IL PRIMO - numero uno

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Mensile a tiratura regionale Anno 6 - n. 1, febbraio 2011 20.000 copie - Distribuzione con La Gazzetta Free Press

La Molisana torna ai molisani

Izzi-De Vincenzo Le top della carineria

Di Grezia L’Autostrada si farĂ


s o mmari o In questo numero

Rubriche La droga è tra noi

pag. 7

di Adalberto Cufari

I travagli del Fuciliere

pag. 9

di Antonio Campa

Razionalizzazione scolastica di Sergio Genovese

pag. 11

Politica

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d

di B

Il bacio di Michele e Aldo di Dama

Allegato

Registrazione al Tribunale di Campobasso n°3/08 del 21/03/2008 DIRETTORE EDITORIALE

Gennaro Ventresca DIRETTORE RESPONSABILE

Angelo Santagostino A.I. COMMUNICATION SEDE LEGALE via Gorizia, 42 86100 Campobasso

12 Aziende La Molisana torna ai molisani

Tel. 0874.481034 - Fax 0874.494752 E-mail: Redazione

redazione@lagazzettadelmolise.it

di Gegè Cerulli

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STAMPA: A.I. Communication Sessano del Molise (IS) Hanno collaborato

Adalberto Cufari Antonio Campa Sergio Genovese Gegè Cerulli Daniela Martelli Domenico Fratianni Antonio Di Monaco Bernardo Donati Walter Cherubini Progetto grafico

Maria Assunta Tullo

Il personaggio Ricordando Mario Di Biase di Gennaro Ventresca

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ATT


di Gennaro Ventresca

Scuola

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La gita delladiscordia

di Bernardo Donati

Le top della carineria di Gennaro Ventresca

TTUALITÀ L’autostrada si farà! di Gegè Cerulli

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T

orno a casa. A “Il Primo”, naturalmente. Con gioia ho accettato la “rimpatriata”. I grandi amori non si dimenticano. E, giornalisticamente parlando, “Il Primo” è stato un amore travolgente. Che mi ha fatto sentire appagato. Prima di mettermi al lavoro per preparare questo numero che rappresenta il mio rientro e quello della rivista, rimasta “muta” per diversi mesi, sono passato in mansarda per spolverare il n.1 de “Il Primo”. Datato maggio 2002. Allora come adesso stavamo attraversando una vigilia elettorale. Guarda un po’: c’erano di mezzo le “provinciali”. I candidati a Palazzo Magno erano sei: Augusto Massa (che vinse, a sorpresa), Antonio Ventresca (lo sconfitto, contro ogni pronostico), Gino Di Bartolomeo (la scheggia impazzita), Carmine Trematerra, Antonio Martino e Antonio Piciocco i “guastatori”. Il centro-destra si fece del male e consegnò nella mani dell’Augusto la poltrona, specie per certi scivoloni registrati sulla costa. Il Savoia, appena restaurato, per merito di Antonio Chieffo capo della Provicia, aprì in tutta fretta per la visita del Presidente Ciampi, mentre il reparto di Otorinolaringoiatria del Cardarelli si consegnava ai malati con il nuovo primario, l’emiliano Marco Manzini. Dal canto suo, con la solita sagacia, Adalberto Cufari si chiedeva, in un bellissimo servizio: perché non trasformare la sede dell’ex Distretto militare in presidenza della Regione? A Termoli Remo Di Giandomenico si candidava a sindaco della sua città, sommando con la vittoria che sarebbe arrivata di lì a poco, il doppio ruolo di sindaco-onorevole. Antonio Campa con un suo reportage ci ricordava “Il Molise sconvolto dalle frane” e indicava i disagi a cui erano sottoposti soprattutto i campobassani per la situazione di Lama del gallo (Ingotte). Walter Cherubini con la sua penna velenosa scriveva “L’autostrada dei sogni” e, per mia mano, si faceva un ritratto di Mario Di Biase, indicandolo come “L’uomo che sta cambiando la città”. Augusto Massa che sentiva evidentemente già aria di successo annunciava di “voler trasferire in Provincia le mie competenze”. Gino Schioppa, numeri alla mano, sentenziava che “Siamo appena 316 mila e prevalgono le donne”. Stefania Martelli annunciava la presentazione, al “Sannitico”, del nuovo disco dei New Harlem su Renato Carosone, morto l’anno prima. E il pilota Fabio Emanuele si laureava il migliore del Molise. C’era poi una foto che è stata per lungo tempo uno spauracchio: il prato del Romagnoli pascolo per gli ovini. Dopo nove anni non è che siano cambiate tante cose. Il mio vintage oltre a farmi un bel massaggio cardiaco mi è servito a iniettarmi nuova energia per ricominciare. Spiegandomi che ci sono molte cose che sono sempre attuali. *** Ho ancora un sogno. E’ quello di fare ciò che gli altri non si attendono. La sorpresa come elemento fondante della vita molisana. Usando toni serafici e dialoganti, visto che scrivo tutti i giorni “sotto altro cielo” e usare il linguaggio forte potrebbe risultare petulante. Veri o no gli scontri alla tolda di comando della nave della politica mi offrono l’occasione per occuparmi (assieme alla mia squadra) della ritrovata intesa nella sinistra, di scrutare tra le pieghe degli uomini del governatore, leggere sullo spartito dei pochi seguaci di Fini, capire che ne sarà di noi. Ficcando il naso nell’ITR, nella Molisana, e in quelle aziende che potrebbero far ripartire lo scassatissimo motore dell’economia regionale.

L’EDITORIALE

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Palazzo san Giorgio

Ho ancora un sogno

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di Eugenio Percossi

AT T U A L I TA ’

Manca poco per la chiusura dei lavori all’ex GI di via Milano

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Tutto pronto per Molise Cultura La Fondazione che fa capo a Sandro Arco pronta a gestire il manufatto Si colma così un vuoto per gli appuntamenti culturali nel capoluogo lavori pubblici, si sa, non sono l’esempio della velocità. Risentono delle lungaggini burocratici e spesso basta un capello per ingripparne gli ingranaggi. La storia dell’ex GI di via Milano (angolo via Trieste) è romanzata. La Regione acquistò l’immobile per farne la sede del Consiglio Regionale. Partirono anche i lavori, affidati all’impresa Molinari. Ma bastarono pochi giorni dall’inizio della demolizione per far agguerrire magistratura, sovrintendenza e forze di polizia che fermarono urgentemente il cantiere. Mura e infissi erano già stati buttati giù, ma la demolizione finì sul nascere. Per far posto alla ricostruzione, nel rispetto dell’architettura originaria di epoca fascista, quindi storicamente di rilievo.

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Dopo anni di abbandono ecco l’intervento della Regione che ha deciso di utilizzare l’imponente unità immobiliare per farne un sito per i servizi culturali cittadini e regionali. Da qualche anno i lavori sono andati avanti speditamente e ora sembra giunto il momento della consegna dell’opera. Il Governatore ha appena ufficializzato di destinare l’ex GI e cinema Odeon agli aspetti culturali del capoluogo, attraverso la Fondazione Molise Cultura, da lui stesso fondata e affidata nelle mani di Sandro Arco, già assessore regionale (esterno) che ha preteso come buona uscita di essere risarcito con un incarico di assoluto prestigio. Una sala di proiezioni e per i con-

Le 10 regole per arrivare a 100 anni

gressi è stata costruita, in lieve pendenza, al posto dell’ex cinema; altre sale saranno destinate a mostre e ad altri appuntamenti culturali. Campobasso, insomma avrà un luogo deputato per le manifestazioni di prestigio. Interrompendo la politica dell’arrangiarsi(La Biennale dell’incisione ad esempio ha dovuto chiedere ospitalità sotto a un gazebo, all’interno dell’ex Distretto Militare, in via Verdone). Per quel che se ne sa l’edificio di via Milano potrebbe servire anche per realizzare una pinacoteca per contenere le opere degli artisti molisani, opere che si sono disperse e ammuffite negli anni nei magazzini; qualche altra, invece, è stata appesa in modo estemporaneo in locali assolutamente inadeguati.

Anche se non è riuscito a spegnere 100 candeline (è morto a 96 anni) Jack La Lanne, guru americano dell’alimentazione, ha fatto una fortuna spiegando come arrivare a 100 anni e vivere felici. Imponendo un proprio stile di vita e di alimentazione. Che andiamo qui appresso a riassumere. 1)Svegliarsi preso al mattino 2)Allenare il cuore (non solo fisico) 3)Mangiare due volte al giorno (mattina e sera) 4)No alla carne e si al pesce 5)Stare alla larga dai dolci 6)Evitare il cibo cotto, meglio crudo 7)Mangiare cibo che non ha un buon sapore 8)Assumere regolarmente integratori di vitamine 9)Allenare ciascuno dei 640 muscoli del corpo 10)Stare sempre in attività, a ogni costo.


Amori che ritornano

Il bacio tra Michele e Aldo nche se i protagonisti di questa vicenda non lo confesseranno mai, ma il loro ci sembra proprio un bel caso di ritorno di fiamma. Se vogliamo neppure tanto disinteressato, ma è certo che il fuoco si è acceso nuovamente nei loro cuori. A innescare la miccia, neanche a dirlo, sono le imminenti elezioni regionali. In cui il centro-destra auspica di raggiungere la terza vittoria di fila. Confermando come caposquadra il solito immarcescibile Michele Iorio di cui in tanti si sforzano a trovargli milioni di difetti, pur sapendo che il Governatore oltre a essere il migliore sulla piazza possiede un seguito elettorale di alto livello. A cui potrebbe unirsi quello dei seguaci di Aldo Patriciello, molto vicino a Silvio Berlusconi, come mostrano giornalmente immagini televisive e fotografie che lo ritraggono al fianco del premier nelle uscite ufficiali. Restando in campo fotografico abbiamo qui una bella sequenza di immagini che sintetizzano il riavvicinamento di Patriciello a Iorio o, se preferite, dell’isernino al venafrano. C’è di mezzo persino un bacio che nulla a che vedere con quello di Andreotti a Riina. Il Governatore e il parlamentare europeo che sta spendendo bene il suo

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abbia prestato all’altra la guancia, per il “primo bacio”. I due non hanno fatto niente per celare la ritrovata intesa che dovrebbe essere sancita ufficialmente con il rimpasto in giunta, per il ricambio di fine mandato. In quella occasione si

prospetta l’ingresso nell’esecutivo di Mario Pietracupa, cognato e delfino di Aldo che pur restando fedele ai colori del Pdl ha un suo peso anche nel gruppo molisano che fa riferimento a Pionati. (Dama)

Dopo un lungo dissidio Iorio e Patriciello tornano insieme

POLITICA

tempo a Bruxelles si sono parlati al chiuso e senza lo zoom indiscreto del fotografo, per poi ritrovarsi a una cerimonia istituzionale quale l’inaugurazione dell’anno giudiziario del Tar Molise. E proprio in questa occasione non si sa bene chi

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La droga è tra noi combattiamola di Adalberto Cufari

le garanzie dovute, una vera e propria mobilitazione. Un appello alle famiglie, alla scuola, alla chiesa, alle associazioni di categoria, alle forze sociali, ai presìdi culturali e scientifici più che alle forze dell’ordine che il loro dovere, tra non poche difficoltà, lo fanno. C’è un eccesso di perbenismo che deve essere smontato, altrimenti rimane prevalente la tendenza a far finta di niente, a minimizzare, a girare la testa dall’altra parte di fronte alla cadenza impressionante di arresti e di morti per droga. Quasi si trattasse di un accidente temporaneo e non, purtroppo, una caduta delle difese immunitarie che fino a qualche anno fa tenevano al riparo dal qualunquismo sociale e culturale la società molisana che sappiamo essere di prevalente matrice contadina. Ci sono ancora molti gradini della scala delle responsabilità da sa-

lire. Sono troppi, e troppo diffusi, i comportamenti che fanno strada all’ingresso dei pusher e alla captazione degli assuntori di stupefacenti. Siamo ormai sul limite di un baratro. Lo dice la cronaca, lo confermano gli operatori sociali e sanitari, lo sanno a menadito i carabinieri, i poliziotti, i finanzieri, i vigili urbani, tutti coloro che giorno dietro giorno, e notte dietro notte, hanno gli occhi e le antenne aperte sul territorio. Non viene detto ma in città, a Campobasso, c’è una differenza abissale di numero e di qualità tra le strutture che offrono divertimento, alienazione e perdita d’identità, in cui il supporto degli stupefacenti è considerato un elemento naturale, e quelle in cui v’è la possibilità di praticare sport, associazionismo, esercizio critico, e sano divertimento. Il differenziale diventa sempre più ampio e

molti addebiti vanno indirizzati al numero civico del Palazzo di Città. Da dove - e si cominci senza perdere tempo - è opportuno parta un messaggio chiaro e convincente a tutte le componenti pubbliche e private che attingono allo sviluppo e all’economia locali a limitare il proprio egoismo e i propri circoscritti vantaggi a favore di una crescita più equa e più razionale della città. Formula di sviluppo necessaria per inglobare e metabolizzare il disagio giovanile e le ingiustizie sociali. I campobassani, e non solo gli amministratori pubblici, devono rigenerare l’abituale buonsenso, il gusto della partecipazione, del confronto, della discussione a viso aperto; la voglia di creare un modello di città moderna ma non per questo aprioristicamente sottomessa alla prepotenza, alla illegalità, al facile guadagno e ai facili costumi.

S O C I E TA’

Droga: le appendici culturali ed economiche, le implicazioni, i drammi. Urge un dibattito che aiuti la conoscenza tecnica del problema e predisponga un aiuto a comprendere taluni lati oscuri del mondo in cui i diffusori e li assuntori di sostanze stupefacenti si muovono con rapida e distruttiva capacità. Un dibattito, prima ancora che la città perda innanzitutto la capacità di reagire e di fare argine al magma delle distrazioni, delle omissioni, e della indifferenza che accompagnano l’estendersi e l’espandersi di questo cancro sociale. Prima ancora che si perda la voglia di misurarsi su situazioni in cui conta poco o niente l’essere di destra o di sinistra; laico o cattolico; bensì essere indistintamente dalla parte dei giovani che non si drogano e di quelli che, per loro sventura, lo fanno; con le famiglie che non conoscono il dramma di avere nella loro realtà domestica un drogato e di chi, per loro sventura, ce l’hanno. Stare ovvero sul problema prima che diventi un’emergenza sociale. Molti aspetti della condizione socio-economica della città lascia trasparire la delicatezza della situazione e la necessità che prenda avvio, con le forme e

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di Antonio Campa

Camera con vista

I travagli del Fuciliere L

partire all’azione, come più volte ha fatto finora per zittire i sapientoni di turno. Lo scetticismo che rammarica Gino, ha varie ragioni, aldilà della congiuntura. Diciamo la verità, una parte di elettori e sodali, si aspettava dal fuciliere un ritorno alla politica dell’intrallazzo giustificato dalle buone intenzioni, del consociativismo che contentava molti e non disturbava il conduttore. Altre difficoltà al nostro, le procura la macchina comunale, in parte ostile, per il resto normalizzata da tre lustri di centrosinistra. Cambiare mentalità in fretta non è facile. Consiglio al Sindaco di migliorare lo stato di Palazzo San Giorgio. I predecessori hanno rifatto la facciata, lui si adoperi per rinnovare gli uffici, sostituendo pavimenti e porte indecenti. La sinistra, è noto, ha nel suo bagaglio storico un’arma micidiale come la propaganda. Ciò porta a sminuire i meriti del Sindaco, soprattutto quando sconfessa la precedente politica. Di Bartolomeo sì è ritrovato subito alle prese col bubbone SEA, in principio ottima azienda di servizi grazie alla gestione manageriale (ricordate gli spazzini sempre in strada?). A letto rifatto, la politica ha preteso d’infilarsi sotto le coperte, creando così un car-

rozzone pieno di debiti. Stesso discorso per il tunnel sotto la città. La riluttanza della maggioranza, ha spinto l’opposizione ad ammettere che era fondato il timore di danni ingenti alle case sovrastanti il buco, per la messa in sicurezza oltre agli 11 milioni stanziati, ne sarebbero occorsi almeno altri otto. Si può discutere su alcune scelte come la rinuncia alla notte bianca. Bisogna ammettere però che i modelli proposti in passato, erano stati quasi da fiera di paese, un trionfo di salsicciai e birrai con intrattenimento invero deludente, inseguendo la chimera provinciale di una movida proficua per il commercio come avviene solo nelle metropoli. Edizioni suggestive, avrebbero portato il Comune a sostenere l’iniziativa. Hanno quindi torto marcio i delusi? Certamente no. Per il colpo d’ala tanto atteso, non bastano rigore e dedizione. La Juventus aveva come leader lo stimato Liam Brady, ma l’avvocato lo sostituì con Platini. A Big Gino serve in fretta un rizzar di baffi, un colpo di frusta che riporti entusiasmo nel 55 per cento di campobassani che ha creduto in lui e zittisca il rumore dei nemici.

La congiuntura sfavorevole, una macchina comunale complessa e una città caotica, le spine del Sindaco che ha interrotto l’egemonia del centrosinistra ma non riesce a volare alto come auspica il popolo che lo ha votato e crede in lui

Di Bartolomeo affiancato dagli assessori De Benedittis e Cimino

Occorrerebbe innanzitutto una grossa campagna di sensibilizzazione contro la maleducazione diffusa, associata alla “tolleranza zero”. Parliamo male del Sindaco ma non diamo peso alle nostre scorrettezze quotidiane, con le auto, con l’indolenza verso la raccolta differenziata, col portare a spasso i cani usando la città come latrina, in generale con la riluttanza a dare un apporto proficuo all’affermarsi del senso civico, vera arma vincente per il rilancio del capoluogo. L’iniquità dei cittadini legittima quella del potere.

AT U A L I TA ’

’uomo in blu rischia di ingrigirsi. Non tanto per gli anni che passano (ne sono trascorsi 25 da quando in un’intervista lo definii in tal modo per via del look), quanto per le peripezie nell’impresa di guidare il capoluogo. Luigi Di Bartolomeo sta operando al meglio ma si fatica a riconoscere meriti alla sua Giunta, ritenuta a torto “mediocre”. Come obiezione, basta valutare le squadre di Massa e Di Fabio. Eccezioni a parte, l’Augusto più volte ha ammantato le deficienze con grande personalità e capacità. Altro luogo comune da sfatare, il trend favorevole al centro destra sfruttato da big Gino, che ha costruito invece la vittoria con sagacia e intelligenza, proponendosi in antitesi al primato dei partiti, determinando sia una rottura col pensiero dominante della sinistra (la riprova è nel flop delle primarie), sia stabilendo un rapporto di autonomia dai quadri del PDL. Di Bartolomeo non faceva ombra a Iorio, su di lui però c’erano molte remore. Ginone ha sbaragliato la concorrenza di talenti emergenti ma svogliati, lusingati dall’investitura e tuttavia poco inclini alla battaglia. Tutto ciò non interessa al popolo, che vorrebbe il Sindaco sempre pronto gonfiare il petto e

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di Sergio Genovese

Razionalizzazione scolastica irrazionale C

samente strutturato, veniva completamente stravolto dalla Regione mandando all’aria ore e ore di discussione e anche, se i lettori me lo consentono, tempo sottratto alla vita della Scuola o alla vita personale di chi ne ha preso parte. Quest’anno, le cronache di corridoio, raccontano storie in fotocopia: l’Amministrazione Provinciale ha tentato di strutturare la Regione ha demolito (di fatto è stato, così sembra, per gelosie di colorazioni politiche della serie a noi nessuno ci deve consigliare e insegnare nulla). Nel mettere o nel togliere molto ha contribuito il lavoro in apnea e subdolo di qualche dirigente scolastico che amico del politico acquiescente, si è sistemato come gradiva alla faccia dei ragazzi, dei loro genitori e soprattutto del senso della scuola.

Un comportamento da biasimare che relega il mondo scolastico in un ruolo deprimente per colpa di tutti non solo di coloro, i politici, del cui senso civico al netto degli interessi personali abbiamo, da tempo, perso ogni anelito di considerazione. Tutto questo accade nel mentre l’istituzione scolastica, per motivi tracimanti e ben noti alla gente, si trova oltre l’orlo di una crisi di nervi. Disfatta e detronizzata da riforme che ne hanno inficiato curricoli, programmi, successi formativi, senza soldi e con il personale disprezzato da stipendi da fame bloccati addirittura negli aumenti minimi per i prossimi anni. Ogni giorno bisogna convivere con ragazzi difficili, senza le famiglie alle spalle, tabagisti, alcolisti, solinghi e senza ideali di vita Ma tornando alla razionalizzazione come non citare

la scomparsa della Scuola Media “Francesco D’Ovidio” che rappresenta un pezzo di storia della nostra città e come sottacere sul fatto che a Riccia, in presenza di un polo scolastico, si continua ad annettere il Liceo ad una Scuola a quaranta chilometri di distanza. Tutti interrogativi che potrebbero essere risolti se entrassimo nell’accezione semantica della parola razionalizzare: ”…ordinare in maniera logica e funzionale”. Ci sarebbe da caricare il pungiglione ma mi limito a dire che se viene meno anche la Scuola, se la politica e il clientelismo oltrepassano certi steccati fino a ieri zone franche, se anche chi dovrebbe difenderla dal di dentro si allinea al degrado, allora ci consegniamo alla rassegnazione e aspettiamo di conoscere se il fondo è stato raggiunto oppure se c’è di peggio.

SOCIETA’

onfesso che quest’anno nel mio ruolo di dirigente scolastico non ho partecipato alle varie conferenze di servizio organizzate sul tema del piano del dimensionamento scolastico. Il motivo è presto detto: negli anni precedenti non ho saltato un appuntamento, gli incontri si sono distinti per una dialettica sovrabbondante. Quasi sempre presidi e sindaci sono apparsi cristallizzati per difendere territori, uffici e via dicendo, rappresentando il lecito e qualche volta l’illecito. Il piano alla fine, sentite le figure preposte, veniva redatto dall’Amministrazione Provinciale per essere successivamente approvato dalla Regione. Puntualmente si è verificato, per motivi che sfuggono ad una analisi logica, che quel piano tanto fatico-

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La Molisana torna ai molisani

AZIENDE

di Gegè Cerulli

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ono lontani i tempi dolorosi della “tenda marrone” posta come baluardo davanti alla Prefettura per mesi, per sensibilizzare autorità e opinione pubblica sulla grave crisi de La Molisana, il pastificio con il più alto brand regionale e tra i più prestigiosi d’Italia. Per l’azienda alimentare di Colle delle Api si annunciano tempi rosei, anche se la nuova proprietà, abituata a navigare speditamente nel campo industriale da cento anni, sa benissimo quanto sia duro il lavoro che l’attende. Ma apre nuovi scenari e rassicura, con la sua sola presenza, le maestranze, in tutto 90 persone che sono state per anni con il fiato sospeso, temendo il peggio. Prima di fare qualsiasi considerazione è appena il caso di ricordare che La Molisana, per anni, ha lavorato a un quarto delle sue potenzialità, tenendo bassa la produzione e di conseguenza il fatturato. Sono stati appena 25 i milioni entrati in un anno. I nuovi proprietari contano, nell’arco di un quinquennio di portarli a 150, facendo lavorare a pieno regime le macchine. Tutti d’accordo che non poteva finire in mani più salde l’azienda pastaia che fu dei fratelli Carlone e che è passata dopo un rovinoso scivolone nelle mani del napoletano Maione che ha mollato gli ormeggi, non trovando conveniente investire in modo massiccio come il caso richiedeva, per il subentro definitivo.

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E’ storia che sa di fresco l’ingresso della famiglia Ferro nella cabina di comando dell’azienda. La granitica società che da circa un secolo si occupa del commercio industriale della semola sotto la regia dell’impareggiabile guida di Enzo Ferro e con la presenza dei figli Giuseppe (amministrare delegato) e Rossella e del nipote Francesco ha idee chiarissime per il rilancio aziendale. Iniziando dalla selezione della materia prima. La pasta che andrà a collocarsi nello scaffale alto, assieme alla De Cecco e alla Voiello, sarà il frutto di una miscela di grani, per metà molisani e l’altra parte proveniente dall’Arizona. Va rimarcata la fidelizzazione dei consumatori della nostra regione che malgrado il prodotto si sia presentato a singhiozzo nei supermercati si è visto accordare la fiducia del 22 per cento del mercato. L’anno prossimo, però, le cose dovrebbero cambiare, attraverso un percorso spedito che dovrebbe far intravedere i primi sostanziali miglioramenti. Piace ricordare le poche ma appuntite parole pronunciate da Enzo Ferro in occasione dell conferenza stampa: “La nostra è un’azienda con le mani libere. Non avendo mai avuto nel corso degli anni, bisogno di fare la ruota ai politici. E’ andata avanti sempre e solo con le sue forze: questa è la sua forza”.


Enzo Ferro circondato a destra dalla figlia Rossella e a sinistra dal nipote Francesco e dal figlio Giuseppe

Don Peppe Ferro era un uomo dedito al lavoro e alla famiglia. Arrivò dalla Campania (Frattamaggiore) nella nostra città e si diede al commercio del grano e alla sua molitura. Scelse come sede Corso Bucci, in pieno centro. I problemi del traffico erano tutti da venire. Il figlio Vincenzo, detto Enzo, diligente e studioso, ha seguito le orme paterne, imparando il mestiere in tutte le sue sfumature. Hanno seguito la sua linea i figli Giuseppe e Rossella, due ragazzi brillanti quanto riservati. Al loro fianco c’è anche il cugino Francesco Ferro, un elemento di valore che ama la vita d’azienda. C’è stato un tentativo da parte della famiglia Ferro di allargare il campo d’azione anche in Campania, ma dopo aver annusato l’aria pesante della malavita organizzata c’è stato un repentino dietro front, con ritorno a pieno organico in casa Molise. Dove, grazie a Dio, la delinquenza non ha ancora fatto sentire i suoi morsi. (ge.ce.)

AZIENDE

Chi sono i Ferro

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di Walter Cherubini

Una Molisana di Ferro

AZIENDE

La storica azienda di semoleria campobassana vuole rilanciare il pastificio

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entotto milioni di euro uno sogna di vincerli al superenalotto. E’ la misura dell’investimento fatto dal gruppo Ferro per l’acquisto della Molisana, lo storico pastificio campobassano che si spera possa tornare a una produttività adeguata al prestigio dell’azienda. Lo stabilimento è ormai risanato e pronto ad affrontare nuove sfide. Bisogna dare atto di ciò al curatore fallimentare, che molto si è speso per evitare il tracollo. Se la Regione Molise ha generosamente concesso un contributo milionario all’azienda, il dottor Nicola De Socio, noto commercialista del capoluogo, ha pilotato la crisi con abnegazione e merito. Si è affidato al fitto

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d’impresa, assegnato a Maione, e dopo l’uscita di scena dell’imprenditore campano ha agito in prima persona, garantendo la continuità dell’attività industriale, riaprendo a fatica i canali commerciali anche all’estero, perfino in Giappone, per passare poi il testimone ad un’azienda prestigiosa come la semoleria dei Ferro, “mugnai per passione” ma soprattutto acuti imprenditori e oculati amministratori. In una regione dove la prima scelta di molte aziende resta l’assistenzialismo, bisogna portare ad esempio il gruppo Ferro che alle casse pubbliche non ha mai chiesto un centesimo. L’investimento è stato ingente e questo fa ben spe-

rare sulle intenzioni di rilanciare il pastificio, che conserva un buon valore patrimoniale. A parte gli immobili, la costosissima robotica dello stabilimento è all’avanguardia e giustifica la fiducia della famiglia Ferro. I segnali di rilancio ci sono, anche se le preoccupazioni non mancano. Gli addetti ai lavori stimano la forza lavoro necessaria per uno stabilimento come la Molisana, non superiore alle cinquanta unità, amministrativi compresi; le statistiche inoltre, ha confidato un esponente della nuova proprietà, rivelano che la produttività media in Italia è di circa 70 quintali al giorno per operaio. Allo stato, La Molisana produce 12 quintali di pasta per unità lavorativa. Un dato che inquieta il personale, soprattutto quello amministrativo, considerando che la semoleria Ferro ha già una propria struttura similare e anche per la Molisana si affiderà al supporto informatico della Team System. Cosa accadrà a livello occupazionale? Ci sarà un nuovo ridimensionamento dell’organico oppure si punterà ad aumentare la produttività, col rilancio di tutte le linee del Pastificio? Trattandosi di un problema di forte rilevanza sociale, è probabile che il piano industriale segua una linea di cautela e buon senso, come del resto è nella tradizione dell’azienda Ferro. Il problema di fondo resta

tuttavia il rilancio, con il recupero ed il rientro definitivo nel circuito della grande distribuzione commerciale. Il periodo precedente il fallimento della Molisana, ha segnato il futuro dell’azienda sotto questo aspetto. La difficoltà economica, invece di indirizzare verso la riduzione dei costi del lavoro (personale oltre le duecento unità, di cui la metà amministrativo con stipendi superiori alla media, dirigenti con appannaggi e benefici da nababbi), aveva spinto a destinare laute percentuali agli agenti di commercio. Pur di vendere si prospettavano alle aziende della grande distribuzione pagamenti a “babbo morto” e offerte allettanti. Quando però la situazione precipitò, lo stabilimento si ritrovò con forti esposizioni verso fornitori e intermediari. La morsa dei debiti impose il recupero coattivo dei crediti dalle grandi società commerciali. La conseguenza di questo circolo vizioso fu la chiusura dei rapporti con la grande distribuzione. Ancora oggi il marchio campobassano fatica ad imporsi nonostante la qualità del prodotto. Toccherà ai Ferro dare la scossa per il salto di qualità, che riporti in auge il pastificio, che vent’anni fa occupava una fetta di mercato nazionale del 4%, alla pari con l’Agnesi di Imperia.


di Antonio Di Monaco

servizio (con cadenza settimanale); a fini di rendicontazione ai propri utenti ed agli stakeholder (portatori d’interesse), anche attraverso la pubblicazione sul proprio sito web, con cadenza mensile; infine, per la comunicazione al ministero in forma aggregata e con cadenza variabile nel periodo di sperimentazione. Più in dettaglio, l’iniziativa mira alla rilevazione della customer satisfaction (soddisfazione dei cittadini/utenti) per i servizi erogati, attraverso il ricorso allo strumento degli emoticon (faccine emozionali). Come? In modo semplice e rapido: l’operatore, rilascia all’utente un foglio dove sono stampati il codice a barre che identifica il servizio, i tre emoticons (verde-giallo-rosso) e l’invito ad esprimere il proprio giudizio sul servizio erogato dallo sportello. All’uscita della sede è installato un terminale touch screen (videoterminale sensibile al tatto) dove inserire il foglio con il codice a barre. Non appena il display legge il codice, compaiono le tre faccine: verde in caso di giudizio positivo, gialla in caso di giudizio sufficiente, rossa in caso di giudizio negativo. La votazione avviene con il semplice sfioramento di una faccina. In caso di giudizio negativo, viene chiesto all’utente di motivare la sua decisione scegliendo tra quattro possibili opzioni: tempo di attesa, la professionalità dell’impiegato, necessità di tornare, risposta negativa. Il sistema, gestito informaticamente

assicura l’anonimato ed esclude l’eventualità di manipolazioni e opportunismi sia da parte del personale che degli utenti. Il sistema di reporting periodico restituisce i dati aggregati per ciascun servizio sottoposto a giudizio, che sono trasmessi al dipartimento della Funzione Pubblica e pubblicati sul sito web dell’amministrazione, affinché siano accessibili ai cittadini/utenti ed agli stakeholder. L’analisi dei report consente la definizione tempestiva di interventi di miglioramento sviluppando, al contempo, nell’utenza la percezione dell’efficienza e la fiducia nell’Ente, in una logica di progressivo avvicinamento tra le amministrazioni pubbliche ed i destinatari della loro azione. E le valutazioni degli utenti sono molto positive, nel senso che sono complessivamente contenti, sia dei servizi sottoposti a sperimentazione, sia del fatto stesso che su questi sia stata avviata una sperimentazione. Questo dimostra che il cittadino, se sollecitato nella maniera corretta, riesce a partecipare attivamente anche in quella che, in fondo, è una forma semplice, ma efficace, di controllo democratico sulla P.a.

SOCIETA’

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na faccina verde e sorridente se il giudizio è positivo, una gialla per la neutralità e una rossa se si è insoddisfatti. Palange Computer Discount ha elaborato un programma per rilevare la soddisfazione degli utenti (customer satisfaction) nella pubblica amministrazione. I cittadini potranno esprimere il loro giudizio sui servizi ricevuti dagli uffici pubblici. I terminali potrebbero essere apposti vicino agli sportelli delle amministrazioni che hanno partecipato all’iniziativa pilota “Mettiamoci la faccia”, ideata dal ministro per la Pubblica amministrazione e l’Innovazione, Renato Brunetta. Potranno essere valutati servizi previdenziali, anagrafici, pratiche automobilistiche, servizi alle imprese, tributi locali, biblioteche comunali. La rilevazione dei giudizi attraverso il sistema degli emoticon, è strutturata in modo da escludere l’eventualità di manipolazioni e opportunismi. Il giudizio, infatti, può essere espresso solo dal cliente che ha appena ricevuto il servizio ed una volta sola per il medesimo servizio. Non sono possibili manipolazioni da parte dell’operatore, è previsto un tempo limite per esprimere il giudizio dopo ogni operazione ed è creato un identificativo unico per il servizio ricevuto ed il giudizio espresso. I dati raccolti attraverso la rilevazione, confluiscono in report periodici che sono utilizzati dall’amministrazione: a fini interni, secondo le proprie esigenze di monitoraggio per miglioramento del

I terminali si trovano vicino agli sportelli delle amministrazioni che hanno detto sì all’idea del ministro Brunetta

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ANNIVERSARIO

Al Rinascimento serata di gala per i 10 anni della “Gazzetta del Molise” con consegna di oscar e tapiri; nelle foto: Ignazio Annunziata e Gennaro Ventresca consegnano i premi a Edmondo Falcione, Michele Iorio e Paolo Di Laura Frattura

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Oscar e tapiro Annunziata, Tondi, Santagostino, Ventresca, De Natale e Cimino

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’assegnazione dell’oscar e del tapiro sono un brand della Gazzetta del Molise che ha fondato gran parte delle sue fortune sulla chiacchierata rubrica che, ogni giorno, campeggia in copertina. Senza darla a vedere i potenti quando si alzano e accendono la tv per visionare la rassegna stampa televisiva la prima cosa che guardano è proprio la prima pagina della “Gazzetta”. Chi riceve l’oscar si sente gratificato; a chi è toccato il tapiro non resta che fare spallucce.

I destinatari del tapiro, quasi sempre, se la prendono a morte. Minacciando, in alcuni casi, anche brucianti ripercussioni che, fortunatamente, svaniscono. Appena la rabbia va via. L’oscar e il tapiro hanno radici anche un po’ più remote: venivano assegnati settimanalmente sulle pagine di 7 Giorni Molise, il periodico delle stesso gruppo che con l’avvento della Gazzetta è finito in archivio. Anche allora i potenti reagivano spesso in maniera scomposta

quando venivano “insigniti” del tapiro; solo in pochi, invece, trovavano opportuno ringraziare per l’oscar. La proprietà del giornale “La Gazzetta del Molise”, a cui fa capo anche “Il Primo”, in occasione della ricorrenza dei dieci anni di attività editoriale (il primo foglio fu “Popolo sportivo”) ha voluto organizzare una serata al Rinascimento, per festeggiare il decennale. E non si è lasciata sfuggire l’opportunità di stilare la classifica dei personaggi che, durante l’ultimo anno, sono stati

gratificati dall’oscar e punzecchiati dalla consegna del tapiro.I maggiori apprezzamenti sono andati al Governatore Michele Iorio, al quale però non sono venute meno alcune giornate di attapiramento; mentre il più bersagliato è stato il presidente della Provincia di Campobasso, Nicola D’Ascanio, che, molto sportivamente, accompagnato dal fedele addetto stampa Giovanni Di Marzo, non solo ha preso la parola per felicitarsi per l’iniziativa, ma ha anche ritirato il suo bravo “premio”.


di Bernardo Donati Monta la polemica sul rifiuto degli insegnanti di accompagnare i ragazzi in gita scolastica

Colleghi professori, siete certi di fare la cosa giusta? L

più accaniti si oppongono perfino alle gite autogestite, che in molte scuole si cerca di organizzare, facendo pressioni sui genitori, ammonendo a valutare la possibilità di un voto più basso in condotta, ché le assenze sarebbero ingiustificate. Non si sono posti il problema quando hanno esortato a scioperare contro la Gelmini, perfino con sms del tipo “Siamo con voi”, invitando a disertare le aule al posto loro “Perché a voi non costa nulla, a noi tolgono oltre cento euro dallo stipendio”. Quelle assenze erano ovviamente da considerare sacrosante, nonostante poi alcuni Presidi le abbiano ritenute comunque ingiustificate. Il risultato di tale stucchevole e contradditorio agire, è che a pagare le conseguenze dell’isterismo anti Maria Stella saranno gli studenti. I quali non imprimeranno nella memoria il soave ricordo della gita scolastica (un tema che ha ispirato racconti e pellicole cinematografiche). Ricorderanno per sempre, invece, i volti e le argomentazioni di chi ha negato loro l’esperienza. Sarà difficile che molti ragazzi si siederanno senza rancore al classico pranzo di fine corso, ammesso che si organizzi. Il paradosso che si profila, è che la volontà di non accompagnare i ragazzi in gita, si trasformi in un diritto negato e pure discriminante, perché non tutte le scuole seguiranno il diktat. Va ricordato che la gita scolastica è in realtà un viaggio d’istruzione. Non è dato sapere in quali scuole hanno portato a termine i loro studi gli ottimi professori che operano

a Campobasso e nel Molise. E’ logico pensare che i luoghi siano quelli che un po’ tutti abbiamo frequentato negli anni. Ciò rende più inquietante un astio politico (sempre in senso lato) che sfiora la cattiveria scolastica. Viene da chiedersi se davvero i professori barricati su questa linea punitiva, non certo per il governo, ma per i loro discenti, compresi i cocchi preferiti e gli adulatori che non mancano mai, siano convinti che opporsi alla gita scolastica sia davvero la cosa giusta da fare. E se i Presidi si rendano conto che il loro ruolo non è quello di assecondare i docenti che alzano la voce, ma di far valere l’autorità istituzionale. Per non dire di Ispettori scolastici e Provveditori, casualmente distratti, come la gran parte dei mezzi di comunicazione su questa vicenda clamorosa. Se questo è il quadro, la Gelmini ha avuto ragione da vendere, oltre che tanto coraggio, nell’affrontare in modo deciso lo sfascio della scuola e il degrado concettuale che angustia quella che dovrebbe essere la prima istituzione di uno Stato moderno e civile.

Il parere di un ex docente sulla protesta che nega in modo discriminante un diritto degli studenti

SCUOLA

a gita scolastica di fine corso è l’esperienza che più cementa un gruppo di studenti, diventati nel tempo amici, con qualche antipatia o rivalità ma comunque solidali tra loro. Ognuno ha un ricordo di quel viaggio conservato gelosamente nel suo cuore, un aneddoto, un flirt furtivo o al contrario una delusione amorosa, l’immagine di città e capolavori d’arte forse mai più rivisti. E’ l’aria della gioventù che si respira sui pullman soffocanti di caldo e sudore, che si ode nelle risate e nei cori finalmente liberi e irriverenti. Il viaggio per un professore è faticoso ma corroborante, per la spigliata e scanzonata allegria degli adolescenti. La gita scolastica quest’anno è purtroppo assunta a pietra dello scandalo negli istituti superiori di Campobasso, da quando i docenti ne hanno fatto strumento di lotta politica, sia pure tra distinguo e perbenismi. L’unica ad esporsi, è stata una prof militante, che ha chiarito in una lettera aperta alla Gazzetta del Molise la sua posizione, tipica delle minoranze rumorose. La giovane collega s’illude di rappresentare le masse con i suoi argomenti da novella pasionaria. E’ vero, la questione è politica ma in senso lato. Alcuni professori odiano le gite e soprattutto le responsabilità che comportano, altri non intendono muoversi senza appannaggio, come se sette giorni a Parigi o Venezia siano regalo da poco. Altri hanno dichiarato lotta dura senza paura alla Gelmini, rea di aver riformato la scuola. I sindacati fingono di non vedere. Gli insegnanti

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PALAZZO S. GIORGIO 18

Mariagrazia De Vincenzo 47 anni, mamma di due splendidi figli Venanzio e Gianmarco di 19 e 16 anni, geologo, per quattro anni vice presidente ANCE Molise, da oltre 10 anni commissario straordinario dell’istituto comprensivo Mario Pagano; assessore comunale all’Urbanistica Testarda, tenace, sempre solare… di Gennaro Ventresca

Le top della carineria Maria Grazia De Vincenzo e Adriana Izzi così vicine così lontane ue donne così diverse non potrebbero esserci, eppure sono forgiate dalla stessa officina, la politica, appartengo alla stressa categoria, delle vincenti. Ma il pittore che volesse farne una doppia icona per la rappresentazione della Desta e della Sinistra, dovrebbe minuziosamente segnarsi tutto il catalogo cromatico e mettere sulla prima, e cioè Maria Grazia De Vincenzo, attuale assessore comunale all’urbanistica, i toni pastello dell’autunno meridionale e Adriana Izzi,

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esponente di vertice della sinistra, i toni cenere del tipo “wasp”. Una donna originaria dell’alto Molise, figlia di un imprenditore edile elegante e gentile che ci ha lasciato precocemente con i capelli fatti a filo, senza boccoli, ma perfetta per offrirsi quale effigie di una moneta, è una bellezza tutta rassicurante la De Vincenzo, sposata e madre di due giovanotti, Venanzio di 19 e Giammarco di tre anni più giovane. Adatta al grande pubblico televisivo di prima serata, dove lei

Adriana Izzi

non va mai. Forse per scelta, magari perché la invitano poco o, forse, perché non si trova a suo agio davanti alle luci e alle telecamere. Bellezza tutta nervosa, invece quella della Izzi, intrigante persino, se fanno testo i molti volumi che si trovano nella biblioteca del suo studio di preside e a casa, dove legge e si informa, accumulando il sapere ad altro sapere. Brillante nella parlata e corrosiva quando scrive. E’ bella e solare la De Vincenzo, se fanno testo i

Mariagrazia De Vincenzo

suoi lampanti sorrisi, la sua aria giovanile, i suoi celebri twin-set e le collane dove tanti uomini vorrebbero andare a imbrogliarsi (cioè a imbrigliarsi). Certo la De Vincenzo ha avuto una bella fortuna dalla sua. E’ scesa in campo per la prima volta in politica nel momento in cui il vento spingeva forte dalla parte della coalizione del “fuciliere”. E ha avuto naso nel saper scegliere il partito, l’Udeur, dove le sono bastati “appena” 120 voti per essere eletta e avere spalancata la porta dell’as-


sessorato più prestigioso del Palazzo, l’urbanistica. Tanto per spiegare i casi della vita: Pilone con l’Udc è rimasto a casa, ad appena tre lunghezze da Ambrosio, pur avendo messo insieme 278 preferenze. La signora che sorride e che non arrossisce se le fanno una stroncatura giornalistica non ha avuto un precettore, avendo frequentato solo in periodo pre-elettorale Niro, eminenza grigia del partito. Ha preso così al volo qualche insegnamento grossolano di maestri dell’ultima ora prima di dire “si” a Ginone Di Bartolomeo, l’omone che fa rullare i tamburi ogni volta che parla e che atterrisce con la sua voce stentorea anche smaliziati militari della politica. La Izzi ha chinato la schiena sui libri per studiare Marx, il socialismo, la lotta al capitalismo, senza perdere di vista la letteratura francese e quella colta

nostrana. Mentre la Izzi è snob la De Vincenzo no. La Izzi è attenta alle forme, la De Vincenzo formalizza il suo status. La Izzi si fa fotografare a un convegno, a scuola, nel chiuso di una riunione politica, mentre arringa gli avversari in consiglio, la De Vincenzo non cerca il lampo di un nastro da tagliare, né reclama una opportunità per il proposito di fare migliore il mondo: più asili, più donne, più case per il popolo, più ordine nel settore edile, tanto in centro che nelle contrade, contrabbandando vere e proprie lottizzazioni per case coloniche. Nel gioco del vantaggio e dello svantaggio la De Vincenzo vanta l’agio di albergare in un ambiente borghese tendente al piccolo che la rende simpatica senza fuffe. Alla De Vincenzo che è geologa e ha fatto per 10

La Izzi ha chinato la schiena sui libri per studiare Marx, il socialismo, la lotta al capitalismo, senza perdere di vista la letteratura francese e quella colta nostrana

anni il commissario nell’istituto comprensivo Mario Pagano che è diventata una primula tanto si è rintanata nel suo ruolo ufficiale, si potrebbe fare questa domanda: “De Vincenzo, lei è stata in politica?” Già pregustiamo la risposta: “Da un paio d’anni, non si vede?” Ma è la politica che si vede e non si vede in lei, niente di male: è l’archetipo della carineria. Due scuole, due destini tra la De Vincenzo e la Izzi. Mentre la prima non è mai uscita dai margini del ruolo assegnatole la Izzi ha confessato senza modestia di aver contri-

buito a “promuovere una domanda di cultura forte e permanente”. Lo svantaggio della Izzi è descritto nella sua sociocultura di provenienza che è, per l’appunto, una sociocultura da manuale: l’ambiente del borghese altolocato, la tana propria della Sinistra invincibile, quella che detta regole nella sopravvivenza sociale.

PALAZZO S. GIORGIO

Adriana Izzi dirigente scolastico dell’istituto tra i più frequentati del Molise e donna di cultura spessa. E’ stata nominata assessore della giunta Massa e due anni fa eletta per la prima volta a Palazzo san Giorgio in una lista di sinistra che si oppone alla politica di Di Bartolomeo

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di Domenico Fratianni

“L’ansia vitale” di Giuseppe Jovine Nel decennale

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dell’improvvisa scomparsa del poeta e scrittore molisano, il ricordo appassionato di Domenico Fratianni, scritto subito dopo la dipartita del poeta nel palazzo Ducale di Castelmauro Un pezzo di Molise che tu portavi nel cuore e che, per effetto d’amore, io spesso dipingevo. Mi domando come farò a capacitarmi di non sentire più la tua voce dall’altro capo del telefono, di non vederti più sdraiato nel mio soggiorno a parlare fitto fitto di poesia, di arte e di varia umanità; a riscoprire, attraverso una tua poesia o un mio disegno/ incisione i legami intimi di un linguaggio comune avente come codice segreto il Molise, ovvero il sentimento mai parente del sentimentalismo e l’unghiata disperata di chi si ostina a credere di poter cambiare il mondo con il solo potere della poesia e dell’arte! Ecco cosa era per me Peppe Jovine! Una presenza gioiosa sempre, anche quando, a

volte, montavano i furori e gli sdegni per viltà ricevute! Un “Don Chisciotte” moderno, gentile, affabile, disponibile, che non si arrendeva mai di fronte alle avversità della vita e che si divertiva a sbeffeggiare la morte di continuo, quasi a volerla esorcizzare. Mi leggeva i suoi scritti e mi recitava le sue poesie ad alta voce, guardandomi poi con attenzione come ad aspettare le mie reazioni; lui, grande poeta (la distinzione tra la sua poesia in lingua e quella in vernacolo, lascia, per me, il tempo che trova), che si illuminava quando l’amico pittore si accendeva di entusiasmo per l’asciuttezza della sua parola che ti giungeva diritto al cuore. Ed ora? Come farò, Peppe, a capacitarmi che sei andato via per sempre?

Chi avrebbe mai pensato, amico carissimo, che sarei stato proprio io, per volere di tuo figlio Carlo a darti l’estremo saluto - rotta la voce dal dolore - alla tua messa funebre? Eppure, caro Peppe, non ricordi che proprio tu mi dicevi che la morte e la vita sono una cosa sola e che non si muore mai veramente quando chi ti vuol bene ti ricorda e ti ama? Ecco perché tu vivrai sempre. Ed allora sai cosa faccio? Mi attacco al telefono e chiamo il nostro carissimo amico comune Giose Rimanelli che vive lontano, in America, ma è con noi sempre con la sua anima. Gli parlerò di te come fossi vivo. Giose , che con te divide la grazia della poesia, capirà...

A R T E & C U LT U R A

ra diventata, negli anni, una storia di celebrazione dell’amicizia; i suoi ritorni nel Molise, lasciata l’aria della capitale, finivano sempre per trovare l’approdo nella mia casa, dove, inevitabilmente, si riallacciavano discorsi mai interrotti sul Molise. Sanguigno, passionale, tumultuoso, mordace, idillico, ironico; Peppe Jovine era tutto questo insieme. Quando ci si rivedeva, però, si addolciva, sempre disponibile, amoroso, felice, un sodalizio di umanità che trovava, parlando di Giose Rimanelli, il naturale rimando speculare delle sue e delle mie avventure e ricerche artistiche …”…E cche cccè vò? aveva scritto Peppe - “Arrizza le vracce e croce t’aretruve”- (E che ci vuole? Alza le braccia e ti ritrovi croce) - Io, Giose e tu nel mezzo… E adesso? Ti sei messo il cappello bianco in testa e ci hai salutato per sempre, facendo il gran salto, andando a raggiungere Gilda Pansiotti, Pietro Cimatti, Glauco Cambon, Albino Pierro, Filippo Accrocca, gli amici di sempre. E mi domando come farò a capacitarmi di non vederti più nel mio studio, davanti al cavalletto o sui monti della tua Castelmauro, dove sempre mi portavi a respirare l’aria odorosa di campi di ginestre e a registrare le linee del paesaggio della tua montagna che, per magia, spostando l’angolo di visuale, lasciava intravedere uno spicchio di mare, laggiù oltre la pianura frentana.

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di Gennaro Ventresca

La cerimonia

IL PERSONAGGIO

Ricordando M

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n una città in cui flottano migliaia di pensionati ottuagenari Mario Di Biase se n’è andato a 66 anni, dopo aver lottato strenuamente con un male estremo che l’ha prima sfiancato e poi sconfitto. Era un uomo fattivo, Mario: si è rimboccato in fretta le maniche, seguendo gli insegnamenti del padre, un capomastro, che si era messo qualche milione da parte lavorando in Svizzera. Arrivò in città da Ferrazzano con l’umiltà di chi proviene dal basso. Prese a modello Gigino Falcione, il big del settore edile e dei lavori pubblici del tempo. Era l’esatto contrario degli imprenditori di nuova generazione che si sono inventati il mestiere senza aver mai frequentato un cantiere. E’ cresciuto seguendo lo slogan paterno: lavori fatti a regola d’arte. E ne era fiero. Ogni volta che riavvolgeva il nastro della sua lunga traiettoria ci infilava di mezzo il padre e i tempi duri degli inizi di attività. Non si contano i suoi successi nel ramo imprenditoriale. A incominciare da una imponente lottizzazione a Ferrazzano (Nuova comunità). La sua escalation si registra quando decide di realizzare in città fabbricati di diverso format che si stagliano dalle linee generali. Dà dignità a via Crispi, conferisce un tono a via Insorti d’Ungheria, offre un angolo scic a via Nobile. Poi si lancia nell’ardua e lungimirante lottizzazione là dove c’era il molino Ferro, “La Città nella città”, di alto target. Per ceti agiati. Non si contano gli altri investimenti immobiliari sulla costa (Termoli), a Bologna, Roma e in altre importanti centri. Mario è stato un accentratore: amava seguire personalmente i lavori sui cantieri, concordare le linee con i progettisti, occuparsi perso-

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Antonio e Mario Di Biase

nalmente anche dell’amministrazione. Pur avendo, per ogni campo, illustri collaborati, seguendo l’esempio di Falcione, usava mettere il naso ovunque. Preso dal lavoro viveva poco la città, ma non al punto da farsi mancare la sosta al Bar Brisotti alle 7 del mattino: la sua giornata iniziava con il caffè sorseggiato assieme agli amici Adalberto Cufari, Silvestro Rampa, Claudio Pasquale e Raffaele Moffa. La sua

florida e frastagliata azienda resta nelle mani dei due figli, Antonio aduso a vivere sui cantieri e la figliola Angela, avvocato, che dirige un residence sul mare di Termoli. In occasione della sua morte in pochissimi lo hanno ricordato con un “pezzo” sul giornale o un servizio televisivo. E la cosa ha fatto un po’ scalpore. Visto che l’informazione locale si

attarda il più delle volte a riferire, con fiumi d’inchiostro, piccoli e frivoli accadimenti. Mentre si è fatta cogliere distratta di fronte a un avvenimento di così rilevante portata. In compenso gli sono stati vicini migliaia di amici, dipendenti, quanti lo hanno stimato e voluto bene.

Aveva 66 anni quando se n’è andato, lasciando due figli


ia degli addii

Mario Di Biase

lunga sosta ai box della fontana. Aperta solo per qualche giorno, in occasione dello scorso Corpus Domini. Per presentarla fugacemente alla folla oceanica che visita i misteri e anima le strade in quei giorni, attirata da bancarelle, concerti e festa strapaesana. L’hanno fatto morire senza regalargli neppure la piccola soddisfazione di vedere, davanti alla porta della “Città nella città”, la sua creatura. Sono spesso duri i cuori degli uomini. Specie quando ci si mettono di mezzo le ripicche. Perché, da qualsiasi parte si voglia guardare, c’è stato un vero e proprio boicottaggio nei confronti di Di Biase, il quale ha pagato per essere stato amico degli amministratori di centro-sinistra che gli hanno firmato le concessioni edilizie per realizzare una sostanziosa volumetria in pieno centro cittadino. Cosa che ci può stare, quando c’è di mezzo la politica,

Le sue lottizzazioni in centro hanno cambiato il volto del capoluogo

ma che dovrebbe lasciare spazio all’intelligenza e alla volontà dei cittadini che hanno manifestato da tempo la voglia di riaverla la vecchia fontana. Ora Cacciapesci, sia pur con qualche inevitabile sfumatura rispetto al disegno originale, butta acqua dalle sue cannelle, un’acqua che non è potabile, visto che scorre in un preordinato circuito, come avviene nei presepi. Le fanno compagnia i panni stesi degli ambulanti del mercato e che appendono le loro corde proprio sulla ringhiera che delimita la fontana. C’è poi il venditore di mutandoni di lana che si appoggia sovente contro le grate, in attesa di qualche cliente. Alle sue spalle c’è il monumentale complesso che attende di essere animato dai nuovi inquilini. Sulle ragioni del ritardo si sono fatte diverse ipotesi. Tutte “autorevoli”, visto che portano il timbro della gente di strada. Che, come si sa, ha sempre ragione e ne sa una in più del diavolo. (ge.ve.)

IL PERSONAGGIO

Non posso negarlo: ho provato un senso di nausea la mattina in cui hanno tolto le bende alla Fontana Cacciapesci, posizionata, non senza accese polemiche, sul marciapiede sinistro (a scendere) di Corso Bucci. Durante la cerimonia di inaugurazione a momenti mi prendeva l’orticaria nel sentire quelle frasi di circostanza che ricordavano Mario Di Biase, l’imprenditore creatore della DB, morto prematuramente solo pochi giorni prima. Con infiniti rimpianti. Non ultimo quello di aver lasciato incompiuto il progetto del rilancio della fontana in questione. E’ storia risaputa che tra la giunta Di Bartolomeo e Mario Di Biase non fluisse buon sangue. Da qui la

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di Gegè Cerulli errà il giorno in cui i molisani (pagando s’intende) transiteranno sull’autostrada Termoli-San Vittore. Se ne parla da decenni, ma ora, sembra, che si stia arrivando a passi svelti verso il primo importante traguardo fissato nel superamento di tutte le procedure burocratiche per giungere alla progettazione definitiva e alla gara per l’aggiudicazione dei lavori. Per il momento ci si muove per attivare la prima tratta, quella che dovrebbe collegare San Vittore con Campobasso, con i relativi svincoli previsti dal progetto di massima. Anche se la gente della nostra regione non si è eccitata più di tanto per le recenti notizie che sembrano finalmente foriere di tempi migliori, c’è da essere fiduciosi. Anche perché siamo in periodo pre-elettorale e si sa che la verifica delle urne mette l’argento vivo addosso ai contendenti, nel caso

ATTUALITA’

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specifico Iorio che vuol presentarsi agli elettori con un magnifico biglietto da visita. Enzo Di Grezia, su nomina del Governatore, è stato posto alla presidenza della Società Autostrada del Molise il cui consiglio di

amministrazione è formato dal professor Umberto Colalillo e dal dottor Alberto Montano; sono revisori dei conti Franco D’Abate e Franco Mancini. Nella predetta società fanno parte anche altri membri, non

molisani, in rappresentanza dell’Anas. Abbiamo avvicinato l’ingegner Di Grezia proprio per chiedergli notizie più particolareggiate sulla situazione autostradale. Enzo Di Grezia, ci dica: l’autostrada molisana si

Di Grezia: “Siamo in dirittura d’arrivo”

Enzo Di Grezia presidente della società Autostrada del Molise


Sono Sono 72 72 ii km km interessati interessati all’opera all’opera ai ai quali quali si si andranno andranno ad aggiungere aggiungere gli gli 88 ad già ultimati ultimati aaVenafro Venafro già lioni, una somma importante. “Certo. Per una grande opera è chiaro che ci voglia anche una cifra proporzionata”. Ma chi dovrà finanziare la strada? “Metà lo Stato, l’altra metà i privati”. I quali sono stati già in-

Costa dell’opera 1.350 milioni, metà dei quali a carico dei privati che dovranno poi gestire l’autostrada per 30 anni, incassando il pedaggio

dividuati? “Certamente. C’è un raggruppamento di imprese con Maltauro capofila che è pronto a scendere in campo”. Ci sono anche partner molisani nel consorzio? “Figura anche l’impresa Falcione”. Ma perché i privati dovrebbero entrare in que-

sta operazione? “Per gestire il funzionamento dell’opera attraverso il pagamento del pedaggio per 30 anni”. Solo per questo? “No. Le imprese hanno offerto altresì migliorie progettuali”. Che significa? “Che una volta arrivati alla gara d’appalto, nel caso i lavori non dovessero essere assegnati a loro, alle stesse condizioni dell’aggiudicatario potrebbero decidere di farli loro”. Quali sono le tappe per arrivare alla gara? “Prima di tutto aggiungere al progetto preliminare le osservazioni degli enti locali, per eventuali interferenze, entro 90 giorni, ma si dovrebbero ridurre i tempi”. Quindi? “Si passerà all’approvazione del progetto con i pareri del Cipe per il finanziamento”. E a seguire? “Ci sarà la progettazione esecutiva e il bando della gara per l’esecuzione dei lavori”.

Prima delle elezioni regionali la San Vittore - Campobasso dovrebbe essere finanziata dal Cipe e quindi appaltata

ATTUALITA’

farà per davvero? “Alla luce dei fatti sembra che questa volta abbiamo imboccato la strada giusta”. Ma sono anni che la notizia viene rimasticata senza che i fatti le diano forza. “Sono d’accordo, ma ora ci stiamo muovendo nella direzione giusta”. Perché tanti ritardi? “Per ragioni finanziarie, naturalmente. Il Molise è stato sfortunato nel dover fare i conti con una situazione congiunturale mai così critica”. Mentre ora? “Sembra che ci siano i soldi per coprire l’opera”. Che in un primo momento doveva riguardare Termoli-San Vittore. “Il progetto di massima rimane sempre lo stesso, solo che per questioni di finanziamenti, al momento, riguarda solo i 72 chilometri che dividono San Vittore da Campobasso, ai quali bisogna aggiungere gli 8 già realizzati per la tangenziale di Venafro”. Serviranno 1.350 mi-

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Ritrattino di Anna Favi

La zarina rossoblù Da direttrice generale è stata declassata a responsabile dell’ufficio marketing e promozione ma non si sente ridimensionata

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I Capone le hanno proposto un programma di lunga durata

quanto quello della Juventus. Ma improvvisamente la sciccosa signora anconetana s’è trovata nel tritacarne della critica, anche interna al club. Le competenze le sono state ridimensionate. Per ritrovarsi “Direttrice dell’ufficio marketing e promozione” e testimonial della Provincia di Campobasso (nel rispetto del contratto firmato con Nicola D’Ascanio) nelle trasferte dei rossoblu. In aggiunta ricade su di lei la responsabilità del settore giovanile che, un po’ per fretta e un po’ per ottusità di vedute è stato trascurato, come certifica il rosario di sconfitte che i “lupetti” hanno confezionato nel campionato Berretti. La zarina fresca e shampata diventa ospite fissa di una tv, le altre non le danno corda, ma non ne fa una malattia. Anche con il freddo pungente segue le sfide casalinghe dei rossoblu indossando una mise primaverile: giubbino, camicetta che si apre sul decolté e un pantalone (ora bianco, ora nero) che le fascia maliziosamente i fianchi. Sorride sempre, anche se sono gli avversari a infilare la palla nella nostra rete. E’ fatta così. Ride e dispensa speranza. Tra i rari obiettivi centrati c’è quello della rivista ufficiale del club, in carta patinata. Che crea più polemiche che consensi. Ma non si cruccia. Per ragioni costituzionali ha bisogno di darsi un tono, sempre. Navigando entro la politica degli annunci. Come succede in politica. Nonostante gli incerti risultati è sicura di meritarsi la riconferma. “La proprietà mi ha chiesto un programma di lunga durata” ha spiegato a chi firma questa nota. (ge.ve.)

Le critiche non la sfiorano e continua la politica degli annunci dei suoi ambiziosi “procetti”

ZOOM

a la parlata svelta e trascinata che evidenzia le sue radici doriche. E’ nata in Ancona la zarina di Selva Piana. E’ svelta, piacente e simpaticamente contagiosa. Forse più bella che brava. Ma si sa che l’apparenza conta e come. Specie se la “nostra” è molto abile a sapersi “vendere”. Ogni due per tre ricorda i suoi trascorsi di donna di calcio e d’azienda passati all’Ancona, alla Triestina e al Chieti. Forse c’è anche altro nel suo passato, ma è difficile senza carta e penna o addirittura senza l’uso di un registratore poterne fissare i passaggi. Ma poco conta, visto che Anna Favi piace così com’è. Frizzante e sorridente, senza mai appendere il muso neanche nei confronti di quei cronisti che non sono stati certo teneri nei suoi confronti. S’è presentata a Campobasso a pochi giorni dal via al campionato “Pro” sfilando come una soubrette sul palco allestito in tutta fretta davanti al municipio. Quella donna così emancipata in pochi minuti ha tracciato un programma suo e del club di Selva Piana talmente ambizioso da far pensare di trovarci di fronte ad un’Emma Marcegaglia dei calci d’angolo. Nei giorni successivi alla sua elegante passerella s’è spiegata meglio e ha tracciato le linee guida. Ha parlato di “procetti” su “procetti”, enunciandone almeno una ventina. Gli astanti hanno ascoltato in modo estasiato, senza porsi né porgerle domande. E lei la zarina con la pelle olivastra ben levigata e il fisico da indossatrice di provincia si è messa a declamare, come una novella Eleonora Duse. Davanti ai suoi occhi di carburo e ai suoi capelli corvini sono rimasti a guardare tanti sognatori che si sono sentiti altrettanti Gabriele D’Annunzio made in Molise. Non so ancora se il titolo glielo abbiano assegnato o se lo sia cucito addosso come un vestito delle sorelle Fontana, certo è che s’è svegliata “Direttrice generale”. La capolista di un organigramma ambizioso e seducente

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di Dardo

Mario Serra e l’au Mario Serra è una delle più interessanti e intriganti personalità dell’arte pittorica molisana. Il segno che lascia nelle tele sollecita stati d’animo particolarissimi, mossi dalla sua maestria e dalle opere che affondano in un gioco di rimandi dal reale all’onirico, in cui il colorismo, il simbolismo, la creatività, la suggestione sono motivazioni molto forti all’analisi di chi le ammira. La sua è pittura semplice (all’apparenza) e problematica nell’insieme: una combinazione istintuale e intellettuale, un crogiuolo cromatico che dipana intuizioni, creatività e messaggi, e chiama l’osservatore a un costante ripiegamento su se stesso, alla ricerca delle emozioni che lo stupiscono. Una pittura, questa di Serra, in preda ad un inesauribile divenire, aperta costantemente all’incantesimo, vissuta e ri-vissuta su parametri esistenziali di riflessione e intelligenza. Insomma, un artista di cui il Molise deve vantarsi di avere tra le espressioni più vivide dell’agone culturale. Ancorché dotato di un eclettismo che spazia, oltre la pittura, nella musica (compositore ed esecutore) e nella poesia.

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utonomia dell’arte Il critico Dino Formaggio ha scritto di Serra: “Il terzo millennio sarà la nuova era del colore. In questa bufera di immagini, tra le miriadi di questioni di coscienza, tra il progresso tecnologico e scientifico, lo sconvolgimento del vecchio che è ancora vivo e il nuovo che non riesce a manifestarsi, Mario Serra naviga come Ulisse, travagliato da mille difficoltà ed alla ricerca di dentro e fuori. Vive contraddizioni delle nuove zone aperte all’immaginazione, alla coscienza di sentimento, tra il vero e il falso. Mario Serra ha bisogno di una visione essenziale che racchiuda quanto più è possibile il reale, l’immaginario, cercando fin dove è scuro e invisibile”. Un artista di questa dimensione critica fatica ad attecchire nel contesto molisano, ma è destinato ad essere un punto di svolta, indicatore di una nuova stagione culturale in cui la creatività si fa carico di guidare l’affrancamento delle coscienze dal pauperismo imperante. Là dove l’arte procede spedita sul binario del rinnovamento, della fertilità, della provocazione l’opera pittorica di Serra è già titolare di primato e ammirazione.

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di Walter Cherubini

RUBRICHETTA

Molise 2020, cronache dal futuro

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a Giunta Regionale, presieduta da Michele Iorio, ha definito il nuovo piano straordinario per l’occupazione e il ripopolamento del Molise, reso necessario dalla crescita zero e da una popolazione formata per il 60% da pensionati. Antonino Molinaro, relatore di maggioranza, ha illustrato il progetto che prevede un impegno di cento milioni di euro. L’investimento andrà a vantaggio dei comuni aderenti all’operazione per riportare la forza lavoro molisana a regime utile per la produzione, grazie ai flussi di immigrati italiani e stranieri. Ai Comuni verrà assicurato il fondo cassa per affitti e servizi gratuiti destinati a quanti verranno a lavorare e prenderanno la residenza nel Molise. Il provvedimento non riguar-

L

derà tuttavia i comuni con più di diecimila abitanti, pertanto resteranno fuori dai finanziamenti soltanto Campobasso, Isernia e Termoli. Altri cento milioni di euro a fondo perduto, saranno destinati alle imprese operanti in Molise che assumeranno lavoratori. L’opposizione, capeggiata da Romano e Petraroia, ha bocciato la proposta, perché insufficiente e discriminante. In particolare, il piano non prevede un badget per garantire i viaggi di ritorno verso i paesi di origine dei lavoratori stranieri per le ferie. Non è stato garantito inoltre agli operai di fede islamica, il lavoro notturno durante il Ramadan. Malumore anche nei sindacati, che giudicano non adeguata la rappresentanza nelle commissioni istituite per le nuove assunzioni.

20 luglio 2020 Il Sindaco di Campobasso, Augusto Massa, ha annunciato l’esito positivo della gara per gestire il Terminal. La struttura verrà aperta non appena saranno conclusi i lavori di ristrutturazione della stazione. A gestire l’impianto per i prossimi dieci anni sarà la Nuova Sea, presieduta da Antonio Iacobucci.

5 settembre 2020 Il Presidente della Provincia di Campobasso, Gino Di Bartolomeo, ha inaugurato la rinnovata scuola “Enrico D’Ovidio” di via Roma, dopo gli interventi di adeguamento alle norme di sicurezza. L’istituto, come è noto, dovrà ospitare l’intera popola-

zione scolastica del capoluogo. Di Bartolomeo ha annunciato di voler destinare l’ex Liceo Scientifico di contrada Macchie ad istituto unico comprensivo per tutte le scuole medie del capoluogo e dell’hinterland.

22 Ottobre 2020 Alfredo D’Ambrosio ha accettato la candidatura a Sindaco di Isernia, dopo aver sconfitto nelle primarie Quintino Pallante. Il quale ha contestato con garbo l’esito della consultazione tra iscritti e simpatizzanti della lista “Unione per Isernia”, perché i risultati si sono discostati troppo da quelli degli exit poll di Telemolise.

21 novembre 2020

Antonino Molinaro, Francesco Di Falco e Rosario De Matteis

Gaudiano Capone non ha gradito le forti critiche di pubblico e stampa dopo il deludente pareggio casalingo con il Mosciano. Ha offerto pertanto il ruolo di Presidente del Campobasso all’avvocato Mancini. Lo stimato professionista ha accettato con spirito di servizio la proposta, annunciando subito un nuovo sponsor per la squadra. Si tratterà della ditta Gelindo, leader molisano nel settore dei gelati, che di recente ha acquisito il 3% della Sanson di Pozzo, patron dell’Udinese.


Le notizie più lette re: la una botte di “Isernia: n Vitto zione a S “La Molisana in li o S c o m a ci “I ngotte: ppate isfa “Ter stole, poli ioso pastifi na”. Sodd tico nei g lle e pi- l’inizio de un’esplosione segna Ferro”. Il prestig ne e poi ada si spia olitici e tecnici per d u rlo l tr nu ’a a s Ca ov i i” m o ell . co o at S rs fr r i to o” e . Undici ria anni fa e p che fu de più imil Governo di cent i versanti luogo pe di brividi nel cap riamente nelle ntro dove rosini- su lla che sarà l’opera Il Cda o- stra tra passato provviso è e on ai . e m M tr s ite co se iangolo qu il minis tano del Moli oche fa ppia un mani del napole assicurò che l’o tro Bordon L’amante portante a approvato il pr l colosso delle r da u pe to m ra va o la sa ri r re lo o e bb h at . u st e a s d a e st n n at ra u a ’A tu re n ll al c n fu e izzata in pochi ia per m acce a ma d della o v m ti io n es u o i. c semole Ferro. rd e a s ia e Un r e e il m a profezia che si ata perdona. un m getto i figli Pepp è tramutata Ma il bo , ma poi lo Enzo Ferro con Sbloccati . a in d ce od a an iss tr Fr ea s p tt te . iato: il cla o è scop to nipo mo ioni. Rossella e con il e 300 mil iato il rilancio strascichi giu re, la moglie e gli sco hanno annunc ata a moltidiziari. stin dell’azienda, de “Emer -cinque volte il “Process pericolo genza idrica plicare di quattro od , nessu per i cit z io n tu ne per tr el farro: prescrifatturato. ” to ta o s d S a in c u “ p i” e re il e . r L iore di oppia licato sce la v Sanità ’Isti- per Molinaro ati su quattro sità: sc b ic r b e e ”. Resta c u n h iv P d ia n a s riolo la ba du “U tecnico in pied a ncarotta organiz rante il tavolo poli”. legati d i to ti n n p fraudolen i e e r u a r s a z c il s p a q z a c to u z o e e n li . s p ta d g ig i e a “Provinciali: te liere regio d Molise on Pdl e de nsione tra i nale del l’elenco di parentela c o. ll ’e poli”. A destra e x n p a ti r esidente Cooperati a sin rappor ’Ateneo molis dell v l’incertezza. Si pa istra regna 2000 di T a Nuova Euro a rti dell ssa da una sifo rivento ch pa tuazione all’altr a tr al e patteggia uciata a co re. Favell vorrebbero “Neuromed, br che cambiano co n gli scenari tiis ll’ de a d io to ic ntinuamente. hegg hiara estr in auto”. Nel parc aneo ai fa vece si arta auto antti. tuto di ricerca qu i giorni”. poch data a fuoco in

Il libro porta la firma di Gennaro Ventresca notista del costume campobassano

Gennaro Ventresca che viene dallo sport dove ha trovato il suo mondo agiato resta uno dei rivisitatori della “campuascianità”. Per Il Quotidiano del Molise cura una rubrica, “La lettera”, in cui ripercorre gli aspetti più significativi della città capoluogo e della sua gente. Forse proprio per questo ha voluto scrivere un libro, “Gente di Campobasso”, in cui attraverso una serie di fotografie (circa 400) e altrettanti “medaglioni” passa in rassegna il ragù cittadino. Scrivendo delle persone

più in vista, ma non necessariamente le più “in”. Dal suo libro abbiamo estrapolato qualche riga, tratta dalle “considerazioni dell’autore”. Che qui appresso pubblichiamo. “Gente di Campobasso è la summa di mille occhi modernissimi che hanno ispirato il fotografo. Mi piacciono le foto non posate, i particolari colti un po’ di sbieco. Ho guatato gli uomini Per strada o al caffè o durante l’inaugurazione di una mostra; mi piace catturare lo stupore o la gioia di un attimo. Ho cercato di prepararvi una spremuta di intelligenza. Ho avuto la pretesa di infilarvi nello scaffale un volume agile che potrete andare a rivedere ogni tanto, leggendo anche velocemente alcune pagine, soffermandovi su qualche medaglione, su un naso troppo largo o una bocca con labbra sottili. Ho dato vita a un diluvio di intuizioni, di notizie, richiami storici, morali, sociologici, letterari, filosofici che

mi sono piovuti addosso durante la mia vita, da tutti gli anfratti del sociale. Non so se abbia ragione il poeta quando scrive che Campobasso è grigio pur avendo sole e cieli azzurri. La mia gente non è certo grigia, non s’è fatta catalogare, rimanendo quella di sempre, semplice e genuina. E con questo spirito che l’ho acchiappata, cercando di fare per ognuno un piccolo ritratto, cercando di coglierne gli aspetti migliori. A parlare male lascio che lo facciano altri. Specie delle figure pubbliche e imprenditoriali che non sempre sono amate dal volgo che, sotto sotto, ne soffre gli agi. E qualche volta le pure invidia. Aggiungendo: “Che bella cosa sarebbe se ci fosse un Dio che proteggesse solo gli onesti. Invece…”. I campobassani hanno le carte in regola per sentirsi protagonisti del loro mondo e se le giocano con avvedutezza e scaltrezza culturale e con strumenti espressivi l’originalità del loro modo di

essere. La mimica della gente campobassana, anche di quella che sembra uscita da un film western, è una giostra di mimetizzazioni, si modella sulla mimica dei maggiorenti borghesi, della quale prevale di volta in volta la discrezione, la burbanza, la sicurezza cinica e spavalda, la scettica noncuranza, l’abbandono ieratico. Certi personaggi non ridono mai, sembrano usciti da un ritratto di Pettinicchi, o di Scarano o dello stesso Fratianni che pur essendo un ottimista e un sognatore, quando deve mettere il pennello su tela accende i colori, ma ne spegne il sorriso. La Gente di Campobasso è la mia gente. Con la quale ho condiviso una vita. E per questo che l’ho voluta immortalare con una foto e qualche rigo di accompagnamento. Affinché le loro facce e i loro “score” non vadano sperduti, come petali di margherite”. Gli invitati riceveranno una copia omaggio.

PERISCOPIO

Esce “Gente di Campobasso”

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