MY-NCAA 2015

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INDICE CONFERENCE PREVIEWS ACC, di Luca Antonelli BIG12, di Michele Pasquali BIG10, di Claudio Pavesi BIG EAST, di Niccolo’ Costanzo SEC, di Alessio Bonazzi PAC-12, di Luca Ngoi MWC, di Luca Ngoi MINORS, di Filippo Antonelli

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L’EDITORIALE DI CARLO PEROTTI

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Breve lezione di coach John Thompson III in un pomeriggio d’agosto. Scritto da Niccolò Costanzo

15 giocatori da tener d’occhio nelle Conference minori. Scritto da Filippo Antonelli

LO SPROVVEDUTO E IL MAESTRO

Dietro la maschera dello studente atleta

TOP TEN FRESHMAN, di Niccolò Costanzo SOPHOMORE, di Claudio Pavesi JUNIOR, di Niccolò Costanzo SENIOR, di Claudio Pavesi

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OLTRE LE MAJORS

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VIAGGIO ALL’INTERNO DI ST.JOHN’S

TRAVIS ILLIAN - HARDER, BETTER, FASTER, STRONGER

L’intervista di Claudio Pavesi con Luca Virgilio, Graduate Assistant dei Red Storm

L’intervista di Claudio Pavesi con lo strenght and conditioning coach di UConn

MY-Basket non è in alcun modo collegato alla NBA, alla NCAA o ad altre organizzazioni e l’utilizzo dei marchi registrati appartenenti ai rispettivi proprietari è da considerarsi con finalità illustrative e non a fine di lucro. Tutte le foto contenute in questo magazine sono tratte dalla ricerca immagini di Google e sono state utilizzate per finalità non commerciali.

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L’EDITORIALE DI GABRIELE GALLUCCIO

Ormai il magazine sulla NCAA si può considerare il nostro cavallo da battaglia. Nonostante i tanti impegni personali che hanno contraddistinto la redazione nell’ultimo periodo, My-Basket non ha voluto privare i suoi lettori di un numero imperdibile riguardante il college basketball. Oltre alle consuete preview delle principali Conference e alle classifiche dei migliori giocatori e di quelli da tener d’occhio pur non avendo un nome altisonante, all’interno del magazine potrete trovare anche diversi approfondimenti su temi per nulla scontati.

Inoltre, questo numero sulla prossima stagione NCAA è arricchito anche dai contributi esterni di Luca Virgilio, Graduate Assistant di St. John’s, e di Travis Illian, famosissimo preparatore di UConn. Con la certezza di aver profuso il massimo impegno e la speranza di aver svolto un buon lavoro, a nome di tutti i collaboratori vi auguro una piacevole lettura!


L’EDITORIALE DI CARLO PEROTTI Jim Boeheim e Syracuse, Roy Williams e North Carolina, Rick Pitino e Louisville, Larry Brown e Southern Methodist. Parliamo di quattro grandi coach degni appartenenti della Hall of Fame e di quattro delle più famose università del college basketball, anche se SMU non ha lo stesso pedigree. Tutti implicati in vari scandali che stanno scuotendo il mondo della NCAA fra procaci strippers, istituti fantasmi, spintarelle a studenti lazzaroni ed ignoranti e aiuti economici sottobanco. Siamo pronti a scommettere che questi grandi coach usciranno più o meno puliti dalla bufera, troppo intelligenti e carismatici per cascare in mosse ingenue, ma pur amando la favola della NCAA non crediamo alla favolette. Non possiamo proprio credere che Roy Williams non si sia mai

chiesto perché diavolo la totalità dei suoi giocatori erano iscritti alla Facoltà di Studi Afro Americani, persino i suoi pochi giocatori bianchi come Zeller studiavano la storia degli afroamericani?! Non si è mai chiesto come mai tutti i suoi studenti avevano scelto un percorso scolastico che portava al nulla cosmico? Favolette… Non possiamo credere che Pitino o Boeheim, che sono monarchi assoluti dei loro atenei e che notano se una segretaria sposta una penna sul suo bancone, non siano consapevoli delle mosse dei loro assistenti che facevano risultare un analfabeta come Fab Melo in grado di dare degli esami scritti o che si adoperavano per organizzare party selvaggi con alcune strippers per sollazzare gli appetiti sessuali delle giovani reclute indecise su quale college scegliere ed in preda agli ardori

ormonali dell’adolescenza. Alla fine pagherà il povero assistant coach Andre McGhee ma Pitino ha quanto meno girato la testa dalla parte opposta facendo finta di non sentire e vedere. Perché invece la NCAA è business e portare i migliori talenti nella propria squadra è vitale per i coach. Più vitale dell’insegnamento dei fondamentali. E Rick Pitino i suoi $6,004,529 se li deve guadagnare. Parliamo infatti di una “lega” che riceve 702 milioni di soli diritti televisivi annui elargiti dalla CBS per la March Madness tanto che nel 2013 la National Collegiate Athletic Association è arrivata finalmente a sfiorare il miliardo di dollari di entrate per un totale di 912 milioni di dollari. Oltre alla generosa donazione della CBS, 82.3 milioni di dollari arrivano dai biglietti del Torneo

NCAA, 41.4 milioni da investimenti vari, 28.3 milioni dai vari tornei non necessariamente di Division I, 24 milioni dalla ESPN e 21 milioni dalle televisioni locali, gli spicci rimanenti da vendite di merchandising, facilities ed amenità varie. Di tutta questa torta gli studenti vedono ben poco: allo Student Assistence Fund vanno 73.5 milioni di dollari ed allo Sport Sponsorship Fund 62.7 milioni. Il resto viene spartito fra la NCAA e le università aderenti in vari fondi, investimenti ed attività. Interessante lo studio fatto da David Berri che ha analizzato il valore delle prestazioni dei Jayhawks di Kansas nella stagione 2013-14. Seguendo il metodo dell’economista Gerald Scurry che nel 1974 aveva calcolato il guadagno economico che ogni atleta, principalmente per il baseball professionistico, induce con le sue prestazioni per la propria squadra, secondo vari parametri, Joel Embiid ha prodotto a favore di Kansas circa $777,286, non avendo anche potuto partecipare al Torneo NCAA per infortunio, mentre Andrew Wiggins, che fu solo il quarto fra i Jayhawks per produzione totale, ne ha prodotti $450,000. Il tutto in cambio di una borsa di studio che ha un valore di circa $120,000 compresi vitto, alloggio e benefits. E per una laurea che nessuno dei due aveva la minima intenzione di prendere. Ecco dunque la grande ipocrisia di questo sistema che “costringe” i migliori atleti in uscita dalla high school a parcheggiarsi per un anno in un college chiedendo, in cambio dei soldi che l’atleta stesso produce, visibilità televisiva (necessaria per i futuri sponsor e per avere una fan-base più ampia possibile), statistiche adeguate e (perché no) la possibilità di passarlo coccolati e viziati nelle migliori facilities e nei migliori atenei. Lo studio? Un fastidioso effetto collaterale.

Tutto questo a loro rischio e pericolo. Se Embiid avesse dato segni evidenti di inefficienza fisica a Kansas sarebbe stato terza scelta assoluta? No. Al momento Embiid vale una tarda prima scelta ed è pure una scelta di quelle rischiose. Si sarebbe giocato per sempre i $17,981,026 che i Sixers dolorosamente gli elargiranno in quattro anni. Se Jabari Parker si fosse rotto il crociato nella sua unica campagna inconcludente a Duke sarebbe stato seconda scelta assoluta? Probabilmente no. E i Parker o i John Wall, oltre a produrre visibilità, attrattività per le reclute future e denaro cosa hanno portato dal punto di vista sportivo ai loro college? Ben poco. Ma sul piano economico i One and Dones come Wall, Parker, Okafor o Simmons portano più introiti di un titolo NCAA vinto con Jon Scheyer o uno solo sfiorato con Frank Kaminsky. Durante una nostra chiacchierata con Mike Krzyzewski gli chiedemmo come mai negli ultimi anni fosse passato ai One and Dones come Irving o Okafor dopo averli rifiutati per anni. Con la sua consueta schiettezza ci rispose che sono un male necessario per vincere. Non necessariamente in campo ma anche sul piano economico, aggiungiamo noi. Come per esempio University of North Carolina at Chapel Hill che guadagna dai suoi atleti $19,852,544 a fronte di $7,488,429 di spese per un guadagno netto di $12,364,115, pari ad un favoloso 62.3% di ricavo. Coach K propose poi la sua ricetta che sposiamo completamente: annullare l’ipocrita regola dell’anno obbligatorio al college permettendo a chi si sente pronto (o ne ha la necessità economica) di passare direttamente pro al termine della High School ed invece obbligare a chi sposa la scelta del college a completare il program-

ma di studi almeno sino all’anno da junior (compreso) come accadeva in passato. Solo in questo modo il college basketball tornerà ad avere una funzione realmente educativa ed i suoi meravigliosi allenatori - It’s a Coach Game - torneranno ad insegnare pallacanestro invece che organizzare festini con strip tease, così torneremo a vedere squadre che giocano una bella pallacanestro, come la Wisconsin di Bo Ryan (l’ultimo dei puri) e magari creare più giocatori validi e preparati che a cascata arriveranno più pronti anche in Europa. Tanto i fenomeni se ne staranno nella NBA, come accadeva anche in passato. Alla NCAA la scelta fra educazione e business.

Nella foto: Mike Krzyzewski, coach di Duke


FREEDOM OF MOVEMENT

DI GABRIELE GALLUCCIO Venticinque nuove regole per provare a cambiare in meglio il college basketball, che negli ultimi anni ha sofferto sempre di più i ritmi troppo lenti e la durata talvolta eccessiva delle partite. In questo modo, i vertici della NCAA sperano di lasciarsi presto alle spalle una stagione 2014-15 che ha fatto registrare alcuni minimi storici: i 67.6 punti di media realizzati complessivamente da tutte le squadre del circuito rappresentano il secondo dato più basso di sempre nelle ultime 50 stagioni, e sono accompagnati dai soli 64.8 possessi a partita (è dal 2002 che mediamente non se ne giocavano così pochi, ndr). Per invertire immediatamente la tendenza, sono state adoperate delle contromisure che sostanzialmente hanno lo scopo di aumentare il punteggio e soprattutto il ritmo del gioco, in modo da renderlo più veloce, fluido e con meno interruzioni.

CRONOMETRO - Tra i venticin-

que cambiamenti che verranno introdotti a partire dalla stagione 2015-16, il più tangibile è sicuramente quello che riguarda il cronometro: le squadre non avranno più 35 secondi per costruire l’azione, bensì 30. Che cosa può comportare ciò? Vedremo realmente un gioco diverso rispetto al passato? Sicuramente costringerà le squadre ad avviare più velocemente i propri schemi offensivi e quindi difficilmente si vedranno ancora i giocatori perdere tempo con la palla tra le mani. Chi però crede che 5 secondi in meno possano fare la differenza al punto tale da avere sempre incontri con punteggi alti, si prepari a rimanere deluso: probabilmente con questa nuova regola il gioco sarà un po’ più veloce e sicuramente con un numero maggiore di possessi, ma allo stesso tempo le difese ad esempio potrebbero utilizzare di

più la pressione a tutto campo per far perdere ulteriori secondi preziosi (e bisogna anche considerare che da quest’anno si avranno solo 10 secondi per superare la metà campo, ndr). Come per ogni cosa, l’introduzione dei 30 secondi ha i suoi pro e i suoi contro: la sensazione è che nell’immediato non si noterà una differenza così netta rispetto al passato come in molti vorrebbero far credere, ma a lungo andare questa modifica, se ben “assorbita” dai team, potrebbe contribuire al miglioramento del gioco collegiale. Importante sarà non estremizzare ulteriormente la regola del cronometro per inseguire la ricerca ossessiva di partite a punteggio più alto e quindi più divertenti: 30 secondi anziché 35 hanno un senso, ma guai a commettere l’errore di portare il cronometro a 24 come nella NBA e in Europa, perché ciò sarebbe la morte del college basketball, che

a quel punto verrebbe completamente snaturato.

FISICITÀ - Il cambiamento che in-

vece potrebbe avere fin da subito un impatto determinante è quello che limiterà la fisicità attraverso un’applicazione più rigorosa da parte degli arbitri delle regole difensive e l’allargamento del semicerchio sotto canestro (portato da 3 a 4 piedi, ndr). Ciò significa che, almeno inizialmente, verranno chiamati più falli, dato che servirà un periodo di assestamento per abituarsi alle modifiche, e questo quindi potrebbe addirittura allungare la durata delle partite anziché accorciarla. Ma nel tempo si dovrebbero vedere gli effetti positivi di una pallacanestro meno fisica, con più libertà di movimento e con un ritmo maggiore. Questi cambiamenti per limitare la fisicità, però, potrebbero non giovare affatto alle squadre che non hanno a disposizione un materiale tecnico eccelso e che quindi fanno della difesa la loro arma primaria: la NCAA ha chiaramente fatto capire che non vuole più vedere partite brutte, con ritmi bassi e difese ermetiche, ma queste spesso sono la chiave del successo di team di seconda fascia, che quindi potrebbero uscirne penalizzati nonché snaturati.

TIMEOUT E ALTRO - Andiamo

adesso a vedere alcune nuove regole meno importanti di quelle descritte in precedenza, ma comunque pensate con la chiara intenzione di garantire più spettacolo e meno noia: i giocatori potranno finalmente schiacciare durante i warmups, mentre gli allenatori dovranno fare a meno di un timeout (da 5 son diventati 4), che tra l’altro non potrà più essere chiamato quando la palla è in gioco. Ciò renderà sicuramente più fluido il gioco, almeno per chi lo guarda da casa. E non è da escludere che possano verificarsi un maggior numero di finali di partita vibranti e senza sosta, scatu-

riti da un possibile esaurimento precoce dei timeout di squadra. Altre regole “minori” riguardano sostanzialmente gli arbitri, che avranno modo di rivedere sul monitor eventuali simulazioni (e ovviamente di punirle, in modo da porre fine per sempre al fenomeno del flopping, ndr) e potenziali canestri segnati oltre il limite di tempo in qualsiasi momento dell’incontro. Insomma, la NCAA sta cercando di aprire una nuova era, fondata su una pallacanestro più pulita, fluida e veloce, che sia un po’ più vicina a quella della NBA o dei

principali eventi internazionali. “Freedom of movement” è lo slogan che sta accompagnando questo periodo di rinnovamento, che va considerato a tutti gli effetti un motivo in più per seguire questa stagione collegiale.


VIAGGIO ALL’INTERNO DI ST. JOHN’S DI CLAUDIO PAVESI

St. John’s è un college interessante per diritto di nascita. Rappresentare il basket a New York non è facile, specie quando si ha un passato prestigioso. Ora St. John’s si ritrova in un momento chiave della sua storia, ha infatti cambiato allenatore decidendo di puntare su una leggenda del campus: Chris Mullin, ex stella NBA e membro del Dream Team originale del 1992. I Red Storm sono anche interessanti per il pubblico italiano visto che schierano nel proprio roster l’ex giocatore della Stella Azzurra Roma Amar Alibegovic e l’ex Reggio Emilia Federico Mussini, uno dei talenti più celebrati del basket italiano. Per scoprire tutto quello che St. John’s ha in serbo nel presente e nel futuro decido di contattare chi il campus e soprattutto la squadra di basket li vive dall’interno: Luca Virgilio, Graduate Assistant ai Red Storm, trasferitosi da Roma a New York per affrontare l’avventura NCAA. Per prima cosa, puoi spiegare di cosa ti occupi a St. John’s University? «Il mio ruolo per definizione è quello di Graduate Assistant, ovvero faccio parte dello staff tecnico e allo stesso tempo frequento un graduate master in Sport Management. Principalmente le mie mansioni sono legate alle “basketball operations” e allo stesso tempo sono di supporto al coaching staff».

Anche quando eri in Italia ti occupavi di basket. Come è avvenuto il trasferimento da Roma a New York? «In Italia ho collaborato a lungo con Eurohoope, il sito che si occupa dello scouting di giovani cestisti. Grazie a questa esperienza mi sono fatto una cultura di basket giovanile europeo e ho costruito un network di conoscenze in giro per tutta Europa. Allo stesso tempo, le mie due Lauree in Economics e Business Administration mi hanno permesso di avere un solido background di competenze economiche. Questo mix di esperienze è ciò che mi ha portato a New York, infatti lo staff di Steve Lavin, ovvero il coaching staff precedente a quello dell’attuale coach Chris Mullin, cercava qualcuno che aiutasse i Red Storm a creare una sorta di ponte con l’Europa per conoscere meglio i giocatori europei che anno dopo anno avrebbero avuto l’occasione di ottenere una borsa di studio per giocare in NCAA. A St. John’s questa posizione era vacante e, dopo una svariata serie di contatti, coach Lavin e il suo staff mi hanno offerto il posto. La posizione di Graduate Assistant però è suddivisa in due parti, quella del membro dello staff della squadra di basket e quella dello studente, così ho deciso di seguire il corso di Sport Management. Dal settembre 2014 sono quindi parte di questa organizzazione».

Parlando appunto della gestione di coach Lavin, quest’ultimo è stato licenziato dopo la sua miglior stagione (a pari merito col suo debutto). Te lo aspettavi? «A mio modo di vedere l’anno scorso abbiamo portato a termine un’ottima stagione. In Big East è stata dura ma abbiamo avuto anche un calendario “non conference” davvero difficile. Abbiamo giocato contro Minnesota, quotatissima a inizio anno, ma ce la siamo giocata a lungo anche contro Gonzaga e abbiamo vinto contro Syracuse, cosa che a New York è particolarmente importante. Siamo stati anche numero 15 del ranking ma abbiamo perso qualche posizione all’inizio del periodo delle sfide di conference a causa di qualche sconfitta. Poi sono arrivati i problemi interni tra infortuni e qualche giocatore che si è lasciato andare dal punto di vista disciplinare. Ciò ha ristretto al massimo le nostre rotazioni, infatti qualche partita l’abbiamo giocata con cinque o sei giocatori. A fine stagione purtroppo abbiamo perso quasi tutta la squadra causa l’alto numero dei senior e infatti non era ancora chiaro come si sarebbe strutturata la squadra per la stagione successiva, la 2015-16, e coach Lavin era al penultimo anno di contratto e per questo l’allenatore e l’Università hanno preferito andare in due direzioni diverse. Per Lavin infatti era difficile entrare nell’ultimo anno di contratto senza un rinno-

vo, d’altronde è difficile reclutare giocatori per un progetto a lungo termine senza avere la certezza di restare a lungo in squadra e al tempo stesso l’Università ha voluto dare un forte segnale di cambiamento». Parlando di questa situazione applicata al punto di vista tuo e dei tuoi colleghi, cosa vuol dire per un membro dello staff perdere l’allenatore che lo aveva assunto? «Non è stato un momento semplice. Coach Lavin ha convocato tutto lo staff e ha detto semplicemente “Ragazzi, è finita. Da domani non sarò più il coach di St. John’s. In bocca al lupo per tutto”. E’ successo tutto molto rapidamente». Immagino. Era anche la conclusione del tuo primo anno quindi credo non fossi già abituato a tutti i meccanismi della circostanza. «Esatto. Siamo rimasti tre o quattro giorni senza avere un allenatore e io non potevo fare altro che seguire i rumors online come chiunque altro. Per alcuni sarebbe arrivato Bob Hurley, per altri Chris Mullin, altri ancora ipotizzavano altri nomi ma io non sapevo cosa sperare dato che non conoscevo personalmente nessuno di questi allenatori. Viene assunto Chris Mullin e il giorno della conferenza stampa incontro il suo primo assistente, nonché sua prima assunzione, Matt Abdelmassih, ex assistente di Fred Hoiberg a Iowa State, e parlando con lui mi ha espresso l’interesse dello staff nel reclutare giocatori europei, cosa che mi ha rasserenato non poco. Un paio di giorni dopo ho avuto il primo meeting con Chris Mullin e una settimana dopo lo stesso Mullin mi ha chiamato per dirmi che facevo parte del progetto. Una delle settimane più lunghe della mia vita, sarò onesto, ma alla fine è andato tutto per il meglio. E’ successo tutto

Nella foto: Chris Mullin e Luca Virgilio

molto rapidamente. Fatto sta che ad oggi sono l’unico membro dello staff precedente a essere ancora a St. John’s e per questo sono davvero felice». Ci mancherebbe! Anche perché parliamo di Chris Mullin, una delle più grandi leggende delle pallacanestro. Che effetto fa lavorare al suo fianco? «Devo dirti che Mullin ha davvero una personalità incredibile. Lavorare al suo fianco è un’occasione irripetibile per imparare ogni giorno qualcosa, considerando quello che ha rappresentato lui non solo per il basket mondiale e americano, ma soprattutto per quello newyorkese. Uno può pensare che un tale mostro sacro abbia una personalità difficile, specie quando si parla di lavoro legato alla pallacanestro, ma la realtà è che si tratta di una persona estremamente disponibile. L’avevo incontrato già in passato, in altre circostanze, durante gli eventi a St. John’s e si è sempre rivelato gentilissimo con tutti. E considera che lui a St. John’s è una divinità, per chi vive e studia qui è secondo solo a coach Lou Carnesecca, ma ti assicuro che è gentile e disponibile con chiunque, inoltre è un grandissimo lavoratore».

Parliamo appunto di lavoro. Mullin è senza dubbio una leggenda ma resta comunque privo di esperienza a qualsiasi livello come allenatore. Che impressione ti sei fatto del Mullin allenatore in questa prima preseason? «Personalmente credo che essere privo di esperienza come allenatore non sarà assolutamente un limite per Chris Mullin. Per prima cosa lo staff ricopre un ruolo fondamentale e il nostro è di primissimo livello. Come dicevo abbiamo Matt Abdelmassih che è un professionista strepitoso, uno dei migliori reclutatori d’America, soprattutto per quanto riguarda il mercato dei transfer e dei junior college. Lui ha davvero tantissima voglia di lavorare perché ha 30 anni e ha lasciato Iowa State per tornare a casa sua, infatti si è laureato a St. John’s. A proposito, questa nuova St. John’s ha molte similitudini con la Iowa State di coach Hoiberg. Anche Hoiberg ha cominciato da zero, senza esperienza e senza certezze, solo con esperienze in un board dirigenziale. Chiusa questa parentesi torno al nostro staff. Da quest’anno abbiamo anche coach Barry Rohrssen che l’anno scorso era il primo assistente di coach Calipari a Kentucky. Lui è un mostro sacro nello stato di New York: è


stato assistente a Pittsburgh per tantissimi anni, poi è stato head coach a Manhattan e quest’anno ha lasciato lo staff di Calipari dopo un solo anno per tornare nella sua New York. Il terzo assistente invece è un ragazzo giovanissimo, di 25 anni, e si chiama Greg St. Jean. Lui è la mente che si cela dietro gli allenamenti e al sistema di gioco che adopereremo. Nonostante abbia solo 25 anni, io ti posso assicurare che probabilmente non ho mai visto un allenatore più preparato di lui. Anche l’Hall of Famer Mitch Richmond sarà parte dello staff nella veste di Special Assistant e sicuramente sarà un mentore e una guida di primissimo livello per tutti i nostri ragazzi. Tutto questo discorso per dire cosa? Per dire che le mie sensazioni sono molto positive, anche perché, come hai potuto vedere, tutte le persone citate hanno un legame particolare o con St. John’s o con la città di New York. Di certo non ci sono preoccupazioni sul fatto che Chris Mullin non sappia fare l’allenatore, perché con tutto quello che ha fatto nella sua carriera e con tutta l’esperienza che ha accumulato in diversi ambiti, di certo non ci sono dubbi sul fatto che possa diventare anche un grande allenatore». Hai parlato del legame dello staff con St. John’s e del conseguente rapporto di St. John’s con la città di New York. Trovi sia più difficile giocare a New York? Come vi vive la città, specie nel periodo buio di molte squadre come Knicks e Nets? «Per capire il basket a New York basti sapere che i Knicks fanno sempre il tutto esaurito nonostante siano forse nella loro peggior versione di sempre. La voglia di basket che c’è qui è incredibile e basta davvero poco per avere un seguito impressionante. Noi l’anno scorso abbiamo fatto il tutto esaurito in tutte le partite giocate nel Queens e abbiamo anche fatto un discreto numero di par-

tite sopra i quindicimila spettatori quando abbiamo giocato al Madison Square Garden. Ciò è dovuto anche e soprattutto al fatto che avevamo molti senior e stavamo facendo bene. Ora però bisogna ripartire da zero e bisognerà ricreare quel seguito. All’inizio ci sarà ovviamente “l’effetto Chris Mullin”, infatti nelle prime tre o quat-

A proposito del seguito a partire dall’arrivo di Mullin. St. John’s è stata sempre molto seguita ma da quando è arrivato Mullin la copertura mediatica che hanno ricevuto i Red Storm è cresciuta a dismisura. Come vi siete relazionati voi con questa attenzione? E’ una cosa che fa piacere o che alla lunga rischia di disturbare?

mentre Ponds si è già promesso ai Red Storm per l’anno prossimo. «Esatto. Kassoum Yakwe era nel rank ESPN del 2016 ma si è riclassificato per il 2015 ed è stato a tutti gli effetti il primo tassello dell’era Mullin. L’arrivo di Shamorie Ponds per l’anno prossimo è anch’esso importantissimo visto

la molto italiano non solo grazie a te e all’ex Reggio Emilia ma anche per la presenza di un altro giocatore interessante come Amar Alibegovic. Dì la verità, quanto c’entri tu nel loro recruiting? «Sono due ragazzi talentuosi e, soprattutto parlando di Federico, data la sua esperienza ad alti livelli, non c’era bisogno che qualcuno

Nella foto: Durand Johnson e Federico Mussini

tro partite avremo quasi certamente il tutto esaurito, in seguito però dipenderà dai risultati della squadra. Come dicevo però, la voglia di basket qui a New York è talmente grande che basta vincere due partite di fila per creare un grande pubblico. Con due vittorie in fila senza dubbio si fa il tutto esaurito nel Queens, poi al Madison Square Garden invece dipende dall’avversario. Nelle sfide di conference, ad esempio, il pubblico minimo è di circa ottomila persone. Poi l’anno scorso è venuta a giocare qui Duke e ovviamente c’erano ventimila persone, anche perché era la millesima vittoria di coach K». Immagino che quando si gioca contro Syracuse sia ancora più importante per il pubblico newyorkese. «Certo! Quest’anno giochiamo a metà dicembre in casa contro Syracuse e ti assicuro che già ora è difficile trovare i biglietti. Anche perché quest’anno è “Chris Mullin contro Syracuse”, solo il nome riporta i tifosi indietro di venti o trent’anni».

«E’ vero, da quando è arrivato Mullin siamo più seguiti che mai. Considera che i nostri exhibition game e persino il nostro scrimmage interno andranno su ESPN3, mentre tutte le nostre partite stagionali saranno trasmesse da FOX, quindi saremo sempre in diretta nazionale. Fa ovviamente piacere, specialmente per i giocatori che hanno un motivo in più per fare bene. Tutta questa pressione mediatica può essere solo uno stimolo positivo per i ragazzi in campo, quindi ben venga». Questa combinazione creata da Mullin e dalla grande copertura mediatica, immagino abbia dato una spinta positiva al recruiting. «Sicuramente. Già partivamo da una buona base perché essere a New York aiuta. C’è da dire però che per un ragazzo di appena diciotto anni, rispondere al telefono e sentire: “Ciao, sono Chris Mullin”, fa la differenza». Infatti, pur essendo Mullin al lavoro da poco tempo, ha già dato i primi frutti. Quest’anno sono arrivati Yakwe, Lovett e Mussini,

che è considerato tra i migliori cinquanta talenti della classe 2016 e viene da Brooklyn, New York. Sempre per il 2016 stiamo lavorando per reclutare due dei giocatori più quotati di quella classe, ovvero Rawle Alkins e Thon Maker, sicuramente due obiettivi difficili ma possibili. Mullin ci ha fatto fare un bel salto in avanti da questo punto di vista, dopo tutto il sogno dei ragazzi che arrivano in Division I è di avere un futuro in NBA, ed essere allenati da uno come Chris Mullin che conosce la NBA come casa sua è un plus da non sottovalutare».

andasse dai membri dello staff a spiegare quanto fossero forti e quanto valesse la pena reclutarli. Definirei il mio ruolo con il termine di facilitatore. Diciamo che il mio compito è stato quello di rendere più semplice il passaggio da una realtà all’altra. Personalmente sono molto contento del loro arrivo, anche perché ho cominciato la mia avventura col sogno e l’obiettivo di aiutare il programma a portare i giocatori europei più forti in squadra, e sapere di poter contare in così poco tempo su ragazzi come Federico e Amar mi rende davvero felice».

Non a caso quando intervistai Federico Mussini riguardo la sua decisione di scegliere St. John’s mi disse che Chris Mullin fu il principale motivo. «Come dargli torto! Siamo contentissimi dell’arrivo di Fede e sono certo che non sarà l’ultimo a dire che la presenza di Mullin ha giocato un ruolo chiave nel recruiting».

Considerando il tuo obiettivo dovresti essere felicissimo di come sta operando St. John’s. I Red Storm sono tra le squadre più internazionali della NCAA con giocatori da Italia, Francia, Mali, Guinea e Spagna. «Esatto, quasi il 50% della squadra è internazionale e ciò ha creato un mix splendido. Mi rende molto felice, specie perché dovrebbero arrivare ancora un paio di giocatori europei ed internazionali nei prossimi due anni. Ho percepito

A proposito di Federico Mussini. St. John’s è una squadra che par-

che in Europa c’era questa più che mai crescente voglia da parte dei ragazzi giovani di provare a giocare in NCAA. Sai, questo periodo non è facile per i giovani talenti europei. Questi ragazzi finiscono il liceo ma le squadre non hanno abbastanza soldi per pagarli quindi alcuni si vedono quasi costretti a firmare contratti lunghi, di quattro o cinque anni, che partono da trentamila euro, peraltro non giocando quasi mai. Ovviamente questi ragazzi iniziano a farsi delle domande e iniziano a valutare l’opzione della NCAA, realtà che li porta nel paese più importante del mondo relativamente alla pallacanestro, a giocare in arene NBA, con scout NBA che vengono a visionarli quasi giornalmente e, in più, imparando perfettamente l’inglese e potendo continuare gli studi a livello universitario. I vantaggi sono innegabili. Poi è inutile dire che giocatori europei richiamano altri europei. Se un ragazzo vede che un suo connazionale va in NCAA e si trova bene è facile che lui stesso seguirà le orme del predecessore». Non a caso Mussini stesso disse che Amedeo Della Valle gli parlò molto positivamente del suo periodo a Ohio State. «Esatto. Il fatto è che in Europa ancora in pochi hanno un’idea chiara di cosa sia la NCAA. Le partite trasmesse sono poche e molti di quelli che fanno le ore piccole per vedere le partite preferiscono la NBA. Poi però parli con i ragazzi che arrivano in NCAA e li vedi entusiasti, anzi molti ti dicono che non si immaginavano fosse così divertente. Ti faccio l’esempio di Alibegovic. Lui viene dalla Stella Azzurra che è un vivaio e un ambiente fantastico per sviluppare il proprio talento, ma certe volte gli ricordo di quando doveva andare a giocare in trasferta, nei palazzetti dove non si riusciva a correre perché il parquet era scivoloso. Poi gli faccio notare che oggi le partite le gioca al Madison Square


Garden o nello stesso palazzetto in cui giocano i Milwaukee Bucks o i Philadelphia 76ers. Anzi, ora anche quando gioca in palazzetti ben più piccoli è impossibile trovare meno di cinquemila persone sugli spalti. La differenza tra i due mondi è abissale ma purtroppo molti giovani talenti non se ne rendono conto per il semplice fatto che sono poco informati su questa realtà». Abbiamo parlato del recruiting, di Mullin e della sua influenza ma come cambia la preparazione nella gestione Mullin rispetto a quella di coach Lavin? «Senza nulla togliere allo staff precedente, mi sembra che ora ci sia una maggiore attenzione per i particolari. Questo staff è all’inizio di un ciclo quindi al momento c’è molta voglia di fare e tutti vogliono dare il massimo senza trascurare nulla. Gli stessi giocatori danno sempre il 200% perché vogliono fare bene. La squadra è giovane quindi i nuovi arrivati vogliono subito fare bella impressione. Inoltre abbiamo anche due transfer che sono stati fermi due anni, Durand Johnson da Pittsburgh e Ron Mvouika da Missouri State, che danno sempre il massimo perché è il loro ultimo anno di college basketball e hanno tutto da dimostrare prima di provare a strappare un contratto da professionisti. L’energia che gira nel campus è tale da farti lavorare dalle 8:00 del mattino alle 9:00 di sera, sempre col sorriso». A proposito di questo, come si svolge la tua normale giornata lavorativa? «Generalmente mi sveglio alle 7:30 del mattino e torno a casa alle 8:00 di sera e poi studio. Sono giornate pesantissime ma al tempo stesso non ci rinuncerei mai. Ora ad esempio sta cominciando la stagione e quindi dobbiamo organizzare tutto in vista dell’inizio della regular season. Un giorno ci dedichiamo alla

visione dei video tattici, il giorno dopo abbiamo allenamento dalle 3:00 alle 5:00 del pomeriggio, poi dobbiamo organizzare tutto per lo scrimmage in diretta su ESPN3. Essendo quest’ultimo gestito televisivamente come una partita stagionale, sarà una buona prova per noi per testare tutti i meccanismi che vanno dalla colazione pre-partita 3 o 4 ore prima dell’inizio fino alla shootaround. Proveremo di tutto, anche le tempistiche di riscaldamento, c’è infatti chi preferisce scaldarsi con più calma e chi preferisce farlo più rapidamente scendendo sul campo con un attimo di ritardo. Io mi occupo di questo tipo di organizzazione. Quando inizierà la stagione vera e propria le giornate saranno organizzate minuto per minuto e anche in quel caso bisognerà tenere tutto sotto controllo». E per quanto riguarda la giornata tipo dei giocatori? «Generalmente si svegliano intorno alle 7:30, fanno colazione tutti assieme e vanno a lezione. Quelli che non hanno lezione vanno di solito in palestra e poi solitamente si invertono i ruoli: chi è andato a lezione subito dopo colazione finisce la mattinata in palestra e viceversa. Poi si pranza e verso le 2:00 o 2:30 del pomeriggio cominciano gli allenamenti che orientativamente durano due ore, talvolta anche due ore e mezza. Poi solitamente c’è la sessione di studio in sala video anche se ora ne facciamo molto poco visto che la stagione non è ancora iniziata, mostriamo giusto qualche accorgimento rilevato durante gli allenamenti. Poi cenano alle 6:00 o 6:30, studiano e tendenzialmente poi vanno a dormire perché distrutti dalla giornata. La cosa buona è che questa routine li ha uniti moltissimo. I ragazzi sono quasi tutti nuovi, tranne tre giocatori presenti anche l’anno scorso, quindi i compagni di squadra sono i primi amici che si sono fatti, infatti si muovono sempre insieme

per il campus, come una sorta di branco». Quando parlai con Riccardo Fois, assistente a Gonzaga, per un’intervista inserita in un magazine precedente, mi raccontava che coach Mark Few certe volte libera tutti prima per andare a pesca o, altre volte, lascia metà del campo ai figli e al cane. Anche Mullin è protagonista di qualche aneddoto simile? «Sinceramente no perché è una mente dedicata al 100% alla pallacanestro. Basket ventiquattro ore su ventiquattro. Se non guarda una partita di un qualsiasi campionato sta guardando NBA TV. Studia tutto ciò che è umanamente possibile riguardo al basket. La cosa che più mi ha colpito è come capisca le situazioni al primo sguardo. Mi spiego meglio. Essendo stato anche lui un giocatore ad altissimo livello, capisce immediatamente dal linguaggio del corpo di uno dei suoi ragazzi se questo non ha voglia di allenarsi, se è stanco, se ha problemi o altro. Non si perde nulla». E invece dal punto di vista del gioco cosa dobbiamo aspettarci da Mullin? D’altronde non lo abbiamo mai visto in panchina. «L’idea è quella di costruire un sistema che permetta di giocare in transizione e di premere sempre sull’acceleratore, un sistema che consenta ai giocatori di prendere tiri tutte le volte che hanno lo spazio per farlo. Nel ruolo di point guard abbiamo Mussini e Lovett che corrono tanto e bene, due giocatori che rendono al massimo in transizione ma che volendo possono anche giocare in maniera più ragionata». Considerando i ritmi alti del vostro gioco immagino avrete avuto una preparazione fisica molto intensa, specie sulla corsa e sulla resistenza. «Sì. Diciamo che è stata un’estate molto piena e solida ma pur-

troppo abbiamo avuto il roster al completo solo nei primi giorni di settembre. Anche lo staff si è formato in corso d’opera, essendo al primo anno. Comunque dai primi giorni di settembre abbiamo lavorato tantissimo, sfruttando il fatto di avere la squadra riunita e solo ora stiamo iniziando a capire chi siamo realmente come squadra». Sempre a proposito di Mullin, leggevo che ha imposto ai ragazzi regole strette e severa disciplina anche fuori dal campo, motivo per cui gente come Chris Obekpa e Rysheed Jordan hanno lasciato la squadra. Potresti parlarne? «Si tratta di regole necessarie come base per qualsiasi squadra di successo. Niente di impossibile, anzi parliamo di concetti semplicissimi come la puntualità agli allenamenti e ai pasti con la squadra, la presenza alle lezioni e altre cose del genere. Niente di improponibile, anzi normali regole che vanno seguite per dimostrare l’affidabilità al di fuori del campo e il rispetto verso allenatori e compagni. Obekpa e Jordan non si sono semplicemente trovati nell’ambiente giusto e quindi, senza discussioni o problemi di sorta, si è deciso di andare in direzioni opposte».

migliori conference del panorama NCAA. In Big East non ci sono mai partite facili. Prendiamo l’esempio di Creighton, che può non essere una squadra molto talentuosa, è vero, ma quando si va giocare in casa loro ci si ritrova ventiduemila tifosi contro, in uno degli ambienti più caldi dell’intero mondo collegiale. Come detto, nessuna partita è facile ma al tempo stesso nessuna è impossibile. Anche Butler l’anno scorso non doveva avere i mezzi per fare quello che ha fatto, eppure ha stupito tutti. Sicuramente Villanova e Georgetown partono col favore del pronostico, inoltre abbiamo anche nella conference quello che probabilmente è il miglior giocatore dell’intero panorama NCAA in Kris Dunn di Providence quindi sarà anche molto stimolante per i nostri giocatori cimentarsi contro queste potenze. Per un giocatore giovane come può essere Federico Mussini, è sicuramente uno stimolo incredibile giocare contro Kris Dunn, che l’anno prossimo quasi certamente sarà tra le prime cinque scelte al Draft NBA. Metteremo le basi per l’anno numero due, che sarà l’anno in cui realmente dovremo dimostrare qualcosa, aggiungendo anche giocatori di livello al roster».

St. John’s viene da stagioni buone ma altalenanti, specie in Big East. Quest’anno si dovrà fare a meno di tanti giocatori esperti come Greene, Jordan, D’Angelo Harrison, Pointer e Obekpa, quindi cosa ti aspetti dalla squadra? «Io la vedo come un’opportunità. Partiamo da zero con l’inizio di un nuovo progetto e per questo non dobbiamo dimostrare niente a nessuno, per questo siamo senza pressione sulle spalle. Abbiamo una squadra giovanissima e tanti dei nostri giocatori potranno cominciare la propria carriera collegiale avendo subito un minutaggio alto. Non sarà una sfida facile perché per loro è un’esperienza nuova e la Big East resta una delle

Ci avviciniamo alla fine dell’intervista quindi ne approfitto per farti una domanda che faccio sempre a chi lavora in ambienti cestistici ad alto livello. Chi della tua squadra ti ha particolarmente colpito come personalità ed etica del lavoro? «Considera che in nemmeno due anni ho visto due squadre completamente diverse quindi ti rispondo dicendo Chris Mullin. Perché non importa cosa succeda, se Mullin non si fa la sua sessione di tiro giornaliera non va a casa. Chiunque passi dal campus lo sfida al tiro e personalmente non l’ho mai visto perdere una volta. Non importa chi lo sfidi, è una macchina».

A questo punto devo chiederti se lo hai sfidato anche tu. «Non ancora, ma mai dire mai!» Chiudo con qualcosa che tutto il pubblico italiano vuole sapere: Mussini sarà in quintetto o avrà almeno un minutaggio importante? «Federico ha un ruolo importantissimo all’interno del nostro roster. Di certo avrà un minutaggio importante fin da subito visto che lo staff è felicissimo di quanto ha visto da lui in questa preseason».

Nella foto: Luca Virgilio, Graduate Assistant di St. John’s


che di self-massage (tecniche di stretching e massaggi da fare su sé stessi utilizzando il più delle volte oggetti gommati, ndr). La nostra squadra continua ad allenarsi anche dal punto di vista tecnico e cestistico durante la offseason, quindi è mio dovere cercare di creare una giusta routine di allenamento che sia perfetta per i nostri ragazzi e che possa venire incontro a tutti i bisogni della squadra». L’alimentazione è un punto molto importante nella vita di un atleta e so che tu, Travis, sei particolarmente attento a questo aspetto. Che cambiamenti hai introdotto sotto questo punto di vista da quando hai cominciato a lavorare con gli Huskies? «Un’alimentazione corretta è

fondamentale per poter avere i migliori risultati dall’allenamento ed è necessaria anche per aiutare i giocatori a recuperare più velocemente dalle fatiche e dai logoramento che uno sport come il basket provoca. Personalmente penso che ogni atleta debba eseguire specifici cambiamenti nella propria dieta per poter diventare un giocatore migliore. Il cambiamento principale che io e il mio staff abbiamo introdotto sta nell’incoraggiare i giocatori a bilanciare il proprio bisogno energetico. Mi spiego meglio. Piuttosto che dare una routine alimentare fissa, è meglio adattare quest’ultima al consumo energetico giornaliero del giocatore che, come è immaginabile, cambia costantemente. Senza il giusto apporto di calorie infatti il corpo

si debiliterà, è quindi necessario dare abbastanza “benzina” ai ragazzi per permettere loro di allenarsi al meglio. Siamo arrivati al punto non solo di incoraggiare ma anche di obbligare i ragazzi a fare un certo numero di pasti durante il giorno, quali colazione, frullati proteici dopo gli allenamenti, piccoli snack nell’arco della giornata e la giusta assunzione di vitamine e minerali. Penso anche che molti giocatori debbano essere incoraggiati ad assumere una quantità più corretta di proteine in base al loro livello di attività fisica». Come cambia il tuo lavoro con l’inizio della stagione vera e propria? Cambi solo l’intensità degli allenamenti o anche la tipologia degli esercizi? «Io e il mio staff cambiamo non

DI CLAUDIO PAVESI «Tutto il merito va a coach Ollie e al nostro preparatore atletico. Noi lo chiamiamo coach Travis». Così Ryan Boatright, ex giocatore di UConn, ha iniziato la conferenza stampa a seguito della vittoria del Titolo NCAA nel 2014. Coach Travis è Travis Illian, strenght and conditioning coach di UConn, ovvero l’uomo che si cela dietro la preparazione fisica e atletica degli Huskies. La squadra campione NCAA nel 2014 ha portato a casa la vittoria perché anche in aprile i giocatori sembravano freschi come rose, sempre pronti a correre al triplo della velocità rispetto agli avversari. Per questo motivo coach Illian risulta una figura particolarmente interessante, specialmente considerando che alla sua mano erano già presenti due anelli di campione NCAA, vinti però con la squadra di ginnastica artistica di Alabama. Quella che

segue è una lunga chiacchierata con Travis Illian, in cui il guru della preparazione atletica collegiale ci ha spiegato come sia riuscito a rendere vincenti i propri ragazzi. Cominciamo dalle fondamenta di una stagione: la offseason. Quando comincia la offseason di UConn e su quale esercizi fai concentrare i tuoi ragazzi in questa fase? «La nostra offseason solitamente comincia circa una settimana dopo la fine della stagione precedente e in questa fase non ci si concentra più di tanto su esercizi particolari ma si preferisce andare a seguire ogni atleta singolarmente, per capire nello specifico di cosa ha più bisogno. Dal momento che gli esercizi dipendono dai bisogni dei singoli giocatori, cerco di farli lavorare in modo da rafforzarli e fornire loro gli ele-

menti per migliorarsi dal punto di vista tecnico e diventare la tipologia giusta di giocatori in grado di aiutare al meglio la squadra. Gli esercizi che amo usare in questo periodo e su cui ho elaborato variazioni molto interessanti sono: weighted lunge, weighted stepup, safety squat, squat su una gamba, variazioni di glute hamstring raise, flessioni, pull-up, dumbbell press, cable row, inverted row e allenamenti basati sulle vibrazioni tramite l’uso di Galileo e PowerPlates». In percentuale quanto tempo passate in sala pesi durante la offseason? «Durante la offseason circa il 70-80% del nostro lavoro si svolge in palestra. L’offseason è un momento perfetto per rafforzarsi, lavorare sull’aumento di massa muscolare e sulle tecni-

Nella foto: Ryan Boatright, ex UConn

solo la tipologia degli allenamenti ma anche la loro intensità, la frequenza e la durata dei singoli esercizi basandoci sull’intensità degli allenamenti incentrati sul basket e/o per adattarci alle trasferte. Avremo giornate molto intense in sala pesi ma anche giorni molto leggeri in cui il nostro obiettivo sarà la rigenerazione e il self-massage. Credo fortemente che uno strength and conditioning coach debba sapere adattare i propri allenamenti in base a tutte le variabili di un ragazzo, nel mio caso per esempio parliamo di scuola, basket e vita di tutti i giorni».

So che ti piace particolarmente focalizzarti sulla velocità e la resistenza. Non a caso, sotto la tua gestione, gli Huskies hanno avuto alcune delle guardie più atletiche e veloci della NCAA, sia con la palla in mano che sulle linee di passaggio, come ad esempio Shabazz Napier e Rodney Purvis, passando per Ryan Boatright. Ci puoi spiegare come strutturi gli allenamenti per migliorare la velocità dei piedi e il sistema stabilizzatore dei tuoi ragazzi? «Sì, mi concentro molto su questi aspetti e c’è qualche esercizio che uso più di altri ma più che altro mi focalizzo sul reale potenziale atletico di ogni singolo giocatore e

cerco di aiutarlo a massimizzarlo con esercizi su misura. D’altronde ogni atleta ha differenti abilità innate che possono aiutarlo a migliorare come cestista. Noi Huskies amiamo giocare in velocità e per questo ci alleniamo in modo da essere sempre i più veloci, sia atleticamente che nell’esecuzione, per tutti i quaranta minuti di gioco. Sicuramente è essenziale per noi massimizzare la velocità, la resistenza e la forza dei nostri ragazzi, ma ancora più importante è minimizzare il loro affaticamento e il potenziale di infortunio. Quando si fanno gli allenamenti sull’accelerazione, è importante eseguire esercizi alla


massima velocità e alternarli con la giustà quantità di riposo. Senza un adeguato riposo infatti non si potrà massimizzare la velocità di un atleta, anzi si rischia di limitarla. Devi sapere che la velocità è dettata dal sistema nervoso, per questo va allenata con cautela e attenzione. Ho visto molti preparatori spingere i propri ragazzi al limite con troppi esercizi eseguiti alla massima velocità, il tutto senza poi dare il necessario riposo. In questo modo non solo si fa il male dell’atleta ma non si ha nemmeno la possibilità di raggiungere il risultato sperato. Il riposo è essenziale». Ripercorriamo per un attimo la tua carriera. Hai cominciato giocando a football, poi, come preparatore atletico, hai allenato la squadra femminile di calcio di Alabama, la squadra di ginnastica artistica sempre ad Alabama e ora lavori per le squadre di basket e football a UConn. Inoltre hai sposato un’allenatrice di atletica leggera. E’ stato difficile cambiare metodologia di allenamento tra sport così diversi? «Non particolarmente. Anzi, mi ritengo fortunato perchè ho potuto lavorare con grandissimi atleti e credo di aver imparato tantissimo da ogni sport in cui mi sono messo alla prova. Ho visto di tutto, dagli allenamenti con schemi di movimento solidi e potenti, fino a schemi di movimento che aumentano il potenziale di infortunio. Karen, mia moglie, mi ha reso uno strength and conditioning coach migliore grazie alla sua diversa percezione dell’allenamento, la sua esperienza e le sue conoscenze». Ci sono esercizi specifici del tuo passato nel calcio e nella ginnastica artistica che continui a usare anche per la squadra di basket degli Huskies? «Ci sono esercizi specifici e filosofie di allenamento che definirei comuni in tutti gli sport in cui ho

lavorato: - Il “core” (solo in parte traducibile con “corsetto muscolare”, ndr) deve essere rigido e trasferire potenza. - I glutei devono poter trasferire una grande quantità di potenza. - I fianchi devono potersi muovere su un arco molto ampio, in modo da sfruttare una grande flessibilità dinamica. - Le spalle devono poter creare stabilità in molte situazioni dinamiche. - La postura gioca un ruolo importante in tutti gli schemi di movimento e nello sviluppo della forza, per questo deve essere chiara e precisa durante ogni esercizio. - Il massaggio e il self-massage sono essenziali per prevenire gli infortuni e alzare il livello della performance sportiva». La prova delle tue ottime qualità come preparatore atletico sta nel fatto che hai vinto tre titoli nazionali. Informandomi per questa intervista ho notato che chiunque parlasse di te ha definito il tuo metodo di lavoro come “inusuale e innovativo” e in una intervista del 2008 ti sei auto-definito “una sorta di Dr. Frankenstein”. Ci spiegheresti il perché di questa definizione? Quali sono i metodi di allenamento più strani e innovativi che hai elaborato? «Una delle citazioni che preferisco è: “Non confondere l’attività (l’operosità) con i risultati perché solo questi ultimi sono ciò che conta”. Ho sempre pensato a ciò che ho imparato dallo sport, ovvero che il risultato finale dipende da molti più fattori rispetto all’operosità o dall’eseguire un esercizio che anche un’altra squadra esegue. Credo nell’eseguire esercizi che allenino il sistema nervoso a essere potente, che portino i ragazzi ad avere una postura corretta e che non provochino un dolore “negativo”. Penso che sia sempre importante ricordare che la preparazione atletica sia solo una parte di un’intera persona, non solo

dell’atleta. La nutrizione, il sonno, la salute dei tessuti, la chimica di squadra, lo studio, le aspettative e molti altri aspetti giocano tutti una parte nell’aiutare un atleta a raggiungere il proprio potenziale. Ogni piccolo dettaglio è fondamentale. Detto questo, credo ci sia un tempo per tutto. C’è un tempo per allenarsi sulla velocità, uno per allenare la forza, uno per allenare la resistenza e c’è un tempo per recuperare le energie. Penso che molti degli esercizi che faccio, spesso difficili da spiegare usando le semplici parole, aiutino gli schemi di sviluppo muscolare. Uso anche una combinazione di allenamenti con le piattaforme vibranti, utilizzando il Galileo e il

nere segrete le mie tecniche, sia chiaro, ma perché credo davvero che la preparazione atletica sia tanto una scienza quanto un’arte. Come un grande artista deve imparare a usare diversi pennelli, tecniche e colori, così un preparatore atletico deve sapere come usare i propri mezzi per aiutare a sviluppare i propri atleti e venire incontro ai loro bisogni». Lavori con giovani atleti non professionisti. Immagino non sia facile lavorare con certi ragazzi, principalmente perchè alcuni di loro non hanno ancora raggiunto una maturazione fisica. Come un ottimo preparatore atletico deve adattare il proprio lavoro per aiu-

Nella foto: Travis Illian, strenght and conditioning coach di UConn

PowerPlate, usando tecniche che ho sviluppato io personalmente dato che non ho trovato nessun altro nel mio campo intento a usare questi metodi. Io stesso ho provato tantissimi allenamenti diversi su me stesso, dedicandomi a ricerca e applicazione, così da sapere come, cosa e soprattutto perché faccio certe combinazioni di allenamenti o certi allenamenti durante diversi momenti dell’anno. Se ti rispondo in questo modo non è perché sto cercando di te-

tare i propri atleti a lavorare nel modo corretto, senza influire negativamente sulla loro regolare crescita adolescenziale? «Penso che la prima cosa che un preparatore atletico debba avere è una genuina cura per i propri atleti e la voglia di conoscerli personalmente anche nell’aspetto umano. In secondo luogo un preparatore non deve danneggiare i propri ragazzi, mai. Se un allenamento provoca un dolore “negativo” (perchè c’è anche un dolore

positivo) devo capire perché il mio atleta prova sofferenza con il suddetto esercizio e adattare l’allenamento fino a farlo diventare salutare. Terzo punto, credo che la nutrizione giochi una parte importante nell’aiutare i ragazzi a restare in forma e in salute, quindi è necessario che un preparatore atletico abbia studiato a fondo la nutrizione sportiva. La preparazione atletica, se fatta bene, è la cosa più positiva che ci sia per questi ragazzi, specialmente nell’età dello sviluppo». Siamo ormai alle porte della stagione 2015-16. Che ne pensi di questi nuovi Huskies? C’è qualche giocatore che ti ha colpito particolarmente durante la offseason? «Sono davvero eccitato per questa stagione 2015-16! Ho visto gli Huskies spendere centinaia di ore di sudore e duro lavoro e spero davvero che il campo ripaghi i loro sforzi. Molti ragazzi mi hanno impressionato ma ciò che mi ha colpito di più è stata l’intera squadra e la sua natura altruista. E’ ben visibile quanto ogni ragazzo sia genuinamente interessato a dare il massimo per aiutare i compagni, e questa è una qualità rara. Non ho mai visto degli individui vincere titoli di conference o titoli nazionali, ma ho visto squadre vincere. Solo quando tutti si mettono a disponibilità della squadra si può sperare di vincere». Napier, Boatright e coach Ollie ti hanno tutti citato nei loro discorsi celebrativi per il titolo nazionale e per i loro premi individuali. Hanno detto che senza il tuo allenamento non avrebbero mai raggiunto certi risultati ma hanno anche detto che i tuoi allenamenti sono i più duri che avessero mai provato. A questo proposito, chi sono i “topi da palestra” che più ti hanno colpito da quando sei a UConn? «Penso che il termine “gym rat”, o “topo da palestra”, debba cambia-

re. Penso che sia importante allenarsi duramente ma ancora più importante è allenarsi in maniera precisa. E’ inutile per un ragazzo stare giorno e notte in palestra perché farebbe meglio ad allenarsi con regolarità e metodo. Uno che passa la vita in palestra non mi colpisce più di tanto. Sai chi mi colpisce? Chi mangia il giusto cibo nei momenti corretti della giornata, dorme la giusta quantità di ore, si allena nel modo corretto per la giusta durata di tempo e continua a farlo per mesi, senza mai abbandonare questa routine. Questi sono gli atleti che mi impressionano di più. Sono impressionato dai ragazzi così appassionati di sport che ogni fibra del loro corpo vuole fare tutto il possibile per diventare atleti migliori. Credo che una grande parte del mio lavoro stia nel mostrare agli atleti su cosa devono focalizzarsi. Alcuni giocatori devono concentrarsi sulla potenza, altri sulla resistenza, altri devono imparare a mangiare meglio, altri devono concentrarsi sul migliorare la propria flessibilità dinamica. Qualsiasi cosa debbano migliorare, io devo essere lì per aiutarli. Non credo che la vecchia idea di “gym rat” possa portare al successo quanto un allenamento organizzato e preciso. Sono grato di essere a UConn perché c’è una tradizione di “gym rats”, ma nell’accezione del termine che intendo io, ovvero di giocatori che fanno il necessario per salire di livello e diventare vincenti».


DI LUCA ANTONELLI La ACC si candida ad essere anche quest’anno una delle Conference più dure e combattute dell’intera NCAA e, come la passata stagione, ci sono quasi una decina di squadre che possono ambire alla qualificazione al Torneo NCAA e ad arrivare fino in fondo (l’anno scorso le qualificate furono sei: Duke, Virginia, North Carolina, North Carolina State, Louisville e Notre Dame). Oltre ai campioni in carica dei Duke Blue Devils, molto giovani e con un roster rinnovato, da tenere d’occhio ci sono anche le forti ed esperte Virginia e North Carolina oltre ai soliti Louisville Cardinals, Florida State Seminoles e a Notre Dame. Un occhio di riguardo va tenuto anche per i Miami Hurricanes di Coach Larranaga, che anche quest’anno cercheranno di togliersi grandi soddisfazioni grazie al loro gioco spettacolare e spumeggiante, e ai Pittsburgh Panthers, che cercheranno di riqualificarsi al Torneo NCAA dopo l’assenza della passata stagione. Anche a livello di singoli la ACC è una delle Conference migliori: dovendo azzardare una previsione, la palma di miglior giocatore se la contenderanno Marcus Paige, Demetrius Jackson, Malcolm Brogdon e Anthony “Cat” Barber. Invece il freshman più interessante è, a mio parere, l’ala Brandon Ingram dei Duke Blue Devils, viste le sue straordinarie doti atletiche unite ad una tecnica e

ad un’intelligenza cestistica non comuni.

BOSTON COLLEGE EAGLES - Probabilmente la peggior squadra dell’intera ACC e con la seria possibilità di vincere pochissime partite contro le avversarie della stessa Conference. La formazione di Jim Christian ha perso i migliori quattro realizzatori della passata stagione (Hanlan, Brown, Heckmann e Batten) e in totale ha perso ben otto giocatori, facendo quindi un rebuilding praticamente completo. L’unico superstite di “livello” dall’anno scorso è il centro Dennis Clifford che viaggiava a 6.9 punti di media, mentre l’aggiunta di maggior qualità e che può garantire punti e spettacolo è quella del guardia ex Florida e Rutgers Eli Carter. La sola presenza di Clifford e Carter difficilmente basterà per spaventare le squadre della ACC, però la giovanissima età di gran parte del roster fa capire come gli Eagles stiano pensando soprattutto a costruirsi un buon futuro. CLEMSON TIGERS - I Clemson Tigers non si quali-

ficano al Torneo NCAA dal 2011 e anche quest’anno non sembrano particolarmente attrezzati per riuscirci. Il punto forte della formazione di Brad Brownell è senza dubbio la difesa, aspetto del gioco in cui pra-

ticamente tutto il roster eccelle per capacità e forza fisica. Il punto debole invece rischia di rimanere la fase offensiva anche a causa di un backcourt non fortissimo. L’elemento chiave è certamente l’ala Jaron Blossomgame che, oltre al solido contributo difensivo, è anche il miglior giocatore della squadra per punti e rimbalzi. Vicino a Blossomgame un gran contributo lo dovranno dare anche il centro Landry Nnoko, che garantisce un’ottima presenza nel pitturato e a rimbalzo, e l’altra ala Donte Grantham, notevole difensore con però molte lacune offensive e ai tiri liberi. Una mano ad un reparto piccoli povero di canestri e talento dovrà invece darla il freshman Ty Hudson, che dovrebbe agire nel ruolo di guardia titolare e dovrebbe portare, nell’idea dei Tigers, un notevole contributo in termine di punti segnati. Non saranno invece utilizzabili in questa stagione i due giocatori arrivati da altri college: Marcquise Reed e Shelton Mitchell. Clemson può migliorare i risultati della passata annata, avendo maggior talento ed esperienza, però la stagione del totale riscatto sembra essere più la prossima che questa.

DUKE BLUE DEVILS - I Duke Blue Devils di coach

Mike Krzyzewski, freschi del titolo di campioni NCAA

conquistato la passata stagione battendo in finale la Wisconsin di Frank Kaminsky, si apprestano a vivere un’altra stagione da assoluti protagonisti. Dal 35-4 dell’anno scorso Duke non avrà più a propria disposizione il fenomenale centro Jahlil Okafor e gli ottimi Justise Winslow e Tyus Jones, approdati tutti e tre in NBA via Draft, ma potrà comunque contare su nuovi talentuosissimi elementi come l’ala piccola Brandon Ingram, il play Derryck Thornton, la guardia realizzatrice Luke Kennard e il centro Chase Jeter. I freshman Ingram, Thornton, Kennard e Jeter sono nella lista dei migliori recruits della stagione e sono già pronti a dare il loro ottimo contributo a Coach K. Il giocatore più importante della squadra è certamente Ingram, che è un’ala piccola versatile grazie al suo elevato atletismo, alla sua grande stazza - che gli permette di poter difendere contro quasi ogni avversario e di poter essere efficace a rimbalzo - e alle sue ottime capacità realizzative. Ingram, però, per caratteristiche non può ancora essere considerato una vera e propria “superstar” e il suo apporto alla squadra può essere simile a quello dato alla stessa Duke da Luol Deng, l’attuale ala piccola dei Miami Heat. Un altro giocatore da cui i Blue Devils si aspettano molto è Grayson Allen: la guardia al secondo anno di college è pronta ad esplodere del tutto vista la sua capacità di abbinare ad un gran tiro delle ottime doti atletiche, aggiungendo al tutto anche un anno di esperienza vincente. Duke, non avendo un elemento del calibro di Okafor sotto canestro, rispetto all’anno scorso si affiderà maggiormente al gioco esterno e ai cambi difensivi per cercare di sopperire a questa mancanza di peso in area. Essendo una squadra con dei leader molto giovani, Duke avrà bisogno di crescere gradualmente nel corso della stagione, cercando di non soffrire troppo della pressione data dal dover difendere il titolo NCAA.

FLORIDA STATE SEMINOLES - I Florida State Seminoles sono una delle squadre più interessanti dell’intera ACC e puntano a tornare a disputare il Torneo NCAA dopo tre stagioni di assenza. Il roster di Hamilton è un incredibile insieme di giocatori talentuosi offensivamente, capaci difensivamente e con una stazza sufficiente per mandare in crisi ogni genere di avversario. La profondità del reparto guardie, per numero e per caratteristiche, è sicuramente il maggior punto di forza per Hamilton. A guidarlo sarà ancora una volta il playmaker tuttofare Xavier Rathan-Mayes, giocatore capace di realizzare parecchi punti senza dimenticarsi di coinvolgere i propri compagni (fondamentale in cui comunque deve fare i maggiori miglioramenti). Al suo fianco ci saranno il cecchino dall’arco Devon Bookert e il freshman Dwayne Bacon. Proprio Bacon è il giocatore da cui i Seminoles si aspettano tantissimo, essendo l’unico recruit da 5 stelle non fatto da Duke all’interno della


ACC. Dwayne può giocare, grazie al suo atletismo e alla sua versatilità, in ogni posizione del backcourt ed è capace di segnare con costanza e regolarità. A completare il reparto guardie ci sono anche i freshmen Malik Beasley (atletico ed ottimo difensore) e Terance Mann e il tiratore Benji Bell, proveniente da un junior college. Nel ruolo di ala sarà ancora importantissimo l’apporto di Montay Brandon, che, pur avendo caratteristiche più da esterno, è stato nella passata stagione il miglior rimbalzista della squadra. Sotto canestro invece Hamilton potrà contare sulla stazza e sul fisico di giocatori come Cofer, Bojanovsky, Ojo, Smith e il freshman Koumadje. Se anche solo uno dei lunghi esplodesse del tutto allora per i Seminoles la stagione potrebbe essere di grande successo viste le capacità difensive e offensive della squadra e la profondità presente in ogni ruolo (specialmente nel backcourt).

GEORGIA TECH YELLOW JACKETS - Dopo quat-

tro anni col record negativo, quest’anno a coach Brian Gregory vengono chiesti dei passi in avanti obbligatori e il roster sembra migliorato rispetto a quello della passata stagione. Nonostante le partenze delle ali Demarco Cox e Robert Sampson e del tiratore da fuori Chris Bolden, sono arrivati giocatori del calibro di Adam Smith da Virginia Tech (tiratore micidiale dall’arco, con percentuali anche superiori al 40% nel 2014/2015) e delle ali Nick Jacobs e James White. Inoltre alla corte di Gregory sono rimasti lo swingman Marcus George-Hunt, vero go-to-guy della squadra e unico realizzatore affidabile, il rimbalzista Charles Mitchell e i playmaker Travis Jorgenson e Josh Heath. La presenza di tre giocatori già pronti come quelli arrivati da altri college uniti all’esperienza dei giocatori ritornati a Georgia Tech dalla passata stagione dovrebbe portare migliori risultati a Gregory. Il giocatore chiave da cui passeranno maggiormente le fortune dei Yellow Jackets è George-Hunt, che dovrà diventare ancora più leader e trascinatore dei compagni viste le sue qualità realizzative anche da fuori area.

LOUISVILLE CARDINALS - I Louisville Cardinals di Rick Pitino, reduci dall’eliminazione all’overtime contro Michigan State alle Elite Eight dello scorso Torneo NCAA, stanno vivendo un momento di ricostruzione, dal momento che hanno perso i giocatori di maggior talento nel proprio roster. I Cardinals, infatti, non potranno contare su nessuno dei big che hanno contribuito all’ottima stagione 2014/2015, considerando che Montrezl Harrell (Houston Rockets) e Terry Rozier (Boston Celtics) sono passati in NBA tramite Draft e l’ala Wayne Blackshear è alla Giorgio Tesi Group Pistoia in Italia. Pitino, oltre ai gregari della squadra della passata stagione che sono rimasti in roster, potrà contare su freshman dal discreto talento come la

vista la stazza, non soffre nella marcatura di avversari fisicati. Si attendono miglioramenti anche dall’ala Theo Pinson, dopo i 12.5 minuti di media disputati nella stagione da freshman. Si può quindi dire che le speranze di titolo di UNC passeranno prevalentemente dalla salute di Paige e dalla definitiva esplosione di Jackson.

NORTH CAROLINA STATE WOLFPACK - Altra

Nella foto: Marcus Paige, North Carolina

guardia Donovan Mitchell e le ali Deng Adel e Raymond Spalding. Donovan Mitchell, una guardia capace di segnare in ogni modo e con margini di crescita altissimi viste anche le sue strepitose qualità fisiche e atletiche, è il freshman su cui i Cardinals hanno le maggiori aspettative. Altri due giocatori che saranno importantissimi per le sorti di Louisville sono le guardie senior Damion Lee, trasferitosi da Drexel dove nella sua ultima stagione ha realizzato più di 20 punti di media, e Trey Lewis, arrivato da Cleveland State dove viaggiava a 16.3 punti di media. Il mix di gioventù ed esperienza dei migliori giocatori alla corte di Pitino rappresenta sicuramente una variabile interessante per la stagione dei Cardinals che, però, rispetto alle passate stagioni partiranno un gradino sotto le altre grandi potenze della ACC.

MIAMI (FL) HURRICANES - Una delle formazioni più in crescita di tutta la ACC è quella dei Miami Hurricanes che, per il quinto anno di fila, verranno guidati dall’ottimo Jim Larranaga, capace di vincere nel 2013 il premio come miglior coach della ACC - e della nazione - e di portare Miami nel 2012/2013 fino alle Sweet Sixteen del Torneo NCAA, dopo aver vinto regular season e Torneo della ACC, e nel 2014/2015 sino al Final Round del NIT poi perso per 66-64 contro Stanford. Miami è riuscita a confermare i quattro migliori top scorer della passata stagione e ha aggiunto l’ala Kamari Murphy, che ha ricevuto il transfer da Oklahoma State. Il punto di forza della squadra è certamente la fase offensiva che viene guidata da una delle migliori coppie di guardie della ACC: i senior Sheldon McClellan e Angel Rodriguez. McClellan, che viaggiava a 14.5 punti di media nella passata stagione col 36% da 3, è una guardia abilissima nell’uno contro uno e nell’attaccare il ferro, avendo però al contempo anche un solido tiro dall’arco oltre a buoni fondamentali difensivi. Proprio da lui Larranaga si aspetta una crescita decisiva in termini di leadership e costanza offensiva: lo ritiene il potenziale leading scorer della squadra. Il nativo di Portorico Angel Rodriguez, invece, agisce nella posizione di playmaker e, dopo una stagione passata fermo per il trasferimento da Kansas State e la scorsa passata con qualche problema fisico, è

pronto per mostrare le sue ottime doti sia per quanto riguarda il coinvolgimento dei compagni sia per quanto riguarda le sue soluzioni personali, a cui aggiunge un buon tiro da tre e un più che discreto ball-handling. Anche per Rodriguez Larranaga si aspetta una crescita in termini di leadership, aspetto in cui ha mostrato qualche lacuna nella stagione appena terminata. Sotto canestro, invece, il faro di Miami è ancora una volta l’ottimo rimbalzista Tonye Jekiri. Gli Hurricanes continuano ad avere anche in questa stagione un potenziale offensivo di primo livello, mentre in difesa dovranno lavorare molto per non soffrire troppo contro gli avversari di maggior qualità.

NORTH CAROLINA TAR HEELS - I grandissimi favoriti per quanto riguarda la vittoria della ACC sono senza dubbio i North Carolina Tar Heels di Roy Williams. North Carolina, rispetto alla passata stagione conclusasi con un’eliminazione alle Sweet Sixteen, ha mantenuto nel roster nove dei primi dieci realizzatori e potrà contare su un gruppo di giocatori esperti e dal grande talento. I Tar Heels non sono ampiamente più forti delle altre squadre, ma hanno un mix di profondità, stazza, atletismo ed esperienza che li rendono di difficile lettura per tutte le avversarie. Il punto di forza di UNC è sicuramente la capacità di attaccare il ferro e di avere ottimi risultati dal gioco in area grazie alla struttura fisica dei giocatori e alle straordinarie abilità a rimbalzo offensivo di gran parte del roster. Il punto debole, invece, rimane la scarsa propensione della squadra al tiro da tre, fattore che porta le difese a chiudere l’area concedendo spazio da fuori. Il giocatore che, se ha abbandonato del tutto i suoi numerosi problemi fisici (attualmente è infortunato alla mano), è quello designato per cercare di riportare North Carolina al successo che manca dal 2009 è senza dubbio la guardia senior Marcus Paige. Paige è un giocatore molto abile a dettare il ritmo del gioco e a bilanciare i palloni per la squadra e per sé stesso, oltre ad essere uno dei pochi a segnare da fuori con continuità. Un altro elemento da tenere sott’occhio è l’ala sophomore Justin Jackson, capace già nella passata stagione di giocare ad alto livello in una squadra forte. Jackson è un abile realizzatore sia da dentro che da fuori area e,

squadra della ACC che nella passata stagione si è meritata la qualificazione al Torneo NCAA è stata North Carolina State che, guidata da Mark Gottfried, è stata eliminata alle Sweet Sixteen da Louisville per 75 a 65. I Wolfpack, dall’ottima cavalcata del 2014/2015, hanno perso dei giocatori fondamentali come Travor Lacey (oggi in Serie A italiana alla Consultinvest Pesaro), Ralston Turner e Kyle Washington (ala grande trasferitasi a Cincinnati) e hanno aggiunto al roster la guardia Terry Henderson, trasferitasi da West Virginia, e il freshman Maverick Rowan, che può coprire gli spot sia di guardia che di ala piccola. L’unico giocatore di alto livello rimasto alla corte di Gottfried è il play Anthony “Cat” Barber che, dopo una stagione da 12.1 punti di media con notevoli miglioramenti nel tiro da fuori, avrà ancora di più in mano le chiavi della squadra essendo una delle guardie più talentuose dell’intera NCAA. Non avendo i Wolfpack un roster dalla buona propensione difensiva, dovranno essere proprio Barber e Henderson a caricarsi i compagni sulle spalle e a fornire una dimensione offensiva di primo livello. Lo stesso Rowan potrebbe dare una mano fin da subito agendo nel ruolo di sesto uomo. Sotto canestro, invece, North Carolina State avrà bisogno di miglioramenti importanti da parte di Abdul Malik Abu - che avrà anche maggiori minuti in campo non essendoci più Washington - dopo un’ottima post season e i 6.4 punti e 4.8 rimbalzi di media della passata stagione regolare, per poter raggiungere una certa pericolosità anche nel reparto lunghi. Nonostante la rilevanza degli addii, i Wolfpack potranno anche quest’anno dire la loro e per farlo dovranno mettere Barber nelle condizioni di rendere al meglio per raggiungere la definitiva consacrazione.

NOTRE DAME FIGHTING IRISH - Dopo aver con-

quistato il torneo della ACC nella passata stagione ed essere stati eliminati al Torneo NCAA per 66 a 68 contro Kentucky, i ragazzi di coach Mike Brey cercheranno di togliersi altre soddisfazioni pur dovendo sopperire agli addii di giocatori fondamentali come Jerian Grant e Pat Connaughton, ora entrambi in NBA. Notre Dame si affiderà principalmente alle qualità del playmaker Demetrius Jackson a cui viene richiesto l’ultimo salto di qualità per diventare il faro della squadra. Le capacità realizzative di Jackson, giocatore immarcabile per lunghi tratti delle partite, uni-


te al mix di talento ed esperienza di Vasturia, Colson e Beachem saranno fondamentali per ripetere una stagione di grande successo. Inoltre sarà importante anche il ruolo di Zach Auguste, dopo un Torneo NCAA in cui ha mostrato di essere veramente fondamentale per la squadra non sfigurando contro Towns e Cauley-Stein. I freshmen inseriti all’interno del roster hanno delle ottime qualità per poter emergere sin da subito, specialmente l’ala Matt Ryan e la guardia tiratrice Rex Pflueger. Come nella passata stagione, Notre Dame baserà i suoi successi sulla fase offensiva più che su quella difensiva e, nonostante sia impossibile sostituire Grant e Connaughton all’interno del sistema della squadra, l’esplosione definitiva di Demetrius Jackson potrebbe portare ancora i Fighting Irish a giocare al massimo livello sia nel Torneo della ACC sia in quello NCAA. Ripetersi non è mai facile, ma le premesse per un’altra stagione importante ci sono tutte.

PITTSBURGH PANTHERS - I Pittsburgh Panters,

non qualificatisi al Torneo NCAA nella passata stagione dopo dodici partecipazioni negli ultimi quattordici anni, sono pronti a vivere un’annata di livello medio-alto sotto la guida di coach Jamie Dixon. I problemi principali per i Panthers nella stagione 2014/2015 erano arrivati principalmente da una fase difensiva assolutamente insufficiente e da percentuali di realizzazione da tre non propriamente eccellenti. Per ovviare a questi problemi, Pittsburgh ha aggiunto al proprio roster la promettente guardia freshman Damon Wilson, combo guard moderna capace sia di creare per i compagni che di mettersi in proprio, la guardia tiratrice Sterling Smith da Coppin State, il centrone Rozelle Nix (da junior college) e l’ala centro Alonzo Nelson-Ododa da Richmond. Oltre ai nuovi arrivati, che regalano grande profondità al roster dei Panthers e tantissime soluzioni da utilizzare a partita in corso tra quintetti leggeri e quintetti invece più pesanti, sono rimasti anche i giocatori chiave: James Robinson, Michael Young e Jamel Artis. James Robinson è uno dei playmaker migliori dell’intera NCAA per capacità di attivare i compagni, anche se ha ancora numerose lacune al tiro, mentre Artis e Young sono due ali intercambiabili di altissimo livello fisico e tecnico che possono portare vantaggi a rimbalzo e nei punti realizzati rispetto agli avversari. Se il mix tra giocatori importanti rimasti e nuovi arrivati porterà ad una risoluzione dei problemi di gioco della Pittsburgh della passata stagione, allora Dixon avrà grandi probabilità di riportare la squadra a giocarsi il Torneo NCAA.

cerca di miglioramenti e di riscatto. Gli Orange, che nella passata stagione hanno avuto dei grandissimi problemi offensivi e nel tiro dall’arco, hanno cercato di migliorare proprio sotto questi aspetti nella off-season prendendo dei freshmen utili a questa idea di gioco. I nuovi arrivati sono la guardia/ala Malachi Richardson, il play/guardia Franklin Howard e l’ala Tyler Lindon: tutti e tre sono pronti per avere subito un ruolo importante nelle rotazioni e sono considerati dei prospetti importanti tra i freshmen. Oltre ai giovani, Boeheim potrà contare su un backcourt solido ed esperto composto dalla guardia Trevor Cooney (13.4 punti di media e un tiro da tre intorno al 30%), il playmaker Kaleb Joseph (in totale difficoltà nella stagione da freshman, ma con le caratteristiche per poter migliorare) e dalla guardia/ala Michael Gbinije (abile tiratore dall’arco), oltre che su un centro importante come DaJuan Coleman, reduce però da un brutto infortunio al ginocchio. Se i giovani si dimostreranno da subito all’altezza della situazione, Coleman avrà recuperato totalmente dall’infortunio e il reparto piccoli continuerà a migliorare, allora il ritorno al Torneo NCAA non sarà soltanto un sogno per Boeheim e i suoi ragazzi.

VIRGINIA CAVALIERS - Per due volte consecutive sono stati i vincitori della regular season della ACC e per due volte sono poi stati eliminati al Torneo NCAA in maniera precoce rispetto alle altissime aspettative (Sweet Sixteen 2013/2014 e Terzo Round 2014/2015). Anche in questa stagione la squadra di Tony Bennett, due volte coach dell’anno della ACC, cercherà di portare a casa il successo nella regular season della ACC per poi tentare di avere maggiori risultati nel Torneo NCAA, cercando anche di scacciare la sfortuna che l’anno scorso si era presentata sotto

la sfortuna che l’anno scorso si era presentata sotto forma di infortunio ad Anderson, che era il pilastro del sistema di Bennett sia in attacco sia in difesa. I Cavaliers sono una squadra molto esperta, al contrario di Duke, e, a parte Anderson che ora gioca ai Dallas Mavericks e il Defensive Player of the Year della ACC Darion Atkins, hanno mantenuto intatto il gruppo che ha avuto così tanto successo di recente. Come sempre la formazione di Bennett sarà improntata sulla fisicità e sulle capacità difensive che hanno portato Virginia ad essere magari non bella da vedere, ma tremendamente efficace nel far sbagliare gli avversari e nel correre in contropiede in campo aperto. A provare a diminuire la mancanza offensiva di Anderson potrebbe essere la guardia sophomore Marial Shayok, a cui viene chiesto un miglioramento in termini di scelte e punti realizzati (3.8 punti di media nella passata stagione). La stella della squadra sarà, invece, il senior Malcolm Brogdon. Brogdon, 14 punti di media nella passata stagione, è una guardia che per maturità fisica e mentale è già da considerarsi un giocatore “professionista”. Da due stagioni è il top scorer dei Cavaliers, mostrando un arsenale offensivo vario sia nella capacità di segnare da dentro e da fuori area sia nelle scelte fatte per arrivare al canestro. Il miglioramento richiesto a Brogdon è quello di essere più leader e meno silenzioso nel decidere le partite. La maturazione dei giovani e l’esperienza dei senior Brogdon, Gill, Tobey e Nolte, unite al sistema difensivo di Bennett, possono essere le chiavi di una terza stagione consecutiva di successo per i Cavs.

VIRGINIA TECH HOKIES - I Virginia Tech Hokies

sono nel bel mezzo di una ricostruzione avviata la scorsa stagione con l’assunzione in panchina di Buzz Williams, quindi anche quest’anno le prospettive

SYRACUSE ORANGE - Dopo una stagione anoni-

ma conclusasi senza la partecipazione alla post season come auto punizione per infrazioni commesse nel passato, i Syracuse Orange di Jim Boeheim, che sarà squalificato per le prime nove partite, sono in

Nella foto: James Robinson, Pittsburgh

sono solo quelle relative al miglioramento di alcuni giocatori e al cambiamento “filosofico” interno alla squadra. Non sono attesi risultati immediati. Da quando è arrivato Williams, gli Hokies hanno salutato otto giocatori e rispetto alla squadra del 2014/2015 sono anche venuti meno due tiratori affidabili dall’arco come Adam Smith (ora a Georgia Tech) e Malik Muller. Il giocatore chiave della squadra è la guardia sophomore Justin Bibbs (11.4 punti di media con quasi il 40% da 3), che cercherà di ampliare il suo fatturato in termini di punti e la sua leadership diventando così un affidabile go-to-guy. Al junior Seth Allen, arrivato da Maryland, coach Williams chiede tanti punti, mentre dal playmaker Wilson, molto in difficoltà nella passata stagione dopo una buona annata da freshman, vuole vedere netti miglioramenti sia difensivi sia offensivi. Sotto canestro, invece, agiranno i junior Johnny Hamilton e Zach LeDay. Come detto prima, anche questa stagione sarà importante in termini di cambiamento e ricostruzione. La mancanza di risultati quindi è messa in conto e non sarà un problema.

WAKE FOREST DEMON DEACONS - I Wake Forest Demon Deacons di coach Manning non sembrano ancora essere in grado di ripercorrere i fasti del passato e anche in questa stagione sembra difficile che riescano a centrare la qualificazione al Torneo NCAA, che manca ormai dal lontano 2010. Manning, la cui squadra nella passata stagione è stata molto sfortunata in certi finali in volata e ha mostrato parecchie lacune difensive, avrà a disposizione un roster quasi intatto per quanto riguarda i giocatori più importanti della squadra: sono rimasti sette dei primi otto marcatori della passata stagione. Il giocatore chiave è il playmaker Cody Miller-McIntyre (attualmente ai box per un infortunio al piede che lo terrà lontano dai campi di gioco per almeno sei settimane), viste le sue straordinarie abilità realizzative unite a una discreta capacità di passare la palla e prendere rimbalzi. Oltre a lui, avrà un ruolo di primo piano anche l’ala Devin Thomas (12 punti e 8.8 rimbalzi di media nella passata stagione), che dovrà contribuire in maniera ancora più importante in termini di punti e rimbalzi e dovrà anche aiutare il nuovo centro Doral Moore ad inserirsi nella squadra. Un altro freshman che avrà grande spazio per dare maggior profondità nel reparto guardie è Bryant Crawford. Da osservare c’è anche l’ala grande greca Kostantinos Mitoglou, ottimo con 9.7 punti e il 38% da 3 nella sua stagione da freshman. “The Greek Deac” è un giocatore fondamentale per aprire il campo e ha abilità di tiro fuori dal comune vista anche la sua altezza e la sua stazza. Se la squadra proseguirà nei miglioramenti mostrati nella scorsa stagione e i freshman riusciranno a dare un solido contributo, allora Wake Forest potrà almeno aumentare il numero di vittorie in stagione.


KANSAS JAYHAWKS - Senza fare grandi giri di pa-

DI MICHELE PASQUALI La BIG-12 può finalmente contare su un nutrito gruppo di squadre, oltre alla solita Kansas, in grado di poter competere anche nel torneo NCAA, quando i giochi si faranno più seri. Iowa State e Oklahoma sono le favorite per tener testa ai Jayhawks durante tutta la stagione, ma anche Baylor e Texas saranno squadre da tenere in considerazione se alcuni loro elementi dovessero mostrare i miglioramenti attesi.

BAYLOR BEARS - Baylor è la quarta squadra della

BIG-12 (dopo Kansas, Iowa State e Oklahoma) presente nella top 25 del ranking pre-stagionale stilato dalla Associated Press, più precisamente alla numero 22, ed è infatti una delle realtà più solide di tutta la conference. I Bears vengono da una buona stagione chiusa con un record complessivo di 24-10 e 11-7 all’interno della conference, ma terminata bruscamente in “upset” quasi clamoroso al primo turno del torneo NCAA contro Georgia State a causa dell’incredibile tripla di R.J. Hunter allo scadere del cronometro. Il roster della squadra allenata da coach Scott Drew sembra avere tutto ciò che serve perché possano ristabilirsi sui livelli dello scorso anno. Baylor avrà ancora a disposizione uno dei migliori rimbalzisti della nazione come Rico Gathers, ormai giunto al suo anno

da senior, che ha concrete possibilità di terminare la stagione in testa a questa speciale classifica e potrà contare ancora sull’enorme contributo offensivo di Taurean Prince che già nella passata stagione aveva chiuso con 13.9 punti, 5.6 rimbalzi, 1.3 assist e 1.5 recuperi a partita. Jonathan Motley sarà un’altra pedina importante nell’economia della squadra grazie alla sua taglia e al suo atletismo, soprattutto se visto in ottica futura, dato che Rico Gathers è al suo ultimo anno di permanenza al college. Se il frontcourt di Baylor può garantire punti e rimbalzi, il backcourt non pare altrettanto attrezzato (la coppia Medford-Freeman dovrebbe essere leggermente al di sotto di quanto visto negli anni scorsi) ed è il motivo principale per cui i Bears sembrano avere qualcosa in meno rispetto a squadre come Kansas, Iowa State e Oklahoma all’interno della BIG-12.

IOWA STATE CYCLONES - La stagione 2014-2015

è stata sicuramente ottima per i Cyclones, i quali sono riusciti ad accedere con il seed numero 3 al torneo NCAA grazie ad uno strepitoso record di 12-6 nella BIG-12 ed un complessivo 25-8, diventato poi 25-9 a causa della sconfitta contro University of Alabama at Birmingham al primo turno del torneo.

Nonostante la partenza di coach Fred Hoiberg, il quale ha fatto il salto in NBA per sedersi sulla panchina dei Bulls, quest’anno Iowa State rimane la prima favorita per cercare di strappare il primato della conference a Kansas e tentare di prolungare il più possibile il proprio cammino nel torneo NCAA. Infatti, la squadra che il nuovo allenatore Steve Prohm, proveniente da Murray State dove ha tenuto un record complessivo di 104-29 in quattro stagioni, dovrà guidare è pressoché identica a quella che aveva fatto benissimo durante la passata stagione. Ad eccezione di Bryce Dejean-Jones, finito undrafted la scorsa estate, e Dustin Hogue, ora in Grecia, i Cyclones potranno contare sul collaudato pacchetto di seniors formato dalla “stella” Georges Niang, Jameel McKay e Nazareth Mitrou-Long (quest’anno porterà anche il cognome materno “Mitrou” per onorare gli sforzi della madre nel crescerlo) che nel 2014-2015 avevano chiuso la stagione in doppia cifra per punti a partita e sul junior Monte Morris, il quale garantiva anche 5.2 assist a partita. Il reclutamento di quest’anno non ha portato grandi talenti ad Iowa State, ma Steve Prohm potrà comunque contare su un roster solido e rodato per poter impensierire Kansas nella BIG-12 e, perché no, disputare un ottimo torneo NCAA.

role, Kansas rimane la super favorita per la corsa al primo posto della BIG-12 e, sulla carta, è anche una delle squadre con più probabilità di avanzare nel torneo NCAA come dimostra il numero 4 nel ranking dell’Associated Press. I Jayhawks vengono da una stagione chiusa con un record complessivo di 27-9 e di 13-5 all’interno della propria conference e dopo la deludente uscita al secondo turno del torneo NCAA per mano dei “sorprendenti” Wichita State Shockers pare ancor più lecito aspettarsi che questi ragazzi vogliano migliorare quanto di buono fatto finora. La squadra infatti sembra essere decisamente attrezzata per poter puntare ancora molto in alto, nonostante la partenza per la NBA di giocatori fondamentali come Kelly Oubre Jr. e Cliff Alexander. Coach Bill Self potrà disporre ancora una volta di uno dei roster più competitivi della nazione grazie alla presenza di ottimi “veterani” come Perry Ellis, Wayne Selden Jr. e Frank Mason III, ma soprattutto ad un ottimo reclutamento che ha portato alla firma di un “5-star prospect” del calibro di Cheick Diallo e di altri due ragazzi (Vick, Bragg Jr.) compresi nella lista dei migliori 100 prospetti di ESPN. Il nucleo vitale della squadra saranno sicuramente il senior Perry Ellis e i due junior Selden e Mason, ma sarà fondamentale anche l’apporto di sophomore promettenti come Devonte’ Graham e Sviatoslav Mykhailiuk, i cui ruoli saranno fondamentali nell’economia dei Jayhawks. Come già detto in precedenza, le premesse per un’ottima stagione ci sono tutte, soprattutto nel caso in cui Diallo dovesse riuscire ad esprimere tutto il suo enorme potenziale.

KANSAS STATE WILDCATS - Quest’anno Kansas

State pare essere una delle principali indiziate per terminare la stagione sotto il .500 di vittorie e chiudere quindi negli ultimi posti della conference. I Wildcats vengono da una stagione non proprio brillante, conclusa con il record di 8-10 nella BIG-12 e 15-17 complessivo ed il futuro, almeno per i prossimi due anni, non appare certamente dei più semplici. Coach Bruce Weber infatti avrà a che fare con un roster totalmente rivoluzionato rispetto alla stagione precedente a causa dell’uscita di due senior come Nino Williams e Thomas Gipson che portavano rispettivamente 11.4 e 11.3 punti a partita, del trasferimento della stella della squadra, Marcus Foster, passato a Creighton e dell’inserimento di ben sette freshmen. Se si tiene anche in considerazione il fatto che i giocatori rimasti dalla stagione precedente non sono comunque di livello sufficientemente alto per poter aiutare la squadra in una conference come la BIG-12, allora si prospettano veramente annate difficili per Kansas State.


OKLAHOMA SOONERS - Insieme a Kansas e Iowa State, Oklahoma è sicuramente una delle favorite per la BIG-12 e una delle migliori squadre anche a livello nazionale, come conferma il numero 8 nel ranking dell’Associated Press prima dell’inizio della stagione. L’anno scorso i Sooners hanno registrato con un record complessivo di 24-11 e di 12-6, esattamente come Iowa State, all’interno della conference, vedendo però interrotto il loro sogno di arrivare alle Final Four del torneo NCAA per mano di Michigan State alle Sweet 16. Il roster pare essere decisamente attrezzato per potersi confermare allo stesso livello e addirittura fare meglio, grazie al bagaglio di esperienza acquisito col tempo. I Sooners saranno guidati dai seniors Buddy Hield, la vera e propria stella della squadra, Isaiah Cousins e Ryan Spangler e dal junior Jordan Woodard, tutti giocatori che erano già importanti durante la passata stagione. In particolare, i riflettori saranno puntati su Buddy Hield, il quale viene da un’annata chiusa a 17.4 punti, 5.4 rimbalzi e 1.9 assist di media e ci si aspetta che migliori ulteriormente nel tentativo di portare la squadra il più avanti possibile nel torneo NCAA e di ottenere magari una chiamata nelle prime 20 al prossimo draft NBA. Coach Lon Kruger avrà tra le mani anche un interessantissimo backcourt formato dalla coppia Woodard-Cousins, i quali sono in grado di produrre tanti punti sia per se stessi sia per il resto della squadra e che potrebbero rivelarsi decisivi. Questi Sooners non sembrano essere in grado di poter finire la stagione da imbattuti, ma sono certamente la miglior squadra vista ad Oklahoma dai tempi di Blake Griffin e saranno un pessimo cliente per chiunque li incontri. OKLAHOMA STATE COWBOYS - La stagione 2014-2015 di Oklahoma State si è conclusa al primo turno del torneo NCAA per mano degli Oregon Ducks, ma è stata comunque una discreta stagione visto il record complessivo di 18-14 e 8-10 all’interno della conference. Tuttavia quest’anno sarà piuttosto complicato per loro ripetersi e, soprattutto, accedere al torneo NCAA, considerando la perdita di un giocatore chiave come Le’Bryan Nash, capace di chiudere la sua ultima stagione ad Oklahoma State con la bellezza di 17.2 punti e 5.7 rimbalzi a partita. Da questo punto di vista, sarà fondamentale l’apporto di Phil Forte III, ormai arrivato al suo anno da senior, che già l’anno scorso era in grado di contribuire alla causa con ben 15.0 punti a partita di media e che ora avrà il doppio compito di guidare la squadra e di aiutare il freshman Jawun Evans (33° nella top 100 dei prospetti in arrivo dalla high school) ad inserirsi al meglio nella squadra, visto che in molti lo indicano come uno dei migliori freshmen di tut-

Nella foto: Buddy Hield, Oklahoma

ta BIG-12. Un altro giocatore che potrebbe risultare fondamentale per la squadra è il centro Anthony Allen Jr., il quale, dall’alto dei suoi 216 cm, deve cercare di migliorare il proprio apporto alla squadra (1.7 punti e 2.4 rimbalzi a partita di media in 7.2 minuti di utilizzo), dato che è piuttosto probabile che trovi più spazio rispetto alle stagioni precedenti. Avendo perso 3 dei suoi 4 migliori giocatori Oklahoma State dovrà quindi affrontare la difficile sfida di ripartire da coloro che negli ultimi anni sono stati utilizzati poco e non hanno avuto bisogno di prendersi particolari responsabilità, per cui starà alla bravura di coach Travis Ford, con il quale OSU è arrivata 6 volte su 7 al torneo NCAA, riuscire a trovare i giocatori giusti per i vari momenti della stagione.

TCU HORNED FROGS - È piuttosto probabile che a fine stagione, guardando il fondo della classifica della BIG-12, si possa trovare TCU e il suo record ben al di sotto del .500. L’anno scorso infatti, gli Horned Frogs hanno chiuso con un discreto record complessivo (1815) dovuto in gran parte alla “fortuna” di aver affrontato squadre di livello non eccezionale come dimostra lo 0.3931 nella SOS (strength of schedule = difficoltà del calendario, più è grande il valore più è difficile) per le partite extra conference, ma con un pessimo 4-14 nelle partite di conference, sintomo che il livello della squadra non fosse all’altezza della BIG-12. La partenza dei tre giocatori più produttivi della passata stagione dopo il loro anno da senior è certamente un altro motivo per credere che anche quest’anno TCU debba faticare parecchio per ottenere qualche vittoria, specialmente all’interno della conference, ma non è scontato che sia così, soprattutto in relazione allo sviluppo di alcuni giocatori all’interno del roster. Gli Horned Frogs dovranno fare molto affidamento sul sophomore Chauncy Collins e sui juniors Kaviar Shepherd, Chris Washburn e Kenrich Williams, i quali, nonostante il già buon minutaggio della passata stagione, saranno chiamati a fare il definitivo salto di qualità perché TCU possa competere con le corazzate della BIG-12. TEXAS LONGHORNS - Texas si candida per essere

la “mina vagante” della BIG-12 grazie alla guida del nuovo coach Shaka Smart ed al suo “havoc system” che dovrà provare a confermare quanto di buono fatto dalla squadra nella passata stagione chiusa con un buon record complessivo (20-14), ma solo discreto all’interno della conference (8-10). Mettere in pratica un sistema di gioco così estremo può portare però a risultati abbastanza imprevedibili, nel bene e nel male, ed è per questo motivo che i Longhorns potrebbero essere una delle squadre più intriganti da seguire nel corso della stagione, ma allo stesso una perfetta incognita. La squadra di quest’anno si baserà in gran parte sulla produzione offensiva dei giocatori più esperti come Cameron Ridley e Demarcus Holland, ma anche sulla fisicità di Prince Ibeh, il quale potrebbe trovare qualche minuto in più dopo la partenza di Myles Turner, ora in NBA agli Indiana Pacers. Il ruolo di go-to guy spetterà alla point guard della squadra, il junior Isaiah Taylor, che dovrà guidare i compagni sia in termini di realizzazione sia gestendo i tempi e i ritmi del sistema di gioco dei Longhorns. In aggiunta, l’ottimo lavoro di recruiting ha portato a Texas ben tre giocatori tra i primi 100 prospetti in uscita dall’high school, le guardie Eric Davis (45° nel ranking) e Kerwin Roach Jr. (47°) e l’ala Tevin Mack (48°), il cui inserimento nel sistema sarà fondamentale già quest’anno, ma soprattutto in ottica futura per l’ateneo. Questa è una squadra che ha le potenzialità per finire con un record superiore al .500 all’interno della BIG-12, ma che può soprattutto puntare ad accedere al torneo NCAA per poter poi provare a migliorare il risultato della passata stagione.

TEXAS TECH RED RAIDERS - Texas Tech fa parte di quel ristretto gruppetto di squadre – insieme a TCU e Kansas State – che è probabile vedere in fondo alla classifica della BIG-12 al termine della stagione e per le quali pare difficile pensare ad un’avventura al torneo NCAA, anche se il college basketball insegna a non dare mai nulla per scontato. Ciò anche alla luce del fatto che nella passata stagione i Red Raiders sono stati artefici di una stagione decisamente deludente, finendo ampiamente sotto al .500 sia come record

complessivo (13-19) sia all’interno della conference (3-15) e non riuscendo a vincere nemmeno una delle partite giocate in trasferta o in campo neutro. Al contrario delle altre squadre citate in precedenza, Texas Tech avrà la fortuna di poter contare su un go-to guy ben identificato, ossia la guardia senior Devaugntah Williams, il quale dovrà accollarsi gran parte delle responsabilità all’interno dell’economia del gioco dei Red Raiders. Coach Tubby Smith dovrà poi essere bravo a sfruttare il fatto di avere ancora a disposizione molti dei giocatori che erano già nel roster della passata stagione per far migliorare sensibilmente le prestazioni di questa squadra, soprattutto per quanto riguarda le partite esterne. Non è scontato che questa sia la chiave per cambiar faccia a Texas Tech, ma potrebbe sicuramente essere un buon punto di partenza per poter disputare una discreta stagione.

WEST VIRGINIA MOUNTAINEERS - Quando si parla di West Virginia in ottica 2015-2016 non bisogna pensare che con la partenza di Juwan Staten per la NBA (assegnato ai Santa Cruz Warriors in D-League, per essere precisi) al termine del suo anno da senior si siano realmente indeboliti, anzi rimangono comunque una delle squadre più competitive della BIG-12, seppur non all’altezza di Kansas, Iowa State o Oklahoma. L’obiettivo sarà sicuramente quello di confermare quanto di buono fatto nella passata stagione, terminata con un record di 11-7 nella conference (25-10 complessivo), e cercare di ripetere la cavalcata nel torneo NCAA che l’anno scorso fu interrotta bruscamente alle Sweet 16 dalla clamorosa sconfitta contro i quasi imbattibili Kentucky Wildcats. Parlando del roster, Bob Huggins avrà a disposizione un gruppo equilibrato in termini di esperienza, nonostante comunque l’età media relativamente bassa, ma soprattutto già “collaudato” durante la stagione precedente e quindi in grado, almeno sulla carta, di poter competere al meglio fin dagli inizi. Infatti, i Mountaineers potranno contare sul solito approccio aggressivo in difesa al quale va aggiunto il bagaglio di esperienza acquisita col viaggio alle Sweet 16 del torneo NCAA. Per questo motivo, sarà interessante vedere come si svilupperanno i sophomore Daxter Miles Jr. e Jevon Carter, i quali hanno già fatto intravedere un buon potenziale, perché è soprattutto dai loro miglioramenti che dipenderà questa stagione ed il futuro di West Virginia. Complessivamente i Mountaineers sono una squadra molto interessante sia per la BIG-12, nella quale, come già detto, partono leggermente svantaggiati rispetto ai primi della classe, sia per un eventuale percorso nel torneo NCAA.


ach Tom Crean, spesso criticato non solo per i risultati della squadra ma anche per la cattiva gestione dei suoi ragazzi a livello umano. Sette incidenti relativi a alcol e droghe in soli sedici mesi sono troppi, specie se il coach chiede ai giocatori di scrivere “lettere di perdono” scaricando su di loro ogni responsabilità. Sarà un lungo anno a Bloomington.

IOWA HAWKEYES - Senza due giocatori esperti e

DI CLAUDIO PAVESI Ormai da quattro anni consecutivi una squadra della Big Ten arriva alle Final Four, talvolta, come l’anno scorso con Wisconsin e Michigan State, sono anche più di una le squadre di questa conference ad arrivare al ballo finale. Quest’anno potrebbe non fare differenza considerando la forza del roster di Maryland. La differenza sta appunto nel fatto che squadre come Wisconsin, Michigan State e le altre solite potenze quest’anno potrebbero addirittura non arrivare a giocarsi il titolo di conference, occhi quindi puntati su Maryland, Indiana e Purdue, tre squadre che potrebbero fare una grande annata riportandoci tutti indietro nel tempo, in una Big Ten più “vintage” che mai.

ILLINOIS FIGHTING ILLINI - Dopo due anni conse-

cutivi al NIT, Illinois spera finalmente di scrollarsi di dosso quell’alone di mediocrità che l’ha contraddistinta nelle ultime stagioni. Da anni infatti arriva alla soglia del Torneo NCAA come squadra considerata “on the bubble” salvo poi non essere mai inclusa nel gruppo delle partecipanti al grande ballo. I ragazzi di John Groce hanno talento ma sono anche sfortunati, tra infortuni e promesse non mantenute infatti non hanno mai raggiunto i risultati sperati. Gli esempi più lampanti riguardano Austin Colbert, talentuosissima

ala che dopo due anni paurosamente deludenti ha deciso di trasferirsi a Old Dominion, e il sophomore Leron Black, quest’ultimo autore di una buona stagione di esordio salvo poi essere limitato nella preparazione estiva all’imminente 2015-16 da un infortunio al menisco. I due freshman D.J Williams e Jalen Coleman daranno sicuramente profondità alla squadra, ma la stagione di Illinois dipenderà dalle due guardie junior Kendrick Nunn e Malcolm Hill. Già l’anno scorso erano i migliori realizzatori dietro l’ormai assente Rayvonte Rice e quest’anno sono destinati a esplodere definitivamente. Hill in particolare è uno dei realizzatori più puri della Big Ten, un giocatore entusiasmante in grado di segnare con facilità contro chiunque come dimostrano le prestazioni dell’anno scorso da 20 punti contro Villanova, 28 punti contro Maryland, 27 punti contro Penn State e 22 punti contro Alabama. Probabilmente Illinois non potrà andare oltre il settimo posto nella Big Ten di quest’anno ma di sicuro si rivelerà una squadra divertente.

INDIANA HOOSIERS - Questa Indiana può contare

su alcuni dei migliori giocatori delle rispettive classi, ovvero Yogi Ferrell, James Blackmon Jr., Troy Williams e Thomas Bryant, quattro giocatori che danno alla

squadra di coach Crean un potenziale offensivo che non si vedeva da parecchio tempo. Il problema però sta nell’altra parte del campo. La difesa degli Hoosiers è orribile e la cosa peggiore sta nel fatto che le lacune maggiori provengono da giocatori indispensabili in attacco come James Blackmon Jr., senza dubbio uno dei peggiori difensori della Big Ten, e Troy Williams, giocatore che per la verità ha un ottimo potenziale difensivo ma uno scarsissimo livello di attenzione allo sviluppo del gioco. Troy Williams ha avuto problemi di attenzione anche all’esterno del parquet visto che l’anno scorso è stato sospeso per due partite per non aver passato un test antidroga, quest’anno però dovrebbe essere il suo anno decisivo, specialmente considerando quanto gli scout NBA si aspettano da lui. Indiana, come detto, è difensivamente scandalosa (214° l’anno scorso per efficienza difensiva secondo kenpom.com) ma in attacco può contare su un insieme di velocità, atletismo, tiro da fuori e facilità nel servire i compagni che poche squadre possono dire di avere. Ovviamente l’attacco più esplosivo della Big Ten non può che passare da Yogi Ferrell, senior pronto a dimostrare di essere tra i migliori tre playmaker della NCAA. Le aspettative e le pressioni renderanno l’anno difficile per gli Hoosiers ma soprattutto per co-

solidi come Aaron White e Gabriel Olaseni non sarà facile per Iowa, ma è anche vero che gli Hawkeyes potranno contare sul ritorno di quattro quinti del proprio quintetto. Gli Hawkeyes non si sono fatti trovare impreparati aggiungendo al mix Dale Jones, proveniente da Waterloo West Junior College, un lungo esperto che aiuterà non poco. Iowa ha sempre avuto difficoltà a reclutare giocatori di alto profilo, preferendo puntare sullo sviluppo a lungo termine di giocatori “da sistema”, quest’anno però potranno contare su Isaiah Moss, guardia da Simeon Academy che quasi certamente va a prendersi il ruolo di reclutamento più quotato dai tempi di Adam Woodbury nel 2012, giocatore peraltro ancora in squadra seppur estremamente deludente se consideriamo le alte aspettative che si avevano per lui una volta uscito da East High School. Il già citato Moss potrebbe trovare comunque poco spazio dato che gli spot di guardia sono occupati da due senior come Clemmons e Gesell, la cui esplosione dovrebbe finalmente arrivare. Come si può notare, Iowa deve vedersela con molti enigmi dal punto di vista del rendimento. Chi non lascia dubbi è il lungo Jarrod Uthoff, sicuramente uno dei migliori giocatori della Big Ten. Chi vi scrive consiglia caldamente di vedere questo ragazzo dato che l’anno scorso è stato il miglior tiratore dall’arco della squadra così come il miglior stoppatore. Nel 2014-15 Uthoff è stato l’unico giocatore in Division I con almeno 50 stoppate, 50 triple e 35 rubate, in un mix che lo rende non solo uno spettacolo per gli occhi, ma anche un serio candidato al premio di giocatore dell’anno della Big Ten. Toccherà a Uthoff risolvere i tanti punti interrogativi di Iowa.

MARYLAND TERRAPINS - Senza dubbio una delle

squadre più interessanti dell’anno. Il piano di coach Turgeon sta finalmente andando a compimento. Dopo tre anni altalenanti in ACC, Maryland si è trasferita in Big Ten e il primo anno è stato decisamente positivo come dimostra il secondo posto nella conference e il record di 28-7. Quest’anno Maryland ha tutto il materiale non solo per vincere la Big Ten ma per portarsi a casa il Titolo NCAA. Tutto passerà dalle mani di Melo Trimble, senza dubbio tra i migliori cinque giocatori della Division I, una play/guardia in grado di fare tutto in campo e con una notevole leadership. Al suo fianco Maryland continua ad avere giocatori di altissimo livello come Jake Layman, il senior, il giocatore più


esperto della squadra e un ottimo realizzatore, specie dal perimetro. Ogni grande squadra della NCAA moderna ha un freshman di livello altissimo e Maryland non fa eccezione, Diamond Stone infatti è tra i migliori lunghi esordienti del panorama collegiale, e la sua estrema fisicità farà di sicuro la differenza in marzo. La chiave potrebbe stare però nei due transfer: Rasheed Sulaimon da Duke e Robert Carter Jr. da Georgia Tech. I due transfer vengono da due programmi di altissimo livello e soprattutto sono giocatori esperti (senior il primo, junior il secondo) in una squadra in cui solo Layman è l’unico senior in rotazione. Sulaimon arriva ai Terrapins dopo anni in continuo calo a Duke, ostacolato dall’arrivo di freshman fortissimi, mentre Carter Jr. si accasa a Maryland nel silenzio generale ma la realtà sta nel fatto che quasi certamente sarà lui il secondo leader della squadra dopo Trimble. L’ex Georgia Tech viaggiava sfiorando la doppia-doppia di media e ora creerà una coppia di lunghi incredibile insieme a Diamond Stone. Una Maryland così forte non la si vedeva dai tempi di Juan Dixon nel 2002, in cui infatti i Terrapins vinsero il titolo. Ora tocca a Trimble e soci ripetersi.

MICHIGAN WOLVERINES - Michigan ha tutto il

potenziale per giocare un’ottima stagione ma la verità è che nemmeno gli stessi Wolverines sanno realmente dove potranno arrivare. L’ultima stagione a Ann Arbor è stata piuttosto deludente ma la realtà è che solo relativamente la colpa può essere affibbiata a coach Beilein e relativi ragazzi. La stella Caris LeVert ha saltato ben 14 partite per infortunio e Derrick Walton Jr. ne ha saltate 12, ecco perché anche questa stagione dipende dal loro stato fisico. Michigan infatti ha il potenziale per giocarsela in quanto quinta forza della conference, dietro a Maryland, Indiana, Purdue e Michigan State, ma troppo dipende dalla condizione delle due già citate stelle e da Zak Irvin, il vice miglior realizzatore della squadra nella passata stagione e anch’esso costretto a un intervento alla schiena durante l’estate, una situazione che potrebbe fargli saltare le prime gare stagionali o quantomeno limitarlo. Il vero problema di Michigan sta nel fatto di non poter contare su un sistema solido e “continuativo”. Avete presente quelle squadre come Villanova e Michigan State in cui il sistema vale più dei singoli e per questo motivo l’assenza di un giocatore può essere soppiantata facilmente da un sostituto ben istruito? Ecco, a Michigan non succede. Spike Albrecht infatti ha avuto un ottimo rapporto assist/palle perse (2.95 assist ogni palla persa) ma il suo ritmo di gioco era decisamente più lento rispetto a quello giocato da Walton Jr., cosa che non favoriva i compagni. Un fuoriclasse come Caris LeVert invece, potenzialmente il miglior giocatore della conference insieme a Trimble,

Nella foto: Caris LeVert, Michigan

non ha nemmeno lontanamente trovato un sostituto. Questa stagione di Michigan dipende quindi da molte, forse troppe costanti, ecco perché sarà fondamentale per i ragazzi della panchina fare un notevole passo in avanti. Aubrey Dawkins, Kameron Chatman e Duncan Robinson, sono questi i nomi di chi dovrà dare il 200%. A proposito, occhi puntati su Robinson, arrivato direttamente da Williams College in Division III per stupirci.

MICHIGAN STATE SPARTANS - Raramente gli

Spartans sono stati imprevedibili come quest’anno. Senza più Trice e Dawson, l’ossatura della squadra che a sorpresa ha raggiunto l’ennesima Final Four può contare solo su Denzel Valentine ma la promozione in quintetto di Bryn Forbes e l’arrivo del transfer ex West Virginia Eron Harris sono elementi che continuano a rendere il backcourt degli Spartans difficile da affrontare. Molti occhi sono sul già citato Harris, giocatore che a WVU viaggiava a 17 punti di media tirando col 42% da tre punti ma che a Michigan State dovrà adattarsi alla mentalità Izzo, sia in attacco che soprattutto in difesa. Importantissimo sarà l’apporto di Matt Costello, lungo che dovrà dimostrare di essere il punto di riferimento nel pitturato, sia offensivamente che dall’altra parte del campo. Pesa molto infatti la decisione del quotatissimo freshman Caleb Swanigan di cambiare destinazione, rompendo il commitment con gli Spartans per andare alla rivale Purdue, scelta che snellisce e non di poco le rotazioni dei lunghi in maglia MSU. Sempre per l’affaire Swanigan dovremmo poter vedere un buon minutaggio affidato a un altro freshman, Deyonta Davis, ala forte che a quanto pare ha già lavorato molto in palestra per guadagnare il peso che gli sarebbe servito per avere subito impatto in Big Ten. Già l’anno scorso gli Spartans hanno stupito tutti raggiungendo un traguardo che non pareva possibile tramite un grande gruppo, quest’anno invece sono una squadra forse meno omogenea per via dei diversi arrivi ma probabilmente sono più talentuosi, e dare il talento in mano a coach Izzo è sempre un affare. L’uomo chiave, anche quest’anno, sarà sempre lui: coach Izzo. Possiamo stare qui a parlare anche per trenta pagine del roster di MSU e delle sue abilità ma la verità è che Izzo, in un modo o nell’altro, ha sempre

ragione. Aspettiamo solo di vedere quali variazioni difensive ci regalerà quest’anno, per trasformare un gruppo mediocre nell’ennesima corazzata.

MINNESOTA GOLDEN GOPHERS - Carlos Morris e

soprattutto il sophomore Nate Mason sono due ottimi giocatori e renderanno il reparto guardie perlomeno onorevole. Molto passerà dal sophomore Bakary Konate, anche solo per il fatto che si tratta dell’unico vero lungo della squadra, giocatore che quest’anno dovrà riuscire a stare costantemente lontano dagli infortuni, a differenza dell’ultima stagione. Non giriamoci attorno, coach Pitino, figlio del leggendario allenatore di Louisville, si ritrova alle porte di quella che molto probabilmente sarà la stagione più difficile della sua finora giovane carriera, con la certezza di arrivare non oltre l’undicesimo posto. Sarà però un anno chiave per Pitino. Minnesota è infatti una squadra molto giovane e dovrà costruire le basi in vista del 2016, anno in cui potranno contare su un freshman di alto livello come Amir Coffey e su un gruppo maggiormente esperto e consolidato. Occhi quindi sul sistema di gioco di Pitino e non tanto sui risultati, dopo tutto il tempo è dalla sua parte.

NEBRASKA CORNHUSKERS - Finita l’era di Terran

Petteway, Nebraska sarà costretta a reinventarsi. L’ex stella della squadra monopolizzava letteralmente un terzo dei possessi offensivi dei Cornhuskers, motivo per cui Nebraska dovrà ora trovare un nuovo leader offensivo ma l’altro lato della medaglia sta nel fatto che non sarà più dipendente da un singolo giocatore. La squadra è giovanissima ma sarà guidata da un leader esperto come Shavon Shields, guardia senior in grado di segnare facilmente, anche se in passato “limitato” dalla presenza di Petteway. In una Big Ten fatta di squadre equilibrate e stelle emergenti, Shields rischia seriamente di diventare il miglior realizzatore della Big Ten. Intorno a Shields il talento non è dei più limpidi ma non mancano un paio di giocatori di grande interesse. Uno è Aaron White, che dovrebbe saper avere un buon impatto per il solo fatto di venire da un college ben più prestigioso come Kansas. White prenderà il posto di Petteway in quintetto ma non lo

sostituirà in senso stretto, dato che l’ex Kansas non è portato a monopolizzare il pallone, al contrario è un ottimo tiratore da tre punti sugli scarichi e un notevole rimbalzista, caratteristica importantissima per una squadra sottomisura in una conference fisica. L’altro giocatore da tenere d’occhio sarà quasi certamente il sesto uomo e risponde al nome di Jack McVeigh, un true freshman arrivato direttamente dall’Australia. Il connazionale di ex stelle collegiali quali Andrew Bogut, Patty Mills e Matthew Dellavedova è un’ala piccola, come Aaron White, ma ha caratteristiche molto diverse, per questo sarà possibile vederli in campo assieme, specialmente considerando la grande intelligenza tattica di McVeigh. A proposito di giocatori internazionali e rivalità sportive, l’australiano McVeigh dividerà lo spogliatoio con il neozelandese Tai Webster. Forse “Nebrasketball” non raggiungerà nemmeno l’NIT ma di certo non si può dire che l’organico non sia interessante, anche solo dal punto di vista umano.

NORTHWESTERN WILDCATS - Northwestern non

ha mai raggiunto il Torneo NCAA in tutta la sua storia, l’ultima volta che ha vinto la propria conference era infatti il 1933 e il mondo non aveva ancora conosciuto i dolori della Seconda Guerra Mondiale. Da un paio d’anni Northwestern sfiora l’obiettivo del Torneo NCAA limitandosi a vincere sei partite nella regular season della Big Ten e quest’anno, causa anche la maggiore omogeneità di talento all’interno della conference e il ricambio generazionale di alcune superpotenze, i Wildcats potrebbero addirittura raggiungere il loro storico traguardo. L’unica cosa che dovranno fare sarà stare attenti a non ripetere il terribile calo di attenzione avuto l’anno scorso all’inizio delle sfide interne alla conference che ha portato a un inguardabile record di 1-10. Non il modo migliore di cominciare le sfide in Big Ten. Come detto però la squadra non è da sottovalutare. Anima e corpo dei Wildcats è Tre Demps. Le statistiche parlano chiaro, quando Demps segna più di 20 punti Northwestern è quasi imbattibile (4-1 il record), quando invece non raggiunge la doppia cifra i Wildcats non hanno speranze (2-10). Al suo fianco ci si aspetta l’esplosione di due giocatori molto quotati a livello liceale: Vic Law e Scottie Lindsey. Questi due giocatori abili e versatili dovranno dimostrare di poter compiere un grande salto in avanti dal punto di vista tecnico, anche perché una crescita fisica l’hanno già portata a termine, aggiungendo diversi muscoli in palestra nel corso dell’estate. Se Law e Lindsey dovessero rispettare le attese, Bryant McIntosh restasse sui suoi soliti livelli e il centro Olah restasse sano e concentrato, Northwestern potrebbe finalmente raggiungere il Torneo NCAA, non limitandosi a essere la squadra disastrata del college più celebrato della Big Ten dal punto di vista accademico.


OHIO STATE BUCKEYES - Forse la vera mina va-

gante della Big Ten. Finita rapidamente l’era di D’Angelo Russell, ora toccherà presumibilmente all’esplosivo Jae’Sean Tate guidare i Buckeyes, squadra che per la prima volta dopo lungo tempo si ritrova senza un leader esperto o un freshman con un talento da prime cinque chiamate al Draft NBA. Il freshman di talento però non manca, in cabina di regia arriva infatti JaQuan Lyle, che non è un Russell 2.0 ma di sicuro potrà dare fin da subito un discreto impatto. Ci si aspetta un grande salto in avanti da Kam Williams e Keita Bates-Diop ma al momento nulla è certo a Ohio State. Una squadra che l’anno scorso ha fatto fatica a vincere in trasferta, specie nelle sfide interne alla Big Ten, non può trovare sicurezza in un gruppo troppo inesperto per una prova di questa difficoltà. L’unico giocatore di esperienza è infatti il junior Marc Loving, ala grande solida ma che non dispone del talento per fare la differenza che i Buckeyes avrebbero bisogno. C’è un lato positivo. La squadra, come detto, è molto giovane, e il livello non irresistibile della Big Ten 201516, almeno se la paragoniamo agli anni precedenti, potrà servire come banco di prova ai ragazzi di coach Matta per provare un’improbabile scalata o, più realisticamente, per farsi le ossa in vista di successi futuri, con un quintetto più esperto e unito.

PENN STATE NITTANY LIONS - Per la prima volta

dopo tanto, tantissimo tempo Penn State potrebbe aver imboccato la retta via ma non si è mai certi di nulla quando si parla dei Nittany Lions. L’anno scorso Penn State era partita fortissimo con un record di 12-1 nelle partite al di fuori della conference, poi però sono cominciate le partite della Big Ten e sono ritornati gli spettri perdenti del passato come dimostra il record di 4-14. Penn State, come detto, sta però andando nella giusta direzione. La partenza dell’anno scorso è incoraggiante e l’importante è trovare quel minimo di continuità che è mancato per strappare un posto al Torneo NCAA o, più presumibilmente, all’NIT. La partenza di D.J. Newbill, uno dei migliori giocatori degli ultimi due anni di Big Ten, è sanguinosa ma i Nittany Lions possono contare su un ricambio generazionale che non si vedeva da anni a University Park, grazie all’arrivo di Mike Watkins e soprattutto di Josh Reaves. Reaves, una guardia, è stato valutato con “tre stelle” dai siti di settore quali rivals.com ma si tratta di un ragazzo ben più dotato di quello che si possa credere. Abile nel trovare il canestro quanto nel difenderlo, questo giovane talento proviene dalla prestigiosa Oak Hill Academy, scuola e squadra che anche grazie al nuovo arrivato in casa Nittany Lions è riuscita a raggiungere la finale per il titolo nazionale nel 201415. Insomma, il talento c’è e il futuro sembra roseo, ora però tocca a Penn State non comportarsi da solita Penn State e rovinare tutto.

PURDUE BOILERMAKERS - I Boilermakers potreb-

bero essere una delle squadre rivelazione della Big Ten e certamente si giocheranno i primi quattro posti della conference durante la regular season. Il segreto sta tutto nel frontcourt. In NCAA non è facile trovare uno o più giganti per squadra, d’altronde parliamo di ragazzi molti giovani ed è infatti facile trovare college che giocano con quintetti molto piccoli o con dei lunghi dal fisico piuttosto acerbo. Non è il caso di Purdue che può schierare A.J. Hammons, stella della squadra da 213 centimetri, e la sua riserva Isaac Haas, un sophomore da 2.18m. Hammons in particolare non è solo un giocatore alto e dal buon fisico, ma un giocatore dalle serie ambizioni NBA con ottimi movimenti di potenza in post basso e un’impressionante attitudine per la protezione del proprio canestro. A queste due fuori misura si aggiunge uno dei personaggi dell’anno della Big Ten: Caleb Swanigan. L’ex Mr. Basketball dell’Indiana e primo candidato al premio di Miglior Freshman della Big Ten aveva deciso di giocare per Michigan State salvo poi cambiare le carte in tavola e twittare dal suo profilo un enigmatico “#BoilerUp”, decisamente in antitesi col “Once a Spartan, always a Spartan” delle settimane precedenti. Swanigan si era detto sfinito dal recruiting e per questo aveva compiuto una scelta sbagliata salvo poi cambiare idea. Alcuni maligni penseranno che dietro ci sia la mano del suo padre adottivo Roosvelt Barnes, giocatore di Purdue di fine anni ‘70 e membro della squadra che fece le Final Four nel 1980, ma la

NCAA non ha riscontrato violazioni. Sarà comunque divertente vedere come Swanigan, a oggi il più quotato e prestigioso reclutamento della storia di Purdue, verrà accolto a East Lansing, alla prima contro MSU. Nonostante questo esubero di lunghi la stagione di Purdue passerà principalmente da Raphael Davis, senior che ormai da due anni è il capitano della squadra. Mente e cuore dei Boilermakers, Davis potrebbe non essere la prima opzione realizzativa causa le sue percentuali ondivaghe (30% dall’arco) ma resta il Miglior Difensore della Big Ten uscente e renderà un inferno ogni possesso avversario.

più prestigiosa, è l’intera sezione sportiva della scuola a viverne le conseguenze. La squadra di football di Rutgers continua a fare bene quindi dalla Big East ci si sposta in AAC e subito dopo in Big Ten, conference in cui, dal punto di vista cestistico, una squadra giovane e non molto talentuosa come Rutgers non ha speranze. Non resta che fare un grande in bocca al lupo a Corey Sanders, il freshman che provare a dare una scossa alla cabina di regia, probabilmente l’unico vero giocatore di qualità a roster. il 1976 è lontano ma il fondo della Big Ten è molto vicino.

RUTGERS SCARLET KNIGHTS - Certe volte non si

sin sia una brutta squadra ma ritrovarsi senza tre giocatori come Traevon Jackson, un talento da lottery al Draft NBA, Sam Dekker e soprattutto Frank Kaminsky, il giocatore più dominante del panorama NCAA, non è certamente facile. Dopo quattordici stagioni consecutive concluse tra le prime quattro squadre della conference, Bo Ryan rischia di non poter allungare la striscia. Certo il talento non manca, Bronson Koenig è sempre in cabina di regia e i suoi enormi attributi serviranno disperatamente alla causa di Wisconsin, così come Nigel Hayes resta uno dei giocatori più forti della Big Ten, eppure non è sufficiente. Koenig e Hayes sono fortissimi e certamente quest’anno faranno enormi passi in avanti ma sopperire alle mancanze dei tre giocatori citati all’inizio sembra impossibile, anche solo per il fatto che Koenig è l’unica vera point guard a roster. Si dovrà dunque puntare sull’esplosione di qualche ex “panchinaro” come Vitto Brown e Zak Showalter ma sinceramente le domande sono ben più numerose delle risposte. L’uomo chiave da seguire per capire se Wisconsin avrà o meno futuro si chiama Ethan Happ. L’ex lungo di Rockridge High School ha passato una stagione da redshirt dividendo il tempo tra la palestra e il parquet, dove si allenava difendendo contro Kaminsky. Happ non sarà quasi certamente un Kaminsky 2.0 (anche fisicamente è un po’ più basso) ma allenarsi per un anno imparando dal migliore non è certo una cosa negativa. Happ non sarà stato quotatissimo uscendo dal liceo ma sapete chi, come Happ, era un lungo, bianco, considerato un mediocre talento da “tre stelle” secondo le valutazioni dei siti di settore come rivals.com? Frank Kaminsky.

può fare altro che pensare al passato. Il 1976 fu un grande anno, Muhammad Ali era nel pieno della forma, nelle sale cinematografiche usciva “Taxi Driver” di Martin Scorsese, Bob Marley si esibiva dal vivo ad Amsterdam e Rutgers arrivava alle Final Four guidata da Phil Sellers e Mike Dabney, poi rivelatisi due desaparecido in NBA, con l’apporto di Eddie Jordan. Di quei tempi è rimasto solo Eddie Jordan, oggi coach di Rutgers, ma l’ambiente è decisamente cambiato, infatti gli Scarlet Knights si apprestano a cominciare la terza stagione consecutiva con un massimo di cinque vittorie all’interno della propria conference. Si sa, il mondo NCAA è spietato, anche e soprattutto perché sono i programmi di football a far girare la maggior parte dei soldi, quindi quando un programma di football ha successo e viene spostato in una conference

Nella foto: Ethan Happ, Wisconsin

WISCONSIN BADGERS - Nessuno dice che Wiscon-


costruzione del quintetto è buona, bisognerà tuttavia capire se il gruppo sia pronto già quest’anno a fare un salto di qualità o se debba aspettare ancora. Ad oggi provare anche solamente ad accennare una risposta appare fuori luogo. Previsione Conference: 5°- 9°

DEPAUL - Giocare per DePaul presenta un vantaggio che la maggior parte dei college degli Stati Uniti non offre. Poter vivere a Chicago, nel favoloso quartiere di LakeView, nel quale vi sono le strutture di allenamento della squadra. Non ritengo sia casuale che Charlie Chaplin abbia deciso di soggiornare dal ‘14 al ‘15 proprio a LakeView, per girare una serie di 14 corti per la Essanay di Chicago, tra i quali spicca “The Tramp”, il vagabondo, personaggio che ha segnato la carriera di Chaplin, figlio di un’intuizione del capo della Keystone ad inizio ‘14, che la Essenay ha saputo sfruttare al meglio avendo stipulato pochi mesi dopo “la creazione” un contratto con l’attore inglese. I corti lanceranno definitivamente Charlot, il vagabondo, divenendo così immortali. Tralasciamo il fatto che Chaplin abbia abbandonato Chicago dopo solo un anno a causa del cattivo tempo della Windy City. Insomma dicevamo, DePaul? Record perdente in 9 degli ultimi 10 anni. Quest’anno sarebbero anche più forti del solito, Garret (la stella), Henry e Hamilton, ma decisamente meglio Chaplin. Previsione Conference: 7°- 10°

DI NICCOLO’ COSTANZO Per la prima volta dal 1979 nessun giocatore della Big East è stato scelto al primo giro del Draft NBA. Se contestualmente valutiamo la penuria di partecipanti della Conference alle Sweet Sixsteen (la sola Xavier ha raggiunto questo risultato) del Torneo NCAA del 2015, possiamo capire come la conference non viva un momento di particolare competitività a livello nazionale. Per questo dovremmo considerarla meno interessante? Assolutamente no. Gli equilibri tra le forze della Big East sono per tale motivo molto instabili, con ai blocchi di partenza le solite favorite, come Villanova e Georgetown, ma immediatamente dietro un gruppo compatto di cinque o sei pretendenti. Tra le squadre in via di ricostruzione, inoltre, potremo apprezzare un giocatore come Federico Mussini, approdato in quel di St.John’s alla corte di Chris Mullin, è chiaro come la Big East presenti ancora una volta eccellenze e storie degne di nota. Vi presento l’ultima prima di iniziare questo preview. Un torneo che si disputerà in memoria di Dave Gavitt, fondatore della Big East, tra le squadre della conference di cui qui ci occupiamo e quelle della Big Ten. Dopo sette giorni di regular season potremo goderci subito Georgetown-Maryland, Xavier-Michigan e Iowa-Marquette. Un vero spettacolo.

BUTLER - Con Chris Holtmann saldamente alla guida dei Bulldogs, le aspettative nell’Indiana sono cresciute vertiginosamente. Dopo aver rimpiazzato coach Brandon Miller, che ha lasciato la squadra nell’ottobre 2014 a causa di problemi di salute, Holtmann ha condotto la squadra ad una stagione memorabile, nel ruolo di allenatore ad-interim. La sconfitta nel terzo round del Torneo NCAA contro la corazzata Notre Dame, 64-67 dopo un tempo supplementare, non ha fatto altro che convincere l’Athletic Director, Barry Collier, a dover assegnare il ruolo di capo-allenatore al subentrato Holtmann. Butler si approccia alla stagione con i tre migliori realizzatori del 2014-2015 ancora nel roster. Kellen Dunham, ottimo tiratore e miglior realizzatore della squadra con oltre 16 punti di media nella passata stagione, è uno dei potenziali migliori cinque giocatori della Conference, e contenderà alla stella Kris Dunn di Providence, il titolo di miglior giocatore della Big East. Non è da meno Roosevelt Jones, che pur non essendo un realizzatore puro, ha in mano le chiavi dell’attacco dei Bulldogs. Con l’addio di Kameron Woods è infatti l’ala (sottodimensionata) dei Bulldogs il miglior rimbalzista della squadra, oltre 5 nella passata stagione. Dato di notevole interesse dato che Jones è anche il miglior passatore di Butler,

giocando da point-forward con una declinazione tutta sua, ma efficace. Saranno i miglioramenti di Chrabascz, lungo perimetrale, e Tyler Lewis, che sostituirà Barlow in cabina di regia, a rendere il quintetto di Butler uno dei più pericolosi della Division I. L’assenza di Woods sotto canestro potrebbe pesare, e molto. Previsione Conference: 1°- 4°

CREIGHTON - Il triennio d’oro (2012-2014) è purtroppo terminato per Greg McDermott. Il 2015 è stato sicuramente un anno interlocutorio, durante il quale ricostruire non è stato facile, visti i numerosi senior che hanno lasciato il programma in estate. Dell’annata in cui i Bluejays hanno condiviso il fondo della classifica con Marquette Golden Eagles, dei “quintettisti” sono rimasti solamente Milliken e Zierden, buoni giocatori, ottimi tiratori. L’acquisto di Maurice Watson è molto interessante; il folletto di Philadelphia è stato il miglior realizzatore e assistman della Boston University del 2013/2014 e dopo aver passato un anno seduto è pronto a rivestire il ruolo di guardia titolare per coach McDermott. Justin Patton, il freshman più interessante dei Bluejays, e Geoffrey Groselle dovranno dare spessore sotto canestro, per una squadra che in quel ruolo può contare anche su Zach Henson. La

GEORGETOWN - La composizione del roster di Georgetown è chiara, nonostante la sua atipicità, qualità che colloca gli Hoyas tra le tre favorite della Conference. Cabina di regia, con compiti realizzitivi, alla stella D’Vauntes Smith-Rivera, che sia con o senza Tre Campbell al suo fianco. Centro titolare, Jessie Govan, freshman newyorkese con un fisico granitico. Potenziale enorme, che se dovesse svilupparsi nella “Hoyas way” potrebbe dar vita ad uno degli esperimenti più interessanti degli ultimi anni. In mezzo, dalla posizione 2 alla 4, una serie di giocatori “in betweeners”, senza ruolo, dotati di braccia lunghe, fisico scultoreo, e tanta applicazione difensiva, che fanno delgli Hoyas una squadra imprevedibile. Tra questi il giocatore maggiormente pronto dovrebbe essere L.J. Peak, oro con gli Stati Uniti a livello giovanile, atteso ad una stagione sophomore convincente. Nel mezzo tutti gli altri. Isaac Copeland, uno dei migliori rimbalzisti della squadra, Paul White, campione con Jahlil Okafor dell’IHSA con Whitney Young, Trey Mourning, figlio di Alonzo, e Marcus Derrickson. Su quest’ultimo meglio spendere due parole in più. A Roma, nella gara che ho avuto il piacere di vedere tra Hoyas e Haukar Basket, Derrickson mi ha stupito. Fisico incredibile per essere un giocatore così giovane, si tratta infatti di un freshman, Derrickson è dotato di un gioco perimetrale di altissimo livello, una buona capacità in post-basso,


e un feeling per il rimbalzo, d’attacco e difensivo. Da tenere d’occhio nei prossimi due anni. Previsione Conference: 2°- 4°

MARQUETTE - Dopo averli visti all’opera contro l’Haukar, stessa squadra contro la quale ha giocato Georgetown, mi son convinto che la squadra di Steve Wojciechowski fosse nettamente inferiore a quella di John Thompson III. La realtà non sembra essere poi così drammatica, considerando il risultato dello scorso anno di Marquette, tragico a livello di gare di conference. Coach Wojo mi ha stupito per l’intensità con la quale allena e segue le gare dei suoi. Come se difendesse su ogni possesso, ripartisse in contropiede, facesse il miglior blocco per l’uscita di un compagno, l’ex Duke mi ha dato l’impressione di poter incidere attivamente sulle partite. Ha inciso sicuramente anche con il recruiting. Il miglior lungo freshman della Big East, e forse della intera Division I, è approdato proprio in casa Golden Eagles. Si tratta di Henry Ellenson, un giocatore preoccupantemente completo per essere un 1997. Selezione di tiro e alcuni aspetti di mobilità orizzontale in difesa, contro avversari più veloci, mi son sembrate le sue principali debolezze. I punti di forza? Tutto il resto, e a breve potremo notarlo anche ad un livello come quello di Division I. Duane Wilson è piccolo ma tostissimo, così come Traci Carter. Un backcourt che darà filo da torcere agli avversari perchè muscolare, rapido e in grado di realizzare letture decisive, soprattutto nella metà campo difensiva. A differenza di Carter, Wilson ha anche un tiro molto affidabile, che lo rende sicuramente una delle guardie più complete della Big East. Previsione Conference: 3°- 6° PROVIDENCE - Il Kris Dunn team. I Friars hanno

un vantaggio quest’anno: avere un giocatore che attualmente potrebbe tranquillamente far parte di una rotazione NBA. Dunn, miglior giocatore della Conference e miglior difensore (entrambi i premi vinti ex-aequo), avrebbe potuto lasciare il college, in quanto in odore di lottery pick. Ha deciso di tornare per dar l’esempio alle sorelle laureandosi, ma forse anche per togliersi delle soddisfazioni con i Friars. Non semplice come compito, soprattutto il secondo, visto che con gli esami il ragazzo è assolutamente in regola. Ben Bentil è un bel giocatore di complemento, ma dovrà assurgere al ruolo di seconda punta, a meno che Jalen Lindsey non venga baciato dalla fortuna di giocare tanti minuti con il nemico numero uno delle difese della Big East, che allo stesso tempo passa la palla in una maniera celestiale. Chi si farà trovare pronto e degno della fiducia di Dunn potrà realizzare numeri di livello, oltre che aiutare la squadra. Motivo per cui, da necessità, potrebbe diventare virtù il fatto di schierare giocatori ancora inesplorati come Fazekas, Bullock

dabile, i Wildcats sono chiamati ad una stagione convincente ed ad un torneo NCAA memorabile. Pena, l’ennesima cocente delusione. Previsione Conference: 1°- 3°

Nella foto: Chris Mullin, coach di St. John’s

e ed Edwards. I Friars, come si può evincere, partono abbastanza corti. Servirà subito farsi trovare pronti alla corte del golden boy. Previsione Conference: 4°- 8°

SETON HALL - Si parla benissimo di Seton Hall e del suo leader Isaiah Whitehead. Benché sia stato superato dal compagno di squadra Angel Delgado per la corsa al titolo di freshman dell’anno della Big East, non ci sono dubbi che il ruolo occupato dal partente Sterlin Gibbs (approdato a UConn) verrà occuparto dal nativo di Brooklyn. La presenza dell’ala/centro dominicana aiuterà sicuramente coach Kevin Willard a dare continuità al progetto anche dopo la partenza di un leader da più di 16 punti a gara. Un grosso problema sembra essere quello della mancanza di tiratori dal perimetro. Gordon, senior proveniente da Umass, e Desi Rodriguez sono ottimi giocatori di complemento, ma pessimi tiratori. Sina, tiratore da 32%, non di certo uno specialista, è andato a George Washington, e Carrington, che giocherà nel backcourt con Whitehead, ha tirato il 28% nella passata stagione. I Pirates hanno bisogno di crescere molto da questo punto di vista per evitare brutte figure come nel finale della passata stagione. Previsione Conference: 6°- 10° ST. JOHN’S - “Chris Mullin sulla panchina dei Red

Storm”. Questo, giustamente, il titolo di ogni rivista specializzata negli USA su St.John’s. La nostra concentrazione, a dir la verità si sposta sui giocatori, facendo parte del roster del college newyorkese Federico Mussini, ex guardia di Reggio Emilia. Il freshman azzurro non è attualmente nei principali radar americani, sebbene abbia giocato una favolosa partita “casalinga”, Red vs White alla Carnesecca Arena, trascinando i bianchi alla vittoria con 17 punti e 8 assist, e sia stato sempre schierato in quintetto nelle due successive gare, per un minutaggio complessivo di 59’. Questo fa presagire un impiego costante dell’italiano (come confermato nell’intervista del nostro Claudio Pavesi a Luca Virgilio, assistente allenatore di St.John’s) in una stagione che si prospetta di ricostruzione per i newyorkesi. Nove giocatori nuovi (quattro

transfers) rappresentano la rottura con l’era Steve Lavin. Il leader dovrebbe essere Durand Johnson da Pittsburgh, con Yankuba Sima, spagnolo, e Tariq Owens a giocarsi un posto da centro titolare, con il primo favorito. Darien Williams e Christian Jones le altre due ali in rotazione, con Mussini, LoVett, altro freshman, ed Ellison nel backcourt. La squadra è ancora in rodaggio, e la sconfitta in preseason di 32 punti contro un team di Division II lo dimostra. Previsione Conference: 6°- 10°

VILLANOVA - La storia sembra non cambiare. Persi Darrun Hillard e JayVaughn Pinkston, a cui auguriamo buona fortuna essendosi infortunato al legamento crociato nel primo allenamento con i Nets, Villanova ha ricostruito la squadra su basi solidissime, potendo contare su due leader dell’annata precedente, Ryan Arcidiacono, co-MVP della Big East, e Josh Hart. La storia si ripete, dunque. Pur perdendo alcuni pezzi pregiati, i Wildcats sembrano rimanere i leader della conference. D’altra parte Jay Wright ha dimostrato di essere il miglior allenatore della NCAA in stagione regolare, avendo vinto negli ultimi due anni 60 partite, una cifra stratosferica ancor più se comparata alle delusioni ottenute alla March Madness. E’ proprio in sede di Torneo NCAA che la storia non dovrà ripetersi. Dal 2009 i Wildcats non riescono a fare un cammino di livello nella post-season, dato che condividono con un’altra nobile della Big East, Georgetown. Due eliminazioni al terzo turno consecutive sono un risultato insufficiente per un gruppo in grado di vincere così tante partite in stagione e nella propria Conference. Per cambiare la storia, serve dunque un giocatore speciale e Wright lo ha forse trovato. Jalen Brunson, oro ed MVP nel Mondiale U-19 con gli Stati Uniti, vincitore di un’altra March Madness, l’originale, quella delle High School dell’Illinois con Stevenson, dopo le eliminazioni subite negli anni precedenti per mano di Jabari Parker e Jahlil Okafor, uno che di Torneo NCAA ne sa qualcosa. Brunson ha tutto per disputare una grande stagione. Palleggiatore dotatissimo, tiratore mortifero, deve trovare la giusta coesistenza con Arcidiacono per dare il meglio sin da subito. Con Ochefu sotto canestro e una schiera di tiratori da tre formi-

XAVIER - L’unica squadra della Big East ad essere arrivata alle Sweet Sixteen si presenta ai blocchi di partenza come una delle possibili candidate al titolo della conference. I Musketeers a livello individuale presentano meno eccellenze di Villanova, Georgetown e forse anche Butler, ma hanno dimostrato di essere forti mentalmente quando più conta. Gli addii di Stainbrook e Dee Davis sono dolorosi; questi non portano via solamente la loro leadership, ma anche punti, il primo, e assist, il secondo. La crescita della squadra passerà dalle mani di Jalen Reynolds, che da sophomore ha mostrato grandi margini di miglioramento, oltre che una stazza che gli permette di rivaleggiare con chiunque in Division I. L’altra grande speranza è Trevon Bluiett, autore di una stagione da rookie favolosa, rovinata da un finale non ad alti livelli. Dovesse ritrovare la giusta quadratura, Xavier potrebbe avere tra le mani il top scorer della Big East. In cabina di regia Dee Davis sarà sostituito da Myles Davis, che di mestiere non sembra essere una classica point guard. Previsione Conference: 2°- 5°


scorso anno, con soli diciotto minuti di media passati in campo, Maten ha fatto intravedere un buon potenziale ed ora sarà chiamato a tirare la carretta sotto le plance per i Bulldogs che, sebbene senza troppe ambizioni, potrebbero togliersi più di qualche soddisfazione nel corso della stagione. Soprattutto se Mann e Gaines confermeranno quanto fatto vedere lo scorso anno. Se il primo è in grado di realizzare così come di mettere in ritmo i suoi compagni, anche se deve tenere sotto controllo il numero di perse, Gaines è atteso ad un’esplosione come vero e proprio scorer e ancora di salvezza offensiva di Georgia. E in attacco i Bulldogs potranno contare anche su Frazier. Kenny Paul Geno e Juwan Parker saranno gli uomini che dovranno dare sostanza e fare il lavoro sporco.

FLORIDA – Con l’addio in panchina di Billy Donovan,

DI ALESSIO BONAZZI Quando si parla di Southeastern Conference (SEC), tutto o quasi inizia e finisce con Kentucky. Normale, quando una squadra riesce a fare così bene per così tanti anni. Dietro i Wildcats, però, sembrano essere molti i programmi in crescita. Nonostante questo, ci sarà bisogno di qualche altra stagione per arrivare ad una competitività più alta. La SEC, in fin dei conti, rimane votata al dio del football.

ALABAMA – L’arrivo di Avery Johnson in panchina è di sicuro una delle novità più importanti per i Crimson Tide. E l’ex NBA Coach of the Year del 2006 ha portato con sé Terrance Ferguson, uno dei prospetti migliori della nazione, almeno nello spot di guardia. Non ci sono più Randolph, Cooper e Tarrant, anche se buona parte dell’ossatura della scorsa edizione di Alabama è rimasta. Jimmie Taylor potrebbe essere una delle sorprese della SEC, dopo aver disputato due stagioni in crescendo, e Hale e Obasohan saranno chiamati a prendere in mano le redini di un team senza troppe pretese. Sarà, infatti, un’annata non semplice per i Crimson Tide, che proveranno a mettere le basi per giungere nel più breve tempo possibile a buoni risultati. Appare difficile che Alabama possa avere chance di qualificarsi alla postseason. Anche in questo caso,

infatti, serviranno un paio di annate per vedere sul parquet una squadra competitiva.

ARKANSAS – Dopo l’ottima stagione dello scorso anno, dove si erano piazzati alle spalle di Kentucky, coach Anderson e Arkansas dovranno fare i conti col materiale a disposizione. Non ci sono più Bobby Portis e Michael Qualls, veri cardini della scorsa annata, così come hanno salutato la compagnia Madden e Harris, che hanno terminato la propria carriera collegiale, e Williams. Sono arrivati Hannahs e Kouassi, e con loro i freshman Thompson, Jenkins e soprattutto Jimmy Whitt. Non sembra però che Arkansas possa ripetere il record di 27-9 (13-5 nella SEC). C’è meno talento e molte delle speranze di riuscire a staccare un pass per l’NCAA Tournament passano per la crescita di Anthlon Bell. Speranze che, obiettivamente, sembrano abbastanza poche, almeno ai nastri di partenza. Sotto canestro la coppia Kingsley/Kouassi non sembra offrire, almeno dal punto di vista offensivo, abbastanza garanzie. Coach Anderson dovrà lavorare molto per riuscire a valorizzare un talento che sembra non incredibile. AUBURN - La presenza di coach Bruce Pearl in pan-

na è per i Tigers una sorta di garanzia. Auburn non è ancora una squadra da primi cinque posti nella conference, ma l’impressione è che nel giro di un paio di anni possa arrivare ad un buon livello di competitività. Horace Spencer e Danjel Purifoy sembrano essere le punte di diamante di una classe di freshman intrigante. Il primo potrebbe diventare un incubo per gli attacchi avversari sotto canestro, grazie ad un atletismo al di fuori del comune. Spencer però potrebbe non essere pronto come Purifoy, giocatore dal talento e dall’intelligenza cestistica rara, almeno nel panorama dei freshman. Bowers e Dunans saranno invece chiamati a garantire qualcosa in più rispetto al passato. Tenere a bada le palle perse e fare esperienza sembrano essere le parole d’ordine per una squadra che potrebbe sorprendere in positivo già nel corso di questa stagione, pur senza avere troppe ambizioni.

GEORGIA - I Bulldogs ripartono da un back-court confermato in toto e di gran livello, ma devono fare i conti con il dilemma riguardante il reparto lunghi. Con gli addii di Djurisic e Thornton, volato in Italia, a Pistoia, dove è alle prese con una serie di infortuni che non lo hanno visto ancora esordire in Serie A, le speranze di Georgia sono tutte puntate su Yante Maten. Lo

passato a tessere le trame degli Oklahoma City Thunder, si è chiuso un capitolo tecnico di una squadra che ha scritto la storia dell’NCAA nell’ultimo decennio. Nonostante l’ultima annata non abbia entusiasmato, condizionata anche da tanti infortuni, Florida sa di poter contare su un gruppo con un buon talento di base, soprattutto negli esterni, dove gente come Kasey Hill e Devin Robinson promette davvero bene. Occhi puntati anche su Finney-Smith, già messosi in evidenza nel corso della passata annata. Sotto canestro, attenzione a John Egbunu, lungo esplosivo e talentuoso arrivato da South Florida e dal cui rendimento potrebbero dipendere in parte le fortune dei Gators, alla ricerca di chili sotto le plance. Intimidatore e capace di mettere palla a terra e attaccare sia dal post che fronte a canestro, Egbunu potrebbe regalare al nuovo coach, Mike White, una squadra interessante sebbene con ambizioni relativamente contenute, dove sarà da seguire con attenzione anche Justin Leon, All-American al junior college lo scorso anno con più di 21 punti e 10 rimbalzi per allacciata di scarpe. Chris Chiozza promette di essere una point guard di livello assoluto, capace di spingere in campo aperto e di inventare dal palleggio per sé e per i compagni, grazie ad un talento molto al di sopra della media.

KENTUCKY - I Wildcats non saranno probabilmente il team da percorso netto, almeno fino alle Final Four, visto lo scorso anno ma la possibilità di trovarseli di nuovo in ballo per il titolo nazionale è alta. Questo deve essere anche l’augurio di John Calipari, che ha concluso l’ennesima campagna di reclutamento da cinque stelle. Gli addii di Towns, Cauley-Stein e degli altri hanno lasciato un vuoto che, nonostante qualche difficoltà, Kentucky è riuscita a riempire. Skal Labissiere è stato definito dallo stesso Calipari “il nuovo Anthony Davis”, anche se l’Haitiano ha caratteristiche diverse. Uguale, invece, è la sensazione che possa dominare in lungo e in largo. Il nativo di Port-au-Prince si candida già da ora ad essere il Player of the Year della confe-


rence, anche perché non sarebbe una novità sotto la guida di Calipari (2010: Cousins; 2011: Jones; 2012: Davis; 2013: Noel; 2014: Randle; 2015: Towns). Mani educatissime dalla media e già in possesso di buoni fondamentali in attacco, Labissiere ha ampi margini di miglioramento soprattutto nella propria metà campo. I mezzi fisici e le promesse ci sono tutte per pensare che possa compiere nel breve termine questo passo. Tyler Ulis sarà colui che dovrà innescarlo e dovrà prendere in mano le redini della squadra. Attenzione anche al talento e all’intelligenza cestitica di Jamal Murray, che con Ulis e Briscoe garantiranno a Kentucky quello che sulla carta appare come un backcourt da sogno. Se Poythress riuscirà a tenersi lontano dagli infortuni e Marcus Lee troverà il proprio ruolo dopo due stagioni passate all’ombra, allora per i Wildcats sarà pronta un’altra corsa per il titolo.

LOUISIANA ST. - “He’s coming”. “He” è Ben Sim-

mons e questa è la campagna abbonamenti lanciata da LSU per l’arrivo di quello che si candida a scalzare Skal Lebissiere dal trono di miglior freshman dell’anno. Australiano, ala grande per le statistiche (208 cm), guardia per velocità di piedi, capacità di mettere palla a terra e di fare quasi tutto su un campo da basket, Simmons sarà un lampo di grazia per LSU, prima di salutare tutti per salire al piano superiore. Louisiana dovrà sfruttare questa inattesa opportunità di avere il miglior talento della SEC, Labissiere permettendo, per compiere finalmente un salto di qualità. A coach Jones il compito di saper far fruttare il potenziale a sua disposizione. Infatti, LSU potrà contare su un altro freshman di livello come Blakeney, amico di Simmons e che dell’australiano potrebbe seguire il cammino futuro, e su atleti interessanti come Quarteman, Patterson e Hornsby. Un fallimento come quello della scorsa stagione potrebbe segnare la fine della guida di Jones, alle prese con degli equilibri da trovare, soprattutto sotto canestro dove Louisiana State potrebbe non essere così coperta come si potrebbe pensare. A partire da Simmons, però, LSU è la squadra con più talento puro della SEC, alle spalle ovviamente dei Kentucky WIldcats.

MISSISSIPPI – I Rebels sono stati una delle squadre più costanti della SEC nei passati dieci anni. E non sembra possa essere così anche per questa stagione. Coach Andy Kennedy proverà, come al solito, a dare la sua impronta ad un roster che ha perso diversi nomi importanti rispetto alla scorsa stagione. Da Jarvis Summers, nonostante non abbia mantenuto le promesse nel suo anno da senior, a LaDarius White, Ole Miss deve fare i conti con gli addii di alcuni dei leader, soprattutto offensivi, della squadra sia tra gli esterni che nel pitturato. Per fortuna di Mississippi c’è anco-

potrà essere una protagonista, soprattutto se il crollo avuto nell’ultima parte della scorsa annata dovesse ripetersi.

Nella foto: Ben Simmons, Louisiana St.

ra Stefan Moody, atteso da una stagione di livello e che proverà a spingere i Rebels nella parte alta della conference. Sono arrivati Gielo, ala grande capace sia di battagliare sotto le plance che di allargare il campo grazie ad una buona mano da oltre l’arco. A dare un tono alla difesa di Ole Miss ci penserà Sam Finley, un profilo da tenere in debita considerazione per il futuro. Difficile possano ripetere i fasti delle scorse stagioni, ma è vietato sbilanciarsi troppo quando si parla di Mississippi, dopo quanto fatto negli ultimi anni.

MISSISSIPPI ST. – Gli arrivi di coach Howland e

di Malik Newman non possono che far ben sperare i tifosi di Mississippi State. Il primo ha garantito e garantirà la possibilità di intercettare qualche buon talento per dare sostanza al programma cestistico dei Bulldog. Il secondo ha rifiutato le offerte di diversi college di prestigio, come Kentucky e Kansas, per arrivare alla corte di Howland e mettere al suo servizio un talento offensivo notevole, sia al tiro che in penetrazione. Sarà lui il leader del nuovo corso di Mississippi State, che conterà anche su Aric Holman, ragazzo di belle speranze sotto canestro. Accanto a lui ci sarà Ware, un solido rimbalzista che potrà sgravare Holman dal lavoro sporco sotto le plance. Senza dimenticare Weatherspoon, che darà profondità al back-court di una squadra che potrebbe rientrare tra le prime della SEC fra un paio di stagioni. Il lavoro iniziato da coach Howland, infatti, potrà dare i suoi frutti sul lungo termine, con poche speranze di raggiungere l’NCAA Tournament. Un traguardo che equivarrebbe ad un’impresa per i Bulldog.

MISSOURI - Quella che sta per iniziare, sembra poter essere già l’ultima chiamata per coach Kim Anderson alla guida dei Tigers. Arrivato lo scorso anno, ha portato Missouri al record di 9-23 (3-15 nella SEC) e, per la stagione ormai alle porte, ha perso i suoi due uomini migliori. Sia Gill-Cesear che Johnathan Williams II hanno infatti scelto di lasciare la nave comandata da Anderson. Wes Clark è atteso ad un salto di qualità importante, dopo i 10.1 punti messi a referto la scorsa stagione, così come tutto l’attacco dei Tigers. Ma lo stesso Clark potrà ben poco da solo. Da Purye-

ar a VanLeer, i freshmen arrivati sembrano essere dei discreti giocatori, ma non potranno assicurare molto, almeno per il momento. Con Missouri abbiamo una delle candidate più serie all’ultimo posto della conference.

SOUTH CAROLINA – Con un anno in più d’esperienza nel bagaglio, i Gamecocks possono rappresentare una delle sorprese della SEC. Coach Martin è corso ai ripari dopo i problemi al tiro mostrati nella scorsa stagione e l’arrivo di Dozier appare come l’aggiunta perfetta per riuscire ad aumentare la pericolosità offensiva di un roster molto vario. Sulle spalle della guardia ci sarà un peso non indifferente ma l’All-American potrebbe già nel suo primo anno al college diventare una stella della conference. Con lui sono arrivati anche Ragin, Blanton e Gregory, che darà una mano alla difesa di South Carolina. Nonostante gli intriganti movimenti in entrata, i Gamecocks rimangono un team con un margine di miglioramento limitato, almeno nel presente. Stroma e Notice potranno essere gli aghi della bilancia di un roster che proverà a dare fastidio a diversi top-team della SEC, senza però avere molte possibilità di portare a casa qualche traguardo importante. TENNESSEE – La stagione 2015/2016 per i Volunteers non sarà molto distante da quella sottotono vissuta lo scorso anno. Coach Barnes guarda al futuro più che al presente e ci vorranno probabilmente almeno un paio di annate per vedere qualche risultato. Non c’è più Richardson, top scorer con 16 punti della passata edizione, e di sicuro la sua assenza si farà sentire. C’è curiosità per vedere l’evoluzione di Armani Moore nello spot di ala grande: ha fatto bene nel 2014/2015 e se migliorerà nei fondamentali potrebbe compiere un discreto salto di qualità. Con un back-court molto ampio e un reparto lunghi interessanti, dove McGhee e Reese dovranno garantire solidità e compiere uno step importante, i Volunteers potrebbero togliersi qualche soddisfazione all’interno di un’annata che dovrà porre le basi per il futuro. In questo senso, sarà sotto la lente d’ingrandimento il rendimento di Hubbs e Turner. Tennesse difficilmente

TEXAS A&M - Gli Aggies hanno messo le basi per il futuro ma già da ora sembrano essere una squadra da piani alti. Insieme a LSU e Vanderbilt, sarà Texas a cercare di piazzarsi alle spalle di Kentucky. House e Caruso saranno le punte di diamante nel roster guidato da Billy Kennedy, che avrà tante rotazioni a sua disposizione. Trasferito da Houston, House è un esterno versatile, che lo scorso anno ha viaggiato a 14.8 punti di media, con 3.8 rimbalzi e 2.1 assist, entrando di fatto nei radar degli scout NBA. Nel suo anno da senior sarà chiamato ad essere il leader di una squadra che può contare su una classe di freshman intrigante e di grande prospettiva. Tyler Davis e Elijah Thomas sotto le plance promettono di fare la voce grossa, così come D.J. Hogg, che già si candida ad essere uno dei migliori tiratori della conference. L’ex Plano West è un’ala piccola che coach Kennedy potrà trasformare in uno stretch four da tenere in grande considerazione e che costringerà le difese avversarie a compiere delle scelte. Davanti a lui partirà Jalen Jones, altra ala piccola adattata a giocare da quattro, con meno tiro di Hogg ma molta più presenza sotto canestro. Si prospetta un’annata da Sweet 16 per gli Aggies ed un futuro ancora più radioso. VANDERBILT - I motivi per prospettare un’ottima annata da parte dei Commodores sono principalmente due. Il primo risponde al nome di coach Stallings. Il secondo, invece, sarà sul parquet. Parliamo di Damian Jones. Centro esplosivo e possente, sicuro prospetto NBA e già tra i migliori lunghi della nazione, il nativo di Baton Rouge ha mostrato in parte il suo potenziale, facendo intravedere margini di miglioramento sensibili soprattutto in attacco. In difesa è già un totem per Vanderbilt che affida a lui e a Kornet un pacchetto lunghi versatile e temibile, con il secondo che dovrà confermare la pericolosità al tiro da oltre l’arco per riuscire a garantire una doppia dimensione. Wade Baldwin IV in cabina di regia potrebbe essere una delle sorprese dell’anno. Point guard dal grande talento, con LaChance e Roberson forma un backcourt pericoloso come pochi in attacco. Non a caso, Vanderbilt ha chiuso la scorsa stagione con il 39.2% da oltre l’arco. I Commodores sono una possibile mina vagante per ogni squadra, ma per inseguire il sogno di raggiungere, magari, le Sweet 16, dovranno compiere uno step importante nella propria metà campo, soprattutto nella difesa perimetrale. Dovessero raggiungere una certa costanza all’interno della stagione, un posto alle spalle di Kentucky sarebbe già pronto per i Commodores.


CALIFORNIA GOLDEN BEARS - Quando Char-

DI LUCA NGOI Mai come quest’anno la Pac-12 si candida ad un posto nell’elite del college basketball. Tra squadre che si sono rafforzate e altre in rampa di lancio, la competizione sarà serrata ed è molto difficile accreditare un’unica favorita.

ARIZONA WILDCATS - Se proprio dovessimo indi-

care una favorita, questa sarebbe sicuramente Arizona, che ha perso quattro componenti dello scorso starting five, ma che non per questo sembra dover attraversare una fase di transizione, anzi. La squadra ripartirà dal proprio centro: Kaleb Tarczewski, che già durante la stagione scorsa aveva mostrato ottime potenzialità giocando un’annata più che solida, ma che durante questo nuovo corso dovrà necessariamente prendersi più responsabilità soprattutto da un punto di vista offensivo. Insieme a lui il carico dell’attacco verrà retto dalla guardia all’ultimo anno Gabe York, il quale ha concluso la stagione scorsa tirando col 40% dalla lunga distanza e si candida ad essere uno dei migliori tiratori in assoluto per l’intera Conference. La costante presenza di coach Sean Miller sulla panchina, inoltre, garantirà la consueta dose di bel gioco e di disciplina tattica, anche se la perdita di TJ McConnell in cabina di regia getta qualche dubbio su quanto effi-

caci possano essere i Wildcats, soprattutto in partite nelle quali saranno sottoposti ad una grande pressione difensiva. In questo contesto, il ruolo di playmaker verrà ricoperto da Parker Jackson-Cartwright, giocatore al secondo anno che durante la stagione passata giocava poco meno di 10 minuti a partita (proprio per la presenza dell’irremovibile McConnell), ma che presumibilmente vedrà come minimo raddoppiare il proprio minutaggio. La classe di reclutamento ha portato in dote l’ottimo talento di Allonzo Trier, guardia realizzatrice da Seattle, ma attenzione anche all’atletismo di Ray Smith, ala della quale si è parlato poco, ma che potrebbe risultare una piacevole sorpresa.

ARIZONA STATE SUN DEVILS - Ad Arizona State

si ricomincia da un nuovo coach, Bobby Hurley. L’ex pupillo di coach K a Duke è diventato, a piccoli passi, anche un allenatore di grandissimo livello. Dopo l’ottimo lavoro svolto a Wagner prima e a Buffalo poi, Hurley approda in una Conference di alto livello come la Pac-12, ma suo malgrado non avrà a disposizione molto talento con cui lavorare. Questa, però, potrebbe essere la situazione ideale in quanto anche nelle sue due esperienze precedenti il talento non sprizzava certo da tutti i pori. Eppure Hurley ha sempre

trovato il modo di far giocare insieme le sue squadre, impostando un sistema votato all’altruismo e ai ritmi alti. Il miglior giocatore dei Sun Devils è l’ala junior Savon Goodman, che ha concluso l’anno con un incoraggiante 97.1 di Offensive Rating e addirittura 28 punti su 100 possessi. Inoltre tornerà a disposizione la guardia Austin Whiterill, che nelle sole tre partite giocate l’anno scorso ha messo in mostra numeri di alta scuola e ha dato l’impressione di poter essere un giocatore sul quale la squadra potrà reggere il suo attacco. Il resto della squadra farà affidamento sui senior Eric Jacobsen (ala grande o centro dal buon impatto fisico) e Gerry Blakes, altra guardia che può garantire minuti di qualità anche in difesa e a rimbalzo (4.2 quelli catturati di media la scorsa stagione). Da evidenziare anche l’arrivo in transfer da un Junior College della guardia Andre Spight, che si candida ad essere come minimo la seconda opzione offensiva dietro Goodman. I due reclutamenti principali che Hurley troverà sono il playmaker tiratore Tyler Harris e la guardia Shazier Lawson, giocatore dotato di grande atletismo e mezzi tecnici da non sottovalutare. Fare meglio del record di 18-16 del 2014-15 non è un’idea da escludere.

les Barkley diceva che i Los Angeles Lakers sono la quinta squadra della California, molto probabilmente, immaginava che anche i Golden Bears li potrebbero sopravanzare quest’anno. A California hanno deciso di fare le cose in grande, innanzitutto riportando in maglia giallo blu il miglior giocatore della scorsa stagione: Tyrone Wallace, che sembrava quasi sicuro di dichiararsi al Draft, ma che alla fine ha deciso di tornare per la sua ultima stagione collegiale al fine di migliorare ulteriormente e tentare la caccia al titolo della Pac-12. Wallace è un serio candidato al riconoscimento di Giocatore dell’Anno: è una guardia che sa segnare in tutti i modi, è in grado di crearsi il tiro dal palleggio e di battere qualsiasi difensore con il suo primo passo bruciante. I Golden Bears con lui hanno, di fatto, un giocatore NBA da poter sguinzagliare a piacimento e che può dare fastidio anche alle migliori difese della Nazione. Probabilmente insieme a Kris Dunn di Providence è tra i primi due giocatori del college basketball, e questo per una squadra come California può fare tutta la differenza del mondo. Come se non bastasse, poi, coach Cuonzo Martin potrà contare sulla miglior classe di reclutamento di California negli ultimi dieci anni. Oltre ad Ivan Rabb, ala che ricorda in alcuni movimenti il primo Anthony Davis (ok, potrei averla sparata un po’ grossa, ma è quel tipo di giocatore), è arrivato anche Jaylen Brown, altra guardia/ala in grado di creare attacco anche nelle situazioni più difficili. Ma il talento offensivo non si esaurisce qui. Ritorneranno per le loro stagioni da junior anche le guardie Jabari Bird e Jordan Matthews, che probabilmente partiranno dalla panchina, rendendo così California una delle squadre più profonde della Conference, se non la più profonda in assoluto. Con queste premesse, comunque, la vittoria nella Pac-12 e il superamento di un paio di turni al Torneo sono un obiettivo più che credibile.

COLORADO BUFFALOES - Sembra proprio che la

sfortuna non abbia intenzione di lasciare Colorado. Dopo una stagione 2014-15 piena di infortuni e problemi fisici, che hanno condotto al record negativo di 16-18, nella fase di preparazione alla stagione attuale i Bufali hanno perso Xavier Johnson, che salterà tutto l’anno per una frattura al tendine d’Achille. Johnson sarebbe stato importantissimo poichè è un’ala in grado di fornire punti (l’anno scorso 25.8 su 100 possessi con 103 di Offensive Rating), ma anche rimbalzi e in generale di guidare la squadra da un punto di vista emotivo. Con la sua assenza toccherà all’altra ala Josh Scott prendere le redini della squadra in quanto unico giocatore ad andare in doppia cifra durante la passata stagione ancora disponibile per coach Tad Boyle. I Buffaloes dovranno quindi cercare di fare di necessità virtù, impostando un gioco che valorizzi le qualità della squadra e affidandosi al so-


pra citato Scott nei momenti decisivi. Anche in questo modo, però, ipotizzare una ripresa dal record perdente dell’anno scorso, perdipiù in una Conference che si è rafforzata livellando la sua qualità verso l’alto è davvero difficile. Dobbiamo inoltre considerare che il recruiting ha portato in dote soltanto due playmaker, piuttosto sottodimensionati, come il belga Thomas Akyazili (che però ha dalla sua già una stagione tra i grandi con gli Antwerp Giants) e Mitch Lombard, i quali presumibilmente vedranno poco il campo in una squadra che punterà tutto sul rendimento dei propri giocatori più esperti.

offensive. Si riparte dunque dalla costruzione della difesa, e da un sistema offensivo equilibrato, che presumibilmente punterà a far giocare male gli avversari per esaltare le poche bocche da fuoco presenti a roster. Non aspettatevi azioni spettacolari, schiacciate o highlights particolari, ma solo un po’ di sano e vecchio Grit and Grind in stile Memphis Grizzlies, anche se in questo senso non avere in squadra due come Zach Randolph e Marc Gasol potrebbe essere leggermente svantaggioso. Solo due freshman nella recruiting class 2015, ma uno di questi è il 7 piedi Josh Sharma, che ha il potenziale per crescere e svilupparsi in un centro davvero interessante non solo dal punto di vista fisico, mentre l’altro è l’ala Cameron Walker, giocatore che in questo primo anno troverà pochi minuti, ma è un progetto da tenere d’occhio per il futuro della squadra. L’anno scorso il record fu di 24-13, ma quello era il picco di un gruppo che era stato partecipe di un percorso di quattro anni: la sensazione è che da quest’anno parta una nuova fase per Stanford, che passerà necessariamente da una regressione in termini di risultati.

OREGON DUCKS - Coach Dana Altman ha perso il

proprio giocatore principale e la sua maggior fonte di attacco quando Joe Young si è dichiarato al Draft (dove poi è stato scelto dai Pacers), eppure ci sono comunque motivi per essere felici ad Oregon. Il principale è l’arrivo in squadra del transfer Chris Boucher, che l’anno scorso è stato il National Junior College Player of The Year quando giocava al Northwest College nel Wyoming. Storicamente Oregon è rinomata per saper scegliere alla perfezione i giocatori in uscita dai Junior College, e in questo caso ha puntato sul sicuro assicurandosi il migliore, che già da subito avrà in mano gran parte delle responsabilità offensive della squadra. L’altro transfer è Dylan Ennis, che arriva da Villanova e dovrebbe ricoprire il ruolo di playmaker titolare in attesa di lanciare definitivamente il freshman Tyler Dorsey, che ha tutto per essere un leader (l’ha dimostrato con la maglia della Grecia agli ultimi Mondiali Under 19) ma che inizialmente dovrebbe partire dalla panchina. Nonostante la perdita di Young, comunque, Oregon potrà contare nuovamente sul secondo e sul terzo miglior marcatore della scorsa stagione, visto che sia Elgin Cook sia Dillon Brooks torneranno a disposizione di coach Altman. Molto probabilmente questa sarà una squadra che necessiterà di tempo per capire come attaccare tutti insieme come un ingranaggio ben oliato, ma fino a quel momento i Ducks faranno affidamento sulla loro difesa, che l’anno scorso concedeva soltanto il 23 percento da tre punti agli avversari, tenendoli a poco più di 70 punti a partita (70.8 per la precisione). Anche in questo caso il talento è molto, ma non è possibile aspettarsi che tutte le cose vadano al loro posto immediatamente: a seconda di quanto i Ducks ci metteranno a sviluppare un sistema offensivo organico potrà variare l’obiettivo finale.

OREGON STATE BEAVERS - Dopo una stagione da

sorpresa assoluta della Conference, con un record più che soddisfacente di 17-14, gli Oregon State Beavers si presentano alla stagione 2015-16 con ancora più voglia di stupire. La certezza maggiore è rappresentata dal ritorno di Gary Payton II, figlio d’arte che sta

UCLA BRUINS - Dopo due anni di gestione Steve Al-

Nella foto: Tony Parker, UCLA

dimostrando di essere fatto della stessa pasta di cui era fatto il padre. Payton II è stato il faro illuminante di Oregon State l’anno scorso, trascinando i suoi alla prima annata vincente in diversi anni, e anche quest’anno coach Wayne Tinkle farà completamente affidamento su di lui, che sarà incaricato di condurre la squadra e di rassicurarla nei momenti più difficili. Ma le belle notizie non si esauriscono certo qui, perchè Oregon State potrà contare sulla miglior recruiting class nella storia del programma. Una classe 2015 che comprende il tiratore letale Stevie Thompson Jr, il playmaker versatile Derrick Bruce, il miglior giocatore liceale dell’Oregon Drew Eubanks e il figlio del coach, Tres Tinkle, giocatore completo che potrà essere utile in diverse fasi del gioco. Anche in questo caso il talento a disposizione è veramente tanto, ma la fortuna di coach Tinkle è quella di avere a disposizione un gruppo relativamente giovane, con il quale iniziare un percorso di crescita quasi da zero. La sensazione è che i Beavers siano nella situazione ideale per una squadra

di college basketball: un’ottima e profonda classe di reclutamento mischiata a un nucleo che l’anno scorso è finalmente diventato di successo e guidata da un giocatore rappresentativo e in grado di prendersi responsabilità offensive e difensive. Per la prima volta in diversi anni sperare in un invito al Torneo non sembra così impensabile.

STANFORD CARDINALS - I Cardinals sono una

squadra interessante. Sono reduci dalla vittoria dello scorso Torneo NIT, dunque è plausibile aspettarsi da loro un salto in avanti e una presenza al Torneo NCAA. Eppure Stanford ha perso in estate i tre migliori realizzatori dell’anno scorso (Chasson Randle, Anthony Brown e Stefan Nastic), il che significa che adesso toccherà all’ungherese Rosco Allen prendere in mano la squadra con la sua combinazione di fisico e tecnica. Non un’impresa facile, anche perchè il resto del gruppo non è andato in doppia cifra di media l’anno scorso, e per coach Dawkins sarà difficile trovare nuove armi

ford, è venuto finalmente il momento di capire qual è la direzione che UCLA vuole prendere. I Bruins hanno perso Kevon Looney (scelto da Golden State al Draft), il miglior rimbalzista della squadra la scorsa stagione, e dovranno fare affidamento sul miglioramento di Tony Parker (l’anno scorso 6.7 rimbalzi a partita), oltre che sulla costanza offensiva del junior Bryce Alford. Parker, tra l’altro, è l’unico senior a roster, il che rende UCLA una delle squadre più giovani della Pac12, e ciò per certi versi può essere un lato positivo, ma per altri può presentare degli aspetti negativi. La stagione scorsa i Bruins si fermarono al Torneo NCAA contro Gonzaga, ma superarono comunque due turni in modo convincente, a testimonianza del fatto che comunque Alford sta facendo un buon lavoro e costruendo una squadra con determinate caratteristiche. Il principio fondamentale del sistema del tecnico ex New Mexico è il contropiede: UCLA vuole sempre impostare partite ai 100 possessi, cercando di correre e sfruttare le caratteristiche di creatività dei propri giocatori. Con questo stile di gioco, durante la stagione da sophomore di Kyle Anderson, erano riusciti a diventare una delle squadre più divertenti dell’intero panorama NCAA, ma dall’anno scorso sono arrivati anche i primi riconoscimenti ufficiali, come l’inserimento nel ranking stilati dagli allenatori e da Associated Press, oltre al già citato approdo soddisfacente al Torneo NCAA. La classe 2015 ha portato in dote la bellezza di sette freshmen, tra i quali Aaron Holiday (fratello di Jrue e Justin, attualmente in NBA con New Orleans e Atlanta), Prince Ali, ala dal talento grezzo


ma non per questo poco interessante e Alex Olesinski, altra ala che presumibilmente troverà poco spazio a causa del fisico non ancora all’altezza, ma che dispone di mezzi tecnici da non sottovalutare.

USC TROJANS - Peggio del record di 3-15 dell’anno

passato sarà difficile fare, soprattutto se consideriamo che Southern California potrà ancora disporre di nove dei suoi migliori realizzatori della scorsa stagione, con un anno di esperienza in più sulle spalle. Coach Andy Einfield dovrà cercare di trarre da questo nucleo “storico” il massimo, ma dovrà sperare che Katin Reinhardt (il miglior realizzatore di USC nel 2014-15) rimanga costante e non sia vittima delle sue lune come era successo a UNLV. Inoltre tutto lo staff di USC si augura che il playmaker Jordan McLaughlin (talento di una purezza rara) non sia ancora una volta vittima degli infortuni, che l’anno scorso lo hanno costretto a poter disputare 22 partite, durante le quali però aveva fatto vedere ottime cose. I suoi numeri su 100 possessi parlano di 22 punti e 8.4 assist a gara, che lo renderebbero un giocatore di assoluta elite. Coach Einfield dovrà cercare di impostare un sistema ancora più votato all’attacco, viste le predisposizioni dei suoi giocatori simbolo, e anche in questo caso fare meglio dei 67 punti a partita totalizzati la stagione passata non dovrebbe essere impossibile. La recruiting class non è stata corposa (solo due giocatori), ma di qualità, con la macchina da highlights Chimezie Metu e l’ottimo tiratore Bennie Boatwright, che dovrebbero garantire ai Trojans ancora più attacco e una buona dose di intimidazione difensiva. Insomma, le possibilità di migliorare rispetto alla stagione precedente ci sono tutte, ma la strada per un ritorno al vertice della Pac-12 è ancora piuttosto lunga e in salita.

Utes rimarranno sempre la solita squadra molto solida e difficile per tutti da affrontare: una difesa ostica e un attacco collaudato seppur non esplosivo saranno gli ingredienti per tentare un nuovo assalto al titolo della Conference e una buona corsa nel Torneo NCAA.

tre punti (era il migliore in questa categoria statistica l’anno scorso con il 43.5 percento). Con la partenza di Delon si apriranno anche più spazi per l’omonimo sophomore Isaiah Wright, chiamato ad un ruolo più importante, ma sempre in uscita dalla panchina come cambio di Taylor: la sua energia potrà essere utile ad un reparto esterni che dovrà farsi trovare pronto a punire le difese sugli scarichi di Poeltl. In definitiva gli

WASHINGTON HUSKIES - Lorenzo Romar è al

quattordicesimo anno sulla panchina degli Huskies,

WASHINGTON STATE COUGARS - I Cougars hanno

UTAH UTES - Sarà più forte il rammarico per aver

assistito all’ultima stagione di Delon Wright l’anno scorso o l’eccitazione per vedere un altro anno di Jakob Poeltl? Solo il tempo potrà dircelo. In questo momento, però, solo una cosa è sicura: Utah riparte dal lungo austriaco, che già durante la stagione precedente aveva mostrato lampi di grande talento e potenziale, ma che quest’anno sarà chiamato ad un ulteriore salto di qualità che confermi la sua posizione di lottery pick nei Mock Draft. Poeltl è un centro che sa segnare in tanti modi, dotato di un pregevole gancio, ma anche di un buon tiro dalla media distanza, e che soprattutto ha totalizzato 11.6 rimbalzi per 40 minuti. Un dato che lascia sicuramente ben sperare i tifosi degli Utes, pronti ad assistere ad un’altra annata da protagonisti nella Pac-12. Anche senza Delon Wright, il reparto playmaker non sarà totalmente scoperto perchè Brandon Taylor è pronto a prendere il posto dell’illustre predecessore, consegnando a Utah un po’ meno regia pura e un po’ più di tiro da

ma gli insuccessi delle ultime annate lo hanno posto in una situazione scomoda. Romar è infatti uno dei tecnici con la panchina bollente, e se anche quest’anno non arrivassero buoni risultati (evidentemente il 16-15 della stagione scorsa non è considerato tale) potrebbe ritrovarsi fuori dai giochi questa primavera. Per scongiurare questa evenienza lo staff tecnico di Washington ha reclutato la decima miglior recruiting classe della Nazione per quest’anno, con la guardia Dejounte Murray come miglior talento portato a casa. Non sono comunque da sottovalutare nemmeno l’ala iper atletica Marquese Chriss, che a livello liceale è stato una forza della natura sotto i tabelloni, il talento offensivo della guardia mancina David Crisp e i mezzi fisici dell’altra ala Matisse Thybulle. Un nucleo molto giovane formato da otto freshman in totale, che dovrà integrarsi con il resto della squadra che prevede un solo senior (Andrew Andrews) e due soli junior in un esperimento di coesione non semplicissimo da realizzare. In questo contesto, comunque le chiavi della squadra rimangono affidate ad Andrews, che l’anno scorso ha guidato la squadra per punti segnati, rimbalzi e assist, dunque non si può certamente prescindere da lui come presenza offensiva costante. La stagione passata, nonostante la presenza di Robert Upshaw (talento discontinuo anzicheno) il problema maggiore degli Huskies è stato la difesa, ma con una squadra quasi completamente nuova e un gruppo di giovani ragazzi così talentuosi iniziare ad invertire la tendenza non sembra completamente impossibile.

Nella foto: Jakob Poeltl, Utah

il problema opposto rispetto ai cugini degli Huskies. In questo caso il talento è davvero troppo poco, e in particolare è concentrato tutto nella figura dell’ala junior Josh Hawkinson, che l’anno scorso ha viaggiato in doppia doppia di media (14.7+10.8) risultando nettamente il miglior giocatore della squadra insieme a Devonte Lacy. Quest’anno Lacy non c’è più, pertanto il carico offensivo sarà completamente in mano al junior con il numero 24, che dovrà cercare di crescere anche da un punto di vista emotivo diventando un riferimento per i compagni in tutto e per tutto. I Cougars cercheranno comunque fonti di attacco alternative con il transfer dai Junior College, il 7 piedi Conor Clifford, al quale spetteranno anche molte responsabilità difensive, e con la guardia Ike Ioregbu, che l’anno scorso ha tirato col 43 percento dalla lunga distanza, dunque può rappresentare un bagliore di speranza in questo senso. La squadra di coach Ernie Kent dovrebbe avere poche chance di concludere con un record migliore del 13-18 rimediato un anno fa, ma la guardia Vionte Daniels (unico reclutamento di rilievo per quest’anno) dovrebbe lasciare qualche motivo di speranza per il futuro.


COLORADO STATE RAMS - In Colorado è finita l’era

DI LUCA NGOI Ancora una volta la Mountain West Conference si appresta ad aprire i battenti come uno di quei raggruppamenti sottovalutati, ma comunque in grado di riservare succose sorprese intorno al mese di Marzo. Andiamo dunque a scoprire, squadra per squadra, cosa è cambiato e ciò a cui è necessario prestare attenzione.

AIR FORCE FALCONS - Dave Pilipovich è un ottimo

tecnico, ma nemmeno la sua presenza ha potuto permettere l’inesorabile declino di Air Force dal punto di vista del recruiting. La squadra che l’anno scorso ha terminato con un record di 14-17 perde sei senior, e tra i sette nuovi freshmen reclutati quest’anno, nessuno andava oltre le 2 stelle per l’autorevole sito Rivals.com. Con queste premesse, è difficile pensare che i Falcons possano far meglio della passata stagione, ma sicuramente l’idea sarà quella di proporre un gioco fondato sul concetto di gruppo come elemento principale. L’imprinting, anche a livello storico, è quello “popovichiano”, e anche se è vero che un David Robinson non passa tutti i giorni, è lecito aspettarsi qualcosa di buono dal playmaker Trevor Lyons, chiamato ad essere l’anima offensiva della squadra. Il core business di Air Force sarà il gioco sugli esterni.

Oltre al già citato Lyons, anche Zach Kocur sarà chiamato a recitare un ruolo da protagonista, affiancando il compagno in cabina di regia. Se a Colorado Springs nutrono una chance di vincere delle partite, sarà quando questi due combineranno per 20 o più punti, anche se il ritmo blando al quale Pilipovich ci ha abituato nelle scorse due o tre stagioni potrebbe sfavorire questa evenienza.

BOISE STATE BRONCOS - Anche Boise State sta

attraversando una fase di rifondazione, dopo aver perso otto giocatori dello scorso roster tra transfer e senior che si sono laureati. Uno dei simboli assoluti dello scorso quadriennio era stato Derrick Marks, guardia che per tanto tempo ha trascinato Boise State a livello offensivo, e che adesso sta mostrando tutto il suo talento proprio in Italia, con la maglia di Tortona in Lega 2. Eppure ci sono diversi motivi per essere fiduciosi. Innanzitutto il ritorno di Anthony Drmic, senior australiano che l’anno scorso ha dovuto saltare gran parte della stagione a causa di un infortunio. Con Drmic in campo, Boise State è stata a lungo una squadra da Torneo, in grado di spaventare anche compagini più attrezzate, ma quando i Broncos hanno dovuto rinunciare ad uno dei loro giocatori

più rappresentativi hanno registrato un brusco passo indietro. Nelle sole sette partite disputate, l’australiano ha totalizzato 15 punti conditi da 5 rimbalzi, con un più che incoraggiante 37.2 percento da 3 punti. Quest’anno la squadra sarà completamente nelle sue mani, e se dovesse rimanere in salute per tutto l’anno, Boise State è pronta a tentare l’assalto al titolo della MWC. Inoltre si attende il salto di qualità da parte di James Webb III, anch’egli giunto all’anno da senior, è un altro giocatore da non sottovalutare per la sua duttilità: è un’ala in grado di tirare col 40 percento dalla lunga distanza, ma allo stesso tempo servirà da collante difensivo e da presenza fisica decisiva in una Conference che sempre di più fa dell’atletismo la sua caratteristica principale. I Broncos sono una delle squadre più profonde all’interno della Mountain West Conference, hanno una grande varietà di quintetti a disposizione e cercano di giocare un basket fondato sulla velocità d’esecuzione e sulla corsa: probabilmente rappresentano l’ostacolo più grande sulla strada della favorità San Diego State. Qualora Drmic proseguisse nel suo sviluppo di giocatore completo in ogni fase del gioco, e un paio di comprimari avessero il loro cosiddetto breakout year, i Broncos potranno giocarsi il tanto agognato posto al Torneo NCAA.

dei Big Three. Nulla a che vedere con James, Bosh e Wade, ma anche i Rams hanno vissuto una stagione di relativa felicità durante il quadriennio di JJ Avila, Dejan Bejarano e Stanton Kidd, i principali tre realizzatori della scorsa stagione. La brutta notizia, come detto, è che nessuno di loro tornerà per l’annata 2015-16, ma coach Larry Eustachy è, probabilmente, il miglior tecnico della Conference, e sa come far giocare a basket le proprie squadre. Il giocatore migliore che ha avuto a disposizione da quando si è insediato sulla panchina dei Rams, quattro anni fa, è stato Colton Iverson (che è stato anche scelto dai Celtics al secondo giro del Draft, ndr), e quando se ne andò, proprio alla fine del primo anno del regno di Eustachy, nessuno pensava che i Rams avrebbero potuto risollevarsi in fretta. Invece il trauma di aver perso uno dei migliori giocatori dell’Ateneo negli ultimi dieci-quindici anni non è stato così brusco. Il coach ha messo insieme un gruppo unito, convincendo comprimari come i già citati Avila e Bejarano che potevano (meglio: dovevano) diventare protagonisti, e così è stato. L’anno scorso Avila è stato il miglior realizzatore, ma quest’anno è pronto a prendere il suo posto Antwan Scott, guardia all’ultimo anno al quale è richiesto il salto di qualità dopo una stagione da junior decisamente sotto tono (8 minuti di media con il 20 percento al tiro da 3). In ogni caso il talento a disposizione dei bianco verdi è tutt’altro che da buttare. Eustachy e il suo staff stanno facendo un buon lavoro di recruiting nonostante Colorado State non sia esattamente in cima alla lista dei sogni dei ragazzini d’America. Tra i nuovi freshmen, Prentiss Nixon è un playmaker che può dare minuti di qualità sin da subito, ma ha il talento per crescere nel modo giusto sotto la guida dell’esperto coach.

FRESNO STATE BULLDOGS - Forse qualcuno di

voi avrà già potuto dare un’occhiata ai Bulldogs di quest’anno quando si sono recati in Italia all’interno del College Basketball Tour. Parlando con i miei colleghi che li hanno visti a Vicenza, ho potuto intuire come Fresno State sia una squadra diversa rispetto agli anni passati. Più pronta, più esperta, più matura. Dopo un paio di stagioni colme di delusioni e di nostalgia verso l’era di Paul George (l’ultimo grande giocatore prodotto dall’Ateneo californiano), l’anno scorso è stato decisamente sorprendente. I Bulldogs avrebbero dovuto attraversare un altro anno di transizione, e invece hanno sorpreso tutti giocando un basket convincente, ma soprattutto mostrando al mondo l’ottimo talento di Marvelle Harris, che quest’anno è pronosticato come Giocatore dell’Anno per la Mountain West Conference. Harris è una guardia che l’anno scorso ha messo insieme 16 punti, 5 rimbalzi e quasi 4 assist a partita, tirando col 32 percento dalla distanza (dato che dovrebbe migliorare questa stagione), dimostrandosi il punto di riferimen-


avranno in lui il principale riferimento offensivo insieme a Winston Shepard. La stagione di Pope è stata per certi versi sotto tono, ma il ragazzo ha mostrato lampi del talento strepitoso che può mettere a disposizione della squadra, sia a livello offensivo sia a livello difensivo visto l’atletismo e la fisicità decisamente sopra la media. Ed è proprio dalla difesa che coach Steve Fisher ripartirà quest’anno. Una difesa che ha concesso 53.9 punti di media a partita agli avversari, attestandosi come uno dei migliori reparti a livello nazionale e sicuramente come il migliore all’interno della Mountain West Conference. Segnare contro il complesso insieme di corpi messo in campo da San Diego State è veramente un’impresa: in ogni ruolo ci sono giocatori più alti o grossi della media del resto delle squadre avversarie, e come se non bastasse sono anche organizzati, con giocatori come Trey Kell o Angelo Chol a fungere da specialisti e da collanti difensivi. Gli Aztecs dovranno rinunciare al loro miglior tiratore della scorsa stagione, visto che Aqeel Quinn dovrà stare fuori per problemi di eleggibilità (tirava col 36.5 percento da tre e con quasi il 50 da 2), e il suo sostituto naturale Matt Shirgley dovrà saltare l’intera stagione per la rottura del crociato. Con una buona classe di reclutamento (la guardia Jeremy Hemley su tutti) e queste premesse, il ritorno al torneo e la vittoria nella Conference sono gli obiettivi minimi.

to principale della squadra nonchè un giocatore decisamente completo e una potenziale scelta tra la fine del primo giro e l’inizio del secondo per il prossimo Draft. Si riparte dunque da lui, ma anche dal compagno di back court Julien Lewis, altro ragazzo in grado di segnare in diversi modi, ma soprattutto pericoloso in penetrazione e buon giocatore difensivo (1.5 palle rubate l’anno scorso). Per la prima volta in tre anni, inoltre, anche la panchina non è da buttare. Il sesto uomo sarà il messicano Cezar Guerrero, ex sensation dei licei californiani che sembra finalmente aver trovato la sua dimensione, ma oltre a lui ritorneranno anche l’altra guardia Paul Watson e l’ala Kerachi Edo, giocatori esperti e in grado di fornire un contributo decisivo.

NEVADA WOLFPACK - Quella 2015-16 sarà una

stagione di grandi novità per tante squadre della MWC, e Nevada non fa eccezione. I Wolfpack hanno cambiato guida tecnica, e si sono affidati all’ex Sacramento Kings Eric Musselman, che nella sua fin qui breve esperienza da allenatore ha guidato i Reno Bighorns nella D-League. Musselman è emerso come un coach che dà molta importanza alla fase offensiva e in particolare all’attacco in transizione. Nella sua carriera ha dimostrato di saper trattare con giocatori dal grande talento e potenziale (a Reno ha provato a rilanciare Terrence Williams, in parte riuscendoci), ma a Nevada trova un gruppo che ha il problema opposto, ovvero quello di iniziare a produrre talento più che gestirlo. Nevada potrà nuovamente contare sui tre principali realizzatori della stagione passata, ovvero AJ West, Marqueze Coleman e Tyrone Crisswell, ma tra questi soltanto West sembra poter elevarsi nell’elite della Conference. L’ala, arrivata quest’anno alla stagione da senior, ha viaggiato in doppia doppia la stagione passata e si propone come ancora offensiva di una squadra classificatasi 322esima nell’intero panorama del college basketball per punti segnati a partita (60.5). Serve disperatamente un’iniezione di esplosività offensiva, e in questo senso potrebbe aiutare il freshman Juwan Anderson, playmaker con discreta visione di gioco e tiro in uscita dai blocchi di ottimo livello. La sensazione è che il record di 9-22 ottenuto la stagione scorsa dovrebbe migliorare, ma difficilmente si potrà aspirare a qualcosa di più di un passaggio del primo turno nel Torneo di Conference.

NEW MEXICO LOBOS - Dopo l’era Steve Alford,

coach con il quale i Lobos si erano impadroniti della Mountain West Conference, assurgendo al titolo di favoriti automatici anno dopo anno, la scorsa stagione ha segnato un passo indietro nello sviluppo della squadra. Coach Craig Neal poteva contare su meno talento rispetto all’illustre predecessore, ma ha decisamente iniziato col piede sbagliato la sua avventura

SAN JOSE STATE SPARTANS - Gli Spartans sono

Nella foto: Malik Pope, San Diego State

da capo allenatore, rimediando la prima stagione perdente per i Lobos dal 2007 a questa parte. Si sente dunque il bisogno di rimediare in fretta, ma il processo di recupero dello status di super potenza (almeno nei confini della Conference) sembra ancora piuttosto lungo e tortuoso. UNM ha perso i tre giocatori più utilizzati per possesso della stagione passata (Hugh Greenwood, Arthur Edwards e Deshawn Delaney), che erano di fatto uno degli ultimi lasciti dell’era tecnica precedente, e si prepara dunque a un nuovo corso che dovrà essere guidato in campo da Cullen Neal, guardia al secondo anno che nelle sole tre partite giocate l’anno scorso (ha dovuto saltare il resto della stagione per infortunio) aveva mostrato ottimi lampi viaggiando a 17 di media in quasi trenta minuti di gioco. Per fare meglio della deludente stagione 14-15 sarà necessario un apporto migliore da una panchina che chiederà necessariamente di più a Xavier Adams e all’ala junior Devon Williams, mentre ci si può già aspettare qualcosa dal freshman Dane Kuiper, ala do-

tata di grande atletismo e di un interessante tiro dalla media distanza. Si prospetta un’annata di transizione e di limbo per i Lobos, che possono però contare su una recruiting class interessante (oltre al già citato Kuiper da tenere d’occhio anche il playmaker Jordan Hunter). Forse non da quest’anno, ma le soddisfazioni arriveranno.

SAN DIEGO STATE AZTECS - La stagione 2015-

16 degli Aztecs si apre con l’etichetta della favorita. Vero: Wyoming è la campionessa uscente, ma sono gli Aztecs ad aver mantenuto quasi intatto il nucleo della già ottima squadra dell’anno scorso, e inoltre riportano in squadra Malik Pope, talento che sembrava destinato a partire verso la NBA dopo il suo anno da freshman. Invece Pope ha deciso di rimanere un altro anno alla corte di coach Fisher per migliorare ancora di più in vista del Draft dell’anno prossimo, dove ha possibilità di essere scelto in zona lottery se migliorasse alcune lacune nel suo gioco. Sicuramente gli Aztecs

al terzo anno di partecipazione alla Mountain West Conference, ma in questo periodo di tempo non hanno fatto altro che raccogliere una sconfitta dopo l’altra. Tra le 351 squadre di Division I, San Jose State si è classificata 349esima nel ranking dell’analista di college basketball Ken Pomeroy, e il dato non è destinato a migliorare. Consideriamo anche solo il fatto che dei soli quattro giocatori ad andare in doppia cifra di media ne è rimasto solo uno: l’ala Frank Rogers, giocatore al terzo anno, che sarà chiamato a tenere insieme una squadra inesperta e con poco talento offensivo sul quale poter contare. Torneranno a disposizione le guardie Isaac Thornton e Brandon Mitchell, ma durante la stagione passata i due sommavano la miseria di 7 punti a partita, e quest’anno dovranno avere necessariamente maggiori responsabilità offensive per guidare il gruppo insieme al già citato Rogers. Il lato positivo è che fare peggio del record di 2-28 racimolato l’anno passato è veramente difficile, anche se il reclutamento della guardia chicagoana Jaycee Hillsman e dell’altro freshman Brandon Clarke (guardia longilinea ed atletica) potrebbe aiutare se non altro nell’aggiungere un discreto quantitativo di talento e punti nelle mani ad una squadra che l’anno scorso ne ha segnati 53.7 di media (il 349esimo dato della Nazione). San Josè State si candida dunque ad un altro anno di vacche magre, in attesa della crescita


dei propi freshmen, sui quali è possibile lavorare per sperare in un futuro in cui anche gli Spartans possano competere per qualcosa in più dell’ultimo posto nella Conference.

è stata la miglior squadra della Conference in questo preciso dato statistico. Insomma, c’è molto di cui essere contenti nello stato dello Utah, ma dobbiamo pur sempre considerare che questa è la squadra che

l’anno scorso finì ultima nella Conference per percentuale a rimbalzo (solo il 22 percento), e il loro miglior rimbalzista è stato l’ala Jalen Moore con “solo” 6.7 a partita. In una Conference così fisica e atletica questo

UNLV RUNNING REBELS - Ancora una volta i

Running Rebels si presentano ai nastri di partenza del campionato con una recruiting class stellare, ma quest’anno lo staff di Nevada-Las Vegas ha deciso di fare le cose in grande. Nessuno nella Mountain West Conference può esercitare l’appeal che, evidentemente, ancora esercita UNLV sui liceali d’America, ed è così che UNLV potrà contare sulla 11esima miglior classe di reclutamento dell’intera Nazione. Il talento messo insieme da coach Dave Rice è assolutamente stellare, visto che è riuscito ad aggiudicarsi le prestazioni di un Mc Donald’s All American come Stephen Zimmerman, centro in grado di mettere palla per terra, fornire intimidazione ma anche tiro dalla medio-lunga distanza nonchè uno dei prospetti più corteggiati d’America. A lui si aggiungono Derrick Jones, probabilmente il miglior schiacciatore della classe 2015, ma allo stesso tempo un tiratore molto sottovalutato e in generale un attaccante completo, e Jalen Poyser, guardia che forse troverà meno spazio dei suoi coetanei ma in grado di svilupparsi in un moderno “Three&D”. Come se non fosse abbastanza, UNLV si è anche accaparrata diversi transfer da altre università, come ad esempio il senior Ike Nwamu da Mercer (atleta di livello assoluto e discreto difensore), l’ala ex Oregon Ben Carter e la guardia da Rutgers Jerome Seagers. Anche gli attuali sophomores dovrebbero riuscire a dare un contributo maggiore rispetto a quello della stagione passata, con Goodluck Okonoboh su tutti in cerca di riscatto dopo una stagione da soli 5.7 punti e 4.5 rimbalzi a gara. Il grosso punto di domanda, come spesso capita con UNLV, è come tutto questo ammasso di talento potrà fondersi insieme e collaborare verso un obiettivo comune, ma sicuramente i Running Rebels saranno LA squadra da guardare in questa MWC.

WYOMING COWBOYS - I Cowboys sono stati l’as-

soluta sorpresa della passata stagione, arrivando a vincere un titolo della Mountain West Conference assolutamente inaspettato. Molto del merito di quell’impresa va accreditato a Larry Nance Jr, il miglior giocatore della squadra nonchè uno dei pochi a potersi costruire un tiro credibile dal palleggio. il figlio dell’ex giocatore dei Nuggets, però, è partito in direzione Lakers, e con lui se ne è andato gran parte del nucleo fondante del gruppo che sorprese tutti l’anno scorso. Con queste premesse è difficile pensare che la compagine di coach Shyatt possa ripetersi, eppure era arduo anche l’anno scorso immaginarsi i Cowboys arrivare fino in fondo in una Conference così competitiva. Shyatt è un tecnico che sa mescolare bene le carte, e trarre il meglio anche da squadre con poco talento diffuso, e quest’anno avrà molto lavoro da fare nell’amalgamare i suoi attorno a Josh Adams, playmaker senior e anima del roster. Oltre a lui ci sono soltanto tre altri Junior (McManemen, Marshall e Moemeka), ma gli ultimi due sono walk-on, ovvero giocatori aggregati alla squadra ma che non godono di una borsa di studio, quindi non potranno contribuire fattivamente alle sorti giallo nere. Il gruppo è quindi formato da un nucleo molto giovane e inesperto, con la classe di reclutamento che ha portato in dote uno dei migliori prospetti del Colorado, il playmaker tascabile Austin Conway (giocatore da seguire), la guardia tiratrice Justin James e il due volte giocatore dell’anno del basket liceale del Wyoming Cody Kelley. Ripetersi sarà quasi impossibile, e i Cowboys dovrebbero rimanere tra le ultime posizioni, ma con coach Shyatt mai dire mai.

UTAH STATE AGGIES - A differenza di San Josè Sta-

te, gli Aggies sono migliorati regolarmente dal loro ingresso nella Conference due anni fa. Dopo aver terminato 7-11 la prima stagione, hanno ribaltato il record finendo 11-7 la seconda, e adesso sembrano essere una delle squadre in rampa di lancio all’interno della Lega. Anche Utah State ha cambiato coach in estate, passando da Stew Morrill al suo assistente Tim Dureya, il quale vedrà tornare in campo l’intero quintetto base della stagione passata (sono l’unica squadra della Conference a poter contare su un gruppo di titolari identico dal 2014-15), il che è decisamente un vantaggio. Inoltre gli Aggies possono contare su un sistema che valorizza ed enfatizza il tiro da 3, che è stato l’arma principale della squadra l’anno scorso visto che col 40 percento di media Utah State

potrebbe risultare un problema decisivo, soprattutto contro squadre come UNLV e San Diego State che fanno proprio della forza sotto le plance una delle loro armi principali. Non è comunque azzardato auspicare per Utah State un’altra stagione di miglioramento graduale, nella quale potrebbero per la prima volta attentare ad un posto tra le prime quattro in regular season e successivamente piazzare un qualche scherzetto nel Torneo interno.

Nella foto: Stephen Zimmerman, freshman di UNLV


DI FILIPPO ANTONELLI AAC - L’anno scorso furono solamente due le squa-

dre dell’American Athletic Conference che riuscirono a far parte del tabellone del Torneo NCAA: Southern Methodist e Cincinnati. SMU ha dominato la stagione 2014/2015, vincendo la regular season e i Playoff di Conference. La squadra di Larry Brown, con Nic Moore e Markus Kennedy ancora in campo, ha le carte in regola per ripetere i successi di un anno fa, se non fosse che... è stata bandita dalla post-season. Il motivo? Un assistente allenatore ha completato un corso online con le credenziali di un giocatore per permettergli di rispettare gli standard di ammissione in NCAA e di risultare così eleggibile. Non che sul campo cambi qualcosa, a parte per la squalifica di nove partite comminata a Larry Brown: SMU è ancora la formazione più forte dell’AAC. Resta da vedere se il carismatico coach sarà in grado di mantenere alta la concentrazione del suo gruppo anche se non ci sono possibilità di partecipare al Torneo NCAA. Alle spalle dei Mustangs, il duo Cincinnati-Connecticut è il più accreditato per provare a far saltare il banco. I Bearcats hanno mantenuto quasi intatto il nucleo di una squadra capace di chiudere la regular season di Conference con un record di 13-5 un anno fa, nonostante la partenza di Sean Kilpatrick potesse

rappresentare un duro colpo. Connecticut, invece, ha ulteriormente cambiato assetto: ha sostituito Ryan Boatright, che ha concluso il suo percorso universitario, col transfer Sterling Gibbs, arrivato da Seton Hall. Rodney Purvis, Daniel Hamilton e Amida Brimah garantiranno continuità dalla squadra che nella passata stagione ha raggiunto la finale dei Playoff di Conference. E nel resto della AAC? Non si possono ignorare Tulsa e Temple, per due motivi: arrivano da un’ottima stagione e hanno nei loro roster alcuni dei giocatori più interessanti di questa Conference. Tulsa ha la sua forza nel backcourt composto da Shaquille Harrison (13.1 punti, 5.1 rimbalzi e 3.7 assist di media) e James Woodard (14.5 punti e 4.9 rimbalzi), mentre Temple risponde puntando forte su Quenton DeCosey (12.3 punti e 4.6 rimbalzi). Il gap tra queste cinque squadre e le altre sembra essere incolmabile, in attesa di capire quale sarà l’impatto di Ricky Tarrant (arrivato da Alabama) per i Memphis Tigers. In quella che prevedibilmente sarà la metà bassa della classifica, la squadra da tenere d’occhio è East Carolina. I Pirates hanno alcuni elementi di talento, come B.J. Tyson e Caleb White. Difficile che possano impensierire le prime della classe, ma comunque possono

ambire a fare una regular season di tutto rispetto. Anche Houston, penultima classificata un anno fa, ha un miglioramento come obiettivo minimo e può, al fine di raggiungere questo scopo, fare affidamento sui nuovi arrivati Ronnie Johnson (da Purdue) e Damyean Dotson (da Oregon). La vita si prospetta decisamente difficile per Tulane (che pure, l’anno scorso, ha avuto una stagione d’esordio non del tutto da buttare in AAC), UCF e South Florida.

ATLANTIC 10 - La A-10 ha avuto un finale decisa-

mente non previsto l’anno scorso, con VCU che da quinta classificata in regular season ha fatto fuori nei Playoff Davidson - la prima della classe - in semifinale e poi Dayton - seconda in stagione regolare - in finale. In questo modo, considerando che Davidson e Dayton sono state comunque invitate, la Atlantic 10 ha portato tre squadre al Torneo NCAA. Come nel caso della AAC, c’è una netta differenza tra il gruppo delle squadre migliori e il resto. Negli ultimi cinque anni, i Playoff di questa Conference hanno dato cinque esiti differenti e c’è la possibilità che arrivi il sesto vincitore in altrettanti anni. Rhode Island è reduce da una buona stagione, ha una buona squadra, ma soprattutto ha il miglior giocatore della Conferen-

ce. E.C. Matthews è un esterno di talento e fisico, un giocatore in grado di trascinare da solo la squadra al successo. I Rams non vinco l’A-10 dal lontanissimo 1999 (con Lamar Odom miglior giocatore dei Playoff) e sperano che questo sia l’anno buono. Ma dovranno vedersela con le solite avversarie. Partiamo dai campioni in carica: VCU ha perso Shaka Smart - che allenerà Texas - e ha affidato la panchina al suo ex assistente Will Wade. I Rams non avranno più la possibilità di schierare Briante Weber e Treveon Graham, due partenze che indeboliscono di molto l’organico. Bisogna aggiungere, inoltre, che due grandi prospetti come Kenny Williams e Tevin Mack, inizialmente propensi a trasferirsi alla corte di coach Wade, hanno poi virato su North Carolina e Texas. Lo scenario, insomma, non è dei migliori. Però Melvin Johnson è ancora lì, così come JeQuan Lewis. Abbastanza per lottare fino in fondo, probabilmente assieme ai Davidson Wildcats, che avranno anche perso Kalinoski, ma possono ancora contare su Justin Gibbs (16.2 punti e 4.8 assist di media) e sul tiratore Peyton Aldridge. Appena dietro, Dayton e Richmond. I Flyers non avranno DyShawn Pierre - sospeso dalla scuola per un’accusa di violenza sessuale - almeno per la prima metà di stagione. Se Pierre non dovesse rientrare, allora il destino di Dayton sarebbe oscuro. Richmond, invece, continua ad affidarsi a T.J. Cline, Terry Allen e ShawnDre’ Jones (sesto uomo dell’anno nella A-10), tutti e tre in doppia cifra di media un anno fa. Menzione d’onore per George Washington, l’unica tra le altre a poter provare a tenere il passo del gruppo di testa, soprattutto grazie all’impatto dell’argentino Patricio Garino. Se da St. Louis ci si aspetta un sensibile miglioramento rispetto all’ultimo posto della passata stagione, è difficile che Massachusetts e St. Bonaventure possano confermare quanto di positivo fatto vedere. Se St. Bonaventure ha comunque un giocatore da tener d’occhio come Marcus Posely, i Minutemen devono invece ricostruire totalmente l’assetto dopo le partenze estive. Un consiglio, per quanto riguarda le nobili decadute dell’Atlantic 10, è quello di buttare comunque un’occhiata a St. Joseph’s: lì gioca DeAndre Bembry, uno dei migliori giocatori della Conference. La Salle, Duquesne, Fordham e George Mason non sembrano destinate ad un repentino miglioramento rispetto alla stagione 2014/2015.

CONFERENCE USA - La stagione NCAA è lunga, ma

alla fine i verdetti importanti per le Conference vengono emessi a marzo nel giro di pochi giorni. La Conference USA 2014/2015 ha rispecchiato perfettamente questo concetto. Il dominio di Louisiana Tech - la squadra più talentuosa per distacco nella scorsa C-USA - era stato pressoché incontrastato per tutto l’anno. Eppure, nella semifinale dei Playoff, si sono


messi di traverso gli UAB Blazers, che hanno rispedito a casa i Bulldogs. Poi hanno completato l’opera in finale sconfiggendo l’altra sorpresa, Middle Tennessee. UAB ha fatto le cose in grande: al secondo turno del Torneo, si è tolta anche lo sfizio di realizzare un inatteso upset contro la quotatissima Iowa State di Fred Hoiberg. Nessuna delle squadre sopracitate, comunque, parte da favorita per la stagione che sta per cominciare. Questo ruolo spetta ad Old Dominion, che arriva da un’annata comunque positiva: è stata una delle migliori squadre della nazione dal punto di vista statistico. La forza dei Monarchs deriva dal mantenimento di gran parte di quel gruppo, anche se ─ bisogna precisarlo ─ non ci saranno più i quasi 17 punti a partita di Trey Freeman. Gli altri giocatori della squadra hanno buone caratteristiche e qualità, ma basteranno per non soffrire una perdita così grande? Louisiana Tech non ha più l’appeal che aveva un anno fa: troppo pesanti le partenze di Raheem Appleby, Speedy Smith e Michale Kyser. I Bulldogs rischiano di essere passati, nel giro di appena un anno, da favoriti per la vittoria di Conference all’incertezza della possibilità di avere un record positivo. La squadra che li eliminò dai Playoff, UAB, è invece accreditata per riattestarsi nelle parti alte della classifica: Chris Cokley, da freshman, ha fatto molto bene e si è guadagnato sempre più spazio nelle rotazioni. Quest’anno potrebbe ritagliarsi il ruolo di principale spalla di Robert Brown, che chiuse la stagione 2014/2015 con 13.7 punti e 3 assist di media. Gli occhi saranno comprensibilmente puntati anche su UTEP, che l’anno scorso chiuse la regular season con un record di 13-5 contro le avversarie di Conference. I Miners hanno portato a casa Paul Thomas, il prospetto con il ranking più alto tra i nuovi approdati nella C-USA. E c’è un altro giocatore fortemente atteso: Dominic Artis, che al suo arrivo ad Oregon era considerato uno dei migliori playmaker liceali della nazione. La sua carriera ha subito una decisa frenata, sul campo e fuori dal campo. I Miners sono la sua ultima chance di esplodere a livello NCAA. Tra le restanti squadre, è difficile capire chi abbia realmente le carte in regola per stare al passo. Western Kentucky ha esordito l’anno scorso in C-USA con una stagione ampiamente positiva, ma ha perso i suoi due migliori realizzatori. Middle Tennessee, la finalista dei Playoff 2015, punta sulla consacrazione di Reggie Upshaw per avvicinarsi ulteriormente all’elite della Conference. Tra i giocatori da tenere d’occhio, nel resto della C-USA, segnaliamo Marcus Jackson dei Rice Owls e Ryan Taylor di Marshall.

WEST COAST CONFERENCE - Di una cosa potete

star certi: la finale della West Coast Conference è destinata ad essere un affare esclusivo tra Gonzaga e

Nella foto: Kevin Pangos, ex Gonzaga

una tra St. Mary’s e BYU. Dopo cinque anni consecutivi (tra il 2009 e il 2013) di Gonzaga-St. Mary’s, da due stagioni sono i Brigham Young Cougars a sfidare i Bulldogs nella sfida decisiva. L’ultima finale della WCC senza Gonzaga, tra l’altro, risale al 1997 e vide sfidarsi San Francisco e St. Mary’s. Nonostante la sconfitta prevedibilissima─contro gli Zags, BYU ha avuto comunque accesso al Torneo NCAA 2015.

Dopo questa premessa, non pensiamo che vi stupirete a leggere che Gonzaga inizia la stagione da favorita per la vittoria di Conference. Anzi, da strafavoritissima, se ci passate il termine. Alcuni giocatori importanti hanno terminato l’esperienza universitaria, è vero. Non solo il leader emotivo Kevin Pangos, ma anche Gary Bell e Byron Wesley. Ciò non toglie che coach Few potrà ancora schierare Kyle Wiltjer (16.8

punti e 6.2 rimbalzi di media nella passata stagione), Przemec Karnowski e un Domantas Sabonis sempre più in rampa di lancio. L’aggiunta più interessante è quella di Nigel William-Goss da Washington, ma per le regole NCAA il giocatore potrà scendere in campo con la nuova maglia solo a partire dalla stagione 2016/2017. Brigham Young ha una tradizione di grandissimi realizzatori e l’anno scorso ha potuto piazzare tra i migliori marcatori della nazione Tyler Haws, autore di 21.9 punti per gara. Il suo posto come stella dei Cougars sarà preso da Kyle Collinsworth, un esterno capace di mettere assieme 13.8 punti, 8.7 rimbalzi e 6 assist di media nella stagione 2014/2015. Chase Fischer è colui che dovrà aiutare Collinsworth a infilare i palloni nel canestro avversario. Per stile di gioco, i Cougars continuano ad essere una delle squadre più spettacolari del panorama NCAA nonostante il ricambio naturale dei giocatori. La sorpresa principale arriva, in negativo, da St. Mary’s: non è più considerata la terza forza della WCC. Brad Waldow (19 punti e 9.1 rimbalzi), d’altronde, non è un giocatore così facile da rimpiazzare e in aggiunta i Gaels hanno perso anche gli altri quattro membri del quintetto. Fiutando la grande occasione (quella di raggiungere l’obiettivo massimo possibile, ovvero diventare la prossima vittima sacrificale di Gonzaga nella finale dei Playoff), sgomitano in particolare Pepperdine e Santa Clara. I Waves hanno ancora in organico i due migliori marcatori della squadra nella scorsa stagione, Stacy Davis (15.7 punti per gara) e Jett Raines (10.6). Santa Clara, invece, spera che il tiratore letale Jared Brownridge (43.5% dall’arco nei suoi due anni in NCAA) possa trascinare la squadra ad un miglioramento sensibile di classifica dopo il terz’ultimo posto dell’annata precedente. Le altre compagini della WCC non presentano grandi punti d’interesse: San Francisco non ha approfittato di un roster d’esperienza come quello che aveva l’anno scorso e si ritrova quasi punto e a capo, se non fosse per il senior Tim Derksen. Pacific, a differenza di Portland, San Diego e Loyola Marymount, potrà ancora contare sul suo miglior realizzatore (T.J. Wallace) della stagione 2014/2015.


LO SPROVVEDUTO E IL MAESTRO Breve lezione di coach John Thompson III in un pomeriggio d’agosto

DI NICCOLÒ COSTANZO

DIFESA - «Coach, buona presta-

sia, non riesco a convincere un allenatore da più di 300 vittorie zione difensiva oggi». «Buona? in carriera in NCAA, con all’attivo Insomma, a me non è piaciuta una Final FourA(2006-2007), una sinceramente». Quando san-SHOULD HEREun YOU ADD vittoria nel torneo della Big East tone come John Thompson III, alLEADTITLE OR SOMETHING (2007) e una decina di giocatolenatore dei Georgetown Hoyas, ri mandati nella NBA. Tuttavia il YOU NEED alla dodicesima stagione alla gui-LOREM... coach, per gentilezza o perché da della squadra, ti catechizza, voglioso di spiegarmi cosa avessi seppur con l’aria scherzosa di chi sbagliato nella mia analisi, incalsi prende poco sul serio, tipica di za sulla questione difesa. DappriRoma, è il momento di stare zitti ma ammettendo la bravura degli e passare alla domanda successiavversari e poi in parte quella dei va fingendo che non sia accaduto suoi giocatori. «Sinceramennulla. Invece, con un po’ di sfacte, devo dire che loro erano una ciataggine ed il reale desiderio di squadra buona, che muoveva convincere il coach incalzo: «Beh, bene il pallone e aveva numerose consideriamo che l’Haukar tre si tiratori (d’accordissimo coach, giorni fa ha segnato 18 punti (82) ndr); 29 punti concessi nel primo in più a Marquette, una rivale di tempo sono un discreto risultaConference, possiamo dire che la to, ma dopo penso che la nostra prestazione è stata quanto meno squadra abbia concesso troppi tiri positiva; sicuramente migliore di non contestati e appoggi al caquella dei Golden Eagles». Un po’ nestro semplici. Apprezzo il fatto sorpreso che lo sprovveduto itache siamo riusciti ad uscirne con liano presente in un torrido poun risultato positivo, ma per vinmeriggio del 15 di Agosto in quel cere nella nostra lega bisogna didella Stella Azzurra abbia snocfendere ad un altro livello». Anche ciolato un dato tutto sommato su questo punto concordiamo, non completamente irrilevante, e ma la staffilata finale, sempre continuando a ridacchiare, il legcon il sorriso in faccia, non se la gendario coach degli Hoyas mi rinega: «quindi, in conclusione, non sponde con aria sorniona «questo penso che la squadra abbia difeso lo hai detto tu», come per dirmi bene». che una cosa del genere non è E’ il momento di capitolare. Pur decisamente il genere di domanessendo impossibile convincere da alla quale si possa rispondere un uomo che di basket ne capiapertamente. sce infinitamente più volte di me, Ad ogni modo, come normale che

colgo una magra consolazione; non posso, difatti, negare che una piccola aria di soddisfazione sia comparsa sul volto di John Thompson III, dopo aver saputo di aver meglio figurato rispetto ad una rivale di conference. La mia arringa è stata accettata come non blasfema, se pur rigettata per quanto riguarda la scomodità della domanda in questione e successivamente, ahimè, anche per i contenuti. Anche dopo mesi, a dir la verità, mantengo la mia opinione. Se paragonata alla prestazione di Marquette, che ha concesso 82 punti ad Haukar, quella di Georgetown, solamente 64, di cui alcuni a partita francamente terminata, e tre subiti con un rocambolesco tiro da centrocampo, è apparsa nettamente più convincente. Fisicamente debordante, la truppa di giocatori di Thompson ha mostrato di poter essere una squadra molto temibile per l’intensità

della propria difesa. Differentemente da Marquette, la quale ha una difesa che punta molto sulle giocate di un backcourt aggressivo sulle linee di passaggio, gli Hoyas hanno un punto di forza nella fisicità e nell’organizzazione di questo plotone di giocatori atipici che può svariare dalla posizione di guardia a quella di ala grande. Sono ben sette i giocatori di Thompson tra i 198 e 206 cm. Tutti sono in grado di cambiare in necessità e di ricoprire diverse posizioni in campo, il che ha reso sostanzialmente impossibile penetrare in area per i giocatori di Haukar, apparsi visibilmente in difficoltà fino all’ottima prova nel terzo quarto che ha permesso alla squadra islandese, contestualmente alle difficoltà offensive degli Hoyas, di riaprire la gara. Sicuramente in Division I, in una conference come la Big East che presenta eccellenze del livello di Villanova, Xavier, Butler e la Pro-

Coach John Thompson III con D’Vauntes Smith-Riversa

vidence di Kris Dunn, il livello della difesa Hoyas dovrà alzarsi, come ogni altro aspetto del suo gioco.

PROSPETTIVE FUTURE - Fini-

sce qui la mia prima lezione con John Thompson III, la più dura da accettare. Inizia, tuttavia, una breve ma intensa chiacchierata con uno dei coach più importanti di tutta la Divison I di college. Con gambe tremolanti, e le mie convinzioni leggermente minate, continuo a chiedere spunti di riflessione al coach, nella speranza di ricevere qualche altra istruttiva lettura e qualche spunto sulla Georgetown che verrà. Chiedo al coach se sia soddisfatto del suo attuale roster, delle condizioni di D’Vauntes Smith-Rivera, uno dei candidati al premio di miglior giocatore della Big East, e le sue aspettative per la stagione. «Uno dei motivi per cui ho grandi aspettative per questa annata è il rientro di D’Vauntes (Smith-Rivera, ndr). Per questo voglio sempre di più da parte dei suoi compagni. Devono migliorare per portare il loro livello vicino a quello del nostro leader». L’apprezzamento del coach per la tournée italiana da questo punto di vista è evidente. La possibilità di testare la forza del suo team contro avversari competitivi senza Smith-Rivera potrebbe rivelarsi una delle chiavi della stagione, a suo dire. Come dare torto al coach. La partenza in quintetto di Tre Campbell, che sarà chiamato a rivestire un ruolo più importante durante la regular season, è stata da questo punto di vista molto significativa, tanto quanto il ruolo di go-to-guy affidato ad L.J. Peak; in teoria, a meno che Isaac Copeland non faccia un salto di qualità, sarà il campione del mondo con Team USA nei Mondiali Under-19 appena trascorsi in Grecia a rivestire il ruolo di seconda punta degli Hoyas. A detta di Thompson giocare senza Smith-Rivera è importante anche per la stella stessa di Georgetown. L’allenatore che ha portato


la Princeton Offense in quel di Washington, sede del college, si è dichiarato, infatti, molto soddisfatto del lavoro fuori dal campo del suo leader. «To step up», migliorare il proprio livello di gioco, e «leading by example», dare l’esempio, sono due termini molto familiari alla retorica cestistica e John Thompson III li ha fortemente marcati per far capire come il viaggio italiano rappresenti una componente decisiva per i futuri successi Hoyas. «Giocare senza di lui (Smith-Rivera, ndr) permetterà ai ragazzi più giovani, ma anche quelli che non hanno avuto un minutaggio consistente nella passata stagione, di mettersi in mostra, e giocare in diverse posizioni. Sfruttando questa opportunità potrebbero ritagliarsi minuti nel corso dell’anno». La frase sembra tutto sommato innocua, e priva di spunti interessanti. Ma quel «giocare in diverse posizioni» racchiude sinteticamente l’idea che mi sono fatto di questa Georgetown. Del plotone di giocatori sopracitato. In una squadra in cui le posizioni da quella di playmaker all’ala grande possono essere rivestite da qualunque giocatore, purché dotato di capacità di tiro, passaggio e, perché no, di un buon palleggio, la necessità di aver del tempo per sperimentare soluzioni nuove appare fondamentale. La varietà di quintetti schierati contro Haukar è stata quasi stordente. Dallo small ball con Derrickson schierato da ala grande, a quintetti con Copeland, Paul White e Trey Mourning, ovvero con tre esterni che superano abbondantemente i due metri, gli Hoyas hanno mostrato di saper cambiare più volte la pelle durante una singola gara. Dal punto di vista della rotazione degli esterni, le possibilità di Thompson appaiono illimitate; preoccupa maggiormente il ruolo di rimpiazzo di Jessie Govan, centro al primo anno di college, molto promettente benché da raffinare;

dietro di lui le soluzioni sembrano mancare. Un punto a mio avviso in cui la squadra di Thompson è apparsa piuttosto carente è quello della continuità offensiva. Peak non ha giocato la sua miglior gara e, con l’assenza di Smith-Rivera, le soluzioni nell’attacco degli Hoyas sono state molto limitate ad un tiro da fuori che andava e veniva. Govan ha mandato a canestro i compagni spesso nel primo tempo, ma si è completamente bloccato nel secondo. Georgetown ha, dunque, attaccato sempre meno il canestro, accontentandosi di un gioco poco efficace e di tiri in sospensione a bassa percentuale, mettendo nella miglior posizione possibile la difesa di Haukar, abile nel lavoro sugli esterni, ma debole in pitturato. Chiaramente con il proprio leader in campo tutti i giocatori dovrebbero beneficiarne, a partire da Peak, ancora non pronto per prendersi sulle spalle la squadra. Govan, inoltre, dovrà crescere rapidamente come passatore. Gli istinti ci sono, e questo può essere senz’altro un segnale significativo per coach Thompson; la tecnica, tuttavia, va raffinata.

SINGOLI - Una domanda sui

freshman e una sulle condizioni di Smith-Rivera non me la toglie nessuno. Quasi di rito, e potenzialmente aperte al fallimento, i miei quesiti danno vita tuttavia a risposte interessanti. Derrickson, autore di 20 punti contro la squadra islandese, ha impressionato, e voglio sapere qualcosa in più di lui, così come di Govan che sembra già essere un punto fermo degli Hoyas nonostante la giovane età. La caratteristica principale dei due è quella che mi sento di accomunare a tutto il parco giocatori degli Hoyas, ovvero il possedere una struttura fisica matura. «I nostri freshman avranno sicuramente un’occasione. Derrickson ha tirato benissimo; è in

grado di garantire una presenza difensiva e offensiva sia interna che perimetrale. Govan oggi non ha giocato una gran gara, ma vedrai che disputerà un’ottima stagione». Su Smith-Rivera il coach ha deciso di fare una scelta conservativa, preservandolo dagli impegni della tournée in vista di «una lunga stagione in cui sicuramente D’Vauntes ci trascinerà a molte vittorie». Insomma ho perso l’opportunità di vedere uno dei migliori giocatori di college basketball, ma Thompson III non nota la mia delusione e continua a puntare il dito sull’opportunità di far giocare il maggior numero di giocatori possibile per testarli in match contro squadre competitive. Rivera può e deve aspettare.

ULTIMA BOUTADE - Con un

occhio al coach e uno al riscaldamento post-partita di D’Vauntes faccio le ultime domande al disponibilissimo coach. Provo a

calare il pezzo da novanta, chiedendo quale dei suoi giocatori in giro per la NBA e per l’Europa lo avesse sorpreso nello sviluppo della propria carriera, e chi, invece, non fosse stato all’altezza delle aspettative. Non faccio altro che stimolare dapprima l’orgoglio del coach che mi dice fieramente che Otto Porter, Roy Hibbert, Jeff Green, per citare alcuni giocatori NBA che hanno giocato per lui in maglia Hoyas, «sono tutti dei giocatori da quintetto nelle rispettive squadre», parlandomi bene anche di Austin Freeman «uno dei giocatori dotati del maggior talento offensivo che abbia mai allenato»; dopodiché esce l’orgoglio per l’istituzione Georgetown. «L’importante è che questi ragazzi abbiano conseguito tutti una laurea. Il basket è un gioco fantastico, e la carriera da giocatore va goduta fino in fondo. Dopo, tuttavia, c’è un’altra vita ad aspettarti, e questi uomini, essendosi

laureati, hanno posto le basi per il loro futuro». Il suo passato da Ivy League è uscito allo scoperto con quest’ultima affermazione. Coach Thompson, dunque, non avrà condiviso con il primo sconosciuto i suoi pensieri sui giocatori che lo hanno deluso dopo aver lasciato il college, ma ha tuttavia mostrato come l’attaccamento al programma di Georgetown sia viscerale. L’importanza di una preparazione a livello culturale appare evidente anche nel suo pensiero sul viaggio in Italia: «Venire in un paese come l’Italia e poter toccare con mano ciò che si è per una vita letto nei libri di storia è qualcosa di estremamente stimolante. Entrare nel Colosseo, apprezzarne l’architettura, mentre ti ricordano che è stato costruito duemila anni fa non ha prezzo. I miei ragazzi porteranno per il resto della loro vita il ricordo di questa esperienza, soprattutto quando in futuro ripenseranno a questi momenti.

L’organizzazione di Georgetown ci ha regalato un’opportunità incredibile» e indicandomi chiosa, «tu puoi viverlo tutti i giorni. E’ incredibile!». La sviolinata su Roma tocca le mie corde. Il passato è alle spalle, come se non avessimo mai avuto opinioni divergenti. Ma un ultimo, telegrafico, pensiero glielo devo strappare. «Coach, dove può arrivare questa Georgetown?»: »Sono soddisfatto della nostra squadra, sono soddisfatto delle nostre chance. Il nostro obiettivo primario è quello di avere un’opportunità di giocarci il titolo». Così come io spero di avere un’opportunità di non essere nuovamente ripreso da uno dei coach più importanti della Division I di college basketball. Lezione appresa.


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TOP 10 FRESHMAN DI NICCOLO’ COSTANZO

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D.J. HOGG - TEXAS A&M AGGIES Ala piccola, 203cm, 98kg, 3 settembre 1996 #37 secondo ESPN, #38 secondo Rivals.com

La scelta a sopresa. D.J. Hogg è un dei tre freshman selezionati da Billy Kennedy per far tornare Texas A&M ai livelli che più le competono. Tyler Davis e Elijah Johnson miglioreranno il solido frontcourt degli Aggies, in attesa delle sfuriate di Danuel House e Jalen Jones, i due top scorer della squadra. Quanto spazio allora per D.J. Hogg? Molto più di quanto si possa pensare. Hogg è un tiratore mortifero dalla distanza, in grado di lavorare discretamente dal palleggio e di realizzare ad altissima percentuale dagli scarichi. In più ha un fisico che attualmente lo colloca molto più nella posizio-

JALEN ADAMS - CONNECTICUT HUSKIES Playmaker, 188cm, 86kg, 11 dicembre 1995 #25 secondo ESPN, #23 secondo Rivals.com

ne di ala piccola ma che non escluderà in futuro la possibilità di diventare occasionalmente un quattro perimetrale. Tutto ci fa pensare che gli Aggies possano sfruttare il fatto di poter disporre di una lineup sempre fisicata ma piena di giocatori pericolosi dal perimetro, soprattutto se innescati da Alex Caruso, play dalle lunghe leve, in grado di condurre un contropiede anche dopo un rimbalzo catturato. Hogg in questo sistema potrebbe da subito contribuire. Se tutto dovesse andare liscio, tra tre anni potremmo parlare di uno dei 25 migliori giocatori del college basketball.

SKAL LABISSIERE - KENTUCKY WILDCATS Ala Grande/Centro, 211cm, 98kg, 18 marzo 1996 #2 secondo ESPN, #1 secondo Rivals.com

Per una sorta di perverso giochino, mi sono ritrovato ad avere un ultimo posto in questa top ten (per lasciare spazio al romanticismo con DJ Hogg), senza aver selezionato né Labissiere né Brandon Ingram di Duke. Se qualcuno li avesse inclusi entrambi in una Top 5 non avrebbe certamente sbagliato, trattandosi di due dei freshman più interessanti del 2015/2016. Tuttavia Duke potrebbe passare un anno relativamente tranquillo in attesa di Jayson Tatum, la stella del Sud degli Stati Uniti, e quindi Ingram lo lasciamo dominare tranquillo con Coach K al suo fianco. Labissiere è uno dei

centri che può spostare sin dal giorno uno di NCAA. Bel tiro per essere un lungo così giovane, rapido, fondamentali eccellenti, buona fisicità per il livello collegiale, l’haitiano potrebbe essere l’ultimo di una dinastia di centri nata a Lexington. Cousins, Davis, Noel, Towns e infine Labissiere. La pressione è dunque tanta, ma per un ragazzo che ha dovuto sopportare ben di peggio, essendo stato intrappolato tra le macerie di casa, a Port Au Prince, Haiti per ben tre ore dopo il tristemente famoso terremoto del 2010, potrebbe non essere poi un gran problema.

Adams dovrà affrontare due enormi sfide. La prima, condurre una squadra sino al torneo NCAA; la seconda, subire costantemente paragoni con l’ultimo playamaker di livello passato a Storrs, Shabazz Napier. Adams infatti è nato nello stesso quartiere di Napier a Roxbury e si presenta, a differenza di Napier, come un play classico. Tanta leadership, un po’ scostante al tiro, ma molto forte in penetrazione. Il suo compito sarà durissimo, ma UConn ha costruito una squadra solida.

Avere Sterlin Gibbs, ex Seton Hall, accanto, potrà essere utile, quanto complicato, soprattutto all’inizio. Ad ogni modo, qualora Amida Brimah dovesse definitivamente esplodere, gli Huskies potrebbero vantare un trio, insieme a Daniel Hamilton, assolutamente elettrizzante. La AAC non sarà la conference più dura degli Stati Uniti, ma il calendario per gli Huskies non è affatto agevole, dovendo sfidare squadre come Michigan, Maryland, Texas, Georgetown e Memphis.

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HENRY ELLENSON - MARQUETTE GOLDEN EAGLES Ala Grande, 208cm, 111kg, 13 gennaio 1997 #5 secondo ESPN, #11 secondo Rivals.com

DIAMOND STONE - MARYLAND TERRAPINS Centro, 211cm, 116kg, 10 febbraio 1997 #6 secondo ESPN, #6 secondo Rivals.com

Un big man per Melo. Questo l’imperativo per i Maryland Terrapins. La squadra si presenta al via con un potenziale di altissimo livello. Trimble, al secondo anno, potrebbe già essere uno dei venti migliori giocatori della nazione. Layman, Dodd e gli acquisti Sulaimon e Carter completano un roster di primo piano. Stone ha lavorato moltissimo quest’estate per migliorare la forma fisica e ambientarsi nel campus; coach Turgeon ne ha parlato tanto come un pregio, quanto come un limite del ragazzo,

volenteroso ma ancora un po’ indietro rispetto ai compagni. Resta il fatto che Stone potrà senza dubbio dare una mano sin dalla prima gara stagionale. Ha tocco e stazza, una mano morbida che può permettergli già da oggi di segnare tanto nella NCAA. Tuttavia non bastano solo queste qualità, dato che il suo compito a Maryland sarà quello di rendersi efficace da subito nel contesto, possibilmente vincente, della squadra. Da seguire con attenzione.

Per risollevare Marquette non c’è uomo migliore del big man dal Wisconsin. Quest’estate, a Roma, ho avuto la fortuna di vederlo giocare dal vivo contro una squadra di prima divisione islandese, e posso assicurare che stiamo parlando di un giocatore di alto livello. Nonostante abbia dimostrato di essere un po’ carente nella scelta dei tiri, debolezza figlia di una pallacanestro, quella liceale, in cui gli avversari sfidati non potevano reggere i contatti creati dall’attuale lungo di Wojchechowski, Ellenson ha dimostrato di avere un tocco, una morbidezza al momento del rilascio del pallone, e una capacità di coordinarsi con o senza contatto, fuori dal comune. Se a questo aggiungiamo un’abilità a rimbalzo notevole e un ball handling francamente impressionante per un giocatore del 1997, di quella stazza, ci si mette poco a pronosticare un futuro roseo per Ellenson. La possibilità, tuttavia, che questa sia una stagione interlocutoria per Marquette è concreta.


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IVAN RABB - CALIFORNIA GOLDEN BEARS Ala Grande, 211cm, 100kg, 4 febbraio 1997 #8 secondo ESPN, #7 secondo Rivals.com

Sono anni che il nome di Ivan Rabb circola tra gli amanti di college basketball. Forse il più precoce della sua generazione, Rabb ha stupito tutti per aver preferito California-Berkeley ad Arizona, un college che vanta una storia recente sicuramente più gloriosa rispetto ai Golden Bears. La scelta di Jaylen Brown non è stata meno stupefacente. Pur di giocare per coach Cuonzo Martin, e soprattutto con Ivan Rabb, Brown si è pagato da solo la visita al college, poiché California non era stata segnalata

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dall’ala piccola tra i possibili college da andare a visionare. Il risultato è qualcosa di stupefacente. Il recruiting “calipariano” di coach Martin, nel 2015 l’unico allenatore ad aver portato nella sua squadra due freshman da top ten (risorsa ESPN), proietta California tra le prime 25 squadre della nazione, se non qualcosa in più. Impossibile negarlo, considerando l’acquisto dei due freshman sommato al pacchetto del 20142015 che vanta Tyrone Wallace, Jabari Bird e Jordan Mathews, giocatori

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MALIK NEWMAN - MISSISSIPI STATE BULLDOGS Guardia, 191cm, 86kg, 21 febbraio 1997 #10 secondo ESPN, #8 secondo Rivals.com

JAYLEN BROWN - CALIFORNIA GOLDEN BEARS Ala Piccola, 201cm, 102kg, 24 ottobre 1996 #3 secondo ESPN, #23 secondo Rivals.com

con almeno due anni di college di esperienza. Attorno alla collocazione in campo di Rabb e Brown si giocano le fortune dei Golden Bears. Rabb per il college basketball è quasi un centro. Nonostante sia alto attorno ai 2.08m, tuttavia, potrebbe soffrire un impiego in una posizione che plausibilmente non sarà quella che dovrà rivestire nella NBA. Per il resto, pochi problemi. Mancino, rimbalzista fenomenale, forse già uno dei migliori dell’intero college basket, ci delizierà gra-

zie ad un atletismo fuori portata per il 99% dei rivali che si troverà ad affrontare. Brown, se possibile, è ancora più difficile da collocare. Ad ogni modo rivestirà il ruolo di ala, ma se con compiti da slasher (penetratore) o tiratore è tutto da vedere. Sarà la sua crescita a deciderlo. Sicuramente ad oggi il suo trademark è rappresentato dalle giocate atletiche. Molti in casa Golden Bears sono già rimasti sconvolti dalle doti fisiche del duo. Presto accadrà anche a noi.

L’ultima volta che Mississippi State ha reclutato un giocatore tra i dieci migliori per ranking, è arrivato Renardo Sidney. Lungo che avrebbe dovuto dominare in NBA e che a malapena in NCAA ha giocato. Non c’è rischio di incorrere nello stesso errore. Malik Newman è un profeta in patria. Figlio di Horacio Webster, che ha giocato con i Bulldogs dal ‘96 al ‘98, Newman ha scelto di restare nel suo Stato d’appartenenza nonostante l’offerta di Kentucky. Negli eventi legati ai Bulldogs, Newman è trattato come un professionista, traguardo che sicuramente riuscirà a raggiungere. Due volte medaglia d’oro con Team USA, MVP nei Mondiali 2014 con 21 e 11 rimbalzi, Newman si è guadagnato lo status di miglior guardia degli Stati Uniti. Il meglio, tuttavia, sembra averlo dato in “patria”. Quattro volte campione del Mississippi, ha già visto ritirare la sua maglietta dell’High School. Il perfetto esempio di combo-guard, dovrà misurarsi con la gestione del gioco ad alti livelli.

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BEN SIMMONS - LSU TIGERS Ala Grande, 208cm, 102kg, 20 luglio 1996 #1 secondo ESPN, #2 secondo Rivals.com

All Eyez on Me cantava Tupac. All eyes on Ben Simmons, è quello che accadrà quest’anno. Questo significa che tutti gli occhi sono puntati su LSU. Senza mancare di rispetto ad Anthony Randolph, questo probabilmente non accadeva dai tempi di un certo Shaquille O’Neal, che due o tre traguardi in carriera li ha raggiunti. Insieme ad Antonio Blackeney, Simmons sfiderà Rabb e Brown, ma anche Labissiere e Murray come miglior coppia di freshman dell’anno. Simmons dalla sua ha un fisico devastante e una dote naturale nel poter cambiare su ogni avversario che potrebbe proiettarlo dopo qualche mese di regular season tra i migliori difensori dell’intero

panorama collegiale. Sul gioco offensivo ci sono possibilmente ancora più margini, anche se attualmente il ball handling non è sicuramente un punto di forza per il giocatore uscito da Montverde. Le responsabilità, tuttavia, non mancheranno anche da questo punto di vista, quindi attenzione ai miglioramenti in corso d’opera. L’anno scorso abbiamo visto Justise Winslow trasformarsi da specialista difensivo a giocatore all-around in attacco. Non mi stupirei se Simmons facesse un percorso simile, anche se i contesti delle due squadre son ben differenti, e l’austrialiano dovrà necessariamente contribuire sin da subito per i Tigers.

JALEN BRUNSON - VILLANOVA WILDCATS Playmaker, 189cm, 90kg, 31 agosto 1996 #16 secondo ESPN, #20 secondo Rivals.com

Considerati gli allori conseguiti sinora, Brunson si presenta alla NCAA con uno status da potenziale stella. A livello scolastico ha trascinato Stevenson al trionfo nella dura March Madness illina, dopo aver perso negli anni precedenti contro Jabari Parker e Jahlil Okafor (56, record all-time del torneo nella semifinale persa contro la Whitney Young del lungo dei 76ers); in nazionale ha condotto Team USA alla vittoria del mondiale U-19, ottenendo il premio di MVP della manifestazione. Villanova è un college che nell’ultimo decennio ha messo in vetrina guardie del livello di Randy Foye, Kyle

Lowry e Scottie Reynolds, ma Brunson, paradossalmente, sembra promettere ancor di più dei predecessori. Point man mancino, dotato di una capacità realizzativa fuori dal comune, Brunson ha dimostrato di poter gestire un attacco con sapienza, come segnalano i 7 assist (con 0 palle perse) messi a referto nella finale di Coppa del Mondo, disputata contro un’ottima Croazia. Un possibile crac.


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TOP 10 SOPHOMORE DI CLAUDIO PAVESI

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XAVIER RATHAN-MAYES - FLORIDA STATE SEMINOLES Guardia, 193cm, 86kg, 29 aprile 1994 14.9ppg, 3.5rpg, 4.3apg, 41.6% dal campo, 28.1% da tre, 69% dalla lunetta

Miglior realizzatore della ACC da freshman, autore di 30 punti contro Clemson, 35 contro Miami e 35 contro North Carolina. Nonostante i 4.3 assist di media, Rathan-Mayes non è di certo un giocatore d’ordine ma una combo guard in grado di accendersi in qualsiasi momento. Se non ci credete provate a chiedere a Miami che si è vista segnare in faccia 30 punti dal talento canadese in soli quattro minuti e trenta secondi. Solido anche a rimbalzo nonostante i centimetri limitati, Rathan-Mayes quest’anno avrà addosso gli occhi di tutti e sarà il leader indiscusso di una Florida State che spe-

JUSTIN JACKSON - NORTH CAROLINA TAR HEELS Ala Piccola, 204cm, 87kg, 25 marzo 1995 10.7ppg, 3.7rpg, 2.3apg, 47.7% dal campo, 30.4% da tre, 71.0% dalla lunetta

ra di tornare al Torneo NCAA per la prima volta dal 2012. La guardia dell’Ontario dovrà sì usare tutto il suo talento per rendere i Seminoles vincenti ma dovrà anche imparare a non forzare troppo, le 3.4 palle perse a gara infatti sono un’infinità, per non parlare delle 171 triple tentate in stagione (più di 5 a partita), specialmente per il fatto che le sue percentuali dall’arco sfiorano a malapena il 28%.

MALIK POPE - SAN DIEGO STATE AZTECS Ala Piccola/Ala Grande, 209cm, 93kg, 25 luglio 1996 5.1ppg, 2.7rpg, 0.6apg, 45.4% dal campo, 40.8% da tre, 67.5% dalla lunetta

Come si legge dalle statistiche la stagione di Pope non è stata scintillante, ma parliamo pur sempre di un’ala piccola di quasi 209 centimetri tecnicamente dotatissima, capace di tirare da tre punti, mettere palla per terra e puntare l’avversario. Pope è molto gracile fisicamente, non solo per la mancanza di tonnellaggio, quanto soprattutto per il suo passato di infortuni: si è infatti rotto una gamba sia da junior che da senior all’high school. A inizio stagione era ancora acciaccato ma nella seconda parte della sua annata 201415 ha fatto vedere ottimi lampi di talento, tanto

che qualcuno parlava di lui come di una possibile scelta al primo giro nell’ultimo Draft, nonostante le cifre non impressionanti. Con un po’ di fortuna in più dal punto di vista fisico, un po’ di palestra e una bella dose di sicurezza Pope potrebbe davvero fare la differenza in qualsiasi squadra NCAA.

Gli scout d’America tengono Jackson sotto osservazione e questo 2015-16 sarà un anno fondamentale per il giovane Tar Heel. Talento indiscutibile, Jackson si è ritrovato in quel limbo in cui faticava a segnare dall’arco (30% da tre punti) ma rimaneva comunque troppo leggero e gracile per tirare sportellate contro i gli avversari più corpulenti. Nonostante ciò Jackson ha chiuso la scorsa stagione con quasi 11 punti in 26 minuti perché la sua ottima tecnica e le braccia lunghissime lo rendono

pressoché non stoppabile, le stesse braccia che gli permettono di rendersi più che utile a rimbalzo sia in attacco che in difesa. Il talento texano possiede anche una visione di gioco che non è comune trovare in una guardia/ala di 204 centimetri, un’arma che lo rende davvero difficile da contenere, specie se dovesse iniziare a usarla con più continuità anche dal post alto contro i difensori più bassi. Ora tocca a Jackson trovare la continuità per esprimere al meglio il suo potenziale.

#6

SVIATOSLAV MYKHAILIUK - KANSAS JAYHAWKS Guardia/Ala Piccola, 203cm, 88kg, 10 giugno 1997 2.8ppg, 1.2rpg, 0.7apg, 30.6% dal campo, 28.8% da tre, 83.3% dalla lunetta

JAMES BLACKMON JR. - INDIANA HOOSIERS Guardia/Ala Piccola, 194cm, 90kg, 25 aprile 1995 15.7ppg, 5.3rpg, 1.5apg, 42.0% dal campo, 38.7% da tre, 80.6% dalla lunetta

Talento dell’Indiana in maglia Hoosiers, come nelle migliori tradizioni, Blackmon è una guardia che grazie a un grande atletismo e una notevole forza fisica si presta a giocare anche come ala piccola nonostante gli manchi qualche centimetro per il ruolo. Ottimo scorer d’area ma affidabile anche dall’arco, Blackmon Jr. si è rivelato uno dei migliori freshman dell’anno scorso, probabilmente uno dei primi dieci nonostante la stagione degli Hoosiers si sia rivelata piuttosto altalenante. Blackmon è

molto rapido e sa andare anche a rimbalzo, inoltre si adatta perfettamente al sistema di coach Crean, e ciò maschera le tante, troppe lacune difensive di cui è spesso protagonista. Perché solo il settimo posto in classifica nonostante il suo ottimo 2014-15? Ci sono dubbi sui margini di miglioramento, inoltre in estate si è sottoposto a un intervento al ginocchio e, anche se lo staff di Indiana ha detto che sia al 100%, può lasciare qualche dubbio sull’efficienza al suo ritorno.

Sviatoslav Mykhailiuk, ma anche Svjatoslav Mychajljuk, per essere corretti. Svi, per gli amici, ha un talento strabordante ma la stagione altalenante di Kansas e lo scarso minutaggio riservatogli da coach Self nella seconda parte della stagione (11 minuti di media in stagione) lo hanno fatto sparire dai radar. In realtà l’ucraino sa giocare eccome, sia in attacco che in difesa, specialmente sulle linee di passaggio, dove riesce a rivelarsi un vero demonio grazie a una combinazione di piedi veloci e braccia lunghe. Pur essendo alto 203 centimetri possiede una visione di gioco notevole e non è raro vedergli preferire qualche pregevole assist a un tiro forzato. Quest’ultimo aspetto non è banale per un ragazzo classe 1997. Chi vi scrive lo ha potuto seguire da vicino durante il Mondiale di Spagna 2014, quando Svi ha saputo dare ottima prova di sé alla prima esperienza contro i “grandi”, o meglio i “grandissimi” visto che ha ben figurato anche contro Team USA.


#5

#2

#4

TYLER ULIS - KENTUCKY WILDCATS Playmaker, 175cm, 72kg, 5 gennaio 1996 5.6ppg, 1.8rpg, 3.6apg, 40.6% dal campo, 42.9% da tre, 80.8% dalla lunetta

La piccola peste di Kentucky non arriva a 1.80m nemmeno se si mette sulle punte ma resta oggettivamente un giocatore di estremo talento. Pur non avendo mai giocato una singola partita in quintetto nel suo primo anno in NCAA, si è rivelato la miglior point guard della squadra, come dimostra il 42.9% da tre punti (il migliore dei Wildcats) e il fatto che producesse una sola palla persa ogni 3.6 assist. L’ex sesto uomo di lusso di Calipari dovrebbe essere uno dei leader dei nuovi Wildcats no-

nostante l’arrivo di freshman attesissimi come Isaiah Briscoe e Jamal Murray, a differenza loro infatti Ulis può sfoggiare nel curriculum anche un record di 38-1 che lo rende al tempo stesso tanto abituato a vincere quanto affamato di arrivare finalmente a giocarsi il Titolo NCAA. E’ quasi certamente il giocatore più rapido del panorama NCAA ma anche le sue mani sono velocissime, in attacco quanto in difesa. Le guardie di tutta America sono avvisate.

#3

JAKOB POELTL - UTAH UTES Centro, 213cm, 107kg, 15 ottobre 1995 8.7ppg, 6.9rpg, 0.7apg, 1.9bpg, 68.1% dal campo, 44.4% dalla lunetta

GRAYSON ALLEN - DUKE BLUE DEVILS Guardia, 195cm, 93kg, 8 ottobre 1995 4.4ppg, 1.0rpg, 0.4apg, 42.5% dal campo, 34.6% da tre, 84.9% dalla lunetta

Atleta disumano e strepitoso attaccante dal palleggio, Grayson Allen sarebbe stato una stella in qualsiasi squadra NBA ma il fatto di giocare a Duke lo ha costretto a essere impiegato solo per 9 minuti a partita. Il talento di Allen però è in vetrina e chiunque lo può vedere. A dire il vero lo ha visto il mondo intero quando nella Finale NCAA ha messo alle corde Wisconsin con 16 punti in 21 minuti dando a Duke lo slancio che l’avrebbe portata a vincere il titolo. La prestazione in Finale NCAA

però non è una novità, nelle partite in cui è stato impiegato più di 20 minuti infatti Allen viaggia a 18 punti di media. Già ora è un penetratore di livello assoluto, in grado di schiacciare in testa a chiunque, pur restando un più che discreto tiratore dall’arco. Nel caso dovesse imparare a non forzare nelle occasioni più sconvenienti, persino il quarto posto di questa speciale classifica non gli renderebbe abbastanza onore. Ricordatevi che ad allenarlo c’è Coach K quindi il cielo è il limite.

Chi se lo aspettava? Il centro austriaco ha preso tutti in contropiede nel 2015 aiutando il neo Raptor Delon Wright a portare Utah a un passo dalle Final Eight. Poeltl è lunghissimo, con braccia infinite e con un fisico in continua costruzione, inoltre sa andare bene a rimbalzo e ha l’intelligenza per sapere selezionare al meglio i proprio tiri, non a caso l’anno scorso è stato l’unico in America a superare Jahlil Okafor per percentuale reale da due punti e percentuale a rimbalzo offensivo. Anche stoppatore più che discreto, Poeltl dovrà però imparare a tenere il campo a lungo senza cali fisici (solo 23.3 minuti di media l’anno scorso), e dovrà prendersi sulle spalle gran parte dell’attacco degli Utes, ora che Delon Wright è in NBA. Per molti era già materiale da NBA quest’anno ma Poeltl ha deciso di rimanere a Utah per migliorarsi, specie nel tiro dalla media e lunga distanza (0-1 da tre l’anno scorso), e voci autorevoli dicono che i miglioramenti sono già ora impressionanti.

#1

DOMANTAS SABONIS - GONZAGA BULLDOGS Ala Grande/Centro, 210cm, 109kg, 3 maggio 1996 9.7ppg, 7.1rpg, 0.9apg, 66.8% dal campo, 66.4% dalla lunetta

Sabonis partirà dalla panchina, d’altronde si ritrova davanti la più completa coppia di lunghi del panorama NCAA in Wiltjer e Karnowski ma la sua solidità ha pochi rivali. Quinto in tutta la Division I per percentuale al tiro da due punti (66.8%) e prepotente a rimbalzo (7.1 a partita in meno di 22 minuti di media), il figlio d’arte sarebbe una stella in quasi ogni squadra NCAA e gli Zags contano su di lui per tentare l’assalto alle Final Four, specie perché nella West Coast Conference non sembra-

no avere rivali. Il lituano unisce a un fisico già impressionante anche una tecnica da fare invidia a molti professionisti, come si è potuto notare anche nel torneo NCAA contro avversari di ben più alto livello rispetto a quelli incontrati nella conference. Riccardo Fois, assistente italiano degli Zags, ha sempre detto che Sabonis è uno dei ragazzi più impressionanti che abbia mai visto, sia per talento che per etica del lavoro e non possiamo che essere d’accordo.

MELO TRIMBLE - MARYLAND TERRAPINS Playmaker/Guardia, 190cm, 85kg, 2 febbraio 1995 16.2ppg, 3.9rpg, 3.0apg, 1.3spg, 44.4% dal campo, 41.2% da tre, 86.3% dalla lunetta

Che fosse forte lo si sapeva ma pochi si aspettavano una tale furia. Abilità realizzative e una personalità straripante sono i suoi marchi di fabbrica. Essendo una combo guard, può deludere il rapporto assist-palle perse (solo 3 assist contro 2.5 palle perse a gara) ma lamentarsi di questo aspetto equivale a non mangiare un piatto al ristorante perché troppo buono. Trimble ha chiuso la sua prima stagione a 16.3 punti di media ma ciò che più colpisce sono le percentuali dall’arco (41%) e i 240 tiri

liberi tentati in stagione, segno che quando il ragazzo punta l’area non c’è molto da fare se non cercare di abbatterlo. La stagione non sarà facile, d’altronde Maryland è una squadra da Final Four, i fan dei Terrapins non vedevano un talento di questo livello dai tempi di Juan Dixon e ogni scout NBA d’America ha gli occhi puntati su Melo, considerato all’unanimità tra i migliori dieci giocatori del panorama NCAA. Riuscirà Trimble a sopportare la pressione? Gli attributi non gli mancano.


#8

#7

TOP 10 JUNIOR DI NICCOLO’ COSTANZO

#10

#9

AMIDA BRIMAH - CONNECTICUT HUSKIES Centro, 213cm, 98kg, 11 febbraio 1994 9.1ppg, 4.4rpg, 3.5bpg, 67.4% dal campo, 65% dalla lunetta

Marcus Lee di Kentucky, Tim Quarterman di LSU e Damian Jones di Vanderbilt. A parte il primo, che definirei ex-aequo, probabilmente gli altri due meriterebbero il posto, che tuttavia ho deciso di affidare ad Amida Brimah. Il ghanese ha ottenuto risultati speciali per aver iniziato a giocare a basket a soli 16 anni. In un articolo dello scorso novembre su my-basket. it ho descritto brevemente la sua storia, dagli inizi nel mondo del calcio, alla scoperta da parte di uno scout, Nana Baafi, del suo enorme potenziale. Brimah ha vinto anche il titolo di miglior difensore della AAC nel 2015, risultato ingigantito dalle doti

BRONSON KOENIG - WISCONSIN BADGERS Guardia, 193cm, 86kg, 13 novembre 1994 8.7ppg, 1.8rpg, 2.5apg, 41.4% dal campo, 40.5% da tre, 81.2% dalla lunetta

di stoppatore del ghanese, che rimane un giocatore spesso in difficoltà nel pick n’roll. Il centro ha margini di miglioramento incredibili, soprattutto nella metà campo offensiva, in cui è molto limitato a causa del range di tiro e della lettura ancora insufficiente del gioco. Non tutti i rivali sono Coppin State, ai quali puoi segnare in testa 40 punti con 13/13 dal campo. Come Marcus Lee, soffre il confronto con le big. Se quest’anno Ollie dovesse inculcargli una mentalità differente da quella di semplice specialista, Brimah potrebbe presto cambiare la propria carriera.

ERON HARRIS - MICHIGAN STATE SPARTANS Guardia, 190cm, 79kg, 26 novembre 1993 17.2ppg, 3.5rpg, 1.6apg, 43.8% dal campo, 42.2% da tre, 85.6% dalla lunetta

Vi ricordate del folletto che inseme a Juwan Staten in quel di West Virginia formava uno dei backcourt più divertenti della NCAA? Eron Harris, più di 17 punti di media nella stagione da sophomore con i Mountaineers, è un guardia in grado di realizzare come poche altre nella nazione. Tiratore di striscia pauroso, nonché un buon difensore, Harris possiede doti che lo qualificherebbero come titolare anche in una squadra competitiva come Michigan State. Il problema del ragazzo riguarda il carattere. Dopo aver lasciato West Virginia, a causa di un’incompatibilità con l’ambiente, dice lui, con l’allenatore,

dicono gli esperti del settore, si è segnalato per un notte di carcere passata per guida in stato di ebrezza, non prima di aver rifiutato di sottoporsi all’alcool test una volta fermato dalla polizia. Attualmente è stato sospeso dal programma sportivo di Michigan State, motivo per il quale, pur essendo partito con la squadra, non ha giocato nel tour italiano degli Spartans. Da seguire, dentro e fuori dal campo.

Bo Ryan ha dimostrato di saper modellare il materiale umano a propria disposizione come pochi altri coach della Division I. Bronson Koenig ha dimostrato di essere uno dei giocatori mentalmente più forti dell’ultimo torneo NCAA. L’esca è pronta affinché si accenda definitivamente il giocatore appartenente alla tribù nativo-americana degli Ho-Chunk. Nella scorsa stagione, i miglioramenti al tiro (40% da tre), in ogni altra categoria statistica che non fosse percentuale dal campo (41% invece

che 43% da freshman) e nei recuperi hanno fatto intravedere parte del grande potenziale inespresso della guardia dei Badgers. Più complesso capire come si svilupperà il suo gioco, se da realizzatore, cosa che appare tuttavia improbabile, o da regista. Plausibile che un giocatore come Koenig rimanga un all-around, che non affida ad una caratteristica in particolare la totalità del proprio gioco. Insomma, che si riveli il leader di cui i Badgers del futuro hanno bisogno.

#6

KENNEDY MEEKS - NORTH CAROLINA TAR HEELS Ala Grande, 208cm, 118kg, 5 febbraio 1995 11.4ppg, 7.3rpg, 1.1apg, 56.2% dal campo, 64.1% dalla lunetta

ZAK IRVIN - MICHIGAN WOLVERINES Guardia, 198cm, 98kg, 5 settembre 1994 14.3ppg, 4.8rpg, 1.5apg, 40.2% dal campo, 35.5% da tre, 69.7% dalla lunetta

Lasciamo perdere ogni considerazione sulla stagione di Michigan dell’anno scorso. L’infortunio a Caris LeVert ha profondamente minato le sicurezze di una squadra che avrebbe dovuto affrontare nel corso di un anno Arizona, Ohio State, Wisconsin, Villanova, Michigan State, Maryland, Syracuse, SMU e Indiana. Un calendario da brividi. Irvin ha dimostrato a coach Beilein di essere cresciuto esponenzialmente rispetto all’anno da freshman. Passare da 6 a 14 punti di media, incrementando anche

rimbalzi e recuperi, testimonia miglioramenti tangibili, che le medie al tiro, in ribasso, non possono sminuire. D’altra parte con LeVert infortunato e Derrick Walton Jr. non in grado di trascinare la squadra oltre un certo punto, tutte le attenzioni delle difese si sono focalizzate su Irvin. Quest’anno sarà quello della definitiva consacrazione, in attesa di poter giocare, probabilmente, un anno da senior da leader. Irvin fisicamente e difensivamente non ha rivali, tanto nei Wolverines quanto nella Big Ten.

Il ragazzone sovrappeso sta pian piano diventando un giocatore. L’anno scorso il lungo ha disputato una stagione convincente, nonostante i soventi problemi di falli e un ruolo poco chiaro. Il rapporto minuti giocati/ produttività è tra i più proficui della NCAA, ma per fare il salto di qualità sarà proprio il minutaggio a dover aumentare. Le chance che il lavoro continui a pagare sembrano maggiori rispetto ad una possibile contrazione nella produzione del giocatore. Chiaramente sono molti gli aspetti del gioco in cui Meeks latita, soprattutto se ci concentriamo nella metà campo offensiva, in cui appare sin troppo monocromatico. Il frangente in cui migliorare immediatamente è tuttavia un altro. Quello delle prestazioni contro le squadre di alto livello. Il finale di stagione di Meeks è stato sottotono, ed il lungo ha spesso pagato dazio contro avversari più scafati. Messi a posto questi due aspetti, i Tar Heels potrebbero avere un contributo enorme da lui.


#5

TROY WILLIAMS - INDIANA HOOSIERS Ala Piccola, 201cm, 98kg, 30 dicembre 1994 13.0ppg, 7.4rpg, 2.0apg, 54.0% dal campo, 46.2% da tre, 74.2% dalla lunetta

Ferrell, Blackmon Jr. e Williams. Tom Crean non può sbagliare, gli Hoosiers sono obbligati a fare strada, potendo contare su uno dei trio più forti della Division I. Quello di LSU (Simmons, Blakeney, Quarterman) vanta un solo giocatore di esperienza, junior, ingiustamente assente da questa classifica, il favoloso point man di quasi due metri, Tim Quarterman. Indiana ha tre giocatori con anni di NCAA alle spalle, con Troy Williams e Blackmon Jr. pronti a fare un salto di qualità. Quello

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#4

di Williams, a dir la verità, lo abbiamo notato anche nella passata stagione, in cui è assurto al ruolo di ala di punta della Big Ten. Rimbalzista di estrema qualità per la taglia, Williams è in grado di segnare e tanto, pur avendo enormi margini di miglioramento nel tiro in sospensione. Vista la sua stazza saranno fondamentali i miglioramenti nel ball-handling e nel tiro perimetrale, anche in vista di una carriera da professionista. Rimbalzista, passatore e difensore già di primissimo rango.

#3

E.C. MATTHEWS - RHODE ISLAND RAMS Guardia, 195cm, 86kg, 3 ottobre 1995 16.9ppg, 4.6rpg, 2.0apg, 41.0% dal campo, 32.5% da tre, 73.4% dalla lunetta

DEMETRIUS JACKSON - NOTRE DAME IRISH Guardia, 185cm, 88kg, 7 settembre 1994 12.4ppg, 3.6rpg, 3.1apg, 50.8% dal campo, 42.9% da tre, 74.5% dalla lunetta

La vita degli Irish sarà meno facile di quanto non lo sia stata con Grant e Connaughton, ma non per questo la squadra di coach Brey si approccia alla stagione tra i fanalini di coda della propria conference, anzi. Zach Auguste e Steve Vasturia, due uomini da doppia cifra, sono rimasti, e seguiranno il nuovo leader della squadra, Demetrius Jackson, verso un’altra stagione di alto livello. Jackson è migliorato tantissimo nella transizione da rookie a sophomore, nonostante sia stato snobbato da qualunque

onorificenza di fine stagione. Adesso, con una squadra da guidare, potremo vedere i margini e i limiti di Jackson, che ha sempre avuto una tendenza a finalizzare molto pronunciata. Guidando la squadra, però, avrà dei compiti in cabina di regia più impegnativi, che permetteranno di valutare la definitiva statura del giocatore. Il 50% dal campo, con il 43% da tre punti, medie stratosferiche per una guardia, sono difficilmente replicabili ora che le attenzioni delle difese si focalizzeranno su di lui. Annata cruciale.

Quando Rhode Island ha disputato il suo ultimo torneo NCAA, Matthews non aveva ancora compiuto quattro anni. Dopo poco più di tre lustri, è stata la guardia nata a Detroit a riportare i Rams nel più importante palcoscenico del college basketball. Dopo una stagione a quasi 17 punti di media, con percentuali al tiro leggermente peggiori rispetto all’anno da freshman, Matthews è pronto a compiere il definitivo salto di qualità, per cercare di agguantare quello che gli è stato sottratto da Kalinoski: il titolo di miglior giocatore della A-10. La guardia ha tolto a Matthews un premio che molto probabilmente avrebbe meritato, considerati anche i risultati di squadra. Ad ogni modo ci sarà la possibilità di rifarsi, vista anche la difficoltà del calendario dei Rams, che ne fa presagire una stagione ad altissimi livelli. Due miglioramenti da apportare al proprio gioco: percentuali al tiro da tre e il numero di assist serviti a partita.

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NIGEL HAYES - WISCONSIN BADGERS Ala, 203cm, 107kg, 16 dicembre 1994 12.4ppg, 6.2rpg, 2.0apg, 49.7% dal campo, 39.6% da tre, 74.4% dalla lunetta

Inizio con una sparata. Hayes ha deluso nella finale dello scorso anno tra Badgers e Blue Devils. Ha segnato 13 punti con 3/4 dalla distanza, e il 50% dal campo. Di certo non si può parlare di delusione, nonostante abbia catturato un solo rimbalzo e non sia riuscito a servire un assist in tutta la gara. Hayes, tuttavia, ha dato la sensazione di non essere sempre a suo agio nel corso della partita contro Duke. Detto questo, stiamo parlando di un giocatore fantastico. Probabilmente con Kris Dunn, il miglior sophomore della passata stagione. Quest’anno, senza Kaminski e Dekker, dovrà aumentare la sua

leadership nello spogliatoio; di pari passo vi sarà la necessità di apportare alcuni miglioramenti tecnici per portarlo al livello dei migliori giocatori della NCAA. Niente di impossibile per un giocatore che al primo anno al college non ha mai provato una conclusione da tre punti, e che, nella stagione passata ha tirato il 39% abbondante da dietro l’arco. A Bo Ryan serve un giocatore che possa garantire la continuità di rendimento persa con gli addii dei due lunghi. Hayes dovrà dunque modificare il suo approccio alla partita. Dopo, certamente, lo aspetta la NBA.

KRIS DUNN - PROVIDENCE FRIARS Playmaker/Guardia, 191cm, 93kg, 18 marzo 1994 15.6ppg, 5.5rpg, 7.5apg, 2.7spg, 47.4% dal campo, 35.1% da tre, 68.6% dalla lunetta

“Fossi stato suo padre gli avrei consigliato di dichiararsi per la NBA”. Queste le sincere dichiarazioni del coach di Providence, Ed Cooley, alla domanda rivoltagli da Jeff Goodman riguardo al ritorno di Kris Dunn per il suo anno da junior. D’altra parte, quando da sophomore vinci il premio di miglior giocatore della Big East e quello di miglior difensore (ex-aequo), portando la tua squadra a qualificarsi nel tabellone del torneo NCAA con la sesta piazza, è difficile immaginarsi in un luogo differente dalla NBA. Stando all’articolo di Goodman, Dunn, 15.6 punti, 5.5 rimbalzi e 7.5 assist nella passata

stagione, avrebbe compiuto la scelta con il fine di laurearsi a Maggio, così da essere d’esempio per le due sorelle minori, ma anche per migliorare come giocatore, così da farsi trovare pronto per la NBA. Qualunque sia la motivazione, e non mi scosterei da queste due, i fan della NCAA possono ringraziare Dunn per questa scelta, che ci regalerà ancora per un anno uno dei giocatori più forti dell’intera nazione.


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TOP 10 SENIOR DI CLAUDIO PAVESI

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CARIS LEVERT - MICHIGAN WOLVERINES Guardia/Ala, 201Cm, 93kg, 25 agosto 1994 14.9ppg, 4.9rpg, 3.7apg, 1.8spg, 42.1% dal campo, 40.5% da tre, 81% dalla lunetta

La stella di Michigan si prende solo il decimo posto per il semplice fatto che l’anno scorso ha potuto giocare solo diciotto partite per via di un infortunio al piede che ha concluso anticipatamente la sua stagione e quella dei Wolverines. Ora LeVert sta bene ed è pronto per tornare agli altissimi livelli a cui ci aveva abituato. Decisamente alto e dotato fisicamente per essere una guardia, specie a livello NCAA, LeVert sa fare tutto: ha un trattamento di palla impressionante, sa andare a rimbalzo, sa attaccare il canestro, sa trovare i compagni dal palleggio, tira da tre punti con il 40% ed è uno dei

RON BAKER - WICHITA STATE SHOCKERS Guardia, 193cm, 100kg, 30 marzo 1993 14.7ppg, 4.5rpg, 2.5apg, 1.3spg, 43.3% dal campo, 38.3% da tre, 75.8% dalla lunetta

migliori difensori della Big Ten. In poche parole, se non fosse stato per l’infortunio al piede ora sarebbe in una squadra NBA, scelto in lottery durante l’ultimo Draft. Gli scout NBA si aspettano molto da lui, e ancora di più si aspetta Michigan, pronta finalmente per tornare ad altissimi livelli.

KYLE COLLINSWORTH - BYU COUGARS Guardia/Ala, 198cm, 97kg, 3 ottobre 1991 13.8ppg, 8.7rpg, 6.0apg, 1.8spg, 47.2% dal campo, 28.6% da tre, 73.6% dalla lunetta

Jimmer Fredette, Tyler Haws e ora Collinsworth, BYU ogni anno ha un giocatore esperto pronto a fare la differenza come pochi altri in NCAA. La parola esperto in questo caso è un eufemismo perché Collinsworth è del 1991, cosa che lo rende tra i più anziani della NCAA, tutto normale se però ricordiamo che gli studenti di BYU sono obbligati a prendersi due anni di pausa per svolgere attività missionaria nel mondo. Piccolezze anagrafiche a parte, Collinsworth è un giocatore irresistibile, in grado di fare tutto, come dimostrano le sei triple doppie della scorsa stagione (pareggiato il record

NCAA). La stella di BYU tira poco e male da tre punti ma risponde difendendo forte sulle linee di passaggio e con una ottima tecnica nell’attaccare il ferro, particolarmente utile ora che è migliorato in modo impressionante dalla lunetta. Collinsworth ha chiuso l’ultima stagione con una percentuale all’assist del 36.3%, ora però toccherà a lui confermarsi pur senza una stella come Haws al suo fianco.

Se questa classifica fosse stata sui migliori tiratori dall’arco con i piedi per terra e sui migliori difensori dell’intera NCAA, Baker avrebbe addirittura scalato qualche posizione. Baker è arrivato a Wichita State quattro anni fa senza borsa di studio, d’altronde nessun college di Division I gliene aveva offerta una, l’ormai stella degli Shockers non era nemmeno presente nei siti di settore. E’ entrato comunque in squadra come walk-on, ha trovato spazio fin dal primo anno, e ora ha alle spalle tre

stagioni con almeno 30 vittorie a stagione, una Final Four e due Sweet 16. Il futuro ovviamente prevede l’NBA, ma questa è un’altra storia perché prima c’è da pensare all’ultimo anno di college, insieme all’amico Fred VanVleet e al neo arrivato Conner Frankamp, ex Kansas. La difesa di Baker, le sue triple, la sua capacità di sacrificarsi e di rendersi utile in ogni aspetto del gioco rispecchiano in pieno quel “Play Angry” anche da sempre è il mantra di coach Marshall.

#6

MALCOLM BROGDON - VIRGINIA CAVALIERS Guardia, 196cm, 98kg, 11 dicembre 1992 14.0ppg, 3.9rpg, 2.4apg, 42.2% dal campo, 34.4% da tre, 87.9% dalla lunetta

DENZEL VALENTINE - MICHIGAN STATE SPARTANS Guardia/Ala, 196cm, 100kg, 16 novembre 1993 14.5ppg, 6.3rpg, 4.3apg, 44.3% dal campo, 41.6% da tre, 82.6% dalla lunetta

Valentine andrà valutato perché è difficile prevedere la sua stagione ora che due giocatori come Dawson e Trice non sono più in squadra. Valentine è esploso nel 2014-15 rivelandosi un realizzatore di alto livello, affidabile sia nel ruolo di guardia che in quello di ala piccola, posizione in cui gioca la maggior parte dei suoi minuti nonostante la carenza di centimetri per il ruolo. Nonostante qualche palla persa evitabile, Valentine è un passatore di altissimo livello, i suoi 4.3 assist a gara sono infatti una cifra impres-

sionante, specie se consideriamo il ruolo in cui gioca. L’arma principale di Valentine però resta il tiro dall’arco, le 102 triple segnate in stagione con il 41.6% hanno infatti risolto diverse situazioni scomode per gli Spartans. Il numero 45 di MSU ha personalità da vendere, anche alle Final Four infatti ha rischiato di rimettere i suoi in partita contro Duke, nonostante giocasse da infortunato.

Sono due anni che Brogdon è in quintetto e per due anni Virginia ha vinto la regular season della ACC. Inoltre Brogdon è stato anche un All-American, ha vinto il premio di miglior difensore della ACC e in questi due anni è sempre stato il miglior realizzatore dei Cavaliers, pur avendo diviso il campo con due giocatori NBA come Joe Harris e Justin Anderson (scelto al primo giro). Insomma, Brogdon è il miglior attaccante della squadra, uno dei migliori tiratori dalla lunetta dell’intera NCAA e il miglior difensore di una squadra che basa il suo successo sulla difesa. Come se non bastasse, fisicamente Brogdon è un adulto che gioca contro i nipotini al parco, molto potente nella parte alta del corpo, asciutto e agile. Se dovesse riuscire ad alzare le percentuali dall’arco, il sesto posto di questa classifica potrebbe sembrare un insulto al suo talento.


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MARCUS PAIGE - NORTH CAROLINA TAR HEELS Playmaker, 187cm, 79kg, 11 settembre 1993 14.1ppg, 2.9rpg, 4.5apg, 1.7spg, 41.3% dal campo, 39.5% da tre, 86.5% dalla lunetta

North Carolina è la squadra numero uno d’America secondo il ranking di Associated Press e il leader di questa corazzata è senza dubbio Marcus Paige. Già l’anno scorso era il punto di riferimento per i compagni grazie alla sua personalità trascinante e alle sue abilità da point man puro, probabilmente il migliore della Division I. L’anno scorso North Carolina era la seconda squadra della Division I per assist a partita ma ora che Tokoto non è più in squadra toccherà a Paige portare sulle spalle un carico ancora più

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pesante. Non che sia un problema. Paige è anche un signor difensore perimetrale. Le sue abilità in difesa e come passatore lo rendono piuttosto sottovalutato come attaccante ma la realtà è che Paige non solo sa attaccare il ferro, sa anche tirare da tre punti come pochi. Sono infatti due anni che Paige sfiora il 40% dall’arco tirando 6.4 triple a partita e l’anno scorso ha segnato più triple di tutto il roster di UNC messo assieme. Insomma, Marcus Paige è North Carolina.

#3

KYLE WILTJER - GONZAGA BULLDOGS Ala Grande/Centro, 2.08m, 109kg, 20 ottobre 1992 16.8ppg, 6.2rpg, 1.9apg, 54.0% dal campo, 46.6% da tre, 78.9% dalla lunetta

GEORGES NIANG - IOWA STATE CYCLONES Ala Piccola/Ala Grande, 203cm, 104kg, 17 giugno 1993 15.3ppg, 5.4rpg, 3.4apg, 46.1% dal campo, 40.0% da tre, 80.8% dalla lunetta

Siamo onesti, mettere Niang al quarto posto di questa classifica è un delitto. I senior di livello sono davvero tanti quest’anno e i primi quattro posti sono intercambiabili. Niang è un’ala in grado di segnare a ripetizione dal pitturato anche contro avversari più grossi, ma non ha problemi a tirare da tre punti, pratica in cui è costantemente migliorato negli anni fino a raggiungere il 40% al tiro nel 2014-15. In passato ha avuto qualche acciacco fisico, mai niente di grave ma comunque problemi

che gli hanno impedito di dare il meglio in partite importanti. Il gioco di Niang non ha bisogno di molti miglioramenti, forse si può dire qualcosa solo sulle palle perse (2.7 a gara) e su qualche movimento azzardato che esegue se decide di puntare un lungo più statico, l’enigma per questa stagione però riguarda il suo adattamento al gioco del neo coach Steve Prohm. Riuscirà Niang a restare uno dei migliori dieci giocatori del panorama collegiale anche senza Fred Hoiberg?

Wiltjer era un giocatore attesissimo già a Kentucky ma le idee di coach Calipari incentrate su una pallacanestro troppo atletica non facevano al caso suo. Arrivato nella Gonzaga di coach Few, praticamente una squadra di Eurolega per mentalità e stile di gioco, si è realizzato sbocciando nel giocatore che tutti non aspettavano altro di vedere, forse anche qualcosa di più. Preciso nella selezione dei tiri, favoloso nei movimenti fronte a canestro così come in post basso, letale da tre punti (46.6% con quasi quattro tentativi a gara), attivo a rimbalzo e in grado di scaricare palla a un compagno meglio piazzato quando la difesa decide di raddoppiarlo. Il lungo per metà canadese è senza dubbio il giocatore più tecnico dell’intera NCAA e anche solo per questo motivo merita di essere guardato e seguito durante le partite, giusto per vedere come un uomo si possa prendere gioco di un gruppo di ragazzini su un parquet senza cambiare di un nanometro la propria espressione facciale.

#1

BUDDY HIELD - OKLAHOMA SOONERS Guardia, 1.93m, 96kg, 17 dicembre 1993 17.4ppg, 5.4rpg, 1.9apg, 1.3spg, 41.2% dal campo, 35.9% da tre, 82.3% dalla lunetta

Se Oklahoma comincerà la stagione come la numero 8 del ranking NCAA ed è considerata come una papabile per le Final Four è solo merito di questa guardia proveniente dalle Bahamas. Hield è il Giocatore dell’Anno della Big12 uscente e uno degli scorer più prolifici della NCAA, con sei partite da oltre 24 punti in stagione. Nella sua ultima stagione ai Sooners ha fatto letteralmente pentole e coperchi fino a trasformare Oklahoma in un gruppo Hield-dipendente. Ciò ha fatto in modo che Hield pren-

desse circa un terzo dei tiri di tutti i Sooners, con un conseguente calo delle sue percentuali. Probabilmente è anche per questo che ha deciso di rimanere per un altro anno al college, per dimostrare agli scout NBA di poter essere anche un buon uomo squadra. Hield dovrà anche migliorare il suo gioco in entrata verso il ferro dato che troppo spesso fa affidamento solo sul jumper, movimento che resta uno dei più puliti e belli del panorama collegiale.

FRED VANVLEET - WICHITA STATE SHOCKERS Playmaker/Guardia, 1.83m, 88kg, 25 febbraio 1994 13.6ppg, 4.5rpg, 5.2apg, 1.9spg, 43.0% dal campo, 35.7% da tre, 79.6% dalla lunetta

Dai parcheggi di Rockforford, Illinois, VanVleet ha superato qualsiasi difficoltà immaginabile, dalla morte del padre alla vita con gang come Vice Lords o Wacos, diventando un giocatore e un ragazzo da seguire come modello di vita. Già da tempo è uno dei migliori difensori della NCAA e un attaccante molto solido, nonostante nell’ultimo anno le sue percentuali siano leggermente calate. VanVleet sa costruirsi i proprio tiri, sa andare in lunetta e sa tirare dall’arco, nonostante sia un playmaker è anche

affidabile a rimbalzo e da un paio d’anni è tra i migliori in tutta la NCAA per rapporto tra assist e palle perse come dimostrano i quasi 4 assist ogni palla persa. Come se non bastasse è anche dimagrito, aggiungendo muscoli a un fisico già notevole per essere più rapido. Sarà l’ultima chiamata per VanVleet e Ron Baker che dopo una Final Four, una regular season da imbattuti e una Sweet 16 puntano a chiudere la loro strepitosa carriera NCAA con un taglio all’ultima retina nel mese di aprile.


OLTRE LE MAJORS

JOHN SIMONS - MID-AMERICAN CONFERENCE Ala, Senior, Central Michigan Chippewas, 203cm, 100kg 12.3ppg, 6.5rpg, 49.8% dal campo, 45.5% da tre, 84.3% dalla lunetta

15 GIOCATORI DA TENER D’OCCHIO, DI FILIPPO ANTONELLI

CASEY JONES - SOUTHERN CONFERENCE Ala Piccola, Senior, Chattanooga Mocs, 11 ottobre 1993, 196cm, 93kg 14.2ppg, 7rpg, 1.8apg, 51.9% dal campo, 71% dalla lunetta

#15

Uno dei quattro giocatori presenti in questa lista che vi avevamo già segnalato l’anno scorso. Harrison è stato il leader assoluto di un’annata storta per i Kangaroos. Il playmaker, comunque, ha portato a casa il premio di giocatore dell’anno della WAC. La squadra è interamente sulle sue spalle, come testimonia la percentuale di Usage - una statistica che misura il numero di possessi conclusi da un singolo giocatore, con un tiro o una palla persa, mentre è in campo - del 32.1%. Harrison, come si può capire dalle percentuali di realizzazione, non è un tiratore puro e oltretutto la taglia ridotta lo rende un giocatore fortemente limitato nei pressi del ferro. La sua qualità migliore resta la velocità ed è in campo aperto

Chattanooga ha dominato la SoCon negli anni ‘90, ma nelle ultime sei stagioni il biglietto per il Torneo NCAA è sempre stato staccato da Wofford (quattro volte) o Davidson (due). I Mocs mancano il grande appuntamento dal 2009 e sperano che i progressi e la versatilità di Casey Jones siano quello che serve alla squadra per tornare sul palcoscenico più importante della stagione. L’anno scorso, nonostante il record ampiamente positivo contro le avversarie di Conference, il cammino di Chattanooga si è interrotto già alla prima partita: Furman ha gestito il vantaggio nell’ultimo minuto negando ai Mocs l’avanzamento nei Playoff. Jones avrebbe le capacità per

giocare anche da guardia, ma è chiaro che in una Conference del genere la sua struttura fisica lo renda appetibile per il ruolo di ala. Non solo piccola: il coach dei Mocs in stagione ha provato in diverse occasioni un quintetto piccolo per impiegare Jones da ala forte e poter così sfruttare la sua velocità e proprietà di palleggio per mettere in difficoltà i lunghi avversari. Il numero 24 dei Mocs non è un atleta eccezionale, ma ha un fisico robusto e mani rapide per guadagnarsi la via della penetrazione. Anche il tiro dal palleggio, per quanto discontinuo, è tecnicamente pulito. Nella sua stagione da senior dovrà aumentare la sua produzione offensiva per ottenere la definitiva affermazione.

che sfrutta tutto il suo potenziale. Resta comunque un’attrazione in una Conference come la WAC per le spiccate capacità nel palleggio e per gli abbaglianti crossover e cambi di direzione. Rispetto alla stagione da freshman, è riuscito anche a tenere a bada il numero delle palle perse.

MARTEZ HARRISON - WESTERN ATHLETIC CONFERENCE Playmaker, Junior, UMKC Kangaroos, 1 ottobre 1993, 180cm, 84kg 17.5ppg, 2.4rpg, 3.9apg, 39.3% dal campo, 28% da tre, 74.8% dalla lunetta

#14

#13

La Conference di Evansville è la stessa di Wichita State, ma come l’anno scorso abbiamo preferito lasciar perdere i giocatori degli Shockers poiché, in qualche modo, appartengono ad una categoria superiore rispetto a quella delle squadre rappresentate in questa nostra classifica. Come l’anno scorso, per la MVC abbiamo scelto - anche un po’ per orgoglio europeo - Egidijus Mockevicius davanti al suo compagno di squadra D.J. Balentine, autore di una stagione da 20.1 punti di media. In una Conference con rivali di tutto rispetto come la stessa Wichita State e Northern Iowa, è difficile che gli Aces possano fare troppa strada. In ogni caso, si sono tolti la soddisfazione di vincere il torneo di post-season organizzato da CollegeInsider.com. E, nella finale, Mockevicius ha dominato Northern Arizona con 27 punti, 12 rimbalzi e 4 stoppate. Il lituano fa della solidità la sua arma migliore. Non sarà il centrone in grado di garantire 20 punti

Central Michigan è un college di cui forse non avrete mai sentito parlare. E di certo non vi biasimiamo. Eppure, tra le file dei Chippewas, è sceso in campo nelle ultime stagioni uno dei casi statistici più interessanti dell’intera nazione. L’anno scorso, infatti, John Simons ha stradominato la classifica dell’offensive rating - i punti che un giocatore produce ogni 100 possessi individuali con 144, davanti ai 133.9 punti di Aaron White. Non solo: Simons si è classificato primo nella nazione per True Shooting Percentage, con un fantascientifico 71%. E non era il principale terminale offensivo di Central Michigan, compito che invece ragionevolmente ricadrà su di lui nella stagione che sta per cominciare. Sarà un importante banco di prova: si riuscirà a capire se quell’incredibile dato statistico era frutto dell’utilizzo in situazioni a lui congeniali oppure se la sua ad ogni allacciata di scarpe, ma sicuramente è un giocatore affidabilissimo nel pitturato. Ha mani educatissime, come testimonia l’82.4% dalla lunetta. Una percentuale, in NCAA, inusuale persino per i piccoli. Figuriamoci per un centro. È però nella metà campo degli Aces che il suo impatto rende la vita difficilissima alle avversarie di Evansville: per la seconda stagione consecutiva, Mockevicius è stato inserito nel miglior quintetto difensivo della MVC. Anche le statistiche stanno dalla sua parte: il lituano guida le classifiche nazionali per Defensive Rebound Percentage e Total Rebound Percentage, ovvero la percentuale di rimbalzi sul totale che un giocatore cattura mentre è in campo.

produttività offensiva si attesta effettivamente su quei livelli. Al di là dei discorsi numerici, Simons è un giocatore che merita uno sguardo approfondito. È un perfetto esempio di stretch four moderno, un lungo che ricopre la posizione di ala grande, ma che allarga il campo grazie alle sue abilità sul perimetro. L’unica qualità che gli manca, da questo punto di vista, è la visione di gioco: nelle ultime due stagioni, non ha raggiunto nemmeno un assist a partita, troppo poco per un giocatore che dovrebbe, invece, saper sfruttare meglio gli aggiustamenti difensivi approntati dagli avversari per tenerlo a bada sul perimetro. Simons, da quella distanza, è un tiratore letale: 45.5% dall’arco, la migliore percentuale nella nazione tra le ali. E, anche all’interno dell’area, si sa far valere grazie ad una tecnica notevole.

EGIDIJUS MOCKEVICIUS MISSOURI VALLEY CONFERENCE Centro, Senior, Evansville Aces, 1 settembre 1992, 209cm, 102kg 12.1ppg, 9.8rpg, 2.2bpg, 57.9% dal campo, 82.4% dalla lunetta

#12


JUAN’YA GREEN - COLONIAL ATHLETIC ASSOCIATION PG, Senior, Hofstra Pride, 8 febbraio 1992, 188cm, 88kg, 17.1ppg, 4.3rpg, 6.5apg, 38.2% dal campo, 33.5% da tre, 82.5% dalla lunetta

#11

Amanti del basket Ivy League, attenzione: dopo cinque anni consecutivi di dominio, Harvard non è più considerata favorita per la vittoria di Conference. Al suo posto, i giornalisti hanno scelto Yale. Fatale, per i Crimson, la partenza di Wesley Saunders, mentre Yale potrà ancora contare su Justin Sears, giocatore dell’anno per la stagione ‘14/’15. I nostri riflettori, però, sono puntati su una guardia tedesca di Columbia. Il nome non vi suonerà nuovo: Maodo Lo era uno dei 12 giocatori inseriti nella rosa della Germania ad Eurobasket 2015. Coach Fleming gli ha concesso 13 minuti per gara, nei quali l’esterno dei Lions ha messo a segno 4.6 punti. Decisamente impressionante è la sua Effective Field Goal Percentage nella stagione NCAA 2014/2015: 60.3%. Lo è un giocatore interessante per diversi motivi, al di là delle sue origini europee. È un attaccante di notevole qualità, inserito in un sistema che riesce ad esaltare

La stagione 2014/2015 ha avuto un finale orrendo per i Pride: dopo che Juan’ya Green aveva regalato il +2 ad Hofstra, una tripla dall’angolo di Daniel Dixon di William & Mary con 0.8” da giocare nel secondo overtime ha eliminato i Pride dai Playoff della Colonial. Il college newyorkese dovrà dimenticare quel canestro per affrontare la nuova stagione con rinnovato entusiasmo. Hofstra ha tutto quello che serve per vincere la CAA e strappare un biglietto per il Torneo NCAA. A patto che il destino, questa volta, si schieri al fianco di Green e compagni. Juan’ya Green non dovrebbe avere rivali verso il titolo di giocatore dell’anno, su questo non ci sono troppi dubbi. Le sue caratteristiche offensive sono quelle di un volume scorer, cioè un giocatore che necessita di un alto numero di tiri per segnare tanti punti. Le sue percentuali dalla distanza sono le sue doti balistiche dalla lunga distanza. La serie di blocchi per permettere a Lo un’uscita pulita, infatti, è uno degli schemi preferiti dei Lions. E, solitamente, il tedesco ringrazia con tre punti. Il tiro dall’arco - eseguito con buona rapidità e pulizia tecnica - resta il pezzo principale del repertorio di Lo, ma il suo accresciuto ruolo nelle gerarchie di Columbia ha messo in luce, seppur con discontinuità, le sue capacità nell’avventurarsi all’interno dell’area avversaria per un tiro dal palleggio o per un floater. A meno di clamorose evoluzioni, comunque, una volta terminata la sua esperienza collegiale ha davanti a sé una carriera da specialista.

molto altalenanti, sebbene abbia una discreta abilità nel tirare dal palleggio. Il rilascio - un po’ alto e spostato verso destra - probabilmente non lo aiuta. Green, comunque, si trasforma in un’arma letale quando, grazie alle sue accelerazioni brucianti, riesce ad arrivare al ferro. Non solo per concludere, ma anche per scaricare in angolo. La visione di gioco infatti abbonda, così come la quantità di passaggi spettacolari che riesce a distribuire. Il suo coach ha dichiarato che non sa se Green potrà essere un giocatore NBA, ma di sicuro è già un passatore di livello NBA.

CRAIG BRADSHAW - OHIO VALLEY CONFERENCE Guardia, Senior, Belmont Bruins, 5 agosto 1993, 191cm, 95kg, 18.3ppg, 3.8rpg, 3.1apg, 49.1% dal campo, 42.3% da tre, 74.7% dalla lunetta

#9

MAODO LO - IVY LEAGUE Guardia, Senior, Columbia Lions, 12 marzo 1992, 190cm, 88kg 18.4ppg, 4.4rpg, 2.3apg, 48.9% dal campo, 43.1% da tre, 76.9% dalla lunetta

#10

Tim Kempton Jr. è figlio di un ex giocatore NBA passato anche dalla Serie A italiana: Timothy Joseph Kempton ha vestito le maglie di Napoli, Verona e Milano, viaggiando a 16.8 punti e 8.8 rimbalzi di media nelle 109 partite disputate. I Lehigh Mountain Hawks, con Kempton a dettare legge nel pitturato, sognano di tornare al Torneo NCAA, magari per compiere altre imprese come quella contro Duke nel 2012. Kempton ha ammesso che quella storica vittoria ha fatto balzare alle stelle le quotazioni di Lehigh una volta arrivato il momento di scegliere il college. A costo di essere blasfemi, spariamo un paragone improbabilissimo. Per caratteristiche offensive - non per talento naturale, s’intende - Kempton ricorda in qualche modo Marc Gasol: maestro del post basso, buona visione di gioco dal post alto e con una mano più che discreta dalla media distanza. Le cose cambiano sensibilmente nell’altra metà campo,

Se vi state chiedendo dove avete già sentito questo nome, la risposta è al Torneo NCAA 2015: nell’unico match disputato da Belmont, quello contro Virginia, Bradshaw si regalò una prestazione da 25 punti, 10/19 dal campo, 5/9 da tre e 9 rimbalzi. La guardia dei Bruins riuscì a punire a ripetizione Malcolm Brogdon, uno dei migliori difensori della nazione. L’avversario, a fine gara, ammise di aver avuto enormi difficoltà contro un attaccante così completo. Lo show di Bradshaw nel Torneo ha messo in luce quello che forse già in molti pensavano: Craig è un giocatore che potrebbe avere alto rendimento anche in Conference più prestigiose. Eppure, nonostante diversi atenei fossero interessati ad assicurarselo per l’anno da senior, Bradshaw ha scelto di concludere la sua carriera collegiale dove aveva cominciato. L’avrete capito: i 25 punti condove Kempton non è certamente un intimidatore (0.4 stoppate di media l’anno scorso) e nemmeno una presenza determinante. È in post basso, dicevamo, che produce il maggior numero di punti. Il motivo risiede nell’ottimo controllo del corpo, che gli permette di virare spesso e volentieri per aggirare il difensore. Sebbene avesse intenzione di arricchire il suo repertorio con il tiro dall’arco, al momento Kempton vanta un unico tentativo da tre in carriera. Realizzato. Forse sarebbe un peccato sporcare un 100%.

tro Virginia non sono stati frutto del caso o di una luna favorevole. Bradshaw è realmente un attaccante completo e continuo, capace di andare in doppia cifra in tutte le partite stagionali tranne tre. Ha fatto registrare un career-high di 42 punti contro Ohio, in una gara in cui ha tirato 14/22 dal campo e 8/12 dall’arco. È un tiratore da tre eccezionale, con un raggio di tiro molto ampio. Per lui non fa troppa differenza l’essere o meno in possesso del pallone. Può attaccare dal palleggio, per un tiro da fuori o per una penetrazione, oppure può muoversi lontano dalla palla sfruttando i blocchi dei compagni. È un ottimo tagliante ed è un atleta sottovalutato. Le sue qualità offensive sono quanto di meglio si possa vedere in Ohio Valley Conference, dopo che Cameron Payne ha lasciato Murray State in estate.

TIM KEMPTON - PATRIOT LEAGUE Centro, Junior, Lehigh Mountain Hawks, 208cm, 102kg 15.3ppg, 8.7rpg, 49.9% dal campo, 71.3% dalla lunetta

#8


A.J. ENGLISH - METRO ATLANTIC ATHLETIC CONFERENCE Guardia, Senior, Iona Gaels, 190cm, 86kg, 20.1ppg, 5.1rpg, 5.1apg, 43.2% dal campo, 10 luglio 1992, 38.7% da tre, 78.7% dalla lunetta

#7

Probabilmente, se avete visto giocare Eastern Washington nella passata stagione, vi sarete concentrati sul miglior marcatore della squadra e dell’intera nazione, Tyler Harvey. Al suo fianco, però, c’era anche un lungo australiano interessantissimo che ha appena ereditato i gradi di leader degli Eagles. Jois si è messo discretamente in mostra nell’unica partita giocata da Eastern Washington nel torneo NCAA, quella contro Georgetown. Il lungo degli Eagles riuscì a piazzare un paio di schiacciate in grado di far saltare gli spettatori sul divano. Discutere solo delle doti atletiche del ragazzo, però, sarebbe fargli un torto. La verticalità è parte integrante del suo repertorio e gli ha permesso di attestarsi come ottimo rimbalzista e stoppatore. Nonostante gli manchi ancora una stagione per completare il suo percorso, è già il migliore nella storia dell’ateneo per numero di stoppate. Da questo punto di vista, spicca la prova contro Indiana

Un altro dei giocatori della nostra lista ad aver attirato un notevole interesse da parte della NBA. E, se l’incontro tra la NBA e English dovesse avvenire al Draft 2016, si tratterebbe di una circostanza storica: è dal 1984 che un giocatore di Iona non viene scelto. Approdando nella lega professionistica principale seguirebbe le orme del padre, che giocò due stagioni con i Bullets prima di trasferirsi in Europa, dove vestì anche le maglie di Trieste, Forlì, Roma e Pistoia. Nelle sue quattro stagioni italiane, Albert English tenne 21.2 punti di media in 60 partite. Il figlio ha lo stesso DNA del padre: è un realizzatore naturale, che ha lavorato in questi anni ad Iona per aumentare la massa muscolare ed essere quindi più pronto per le sfide del futuro. Nella passata stagione, è stato uno dei 15 migliori marcatori della Division I. Sebbene le sue caratteristiche vinta dagli Eagles in cui rispedì al mittente ben 5 tiri degli avversari. Si è classificato sedicesimo nella nazione per Player Efficiency Rating, davanti anche al compagno di squadra Tyler Harvey. Il suo bagaglio tecnico è tutt’altro che disprezzabile. Siamo davanti a un lungo mobile, con capacità di ball-handling non indifferenti e in grado di attaccare anche frontalmente, non solo spalle a canestro. L’utilizzo magistrale del piede perno rende Jois un attaccante pericolosissimo in post. Uno dei più grossi dubbi legati al suo gioco resta quello del tiro dalla distanza: la meccanica appare molto buona, ma raramente Jois si avventura in questo tipo di conclusioni. Nella sua stagione da junior, ha tentato solo dieci tiri dall’arco, mandandone a bersaglio tre. Un altro aspetto su cui avrà da lavorare è il tiro dalla lunetta: dopo il 71.2% del suo primo anno in NCAA, è sceso fino al 53% complessivo nelle due stagioni successive.

fossero inizialmente quelle di una guardia, English si è adattato al ruolo di playmaker e sta gradualmente passando da shooting guard a combo guard. La sua tecnica di tiro è inusuale: il rilascio è molto rapido e avviene appena dopo aver staccato i piedi da terra. Un ulteriore vantaggio sui suoi avversari, dal momento che può anticipare senza problemi il recupero di un difensore nelle vicinanze. Non è un playmaker puro e questo si nota soprattutto nel ball-handling e nelle scelte di tiro. English forza molto, soprattutto dall’arco dei tre punti, la zona del campo dalla quale è più efficace. Anche perché possiede un raggio di tiro ampio. Ha un bagaglio di abilità sufficiente per dominare questa Conference, ma è dal completamento del suo processo di trasformazione a combo guard che passa il suo futuro.

VENKY JOIS - BIG SKY CONFERENCE Ala Grande, Senior, Eastern Washington, 7 luglio 1993, 203cm, 104kg, 16.7ppg, 7.7rpg, 2.2bpg, 61% dal campo, 54% dalla lunetta

#6

JAMEEL WARNEY - AMERICA EAST CONFERENCE Centro, Senior, Stony Brook, 31 gennaio 1994, 2.03m, 116kg, 16.4ppg, 11.7rpg, 2.5bpg, 53.8% dal campo, 57.4% dalla lunetta

#5

Northwestern State ha uno dei backcourt più sfolgoranti dell’intera nazione. No, nessuna esagerazione. Di fianco a Jalan West gioca Zikiteran Woodley, detto Zeek. Un attaccante da 22.2 punti di media nella stagione passata - secondo miglior marcatore nell’intera D1 - e che fa della produttività il suo credo, riuscendo a limitare al minimo le palle perse nonostante l’alto numero di possessi a disposizione. Noi, però, ci concentriamo sul suo compagno di reparto. La battaglia per aggiudicarsi il premio di giocatore dell’anno della Southland, sostanzialmente, dovrebbe risolversi in una sfida in famiglia tra loro due. Northwestern State non è, tuttavia, la potenza principale della Conference: c’è sempre Stephen F. Austin a godere dei favori del pronostico. Ma, con un duo del genere, i Demons possono sognare in grande. West è il prototipo del piccolo terribile, quello che sguscia via in velocità e che sa trovare spazi an-

Il lungo dei Seawolves ha buone possibilità di essere scelto al prossimo Draft NBA. La costruzione dell’attuale fisico statuario ha permesso a Warney di diventare l’assoluto dominatore del pitturato. Reduce da due stagioni che gli hanno garantito il premio di giocatore dell’anno nell’Am-East, Warney ha scritto diversi primati dello scorso anno: leader nazionale per doppie-doppie, unico giocatore a guidare la propria Conference per punti, rimbalzi e stoppate e terzo in NCAA per rimbalzi. Il cammino dei Seawolves si è interrotto solo in finale dei Playoff contro Albany, ad un millimetro dalla qualificazione al torneo NCAA. Quest’anno Stony Brook proverà ad approfittare dell’ultima stagione al college di Warney per compiere il grande passo. Warney ha diverse caratteristiche del pivot tradizionale, sebbene avesse iniziato la carrieche dove non ci sono. Al ferro, ha un’elevata resistenza al contatto e un’incredibile abilità nell’aggirare le mani del difensore cambiando soluzione in aria. Il playmaker di Northwestern State, però, non è solo questo. È anche un passatore eccezionale, soprattutto quando riesce a prendere velocità in penetrazione. Ed è un tiratore efficacissimo, anche dalla lunga distanza (42.2% dall’arco) e dal palleggio. La sua meccanica di tiro è pulita, con un rilascio forse non velocissimo, ma che comunque gli permette di colpire anche in uscita dai blocchi o sugli scarichi. Inoltre, l’energia che West mette in campo gli permette di catturare un buon numero di rimbalzi e ad essere uno dei migliori giocatori nella nazione per palle rubate. L’anno scorso, il playmaker dei Demons è andato per sei volte in doppia cifra di assist e ha segnato almeno 30 punti in cinque occasioni.

ra al college come power forward. Eccelle in post basso, soprattutto quando si tratta di trovare lo spiraglio tra l’avversario e la linea di fondo per andare ad appoggiare il pallone al vetro. Anche il semigancio è abbastanza affidabile e Warney lo può eseguire con entrambe le mani. La discreta velocità di piedi e l’ottima mobilità laterale lo rendonoun’arma pressoché unica all’interno della Conference. È bravo a trovare la posizione per il rimbalzo offensivo ed è un grande stoppatore in aiuto. Negli anni, trovandosi spesso raddoppiato e triplicato dalle difese avversarie, ha sviluppato una buona visione di gioco e il rapporto assist/palle perse è in positivo da due stagioni. Un motivo in più per seguirlo? Ha promesso che farà una grandissima stagione. Perché? Perché, qualora riuscisse a entrare nei roster di NBA 2K17, non vuole avere un bad rating.

JALAN WEST - SOUTHLAND CONFERENCE PG, Senior, Northwestern State, 12 aprile 1993, 180cm, 84kg, 20ppg, 4.4rpg, 7.7apg, 45.6% dal campo, 42.2% da tre, 86.2% dalla lunetta

#4


KAHLIL FELDER - HORIZON LEAGUE PG, Junior, Oakland, 29 marzo 1995, 175cm, 80kg, 18.1ppg, 4.8rpg, 7.6apg, 42.2% dal campo, 33.8% da tre, 82.6% dalla lunetta

#3

La stagione 2014/2015 non è stata per lui un grande successo: si è visto sfilare da Saah Nimley di Coastal Carolina il premio di miglior giocatore della Big South, che aveva vinto nella stagione precedente, e ai Playoff la sua squadra è stata eliminata alla prima partita nonostante il secondo posto conquistato in regular season. In quella gara, Brown mise assieme 33 punti e 10 rimbalzi. La sua notorietà negli Stati Uniti è in continua crescita. Non solo per le frequenti apparizioni nella Top 10 di Sports Center, ma anche perché i giornalisti si occupano spesso di lui. Jay Bilas lo ha definito il miglior schiacciatore del college basketball e Sports Illustrated, a febbraio, ha dedicato a lui, e alla sua vicenda familiare, uno dei suoi approfondimenti. Una storia che vi consigliamo di leggere e che testimonia quanto la grandezza di John Brown vada ben oltre al campo da gioco. Non era così scontato che Brown tornasse ad High Point: sebbene fosse

Felder detiene due primati all’interno della nostra Top15: è il giocatore più giovane ed è anche il più basso. Non raggiunge il metro e ottanta, eppure si fa vedere spesso e volentieri alle altezze del ferro ed è un rimbalzista da non sottovalutare. Nel suo primo anno con la maglia di Oakland, ha scritto la prima tripla-doppia nella storia dell’ateneo: 15 punti, 10 rimbalzi e 11 assist contro Detroit. Sebbene nella stagione 2014/2015 non sia mai andato in doppia cifra per rimbalzi, è riuscito comunque a mantenere la sua media intorno ai 5 per gara. La definitiva affermazione di Felder nel panorama NCAA passa da un tiro da fuori che deve necessariamente migliorare. Per un giocatore di quell’altezza, è importante poter contare sul tiro da tre. Ciò non toglie che Kahlil resti comunque una delle attrazioni principali dell’intera naziodifficile che decidesse di lasciare il college, non avendo attirato a sé grande interesse dalla NBA, avrebbe potuto cambiare ateneo dopo aver ottenuto la laurea senza perdere un anno di eleggibilità. Invece, per la gioia dei Panthers e dell’intera Big South, Brown sarà per un’ultima stagione in campo in questa Conference. Non si sono intravisti grandi miglioramenti tecnici e nel tiro della distanza, ma l’atletismo resta di primissimo livello e gli istinti del giocatore sulle due metà campo sono quelli di chi la pallacanestro ce l’ha nel sangue. I punti di forza sono quelli già citati da noi un anno fa: atletismo, ottima resistenza al contatto, buona varietà di conclusioni al ferro e illuminanti anticipi difensivi sulle traiettorie di passaggio. I Panthers arrivano da due stagioni deludenti nei Playoff di Conference, ma non si possono porre limiti al cuore di John Brown. Chi ama il college basketball, non può che tifare per un’apparizione di questo giocatore al Torneo NCAA.

ne. Il passaggio da combo-guard a point guard gli ha permesso di maturare, ma non ha per fortuna snaturato la sua anima. Anzi, Felder ha fatto del passaggio la parte più consistente del suo arsenale: con 40.3% di assist percentage, una statistica che misura quanti canestri della squadra sono stati assistiti da un determinato giocatore mentre era in campo, si è classificato quinto nella nazione. Felder è ancora un artista, un giocatore da playground trapiantato sui parquet della Division I. Sconsigliato ai puristi del gioco e della tattica, consigliatissimo a chi ama le improvvisazioni e le magie di un folletto. Una frequenza di palleggio in grado di far girare la testa, un crossover letale e una capacità non indifferente di evitare la stoppata quando si tratta di appoggiare al vetro. Se riuscisse a limitare il numero di palle perse... non sarebbe più Kahlil Felder.

JOHN BROWN - BIG SOUTH CONFERENCE Ala, Senior, High Point Panthers, 28 aprile 1992, 203cm, 95kg 19.3ppg, 6rpg, 1.2apg, 55% dal campo, 75.6% dalla lunetta

#2

SHAWN LONG - SUN BELT CONFERENCE Ala Grande, Senior, LouisianaLafayette Ragin’ Cajuns, 29 gennaio 1993, 206cm, 111kg 16.4ppg, 10.2rpg, 1.5apg, 54.2% dal

#1 Long faceva parte del nostro podio già un anno fa e non ci ha deluso. Certo, in quell’occasione prendemmo una discreta cantonata, ma non per le prestazioni di Long in sé. Quanto, piuttosto, perché scegliemmo il lungo dei Ragin’ Cajuns come miglior giocatore della Sun Belt a discapito di R.J. Hunter, l’esterno di Georgia State che ha stupito gli Stati Uniti con un’impressionante serie di canestri per eliminare in rimonta Baylor dal Torneo NCAA e che è stato poi scelto al Draft NBA dai Boston Celtics. Dopo Elfrid Payton e R.J. Hunter, Shawn Long mira a conquistare un posto al Draft per la Sun Belt per il terzo anno consecutivo, un traguardo che sarebbe storico per una Conference come questa. Certo, forse da Long ci si aspettava qualcosa di più nel suo anno da junior: la partenza di Payton avrebbe dovuto spianare la strada al lungo per conquistarsi la ribalta nazionale. Invece, Long ha risentito della mancanza di un

playmaker di quel livello. Ma non è tutto da buttare, anzi. Se possibile, Long è migliorato proprio nell’aspetto del gioco in cui era più carente: lo stare in campo con i compagni. Ha tirato e forzato meno, ha cercato di creare situazioni vantaggiose per la squadra. Il calo più notevole lo ha fatto registrare nel dato delle stoppate ed è spiegabile attraverso la pigrizia che ogni tanto manifesta in difesa. Neanche l’atletismo è di primo livello: Long è un giocatore solido tecnicamente ancor prima che fisicamente. Il suo pregio è proprio quello di fare dei fondamentali un’arma per impensierire la difesa avversaria: è un lungo che può aprire il campo e aiutare le spaziature, attaccando da lontano o tirando dalla distanza. Non si prende un gran numero di conclusioni dall’arco, ma nel corso della sua carriera collegiale ha convertito i tentativi da tre con una percentuale intorno al 36%. È molto pericoloso anche nei pressi

del ferro, dove fa della resistenza al contatto il suo punto di forza. Ed è un rimbalzista prolifico, uno dei migliori della nazione: ha chiuso con una doppia-doppia di media ognuna delle tre stagioni che ha disputato fino ad ora con i Ragin’ Cajuns. Questo, per Long, sarà l’anno della verità: è veramente un prospetto NBA o dovrà accontentarsi di una carriera di più basso profilo?


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