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1 La lezione degli orsi

1La lezione degli orsi

Da qualche parte c’è ancora qualcosa che aspetta di essere scoperto. Carl Sagan

1.1 Antefatto

Vi siete mai chiesti perché nei mesi estivi e autunnali gli orsi bruni si aggirino per le valli alpine facendo razzia di frutta matura e miele? O come facciano le oche grigie a trovare le energie per volare (a stomaco vuoto) per circa 3.000 miglia nel corso delle loro migrazioni annuali? Vi interessa sapere come riescano le balene di Minke a nuotare a digiuno per quasi 6.000 miglia marine quando si trasferiscono dall’Antartide alla Baia del Messico durante la stagione degli accoppiamenti? Sapevate che durante la cova dell’uovo un pinguino maschio è capace di non consumare cibo per più di due mesi?

Potrei continuare a lungo a citarvi una quantità di animali che sono capaci di miracoli di questo genere. Se volete sapere dove sta il loro segreto, la risposta è semplicissima. Prima di compiere queste imprese – ibernazioni, estivazioni, migrazioni – che mettono a serio rischio la loro sopravvivenza, tutti questi animali sviluppano una sindrome metabolica; assolutamente uguale a quella che da qualche anno si è scoperto essere così diffusa anche nella specie umana1 .

Proprio così, la sindrome metabolica non è una prerogativa esclusiva della specie umana, ma rap-

presenta un meccanismo adattativo che è presente in moltissime altre specie animali.

Negli animali, però, essa si manifesta con alcune piccole e non trascurabili differenze. Proviamo a esaminarne qualcuna in maggiore dettaglio.

1 Una sindrome metabolica è una condizione patologica che si diagnostica in presenza di due (o più) dei seguenti valori: • glicemia > 110 mg/dl • colesterolo HDL < 40 mg/dl (50 se femmina) • insulina > 10 mU/ml • circonferenza addominale > 101.6 cm (88,9 se femmina) • trigliceridi > 150 mg/dl • pressione arteriosa > 85-130 mm Hg

E, in un prossimo futuro, verrà probabilmente inserito anche il parametro: uricemia > 5.0 mg/dl. Si è visto infatti che un valore di uricemia superiore a questo predispone allo sviluppo di malattie metaboliche.

1.2 Il concetto di estate metabolica

Il colibrì è un minuscolo uccello migratore il quale, nutrendosi di nettare di fiori, segue una dieta molto ricca di zuccheri, pertanto ha una glicemia a digiuno incredibilmente alta, che lo porta a periodici aumenti di peso. Nonostante questo, i suoi reni riescono a recuperare gran parte del glucosio che viene filtrato, pertanto il colibrì non presenta glicosuria, polidipsia o polifagia; inoltre, grazie ai suoi elevati livelli di attività fisica, non manifesta mai il quadro clinico né del diabete né dell’obesità patologica.

Lo scoiattolo è un piccolo roditore che d’inverno va incontro a ibernazione entrando in letargo e, al pari di altri mammiferi ibernatori2 quali orsi o marmotte, si abbuffa di cibo in estate giungendo così a sviluppare uno stato di insulino-resistenza acuta (spiegheremo più avanti di che cosa si tratti), che gli permette di accumulare grandi quantità di grasso in prossimità della stagione invernale. Mentre è in ibernazione, lo scoiattolo entra in uno stato soporoso, il suo metabolismo basale diminuisce di circa l’80% e sopravvive soltanto utilizzando il grasso accumulato durante l’estate.

Qualcosa di simile accade anche al topo del deserto. Dal punto di vista metabolico, questo animaletto vive costantemente in uno stato pre-diabetico (nel senso che soffre di uno stato di insulino-resistenza permanente). Ha imparato a diventare obeso periodicamente per sopravvivere alle carestie imposte dall’ambiente desertico tanto che, quando viene alimentato con la normale dieta degli animali da laboratorio, sviluppa in poche settimane un diabete manifesto. Finché vive nel suo ambiente naturale, però, il topo del deserto non soffre mai di patologie metaboliche e il suo stato di insulino-resistenza non evolve mai in malattia.

Topi e scoiattoli non sono gli unici mammiferi capaci di “miracoli” di questo tipo.

Durante l’estate, che trascorre nel mare di Bering, la balena di Minke è capace di mangiare talmente tanto che il suo plasma diviene letteralmente lattiginoso a causa del grasso che contiene. Essa riesce infatti a ingerire fino a una tonnellata di crostacei al giorno in preparazione del viaggio di circa 6.000 miglia che la porterà in ottobre a migrare verso il Messico per la stagione degli accoppiamenti. Il suo stato metabolico alterato si normalizza pian piano nel corso della migrazione per tornare poi alla norma alla fine del viaggio.

Anche il maschio del pinguino imperatore raddoppia il proprio peso corporeo durante l’estate antartica. Una volta raggiunto il “peso ideale”, si mette in marcia sulla banchisa, dove lo aspetta l’incubazione dell’uovo deposto dalla femmina (ricordate il film “La marcia dei pinguini?”). Nel corso della cova, il pinguino non si allontana mai dall’uovo e sopravvive senza toccare cibo per due o tre mesi e si rifiuta di alimentarsi anche se gli viene offerto del pesce fresco. Una volta finita la cova (e il digiuno), il suo stato metabolico torna perfettamente alla norma.

Anche gli insetti sono capaci di farlo.

Vi siete mai chiesti il motivo della proverbiale voracità delle locuste? In preparazione di un viaggio che

2 Vengono definiti ibernatori gli animali (di solito mammiferi) che vanno in letargo in inverno, solitamente per proteggersi dal freddo e dalla scarsa disponibilità di cibo. Per maggiori dettagli in merito all’ibernazione si veda: http://www.treccani.it/enciclopedia/ibernazione/.

può portarle a volare anche per 24 ore consecutive, le locuste si abbuffano per immagazzinare la maggior quantità di riserve energetiche possibili e arrivano a consumare una quantità di cibo equivalente a tre volte il proprio peso. Accumulare grasso è infatti il solo modo per riuscire a portare a termine un viaggio di più di 800 km senza rischiare di morire. Perché in natura è noto che la sopravvivenza arride ai più grassi.

Dunque, tutti questi animali, così come molti altri migratori, ibernatori, estivatori3 – quali oche grigie, marmotte, orsi, rane, ecc. – o quelle specie cosiddette estremofile4,che vivono in zone del pianeta dal clima particolarmente inospitale, si preparano alle loro prove di sopravvivenza accumulando grasso nei mesi primaverili e/o estivi mediante lo sviluppo di una sindrome metabolica che esita in un quadro pre-diabetico.

L’insulino-resistenza e la leptino-resistenza che stanno alla base della sindrome metabolica costituiscono infatti i modi più efficaci che si conoscano in natura per proteggersi dalle carestie5. Questo stato può pertanto essere definito a tutti gli effetti come una condizione naturale di “estate metabolica”.

1.3 La resistenza come meccanismo adattativo

Insulino-resistenza è un termine che serve a descrivere la condizione di una cellula, o di un tessuto, che sono divenuti resistenti all’azione dell’insulina.

Torneremo a parlare più avanti dell’insulina, ma per il momento vi basti sapere che è un ormone prodotto dal pancreas che svolge alcune importantissime funzioni: • permette al glucosio di entrare all’interno delle cellule • domina la scena metabolica nei periodi di abbondanza di cibo • predispone il corpo a una modalità di accumulo delle scorte nutritive

Dato che l’insulina serve a far entrare il glucosio all’interno delle cellule, in che modo il fatto di rendere l’organismo resistente all’azione dell’insulina può aiutare la sopravvivenza di un animale?

La risposta è che non tutti gli organi del corpo vengono ugualmente interessati da questo meccanismo. In particolare i neuroni del sistema nervoso centrale – che non necessitano di insulina per assorbire il glucosio – possono continuare a funzionare egregiamente anche in questa condizione. Pertanto, rendendo resistenti all’insulina tutte le altre cellule del corpo, viene preservato in circolo il glucosio necessario per il buon funzionamento del cervello, mentre nel frattempo viene utilizzato il grasso per fornire energia al resto del corpo. Non è geniale?

La leptina è un ormone prodotto dall’organo adiposo il cui compito consiste nell’informare il cervello sullo stato delle riserve energetiche. In altre parole, la leptina comunica al cervello la quantità di grasso

3 Vengono definiti estivatori gli animali (più spesso rettili o anfibi) che vanno in letargo d’estate, solitamente per proteggersi dalle siccità estive. Per maggiori dettagli sul meccanismo dell’estivazione si veda: http://www.treccani.it/enciclopedia/estivazione_%28Enciclopedia-Italiana%29/. 4 Chao C., Chu C.E., Trent, J.D. Extremophiles, survivophiles, and the continuity of life on Earth. In: Astrobiology and Planetary Missions, Proceedings of the SPIE 2005 5906:96-106. 5 Wu CW, Biggar KK, Storey KB. Biochemical adaptations of mammal hybernation: exploring squirrels as a perspective model for naturally induced reversible insulin-rsistance. Brazilian Journal of Medical and Biological Research 2013 45 (1): 11-13.

accumulato e gli permette di percepire la situazione metabolica attuale. In condizioni di normalità, a un aumento di leptina il cervello risponde diminuendo l’appetito e aumentando l’attività della tiroide, ma quando i suoi recettori divengono resistenti all’azione della leptina, il sistema va in tilt, il cervello non è più in grado di capire il reale stato dell’organo adiposo e continua a stimolare l’appetito e a diminuire il metabolismo anche se l’organismo si trova in una condizione di obesità.

Insulina e leptina sono due ormoni la cui produzione è strettamente e armonicamente inter-correlata (si stimolano e si inibiscono a vicenda) e presiedono al controllo della gestione delle energie fisiche in condizioni di stress in sintonia con la produzione di adrenalina e noradrenalina.

Tenete presente che, essendo questo un meccanismo metabolico che è tipico della maggior parte dei vertebrati, tutti gli animali sono progettati per funzionare in questo modo e riescono a farlo senza rischi per la salute perché vivono in un ambiente naturale dove non esistono fonti industriali di cibo e questo non viene artificialmente modificato allo scopo di trasformare i suoi contenuti nutrizionali originari. A questo punto potete facilmente immaginare cosa avviene invece nella specie umana che, a differenza delle altre specie animali, vive in un ambiente modificato, dove il cibo è in gran parte prodotto a livello industriale. Come tutte le altre specie, anche l’organismo dell’uomo è capace di utilizzare questi meccanismi. E questo è dimostrato dal fatto che circa un 30% degli individui che vivono nei paesi industrializzati presenta una condizione di insulino-resistenza e leptino-resistenza e soffre di sindrome metabolica proprio come se – dal punto di vista metabolico – vivesse perennemente nella stagione estiva.

Il problema è che – nel caso della specie umana – questo meccanismo adattativo, che si dimostra tanto utile nelle altre specie animali, viene radicalmente sovvertito perché l’uomo, oltre a mangiare tutto l’anno come se si stesse preparando a una migrazione o a una ibernazione, non si sottopone mai a periodi di digiuno, o di intenso sforzo fisico, e così la sindrome metabolica da meccanismo adattativo finisce per divenire fonte di patologia. Ed ecco la spiegazione schematica di tutto questo.

DIFFERENZE SPECIE-SPECIFICHE

HOMO SAPIENS ALTRE SPECIE

L’insulino-resistenza è permanente.

L’obesità che ne deriva è permanente.

La permanenza del quadro metabolico determina patologia d’organo e di sistema. L’insulino-resistenza è transitoria.

L’obesità che ne deriva è transitoria.

La transitorietà del quadro metabolico evita lo sviluppo di patologie.

L’insulino-resistenza diviene concausa di morte L’insulino-resistenza permette di vivere più a lungo.

1.4 La natura insegna

Avete capito perché il meccanismo dell’insulino-resistenza, della leptino-resistenza e della sindrome metabolica che ne consegue funziona così bene in natura?

Per il semplice motivo che riempirsi il sangue di glucosio e trigliceridi e aumentare di peso (questi sono infatti gli effetti della sindrome metabolica) durante la primavera o l’estate – quando il cibo è disponibile e il clima più mite – sono gli unici modi esistenti in natura per sopravvivere a grandi fatiche fisiche, o a periodi di scarsità di cibo.

In altre parole, in natura è noto che uno stato pre-

diabetico è in realtà un efficacissimo metodo di so-

pravvivenza in situazioni estreme e tutte queste specie animali hanno – proprio come l’uomo – un interruttore metabolico che, quando viene attivato, permette di sviluppare questa condizione6 .

Come ci dimostrano gli studi pionieristici eseguiti all’Università del Colorado da parte di Richard J. Johnson e della sua équipe7, attivare questo interruttore è facile, basta far sì che l’acido urico contenuto all’interno delle cellule aumenti al di sopra di un certo livello critico8. Ed ecco che il corpo si resetta in uno stato congiunto di insulino-resistenza e di leptino-resistenza9 che inducono una condizione metabolica di pre-diabete e portano all’aumento di peso10 .

In altre parole quando questo interruttore viene attivato, il corpo si predispone a funzionare in modalità di emergenza e si prepara a sopravvivere come meglio può.

Aumentare il livello di acido urico è semplicissimo, basta ingozzarsi letteralmente di cibi ricchi di fruttosio (frutta matura, miele e nettare di fiori), o di cibi ricchi di purine e RNA (acciughe, alici, aringhe, sgombri, piccoli crostacei, animelle, fegato, cervello, ecc.).

Esattamente come fanno questi animali.

6 Martin SL. Mammalian hybernation: a natural reversible model for insulin resistance in men? Diabetes and Vascular Disease Research 2008, 5-(2): 76-81 (liberamente scaricabile da https://secure.sherbornegibbs.com/dvdres/pdf/3039/Vol5_Num2_June_2008_p76-81.pdf). 7 Johnson RJ. The Fat Switch. Mercola, New York, 2012. 8 L’acido urico è una sostanza chimica che negli esseri umani si origina a partire da processi di de-aminazione degli acidi nucleici e dell’AMP. L’acido urico è tradizionalmente associato alla gotta, una patologia dismetabolica molto fastidiosa, caratterizzata da iper-uricemia e successivo deposito di cristalli di acido urico nei tessuti peri-articolari, che si verifica quando i valori ematici di acido urico superano i 10 mg/dl. Studi recentissimi hanno però dimostrato che un accumulo di acido urico intracellulare attiverebbe anche il meccanismo dell’insulino-resistenza e della leptino-resistenza. 9 La leptina è un ormone secreto dall’organo adiposo che presiede un complesso sistema di regolazione degli equilibri e delle riserve energetiche. Per maggiori informazioni si veda: Friedman JM, Halaas JL. Leptin and the regulation of body weight in mammals. Nature 1998; 395: 763-70. (liberamente scaricabile al link: http://www.nature.com/nature/journal/v395/n6704/full/395763a0.html). 10 Nakagawa T, Hu H, Zhanikov S et al. A causal role for uric acid in fructose induced metabolic syndrome. American Journal of Physiology (2006) 290: 625-631 (liberamente scaricabile da: http://www.researchgate.net/publication/7532772_A_causal_role_for_uric_acid_in_fructose-induced_metabolic_syndrome/file/e0b495279906c61a8a.pdf).

Nel caso degli animali, però, questo stato metabolico scatenato dall’iper-uricemia è sempre transitorio in quanto si alterna a periodi di digiuno, o di grande sforzo fisico, spesso compiuti in condi-

zioni climatiche estreme che permettono di riportare il metabolismo alle condizioni di partenza, ripristinandone così la normale funzionalità.

Se andiamo ad analizzare il sangue di questi animali alla fine delle loro imprese, vediamo infatti che tutti i parametri che prima erano alterati sono improvvisamente tornati ai livelli di norma.

Questo ci spiega anche perché – viceversa – nella specie umana succeda il contrario. Anche l’uomo ha la capacità di utilizzare lo stesso meccanismo metabolico degli altri animali e l’interruttore che lo attiva è il medesimo. Anche l’uomo ha imparato ad abbuffarsi di cibi ricchi di fruttosio (bibite zuccherate, succhi di frutta, zucchero, sciroppi di glucosio e fruttosio, di mais, di acero, ecc.) e di RNA e purine (si pensi alla birra, che con il suo elevato contenuto di lieviti è l’alimento che più di ogni altro contiene RNA).

Il problema è che – a differenza degli altri animali – l’uomo si alimenta in questo modo durante tutto l’anno, senza frapporvi digiuni, né grandi sforzi fisici, così questo interruttore metabolico rimane attivato in maniera permanente e dopo un po’ diviene fonte di patologia esplicita11 .

È molto probabile che soffriate di un’aumentata resistenza alla leptina se:

• Siete sovrappeso eppure continuate a mangiare in eccesso e non riuscite a limitarvi • Vi sentite sempre stanchi • Nonostante assumiate molti carboidrati vi torna voglia di mangiarli dopo cena (o di notte) • I valori dei parametri metabolici sono sballati

Facile da capirsi, non è vero?

E facile anche da dimostrarsi. Se infatti somministriamo per qualche settimana a un gruppo sperimentale di giovani sani una soluzione di fruttosio al 10% in aggiunta alla loro normale dieta, siamo in grado di ottenere lo sviluppo di una sindrome metabolica in piena regola. Non appena però sospendiamo tale somministrazione (o se aggiungiamo un inibitore della sintesi di acido urico), ecco che il loro metabolismo nel giro di un paio di settimane si resetta e, come per miracolo, tutto torna alla normalità12 .

11 Johnson RJ, Perez-Pozo SE, Sautin YY et al. Hypotesis: could excessive fructose intake and uric acid cause type 2 diabetes? Endocrine Review (2008) 30:1, 96-116. (scaricabile da: http://www.researchgate.net/publication/23798203_Hypothesis_could_excessive_fructose_intake_and_uric_acid_cause_type_2_diabetes/file/e0b495279906b52a3a.pdf) 12 Perez-Pozo SE, Schold J, Nakagawa T et al. Excessive fructose intake induces the features of metabolic syndrome in healthy adult men: role of uric acid in the hypertensive reponse. International Journal of Obesity (2010), 34 454-461.

Quindi possiamo sintetizzare tutti questi dati affermando che la sindrome metabolica è un meccanismo adattativo naturale assolutamente reversibile e che il meccanismo bio-logico che porta alla sua reversibilità si inceppa quando: • si mangia troppo e troppo spesso durante i mesi autunnali e invernali • ci si alimenta in gran parte con cibi innaturali • non si digiuna periodicamente (in particolare durante i mesi autunnali e invernali) • non si fa periodicamente qualche attività fisica, anche di breve durata ma stressante (e, quando possibile, al freddo)

Da tutti questi dati si deduce che riuscire a invertire questa tendenza non è impossibile come sembra, purché si usino gli strumenti giusti (quelli impiegati da tutti gli altri animali del pianeta).

1.4 Interruttori difettosi e cortocircuiti metabolici

A questo punto i più curiosi tra voi si domanderanno: ma come fa l’acido urico a scatenare una sindrome metabolica?

Per rispondere a questa domanda dobbiamo iniziare con lo spiegare che l’acido urico nel corpo umano è in origine un prodotto metabolico che deriva dalla distruzione di RNA, DNA e ATP. Studi recenti suggeriscono che, nel corso dell’evoluzione della specie, esso possa aver giocato dapprima un ruolo di segnale di emergenza metabolica per organismi unicellulari, per poi mantenersi negli organismi superiori in quanto era utile anche allo smaltimento di azoto.

Con il passare dei millenni, però, la specie umana ha perso la capacità di produrre l’enzima uricasi,

e con esso anche la capacità di metabolizzare ulteriormente l’acido urico allo scopo di facilitarne

l’escrezione.

L’immagine che segue mostra le due principali vie metaboliche di produzione dell’acido urico nell’organismo.

MEtAbolISMo DEll’ACIDo uRICo

Fruttosio

ATP

Fruttochinasi

ADP

Fruttosio-1-Fosfato

Degradazione di Acidi nucleici

Degradazione di proteine ➜ aminoacidi (Glu, Gly, Asp)

AMP IMP

PURINE A e G ipoxantina

Xantina Ossidasi xantina

Xantina Ossidasi

Acido urico

La conseguenza della mancanza dell’enzima uricasi è che quando nel corpo umano l’acido urico – per qualsivoglia motivo – viene prodotto in eccesso, tende ad accumularsi nelle cellule, a defluire nel sangue e infine a depositarsi in alcuni tessuti formando artriti o calcoli renali.

Oltre a questo, l’acido urico rappresenta ancora oggi – per le cellule umane – un segnale di emergenza che, come in origine, sta a significare che l’organismo ha subito un danno tissutale. Esso va ad attivare un programma di ricostruzione e di accumulo che consiste in una complessa catena metabolica che si conclude con lo sviluppo di insulino-resistenza (un meccanismo comune a tutti gli animali, che serve per aumentare i livelli di glucosio e di trigliceridi circolanti). l’acido urico ha inoltre un importante effetto di stimolo sulla pressione arteriosa, provoca il rilascio di mediatori dell’infiammazione ed esercita sul sistema nervoso un effetto stimolante simile a quello della caffeina. Tutte reazioni utilissime quando un organismo vivente debba sopravvivere a una situazione di emergenza.

Questi meccanismi ci permettono di capire l’utilità dell’aumento dei livelli di acido urico quando l’organismo è ridotto alla fame, o stremato dalla fatica. O perché esista un meccanismo istintuale che porta certi animali a nutrirsi in eccesso di sostanze che elevano i livelli di acido urico circolante in determinati momenti della loro vita (prima di ibernazioni, estivazioni, o migrazioni).

Il problema è che l’uomo, se si alimenta in modo da elevare eccessivamente i livelli di acido urico13, finisce per trovarsi nelle medesime condizioni di questi animali, con in più l’handicap di non essere in grado di smaltire adeguatamente l’acido urico (per la mancanza dell’enzima uricasi). Per questo motivo l’uomo sviluppa gli stessi sintomi di tutti gli altri animali, ma lo fa in maniera permanente, anziché transitoria.

1.5 Cecità o complicità?

Non trovate strano che la maggior parte dei medici e dei ricercatori non si sia mai resa conto di tutto ciò? Non vi pare curioso, che nessun veterinario abbia mai suggerito a un medico queste similarità?

Eppure, già vent’anni or sono, uno studio finlandese (recentemente ripubblicato online) aveva avanzato il sospetto che potesse esservi un legame tra insulino-resistenza e iper-uricemia14 .

E anche se oggi nei Dipartimenti di Ricerca universitari stiamo correndo ai ripari e cercando di utilizzare farmaci inibitori dell’acido urico, o del metabolismo del fruttosio (non ancora in commercio) per combattere la sindrome metabolica, la maggior parte dei medici attualmente si limita a seguire le linee-guida che suggeriscono di prescrivere, in questi casi, farmaci che abbassano i lipidi plasmatici oppure farmaci antinfiammatori e/o inibitori della coagulazione i quali, purtroppo, non solo non risolvono il problema ma, anzi, portano con sé una serie di ulteriori effetti collaterali tra cui – paradossalmente – anche un aumento dei livelli di acido urico. In altre parole, per curare questi problemi vengono talora prescritti farmaci che, mentre sembrano migliorare la situazione a valle, la complicano in realtà a monte.

D’altra parte, se pensiamo che dietro la vendita di cibi industriali e di farmaci per la terapia delle malattie metaboliche e cardiovascolari scorrono letteralmente fiumi di denaro, non è affatto strano che nessuno si sia fino ad ora affannato a spiegare tanto ai medici quanto alla gente comune cosa bisognerebbe fare per prevenire o trattare in maniera naturale (e assolutamente economica) tutte queste patologie.

13 Le principali cause di iper-uricemia nell’uomo sono costituite dall’assunzione di un eccesso di fruttosio, lievito di birra e cibi ricchi di purine. 14 Vourinen-Markkola H, Yki-Jarvinen H. Hyperuricemia and insulin resistance. The Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism (1994) 78:1, 25-29 (liberamente scaricabile da: http://press.endocrine.org/doi/pdf/10.1210/jcem.78.1.8288709).

Proprio come fanno tutti gli altri animali del pianeta, i quali, senza bisogno di ricorrere al consiglio di nutrizionisti o a medicine, sanno perfettamente come resettare il proprio metabolismo quando l’emergenza è finita, utilizzando il meccanismo della sindrome metabolica in maniera assolutamente adattativa e reversibile.

Eppure già i padri della Dieta Mediterranea avevano intuito l’utilità dei digiuni periodici, tanto da farne il cardine di uno stile alimentare che sarebbe in seguito diventato uno dei più famosi sul pianeta.

Il problema è che, nel corso di questa transizione, la Dieta Mediterranea venne progressivamente spogliata e privata di alcune tra le sue più importanti caratteristiche (tra le quali la consuetudine a ricorrere a periodici digiuni intermittenti), allo scopo di renderla maggiormente “commerciabile”.

Se volete sapere come avvenne tutto questo, e come per anni le multinazionali sono riuscite a farvi credere che la Dieta Mediterranea – anziché una dieta intermittente – era la dieta del pane, della pasta e dei biscotti, contribuendo in questo modo all’esplosione dell’epidemia di obesità e diabete che attualmente affligge il nostro paese, non avete che da leggere il prossimo capitolo.

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