dimostra una pianta datata 1920-1921, anche se il luogo in cui doveva sorgere non era Alberoni, bensì Punta Sabbioni. In ogni caso i lavori iniziarono nel 1928 attorno all’area del Forte Alberoni, con alloggi militari e scuderie per cavalli che costituiscono oggi l’ossatura della Club House, e videro impegnati circa duecento operai per lungo tempo soprattutto nella sistemazione del terreno, caratterizzato da pendenze e spesso da bonificare. Nel 1951 saranno realizzate altre nuove nove buche, su progetto dell’architetto C.K. Cotton, per un totale di diciotto buche, che rendono oggi il Circolo del Golf di Venezia, inserito all’interno di un ambiente naturale di eccezionale bellezza, un campo importantissimo in Europa e uno dei dieci migliori in Italia.


4.0 Analisi conoscitiva


Dettaglio della facciata sud del Forte Alberoni, Venezia Lido, aprile 2021


Polaroid 1. Entrata al Circolo del Golf 2. Facciata nord del Forte 3. Ingresso centrale del Forte 4. Facciata sud del Forte Alla pagina accanto: inquadramento dello stato di fatto

1.

2.

3.

4.

Prima di procedere alla fase progettuale è stato fondamentale studiare il Forte nei suoi aspetti formali e costruttivi, e successivamente rilevarne lo stato conservativo attraverso l’analisi materica e del degrado per individuare gli interventi più idonei da attuare. A seguito del primo confronto avuto con la committenza è emerso inanzittutto che la caserma vive uno stato di totale abbandono ormai da anni e che

la stessa potrebbe diventare un forte incentivo per il Golf Club, se venisse restaurata e trasformata in una struttura ricettiva. La caserma difensiva si trova in posizione centrale all’interno di quello che rimane del pentagono bastionato. Precisamente collocata tra l’attuale Club House, il campo a diciotto buche e le casematte, chiamate comunemente bunker, anch’esse versanti in stato di degrado e abbandono.


0m

50 m

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200 m


Le casematte risultano essere di fondamentale importanza per la valorizzazione dell’intera area dell’antica fortificazione, sia per la loro collocazione che per la loro conformazione, poiché tali spazi si prestano per un nuovo uso. La prima operazione effettuata è stata un accurato rilievo che ha permesso la restituzione grafica di queste opere militari, delle quali non esiste alcun elaborato. I bunker sono dei locali in muratura ricoperti di terra posti alle spalle della cinta muraria, chiusi e coperti nella parte superiore a prova di bomba,

destinati a ricevere artiglierie per la difesa radente. Il sistema è costituito da sei casematte, di cui tre principali che si sviluppano su due livelli e altre tre che invece si sviluppano su un unico livello rialzato. Interrate per tre lati, vedono delle aperture soltanto sul lato ovest in direzione della caserma e sono caratterizzate da ambienti voltati. Alle spalle dei bunker sono presenti dei passaggi che avevano la funzione di facilitare gli spostamenti dei militari.


Pianta piano primo

Pianta piano terra

Sezione longitudinale 5

15

30 m


Pianta piano terra

Pianta piano primo

1

Dai rilievi eseguiti dalla direzione tecnica della “Ciga Hotels service s.p.a” e dai sopralluoghi effettuati è stato possibile dare una lettura complessiva della caserma. La struttura si presenta come un lungo corpo rettangolare caratterizzato da una forte simmetria. Al suo interno sono presenti sette cellule voltate con un’altezza di sei metri. Sei di queste sono di uguale grandezza, sviluppate su due livelli e la cellula centrale, corrispondente all’accesso principale, è leggermente più grande

5

10 m

e ospita uno scalone semicircolare a due rampe. Ogni cellula ha un accesso indipendente sulla facciata principale. La parte retrostante dell’edificio invece è costituita, su entrambi livelli, da un lungo corridoio che conduce alle varie unità. Alle due estremità del corridoio del primo livello sono presenti delle scale ricavate all’interno della muratura che portano a due aperture, quella a nord attualmente murata mentre quella a sud affaccia su un balconcino.


6,03

Alla pagina precedente: ridisegno delle piante dello stato di fatto. Rettifica del rilievo eseguito dalla direzione tecnica della “Ciga Hotels service s.p.a.” a seguito di sopralluogo. In questa pagina: Tipologia e foto dell’interno di una cellula della caserma.


ura in laterizio e malta ad arco - lista)

ura in laterizio e malta (aggiunta successiva)

ura in laterizio e malta molto alenza del mattone di lista

ura in laterizio e malta regolare da teste di mattoni

TIPO I10_Intonaco da esterno in cemento e malta

TIPO M9_Muratura in laterizio e malta regolare composta solo da teste di mattoni TIPO M4_Muratura in laterizio e malta regolare ad arco composta solo da teste di mattoni

Prospetto ovest

Prospetto est TIPO M2_Muratura in laterizio e malta ad arco (lista - due teste - lista)

Legenda analisi materica TIPO M2_Muratura in laterizio e malta ad arco (lista - due teste - lista) attacco di organismi autotrofi. Presenza di vegetazione: Vegetazione spontanea. TIPO M3_Muratura in laterizio e malta molto irregolare (aggiunta successiva) Efflorescenza: formazione di sostanze biancastre, pulvirulente, sulla superficie del manufatto. TIPO M3_Muratura in laterizio e malta molto irregolare, prevalenza del mattone di lista Patina biologica: strato sottile morbido e omogeneo, aderente alla superficie di coloreevariabile. TIPO M9_Muratura in laterizio malta regolare composta solo da teste di mattoni

Mancanza: caduta e perdita dei laterizi. TIPO M4_Muratura in laterizio e malta regolare ad arco composta solo da teste di mattoni Deposito superficiale: accumulo di materiali estranei di varia natura e di spessore variabile. TIPO P_Materiale lapideo in pietra bianca d’Istria

TIPO P_Materiale lapideo in pietra bianca d’Istria TIPO A_Elementi di rinforzo in pietra o acciaio

TIPO M3_Muratura in laterizio e malta molto irregolare (aggiunta successiva)

TIPO P_Materiale lapideo in pietra bianca d’Istria Frattura e/o fessurazione: degradazione che si manifesta con la formazione di in soluzioni continuità nel materiale. TIPO A_Elementi di rinforzo pietra odiacciaio

Erosione: asportazione di materialein dalla superficie TIPO M9_Muratura laterizio e malta regolare dovuta a processi composta di diversa solo natura. da teste di mattoni

Degrado differenziale: perdita di materiale dalla superficie che ne di tessitura. TIPO S_Elementi in evidenzia plastica o l’eterogeneità ferro

TIPO M4_Muratura inrisalita laterizio e malta regolare Fronte di risalita e/o colatura: umidità di capillare. ad arco composta solo da teste di mattoni

Integrazione incongrua: apporto di materiale incongruo per

risanareda laesterno mancanza di laterizie del paramento murario. TIPO I10_Intonaco in cemento malta

Disgregazione: decoesione caratterizzata dal distacco di granuli o cristalli sotto minime sollecitazioni meccaniche. Rigonfiamento: sollevamento superficiale e localizzato del materiale, che assume forma e consistenza variabili.

TIPO S_Elementi in plastica o ferro

TIPO M3_Muratura in laterizio e malta molto irregolare, prevalenza del mattone di lista

TIPO M3_Muratura TIPO I10_Intonaco da esterno in cemento e malta molto irregolare (agg

TIPO M3_Muratura irregolare, prevalenz

TIPO M9_Muratura composta solo da te

Macchia: presenza di materiale estraneo al substrato.

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Degrado antropico: alterazione dello stato del manufatto quando questa azione è indotta dall'uso improprio.

Prospetto sud

Incrostazione: Deposito compatto e stratiforme di natura inorganica o biologica aderente al materiale originale dell’opera.

Prospetto nord

TIPO A_Elementi di rinforzo in pietra o acciaio TIPO S_Elementi in plastica o ferro 1

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TIPO I10_Intonaco da esterno in cemento e malta

ura in laterizio e malta regolare ta solo da teste di mattoni

Il rilievo dei prospetti è stato realizzato attraverso il fotoraddrizzamento dei fotogrammi effettuati durante i sopralluoghi. A ovest il prospetto principale si presenta con una forte simmetria e regolarità, scandita dalla reiterazione delle aperture, con la presenza dell’imponente portone centrale in pietra d’Istria. Il prospetto est, invece, pur mantenendo un certo rigore assume una diversa conformazione data dalla presenza delle tante feritoie. Di queste, come si evince dalle piante, non tutte sono delle vere e proprie

TIPO M2_Muratura (lista - due teste - lis

fuciliere in quanto alcune murate dall’interno, forse per confondere la traiettoria dello sparo ai nemici. Per quanto riguarda la tipologia di materiali che compongono il manufatto ricordiamo per prima cosa la muratura in mattoni abbastanza regolari, per lo più con una disposizione lista-testa-lista, e il materiale lapideo veneziano per eccellenza, la pietra d’Istria che troviamo per le cornici di aperture e bucature e per il canale di gronda che corre tutto intorno il manufatto.


1. Dettaglio dell’apertura murata sul

2. Dettaglio del canale di gronda,

3. Dettaglio del portone centrale

4. Dettaglio delle bucature sulla fac-

Apertura ad arco murata, caratterizzata da un arco in muratura con teste di mattoni e aggiunta di muratura in mattoni prevalentemente di lista. Architrave realizzato in pietra d’Istria.

Elementi lapidei in pietra bianca d’Istria, una roccia compatta calcarea microcristallina con bassa porosità. Materiale ampiamente utilizzato dai veneziani nelle strutture e nei rivestimenti.

Portone ad arco caratterizzato da elementi lapidei in pietra bianca d’Istria, con infisso in materiale ligneo di colore verde. Il portone d’entrata si colloca al centro della facciata principale e si apre sull’unica cellula più grande che ospita lo scalone semicircolare a doppia rampa.

La facciata est presenta una serie di feritoie, aperture nello spessore del muro per consentire dall’interno la visibilità e l’uso delle armi, intervallate da bucature incorniciate da blocchi in pietra d’Istria e caratterizzata nella parte superiore da muratura in mattoni di forma ad arco con alternanza di lista - due teste - lista.

7. Dettaglio della bucatura sul pro-

8. Dettaglio dell’apertura sul pro-

Nella parte sommitale è caratterizzata da muratura in laterizio di colore rosa e malta, di forma ad arco con alternanza di lista - due teste - lista. Incorniciata da blocchi in pietra bianca d’Istria e presenza di inferriata di sicurezza.

A differenza della facciata gemella, quella a nord, l’apertura esistente non è stata murata, si apre su un piccolo balconcino in pietra d’Istria dotato di una ringhiera in ferro. Si suppone potesse essere stato utilizzato come postazione di vedetta.

prospetto nord

5. Dettaglio del tetto La copertura della caserma si caratterizza per essere un tetto a doppia falda, con una inclinazione di 6°. Tutto intorno la copertura è circondata da un muretto in mattoni, in prevalenza di testa, posati in orizzontale. Il muretto a sua volta si compone nella parte sommitale di un cordolo, anch’esso in muratura di mattoni di testa disposti in verticale, tranne che per un blocco in pietra d’Istria in corrispondenza della linea di colmo.

cordolo di copertura e appoggi

6. Dettaglio della muratura Muratura costituita da elementi in laterizio di colore rosa e da malta, in cui prevale la disposizione del mattone per lista. Dimensioni: 34 cm x 18 cm x 9 cm La malta di allettamento è calce con dimensione dei giunti variabile da 1-2 cm. E’ caratterizzata da un colore grigio chiaro-bianco, composta da inerti con granulometria molto fine.

della facciata ovest

spetto ovest

Gli infissi sono di materiale ligneo di colore verde.

ciata est

spetto sud


TIPO M9_Muratura in laterizio e malta regolare composta solo da teste di mattoni

TIPO M3_Muratura in laterizio e malta molto irregolare (aggiunta successiva) TIPO M3_Muratura in laterizio e malta molto irregolare, prevalenza del mattone di lista TIPO M9_Muratura in laterizio e malta regolare composta solo da teste di mattoni

TIPO in laterizio e malta regolare TIPO A_Elementi di M4_Muratura rinforzo in pietra o acciaio ad arco composta solo da teste di mattoni TIPO S_Elementi in plastica o ferro TIPO I10_Intonaco da esterno in cemento e malta

TIPO M2_Muratura in laterizio e malta ad arco (lista - due teste - lista) TIPO M3_Muratura in laterizio e malta molto irregolare (aggiunta successiva) Presenza di vegetazione: attacco di organismi autotrofi. Vegetazione spontanea.

Frattura e/o fessurazione: degradazione che si manifesta con la formazione di soluzioni di continuità nel materiale.

Erosione: asportazione di materiale dalla superficie TIPO M3_Muratura in laterizio e malta molto dovuta a processi di diversaprevalenza natura. del mattone di lista irregolare,

Efflorescenza: formazione di sostanze biancastre, pulvirulente, sulla superficie del manufatto.

Degrado differenziale: perdita di materiale dalla superficie che ne evidenzia l’eterogeneità di tessitura.

TIPO M9_Muratura in laterizio e malta regolare Fronte di risalita e/o colatura: umidità di risalita capillare. composta solo da teste di mattoni

Patina biologica: strato sottile morbido e omogeneo, aderente alla superficie di colore variabile.

Integrazione incongrua: apporto di materiale incongruo per risanare la mancanza di laterizi del paramento murario.

TIPO in laterizio e malta regolare Macchia: presenza di M4_Muratura materiale estraneo al substrato. ad arco composta solo da teste di mattoni

Mancanza: caduta e perdita dei laterizi.

Disgregazione: decoesione caratterizzata dal distacco di granuli o cristalli sotto minime sollecitazioni meccaniche.

Degrado antropico: alterazione dello stato del manufatto quando questa azione è indotta dall'uso improprio.

Deposito superficiale: accumulo di materiali estranei di varia natura e di spessore variabile.

Rigonfiamento: sollevamento superficiale e localizzato del materiale, che assume forma e consistenza variabili.

Incrostazione: Deposito compatto e stratiforme di natura inorganica o biologica aderente al materiale originale dell’opera.

TIPO P_Materiale lapideo in pietra bianca d’Istria TIPO A_Elementi di rinforzo in pietra o acciaio

Prospetto ovest

TIPO S_Elementi in plastica o ferro TIPO I10_Intonaco da esterno in cemento e malta

Prospetto est

Legenda analisi degrado

Fronte di risalita e/o colatura: umidità di risalita capillare. Macchia: presenza di materiale estraneo al substrato. Presenza di vegetazione: attacco di organismi autotrofi. Vegetazione spontanea. Degrado antropico: alterazione dello stato del manufatto quando questa azione è indotta improprio. Efflorescenza: formazione di dall'uso sostanze biancastre, pulvirulente, sulla superficie del manufatto.

Frattura e/o fessurazione: degradazione che si manifesta con la formazione di soluzioni di continuità nel materiale.

Erosione: asportazione di materiale dalla superficie dovuta a processi di diversa natura.

Degrado differenziale: perdita di materiale dalla superficie che ne evidenzia l’eterogeneità di tessitura.

Fronte di risalita e/o colatura: umidità di risalita capillare.

Incrostazione: Deposito compatto e stratiforme di natura Patina biologica: strato sottile morbido e omogeneo, inorganica o biologica aderente al materiale originale aderente alla superficie di colore variabile. dell’opera.

Integrazione incongrua: apporto di materiale incongruo per risanare la mancanza di laterizi del paramento murario.

Frattura e/o caduta fessurazione: degradazione Mancanza: e perdita dei laterizi. che si manifesta con la formazione di soluzioni di continuità nel materiale.

Disgregazione: decoesionedicaratterizzata dal superficie distacco di Erosione: asportazione materiale dalla granuli o cristalli sotto meccaniche. dovuta a processi di minime diversa sollecitazioni natura.

Degrado antropico: alterazione dello stato del manufatto quando questa azione è indotta dall'uso improprio.

di sostanze biancastre, el manufatto.

Deposito di materiali di varia Degrado superficiale: differenziale:accumulo perdita di materialeestranei dalla superficie natura di spessore variabile. di tessitura. che neeevidenzia l’eterogeneità

Rigonfiamento: sollevamento superficiale e localizzato del Fronte diche risalita e/o colatura: di risalita capillare. materiale, assume forma e umidità consistenza variabili.

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TIPO I10_Intonaco da esterno in cemento e malta

Disgregazione: decoesione caratterizzata dal distacco di granuli o cristalli sotto minime sollecitazioni meccaniche.

Degrado antropico: alterazione dello stato del manufatto quando questa azione è indotta dall'uso improprio.

lo di materiali estranei di varia

Rigonfiamento: sollevamento superficiale e localizzato del materiale, che assume forma e consistenza variabili.

Incrostazione: Deposito compatto e stratiforme di natura inorganica o biologica aderente al materiale originale dell’opera. Frattura e/o fessurazione: degradazione che si manifesta con la formazione di soluzioni di continuità nel materiale.

Efflorescenza: formazione di sostanze biancastre, pulvirulente, sulla superficie del manufatto. Patina biologica: strato sottile morbido e omogeneo, aderente alla superficie di colore variabile. Mancanza: caduta e perdita dei laterizi. Deposito superficiale: accumulo di materiali estranei di varia natura e di spessore variabile.

Prospetto nord

5

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Macchia: presenza di materiale estraneo al substrato.

ei laterizi.

Presenza di vegetazione: attacco di organismi autotrofi. Vegetazione spontanea.

Prospetto sud Macchia: presenza di materiale estraneo al substrato.

Erosione: asportazione di materiale dalla superficie dovuta a processi di diversa natura.

Successivamente sono stateFronte esamicausate dall’umidità di risalita, dalla di risalita e/o colatura: umidità di risalita capillare. nate le diverse degradazioni, che ilvegetazione che cresce indisturbata, Integrazione incongrua: apporto di materiale incongruo per Macchia: presenza di materiale estraneo al substrato. risanare la mancanza dilustrano laterizi del paramento murario. perfettamente lo stato di ab- dall’azione dei venti fino ad arrivare Degrado e antropico: dello stato del manufatto bandono verte la caserma si alterazione all’azione dell’uomo, incurante della Disgregazione: decoesione caratterizzatain dalcui distacco di quando questa azione è indotta dall'uso improprio. granuli o cristalli sotto minime sollecitazioni meccaniche. è potuto notare che le patologie che storia e dell’importanza del manufatRigonfiamento: sollevamento superficiale e localizzato del Incrostazione: Deposito compatto e stratiforme di natura materiale, che assume la forma e consistenza variabili.sono di diversa interessano natura, to.aderente al materiale originale inorganica o biologica Degrado differenziale: perdita di materiale dalla superficie che ne evidenzia l’eterogeneità di tessitura.

dell’opera.


Gli interventi di restauro che si prevedono consistono in operazioni di consolidamento, pulitura, sostituzione e protezione delle finiture. La pulitura di una superficie consiste nell’asportazione di sostanze estranee presenti sul manufatto, e si deve sempre tener conto che anche questa operazione può aggravare lo stato di fatto se non calibrata e se non attuata con tecniche poco invasive. Oltre le operazioni di pulitura si prevede la rimozione di inferriate ed infissi degradati, con la sostituzione degli stessi, la reintegrazione di lacune murarie

con la tecnica del “cuci e scuci” con una nuova muratura in mattoni e la rimozione di una parte di terreno antistante la facciata nord e parte della facciata est, in modo da far emergere quelle porzioni di facciata che risultano celate. L’intervento più delicato previsto è quello del ripristino dell’apertura ad arco sulla facciata nord attualmente muratura, attraverso la tecnica della cerchiatura. La scelta di questo intervento nasce dalla volontà di collegare il preesistente distributivo con il nuovo progetto.

Legenda interventi Reintegrazione di lacune murarie con la con tecnica “cuci e“cuci scuci” dalla patina biologica ed eliminazione delle muffe. Simuffe. di di lacune murarie la tecnica deldel e scuci” dalla patina biologica eded eliminazione delle muffe. Si Si Reintegrazione lacune murarie con ladel tecnica “cuci e scuci” pu1 Pulitura Pulitura dalla patina biologica eliminazione delle co1co1 Reintegrazione pu1pu1Pulitura mediate malta malta di malta calce mattoni, con ricostruzione delle parti procede prima prima alla rimozione dello strato superficiale delle muffe mediate diedi calce e mattoni, con ricostruzione delle parti procede allaalla rimozione dello strato superficiale delle muffe mediate calce e mattoni, con ricostruzione delle parti procede prima rimozione dello strato superficiale delle muffe mancanti. con carta vetrata fine e spatola. si passa di un di di mancanti. con carta vetrata fine e spatola. PoiPoi si all'applicazione passa all'applicazione unun mancanti. con carta vetrata fine e Poi spatola. si passa all'applicazione Consolidamento lesioni mediante iniezioni di boiacche (legante detergente a base di cloro attivo concentrato, che elimina, lesioni mediante iniezioni di di boiacche (legante co2 Consolidamento lesioni mediante iniezioni boiacche (legante detergente a base di di cloro attivo concentrato, che elimina, detergente a base cloro attivo concentrato, che elimina, co2co2 Consolidamento idraulico). combatte e previene, la formazione e la crescita di muffe, alghe e idraulico). idraulico). combatte e previene, la formazione e lae crescita di di muffe, alghe e e combatte e previene, la formazione la crescita muffe, alghe muschi. muschi. muschi. per il miglioramento delle caratteristiche di co3 Consolidamento perper il miglioramento delle caratteristiche di di Consolidamento il miglioramento delle caratteristiche e/o rimozione della vegetazione infestante e successivo co3co3 Consolidamento pu2 Potatura Potatura e/o rimozione della vegetazione infestante e successivo pu2pu2 Potatura e/o rimozione della vegetazione infestante e successivo coesione ed adesione tra i costituenti del materiale lapideo coesione eded adesione tratra i costituenti deldel materiale lapideo coesione adesione i costituenti materiale lapideo controllo della stessa sulla facciata del manufatto controllo della stessa sulla facciata deldel manufatto controllo della stessa sulla facciata manufatto mediante l'utilizzo di sostanze che, penetrando in profondità ed mediante l'utilizzo di di sostanze che, penetrando in in profondità eded mediante l'utilizzo sostanze che, penetrando profondità impregnando le porosità, ne risaldano i legami strutturali. impregnando le porosità, nene risaldano i legami strutturali. impregnando le porosità, risaldano i legami strutturali. Pulitura della superficie muraria attraverso un getto agetto vortice pu3 pu3pu3Pulitura della superficie muraria attraverso unun a vortice Pulitura della superficie muraria attraverso getto a vortice elicoidale, non corrosivo, costituito da unada miscela di acqua, aria e aria elicoidale, non corrosivo, costituito una miscela di di acqua, e e elicoidale, non corrosivo, costituito da una miscela acqua, aria Per la disgregazione della muratura si procede con la spugnatura Per la disgregazione della muratura si procede con la spugnatura i1 Per la disgregazione della muratura si procede con la spugnatura inerti naturali che permette di rimuovere patine,patine, incrostazioni, i1 i1 inerti naturali che permette di rimuovere incrostazioni, inerti naturali che permette di rimuovere patine, incrostazioni, del giunto; stuccatura a filo con cementizia compatibile con con deldel giunto; stuccatura a filo con malta cementizia compatibile giunto; stuccatura amalta filo con malta cementizia compatibile con macchie, lichenilicheni e licheni similiesenza alterare la superficie originaria del deldel macchie, simili senza alterare la superficie originaria macchie, e simili senza alterare la superficie originaria la originaria utilizzando apposite spazzole, fino a riempimento dei deidei la originaria utilizzando apposite spazzole, fino a riempimento la originaria utilizzando apposite spazzole, fino a riempimento manufatto storico.storico. manufatto manufatto storico. vuoti. vuoti. vuoti.

pu4

co1

Pulitura aPulitura seccoa delle superfici con spazzole morbide, scopetti e secco delle superfici con spazzole morbide, scopetti e e a secco delle superfici con spazzole morbide, scopetti pu4pu4Pulitura bisturi.bisturi. bisturi.

Protezione della superficie dall’erosione per mezzo dimezzo composti a della superficie dall’erosione perper mezzo di di composti a a Protezione della superficie dall’erosione composti pu5pu5Protezione base siliconica. base siliconica. base siliconica. di unadi porzione di terreno antistante la facciata una porzione di di terreno antistante la facciata e e r1 Rimozione Rimozione di una porzione terreno antistante la efacciata r1 r1 Rimozione livellamento del terreno. livellamento deldel terreno. livellamento terreno. di inferriate e di infissi degradati e sostituzione degli degli di di inferriate e di infissi degradati e sostituzione r2 Rimozione Rimozione inferriate e di infissi degradati e sostituzione degli r2 r2 Rimozione stessi con nuovi infissi. stessi con nuovi infissi. stessi con nuovi infissi.

pu5

re1

ri1

Reintegrazione di materiale lapideo mediante tassellatura con con di di materiale lapideo mediante tassellatura Reintegrazione materiale lapideo mediante tassellatura con re1re1Reintegrazione grappegrappe metalliche. metalliche. grappe metalliche. Ripristino dell’esistente apertura ad arcoadmediante cerchiatura dell’esistente apertura arco mediante cerchiatura Ripristino dell’esistente apertura ad arco mediante cerchiatura ri1 ri1 Ripristino (tecnica dell’arco armato). (tecnica dell’arco armato). (tecnica dell’arco armato).

analisi del degrado e interventi

re1

pu1

ri1

pu3

r1

pu1

pu1

pu3

pu2

co1

co2

co1

pu3

co1

pu3

r2

co3

co1

stralcio prospetto nord 1:25

pu1 pu1

re1

pu3 re1 re1

ri1 pu3 pu3

i1

pu5

co1

pu4

i1

pu2

pu1

r2

pu4

pu4

pu3

pu3

pu3

r2

pu1

stralcio prospetto est 1:25

stralcio prospetto ovest 1:25

morfologia degrado pu1

pu5

interventi ri1

r1

ri1

r1

r1

pu1

Presenza di vegetazione: attacco di organismi autotrofi. Vegetazione spontanea. Efflorescenza: formazione di sostanze biancastre,

pu1 pu1

pu3

pu3 pu3

pu1

Frattura e/o fessurazione: degradazione che si manifesta con la formazione di soluzioni di continuità nel materiale. Degrado differenziale: perdita di materiale dalla superficie

pu2

pu3 co1 co2 pu1 co1 pu1 pu2 pu2co1 co1 co2 co2 co1 co1

pu3 r2 pu5 co1 co3 co1 pu3 pu3 co1 co1pu3 pu3 r2 r2 co3 co3co1 co1

Erosione: asportazione di materiale dalla superficie dovuta a processi di diversa natura.

i1 pu5 pu5

pu5 i1 i1

co1 pu5 pu4 pu5co1 co1 pu4 pu4

i1

Reintegrazione di lacune murarie con la tecnica del “cuci e scuci” mediate malta di calce e mattoni, con ricostruzione delle parti mancanti. co2 Consolidamento lesioni mediante iniezioni di boiacche (legante

co1

pu1 r2 pu2 pu2 pu1 pu1

pu2 i1 i1 pu1

pu4 r2 r2

pu4 pu4 pu4

pu3

pu3 pu4 pu4 pu3 pu3

Pulitura dalla patina biologica ed eliminazione delle muffe. Si procede prima alla rimozione dello strato superficiale delle muffe con carta vetrata fine e spatola. Poi si passa all'applicazione di un detergente a base di cloro attivo concentrato, che elimina, combat-

r2 pu3 pu3

r2

pu4

r2

pu3

pu1 pu3 pu3 pu1 pu1

Pulitura a secco delle superfici con spazzole morbide, scopetti e bisturi.

pu5 Protezione della superficie dall’erosione per mezzo di composti a


5.0 Progetto 5.1 Masterplan


Vista assonometrica d’insieme


0

50

100

200 m


L’area di progetto, come già anticipato nei capitoli precedenti, è un’ex fortificazione seicentesca che ospita il Circolo del Golf di Venezia. Allo stato attuale la Club House è collocata in quelle che erano le scuderie per cavalli, mentre la caserma e i bunker non sono utilizzati e versano in condizioni di forte degrado. Il campo da golf invece, costituito da 18 buche, circoscrive l’area dell’ex fortificazione fino al limitare dell’Oasi delle Dune. Il progetto, in base alle indicazioni della committenza prevede il restauro e il riuso dell’ex caserma militare la cui nuova destinazione d’uso sarà quella di una foresteria per gli avventori del Golf Club. A seguito dell’analisi del territorio si è evidenziata la sua posizione centrale all’interno del sistema fortificato ed è apparso subito chiaro come tutto il sistema collaborasse insieme. Da qui è sorta la necessità di riqualificazione dell’intera fortificazione circostante la caserma

che non era inizialmente contemplata nel progetto nella logica di recupero di quel complesso che in passato costituiva un unico organismo. In particolar modo i bunker sono elementi peculiari per il loro essere integrati perfettamente nel paesaggio ed essendo in stretta relazione con la caserma, si è deciso di considerarli parte del lavoro. Per la loro collocazione e conformazione, la funzione scelta per il riuso dei Bunker, è quella di un centro benessere per gli ospiti della foresteria e del golf club così da mantenere la relazione con la Caserma. La prima operazione effettuata sul territorio è stata quella di spostare la buca 9 collocata tra la caserma e i bunker, una posizione sfavorevole per lo svolgimento delle nuove funzioni. La buca 9 è una delle buche più importanti dell’intero campo, un colpo cieco che parte al di là dell’antico pentagono, scavalca il corso d’acqua e i bunker per arrivare al green accanto alla caserma.

2

2

5

5

3

3

1

4

6

1

7

12

4

6

7

9 9

8

18

8

18

11

11

13

17 16

15

13

17 16

10

15

10

14

50

100

200 m

Mappa delle buche del campo da golf Stato di fatto

14

50

100

200 m

Mappa delle buche del campo da golf Stato di progetto

12


0

50

100

200 m


Per mantenere le caratteristiche di gioco, senza perdere la particolarità del “salto della montagna”, il tee (la piazzola di partenza) è rimasto oltre il pentagono, mentre il fairway e il green (la buca vera e propria) sono stati spostati molto più a sinistra, in corrispondenza della facciata sud della caserma. La ricollocazione della buca 9 ha liberato l’area interposta fra la caserma ed i bunker. Questo grande spazio verde ospiterà un biolago, uno specchio d’acqua balneabile annesso al centro benessere, costeggiato da un percorso sterrato che connette i due elementi. Con il termine biolago si intende un bacino di acqua dolce artificiale, la cui depurazione avviene attraverso l’impiego di elementi naturali, principalmente piante e ghiaia, in grado di rendere le acque balneabili. Il tipo di depurazione, chiamata fitodepurazione, evita l’utilizzo di preparati chimici come il cloro ed evita lo sversamento di sostanze inquinanti nei sistemi fognari o nel terreno.

Per la parte antistante la caserma dove è presente anche la Club House, invece, è stata mantenuta come linea guida l’assetto originario lavorando sulla sistemazione delle aiuole alberate e dei percorsi pedonali tra di esse. Nello specifico lo spazio antistante la foresteria favorisce gli accessi indipendenti alle camere e per ottenere la privacy degli ospiti sono state disposte delle aiuole di separazione con i relativi percorsi. La caserma militare a cui è stato addizionato un impianto di risalita che consente l’arrivo al tetto giardino acquista quindi, all’interno del processo di riqualificazione dell’ex fortificazione, nuovo valore. Dalla terrazza, adesso praticabile, è possibile traguardare il paesaggio in tutte le direzioni: ad ovest, verso la laguna, ad est e sud, sul campo da golf e in direzione del mar Adriatico, e infine a nord, dove si estende l’isola di Lido.

5

10

30 m

Sezione territoriale


Funzioni esistenti: Nuove funzioni:

Ingresso al Circolo del Golf Foresteria (ex caserma)

Diagramma funzionale dell’area di progetto

Reception del Golf Club Biolago

Club House, ristorante

Centro benessere (bunker)


Terrazza giardino

Centro benessere

Connessione verticale


5.2 La caserma





b

c

8.46

superficie pavimentata 150 m²

8.06

10.46

+ 9.00

superficie calpestabile 410 m²

superficie non calpestabile 390 m²

a

a’ + 9.00 4.80

7.21

5.00

7.21

7.21

33.50

0.00

b

c’ 1

5

10 m

Pianta delle coperture

Demolizioni

Costruzioni


Punto cardine del progetto è il riuso e il restauro dell’ex caserma militare, elemento centrale nel disegno della fortificazione. In stato di abbandono e di inattività da oltre cent’anni si inserisce all’interno del Circolo del Golf come manufatto storico dimenticato, in cerca di una nuova funzione che possa restituirgli valore. Grazie anche alla richiesta della committenza è stato possibile lavorare al progetto di una foresteria per i giocatori o per tutti quegli ospiti che volessero passare momenti di quiete immersi in un scenario unico nel suo genere. Dopo aver studiato l’impianto del manufatto si è determinato quali dovessero essere i punti in cui il progetto poteva inserirsi senza trasfigurare l’edificio storico. I maggiori interventi riguardano l’utilizzo della copertura e l’addizione di un volume esterno quale impianto di connessione verticale servente il piano primo e la nuova terrazza giardino. La realizzazione del tetto giardino, consiste infatti nell’aggiungere materia all’esistente tetto a falda. Dal volume esterno si accede alla terrazza attraverso una passerella che porta all’unica porzione pavimentata della copertura dove vi è la zona bar. La restante parte è composta da superficie verde, di cui circa un terzo non è calpestabile per la presenza di una fitta vegetazione. Il tetto giardino sarà contornato da un “invaso” di piante alte, di 1 metro circa, che fungono da prima barriera anticipando

il parapetto di coronamento dell’edificio. Il volume esterno è una struttura composta da travi e pilastri in legno, con una sottostruttura di irrigidimento in acciaio e un rivestito in alluminio forato bronzato. L’addizione è sormontata da una pensilina - anch’essa in legno - che si estende fino alla zona bar. La scala e l’ascensore vetrato, sorretti dai pilastri in acciaio, sono visibili anche all’esterno attraverso il dispositivo della pelle di alluminio. Idea che nasce dalla reinterpretazione del mattone: La prima operazione è stata quella di ridisegnare i mattoni costituenti le mura della caserma. Da questo pattern è stato ricavato il negativo ovvero le fughe del mattone che andranno a costituire il disegno del rivestimento in alluminio. La stessa texture è stata applicata anche per il parapetto di coronamento dell’edificio, da cui si intravedono le piante presenti in copertura. La scelta dell’alluminio bronzato permette di avere un cromatismo che ben si accosta al mattone e al legno. Il rivestimento del volume, grazie alla sua permeabilità lascia intravedere ciò che è presente al suo interno e il prospetto nord della caserma. Il volume quindi si presenta come una struttura leggera distaccata dall’edificio ed agganciato ad esso, attraverso le passerelle di connessione e la pensilina. Il tetto della pensilina è sorretto dai pilastri posizionati sull’intradosso dei muri trasversali della caserma generando un modulo reiterato.

Prospetto ovest 1

5

10 m


Hall


b

c

0.00

a

a’

camera simplex 80 mq 0.00

camera simplex 80 mq

0.00

camera simplex 80 mq 0.00

hall 76 m²

0.00

camera duplex 111 m² 0.00

camera duplex 111 m²

camera duplex 111 m²

0.00

0.00

0.00

b

c’ 1

5

10 m

Pianta piano terra

Demolizioni

Costruzioni


Per quanto concerne la sistemazione degli spazi interni la prima operazione è stata quella di chiudere il passaggio retrostante tra i diversi ambienti al piano terra, in modo da rendere le cellule degli spazi indipendenti. La cellula centrale, leggermente più grande rispetto alle altre, per la sua conformazione risulta essere la più adatta a diventare la hall. Quest’ambiente sarà caratterizzato da una doppia altezza all’ingresso e dallo scalone preesistente in pietra d’Istria. Durante i sopralluoghi è emerso che i solai esistenti in legno, poggiati su dei barbacani in

pietra, sono da sostituire perché inutilizzabili. Si è deciso di destinare le tre cellule a destra della hall come camere duplex, mentre le tre a sinistra come sei camere simplex. Al piano terra ogni camera ha un accesso indipendente con uno sviluppo in lunghezza. All’ingresso di tutte le camere si ha la zona giorno con una piccola cucina composta da un piano cottura a scomparsa. Per i simplex lo sviluppo in lunghezza continua con la zona notte seguita dal blocco bagno, mentre nei duplex la zona notte è collocata al livello superiore.

Sezione aa’ 1

5

10 m


Camera duplex


b

c

+ 3.00

+ 3.00

+ 4.00

a

+ 3.00

+ 3.00

a’

+ 3.00

camera simplex 63 mq + 3.00

camera simplex 63 mq

+ 3.00

camera simplex 63 mq + 3.00

hall 76 m²

0.00

camera duplex 111 m² 0.00

camera duplex 111 m²

camera duplex 111 m²

0.00

0.00

0.00

b

c’ 1

5

10 m

Pianta piano primo

Demolizioni

Costruzioni


Il duplex è composto da una parte soppalcata posta al centro dell’ambiente che affaccia sulla zona giorno. L’intento è quello di agire, dove possibile, con interventi puntuali e non invasivi nello specifico il solaio non si estende fino ai muri laterali, in modo da lasciare inalterata e visibile la struttura voltata dal livello inferiore. Per accedere alle tre camere simplex al piano primo è necessario percorrere il corridoio retrostante servito dallo scalone della hall.

Queste non dispongono della cucina poiché concepite come sole camere avendo minor spazio a disposizione, inoltre l’accesso centrale permette di avere sui due lati il blocco bagno e la doccia separati dagli spazi serviti. La presenza del corridoio servente i simplex si rende necessaria poiché funge da collegamento tra la passerella del volume esterno con gli ambienti interni della foresteria attraverso la riapertura del varco del prospetto nord.

Sezione bb’

Sezione cc’ 1

5

10 m


Terrazza giardino


Pensilina con pannelli solari

Struttura portante in legno e acciaio

Rivestimento in alluminio bronzato

Terrazza giardino

Sistema di risalita


Prospetto ovest

Legenda materiali Travi e pilastri in legno lamellare Parapetto in alluminio bronzato Pilastri in acciaio

Passerella in calcestruzzo Infissi in legno Pietra bianca d’Istria Muratura in mattoni

0

1

2

5m


Sezione aa’ 0 a

a’

b

b’ c

c’

1

2

5m


Parapetto in alluminio

Vegetazione tappezzante

Pavimentazione drenante

Pavimentazione

Travetto in legno

Trave in legno

Piastra di ancoraggio in acciaio

Appoggio in c.a. di ancoraggio

Strato di separazione e filtro

Drenaggio dell’acqua in pannelli di polistirene espanso

Manto impermeabile antiradice

Massetto pendenziato

Riempimento

Muratura in laterizio e malta

Sezione bb’

0

0.10

0.50

1m


Parapetto in alluminio

Griglia pedonabile

Pozzetto di ispezione

Bocchetta di raccordo

Vegetazione tappezzante

Substrato

Strato di separazione e filtro

Drenaggio dell’acqua in pannelli di polistirene espanso

Manto impermeabile antiradice

Massetto pendenziato

Tubo del pluviale

Canale di gronda in pietra d’Istria

Riempimento

Muratura in laterizio e malta

0

0.10

0.50

1m

Sezione cc’


5.3 I bunker



b

d

a

0.00

c

0.00

0.00

- 0.90

e

0.00

e’

- 1.00 0.00

reception 0.00

spogliatoio

d’

- 1.20

percorso kneipp

piscina 30°C doccia emozionale

b’

bagno turco

sauna

vasca 18°C

0.00

0.00

a’

c’

5

15

30 m

Pianta piano terra

Il riuso dei bunker, parte integrante del paesaggio, fa parte della logica di riqualificazione dell’area dell’ex fortificazione. Caratterizzati da spazi raccolti e interrati per tre lati, ben si prestano alla nuova funzione di centro benessere. Il sistema è costituito da sei casematte, di cui tre principali che si sviluppano su due livelli e altre tre che invece si sviluppano su un unico livello rialzato. Partendo da sinistra si incontra il primo bunker, destinato ad accogliere gli spogliatoi, quelli maschili al piano terra e quelli femminili al

primo piano. Il vero e proprio percorso benessere inizia dal bunker centrale che ospita la doccia emozionale e la piscina a 30°C. La piscina è inserita in due ambienti a tutta altezza collegati tra loro attraverso un passaggio ricavato nella muratura. Gli ulteriori due bunker a destra e a sinistra di quello centrale sono posizionati al livello rialzato ed ospitano le piscine a 27° e 28°. Queste due casematte, non hanno aperture su alcun lato: per permettere alla luce zenitale di filtrare sono stati fatti dei tagli nella copertura.


Sezione aa’

Sezione bb’

5

15

30 m

Prospetto ovest


b

d

+ 3.00

+ 3.80

+ 3.00

+ 3.80

a

+ 3.00

+ 3.80

+ 2.20

e + 3.80

0.00

0.00

+ 3.80

piscina 28°C

+ 3.00

+ 4.00

e’

sala relax bunker impianti 0.00

b’

+ 3.00 + 3.80

piscina 30°C

d’

+ 3.00

+ 1.90 + 3.80

spogliatoio

0.00

+ 3.80

+ 2.20

+ 1.90 + 3.00

+ 3.00

c

piscina 27°C

a’

0.00

c’

5

15

30 m

Pianta primo piano

Nel terzo bunker al piano terra si può beneficiare poi del percorso kneipp, dell’immersione in una vasca di acqua fredda, del bagno turco e della sauna. Al primo livello invece il percorso si conclude con un’area relax, che offre la visuale sul paesaggio e sulla caserma. I tre bunker sviluppati su due livelli sono collegati al loro interno da una scala interna. Alle spalle dei bunker sono presenti dei corridoi di attraversamento, che anticamente ser-

vivano per facilitare lo spostamento dei militari da un ambiente all’altro. Al fine di connetterli l’uno con l’altro sono state addizionate delle gallerie vetrate per permettere il collegamento senza dover uscire all’aria aperta, realizzando in questo modo una struttura unica. All’esterno la presenza del biolago offre agli ospiti del centro benessere la possibilità di immergersi e di rilassarsi alle sue sponde, beneficiando del contesto naturale in cui la struttura è inserita.


Sezione cc’

Addizione

Sezione dd’

Connessione orizzontale

5

15

30 m

Sezione ee’


5.4 Sostenibilità e impianti


Unità esterne Pompe di calore

Serbatoio di accumulo

Scambiatori di calore Split interno

Schema degli impianti Pannelli fotovoltaici Solare termico Tubi per il sistema di riscaldamento delle piscine Tubi per l’acqua calda sanitaria Tubi per il sistema VRF della foresteria


Nell’ambito delle scelte progettuali è stata prestata grande attenzione alla sostenibilità e agli impianti, punti fondamentali per la buona riuscita dell’intervento. Inanzittutto è stato studiato l’impianto di raffrescamento/ riscaldamento e l’impianto per produzione di acqua calda sanitaria all’interno della caserma. Il sistema scelto è il VRV, con due pompe di calore. Un impianto VRV è un impianto ad espansione diretta, sostanzialmente composto da una unità esterna (dotata di compressore e di una batteria di scambio) e da un certo numero di unità interne (ventilatore, la batteria di scambio, la valvola termostatica elettronica e la valvola di deviazione a cassetto). La scelta di questo tipo di impianto non soltanto porta una riduzione dei costi di installazione, ma permette anche l’installazione dell’unità esterna a notevole distanza dalle unità interne. In questo caso, tutte le unità esterne sono state sistemate nell’unico bunker non facente parte il centro benessere. Da qui partono le tubazioni che arrivano all’interno di ogni ambiente della caserma, dove sono presenti le unità interne, due per duplex e una per il resto delle camere. Per la produzione dell’acqua calda sanitaria è stato installato un boiler

come unità interna, a cui arriva l’acqua attraverso le tubazioni che, come abbiamo detto, arrivano dal “bunker degli impianti”. L’acqua calda è garantita anche grazie alla presenza sulla pensilina del solare termico a tubi sottovuoto, con rendimenti elevati garantiti tutto l’anno. È composto da tubi in vetro e un assorbitore con superficie captante, all’interno del quale c’è un piccolo tubo in rame (detto “capillare”), anch’esso sottovuoto. Sfruttando il principio heat pipe, l’energia solare scalda il fluido presente nei capillari, che evapora e porta il calore assorbito al collettore di raccolta. Il fluido vettore che scorre nel collettore trasporta poi il calore al bollitore. Inoltre questo tipo di pannello solare può essere installato anche su superfici piane garantendo l’integrazione architettonica, cosa di fondamentale importanza in un contesto come quello in cui si va ad agire. Per lo stesso motivo, sulla pensilina sono installati anche dei rotoli di pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica. Grazie alla posa in piano e agli spessori ridotti i pannelli si integrano perfettamente alla pensilina e sono difficilmente visibili dal basso.

Pannelli fotovoltaici a film sottile Dim: 2600x1300x17 mm Numero di pannelli: 63

Vista sul paesaggio

Superficie fruibile

Valorizzazione del manufatto

Elevata ritenzione idrica

Risparmio energetico

Miglioramento bioclimatico Biodiversità

Trattenimento delle polveri

Nessun telaio di sostegno

Integrazione architettonica

Risparmio energetico

Valorizzazione del manufatto

Solare termico a tubi sottovuoto Dim: 1173x2244x160 mm Numero di collettori: 21


unità esterna pompa di calore uscita e mandata alla pompa di calore

quadro elettrico

sonda di livello passante a muro

scambiatore di calore

bocchette immissione a parete

bocchette immissione a parete

bocchette immissione a parete

skimmer

scarico di fondo

centrale clorazione

Ø 600

serbatoio cloro

skimmer

Ø 600

prefiltro

collettore di aspirazione

pozzetto di scarico

serbatoio PH filtri

ingresso acque di controlavaggi filtri

pompa ricircolo acque da declorare e strippaggio

pompa declorante

scarico in fogna dopo declorazione

In linea con le scelte sostenibili del progetto, ricorrere al tetto verde è sembrata la più idonea quando si è deciso di intervenire sulla copertura della caserma. I vantaggi della terrazza giardino infatti sono diversi e molteplici: inanzittutto grazie al fatto che si tratta di una superficie fruibile è possibile ammirare il campo da golf e non solo. La capacità di trattenere l’acqua piovana, grazie al naturale assorbimento da parte delle piante e alla ritenzione idrica del substrato e dello strato drenante fa sì che il flusso dell’acqua verso l’impianto di fognatura risulti ritardato e l’acqua sia più pulita. Una parte dell’acqua viene inoltre dispersa dalle piante per evaporazione, una parte confluisce poi nel biolago. Questi meccanismi aiutano a stabilizzare il livello dell’acqua di falda, a ridurre l’impatto delle precipitazioni più intense, a ridurre il rischio di allagamenti e aumentare la biodiversità.

Infine, un altro problema che si è presentato era quello del riscaldamento dell’acqua delle piscine del centro benessere. Anche qui si è deciso di installare un sistema a pompa di calore che cede il calore, attraverso degli scambiatori, all’acqua della piscina che viene veicolata, attraverso opportuno by-pass dal circuito di circolazione, appunto all’interno della pompa di calore. La scelta di questo tipo di impianto per riscaldare le piscine è data dal fatto che risulta essere la soluzione più avanzata, tecnologica, efficiente ed ecologica presente sul mercato. A parità di potenza termica erogata, è il sistema che meno consuma energia elettrica. L’utilizzo di quest’ultima infatti si limita ad una minima parte, in quanto la pompa di calore ha la capacità di prelevare il resto dell’energia necessaria dall’ambiente esterno (dall’aria, dalle precipitazioni, dal sole, dal calore, dal terreno).


Calcoli

Sulla pensilina sono stati installati 63 pannelli fotovoltaici, ¾ dello spazio disponibile, mentre ¼ è stato destinato al solare termico. Ogni pannello ha una potenza di picco di 500 W, per cui considerano il numero di pannelli si ha: 500 W x 63 = 31 500 W, ovvero 31, 5 kW Inoltre, dato che i pannelli vengono installati a 0° su una superficie piana, bisogna considerare una perdita di efficienza del 10%, per cui: 31,5 kW x 0,9 = 28, 4 kW I pannelli fotovoltaici quindi assicurano in totale 28,4 kW di potenza di picco. Per capire se il fabbisogno elettrico è stato soddisfatto è stata calcolata la potenza installata dei diversi dispositivi: Luci: 10 W/m² di superficie occupata = 10 W/m² x 880 m2 = 8.800 W Computer: 200 W x n° 10 = 2.000 W Frigorifero: 200 W x n° 6 = 1.200 W Televisori: 200 W x n° 10 = 2.000 W Asciugacapelli: 2.000 W x n°2 (ipotizzando siano accesi contemporaneamente) = 4.000 W Potenza frigorifera del VRF (unità esterna): 40 kW, da trasformare in potenza elettrica: 40.000 W / 3 = 1.3333 W Unità interne (split): 80 W x n° 13 = 1.040 W Tutte queste potenze vanno sommate e ad esse va applicato un coefficiente di contemporaneità che per le strutture ricettive è 0,6-0,8, per cui: (8.800 + 2.000 + 1.200 + 2.000 + 4.000 + 1.3333 + 1.040) W x 0,8 = 25898,4 W ovvero 25,9 kW La potenza installata quindi è di circa 26 kW, meno della potenza totale di picco dei pannelli installati, e quindi il fabbisogno elettrico risulta essere soddisfatto.

Per l’impianto di acqua calda sanitaria sono stati dimensionati i serbatoi di accumulo analizzando i principali parametri che servono a calcolare il volume dei bollitori. Il periodo di punta è il periodo, generalmente valutato in ore, in cui risulta concentrato il maggior consumo d’acqua calda. Secondo la tabella della Caleffi il periodo di punta risulta essere di 1,5 h. È stato poi calcolato il consumo d’acqua calda nel periodo di punta, che per le strutture ricettive è di 180L per camere con servizi dotati di vasca e 130L per camere con servizi dotati di doccia, ad una temperatura di utilizzo di circa 40°C. La temperatura dell’acqua fredda, trovandoci al Lido di Venezia e quindi in Italia settentrionale, si fa convenzionalmente oscillare tra i 10°C e 12°C. La temperatura di accumulo dell’acqua calda, infine, compatibilmente con i limiti imposti dalla norma UNI 9182 è intorno ai 60°C. Un ulteriore dato da tenere in considerazione è il periodo di preriscaldamento dell’acqua nei bollitori, che per gli alberghi è di 2 h. Per determinare il calore totale necessario a riscaldare l’acqua nel periodo di punta, si moltiplica il consumo di acqua calda richiesta nel periodo di punta per la differenza di temperatura di utilizzo e temperatura di alimentazione di acqua fredda. C = (180 L x 6) + (130 L x 9) = 2.250 L Qt = C x (Tu – Tf) = 2.250 L x (40°-10°) = 67.500 kcal Si calcola poi il calore orario che deve essere ceduto all’acqua in base al calore totale richiesto e al tempo in cui può essere ceduto, in base al tempo dato dalla somma fra il periodo di preriscaldamento e il periodo di punta. Qh = Qt / Tpr + Tpu = 67.500 kcal / 2h + 1,5h = 19.285 kcal/h

Si determina il calore da accumulare nella fase di preriscaldamento moltiplicando il calore orario per il periodo di preriscaldamento. Qa = Qh · Tpr = 19.285 kcal/h x 2h = 38.571 kcal/h Infine si calcola il volume del preparatore d’acqua calda dividendo il calore da accumulare per la differenza fra la temperatura dell’acqua di accumulo e la temperatura dell’acqua fredda. V = Qa/ Ta – Tf = 38.571 kcal/h / 60° -10° = 771, 43 L Il calore orario viene convertito da kcal/h a KW: Qh = 19.285 x 1,16 = 22.370 W / 1.000 = 22,4 KW/h Quindi il serbatoio d’accumulo scelto per la produzione dell’acqua calda sanitaria è un serbatoio di 1000L collegato ad una pompa di calore da 24 kW.


Per il dimensionamento del sistema VRV a pompa di calore per il raffrescamento/riscaldamento della foresteria, per prima cosa sono state determinate le condizioni termoigrometriche di progetto per la città di Venezia. Ci troviamo in zona climatica E, in cui il periodo di riscaldamento va dal 15 ottobre al 15 aprile per un massimo di 14 h al giorno e il periodo di climatizzazione va dal 1 giugno al 15 settembre. Gradi giorno: 2.345 GG.

Estate Inverno T (°C) U.R. (%) T (°C) U.R. (%)

Esterno Interno

31 51 26±1 50±10

-5 80 20±1 50±10

Dopodiché sono state considerate le caratteristiche dell’edificio: è stato tenuto conto della stratigrafia delle pareti e dell’occupazione di ogni ambiente, dei carichi elettrici interni e dell’irraggiamento solare. Dimensione totale ambiente da riscaldare: 757 m² Occupazione totale dell’edificio stimata: 23-24 persone Dai vari calcoli effettuati è risultato che nel periodo estivo i carichi termici sono: Ore 08.00: 26.995 W Ore 12.00: 26.945 W Ore 16.00: 37.031 W Mentre i carichi termici durante il periodo invernale sono: 24.540 W La pompa di calore è stata scelta sui carichi termici estivi e non invernali in quanto in inverno richiede meno potenza termica. Considerando che la foresteria funzioni maggiormente in estate si sceglie una pompa di calore da 40 kW basandosi sui carichi termici estivi (37 kW).

Per dimensionare l’impianto a pompa di calore per il riscaldamento delle piscine sono stati effettuati i seguenti calcoli. Le piscine da riscaldare sono tre: una a 27°C, una a 28°C e una 30°C. Le prime due hanno le stesse dimensioni, circa 54 m², mentre l’ultima è di circa 43 m².

Nella fase di preriscaldo quindi devo dare una potenza:

Piscina 1_si ha la fase di preriscaldo a 27° C. Calcolo il volume della piscina:

Adesso faccio il calcolo a regime con una potenza di reintegro del 5% del volume della piscina da 12°C a 27°C

V = A (area) x h (altezza dello specchio d’acqua) = 54 m² x 1,20 m = 64,8 m³ = 64.800 L L’energia da riscaldare in 72 h è: E = (Temperatura da riscaldare – Temperatura dell’acqua) x L = (27°C – 12°C) x 64.800 = 972.00 kcal 972.00 kcal / 72 h = 13.500 kcal/h = 15 kW Considero la Gv = portata dell’acqua evaporata (kg/h) = 16 kg/h qL = 16 kg/h x 600 kcal/kg x 1,16 kW/kcal = 11,2 kW Ipotizzo che il coefficiente di trasmissione del calore sia k = 0,4 w/m2K, e calcolo il calore disperso tra le pareti della piscina a 12° C e l’acqua a 27°C: Q1 = h (altezza dello specchio d’acqua) x [(l1x2) + (l2x2)] (perimetro della piscina) x k (coefficiente di trasmissione del calore) x (Temperatura da riscaldare – Temperatura dell’acqua) = 1,20 x (18,6 + 11,6) m2 x 0,4 w/m2K x (27°C – 12°C) = 217, 44 W = 0,218 kW Calcolo la dispersione sul fondo della piscina: Q2 = A (area piscina) x k x (T2-T1) = 54 m2 x 0,4 w/m2K x (27°C – 12°C) = 324 W = 0,324 kW

p = E + qL + Q1 + Q2 = 15 kW + 11,2 kW + 0,218 kW + 0,324 kW = 27 kW circa nella fase di preriscaldo

p = 0,05 x V (volume) x (T2-T1) = 0,05 x 64.800 L x 15°C = 48.600 kcal Considerando un riciclo ogni 5 ore p = 48.600 L/5 h x 1,16 kW/kcal = 11,3 kW Infine considerando anche qL avremo che: p = qL + p = 11,2 kW + 11,3 kW = 22,5 kW Dato che 27 kW (fase di preriscaldo) < 22,5 kW (fase a regime), la macchina dovrà avere una potenza uguale o superiore a 27 kW. Ripeto il calcolo per le altre 2 piscine. Piscina 2 = 28 kW Piscina 3 = 33 kW La macchina scelta è una PDC (pompa di calore) da 120 kW da collegare a tre scambiatori di calore da 40 kW (uno per piscina).


6.0 Bibliografia e sitografia


Bibliografia 1. La Laguna di Venezia nella cartografia storica a stampa del Museo Correr a cura di Giuliana Baso, Marisa Scarso, Camillo Tonini, Marsilio, 2003 2. Lido di Venezia oggi e nella storia, Giorgio e Patrizia Pecorai, Lido, Edizioni Atiesse, 2007 3. La laguna, Eugenio Miozzi, Venezia, Libeccio, 1968 4. Il giardino del doge, i giardini del popolo: studi sul restauro urbano e sul recupero e riuso delle isole e delle fortificazioni della Laguna di Venezia, 1993-1998, Giovanni Battista Stefinlongo; prefazione di Pasquale Ventrice Sottomarina, Chioggia, Il leggio libreria editrice, 1998 5. I forti di Venezia: i luoghi del sistema difensivo veneziano : il sistema difensivo lagunare, la piazza fortificata di Venezia, le installazioni militari cittadine, il campo trincerato di Mestre, fotografie a colori, mappe e piante, musei e siti da visitare, indirizzi utili, Mauro Scroccaro, Fidenza, Mattioli 1885, 2015 6. Lido di Venezia: atlante storico, Giovanni Distefano, Venezia, Supernova, 2013 7. Il piano di attacco austriaco contro Venezia: il territorio, la laguna, i fiumi, i forti e le città nell’anno 1900 (con le schede sulla storia e lo stato attuale delle fortificazioni veneziane), Venezia, Marsilio, 2001 Ed. italiana a cura di Pierandrea Moro, Traduzione di Sergio Mangiarotti, P. Moro.

Sitografia 1. https://www.mosevenezia.eu/wp-content/uploads/2018/12/QL1-Grigoletto.pdf 2. https://lidodivenezia517941979.wordpress.com/2019/02/02/alberoni/#jp-carousel-666 3. http://www.fortificazioni.net/forti/ALBERONI.htm 4. http://www.bunkerarcheo.it/report_scheda.asp?Id_ComRep=2 5. https://www.venicesunset.it/sistema-difensivo-laguna-venezia/ 6. http://www.nicolasaba.it/e_ep/e_ep9/forti.htm 7. https://www.circologolfvenezia.it/ 8. https://www.dunealberoni.it/il-territorio-2/ 9. https://www.mosevenezia.eu/bocca-di-malamocco-2/ 10. https://www.caleffi.com/sites/default/files/certification_contracts/idraulica_16_it.pdf 11. https://www.daku.it/it 12. https://www.generalsolarpv.com/ 13. https://www.clima-italia.com/prodotti/sistemi-vrv-e-vrf 14. https://residenziale.viessmannitalia.it/quando-installare-i-pannelli-solari-termici-sottovuoto




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