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SERGIO CRIPPA

HOMO SCEMENS CRONACHE DI LUCIDA CRIMINALITÀ AMBIENTALE


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© 2006 Sergio Crippa © 2006 Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri

Quest'opera è rilasciata con licenza Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate. Per il testo integrale della licenza si veda: http://www.creativecommons.it/Licenze/LegalCode/by-nc-nd http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/2.5/ (originale inglese) direttore editoriale: Marcello Baraghini www.stampalternativa.it redazione@stampalternativa.it Ecoalfabeto collana diretta da Stefano Carnazzi Grafica: Nicola Ventura Stampa: Graffiti – Roma

Ecoalfabeto – i libri di Gaia Per leggere la natura, diffondere nuove idee, spunti inediti e originali. Spiegare in modo accattivante, convincente. Offrire stimoli per la crescita personale. Trattare i temi della consapevolezza, dell’educazione, della tutela della salute, del nuovo rapporto con gli animali e l’ambiente. i libri di

Gaia Animali & Ambiente

con il contributo di

Le emissioni di CO2 conseguenti alla produzione di questo libro sono state compensate dal processo di riforestazione certificato Impatto Zero®


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Sergio Crippa, 50enne illustratore, designer e vignettista satirico da molti anni. Collabora con agenzie pubblicitarie e studi di design, si è occupato con una vignetta satirica di temi ecomici sul sito Bluinvest.com, di ecologia sul quotidiano “La Stampa”. Ha una rubrica settimanale sul sito di eco-cultura LifeGate.it e una sul mensile di nuova economia “Millionaire”. Ha partecipato a mostre a Forte dei Marmi, Tolentino, Comix for help; e vinto diversi premi: Olio di satira 2003 e 2004 e Spotorno Comics 2002.


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Vignette, satira e ambientalismo Dall’ Homo sapiens all’ Homo scemens: questa, ahinoi, sembra essere l’attuale traiettoria evolutiva dell’essere umano; con il risultato che il suo modello di sviluppo dominante, di cui orgogliosamente si vanta, lo sta portando dritto sparato verso la futura estinzione. Informare, far riflettere su questo, ma anche sorridere e divertire, è lo scopo di Sergio Crippa in questo delizioso volumetto. Usando lo strumento immediato e diretto delle vignette – graffianti, pungenti, illuminanti, sempre abbinate e affiancate da verificate informazioni e dati scientifici – l’autore prova a evitare, in modo spiritoso ma documentato, che le conseguenze degli orrori quotidiani della razza umana su sé stessa, sull’ambiente e sul pianeta passino inosservate: perché volutamente oscurate da chi ha interessi economici in gioco o perché sommerse dalla “fuffa” di pseudo-notizie che ci sfiniscono. Crippa, utilizzando un altro media, fa ciò che con gran successo esprime Beppe Grillo: satira (ma anche controinformazione) sul rapporto malato tra ambiente ed economia e produzione industriale. Le vignette qui presentate fanno venire 5


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in mente alcuni passaggi dello spettacolo Rai del ‘93, quello per il quale il comico genovese si guadagnò l’esautoramento dalla tv. Diceva Grillo: “Io voglio veramente che le cose prodotte siano convenienti per me che le compro. Non è più così… Scusate un po’: rompo un tergicristallo… sarà successo a tutti, il gommino… rompo il gommino… vado dal distributore e dico: “Buongiorno…”, giuro è vera, eh? Dico: “Buongiorno… guardi, ho rotto il gommino, mi dà un gommino?”. L’addetto agli autoricambi fa la faccia innervosita. “Abbia pazienza, ho rotto solo questo. Io… se vuole mi do due martellate sul cofano…”, cosa dovevo dire? Questo qui mi ha detto: “Voi comici venite a prendere per il culo noi che lavoriamo”, “Ma no! Volevo solo questo, va be’, mi dia tutto il tergicristallo”, “Uno? Due gliene dobbiamo dare”. Due? 40.000 lire, perché li vendono a due a due. Allora io ho dovuto spendere quaranta sacchi, 40.000 lire, per un gommino da mille lire. Mi tocca lavorare un giorno di più, perché le cose che compro non le trovo. Ma cacchio, lo specchietto… avete mai rotto uno specchietto? Lo specchietto… cosa ti cambiano, lo specchietto? Ti cambiano tutto il braccio elettrico, il piantone della macchina, il seggiolino e il passeggero se gli sta sulle balle. E allora dico ma… dove le faranno queste cose, amici? Dove le faranno? Dove le faranno? Il gommino da mille lire, sapete dove l’ho 6


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trovato io? In Svizzera, dove sono miliardari proprio perché hanno un gommino da mille lire. E allora noi facciamo queste cose per buttarle via, per rifarle… io ho un orologio, ho un orologio giapponese… che è programmato il cinturino per rompersi dopo ottanta volte che lo piego: è la cosa più precisa dell’orologio… Noi viviamo immersi in questa economia… e buttiamo via le cose per rifarle, va bene?… e le rifacciamo sempre così. Lo spazzolino, addirittura, lo devi buttare via perché ti avvisa, lo spazzolino: quelli che li hanno costruiti sono gentilissimi, quando devi buttarlo via ti avvisano perché si decolora… che gentili che sono, no? Rischiavi di usarlo magari una mezz’oretta di più: non vogliono, non vogliono. E allora prendi e butti via… butti via. E quando butti via… quando buttiamo via, noi non ci interessa più: buttiamo via, qualcuno ci pensa… chi lo sa chi sarà, non m’interessa, non è mica più mio, l’ho buttato via. E allora noi buttiamo via lo spazzolino, e chi se ne frega, son dieci grammi di plastica… ma la plastica si fa col petrolio: dieci grammi, butti via. Se moltiplichiamo cinquanta milioni di spazzolini è già una petroliera piccola… e la buttiamo via. Questo qui va in un fornetto, questa plastica qui… nel PVC c’è il cluoruro, e a 650 gradi il cluoruro reagisce!… perché non è un vigliacco!, reagisce. E diventa diossina, che non è una bestemmia… è un gas... e la diossina va in cielo… e c’è l’aria che la trasporta per i prati, i campi, 7


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i mari: va sull’oceano, piove, la diossina va in mare, in mare c’è il plancton, i pesci mangiano il plancton, tu vai al ristorante, spendi 80.000 lire per un branzino e ti sei mangiato il tuo cazzo di spazzolino, eccolo qua! E allora… allora la tecnica… allora io non devo lavorare di più, non posso. Io voglio lavarmi i denti con uno spazzolino concepito e costruito in un altro modo. Ci sarà, abbiamo la tecnica. Allora, la tecnica c’è: facciamo un altro spazzolino fatto in un altro modo, per lavorare un po’ meno, per non comprarne dieci all’anno. C’è??? Sì che c’è! Dove l’ho comperato? In Svizzera. Ecco perché son tutti miliardari in Svizzera… perché lo spazzolino lo fanno così: ogni due mesi non buttano via tutto, ogni due mesi quando è consumato, tac, tengono il manico e buttano via la testa, con le setole per la pulizia dei denti… non ve l’aspettavate questa! Vado a vedere la marca: “Monte Bianco”, made in Italy; lo facciamo noi e lo diamo agli svizzeri, pensa come siamo… una cosa geniale! Abbiamo la tecnica e non sappiamo usarla”. Il problema, allora, è l’informazione ecologica. Se ne dovrebbero occupare i media. Peccato lo facciano poco e male. La stampa italiana è poco sensibile all’andamento delle grandi questioni ambientali ed è attirata, più che altro, dalle notizie che possono offrire il pretesto per usare toni allarmistici e sensazionalistici. 8


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È significativa una ricerca pubblicata solo pochi anni fa dalla newsletter Ecotrend (si tratta di un’indagine eseguita dalla società di comunicazione Gaia in collaborazione con Aiga – Associazione Italiana Giornalisti Ambientalisti) analizzando per tre anni i principali quotidiani italiani: le tematiche ambientali trovano sempre minore spazio sui giornali, nonostante aumenti l’interesse del pubblico per questi temi. Il culto della notizia porta a dare spazio ai temi ambientali solo in occasione di eventi catastrofici o luttuosi. Perché l’ambiente faccia notizia ci vuole insomma un’altra Chernobyl, o un’altra Seveso, o una bella alluvione. Si parla d’ambiente solo quando da esso provengono delle minacce: gli incendi estivi, l’inquinamento delle città, l’incidente della petroliera, le varie emergenze rifiuti. Il fatto stesso che i temi ambientali siano relegati in cronaca lascia intuire quanto per trovare spazio sia necessario rappresentare situazioni drammatiche. I rifiuti si trattano solo se c’è l’emergenza, l’inquinamento atmosferico nelle città viene trattato solo nei mesi invernali quando si riaccendono i riscaldamenti, l’inquinamento del mare solo in estate. In questo modo va a farsi benedire una delle funzioni del giornalismo che, informando, svolge indirettamente un ruolo di formazione, orientamento, educazione dell’opinione pubblica, stimolo verso gli amministratori e i politici. Un compito, questo, che per essere svolto ha bisogno di un’informazione costante su questi temi che dovrebbe lasciare la nicchia della cronaca e diventare una presenza costante nei media, aven9


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do come obiettivo la creazione di una cultura ambientale in linea con i grandi quotidiani stranieri. E allora ben vengano, per promuovere l’alfabetizzazione ecologica, le vignette satireggianti, amare, un po’ sarcastiche e velenose di Crippa, che ci fanno riflettere sulla qualità del nostro ambiente e della società. Crippa ci offre una grandiosa opportunità: il contrasto tra la “pesantezza” delle notizie di cronaca ambientale (che però passano semi-inosservate) e la “volatilità” delle vignette (che però rimangono impresse in mente) ancorano questo libro nella memoria dei lettori ambientalisti. Epperò questo mix testo-vignetta aggiunge interessi e addentellati di riflessione anche ai fruitori della sola satira, che s’aspettano magari solo di sorridere, e invece dovranno pensare. Crippa mette alla berlina la moderna società dei consumi, portatrice (mal-sana) del trionfo dell’inessenziale sull’essenziale, dell’artificiale sul naturale, del superfluo sul necessario: è il sottile filo di divertimento angoscioso, di stralunato humour che attraversa questo libro. Scriveva beffardo Michele Serra in Il nuovo che avanza: “Un tempo i negozi erano come certe chiese protestanti del Nord. Che sono disadorne e silenziose, e proprio perché niente ti costringe a pregare hai voglia di farlo… I negozi erano al servizio delle merci, e non viceversa. Come le chiese esistono per le persone, e non le persone per le chiese… Poi c’è stata una specie di controriforma. Insegne chiassose, luminarie, filodiffusione, vetrine piene di piante, sassi, rami e fronzoli 10


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che non c’entrano niente con la merce. Un barocco, un barocco dell’altro mondo. Per impressionare, per stordire, imbrogliare… Poesia? Realtà? Satira? Un po’ tutte e tre le cose…”. Oggi contro la libertà di satira è in atto una intimidazione supportata da legioni di avvocati del cavillo e dai loro mandanti. Il diritto di satira è la democrazia stessa, dà la possibilità di mettere in discussione il potere. E allora godiamoci le vignette di Crippa, tra gli autori più sensibili e attenti agli sviluppi che la realtà del nostro paese produce nell’eterogeneo universo delle “questioni ambientali”. Buon sorriso. Amaro. Edgar Meyer e Stefano Apuzzo

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Il 3 dicembre 2002, nel corso della presentazione di un libro di Bruno Vespa, il premier Silvio Berlusconi lancia pesanti critiche al management dell’azienda automobilistica torinese dando un’originale ricetta anti-crisi: «Cancelliamo il nome Fiat; cambiamo con un restyling tutti i modelli, li facciamo uscire dagli uffici della Ferrari e li lanciamo nel mondo col prestigioso marchio Ferrari».

Nel giugno 2003 il Consiglio dei Ministri individua in un comune lucano, Scanzano Jonico, il sito ove costruire il deposito nazionale di stoccaggio delle scorie nucleari italiane, oggi sparse in mezza Italia. Dopo mesi di tumulti in Basilicata, nel dicembre 2003 il decreto viene ritirato. Le operazioni di stoccaggio delle scorie radioattive rappresentano un problema irrisolto del ciclo di produzione di energia nucleare. La ricerca della soluzione ha goduto per oltre 50 anni di investimenti più massicci di qualunque altra tecnologia nel mondo. James Clarke, docente di ingegneria a Nashville, parla d’un progetto per un deposito di 20 ettari a mille metri di profondità nel Nevada. Alcuni isotopi del plutonio rimangono fortemente tossici e radioattivi per oltre 100.000 anni. Nessuna attività umana dovrebbe essere intrapresa senza aver risolto il problema della chiusura del suo ciclo produttivo, sia in termini tecnici che economici. Lo postula la disciplina scientifica emergente dell’LCA – Life Cycle Assessment. • Nessuno è stato in grado di quantificare i costi. Unico dato certo: i 170 miliardi di dollari che gli Usa spenderanno per stoccare «temporaneamente» le loro scorie nucleari fin qui prodotte. 12


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Gli americani presto potranno sedersi a tavola e mangiare un hamburger clonato.

La Food and drug administration (Fda), l’agenzia statunitense di controllo su cibi e farmaci, è propensa a dare l’ok alla commercializzazione e al consumo di carne e latte provenienti da animali clonati perché sembra che non presentino alcun rischio per la salute. L’agenzia sanitaria non rilascia interviste ma il “Washington Post” affermava, nell’ottobre 2005, che si stava muovendo in questa direzione. Pare che nelle fattorie americane centinaia di maiali e vitelli clonati siano in attesa di conoscere la loro sorte. Molte aziende produttrici hanno sperimentato, in questi anni, la clonazione dei propri animali e aspettano soltanto il sì dell’agenzia sanitaria. Sono passati i tempi in cui fattori e agricoltori si scandalizzavano per la pecora Dolly, il primo animale clonato da una cellula adulta nel 1997. Molte imprese agricole stanno facendo pratica con la nuova tecnica scientifica.

• Ma gli americani stessi sembrano non gradire molto la possibilità. Alcuni sondaggi rivelano che il 63% non comprerebbe uova, latte o carne proveniente da animali clonati. La maggior parte delle mamme non si fiderebbe a dare latte clonato ai propri figli e molti si sono dichiarati disgustati all’idea di servire in tavola bistecche di vitelli «replicanti».

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Gli Ogm sono piante il cui Dna, con operazioni di “taglia e cuci genetico”, viene interpolato con tratti genetici di altre specie, di batteri, di altri vegetali, di animali.

Gli effetti sull’ambiente della semina in tutto il mondo di miliardi di organismi mai visti in natura non sono noti. La politica di alcune multinazionali biotech è stata definita arrogante. Anche gli effetti sulla salute non sono chiari. Molte ricerche sono in corso. Si è scoperto che le piante transgeniche avvelenavano le farfalle (mais Bt176 su “Nature”, 1999), che avvelenano il suolo dalle radici, che sono potenzialmente allergeniche e non si sa quali e quanti frammenti di Dna mutato o proteine potrebbero avere effetti nel nostro intestino. Secondo l’attuale normativa italiana, tutti gli alimenti che contengono ingredienti geneticamente modificati in quantità superiore allo 0,9% devono riportare in etichetta la dicitura “contiene Ogm”. L’obbligo d’etichettatura non riguarda però carne, latte e uova, che quindi potrebbero provenire da mucche, maiali e galline allevati con soia, mais e sottoprodotti transgenici senza che nulla venga detto.

• In una fattoria olandese un agricoltore lasciò due serbatoi di mais in magazzino, uno normale, l’altro Ogm. Uno fu saccheggiato e divorato dai topini. Quello pieno di Ogm rimase intoccato (Institute for Science in Society, 2002).

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Nucleare, una scelta “intelligente”? L’ambasciatore in Italia di The Natural Step, Eric Ezechieli, risponde così:

«1. Il nucleare è economicamente sconveniente e non competitivo rispetto a investimenti in efficienza energetica e alle moderne fonti rinnovabili. 2. L’uranio si sta esaurendo. 3. Non è risolta la questione dello stoccaggio delle scorie e della radioattività da estrazione, movimentazione, utilizzo. 4. Le centrali vecchie non sono sicure. La centrale media al mondo ha oltre 21 anni, è già prossima alla dismissione o oltre la soglia di uso sicuro. 5. Le centrali nucleari e i luoghi di stoccaggio delle scorie sono obiettivi dei terroristi. 6. Trend d’investimento in declino: chi non ha centrali non ne sta costruendo, chi ce le ha le dismette (eccezioni: una nuova centrale in Finlandia, la Cina, l’Iran, forse la Turchia). 7. Trascurabili i vantaggi in termini di riduzione delle emissioni di CO2 in ottica di Life Cycle Assessment. 8. Tempi lunghi dalle decisioni all’operatività, nell’ordine dei decenni. 9. Difficoltà in regimi democratici nell’individuare luoghi adatti per nuove centrali.

• 10. Il nucleare viola tutte le 4 System Condition di sostenibilità di The Natural Step. 15 anni di esperienza indicano che ciascuna di queste violazioni porta a un sistematico e inevitabile aumento dei costi e dei rischi dell’attività svolta».

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Nascono, a Taiwan, tre maialini fosforescenti. Una nuova pietra miliare nel filone di ricerca sugli xenotrapianti, gli studi che vorrebbero ingegnerizzare animali transgenici che possan fungere da serbatoi di organi di riserva per l’uomo.

I ricercatori del Dipartimento di Scienze Animali dell’Università di Taiwan hanno iniettato tratti genetici di medusa in circa 265 embrioni di maiale, impiantati in 8 maialine “madri”, 4 delle quali rimasero incinte, e 3 ne sono nati (ma s’è saputo solo tre mesi dopo, nel gennaio 2006). Non è la prima volta che si fa, nel mondo. L’hanno fatto ai conigli. Perfino il loro cuore e gli organi interni, oltre a occhi, denti e unghie, emanano una diffusa luce bluette-verdognola. Una cosa è sicura secondo Roberta Bartocci, Lav: «Esistono rigetti nei trapianti tra individui della stessa specie, figurarsi tra specie diverse; il recente allarme dell’influenza aviaria ci ammonisce sui rischi di passaggio di virus tra animali e uomo, rischi che con uno xenotrapianto sarebbero esponenzialmente maggiori. Questi studi non giovano agli animali ma neanche ai malati e alle loro famiglie». Dopo il cane clonato Snuppy dell’estate 2005 e ora i maiali fluorescenti, è preoccupante che i Paesi asiatici possano diventare la frontiera della ricerca senza limiti etici.

• Una ricerca, quella sugli xenotrapianti, su cui l’OMS ha imposto una moratoria nel 1999 per il rischio, definito «incontrollabile», di creazione e trasmissione di retrovirus da un’altra specie animale all’uomo.

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Quella italiana, nonostante il carico sia in calo, resta un’agricoltura fortemente dipendente dai pesticidi.

Si calcola che ogni anno nel mondo vengano immesse nella biosfera 2.000.000 di tonnellate di pesticidi. Il quantitativo di sostanze chimiche utilizzate in agricoltura nel nostro Paese rimane uno dei più alti in Europa: si stima che ogni anno da 60 a 70mila tonnellate di pesticidi (fra erbicidi, battericidi, fungicidi, insetticidi) vengano sparse nei campi coltivati (più di quante ne siano state usate in Germania e Regno Unito insieme). Qualcosa come 450 kg per chilometro quadrato di superficie agricola, all’anno. Un quantitativo impressionante, specialmente considerando che per ogni chilogrammo di principio attivo utilizzato, solo 10 grammi vengono assimilati dagli insetti “bersaglio” del trattamento: i restanti 990 rimangono nell’ambiente, sui frutti, nel terreno, nell’acqua.

• È necessario rivolgersi a soluzioni alternative come l’agricoltura biologica: ritrovare piante rustiche e resistenti, distogliersi dall’agricoltura standardizzata e ibridata, promuovere un’alimentazione che usi frutta e verdura anche non immacolata ma senza pesticidi, aiutare le aziende di agricoltura biologica.

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Alcuni gravi casi hanno scosso il mercato farmaceutico, a partire dal talidomide, molecola d’un tranquillante che causò, a partire dal 1961, tra gli 8 e 10 mila casi di nascite con malformazioni in Europa.

Ben più recentemente (2001) un farmaco anticolesterolo della famiglia delle statine è stato ritirato dopo le prime 54 persone morte e 10.000 cause contro il produttore (che per chiudere le prime 3.000 ha già sborsato 1,1 miliardi di dollari). Tra i farmaci “di sostituzione ormonale” che promettono alle donne di ritardare la menopausa e di sconfiggere l’osteoporosi s’è scoperto che due, molto diffusi, provocano cancro, embolia polmonare, infarto e demenza: in Usa almeno 14 milioni di donne se le sono viste prescrivere. Recente anche il caso del tolcapone, farmaco antiparkinson lanciato sul mercato e ritirato poco dopo perché provocava casi di epatite fulminante, o della cisapride, venduta in milioni di pezzi per migliorare la digestione e poi relegata alla prescrizione specialistica perché tossica per il cuore. Per non citare l’antinfiammatorio Vioxx, al quale sarebbero attribuibili secondo stime Fda quasi 28mila tra infarti e morte cardiaca improvvisa... Altri problemi emergono in caso di interazione tra differenti farmaci, quando si avviano terapie con trattamenti già in atto, o di interazione tra farmaci e alimenti. • Solo un errore di metodo nella filiera del farmaco può spiegare l’alta percentuale di medicinali ritirati, per danni gravi, dopo la loro commercializzazione (negli USA, in un recente studio del General Accounting Office, sono il 51%). E spiegare il fatto che le malattie iatrogene (procurate dai farmaci) costituiscono la quarta causa di morte nei paesi industrializzati. 24


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Oggi, gran parte dell’energia elettrica in Italia è fatta con petrolio, nafta, pet coke, catrame, carbone... Di questo è fatta l’energia elettrica per l’83%: proviene da centrali termoelettriche che bruciano fonti fossili e producono elettricità e fumi di combustione, gas inquinanti, tonnellate di CO2 e scarichi d’acqua bollente.

La soluzione c’è. Si chiama energia rinnovabile. È l’energia elettrica che si produce dalle fonti rinnovabili con impianti idroelettrici, solari e fotovoltaici, eolici, non è causa di emissioni di CO2 e di inquinamento, non danneggia il clima. Il petrolio: – è limitato (le risorse presenti nel mondo stanno per esaurirsi); – causa inquinamento atmosferico ed emissioni di CO2 e gas serra; – è localizzato solo in pochi Paesi (tensioni geopolitiche e conflitti); – è rischioso nel trasporto (petroliere, oleodotti...); – è una risorsa del passato. Il sole: – è illimitato (il sole, come l’acqua e il vento, è fonte perpetua); – non inquina, non emette anidride carbonica/gas a effetto serra; – è ovunque («il sole splende in tutto il mondo» dichiarò l’artefice della politica energetica tedesca, Hermann Scheer); – incentiva tecnologie del futuro. • “L’era dei combustibili fossili è al tramonto – secondo Jeremy Rifkin – e sta nascendo un regime energetico capace di incanalare la civiltà verso una strada radicalmente nuova”. 26


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Stiamo consumando il 20% in più delle risorse naturali che il nostro Pianeta può produrre, le specie animali sono diminuite in media del 40% tra il 1970 e il 2000, del 30% le specie terrestri e marine, del 50% quelle d’acqua dolce.

Tutto ciò è la conseguenza della domanda umana di risorse alimentari, di energia e acqua. In particolare lo sfruttamento delle risorse energetiche è aumentato di circa il 700% tra 1961 e 2001! Sono queste le principali conclusioni cui giunge il Living Planet Report 2004, il rapporto sull’impatto dell’uomo sul Pianeta presentato il 21 ottobre 2004 dal Wwf Italia in contemporanea con il lancio internazionale presso il Palazzo delle Nazioni Unite a Ginevra. Gli fa eco il rapporto presentato quasi in contemporanea dal gruppo di lavoro internazionale sul cambiamento climatico “Up in smoke”, che ribadisce che il riscaldamento globale ha un’origine dovuta all’azione umana, ed è inarrestabile. “Up in smoke” significa che il mondo rischia di andare in fumo. Significa che il cambiamento climatico manda in fumo le ricchezze delle nazioni, agisce sulla capacità di sopravvivenza delle popolazioni, delle persone in povertà. Le popolazioni e le persone in difficoltà saranno sempre più colpite, e le loro terre si impoveriranno.

• Le nazioni più ricche, che producono la maggior parte delle emissioni e consumano le risorse naturali, dovrebbero risarcire quelle più povere, che patiscono prima e più gravemente le conseguenze dell’effetto serra. Nel leggere questi rapporti viene da domandarsi quanto tempo resta.

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A chi sta bene pagare 100 euro all’anno in più di bolletta della luce, 200 euro in più la benzina, dissanguando l’Italia con 4 miliardi di euro in più all’anno in petrolio continuando a pagare il greggio oltre 70 dollari al barile, queste domande non interessano. Noi le facciamo.

Con il prezzo del greggio in impennata, i grandi mezzi d’informazione avanzano timori di gravi conseguenze sull’economia di molti Paesi. Sono quasi 3mila milioni le tonnellate di petrolio bruciate nel mondo per energia e trasporti, e 23.000 milioni di tonnellate di CO2 emesse in atmosfera ogni anno. La CO2 causa effetto serra. Quali sono i costi dei disastri ambientali e sulla salute correlati a inquinamento all’effetto serra? Quanto petrolio c’è ancora nel mondo?

• Salute e petrolio: l’allarme è contenuto nel Rapporto “Environment Matters 2005” realizzato dalla World Bank in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità delle Nazioni Unite. I Paesi poveri del pianeta sono i più a rischio per inquinamento ed effetto serra. 2 milioni di decessi l’anno per inquinamento atmosferico, milioni di morti (il numero è imprecisato) per l’uso di pesticidi petrolchimici. I cambiamenti climatici si stanno rivelando, come causa diretta o indiretta, il fattore principale dello stato di salute delle popolazioni.

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La Cites è la Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione, siglata a Washington nel 1973 con la firma di oltre 130 Paesi.

L’ultimo meeting Cites (svoltosi a Bangkok) ha rafforzato la protezione di 100 nuove specie che s’aggiungono alla lista di 34.000 in pericolo d’estinzione, ma indebolito la protezione di altre. Buone notizie per gli oranghi e le tigri di Sumatra: la deforestazione del loro habitat sarà fermata grazie al divieto di esportare il legno tropicale il cui commercio metteva a rischio. Buone notizie anche per alcuni pesci sempre più rari negli oceani, dal merluzzo antartico al ‘pesce Napoleone’, e per lo squalo bianco. Anche i delfini di Irrawaddy sono ora più protetti. Pessime per i rinoceronti. Presa la decisione di riaprire la caccia del rinoceronte, uno degli animali più a rischio della Terra. È vero, sarà consentita l’uccisione di 10 esemplari all’anno, in Sudafrica e in Namibia. Ma, secondo le stime, proprio in quelle zone sopravvivono solo 300 esemplari di questa specie! Le preoccupazioni sono fortissime: chi li conterà, su tutto il territorio sudafricano? Chi sorveglierà? In tutta l’Africa, negli anni ‘70 vivevano 65.000 rinoceronti neri. Oggi sono 2.000. Domani?... • Il primo ministro thailandese Thaksin Shinawatra ha affermato all’apertura del meeting di Bangkok che nessun Paese, da solo, può sconfiggere i traffici illeciti, che vanno dall’avorio degli elefanti al corno di rinoceronte, dal legno tropicale alle più rare tartarughe. «Globalmente, solo il traffico di droga e armi supera il commercio illegale di animali e piante selvagge, legno e altre risorse naturali. Sono dati scioccanti». Il commercio di specie selvagge ha un valore stimato, globalmente, di 4 miliardi di dollari. 32


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Sempre di più, ciò che mangiamo, gli alimenti, fanno incrementare la nostra resistenza ai trattamenti antibiotici, cioè al rischio di contrarre infezioni difficilmente trattabili.

Si stima che il 70% degli antibiotici (e farmaci correlati) prodotti dalle industrie farmaceutiche Usa si riversino nel cibo degli animali, per accelerarne la crescita, per tentare di prevenire le malattie causate dal sovraffollamento e dalle malsane condizioni degli allevamenti industriali. Recenti studi, tra cui uno del “New England Journal of Medicine”, lo confermano: l’abuso di antibiotici negli allevamenti è collegato allo sviluppo di batteri che resistono a spettri sempre più ampi di agenti antibiotici; batteri che si possono ritrovare nella carne in vendita nei banconi del supermarket. Rimedio? Comprare biologico. La scelta bio promuove un allevamento più sano e sostenibile. Nelle carni biologiche, infatti, sia in Usa che in Europa, non sono ammessi usi né residui di antibiotici.

• Il fenomeno della resistenza agli antibiotici è in crescita. Il numero di pazienti che si ammalano per infezioni resistenti all’intero spettro di antibiotici conosciuti è decuplicato negli ultimi anni.

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«Gli Stati Uniti sono stati colpiti dall’effetto serra e non da un semplice uragano. In queste ore la Casa Bianca sta nascondendo all’opinione pubblica mondiale ciò che la comunità scientifica internazionale ha previsto da anni».

– Jeremy Rifkin, presidente della Foundation on Economic Trends – conferenza “Sbilanciamoci”, Roma 3-9-‘05 «Un ulteriore surriscaldamento del globo potrebbe accrescere la potenza distruttiva degli uragani tropicali e aumentare le perdite di vite umane nel ventunesimo secolo». – Kerry Emanuel, meteorologo del MIT – “Nature” sett. ‘05 «L’uragano Katrina deve ricordare alle compagnie assicurative, ai governi e al pubblico che tutti sono a rischio per l’escalation della gravità dei danni da uragani e altri eventi meteo estremi causati dal cambiamento climatico. Gravità moltiplicata di 15 volte in trent’anni». – Rapporto della coalizione finanziaria d’investitori Ceres «Il clima è cambiato a causa del mutamento della composizione dell’atmosfera. Negli ultimi 400 mila anni non c’è mai stata una concentrazione di anidride carbonica così elevata». – Vincenzo Ferrara, direttore del Centro di climatologia Enea e referente italiano nell’IPCC; intervista a “Famiglia Cristiana” 3-7-‘05 • «Bush chiede un’inchiesta. Da anni si sapeva che sarebbe potuto succedere questo disastro. Chi non ha firmato a Kyoto? Chi non ha fatto nulla per l’ambiente? A cosa serve un’inchiesta? Forse si metterà sotto processo da solo». – Beppe Grillo; blog, 7-9-‘05

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Mercurio, benzina e derivati, pesticidi, ritardanti di fiamma, composti del Teflon: queste sono alcune delle 287 sostanze chimiche ritrovate nel cordone ombelicale delle mamme americane secondo una ricerca effettuata dall’Environmental Working Group e Croce Rossa Americana.

Un altro studio condotto negli Stati Uniti e pubblicato dalla rivista “Psychiatric Times” ha accertato che un milione di bambini americani hanno livelli superiori a 10 microgrammi/dl di residui di pesticidi e sostanze tossiche dannose per il sistema nervoso in circolo, mentre il 90% dei bambini ne mostrava tracce nelle urine. Ben un milione di donne in età fertile, infine, mangia dosi di pesce contaminato da mercurio sufficienti a mettere a rischio i nascituri. La rivista “Environmental Health Perspectives” ha pubblicato i risultati di una ricerca condotta dalle Università di Standford e Berkeley con il sostegno del WWF. Lo studio, durato 4 anni e condotto su 324 bambini tra 0 e 14 anni (metà dei quali affetti da leucemia) dimostra inequivocabilmente la relazione tra leucemia e sostanze chimiche di sintesi.

• «I nostri bambini nascono inquinati – ha dichiarato la deputata americana Louise Slaughter alla presentazione dell’inchiesta Ewg-Croce rossa Usa –. Se mai avessimo voluto una prova di come funzionano le leggi a difesa dell’ambiente, leggendo la lista dei 287 composti chimici industriali trovati nel corpo dei bambini non ancora usciti dal grembo... ce ne possiamo fare un’idea».

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A pagina 101 di un media text di un’emittente tv nazionale si leggevano i seguenti titoli, nell’ordine, in una giornata del dicembre 2005: – Influenza aviaria, nuovi focolai – Influenza aviaria, virus per via respiratoria – Influenza aviaria, casi sospetti in Turchia – Influenza, a rischio 6 milioni di italiani. Secondo alcuni, i media avrebbero colpevolmente ingenerato una confusione tra l’influenza aviaria da virus H5N1 e la normale, ricorrente influenza stagionale, cosa che avrebbe spinto a un consumo straordinario di vaccini.

Invece... Il virus non è arrivato. Nei Paesi occidentali i normali regimi alimentari e le condizioni igieniche medie fanno sì che il nostro organismo sia inattaccabile da agenti patogeni che in aree depresse del Sud del mondo sono pericolosi. Il temutissimo virus Ebola, causa di sfracelli in Africa, non è mai nemmeno approdato sulle coste europee. L’immunologo Attilio Speciani aveva suggerito ai microfoni di LifeGate Radio: «L’aviaria è un’emergenza commerciale. Non sanitaria».

• Quindi, «ci si può ammalare di aviaria solo in cinque modi – rammenta sarcasticamente dalle colonne de “L’Espresso” Michele Serra – 1. leccare un cigno morto; 2. andare appositamente in Asia e rotolarsi nudi nella cacca di pollo per un’ora; 3. inghiottire al volo un tordo crudo; 4. pulire con la lingua un cornicione imbrattato dai piccioni; 5. limonare con un barbagianni».

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In Brasile è già record per il consumo di alcool, India e Cina seguono... a ruota. Ma parliamo... di motori!

In questa èra di febbre dei prezzi del petrolio, tutti sono alla ricerca di carburanti alternativi. In Brasile, da sempre molte automobili vanno ad alcool, cioè a etanolo, derivato da raccolti agricoli, per esempio dalla canna da zucchero. Ora è boom. Secondo uno studio privato cofinanziato dal governo brasiliano, i “flex-fuel vehicles”, che vanno anche ad alcool, saranno presto in Brasile i due terzi delle vendite di auto, comparato al 28% del 2004. E il Brasile esporterà ogni anno ben 2 miliardi di litri di alcool combustibile, contro i “soli” 700 milioni di qualche anno fa. Un alto dirigente della più grande casa automobilistica mondiale (GM) ha dichiarato: “La Cina, enorme mercato, si è rivolta a noi per avere auto che vanno a alcool, l’India vuole usare lo stesso sistema. E anche il Giappone e la California si stanno interessando”. Secondo gli studi dell’EPA, Agenzia Protezione Ambiente americana, i veicoli ad alcool hanno minori emissioni e più alta efficienza energetica. • Il bioetanolo è un combustibile già disponibile, economico (in Brasile costa un terzo rispetto al gasolio), non occorrono tecnologie rivoluzionarie per impiegarlo: ha tutte le carte in regola per essere incentivato e spiccare il volo. È il caso di dirlo: la Embraer, il quarto più grande produttore di aerei del mondo, ha presentato il Neiva Ipanema, il primo aeroplano di serie progettato specificamente per andare ad alcool.

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Grazie all’Energy Bill statunitense, ingenti contributi vengono erogati a favore delle grandi industrie petrolifere ed energetiche. Secondo “U.S. Pirg, Aug. 3, 2005” si tratta di almeno 4 miliardi di dollari tra sussidi e sgravi fiscali a favore dell’industria petrolifera.

Exxon Mobil (Usa) l’anno scorso ha realizzato profitti pari a 25,3 miliardi di dollari con un incremento del 17% rispetto all’anno prima; Shell (Inghilterra-Olanda) 18,5 e +48%; BP (Inghilterra) 16 e +26%; Total (Francia) 11,2 e +23%, Chevron (Usa) con 13,3 miliardi di utili netti realizza addirittura un incremento dell’85%, mai ottenuto nei centoventicinque anni della sua fondazione, Conoco Phillips 3.1 miliardi (U.S. Pirg Education Fund, Aug. 2005). «Sembra il caso di un settore industriale che ha bisogno di aiuti dal governo?» si chiede Ann Aurilio, responsabile legislativo di U.S. Pirg. Le sette sorelle guadagnano ogni ora 18 milioni di dollari (10 milioni di vecchie lire al secondo). Gli utili del 2005 ammontano a 140 miliardi di dollari, la sola BP distribuisce dividendi per 23 miliardi. Oltre agli aiuti forniti direttamente dal governo federale, le compagnie petrolifere hanno ricevuto altri vantaggi dall’Energy Bill. Il complesso di norme allenta i vincoli ambientali, pone limiti ai diritti degli Stati nel localizzare e costruire infrastrutture e tubazioni per il gas naturale liquido, diminuisce le possibilità legali per le comunità locali di opporsi a nuovi progetti di trivellazione. • La crescita dei profitti dell’industria petrolifera pare originata in massima parte dall’impennata delle quotazioni del greggio.

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Dal 5 all’8% dei bambini italiani sono obesi, cioè superano il peso forma almeno del 20% (30 chili invece di 24, 42 anziché 35), mentre il 20-24% è in sovrappeso. Ogni anno la popolazione infantile oltre il peso forma cresce dell’8%. Un piccolo italiano su quattro deve, in sostanza, dimagrire.

Sul totale dei bimbi sovrappeso, solo il 2-3% lo è a causa di disfunzioni ormonali o metaboliche. Gli altri perché mangiano troppo e male. I chili di troppo rappresentano un problema, oltreché per la forma fisica e la socialità, anche per la salute – che si trascina negli anni. Secondo gli esperti dall’Istituto Auxologico di Milano 85 piccoli obesi su 100 sono destinati a divenire adulti con seri problemi di alimentazione.

• Ecco i capisaldi di un decalogo proposto nell’ottobre 2005 dalla Società Italiana di Pediatria contro l’obesità nei bambini: 1. controllare peso e statura almeno ogni sei mesi; 2. cinque pasti al giorno (colazione, merenda a metà mattina, pranzo, merenda, cena), no ai “fuoripasto”; 3. consumare almeno cinque porzioni di frutta e verdura al giorno; 4. bere più acqua, meno bibite zuccherate; 5. ridurre i grassi, in particolare salumi, fritti, condimenti, dolci; 6. non utilizzare il cibo come “premio”; 7. favorire il gioco all’aperto, possibilmente almeno un’ora al giorno; 8. camminare a piedi in tutte le occasioni possibili; 9. praticare uno sport con regolarità, facendo esercizio fisico e divertirsi; 10. limitare la ‘video dipendenza’ (TV, computer, videogiochi) durante il tempo libero. I bambini che guardano più TV, ingrassano di più.

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Disastro doloso: è il reato, punito con il carcere fino a dodici anni, contestato nei tre avvisi di garanzia per disastro doloso notificati nel luglio 2005 ai proprietari della Eternit per quasi 1.300 decessi dovuti a esposizione all’amianto.

La Procura di Torino indaga sulle morti avvenute negli stabilimenti italiani di Cavagnolo (Torino), Casale Monferrato (Alessandria), Rubiera (Reggio Emilia), Bagnoli (Napoli). Indagati i vertici d’allora della multinazionale svizzera Eternit, i fratelli Thomas e Stephan Schmidheiny, membri di una delle più note e ricche famiglie elvetiche, e un belga, il barone Louis de Cartier de Marchienne. I legali delle vittime dell’amianto in Italia hanno chiesto alla sede italiana di Eternit il sequestro conservativo di 60 milioni di euro, cioè il patrimonio di Stephan Schmidheiny, per risarcire i lavoratori e i familiari colpiti dal mesotelioma. È la prima volta che i fratelli Schmidheiny, imprenditori svizzeri ben piazzati nella classifica Forbes dei più ricchi del mondo, vengono chiamati a rispondere in un interrogatorio. Secondo il procuratore aggiunto Raffaele Guariniello, l’amianto veniva impiegato anche al di fuori degli stabilimenti: per la lavorazione di strade, tetti, opere murarie nei cortili, spesso servendosi di materiale di scarto. Questo ha portato a una situazione di pericolo per la “pubblica incolumità”: gli abitanti, infatti, sempre secondo la Procura, non erano stati avvertiti dei rischi derivanti dall’esposizione al minerale-tossico. • Il procedimento, avviato nel 2003 per chiarire le cause della morte di alcune decine di operai italiani, ha subito una svolta: si è arrivati a studiare i casi di 1.300 persone morte a partire dal 1970.

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Conoscere i ritmi della natura significa rispettarli. E godere di sapori che i frutti di serra non potranno mai regalarci. Mese per mese, sono diversi i frutti della terra da cercare, o quelli da affrettarsi a rincorrere perché tra poco non saranno più... “di stagione”.

Tra gennaio e febbraio sono di stagione: barbabietole, erbette, finocchi, lattuga, ancora i porri, il radicchio, spinaci; e tutti gli agrumi, mela, pera, frutta secca (fichi, prugne, uvetta, datteri…). Marzo/aprile: broccoli, carciofi, cavoli, cipollotti, coste, crauti, erbette, poi asparagi, barba di frate, cavolini di Bruxelles. Maggio/giugno: ortica ed erbe spontanee; le fragole! Luglio/agosto: aglio, cetrioli, cipolle, fagiolini, fave, fiori di zucca, tutte le insalatine da taglio, patate novelle, tutte le verdure mediterranee dell’estate, melanzane, pomodori, peperoni zucchine; poi pesche, pesche noci e albicocche, prugne, lamponi, ribes, uva spina, angurie. Settembre/ottobre: carote, uva, verso ottobre le zucche... Novembre/dicembre: porri, le radici (sedano rapa, scorzobianca e scorzonera), melograno...

• Pensare “che bello, tra poco è il tempo delle fragole”... è un piacere. Riscopriamolo!

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Le risorse necessarie per combattere la fame nel mondo ci sono. Oggi, però, sono malamente impiegate. L’allevamento animale è insostenibile. L’agricoltura è la soluzione.

Secondo i dati della Global Hunger Alliance (una coalizione internazionale che promuove soluzioni ecologiche ed equo-solidali sul problema della fame nel mondo) per produrre 1 kg. di patate si consumano 500 litri d’acqua; 1 kg. di carne di pollo, 3.500 litri d’acqua; 1 kg. di carne bovina, da 25.000 a 100.000 litri d’acqua. Un altro esempio. Abbiamo un ettaro di terreno agricolo. Se lo coltiviamo a patate possiamo produrne in un anno 25 tonnellate. A fagioli e soia, avremo un raccolto di 2 tonnellate. Se lo destiniamo a foraggio da dare agli animali, alla fine otterremo solo 60 kg di carne. Quante persone possiamo sfamare? Un ettaro di terra coltivato a patate sfama 22 persone; a riso, 19; a grano, 15; per foraggio e carne, 1 persona. Non solo: “Per produrre una bistecca da 500 calorie – spiegano Sandro Pignatti e Bruno Trezza, autori di Assalto al pianeta. Attività produttiva e crollo della biosfera – il manzo deve ricavare 5mila calorie. Il che vuol dire mangiare una quantità d’erba che ne contenga 50 mila. Solo un centesimo di quest’energia arriva al nostro organismo: il 99% viene dissipata”. Il bestiame è dunque una fonte di cibo idrovora ed energivora. Se invece di coltivare terreni per cereali destinati a bovini li si dessero “direttamente” alle persone... • Aveva visto giusto Gandhi: “Nel mondo c’è abbastanza per i bisogni di tutti, ma non per l’ingordigia di alcuni”...

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La questione della coesistenza tra colture convenzionali e colture transgeniche è molto dibattuta, in Italia e in Europa. Mentre illustri scienziati decidono di schierarsi a favore degli Ogm, le associazioni dei consumatori, Coldiretti e Confederazione Italiana Agricoltori, guardano con aperta ostilità al transgenico.

Il problema della coesistenza è questo: se si ammette la coltivazione di piante Ogm in campo aperto è inevitabile che tutte le coltivazioni di quella zona vengano contaminate da semi Ogm, perché per natura spore e semi si propagano col vento, con le acque, nel suolo. La conseguenza è che chi non vuole coltivare Ogm ma vuole continuare le sue coltivazioni con agricoltura convenzionale o biologica non potrà più farlo, perché comunque nei suoi campi inevitabilmente ci saranno tracce di Ogm, e quindi non si potranno più avere prodotti “non Ogm” con certezza. Federica Ferrario, campaigner Greenpeace, ha chiosato: “Non esiste il problema ‘coesistenza’. Esiste il problema ‘contaminazione’. ‘Coesistenza’ significa ‘contaminazione’”. Proprio per questo motivo, al momento in Italia vige una moratoria che vieta di coltivare Ogm in campo aperto ma lo permette solo in serra o laboratorio. • In estrema sintesi, lo spirito che sembra animare le politiche sulla coesistenza sembra essere: fate quello che volete con le piante in laboratorio ma in campo aperto non si pianta niente finché non garantite che i semi Ogm non si spargano negli altri campi. E chi contamina paga gli eventuali danni.

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Nonostante una moratoria internazionale sancita dalla International Whaling Commission (Iwc), entrata in vigore nel 1986 a fronte del tremendo declino del loro numero e del dissenso internazionale, Giappone, Norvegia e Islanda cacciano balene per scopi commerciali, spacciandola come “ricerca scientifica”.

Due opposte fazioni si scontrano da tempo tra loro. Il partito dei Paesi balenieri, il Giappone, la Norvegia e, da poco tempo, l’Islanda (seguiti da “alleati”, Paesi i cui voti in seno Iwc vengono “comprati” con aiuti economici); e il resto del mondo. Ma la minaccia di estinzione dei cetacei non è solo la caccia diretta, anzi, la “raccolta di materiale per scopi di ricerca scientifica”. A questo si aggiunge anche il pericolo del by-catch, cioè delle catture accidentali che avvengono a causa dell’uso delle reti da pesca. Gli studiosi stimano che in tutto il mondo siano almeno 30 mila i cetacei che finiscono uccisi nelle reti ogni anno. Inoltre, studi scientifici suggeriscono un collegamento tra il rumore prodotto dai sonar navali e gli spiaggiamenti di cetacei. Quando balene, delfini o altri mammiferi marini si arenano sulle spiagge è possibile che stiano fuggendo dal rumore, o che siano stati frastornati fino a impazzire. • La caccia su larga scala alle balene raggiunge tra Otto e Novecento il picco, quando si traeva da loro olio per lampade, candele, saponi e profumi, pelle di balena per corsetti, lacci e altri indumenti. Ma, dal romanzo di Herman Melville Moby Dick ai film di Hollywood Free Willy, la caccia ha sempre provocato fortissime discussioni. La World Society for the Protection of Animals afferma che le 1.400 balene cacciate ogni anno impiegano molti minuti per morire, altre più di un’ora dopo che l’arpione esplosivo deflagra. 56


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“A manifestare – scrive Marcella Danon, della scuola di Ecopsicologia, nel dicembre 2005 – sono anziane signore col crocifisso in mano e giovani studenti, sono donne e bambini, sono veterani orgogliosi di sfoggiare le loro medaglie guadagnate lottando per la libertà, sono pacifici insegnanti quelli che si sono attivati per la Val di Susa”...

“...Certo ora arrivano anche i facinorosi, quelli che amano far casino e non cercano altro che l’occasione di fare a botte, ma non sono stati questi i primi, questo dovrebbe essere evidente a tutti”. Secondo il Comitato No Tav, non è vero che “senza la Torino-Lyon il Piemonte sarebbe isolato dall’Europa, che è indispensabile al rilancio economico della regione, che toglierà i Tir dalle strade”. E si teme questo: “Il tracciato prevede una galleria di 23 km all’interno del Musinè, montagna molto amiantifera. La talpa che perforerà la roccia immetterà nell’aria un bel po’ di fibre di amianto”. Dall’altro lato, la presidente della Regione Piemonte, l’ambientalista Mercedes Bresso: “Si sopravvalutano i rischi e si sottovalutano i vantaggi”.

• Secondo il ministro dell’Ambiente del ‘99, Edo Ronchi, l’alta velocità, o meglio l’alta capacità ferroviaria si poteva fare senza danni per il territorio. “Come? – si legge su “La Valsusa” 11-3-‘99 – Ammodernando la linea attuale. Che poi è la decisione che il vertice intergovernativo italofrancese aveva preso a Chambery nell’ottobre del ‘97. Il 6 marzo 1999 a Bussoleno, incontrando gli amministratori valsusini su iniziativa della Comunità Montana Bassa Valle, il ministro era stato chiaro: ‘I lavori possono essere ‘cantierati’ immediatamente. Migliorare le prestazioni della ‘linea storica’ – intervendo sulla sagoma delle gallerie (Frejus compreso), razionalizzando i binari e sostituendo i vecchi locomotori e il materiale obsoleto – per un costo complessivo di 9600 miliardi”. 58


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L’Italia è il primo paese al mondo per consumo di acqua minerale in bottiglia: ogni italiano ne beve all’anno 190 litri, spendendo in media quasi 300 euro. Il giro d’affari annuo pare nell’orbita dei 2.500 miliardi di euro, 1/4 dei quali reinvestiti in pubblicità. Ogni anno, in Italia, si gettano 150.000 tonnellate di bottiglie di plastica tra i rifiuti.

In effetti, l’acqua di rubinetto costa dalle 600 alle 5000 volte in meno. Ma è buona? È vero che in alcuni casi l’acqua imbottigliata può contenere più contaminanti di quella di casa e che le etichette possono omettere alcune voci “scomode” (fluoro e fluoruri, o metalli pesanti indicatori dell’inquinamento dell’acqua), ma è anche vero che l’acqua di rubinetto può contenere residui dei disinfettanti impiegati per renderla più sicura, il cloro. L’acqua di rubinetto, meglio e più controllata di quella in bottiglia, in alcune zone d’Italia non ha un buon sapore, ha cattivo odore, è calcarea e potrebbe passare attraverso tubature vetuste e rugginose. Insomma, liscia, gassata o... minerale o di rubinetto? Non è facile come bere un bicchier d’acqua dettare una regola valida per tutti.

• L’acqua di rubinetto, anche delle città, è più buona di quello che si pensa (lo conferma un’inchiesta di “Altroconsumo” del maggio ‘03), e costa poco. Ma concedersi un bicchiere d’acqua cristallina, una “cara” bevuta di acqua minerale d’alta quota, con un basso residuo fisso e zero nitrati... si può, senza sensi di colpa. Forse la miglior soluzione, per noi e per il nostro portafoglio, è berne un po’ e un po’.

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“Un milione e trecentomila pizze al giorno escono dal forno, entrano in un astuccio di cartone, pronte per essere portate a casa. Vi restano per molti minuti, il tempo di essere trasportate a destinazione, e, una volta giunte, di essere mangiate nello stesso contenitore. Sempre che non finiscano nei forni di casa per essere riscaldate, sempre negli stessi cartoni, prima di finire in tavola...”.

Così s’apriva l’indagine pubblicata dal settimanale “Il Salvagente” nell’aprile 2006 che attraverso due studi specialistici ha rilevato la presenza di sostanze potenzialmente pericolose per la salute umana all’interno dei cartoni per la pizza da asporto. Si tratta di benzene, naftalene, ftalati, fenoli, Dibp, sostanze che passerebbero dal cartone alla pizza attraverso il calore di quest’ultima. Molecole vietate dalla legge italiana, e che deriverebbero – dicono gli esperti – da collanti e sbiancanti usati per far assomigliare la carta riciclata a quella vergine.

• Secondo le analisi condotte nei Laboratori di Ricerche Analitiche (Alimenti ed Ambiente) dell’Università degli Studi di Milano volte all’identificazione di ftalati nei materiali destinati al contatto con alimenti, analizzando diversi contenitori di materiale cellulosico destinati al trasporto di pizza comunemente utilizzati su tutto il territorio nazionale, sarebbe stata identificata la presenza di una sostanza (il di-isobutilftalato) “in quantità altamente preponderante rispetto a tutti gli altri componenti della frazione volatile evidenziabile (…) già alla temperatura di 60°C (…) simulante la condizione meno drastica di stoccaggio della pizza in fase di ‘home delivery’”. La direttiva 2004/14/CE, infatti, non contempla questa sostanza tra quelle ammesse per la fabbricazione di contenitori di cartone destinati a venire a contatto con gli alimenti.

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Chi ricorda l’atrazina? A fine anni ’80 a Casale Monferrato fece chiudere tutti i rubinetti e arrivare le autobotti. Ebbene, è ritornata, nel 2003, a inquinare le falde acquifere del Piemonte insieme ad altri fitofarmaci nocivi per la salute e l’ambiente, come il betazone. Eppure, è un diserbante cancerogeno proibito in Italia dal 1996…

Gli ultimi dossier Legambiente dicono che metà della frutta e verdura in commercio è contaminata da uno oppure più residui di pesticidi (in misura comunque inferiore ai valori limite della legge); mentre il 2% ha residui superiori a quelli consentiti. Tra gli alimenti controllati, è soprattutto l’uva quella che ha fatto la figura peggiore, ma valori preoccupanti hanno riguardato anche prezzemolo, sedano, pere, mele e agrumi.

• L’impiego di pesticidi in agricoltura causa problemi all’ambiente, alla fauna, agli organismi acquatici, ai microrganismi e alla fertilità del suolo, alle falde acquifere. L’esposizione a pesticidi è correlata a gravi patologie, specialmente per i bambini. Per loro è importante segnalare che poiché il residuo di pesticidi definito tollerabile dalla legge dev’essere prossimo allo zero strumentale, metà della frutta e della verdura normalmente in commercio in Italia non è adatta all’alimentazione dei neonati. D’obbligo quindi scegliere frutta e verdura bio a casa, d’obbligo chiederlo a gran voce anche ai sindaci per le mense dell’asilo e delle scuole primarie.

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“I raggi gamma – si legge in Quattro sberle in padella di Stefano Carnazzi e Stefano Apuzzo – non sono solo una delle formidabili armi del robot Mazinga, ma anche un metodo, permesso dalla legge italiana, per impedire a patate, aglio e cipolle di germogliare dopo la raccolta”.

“Gli ortaggi possono essere sottoposti a sorgenti radioattive di Cobalto 60 o, peggio, di Cesio 137 (il contaminante che si trova ancora nel liquido amniotico delle donne intorno a Chernobyl)! È falso che le radiazioni attraversino i prodotti senza lasciar traccia di sé: prima di tutto, se così fosse, a cosa servirebbe il trattamento radioattivo? Poi, le ricerche 1) su vegetali, 2) su disgraziatissimi animali e 3) nell’area di Chernobyl parlano di “rottura del DNA”, “proteine mutanti” e così via… Per legge, le verdure radioattive devono recare sulle confezioni la dicitura “a caratteri chiaramente visibili e indelebili” “patate (o cipolle o agli) irradiate a scopo antigermogliativo”.

• In America si sta inaugurando la pratica di sottoporre anche la carne alle radiazioni, per “pastorizzarla”. Ciò significa che la fettina di carne, prima di arrivare sulla tavola del consumatore americano, viene 1) gonfiata con ormoni naturali, sintetici e/o geneticamente modificati; 2) si impregna dell’adrenalina e delle tossine prodotte dall’animale malato, stressato e debilitato nei feedlot; 3) assorbe i residui degli antibiotici, dei farmaci; 4) al macello, si espone alle possibili infezioni; 5) viene irradiata con materiali radioattivi.

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Lo spazio a disposizione per le galline “da produzione”, negli allevamenti “in batteria” è di 450 centimetri quadrati: un foglio di quadernone.

In Italia ogni anno 40 milioni di galline sono detenute in gabbie di batteria per produrre 12 miliardi di uova, e 400 milioni di polli finiscono sulle tavole imbandite. Ma negli allevamenti intensivi si usano becchimi poco adatti all’alimentazione degli animali (le famigerate “farine animali”) e prodotti di scarto. Nel loro cibo si reimmette il loro stesso guano, c’è dentro ancora qualcosa di “nutriente”. Per correggere il colore dei tuorli, troppo “pallido”, e rendere l’uovo più appetitoso, spesso si aggiungono alla dieta delle galline coloranti, antibiotici e residui di pesticidi. Gli animali allevati, chiusi in gabbie strettissime, si strappano le piume e si beccano a vicenda in accessi furiosi. Trattamenti per galline: irradiate con infrarossi, sottoposte alla ghigliottina dello “sbeccamento” (taglio del becco), bioritmi alterati da cicli notte/giorno artificiali, alimentazione forzata con pastoni, con scarti alimentari, residui d’ogni genere e di provenienza incontrollabile. Nei mangimi dei polli e dei maiali belgi sono stati trovati PCB (bifenile policlorurato) – come mangiare insalata di pollo condita con olio di macchina usato! Gli animali sono così malati che devono essere praticate ininterrotte terapie antibiotiche.

• L’Unione Europea sta disincentivando l’uso delle gabbie metalliche “da batteria” per giungere, forse entro dieci anni, alla totale abolizione di questo cruento modo di allevare. Fin da ora però si possono scegliere uova “da agricoltura biologica”: per legge, sono di galline allevate all’aperto nel pieno rispetto delle loro caratteristiche naturali. 68


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Orca batte orso polare nella classifica dei mammiferi maggiormente contaminati. E l’Artico è un serbatoio tossico.

L’orca norvegese si aggiudica il primato dei mammiferi maggiormente contaminati dell’Artico. Questi i risultati della ricerca condotta dall’Istituto Norvegese Polare (Npi) e finanziata dal governo norvegese. Ricerche precedenti avevano conferito questo “primato” all’orso polare, ma oggi le orche hanno persino livelli più alti di Pcb, pesticidi e di ritardante di fiamma bromurato. “Le orche norvegesi – spiega Hans Wolkers, ricercatore del Npi – possono essere considerate come indicatori dello stato di salute del nostro ambiente marino. Gli elevati livelli di contaminanti sono allarmanti e mostrano chiaramente che i mari artici non sono puliti quanto dovrebbero essere. I livelli di sostanze chimiche tossiche aumentano lungo la catena alimentare, quindi sono più elevati per i predatori al vertice: il processo è chiamato bioaccumulo”.

• I campioni di grasso prelevati da individui maschi di orca in Norvegia, a Tysfjord, sono stati testati per il Pcb 153, il toxafene, il clordano, Dde e Pbde 47. Il Pbde (difeniletere polibromurato), classe di ritardanti di fiamma bromurati, è simile strutturalmente ai Pcb; aumenti esponenziali di Pbde sono stati documentati in natura – e, recentemente, per l’uomo. I Pbde vengono adoperati per apparecchiature elettriche, materiali da costruzione, rivestimenti, prodotti in poliuretano e fibre tessili. Molti inquinanti che interessano l’Artico non sono stati prodotti o utilizzati lì, ma sono sostanze chimiche di uso domestico quotidiano, industriale e agricolo, da altre aree del pianeta, che percorrono lunghe distanze trasportate dalle correnti aeree e marine per finire nell’Artico.

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“Niente scuse”.

È la campagna interrnazionale di tv-ads promossa da Bono, U2. Uno schiocco di dita ogni tre secondi, con cui musicisti, attori, testimonial invitano alla riflessione sulla sorte di un bimbo che scompare ogni tre secondi per povertà. “Oltre un miliardo di persone condannate alla povertà estrema. – 104 milioni di bambini non possono andare a scuola. – 860 milioni di adulti non sanno né leggere né scrivere. – La fame è una realtà quotidiana per 852 milioni di persone. – 1.400 milioni di persone non hanno un lavoro dignitoso. – Altrettante non hanno accesso all’acqua potabile. – L’Aids ha già contagiato 40 milioni di persone.

• La povertà è la più grande violazione dei diritti umani”.

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Arriverà o no il pop-corn transgenico?

Il Comitato europeo sugli Ogm, infatti, composto da tecnici, scienziati ed esperti ambientali dei diversi Paesi europei, si è più volte spaccato, senza riuscire a decidere sulla proposta presentata dalla Commissione UE di importare il nuovo mais. L’Italia ha votato contro l’importazione, in buona compagnia di Austria, Danimarca, Grecia e Lussemburgo. Quella sul mais transgenico si configura quindi come il primo, grande scontro tra istituzioni internazionali e industrie biotech dopo una moratoria di cinque anni. • Tre indicazioni per la scelta del popcorn: – il popcorn “made in Usa” può esser fatto con mais transgenico, poiché nel continente americano se ne coltivano diverse varietà, dal NK603 al Bt11; – alcuni tipi di popcorn preconfezionati e/o da microonde impiegano, al posto del burro, poco pregevoli grassi vegetali, e vengono poi addizionati di un “aroma burro” artificiale; – perché non riscoprire, quindi, il piacere festoso di comprare una sana pannocchia di mais, ancor meglio se proveniente da agricoltura biologica, e riempir di chicchi una sfrigolante padella?

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“La ‘settimana della grande caccia all’orso nero’ – scrive il corrispondente Alberto Flores D’Arcais su “La Repubblica” 7-12-05 – è stata inaugurata il 5 dicembre 2005, tra gli evviva di quasi cinquemila cacciatori che hanno invaso il piccolo Stato che fiancheggia New York e le proteste degli ambientalisti contro il governo locale. In quel solo giorno ben 136 orsi neri sono stati uccisi: il più grosso pesava 329 chili”.

In New Jersey la caccia all’orso è una “tradizione”, vietata negli anni Settanta (l’orso era in via d’estinzione, ve n’erano rimasti cento esemplari). Piano piano, l’orso ha ripopolato le montagne del nord-ovest e i grandi parchi... dove anche migliaia di newyorchesi vanno a passare i week-end. Ha iniziato con lo scendere a valle e ha finito per compiere “incursioni” prima in case isolate, poi nelle placide periferie... a meno di un’ora d’auto dai grattacieli di Manhattan.

• Anche in Italia sono sempre più i casi di “clandestini in città” (per citare un delizioso libro di Fulco Pratesi). Nelle nostre città si sono registrati avvistamenti di scoiattoli, istrici, moscardini, tassi, conigli selvatici; volpi (Monte Mario, a Roma) e gufo reale, falchetti, martin pescatore e rospo smeraldino (Milano), picchio (Trieste), faina (Gubbio e Siena), airone cinerino (Venezia)... E c’è stata anche l’orsetta Bubu, che razzolava tra pollai e alveari di Villetta Barrea, paesone dell’Abruzzo. Nessuno, però, s’è sognato di imbracciare il fucile.

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I numeri del Rapporto del Ministero della Salute sullo stato delle acque costiere italiane. Sono 430 i km proibiti, il 7% in più rispetto al 2004.

Il rapporto ha raccolto i dati provenienti da Regioni e Comuni. Le spiagge inquinate sono cresciute di circa il 7%. Mentre quelle non controllate, assolte cioè per “insufficienza di prove”, rimangono grosso modo le stesse dello scorso anno, passando da 1.057 a 1.060 km. Come invariati rispetto allo scorso anno rimangono i km di costa vietati per motivi diversi dall’inquinamento, dalla presenza di porti alle servitù militari, passati da 877 a 874. Per quanto riguarda l’aumento della costa off limits ai bagnanti per l’inquinamento, in cima alla top ten quattro regioni del Sud: Campania (dal 17,5 al 19,8% su un totale di 469,7 km di costa), Calabria (dal 7,2 all’8,3%), Basilicata (dal 2,6 al 3,8%) e Sicilia (dal 4,7 al 5%). Segue il Nord-est con il Veneto (dal 2,6 al 4,4%) e per la prima volta entrano nell’elenco delle coste “incriminate” quelle del Friuli-Venezia Giulia (0,4%). Leggero miglioramento in Abruzzo (dal 7,9 al 7,6%), Emilia-Romagna (dal 2,3 al 2,2%) e Lazio (dal 12,5 al 12%). La classifica si inverte se si considera la presenza del batterio della salmonella nel campione rilevato: la regione più a rischio è in questo caso il Lazio (8,2%). La presenza in mare di questo microrganismo deriva dalla presenza di scarichi non depurati sufficientemente. • Ma vi sono anche le perle ambientali. Secondo lo stesso Ministero, vi sono aree con acque completamente incontaminate, senza alcuna alterazione dovuta all’uomo o minaccia di eutrofizzazione: Punta Sottile e Miramare in Friuli Venezia Giulia, il nord dell’isola d’Elba, Punta Licosa e Punta Tresino in Campania, l’Asinara e Sant’Antioco in Sardegna e la Foce del Piave in Veneto. 78


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17.500 tonnellate annue di piombo. 150 milioni di uccelli migratori massacrati ogni anno. 300 milioni di altri animali per 800mila cacciatori. Alcune cifre dell’attività venatoria analizzate da Edgar H. Meyer, storico dell’ambientalismo.

In un solo anno i fucili dei cacciatori italiani sparano sul territorio del Belpaese 500 milioni di cartucce. A raccoglierle tutte se ne farebbe un mucchio di 11.000 metri cubi. Vengono così disperse nell’ambiente 17.500 tonnellate annue di piombo sotto forma di pallini: un diluvio di frammenti velenosi che si accumula sul fondo di laghi, fiumi, stagni e boschi italiani, che già non godono di salute eccelsa. E senza contare l’altra conseguenza: quei colpi raggiungono il bersaglio, a volte. Questa gragnuola di piombo serve infatti a far fuori centinaia di migliaia di lepri, fagiani, cornacchie, allodole, merli... Solo gli uccelli migratori abbattuti ogni anno dai cacciatori italiani assommano a 150 milioni. Lo sterminio dei migratori, tra l’altro, fa ribollire di rabbia quei Paesi europei ed extraeuropei che, invece, si sforzano di tutelare concretamente gli animali di passaggio, considerati beni di tutta l’umanità. Per questo il Belpaese è stato definito “il cimitero della fauna d’Europa”. Esclusi gli uccelli migratori, il totale degli animali uccisi dai cacciatori italiani raggiunge i 300 milioni di capi!

• L’attività venatoria non è uno sport: il CONI ha escluso infatti la Federcaccia dal proprio ambito, in quanto non coerente con alcun tipo di attività sportiva.

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“El rockash es toxico e ilegal”. Con questi cartelli, gli abitanti sfilavano in cortei di protesta per le strade di Samanà. Proprio laddove, nel 2005, si è svolta l’edizione di un famoso reality show.

Nel novembre del 2003 due navi provenienti da Puerto Rico scaricarono ceneri tossiche prodotte da centrali termoelettriche portoricane nella baia di Samanà e Manzanillo, sulla costa dominicana. L’Istituto degli avvocati per la protezione ambientale e l’associazione Mundo ecologico hanno chiesto alla Corte suprema dominicana che la Compagnia Transdominicana che acconsentì al trasferimento delle scorie fosse condannata a pagare una multa di 500 milioni di pesos dominicani come indennità per i danni umani e ambientali causati a Manzanillo e Samanà, da destinare alla comunità.

• Alla fine degli anni ‘80 è emerso lo scandalo delle “navi dei veleni”: le note Zanoobia, Deepsea Carrier e Karin B trasportavano rifiuti tossici dalle industrie chimiche italiane verso l’Africa e il Sud America. Un altro caso tuttora irrisolto è quello del ritrovamento sulle coste turche del Mar Nero di bidoni pieni di rifiuti tossici di origine italiana. Centinaia di contenitori, recuperati sulle spiagge, che giacciono dal 1988 in via “temporanea” in due magazzini nelle località di Sinop e Samsun. Secondo le analisi condotte da Greenpeace, il contenuto dei bidoni è tracimato e s’è disperso nella falda acquifera a cui attingono le popolazioni locali per i propri fabbisogni.

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L’Environmental Protection Agency (Epa) ha cancellato dal proprio Rapporto sullo stato dell’ambiente ogni riferimento alla questione del cambiamento climatico e dei suoi possibili effetti sanitari e ambientali, dopo che la Casa Bianca era intervenuta pesantemente sul capitolo dedicato all’argomento.

Quando le bozze del rapporto originale e di quello “riveduto e corretto” sono state consegnate al “New York Times” da anonimi funzionari dell’Epa la polemica è esplosa. Il rapporto originale affermava: “Il cambiamento climatico ha conseguenze globali per la salute umana e l’ambiente”. La revisione ha trasformato questa categorica affermazione in un vago riferimento alla “complessità del sistema Terra”. Spariti i riferimenti a tanti studi sul collegamento tra le attività umane e il cambiamento climatico e sul rapido e notevole aumento delle temperature nell’ultimo decennio rispetto ai precedenti mille anni. Aggiunta invece una nuova ricerca, finanziata in parte dall’American Petroleum Institute, che contesta le conclusioni degli studi precedenti. Perché più recente... I funzionari Epa decisero di eliminare completamente il capitolo dedicato al cambiamento climatico, per evitare le critiche del mondo scientifico e dell’opinione pubblica.

• La vicenda di Phil Cooney è esemplificativa. Come responsabile per il Presidente Usa delle analisi ambientali rimuoveva, aggiustava, cambiava dati scientifici e taceva allarmi. Scoperto dal “New York Times”, si è dimesso il 10 giugno 2005. Una settimana dopo è stato assunto dalla ExxonMobil, il più grande colosso petrolifero del mondo.

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Reattore numero 4 della centrale nucleare di Chernobyl. Ora dell’incidente: 1 e 23. Data dell’incidente: 26-04-1986

Conseguenza dell’esplosione: proiezione all’esterno di 35 tonnellate di combustibile nucleare. La colonna degli elementi radioattivi dispersi si è alzata a due chilometri d’altezza e si è dispersa per un raggio di 1.200 Km. Livello di radiazioni: pari a 20 milioni di curie equivalente a un miliardo di Giga Beckerel (200 volte superiore a Hiroshima e Nagasaki). Area contaminata: 155.000 kmq (un’area grande due volte l’Irlanda fra Bielorussia, Russia, Ucraina). Paese più coinvolto: Bielorussia (70% di ricaduta radioattiva; 23% del territorio contaminato, fra cui il 20% del territorio boschivo e 3.000 kmq di terreno agricolo; danno economico valutato in 200 miliardi di dollari). Persone coinvolte: 10.000.000. Persone evacuate definitivamente: 400.000 (l’area compresa in un raggio di 30 Km dalla centrale è completamente inabitabile) Liquidatori (addetti al controllo degli effetti dell’esplosione) impegnati: 800.000 (10.000 morti, 400.000 affetti da patologia tumorale). Decessi previsti a causa dell’incidente: 200.000. Durata degli effetti dell’esplosione: centinaia di anni a causa dell’azione del Cesio, dello Stronzio, del Plutonio (il Plutonio ha un’emivita di 14.000 anni; il ritorno all’originaria situazione dei terreni contaminati dal Cesio 137 è prevista fra 300 anni). (scheda a cura di Massimo Bonfatti, Progetto Humus) • “Chernobyl è una parola che vorremmo cancellare dalla nostra memoria, ma questo sogno ci è precluso” (Kofi Annan, segretario generale Onu). 86


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Si ritiene che l’acqua dolce disponibile per il consumo umano vari tra i 12.500 km cubi e i 14.000 km cubi per anno. A causa della rapida crescita della popolazione, la disponibilità pro capite è diminuita da 12.900 metri cubi per anno nel 1970 a 9.000 mc nel 1990 e a meno di 7.000 mc nel 2000.

Si prevede che la disponibilità di acqua dolce continuerà a diminuire arrivando a 5.100 mc pro capite per anno nel 2025. Questa quantità potrebbe risultare sufficiente a soddisfare i bisogni dell’intera popolazione mondiale... se fosse distribuita equamente. Ma molti Paesi dell’Africa, del Medio Oriente, dell’Asia orientale e alcuni Paesi dell’Europa dell’est hanno una disponibilità d’acqua molto più bassa della media e dei livelli di sussistenza. Si stima che per il 2025 circa 3,5 miliardi di persone rientreranno nella categoria di “water scarcity” con una disponibilità media annua di 1.700 mc. Sfruttata fino all’abuso in agricoltura, imprigionata dalle grandi dighe, sporcata dall’inquinamento: è la situazione dell’acqua sul nostro pianeta.

• Spiega il professor Gotthilf Hempel, biologo marino dell’Università di Kiel, in Germania, coordinatore della ricerca Onu Global International Waters Assessment (2006): “Se le risorse idriche dovessero diminuire ancora, il futuro potrebbe offrirci un mondo in cui i conflitti per l’acqua prendono il sopravvento su tutti gli altri. A lungo termine la lotta per l’acqua sarà più drammatica di quella per il petrolio. Per il petrolio ci sono dei sostituti, ma per l’acqua non ce ne sono”.

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L’Unicef, United Nations Children’s Fund, ha lanciato nel 2002 il primo World Children’s Day accanto a McDonald’s.

Per la festa di Halloween nel 2002, 20 milioni di scatole “trickor-treat” Unicef sono state distribuite presso i ristoranti McDonald’s Usa. Altri eventi promozionali si sono svolti in Asia. Un gruppo di medici, avvocati e organizzazioni per la tutela dei bambini ha inviato nel 2003 una lettera al direttore Unicef, Carol Bellamy, in cui si legge: “Il vostro partner è leader globale nella commercializzazione di cibo che innalza i tassi di obesità infantile e di diabete tipo 2, e disintegra i tradizionali modi di preparare il cibo nelle famiglie e le diverse culture. È difficile comprendere come una simile partnership possa ‘promuovere la buona nutrizione per i ragazzi’. Come saprà, i cibi commercializzati sono precisamente quelli altamente addizionati di grassi e zuccheri, che minano la buona nutrizione dei ragazzi”.

• Il Big Mac fa ingrassare? McDonald’s non ne ha colpa. Il giudice federale di Manhattan Robert W. Sweet ha respinto nel gennaio ‘03 un ricorso che mirava a riconoscere McDonald’s colpevole di causare obesità nei teenager. La sentenza: “Non è provato che McDonald’s abbia nascosto informazioni sugli ingredienti, ed è ampiamente risaputo che i fast-food, e i prodotti McDonald’s in particolare, contengono alti livelli di ingredienti potenzialmente dannosi. La gente sa, o dovrebbe sapere, che mangiare abbondanti porzioni di prodotti McDonald’s non è salutare e può causare un aumento di peso corporeo – scrive il giudice stesso – e non è compito della legge proteggerla dai propri stessi eccessi”. Il caso poteva potenzialmente far esplodere una cascata di altri ricorsi simili, considerando che gli americani spendono più di 110 miliardi di dollari all’anno nei fast food. 90


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Oltre il 23% degli stabilimenti industriali inquinanti (obbligati a effettuare la notifica ex art. 6/7 e art. 8 del D. lgs. 334/99) sono concentrati in Lombardia, in particolare nelle Province di Milano, Bergamo, Brescia e Varese.

Ma anche il Piemonte, l’Emilia Romagna (con circa il 10% ciascuno), e il Veneto (circa 8%) hanno un’elevata presenza di industrie a rischio. S’evidenziano alcune aree di particolare concentrazione quali Trecate (nel Novarese), Porto Marghera, Ferrara e Ravenna, in corrispondenza dei tradizionali poli di raffinazione o petrolchimici; altre nelle Province di Torino, Alessandria e Bologna. Al centro-sud le Regioni con maggior presenza di attività “nere” risultano essere il Lazio (circa 7%), la Sicilia (circa 6%), la Campania (circa 6%), la Puglia (circa 4%) e la Sardegna (circa 4%), in relazione alla presenza degli insediamenti petroliferi e petrolchimici nelle aree di Gela, Priolo, Brindisi, Porto Torres e Sarroch e alla concentrazione di attività industriali nelle Province di Roma, Napoli e Bari. C’è una concentrazione di stabilimenti chimici e petrolchimici in Lombardia (36% del totale nazionale), poi Piemonte, Emilia Romagna e Veneto. L’industria della raffinazione, 17 impianti in Italia, risulta invece piuttosto distribuita sul territorio nazionale. • In Italia vi sono (dati Apat 2004): 288 stabilimenti petrolchimici; 247 depositi di gas liquefatti; 17 impianti di raffinazione del petrolio; 2987 depositi di oli minerali; 27 depositi di pesticidi; 40 depositi di sostanze tossiche; 21 impianti di distillazione; 52 industrie di produzione esplosivi; 15 centrali termoelettriche; 21 galvanotecniche, 43 depositi di gas tecnici; 14 acciaierie; 40 vari altri stabilimenti a rischio inquinamento. 92


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Rifiuti, numeri da record: 40 le inchieste che dal 2002 a oggi hanno contestato il delitto di organizzazione di traffico illecito di rifiuti previsto dall’articolo 53 bis del decreto Ronchi, 251 le persone arrestate, 817 quelle denunciate, mentre sono 247 le aziende e 19 le Regioni coinvolte.

Delle 40 inchieste, 20 sono state compiute soltanto negli ultimi 15 mesi. A queste cifre si affiancano poi le statistiche sui risultati ottenuti dalle forze dell’ordine su tutto il ciclo illegale: nel 2004 sono state accertate 4.073 infrazioni, più di 11 al giorno, mentre sono stati effettuati 1.702 sequestri, quasi 5 al giorno. Il 38,3% delle violazioni è stato riscontrato nelle quattro Regioni a tradizionale presenza mafiosa, e cioè Campania (che guida la classifica delle Regioni con 550 reati, pari al 13,5% del totale nazionale), Puglia (seconda con 498 infrazioni, il 12,2% del totale), Calabria e Sicilia. Questi dati, elaborati da Legambiente nell’edizione 2005 dell’annuale Rapporto Ecomafia, dimostrano per l’ennesima volta in modo inequivocabile come l’ambiente, e nello specifico la gestione illegale dei rifiuti, costituisca un affare redditizio per le organizzazioni criminali: si parla di oltre 3,2 miliardi di euro.

• Secondo il Wüppertal Institut, istituto tedesco di ricerche ambientali di fama mondiale, i rifiuti non sono altro che “la risorsa giusta, nel posto sbagliato”.

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A Sellafield fin dagli anni Sessanta si svolge il riprocessamento dei combustibili usati nella fusione nucleare.

È in Cumbria, litorale nord ovest inglese. Vi sbarcano scorie radioattive il cui traffico è gestito dalla British Nuclear Fuels, che ha contratti per 18 miliardi in euro con clienti europei, in aggiunta alle commesse australiane e giapponesi. I dirigenti della compagnia hanno ammesso alcuni episodi (1995, 1999, 2003...) di trasudamenti e contaminazioni esterne. Nel 1998 Greenpeace attesta pubblicamente una contaminazione nel Mare d’Irlanda: la fauna marina presenta livelli di radiazioni 42 volte più alti degli standard Ue. Quattro anni prima il governo britannico aveva concesso alla Bnfl d’incrementare del 1100% gli scarichi liquidi e gassosi in mare e in atmosfera. C’entra anche l’Italia. Il passaggio di materiale nucleare avviene tra la centrale di Sellafield al Deposito Avogadro di Fiat Avio di Saluggia (VC) e viceversa: si compie con i tir da Saluggia a Vercelli, su ferrovia da Vercelli a Modane, al porto di Dunquerque, in Francia, poi via mare fino a Barrow, in Gran Bretagna e da qui all’impianto di Sellafield. • In Germania vengono usualmente utilizzati carri speciali, con ruote di circa due metri di diametro in modo da prevenire l’uscita dai binari, una velocità di 13 km orari, super scortati e con chiusura delle lineee ferroviarie ad altri trasporti. In Italia prima di proteste, interrogazioni parlamentari, appelli di importanti scienziati, l’invio delle scorte era previsto su carri tradizionali (rossi-marroni e apertura laterale) con un vagone vuoto davanti e dietro come unico cuscinetto in caso di incidenti. L’ultimo viaggio, il 14 febbraio ‘05, è stato bloccato da attivisti di Greenpeace per una intera notte.

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Data 1972 la stipula di un accordo segreto tra il governo degli Stati Uniti e quello italiano, presieduto da Giulio Andreotti, per aprire a Santo Stefano una base per sottomarini nucleari della Marina Usa (sistema di difesa Nato). La base militare godrà di extraterritorialità.

Sette anni dopo l’apertura della base si predispongono i piani di emergenza. Quando, anni dopo, il prefetto di Sassari li illustra all’amministrazione comunale, le polemiche divampano: evacuare 15mila persone in un’ora era impensabile. Negli ultimi anni, un sottomarino (Uss Oklahoma City) urta col periscopio una petroliera norvegese, un altro (Uss Hartford) tocca il fondale nei pressi di Caprera. L’Us Navy sostiene “nulla di grave”; il comandante Greg Parker e il commodoro R. Van Metre vengono rimossi. Agli inizi del 2004 un istituto di ricerca francese, il Criirad, diffonde i dati di una campionatura sulle alghe tra La Maddalena e Bonifacio, segnalando radioattività 400 volte superiore alla norma. La Maddalena è una città militarizzata. La presenza di sottomarini a propulsione nucleare che circolano nel Mediterraneo è avvertita come una minaccia per la salute e l’ambiente della comunità maddalenina, dei sardi, degli italiani e di tutti i popoli del Mediterraneo. Nel 2003 parte l’iter amministrativo per un suo ampliamento. Si parla di raddoppio delle volumetrie. Dopo un primo sì, con un colpo di scena il Consiglio regionale della Sardegna approva un ordine del giorno per il monitoraggio nell’arcipelago della Maddalena che affida a istituti di ricerca indipendenti il rilevamento di radioattività nell’aria e nell’acqua e chiede lo smantellamento della base Usa di Santo Stefano “entro un periodo di tempo prestabilito”. • Infine, il 24 novembre 2005 il presidente della Regione Sardegna Renato Soru annuncia: “Entro dodici mesi, gli Usa via dalla Maddalena”: il motto, annunciato in campagna elettorale, era “siamo amici degli americani, ma in futuro vogliamo che tornino da noi come turisti”. 98


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La ricercatrice Manuela Malatesta ha rilevato “modificazioni” a carico di fegato, pancreas e testicoli nei topi alimentati con soia Ogm. Le sono stati tagliati i fondi – per le stesse ricerche per cui fu convocata dalla Fao per far parte della commissione di valutazione Ogm. LifeGate Radio l’ha intervistata, il 19-1-2006.

– Cosa ha scoperto, nelle sue ricerche? – Abbiamo trovato modificazioni a carico dei nuclei degli epatociti – le cellule principali del fegato. Potrebbero essere indice di cattivo o di diverso funzionamento, avremmo avuto bisogno di più tempo, ma non è stato possibile. Abbiamo rivolto la nostra attenzione al pancreas esocrino – che produce gli enzimi digestivi – e ai testicoli. E anche in questi organi abbiamo riscontrato modificazioni, visibili solo usando particolari strumentazioni. Non stupisce che queste modificazioni non siano state rilevate in indagini di routine come posso supporre siano state fatte dal produttore di soia Ogm. – Senta, lei (personalmente), fino adesso, che idea si è fatta degli Ogm? – Quando cominciai, non avevo preconcetti. Ho sempre cercato di mantenere un atteggiamento di onestà intellettuale. Ma tutto questo accanimento, questa opposizione, questo silenzio, la sparizione di molti colleghi intorno a me in seguito all’interesse dei mass-media... mi ha fatto aprire gli occhi. La mia opinione è che ciò che non va in tutta la storia degli Ogm, è che siano stati messi in commercio, prima fatti coltivare poi immessi nella catena alimentare, senza controlli di autorità indipendenti. La ditta produttrice dice ‘il prodotto è buono’; è ovvio, non immetterà mai sul mercato qualcosa di immediatamente dannoso alla salute. Ma gli effetti a lungo termine, sulla salute, sull’ambiente, sono stati valutati? • – Ma lei... ora come ora, li mangerebbe, gli Ogm? (ride) – Temo di mangiarli quotidianamente. E inconsapevolmente! Sinceramente, vorrei evitarlo. 100


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Uno dei più grandi scandali alimentari europei riguardava proprio le diossine.

Nel ‘98 si è scoperto che prosciutti, polli e uova provenienti dal Belgio contenevano livelli pericolosi di Pcb, policloruro bifenile. Li foraggiavano con mangimi contenenti olii minerali e residui di carburanti. A seguito dello scandalo, l’Unione Europea è stata sollecitata a mettere al bando i mangimi ottenuti dagli scarti della macellazione e dagli oli esausti. Tuttavia il Comitato veterinario dell’Unione Europea nell’agosto ‘99 ha deciso di portare da 100 a 200 nanogrammi la quantità di diossina per grammo di grasso consentita nei prodotti alimentari di origine animale. Le industrie zootecniche hanno ringraziato, ma a tanti è passata la voglia di mangiar bistecche. Di recente in Italia s’è saputo pure di latte alla diossina: un allarme che ha colpito diversi allevamenti della Campania (dove si produce la mozzarella più rinomata d’Italia). Centinaia di analisi sugli allevamenti predisposte dai magistrati rilevarono alti livelli di diossina nel latte: 27 picogrammi, dieci volte oltre quello consentito. Cause probabili: gli inceneritori di rifiuti, le attività industriali, forse i mangimi non in regola. • Il cibo conta per circa il 90% dell’esposizione umana alle diossine che, anche in basse concentrazioni, possono causare tumori, disturbi comportamentali, indebolimento delle difese immunitarie, riduzione degli ormoni maschili e dello sperma, diabete, una malattia della pelle (cloracne), un’affezione uterina (endometriosi). Il nostro organismo impiega sette anni per eliminare almeno una parte delle diossine assimilate. Come ridurre l’esposizione? Aumentando il consumo di frutta e verdura, riducendo i piatti a base di grassi animali (proprio nel grasso si concentrano le sostanze contaminanti assimilate dall’animale). Prediligere gli alimenti biologici: gli animali allevati con metodo bio non possono essere nutriti se non con mangimi controllati. Insomma, sette anni di dieta bio e... addio diossine. 102


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“Esiste una teorizzazione sul congresso come arma di fidelizzazione del medico, per renderlo riconoscente a chi l’ha mandato a farsi una bella vacanza con la scusa dell’aggiornamento. All’inizio dell’anno ogni informatore ha una lista di posti disponibili per congressi in giro per il mondo, cui mandare i medici interessanti, quelli che prescrivono tante scatolette. Qui ho una lista curata da me dove si vede il congresso al Cairo, naturalmente a febbraio, quello a Salvador de Bahia, a dicembre, e poi in Sardegna a giugno, a Ischia a maggio e così via. Qui ce n’è anche uno a Washington, uno serio, ma qui c’è un solo posto ovviamente, per gli altri ce ne sono diversi”.

Questo è il racconto di un vero testimone, l’informatore scientifico del farmaco, mandato in onda da “Report” di Milena Gabanelli (11-10-2001, Rai 3). L’autore, Paolo Barnard, prosegue: “Quest’uomo faceva parte di quella schiera di giovani incravattati che troviamo spesso negli studi dei medici e che si chiamano informatori scientifici: alle dipendenze delle case farmaceutiche, questi avrebbero il compito di informare i dottori sui nuovi farmaci, ma purtroppo sembra che la loro specialità sia quella di corromperli per ottenere più prescrizioni. Il mio testimone ha deciso di raccontare quello che sa su questo fenomeno, che prende il nome di comparaggio... Come fate a coccolare i medici affinché prescrivano i vostri farmaci anziché altri?”. • Informatore: “Dipende dal medico. Alcuni arrivano a prendere le mazzette, altri si accontentano di gadget, di congressi-vacanza, di un apparecchio per la pressione, di una bilancia. Poi ci sono i gadget che non si vedono, come il telefonino, il programma computer, per i quali si chiede qualcosa in cambio”.

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Uno studio promosso dal Ministero dell’Ambiente ha analizzato i cambiamenti nella distribuzione della fauna ittica del Mediterraneo.

Dal 1995 l’Icram, Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare osserva i primi cambiamenti e l’iniziale diffusione di specie tipiche dei mari tropicali nel Mediterraneo. Le specie mediterranee sono circa 550, contro le 1800 indopacifiche, più competitive e più adattabili. Grande attenzione è rivolta al fenomeno e alle specie aliene, tema centrale della convenzione internazionale sulla biodiversità. Le specie marine nuove per il Mediterraneo sono circa 250. Alcune provengono dal Mar Rosso. Nelle acque intorno alla Sicilia vivono ora nuove specie di triglie, un nuovo tipo di cernia, di tonnetto, e il barracuda del Mar Rosso, fino a qualche tempo fa del tutto assenti nel Mediterraneo. La tropicalizzazione del Mediterraneo non va considerata come qualcosa di irreversibile; è tipico degli ambienti marini cambiare in relazione a oscillazioni climatiche.

• Quel che preoccupa sono le conseguenze del cambiamento climatico globale. La proporzione dei gas serra in atmosfera è aumentata di un terzo, da quando è cominciata ai primi dell’800 l’industrializzazione. Da allora, la massa di tutti i ghiacciai si è dimezzata. Gli 8 anni più caldi degli ultimi 130 si registrano negli ultimi 11. E tutta la CO2 riversata in atmosfera potrebbe reagire con la superficie degli oceani: secondo uno studio della Royal Society (2005) l’anidride carbonica sciogliendosi nell’acqua ne aumenta l’acidità, il cui livello crescerà del 300% in questo secolo. I gas serra avvelenano gli oceani...

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Un’enorme nube inquinante copre la Cina orientale, estendendosi nella pianura costiera che circonda il Fiume Giallo, alle rive del Mar Giallo e a nord fino alla capitale Pechino. Lo rivelano le immagini inviate nel novembre 2004 dai satelliti Nasa Aqua e Terra. Gli stessi satelliti mostrano un analogo fenomeno sulla penisola indiana.

Per quanto riguarda la Cina, gli scienziati del Nasa Earth Observatory ritengono che la nube fotografata dal Moderate Resolution Imaging Spectroradiometer (Modis) sia il risultato delle emissioni di centrali a carbone, autoveicoli e fonti di inquinamento dalle grandi città come Pechino e Shenzhen. Impressionante anche l’immagine della penisola indiana. Una grande nube ai piedi dell’Himalaya, mentre gli altipiani del Tibet sono completamente sgombri. “L’Himalaya fa da barriera naturale – spiegano alla Nasa – e trattiene il fumo e l’inquinamento in quella zona”. • Agli inizi degli anni Sessanta il chimico inglese James Lovelock elabora una visione del pianeta Terra come entità vivente, l’ipotesi Gaia (antica dea greca, madre dei viventi). Nel 2006 Lovelock pubblica il saggio The revenge of Gaia, e per lanciarlo, su “Independent” scrive: “...Le abbiamo fatto venire la febbre, e presto le sue condizioni peggioreranno fino a farla andare in coma. Per guarire impiegherà più di 100.000 anni... Forse la cosa più triste è che Gaia perderà molto più di quanto perderemo noi soli. La vita selvaggia e gli ecosistemi soffriranno, ma... nella civilizzazione umana, il pianeta ha una preziosa risorsa. Non siamo solo la malattia. Siamo, con la nostra intelligenza e la comunicazione, il sistema nervoso del pianeta. Attraverso questo, Gaia si vede dallo spazio, e conosce il suo posto nell’universo. Noi dovremmo essere il cuore e la mente della Terra, non la sua malattia. Quindi, dobbiamo essere forti e smettere di pensare solo ai bisogni e ai diritti umani; capire che abbiamo danneggiato la Terra vivente, e che ora dobbiamo fare la pace con lei”. 108


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Da Marconi a oggi, con l’applicazione su larga scala dell’energia elettrica e delle telecomunicazioni, la dose quotidiana di elettromagnetismo artificiale (CEM) assorbita dal corpo umano si è moltiplicata di migliaia di volte e tende a salire, con lo sviluppo di tecnologie sempre più potenti e sofisticate ad alta frequenza: ripetitori RadioTV e ponti radio di telefonia cellulare, video, satellitare, wireless ecc.

In questa realtà fuori controllo, è la potenza condizionante del business telefonico (2,6 miliardi di utenti, 130 miliardi di dollari annui solo i produttori) a contrastare la diffusione dei dati sempre più preoccupati delle indagini epidemiologiche indipendenti (non finanziate dalle aziende) sulla possibile relazione a lungo termine tra CEM e malattie degenerative del sangue (leucemie infantili), dell’encefalo, del sistema neuro-vegetativo, nervoso e linfatico. Analisi che rilevano anche il collegamento con l’inquinamento atmosferico, che diventa acceleratore dello squilibrio nel delicato sistema di bio-hertz dell’organismo. Illuminante sul tema elettrosmog, è la relazione di Angelo Gino Lewis, biologo internazionale, membro permanente dell’Istituto Superiore di Sanità, consultabile sul sito: www.elettrosensibili.it, sito dei malati di elettrosensibilità (electrical sensivity), sindrome neurovegetativa (in espansione mondiale) direttamente o indirettamente causata dall’esposizione ai campi elettromagnetici. • Negli anni ‘70 a Milano, era famoso un burbero anarchico che arringava la folla del Parco Sempione sul pericolo dell’onda. “L’onda ci uccide” scriveva tra il dileggio e la compassione dei passanti, in mille scritte sui marciapiedi. Si chiamava C.T. e forse aveva ragione.

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Sono state le maggiori aziende dei settori agricoltura e biotecnologia, della difesa, dell’energia, della sanità, dei trasporti e del tabacco i finanziatori (fino a otto volte di più) del candidato Bush.

Sono i loro finanziamenti (vedi scandalo Abramoff) e la capacità di lobbyng ad aver contribuito in modo decisivo al secondo mandato di George Bush. Sono loro la squadra di governo, i poteri forti dell’amministrazione (il vicepresidente Dick Cheney era capo esecutivo dell’indagata Halliburton Oil), la mente strategica e il motore economico della “militarizzazione della politica energetica” americana. Le guerre del petrolio: cioè trasformare l’esercito in un servizio globale di approvvigionamento, protezione, del greggio e delle sue rotte. In Iraq, ma anche in Colombia, Arabia Saudita, Georgia, Golfo Persico, Mar Cinese Meridionale ecc. Del resto la dipendenza americana dal petrolio importato è cresciuta fino ai 20 mbg nel 2005 (69% del consumo) e Bush con la legge ENERGY BILL si è subito dimostrato riconoscente, con 4 miliardi di dollari tra sussidi e sgravi fiscali nel solo 2005, ma soprattutto allentando vincoli ambientali e il potere di interdizione dei poteri locali contro il proliferare di infrastrutture petrolifere. Non si può dimenticare tra i fedeli finanziatori del candidato Bush, infine, i produttori di tabacco. Ricompensati con la nomina di personaggi benevoli verso Big Tobaco in posizioni cruciali, col preciso intento di sgonfiare i programmi di prevenzione, e soprattutto complicare ricorsi e cause miliardarie (in dollari) delle Associazioni dei consumatori favorendo le archiviazioni (Class action faimess doctrine act). • Le presidenziali 2004 e le elezioni per il Congresso sono costate in totale la cifra record di 4 miliardi di dollari. 112


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L’acqua è vita. Ed è uno dei settori su cui i gruppi mafiosi hanno esercitato da sempre il proprio dominio in Sicilia.

La mafia non è solo una organizzazione criminale ma è un’entità più articolata. Ha rapporti con il contesto sociale, con l’economia, la politica e le istituzioni, mischia attività illegali con attività legali, non sempre con il solo obiettivo di arricchimento, ma anche con precise mire di spartizione del potere, di controllo sociale e politico. Inevitabile quindi che il crimine mafioso abbia considerato il controllo sull’acqua, da secoli una risorsa fondamentale per la coltivazione degli agrumi e quindi per l’economia isolana, un obiettivo mirato da raggiungere. Riuscendoci perfettamente. Questo anche per la mancanza da parte dello Stato italiano (fin dalle origini) di una precisa politica delle acque che ha favorito la pratica del controllo privato esercitata in Sicilia dai “fontanieri” (guardiani legati alla mafia) anche con clamorosi omicidi e cicliche sanguinose faide interne.

• Ogni anno piovono in Sicilia circa 7 miliardi di metri cubi d’acqua, quasi il triplo del fabbisogno civile e industriale. La decina di dighe costruite dagli anni ‘30 ad oggi sarebbero ampiamente in grado di fornire risorse idriche alla regione, ma vengono sistematicamente costrette a funzionare a regimi ridotti. Gli stanziamenti statali (54 miliardi nel 2000) si disperdono nei rivoli del clientelismo (scandalo depuratori) e del controllo mafioso sulle amministrazioni locali. Intanto la rete idrica colabrodo perde il 50% d’acqua, la Sicilia soffre la sete ed è in emergenza permanente.

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ECOALFABETO

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FINITO DI STAMPARE NEL MESE DI GIUGNO 2006


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