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Po Il mio Po Il mio Po Il mio P
hissà se le genti del Po, dalle Alpi al mare, hanno delle cose in comune? Mi sono fatto spesso questa domanda nei momenti in cui, a pochi passi da casa, raggiungo la riva del Grande Fiume. Per trovare la risposta mi viene incontro il lavoro di ricerca che Marino Marini ha profuso nelle pagine di questo libro.
Il Po, come tutti i corsi d’acqua imponenti, ha dato vita alla contaminazione tra le genti: le mondine che partivano dalle nostre campagne per andare a raccogliere il riso più su, a nord-ovest; i barcaioli che portavano più ad est le acciughe e l’olio, arrivate dal mare attraverso le valli cuneesi; ma anche i pesci, che risalivano il Po, anguille e storioni, per ritornare dopo il lungo viaggio verso i mari dove depositavano le uova. Contaminazioni di genti, di culture, di cucine.
Qui, nella mia Bassa, le genti non rinunciano al fiume, anche se è profondamente cambiato. Lo vengono a vedere, si preoccupano quando cresce, ne ricordano tutte le piene, nei giorni e negli anni in cui sono avvenute e a che altezza sono arrivate le esondazioni. Ecco, il Po è memoria. Atavica.
E la memoria non si baratta con nulla. La si mette a disposizione, con generosità, a chi verrà dopo, ma anche a chi passa di qui, lungo le sponde del fiume, per fargli capire che questi 682 km sono fatti di luoghi speciali che vale davvero la pena di scoprire. Lo fanno in pochi, e questa è la vera grande contraddizione.