S 2007 La Geomatica per i Beni Culturali, Architettonici, Archeologici e Artistici
GEOmedia incontra Giorgio Accardo
Modelli 3D multiscala a Grumentum
Valle dei Templi: dalla nascita dell’archeologia al laser scanner 3D
Un report dal Salone del Restauro di Ferrara
SOMMARIO SOMMARIO Editoriale Direttore RENZO CARLUCCI direttore@rivistageomedia.it Comitato editoriale FABRIZIO BERNARDINI, VIRGILIO CIMA, LUIGI COLOMBO, MATTIA CRESPI, MAURIZIO FAVA, SANDRO GIZZI, LUCIANO SURACE, DONATO TUFILLARO
“Save the world’s cultural heritage” umanisti e scienziati insieme di Renzo Carlucci
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Intervista 6
I mille volti dell’arte del Restauro. Intervista a Giorgio Accardo a cura della Redazione
Direttore Responsabile DOMENICO SANTARSIERO sandom@geo4all.it Hanno collaborato a questo numero: G. ACCARDO, L. ANGELI, C. ARIAS, C. BALLETTI, C. BENNARDO, F. BERNARDINI, G. BOSELLI, M. G. BULGARELLI, A. CARLINO, L. CARMIGNANI, G. CRISTOFORETTI, C.FABBRI, R. GABRIELLI, R. GALLOTTI, G. GRUPPIONI, F. GUERRA, G. KIEFFER, E. LATINI, S. LEGNAIOLI, P. MELI, V. PALLESCHI, D. PELOSO, M. PIPERNO, S. PIRO, G. RADI, E. SALVETTI, M. C. SALVI, R. SALVINI, L. SEBASTIANELLI, E. TOGNONI Redazione, Marketing e Distribuzione Geo4All Via Arrigo Boito, 126 00199 Roma Tel. 06.62279612 / 06.8600696 Fax 06.62209510 Skype: redazione.geomedia E-mail: marketing@geo4all.it diffusione@geo4all.it redazione@geo4all.it Amministrazione A&C2000 s.r.l. Via Arrigo Boito, 126 00199 Roma Web: www.geo4all.it E-mail: info@geo4all.it
Case Studies 14
Dal modello numerico alla reintegrazione della forma di Caterina Balletti e Francesco Guerra
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GIS e tutela del patrimonio ecclesiastico di Elena Latini
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Valle dei Templi: dalla nascita dell’archeologia al laser scanner 3D di Alessandro Carlino
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Melka Kunture: tecniche digitali per l’archeologia preistorica Autori vari
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Studio e recupero 3D della necropoli di Colle del Forno di Roberto Gabrielli, Daniela Peloso e Salvatore Piro
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Analisi sui pigmenti di ceramica neolitica tramite tecniche Raman e LIBS Autori vari
Progetto grafico e impaginazione DANIELE CARLUCCI Stampa Giemme Servizi S.r.l. Via Galileo Galilei ,11 00012 Guidonia (RM)
Report 38
Ferrara: un punto di riferimento per i Beni Culturali di Fulvio Bernardini
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Aziende e tecnologie: una rassegna mirata ai Beni Culturali a cura della Redazione
Condizioni di abbonamento
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La quota annuale di abbonamento alla rivista per il 2007 è di € 45,00. Il prezzo di ciascun fascicolo compreso nell'abbonamento è di € 9,00. Il prezzo di ciascun fascicolo arretrato è di € 12,00 . I prezzi indicati si intendono Iva inclusa. L’abbonamento decorre dal 1° gennaio per n° 5 fascioli con diritto di ricevimento dei fascicoli arretrati ed avrà validità per il solo anno di sottoscrizione. L’editore comunque, al fine di garantire la continuità del servizio, in mancanza di esplicita revoca, da comunicarsi in forma scritta entro il trimestre seguente alla scadenza dell’abbonamento, si riserva di inviare il periodico anche per il periodo successivo. La disdetta non è comunque valida se l’abbonato non è in regola con i pagamenti. Il rifiuto o la restituzione dei fascicoli della Rivista non costituiscono disdetta dell’abbonamento a nessun effetto. I fascicoli non pervenuti possono essere richiesti dall'abbonato non oltre 20 giorni dopo la ricezione del numero successivo.
2007 La Geomatica per i Beni Culturali, Architettonici, Archeologici e Artistici
Editore Domenico Santarsiero Registrato al tribunale di Roma con il N° 243/2003 del 14.05.03 ISSN 1386-2502 Gli articoli firmati impegnano solo la responsabilità dell’autore. È vietata la riproduzione anche parziale del contenuto di questo numero della Rivista in qualsiasi forma e con qualsiasi procedimento elettronico o meccanico, ivi inclusi i sistemi di archiviazione e prelievo dati, senza il consenso scritto dell’editore.
GEOmedia incontra Giorgio Accardo
Modelli 3D multiscala a Grumentum
Valle dei Templi: dalla nascita dell’archeologia al laser scanner 3D
Un report dal Salone del Restauro di Ferrara
La copertina di questo speciale è dedicata all'uso dei sistemi laser scanner per la documentazione ed i rilievi nel campo dei beni culturali. In particolare il sistema mostrato è l'ILRIS 3D distribuito in Italia da Codevintec (www.codevintec.it), utilizzato per la chiesa di S. Pietro di Porto Venere. Le prestazioni permettono di rilevare oggetti territoriali distanti anche oltre 1000 metri. Un video sul lavoro svolto a Porto Venere può essere scaricato da: www.geo4all.it/geomedia/ilris.zip
GEOmedia
Speciale
“Save the world’s cultural heritage” umanisti e scienziati insieme el quadro delle varie competenze, proprie degli esperti che operano nel settore del patrimonio culturale, si assiste da qualche tempo ad una esplosione di interesse talmente ampia che sembra quasi di assistere ad una contesa tra di essi allo scopo di salvare il Bene Culturale. La generazione precedente alla nostra, ha gestito il patrimonio essenzialmente tramite operatori di formazione umanistica che difficilmente affidavano a tecnici specialistici le analisi tecnico-scientifiche. Gli ingegneri, i geofisici, i chimici, i geometri e gli altri tecnici ad alta specializzazione erano difficilmente coinvolti nell’effettuare analisi sul patrimonio storico dal momento che, nell’epoca dell’espansione umana, le attività principi dell’ingegneria e delle scienze connesse, erano devolute esclusivamente allo “sviluppo” anziché alla conoscenza del patrimonio storico. Basta citare ad esempio la diatriba recente (degli anni ’80) relativa al rilievo diretto o indiretto dei monumenti che salutò in maniera molto diffidente la tecnica fotogrammetrica dedicata a questo scopo, a volte anche disconoscendola, in quanto obbligava l’operatore ad essere distaccato, ed evitava il necessario e caratteristico contatto diretto con l’opera d’arte. Una diffidenza ed una sfiducia dovute soprattutto alla mancanza di conoscenza specifica durante la formazione di base, nel momento in cui, come ad esempio nella Facoltà di Ingegneria, non esistevano specifici corsi dedicati al Patrimonio esistente in alternativa ai corsi destinati al patrimonio “da costruire”. Da quando, invece, ci si è forse resi conto che il costruibile è stato quasi tutto costruito, e che l’estrazione di materie prime e il loro consumo per fonti energetiche porta qualche scompenso al nostro mondo, l’occhio degli ingegneri e dei tecnologi si è rivolto alla conservazione del patrimonio costruito e alle analisi per la salvaguardia delle opere d’arte. Chissà che prima o poi non venga istituito qualche corso di “Demolizione del Costruito” e di “Ricostruzione del territorio” per i nuovi ingegneri del futuro che dovranno cimentarsi con problemi eco-ambientali enormi. Chissà, ad esempio, se la tanto praticata indagine geosismica non venga applicata solo all’archeologia, anziché per la ricerca di falde petrolifere. La pioneristica visione dell’Istituto Centrale del Restauro che primo ha avviato gruppi tecnico-scientifici all’analisi dell’opera d’arte con mezzi fisico-chimici-meccanici e biologici ha aperto la strada a quello che oggi è ormai diventato dominio di molte istituzioni e gruppi privati. Anche se, spesso visibilmente, rimane aperta la discussione sulle competenze dello storico che utilizza e richiede prestazioni al mondo tecnologico. La formazione dei giovani in Italia è sempre più indirizzata alla conoscenza del nostro patrimonio e il fascino delle tecnologie porta alla realizzazione di gruppi interdisciplinari ove le competenze umanistiche si integrano a quelle tecnologiche. E’ normale che in questo quadro nascano dei pluriesperti, ossia operatori provenienti prevalentemente dal mondo umanistico che apprendono l’uso di tecnologie ormai alla portata di tutti, quali ad esempio il GPS o le nuove Total Station, dove tutte le conoscenze acquisite dai tecnici possono essere memorizzate e ripetute con software adeguati e messe a disposizione da chiunque. Nelle pagine seguenti il filo conduttore e il tema principale è dunque questo: la necessaria integrazione tra umanisti e scienziati per la salvaguardia del Patrimonio Culturale dell’Umanità.
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Buona lettura, Renzo Carlucci
Lettere al Direttore: direttore@rivistageomedia.it
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GEOmedia
Speciale
Intervista
I mille volti dell’arte del Restauro
Intervista a Giorgio Accardo Giorgio Accardo (al centro), insieme ad una rappresentanza di tecnici del Laboratorio di Fisica dell’ICR e di esterni, che hanno collaborato alla realizzazione del modello fotogrammetrico del Marco Aurelio
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ell’ambito di questa seconda edizione dello speciale Archeomatica, ci siamo spinti oltre le tecnologie classiche di documentazione legate alla geomatica come disciplina. In tale contesto abbiamo voluto indagare il mondo del restauro, attraverso una intervista al dott. Giorgio Accardo, Direttore del Laboratorio di Fisica dell’Istituto centrale del Restauro, che ha contribuito con la sue ultradecennale esperienza, a capire come e quali siano le tecnologie che piu’ si prestano all’indagine, alla documentazione e all’intervento di restauro di un’opera d’arte o di un bene archeologico o, piu’ in generale, di un bene culturale.
GEOmedia – Tecnologia e restauro. Due mondi che lavorazione artigianale, oggi può essere anche figlia di una sembrano antitetici ma che in realtà hanno molto in tecnologia industriale o di un processo misto di lavorazione. comune. Perché? La differenza tra oggetto ed opera d’arte non sta però Giorgio Accardo – La tecnologia è sempre presente, nella serialità o meno della sua produzione ma nell’unicità perché legata indissolubilmente ai temi dello sviluppo e della sua ideazione, della sua bellezza, della sua forma, del dell’evoluzione, che caratterizzano e condizionano il modo suo potenziale estetico, nell’ autenticità del suo messaggio di vivere di ogni civiltà. universale, fermo restando che senza il mezzo materiale Ogni oggetto che viene prodotto, nasce con specifiche attraverso cui l’opera d’arte si manifesta noi non funzionalità ed è in pratica il risultato di un processo di potremmo mai percepirla. lavorazione della materia che può avvalersi di tecniche Poiché, come Cesare Brandi insegna, non si restaura industriali, artigianali o artistiche. l’opera d’arte ma si restaura solo il mezzo materiale Nel primo caso l’industrializzazione del processo, basata attraverso cui l’opera d’arte si manifesta, è allora su tecniche automatiche di lavorazione, è finalizzata alla impossibile eseguire un corretto restauro se non si ha produzione di una grande quantità di oggetti tutti uguali, ma anche una approfondita conoscenza del processo possono essere prodotte anche serie limitate tecnologico seguito per la sua “...se un tempo di oggetti, come ad esempio accade nella realizzazione, se non si conosce il l’opera d’arte era il produzione delle Ferrari, o oggetti unici comportamento fisico, chimico e risultato di un come nel caso delle barche a vela che si meccanico dei materiali costitutivi. Questa contendono la coppa America. conoscenza è di fondamentale importanza processo creativo Nel secondo caso, le serie di oggetti per poter operare nel restauro, è la legato ad una prodotti sono necessariamente limitate e gli condizione necessaria senza il rispetto della tecnologica di oggetti non sono perfettamente uguali quale il restauratore rischia di lavorazione perché il processo di fabbricazione è compromettere in modo irreversibile il artigianale, oggi può caratterizzato dalla lavorazione manuale. mezzo fisico attraverso cui l’opera d’arte si Quando interviene anche l’estro creativo essere anche figlia di manifesta, pregiudicandone per sempre la dell’artista il prodotto è un’opera d’arte sua percezione. una tecnologia unica, a prescindere dalla tecnica di L’Istituto Centrale per il Restauro nasce industriale o di un lavorazione seguita. Ma, se un tempo nella piena consapevolezza del legame che processo misto di l’opera d’arte era il risultato di un processo esiste tra materia ed opera d’arte, tra lavorazione.” creativo legato ad una tecnologica di tecnologia e restauro.
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Nel 1939, con la fondazione dell’Istituto, è di fatto iniziato il cambiamento che ha rivoluzionato il modo di restaurare. Giulio Carlo Argan racconta che “I restauratori, allora, erano artisti o artigiani, spesso abili ed esperti, ma sempre empirici; fu proprio per questo che con Cesare Brandi, con cui eravamo fraternamente amici dal giugno del 1932 quando ci incontrammo la prima volta a Siena, decidemmo di promuovere la trasposizione del restauro dal piano artistico-artigianale al piano scientifico.” Ed è per questo che gli artefici di tale iniziativa hanno voluto che all’interno dell’Istituto fossero contemplati laboratori scientifici: per la caratterizzazione delle tecniche artistiche, per l’analisi dei materiali costitutivi dei manufatti, per lo studio del comportamento fisico/chimico dei materiali impiegati per il restauro, per la conoscenza dei processi di deterioramento e la ricerca sistematica delle cause di degrado. Conseguenza di tale impostazione sono le innovazioni tecnologiche che fin dall’inizio sono state sviluppate dai laboratori scientifici dell’Istituto. GEOmedia – Vista la lunga esperienza come fisico all’ICR può raccontarci quale ruolo ha ricoperto storicamente il laboratorio sotto l’aspetto dell’avanzamento tecnologico negli strumenti d’indagine, di intervento e di conservazione? G.A. – Già nel 1952 il Laboratorio di Fisica anticipa nella sostanza l’applicazione della Tomografia Assiale Computerizzata (TAC), realizzando per la prima volta un’apparecchiatura per eseguire indagini Stereo Strato Radiografiche (SSRX) al fine di individuare i difetti presenti all’interno del materiale, di determinare la loro posizione, le dimensioni di eventuali perni e/o saldature all’interno delle statue e così via per le differenti tipologie di manufatti. Nel 1954 venne sviluppato il telaio elastico, una soluzione innovativa per risolvere i problemi di degrado dei dipinti su tela. Le molle utilizzate dal sistema, oltre a controllare il comportamento elastico della tela, possono essere utilizzate come strumento per misurare il livello di tensionamento iniziale della tela e le sue possibili variazioni nel tempo. Stranamente questa soluzione, pur essendo molto semplice ed efficace, è stata poco praticata. Ma forse non è molto strano perché, come spesso accade, le innovazioni tecnologiche troppo precoci non
Il sistema di Radiografia Stereo Stratigrafica (SSRX) messo a punto nel 1952
vengono quasi mai recepite al momento in cui sono proposte. La stessa cosa è accaduta, ad esempio, con il concetto di restauro preventivo introdotto da Brandi che ancora oggi stenta ad essere praticato. A questo proposito proprio negli anni ’70 il Laboratorio di Fisica ha lavorato, sotto la guida dell’allora direttore Giovanni Urbani, all’elaborazione del “Piano Pilota per la Conservazione Programmata dei Beni Culturali in Umbria”. E’ questa la prima proposta tecnica in grado di organizzare sistematicamente la pratica della prevenzione. Per poter attuare il restauro preventivo in modo estensivo ed organico bisogna conoscere lo stato di conservazione dell’opera e le cause di degrado. Di conseguenza, se si vuole agire correttamente allo scopo di prevenire qualsiasi tipo di danno, è necessario misurare lo stato di conservazione di ogni singolo bene, misurare e controllare i parametri responsabili del degrado dei materiali costitutivi. Il Laboratorio di Fisica ha contribuito fin da allora al raggiungimento di tale obiettivo individuando e mettendo a punto da una parte tecniche di misura e di Controllo non Distruttivo (PnD), come la termovisione, l’interferometria olografica, l’endoscopia, e dall’altra, collaborando all’elaborazione dei primi modelli normalizzati per la schedatura dello stato di conservazione. Purtroppo il “Piano Umbro” non sarà mai realizzato perché viene ostacolato da una mentalità che non è in grado di recepire proposte tecnologiche avanzate, come nel caso del telaio elastico, perché predilige invece gli interventi di estrema urgenza, di indilazionabile emergenza, come lo stesso Brandi aveva già sperimentato molti anni prima. Negli anni ’90, ricorrendo alla tecnologia GIS, il Laboratorio di Fisica contribuisce alla realizzazione del primo Sistema Informativo Territoriale per la valutazione del rischio di perdita di ogni singolo bene appartenente al Patrimonio Storico Artistico italiano e per la rappresentazione, sotto forma di carte tematiche, di tutti i dati che concorrono a tale fondamentale determinazione: dai dati geografici di base, comprendenti l’identificazione e la posizione sul territorio del singolo bene, ai dati afferenti il dominio della Pericolosità Territoriale, come la sismicità del territorio, l’inquinamento, ecc, a tutti quelli che definiscono la Vulnerabilità Individuale di ogni bene schedato.
Speciale
GEOmedia
La forma dell’Italia disegnata dalle coordinate geografiche utilizzate dal GIS della carta del rischio per localizzare 100.000 beni sul territorio
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Speciale
Dunque un GIS che, dopo aver rivisto ed aggiornato il modello di scheda già elaborato in occasione del Piano Umbro, si propone di acquisire, attraverso la schedatura, i dati necessari a determinare lo stato di conservazione dei beni, allo scopo principale di costituire il primo DBMS nazionale in grado di calcolare la Vulnerabilità e il Rischio di perdita di ogni singolo bene, tenendo conto delle variazione che nel tempo possono subire tali parametri. Queste informazioni sono di capitale importanza se ci si propone la pratica sistematica del restauro preventivo e se, in altri termini, si intende avviare una politica di conservazione dei beni storico artistici basata sulla manutenzione programmata, sulla pianificazione degli interventi e sulla distribuzione delle risorse in funzione delle reali necessità conservative. Ma quella stessa mentalità, cui si è appena accennato, riesce ancora una volta a impedire il raggiungimento di tali importanti obiettivi, anche se questi sono già a portata di mano. Grave è il danno che si produce quando applicazioni tecnologie così complesse, sviluppate con grande dispendio di risorse, sono distolte dagli scopi per cui sono state concepite. In questo caso la cattiva gestione e l’uso improprio di questa innovazione tecnologica si contrappone ancora oggi alla formazione del DBMS della Vulnerabilità di tutti i beni appartenenti al patrimonio storico artistico italiano, perpetrando una carenza informativa che solo il Ministero dei Beni Culturali può e deve colmare. Ma cosa ancora più incredibile è che questa mentalità, che sta minando alla base la missione principale dell’ICR perché impedisce la pratica del restauro preventivo, si manifesta proprio attraverso la componente storico artistica dell’Istituto stesso. GEOmedia – Il Progetto Marco Aurelio è stato un momento molto importante sia a livello tecnologico che metodologico. Cosa può raccontarci a proposito? G.A. – L’esperienza del Marco Aurelio è iniziata nel 1979, in seguito alla bomba fatta esplodere il 19 aprile da un gruppo di terroristi sulla piazza del Campidoglio, ed è
Marco Aurelio: visualizzazione al computer del modello digitale 3D, secondo la restituzione fotogrammetrica per sezioni (5 mm)
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terminata il 21 aprile 1997, con la collocazione della copia al posto dell’originale. E’ stata un’occasione unica che ha permesso di verificare e confermare la validità dell’approccio metodologico ereditato da Brandi e consolidato da Urbani. Il lavoro svolto nell’arco di oltre 15 anni, grazie anche ai contributi forniti da una comunità tecnico scientifica allargata, ha permesso di definire una serie di applicazioni tecnologiche, la cui validità generale si è confermata tutte le volte che in seguito si sono dovuti affrontare altri casi di opere in bronzo, dai monumenti equestri del Mochi a Piacenza, al Perseo di Cellini, al caso più recente del Satiro danzante di Mazara del Vallo. Il Marco Aurelio è stata l’occasione in cui ho sviluppato anche un nuovo ed originale procedimento, dedicato soprattutto alla scultura, e basato sul rilievo geometriconumerico della forma. Al tempo del restauro del Marco Aurelio non esistevano i sistemi di rilievo basati sulla scansione laser 3D. L’unico modo possibile di generare un modello digitale 3D di una forma non riconducibile ad una figura geometrica regolare era quello di utilizzare il rilievo fotogrammetrico. Il processo di restituzione prevedeva allora la rappresentazione della statua rilevata solo per curve di livello. I 6 prospetti ottenuti dal plotter erano un bel disegno utilizzato al più come documentazione grafica in aggiunta a quella fotografica. I dati rilevati costituivano in realtà la memoria numerica della forma nella dimensione tridimensionale dello spazio, corrispondevano a quello che oggi è il modello digitale 3D. Ho allora proposto di utilizzare i 6 prospetti per localizzare nella rappresentazione topografica tutti i dati che interessavano le caratteristiche costruttive del manufatto, i difetti, le riparazioni, i punti di prelievo per le analisi ecc. Allo stesso tempo ho sviluppato un processo di lavorazione automatica a controllo numerico che, utilizzando i dati della fotogrammetria restituiti per sezioni invece che per curve di livello, consentiva di materializzare, per aggiunta di strati di uguale spessore, la forma della statua. Questo mi ha dato la possibilità di costruire modelli fisici in scala ridotta e conformi all’originale che ho utilizzato come cavie per condurre tutte le sperimentazioni necessarie senza sottoporre a rischi di danno l’originale. Pertanto prima ho utilizzato il modello digitale 3D per eseguire la simulazione al calcolatore del comportamento statico strutturale del Marco Aurelio tramite il metodo di calcolo agli elementi finiti, a seguire il modello fisco per mettere a punto la tecnica di misura tramite estensimetri. Quando è emersa la necessità di collocare il monumento in ambiente confinato per proteggerlo dall’inquinamento, abbiamo potuto realizzare anche la copia, senza procedere tramite la tecnica tradizionale del calco diretto. Grazie al procedimento da me ideato e messo a punto abbiamo realizzato un modello fisico stratificando le sezioni restituite dalla fotogrammetria ogni 5 mm. Ciò ha permesso di evitare all’originale tutti i rischi di danno cui sarebbe stato sottoposto se si fosse usato il silicone.
Nessuno poteva controllare lo spazio... fino al suo arrivo.
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GEOmedia
Speciale Il modello “fotogrammetrico” del Marco Aurelio realizzato per aggiunta di strati da 5 mm
Avete idea di quanti frammenti di doratura sarebbero stati strappati durante la sformatura del silicone? Grazie alla immaterialità del modello numerico di partenza è stato anche possibile maggiorare del 2% la dimensione del modello stratificato per compensare il ritiro del bronzo. In questo modo la copia del Marco Aurelio, oltre ad essere fedele, è stata la prima ad avere le stesse dimensioni dell’originale.
L’aspetto di questa copia, che dal 1997 si trova sul Campidoglio, non dipende dal processo tecnologico messo a punto ma dalla patinatura decisa dagli archeologi del comune di Roma. La stessa scelta avrebbe conferito lo stesso aspetto anche ad una copia ottenuta da calco diretto. La decisione di questa patina non è stata da me mai condivisa, così come non lo era quella di integrare manualmente la superficie del modello fotogrammetrico al fine di ottenere un risultato più simile a quello del calco diretto. In alternativa avevo proposto di utilizzare il modello fotogrammetrico, in quanto rappresentazione rigorosa dell’originale. Il modello discreto si distingue in modo esplicito dall’originale grazie agli scalini che caratterizzano la sua superficie. In questo modo il modello non si presta ad essere confuso come invece avviene se a sostituire l’originale è la copia ottenuta da calco diretto. Quante persone sono invece ingannate dalla copia del David di Michelangelo esposta a palazzo della Signoria? Quando si deve integrare un volume mancante, come nel caso del Campidoglio, l’aspetto discretizzato della superficie ha la stessa funzione del tratteggio praticato per l’integrazione delle lacune pittoriche: non disturba la lettura dell’immagine e, da distanza sufficientemente ravvicinata, permette di riconoscere la parte non originale da quella originale. La soluzione da me proposta, pur essendo più coerente con la teoria del restauro, non è stata mai accettata. Evidentemente quella mentalità cui si accennava prima si manifesta in tante forme diverse e riesce ad essere sempre presente per ostacolare la diffusione di utili innovazioni tecnologiche.
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Proseguendo nella stessa direzione le ricerche condotte dal Laboratorio di Fisica dell’ICR hanno permesso di cogliere anche negli sviluppi più recenti della tecnologia digitale 3D altre importanti occasioni di innovazione. Lo dimostrano i risultati ottenuti per il Satiro danzante di Mazara del Vallo, (vedi il sito www.ilsatiro.it, ndr). L’applicazione dei processi di reverse engineering insieme all’utilizzazione dei nuovi sistemi di rapid prototyping hanno di fatto aperto nuove prospettive per la documentazione di forme complesse, per trovare le soluzioni più adatte al problema della ricomposizione di
Le “nuvole di punti” acquisite durante la scansione laser 3D del Satiro di Mazara del Vallo. In basso a destra una vista laterale del modello
parti staccate o mancanti, per lo studio e per la memoria della forma di una scultura. La costruzione sistematica dell’archivio digitale 3D della Scultura, proposta dal Laboratorio di Fisica fin dal tempo dei finanziamenti stanziati dal governo per sfruttare i cosiddetti Giacimenti Culturali, non può essere ulteriormente rinviata e, per finanziare il progetto, dovrebbe essere sufficiente che l’Istituto ed il Dipartimento dell’Innovazione Tecnologica del nostro Ministero si ricordassero che è stato un attentato a provocare il restauro del Marco Aurelio, che l’attuale minaccia di atti terroristici o vandalici non è di sicuro diminuita, così come continua ad essere presente il rischio di eventi catastrofici, naturali o no, e che l’azione degli agenti inquinanti, è lenta ma continua. GEOmedia – L’ICR è da sempre un referente d’eccezione nello scenario del restauro e dell’innovazione nella gestione di particolari aspetti dei beni culturali. Può illustrarci qual è il ruolo specifico e la collocazione dell’ICR nel contesto generale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali? G.A. – Si può dire che l’Istituto Centrale per il Restauro sta al Ministero per i Beni e le Attività Culturali come l’Istituto Superiore di Sanità sta al Ministero della Sanità. L’ICR è un’istituzione pubblica la cui missione
fondamentale è quella di studiare i meccanismi di deterioramento delle opere d’arte, di ricercare e di sviluppare metodi e tecniche di misura, di indagine e di intervento per la conservazione ed il restauro delle opere d’arte. Sulla base dei risultati ottenuti l’ICR ha anche il compito di formare e di produrre le direttive per chi deve operare. Ma, a differenza di quello che avviene con l’Istituto Superiore di Sanità, i risultati e le indicazioni diffuse dall’ICR sotto forma di raccomandazioni operative, di protocolli, di norme, di consulenza ecc., non sono vincolanti, perché non sono mai state trasformate in norme di legge, nonostante la validità e la correttezza sia stata riconosciuta di fatto anche all’estero. Ciò significa che gli operatori privati ma anche pubblici possono agire liberamente, ossia anche in maniera difforme da quanto stabilito dall’ICR. A volte è accaduto che le stesse Soprintendenze o altri Uffici del Ministero, abbiano operato in contrasto con le indicazioni dell’ICR, con conseguenze dannose per l’opera interessata dall’intervento. Così capita anche di dover intervenire d’urgenza, per correggere gli errori, sprecando tempo e risorse. La prima volta che le indicazioni dell’ICR sono diventate norme di legge risale a pochi anni fa quando, sotto la spinta federalista della Lega, si sarebbe dovuto decidere sul passaggio dei Musei alle Regioni. Si tratta di un documento tecnico, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, riguardante lo standard minimo cui doveva rispondere un museo per garantire condizioni idonee alla conservazione dell’opere in esso contenute. L’Istituto ha lavorato da più di 30 anni, in collaborazione con il CNR, ai cosiddetti gruppi Normal. Questi gruppi hanno prodotto molti documenti tecnici riguardanti le norme da rispettare per il trattamento dei materiali lapidei, ma questi ultimi non hanno mai avuto valore vincolante. Solo di recente, ma sempre con grandi difficoltà ed ostacoli da parte delle Direzioni Generali del Ministero si è raggiunto un accordo con l’UNI (l’Ente Italiano di Unificazione delle Norme tecniche, ndr) per trasformare i documenti dei gruppi Normal in norme ufficiali, in standard riconosciuti per legge e quindi vincolanti per chi opera in questo campo. GEOmedia – Come si muove l’ICR nell’ambito internazionale e che rapporti ha con l’ICCROM e con le altre istituzioni del settore? G.A. – Con l’ICCROM (International Centre for the Study of the Preservation and Restoration of Cultural Propert, ndr) abbiamo un rapporto di collaborazione costante. L’accordo prevede che una certa percentuale del tempo dei tecnici ICR sia riservata ad attività per l’ICCROM. Questo tempo, nella maggioranza dei casi, viene dedicato ai corsi di formazione e training che l’ICCROM organizza soprattutto per la formazione degli operatori dei paesi in via di sviluppo. Altre volte la collaborazione viene data per particolari progetti di ricerca o per interventi di conservazione e di
restauro organizzati dall’ICCROM anche all’estero. In molti altri casi il rapporto di collaborazione con l’estero nasce su richiesta del paese interessato, che riconosce la validità del modo di operare dell’ICR. Questo riconoscimento viene da molti paesi esteri, per cui il numero dei tecnici dell’Istituto che esportano la conoscenza e l’esperienza maturata in questo campo è negli ultimi anni aumentato. Oggi possiamo trovare una sorta di sezioni della scuola italiana di restauro distaccate in Cina, in India, in Argentina e spesso siamo chiamati anche in situazioni belliche molto critiche, come è accaduto a Baghdad ed in Afghanistan. Recentemente abbiamo avuto l’attenzione anche dei giapponesi, che sono venuti a trovarci in Italia, per conoscere meglio le nostre applicazioni tecnologiche, in particolare in relazione al GIS della Carta del Rischio, ed ai dispositivi in fibra di carbonio che abbiamo realizzato per movimentare in sicurezza il Satiro danzante, proprio in occasione del suo trasferimento prima al Museo Nazionale di Tokyo ed, a seguire, alla EXPO 2005 di Aichi.
Speciale
GEOmedia
GEOmedia – L’Italia possiede il più ricco patrimonio artistico del mondo e le capacità degli operatori nel campo dei beni culturali e del restauro non sono da meno. Aziende, tecnologie, know how: quali sono i valori d’eccellenza che gli italiani possono promuovere all’estero su questo fronte? G.A. – Credo che le applicazioni tecnologiche di cui abbiamo finora parlato, abbiano tutte le carte in regola per essere promosse all’estero, come anche molte altre
Qui sopra, Roberto Ciabattoni, tecnico del Laboratorio di Fisica dell’ICR, controlla l’apertura delle casse all’arrivo del Satiro alla EXPO 2005 di Aichi, in Giappone Sulla destra, il “guscio protettivo” per il Satiro Danzante è stato realizzato stratificando le fibre di carbonio sul prototipo del Satiro derivato dal modello digitale 3D
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GEOmedia
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sviluppate dai nostri Laboratori di Chimica, di Biologia, di di funzionamento della tecnica che si vuole utilizzare o Prove sui Materiali, e di cui non c’è stato modo di parlare. trasferire, unita a quella delle specifiche problematiche della conservazione e del restauro. La loro promozione non dovrebbe essere neanche molto Indispensabile in tal senso è la conoscenza delle difficile perché l’attenzione e l’interesse per gli sviluppi tecniche artistiche unita alla conoscenza delle tecnologici da noi condotti in questo settore è molto caratteristiche chimico-fisiche dei materiali costitutivi e maggiore all’estero che in Italia. Tra l’altro, in questo del comportamento fisico-meccanico del manufatto. modo, si potrebbe avere una ricaduta utile anche per le Io ho imparato a fare il fisico del restauro lavorando dal realtà imprenditoriali che hanno dato la loro disponibilità 1974 all’Istituto Centrale per il Restauro, all’interno di per la messa a punto e la sperimentazione di tali una struttura dove il fisico, il chimico, il biologo, il applicazioni. I migliori risultati si sono ottenuti quando restauratore, lo storico dell’arte sono affiancati ed ognuno abbiamo avuto la possibilità di lavorare a progetti di può conoscere i fatti ed i problemi dell’altro campo grazie sviluppo e ricerca insieme ad imprese private. In questo ad un’organizzazione così concepita proprio da uno modo è stato possibile accostarsi a tecnologie nate per storico dell’arte. essere utilizzate in altri settori, tecnologie che a causa dei Sono quindi convinto che un mestiere così complesso e loro costi sarebbero stato impossibile sperimentare nella delicato si può apprendere solo all’interno di una struttura normalità. Così diventa anche più facile individuare e dove è possibile uno scambio tra esperienze lavorative di realizzare le modifiche e le integrazioni che bisogna diverse professionalità. apportare a queste tecnologie per “Sono convinto che un Finora così è stato ed è merito poterle utilmente impiegare anche nel proprio di questa impostazione se, settore dei beni culturali e nella mestiere così complesso e almeno in questo settore, possiamo massima sicurezza. delicato si può apprendere vantare un primato che anche Lo sfruttamento dei cosiddetti solo all’interno di una all’estero ci viene riconosciuto. giacimenti culturali, ad esempio, è Ma quanto ancora potrà durare rimasto fino ad oggi confinato alla struttura dove è possibile uno questa impostazione organizzativa? sola formula delle mostre permanenti scambio tra esperienze Di fronte ai cambiamenti in atto da e temporanee di opere, di siti ma qualche anno su tutta esistono molte altre forme possibili di lavorative di diverse l’organizzazione pubblica dei beni sfruttamento, legate ai prodotti professionalità.” culturali non so quanto questo secondari che possono essere derivati primato potrà durare. dall’applicazione di particolari E’ difficile spiegare, ad esempio, le modifiche che si tecnologie e che potrebbero essere messi facilmente in sono verificate nell’organico dell’Istituto nell’ultimo circolazione anche attraverso internet. decennio. Queste registrano solo un aumento della componente umanistica, rappresentata oggi da più di 60 GEOmedia – Raggi X, tomografie, termografie, unità tra restauratori, storici d’arte, archeologi e architetti, sistemi laser per la riproduzione di calchi digitali e per a fronte della componente scientifica, ridotta a meno di 20 la pulizia delle statue fanno parte delle diverse unità, tra biologi, chimici e fisici. applicazioni verticali nel campo del restauro. Qual è il Un sbilanciamento così sfavorevole ad una sola parte percorso professionale per esercitare ed apprendere un non si era mai verificato, ne’ si intravedono all’orizzonte mestiere così complesso e delicato? G.A. – “Non basta che uno scienziato ricco di idee sia segnali di possibili reclutamenti per invertire questa realmente versato nel proprio campo. Se i suoi pensieri tendenza. Anche la scarsità dei finanziamenti destinati lungimiranti debbono essere fecondi gli devono essere negli ultimi anni dall’Istituto a progetti di ricerca ed parimenti familiari i fatti ed i problemi dell’altro campo cui all’innovazione tecnologica sono una conferma evidente di questa tendenza tanto da indurre a pensare che presto si riferisce il suo lavoro.” Così diceva Max Planck nel 1942 ma sono convinto che l’impostazione del restauro tornerà ad essere quella di prima del ’39. il suo pensiero sia ancora attuale. Bisognerebbe allora chiedersi: perché mai un giovane La facilità manuale con cui alcune apparecchiature dovrebbe essere interessato ad imparare un mestiere che, possono essere messe in funzione può trarre in inganno e secondo l’attuale tendenza, non sarà più richiesto? niente ha a che vedere con le modalità che devono essere seguite ed osservate nell’impiegare quella particolare tecnica di indagine allo scopo di acquisire specifici dati ed informazioni. L’uso ed il trasferimento di tecniche di intervento, metodi di indagine, analisi, controllo e misura in un settore differente da quello per cui sono stati progettati e messi a punto non e’ automatico, ne’ immediato, ne’ semplice, come si potrebbe erroneamente credere, ma A Cura della Redazione presuppone la conoscenza approfondita dei principi fisici
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Dal modello numerico alla reintegrazione della forma di Caterina Balletti e Francesco Guerra
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egli ultimi anni gli aggettivi numerico o digitale che sempre più spesso accompagnano i termini rilievo e rappresentazione non fanno altro che sottolineare come l’evoluzione che si è avuta negli strumenti e nelle metodologie abbia inevitabilmente imposto un approccio diverso al settore della conoscenza e documentazione del patrimonio culturale. Tra le varie esperienze in atto, molte hanno lo scopo di studiare, approfondire e sviluppare l’integrazione di tecniche per il rilievo dimensionale e la ricostruzione 3D di luoghi e oggetti con particolare attenzione agli aspetti metrologici del problema, mediante il confronto tra metodi di rilievo tradizionale e quelli di recente applicazione.
In particolare recentemente si è assistito ad un rapido sviluppo di tecnologie di scansione 3D per la conoscenza di forme anche ad alta complessità morfologica, sviluppo che ne ha affermato l’efficacia come metodo per l’analisi e la conservazione dei Beni Culturali. Il rilievo del sito di Grumentum (Basilicata), caso studio individuato nel progetto di ricerca “Sistemi di rilievo e modellazione tridimensionali per l’architettura e l’archeologia. Integrazione di tecniche laser scanning e fotogrammetriche per la realizzazione di modelli 3D multiscala mappati”, si colloca all’interno di quelle attività sperimentali che hanno lo scopo principale di definire dei protocolli e delle specifiche di rilievo e di modellazione, sperimentando i più recenti strumenti nel campo della documentazione della forma e del colore e studiando delle forme di rappresentazione alternative o complementari a quelle tradizionali.
dei manufatti architettonici emergenti) e di rilevare anche ogni frammento che viene ritrovato (rilievo dei particolari). Il rilievo diventa dunque non solo studio della città e delle architetture ma anche un contenitore multiscala per la catalogazione delle emergenze, in un suo uso strumentale alle discipline archeologiche.
Le campagne di rilievo (agosto 2005-2006) Per predisporre un apparato conoscitivo appropriato si ricorre attualmente all’uso integrato di laser scanner 3D, tecniche di fotogrammetria digitale e GPS, al fine di ottenere un modello numerico tridimensionale. Infatti la complessità e la ricchezza dei siti archeologici pone la necessità di rilevare la posizione dei manufatti all’interno di un’area urbana, di rilevare ogni singolo edificio (rilievo
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Fase di acquisizione dei fotogrammi aerei da pallone frenato nella zona del Foro
La città romana di Grumentum La nascita di Grumentum viene fatta risalire alla prima metà del III sec. a.C. Viene menzionata dalle fonti dell’epoca della seconda guerra punica, quando i Romani si scontrarono con Annibale proprio nei pressi delle mura di Grumentum. Nel 133 a.C. diviene colonia romana grazie alla sua posizione strategica: era collegata a Venosa e alla via Appia, a Nord, e con la costa tirrenica e la via Popilia a Sud. L’insediamento, che si sviluppa su tre terrazze naturali, ospita: un teatro di età augustea, nelle cui adiacenze sono stati rinvenuti un tempietto di tipo italico (età Severiana) e una grande domus con pavimenti a mosaico; il foro, collocato nell’area centrale dell’insediamento, dove è tutt’ora possibile riconoscere il capitolium ed un tempio dedicato alla triade capitolina; infine la struttura più imponente del sito, l’anfiteatro, ubicato nell’angolo nord orientale dell’area, dalla forma ellittica che in parte sfrutta il naturale pendio collinare e, in parte, è costruito in muratura. La sua nascita è quasi contemporanea all’anfiteatro di Pompei (seconda metà del I sec a.C.).
Data la dispersione sul territorio e la varietà dimensionale che spesso caratterizza i siti archeologici e le architetture che su di essi insistono, il rilievo topografico ha un ruolo fondamentale per la georeferenziazione delle singole emergenze in un unico sistema di riferimento e per la determinazione dei punti di controllo invarianti in più scale di rappresentazione. Per questo la rete di inquadramento dell’intero sito, composta in realtà in due schemi, uno di 12 vertici sviluppato nell’area del foro secondo la direzione del decumano e l’altro di 5 vertici distribuiti attorno e all’interno dell’anfiteatro, è stata realizzata con misure da terra (strumentazione Leica TCA 2003) e GPS (Leica GPS System 500 e GPS1200). La rete complessiva, compensata ai minimi quadrati, ha fornito la posizione dei vertici con SQM massimi di ±3mm. Le procedure di rilevamento seguite sono state finalizzate all’integrazione dei dati laser-scanning e quelli fotogrammetrici in particolare per le parti orizzontali (a terra, scavate o corrispondenti ai crolli). Si sono inoltre ottimizzate le scansioni e le prese per il rilievo delle strutture in elevazione presenti, seguendo e integrando quanto normalmente in uso nei rilievi architettonici. Nel caso di un sito archeologico diventa di particolare interesse la realizzazione di un modello digitale attraverso un DEM da terra mediante laser-scanner e delle prese aeree calibrate da pallone frenato.
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Dal modello numerico laser scanning alla generazione dell’ortofoto dell’area del foro alla scala nominale 1:100
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architettonici): non ci sono più architetture ma frammenti Le scansioni da terra devono garantire l’ottenimento di di architettura che molto spesso risultano essere in parte un modello denso e uniforme nella risoluzione di tutte le nascosti da strati di terra. La lettura dall’alto aiuta la superfici. comprensione della composizione architettonica di un Il laser-scanner in dotazione al laboratorio è il modello luogo. LMS-Z360i della Riegl integrato con camera digitale preNel caso di Grumentum, la fotogrammetria ha avuto il calibrata Nikon D100 (con ottica 20mm). Si tratta di un compito di fornire gli elaborati su cui basare la lettura sensore terrestre trasportabile, adatto all’acquisizione multisacala sito-monumento-traccia. La risoluzione delle veloce di immagini tridimensionali di buona qualità anche immagini doveva quindi assicurare una precisione non in presenza di difficili condizioni ambientali. Il sistema, solo metrica ma anche descrittiva a più livelli di dettaglio integrando fotogrammetria e laser scanning, rappresenta e per questo si è optato per eseguire delle riprese una delle migliori soluzioni tecniche oggi disponibili in grado di soddisfare tutte le esigenze di rilievi laser scanner fotogrammetriche non convenzionali. Come si è visto anche in altre esperienze di rilievo di luoghi terrestri. archeologici, la ripresa da aereo è spesso Nelle aree di maggior interesse le scansioni sono sostituita da riprese fatte da elicottero, state fatte cercando di assicurare la maggiore pallone, o altri dispositivi di elevazione, ortogonalità alla superficie, accorgimento in considerazione delle dimensioni necessario, assieme alla ridondanza dei dell’area da ricoprire e delle condizioni dati, per la riduzione del noise ambientali. All’interno della ricerca si nella nuvola, oltre che è pensato di studiare l’utilizzo di un’omogenea distribuzione palloni frenati per l’esecuzione dei punti. Le nuvole di riprese fotogrammetriche (corrispondenti a 30 scansioni con camere digitali calibrate con passo 0.05°) sono ad alta risoluzione, in state allineate sulla base quanto risulta essere di punti di appoggio uno dei metodi rilevati sicuramente meno topograficamente e invasivi e più controllabili. punti di legame Il sistema era composto da distribuiti nell’area un aerostato a fuso sostenuto di scansione. La a elio, vincolato con dei precisione sugli cavi per il controllo allineamenti è inferiore a da terra e un sistema 1cm. radiocontrollato per Per garantire l’acquisizione delle un’elevata risoluzione immagini. nelle immagini, per le Al pallone è stata parti a terra o a collegata una piattaforma sviluppo orizzontale orientabile per la camera digitale, si è ricorso alla una Fuji S3 (12 Mpixel) con ottiche fotogrammetria da 50 e 20mm calibrate, su cui è stata pallone. installata anche una telecamera per la E’ noto come la trasmissione a terra delle immagini fotogrammetria ha un ruolo fondamentale nel settore della tutela del Schema delle strisciata da pallone in corrispondenti agli scatti eseguiti. corrispondenza dell’Anfiteatro Vista l’estensione delle aree (foro e patrimonio culturale come metodo di anfiteatro) il volo è stato progettato rilievo e di documentazione dettagliata per ottenere delle immagini in scala 1:50-1:100. I limiti della struttura degli oggetti. del sistema sono legati fortemente alle condizioni di vento In particolare l’utilizzo di ortofoto o di fotopiani è in cui ci si trova ad operare, non tanto per la definizione diventato comune, soprattutto in campo archeologico, della traiettoria da seguire per ottenere delle strisciate proprio per la possibilità di offrire degli strumenti di quanto per la quota di volo: si era pensato di effettuare le analisi non solo metrica ma anche materica: la vista riprese da quote variabili da 50m a 20m per avere delle dall’alto con la qualità di un’immagine fotografica ad alta risoluzioni diverse, ma la quota massima di volo è stata risoluzione permette di leggere ciò che da terra non si vede. Soprattutto nel caso di un rilievo archeologico siamo attorno ai 30m per una maggiore stabilità e controllo del pallone. costretti ad abbandonare quei riferimenti preferenziali che Nella seconda campagna di misure (agosto 2006) sono normalmente usiamo in architettura (direzione verticale e state eseguite delle integrazioni con delle riprese dell’area piani orizzontali che corrispondono agli schemi costruttivi
archeologica fatte da piccolo aereo da turismo biposto da una quota di 200m. Nonostante l’aereo non fosse specificatamente attrezzato per la fotogrammetria (in quanto si trattava di un superleggero) è stato comunque possibile realizzare delle strisciate quasi nadirali che hanno proposto il consueto schema di rilievo fotogrammetrico. La realizzazione delle ortofoto del sito si è basata sull’utilizzo del DEM denso ottenuto da dati laser scanner e fotogrammi acquisiti da pallone. Le scale nominali
vanno dalla rappresentazione 1:200-1:100 per l’intera area fino ad arrivare alla scala 1:50 per i singoli monumenti. I problemi principali incontrati sono quelli noti: errori in corrispondenza delle discontinuità (break-lines) e delle zone defilate (aree nascoste). Il primo problema è risolvibile lavorando sul DEM, integrando alcune zone d’ombra delle scansioni con punti rilevati topograficamente, mentre il secondo usando più immagini orientate per garantire una copertura fotografica il più completa possibile.
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Geometria e forma I dati ricavati dal rilievo laser scanning sono stati il punto di partenza nell’affrontare la ricostruzione dell’anfiteatro di Grumentum, fornendo una descrizione completa ed esaustiva dell’intero sito e di tutti gli elementi in esso presenti. Il lavoro si è in particolare concentrato sullo studio dell’Anfiteatro, struttura che si presenta allo stato di rudere, ma del quale è possibile riconoscere chiaramente l’intero impianto planimetrico. Restituita la planimetria dello stato di fatto dal modello numerico (nuvole laser scanner allineate e registrate) è stata condotta una doppia analisi: l’analisi geometrica, utile a rintracciare nell’anfiteatro quei rapporti geometrici-proporzionali usati dagli antichi per la realizzazione delle opere monumentali; l’analisi tipologica e compositiva, effettuata confrontando le caratteristiche ancora visibili dell’arena di Grumentum con alcuni anfiteatri italiani simili per impianto tipologico e vicini sia spazialmente che temporalmente a Grumentum; L’analisi geometrica L’analisi critica della planimetria ha permesso di individuare un insieme di punti che, opportunamente trattati, definiscono le curve che delimitano l’intera struttura. Queste curve, appartenenti ad elementi architettonici non manomessi nel tempo, sono i dati di partenza per rintracciare lo schema geometrico alla base di questa architettura romana. Lo studio si è quindi sviluppato secondo il seguente schema: i punti di ogni singola curva sono stati interpolati con ellissi ed ovali a 4 e 8 centri di rotazione1, andando a valutare l’SQM per ogni singola figura; dai dati precedentemente ricavati è stata nuovamente effettuata un’interpolazione dei punti con ovali a 4 e 8 centri di rotazione mantenendo però fissi i centri di rotazione, i triangoli generatori e la rotazione degli assi, per poter valutare la posizione dei centri di rotazione per il tracciamento della figura in fase di cantiere; individuazione del più probabile coefficiente di conversione metro/piede romano; esame delle convergenze radiali dei setti dell’edificio rispetto ai centri di rotazione degli ovali; controllo dei rapporti geometrici sulla base della costruzione precedentemente verificata; confronto in situ tra i dati ottenuti e l’edificio; Seguendo questo processo di analisi è stato possibile, alla fine, rintracciare nell’Anfiteatro di Grumentum uno schema modulare tripartito, valido sia per la pianta (3 moduli da 30 piedi ciascuno) che per l’alzato (3 moduli da 15 piedi ciascuno), generato sul modello del triangolo pitagorico2. Una volta in sito (campagna di rilievi agosto 2006), sono stati materializzati a terra i centri di rotazione precedentemente calcolati, operazione che è stata possibile effettuare avendo condotto tutte le verifiche geometriche nello stesso sistema di riferimento del rilievo. Con tale operazione abbiamo potuto verificare le ipotesi fatte sulla base dell’analisi in laboratorio dei dati ottenuti dal rilievo. L’analisi tipologica e compositiva Una volta effettuate tutte le considerazioni sulla geometria dell’edificio, è stato quindi possibile integrare le analisi geometriche confrontando ogni singola parte che costituisce l’anfiteatro con l’impianto di alcuni anfiteatri italiani spazialmente e tipologicamente vicini al nostro. Tra tutti gli esempi visitati e studiati sono risultati di particolare interesse gli anfiteatri di Pompei (da noi rilevato sempre con tecnologia laser scanner), Cassino, Paestum, Sutri, Castra Albana. L’Anfiteatro di Grumentum, benché sia una struttura della provincia romana, presenta la maggior parte degli elementi che caratterizzano quelli di Roma, a partire dall’arena cinta da un corridoio anulare coperto con volta a botte, priva di ambienti ipogei per finire con la cavea, caratterizzata da un solo meandro, della quale è possibile tutt’ora riconoscere un podio continuo, composto da tre gradini, separato dalle gradinate destinate al pubblico da un balteus (parapetto in muratura). L’anfiteatro ha due sistemi che caratterizzano la struttura portante: un sistema autoportante costituito da vani compartimentati accessibili dall’esterno coperti con delle pseudo volte a botte ad est, mentre ad ovest ritroviamo dei vani riempiti di rinterro a sostegno delle gradinate. Edifici che presentano questo particolare sistema portante sono l’Anfiteatro di Cassino e di Castra Albana. Attenzione viene poi rivolta all’apparato distributivo, riconoscibile negli ingressi all’arena, al podio da scale interne e alle gradinate. L’accesso a quest’ultime presenta la caratteristica di avere entrate poste a quote differenti rispetto alla quota dell’arena, sia nei sistemi di risalita ad est che dagli ingressi nella parte appoggiata al declivio naturale. Tra gli esempi analizzati, oltre a Pompei, il quale presenta maggiori similitudini con il nostro edificio, ritroviamo anche l’Anfiteatro di Cassino. Sono proprio i sistemi di risalita orientali una delle caratteristiche di particolare interesse di questo edificio. Troviamo infatti tre scale adiacenti il muro perimetrale esterno orientale, poste rispettivamente una in corrispondenza dell’asse minore e due poste simmetricamente rispetto a questo. Visibili oggi solo in parte, esse si compongono di due rampe convergenti su un pianerottolo posto al di sopra delle arcate d’ingresso. Un tipo simile di accesso lo ritroviamo nell’anfiteatro di Pompei, dove esistono sei scale aderenti alla facciata. 1 In riferimento agli studi fatti dal prof C.Trevisan contenuti in Disegnare, “Colosseo:Studi e Ricerche”, n° 18-19, Gangemini Editore, Roma, 1999; 2 Mark Wilson Jones in “Designing Amphiteatres”, Bollettino dell’Istituto Archeologico Germanico, sezione romana, Vol.100, 2003, pag. 344-391;
(a cura di Micol Pillon e Luisa Sartorelli)
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La ricostruzione digitale La modellazione 3D ed il conseguente rendering fotorealistico, occupano un settore decisamente ampio per ciò che riguarda l’applicazione della tecnologia informatica alla risorsa archeologico-storica con la funzione principale di facilitare la comprensione di un luogo e evidenziare le relazioni tra i singoli elementi che lo compongono. Tra le possibili rappresentazioni, i modelli tridimensionali con superfici mappate con texture fotorealistiche ad alta risoluzione sono sicuramente di grande versatilità, nell’ottica di fornire una banca dati che documenti lo stato attuale del sito e fornisca la possibilità di interpretare lo stato originario e le successive trasformazioni dei monumenti ancora visitabili. Le mappature possono essere semplice integrazione del modello geometrico, nel caso di texture fotorealistiche, o il risultato di analisi specifiche. Dati i legami sempre più stretti tra computer graphic e rappresentazione dell’architettura e visti gli esempi spesso pubblicati, di fronte a modelli 3D spesso ci si domanda a cosa servano, se sono veramente utili, se diverranno indispensabili. La risposta a questa domanda deve quindi guidare le fasi necessarie alla costruzione della rappresentazione finale. La modalità con cui approcciare l’acquisizione tridimensionale varia a seconda dei casi: deve essere sempre chiara la finalità del modello che si vuole acquisire. Nel caso di un rilievo per la verifica geometrica è indispensabile che ci sia una corrispondenza metrica puntuale tra oggetto fisico e modello numerico, mentre nel caso di modelli realizzati per la ricostruzione virtuale di luoghi o oggetti non più visibili, si predilige la componente geometrico-descrittiva sulla base di analisi tipologiche più che la corrispondenza tra reale e virtuale. Nel caso di Grumentum, si sono volute fornire delle rappresentazioni tridimensionali dello stato attuale del luogo, principalmente attraverso superfici 3D (mesh) ricavate dai dati lidar texturizzati con le immagini calibrate ad alta risoluzione dove la qualità descrittiva e metrica del modello è data dalla somma della componente geometrica e dalla componente raster applicata (nei modelli multirisoluzione mappati quindi, si deve bilanciare la componente geometrica e quella raster in ragione del mantenimento delle caratteristiche metriche e semantico-percettive dettate dalla scala nominale della Rendering del modello texturizzato del rudere dell’anfiteatro
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Unione delle scansioni nell’area dell’anfiteatro
Vista delle nuvole allineate e registrate colorate con i valori RGB delle immagini orientate
rappresentazione) ma anche una ricostruzione 3D dell’immagine originaria (Balletti et al. 2006). In particolare il lavoro di modellazione si è concentrato sull’anfiteatro, monumento che da un punto di vista architettonico permette di affrontare delle analisi geometrico-spaziale più interessanti, basandosi su un approccio tipologico comparativo con altri esempi.
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La riprogettazione virtuale dell’anfiteatro attraverso i dati di rilievo, l’analisi geometrica e tipologica
La difficoltà principale è quella di modellare la realtà rilevata con tutte le sue deviazioni da una geometria rigida, per mantenere la precisione dei dati di partenza, e su questa ri-progettare, studiando tutti gli elementi costruttivi e distributivi che caratterizzano questa tipologia architettonica, la forma dell’anfiteatro. A partire dai dati laser (circa 3 milioni di punti) si è ottenuto un modello triangolato (circa 1.85milioni di facce) utilizzato come base geometrica per l’estrazione di profili fitti da utilizzare nella modellazione solida (la difficoltà maggiore è modellare i crolli della struttura). Il modello solido dello stato attuale è stato quindi texturizzato con le immagini raddrizzate dei fronti verticali e con l’ortofoto per i piani pseudo-orizzontali (le immagini presentano una dimensione del pixel al reale di 1cm). Dato che l’anfiteatro poggia parte della cavea su un declivio, il modello del terreno è stato ottenuto per triangolazione dei dati laser. La mesh, opportunamente processata, è stata poi trasformata in una superficie nurbs modificabile per assicurare un livello di smussatezza e continuità tra le patch che in un DTM a maglia non si può avere. La geometria nurbs permette inoltre di garantire una continuità e congruenza geometrica con il modello della parte architettonica. In base al rilievo, agli studi svolti sugli anfiteatri appartenenti allo stesso periodo (come controllo degli elementi costruttivi) e all’analisi geometrica (non va dimenticato che nell’architettura romana le dimensioni erano determinate da proporzioni), si è fatta una ricostruzione filologica dell’anfiteatro che rappresenta sia il recupero della memoria di un luogo (i siti archeologici sono luoghi a molti invisibili!) sia uno strumento di conoscenza e di comunicazione che può essere impiegato in diversi settori scientifici. Inoltre la rappresentazione tridimensionale, intesa come applicazione della computer graphic, risponde fortemente ad una richiesta sempre più pressante da chi si occupa di archeologia. Spesso la cosiddetta virtual archeology non sempre si basa su dati di rilievo e processi metodologici resi noti e per tale ragione l’utente meno esperto può convincersi del fatto che ciò che sta vedendo corrisponde alla verità. Assumendo quindi il punto di vista dell’architetto di fronte ad una azione di ricostruzione (ri-progettazione) di un’architettura antica, sono stati esplicitati alcuni fondamentali punti secondo i quali doveva essere realizzato il modello dell’arena di Grumentum: la congruenza geometrica del modello alle informazioni oggettive derivanti dal rilievo strumentale;
la congruenza costruttiva del modello in riferimento alle tecnologie degli antichi, ovvero derivare la forma dell’oggetto studiato da un’effettiva possibilità costruttiva sulla base della lettura strutturale dello stato attuale; la congruenza formale rispetto alle indicazioni di confronto tipologico. Quello che si è voluto restituire con il modello finale digitale non è tanto l’immagine dell’architettura che un tempo esisteva, quanto piuttosto una trasposizione in tre dimensioni delle informazioni dirette e indirette ottenute dalle varie forme di analisi che passo dopo passo hanno supportato le scelte operate.
Bibliografia F. Guerra, C. Balletti, A. Adami, 3D multiresolution representations in archaeological sites, in Proceeding of CIPA 2005 XX Internationa al Symposium “International cooperation to save the word’s cultural heritage”, Torino, 26 settembre – 01 ottobre 2005. L. Peretti, C. Porporato, F. Rinaudo, La tecnica Lidar e la modellazione 3D di ambienti complessi. Considerazioni operative, in atti del Convegno Nazionale Sifet “le nuove frontiere della rappresentazione 3D”, Taranto, 14-16 giugno 2006. C. Balletti, F. Guerra, Il rilievo per la rappresentazione 3D: la città romana di Grumentum, in Atti del convegno nazionale Sifet “le nuove frontiere della rappresentazione 3D”, Castellaneta Marina, Taranto, 14-16 giugno 2006. C.Balletti, F. Guerra, J. Riegl, N. Studnicka, Pratical comparative evaluation of an integrated hybrid sensor based on photogrammetry and laser scanning for architectural representation, in ISPRS, International Archives of Photogrammetry and Remote Sensing”, Commission V, ISPRS XX Congress, Istanbul, Turchia, 1223 luglio 2004. G. Guidi, J.A. Beraldin, Acquisizione 3D e modellazione poligonale. Dall’oggetto fisico al suo calco digitale, Edizioni Poli.Design, Milano, 2004.
Autori CATERINA BALLETTI, FRANCESCO GUERRA balletti@iuav.it, guerra2@iuav.it Università IUAV di Venezia Laboratorio di fotogrammetria Circe S. Croce 1624, 30125 Venezia
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GIS e tutela del patrimonio ecclesiastico
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di Elena Latini
egli ultimi anni, la Conferenza Episcopale Italiana (CEI) ha avviato un progetto denominato Censimento delle chiese di proprietà ecclesiastica che affianca l’inventario dei beni mobili ecclesiastici, iniziato nel 1997. A prescindere dai preliminari e ben noti obblighi definiti dal diritto canonico e dalla normativa dello Stato, l’inventariazione dei beni culturali della Chiesa ha assunto carattere di necessità e di urgenza in quanto la sistematica opera di acquisizione di conoscenze costituisce l’ovvio e necessario presupposto per intraprendere le efficaci azioni di tutela, conservazione e recupero delle identità religiose sul territorio.
La scheda di censimento adottata dalla CEI è stata sviluppata in aderenza agli standard definiti dall’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione (ICCD) e denominata scheda“A-CEI”, in linea con gli accordi vigenti tra Stato e Chiesa in materia di beni culturali e perfezionati attraverso l’intesa del 1996. Il progetto è maturato dalla necessità di elaborare una modalità di raccolta delle informazioni fondamentali in modo immediato, evitando così i campi la cui compilazione risulta spesso essere complessa e con il fine di rendere veloce la realizzazione della scheda e quindi
PIEVE DI SAN MARTINO, GROSSETO tratta da http://www.rete.toscana.it/galleria/
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economicamente meno onerosa in considerazione dell’enorme quantità di beni di questa tipologia nel nostro territorio nazionale. Per questi motivi, la struttura di base della scheda è stata adottata la versione 3.00 di quella“A” ICCD (2003) e la cui compilazione prevede le stesse obbligatorietà di campi previste per la schedatura di livello inventariale. La scheda per l’immissione dei dati “A-CEI” è articolata in 32 paragrafi ICCD e 4 paragrafi CEI, di cui 16 di compilazione obbligatoria per il censimento (livello inventariale) così distribuiti: 12 ICCD e 4 CEI. Nella scheda censimento della CEI è stato dedicato uno spazio significativo alle informazioni inerenti l’uso liturgico, gli interventi di adeguamento (posizione degli altari), lo stato degli impianti (elettrici, amplificazione, riscaldamento) lo stato di conservazione e la storia degli interventi di restauro, ma anche quelli riguardanti l’individuazione geografica e giuridica. La scheda messa a punto per il progetto della Regione Toscana, in linee generali coerente con quella della CEI, presenta inoltre il paragrafo “AC-ALTRI CODICI”, che permette di collegare ogni singola scheda ad altre, anche di tipo diverso e/o non conforme agli standard ICCD (es. le schede del database regionale dei beni vincolati) e che consente di collegate i dati provenienti da diversi progetti regionali, quali ad esempio la “Carta dei vincoli”. Sono oggetto di questo progetto di censimento tutti i luoghi di culto, indipendentemente dalla loro proprietà (chiese private, di enti pubblici o di persone giuridiche private
PER SAPERNE DI PIU’
Fotografia aerea della Pieve di San Martino, Grosseto tratta da http://www.rete.toscana.it/sett/pta/cartografia_sit/sit/terraflyer/start.html
senza scopo di lucro, luoghi di culto di altre confessioni, etc.) e dall’attuale destinazione d’uso. Nell’ambito del progetto della Regione Toscana ha collaborato la società BeCAP s.r.l. che ha partecipato all’attività di recupero delle informazioni riguardanti i luoghi di culto relativi alle diocesi di Pitigliano –Sovana Orbetello, Grosseto e Monte Oliveto Maggiore compilando le schede anagrafico descrittive, A-CEI e loro informatizzazione in apposito data base. L’attività condotta dalla BeCAP s.r.l. ha riguardato, in 26 comuni, un campione di 383 beni immobili di cui si è effettuata la compilazione dei tracciati schedografici, con la registrazione dei dati anagrafici, giuridici e amministrativi, della localizzazione territoriale.
Catasto Leopoldino (SEZ.: D, f.:1 ) della Pieve di San Martino, Grosseto tratta da http://web.rete.toscana.it/castoreapp/index.htm
DIOCESI: La diocesi è, nella Chiesa Cattolica e nelle altre chiese di ordinamento episcopale, una porzione della comunità cristiana delimitata in maniera territoriale e affidata al governo pastorale di un vescovo. In Italia può corrispondere al territorio di una provincia anche se, con tutti i recenti accorpamenti, le diocesi sono molte di più delle province e i loro territori, in molti casi, sono interprovinciali. CARTA DEI VINCOLI: La Regione Toscana, in collaborazione con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Direzione Regionale per i Beni Architettonici e Paesaggistici della Toscana, ha realizzato un sistema informatizzato dei vincoli storico-artistici, archeologici e paesaggistici su tutto il territorio regionale. Il sistema fornisce, su supporto cartografico (Carta Tecnica Regionale in scala 1:10.000 e ove esistente in scala 1:2.000), l’esatta georeferenziazione e perimetrazione dei beni e delle aree soggette ai suddetti vincoli. L’ARCHIVIO DIGITALE: è organizzato in un data Base Beni, contenente le principali informazioni del bene tutelato ed un data Base Decreti, contenente le informazioni desunte dai provvedimenti di tutela relativi ad ogni singolo bene. Infine è possibile visualizzare il Catalogo delle Immagini, contenenti le scansioni di tutta la documentazione presente negli uffici vincoli delle soprintendenze.
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(http://www.cultura.toscana.it/paesaggio/carta_vincoli/index.shtml)
Carta tecnica regionale Sez. 319110 con evidenziata la Pieve di San Martino, Grosseto tratta da http://www.rete.toscana.it/sett/territorio/carto/cartopage/index.htm
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L’attività nella raccolta delle informazioni si è sviluppata con la collaborazione degli Uffici della Soprintendenza dei beni architettonici della provincia di Siena e Grosseto. La campagna di rilevamento ha rappresentato una occasione importante per sperimentare il nuovo tracciato schedografico della scheda A-CEI, e per poter localizzare tutti i beni architettonici delle diocesi analizzate e per poter aggiornare la banca dati del patrimonio culturale della Regione Toscana. Un aspetto fondamentale del progetto è stata la fase legata alla georeferenziazione che consente di acquisire direttamente la posizione del bene sul territorio ed è necessaria per una precisa contestualizzazione topografica. Partendo dalla localizzazione catastale del bene immobile, spesso riportata nella documentazione degli uffici della Soprintendenza, oppure descritta nel Catasto Leopoldino, si è arrivati alla registrazione dei dati che permettono di georeferenziare il bene catalogato mediante la definizione di un punto, individuato da una coppia di coordinate agganciate al sistema di riferimento
specificato. Infatti, le metodologie di georeferenziazione possono essere diverse in base al tipo di bene, alla possibilità di recarsi in situ da parte dello schedatore, alla documentazione cartografica disponibile, alla scala di dettaglio adottata e alle finalità specifiche di una campagna di catalogazione. Questo paragrafo della scheda CEI-A è stato impostato come ripetitivo, in relazione alla possibilità di georeferenziare un bene con metodi e tecniche diverse. Infine sono stati indicati i dati relativi alla presenza di vincoli diretti o indiretti posti sul bene in esame ai sensi delle leggi di tutela attualmente in vigore, specificando che la scheda A-CEI fa riferimento solo all’esplicita esistenza di un provvedimento notificato e l’eventuale tutela ope-legis viene riportata nel campo delle osservazioni. Il tema affrontato meriterebbe una trattazione più ampia e approfondita arricchita dai contributi di tutti quelli che hanno collaborato nelle varie fasi di progettazione e di elaborazione e in base alle loro specifiche competenze.
Bibliografia PIEVE DI SAN MARTINO Dati anagrafico-descrittivi Regione: Toscana Provincia: Grosseto Comune: Grosseto Località: Batignano Indirizzo: via del Gelsomino, 14 Identificazione catastale Foglio: 28 Particella: B Identificazione geografica Coordinate Gauss-Boaga X 1.677.005 Y 4.748.408 Tipologia edilizia: Chiesa romanica Pianta: Ad aula, con due cappelle laterali Qualificazione: Parrocchiale Uso attuale: Chiesa Età di costruzione: XIII sec. Proprietà: Ente ecclesiastico; Beneficio parrocchiale Vincoli esistenti: Ex D.Lgs. 490/1999 art. 5
Manuale per la compilazione delle schede inventariali “OA”. Versione 3.0.1, novembre 2001, con aggiornamenti giugno 2003, allineata ala versione 3.3 del modulo software di inventario, a cura di M. Panzeri, CEI-Ufficio Nazionale per i Beni Culturali - SICEI Servizio Informatico, 2003. Introduzione al manuale perla compilazione delle schede di censimento delle chiese, allineata alla versione 3.00 della scheda “A” dell’ICCD, a cura di G. Caputo, CEI-Ufficio Nazionale per i Beni Culturali - SICEI Servizio Informatico, 2003. Strutturazione dei dati delle schede di catalogo – Beni architettonici scheda A-CEI – Scheda standard ICCD 3.00 e campi CEI a cura di G. Caputo, L. Gavazzi, CEI-Ufficio Nazionale per i Beni Culturali - SICEI Servizio Informatico, 2003. Dispense del Corso di formazione per tecnici esperti nella archiviazione e comunicazione informatizzata del patrimonio culturale, V. De Luca, Politecnico di Milano 2000. Strutturazione dei dati delle schede di catalogo – Normativa per la strutturazione e il trasferimento dei dati A cura di P. Auer, F. Cavallini, E. Giffi, M. Lattanti, ICCD,1998. Strutturazione dei dati delle schede di precatalogo – Beni architettonici e ambientali – Edifici e manufatti – Scheda A ,a cura di L. Cavagnaro, ICCD, 1992.
Stato di conservazione: Buono Bibliografia: Repetti E. – Dizionario Geografico Fisico Storico della Toscana Guerrini G. - La Diocesi di Grosseto
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Autore DOTT.SSA ELENA LATINI elena.latini@libero.it BeCAP s.r.l. – ROMA
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Valle dei Templi: dalla nascita dell’archeologia al laser scanner 3D er anni, il rilievo dei siti e dei monumenti archeologici è rimasto ancorato ai sistemi tradizionali, senza che venissero introdotte novità sconvolgenti tali da potere contribuire in maniera veramente innovativa all’azione di conoscenza e di conservazione richiesta al rilievo. Il laser scanner e le sue applicazioni ci sembra che oggi possano dare un grande contributo a quelle esigenze. Il Parco della Valle dei Templi di Agrigento, intravedendo tale possibilità, ha voluto approfondire e sperimentare il loro uso nell’ambito di alcune operazioni in corso di realizzazione, finalizzate al restauro dei monumenti e allo scavo archeologico, cogliendo proprio in questo, il futuro tanto atteso.
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Fino a qualche decennio fa, all’avvento della fotogrammetria, il rilievo dei monumenti archeologici non si era molto discostato dai sistemi utilizzati nei due secoli precedenti e romanticamente illustrati in alcune incisioni settecentesche riguardanti anche i monumenti agrigentini. Ricordiamo le note tavole dell’opera del Saint Non raffiguranti i templi di Giunone e della Concordia sulle quali si vedono all’opera alcune persone chiaramente intente ad eseguire il rilievo delle architetture, o le incisioni prodotte qualche anno più tardi da Jean Hoüel e raffiguranti il tempio di Esculapio, dinanzi al quale è disteso un enorme drappo recante la pianta del
monumento (Fig. 1). Anche nei Frammenti del tempio di Giove Olimpico, sempre dello stesso Hoüel, è evidente come vengano rilevate le misure del triglifo con l’ausilio di un canna metrica (Fig. 2). Oggi che l’informatica interessa tutti gli aspetti del rilievo, dalla misura alla elaborazione delle immagini, la ricerca nel nostro settore si rivolge ai nuovi indirizzi e alle possibilità che essi aprono cercando di superare gli eventuali inconvenienti che strumentazioni sofisticate possono presentare, parallelamente agli indubbi vantaggi che essi offrono. L’esecuzione del rilievo di uno scavo, o anche di un
Figura 1 - Vista dei resti del tempio di Esculapio e del sito dell’antica Agrigento dal lato sud (J.-P.-L. Hoüel, 1787)
Figura 2 - Frammenti del tempio di Giove Olimpico di Agrigento (J.-P.-L. Hoüel, 1787)
monumento archeologico, comporta la necessità di intervenire con una strumentazione ed una metodologia che non ne compromettano lo stato di conservazione e soprattutto che permettano la documentazione dello scavo, nel quale l’asportazione del materiale in situ via via che procedono i lavori, lascia trapelare nuove conformazioni, cancellando irrimediabilmente parte di quello evidenziato precedentemente: il rilievo rimane spesso, dunque, l’unica testimonianza di ciò che non esiste più. Il laser scanner, anche per le sue caratteristiche di dettaglio e per l’altissima densità di informazioni acquisite, è uno strumento che ben soddisfa questi requisiti. Il vantaggio, come in precedenza sottolineato, consiste essenzialmente nella rapidità con cui viene acquisita un’enorme mole di dati, e nella capacità di descrivere molto fedelmente lo stato di fatto di un edificio o di una porzione di esso. L’importanza di disporre di un rilievo estremamente preciso assume particolare importanza quando si considera che esso costituisce l’unica testimonianza esistente di alcune parti dei monumenti archeologici: clamoroso è il caso dei capitelli del tempio della Concordia, la cui forma è leggibile oggi solamente attraverso le due copie realizzate nel 1901 e nel 2001 sulla scorta di un rilievo eseguito nel 1884 da Giovan Battista Filippo Basile. Solo grazie alla precisione del rilievo del Basile si è potuta conservare la forma di una parte così importante del tempio come il capitello.
La precisione del laser scanner potrà garantire la conservazione virtuale di tutto ciò che di fisico ci permane del passato. Se a questo aggiungiamo la ulteriore possibilità che un rilievo di tal genere offre per la restituzione fisica dell’elemento rilevato, l’importanza di tale operazione risalterà maggiormente. Al fine di calibrare ogni singolo intervento, è necessario stabilire delle regole, necessarie sia per evitare che l’intervento rimanga fine a se stesso, sia per progettare le scansioni, sia ancora per elaborare i dati in funzione della geometria dell’oggetto e del prodotto che si desidera ottenere. I prodotti finali del rilievo possono essere molteplici: visualizzazioni tridimensionali che permettono di avere una visione dell’oggetto in tutta la sua complessità e che permettono di ottenere ricostruzioni per applicazioni di realtà virtuale o ancora ricostruzioni delle superfici e generazione di profili orizzontali e verticali ed ortofotopiani per mezzo di foto acquisite con camere calibrate. Riferendoci alla sperimentazione condotta presso il Parco della Valle dei Templi, prima di dare inizio alle campagne di scansione si è progettata una rete topografica allo scopo di georeferenziare ogni singolo rilievo. Ognuno di essi costituirà pertanto un tassello che nel tempo potrà permettere la copertura totale dell’area archeologica e consentire approfondimenti parziali o totali su ciascun monumento. Questa rete collegata alla rete nazionale IGM, garantisce l’inserimento nella cartografia del GIS in
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Figura 3 - Tempio di Eracle, vista generale della nuvola di punti (Geogrà srl)
Scheda progetto Titolo: Tempio di Eracle, Agrigento. Datazione monumento: VI-V secolo a.C. Tipologia di intervento: Realizzazione di piante e sezioni con prospetti da ortofotopiano spalmati sulla scansione; creazione di un sistema di coordinate collegato alla rete geodetica; posizionamento di 47 mire; 44 posizioni di scansione (HDS3000); acquisizione dell’oggetto con una maglia media di 0,6x0,6 cm.; Tempistica: campagna di acquisizione 7 giorni 25
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Figura 5 - Tempio di Eracle, particolare del modello tridimensionale virtuale (arch. Alessandro Carlino – arch. Andrea Marulli)
Figura 4 Tempio di Eracle, particolare prospettico della nuvola di punti (Geogrà srl)
Figura 6 - Fortificazioni di Akragas, Porta I, vista del modello tridimensionale virtuale (NoReal)
corso di elaborazione. Quindi, non solo si utilizzeranno dati ottenuti da scansione ma pure i singoli rilievi topografici saranno utili per progettare, ad esempio, migliorie alla fruibilità dei luoghi. La prima reale esperienza che ha fatto comprendere le potenzialità del laser scanner è stata l’acquisizione del tempio dei Dioscuri (dove è stato anche realizzato un modello tridimensionale eseguito con prototipatore 3D in polvere di gesso e resina in scala 1:50), un monumento emblematico che, seppur di dimensioni modeste e controverso, esprime le caratteristiche strutturali e morfologiche di buona parte del nostro patrimonio. La tecnologia laser scanner consente di acquisire digitalmente oggetti tridimensionali di varie dimensioni sotto forma di nuvole di punti. La rappresentazione geometrica digitale dell’oggetto è discreta e tendente al continuo: quanto maggiore è la risoluzione impostata per l’acquisizione tanto più densa sarà la nuvola di punti e quindi il dettaglio della rappresentazione. Ciascun punto è definito da una posizione spaziale in coordinate X, Y e Z rispetto al punto di origine rappresentato dalla posizione dello scanner. Dopo i più che soddisfacenti risultati della prima sperimentazione, sono stati rilevati con la stessa tecnica il tempio di Giunone, il tempio di Esculapio, il tempio di Eracle, parte delle fortificazioni agrigentine, il Gymnasium, l’Agorà e il Telamone del tempio di Giove
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Olimpico. Di quest’ultimo, utilizzando la nuvola di punti, è stata realizzata una copia in scala 1:1 in polistirolo ad alta densità rivestito di resine e cromaticamente caratterizzato, esposto alla mostra Continente Sicilia Cinquemila anni di Storia presso il Museo Nazionale di Pechino in Cina. Inoltre, partendo dai nuovi dati del rilievo 3D e dalle recenti indagini archeologiche e architettoniche, si sono realizzati i modelli ricostruttivi virtuali di alcuni monumenti agrigentini, tra cui il tempio di Eracle e le fortificazioni, particolarmente efficaci sia per la ricerca che per fini didattici e divulgativi. Attualmente è in progetto il rilievo dei restanti monumenti del Parco Archeologico e contiamo di poter completare nei prossimi anni questa nuova campagna di rilevamento, preservando in tal modo indispensabili informazioni che insieme ad altre iniziative attualmente in fase di definizione, come la costruzione di un GIS e la realizzazione della nuova Carta Archeologica digitale, risultano di fondamentale importanza per la conservazione, la tutela e la fruizione della Valle dei Templi.
Bibliografia J.-C.-R. DE SAINT-NON, Voyage pittoresque ou description des Royaumes de Naples et de Sicile, IV, Paris 1785. J.-P.-L. HOÜEL, Voyage pittoresque des îles de la Sicile, de Malte et de Lipari, IV, Paris 1787. G.B.F. BASILE, Curvatura delle linee nella architettura antica, Palermo 1884.
Autori PIETRO MELI, CARMELO BENNARDO, GIUSEPPE BOSELLI E ALESSANDRO CARLINO
A&C2000 s.r.l. Via Arrigo Boito, 126 00199 Roma www.aec2000.eu
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Melka Kunture: tecniche digitali per l’archeologia preistorica
L
a musealizzazione del sito di Melka Kunture rappresenta la conclusione di 40 anni di ricerche e scavi compiuti dalla Missione Archeologica Francese diretta da Jean Chavaillon tra il 1965 e il 1995 e dalla Missione Archeologica Italiana dell’Università di Roma “La Sapienza” e del Ministero degli Affari Esteri, diretta da Marcello Piperno a partire dal 1999 e tuttora in corso. L’estensione del sito, la sua lunga sequenza culturale (1.7-0.2 milioni di anni) insieme alla molteplicità e varietà delle situazioni archeologiche presenti nelle sue diverse fasi fanno di Melka Kunture un complesso straordinario e unico, paragonabile soltanto alla Gola di Olduvai in Tanzania.
Il sito di Melka Kunture rientra nell’ambito dei grandi siti dell’Africa orientale conservati all’interno della Rift Valley, che hanno permesso di ricostruire non soltanto la storia delle trasformazioni anatomiche che condussero alla diversificazione dei primi rappresentanti del genere Homo, ma anche gli eventi archeologici che documentano l’emergere delle più antiche tecnologie. Il primo obiettivo del progetto, già realizzato nel corso della Missione effettuata tra la fine di ottobre e la metà di
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Il progetto “From the past to the present in Ethiopian Prehistory. An Interactive Museum for the Archaeological Park of the Early Palaeolithic site of Melka Kunture”, Agreement n. 2006 – 1033/001 -001 CLT CA12, cofinanziato dalla Commissione europea all’interno del programma Cultura 2000 per l’anno 2006, è stato concepito per la valorizzazione di uno dei siti archeologici più importanti per la conoscenza delle più antiche fasi della Preistoria. Al progetto partecipano diverse istituzioni nazionali e internazionali: il Ministero degli Affari Esteri, il Dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’Università “La Sapienza” di Roma, il Centro di Geotecnologie dell’Università di Siena, l’Institut de Préhistoire et de Géologie du Quaternarie dell’Université de Bordeaux (Francia), la Regione Aquitania, l’International Institute for GeoInformation Science and Earth Observation (Olanda), la Facoltà di Geologia e Geofisica dell’Università di Addis Abeba (Etiopia). La collaborazione tra questi enti di ricerca rappresenta un fattore importante di cooperazione europea per la realizzazione di un progetto in un paese in via di sviluppo nell’ambito del patrimonio culturale.
dicembre 2006, è consistito nell’allestimento di quattro strutture museali, costruite grazie a un coraggioso sforzo economico della Regione Oromia, inserite in un parco archeologico-naturalistico. Gran parte dell’area di Melka Kunture si è infatti conservata anche per quanto riguarda i suoi aspetti naturalistici: flora e fauna sono state protette dallo sfruttamento agricolo intensivo della regione. Le strutture sono dedicate rispettivamente alla Preistoria africana, alla Geologia e Vulcanologia, alla
Fig. 1a e 1b Misurazione di una delle nove basi di nuova generazione in modalità diffenziale statica (foto L. Carmignani)
venga inserito tra i monumenti appartenenti al patrimonio culturale dell’umanità. Questo progetto realizza oggi l’idea-museo di Melka Kunture, concepita sin dagli anni Settanta e parte importante delle ricerche sul sito durante le diverse missioni. Se oggi essa si concretizza è anche e soprattutto grazie alla collaborazione, all’interesse e al supporto di diverse istituzioni etiopiche: il Center for the Research and Conservation of the Cultural Heritage, Ministry of Culture & Tourism, la Regione Oromia e il Museo Nazionale di Addis Abeba. Il continuo servizio di custodia che tali enti sono riusciti a garantire sin dall’inizio delle ricerche ha preservato l’integrità culturale e naturalistica del sito, senza la quale nessun progetto avrebbe potuto trovare realizzazione.
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La carta geo-archeologica e la fotogrammetria digitale: metodologie di lavoro
Paleoantropologia e all’Archeologia di Melka Kunture. Oltre queste quattro strutture, è possibile visitare anche due aree di scavo (Open Air Museum) che permettono di entrare direttamente in contatto con due località frequentate dai nostri progenitori circa 800.000 anni fa. L’intento è quello di attivare un circuito turistico di cui si prevede beneficeranno sopratutto gli studenti delle scuole di Addis Abeba, ma anche turisti, sia etiopici che stranieri, da qualche anno sempre più numerosi. L’attivazione del Museo porterà inoltre vantaggi economici immediati agli abitanti del vicino paese di Awash e della regione circostante, che potranno essere impiegati nella gestione del Parco stesso. In questo quadro, la creazione di un portale internet, secondo obiettivo fondamentale del progetto, rappresenterà una tappa fondamentale, sia per il grande pubblico che per gli specialisti, finalizzata alla conoscenza e la diffusione della preistoria di questa regione dell’Etiopia a livello internazionale. Il percorso all’interno delle quattro strutture museali e dell’Open Air Museum si tradurrà in un viaggio virtuale attraverso le più antiche fasi della nostra storia. L’ultima struttura introdurrà alla visita di Melka Kunture, il cui territorio sarà poi virtualmente percorribile e i cui siti saranno visitabili in estremo dettaglio attraverso foto, piante e informazioni legate alle diverse aree di scavo. La parte territoriale del sito internet, ricostruibile attraverso le funzionalità proprie del Web GIS, si basa sulla prima carta topograficoarcheologica-geologica di Melka Kunture, di cui si discuterà in dettaglio nelle pagine successive, che verrà consegnata al Servizio Archeologico Etiopico e diventerà un utile strumento di salvaguardia dei diversi siti sparsi in un’area vasta diverse decine di chilometri quadrati. Inoltre, tale carta di dettaglio è un documento essenziale per completare il dossier che il governo etiopico ha già presentato all’UNESCO, affinchè il sito di Melka Kunture
Il ruolo del Centro di Geotecnologie (CGT) all’interno del progetto è stato quello di creare un sistema informativo geografico contenente dati a carattere archeologico, geologico e topografico relativi all’area di Melka Kunture e di elaborare e gestire il Web GIS da realizzare in collaborazione con l’International Institute for Geo-Information Science and Earth Observation ITC. Per raggiungere questi obiettivi si è fatto ricorso alla fotogrammetria satellitare e terrestre, tecniche di rilievo che permettono di ottenere informazioni metriche (forma e posizione) di oggetti tridimensionali mediante interpretazione e misura di immagini. Per rilevare tutti i dati necessari all’elaborazione del geodatabase, dal 13 al 30 novembre 2006 un gruppo di ricerca del CGT si è recato, all’interno della Missione Archeologica Italiana, sul sito e, in collaborazione con archeologi e geologi, ha condotto una campagna di rilevamento GPS. La strumentazione utilizzata è consistita in due ricevitori Leica SR530, un ricevitore Leica 1200 ed un ricevitore Leica GS20. L’area da rilevare corrisponde a una superficie di circa 100 km2 , generalmente pianeggiante, ma non sempre facilmente accessibile alle auto a causa di mancanza di piste o per motivi morfologici. Per poter garantire un’elevata accuratezza e, contemporaneamente, tempi di acquisizione compatibili con il periodo di svolgimento della missione, le misure sono state registrate sia in modalità differenziale statica che in modalità RTK. La modalità statica, che consente elevata precisione anche su lunghe distanze (alcune decine di km) con tempi di acquisizione piuttosto lunghi, è stata utilizzata per misurare il punto di triangolazione BNP 267, di coordinate note grazie alla monografia della Mapping Agency di Addis Abbeba; contemporaneamente ad essa sono state materializzate e misurate ulteriori nove basi di nuova generazione dislocate uniformemente nell’area di studio (Fig.1a e 1b). Tutti gli altri punti GPS sono stati acquisiti in modalità
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RTK, permettendo tempi di osservazione di pochi minuti e rapidi spostamenti. I punti rilevati in questa modalità sono stati di tipo archeologico, geologico e topografico (Fig.2); questi ultimi sono stati utilizzati come GCP (Ground Control Point) per l’orientamento esterno delle immagini stereoscopiche IKONOS, appositamente riprese per questo progetto e utilizzate per la creazione della nuova carta topografica dell’area di Melka Kunture in scala 1:10 000. Per tal motivo i punti sono stati individuati in modo da essere uniformemente distribuiti nell’area di interesse e collocati in zone ben riconoscibili nell’immagine (spigoli di tetti in lamiera, recinti di tukul, ecc.), tenendo conto anche della risoluzione a terra di quest’ultima (1 m). I punti di interesse archeologico costituiscono la parte preponderante dei dati collezionati: per quanto riguarda i siti oggetto di scavi sistematici, dei quali esisteva già un database non georiferito, il rilievo è stato effettuato per ogni livello archeologico, in modo da consentire operazioni di overlay. In aree più vaste, ad esempio i grandi accumuli di ossidiana nei pressi di Balchit, o in siti non più in luce, il rilevamento è stato realizzato in modalità punto singolo. Ad ogni punto è associata una scheda descrittiva che ripercorre la storia del sito e ne traccia le caratteristiche peculiari da inserire nel geodatabase. I punti di interesse geologico, anch’essi accompagnati da una scheda esplicativa, riguardano elementi ricollegabili a depositi di origine sedimentaria e vulcanica, che costituiscono fondamentali punti di riferimento e di raccordo stratigrafico tra i vari affioramenti nelle diverse località. Tutti i dati raccolti e elaborati sono stati georeferenziati con coordinate assolute nel sistema UTM, ellissoide Clarke 1880, datum Adindan, zona 37 N, secondo la convenzione etiope, in conformità al riferimento stabilito per tutto il materiale già disponibile. Nel corso delle successive elaborazioni dei dati, obiettivo principale è stata la creazione della nuova carta topografica dell’area di Melka Kunture in scala 1:10 000 che aggiornerà la carta in uso fino ad oggi, in scala 1:50 000 e relativa al 1973. Il software utilizzato per tutte le applicazioni fotogrammetriche è stato Erdas Imagine 9.1. Negli ultimi anni l’alta risoluzione a terra raggiunta dai sensori ha fatto sì che, per la produzione di carte su scala medio-grande, la fotogrammetria satellitare venga considerata una valida alternativa a quella aerea, consentendo notevoli risparmi economici rispetto alla produzione di foto aeree. Le immagini acquistate sono due stereocoppie IKONOS tipo Standard Stereo 1m Pansharpened, in cui la banda pancromatica e quelle multispettrali (sono presenti le bande del blu, del verde, del rosso e dell’infrarosso vicino) vengono fornite già fuse, raggiungendo la risoluzione spaziale di un metro. L’orientamento esterno delle scene satellitari (Fig. 3) è
Fig. 2 - Distribuzione nell’area di tutti i punti rilevati con il GPS in modalità statica e RTK
stato effettuato utilizzando le terne di coordinate ricavabili dai GCP rilevati con la strumentazione GPS durante la missione. La triangolazione aerea ha permesso di rendere le immagini georiferite, osservabili in stereoscopia e di passare alla fase di restituzione necessaria alla creazione della carta topografica, attualmente ancora in corso. E’ stato inoltre creato un DEM (Digital Elevation Model) preliminare della zona, ottenuto grazie ad algoritmi di autocorrelazione tra pixel, tramite il quale è stato possibile ortorettificare le scene satellitari rendendole geometricamente corrette e georeferenziate. Durante la missione sono inoltre stati compiuti rilievi di fotogrammetria digitale terrestre presso i siti di Gombore II OAM (Open Air Museum) e Simbiro III. A tale scopo sono state utilizzate una barra fotogrammetrica calibrata di proprietà del CGT, due camere digitali non metriche (Hp Photosmart C945 e Nikon Coolpix serie S1) e una stazione totale laser Leica 1200.
Fig. 3 Orientamento esterno delle immagini satellitari IKONOS
Fig. 4 - Operazioni di presa fotogrammetrica: acquisizione di immagini presso il sito di Gombore II OAM (foto G.Gruppioni)
Il sito di Gombore II OAM è costituito da una paleosuperficie datata a circa 800-700.000 anni fa (Acheuleano medio). Nel sito sono conservati migliaia di strumenti litici e resti di fauna. La ripresa fotogrammetrica ha riguardato la superficie orizzontale dello scavo, ottenuta con riprese dall’alto utilizzando l’impalcatura che costituisce il telaio del tetto del museo (Fig. 4). La camera fotografica è stata posizionata sulla barra munita di livelle toriche di controllo, in modo tale che, in seguito, fosse possibile eseguire in modo accurato gli orientamenti esterni delle immagini e avere la conseguente visione stereoscopica. La presenza del tetto ha permesso, ed allo stesso tempo condizionato, le modalità della ripresa fotografica: a copertura totale dello scavo sono state infatti necessarie dieci strisciate di foto, sette orientate circa Nord-Sud e tre orientate circa Est-Ovest. Il rilievo sul giacimento di Simbiro III è invece consistito nella ripresa della sezione principale, in cui sono esposti quattro livelli archeologici relativi alle prime fasi acheuleane di Melka Kunture (1 milione di anni di anni fa). Le riprese sono avvenute frontalmente rispetto alla sezione, orientando la barra in direzione Nord e utilizzando un treppiede fotografico di supporto. Successivamente all’acquisizione dei fotogrammi, sia per Gombore II OAM che per Simbiro III si sono misurati con la stazione totale i punti che avrebbero costituito i GCP necessari all’orientamento delle foto. Di entrambi i siti sono state rilevate le coordinate assolute mediante GPS in
Fig. 5 - A sinistra, mosaico delle ortofoto relative all’intero scavo di Gombore II OAM; a destra modello 3D di un particolare dello scavo.
modalità differenziale RTK. In questo modo è stato possibile georiferire tutti i GCP da utilizzare nell’orientamento esterno dei fotogrammi, in modo che essi siano consultabili nel futuro sito GIS rendendo possibili analisi spaziali intra e intersite. Ad oggi il lavoro è proseguito solo per il sito di Gombore II OAM del quale sono state realizzate le operazioni di orientamento dei fotogrammi, compiute orientando simultaneamente le diverse strisciate indipendentemente dalla loro direzione di scatto. Grazie al blocco ottenuto dall’orientamento esterno, è stato creato, utilizzando algoritmi di autocorrelazione tra pixel, un DEM unico di tutto lo scavo con risoluzione spaziale pari a 3 mm. Si sono potute a questo punto generare ortoimmagini ad alta risoluzione spaziale, che sono state mosaicate, permettendo anche la creazione del modello 3D del giacimento, visualizzabile in ambiente Erdas 9.1 VirtualGIS sovrapponendo il mosaico di ortofoto al DEM (Fig. 5). Per gli elementi peculiari presenti nel sito è in corso la restituzione stereoscopica attraverso la quale sarà possibile estrarre dati quali la pendenza e l’inclinazione dei singoli reperti, essenziali per l’identificazione delle dinamiche deposizionali e post-deposizionali che hanno portato alla formazione del livello archeologico in questione. Ulteriori e più dettagliate analisi spaziali intra-site verranno elaborate grazie alla sovrapposizione delle piante di scavo vettoriali (già esistenti) al modello stereoscopico.
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Conclusioni e prospettive future Oltre che strumento di tutela del sito e base per il Web GIS del sito internet, la carta geo-archeologica di Melka Kunture è anche un elemento di ricerca essenziale. Infatti, visualizzando in un unico ambiente di lavoro tutti i dati archeologici e quelli di tipo paleo-ambientale, ciascuna informazione può essere analizzata in rapporto alle caratteristiche paleo-geografiche del territorio. I dati così ottenuti potranno essere ulteriormente elaborati, mediante specifici software, per proporre uno o più modelli, sincronici e diacronici, di frequentazione antropica. Inoltre, sulla base dei risultati acquisiti con la locational analysis, potrà essere avanzata un’ipotesi che, partendo dalle variabili territoriali analizzate, possa predire la localizzazione di nuovi insediamenti non ancora individuati, orientando in tal modo nuove ricerche di superficie e favorendo il processo di conservazione e salvaguardia di questo inestimabile patrimonio di informazioni. Il sistema Web GIS fungerà da finestra mondiale sulla regione di Melka Kunture, costituendo un sistema aperto a nuove integrazioni, aggiornato e aggiornabile. Non meno importante viene considerata all’interno del progetto la funzione didattico-divulgativa del sito Web, al fine di favorire e facilitare la conoscenza della storia delle origini di questa regione.
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Data l’assenza o la scarsa velocità di collegamento Internet in gran parte dell’Etiopia, è prevista a tale scopo la distribuzione nelle scuole e nei musei etiopi di un CD contenente il sito web in versione off-line. Una tale struttura museale rappresenta attualmente una situazione inedita e potenzialmente vincente in un Paese in via di sviluppo come l’Etiopia con un patrimonio preistorico così ricco e significativo, ma finora poco conosciuto e valorizzato se non in ambiente specialistico.
Il sito di Melka Kunture
Melka Kunture si trova circa 50 km a sud di Addis Abeba nell’alta valle del fiume Awash. Il sito fu scoperto e segnalato per la prima volta nel 1963 da G. Dekker e fu oggetto di ricognizioni nello stesso anno da parte dell’archeologo preistorico francese G. Bailloud. Le diverse missioni archeologiche, dirette da Jean Chavaillon dal 1965 al 1999 e successivamente, dal 1999 ad oggi, dall’Università di Roma “La Sapienza”, con finanziamenti del Ministero degli Affari Esteri, della Regione Aquitania e del CNRS, hanno effettuato lo studio sistematico del giacimento attraverso una serie di scavi estensivi, la ricognizione della vasta area interessata dagli insediamenti preistorici e la definizione della cronostratigrafia del giacimento. Melka Kunture è un giacimento di vallata con terrazzi sovrapposti, i cui sedimenti sono conservati per oltre 100 m complessivi di spessore. Nella sua lunga sequenza, gli apporti fluviali (ciottoli, ghiaie, sabbie, argille) sono stati spesso interrotti da eruzioni vulcaniche i cui prodotti (tufi, lave) costituiscono essenziali punti di riferimento e di raccordo stratigrafico tra i vari affioramenti nelle diverse località del giacimento. Degli oltre 70 livelli archeologici finora individuati, circa 30 sono stati oggetto di scavi più o meno estensivi. Gli scavi di vaste superfici hanno permesso di mettere in luce da 50 a 250 m2 per ciascun giacimento, e di raccogliere in ognuno dei livelli archeologici diverse migliaia di manufatti litici e resti faunistici. In alcuni di questi siti sono stati anche scoperti resti umani attribuiti sia a Homo erectus sia a forme arcaiche di Homo sapiens.
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Bibliografia Berthelet A., Bulgarelli G.M., Chavaillon J., Piperno M. (eds.) 2001, Melka Kunture. La Guida Finiguerra Arti Grafiche, Lavello, 32 schede. Bulgarelli G.M., Piperno M. (eds.) 2000, Melka Kunture. Immagini, Finiguerra Arti Grafiche, Lavello, pp. 37. Campana S., Forte M. (eds.) 2001, Remote sensing in archaeology. XI ciclo di lezioni sulla ricerca applicata in archeologia. Certosa di Pontignano (Siena, 6-11 Dicembre 1999), Edizioni all’Insegna del Giglio, Firenze, pp. 373. Chavaillon J., Piperno M. (eds.) 2004, Studies on the Early Paleolithic site of Melka Kunture, Ethiopia, Vol. I e II, pp. 745, Finiguerra Arti Grafiche, Lavello. Gottarelli A. 1995, La modellazione tridimensionale dal documento archeologico: livelli descrittivi e processamento digitale, Archeologia e Calcolatori, 6, pp. 75-103. Jacobsen K. 2003, Mapping with IKONOS images, in T. Benes (ed.) Geoinformation for European-wide Integration, Atti del 22° EARSeL Symposium on Remote Sensing (Praga, 4-6 Giugno 2002), Millpress, Rotterdam, pp. 149-156. Kraus K. 1993, Photogrammetry, Volume I, Fundamentals and Standard Processes, Dümmlers Verlag, Bonn, pp. 397. Leica Geosystems 2003, Il sistema GPS: applicazioni e sviluppi nel rilievo del territorio, Maggioli, Rimini, pp. 227. McPherron S. J. P. 2005, Artifact orientations and Site formation processes from total station proveniences, Journal of Archaeological Science, 32, pp. 1003-1014. Piccarreta F., Cerando G. 2000, Manuale di aerofotografia archeologica. Metodologia, tecniche e applicazioni, Edipuglia, Bari, pp. 218. Piperno M. 2002, Le origini del comportamento umano e le più antiche tecnologie, Il Mondo dell’archeologia, Enciclopedia Archeologica Treccani, pp. 477-482
Autori LEONARDO CARMIGNANI, GIULIA GRUPPIONI MARIA CRISTINA SALVI, RICCARDO SALVINI Centro di GeoTecnologie - Università di Siena www.geotecnologie.unisi.it MARIA GRAZIA BULGARELLI Soprintendenza al Museo Nazionale Preistorico Etnografico "L. Pigorini" www.pigorini.arti.beniculturali.it/index.html ROSALIA GALLOTTI, GUY KIEFFER, MARCELLO PIPERNO Dipartimento di Scienze Storiche, Archeologiche e Antropologiche dell’Antichità - Università di Roma « La Sapienza » www.uniroma1.it
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Speciale
Case Studies
Studio e recupero 3D della necropoli di Colle del Forno di R. Gabrielli, D. Peloso, S. Piro
L
a Necropoli Sabina sita nel territorio di Colle del Forno, all’interno dell’Area della Ricerca del CNR RM1, ha rappresentato nel tempo, oltre ad una testimonianza di indubbio valore storico-archeologico, un’occasione ideale per poter sviluppare ed affinare tecniche avanzate di indagine del suolo e sottosuolo con metodi indiretti. Il progetto, nato grazie alla collaborazione interdisciplinare tra l’Istituto per le Tecnologie Applicate ai Beni Culturali e l’Istituto di Studi sulle Civiltà Italiche e del Mediterraneo Antico (CNR) nella persona della Dott.ssa Paola Santoro, Responsabile archeologico, ha avuto come obiettivo l’indagine intensiva dell’altura di Colle del Forno attraverso prospezioni geofisiche, topografiche e di rilievo ad alta risoluzione congiunte alle indagini archeologiche dirette, al fine di definire l’occupazione della collina nell’evoluzione diacronica e storica in rapporto all’insediamento Sabino di Eretum.
L’obiettivo primario del progetto è stato quello di estendere le indagini geofisiche, sviluppate negli anni 1983-1993 dall’ITABC, verificare i risultati dei metodi geofisici applicati alle ricerche archeologiche e definire le caratteristiche delle strutture sepolte. La necessità di precisione nel posizionamento delle strutture antropiche caratterizzanti e l’importanza di una ricostruzione dell’andamento geomorfologico del terreno sono state raggiunte grazie all’uso coordinato e complementare di stazione totale e DGPS. L’elevata risoluzione geometrica con cui sono stati acquisiti i dati sull’area archeologica ha permesso di realizzare analisi finalizzate al monitoraggio della zona. Inoltre, utilizzando appropriate tecniche di elaborazione, è stato possibile processare il modello DTM sfruttandone la tridimensionalità per analizzare in dettaglio l’andamento del dislivello e le minime irregolarità del terreno. Le elaborazioni hanno messo in luce alcune anomalie superficiali che sono state sufficientemente analizzate grazie all’interpretazione delle elaborazioni geofisiche. Le aree sospette sono state investigate, adottando tecniche di acquisizione ad alta risoluzione, con diverse tecniche geofisiche: magnetometrica, georadar e geoelettrica. In alcuni casi l’impiego di questi metodi in configurazione integrata, ha permesso di ottenere in fase di rappresentazione dei risultati, la fedele ricostruzione dell’immagine geometrica delle strutture sepolte, la localizzazione in profondità e l’indicazione sullo stato di conservazione delle strutture. Le indagini svolte nel corso del 2003, mediante il
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Metodo Magnetometrico Differenziale, hanno rivelato delle anomalie magnetiche di particolare interesse che hanno ispirato la successiva campagna di scavo archeologico, effettuata da un team dell’ISCIMA (figura qui sotto). E’ stata riportata alla luce la più grande tomba a camera trovata in Italia; un complesso lungo 37 metri che si articola in un corridoio di 28 metri e tre camere. L’eccezionalità della scoperta si è rivelata anche nel fatto che questa sepoltura spettacolare e ricca nel corredo funerario, risale alla II metà del VI secolo, epoca in cui era venuta meno la consuetudine di deporre corredi nelle tombe, come si evince dalle testimonianze del periodo, in relazione all’influenza esercitata sui Sabini dai Romani e dagli abitanti di Veio che non accompagnavano i defunti con oggetti usati nella vita terrena. La necessità di costruire un modello geometrico completo di elevata risoluzione della tomba al fine di esaltare gli elementi di complessa geometria presenti in essa ha suggerito la realizzazione di un rilievo di dettaglio mediante laser scanner. In particolare, i lavori sono stati eseguiti con il sistema Callidus CP 3200 (distribuito da
Ringraziamenti Si ringrazia la Società Geosystem Group di Roma, in particolare nella persona del Sig. Pasqualino Esposito per aver fornito il Laser Scanner 3D e per la straordinaria competenza tecnica e scientifica.
Bibliografia Trimble – Italia), costituito da un sistema di misurazione laser, un computer che memorizza i dati provenienti dallo strumento, una videocamera, un sistema di servo motori, un sistema di sensori angolari ed un sistema di livellamento automatico.Lo strumento è in grado di acquisire le informazioni geometriche e restituire in tempo reale, sul monitor del computer in dotazione al sistema, una nuvola di punti che descrive la superficie rilevata. L’unità laser presenta le seguenti caratteristiche: range, 80 metri con superfici naturali riflettenti velocità di scansione 77scans/sec Range di scansione: orizzontale, piano - 400gon verticale, linea - 166gon dalla verticale Accuratezza: distanza Z, circa 5mm lettura dell’angolo azimutale, piano - circa 17mgon lettura dell’angolo zenitale, linea – circa 3mgon Durante il processo di misurazione, la testa dello strumento ruota, in modo automatico, di 360° sul piano orizzontale e di 180° sul piano verticale, procedendo a ventaglio in senso orario. La modellazione della nuvola di punti ha permesso di ottenerne un calco assolutamente fedele e misurabile in tutte le sue coordinate da utilizzare come vero e proprio archivio geometrico (figura qui sopra). Oltre a questo aspetto, un modello 3D digitale, combinato con tecnologie immersive, può diventare un sistema attraente per studiare o promuovere un sito culturale. Infatti, un modello 3D contiene una quantità di informazioni che possono essere analizzate e accresciute. Particolari caratteristiche, poco visibili ad occhio nudo, o visibili solo a distanza, possono essere esaminate in modo interattivo; diviene così possibile lo studio di dettagli particolari come le impronte degli scalpelli o la tessitura della superficie. Per esempio, permette di interagire direttamente sui dati informativi, senza provvedere ad interventi spesso traumatici per l’originale; oppure in alcuni casi, elementi che possono deteriorarsi durante gli anni possono essere ricostruiti ed il modello 3D numerico può essere esaminato nel contesto storico corretto. Modellazioni geometriche simili a quelle realizzate per la tomba presso la necropoli di Colle del Forno favoriscono la realizzazione di ambienti di realtà tridimensionale, fondamentali per una nuova comunicazione museale che sta subendo profondi cambiamenti diventando multimediale e mediatizzata. In poche parole l’interattività e la multimedialità moltiplicano non solo le occasioni di apprendere attivamente un contenuto informativo, ma permettono, attraverso la loro duttilità progettuale, di creare nel soggetto connessioni che facilitano l’apprendimento.
BERALDIN J.A., PICARD M., EL-HAKIM S.F., GODIN G., VALZANO V., BANDIERA A., LATOUCHE C., Virtualizing a Bizantine Crypt by combining hight-resolution textures with Laser Scanner 3D data, VSMM 2002 – 8th International Conference on Virtual System and Multimedia (VSMM2002), Oral Session 1: Virtual Heeritage1 (VH1) – Gyeongju, Corea, 2002, pp 3-14. BERALDIN J.A., PICARD M., EL-HAKIM S.F., GODIN G., LATOUCHE C., VALZANO V., BANDIERA A., Exploring a Bizantine Crypt through a High-Resolution Texture Mapped 3D Model: Combining Range Data and Photogrammetry, Proc. Of the International Workshop pn Scanning for Cultural Heritage Recording – Complementing or Replacing Photogrammetry – Co-organized by CIPA WG6 and ISPRS Commission V – Corfu, 2002, pp 65-70. BRIZZOLARI E., ORLANDO L., PIRO S., VERSINO L., Prospezioni geofisiche integrate nella Necropoli Sabina di Colle del Forno (Montelibretti, Roma), in Atti del Seminario Geofisica per l’Archeologia, in Quaderno n. 1 ITABC, pp. 147-159, 1991. CAMMARANO F., MAURIELLO P., PATELLA D., PIRO S., ROSSO F., VERSINO L., Integration of high resolution geophysical methods. Detection of shallow depth bodies of archaeological interest, in Annali di Geofisica, vol. 41, n. 3, 1998. COLOSI F., GABRIELLI R., MAURIELLO P., PELOSO D., Cerveteri: Topografia della Vigna ParrocchialeII. Metodologie integrate per lo studio di un’area archeologica., in Archeologia e Calcolatori, 14, 2003, Edizioni all’Insegna del Giglio, pp.177-197 GABRIELLI R., PELOSO D., ROSE D., IL TUMULO DI POGGIO GAIELLA DI CHIUSI (SI): tecniche di rilevamento integrato con DGPS e Stazione Totale, Atti del convegno di Firenze “BENI CULTURALI E AMBIENTALI E GIS. GIS E INTERNET”, CD ROM a cura di M. Azzari, Dip. Di Studi Storici e Geografici, Università di Firenze, Firenze University Press GABRIELLI R., 2001, Introduzione all’uso dei GPS in Archeologia, in AA.VV., Remote Sensing in Archaeology, Firenze, All’Isegna del Giglio, 1-25 LEVOY M., PULLI K., CURLESS B., RUSINKIEWICZ S. et.al. 2000, The Digital Michelangelo Project: 3D scanning of large statues, In Comp. Graph. Proc., Annual Conf. Series (Siggraph ’00), Addison Wesley, pp 131 –144. MALAGODI S., ORLANDO L., PIRO S., ROSSO F., Location of archaeological structures using GPR method: threedimensional data acquisition and radar signal processing. in Archaeological Prospection, 3, pp. 13-23, 1996. ORLANDO L., PIRO S., VERSINO L., Location of sub-surface geoelectric anomalies for archaeological work: a comparison between experimental arrays and interpretation using numerical methods, in Geoexploration, vol. 24, pp. 227-237, 1987. PELOSO D., Tecniche Laser Scanner per il rilievo dei Beni Culturali, Archeologia e Calcolatori, 16, 2005, Edizioni all’Insegna del Giglio, pp.199-224 PIRO S., Multimethodological approach using GPR, Magnetic and Geoelectric methods to detect archaeological structures, in Filtering, optimisation and modeling of Geophysical data in Archaeological Prospecting. Special Issue of Prospezioni Archeologiche (50th Anniversary of Fondazione Lerici), pp. 135-148, 2000.
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Autori ROBERTO GABRIELLI, DANIELA PELOSO, SALVATORE PIRO Istituto per le Tecnologie Applicate ai Beni Culturali Consiglio Nazionale delle Ricerche Via Salaria Km 29,300 00015 Monterotondo (Roma)
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Case Studies
Analisi sui pigmenti di ceramica neolitica tramite tecniche
Raman e LIBS
I
dati presentati in questo breve contributo provengono da uno studio condotto in collaborazione dal Dipartimento di Scienze Archeologiche dell’Università di Pisa e dall’Istituto per i Processi Chimico-Fisici di Fisica molecolare del CNR di Pisa. Le metodologie applicate sono basate sull’analisi integrata delle tecniche spettroscopiche Raman e LIBS già ampiamente utilizzate nel campo dei Beni Culturali; i metodi sono infatti essenzialmente non distruttivi, non richiedono di un pre-trattamento del campione e l’acquisizione delle misure è immediata.
Le analisi hanno permesso di caratterizzare la natura delle sostanze coloranti utilizzate nella decorazione dipinta di alcuni campioni di ceramica provenienti dal villaggio neolitico di Trasano (MT); si fa riferimento alle fasi culturali III, IV e V. Nell’ambito di suddette fasi i complessi ceramici erano caratterizzati dalla progressiva comparsa di ceramiche dipinte: dai primi frammenti dipinti della fase III nel Neolitico antico, all’affermazione preponderante di stili ceramici ben definiti delle fasi IV e V, nel Neolitico medio. Le ceramiche dipinte della fase III (Ceramica graffita e dipinta) sono caratterizzate da un decoro a bande strette di colore bruno, posto sulla superficie interna di forme vascolari aperte. Le analisi Raman hanno rilevato la natura organica del pigmento ottenuto dalla parziale decomposizione o combustione di sostanze di origine vegetale o animale. Sono state altresì analizzate alcune ceramiche caratterizzate da tracce di incrostazione di pasta bianca all’interno del decoro a graffito largo. Le analisi Raman hanno identificato la presenza di calcite, una sostanza di origine inorganica e proveniente dalle formazioni locali (Fig. 1).
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Fig. 1 - Fase III - colore bruno (pigmento organico) e colore bianco (pigmento inorganico a base di calcite)
Nella fase IV (Ceramica bicromica) l’utilizzo della calcite è ancora attestato nelle ceramiche figuline decorate da bande dipinte di colore bianco spesso associate a bande di colore rosso. Le analisi LIBS hanno riconosciuto nella zona rossa una forte concentrazione di ferro in confronto ad un segnale più debole rilevato nella zona non dipinta. Si tratta verosimilmente di ematite, un ossido di ferro piuttosto frequente nella composizione delle argille locali (Fig. 2).
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Raman - Analisi spettroscopica che fornisce informazioni qualitative sulla struttura molecolare del campione. L’identificazione avviene mediante il confronto con spettri standard raccolti nel database dello University College di Londra (UCL). LIBS - Analisi spettroscopica che permette di visualizzare lo spettro quantitativo di emissione della composizione elementare del campione Pigmento – Sostanza colorata di natura organica e inorganica
Fig. 3 - Fase V - colore nero (pigmento inorganico a base di manganese)
Calcite - Il nome di questo minerale deriva dal latino calx (calce). Si tratta di un carbonato di calcio (CaCO3) tipicamente di origine sedimentaria sia per precipitazione chimica diretta, sia per sedimentazione di resti organici di organismi marini che utilizzano il carbonato di calcio come costituente del loro guscio.
Sulla base dei risultati si osserva una certa omogeneità nella scelta dei coloranti nelle fasi culturali III e IV, mentre un netto cambiamento è riscontrabile nell’ambito della produzione vascolare della fase V ascrivibile ai gruppi neolitici della Cultura di Serra d’Alto. L’analisi delle sostanze coloranti si inserisce in uno studio tecno-tipologico sulle produzioni ceramiche; la combinazione di diverse metodologie di studio, tra cui analisi minero-petrografiche e SEM, ha permesso di riconoscere alcuni elementi di continuità e cambiamenti nelle produzioni vascolari.
Ematite - Il nome di questo minerale deriva dal greco aima (sangue) a causa del color rosso molto intenso. Si tratta di un ossido di ferro (Fe2O3) piuttosto diffuso in natura. La varietà più comune è un’ematite a grana fine che si chiama Ocra Rossa, una terra che contiene circa il 70% di ferro ed è conosciuta e sfruttata sin dall’antichità come sostanza colorante. Manganese - Il nome di questo elemento chimico (MN nella tavola periodica) deriva dal greco bizantino magnésion dalla voce più antica magnesía = della (o delle) città di Magnesia. Il nome richiama la proprietà del magnetismo osservata già nel periodo greco in alcune rocce estratte nei pressi della città di Magnesia in Asia Minore. L’utilizzo come colorante è attestato sin dalla preistoria nelle pitture rupestri di 17.000 anni fa.
Bibliografia Angeli L., Arias C., Cristoforetti G., Fabbri C., Legnaioli S., Palleschi V., Radi G., Salvetti E., Tognoni E., 2006, Analisi archeometriche applicate allo studio delle ceramiche dipinte del Neolitico dell’Italia centro meridionale, in Riassunti IV Congresso Nazionale di Archeometria Scienza e Beni Culturali, pp. 21. Angeli L., Fabbri C., 2005, Analisi archeometriche applicate allo studio della ceramica neolitica di Trasano, in Rivista di Scienze Preistoriche, LV pp. 209-223 Ciucci A., Corsi M. et alii, 1999, New procedure for quantitative elemental analysis by laser-induced plasma spectroscopy, in Applied Spectroscopy, vol. 53, N. 8, pp. 960-964. Radi G., Guilaine J., Cremonesi G., Coularou J., 2000, Trasano e la Ceramica Impressa nel Materano, in Atti Convegno “La Neolitizzazione tra Oriente e Occidente”, pp. 439-450.
Fig. 2 - Fase IV - colore rosso (pigmento inorganico a base di ematite) e colore bianco (pigmento inorganico a base di calcite)
Nella fase V (Cultura di Serra d’Alto) le ceramiche figuline sono caratterizzate da una complessa decorazione dipinta in nero a base di ossido di manganese la cui provenienza non è stata al momento verificata in situ (Fig. 3).
Autori ANGELI L. 1, ARIAS C. 1, CRISTOFORETTI G. 2, FABBRI C. 1, LEGNAIOLI S. 2, PALLESCHI V. 2, RADI G. 1, SALVETTI E. 2, TOGNONI E. 2 1 Dipartimento di Scienze Archeologiche dell’Università di Pisa. E-mail: luciaangeli78@yahoo.it; cristina.fabbri1@virgilio.it. 2 Istituto per i Processi Chimico-Fisici di Fisica molecolare del CNR di Pisa. E-mail: stefanol@ipcf.cnr.it
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Speciale
Report
Ferrara:
un punto di riferimento per i Beni Culturali di Fulvio Bernardini
a quattordicesima edizione del Salone dell’Arte del Restauro e della Conservazione dei Beni Culturali e Ambientali si è da poco conclusa confermando la sua centralità nel contesto internazionale e confortando gli addetti ai lavori con numeri più alti rispetto alle scorse edizioni. GEOmedia per il secondo anno consecutivo era presente col suo stand tra gli espositori.
Con 4.000 musei, 100.000 chiese e cappelle, 40.000 fra rocche e castelli, 30.000 dimore storiche con archivi e non, 6.000 biblioteche, 4.000 giardini di carattere storico importante, 900 centri storici e centinaia di parchi e aree archeologiche, in Italia risiede una parte importante del patrimonio culturale dell’umanità. 41 siti UNESCO sono presenti nel nostro paese. Ferrara è uno di questi, uno dei più importanti, e da quattordici anni, dal quel 1991 che ne ha visto la nascita, ospita l’avvenimento principe dedicato alla conservazione, al restauro ed, in generale, a tutta la materia riferita ai Beni Culturali. L’edizione 2007 del Salone del Restauro, svoltasi dal 22 al 25 marzo, ha confermato la sensazione da parte degli operatori del settore che le istituzioni, nonostante le crisi economiche, sociali e politiche che giornalmente si susseguono, abbiano cominciato a focalizzare una sempre maggiore attenzione nel Recupero del Patrimonio, indirizzando sempre più la politica delle scelte verso il concetto di Economia della Cultura. La portata internazionale dell’evento e la sua visibilità all’estero sta cominciando ad essere di importanza fondamentale affinché le competenze e le tecnologie sviluppate in questi anni dai tecnici italiani, leader riconosciuti a livello internazionale, possano trovare un degno e meritato sbocco, anche grazie ad alcuni episodi di studio e restauro effettuati fuori dall’Italia da Assorestauro, la prima associazione italiana tra i produttori di materiali, attrezzature, tecnologie ed i fornitori di servizi per il settore del restauro del patrimonio architettonico, monumentale ed urbano.
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Il Salone del Restauro da questo punto di vista, col passare del tempo rilancia sempre più l’immagine della nostra cultura e della nostra competenza nel mondo e l’edizione 2007 lo ha confermato.
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L’incremento del pubblico che ha visitato i padiglioni della Fiera di Ferrara è stato notato da più di un espositore che ha riconosciuto in questo segnale la volontà, ed anche la necessità, di mantenere un aggiornamento tecnologico al passo coi tempi. La rappresentanza dei giovani, poi, è sempre stata uno dei target principali degli organizzatori: fornire loro un ampio spettro di occasioni conoscitive e di approfondimento delle materie dei Beni Culturali nelle loro diverse diramazioni. Il già decantato peso di Restauro 2007 si è espresso in questa quattordicesima edizione attraverso i 300 espositori presenti tra aziende di settore, editori, istituzioni e servizi legati al mondo dell’arte, 30 convegni di livello internazionale ed 85 incontri tecnici tra aziende e visitatori. Tra gli espositori non sono mancati i grandi nomi che da sempre accompagnato lo sviluppo del settore dei Beni Culturali a livello istituzionale, con la presenza del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del suo gigantesco stand per la presentazione dei progetti e del lavoro svolto dai tecnici del restauro e della conservazione, dell’Associazione Città Italiane Patrimonio Mondiale UNESCO, nata nel 1997 per sostenere efficaci interventi di promozione delle realtà territoriali, per finire con gli stand delle Regioni e dei Comuni, immancabili nel promuovere il patrimonio culturale che li caratterizza. Erano poi presenti a livello accademico tutti i principali istituti e centri che si occupano di restauro e tutela dei Beni Culturali. L’offerta tecnico-commerciale si è rivelata completa ed interessante nella varietà di applicazioni che le tecnologie, geomatiche e non, forniscono se applicate ai Beni Culturali; la rassegna dei prodotti e delle aziende di seguito a questo report tenterà, appunto, di fare una sommatoria delle offerte presentate, nel tentativo di chiarire il panorama che si è presentato al pubblico del Salone. Gli incontri ed i convegni hanno toccato diverse ed
importanti tematiche, soprattutto quando le esperienze maturate dagli staff italiani sono diventati casi di studio sui quali analizzare nuove tendenze e tecniche di lavoro. Formazione, tecnologie, case studies, conservazione, ICT, manutenzione, riqualificazione e visioni hanno reso gli appuntamenti offerti dal Salone un vero e proprio calderone di conoscenze ed informazioni confermando, se ce ne fosse stato bisogno, la vitalità della quattro giorni ferrarese. Gli incontri tecnici hanno poi rappresentato un ottimo momento di incontro a livello personale tra gli esperti del settore, forti delle loro competenze pratiche, ed il pubblico che di queste competenze ha bisogno per superare le problematiche a livello lavorativo e di progettualità. L’organizzazione del Salone del Restauro, poi, non è stata da meno; una segreteria organizzativa sempre disponibile ha limitato al massimo l’insorgere di contrattempi, favorendo un fluido scorrere degli eventi e degli incontri. Unico neo, soprattutto per noi giornalisti, l’assenza di una vera e propria sala stampa con una connessione stabile: un PC per un’intera fiera era francamente un po’ poco. In conclusione, l’edizione 2007 del Salone del Restauro ha confermato quanto di buono era già stato notato lo scorso anno, ed anzi ha rafforzato la convinzione di quanto il settore sia vitale; l’impegno verso il raggiungimento di un’idea di Economia della Cultura, come si diceva prima, è la base di lancio di un nuovo modo di vedere il tesoro insito nel nostro patrimonio culturale, il più ricco ed eterogeneo che un paese solo possa presentare.
Fulvio Bernardini
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Rassegna Prodotti
Report
Aziende e tecnologie: una rassegna mirata ai Beni Culturali ultimo salone del restauro è stato una importante occasione per vedere da vicino l’operato delle molteplici aziende che rappresentano il polo dell’eccellenza nel campo dei beni culturali, nelle molteplici forme e tecnologie che pervadono il settore. La rassegna che segue è una lettura non sequenziale di queste tecnologie, sia in termini di servizi resi da tante aziende, sia in termini di tecnologie vere e proprie, che spaziano dai sistemi di rilievo, ai sistemi di analisi e gestione dei dati, fino ai sistemi di indagine. I campi applicativi vanno dai monumenti ai dipinti, passando per gli aspetti della fruizione e della conservazione. Buona lettura.
Tabella delle aziende e delle soluzioni in rassegna Azienda
Settori applicativi e/o tecnologie
Tipologia di offerta
Web
SO.IN.G
Sistemi e servizi per la diagnostica geofisica in ambito beni culturali
Servizi
www.soing.it
Consorzio Arte Tecnologia
Rilievi laser scanner orientati alla realizzazione di prototipi e copie
Servizi
www.consorzioartetecnologia.com
CAM 2 Gruppo FARO Europa
Laser scanner
Prodotti e servizi
www.faro.com
Geotop
Sistemi di rilievo fotogrammetrico, topografico e laser scanner
Prodotti
www.geotop.it
Leica Geosystems
Sistemi di rilievo laser scanner
Prodotti
www.leica-geosystems.com
Menci Software
Sistemi di rilievo fotogrammetrici e gestione dati laser scanner
Prodotti
www.menci.com
Unocad Art Division
Modellistica 3D orientata ai prototipi
Servizi
www.unocad.it
Akanthos
Indagini archeologiche, rilievi 3D, fotogrammetria e laser scanner
Servizi
www.akanthos.it
S.R.Societa' Rilievi Generali di Ing. Viazzo & C
Servizi e rilievi fotogrammetrici, Termografici e UV, monitoraggio microclimatico
Servizi
www.viazzo.eu
VirtualGEO
Servizi e prodotti orientati alla promozione dei beni culturali
Servizi
www.virtualgeo.it
Art Test
Diagnostica ottica,riflettografia IR, termografia, fluorescenza UV e colorometria
Servizi
www.art-test.com
FLIR System
Sistema a infrarosso
Prodotti
www.flirthermography.com
Geogrà
Servizi per i beni culturali, rilievi laser scanner
Servizi
www.geogra.it
Soluzioni Museali
Pogetti e soluzioni per la gestione museale
Servizi
www.3d-pixel.com
3D-Pixel
Sistema di ripresa digitale sferico e misura delle dimensioni
Prodotti
www.3d-pixel.com
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GEOmedia
Presentato per la prima volta in Italia il sistema ARP (Automatic Resistivity Profiling) basato sull’innovazione tecnologica e applicativa made in France e targato GeoCarta (www.geocarta.net). A presentare il sistema durante il Salone del Restauro e’ stata la SO.IN.G Strutture & Ambiente s.r.l. di Livorno, partner italiano per la promozione dei servizi basati su tale tecnologia. Il sistema ARP di GeoCarta e’ orientato ad applicazioni di analisi nel settori archeologico, dell’agricoltura di precisione e della viticultura. Il plus del sistema e’ tutto legato alle sue potenzialita’ operative; infatti esso e’ installato su un mezzo mobile trainato da un piccolo vettore ed e’ in grado di fornire, attraverso i suoi 3 sensori, tre distinti livelli del terreno i cui valori vengono rappresentati da mappe di resistivita’ rispettivamente a 0.5, 1 e 1.7 metri di profondita’, con letture sia di variazioni laterali che di profondita’ di un singolo strato, grazie alla possibilita’ di variare la posizione spaziale dei sensori. Il sistema di acquisizione dati e’ ovviamente dotato di un sistema DGPS che permette di georeferenziare con precisione submetrica i diversi data set di dati. A valle del sistema di acquisizione abbiamo la fase di interpretazione e la fase di disegno delle mappe geoelettriche della resistivita’, fasi queste, gestibili attraverso uno specifico software, e che rappresenta la fase in cui SO.IN.G interviene massivamente con tutta la sua esperienza. Il sistema si presta ad essere impiegato anche nel campo delle indagini sui beni culturali orientate alla individuazione di zone archeologiche sotterrate. L’enorme potenzialità del sistema è dovuta alla sua capacità di acquisizione massiva di dati, e quindi la possibilità di indagare ettari ed ettari di terreno in pochi giorni. www.soing.eu
Consorzio Arte e Tecnologia L’applicazione presentata da CAT al salone è di forte interesse per l’acquisizione dati di oggetti d’arte di dimensioni medio-piccole. Il sistema è basato sull’ingegnerizzazione di un braccio antropomorfo a 7 assi, sul quale viene montato un sistema Laser Scan Arm della Faro. A valle del sistema di acquisizione, vi è un software adeguato per la gestione dei dati che ovviamente permette di realizzare tanto un semplice modello 3D esportabile nei più comuni formati (STL, 3DS, OBJ, VRML, ecc.), quanto in formati più orientati alla progettazione come curve di livello e sezioni (DWG, DXF, IGES, ecc.). Tra i prodotti processabili dal sistema, vi sono ovviamente i file impiegati per la fresatura sulle più comuni macchine a controllo numerico. L’esperienza di CAT spazia dalle competenze del restauro, delle fusioni d’arte e della moderna tecnologia digitale, riunendo in un’unica esperienza le esperienze di tre aziende che a loro modo erano già leader nei singoli settori applicativi. I sistemi laser scanner impiegati da CAT sono targati Faro Europe, e consistono nella soluzione Laser Scan Arm Platinum e nel sistema LS880 tradizionalmente impiegato nei rilievi industriali e architettonici. www.consorzioartetecnologia.com
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Rassegna Prodotti
Tomografie geoelettriche a passo di carica
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Rassegna Prodotti
Laser scanner e misure industriali allo stato puro CAM2 rappresenta in Italia l’azienda madre USA FARO Inc., che attraverso filiali in tutto il mondo, è attiva nel campo della metrologia industriale e dei sistemi laser scanner per l’acquisizione, l’elaborazione ed il trattamento di dati 3D orientati alla realizzazione di prototipi in scala 1:1 o a scale diverse. Le soluzioni portatili di misura industriale di CAM2 sono caratterizzate da altissime prestazioni: il sistema, infatti, è orientato all’acquisizione nel settore architettonico e rileva circa 120 mila punti al secondo, con una precisione della distorsione lineare di 3mm entro i 10m di portata. I sistemi FARO spaziano dalla soluzione FaroArm basata su un braccio meccanico encoderizzato che presenta accuratezze angolari dell’ordine dei 0.0005”, e su soluzioni che integrano la precisione meccanica con sistemi laser per piccoli oggetti, spingendo la precisione intorno ai 50 micron. Sul fronte dei software di elaborazione FARO ha un forte apertura verso la maggior parte dei software professionali nel campo della modellazione 3D. CAM2 ha partecipato al Salone del Restauro, forte della sua esperienza nel settore dei beni culturali, rivolgendosi verso soluzioni orientate agli oggetti di medie dimensioni come le statue e verso i settori archeologico, architettonico e storico. www..faro.com
Soluzione per legare topografia, fotogrammetria e laser scanner Con la presenza di Geotop, non potevano mancare al Salone le classiche tecnologie geomatiche per il rilievo con soluzioni specifiche come la stazione totale GPT-7005i, fortemente orientata al rilievo nei beni culturali, il sistema laser scanner GX200 e il sistema per la fotogrammetria architettonica Photometric 2007. Geotop è presente continuativamente al Salone del Restauro fin dal 1999 e non a caso sviluppa e commercializza sistemi di fotogrammetria orientati al rilievo architettonico ormai da circa 20 anni, offrendo oggi una continuità di soluzioni che vanno appunto dal laser scanner alla stazione totale laser, fino alle soluzioni fotogrammetriche che comprendono anche la fornitura della camera digitale metrica per eccellenza, la Rolleiflex 6008AF. Un approfondimento è necessario per la Total Station GPT-7000i. Annunciata dal claim “Un’immagine vale più di 100 parole”, la particolarità di questa stazione totale è proprio quella di scattare una piccola immagine per ogni punto misurato via laser così che l’operatore, anche senza fare una monografia del punto rilevato (tanto più vale nel caso dei rilievi architettonici o dei punti di appoggio fotogrammetrico), al momento dell’elaborazione e della restituzione del disegno può sempre sapere esattamente quale era il punto misurato, il che rappresenta un enorme vantaggio per chi rileva nel campo archeologico e dei beni culturali in genere. www.geotop.it
Laser e non solo Leica Geosystems rappresenta da sempre un puntoi di riferimento certo in fatto di tecnologie geomatiche applicate ai beni culturali e non. Al Salone del Restauro ha promosso l’uso della tecnologia laser scanner come metodologia d’eccellenza nel rilievo di beni architettonici. I sistemi laser scanner di Leica hanno rappresentato nel tempo l’evoluzione dei sistemi, che dalle prime applicazioni targate Cyra, con forti ingombri e consumi di energia, hanno condotto alle attuali soluzioni dove alle ridotte dimensioni e quindi ad un’ampia maneggiabilità e trasportabilità del sistema, si coniuga un ridotto consumo di energia e quindi una maggiore flessibilità d’uso. Le soluzioni laser scanner di Leica spaziano su almeno 5 modelli per le diverse classi di impiego: il sistema ScanStation, e i sistemi HDS6000, HDS4500, HDS300 e HDS2500. Oltre alle soluzioni hardware non mancano soluzioni software per l’acquisizione e il trattamento dei dati come Cyclone e Cyclone CloudWorkx. www.leica-geosystems.com
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L’innovazione nel rilievo di Menci Software Menci Software è una azienda storica del settore fotogrammetrico che ha iniziato ad operare nel campo dei beni culturali da molti anni. All’ultimo salone del restauro ha presentato un innovativo sistema di ripresa che supera ampiamente le potenzialità dei sistemi di rilievo laser scanner, unendo la restituzione dei modelli digitali dell’oggetto d’arte o del manufatto architettonico, con la sua rappresentazione cromatica. Il sistema chiamato ZScan si pone come un sistema di scansione 3D SENZA utilizzo di laser scanner. ZScan è basato su un sofisticato algoritmo di analisi dell’immagine che lo rende estremamente efficiente e preciso, e l’acquisizione e l’elaborazione delle nuvole di punti RGB avviene esclusivamente usando immagini digitali. Il sistema ZScan si compone di una Fotocamera digitale Nikon D80 (10 Mpix), con ottica fissa da 28mm opportunamente calibrato presso i laboratori Menci Software, una slitta di precisione con carrello a ricircolo di sfere (lunghezza 500 o 900 mm) e di un treppiede professionale manfrotto dotato di testa 3D. Il prodotto finale ottenibile dal sistema di ripresa e di elaborazione consiste in modelli 3D di alta qualità a colori (con colori di fedeltà fotografica), realizzati con estrema facilità di utilizzo. Ogni modello è frutto di 3 soli scatti (senza richiedere mosaicature). I plus del sistema risiedono oltre che nella facilità di trasporto e brandeggiabilita’ dello strumento, nella sua economicità, e soprattutto nella possibilità di realizzare riprese e restituzioni di tipo multiscala. Infatti a differenza dei sistemi laser scanner dove le scale operative sono legate fortemente ai sistemi hardware adottati, nel caso del sistema di ripresa messo a punto da Menci Software, la scala è legata semplicemente alla scala media del fotogramma, quindi potenzialmente in grado di operare con precisioni legate alla distanze delle riprese, a partire dal molto vicino (subdecimetrico), fino alle scale classiche come 50, 100 e 200 tipiche delle rappresentazioni architettoniche. www.menci.com
UnoCAD fa 100 nell’Art Division Tra le diverse aziende del comparto tecnologico presenti al Salone, UNOCAD si distingue tanto per le tecnologie esclusive, tanto per l’attività di supporto e realizzazione di copie di opere d’arte scultoree. Tra le singolarità dei prodotti troviamo il sistema di rilievo Polhemus FastSCAN: impiegato in esclusiva per l’Italia nella realizzazione di attività di reverse engineering di opere architettoniche o scultoree da catalogare, restaurare o semplicemente per farne una replica, così come e’ stato fatto per le 6 statue del Battistero di Parma, i cui originali sono stati trasferiti all’interno del Museo Diocesano per scongiurare l’ulteriore deperimento dovuto ai fattori esterni, mentre le copie in pietra di Vicenza sono state collocate in sostituzione. Sempre sul fronte scultoreo si pone l’altro strumento tecnologico dedicato a chi deve scolpire la materia su modelli digitali o virtuali: il sistema FreeForm mette a disposizione dell’artista e del design non solo gli avanzati strumenti software, ma anche il sistema hardware PHANTOM nella versione desktop e Omni. Il punto di forza del sistema PHANTOM risiede nella sua capacità di restituire la rugosità del materiale all’artista, attraverso un feedback generato da una frizione che restituisce la sensazione della durezza e della rugosità del materiale digitale che si sta modellando. Insomma, una di quelle cose per cui bisogna per forza provare per credere. Per vedere alcune delle modellazioni create con il sistema PHANTOM della sensale inc. puntate quindi il mouse su www.sensable.com/freeform-models.htm. www.unocad.it
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Innovazione tecnologica ed archeologia
L’innovazione tecnologica ha invaso il mondo dell’archeologia e dei beni culturali, non solo ovviamente per le fasi di indagine e documentazione, ma soprattutto per le più impegnative fasi di st e di valorizzazione dei beni archeologici o museali. Akanthos Ricerche Archeologiche è una delle aziende specificamente impegnate nell’uso delle tecnologie di documentazione e rilievo come il laser scanner, impiegato nell’ambito della realizzazione sia dei rilievi archeologici e dei beni culturali in genere, sia nella realizzazione di documentazione tout court di monumenti e scavi archeologici. Eccezionale la documentazione presentata durante il Salone, grazie agli esempi applicativi sulla Villa Emilia di Cesena e sui monumenti di Rufo e Obulacco di Sarsina, realizzati per la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna; ma le competenze di Akanthos vanno oltre l’impiego della tecnologia, soffermandosi su diverse attività come sondaggi archeologici di superficie, controlli archeologici in corso d’opera, realizzazione di scavi stratigrafici, per finire con le consulenze archeologiche collegate alle ricerche bibliografiche per individuare il rischio di impatto nelle aree urbane ed extraurbane e la progettazione e l’allestimento di mostre ed eventi di carattere archeologico. www.akanthos.it
Dalle indagini ai rilievi In un continuum di competenze e soluzioni, troviamo il mondo dei rilievi topografici, della fotogrammetria, dei rilievi termici e delle indagini acustiche. L’azienda è l’unione sinergica tra la Giorgio Viazzo Engineering e la Società Rilievi Generali di ing. Viazzo & C s.n.c., ma l’intento è unico nelle varie attività. Il gruppo di professionisti mette in campo le varie esperienze e professionalità, e propone servizi e prodotti come ortofotocarte, telerilevamento, rilievi topografici, immagini 3D anaglife, rilievi all’infrarosso vicino, termografie, fotopiani, fotogrammetria aerea e terrestre, e per finire i rilievi acustici. Tutte specialità che ben si sposano con le necessità progettuali e di indagine necessari ai professionisti, alla pubblica amministrazione e nel caso specifico al mondo dei beni culturali e del patrimonio monumentale e artistico. www.viazzo.eu
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Virtualgeo: geomatica e comunicazione per i beni culturali
Operando nel campo della geomatica, dello sviluppo software e della comunicazione, Virtualgeo fornisce servizi dedicati ai beni culturali, facendosi promotrice dell’impiego di tecnologie e soluzioni informatiche avanzate. Autodesk Authorized Developer, Virtualgeo impegna i suoi informatici nello sviluppo di ProgettoCube, un contenitore di applicativi AutoCAD in supporto alle attività di Reverse Modelling e progettazione. In questo contesto si inserisce CloudCube, una soluzione proposta da Virtualgeo per la gestione e la modellazione 3D delle nuvole di punti ottenute da laser scanner, mettendo a disposizione tre differenti tecniche di modellazione perfettamente integrate tra loro ed utilissime nel campo archeologico ed architettonico. Forte della lunga esperienza nel campo della topografia, Virtualgeo effettua rilievi batimetrici, architettonici e planoaltimetrici, tracciamenti, livellazioni, rilievi fotogrammetrici e sviluppa applicazioni GIS per il territorio. Grande risalto viene dato alle tecnologie legate ai beni culturali, da qui l’ampio utilizzo da parte di Virtualgeo della realtà virtuale per la realizzazione di prodotti dedicati alla conservazione ed al recupero e vicini ad aspetti divulgativi e didattici; il rapid prototyping e la versatilità dei modelli che ne scaturiscono sono anch’essi parte dei servizi erogati. Attiva a livello comunicativo tramite metodologie classiche, Virtualgeo promuove lo sviluppo di libri urbani, strumenti comunicativi a scala monumentale capaci di dialogare con l’ambiente in cui sono inseriti. Mostre temporanee in stereoscopia allo scopo di visitare ricostruzioni di monumenti o di esaminare oggetti non esposti al pubblico, completano l’offerta di questa interessante azienda. www.virtualgeo.it
Art-Test: esperienza e competenze al servizio delle opere d’arte Art-Test nasce dall’esperienza di un gruppo di specialisti nella progettazione e nello sviluppo di sistemi ed applicazioni per la raccolta e l’elaborazione di dati digitali finalizzati allo studio e alla salvaguardia dei beni culturali, dispone di tecnologie tra le più avanzate oggi esistenti, in grado di realizzare indagini approfondite e di qualità molto elevata. Le applicazioni interessano ogni tipo di studio sulla genesi, la realizzazione e la storia conservativa di un’opera d’arte, nonché la programmazione ed il monitoraggio di interventi di restauro. ArtTest svolge indagini con strumentazione portatile ed in modo non invasivo. Presente per la prima volta al Salone del Restauro, la società toscana ha presentato l’innovativo scanner per riflettografia IR Vis-IR in grado di realizzare riflettografie digitali ad alta risoluzione ed elevata dinamica tonale. Le prestazioni elevate consentono una migliore leggibilità dell’immagine finale e non richiedono correzioni a posteriori per distorsione geometrica, disomogeneità di illuminazione, vignettatura ecc. Acquisizione multispettrale del visibile, fluorescenza UV multispettrale, termografia, acquisizione e modellazione 3D, radiografia digitale ed elaborazione e interpretazione dati sono le tecnologie ed i servizi che completano l’offerta di Art-Test. www.art-test.com
Telecamere ad infrarossi allo stato dell’arte da FLIR Systems FLIR Systems, leader mondiale nella progettazione, produzione e commercializzazione di termocamere dedicate a settori verticali che spaziano da quello medico fino a quello dei beni culturali e della loro diagnostica; la tecnologia dietro ai prodotti FLIR rileva le radiazioni o il calore di un oggetto, consentendo di misurare anche la minima variazione di temperatura. FLIR Systems è anche l’unico produttore di termocamere in grado di progettare e costruire ogni singolo componente: dal detector alle ottiche, fino alle parti elettroniche. Lo stand di FLIR al Salone presentava il nuovo strumento della casa americana, la BCAM SD. Leggera ed ergonomica nasce per l’utilizzo in interno ed esterni; grazie alla sua sensibilità migliorata, è possibile rilevare anche differenze di temperatura minime ed ottenere immagini più nitide sul display LCD. La scheda SD in dotazione consente la memorizzazione di 1000 immagini a infrarossi, evitando il trasporto dei dati tramite i cavi. Il potente software risulta anche di facile utilizzo, mentre la funzione di allarme isolamento aiuta a rilevare facilmente le aree che non soddisfano tali requisiti. L’allarme punto di rugiada visualizza le aree a rischio condensa e accumulo di muffa prima che si verifichino danni. www.flirthermography.com
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Geogrà rinnova l’immagine e la presenza Presente fin dal 1995 al Salone del Restauro, Geogrà conferma la sua presenza anche quest’anno. Partner di fiducia di GEOmedia con contributi commerciali ed editoriali (anche su questa edizione dello Speciale Archeomatica a pag. ….), la società di Sermide, in provincia di Mantova, si è presentata alla fiera ferrarese accompagnata da un restyling del proprio logo e del proprio visual aziendale. Un regalo per celebrare i primi quindici anni di attività ma anche una naturale tendenza nel fornire una immagine che segue la spinta tecnologica che caratterizza i nostri tempi. Geogrà, infatti, con le sue attività nel campo del laser scanning 3D, dei rilievi stereofotogrammetrici, topografici, fotogammetrici, batimetrici e tradizionali, è da sempre attenta soprattutto a tutto ciò che riguarda la ricerca e l’innovazione per dare vita a prodotti con un valore aggiunto sia nel senso della rappresentazione, sia nei contenuti. Dotata di un parco strumenti di tutto rispetto, Geogrà è costantemente impegnata nella ricerca e sperimentazione di nuove metodologie che possano velocizzare e migliorare qualitativamente i propri servizi. I rilievi per la Cappella della Sacra Sindone, la Cattedrale di Bayamo a Cuba, il Tempio di Ercole ed il Tempio dei Dioscuri ad Agrigento e Palazzo Spinelli a Venezia, fanno di Geogrà una delle società di riferimento nel settore dei rilievi dedicati ai beni culturali. www.geogra.it
Soluzioni Museali per la conservazione preventiva Soluzioni Museali è una società flessibile che opera nella progettazione diesposizioni temporanee e permanenti e con una esperienza maturata nella conservazione preventiva. Dalla content architecture alla progettazione museologica, all’assistenza museografica e tecnica, al marketing, al fund raising ed alla consulenza legale, Soluzioni Museali costruisce un ponte tra pubblico, isitituzioni ed aziende. Assieme al proprio partner canadese di Microclimate, di sui Soluzioni Museali è il referente per l’Italia, la società milanese ha partecipato ad un incontro tecnico dedicato appunto alle tecnologie di controllo climatico per la conservazione dei beni culturali nelle esposizioni, nei depositi e nei trasporti. Le competenze sviluppate dal suo staff nello studio dei requisiti e delle specifiche degli oggetti che devono essere esposti, fanno di Soluzioni Museali e del concetto di conservazione preventiva un connubio imprescindibile, e delle strumentazioni professionali per il rilievo delle condizioni microclimatiche ed illuminometriche la messa in pratica di questo stretto rapporto. www.soluzionimuseali.com
Beni culturali ma non solo per 3D-Pixel 3D-Pixel, società bolzanina alla prima apparizione in quel di Ferrara, si occupa della vendita di sistemi fotografici speciali per la ripresa e la documentazione digitale e sferica di ambienti esterni ed interni, con funzione di misurazione di distanze, e ripresa di tutte le zone sovra e sottoesposte alla luce. Il sistema One-Click sviluppato in casa da 3D-Pixel è stato concepito dopo quattro anni di collaborazione col RIS (Reparto d Investigazioni Scientifiche dei carabinieri) di Parma e la Procura della Repubblica di Bolzano. Si affianca allo scontato impiego nel settore criminalistico, una sempre crescente richiesta di documentazione dettagliata nel campo dei beni culturali. Il sistema One-Click permette di ottenere immagini sferiche ad altissima risoluzione grazie ad una scansione lineare con passo rotatorio (180°x360°) ed un’apertura del diaframma fino a 26 livelli per visualizzare tutte le zone di un ambiente con vari tipi di illuminazione, ed il tutto tramite una semplicissima operazione che prevede i vari collegamenti e, subito dopo, la scansione automatica dell’ambiente. Al termine del processo di acquisizione i dati vengono trasferiti via rete sul computer dell’ufficio.
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