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a cura di Fortunato Cozzupoli e Francesco Carlo Maria Vita
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Fortunato Cozzupoli, esperto di politiche di sviluppo locale e coesione territoriale, attualmente ricopre il ruolo di Direttore del GAL BaTiR e del GAC dello Stretto. Svolge consulenze specialistiche per Enti Pubblici e privati in campi diversi: dalla pianificazione territoriale, strategica e di marketing, alla programmazione locale, valutazione delle politiche di sviluppo e valorizzazione territoriale. È esperto nel contrastare le criticità del contesto economico, culturale, produttivo e sociale, innescando processi di sviluppo locale duraturi. Francesco Carlo Maria Vita, pianificatore territoriale, Phd in Architettura dei parchi, dei giardini e assetto del territorio, esperto in sviluppo locale. Da sempre la sua ricerca è orientata al tema della complessità come chiave di lettura dei sistemi locali. Esperto in ICT applicate per la gestione e il miglioramento dei processi di trasformazione del territorio incentrate sulla partecipazione. Ha maturato esperienze significative sia in Italia (Ufficio di Piano del PTCP della Provincia di Reggio Calabria in qualità di esperto di area vasta, 2008-2012) sia all’estero (University of Newcastle Upon Tyne - Regno Unito - School of architecture, Planning & landscape - Global Urban Research Unit, 2008). Dal 2011 è Agente di Sviluppo locale presso il Dipartimento 3 Programmazione Comunitaria della Regione Calabria. Dal 2012 è consulente tecnico del GAL BaTiR.
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Il lavoro, finanziato dalla Misura 331 Formazione ed informazione (Azione 2 del PSR 2007 – 2013 - ASSE 3 - Qualità della vita nelle zone rurali e diversificazione dell'economia rurale), ha approfondito il concetto di paesaggio attraverso una metodologia d’indagine incentrata sul triplice rapporto: territorio-cultura-paesaggio. Il primo capitolo inquadra i paradigmi da cui si è partiti per comprendere il concetto di paesaggio. Il secondo capitolo presenta un’analisi della storia del paesaggio e delle dinamiche insediative proprie del territorio del GAL BaTiR. Nel terzo capitolo si evidenza la metodologia di lavoro utilizzata per il rilevamento del patrimonio culturale e ambientale, attraverso la costruzione di un sistema integrato di conoscenza. Il quarto capitolo è caratterizzato dalla schedatura dei beni individuati per la costruzione dell’Atlante del paesaggio del Basso Tirreno Reggino: un Atlante che racchiude in sé complessità, varietà, identità, tipicità e bellezza, che costituisce un importante patrimonio da evidenziare, interpretare, valorizzare. L’Atlante è espressione identitaria di saperi, arti, culture, produzioni: tutti elementi di una civiltà che, riscoprendo i propri valori patrimoniali, può esprimere un proprio progetto di sviluppo peculiare e durevole, in grado di competere e cooperare sui mercati globali.
Per la costruzione dell’Atlante del Paesaggio del Basso Tirreno Reggino Patrimonio Culturale e Patrimonio Naturale per la valorizzazione del paesaggio
a cura di
Fortunato Cozzupoli e Francesco Carlo Maria Vita
Per la costruzione dellâ&#x20AC;&#x2122;Atlante del Paesaggio del Basso Tirreno Reggino Patrimonio Culturale e Patrimonio Naturale per la valorizzazione del paesaggio
a cura di
Fortunato Cozzupoli e Francesco Carlo Maria Vita
Hanno collaborato
Leonardo Gironda, pianificatore territoriale, Phd in Architettura dei parchi, dei giardini e assetto del territorio, esperto in Sistemi Informativi Territoriali applicati alla pianificazione. Ha svolto attività di ricerca orientata al monitoraggio delle trasformazioni del paesaggio presso il Dipartimento OASI Università degli studi “Mediterranea” (2006-2010). Ha partecipato alla Progettazione del Sistema Informativo Territoriale e Osservatorio delle trasformazioni territoriali della Regione Calabria (20072010). Ha partecipato, in qualità di Esperto GIS dell’Ufficio di Piano della Provincia di Reggio Calabria, all’elaborazione del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (2008-2012). Dal 2012 è Agente di Sviluppo locale presso il Dipartimento 3 Programmazione Comunitaria della Regione Calabria. Dal 2012 è consulente tecnico del GAL BaTiR. Roberta Missineo, Laureata in Scienze economico-aziendali e abilitata all’esercizio della professione di Dottore commercialista, ha svolto diversi incarichi di collaborazione presso la Provincia di Reggio Calabria per la redazione di analisi statistiche demografiche e socio-economiche relative al territorio provinciale, regionale e nazionale. Elisa Morano, architetto, si laurea in Architettura 5UE (2012) presso la Facoltà di Architettura Università degli studi “Mediterranea” di Reggio Calabria - con la tesi di laurea “Qasr Omayyadi in Giordania“, a seguito del workshop internazionale “Preserve the Architectural Heritage“ presso “Al Al Bayt University” (Mafraq, Giordania). Ha collaborato con studi di progettazione architettonica, partecipando a diverse gare e concorsi di idee di progettazione e grafica. Dal 2012 collabora con il GAL BaTiR. Giampiero Pirrò, libero professionista, laureato nell’indirizzo demo-etno-antropologico della facoltà di Lettere all’Università “la Sapienza” di Roma. Esperto di sviluppo rurale e governance locale, dal 2006, ha maturato diversi incarichi con alcuni GAL calabresi. Ha effettuato valutazioni sul PSR Calabria 2007/2013 per conto della società ECOSFERA Vic SpA, ha diverse collaborazioni nel campo editoriale, della comunicazione e della formazione professionale. Dal 2011 è consulente tecnico per il GAL BaTiR, ha partecipato all’elaborazione e stesura del PSL AULINAS ed è impegnato nell’ideazione e nel coordinamento di progetti ed attività previste dallo stesso.
Foto Valeria Gironda, Nathalie Iofrida, Alfonso Morabito, Elisa Morano, Emanuela Piazza, Daniele Giuseppe Riefolo, Giovanna Riso, Virgilio Sabatino, Antonio Sollazzo, Giuseppe Sobrio, Francesco Carlo Maria Vita Elaborazioni grafiche Elisa Morano In copertina Grafici Mentali elaborazione grafica di Elisa Morano © 2014 Iiriti Editore via del Torrione, 72/a 89125 Reggio Calabria www.iiritieditore.com info@iiritieditore.com ISBN 978-88-6494-134-9
REGIONE CALABRIA Assessorato Agricoltura Foreste e Forestazione
SOMMARIO Presentazione: Paesaggio precursore dei tempi........................................................................................................................... 7
Introduzione: strategia, obiettivi, strumenti e azioni future..................................................................................................... 11
1. Paradigmi.......................................................................................................................................................................................... 14 1.1 Il paesaggio nel rapporto tra storia e futuro .................................................................................................................................................... 14 1.2 Il paesaggio rappresentazione di una cultura .................................................................................................................................................. 15 1.3 Lo studio del paesaggio come sistema di ecosistemi ......................................................................................................................................... 16 1.4 Le relazioni multiscalari ............................................................................................................................................................................. 17 1.5 La partecipazione nella percezione del paesaggio ............................................................................................................................................ 19
2. Il paesaggio del Basso Tirreno Reggino.................................................................................................................................. 24 2.1 Gli aspetti storici del paesaggio ................................................................................................................................................................... 24 2.2 Il paesaggio e il tempo degli eventi .............................................................................................................................................................. 31 2.3 Il contesto socio-economico: una lettura di sintesi ............................................................................................................................................ 32
3. La costruzione dell’Atlante del Paesaggio del GAL............................................................................................................. 37 3.1 Gli strumenti di pianificazione regionali e provinciali ......................................................................................................................................... 37 3.2 La costruzione dell’Atlante del Paesaggio del GAL BaTiR .................................................................................................................................... 41
4. Atlante del Paesaggio................................................................................................................................................................... 49
Riferimenti Bibliografici.................................................................................................................................................................... 333
Presentazione: Paesaggio precursore dei tempi di Concetta Fallanca De Blasio
Il paesaggio, diceva Eugenio Turri, è fatto dalle “frasi di un discorso lungo” nel linguaggio formato dalle parole depositate dagli abitanti sul territorio. Il territorio come palinsesto, il territorio come spazio fisico biologico ed ecologico, come essenza degli eventi che lo hanno interessato nel corso della storia, il territorio come “bene comune”, il territorio come paesaggio attraverso la percezione dei caratteri visivi della fisicità, luminosità, cromaticità, composizione materica, struttura spaziale e tessitura. Oggi, sotto una spinta alimentata dalla Convenzione Europea del Paesaggio, il termine territorio cede il passo all’attenzione verso il termine paesaggio che riscuote una particolare affezione dalla politica, dagli organi di comunicazione, ma soprattutto da chi, a diversi livelli, ha nel paesaggio il suo ambito di azione privilegiato. In questa contesa di approcci l’aspetto sostanziale riguarda l’evoluzione di un’eredità corposa. Risulta, infatti, fondamentale che i percorsi maturati nel campo della pianificazione territoriale e urbana possano trovare naturale proseguimento in questo nuovo entusiasmo disciplinare per determinare sempre ulteriori avanzamenti nel campo della governance del territorio e delle città. Sempre più qualificate, sono, infatti, le scuole che progettano l’elaborazione di un’ermeneutica del paesaggio e sempre più numerosi sono gli Enti che istituiscono uffici di piano e osservatori del paesaggio impegnati nell’elaborazione di puntuali tassonomie dei paesaggi e sofisticati Atlanti del paesaggio intesi come strumenti di conoscenza dei luoghi. Di ogni luogo il paesaggio è la manifestazione più evidente del modello culturale che si respira, precursore dei tempi, spesso anticipa quello che ancora non si comprende. Nel nostro Paese negli anni sessanta, in pieno boom economico, non era immediato cogliere la portata di quella rivoluzione civile e ambientale che stava attraversando il territorio italiano, il precipitarsi verso un sentire diverso che trasformava in pochi anni e in un certo senso a cuor leggero, paesaggi centenari in nome di una modernità che desiderava prendere le distanze da una vita di provincia, 7
percepita come freno all’emancipazione sociale e allo sviluppo. In quei decenni furono oculatamente salvaguardati esclusivamente quei paesaggi storici del cui valore identitario d’irripetibilità erano pienamente consapevoli le comunità di appartenenza; territori di più elevata e rara produttività, dotati di una più spiccata individualità (quella che il geografo Vival De La Blache chiama personalità) che hanno finito con l’assumere la fisionomia stessa del Paese, rappresentando da quel momento in poi, l’immaginario collettivo dell’identità del paesaggio italiano. Il paesaggio dell’Italia di oggi non è sempre quello che vorremmo, riconosciamo sperperi, sgarberie, ogni sorta di illogicità, a partire dallo sfruttamento di risorse (aree costiere, cave, attività industriali, opulenti centri commerciali) che arricchiscono i privati e defraudano la collettività. Ma siamo anche consapevoli che questo nostro territorio è al tempo stesso anche l’Italia delle eccellenze, dei paesaggi che segnano l’anima e dove maturano le riflessioni più profonde su questi temi. Tra le tante classificazioni o tipologie di paesaggi, trovo utile riprendere tre grandi famiglie nelle quali sostanzialmente si riconoscono i paesaggi che ci circondano e che evocano altrettanti macro indirizzi di progettualità. I paesaggi dal registro alto, quelli di particolare interesse dal punto di vista estetico per quello che rappresentano, per essere insoliti e che per qualche aspetto si ricordano; paesaggi complessi per il portato di civiltà e memoria, la cui sana evoluzione dovrebbe essere garantita dall’affezione collettiva, dall’essere considerati parte integrante di un’orgogliosa identità. Ci sono poi i cosiddetti paesaggi ordinari, che offrono il senso autentico di quel che è un Paese nella sua quotidianità, con registri di media nobiltà, con gli alti e bassi di una ruralità produttiva, di scene urbane di dignitosa periferia; paesaggi che si aprono ad una progettualità volta ad innalzarne la qualità, a fissare nuovi obiettivi per ridisegnarne margini, caratteri, sostanza. 8
Infine i paesaggi della protervia, quelli in cui si è perso il senso del “bene comune” ed è prevalso l’interesse individuale. Le cause sono di vario tipo, ripercorrerle può valere a tracciare nuove direzioni di sviluppo. Il Basso Tirreno Reggino contiene ed esplicita tutte le tre famiglie di paesaggi. Dalla Costa Viola all’Aspromonte, paesaggi dal registro alto punteggiano questo territorio offrendo un immenso repertorio in termini di significati culturali, estetici e produttivi. Non solo il borgo di Chianalea, la spiaggia di Marinella, le ripide vette aspromontane, i boschi di altura e gli uliveti secolari, o ancora le torri costiere, le ville storiche, i terrazzamenti con i muri a secco. Non solo i paesaggi del “brivido sacro” di Immanuel Kant (Critica del giudizio), i paesaggi sublimi, oppure i mitici paesaggi del silenzio, ma possono essere di registro alto anche i semplici paesaggi appena fuori città, nei quali la natura già alza il tono, oppure, meglio, quei luoghi dove si viene a determinare una nobile interazione tra lo spazio naturale e l’azione culturale. Accanto a queste eccellenze convivono i paesaggi ordinari, le infinite rappresentazioni della cultura del mondo rurale che offrono a loro volta scene diverse al variare delle stagioni. Le masserie di cui è ricco il territorio rurale, le architetture civili che emergono nel minuto tessuto urbano, i piccoli manufatti della cultura contadina, i ruderi di antichi conventi. Tutti elementi di paesaggi che fanno da sfondo, che esaltano i paesaggi dal registro alto e che possono loro stessi conoscere alterne fortune e virare, per incuria e abbandono verso un incipiente degrado. Espressione di un mondo che ha un rapporto di cautela con il territorio e gli eventi naturali, di un mondo abituato a fare da sé, a lavorare al mantenimento del proprio patrimonio materiale-sociale con un saggio rapporto incrementale del fare e dell’accantonare per interventi di maggiore impegno. E poi ancora i paesaggi della protervia, gli anti paesaggi, lo Junkspace di Rem Koolhaas“ al di là di ogni misura
e di ogni codice”. Caratterizzati dall’evidente prevalenza dell’interesse individuale rispetto a quello collettivo, nei casi meno gravi sono dovuti a innocenti forme di disattenzione che producono una famiglia particolare, meno nobile e con inferiori potenzialità di quel Terzo paesaggio di cui parla il paesaggista francese Gilles Clément. Parlando di questi paesaggi si parla di altro. Si parla di relitti urbani di tessuti abitativi mai portati a compimento, di spazi ibridi mal costruiti e mal coltivati, di episodi edilizi disseminati su ripide pendici, in prossimità di torrenti o in più in generale in parti di territorio fortemente resilienti alla trasformazione; di parti di città senza regole, senza qualità, senza storia. Spazi dal futuro sofferto. Il territorio del Basso Tirreno Reggino è tutto questo e altro ancora. Raccontarlo attraverso un suo “Atlante del Paesaggio” è un utile punto di partenza per stimolare quel processo di “coscienza e conoscenza” indispensabile per creare affezione verso i luoghi in cui si vive. Ma anche per stimolare una energica carica di progettualità rivolta non solo a conservare, tutelare, preservare i paesaggi dal registro alto ma anche a ridisegnare, risanare, riabilitare, restituire dignità, sostanza e statuto ai paesaggi della quotidianità che sono stati oggetto di un uso privatistico che ne ha mortificato l’essenza. L’Atlante del Paesaggio del Basso Tirreno Reggino, la cui costruzione è basata su un sistema di conoscenze integrate e implementabili grazie all’uso dei sistemi GIS, si pone allora come un interessante strumento ricognitivo di indagine, finalizzato a riscoprire i propri valori identitari. Le sue pagine svelano un patrimonio sconosciuto a volte anche agli stessi abitanti, chiamati ad avere un ruolo sempre più attivo nei processi di trasformazione e gestione del territorio, obiettivo ricercato da Fortunato Cozzupoli e Francesco Carlo Maria Vita, abili curatori, ideatori e coordinatori dell’Atlante. Il termine Atlante ha un suo fascino, evoca impegni titanici ma promette soprattutto raccolte sistematiche di in-
formazioni, di “sapienze” che il territorio custodisce e che disvela solo a chi veramente sa ascoltare. Nella nostra Regione è stato usato non in molte occasioni: Per un Atlante della Calabria, Per un Atlante del barocco in Calabria, Atlante Linguistico-Etnografico della Calabria e infine per il portale “interattivo” Un Atlante dei beni culturali della Calabria. Tutte occasioni volte a promuovere conoscenza e affezione dei valori del territorio come condivisione del bonum commune invocato da Salvatore Settis. L’educazione al bello, alla cura, alla manutenzione, alla curiosità delle altrui peculiarità può valere a favorire azioni di continuità nel mantenere e indirizzare verso interventi migliorativi quei territori e quei brani urbani che perdono di significato e virano verso il degrado. Può valere a formare nuove consapevolezze, ad apportare quel pensiero critico dell’estetica, inteso nel senso più ampio, ma anche, in definitiva, a recuperare quel legame tra uomo e natura/ contesto che nel passato ha determinato la bellezza dei paesaggi in cui oggi viviamo.
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Introduzione: strategia, obiettivi, strumenti e azioni future* programmi
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Nei programmi di sviluppo della Unione Europea, sia nel 2007-2013 che nel prossimo settennio 2014-2020, è data particolare attenzione al Paesaggio, che rappresenta uno degli aspetti più complessi ed eterogenei nel contesto territoriale europeo. Questa attenzione è stata recepita dal Gal BaTiR che ha iniziato a valorizzare il paesaggio e il patrimonio culturale e ambientale presente nel proprio territorio, attraverso una strategia definita, con obiettivi chiari e con strumenti di innovazione tecnologica. Una delle modalità con cui applicare questa strategia è la costruzione dell’Atlante del Paesaggio incentrata sul triplice rapporto: territorio-cultura-paesaggio. Il territorio racchiude una grande quantità di forme di organizzazione spaziale, frutto di una concentrazione e stratificazione, secolare e millenaria, di interventi di trasformazione dell’ambiente che, in parte, sopravvivono anche fisicamente e, in parte, costituiscono modelli e substrati di riferimento culturale ai quali, continuamente, si attinge e dai quali si traggono nuove soluzioni organizzative. L’esistenza di un rapporto costante tra il paesaggio ed il territorio, di cui esso è la sua rappresentazione, non ha bisogno di essere dimostrato, va semplicemente riconosciuto nella varietà delle forme in cui si è storicamente strutturato. L’intreccio di modelli, epoche, contesti ed esempi consente di cogliere, ad un tempo, il senso della continuità e quello dell’innovazione, i ritorni e le fratture, gli equilibri prodotti e quelli dissolti che seguono lo sviluppo delle relazioni tra cultura e paesaggio, tra città e campagna, tra società e ambiente, tra arte e scienza. L’obiettivo dell’Atlante è stato quello di costruire un sistema di conoscenza del paesaggio composto dal patrimonio culturale e ambientale dell’Area del Basso Tirreno Reggino, che possa coniugare i saperi tecnici con i saperi locali. È stato costruito, individuato e implementato un sistema di conoscenza integrata che ha nell’Atlante la sua parte
*di Francesco Vita
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visibile e nel Gis il motore che permette di rilevare il dato in sé e il sistema di relazioni che produce (da cui è prodotto o che contribuisce a produrre), e nel mettere insieme tutte le informazioni possibili (territoriali, sociali, ecologiche ecc.) in un’organizzazione multiscalare (Vendittelli, 2000).1 Il lavoro effettuato ha visto coinvolti i saperi tecnici, che sono solo una parte della realtà, ma che mancano dell’interpretazione da parte degli abitanti del patrimonio che costituisce il proprio paesaggio. Questo lavoro servirà da base metodologica e conoscitiva per poter implementare attraverso una serie di azioni dal basso, le interpretazioni da parte degli abitanti di questi luoghi. Solo alla fine di queste azioni avremo la possibilità di poter generare un Atlante del paesaggio: figlio dei saperi tecnici e dei saperi locali. L’intento è stato quello di dare conoscenza e coscienza al territorio, inteso come abitanti di questi luoghi. Uno dei problemi principali nella gestione dei progetti di paesaggio è il potenziale conoscitivo e sociale dei partecipanti, necessario ad un processo equilibrato ed efficace e ai fini dell’assunzione di responsabilità per le decisioni. Lo sforzo fatto è quello di costruire un modello di sviluppo sostenibile che possa fare da guida per le azioni dal basso, di educazione alla conoscenza ed alla coscienza del proprio paesaggio: diventa allora indispensabile la creazione di modelli e metodologie finalizzate a garantire la trasparenza dei processi di costruzione dell’Atlante e dei modelli di valutazione, a migliorare lo scambio di informazioni e favorire, così, il processo partecipativo. In definitiva un modello di sviluppo sostenibile, fondato sulla cura e l’attenzione ai paesaggi locali, finalizzato alla loro riappropriazione e alla valorizzazione dei beni comuni in forme durevoli e sostenibili. Questo modello per essere completo richiede cittadinanza attiva, consapevole, 1 2
in grado di coniugare saperi locali con saperi tecnici, attraverso forme di democrazia partecipativa. Per far si che ci sia una possibilità di sviluppo sostenibile fondato sul riconoscimento e la valorizzazione dell’identità dei luoghi e dei loro beni patrimoniali, è necessario che il livello di consapevolezza, di cultura, di coscienza critica della società si debba innalzare: questo è fattibile attraverso una presa di coscienza del proprio ruolo e della propria identità, che può essere esplicitato attraverso una serie di azioni di educazione civica e partecipazione. Si deve passare dal concetto di bene individuale a quello di bene collettivo, bene comune, che è contraddistinto dal concetto di comunità aperta, relazionale e solidale. “Si può affermare che siamo in una fase in cui la coscienza di luogo, per lunghi anni obnubilata dai modelli industriali massificati di produzione e consumo, va crescendo (a fronte della divaricazione crescente fra crescita economica e benessere), non solo nelle pratiche consapevoli di cittadinanza attiva (associazioni ambientaliste che si “prendono cura” dell’ambiente e del paesaggio, comitati per la difesa della qualità abitativa e del paesaggio, pratiche ecologiche in agricoltura, reti corte di produzione e consumo, imprese a valenza etica, ecc), ma anche in comportamenti spontanei (domanda di qualità e tipicità nell’alimentazione, nella qualità urbana e ambientale; forme di turismo consapevole, modificazioni verso la sobrietà e la convivialità nei consumi e negli stili di vita, riappropriazione degli spazi pubblici per incontri, feste, mercati locali, ecc).” (Magnaghi, 2005)2 Un Atlante che racchiude in sé complessità, varietà, identità, tipicità e bellezza che costituisce un importante patrimonio da evidenziare, interpretare, valorizzare. L’Atlante è espressione identitaria di saperi, arti, culture, produzioni: tutti elementi di una civiltà che, riscoprendo i propri valori patrimoniali, può esprimere un proprio progetto di
M. Vendittelli, La sostenibilità da chimera a paradigma, Franco Angeli, Roma, 2000. A. Magnaghi, La rappresentazione identitaria del territorio: atlanti, codici, figure, paradigmi per il progetto locale, Alinea, Firenze, 2005.
12
sviluppo peculiare e durevole, in grado di competere e cooperare sui mercati globali. L’Atlante, nel finalizzare le proprie azioni all’obiettivo di mettere in valore le peculiarità identitarie dei paesaggi del Basso Tirreno Reggino, contribuisce a indicarne le potenzialità specifiche per realizzare un modello di sviluppo socioeconomico autosostenibile, attraverso la messa a sistema dei singoli valori patrimoniali: “ricomponendone il mosaico, riconoscendo e potenziando l’immagine articolata e plurale dei paesaggi; considerando le peculiarità dei fattori identitari e il loro riconoscimento sociale come una risorsa per la promozione della progettualità locale.” (Magnaghi, 2010)3 Questo obiettivo strategico di sviluppo endogeno verrà perseguito nel prosieguo del lavoro con l’attivazione dei saperi locali attraverso la produzione sociale dell’Atlante: produzione che verrà implementata con la proposizione di una serie articolata di strumenti partecipativi e di governance. Questi gli strumenti previsti per poter costruire l’Atlante degli abitanti e poter passare a definire una sintesi tra i saperi tecnici e i saperi locali: • Community mapping; • PPGIS; • Sito web interattivo; • Animazione territoriale; • Progetto ProstudentGIS; • WebGis interattivo; Sarà possibile implementare questi strumenti solo grazie al lavoro fatto per la costruzione dell’Atlante. Le basi scientifiche conoscitive che sono state realizzate contribuiranno alla creazione di un processo partecipativo che non sarà limitato alla percezione che hanno gli abitanti del proprio paesaggio, ma sarà un processo, che attraverso l’apprendimento collettivo del paesaggio come bene
3
comune, facendo interagire saperi tecnici e saperi locali, porti al riconoscimento da parte dei diversi attori dei valori patrimoniali affinché si possano attivare azioni per la cura e la valorizzazione del patrimonio. è necessario un processo partecipativo che avvii una trasformazione culturale di riconoscimento condiviso dei beni comuni per agire le trasformazioni del paesaggio e la fruibilità collettiva di beni in via di privatizzazione: il paesaggio agrario, le coste, gli spazi pubblici delle città, i boschi. Il tutto per poter passare dal bene individuale al bene comune.
Alberto Magnaghi, Il progetto locale. Verso la coscienza di luogo, Bollati Boringhieri, Torino, 2010.
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1. Paradigmi*
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1.1 Il paesaggio nel rapporto tra storia e futuro
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In questo capitolo si pongono in evidenza il complesso di assunti che sta alla base della costruzione dell’Atlante: dal concetto di Paesaggio a quello di Partecipazione, passando per Complessità e Identità. I paradigmi (Kuhn 1962)4 organizzano la ricerca, descrivendo, analizzando e rendendo evidenti i riferimenti scientifici a cui ci si è legati.
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sviluppo sostenibile
L’immagine, la rappresentazione, che permette l’identificazione da parte del soggetto-uomo dell’oggetto-territorio prende il nome di paesaggio. Il paesaggio, immagine riconoscibile del territorio, è la restituzione formale e culturale degli eventi e dei processi evolutivo-dinamici naturali e antropici che sono avvenuti e che sono in atto in un territorio. “Nel paesaggio la cultura ritrova la natura, storia e natura si uniscono in un insieme unificante di sensazioni, dove il respiro dell’una si fonde ai ritmi rasserenanti dell’altra.” (Romani,1994)5 L’integrazione delle trasformazioni antropiche del territorio nei processi naturali è la manifestazione dell’esigenza, avvertita dalla società attuale, di un rinnovato rapporto uomo-natura. Il paesaggio è inteso come successione di momenti e modi diversi delle società umane di rapportarsi con il territorio che le ospita, di viverlo e trasformarlo secondo le proprie esigenze vitali. Ogni periodo storico ha modificato lo schema dei luoghi, ne ha modificato la struttura e le funzioni, alterando gli equilibri esistenti per crearne dei nuovi. Ci sono fatti, che - dice Turri6 - “lasciano tracce dirette e
* Il capitolo è frutto della collaborazione fra gli autori. Tuttavia, ai fini dell’attribuzione dei paragrafi, Francesco Carlo Maria Vita ha redatto i paragrafi 1.1, 1.2, 1.3, 1.4, 1.5.2, Fortunato Cozzupoli i paragrafi 1.5 e 1.5.1. 4 T. Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Einaudi, Torino, 1979. 5 V. Romani, Paesaggio, teoria e pianificazione, Franco Angeli, Milano, 1994. 6 E. Turri, Il paesaggio come teatro, Marsilio Editore, Venezia, 1998.
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precise nel paesaggio”. Questi fatti sono le trasformazioni. Gli studi su queste modificazioni, così, non possono prescindere dal valore espresso dal paesaggio come continuità storico-visiva, culturalmente interpretabile, delle trasformazioni: “il paesaggio va individuato come elemento ordinatore e premessa formale degli interventi, fattore su cui misurare le successive trasformazioni, riferimento organizzativo che assolva il compito di ricondurre gli interventi di trasformazione all’interno del processo di formazione dell’identità del territorio” (Vendittelli, 2000)7 L’identità culturale ci indica la via per poter leggere e recuperare le forme di paesaggio. Un’identità culturale che ci rappresenta e che si pone come base per poter operare con coscienza critica. La coscienza critica, propria degli esseri umani, è necessaria per poter operare trasformazioni del territorio che siano finalizzate al recupero, al mantenimento ed alla progettazione del paesaggio. Azioni che, forti della loro identità culturale, ci rendano legati alla storia ma, allo stesso tempo, proiettati al futuro.
1.2 Il paesaggio rappresentazione di una cultura Tutela, mantenimento e recupero presuppongono la necessità di valutare con più attenzione il rapporto tra territorio e attività umana. Gli estremi, la conservazione passiva da una parte, l’intervento aggressivo dall’altra, verso l’ambiente, naturale e umano, deturpano i lineamenti del paesaggio influendo in maniera decisiva sugli aspetti della relazioni sociali. Questi processi provocano la perdita dell’identità culturale, di cui il paesaggio è l’espressione più evidente e immediatamente percepibile. Il sistema di relazioni, che storicamente si è instaurato tra l’uomo e la 7 8
sua rappresentazione, perde di efficacia, non solo la qualità ne risente, ma anche la frequenza. Questa perdita di relazioni genera una conflittualità endemica, insofferenza, disgregazione e diffidenza, in sintesi disagio sociale. La decadenza presente nelle periferie urbane e periurbane del meridione, calabresi in particolare, gonfie di sofferenza, ad alto rischio di contaminazione mafiosa, sono la materializzazione della perdita dell’identità culturale verso il bisogno di appartenenza ad un luogo riconoscibile da un gruppo di persone e da una comunità. Nuclei urbani dove la memoria non ha spazio per costituirsi né per risorgere. “Il territorio originario, limato, tornito, aggiustato, umanizzato nei secoli dagli eventi naturali e dall’azione delle generazioni, ne viene come annichilito e reso incapace di reggere lo stimolo delle innovazioni e l’avvento di nuovi popoli.” (Pizziolo, 2004)8 Il paesaggio interno della Calabria, costruito dalla memoria, ci sorprende per la capacità degli uomini antichi di realizzare uno scenario armonico. La comparazione negativa con i paesaggi costieri rende evidenti le ferite inflitte al paesaggio contemporaneo. Non si riesce a tener presente che nelle culture locali era assolutamente naturale vedere nella terra un valore fondante. La fatica e il lavoro, la semina e la coltivazione, che l’uomo dedica alla terra fertile, vengono ricompensati con giustizia dalla terra mediante la crescita e il raccolto. Il paesaggio può essere considerato come archivio della memoria collettiva, delle tradizioni dei saperi, degli eventi e delle innovazioni di cui esso è la rappresentazione sintetica. Non si può salvaguardare un paesaggio senza tutelare le culture che l’hanno generato, quello che è stato fatto fino ad ora da chi ci ha preceduto “ci offre una serie di modelli da imitare, ma anche da rimodellare e da combinare. Uno spazio del possibile si viene disegnando, al quale si sosterrà l’innovazione. La diversità del patrimonio allarga que-
Op. cit. Giorgio Pizziolo, Rita Micarelli, Dai margini del caos. L’ecologia del progettare, vol.2, Alinea, Firenze, 2004.
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sto spazio. Così si passa dall’insistenza sulla trasmissione dell’eredità all’idea di una continuità che si giova delle generazioni, di una lunga durata sociale contrastante con la brevità delle nostre vite.” (Bourdin, 1986)9 In quest’ottica non solo sviluppo sostenibile come strategia per il mantenimento delle risorse non rinnovabili nel tempo, ma anche sviluppo sostenibile della risorsa identità culturale.
1.3 Lo studio del paesaggio come sistema di ecosistemi Per poter capire il paesaggio è necessario studiarne le forme della sua rappresentazione, cioè quei riferimenti astratti, che attraverso l’interpretazione rilevano i tratti essenziali e generalizzabili della realtà. Questa operazione sta alla base di una disciplina che ci indica la strada da seguire: l’Ecologia del Paesaggio10. Il segno, carattere distintivo di una forma, mette in relazione un’espressione (un’immagine della realtà quale è il paesaggio), con un contenuto, ovvero il significato di quell’espressione (l’integrazione spazio-temporale di diversi processi). Questo rapporto tra significante e significato è convenzionale, necessita quindi di un sistema di riferimento che precisi la funzione referenziale attraverso cui il segno denota il contenuto, che associ contenuti ed espressioni: tale sistema è definito sintattico. Il modello di lettura del paesaggio si costruisce attraverso un processo di unificazione concettuale il cui esito è la possibilità di leggere ogni forma in modo sintetico ed esaustivo. Attraverso un processo di astrazione si possono considerare i
caratteri più generali ed unificanti, eliminando quelli contingenti, per giungere alla generazione del tipo. Il paesaggio è interpretabile come sistema di segni, il tipo è quindi un insieme di segni: alcuni lo caratterizzeranno (processi spazio/temporali), altri lo individueranno all’interno della stessa tipologia (varianti). Il tipo avrà valore di mezzo di comunicazione per trasmettere sinteticamente un insieme complesso di informazioni. Il tipo diventa così sintesi astratta degli oggetti reali, in questo risiede il suo valore generale, ma al tempo stesso il suo limite rispetto alla varietà offerta degli oggetti concreti. La realtà territoriale, il sistema, si può definire come un codice di forme del paesaggio al quale attingere per leggere non solo lo spazio geografico, ma anche il senso del luogo, la memoria che esso possiede, la cultura con cui è stato costruito. Ovvero una raccolta sistemica di tipi ed un loro ordinamento in una classificazione basata sui tratti pertinenti. La costruzione del sistema avviene attraverso la definizione dei criteri di rilevazione dei caratteri: secondo questi criteri si individuano i tratti pertinenti, che orientano la selezione tra invarianti e varianti. Il riconoscimento nelle forme del paesaggio reale dei tratti caratteristici che individuano i tipi porta alla costruzione del modello sintattico. Il risultato dell’analisi dei processi spazio-temporali, nello studio del paesaggio, ci da la definizione delle unità di paesaggio corrispondenti ad aree omogenee, cioè che hanno: • uniformità della struttura interna; • uniformità delle correlazioni; • tipo di processi spazio-temporali conseguentemente uniforme.
Alain Bourdin, Le Depot Sacrè, Cahiers Internationaux de Sociologie, vol. 81, Juillet-Décembre 1986. L’Ecologia del Paesaggio è una disciplina nata, intorno agli anni ‘60, in Europa grazie ad alcuni ricercatori appartenenti a più indirizzi; l’origine pluridisciplinare della materia non permette una veloce e sicura affermazione nel mondo scientifico, in quanto ecologi, biologi, geografi, architetti del paesaggio, agronomi, forestali, ingegneri e pianificatori apportano i loro importanti contributi scientifici senza un preciso coordinamento. In seguito a ciò, diversi autori hanno contribuito nella ricerca di una collocazione: in favore dell’indipendenza della materia dall’Ecologia Generale si schierano da Troll (1968) a Vos e Stortelder (1992), mentre Blandin e Lamotte (1985), Ingegnoli (1980, 1988, 1990) e Odum (1989, 1992) sono convinti della capacità rinnovativa e rivoluzionaria della materia nei confronti dell’Ecologia Generale, da cui ha origine. 9
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Non vi è alcuna grandezza definibile nelle unità cartografiche, ma è soltanto il contenuto, ovvero le condizioni di omogeneità, definite di volta in volta, a suggerire l’area minima: le articolazioni spaziali possono essere tante quante sono le problematiche di volta in volta affrontate. Dunque la prima caratteristica che l’ecologia del paesaggio ci suggerisce per la comprensione del paesaggio come sistema di ecosistemi è che la sua struttura è formata da unità che, pur formate a loro volta da elementi diversi, possono essere isolate dal contesto, cioè possono essere astratte; la seconda caratteristica è che sia possibile quantificare i flussi energetici che scorrono tra queste unità a qualsiasi scala spazio-temporale. Nella dimensione ecosistemica si possono distinguere dei livelli principali di ordine gerarchico che, dal basso verso l’alto, sono: l’ecotopo, la più piccola unità spaziale omogenea; l’unità di paesaggio e il sistema di paesaggio. La base dello studio della struttura di questo sistema è rappresentato dagli ecotopi, definiti secondo criteri di omogeneità dei fattori biotici e abiotici, che si associano spazialmente in maniera facilmente descrivibile in matrici, macchie e corridoi. È necessario fare un salto di qualità nella lettura delle forme del paesaggio, operare una lettura delle strutture culturali ed economiche che lo hanno costruito, dandole valore, rendendola una lettura di forme e non di forme astratte che possono dare informazioni sulla qualità che esse possiedono.
1.4 Le relazioni multiscalari La nozione di gerarchia a livello ecologico non è per niente congruente con la nozione comunemente nota in ambiti
politici e sociali. Gli ecosistemi dispongono di livelli di interazione sinergici, i quali possono costituire uno dei motori principali per l’alimentazione di cambiamenti di tipo evoluzionista. Lo studio delle parti non basta per poter comprenderne la struttura, è necessario utilizzare un approccio multiscalare: “stimo impossibile conoscere le singole parti senza conoscere il tutto, come conoscere il tutto senza conoscere le singole parti.” (Pascal)11 Bisogna operare un passaggio di scala considerando il sistema come l’insieme e la somma delle parti che con la loro integrazione fanno emergere qualcosa di nuovo e di valore maggiore, un sistema complesso; allo stesso tempo bisogna considerare questo sistema anche meno della somma delle sue singole parti, nei termini che l’organizzazione impone vincoli che possono inibire talune potenzialità riscontrabili nelle sue parti. La complessità é inevitabilmente da tener in considerazione se si vuole trattare l’epistemologia del paesaggio. Edgar Morin (1985)12 cita a riguardo: “Possiamo dire che il mondo è nella nostra mente, che é nel nostro mondo”. L’oggetto della conoscenza, in altre parole, è la fenomenologia e non la realtà ontologica. La nostra mente/cervello produce quel mondo che ha prodotto la mente/cervello. “Noi produciamo la società dalla quale siamo prodotti.” (Morin, 1985)13 Le proprietà emergenti di un sistema, cosi come il paesaggio, sono legate in modo indissolubile con l’esistenza di un osservatore. In altre parole si deve supporre l’esistenza di un osservatore che abbia costruito un modello di un dato sistema (Maturana, 2001)14, dando ad esso una forma corrispondente alle proprie finalità, introducendo in esso regole e simmetrie tali da soddisfare i principi generali ritenuti validi. Un modello di comportamento è dunque detto emergente se non rientra nella categoria di quelli
B. Pascal, Pensieri, a cura di P. Serini, Mondadori, Milano, 1968. E. Morin, Le Vie della Complessità, in G.L. Bocchi e M. Ceruti (a cura di), La sfida della complessità, Feltrinelli, Milano, 1985. 13 Op. cit. 14 H. R. Maturana, F. J. Varela, Autopoiesi e cognizione. La realizzazione del vivente, Marsilio, Venezia, 2001. 11
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che erano gli obiettivi del progettista del modello stesso. Il paesaggio può essere descritto attraverso tre attributi: struttura, funzione e cambiamento (Forman e Godron 1986)15. In questo sistema complesso le unità definiscono il paesaggio rispetto all’aspetto funzionale mentre gli ecotopi sono l’espressione strutturale: “la funzione influenza la struttura e la struttura ha effetti sulla funzione; ognuna è insieme causa e origine dell’altra. Il cambiamento è il prodotto dell’interazione della struttura e delle funzioni nel tempo.” (Currò, 2008)16 L’obiettivo dello studio del paesaggio è quello di “creare le condizioni per una progettazione territoriale fondata sul valore sociale, naturale ed estetico di un luogo, organizzata e misurata sul trinomio energia-massa-informazione.” (Vendittelli, 2000)17 Se l’energia è la capacità di svolgere un lavoro, allo stesso modo l’informazione è la capacità di organizzare un sistema e quindi l’ordine è una manifestazione dell’informazione la quale è presente dove esistono strutture e processi. Così è possibile dire che l’uso di energia cambia lo stato dell’informazione. Infatti ad un’aumentata entropia corrisponde un aumento dell’assenza di informazione. Il paesaggio come sistema complesso significa ordine e quindi informazione. Se l’uomo applica l’energia per ridurre la complessità del paesaggio, passando per esempio dalle pratiche agricole a coltura mista a quelle monocolturali, l’informazione, e di conseguenza la complessità, diminuirà. L’uomo ha da sempre trasformato il paesaggio immettendo l’informazione aggiuntiva all’informazione contenuta
nei sistemi naturali con l’effetto di trasformarne l’organizzazione, di modificarne l’equilibrio creando le condizioni affiché la natura si adattasse e, in maniera creativa generasse un nuovo equilibrio18. Questo input di informazione in passato ha sempre rispettato i tempi della natura, i tempi biologici, che andavano di pari passo con i tempi dell’uomo, i tempi storici. Con la rivoluzione industriale si ha un aumento esponenziale della velocità dei tempi storici rispetto ai tempi biologici, con il risultato che l’informazione immessa nel sistema non ha avuto il tempo di decantare, perché nel momento in cui veniva immessa, già un altro input veniva dato da parte dell’uomo cosi da creare non nuovi equilibri, bensì, squilibri a volte insanabili. (Tiezzi, 1982)19 Lo studio del paesaggio come sistema di ecosistemi, ci permette di interpretare il paesaggio rispetto a tutte le componenti in gioco: ambientali, culturali, economiche. L’uomo modifica la struttura di un paesaggio trasformandolo in un altro paesaggio ma questo avviene da una parte su basi ecologiche come, ad esempio, la morfologia del suolo e l’esposizione dei versanti, dall’altra su basi culturali, come ad esempio la storia del luogo e la formazione culturale. L’attività umana, componente di natura biologica, produce ed avvia processi che si ripercuotono a diverse scale sui sistemi ecologici, divenendo costruttrice e non distruttrice di biodiversità. La produzione di nuovi equilibri, da parte delle attività umane, va verso il concetto di tutela presente nella Convenzione Europea del Paesaggio: il ruolo dell’uo-
R. T. T. Forman, M. Godron, Landscape Ecology, Wiley, New York, 1986. Pietro Currò, Dalla realtà al paesaggio. Come valori, culture e linguaggi organizzano e strutturano i progetti di paesaggio, Franco Angeli, Milano, 2008. 17 Op. cit. 18 La caratteristica più importante di un sistema è la capacita di adattamenti creativi a circostanze nuove, capacità definita autopoiesi. “L’azione creativa è legata alla proprietà di tali sistemi di possedere un elevato livello di complessità. Una parte di questa complessità deve essere espressa in modo ordinato, organizzata; accanto a tale organizzazione deve però essere presente un sufficiente livello di disordine, il sistema deve avere una riserva di caratteri stocastici, disconnessi, inattivi, ridondanti, che costituiscono la materia delle innovazioni: nel normale funzionamento del sistema tali caratteri appaiono superflui o addirittura ingombranti, ma in presenza di perturbazioni, è a tale patrimonio che il sistema attinge per retroagire. Tutte le caratteristiche che non contribuiscono a dar luogo alla sua struttura ordinata confluiscono in questa quantità ridondante.” V. Amadio, Analisi di sistemi e progetti di paesaggio, Franco Angeli, Milano, 2003. 19 E. Tiezzi, Tempi storici e tempi biologici, Garzanti, Milano, 1982. 15 16
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mo cambia nell’ambito della conservazione che fino ad oggi prevedeva invece un non operare. La tutela dei paesaggi, quindi, non risulta possibile tramite la conservazione passiva. Lo studio e l’interpretazione del paesaggio sono necessari affinché vi siano quelle condizioni di conoscenza di base per poter operare trasformazioni che possano tutelare, mantenere e recuperare il territorio. Aspetto basilare di questa tutela è individuare il patrimonio, non le risorse, costituente il paesaggio. Patrimonio e non risorse perché il patrimonio, che esiste “indipendentemente dall’uso che ne possiamo fare, è esso stesso un costrutto storico; ma, a differenza della risorsa, che riguarda il modo di utilizzarlo di una determinata civilizzazione, è di lunga durata, è il prodotto sedimentato da una lunga serie di civilizzazioni, da più universi tecnici e da più culture. Trattare il paesaggio della storia come patrimonio significa innanzitutto riconoscerne il valore di esistenza per le generazioni future entro l’accezione più generale di bene comune; dunque occorre trattarlo, se vogliamo, come risorsa acquisendo sapienza delle regole che lo tengono in vita nel corso della sua trasformazione di lunga durata ed essendo consapevoli che possiamo anche non usarlo, ma qualcuno potrebbe farlo in futuro, se il patrimonio continua ad esistere.” (Baldeschi, 2007)20
1.5 La partecipazione nella percezione del paesaggio La partecipazione, dopo essere stata solo proclamata come concetto astratto o come salvezza del futuro dei popoli e della loro libertà di scelta, ha cominciato a prendere forma in pratiche e atti da circa venti anni. Il punto di svolta si può far risalire sicuramente al 1992, quando a Rio de
Janeiro venne convocata la Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo (UNCED) meglio conosciuta come Vertice della Terra. Tra i diversi impegni approvati durante la conferenza, la Dichiarazione di Rio sancì che il centro di interesse per uno sviluppo sostenibile è l’uomo.21 Rispetto al tema della partecipazione il documento più importante realizzato in quella sede è Agenda 21, documento programmatico sottoscritto da 150 paesi, che ha dato alla partecipazione un ruolo centrale e un’importanza sempre maggiore. Questo documento afferma che è necessario migliorare e rafforzare la comunicazione e i mezzi di informazione, come processo propedeutico alla partecipazione, e sancisce in molte parti la necessità di un’ampia partecipazione comunitaria nelle attività decisionali nel campo specifico delle questioni ambientali e di sviluppo. Ecco alcuni dei principali impegni assunti rispetto alla partecipazione. “Tutti i paesi firmatari riconoscono, con l’approvazione di Agenda 21, che una maggiore effettiva partecipazione a diversi livelli istituzionali e sociali potrebbe giocare un ruolo di facilitazione dei processi di sviluppo locale sostenibile”. Rispetto a questo principio è da notare come la partecipazione venga considerata multiscalare: ad ogni livello istituzionale è necessario un processo partecipativo con diversi attori, di diversa natura. Oggi, la tendenza è quella di partire dal basso e portare avanti processi partecipativi bottomup, che, partendo direttamente dai cittadini, possano portare ad un unico atto di partecipazione che non si risolve in un momento ma che sia continuo e costante. Un percorso partecipativo che possa essere autonomo dai processi decisionali ad hoc, nel senso che è necessario passare dalla partecipazione per progetto alla partecipazione come stile di vita istituzionale.
20 P.Baldeschi, Territorio e paesaggio nella disciplina paesaggistica della Regione Toscana e nel PIT, relazione al seminario: Il territorio, Forme utilizzazioni garanzie, Facoltà di Architettura e di Giurisprudenza, Firenze, 15 giugno 2007. 21 La Dichiarazione riassume in 27 principi gli obiettivi comuni su protezione dell’ambiente e crescita ecocompatibile, da perseguire mediante accordi internazionali.
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Il secondo principio è incentrato sul ruolo dell’educazione alla partecipazione: “nelle convenzioni su biodiversità, cambiamenti climatici, lotta alla desertificazione, tutte le parti contraenti si impegnano a promuovere attività di info/formazione e programmi educativi, allo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica, aumentando il grado di consapevolezza e comprensione delle problematiche trattate”. Il ruolo dell’educazione è considerato fondamentale per poter sperare che in futuro l’approccio alle trasformazioni ed allo sviluppo sia un approccio che nasca da pratiche partecipative non saltuarie, ma costanti e spontanee per ogni cittadino. Il processo di rinnovamento partito a Rio non si è fermato, ma è stato seguito da numerose conferenze internazionali e altrettanto numerosi documenti e principi. Nel 1994 ad Aalborg, durante la Conferenza europea sulle città sostenibili, è stata firmata la cosiddetta Carta di Aalborg. Con la firma della Carta le città e le regioni europee si sono impegnate ad attuare Agenda 21 a livello locale e ad elaborare piani d’azione a lungo termine per uno sviluppo durevole e sostenibile, nonché ad avviare la campagna per uno sviluppo durevole e sostenibile delle città europee. Rispetto al tema della partecipazione il capitolo tredicesimo dal titolo “Il ruolo fondamentale dei cittadini e il coinvolgimento della Comunità”, sottolinea l’impegno che le città si assumono a rispettare le raccomandazioni di Agenda 21 affinché i progetti a livello locale “vengano sviluppati in collaborazione con tutti i settori delle rispettive collettività: cittadini, attività economiche, gruppi di interesse”. Esse riconoscono la necessità enunciata nel Quinto programma di azione a favore dell’ambiente dell’Unione europea “Per uno sviluppo durevole e sostenibile” di condividere le responsabilità dell’attuazione del
programma tra tutti i settori della Comunità. La carta di Aalborg sottolinea l’importanza della cooperazione fra tutti gli attori interessati e la necessità di accesso alle informazioni. Inoltre si invitano i firmatari a creare le condizioni per poter far partecipare al processo decisionale locale: “essi si preoccuperanno di predisporre opportunità di educazione e formazione alla sostenibilità non solo per i cittadini ma anche per i rappresentanti eletti e i funzionari degli enti locali”.
1.5.1 Un nuovo modello di governance per la partecipazione
Durante gli anni Novanta le ICT cominciavano a diffondersi e ad essere utilizzate per migliorare i processi istituzionali e soprattutto i processi in cui la mole di informazioni era tale da non poter essere gestita se non con le nuove tecnologie. Un nuovo modello di governance si stava affermando e prese definitivamente forma nel 1998 con la “Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione dei cittadini e l’accesso alla giustizia in materia ambientale”, firmata nella cittadina danese di Aarhus nel 1998. Questa convenzione rappresenta uno strumento internazionale di fondamentale rilevanza per la sensibilizzazione e il coinvolgimento della società civile sulle tematiche ambientali. Vi aderiscono 39 Stati membri della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite (UNECE) e l’Unione Europea. L’Italia ha ratificato la Convenzione con la L. 108/2001. Definita dall’allora segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan come il più importante esempio di democrazia e di attuazione del Principio 1022 della Dichiarazione di Rio su Ambiente e Sviluppo, la Convenzione di Aarhus è un nuovo modello di trattato internazionale in cui diritti
“Il modo migliore di trattare le questioni ambientali è quello di assicurare la partecipazione di tutti i cittadini interessati, ai diversi livelli. Al livello nazionale, ciascun individuo avrà adeguato accesso alle informazioni concernenti l’ambiente in possesso delle pubbliche autorità, comprese le informazioni relative alle sostanze ed attività pericolose nella comunità, ed avrà la possibilità di partecipare ai processi decisionali. Gli Stati faciliteranno ed incoraggeranno la sensibilizzazione e la partecipazione del pubblico rendendo ampiamente disponibili le informazioni. Sarà assicurato un accesso effettivo ai procedimenti giudiziari ed amministrativi, compresi i mezzi di ricorso e di indennizzo.”
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umani e tutela ambientale trovano affermazione e sostegno reciproco. La Convenzione recepisce tali principi e definisce un nuovo modello di governance ambientale, fondato su tre pilastri: • l’accesso all’informazione ambientale; • la partecipazione del pubblico ai processi decisionali; • l’accesso alla giustizia. In primo luogo la Convenzione di Aarhus garantisce ai cittadini l’accesso all’informazione ambientale, secondo due modalità: • mediante un ruolo passivo della Pubblica amministrazione, consistente nel rispondere alle richieste dei cittadini; • mediante un ruolo attivo della Pubblica Amministrazione, consistente nel raccogliere e divulgare l’informazione ambientale.23 Il diritto di accesso, per quanto esteso, non è comunque assoluto. Sono infatti previste alcune specifiche ipotesi di esclusione e vi è un bilanciamento fra diritto all’informazione e riservatezza. Il secondo pilastro della Convenzione di Aarhus è costituito dalla partecipazione del pubblico al decision making ambientale. La Convenzione prevede che il pubblico interessato abbia diritto a partecipare ai processi decisionali relativi a: • l’autorizzazione di determinate attività (specificate o comunque aventi impatto ambientale significativo); • l’elaborazione di piani, programmi, politiche ambientali; • regolamenti e atti normativi; • autorizzazioni per il rilascio di Ogm nell’ambiente. Il terzo pilastro della Convenzione è l’accesso alla giustizia. Negli ordinamenti nazionali deve essere garantito
che i cittadini possano ricorrere a procedure di revisione amministrativa e giurisdizionale qualora ritengano violati i propri diritti in materia di accesso all’informazione o partecipazione. Le procedure di revisione amministrativa devono essere celeri e gratuite o economiche. La tutela giudiziaria deve offrire rimedi adeguati, effettivi, spediti e non eccessivamente costosi. Le decisioni finali devono essere vincolanti per l’autorità pubblica. È indubbio che questo sia stato un grande passo verso quella democrazia partecipativa che tutela il cittadino facendolo sentire protagonista dell’ambiente (sociale, economico e ambientale) in cui vive. In sintesi, a partire dalla Conferenza di Rio sullo sviluppo sostenibile, si è strutturato un processo globale e sistematico di crescita dell’informazione e partecipazione pubblica. La Convenzione di Aarhus ha costituito una sintesi e allo stesso tempo un nuovo motore di questo sviluppo. Tale sviluppo richiede innanzitutto una trasformazione del modo in cui la Pubblica Amministrazione si rapporta con i cittadini e, coerentemente, dell’atteggiamento con cui i cittadini si rapportano con la Pubblica Amministrazione, in termini di consapevolezza dei propri diritti. Perché l’esercizio di tali diritti possa effettivamente esercitarsi, è poi necessaria una profonda innovazione nelle procedure e nelle prassi amministrative che regolano i rapporti con i cittadini ed un’adeguata formazione dei funzionari pubblici secondo una logica di reale servizio al cittadino. È inoltre necessario colmare l’ancora attuale lacuna conoscitiva sullo stato e l’evoluzione delle variabili ambientali. Proprio dal punto di vista dell’innovazione delle forme di partecipazione dei cittadini alla governan-
Il concetto di informazione ambientale adottato è veramente ampio e comprende qualsiasi informazione in forma scritta, visiva, sonora, elettronica o altra forma su: - lo stato e l’interazione delle variabili ambientali: aria, acqua, suolo, paesaggio, biodiversità; - agenti ambientali: sostanze, energia, rumore e radiazioni; - atti e attività ambientali, inclusi: politiche, piani e programmi, legislazione, atti amministrativi, accordi ambientali, nonché analisi costi-benefici e altre forme di valutazione economica utilizzate nei processi decisionali ambientali; - lo stato della salute e sicurezza e delle condizioni di vita umane, dei siti e degli edifici di interesse culturale, nella misura in cui sono – o possono essere – interessati dallo stato delle variabili ambientali o, attraverso di loro, dagli agenti, atti o attività citati. 23
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ce, la scala locale appare un terreno di sperimentazione privilegiato per la caratteristica prossimità fra istituzioni e cittadini e la possibilità di un controllo ravvicinato sui processi decisionali e i loro effetti. Lo studio delle nuove tecnologie per il supporto nei processi decisionali è condizione indispensabile per perseguire uno sviluppo che sia di tutti e per tutti.
1.5.2 La partecipazione nella Convenzione Europea del Paesaggio
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una particolare attenzione ai temi della partecipazione, della comunità che deve essere al centro della progettualità, dell’identità culturale, temi che poggiano le loro basi sulle lotte e sugli accordi internazionali presi durante gli anni Novanta. Il problema è che, ancora oggi, a dispetto dei tanti strumenti e delle convenzioni, leggi internazionali e nazionali, spesso ci si ferma alla discussione: esistono pochissimi strumenti diffusi che possano aiutare le popolazioni ad essere artefici del loro futuro. Spesso tutto è calato dall’alto, progetti architettonici, piani urbanistici, decisioni. Spesso perché il tempo è tiranno, perché si deve fare entro una data, perché prevale il criterio dell’emergenza, dell’intervento straordinario rispetto a quello ordinario. Sarebbe opportuno ripensare la variabile tempo, anche perché “è il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante.”(Antoine de Saint-Exupéry)24 Probabilmente dovremmo pensare ad addomesticarci, per citare ancora Saint-Exupéry, tra noi cittadini, per poter far sì che questa variabile abbia maggior peso nei processi decisionali riferiti alle trasformazioni territoriali. La maggior parte degli abitanti della terra non ha la conoscenza, sia tecnica che intellettuale, per poter intervenire in quei processi decisionali che organizzano, progettano, gestiscono la nostra vita presente e, soprattutto, futura. 24 25
A questo punto si potrebbe obiettare che sino ad oggi si è cercato di attivare processi partecipativi attraverso molteplici strumenti e metodologie, si pensi ai Forum, alle Assemblee pubbliche, agli Open Space, tutti eventi che hanno in comune la mancanza di un fattore fondamentale: la continuità nel tempo. Cersosimo25 dice che tre sono le parole chiave per poter attivare e seguire il processo partecipativo: saper fare, competenza e pazienza. Per fare ciò va ripensato il concetto di tempo. Non si può attivare un processo partecipativo in funzione di un progetto e di un bando: deve essere un processo continuo, con attività diversificate che vanno dalla formazione nelle scuole primarie alla gestione dei piani strategici. L’Unione Europea ha cercato di far fronte a questi problemi con l’attuazione di numerosi programmi comunitari sul concetto di governance, di partecipazione, di democrazia. Tra questi, non ultimo, la Convenzione Europea del Paesaggio (CEP). Siglata a Firenze il 20 Ottobre 2000, la Convenzione assegna un ruolo fondamentale alla partecipazione degli attori territoriali ed alla consultazione della cittadinanza nella individuazione e valutazione dei paesaggi e nella definizione degli obiettivi di qualità paesaggistica. Le ragioni di tale opzione partecipativa sono radicate nella Convenzione di Aarhus, già analizzata nel paragrafo precedente, richiamata espressamente nel preambolo della CEP, che impegna i paesi firmatari a garantire ai cittadini europei, indipendentemente dalla loro residenza e nazionalità, i diritti all’accesso all’informazione, alla partecipazione al processo decisionale e all’accesso alla giustizia in materia ambientale. Si delinea, quindi, per le politiche ambientali, territoriali e paesaggistiche un quadro nel quale la partecipazione cessa di essere una buona pratica volontaria e diviene un passaggio vincolante di ogni processo decisionale.
Antoine de Saint-Exupéry, Il Piccolo Principe, Reynal & Hitchcock, New York, 1943. D. Cersosimo, G. Wolleb, Economie dal basso, Un itinerario nell’Italia locale, Donzelli Editore, Roma, 2006.
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Con la Cep cambia radicalmente il concetto di paesaggio: “tutto il territorio è paesaggio”. Se tutto è paesaggio - dice ancora la Cep - :“tutti i paesaggi devono essere tutelati, gestiti e valutati tenendo conto dei valori specifici che sono loro attribuiti dai soggetti e dalle popolazioni interessate.”26 La Cep chiedendosi anche in quale modo questi valori possano essere attribuiti dai soggetti al paesaggio, risponde che per poter realizzare questa azione è necessario attivare processi di partecipazione e sensibilizzazione: nel comma c dell’articolo 5 e nell’articolo 6 si definisce che per poter dare valore e identità al paesaggio è necessario “avviare procedure di partecipazione del pubblico, delle autorità locali e regionali e degli altri soggetti coinvolti nella definizione e nella realizzazione delle politiche paesaggistiche”; per poter fare questo sono necessarie delle misure specifiche quali la sensibilizzazione: “ogni parte – aggiungerei ognuno di noi – si impegna ad accrescere la sensibilizzazione della società civile, delle organizzazioni private e delle autorità pubbliche al valore dei paesaggi, al loro ruolo e alla loro trasformazione e si impegna a promuovere attività di formazione ed educazione”. I processi partecipativi tuttavia devono tener conto del fatto che: • la designazione di paesaggio come “determinata parte del territorio cosi come è percepita dalle popolazioni” (CEP), è un processo e non un dato, un processo di presa di coscienza che il paesaggio è stato costruito dalle generazioni passate ed è trasformato da quelle presenti anche per quelle future; • nei territori locali non si dà una identificazione stretta fra popolazioni e luoghi: si dà una molteplicità socio-culturale dei luoghi dell’abitare; abitanti significa abitanti locali ma anche nuovi, residenti stabili, ma anche temporanei, ospiti, city users, presenze multietniche, giova26 27
ni, anziani, ecc., con percezioni differenziate e a volte conflittuali dei valori del paesaggio.”27 Queste attività necessitano di un elemento fondamentale: la continuità nel tempo. La continuità, diventa una delle parole chiave che va tenuta in considerazione nella ristrutturazione dei processi partecipativi. Non più processi, ma stili di vita.
Cfr. art 6 della Convenzione Europea del Paesaggio. Relazione generale del Piano Paesaggistico Territoriale Regionale della Regione Puglia adottato dalla Giunta Regionale con delibera n. 1435 del 2 agosto 2013.
23
2. Il paesaggio del Basso Tirreno Reggino* XX sec.
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XIX sec.
pascolo
dal VIII sec. a.C.
IV sec.
IX-XI sec.
2.1 Gli aspetti storici del paesaggio
GAL BaTiR 15 comuni
10.0 00 5.000 < ab. <
13,33%
COM UNI <
DONNE 51,3%
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b. 0a 00
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13,33%
61.567 abitanti
20% GIOVANI (0-14 anni) 15,4%
(dati ISTAT 2012)
55,33% 1 .0 0 0 < a b . < 5
In questo capitolo sono illustrati in maniera diacronica gli elementi che caratterizzano il paesaggio attuale dell’area del GAL BaTiR. Prima di giungere alla descrizione di tali elementi e degli aspetti di criticità ad essi legati, l’analisi si concentra sulle modifiche conosciute dal paesaggio nel corso del tempo a seguito delle attività antropiche. In questa prima parte, l’esame del paesaggio muove da considerazioni di carattere storico, per poi appuntarsi sui dati socio-economici che interessano i 15 comuni dell’area negli ultimi 40 anni. L’analisi statistica non ha pretese di completezza, ma è mirata a evidenziare se e in che misura le dinamiche demografiche e quelle inerenti alle attività produttive incidano sullo stato attuale del paesaggio. Di conseguenza, quella offerta è una lettura sintetica dei principali indici demografici e di benessere economico, con approfondimenti su temi specifici quali la residenzialità, l’uso del suolo agricolo.
POPOLAZIONE ATTIVA (15-64 anni) 65%
.0 0 0
1.850 STRANIERI 3,1% della popolazione
POPOLAZIONE INATTIVA (0-14; +65 anni) 35%
ANZIANI (+65 anni) 19,6%
Studiare il paesaggio, nel contesto italiano, è un compito arduo. Le motivazioni di questa affermazione sono molteplici: la differenza dell’organizzazione fondiaria italiana; le diverse storie, spesso oscure, che hanno generato questo paesaggio; gli eventi che hanno sconvolto i caratteri originari non lasciando traccia di elementi di collegamento con il passato. Emilio Sereni, autore del libro guida per gli studiosi di questo settore “Storia del paesaggio agrario italiano”28, è stato il primo in Italia ad interessarsi a questo tema. Studiare il paesaggio vuol dire indagare nelle vicende storiche delle diverse epoche, nei modi di vita delle diverse popolazione, studiare e riscoprire le tradizioni perdute dei popoli italici, ricostruire gli eventi che
*Il capitolo è frutto della collaborazione fra gli autori. Tuttavia, ai fini dell’attribuzione dei paragrafi, Francesco Carlo Maria Vita ha redatto i paragrafi 2.1, 2.1.1, 2.2, il paragrafo 2.1.2 è stato redatto da Elisa Morano, mentre il paragrafo 2.3 è stato redatto da Roberta Missineo. 28 E. Sereni, Storia del paesaggio agrario italiano, Biblioteca Universale Laterza, Bari, 1991.
24
hanno sconvolto la nostra penisola: terremoti, alluvioni, guerre, epidemie. Questo per poter avere un quadro generale, per capire i processi che hanno generato delle azioni, i fatti che hanno inizialmente creato nuove forme e mutato nel tempo le forme iniziali, a volte stravolgendole, a volte ripetendole in scala maggiore. Non basta tutto ciò per poter interpretare quali sono i caratteri del paesaggio, bisogna studiare i sistemi di coltivazione, i sistemi irrigui, le dimensioni ed i tipi degli abitati rurali, le forme degli insediamenti. Bisogna studiarne le forme, perché esse riassumono la loro storia evolutiva, naturale e delle culture, attraverso dei segni. È evidente come il paesaggio sia una sintesi di processi spazio-temporali e diventi un archivio che racconta la storia degli uomini che lo hanno “vissuto, trasformato, sotto l’occhio attento e spesso scrupoloso dei poteri burocratici, amministrativi.” (Turri)29 Il paesaggio calabrese non si esime da questa difficoltà di recupero della memoria storica e dei segni che di questa sono elementi fondamentali. Le varie vicende storiche, gli eventi calamitosi, la poca attenzione degli storici su questa regione, ci presentano uno stato delle ricerche su questo tema che sembra non essere esauriente, ma si cercherà di raccontare questo paesaggio. Raccontare perche il racconto è un ritorno alla memoria, un riaccedere a processi spazio/temporali che, passo dopo passo, fanno luce sull’intima relazione che esiste tra uomo e natura, diventano storia.
2.1.1 Il paesaggio come racconto della propria identità
Il paesaggio è costruito da pensieri, storie, strutture, processi, memorie, cioè da identità culturali, ed è allo stesso tempo specchio di questi elementi, perché il paesag-
gio racconta la vita, le relazioni, gli eccessi, le miserie, le proprie capacità tecniche, “il proprio culto della natura, e persino la propria fede religiosa, il suo modo di fare poesia, i propri modi di autorappresentarsi e rappresentare il mondo.” (Turri)30 Proust, nel suo capolavoro “Alla ricerca del tempo perduto”31 ci parla delle madeleins piccoli biscotti, che mangiati fanno rivivere i momenti dell’infanzia. Il paesaggio è simile alle madeleins, i suoi elementi ci aprono ad una storia che è nostra e che, spesso, pur non avendola vissuta, la sentiamo viva dentro il nostro sguardo, interpretandola ognuno con la propria sensibilità e secondo il proprio gusto. Il paesaggio che è proprio della nostra memoria è quello vissuto “come palcoscenico dagli attori migliori, dotati di una grande capacità di cavare fuori dai propri depositi di memoria il ricordo di fatti lontani, vissuti,” (Turri)32 gustati, percepiti, sentiti che raccontano come gli uomini raccontano, cioè sulla base delle semplificazioni legate al fatto che il ricordo precede l’avvenimento, od anche che gli avvenimenti hanno dei precedenti e hanno sempre qualcosa di ovvio.
2.1.2 Dagli albori ai nostri giorni: il paesaggio del Basso Tirreno Reggino Facendoci guidare dalla memoria in questo sintetico racconto del paesaggio del Basso Tirreno Reggino, ci si rende conto che, al di fuori delle strutture urbane, l’uomo nel corso della storia ha utilizzato il territorio per la produzione degli alimenti finalizzati al suo sostentamento dando nuova forma al paesaggio naturale che - come ci suggerisce il Sereni33 - è possibile definire “paesaggio rurale”. All’interno del paesaggio rurale è possibile riconoscere forme di organizzazione che possiedono alcune caratteri-
E. Turri, Antropologia del paesaggio italiano, Comunità, Milano, 1974. Op. Cit. 31 Marcel Proust, Alla Ricerca del Tempo perduto. La strada di Swann, Eiunaudi, Torino, 1973. 32 E. Turri, Il paesaggio racconta, saggio presentato al Convegno della Fondazione Osvaldo Piacentini, Reggio Emilia, 2000. 33 Op. cit. 29 30
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stiche, come i confini netti quali i muretti a secco o le siepi. La differenza è data dalla struttura: un esempio tipico sono da una parte i campi visti come un territorio libero da confini artificiali, dall’altra il giardino percepito come uno spazio racchiuso entro confini noti e visibili, perché, a differenza dei campi, è uno spazio vissuto, uno spazio curato per avere i risultati necessari alla propria famiglia, uno spazio dove la forma irregolare degli appezzamenti è divisa da “muriccioli, - armacere o armacie, nel nostro caso - fossati, costellati da edifici di varia natura.” (Sereni)34. Questo paesaggio organizzato sorge attorno ai centri urbani, fa da cintura, per dirla con termini ecologici fa da fascia ecotonale35, fa da trait d’union tra il paesaggio urbano e il paesaggio rurale di cui è il primo organizzatore: in esso l’uomo, dal tempo dei Greci, ha dato forma a questo territorio attraverso l’attività agricola e quindi lo ha modificato dandogli un’organizzazione propria. Il giardino mediterraneo può essere considerato come uno dei più antichi che si sia conservato fino ad oggi. La struttura, gli elementi, il significato sono gli stessi che hanno fatto si che i popoli greci creassero un’organizzazione del paesaggio rurale di questo genere, ma è anche vero che nel percorso storico di un paesaggio ci sono spesso discontinuità, rotture con le quali sembra che la storia ricominci. La Calabria contemporanea è caratterizzata da una grande varietà di paesaggi; essa è costituita infatti da un insieme di territori dotati ciascuno di proprie particolarità e di una specifica dinamica storica. Per comprendere appieno queste dinamiche è bene fare un passo indietro per capire come il paesaggio, che oggi è visibile ai nostri occhi, è frutto di modificazioni fatte da chi, in passato, è vissuto in questa regione. Op. Cit. Odum., Basi di ecologia, Piccin, Padova, 1988. 36 Op. cit. 37 Op. cit. 34 35
26
Il paesaggio che si presentava agli occhi delle popolazioni indigene diecimila anni fa, era caratterizzato da grandi pascoli, da una rigogliosa copertura vegetale che ricopriva gran parte delle pendici montane, e da forti incisioni vallive percorse da torrenti. Se, come afferma il Sereni36, “il paesaggio rurale significa quella forma che l’uomo, nel corso ed ai fini delle sue attività produttive agricole, coscientemente e sistematicamente imprime al paesaggio naturale”, nel Basso Tirreno Reggino, come nel resto della Magna Graecia, solo con l’avvento dei primi coloni ellenici si può parlare di paesaggio rurale. L’arrivo dei Greci, nell’VIII secolo a.C., provocò due grandi eventi. Il primo dei quali caratterizzerà il paesaggio di quest’area fino ai nostri giorni: le popolazioni indigene, con l’arrivo dei coloni, si dovettero ritirare nell’entroterra e si stabilirono definitivamente sulle pendici montane, impiantando un’economia pastorale che usufruiva dei grandi pascoli presenti e che utilizzava il fuoco per farsi largo tra la fitta vegetazione montana. Il secondo evento, di notevole importanza, fu l’introduzione di un’organizzazione sociale, tecnica, economica e politica, che ha provocato un’organizzazione territoriale. Le terre messe a coltura, per lo più poste in declivi, vengono separate da quelle incolte o destinate a pascolo. La forma irregolare degli appezzamenti è divisa da “armacie”, da fossi, da siepi, da strade e presenta al proprio interno degli edifici di natura diversa che organizzano lo spazio circostante. Ne deriva un paesaggio rurale caratterizzato da due tipi differenti di organizzazione: il paesaggio delle valli è quello del giardino mediterraneo, come lo definisce il Sereni37, segnato da forti elementi di separazione, da “appezzamenti irregolari chiusi, dominato dalla necessità di pro-
Fig. 1 Disboscamenti, dissodamenti e degradazioni del paesaggio collinare e montano in una stampa popolare di fine Settecento: la riva calabrese dello Stretto diboscata e ridotta a coltura e poi degradata da un’enorme frana.
teggere le colture arboree ed arbustive dal morso delle greggi, ed i loro frutti dai furti campestri”, ed il paesaggio della montagna caratterizzato da boschi intervallati da pascoli e campi aperti. Tra il IV ed il III sec. a.C. in seguito all’invasione dei Bruzi, popolo tipicamente montano, si produsse un movimento, lungo i fianchi della catena costiera, che indusse queste popolazioni a raggiungere i punti più interni. I Bruzi consolidarono l’occupazione del suolo dedicandosi ad un’economia produttiva. La loro agricoltura era basata sulla contrapposizione tra zone dove le colture venivano praticate con cura minuta ed assidua, per meglio sfruttare le poche potenzialità del terreno e zone dove il lavoro umano si limitava alla semina e raccolta. Nelle pendici ve38
niva invece praticata la pastorizia e nei boschi l’estrazione della pece dai pini che, anticamente, ricoprivano buona parte dei crinali più elevati. I Romani al loro arrivo, tra il II ed il I secolo a.C. trovarono questo avanzato sistema economico di strette relazioni, tra civiltà montana e costiera. Ma le colture arboree ed arbustive tipiche non erano rilevanti all’interno del più antico sistema dell’agricoltura romana. Solo nel II secolo a.C. l’economia della piantagione acquista una notevole importanza. (Sereni)38 Gli appezzamenti non sono più piccoli orti familiari, ma diventano delle piantagioni dove l’ulivo, messo a dimora a quinquonce, è la coltura predominante. Il latifondo fa si che ci sia un’organizzazione di tipo produttivo e di control-
Op. cit.
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lo dello spazio. Il giardino mediterraneo sopravvive grazie alla presenza delle ville romane che organizzano lo spazio circostante in piccoli appezzamenti, con i caratteri della civiltà greca. Dalla seconda metà del IX secolo e fino a buona parte dell’XI secolo, in seguito all’occupazione araba della Sicilia e alla debolezza dell’Impero bizantino, tutto il territorio sud-occidentale calabrese subì costanti e rovinose incursioni saracene. Il manto boschivo, che ancora copriva buona parte della regione, cominciò a diradarsi in maniera incisiva quando le popolazioni costiere e collinari, abbandonando la costa a causa di dette incursioni, presero a risalire i declivi delle montagne, iniziando una disordinata ricerca di terreno rurale per il loro sostentamento. A partire dalla metà del sec. IX la Sicilia si avvantaggiò di nuove tecniche agrarie, rispetto all’Italia peninsulare, infatti gli Arabi vi introdussero tecniche agrarie innovative come quelle idrauliche per l’irrigazione dei campi, nuove colture come agrumi, gelso, canna da zucchero, canapa, cotone che si affiancarono alle vecchie colture tradizionali, che ben presto arrivarono anche in Calabria meridionale. Così la minacciosa presenza araba, che in un primo momento aveva portato alla crisi del mercato locale, al degrado delle comunicazioni terrestri lungo la costa, alla perdita delle terre più fertili e alla fuga delle popolazioni rivierasche, successivamente, comportò anche in Calabria la diffusione delle nuove tecniche e colture. La ricchezza di articolazione sociale era direttamente relazionata con la molteplice differenziazione delle colture e delle attività agricole. In questo periodo sono “la vite, l’olivo, i gelsi, gli alberi da frutta, gli agrumi, le verdure, il cotone, il lino, la canapa e la canna da zucchero che intervengono a dare al paesaggio rurale calabrese una complessità non di rado superiore a quella odierna.” (Galasso, 1980)39
Questo risveglio culturale e di attenzione al paesaggio è favorito anche dalla presenza dei monaci basiliani. Arrivati dalla Grecia nel VI secolo, questi monaci, portatori della spiritualità ortodossa, si insediarono in numerose località calabresi, tra cui è bene ricordare Melicuccà dove l’influenza della figura di Sant’Elia lo Speleota è ancora forte in tutta l’area del Basso Tirreno Reggino40. Essi danno nuova linfa al paesaggio calabrese, favorendo l’utilizzazione delle terre meno insalubri, stimolando la nascita di nuovi centri e dando al giardino mediterraneo nuova veste, utilizzando le nuove colture, come il gelso, e nuove organizzazioni per la coltivazione della vite e dell’ulivo, non più in piccola scala. Lungo le fiumare si avviava un’agricoltura da colture a gelseto, mentre lungo i versanti collinari, colture viticole ed olivicole andavano progressivamente a sostituire l’antico querceto. Con la fuga delle popolazioni rivierasche, intorno all’anno Mille, aumentò lo spazio adibito al pascolo sulle pendici montane, a scapito del fitto manto boscoso naturale. Con l’avvento dei Normanni, intorno al XI sec. si assiste alla crescita e all’affermazione dei monasteri come centri di organizzazione del paesaggio rurale: “le nuove comunità monastiche riorganizzano produttivamente il territorio degradato dal forte spopolamento rurale e dalla contrazione delle terre a coltura a favore del saltus e sorgono o in prossimità dei centri abitati o nella campagna, dando vita a nuovi insediamenti umani.” (Milella, 1992)41 Durante il periodo in cui Angioini ed Aragonesi si danno battaglia, il paesaggio calabrese si impoverisce sempre più, da una lato perché il processo di feudalizzazione si sta completando, dall’altro perché il disboscamento a tappeto per la costruzione di navi, durante le lunghe guer-
G. Galasso, Economia e società nella Calabria del Cinquecento, Feltrinelli, Milano, 1980. Sant’Elia lo Speleota (così chiamato per distinguerlo dall’omonimo profeta e da S. Elia Juniore) nacque a Reggio Calabria nel 863 visse in penitenza, insieme ai monaci Cosma e Vitale, nella grotta di Melicuccà. Qui, ben presto, gli abitanti dei paesi vicini, attratti dalla sua fama di santità, venivano a visitarlo, ascoltarlo, a ricevere da lui conforto e incoraggiamento. L’11 settembre del 960, quando aveva già 97 anni, Elia morì. Fu sepolto nel sepolcro che lui stesso aveva scavato nella grotta con le sue mani. 41 O. Milella, Torri e Masserie nel “Giardino Mediterraneo”, Gangemi Editore, Roma, 1992. 39 40
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re navali, comportò frane e smottamenti nel fondovalle, provocando l’abbandono di moltissime terre precedentemente coltivate. Il paesaggio andò assumendo, fin dall’età più antica, una contrapposizione dualistica tra zona di fondovalle e zona montana: a differenza di quello montano, quello di fondovalle era destinato a subire profonde trasformazioni nel corso dei secoli. All’incremento demografico avvenuto tra il XVI ed il XVII secolo, si aggiunsero i primi sintomi della crisi della sericoltura, che comportò un ulteriore allargamento dei fondi da mettere a coltura, a danno dei boschi residui circostanti agli abitati. In questo periodo si ebbe la prima conversione di queste colture in agrumeti accompagnata da una espansione degli uliveti, che andava a sostituire il manto vegetale naturale. L’olivicoltura in Calabria, fino al 1550, occupava soltanto il quarto posto dopo cereali, gelso e vite. L’espansione demografica del XVI secolo comportò, inizialmente, la messa a coltura di nuovi terreni lungo i pianori, incrementando le colture già presenti come residuo dell’antica agricoltura bruzia e, successivamente, la formazione di colture in terreni sottratti al manto boscoso, e l’espansione del castagneto a spese del querceto originario. L’economia pastorale, propria degli altopiani, assume in questi anni un notevole rilievo grazie all’espansione dell’allevamento ovino, “fondato sulla transumanza, grazie alla quale i pascoli montani integrano, durante l’estate, quelli forniti nei mesi invernali da un sistema rurale «a campi ed erba»: che ora più che mai si allarga e si consolida, dai latifondi siciliani ai «corsi» calabresi al Tavoliere di Puglia all’Agro di Roma.” (Sereni)42 Nelle pendici montane si cominciano ad allargare i dissodamenti e le piantagioni, che potevano esistere grazie ad alcune sistemazioni estensive permanenti. Tra queste la
sistemazione a gradoni, “ripiani di forma irregolare, ricavati in corrispondenza dei tratti meno rocciosi delle pendici” (Sereni)43, e la sistemazione a terrazzi: “le terrazze degradano regolarmente a valle, in una successione di ripiani che modellano in una serie di anelli concentrici tutto il rilievo collinare” (Sereni)44. Le sistemazioni a gradonamento e terrazzamento sostenuti da muretti a secco costruiti con i sassi ottenuti dallo spietramento del terreno, diverranno uno degli elementi più caratteristici per il paesaggio montano. Dal XVI secolo in avanti si nota come ci sia il ritorno ad una sorta di giardino mediterraneo che, a differenza di quello di età greca e romana, assume forme più allargate e maggiori dimensioni degli appezzamenti. Il motivo per cui si ritorna a questa forme di paesaggio è da ricercare nell’iniziativa individuale di contadini che, all’interno della proprietà feudale, sono liberi di organizzare il territorio secondo le loro esigenze. In questo periodo l’insediamento rurale, la masseria, diventa il centro di produzione assumendo un’importanza fondamentale nei processi economico sociale del Cinquecento calabrese. Queste strutture sono dirette discendenti dell’economia romana e dominano un paesaggio rurale in via di evoluzione, “dove alle forme più antiche del giardino mediterraneo subentrano quelle caratteristiche della preminenza feudale che, ricalcano sostanzialmente quelle forme, le ripete, però in una scala ben maggiore rispetto al passato.” (Milella)45 Il paesaggio rurale tra il XVII ed il XVIII secolo “è caratterizzato dall’assoluta precarietà dell’azienda contadina e da quel regime dei campi aperti che, sino ai nostri giorni, hanno improntato di sé il latifondo meridionale” (Sereni)46. In questo periodo scompaiono alcune delle colture importate dagli arabi, come il cotone e la canna da zucchero, e si va af-
Op. cit. Op. cit. 44 Op. cit. 45 Op. cit. 46 Op. cit. 42 43
29
fermando il paesaggio che ancora esiste ai giorni nostri, un giardino mediterraneo scalarmente più grande rispetto ai tempi dei Greci, con piantagioni chiuse, caratteristiche degli alvei delle fiumare, e campi aperti in montagna e collina. Con l’Unità d’Italia il paesaggio subisce nuove trasformazioni dovute principalmente al miglioramento della rete viaria e ferroviaria, che interessa tutta la penisola. Questo elemento in Calabria ed in special modo nella provincia di Reggio non ha avuto l’effetto di migliorare la rete di distribuzione e la creazione di un mercato ad ampio raggio, perché era limitato da tre fattori fondamentali che hanno inciso di riflesso sulle forme del paesaggio dell’area presa in esame: il brigantaggio, la morfologia naturalmente impervia del territorio e la scarsa attenzione verso questi due problemi da parte dello Stato. Le zone interne hanno conosciuto in questo periodo “il rischio dell’assalto del brigante che rappresentava un elemento di avversità allo spostamento di persone e merci”. (Bevilacqua, 1985)47 La loro permanente minaccia spingeva ad abbandonare le case sparse, i nuclei radi di insediamento, ed il problema della sicurezza dei prodotti del campo, della protezione delle piantagioni e degli animali dal furto, era vivo nelle menti di tutti gli agricoltori. Tutte le piantagioni divenivano terreni incolti se si trovavano in appezzamenti che non erano facilmente custodibili. Questo stato delle cose ha portato a forme di paesaggio che ancora oggi si ritrovano all’interno del paesaggio calabrese, dove si possono trovare borghi isolati con tutto intorno le piantagioni che servivano per il fabbisogno stesso dei propri abitanti e con il resto del territorio lasciato alla mercè delle greggi ed all’espansione della macchia. Nel corso della seconda metà dell’Ottocento si assiste ad un’espansione dell’agrumeto, gli antichi confini vengono
mantenuti nella forma, ma perdono di significato, lasciando il campo a coltivazioni di grandi dimensioni. Essi mantengono l’eleganza della disposizione e delle forme del giardino mediterraneo grazie alla cura ed all’attenzione dei contadini: “solitamente piantati a quinconce, a distanze regolari, vengono su – attraverso sapienti interventi operati dal giardiniere sul tronco della pianta in crescita – con la chioma in forma di cono rovesciato.” (Bevilacqua)48 Così il Placanica49, descrive il paesaggio rurale del versante tirrenico: “Tutto intorno a Reggio - almeno fino a Bagnara sulla costa tirrenica, e fino alle pendici aspromontane - invece, accanto a sporadici impianti di oliveti e vigneti, era tutto un fiorire ubertosissimo di agrumeti; il seminativo destinato ad alimentare Reggio era posto a sud del territorio cittadino, nella zona a misera produttività situata alle falde orientali dell’Aspromonte, in vista del Basso Ionio. La coltivazione degli agrumi (arance e limoni, ma, ancor più, cedri, bergamotti e limette) aveva inizio quasi in riva al mare, coi tipici labirinti, per proseguire nei mille giardini piccoli o grandi, racchiusi tra le mura delle case della città e dei suoi molti e spesso ricchi casali disseminati lungo la costa: un carattere che in Reggio, nonostante le catastrofi sismiche e le ricostruzioni, è tuttavia rimasto, almeno negli edifici di civile abitazione del più antico impianto viario. La cura nella sistemazione del territorio era qui veramente ammirevole, con agrumeti e vigneti distesi lungo il declivio reggino ma anche arrampicati sulle imminenti pareti dell’estrema raggiera aspromontana con uno spettacolare terrazzamento lungo i ripidi pendii incombenti sul mare, da Bagnara a Scilla a Villa a Reggio. La trasformazione e la commercializzazione dei prodotti aveva il suo centro a Reggio, dove, con tecniche varie; soprattutto da bergamotti, limoni e limette, si ricavavano oli essenziali
P. Bevilacqua, Spazio, forze, limiti, in Storia d’Italia, Le regioni III: La Calabria, Einaudi, Torino, 1985. P. Bevilacqua, Tra natura e storia, Donzelli Editore, Roma, 1996. 49 A. Placanica, Calabria in idea, in Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità a oggi. La Calabria, Einaudi, Torino,1985. 47 48
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destinare all’esportazione per scopi industriali (profumerie, farmacia, preparazione di canditi, dolci e liquori); oppure, con la conseguente creazione d’un certo indotto, i frutti venivano conservati in acqua salata o imballati in casse e spediti: destinazioni svariatissime consentivano a Reggio un cospicuo giro di affari in cui l’antica classe nobiliare era ottimamente inserita.” Nei primi decenni del Novecento le colture prevalenti erano l’ulivo presente sui versanti, il castagno, gli agrumeti, frutteti e vigneti presenti nei greti dei torrenti, ed il grano e la segale presenti sui pianori. Il paesaggio che si presentava negli Anni Quaranta è fatto da appezzamenti chiusi, dovuta alla polverizzazione della proprietà fondiaria, con all’interno la presenza di costruzioni rurali, che dava, e ancor oggi, “dà al paesaggio un’aria quasi suburbana.” (Sereni)50. Nel paesaggio della piantagione dominano l’ulivo ed il mandorlo con la tipica coltura promiscua che ha caratterizzato il paesaggio fino alla fine degli Anni Ottanta. Tra l’inizio degli Anni Cinquanta e la fine degli Anni Ottanta, si assiste ad un progressivo ed inesorabile abbandono delle aree agricole dovuto a molteplici fattori: la crescita delle aree urbane, ed il conseguente esodo dalle campagne verso le città, fu la causa principale dell’abbandono delle aree agricole. Il paesaggio meridionale subì una profonda trasformazione delle strutture produttive: i piccoli proprietari non erano in grado di dar vita ad un’imprenditorialità piccolo-capitalistica capace di affrontare i mercati esterni, poiché l’azienda contadina locale aveva limitate risorse finanziarie provenienti dalla gestione della terra, da piccole attività artigianali, dall’allevamento e da occupazioni stagionali e precarie, insufficienti a condurre ad un processo di modernizzazione. Questa mancanza di modernizzazione si è protratta fino ai nostri giorni.
2.2 Il paesaggio e il tempo degli eventi È evidente come le forme tipiche del paesaggio calabrese sono quelle che ci sono state consegnate da una serie infinita di processi spazio-temporali. È evidente come non possa esistere un paesaggio senza trasmissione di sapere, cultura e stile specifico del territorio, in sintesi senza tradizione. La tradizione è un processo dinamico di selezione, valorizzazione, adattamento del patrimonio che costituisce una cultura nella sua differenzialità, sia pure nel mantenimento della riconoscibilità delle sue matrici formali, nell’incessante adattamento e trasformazione della identità territoriale: esse devono poter costituire il più a lungo possibile il terreno comune e il criterio fondamentale di ogni progetto che riguardi quel luogo. La tradizione ci indica la via verso la quale effettuare le trasformazioni, attraverso quali innovazioni è possibile mantenere e recuperare le forme di paesaggio. La tradizione e l’innovazione non sono in contrasto: la continuità dello stile di una cultura (e dunque del suo modo di produrre-conservare paesaggio, e quindi di tutela del paesaggio) si realizza attraverso innumerevoli atti di trasformazione, adattamento, riassetto; è quella “normale dinamica nella quale una cultura si perpetua, sintetizzata efficacemente nell’espressione di Cervellati51 «la tradizione è un’innovazione riuscita».” (Bonesio, 1997)52 Per operare sul paesaggio è necessario tener conto dei processi spazio-temporali in cui le trasformazioni hanno prodotto quella determinata forma, bisogna tener presente che il tempo del paesaggio non è quello che l’accelerazione tecnica impone a tutte le culture e i luoghi del mondo, stravolgendoli: “è una temporalità di lunga durata il cui corretto riconoscimento consente durata anche all’umano che si armonizza con esso.” (Bonesio)53
Op. cit. P.L. Cervellati, La città post-industriale, Il Mulino, Bologna, 1984. 52 L. Bonesio, Geofilosofia del paesaggio, Mimesis, Milano, 1997. 53 Op. cit. 50 51
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Ogni oggetto si colloca all’interno di questo processo irreversibile: in ogni istante successivo ogni oggetto è diverso da ciò che era nell’istante precedente, ciò che è adesso, in questo tempo è il risultato dell’evoluzione, degli eventi che sono avvenuti nel suo passato. Ogni oggetto è quindi immerso nel fluire del tempo e porta con sé la memoria e l’informazione degli eventi a cui ha partecipato, la propria storia, il “tempo degli eventi.”54
2.3 Il contesto socio-economico: una lettura di sintesi Nel 2012 la popolazione residente nel territorio del GAL BaTiR ammonta a 61.567 unità, con un’incidenza dell’11.2% sul totale provinciale (550.832) e del 3.1% su quello regionale (1.958.418).55 L’analisi condotta per classi di ampiezza demografica evidenzia che il territorio del GAL BaTiR è costituito prevalentemente da comuni con meno di 5.000 abitanti ed in misura più contenuta da grandi realtà comunali con più di 10.000. Entrando nel dettaglio, i comuni con meno di 1.000 abitanti presenti sul territorio sub-provinciale rappresentano il 20% del totale, con 3 comuni su 15: si tratta nello specifico di San Procopio (542); Cosoleto (914) e Scido (979). Il 53.3% risulta costituito da 8 comuni con una popolazione superiore a 1.000 ma inferiore ai 5.000 abitanti, a fronte di un residuale 13.2% rappresentato, di converso, da comuni con più di 5.000 ma meno di 10.000 residenti. Pesano in egual misura i grandi comuni con una popolazione maggiore ai 10.000 abitanti, pari a 2 realtà territoriali
su 15 ed un peso medio del 13.2%, costituiti precisamente dai comuni di Bagnara Calabra (10.606) e Palmi (18.714). Esaminando le variazioni verificatesi nell’arco di trent’anni sulla base dei risultati censuari prodotti dall’Istat, nel periodo temporale compreso tra il 1981 e il 201156, si può facilmente notare come la popolazione legale nel territorio del GAL BaTiR abbia subito un decremento significativo e meno contenuto rispetto alla contrazione che ha caratterizzato, di converso, il resto della provincia di Reggio Calabria e, più in generale, la Calabria. Lo studio ha evidenziato, nello specifico, una variazione nel trentennio 1981-2011 del -10.7% per i comuni del GAL BaTiR, a fronte di contrazioni negative meno rilevanti intervenute in ambito provinciale e regionale, rispettivamente del -3.9% e del -5%. In tale periodo, l’incremento demografico ha interessato solo il comune di Palmi (+1.8%), a fronte di un più generale decremento che ha caratterizzato invece tutti gli altri comuni del GAL BaTiR, con picchi massimi di contrazione demografica registrati in particolare nei comuni di Seminara (-35.2%), Cosoleto (-33.7%) e Melicuccà (-30.3%). La presenza di abitanti stranieri nell’area del GAL BaTiR, si presenta al 2011 ancora marginale con 1.880 abitanti e un peso medio del 3.1% sul totale della popolazione residente complessivamente nel territorio, analogamente a quanto avviene nel resto della provincia di Reggio Calabria e, più in generale, in Calabria dove l’incidenza media degli stranieri si attesta rispettivamente al 3.9% e 3.4%.57 Il maggior numero di residenti stranieri si concentra a Palmi con il 39.8% di presenze, mentre la più bassa concentrazione di persone di cittadinanza straniera aventi dimora
E. Tiezzi, Fermare il tempo, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1996. La popolazione residente è costituita dalle persone di cittadinanza italiana e straniera aventi dimora abituale nel territorio, anche se temporaneamente assenti. Ogni persona avente dimora abituale in Italia deve iscriversi, per obbligo di legge (art. 2 L. 1228/1954), nell’anagrafe del comune nel quale ha posto la sua dimora abituale. La popolazione residente nei comuni del GAL BaTiR, in provincia di Reggio Calabria e Regione Calabria è stata rilevata al 1° gennaio 2012. 56 Per gli anni 1981-1991-2001-2011 i dati riportati si riferiscono alla popolazione legale risultante dalle rilevazioni censuarie realizzate dall’Istat. La popolazione censita diviene riferimento legale per il Paese fino alla successiva rilevazione censuaria ed è perciò definita popolazione legale. La popolazione residente è costituita dalle persone aventi dimora abituale nel Comune (e analogamente per altre ripartizioni territoriali), anche se alla data considerata sono assenti perché temporaneamente presenti in altro Comune italiano o all’estero, ed è ottenuta sommando alla popolazione censita nei Censimenti, il movimento anagrafico dei periodi successivi. 54 55
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abituale nel territorio del GAL BaTiR, si rileva nei comuni di San Procopio (0.3%), Cosoleto (1.1%) e Sinopoli (1.2%). L’analisi della popolazione residente distinta per sesso e classi di età ha evidenziato una composizione della struttura demografica simile nel territorio del GAL BaTiR, in provincia di Reggio Calabria e, più in generale, in Calabria60. Nel 2012, il 51.3% della popolazione residente è di sesso femminile, a fronte di una percentuale leggermente inferiore costituita da abitanti di sesso maschile, presenti sul territorio sub-provinciale per il 48.7%.
La popolazione straniera è stata rilevata al 31 dicembre 2011 sulla base dei dati dell’ultimo bilancio demografico successivo al 15° Censimento della popolazione e delle abitazioni (data di riferimento 9 ottobre 2011) realizzato dall’Istat. Ai fini delle rilevazioni censuarie si considerano stranieri tutte le persone abitualmente dimoranti in Italia che non hanno cittadinanza italiana, inclusi gli apolidi. Per gli stranieri non comunitari, il requisito per essere censiti come residenti, oltre alla dimora abituale, è il possesso di un regolare titolo a soggiornare in Italia (un valido permesso di soggiorno o la richiesta di rinnovo o di primo rilascio del permesso oppure il nulla osta all’ingresso in Italia per ricongiungimento familiare o per motivi di lavoro). 58 La popolazione residente è stata rilevata al 1° gennaio 2012. Si cfr. note 52 e 53. 59 La popolazione residente straniera è stata rilevata al 31 dicembre 2011. Si cfr. con nota 54. 60 La struttura demografica per età si valuta sulla base della convenzionale ripartizione della popolazione in tre categorie: le età pre-lavorative (da 0 a 14 anni), le età lavorative (da 15 a 64 anni) e le età post lavorative (65 anni e oltre). Tale suddivisione risulta fondamentale per il calcolo di alcuni indicatori demografici sintetici della struttura demografica di una realtà territoriale, esaminati nel seguito della trattazione. Si confronti con note da 6 a 9. 57
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Analogamente a quanto avviene nel territorio del GAL BaTiR, anche in provincia di Reggio Calabria e Calabria si registrano percentuali simili, con presenze rispettivamente del 48.5% e 48.7% per quanto concerne la popolazione di sesso maschile e del 51.5% e 51.3% per quella di sesso femminile. L’ulteriore studio effettuato sulla composizione della popolazione per classi di età ha permesso di evidenziare come nel territorio del GAL BaTiR vi sia una prevalenza di persone tra i 15 e i 64 anni di età, con una percentuale significativa del 65.1% (40.052 abitanti), in linea con le medie riscontrate su scala provinciale (66.1%) e regionale (66.7%). Gli abitanti in età pre-lavorativa fino ai 14 anni e post-lavorativa oltre i 65 rappresentano dunque la fascia di popolazione “inattiva” più contenuta rispetto a quella “attiva” costituita, di converso, dai residenti di età compresa tra i 15 e i 64 anni61, similmente a quanto avviene in provincia di Reggio Calabria e Calabria. Nel 2012, entrando nel dettaglio, il 15.4% della popolazione, pari a 9.460 abitanti, risulta costituito da giovani di età
inferiore o uguale ai 14 anni, con un’incidenza sul totale dei residenti leggermente superiore rispetto alle medie registrate a livello provinciale (14.7%) e regionale (14.1%). La fascia più anziana della popolazione con 65 anni e più, pesa per il +19.6% sul totale dei residenti nel territorio del GAL BaTiR con 12.055 abitanti, registrando una media superiore non solo a quella degli ultra 65enni presenti in ambito provinciale e regionale (entrambe con valori dl 19.2%), ma anche alla percentuale di giovani rilevata mediamente nei comuni del GAL BaTiR (15.4%). La superiorità numerica delle donne rispetto agli uomini contraddistingue, in particolare, le classi di età 15-64 e 65 e più, a fronte di una lieve prevalenza della componente maschile rispetto a quella femminile, di quasi il 2%, nella fascia più giovane della popolazione 0-14 anni di età, che risulta così composta: 4.816 maschi con una percentuale del 50.9% e 4.644 femmine con un peso medio del 49.1%. L’analisi di quest’ultimo dato consente, in particolare, di evidenziare come nel corso degli ultimi anni si sia registrato un chiaro aumento del numero di nascituri di sesso maschile nei comuni del GAL BaTiR, con un’analoga composizione per sesso delle classi di età anche in provincia di Reggio Calabria e in Calabria. L’analisi dell’andamento demografico nell’area del GAL BaTiR in ambito provinciale e regionale evidenzia dunque il progressivo invecchiamento della popolazione, per effetto della prevalenza di anziani, di età uguale o superiore ai 65 anni, rispetto alla fascia più giovane della popolazione inattiva compresa nella classe 0-14. La maggiore numerosità di 65enni interessa in misura più rilevante i territori provinciale e regionale rispetto ai comuni del GAL BaTiR, come si evince dallo studio di alcuni indicatori demografici tra cui risulta fondamentale l’indice di vecchiaia.62
La popolazione attiva è quella in età lavorativa compresa nella fascia d’età 15-64 anni. È la somma delle persone occupate, di quelle disoccupate alla ricerca di nuova occupazione e di prima occupazione. La popolazione non attiva, di converso, è costituita dalla popolazione in condizione non professionale meno le persone in cerca di prima occupazione. 61
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Nel 2012 tale indicatore raggiunge il +127.4%: la lettura di tale dato consente di stimare, per l’area del GAL BaTiR, la superiorità numerica degli anziani rispetto ai più giovani della popolazione residente, di circa il 27%.63 Più consistente l’invecchiamento della popolazione nel resto della provincia di Reggio Calabria e, più in generale, in Calabria dove l’indice di vecchiaia registra valori rispettivamente del 130.3% e del 135.6%. La prevalenza della popolazione anziana risulta confermata anche da un altro indicatore della struttura demografica in grado di misurare il carico sociale ed economico teorico che grava sulla popolazione attiva di una determinata realtà territoriale: l’indice di dipendenza totale.64 Nel 2012 tale indicatore si attesta al 53.7% a dimostrazione che la popolazione in età attiva (15-64 anni) oltre a dover far fronte alle proprie esigenze, ha teoricamente a carico una quota importante di popolazione inattiva, di età inferiore o uguale ai 14 anni e superiore ai 65.65 L’indice di dipendenza totale rilevato per i comuni del GAL BaTiR non si discosta di molto dai corrispettivi dati provinciale (51.4%) e regionale, dove l’indice di dipendenza totale registra un +50%, evidenziando in quest’ultimo caso una situazione di equilibrio generazionale tra la popolazione attiva (15-64) e quella inattiva (0-14; 65 e più).
L’incremento della popolazione anziana misurato dall’indice di vecchiaia e lo squilibrio generazionale emerso dall’indice di dipendenza totale, si evincono chiaramente dall’ulteriore analisi degli indici di dipendenza giovanile66 e degli anziani.67 Nel 2012 l’indice di dipendenza degli anziani nel GAL BaTiR raggiunge il +30.1%: ciò significa che ogni tre persone, di età compresa tra i 15 e i 64 anni, potenzialmente attive nel mercato del lavoro, ce n’è una inattiva, di età uguale o superiore ai 65 anni. Analogamente a quanto avviene nel territorio del GAL BaTiR, la prevalenza percentuale di tale indicatore rispetto all’indice che misura il grado di dipendenza giovanile, si riscontra anche in provincia di Reggio Calabria e, più in generale, in Calabria dove le percentuali raggiungono rispettivamente il 29.1% e il 28.8%68.
L’indice di vecchiaia è l’indicatore maggiormente utilizzato per misurare il grado di invecchiamento della popolazione residente in un paese o in una regione, in quanto indica quanti anziani esistono ogni 100 giovani. Tale indice si ottiene rapportando gli ultra 65enni alla popolazione con meno di 15 anni, moltiplicando il risultato per 100. 63 L’indice di vecchiaia è stato rilevato al 1° gennaio 2012. 64 L’indice di dipendenza totale, o “indice di carico sociale”, si ottiene rapportando la popolazione residente in età non attiva (0-14 anni e 65 anni e oltre) alla popolazione in età lavorativa (15-64 anni) moltiplicando il risultato per 100. Tale rapporto evidenzia, per valori superiori al 50%, una situazione di squilibrio generazionale. L’indice di dipendenza totale è la risultante di altri due indicatori specifici: gli indici di dipendenza giovanile e degli anziani. 65 L’indice di dipendenza totale è stato rilevato al 1° gennaio 2012. 66 L’indice di dipendenza giovanile mostra qual è il numero di individui non autonomi per ragioni demografiche, perché di età inferiore o uguale ai 14 anni, ogni 100 individui potenzialmente indipendenti, che rientrano nella popolazione attiva compresa tra i 15 e i 64 anni. Tale indice permette di valutare quanti giovani esistono ogni 100 adulti: più il valore è alto, più la popolazione giovane dipende da quella adulta. L’indice di dipendenza giovanile si ottiene rapportando la popolazione di età 0-14 anni alla popolazione in età attiva (15-64 anni), moltiplicando il risultato ottenuto per 100. 67 L’indice di dipendenza degli anziani individua quante persone con oltre 65 anni esistono in rapporto alla popolazione attiva (15-64 anni) e si ottiene rapportando la popolazione di 65 anni e più, alla popolazione in età attiva (15-64 anni), moltiplicando il risultato per 100. Tale indicatore individua il numero di anziani non autonomi per ragioni demografiche ogni 100 individui potenzialmente indipendenti. 68 L’indice di dipendenza giovanile e degli anziani è stato rilevato al 1° gennaio 2012. 62
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3. La costruzione dell’Atlante del Paesaggio nel GAL*
Analisi
QTR/P e PTCP
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Si è indagato su un paesaggio in cui è evidente la difficoltà di recupero della memoria storica e dei segni che di questa sono elementi fondamentali: le varie vicende storiche, gli eventi calamitosi, la poca attenzione degli storici su questo paesaggio. Il paesaggio nasce da una terra in cui i prodotti sono frutto del lavoro dove non si vende l’immagine, ma il prodotto. Il paesaggio esiste come evento non ricercato. Tuttavia esiste un patrimonio culturale e ambientale che struttura questo paesaggio e che, attraverso gli strumenti di innovazione tecnologica, quali ad esempio i GIS, può essere reso evidente e quindi fruibile dalla Comunità. Partendo dagli strumenti di pianificazione regionale e provinciale si è cercato di creare i presupposti per poter costruire l’Atlante.
3.1 Gli strumenti di pianificazione regionali e provinciali Il Quadro Territoriale Regionale Paesaggistico (QTR/P)69 adottato dal Consiglio Regionale con D.C.R. n. 300 del 22 Aprile 2013, ha tra gli elaborati l’Atlante degli Ambiti Paesaggistici Territoriali Regionali (ATPR), Azioni e Strategie per la Salvaguardia e la Valorizzazione del Paesaggio Calabrese. L’Atlante è stato concepito come uno strumento di conoscenza che individua una parte di lettura e analisi, e una parte progettuale-normativa. Nella prima parte vengono evidenziati i caratteri identitari di ogni ambito regionale, che portano alle conseguenti scelte progettuali. Questo processo è stato possibile implementarlo attraverso la definizione delle cosiddette Unità Paesaggistiche Territoriali (Uptr) e attraverso la descrizione di alcuni aspetti
*Il capitolo è frutto della collaborazione fra gli autori. Tuttavia, ai fini dell’attribuzione dei paragrafi, Fortunato Cozzupoli ha redatto il paragrafo 3.1, Francesco Carlo Maria Vita i paragrafi 3.2, 3.2.1, 3.2.2, 3.2.5, mentre i paragrafi 3.2.3 e 3.2.4 sono stati redatti da Leonardo Gironda, quest’ultimo ha realizzato le elaborazioni grafiche delle figure 2 e 3 del capitolo 3 ed ha curato la progettazione e l’implementazione del GIS. 69 Il testo è stato elaborato anche sulla base delle informazioni e dei documenti scaricabili dal sito www.urbanistica.regione.calabria.it e dalla pubblicazione “Fallanca C., Progetto Redazione della Carta dei Luoghi della Regione Calabria, Attività di Supporto Tecnico Scientifico per la redazione della Carta dei Luoghi Regionale Resp. Sci, 2008”.
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fondanti come ad esempio l’evoluzione storica, il profilo identitario e senso del contesto, piuttosto che l’accessibilità e le reti della mobilità, gli aspetti storico-culturali o le tutele ambientali e culturali. Questo processo e l’identificazione dei caratteri identitari di ogni Ambito hanno creato i presupposti per la definizione delle invarianti di paesaggio e delle dinamiche progettuali di valorizzazione, tutela e salvaguardia previste nei contesti analizzati, con la relativa indicazione normativa. L’Atlante degli Ambiti Paesaggistici Territoriali Regionali, condiviso con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, le Soprintendenze dei Beni Archeologici, Architettonici e Paesaggistici delle varie province calabresi e della Regione, ha operato con un progressivo “affinamento” di scala: dalla macroscala, costituita dalle componenti paesaggistico-territoriali (costa, collina-montagna, fiumare), alla scala intermedia, costituita dai sedici Ambiti Paesaggistici Territoriali Regionali (Aptr), sino alla microscala in cui all’interno di ogni Aptr sono individuate trentanove Unità Paesaggistiche Territoriali (Uptr) di ampiezza e caratteristiche tali da rendere la percezione di un sistema territoriale capace di attrarre, generare e valorizzare risorse di diversa natura. Questo processo ha fatto in modo che si potesse individuare un primo quadro analitico di riferimento, finalizzato alla conoscenza della specificità e dei processi evolutivi che caratterizzano il territorio regionale; ad esso è seguita la formazione di sintesi descrittive-interpretative relative alle informazioni raccolte. Gli Aptr sono intesi come dei sistemi complessi che mettono in relazione i fattori e le componenti coevolutive (ambientali e insediative) di lunga durata di un territorio. Gli elementi individuati e valutati per la costruzione dei sedici Aptr sono: • i caratteri dell’assetto storico-culturale; • gli aspetti ambientali ed ecosistemici; • le tipologie insediative: città, reti di città, reti di infrastrutture, strutture agrarie; 38
• le dominanti dei caratteri morfotipologici dei paesaggi; • l’articolazione delle identità percettive dei paesaggi; • la presenza di processi di trasformazione indicativi; • l’individuazione di vocazioni territoriali come traccia delle fasi storiche dei luoghi. Come detto, all’interno di ogni Aptr vengono individuate le Unità Paesaggistico Territoriali, caratterizzate da componenti identitari storico-culturali e paesaggistico-territoriali tale da delineare le vocazioni future e gli scenari strategici condivisi. Esse si identificano e si determinano rispetto ad un polo o un attrattore (di diversa natura) che coincide con il talento territoriale, riferito ai possibili vari tematismi e tipologie di risorse. Questo Atlante pone le basi per costruire il Piano Paesaggistico costituito dall’insieme dei Piani Paesaggistici d’Ambito di cui all’art 17 e 17 bis della L. R. n.19/02. Nello specifico i Piani Paesaggistici d’Ambito verranno elaborati di concerto con le Province. In questo senso il PTCP della Provincia di Reggio Calabria ha proceduto ad individuare, attraverso delle caratteristiche strutturanti l’intero territorio provinciale, la definizione degli Ambiti di Paesaggio. Definiti i caratteri ambientali del territorio provinciale sono stati individuati 12 Ambiti di paesaggio, intesi come contesti caratterizzati da specifici caratteri di omogeneità in base: • ai caratteri morfologici e geo-litologici e all’articolazione delle unita fisiografiche; • ai sistemi di paesaggio individuati nell’ambito degli studi preliminari alla redazione del PTCP (componente vegetazionale); • ai sistemi tematici del patrimonio culturale individuati nell’ambito degli studi preliminari alla redazione del PTCP (componente storico-culturale); • ai paesaggi rurali caratterizzanti; • ai caratteri del sistema insediativo e relazionale.
Fig. 2 UnitĂ Paesaggio QTR/P
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Gli Ambiti di Paesaggio costituiscono un riferimento orientativo per l’individuazione di quelle caratteristiche riconoscibili e strutturanti che possono divenire riferimenti progettuali e normativi coerenti con le specificità e con le risorse dei territori locali. I 12 Ambiti sono stati oggetto di analisi attraverso una scheda descrittivo-interpretativa che definisce il quadro delle principali risorse presenti evidenziando, soprattutto, i sistemi rilevanti di risorse che sarebbe necessario attivare. Le schede contengono informazioni relative a: fisiografia, vegetazione, aree protette, territorio rurale, patrimonio culturale. Particolare attenzione è rivolta al territorio rurale, di cui si riportano “i Paesaggi Rurali Caratterizzanti, individuati durante la fase analitica che, per la presenza di interrelazioni complesse tra ambiente naturale e ambiente antropico, sono strutturanti del territorio provinciale. La fase di analisi, che ha portato all’individuazione dei Paesaggi Rurali Caratterizzanti presenti sul territorio provinciale, è stata condotta focalizzando l’attenzione sui seguenti aspetti: usi rurali, caratteri naturalistici, aspetti storici e identitari, aspetti vocazionali. Lo studio condotto ha reso possibile il riconoscimento di tutti i contesti a forte caratterizzazione agricola che, oltre al valore in termini produttivi, esprimono una valenza paesaggistica e identitaria molto importante dovuta all’integrazione fra usi rurali, preesistenze storiche e caratteri naturalistici; tra questi i territori rurali legati alle colture tradizionali locali, come gli areali di coltura dell’olivo, della vite, degli agrumi, che hanno un carattere diffusivo nelle zone tradizionalmente vocate. Di seguito vengono elencati gli Ambiti di paesaggio individuati dallo strumento: 1. Area costiero-collinare dello Stretto 2. Fascia submontana del versante dello Stretto
3. Fascia costiero-collinare della Costa Viola 4. Fascia collinare-montana della corona settentrionale dell’Aspromonte 5. Area dell’acrocoro dell’Aspromonte 6. Area Grecanica 7. Area della Piana di Gioia Tauro e della sua corona orientale aspromontana 8. Fascia montana della bassa Locride 9. Fascia costiero-collinare della Bassa Locride 10. Area delle Serre 11. Area dell’Alta Locride 12. Area costiero-collinare di Stilo e Monasterace”70 Tra questi Ambiti di Paesaggio tre sono rappresentativi dell’Area del Gal BaTiR e il PTCP così li descrive: • Il Bosco di Rosarno e l’area coltivata immediatamente fuori dal centro abitato denominata Bosco Strisce, Bosco Primo, Bosco Secondo, Nespolaro, Olmolongo. Il paesaggio si contraddistingue per l’alta presenza di coltivazioni tipiche locali, quali agrumeti e uliveti. Da rilevare, altresì, la presenza nell’area di ritrovamenti archeologici greco-romani. • Gli Ulivi del versante aspromontano tirrenico, che ricadono in alcuni comuni della Piana di Gioia Tauro, rappresentano un esempio di paesaggio tipico locale per la forte presenza di uliveti. L’area è caratterizzata, inoltre, dal SIC “Torrente Lago” e dalle architetture del lavoro e difensive disseminate sul territorio, oltre che per i ritrovamenti archeologici greco-romani. • I Vigneti terrazzati della Costa Viola interessano la fascia costiero-collinare compresa tra Villa San Giovanni e Bagnara Calabra. è un’area di forte interesse sia per gli aspetti di naturalità della costa che per la presenza dei terrazzamenti che costituiscono un paesaggio tipico di elevato valore. La zona è caratterizzata anche dalle ar-
Relazione Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, Reggio Calabria, dicembre 2010. Il gruppo di lavoro è composto dal: Prof. Sergio Caldaretti, Arch. Antonella Sarlo, Dott. Pian. Leonardo Gironda, Arch. Maria Giuffrida, Ing. Francesco Salomone, Dott. Pian. Giovanni Sammarco, Dott. Pian. Francesco Carlo Maria Vita. 70
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chitetture difensive, poste anticamente a presidio delle zone costiera, dalle architetture del lavoro e dai siti archeologici greco-romani.
3.2 La costruzione dell’Atlante del Paesaggio del GAL BaTiR La costruzione dell’Atlante del paesaggio è stata intesa come la costruzione di un quadro conoscitivo finalizzato alla individuazione, descrizione, interpretazione e rappresentazione dei molteplici e differenti paesaggi presenti nell’area del Basso Tirreno Reggino: dai paesaggi rurali delle armacie della Costa Viola, ai paesaggi urbani dei borghi pedemontani, dai paesaggi agricoli degli uliveti secolari ai paesaggi naturali della vegetazione ripariale. Partendo dalle individuazioni fatte dal QTR/P e dal PTCP, con gli ambiti di paesaggio, si è scesi di scala arrivando ad individuare i singoli beni nel proprio contesto paesaggistico: urbano, rurale e naturale. L’Atlante è stato realizzato attraverso un impianto metodologico delle informazioni acquisite che consente di evidenziare gli elementi che costituiscono l’identità paesaggistica dell’area, interpretandoli come potenziali risorse per il futuro sviluppo del territorio.
3.2.1 Il Patrimonio culturale e naturale
È bene sottolineare un concetto già espresso sulla differenza dei termini patrimonio e risorsa: è stata scelta la parola patrimonio per ciò che rappresenta e cioè perché il patrimonio, che esiste “indipendentemente dall’uso che ne possiamo fare, è esso stesso un costrutto storico; ma, a differenza della risorsa, che riguarda il modo di utilizzarlo di una determinata civilizzazione, è di lunga durata, è il prodotto sedimentato da una lunga serie di civilizzazioni, 71 72
da più universi tecnici e da più culture.” (Baldeschi, 2007)71 Per patrimonio Culturale si intende tutti quegli elementi che sono il risultato di processi di lunga durata che hanno elementi infrastrutturali, urbani, rurali, e cognitivi (saperi e sapienze locali, arti costruttive, artistiche, produttive, modelli socioculturali). Per patrimonio Naturale si intende tutti quegli elementi che derivano da processi ecosistemici che nel tempo di sono strutturati sul territorio. Il patrimonio Culturale e Naturale ha un valore di esistenza, “che riguarda la possibile fruizione dei beni patrimoniali da parte delle generazioni future; e un valore d’uso in quanto sistema di risorse essenziali che consentono la produzione di ricchezza durevole e sostenibile, a condizione di garantire nel tempo il valore di esistenza del patrimonio stesso.”72
3.2.2 Il GIS strumento per la conoscenza
Il sistema informatico che gestisce le informazioni di carattere territoriale o geografico viene definito Sistema Informativo Territoriale (SIT). I sistemi informativi che utilizzano le informazioni geografiche, quindi la tecnologia GIS (dall’inglese Geographic Information System), offrono infinite opportunità. La realizzazione di un sistema informativo in ambiente GIS, tramite il quale gli abitanti abbiano la possibilità di consultazione e di acquisizione di informazioni in modo automatico e in tempo reale, fa di questo uno strumento dalle infinite capacità di governare, sotto mille sfaccettature, ogni dato noto (grafico o alfanumerico) che, per qualsiasi motivo, si volesse analizzare o evidenziare. La gestione della conoscenza è di fondamentale importanza per il territorio in questo particolare momento storico in cui la sofisticazione degli strumenti tecnologici ha fatto progredire le modalità di gestione dei dati dalla capacità di muovere informazioni a forme di rappresentazione
Op. cit. Relazione generale del Piano Paesaggistico Territoriale Regionale della Regione Puglia adottato dalla Giunta Regionale con delibera n. 1435 del 2 agosto 2013.
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Fig. 3 Ambiti Paesaggio PTCP
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della conoscenza. Le tecnologie software permettono di associare informazioni in maniera intelligente e di presentarle in forme aggregate e finalizzate alle loro capacità e aspettative. La gestione della conoscenza diventa una disciplina di natura complessa che necessita di strumenti che possano semplificare questa complessità senza perdere per questo le informazioni necessarie per gestirla. L’importanza del Sistema Informativo in ambiente GIS risiede nel contributo che può dare al sistema generale di conoscenza, permettendo di rilevare il dato in sé e il sistema di relazioni che produce (da cui è prodotto o che contribuisce a produrre), e nel mettere insieme tutte le informazioni possibili (territoriali, sociali, ecologiche ecc.) in un’organizzazione multiscalare. L’uso di questi strumenti consente un approccio quantitativo allo studio del territorio e consente di apprezzare contemporaneamente sia i dettagli sia le visioni d’insieme, fornendo analisi dati e osservazioni sufficienti per studi esaustivi. Le tecnologie innovative dell’informazione e della comunicazione, come già evidenziato, giocano un ruolo sostanziale nel mutamento dell’organizzazione territoriale, ma le innovazioni tecnologiche quali i GIS richiedono, oltre ad una più diffusa cultura scientifico-tecnica di base, un nuovo atteggiamento culturale che si riflette direttamente nelle metodiche di acquisizione, trattamento e interpretazione dei dati.
3.2.3 La costruzione del Database Management System
In relazione alla struttura concettuale descritta, a valle di un lungo e complesso lavoro di elaborazione collettiva, è stato realizzato un Database Management System, dedicato alla fase di input dei dati articolato in una serie di schede. L’elemento di innovazione rappresentato da questo nuovo sistema di schede è dato dal fatto che esse non fanno riferimento a distinzioni di tipo disciplinare e accademico tra i beni, ma tendono a ricondurre, e quindi a descrivere, il bene sulla base delle sue caratteristiche oggettive. Uno
degli aspetti, che riteniamo più significativi dell’impostazione data al lavoro, è rappresentata dal fatto che tali schede, adottando una classificazione fondata sui concetti di Tipo, Categoria e Funzione, consentono di descrivere qualunque tipo di bene senza ricorrere a distinzioni quali bene archeologico, bene architettonico, bene storico-artistico. Tale superamento è stato reso necessario, peraltro, dall’evidente inadeguatezza di simili concetti a definire beni pluristratificati e complessi quali sono spesso quelli che insistono su territori di così ampia e ininterrotta antropizzazione come quello italiano. La raccolta dati dei beni culturali e paesaggistici e la loro successiva georeferenziazione nell’ambito dei territori dei 15 comuni del GALBaTiR ha permesso la realizzazione di un database geografico atto a fornire un concreto sostegno tecnico, logistico e pratico a quella parte di governo del territorio che punta all’incentivazione della conoscenza, della consapevolezza e della possibile presenza turistica in contesti rurali. Il sistema è composto da una banca dati georeferenziata nella quale vengono gestite le informazioni e da una banca dati costituita da documenti in formato pdf rappresentati dalle schede descrittive dei singoli elementi di risorsa. La realizzazione del sistema è stata strutturata in sei step: • definizione della struttura generale; • progettazione struttura database; • inserimento dei dati; • verifica e validazione dati inseriti; • creazione GIS con dati di altri database esistenti; • esportazione in Webgis. è stato possibile individuare i beni attraverso l’incrocio delle banche dati regionale e provinciale e dalla bibliografia di riferimento. La georeferenziazione dei beni individuati è stata eseguita attraverso un processo di sopralluoghi sul campo che ha visto coinvolti 6 operatori che nell’arco di 3 mesi hanno fatto circa 330 sopralluoghi compilando la scheda di 43
rilevamento. Tra le informazioni contenute nella scheda è compresa quella riferita alle coordinate con cui è stato possibile realizzare l’esatto posizionamento di tutti i 227 punti georeferenziati, che sono stati, in un secondo tempo verificati su CTR scala 5.000. Particolare attenzione è stata dedicata all’inserimento dei dati alfanumerici al fine di limitare l’operazione successiva di data cleaning e rendere più agevole ed immediata l’operazione successiva di interrogazione del database per l’estrazione delle informazioni. Sono state così create delle tabelle di appoggio, che contengono le possibili voci per la classificazione, pensate proprio per ottimizzare l’inserimento dei dati.
Fig. 4 Struttura generale del database
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3.2.4 Il contenuto
Il processo di progettazione delle schede ha visto innanzitutto l’individuazione di tutti i campi obbligatori. Si è partiti dalla definizione del livello base, riconoscendo l’Unità Topografica (UT) come unità minima di base identificata a livello topografico (una chiesa, un palazzo, una torre, una struttura muraria, ecc). I dati alfanumerici sono stati organizzati secondo una struttura relazionale principale (vedi schede A, B, C, D nelle pagine seguenti) formata dai campi presenti nella Tab. 11:
Tab. 11
Scheda di supporto B
Scheda di supporto C Scheda di supporto A
Scheda di supporto D
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3.2.5 I risultati
Le schede descrittive. Un primo prodotto del lavoro effettuato è l’Atlante presente nel capitolo successivo. I 227 Beni si presentano raggruppati per territorio comunale
di appartenenza. Per ogni bene censito è presente una scheda descrittiva con foto e sintesi delle classificazioni effettuate.
BAGNARA CALABRA 1 - TORRE RUGGIERO
Torre ruggiero o Torre ArAgonese o Torre di CApo roCChi La Torre si trova sullo sperone di Capo Rocchi, in Contrada Cacilì, domina dall’alto il comune di Bagnara e segna il confine nord del lungomare. L’edificio potrebbe risalire ad un periodo tra il XIII-XV secolo, come suggerisce la sua forma architettonica con base tozza e corpo slanciato, ma non ci sono documenti che testimonino direttamente la sua costruzione e forniscano un’indicazione più precisa, infatti la prima testimonianza cartacea risale al 1576, quando la Torre apparteneva già a Lelio Leonardo. Tuttavia, sappiamo che questa struttura fu voluta dal Vicerè Pedro de Toledo e che fa parte del sistema di torri di osservazione e difesa dai pirati saraceni, collocate lungo la costa. Durante il periodo Borbonico, infatti, fungeva da torre di avvistamento per segnalare le flotte nemiche, in particolare quelle Turche che avevano occupato buona parte della costa, e veniva indicata come 32a torre della Calabria Ulteriore. La pianta dell’edificio è circolare, la base è troncoconica ed è divisa da un toro di pietra bianca dal soprastante corpo cilindrico, di 7 metri di diametro. Oggi il suo stato di conservazione è mediocre e non esiste alcun vincolo che tuteli la struttura.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura fortificata Tipologia torre Livello di accessibilità buono Livello di percezione ottimo Stato di conservazione pessimo
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I Progetti
Atlante
Fig. 5 Scheda descrittiva tipo dell’Atlante
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Il GIS del Gal BaTiR. Le informazioni raccolte e catalogate nella scheda descrittiva, sono state implementate, insieme agli strati informativi disponibili da fonti esterne (Ministero dell’Ambiente, Centro Cartografico Regionale, PTCP della Provincia di Reggio Calabria) su un GIS creato per il Gal BaTiR. Sono molteplici le interrogazioni che è possibile effettuare sul database con conseguente evidenziazione cartografica e creazione di cartografie tematiche. Il lavoro svolto e le possibili applicazioni confermano e danno valore al GIS prodotto come uno strumento dina-
mico continuamente aggiornabile per analizzare, pianificare e implementare le attività di sviluppo locale. In allegato alla presente pubblicazione viene fornito un cd-rom: è possibile visualizzare le informazioni contenute nella scheda alfanumerica dell’Atlante, all’interno di un motore cartografico che consente di navigare a qualunque scala di visualizzazione e di visualizzare alcuni dei Layers di base del GIS del GAL BaTiR. A ogni bene della scheda alfanumerica è presente un collegamento ipertestuale che permette la visualizzazione relativa della scheda descrittiva in formato pdf.
Fig. 6 Visualizzazione del GIS del GAL BaTiR
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Webgis: Al fine di facilitare la condivisione con il maggior numero di utenti, i files ottenuti dal GIS, sono stati esportati in formato KML. La successiva loro importazione in Google Earth, ha consentito un’agile interazione con la cartografia, con i dati ad essa associati e con le interroga-
Fig. 7 Visualizzazione su Google Earth del file KML dell’Atlante
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zioni più significative eseguite sul GIS. Inoltre la creazione dei files KML forniscono l’ulteriore possibilità di essere fruiti dai navigatori satellitari, conferendo ancora una volta al GIS realizzato, una valenza sociale ed uno strumento di visitazione oltre che di pianificazione.
4. Atlante del Paesaggio
ca
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sopralluoghi
Beni Culturali e Naturali
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In questo ultimo capitolo viene presentato l’Atlante costruito attraverso l’utilizzo dei saperi tecnici.73 L’individuazione dei beni è frutto di un lavoro coordinato con i responsabili scientifici e un gruppo di tecnici che nell’arco di 6 mesi ha fatto circa 330 sopralluoghi. Il lavoro fatto è stato, inoltre, quello di ricerca bibliografica e nel web, studio della progettualità espressa nel territorio, finalizzata a reperire le informazioni sulla localizzazione, storia e descrizione dei beni individuati. Quindici i territori comunali interessati dal rilevamento: Bagnara, Cosoleto, Delianuova, Melicuccà, Molochio, Oppido Mamertina, Palmi, Santa Cristina d’Aspromonte, Sant’Eufemia d’Aspromonte, San Procopio, Scido, Scilla, Seminara, Sinopoli, Varapodio.
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Atlante GAL BaTiR
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4 beni culturali
22 beni culturali
localizzazione storia descrizioni beni
Gruppo di lavoro coordinato dal Direttore del GAL Dott. Fortunato Cozzupoli, dal Dott. Giampiero Pirrò e dal Dott. Pian. Francesco Carlo Maria Vita, composto da: Valeria Gironda, Nathalie Iofrida, Elisa Morano, Emanuela Piazza, Giovanna Riso, Virgilio Sabatino. 73
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Fig. 8 I comuni del GAL BaTiR
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51
BAGNARA CALABRA
BAGNARA CALABRA 1
TORRE RUGGIERO
2
CHIESA DI MARIA SS DEL ROSARIO
3
CHIESA DI SANTA MARIA DI PORTO SALVO
4
CHIESA DEL CARMINE
5
CHIESA DEL CARMELO
6
CHIESA DELL’IMMACOLATA GIà SAN NICOLA
7
CHIESA DEI PAOLOTTI
8
ABBAZIA DI SANTA MARIA E DEI XII APOSTOLI
9
CHIESA DEI SANTI PIETRO E PAOLO
10 CHIESA DELL’ANNUNZIATA 11 CHIESA DI SANTA MARIA DEGLI ANGELI 12 Chiesa di Santa Maria delle Grazie 13 CASTELLO EMMARITA già PALAZZO DUCALE RUFFO 14 VILLA DE LEO 15 MUNICIPIO 16 FONTANA DI GARIBALDI 17 MONUMENTO ALLA BAGNAROTA 18 MACELLO 19 BASTIONE MARTURANO 20 FRANTOIO DI BORGO COVàLA (ruderi) 21 masseria caratozzolo 22 armacere (o ARMACIE)
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BAGNARA CALABRA 1 - TORRE RUGGIERO
Torre Ruggiero o Torre Aragonese o Torre di Capo Rocchi La Torre si trova sullo sperone di Capo Rocchi, in Contrada Cacilì, domina dall’alto il comune di Bagnara e segna il confine nord del lungomare. L’edificio potrebbe risalire ad un periodo tra il XIII-XV secolo, come suggerisce la sua forma architettonica con base tozza e corpo slanciato, ma non ci sono documenti che testimonino direttamente la sua costruzione e forniscano un’indicazione più precisa, infatti la prima testimonianza cartacea risale al 1576, quando la Torre apparteneva già a Lelio Leonardo. Tuttavia, sappiamo che questa struttura fu voluta dal Vicerè Pedro de Toledo e che fa parte del sistema di torri di osservazione e difesa dai pirati saraceni, collocate lungo la costa. Durante il periodo Borbonico, infatti, fungeva da torre di avvistamento per segnalare le flotte nemiche, in particolare quelle Turche che avevano occupato buona parte della costa, e veniva indicata come 32a torre della Calabria Ulteriore. La pianta dell’edificio è circolare, la base è troncoconica ed è divisa da un toro di pietra bianca dal soprastante corpo cilindrico, di 7 metri di diametro. Oggi il suo stato di conservazione è mediocre e non esiste alcun vincolo che tuteli la struttura.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura fortificata Tipologia torre Livello di accessibilità buono Livello di percezione ottimo Stato di conservazione pessimo
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BAGNARA CALABRA 2 - CHIESA DI MARIA SS DEL ROSARIO
chiesa di maria sANTISSIMA del rosario La chiesa che vediamo oggi è abbastanza recente, infatti fu costruita nel 1910 su un edificio preesistente, rimasto distrutto dal sisma del 1783. L’antica struttura, in stile gotico, presentava affreschi di notevole bellezza, due altari e marmi pregiati, e comprendeva una cripta, una sagrestia con preziosi marmi e affreschi, ed un campanile di 13 metri. Dopo il terremoto del 1908 e diverse alluvioni fu necessaria una totale ricostruzione dell’edificio. Il nuovo progetto fu affidato a Pietro De Nava, che in soli tre anni fece edificare una chiesa semplice, seguendo le nuove norme antisismiche. Successivamente furono aggiunti dei decori d’oro e marmi, affreschi, ed un nuovo campanile (negli anni 1948-51). L’edificio attuale conserva al suo interno frammenti scultorei dell’antica abbazia normanna, oltre ad oggetti di valore come la tela secentesca raffigurante Giuditta e Oloferne, attribuita al pittore Paolo de Matteis, originario del Cilento. Vi è anche la statua marmorea dell’Eterno Padre, che un tempo doveva far parte di un gruppo più numeroso di statue decorative collocate sul prospetto; si pensa che la statua possa provenire dalle botteghe messinesi dove, tra il 1547 ed il 1557, lavorò il Montorsoli, scultore fìorentino, che collaborò a lungo con Michelangelo Buonarroti. Invece, la statua della Madonna del Rosario che osserviamo oggi risale al 1973, poiché quella antica fu distrutta da un incendio doloso, ad opera di ignoti che nel 1972 avevano tentato di rubare gli oggetti preziosi della chiesa, cercando di aprire la vetrata che li custodiva, proprio con l’uso della fiamma. 56
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità buono Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione buono
BAGNARA CALABRA 3 - CHIESA DI SANTA MARIA DI PORTO SALVO
chiesa di santa maria di porto salvo La chiesa si trova in località Marinella e fu edificata per la prima volta nel 1700, per volere di don Vincenzo Palumbo, quando il rione era abitato soltanto da pochi pescatori. L’edificio fu eretto in onore di colei che è considerata la protettrice dei pescatori e di tutti gli uomini di mare, ed è per questo che ogni anno, durante la festa dedicata a Santa Maria di Porto Salvo, la sua effige viene portata in processione sul mare a bordo di una barca. L’origine di questo culto è spiegato da una leggenda: si narra che don Vincenzo fosse su una barca, che fu colpita da una tempesta, e che sia il sacerdote che l’equipaggio si salvarono; tale miracolo fu attribuito alla presenza sull’imbarcazione di un dipinto raffigurante la Madonna, così il parroco decise di far costruire una chiesa proprio nel punto in cui era stata spinta la barca, per ricordare il salvataggio. Il quadro è conservato ancora oggi nell’attuale edificio.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità buono Livello di percezione pessimo Stato di conservazione buono
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BAGNARA CALABRA 4 - CHIESA DEL CARMINE
chiesa del carmine Sede dell’omonima Arciconfraternita, la chiesa si trova in piazza del Carmine, da cui si può godere di una magnifica vista verso il mare. Fu edificata nel Seicento ed eletta a Congregazione di Spirito dal Duca Carlo Ruffo nel 1683, come sede di una congregazione gestita dai Carmelitani e come ente caritatevole. Fu poi ricostruita nel 1756 e ancora in seguito al sisma del 1783, mentre fu l’unica chiesa che non fu distrutta dal terremoto del 1908. L’edificio originario si trovava immerso nella natura, circondato da frutteti e accanto ad un ruscello. Oggi la chiesa è caratterizzata dalla facciata, realizzata in pietra di Siracusa in stile neoclassico con elementi barocchi, e dalla torre campanaria ultimata nel 1917. L’interno a navata unica ha le pareti scandite da colonne ioniche in gesso dipinto ed è ricco di stucchi dorati, realizzati dal catanese Gioachino Gianforma. Custodisce un’icona bizantina di fine ’700 raffigurante la Madonna col Bambino, primo oggetto di culto della Confraternita; la statua della Vergine del 1836, utilizzata durante le processioni; un altare neoclassico e un baldacchino ottocentesco in lamina d’argento dell’orafo Francesco Rossi di Napoli.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità buono Livello di percezione ottimo Stato di conservazione buono
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BAGNARA CALABRA 5 - CHIESA DEL CARMELO
chiesa del carmelo A CERAMIDA La chiesa, che si trova nella frazione di Ceramida, è un edificio in stile neoclassico edificato nel 1930 in sostituzione di quello antecedente, distrutto dal terremoto del 28 dicembre 1908. Negli ultimi anni è stata interessata da ulteriori interventi di restauro. Nella facciata il portale si presenta sotto un alto arco a tutto sesto sostenuto da due coppie di colonnine quadre con capitello; il portone, di poco arretrato, è sormontato da un timpano che si inserisce sulla lunetta. Tra la chiesa e gli edifici annessi svetta il bel campanile a base quadra con quattro finestre ad arco. Dalla piazza antistante è possibile godere di un magnifico panorama.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità buono Livello di percezione mediocre Stato di conservazione buono
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BAGNARA CALABRA 6 - CHIESA DELL’IMMACOLATA
GIà
SAN NICOLA
chiesa dell’immacolata GIà CHIESA DI SAN NICOLA L’edificio, che sorge nel Rione Porelli, era in origine dedicato a San Nicola di Bari, patrono principale di Bagnara, la cui antica chiesa sorgeva a strapiombo sulla Marinella. Non conosciamo l’anno della costruzione ma probabilmente l’evento può essere collocato tra il 1100 ed il 1200, considerando che il culto di San Nicola di Mira giunse in Occidente col regno di Ottone II (973-983) e che le reliquie del Santo furono portate a Bari da alcuni mercanti nel 1087, dopodiché il suo culto si diffuse in tutta l’Italia e molti paesi lo scelsero come proprio patrono. Dopo il terremoto del 1783, che distrusse la chiesa di San Nicola, venne costruita al suo posto la chiesa dell’Immacolata, che conservava un’immagine di San Giovanni Battista. Il terremoto del 1908 danneggiò gravemente l’edificio che fu restaurato a partire dagli Anni Venti, anche se, poco dopo, molti libri ed oggetti di notevole valore andarono perduti, prima nell’incendio del 1929 e poi con il bombardamento del 1943, che distrusse anche la copertura dell’edificio. Nel dicembre del 1954, primo centenario della proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione, si festeggiò la ricorrenza con l’incoronazione del simulacro della Vergine in Piazza Matteotti.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità buono Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione ottimo
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BAGNARA CALABRA 7 - CHIESA DEI PAOLOTTI
chiesa dei paolotti Questa piccola chiesa, detta anche della Madonna della Montagna, da il nome al quartiere in cui si trova, il Rione Paolotti, ed è collocata all’interno di un tessuto urbano molto fitto, caratterizzato da strade strette, spesso percorribili solo a piedi. L’edificio è l’unica cosa che resta di un culto che a Bagnara fu molto importante in passato, quello di San Francesco di Paola, a cui in antichità fu dedicato anche un convento, attiguo alla vecchia chiesa, quello dei Frati Francescani Minimi: i Paolotti. Questa chiesa è il punto di riferimento della devozione dei Bagnaresi alla Madonna di Polsi.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità sufficiente Livello di percezione pessimo Stato di conservazione buono
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BAGNARA CALABRA 8 - ABBAZIA DI SANTA MARIA E DEI XII APOSTOLI
ABBAZIA NORMANNA di santa maria e dei xii apostoli L’abbazia fu edificata nel nucleo originario di Bagnara. I lavori ebbero inizio nel 1085 e si protrassero per ben 32 anni, infatti la festa per la consacrazione dell’edificio si tenne solo nel 1117, ricordata come una delle cerimonie calabresi più famose dal ’600 in poi. La struttura ebbe una grande importanza per il centro abitato in passato, e fu Reale Abbazia di Bagnara. L’edificio di culto fu distrutto e poi ricostruito, infatti l’odierna chiesa Madre risale alla fine del 1800 e presenta sui soffitti affreschi di scene sacre e personaggi storici illustri. Custodisce, inoltre, oggetti del ’600 e del ’700, come una tela raffigurante la Madonna del Rosario ed una pala d’altare con la Vergine e gli Apostoli, entrambe opere del XVIII secolo, oltre ad una tela di San Francesco d’Assisi e le statue di San Domenico e San Vincenzo, del XVII secolo. Della struttura originaria si conservano ancora oggi le fondazioni. Un frammento del XII secolo è divenuto la base dell’attuale acquasantiera posta all’ingresso di un’altra chiesa, quella di Maria Santissima del Rosario. Il sisma del 1908 danneggiò la copertura e le pareti della navata della chiesa, per cui furono necessari dei lavori. Nello specifico fu ricostruita la facciata con due torrette agli angoli intonate allo stile barocco. L’interno conserva l’antica navata con cinque cappelle per lato, utilizzando parzialmente gli antichi marmi. Venne ricostruita la sacrestia e fu rifatto il pavimento.
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Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia abbazia Livello di accessibilità buono Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione buono
BAGNARA CALABRA 9 - CHIESA DEI SANTI PIETRO E PAOLO
chiesa dei santi pietro e paolo La chiesa si trova nel Rione Valletta e non se ne conosce con precisione l’anno di costruzione, tuttavia possiamo affermare che fu certamente edificata dopo il sisma del 1783, anche se, fino al 1837, fu usata come teatro. La chiesa che vediamo oggi, subì una ricostruzione dopo il 1908 e ospita le statue dei due Santi, oltre alla statua di San Giorgio, portata fin qui dalle famiglie di cestai che da San Giorgio Morgeto si erano trasferite a Bagnara Calabra. La devozione a questi Santi risale a diversi secoli fa, infatti già intorno al 1700, gli abitanti di Bagnara erano soliti recarsi a Roma, per pregare sulle tombe dei Santi Pietro e Paolo.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità buono Livello di percezione buono Stato di conservazione ottimo
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BAGNARA CALABRA 10 - CHIESA DELL’ANNUNZIATA
chiesa dell’annunziata a pellegrina Il primo culto della Madonna dell’Annunziata nacque in una chiesetta nei pressi della vecchia piazza Mercato, mentre nel 1859 fu fondata la Confraternita della Santissima Annunziata, con approvazione del Re di Napoli. L’edificio che vediamo oggi, sito nella frazione di Pellegrina, è di nuova costruzione e viene utilizzato al posto dell’antica chiesa. La sua facciata è semplice e lineare, con motivi gotici, e alla sua destra vediamo il campanile. La chiesa sorge al centro di Pellegrina e la piazza antistante prende il nome di Santa Barbara, poiché nella chiesa ha sede anche la Congrega di questa Santa, oltre alla Confraternita della Santissima Annunziata. Il culto di Santa Barbara a Pellegrina è molto antico.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità buono Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione buono
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BAGNARA CALABRA 11 - CHIESA DI SANTA MARIA DEGLI ANGELI
chiesa di santa maria degli angeli Fu edificata nel 1590, assieme ad un convento francescano, per volere dei Padri Cappuccini, e in essa fu sepolto il Cardinale Antonio Ruffo. Fu ricostruita dopo il sisma del 1783, mentre, dopo il terremoto del 1908 fu necessario demolire totalmente l’edificio perché pericolante. Fu dapprima costruita una chiesabaracca e poi, tra il 1972 ed il 1974, una nuova chiesa secondo il progetto dell’architetto Francesco Albanese, che disegnò un edificio sobrio in stile moderno: ingresso con gradinata, facciata articolata da cinque finestroni e sormontata da tre pilastri a pianta quadrata su cui poggiano le statue di una Madonna col Bambino e di due angeli. L’aula liturgica è ampia, ha tre cappelle e l’abside.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità buono Livello di percezione pessimo Stato di conservazione buono
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BAGNARA CALABRA 12 - CHIESA DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE
chiesa di santa maria delle grazie a solano La chiesa, sita a Solano Inferiore, è un piccolo edificio di recente costruzione, ma la sua importanza è dovuta alla presenza dell’antica fontana, posta lateralmente, su una parete perimetrale della struttura. Si tratta di un’elegante fontana in pietra, posta in quella che per i mercanti era la porta della città, nonché il luogo in cui si pagava il dazio di ingresso al paese. Ciò è dimostrato dalla targa che riporta le tariffe per i mercanti: dieci grani per una salma di seta, tre grani per l’olio, ecc.. mentre le uniche che potevano godere dell’accesso gratuito erano le meretrici. La fontana è stata costruita nel sec. XVII dalla famiglia Ruffo che, tra gli altri titoli, aveva quello di baroni di Solano. Sotto l’epigrafe è posto lo stemma dei Ruffo, in marmo bianco.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità buono Livello di percezione buono Stato di conservazione buono
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13 - CASTELLO EMMARITA
GIà
BAGNARA CALABRA PALAZZO DUCALE RUFFO
cASTELLO EMMARITA GIà PALAZZO DUCALE RUFFO Il Castello Ducale fu costruito intorno al 1085. L’edificio aveva forma quadrata, era circondato da un doppio ordine di balestriere, tra cui erano sistemati dei cannoni, detti i 12 Apostoli, e comprendeva due maestosi appartamenti. Si accedeva tramite un ponte levatoio, alla sinistra del quale vi erano due orologi (uno solare ed uno sonante), mentre sulla vetta vi era una piramide, detta castellana, con una campana che suonava due ore dopo il tramonto, per comunicare agli abitanti che era giunta l’ora di tornare nelle proprie abitazioni. Il Castello conteneva anche delle carceri, poste sotto la parte rivolta a levante, verso il mare, e comunicava con due avamposti i cui ruderi sono ancora visibili: uno chiamato Bastione, che guarda verso il centro dell’abitato (sud-ovest), e l’altro chiamato Costanzella rivolto verso il Rione Marinella (nord-est). Prese il nome di Palazzo Ducale quando i Ruffo divennero Duchi di Bagnara. L’edificio che vediamo oggi, in posizione panoramica sulla rupe Marturano, fu ricostruito dopo il sisma del 1783, sui ruderi del palazzo preesistente. È raggiungibile tramite il ponte Caravilla, ma anche seguendo gli antichi sentieri che partono dai rioni Marinella e Canneto e giungono nella parte alta dell’abitato, cioè presso l’antico Borgo Porelli. Resistette al sisma del 1908, dopo il quale fu ristrutturato per poter essere adibito ad albergo, col nome di Castello Emmarita, poi ospitò una scuola alberghiera, ed oggi è sede di parecchie iniziative culturali come mostre e convegni, nuovamente col nome di Castello Ducale Ruffo. per visualizzare le schede complete: www.galbatir.it
I Progetti
Atlante
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura residenziale Tipologia palazzo Livello di accessibilità buono Livello di percezione ottimo Stato di conservazione mediocre
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BAGNARA CALABRA 14 - VILLA DE LEO
VILLA DE LEO La villa risale al 1921 ed è stata realizzata dall’architetto Eugenio Mollino in stile liberty, vicino al ponte Caravilla, quindi in una posizione panoramica privilegiata. La sua importanza non è rappresentata solo dal valore artistico della stessa, ma anche dal fatto che sia la prima abitazione signorile antisismica, realizzata dopo il terremoto del 1908 in Calabria, infatti le è stato attribuito il titolo di Palazzo Liberty Antisismico. Il palazzo si articola su tre livelli e ha degli interni straordinari, con affreschi, marmi pregiati, mosaici sul pavimento, vetrate policrome e piante molto rare nel giardino privato. La villa è disabitata da venti anni, quindi è stata lasciata all’abbandono, soprattutto a causa dei contrasti nati tra gli eredi della famiglia.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura residenziale Tipologia villa Livello di accessibilità buono Livello di percezione buono Stato di conservazione mediocre
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BAGNARA CALABRA 15 - MUNICIPIO
Municipio Il palazzo municipale di Bagnara sorge nello stesso sito in cui, in passato, vi fu l’antica sede comunale. L’edificio che vediamo oggi risale al periodo fascista, come rivela il suo stile razionalista. Ha un ampio portico che dà sulla grande piazza.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia municipio Livello di accessibilità buono Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione buono
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BAGNARA CALABRA 16 - FONTANA DI GARIBALDI
fontanA di garibaldi La fontana più famosa di Bagnara è quella dedicata a Giuseppe Garibaldi, edificata nel 1864 in un luogo leggendario: il punto in cui si dice che egli si sia dissetato prima di proseguire la spedizione verso nord, cioè la notte del 24 agosto 1860, quando si era riposato in casa del Capitano Romano. Questo luogo coincide anche con l’odierno ingresso nord dell’abitato, nella piazza di via Nazionale tra la chiesa del Rosario e quella del Carmine. L’opera è in stile palladiano ed una delle sue caratteristiche sono i tre grandi archi che indirizzano lo sguardo verso il Mar Tirreno, offrendo un meraviglioso panorama.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia fontana Livello di accessibilità buono Livello di percezione ottimo Stato di conservazione sufficiente
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BAGNARA CALABRA 17 - MONUMENTO ALLA BAGNAROTA
monumEnto alla bagnarota La statua bronzea fu realizzata in seguito ad una petizione popolare, promossa dalla Pro Loco, per raccogliere 1000 firme con la finalità di far erigere, in piazza Marconi, un monumento dedicato a quest’importante figura bagnarese, poi inaugurato il 9 luglio 1997. Rappresenta la forza femminile, con mani e piedi grandi, simbolo del duro lavoro, poiché le donne di Bagnara sono famose per l’operosità e l’inclinazione al commercio, ma anche per la loro bellezza mediterranea. Un tempo erano raggruppate in 4 categorie: le donne del ceto civile che svolgevano i lavori domestici, lavori di cucito e ricamo; le donne del ceto medio che cucivano, filavano e tessevano; le donne del popolo che si dedicavano al commercio ed ogni mattina partivano da Bagnara con i cesti sulle proprie teste, pieni di prodotti della terra, di pesce o di tessuti da vendere o barattare con olio, frutta, ecc., a seconda dei prodotti disponibili nei diversi paesi limitrofi; le donne trasportatrici di legname. Le attività commerciali furono svolte dalle donne bagnaresi fin dai tempi più antichi, percorrendo le stesse vie, dalla costa alle colline e viceversa, rispettando uno schema militaresco che prevedeva più pattuglie: le donne di punta depositavano i carichi attendendo la seconda pattuglia e così via. La saja è il tipico abito indossato dalle bagnarote durante il giorno; fu usato fino alla prima metà del XX sec, ma ancora oggi è possibile incontrare donne vestite secondo la tradizione. Si tratta di una veste di cotonina con due ampie gonne: la saja (sopra) e la suttana (sotto). Su di essa si usava un grembiule, u faddàli, ed una camicetta arricciata al petto detta sciammìsciu. Il copricapo era costituito da un fazzoletto legato dietro la nuca, u’ muccaturi, e da un poggia pesi, a curuna, che facilitava il trasporto delle merci sulla testa. La bagnarota non usava le scarpe. per visualizzare le schede complete: www.galbatir.it
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Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia monumento Livello di accessibilità buono Livello di percezione ottimo Stato di conservazione ottimo 71
BAGNARA CALABRA 18 - MACELLO
IL MACELLO Nel Rione Oliveto troviamo l’antico macello di Bagnara, che attualmente versa in stato di abbandono. L’edificio è costituito da un corpo centrale più alto, con copertura a due spioventi, e due corpi laterali di altezza minore con pianta ad L, perpendicolari al primo elemento. In questo modo viene definito uno spazio privato all’aperto, che funge da cortile di ingresso ed è delimitato, sul quarto lato, da un cancello. Il prospetto opposto, visibile da grandi distanze, è meno articolato e presenta i due corpi laterali leggermente arretrati rispetto a quello centrale.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura industriale Tipologia macello Livello di accessibilità buono Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione pessimo
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BAGNARA CALABRA 19 - BASTIONE MARTURANO
BASTIONE MARTURANO Si trova sulla Rupe Marturano, che divide in due l’abitato bagnarese e domina tutto il territorio circostante. Costituisce uno degli elementi che componevano il sistema difensivo di Bagnara Calabra in epoca Medievale; per la precisione il Bastione si colloca a sud di quello che era l’antico abitato, mentre a nord vi era la Costanzella, l’altra fortificazione difensiva.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura fortificata Tipologia mura difensive Livello di accessibilità pessimo Livello di percezione buono Stato di conservazione pessimo
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BAGNARA CALABRA 20 - FRANTOIO DI BORGO COVàLA (ruderi)
RUDERI DEL FRANTOIO DI BORGO COVàLA E FABBRICATI RURALI Si tratta di un edificio dalla storia secolare, che risale al 1500, periodo in cui questo territorio ricadeva sotto l’amministrazione di Seminara, centro di grande importanza a quel tempo. Esso fu motivo di disputa tra i Signori della zona. Il 10 maggio 1594 fu venduto al duca di Bagnara don Carlo Ruffo. Oggi si conserva assieme all’intero Borgo Covàla, circondato da oliveti. La struttura comprende un oleificio alimentato dalla condotta idrica, circondato da altri sei ambienti (magazzini e depositi), ma anche residenze per i lavoratori. Era stato programmato un intervento di restauro finalizzato alla creazione di un agriturismo, che avrebbe preso il nome di “Frantoio del Borgo de Leo”, per poter conservare l’edificio e dargli una nuova funzione.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura industriale Tipologia frantoio Livello di accessibilità buono Livello di percezione mediocre Stato di conservazione pessimo
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BAGNARA CALABRA 21 - MASSERIA CARATOZZOLO
masseria caratozzolo Si tratta di un complesso, sito in località Pellegrina, che comprende due corpi paralleli, ospitanti edifici per le attività agricole, ma anche residenze per i lavoratori, con la ripetizione seriale delle unità abitative. Oggi l’antico edificio è stato restaurato e viene utilizzato per varie attività, infatti ospita un agriturismo ed è periodicamente visitato da gruppi di studenti o curiosi, come fattoria didattica.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura rurale Tipologia masseria Livello di accessibilità sufficiente Livello di percezione mediocre Stato di conservazione ottimo
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BAGNARA CALABRA 22 - ARMACERE (o ARMACIE)
Le armacere o ARMACIE Con questa denominazione vengono indicati i muretti a secco in pietra che costituiscono i caratteristici terrazzamenti, coltivati a vigneto, che plasmano i promontori di Bagnara Calabra e dei comuni della Costa Viola; le troviamo principalmente nelle località Cacciapuiu e Granaro, dove vi sono anche colture arboree di pregio, come olivi secolari, o agrumeti. Si tratta di una meravigliosa opera che conferisce all’area un aspetto unico e maestoso, consentendo di coltivare la vite su pendii così ripidi, resi più agevoli anche grazie alla rete di viuzze e sentieri, scalinate, ponticelli in legno, ecc. I vigneti autoctoni bagnaresi producono principalmente zibibbo, con cui si ottengono ottimi vini, ma anche la malvasia ed alcune qualità meno conosciute: l’olivella o liparota, la ruggia e la corniola, mentre per quanto riguarda gli alberi da frutto troviamo principalmente agrumi. Questo paesaggio particolare un tempo era segnato da baracche di canne intrecciate o di legno, che servivano ai contadini per il ricovero degli attrezzi e come riparo dalle intemperie, oggi quasi totalmente sostituite da brutte baracche in lastre di lamiera ondulata.
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Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura rurale Tipologia manufatto rurale Livello di accessibilità sufficiente Livello di percezione ottimo Stato di conservazione mediocre
BAGNARA CALABRA
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COSOLETO
COSOLETO 1
SANTUARIO DI SAN ROCCO
2
CHIESA DI MARIA SS DELLE GRAZIE
3
CHIESA DI SANTA DOMENICA
4
ANTICA CASA LEALE
5
CASA DI ROCCO CARBONE
6
VILLA TACCONE
7
MUSEO DELLE CARROZZE MARCHESI TACCONE
8
PIAZZA ITALIA
9
FONTANA DEI DUE CANALI
10 FRANTOIO PERRONE 11 FRANTOIO TACCONE 12 LE FONTANELLE 13 CASTELLO MEDIEVALE (ruderi) 14 CASA DI VILLEGGIATURA 15 CASALE 16 PUNTO PANORAMICO 17 TORRENTE VASì
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j! j! j! j! 6
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COSOLETO 1 - SANTUARIO DI SAN ROCCO
santuario di san rocco La chiesa si trova nella frazione di Acquaro, è di origine cinquecentesca ed è importante meta di pellegrinaggio, che richiama devoti dai paesi circostanti, in occasione della festa di San Rocco, il 16 agosto. La tradizione racconta che una nobildonna francese di Montpellier, giunta ad Acquaro per cercare pace e tranquillità, abbia voluto far erigere qui una chiesa ed una statua di San Rocco. La chiesa è a tre navate, con archi a tutto sesto; l’altare maggiore è in marmi policromi con il presbiterio sopraelevato decorato da affreschi e mosaici. La facciata principale è scandita da sei arcate cieche a tutto sesto, poggianti su lesene; al centro vi è il portone in legno, mentre la parte superiore è dominata da un grande rosone al centro di un grande arco a tutto sesto, sorretto lateralmente da due coppie di colonne e parzialmente inserito nel timpano, a sua volta sormontato da una grande croce. Sul lato destro vediamo la poderosa torre del campanile. Le facciate laterali sono scandite da archi pensili e finestre arcuate. L’accesso alla chiesa avviene per mezzo di un’ampia scalinata. All’interno si conserva la statua lignea di San Rocco, scolpita da artigiani locali, ed una statua di San Sebastiano, patrono di Cosoleto. Accanto alla chiesa, a destra, si trova un piccolo giardinetto pubblico di recente costruzione, mentre a sinistra vi è un’antica fontana in pietra.
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Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia santuario Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione ottimo
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COSOLETO 2 - CHIESA DI MARIA SS DELLE GRAZIE
chiesa di maria santissima delle grazie Un tempo situata nei pressi del castello, la chiesa fu completamente distrutta dal terremoto del 1783, dopodiché venne ricostruita nel centro di Cosoleto. Accanto ad essa sorgevano gli edifici più importanti del paese. Le porte in legno presentano dei bassorilievi, opera dell’artista Antonio Mezzatesta. Al suo interno, tra le numerose statue, si ricorda quella di Maria Santissima delle Grazie, dell’artista Vincenzo Jerace, risalente al 1905, e la statua della Madonna degli Angeli, custodita per lungo tempo dall’Abate Calvo dopo il terremoto. L’acquasantiera apparteneva alla chiesa originaria, le campane provengono dall’antica chiesa di San Nicola di Aiello, che sorgeva nei pressi del castello, e le campane di San Sebastiano e di Santa Maria delle Grazie provenivano da cappelle private. Il fonte battesimale in marmo è stato donato dallo scrittore Rocco Carbone.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione ottimo
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COSOLETO 3 - CHIESA DI SANTA DOMENICA
chiesa di santa domenica La chiesa originaria, andata distrutta, fu ricostruita dopo il terremoto del 1908 nella frazione di Sitizano, in stile neorinascimentale su tre navate e con una struttura moderna in calcestruzzo armato. La chiesa poggia su di una base rialzata e vi si accede attraverso tre scalinate che conducono ai tre portoni, corrispondenti alle tre navate. Al suo interno vi sono alcune opere di pregio: un quadro raffigurante San Giuseppe, lo stemma dei Marchesi Taccone, un’acquasantiera in marmo, nonché gli affreschi dell’artista A. Tripodi che adornano il presbiterio. All’interno della chiesa sono, inoltre, presenti numerose statue ed alcuni busti in marmo.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità buono Livello di percezione mediocre Stato di conservazione buono
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COSOLETO 4 - ANTICA CASA LEALE
ANTICA casa leale L’antica residenza della famiglia Leale fu distrutta nel terremoto del 1783 e ricostruita in un nuovo sito. Essa è tra le poche costruzioni a conservare i tratti identitari autentici dell’architettura del luogo. L’edificio sorge su due piani e ciò ha consentito una buona resistenza al sisma del 1908. La struttura è realizzata con partizioni in pietrame e malta e da mattoni pieni negli stipiti e negli archi che definiscono le aperture. Una scala esterna, retta da una struttura ad arco, consente l’accesso al piano superiore che ospita la parte residenziale. Le aperture di porte e finestre sono ad archi a sesto ribassato.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura residenziale Tipologia palazzo Livello di accessibilità sufficiente Livello di percezione mediocre Stato di conservazione pessimo
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COSOLETO 5 - CASA DI ROCCO CARBONE
casa di rocco carbone L’edificio fu la casa natale delle scrittore Rocco Carbone. Nato nel 1962 segue la carriera universitaria che poi abbandona, per scelta, per insegnare nel carcere femminile di Rebibbia. Autore di varie opere narrative, muore a Roma nel 2008 in un incidente stradale. La sua ultima opera uscirà postuma nel 2009.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura residenziale Tipologia palazzo Livello di accessibilità buono Livello di percezione mediocre Stato di conservazione ottimo
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COSOLETO 6 - VILLA TACCONE
villa taccone Costruita con probabilità nei primi anni dell’Ottocento, la villa si presenta come un’elegante dimora circondata da un giardino ricco di piante. La famiglia dei marchesi Taccone, proprietari del palazzo, fu molto importante nella storia di Cosoleto, ed in particolare della frazione di Sitizano, che ospita questo edificio. Sitizano fu casale del feudo di Santa Cristina, appartenente ai Conti Ruffo di Sinopoli e poi, dal 1495, ai Conti Spinelli. Gli Spinelli lo vendettero alla famiglia Taccone nel 1648 per 14.000 ducati. I Taccone di Sitizano furono tesorieri del Regno delle Due Sicilie: Nicola nel 1735 e Francesco nel 1757. Ferdinando IV, con regia patente, concesse al Barone Nicola Taccone il titolo di Marchese, che fu nominato Pari del Regno nel 1828. Nel 1783, il terremoto devastò il territorio di Sitizano e Cosoleto: smottamenti e frane provocarono la formazione di un laghetto paludoso che provocò la morte per malaria di tanti abitanti. Il Marchese Nicola, a proprie spese, avviò delle opere di bonifica e il ripristino dell’area colpita.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura residenziale Tipologia villa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione ottimo
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COSOLETO 7 - MUSEO DELLE CARROZZE MARCHESI TACCONE
museo delle carrozze “marchesi taccone di sitizano” Il Museo è stato inaugurato nell’agosto del 2010. La sua realizzazione è stata possibile grazie alla donazione delle otto carrozze (XIX e XX secolo) della famiglia Taccone e delle antiche stalle che sono state ristrutturate per ospitare l’esposizione. Le carrozze, di fattura italiana e francese, sono state restaurate di recente. La collezione comprende delle berline, ossia carrozze chiuse, a quattro ruote con sportelli laterali, e dei landau, carrozze aperte a quattro ruote con copertura ritraibile a mantice, sedili a panchetta con disposizione “vis à vis”per i viaggiatori, e sedile anteriore per il cocchiere.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia museo Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione ottimo
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COSOLETO 8 - PIAZZA ITALIA
piazza italia Situata nel centro del paese di Cosoleto, piazza Italia ospita il palazzo del Municipio, il Monumento ai Caduti della prima Guerra Mondiale, e l’Antica Fontana. Quest’ultima fu costruita nel 1899 e collocata in cima ad una breve scalinata, al centro della piazza. In stile neoclassico, le bocche di erogazione emergono da una maschera in marmo, lo stesso materiale con cui è stata realizzata tutta la fontana. Il palazzo Municipale è caratterizzato sulla facciata da una partizione verticale di colore chiaro, in corrispondenza dell’ingresso, che comprende il portone, il balcone sovrastante, e s’innalza come una torre ben oltre il tetto a spioventi. Sul prospetto della “torre” prendono posto: lo stemma del Comune, all’altezza dell’interrotto cornicione; l’orologio pubblico, incastonato nella parte più alta e, sopra la torre, la campana civica.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia piazza Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione ottimo
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COSOLETO 9 - FONTANA DEI DUE CANALI
fontana dei due canali Si trova nella frazione di Sitizano ed anticamente era l’abbeveratoio per gli animali di passaggio (soprattutto gli asini). La vasca è costituita da un unico blocco di pietra scavato a mano. A seguito dei terremoti che devastarono il paese, la fontana andò distrutta e la vasca fu utilizzata come contrafforte per una strada vicina. Grazie alla buona volontà degli abitanti, la vasca è stata recuperata e la fontana ricostruita secondo lo stile originario.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia fontana Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione buono
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COSOLETO 10 - FRANTOIO PERRONE
frantoio perrone Oggi possiamo vedere solo il nuovo edificio che ospita il frantoio Perrone, sito lungo la Strada Statale 112, sul torrente Vasì. L’antico edificio, ormai andato distrutto, comprendeva anche un mulino ad acqua.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura industriale Tipologia frantoio Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione ottimo
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COSOLETO 11 - FRANTOIO TACCONE
frantoio taccone Il frantoio si trova nella frazione di Sitizano ed ha una struttura portante in muratura di mattoni pieni a vista. L’ingresso principale è costituito da un portale con arco a tutto sesto, la cui chiave di volta è un elemento in pietra raffigurante una foglia. Le finestre laterali presentano archi a sesto ribassato, mentre sulla parte alta dell’edificio vi sono delle aperture ovali.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura industriale Tipologia frantoio Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione suffuciente Stato di conservazione ottimo
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COSOLETO 12 - LE FONTANELLE
le fontanelle Nel passato queste fontane servivano da abbeveratoio per gli animali da soma. Oggi ne rimangono solo pochi ruderi.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia fontana Livello di accessibilitĂ sufficiente Livello di percezione mediocre Stato di conservazione mediocre
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COSOLETO 13 - CASTELLO MEDIEVALE (ruderi)
ruderi del castello medievale di sitizano Rimangono solo pochi resti del Castello, accanto al quale sorgeva anche un convento, fondato da Padre Bonaventura, con annessa la chiesa di San Nicola. Probabilmente il castello fu edificato nel XII secolo e restaurato in tempi successivi, come testimoniato da alcuni reperti ritrovati sul sito. Fu distrutto dal terremoto del 1783, che ne causò l’abbattimento su un fianco. Anche se, all’apparenza, del Castello non restano che un cumulo di macerie ricoperte da uliveti, in realtà negli strati sottostanti il piano di campagna sono visibili alcune stanze, prive di tetto ma con pareti divisorie quasi intatte. Inoltre, sul lato del castello che si affaccia sul dirupo, sono presenti alcune aperture che, anche se con difficoltà, consentono l’accesso ad alcuni ambienti che in passato sono stati oggetto di ruberie di arredi e oggetti di valore. Dalla sommità della collina su cui sorge il castello si scorge la vallata in cui si formò il lago a seguito degli smottamenti provocati dal terremoto. Oggi il terreno in cui si trovano i resti del castello è proprietà privata.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura fortificata Tipologia castello Livello di accessibilità mediocre Livello di percezione mediocre Stato di conservazione pessimo
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COSOLETO 14 - CASA DI VILLEGGIATURA
casa di villeggiatura Costruzione a due piani in calcestruzzo armato e mattoni pieni, probabilmente realizzata a scopo di villeggiatura. La casa sorge su di una collinetta sulla Strada Statale 112 ed è circondata su tre lati da campi coltivati. Abbandonata da tempo e in decadenza strutturale, mostra ancora i caratteri architettonici originari: il bugnato delle facciate e le eleganti balaustre a colonnine dei balconi e della slanciata terrazza circolare che copre il portico.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura residenziale Tipologia villa Livello di accessibilitĂ ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione pessimo
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COSOLETO 15 - CASALE
casale Non si hanno molte notizie sul rudere di questo casale abbandonato. La maggior parte dell’edificio è in muratura di mattoni pieni, con elementi in cemento armato, facendo supporre che il manufatto sia relativamente recente (metà ’900).
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura rurale Tipologia casale Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione pessimo
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COSOLETO 16 - PUNTO PANORAMICO
punto panoramico Sulla strada che da Sitizano porta a Cosoleto si trova questa piccola area pic-nic allâ&#x20AC;&#x2122;ombra dei pini, dalla quale si gode la vista sulla piana di Gioia Tauro.
Paesaggio rurale Patrimonio naturale Categoria punto panoramico Tipologia lineare Livello di accessibilitĂ ottimo Livello di percezione sufficiente
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COSOLETO 17 - TORRENTE VASì
TORRENTE vasì L’area SIC del torrente Vasì si estende per 165,77 ha, a ridosso del Parco Nazionale d’Aspromonte per poi continuare nel territorio del Parco stesso. Essa interessa i comuni di Sinopoli e di Cosoleto. L’area è un sito a dominanza di vegetazione arborea igrofila e comprende il tratto montano della fiumara Vasì, subaffluente del Petrace. La morfologia è tipica di un corso d’acqua montano, con alveo stretto, pendenze accentuate (9%) e di forma irregolare. Il letto del torrente è composto da ghiaia, massi e ciottoli. Il territorio circostante è costituito da pendii scoscesi, con forti pendenze, ricoperti da vegetazione forestale. Il clima è supramediterraneo umido con temperatura media annua tra 12° e 13° C. La vegetazione attorno al torrente è costituita da boschi di latifoglie decidue mesotermofile di forra, quali acero napoletano e carpino nero; sono presenti anche arbusteti di ginestra dei carbonai ed erica. Nel territorio circostante si trovano alberi di leccio e roverella. Nell’area SIC sono presenti sette diversi tipi di habitat, e alcune specie, sia animali che vegetali, di forte rilevanza naturalistica: la libellula endemica dell’Italia meridionale (Cordulegaster trinacriae), la rana appenninica (Rana italica), la lucertola campestre (Podarcis sicula) e il tiglio nostrano (Tilia platyphyllos Scop).
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Paesaggio rurale Patrimonio naturale Categoria emergenza naturale Tipologia areale Livello di accessibilità mediocre Livello di percezione sufficiente
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delianuova
DELIANUOVA 1
CHIESA DELLA PURITà
2
CHIESA DI SANT’ELIA
3
CHIESA DI SAN NICOLA VESCOVO
4
CHIESA DI MARIA SS ASSUNTA
5
PALAZZO DE GIORGIO GIà SOFFRè
6
PALAZZO GRECO
7
PALAZZO CAMINITI GIà LEALE
8
SCALINATA DI PIAZZA LEUZZI
9
VILLA COMUNALE - PIAZZA MARCONI
10 FONTANA DI PARACORIO 11 FONTANA DI VIA GARIBALDI 12 CHIESETTA DELLA MADONNA DELLA SALUTE 13 FRANTOIO LEUZZI (ruderi) 14 PIANI DI CARMELìA 15 BELVEDERE DEL CROCIFISSO DI VIA CARMELìA
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j! 2
j! 3
j
11 !
j! 1
j! 9
j! 5
j! 6
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j! 10
j! 4
j! 13
delianuova 1 - CHIESA DELLA PURITà
CHIESA DELLA PURITà è una delle chiesette anticamente presenti nel territorio di Pedavoli. Oggi è sconsacrata ed appartiene alla famiglia Licastro. Va precisato che il comune di Delianuova nacque nel 1878 dall’unione di quelli più antichi di Pedavoli e Paracorìo.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità buono Livello di percezione mediocre Stato di conservazione sufficiente
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delianuova 2 - CHIESA DI SANT’ELIA
CHIESA DI sant’elia è una delle chiesette di antica memoria presenti nel territorio di Pedavoli. La facciata a timpano è scandita da due elementi verticali di tonalità scura ai lati esterni del prospetto. Quattro gradini conducono al portale d’ingresso, ad arco a tutto sesto, protetto da un pronao con archi sui tre lati e tetto con tegole a due spioventi. Al di sopra si aprono tre finestre ad arco. Sul lato sinistro un ingombrante campanile con una piccola finestra al di sotto della cieca cella campanaria. Le campane, infatti, sono collocate all’aperto sulla sommità della torre. Attualmente è una chiesa non parrocchiale.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione ottimo
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delianuova 3 - CHIESA DI SAN NICOLA VESCOVO
CHIESA DI san nicola vescovo Sita in località Pedavoli, l’edificio è frutto di numerosi interventi che hanno modificato la preesistente chiesa settecentesca conferendole le attuali forme neoclassiche. L’ingresso della chiesa è preceduto da un’ampia scalinata costituita da gradini concentrici, realizzati in pietra verde. La facciata presenta due ordini di lesene appaiate con coronamento a timpano. Il portone principale è contornato da un imponente portale in pietra verde, così come i due portoni laterali, più piccoli, sormontati da finestre di forma ovale anch’esse contornate da cornici in pietra verde. Nella parte superiore della facciata è presente una nicchia che accoglie la statua della Vergine, mentre ai lati, due nicchie più piccole accolgono le statue marmoree di due angeli. Sull’estremità dei due parapetti dei settori laterali della facciata sono collocate le statue marmoree rispettivamente di Sant’Elia e di Mosè, realizzate di recente dallo scultore Domenico Papalia. L’interno è costituito da tre navate con soffitti a cassettoni in legno intarsiato, e ospita una statua marmorea della Madonna della Visitazione, del XVI secolo, attribuita a Giovan Battista Mazzolo, ed una colonnina in marmo alabastrino con capitello intagliato a motivi bizantineggianti, del XII secolo.
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Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità buono Livello di percezione mediocre Stato di conservazione ottimo
103
delianuova 4 - CHIESA DI MARIA SS ASSUNTA
CHIESA DI MARIA santissima ASSUNTA La chiesa, ubicata nella parte alta del paese, fu ricostruita dopo il terremoto del 1895 in stile neoclassico. Alla chiesa, poggiante su di un alto basamento, si accede tramite una scalinata. L’ingresso è preceduto da un pronao costituito da quattro colonne che sorreggono un timpano triangolare. Sul monumentale portone d’ingresso, realizzato in legno di castagno intagliato, sono rappresentate le scene dell’Assunzione e dell’Annunciazione. In alto la facciata è delimitata, ai due lati, da due campanili. Centralmente si apre un finestrone ad arco fiancheggiato da due nicchie. La facciata è completata da un movimentato timpano spezzato, la cui svettante parte centrale è coronata da un frontone ad arco sormontato dalla croce. L’interno è costituito da un’unica navata che si conclude in un’abside centrale e, lungo le pareti della navata, degli archi a tutto sesto incorniciano l’accesso alle cappelle laterali. L’imponente altare maggiore, scolpito in marmo bianco e rosso di Verona, accoglie il dipinto ad olio su tela dell’Assunzione della Vergine, che probabilmente era appartenuto alla vecchia chiesa dell’Assunta di Paracorio, prima del terremoto del 1783. La chiesa contiene, inoltre, molte opere sia scultoree che pittoriche. Tra le sculture si nota una statua marmorea dell’Immacolata della fine del XVII secolo.
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Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione ottimo
delianuova 5 - PALAZZO DE GIORGIO già SOFFRè
PALAZZO DE GIORGIO GIà SOFFRé è un palazzo signorile sito nel cuore del centro abitato, che appartenne alla famiglia Soffrè. Le facciate, molto deteriorate dal tempo e dall’incuria, presentano un elegante cornicione di coronamento; al piano nobile si aprono alte finestre a balcone con timpano; i balconi hanno le ringhiere in ferro lavorato e mensole in pietra con doppia voluta. Fu abitato anche dal poeta Felice Soffrè - autore di una raccolta di versi pubblicata nel 1900 con la prefazione di Giovanni Pascoli - che ospitò spesso amici, tra cui anche diverse personalità importanti. In particolare Felice Soffrè ospitò per lunghi periodi l’amico Francesco Cilea, il quale trovò qui ispirazione per alcune delle sue opere. La nobile architettura, particolarmente nelle facciate, risulta deturpata dall’incuria e da aggiunte improprie.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura residenziale Tipologia palazzo Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione sufficiente
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delianuova 6 - PALAZZO GRECO
PALAZZO GRECO L’edificio, insieme all’adiacente villa Greco - il cui giardino è collegato al palazzo attraverso un caratteristico ponticello pedonale che parte da un balcone al primo piano del palazzo - è appartenuto alla famiglia Greco, una delle più importanti e prestigiose di Delianuova. Sia il palazzo che la villa sono attualmente disabitati ed in rovina. La villa subì un incendio al piano terra, ad ottobre del 2008, che ne lasciò in piedi solo le mura esterne. Il palazzo risale alla fine dell’Ottocento e custodisce al suo interno abiti e mobili antichi. Circondato da scalinate e giardini, il palazzo serviva da depandance per amici e conoscenti della famiglia Greco che si trovavano in visita, ed ha ospitato, nel tempo, anche personaggi illustri. Il dott. Paolo Greco, nella prima metà del Novecento aveva arricchito la biblioteca del Palazzo di migliaia di volumi e di manoscritti originali, che erano a disposizione per la consultazione da parte di chiunque. Molti di questi volumi oggi sono custoditi nella biblioteca museale del comune di Scido.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura residenziale Tipologia palazzo Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione pessimo
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delianuova 7 - PALAZZO CAMINITI GIà LEALE
PALAZZO CAMINITI GIà LEALE Si trova sulla strada principale della città, corso Umberto I. è in ottimo stato di conservazione ed attualmente abitato. L’ingresso principale è dotato di un portale in pietra verde, in cui l’elemento decorativo che ne costituisce la chiave di volta riporta inciso l’anno di fabbricazione, il 1846. La facciata è scandita da lesene e definita dalla fascia di trabeazione, sormontata da una vivace cornice coperta da tegole a coppi su cui, arretrato, si eleva l’ultimo piano.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura residenziale Tipologia palazzo Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione ottimo
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delianuova 8 - SCALINATA DI PIAZZA LEUZZI
SCALINATA DI PIAZZA LEUZZI La scalinata collega piazza Leuzzi alla soprastante Villa Marconi. è costituita da larghe rampe bilaterali e i suoi gradini sono formati da blocchi di pietra verde. Solo i gradini inferiori di alcune rampe sono stati sostituiti, ma nel complesso questo non altera l’armonia della struttura. Nel prospetto principale dell’elegante scalinata, davanti alla piazzola d’inizio delle due rampe simmetriche, si apre una grande nicchia ad arco in cui prende posto una bella statua dell’Immacolata di Lourdes.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia altro Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione sufficiente
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delianuova 9 - VILLA COMUNALE - PIAZZA MARCONI
VILLA COMUNALE - PIAZZA MARCONI Quella che è nota come Villa Comunale in realtà è una vasta piazza alberata, chiamata Piazza Marconi. Vi si trova il monumento ai Caduti ed una struttura dell’impianto molitorio di un trappeto. è un apprezzabile punto panoramico, dal quale si gode la vista di parte dell’abitato di Delianuova e dell’Aspromonte.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia villa comunale Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione sufficiente
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delianuova 10 - FONTANA DI PARACORIO
FONTANA DI PARACORIO La fontana, restaurata di recente, è collocata nella sua posizione originale ed è stata abbellita, dall’artista Macrì, con due rosoni scolpiti in pietra verde, al centro dei quali sono inserite le cannelle della fontana. Anche la vasca è stata realizzata in pietra verde.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia fontana Livello di accessibilità sufficiente Livello di percezione mediocre Stato di conservazione mediocre
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delianuova 11 - FONTANA DI VIA GARIBALDI
FONTANA DI VIA GARIBALDI Inaugurata nel 1768, rappresenta una delle prime quattro fontane pubbliche del comune di Pedavoli. Il prospetto baroccheggiante è in mattoncini a vista. L’acqua sgorga dalla bocca di un mascherone in pietra verde, posto sotto una targa commemorativa dell’inaugurazione della fontana datata, appunto, 1768, che si conclude con l’esortazione “Fruere laetus, bibe gratus, abi memor” (ossia “Chiunque tu sia godi lieto, bevi grato, va’ via memore”). La fontana è stata restaurata dall’artista Macrì nel novembre del 1999, come risulta dall’incisione posta sulla vasca, realizzata in pietra verde dallo stesso restauratore.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia fontana Livello di accessibilità sufficiente Livello di percezione mediocre Stato di conservazione mediocre
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delianuova 12 - CHIESETTA DELLA MADONNA DELLA SALUTE
CHIESETTA DELLA MADONNA DELLA SALUTE è una piccola chiesa di montagna che si trova sui Piani di Carmelia. è costruita in pietra a vista e l’interno è interamente rivestito in legno. Sulla facciata è esposta una raffigurazione della Madonna della Salute.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione ottimo
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delianuova 13 - FRANTOIO LEUZZI (ruderi)
RUDERI DEL FRANTOIO LEUZZI Dell’antico frantoio rimangono oggi soltanto i ruderi avvolti dalla vegetazione, tuttavia si distingue ancora chiaramente la struttura originaria. Si tratta di un edificio in pietra e mattoni su più piani, adagiato su terrazzamenti artificiali. è ancora visibile l’antica ruota mossa dall’energia idraulica.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura industriale Tipologia frantoio Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione pessimo
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DELIANUOVA 14 - PIANI DI CARMELìA
PIANI DI CARMELìA Si trovano a circa 1200 metri sul livello del mare e costituiscono, probabilmente, uno dei più caratteristici pianori che addolciscono i ripidi pendii dell’Aspromonte, interrompendone le dure e spigolose forme verticali, che si estendono a formare ampie zone pianeggianti e si affacciano come balconi panoramici sul mare. I piani di Carmelìa hanno vocazione prettamente agricola, in particolare è molto diffusa la produzione di patate.
Paesaggio rurale Patrimonio naturale Categoria punto panoramico Tipologia areale Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione ottimo
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DELIANUOVA 15 - BELVEDERE DEL CROCIFISSO DI VIA CARMELìA
BELVEDERE DEL CROCIFISSO DI VIA CARMELìA Si trova lungo la strada che dal centro abitato porta ai piani di Carmelìa. Vi si gode il panorama dei monti e delle campagne circostanti. Sovrasta la piazzola una grande croce in legno, davanti alla quale è collocata una statua del Crocifisso.
Paesaggio rurale Patrimonio naturale Categoria punto panoramico Tipologia puntuale Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione mediocre
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MELICUCCà
MELICUCCà 1
CASTELLO (ruderi)
2
TORRE CIVICA DELL’OROLOGIO
3
CHIESA MATRICE DI SAN GIOVANNI
4
CHIESA DI LORETO (o del rito)
5
CHIESA DEL ss ROSARIO
6
CHIESA DI SAN GIUSEPPE
7
CHIESA DI SAN ROCCO (ruderi)
8
CAPPELLA SPINA
9
PALAZZO SPINA
10 PALAZZO GAMBACORTA 11 COMPLESSO MONASTICO DI SANT’ELIA LO SPELEOTA 12 CONVENTO DI SANT’ANTONIO 13 CHIESA DI SANT’ANTONIO 14 CHIESA DELLA MOTTA (o delL’ASSUNTA) 15 GROTTA DI SANT’ELIA LO SPELEOTA 16 FRANTOIO CAMMARERI GIÀ SPINA 17 MASSERIA SAN GIORGIO
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j! 6
j!! j 8 9
j! 14
j! 3
j!! j 7
j! 10
4
!! j 1 2
j! 5
j! 16
!! jj 13 12
MELICUCCà 1 - CASTELLO (ruderi)
RUDERI DEL CASTELLO MEDIEVALE DELL’ORDINE DEI CAVALIERI DI MALTA Ciò che rimane dell’edificio, voluto da Costantino VII nel 951 d.C., si trova nella parte alta della cittadina e, nel corso degli anni, ha subìto numerosi interventi. Oggi il castello conserva parti del tessuto murario sei-settecentesco, con bastione e baluardi angolari, e si inserisce all’interno di un quartiere residenziale, quindi in un contesto nuovo rispetto a quello originario, che certamente prevedeva che il castello fosse un elemento isolato rispetto al resto dell’abitato. Sui suoi resti sorge la merlata Torre Civica dell’Orologio, di recente edificazione.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura fortificata Tipologia castello Livello di accessibilità sufficiente Livello di percezione mediocre Stato di conservazione pessimo
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MELICUCCà 2 - TORRE CIVICA DELL’OROLOGIO
TORRE CIVICA DELL’OROLOGIO È una struttura recente, risalente all’inizio del XX secolo, mentre l’orologio vi fu inserito nel 1918. Fu edificata sui ruderi del castello, rispetto al quale si pone in forte contrasto, per la sua struttura e per l’aspetto, con il colore chiaro del suo intonaco. Il coronamento della torre con la merlatura è l’unico accorgimento architettonico di accostamento all’antico castello. Costituisce un forte elemento di riconoscimento per il comune, essendo facilmente visibile da vari punti dell’abitato.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura fortificata Tipologia torre Livello di accessibilità sufficiente Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione buono
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MELICUCCà 3 - CHIESA MATRICE DI SAN GIOVANNI
CHIESA MATRICE DI SAN GIOVANNI San Giovanni Battista è il Santo patrono del paese ma, precedentemente, il protettore di Melicuccà era Sant’Elia lo Speleota. Il culto di questo Santo si afferma a Melicuccà dopo l’annessione del paese al Baliaggio di Sant’Eufemia del Golfo, infatti la chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista fu edificata verso la fine del XV secolo (1496) dai Cavalieri di Malta. Originariamente la chiesa era in stile cinquecentesco, poi fu ricostruita nel ’700 con linee barocche, distrutta dal sisma e ricostruita ancora una volta nel 1969, dopo che un incendio l’aveva distrutta nel 1958, ma senza che fosse conservato il suo pregevole patrimonio artistico. All’interno vi sono vari mosaici: sulla parete absidale, sull’altare e anche sotto l’edificio, dove un tempo vi erano le cripte destinate alle famiglie ricche del paese. È costituita da un’unica navata e custodisce un crocifisso in cartapesta, già presente nel Cinquecento, una tela raffigurante la Madonna degli Angioli del XVII secolo, la statua dell’Immacolata e la statua del Cuore di Gesù.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità sufficiente Livello di percezione mediocre Stato di conservazione buono
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MELICUCCà 4 - CHIESA DI LORETO (o DEL RITO)
CHIESA DI LORETO O DEL RITO La prima struttura fu costruita nel XIII secolo, ma poi fu riedificata dopo il terremoto del 1783 e dedicata alla Madonna dell’Assunta, in seguito all’abbandono della chiesa della Motta, poco distante. È situata in piazza Tocco, antico cuore della commenda dei Cavalieri di Malta. Caratteristico, come riportato negli Annali Storici della Calabria, era il sedile in muratura, posto davanti alla Chiesa, dove sedevano i prelati. La chiesa è formata da un’unica navata impreziosita da stucchi. Al suo interno, che ha un soffitto a cassettoni, si possono ammirare un’acquasantiera del XVI secolo, una statua marmorea della Vergine di bella fattura, sulla cui base è scolpito un bassorilievo raffigurante il Trasporto della Santa Casa a Loreto, comunemente considerato opera del palermitano Antonello Gagini (1478-1536), e un quadro del Seicento, opera di un pittore anonimo. La chiesa è stata recentemente restaurata. La facciata è preceduta da un’ampia gradinata, il portale è ad arco ribassato ed è sormontato da un’alta finestra pure ad arco ribassato. Ai lati due coppie di lesene sorreggono la trabeazione ed il timpano. La chiesa è nota pure come chiesa “del Rito”, ma non si tratta di rito, cerimonia o funzione, infatti questa denominazione è la forma dialettale “ru Ritu” italianizzata in “del rito”: Loreto in dialetto “Luritu”, per aferesi diventa “ritu” e si ha quindi “a cresia du/ru Ritu”.
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Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità buono Livello di percezione mediocre Stato di conservazione buono
MELICUCCà 5 - CHIESA DEL SS ROSARIO
CHIESA DEL SANTISSIMO ROSARIO La chiesa fino al 1569 ebbe il titolo della Consolazione, mentre prese il nome attuale quando, il 3 ottobre 1569, venne fondata a Melicuccà la Confraternita del Santissimo Rosario con decreto di F. Bernardo Giustiniano, Generale e Maestro dell’ordine dei Benedettini. Nella chiesa sono custodite le reliquie di Sant’Elia lo Speleota, oltre ad una statua della Madonna del Rosario ed altre opere di interesse storicoartistico, come un Gonfalone ricamato in argento, dono del beato Bartolo Longo. La facciata in mattoni a vista ha forme rinascimentali e barocche ed è stata rifatta dopo il 1908, con campanile a sinistra, mentre all’interno troviamo arcate divisorie e soffitto a cassettoni lignei. L’altare è in marmi policromi e mosaico, l’acquasantiera in marmo del XVI secolo. La chiesa è stata recentemente restaurata.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità buono Livello di percezione mediocre Stato di conservazione ottimo
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MELICUCCà 6 - CHIESA DI SAN GIUSEPPE
CHIESA DI SAN GIUSEPPE La chiesa, sita in quartiere Feo, fu dapprima una baracca lignea, successiva al terremoto del 1908, poi restaurata negli Anni Settanta. Oggi è realizzata in cemento armato, presenta una facciata chiara semplice con timpano ed un campanile sulla sinistra, in posizione arretrata. L’interno ha una sola navata che si conclude con l’abside semicircolare. L’unico elemento decorativo è rappresentato dal soffitto ligneo intarsiato, opera di un artista locale. L’edificio conserva la Statua di San Giuseppe ed una tela raffigurante La Deposizione.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità buono Livello di percezione mediocre Stato di conservazione sufficiente
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MELICUCCà 7 - CHIESA DI SAN ROCCO (ruderi)
RUDERI DELLA CHIESA DI SAN ROCCO Della chiesa rimangono ormai solo i ruderi, nel Rione Tocco, vicinissima alla chiesa di Loreto. La facciata, molto deteriorata, si presenta in tre settori divisi da lesene, i due laterali sono leggermente concavi. L’unico elemento ben conservato è il portale marmoreo finemente lavorato, con un timpano curvo spezzato. Non sono presenti né la copertura né le porte d’ingresso, per cui dall’esterno è ben visibile l’interno del piccolo e suggestivo edificio.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità buono Livello di percezione mediocre Stato di conservazione pessimo
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MELICUCCà 8 - CAPPELLA SPINA
CAPPELLA SPINA La cappella votiva privata, dedicata allo Spirito Santo, è adiacente al palazzo Spina. Al suo interno è conservata una statua di San Rocco ed un quadro del pittore Grillo, oltre ad alcuni quadri che rappresentano la Via Crucis. Questo edificio appare ancor più danneggiato rispetto al palazzo residenziale, che ne copre due lati.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia cappella Livello di accessibilità buono Livello di percezione mediocre Stato di conservazione pessimo
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MELICUCCà 9 - PALAZZO SPINA
PALAZZO SPINA Costruito intorno al XIX secolo, l’edificio, oltre ad un immenso giardino, ha annessa una cappella votiva privata. All’esterno notiamo come il dislivello stradale contribuisca ad articolare i prospetti, che hanno altezze diverse tra loro, nonché un diverso linguaggio architettonico. L’ingresso principale ha un portale ad arco bugnato. L’interno dell’abitazione conta un grande numero di stanze, corridoi, cortili interni e cantine. Oggi appare deteriorato e poco curato.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura residenziale Tipologia palazzo Livello di accessibilità buono Livello di percezione mediocre Stato di conservazione mediocre
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MELICUCCà 10 - PALAZZO GAMBACORTA
PALAZZO GAMBACORTA Edificato nel XVII secolo, si conserva ancora oggi, anche se all’esterno appare deteriorato. Ha i muri perimetrali in pietra e mattoni pieni, ed è caratterizzato da una forte marcatura degli spigoli e da un portale in pietra calcarea, con bugne a cofano e punte di diamante raddoppiate, affiancato da volute laterali e chiuso da una chiave d’arco con doppia voluta fogliacea.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura residenziale Tipologia palazzo Livello di accessibilità sufficiente Livello di percezione mediocre Stato di conservazione mediocre
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MELICUCCà 11 - COMPLESSO MONASTICO DI SANT’ELIA LO SPELEOTA
COMPLESSO MONASTICO DI SANT’ELIA LO SPELEOTA Nella vita di Sant’Elia si legge di una grande quantità di grotte naturali o appositamente scavate, e si ritiene che l’origine dell’Anacoretismo si trovi proprio in Aspromonte. Le grotte si trovano a monte del centro abitato, lungo la strada che porta al Monte Sant’Elia, coperta dagli ulivi: 200 metri oltre il passaggio a livello della linea calabro-lucana, vi è il viottolo che porta al Complesso Monastico. L’intero complesso delle grotte di Sant’Elia, con i resti del contiguo cenobio basiliano e delle fabbriche annesse (cantina, mulino, necropoli, palmento, ecc.), risalenti al X secolo, rappresenta una delle più cospicue testimonianze archeologiche della grecità bizantina nella Calabria meridionale, come è stato dimostrato anche da alcuni recenti scavi. Esso raccoglie undici tombe antropomorfe a fossa, un palmento in uso fino al XVIII secolo ed una dispensa per derrate alimentari. Del monastero possiamo ormai vedere solo alcuni ruderi dell’impianto murario, ed anche i muri che costituivano la grotta ospitante il palmento sono in parte scomparsi, ma sono visibili i fori praticati per poter usare i macchinari necessari all’attività e quelli per l’immagazzinamento dei prodotti agricoli.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia monastero Livello di accessibilità pessimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione pessimo
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MELICUCCà 12 - CONVENTO DI SANT’ANTONIO
CONVENTO DI SANT’ANTONIO I resti del convento sono adiacenti alla chiesa di Sant’Antonio di Padova. I due edifici furono entrambi costruiti nel 1682, su una pietra della tomba di Sant’Antonio, portata dai Frati Minori Riformati provenienti da Castelfranco Veneto. Il convento, in origine, era a tre piani con sale, celle e studi, anche se oggi è visibile solo il piano terra. Fu un importante centro di cultura, in cui venivano istruiti anche i laici, denominato “Accademia di Sant’Antonio”, ma purtroppo non ne rimane altro che qualche rudere, poiché l’edificio fu distrutto dal sisma del 1783.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia convento Livello di accessibilità buono Livello di percezione pessimo Stato di conservazione pessimo
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MELICUCCà 13 - CHIESA DI SANT’ANTONIO
CHIESA DI SANT’ANTONIO Per secoli è stata la chiesa del Convento dei Frati Minori Riformati provenienti da Castelfranco Veneto, che si erano stabiliti a Melicuccà a partire dai primi anni del 1600, e che portarono dalla loro terra una pietra della tomba di Sant’Antonio, proprio per edificare su di essa un convento ed una chiesa in onore del Santo. I due edifici furono costruiti nel 1682, sui ruderi della chiesetta di San Leonardo. La chiesa, in stile gotico, presenta archi a sesto acuto, l’uso delle bifore, ed un campanile. All’interno, la navata presenta delle nicchie che custodiscono cinque statue settecentesche, le quali fungevano da reliquiario per le ossa dei priori del convento. Ospita statue-reliquario del ’700, una statua lignea di Sant’Antonio, posta sull’altare, ed una tela raffigurante le Anime del Purgatorio.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità buono Livello di percezione buono Stato di conservazione sufficiente
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MELICUCCà 14 - CHIESA DELLA MOTTA (o DELL’ASSUNTA)
CHIESA DELLA MOTTA O DELL’ASSUNTA La chiesa, di origine cinquecentesca, era la sede della confraternita dell’Assunta, ma non aveva un suo oratorio, perciò i confratelli svolgevano gli esercizi spirituali nella vicina chiesa di Santa Maria di Loreto. Fu distrutta dal terremoto del 1783 ed oggi possiamo vedere i suoi resti in contrada Motta. La chiesa è conosciuta come Santa Maria della Motta per via della sua ubicazione o come Santa Maria dello “Schiccio” poiché, un tempo, nelle sue vicinanze scorreva una piccola cascatella.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità mediocre Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione pessimo
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MELICUCCà 15 - GROTTA DI SANT’ELIA LO SPELEOTA
GROTTA DI SANT’ELIA LO SPELEOTA Sant’Elia lo Speleota nacque nell’anno 863 a Reggio Calabria, da una ricca famiglia. Da giovane rinunciò a tutto e, all’età di 18 anni, si ritirò assieme ai monaci Cosma e Vitale, nella Grotta di Melicuccà, dove si dice che compì dei miracoli. Morì l’11 settembre del 960, all’età di 96 anni. La sua fama condusse qui gli abitanti dei paesi vicini, così il suo divenne uno dei cenobi più ricchi del tempo. Il Santo, vivendo nella grotta, la fece scavare ancora di più e aggiunse anche una scalinata al suo ingresso, oltre ad un piccolo mulino, ed altri servizi annessi. La grotta, adibita a chiesa, è ancora oggi luogo di culto e vi troviamo un’acquasantiera in pietra, dove si raccoglie l’acqua che gocciola da una vena proveniente dall’interno della roccia, fatto considerato straordinario perché la sorgente ( denominata acqua del giardino di Sant’Elia) è posta molto più a valle; da qui la definizione di “fonte miracolosa”. Sul suolo si vede l’impronta di un corpo giacente, probabilmente nel punto in cui il Santo si riposava. Nella grotta troviamo un altare di marmo bianco, una nicchia con mensola e delle iscrizioni in greco, oltre a due lapidi murate, di epoche successive. Oggi la grotta di Sant’Elia è meta di pellegrini che, ormai da un millennio, si recano in questo luogo per pregare.
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Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia santuario/grotte Livello di accessibilità pessimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione mediocre
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MELICUCCà 16 - FRANTOIO CAMMARERI
GIÀ
SPINA
FRANTOIO CAMMARERI GIÀ SPINA L’edificio si trova all’interno di una proprietà privata, non è visibile dall’esterno ed è difficilmente raggiungibile. Ne rimane qualche rudere, avvolto dai rampicanti, ma si possono ancora osservare la sua struttura in ferro, le tamponature in mattoni pieni e le bucature ad arco. Si conservano ancora le cantine, pur non essendo accessibili, e al di fuori dell’edificio vi sono alcuni macchinari che un tempo venivano usati nel frantoio. Accanto a questa struttura possiamo vedere il nuovo frantoio, oggi in uso.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura industriale Tipologia frantoio Livello di accessibilità mediocre Livello di percezione mediocre Stato di conservazione pessimo
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MELICUCCà 17 - MASSERIA SAN GIORGIO
MASSERIA SAN GIORGIO Oggi l’edificio si presenta gravemente danneggiato e non soggetto a manutenzione. Le pareti perimetrali sono state realizzate utilizzando pietre irregolari, visibili a causa dell’intonaco mancante; la copertura ha una struttura lignea, materiale usato anche per gli infissi, oggi quasi del tutto distrutti. È distante del centro abitato, in località San Giorgio, immerso nella campagna, accanto ad una sola abitazione di nuova costruzione.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura rurale Tipologia masseria Livello di accessibilità mediocre Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione pessimo
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MOLOCHIO
MOLOCHIO 1
torre del palazzo municipale
2
Convento dell’immacolata di lourdes
3
CHIESA matrice di santa maria de merula
4
CHIESA DI san giuseppe
5
CHIESA DI san vito
6
PALAZZO vernì
7
PIAZZE VITTORIO EMANUELE III e MONSignor QUATTRONE
8
belvedere catorella
9
cascate
10 torrente barvi
136
j! 4
j! 6
j! 5
j! 3
j! 2
! j! j 7
1
MOLOCHIO 1 - TORRE DEL PALAZZO MUNICIPALE
torre del palazzo municipale è considerata il simbolo di Molochio, costruita dopo il terremoto del 1908 è incorporata nel volume del Palazzo Municipale. La Torre è stata restaurata nel 2000, con interventi volti al consolidamento della struttura portante che si trovava in condizioni alquanto precarie. Nella stessa occasione è stato sostituito l’orologio che si trovava in cima alla torre, da tempo non più funzionante.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura fortificata Tipologia torre Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione buono Stato di conservazione ottimo
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MOLOCHIO 2 - Convento DELL’IMMACOLATA DI LOURDES
CONVENTO MARIANO DELL’IMMACOLATA DI LOURDES Il santuario dell’Immacolata di Lourdes, sito sulla strada che porta a Terranova, dista cinquecento metri dal paese. Sorse, assieme all’annesso convento, per interessamento del cappuccino Padre Francesco Zagari sulla proprietà di Monsignor Rocco Zagari, il quale fece testamento a favore dei Cappuccini. La prima pietra fu posata il 24 luglio 1891 dal cardinale G. Portanova, Arcivescono di Reggio Calabria, e fu il primo santuario in Italia dedicato all’Immacolata di Lourdes, per questo Padre Francesco Zagari, fratello di Monsignor Rocco Zagari, ricevette incoraggiamenti e la benedizione di Papa Leone XIII. La bellissima statua della Madonna di Lourdes, originariamente ospitata nel convento, fu fatta giungere direttamente da Parigi. Il convento è stato abitato dai Frati Cappuccini fino al 1920. Tuttora si celebra la festa della Madonna di Lourdes, il 2 agosto.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia convento Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione ottimo
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MOLOCHIO 3 - CHIESA MATRICE DI SANTA MARIA DE MERULA
chiesa matrice di santa maria de merula La chiesa Matrice di Molochio deve il proprio nome ad un’antica leggenda, da cui è avvolta la statua della Vergine che si trova al suo interno. Si narra infatti che la statua in legno di Santa Maria di Merola, risalente all’incirca al 1550, sia stata ritrovata fra dei rovi del paese vecchio grazie ad un corvo che continuava a cantare. Considerato un evento soprannaturale e ritenendolo una richiesta divina, si decise di erigere una chiesa in onore della Vergine. Quella che troviamo oggi, però, è frutto di svariati interventi di ristrutturazione e ricostruzione, resisi necessari nel corso degli anni a causa dei catastrofici terremoti del 1783 e del 1908 che la distrussero quasi completamente. L’esterno è rivestito da caratteristici mattoni piramidali disposti in maniera omogenea su tutta la superficie della costruzione ed intervallati da aree lisce di colore più chiaro, dalle cornici e dalle due lesene dai capitelli classicheggianti che affiancano il portale di ingresso. Le due navate laterali sono illuminate da finestre ottagonali ad altezza d’uomo, mentre quella centrale riceve luce dall’ampia lunetta che sovrasta il portale. Sulla destra dell’osservatore si erge la torre campanaria dalla particolare sommità: invece della più tradizionale cuspide, infatti, è stato realizzato un tetto a forma di campana intagliando un unico blocco di pietra.
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Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione ottimo
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MOLOCHIO 4 - CHIESA DI SAN GIUSEPPE
CHIESA DI SAN GIUSEPPE La chiesa, dedicata al protettore del paese, è situata nell’omonima piazza, all’interno del nucleo antico. Vi si accede tramite una scalinata e l’edificio è caratterizzato dai due campanili merlati, dalle bifore ad arco ogivale e da un portico di ingresso con due bianche colonne rotonde su base quadra. Sopra la trabeazione una balaustrata a colonnine chiude la terrazza del portico. La facciata è arricchita da un rosone. Custodisce la statua processionale del Santo, in bronzo dorato.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione buono Stato di conservazione ottimo
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MOLOCHIO 5 - CHIESA DI SAN VITO
chiesa di san vito Edificata nel XVII secolo ad opera di Don Giuseppe Palermo, la chiesa si trova nella parte più antica del paese, in piazza Umberto I. L’interno è decorato con stucchi e, in una nicchia situata in prossimità dell’altare maggiore, è custodita la statua di San Vito. All’interno sono inoltre presenti una statua della Madonna e una di San Rocco. La festa di San Vito, che richiama fedeli da tutte le campagne del circondario, si festeggia la seconda domenica di luglio.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione buono Stato di conservazione buono
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MOLOCHIO 6 - PALAZZO VERNì
PALAZZO VERNì Tra i più antichi palazzotti nobiliari, presenti nel centro abitato, spicca palazzo Vernì. Costruito alla fine del Settecento, in stile neoclassico, è impreziosito da bei portali in granito. Inoltre, la facciata principale presenta elementi verticali ed orizzontali: lesene che scandiscono gli spazi tra le aperture e fasce orizzontali di bassorilievi floreali vivacizzano la facciata.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura residenziale Tipologia palazzo Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione pessimo
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MOLOCHIO 7 - PIAZZE VITTORIO EMANUELE III e MONSIGNOR QUATTRONE
piazza vittorio emanuele iii e piazza monsignor quattrone All’interno dell’abitato, lungo l’arioso corso Vito Nunziante, si fronteggiano le due ampie piazze principali del paese, contigue l’una all’altra e separate dal corso Onorevole Alessio. Piazza Monsignor Quattrone fa da anticamera al Palazzo Municipale, mentre piazza Vittorio Emanuele III invita, sul lato opposto, verso la chiesa di Santa Maria de Merula. Agli angoli delle due piazze, all’incrocio tra corso Nunziante e corso Alessio, sono presenti due fontane, una su ciascuna piazza, chiamate comunemente i Camilli. Si tratta di due sculture in pietra risalenti agli Anni Cinquanta e rappresentanti Camillo e Bernardo, due giovani eroi mitologici, mentre soffiano in due otri, dai quali sgorgano due zampilli d’acqua che finiscono nelle due rispettive vasche circolari.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia piazza Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione ottimo
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MOLOCHIO 8 - BELVEDERE CATORELLA
belvedere catorella Si trova sul Monte Trepitò, che si eleva fino ad oltre 900 metri sul livello del mare. Dal belvedere si gode della vista panoramica dell’abitato di Molochio così come dell’intera Piana di Gioia Tauro, con lo sfondo della costa tirrenica da Palmi a Capo Vaticano e, nelle giornate prive di foschia, dell’isola di Stromboli.
Paesaggio rurale Patrimonio naturale Categoria punto panoramico Tipologia areale Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione buono
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MOLOCHIO 9 - CASCATE
cascate galasìa, mundo, palata e schioppo di middio Il Comune di Molochio annovera tra le proprie bellezze il territorio montano, ricadente all’interno del Parco Nazionale dell’Aspromonte. Nelle vicinanze dell’abitato scorrono il torrente Barvi ed il torrente Mundo, immersi in una suggestiva vegetazione, tra cui è presente una rara felce preistorica: la Woodwardia radicans. I torrenti formano le Cascate Galasìa, Mundo, Palata, Schioppo di Middio. Le più suggestive sono le cascate Mundo che, con un unico salto di 50 metri si tuffano in una pozza color verde smeraldo. Allo stesso modo il torrente Barvi supera diversi dislivelli attraverso una successione di cascate, la più rilevante delle quali è la cascata Galasìa che, incastonata in mezzo alla rigogliosa vegetazione aspromontana, compie un salto di 35 metri.
Paesaggio rurale Patrimonio naturale Categoria emergenza naturale Tipologia cascata Livello di accessibilità pessimo Livello di percezione mediocre
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MOLOCHIO 10 - TORRENTE BARVI
PERCORSO NATURALISTICO DEL TORRENTE BARVI Il torrente scorre nella parte settentrionale del versante tirrenico del Parco Nazionale dell’Aspromonte. Con i suoi 3 km di lunghezza copre circa 400 metri di dislivello creando spettacolari serie di cascate, le più alte delle quali, dette cascate Galasìa (nome di derivazione grecanica che significa ‘burrone’), compiono un salto di circa 35 metri e sono raggiungibili tramite un comodo percorso escursionistico. Il letto fluviale, con una portata estiva di circa 20 l/sec, scorre inizialmente in una gola piuttosto aperta e scoscesa a cui segue un vallone selvaggio meno ripido ma molto incassato. Le rocce su cui scorre il torrente sono di origine cristallina e impediscono alle acque di filtrare nel sottosuolo, creando dei limpidi laghetti detti ‘gurnali’. L’ambiente circostante è caratterizzato da un’elevata biodiversità vegetale: vi crescono infatti il tasso (ormai molto raro in Aspromonte), il faggio, il corbezzolo, enormi piante di alloro e, nel sottobosco, il pungitopo e l’agrifoglio. Interessante presenza, che rende la zona unica nel suo genere, è una rara specie di felce preistorica, la Woodwardia radicans, alta fino a due metri, che cresce spontaneamente in alcuni valloni isolati.
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Paesaggio rurale Patrimonio naturale Categoria emergenza naturale Tipologia fiumara Livello di accessibilità pessimo Livello di percezione buono
OPPIDO MAMERTINA
OPPIDO MAMERTINA 1
EPISCOPIO
2
CATTEDRALE DELL’ASSUNTA
3
SANTUARIO DELLA MADONNA DELLE GRAZIE
4
CHIESA DI SAN GIUSEPPE
5
CHIESA DI SAN LEONE MAGNO
6
CHIESA DI SAN NICOLA
7
PALAZZO MALARBI
8
PALAZZO MIGLIORINI
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PALAZZO GRILLO
10 VILLA FERRARIS 11 CASTELLO (ruderi) 12 CINTA MURARIA (ruderi) 13 CATTEDRALE (ruderi) 14 CONVENTO DEI PAOLOTTI (ruderi) 15 CONVENTO DELLE CLARISSE (ruderi) 16 calvarietto 17 PARCO ARCHEOLOGICO di mella 18 sanatorio
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OPPIDO MAMERTINA 1 - EPISCOPIO
EPISCOPIO L’edificio costituisce un corpo unico con la cattedrale e presenta all’interno una struttura architettonica e degli affreschi di pregio. Di notevole importanza la cappella del seminario ed il giardino, che ospita una bella riproduzione della grotta della Madonna di Lourdes. In questo edificio ha sede il Museo Diocesano d’Arte Sacra.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia palazzo vescovile Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione buono Stato di conservazione ottimo
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OPPIDO MAMERTINA 2 - CATTEDRALE DELL’ASSUNTA
CATTEDRALE DELL’ASSUNTA La nuova cattedrale di Oppido Mamertina, inaugurata nel 1935, con sagrato sopraelevato da una scalinata, si erge sulla piazza Umberto I. La costruzione si rifà allo stile neoclassico ed è tra gli edifici sacri più grandi dalla Calabria. Il campanile (non ancora del tutto completato) con i suoi 33 metri di altezza è, presumibilmente, il più alto della regione. All’ingresso della navata sinistra vi è una statua marmorea della Madonna mutila del Bambino (XVI sec.), forse opera del Gagini e proveniente da Oppido Vecchia. All’ingresso della navata destra vi è un crocifisso ligneo opera di F. De Lorenzo, parroco di Varapodio. Più avanti troviamo: un fonte battesimale in marmo bianco con bassorilievo (1851); il sepolcro del vescovo Santo Bergamo ed il gruppo scultoreo del Cristo morto e della Madonna Addolorata. La cupola è sorretta da quattro pilastri, decorati con dipinti a medaglione di D. Grillo, raffiguranti i quattro evangelisti su un fondo di finto mosaico dorato. Sopra l’altare è posto il gruppo scultoreo in legno dipinto, raffigurante l’Angelo Nunziante e la Vergine, dello scultore napoletano Angelo Testa (1836). L’altare maggiore e i due amboni ai lati del presbiterio sono in marmi policromi con decorazioni ad intarsio e bassorilievi. Nella navata laterale sinistra trova posto, in luogo dell’altare, uno stipo in legno riccamente decorato da intagli e bassorilievi, all’interno del quale viene custodito il trono processionale della SS Annunziata. Dall’ambiente contenente lo stipo, si accede alla sala capitolare, trasformata in museo degli arredi e dei paramenti sacri: mitre intessute di pietre preziose, paramenti ricamati in arabeschi multicolori e fili d’oro, quadri, statue e oggetti particolarmente originali. La cattedrale fu rimaneggiata e ricostruita più volte sia per volere dei Vescovi, sia per i danni causati dai sismi del 1894 e del 1908. Conserva ben poco dell’antica cattedrale, distrutta nel 1783: qualche altare, alcune balaustre, la statua della Madonna con Bambino e il piccolo fonte battesimale del ‘500. 154
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia cattedrale Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione ottimo
OPPIDO MAMERTINA 3 - SANTUARIO DELLA MADONNA DELLE GRAZIE
SANTUARIO DELLA MADONNA DELLE GRAZIE La facciata principale presenta una serie di lesene scanalate e lisce, appare divisa in due ordini da una cornice e termina con una cornice a timpano. Il portale d’ingresso presenta ai lati due nicchie ed è sormontato da un’apertura circolare e, negli scomparti laterali, da due finestre cieche. Il campanile a pianta quadrata è in posizione arretrata sul lato sinistro della chiesa ed è coperto da una cuspide ottagonale. All’interno l’edificio presenta una pianta ad una sola navata con soffitto a cassettoni. Nell’abside è presente un altare a muro che fa da cornice alla nicchia nella quale è riposta la statua della Madonna delle Grazie.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia santuario Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione ottimo
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OPPIDO MAMERTINA 4 - CHIESA DI SAN GIUSEPPE
CHIESA DI SAN GIUSEPPE La chiesa, detta anche della Madonna del Buon Consiglio, fu costruita nel XVI secolo accanto al Convento dei Minimi, prima ancora che il moderno abitato di Oppido le si espandesse intorno. Nei sotterranei della chiesa sono presenti dei locali particolarmente interessanti e suggestivi, come le cripte utilizzate per l’essiccazione dei cadaveri. Questi venivano posti in posizione seduta e legati con un particolare sistema di fermi in ferro. Tutte le nicchie sono collegate da canali di scolo dove confluiva il materiale biologico della decomposizione. Ad essiccazione avvenuta, gli scheletri dei monaci rimanevano in quella peculiare posizione. Legata a questa chiesa è la nascita, nel 1846, della Congrega di San Giuseppe.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione buono
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OPPIDO MAMERTINA 5 - CHIESA DI SAN LEONE MAGNO
CHIESA DI SAN LEONE MAGNO La chiesa presenta una facciata molto deteriorata. Una breve gradinata, di recente costruzione, conduce al portale ad arco a tutto sesto, arricchito da fasci di colonnine e coperto da un timpano triangolare. Sotto il displuvio corre una cornice lavorata ad archetti. All’interno la luce giunge attraverso sei monofore, poste sui prospetti laterali. Accanto vi è il campanile a pianta quadrata, con trifora nella cella campanaria.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità buono Livello di percezione mediocre Stato di conservazione sufficiente
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OPPIDO MAMERTINA 6 - CHIESA DI SAN NICOLA
CHIESA DI SAN NICOLA Le prime notizie di una chiesa Abbazia e della relativa Parrocchia, detta San Nicola extra moenia, retta da un canonico col titolo di abate, risalgono al 1596. La chiesa è ubicata in posizione centralissima dietro la cattedrale, ciò induce ad ipotizzare come la chiesa non fosse in origine quella di San Nicola extra moenia proprio perchè il termine stesso si riferisce ad un edificio sito al di fuori delle mura. Tra il 1510 ed il 1525, dalle documentazioni degli Archivi Vaticani, emerge l’esistenza di una chiesa parrocchiale di Oppido, definita San Nicola del Campo extra moenia od extra muros. Dopo il disastroso terremoto del 5 febbraio 1783, anche l’Abbazia fu riedificata nella sede di contrada Tuba e ad essa fu assegnata una porzione di territorio. La relativa Parrocchia mantenne il nome di San Nicola extra moenia. Il prospetto, come tutti i muri perimetrali, poggia su un basamento di pietra; al centro, un grande arco fiancheggiato da due semicolonne con pinnacoli ingloba il portale sormontato da un grande cartiglio; la parte terminale in alto è definita da un fastigio a cornice mistilinea a volute, coronato da pinnacoli e culminante con una nicchia contornata da decorazioni a bassorilievo e una croce in ferro lavorato.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia abbazia Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione buono
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OPPIDO MAMERTINA 7 - PALAZZO MALARBI
PALAZZO MALARBI Il palazzo, in stile tardo barocco, si sviluppa su due livelli. La facciata ha un alto portale bugnato, con arco a tutto sesto, e gli spazi sono scanditi da lesene scanalate coronate da capitelli ionici. Al piano nobile i finestroni a balcone sono sormontati da timpani a triangolo.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura residenziale Tipologia palazzo Livello di accessibilitĂ ottimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione buono
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OPPIDO MAMERTINA 8 - PALAZZO MIGLIORINI
PALAZZO MIGLIORINI In stile neoclassico napoletano, il palazzo presenta sulla facciata una serie di bugne in mattoncini a vista, che si susseguono attorno al portone centrale, al centro di un prospetto avanzato rispetto al resto della facciata.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura residenziale Tipologia palazzo Livello di accessibilitĂ ottimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione pessimo
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OPPIDO MAMERTINA 9 - PALAZZO GRILLO
PALAZZO GRILLO L’edificio è organizzato su tre livelli ed ha più ingressi, posti sui diversi lati della costruzione. Le facciate, bugnate nei primi due livelli, sono abbellite da balconi in ghisa e grate in ferro battuto alle finestre del piano terra. I portali sono in pietra. Il palazzo è stato oggetto di restauro e ospita la Biblioteca Comunale e il comando dei Vigili Urbani.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura residenziale Tipologia palazzo Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione buono
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OPPIDO MAMERTINA 10 - VILLA FERRARIS
VILLA FERRARIS è una lussuosa villa in stile liberty appartenuta alla famiglia Ferraris. Fu l’abitazione dello stimato ingegnere Giuseppe Ferraris, che vi si trasferì con la moglie nei primi decenni del ‘900. La dimora ha una pianta molto articolata. I prospetti, con alte aperture ad arco a tutto sesto, sono caratterizzati da fasce decorate con motivi floreali, che definiscono la parte alta delle facciate a diretto contatto con i cornicioni. La decorazione continua anche nel finto parapetto, in corrispondenza dell’attico.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura residenziale Tipologia villa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione ottimo
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OPPIDO MAMERTINA 11 - CASTELLO (ruderi)
RUDERI DEL CASTELLO DI OPPIDO VECCHIA Nella cittĂ medievale di Oppido Vecchia si conserva il castello. Oggi rimangono tre delle quattro torri quadrangolari che dovevano difenderlo. Esse presentano i rimaneggiamenti angioini e aragonesi, caratterizzati da piccoli archetti che segnano tutto il perimetro della torre.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura fortificata Tipologia castello Livello di accessibilitĂ pessimo Livello di percezione buono Stato di conservazione pessimo
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OPPIDO MAMERTINA 12 - CINTA MURARIA (ruderi)
RUDERI DELLA CINTA MURARIA DI OPPIDO VECCHIA La città Medievale di Oppido Vecchia, distrutta dal terremoto del 1783, è ubicata a brevissima distanza dal Parco Archeologico di Mella, racchiusa in una cornice di alberi di ulivo. Il sito, risalente all’XI secolo, appare particolarmente affascinante ed interessante e conserva ancora dei resti. La città era protetta da possenti mura e vi si accedeva grazie alle due porte poste agli estremi del lungo asse viario principale; ancora oggi sono ben visibili tanto le mura quanto le porte.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura fortificata Tipologia mura difensive Livello di accessibilità pessimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione mediocre
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OPPIDO MAMERTINA 13 - CATTEDRALE (ruderi)
RUDERI DELLA CATTEDRALE DI OPPIDO VECCHIA Un tempo era collegata, tramite una cinta muraria, al seminario e al vescovado. Oggi di questo antico edificio restano, ad Oppido Vecchia, solo i ruderi del campanile, mentre una delle campane dell’antica cattedrale, si trova attualmente nella chiesa dell’Abbazia di Oppido.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità pessimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione pessimo
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OPPIDO MAMERTINA 14 - CONVENTO DEI PAOLOTTI (ruderi)
RUDERI DEL CONVENTO DEI PAOLOTTI DI OPPIDO VECCHIA Ad Oppido Vecchia si trovano i ruderi di questo convento, in cui vi risiedevano i Frati Minimi appartenenti all’ordine di San Francesco di Paola, che diedero il nome all’edificio. Ciò che resta del convento è un chiostro colonnato con archi a tutto sesto. Al centro vi è una cisterna, larga due metri e profonda tre, per la raccolta delle acque piovane, che venivano convogliate attraverso dei pluviali. Nel convento è stata rinvenuta una lapide del 1632 che ricopriva un ossario nel quale venivano sepolti i frati. Inoltre sono state scoperte sepolture singole in cui, probabilmente, venivano inumati i nobili.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia convento Livello di accessibilità pessimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione pessimo
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OPPIDO MAMERTINA 15 - CONVENTO DELLE CLARISSE (ruderi)
RUDERI DEL CONVENTO DELLE CLARISSE DI OPPIDO VECCHIA Gli unici resti che ci rimangono del covento delle Clarisse, sito ad Oppido Vecchia, sono alcuni frammenti dei muri.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia convento Livello di accessibilitĂ pessimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione pessimo
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OPPIDO MAMERTINA 16 - CALVARIETTO
CALVARIETTO DI OPPIDO VECCHIA Nella periferia sud del comune, in prossimità della Strada Satatale che conduce verso Santa Cristina d’Aspromonte, vi è questa grande edicola che presenta cinque nicchie ed una effige “In ricordo dei Padri Liguorini”.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia edicola Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione pessimo
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OPPIDO MAMERTINA 17 - PARCO ARCHEOLOGICO DI MELLA
PARCO ARCHEOLOGICO DI MELLA AD OPPIDO VECCHIA In questo sito di grande interesse, numerosi sono stati i ritrovamenti sia in termini di rilievi urbanistici che numismatici: numerosissime monete appartenenti alle zecche o autorità di Roma, Metaponto, Bretii, Valentia, Locri Epizefiri, Rhegion, Cartaginesi in Italia, Catania, Siracusa e Mamertini. Sono stati ritrovati anche statuette in bronzo, mattonacci, tegole, testine di terra cotta, macine, collane in metallo, ceramiche, utensili vari, anfore da trasporto, lucerne, unguentari ecc. Il proseguimento degli scavi, iniziati negli Anni Ottanta, porterà ad una ridefinizione della storia della Piana di Gioia Tauro e di una parte importante della storia dell’Italia Meridionale, colmando finalmente le lacune dei testi antichi giunti fino ai nostri giorni.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria sito archeologico Tipologia area archeologica Livello di accessibilità mediocre Livello di percezione mediocre Stato di conservazione pessimo
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OPPIDO MAMERTINA 18 - SANATORIO
SANATORIO DI ZERVò L’antico Sanatorio Vittorio Emanuele si trova in località Zervò. Un tempo utilizzato come ricovero per i malati di tubercolosi, oggi la struttura è stata completamente restaurata ed ospita la comunità “Incontro”, fondata da Don Gelmini. Essa offre, oltre a numerosi servizi, anche un ostello ed un parco zoologico.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia sanatorio Livello di accessibilità buono Livello di percezione pessimo Stato di conservazione ottimo
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OPPIDO MAMERTINA
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PALMI
PALMI 1
CONCATTEDRALE DI SAN NICOLA VESCOVO
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SANTUARIO DEL CARMELO
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CHIESA DI MARIA SS DEL SOCCORSO
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CHIESA DI MARIA SS DEL ROSARIO (o SAN FRANCESCO)
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CHIESA DELL’IMMACOLATA E DI SAN ROCCO
6
CHIESA DELL’ADORAZIONE (o DELL’ORATORIO)
7
CHIESA DELLA MADONNA DELL’ALTOMARE
8
CHIESETTA DI SAN GIUSEPPE
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CHIESA DELLA SANTA FAMIGLIA
10 CHIESA DI SAN FANTINO 11 CHIESETTA DI SAN MARCO 12 Chiesa dEL SS CROCIFISSO 13 PALAZZO SURIANO 14 PALAZZO CASTELLANO 15 PALAZZO CORDOPATRI 16 PALAZZO SAN NICOLA (MUNICIPIO) 17 VILLA COMUNALE GIUSEPPE MAZZINI 18 MAUSOLEO DI FRANCESCO CILEA 19 FONTE DI SAN ROCCO 20 FONTANA MUTA 21 FONTANA DELLA PALMA 22 MONUMENTO A SAN FRANCESCO 23 MONUMENTO AI CADUTI 24 CHIESETTA DI SANT’ELIA 25 PARCO ARCHEOLOGICO DEI TAUREANI 26 FORTINO Di PIETRENERE 27 VILLA DI LEONIDA REPACI 28 CASA OLIVA 29 TEATRO ALL’APERTO 30 AFFACCIO DELLA MOTTA 31 AFFACCIO DI SANT’ELIA 32 BELVEDERE GIUSEPPE SAFFIOTI 33 BELVEDERE DI VIA DE SALVO 34 MONTE SANT’ELIA 35 COSTA VIOLA 36 SPIAGGIA DI PIETRENERE 37 SPIAGGIA DELLA MARINELLA
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38 SPIAGGIA DELLA TONNARA
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PALMI 1 - CONCATTEDRALE DI SAN NICOLA VESCOVO
CONCATTEDRALE DI SAN NICOLA VESCOVO L’originaria chiesa Matrice dedicata a San Nicola sorgeva nell’attuale piazza Amendola, ma purtroppo fu distrutta dal terremoto del 1783 e, mentre era in fase di ultimazione, fu ancora colpita dal sisma del 1894. Si provvide nuovamente alla ricostruzione, ma sopraggiunse il terremoto del 1908 che arrecò ulteriori gravi danni. La chiesa attuale, terminata nel 1932, sorge nel centro storico cittadino. La chiesa, dal 1979 concattedrale della Diocesi di Oppido-Palmi, è a tre navate di cui quella centrale nettamente più alta rispetto alle laterali e al centro della parte superiore della facciata è collocato un rosone. Le tre porte corrispondenti alle navate si aprono sotto archi a tutto sesto con fasci di colonnine. Il portale centrale presenta un alto protiro poggiante su fasci di colonne con tetto a due spioventi, preceduto dallo stemma vescovile. Lateralmente, sul lato destro, è collocato l’alto campanile a pianta quadrata e tetto cuspidato, che risale agli Anni Cinquanta del 1900. All’interno della chiesa, a croce latina, le tre navate sono scandite da pilastri a base quadrangolare con capitelli decorati da visi di angioletti, sui quali si impostano gli archi a tutto sesto. Ciascuna navata è conclusa da un’abside. Le due absidi laterali sono consacrate rispettivamente a San Nicola, patrono della città, e al Sacro Cuore. Nell’abside che conclude la navata centrale è collocato l’altare maggiore, in marmo bianco, con guglie e colonnine, provienente dalla vecchia chiesa Matrice demolita, realizzato dal maestro Alfarone; qui è esposta una preziosa icona antica di Maria Santissima della Lettera con il Bambino, che si rifà ai canoni autentici dell’arte figurativa bizantina. per visualizzare le schede complete: www.galbatir.it
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Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia cattedrale Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione buono Stato di conservazione ottimo
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PALMI 2 - SANTUARIO DEL CARMELO
SANTUARIO DEL CARMELO Il santuario sorge nell’omonima piazza, ubicata nel centro cittadino. L’edificio, facente parte della parrocchia di San Nicola, risulta tra i beni vincolati della Regione Calabria tramite Decreto Ministeriale 363 del 12 novembre 2009. Il santuario è stato eretto in onore della Madonna del Carmine per la cui intercessione, si pensa, la città fu risparmiata dal terremoto del 1894. La Madonna del Carmine è, per questo, oggetto di particolare venerazione a Palmi, rinnovata ogni anno con una toccante processione. L’evento per cui è ricordata fu registrato dal 31 ottobre al 16 novembre 1894, quando le colonne dell’altare, le mura della chiesa e il volto della Madonna, grondavano acqua. Questo avvenimento fu interpretato come miracoloso intervento sulla città durante il terremoto del 16 novembre 1894. Tuttavia, non fu risparmiata dal terremoto del 1908, che la distrusse, portando alla costruzione dell’attuale chiesa sullo stesso luogo di quella originaria, ma di dimensioni più piccole. Tra le opere custodite all’interno, è possibile ammirare: gli affreschi del pittore catanese Conti Consoli degli Anni Trenta del 1900, fra cui quelli della Natività e dell’Annunciazione; una statua lignea della Madonna del Carmine del De Lorenzo della seconda metà del 1700; la Via Crucis di Fortunato Messina scolpita su legno; un Crocifisso ligneo dello scultore Santifaller di Ortisei; una statua del Sacro Cuore di Gesù; antichi confessionali in legno scolpito realizzati da artigiani locali. 176
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia santuario Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione ottimo
PALMI 3 - CHIESA DI MARIA SS DEL SOCCORSO
CHIESA DI MARIA SANTISSIMA DEL SOCCORSO La chiesa, conosciuta semplicemente come chiesa del Soccorso, sorge nell’omonima piazzetta nel centro storico cittadino. Fu edificata nel XVIII secolo nella parte più antica della città, collegata con un chiostro all’allora adiacente convento, ma subì notevoli danni provocati dai ricorrenti terremoti; dopo la distruzione, causata dal sisma del 1783, fu ricostruita nell’anno 1788. La chiesa venne ulteriormente danneggiata dal terremoto del 1908. La facciata dell’attuale chiesa è scandita da coppie di lesene, sormontate da capitelli ionici. Al centro il portale d’ingresso è incorniciato da un’edicola, definita da due semicolonne che sostengono la trabeazione; la parte superiore della facciata è conclusa da un timpano mistilineo. Il suo interno, in tardo stile barocco, è a navata unica. Il soffitto è a cassettoni, realizzato su disegno dell’architetto palmese Nino Bagalà, che progettò, intorno agli Anni Settanta, anche il pavimento e la zoccolatura di marmo. Sulle pareti che delimitano la navata si aprono, nella parte superiore, delle finestre di forma semicircolare.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione ottimo
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PALMI 4 - CHIESA DI MARIA SS DEL ROSARIO (o SAN FRANCESCO)
CHIESA DI MARIA SANTISSIMA DEL ROSARIO o DI SAN FRANCESCO La chiesa, edificata agli inizi del XX secolo, è annessa al convento di San Francesco da Paola, e sorge nella parte alta del centro cittadino. L’antica chiesa, eretta il 10 maggio 1733, si trovava molto distante dal luogo attuale; venne distrutta dal terremoto del 1783 e fu ricostruita nel 1790. Il sisma del 1908 non causò danni tali da interrompere le attività parrocchiali; provocò, invece, gravi danni il ciclone che si abbatté su Palmi nel 1919. Nel 1937 alla parrocchia del Rosario fu assegnata una vasta zona della città distante dal vecchio sito, ossia l’area dove sorge attualmente. La facciata è caratterizzata da un portico, che precede l’ingresso alla chiesa, costruito recentemente. Il portico, avanzato rispetto al piano della facciata, è suddiviso in tre settori: quello centrale, più alto ed aggettante rispetto a quelli laterali, è costituito da due colonne sulle quali s’imposta un arco ad ogiva, ripreso nella parte superiore del portone d’ingresso; quelli laterali, invece, sono definiti da archi a tutto sesto, sorretti da pilastri a base rettangolare. Sulla parte superiore, al centro della facciata, arretrata rispetto al portico, è collocato un rosone. L’interno è costituito da un’unica navata con copertura lignea, le cui capriate sono decorate da disegni. Nella parte superiore delle pareti che delimitano la navata si aprono delle finestre arcuate che illuminano l’interno.
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Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione buono Stato di conservazione ottimo
PALMI 5 - CHIESA DELL’IMMACOLATA E DI SAN ROCCO
CHIESA DI MARIA SANTISSIMA IMMACOLATA E DI SAN ROCCO Fu costruita nel 1951 in piazza San Rocco, in un’area in cui, in passato, sorgevano i luoghi di culto del centro cittadino. L’antica chiesa fu distrutta dal terremoto del 1783 e fu riedificata nel 1788, ma fu nuovamente distrutta dal terremoto del 1908, che comportò lo spostamento della venerata statua di San Rocco nella cappella in legno e lamiere che, sconsacrata, tuttora esiste nella stessa piazzetta. A distruggere ulteriormente la chiesa fu l’incendio del 30 dicembre 1924. L’attuale chiesa fu ricostruita negli Anni Cinquanta del secolo scorso, con una facciata molto semplice e lineare, suddivisa in tre settori da elementi verticali in pietra scura, che risaltano sul fondo chiaro e che culminano nel cornicione aggettante che conclude la facciata nella parte superiore. Nella parte centrale è collocato l’ingresso alla chiesa, arretrato rispetto al piano di facciata, la cui apertura è segnata dagli elementi in pietra scura. Sul lato destro della facciata sorge il campanile. L’interno è a navata unica, coperta nella parte centrale da una cupola di forma quadrangolare.
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PALMI 6 - CHIESETTA DELL’ADORAZIONE (o DELL’ORATORIO)
CHIESETTA DELL’ADORAZIONE o CHIESA DELL’ORATORIO La chiesa sorge nel centro cittadino in via Antonio Gramsci, vicino al corso principale della città. A capo della chiesa, ricadente nel territorio parrocchiale della chiesa del Soccorso, vi è la più antica confraternita cittadina e cioè quella della Beata Vergine del Rosario (1580). L’edificio fu ricostruito nel 1966 nello stesso luogo ove sorgeva quello precedente. Nel vecchio luogo di culto vi era un altare maggiore in marmo policromo di ottimo stile che, fortunatamente, scampò alla distruzione e che fu conservato nella chiesa del Crocifisso. Nel pavimento, realizzato in quadroni di marmo, vi erano le lapidi delle tombe delle famiglie palmesi che, purtroppo, furono tutte interrate e sepolte nella cripta (che era adornata da affreschi) durante i lavori di ricostruzione dell’attuale edificio. Nella chiesa è custodita un’immagine della Madonna del Rosario di Pompei mentre, sopra il portale d’ingresso, vi è una scultura in bronzo raffigurante l’Annunciazione, opera dell’artista palmese Antonio Badolati.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione ottimo
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PALMI 7 - CHIESA DELLA MADONNA DELL’ALTOMARE
CHIESA DELLA MADONNA DELL’ALTOMARE La chiesa, appartenente alla parrocchia di San Fantino, è stata edificata nel 1552, per volere del Conte Pietro Spinelli di Seminara, in seguito alla distruzione del monastero di San Fantino dovuta alle scorrerie dei Saraceni. All’interno della chiesa furono conservate le spoglie del Santo taureano, in una cripta. Nel 1857, grazie all’abate Pietro Militano, la chiesa fu riedificata a seguito del terremoto che l’aveva distrutta in parte. La facciata esterna della chiesa attuale è molto semplice e lineare; una scalinata precede l’ngresso, sormontato da una grande vetrata, che si sviluppa verticalmente occupando buona parte della facciata principale. Sul lato sinistro la facciata è fiancheggiata dal campanile, a base quadrata, scandito da aperture di forma rettangolare nella parte superiore.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione buono
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PALMI 8 - CHIESETTA DI SAN GIUSEPPE
CHIESETTA DI SAN GIUSEPPE La chiesa fu costruita negli anni 1959-1960 nella frazione di Palmi Scalo, per volere del giovane economo della parrochia di San Nicola, Monsignor Vincenzo Rimedio, in occasione dei lavori per il raddoppio del binario della Ferrovia Tirrenica Meridionale (tratta Battipaglia-Reggio Calabria). Nella moderna chiesetta dell’allora popoloso rione dei ferrovieri, per alcuni anni si celebrarono regolarmente le funzioni religiose, tra le quali il mese mariano e le messe festive; si celebrò pure la festa, non solo liturgica, in onore di San Giuseppe con la processione per le vie del rione. Con il passare degli anni, però, la stazione di Palmi, a causa dell’ammodernamento della rete ferroviaria nazionale, fu in parte disabilitata e il rione si spopolò, restandovi a vivere solamente poche famiglie. La chiesetta pertanto, per mancanza di fedeli, non è più officiata e da molti anni è chiusa.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione sufficiente
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PALMI 9 - CHIESA DELLA SANTA FAMIGLIA
CHIESA DELLA SANTA FAMIGLIA La chiesa, di recente realizzazione, è stata progettata nel 1996, dagli architetti Flavio Bruna, Aimaro Isola e Saverio Isola; i lavori di realizzazione della struttura furono iniziati nel 2002 per terminare nel 2005. All’esterno il complesso si articola in tre volumi: il campanile, predominante rispetto agli altri volumi; la chiesa e la residenza, che si compongono sullo spazio unitario del sagrato, creando un gioco di pieni e vuoti, esaltato dalla luce limpida di questo tipico ambiente mediterraneo. Le pareti perimetrali dei tre volumi, scandite da aperture semicircolari, sono caratterizzate da un rivestimento in mattoni a faccia vista, di colore rosa. Nel contesto emerge il grande tetto, in rame, a quattro falde, oblique rispetto agli assi principali della chiesa: le loro linee di colmo formano così una croce, con braccia unite sopra l’area presbiteriale. Una balconata si sviluppa attorno a tutto il perimetro e, sul lato nord, copre il portico di accesso all’auditorio, che è quasi alla stessa quota rispetto al piano naturale del terreno, sul lato est. Una torre a tre piani, pensata come apposita residenza per il clero e le monache, è posizionata nel vertice del giardino di ulivi e conclude i percorsi della balconata. Sul lato est è situato l’oratorio con bar; sul lato opposto, sotto il sagrato, si trovano altre aule. La struttura della chiesa è in c.a. e quella della copertura è realizzata in legno lamellare verniciato naturale.
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Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione buono Stato di conservazione ottimo
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PALMI 10 - CHIESA DI SAN FANTINO
CHIESA DI SAN FANTINO La chiesetta sorge nella frazione di Taureana in via del Mare, ed è sede dell’omonima parrocchia istituita il 1° novembre 1952. Già nel 1143 vi è traccia, nel luogo dove fino al 951 sorgeva l’antica Taureanum, di un monastero dedicato a San Fantino, che visse in questi luoghi nel V sec. d. C.: lavorò prima come stalliere, poi condusse vita ascetica e compì miracoli. Nel 1551 il monastero fu distrutto dalle scorrerie dei Saraceni come tutte le altre chiese di Palmi e, nel 1552, il Conte Pietro Spinelli di Seminara riedificò la chiesetta intitolandola a Santa Maria dell’Alto Mare. La chiesa, nel suo attuale aspetto è quella ricostruita nel 1857, a cura dell’Abate Pietro Militano, a seguito del terremoto che l’aveva distrutta in parte; è ad unica navata, di conformazione ellittica, con un piccolo campanile, leggermente sporgente rispetto alla parete laterale. Al di sotto della chiesa vi è il Ninfeo nel quale venne sepolto San Fantino. L’edificio oggi rientra nel parco archeologico di Taureana; a seguito degli scavi condotti nel 1993 dagli archeologi Di Gangi e Lebole emersero due absidi facenti parte di una basilica descritta nell’VIII secolo dal vescovo Pietro. Esse sono sovrapposte alla cripta, che conserva le reliquie di San Fantino, rivolte verso oriente, e si trovano all’esterno dell’attuale chiesa, ad est. Dallo scavo, affiorarono le pavimentazioni di due chiese sovrapposte: quella bizantina dell’VIII secolo e quella del 1552 ricostruita dal conte Spinelli; di quest’ultima sono visibili anche le mura interne, allineate sull’asse est-ovest, con un ingresso a nord; si scorgono ancora sull’intonaco tracce di colore. 184
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione ottimo
PALMI 11 - CHIESETTA DI SAN MARCO
CHIESETTA DI SAN MARCO Si tratta di un piccolo luogo di culto della frazione della Tonnara di Palmi, ubicato sul lungomare Costa Viola. La chiesetta fu inaugurata il 28 dicembre 1959 ed è dedicata al Santo Evangelista, protettore dei pescatori, perchè sorge nella popolosa località, abitata quasi esclusivamente da famiglie di pescatori. Fu costruita e arredata a spese del signor Filippo De Marco di Palmi, solerte sostenitore della valorizzazione dell’eminente posto turistico. Per tradizione i pescatori della Tonnara e dei centri rivieraschi dello Stretto di Messina, iniziano la stagione della pesca del pesce spada il 25 aprile, festa liturgica di San Marco e, con le barche che muovono le onde di fronte allo spettacolo dello Stromboli, lanciano il grido tramandato dagli avi: “Viva San Marcu binidittu” (“Viva San Marco benedetto”), nell’istante in cui viene catturato il grosso pesce.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione ottimo
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PALMI 12 - CHIESA DEL SS CROCIFISSO
CHIESA DEL SANTISSIMO CROCIFISSO o CHIESA DEI MONACI o CHIESA DELL’ANNUNZIATA La chiesa, che sorge nella piazza intitolata all’Annunziata, nel rione Cittadella, fa parte della parrocchia di Maria Santissima del Soccorso. È il più antico luogo di culto di Palmi sopravvissuto ai terremoti: fu edificata nei primi decenni del XVII secolo, sulle rovine di un precedente edificio di cui rimane una cripta sotto la pavimentazione, e venne affidata alla Confraternita dei Cappuccini. Nel corso dei secoli la chiesa ebbe varie denominazioni: Santa Maria de Caravellis, dell’Annunziata, dei Monaci, dei Riformati e, infine, del Crocifisso. Rimasta miracolosamente in piedi all’urto di violenti terremoti, che non risparmiarono neppure il convento francescano annesso alla stessa, di cui oggi sono leggibili gli elementi di attacco del portico demolito nel 1908, la chiesa stava per essere abbattuta. In seguito ai danni arrecati dal terremoto del 1783, l’edificio dovette subire una parziale ricostruzione. Evitata la demolizione nel 1882, per molti decenni fu destinato a parecchi usi: caserma, tribunale, carcere, scuola, seggio elettorale, sede di assemblee. La chiesa, durante l’ultima guerra mondiale, subì alcuni danni alla copertura che causarono infiltrazioni d’acqua piovana, provocando di conseguenza danni alla pavimentazione, alle lapidi, alle tombe, agli stucchi, e distruggendo una Via Crucis su tela di apprezzabile pregio. L’interno, baroccheggiante, conserva alcune pale d’altare del ’700 e ’800. Sull’Altare Maggiore si può ammirare il celebre Crocifisso, opera in legno, attribuita genericamente a fra’ Umile da Petralia, scultore siciliano. L’opera deve essere riportata alla scuola dei crocefissisti francescani, attivi durante il ’600 nel Meridione. 186
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione buono Stato di conservazione buono
PALMI 13 - PALAZZO SURIANO
PALAZZO SURIANO Questa nobile residenza, oggi in stato di abbandono, fa parte del centro storico di Palmi, risalente alla ricostruzione dopo il terremoto del 1908.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura residenziale Tipologia palazzo Livello di accessibilitĂ ottimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione sufficiente
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PALMI 14 - PALAZZO CASTELLANO
PALAZZO CASTELLANO Il palazzo ha una struttura rigida, sulla quale vengono applicati elementi come archi, paraste e timpani, che si ispirano allo stile neoclassico e liberty, e articolano i prospetti e le aperture dellâ&#x20AC;&#x2122;edificio, dai quali si differenziano anche cromaticamente.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura residenziale Tipologia palazzo Livello di accessibilitĂ ottimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione ottimo
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PALMI 15 - PALAZZO CORDOPATRI
PALAZZO CORDOPATRI La residenza si trova nel centro della città di Palmi, inglobata nel suo tessuto urbano, ma si differenzia dagli altri palazzi per il modo in cui si articola la facciata in stile liberty. Al piano terra abbiamo un rivestimento che imita il bugnato ed è interamente in colore chiaro, mentre al primo piano le aperture sono incorniciate da maioliche colorate, che definiscono la parte alta della facciata a contatto con il cornicione e gli elementi di aggetto con copertura a falde. Da notare anche le eleganti inferriate del parapetto dei balconi.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura residenziale Tipologia palazzo Livello di accessibilitĂ ottimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione ottimo
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PALMI 16 - PALAZZO SAN NICOLA (MUNICIPIO)
PALAZZO SAN NICOLA (MUNICIPIO) L’attuale sede del municipio di Palmi, sorge di fronte alla concattedrale ed ha l’ingresso principale in Piazza Matteotti. L’edificio è stato progettato dall’architetto Vittorio Alberto Storchi ed è stato costruito tra il 1915 ed il 1932, anno dell’inaugurazione. Ha la pianta a corte aperta ed è costituito da due piani fuori terra. Le facciate hanno gli spazi marcati da bugnati lisci che salgono fin sotto il cornicione, dove aggettano le falde inclinate della copertura. Sopra il portale si trova il grande “balcone delle bandiere” dal quale, per tradizione, il sindaco annuncia i nomi delle tre bambine candidate per l’elezione dell’Animella della Varia. Nell’ampia corte aperta di Palazzo San Nicola c’è un piccolo resede usato, tra l’altro, per alcune manifestazioni legate alla festa della Varia. Il 4 dicembre 2013 è stato ufficializzato che la Varia di Palmi è patrimonio dell’Unesco.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia municipio Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione ottimo
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PALMI 17 - VILLA COMUNALE GIUSEPPE MAZZINI
VILLA COMUNALE GIUSEPPE MAZZINI Nel centro storico cittadino sorge questo parco pubblico, tra la via Roma e la via Toselli, che rientra nell’elenco dei Monumenti nazionali. Nel luogo dove oggi è ubicata la Villa, realizzata nel 1870 dall’ingegnere di origine svizzera Heinrich Fehr (progettista anche della villa Mazzini di Messina, della Villa Comunale Carlo Ruggiero di Cittanova e di numerose altre ville in Calabria e Sicilia), nel passato vi era un grande spazio roccioso chiamato “Piano delle Muraglie” detto la “piazza” o “piazzetta”. Più volte la Villa è stata oggetto di lavori di manutenzione e di restauro, l’ultimo dei quali nel 1998. Nel 1927 è stato emanato un decreto di vincolo per “scene panoramiche che da quel luogo si godono”. La Villa è dotata, al suo interno, di alberature ad alto fusto, vialetti in pietra, giochi per bambini e al centro vi è collocata una piccola fontana; inoltre, è arredata da alcuni busti di marmo di personaggi del passato, nazionali e locali, tra cui quello del musicista palmese Antonio Nicola Manfroce. Completano la struttura un chiosco bar e un palco fisso usato per spettacoli di vario genere e per alcune manifestazioni civili, artistiche e sportive, tra le quali quelle legate alla festa della Varia di Palmi.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia villa comunale Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione buono Stato di conservazione buono
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PALMI 18 - MAUSOLEO DI FRANCESCO CILEA
MAUSOLEO DI FRANCESCO CILEA Il monumento dedicato al grande musicista palmese è stato realizzato dall’artista Michele Guerrisi e dall’architetto Nino Bagalà, nella zona chiamata “Arangiara”, dove anticamente vi era una torre orologio. Ubicato in piazza Francesco Pentimalli, il mausoleo, esternamente, si presenta con un’ampia area sopraelevata rispetto alla piazza. Sull’alto muro che delimita lo spazio monumentale esterno sono disposti dei bassorilievi marmorei, scolpiti da Michele Guerrisi, con raffigurazioni di scene del mito di Orfeo ed Euridice, il tutto attorno ad una scultura bronzea che rappresenta la musa Erato. Il mausoleo ospita il sarcofago, decorato da mosaici, contenente le spoglie del Maestro, morto a Varazze nel 1950, e della moglie. Durante i lavori, per ottenere lo spazio necessario per l’opera, venne demolito un altro antico monumento cittadino, cioè la “Torre dell’Orologio”, e fu sbancata parte della collina sottostante il borgo medioevale denominato Spirito Santo.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia mausoleo Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione buono Stato di conservazione ottimo
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PALMI 19 - FONTE DI SAN ROCCO
Fonte di San Rocco La fontana è collocata in piazza San Rocco ed è dedicata all’omonimo Santo; fu realizzata nel 2010 dall’artista palmese Maurizio Carnevali, su progetto dell’architetto Bagalà. Una grande statua bronzea ritrae San Rocco adagiato su dei massi di granito, prelevati dall’imponente costone del Tracciolino, e dai quali sgorga una sorgente di acqua che disseta quanti vorranno sostare sulle gradinate del basamento.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia fontana Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione ottimo
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PALMI 20 - FONTANA MUTA
FontANA MUTA è una fontana monumentale costruita nel XX secolo, detta Fontana Muta perché per lungo periodo è stata sprovvista d’acqua. La fontana si presenta con una grande vasca rettangolare lobata sul lato maggiore, antistante i tre fiori di loto stilizzati e sovrapposti, di diametro di misura decrescente in altezza, dai cui bordi saltella l’acqua, alimentata da un piccolo zampillo al centro della vasca più in alto. Il triplice fiore è alloggiato in una grande nicchia con ghiera decorata. Il prospetto della fontana è a bugnato lineare ed è coronato da un timpano. Il tutto prende posto nel volume di una doppia rampa di scale simmetriche.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia fontana Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione sufficiente
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PALMI 21 - FONTANA DELLA PALMA
FontANA DELLA PALMA Simbolo della città di Palmi, la fontana prende il nome dalle palme che anticamente erano piantate in vari punti della cittadina. Un tempo la fontana si trovava in piazza I Maggio ma fu spostata in piazza Amendola, dove è collocata attualmente, a fianco del moderno tribunale, nel luogo dove sorgeva la vecchia chiesa di San Nicola. Nel 1977 la sua immagine fu coniata sui francobolli, nella serie Fontane d’Italia. La fontana della Palma fu realizzata dell’artista Jommi, il quale riprese l’idea della vecchia fontana progettata dallo scultore Giuseppe Sutera e chiamata “della Palma” o “del mercato” (inaugurata nel 1669 e demolita nel 1886). L’attuale fontana, realizzata in stile barocco del tipo berniniano moderno, fu costruita nel 1923. Costituita da una vasca circolare, alla base della stessa vi sono collocati quattro delfini, mentre alla sommità vi è una palma in pietra che sovrasta il tutto.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia fontana Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione buono Stato di conservazione sufficiente
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PALMI 22 - MONUMENTO A SAN FRANCESCO
monumento a san francesco d’assisi Il monumento è ubicato in Via Bruno Buozzi, un luogo panoramico (Belvedere Gisa – Giuseppe Saffioti) da cui si ammirano il centro cittadino e il Mar Tirreno. La scultura bronzea rappresenta il Santo con le braccia aperte in segno di protezione verso la città. La statua è collocata su una base di pietra e marmo con intorno una fontana e un piccolo giardino.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia monumento Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione buono Stato di conservazione buono
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PALMI 23 - MONUMENTO AI CADUTI
monumento ai caduti Il monumento si trova nella piazza antistante il Palazzo Municipale di Palmi, detta appunto “Piazza Municipio”. Fu realizzato nel 1932 dallo scultore Michele Guerrisi ed è costituito da due gruppi di statue bronzee: da una parte vi sono un soldato ed un fante, mentra dalla parte opposta vediamo due donne che rappresentano le madri unite dal dolore per la perdita dei propri figli. Le figure sono poste su un basamento lapideo e sono accompagnate da due colonne marmoree, sulle cui basi sono stati incisi i nomi dei caduti durante la Grande Guerra.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia monumento Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione buono Stato di conservazione buono
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PALMI 24 - CHIESETTA DI SANT’ELIA
chiesETTA di sant’elia La chiesa sorge sulla sommità dell’omonimo monte. Nell’XI secolo, alcuni monaci basiliani costruirono l’abbazia dedicata a Sant’Elia Juniore sulla cima del monte allora chiamato Aulinas. Tale chiesa fu l’unica che superò la distruzione di Palmi, nel XVI secolo, ad opera dei pirati saraceni. L’abbazia fu distrutta dal terremoto del 1783 e, su quei ruderi, nel 1804 venne costruita una chiesetta, distrutta a sua volta nel corso dell’ultimo conflitto mondiale. Ricostruita nuovamente, ad oggi appare in tutta la sua semplicità. L’interno, a navata unica, ospita, in una nicchia posta dietro l’altare maggiore, la statua di Sant’Elia Juniore e, in una nicchia nel lato destro, una statua della Madonna della Montagna.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità buono Livello di percezione ottimo Stato di conservazione ottimo
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PALMI 25 - PARCO ARCHEOLOGICO DEI TAUREANI
PARCO ARCHEOLOGICO DEI TAUREANI Il pianoro di Taureana ha restituito una notevole documentazione relativa ai diversi insediamenti stratificati che si sono succeduti nel tempo: dal Villaggio dell’età del bronzo (II millennio a.C.) alla Città italica dei Tauriani (dal IV al I secolo a.C.), dalla Tauriana romana (I secolo a.C.-IV secolo d.C.) al Complesso Sacro Medievale (IV-XIV secolo) dedicato al culto di San Fantino. Le Capanne di 4.000 anni fa, gli Impianti urbani della città prima brettia e poi romana (2400/2000 anni fa); le architetture pubbliche, sacre e private come: - La Torre costiera di Taureana, detta anche di Donna Canfora, è una torre di avvistamento, situata sulla costa e risalente al 1565; - la Casa del mosaico, la cui struttura di particolare complessità architettoniche ha una superficie conservata di circa 400 mq. In uso dal II al I secolo a.C., è da identificarsi come edificio pubblico o come abitazione privata di un personaggio pubblico; - il Santuario romano (da tutti conosciuto come il Palazzo di Donna Canfora) della fine del I secolo a.C.; - il teatro costruito forse nel I secolo d.C, che rimase in uso fino al IV.
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Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria sito archeologico Tipologia area archeologica Livello di accessibilità buono Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione sufficiente
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PALMI 26 - FORTINO DI PIETRENERE
FORTINO DI PIETRENERE La struttura fu progettata dai francesi per ordine del re di Napoli e di Spagna, Giuseppe Bonaparte, durante il periodo di Gioacchino Murat, all’inizio del XIX secolo. Nel progetto il fortino aveva mura grigie di pietra levigata e doveva essere collegato ad una batteria di cannoni collocati vicino ad una torre. Nelle mura è presente una serie di feritoie che corrono lungo il perimetro, realizzate con cornici di pietra più chiara e senza spigoli. La struttura, costruita in funzione delle lotte tra inglesi, francesi e filoborbonici, non venne completata perché i Borboni ripresero il comando del Regno di Napoli.
Paesaggio naturale Patrimonio culturale Categoria architettura fortificata Tipologia mura difensive Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione buono Stato di conservazione pessimo
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PALMI 27 - VILLA DI LEONIDA REPACI
VILLA DI LEONIDA REPACI o VILLA PETROSA Villa Petrosa, detta anche Villa Repaci, in quanto appartenuta al grande scrittore palmese, si trova vicino ad un costone che dirada verso il mare, immersa tra gli ulivi che nascondono appena il panorama di tutta la Costa Viola. è stata ristrutturata nel 2008 dal Comune di Palmi, dopo anni di abbandono.
Paesaggio naturale Patrimonio culturale Categoria architettura residenziale Tipologia villa Livello di accessibilitĂ mediocre Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione ottimo
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PALMI 28 - CASA OLIVA
CASA OLIVA Diverse case di villeggiatura, di famiglie borghesi e benestanti, si riscontrano nelle aree rurali che dominano la fascia costiera o si trovano a ridosso di essa, in siti che offrono una gradevole vista panoramica, non lontano dai centri abitati. Gli esempi più antichi si trovano nelle aree che storicamente sono state meno toccate dal flagello della malaria e che pertanto si presentavano più salubri ed idonee per la villeggiatura, come nel caso di Casa Oliva. Si tratta di una costruzione su due livelli, che affaccia verso il mare offrendo un panorama mozzafiato. Presenta un impianto unitario semplice ed un linguaggio architettonico molto sobrio, influenzato dal gusto del tempo. è a pianta rettangolare, con lati di lunghezza poco differenti, tendenti al quadrato. Il tetto era a padiglione, a sancire la forma conclusa di un edificio isolato, che non prevede estensioni o aggregazioni ulteriori.
Paesaggio naturale Patrimonio culturale Categoria architettura residenziale Tipologia villa Livello di accessibilità mediocre Livello di percezione buono Stato di conservazione pessimo
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PALMI 29 - TEATRO ALL’APERTO
TEATRO ALL’APERTO Il teatro sorge in località Motta, su di un terrazzo dal quale sono ammirabili lo Stretto di Messina ed i centri di Scilla e Bagnara Calabra. La struttura è stata inaugurata nel 2000 e riprende la forma degli antichi teatri greci. Negli ultimi anni ha svolto un ruolo primario nella gamma di eventi dell’estate palmese, con rappresentazioni teatrali e serate con personaggi (attori, ballerini, comici ecc.) dello spettacolo italiano e internazionale all’interno del “Magna Grecia Teatro Festival”, rassegna teatrale itinerante.
Paesaggio naturale Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia teatro Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione buono Stato di conservazione ottimo
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PALMI 30 - AFFACCIO DELLA MOTTA
AFFACCIO DELLA MOTTA Questo punto panoramico è costituito da uno slargo fornito di panchine, che si trova in mezzo agli ulivi, vicino alla strada che dal centro abitato di Palmi porta alla spiaggia della Marinella. Vi si gode il fantastico panorama dello Stretto di Messina, delle Isole Eolie e splendidi tramonti sul mare.
Paesaggio rurale Patrimonio naturale Categoria punto panoramico Tipologia puntuale Livello di accessibilitĂ ottimo Livello di percezione sufficiente
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PALMI 31 - AFFACCIO DI SANT’ELIA
AFFACCIO DI SANT’ELIA è costituito da una comoda piazza su più livelli, da cui si gode la spettacolare vista dello Stretto di Messina, del costone del Monte Sant’Elia che scende fino all’abitato di Palmi, dell’abitato della vicina Gioia Tauro con il suo porto terminal container, primo per transhipment di tutto il Mediterraneo, e di tutta la costa fino a Capo Vaticano, oltre che della parte nord-orientale della Sicilia e delle Isole Eolie. Le tre croci, rappresentanti il Calvario, sono un punto di riferimento per la sottostante comunità palmese.
Paesaggio rurale Patrimonio naturale Categoria punto panoramico Tipologia puntuale Livello di accessibilità buono Livello di percezione ottimo
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PALMI 32 - BELVEDERE GIUSEPPE SAFFIOTI
BELVEDERE GIUSEPPE SAFFIOTI Il Belvedere Gisa, intitolato a Giuseppe Saffioti, offre un vasto panorama che permette di ammirare il centro cittadino e il Mar Tirreno. Nei pressi di quest’area è colloca la statua bronzea dedicata a San Francesco.
Paesaggio urbano Patrimonio naturale Categoria punto panoramico Tipologia areale Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente
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PALMI 33 - BELVEDERE DI VIA DE SALVO
BELVEDERE DI VIA DE SALVO Un notevole punto panoramico di Palmi si trova nel largo affaccio che costeggia, per un tratto, la via De Salvo. Fornito di panchine, regala la vista del costone del Monte Santâ&#x20AC;&#x2122;Elia ed uno scorcio dello Stretto di Messina.
Paesaggio urbano Patrimonio naturale Categoria punto panoramico Tipologia puntuale Livello di accessibilitĂ ottimo Livello di percezione sufficiente
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PALMI 34 - MONTE SANT’ELIA
MONTE SANT’ELIA Nel territorio di Palmi è presente parte del Sito di Interesse Comunitario (SIC), dal nome Costa Viola e Monte Sant’Elia, che si estende anche ai comuni di Bagnara Calabra e Scilla. Il Monte Sant’Elia costituisce una propaggine occidentale del massiccio dell’Aspromonte i cui versanti degradano rapidamente verso il mare. La pendenza del massiccio, formato da rocce intrusive e metamorfiche, è interrotta a diverse altezze da pianori (terrazzi marini) particolarmente sviluppati alle quote comprese tra i 400 ed i 600 metri s.l.m. Gli impatti negativi sul SIC sono rappresentati dall’elevato livello di urbanizzazione, dalla presenza di strade, infrastrutture turistiche e coltivazioni.
Paesaggio rurale Patrimonio naturale Categoria emergenza naturale Tipologia areale Livello di accessibilità buono Livello di percezione ottimo
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PALMI 35 - COSTA VIOLA
COSTA VIOLA Il riflesso del sole e delle rocce sull’acqua del mare donano ai fondali del basso Tirreno Reggino un colore azzurro-violaceo, che ha dato a questo litorale il nome di Costa Viola. Nello specifico, la Costa Viola si estende per circa 35 km e comprende le coste di Bagnara Calabra, Palmi, Scilla e Seminara, delimitate dal paesaggio aspromontano. Vi sono tratti sabbiosi, tratti ghiaiosi e tratti rocciosi, coste frastagliate e grotte, mentre i fondali hanno un ecosistema simile a quello tropicale. Il paesaggio marino è incorniciato dai terrazzamenti, caratterizzati dalle armacere, coltivati principalmente a vigneto. Dal punto di vista architettonico, questo tratto di costa, che guarda verso la Sicilia, ospita i ruderi di quelli che un tempo rappresentarono la struttura difensiva del sud della Calabria, ossia fortini, mura e torri, tra cui Torre Ruggiero a Bagnara. Dal punto di vista naturalistico vi sono dei veri e propri monumenti naturali, come lo Scoglio dell’Ulivo, presso la Tonnara di Palmi.
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Paesaggio rurale Patrimonio naturale Categoria emergenza naturale Tipologia areale Livello di accessibilità buono Livello di percezione ottimo
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PALMI 36 - SPIAGGIA DI PIETRENERE
SPIAGGIA DI PIETRENERE Con questa denominazione si indica una spiaggia ampia e non molto lunga, caratterizzata da un litorale di sabbia chiara bagnato da un mare azzurro, limpido e con fondali digradanti, ideale per nuotare e fare il bagno. La spiaggia è ben attrezzata, offre diversi chioschi, bar e la possibiltà di praticare qualche sport acquatico.
Paesaggio naturale Patrimonio naturale Categoria emergenza naturale Tipologia spiaggia Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione buono
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PALMI 37 - SPIAGGIA DELLA MARINELLA
SPIAGGIA DELLA MARINELLA La Marinella è situata a ridosso delle pareti del Monte Sant’Elia, che scendono fino a mare creando una costa rocciosa e scoscesa. La spiaggia si trova incastonata in una piccola zona pianeggiante ed è formata da un piccolo bagnasciuga sassoso. Sulla vicina costa si trovano diverse grotte e scogli di notevoli dimensioni. Il sito è molto apprezzato per le immersioni in virtù della spettacolare fauna sottomarina.
Paesaggio naturale Patrimonio naturale Categoria emergenza naturale Tipologia spiaggia Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente
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PALMI 38 - SPIAGGIA DELLA TONNARA
SPIAGGIA DELLA TONNARA La località deve il suo nome ad un’antica tonnara che vi sorgeva nel Novecento, di cui oggi non c’è più traccia. Si tratta di una splendida spiaggia di sabbia bianca, lunga quasi 2 chilometri, delimitata a sud da un suggestivo scoglio con sopra un ulivo detto, appunto, Scoglio dell’Ulivo, a nord da piccoli scogli, residui di un’antica scogliera, e dominata alle spalle dal bastione montuoso del Sant’Elia, estrema propaggine aspromontana. Il mare che la bagna è bellissimo, turchese, limpido e trasparente, con fondali preziosi e ricchi che meritano una visita subacquea.
Paesaggio naturale Patrimonio naturale Categoria emergenza naturale Tipologia spiaggia Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione ottimo
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PALMI
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SANTA CRISTINA D’ASPROMONTE
SANTA CRISTINA D’ASPROMONTE
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1
chiesa di maria ss dell’assunta (o oratorio)
2
CHIESA DI SAN FANTINO
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PALAZZO RUFFO
4
PALAZZO MAZZAPICA
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j! ! j 4
1
SANTA CRISTINA D’ASPROMONTE 1 - CHIESA DI MARIA SS DELL’ASSUNTA (o ORATORIO)
CHIESA DI MARIA SANTISSIMA DELL’ASSUNTA o ORATORIO La chiesa, anche nota come “Cresiola”, risale al 1864. Essa fungeva da oratorio e, fino al 1960, vi si riuniva l’omonima Congrega, intitolata appunto all’Assunta. Ha una facciata con timpano e campanile affiancato sulla sinistra, mentre l’interno ad unica navata, con soffitto a stucco e abside, custodisce una statua ottocentesca della Madonna dell’Assunta e un altare dedicato a Sant’Antonio. La parte esterna è stata restaurata ed è adiacente a Palazzo Mazzapica.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione ottimo
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SANTA CRISTINA D’ASPROMONTE 2 - CHIESA DI SAN FANTINO
CHIESA DI SAN FANTINO La chiesa, intitolata ad uno dei Santi più antichi della Calabria, sorge a Lubrichi, piccola frazione poco distante dal centro di Santa Cristina. La sua edificazione iniziò nel 1789, dopo il terremoto del 1783, quando la precedente chiesa, dedicata alla Santissima Trinità, andò distrutta. Per la sua costruzione ci vollero diversi anni e soltanto nel 1877 fu dotata di un pavimento. Sopraelevata rispetto alla piazza prospiciente, vi si accede mediante un’ampia scalinata. La facciata poggia su un alto basamento in pietra ed è tripartita da lesene; nei settori laterali sono aperte due nicchie vuote; l’alto portale ha una movimentata trabeazione e un timpano arcuato spezzato con una lapide dedicatoria. La facciata si conclude col timpano coronato da due pinnacoli e dalla croce. Sul lato destro, arretrato rispetto al prospetto, si eleva il poderoso campanile con l’orologio. Al suo interno è visibile un fonte battesimale in marmo recante la data 1735, ed uno splendido quadro della Madonna del Rosario in cui la Vergine, vestita con abito bianco e un mantello azzurro, con in braccio il Bambinello, è ai piedi di San Domenico e Santa Caterina. Il dipinto (cm 190x120) è stato realizzato su due tele unite e cucite a mano.
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Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione ottimo
SANTA CRISTINA D’ASPROMONTE 3 - PALAZZO RUFFO
PALAZZO ALESSIO RUFFO L’elegante edificio in stile liberty risale al 1928 e sorge sulla destra di Corso Umberto I. è uno dei tanti palazzi ottocenteschi di Santa Cristina d’Aspromonte che, al pari di questi, contribuiscono a donare un tono raffinato ed austero alle stradine del paese; ad oggi esso non è abitato ma è in buono stato di conservazione.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura residenziale Tipologia palazzo Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione ottimo
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SANTA CRISTINA D’ASPROMONTE 4 - PALAZZO MAZZAPICA
PALAZZO MAZZAPICA Il palazzo, uno dei più signorili di Santa Cristina d’Aspromonte, fu edificato agli inizi dell’Ottocento, come risulta dai due portali datati rispettivamente 1800 e 1805; esso ha infatti due entrate, una superiore le cui pareti sono adiacenti la chiesa e con l’entrata in alto, l’altra lungo la via Mazzapica. Conserva un portale in pietra squadrata con arco a tutto sesto e decoro alla chiave di volta. Sulle finestre del piano alto si alternano due diversi tipi di cornice decorativa e sulla facciata principale, incorniciato da un ovale in pietra, si può notare lo stemma della famiglia Mazzapica. è il primo edificio di Santa Cristina costruito dopo il terremoto del 1783. Una parte di esso, quella superiore, per un certo periodo di tempo fu utilizzata come struttura d’accoglienza per i ragazzi in difficoltà, per lo spirito filantropico della signora Longo, moglie di un Mazzapica; si tratta di quella parte, adiacente la chiesa dell’Assunta, che pertanto divenne nota anche come Oratorio.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura residenziale Tipologia palazzo Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione ottimo
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SANTA CRISTINA Dâ&#x20AC;&#x2122;ASPROMONTE
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SANT’EUFEMIA D’ASPROMONTE
SANT’EUFEMIA D’ASPROMONTE 1
CHIESA DI SAN GIUSEPPE
2
CHIESA DI MARIA SS DELLE GRAZIE
3
CHIESA DI SANT’AMBROGIO
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CHIESA DI SANTa EUFEMIA
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CHIESA DEL PURGATORIO
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ORFANOTROFIO E CAPPELLA DI SANT’ANTONIO
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ALTARE DEL CALVARIO
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PICCOLO MUSEO DELLA CIVILTà CONTADINA
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FONTANA DI NUCARABELLA
10 FONTE DELLA CAMPAGNOLA 11 MONASTERO DI SAN BARTOLOMEO 12 CHIESA DI SAN FRANCESCO (ruderi) 13 MAUSOLEO DI GIUSEPPE GARIBALDI 14 MONUMENTO ALLA MADONNA DEL SASSO 15 CIPPO DI GARIBALDI 16 ARCHetto DELL’ACQUA DEI MONACI
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SANT’EUFEMIA D’ASPROMONTE 1 - CHIESA DI SAN GIUSEPPE
CHIESA DI SAN GIUSEPPE La chiesa rientra nel territorio della parrocchia della chiesa di Maria Santissima delle Grazie. La facciata è incorniciata da due torri in posizione arretrata: quella a destra di chi osserva è la torre campanaria, mentre quella di sinistra porta in cima un orologio con le relative campane. Il portale ha un pronao con due colonne tonde su base quadra ed ha una copertura a due spioventi, che di fronte fa intravedere un timpano basso. Al centro della parte superiore della facciata si apre una finestra ad ogiva che ospita il gruppo statuario della Sacra Famiglia. La nicchia è fiancheggiata da due aperture simmetriche a forma di croce.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità buono Livello di percezione mediocre Stato di conservazione ottimo
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SANT’EUFEMIA D’ASPROMONTE 2 - CHIESA DI MARIA SS DELLE GRAZIE
CHIESA DI MARIA SANTISSIMA DELLE GRAZIE L’edificio, sito nel vecchio abitato, venne edificato nel 1972 dopo che l’antica chiesa parrocchiale, in seguito ai terremoti del 1783 e del 1908, fu demolita perché pericolante. Ospita una statua marmorea del XVI secolo, raffigurante la Madonna col Bambino, realizzata dal messinese Giuseppe Bottone nel 1568, ed un dipinto del XIX secolo che ritrae Santa Caterina, eseguito dall’artista Rocco Visalli, su commissione della famiglia Ruffo.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione ottimo
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SANT’EUFEMIA D’ASPROMONTE 3 - CHIESA DI SANT’AMBROGIO
CHIESA DI SANT’AMBROGIO Fu edificata dopo il 1908, dai milanesi che giunsero a Sant’Eufemia d’Aspromonte per fornire i primi aiuti post-terremoto. All’interno dell’edificio troviamo la statua della Madonna del Carmine, una campana di epoca bizantina e la statua di Sant’Ambrogio, donata nel 1909 dai soccorritori milanesi. È stata riedificata nel 1970.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione ottimo
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SANT’EUFEMIA D’ASPROMONTE 4 - CHIESA DI SANTA EUFEMIA
CHIESA DI SANTA EUFEMIA Oggi questa chiesa è, insieme a quella della Vergine delle Grazie, una delle due chiese parrocchiali del paese, ma la sua storia è certamente più antica. Infatti doveva esistere, in un altro sito, già intorno al 1100 come chiesa Matrice dell’abitato, fino al terremoto del 1783, dopo il quale si pensa che al suo posto sia stata costruita l’attuale chiesa del Santissimo Rosario. Oggi custodisce una statua marmorea della Madonna delle Grazie, di epoca rinascimentale, lo stemma della famiglia Ruffo e alcune statue, tra cui quelle dei Santi Cosma e Damiano.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione ottimo
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SANT’EUFEMIA D’ASPROMONTE 5 - CHIESA DEL PURGATORIO
CHIESA DEL PURGATORIO La chiesa si trova nel vecchio abitato e mostra una facciata in mattoni rossi a vista e tre portali d’ingresso. Ha impianto a tre navate, separate da colonne in legno. Custodisce alcuni dipinti su tela e la statua di San Rocco.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione sufficiente
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SANT’EUFEMIA D’ASPROMONTE 6 - ORFANOTROFIO E CAPPELLA DI SANT’ANTONIO
ORFANOTROFIO E CAPPELLA DI SANT’ANTONIO La piccola cappella, che custodisce una bella statua del Santo a cui è intitolata, attualmente è annessa all’Orfanotrofio Antoniano Femminile “Canonico Annibale Maria Di Francia”.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia orfanotrofio Livello di accessibilità buono Livello di percezione mediocre Stato di conservazione ottimo
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SANT’EUFEMIA D’ASPROMONTE 7 - ALTARE DEL CALVARIO
ALTARE DEL CALVARIO La via Roma viene comunemente chiamata il Calvario e costituisce una strada scoscesa che dalla chiesa di Sant’Eufemia Vergine e Martire, sita in piazza Vittorio Emanuele III, giunge sino alla chiesa di Santa Maria delle Grazie su corso Umberto I, nella zona vecchia della città. Di rilevante interesse appare, agli inizi della via, la presenza del Calvario, da cui appunto la denominazione popolare del luogo. Il Calvario è un tempietto con quattro finte colonne bianche con capitelli ionici, che scandiscono gli spazi delle tre nicchie. La copertura è costituita da tre cupolette bianche. La nicchia più grande, al centro, ospita le statue del Crocifisso, di Maria e della Maddalena; in quelle laterali prendono posto le croci con i due ladroni. Le forme architettoniche dell’edicola sono messe in risalto dalla bicromia applicata ad effetto.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia edicola Livello di accessibilità buono Livello di percezione mediocre Stato di conservazione buono
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SANT’EUFEMIA D’ASPROMONTE 8 - PICCOLO MUSEO DELLA CIVILTà CONTADINA
PICCOLO MUSEO DELLA CIVILTà CONTADINA Il museo contiene reperti dell’artigianato locale. L’edificio che lo ospita risale al 1902, per cui si tratta di una delle poche costruzioni sopravvissute al terremoto del 1908, e un tempo era l’antico macello del paese. è realizzato in mattoni con copertura lignea, ed è sorretto da una volta sotto la quale scorre il fiume Marino. Accanto all’edificio vi è la fontana di Nucarabella, che prende il nome dalla via su cui si trova.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia museo Livello di accessibilità buono Livello di percezione mediocre Stato di conservazione ottimo
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SANT’EUFEMIA D’ASPROMONTE 9 - FONTANA DI NUCARABELLA
Fontana di Nucarabella La fontana è situata alle spalle della chiesa di Maria Santissima delle Grazie e, più propriamente, accanto a quello che in passato costituiva l’antico macello, divenuto oggi il Piccolo Museo della Civiltà Contadina. Costruita in muratura e pietra, ha due canali e un’unica vasca; il prospetto è decorato con lesene scanalate dotate di capitello, il tutto sovrastato da uno stemma.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia fontana Livello di accessibilità buono Livello di percezione mediocre Stato di conservazione mediocre
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SANT’EUFEMIA D’ASPROMONTE 10 - FONTE DELLA CAMPAGNOLA
Fonte della Campagnola La fonte si trova sopra l’abitato di Sant’Eufemia, in località Campagnola, dove iniziano i Piani d’Aspromonte e da cui si può godere di un meraviglioso panorama. Elemento principale della fontana era la statua della Campagnola, molto bella, come testimoniato da alcune foto storiche: essa mostrava una giovane donna che teneva tra le braccia dei recipienti di terracotta, usati per raccogliere l’acqua, dai quali sgorgavano due zampilli. Oggi la statua è stata sostituita, poiché di quella antica era rimasto solo il busto.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia fontana Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione sufficiente
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SANT’EUFEMIA D’ASPROMONTE 11 - MONASTERO DI SAN BARTOLOMEO
MONASTERO DI SAN BARTOLOMEO DI TRIGONA Il monastero dedicato al fondatore del Patìrion di Rossano (CS), San Bartolomeo da Simeri, si trova in località San Bartolo. Il toponimo Trigona (cioè tortora) non compare in nessuna carta topografica moderna, ma viene menzionato nel Vrevion del XI secolo in alcune indicazioni geografiche riconducibili a questo territorio, che ha visto proprio la presenza di San Bartolomeo. Il complesso dei ruderi del monastero occupa un’area quadrangolare, il cui lato minore (lato nord) costeggiava l’antica via Popilia, ed era segnato da una muratura che formava un terrapieno di circa 3 metri di spessore, alto più di un metro. Oggi di questo edificio rimangono alcuni resti dei muri, parti di volte, il rudere della torre campanaria (u campanaru) e, sul cortile, i ruderi di un archetto noto come “Acqua dei Monaci”, che ornava la fontana, la cui acqua, dalla località Cellia, arrivava attraverso una condotta costituita da due tegole sovrapposte. Il campanile, posto nell’angolo nord occidentale, mostra evidenti segni di rifacimento, perché quella che oggi è la sua parte esterna copre una precedente muratura più interna, un pilastro con tracce di lesene, due archi ad angolo ed una crociera. Il lato meridionale è oggi occupato da terre coltivate, da una piazzetta e da una villetta che insiste su elementi murari, disposti a formare una pianta ad L, che probabilmente formavano il monastero vero e proprio. Questi muri hanno subìto varie trasformazioni e sono stati improvvidamente intonacati, per cui è difficile analizzarne la struttura originaria, ma mostrano un imponente arco di ingresso. Al centro dell’area quadrangolare si colloca la chiesa. per visualizzare le schede complete: www.galbatir.it
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Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia monastero Livello di accessibilità mediocre Livello di percezione mediocre Stato di conservazione sufficiente
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SANT’EUFEMIA D’ASPROMONTE 12 - CHIESA DI SAN FRANCESCO (ruderi)
RUDERI DELLA CHIESA DI SAN FRANCESCO Dell’antica chiesa non rimangono che pochi resti lapidei del basamento che costituiva l’antico edificio.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione pessimo
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SANT’EUFEMIA D’ASPROMONTE 13 - MAUSOLEO DI GIUSEPPE GARIBALDI
MAUSOLEO DI GIUSEPPE GARIBALDI Fu eretto nel 1965, con una forma che ricorda quella di un tempio, ed è posto a 1200 metri di altitudine, circondato da una fitta pineta. Sorge nel luogo della Battaglia d’Aspromonte, dove il 29 agosto 1862 Garibaldi fu ferito dai piemontesi, accanto al pino al quale si appoggiò dopo essere stato colpito. All’interno vi è un piccolo museo. Molti altri sono i luoghi che testimoniano il passaggio di Garibaldi e dei suoi uomini in Aspromonte, tra cui la Casa Forestale dove il generale sostò prima del famoso scontro col Pallavacini, della quale parla lo stesso Garibaldi in “Frammenti di matita”, dicendo che qui giunse con i suoi uomini stremati e trovò alcuni viveri ed un campo di patate, ma niente più di questo.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia mausoleo Livello di accessibilità buono Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione ottimo
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SANT’EUFEMIA D’ASPROMONTE 14 - MONUMENTO ALLA MADONNA DEL SASSO
MONUMENTO ALLA MADONNA DEL SASSO Sulla strada provinciale che lega la piccola città di Sant’Eufemia d’Aspromonte con la località Gambarie, ai piedi di una parete rocciosa, su un alto basamento in pietra si erge una statua raffigurante la Madonna detta del Sasso.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia monumento Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione buono
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SANT’EUFEMIA D’ASPROMONTE 15 - CIPPO DI GARIBALDI
CIPPO DI GARIBALDI Il pino ai piedi del quale si tramanda che fu adagiato Garibaldi ferito, si trova in località Gambarie. L’albero è circondato da una ringhiera di ferro, all’interno della quale è posta una lastra marmorea che ricorda l’evento, avvenuto il 29 agosto 1962. Questo luogo, così come il mausoleo di Garibaldi, è mèta di continue visite da parte dei turisti.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria monumento naturale Tipologia monumento Livello di accessibilità buono Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione ottimo
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SANT’EUFEMIA D’ASPROMONTE 16 - ARCHETTO DELL’ACQUA DEI MONACI
ARCHETTO DELL’ACQUA DEI MONACI All’interno di quello che costituiva il grande cortile del monastero di San Bartolomeo di Trigona, ora sensibilmente ridimensionato e destinato per lo più all’agricoltura, troviamo l’Archetto noto come “Acqua dei monaci”. L’elemento era stato eretto a ornamento della fontana, oggi non più esistente.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia elemento decorativo Livello di accessibilità mediocre Livello di percezione mediocre Stato di conservazione pessimo
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SANT’EUFEMIA D’ASPROMONTE
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SAN PROCOPIO
SAN PROCOPIO 1
TORRE DELL’OROLOGIO
2
CHIESA DI MARIA SS ADDOLORATA (o DEGLI AFFLITTI)
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CHIESA DI SAN PROCOPIO
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CHIESA DELLA MADONNA DEL ROSARIO
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CONVENTO BASILIANO (ruderi)
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VILLA RURALE DE LEO
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VILLA RURALE (ruderi)
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CASE RURALI DE LEO
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PIAZZA IV NOVEMBRE
10 FIUMARA SéVINA 11 ulivi secolari
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SAN PROCOPIO 1 - TORRE DELL’OROLOGIO
TORRE CIVICA DELL’OROLOGIO Di fattura recente, la torre segna il tempo nel tranquillo paese di San Procopio. Essa presenta una base quadrata, due aperture (il portone e la finestra sovrastante) con arco a sesto acuto, quattro aperture circolari (due delle quali ospitano gli orologi) ed una merlatura sul perimetro della sommità. In cima alla torre è visibile la campana che scandisce i rintocchi e sopra di essa una banderuola segnavento.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura fortificata Tipologia torre Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione ottimo
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SAN PROCOPIO 2 - CHIESA DI MARIA SS ADDOLORATA (o DEGLI AFFLITTI)
Chiesa di Maria santissima addolorata o chiesa della madonna degli Afflitti La chiesa, situata su un poggio, è stata ripetutamente danneggiata dai terremoti. La tradizione, tramandata oralmente dal popolo, narra che sia stata costruita per volere della Madonna comparsa in sogno ad un contadino del luogo, indicandogli il luogo in cui erigerla. Nel 1966 è stata ristrutturata per volontà del colonnello Francesco Borgia con il contributo manuale ed economico di tutto il popolo di San Procopio e degli emigrati (una breve raccolta fotografica dei tempi è in mostra nella sagrestia della chiesa). All’interno della chiesa, la statua raffigurante la Madonna Addolorata, comunemente detta “Baroncina”, sovrasta l’altare. Un colonnato in legno dipinto attornia l’altare, sul quale prende posto un’antica lampada ad olio. Una leggenda popolare narra che la notte prima del terremoto del 1908 la lampada gocciolasse olio, ma rimanesse sempre piena. Il giorno del terremoto le persone rimaste in chiesa, ivi presenti per le celebrazioni liturgiche, si salvarono, mentre quelle corse fuori rimasero uccise dal crollo della facciata. Nella navata destra, sul tabernacolo, è collocato un crocifisso ligneo di pregiato valore artistico, che la tradizione popolare attribuisce ad un garibaldino, e dietro di esso un dipinto raffigurante la Vergine Maria e San Giovanni ai piedi della Croce. Durante i lavori di restauro, sotto la pavimentazione dell’edificio è stato rinvenuto un ossario. Un tempo era presente una Confraternita di fedeli di Maria Santissima Addolorata, della quale si conserva tuttora lo stendardo. 246
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione buono
SAN PROCOPIO 3 - CHIESA DI SAN PROCOPIO
Chiesa di SAN PROCOPIO La chiesa è stata realizzata nel 1935 e ristrutturata nel 2001. La facciata presenta linee semplici ed essenziali, costituita da un corpo centrale a capanna, più alto rispetto ai laterali. Il portone principale è collocato in posizione centrale ed è preceduto da un piccolo protiro costituito da due colonne che sorreggono un arco a tutto sesto sul quale si imposta la piccola copertura a due spioventi. Tre aperture alte e strette, con mosaici in vetro ed arco a tutto sesto, sovrastano il protiro. A sinistra il campanile sovrasta la chiesa; la copertura riprende lo stile del corpo centrale dell’edificio. L’interno della chiesa presenta tre navate, una principale e due secondarie laterali. L’altare maggiore ospita la statua della Madonna Immacolata; le altre raffigurano San Biagio, Santa Rita, il Sacro Cuore di Gesù e San Procopio. In particolare, la statua di San Biagio veniva trasportata dai bambini nel giorno della festa del Santo, il 3 febbraio, da qui all’obelisco sito in piazza IV Novembre, comunemente chiamata “la villa”; in questa stessa piazza sorgeva la chiesa Matrice prima del devastante terremoto del 1783. La tradizione si ripete ancora oggi portando in processione, il 2 febbraio, una statua di minori dimensioni, popolarmente chiamata “San Biageju”, che viene collocata in una teca di vetro in piazza IV Novembre.
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Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione ottimo
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SAN PROCOPIO 4 - CHIESA DELLA MADONNA DEL ROSARIO
Chiesa della Madonna del rosario Di origine ottocentesca, la chiesa è stata ristrutturata nel 1997 grazie all’impegno del sig. Giuseppe Anile e l’aiuto dei residenti e degli emigrati. Presenta una facciata molto semplice con dettagli in mattoni ed un frontone a campana. Sulla sinistra si erge la torre campanaria e l’interno è costituito da un’unica navata. Grazie ai lavori di restauro, sono stati salvaguardati i dipinti che rivestivano il soffitto, risalenti alla fine dell’Ottocento e ai primi anni del Novecento; oggi sono esposti sulle pareti laterali della chiesa. Sull’altare sono collocate le statue della Madonna del Rosario (al centro), della Madonna del Carmelo e di San Rocco. Di particolarissimo pregio, la statua detta “Madonna de Jesu”, in marmo bianco di Carrara, esposta sulla sinistra. L’opera risale al 1532, presenta una base scolpita in bassorilievo ed è stata attribuita allo scultore carrarese Giovan Battista Mazzolo, forse allievo di Antonello Gagini.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione ottimo
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SAN PROCOPIO 5 - CONVENTO BASILIANO (ruderi)
RUDERI DEL CONVENTO BASILIANO Nella località popolarmente chiamata “Chianu du Signuri”, dove sorgeva il primo centro abitato di San Procopio, si trovano i resti del convento basiliano, risalente con probabilità al XII secolo, epoca in cui proprio i monaci basiliani importarono il culto di San Procopio. Oggi restano in piedi solo alcuni locali del convento, mentre la maggior parte dei resti è in forma di ruderi. L’edificio ricade in una proprietà privata.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia convento Livello di accessibilità mediocre Livello di percezione mediocre Stato di conservazione pessimo
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SAN PROCOPIO 6 - VILLA RURALE DE LEO
VILLA RURALE DE LEO La casa di villeggiatura bifamiliare della famiglia De Leo è situata nel cuore di un vasto uliveto, con l’ingresso principale rivolto ad ovest. L’edificio è costituito da un piano inferiore di ridotte dimensioni, probabilmente adibito a ricovero attrezzi o per la conservazione delle derrate, e da un piano superiore a scopi abitativi. La pianta è a ferro di cavallo; gli ingressi centrali sono costituiti da due portoni protetti da un piccolo portico ai quali si accede per mezzo di una breve scalinata. Gli intonaci sono dicromatici e gli infissi sono costituiti da persiane in legno. Nelle vicinanze un secondo edificio è adibito a ricovero attrezzi.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura residenziale Tipologia villa Livello di accessibilità mediocre Livello di percezione mediocre Stato di conservazione ottimo
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SAN PROCOPIO 7 - VILLA RURALE (ruderi)
VILLA RURALE La struttura risale probabilmente agli Anni Quaranta, secondo le testimonianze locali e secondo quanto confermato da unâ&#x20AC;&#x2122;iscrizione visibile su una parete esterna. Situata nel cuore di un vasto uliveto ed accessibile grazie ad una stradina poderale a pochi metri dalla strada principale, è probabile che fosse stata costruita a scopi residenziali/di villeggiatura. I muri sono in mattoni pieni a vista, con travi ed architravi in cemento armato; il tetto, quasi interamente crollato, era retto da travi in legno e coperto da coppi; la costruzione si articola in diversi elementi, alcuni a base quadrata/rettangolare, altri a base ottagonale. Quasi tutte le aperture si presentano ed arco a tutto sesto, mentre alcune sono rettangolari, facendo supporre un tentativo di restauro in tempi successivi alla prima costruzione.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura residenziale Tipologia villa Livello di accessibilitĂ mediocre Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione pessimo
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SAN PROCOPIO 8 - CASE RURALI DE LEO
CASE RURALI DE LEO Piccolo complesso rurale composto da due edifici: uno più antico in pietra, negli ultimi tempi utilizzato come ricovero attrezzi e per gli animali, l’altro relativamente più recente in mattoni, un tempo unica postazione telefonica per le famiglie della contrada. Gli edifici ospitavano i coloni che curavano la proprietà della famiglia De Leo. Nel patio sono presenti olmi e querce di notevoli dimensioni. La memoria popolare tramanda il racconto che tali alberi fossero stati piantati ai tempi del feudalesimo per liberare le donne di San Procopio dallo jus primae noctis, ovvero il diritto del signore feudale di trascorrere la prima notte di nozze con le spose del suo feudo. Il popolo sanprocopiese si ribellò a questa legge ingiusta ed il feudatario concesse l’abrogazione di tale diritto se, piantati degli olmi e delle querce, questi avessero attecchito (si riteneva infatti difficile, visto il microclima del luogo e le caratteristiche del terreno). Le piante attecchirono e le donne di San Procopio furono libere da tale legge.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura rurale Tipologia casale Livello di accessibilità mediocre Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione pessimo
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SAN PROCOPIO 9 - PIAZZA IV NOVEMBRE
PIAZZA IV NOVEMBRE - PUNTO PANORAMICO Comunemente chiamata dagli abitanti “la villa”, la piazza è uno dei punti di ritrovo degli abitanti, nonché punto panoramico da cui si scorgono i vasti uliveti di San Procopio. Da notare la presenza di una fontana pubblica di acqua potabile ed una teca, nella quale viene riposta la statua di “San Biageju” nel giorno della festa di San Biagio (3 febbraio), ed attorno alla quale per 8 giorni i devoti compiono tre giri in senso antiorario per ottenere le grazie del Santo. Non molto distante, in una stradina attigua, ci sono i resti della “Fontana della Minestra”, così chiamata un tempo dagli abitanti perché da essa sgorgava acqua non potabile, utilizzata solo per cucinare.
Paesaggio urbano Patrimonio naturale Categoria punto panoramico Tipologia puntuale Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione mediocre
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SAN PROCOPIO 10 - fiumara sévinA
fiumara Sévina A 300 metri dal paese è possibile intraprendere un percorso naturalistico lungo la fiumara del Sévina. Più a valle, dal ponte della strada provinciale è possibile ammirare il corso d’acqua.
Paesaggio rurale Patrimonio naturale Categoria emergenza naturale Tipologia fiumara Livello di accessibilità buono Livello di percezione buono
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SAN PROCOPIO 11 - ULIVI SECOLARI
ulivi secolari Tutto il paese di San Procopio è immerso in vastissimi uliveti secolari, con sesti di impianto ampi fino a 20 metri. La maggior parte di essi furono piantati nell’Ottocento per produrre olio lampante per i paesi del Nord Europa. Laddove la loro crescita non è stata governata dalle potature, le piante hanno conservato il loro habitus naturale, formando veri e propri boschi. Nella proprietà Sicari di San Procopio si notano due ulivi dalle forme molto particolari: un ulivo dal tronco cavo ed uno dal tronco rotondo e non tortile come è solito; quest’ultimo produce anche una drupa più rotonda rispetto alle altre piante, e per questo nel paese si conosce la pianta come “u rutundeju”. Dalla proprietà si gode di un panorama unico: si può apprezzare un tratto della vallata del torrente Torbido e si scorgono i centri di San Procopio, Melicuccà e Sant’Anna.
Paesaggio rurale Patrimonio naturale Categoria emergenza naturale Tipologia areale Livello di accessibilità mediocre Livello di percezione sufficiente
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SCIDO
SCID0
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1
CHIESA PARROCCHIALE DI SAN BIAGIO
2
FABBRICA DELLE PIPE
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MUSEO DELL’ARTE CONTADINA
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SCIDO 1 - CHIESA PARROCCHIALE DI SAN BIAGIO
CHIESA DI SAN BIAGIO Le origini della chiesa di Scido sono da collegarsi all’invasione degli Arabi, avvenuta nel 951 d.C. e alla distruzione di Taureana, capoluogo della Piana. Gli abitanti, terrorizzati, cercarono rifugio e si nascosero verso l’interno boscoso. Una conca infoltita, che chiamarono “luogo nascosto coperto di alberi” (Schiodos, Schidos, Scidos) diede ricetto ai fuggitivi. Sostenuti dalla presenza e dal conforto dei monaci, anch’essi in fuga, vi costruirono una chiesa e un monastero, denominato “monastero San Fantino di Scido”, un luogo di preghiera e di raccoglimento spirituale. La “Vita di San Nilo” scritta da San Bartolomeo, suo discepolo nonché uno dei primi monaci calabresi, narra delle vicende legate a questa singolare convivenza. Intorno a questo primitivo nucleo abitativo si sviluppò presto una comunità formata da contadini, pastori e monaci, ed il culto di San Fantino venne sostituito dal culto di San Biagio. Non sappiamo quando la chiesa fu elevata a parrocchia; è certo che nell’anno 1534 nei Registri Vaticani essa figurava quale “Chiesa Parrocchiale San Biagio”. Al suo interno sono conservate le statue marmoree della Madonna del Soccorso e di Santa Caterina d’Alessandria, del XVI secolo, attribuite al Gagini e alcuni affreschi di artisti contemporanei.
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Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione ottimo
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SCIDO 2 - FABBRICA DELLE PIPE
FABBRICA DELLE PIPE Quella nota come “Fabbrica delle pipe” altro non è che il laboratorio dell’artigiano Rocco De Giglio, che trova spazio all’interno della sua stessa abitazione. Purtroppo dopo la sua morte la sua arte è andata perduta e lo stesso laboratorio è ormai chiuso. La totale assenza di segnaletica lo rende impossibile da riconoscere e da distinguere dalle altre abitazioni adiacenti. Una collezione di pipe di Rocco De Giglio è conservata nel museo dell’Arte Contadina di Scido.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura industriale Tipologia fabbrica Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione ottimo
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SCIDO 3 - MUSEO DELL’ARTE CONTADINA
museo dell’arte contadina Adiacente a palazzo Ruffo, il museo vuole essere una testimonianza del passato delle popolazioni locali, che traevano dalla coltivazione della terra il proprio sostentamento. Al suo interno sono conservati attrezzi vari propri dell’agricoltura di un tempo, quali vecchi aratri a trazione animale, lampade ad olio o attrezzi per fare il formaggio. Il fiore all’occhiello della collezione è rappresentato da un vecchio frantoio in pietra ad alimentazione idraulica, ancora funzionante, e da una riproduzione fedele dei “giganti” conservati presso la Casa della Cultura di Palmi. Custodisce anche una collezione di pipe dell’artigiano scidese Rocco De Giglio.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia museo Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione buono Stato di conservazione ottimo
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261
SCILLA
SCILLA 1
CASTELLO RUFFO
2
CAPPELLA DELLA MADONNINA DEL MARE
3
CHIESA DELLA SANTA CROCE
4
CHIESA DI MARIA SS IMMACOLATA
5
CHIESA DI SAN GIOVANNI
6
CHIESA DELLA MADONNA DEL CARMINE
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CHIESA DI SAN ROCCO
8
CHIESA DI SAN GIUSEPPE
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CHIESA DELLO SPIRITO SANTO
10 CHIESA DI SANTA MARIA DI PORTO SALVO 11 CAPPELLETTA DI SAN ROCCO 12 ChiANALEA 13 PALAZZO PONTILLO 14 PALAZZO SCATEGNA 15 VILLA ZAGARI 16 CASA RUFFO 17 MUNICIPIO 18 FONTANA SAN CLEMENTE 19 FONTANA IERACE 20 FONTANA RUFFO 21 mONUMENTO AL PESCE SPADA 22 EX CARTIERA 23 CENTRALE IDROELETTRICA 24 MULINO DI SCANNAPORCELLI 25 GROTTE DI TREMUSA 26 SPIAGGIA DI MARINA GRANDE
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SCILLA 1 - CASTELLO RUFFO
Castello Ruffo Il castello sorge su un’imponente rocca che domina dall’alto Scilla e lo Stretto di Messina. Prima di divenire la roccaforte dei Ruffo, esso fu il monastero che i Padri Basiliani dedicarono a San Pancrazio, vescovo e martire di Taormina, distrutto a seguito di un terremoto. Solo successivamente il Conte di Catanzaro, Pietro Ruffo, avrebbe trasformato la struttura nell’attuale castello, facendone nel 1533 la sua dimora. Il castello si articola su due livelli fuori terra più uno sotterraneo, originariamente destinato alle cantine dei monaci, e in seguito divenuto carcere. Per accedere alla struttura vi è una strada molto stretta, sopraelevata e delimitata da due muretti, che conduce sino al portale d’ingresso, delineato da una cornice e sormontato dallo stemma della famiglia Ruffo scolpito in pietra. I resti delle antiche carrucole testimoniano l’esistenza di un ponte levatoio sostituito, successivamente, dal Conte Ruffo con un ponte in muratura. La porta d’ingresso è sormontata internamente da un medaglione marmoreo raffigurante la Madonna col Bambino in Gloria. Le sontuosissime sale ospitarono per lungo tempo una galleria d’arte, fondata da Don Tiberio Ruffo, con numerosissime opere del Seicento e Settecento. Sulla parte destra si trova un ampio cortile, dove la Marina Militare, negli Anni Venti, fece costruire due alloggi adibiti a residenza del guardiano del faro. Attualmente, il castello è sede di numerose manifestazioni artistiche e culturali, benché ciò che affascina di più è il meraviglioso orizzonte scrutabile dall’alta rocca, segnato dalla vicina Sicilia, dalle isole Eolie e dal mar Tirreno. per visualizzare le schede complete: www.galbatir.it
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Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura fortificata Tipologia castello Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione ottimo Stato di conservazione buono
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SCILLA 2 - CAPPELLA DELLA MADONNINA DEL MARE
CAPPELLA DELLA Madonnina del Mare La statua della Madonnina del Mare, anche detta Madonnina del Porto, venne commissionata nel 1953 dall’allora sindaco Antonia Paladino Brancati, allo scultore Alessandro Monteleone. La cappella dove è situata l’opera costituisce un’insenatura naturale, la quale fu accentuata dall’intervento dell’esercito tedesco, durante la Seconda Guerra Mondiale, al fine di creare un varco nel caso di bombardamenti. L’intervento della contessa Zagari pose fine al progetto nazista, così da salvaguardare la grotta da eventuali danni irreparabili. L’opera scultorea, realizzata in bronzo, rappresenta la Madonna con il capo coperto da un velo, che sorregge il Bambino mentre con la mano destra benedice il popolo di Dio. La Madonnina poggia su un altare dotato di mensa e tabernacolo, in pietra lavica e marmo bianco. Alla base vi è un gradino, decorato da pezzi di marmo incollati a mosaico, su cui poggia un paliotto privo di decorazioni.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia santuario Livello di accessibilità buono Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione sufficiente
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SCILLA 3 - CHIESA DELLA SANTA CROCE
Chiesa della Santa Croce All’interno della piccola frazione di Favazzina sorge quest’edificio di modeste dimensioni: la facciata è classica, con due grandi lesene con capitello corinzio che sorreggono il timpano con cornice lineare. Questo stesso linguaggio è riproposto nel portale, composto da due mensole che sorreggono un piccolo timpano. A sinistra della facciata si erge il campanile a vela, che termina con un tetto spiovente coperto da tegole. L’edificio è a due navate: quella laterale, molto piccola rispetto alla centrale, conduce all’Altare della Santa Croce, realizzato, quest’ultimo, utilizzando marmi antichi restaurati. Ancora, l’altare appare adornato da due pannelli decorati con motivi floreali che compongono il paliotto sormontato dal tabernacolo, costituito a sua volta da due semicolonne con capitello ionico che sorreggono un arco a tutto sesto. Il tutto è sovrastato da una vetrina che racchiude la Santa Croce. Infine, il tetto è a cassettoni in gesso e il pavimento è interamente in granito rosso.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità buono Livello di percezione mediocre Stato di conservazione buono
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SCILLA 4 - CHIESA DI MARIA SS IMMACOLATA
Chiesa di Maria Santissima Immacolata La chiesa Matrice, risalente alla metà del IX secolo fu realizzata, molto probabilmente, come “cattolica” del convento di San Pancrazio, situato sulla rocca del castello. I devastanti terremoti che si abbatterono incessantemente sull’area calabra devastarono la basilica, la quale, nonostante i continui rifacimenti, sorge tuttora lì dove fu edificata per la prima volta, esattamente nel punto in cui si intersecano le vie di comunicazione con tutti i quartieri della città. L’attuale configurazione della chiesa presenta una pianta a croce latina a tre navate, scandite da sedici colonne realizzate in marmo di Carrara e sormontate da altrettanti capitelli in stile corinzio. La navata centrale maggiore è conclusa da un abside poligonale, mentre le due navate minori terminano con due cappelle quadrangolari. Su ciascuna delle navate laterali sono collocati sei altari minori, realizzati in marmo di Carrara intarsiati di altri marmi di vario colore e sormontati da tempietti, anch’essi di marmo, con colonnette di Porto Venere e di Rosso di Francia. Il soffitto è realizzato con capriate in legno. Al suo interno, la basilica custodisce opere di pregiato livello artistico: la scultura in marmo raffigurante San Pietro Apostolo, attribuita alla scuola del Bernini; la Madonna della Porta, dipinto su tavola attribuito al maestro Galatina; una statua dell’Immacolata, opera rinascimentale di scuola napoletana; il paliotto dell’altare maggiore in marmi policromi, anch’esso partenopeo; e la Pietà e la Visione di Sant’Andrea, due tele di Giacinto Diano (1761). 268
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione buono Stato di conservazione ottimo
SCILLA 5 - CHIESA DI SAN GIOVANNI
chiesa di San Giovanni Originariamente sorgeva nella periferia nord della città, in contrada Jeracari, ma a seguito del terremoto del 1908 fu rasa al suolo; successivamente, grazie a Papa Pio X, la chiesa venne ricostruita in legno e interamente coperta con lamiere di ferro. Tuttavia, col passare del tempo, la facciata cominciò a degradarsi sensibilmente, pertanto si decise di creare un comitato ad hoc con lo scopo di raccogliere i fondi necessari alla realizzazione dell’attuale facciata in cemento, del nuovo portone d’ingresso, e degli scalini, adesso rivestiti in marmo. L’interno è a navata unica e ai lati del portone sono poste due vetrine in legno: quella di destra custodisce la statua di San Giovanni Battista, quella di sinistra la statua di Sant’Antonio da Padova. Le pareti sono interamente in legno, prive di decorazioni e per ciascuna vi sono cinque aperture: l’entrata laterale e quattro finestre a sinistra e l’accesso alla piccola piattaforma fungente da campanile e quattro finestre a destra. Il tetto è a spiovente ed è sormontato da una croce in ferro e, così come il pavimento e le pareti, è fatto totalmente in legno.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità buono Livello di percezione mediocre Stato di conservazione buono
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SCILLA 6 - CHIESA DELLA MADONNA DEL CARMINE
chiesa dELLA MADONNA DEL CARMINE Dove un tempo sorgeva la chiesa di San Luigi Gonzaga, distrutta dal terremoto del 1908, venne realizzata una chiesa in legno, dono di Papa Pio X, dedicata alla Vergine del Carmine, ma la struttura venne demolita per far spazio alla realizzazione dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria. La chiesa venne, in seguito, ricostruita a spese dello Stato. All’interno la chiesa presenta un’unica navata, alla fine della quale vi sono due porte che conducono alla sagrestia, sormontate da quadri raffiguranti la Madonna con Bambino, a destra, e San Giuseppe con Gesù Bambino, a sinistra. Al di sotto degli scalini dell’altare sono collocate la statua della Madonna del Carmine e della Madonna del Rosario. L’edificio contiene anche: un Crocifisso processionale in legno e bronzo; un quadro raffigurante la Madonna di Pompei; un confessionale ligneo; la statua in cartapesta di San Pasquale e un quadro raffigurante la Madonna del Carmine. Sulle pareti laterali è possibile notare i quadri in lamina incisa, rappresentanti le stazioni della Via Crucis. Nella parte superiore, entrambe le pareti della navata sono aperte da finestre rettangolari, mentre il pavimento è composto da lastre rettangolari in marmo bianco. Il soffitto risulta suddiviso in tre fasce: la prima, collocata sulla prima trave, appare segnata da un tondo dipinto raffigurante il Sacro Cuore di Maria; la seconda, invece, da un altro tondo dipinto rappresentante il Sacro Cuore di Gesù, collocato sulla seconda trave; la terza fascia, infine, è segnata da due lampadari in vetro di forma circolare. 270
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione ottimo
SCILLA 7 - CHIESA DI SAN ROCCO
chiesa di San ROCCO Dove oggi si erge la chiesa patronale di San Rocco, originariamente sorgeva la chiesa di San Giorgio, un tempo santo patrono di Scilla, che tuttora presta il nome al principale quartiere cittadino. Verso la fine del XV secolo e gli inizi del XVI, gli scillesi, dopo essere scampati ad un’epidemia di peste, vennero a sapere dell’esistenza, a Venezia, delle spoglie di San Rocco, Santo protettore contro la peste, riconoscendo in Lui il proprio salvatore. Da qui il culto a San Rocco, oggi Santo patrono della cittadina calabra. Non si hanno notizie certe circa la data di realizzazione della struttura, benché la chiesa sia stata menzionata in un documento del 1599 in occasione della visita del vescovo Annibale D’Afflitto. Ad ogni modo, la chiesa venne distrutta sia dal terremoto del 1873 che da quello del 1908. L’attuale costruzione è il frutto di un restauro iniziato negli Anni Settanta e conclusosi il 16 agosto del 1990. La parte superiore della facciata è sormontata da un grande timpano decorato da una grande scultura in altorilievo, realizzata, nel 2003, dall’artista scillese Mario Benedetto, che rappresenta San Rocco in mezzo agli appestati. Il grande portone d’ingresso è stato realizzato dall’artista scillese Rocco Focà nel 1885. Ai lati del portone, si trovano due portoncini in castagno, scolpiti anch’essi dal Focà. L’interno, spazioso e lucente, in stile neoclassico, consta di un’unica navata, conclusa da un abside semicircolare, decorata da disegni geometrici di forma ottagonale. Sull’altare maggiore, in stile neoclassico, si può ammirare la statua cinquecentesca del Santo, opera marmorea attribuita ad Antonello Freri. Il simulacro del Santo, che annualmente si porta in processione, è un’espressiva opera lignea del ’700 napoletano. per visualizzare le schede complete: www.galbatir.it
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Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione ottimo
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SCILLA 8 - CHIESA DI SAN GIUSEPPE
chiesa di San GIUSEPPE Situata a nord del piccolo Borgo di Chianalea, le origini della chiesa risalgono al 1619. La costruzione della strada ferrata e il terremoto del 1908 danneggeranno parte della struttura. L’edificio è composto da due diverse strutture collegate: un atrio-avancorpo e la chiesa vera e propria. L’atrio - testimonianza dell’antico convento dell’Annunziata - è un vano rettangolare, con copertura a crociera, a cui si accede tramite un portale ad arco a tutto sesto in mattoncini, unico elemento decorativo della facciata non finita. Il portale di accesso alla chiesa vera e propria si trova all’inteno dell’atrio ed è un’opera del XVIII secolo, realizzata in pietra tufacea il cui colore, insolitamente bianco, lo rende simile al marmo; esso è costituito da due colonne tortili, intrecciate da fusti erbacei, con capitelli corinzi e, ai lati, due angeli che indicano l’ingresso. L’interno ha un’unica navata, conclusa da un abside semicircolare. Il pavimento, composto da lastre quadrate in pietra di Modica disposte a rombi, gode di tre aperture che consentono di ammirare gli ambienti sottostanti. La zona absidale è separata dalla navata da un gradino in marmo rosso e da due pilastri in mattoni sui quali si imposta un accenno di arco. Al centro della zona absidale, un altro gradino collega l’Altare Maggiore alla Mensa Eucaristica. L’Altare, dalle linee settecentesche, è in marmo bianco; due mensole decorate sorreggono la Mensa sormontata dal tabernacolo, in stile classico, il cui timpano è sorretto da due colonnette, mentre dei festoni di fiori fanno da cornice alla porticina in legno dorato. Nella parete absidale, a destra, una nicchia custodisce la statua in cartapesta di San Giuseppe del 1750. 272
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità buono Livello di percezione mediocre Stato di conservazione sufficiente
SCILLA 9 - CHIESA DELLO SPIRITO SANTO
chiesa dELLO SPIRITO SANTO Inaugurata il 7 dicembre del 1752, la chiesa è situata ai piedi di Marina Grande, nel rione omonimo. Resistette alla maggior parte dei terremoti che colpirono l’area, benché non rimase indenne al maremoto successivo al sisma del 1873, che distrusse la volta e la copertura. Immediatamente restaurata, fu rasa al suolo durante la Seconda Guerra Mondiale e subito ricostruita. La mareggiata, scatenatasi nel 1980, distrusse parte della sacrestia, non più riedificata sino ad oggi, danneggiando anche l’interno della chiesa. All’interno presenta un’unica navata; lungo le pareti laterali sono posti quattro altari, due per lato, intervallati da lesene corinzie, sulle quali sono poste le tele raffiguranti le stazioni della Via Crucis, del XVIII secolo. Il presbiterio, rialzato rispetto alla navata, è diviso dalla stessa da una balaustra in marmo bianco; sullo sfondo è posto l’altare maggiore, tardo-barocco, composto da oltre dieci varietà di marmi; al centro, incastonata da quattro colonne rosa con capitelli corinzi in marmo bianco di Carrara, vi è la tela raffigurante La Discesa dello Spirito Santo, realizzata da Francesco Celebrano, pittore dei Borboni, nel 1799. Il pavimento è composto da lastre in marmo bianco e nero, sistemate a rombi; al centro, un’enorme lastra in marmo bianco copre l’accesso alla cripta. Insieme alle sontuose architetture lignee del coro e del pulpito, sono degne di nota le tele ospitate nelle cappelle laterali, in particolare quella cinquecentesca di San Francesco di Paola, per il quale vi è una grande devozione da parte della Comunità scillese. per visualizzare le schede complete: www.galbatir.it
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Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione buono
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SCILLA 10 - CHIESA DI SANTA MARIA DI PORTO SALVO
chiesa di SanTA MARIA DI PORTO SALVO La chiesa sorge al centro del quartiere di Chianalea in posizione panoramica; l’edificio venne riedificato a seguito del crollo conseguente al terremoto del 1908. La navata e il campanile furono notevolmente abbassati, al contrario dell’abside che fu ricostruita ad altezza originale, per poter consentire la collocazione del maestoso dipinto settecentesco della Madonna di Porto Salvo sopra l’Altare Maggiore. Anche l’organo a canne riuscì a scampare al terremoto ed oggi è visibile all’interno della chiesa. L’accesso è preceduto da una scalinata in pietra granitica; la facciata, in stile neoclassico, appare scandita da quattro paraste dal fusto scanalato, poggianti su alte basi. La struttura superiore risulta sormontata da un timpano al cui centro è collocato un tondo raffigurante, in altorilievo, la figura della Vergine di Porto Salvo. Nella zona posteriore è posto il campanile, di forma quadrangolare, sovrastato dalle pareti dell’abside. L’interno è costituito da un’unica navata conclusa da un abside semicircolare. A fianco del portone d’ingresso sono collocate due vetrine che custodiscono una statua di Santa Teresa di Gesù Bambino del 1921 e una statua in cartapesta in stile gotico veneziano di Santa Lucia del 1926. Sulle pareti sono poste delle tele rappresentanti le stazioni della Via Crucis, e su quella di destra si elevano le statue dei Santi Medici Cosma e Damiano del 1901. Più avanti, l’altare di Santa Lucia del 1911, interamente in legno, mentre sulla parete di sinistra è possibile ammirare l’unico altare laterale in marmo, dedicato al Santissimo Crocifisso, opere di ignoto artista napoletano. 274
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità sufficiente Livello di percezione mediocre Stato di conservazione ottimo
SCILLA 11 - CAPPELLETTA DI SAN ROCCO
cAPPELLETTA di San ROCCO Si narra che la cappella fu realizzata nel 1894 per ringraziare Dio che, per intercessione di San Rocco, aveva fatto scampare la cittadina calabra dal terremoto che aveva seminato terrore e morte. L’opera venne realizzata dall’artigiano Pasquale Catalano e al suo interno venne collocato un dipinto raffigurante il Santo Patrono, mentre sulla parte superiore, incorniciata con decorazioni floreali in tufo e sormontata dalla croce, venne posta una targa marmorea recante la data del miracolo. Tuttavia, con lo sviluppo urbanistico della città, la cappelletta dovette essere demolita perché d’intralcio, ma venne ricostruita più a monte esattamente com’era. La struttura, di forma semicircolare, presenta sulla bianca facciata un grande cancello sovrastato da una conchiglia, simbolo del pellegrino, incorniciato, ai lati, da due semicolonne. La facciata è delimitata da due paraste che sorreggono la trabeazione, sulla quale è posto, a coronamento, l’elemento più interessante artisticamente, composto dalle decorazioni originarie e sormontato dalla croce. Qui sono poste due targhe: sulla prima è fissata la data di costruzione della cappella originaria (1894); sulla seconda, quella di realizzazione dell’attuale struttura (1990). Ai lati del fastigio sormontato dalla croce, vi si trovano due fiamme realizzate in tufo.
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Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia cappella Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione pessimo Stato di conservazione ottimo
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SCILLA 12 - Chianalea
Chianalea Il quartiere di Chianalea di Scilla è certamente il più suggestivo del comune. L’elemento caratteristico è costituito dalle case costruite a ridosso del mare e della battigia fatta di rocce, tutte collegate da un’unica strada, che va dal porto fino alla Strada Statale 18. Il nome Chianalea vuol dire “Piana delle Galee”, che erano delle antiche imbarcazioni, nonché sinonimo di pescespada, infatti questo è da sempre un quartiere di pescatori.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura residenziale Tipologia borgo Livello di accessibilità buono Livello di percezione ottimo Stato di conservazione buono
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SCILLA 13 - PALAZZO PONTILLO
Palazzo Pontillo Il palazzo è situato al centro del piccolo Borgo di Chianalea e la sua costruzione risale, sembra, al XV secolo. Attualmente si presenta a due piani a causa del terremoto del 1783 che provocò il crollo dell’ultimo piano. La costruzione sorge, inoltre, accanto al grande scalo di alloggio per le barche, denominato largo Chianalea, utilizzato dai pescatori come scivolo a mare.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura residenziale Tipologia palazzo Livello di accessibilità sufficiente Livello di percezione mediocre Stato di conservazione sufficiente
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SCILLA 14 - PALAZZO SCATEGNA
Palazzo Scategna Sito nel piccolo quartiere di Chianalea, a pochi passi dal porto turistico di Scilla sorge quest’edificio a tre piani che risale, molto probabilmente, al XV secolo. è interessante per la ricca decorazione lapidea della facciata. Il portale è in pietra di Siracusa e gode di un doppio ordine di balconi. Molto caratteristico è il grande scalo di alloggio per le barche sito proprio accanto alla struttura, denominato largo Chianalea, utilizzato dai pescatori come scivolo a mare.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura residenziale Tipologia palazzo Livello di accessibilità sufficiente Livello di percezione mediocre Stato di conservazione ottimo
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SCILLA 15 - VILLA ZAGARI
Villa Zagari Lâ&#x20AC;&#x2122;edificio sorge allâ&#x20AC;&#x2122;interno del Borgo di Chianalea. Presenta una pianta trapezoidale e molto caratteristiche sono le torri merlate, di cui una angolare a sezione semiesagonale. Il portale ha un timpano a lunetta con tessere fittili policrome, sovrastato da due balconi balaustrati in pietra chiara.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura residenziale Tipologia villa Livello di accessibilitĂ sufficiente Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione ottimo
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SCILLA 16 - CASA RUFFO
Casa Ruffo Situata a Chianalea e risalente al XIV secolo, fu la residenza dei Ruffo e venne restaurata nel 1533 dal principe Paolo. Tuttavia, a seguito del sisma del 1783, uno dei piani dellâ&#x20AC;&#x2122;edificio è crollato. Molto interessante appare il portale bugnato sormontato dallo stemma nobiliare.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura residenziale Tipologia palazzo Livello di accessibilitĂ sufficiente Livello di percezione mediocre Stato di conservazione ottimo
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SCILLA 17 - MUNICIPIO
Municipio In piazza San Rocco sorge il palazzo municipale di Scilla, che si eleva su due livelli. Si fregia di un portale monumentale sormontato da un balcone a sua volta sovrastato da un orologio. Al piano terra si trova un ampio atrio da cui parte una scala a doppia rampa, mentre al primo piano sono presenti grandi terrazze laterali.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia municipio Livello di accessibilitĂ ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione ottimo
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SCILLA 18 - FONTANA DI SAN CLEMENTE
fontana di San Clemente Chiamata anche il Canalello, la fontana, situata all’interno del quartiere di Chianalea, costituisce una fonte di acqua sorgiva che sgorga da centinaia di anni e che richiama a sé molta gente.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia fontana Livello di accessibilità sufficiente Livello di percezione mediocre Stato di conservazione sufficiente
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SCILLA 19 - FONTANA JERACE
fontana JERACE Realizzata dallo scultore polistenese Francesco Jerace, la fontana è sita nella piazza Matrice, dove si trova la chiesa Matrice di Maria Santissima Immacolata. La nicchia entro cui è collocata la fontana accoglie la Sirena, simbolo della città di Scilla. La fontana è ricavata sotto la rampa di una scalinata e si presenta con un grande arco a tutto sesto fiancheggiato da due semicolonne liscie.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia fontana Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione sufficiente
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SCILLA 20 - FONTANA RUFFO
fontana RUFFO La fontana, situata in via Annunziata, nel quartiere di Chianalea, risulta di epoca incerta; si ritiene sia stata costruita nel XVI secolo, per volere della famiglia Ruffo. Ă&#x2C6; collocata allâ&#x20AC;&#x2122;interno di una nicchia, incorniciata da due semipilastri sui quali si impostano due mensole riccamente decorate che sorreggono la trabeazione. La nicchia al centro accoglie una grande conchiglia che sovrasta due stemmi gemelli, in marmo, della famiglia Ruffo.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia fontana Livello di accessibilitĂ sufficiente Livello di percezione mediocre Stato di conservazione buono
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SCILLA 21 - MONUMENTO AL PESCE SPADA
MONUMENTO AL PESCE SPADA All’interno del quartiere di San Giorgio, dirimpetto la scogliera, al centro di una vasca in muratura, un tempo svettava una statua bronzea riproducente un pesce spada abbracciato da un giovane pescatore. Oggi la statua è posta presso un belvedere, ed il panorama dello Stretto di Messina le fa da sfondo. Il monumento al pesce spada è opera dell’artista reggino Pasquale Panetta.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia monumento Livello di accessibilità buono Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione ottimo
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SCILLA 22 - EX CARTIERA
VECCHIA CARTIERA Della vecchia costruzione ottocentesca della cartiera, sita nella frazione di Favazzina, purtroppo rimangono solo alcuni ruderi; sono ancora visibili i muri esterni in pietra locale e fango.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura industriale Tipologia fabbrica Livello di accessibilitĂ buono Livello di percezione pessimo Stato di conservazione pessimo
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SCILLA 23 - CENTRALE IDROELETTRICA
centrale idroelettrica Della struttura costruita nel 1908 nella frazione di Favazzina, rimangono solo pochi ruderi, in particolare i muri esterni. Ciò nonostante, non molto tempo fa una nuova centrale, tutt’oggi in funzione, è stata edificata là dove prima sorgeva la vecchia costruzione.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura industriale Tipologia centrale elettrica Livello di accessibilità pessimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione pessimo
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SCILLA 24 - MULINO DI SCANNAPORCELLI
Mulino di Scannaporcelli Il mulino, attivo fino all’ultima guerra, è situato a Melìa, frazione di Scilla, sulla collina preaspromontana. Costituisce una struttura settecentesca, costruita lungo la strada che collega Melìa ad Acquacalda di San Roberto, dove è possibile notare un piccolo corso d’acqua. Non molto tempo fa, proprio qui, vennero incanalate le acque e realizzate delle fontane, oggi meta di residenti ed escursionisti, che vi si recano per far provvista d’acqua. L’alta costruzione con una parte semicilindrica prominente era la condotta forzata nella quale veniva incanalata l’acqua necessaria ad azionare la ruota a pale che, a sua volta, trasmetteva la rotazione alla macina.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura industriale Tipologia mulino ad acqua Livello di accessibilità pessimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione pessimo
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SCILLA 25 - GROTTE DI TREMUSA
grotte di Tremusa Le grotte di origine carsica, site a 600 metri sul livello del mare, sono ricche di stalattiti e stalagmiti. L’area, milioni di anni fa, si trovava sotto il livello del mare, ma nel corso del tempo ha subìto un sollevamento tettonico. Le grotte sono il frutto dell’azione meccanica dell’acqua, che erodendo gli strati meno resistenti già fratturati, ha dato origine alle cavità grandi e piccole oggi presenti. Nelle arenarie sono presenti numerose conchiglie fossilizzate che ricoprono le pareti della grotta.
Paesaggio rurale Patrimonio naturale Categoria emergenza naturale Tipologia grotta Livello di accessibilità pessimo Livello di percezione mediocre
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289
SCILLA 26 - SPIAGGIA DI MARINA GRANDE
Spiaggia di MARINA GRANDE La spiaggia di Scilla, conosciuta anche come spiaggia delle Sirene, è tra i luoghi più incantevoli della Calabria, ricca di bellezze artistiche e naturali. Essa è incastonata tra le montagne poste a strapiombo sul mare, talora coperte da una verdeggiante vegetazione mediterranea con a tratti antiche coltivazioni a terrazzo. Da una parte essa è dominata dal castello dei Ruffo, dall’altra dalle rocce di Punta Pacì. La costa risulta caratterizzata da sabbia bianca e ghiaia e dall’acqua azzurra e limpida. Infine, le scogliere poste ai lati offrono un sicuro riparo ad una moltitudine di diverse specie di pesci, ed il fondale marino, ricco di coralli, è uno dei più caratteristici di tutto il Mediterraneo.
Paesaggio naturale Patrimonio naturale Categoria emergenza naturale Tipologia spiaggia Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione ottimo
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SCILLA
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SEMINARA
SEMINARA 1
BORGO DI SANT’ANTONIO: ANTICHE MURA
2
BASILICA MINORE DELLA MADONNA DEI POVERI
3
CHIESA COLLEGIATA DI SAN MARCO
4
CHIESA DI SAN MICHELE
5
CHIESA GRECO-ORTODOSSA
6
ALTARE DEL CALVARIO
7
LARGO TEANO
8
MUNICIPIO
9
MONUMENTO A BARLAAM DA SEMINARA
10 CASTELLO MEZZATESTA (ruderi) 11 ARCO DI ROSìA 12 CONVENTO DEI CAPPUCCINI (ruderi) 13 CHIESA DI SANT’ANTONIO DEI PIGNATTARI 14 OSPEDALE DEGLI INNOCENTI (ruderi) 15 CENTRO PRESENZA AMBESI-IMPIOMBATO
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SEMINARA 1 - BORGO DI SANT’ANTONIO:ANTICHE MURA
ANTICHE MURA DEL BORGO DI SANT’ANTONIO La città di Seminara, nata probabimente tra il Settimo e l’Ottavo secolo, sorgeva su un’altura protetta da una cinta muraria fortificata, dotata di quattro porte turrite e di un castello, ed era un importante crocevia militare. è considerata la fortezza più imponente della Calabria tirrenica meridionale del Medioevo. Alcune porzioni della cinta muraria esistono ancora oggi e circondano la zona dell’antico borgo di Sant’Antonio.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura fortificata Tipologia mura difensive Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione pessimo Stato di conservazione pessimo
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SEMINARA 2 - BASILICA MINORE DELLA MADONNA DEI POVERI
BASILICA MINORE DELLA MADONNA DEI POVERI La chiesa è stata ricostruita dopo il terremoto del 1908 sulle rovine del vecchio santuario. Al suo interno, a pianta basilicale a tre navate con transetto e un profondo coro, si trovano alcune opere di pregio: preziosi reliquiari in argento quattrocenteschi; un fonte battesimale del ’500; la Maddalena e Madonna col Bambino; due statue di Rinaldo Bonanno del ’600; la statua lignea della Madonna dei Poveri. Secondo la tradizione popolare, la statua lignea della Madonna dei Poveri fu rinvenuta verso la metà del X secolo a Taureana, nei pressi delle rovine della chiesa di San Fantino, annerita dalle fiamme dell’ultimo saccheggio dei saraceni. Narra la leggenda che, nonostante gli sforzi da parte delle autorità civili e religiose, non fu possibile spostare la statua che si mostrava estremamente pesante e che, al contrario, si lasciò sollevare con grande facilità dalle braccia dei più umili popolani, i quali la acclamarono, da quel momento, come la Madonna dei Poveri. La statua, per due volte, nel 1783 e nel 1908, rimase integra, nonostante i terremoti avessero distrutto totalmente la città di Seminara.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia basilica Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione ottimo
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SEMINARA 3 - CHIESA COLLEGIATA DI SAN MARCO
CHIESA COLLEGIATA DI SAN MARCO Chiamata originariamente chiesa della Madonna degli Angeli, fu costruita presumibilmente nel XVI secolo. è stata dichiarata Monumento Nazionale per le pregevoli opere d’arte che contiene: la statua della Madonna degli Angeli, in marmo con fini sculture nel basamento, opera di Antonello Gagini; il paliotto dell’Altare Maggiore, del XVIII secolo, in marmi policromi a rilievo raffiguranti La Trasfigurazione; un altro paliotto in marmo raffigurante anch’esso La Trasfigurazione, datato al XVI secolo; un altare marmoreo con tabernacolo del ’500, ornato di angeli; puttini e i Santi Francesco e Caterina d’Alessandria, in una grande pala decorata con motivi vegetali; l’altare dell’Epifania scolpito in marmo di Carrara, probabilmente opera della scuola Siciliana, databile al XVI secolo. Vi sono anche uno stemma scolpito in marmo a bassorilievo ed un crocifisso ligneo del X secolo che, secondo alcuni storici, proviene dall’antica città di Taureana, distrutta dal terremoto del 1783. La facciata è a due ordini. Quello inferiore, tripartito da lesene, ha il portale ad arco ribassato; nelle campate laterali si aprono due nicchie vuote pure ad arco ribassato. Il comparto superiore, che si restringe rispetto a quello inferiore, è raccordato da due eleganti volute, al centro ha un finestrone rettangolare ed è coronato da un timpano che, in sommità, è sormontato dal basamento della croce, ornato da quattro ricci. Sulla sinistra della facciata si può osservare il rudere del campanile: rimane il piano terra e parte del primo livello; i muri si presentano con bugnato liscio di mattoni a vista. per visualizzare le schede complete: www.galbatir.it
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Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione buono
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SEMINARA 4 - CHIESA DI SAN MICHELE
CHIESA DI SAN MICHELE Si tratta di una chiesa di origine seicentesca. L’edificio è stato ricostruito, dopo il terremoto del 1783, in stile barocco. Al suo interno è visibile una pala d’altare marmorea di scuola messinese risalente al XVI secolo, raffigurante l’Epifania o Adorazione dei Magi. Il presbiterio è decorato con bassorilievi in marmo. Vi sono conservate alcune sculture e bassorilievi del ’500, una statua lignea di San Rocco e una tela raffigurante Santa Maria delle Grazie risalente al XVI secolo. La facciata, ristrutturata, presenta elementi architettonici romanico-gotici: il portale ad ogiva ha un bassorilievo nella lunetta; al centro del settore superiore a striscie bicolori alternate, campeggia il rosone; sotto il timpano che corona la facciata corre una finta galleria ad archetti. Sul lato destro, leggermente arretrato, si erge il campanile: nei tre livelli, sul lato frontale, prendono posto le aperture, tutte ad arco; il primo livello, che occupa oltre la metà dell’altezza della torre, ha una monofora cieca; quello mediano ha due aperture accostate; al terzo livello le aperture sono tre.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione buono Stato di conservazione ottimo
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SEMINARA 5 - CHIESA GRECO-ORTODOSSA
CHIESA GRECO-ORTODOSSA è ubicata nella parte bassa del centro abitato, vicino alla chiesa di Sant’Antonio dei Pignattari. Si presenta come un classico modello di arte sacra bizantina, anche se si tratta di un edificio di recente costruzione. Ha la tipica planimetria a croce, con il braccio d’ingresso più lungo degli altri, con un tamburo centrale sovrastato da un tetto conico. All’esterno è ornata da giochi di tegole e mattoni, mentre all’interno le pareti sono state riccamente affrescate a colori vivaci, nel classico stile bizantino, con immagini di Cristo e dei Santi, da un artista fatto venire appositamente dalla Grecia. Il campanile è pure degno di nota. Staccato dall’aula liturgica, si sviluppa su tre piani a base quadrata che si restringono ad ogni livello, come viene evidenziato dalle coperture perimetrali a coppi; le aperture, su ogni lato e piano, sono ad arco, quelle del secondo sono munite di bifore, nella cella campanaria sono a giorno; sovrapposta a quest’ultima una cupoletta con copertura a calotta, ad imitazione della cupola maggiore, completa l’opera.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione ottimo
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299
SEMINARA 6 - ALTARE DEL CALVARIO
ALTARE DEL CALVARIO Si tratta di un altare sito lungo via Calvario, poco dopo la sua diramazione dalla via principale in modo che, essendo la strada in salita, fosse visibile da una discreta distanza. L’edicola, alla fine di una breve scalinata, consta di tre nicchie con bassorilievi di scene della Sacra Scrittura. Il piccolo tempio è caratterizzato dai tre timpani gotici con croci e da colonnine terminanti a cono. Attualmente è pressocché abbandonato.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia edicola Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione mediocre
300
SEMINARA 7 - LARGO TEANO
Largo Teano La piazza consiste in uno slargo posto in prossimità del centro della città, che ospita l’Obelisco basiliano e il monumento ai Caduti. L’Obelisco basiliano fu edificato nel X secolo con l’arrivo dei monaci basiliani, che seguivano i precetti di San Basilio Magno. Presenta una base doppia, in pietra, su cui poggia il corpo dell’obelisco, a base quadrata e formato da mattoncini. Sulla sommità è posta una sfera sulla quale poggia una croce in ferro. L’Obelisco basiliano costituisce una rara memoria storica dell’antica Seminara, passato indenne attraverso i vari terremoti che danneggiarono o distrussero molte costruzioni. Le fonti storiche riportano che, addirittura, durante il terremoto del 1783 l’Obelisco, pur girando su sé stesso di 360 gradi, rimase in piedi. Anticamente era posto dentro l’imponente monastero imperiale dei Santi Elia e Filarete. Dopo il terremoto del 1693, che distrusse il monastero, i monaci furono ospitati nel grande monastero dei Francescani Conventuali, che sorgeva nell’antico Borgo di Sant’Antonio, e portarono con loro l’Obelisco. Verso gli anni ’40 del 1700 venne spostato dai monaci e collocato dove si trova attualmente.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia piazza Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione sufficiente
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SEMINARA 8 - MUNICIPIO
MUNICIPIO Al suo interno sono custoditi quattro bassorilievi settecenteschi che costituivano il basamento del monumento dedicato a Carlo V, che era situato nell’antica piazza dello Spirito Santo, distrutto dal terremoto del 1783. I bassorilievi raffigurano le famose battaglie tra francesi e spagnoli del 1495 e del 1503, l’Entrata trionfale di Carlo V a Seminara e i festeggiamenti organizzati in suo onore. Inoltre, nel palazzo sono custodite due sculture granitiche del XII-XIII secolo, raffiguranti dei monaci in preghiera, provenienti dall’antica città di Seminara.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia municipio Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione ottimo
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SEMINARA 9 - MONUMENTO A BARLAAM DA SEMINARA
MONUMENTO A BARLAAM DA SEMINARA è un omaggio a Barlaam da Seminara (Seminara 1290 - Avignone 1348), monaco basiliano, teologo, filosofo, matematico e astronomo. Fu nominato Vescovo di Gerace da papa Clemente VI nel 1342. è riconosciuto come il massimo teologo bizantino calabrese. Per le sue straordinarie doti intellettuali e come dotto in teologia e filosofia fu chiamato verso il 1328, dal nuovo Imperatore di Costantinopoli e dal Gran Domestico Giovanni Cantacuzeno nella capitale dell’Impero Romano d’Oriente, divenendo il maggiore Teologo della Chiesa di Bisanzio. Proclamato “Maestro della Teologia” nel 1334, gli fu affidato il compito di rappresentare la Chiesa Ortodossa durante il tentativo di unione con la Chiesa Latina. In seguito, nel 1339, fu inviato in missione segretissima ad Avignone presso Papa Benedetto XII per trattare un’alleanza politico-militare tra il Papato, gli Angioini e Bisanzio. Accusato di latinofonìa, venne dichiarato eretico nel Concilio di Costantinopoli ed i suoi scritti bruciati davanti alla Porta di Santa Sofia. Barlaam si spostò, quindi, a Napoli, dove riordinò l’imponente biblioteca di Roberto d’Angiò. Conobbe Giovanni Boccaccio e successivamente, convertitosi al Cattolicesimo, a Perugia conobbe Francesco Petrarca, del quale fu insegnate di lingua greca. Su interessamento dello stesso Petrarca fu nominato Vescovo della Diocesi di Gerace, continuando a lavorare ad un’alleanza militare con Bisanzio. Morì ai primi di giugno del 1348, forse di peste. per visualizzare le schede complete: www.galbatir.it
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Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia monumento Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione buono Stato di conservazione buono 303
SEMINARA 10 - CASTELLO MEZZATESTA (ruderi)
RUDERI DEL CASTELLO Mezzatesta Il palazzo, costruito tra il XVI e il XVII secolo, fu probabilmente residenza dei Duchi Spinelli. Nel 1806, dopo la loro partenza, il palazzo passò alla famiglia Mezzatesta, che lo riedificò sulle strutture cinquecentesche danneggiate dal terremoto del 1783. Infatti la struttura presenta una diversità di stile: la porta e il frontone centrale sono tipicamente cinquecenteschi, il resto è ottocentesco. Dell’edificio rimangono gli imponenti muri perimetrali con la facciata caratterizzata da un basamento di grossi blocchi di pietra e da un portale in granito con bugne, alcune delle quali a punta di diamante, ed un elemento decorativo posto sulla chiave di volta. Si accedeva ai piani nobiliari attraverso alcune scalinate in pietra che sono ancora, in parte, visibili. Subì gravi danneggiamenti durante il terremoto del 28 dicembre 1908 e non fu più riedificato.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura fortificata Tipologia castello Livello di accessibilità sufficiente Livello di percezione pessimo Stato di conservazione pessimo
304
SEMINARA 11 - ARCO DI ROSìA
ARCO DI ROSìA è una struttura che faceva parte dei contrafforti a semiarco delle antiche mura fortificate della città, sopravvissute al terremoto del 1783. Nei pressi dei resti dell’Arco si apriva una delle porte della città, da cui partiva la strada che portava Palmi e quindi alla costa. Risale al X-XII secolo.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura fortificata Tipologia mura difensive Livello di accessibilità buono Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione pessimo
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305
SEMINARA 12 - CONVENTO DEI CAPPUCCINI (ruderi)
RUDERI DEL CONVENTO DEI CAPPUCCINI Dell’antico convento oggi possiamo vedere solo alcuni ruderi, dai quali si evince chiaramente l’originaria struttura muraria in mattoni e pietra irregolare. La Torre dell’Orologio, invece, è di nuova costruzione e contrasta fortemente con gli antichi manufatti.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia convento Livello di accessibilità mediocre Livello di percezione mediocre Stato di conservazione pessimo
306
SEMINARA 13 - CHIESA DI SANT’ANTONIO DEI PIGNATTARI
CHIESA DI SANT’ANTONIO DEI PIGNATTARi In contrada Borgo, lungo la strada per Taurianova, troviamo la chiesa che si affaccia sulla piazza in cui si trova il monumento a Leonzio Pilato. La facciata, di gusto semplice, è abbellita da un altorilievo posto sopra il portale d’ingresso. Due nicchie laterali accolgono altrettanti vasi scolpiti. L’edificio principale, affiancato dalla torre campanaria a base quadrata e tetto cuspidato, presenta due aperture ad occhio come quella sopra il portale, al centro della facciata. Le finestre della cella campanaria sono ad arco a tutto sesto. L’interno ospita un’acquasantiera del ’500, lo stemma imperiale di Carlo V e varie opere e sculture, tra cui la statua di Santa Maria dei Miracoli, raffigurante la Vergine col il Bambino, di probabile scuola Gaginiana, risalente al XVI secolo. Nella piazza antistante, il monumento a Leonzio Pilato prende posto sopra un piedistallo di pietra a vista. Leonzio Pilato, erudito calabrese, fu scolaro di Barlaam. Conobbe Petrarca e Boccaccio che lo protessero, avendone apprezzato il valore. Nel 1360, Boccaccio lo fece andare a Firenze dove, primo maestro pubblico di greco, insegnò per tre anni, ascoltato anche dallo stesso Boccaccio. Tradusse in latino l’Iliade e l’Odissea. Morì per naufragio, di ritorno dalla Grecia, intorno al 1365.
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Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione ottimo
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SEMINARA 14 - OSPEDALE DEGLI INNOCENTI (ruderi)
ruderi dell’ospedale degli innocenti Costruito tra il 1400 e il 1450, si trova subito fuori le antiche mura della città. Nel XV secolo era uno degli ospedali più importanti della Provincia Reggina ed il più antico della Calabria Ultra. Si pensa che vi siano stati curati i soldati feriti nella prima Battaglia della Figurella, primo scontro tra Angioini e Aragonesi per la conquista del Regno di Napoli, il 21 giugno del 1495. Oggi si presenta complessivamente in buono stato, essendo stato restaurato di recente.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia orfanotrofio Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione mediocre Stato di conservazione pessimo
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SEMINARA 15 - CENTRO PRESENZA AMBESI-IMPIOMBATO
CENTRO PRESENZA AMBESI-IMPIOMBATO Si tratta di una struttura composta da una costruzione rurale d’epoca circondata da un vasto parco, all’interno del quale è presente un campo da calcio, un’area pic-nic, un chiosco bar, una chiesetta, un ampio parco giochi, panchine, sentieri e un largo affaccio da cui si gode uno splendodo panorama dello Stretto di Messina e della Costa Viola. Si tratta di un’area privata ma aperta al pubblico.
Paesaggio rurale Patrimonio naturale Categoria punto panoramico Tipologia puntuale Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente
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SINOPOLI
SINOPOLI 1
SANTUARIO DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE
2
CHIESA DELLA MADONNA ADDOLORATA
3
CHIESA DI SAN GIOVANNI DI DIO (ruderi)
4
CHIESA DI SAN GIORGIO MARTIRE
5
PALAZZO CAPUA
6
PALAZZO DE CICCO
7
PALAZZO MANGERUVA
8
PALAZZO SAN GIORGIO (MUNICIPIO)
9
PALAZZO LUPOI
10 CASA DEL FASCIO (EX CINEMA) 11 PALAZZO RUFFO (U PALAZZU)
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j! 11
j! 2
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j! 1
j! j! 6
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j! 10
SINOPOLI 1 - SANTUARIO DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE
SANTUARIO DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE L’edificio risale al 1100, quando prendeva il nome di Santa Maria della Renda, forse per le abbondanti rendite annuali che i principi Ruffo ricavavano come beneficio. Nel corso dei secoli subì molti danni, fino ad essere usata come ricovero per gli animali ed i pastori. Oggi la facciata, rifatta in forme neo-rinascimentali, è preceduta da una scalinata che conduce al sagrato sopraelevato rispetto alla piazza. Il prospetto principale, tripartito, ha il settore centrale sporgente, con portale sormontato da un timpano ad arco, e presenta due poderose colonne, con capitelli compositi, sormontate da trabeazione e timpano con croce di ferro in sommità. I settori laterali sono scanditi da due coppie di lesene. Sulla sinistra c’è la torre campanaria, con copertura a gradini e cuspide a forma di pera. Il santuario ospita opere di notevole importanza: la statua marmorea del 1508 di Antonello Gagini, la Madonna del Pilerio o delle Nevi, che raffigura una Madonna col Bambino; un ciborio marmoreo del ’500, forse del Montorsoli, posto sull’altare maggiore in marmi policromi; due sostegni per acquasantiera in pietra scolpita del XVI sec.; una tavola del ’400 con la Madonna col Bambino, purtroppo deteriorata, che viene portata in processione, durante la festa che si celebra ogni anno. Qui si conserva anche una teca contenente il Sacro Capello (capello della Madonna), anch’esso portato in processione ogni anno a settembre. Si narra che un uomo, Giovanni Scarcella, entrato nella chiesa abbandonata e malridotta si chinò a venerare l’Icona di Maria, quando gli apparve una Donna Maestosa che lo invitava a pulire il luogo, dicendo: “Giovanni, io sono la Regina dei Cieli, va’ per questi villaggi e fa loro sapere che vengano a venerarmi in questo luogo. La penuria di pane scomparirà e per mia intercessione abbonderanno i viveri”. La voce dell’apparizione giunse fino a Filippo IV e a tutta la famiglia Ruffo che decise di consacrare la chiesa con il nome di Madonna delle Grazie. per visualizzare le schede complete: www.galbatir.it
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Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia santuario Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione buono Stato di conservazione ottimo
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SINOPOLI 2 - CHIESA DELLA MADONNA ADDOLORATA
chiesa della Madonna dell’Addolorata L’attuale chiesetta venne costruita dai soldati tedeschi negli anni 1908-09, dopo che il violento terremoto distrusse e rese inutilizzabile l’antica chiesa della Madonna Addolorata, collocata in un altro sito (via Francesco Martino). Ha tre navate, visibili anche dalla facciata, che presenta due diverse altezze e pochi elementi decorativi, che consistono nel rosone, negli archetti pensili sotto il cornicione e nel bassorilievo sulla lunetta del portale. All’interno, sull’altare, si colloca il quadro che raffigura la Madonna Addolorata, opera di un artista napoletano, realizzata nel 1935, mentre la statua custodita nell’edificio è molto più antica poiché si trovava nella chiesa distrutta dal sisma del 1908. La statua viene portata in processione, ogni anno, l’ultima domenica di settembre. Ma questa non fu l’unica opera a trovar posto in questo nuovo edificio, infatti qui possiamo osservare anche l’antica statua delle Madonna del Carmine, prima collocata in una chiesa in contrada “Cresijola”, oltre alla statua di San Francesco.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione ottimo
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SINOPOLI 3 - CHIESA DI SAN GIOVANNI DI DIO (ruderi)
chiesa dI SaN GIOVANNI DI DIO La chiesa fu costruita dai Ruffo nel 1740 e poi abbandonata; essa faceva parte di un complesso che includeva anche un Sacro Ospedale ed il Convento. Gli edifici furono sequestrati nel 1808, in seguito alle leggi francesi che decisero di sopprimere le corporazioni religiose. La facciata è incompleta, ma mostra il suo schema tripartito con ordine dorico e portale sormontato da un frontone curvilineo che presenta lo stemma degli Agostiniani; lateralmente vi sono delle paraste e delle nicchie decorate con motivi floreali, conchiglie e cherubini. La pianta è ellittica con unica navata e colonne sulle pareti, che inquadrano delle nicchie, il tutto rivestito da stucco, eccetto i capitelli rimasti in laterizio a vista. Di recente è stata restaurata, e tali interventi si notano in particolare nella facciata principale, con i suoi decori, e sul portale finemente lavorato. Questi nuovi elementi contrastano fortemente con il resto della struttura esterna non finita, rispetto alla quale figurano quasi come un corpo estraneo. La copertura è assente.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità pessimo Livello di percezione pessimo Stato di conservazione pessimo
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SINOPOLI 4 - CHIESA DI SAN GIORGIO MARTIRE
chiesa dI SAN GIORGIO MARTIRE La chiesa è tra le più antiche della provincia reggina e sorge a Sinopoli Inferiore su quello che era stato il sito della chiesa dello Spirito Santo, esistente nel ’500, periodo a cui risale il campanile originario. Molti danni sono stati fatti alla chiesa, con interventi di restauro inadeguati. Per esempio sulla facciata è stato inserito un timpano di coronamento che schiaccia molto l’edificio e lo fa apparire più basso del precedente; la superficie esterna è stata intonacata; il tetto di tegole sostituito con una copertura in lamiera zincata, ed il pavimento in cotto sostituito da piastrelle in cemento. Invece sono state mantenute le lesene che dividono la facciata in tre parti. L’interno ha un’unica navata con pareti scandite da lesene doriche, arcate a tutto sesto e, superiormente, da finestre semiarcuate. L’altare è in marmi policromi e comprende una nicchia che contiene la statua dell’Immacolata, del XVI secolo, realizzata da Domenico Mazzolo. Si tratta di un’opera di 1,80 metri, mutilata di alcune dita delle mani. Tra le altre importanti opere, ospita una scultura del 1547, la Madonna delle Grazie, anch’essa di Giovan Battista Mazzolo, sulla cui base vi è un bassorilievo raffigurante l’Annunciazione. La figura della Madonna è alta 1,40 m, scolpita in marmo bianco a tuttotondo, e raffigura Maria con in braccio il Bambino che benedice con la mano destra. Vi sono poi una statua marmorea a tutto tondo di Sant’Antonio da Padova del 1643, con il Santo che sorregge col braccio sinistro il Bambinello in piedi sul libro aperto, ed una statua di San Nicola da Bari, probabilmente entrambe scolpite da Giovan Battista Mazzolo. 316
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità sufficiente Livello di percezione buono Stato di conservazione buono
SINOPOLI 5 - PALAZZO CAPUA
PALAZZO CAPUA Si trova su corso Umberto I, come molti palazzi del Comune, ed oggi è totalmente abbandonato. Lâ&#x20AC;&#x2122;edificio sorge su due livelli, ogni finestra ha particolari decori a ventaglio sugli architravi ed il piano superiore, rientrato rispetto alla facciata di Corso Umberto I, ha una grande terrazza con balaustra.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura residenziale Tipologia palazzo Livello di accessibilitĂ buono Livello di percezione mediocre Stato di conservazione sufficiente
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SINOPOLI 6 - PALAZZO DE CICCO
PALAZZO DE CICCO Si trova su corso Umberto I, di fronte Palazzo Lupoi, e risale al tempo della dittatura fascista. Il palazzo è a due livelli con bei balconi e ringhiere a colonnine. Scandiscono gli spazi tra le aperture alte lesene che arrivano alla trabeazione, ricca di decorazioni liberty, sotto il tetto sporgente.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura residenziale Tipologia palazzo Livello di accessibilitĂ buono Livello di percezione mediocre Stato di conservazione sufficiente
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SINOPOLI 7 - PALAZZO MANGERUVA
PALAZZO MANGERUVA Si trova all’interno dell’abitato, non lontano dalla chiesa Parrocchiale. Come molti altri edifici di Sinopoli, risale al tempo della dittatura fascista, quando fu costruito come dimora del vescovo di Locri e Gerace, monsignor Mangeruva, da cui prende il nome. Attorno all’edificio vi è un ampio giardino.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura residenziale Tipologia palazzo Livello di accessibilità sufficiente Livello di percezione pessimo Stato di conservazione pessimo
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SINOPOLI 8 - PALAZZO SAN GIORGIO (MUNICIPIO)
PALAZZO SAN GIORGIO (MUNICIPIO) Il palazzo che oggi ospita il Municipio venne costruito negli Anni Trenta, in pieno periodo fascista e fu concepito in stile medievale per ricordare il passato storico della cittadina. Sulla destra dell’asimmetrica facciata si staglia, sporgente sui due lati del palazzo, la poderosa Torre dell’Orologio. Per alcuni anni, l’edificio ospitò l’ufficio postale e, successivamente, fu più volte sottoposto ad interventi di ristrutturazione, l’ultima delle quali durata più di dieci anni. La sede municipale venne inaugurata nel 2009, ed un anno dopo, quindi in tempi recentissimi, prese il nome di palazzo San Giorgio, per rendere omaggio al Santo che per secoli fu il protettore di questo comune per volere della famiglia Ruffo, fino al 1636. Solo dopo il miracolo dell’apparizione della Madonna nella vecchia chiesetta della Renda si decise di trasferire il titolo di Patrono da San Giorgio alla Madonna delle Grazie. Nonostante ciò, il culto di questo Santo è tuttora radicato tra la popolazione sinopolese, e in particolare tra gli abitanti di Sinopoli Inferiore, dove hanno luogo i festeggiamenti in suo onore, ogni 23 aprile.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia municipio Livello di accessibilità buono Livello di percezione buono Stato di conservazione ottimo
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SINOPOLI 9 - PALAZZO LUPOI
PALAZZO LUPOI Sito su corso Umberto I, il palazzo è un elegante edificio su due piani con pianta irregolare, che oggi ospita le Scuole Medie del Comune. L’ingresso è evidenziato da un imponente porticato con colonne quadrangolari che sorreggono una loggia con balaustra. Il portale d’ingresso ha un arco a tutto sesto, mentre le finestre del piano superiore sono sormontate da timpani triangolari.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura residenziale Tipologia palazzo Livello di accessibilità buono Livello di percezione buono Stato di conservazione ottimo
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I Progetti
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SINOPOLI 10 - CASA DEL FASCIO (EX CINEMA)
CASA DEL FASCIO (EX CINEMA) L’edificio, sito in corso Umberto I, esattamente tra Palazzo Lupoi e Palazzo Capua, è ad un unico livello, ma è stato posto su una sorta di podio, in modo da risultare alla stessa altezza dei palazzi circostanti, ed è raggiungibile grazie alla doppia scalinata. In passato l’edificio ha ospitato il cinema del paese, mentre oggi non viene utilizzato per alcuna attività.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia cinema Livello di accessibilità sufficiente Livello di percezione mediocre Stato di conservazione pessimo
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SINOPOLI 11 - PALAZZO RUFFO (U PALAZZU)
PALAZZO RUFFO DETTO U PALAZZU Fu costruito nel ’500, in quello che può essere considerato il periodo d’oro di Sinopoli, sotto il governo di Paolo Ruffo, tra il 1530 ed il 1543. Tuttavia, dal momento che i Ruffo decisero di trasferirsi nel castello fortificato di Scilla proprio nel 1543, l’opera rimase incompiuta e non fu mai abitata dai proprietari. Oggi sono visibili i ruderi di questa residenza e, in particolare, si notano i sotterranei, le sale ed i passaggi segreti. Al livello della strada comunale, c’è il portone centrale, imponente e con un notevole arco in granito verde, sul quale vi era un colossale stemma della famiglia Ruffo, trafugato durante la Seconda Guerra Mondiale. L’interno è tipicamente medievale, ma i materiali testimoniano una stratificazione storica ricca, probabilmente perché le varie catastrofi naturali hanno più volte distrutto parti di edificio, alcune delle quali non furono mai ricostruite ed oggi, al loro posto, vediamo solo terreni coltivati ed orti, in parte ricadenti in proprietà privata, ed in parte appartenenti al comune di Sinopoli.
Paesaggio rurale Patrimonio culturale Categoria architettura residenziale Tipologia palazzo Livello di accessibilità mediocre Livello di percezione mediocre Stato di conservazione pessimo
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VARAPODIO
VARAPODIO
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CHIESA DI SAN NICOLA DI MIRA
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CHIESA DI SANTO STAFANO
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VILLA COMUNALE GIUSEPPE CARERJ
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PIAZZA SAN NICOLA
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VARAPODIO 1 - CHIESA DI SAN NICOLA DI MIRA
Chiesa di San Nicola di mira La chiesa fu eretta nel 1500 circa, nel luogo attuale, e fu danneggiata dai terremoti del 1780, 1783 e 1908. Fu riedificata, in seguito ai danneggiamenti, nel 1787 e nel 1927 per l’interessamento dei rispettivi parroci dell’epoca. Successivamente fu ampliata e restaurata varie volte: nel 1961 fu costruita la torre campanaria sinistra. Il restauro esterno ed interno fu effettuato a partire dagli Anni Sessanta ogni vent’anni circa. L’ultimo restauro risale a pochi anni fa: la chiesa fu riaperta al pubblico il 6 aprile 2009. L’edificio è molto sopraelevato rispetto al piano stradale ed è accessibile da una scala a due rampe convergenti. La facciata si presenta in tre corpi divisi da lesene. Il portale ad arco ad ogiva è sormontato da una finestra, anch’essa con arco ogivale, e termina con il cornicione che chiude il tetto a due spioventi, con al centro la croce in ferro. I corpi laterali sono le due torri, con tre aperture a trifora e tetto a quattro spioventi, incorporate nel corpo di facciata: la torre a destra di chi guarda, ospita le campane ed ha un’apertura ad occhio, sicuramente eseguita per porvi un orologio. Alla base di ogni torre si aprono le porte laterali, ad arco acuto.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione buono Stato di conservazione ottimo
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VARAPODIO 2 - CHIESA DI SANTO STEFANO
Chiesa di SanTO STEFANO è una chiesa di nuova costruzione, poiché la posa della prima pietra risale al 1957, dopodiché venne aperta al culto nel 1959. Esternamente si presenta costituita da due volumi a forma di parallelepipedo sovrapposti. Al centro del settore superiore della facciata un grande rosone stilizzato filtra la luce all’interno. La facciata è interrotta da un alto portico rientrante, dove si trovano alcune lapidi, poste dalla cittadinanza e dall’Amministrazione Comunale, a devozione e ringraziamento per la protezione divina ricevuta durante vari eventi catastrofici avvenuti nei tempi passati. Si accede al portico tramite una scalinata ai cui lati sono poste due statue a grandezza naturale di papa Giovanni Paolo II e di papa Giovanni XXIII.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura religiosa Tipologia chiesa Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione ottimo
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VARAPODIO 3 - VILLA COMUNALE GIUSEPPE CARERJ
VILLA COMUNALE GIUSEPPE CARERJ è un piccolo giardino che si affaccia sulla piazza principale di Varapodio, piazza San Nicola. Al suo interno è posto il monumento ai Caduti e l’ultimo frammento rimasto della vecchia fontana Asso di Coppe. è dotato di una fontana centrale, a pianta circolare, e di un teatro all’aperto.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia villa comunale Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione buono Stato di conservazione ottimo
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VARAPODIO 4 - PIAZZA SAN NICOLA
PIAZZA SAN NICOLA Sull’ampio slargo si affacciano la chiesa di San Nicola e la Villa Comunale. Al suo interno è posta la fontana Asso di Coppe, simbolo caratteristico della città di Varapodio. La vecchia fontana era tanto rinomata al punto che, si dice, entro i confini regionali molti, giocando a carte, chiamavano l’asso di coppe “la fontana di Varapodio”. La vecchia fontana, scolpita in granito, danneggiata da atti di vandalismo, venne sostituita da una analoga nel 2002. L’unico blocco di granito superstite della vecchia fontana è esposto nella Villa Comunale Giuseppe Carerj.
Paesaggio urbano Patrimonio culturale Categoria architettura per il terziario ed i servizi Tipologia piazza Livello di accessibilità ottimo Livello di percezione sufficiente Stato di conservazione ottimo
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VARAPODIO
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a cura di Fortunato Cozzupoli e Francesco Carlo Maria Vita
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dal VIII sec. a.C.
Fortunato Cozzupoli, esperto di politiche di sviluppo locale e coesione territoriale, attualmente ricopre il ruolo di Direttore del GAL BaTiR e del GAC dello Stretto. Svolge consulenze specialistiche per Enti Pubblici e privati in campi diversi: dalla pianificazione territoriale, strategica e di marketing, alla programmazione locale, valutazione delle politiche di sviluppo e valorizzazione territoriale. È esperto nel contrastare le criticità del contesto economico, culturale, produttivo e sociale, innescando processi di sviluppo locale duraturi. Francesco Carlo Maria Vita, pianificatore territoriale, Phd in Architettura dei parchi, dei giardini e assetto del territorio, esperto in sviluppo locale. Da sempre la sua ricerca è orientata al tema della complessità come chiave di lettura dei sistemi locali. Esperto in ICT applicate per la gestione e il miglioramento dei processi di trasformazione del territorio incentrate sulla partecipazione. Ha maturato esperienze significative sia in Italia (Ufficio di Piano del PTCP della Provincia di Reggio Calabria in qualità di esperto di area vasta, 2008-2012) sia all’estero (University of Newcastle Upon Tyne - Regno Unito - School of architecture, Planning & landscape - Global Urban Research Unit, 2008). Dal 2011 è Agente di Sviluppo locale presso il Dipartimento 3 Programmazione Comunitaria della Regione Calabria. Dal 2012 è consulente tecnico del GAL BaTiR.
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XX sec.
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Il lavoro, finanziato dalla Misura 331 Formazione ed informazione (Azione 2 del PSR 2007 – 2013 - ASSE 3 - Qualità della vita nelle zone rurali e diversificazione dell'economia rurale), ha approfondito il concetto di paesaggio attraverso una metodologia d’indagine incentrata sul triplice rapporto: territorio-cultura-paesaggio. Il primo capitolo inquadra i paradigmi da cui si è partiti per comprendere il concetto di paesaggio. Il secondo capitolo presenta un’analisi della storia del paesaggio e delle dinamiche insediative proprie del territorio del GAL BaTiR. Nel terzo capitolo si evidenza la metodologia di lavoro utilizzata per il rilevamento del patrimonio culturale e ambientale, attraverso la costruzione di un sistema integrato di conoscenza. Il quarto capitolo è caratterizzato dalla schedatura dei beni individuati per la costruzione dell’Atlante del paesaggio del Basso Tirreno Reggino: un Atlante che racchiude in sé complessità, varietà, identità, tipicità e bellezza, che costituisce un importante patrimonio da evidenziare, interpretare, valorizzare. L’Atlante è espressione identitaria di saperi, arti, culture, produzioni: tutti elementi di una civiltà che, riscoprendo i propri valori patrimoniali, può esprimere un proprio progetto di sviluppo peculiare e durevole, in grado di competere e cooperare sui mercati globali.
Per la costruzione dell’Atlante del Paesaggio del Basso Tirreno Reggino Patrimonio Culturale e Patrimonio Naturale per la valorizzazione del paesaggio
a cura di
Fortunato Cozzupoli e Francesco Carlo Maria Vita